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CONNESSIONI

Riflessioni sulla terapia


individuale sistemica
Gli articoli di apertura di questo numero di
CONNESSIONI dedicato alla TERAPIA
INDIVIDUALE SISTEMICA, illustrano in modo
esemplare la ricchezza e la complessit del
paradigma sistemico. Ognuno dei tre autori
interpreta in modo personale il compito di dare
cornice e contenuto alle pratiche individuali.
TELFENER riflette su alcune specificit del
modello sistemico per indirizzare il clinico a
fecalizzare gli aspetti principali della teoria in modo
da evitare una confusione del proprio operare.
MOSCONI utilizza l'idea della costruzione
dell'ipotesi, secondo un costrutto ben definito,
come cornice generale per integrare e dare
significato a quanto awiene in seduta. Punto di
forza sistemico l'ipotesi come contesto principale
di significato.
PERUZZI propone come cornice generale il
contratto terapeutico. Questo il contesto che
definisce i vincoli della relazione e costruisce il
significato dell'agire clinico in modo
relativamente indipendente dalla
teoria di riferimento del
terapeuta.

Umberta Telfener'

Non preoccupiamoci Iroppc


Infondo non siamo noi
a curare i ostri pazienti.
Noi semplicemente
stiamo loro vicini
e facciamo il tifo
mentre loro
curano se stessi.
Erich Fromm

Alla richiesta di scrivere un articolo sulla terapia individuale


sistemica [tis] la prima cosa che ho fatto stata quella di lamentarmi, in quanto pensavo fosse "antiquato" proporre specificit di
un modello rispetto ad un altro. Le scuole sono nate negli anni
cinquanta, sessanta - organizzate intorno ad una o pi figure carismatiche - ed hanno avuto una importanza notevole sia per la erescita della terapia in generale sia per la specificazione dei modelli
clinici e della teoria del cambiamento. In questo momento storico
quasi ogni clinico si fatto pi di un training e comunque stato esposto a
molte riflessioni sul processo clinico; oggigiorno regna una ecletticit che
non n giusta n sbagliata, semplicemente . Credo che sia sempre pi
vero che i differenti modelli terapeutici, pur teorizzando pratiche diverse2,
propongono nei fatti una prassi molto simile. La terapia si divide sempre
pi in buona e cattiva pratica anzich venir differenziata rispetto al modello
di riferimento. Abbiamo pertanto pi psicoanalisi, pi modelli sistemici,
pi terapie cognitive. Nessun clinico pu evitare di pensare che l'inconscio
esista anche se noi sistemici non gli prestiamo troppa attenzione in terapia;
chi espone il paziente a ci che fa paura riesce a far cambiare la percezione
dello stimolo, anche di questo dobbiamo tenere conto, anche se non tendiamo a farlo come relazionali; cos delle potenzialit nell'uso del corpo,
pur non sapendo noi quasi neppure cosa sia.
Pensando a quello che avrei scritto ho poi compreso quanto fosse invece
importante riflettere sul nostro operato di clinici e ho fatto ammenda
rispetto alle critiche iniziali.

1. UMBERTA TELFENER, Psicoioga cllnica e didatta sistemica, insegna alla Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell'universit La Sapienza di Roma
2. Terapeuti che appartengono a modelli diversi differiscono nelle spiegazioni rispetto a:
posizioni assunte sulle questioni epistemologiche, metodologiche, aspetti considerati e spiegazioni fornite, costrutti utilizzati e tecniche impiegate.

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paziente
sistema
persona

CONNESSIONI

Faccio molta supervisione in contesti diversi e sempre pi mi accorgo


che il dialogo tra clinici di orientamenti diversi non solo fruttuoso ma
anche molto ricco, anche se spesso, attenuandosi le differenze, emerge il
rischio del rischio iatrogeno (perdere la specificit fa si che non si identifichino pi i parametri rispetto ai quali confrontarsi, si rischia di giustificare
tutto e non si opera secondo una falsificazione del processo; niente cio
considerato un errore). C' per esempio, una grossa confusione su quali
siano gli aspetti su cui ci si debba fecalizzare: possibile che ogni clinico si
occupi nello stesso modo di tutto quello che gli viene portato? Certo che
no. Credo che ciascun modello abbia una sua specificit e che il nostro
paradigma sistemico, pi di altri, si differenzi dagli altri per l'attenzione
precipua al contesto, per il rispetto della circolarit e il tentativo di superare
il riduzionismo in ogni suo aspetto.

La specificit sistemica
I modelli, lo abbiamo gi detto tante volte, sono artefatti culturali e
seguono le metafore dominanti e debbono quindi ristrutturarsi nel tempo.
In questo periodo storico noi ci differenziamo in quanto:
- prestiamo attenzione alle relazioni. Il nostro focus centrato sul "pattern che connette" il sistema consulente al sistema committente, attraverso un processo che mette in atto sia spinte verso la stabilit che
verso l'evoluzione. Stiamo parlando del ciclo ermeneutico di interpretazione e azione su cui si fondano tutti gli affari umani, come direbbe
Varela, per cui il punto importante diventa incontrarsi e superare le
identit separate, considerarsi catalizzatori e partecipanti attivi ad un
sistema che si auto-organizza e che evolve. Relazionalit la nostra
specifica, ci definiamo relazionali-sistemici ed importante che non
perdiamo questa nostra caratteristica e che non 'regaliamo' questo
nostro expertize ad altri modelli, come era successo, per esempio,
alcuni anni fa quando avevamo ceduto il privilegio di parlare di relazioni ad un ramo della psicoanalisi (Greemberg e Mitchell, Eagle,
Sulloway), rimanendo noi silenti. Relazionalit si esprime in ogni direzione, nel fatto che l'individuo non mai considerato in solitudine ma
parte integrante di una rete di individui, in famiglia, nel rest della sua
vita, nelle relazioni del qui e ora della stanza di terapia. Neppure il
clinico solo, in quanto naturalmente connesso al sistema che ha
richiesto aiuto e al gruppo di colleghi che fanno parte del sistema
determinato dal problema: chi altro si occupa del caso? Come possibile coordinare le azioni di ciascun esperto con quelle di tutti gli altri,

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in modo che il progetto terapeutico possa risultare evolutivo anzich


