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Dallepistemologia della pratica alla filosofia in

quanto pratica
di Alessandro Volpone

0. Prologo
Pratica della filosofia, al volgere del nuovo millennio, anche quella delle pratiche filosofiche, definibili come percorsi e metodi dellindagine razionale con orientamento filosofico1. A scuola, sul posto di lavoro, in
luoghi ricreativi o altrove (dalle istituzioni pubbliche alle aziende, dalle
aule universitarie ai caff in piazza, dagli enti locali alle strutture turistiche, dai presidi sanitari e ospedalieri ai centri di bellezza e fitness, ecc.)
sempre pi spesso si frequenta oggi la filosofia, o, meglio, il filosofare nella sua dimensione di attivit sociale e culturale umana, badando
non tanto ai contenuti, quanto pi alla correttezza dellargomentazione
e alla collegialit della riflessione. Generalmente, si tratta della ricerca
comune di una soddisfacente risposta filosofica, almeno in via presuntiva, a problemi e interrogativi, portati dai partecipanti alla discussione,
sufficientemente interessanti da poter essere assunti a oggetto dindagine
da parte del gruppo di lavoro.
Snodi storici importanti di questa variegata tradizione duso, che,
senza alcun progetto unitario, s venuta frammentariamente e indipendentemente costituendo lungo il corso del XX secolo, sono almeno tre o
quattro: la nascita del Sokratisches Gsprach di Nelson, la Philosophy for
children di Lipman, la Philosophische Praxis di Achenbach, o la Philosophische Organisationsberatung, il Caf philo e la Consultation philosophique di
Sautet, ecc. Ciascuno di questi eventi apre la strada ai diversi filoni di
sviluppo della costellazione attuale delle pratiche filosofiche.
Il metodo del dialogo socratico (Sokratisches Gsprach) viene ideato e
messo a punto inizialmente, negli anni Venti, da Leonard Nelson
(1882-1927), un post-kantiano tedesco, che, cercando di riabilitare la
metafisica, a livello teorico, pens di utilizzare, a livello pratico, il metodo dialogico filosofico nellinsegnamento di tipo attivo, della pe1 Cfr. A. Volpone, Pratiche filosofiche, forme di razionalit, modi del filosofare contemporaneo, in Kykion, 8, 2002, pp. 17-36. Analogamente, metodi filosofici con orientamento pratico li definisce Paul Wouters, direttore della Scuola Internazionale di Filosofia di Leida (cfr. Denkgereedschap. Een filosofische onderhoudsbeurt, 1999; trad. it. La bottega del
filosofo, Carocci, Roma, 2001, p. 9.)

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dagogia coeva, convinto che i bisogni educativi di bambini e adolescenti non fossero solo materiali e prestando attenzione alla loro individualit, nonch alle abilit sociali e al senso della comunit. Nelson
si occupa di Fhrerschaft e questo pu anche piacere al Terzo Reich, ma
le sue vedute libertarie e socialiste portano ben presto alla chiusura
della Landeserziehungsheim Walkemuehle, la scuola sperimentale da lui
fondata2. Nel secondo dopoguerra, Gustav Heckmann, Minna Specht
e altri discepoli rielaborano ed estendono lapplicazione del metodo di
Nelson soprattutto allet adulta, in Germania, Inghilterra e Olanda, e
come tale oggi conosciuto, diffuso sotto svariate forme e modalit di
realizzazione. La Philosophy for children deriva invece da tuttaltra parte,
sia dal punto di vista geografico-culturale che da quello dei presupposti
teorici di base: nasce negli anni Settanta in USA, ad opera di Matthew
C. Lipman. Egli, deweyano, attento alle problematiche pedagogiche
non solo in materia di didattica della filosofia, ma nelleducazione e
nella formazione in generale, pensa di adoperare il metodo dellindagine filosofica di gruppo per migliorare le abilit logiche a livello metadisciplinare. Successivamente estende il programma e approfondisce
il concetto di community of inquiry, che fu di Peirce e, soprattutto,
di Dewey. Con Ann M. Sharp e altri collaboratori della Montclair State University (NJ), Lipman costituisce un vero e proprio curricolo, con
materiale stimolo-strutturato (racconti, sotto forma dialogica) comprendente la maggior parte dei grandi temi della logica, della metafisica, delletica, dellestetica, ecc., messi in forma narrativa e organizzati
a spirale, per fasce det (vedi figura alla pagina seguente). Lidea
quella che la riflessione su un medesimo argomento possa esser affrontata, nel corso della vita, con un grado crescente di complessit, senza
limiti anagrafici, di sesso, di razza, di credo politico o religioso, ecc., l
dove se ne senta semplicemente lesigenza e sotto la supervisione, magari, di un facilitatore esperto delle dinamiche dialogiche di stampo
filosofico.
Negli anni Ottanta e Novanta, in Francia e ancora in Germania e negli Stati Uniti, emergono nuove frontiere duso della pratica della filoso2 Anche in Italia, in cui rarissime menzioni coeve vi sono dellopera del filosofo tedesco,
Antonino Pane trova nella sua attenzione alla Fhrerschaft uno dei tanti accenni a risolvere
quel problema che ormai simpone a tutti gli spiriti pi eccelsi, intendiamo il problema
dellautorit, ma giudicava discutibilissime le idee dellAutore (A. Pane, Recensione alla
Educazione del duce di Leonard Nelson, in Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto, 6,
1926, p. 454). La discussione concernente una relazione di Nelson Sulla impossibilit di
una teoria della conoscenza si trova invece negli Atti del IV Congresso internazionale di
filosofia di Bologna, del 5-11 aprile 1911 (Formiggini, Bologna, 1912, 3 voll.; 1, pp. 277286). Altri due riferimenti, in italiano, sono rinvenibili nella manualistica di storia della
filosofia degli anni Cinquanta: A. Aliotta, Pensatori tedeschi dellOttocento, Libreria Scientifica
Editrice, Napoli, 1950, pp. 125-140; V. Mathieu, Nelson, Leonard, in Enciclopedia della
Filosofia, Centro Studi Filosofici di Gallarate, Milano, 1957, 3, pp. 846-847. Per il resto,
Nelson pu dirsi pressoch sconosciuto qui da noi.

