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Appunti di

Fondamenti di Automatica
Universit`a del Salento, AA 2012-2013
Giovanni Indiveri
Universit`a del Salento - DII,
Dipartimento di Ingegneria dellInnovazione,
Via Monteroni,
73100 Lecce, Italia
giovanni.indiveri@unisalento.it
21 ottobre 2012

Sommario
Queste note sono da intendersi come integrative e non sostitutive rispetto ai
libri di testo consigliati ed agli appunti delle lezioni e si riferiscono esclusivamente
allanno accademico indicato. Si ringrazia anticipatamente per le segnalazioni di
eventuali errori la cui assenza non `e in alcun modo garantita.

Il programma del corso

Il corso mira a fornire i concetti e gli strumenti metodologici di base per lanalisi e la
sintesi di sistemi di controllo a tempo continuo, lineari, tempo invarianti a singolo ingresso e singola uscita. Si prevede che il programma del corso copra i seguenti punti:
Introduzione al corso ed ai concetti fondamentali
Lo schema del controllo ad azione diretta ed in retroazione: considerazioni generali.
Richiami generali al concetto di sistema. Introduzione al concetto di robustezza ai
disturbi e alle variazioni parametriche degli impianti. Richiami sulle equazioni differenziali e loro classificazione. Richiami sul concetto di equilibrio e di stabilit`a per equazioni
differenziali autonome. Stabilit`
a e convergenza nel caso di equazioni lineari e non lineari.
Modelli per lo studio dei sistemi di controllo.
Richiami sulla modellistica ingresso/uscita e nello spazio degli stati. Richiami sulle
trasformate di Laplace e loro uso per la soluzione di equazioni LTI. La funzione di trasferimento e la trasformata della risposta libera. Introduzione allalgebra dei blocchi
ed analisi di sistemi interconnessi. Riduzione di schemi a blocchi. Esame preliminare
del sistema in retroazione elementare. Riduzione degli schemi a blocchi per sistemi interconnessi. Introduzione ai sistemi del secondo ordine. Introduzione alla formulazione

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standard in termini di pulsazione naturale e coefficiente di smorzamento. Analisi dimensionale.


I sistemi elementari del primo e secondo ordine nel dominio del tempo.
Risposte indiciali ed impulsive dei sistemi elementari del primo e secondo ordine. Introduzione al concetto di poli dominanti. Introduzione allanalisi del ruolo degli zeri.
Analisi armonica e diagrammi polari.
Analisi armonica. La funzione di risposta armonica, i diagrammi di Bode ed i diagrammi polari. Regole di tracciamento ed analisi dei sistemi elementari del I e del II ordine
in frequenza. Analisi del ruolo degli zeri. Introduzione ai sistemi a fase non minima.
Effetto di ritardi finiti.
La stabilit`
a dei sistemi in retroazione.
Introduzione al concetto ed allo studio della stabilit`a in retroazione. Il criterio di Nyquist. Il concetto della robustezza. I criteri del margine di fase e di guadagno. Il criterio
della pendenza o di Bode. Generalizzazione del criterio del margine di fase per sistemi
instabili. Il criterio di Routh-Hurwitz.
Le specifiche dei sistemi di controllo e la sintesi dei regolatori.
Le specifiche dei sistemi di controllo nel dominio del tempo e della frequenza. Prestazioni statiche e dinamiche. Reiezione dei disturbi e sensitivit`a a variazioni parametriche.
Cenno al ruolo del trasduttore. Il luogo delle radici. La sintesi in frequenza o loop
shaping. Le reti standard: reti ad anticipo di fase, reti a ritardo di fase, reti PID. La
sintesi in frequenza per sistemi a fase non minima e per impianti instabili. Limitazioni
alla prestazioni ottenibili per impianti a fase non minima o instabili.
Schemi avanzati di controllo.
Architetture a doppio anello. Il problema del wind-up e approcci alla sua gestione.
Introduzione al predittore di Smith. Implementazione di regolatori PID con derivata
delluscita e retroazione tachimetrica. Considerazioni finali sul corso.
Le lezioni sarrano corredate da esercizi ed esempi svolti in aula.
Il programma effettivo potr`
a subire piccole variazioni in funzione di approfondimenti su
temi specifici o per altre esigenze didattiche. Il programma dettagliato per lesame di
valutazione sar`
a reso disponibile in forma di diario delle lezioni sul sito del corso.

Testi di riferimento sono:


Karl J.
Astr
om and Richard M. Murray, Feedback Systems, Princeton University
Press 2008 (online in formato elettronico sul sito degli autori).
Giovanni Marro, Controlli Automatici, Zanichelli editore.
P. Bolzern, R. Scattolini, N. Svchiavoni, Fondamenti di Controlli Automatici,
McGraw-Hill editore, 1998.

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Richiami sui numeri complessi


z = a + i b : i2 = 1
p
z = a + i b = |z|ei : |z| = a2 + b2 , = arg(z)
zC

z = a i b = |z|ei
zz = |z|2 = a2 + b2
s  
r

1
1
1
1
1 1
1 1


=
=
= = |v| =
=
,
v=

z
z
z z
zz
|z|
zz
arg(v) = arg(z)
z = a + i b arg(z) = atan2(b, a) 6= arctan(b/a) (attenzione!)

Equazioni differenziali

Le equazioni differenziali sono alla base dei modelli matematici di moltissimi fenomeni
naturali e sistemi artificiali di interesse, in particolare nellambito della teoria del controllo. In linea con la notazione pi`
u diffusa, indicheremo con un punto sopra a ciascuna
variable la sua derivata prima rispetto al tempo, con due punti la derivata seconda e
con un esponente tra parentesi tonde le derivate di ordine superiore, i.e.
dy
dt
d2 y
y 2
dt
dh y
y (h) h : h > 2.
dt
y

Detto n lordine di derivazione massima della funzione incognita y(t) che compare in
una data equazioni differenziali, questa si pu`o in generale rappresentare come:
y (n) = f (y (n1) , . . . , y, u, t)

(1)

essendo la funzione incognita y(t) luscita della equazione e la funzione nota u(t) lingresso. Equazioni differenziali invarianti per traslazioni temporali, ovvero tali per cui
f
= 0,
t
vengono dette tempo invarianti, equazioni (o sistemi) indipendenti da ingressi esterni
u(t)
y (n) = f (y (n1) , . . . , y, t)
vengono dette autonome ed equazioni dipendenti dalla sola uscita incognita
y (n) = f (y (n1) , . . . , y)
vengono dette autonome tempo invarianti. Altri criteri di classificazione delle equazioni
differenziali si riferiscono alla natura lineare o meno della funzione f () rispetto agli
ingressi u(t) ed alle uscite y(t) ed alla presenza o meno di derivate parziali di y(t) o u(t).
Equazioni differenziali in cui non compaiano derivate parziali vengono dette ordinarie.

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A meno che non sia diversamente specificato, nel seguito le funzioni di ingresso e uscita
saranno intese essere scalari reali di variabile scalare reale.
Esempio
y
+ y 2 (x, t)
x
eq. diff. alle derivate parziali, non lineare, tempo variante, autonoma

y(x, t) = 3t +

y (4) =
y + sin(y)
eq. diff. ordinaria del quarto ordine non lineare, tempo invariante, autonoma
y(t)
= u(t) y 2 (t)
eq. diff. ordinaria del primo ordine non lineare, tempo invariante, non autonoma
y(t) = u(t) y(t)
+ 7y(t)
eq. diff. ordinaria del secondo ordine lineare, tempo invariante, non autonoma
Le tecniche di soluzione (integrazione) delle equazioni differenziali, cos` come i teoremi di
esistenza ed unicit`
a delle soluzioni, dipendono sensibilmente dalla particolare categoria
di equazioni di interesse, ma quale che essa sia le eventuali soluzioni dipenderanno
sempre da un numero di condizioni al contorno pari allordine della equazione. Spesso
le condizioni al contorno sono specificate allistante iniziale t0 in cui si inizializza il
sistema. In questo caso si parla di condizioni iniziali. I sistemi naturali o artificiali
descritti da equazioni differenziali sono detti sistemi dinamici: nel seguito, quando non
diversamente specificato, il termine sistema si riferir`a ad un sistema dinamico, ovvero
ad una equazione differenziale.

3.1

Punti di equilibrio e stabilit`


a

Si consideri un sistema del primo ordine autonomo e tempo invariante


y = f (y).

(2)

Un particolare valore iniziale y(t0 ) = yeq di y(t) tale per cui


f (yeq ) = 0

(3)

`e detto punto di equilibrio in quanto se il sistema viene inizializzato in y = yeq , allora l`


rimane per tutti i tempi futuri. Per un sistema autonomo tempo invariante di ordine n
y (n) = f (y (n1) , . . . , y,
y)
si pu`o parlare di configurazione di equilibrio (y (n1) (t0 ), . . . , y(t
0 ), y(t0 )) = (0, . . . , 0, yeq )
quando
f (0, . . . , 0, yeq ) = 0
che implica la permanenza nel punto yeq per tutti i tempi futuri. Tornando, senza ledere
la generalit`
a della discussione, ai sistemi del primo ordine, si noti che dato un punto di

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equilibrio generico yeq `e possibile traslare la variabile y in modo da portare lequilibrio


nellorigine. Infatti, data lequazione (2) ed il suo equilibrio yeq (3), si pu`o sempre porre
z(t) y(t) yeq = z(t)
= y(t)

=
z(t)
= f (z(t) + yeq )
che ha un punto di equilibrio in z(t) = 0: alla luce di questa considerazione nella
formulazione dei teoremi e dei risultati circa le equazioni differenziali `e abituale riferirsi
al punto di equilibrio come se fosse sempre nellorigine. Si noti che non tutte le equazioni
differenziali ammettano punti di equilibrio, es. y(t)

= 2. Circa lunicit`a dei punti di


equilibrio (quando esistono), si noti come sia necessario distinguere tra il caso delle
equazioni lineari e quelle non lineari. Le equazioni differenziali (ordinarie) lineari sono
del tipo
y (h) =

h1
X
j=0

aj y (j) +

m
X

bl u(l) : aj , bl sono costanti reali j, l

(4)

l=0

e vengono dette omogenee se bl = 0 l, ossia se non dipendono da alcun ingresso u(t).


Dalla linearit`
a di questa equazione segue se i segnali y1 (t), u1 (t) e y2 (t), u2 (t) risolvono
rispettivamente la (4), anche qualunque combinazione lineare del tipo
y3 (t) = y1 (t) + y2 (t)
u3 (t) = u1 (t) + u2 (t)
`e ancora soluzione. Da qui segue che se una equazione omogenea ha due configurazioni di
equilibrio distinte, allora ogni loro combinazione lineare sar`a ancora una configurazione
di equilibrio. Dunque le equazioni differenziali lineari del tipo (4) non ammettono punti
di equilibrio isolati. Al contrario equazioni differenziali non lineari possono ammettere
equilibri isolati, eventualmente anche in numero infinito come ad esempio per:
y = (y yeq1 )(y yeq2 )
y = sin(y(t))
che ammettono punti di equilibrio rispettivamente in y = yeq1 , y = yeq2 ed in y = n :
n = 0, 1, 2, . . ..
Una importante propriet`
a dei punti di equilibrio `e la loro stabilit`
a. Vediamo dapprima informalmente a cosa si riferisca questo concetto. Come visto, un punto (o una
configurazione) di equilibrio `e tale per cui un sistema l` inizializzato non evolve ulteriormente nel tempo. Pu`
o essere di grande rilevanza capire cosa succeda se il sistema venga
inizializzato vicino ad uno suo equilibrio, ma non esattamente in esso. Tipicamente
possono verificarsi tre situazioni:
che il sistema evolva nelle vicinanze del punto di equilibrio - e di quello da cui `e
partito - per tutti i tempi futuri senza necessariamente mai assestarsi nellequilibrio
che il sistema evolva inizialmente nelle vicinanze del punto di equilibrio - e di
quello da cui `e partito - (regime transitorio) per poi asintoticamente assestarsi
nellequilibrio, i.e. convergere sullequilibrio (regime permanente)

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che il sistema evolva allontanandosi indefinitamente dal punto di equilibrio (e da


quello di partenza) nonostante fosse stato avviato nei pressi dellequilibrio.
Queste tre situazioni corrispondono ad equilibri detti rispettivamente marginalmente
stabili (o semplicemente stabili), asintoticamente stabili ed instabili. Quando un punto
di equilibrio viene detto stabile (senza altri aggettivi), si intende marginalmente ( o
semplicemente) stabile. Un esempio concreto di equilibrio asintoticamente stabile, instabile e semplicemente stabile pu`
o essere quello della ascissa y(t) di una pallina libera
di rotolare lungo un profilo curvo come schematizzato in figura (1) essendo soggetta ad
attrito ed alla accelerazione di gravit`a. Si noti che a volte, specie nellambito di applixxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx

xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx
xxxxx

yeq
yeq

xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx
xxxxxx

yeq

Figura 1:
Da sinistra verso destra: equilibrio asintoticamente stabile, instabile,
marginalmente stabile (o indifferente).

cazioni meccaniche, gli equilibri marginalmente stabili vengono anche detti indifferenti.
Formalmente, dato un sistema del primo ordine autonomo tempo invariante avente un
equilibrio in y = yeq
y(t)
= f (y(t)) : f (yeq ) = 0
questo `e detto semplicemente stabile se
Def. di semplice stabilit`
a
 > 0  > 0 : |y(t0 ) yeq | <  = |y(t) yeq | <  t t0 .
In parole ci`
o significa che esiste sempre un intorno dellequilibrio (|y(t0 ) yeq | <  )
a partire dal quale levoluzione di y rimane comunque arbitrariamente vicina ad yeq
per tutti i tempi futuri. Si tratta dunque di una sorta di continuit`a di y(t) rispetto le
condizioni iniziali in un intorno dellequilibrio yeq .
Def. di asintotica stabilit`
a
Un equilibrio yeq semplicemente stabile per il quale  della definizione di stabilit`a
semplice possa sempre essere scelto tale per cui
lim y(t) = yeq

si dice asintoticamente stabile.


In pratica si tratta di un equilibrio stabile tale per cui se il sistema viene avviato ad
esso sufficientemente vicino, luscita y(t) converge su esso. Si noti che in base a questa

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definizione la convergenza asintotica di y(t) ad yeq non `e sufficiente a qualificare yeq come
un equilibrio asintoticamente stabile, ma `e anche necessario che yeq sia semplicemente
stabile. Si noti inoltre che dato un equilibrio yeq asintoticamente stabile la asintotica
convergenza di y(t) ad yeq potrebbe non verificarsi per particolari valori della condizione
iniziale y(t0 ), tipicamente potrebbe esserci una soglia tale per cui se |y(t0 ) yeq |
allora limt y(t) 6= yeq . Linsieme delle condizioni iniziali y(t0 ) che garantiscono la
convergenza asintotica su yeq individuano il cos` detto bacino o dominio di convergenza.
Quando questo insieme `e limitato, la convergenza si dice locale e quando si estende a
tutti i possibili valori di y la convergenza si dice globale.
Def. di globale asintotica stabilit`
a
Un equilibrio yeq semplicemente stabile per il quale
lim y(t) = yeq y(t0 )

si dice globalmente asintoticamente stabile.


Esempi
y = y + 3 = y(t) = (y0 + 3)e(tt0 ) 3
yeq = 3 equilibrio instabile
y = y 3 = y(t) = (y0 + 3)e(tt0 ) 3
yeq = 3 equilibrio globalmente asintoticamente stabile
y = (y 3)(1 y/10)
yeq = 3 equilibrio localmente asintoticamente stabile
yeq = 10 equilibrio instabile
y = y

y |t=t0 = 0 = y(t) = y0 cos(t)

yeq = 0 equilibrio marginalmente stabile


y = 0 = y(t) = y0
yeq = y0 y0 equilibri marginalmente stabili
y0
1
=
y0 (t t0 ) + 1
t t0 + 1/y0
= 0 equilibrio instabile

y = y 2 = y(t) =
yeq

Dalle definizioni viste, risulta che i sistemi con un equilibrio globalmente asintoticamente stabile tendano a dimenticare la particolare condizione iniziale da cui si `e avviata
la loro evoluzione. Infatti quale che fosse y(t0 ), nel limite per t che tende allinfinito
levoluzione del sistema si assesta sullequilibrio. In altri termini ipotizzando di essere
interessati al solo regime permanente di un sistema globalmente asintoticamente stabile, poco importa quale fosse la specifica condizione iniziale da cui esso sia partito. Al

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contrario, la dinamica di un sistema con un equilibro instabile ha un comportamento


asintotico che dipende drammaticamente dalla condizione iniziale: infatti se essa dovesse
coincidere perfettamente con lequilibrio (y(t0 ) = yeq ) allora levoluzione rimarr`a congelata in y(t) = yeq per tutti i tempi t t0 , ma altrimenti se la condizione iniziale dovesse
discostarsi di una quantit`
a anche infinitesima dallequilibrio (|y(t0 )yeq |  > 0), allora
y(t) potr`
a assumere valori arbitrariamente lontani da yeq ed eventualmente anche divergere. Per denotare che la dinamica di un certo sistema nei pressi di un suo equilibrio `e
molto sensibile alla particolare condizione iniziale da cui levoluzione comincia, si dice
che lequilibrio `e poco robusto rispetto le condizioni iniziali. Alla luce di quanto visto,
gli equilibri instabili, marginalmente stabile, localmente asintoticamente stabili e globalmente asintoticamente stabili sono via via di natura pi`
u robusta rispetto le specifiche
condizioni iniziali da cui il sistema inizia ad evolvere.

Figura 2: P. A. M. Dirac nel 1960

Equazioni differenziali ordinarie lineari

La delta di Dirac (da Paul Adrien Maurice Dirac, 1902-1984) non `e una vera e propria
funzione nel senso pi`
u comune del termine, ma una distribuzione o funzione generalizzata. Essa `e definibile implicitamente come quella quantit`a (t) tale che per ogni funzione
continua f : R R valga:
Z +
f ( )(t )d = f (t).
(5)

Da questa definizione si pu`


o anche dedurre che:
Z +
Z +
f ( )(t )d =
f (t )( )d = f (t)

Z +

(6)

( )d = 1

(7)

per ogni funzione continua f (t). Dalle equazioni (6) e (7) segue in particolare che la
di Dirac non sia adimensionata, ma abbia dimensioni inverse rispetto quelle del suo
argomento. Per esempio se t indica un tempo espresso in secondi [t] = s, allora la (t)

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ha le dimensioni degli Hertz, [] = s1 . Alla luce delle equazioni (5)-(7), in termini


intuitivi la (t) pu`
o essere pensata come una funzione nulla ovunque tranne nellorigine
dove `e indefinita e tale che il suo integrale su un intervallo contenente lorigine sia 1.
Poiche il supporto della (t) `e la sola origine t = 0, vale anche che:
Z

+b

( )d = 1

a, b > 0

(8)

La (t) pu`
o anche essere pensata come la derivata (generalizzata) della funzione a gradino
unitario u(t) (a volte indicato come 1(t)) dato da

0 t<0
u(t) =
(9)
1 t0
Si consideri a questo proposito la funzione sigmoide
u (t) =

1 1
+ arctan(t)
2

(10)

avente grafico riportato in (3). Per ogni > 0, essa tende rispettivamente a 0 ed 1 per
1

0.9

=1
=2
=3
=4

0.8

0.6

u (t)

0.7

0.5

0.4

0.3

0.2

0.1

0
5

Figura 3: Sigmoide di equazione (10) con = {1, 2, 3, 4}.


t tendente a e + ed ha derivata data da:
u (t) =

d
1

u (t) =
dt
1 + 2 t2

(11)

il cui grafico `e riportato in figura (4). La pendenza della sigmoide nellorigine u (t)|t=0 =
/ aumenta linearmente con , mentre lintegrale di u (t) esteso da a + vale
sempre 1 per ogni > 0. Al tendere di la u (t) tende alla funzione (discontinua)
a gradino u(t) e la sua derivata u (t) tende alla delta di Dirac la cui rappresentazione

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1.4

=1
=2
=3
=4

1.2

du/dt

0.8

0.6

0.4

0.2

0
5

Figura 4: u (t) di equazione (11) con = {1, 2, 3, 4}.

grafica `e una freccia parallela allasse delle ordinate come illustrato in figura (5). Ossia
risulta che
lim u (t) = u(t)

(12)

lim u (t) = (t)

(13)

in questo senso possiamo accettare ed interpretare la spesso usata formulazione in base alla quale la delta di Dirac sia la derivata del gradino (discontinuo e dunque non
derivabile nel senso classico). La (t) di Dirac e la funzione a gradino sono di notevole importanza per il calcolo delle soluzioni di equazioni differenziali lineari. Sia data
lequazione differenziale lineare a coefficienti costanti:
dn y
dn1 y
dm u
dm1 u
+ an1 n1 + . . . + a0 y = bm m + bm1 m1 + . . . + b0 u
n
dt
dt
dt
dt
an 6= 0 : n = ordine della equazione, m n
an

(14)

y(t) uscita , u(t) ingresso assunto noto.