essere solamente la sommatoria di pi interventi singoli'?
' Non solo la rete relazionale quella che conta ma anche la relazionalit
tra idee, comportamenti ed emozioni, tra tempi storici diversi (passato, presente, futuro, tempo della crisi, tempo in cui insorto per la prima volta un
sintomo), tra narrazioni complementari, tra memoria semantica e memoria
episodica, tra storia vissuta e storia raccontata.... I singoli comportamenti
ed i sintomi stessi sono mosse di un gioco pi grande dell'individuo che
coinvolge connessioni tra contesti, idee e persone diverse.
- Proponiamo un'ottica che accoglie la complessit, la co-costruisce e la
gestisce, non ammettendo la semplificazione. Nell'ottica sistemica il
pi complesso che spiega il pi semplice e questa complessit contestuale (del sistema osservato e anche del sistema osservante) va gestita.
Partiamo da essa, cerchiamo di mantenerla ad un buon livello di comprensione e gestione. Cosa significa questo? La complementariet dei
punti di vista, il tentativo di non operare sintesi ma accettare anche la
confusione, il lavorare col disordine anzich pretendere spiegazioni
chiare e organizzazioni razionalmente definite, considerare versioni
multiple per ottenere punti di vista non definitivi. La circolarit nella
lettura degli eventi un altro ingrediente coerente col rispetto della
complessit, che andiamo addirittura a costruire in seduta, non chiedendo direttamente alle persone cosa pensino ma chiedendo a ciascuno cosa pensa un altro pensi. "Ripopolare le storie" lo chiamava
Peggy Penn.
Anche ad un individuo solo chiediamo di mettersi nelle scarpe degli
altri, di considerare il nostro punto di vista (la nostra trasparenza) e di "giocare" con le ipotesi (una "comunit che costruisce significato", una "conversazione generativa" definiva il contesto clinico Harlene Anderson).
Come mantenere un livello di complessit quindi con un individuo solo?
Proponendo punti di vista alternativi, sottolineando narrazioni diverse,
proponendosi come interlocutore reale che esplicita idee e stati d'animo,
falsificando attivamente le idee presentate, presentificando altri del contesto
del paziente. Personalmente solo di rado chiamo altre persone alle sedute,
pi spesso utilizzo quello che so di tutte le persone nel contesto per sottolineare altre prospettive. Il concetto stesso di ipotizzazione coerente con la
complessit: non facciamo interpretazioni come se sapessimo quello che sta
avvenendo, possiamo solo fare delle ipotesi euristiche, che siamo pronti a
lasciar cadere.
3. Non a caso ho pi di una volta suggerito l'utilit sistemica di un case manager che tenga
dentro la mente la trama delle diverse azioni cliniche e che possa spiegare al singolo ci che sta
avvenendo e contenere il progetto, tenere insieme i fili delle diverse azioni.

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Gestire la complessit significa tra l'altro accettare il cambiamento


costante dei modelli di riferimento sia culturali che teorici e rifiutare leggi e
regole determinate una volta per tutte.
- Proponiamo un modello bto-psico-sociale per cui il comportamento
umano determinato da fattori biologici, psicologici e sociali.
Aggiungerei i fattori culturali che tanto in questi ultimi anni ci stanno
insegnando rispetto a come funziona il mondo. Rispondere a questo
modello significa non semplificare, integrare pi livelli di osservazione/analisi/spiegazione e favorire una complementariet di punti di
vista e di livelli di intervento diversi.
Significa considerare l'individuo olisticamente nel suo contesto e a questo contesto prestare molta attenzione, perch le persone sono malate di
contesto, e il contesto il sociale. Personalmente credo, e prendo una posizione molto forte, che sia il sociale a determinare e influenzare pesantemente
le altre variabili. Concordo pertanto pienamente con il collega e amico Eia
Asen quando sostiene che "I clinici sono dei lettori, dei marcatori e dei
gestori di contesti ed sempre il contesto che trasforma dei mostri in bambini" (giornata all'Universit La Bicocca Milano, 17-11-06). Anche con un
individuo solo una buona parte del lavoro un lavoro sul contesto in quanto
gli individui cambiano se cambia il loro dominio di interazioni.
Pur prendendo in considerazione le metafore pi attuali della scienza e
riferendoci alle teorie pi nuove e scientificamente stimolanti, pur facendoci contagiare da modelli altri, in quanto sistemici sin dall'inizio ci siamo allontanati da un'ottica "medica" che utilizza metafore quali cura, disturbo,
malattia, intervento prescrittivo, per considerare invece la coerenza di quel
determinato sistema che include un sintomo. Pensiamo che i problemi non
abbiano una "causa" che si possa utilmente scoprire; un problema la
situazione raggiunta fino al momento attuale dall'intera storia della deriva
strutturale co-ontogenetica - direbbe Maturana - che al momento in cui il
paziente si presenta in seduta coinvolge anche noi.
Gli aspetti "bio" sono scarsamente presi in considerazione da noi sistemici che "permettiamo al corpo di parlare", e prestiamo attenzione al linguaggio esplicito del corpo; personalmente sento come una lacuna la scarsa
conoscenza della corporeit e degli aspetti non verbali in terapia. C' poi
un altro discorso importante da fare, che riguarda i farmaci e il loro uso.
Personalmente lavoro a stretto contatto con un collega psichiatra cui
invio le persone che ritengo ne abbiano bisogno in quanto penso che gli
interventi integrati siano un valore aggiunto. A volte addirittura pi
economico intervenire coi farmaci e solo in un secondo tempo proporre,
su richiesta, un lavoro psicologico [un adolescente a un mese dalla maturit, che inizia crisi di panico molto forti; una signora che ha subito un

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lutto; una persona che sta troppo male a seguito di un abbandono; un


paziente maniaco-depressivo che deve regolare l'umore prima di potersi
sedere e riflettere...]
Rispetto all'aspetto "psico", l'ultimo da prendere in considerazione,
sono personalmente molto critica delle categorie psicologiche che mi sembrano spesso sovradimensionate. La cultura occidentale ha inventato la
psicologia e poi ne ha abusato, ci sono molte situazioni in cui il rapporto
molto pi importante delle categorie psicologiche che si intende utilizzare e
in cui le narrazioni che emergono diventano importanti proprio perch
lontane da ogni interpretazione. Il discorso potrebbe essere molto lungo.
Credo che possa essere un vero mnus perdere queste nostre precipue
caratteristiche, molto utili sia nel leggere i contesti e intervenire su progetti
sociali che nel fare terapia familiare o individuale. Sinceramente non credo
che questa tra terapia individuale e familiare sia una differenza sostanziale.
Personalmente preferisco incontrare individui singoli ma in seduta presentifico molte persone e poco mi occupo di ci che avviene solo tra le orecchie di un solo individuo.
Mano a mano che passa il tempo sono sempre pi consapevole delle
potenzialit dell'ottica sistemica, che a mio parere uno strumento di lettura
dei contesti davvero eccezionale e pu diventare una modalit di intervento
sofisticata e potente. Permette di non semplificare, di contestualizzare,
introduce il tempo e l'osservatore nel contesto, permette di decostruire le
mappe e danzare insieme nella costruzione di una realt terapeutica su cui
sia possibile lavorare; permette di progettare interventi pensati e coordinati
con altri addetti ai lavori, di considerare importanti tutte le persone che
fanno parte del sistema creato dal problema.
Non ci sono a mio parere grosse "novit" da riportare nel campo della
terapia individuale, non tecniche straordinarie [se non "tecniche nuove di
giornata", prese a prestito da altri ambiti e trasversali ai modelli terapeutici
- sto pensando all'EMDR, tecnica neuro-ipnotica di sicura efficacia, sto
pensando al lavoro sull'emisfero sinistro attraverso il disegno, tra gli altri],
non modalit di lavoro assolutamente nuove, non contesti in cui entriamo
per la prima volta. Non intendo in questo scritto proporre nuove ipotesi di
lavoro e nuove tecniche ma mettere in ordine ci che ciascuno di noi gi sa,
mettere in ordine e riflettere sulle premesse del nostro agire, perch credoche siano le nostre premesse a creare il valore aggiunto del nostro lavoro e
che troppo poco spesso negli ultimi anni ci siamo fermati a riflettere su
questo livello.