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fia, mediante lintroduzione del con-filosofare nella riflessione di gruppo
in azienda o in altre organizzazioni economiche e sociali, nei circoli culturali, nelle discussioni pubbliche e nei caff, oppure nel confronto vis-vis su dilemmi decisionali, problemi esistenziali, ecc. Ancora una volta
non tanto linteresse nel
corpus disciplinare sedimentato nel corso del tempo a motivare simili utilizzazioni della filosofia,
ma soprattutto quello per
i suoi metodi dindagine.
Gerd B. Achenbach conia
il termine Philosophische
Praxis per la discussione
privata su temi filosofici,
detta anche Lebensberatung3. Marc Sautet, a Parigi, fa Consultation philosophique e anima, al Caf
des Phares, discussioni
filosoficamente ispirate e
condotte. In Germania, la
proposta di Achenbach viene estesa al lavoro di gruppo in organizzazioni e strutture pubbliche o private di vario genere, come Philosophische
Organisationsberatung, e qualcosa di analogo era stato gi fatto alla fine
degli anni Settanta in alcune aziende statunitensi, sotto forma di Philosophy in business, o Management philosophy. Nel 1989, la voce Praxis, Philosophische, curata da Odo Marquard, compare nel dizionario tedesco
Historisches Wrterbuch der Philosophie, con valore di termine generico e da
estendersi anche alla variante in ambito aziendale dellattivit4. Nella
voce vi sono riferimenti anche ad Hans Krmer, che lavora da tempo
nellambito della praxis in oggetto; a suo dire, fin dalla fine degli anni
Settanta, soprattutto in riferimento a questioni di etica5.
Numerose altre determinazioni sono proliferate negli ultimi anni, per
la maggior parte influenzate dagli eventi di cui sopra, ma emergono oggi
diverse rivendicazioni, come si accennava, in materia di autonomia e
3 La denominazione Philosophische praxis viene in genere preferita, in Germania, soprattutto per il duplice valore semantico che il termine praxis possiede in tedesco: esso pu
indicare sia la prassi, la pratica, lesercizio, ecc., e sia il luogo fisico in cui esercitare qualcosa, come lufficio, lo studio, il gabinetto professionale, ecc.
4 O. Marquard, Hg., Praxis, Philosophische, in Historisches Wrterbuch der Philosophie,
Basel, 1989, Band 7, pp. 1307-1308; trad. it. Filosofica, Pratica, nella sezione Pratiche
filosofiche del sito: www.filosofare.net.
5 Cfr. H. Krmer, Prolegomena zu einer Kategorienlehre des richtigen Lebens, in Philosophische Jahrbcher, 83, 1976, p. 73.

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indipendenza di alcune iniziative, che farebbero retrodatare questo o
quel fenomeno descritto. Tutto sommato la tendenza attuale, di cui anche lItalia stata investita, quella di aprire nuove nicchie alla pratica
della filosofia, mediante modalit alternative desercizio. Tutti gli autori
menzionati e altri possibili, cultori a vario titolo della filosofia come
attivit, prerogativa esistenziale o stile di vita (ad es., Peter Kstenbaum e
la sua Philosophy in business, Pierre Grimes e la Philosophical Midwifery,
Lawrence Kohlberg e la Moral education fondata sulla justice community, ecc.)6, poco hanno in comune se non lidea, variamente sostenuta, formalizzata, direttamente o indirettamente espressa, che la filosofia, sotto forma del con-filosofare, almeno duale, possa essere praticata in
luoghi, situazioni e contesti altri rispetto a quelli tradizionalmente deputati alla produzione-riproduzione disciplinare. Questo comune denominatore di certo un buon motivo per inquadrare, completamente o in
parte, le diverse iniziative descritte entro un unico orizzonte tematico,
come da me sostenuto in pi sedi, ferma restante la genesi storica molteplice ed eteroclita del fenomeno nella sua globalit.
In prima approssimazione, si pu dire che si tratta generalmente di
un tempo e di uno spazio dedicati alla filosofia come esercizio dialogico,
paritario e democratico fondato sullargomentazione e il contraddittorio,
il dissenso, il rispetto, la tolleranza. Ci presuppone un coinvolgimento
in prima persona, nellattivit, senza deleghe a terzi, seguendo regole,
obiettivi e metodi condivisi, che la comunit riconosce come i propri,
mutuandoli dallesterno o definendoli ex novo per se stessa. Il principio
pi generale il medesimo di ogni altro processo umano dinterazione
gruppale su base auto-regolativa (il gruppo possiede una gestione autonoma) e auto-correttiva (il gruppo cresce, sia dal punto di vista delle abilit sociali, della comunicazione, dellaffiatamento, e sia dal punto di
vista del miglioramento dei prodotti della propria attivit precipua), come pu esserlo ad esempio anche una semplice partita di calcetto, o
suonare in un complesso musicale. Non necessario chiamarsi Pel per
giocare a pallone, o Jimi Hendrix per fare esperienza della musica. Basta
avere motivazione, desiderio e disponibilit allimpegno, nonch una
qualche competenza calcistica, in un caso, musicale nellaltro. Se non
6 Per una disamina meglio articolata dello sviluppo storico delle diverse pratiche si veda:
A. Volpone, Pratiche filosofiche, forme di razionalit, cit., pp. 18-25. Nel lavoro non
viene menzionata (e me ne scuso) la Autobiografia filosofica, di Romano Madera e Luigi
Vero Tarca, alquanto interessante e certamente meritevole dattenzione. Si tratta di una
delle pochissime pratiche filosofiche originali italiane, nata intorno alla fine degli anni
Settanta, autonoma e indipendente rispetto al contesto internazionale. (Per informazioni
sullargomento cfr. R. Madera, L. Vero Tarca, La filosofia come stile di vita, Bruno Mondadori, Milano, 2003.) Rimando ad altra sede lanalisi delle sue caratteristiche fondamentali e la
discussione delle ragioni intellettuali per cui possibile inserire a pieno titolo la medesima
nel panorama pi esteso delle pratiche filosofiche. Altro caso italiano quello delle Vacanze filosofiche, ma anche su questo, al momento, si preferisce sorvolare.