La linerit`
a segue dallosservare che se la (14) `e risolta per (y1 , u1 ) e (y2 , u2 ), allora lo sar`a
anche per (y1 + y2 , u1 + u2 ). La costanza dei coefficienti, daltra parte, garantisce
la tempo invarianza della equazione ossia la sua indipendenza dalla scelta dellorigine
t0 della scala dei tempi, convenzionalmente assunta in zero, t0 = 0. La risoluzione della
equazione (14) richiede la conoscenza, oltre che dellingresso u(t) t 0, anche delle
n condizioni iniziali:


d2 y(t)
d y(t)

(1)
= y (0 ),
= y (2) (0 ), . . . (15)
y(t)|t=0 = y(0 ),
dt t=0
dt2 t=0

dn1 y(t)
...
= y (n1) (0 )
(16)
dtn1 t=0

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1.2
1

Unit step function

0.8
0.6
0.4
0.2
0
4

2
1.5
1

(t)
0.5
0
0.5
5

Figura 5: u (t) e la sua derivata nel limite .

della variabile di uscita y. Si noti che lingresso u(t), detto anche segnale forzante, `e
assunto essere identicamente nullo per t < 0. In pratica si pu`o immaginare di accendere
lingresso allistante iniziale t0 = 0 e studiare luscita che ne segue. Prima dellistante
iniziale t0 = 0 la forzante era spenta, i.e. nulla. In questo ambito, allora, `e necessario
che per la corretta risoluzione della (14) le condizioni iniziali sulluscita y siano relative
allistante immediatamente precedente quello in cui si applica la forzante, ossia in t = 0
come evidenziato in (15),(16). La soluzione della equazione (14) pu`o sempre essere
pensata come la somma di due termini: la soluzione della equazione omogenea associata
dn y
dn1 y
+
a
+ . . . + a0 y = 0
(17)
n1
dtn
dtn1
pi`
u una soluzione particolare della (14) tale che la somma di questi due contributi soddisfi
anche le condizioni iniziali (15),(16). Una particolare scelta per questi due addendi `e di
risolvere la omogenea associata (17) con condizioni al contorno (15),(16) e di selezionare
come soluzione particolare della (14) quella corrispondente a condizioni iniziali nulle.
La soluzione della omogenea associata (17) con condizioni iniziali (15),(16) viene detta
evoluzione libera yl (t), mentre la soluzione particolare della (14) con condizioni iniziali
nulle viene detta evoluzione forzata yf (t). Dalla definizione stessa delle evoluzioni libera
e forzata risulta che la soluzione complessiva
an

y(t) = yl (t) + yf (t)


soddisfi sicuramente le condizioni iniziali (15),(16). Si noti che la possibilit`a di scomporre
la soluzione generale in questa somma `e dovuta alla linearit`a della equazione (14).
La evoluzione libera yl (t) si calcola sfruttando la teoria delle equazioni defferenziali
ordinarie omogenee. In particolare con riferimento alla equazione (17) si definisce il

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polinomio caratteristico della equazione come
n
X

ah s h = 0

(18)

h=0

le cui r n radici distinte pj C : j [1, r] costituiscono gli zeri della equazione. Indicando con k la molteplicit`a della radice k-esima, per il teorema fondamentale
dellalgebra vale
r
X
k = n
k=1

essendo r il numero di radici distinte di (18). La soluzione della equazione omogenea


(17) `e data da
r X
k 1
X
th pk t
yo (t) =
ck, h
e
: ck, h C,
(19)
h!
k=1 h=0

ossia `e una combinazione lineare a coefficienti complessi di funzioni a valori complessi


m(t) = tk ept /k! : k N, p C dette modi della risposta libera. I coefficienti della
combinazione lineare sono determinati dalle condizioni iniziali (15),(16) ed una volta
calcolati determinano leffettiva risposta libera yl (t). Si noti che se una radice del polinomio caratteristico p ha parte immaginaria non nulla, anche il suo complesso coniugato
sar`a sicuramente uno zero della equazione; in virt`
u di ci`o si verifica che il risultato delle sommatorie in equazione (19) dove ck, h C, m(t) C dia sempre luogo ad una
risultante yo (t) puramente reale. I modi funzionali m(t) possono essere di tre tipi:
convergenti
limitati
divergenti
Esempio
y + 2n y + n2 y = 0
y(0 ) = 1, y(0
) = 1/2
2

condizioni iniziali

n2

s + 2n s +
= 0 polinomio caratteristico


p
p = n 2 1
zeri della equazione caratteristica
y(t) = c1 ep+ t + c2 ep t = c1 + c2 = 1
y(t)
= p+ c1 ep+ t + p c2 ep t = p+ c1 + p c2 = 1/2
si calcolino p , c1 , c2 , y(t) per n = 1 e = 1/2, 2, 1/2, 1, 2, 0
Per calcolare la evoluzione forzata `e utile introdurre lintegrale di convoluzione:
Z +
(f g) (t) :=
f (t )g( )d

(20)

Simmetria:
(f g) (t) = (g f ) (t)

(21)

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infatti definendo la variabile z = t lequazione (20) pu`o essere scritta come
Z
(f g) (t) =
f (z)g(t z)(dz) =
+
+

g(t z)f (z)dz = (g f ) (t).

(22)

Limitandosi a considerare funzioni identicamente nulle nellinsieme aperto (, 0) lintegrale di convoluzione varr`
a:
(
0
:t<0
R t+
(f g)(t) =
(23)
0 f (t )g( )d : t 0
dove gli estremi di integrazione sono stati fissati in 0 e t+ piuttosto che in 0 e t per
tenere in considerazione possibili comportamenti impulsivi di f o g nellintervallo di
interesse.
Il teorema di Leibnitz:
Z f (x)
Z f (x)

f (x)
F (x, z)
g(x)
F (x, z)dz = F (x, f (x))
F (x, g(x))
+
dz (24)
x g(x)
x
x
x
g(x)
permette di assicurare che la derivata dellintegrale di convoluzione (23) coincida con
quella dellequazione (20), ossia:


d
df
(f g)(t) =
g (t).
(25)
dt
dt
Sfruttando la propriet`
a di simmetria si pu`o verificare che:






df
dg
dg
d
(f g)(t) =
g (t) = f
(t) =
f (t);
dt
dt
dt
dt

(26)

inoltre analoghi risultati sono dimostrabili per derivate di ordine arbitrario, ossia in
generale:
 n

 n

dn
d f
d g
(27)
(f g)(t) =
g (t) =
f (t).
dtn
dtn
dtn
In aggiunta alla propriet`
a commutativa (simmetria) gi`a dimostrata, il prodotto di convoluzione gode anche delle proriet`
a associativa e distributiva, ossia rispettivamente
f1 (f2 f3 ) = (f1 f2 ) f3

(28)

f1 (f2 + f3 ) = f1 f2 + f1 f3

(29)

le cui dimostrazioni sono lasciate come esercizio.


Limportanza dellintegrale di convoluzione nel calcolo della risposta forzata di un
sistema lineare tempo invariante (LTI, linear time invariant) `e legata alla osservazione
che la risposta forzata relativa ad un segnale forzante arbitratio u(t) `e calcolabile come
lintegrale di convoluzione tra u(t) e la risposta allimpulso h(t). In altri termini sia
h(t) :=

soluzione della equazione (14) con u(t) = (t) e condizioni iniziali nulle,

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 14
allora la evoluzione forzata yf (t) relativa ad un ingresso forzante u(t) arbitrario, con
condizioni iniziali nulle per definizione stessa di evoluzione forzata, vale:
Z t+
h(t )u( )d.
(30)
yf (t) = (h u)(t) =
0

Si osservi che dalla definizione di h(t) appena fornita e dalla linearit`a della equazione
(14) segue che h(t) non abbia le stesse dimensioni di y(t), bens` [h] = [y][u]1 [(t)] =
[y][u]1 [t]1 e che, coerentemente, la yf (t) data dalla equazione (30) abbia le dimensioni di y. Per dimostrare ora la (30) si osservi che dalla definizione stessa di risposta
allimpulso h(t) vale:
dn h
dn1 h
dm
dm1
+
a
+
.
.
.
+
a
h
=
b
+
b
+ . . . + b0
n1
0
m
m1
dtn
dtn1
dtm
dtm1

!
n
m
X
X
dk h
dj
ak k u =
bj j u =
dt
dt
j=0
k=0

!
m
n
j
X
X
d
dk h
bj j u (t) =
ak k u (t) =
dt
dt
j=0
k=0


n
m
X
X
dk
dj u(t)
ak k (h u)(t) =
=
bj (t)
dtj
dt
an

k=0
n
X
k=0

ak

dk

(h u)(t) =
dtk

j=0
m
X
j=0

bj

dj u(t)
dtj

(31)

(32)

che dimostra come (h u)(t) soddisfi la equazione (14) per qualunque forzante ammissibile. Per concludere la dimostrazione della relazione (30), resta da verificare che la
equazione (32) sia soddisfatta per condizioni iniziali nulle. Indubbiamente dalla definizione stessa di integrale di convoluzione (23) per segnali nulli per t < 0 segue che le
condizioni iniziali


dn1
(h u)(t)|t0 =0 , . . . , n1 (h u)(t)
dt
t0 =0
sono tutte nulle poiche 0 `e minore di zero. Questo risultato `e di grande importanza
pratica: esso mostra come, supposta nota la risposta allimpulso h(t), la evoluzione forzata di un sistema per una qualunque forzante ammissibile si possa calcolare risolvendo
un semplice integrale piuttosto che una equazione differenziale non omogenea. Naturalmente resta da calcolare la risposta allimpulso, ma questa `e di facile individuazione una
volta noti i modi della risposta libera.
Con riferimento allequazione (31), considerata la natura dellimpulso di Dirac e la
definizione di h(t), essa deve soddisfare in t = 0 , t = 0 e t > 0 rispettivamente:


dn1
(h u)(t)|t0 =0 = 0, . . . , n1 (h u)(t)
=0
(33)
dt
t0 =0
dn h
dn1 h
+
a
+ . . . + a0 h =
n1
dtn
dtn1
dm
dm1
= bm m + bm1 m1 + . . . + b0 , m n,
dt
dt
dn h
dn1 h
an n + an1 n1 + . . . + a0 h = 0 t > 0
dt
dt
an

(34)
t=0
(35)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 15
da cui si deduce che necessariamente la h(t) ha la forma:
h(t) = (t) +

r X
k 1
X
k=1 h=0

k, h

th pk t
e
1(t)
h!

(36)

essendo pk gli zeri del polinomio caratteristico della omogenea associata ed 1(t) la funzione gradino unitario. Si noti che dovendo soddisfare la equazione (35), h(t) ha la
stessa struttura della risposta libera yl (t) salvo la presenza del termine impulsivo e del
fattore 1(t) necessario a garantire che h(t) sia comunque identicamente nulla per t < 0.
Il calcolo delle costanti , k, h avviene sostituendo la h(t) nella equazione (31).
Esempio: il sistema del secondo ordine.
Con riferimento alla figura (6), la tensione di uscita `e legata a quella di ingresso da:

Vin

Vout

L
Figura 6: Circuito RLC.

iL

z
}|
{
d
dVout Vout
L
C
+
+ Vout = Vin =
dt
dt
R
d2 Vout
L dVout
LC
+
+ Vout = Vin
dt2
R dt
1
Vin
1
Vout +
Vout =
=
Vout +
RC
LC
LC

Vout + a1 V out + a0 Vout = u

(37)

(38)

a1 := 1/RC, a0 := 1/LC , u := Vin /LC

Con riferimento alla figura (7), la posizione y della massa m `e regolata dalla seconda
legge di Newton
d2 y
dy
+
+ k y = f =
dt2
dt
d2 y
dy
k
f
+
+ y=
2
dt
m
dt
m
m

y + a1 y + a0 y = u

(39)

a1 := /m, a0 := k/m , u := f /m

Si noti che nonostante le equazioni (38) e (39) descrivano fenomeni di natura diversa,
la loro struttura matematica `e identica. In particolare `e utile osservare che qualunque

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 16
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

Figura 7: Sistema meccanico massa - molla con attrito.

sia la dimensione della variabile di uscita (posizione y in (39) e tensione Vout in (38)) le
costanti a0 ed a1 hanno sempre e comunque le medesime dimensioni (unit`a di misura),
ossia
[a1 ] = [t]1

(40)

(41)

[a0 ] = [t]

un tempo alla meno uno per a1 ed un tempo alla meno due per a0 . Per risolvere
lequazione differenziale ordinaria del secondo ordine in equazione (38) o (39) si consideri
dapprima lomogenea associata. Il suo polinomio caratteristico
s2 + a1 s + a0 = 0

(42)

ha radici

p
a21 4a0
s =
.
(43)
2
Se a0 < 0, allora necessariamente Im(s ) = 0 e s+ > 0, ossia ci sarebbe sicuramente
un modo della risposta libera divergente. Poiche in generale i sistemi di interesse non
hanno modi funzionali divergenti, volendo a priori escludere la presenza di radici positive
del polinomio caratteristico dovute al segno negativo del coefficiente a0 e volendo anche
sottolineare come a0 abbia le dimensioni di una pulsazione al quadrato, si usa indicare
a0 come n2 ossia
a0 := n2 0
(44)
a1

dove la lettera ricorda che le dimensioni di a0 siano [a0 ] = [t]2 . Evidentemente alla
luce delle considerazioni appena sviluppate vale anche che [a1 ] = [n ] e dunque possiamo
sempre porre:
a1 := 2 n : adimensionata
(45)
dove il fattore 2 serve solo a semplificare il calcolo del discriminante della equazione
caratteristica che risulta ora essere:
s2 + 2 n s + n2 = 0 =
p
s = n ( 2 1 ).

(46)
(47)

I parametri introdotti ed n sono detti rispettivamente smorzamento e pulsazione


naturale del sistema del secondo ordine. Al loro variare le radici s del polinomio
caratteristico descrivono la curva riportata in figura (8). In particolare quando || < 1

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 17

Im
0<<1
>1
0<<1

=0
1<<0
<1
Re
1<<0
=0

Figura 8: Luogo degli zeri del polinomio (46).

le radici s hanno parte immaginaria non nulla ed al crescere di || da zero ad uno si


muovono su archi di cerchio di raggio n aventi origine nei punti (0, j n ).
=0
1 < < 0
< 1
0<<1
>1

Re(s ) = 0, radici puramente immaginarie in j n


Re(s ) > 0, Im(s ) 6= 0, radici complesse coniugate,
i.e. simmetriche rispetto lasse reale nel primo e quarto quadrante.
Re(s ) > 0, Im(s ) = 0, radici reali positive.
Re(s ) < 0, Im(s ) 6= 0, radici complesse coniugate,
i.e. simmetriche rispetto lasse reale nel secondo e terzo quadrante.
Re(s ) < 0, Im(s ) = 0, radici reali negative.

Per = 1 le radici sono reali coincidenti in n , mentre al crescere di || > 1 le radici


rimangono reali e nel limite ||  1 vale che

s 2n
||  1 =
(48)
s+ 2n
ossia, in modulo, una delle due radici tende a zero e laltra allinfinito lungo lasse reale,
ma rimangono sempre di segno concorde. I limiti indicati nella relazione (48) seguono
per calcolo diretto. In particolare il limite di s segue immediatamente dallosservazione
che
p
lim
2 1 = .
+

Circa il limite di s+ , il risultato pu`o essere dimostrato studiando la funzione


p
f () := + 2 1

(49)

tale che
s+ = n f ().

(50)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 18
Sia
=

1
x

(51)

r
1
1
1
1 p
1
1

1
=

f () = +
+
1 x2 = +
g(x)
2
x
x
x |x|
x |x|
p
g(x) =
1 x2 .

(52)
(53)

Nel limite per + si ha x 0+ , dunque il limite per + di f () pu`o essere


calcolato attraverso il limite per x 0+ di g(x). Questultimo `e calcolabile sviluppando
in serie di Taylor al secondo ordine la funzione g(x) in x = 0. In particolare si ha

 

dg
1 d2 g
g(x) = g(0) +
x+
x2 + O(x3 )
(54)
dx x=0
2 dx2 x=0
dg
1 2x
x
=
=
(55)
2
dx
2 1x
1 x2

x2
1 x2 + 1x
2
d2 g
=
(56)
dx2
1 x2
da cui

1
x 0 = g(x) = 1 x2 + O(x3 ).
2
Sostituendo la relazione (57) nella (52) si ha


1
1
1 2
x
1
lim f () = lim +
1 x = =
+
+
x |x|
2
2
2
x0

(57)

(58)

e quindi, dalla equazione (50), segue il risultato cercato, ovvero che


lim s+ =

n
.
2

(59)

Per comprendere la natura dellapprossimazioni in equazione (48) quando || >> 1, si


noti che




n
1
2
(s + 2n ) s +
=s +2 +
n s + n2
(60)
2
4
e dunque quando || >> 1, approssimare le radici s in equazione (47) con 2n e
n /2 equivale ad approssimare con + 1/(4).
Come osservato, il modello (46) non ammette radici reali di segno discorde, ovvero
un polinomio del tipo (s1)(s+2) = 0 con una radice in 2 e laltra in +1 non ammette
una parametrizzazione equivalente a quella di equazione (46) perche per costruzione con
la equazione (44) abbiamo imposto che il segno del termine noto a0 del polinomio fosse
sempre positivo, ovvero sempre concorde con quello del monomio di grado massimo.
Al contrario solo polinomi del secondo grado con termine noto e termine di ordine 2
di segno discorde possono ammettere radici reali di segno discorde. Alla luce di queste
osservazioni, risulta naturale parametrizzare nella forma (46) i polinomi di grado 2 aventi
radici a parte immaginaria non nulla, i.e. || < 1, per i quali la posizione delle radici nel
piano complesso pu`
o essere pensata in coordinate polari di modulo n e fase con
p
1 2
tan() =
: || < 1.

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 19
I polinomi di grado 2 a radici reali z1 e z2 , invece, sono pi`
u semplicemente parametrizzabili come
(s z1 )(s z2 ) = 0
(61)
che, qualora z1 e z2 avessero segno concorde, equivarrebbe ad una equazione nella forma
canonica (46) con coefficiente di smorzamento || > 1.
Tornando alla risoluzione della equazione omogenea associata alle equazioni (38) e
(39), assumendo che || < 1 si ponga:
p
:= n 1 2 : || < 1
(62)
p
2
s = n j n 1
(63)
yl (t)

c1 en t ej t + c2 en t ej t : c1 , c2 C

(64)

c1

r1 + jq1

(65)

c2

r2 + jq2 .

(66)

Imponendo le condizioni iniziali


yl (t)|t=0 = y0 R

(67)

y l (t)|t=0 = y 0 R

(68)

si pu`o verificare per calcolo diretto che necessariamente le costanti c1 e c2 sono complesse
coniugate, i.e.
c1 = c2
e posto
r := r1 = r2 , q := q1 = q2
si trova che:
r =
q =

y0
2
y 0 n y0
.
2

(69)
(70)

Sostituendo c1 = r + j q, c2 = r j q in equazione (64) risulta:


=

(r + j q)en t ej t + (r j q)en t ej t =

r en t (ej t + ej t ) + j q en t (ej t ej t ) =

2r en t cos(t) 2q en t sin(t) =

2 en t [r cos(t) q sin(t)] =

2A en t [cos(t) cos sin(t) sin ] =

=
=

2A en t cos(t + ) =


p
2A en t cos n t 1 2 + :

(71)

A cos

(72)

yl (t)

A sin
p
r2 + q2
A :=

(73)

:= arcsin(q/A) A 6= 0

(75)

(74)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 20
da cui si vede che in assenza di smorzamento ( = 0) la risposta libera sarebbe un
segnale cosinusoidale di ampiezza costante e frequenza n . Per questo il sistema del
secondo ordine privo di smorzamento `e detto oscillatore armonico e la pulsazione n `e
detta pulsazione naturale. Conoscendo levoluzione libera si pu`o calcolare la risposta
allimpulso h(t) da cui, attraverso lintegrale di convoluzione (30), la risposta forzata.
Esempio: la evoluzione forzata.
Per il calcolo della risposta forzata si consideri il sistema:
dy
du
+ ay =
+ b u : a, b > 0
dt
dt
che `e proprio, ma non strettamente proprio. La radice della equazione caratteristica `e
s = a da cui segue che la risposta allimpulso vale:
h(t) = (t) k0 + k1 eat 1(t)
essendo k0 , k1 due costanti ed 1(t) il gradino unitario. La presenza del termine impulsivo
k0 (t) `e dovuta alla natura non strettamente propria del sistema. Per determinare le
costanti k0 , k1 `e sufficiente sostituire h(t) nellequazione del sistema con ingresso u(t) =
(t) ottenendo:

+ k1 eat (t) a k1 eat 1(t) =


h(t)
= k0 (t)
+ k1 (t) a k1 eat 1(t)
= k0 (t)

(76)

+ b (t) =
h(t)
+ ah(t) = (t)
(77)
at
at
+ k1 (t) a k1 e
k0 (t)
1(t) + a ((t) k0 + k1 e 1(t)) =
+ b (t) =
= (t)

(t)(k
0 1) + (t) (a k0 + k1 b) = 0.

(78)

Dovendo valere la equazione (78), necessariamente deve essere:


k0 = 1

(79)

k1 = b a

(80)

da cui la risposta allimpulso per il sistema in esame `e:


h(t) = (t) + (b a)eat 1(t)
che consente di calcolare la risposta forzata per un qualunque ingresso u(t).
Esempio: ingresso ad onda quadra...

