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UNIVERSIT DELLA CALABRIA DIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA E STORIA DELLE ARTI

ANNO ACCADEMICO 2007/2008 PRIMO SEMESTRE


ANTROPOLOGIA SOCIALE - PIERO VERENI
MATERIALI DIDATTICI SECONDA PARTE

Appunti per la lettura di Modernit in polvere, di Arjun Appadurai.

Piero Vereni il traduttore del testo, descrive il linguaggio di A. come ostico, che crea
al traduttore stesso problemi di coscienza a causa dei numerosi neologismi. Questo
perch A. americano di origine indiana, nato a Bombay, di educazione britannica e
formazione universitaria statunitense: il suo inglese in parte il retaggio della
colonizzazione britannica ed in parte della cultura statunitense.
Il libro racconta che non pi possibile appellarsi ai tempi in cui i confini tra Noi e
Loro erano saldi, perch siamo ormai tutti immersi in una fusione postfusiva di cui
meglio conoscere la temperatura, se non vogliamo rimanere scottati.
Introduzione
Il libro un tentativo di dare un senso al percorso che era iniziato con la modernit
come sensazione fisica scoperta attraverso i film americani visti a Bombay e che si
concluso di fronte alla modernit come teoria nei corsi universitari di scienze sociali.
Ha selezionato come temi alcuni fatti culturali e li ha usati per portare alla luce la
relazione tra modernizzazione come evento e modernizzazione come teoria.
Lopera dellimmaginazione.
La mediazione elettronica e la migrazione di massa segnano il mondo presente non
perch
sono
forze
tecnicamente
nuove
ma
perch
spingono
lopera
dellimmaginazione. Immagini e spettatori sono contemporaneamente in circolazione
e questa relazione mobile tra eventi mass-mediatici e pubblici migranti definisce il
nucleo della relazione tra la globalizzazione e il moderno.
I mutamenti tecnologici hanno determinato un cambiamento: anche limmaginazione
diventata un fatto collettivo a causa dei mutamenti tecnologici. 1) diventata parte
del lavoro mentale quotidiano della gente comune in molte societ, che immagine
nuove vite, nuovi lavori, nuovi posti in cui abitare. 2) Distinzione tra immaginazione e
fantasia. 3) Limmaginazione sempre pi un fattore collettivo trans-nazionale (le
Olimpiadi, la fruizione collettiva di una visione).
La globalizzazione ha ridotto le distanze tra le elites, mutato la relazione tra produttori
e consumatori; la modernit oggi pi pratica ed esperienziale e meno pedagogica.
La trasformazione delle soggettivit quotidiane attraverso la mediazione elettronica e
lopera dellimmaginazione non solo un fatto culturale: anche connessa alla
politica,attraverso i modi in cui il senso individuale taglia trasversalmente quello dello
stato nazionale.
La globalizzazione non la storia dellomogeneizzazione culturale.
Il culturalismo la politica dellidentit mobilitata a livello nazionale; la
deliberata mobilitazione delle differenze culturali al servizio di politiche pi
vaste (nazionali o transnazionali), da cui la violenza etnica di oggi.
Appadurai un esperto di studi darea, una strategia di ricerca occidentale
secondo i quali la localit un prodotto storico e le storie attraverso cui le
localit emergono sono soggette poi alle dinamiche del globale. Lindia in questo
testo un esempio per esaminare come la localit emerga in un mondo che si
globalizza.
Interpreta la politica culturale del mondo globale attraverso la relazione tra
mediazione e migrazione di massa.
La questione dello stato nazionale, della sua storia, della sua crisi attuale e delle
sue prospettive: gli stati nazionali acquistano senso solo come parte di un

sistema e ormai chiaro che non possano fungere da regolatori a lungo termine
della relazione tra globalit e modernit; ecco perch la modernit in polvere
(il nazionalismo visto come una malattia; il sistema degli stati nazionali a
rischio idea condivisa da pi part; i moderni apparati governativi perseguono
la millanteria, la violenza, la corruzione). E possibile che lordine postnazionale
che sta emergendo non si riveli un sistema di elementi omogenei, ma un
sistema basato su relazioni tra elementi eterogenei; e questo potrebbe essere il
lascito pi eccitante dellaver vissuto la modernit in polvere.
Capitolo primo - Disgiuntura e differenza nelleconomia culturale globale
In questo saggio, che quello che ha reso famoso Appadurai tra gli antropologi e non solo, lautore
cerca di individuare un linguaggio e gli strumenti per parlare del mondo dopo la fine del progetto della
modernit. Se il mondo delle diversit culturali non pi pensabile come univocamente e
unanimemente diretto verso la modernizzazione (concetto divenuto perlomeno equivoco, se non privo
di senso), dobbiamo pensare a nuovi modi di pensarlo. Linizio del saggio serve a far capire al lettore
che Appadurai non ingenuo, e sa benissimo che fenomeni di uniformazione e tentativi di collegare tra
loro attraverso il potere e leconomia sono sempre esistiti, prima attraverso i grandi imperi storici, poi
con le diverse ondate del colonialismo. Quel che oggi diverso, la scala su cui i fenomeni di
collegamento avvengono e, soprattutto, le forme culturali di questo movimento. Il mondo moderno

diventato un sistema interattivo in senso del tutto inedito: siamo in presenza non
solo dinterazioni su larga scala, ma di un nuovo tipo e nuova intensit. In passato le
transazioni culturali tra gruppi erano limitate, geograficamente e culturalmente, ed
erano per lo pi determinate da guerre e religioni con il colonialismo emersa una
rete cumulativa di denaro, commercio, conquista e migrazione che ha determinato la
creazione di rapporti duraturi tra diverse societ. Questo ha posto le premesse per un
traffico permanente di idee e immagini che stato ulteriormente sollecitato dal
capitalismo a stampa di Anderson che ha sprigionato la forza dellalfabetizzazione di
massa. Poi negli ultimi 100 anni c stata la vera e propria esplosione tecnologica e
siamo entrati nel villaggio globale di McLuhan. Alle pagine 48 e 49 gli esempi citati servono
a dimostrare un punto essenziale: il passato non pi il possedimento privato dellindividuo (quel che
mi ricordo), n la trasmissione di un corpus di informazioni che appartengono alla mia ristretta
comunit di riferimento (le memorie dei miei nonni, gli album fotografici che mamma raccoglie con
cura), e neppure gli spazi storici entro cui mi colloca la mia cultura ufficiale (la storia che si impara
a scuola), ma diventato invece una specie di supermercato della memoria. Il passato non pi

una terra in cui tornare, ma diventato un deposito sincronico di scenari culturali, un


archivio centrale del tempo a cui fare ricorso come meglio si crede. I nuovi strumenti
tecnologici di archiviazione (audiocassette, dischi, Cd-rom, archivi online, videocamere, videocassette e
videoregistratori) rendono letteralmente fruibile a molti forme di passato che non abbiamo mai vissuto:
oggi posso fisicamente vedere e rivedere lomicidio del presidente Kennedy, avvenuto nel 1963, mentre
non posso vedere lomicidio del presidente Lincoln, il che pu suscitare una reazione emotiva
completamente diversa al ricordo dei due eventi (a lezione, ho cercato di dimostrare la forza
dellimpatto sensoriale raccontando di come ho iniziato a instaurare un rapporto personale con mia
figlia, pensandola in tutto e per tutto come un essere umano, quando ho visto la prima ecografia in cui
il suo volto era chiaramente riconoscibile. Mio padre, che allepoca non aveva questo strumento di
contatto visivo, ha cominciato a pensare ai suoi figli come persone dopo averli visti alla nascita).
Oggi, dice quindi Appadurai, posso ricordare cose che non solo non ho mai vissuto (anche la sconfitta
di Caporetto apparteneva a questo ordine di ricordi) ma che non fanno neppure parte di una qualche
storia collettiva della comunit cui sento di appartenere.
Questa liberazione della memoria dalle linee della storia rende definitivamente impossibile concepire
gli Altri entro quel paradigma evoluzionista di cui abbiamo spesso parlato a lezione, per cui il sud e
lest del mondo occidentale vengono pensati come il nostro passato. Se i filippini possono pensare al
loro presente come al passato di una certa America pop, molto improbabile che il loro futuro vada in
ununica direzione, quella che noi abbiamo gi percorso. Tanto pi che il magazzino della memoria
disponibile anche per noi, che ci inventiamo un presente sempre pi commisto di passato: i revival,
oppure si pensi a come la fantascienza degli anni Sessanta abbia influenzato la moda degli anni
Novanta, o come film come Blade Runner , Terminator o Matrix (che fingono di parlare del futuro)
citino un passato quasi proto-industriale negli stili di abbigliamento, nella forma decadente della
tecnologia esposta. Questo fatto nuovo (la disponibilit del passato a lasciarsi acquisire da soggetti
che non ne sono i legittimi proprietari) si pu descrivere come un aspetto particolarmente evidente di

un fenomeno pi generale, che possiamo definire laffrancamento dellimmaginazione, cio la


liberazione della fantasia umana dalle pastoie del pensiero nazionale (vedi quanto detto nella mia
introduzione). Limmaginazione diventa pratica sociale, anzi campo organizzato di
pratiche sociali e non pi fantasia, via di fuga, passatempo per le elites. Questo ci
costringe, come analisti della realt sociale, a modificare il nostro giudizio dellimmaginazione come
qualcosa di fondamentalmente negativo, che ostacola la comprensione della realt reale o che al
massimo ininfluente per comprenderne la sua composizione effettiva ( il vecchio modello
materialista e razionalista che ha dato forma e sostanza allempirismo da cui nascono le scienze sociali
come lantropologia). A pagina 50 Appadurai ci invita a considerare limmaginazione non un elemento
fuorviante, e neppure un ingrediente opzionale della vita sociale, ma una sua componente essenziale:
la nostra capacit di immaginare la realt nella quale siamo immersi che letteralmente crea quella
realt. Il problema centrale delle interazioni globali moderne la tensione tra

omogeneizzazione culturale (da sempre entit di piccola scala temono di essere


assorbite culturalmente da entit pi grandi, specialmente da quelle che sono pi
vicine) ed eterogeneizzazione culturale. Questa complessit ha a che fare con alcune
disgiuntore tra economia, politica e cultura. Quasi per dimostrare che prende sul serio quel
che ci chiede di fare (di immaginare limmaginazione come parte integrante della realt nella quale gli
uomini vivono) Appadurai comincia a immaginare nuove parole che ci permettano di capire meglio il
mondo in cui siamo. Queste parole indicano le 5 dimensioni dei flussi culturali globali e sono:
etnorama (il flusso degli uomini, il panorama di persone, turisti, immigrati, rifugiati,

lavoratori che si muovono costantemente e mai come oggi influenzano le politiche


nazionali), tecnorama (il flusso della tecnologia , la rapidit con cui questa si muove
attraverso confini sempre meno definibili ), finanziorama (il flusso del denaro, in tutte le sue
forme; panorama misterioso, rapido e difficile da seguire, che muove megadenaro ad
una velocit incredibile), mediorama (il flusso delle immagini veicolate dai mezzi di comunicazione
di massa e individuali), e ideorama (il flusso delle idee e delle ideologie, spesso legate alla politica).

