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ISSN51720-4542
Fasc.525-52013
Federica5Forcellini5-5Antonello5Iuliani
Milano55Giuffr5Editore
SOMMARIO: 1. Il rapporto tra il diritto e la parola: la positivita` ermeneutica. 2. Clausole generali: unanalisi strutturale. - 3. Segue: norme a fattispecie analitica , norme generali , clausole generali : un primo
criterio distintivo. - 4. Una proposta di classificazione in funzione del
termine valutativo utilizzato: il caso dellingiustizia del danno. - 5. Il
profilo funzionale: le clausole generali come luoghi privilegiati di interscambio sistematico. - 6. La natura estroflessa delle clausole generali come strumenti di analogia valoriale multi-sistemica.
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(1) Lespressione e` di S. Castignone, La macchina del diritto. Il realismo giuridico in Svezia (Milano 1974), 93.
(2) Il diritto, quale tipo di organizzazione normativa, non ha nulla di
naturale e le istituzioni giuridiche, di tradizione romano-canonica, costituiscono espressione del potere politico di dominare le parole. Listituzione
statale, versione secolarizzata del Dio legislatore, crea la regola attraverso le
parole, ne disciplina luso e, riservandosi il ruolo di ermeneuta autentico, ne
determina i significati [...]. In questo senso, lidea di Stato, nascosta nella sua
irraggiungibile Ragione o perduta nei meandri dei suoi Arcana imperii, risulta essere una astrazione che prendendo il posto sacrale [...] del Totem
delle societa` primitive e occupando gli spazi referenziali delle religioni e
dei miti, assume su di se ogni discorso di legittimita` . G.B. Ferri, Il potere e
la parola, Il giurista artista della ragione, a cura di L. Avitabile (Torino 2000),
17.
(3) Scrive A. Costanzo, Largomentazione giuridica (Milano 2003), 27,
che non esiste un momento in cui qualcuno sceglie e pone una norma giusta
ma questa, prodotta per dare risposta ad esigenze contingenti, ha bisogno di
una costante opera di riadattamento secondo le condizioni culturali e spirituali del momento. In questottica, il contenuto della norma diviene mutevole e necessita, per assumere la sua forma cogente, dellinterprete che e` il
soggetto cui in ultima analisi e` realmente demandata la creazione del diritto.
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nella misura in cui essa venga intesa come tensione alluguaglianza formale e alla razionalita` sistemica, in modo tale che,
dati determinati principi generali, loperazione giuridica si
svolga lungo binari predeterminati, tracciando un percorso verificabile, e il suo prodotto finale, immutate le variabili iniziali,
sia meccanicamente ripetibile.
In questottica, il diritto e`, dunque, giusto in quanto intrinsecamente logico, rispettoso di se stesso, capace di autoriprodursi e funzionare in maniera autonoma e secondo regole
oggettive. Cio` che induce a riflettere sul rischio di una progressiva divaricazione tra natura e sistema capace di costringere i
consociati entro regole che questi non possono condividere ne
sentire come proprie (4). Poiche ambedue le realta` fatto e
diritto o essere e dover essere esistono e non pare credibile
lidea di un mondo vitale non sistematizzato ne, viceversa, un
sistema del tutto impermeabile alla vita, lobiettivo deve essere
quello di contenere lambiente sistemico entro i limiti fisiologici del mondo vitale (5).
Lordinamento pone in essere diverse strategie per assicurarsi una certa aderenza alla naturalita`: in primo luogo e inconsciamente, per il tramite della vaghezza del linguaggio
giuridico, che implica un margine di elasticita` piu` o meno ampio dei concetti espressi nelle norme giuridiche (6); in secondo
luogo, mediante lastrattezza delle norme giuridiche che lo
(4) J. Habermas, Teoria dellagire comunicativo, II (Bologna 1997),
1022 s. e si aggiunga non si tratta di una divergenza solamente formale:
la non corrispondenza tra regole e coscienza collettiva o, meglio, tra regole
e coscienza individuale educata alla socialita` implica, nel perdurare dellosservanza dei consociati, il silenzioso soffocamento dellindividuo, di modo
tale che la (piu` o meno) spontanea rinuncia a porzioni di libero arbitrio sottostante allidea di una societa` democratica diviene mera soggiacenza ad un
Potere che trova solo in se stesso (e nella costante riaffermazione di se) la
propria fonte di legittimazione.
(5) A. Ferrara, Modernita` e razionalita` nel pensiero dellultimo Habermas, Fenomenologia e societa`, XII, 1, 1989, 19.
(6) D. Antelmi, Vaghezza, definizioni e ideologia nel linguaggio giuridico, Il linguaggio giuridico. Prospettive interdisciplinari, a cura di Garzone
- Sandulli (Milano 2008), 89 s., la quale ritiene, appunto, che la vaghezza sia
un carattere intrinseco dei segni linguistici, indispensabile tanto per preservare la ricchezza e la plasticita` semiontica delle lingue quanto per garantire
lespressivita` e la creativita` del linguaggio.
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Cos` vista, pero`, loperazione ermeneutica sconta delle deficienze difficilmente colmabili, presupponendo una duplice
finzione: che una corretta comprensione del diritto, ricavata
secondo un metodo legittimo e in conformita` con lo spirito
dellordinamento, sia capace di svelarne lintrinseca ragionevolezza poiche il diritto non puo` pretendere qualcosa di ingiusto o irragionevole e che la razionalita` dellinterprete collimi
con quella sociale, entita` astratta derivante dalla somma delle
coscienze delle persone ragionevoli del suo tempo (13).
Ma il diritto, di per se, non e` indefettibilmente giusto e razionale almeno nel senso assoluto con cui ne parlavano i
giusnaturalisti ne la razionalita` dellinterprete puo` identificarsi con quella sociale anche ammesso che una tale entita`
sia ontologicamente ammissibile. La creazione del diritto e`
atto arbitrario, come pure, in una certa misura, la decisione,
che e` sempre il prodotto di una individualita` (14). Laccento va,
cita` di regole espresse mediante quella particolare forma che e` la norma giuridica. Il modello di regolamentazione si esprime in una lingua che deve
essere analogamente accessibile al problema oggettivo della situazione conflittuale di fatto. Non si presenta, dunque, una situazione logica di calcolo,
nelle quale le affermazioni vengono rielaborate, conformemente ai dati, mediante un sistema di segni chiuso; esiste, invece, per la capacita` di giudizio
di chi applica il diritto, un ampio spazio, che il linguaggio tecnico del diritto
e la lingua parlata convenzionale lasciano per il confronto cui si tende .
(13) G. Teubner, Die guten Sitten als Standard und Direktiven (Tubingen 1970), cos` carica il compito dellinterprete di una responsabilita` ulteriore, quella di interiorizzare, riproducendole, le idee di valore dominanti
nella societa`. Contra K. Engisch, Introduzione al pensiero giuridico, trad. it.
(Milano 1970), il quale per evitare derive individualistiche consentendo al
giudice di dichiarare oggettivamente valida la sua concezione etica individuale riserva in via esclusiva tale compito al legislatore, legittimato a individuare il punto di vista etico dominante in virtu` del principio di maggioranza rappresentativa.
(14) D. Carusi, Clausole generali, analogia, paradigma della legge, Le
clausole generali nel diritto privato, a cura di P. Rescigno, Giur. it., 2011, 7,
1690 s. LA. porta come esempio della vaghezza relativa ai confini del concetto indicato dalla parola i concetti materiali: come i linguisti mostrano
con precise rilevazioni empiriche, ogni parlante attribuisce confini diversi
agli insiemi di oggetti denotati dalle parole tazza, veicolo, edificio e
cos` via. Questo spiega che si dia ai margini per cos` dire di ogni fattispecie legale qualche inevitabile zona di incertezza: e questa e` la radice di cio`
cui in senso stretto ci si riferisce con le espressioni interpretazione estenEuropa e diritto privato - 2/13
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In questottica, pare irricevibile la tesi orientata alla ricerca della naturalita` del diritto e di regole valide universalmente perche insite nelloggetto disciplinato (18), cos` come
quella che trasferisce la questione del fondamento del diritto
positivo sul piano della sua validita` (19). Ritenere che la giustizia debba essere intesa come osservanza razionale e oggettivamente intelligente di parametri a loro volta posti come premesse e` limitante nellanalisi del problema. Invero, ne la giustizia cui deve tendere il giuridico puo` essere meramente formale ne essa nella sua veste sostanziale appare quale un attributo del diritto positivo, ma sembra trovare piu` adeguata collocazione sul piano della decisione (20).