La Trasformata di Laplace, richiami

La definizione di trasformata (unilaterale) di Laplace consiste in


Z +
L [f (t)] =
f (t)est dt

(81)

dove f (t) `e assunta essere identicamente nulla per t 0: questa ipotesi non `e in generale
strettamente necessaria a garantire lesistenza della trasformata (81), che comunque

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 21

Figura 9: Pierre Simon Laplace (1749 - 1827)

ignora i valori eventualmente assunti da f (t) per t < 0, quanto a garantire la biunivocit`a
della antitrasformata che `e ben definita per t 0. Poiche il risultato della integrazione
in (81) `e invariante rispetto discontinuit`a isolate e di ampiezza finita di f (t), bisogna
prestare attenzione a come modellare esplicitamente leffetto di discontinuit`a in f (t)
che possono essere rilevanti nello studio di uno specifico problema. Questo punto `e
molto importante nelle applicazioni pratiche, poiche gli ingressi a sistemi dinamici sono
spesso caratterizzati da discontinuit`a nellorigine: si ipotizzi, per esempio, di accendere
lingresso ad un sistema al tempo t0 = 0 e che questo ingresso sia cosinusoidale. Si tratta
del segnale u(t) = 1(t) cos(t) (1(t) `e il gradino unitario) il cui grafico `e riportato in figura
(10). Rispetto ad una cosinusoide definita sui reali, presenta una discontinuit`a in t = 0.
Per chiarire questo punto, introduciamo loperatore L+ consistente nella trasformata di
1

0.8

0.6

1(t) cos(t)

0.4

0.2

0.2

0.4

0.6

0.8

1
10

10

Figura 10: Cosinusoide


Laplace calcolata a partire da 0+ piuttosto che 0, i.e.
Z +
L+ [f (t)] =
f (t)est dt = L [f (t)]
0+

(82)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 22
Il valore del limite per t tendente a 0 non influenza in alcuna maniera la trasformata
L+ [f (t)] data dalla equazione (82): linformazione circa una eventuale discontinuit`a
presente tra gli istanti 0 e 0+ viene persa nel calcolare la trasformata di Laplace definita
dalla equazione (81) a causa della scelta di 0+ come estremo inferiore di integrazione. Per
tentare di tenere in esplicita considerazione il limite limt0 f (t), si potrebbe ridefinre
una nuova trasformata ottenuta dalla (81) sostituendo 0 al posto di 0+ nella equazione
(82). Indichiamo questa trasformata con L [f (t)] data da:
Z +
L [f (t)] =
f (t)est dt
(83)
0

Si ipotizzi, ora, che


f : R R limitata
Z +
L+ [f (t)] =
f (t)est dt

(84)
(85)

0+

lim f (t) 6=

lim f (t).

t0

(86)

t0+

In queste ipotesi f (t) `e discontinua in 0 (condizione 86) ed `e interessante osservare


che qualora una f (t) soddisfi le ipotesi (84,85,86), nonostante la discontinuit`a di f (t)
nellorigine risulta L+ [f (t)] = L [f (t)] = L [f (t)]. Questo fatto segue dallosservare che:
Z

L [f (t)] =

st

f (t)e
0

0+

dt =

f (t)e
0

st

dt +

f (t)est dt =

0+

= 0 + L+ [f (t)]
ed `e strettamente legato alla ipotesi (84) di limitatezza di f (t). Se f (t) rimane sempre
comunque limitata il suo integrale `e invariante rispetto cambiamenti di f (t) in un numero
finito di punti isolati (insieme di misura nulla). Rimanendo f (t) limitata, estendere
lintervallo di integrazione da 0 a 0+ , ossia su un insieme di misura nulla, non pu`o
determinare alcun cambiamento nellintegrale stesso. Si pu`o dunque concludere che
valendo le ipotesi (84,85,86), la trasformata L+ [f (t)] contiene tutta e sola linformazione
contenuta nella trasformata L [f (t)] e nella trasformata L [f (t)].
La situazione `e diversa qualora la discontinuit`a sia impulsiva, ossia nel caso in cui la
f (t) sia, per esempio, somma di una funzione limitata e di un impulso (t) cos` da non
soddisfare la ipotesi (84). Basti osservare che
Z +
(t) est dt = 0
(87)
L+ [(t)] =
0+
Z +
L [(t)] =
(t) est dt = 1.
(88)
0

Dunque se la funzione f (t) presenta una discontinuit`a impulsiva nellorigine, le trasformate date dalle equazioni (81) e (83) sono indubbiamente diverse: mentre la trasformata
(81) non tiene in conto la discontinuit`a, la (83) ne risulta influenzata.
Questa osservazione suggerisce di usare la equazione (83) come definizione
di trasformata di Laplace al posto della (81).

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 23

5.1

Alcune propriet`
a della trasformata di Laplace.

La trasformata della derivata di una funzione `e




Z
Z


d
0
st
st

f (t)est (s)dt =
f (t) =
f (t)e dt = f (t)e
L
0
dt

0
0
= s F (s) f (0 )

(89)

dove si `e usata la regola di integrazione per parti. Analogamente la trasformata della


derivata seconda f 00 (t) `e data da:
 2

Z
Z
 0

d
00
st
st
L
f 0 (t)est (s)dt =

f (t)e dt = f (t)e
f (t) =
0
dt2

0
0


d
= sL
f (t) f 0 (0 ) = s2 F (s) s f (0 ) f 0 (0 )
(90)
dt
ed iterando il ragionamento si ottiene che la trasformata della derivata nesima di f (t)
`e:
 n

n1
X
d
n
L
f
(t)
=
s
F
(s)

sk f (n1k) (0 )
(91)
dtn
k=0

` un utile esercizio quello di calcolare le seguenti trasformate:


E
L+ [sin t]

(92)

L [sin t]

(93)

L+ [1(t) sin t]

(94)

L [1(t) sin t]

(95)

L+ [cos t]

(96)

L [cos t]

(97)

L+ [1(t) cos t]

(98)

L [1(t) cos t]


d
sin t
L+
dt


d
L
sin t
dt


d
L+
(1(t) sin t)
dt


d
L
(1(t) sin t)
dt


d
L+
cos t
dt


d
L
cos t
dt


d
L+
(1(t) cos t)
dt


d
L
(1(t) cos t)
dt

(99)
(100)
(101)
(102)
(103)
(104)
(105)
(106)
(107)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 24
ricordando che le derivate sono da intendersi in senso generalizzato. La funzione 1(t) `e
il gradino unitario. Si noter`
a che in presenza di un impulso, le trasformate L[ ] ed L+ [ ]
possono differire, ma non sono necessariamente diverse.

5.2

I teoremi del valor finale e del valor iniziale.

Teorema del valor iniziale:


Se esiste finito lim s F (s)
s

lim s F (s) = f (0+ )

(108)

Teorema del valor finale:


Se esistono finiti lim s F (s) e lim f (t), allora sono uguali.

(109)


Z t
d
d

L
f (t) = s F (s) f (0 ) = lim
f ( ) es d
t 0 d
dt

(110)

s0

Dim.

da cui la (108) segue osservando che:


0+

Z t
d
d
s
f ( ) e
d + lim
f ( ) es d =
s F (s) f (0 ) =
t
0+ d
0 d
Z t
d
= f (0+ ) f (0 ) + lim
f ( ) es d
t 0+ d

da cui calcolando il limite per s segue la tesi (108).


Dalla (110) calcolando il limite per s 0 si ha:

d
f ( ) es d
t, s0 0 d
= lim f (t) f (0 )

lim s F (s) f (0 ) =

s0

lim

che `e la tesi (109).


Esempi:
Si valutino i limiti per t , 0+ di f (t) tali che:
1
F (s) =
per: a > 0, a < 0, a = 0
s+a
1
F (s) = 2
s +1
s
F (s) = 2
s +1

5.3

Trasformata dellintegrale di convoluzione.

Per calcolo diretto si verifica che:


L[(f g)(t)] = F (s) G(s)

(111)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 25
ossia la trasformata del prodotto di convoluzione `e il prodotto algebrico delle trasformate.
Infatti:
t

:= Z
z
Z

f ( )g(t )d dt =
est
L[(f g)(t)] =
0
0
Z Z
=
es esz g(z)f ( )dzd =

Z0 0
Z
s
=
e f ( )d
esz g(z)dz = F (s) G(s).
0

5.4

Trasformata di funzioni traslate nel tempo.


Z +
est esT e+sT f (t T ) dt =
est f (t T ) dt =

0
Z +
es(tT ) f (t T ) dt = esT F (s)
(112)

Z
L[f (t T )] =

= esT

5.5

Trasformata di funzioni moltiplicate per termini eat .


at

L[e f (t)] =

st at

5.6

e f (t) dt =

e(sa)t f (t) dt = F (s a)

(113)

Trasformata dei modi elementari.



th p t
1
L 1(t) e
=
h!
(s + p)h+1


5.7

pC

(114)

Trasformata di funzioni sin e cos.

Dalla relazione fondamentale (114) e dalla relazione di Eulero


ej = cos() + j sin()

(115)

segue per calcolo diretto che


L[1(t) sin(t)] =
L[1(t) cos(t)] =

s2

+ 2

(116)

s2

s
+ 2

(117)

Equazioni differenziali ordinarie lineari e modelli di stato.

Come noto dallanalisi, una equazione differenziale lineare ordinaria di ordine n pu`o
essere rappresentata come un sistema di n equazioni differenziali lineari ordinarie di
ordine 1. Per esempio, data lequazione
dn y
dn1 y
+
a
+ . . . + a0 y = u
n1
dtn
dtn1

(118)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 26
con il cambio di variabili:
y = x1
dy
= x2
dt
d2 y
= x3
dt2
.. .. ..
. . .
dn1 y
= xn
dtn1
si ha:
x 1 = x2

(119)

x 2 = x3
..
.

(120)

x n + an1 xn + an2 xn1 + . . . + a0 x1 = u

(122)

ovvero, in termini vettoriali:


x 1
0
x 2 0


.. = ..
. .
x n

(121)

1
0
..
.

...
1
..
.

0
0...
..
.

a0 a1 . . . an1

y = (1 0 . . . 0)

x1
x2
..
.

x1
x2
..
.

xn

0
0
..
.

(123)

(124)

xn
Questo esempio `e rappresentativo di una situazione pi`
u generale in base alla quale una
qualunque equazione differenziale lineare ordinaria causale di ordine n `e scrivibile come:
x = Ax + Bu

(125)

y = Cx + Du

(126)

essendo ora
x Rn1 vettore di stato
A Rnn matrice dinamica
B Rn1 matrice dellingresso
C R1n matrice delluscita
D R matrice dellazione diretta di u su y.
Questa rappresentazione del sistema dinamico `e detta rappresentazione di stato. Essa
permette, per esempio, di generalizzare lo studio dei sistemi dinamici dal caso SISO
(single input single output) in cui lusicta y e lingresso u sono scalari, al caso MIMO
(multi input multi output) in cui y ed u sono vettori di dimensioni opportune. In questo

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 27
caso, infatti, `e sufficiente considerare nelle relazioni (124) e (125) matrici di dimensioni
appropriate. La rappresentazione di un sistema LTI in forma di equazione differenziale
che lega lingresso u alluscita y viene anche detta rappresentazione ingresso-uscita per
distinguerla dalla rappresentazione nello spazio degli stati.
Il concetto di vettore di stato `e legato alla dinamica interna del sistema. Una
interpretazione intuitiva di questo risultato si pu`o avere integrando lequazione (124)
Z t
x(t) = x0 +
(Ax( ) + Bu( )) d.
(127)
0

ed analizzando il diagramma a blocchi risultante per lequazione (125) riportato in figura (11). Dalla figura (11) appare chiaro come la dinamica del vettore di stato, pilotata

D
x01(t)
u(t)

+
+

+ +

+
+ y(t)

x(t)

Figura 11: Diagramma a blocchi del modello di stato nel dominio del tempo.
dallingresso u, generi luscita y e ne rappresenti quindi, in qualche modo, la dinamica
` bene notare che i metodi delle trasformate di Laplace si estendono naturalinterna. E
mente ai modelli di stato, per cui trasformando secondo Laplace lequazione (124) si
ottiene:
sX(s) x0 = A X(s) + B U (s) =
1

X(s) = (sI A) x0 + (sI A) B U (s)




Y (s) = C (sI A)1 B + D U (s) + C (sI A)1 x0 .

(128)
(129)
(130)

Il diagramma a blocchi del modello dato dalle equazioni (127 - 129), equivalente a quello
nel dominio del tempo, `e riportato in figura (12). In merito alla equazione (129) si noti
come la trasformata delluscita y(t) risulti essere la somma di un termine legato alle sole
condizioni iniziali dello stato ed uno legato alla sola azione della forzante; `e possibile
riconoscere in questi due addenti rispettivamente la trasformate di Laplace della risposta
libera e di quella forzata.

La Funzione di Trasferimento e la causalit`


a

Sia dato un sistema dinamico lineare SISO tempo invariante del tipo:
y

(n)

n1
X
h=0

ah y

(h)

m
X
k=0

bk u(k)

(131)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 28

D
x0
u(s)

+
+ +

1
s

x(s)

+
+

y(s)

A
Figura 12: Diagramma a blocchi del modello di stato nel dominio di Laplace.

dove y `e luscita ed u lingresso del sistema. Trasformando secondo Laplace entrambi i


membri, si ottiene:
Pm
k
k=0 bk s
U (s) + T.c.i.
(132)
Y (s) =
P
n1
sn + h=0
ah sh
dove T.c.i. rappresenta i termini dipendenti dalle condizioni iniziali. Si pu`o verificare per
calcolo diretto che questo termine `e nullo se si assumono tutte le condizioni iniziali nulle.
Il rapporto tra la trasformata delluscita a condizioni iniziali nulle (risposta forzata) e
quella dellingresso `e detto funzione di trasferimento del sistema. Nel caso specifico del
modello (130) si ha:

Pm
k
Y (s)
k=0 bk s
T (s)
.
(133)
=
P
h
U (s) c.i.=0
sn + n1
h=0 ah s
Alla luce dellequazione (111) e ricordando che la trasformata di Laplace dellimpulso
vale 1, la funzione di trasferimento `e anche interpretabile come la trasformata di Laplace
della risposta allimpulso del sistema. Anche la funzione di trasferimento, cos` come
lequazione differenziale corrispondente nel dominio del tempo, `e detta rappresentazione
ingresso-uscita del sistema.
Perche sia soddisfatto il principio di causalit`a tra uscita ed ingresso, ossia affinch`e
y(t) possa essere considerata come effetto di u(t), `e necessario che valga m n. Si
ricorda che y(t) si pu`
o definire effetto di u(t) (o equivalentemente u(t) si pu`o definire
causa di y(t)) se vale che:
t > 0 y(t ) dipende al pi`
u da u(t) t [0, t ]
dove tutti i segnali si sottointendono nulli per t < 0. Alla luce di questa definizione, la
condizione m n pu`
o essere al meglio compresa da un controesempio. Supponiamo che
sia m > n, in particolare n = 0, m = 1, b1 = 1, b0 = 0: il sistema sarebbe un derivatore
puro, i.e.
d
y(t) = u(t) Y (s) = s U (s) u(0 )
dt
e supponiamo di applicare in ingresso due tipi di segnali, il gradino unitario

0 t0
1(t) =
1 t>0

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 29
in un caso ed un ingresso identicamente nullo nel secondo. Luscita relativa al gradino
unitario sarebbe la delta di Dirac

0
t 6= 0
(t) =
indefinita
t=0
` chiaro che allistante
e luscita relativa allingresso nullo sarebbe identicamente nulla. E
t = 0 i due possibili ingressi considerati sarebbero identici (ossia nulli), ma le uscite
sarebbero diverse: indefinita nel primo caso e nulla nel secondo. Ossia non sarebbe
rispettato il principio di causa. Per rispondere con la (t) al gradino al tempo t = 0 il
sistema dovrebbe predire che allistante futuro 0+ lingresso sar`a unitario piuttosto che
nullo, e questo viola il principio di causa.
In altri termini possiamo dire che un sistema che si comporti come un derivatore
puro non `e fisicamente realizzabile; indubbiamente come `e noto nellambito della teoria
dei segnali non `e possibile valutare istantaneamente la derivata di un segnale.
Nel caso pi`
u generale n > 0 ed m > n, si pu`o dimostrare per calcolo diretto (divisione
di polinomi) che la T (s) data in (132) avrebbe modi funzionali corrispondenti ad un derivatore puro, ovvero non rappresenterbbe un sistema fisicamente realizzabile. Pertanto
si definiscono i sistemi con m > n impropri, quelli con m = n propri o semplicemente
propri e quelli con m < n strettamente propri. Si noti che per quanto non fisicamente
realizzabili, i sistemi impropri sono oggetti matematicamente ben definiti che possono
comparire nellambito dellanalisi dei sistemi di controllo.
Le radici (o zeri) del denominatore della funzione di trasferimento di un sistema sono
i poli del sistema.

7.1

Richiami sulle propiet`


a dei polinomi

Sia data lequazione:

m
X

bk sk = 0.

(134)

k=0

Essa ha m radici pi C i = 1, 2, . . . , m (teorema fondamentale dellalgebra o di


Gauss).
P Indicando con m il numero di radici distinte e con i la propria molteplicit`a,
vale j=1 j = m. Inoltre la (133) pu`o sempre essere scritta come:
m
X

bk sk = bm (s p1 )1 (s p2 )2 . . . (s p1 )1 (s p ) = 0

(135)

k=0

avendo distinto con una barra (


p) le radici a parte immaginaria non nulla da quelle
puramente reali (senza barra). Se una radice p ha parte immaginaria non nulla, anche
la sua coniugata p `e radice: ne segue che nello sviluppo (134) i fattori corrispondenti
a radici con parte immaginaria non nulla p possono essere raccolti e scritti nella forma
canonica di un termine del secondo ordine s2 + 2 n s + n2 : (1, 1) (se fosse
|| 1 le radici sarebbero reali). Alla luce di questa osservazione, la (134) pu`o sempre
essere pensata nella forma:
m
X

2 j
bk sk = bm sh (s p1 )1 (s p2 )2 . . . (s2 + 2j n,j s + n,j
) =0

k=0

: j (1, 1) j

(136)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 30
che mette esplicitamente in evidenza h radici nellorigine, le radici puramente reali pi
e quelle a parte immaginaria non nulla rappresentate dai fattori del secondo ordine
ciascuna con la propria molteplicit`
a.

Antitrasformazione

Sia data una funzione di trasferimento T (s) razionale come nellequazione (132), i.e.:
Pm
k
k=0 bk s
(137)
T (s) =
P
n1
ah s h
sn + h=0
e sia m n. Dalla (134) segue che questa pu`o essere scritta come:
Pm
k
k=0 bk s
T (s) = h
s (s p1 )1 (s p2 )2 . . . (s p1 )1 (s p )

(138)

dove ancora una volta si sono indicate con una barra le radici a parte immaginaria non
nulla e senza quelle puramente reali. Dalla teoria della divisione dei polinomi risulta che
lequazione (137) pu`
o sempre essere riscritta nella forma:
T (s) = R0 +

1
X
j=1

l=1

h=1

X R2,l
X R,h
R1,j
+
+
.
.
.
+
.
(s p1 )j
(s p2 )l
(s p )h

(139)

I parametri R sono detti residui dello sviluppo e sono numeri reali o complessi a seconda
del polo a cui si riferiscono. Il residuo reale di ordine zero R0 `e non nullo solo se m = n,
mentre `e sempre nullo qualora il sistema sia strettamente proprio (m < n). In particolare
si noti che:
R0 = lim T (s)
s

Data una funzione T (s) razionale e conoscendo i poli del sistema, i residui possono
essere calcolati analiticamente. Supponiamo che la T (s) sia strettamente propria e che
alcuni poli abbiano molteplicit`
a uno. Per fissare le idee, sia il polo a parte immaginaria
non nulla p ad avere molteplicit`
a uno, ossia = 1. Moltiplicando entrambi i lati
dellequazione (138) per (s p ) si ha:
T (s)(s p ) =

1
X
R1,j (s p )
j=1

(s p1

)j

2
X
R2,l (s p )
l=1

(s p2

)l

+ ... +

R,1 (s p )
(s p )

(140)

da cui segue che:


R,1 = T (s)(s p )|s=p .

(141)

Nel caso pi`


u generale di poli a molteplicit`a maggiore di uno, i residui possono essere
calcolati dalla seguente formula:
 h j

d
1
h
Rh,j =
(T (s)(s ph ) )
j [1, h ]
(142)
(h j)! dsh j
s=ph
Si noti che se s = p `e un polo a parte immaginaria non nulla, sicuramente anche il
suo coniugato p `e un polo. Vogliamo dimostrare che:

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 31

Data una T (s) strettamente propria, razionale come in equazione (132), i residui di poli
reali sono reali e quelli dei poli complessi coniugati sono a loro volta complessi coniugati.

Per fissare le idee consideriamo ancora il caso in cui i poli del sistema abbiano
molteplicit`
a unitaria. Per semplicit`a, ma senza ledere la generalit`a della dimostrazione,
supponiamo di avere solo tre poli con molteplicita uno di cui uno reale e due a parte
immaginaria non nulla (necessariamente luno il complesso coniugato del secondo), i.e.:
T (s) =

N (s)
R1
R2
R3
=
+
+
.

(s p)(s p)(s p )
(s p) (s p) (s p )

(143)

in cui N (s) sia un polinomio in s di grado minore o uguale a 2. Vogliamo dimostrare


che R1 `e reale e che R2 = R3 . Dalla (140) segue che
R1 = T (s)(s p)|s=p
da cui, calcolando il complesso coniugato di entrambi i memebri, segue:
h
i
R1 = T (s)(s p)|s=p = T (s) (s p)|s =p
dove p = p essendo p per ipotesi puramente reale. Per una propriet`a fondamentale
della trasformata di Laplace vale anche che
T (s) = T (s )

(144)

per cui sostituendo,


R1 =

T (s )(s p)|s =p =


R1 (s p) R2 (s p) R3 (s p)
+
+
= R1 .
=
(s p)
(s p)
(s p ) s =p

Analogamente per R2 vale,


T (s)(s p)|s=p
=
h
i
= T (s)(s p)|s=p = T (s) (s p )|s =p =

R2 =
R2

T (s )(s p )|s =p =


R1 (s p ) R2 (s p ) R3 (s p )
=
+
+
= R3
(s p)
(s p)
(s p ) s =p

Come volevasi dimostrare, R1 coincide con il suo complesso coniugato quindi `e puramente reale ed R2 coincide con il complesso coniugato di R3 .
Una volta sviluppata la T (s) razionale in fratti semplici come in (138), lantitrasformata pu`
o essere valutata ricordando le seguenti trasformate speciali:
L[eat f (t)] = F (s a)
s
L[1(t) cos t] = 2
s + 2

L[1(t) sin t] = 2
s + 2
n!
L[1(t) tn ] = n+1 .
s

(145)
(146)
(147)
(148)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 32
La (147) fornisce direttamente i modi funzionali corrispondenti a poli nellorigine. Dalle
(144) e (147) segue che i modi funzionali corrispondenti a poli puramente reali sono del
tipo:
K0 ept , K1 t ept , . . . , K1 t1 ept
(149)
essendo la molteplicit`
a del polo p. Infine gli addendi corrispondenti a termini complessi coniugati nello sviluppo (138) possono essere raccolti per formare addendi i cui
numeratori siano polinomi del secondo grado elevati alle potenze 1, 2, . . . , essendo
la molteplicit`
a del polo p. Nel caso di molteplicit`a unitaria, si hanno termini del tipo:
R
R
s(R + R ) (R p + R p)
+
+
.
.
.
=
=
s p s p
s2 + 2 n s + n2
s(R + R )
(R p + R p)

=
s2 + 2 n s + n2
s2 + 2 n s + n2
s(R + R )
(R p + R p)

.
(s + n )2 + n2 (1 2 ) (s + n )2 + n2 (1 2 )

T (s) = . . . +
=
=

(150)

I numeratori delle due frazioni in (149) sono reali. Inoltre dalle (144), (145) e (146)
segue che i due addendi in (149) danno luogo a modi funzionali del tipo:

 p
(151)
K1 e n t cos n 1 2 t
 p

K2 e n t sin n 1 2 t .
(152)
Se i poli a parte immaginaria non nulla hanno molteplicit`a maggiore di uno a questi
modi funzionali si aggiungeranno termini del tipo

 p
(153)
Kh th e n t cos n 1 2 t
 p

Kh th e n t sin n 1 2 t
(154)
h = 1, 2, . . . , 1 : molteplicit`a di p.