Ognuno di questi flussi un panorama, declinato dalle contingenze storiche,


linguistiche, politiche di diversi tipi di attori (uomini, stati, comunit). Come indicano le
mie insistenti parentesi, si tratta sostanzialmente di flussi, che possiamo immaginare come diverse
correnti di un unico mare: come possiamo individuare la corrente del Golfo nellAtlantico, cos possiamo
pensare che il mondo attuale sia percorso da diversi flussi, di persone, macchine, soldi, immagini e
idee. Il suffisso -orama (da panorama) sta a indicare che, diversamente che per i flussi del mare, non
abbiamo una terraferma da cui guardare a quei flussi, ma vi siamo perennemente immersi anche noi.
Immaginate allora di essere dentro quel mare e di guardare a quei diversi flussi che passano: ovunque
voi siate, non potrete fare a meno di guardare ai flussi dal vostro punto di vista (per cui una corrente
pi vicina, magari ci siete proprio immersi, mentre unaltra la vedete solo da lontano, unaltra passa
sopra di voi, e unaltra ancora vi sembra invisibile). A pagina 55 Appadurai insiste su un punto
fondamentale: questi flussi sono disgiunti, cio si muovono a velocit relative diverse, verso direzioni
diverse, ma ognuno soggetto allinfluenza dellaltro . Stabilire quali siano gli specifici rapporti
di forza tra i diversi flussi una questione empirica che va risolta caso per caso: non possiamo sapere
in anticipo se un mediorama influenzer un tecnorama, o linverso, o ancora se i due saranno
determinati da un finanziorama. La ragione principale di questo lindebolimento dello stato nazionale
come contenitore che cercava o fingeva di poter controllare i diversi livelli della vita sociale: se un
tempo cerano francesi che vivevano in Francia (gruppo nazionale), dotati di specifiche infrastrutture,
entro un sistema economico nazionale, che includeva il sistema di comunicazione (tv e radio nazionali)
e un sistema ideologico (lessere francesi, per cos dire), oggi ci sono francesi in Francia e molti altri
paesi del mondo (etnorama francese), che utilizzano diversi canali tecnologici (tecnorama), inseriti in
un sistema economico per cui il crollo della Parmalat pu mandare in rovina qualche parigino che ha
comprato dei bond taroccati (finanziorama), mentre tutti devono fare i conti (nonostante le resistenze
dello stato francese) con un flusso mediatico (film, tv, canali satellitari, internet) sempre meno
controllato dallo stato, che tanto meno controlla le ideologie dei suoi cittadini, per cui, molti cittadini
di passaporto francese e religione islamica interpretano la questione palestinese alla luce della loro
capacit di leggere larabo e i giornali in arabo, oppure sotto linflusso di imam (cittadini francesi) che
hanno un concetto del tutto peculiare (e molto poco francese tradizionale) di fraternit. La
disgiuntura tra gli -orami dipende anche dalla volont degli stati di restringere alcuni flussi (spesso,
quelli finanziari) e restringerne altri (spesso quelli di popolazioni migranti). Tutto questo si pu leggere
alla luce di unaltra parola chiave, deterritorializzazione (p. 58). Il concetto di flusso implica
movimento, e il movimento stride con la nostra idea consolidata che lappartenenza sia locale o
localizzabile. I diversi -orami non sono pi individuabili in senso spaziale, ma vanno percorsi nel loro
divenire e nelle loro complicate interazioni. La d. una delle forze centrali del mondo

moderno: crea nuovi mercati per il cinema che sono chiamati a riprodurre determinati
modelli locali in sistemi globali, per le agenzie di viaggio che prosperano sul bisogno
di tenere un contatto con la terra di origine. Di fronte a questo movimento, a pagina 60
Appadurai ci informa su unimportante conseguenza: gli stati, lungi dallaccettare passivamente il loro
indebolimento, sembrano spingere ancora di pi verso luniformazione e lomogeneizzazione (cio
cercano ancora di pi di impossessarsi della nazione, cio di fare in modo che il loro confine coincida
con quello della nazione, da cui pulizie etniche, espulsioni, tentativi di assimilazione) mentre, viceversa,
le popolazioni in movimento (gli etnorami) pretendono spesso di mangiarsi lo stato, richiedendo diritti
nei paesi in cui si muovono (diritto allinfibulazione? Diritto a praticare la segregazione sessuale?)
suscitando risentimenti e ulteriori reazioni omogeneizzanti. In pi, il flusso degli ideorami (le idee di
democrazia, autodeterminazione, diritti umani) fa s che molte minoranze agiscano consapevolmente in
modo politico, rivendicando lindipendenza politica e la necessit di un loro stato ( questo il senso
della frase di Appadurai, che stato e nazione cercano di cannibalizzarsi a vicenda). Letnicit come
primordialismo diffuso di cui si parla a pagina 62 una conseguenza di questi flussi. Un po come ci
aveva insegnato Geertz, il contatto con il diverso (migrante o ospitante) irrigidisce le differenze, e un
po (come insiste Appadurai) il flusso degli ideorami e dei mediorami rende plausibile un uso politico
della differenza culturale su scala planetaria. A pagina 63 e 64 Appadurai riprende una vecchia
terminologia marxista (feticismo delle merci) per parlare di due forme nuove di feticismo: il f. della
produzione, per cui gli stati si illudono di poter controllare il livello locale dei tecnorami e dei
finaziorami, mentre sono essi stessi parte di questi flussi (, insomma, lillusione degli stati di poter
gestire uneconomia ancora nazionale) e il f. del consumatore, per cui ci si illude che il consumatore
sia un attore sociale (possa cio fare delle scelte), mentre in realt il suo margine di scelta
ridottissimo dalle determinazioni dei diversi flussi. Lultimo paragrafo di pagina 64 importante: si dice
che nella globalizzazione risulta palese la contraddizione dellIlluminismo, che voleva
contemporaneamente riconoscere leguaglianza di tutti gli uomini e la specifica differenza delle diverse
culture. Sta dicendo che la globalizzazione ha un aspetto positivo in quanto rende disponibili nuove
informazioni e nuova tecnologia per nuovi gruppi sociali, ma anche un male perch stimola un iperparticolarismo culturale e tendenzialmente isolazionista. Tanto per non perdere il vizio, Appadurai ci
ricorda che le questioni sono spesso pi complicate di come vorrebbero farci credere i nostri tentativi di
inquadrarle entro schemi semplici. Il capitolo si chiude con due paragrafi che racchiudono il primo una
e laltro due questioni importanti. Il primo (pp. 65-68) si chiede sostanzialmente come sia possibile
riprodurre e trasmettere le culture entro questo sistema di flussi. Com ovvio, le culture per poter
sopravvivere devono essere in grado di trasmettersi alle nuove generazioni (se di colpo tutti gli italiani
decidessero di parlare francese, fra unottantina di anni al massimo litaliano sarebbe scomparso). La
famiglia (sede dellinculturazione primaria) il centro dove si condensano proprio le tensioni
contraddittorie dei diversi flussi, per cui genitori e figli possono essere inseriti in flussi mediatici
profondamente diversi (pensate a quello che guardate voi in televisione, e quello che guardano i vostri
genitori o i vostri nonni) che si intrecciano con ideorami spesso conflittuali (un figlio no global con un
padre di Forza Italia, una figlia studentessa di arabo che viaggia in Siria e una madre ancorata al
modello femminista), flussi che si intersecano con tecnorami divergenti (spedire gli sms sembra essere
una questione riservata a chi ha meno di 45 anni). Insomma, oggi diventa pi complicato capire come
fare per trasmettere il sapere e il fare delle culture e le sofferenze della riproduzione gravano

per lo pi sulle donne, da un lato forzate ad entrare nel mondo del lavoro attraverso
nuove modalit e dallaltro responsabili del mantenimento delleredit familiare . Il
paragrafo finale (pp. 68-70) racchiude due ulteriori questioni, semplici nella formulazione, un po meno
nella risposta: a) dati i diversi flussi, cosa vuol dire oggi fare comparazione (una delle parole chiave
dellantropologia) se i nostri oggetti che poniamo a confronto (che compariamo) non esistono pi
come oggetti chiaramente delimitati? b) possibile individuare una gerarchia tra i diversi -orami, nel
senso che possiamo supporre che alcuni condizionino in modo sostanziale gli altri? Alla prima domanda
non c risposta certa, se non che oggi dobbiamo confrontare prospettive, e non pi oggetti: come
vede il flusso dei diversi orami standosene in provincia di Roma e come invece si vede da Firenze? Ma
gi localizzare la cosa in termini di Firenze o Roma fuorviante. Dovrei invece selezionare un
particolare soggetto riconoscibile (la comunit rumena che vive a Grotte Celoni, appena fuori Roma, i
muridi senegalesi che stanno in periferia di Firenze) e tenendo quellelemento come fulcro, provare a
ripercorrere gli -orami da quel punto di vista. Ad esempio, ci sono rumeni che si sono specializzati
nellinstallazione di antenne paraboliche e che fanno pubblicit della loro attivit in rumeno, con piccoli
manifestini che appiccicano sui pali della luce: un frammento di mediorama probabilmente invisibile
per chi non sia di lingua rumena, ma che pu innestare diversi movimenti. Se qualche rumeno chiama
la ditta e si fa istallare lantenna parabolica, acquisisce la disponibilit di un tecnorama che mette in
moto soldi (finanziorama, per quanto risicato) per entrare in un mediorama altrimenti indisponibile (i
canali che trasmettono in rumeno), aprendo cos spazio a ideorami (cosa dicono i politici rumeni degli
immigrati allestero?) e magari vedendosi canali satellitari internazionali che possono fargli immaginare

soluzioni alternative, e rimetterlo in moto verso altri paesi (etnorama). Ecco quindi che partendo da un
piccolo manifesto mi trovo a dover maneggiare una mole notevole di informazioni e concetti. Con cosa
lo posso comparare? Con i manifesti scritti in altre lingue nello stesso posto? Con altre pratiche di
piccola pubblicit in altre parti? Quale che sia la nostra risposta, il lavoro di comparazione diventa
proprio un esercizio complicato. Per quanto riguarda la seconda domanda di questo paragrafo finale (se
ci sia una gerarchia determinante tra i diversi flussi) la risposta quello che Appadurai ci ha dato nel
corso del saggio, e che ripete con un paio di esempi: di volta in volta, caso per caso, dovr essere la
ricerca empirica a dirmi quali sono i flussi determinanti e quali invece i flussi determinati. Mi sono
dilungato nella descrizione di questo capitolo perch contiene praticamente tutti gli elementi per capire
come funziona il modello di Appadurai, che vedremo applicato anche negli altri capitoli. Dora in avanti,
le mie analisi saranno molto pi stringate.
Capitolo secondo- Etnorami globali: appunti e questioni per unantropologia
transnazionale.

