Professional Documents
Culture Documents
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
Linguaggi Visivi
Enciclopedia Italiana - V Appendice - stampa
di Sebastiano Porretta, Rossella Caruso, Silvia Bordini
LINGUAGGI VISIVI
Ricerca e sperimentazione nel linguaggio fotografico (1945-93). La ripresa economica e
industriale seguita alla seconda guerra mondiale coinvolge in ogni suo aspetto la
produzione fotografica; da una parte si sviluppa in maniera crescente un'editoria
popolare che fa largo uso della fotografia, dall'altro l'industria, facendo leva su potenziali
mercati, realizza prodotti quali macchine, pellicole, obiettivi, ecc. sempre pi perfezionati
e a costi accessibili. L'interazione tra tutti questi elementi porta a una ridefinizione del
ruolo dell'immagine fotografica articolandone e amplificandone le funzioni. Gi durante
gli anni della guerra il Museum of Modern Art (MOMA) di New York, che dal 1940 aveva
aperto una sezione fotografica, aveva ospitato per la prima volta nelle sue sale mostre
personali di grandi fotografi rompendo l'isolamento culturale cui la fotografia era di fatto
relegata. La fotografia diviene una forma d'arte con pari dignit di quelle tradizionali e
una sua precisa identit culturale, uscendo dalla considerazione generale di forma
minore d'arte. Le mostre di Gjon Mili nel 1942, di H. Lewitt nel 1943, e di P. Strand nel
1945, aprono la strada per la retrospettiva di H. Cartier-Bresson del 1946, anno in cui
vede la luce anche Naked city di Weegee (1899-1968), grande affresco in chiave di
cronaca nera su New York. L'anno successivo vengono fondati l'agenzia Magnum Photos
a Parigi da Cartier-Bresson (n. 1908), D. ''Chim'' Seymour (1911-1956), R. Capa
(1913-1954) e G. Rodger (n. 1908), con l'intento di produrre e diffondere fotografia di
reportage sempre di elevata qualit formale e culturale, e il gruppo La Bussola a Venezia
da G. Cavalli (1904-1961), M. Finazzi (n. 1905), F. Vender (n. 1901) e L. Veronesi (n.
1908), che si propongono di sperimentare soluzioni linguistiche nuove da contrapporre
al dopolavorismo della fotografia oleografica. Contemporaneamente E. Land immette sul
mercato la Polaroid 95, apparecchio a sviluppo istantaneo. Nel 1949 a Sarrebruck, in
Germania, viene costituito da P. Keetman (n. 1916) e W. Reisevitz (n. 1917), ai quali si
aggiungono subito dopo O. Steinert (1915-1978) e H. Hajek-Halke (1898-1983) il gruppo
Fotoform. Il comune denominatore per tutti sembra essere la ricerca di un terreno nuovo
e specifico per la fotografia in chiave sia di comunicazione che di ricerca formale. La
forma diviene l'elemento unificante delle esperienze, che abbracciano secondo la
definizione dello stesso Steinert "tutti i campi della creazione fotografica personale, dal
1 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
quale gira per gli Stati Uniti per tre anni; il materiale raccolto in questo lungo viaggio
viene edito a Parigi nel 1958 col titolo Les Americains e diviene presto un mito, sostenuto
anche dal fatto che Frank dopo la pubblicazione cesser di produrre fotografie.
Lo sconcerto, ma anche l'ammirazione che le fotografie suscitano, risiede nel fatto che al
di l di ogni ottimistico atteggiamento nei confronti dell'american way of life, Frank, con
spirito tutto europeo, non privo di tangenze con il pensiero esistenzialista, mostra una
realt quotidiana nella quale l'individuo si lascia vivere in una sorta di abbandono
insieme fatalista e disincantato, ritmato sui tempi della meditazione piuttosto che su
quelli dell'agire. Sono fotografie che mostrano l'esistenza come una commedia fatta di
episodi discontinui, privi di senso, spesso imprevedibili e idioti, ma sempre molto
intensa, con residui di misteriosa intimit, che rendono l'immagine ''aperta'', cio che
non concludono in s un fatto, non lo spiegano, anzi lasciano possibili mille significati,
compreso quello di non averne alcuno. I suoi soggetti sono la strada e la vita che vi si
svolge, visti con l'occhio dell'uomo qualunque, senza ricercare situazioni a effetto o
didascaliche, prive di eventi straordinari. La composizione delle sue fotografie in
genere disposta in modo da offrire diverse possibilit di lettura; a un primo o primissimo
piano, molto decentrato, in cui un elemento introduce una chiave di lettura, si
contrappone nel resto dell'immagine un ampio spazio con cui il primo piano dialoga
costruendo un frammento di teatro quotidiano che invita l'osservatore ad approfondire
con la sua personale sensibilit la realt fenomenica dell'ovvio e del comune. Non vuole
svelare il bello che si cela nelle cose, ma con autocompiacimento intellettuale si concede
alla fotografia dozzinale a volte sciatta, sempre indistinta, sfumata, non partecipe, quasi a
parafrasare il nostro ordinario modo di vedere la realt. La definizione di Cartier-Bresson
che "la fotografia il riconoscimento del significato di un fatto e dell'organizzazione delle
forme" che aveva informato di s l'opera anche di fotografi italiani come F. Patellani
(1911-1977), E. Sellerio (n. 1924), M. De Biasi (n. 1923) cade nell'opera di Frank, in cui i
fatti non hanno pi significato, anzi spesso sono del tutto assenti.
Frank si colloca quindi tra l'esistenzialismo europeo e la nascente scuola statunitense on
the road che ha in J. Kerouac il suo profeta. Con intenti analoghi, ma con un accentuato
senso della forma derivatogli da un'inclinazione alla pittura che lo aveva portato a
frequentare lo studio di F. Lger, opera lo statunitense Klein, che tra il 1956 e il 1964
pubblica in ordine libri su New York, Roma, Tokyo e Mosca.
Nel lavoro di Klein sono presenti sia elementi della vita quotidiana, sotto l'influenza di
Evans ma con una tendenza all'enfasi grottesca, sia un rigorismo formale derivatogli
dall'attenta osservazione della pittura; l'uso del grandangolo, della luce ambiente anche
in situazioni estreme per la sensibilit delle emulsioni e la luminosit delle ottiche
dell'epoca, del forte contrasto nella stampa conferiscono alle sue fotografie un carattere
insieme di denuncia del contemporaneo e una certa astrazione atemporale. Nel suo
lavoro Klein ha sempre in mente il libro finale con le sue implicazioni relative al taglio e
all'impaginazione, che lo portano a risultati molto prossimi alla pagina dei giornali,
aggressiva, urlante, spesso sciatta: " volevo fare qualcosa di perfettamente volgare", dice
4 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
del suo lavoro, aprendo prospettive nuove nel rapporto tra realt e sua immagine.
