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Adorno
Introduzione agli Scritti di Benjamin
[in Note per la letteratura 1961-1968, Torino, Einaudi 1979, pp. 243-257.]
Cfr. W. BENJAMIN, Schriften, edite da T.W. Adorno e G. Adorno con la collaborazione di F. Podszus,
2 voll., Frankfurt am Main 1955.
sua forza Ia riceveva dallevidenza. La sua opera rimase esente dalle smancerie
della dottrina del mistero e delliniziazione; Benjamin non esercit mai un pensiero
privilegiato 2. Per la verit lo si sarebbe potuto immaginar bene come mago con
lalto cappello a punta e a volte egli ha anche consegnato ai suoi amici dei pensieri
come oggetti magici preziosi e fragili; ma a tutti, anche ai pi strani e avventurosi,
era sempre aggiunta tacitamente una specie di indicazione che la coscienza sveglia
avrebbe potuto impadronirsi precisamente di quelle conoscenze solo se fosse stata
sveglia a sufficienza. Le sue parole non si richiamavano alla rivelazione ma a un tipo
di esperienza che si distingueva da quella generale unicamente perch Benjamin
non rispettava le limitazioni e le proibizioni cui solita piegarsi la coscienza
ammaestrata. In nessuna delle sue manifestazioni Benjamin ha fatto riconoscimento
dei limiti che tutto il pensiero dellera moderna ha ritenuto ovvi, cio limperativo
kantiano di non fare incursioni nei mondi intelligibili o, come traduceva Hegel nel
ribellarvisi, l dove sono case malvagie. Il pensiero di Benjamin si lascia negare
tanto poco la felicit sensoriale, interdetta dalla tradizionale morale del lavoro,
quanto il suo opposto polo spirituale, il riferimento allassoluto. Infatti lipernatura
inscindibile dalladempimento del naturale. Di conseguenza Benjamin non tesse il
riferimento allassoluto ricavandolo dal concetto ma lo cerca nel contatto fisico con i
contenuti. Tutto ci contro cui sono solite irrigidirsi le norme dellesperienza deve
pervenire allesperienza, secondo limpulso di Benjamin, nella misura in cui essa si
limita a insistere sulla propria concrezione invece di vanificare questa sua parte
immortale assoggettandola allo schema delluniversale astratto. Benjamin si cos
posto in brusca antitesi a tutta quanta la filosofia moderna, forse con la sola
eccezione di Hegel il quale sapeva che innalzare un confine significa sempre anche
oltrepassarlo e ha reso il compito facile a coloro che contestano ai suoi pensieri un
carattere di norma e vorrebbero liquidarli come intuizioni semplicemente soggettive,
semplicemente estetiche, oppure come semplice ideologia metafisica. Rispetto a
questi criteri egli era in posizione talmente dirottata che nemmeno gli venne mai in
mente di difendersi dalla loro pretesa di validit, come fece Bergson; ha anche
disdegnato di reclamare per s una particolare fonte di conoscenza, tipo lintuizione.
Egli affascinava perch le obiezioni correnti contro levidenza della sua esperienza,
che non era affatto ricostruibile in tutti i suoi passaggi ma che spesso era lampante,
finivano col sembrare uno sciocco agitarsi, apologetiche, col tono del S per.
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dellaura 4. Alla scuola di George, cui egli deve pi di quel che non lasci notare la
superficie dei suoi insegnamenti, rinvia qualcosa della sua gestualit filosofica:
alcunch di immobilizzante, che costringe il movimento a una sosta precaria, quella
monumentalit del momentaneo che costituisce una delle tensioni determinanti della
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sua interpretazione del barocco. Qui, come in molti luoghi Benjamin distilla la propria
essenza da materiale altrui. Lo storicamente concreto per lui diventa immagine
immagine originaria della natura cos come della soprannatura e viceversa la
natura diventa metafora di una storicit. Incomparabile linguaggio del teschio: esso
unisce una totale mancanza di espressione il nero delle sue occhiaie con
lespressione pi selvaggia: il digrignare dei denti, si legge in Senso unico 5. Il
peculiare carattere metaforico della speculazione di Benjamin, se si vuole: il suo
aspetto mitizzante, discende proprio dal fatto che sotto il suo profondo sguardo lo
storico si trasforma in natura in forza della propria caducit e tutta la naturalezza si
trasforma in una parte della storia della creazione. Benjamin gira instancabilmente
intorno a questo rapporto; come se volesse dipanare lenigma che per lo stupore
infantile rappresentano le cabine della nave ed i carri degli zingari e, come a
Baudelaire, tutto gli diventa allegoria. Solo nel non intenzionale tale sprofondamento
troverebbe il suo confine, solo in esso si estinguerebbe il pensiero acquietato e
perci egli innalza il simbolo a ideale. Ma quanto poco egli ha mirato a una filosofia
irrazionalistica poich unicamente gli elementi determinati dal pensiero sono capaci
di raggrupparsi fino a formare questa metaforicit, altrettanto lontane in verit sono
le immagini di Benjamin da quelle mitiche, per esempio nella descrizione che ne fa
Jung. Esse non rappresentano archetipi invarianti che andrebbero enucleati dalla
storia ma spuntano proprio attraverso la forza della storia. Lo sguardo micologico di
Benjamin, linconfondibile colore del suo tipo di concrezione, la tendenza alla
storicit in un senso opposto alla philosophia perennis. Il suo interesse filosofico non
si volge in generale allo astorico ma proprio a quel che temporalmente pi
determinato, non capovolgibile. Da qui il titolo Senso unico. Le immagini
benjaminiane hanno rapporto con la natura non quali momenti di unontologia che
rimane uguale a se stessa ma in nome della morte, della transitoriet quale
categoria suprema dellesistenza naturale, verso cui la speculazione di Benjamin
procede. Eterno in esse unicamente il transeunte. A ragione egli ha definito
dialettiche le immagini della sua filosofia: il piano del libro Passages parigini ha di
mira tanto un panorama di immagini dialettiche quanto la loro teoria. Il concetto di
immagine dialettica era inteso con significato obiettivo, non psicologico: la
rappresentazione dellera moderna quale al tempo stesso nuova, gi passata e
Benjamin colui cui non piace affidarsi a pensieri nei quali fiuta un pericolo mortale
per la fiduciosa coscienza che ha di se stesso. La lettura di Benjamin pu tornare
feconda e felice soltanto per colui che guarda questo pericolo negli occhi senza
subito irrigidirsi nella decisione di non voler avere niente a che fare con tale
snaturamento dellesistenza. Veramente in Benjamin lelemento di salvazione nasce
soltanto l dove c pericolo.