Nel 20 secolo si verificato il mutamento della riproduzione sociale, territoriale e


culturale dellidentit di gruppo: dato che i gruppi migrano, si riaggregano in nuovi
territori, ridisegnano le loro storie e i loro progetti etnici, il prefisso etnodelletnografia assume una connotazione instabile e spaesata. I gruppi non sono pi
strettamente territorializzati, confinati spazialmente, inconsapevoli della loro storia,
per questo Appadurai vuole riconsiderare alcune delle convenzioni dellantropologia
culturale.
Il capitolo tenta di rispondere a questa domanda, posta a pagina 76: Qual la natura della localit
come esperienza vissuta in un mondo globalizzato e deterritorializzato? Detto altrimenti: va bene gli
etnorami, e tutti gli altri -orami, ma questo non toglie che gli esseri umani continuino comunque a
vivere sempre e solo in un posto alla volta: per quanto si spostino e tutto si sposti intorno a loro, non
possono fare a meno di pensarsi qui, ovunque il qui sia collocato. Dato il sistema di flussi, come
possiamo pensare questo qui nuovo? Questa domanda acquisisce un aspetto centrale per
lantropologia, che come disciplina si distinta per il suo interesse alla dimensione locale, al villaggio
isolato, al gruppo minuscolo: come fare antropologia in queste condizioni deterritorializzate?
Avvertenza: in questo testo Appadurai parla spesso di realismi; con questo termine dobbiamo
intendere il sistema ideologico (la struttura retorica, se volete), che ci fa sentire immersi nella realt
come dato di fatto. Abbiamo visto a lezione che il significato socialmente costruito. Questo vale per
tutti i significati, anche quello di bicchiere, sasso, materia, e realt. Ci sono diverse strategie retoriche
che le culture applicano per farci sentire a casa nel mondo e Appadurai chiama queste forme retoriche
realismi. Nel pensiero scientifico occidentale i diversi realismi che hanno dominato non sembrano
reggere pi (cio: ci siamo accorti che sono strategie retoriche). Alcuni di questi realismi sono definiti
brevemente a pagina 76: quello evoluzionista o modernista (tutto il mondo sta andando nella stessa
direzione); quello individualista (poco a poco, gli uomini diventano individui, razionali ed economici);
quello della gabbia dacciaio, concetto elaborato entro la cosiddetta Scuola di Francorte) per cui gli
uomini sono costretti proprio dalla modernit a subire forme di dominio sempre maggiori, fino ad
arrivare alloppressione totale, che perfetta in quanto ha annullato la nostra consapevolezza di essere
oppressi; quello marxista. Tutte queste grandi narrazioni non servono pi a capire dove siamo, e
quindi dobbiamo rivolgerci ad altri tipi di analisi. Questi nuovi strumenti analitici non possono sminuire
il ruolo dellimmaginazione (vedi quanto detto nella mia introduzione) e ci costringono a ripensare
letnografia come disciplina empirica in quanto legata alla localit: se ogni luogo un punto in cui
convergono i diversi -orami, essere stati l non serve a nulla, come prova della nostra conoscenza, se
non siamo stati in grado di guardare ai diversi flussi e al modo in cui si intersecavano in quel punto. Se
non siamo in grado di inseguire i percorsi che limmaginazione fa attraversando un punto, non capiamo
molte delle scelte e delle azioni delle persone che in quel punto vivono (in classe abbiamo discusso
lesempio della cassetta spedita dallAustralia in Macedonia greca con i balli tradizionali macedoni, e
degli effetti immaginativi e politici che pu produrre in un contesto locale). Per dirla con una formula: il
nostro interesse per la retorica e la letteratura (la lettura che ho cercato di fare delle vostre etnografie,
come fossero testi letterari di cui cercavo di individuare la struttura retorica) non un passatempo per
antropologi annoiati che, avendo perso di vista il primitivo, devono comunque risolversi a passare il
tempo, ma dipende dalla natura retorica della realt in cui siamo immersi (gli albanesi vengono in Italia
perch si sono convinti della bont dellItalia per i loro progetti guardando i telefilm su Italia1). Detto in
altre parole: non in questione la natura letteraria dellantropologia, ma la natura letteraria della vita
reale. Chiarito questo aspetto, Appadurai passa a presentare tre esempi che, ciascuno a suo modo, ci
fanno vedere come i flussi si incrocino anche in localit ben determinate, e anzi creino le localit nel
loro intersecarsi. Il primo esempio autobiografico (pp. 81-83 , il paradosso transnazionale: la

moglie di Appadurai si reca a Madurai da Philadelphia per incontrare un sacerdote di

un tempio nonch suo amico con cui aveva compiuto una serie di ricerche, e scopre
che questi a Houston, per assistere la comunit indiana doltremare nella delicata
politica di riproduzione culturale. la globalizzazione dellinduismo: il tempio non pi
come centro di attrazione culturale, ma dotato di una sua forza di espansione nel
mondo), il secondo letterario (pp. 83-87, esempio di realismo magico: brano di Julio
Cortzar che racconta di uninvenzione pazzesca, un nuovo sport, il nuoto in una
piscina di gofio che la farina di ceci. linternazionalismo dello sport contro
lossessione per il risultato tecnico luso di steroidi per modificare il corpo e renderlo
pi performante-, il viaggio transnazionale di idee che finisce con bizzarre realt
tecniche che possono anche portare alla morte labuso fisico per ottenere il risultato )
e il terzo cinematografico e documentaristico (quindi anche etnografico, pp. 87-88: il documentarioetnodramma India Cabaret di Mira Nair. un esempio di deterritorializzazione non
globale, ma pi limitata.). Il senso degli esempi riassunto a pagina 90: molte vite sono oggi
inestricabilmente legate a rappresentazioni, e quindi abbiamo bisogno di incorporare nelle nostre
etnografie la complessit delle rappresentazioni espressive (film, romanzi, resoconti di viaggio), non
solo come appendici tecniche, ma come fonti primarie con cui costruire e interrogare le nostre stesse
rappresentazioni.
A pagina 91-92 un altro modo di vedere la cosa, sempre pensando a cosa voglia dire localit oggi per
chi fa ricerca sociale, ed la distinzione tra storia e genealogia (questa distinzione viene spiegata in
modo meno criptico a pagina 102, in un capitolo che non analizziamo, ma che consiglio comunque di
vedere almeno per questo passo). La storia il collegamento di modelli di mutamento in contesti
sempre pi vasti o, se si vuole, il percorso di determinati flussi nel loro dipanarsi a livello globale, per
cui posso fare la storia del nazionalismo se individuo la sua origine e poi ne seguo il lento propagarsi
sul pianeta come dottrina politica. La genealogia invece significa lo studio delle condizioni storiche locali
che consentono lindigenizzazione di nuove forme culturali, per cui posso collegare lindigenizzazione
del nazionalismo in India ai grandi imperi moghul o alla tradizione della divisione sociale in caste, e
vedere come la storia di un concetto politico deve fare i conti, a livello locale, con la genealogia entro
cui cerca di innestarsi. Nel capitolo quarto Appadurai far proprio la genealogia indiana del cricket, cio
racconter di com stato possibile indigenizzare questo sport britannico per eccellenza. Il paragrafo
finale un invito rivolto a chi fa ricerca sociale, e soprattutto agli antropologi: dobbiamo pensare in
modo diverso al nostro rapporto con la localit, e smetterla di pensare che il nostro piccolo campo di
ricerca sia un mondo isolato e magari vergine.

Capitolo terzo Consumo, durata e storia.


Il consumo secondo leconomia neoclassica costituisce la fine del percorso per beni e
servizi, il termine della loro vita sociale. Il consumo per anche ripetizione e
abitudine, anzi tende allabitudine attraverso la ripetizione. Ci sono anche segnali di
consumo che in realt riproducono modelli di scambio di doni (Mauss) su una base di
periodicit. Le periodicit di consumo organizzate socialmente sono costitutive del
significato sociale dei riti di passaggio; il consumo che in molti casi determina tali
periodicit e quindi il tempo, e non si limita a rifletterlo (lanticipazione e
pianificazione dei regali di Natale). Le periodicit del consumo sono per da
considerarsi allinterno di momenti storici pi lunghi, ma questi modelli di lunga
durata per essere compresi adeguatamente devono essere valutati in prima istanza a
livello locale. Il mutamento di lungo termine del consumo, infatti, non ovunque
rapido alla stessa maniera e la questione della sua rapidit e della sua intensit di
particolare interesse.
In generale, le forme di consumo organizzato socialmente ruotano intorno a qualche
combinazione di 3 modelli: interdizione, legge suntuaria (nate allo scopo di evitare il
dilagare del lusso), moda. Il primo modello, tipico delle societ di piccola scala, a
bassa tecnologia e di tipo cerimoniale, organizza il consumo sulla base di divieti e
obblighi. I tab regolano il consumo. Anche in queste societ congiunture particolari
di flussi di merci e di commercio possono creare mutamenti imprevedibili nelle
strutture di valore: storici e sociologi concordano nel ritenere che in un certo
momento dopo il 15 secolo si sia verificata in Europa una trasformazione sostanziale
della domanda, ma non c unanimit circa la natura delle condizioni che hanno