Insieme a Frank, Klein, pur senza alcuna teorizzazione, rimette in discussione il lavoro
del fotografo, collegando strettamente il vissuto dell'operatore con le sue immagini.
Sul finire degli anni Cinquanta la fotografia astratta trova la sua consacrazione ufficiale
in due mostre del MOMA, Abstractions in Photography (1958) e The Sense of
Abstraction (1960); inoltre nel 1961 B. Brandt, al termine di una ricerca durata molti
anni, pubblica Perspective of nudes, che, pur avendo avuto un illustre precedente in
Distorsions di A. Kertesz (1894-1985) del 1933, fece un certo scandalo per le
deformazioni del corpo femminile cos vicine alle sculture di H. Moore. Nelle fotografie
di Brandt si ritrovano gli elementi surreali e a volte perfino astratti che compendiano il
gusto della sua epoca, ottenuti tuttavia con risorse strettamente fotografiche. Con lo
stesso spirito tra il 1956 e il 1960 il francese J. Dieuzaide (n. 1921) sviluppava
un'interessante ricerca, che pubblicher solo pi tardi, avente come soggetto il brai,
catrame di carbone, che, nero, denso, vischioso e con una superficie lucida che ben si
presta a particolari giochi di luce, offre lo spunto per una virtuosistica esercitazione
grafica con immagini piatte, dai contorni marcati, fortemente evocanti sensuali forme
femminili. La mancanza di plasticit dei volumi, l'appiattimento dell'immagine fino a
conseguire puri effetti grafici, cui contribuisce in maniera determinante il colore espresso
per campiture, anche l'esito della ricerca dell'italiano F. Fontana (n. 1933), che si
cimenta nel paesaggio con risultati al limite dell'astrazione, ricchi di suggestione, ottenuti
senza manipolazioni dei materiali. Rinunciando definitivamente al soggetto ripreso con
la macchina fotografica, e lavorando unicamente in camera oscura con carta sensibile e
prodotti chimici, elabora nel 1956 i suoi ''chimigrammi'' il belga P. Cordier (n. 1933),
allievo di Steinert, che li espone a Bruxelles nel 1964. I chimigrammi di Cordier, cos
come le fotografie Diamantines di J.-P. Sudre (n. 1921) e i chimigrammi di P. Monti
(1908-1982), si pongono come l'estrema conseguenza di un'esasperata volont di
annullamento della fotografia come riproduzione, sia pure filtrata attraverso la
personalit del fotografo, del reale, alla ricerca di emulare l'arte astratta utilizzando le
peculiarit del mezzo fotografico.
Forse una possibile chiave interpretativa di un tale diffuso atteggiamento da ricercare
nella crescente diffusione delle immagini attraverso la televisione, che diviene il mezzo
pi seguito, tanto da interessare come soggetto gli stessi fotografi negli anni a seguire.
Negli anni Sessanta si assiste a un fiorire soprattutto della fotografia surreale, il cui
caposcuola concordemente riconosciuto J. Uelsmann, allievo di White. La sua tecnica
consiste nella combinazione, attuata in fase di stampa con eccezionale perizia, di negativi
diversi per ottenere invenzioni di spazi fantastici e onirici di grande effetto; i soggetti si
collocano in paradossi spaziali, al di fuori di ogni esperienza logica, divenendo quasi
simboli da decifrare in chiave psicoanalitica. Sulla stessa via lo segue lo svizzero R.
Lichtsteiner (n. 1938), che per queste sue ricerche avr nel 1966 il premio Niepce.
Sempre nel 1966 compaiono le prime ''messe in scena'' di L. Krims (n. 1943),
ricostruzioni accuratissime come su una scena teatrale di personali visioni, molto
5 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
spaziale, lo pone al di fuori delle correnti fotografiche e lo avvicina solo alla grande
lezione di semplicit assoluta di A. Kertesz.
Negli anni Settanta si assiste anche alla crisi del reportage a causa della concorrenza
delle immagini televisive, non tanto per la qualit, quanto per l'immediatezza di queste
ultime rispetto ai tempi pi lenti della fotografia. Chiudono grandi testate come Life
(1972) e il lavoro del fotoreporter si trasforma da cacciatore di immagini a indagatore
della vita quotidiana; tra le personalit maggiori in questo campo si distinguono E.
Boubat, R. Burri, B. Davidson e il sudafricano P. Magubane.
Le contraddizioni della fotografia tra impegno e arte pura non vengono risolte neppure
dal passaggio al clima del cosiddetto reaganismo; l'unico dato che sembra prevalere un
ritorno all'esplorazione delle possibilit linguistiche del mezzo con un eclettismo forse
eccessivo. Gli anni Ottanta esprimono un gran numero di interessanti fotografi, ma quelli
che forse rappresentano in modo pi completo la situazione in cui si dibatte la fotografia
sono R. Mapplethorpe (1946-1989) e D. Hockney (v. in questa Appendice).
La perfezione tecnica, l'uso della luce che plasma carnose forme, la composizione
rigidamente centrale e simmetrica, l'icasticit scultorea delle pose, l'ipertrofismo formale
patinato dal sapore vagamente acido, i soggetti scabrosi (le sue mostre sono sempre fonte
di polemiche e censure) e, per essere in linea col suo tempo, il suo stesso personaggio
aureolato di una ben costruita fama di diverso contribuiscono ad assicurare a
Mapplethorpe una notoriet meritata, che per non scioglie i dubbi sull'effettiva valenza
del suo lavoro. In Hockney la tecnica dei materiali polaroid diviene l'occasione per
costruire immagini vagamente cubiste; riprende piccole porzioni del soggetto con
numerosissime foto, con leggere variazioni del punto di ripresa e successivamente le
assembla fino a ottenere l'immagine finale. Le sfasature dovute a luce, punto di vista e
assemblaggio volutamente approssimativi conferiscono alla fotografia definitiva
l'impressione d'imprecisione dovuta a un tentativo di analisi della forma che richiama
alla mente le topografie aeree o le immagini digitali della ricerca spaziale. Nelle sue
fotografie Hockney cerca di superare l'istantanea e si ricollega idealmente alle prime
avanguardie pittoriche nel tentativo di realizzare una sintesi di tempo e spazio.