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v competenza, simpara, esercitandosi. Una cosa tirare calci ad un
pallone o suonare uno strumento, unaltra fare il calciatore o il musicista di professione, unaltra cosa ancora essere Pel o Jimi Hendrix. Ciascuno prende e d allo sport o alla musica ci che riesce a fare7. Fuor di
metafora: fare esperienza della filosofia non vuol dire necessariamente
coltivare il delirio di essere Platone, Kant o Hegel, oppure aspirare a sontuose elaborazioni creative di ricerca filosofica. Vi sono differenti gradi e
livelli di fruizione della filosofia, contesti molteplici di sviluppo, tipologie diverse di risultati, ecc. La verit riluce solo tra amici, in ore fortunate del giorno, ha scritto Platone nella sua Lettera VII. Aristotele, a sua
volta, ha passato buona parte della vita ad occuparsi delle forme molteplici attraverso cui la razionalit umana pu esprimersi, mostrando che
ci sono svariati modi di essere razionali, non tutti riconducibili ad algoritmi logico-dimostrativi, ma tutti ugualmente validi, nel loro ambito
specifico, controllabili, comunicabili, universalizzabili8.
Laspetto fondamentale dellesercizio pratico della filosofia in gruppo appunto la sua dimensione comunitaria. Ciascun sentiero attraverso cui il dialogo si articola corrisponde ad una negoziazione di significati, unica, irripetibile. Oralit e scrittura si compenetrano lun laltra,
nella filosofia delle pratiche filosofiche, ad esempio attraverso agende
di lavoro, schemi, appunti di vario genere, personali o, meglio, visibili
per lintera comunit di pratica e da essa con-divisi9. Il meccanismo il
medesimo di quello adoperato da Socrate quando, ad esempio, fa disegni sulla sabbia per meglio seguire il filo del ragionamento che si va
sviluppando con i suoi interlocutori. Ma v qualcosa, hic et nunc, che
sfugge a tutto quanto (il silenzio letterario di Socrate lo dimostra, la
forma dialogica adoperata da Platone lo conferma), anche ai moderni
mezzi di registrazione audio-visiva: lessere l, in quel momento, con se
stessi e con gli altri, vivere lesperienza, quella del (con)filosofare, in
prima persona.
Torniamo agli esempi precedenti, per cercare di sfruttarli ancora, fin
dove possibile. Nel bel mezzo di una partita di calcetto completamente inutile, ad esempio, menzionare il nome di Maradona o di Ronaldo, o proiettare un video delluno o dellaltro, mentre pu giovare,
invece, lemulazione di un loro dribbling o di qualche colpo particolare, ma non v bisogno di nessun sottotitolo a questa nostra azione,
nessun sigillo. Ci che si fa, lo si fa per noi stessi, per la squadra o per
la partita; lo si fa e basta, e soprattutto: credendoci. Evocare autorit
7