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Pregiudizi sistemici "adattivi"


Intendo pertanto riflettere insieme a voi lettori sugli elementi che contribuiscono al processo evolutivo della psicoterapia, fattori che si riferiscono ai
pazienti, al clinico, alla relazione tra i due e al processo che si viene a creare.
Idee e azioni che dovrebbero essere esplicite e che invece vengono spesso
lasciate implicite, assiomi che possono aiutare o bloccare il processo stesso.
Si tratta di "bonus" che abbiamo come sistemici, in quanto derivano dalla
nostre teorie, alcuni "pregiudizi" che rendono il nostro lavoro pi facile
rispetto a quello di altri modelli
P U N T I DI F O R Z A DEI CHIMICI S I S T E M I C I
Autoreferenzialit, ineluttabile a tutti i livelli (tra teoria e prassi, tra
osservatore e osservato...]
Attenzione alle risorse presenti
Fiducia ne contesto
Fiducia negli umani, credere che combino inevitabilmente
Lavoro di rete anche con un individuo so o: prendere in
considerazione i sistemi implicati
Considerarsi in quanto clinici parte integrante del sistema di cura
Lavoro attivo sulle premesse in campo (lavoro epistemologico sulle
modalit del conoscere]
Inconscio immaginato come positivo
Intervenire sul cambiamento del cambiamento
Patologia considerata come adattativa, funzionale,
il tentativo di soluzione di un problema
Importanza dell'analisi della domanda
Operare da una posizione in cui si sa di non sapere
Accettazione dell'esistenza di punti ciechi (non sapere di non
sapere)
Lavorare su ipotesi euristiche evolutive e processuali
Co-sviluppo di una coerenza narrativa
Proposta di un setting contaminato
Atteggiamento irriverente
Decostruire le narrazioni, allargare le mappe, intervenire per
ampliare le possibilit
Interventing intervievying

Come raccontarli? Andr brevemente a sottolineare alcune specificit


del modello sistemico e alcune convinzioni che, a mio parere, avvantaggiano
la procdssualit nel lavoro con gli individui. Gli aspetti che prender in
considerazione varrebbero anche per il lavoro con le famiglie, le organizzazioni e i contesti. Andr ad analizzale i singoli aspetti, a mio parere
vantaggiosi, selezionandoli rispetto ai diversi livelli implicati nel lavoro
psicoterapeutico, quello epistemologico, il modello dell'umano e del
rapporto con il contesto, la teoria del modello, la teoria della tecnica.

Livello epistemologico
la scelta epistemologica quella che differenzia i diversi modelli terapeutici uno dall'altro. Condividere un'ottica meccanicistico-determinista
oppure definirsi costruttivisti implica letture, priorit, operativit assolutamente diverse. Nel primo caso significa lavorare su quelli che Heinz von
Foerster chiamava indecidibili [in quanto sono gi decisi dal modello di
riferimento], sapere quello che si deve fare, avere protocolli per il proprio
lavoro che in qualche modo ripetitivo e determinato a priori; nel secondo
lavorare sui decidibili [nel senso che siamo noi a decidere come intervenire
e a doverci assumere la responsabilit per le nostre scelte], dare spazio alla
creativit e alla possibilit di creare percorsi alternativi.
il livello epistemologico quello su cui ci siamo sempre concentrati in
quanto sempre necessario fare una scelta. Il concetto stesso di psicoterapia
muta il suo significato, diventando una delle azioni possibili per favorire l'evoluzione. Non pi la tecnica per eccellenza per costruire il cambiamento,
non pi l'unico mandato sociale, ma piuttosto un progetto tra altre opzioni.
La scelta di proporre una psicoterapia, di passare ad un secondo livello di
intervento, implica l'intenzione di iniziare un percorso breve-lungo [breve
per numero di sedute, lungo temporalmente] con un contratto esplicito e
una finalit definita.
Non scopriamo a realt del paziente ma la inventiamo in seduta; non
facciamo parte di una realt data e unica ma mettiamo ordine in una serie
di "capti 4 " che ci bombardano. Cambia il modo di leggere la realt, connettere i dati tra loro, interpretare le situazioni che vengono presentate,
considerarsi in quanto clinici; mutano le categorie da utilizzare per permettere alla situazione di non staticizzarsi. Non a caso la scuola di Milano nei
4. Termine usato da noi sistemici spesso, ricordo che t'ha coniato Laing per riferirsi appun
to al fatto che gli stimoli non sono dati ma selezionati attivamente tra i tanti da un operatore
attivo e consapevole di esserlo.

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training sempre stata pi attenta al passaggio dall'ottica semplice alla


sistemica [altro aspetto importante per noi sempre stata la teoria della
tecnica, anch'essa molto puntuale].
Non siamo l'unico modello terapeutico che si definisce costruttivista,
siamo quello, - forse - che lo esplicita con pi forza e che insiste sulla danza
interattiva e sociale. Siamo coloro che oltre che definirsi costruttivisti con
pi determinazione e coerenza ne hanno accettato le conseguenze. Quali
operazioni a questo livello epistemologico sono specifiche e ci differenziano
dagli altri modelli?
Se il mondo emerge dalle nostre operazioni, diventa imprescindibile
riflettere sulle premesse e sulle scelte soggettive che hanno determinato
l'emergere di quella particolare "realt" e non di un'altra; riflettere sulle
scelte compiute dal clinico, sulle operazioni di secondo ordine che deve
mettere in atto: la diagnosi della diagnosi, l'attenzione a come le categorie
che si utilizzano e gli interventi che si fanno ampliano o restringono il range
di possibilit, in poche parole la propria partecipazione alla costruzione
della narrazione e al processo in atto.

nella sua organizzazione, prestando attenzione ai circuiti che includono


anche il sintomo;
- considerare le categorie che il clinico stesso utilizza al fine di non
bloccare la naturale processualit [automonitoraggio: attenzione a s
come operatore, alle operazioni sulle operazioni, momenti di tinte
out, doppia posizione interna ed esterna];
- agire su s stessi perch inclusi nel sistema e strumento principe nello
studio/sbroglio delle interazioni;
- monitorare la propria posizione all'interno del sistema in modo da
ottenere ci che si desidera nella relazione clinica e confermare l'esistenza di tutti i partecipanti;

2- L'attenzione alle azioni terapeutiche

II clinico non contempla oggetti, materia, territorio, ma privilegia i


processi recursivi di secondo ordine, mappe di mappe, punteggiature di
punteggiature, controllo del controllo, retroazioni delle retroazioni, cambiamento degli usuali processi di cambiamento. La sistemica forse pi di
altri modelli si occupa della autoreferenza'; nello specifico teorizza che ci
che conosciamo sempre il prodotto dell'interazione tra le operazioni che
avvengono tra noi e ci che ci sta intorno. Ogni fenomeno biologico ha ed
un modo di conoscere. Sono operazioni recursive:
- riconoscere la complementariet oggetto-metodo per cui ciascuno
rimanda all'altro;
- considerare la referenzialit della relazione l'elemento fondante il lavoro;
- intendere la psicoterapia stessa come sistema auto-organizazionale
capace di dare forma alla realt interattiva in modo da garantire il
mantenimento della sua struttura [di garantire il paziente come
paziente e il clinico come clinico]
- mettere in primo piano i processi recursivi dei sistemi osservati: considerare il mondo in cui l'attore agisce su se stesso perch incluso