Entrambi rispecchiano al meglio il clima del ''sembrare pi che essere'' che attraversa
tutti gli anni Ottanta fino alla crisi di rinnovamento attuale, caratterizzato da un
polimorfismo di linguaggi, alla cui origine sicuramente la consapevolezza del mutato
rapporto con le altre forme di comunicazione visiva, soprattutto quelle digitali la cui
flessibilit e duttilit sia di manipolazione che d'impiego pongono nuove affascinanti
sfide nel campo creativo. Vedi tav. f.t.
Per una trattazione della storia e delle tecniche della fotografia v. anche fotografia, in
questa Appendice.
Bibl.: P. Racanicchi, P. Donzelli, Critica e storia della fotografia, voll. i e ii, Milano 1963;
B. Newhall, The history of photography from 1839 to the present day, New York 1964 4
(trad. it., Storia della fotografia, Torino 1984); H. e A. Gernsheim, The history of
photography, New York 1969; AA. VV., La ricerca, Milano 1979; Photography: essays
8 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
and images, a cura di B. Newhall, New York 1980; S. Gabor, A fotomuveszet tortnete,
Budapest 1982; J.-L. Daval, Photography: history of an art, New York 1982; A. C.
Quintavalle, Messa a fuoco, Milano 1983; P. Tausk, Photography in the 20th century,
Londra 1984; P. Turner, American images, photography 1945-1980, New York 1985;
J.-C. Lemagny, A. Rouille, Histoire de la photographie, Parigi 1986 (trad. it., Storia della
fotografia, Firenze 1988); P. Turner, History of photography, New York 1987; AA. VV.,
Art or nature, 20th century french photography, Londra 1988; Through the looking
glass, a cura di G. Badger e J. Benton-Harris, ivi 1989; P. Bertelli, Della fotografia
trasgressiva, Piombino 1992.
Tra le pi importanti riviste sull'argomento: British Journal of Photography; Camera
International; Fotografia; Camera Arts; Zoom. V. anche la collana ''I grandi fotografi'',
Fabbri, Milano 1982-83.
Visual design. - Con visual o graphic design si "tende ad indicare l'insieme degli
interventi operativi (da quelli ideativi a quelli manuali a quelli pianificatori) nel campo
generale delle comunicazioni visive" (Anceschi 19882). Il termine mira a coprire quel
vasto e variegato territorio che si estende oggi dall'editoria alla pubblicit, dal lettering
(disegno di caratteri) alla segnaletica, dall'exhibition design alla corporate identity
(immagine coordinata) e, all'interno di un sistema generale della progettualit, definisce
un'area operativa che si affianca e interagisce con l'urbanistica, l'architettura, il design
industriale e il disegno ambientale (Carta del progetto grafico, 1989).
Il protagonista di quest'ambito disciplinare, il progettista grafico o designer di
comunicazione, quell'operatore che, agendo in una realt sociale caratterizzata da una
molteplicit di servizi e di strumenti informativi, in grado di gestirli ricorrendo
all'apporto di altre discipline e stabilendo regole adattabili alle diverse esigenze e alle
varie realt dell'utenza e della committenza. D'altro canto la transitoriet e la
contemporanea sistematicit della prassi progettuale pongono la sua attivit in una
posizione trasversale rispetto a un "sistema della comunicazione e dell'informazione che
oggi dispone di una presenza generalizzata, oltre che di una diffusione capillare e di un
assetto poderoso" (Carta del progetto grafico, 1989). Il designer interviene cos sui
processi di codifica, occupandosi quindi sia della realizzazione di diversi tipi di
produzione scrittoria, sia dell'istituzione e dell'invenzione delle regole grafiche per ogni
forma di produzione iconica (Anceschi 1991). Tuttavia solo di recente nata l'esigenza di
definire l'ambito disciplinare del grapich design, di avviare una sua storicizzazione e di
promuovere un'adeguata formazione del progettista grafico, troppo spesso privo di una
riconosciuta identit professionale.
La programmatica sperimentazione avviata dalle avanguardie storiche (dal futurismo al
dadaismo, da De Stijl al costruttivismo) ha portato un significativo rinnovamento anche
nel campo della grafica (per il cui percorso storico, v. tipografia: Storia dell'arte
tipografica, XXXIII, p. 894; v. anche grafica e manifesto, in questa Appendice); si deve
per riconoscere al Bauhaus la prima istituzione di una specifica categoria disciplinare, e
ad alcuni esempi di grafica progettata, emersi nel corso degli anni Trenta, il merito di
9 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
aver avviato una prima fase di consolidamento professionale (in Italia il caso Olivetti; lo
Studio Boggeri e l'attivit di Max Huber, ma anche iniziative come la pubblicazione, dal
1933 al 1939, della rivista Campo Grafico di A. Rossi). Ci nonostante nel secondo
dopoguerra che si registra pi di un intervento che mira a chiarire gli ambiti disciplinari,
sia in direzione di una pi diffusa operazione di divulgazione e informazione dell'attivit
dei grafici (soprattutto con la pubblicazione di riviste specializzate, come la londinese
Typographica di H. Spencer), sia rispetto a una dichiarata esigenza corporativa che ha
riflessi nella creazione di istituzioni come l'AGI (Alliance Graphique Internationale) e
l'ICOGRADA (International Council of Graphic Designers Associations).
Nel corso degli anni Quaranta la leadership precedentemente assunta dall'Europa pass
agli Stati Uniti che, verso la fine degli anni Trenta, avevano accolto un forte flusso
migratorio. Numerosi intellettuali infatti avevano abbandonato i loro paesi di origine
dove si erano stanziati regimi autoritari e, in particolare, la chiusura del Bauhaus nel
1933 aveva provocato la fuga verso occidente di numerosi graphich designers. H. Bayer
(1900-1985) e L. Moholy-Nagy (1895-1946) giungevano in territorio americano col
bagaglio di conoscenze acquisite in patria, soprattutto nell'ambito del Bauhaus. Tra il
1935 e il 1949 arrivarono negli Stati Uniti il russo A. Brodovitch (1898-1971), i francesi
Cassandre (1901-1968) e J. Carlu (1900-1989), lo svizzero E. Nitsche, l'italo-olandese L.
