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d Li
L
A
= ln = ln (1 + N ) = ln 0
Li
L0
A
L0
F
= N ( N + 1)
A
(19.1,2)
Lampiezza totale del ciclo di deformazione reale mostrato in fig.1 data dalla (12.15) qui riscritta
= 2 a = 2 ae + 2 ap = e + p =
+ p
E
(12.15)
nella quale
a la semi-ampiezza del ciclo di deformazione,
e lampiezza della componente elastica,
p lampiezza della componente plastica,
lampiezza del ciclo di tensione reale.
0
10
-1
10
-2
10
-3
10
Ntr
-4
10
10
10
10
10
10
10
10
19.1
Le curve deformazione-vita sono curve di fatica (simili a quelle di Whler) espresse in termini di deformazioni
invece che di sforzo, cio sono diagrammi che legano lampiezza di deformazione reale ciclica al numero di cicli
a rottura Nr. La determinazione sperimentale della curva si effettua con macchina servo-controllata, provino
cilindrico o a clessidra strumentato con estensimetro per misurare la deformazione puntuale. Si sollecita ciascun
provino assialmente in controllo di deformazione tra limiti del campo di deformazione aa, si misura e si
conta Nr alla rottura determinata dal distacco in 2 parti o da una sensibile riduzione della tensione misurata. In
pratica sono le stesse prove effettuate per determinare la curva ciclica, ma portando il provino a rottura.
Poich nelle prove si impone la deformazione totale e si misura la tensione, lampiezza della deformazione
elastica e ottenibile dalla tensione dividendo per il modulo di Young e lampiezza della deformazione plastica si
ottiene per differenza p=e.
Le relazioni che legano la deformazione elastica e quella plastica al numero di cicli di vita sono date
rispettivamente da:
b
=
= ae = a = f ( 2 N )
2
2E
E
E
p
2
= ap = f ( 2 N )
(19.3,4)
La prima relazione detta di Basquin (1910), la seconda di Manson-Coffin (1950). Le costanti nelle (3,4) sono
relative al materiale e sono rispettivamente:
b, c esponenti di fatica
(0.14<b<0.06), (0.7<c<0.5)
f coefficiente di resistenza a fatica
(0.80 r<f <1.7r)
f coefficiente di duttilit a fatica
(0.35 r<f <1.0r)
Sul diagramma bilogaritmico (fig.2) le (3) e (4) sono rette con coefficiente angolare pari a b e c rispettivamente.
f ed f si determinano nel diagramma in corrispondenza ad N=0.5 (ovvero 2N=1) e sono simili ai valori di
tensione reale e deformazione reale a rottura ottenuti con la prova monotona. Si noti la seguente relazione tra
tensione reale e nominale di rottura: r=1.02.0Nr
Dalle relazioni (3) e (4), considerando la deformazione totale, si ottiene la curva di Coffin-Manson per il
materiale espressa come:
a =
b
c
( 2 N ) + f ( 2 N )
(19.5)
Il numero di cicli per il quale la componente elastica e la componente plastica della deformazione sono uguali,
e=p, viene definito numero di cicli di transizione Ntr=103104 cicli ed identifica lestremo superiore
dellintervallo nel quale si ha la predominanza delle condizioni di fatica oligociclica rispetto a quella a molti cicli.
Come nel caso delle curve di Wholer, la presenza di una tensione media di trazione diminuisce la vita a fatica.
La difficolt nellottenere la deformazione totale in corrispondenza dei punti di concentrazione di tensione limita
lutilit pratica dellequazione di Coffin-Manson.
Relazioni approssimate
La relazione (5) pu essere utilizzata in forma approssimata utilizzando opportuni coefficienti. Come coefficienti b e
c possono essere utilizzati i valori tipici (che sono significativi), rispettivamente pari a 0.12 e 0.6, mentre come f
ed f possono essere utilizzati i valori di tensione e deformazione reale a rottura, dando luogo alla seguente
espressione:
= 3.5
r
E
N 0.12 + r N 0.6
(19.7)
= 2
l
E
r
2
19.2
N 0.5
(19.8)
K = 0 a
(14.8)
nella quale
a la dimensione del difetto,
un fattore adimensionale che dipende dalla geometria elemento-difetto,
0 una tensione di riferimento, tipica dello stato tensionale agente nellelemento in assenza del difetto.