La giustizia e`, pertanto, un attributo eventuale e derivato
sia delluno che dellaltra e diviene coerenza rispetto al diritto o
condivisione se rapportata alla decisione.
Poiche, dunque, il punto focale delloperazione ermeneutica e` la ricerca del consenso sociale che solo puo` attribuire
alla decisione la dignita` di giustizia sostanziale, durante la fase
interpretativo-applicativa il diritto dismette la sua originaria
lidea di uninterpretazione autorizzata ad attingere alla dimensione impalpabile dei valori, collocati in una dimensione sovra-positiva.
(18) Cfr. C. Gangi, Il problema delle lacune nel diritto privato, Arch.
giur., 1923, 165, il quale ritiene che i rapporti della vita, quando siano
scrutati attentamente e analizzati minuziosamente in tutti i loro elementi,
fra i quali hanno particolare importanza il loro scopo, le esigenze economico-sociali e gli interessi in giuoco, scoprono, ossia rivelano, essi stessi alla
ragione umana la norma piu` adatta al loro regolamento . Cfr. N. Luhmann,
La differenziazione del diritto (Bologna 1990), passim; M. Barcellona, Diritto,
sistema e senso, Lineamenti di una teoria (Torino 1997), passim; Id., Clausole
generali e giustizia contrattuale cit., passim.
(19) Cfr. per tutti N. Bobbio, Il positivismo giuridico (Torino 1966),
passim.
(20) Esser, Precomprensione e scelta del metodo cit., 11 s., ogni diritto positivo dipende, nellinteresse della sua continuita`, [...] dalla aderenza
alla vita delle sue soluzioni. Per questo motivo, esso deve organizzare un sistema decisionale che corregga, rinnovi, affini e adatti per il futuro parti del
programma di regolamentazione, finora riconosciute ininterrottamente valide [...]. Un tale sistema deve, di conseguenza, essere organizzato in modo
tale che il potere giurisdizionale sia, di volta in volta, in condizione di interpretare e di strutturare, in modo attuale e illuminante, con gli elementi ordinativi, le fattispecie e i concetti del diritto e, nello spirito dellordinamento
giuridico complessivo, i modelli di regolamentazione recepiti .
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(21) Cos` gia` Betti, Interpretazione cit., 113 s., per il quale non potrebbe altrimenti il diritto, che e` essenzialmente forma, dominare e permeare la fluida materia della vita sociale cui si sovrappone ne raggiungere la
necessaria trasparenza e intellegibilita` . V. anche G. Benedetti, Diritto e linguaggio. Variazioni sul diritto muto, in questa Rivista, 1999, 151.
(22) Esser, Precomprensione e scelta del metodo cit., 39.
(23) Cos` Scalisi, Il diritto naturale e leterno problema del diritto giuEuropa e diritto privato - 2/13
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adattabilita`; dallaltro la societa` vista come una realta` sostanzialmente omogenea dal punto di vista valoriale. Sullo sfondo
lidea del diritto come forza espressiva della sovranita` nazionale, capace di imporsi incondizionatamente in funzione ordinante, strettamente ancorata alla dimensione territoriale e alla
forza coagulante del concetto di nazione, custode dellegemonia valoriale dellordine borghese.
Eppure quelledificio armonico e assai semplice, apparentemente incrollabile, quale era lo Stato di diritto, si rilevava, ai
primi anni del nuovo secolo, inadatto ad ordinare una realta`
politico-sociale e giuridica sempre piu` complessa; la semplicita`
celava in realta` semplicismo, ossia una semplificazione forzosa priva di riscontri nella realta` e assai costrittiva del reale
sviluppo socio-economico-giuridico rapidamente maturatosi
soprattutto negli ultimi decenni dellOttocento (30).
E cos` nel corso del secondo Novecento la crisi della legge
generale ed astratta giunge a compimento, contestualmente
allemergere dello Stato sociale, con il carico di complessita`
diffusa che si porta dietro, conseguenza della necessita` di dare
rappresentazione ad una pluralita` di interessi altrimenti destinati a confliggere; il diritto inaugura una nuova prospettiva allinsegna della discontinuita`. Dalla prospettiva sincronica, la
discontinuita` e` evidente gia` a livello orizzontale e consiste nel
riconoscere la societa` non piu` come un blocco omogeneo, ma
come una realta` complessa (31) nella quale proprio le clau-
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v questa la tesi di M. Libertini, Nuove riflessioni in tema di tutela
inibitoria e di risarcimento del danno, Riv. crit. dir. priv., 1995, 395 s.; Id., Ancora sui rimedi civilistici conseguenti a violazioni di norme antitrust, Danno e
resp., 2004, 937 ove si legge che il danno risarcibile consiste nella lesione
di qualsiasi interesse socialmente apprezzabile, che abbia dato luogo ad un
pregiudizio patrimonialmente valutabile e possa quindi essere riparato mediante limposizione ex lege, ad un soggetto ritenuto responsabile, di una
prestazione suscettibile di valutazione economica. Il danno (astrattamente)
risarcibile diviene altres` danno ingiusto ex art. 2043 c.c., con il conseEuropa e diritto privato - 2/13
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losservatore attento appare nulla piu` che una formula di copertura, la quale, dietro lapparente rispetto del sistema, cela in
realta` il riconoscimento al giudice del potere dei agire con le
mani libere nellindividuazione dei danni risarcibili (37). E
infatti una gerarchia dei valori protetti non e` rinvenibile in alcun luogo del sistema ne e` addirittura concepibile, soprattutto
quando e` in ballo il contrasto tra diritti inviolabili, sicche, linvocazione dellordine assiologico si risolve in una giustificazione a posteriori del giudizio, e cio` fa si che lindividuazione
della regola del caso concreto sia frutto di un giudizio di valore
esclusivo del giudice, di cui, peraltro non e` possibile ripercorrere i passaggi argomentativi in vista di un controllo e rispetto
ai quali si puo` giusto concordare o meno; mentre si prospetta
impossibile la falsificazione dal momento che il criterio che
anima tali giudizi non e` la contrapposizione vero-falso, ma
piuttosto quella giusto-sbagliato; corretto-scorretto ecc. (38).
Viene in rilievo il problema, che coinvolge la stessa distribuzione e lequilibrio tra i pubblici poteri, della legittimazione del
diritto giurisprudenziale, vale a dire dei limiti entro i quali
questultimo e` autorizzato a dare ingresso alle istanze sociali
via, via emergenti di cui la legge non ha potuto o non ha voluto tenere conto. Il vantaggio, indiscutibile, che lampliamento dei poteri del giudice comporta, vale a dire la spinta
verso una maggiore innovazione del diritto si rivela, tuttavia,
piuttosto rischiosa in quanto da un lato svaluta la capacita` di
adeguamento del diritto positivo alla realta` fattuale, di fatto
delegittimando qualsiasi mediazione politica, e dallaltro, priva
la funzione normativa di quelle procedure e filtri attraverso i
guente insorgere dellobbligazione riparatoria ex lege, se e in quanto la posizione del soggetto cui e` imputabile il fatto causativo del danno non sia suscettibile, in una valutazione comparativa degli interessi in gioco, di una valutazione poziore rispetto a quella del soggetto danneggiato . Un tale esito,
solitamente ricondotto allinsegnamento di Rodota`, dal momento in cui intese lart. 2043 come una clausola generale, e` in realta` il frutto di una distorsione del suo pensiero, in realta` assai piu` prossima a quella di Castronovo,
di quanto non voglia la vulgata che le colloca in una dimensione di radicale
contrapposizione.
(37) S. Mazzamuto, Rimedi specifici e responsabilita` (Perugia 2011),
267.
(38) Ivi, 269.
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quali la produzione delle norme e` sottoposta ad una trasparenza e ad una maggiore possibilita`, almeno teorica, di controllo democratico. In un sistema, qual e` il nostro, vale sempre la pena ricordarlo nel quale, a differenza dei sistemi di
common law, i giudici difettano di una diretta legittimazione
popolare e sono dunque sottratti a quel sindacato sulle scelte
politiche compiute (39) cui e` normalmente sottoposto il potere legislativo.