Lionni (n. 1910), il tedesco W. Burtin (1908-1972), l'austriaco J. Binder (1898-1972) e
l'ungherese G. Tscherny (n. 1924).
Accadde cos che intorno alla met del 20 secolo New York diventasse il luogo fisico
d'incontro del design europeo teorico e altamente strutturato con il design
americano, piuttosto pragmatico, intuitivo e alquanto informale nell'organizzazione dello
spazio. Gli eventi bellici e la singolare accelerazione subita dalle forze produttive della
nazione avevano mutato la vita quotidiana cos come l'immaginario collettivo, tanto da
rendere necessarie nuove forme di comunicazione che rispondessero a una realt
caratterizzata da un notevole sviluppo dei trasporti e dell'elettronica, ma anche dalla
diffusione della televisione e della filmografia a colori.
Pi di altri designers statunitensi, P. Rand (n. 1914) fu in grado d'imporsi operando una
sorta di pulizia formale e ridefinendo il ruolo del visual designer rispetto a una
committenza che egli stesso riconosceva come incompetente e poco precisa. Dotato di
una profonda conoscenza delle avanguardie storiche (soprattutto i Cubisti, Kandinskij e
Klee) e del Bauhaus, lavor tra il 1941 e il 1954 presso l'agenzia pubblicitaria Weintraub,
affiancato in seguito da B. Bernbach, impegnato come lui nella riformulazione
dell'advertising tradizionale. Anche sulla West Coast, inoltre, altri designers
contribuivano a definire la progettazione grafica degli anni Cinquanta e Sessanta. Tra
questi S. Bass (n. 1921), che sin dall'inizio della sua attivit si distinse nell'ambito della
produzione cinematografica rivoluzionando la grafica dei titoli per film: valga per tutti
The man with the golden arm (L'uomo dal braccio d'oro) del 1955. Nell'area, invece,
della grafica editoriale emerse per la sua originalit espressa attraverso un'integrazione
tra fotografia e tipografia l'opera di Brodovitch e dei suoi allievi: O. Storch e,
10 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
consapevole pratica delle tecniche coeve e rispondono all'idea da lui espressa del design
tipografico come la pi visibile delle espressioni visuali di un'epoca. Nel 1957 furono
disegnati inoltre due caratteri (solo apparentemente simili) che ebbero larga diffusione:
l'Helvetica di M. Miedinger, che divenne rappresentativo di un determinato gusto, e
l'Univers, dello svizzero A. Frutiger (n. 1928), progettato per la fonderia francese
Deberny & Peignot. Quest'ultimo, in particolare, non privo di numerose peculiarit, fu il
primo carattere a essere concepito gi prevedendo uno sviluppo completo delle sue
varianti.
Altri esiti del cosiddetto Stile tipografico internazionale si poterono osservare in ambito
svizzero, a Basilea e a Zurigo, nelle opere di E. Ruder (1914-1970) e A. Hofmann (n.
1920), autori di due distinti manuali e insegnanti alla Allgemeine Gewerbeschule di
Basilea nel 1947, rispettivamente di tipografia e di progettazione grafica.
Con l'uscita a Zurigo, nel settembre del 1958, della rivista internazionale trilingue di
grafica e argomenti affini Neue Grafik/New Graphic Design/Graphisme actuel (che
cessa la pubblicazione nel 1965) promossa e redatta da R. P. Lohse (1902-1988), J.
Mller-Brockmann (n. 1914), H. Neuburg (n. 1904) e C.L. Vivarelli (n. 1919, autore della
veste tipografica) si offriva, a un pubblico il pi ampio possibile, un rendiconto delle
esperienze compiute nel campo della cosiddetta ''grafica costruttiva'', che poneva le sue
finalit espressive nella "chiarezza quasi quantificabile" e nell'impiego dei "mezzi che
garantiscono l'equilibrio e la tensione formale e cromatica".
Nel complesso gli anni Cinquanta furono caratterizzati da una duplice tendenza che
corrispondeva a una diversa concezione della funzione del graphic designer. Se da un
lato, infatti, s'individuava una certa produzione grafica volta a dilettare il gusto dei
consumatori, dall'altro andava affermandosi il lavoro di designers (come Brodovitch, A.
Lustig e lo stesso Rand) che consapevolmente operavano in qualit di interpreti originali
del processo di comunicazione. Su un altro versante si negavano invece completamente
la componente creativa e il ruolo etico del designer per giungere a parlare di visual
engineering o di Design as a function of management (titolo di una conferenza tenuta
da Aspen nel Colorado, nel 1953; Anceschi 1991). Non mancarono tuttavia casi esemplari
di design program, come quello della IBM, dove si pot assistere a un'effettiva
collaborazione tra un visual designer, Rand, e un industrial designer, H. Noyes
(1910-1977); o anche della CBS radio, con l'ideazione dell'immagine coordinata a opera di
W. Golden (1911-1959). Avvenne infatti, tra il 1950 e il 1960, che molti designers
statunitensi come Rand, L. Beall (1903-1969), Bass e alcuni studi grafici come Lippencott
& Marguiles o Chermayeff & Geismar scegliessero di operare per lo pi nell'ambito
dell'immagine coordinata, rispondendo a una richiesta avanzata dal mercato. Rand, in
particolare, era conscio del fatto che, per essere funzionale per un lungo periodo, un
marchio dovesse essere ridotto a forme essenziali che fossero nel contempo universali,
uniche e stilisticamente atemporali. Beall, dal canto suo, contribu allo sviluppo del
cosiddetto corporate identity manual sottolineando la necessaria adattabilit che un
marchio doveva avere rispetto alle infinite e diverse sue applicazioni. In ambito tedesco
12 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
si pot assistere analogamente alla definizione, nel 1962, dell'immagine coordinata della
compagnia aerea Lufthansa che divenne un prototipo a livello internazionale a opera
di Aicher, con la collaborazione di Gonda, Querengsser e N. Roericht.