Nella maggior parte dei casi la dimensione iniziale dei difetti presenti in un elemento strutturale non tale da
rendere lelemento stesso inutilizzabile per il livello di tensione esistente, cio si ha K<Kc, tuttavia in presenza di
carichi applicati in modo ciclico possono verificarsi le condizioni per le quali il difetto si propaga sino al
raggiungimento delle condizioni critiche.
Nel caso in cui la tensione 0 varia costantemente tra valori min e max, cio si ha =maxmin, lo stato di
sollecitazione pu essere caratterizzato mediante la variazione del fattore di intensificazione. importante notare
che, poich gli sforzi di compressione non provocano propagazione della frattura, cicli aventi la stessa max, ma
differente min negativa, hanno lo stesso effetto. Al contrario, a parit di , la presenza di una min>0 accelera la
propagazione. Tipicamente questo effetto si mette in relazione al parametro R=min/max: il caso critico quello
del carico pulsante nel quale si ha min=0 ed R=0, mentre per min>0 si ha 0<R<1. Nel caso di riferimento per il
quale min0 ed R0, si pu ritenere max e la variazione di K pu essere espressa come
K = max a = K max
min0
(19.9)
Come detto, deve essere Kmax<Kc altrimenti si ha rottura sin dal primo ciclo.
45
K [Mpa m0.5]
a [mm]
da/dn [mm/102N]
40
35
a
P3>P2>P1
da
dN
Log da
dN
30
25
C
B
20
15
da
=C(K)n
dN
10
N
Kc
da/dn
0
0
2000
4000
6000
8000
N
10000
K s
Log K
Nei test di laboratorio il K viene espresso in modo conveniente rispetto al carico applicato P come segue
K =
Pmax
a
A
Pmin0
(19.10)
K<Ks
A
B
C
Poich la propagazione del difetto dipende solo da K, i dati ricavati da provini di varia forma in laboratorio
possono essere estesi alle strutture reali costruite con lo stesso materiale.
Nella zona B la velocit di propagazione legata a K con legge data dalla seguente equazione
da
= C K n
dN
(19.11)
nella quale C ed n sono costanti dipendenti dal materiale. In pratica il termine a destra della (11) pu essere pensato
come lincremento di lunghezza della frattura provocato da un ciclo per un certo valore di K. Passando ai logaritmi
la legge diventa lineare ed detta legge di Paris (1960):
Log
da
= Log C K n = Log C + n Log K
dN
(19.12)
Si osserva che, a parit di K, al crescere della min e quindi di R, le velocit di propagazione risultano pi
elevate, ma in modo non molto sensibile nella zona B.
Per i materiali metallici n varia tipicamente tra 2.7 e 4. Dal punto di vista dimensionale, la costante C deve
fornire una velocit di avanzamento [lunghezza frattura/numero di cicli] per unit del valore di K
[MPa m0.5]. La lunghezza della frattura pu essere espressa in metri o millimetri. Nel caso di fig.4 le costanti del
materiale sono n=2.715 e C=1.21*10-8 [mm/ciclo (MPa m0.5)-n].
C pu anche essere ottenuta come C=(1/Kr)n essendo Kr=1.06.2 una costante relativa al materiale data dal
valore di K che provoca una velocit di avanzamento pari a 10-6mm/ciclo.
La relazione di Paris pu essere utilizzata per determinare lavanzamento di una cricca in seguito
allapplicazione di un certo numero di cicli o il numero di cicli necessario per fare avanzare la cricca da una
dimensione iniziale ad una finale, mediante integrazione analitica o numerica.