Il tema delle clausole generali acquista poi un particolare
rilievo nel diritto comunitario, perche qui, il ricorso massiccio
a concetti indeterminati (buona fede e ragionevolezza su tutti),
si lega, sul piano della nomenclatura giuridica, alla crisi della
fattispecie a vantaggio di un modello tutto sbilanciato in direzione del rimedio, sintomatico del rilievo che spetta in sede
comunitaria al risultato pratico che, attraverso la norma, si
vuole conseguire (40); e su quello politico alla crisi della sovranita` statuale (41) in favore di una forma di regolazione orizzontale e negoziale abitualmente etichettata come governance (42). Le due dimensioni, quella giuridica e quella poli-
(39) Rileva a tal proposito A. Catania, Metamorfosi del diritto. Decisione e norma nelleta` globale (Bari 2008), 127, che lopera di mutamento,
di modernizzazione, ma anche semplicemente di creazione ex novo di diritto
in materie delicatissime di natura etica viene dunque delegata allopera dei
tribunali (in verita` tuttaltro che silenziosa) che certamente possono, piu`
agevolmente di quanto accada in una discussione in Parlamento, adoperare
argomentazioni di ragionevolezza e di prudenza, adattando la rigidita` del
principio al caso particolare, personalizzandolo (il che e` perfettamente adeguato in materie di vita e di bioetica): ma possono anche non farlo, riversando nella decisione la propria idiosincrasia ideologica e culturale, che non
e` affatto, come nellauspicio giurisprudenziale, riferibile allethos comune, il
quale a sua volta non e` affatto ne unitario ne autoevidente, stante il conflitto
che si apre sul caso .
(40) In questo senso L. Nivarra, Al di la` del particolarismo giuridico e
del sistema: il diritto civile nella fase attuale dello sviluppo capitalistico, Riv.
crit. dir. priv., 2012, 211 s., spec. 234 s.
(41) Sulla crisi della sovranita` da ultimo N. Irti, Tramonto della sovranita` e diffusione del potere, Dir. soc., 2009, 465 s.; A. Lo Giudice, Sovranita`,
Luoghi della filosofia del diritto, Idee strutture mutamenti, a cura di B. Montanari (Torino 2012), 275.
(42) Sul concetto di governance B. Montanari, Dallordinamento alla
Governance. Uno slittamento di piani, in questa Rivista, 2012, 397 s.; R.
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Mayntz, La teoria della governance: sfide e prospettiva, Riv. it., scienza pol.,
1999, 3; S. Andronico, Governance, Luoghi della filosofia del diritto cit., 313.
Secondo F. Piraino, Linadempimento dello Stato allobbligo di attuazione delle
direttive europee e il problema del risarcimento del danno, in questa Rivista,
2012, 707 s., spec. nt. 74, la governance si presenta come un concetto nuovo
di governo che abbandona il modello classico del controllo gerarchico e della
pretesa di instituire un ordine duraturo fondato sul rispetto delle presunte
leggi che presiedono al reale e che persegue invece la cooperazione tra
soggetti pubblici e privati tramite forme contrattuali al fine di soddisfare interessi particolari nella logica dellequilibrio, quale punto di stabilita` di una
realta` priva di un ordine interno .
(43) Rileva Nivarra, Al di la` del particolarismo cit., 236, il significato
della mediazione giuridica, e per conseguenza, della mediazione giudiziale si
modifica in profondita`, pur nel permanere di alcuni importanti elementi di
continuita` quando al ciclo keynesiano, interventista-integrazionista, succede
il ciclo liberista, il cui tratto dominante, e agevolmente riconoscibile, e` proprio quello della negazione radicale del conflitto e della sostituzione ad esso
di una dinamica sociale piatta, liscia in cui ogni bisogno diverso da quello di
consumare merce viene cancellato o, per meglio dire, trasformato in un bisogno suscettibile di essere soddisfatto sul mercato delle merci .
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tivo di mediazione della complessita` sociale, spesso in conflitto con la legge nellassolvimento della sua funzione correttiva, la giurisdizione, nel contesto attuale, da un lato continua ad assolvere il compito tradizionale di mera implementazione della regola, dallaltro assume quello, abbastanza inedito per i sistemi di civil law, di creazione della regola stessa. In questo contesto le clausole generali non
rivestono piu` il ruolo di breccia nel sistema , ma diventano lo strumento privilegiato di una strategia unitaria che
ha come obiettivo finale quello della concorrenza totale.
Chiarite le ragioni dellimportanza di unindagine di tipo
strutturale per chi intenda misurarsi con il problema delle
clausole generale, tale analisi non puo` che prendere avvio dallopera di Karl Engisch, nel quale le clausole generali occupano un posto, nella metodologia della legislazione, accanto ai
concetti indeterminati , i concetti normativi e i concetti di discrezionalita` .
I concetti indeterminati sono quei concetti nei quali il
nucleo concettuale , ossia il contenuto e lambito del concetto e` assai ridotto, mentre assai ampia risulta essere larea
concettuale ossia la sfera di indeterminatezza allinterno dei
quali essi si inseriscono.
I concetti (giuridici) normativi si contrappongo ai concetti
(giuridici) descrittivi non tanto perche i primi, a differenza degli altri, troverebbero significato in quanto oggetto di riferimento da parte del sistema giuridico, ma piuttosto perche necessitano in ogni caso di una valutazione per portare ad applicazione nel caso singolo un concetto normativo .
I concetti (giuridici) discrezionali si pongono poi come
unulteriore sotto categoria che si differenzia anzitutto dai concetti indeterminati descrittivi e ulteriormente da quei concetti
normativi che richiedono una valutazione non personale ma
oggettivamente valida e univoca.
Infine, le clausole generali il cui valore, secondo Engisch,
risiederebbe nel settore della tecnica legislativa, ovvero nella
capacita` di sottomettere un maggior numero di rapporti concreti di fatto ad una conseguenza giuridica in maniera esauriente, cioe` priva di lacune, e suscettibile di adattamenti alle
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diverse circostanza (44). Le clausole generali sarebbero dunque tecniche alternative ad una costruzione casistica della fattispecie, una forma di fattispecie che descrive con una
grande generalita` un ambito di casi e li consegna alla valutazione giuridica (45). Lanalisi strutturale si arresta tuttavia
qui non potendosene far dipendere alcunche in termini di diversificazione qualitativa della discrezionalita` accordata allinterprete (46).
Il nodo problematico di tutto il discorso di Engisch riguarda proprio il rapporto tra le clausole generali e i concetti
di indeterminatezza e di integrazione valutativa venendo infatti escluso che le clausole generali presentino una propria
struttura dotata di un particolare procedimento logico, limitandosi ad aumentare il distacco presentato da quegli altri
concetti nei confronti dei loro concetti correlativi... (47).
Detto in altri termini le clausole generali presenterebbero un
grado di indeterminatezza e un margine di integrazione valutativa maggiore rispetto ad una comune norma: una differenza
che si arresta pero` al piano quantitativo e che si riflette sul
piano della costruzione della fattispecie, riassuntiva e non casistica.
Una volta acquisita la consapevolezza della circostanza
che tutti i concetti giuridici presentano un nucleo di indeterminatezza ( concetti assolutamente determinati sono rari nel
diritto (48) e si aggiunga, difficilmente puo` essere altrimenti
perche concetti giuridici determinati mal si concilierebbero
con lobiettivo della semplificazione dellambiente che lastrattezza e al generalita` al minimo assicurano) e si caratterizzano
in ogni caso per un procedimento di tipo valutativo accordato
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allinterprete (49), il punto debole della sistematizzazione risiede nella non adeguata comprensione della caratteristica che
differenzia la norma strutturata nella forma della clausola generale dalle altre.
Non condivisibile risulta la scelta di porre sullo stesso
piano indeterminatezza, integrazione valutativa e clausola generale, apprezzandosi questa, come lo stesso Engisch suggerisce, sul piano della tecnica normativa e distinguendosi, rispetto alle altre tipologie di norme, proprio per una diversa incidenza dellindeterminatezza e del margine valutativo affidato
allinterprete, connotati questi presenti e` opportuno ribadirlo , in quantita` e qualita` differenti in tutte le norme.
Appare allora puntuale il rilievo critico di quella dottrina
che ravvisa in Engisch una commistione tra la clausola generale e la norma generale, assegnando indebitamente (ma non
troppo come si vedra`) alla prima un duplice significato, in un
primo senso, come strumento di tecnica legislativa, una
forma di fattispecie che descrive con una grande generalita` un
ambito di casi e il consegna alla valutazione giuridica (50) e
in un secondo come concetto elastico, bisognoso caso per caso
di integrazione valutativa (51), finendo per sovrapporre i concetti (52) di elasticita` e di generalita` (53).