Esempio
Sia dato un sistema descritto da:
y = b y k y + u : b, k > 0

(155)

si calcoli y(t) per gli ingressi:


u(t) = (t)

(156)

u(t) = 1(t)
u(t) = 1(t) e

(157)
a t

: a>0

u(t) = 1(t) sin t

(158)
(159)

a partire da condizioni iniziali nulle.


Soluzione
Poiche si richiede di risolvere a partire a condizioni iniziali nulle, `e sufficiente calcolare
la trasformata del sistema, moltiplicarla per le trasformate degli ingressi forzanti ed

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antitrasformare usando lo sviluppo in fratti semplici.
(s2 + b s + k) Y (s) = U (s)

(160)

n2 = k ; 2 n = b

=


i poli sono p = n

n =
p
2 1

b
k ; =
2 k


Se 0 < < 1 (si noti che b, k > 0 per ipotesi) i poli hanno parte immaginaria non nulla
e la risposta allimpulso sar`
a:
u(t) = (t)

= U (s) = 1
1
1
Y (s) = 2
=
=
2
2
s + 2 n s + n
(s + n ) + n2 (1 2 )
p
n (1 2 )
1
p
=
n (1 2 ) (s + n )2 + n2 (1 2 )
 p

1
p
y(t) = L1 [Y (s)] =
e n t sin n (1 2 ) t
n (1 2 )

(161)

Se > 1 i poli sono distinti e puramente reali: indicandoli con p1 , p2 , la risposta


allimpulso sar`
a:
u(t) = (t)

= U (s) = 1
1
R1
R2
Y (s) =
=
+
(s p1 )(s p2 )
(s p1 ) (s p2 )
p1 , p2 R = R1 , R2 R.

(162)

I residui R1 , R2 possono essere calcolati o per calcolo diretto, i.e.




R2 = R1
s(R2 + R1 ) = 0
=
R2 (s p1 ) + R1 (s p2 ) = 1 =
p1 R2 p2 R1 = 1
(p1 p2 )R1 = 1
(
=

R1 =
R2 =

1
p1 p2
1
p2 p1

o applicando la formula (140):


i
h

1)
R1 = [(s p1 )Y (s)]s=p1 = (sp(sp
=
1 )(sp2 ) s=p
h
i 1
(sp2 )
R2 = [(s p2 )Y (s)]
=
s=p2 = (sp1 )(sp2 )
s=p2

1
(p1 p2 )
1
(p2 p1 )

Avendo calcolato i residui, si pu`


o antitrasformare la (161) ottenendo
u(t) = (t)
1

y(t) = L
=

=
[Y (s)] = L

ep2 t
ep1 t
+
p1 p2 p2 p1




R1
R2
1
+L
=
s p1
s p2
(163)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 34
Se = 1 i poli sono reali e coincidenti, in particolare p1 = p2 = n per cui la funzione
di trasferimento diventa:
1
R1
R2
=
+
2
(s + n )
(s + n ) (s + n )2
R1 = 0, R2 = 1


1
1
1
y(t) = L [Y (s)] = L
= t en t
(s + n )2

Y (s) =

(164)

(165)

Si consideri ora lingresso a gradino e 0 < < 1:


u(t) = 1(t)
Y (s) =
:

1
s

U (s) =

1
R3
R1
R2
+
=
+
2
+ 2 n s + n )
s
s + p1 s + p2


p
= n i 1 2

s (s2
p1,2

R1 = [s Y (s)]s=0 =

1
n2

(167)


R2 = [(s p1 )Y (s)]s=p1 =

R2

(166)

(s p1 )
s (s p1 ) (s p2 )


s=
p1

1
C
=
p1 (
p1 p2 )




i

1
1
e
:

=
arg
.
=
p1 (
p1 p2 )
p1 (
p1 p2 )

(168)

Poiche p2 = p1 segue che R3 = R2 , in particolare:






1


|R2 | = |R3 | =
p1 (
p1 p2 )
R2 = |R2 | ei
R3 = |R2 | ei
per cui antitrasformando la (165) si ha

p

1
n t
2
y(t) = 1(t) 2 + 2 |R2 | e
cos
1 n t + .
n

(169)

Con calcoli del tutto analoghi si possono calcolare le altre soluzioni richieste.

Elementi di analisi di sistemi LTI nello spazio degli stati

Come discusso nel paragrafo 6, un sistema LTI fisicamente realizzabile `e rappresentabile


in forma di stato tramite un modello nella forma:
x = Ax + Bu

(170)

y = Cx + Du.

(171)

In questo modello la variabile x `e un vettore reale di dimensione non inferiore ad n,


ossia allordine della equazione differenziale che lega y ad u. Linteresse nello studio

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 35
dei modelli di stato `e legato, tra laltro, alla possibilit`a che questi modelli offrono di
generalizzare molti risultati dei sistemi SISO a quelli MIMO. In un modello di stato
di un sistema SISO, infatti, le variabili y ed u saranno scalari, mentre per un modello
MIMO potranno essere vettoriali.
Come anticipato nel paragrafo 6, le matrici A, B, C e D avranno dimensioni opportune a seconda dellordine n del modello e della sua natura SISO o MIMO. La dimensione n
del vettore di stato x Rn1 e della matrice quadrata A Rnn si chiamer`a dimensione
del modello di stato. Circa le dimensioni delle altre matrici, nel caso SISO, la matrice D
`e uno scalare. Esso, inolte, `e non nullo se e solo se la funzione di trasferimento associata
al sistema `e semplicemente propria. In merito al legame tra la funzione di trasferimento
di un sistema SISO ed una sua rappresentazione nello spazio degli stati, si noti che dalla
equazione (129) risulta che sia:
G(s) =


Yf orzata (s)
= C (sI A)1 B + D .
U (s)

(172)

Per altro se il sistema fosse MIMO, varrebbe una identica relazione, ma la risultate G(s)
sarebbe una matrice di trasferimento piuttosto che una semplice funzione di trasferimento. Dallanalisi delle trasformate di Laplace del modello di stato, equazioni (127,
128 e 129), risulta anche che la trasformata dellevoluzione libera sia:
Ylibera (s) = L[ylibera (t)] = C (sI A)1 x0 .

(173)

Al fine di meglio comprendere il legame tra la rappresentazione nello spazio degli stati
di un sistema lineare, la sua rappresentazione ingresso-uscita nel dominio di Laplace ed
in quello del tempo, `e opportuno calcolare la soluzione delle equazioni (169-170). A tal
fine `e necessario discutere alcuni preliminari matematici legati alla matrice esponenziale
di matrice.

9.1

Matrice esponenziale di una matrice

Dato uno scalare 6= 0, la funzione esponenziale e t pu`o essere sviluppata (nellorigine)


in serie di Taylor dando luogo a:
e t =

X
h th
.
h!

(174)

h=0

Analogamente, data una matrice reale quadrata A si pu`o dimostrare che la serie

X
Ah th
h!
h=0

`e sempre convergente per qualunque A quadrata reale. Di conseguenza `e sempre lecito


calcolare questa serie il cui valore viene convenzionalmente indicato come eAt , ossia si
pone

X
Ah th
eAt :=
(175)
h!
h=0

per qualunque matrice reale quadrata A. Tale quantit`a prende nome di matrice esponenziale. La notazione `e sintomatica delle seguenti proriet`a fondamentali che possono
essere dimostrate per calcolo diretto e che sono lasciate per esercizio:
A eAt = eAt A.

(176)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 36
eAt `e sempre invertibile per ogni A quadrata e vale:
 At 1
e
= eAt

eAt
=I
t=0

d At
e = A eAt = eAt A.
dt

(177)
(178)
(179)

Sia T una qualunque matrice quadrata invertibile della stessa dimensione di A, allora
vale anche
1
T eAt T 1 = e(T A T )t .
(180)

9.2

Soluzione del modello di stato nel dominio del tempo

Alla luce delle propriet`


a della matrice esponenziale e con riferimento alle equazioni di
stato (169-170), si noti che vale:
d  At 
e
x = eAt Ax + eAt x =
dt
= eAt Ax + eAt (Ax + Bu) = eAt Bu.

(181)

Integrando lequazione (180) a destra e sinistra nel tempo tra zero (istante iniziale) e t
si ottiene:
Z t
Z t
d  At 
At
e
x dt = e
x(t) x(0) =
eA Bu( )d
(182)
0 dt
0
da cui, moltiplicando tutto per eAt , si ha:
x(t) = eAt x(0) +

eA(t ) Bu( )d

(183)

che rappresenta levoluzione temporale dello stato. In particolare il primo addendo nel
termine di destra della equazione (182) `e levoluzione libera dello stato ed il secondo
levoluzione forzata dello stato.
Ricordando che luscita y `e legata allingresso ed allo stato da y = Cx + Du segue
che:
Z t

At
y(t) = Ce x(0) +
CeA(t ) B + D(t ) u( )d.
(184)
0

Si noti che nel membro di destra dellequazione (183) possono essere riconosciute levoluzione libera delluscita:
ylibera (t) = CeAt x(0)
(185)
e la risposta forzata yf orzata (t) calcolata come convoluzione tra la risposta allimpulso
h(t) e la forzante u(t), ossia
yf orzata (t) = h u =

Z t


CeA(t ) B + D(t ) u( )d

(186)

essendo evidentemente la risposta allimpulso h(t) data da:


h(t) = CeAt B + D(t).

(187)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 37
Confrontando le equazioni (171 - 172) con le
 
L eAt =


L CeAt =


L CeAt B + D(t) =

9.3

(184, 185 e 186) segue che:


(sI A)1

(188)

C(sI A)

C(sI A)

(189)
B+D

(190)

Non unicit`
a della rappresentazione di stato

Ipotizzando di conoscere la rappresentazione ingresso-uscita di un sistema lineare, `e


interessante chiedersi se la sua rappresentazione nello spazio degli stati (che si pu`o
dimostrare esiste) sia unica o meno. La risposta `e negativa: ossia in genere esistono infinite rappresentazioni nello spazio degli stati corrispondenti alla stessa rappresentazione
ingresso-uscita di un sistema. In particolare, un sistema nello spazio degli stati che corrisponda ad un dato modello ingresso-uscita si indica come una particolare realizzazione
del sistema. Vogliamo dunque illustrare come in genere esistano infinite realizzazioni
nello spazio degli stati di un modello ingresso-uscita di un sistema.
Innanzi tutto, ipotizziamo di conoscere una particolare realizzazione. Ossia ipotizziamo che sia dato un sistema LTI SISO di cui sia nota la rappresentazione ingresso
uscita nel dominio del tempo e di Laplace (m n):
n1

dn y X dh y X dk u
+
ah h =
bk k
dtn
dt
dt
h=0
k=0
Pm
k
Yf orzata (s)
k=0 bk s
=
G(s) =
P
h
U (s)
sn + n1
h=0 ah s

(191)
(192)

e di conoscerne una particolare realizzazione (A, B, C, D) con A Rnn , B Rn1 ,


C R1n e D R
x = Ax + Bu

(193)

y = Cx + Du

(194)

Pm
k

Yf orzata (s)
k=0 bk s
=
= C (sI A)1 B + D .
G(s) =
P
n1
n
h
U (s)
s + h=0 ah s

(195)

tale che

Sia T Rnn una qualunque matrice invertibile e


z = Tx

z = T x = T Ax + T Bu = (T AT
y = CT

(196)
1

)z + T Bu

(197)

z + Du.

(198)

La funzione di trasferimento associata alla realizzazione in z sar`a data da:




1
G(s) =
CT 1 sI (T AT 1 )
TB + D =


1
=
CT 1 T (sI A) T 1
TB + D =


=
CT 1 T (sI A)1 T 1 T B + D =


=
C (sI A)1 B + D

(199)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 38
che coincide con quella di partenza associata al vettore di stato x. Questo dimostra
che la funzione di trasferimento (e dunque la risposta forzata delluscita) `e invariante
rispetto trasformazioni lineari invertibili dello stato. Indubbiamente anche la risposta
libera delluscita `e invariante rispetto trasformazioni lineari invertibili dello stato. Con
riferimento alle equazioni (184) e (172) si ha
ylibera (t) = CT 1 e(T AT
Ylibera (s) = CT

1 )t

z(0) = CT 1 T eAt T 1 z(0) = CeAt x(0)

(sI (T AT

= C (sI A)

))

z0 = CT

x0

T (sI A)

(200)

z0 =
(201)

In aggiunta allanalisi appena sviluppata, la non unicit`a della rappresentazione nello


spazio degli stati pu`
o anche dipendere dalla dimensione dello spazio degli stati. Per
chiarire questo concetto, si ipotizzi ancora che sia data una realizzazione A, B, C, D
di dimensione n come nelle equazioni (192) e (193) corrispondente alla funzione di
trasferimento assegnata G(s). Allora anche alla seguente realizzazione, per esempio,
corrisponder`
a la stessa funzione di trasferimento:

A 0 ... 0
0 1 . . . 0

(n+r)(n+r)
A = .
(202)
.. . .
.. R
..

.
.
.
0

=
B

B
1
..
.

R(n+r)1

(203)

r
C = (C, 0, . . . , 0) R1(n+r)
= D.
D

(204)
(205)

Si chiamer`
a realizzazione minima di un funzione di trasferimento G(s) il modello di stato
(A, B, C, D) di dimensione minima a cui corrisponda G(s).

Esempio
Sia x1 un fondo finanziario del Sig. Ricco ed x2 un fondo di propriet`a dei figli. Il fondo
x2 viene depositato in banca sul conto del Sig. Ricco insieme ad x1 . Essendo un padre
avaro, egli riscuote gli interessi del fondo totale x1 + x2 a favore del proprio capitale x1 .
Indicando con a1 il tasso di interessi riscosso dalla banca e con u il flusso finanziario
(entrate meno uscite per unit`
a di tempo) associato al fondo x1 , la dinamica di x1 risulta
essere:
x 1 = a1 (x1 + x2 ) + u.
I figli del Sig. Ricco, daltra parte, non hanno redditi (entrate) ed utilizzano il fondo x2
con una velocit`
a proporzionale ad x2 stesso
x 2 = a2 x2 .
Volendo studiare la dinamica del patrimonio complessivo y = x1 +x2 il sistema dinamico
nello spazio degli stati risulta essere
x = Ax + Bu

(206)

y = Cx

(207)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 39
con

x =


x1
x2

a1 a1
A =
0 a2
 
1
B =
0
C = (1 1)

9.4

(208)

(209)
(210)
(211)

La stabilit`
a interna di un modello di stato

da completare ...

Figura 13: Adolf Hurwitz (26 Marzo 1859 -18 Novembre 1919) a sinistra e Edward
John Routh (20 Gennaio 1831 - 7 Giugno 1907) a destra.

9.5

Il criterio di Routh - Hurwitz

Come si `e visto, la stabilit`


a della risposta di un sistema dinamico lineare SISO `e determinata dalla posizione nel piano complesso dei poli della funzione di trasferimento:
se il polinomio a denominatore della funzione di trasferimento ha grado maggiore di 2,
il calcolo analitico delle sue radici non `e in generale banale. Ai fini della analisi della
stabilit`a, sarebbe allora utile poter capire, dato un polinomio, se esso ha radici a parte
reale nulla o positiva senza doverle calcolare esplicitamente. Si tratta di affrontare il
seguente problema:
Problema: Dato un polinomio
sn +

n1
X

ah sh = 0 : ah R h = 0, 1, 2, . . . , n 1

(212)

h=0

valutare quante delle sue n radici in C siano a parte reale positiva o nulla.
Soluzione: Come primo passo enunciamo una condizione necessaria per avere tutte le
radici nel semi-piano sinistro. Questa `e nota come condizione di Hurwitz:

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 40
condizione necessaria perche tutte le radici abbiano parte reale strettamente negativa `e che tutti i coefficienti ah R h = 0, 1, 2, . . . , n 1 siano strettamente
positivi, i.e.: ah > 0 h = 0, 1, 2, . . . , n 1.
condizione necessaria perche alcune radici abbiano parte reale nulla e le altre parte
reale strettamente negativa `e che tutti i coefficienti pari ah R h = 0, 2, 4, . . .
siano positivi e gli altri nulli oppure che tutti i coefficienti dispari ah R h =
1, 3, 5, . . . siano positivi e tutti gli altri nulli.
Esempio: Si valuti la stabilit`
a di sistemi aventi i seguenti polinomi caratteristici:
s3 s2 + 3s + 4 = 0

sicuramente instabile

sicuramente instabile

al pi`
u marginalmente stabile

s + 3s 2s = 0
s + 3s + 2s = 0
5

sicuramente instabile

non si pu`o concludere nulla

s + s + 3s + 4 = 0
5

s + 3s + 7s + s + 3s + 4 = 0

Essendo queste condizioni di Hurwitz solo necessarie, in presenza di un polinomio con


tutti coefficienti strettamente positivi non possiamo ancora garantire che abbia poli
a parte reale strettamente negativa. Per ottenere una condizione sia necessaria che
sufficiente si pu`
o ricorrere al metodo di Routh (da Edward John Routh, 1831 -1907).
Questo consiste nel calcolare una tabella a partire dai coefficienti del polinomio e valutare
poi i segni degli elementi della prima colonna di questa tabella.
sn

sn1
sn2
sn3
..
.

an1
x1
x2
..
.

an2
an3
y1
y2
..
.

an4
an5
z1
z2
..
.

...
...
...
...
..
.

s0

...

...

...

...

an2
an3

dove
x1 =
z1
x2
z2

det
an1
an1


1
1
an6
det
=
an1 an7
an1


1
an1 an3
;
= det
x1
y1
x1


1
an1 an7
= det
;
x1
...
x1

; y1 =

1
an1

det

1
an1

an4
an5

; ......
1
y2 = det
x1

an1 an5
x1
z1

......

Complessivamente la tabella deve contenere n + 1 righe. Nello sviluppare questi calcoli,


si possono presentare due casi: i) gli elementi della prima colonna sono tutti non nulli
oppure ii) un elemento della prima colonna risulta nullo, impedendo di completare il
computo della tabella secondo lalgoritmo indicato. Al presentarsi di questa seconda

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 41
circostanza bisogner`
a usare le regole alternative indicate nel seguito. In entrambi i casi,
completata la tabella, vale il seguente risultato:
Il polinomio in esame ha tante radici nel semi-piano destro quante sono le variazioni
dei segni degli elementi della prima colonna della tabella di Routh. Esso ha tante radici
nel semi-piano sinistro quante sono le permanenze dei segni degli elementi della prima
colonna della tabella di Routh. In assenza di righe della tabella di Routh identicamente
nulle il polinomio non ha radici sullasse immaginario.
Per completare la tabella quando il primo elemento di una riga `e nullo bisogna
distinguere due casi:
il primo elemento di una riga `e nullo, ma non tutti quelli appartenenti alla stessa
riga sono nulli
una riga intera risulta essere nulla.
Nel primo caso per completare la tabella `e sufficiente sostituire lelemento nullo della
prima colonna con un numero reale piccolo a piacere e di segno arbitrario e completare
poi i calcoli seguendo lalgoritmo solito. Nel secondo caso, invece, si potr`a applicare
ancora il criterio dei segni degli elementi della prima colonna, ma bisogner`a completare
il computo della tabella in modo alternativo. In particolare bisogna sostituire la riga
nulla con i coefficienti della derivata rispetto ad s del polinomio ausiliario cos` ottenuto:
sia k la potenza relativa alla riga immediatamente precedente a quella nulla e sia essa
composta dagli elementi b, c, d, . . . (da sinistra verso destra); si costruisca il polinomio
f (s) = bsk + csk2 + dsk4 + . . . . La riga nulla viene sostituita dai coefficienti di
df /ds. Si noti che in questo caso le radici del polinomio ausiliario f (s) sono disposte
simmetricamente rispetto allorigine e che sono anche radici del polinomio di partenza.
Queste ultime osservazioni implicano che il polinomio di partenza avr`a radici o nel
semi-piano destro o, nella migliore delle ipotesi, sullasse immaginario. Per verificare
leventuale presenza di poli a parte reale positiva sar`a sufficiente completare lanalisi
di Routh. Se a conti terminati la prima colonna non avr`a cambi di segno si potr`a
concludere che ci sono alcune radici a parte reale negativa ed altre sullasse immaginario.
La stabilit`
a di un sistema il cui polinomio caratteristico ha una riga nulla nella tabella
di Routh potr`
a essere al pi`
u marginale.
Si noti che nel calcolare la tabella di Routh si pu`o moltiplicare una riga per una
costante positiva senza che ci`
o cambi la sequenza dei segni della prima colonna.
Esempi. Si riconsideri lultimo polinomio dellesempio precedente, ossia:
s5 + 3s4 + 7s3 + s2 + 3s + 4 = 0

s5
s4
s3

1
3
(1 21)/3

moltiplicando la riga s3 per 3/5 si ha:

7
1
(4 9)/3

3
4
0

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 42

s5
s4
s3
s2

1
3
4
(3 4)/4

s5
s4
s3
s2
s1
s0

7
1
1
(0 16)/4

1
3
4
1
(64 1)
16

7
1
1
16
0
0

3
4
0
0

3
4
0
0
0
0

Dai conti svolti risulta che non ci sono righe identicamente nulle: dunque non ci sono
radici sullasse immaginario. Inoltre la prima colonna ha tre permanenze di segni e due
variazioni: ci saranno allora tre radici nel semi-piano sinistro e due in quello destro. A
conferma di ci`
o si noti che calcolando le radici numericamente con un calcolatore esse
risultano essere:
1.5093 + 2.1441 i
1.5093 2.1441 i
+0.3879 + 0.7861 i
+0.3879 0.7861 i
0.7572
Si consideri ora il polinomio:
s5 + s4 + s3 + s2 + 5s + 2 = 0

s5
s4
s3
s2
s1

1
1
0
1 3/


1
1
3
2

5
2
0
0

3 2 3
3

s0

Questo esempio illustra il caso in cui il primo elemento di una riga sia nullo, ma non
tutti gli altri della stessa riga. Come acennato, per proseguire il computo della tabella
`e sufficiente sostituire lelemento nullo della prima colonna con un termine di modulo
piccolo a piacere. Nellesempio specifico non ci sono righe tutte nulle, dunque non ci
sono radici sullasse immaginario. Ci sono due variazioni e tre permanenze di segni nella
prima colonna, quindi tre radici a parte reale negativa e due a parte reale positiva. In
effetti le radici del polinomio in esame sono:
1.1029
1.1029
+0.8151
+0.8151
0.4245

1.0530 i
1.0530 i
1.1670 i
1.1670 i

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 43

1
s+as

K(s+z)
s+p

U +
-

Figura 14: Sistema in ciclo chiuso

Sia dato il sistema in retroazione unitaria di figura (14). La funzione di trasferimento


tra luscita Y e lingresso U `e
T (s) =

K(s + z)
s(s + a)(s + p) + K(s + z)

a, p, z > 0

i cui poli sono le radici del polinomio


s3 + (p + a)s2 + (ap + K)s + Kz = 0.
Applicando il criterio di Routh, si ha:

s3
s2
s1
s0

1
p+a
x
Kz

ap + K
Kz
0
0

dove

x = Kz(p+a)(ap+K)
.
p+a

Essendo per ipotesi a, p, z > 0 la condizione necessaria e sufficiente per avere tutti e tre
i poli a parte reale strettamente negativa `e x > 0, i.e.:
(p + a)(ap + K) > Kz.