La composizione interna della sua prosa scomoda anche nel collegamento
dei pensieri e da nessuna parte pi necessario che qui far piazza pulita di attese
sbagliate se non si vuol finire fuori strada. Infatti lidea di Benjamin, nella sua
severit, esclude tanto i motivi fondamentali quanto il loro sviluppo, la loro
elaborazione,
tutto
quanto
il
meccanismo
di
presupposti,
affermazioni
saggio Su alcuni motivi di Baudelaire e le tesi Sul concetto di storia. Aveva in mente
la comunicazione dellincomunicabile attraverso lespressione lapidaria. Una certa
semplificazione dei mezzi linguistici indisconoscibile. Ma, come spesso avviene
nella storia della filosofia, la semplicit inganna; nellottica del pensiero di Benjamin
non mutato nulla e mentre le conoscenze pi strane si enunciano come se fossero
puro buon senso, la loro estraneit non ne viene che potenziata: niente potrebbe
essere pi benjaminiano della risposta che una volta diede, richiesto di un esempio
di buon senso: Quanto. pi tarda la sera, tanto pi belli sono gli ospiti. Il suo
gesto linguistico riprende, come nella giovinezza, qualcosa di autoritario; in questo
caso assume un po il tono del proverbio fittizio, forse nella volont di trovare un
accomodamento fra il suo tipo di esperienza spirituale e una comunicazione pi
vasta. Di certo al materialismo dialettico lo attrasse, in linea generale, meno il suo
contenuto teoretico che la speranza di un discorso autorizzato, garantito dal
collettivo. Egli non credeva pi come in giovent che gli fosse consentito attingere
dalla teologia mistica senza per sacrificare lidea della dottrina: anche qui si esterna
il
motivo
dellabbandono
liberatorio
della
teologia,
della
sua
schietta
sua inclinazione a concezioni teocratiche, sono della stessa specie del suo tipo di
marxismo, che egli pensava di accogliere da ortodosso, come un complesso di
insegnamenti, senza sospettare quali produttivi equivoci combinava. Non difficile
rendersi conto dellinanit di tutti questi tentativi di evasione, dello sprovveduto
conformarsi alle forze insorgenti, di cui nessuno deve aver avuto pi orrore di
Benjamin: era come se non volessi formare in nessun caso un fronte comune,
nemmeno con mia madre, dice ancora in Infanzia berlinese 7. "Era consapevole
dellimpossibilit di inserirsi e tuttavia non ha mai smentito lesigenza di farlo. Ma tale
contraddizione non rinvia unicamente alla debolezza dellisolato; in essa fa capolino
una verit, la comprensione dellinsufficienza della riflessione privata finch questa
separata dalla tendenza obiettiva e dalla prassi trasformante. Di questa insufficienza
soffre anche chi fa di se stesso, come fece Benjamin in misura straordinaria, un
sismografo di ci che allordine del giorno. Una volta Benjamin si disse daccordo
con la caratterizzazione del suo pensiero come un pensare per fratture; e non si
tirato indietro nemmeno di fronte allestremo; ha assimilato ci che gli era
mortalmente nemico, rinunciando perfino a una forma gi assunta dalla coerenza e
che sarebbe stata possibile anche a lui: quella della monade senza finestre, che
nondimeno rappresenta luniverso. Sapeva infatti che nessun appello allarmonia
prestabilita sarebbe pi plausibile, ammesso che lo sia mai stato. Dal tour de force in
cui egli si impegn, senza molte illusioni sulla possibilit di una riuscita, si pu
imparare non meno che dalle produzioni magistrali uscite dalle sue mani. Quando a
un articolo diede il titolo Contro un capolavoro scrisse anche contro se stesso e
proprio la capacit di farlo inscindibile dalla sua forza produttiva.
In questa contraddizione va cercata la ragione del cordoglio di Benjamin, il
suo carattere, nel significato che egli stesso diede al termine. Cordoglio non
tristezza era la disposizione della sua natura in quanto sapere ebraico della
permanenza della minaccia e della catastrofe cos come inclinazione antiquariale
davanti alla quale anche il presente per incantesimo diveniva trapassato. Benjamin,
dalle trovate inesauribili, produttivo, completamente padrone dello spirito in ogni
desto attimo della sua vita e completamente dominato dallo spirito, era per tuttaltro
dalla spontaneit considerata secondo clich; siccome parlava come un libro
stampato, si addiceva nel complesso anche a lui la sua bella formula sul Goethe
Cfr. W. BENJAMIN, Deutsche Menschen. Eine Folge von Briefen, scelta e introduzione di Detlef
Holz (Pseud.), Luzern 1936, p. 90.
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Cfr. BENJAMIN, Schriften cit., vol. II, p. 194.