determinato la rivoluzione dei consumi. Oggi siamo portati a definire come rivoluzione
dei consumi uno spostamento dal dominio della legge suntuaria a quello della moda.
cos possibile considerare che mutamenti su larga scala nei consumi possano essere
associati a combinazioni diverse degli stessi fattori (i grandi magazzini in India si sono
sviluppati piuttosto tardi e solo dopo lazione massiccia della pubblicit; in Francia la
pubblicit nata conseguentemente ai grandi magazzini); in pratica non dobbiamo
cercare sequenze prestabilite di mutamento nel consumo, perch studiare le pratiche
di consumo di una specifica societ, vuol dire trovarsi di fronte a diverse storie e
genealogie che lhanno determinato. Quanto pi una societ si diversifica e quanto
pi complessa la sua storia dinterazione con altre societ, tanto pi probabile che
sia frammentata la storia delle sue pratiche di consumo.
Appadurai considera poi quelle societ in cui la moda, almeno per alcune classi,
diventata il meccanismo dominante di guida del consumo in cui la mercificazione un
elemento essenziale della vita sociale. Appadurai indaga la relazione tra la moda e
quella che viene definita la patina, cio quella propriet di un oggetto che eleva il
suo status, indispensabile per distinguere il logorio dal deterioramento. Il logorio un
segno della giusta durata della vita di un oggetto e richiede un processo accurato di
mantenimento (la lucidatura dellargenteria, la verniciatura di vecchie superfici). Se la
patina non viene curata, deteriora e diventa indice di cattiva educazione o
dindigenza. La patina degli oggetti assume il suo pieno significato solo nel contesto
giusto: la distinzione tra un cimelio e una cianfrusaglia non la fa la patina, ma la
destrezza nel trattare il contesto sociale in cui inserito. Bisogna anche rispettare un
giusto ritmo temporale: se si troppo lenti, gli eredi godranno della patina. Questa
patina alimenta anche la nostalgia. Il tentativo dinculcare nostalgia un
atteggiamento dominante della moderna commercializzazione in USA e si configura
come una nostalgia immaginata: la perdita, cio, di qualcosa che in realt non si
mai avuto. O ancora viene diffusa la nostalgia del presente: il presente viene dipinto
come qualcosa che presto passer di moda e che quindi va consumato il pi possibile.
Il consumo crea il tempo ed responsabile della sua mercificazione: la rivoluzione dei
consumi ha trasformato il lavoro in merce e il tempo lavorato; il tempo oggi
unentit salariabile. La quantit di tempo di cui ognuno ha il controllo (tempo libero)
diventa un indicatore di status. Il consumo oggi la pratica sociale attraverso cui le
persone sono inserite nella fantasia: nostalgia e fantasia tramite il consumo vengono
combinate in un mondo di oggetti mercificati. Oggi siamo in una rivoluzione del
consumo: il consumo diventato lattivit principale della societ tardo-industriale.
Capitolo quarto - Giocare con la modernit: la decolonizzazione del cricket indiano.
Saggio semplice, che non riassumo nella sua struttura (lideologia del cricket; la penetrazione del
cricket in India e le sue ragioni colonizzanti; gli attori dellindigenizzazione: principi, professionisti
inglesi e australiani, sponsor commerciali; rapporto tra cricket, squadre su base religiosa e
nazionalismo indiano; luso dei media: tv, radio e linguaggio, stampa specializzata e biografie dei
campioni come collage della modernit), ma per il quale mi limito a indicare i punti sui quali vorrei che
rifletteste autonomamente (cercando magari ulteriori contesti di applicazione): rapporto tra sport e
appartenenza collettiva (nazionalismo o altro). Il ruolo dei professionisti anglosassoni nel trasmettere la
cultura del cricket intesa come tecnica del corpo, non solo come teoria, che veicola un sistema
complesso di simboli (virilit, agilit, fino allindianit). Il rapporto tra sport e media come esempio di
intreccio tra un mediorama e un ideorama,che si rinforzano a vicenda. Lodierna globalizzazione
commerciale del cricket come reazione uniformante alla tendenza localizzante dellindigenizzazione
del cricket.

Per un ex-colonia la decolonizzazione non solo uno smantellamento di abitudini, ma


un dialogo con il passato coloniale e mentre lInghilterra si progressivamente
snaturata man mano che perdeva il suo impero, alcuni aspetti del suo retaggio si sono
radicati nelle colonie. Il cricket si presenta come forma culturale dura e quindi
resistente alla trasformazione sociale; in realt diventato profondamente
indigenizzato al punto che lIndia soffre di una vera e propria febbre da cricket.
Questo perch, secondo Appadurai, lindigenizzazione di uno sport come il cricket

avviene lungo molte dimensioni: dal modo in cui lo sport gestito, dal retroterra
sociale dei giocatori, dalla dialettica tra spirito di squadra e sentimento nazionale, dal
modo in cui viene costituito un vivaio di giocatori a cui attingere per perpetuare lo
sport, dal contributo dei media e della pubblicit. Il cricket parte di una storia pi
vasta che racconta la costituzione di un tessuto culturale postcoloniale e globale per
gli sport di squadra. Il cricket riuscito meglio di ogni altra cosa ad instillare e
comunicare i valori delle classi vittoriane in Inghilterra; era unattivit maschile ed
esprimeva i codici che ci sii aspettava possedessero gli uomini: spirito sportivo e
cavalleresco, controllo assoluto delle emozioni, subordinazione dei sentimenti e degli
interessi personali a quelli del gruppo, fedelt assoluta alla squadra. Ma oltre che
strumento di socializzazione della classe dominante vittoriana, il cricket si rivel
anche strumento di mobilit sociale per coloro che, pur provenendo da classi inferiori,
erano molto dotati nello sport. In campo la divisione di classe era momentaneamente
sospesa. In India, inglesi ed indiani mai giocavano insieme, ma il cricket divenne uno
strumento informale della politica culturale statale, grazie soprattutto ad esponenti
dellamministrazione che considerarono questo sport come il mezzo pi efficace per
trasmettere alla colonia gli ideali vittoriani di forza di carattere e vigoria fisica. E
soprattutto tra il 1870 e il 1930, giocare a cricket per gli indiani volle dire entrare in
contatto con il misterioso mondo degli inglesi. Successivamente principi indiani si
resero responsabili della diffusione del c. chiamando giocatori professionisti
dallInghilterra e dallAustralia per allenare le squadre locali, organizzando tornei,
impiantando campi da gioco, importando materiale ed ospitando le squadre inglesi.
Inoltre fornirono supporto diretto e indiretto a ottimi giocatori di umili origini. Quello
che avvenne dunque non fu una semplice riproduzione di uno sport, ma lentrata in
contatto di gerarchie inglesi e indiane produsse un gruppo di indiani di estrazione
medio-bassa che si sentivano allo stesso tempo dei veri giocatori di cricket e dei veri
indiani.
Inizialmente i primi club indiani di c. erano organizzati su base religiosa:
lappartenenza ad una specifica comunit religiosa determinava lappartenenza ad
una squadra. Questo determin un paradosso: lo sport che gli inglesi pubblicizzavano
come valvola di sfogo per gli indiani, per insegnargli a vivere accettando le diversit,
diventava fonte di divisione interna. In realt questa fu la molla per il sorgere di
numerose squadre indiane e di numerosi giocatori, e tale fenomeno fu parallelo alla
crescita del nazionalismo indiano come fenomeno di massa. Allinizio del 900 con
Gandhi, il c. e il movimento nazionalista entrarono in contatto e attraversarono la vita
quotidiana dei giovani indiani. I mass media hanno giocato un ruolo essenziale
nellindigenizzazione del c., attraverso le radiocronache trasmesse in inglese prima e
nei vari dialetti indiani dopo, ma dove spesso la terminologia sportiva veniva
riprodotta sempre in inglese e quasi mai tradotta. La gente familiarizzava con lo sport
e con la lingua. Il dominio del c. sui media si avuto con lavvento della televisione,
che ha consacrato il c. come perfetto sport televisivo e i giocatori come divi. La
televisione ha rafforzato la passione nazionale per il c. coltivata dalla radio e ha
aperto le porte ai giornali specializzati, ai libri sullargomento, allaccesso fattivo del
grande pubblico al gioco. Una volta che il c. pu essere visto, ascoltato e letto si crea
in tutta lIndia un pubblico competente che comprende sempre di pi linglese e che
da spettatore di un gioco diventa protagonista del fenomeno dindigenizzazione.
La decolonizzazione riguarda anche un aspetto di promozione da parte dello stato e di
profitti privati. Le aziende inglesi, infatti, dalla seconda guerra mondiale in poi,
promossero un sistema di assunzioni di numerosi giocatori promettenti a cui
concessero massima libert per potersi allenare e per poter giocare, garantendogli un
impiego in azienda a fine carriera (patrocinio aziendale). Era unottima forma di
pubblicit sociale sia in patria sia verso i partner internazionali, ma era anche un
valido strumento di promozione del talento, di espansione del c. e unattrattiva per
tutti quei giovani di provenienza sociale bassa. Lo stato faceva la sua parte dando

copertura agli eventi sportivi e rendendo il c. sempre pi appetibile per i pubblicitari e


gli investitori. negli ultimi decenni si verificato un vero e proprio accanimento
commerciale sul c. e la vittoria un obiettivo ossessivo. Oggi le ex-colonie di colore
dominano il c. mondiale, ma lo sport diventato aggressivo, spettacolare e spesso
poco sportivo, in cui i vecchi modelli vittoriani non sono pi rintracciabili
(decolonizzazione).
Le forze chiavi che hanno eroso la morale vittoriana sono: il patrocinio aziendale
fornito da aziende indiane, la creazione di un pubblico locale, il sostegno statale
attraverso il supporto mediatico, linteresse commerciale. Inoltre per lo spettatore
maschile guardare il c. unattivit estremamente coinvolgente a livello fisico, perch
la maggior parte degli indiani o ha visto partite di c. o vi ha giocato o simmagina di
giocarlo. Per il maschio indiano il piacere di vedere il c. radicato nel piacere di
giocarlo o dimmaginarsi a giocarlo. Si parla di erotismo della nazionalit proprio in
virt di questo piacere fisico che deriva dallesperienza visiva: il c. finito per essere
identificato con labilit indiana, la forza indiana, le vittorie indiane, il coraggio
indiano.
Capitolo quinto Il numero nellimmaginazione coloniale.
Appadurai mette in atto una nuova prospettiva per una critica del dominio coloniale
europeo: ritiene che lo stato coloniale britannico abbia impiegato la quantificazione
nel suo governo del subcontinente indiano in un modo diverso da quello utilizzato
dalla sua controparte domestica nel 18 secolo. stato scritto molto sullossessione
dello stato britannico in India per la classificazione della popolazione indiana e molti
storici hanno indicato che le classificazioni coloniali avevano leffetto di disporre le
pratiche indigene verso nuove direzioni, modificando lidentit di gruppo. Poca
attenzione stata per ricolta ai numeri, alla misurazione e alla quantificazione di
questa impresa. La quantit di statistiche che venivano prodotte, infatti, dava a coloro
che le redigevano e a coloro che le visionavano lidea di una realt indigena
controllabile. La nuova elite coloniale alfabetizzata riteneva che la quantificazione
fosse socialmente utile, in realt fu uno degli elementi che determin il sorgere delle
idee nazionaliste e il progressivo declino del dominio coloniale. In quel periodo in
Gran Bretagna vigeva la convinzione che uno stato potente non potesse sopravvivere
senza fare dellenumerazione una tecnica cardine del controllo sociale; di certo
lapplicazione dei censimenti in India fu molto diversa nelle sue motivazioni da quella
fatta in patria (li indigeni erano visti come una popolazione problematica nel suo
insieme). I numeri raccolti permettevano la comparazione tra tipologie di luoghi e
persone molto diverse, erano mezzi rapidi per trasmettere grandi quantit di
informazioni e comprendere tratti altrimenti ingovernabili del panorama sociale ed
umano indiano. Il numero era anche uno strumento per disciplinare lenorme
apparato burocratico dello stato. Pi problematico si rivel lavvio di una politica
catastale per classificare il territorio, perch gli iniziali interessi erariali si andarono ad
intrecciare con quelli di natura geografica e topografica. Questi documenti erano
anche strumenti di educazione per i misuratori indigeni (la terra va governata, la
terra va insegnata).
Le pratiche di conteggio ebbero unaltra grande conseguenza: sciolsero i gruppi
sociali dalle complesse e localizzate strutture di gruppo e pratiche agrarie in cui erano
inseriti. La diversit delle caste, delle sette, delle trib e degli altri raggruppamenti
venne ricondotta in un panorama categoriale pi vasto slegato dalla specificit del
terreno agricolo. Anche se la storia del censimento pan-indiano mostra che in pratica
cerano molte difficolt a costruire una griglia pan-indiana di caste dotate di un nome
e quantificate.
Certo che tutto questo determin quello che venne definito lapproccio per
comunit che ebbe la sua manifestazione pi drammatica nella costituzione di
elettorati separati per ind e musulmani, ma che non fu ristretto a questi 2 gruppi