(213)

Per fissare le idee, sia a = p = 1 e z = 5 nel qual caso la condizione (212) si traduce
in K < 2/3. Qualunque valore di K maggiore di 2/3 darebbe luogo ad un sistema in
ciclo chiuso instabile con due poli nel semi-piano destro. Nelle stesse ipotesi a = p = 1
e z = 5 si vede dalla tabella di Routh che il caso critico K = 2/3 comporterebbe x = 0
e dunque la presenza di una intera riga di zeri, quella relativa ad s. Sia dunque dato il
polinomio
5
10
s3 + 2s2 + s +
= 0.
3
3
Nello sviluppare la tabella si troverebbe la seguente situazione:

s3
s2
s1

1
2
0

5/3
10/3
0

Questa circostanza comporta la necessit`a di definire il polinomio ausiliario


f (s) = 2s2 + 10/3.

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 44
Le radici di f (s) sono sempre simmetriche rispetto lorigine e sono anche p
radici del
polinomio di partenza; in questo caso specifico le radici di f (s) sono i 5/3 che
saranno dunque anche poli del sistema. Per valutare il numero di radici a parte reale
positiva o negativa bisogna proseguire la costruzione della tabella di Routh sostituendo
d
alla riga nulla i coefficienti di df /ds = ds
(2s2 + 10/3) = 4s:
s3
s2
--s1
s0

1
5/3
2
10/3
-------4
0
10/3
0

dove la riga tratteggiata indica la presenza di una riga identicamente nulla. La tabella
non ha variazione di segni nella prima colonna, dunque non c`e alcuna radici nel semipiano destro, ma due sonopsullasse immaginario. La terza `e reale negativa, in particolare
le radici sono: in 2 e 5/3 i.

Figura 15: Jean Baptiste Joseph Fourier (21 Marzo 1768 - 16 Maggio 1830).

10

Analisi armonica

Sia data una funzione di trasferimento T (s) avente tutti i poli a parte reale negativa. Se
lingresso al sistema `e una funzione sinusoidale di ampiezza > 0 e pulsazione , ossia
U (s) =
luscita sar`
a:
Y (s) = T (s)

s2

+ 2

T (s)
=
.
s2 + 2
(s + i )(s i )

(214)

(215)

La Y (s) avr`
a tutti i poli della T (s) pi`
u quelli di U (s). In particolare, sviluppando Y (s)
in fratti semplici come in (138) risulteranno modi funzionali asintoticamente convergenti
a zero in corrispondenza dei poli della T (s) (tutti a parte reale strettamente negativa
per ipotesi) e due addendi realtivi ai poli complessi coniugati p = i dellingresso
U (s). I termini relativi ai poli asintoticamente stabili rappresentano la parte transitoria
della risposta forzata del sistema, mentre i termini relativi ai poli puramente immaginari
provenienti dalla U (s) rappresentano la parte stazionaria della risposta forzata. Dalla

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formula (140) per il calcolo dei residui risulta che la risposta stazionaria Yst (s) sar`a data
da:
R
R
+
s i s + i
T (i )
|T (i )|ei ()
R =
=
2i
2i

T
(i
)

|T (i )|ei ()
R =
=
=
2i
2i
yst (t) = L1 [Yst (s)] = R ei t + R ei t =
!
ei ( t+()) ei ( t+())
= |T (i )|
2i

Yst (s) =

= |T (i )| sin( t + ())

(216)

(217)

essendo () largomento del numero complesso T (i ).


Dato un sistema dinamico lineare con funzione di trasferimento T (s) e tutti i poli a parte
reale strettamente negativa, la sua risposta asintotica (ossia superato il transitorio) ad un
ingresso sinusoidale di pulsazione `e a sua volta un segnale sinusoidale avente identica
pulsazione , ampiezza amplificata del fattore |T (i )| e sfasamento pari allargomento
di T (i ).

10.1

La stabilit`
a BIBO

Un secondo concetto di stabilit`


a oltre a quello visto per la risposta libera di un sistema, riguarda la risposta forzata. Un sistema si dice ingresso limitato - uscita limitata
(bounded input, bounded output) se per ogni segnale in ingresso di ampiezza limitata,
luscita del sistema rimane anchessa limitata. Anche questo tipo di stabilit`a `e legata
alla posizione dei poli del sistema: in particolare, se un sistema ha tutti i suoi poli a
parte reale strettamente negativa, ossia se la risposta allimpulso `e asintoticamente stabile, allora esso `e ingresso limitato - uscita limitata. Si noti che la eventuale marginale
stabilit`a della risposta allimpulso di un sistema non `e sufficiente a garantire la stabilit`a
BIBO. Si consideri, per esempio, un sistema avente funzione di trasferimento
T (s) =

s2

1
+ 2

che modella, per esempio, un sistema massa-molla privo di atrito: da quanto visto al
paragrafo precedente, se applicassimo a questo sistema un ingresso sinusoidale (dunque limitato) di ampiezza qualunque, ma frequenza , luscita verrebbe amplificata di
|T (i )| che in questo caso diverge. Questo fenomeno `e chiamato risonanza ed `e legato
alla presenza di poli puramente immaginari nella funzione di trasferimento del sistema.
Per comprendere almeno intuitivamente il motivo per cui la presenza di soli poli a parte
reale strettamente negativa nella T (s) garantisce la stabilit`a ingresso limitato - uscita
limitata, ci si riferisca allesempio appena citato e allo sviluppo in fratti semplici di una
funzione razionale: luscita del sistema sar`a lantitrasformata del prodotto della funzione di trasferimento T (s) per la trasformata dellingresso U (s). I poli della trasformata
della uscita Y (s) saranno dunque la somma dei poli di T (s) pi`
u quelli di U (s). Se u(t)
`e limitata la sua U (s) avr`
a poli a parte reale minore o uguale a zero; quelli a parte reale

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nulla avranno molteplicit`
a al pi`
u unitaria (altrimenti u(t) non sarebbe limitata). Ne
segue che se i poli di T (s) sono a parte reale strettamente negativa, complessivamente
quelli di Y (s) saranno a parte reale minore o uguale a zero, e quelli a parte reale nulla
avrebbero la stessa molteplicit`
a che avevano in U (s), ossia al pi`
u uno.

11

Il concetto di poli dominanti

Come si `e visto, le propriet`


a di stabilit`a di un dato sistema lineare avente funzione di
trasferimento razionale sono legate alla posizione nel piano complesso dei propri poli.
Ipotizziamo che non ci sia alcuno polo nel semi-piano destro, ossia che il sistema sia
stabile.
I poli aventi parte immaginaria non nulla compaiono sempre a coppie, ossia se un polo
ha parte immaginaria non nulla, anche il suo coniugato `e un polo. Dallo sviluppo in fratti
semplici delle trasformate di Laplace razionali si deduce che la risposta temporale y(t)
a un dato ingresso sar`
a sempre somma di tanti modi funzionali quanti sono i poli della
trasformata considerata. Questi modi funzionali contengono sempre fattori esponenziali
del tipo eRe(p) t essendo Re(p) la parte reale del polo p (si noti che questo vale anche
se Re(p) = 0). I poli pi`
u distanti dallasse immaginario nel semi-piano sinistro del
piano complesso, daranno luogo ad addendi in y(t) con gli esponenziali pi`
u rapidamente
decrescenti. In altre parole, la dinamica legata ai poli pi`
u distanti dallasse immaginario
nel semi-piano sinistro si esaurir`
a molto pi`
u in fretta di quella legata a poli pi`
u prossimi
`
allorigine. E per questo che i poli pi`
u vicini allasse immaginario si dicono dominanti
rispetto a quelli la cui parte reale sia, in modulo, molto maggiore. Intuitivamente ci si

Im
X
X

>10
X

Re

X
X

Figura 16: Poli dominanti

aspetta che il contributo alla risposta y(t) dei poli pi`


u distanti dallasse immaginario si
esaurisca molto prima di quello legato ai poli pi`
u vicini allasse immaginario: ossia che
superato un breve1 transitorio la risposta y(t) sia ben approsimabile dal contributo dei
soli poli dominanti.
1

Breve rispetto la costante di tempo del polo pi`


u vicino allasse immaginario

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In termini di funzione di trasferimento ci`o si traduce nelle possibilit`a di aprossimarla
con un modello di ordine inferiore. La modalit`a con cui ottenere, ove possibile, un
modello aprossimante di ordine inferiore verr`a discussa nel seguito.
Esercizio
Dato un sistema con poli instabili si pu`o lo stesso immaginare di definire il concetto di
poli dominanti? Discutere.
Esercizio
Data la funzione di trasferimento
T (s) =

(s +

a)(s2

1
: a>0
+ 2 n s + n2 )

(218)

individuare gli eventuali poli dominanti nei casi:


n  a
n  a
n

al variare di 0. Suggerimento: si grafichino i poli nel piano complesso e si studi la


loro posizione al variare dei coefficienti indicati.

Figura 17: Hendrik W. Bode (1905 - 1982)

12

I diagrammi di Bode

Alla luce della interpretazione di T (i ) vista al paragrafo (10), pu`o essere molto utile
analizzare i grafici di |T (i )| e di arg T (i ): questi sono detti rispettivamente diagrammi della ampiezza e della fase o diagrammi di Bode di una funzione di trasferimento. Se questa `e razionale il tracciamento del diagramma delle ampiezze risulta molto
semplificato se effettuato su scala logaritmica. Sia data una funzione di trasferimento
T (s) = K

2 )
(s z1 )(s z2 ) . . . (s2 + 2 h
n,h s +
n,h
2 )
(s p1 )(s p2 ) . . . (s2 + 2 j n,j s + n,j

(219)

razionale e propria. Siano zh , pj rispettivamente gli zeri ed i poli del sistema aventi parte
immaginaria nulla. I termini realitivi a zeri e poli con parte immaginaria non nulla sono

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 48
2 ) e (s2 + 2
2
raccolti rispettivamente nei fattori (s2 + 2 h
n,h s +
n,h
j n,j s + n,j ).
Mettendo in evidenza gli zeri ed i poli nellorigine e raccogliendo opportunamente, la
(218) pu`
o essere riscritta come:



2
2 h s
s
(1 sgn(z1 ) 1 s)(1 sgn(z2 ) 2 s) . . . 1 + n,h + n,h


(220)
T (s) = K

2
2 j s
s
+ n,j
sl (1 sgn(p1 ) 1 s)(1 sgn(p2 ) 2 s) . . . 1 + n,j

dove
sgn(x)
l
h
j

+1 x > 0
1 x < 0

0
se x = 0
0 molteplicit`a del polo nullo
1
costanti di tempo degli zeri reali non nulli
|zh |
1
costanti di tempo dei poli reali non nulli
|pj |
2
(z1 )(z2 ) . . .
n,h
costante di Bode.
K
2
(p1 )(p2 ) . . . n,j

Si noti che la costante di Bode K non ha necessariamente lo stesso segno di K :


sicuramente lo ha se tutti i poli e tutti gli zeri hanno parte reale negativa.
Nello sviluppo (219) si `e ipotizzato di avere l 0 poli nellorigine, ma nessuno
zero nullo. Il motivo `e che i sistemi pi`
u comunemente oggetto di studio hanno risposta
al gradino asintoticamente non nulla; se ci fosse uno zero nellorigine si avrebbe un
sistema con ingresso costante non nullo ed uscita asintoticamente nulla. Questo fatto
segue dallapplicare il teorema del valor finale: si abbia una T (s) = sm T(s) essendo
m > 0 la molteplicit`
a dello zero nellorigine e T(s) una funzione razionale senza poli ne
zeri nellorigine e con tutti i poli a parte reale strettamente negativa (asintoticamente
stabile). In queste ipotesi luscita a regime relativa allingresso u(t) = 1(t) sarebbe:
1
lim y(t) = lim s T (s) U (s) = lim s (sm T(s)) = 0
t
s0
s0
s
Alla luce di questa osservazione se non altrimenti specificato, considereremo sistemi privi
di zeri nellorigine ossia nella forma data dalla equazione (219). Con riferimento alla
(219) e per ragioni che saranno illustrate nel seguito, la costante di Bode viene anche
chiamata:
Costante di posizione o guadagno statico se
Costante di velocit`a se
Costante di acellerazione se

l=0
l=1
l=2

essendo l la molteplicit`
a del polo nellorigine. Per tracciare il diagramma delle ampiezze
riscriviamo la (219) omettendo di indicare esplicitamente i termini sgn(), ossia:



2
2 h s
s
(1 1 s)(1 + 2 s) . . . 1 + n,h + n,h


T (s) = K
(221)

2
2 j s
s
l
s (1 1 s)(1 + 2 s) . . . 1 + n,j + n,j

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 49
dove le costanti sono per definizione numeri reali positivi ed il segno + o nei fattori
del primo ordine 1 s dipendono dal segno del polo o zero relativo come esplicitamente
calcolato nella (219). Per tracciare il diagramma delle ampiezze `e sufficiente osservare
che calcolando il logaritmo della funzione (220) valutata in s = i si ottiene:
log |T (i )| = log |K| + log |(1 1 i )| + log |(1 + 2 i )| + . . .

!


2



h
+ log 1 2 +
l log() log |(1 1 i )|

n,h

n,h

!

2 j i
2

log |(1 + 2 i )| + . . . log 1 2 +
(222)



n,j
n,j
da cui segue che basta saper tracciare i diagrammi relativi a sistemi del primo e secondo
ordine per tracciare quelli di sistemi di ordine superiore.
Per il tracciamento dei diagrammi elementari dei sistemi del primo e secondo ordine
si rimanda al testo di G. Marro.

12.1

I decibel

Essendo molto utile tracciare i diagrammi di Bode su scala logaritmica, `e anche molto
utile misurare le amplificazioni (adimensionate) in una unit`a logaritmica detta decibel.
Sia data una quantit`
a adimensionata A, il suo valore in decibel dB si definisce come:
(20 log10 A) dB

(223)

da cui segue che:


A = 1/100
A = 1/10
A=1
A = 10
A = 100
A = 1000
..
.

(20 log10 102 ) dB = 2(20 log10 10) dB = 40 dB


(20 log10 101 ) dB = 1(20 log10 10) dB = 20 dB
(20 log10 1) dB = 0 dB
(20 log10 10) dB = 20 dB
(20 log10 102 ) dB = 2(20 log10 10) dB = 40 dB
(20 log10 103 ) dB = 3(20 log10 10) dB = 60 dB

A volte anche grandezze dimensionate vengono (impropriamente) convertite in decibel.


In questo caso per poter risalire alla grandezza di partenza `e necessario conoscere lunit`a
di misura usata per la conversione. Per esempio se una lunghezza L = 10m venisse
espresa in decibel usando il metro come unit`a di misura si avrebbe
20 log10

10m
= 20 dB,
1m

ma se la stessa lunghezza venisse converita esprimendola in centimetri si avrebbe


20 log10

10 102 cm
= 60 dB
1cm

da cui `e chiaro come sia sempre indispensabile dichiarare quale fosse lunit`a di misura
di partenza.

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12.2

Esempi

Sia
T (s) = 450

(s + 1)(s 2)
(s2 + s + 9)(s + 100)

(224)

i suoi diagrammi di Bode sono riportati in figura (18)


Bode Diagrams

30

20

Phase (deg); Magnitude (dB)

10

10
100

100

200

300
1
10

10

10

10

10

Frequency (rad/sec)

Figura 18: Diagrammi di Bode

13

I diagrammi polari

14

Sistemi in ciclo chiuso

Chiudere il loop comporta: cambiano i poli, un sistema pu`o cambiare tipo di stabilit`a.
Il grado relativo del sistema non pu`o diminuire. La precisione asintotica.

15
15.1

La stabilit`
a dei sistemi in ciclo chiuso
Il criterio di Nyquist

Il criterio di Nyquist `e una procedura grafica che consente di valutare il numero di poli
nel semi-piano destro della funzione di trasferimento in ciclo chiuso a partire dal diagramma polare della funzione di trasferimento di anello. Il criterio di Nyquist `e utile
sia in fase di analisi dei sistemi che di sintesi del regolatore: Esso poggia su un risultato

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n
e

r +

+
G

Figura 19: Controllo in retroazione

Figura 20: Harry Nyquist (1889 - 1976)

preliminare dellanalisi complessa noto come Teorema dellindice logaritmico.


Teorema dellindice logaritmico: sia una curva chiusa in un dominio D del piano
s ed F (s) una funzione analitica in D ad eccezione di un numero finito di poli. Indicando
con arg(F (s)) la variazione dellargomento di F (s) al variare di s lungo per un giro
completo in senso orario, vale:
arg(F (s)) = 2 (z p)
essendo z e p rispettivamente il numero di zeri e poli di F (s) circondati da e contati
con la loro molteplicit`
a.
Per una dimostrazione si rimanda al testo di Giovanni Marro, Controlli Automatici,
Zanichelli editore. Si consideri una funzione di trasferimento propria razionale fratta
T (s) = K

(s z1 )(s z2 ) . . . (s zm )
.
(s p1 )(s p2 ) . . . (s pn )

(225)

Per ogni s fissata, T (s) pu`


o essere calcolata esprimendo ogni termine s z ed s p in
coordinate polari ottenendo:
s zh = rh ei h

(226)

i k

(227)

s pk = k e
r1 r2 . . . rm i(1 +2 +...+m 1 +...n )
T (s) = K
.
e
1 2 . . . n

(228)

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Im(s)
Re(s)
r

Figura 21: Dominio di Nyquist

Volendo contare tutti i poli a parte reale strettamente positiva, `e utile definire un dominio
che racchiuda tutto il semi-piano destro del piano di Gauss escludendo poli e zeri della
T (s) sullasse immaginario. Un esempio `e riportato in figura (21): il dominio `e percorso
in senso orario; `e costituito da un semicerchio di raggio r , da segmenti sullasse
immaginario e semicerchi di raggio 0 che circondano eventuali poli e zeri immaginari
della T (s). Con riferimento all figura (22) e allequazione (227), si noti che indicando

Im(s)
x
o

s-p
Re(s)

Figura 22: Variazione di fase


rispettivamente con z e p il numero di zeri e poli contenuti dentro il domino di Nyquist,
vale che:
arg(T (s)) = 2 (z p)
(229)
al variare di s sul dominio di Nyquist in senso orario. Si noti che il contributo a
arg(T (s)) di poli o zeri esterni al dominio di Nyquist `e nullo. In alternativa alla
equazione (228) possiamo valutare il contributo dato a arg(T (s)) dal percorrere i vari
tratti costitutivi del dominio di Nyquist. Quando si percorre il semicerchio di raggio
r a partire da i = +/2 fino a f = /2 si pu`o aprossimare la T (s) (224)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 53
con T (s) K smn = K r ei(mn) che comporta una variazione di fase di T (s) pari a
(m n)(f i ) = (m n), i.e.:
arg(T (s))|semicerchio

= (m n)

essendo m ed n i gradi dei polinomi a numeratore e denominatore di T (s). I contributi


alla variazione di fase della T (s) dati dagli zeri immaginari sono quelli relativi al percorrere i semicerchi di raggio tendente a zero lungo lasse immaginario. Per fissare le idee
sia z1 uno zero immaginario di molteplicit`a h: quando si percorre il semicerchio relativo
a z1 , s vale s = z1 + r1 ei1 e si pu`
o aprossimare la T (s) come:
T (s) K r1h ei h 1

(z1 z2 ) . . . (z1 zm )
.
(z1 p1 ) . . . (z1 pn )

Poiche il dominio di Nyquist `e percorso in senso orario come indicato in figura (21),
la variazione di fase relativa allo zero immaginario sar`a quindi h (f i ) = h (/2
(/2)) = h , i.e. il contributo cumulativo di tutti i zeri immaginari `e:
arg(T (s))|semicerchi zeri im.

= .

r0

Indicando con il numero complessivo di poli puramente immaginari della T (s), con
ragionamento anlogo a quello appena visto per gli zeri immaginari si ottiene:
arg(T (s))|semicerchi poli im.

r0

= .