Altro fenomeno indicativo degli sviluppi della progettazione grafica fu la nascita, sempre
nel 1962 a Chicago, dell'Unimark (R. Eckerstrom, J. Fogleman, M. Vignelli e B. Noorda
tra i fondatori), la prima multinazionale del progetto di comunicazione che non fosse
un'agenzia pubblicitaria (Anceschi 1991). Con i suoi 402 impiegati, corrispondenti a 48
differenti studi, Unimark era espressione di un design per nulla individualistico, che
nell'uso della cosiddetta griglia e del carattere Helvetica, ritenuto il pi leggibile, mirava
a una completa standardizzazione dei mezzi grafici e alla definizione di un sistema
comunicativo di facile utilizzazione (si vedano, soprattutto, i progetti per le
metropolitane di Milano, New York e San Paolo).
Sul piano della progettazione di un comprehensive design system la fine degli anni
Sessanta rappresent senza dubbio il periodo della sua piena realizzazione. L'effettiva
necessit di creare un sistema informativo visuale unificato fu offerta infatti
dall'organizzazione di eventi collettivi, spesso a carattere internazionale, che
prevedevano quindi la partecipazione di pi gruppi linguistici. A questo riguardo i
programmi avviati in occasione delle Olimpiadi di Citt di Messico nel 1968 (graphic
designer L. Wyman, n. 1937), di Monaco nel 1972 (graphic designer O. Aicher) e di Los
Angeles nel 1984 (graphic designers, The Jerde Partnership e Sussman/Prejza & Co.),
rappresentarono delle pietre miliari nell'evoluzione dei sistemi progettuali grafici
(graphic systems). Per occasioni di questo tipo si trattava infatti di ottenere immagini ad
alto contenuto grafico, semplici e leggibili, progettate dal marchio alla segnaletica, dai
colori usati ai simboli dei vari settori, dai manifesti agli stampati, dai caratteri tipografici
alle piante topografiche.
Il decennio successivo alla fine della seconda guerra mondiale fu inoltre caratterizzato
dallo sviluppo dell'immagine concettuale all'interno del graphic design, con esiti
significativi negli Stati Uniti, in Polonia, in Germania e a Cuba. In Polonia, personalit
come H. Tomaszewski (n. 1914), F. Starowiejski (n. 1930) e J. Lenica (n. 1928), si
espressero attraverso la grafica dei posters, diventati famosi in tutto il mondo per la loro
originalit inventiva e per l'icasticit di alcune soluzioni progettuali (si veda il logo
disegnato nel 1980 da J. Janiszewski per il movimento polacco di Solidarnosc).
Con la nascita a New York nel 1954 del Push Pin Studio, M. Glaser (n. 1929), S. Chwast
(n. 1931), E. Sorel (n. 1929) e altri, ex studenti della Cooper Union, diedero vita a
un'impresa che si distinse nel panorama coevo e influenz largamente la produzione
successiva per l'uso arbitrario e assolutamente inedito di uno sterminato bagaglio di
motivi iconografici e di modelli grafici, desunti dal passato, ma anche dal presente pi
prossimo (la Pop Art).
Il Push Pin Studio univa all'artigianalit del disegno l'immaginario cinematografico ed
era espressione di quell'eclettismo e di un certo citazionismo che andava affermandosi in
quegli anni. Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi del 1970 si un al gruppo il canadese
13 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
B. Zaid (n. 1939), distinguendosi per uno studio quasi filologico delle espressioni grafiche
del passato, tanto da diventare un esponente di rilievo della corrente storica e revivalista,
con incursioni nella grafica vittoriana e con un recupero delle forme geometriche dell'Art
dco. La grafica push pin rappresent cos un'alternativa al tipo d'illustrazione narrativa
del passato, alla matematica e obiettiva impostazione tipografica e fotografica dello Stile
tipografico internazionale e alle caratteristiche formali della New York School.
Al contrario dei manifesti polacchi postbellici patrocinati dalle agenzie governative, i
posters apparsi negli Stati Uniti negli anni Sessanta nascevano da un clima di attivismo
sociale. Il movimento dei diritti civili, la generale protesta contro la guerra nel Vietnam,
le prime manifestazioni del movimento di liberazione delle donne e la ricerca di uno stile
di vita alternativo prendevano forma nelle agitazioni collettive del decennio e i manifesti
erano pi di frequente appesi alle pareti delle case che affissi per strada. La prima ondata
apparve negli ultimi anni Sessanta nell'ambito del movimento hippy, localizzato in un
particolare quartiere di San Francisco, e i manifesti furono chiamati anche ''psichedelici''.
Negli anni Settanta la postermania raggiunse l'apice trovando un suo terreno di
espressione nei campus universitari statunitensi; ma gi nel corso degli anni Ottanta un
generale clima di riflusso port a una produzione limitata di manifesti, per lo pi visti
come oggetti decorativi.
In Europa negli anni Sessanta si guardino soprattutto i progetti di G. Kieser (n. 1930)
e, in Francia, di R. Massin (n. 1925) ma con esempi ancora nell'ultimo decennio, si
andato affermando un graphic design che pu definirsi poetico, perch ritrova le proprie
forme espressive nell'immaginario e utilizza il collage, il montaggio, le tecniche
fotografiche e fotomeccaniche. Di matrice invece dichiaratamente politica la nascita,
nel maggio del 1968, di una grafica spontanea realizzata con tecniche ''povere'' e con un
privilegio accordato al disegno piuttosto che alla riproduzione fotografica, e al testo
scritto a mano quale parte integrante dell'immagine. Rientra in questo clima la
formazione nel 1970 del gruppo parigino Grapus, schierato a fianco delle forze di sinistra
e in polemica con la grafica esclusivamente commerciale, che ha avuto in seguito molti
imitatori che ne hanno apprezzato la verve e la forza comunicativa.
Per i cosiddetti paesi del Terzo Mondo (America latina, Asia, Africa) i manifesti sono stati
un mezzo per sfidare l'autorit ed esprimere dissenso politico e solidariet nei confronti
degli oppressi. Dopo la rivoluzione di Castro nel 1959, Cuba divenne il maggior centro di
produzione di posters, per lo pi di soggetto politico. Tra le immagini pi utilizzate per la
propaganda, caratterizzate dall'uso di colori primari, dalla scelta di caratteri tipografici
senza grazie e dalla preferenza data a riproduzioni fotografiche ''bruciate'' (cio prive di
mezzi toni), emerge quella del ''Che'' Guevara ampiamente riprodotta, e sui pi diversi
supporti, dagli anni Sessanta in poi e che diventata nel tempo una sorta di icona priva
di connotazioni temporali.