Per un paragone analogo, cfr. M. De Pasquale, Al caff con Socrate, Stilo, Bari, 1999, p. 9.
Su questo precipuo significato dellopera di Aristotele, si veda in particolare: E. Berti,
Le ragioni di Aristotele, Laterza, Roma-Bari, 1989.
9 In proposito, cfr. ad esempio: A. Cosentino, Tra oralit e scrittura in filosofia: il modello della Philosophy for Children, in M. De Pasquale, a cura di, Filosofia per tutti, Angeli,
Milano, 1998, pp. 134-155.
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completamente inopportuno quando si fa qualcosa in prima persona,
sia perch non siamo lautorit evocata (a meno che queste parole non
le stiano leggendo proprio Maradona o Ronaldo) e sia perch, se vi
fosse lautorit in questione, avrebbe un bel da fare a misurarsi con gli
altri, proprio come ciascun giocatore, qui ed ora, pu e deve fare. Stessa cosa nel caso della musica: parlare delle scale musicali di B. B. King
o Eddy Van Halen, ad esempio, o far ascoltare i loro assoli registrati,
non serve a niente quando si suona, qui ed ora. Tuttal pi, si pu dimostrare di essere altrettanto virtuosi, ma questo pu e deve avvenire
di fatto e non in astratto. Una chitarra che non suona solo una chitarra che non suona. Un chitarrista pu conoscere anche tutti i pezzi del
suo idolo, ma quando suona con altri si misura innanzitutto con se
stesso. Fuor di metafora: fare esperienza di filosofia presuppone il diritto-dovere allargomentazione, sempre e comunque. Non v ipse dixit
che tenga e, come nello sport o nella musica di gruppo, praticati in
prima persona, non v conoscenza n competenza che valga, se non
sia consolidata, messa a frutto, esercitata, sentita, condivisa e opportuna, qualunque sia il nostro nome, nello spazio e nel tempo della pratica comunitaria.
Come si vede, le pratiche filosofiche pongono il problema della natura stessa della filosofia, nel senso del con-filosofare, ed per questo che si
rivela di fondamentale importanza la loro epistemologia, che, in tal caso, diviene unindagine sui presupposti di base della filosofia in quanto
pratica.
1. Il Quid
Lavorare ad una epistemologia delle pratiche filosofiche vuol dire discutere dellorizzonte di significato entro cui collocare gli oggetti concettuali di riferimento. un lavoro teorico che non tradisce per niente la
natura eminentemente operativa delle pratiche filosofiche, perch generalmente sconveniente che teoria e pratica restino divise, nelle diverse
occupazioni umane, mentre pi sensato che ciascuna svolga il proprio
ufficio, nelleconomia del tutto. Il meccanismo il medesimo, ad esempio, di quello che esiste nel rapporto tra filosofia e scienza. La scienza si
costituisce come processo autonomo di organizzazione razionale di dati
sperimentali, mentre la filosofia si attribuisce il compito di fondare la
scienza, cio quello di chiarirne i presupposti, le condizioni e le finalit.
Lepistemologia una filosofia della scienza, nel caso della scienza, e
analogamente si potr parlare, nel caso che qui interessa, di una vera e
propria filosofia delle pratiche filosofiche.

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Quanto alle modalit possibili desistenza della riflessione in questione, come gi da me indicato in altra sede10, opportuno distinguere una
fondazione materiale e una formale. La prima essenzialmente una disamina dei presupposti non pratico-filosofici che forniscono la ragion dessere delle pratiche filosofiche. In questo caso, queste ultime sono considerate come un tuttuno; facendo leva sulle caratteristiche fondamentali
comuni, e senza entrare nello specifico, ci si chiede perch le pratiche
filosofiche?, secondo il noto duplice valore semantico del perch: per
quale causa? e per quale fine? La seconda fondazione concerne invece il
processo di costituzione in s delle pratiche filosofiche, in quanto strutture, procedure e linguaggi. La domanda in questo caso diviene: cosa si
deve fare e come si procede affinch una pratica filosofica sia tale?
Esemplifichiamo. Quando Marx interpreta la scienza moderna come
sovrastruttura, cio come forza produttiva e riproduttiva del capitale, si
ha un chiaro esempio di fondazione materiale della scienza. In questo
caso, non interessa quali e quante siano le diverse discipline; esse sono
considerate come un tuttuno e come tali analizzate, cercando i presupposti non scientifici della scienza. Quando, al contrario, il Positivismo
logico riflette su questo o quel settore scientifico, distinguendo fra problemi, relazioni, metodi, nozioni, ecc., si ha un esempio di fondazione
formale della scienza. In questo caso, si entra nel merito della scienza,
sia dal punto di vista teorico che pratico, e ci che si finisce per analizzare, in fondo, il linguaggio stesso entro cui tutto il complesso fenomeno, cos e cos articolato, si manifesta.
Le due fondazioni, tanto nel caso della scienza quanto in quello, pi
umile e meno pretenzioso, delle pratiche filosofiche, sono alternative,
ma non in senso esclusivo. Esse non possono certo dirsi complementari,
poich lopzione per luna o per laltra non indifferente ad una presa
di posizione filosofica generale, ma probabilmente opportuno che coesistano, se non altro per una maggiore ricchezza di punti di vista.
2. Il punto di vista materiale
Lesistenza delle pratiche filosofiche un fatto, e il loro darsi nel presente getta nuova luce sul rapporto tra luomo e il suo filosofare. Esse
non rappresentano una filosofia di tipo nuovo, ma solo un modo diverso di rapportarsi ad essa. Per il loro tramite, la filosofia conserva le modalit che da sempre le competono, mentre esprime ed assume su di s
una rinnovata ragion dessere. Alla domanda dove va la filosofia? si
pu rispondere semplicemente che essa va dove va luomo!