Sempre nel caso di min0 ed R0, ricordando la (9), la (11) pu essere riscritta come segue
da
= C K n = C max a
dN
= C n ( max )
an
(19.13)
da
= C n ( max ) dN
n
an
(19.14)
Integrando da un valore di lunghezza del difetto iniziale ai ad un valore finale generico af, corrispondente al
numero di cicli Nf, la (14) diventa
af
ai
da
an
=C
Nf
n
) dN
n
max
(19.15)
Ni
ai
da
an
af
a
ai
n 2
a nf ain
ai1n 2
da =
=
1 n 2 1 n 2
n
a f 1n 2
(19.16)
avendo posto n=1-n/2. Considerando un intervallo di crescita di a tale da poter considerare quasi costante anche ,
lintegrale a destra della (15) diviene semplicemente:
Nf
( )
n
dN = ( max )
(N
Ni )
(19.17)
Ni
Mediante le (16) e (17), la (15) permette di ottenere la lunghezza della cricca per dato numero di cicli Nf
n
a f = C ( max )
(N
N i ) + ain
1 n
avendo posto C=Cn/2 e C"=nC o il numero di cicli necessari al raggiungimento della lunghezza af
19.4
(19.18)
Nf =
a nf ain
C ( max )
+ Ni
(19.19)
Nel caso di cicli con ampiezza costante, se Ni=0 e af quella che provoca la rottura, cio af=ac, dalla (19) si
trova:
n
max
acn
N f = n = cost
C
(19.20)
che lequazione corrispondente al tratto a vita finita del diagramma di Wohler ( N1/n=K).
4
=0.4
=0.5
=0.6
3.5
=0.7
Ke/K
2.5
1.5
1
0
r
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
Effetto di R>0
Leffetto di R>0, ovvero min>0, sulla propagazione della frattura pu essere previsto con equazioni empiriche delle
quali la pi utilizzata lequazione di Walker. Essa prevede lintroduzione di un K equivalente, funzione di R, al
posto di K. Nel caso di min>0, per il quale =maxmin, K pu essere espresso come segue
K = a = ( max min ) a = 1 min
max
max a
(19.21a)
K = (1 R ) K max
(19.21b)
K e = (1 R ) K max
(19.22)
nella quale una costante relativa al materiale; ad es. per acciaio AISI 4230 =0.46, per leghe di alluminio 7075T6 e 2024-/3, =0.64 e =0.68 rispettivamente.
Effettuando semplici passaggi sulla (22) si pu mettere il e in funzione del (21b):
(1 R )
1 R
K e = (1 R )
K max =
1 R
1 R
K =
(1 R )
(1 R )
(19.23)
e =
(1 R )
max min
max
=
1
(1 min max )
(1 min max )
(19.24)
K e = e a
(19.25)
Introducendo la (25) nellequazione di Paris si ottiene un espressione della velocit di avanzamento valida nel
caso di valori di R positivi non prossimi a 0
19.5
da
= C K en = C e a
dN
(19.26)
In base alla (26), le eq.(13-20) possono essere riscritte introducendo e al posto di max per tenere conto
delleffetto di R>0, ovvero della presenza di una min>0.
Cicli a ed R variabili - Procedure numeriche di valutazione della propagazione a frattura
Nel caso generale la sequenza di carico costituita da cicli aventi ampiezze e valori di R variabili, cio
k = max k min k
Rk = min k max k
(19.27,28)
per ciascuno dei quali pu essere valutato un valore ek in base alla (9) o alla (24) a seconda del valore di min:
ek = max k
ek =
min0
(1 Rk )
min>0
(19.29a,b)
In questo caso lintegrale a destra della (15) non pu essere risolto secondo la (17) per ottenere la lunghezza
della frattura af ed necessario considerare leffetto di ciascun ciclo separatamente trasformando la (18) nella
seguente sommatoria
= C
aN
(
N
k =1
ek
1 n
+ a
n
i
(19.30)
nella quale lindice k si riferisce a ciascun ciclo, N il numero totale dei cicli, ai la lunghezza iniziale della frattura e
C"= nC=nCn/2 come per la (18). Anche questa relazione pu essere utilizzata per numeri di cicli N durante i quali
pu essere supposto costante.