In Giappone, durante il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, la leadership in
campo tecnologico e una cognizione dei modelli e dello stile di vita occidentali favorirono
la nascita di un graphic design che era in grado di assorbire influenze internazionali pur
14 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
rivolgesse esclusivamente ai modelli apparsi tra gli anni Venti e gli anni Quaranta
piuttosto che a motivi greco-romani e rinascimentali. In particolare le newyorkesi P.
Scher (n. 1948), L. Fili (n. 1951) e C. Goldberg (n. 1953) mostrarono un atteggiamento
non ortodosso nei confronti della progettazione grafica propriamente detta, e la
tipografia permise loro di rischiare audaci sperimentazioni mischiando le polizze,
esagerando le spaziature e adottando, nella qualificazione cromatica dei caratteri, sottili
sovrapposizioni di tinte di diversa saturazione.
Appartiene solo in parte all'area del revival storico l'originale grafica del londinese N.
Brody, che s'inserisce piuttosto nel clima pluralistico caratteristico di questo scorcio di
secolo. Autore nel corso degli anni Ottanta di una serie di copertine di album per
musicisti rock e art director delle riviste inglesi The Face e Arena, Brody stato
certamente influenzato dalle forme geometriche proprie del Costruttivismo russo (in
particolare da A. M. Rodenko) e dalla sperimentazione Dada, ma ha elaborato una
sintassi tutta personale, libera da qualsiasi regola o procedimento esecutivo.
Gi negli anni Settanta, con la maggiore diffusione delle apparecchiature per la grafica su
computer, la prassi progettuale aveva subito notevoli cambiamenti, ma con
l'introduzione nel 1984 della prima generazione di computer Macintosh, per iniziativa
della Apple Computer, che si compiuta una vera e propria rivoluzione. La
semplificazione delle procedure operative (selezionabili con l'uso del mouse e delle icone,
disegnate da S. Kare), se da un lato ha provocato la reazione negativa di quei designers
che rifiutavano la nuova acquisizione tecnologica giudicandola alquanto rudimentale (e
al limite poco flessibile), dall'altro ha riscosso un notevole successo tra coloro che invece
ne individuavano la forte componente innovativa e la capacit di espandere le
potenzialit del design: tra questi A. Greiman, R. VanderLans (n. 1955) e L. Hidy.
L'introduzione poi, nel 1985, delle stampanti laser in grado di ottenere una stampa da
computer notevolmente definita, ha rappresentato un ulteriore passo avanti sul piano
delle acquisizioni tecnologiche che, agli inizi degli anni Novanta, hanno subito una tale
accelerazione nella creazione di software, computer e output devices (dispositivi
d'uscita) da mettere in grado i graphic designers di ottenere risultati virtualmente
identici a quelli raggiungibili mediante i procedimenti tradizionali, ma anche
assolutamente nuovi rispetto a questi. Sicuramente l'impatto tecnologico sulla grafica
destinato a diventare nei prossimi anni sempre pi pronunciato. Gli optical disks (dischi
ottici), le capacit dei video capture-and edit (acquisizione e manipolazione video) e dei
media interactive print-and-time-based stanno infatti ampliando i domini della
progettazione grafica nella direzione di una tale crescita dei potenziali a disposizione del
grafico da non poter prevedere quali saranno i prossimi sviluppi. infatti accaduto che la
progettazione grafica abbia subito, come spesso accade, profonde trasformazioni, ma non
abbia perso di vista il proprio specifico e abbia agito quindi, sul piano della
comunicazione, dando ordine alle informazioni, forma alle idee ed espressione ai
prodotti che documentano l'esperienza umana (Meggs 19922). Nel contempo, l'utilizzo di
sistemi grafici computerizzati in media, quali la televisione (per i titoli di testa, i
16 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
19882; Carta del progetto grafico. Tesi per un dibattito sul progetto della
comunicazione, Aosta 24 giugno 1989; Disegnare il libro. Grafica editoriale in Italia dal
1945 ad oggi, Bologna 19892; M. Gallo, I manifesti nella storia e nel costume, Verona
19893; G. Lussu, Introduzione a Tschichold. La parola ben composta, in Grafica, v, 8,
dicembre 1989; R. Pieraccini, Progetto d'immagine. Uno studio grafico all'interno
dell'Olivetti, Roma 1989; Grafica: la cultura del progetto, a cura di G. Torri, Quaderno
AIAP (Associazione Italiana Artisti Pubblicitari; oggi Assoc. Ital. Creativi Comunicazione
Visiva), vi, 13-14, 1989; F. Colombo, Breve storia teorica della computer graphics, in
Grafica, vi, 9, luglio 1990; Farsi un libro, a cura di M. Baraghini e D. Turchi, Roma 1990;
G. Anceschi, Grafica, visual design, comunicazioni visive, in Storia del disegno
industriale. 1919-1990 Il dominio del design, Milano 1991; R. Kinross, Modern
typography, Londra 1992; P.B. Meggs, A history of graphic design, New York 1992 2; G.
Lussu, Graphisme d'utilit pubblique en Italie. De la Biennale de Cattolica la charte
du projet graphique, in Signes, 8 (1993), pp. 20-23.
Videoarte. - Dalla fine degli anni Trenta, quando si attivarono i primi servizi di emittenza
pubblica, la televisione si imposta rapidamente come un mezzo di grande portata
innovativa nel modo di produrre, registrare e trasmettere (anche in tempo reale) le
immagini; ha allargato i confini della percezione dello spazio e del tempo, ha moltiplicato
la comunicazione, incidendo sulle abitudini di vita, sull'informazione,
sull'intrattenimento e sulla cultura in senso lato, ma senza derogare da una serie di
stereotipi e di convenzioni immediatamente codificati in base a un linguaggio
piattamente massificato.
Negli anni Sessanta ha avuto inizio la sperimentazione artistica delle teorie e dei
procedimenti informatici, subito caratterizzata da una connotazione critica e alternativa,
diretta a inventare nuovi linguaggi espressivi attraverso la rielaborazione e la
manipolazione delle prestazioni tecnologiche del mezzo, fino alla manomissione dei suoi
componenti. Da allora, confrontandosi con le possibilit offerte dall'elettronica, molti
artisti ne hanno utilizzato i dispositivi e le tecnologie come strumento nuovo e ulteriore
di ricerca estetica, in svariate esperienze che incorporano arte e scienza, tempo spazio e
movimento, immagini, suoni, oggetti, ambienti, percezione, sul filo conduttore di una
creativa alterit rispetto al linguaggio omologante e ripetitivo delle reti istituzionali. Il
termine videoarte indica la molteplicit di queste indagini e realizzazioni che si svolgono
a livello internazionale lungo percorsi differenziati, di volta in volta fusi o intersecati in
nuove sintesi audiovisive (grande l'importanza delle sperimentazioni musicali), in una
continua e creativa interazione con la globalit delle ricerche artistiche e tecnologiche.