10 Cfr. A. Volpone, Oltre le pratiche filosofiche, in Pratiche Filosofiche/ Philosophy Practice, 3, 2004, pp. 1-40: 13.

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2.1. Pratiche filosofiche come fenomeno storico e culturale
Le pratiche filosofiche sono molteplici, come illustrato in precedenza.
Metodo e tematiche filosofiche, secondo lambito in cui la filosofia si fa
pratica, sono adoperati (attenzione: non applicati) a partire dalle specificit degli interessi, reali o presunti, di coloro con cui sinteragisce
(bambini, adulti, anziani, maschi, femmine, bianchi, neri, immigrati,
ecc.), tenendo conto generalmente del livello di competenza disciplinare
posseduto dai diversi interlocutori (iniziale, intermedio, avanzato, ecc.) e
nel rispetto delle condizioni al contorno della situazione dialogica (struttura scolastico-educativa, posto di lavoro, ambiente ricreativo, ecc.).
Lambito delle pratiche filosofiche vasto, e negli ultimi anni continua
ad estendersi ulteriormente, come, ad esempio, nel caso dei servizi con
diverse finalit offerti, anche in Italia, da enti locali, altre strutture pubbliche o associazioni private.
Chiunque ritenga che vi sia un modo unico di fare filosofia, nei differenti ambiti socio-culturali in cui possibile, commette senzaltro un
errore di giudizio e mostra pressappochismo, ignorando levoluzione
storica reale dei vari approcci in uso e rischiando di far passare un mal
celato ideale di filosofizzazione dellintera societ nelle sue diverse
forme e manifestazioni attuali. Tuttaltro. Occuparsi seriamente di questa o di quella pratica filosofica, invece, significa agire mediante discernimento metodologico specifico e, allinterno di ciascun campo
dazione, svolgere un lavoro di sottile alchimia, a seconda dei soggetti,
delle situazioni e dei contesti, per riuscire a fare buona filosofia sul
breve, medio o lungo periodo. Filosofare, in genere, non cos naturale come superficialmente si pu supporre: mettere semplicemente in
moto il cervello non significa fare filosofia. Pensare una cosa, esercitarsi nel pensiero filosofico unaltra. Questo vale per la filosofia in generale, ma ancor pi vero nel caso delle pratiche filosofiche: la produzione-riproduzione disciplinare di ciascuna di esse necessita di apprendistato operativo. Non si pu re-inventare pi volte la stessa cosa. Il rischio che si corre, altrimenti, che per ogni cento diversi cultori di una
certa pratica vengano a generarsi cento nuove differenti versioni della
stessa. Ci pu essere anche interessante, a livello di comparazioni, ma
sicuramente poco professionale.
2.2. Pratiche filosofiche come fenomeno filosofico
Nel testo del 2000 in cui per la prima volta viene introdotto il termine pratiche filosofiche11, ho sostenuto lidea che la filosofia contempo11 A. Volpone, Crisi della razionalit e ritorno alla pratica filosofica, relazione al 1
Seminario dellAssociazione Italiana Counseling Filosofico (AICF), Castello di Caselette,
Torino, 30/04-01/05/2000; on-line agli indirizzi: http://utenti.lycos.it/alessandrovolpone/
relCaselette/relazione.htm, in versione italiana, e http://utenti.lycos.it/alessandrovolpone/
relCaselette/Crisis_of_Rationality.htm, in versione inglese; su cartaceo, il testo integrale

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ranea stia andando nella direzione che porta ad esse. Il rinnovato interesse odierno nei confronti della filosofia e il bisogno culturale e sociale
diffuso ne sono una dimostrazione. Non un caso che oggi vi siano
appunto le pratiche filosofiche. Levento, in s, per la filosofia non rappresenta cadute di sorta, cio non si sminuisce alcunch. La filosofia
non mai cambiata. Ci che si modifica, nel corso dei secoli, invece il
nostro rapporto nei suoi confronti: ciascuna epoca si pone in una certa
relazione rispetto alla filosofia, cos e cos determinata. Il ragionamento
si pu perfino ribaltare: oggi non possibile in filosofia spingersi oltre le
pratiche filosofiche. Esse ne rappresentano la frontiera estrema attuale,
frutto di una rinnovata attenzione verso la disciplina, e ignorarle o sottovalutarle del tutto sconveniente.
La storia della filosofia non pu esimersi dallanalisi del fenomeno in
questione. Il punto : noi desideriamo le pratiche filosofiche, ma perch? razionale il nostro desiderio? Perch lo desideriamo oggi? Di cosa
sintomo tutto questo? Queste sono domande filosofiche, e rispondere
ad esse significa immediatamente fondare queste variet atipiche della
filosofia e del filosofare, considerandole come un tuttuno, senza entrare
nel merito di ciascuna di esse, cio proprio secondo il punto di vista
materiale di cui si sta discutendo.
Nel lavoro del 2000 qui richiamato, lOntologismo novecentesco12
viene indicato come il canto del cigno della razionalit filosofica occidentale, entrata successivamente in crisi. Existenzphilosophie ed esistenzialismo, invece, cio le cosiddette filosofie della crisi, hanno ri-scoperto
e pure ri-coperto lesistenza, concreta, ponendola (nuovamente) al centro dellattenzione, ma trattandola mediante vecchie categorie e concezioni13. I loro limiti sono quelli di buona parte della filosofia del Novecento, che hanno impedito di arrivare (o di poter tornare) prima doggi allesercizio pratico filosofico pubblico, e sono almeno due: (1) la spoliticizzazione della filosofia che assurge a scienza autonoma e (2) il primato del commentario erudito sul vissuto concreto. Il primo pu essere
brevemente illustrato mediante un richiamo a Hannah Arendt, il secondo a Pierre Hadot.
Arendt ha visto in Platone e nella sua opera il primo tentativo di
porre fine al conflitto tra il filosofo e la polis, manifestatosi in tutta la
sua gravit nel processo e nella condanna a morte di Socrate. Falliti i
vari tentativi di Platone di rifondare la polis, sia teorici, superbamente
espressi nella Repubblica, che pratici, con Dionigi e la tragica disavvendella relazione ora contenuto in: A. Volpone, Oltre le pratiche filosofiche, in Pratiche
Filosofiche/ Philosophy Practice, cit., pp. 18-23 (in italiano) e pp. 32-37 (in inglese).
12 Quello italo-tedesco di Pantaleo Carabellese (Critica del concreto, 1921), di Nicolai Hartmann (Wie ist eine kritische Ontologie berhaupt mglich?, 1925) e soprattutto di Martin Heidegger (Sein und Zeit, 1927), inclusi gli sviluppi che ne sono derivati.
13 Cfr. A. Volpone, Oltre le pratiche filosofiche, cit., pp. 8-9.