Rimangono da conteggiare le variazioni di fase della T (s) al variare di s lungo lasse


immaginario da i fino a f : questo contributo corrisponde alla rotatione
attorno allorigine del vettore T (i ) per che va da a . Indicandolo con , questo
termine si pu`
o valutare graficamente sul diagramma polare di T (i ). Raccogliendo tutti
i contributi trovati e ricordando la equazione (228) possiamo scrivere:
2 (z p) = (m n) + +
da cui dividendo per 2:
z =p+

mn
+ + Nf
2
2
2

(230)

dove
z zeri a parte reale positiva di T (s)
p poli a parte reale positiva di T (s)
m grado del numeratore di T (s)
n grado del denominatore di T (s)
zeri puramente immaginari di T (s)
poli puramente immaginari di T (s)
Nf rotazioni del vettore T (i ) attorno allorigine per che va da a +.
Nf > 0 per rotazioni orarie.

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Lequazione (229) si pu`
o usare per valutare il numero di poli instabili di un sistema in
retroazione: sia dato il sistema in figura (19) per il quale la funzione di trasferimento
tra y ed r `e:
Y
RG
.
=
Yd
1 + RGH
avendo indicato con Yd la trasformata di Laplace di r(t). Sia F (s) = 1 + R(s)G(s)H(s);
i poli di Y /Yd sono gli zeri di F (s), dunque per valutare la stabilit`a di Y /Yd si tratta di
contare gli zeri a parte reale positiva di F (s). A tal fine si pu`o usare la relazione (229):
p rappresenta il numero di poli a parte reale strettamente positiva di F (s), ma questi
coincidono con quelli di RGH. Infatti se
RGH =

N (s)
D(s)

F (s) = 1 + RGH =

N (s) + D(s)
D(s)

da cui si evince che i poli di F (s) coincidono con quelli del guadagno di anello RGH.
Inoltre da questa relazione, ricordando che deve necessariamente essere deg(N (s))
deg(D(s)), segue che il grado m del numeratore di F (s) coincide con il grado n del suo
denominatore, ossia n = m. I termini e in (229) sono gli zeri ed i poli puramente
immaginari di F (s) = 1 + RGH: come gi`a osservato, i poli coincidono con quelli del
guadagno di anello RGH, mentre gli zeri puramente immaginari di F (s) saranno assenti
se il diagramma polare di RGH(i ) non passa per il punto critico 1 + i 0: questa
circostanza `e verificabile graficamente dallanalisi del diagramma polare (o di Nyquist)
del guadagno di anello RGH(i ). Da ultimo bisogna valutare Nf per F (i ), ossia il
numero di giri che F (i ) compie attorno allorigine quando va da a + (Nf > 0
per rotazioni orarie). Evidentemente questo valore di Nf coincide con il numero di
rotazioni (positive quando orarie) compiute dal vettore che origina in 1 + i 0 e che
punta su RGH(i ) quando va da a +. Riassumendo questi risultati, il criterio
di Nyquist pu`
o essere cos` descritto:
si traccia il diagramma polare della funzione RGH(i ) per [0, )
si contano i poli p a parte reale strettamente positiva di RGH
si contano i poli puramente immaginari di RGH
si verifica che il diagramma polare di RGH(i ) non passi per il punto critico
1 + i 0
si contano le rotazioni Nf (positive quando orarie) attorno al punto critico 1+i 0
del vettore avente origine in 1 + i 0 e che punta su RGH(i ) al variare di da
a +
si contano i poli a parte reale strettamente positiva z di Y /U =
formula di Nyquist

z = p + + Nf .
2

RG
1+RGH

dalla

Note
Quando necessario, i conteggi dei poli a parte reale positiva o nulla di RGH possono
essere realizzati con il criterio di Routh.
Se il diagramma polare di RGH(i ) passa per il punto critico 1 + i 0 significa che
sicuramente Y /U ha un polo marginalmente stabile.

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Poiche T (s) = T (s ), segue che il diagramma polare di RGH(i ) per valori negativi di
`e simmetrico rispetto alle ascisse del diagramma polare di RGH(i ) : [0, ). Per
valutare Nf `e allora sufficiente contare i giri compiuti attorno a 1 + i 0 per [0, )
e moltiplicare il valore cos` ottenuto per due.
Da ultimo si osservi che il criterio di Nyquist enunciato vale anche per funzioni di
trasferimento non razionali fratte, ad esempio anche in presenza di termini del tipo esT
che modellino ritardi finiti tra ingresso ed uscita del sistema.
Esempio: Si riconsideri la funzione di trasferimento (223): si voglia valutare la stabilit`a
di un sistema in retroazione unitaria avente quandagno di anello RGH pari alla T (s)
data dalla equazione (223). Il suo diagramma polare `e riportato in figura (23). La RGH
Nyquist Diagrams
20

15

10

Imaginary Axis

10

15

20
10

10

15

Real Axis

Figura 23: Esempio di diagramma polare: sistema instabile


in esame non ha poli positivi o immaginari, ma dal diagramma in figura (23) risulta che
Nf = 2, dunque ci si aspetta di avere
z =p+

+ Nf = 0 + 0 + 2
2

due poli instabili. Indubbiamente i poli in ciclo chiuso sono:


347.3759
3.2289
1.6048.
Dal diagramma polare (23) si intuisce che un guadagno statico minore pu`o servire a
stabilizzare il sistema: se, infatti, il punto critico 1 + i 0 non venisse abbracciato dal
diagramma di RGH, allora risulterebbe Nf = 0 e non ci sarebbero poli instabili in ciclo
chiuso. Indubbiamente tracciando il diagramma polare della stessa T (s) (223) divisa

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per un fattore 10, ossia di
T (s) = 45

(s2

(s + 1)(s 2)
+ s + 9)(s + 100)

(231)

si ottiene il diagramma riportato in figura (24). I poli in ciclo chiuso del sistema in
Nyquist Diagrams
2

1.5

Imaginary Axis

0.5

0.5

1.5

2
1

0.5

0.5

1.5

Real Axis

Figura 24: Esempio di diagramma polare: sistema stabile


retroazione unitaria avente guadagno di anello T (s) dato dalla (230) sono:
53.4660
1.2670 + 4.1123 i
1.2670 4.1123 i.

n
e

r +
-

+
m

+
G

Figura 25: Controllo in retroazione con incertezza di modello e disturbi tipici.

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 57

15.2

Introduzione al concetto di robustezza nei sistemi di controllo


retroazionati

Con riferimento allo schema riportato in figura (25) `e utile valutare le funzioni di trasferimento tra i segnali di uscita y, controllo u ed errore e ed il riferimento r, il disturbo
sullimpianto d, quello di misura m e di ingresso n. Da calcolo diretto segue che:
RG
Tyr =
:= F (s)
(232)
1 + RGH
RG
Tyn =
= F (s)
(233)
1 + RGH
RG
Tym =
= F (s)
(234)
1 + RGH
1
Tyd =
:= S(s)
(235)
1 + RGH
R
:= Q(s)
(236)
Tur =
1 + RGH
R
Tun =
= Q(s)
(237)
1 + RGH
R
= Q(s)
(238)
Tum =
1 + RGH
RH
Tud =
= H Q(s)
(239)
1 + RGH
1
Ter =
= S(s)
(240)
1 + RGH
RGH
Ten =
= H F (s)
(241)
1 + RGH
1
Tem =
= S(s)
(242)
1 + RGH
H
Ted =
= H S(s)
(243)
1 + RGH
dove S(s) rappresenta la funzione di sensitivit`
a, F (s) la funzione di sensitivit`
a complementare o funzione di trasferimento in ciclo chiuso e Q(s) la funzione di sensitivit`
a del
controllo. Indicando con Yd (s) := L[r(t)] la trasformata di Laplace del riferimento r(t)
(per non confonderla con la funzione di trasferimento del regolatore R(s)), si consideri
la relazione:

Yd (s)
Y (s)
Tyr (s) Tyd (s) Tyn (s) Tym (s)

U (s) = Tur (s) Tud (s) Tun (s) Tum (s) D(s) =
N (s)
E(s)
Ter (s) Ted (s) Ten (s) Tem (s)
M (s)

Yd (s)
F (s)
S(s)
F (s)
F (s)
D(s)

Q(s)
Q(s)
= Q(s) H Q(s)
N (s) . (244)
S(s) H S(s) H F (s) S(s)
M (s)
Da questa relazione si possono capire i requisiti ideali di un sistema di controllo. In
particolare linseguimento ottimo del riferimento e la completa insensitivit`a dellusicta
e dellerrore dal disturbo d(t) si avrebbero per
F (s) = 1 S(s) = 0.

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 58
Si noti, per`
o, che non `e possibile assegnare indipendentemente F (s) ed S(s) con la sola
scelta di R(s) poiche F (s) ed S(s) non sono indipendenti, ma tali che
S(s) + H F (s) = 1.

(245)

Inoltre assumendo che G(s) sia strettamente propria ed R(s) al pi`


u semplicemente propria, nel limite di alte pulsazioni necessariamente si avr`a che S(s) 1 ed
F (s) 0 mostrando come i requisiti ideali siano irrealizzabili, almeno se riferiti a tutte
le pulsazioni. Evidentemente il regolatore dovr`a garantire |S(s)| quanto minore possibile
e F (s) quanto pi`
u prossima allunit`a possibile su un opportuna banda di frequenze. Si
noti in particolare che i disturbi m(t) ed n(t) hanno lo stesso peso relativo del riferimento r(t) sulla uscita. Questo indica che lunica possibilit`a per ridurre il loro effetto
sulluscita `e di accertarsi che disturbi e riferimenti abbiano spettri disgiunti e quindi
sintetizzare il regolatore tale che F (s) abbia banda passante disgiunta dallo spettro di
m(t) ed n(t).
Le funzioni di sensitivit`
a introdotte risultano essere molto utili nellanalisi della robustezza della stabilit`
a di sistemi retroazionati. Indicando con L(s) := RGH(s) la funzione
di trasferimento di anello, vale
S(s) =
F (s) =

1
1 + L(s)
1 L(s)
.
H 1 + L(s)

Supponiamo che limpianto di controllo di figura (25) sia asintoticamente stabile e si


voglia analizzare la stabilit`
a del sistema da esso ottenuto al variare di G(s). Ovvero
sostituendo allimpianto descritto dalla G(s) uno descritto da

Gm (s) = G(s) + G(s)
(246)
|G(j)| (w)
con () nota, ci si chiede sotto quali condizioni il sistema in ciclo chiuso continui ad
essere asintoticamente stabile. Per rispondere si pu`o ricorrere al criterio di stabilit`a
di Nyquist. In particolare ipotizziamo che Gm (s) abbia lo stesso numero di poli a
parte reale positiva di G(s): in questo caso il sistema in ciclo chiuso con funzione di
trasferimento di anello Lm (s) = RGm H sar`a a sua volta asintoticamente stabile se il
numero di rotazioni dei vettori Lm (j) ed L(j) attorno al punto critico 1 + j0, al
variare di da a +, coincidono. Osservando che Lm (s) = L(s) + G(s)R(s)H(s)
segue che Lm (j) `e contenuto in un cerchio centrato su L(j) di raggio ()|RH(j)|
e dunque la condizione di asintotica stabilit`a del sistema perturbato `e necessariamente
garantita se
()|RH(j)| < |1 + L(j)|
(247)
ovvero se la funzione di sensitivit`
a S(s) garantisce:
|S(j)| <

1
.
()|RH(j)|

(248)

La equazione (247) richiede in pratica di avere bassa sensitivit`a nelle zone di frequenza ad
alta indeterminazione (()) della funzione di trasferimento dellimpianto. Alla luce di

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 59
queste considerazioni si pu`
o introdurre come parametro di misurazione della robustezza
della stabilit`
a la quantit`
a:
SM := sup |S(j)|
(249)

che si richiede di essere quanto pi`


u piccola possibile. Moltiplicando la equazione (247)
per |RGH(j)| a destra e sinistra si pu`o ottenere una condizione necessaria di stabilit`a
asintotica equivalente in termini della funzione F (s), in particolare si ottiene:
()
1
<
.
|G(j)|
|H| |F (j)|

(250)

dove il termine di sinistra rappresenta lincertezza relativa sullimpianto G(s). Lequazione (249) rivela che per garantire asintotica stabilit`a a fronte di una grande incertezza relativa sullimpianto, `e necessario che il regolatore R(s) garantisca di minimizzare
quanto pi`
u possibile la quantit`
a:
FM := sup |F (j)|

(251)

che rappresenta dunque un secondo parametro di stima della robustezza della stabilit`a
del sistema di controllo in ciclo chiuso. Questa analisi spiega limportanza dei parametri
dei margini di fase e guadagno.

15.3

Il margini di guadagno ed il margine di fase.

Con riferimento alla figura (26) si definiscono

1/k m

Im

-1

Re

Figura 26: Interpretazione grafica dei margini di guadagno e fase.

1
: arg L(j ) = 180o Margine di guadagno
|L(j )|
:= 180o + c : c = arg L(jc ), |L(jc )| = 1 Margine di fase.

km :=

(252)

(253)

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Il margine di fase `e particolarmente significativo come indice di robustezza rispetto a
eventuali ritardi finiti nella catena diretta. Sempre con riferimento alla figura (26) si noti
che |1 + L(jc )| rappresenta la lunghezza del vettore avente origine in 1 + j0 e termine
nel punto c e che se m > 0o allora m /180 rappresenta la lunghezza dellarco tra
1 + j0 e c della circonferenza unitaria. Di conseguenza ricordando che per definizione
|L(jc )| = 1 e che per costruzione geometrica |1 + L(jc )| < m /180 vale che:
m >
m >

1
SM
1
FM

180

180

che mostrano come il margine di fase sia legato ai parametri di stabilit`a robusta FM , SM
prima introdotti.
Si noti che se il diagramma polare della funzione di anello L(j) fosse completamente
contenuto nella circonferenza di raggio unitaria e centro nellorigine il sistema in ciclo
chiuso sarebbe robusto a ritardi di entit`a arbitraria. Altrimenti in generale il massimo
ritardo tollerabile nella funzione di anello `e pari a:
max =

m
c 180

(254)

che rivela come sistemi a larga banda passante siano intrisencamente pi`
u sensibili ad
eventuali ritardi nella funzione di anello.

15.4

Il criterio di stabilit`
a del margine di fase.

Si applica quando RGH(s) e G soddisfano le quattro ipotesi seguenti:


G(s) non ha poli nel semipiano positivo, ma tutti i suoi poli hanno parte reale
minore o uguale a zero (notare che sono ammessi poli puramente immaginari).
Assenza di cancellazioni incrociate tra zeri e poli di RGH sullasse immaginario o
nel semi-piano destro.
Guadagno di Bode di RGH(s) positivo.
Il diagramma di modulo (di Bode) interseca lasse delle ascisse una sola volta
dallalto verso il basso.
Si noti che sono ammessi sistemi con zeri nel semipiano destro (zeri positivi) e sistemi
con ritardi finiti.
Il criterio di Nyquist applicato ad un sistema che soddisfi le ipotesi riportate rivela
che la stabilit`
a `e garantita se e solo se
Nf +

=0
2

che, graficamente, equivale a richiedere che il punto critico (1, j0) nel piano di Gauss
non sia abbracciato dal diagramma polare di RGH. Questa condizione equivale, a sua
volta, ad avere un margine di fase maggiore di zero gradi. In particolare la condizione

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di stabilit`
a per i sistemi in oggetto pu`o essere espressa in termini del margine di fase m
come segue:
m < 0 =

instabilit`
a per poli in ciclo chiuso a parte reale positiva

m = 0 =

instabilit`
a per poli in ciclo chiuso a parte reale nulla

m > 0 =

stabilit`
a, poli in ciclo chiuso a parte reale negativa

I valori tipici del margine di fase sono nellintervallo [45o , 60o ], ma anche 30o possono
essere accettabili: dipende dalla specifica applicazione. Il margine di fase `e, in generale,
un buon indicatore della robustezza della stabilit`a (specie nei confronti di ritardi di
tempo finiti), ma non sono infrequenti casi particolari per i quali ad un elevato valore del
margine di fase non corrisponda un comportamento robusto. Per esempio, la situazione
riportata in figura (26) corrisponde proprio ad un sistema con elevato margine di fase,
` proprio per identificare queste situazioni che si ricorre,
ma non lontano dallinstabilit`
a. E
come indicatore aggiuntivo, al margine di guadagno km . In effetti, nelle stesse ipotesi
formulate circa il criterio del margine di fase, si pu`o formulare un criterio basato sul
margine di guadagno.

15.5

Il criterio di stabilit`
a del margine di guadagno.

Dato il margine di guadagno definito in equazione (251), nelle stesse ipotesi enunciate
al paragarfo (15.4) relativamente al criterio del margine di fase, vale il seguente criterio
di stabilit`
a:

15.6

km < 1 =

instabilit`
a per poli in ciclo chiuso a parte reale positiva

km = 1 =

instabilit`
a per poli in ciclo chiuso a parte reale nulla

km > 1 =

stabilit`
a, poli in ciclo chiuso a parte reale negativa.

Il criterio (indicativo) di stabilit`


a di Bode o della pendenza.

A valle dei risultati fin qui ottenuti, risulta che se un sistema ha una unica pulsazione
di taglio t (ed `e relativa ad una pendenza negativa), in assenza di ritardi finiti, `e
privo di poli e zeri positivi, oppure se gli zeri positivi presenti sono tutti a pulsazioni
molto maggiori (almeno una decade) della pulsazione di taglio t di RGH, condizione
sufficiente per la stabilit`
a in ciclo chiuso `e che la pendenza del diagramma delle ampiezze
di Bode nella decade centrata su t sia:
1 piena (i.e. 20dB/decade)
1/ 2 (i.e. 20dB/decade/ 40dB/decade)
2/ 1 (i.e. 40dB/decade/ 20dB/decade).
Per quanto solo indicativo, questo semplice criterio `e spesso di grande utilit`a pratica.
Possibili deroge alle condizioni riportate per la sua validit`a riguardano la presenza di
ritardi finiti che, se trascurabili potrebbero non influire sullesito del criterio, ed il taglio
a pendenze anche minori o uguali a 2, ma con zeri (nel semipiano sinistro) molto vicini.

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 62

15.7

Analisi delle funzioni di sensitivit`


a.

Con riferimento alla rappresentazione di Bode (219) della funzione di trasferimento di


anello L(s) = RGH(s) si possono valutare i limiti per s 0 delle funzioni S(s) ed
F (s):
1
1+K , l = 0
l
s
lim S(s) = lim l
=
(255)
0
, l>0
s0
s0 s + K

1
, l<0
K
1+K , l = 0
K
=
(256)
lim F (s) = lim l
1
, l>0
s0
s0 s + K

0
, l<0
dove si `e ipotizzato che
lim H(s) = 1,

s0

K `e la costante di Bode ed l il tipo della funzione di anello L(s). Questi limiti mettono in
evidenza come non sia in generale opportuno avere zeri nellorigine della funzione danello, mentre poli nellorigine garantiscono errori a regime nullo per riferimenti stazionari.
Per tipici sistemi di controllo valgono le approssimazioni:

1
1
|L(j)| , c
|S(j)| =

(257)
|1 + L(j)|
1
, > c

|L(j)|
1
, c

(258)
|F (j)| =
|L(j)| , > c
|1 + L(j)|

1
|R(j)|
|HG(j)| , c .
|Q(j)| =

(259)
|1 + RGH(j)|
|R(j)| , > c
Questa ultima relazione mostra come la eventuale volont`a di ottenere una banda passante in ciclo chiuso molto superiore a quella del sistema in ciclo aperto implichi necessariamente elevati guadagni del regolatore ad alte frequenze, ossia la estensione della
banda passante del sistema in ciclo aperto si paga in termini di sforzo di controllo. Per
quanto riguarda la robustezza rispetto incertezze parametriche sullimpianto G, si noti
che:
F

:=

1 F
F

=
=
=
=

RG
(260)
1 + RGH
G
1 R G
(1 + RGH) RG RH
=
F
(1 + RGH)2


G
R
R2 GH
1 + RGH

=
2
1 + RGH
(1 + RGH)
RG




G 1
RH
G
G 1
F
1 G

=
H =
[1 F H] =
G 1 + RGH G
G G
G
1 G
S
(261)
G

da cui segue che lincertezza relativa sulla funzione di trasferimento in ciclo chiuso dovuta
a variazioni o incertezze parametriche su G `e legata alla rispettiva incertezza relativa

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 63
Risposta al gradino unitario
2

1.8

Uscita sistema del II ordine

1.6

1.4

1.2

0.8

0.6

0.4

0.2

10

15

tw

Figura 27: Risposta al gradino unitario di un sistema elementare del secondo ordine
per = 0.01, 0.1, 0.3, 0.6, 0.9.

della funzione G da:




F
G



|S(j)|

(j)
(j)
=
F
G

(262)

che alla luce della struttura tipica di S(s) prima esaminata, mette in evidenza il motivo
stesso per cui si ricorre alla retroazione nei sistemi di controllo. Grandi amplificazioni
nella banda passante della funzione danello garantiscono, entro la banda passante, una
ridotta senstivit`
a a variazioni parametriche dellimpianto. In questo senso luso della
retroazione aiuta per sua natura a rendere il sistema in ciclo chiuso pi`
u robusto di quello
in anello aperto rispetto non solo a disturbi sulluscita, ma anche rispetto variazioni o
incertezze sullimpianto G. Si noti anche che lequazione (261) giustifica la dizione di
funzione di sensitivit`
a per la funzione S(s).

15.8

Analisi dei sistemi di controllo del secondo ordine.

Sia dato il sistema elementare del secondo ordine:


G(s) =

n2
s2 + 2n s + n2

(263)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 64
Tempo di assestamento (1%)
50
45
40
35

t wn

30
25
20
15
10
5

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

Figura 28: Tempo di assestamento all1%.

avente risposta indiciale pari a:




n2
1
1
y(t) = L
= ... =
s2 + 2n s + n2 s

en t p
= 1(t) p
1 2 cos( t) + sin( t) =
1 2
!!
p
en t
1 2
= 1(t) p
sin t + arctan

1 2

(264)

essendo
:=

p
1 2 n .

(265)

Come illustrato in figura (27), grafico della funzione (263) `e contenuto nellinviluppo
delle funzioni
ysup (t) = 1 + en t
n t

yinf (t) = 1 e

(266)
.