religiosi. Oggi la democrazia indiana ancora negativamente influenzata dallidea dei


votanti divisi in blocchi piuttosto che di individui padroni del proprio voto. Altri regimi
possono aver avuto degli interessi numerici e degli interessi classificatori, ma queste
2 sfere rimasero sempre separate; nello stato coloniale, invece, queste 2 sfere si
fusero e lenumerazione delle comunit umane divenne lo scopo politico principale.
Capitolo sesto - Sopravvivere al primordialismo
Lo scopo del saggio dimostrare che i conflitti etnici che dalla fine degli anni Ottanta sembrano
attraversare il mondo con frequenza sempre pi allarmante non sono il riemergere di odi congelati
(modello Godzilla), ma sono invece la risposta alle politiche uniformanti dello stato, a volte come
reazione, a volte proprio come assecondamento di quelle politiche. Le nuove etnicit delineano

una matrice composta da: 1) ampiezza della dimenzione; 2) ambizione nazionalista;


3) uso della violenza. Letnicismo quindi la reazione a una pressione esterna, dovuta alle
condizioni globali e al tentativo degli stati di realizzare il progetto originario dellunit nazionale. Non
parliamo quindi di esplosioni etniche, ma dimplosioni (modello Alien, o Linvasione degli ultracorpi).
Per primordialismo alcuni antropologi (pochi) e molti analisti politici intendono la resistenza alla
modernizzazione che si espleta per privilegiare in modo irragionevole o irrazionale i legami primordiali
delle piccole comunit di appartenenza. Per prima cosa, bisogna notare che questa definizione mette
assieme fenomeni assai diversi: a pagina 181 Appadurai ci dice che bisogna distinguere tra forme
politiche di oppressione e sterminio del diverso, e forme di resistenza allomologazione nazionale; farsi
saltare in aria come una bomba umana non configura lo stesso fenomeno che cercare di non pagare le
tasse, o non partecipare allattivit politica del proprio paese. Comunque, la teoria del primordialismo
sostiene che al di l di tutti i legami sociali o politici, quello che tiene uniti gli esseri umani (alcuni di
loro in modo particolare) prima di tutto un legame alla loro comunit secondo vincoli naturali o
comunque inevitabili, che di tanto in tanto esploderebbero prepotentemente in forma violenta.
Problema logico: se il primordialismo naturale come mai la violenza etnica non esplode in modo
casuale o uniforme nel mondo, ma in specifiche aree e in determinati periodi? Un primo tentativo di
risposta dato dai sostenitori del primordialismo proprio la carenza di modernizzazione: sono pi
primordialisti quei gruppi meno influenzati dal processo di modernizzazione, confermando cos
limplicito evoluzionismo della loro posizione: tutti gli uomini sono stati primordialisti, ma per fortuna
abbiamo inventato la democrazia liberale (o il socialismo, o unaltra versione della modernit come
processo inevitabile) e quindi noi siamo sfuggiti alle maglie mortali di quei legami fatti di faide, sangue
e occhio per occhio, mentre loro sono ancora intrappolati nel loro sistema di relazioni primordiali.
Questa proposta interpretativa non tiene conto per del fatto (evidenziato nella seconda met di pagina
182) che paradossalmente gli stati nati dalla decolonizzazione hanno manifestato i segni pi evidenti di
pratiche violente ed etnocide proprio mentre mettevano a punto il loro progetto di modernizzazione,
assumendo tutte le istituzioni tipiche di un moderno stato nazionale. Detto altrimenti, quella che a
noi potrebbe sembrare la cura del male si rivelata esserne una causa, o almeno un fattore di
complicazione. Il caso degli eserciti e delle forze di polizia (che in uno stato moderno dovrebbero
costituire lincarnazione della legalit in quanto espressione del monopolio delluso della forza da parte
dello stato per fini benefici) esemplare: invece di garantire lordine sociale e evitare lesplosione della
violenza politica ed etnica, molte volte le forze dellordine nei nuovi stati sono state lo strumento
principale di terribili pratiche di violenza. Un altro modo di spiegare il primordialismo entro lottica
modernista quello presentato nella seconda met di pagina 183: sono vittime del primordialismo
quelle entit politiche che non hanno avuto abbastanza tempo per adattarsi alle pratiche legali della
modernit, che insomma hanno mal digerito la lezione liberare e pacifica della democrazia, reagendo a
volte in modo irragionevole (dimensione storica). Ma questo non spiega casi come lIrlanda, i Paesi
Baschi, e non spiega poi com possibile che stati per lungo tempo pacifici e pienamente in grado di
maneggiare gli strumenti istituzionali della modernit, dopo molti decenni di pace siano letteralmente
esplosi (vedi la Jugoslavia, cui di certo non mancava una tradizione antica di pratica statale).

Neppure le democrazie pi stabili (Francia, Germania, USA) sembrano immuni al tarlo


del primordialismo, perch per quanto mature sono diventate il rifugio di popolazioni
primordialiste, dipendenti dal loro sangue, dalla loro lingua, dalla loro religione e
memoria. In realt, dice Appadurai a pagina 184, non c lunghezza temporale sufficiente a garantire

limmunit da esplosioni di violenza sociale e ormai, dice a tra pagina 185 e 186, dobbiamo ammettere
che le idee di giustizia sociale, di democrazia (pur declinata nelle sue diverse forme politiche) di pace
sociale come bene comune, sono patrimonio comune del genere umano (non per ragioni naturali ma
proprio perch il colonialismo prima e la globalizzazione poi le hanno diffuse su tutto il pianeta), e
quindi dobbiamo ammettere che costituiscono un antidoto efficace contro la violenza politica ed etnica.
Appadurai ritiene che vada ripensata la teoria primordialista. Nel paragrafo che inizia a
pagina 186 Appadurai riassume le tre prospettive interpretative che possono darci una nuova

prospettiva sulle ragioni della violenza politica e che possono allontanarci dalla visione primordialista,
per cui le emozioni naturali provate dalluomo starebbero alla base dei conflitti etnici. La prospettiva
neomarxista ci costringe intanto a porre lattenzione sulle ragioni sociali del conflitto: molte volte, i
conflitti etnici includono richieste di tipo sociale (maggiori diritti, equit, autonomia, indipendenza) e la

modernizzazione ritenuta responsabile di aver suscitato una fote tensione tra


aspettative e risultati. Gli studi sul neorealismo dellimmaginazione (in cui pi direttamente si
riconosce Appadurai) ci segnalano che luso della violenza molte volte dipende proprio dal tentativo di
realizzare il progetto dello stato nazionale moderno: ti uccido perch sei diverso, ti violento perch non
sei omogeneo al modello che voglio imporre, ti nego perch non siamo uguali. Questa pressione
negatrice della diversit (che nasce dentro la modernit, e che si riveler in pieno con le due guerre
mondiali, che sono guerre di e tra stati nazionali), stimola la nascita di diversit irrigidite, che possono
utilizzare lo stesso discorso politico al quale cercano di resistere: unideologia basata sulla purezza e la
purificazione della nazione ha ottime probabilit di far nascere qualche minoranza etnica al suo
interno, proprio perch la sua ossessione per leguaglianza e lomogeneit tra i cittadini marca fino a
compattarle le diversit culturali, che possono a quel punto pretendere di essere riconosciute come tali.
Questo il culturalismo di cui parla Appadurai: luso a fini politici della differenza culturale. Oggi il
cosiddetto revival etnico prima di tutto un fenomeno di culturalismo: non tanto identit immobili e
uguali a se stesse da sempre che finalmente pretendono i loro diritti politici ma gruppi compattati dal
discorso omogeneizzante degli stati nazionali e coloniali (quindi gruppi di formazione relativamente
recente), che premono per ottenere dei diritti politici in nome della loro specificit culturale. Come ha
gi fatto a pagina 181, anche qui Appadurai ci tiene a distinguere quei gruppi che pretendono i loro
diritti (e con i quali certo simpatizza, proprio perch pu riconoscere che non importa molto se siano
veramente antichi o di recente formazione, quel che conta che si battano per una vita migliore o
sentita come tale) dai gruppi che invece sono di forma sostanzialmente negativa caratterizzati in gran
parte da odio, razzismo, e desiderio di dominare o eliminare gli altri gruppi (p. 189). Sostanzialmente,
Appadurai ci tiene a distinguere in modo chiaro il Dalai Lama da Osama bin Laden: il primo utilizza il
culturalismo per chiedere che i tibetani possano veder riconosciuti alcuni diritti fondamentali, come
quello di studiare nella loro lingua e di proseguire come meglio preferiscono le loro tradizioni culturali,
senza subire un processo di cinesizzazione forzata, mentre Osama utilizza il culturalismo per fomentare
lodio verso tutto quello che lui considera occidente. Fatta salva questa necessaria distinzione,
possiamo riassumere questo filone di analisi in questo modo: una volta che lo stato nazionale ha messo
in circolazione lidea che la diversit culturale sia politicamente rilevante, quella stessa idea oggi
sottratta al monopolio statale dai flussi mediatici, ideologici ed etnici della globalizzazione, pu essere
rielaborata entro progetti di contestazione antistatale consapevole di sfruttare la differenza culturale. Il
terzo filone di ricerca (p. 190) che ci dice qualcosa di interessante contro il primordialismo quello
costituito dagli studi di antropologia che da un ventennio circa riflettono sulla natura culturalmente
determinata delle emozioni: invece di essere qualcosa di naturale, le emozioni sono espresse secondo
modelli culturali, le emozioni simparano, sono costruite culturalmente e contestualizzate
socialmente. Questo filone di ricerca sincrocia con quegli studi delle scienze sociali che da tempo
riflettono sul rapporto tra corpo e potere, cio su come il corpo non sia solo un oggetto manipolato dal
potere, ma possa divenire il ricettacolo di pratiche di potere e di controllo: si tratta di un tema
complesso che abbiamo provato ad accennare diverse volte, e anche lesempio della Playstation pu
essere letto come un suo caso particolare: il sistema della produzione economica e della pubblicit
legata a modelli di immaginario complessi fa si che diverse persone siano disposte ad acquisire
complesse pratiche del corpo per soddisfare contemporaneamente il loro desiderio di gratificazione
immaginativa (giocare al videogioco) e il desiderio di guadagno economico della Sony. Il potere della
Sony di produrre macchine efficienti e attraenti e di commercializzare con successo il suo prodotto
sincarna nelle dita dellabile giocatore, che in un certo senso o in una certa misura si fa possedere da
quel potere, divenendone parte. Questa metafora serve per spiegare il modello Alien da cui eravamo
partiti per spiegare come Appadurai racconta letnicit: pi che esplosioni di emozioni interne che
stanno l sepolte dalla notte dei tempi e che ogni tanto riemergono, gli scontri etnici possono meglio
essere interpretati come implosioni dentro il corpo delle persone di complesse strategie di potere e
dimmaginazione delle identit: una volta appreso con il corpo a odiare il nemico, una volta cio che
siano diventate forme incarnate, le complesse rivalit economiche, politiche, religiose e storiche che
ruotano attorno allo stato moderno e alla sua crisi, ci penser il corpo a trasformare quellodio in
machete, fucile, esplosivo. Per concludere, per Appadurai la violenza etnica non il ritorno di pratiche
ataviche, il riemergere di emozioni primitive perch primordiali, ma invece la risposta moderna alla
crisi attuale delle appartenenze: sottratti al controllo imbrigliante dello stato accentratore e
politicamente omogeneizzante, i flussi discussi nei capitoli precedente implodono sui corpi delle
persone, insegnando loro le forme dellodio e dellappartenenza originariamente sorte entro lo stato,
ma ormai prive del contenitore che le aveva generate e che riusciva (internamente) a contenerle, per
spingerle invece verso lesterno (il nemico oltre confine). Una volta che lo stato non riesce pi sotto