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rale non solo maggiore, ma differente (55), riguardando la costruzione stessa della fattispecie (56).
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scussione lassunto che il rapporto tra regole e principi sia definibile nel segno di una netta contrapposizione (61).
Lidea e` che il sistema normativo si articoli in una serie di
strutture (regole o principi) le quali posseggono tutte certe caratteristiche e la cui differenziazione si basa unicamente sul
profilo quantitativo, riguarda cioe` la misura in cui tali caratteristiche sono possedute. Non si intende certo introdurre una
terza tipologia di norma, con caratteristiche proprie sia dei
principi sia delle regole, ma al contrario sostenere la relativita`
di una distinzione, dimostrando che quelle caratteristiche che
dovrebbero essere esclusive soltanto dei principi o delle regole
vengono in realta` possedute in misura differente tanto dagli
uni quanto dalle altre. Secondo la versione forte (62) della di-
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scente rispetto alla discrezionalita` giudiziale, clausole generali , norme generali e norme a fattispecie analitica .
Tra queste ultime la differenziazione in punto di indeterminatezza e di integrazione valutativa si limita al piano quantitativo, e dunque, il passaggio dalla norma a fattispecie analitica
alla norma generale integra effettivamente un maggiore margine di indeterminatezza e un maggiore margine di discrezionalita`.
Il criterio differenziale rispetto alle clausole generali, viceversa, non e` imperniato ne attorno alla presenza o meno dellindeterminatezza o dellintegrazione valutativa come se
nellipotesi di norma a fattispecie analitica (o norme generali)
si trattasse di realizzare una semplice sussunzione della premessa minore (lo schema di fatto) in quella maggiore (la regola giuridica) ne tanto meno attorno ad una differenza
meramente quantitativa.
Per quanto integrazione valutativa e indeterminatezza
siano correlate, nel senso che ad una maggiore indeterminatezza segue necessariamente un piu` ampio margine di integrazione valutativa, la correlazione non puo` arrestarsi al piano
quantitativo (64). Su tale piano, lo si ribadisce, si apprezza
unicamente la distinzione tra norma a fattispecie analitica e
norma generale, la quale presenta rispetto alla prima una maggiore indeterminatezza cui corrisponde effettivamente un piu`
ampio (in senso quantitativo) margine di integrazione valutativa.
Nel caso delle clausole generali si rompe viceversa quel
nesso di correlazione tra indeterminatezza e integrazione valutativa; cos`, se nel passaggio da una norma a fattispecie analitica (o da una norma generale) ad una clausola generale lindeterminatezza aumenta (si resta dunque sul piano meramente
quantitativo) sotto il profilo dellintegrazione valutativa la rela-
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una distinzione gia` in funzione del termine valutativo utilizzato, attribuendo il significato di clausola generale solo ad alcune espressioni e non ad altre. La particolarita` strutturale
delle clausole generali risiede infatti nella circostanza che il
giudice concorre alla formazione della regola da applicare al
caso concreto ma non gode di discrezionalita` assoluta, essendo
fissato preventivamente lordine di valori dal quale far discendere la sua decisione (67).
Nella distinzione proposta tra norme a fattispecie analitica , norme a fattispecie generale e clausole generali il
limite massimo fino al quale la discrezionalita` puo` spingersi e`
sempre segnato dalla presenza di un ordinamento di legge
scritta. In tale prospettiva possono essere definite clausole generali espressioni quali buona fede , buon costume , diligenza , ragionevolezza (68) assumendo il termine di
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volta in volta utilizzato la funzione di criterio direttivo, e dunque di limite verso lo specifico ambito valoriale attorno al
quale costruire la fattispecie.
La discrezionalita` di cui gode il giudice in presenza di una
clausola generale resta allora limitata, oltre che dal test di
compatibilita` con il sistema per il tramite di una struttura dogmatica, ancora prima, nella selezione del valore da trasformare in regola di decisione.
Risulta cos` smentito lassunto secondo cui le regole, a
differenza dei principi, sarebbero opache rispetto al valore
che intendono tutelare, non facendo esplicitamente riferimento a quel valore, ma limitandosi a predisporre una condotta funzionale al suo soddisfacimento. E
v evidente che ad
una norma quale quella del buon costume, sicuramente da
considerare regola, non puo` certo negarsi levidenza del valore,
nel senso di precetto di ottimizzazione nella formulazione
dellenunciato normativo, che costituirebbe il tratto distintivo
dei principi.
Al riguardo e` necessario precisare che il punto di riferimento non e` il valore in se ma lesperienza fenomenica dei valori rappresentata dagli standards, ossia linsieme di quei comportamenti, fatti, riconoscibili come forme esemplari, figure
sintomatiche, dellesperienza sociale dei valori (69). E cio` per
il particolare modo di conoscibilita` dei valori, la cui natura e`
piuttosto quella del poter-essere che del dover-essere (non sono
proposizioni normative, e infatti assumono tale fisionomia
solo dopo la loro positivizzazione attraverso la traduzione in
una norma giuridica, principio o regola che sia) (70).
Il che pero` non ne esclude una conoscenza razionale, essendone predicabile, vista la natura di giudizi logici, una cono-
pliare il novero degli interessi coinvolti nellobbligazione o nella vicenda negoziale, ma soltanto specificare meglio lampiezza e i contenuti di quelli gia`
individuati dalle parti o dalla legge, facendo leva sui processi di induzione
logica dagli elementi che caratterizzano la situazione di fatto in cui tali interessi sono calati .
(69) Mengoni, Spunti per una teoria cit., 15. Cos` anche DAmico, Note
in tema cit., 449, che riprende testualmente le parole di Mengoni.
(70) Mengoni, Interpretazione e nuova dogmatica, Ermeneutica e dogmatica cit., in particolare 75 s. Anche DAmico, Note in tema cit., 449 s.
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(71) Mengoni, Interpretazione cit., 79. Anche per le altre norme lapplicazione non e` mai sussunzione ma e` sempre mediato dalla formulazione
di un giudizio di valore con la differenza che nel caso delle clausole generali
il giudice non dispone di un patrimonio di dati per la ricerca della decisione, costituito dal testo normativo allinterno del quale rinvenire la regola
di decisione. Per questo di regola il controllo di intersoggettivita` nelle norme
in cui e` presente la fattispecie si fonda attraverso un (semplice) controllo
di compatibilita` con i concetti espressi nella norma, cioe` e` garantita dalla
corrispondenza a un certo grado di astrazione concettuale del sistema in cui
la norma e` compresa (Mengoni, Spunti per una teoria cit., 17).
(72) Vedi la nota precedente. In questo senso anche DAmico, Note in
tema cit., 449, mentre di regola i valori sociali diventano valori giuridici attraverso una (loro) riformulazione costitutiva da parte del legislatore, nel
caso di norme contenenti clausole generali, questo compito e` [...] affidato al
giudice .
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(73) Cos` Castronovo, Problema e sistema cit., 124, riferendosi allingiustizia afferma: In realta` una simile clausola generale, tanto evanescente
da malcelare un vero e proprio rinvio integrale, non piu` solo concretizzante,
ai poteri del giudice, sarebbe un vero e proprio dispositivo di filtraggio ,
in un ordinamento di legge scritta, di una pura giurisprudenza di equita` .
Parla di costituzionalizzazione della forma del giudizio del diritto privato F.
Piraino, Diligenza, buona fede e ragionevolezza nelle pratiche commerciali
scorrette cit., 2010, 1173 s., in riferimento al favore sempre piu` diffuso che
il bilanciamento come tecnica di decisione va acquisendo [...] creando cos` i
presupposti di una tecnica di valutazione ampiamente discrezionale al punto
da evocare unimmagine quasi sapienziale della decisione giudiziaria . Il bilanciamento, quale tecnica propria del giudizio di equita`, sebbene inevitabile in qualsiasi forma di applicazione del diritto diventa incompatibile con
le caratteristiche proprie che il sindacato giudiziale assume nel diritto privato (basato sulla tecnica della sussunzione) quando assurge a vera e propria tecnica di valutazione in cui il giudizio si sgancia dal tenore, a volte
anche assai vago, delle proposizioni prescrittive e si affida ad un apprezzamento privo di concreti punti di riferimento, in cui prevalgono le indicazioni
offerte dal concreto atteggiarsi del singolo caso controverso [...] .