Fin dagli esordi ha assunto particolare evidenza il rapporto tra le potenzialit espressive
peculiari dei nuovi strumenti elettronici e determinati orientamenti di punta della ricerca
artistica contemporanea. Le prime esperienze di videoarte (N. J. Paik e W. Vostell) si
collocano infatti nell'ambito del gruppo Fluxus; il movimento, nato nel 1962 in USA con
G. Maciunas, ispirato a Dada e a M. Duchamp, influenzato da J. Cage, ha avuto
importanti sviluppi in Europa, e si rivolto alla manipolazione dei linguaggi e della
18 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
projects di K. Sonnier; nel 1974 si svolge l'Art Confrontation al Muse d'art moderne de
la Ville de Paris; nel 1976 l'esposizione di computergraphics a Tokyo; nel 1982 si
organizza al Centre G. Pompidou una serata in onore di Paik con 400 televisori. Nel
1983-84 al Muse d'art moderne de la Ville de Paris un'ampia rassegna delle ricerche
videoartistiche presentata da F. Popper ed E. Couchot alla mostra Electra. Varie
edizioni di Documenta a Kassel e della Biennale di Venezia annoverano videoartisti: in
particolare, nel 1977 a Documenta 8 si svolge una retrospettiva di video e
videoinstallazioni di pi di 40 artisti americani, e alcuni video (di Paik e D. Davis) sono
trasmessi via satellite negli USA. La Biennale di Venezia 1986, dedicata ad arte e scienza,
ha un settore riservato alla videoarte e alla computer art, con significativi interventi
sull'immagine sintetica (tra gli altri Ch. Csuri, J. Whitney, L. de Luigi, M. Sweeney, T.
Fukomoto, H. Hasashi).
Importanti sono anche i contatti con reti televisive d'avanguardia. Negli Stati Uniti nel
1965 la catena televisiva di Boston, WGBH, sponsorizzata dalla Rockfeller Foundation,
realizza programmi televisivi sperimentali fatti da artisti e ricercatori, che suscitano
anche una certa attenzione da parte di galleristi come L. Castelli. Nel 1971 Ph. Mallory
Jones crea Ithaca Video Projects, organizzazione destinata a promuovere la
comunicazione elettronica e nel 1976 fondata la Boston Film/Video Foundation. Anche
in Belgio (programma Videographic, dal 1975), in Gran Bretagna (Channel Four), in
Francia (Canal Plus e Antenne 2 che mandano in onda un programma mensile sulla
videoarte, prodotto e realizzato da C. Ikam e J.-P. Fargier), in Giappone, si manifesta un
interesse per la sperimentazione collegata ai circuiti televisivi. Si organizzano svariate
manifestazioni internazionali, centri di produzione, di diffusione e di raccolta: nel 1975
ha luogo il primo festival annuale di video documentari, organizzato da Global Village; si
sviluppano poi il Videofestival di Locarno (dal 1979), il Siggraph negli USA (Boston, dal
1982), l'Ars Electronica a Linz, Imagina a Montecarlo, Taormina Arte, L'ARC a Parigi, il
Zentrum fr Kunst und Medientechnologie di Karlsruhe (ZKM), il Tokyo Video Festival,
l'Osaka Furitsu Bijutsu Center.
In Italia, dove gi nel 1952 era stato redatto il Manifesto del movimento spaziale per la
televisione firmato tra gli altri da L. Fontana, A. Burri, B. Joppolo, va segnalata alla fine
degli anni Sessanta l'esperienza di Art Tapes 22 a Firenze, che propone l'attivit video di
artisti come Acconci, Davis, G. De Dominicis, V. Agnetti, J. Kounellis, G. Paolini, J.
Jonas, Muntadas, M. Abramovich, A. Rainer, U. Luthi. Ma in generale l'interesse del
mercato, del pubblico e delle istituzioni non molto incisivo, anche se non mancano
segni di attenzione critica importanti. Oltre a numerose mostre, manifestazioni e
rassegne sostenute con passione da pochi critici militanti, svolge una funzione
importante il Centro Videoarte del Palazzo dei Diamanti di Ferrara, ideato e diretto da L.
Bonora (1971); vanno ricordati inoltre il Convegno dei Beni culturali su Immagine in
movimento, memoria e cultura (1989), e le sperimentazioni RAISAT (1990) di video di
artisti, con la partecipazione di M. Sasso, N. Sani, G. Baruchello, M. Canali, E. Luzzati, U.
Nespolo, Plessi, E. Cucchi.
23 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
in una sorta di mondo parallelo totalizzante. Questo rapporto, forse anche in consonanza
con la moderna estetica della recezione, va dal coinvolgimento concettuale a quello
ludico, di fronte a oggetti interattivi che domandano nuovi tipi di comportamento. Per
es., Petting di K. Aafjes (1990) che sospira se viene toccato; i dipinti elettronici di Giers
(Grosser Kugeltram, 1990) che reagiscono ai suoni; il tappeto elettronico di P. Weibel,
che tende a un'identificazione fisica e corporea, quasi ai limiti della realt virtuale. Come
nelle sofisticate e avvincenti proposte di J. Shaw in The legible city, 1991: esplorazione
labirintica e personalizzata di citt virtuali (Manhattan, Amsterdam, Karlsruhe) costruite
da gigantesche sequenze di frasi, in cui l'interfaccia tra osservatore e immagine
l'osservatore stesso che in bicicletta s'inoltra e s'inserisce nelle fluidit affascinanti di
un'inedita esperienza spaziotemporale.