la spinta della globalizzazione delle idee, delle merci e delle persone a contenere quei modelli di
appartenenza pura sotto il suo controllo, quegli stessi modelli possono essere rivendicati blandamente
come richiesta di diritti, oppure essere urlati in faccia agli altri come volont di distruzione di tutto ci
che non somiglia loro, fosse anche solo il vicino di casa. Lalternativa allapproccio

primordialista data dal modello dimplosione etnica. Seguendo lapproccio di


Rosenau, Appadurai sostiene che non possibile descrivere le dinamiche del mondo
contemporaneo senza tenere conto che ci sono 2 sistemi nellodierna politica
mondiale: quello multicentrico e quello statocentrico, e linterazione turbolenta di
questi 2 sistemi determina la struttura della societ. Rosenau descrive gli eventi di
questi sistemi come delle cascate, sequenze di azioni che prendono slancio, si
bloccano, invertono il loro corso, e dove la politica globale strettamente legata alla
micro politica delle strade. Lattuale violenza estrema tra gruppi etnici poggia su un
sentimento di profondo tradimento, tradimento rispetto allidentit di gruppo; la
rabbia che si promana da questa idea di tradimento pu facilmente espandersi a
masse dindividui che non conoscono il responsabile, ma animano questa rabbia. Il
culturalismo potenzialmente incline alla violenza, soprattutto in una fase storica in
cui lo spazio culturale a disposizione dello stato soggetto allinfluenza dei flussi
migratori e della comunicazione di massa.
Capitolo settimo - Il patriottismo e i suoi futuri.
Per pure ragioni di tempo, non riesco a dare di questo testo una lettura accurata, ma voglio almeno
provare a veicolare lidea di fondo e la ragione che mi ha spinto a includerlo nei capitoli del programma.
Per tutto questo corso, abbiamo ragionato cercando di vedere come le appartenenze non siano un dato
di fatto naturale: come impariamo la playstation o a truccarci, cos impariamo a sentirci a casa nella
comunit che consideriamo nostra. Questo lavoro di riflessione sulla costruzione delle appartenenze si
accompagnato allo studio di come quelle vecchie costruzioni oggi siano profondamente in crisi
rendendo instabile e friabile il terreno su cui poggiano tutte le appartenenze (il mondo si messo in
movimento). Siamo quindi passati attraverso questo corso cercando di capire che le identit collettive
sono una costruzione, e che questa costruzione sembra oggi potentemente decostruita nella sua
stabilit dal processo della globalizzazione. Ma questo lavoro di consapevolezza e decostruzione non
sufficiente, perch la natura sociale delluomo lo porta inevitabilmente a considerarsi parte di qualche
gruppo. Come possiamo ancora pensare di appartenere a qualche comunit, nelle condizioni attuali?
questa (tradotta un po liberamente) la domanda che Appadurai si pone in questo capitolo. La sua
proposta fondamentale quella di separare il trattino che unisce il totem politico dello stato-nazione,
per far s che il nostro senso di appartenenza non sia limitato ai nostri doveri civici, e neppure coincida
ossessivamente con essi. Elaborando il concetto di transnazione, Appadurai vuole suggerirci che il
nostro senso di appartenenza pu riuscire a travalicare i confini, e che gli stati devono fare di tutto (se
vogliono sopravvivere come entit morali, oltre che politiche) per assecondare questo movimento di
liberazione del senso di appartenenza dal contesto politico che amministra la gestione della cosa
pubblica attorno a noi. Io non so se questo modello sia praticabile, ma unaltra ragione che mi ha
spinto a farvi leggere questo capitolo la sua parte finale, dove simmagina che siano gli Stati Uniti a
incarnare per primi questo modello di appartenenza transnazionale. Visto il ruolo politico degli USA in
questi ultimi anni, sembra difficile che la proposta di Appadurai trovi piede in tempi brevi, ma non un
giudizio strettamente politico quello che voglio dare. Il dibattito su americanismo-antiamericanismo mi
pare sia stato viziato in Italia dallincapacit di riconoscere che gli Stati Uniti, almeno nellimmaginario
di quelli nati tra la fine della seconda guerra mondiale e la fine degli anni sessanta (per gli altri non ho
le idee chiare a riguardo) abbia incarnato lo spazio totale: il posto del bene e del male assoluto, in cui
poteva letteralmente succedere di tutto, le cose pi belle e quelle pi orripilanti. Da questo punto di
vista, decidere da che parte stare non aveva per noi molto senso: noi stavamo con gli indiani, e con
Martin Luther King, ma anche con i Rolling Stones e con i film di Ridley Scott (Alien, Blade Runner,
Thelma e Louise). LAmerica era cio gi transnazionale, perch permetteva a noi (che la vedevamo
solo da molto lontano, in gran parte immaginandocela) di costruircene limmagine che preferivamo,
selezionando quel che poteva costituire la base della nostra comunit generazionale. Mi pare che oggi
sia cambiato sia il modo in cui lAmerica vede se stessa, sia il modo in cui noi la guardiamo, e non
credo che questo cambiamento mi piaccia. Preferisco dunque sperare che Appadurai abbia visto ancora
una volta giusto, e che magari anche lEuropa possa provare a incarnare quellidea di compresenza
della variet che non ha bisogno di uniformare le persone per farle sentire a casa loro.

Appadurai ritiene che sia il tempo di riconoscere la crisi della nazione e fornire gli
strumenti per individuare forme sociali postnazionali. Il patriottismo stesso vive tempi
duri, un sentimento minacciato perch la sua salute strettamente legata a quello

dello stato-nazione. Le attuali comunit di cittadini simmaginano, grazie ai libri e ai


media, come parte di una societ nazionale, ma quello che li tiene insieme un
fattore essenzialmente culturale e non di sangue, di suolo e di razza, cosa che invece
accomunava le trib. E per quanto le trib consideravano fondamentali forme
primordiali di lealt alla famiglia, alla casta, alla trib stessa, non possono certo
essere interpretati questi sentimenti come una radice primordiale dei nazionalismi
moderni. La nazione rispetto alla trib, si pone come esile progetto collettivo e non
come fatto naturale eterno. Molti etnonazionalismi attuali sono implosivi: anzich
espandersi verso lesterno e coinvolgere altre nazioni, si espandono verso linterno
coinvolgendo gruppi presenti sullo stesso territorio (sono le formazioni postnazionali).
Il nazionalismo territoriale diventa in questi casi alibi per questi movimenti, il loro
obiettivo la sovranit nazionale. Mentre la cornice legittimante degli stati nazionali
si assottiglia sempre di pi, assistiamo alla nascita di formazioni sociali complesse e
postnazionali, variegate, fluide, ad hoc, che hanno lo scopo di controllare lo stato
nazionale (Amnesty International); oppure cercano di contenerne gli eccessi
assistendo i profughi, organizzando aiuti in casi particolari, presiedendo agli accordi di
pace (ONU); poi ci sono le ONG che operano nei settori pi disparati e costituiscono
spesso le organizzazioni di base per il mutuo soccorso. Il termine postnazionale
implica diversi aspetti: il primo temporale e storico e ci dice che siamo coinvolti in
un ordine globale in cui lo stato nazionale sta diventando obsoleto; il secondo
costituito dallidea che stanno emergendo inedite forme forti di organizzazione del
traffico globale delle risorse, delle immagini e delle idee, forme che si oppongono agli
stati nazionali o si offrono come alternative specifiche; il terzo che se anche le
nazioni continueranno ad esistere non saranno pi in grado di monopolizzare la
fedelt. Questo determina la crisi dello stato nazione, dovuta sempre pi al rapporto
violento che la nazione stabilisce con gli altri postnazionali. Gli USA si prestano a
questa analisi perch da una parte sono apparentemente riusciti a preservare
limmagine di ordine nazionale, dallaltro questo ordine alimenta un insieme attivo e
complesse di sfere alternative, parziali e antagoniste, fino a far parlare di un nuovo
tribalismo che distingue gli americani tribali (i neri, i gialli, i marroni) dagli altri
americani. Gli USA che continuano a considerarsi una terra dimmigrati sono immersi
nelle diaspore globali: nel mondo postnazionale queste diaspore non dividono le
comunit, ma favoriscono la riproduzione culturale e diventano uno stile di vita.
Capitolo ottavo la produzione della localit.
Vicinato: la forma sociale in cui si realizza, in modo variabile, la localit; la
comunit effettiva caratterizzata dalla sua concretezza spaziale o virtuale.
Localit: propriet fenomenologica della vita sociale, struttura di sentimento prodotta
da determinate attivit intenzionali e che produce tipi specifici di effetti materiali.
Lintento di Appadurai comprendere il significato della localit in una situazione in
cui lo stato nazionale di fronte a forme specifiche di destabilizzazione
transnazionale. Uno dei luoghi comuni della teoria sociale sulla localit, vede
questultima come oggetto in pericolo nelle societ moderne e allo stesso tempo
come dato di fatto e fine a se stessa. Diversi studi (Malinovsky, van Gennep, Frazer)
hanno invece dimostrato che le societ di piccola scala non tendono a considerare la
localit come un dato di fatto, ma partono dal presupposto che la localit sia un bene
effimero che va prodotto e mantenuto con costanza. Alla luce del concetto di localit
e di vicinato, Appadurai ritiene che debba essere rivista lintera etnografia, la qual
cosa avrebbe 3 vantaggi: 1) letnografia si trasformerebbe da storia dei vicinati a
storia delle tecniche di produzione della localit; 2) farebbe riconsiderare lenorme
categorizzazione fatta degli indigeni da parte di antropologi, intellettuali, missionari,
etnologi; 3) la nuova etnografia, quella che si concentra sulle localit appunto,
darebbe un enorme contributo alletnografia stessa.