(267)

Si definisce tempo di assestamento allx% il tempo minimo dopo il quale la risposta


indiciale differisce in modulo dal suo valore asintotico y per meno dellx% di y . In
formule,


y(t) y


x% t t
tx%
:
100
(268)
x%

y

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 65
Approssimando la risposta indiciale con il suo inviluppo inferiore (266), il tempo di
Istante di max. sovraelongazione

12
11
10
9

t wn

8
7
6
5
4
3
2
0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

Figura 29: Istante di sovraelongazione.


assestamento allx% pu`
o essere calcolato come:

1 en tx% = 1
n tx% =

x
=
100

ln(100/x)
.

(269)

` possibile verificare per via numerica che lapprossimazione introdotta con luso delE
linviluppo inferiore (o superiore) della risposta indiciale piuttosto che con la curva completa (263), `e molto buona. Dalla equazione (268) risulta che il tempo di assestamento
allun percento sia dato da:
n t1% =

ln(100)

dove ln(100) 4.6

il cui grafico `e riportato in figura (28). Data la struttura della equazione (263) ed il suo
grafico in figura (27), si deduce lesistenza di estremi relativi della risposta indiciale. In
particolare il primo massimo della (263) individua la massima sovraelongazione: il valore
delluscita Mse corrispondente alla massima sovraelongazione, cos` come listante tmse a
cui si manifesta, possono essere calcolati analizzando la derivata prima della equazione

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 66
Sovraelongazione
100

90

80

70

[%]

60

50

40

30

20

10

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

Figura 30: Sovraelongazione.

(263) da cui risulta che


tmse =

p
n 1 2

Mse = 1 + exp

(270)

p
1 2

!
.

(271)

La quantit`
a n tmse rappresentativa dellistante di massima sovraelongazione `e riportata
in figura (29) mentre il valore della sovraelongazione `e riportato in termini percentuali
rispetto il valore asintotico, i.e.
!

S = 100 exp p
1 2
p
in figura (30). La frequenza caratteristica = n 1 2 della curva (29) `e illustrata
in figura (31). I valori di massima sovraellongazione, frequenza del transitorio e tempo
di assestamento rappresentano le principali specifiche che si possono richiedere ad un
sistema di controllo nel dominio del tempo.
Analogamente alcune specifiche possono essere assegnate con riferimento alla risposta
armonica del sistema. Nelle figure (32 - 33) sono riportati gli andamenti del modulo e
della fase della funzione di risposta armonica associata alla funzione di trasferimento
(262). La funzione di risposta armonica `e data da:

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 67
Frequenza transitorio
1

0.9

0.8

0.7

w / wn

0.6

0.5

0.4

0.3

0.2

0.1

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

Figura 31: Frequenza del transitorio = n

p
1 2 .

G(j) =

G(s)|s=j = 

1
s
n

2

+1+

2 sn

s=j

=
1

2

(272)
+ 2 j n

avente modulo
|G(j )| =

s
1

1

2 2

=
+ 4 2

1
p

(1 x)2 + 4 2 x

(273)

2

x = (/n )2

(274)

Dalla equazione (273) si pu`


o dedurre la banda passante a 3dB (attenuazione di 1/ 2)
del sistema elementare del secondo ordine imponendo:
(1 x)2 + 4 2 x = 2
risolvendo la quale si ottiene:
b /n =

q
p
(1 2 2 ) + (2 2 1)2 + 1

(275)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 68
Modulo del sistema elementare del II ordine
15

10

[deg]

10

15

20

25

30
1
10

10

10

w/wn

Figura 32: Modulo della funzione di risposta armonica per un sistema del II ordine
G(s) = n2 /(s2 + 2n s + n2 ) per = 0.1, 0.2, 0.3, . . . , 1.

il cui andamento funzionale `e riportato in figura (34). Dalla equazione (273) si pu`o anche
dedurre la pulsazione di risonanza e la corrispondente ampiezza risonante. In particolare
la pulsazione di risonanza per sua definizione `e la pulsazione alla quale si manifesta il
massimo relativo del modulo della funzione di risposta armonica. Tale massimo si pu`o
individuare cercando il minimo del radicando in equazione (273), ossia:
f (x) = (1 x)2 + 4 2 x
f 0 (x) = 0

x = 1 2 2 =
p
ris /n =
1 2 2
:

1
1

2
2

in figura (37)

(276)

ed il picco di risonanza vale evidentemente:


|G(j)|=ris = . . . =

1
p
2 1 2

(277)

il cui valore in dB `e riportato nelle figure (35 - 36). Da ultimo si consideri il margine
di fase di un sistema che, in retroazione unitaria, abbia funzione di trasferimento pari a
quella di un sistema elementare del secondo ordine (262). Un siffatto sistema avrebbe
funzione di trasferimento nella catena diretta pari a:
T (s) =

n2
s(s + 2n )

(278)

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 69
Fase del sistema elementare del II ordine
0

20

40

60

[deg]

80

100

120

140

160

180
2
10

10

10

10

10

w/w

Figura 33:
Fase della funzione di risposta armonica per un sistema del II ordine
G(s) = n2 /(s2 + 2n s + n2 ) per = 0.1, 0.2, 0.3, . . . , 1.

ovvero funzione di risposta armonica


T (j) =
=

n2
=
j(j + 2n )

n2
2 2 j n
2

(279)
(280)

essendo il modulo del numero complesso a denominatore della (278). Indicando con
t la pulsazione di taglio, ossia quella in corrispondenza della quale
t : |G(j )|=t = 1
il margine di fase associato al sistema in esame si ottiene come:


|Im(G(j t ))|
m = arctan
|Re(G(j t ))|

(281)

che alla luce della equazione (279) implica:



m = arctan

2
t /n


.

(282)

Per quanto concerne il computo della pulsazione di taglio, si noti che dalla equazione
(278) risulta:
|G(j )|2 = 

1
1
2
2 
 2  = x(4 2 + x) : x = (/n )

4 2 + n
n

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 70
Banda passante
1.6

1.5

1.4

1.3

wb / wn

1.2

1.1

0.9

0.8

0.7

0.6

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

Figura 34: Banda passante.

da cui la pulsazione di taglio si calcola imponendo:


x(4 2 + x) = 1 =
q
t /n = (4 4 + 1 )1/2 2 2
che sostituita nella equazione (281) determina:
m = arctan

2
p
(4 4 + 1 )1/2 2 2

!
(283)

il cui grafico, in gradi, `e riportato in figura (38). Dal grafico di m in figura (38) si evince
che nellintervallo [0, 0.6] il margine di fase espresso in gradi `e approsimativamente
calcolabile come m = 100 [deg].

15.9

Legame tra risposta indiciale di un sistema in retroazione unitaria


e diagramma polare della funzione di anello

Come si `e visto, chiudendo in retroazione unitaria il sistema del secondo ordine dato
in equazione (277), si ottiene in ciclo chiuso il sistema elementare del secondo ordine
` stato dimostrato che la sovraelongazione nella risposta indiciale del sistema
(262). E
(262) tende ad essere massima al tendere a zero del coefficiente di smorzamento. Inoltre
si `e visto che al tendere a zero del coefficiente di smorzamento (positivo) tende a zero
anche il margine di fase della funzione di anello (277) cos` come tende a crescere il picco

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 71
Picco di risonanza
10
9
8
7

Mris [dB]

6
5
4
3
2
1
0
0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

Figura 35: Picco di risonanza in dB.

di risonanza del diagramma di Bode dei moduli della funzione (262), ossia del sistema
ottenuto chiudendo in retroazione unitaria la funzione di anello (277).
Il nesso tra la presenza di un rilevante picco di risonanza nel diagramma dei moduli di
un sistema (stabile) e di una rilevante massima sovraelongazione non dovrebbe stupire:
anzi, qualitativamente possiamo affermare che per un sistema stabile la sovraelongazione
nella risposta indiciale sia la manifestazaione nel dominio del tempo del picco di risonanza in frequenza. Questo perche il picco di risonanza segnala che una porzione dello
spettro del gradino in ingresso (forzante che genera la risposta indiciale) viene amplificata sensibilmente di pi`
u delle porzioni adiacenti (sia a destra che a sinistra del picco).
Ne segue che se il picco di risonanza `e sufficientemente pronunciato, lo spettro della
risposta forzata avr`
a un massimo relativo in prossimit`a della frequenza di risonanza.
Questo massimo nello spettro della risposta indiciale produce, nel dominio del tempo,
le tipiche oscillazioni della risposta indiciale che determinano la sovraelongazione.
` importante osservare, per`
E
o, che esiste anche un nesso tra massima sovraelongazione
(o natura sensibilmente oscillante) della risposta indiciale di un sistema in retroazione
unitaria ed i margini di fase e guadagno della relativa funzione di anello. In altri termini,
losservazione quantitativa che `e stata dimostrata rigorosamente per un sistema del
secondo ordine, che a margine di fase piccolo della funzione di anello corrisponde grande
sovraelongazione (o natura fortemente oscillante) nella risposta indiciale del sistema
in ciclo chiuso, `e generalizzabile. Per chiarire questo punto, si consideri un generico
diagramma polare di una funzione di anello L(s) per la quale si possano applicare i
criteri di stabilit`
a del margine di fase e di guadagno: si ipotizzi di chiudere L(s) in
retroazione unitaria. Il vettore avente origine nel punto critico (1, j0) e termine sulla

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 72
Picco di risonanza
55

50

45

40

Mris [dB]

35

30

25

20

15

10

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

Figura 36: Particolare del picco di risonanza in dB.

curva L(j) ha modulo |1 + L(j)|. Ne segue che se il diagramma polare passa molto
vicino al punto critico (1, j0) (eventualmente in seguito ad un margine di fase o di
guadagno molto piccolo), significa che nei pressi della pulsazione di taglio t (dove per
definizione |L(jt )| = 1) ci sar`
a una pulsazione t per la quale |1 + L(j )|  1 e

|L(j )| 1. Di conseguenza, in una simile situazione, la funzione di risposta armonica


T (j) =

L(j)
1 + L(j)

(284)

del sistema in retroazione unitaria avente funzione di anello L(j) avr`a un picco di risonanza nei pressi di t . Tale picco sar`a tanto pi`
u pronunciato quanto pi`
u vicino
sar`a il passaggio del diagramma polare di L(j) al punto critico (1, j0). Questo dimostra che, in generale (e non solo per il sistema elemntare del II ordine), a margini
di guadagno o fase piccoli nella funzione di anello corrisponderanno grandi oscillazioni e
grande sovraelongazione nella risposta indiciale del sistema in retroazione unitaria avente funzione di anello L(j). Si noti infine che, per quanto non molto comuni, sono anche
possibili situazioni patologiche in cui nonostante si abbiano grandi valori dei margini
di fase e di guadagno, il diagramma polare della funzione di anello passa pericolosamente vicino al punto critico (1, j0). Tali situazioni sono molto pericolose in quanto
nonostante eventuali valori abbondanti dei comuni margini di stabilit`a, si avrebbero prestazioni dinamiche nel dominio del tempo potenzialmente insoddisfacenti. La diagnosi
di queste situazioni `e comunque immediata dallanalisi grafica del diagramma polare
della funzione di anello. In linea di massima queste situazioni si possono manifestare
quando la pendenza del diagramma di Bode dei moduli nei pressi del taglio (tipicamente

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 73
Frequenza di risonanza
1

0.9

0.8

0.7

wris / wn

0.6

0.5

0.4

0.3

0.2

0.1

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

Figura 37: Frequenza di risonanza ris /n =

1 2 2 : 12

1 .
2

alla sua destra) ha pendenza bassa. Per evitare queste situazioni, una buona regola di
sintesi `e che la pendenza del diagramma di Bode dei moduli della funzione di anello non
si appiattisca a 0 dopo il taglio ed, anzi, compatibilmente con le specifiche sul margine
di fase, sia quanto pi`
u grande possibile.

16

Il controllo ad azione diretta.

17

La sintesi del controllore in retroazione: considerazioni


generali.

Dato un impianto LTI descritto da una funzione di trasferimento F (s) ed un sensore


H(s) che ne misuri luscita y(t), la sintesi del regolatore in retroazione consiste nel
determinare la funzione di trasferimento di un sistema dinamico LTI strettamente o
semplicemente proprio (il controllore R(s)) tale che il sistema in retroazione
T (s) =

RF
1 + RF H

(285)

soddisfi alcuni requisiti o specifiche. Dallanalisi dello schema a blocchi del sistema
in ciclo chiuso T (s), emerge che il problema descritto pu`o sempre essere ricondotto a
quello di sintetizzare un sistema di controllo in retroazione unitaria per limpianto G(s) =
F (s)H(s). Alla luce di questa osservazione, e senza ledere la generalit`a della discussione,
nel seguito si assumer`
a di dover risolvere il problema della sintesi in retroazione unitaria

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 74
Margine di fase
80

70

60

[deg]

50

40

30

20

10

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

Figura 38: Margine di fase di un sistema del secondo ordine in ciclo chiuso.

per un impianto descritto dalla funzione di trasferimento G(s), ossia individuare la


funzione di trasferimento di un sistema dinamico R(s) tale che il sistema in retroazione
unitaria
R(s)G(s)
1 + R(s)G(s)
soddisfi date specifiche.
La procedura di sintesi in frequenza (a volte chiamata per tentativi nella letteratura
in lingua italiana) non `e facilmente codificabile e non `e semplice definire una metodologia
` per`o possibile descrivere un certo numero
applicabile nella generalit`
a delle situazioni. E
di regole di buona prassi e di raccomandazioni che sono in genere sufficienti a guidare
nel processo della sintesi in modo da raggiungere risultati soddisfacenti. Tra le prime
regole, ricordiamo che
1BP La funzione di trasferimento del regolatore R(s) deve essere fisicamente realizzabile.
2BP La funzione di trasferimento del sistema in ciclo chiuso deve essere BIBO stabile.
Per quanto riguarda questo punto, `e opportuno distinguere la sintesi per impianti
(G(s) = F (s)H(s), serie dellimpianto e del sensore) a fase minima e a fase non minima.
Definizione: Un sistema LTI a tempo continuo si dice a fase minima o a sfasamento
minimo se ha costante di Bode positiva, `e privo di poli a parte reale positiva, `e privo di

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 75
zeri a parte reale positiva ed `e privo di ritardi di tempo finiti.
Per sistemi a fase minima, la stabilit`a in ciclo chiuso pu`o essere garantita assicurando
che la funzione di anello soddisfi il criterio qualitativo della pendenza (criterio di Bode)
o i criteri del margine di fase e di guadagno. Si noti che per impianti a fase minima, non
c`e vincolo su dove imporre la pulsazione di taglio della funzione di anello. In questo
senso la situazione `e molto pi`
u complessa ed articolata per sistemi a fase non minima.
Per garantire la stabilit`
a in ciclo chiuso per sistemi a fase minima sulla base dei criteri
di Bode o del margine di fase, `e frequente luso di reti ad anticipo del tipo
K0

s+z
: z < p reali
s+p

(286)

con z < t < p essendo t la pulsazione di taglio della funzione di anello.


In molte circostanze la sintesi della rete ad anticipo di fase `e semplificata utilizzando
la seguente parametrizzazione:
Ranticipo (s) = K

1+s
1 + s

, K > 0, (0, 1].

(287)

Analizzando il diagramma polare di questa rete, che `e un semicerchio per [0, ), si


evince che il massimo della sua fase max soddisfa:
=

1 sin max
1 + sin max

(288)

(289)

e si manifesta alla pulsazione


=

Infine, ponendo
K=

(290)

si garantisce che il taglio del diagramma di Bode dei moduli di Ranticipo (s) sia proprio
in .
3BP La funzione di anello L(s) = R(s)G(s) deve essere di tipo passa-basso con una
unica pulsazione di taglio ottenuta in corrsipondenza di una pendenza negativa
del diagramma dei moduli di Bode.
Data la natura passa-basso di L(s), si `e soliti indicare con i termine bassa frequenza lo
spettro su cui |L(s)|  1, media frequenza lo spettro su cui |L(s)| 1 e di alta frequenza
lo spettro su cu |L(s)|  1. Naturalmente la pulsazione di taglio di L(s) individuer`a
la banda passante, ovvero la prontezza, del sistema in ciclo chiuso. Questa deve essere
scelta compatibilmente allo sforzo di controllo ammissibile e alla specifica applicazione in
esame. In particolare, si ricorda che se limpianto G(s) `e strettamente proprio, imporre
una pulsazione di taglio t sulla funzione di anello a destra dellultima pulsazione di
rottura di G(j) determiner`
a che in una porzione di spettro dellordine di ( , t ) il
modulo della funzione di risposta armonica R/(1 + RG) tra luscita del regolatore ed il
riferimento tender`
a a 1/|G(j)|.
Si noti che queste regole di buona prassi vanno rispettate contemporaneamente.
Dunque per quanto riguarda, per esempio, i punti 2BP e 3BP, il numero di reti ad
anticipo di fase da poter usare nella zona di media frequenza sar`a superiormente limitato.

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 76
4BP La funzione di anello L(s) = R(s)G(s) ed il regolatore R(s) devono essere di tipo
compatibile con le specifiche di reiezione dei disturbi sullingresso e luscita di G(s)
e di robustezza a variazioni parametriche.
` bene che non ci siano cancellazioni tra zeri nellorigine del controllore e poli
5BP E
nellorigine dellimpianto, ossia R(s)G(s) deve essere di tipo maggiore o uguale a
quello di G(s).
6BP Se la funzione di anello `e di tipo zero, il guadagno statico L(0) della funzione di
anello deve essere sufficientemente elevato da garantire che lerrore asintotico per
riferimenti a gradino sia sufficientemente piccolo.
Indicando con t la pulsazione di taglio di L(j), i punti 4BP e 6BP possono sempre
essere soddisfatti moltiplicando la R(s) che non li soddisfacesse rispettivamente per reti
di tipo proporzionale - integrale (PI) ed a ritardo di fase agenti nella zona di bassa
frequenza, ossia per


s+z n
: n 1, z  t
(291)
s
e
1 1 + s
1
: (0, 1),
 t .
(292)
1+s

7BP A parit`
a di prestazioni ottenute con due controllori diversi, `e sempre preferibile
utilizzare quello di struttura pi`
u semplice (i.e. con il minore numero di poli e zeri)
o eventualmente quello che garantisce il minor sforzo di controllo.
Una tecnica da considerare per cercare di ottenere controllori pi`
u semplici possibili consiste, una volta sintetizzato R(s), nel verificare tramite il suo diagramma di Bode e quello
dellimpianto G(s), se sia possibile mantenere una analogo andamento del diagramma
di Bode di R(s) e della funzione di anello eliminando alcuni poli e/o zeri di R(s). Pu`o
succedere, per esempio, che nella sintesi si siano introdotti poli di R(s) in alta frequenza
(ossia dove |L(j)|  1); se questi non fossero necessari a garantire la fisica realizzabilit`a
di R(s) potrebbe essere possibile eliminarli senza modificare sensibilmente le prestazioni
complessive.
Valutando nel complesso le regole esposte, si noti che la procedura di sintesi del
controllore (almeno per sistemi a fase minima) pu`o essere pensata per zone di frequenza
distinte. In altri termini dato il diagramma di Bode del sistema G(s) da controllare,
si pu`o procedere a correggerlo per zone di frequenza fattorizzando il regolatore nelle
regioni di bassa, media ed alta frequenza (rispettivamente indicate con i pedici bf , mf
ed af )
R(s) = Rbf (s) Rmf (s) Raf (s)
(293)
e scegliendo ciascun fattore in modo che abbia guadagno unitario (o comunque costante)
e fase nulla nelle altre zone. Tipicamente nelle zone di bassa frequenza si inseriscono
termini atti a soddisfare le prestazioni asintotiche: per esempio, reti PI o a ritardo di
fase che garantiscano guadagni elevati per pulsazioni tendenti a zero e tali che abbiano
fase tendente a zero e modulo tendente ad uno in media ed alta frequenza. Nella zona
di media frequenza si inseriscono termini che garantiscano la BIBO stabilit`a in ciclo
chiuso con il rispetto delle eventuali specifiche sui margini di fase e guadagno. Spesso
questi obiettivi sono raggiunti con luso (in media frequenza) di reti ad anticipo di
fase opportunamente centrate. In alta frequenza potrebbero essere presenti poli atti a

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 77
garantire la fisica realizzaibilit`
a del controllore ed il rispetto delle specifiche sul margine
di guadagno.
Si noti che le prime regole fin qui esposte valgono in generale, ovvero per sistemi
a fase minima e per sistemi a fase non minima. La differenza sostanziale tra le due
classi di sistemi consiste nella possibilit`a per i sistemi a fase minima di garantire la
BIBO stabilit`
a in ciclo chiuso sulla base dei semplici criteri di stabilit`a dei margini di
fase e guadagno o della pendenza (criterio di Bode). In presenza di sistemi a fase non
minima, tali criteri potrebbero non valere rendendo il problema di garantire la BIBO
stabilit`a in ciclo chiuso pi`
u difficile. Naturalmente in presenza di sistemi a fase non
minima si potr`
a sempre ricorrere al criterio di Nyquist per analizzare la stabilit`a in ciclo
chiuso, ma a differenza dei criteri dei margini di fase, guadagno e della pendenza, il
criterio di Nyquist nella sua forma generale non indica in maniera esplicita e diretta
quali modifiche effettuare alla funzione di anello per garantire la BIBO stabilit`a in ciclo
chiuso. Il problema generale della sintesi per sistemi a fase non minima pu`o essere in
parte semplificato distinguendo alcuni casi particolari.

17.1

La sintesi del controllore per sistemi a fase non minima: considerazioni generali

Un impianto G(s) (serie del sistema e del sensore) da controllare in retroazione (unitaria)
pu`o essere a fase non minima per diversi motivi. In particolare una qualunque funzione
di trasferimento a fase non minima pu`o sempre essere fattorizzata come
G(s) = Gf m (s) Gf nm (s)

(294)

essendo Gf m (s) a fase minima e Gf nm (s) no. La natura a fase non minima di Gf nm (s)
pu`o dipendere da diversi fattori:
costante di Bode negativa, Gf nm (s) = 1
presenza di zeri a parte reale positiva,
 2
Y
l
s
Gf nm (s) =
(1 h s) 1 + 2 s +
l
l

!
: h > 0, l (1, 0) l, h

h,l

(295)
presenza di ritardi di tempo finiti,
Gf nm = esT : T > 0

(296)

presenza di poli a parte reale positiva,


1

Gf nm (s) =


Q

h,l (1

h s) 1 +

2 ll s

 2  : h > 0, l (1, 0) l, h
s
l

(297)
una qualunque combinazione dei punti precedenti.