La conoscenza scaturisce dall'azione: se vuoi conoscere agisci, ci ricorda


von Foerster, per cui l'epistemologia diventa una teoria della costruzione
dell'esperienza strettamente dipendente dal nostro agire. Il conoscere si
costruisce come agire, ogni apprendimento un'azione, "l'azione il punto
d'inizio dal quale il soggetto conoscente e l'oggetto della conoscenza,
all'inizio indistinti, si differenziano uno dall'altro, elaborando insieme il
pensiero che retro-agisce sull'azione." Il mondo che emerge determinato
dalle operazioni che abbiamo fatto. Quali le azioni in terapia?
- Far emergere un sistema [scegliere per esempio di convocare una
persona da sola oppure con la sua famiglia]
- far emergere e organizzare il significato [azione e significato si collegano l'uno all'altro in maniera riflessiva: il managment coordinato dei
significati di cui hanno parlato Pearce e Cronen]
- far emergere la mutua specificazione fra costrutti, far emergere
l'embricazione6 tra concetti
- il languaging inteso come la danza ineluttabile che si fa al fine di
formarsi un mondo comune, attraverso un'azione congiunta
- l'ascolto - anch'esso un'azione - che evoca la comprensione, una via di
mezzo tra ci che viene detto e la pre-comprensione gi presente in
chi ascolta,
- il processo produttivo che emerge dall'interazione tra le parti, l'entrata
in una deriva strutturale co-ontogenetica (Maturana) con la necessit
di non controllare questo movimento, non guidarlo ponendosi fuori,
ma analizzarlo a posteriori

5. L'autoreferenza considerata la capacit di un sistema di rivolgersi a s e di


diventare oggetto della propria osservazione., vedi Sistemica alla voce autoorganizzazione/autoreterenza

6. Facciamo parlare Fruggeri (Sistemica, voce emhnaiztone): "Secondo una prospettiva complementare le polarit di una coppia di opposti vengono considerate come due entit asimmetriche governate dal principio dell'autorirlessivit: ognuna di loro pu essere definita, a un
diverso livello, come il processo da cui emerge l'altra." Pag. 300

I - la recursivit

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- fare e far fare in seduta e durante il processo: i compiti a casa, gli


interventi falsificanti (Valerla Ugazio 1996).
Il comportamento linguistico un'azione che crea la realt, il dialogo
viene considerato importante per costruire la realt terapeutica, l'azione
pi importante da fare assieme, prestando attenzione alla sua forma, alle
aspettative, alle emergenze. Utilizzare il linguaggio non un'attivit che
avviene nel cervello ma una pratica sociale per spingere le persone ad
inventare nuovi copioni, a esplorare/inventare nuove ipotesi, a fare le cose
in maniera diversa [ogni azione nei sistemi umani espressa tramite il linguaggio]. Se il linguaggio che usiamo determina cosa vediamo, le ipotesi
che facciamo come clinici debbono risultare evolutive, favorire l'ampliamento delle alternative: "L'umanit nasce nelle dinamiche sociali in cui ha
luogo il languaging, un modo di essere insieme nella collettivit" sostiene
Maturana. Personalmente credo che sia un'azione congiunta, una forma di
langiaging, anche quella di sorbire del th sempre disponibile in seduta
[una sorta di oggetto transizionale che getta un ponte], o di condividere
qualche piccolo rituale compreso nel setting [con gli adolescenti selezionare
un argomento pescando delle carte preconfezionate, iniziare le sedute in un
certo modo quasi sempre uguale ] la cui ripetitivit offre una gestualit
prevedibile comune e rassicurante.
Per dialogare occorre mettersi nei panni dell'altro, quindi cambiare
prospettiva, assumere un altro punto di vista. Dopo aver visitato il
Malborougb Family Center di Londra credo che possa essere utile dare
agli individui in terapia anche una cinepresa da portare a casa oppure un
audiotape, comunque metterli nella situazione concreta di osservare una
situazione da pi punti di vista [dietro una cinepresa le emozioni saranno
schermate e l'osservatore potr sentirsi pi distante dall'oggetto; usando un
registratore la consapevolezza di quello che avviene muta].
Altra "azione" terapeutica quella di non pretendere di dare risposte
esaustive, ma utilizzare le domande come stimolo per entrare in un dialogo,
in un dominio partecipato e per operare distinzioni che perpetuino la
possibilit di operare distinzioni. Cos diventa una pratica sociale sistemica
quella di de-costruire le premesse per aumentare i livelli di libert
dell'individuo.

3- // lavoro clinico come lavoro epistemologico


Condividendo una teoria della costruzione dell'esperienza strettamente
dipendente dal nostro agire [se vuoi conoscere agisci, lo abbiamo appena
detto] possiamo considerare il nostro tipo di terapia come un'operazione di
produzione di processi di conoscenza [understanding understanding\e
non avviene individualmente ma nella relazione e nel dialogo, esplorando e

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facendo emergere le regole di composizione relazionali, emotive, comportamentali e metacognitive comuni [far emergere oggetti pieni di significato
da quello che sembra un mare di luci... costruire una narrazione a partire
da emissioni quotidiane disperse - per parafrasare Francisco Varela]. Per
noi sistemici diventa ineludibile considerare l'operativit "psicologica" [le
operazioni cliniche pi varie] un processo che ha a che fare con le scelte
etiche ed estetiche insite nell'azione del conoscere, un impegno che implica
pi livelli di coinvolgimento. La possibilit di costruire nuove trame [un
racconto polifonico] che abbiano origine dalla reciproca partecipazione al
processo di acquisizione della conoscenza. Il lavoro individuale a mio parere
diventa un lavoro epistemologico puntuale; sia il clinico che gli utenti sono
spinti a:
- decentrarsi, distanziarsi dal proprio pensiero per diventare pi duttili
e per prendere le distanze dagli usuali pattern
- relatwizzare, abbandonare una casualit rigida in modo da ampliare le
lenti di osservazione
- connettere tra loro eventi e ipotesi, considerare la costruzione dei
significati e le influenze sociali e familiari del loro agire
- introdurre il tempo e la lettura del contesto
- processualizzare, descrivere eventi statici come un processo dal presente al passato e dal presente al futuro [e viceversa]
- responsabilizzarsi rispetto ad azioni emozioni e pensieri, ritenersi cio
parte di ci che accade anzich vittime o passanti occasionali.

4- L'imperativo etico trasversale ad ogni operazione, ineluttabile


Se il mondo emerge dalle nostre operazioni diventa imprescindibile
riflettere sulle premesse e sulle scelte che hanno determinato l'emergenza
di quella particolare 'realt' e non di un'altra, riflettere su cosa abbiamo
fatto perch accadesse proprio quello che accaduto. Come ripete spesso il
mio collega Marco Bianciardi: "La psicoterapia dovrebbe essere considerata
una pratica etica, non medica7".
L'ineludibile capacit di assumersi la responsabilit del processo da
parte degli operatori si esprime attraverso la scelta di azioni e ipotesi:
- L'etica come prassi implicita che si manifesta attraverso il linguaggio e
le azioni. Avere la responsabilit di creare contesti evolutivi
- Sapere di essere un agente sociale, pagato per questo, acquisire
responsabilit verso il proprio modo di operare
- Avere la consapevolezza di essere parte del mondo del paziente e
parte del mondo delle possibili soluzioni, non considerarsi in dis7. Marco Bianciardi, comunicazione personale.