Nellattuale mondo i media elettronici stanno trasformando i rapporti tra informazione


e mediazione, e gli stati nazionali si battono per tenere il controllo sulle loro
popolazioni contro una miriade di movimenti subnazionali. Produrre localit un
compito sempre pi difficile: lo stato nazionale basa la sua legittimit sul controllo di
un territorio confinato, allinterno del quale controlla i cittadini, definisce i capitali e le
strutture, e costruisce il popolo. Ma da una parte vuole creare uno spazio piatto,
omogeneo, facile da sorvegliare e dallaltra crea luoghi e spazi distinti e divisi, adibiti
alla sicurezza, al controllo, alla disciplina. Gli stati non riescono, per quanto ci provino,
a penetrare la vita quotidiana dei cittadini e lo dimostrano le economie sommerse, le
polizie private, i nazionalismi secessionisti. I singoli stati, inoltre, si comportano
diversamente rispetto a forme culturali di riferimento diverse e questo crea
discontinuit tra stati contigui.
La localit per lo stato il luogo della memoria, per le celebrazioni, le
commemorazioni, la produzione di cittadini e tutto ci che a beneficio del modello
nazionale; il vicinato, invece,che dovrebbe riprodurre docili cittadini nazionali,
produce soggetti locali autonomi e sono una fonte dinsicurezza per lo stato
nazionale. Allo stesso tempo i vicinati sono una riserva dove attingere per la
produzione di lavoratori, insegnanti, soldati, tecnici e agricoltori. Inoltre natura della
vita locale svilupparsi anche in opposizione ad altri vicinati, creando alterit che
minano alla base il progetto nazionale di costruzione del cittadino disciplinato.
Ci sono una serie di pratiche messe in atto dallo stato che minano se stesso o gli stati
vicini o che quantomeno rendono difficile perseguire lobiettivo del controllo
allinterno dei confini: la repressione verso gruppi considerati disturbanti (i profughi)
crea un movimento degli stessi che li spinge verso altri paesi, allargando la situazione
di disordine e instabilit; la povert o la repressione di un paese pu spingere le
persone a sperare in una vita migliore e in nuove possibilit economiche da unaltra
parte; alcune categorie di lavoratori (come i soldati dellONU o gli ingegneri
petroliferi) sono perennemente in movimento; carestie e siccit nei paesi africani
creano migrazioni imponenti; infine lindustria del tempo libero. Costituire un vicinato
in questa realt unattivit problematica. Una variante estrema di questo problema
costituita dai campi profughi semi-permanenti palestinesi, dove il vicinato
prodotto dal contesto e non viceversa e dove si concretizza lesempio pi lampante
delle situazioni dincertezza, povert, spaesamento in cui la localit pu essere
prodotta.
C poi il ruolo dei media nel creare nuovi tipi di disgiuntura tra vicinati spaziali e
virtuali. I nuovi mezzi di comunicazione, spesso diffusi anche in ambienti poverissimi
della popolazione, eludono il controllo degli stati nazionali con il loro potenziale
comunicativo transnazionale, e creano inedite connessioni tra produzioni e pubblici,
locali e nazionali, stanziali e diasporici. Gli stessi leader sfruttano questi mezzi per
comunicare rapidamente con realt locali e nazionali. E poi c internet, una comunit
elettronica che consente il dibattito, il dialogo e la costruzione di relazioni tra individui
separati sul piano territoriale ma uniti in una comunit dimmaginazione e dinteressi:
il vicinato virtuale, non pi legato al territorio e al passaporto, ma al possesso di sw
e hd. Questi vicinati visrtuali pur non basandosi su un rapporto face to face, sono in
grado di mobilitare veramente le persone oltre che le idee e di spingerle allazione
comune, faccia a faccia.
I 3 elementi che pi influenzano la produzione della localit lo stato nazionale, i
flussi diasporici, le comunit elettroniche e virtuali si articolano tra loro in forme
variabili. La localit sorge sempre dalle pratiche dei soggetti locali in specifici vicinati
e la possibilit che diventi una struttura di sentimento variabile e indeterminata. Le
popolazioni spaesate, deterritorializzate e in movimento che costituiscono gli
etnorami moderni sono impegnate nella costruzione della localit, in quanto struttura
di sentimento, dovendo spesso far fronte allerosione, alla dispersione e allimplosione
dei vicinati come formazioni sociali coerenti.

Questo libro ha la preziosa qualit di non limitarsi ad indicare sul piano astratto il passaggio dalla
modernit dello stato nazionale alla globalizzazione. Appadurai cio non un teorico, ma rimane uno
scienziato sociale che cerca gli strumenti per investigare la complessit della globalizzazione.
Raccontandoci come il cricket (gioco English per antonomasia) si sia incarnato nelle tecniche del
corpo di decine di milioni di indiani; come la frenesia del numero nei censimenti coloniali si faccia
ancora sentire nella quantificazione delle comunit religiose indiane; raccontandoci cosa succede ad un
antropologo che torna sul lontano sito della sua ricerca e scopre che il suo miglior informatore
emigrato a pochi chilometri da casa sua; come il sistema del pagamento dilazionato con carta di credito
istituisca meccanismi di debito completamente slegati dalle piccole ciclicit quotidiane, contribuendo
cos a costruire una nuova percezione del tempo lineare che si incarna in pratiche di consumo che
diventano pratiche del corpo; come la violenza etnica invece di essere la negazione della modernit ne
rappresenti linevitabile versante osceno, fomentato da quegli stessi stati che dovrebbero esserne
minacciati; ricostruendo come sia possibile oggi provare nostalgia per un passato che
non abbiamo mai perduto, vivendo in un presente che il sistema dei consumi ci insegna ogni momento
a lasciarci dietro le spalle; come in tutto questo gli individui possano ancora immaginare, con ironia e
dolore, comunit a cui appartenere senza che queste appartengano ad uno stato; raccontandoci infine
cosa significa essere un indiano tamil di educazione britannica e formazione universitaria americana
che diventa un antropologo il cui sito di ricerca anche il suo luogo dorigine, Appadurai sta facendo un
lavoro antichissimo (osservare il mondo e gli uomini che lo creano e lo abitano, e cercare di capire) con
la cura artigianale di chi accetta che le condizioni di lavoro siano talmente mutate che giunto il
momento di mettere a punto nuovi ferri del mestiere. Questo libro, oltre che uno strumento di lavoro in
s, un tornio con cui ogni lettore pu fabbricarsi i nuovi utensili necessari al suo lavoro.
Indice del volume:
Introduzione: Hic et nunc
Messa a fuoco dei temi e degli strumenti: lo studio della modernit sottratto al mito del progresso
inarrestabile; la globalizzazione come fenomeno nettamente distinto dalluniformazione dei costumi; lo
sguardo sulle identit etniche come forme tipicamente moderne e post-nazionali dellappartenenza.
Lantropologia come archivio privilegiato per questi studi.
Prima parte: Flussi globali
1. Disgiuntura e differenza nelleconomia culturale globale
2. Etnorami globali: note e questioni per unantropologia transnazionale
3. Consumo, durata, storia Il mondo si sta riorganizzando dal punto di vista culturale in flussi
transnazionali. Mentre cio nella modernit il sistema produttivo, quello dellinformazione e quello
politico si sovrapponevano coincidendo in buona parte con i confini dello stato nazionale, oggi questi
flussi si sono liberati uno dallaltro, creando prospettive in conflitto tra loro e in conflitto con la logica
degli stati. Come si possono studiare questi flussi indipendenti di persone, merci, informazioni e
politiche? Che ruolo hanno gli individui nel manipolare questi flussi? Seconda parte: Colonie moderne
4. Giocare con la modernit: la decolonizzazione del cricket indiano
5. Il numero nellimmaginario coloniale Dato che i flussi sono in movimento, fare ricerca sociale
significa oggi essere in grado di descrivere in maniera accurata cosa succede a quei flussi da una
particolare prospettiva, da un determinato punto di vista. Due casi di studio indiani illustrano come la
prospettiva teorica di Appadurai possa avere risvolti metodologici. Primo caso: il cricket in India. Sport
importato durante la colonizzazione britannica, il cricket entrato profondamente nellethos indiano:
come pu una societ essere post-coloniale utilizzando uno strumento ludico dei colonizzatori? Secondo
caso: come luso dei censimenti in India abbia introdotto in loco un concetto di enumerazione che
mostra la sua forza fino alle sanguinose dispute tra ind e musulmani nel corso degli anni Novanta.
Terza parte: Locazioni postnazionali
6. La vita dopo il primordialismo
7. Il patriottismo e i suoi futuri
8. La produzione della localit Come si costruisce una comunit in questo nuovo contesto in cui
persone, idee, merci e ideologie sono in rapido movimento sul pianeta e sembrano indipendenti uno
dallaltro? Lidentit etnica proprio il modo in cui gli individui riescono a pensarsi come membri di una
comunit anche quando sono costretti a muoversi sul pianeta o a fare i conti da un punto di vista locale
con la natura globale dei processi economici. Criticando in maniera netta qualsiasi approccio
primordialista alletnicit Appadurai propone anche una visione in cui la politica potr sempre pi fare a
meno dello stato-nazionale come punto di riferimento centrale della propria espressione.
Arjun Appadurai Parole chiave
Arjun Appadurai (1949) professore di Antropologia e professore di Lingue e Civilizzazioni dellAsia
Meridionale allUniversit di Chicago, dove stato direttore del Chicago Humanities Studies. Fondatore
della rivista Public Culture, dirige il Globalization Project alluniversit di Chicago. Attualmente sta