(74) Sulla necessita` di non confondere clausole generali con un generico potere di equita` di Majo, Clausole generali cit., 540, altrettanto inesatto
sarebbe identificare le clausole generali con disposizioni normative che attribuiscono ai giudici poteri di libero apprezzamento. Le clausole generali
coinvolgono sicuramente poteri di apprezzamento dei poteri dei giudici ma
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Limpianto filosofico-concettuale che fa da sfondo alla codificazione e` il positivismo giuridico secondo cui la produzione giuridica non e` altro che uno sviluppo per derivazione
concettuale , vale a dire che le norme e la loro applicazioni
trovano il loro fondamento e la loro derivazione unicamente
dal sistema, dai concetti e dai principi dottrinari della scienza
del diritto senza alcuna contaminazione con le istanze valoriali
ed extragiuridiche. Lordinamento giuridico come sistema
chiuso di istituti e norme, indipendenti dalla realta` sociale dei
rapporti di vita da esso regolati e la cui riproduzione e` garantita esclusivamente dalla giustificabilita` logica di ogni sua operazione.
Qualsiasi riferimento al criterio di giustizia nella costruzione della fattispecie, come nellart. 2043 c.c., laddove il
danno e` risarcibile qualora sia ingiusto , si risolve nel rispetto di un criterio di giustizia meramente formale che, in
virtu` della riduzione del concetto di valore a quello di validita`,
altro non significa se non, da un lato, il rispetto di quei canoni
logici che permettono la giustificazione in punto di validita`
della soluzione dedotta dallo stesso sistema giuridico, e dallaltro, lassoluta estraneita` di qualsiasi istanza valutativa del diritto. Se labbandono del positivismo nella sua versione rigidamente formalista ha svelato linconsistenza del mito della completezza dellordinamento, e ha permesso di rivalutare la portata di quelle norme in cui il completamento della fattispecie e`
luso di siffatti poteri e` raccordato allosservanza di principi, criteri, standards, aventi tendenzialmente natura oggettiva o quantomeno convenzionale
[...] o che tale almeno ispirano ad avere . Cos` luso di clausole generali
dunque non deve identificarsi con luso di poteri equitativi che fanno richiamo al potere del giudice di temperare il rigore di soluzioni giuridiche,
principalmente sulla base della valutazione delle circostanze del caso . Piu`
in la` nel discorso tuttavia riconosce che se la tecnica delle clausole generali
intende prendere le distanze dalle formule ricorrenti di giustizia del caso
concetto, rispondenti in forma piu` o meno diretto, allidea di equita`, e` vero
che anche siffatta distinzione e` piu` lastricata di buone intenzioni che di altro . Diverso esito prospetta Rodota`, Ideologie e tecniche cit., 96, il richiamarsi alla tecnica delle clausole generali non comporta necessariamente labbandono allarbitrio delle ragioni del cittadino che pure in un sistema fondato su siffatte clausole il fondamento della decisione non e` libera scelta del
giudice, ne e` attinto ad un generico sentire sociale .
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rimesso allopera del giudice attraverso la recezione di specifiche istanze valoriali, di volta in volta indicate dal legislatore
(buona fede, buon costume, diligenza), tale rinnovamento, tuttavia, non puo` trasformarsi nella negazione dei principi fondativi del sistema, primo tra tutti di quello della separazione tra momento creativo della regola e quello della sua
interpretazione/applicazione. A tale esito si giunge infatti laddove e` interamente affidata al giudice la costruzione della regola secondo un criterio di giustizia sostanziale, svincolato da
qualsiasi direttiva valoriale cui agganciare il controllo da parte
dellordinamento e dalla ricerca di quelle regolarita` tipologiche
sulle quali fondare la decisione, introducendo cos` un surrettizio giudizio secondo equita`, al di la` delle ipotesi previste dalla
legge. I riferimenti alla giustizia, nei sintagmi che la contengono danno ingiusto giusta causa, assumono dunque, piu`
correttamente, una portata infrasistemica e valgono come
semplici predicati qualificatori di un fatto in funzione riassuntiva di valutazioni gia` compiute da parte dellordinamento.
Continuare ad identificare nellingiustizia del danno una
clausola generale e ritenere che la sua concretizzazione consista nel bilanciamento degli interessi significa perpetuare un
fraintendimento, obliterando del tutto il momento di integrazione del giudizio di valore nel sistema, per il tramite di una
struttura dogmatica. Ma del resto, mancando un valore che
funga da criterio direttivo, la regola di decisione non puo` che
essere il bilanciamento di interessi che, per lappunto, consiste
proprio nellaffermazione di un valore come prevalente su di
un altro.
Tanto appare difficile scongiurare lesito in un bilanciamento di interessi che la dottrina, che per prima si e` riferita al
concetto di ingiustizia come sinonimo di clausola generale,
prendendo le distanze da un tale esito ha dovuto rinvenire nellingiustizia del danno la diretta manifestazione del principio
di solidarieta` nellambito della responsabilita` civile, il quale a
sua volta troverebbe concretizzazione nelle diverse situazioni
giuridiche soggettive tutelate (75).
(75) Si fa riferimento al fondamentale studio di S. Rodota`, Il problema della responsabilita` civile (Milano 1964), passim.
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tre (81), ma integrano precetti di ottimizzazione (Optimierungsgebote) e, dunque, sono norme che prescrivono che qualcosa
sia realizzata nella misura piu` ampia possibile relativamente
alle possibilita` giuridiche e fattuali (82). Allo stesso modo, i
principi non indicano conseguenze giuridiche che seguano
automaticamente allorche si diano le condizioni previste (83)
ma individuano un programma di scopo (84) perseguendolo
per il tramite di una virtualita` e una forza di espansione non
gia` di indole logica e dogmatica bens` di indole valutativa e assiologia (85).
Tramite i principi lordinamento compie una duplice operazione: da un lato, traspone nel sistema valori di matrice squisitamente etica, indispensabili al vivere sociale, dallaltro lato,
indica la rotta da seguire tanto nel momento applicativo del
diritto quanto in quello riproduttivo, orientando sia linter-
(81) Anche perche nessuna norma rappresenta un criterio di giudizio talmente rigido da non lasciare mai adito alla minima incertezza tra la
sua applicabilita` e la sua non applicabilita` a un qualche caso concreto. Sotto
una prospettiva semantica, la rigidita` e la flessibilita` costituiscono dunque
caratteristiche graduabili: non ci sono norme rigide e norme flessibili; ci
sono soltanto norme piu` o meno rigide . Cos` C. Luzzati, Pr`ncipi e princpi.
La genericita` nel diritto (Torino 2012), 125.
(82) Cos` R. Alexy, Theorie der Grundechte (Frankfurt am Main 1994),
72 s., per il quale, al contrario, le regole possono sempre solo essere adempiute o non adempiute .
(83) Dworking, I diritti presi sul serio cit., 90 s.
(84) L. Mengoni, Ermeneutica e dogmatica giuridica cit., 126 s. identifica i principi come specie del genere norma giuridica [...]. Le regole stabiliscono un programma condizionale, che si attua interamente ogni volta che
la regola riceve applicazione. I principi delineano un programma di scopo,
che deve essere attuato nella misura massima compatibile con le possibilita`
di diritto e di fatto esistenti hic et nunc . LA. precisa poi che gli enunciati di
principio non sempre sono privi di fattispecie: Questa caratterizzazione e`
accettabile solo come formula ellittica, nel senso (relativo) che i principi non
hanno una fattispecie dotata di valore deduttivo: il loro modo di applicazione non e` la sussunzione ma quella del bilanciamento di interessi. Contra Crisafulli, Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto
cit., 236, secondo il quale i principi generali del diritto, siano essi cristallizzati in enunciati normativi ovvero astrattamente ricavabili dal diritto positivo, hanno valore di principi assiomatici o dogmatici e, in quanto tali, non
sono soggetti a bilanciamento.
(85) Cos` Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici cit., 317.