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paziente
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persona

CONNESSIONI

parte rispetto al mondo dell'altro; non siamo osservatori esterni di un


mondo indipendente da noi
Essere consapevoli della necessit di scegliere rispetto a decisioni che
sono per principio in- decidibili
Mostrare un sentimento di rispetto che consta nella capacit di provare
curiosit nei confronti della storia unica del paziente
Avere la capacit di assumersi la responsabilit del processo e del
cambiamento, quindi: la responsabilit della costruzione della cocostruzione, della evoluzione della co-evoluzione, della creazione
della co-creazione.
L'attenzione all'zo devo diventa pi importante che il tu devi: assumersi
la responsabilit del proprio potere, quindi
La capacit di assumersi responsabilit anche per se stessi, il proprio
apprendimento e le conoscenze che si hanno, anche della propria
vita. Curare la propria competenza, il proprio know how, l'attenzione
alle categorie che si utilizzano, la riflessivit che si mette in atto rispetto
ai processi di decodifica della realt. Responsabilit nei confronti
degli altri per quello che facciamo e responsabilit verso noi stessi per
chi siamo.

Livello del modello dell'umano e delle relazioni


II livello del modello dell'uomo e della mente quello in cui si prendono
in considerazione appunto le teorie che la nostra scuola condivide circa
l'individuo [terapeuta incluso], il rapporto tra questi e il contesto, le teorie
sull'apprendimento... Tutte le teorie psicologiche che permettono di organizzare chi siamo, con chi abbiamo a che fare e dove. E chiaro quanto sia
importante riferirsi alle metafore pi attuali sull'umano, quelle che derivano
dagli studi pi significati e come questo imperativo possa venir espletato
solamente tenendosi informati in maniera interdisciplinare.
Noi sistemici abbiamo sostituito il modello dell'uomo con un modello
delle relazioni familiari triadiche, del rapporto tra individuo e contesto, non
ultimo il contesto in cui avviene la consulenza e l'inviante che fa la segnalazione. Una forte attenzione sempre stata data al contesto dell'operatore
[pubblico/privato8, interdisciplinare o meno, lavoro di rete o lavoro concluso nella stanza di terapia] e alle relazioni tra operatori implicati nel caso. Le
nozioni rispetto al modello della mente, della motivazione, del rapporto tra
8. Rimando all'articolo di Fruggeri, / contesti della psicoterapia 1991

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emozioni/cognizioni e comportamenti, tra livelli di coscienza sono invece


sempre stati impliciti, presi a prestito da altri modelli o lasciati alle esperienze del singolo operatore. Alcune convinzioni per accomunano i sistemici:

5- L'individuo in costante evoluzione


Gli individui - come ogni sistema - sono in costante divenire, nascono
semplici e si complessificano nel tempo, trovandosi in una costante processualit. Il sistema pu fare solo quello che fa, pu apprendere solo ci che
predisposto ad apprendere. Rispetto al modello dello sviluppo consideriamo
gli individui come macchine non triviali che si comportano cio in maniera
non prevedibile e non sempre uguale [questo punto di vista valorizza l'eterarchia computazionale', la definizione non sempre razionale e prevedibile
di valori e scelte]. Tutti i sistemi sono in costante evoluzione per cui diventa
importante che il clinico non li blocchi ma ne rispetti la processualit,
intervenga a cambiare le usuali modalit di cambiamento e immagini gli
individui e le situazioni in divenire'".
Questa visione degli individui implica una estrema fiducia verso di loro:
hanno innata la tendenza a risolvere i problemi e il clinico deve soprattutto
preoccuparsi di rimettere in moto il processo evolutivo e non bloccarlo non
certo portarli per mano o spingerli. Importante diventa quindi il rispetto
delle capacit di autoregolazione e autoguarigione degli organismi implicati:
"l'expertise dentro le persone - dice Eia Asen - e il nostro compito quello
di creare contesti in cui sia possibile farla emergere". Questa posizione
comporta la ricerca e l'utilizzo delle risorse presenti nel sistema, nel contesto dell'utente e nel contesto terapeutico, l'attenzione ai punti di forza delle
narrazioni e delle situazioni [ nota la grande fiducia della scuola di Milano
negli allievi, cos come la fiducia nei pazienti, nella capacit degli umani in
genere di cambiare e di "aiutarsi da s"].
Implica inoltre l'attenzione al rischio del rischio iatrogeno" inteso come
l'attenzione all'andamento del processo e alla possibilit che anche un lavoro
tecnicamente corretto porti ad uno stallo o ad un blocco, con susseguente
peggioramento del paziente; l'ipotesi che gli interventi e il processo che
cura possano anche far male. La creazione della cronicit uno degli aspetti
pi evidenti durante le supervisioni: nei Servizi capita che si offra un inter9. McCullouch WS. 1974
10. \3mano in divenire suggerisce intatti di chiamarci Martin Buber per sottolineare la non
staticit del processo del vivere ["Se vuoi essere te stesso cambia" ricordava Heinz von Foerster che considerava ciascuno libero di agire verso il futuro che desidera]
11. latreta, cura medica; gignoiiiai, nascere; che deriva dalla pratica della cura. Indica situazioni in cui si ipotizza che il peggioramento non sia dovuto alla struttura della persona ma
avvenga a seguito delle operazioni del curante

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paziente
sistema
persona

CONNESSIONI

vento, se ne offra un secondo e un terzo e non si monitorizzi il significato


che questo accumulo produce n si coordinino gli operatori tra loro; se non
si costruisce un sistema referenziale che ragiona su se stesso, la mancanza di
progettualit porta inevitabilmente ad una collusione sull'idea di "gravita",
creando uno stallo terapeutico.

6- L'inconscio amico
L'inconscio, di cui ci occupiamo marginalmente, considerata un'istanza
"amica". Questa teoria, differente da ci che insegnava Freud, stata presa
in prestito dall'ipnoterapeuta Milton Erickson che, collaborando con Jay
Haley e con il Gruppo di Palo Alto, ha influenzato la teoria sistemica in
maniera indiretta. Cosa vuoi dire inconscio "amico"? Che non ci troviamo
di fronte ad un'istanza estranea ed esterna che rema contro l'individuo ed
indipendente, ma di fronte ad un intuito acuto e molto sviluppato e
soprattutto adattativo che pu essere messo a disposizione della persona e
utilizzato in terapia per ridefinire ci che avviene e costruire la fiducia.
L'acccttazione dell'esistenza di punti ciechi del clinico e del cliente [non
sapere di non sapere] viene considerata ineludibile, tollerata e utilizzata,
dando fiducia al disordine e la perdita del me all'ordine che dal disordine
pu emergere. Da parte del clinico, abbandonando il mito del controllo.