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 78
17.1.1

Sistemi con costante di Bode negativa.

Le situazioni corrispondenti ai precedenti punti sono in ordine di complessit`a crescente:


se un sistema `e a fase non minima a causa del solo segno della costante di Bode, sar`a
sufficiente pensare il controllore nella forma R(s) = R1 (s) e procedere alla sintesi di
R1 (s) per il sistema a fase minima G(s). Dunque la presenza della sola costante di
Bode negativa in G(s) si risolve banalmente.
17.1.2

Sistemi con zeri destri.

Se, invece, G(s) `e a fase non minima per la presenza di soli zeri destri, la situazione `e
pi`
u articolata. Innanzi tutto, notiamo che questi zeri non possono e non devono essere
compensati per cancellazione da parte di R(s). Per comprendere il motivo di questa impossibilit`
a, notiamo che nelle ipotesi correnti la Gf nm (s) sar`a data dallequazione (294),
ossia la natura di fase non minima di G(s) `e dovuta alla presenza di soli zeri a parte reale
positiva. Supponiamo ora di procedere compensando per cancellazione gli zeri destri del
sistema G(s) per poter poi trattare il rimanente sistema come fosse a fase minima. Sia
G
1 (s) avendo indicato con G
f nm (s) la nostra stima degli zeri
dunque R(s) = R(s)
f nm
1 (s) Gf nm (s) = 1, ossia che la cancellazione
destri di G(s). Se ipotizzassimo che G
f nm

fosse perfetta, dovremmo procedere scegliendo R(s)


in modo che la funzione di anello a

fase minima R(s) Gf m (s) soddisfi il criterio di Nyquist (e/o della pendenza, del margine
di fase, del margine di guadagno). Dunque per questa funzione di anello dovremmo garantire che z = Nf + /2 = 0 essendo p = 0 in virt`
u dellipotesi di perfetta cancellazione
1

Gf nm (s) Gf nm (s) = 1. Questa ipotesi, per`o, `e assurda e fisicamente non realizzabile in


quanto richiederebbe una infinita precisione nella conoscenza degli zeri destri di G(s)
1 (s). Dunque dallanalisi di Nyquist
ed una infinita precisione nella realizzazione di G
f nm
segue che procedendo come appena descritto avremmo esattamente z = p = r poli destri
in ciclo chiuso. La conclusione di questa analisi `e che la cancellazione tra poli destri del
controllore e zeri destri del sistema da regolare `e sempre rigorosamente vietata.
Come si deve procedere allora in presenza di una Gf nm (s) come quella data in
equazione (294)? Per rispondere, `e bene analizzare in dettaglio quale sia la difficolt`a
tecnica nel garantire la BIBO stabilit`a in ciclo chiuso indotta dalla presenza di zeri
destri. Si noti che se G(s) ha costante di Bode positiva e Gf nm (s) non contiene poli
destri (come nellipotesi corrente in cui la Gf nm (s) `e data dalla equazione (294), vale
il criterio del margine di fase. Dunque la BIBO stabilit`a sar`a garantita se il margine
di fase `e positivo. Si immagini di aver sintetizzato un controllore R0 (s) tale che la
pulsazione di taglio t della funzione di anello sia molto a sinistra rispetto il primo zero
destro reale e la prima pulsazione naturale associata a zeri destri complessi coniugati di
Gf nm (s). Ovvero, con riferimento alla equazione (294) si definisca zmin = minh,l {h , l }
la prima pulsazione di rottura presente nel diagramma di Bode di Gf nm (s) (equazione
(294)) e si ipotizzi che R0 (s) garantisca una pulsazione di taglio della funzione di anello
t  zmin . Ci`
o equivale ad avere lasciato la Gf nm (s) completamente nella zona ad alta
frequenza della funzione di anello ed, in particolare, per costruzione si `e garantito che gli
zeri destri non influenzino negativamente il margine di fase del sistema. Nella situazione
descritta, finch`e vale t  zmin , R0 (s) pu`o essere sintetizzata come se il sistema da
controllare fosse il solo Gf m (s). In particolare scegliendo R0 (s) in modo che il taglio
in t  zmin si verifichi con pendenza di 20 dB/decade, si garantir`a un margine
di fase dellordine di 90 gradi (ragionevolmente il massimo possibile volendo avere alti

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 79
guadagni a sinistra del taglio ed un sufficiente margine di guadagno). Supponiamo
che la pendenza di 20dB/decade del diagramma di Bode dei moduli della funzione
R0 (s)Gf m (s) si conservi inalterata fino a abbracciare interamente la decade centrata su
zmin . Ci`
o consente di aumentare la pulsazione di taglio t aumentando la costante di
Bode KBR0 di R0 (s). Al crescere di KBR0 t tender`a a zmin mentre la fase diminuir`a
e la pendenza del diagramma dei moduli anche! Nella pi`
u benevola delle ipotesi in
cui zmin fosse relativo ad uno zero reale semplice isolato (ovvero distante almeno una
decade dai successivi zeri destri di Gf nm (s)), in prossimit`a di t = zmin si avrebbe
fase della funzione di anello dellordine di 135 gardi (margine di fase dellordine di 45
gradi), ma pendenza del diagramma asintotico pari a zero. Aumentando ancora KBR0
il taglio non sarebbe pi`
u definito in quanto la pendenza tenderebbe a zero e la fase
a destra di zmin continuerebbe a diminuire. Si noti che una simile situazione non pu`o
essere recuperata con laggiunta di reti ad anticipo (le uniche in grado di aggiungere fase
positiva senza introdurre poli destri) in quanto non farebbero che aumentare ancora la
pendenza! Se zmin non fosse semplice e isolato, il quadro non sarebbe che peggiore. Da
questo esempio concettuale dovrebbe risultare chiaro che in presenza di una Gf nm (s)
come in equazione (294), non `e tecnicamente possibile garantire pendenze negative alla
destra del primo zero destro con margine di fase positivo. Lunica soluzione possibile per
avere un unico taglio della funzione di anello con pendenza negativa e margine di fase
positivo in presenza di sistemi nella forma G(s) = Gf m (s)Gf nm (s) con Gf nm (s) come
in equazione (294) `e di lasciare Gf nm (s) nella zona di alta frequenza, ossia progettare
controllori tali che il taglio della funzione di anello si manifesti alla sinistra del primo zero
destro (o della prima pulsazione naturale associata a zeri destri complessi coniugati). In
sintesi, la presenza di zeri destri limita inevitabilmente la banda passante del sistema in
ciclo chiuso. Dunque i sistemi nella forma G(s) = Gf m (s)Gf nm (s) con Gf nm (s) come
in equazione (294) vanno trattati come fossero a fase minima imponendo un taglio della
funzione di anello alla sinistra di zmin , ossia vincolando Gf nm (s) a rimanere confinata
nella zona di alta frequenza della funzione di anello.
17.1.3

Sistemi con ritardo di tempo finiti.

Le difficolt`
a associate ad una Gf nm (s) = esT : T > 0 sono abbastanza simili a
quelle relative alla presenza di zeri destri. In particolare, la presenza di ritardi di tempo
finiti limita la massima banda passante della funzione in ciclo chiuso. Data G(s) =
Gf m (s) esT , oltre al sempre valido criterio di stabilit`a di Nyquist, vale ancora anche
il criterio del margine di fase e di guadagno. Trascurando per il momento il termine
di ritardo temporale finito esT , si ipotzzi di avere sintetizzato un controllore R0 (s)
che compensi Gf m (s) imponendo che R0 (s)Gf m (s) abbia pendenza negativa di 20
dB/decade a cavallo del taglio t , dunque margine di fase dellordine di 90 gradi (come
gi`a osservato, il massimo ragionevolmente possibile). In presenza del ritardo temporale,
questo margine di fase verrebbe ridotto di 180
t T gradi dimostrando che la pulsazione
di taglio t dovr`
a sicuramente soddisfare
t T <

.
2

Nella pratica, assumendo che si possa accettare una riduzione del margine di fase indotta
dal ritardo di tempo finito dellordine di 5 gradi (approssimativamente 1/10 di radiante),

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 80
si dovr`a imporre la condizione pi`
u stringente
t T

1
.
10

Si noti che, come nel caso di zeri destri, ci`o `e dovuto alla impossibilit`a di recuperare la
fase perduta con reti ad anticipo nel controllore poiche queste aumentando le pendenze
oltre al minimo possibile di 20 db/decade violerebbero la condizione di unico taglio
ottenuto con pendenza negativa per la funzione di anello.
Analogamente al caso di zeri destri, la sintesi per sistemi affetti da ritardo di tempo
finito va realizzata vincolando la pulsazione di taglio della funzione di anello a regioni
delle spettro dove la perdita di fase indotta dal ritardo di tempo finito non incida significativamente sul margine di fase in ciclo chiuso. Per il resto, in generale si possono
seguire gli stessi criteri e metodi usati per trattare sistemi a fase minima.
17.1.4

Sistemi con poli destri.

Per i sistemi a fase non minima per la sola presenza di poli destri, ossia per i quali la funzione di trasferimento fattorizzata come in equazione (293) presenti una Gf nm (s) come
in equazione (296), non si possono applicare i criteri di stabilit`a del margine di fase e del
margine di guadagno. Naturalmente sar`a ancora valido il criterio di Nyquist, ma non
valendo (per esempio) quello del margine di fase non ci sono semplici procedure operative generali (come aumentare la fase nel taglio) per garantire la BIBO stabilit`a in ciclo
chiuso. Risulta dunque difficle individuare metodi di sintesi generali da poter applicare
al caso generico di impianti instabili in ciclo aperto, specie se sia richiesto, come quasi
sempre, di soddisfare altre specifiche (come un vincolo sul tempo di assestamento nella
risposta indiciale o la reiezione di dati disturbi) oltre alla BIBO stabilit`a in ciclo chiuso.
Come spesso accade in molti ambiti ingegneristici, per risolvere questo difficile problema `e utile cercare di scomporlo in sotto-problemi pi`
u semplici per i quali si conoscano
procedure operative ben codificate. Nel caso specifico in esame, una possibile soluzione
consiste nel progettare due anelli di retroazione distinti: il primo (anello pi`
u interno) si
pone come unico obiettivo la stabilizzazione del sistema. Ossia lindividuazione di un
controllore R0 (s) tale che la funzione in ciclo chiuso
G1 (s) =

R0 (s)G(s)
1 + R0 (s)G(s)

(298)

sia BIBO stabile. Ne segue che la funzione G1 (s) sar`a a fase minima (nel caso R0 (s) abbia
costante di Bode positiva e sia priva di zeri destri e ritardi di tempo finiti) o, comunque
a fase non minima, ma priva di poli destri (nel caso R0 (s) non sia a fase minima per
la presenza di una costande di Bode negativa e/o di zeri destri e/o di ritardi di tempo
finiti). Dunque si potr`
a sempre procedere alla sintesi di un secondo controllore R1 (s) con
i metodi esaminati per sistemi privi di poli destri tale che siano soddisfatte eventuali altre
specifiche di controllo oltre alla BIBO stabilit`a in ciclo chiuso. Larchitettura di controllo
risultante si chiama a doppio anello. Naturalmente la difficolt`a maggiore rimane la
sintesi del controllore stabilizzante R0 (s): i metodi per risolvere questo problema di
sintesi sono sostanzialmente due. Il primo consiste nellutilizzare il criterio di Nyquist.
In particolare dallanalisi del diagramma polare della funzione G(s) assegnata, si cerca di
individuare la struttura di una rete tale per cui lequazione di Nyquist z = p + /2 + Nf
applicata al sistema R0 (s)G(s) abbia soluzione z = 0. Purtroppo non esistono regole

FdA A.A. 2012 - 2013, Giovanni Indiveri, Universit`a del Salento. VERSIONE 0.43 81
generali per risolvere questo problema di sintesi, ma bisogna esaminare il singolo caso
in funzione della natura della G(s) assegnata. Il secondo metodo `e basato sulluso di
uno strumento analitico noto come luogo delle radici che permette di analizzare come
variano le posizioni dei poli di un sistema al variare di alcuni suoi parametri. Il metodo
del luogo delle radici `e descritto nel seguito.
17.1.5

Sistemi a fase non minima per la presenza concomitante di pi`


u cause.

Il problema della sintesi per sistemi la cui natura di fase non minima sia indotta da pi`
u
di una delle singole cause prima descritte pu`o essere trattato in modo ragionevolmente
semplice una volta comprese in dettaglio le situazioni relative ai casi precedenti. Si
ipotizzi di progettare il regolatore fattorizzandolo come R(s) = R0 (s)R1 (s). Qualunque
sia la combinazione di concause determinanti la natura a fase non minima dellimpianto,
leventuale presenza di una costante di Bode negativa pu`o essere banalmente eliminata
scegliendo R0 (s) = 1 ed avendo cura che R1 (s) abbia costante di Bode positiva. Se,
inoltre, tra le diverse concause presenti fosse assente la presenza di poli destri, dallanalisi
svolta relativamente alla presenza di soli zeri destri e di un ritardo di tempo finito, segue
che sarebbe sufficiente procedere alla sintesi di R1 (s) come se il sistema da regolare fosse
privo di ritardi di tempo finiti e zeri destri avendo cura che questi siano vincolati a
trovarsi nella zona di alta frequenza della funzione di anello e che lo sfasamento associato
al ritardo di tempo finito sia trascurabile in prossimit`a della pulsazione di taglio della
funzione di anello.
In presenza di poli destri ed altre concause che rendano limpianto da regolare a fase
non minima, si potr`
a procedere come descritto al paragrafo (17.1.4): ossia, si potr`a prima
individuare un controllore stabilizzante (anello di controllo in retroazione pi`
u interno)
tramite lanalisi in frequenza (criterio di Nyquist) e/o il luogo delle radici. Terminata
questa fase, si sar`
a individuato un sistema (il sistema stabilizzato in retroazione) privo
di poli destri e, in generale, ancora a fase non minima per la concomitanza di pi`
u cause
(esclusa la presenza di poli destri). A questo punto si potr`a trattare questo nuovo sistema
con i metodi e le cautele appena descritte per sistemi a fase non minima e privi di poli
destri.

18

Il luogo delle radici

Figura 39: Walter R. Evans (1920 - 1999)

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Il luogo delle radici `e un metodo di analisi e sintesi per sistemi di controllo LTI a
tempo continuo sviluppato da Walter R. Evans (1920 -1999) sul finire degli anni 1940.
In estrema sintesi, il metodo consiste nel studiare la posizione nel piano complesso delle
radici del polinomio caratteristico di un sistema LTI SISO in retroazione al variare di
determinati parametri della funzione di anello. Nella sua formulazione pi`
u semplice e
comune, la funzione di anello `e razionale fratta priva di ritardi finiti ed il parametro in
funzione del quale si esamina il luogo delle radici della funzione di trasferimento in ciclo
chiuso `e la costante di guadagno della funzione di anello. In particolare sia
L(s) = R(s)G(s)H(s)

(299)

una funzione di anello priva di ritardi finiti dove R(s), G(s) e H(s) sono, rispettivamente, le funzioni di trasferimento del controllore, dellimpianto e del trasduttore. La
funzione di trasferimento in retroazione sar`a (omettendo di indicare in modo esplicito
la dipendenza da s)
RG
RG
T =
=
(300)
1 + RGH
F
avendo posto
F := 1 + RGH.
(301)
Al fine di sviluppare il metodo, si scriva la funzione di anello come
L(s) = K

NR (s) NG (s) NH (s)


NL (s)
=K
DR (s) DG (s) DH (s)
DL (s)

(302)

avendo indicato con NA (s) e DA (s) rispettivamente il numeratore ed il denominatore,


entrambi in forma monica, della funzione razionale A(s).
Definizione
Il luogo delle radici `e il luogo dei punti del piano complesso che sono radici del polinomio
caratteristico della funzione in ciclo chiuso T (s) in equazione (299) per qualche valore
della costante di guadagno K (, ) della funzione di anello definita come in
equazione (301). Convenzionalmente il luogo delle radici relativo a K (0, ) `e detto
luogo positivo e quello relativo a K (, 0) `e detto luogo negativo.
Si noti che, in generale, la costante di guadagno K in equazione (301) non coincide con
la costante di Bode KB della funzione di anello. Sebbene, infatti, il moduolo di KB sar`a
sempre proporzionale al modulo di K, le due costanti possono differire sia in modulo
che in segno.
Sulla base dellequazione (301), introduciamo la seguente notazione
NL (s)

L(s)
:=
DL (s)

L(s) = K L(s)

(303)

in termini della quale il luogo delle radici sar`a individuato, quando K 6= 0, dai punti s
per i quali vale:


(

|K|
L(s)

=1

1 + K L(s)
= 0 =
(304)

arg K + arg L(s)


= (2 n + 1) : n intero.

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Fissato un punto s del piano complesso, esso appartiene al luogo delle radici se esiste
un K reale ed un n intero per cui entrambe le condizioni espresse dalla equazione (303)
siano soddisfatte. Poiche qualunque sia s la condizione di modulo pu`o sempre essere
soddisfatta scegliendo
1
,
|K| =

L(s)
il luogo delle radici pu`
o essere determinato sulla base della condizione sulle fasi. Questa
pu`o essere rielaborata come segue

(2 n + 1) 2 m
se K > 0

arg L(s)
= (2 n + 1) arg K =
(305)
(2 n + 1) (2 m + 1) se K < 0
per qualche n ed m interi. Ricordando che
la somma (o differenza) di due numeri pari `e pari
la somma (o differenza) di due numeri dispari `e pari
la somma (o differenza) di un numeri pari e uno dispari `e dispari
dalla equazione (304) segue che il luogo delle radici per K 6= 0 sar`a individuato da

(2 + 1) : intero
se K > 0

.
(306)
arg L(s) =
2
: intero
se K < 0

Ricordando che L(s)


`e il rapporto di polinomi in forma monica, si tratta di individuare
delle regole operative che aiutino ad individure i punti s nel piano complesso per i quali
siano soddisfatte le condizioni (305).

18.1

Regole per il tracciamento del luogo delle radici

Regola 1 Il luogo delle radici ha tanti rami quanti sono i poli della funzione di anello.
dim. per esercizio.
Regola 2 Il luogo delle radici `e simmetrico rispetto lasse reale.
dim. per esercizio.
Regola 3 Ogni ramo del luogo delle radici ha origine nei poli della funzione di anello L(s)
(per K = 0) e termine negli zeri della funzione di anello oppure allinfinito (per
|K| ).
dim. Segue osservando che il polinomio caratteristico pc(s) della funzione di trasferimento T (s) data dallequazione (299) `e


DL (s)
pc(s) = DL (s) + K NL (s) = K
+ NL (s)
K
Regola 4 Un punto s dellasse reale appartiene al luogo positivo se lascia alla sua destra una
quantit`
a dispari tra zeri e poli reali della funzione di anello

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Regola 4 bis Un punto s dellasse reale appartiene al luogo negativo se lascia alla sua destra
una quantit`
a pari tra zeri e poli reali della funzione di anello
dim. Notando che

Qm
(s zh )

L(s) = Qh=1
n
(s
pi )
i=1

seguono direttamente dalle condizioni (305) (verificare graficamente).


Regola 5 Indicando con n ed m i gradi rispettivamenti dei polinomi DL (s) ed NL (s) della
funzione di anello L(s), il luogo delle radici ha n m (grado relativo) asintoti che
formano una stella centrata nel punto del piano reale
!
n
m
X
X
1
c=
ph
(307)
zi
nm
h=1

i=1

e orientati con angoli


=
=

2 + 1
se K > 0
nm
2
se K < 0
nm

(308)
(309)

con intero. In sintesi,


nm
0
1
2
3
4
..
.

# asintoti
0
1
2
3
4
..
.

angoli [deg] per K > 0

180
90
60, 180
45, 135
..
.

angoli [deg] per K < 0

0
0, 180
0, 120
0, 180, 90
..
.

dim. Omessa.
Regola 6 Ad una radice multipla di ordine corrisponde un punto del luogo delle radici
comune a rami. Questi punti sono individuati, oltre che dalle equazioni (303),
dalle equazioni
dk
F (s) = 0 : k = 0, 1, 2, . . . , 1
(310)
dsk
essendo F (s) data dallequazione (300). Nel caso frequente in cui valga = 2,
queste condizioni possono essere espresse come:
m
X
i=1

X 1
1

=0
s zi
s pj

(311)

j=1

1
K=
: K 6= 0 reale

L(s)

(312)

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dim. La prima parte della regola segue dalla definizione di F (s) e del luogo stesso.
La seconda segue dallosservare che per = 2 le condizioni su F (s) diventano,
nellipotesi K 6= 0,


d
L(s)
= 1/K

=
ln L(s)
= 0 =
(313)
d
K ds L(s) = 0
ds
" m
#
 Qm

n
X
(s zh )
d X
d
h=1
ln Qn
=
ln(s zh )
ln(s pi ) =
ds
ds
i=1 (s pi )
h=1

m
X
h=1

s zh

n
X
i=1

i=1

1
= 0.
s pi

Si noti che per individuare i punti s sede di intersezione tra due rami del luogo
delle radici devono valere entrambe le equazioni (310) e (311).
Regola 7 I rami che si incontrano in un polo s di molteplicit`a formano in s una stella
in cui ogni ramo entrante `e intercalato ad uno uscente formando con esso un angolo
di / radianti.
dim. Omessa.
Regola 8 Langolo secondo cui il luogo delle radici lascia un polo della funzione di anello o
quello secondo cui raggiunge uno zero della funzione di anello pu`o essere calcolato
sulla base della equazione di fase (305).
dim. Dalla definizione.

Indice analitico
regolatore, 1
stabilit`a, 1

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