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(86) Cio` e` tanto piu` evidente laddove si pensi che, mancando in Italia
un referente giuridico in grado di giustificare la Drittwirkung delle norme
costituzionali poste a presidio e riconoscimento di diritti fondamentali della
persona, dottrina e giurisprudenza prevalenti (L. Mengoni, Forma giuridica e
materia economica, Diritto e valori (Bologna 1985), 164; Cass. s.u. 29-5-1993
n. 6031, Foro it., 1993, I, 1794 s.) ritengono insindacabili le condotte umane
pur in contrasto con valori riconosciuti positivamente, cos` stabilendo la necessita` imprescindibile di un intervento del legislatore volto a stabilire una
correlazione tra linteresse ritenuto meritevole di le modalita` concrete attraverso le quali tale tutela lordinamento intende realizzare. In tal senso la vincolativita` di una norma si misura anche sul terreno della sua concretezza,
che integra il presupposto necessario ma non sufficiente della sua precettivita`. Sul tema cfr. A. Albanese, Violazione di norme imperative e nullita` del
contratto (Napoli 2003), 332 s., spec. 334-335.
(87) Cfr. Costanzo, Largomentazione giuridica cit., 50, il quale rintraccia nei valori entita` intermedie, esistenti ma non auto-fondantisi, perche
presuppongono un livello che li condiziona, richiedono ulteriori presupposti
e si pongono da interfacce fra la coscienza e lazione, fattori di orientamento
e stabilita` destinati a durare nel tempo e strumentali alla realizzazione di altre dimensioni della psiche.
(88) L. Mengoni, Largomentazione nel diritto costituzionale, Ermeneutica e dogmatica giuridica cit., 115 s. Favorevole ad ammettere anche la cogenza dei valori recepiti dalla dottrina dei diritti inviolabili delluomo L. Ferrajoli, Diritti fondamentali, Un dibattito teoretico, a cura di Vitale (RomaBari 2008), passim.
(89) S. Mazzamuto, Il rapporto tra clausole generali e valori, Le clausole generali nel diritto privato cit., 1698. LA., sulla scia della lettura mengoniana, ritiene che le clausole generali esibiscono una naturale estroverEuropa e diritto privato - 2/13
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sione poiche ancorate a valori il cui contenuto non si puo` esaurire nella valutazione fattane dal legislatore, ammesso che questultima sia in grado di
fornire indicazioni piu` precise e non costituisca a sua volta una clausola generale o un principio . Cfr. Mengoni, Spunti per una teoria delle clausole generali cit., 5 s.; L. Nivarra, Clausole generali e principi del diritto nel pensiero
di Luigi Mengoni, in questa Rivista, 2007, 411 s.
(90) Cfr. Modugno, Sistema giuridico, Sistema e problema cit., 15 s.,
secondo il quale lirriducibilita` del sistema allordinamento e` tanto piu` evidente proprio in quelle ricostruzioni dichiaratamente orientate a tal fine. Invero, anche in queste dottrine la considerazione degli scopi della legge, pur
essendo tendenzialmente od esclusivamente riservata al legislatore e preclusa al giurista e al giudice, entra tuttavia a comporre un elemento indefettibile nella costruzione del sistema. Tanto e` vero che essa risorge comunque nellopera interpretativa, come considerazione della ratio legis. In altri
termini il sistema e` sempre distinto dallordinamento, in quanto costruito su
un ordinamento, pieno di contenuti, anche indipendentemente dal fatto che
tali contenuti siano di esclusiva pertinenza del legislatore ovvero siano condeterminati dal giurista e dal giudice . Cio` che e`, invece, espressamente negato da H. Kelsen, Reine Rechtslehre (Leipzig und Wien 1934), 33 s., il quale
distingue tra lo scopo dellordinamento e lordinamento stesso, costruendo la
sua teoria pura del diritto scansando il primo ordine di problemi per esaminare lopera del legislatore alla cruda luce della sua struttura logica. In questo modo non solo ordinamento e sistema divengono due entita` perfettamente coincidenti ma si minimizza la problematicita` sottesa allo studio del
diritto, tacciando di irrilevanza giuridica tutto cio` che esula dallo schema rigidamente formale dellordinamento inteso come sistema di norme giuridiche.
(91) Cos` Modugno, Sistema giuridico cit., 12, nel ripercorrere i risulEuropa e diritto privato - 2/13
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lonta` psicologica del legislatore la fonte della propria razionalita` (92), ma nella volonta` del diritto stesso, rintracciabile attraverso il percorso di comprensione dei principi generali ad
esso sottesi e delle premesse implicite del discorso normativo,
ossia dei valori, intesi come massime valutative e normative,
capaci di conformare ogni singola componente del sistema. In
altri termini: dati determinati principi generali il sistema giuridico su di essi costruito godra` di vita propria e sara`, pertanto,
logicamente successivo ad essi. Tale naturale subordinazione
del sistema complessivamente inteso e, dunque, comprensivo anche della legge in senso stretto ad un prius che ne
costituisce lantecedente genetico permette di attribuire al diritto voce e personalita` proprie e di invertire la tradizionale
gerarchia dei vari protagonisti della vicenda giuridica: il sistema non viene piu` subordinato alla volonta` del legislatore
ma semmai e` questo che deve adattarsi a quello, nella misura
in cui, per preservarne la razionalita` complessiva, pur innovandolo non puo` tradirne lispirazione generale.
Allo stesso modo, linterprete dovra` adattare la decisione
tati raggiunti dalla dottrina tedesca del XIX secolo, su cui si v. tra tutti F. von
Jhering, Lo scopo nel diritto, trad. it. a cura di M.G. Losano (Torino 1972),
passim, primo esponente della Interessenjurisprudence, dottrina elaborata sul
presupposto che la metodologia debba essere ricavata dalloggetto cui inerisce e non essere semplicemente imposta a questo. Da cio` il primato della
teologia sullanalisi storica del diritto, che invece trova in F.C. von Savigny
(Sistema del diritto romano attuale, trad. it. a cura di Scialoja (Torino 1886),
passim) il suo piu` noto fautore.
(92) In tal senso si v. B. Windscheid, Diritto delle pandette, trad. it. a
cura di Fadda - Bensa (Torino 1926), passim, il quale, sulla scia delle determinazioni gia` raggiunte dai fautori della Begriffsjurisprudenz, attribuisce al
solo legislatore la facolta` di compiere scelte di politica legislativa stabilendo
cosa debba essere diritto, in forza della sua volonta` razionale. In questo
senso (ed entro questi limiti) allinterprete spetta il solo compito di comprendere la razionalita` intrinseca del pensiero espresso dal legislatore nella
norma. Cfr. anche D. Donati, Il problema delle lacune nellordinamento giuridico (Modena 1910), 28 s.; G. Brunetti, Il domma della completezza dellordinamento giuridico, Scritti vari, IV (Firenze 1924), 212 s. Pur tuttavia tale
dottrina sconta un deficit argomentativo: la pretesa completezza logica del
diritto positivo e`, infatti, un presupposto aprioristico non dimostrato e il ditterio quod non est in lege, nec in iure utilizzato per escludere la possibilita` di
colmare le lacune pure esistenti nel sistema si rivela nulla piu` che una petizione di principio. In senso critico Betti, Interpretazione della legge cit., 305 s.
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allassetto valoriale cristallizzato dal sistema in un certo momento storico nei limiti in cui tale operazione sia consentita
(o, meglio, imposta) dal principio di coerenza sistematica e,
quindi, in ultima analisi, dai principi. Cos`, se dal sistema nel
suo complesso emergono nuovi interessi da tenere in conto
nella riproduzione dellopera di bilanciamento e regolamentazione primordiale, formalizzata nella norma, linterprete ben
potra` aggirare lormai morta lettera della legge adattandola
alle mutate esigenze del reale (93).
Aderendo a questa ricostruzione, i principi divengono
connettori normativi del sistema (94), capaci di orientarlo in
senso logico e razionale tanto se implicitamente veicolati da
regole, quanto se espressi in forma pura, enunciando direttamente il loro fine. Ed anzi, il potere esplicativo dei principi e`
piu` forte e pervasivo quando questi sono privi del corredo della
fattispecie poiche la regola costituisce sempre una mera concretizzazione tra le molteplici possibili del principio e si pone,
rispetto ad esso, in rapporto di mezzo a fine ovvero, sul piano
logico, di condizionato a condizionante (95). Pertanto, se in
una prospettiva statico-dogmatica i principi assurgono a matrici di norme quali criteri che stanno alla base di soluzioni
legislative, nella misura in cui il diritto positivo si e` ad essi informato , in una prospettiva dinamica divengono strumenti
(93) Betti, Interpretazione cit., 113 s. LA. ritiene che le norme giuridiche ben possano, con il passare del tempo ed entro il limite fisiologico di
compatibilita` sistematica, maturare esiti sociali ulteriori rispetto a quelli
originari, consistenti nel comporre conflitti tra interessi diversi da quelli originariamente presi in considerazione dal legislatore. Cio` che si verifica, in
primo luogo, quando norme sopravvenute alterino la composizione immanente nella norma oggetto dellinterpretazione di modo tale che la stessa
norma assuma un significato nuovo svelato dallinterprete dipendente
dallinquadrarsi di tutte le norme vecchie e nuove, in un ordine giuridico che
tutte le abbraccia e che ha la natura di una operante concatenazione produttiva nel senso illustrato da Dilthey in sede psicologico-storica . Cfr. W.