7- L'auto-organizzazione del processo terapeutico


II terapeuta, come ogni altro umano, un sistema capace di autorganizzazione cio di modificare i propri assetti in modo non deterministico e
imprevedibile. Ha per bisogno di un sistema di significati che dia ordine
al mondo. Accettare le novit significa accettare le invalidazioni del sistema
e imparare a tollerare di destreggiarsi tra disordine troppo grande e
semplificazioni inevitabili. Il clinico ha la tendenza, come tutti gli umani,
all'autoconvalida per cui rischia di indurre risposte che confermino le
proprie aspettative e di creare circuiti interpretativi e interpersonali di
conferma di s e delle sue ipotesi.
Considerare la possibilit della propria ignoranza nel dominio clinico
[sapere di non sapere] implica rinunciare al proprio experise. Le situazioni
sono imprevedibili, le scelte a volte indecidibili; pensare, agire e vedere
sapendo di non sapere fa s che in seduta si facciano accadere alcuni eventi,
si lavori sugli spigoli che emergono, senza pretendere di controllare e conoscere il mondo dell'altro.
- Significa immaginare la situazione terapeutica come franale [una figura in
cui un motivo sempre identico si ripete su scala pi piccola o ampliata]'2;

- significa sopportare l'ansia di rimanere in territori sconosciuti


- significa l'ineluttabilit di colludere [io anche agire in maniera sintonica al sistema e quindi non introdurre differenze e non operare al
fine di un'evoluzione]
- significa monitorare la possibilit di entrare in risonanza.
Perdere l'estraneit e pretendere di tutto sapere porta infatti al rischio
di entrare in risonanza (Elicami), la situazione in cui non sappiamo di non
sapere e siamo entrati in una zona cieca, rimanendo inconsapevoli e bloccati
nel nostro agire. quella situazione in cui non "sentiamo/percepiamo/
ascoltiamo" alcuni temi e quindi non li evidenziamo, non li facciamo
emergere. Si tratta di quelle situazioni in cui i temi trattati sono cos
significativi e delicati anche per il clinico che non li riconosce, non li considera, e quindi non li affronta, forse perch anch'esso non li ha "digeriti" neppure nel proprio dominio personale.

Livello metodologico
Come leggiamo i problemi che ci vengono portati? Come pensiamo di
dover intervenire per operare quel cambiamento che ci richiesto dal mandato sociale? Qual il ruolo della terapia e quali sono i suoi ingredienti, le
priorit di cui si occupa? Queste idee differiscono per i diversi modelli
terapeutici ed importante che vengano esplicitate durante il training^

8- II sistema determinato dal problema


II lavoro clinico considerato un lavoro sulle operazioni del conoscere,
nell'embricazione tra il clinico - in una doppia posizione interna ed esterna
al processo - e i partecipanti alla danza, tutti gli operatori inclusi. La realt
che emerge dalla relazione tra i partecipanti costituisce l'oggetto di analisi.
Il processo clinico propone la creazione di un campo relazionale, la costruzione di interazioni partecipate al fine di permettere che ogni definizione
ne rappresenti e definisca un'altra e che si crei una condivisione ed embricazione tra le premesse di tutti gli osservatori [inviante, operatori tutti che
devono necessariamente collaborare] e quelle dei committenti, al fine di
costruire un sistema determinato dal problema, polifonico e complesso che
proponga una progettualit comune. Ipotesi e soluzioni emergono dalla
relazione: la possibilit di costruire nuove trame [un racconto a pi voci]
che abbia origine dalla reciproca partecipazione al gioco di acquisizione
della conoscenza. Grande l'attenzione dei sistemici ali'interattivit intesa
come danza emergente di tutte le forze in campo.

12. Voce "franale" nel libro Sister?

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paziente

sistema
persona

CONNESSIONI

La danza dei partecipanti alla relazione cllnica sempre stata valutata


come elemento fondamentale, non occuparsene sarebbe come perdere di
vista una priorit.

9- II cambiamento continuo
II significato del sintomo, la concettualizzazione del problema e come si
arrivi alla psicopatologia un'altra caratteristica a noi specifica. In base alla
storia del nostro modello, che non ripropongo e ritengo di dominio di tutti,
ci stato chiesto di rinunciare - come motivazione primaria del lavoro psicologico - a ogni fantasia di cura, guarigione, crescita, miglioramento del
s, consapevolezza [rendere conscio l'inconscio, spiegare le trame relazionali], tutti concetti cui fanno riferimento gli altri modelli clinici. Non si
tratta di produrre un cambiamento ma di interagire in modo che il
cambiamento che comunque si verifica segua un corso piuttosto che un
altro (Maturana, Mendez, Coddu 1988); il cambiamento non creato n
diretto dal clinico, soltanto innescato in seduta e dipende dalle reazioni
organizzative del sistema.
Noi sistemici abbiamo a lungo sostenuto che gli individui non sono
malati e che non possiamo pretendere di curarli: sono solamente malati di
contesto. Ci stato chiesto di instaurare possibili circoli virtuosi, spezzando
quelli viziosi che tanto facilmente si inastano e si ripetono sempre uguali.
Operare al di fuori di etichette a priori, uscire dai percorsi usuali, rinunciare
alle solite soluzioni - rinunciare ad una salute mentale pensata come a priori
- immette nel mondo degli indecidibili. La patologia un'ecologia di idee a
cui non possibile non partecipare e va compresa attraverso i processi di
autoregolazione e i meccanismi che la auto mantengono. Comprendere un
problema significa conoscere il modo in cui elementi di natura psicologica
diversa interagiscono tra loro: stili di interazione, significati, emozioni,
modalit di regolazione delle stesse, alleanze, rapporti...

10- Gli errori ineludibili


Quali sono gli obiettivi, i criteri, le priorit delle azioni cliniche al fine
di creare un'evoluzione? Non ci possiamo considerare "agenti di cambiamento" che operano sugli altri per modificarli direttamente. Le persone e
le organizzazioni sono continuamente nel flusso del cambiamento; possiamo
entrare in una deriva strutturale co-ontogenetica con le persone, ma non
possiamo controllare questa evoluzione. Ogni consulenza si rivolge inoltre
alle possibilit di mutamento strutturale perch non possibile intervenire
direttamente sull'organizzazione. Le differenze avvengono a livello della
struttura del sistema, diventa necessario quindi ampliare l'orizzonte delle

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scelte, intervenire sulle interazioni, aumentare il numero dei punti di vista,


far emergere la ricorsivit, rispettare la processualit "naturale" del sistema,
tollerare il rumore...
Non esiste un "modo giusto di comportarsi", il consulente non pu
pensare di condurre un sistema ad un determinato risultato, esiste per la
possibilit di partecipare alla costruzione della consensualit. Cosi diventa
fondamentale tener conto del proprio potere, espletato attraverso la competenza e l'autorevolezza ma anche attraverso segnali ineluttabili, a volte
trascurati, quali il sesso [in quanto operatori, essere maschi o femmine], la
razza [tema meno importante in Italia dove comunque gli operatori e degli
utenti sono bianchi, il problema sorge nel lavoro coi migranti], la religione,
il contesto di provenienza e di consulenza ...
All'interno di un'epistemologia cibernetica nulla dannoso o benefico
in s, pu venir definito tale solo all'interno di una relazione e di un contesto. La possibilit dell'errore non si distingue dalla possibilit stessa della
conoscenza ed evitare errori, ci ricorda Keeney, pu risultare disastroso per
i clienti in quanto la base per l'autocorrezione cibernetica deriva dalla
possibilit di generare errori e differenze che permettono di cambiare i
propri comportamenti. Ci sono poi dei comportamenti che sono microscopicamente "errati":
Nel contesto pubblico:
costruire l'incurabilit
non operare una presa in carico
far passare gli utenti da un servizio all'altro, senza coordinamento a rete
sommare gli interventi anzich fare una accurata strategizzazione
Nel contesto privato:
offrire ci che viene richiesto
perdere curiosit e libert d'azione
essere ridotto all'impotenza
rinchiudersi nelle quattro mura dello studio, incuranti dell'esterno
In ambedue:
difendersi con la tecnica
non assumersi la responsabilit del cambiamento
non fare una attenta analisi della domanda
accettare una domanda definita dall'urgenza e dalla gravita
seguire un modello ortopedico e seguire il mandato sociale
costruire o condividere una premessa di "incurabilit"
non organizzare la presenza di un "case manager"
perdere il reciproco riconoscimento di estraneit