Come visto, le relazioni (18) e (30) possono essere utilizzate nel caso in cui sia possibile ipotizzare la costanza
del termine per un certo intervallo della lunghezza di frattura. Nel caso pi generale, al fine di determinare il
numero di cicli necessario per raggiungere una certa lunghezza di frattura o, viceversa, la lunghezza di frattura per
un numero di cicli assegnato, leq.(15) pu essere riscritta nel seguente modo, separando la geometria elementodifetto dalla storia di carico:
1
C
aN
a1
da =
n
e
dN
(19.31)
Ponendo
AN =
1
C
aN
a1
SN =
da
n
e
dN
(19.32,33)
AN = S N
(19.34)
= a
(19.35)
ricordando le (29a,b) e che C=Cn/2, le (32) e (33) possono essere scritte come
AN =
1
C
aN
n
da
SN =
a1
j =1
n
ej
(19.36,37)
La (36) dipende dalla geometria elemento-difetto, tramite il parametro (35), e dal materiale tramite lesponente
n. In generale, dalla semplice conoscenza della funzione (a) in forma analitica o numerica, possibile valutare
numericamente la funzione AN per diversi valori della lunghezza della frattura aN mediante la (36). In particolare
possibile definire un insieme discreto di valori della lunghezza di frattura nel suo campo di interesse
ak = ai + k a
con a sufficientemente piccolo, e determinare i corrispondenti valori assunti da AN
19.6
(19.38)
1
Ak =
C
da
(19.39)
a1
La funzione SN (37), a sua volta, dipende dalla sequenza di carico e dalle caratteristiche del materiale tramite
lesponente n. Essa pu essere valutata per numeri di cicli k crescenti da 1 al massimo numero di interesse mediante
la seguente relazione
k
Sk =
j =1
n
ej
(19.40)
Per determinare la lunghezza della frattura aN per assegnato numero di cicli N possibile applicare una
procedura numerica che consiste nei seguenti passi:
1) determinazione di SN mediante la (37);
2) determinazione di una serie di valori di Ak mediante le (38,39);
3) determinazione di AN, come il valore di Ak pi vicino al valore di SN ottenuto, in base alla (34);
4) determinazione della lunghezza di frattura aN come il valore di ak (38) cui corrisponde il valore di AN
determinato al punto 3.
I punti 3) e 4) possono essere sintetizzati mediante una relazione del tipo
aN : min { S N Ak }
(19.41)
ak
Per determinare il numero di cicli N necessario per propagare la frattura fino ad una lunghezza aN assegnata
possibile applicare una procedura numerica simile alla precedente (nella quale i ruoli delle funzioni AN ed SN sono
invertiti) che consiste nei seguenti passi:
1) determinazione di AN mediante la (36);
2) determinazione di una serie di valori di Sk mediante la (40);
3) determinazione di SN, come il valore di Sk pi vicino al valore di AN ottenuto, in base alla (34),
4) determinazione del numero di cicli N come il valore k cui corrisponde il valore SN determinato al punto 3.
Analogamente al caso precedente, i punti 3) e 4) possono essere sintetizzati mediante una relazione del tipo
N : min { AN S k }
(19.42)
S N = N en
(19.43)
e la determinazione del numero di cicli N necessario per la propagazione della frattura dalla lunghezza ai alla
lunghezza aN pu essere effettuata molto semplicemente in base alla (34) come
N =
AN
en
(19.44)
aN
N
SN =
j =1
1
AN =
C
n
ej
aN
n
da
Vettore di dati
Ak =
ak
1
C
Sk =
a1
Condizione
da
aN : min { S N Ak }
ak
a1
j =1
n
ej
N : min { S k AN }
k
In alternativa alle procedure descritte, levoluzione della frattura pu essere determinata effettuando una
procedura iterativa basata sulla seguente relazione che lega la lunghezza della frattura al ciclo di sollecitazione
k-esimo alla lunghezza raggiunta nel ciclo di sollecitazione precedente (k-1-esimo):
ak = ak 1 + C K enk = ak 1 + C ek k 1 ak 1
Se si pone a1=ai e e1=0, ricordando la (35), per k>1, la (45) pu essere riscritta come
19.7
(19.45)
ak = ak 1 + C kn1 enk
(19.46)
Al generico passo delliterazione, dopo avere determinato la lunghezza ak mediante la (46), deve essere
determinato il corrispondente valore di k da introdurre nella (47) stessa alla successiva iterazione
k = k ak
(19.47)
k0 = int ( ak ai ) / a + 1
k k
(19.48,49)
K max k < K c
ak < a0
k <N
(19.50a-c)
K max1 = max1 1
(19.51a-c)
a1 = ai
1 = 1 a1
Nei passi successivi, a partire da k=2, devono essere valutate in sequenza la (46) e la (47) o le (48,49); inoltre,
se si utilizza la condizione (50a), si deve calcolare anche
K max k = max k
(19.52)
19.8
AN = S N
1
C
AN =
aN
n
da
SN =
a1
j =1
n
ej
(19.34,36,37)
essendo la variabile definita nella (35). Le sollecitazioni ad ampiezza variabile sono rappresentate dalle tensioni
equivalenti di Walker e presenti nella (37) e descritte nelle (29a,b).