Dilthey, Der Aufbau d. geschichtl. Welt in den Geistewiss., Ges. Schr., VII,
1910, 153 s.
(94) Cfr. ex multis F. Modugno, Sistema giuridico, Enc. giur. Treccani,
XXIX (Roma 1993), 10 s.; F. DAgostino, Filosofia del diritto (Torino 1993), 14
s.; A. Falzea, I principi generali del diritto, Riv. dir. civ., XXXVII, 1991, 455 s.
(95) Cos` Costanzo, Largomentazione giuridica cit., 77.
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principi, ed il bilanciamento ad essi, possano transitare ed essere recepiti su tutti i vari livelli ordinamentali, perpetuando
laderenza del sistema giuridico allorientamento etico della societa` cui si rivolge. Cos` che, sotto il profilo teleologico, la similitudine tra principi e clausole generali si apprezza non solo
o non tanto sotto laspetto dellattitudine espansiva o della dimensione dinamica, ma della loro capacita` di orientare tanto
linterprete quanto il legislatore, nellottica di un diritto in continua, razionale evoluzione (100). Razionalita` che e` bene
precisarlo ancora una volta deriva non gia` da presunte discendenze naturalistiche dei principi posti a fondamento del
sistema giuridico, ma dal sistema stesso che, una volta dotato
di vita propria, prosegue il suo cammino autonomamente.
Ma, soprattutto, tanto le clausole generali quanto i principi si fanno portatori in via indiretta, le prime, immediatamente, i secondi di quei valori etici che integrano le condizioni indispensabili per la coesistenza delle persone, scacciando dal diritto ogni traccia di relativismo assoluto e rendendo lesperienza giuridica unesperienza delletica intersoggettiva (101). Lindole valutativa e assiologia dei principi generali, di riflesso, si traspone anche sulle clausole generali, che
cos` gia` manifestano la loro attitudine a sporgersi al di fuori
del sistema giuridico (102), rappresentando il prodotto di una
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(103) Scrive G. Zagrebelsky, Il diritto mite (Torino 1992), 156 s., che
lo stile, il modo di argomentare in diritto costituzionale assomiglia allo
stile, al modo di argomentare del diritto naturale , e L. Mengoni, Il diritto
costituzionale come diritto per principi, Ars interpretandi, 1996, 96, ne rinviene la ragione nel fatto che la Costituzione, figlia di un epoca successiva a
quella del positivismo legalistico e scientifico, converte il problema della
fondazione etica della legittimita` in un problema giuridico [...] mediante la
istituzionalizzazione dei valori morali, che ne costituiscono il referente pregiuridico, in opzioni interne al diritto positivo . Cio` che, in ogni caso, non
autorizza a identificare la Carta fondamentale con il diritto naturale: la
Costituzione non e` diritto naturale, ma anzi, la piu` alta manifestazione del
diritto positivo sostiene Zagrebelsky, Il diritto mite cit., 157. E Mengoni
condivide tale affermazione, con lulteriore precisazione che lopera di positivizzazione dei principi morali attuata dal legislatore costituente risponde
ad una duplice esigenza: dare alla societa` pluralista e frammentata di oggi
unidea di uomo sostanziata da valori etici generalmente accettati ; dotare
il giudice di un mezzo di selezione degli interessi meritevoli di tutela capace
di stare al passo con la magmatica complessita` sociale. Cfr. anche L. Mengoni, Diritto e tecnica, Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, 7 s.
(104) Cfr. Luhmann, I diritti fondamentali come istituzione (Bari
2002), passim.
(105) Cos` Scalisi, Il diritto naturale e leterno problema del diritto giusto cit., 478, il quale ritiene che solo con la messa in campo di unattivita`
ermeneutica cos` concepita, con conseguente immersione della legge positiva nellhumanum della coscienza storico-sociale di vita di una data comunita` oltre che nella prescrittiva normativita` dei fatti di vita da regolare, possiamo forse ancora proporci di riportare la legge positiva ormai resasi disponibile ad accogliere qualsiasi contenuto e come tale indifferente e anodina verso tutti i contenuti a vero e autentico diritto quale ars boni et aequi come tale garante e custode dei supremi principi di equita` e giustizia
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trario dei principi, le clausole generali hanno da sempre sollevato dubbi classificatori, essendo, in effetti, profondamente diverse luna dallaltra, e che tale diversita` non pare aver trovato
alcuna giustificazione, ne lappiattire le clausole sui principi
sembra utile in tal senso.
I principi rappresentano, quindi, la giustificazione giuridica delle clausole generali, integrandone il contenuto minimo
inderogabile, ma non le esauriscono. Di talche, pur sposando
la ricostruzione delle clausole generali come luoghi privilegiati
di interscambio sistematico si rende necessario indagarne
lorientamento per comprendere come e in che limite esse impongano al giudice di attingere ad elementi estranei al sistema
giuridico.
6. Poiche il fenomeno osmotico che lega diritto e realta`,
in virtu` delle premesse della presente trattazione, deve ritenersi proprio di qualsiasi norma giuridica, prima di scansare
definitivamente lidea che il sistema giuridico attraverso le
clausole generali metta in atto strategie cognitive attraverso le
quali osservare il suo ambiente in se stesso (106) cos` segnando un confine netto e impermeabile tra diritto e realta`
resta da comprendere in cosa esattamente consista la specialita` delle clausole generali.
Una recente dottrina inquadra il modus operandi delle
clausole generali in una prospettiva squisitamente autoreferenziale, collocando piu` in generale il meccanismo dei c.d. concetti-valvola al livello dellauto-integrazione riflessiva dellordinamento giuridico, produttiva di regole tanto generali-concrete
che generali-astratte. Secondo questa ricostruzione, i concettivalvola non sono criteri di decisione ma tecniche di reperimento di criteri di decisione o indici sistemici intesi ad attivare
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procedimenti di tal fatta (107) che differirebbero dalla generalita` delle norme giuridiche solo sotto il profilo dello sforzo
analitico richiesto allinterprete (108). Si tratterebbe, pertanto,
di norme che autorizzano una produzione di norme di terzo
grado o giudiziale, condizionata, pero`, non solo sotto il profilo
formale (al pari di quanto accade, normalmente, per i meccanismi giuridici di auto-poiesi formale, vincolati al rispetto
delle forme prescritte dalla norma che tale produzione autorizza) ma anche sotto il profilo contenutistico (cio` che invece
non accade quando a produrre le norme e` lo stesso legislatore). La norma che prevede tali concetti-valvola (ed il contesto normativo ove e` inserita) reca gia` la ricostruzione vincolante del tipo di problema [...]. E siffatta preordinata e indispo-
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nibile ricostruzione del tipo di problema e` gia`, in linea di massima, portatrice dello spettro di rationes sistemiche che presiederanno alla c.d. concretizzazione che porta alla formazione di
tali regole (109).
Una diversa dottrina, invece, non identifica le clausole generali con mere norme di rinvio ma le equipara a norme di
direttiva, che delegano al giudice la formazione della norma
(concreta) di decisione vincolandolo ad una direttiva espressa
attraverso il riferimento ad uno standard sociale (110). In tal
modo, attraverso lintervento giudiziale si opera una trasposizione allinterno dellordinamento di modelli comportamentali
altrimenti privi di forza giuridica vincolante e apprezzabili
esclusivamente sul piano dei rapporti sociali (111).
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modo puramente giuridico. In esse, la ricerca della coincidenza tra dover essere e essere, che si realizza solo allorquando la norma (dover essere) giunge a corrispondenza del
fatto storico da regolare (essere), richiede un allargamento degli strumenti percettivi tipicamente a disposizione dellinterprete (117).
Poiche lattivita` valutativa precedente la decisione giudiziale deve necessariamente partire dallessere o fatto storico da
giudicare, (118) per coglierne lintima natura linterprete dovra`
calarsi sul piano della effettivita` empirica e conoscerne il
linguaggio per poi stabilire un dialogo teleologico tra lessere e
il dover essere che, nelle clausole generali e` sempre trasversale.