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paziente
sistema
persona

CONNESSIONI

l- 11 ruolo del clinico


In un articolo del 1992 Laura Fruggeri scrive che a seguito della rivoluzione costruttivista muta in maniera significativa il ruolo del clinico: cade la
sua potenza, si spezza la bacchetta magica, si apre la crisi di identit.
Abbiamo gi sottolineato come il clinico debba rinunciare a sentirsi
responsabile dei comportamenti degli altri e diventi responsabile invece del
progetto terapeutico; come debba abbandonare l'idea di curare e rinunciare
parimenti alle interpretazioni. Tutti i lettori conoscono l'idea dell'irriverenza,
considerata - come diceva Cecchin - un atteggiamento che protegge dalla
dipendenza verso qualcosa, qualsiasi cosa. ["Si tratta della possibilit di
ribellarsi alle proprie idee, ai propri miti e credenze che potrebbero inchiodarci in qualche gioco 'pesante', con tanta sofferenza e apparentemente
sema via d'uscita. Questa ribellione pu essere a volte l'unica opportunit
di un cambiamento. L'irriverenza si manifesta verso le proprie idee, non
quelle degli altri"."}
Nel suo mandato sociale e nella relazione con l'altro il terapista ha
comunque alcune operazioni da espletare, che vorrei sottolineare
brevemente:
operatore come perturbatore strategicamente orientato
costituirsi come costante e non farsi inglobare dal sistema
relazionarsi in un dialogo che confermi l'esistenza dei partecipanti
decentrarsi, sapersi tirare fuori al fine di compiere aggiustamenti, per
ottenere ci che si desidera.
rinunciare alla razionalit di spiegazioni coerenti, tollerare il disordine
non essere mosso da una modalit finalistica
progettare, strategizzare al fine di non venire inglobati nel sistema,
non perdere la curiosit,
non mantenere situazioni iatrogene
mostrare un atteggiamento di rispetto

Teoria della tecnica


Oltre agli aspetti epistemologici, come clinici della scuola di Milano,
abbiamo insistito sulla teoria della tecnica attraverso le tre direttive che la
Scuola di Milano ha dato nel 1980 come linee guida della seduta:
Ipotizzazione, Circolarit, Neutralit [che non espander per scelta,
anche se sono stati poi elaborati ulteriormente]. Direttive molto puntuali,
13. voce Irriverenza nel libro Sister?

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dei veri e propri vincoli/possibilit cui attenersi. chiaro che i livelli


d'azione sono anche altri. A volte vengono introdotte tecniche anche prese
a prestito da altri contesti e da altri modelli, la terapia - lo abbiamo gi
detto - un processo sempre pi contaminato. Credo per ci sia una
processualit specifica nostra:

12-Setting flessibile e partecipato


I sistemici si sono poco occupati del setting e poco hanno scritto sulla
sua definizione. Sono per stati i primi ad uscire dalla stanza di terapia e
"sporcarlo", invitando pi persone, incontrandosi in luoghi altri, non
essendo rigidi sulla durata e la frequenza. Sono stati i primi anche a creare
un contesto in cui si potessero fare esperienze concrete ti compiti a casa o
in seduta, le sculture, le sedute di pranzo con le pazienti anoressiche di
Minuchin, la possibilit di incontrarsi in altri contesti...] Non a caso l'insistenza sulla necessit della trasparenza da parte del clinico accentua la parit
tra gli individui presenti in seduta e rende pi partecipata la relazione e il
lavoro comune.
Malgrado il setting sia stato da noi de-sacralizzato e non venga utilizzato
come marca di contesto rigida, come costante che partecipa alla perturbazione, malgrado poco si metacomunichi sul quanto avviene al suo interno
[poco viene interpretato], abbiamo alcune prassi che ci accomunano: la frequenza degli incontri [l'uso di vedere le famiglie ogni quindici giorni/un
mese mentre nella tis operiamo di solito settimanalmente], l'abitudine a
non cambiare stanza con la stessa persona, alcuni rituali che seguono
sequenze prevedibili. Personalmente scelgo con chi fissare una stessa ora
allo stesso giorno della settimana e con chi invece contrattare il successivo
appuntamento ogni volta; condivido il th con i pazienti [una teiera fumante bolle nella stanza, dando una sensazione di accoglienza] e capita sia a
loro che a me di passeggiare per la stanza.
Rispetto alla terapia individuale quale dominio delle spiegazioni in cui si
lavora sulle narrazioni condivise, il contratto emotivo basato sulla fiducia
reciproca, sulla collaborazione e sulla trasparenza di emozioni, pensieri e
stati d'animo. La sensazione quella di trovarsi sulla stessa barca, di avere
obiettivi comuni e di parteciparsi nel tempo il lavoro che si sta facendo e i
risultati conseguiti.
Strategie terapeutiche con gli i n d i v i d u i
Ricercare il significato adattativo del problema presentato
Ricercare la relazione tra il problema presentato e l'organizzazione
familiare
Ricercare il ruolo adattativo del pd rispetto al contesto allargato

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paziente
sistema
persona

Allenare ali'auto-osservazione: analisi dei processi di pensiero,


emotivi e relazionali in rapporto agli eventi
Approfondire i meccanismi culturali della persona e del contesto
Indagare le modalit di attaccamento e distacco
Provocare un distanziamento dall'egocentrismo attraverso
la costruzione di ipotesi
Costruire una piattaforma di osservazione non valutativa
dalla quale clinico e utente possano analizzare quello
che avviene [decentramento]
falsificare anzich verificare le ipotesi presentate
Prestare maggiore attenzione alla decostruzione
SEMPRE e COMUNQUE costituirsi come referenti
autorevoli e costruire una relazione significativa
Riflettere insieme sul processo terapeutico in atto
Costituirsi come costante

14- L'analisi della domanda come strumento per non piegare il


paziente al modello
Si tratta della iniziale sospensione di ogni azione al fine di proporre una
lettura psicologica e quindi un'analisi delle motivazioni che sottendono la
richiesta di aiuto. Si tratta di istituire uno spazio di pensiero sulle emozioni
che hanno motivato la domanda stessa al fine di capirne il senso e di identificare la risposta pi adeguata. L'analisi della domanda una opportunit
per svincolarsi da una risposta preconfezionata, per ridefinire la domanda
stessa e per progettare l'intervento pi adatto alla situazione. Si tratta di un
vero e proprio intervento psicologico clinico in quanto
permette di riflettere sul rapporto tra evento e contesto di significaziohe,
dissocia il sintomo dalla persona,
permette di mettere in piedi un'esperienza multivocale, di costruire un
pluriverso,
di analizzare il problema anzich risolverlo,
permette di rimanere ad un primo livello di intervento,
propone all'operatore di entrare nell'universo dell'altro e di
ricercare o costruire una coerenza tra le mappe che sono in campo.

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CONNESSIONI

II clinico pu perturbare una situazione, decostruire ipotesi'"1, lanciare dei


"palloni sonda"", creare esperienze falsificanti'".... Tutto questo lo fa
soprattutto con le domande che pone, che diventano cos dei veri e propri
interventi. Karl Tomm si particolarmente occupato di questo aspetto e ha
proposto le domande interventive, quelle che una volta poste definiscono
una realt e determinano una definizione particolare. Sono considerate
come degli "enzimi" che disgregano le vecchie strutture e permettono di
stabilire nuove connessioni.