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tura siracusana, la creazione dellAccademia dovette essere intesa in
maniera del tutto diversa rispetto a quella di altre scuole filosofiche
che lavevano preceduta. Essa volle offrire garanzie istituzionali per
uno spazio autonomo artificiale (contrapposto a quello naturale
della polis), in cui esercitare la propria attivit speculativa e salvaguardare la ricerca. Gli Accademici, osserva la Arendt, dovevano essere
liberati dalla politica nel senso greco, n pi n meno di quanto i cittadini dovevano essere affrancati dallo stato di necessit della vita per
rendersi disponibili per la politica. E per poter accedere allo spazio
accademico dovevano abbandonare lo spazio del vero politico [das
Politische], proprio come i cittadini dovevano lasciare la sfera privata
della loro casa per recarsi nella piazza del mercato. Come laffrancamento dal lavoro e dalle cure della vita era un presupposto necessario della libert del politico, cos laffrancamento dalla politica
divenne il necessario presupposto della libert dellAccademia [das Akademische]14. Il discorso della Arendt continua. Nel corso dei secoli
latteggiamento menzionato andato consolidandosi, e come tale lo si
ritrova, ad esempio, nella libertas philosophandi spinoziana, o nel processo di secolarizzazione culturale e religiosa alla base della nascita
dello Stato moderno, tendente a separare filosofia, scienza e religione
dalla politica e dallamministrazione15.
Negli ultimi decenni, tuttavia, occorre registrare un cambiamento
nellatteggiamento dei cultori della filosofia, coinvolti in maniera crescente nelle vicissitudini socio-politiche; e la moda dei filosofi-opinionisti presenti sui mass media, probabilmente, non che la punta di un iceberg. Pi concretamente, la filosofia sta cercando di recuperare quello
spazio naturale, di cui diceva la Arendt, che un tempo ha dovuto lasciare. E non si tratta di vetero-marxismo. Le ideologie hanno fatto il
loro tempo. Si tratta invece dellidea che il prezzo della libert e dellaffrancamento dalla politica non sia poi cos conveniente per la filosofia,
non tanto per gli addetti ai lavori, quanto per la societ stessa da cui essa
si estranea. Torneremo tra poco su questo punto.
Il secondo limite di cui si diceva, variamente connesso col precedente, risiede nella riduzione della filosofia ad esercizio storicoletterario ed esegetico, trascurando tutta la complessit posseduta da
questa occupazione umana fin dalle origini della civilt occidentale.
Lo storico della filosofia antica greca e romana Pierre Hadot ha riflet14 H. Arendt, Was ist Politik? (1993), trad. it. Che cos la politica, Edizioni di Comunit,
Milano, 1995, p. 43.
15 Cfr. ivi, pp. 46-49. Per un approfondimento dellindagine della Arendt sulla spoliticizzazione della filosofia, cfr. ad esempio: H. Jonas, Agire, conoscere, pensare: spigolature
dallopera filosofica di Hannah Arendt, in Aut-Aut, 238, 1990, pp. 47-63; R. Esposito,
Lorigine della politica. Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma, 1996; F. Fistetti,
Hannah Arendt e Martin Heidegger. Alle origini della filosofia occidentale, Editori Riuniti, Roma,
1998.