Nel caso di tensione variabile in modo aleatorio necessario determinare i cicli di sollecitazione mediante il
metodo rainflow in base al quale ogni ciclo identificato utilizzando una valle ed un picco min e max che, in
genere, non sono consecutivi nella storia di carico originale. Se nellapplicazione del metodo rainflow vengono
determinati i valori di ampiezza e valor medio dei cicli m ed r, i corrispondenti valori di min e max devono essere
ottenuti come
min = m r
max = m + r
(19.53,54)
Considerando che i casi di min0 (cio R0) e min>0 (cio R>0) corrispondono rispettivamente a rm ed m>r,
le (29a,b) diventano rispettivamente:
e = max = m + r
2r
e = max (1 min max ) = ( m + r )
m+r
( min
0, R 0, r m )
(19.55a)
( min
(19.55b)
Sempre nel caso di sollecitazioni variabili in modo aleatorio la (19.34) pu essere riscritta come
S N = N en
(19.56)
1
en = E en =
N
j =1
n
ej
(19.57)
Nel caso in cui sia nota la funzione densit di probabilit congiunta dei valori min e max dei cicli di fatica
n
pmin,max, in base alla definizione di e in (55a,b), e pu essere ottenuto mediante la seguente relazione:
en = E en =
+
n
max
p
n
max
min , max
d min d max +
min
1
max
(19.58)
Da notare che il campo di integrazione di max esteso da 0 ad infinito, in quanto cicli con max minore di 0 non
fanno propagare la frattura, mentre, come ovvio, i campi di integrazione di min sono diversi per i 2 termini della
(58).
n
Nel caso in cui siano note le distribuzione di probabilit dei cicli rainflow per media m ed ampiezza r, e pu
essere ottenuto direttamente da essa mediante una delle seguenti espressioni ottenute considerando la (58), le (55a,b)
e le (53,54):
en =
n
e
U r m ( m + r ) pr ,m dr dm +
U r m ( m + r ) pr ,m dr dm +
2r
U m r ( m + r )
m+r
U m r ( m + r )
n (1 )
( 2r )
pr ,m dr dm
(19.59a)
pr ,m dr dm
(19.59b)
nella quali
U r m = 1 r > m
U m r = 1 r < m
U r m = 0 r < m
U m r = 0 r > m
19.9
(19.60)
Ricordando che nel caso di processi aleatori di sollecitazione dei quali sia nota la densit spettrale di potenza
(PSD), il numero di cicli N pu essere messo in relazione con il tempo T durante il quale si sono verificati mediante
la (17.73), cio N=T (4/2)0.5/2,
n
noto il valore di e del processo,
fissata una lunghezza di frattura aN,
e calcolato il corrispondente valore AN,
possibile ottenere il numero medio di cicli che occorre per la propagazione, o il tempo medio, mediante la seguente
relazione , ottenuta sostituendo la (56) nella (34) ed esplicitando rispetto ad N o a T
4 2
AN
=
2
en
N=T
(19.61)
mentre,
fissato il numero di cicli N o la durata temporale T,
valutato SN mediante la (56),
possibile ricavare il valore di AN mediante la (34) e da esso la lunghezza della frattura (come visto nel paragrafo
precedente):
AN = N en = T
4 2
en
2
(19.62)
Nel caso di processi stazionari gaussiani con PSD a banda stretta i cicli di fatica risultano praticamente alternati
simmetrici e si ha sempre min0. In tal caso, in base alla (1), il valore di e di ogni ciclo coincide sempre con il
n
valore max del ciclo e e pu essere ottenuta utilizzando la distribuzione di probabilit dei massimi del processo
che una distribuzione di Rayleigh (17.21 e/o 17.75):
en =
amax
2
1 max
d max
2 0
n +1
max
exp
(19.63)
en = ( 20 )
n2
(1 + n 2 )
essendo la funzione Gamma, i cui valori sono ottenibili tramite tabella o software di calcolo.
19.10
(19.64)