.16- La ridefinizione in positivo


E una nostra caratteristica precipua quella della ridefinizione in positivo, al punto che alcune scuole (per esempio il Kensington Consultation
Center) ne fanno la linea guida fondamentale di ogni incontro. Se pur
penso che una costante ristrutturazione in positivo a volte rischi di creare
una realt poco rispettosa del dolore e delle difficolt delle persone e rischi
di perdere contatto con gli aspetti sociali della realt che il paziente porta,
reputo altres che la capacit da parte del clinico di considerare gli aspetti
positivi di ogni situazione costituisca un valore aggiunto alla condivisione
comune. Il concetto stesso di resilience, tanto usato in cllnica attualmente che indica l'abilit di un individuo di rimbalzare dalle avversit, perseverare attraverso le difficolt e ritornare in equilibrio - pu forse essere un concetto derivato dalla nostra ridefinizione in positivo. La capacit di mobilitare le risorse elaborando quanto avvenuto anzich cadrci dentro.
Credo che la nostra capacit di vedere il valore adattativi di un sintomo
anche grave (utilizzando per esempio il concetto di "sacrificio" o quello di
"matrimonio") sia stato una vera e propria ristrutturazione cognitiva anche
per noi clinici: ci ha abituato a non cadere nella trappola dell'urgenza e
della cronicit. Vi ricordate quanto erano potenti quegli interventi basati
sulle ridefinizioni radicali, quelle prescrizioni paradossali che facevamo a
fine seduta? Purch il clinico ci credesse veramente, avevano un effetto
ristrutturante quasi immediato. Attualmente abbiamo abbandonato le prescrizioni paradossali in quanto le abbiamo ritenute 'figlie' di un'ottica strumentale e lineare, in cui l'operatore si poneva fuori dal contesto comune;
credo per che ogni ridefinizione funzioni purch anche il clinico ci creda e
non la proponga solo per dire qualcosa di diverso. La nostra onest nel
contesto della terapia un valore che non possiamo dimenticarci mai.

15- Domande come interventi


Dell'attenzione alla forma del dialogo, alle aspettative, alle emergenze
ne abbiamo gi parlato. Non abbiamo per puntualizzato il fatto che esistono molti tipi di domande che aiutano a costruire la realt terapeutica.

---.

14. Laura Fruggeri, comunicazione personale


15. Mauro Mariotti, comunicazione personale
16. Valerla Ugazio. 1996

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paziente
sistema
persona

CONNESSIONI

17- Cercare il sistema di coerenze del paziente


Comprendere un problema significa conoscere il modo in cui elementi
di natura psicologica diversa interagiscono tra loro creando un'unit
coerente che appare ovvia al paziente. Sto parlando dello sviluppo di una
coerenza molto stretta tra comportamenti, idee e interazioni che portano a
vivere e spiegare un quadro omogeneo di azioni. Il concetto di "attrattore'^ a mio parere coerente con ci di cui stiamo parlando, si tratta del
nucleo di caratteristiche psicologiche attorno al quale si condensa il funzionamento di un individuo. La psicoterapia potrebbe essere considerata un
processo di emergenza di nuovi attrattori, che portano alla formazione di
nuove connessioni tra intrapsichico e intersoggettivo, tra intersoggettivo e
intrapsichico. Noi andiamo poi ad individuare quel nodo che fa emergere
la coerenza tra azioni, pensieri e accadimenti, tra stati d'animo e scelte,
quasi che ogni persona mettesse in atto un copione ripetitivo al fine di
potersene liberare.

18- Lavorare sullo spigolo che emerge


Non ci sono temi privilegiati o definiti, in terapia si pu parlare di tutto
e si sceglie quello che porta l'utente e su cui desidera fecalizzare. Una lunga
diatriba sempre stata quella se ogni seduta fosse da considerarsi come
unica o parte di un processo con storia. Personalmente propendo per la
seconda ipotesi, ugualmente non credo sia necessario mantenere una
coerenza discorsiva e affrontare i temi in ordine. Ci si accorge cos che un
tema rimanda ad un altro e che un argomento apparentemente periferico
permette di trattare un tema centrale per quello specifico individuo. Ritengo molto importante avere una strategia a grandi linee, e avere un progetto
terapeutico, che pu essere portato avanti anche disordinatamente, scegliendo di seguire l'utente rispetto ai temi da trattare (ma forse questo dice
chi io sia pi che non cosa si debba fare in seduta; del resto fondamentale
adeguare la conduzione a chi noi siamo e alle nostre caratteristiche precipue).
29,20-...
invito i lettori ad aggiungere a loro piacimento altri aspetti che ritengono siano nostri precipui e che costituiscano un plus del nostro modello.

50

Conclusioni:
il valore aggiunto del lavoro sistemico [individuale]
La terapia un processo di secondo livello, specialistico, in cui necessaria la presenza di una domanda esplicita come esplicita deve diventare la
motivazione al cambiamento e il contratto sul lavoro da svolgere. Si tratta
di un intervento mirato all'evoluzione, in un percorso determinato dal
modello, in cui il committente anche l'utente dell'intervento. [A volte l'utente stesso pu scegliere il modello e la persona con cui lavorare; nelle
strutture pubbliche questo non usuale e Valerla Ugazio ci ha spiegato
come non sia neppure necessario e a volte diventi controproducente
(1985)].
La terapia individuale una conversazione terapeutica nella quale il
contratto, la relazione privilegiata e la costruzione del dominio consensuale
avviene con l'individuo, anche se si pu scegliere a volte di incontrarsi con
altre persone significative o di suggerire compiti a casa interattivi, in modo
da perturbare comunque l'individuo. Mette in atto una serie di operazioni
relazionali, interattive, contestualizzate, soggettive, evolutive, non istruttive,
intersoggettive, costruttive, perturbative, responsabili, di secondo ordine,
basate sulle retroazioni.... Tutte caratteristiche intrinseche all'ottica
sistemica che, a mio parere, offrono un valore aggiunto al processo della
psicoterapia.
Cosa vi ho proposto in questo articolo? Niente che non sapeste gi. Ho
cercato di evidenziare i punti di forza del nostro lavoro come sistemici in
quanto ritengo che l'ottica sistemica sia uno strumento fantastico nella
lettura e nella prassi cllnica, uno strumento che potremmo ancor pi
approfondire per scoprirne ulteriori vantaggi. Spero che il lettore non si sia
spaventato di tutta la teoria proposta, credo che imparare a diventare
psicoterapeuti implichi apprendere a livello teorico molte cose e poi lasciare
che fluiscano dentro di s in modo da poterle dimenticare e tornare a fidarsi
del proprio intuito. Un altro livello di conoscenza di cui non abbiamo
ancora parlato infatti quello intuitivo: ci che non sappiamo di sapere.
Quello che avviene in terapia non totalmente oggettivabile, le procedure
" non sono razionali tutte. Seguendo Bateson potremmo proporre il lavoro
terapeutico su un doppio binario, quello della conoscenza per conoscenza
[un modo di pensare consapevole e finalistico, utile per fare progetti,
scrivere, verificare risultati, spiegare, indagare] e una conoscenza per
sensibilit, [(che favorisce il riconoscimento reciproco, si forma sull'esperienza del provare emozioni e sensazioni, sul riflettere e comunicare su tali
emozioni]revolezza del clinico e ad alimentare la sua curiosit, favorisce la
possibilit di non semplificare e di costruire una relazione empatica.

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