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tuto su questi temi in pi occasioni, come noto, analizzandone diversi
risvolti16. Egli ha enfatizzato soprattutto luso originario preponderante, comune e diffuso della filosofia come manire-de-vivre, nellAtene di
Socrate e per tutta la storia successiva della Grecia antica, soprattutto
fra Stoici ed Epicurei, poi anche a Roma e nelle sue Province, fra i diversi epigoni, spesso eclettici, della tarda Antichit. con il Medioevo
e laffermarsi della Cristianit che, secondo Hadot, un certo modo di
fare e concepire la filosofia poi tramontato, nel corso del tempo, per
divenire esclusivamente studio e dottrina, Comentarium raffinato, manieristico o astratto. La ricerca erudita nellUmanesimo-Rinascimento e
lo specialismo accademico dellEt Moderna, cio quello della filosofia
che si costituisce come scienza autonoma, hanno poi fatto il resto.
Fare filosofia oggi vuol dire in genere occuparsi della disciplina, lavorare in seno ad essa, il che significa produrre e riprodurre la filosofia
stessa. La produzione lattivit militante speculativa, variamente
espressa e codificata nel corso del tempo; la riproduzione la trasmissione da una generazione allaltra dellinsieme delle nozioni disciplinari riconosciute. Il circolo (virtuoso) cos costituito variamente
articolato e realizzato nella societ attraverso istituzioni (scuole, accademie), associazioni di settore e attivit editoriali di vario genere (specialistiche, manualistiche, divulgative, giornalistiche, ecc.), per mano
di studiosi e ricercatori, addetti ai lavori, docenti, esperti, giornalisti,
divulgatori, semplici appassionati, ecc. In tal modo per dirla con le
parole di Schopenhauer essa [la filosofia] viene ad acquistare
unesistenza pubblica, e il suo stendardo piantato dinanzi agli occhi
degli uomini, cosicch la sua esistenza continuamente riportata alla
memoria e posta in rilievo17.
Il jaccuse di Hadot non anti-accademismo, come pu esserlo quello
di Schopenhauer, a cui qui, per ragioni di sola enfasi, s fatto riferimento. Si tratta invece della mera constatazione di uno stato-di-cose. Il professore e lo studente di filosofia, ad esempio, si occupano di leggere,
interpretare, commentare o discutere i testi con lo scopo di chiarire concetti gi in uso o cercarne di meglio adeguati. Con ci passa la produzione-riproduzione disciplinare della filosofia, ma non passa la filosofia.
Raggiungere un buon risultato, nella mente dello studente o sul registro
dellinsegnante, tuttaltra cosa rispetto ad una concezione della filoso16 Il primo e lultimo suo lavoro sullargomento: P. Hadot, Exercices spirituels et philosophie
2
antique (1981), tudes Augustiniennes, Paris, 1987 (trad. it. Esercizi spirituali e filosofia antica,
Einaudi, Torino, 1988, trad. ingl. Philosophy As a Way of Life: Spiritual Exercises from Socrates
to Foucault, Blackwell, Oxford-Cambridge (Mass.), 1995). Id., Quest-ce que la philosophie
antique, Gallimard, Paris, 1995, trad. inglese What Is Ancient Philosophy?, Harvard University
Press, Cambridge (Mass.), 2002. Da segnalare, infine, una sua intervista biografica: id., La
philosophie comme manire de vivre, Albin Michel, Paris, 2002.
17 A. Schopenhauer, Ueber die Universitts-Philosophie (1851), trad. it. La filosofia delle universit, Adelphi, Milano, 1992, p. 17

33

Alessandro Volpone
fia intesa come attivit, o, meglio ancora, come unattitudine, una maniera di vivere: in questo caso, il filosofare non pu dirsi affatto concluso una volta raggiunto un qualche risultato.
Molte difficolt che incontriamo quando cerchiamo di comprendere le opere
filosofiche degli antichi spesso derivano dal fatto che, interpretandole, commettiamo un duplice anacronismo: crediamo che, come molte opere moderne, siano destinate a comunicare informazioni intorno a un contenuto concettuale dato, e che noi ne possiamo anche trarre direttamente chiare informazioni sul pensiero e sulla psicologia del loro autore. Ma, di fatto, sono assai spesso esercizi spirituali che lautore pratica egli stesso, e fa praticare al suo
lettore. Sono destinate a formare le anime18.

Linversione del processo di spoliticizzazione della filosofia e il recupero della dimensione del modus vivendi in seno ad essa sono chiari segni
di un cambio datteggiamento delluomo verso la disciplina. Lesistenza
della filosofia riscopre o assume un senso nuovo (per luomo). ormai
matura per poterlo fare e i tempi lo richiedono. Ci non vuol dire che il
filosofo di professione debba pi frequentemente comunicare il distillato dei suoi pensieri al volgo, agevolarne la comprensione in vario
modo, o che debba fare lopinionista o debba competere con consiglieri
e consulenti di varia schiatta. Si tratta piuttosto di diffondere e animare
piccole-grandi comunit di ricerca filosofica, luogo di costruzione di
democrazia autentica, da una parte, e laboratorio dautonomia di pensiero, dallaltra, senza la tutela di nessun maestro, pregiudizio, opinione ed
emozione.
3. Il punto di vista formale
Lepistemologia delle pratiche filosofiche non pu e non deve legarsi
ad alcuna particolare teoria o sistema filosofico. Pensare il contrario, in
realt, un po come ritenere ad esempio che la Logica, lEtica o altri
ambiti di riflessione della grande famiglia delle scienze filosofiche debbano essere ancorati alla singola filosofia di questo o di quellautore (per
quanto complessa possa essere). Le pratiche filosofiche rappresentano
probabilmente un ramo della grande famiglia in questione, e come tali
dovrebbero essere considerate. Quando siano citati autori, come avviene
pure in queste pagine, semplicemente si discute un concetto giovandosi
dellopinione di qualcun altro in proposito, cercando solo di tesaurizzare riflessioni gi svolte, per quanto possibile. del tutto sconveniente
cercare precursori, padri, padrini e simili. Il pericolo principale, altrimenti, consiste in un doppio riduzionismo, a discapito della complessit
del pensiero dei filosofi coinvolti, da una parte, e della stessa portata
teorica delle pratiche filosofiche, dallaltra.
18

P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, cit., p. IX.