I caratteri della videoarte non hanno mancato di suscitare diffidenze nella critica o negli
stessi artisti che a volte rifiutano il termine di videoartisti (come per es. Viola); una presa
di distanza che segnala forse un calo di tensione nelle ricerche, e certamente la volont di
differenziarsi da fenomeni di virtuosismo e di ridondanza la riduzione al ghetto degli
''effetti speciali'' che si trasferiscono con facilit in manifestazioni commerciali, dai
videoclips alla pubblicit. L'uso di un mezzo totalmente nuovo ha comunque stimolato
un linguaggio fortemente e criticamente ancorato al dato di fatto di un cambiamento
del modo di vivere (di pensare, di comportarsi) introdotto dai media contemporanei: un
linguaggio che ripropone radicalmente, come si accennato, la problematica della
qualit e della creativit nell'uso della tecnica, sempre pi intrinsecamente legata al
processo creativo e chiave di lettura delle opere. Gli effetti della videoarte sulla diffusione
e sulla comunicazione artistica, sulla modulazione e manipolazione della realt, e sulla
partecipazione del pubblico, derivano dalle metodologie del dialogo tra artista e
strumento, e denotano il problema dell'essenza dell'opera e del ruolo dell'artista nel
villaggio globale della comunicazione e della tecnologia.
La computer art. Tali questioni sulla definizione e i limiti del campo artistico e sul
ruolo dell'artista nella creazione e costruzione di immagini si pongono con particolare
evidenza nella computer art.
Il computer, nato con specifici compiti di calcolo e di elaborazione numerica
dell'informazione, utilizzato variamente da diversi artisti e ha dato luogo a ulteriori
espansioni del linguaggio artistico a partire dagli anni Sessanta con le ricerche di
Whitney Sr (esponente del cinema sperimentale californiano) sul trattamento digitale
dell'immagine e sui linguaggi audiovisivi (Arabesque). Esponenti di rilievo sono, tra
molti altri, L. Cuba, F. Nake, J. Reichardt (Cibernetic serendipity, The computer and the
arts, mostra all'Institute of Contemporary Art a Londra e poi alla Corcoran Gallery di
Washington, 1968), Csuri (Algorithmic dreams), Y. Kawaguchi, e in Italia i gruppi
Correnti Magnetiche, Crudelity Stoffe (1983, degli Abolizionisti M. Bohm e M. Tecce), G.
Bai, I. Gerosa, T. Casula, M. Sasso.
Con il computer si pu operare in vari modi, e creare intrecci multimediali. Pu essere
utilizzato in chiave audiovisiva; si possono costruire animazioni e film interattivi; si
25 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
di controllo delle forme delle nostre associazioni di pensiero e delle nostre azioni fino
ai vari recenti contributi di artisti, di studiosi della comunicazione, di critici militanti e di
storici dell'arte. Vedi tav. f.t.
Bibl.: W. Vostell, D-collage happenings, New York 1966; M. McLuhan, The medium is
the message, in collab. con Q. Fiore, ivi 1967 (trad. it., 1968); G. Youngblood, Expanded
cinema, Londra 1970; M. Shamberg, Guerrilla television, New York 1971; J. Reichardt,
The computer in art, Londra 1971; A. Moles, Art et ordinateur, Parigi 1971; K. Marsh,
Independent video, New York 1973; F. Popper, Art, action and partecipation, Londra
1975; AA.VV., Dossier art video, in Opus international, 54 (1975); Video art, an
anthology, a cura di I. Schneider e B. Korot, New York 1976; P. Gale, Video by artists,
Toronto 1976; Elektronische Kunst, Kybernetische Objekte, catalogo della mostra,
Brunswick 1977; G. Celant, Offmedia. Nuove tecniche artistiche, video-disco-libro,
Milano 1977; AA.VV., Le arti visuali e il ruolo della televisione, Roma 1978; F. Malina,
Visual art, mathematics and computer. Selection from journal Leonardo, Oxford 1979;
B. London, Independent video, in Artforum, settembre 1980; A.-M. Duguet, Vido. La
mmoire au poing, Parigi 1980; E. Garroni, Il linguaggio audiovisivo per la
divulgazione del patrimonio artistico, in XXXII Prix Italia, Siena 1980; AA.VV., Il
nuovo mondo dell'immagine elettronica, Atti del convegno (1981) dell'universit di
Torino, Bari 1985; D. Belloir, Video art exploration, in Cahiers du cinma, 1981 (numero
speciale); D. Block, Art et vido 1960-1980, Locarno 1982; W. Herzogenrath, Videokunst
in Deutschland: 1963-1982, Stoccarda 1982; AA.VV., Electra, catalogo della mostra,
Parigi 1983; B. Gruber, M. Vedder, Kunst und Video: Internationale Entwicklung,
Colonia 1983; R. Berger, V. Fagone, A. Churchill, Artist creation and video art, Parigi
1983; D. Mignot, Het lumineuze beeld / The luminous image, catalogo della mostra,
Amsterdam 1984; AA.VV., Video, The reflexive medium, numero monografico (a cura di
S. Hornbacher) di Art Journal, 45 (1985), n. 3; AA.VV., Vido-Vido, fascicolo speciale di
Revue d'esthtique, 10 (1986); AA.VV., Video culture: a critical investigation, a cura di J.
Hanhardt, Rochester-New York 1986; P. Berger, The challenge of video art, in Art and
tecnology, New York 1986; Documenta 8, catalogo, Kassel 1987; E. Couchot, Images. De
l'optique au numrique, Parigi 1987; Video d'autore, catalogo della mostra, Taormina
1987; Memoria del video: vent'anni di eventi video in Italia, raccolti da L. Giaccari,
Catalogo della mostra, Padiglione d'arte contemporanea, Milano 1987-88; AA.VV., Video
'90, catalogo della mostra a cura di S. Lischi e F. Pesoli, Milano 1990; V. Fagone,
L'immagine video. Arti visuali e nuovi media elettronici, ivi 1990; M. Fumaroli, L'tat
culturel, essai sur une religion moderne, Parigi 1991; AA.VV., Digitaler Schein, Aestethic
der elektronischen Medien, a cura di F. Rtzer, Francoforte s. M. 1991; Nouvelles
technologies, un art sans modle, in Art Press, 12 (1991); J.-L. Boissier, Machines
communiquer, in La Communication, Parigi 1991; Imatges en moviment - Art electronic
/ Moving images - Electronic art, catalogo della mostra a cura della Fundaci J. Mir e
del Zentrum fr Kunst und Medientechnologie di Karlsruhe, Barcellona 1992; AA.VV., Il
Novecento di Nam June Paik, catalogo della mostra a cura di A. Zaru e M. M. Gazzano,
27 of 28
05/01/2015 01:31
http://www.treccani.it/enciclopedia/linguaggi-visiv...
Roma 1992.
28 of 28
05/01/2015 01:31