La seconda fase del processo di osmosi, quella compositiva, a sua volta consiste nella ri-concettualizzazione del fatto
allinterno di un sistema giuridico caratterizzato da regole che,
in quanto entita` relazionali, esistono nella misura in cui interagiscono con altre regole e in tale conflitto trovano la propria
autentica dimensione ontologica. Cos`, come luomo e` categoria della societa`, la regola e` categoria di sistema e, in questa
(117) In senso nettamente opposto H. Kelsen, Il problema della sovranita` e la teoria del diritto internazionale. Contributo per una dottrina pura del
diritto (Milano 1989), 144 s., spec. nt. 9: Essere e dovere sono due forme di
pensiero del tutto differenti luna dallaltra, inderivabili tra loro: tuttavia esse
possono avere contenuti uguali. Si puo` rappresentare lagire umano come
contenuto dellessere, come parte della natura o della storia, vale a dire come
oggetto della scienza naturale o della scienza storica, oppure come dovuto,
come contenuto di norme e quindi come oggetto della scienza giuridica. Solo
grazie a questo sostrato comune in se indifferente e in questa astrazione
inconcepibile un evento reale puo` essere valutato e, in particolare, dal
punto di vista giuridico. Sul presupposto di un dualismo fondamentale di essere e dovere, d realta` e valore, la questione se una determinata realta` sia
piena di valore o contraria al valore e` senza senso. Se una realta` puo` essere
valutata, cio` e` appunto possibile solo nel senso che il contenuto dellessere
viene confrontato al contenuto del dovere .
(118) Cfr. Piraino, Diligenza, buona fede e ragionevolezza nelle pratiche
commerciali scorrette cit., 1192, il quale, parlando della ragionevolezza ritiene che essa conduca allelaborazione di regole estrapolando la normativita` intrinseca alle circostanze concrete nelle quali il rapporto si svolge [corsivo
aggiunto], nellottica del completamento del vincolo e, dunque, nel rispetto
di una certa misura di coerenza e di compatibilita` con questultimo .
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Il diritto si nutre del reale, tanto che tra dover essere e essere non esiste una relazione monodirezionale di tipo impositivo ma un flusso di coscienza capace di adeguare luno allaltro e di stabilire un dialogo costante. In questottica, la dicotomia tra norme introflesse e norme estroflesse funzionale
alla comprensione della tensione di scopo delle clausole generali assume un diverso significato, rilevando nella misura in
cui risulti funzionale ad individuare, nelle seconde, strumenti
di interazione tra piu` sistemi a livello valoriale. I valori veicolati
dalle clausole generali, a differenza di quelli portati dai principi, non si collocano allinterno del solo sistema etico, ma riecheggiano concetti pre-logici di diversa provenienza (121). Cio`
che e` facilmente comprensibile dando il dovuto risalto alla collocazione delle clausole nella gerarchia delle fonti: subordinate
rispetto ai principi e, pertanto, di questi portatrici la loro
aspirazione non e` quella di porre le condizioni minime indispensabili per la convivenza civile che, invece, presuppongono,
ma di regolare gli scambi, laspetto culturale, economico e
mercantilistico della societa`.
Tale assetto trova conferma nel fatto che la terminologia
propria delle clausole generali, pur rinunciando a qualsiasi
pretesa definitoria indica la rotta da seguire nel momento applicativo delle stesse. Daltra parte, ogni qualificazione, pur se
sfornita dellelemento descrittivo, esprime una scelta ideologica marcata, perche opera una selezione dei fatti giuridicamente rilevanti ed e` sempre portatrice di significati emotivi e
togliere il velo a qualcosa che gia` esiste e cioe` il giuridico, che gia` esiste ed
e` vitale anche se non, lo ripetiamo, giuridicamente rilevante .
(121) Gia` Engisch, Introduzione al pensiero giuridico cit., 199 s., allinterno della macro-categoria dei concetti indeterminati distingueva i concetti normativi in senso stretto dai concetti bisognosi di integrazione valutativa : mentre i primi si identificano con un termine linguistico vago, bisognoso di unopera di concretizzazione realizzabile attraverso un mero rinvio ad altre norme giuridiche, i secondi implicano una vera e propria opera
di creazione che arricchisce lordine giuridico dato di una regola prima di allora inesistente. La differenza e` sostanziale: linterprete chiamato a confrontarsi con concetti normativi in senso stretto gode di una discrezionalita` limitata poiche, nel riempire di senso unespressione sintetica, non compie alcuna valutazione ma si limita a riproporre valutazioni gia` effettuate dal legislatore pur se in norme giuridiche diverse.
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connotazioni positive o negative che si trasferiscono alla nozione qualificata. Inoltre, lassenza di una griglia descrittiva,
lungi dal potersi ridurre ad una scelta linguistico-normativa
neutra, ne indica lattitudine verso la realta` da regolamentare,
spostando laccento dalla dimensione del dover essere giuridico a quella dellessere o fatto storico da regolare (122). La
tecnica linguistica sottesa alle clausole denuncia a chiare lettere lintenzione del legislatore, primo interprete del diritto, di
evitare definizioni castranti per consentire una maggiore aderenza alla fattualita`. Si tratta, pertanto, di una precisa scelta
legislativa, operata con la consapevolezza che il linguaggio mal
si presta ad essere asservito al diritto, divenendone piu` facilmente il padrone (123). Daltronde, muovendo dalla natura
della cosa, lindagine valutativa si svolge sempre, al contempo,
in compagnia del fatto e del valore, che non e` solo di matrice
etica: fatti storici privi di valore e valori scissi dallessere
sono figure puramente immaginarie, non reali altrimenti
saremmo sommersi dallessere oppure dal valore (124).
In questottica, le clausole generali diventano contemporaneamente strumenti auto poietici, nella misura in cui riproducono nel loro contenuto minimo essenziale la portata etica di
uno o piu` principi e, al tempo stesso, strumenti analogici complessi (125) in cui la ricerca della coincidenza tra essere e do-
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delle obbligazioni cit., 539 s.; Castronovo, Lavventura delle clausole generali
cit., 21 s.
(126) Cio` non vuol significare che nellinterpretazione delle clausole
generali le ragioni del diritto ammutoliscano di fronte a quelle di provenienza esterna. Mazzamuto, Il rapporto tra clausole generali e valori cit., 1699,
sottolinea come, la buona fede-correttezza non vada scambiata con una
sorta di travestimento linguistico del principio di solidarieta`. In realta`,
lanalisi delle motivazioni giudiziali e dei ragionamenti dottrinari svela che
la buona fede viene messa in presa diretta con il senso comune della giustizia e delleguaglianza diffuso nel corpo sociale in una determinata epoca e
proprio da cio` derivano talune chiusure e un certo scetticismo che ancora
circondano le clausole generali e la buona fede in particolare . Cfr. DAmico,
Clausole generali e controllo del giudice, Le clausole generali nel diritto privato cit., 1704, il quale ritiene le clausole generali una tecnica legislativa praticamente ineliminabile al punto tale che nessun ordinamento puo` fare a
meno di ricorrere a clausole generali, ma al contempo nessun ordinamento
potrebbe basarsi esclusivamente su clausole generali .
(127) Lespressione e` di Engisch, Introduzione al pensiero giuridico
cit., 33.
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identita` e differenza (128), non vi dovrebbero essere difficolta` ad ammettere, non solo la possibilita`, ma addirittura
lopportunita`, di istituire un dialogo tra il sistema giuridico e i
sistemi che giuridici non sono (129).
ABSTRACT
General Clauses: between Structure and Function
The essay deals with general clauses, a typical legal tool, by providing an explanation of their structure and function. According to
legal Realism, legal interpretation concerns the concept of natural
law and focuses on the role of the judge in the law-making processes.
The answer to the everlasting question on whether a just law can
exist, is deeply bound to the relationship between positive law and
living law: the judge actualizes the rule, that only within the application can become positive. The structural analysis in this article
underline the difference between general clauses, general legal standards and analytical legal standards, thus proposing a distinctive criterion based on the evaluative concepts used. The functional analysis, on the other hand, moves from some remarks on general principles that underline the differences between those and general
clauses: these are operative tools which provide for the connection of
the legal system with other external system. The relationship between law and reality is therefore osmotic and the values that steer
the judge in the decision-making process, when based on a general
clause, are not only the ethic ones.