conducendo una ricerca sul rapporto tra violenza etnica e immagini del territorio nei moderni stati
nazionali. Modernity at Large la sua prima opera tradotta in italiano.
Immaginazione
Limmaginazione divenuta parte del lavoro mentale quotidiano della gente comune in molte societ.
entrata nella logica della vita ordinaria diventata una pratica sociale. Non pi pura fantasia (oppio
dei popoli, le cui attivit reali stanno altrove), non pi pura via di fuga (da un mondo definito prima di
tutto da pi concreti obiettivi e strutture), non pi passatempo per le lites (quindi non rilevante per la
vita della gente comune), e non pi pura contemplazione (irrilevante per nuove forme di desiderio e
soggettivit), limmaginazione diventata un campo organizzato di pratiche sociali, una forma di opera
(nel duplice senso di lavoro fisico e di pratica culturale organizzata).
Azione
Ci sono prove sempre pi evidenti che luso dei mass media nel mondo produce spesso resistenza,
ironia, selettivit e, in generale, azione. Terroristi che prendono come modelli figure la Rambo (che
hanno a loro volta prodotto molteplici epigoni non occidentali); casalinghe che leggono romanzi rosa e
guardano le soap-opera come parte del loro tentativo di costruirsi le loro vite; famiglie musulmane che
si radunano ad ascoltare i sermoni dei leader islamici su cassetta; collaboratori domestici dellIndia
meridionale che visitano il Kashmir in viaggi organizzati: sono tutti esempi del modo attivo in cui la
gente in tutto il mondo si appropria dei media. Magliette, cartelloni pubblicitari, graffiti, ma anche la
musica rap, la street dancing e le baraccopoli indicano tutti che le immagini dei media sono
rapidamente assimilate entro repertori locali fatti di ironia, rabbia, umorismo e resistenza.
Stato-nazione
Nel corso dei sei anni in cui ho steso i diversi capitoli sono arrivato alla convinzione che lo stato
nazionale, come complessa forma politica moderna, arrivato al lumicino lidea che il sistema stesso
degli stati nazionali sia a rischio non affatto popolare. In questo libro la mia persistente attenzione sul
trattino che lega la nazione allo stato fa parte di una progressiva argomentazione del fatto che lepoca
stessa dello stato nazionale sia giunta ad una conclusione. Questidea, che una via di mezzo tra una
diagnosi e una prognosi, tra unintuizione e una dimostrazione, devessere spiegata in dettaglio.
Tempo
Oggi il passato non una terra cui tornare in una semplice politica della memoria, ma diventato un
deposito sincronico di scenari culturali, una specie di archivio centrale del tempo, cui fare ricorso come
meglio si crede Tutto questo scontato, se si segue Jean Baudrillard o Jean-Franois Lyotard in un
mondo di segni completamente slegati dai loro significanti sociali (tutto il mondo Disneyland). Ma
vorrei suggerire che levidente intercambiabilit progressiva di intere epoche e atteggiamenti negli stili
culturali del capitalismo avanzato legata a forze globali pi vaste, che hanno lavorato molto per far
capire agli Americani che il passato di solito un paese straniero. Se il vostro presente il loro futuro
(come in molta teoria della modernizzazione e in molte fantasie turistiche soddisfatte di s), e il loro
futuro il vostro passato (come nel caso dei virtuosi filippini della musica pop americana), allora il
vostro passato pu ben apparire come una semplice forma normalizzata del vostro presente.
Modernit
La mia non una teoria teleologica, che contenga la ricetta di come la modernizzazione produrr
ovunque razionalit, puntualit, democrazia, libero mercato e un pi elevato prodotto nazionale lordo.
il mio approccio lascia del tutto aperta la questione di dove possano condurre (in termini di
nazionalismo, violenza e giustizia sociale) gli esperimenti con la modernit consentiti dalla mediazione
elettronica. Detto altrimenti, riguardo alla prognosi la mia una teoria pi profondamente scettica di
qualsiasi variante della teoria classica della modernizzazione di cui sia a conoscenza. Quarto, e pi
importante di tutti, il mio approccio alla rottura causata dalle forze congiunte della mediazione
elettronica e della migrazione di massa esplicitamente transnazionale addirittura postnazionale
come suggerisco nellultima sezione del libro. In quanto tale, si discosta radicalmente dal modello della
teoria classica della modernizzazione, che si potrebbe chiamare fondamentalmente realista nella misura
in cui presuppone la rilevanza, metodologica ed etica, dello stato-nazione.
Globalizzazione
Larchivio antropologico, e il tipo di sensibilit che produce nellantropologo professionista, mi orienta
nettamente verso lidea che la globalizzazione non sia la storia dellomogeneizzazione culturale.
Questultima affermazione il minimo che vorrei che il lettore cogliesse da questo libro la
globalizzazione in s un processo profondamente storico, ineguale e addirittura localizzante. La
globalizzazione non implica necessariamente e neppure frequentemente omogeneizzazione o
americanizzazione Il problema centrale delle interazioni globali odierne la tensione tra

omogeneizzazione
culturale
ed
eterogeneizzazione
culturale
Spessissimo
la
teoria
dellomogeneizzazione si suddivide in una tesi dellamericanizzazione e in una della mercificazione, e
spesso le due tesi sono strettamente collegate. Quello che queste tesi non riescono a cogliere che le
forze che provengono da diverse metropoli, una volta importate in nuove societ, tendono altrettanto
rapidamente ad essere indigenizzate in un modo o nellaltro.
Comparazione
Quel che vorrei proporre che iniziamo a pensare alla configurazione delle forme culturali nel mondo
odierno come sostanzialmente frattale, cio priva di confini euclidei, strutture o regolarit. Secondo,
suggerirei che quelle forme culturali, che ci dovremmo sforzare di rappresentare come completamente
frattali, si stanno inoltre sovrapponendo secondo modalit che sono state discusse solo in matematica
pura (nella teoria degli insiemi, per esempio) e in biologia (nel linguaggio delle classificazioni
politetiche). Abbiamo quindi bisogno di unire una metafora frattale per la forma delle culture (al
plurale) con una descrizione politetica delle loro sovrapposizioni e somiglianze. Senza questo passo
ulteriore rimarremo impantanati in comparazioni che fanno affidamento sulla netta separazione delle
entit da confrontare prima di poter iniziare un serio lavoro comparativo. Come faremo a comparare
forme culturali frattali che inoltre si sovrappongono nella loro copertura dello spazio terrestre? (cap. 1)
Etnografia
Quello che un nuovo stile etnografico pu fare cogliere limpatto della deterritorializzazione sulle
risorse immaginative delle esperienze vissute localmente. Detto altrimenti, il compito delletnografia
diventa oggi la risoluzione di un enigma: qual la natura della localit come esperienza vissuta in un
mondo globalizzato e deterritorializzato? Letnografia deve ridefinirsi come quella pratica di
rappresentazione che getta luce sul potere che le vite potenziali immaginate su larga scala esercitano
su specifici percorsi di vita
Nostalgia
Queste forme di sollecitazione pubblicitaria di massa insegnano piuttosto ai consumatori a sentire la
mancanza di cose che non hanno mai perduto. Creano cio sensazioni di durata, passaggio e perdita
che riscrivono le storie di vita degli individui, delle famiglie, dei gruppi etnici e delle classi. Creando il
sentimento di perdite che non sono mai avvenute, questa pubblicit crea quel che si potrebbe chiamare
nostalgia immaginata, nostalgia per cose mai accadute. Questa nostalgia immaginata inverte cos la
logica temporale della fantasia (che istruisce il soggetto a immaginare quel che potrebbe accadere in
futuro) e crea desideri pi profondi di quelli che potrebbero susciatare la semplice invidia, limitazione o
la cupidigia.
Cultura
Propongo di considerare culturali solo quelle differenze che esprimono oppure formano la base per la
mobilitazione di identit di gruppo La parola cultura, nel suo senso non marcato, pu continuare ad
essere usata per far riferimento alla dovizia di differenze che oggi caratterizzano il mondo Propongo
tuttavia di restringere cultura, come termine marcato, a quel sottoinsieme di quelle differenze che
viene mobilitato per articolare il confine della differenza. Per quanto riguarda il mantenimento del
confine, la cultura diviene quindi una questione di identit di gruppo costituita da alcune differenze tra
altre
Culturalismo
In tutto il mondo molti gruppi, dovendo far fronte allazione di stati interessati ad includere le loro
diversit etniche entro raggruppamenti rigidi e chiusi di categorie culturali alle quali gli individui sono
spesso assegnati contro la loro volont, si stanno deliberatamente mobilitando secondo criteri
identitari. Il culturalismo, per dirla in maniera semplice, la politica dellidentit mobilitata a livello
dello stato nazionale.
Identit
la dimensione primordiale (non importa se del linguaggio, del colore della pelle, della comunit locale o
della parentela) diventata globalizzata. Cio i sentimenti, il cui potere maggiore la loro capacit di
stimolare lintimit entro uno stato politico e di trasformare la localit in un campo di addestramento
per lidentit, si sono ora diffusi su territori vasti e irregolari con il movimento di gruppi che rimangono
comunque collegati lun laltro attraverso raffinate potenzialit di comunicazione mediatica letnicit,
un tempo genio contenuto nella lampada di qualche tipo di localit (per quanto vasta) ora divenuta
una forza globale, che scivola regolarmente entro e attraverso le fratture tra stati e confini
Etnicit

Ci sono prove sempre pi chiare che i modelli occidentali di partecipazione politica, di istruzione, di
mobilitazione e di crescita economica, che avrebbero dovuto distanziare le nuove nazioni dai loro
primordialismi pi retrogradi, hanno avuto leffetto opposto. evidente che questi rimedi creano
disordini iatrogeni Laspetto pi paradossale che molto spesso la creazione di sentimenti
primordiali, lungi dallessere un ostacolo per lo stato modernizzatore, si pone molto vicino al cuore del
progetto dello stato nazionale. Molti fondamentalismi razziali, religiosi e culturali sono quindi alimentati
deliberatamente da diversi stati nazionali, o da partiti al loro interno, con lintento di reprimere il
dissenso; di costruire soggetti omogenei e di massimizzare la sorveglianza e il controllo
Corporeit
Ma dato che il cricket, attraverso la convergenza di stato, mass media e interessi del settore privato, ha
finito per essere identificato con lIndia, con labilit indiana, con il coraggio indiano, con lo spirito
di squadra indiano e con le vittorie indiane, il piacere fisico che al centro dellesperienza visiva
maschile allo stesso tempo parte dellerotismo della nazionalit. Questo erotismo, soprattutto per i
giovani maschi della classe operaia e del sottoproletariato, profondamente collegato alla violenza,
non solo perch tutti gli sport agonistici stimolano linclinazione allaggressivit ma anche perch le
contrastanti pretese della classe, delletnicit, della lingua e della regione fanno della nazione una
comunit profondamente contestata
Potere e sapere
Le tavole numeriche, le figure e le tabelle consentivano di addomesticare la contingenza il disordine
narrativo delle descrizioni in prosa del panorama coloniale entro lastratto, preciso, completo e freddo
dialetto dei numeri La storia del dominio britannico [in India] nel XIX secolo pu essere letta in parte
come il passaggio da un uso pi funzionale del numero in quel che stato chiamato il militarismo
fiscale dello stato britannico in madrepatria, ad un uso pi pedagogico e disciplinare. Non solo i corpi
indiani vennero gradualmente categorizzati, ma ad essi si attribuirono valori quantitativi altri regimi
possono aver avuto degli interessi numerici e anche degli interessi classificatori, ma queste due sfere
rimasero in gran parte separate, mentre fu solo nella complessa congiuntura delle variabili che costitu
il progetto del stato coloniale maturo che queste due forme di nominalismo dinamico si unirono per
creare una politica che ruotava attorno a comunit enumerate auto-consapevolmente (cap. 5).

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