34

Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


3.1. Quante filosofie?
Lesistenza delluomo limite, precariet e rischio, ci che Giuseppe
Semerari definiva in una sola parola: insecuritas. Insecuritas egli chiariva vuol dire, letteralmente, non-senza-cura. Cura ha qui il significato di
preoccupazione, affanno, difficolt, pensiero angustiante e perturbante,
ecc. Linsecuritas investe lesistenza umana nella sua globalit, a tutti i
livelli. Si tratta di un investimento non accidentale, non avventizio, bens strutturale e permanente. Perci, linsecuritas , per luomo, essenziale19. Questo non significa che la vita sia solo tristezza e sofferenza, sia
perch v una certa ambivalenza, e ci che causa terrore, spavento e
angoscia pu destare anche stupore, meraviglia o ammirazione, e sia
perch luomo, nel corso del tempo, s ben attrezzato, in vario modo,
per fronteggiare la propria condizione.
Che linsecuritas essenziale per luomo significa che esso permanentemente e strutturalmente
minacciato (1) dal suo stesso Corpo, esposto, dalla nascita in poi, agli assalti
delle malattie, ai morsi della indigenza e al destino del finale inevitabile disfacimento totale; (2) dalla Natura, sempre pronta a scatenare impietosamente,
contro di lui, le sue strapotenti forze dei terremoti, degli uragani, delle tempeste solari, delle inondazioni, dei gravi sconvolgimenti metereologici, e a ricordagli che le sue ricchezze, di cui egli si serve, non sono inesauribili e, un
giorno, finiranno per sempre; (3) dagli Altri, che hanno interessi opposti, perseguono obiettivi diversi, amano laggredire, il dominare, lopprimere, il ridurre in servit. Linsecuritas essenziale che ci per cui solamente luomo pu
esistere (il Corpo, la Natura, gli Altri) costituisce, potenzialmente, affronti, offese, pericoli per la sua stessa esistenza20.

A tutto ci luomo risponde mediante linvenzione e lesercizio di


quelle che Semerari denomina le tecniche di rassicuramento, la cui organizzazione e integrazione, pi o meno sistematica e razionale, viene detta
civilt. La Scienza e la Politica21 sono tecniche di rassicuramento, cos
come la Religione22, nonch la Filosofia.
Il problema della insecuritas attraversa, penetra e avvolge lintera storia filosofica e la specificit della Filosofia la specificit di come si risponde a tale problema quando si fa filosofia. La molteplicit e la variet delle filosofie
coincide con la molteplicit delle risposte. Le filosofie, tuttavia, possono
essere ricondotte a tre generi fondamentali. Il primo la Filosofia come
progetto di sistemi metafisici, completi o incompleti che siano, rappresentan19

G. Semerari, Insecuritas. Tecniche e paradigmi della salvezza, Spirali, Milano, 1982, p. 7.


Ivi, pp. 8-9.
21 Politica intesa in questo caso in senso ampio, cio non solo come gestione di governo o amministrazione, ma pure, ad esempio, come Morale, Diritto o qualunque altro
settore che miri a relazioni certe e pi sicure fra gli uomini.
22 Semerari definisce razionali le tecniche come la Scienza o la Politica, irrazionali quelle
come la Religione.
20

35

Alessandro Volpone
ti altrettanti paradigmi di risoluzione della insecuritas esistenziale, che riducono comunque la riduzione avvenga a mondo apparente, che il
mondo vero dunque, assolutamente certo e sicuro sovrasta in ogni
senso e direzione, sua Garanzia (o Fondamento, Grund) da sempre e per
sempre data, anche se ignorata o obliata o occultata. Che la Garanzia metafisica si chiami Essere o Logo o Natura o Dio o Coscienza o Sostanza o Io
o Spirito o Ragione o Storia, ecc. [] Il secondo la Filosofia, che si costituisce a legittimazione e autoriflessione (critica) delle altre tecniche di rassicuramento (Scienza, Politica, Religione, ecc.) in rapporto alle finalit proprie
di ciascuna. Qui la filosofia funge da rassicuramento di secondo grado, tecnica di rassicuramento teorico della pratica delle tecniche di primo grado
(Scienza, Politica, Religione, ecc.). [] Nel terzo genere [rientrano] le confutazioni e le distruzioni, che la Filosofia fa delle false sicurezze e delle false
certezze, in vista di sicurezze e certezze pi affidabili dal punto di vista della insecuritas esistenziale delluomo, anche pi contenute e limitate. Anche
la descrizione di una Gtterdammerung, di un crepuscolo degli idoli in corso
pu essere un modo di praticare la Filosofia quale tecnica di rassicuramento23.

Questa solo una concezione della filosofia, fra le tante, ma quella


che in questa sede si preferisce privilegiare nella epistemologia formale
delle pratiche filosofiche, poich il suo valore euristico, nella fattispecie,
si rivela apprezzabile. Attraverso di essa, ad esempio, assume nuova luce
il bisogno di rassicuramento e validazione diffuso nella societ attuale,
di cui si diceva in precedenza, per il singolo o per la collettivit, concernente soprattutto decisioni e responsabilit nei confronti delle nuove
questioni morali, sociali, economiche, politiche, ecc. generate dal mondo contemporaneo. Le pratiche filosofiche rappresentano un nuovo
strumento di cui la Civilt si dota alluopo. Anchesse possono essere
viste come tecniche di rassicuramento, fra le altre, provincia aggiunta di
quel territorio pi esteso di lotta contro linsecuritas chiamato appunto
Filosofia.
Il discorso che si sta conducendo, si noter, rientra nella seconda delle categorie entro cui Semerari articola le filosofie, quello del rassicuramento di secondo grado24, mentre le pratiche filosofiche, in s, non rientrano in alcuna di esse; ed proprio questo che qui si vuole enfatizzare.
La loro esistenza, come fenomeno storico e culturale, rende datati schemi classificatori come quello semerariano e probabilmente ogni altro
possibile, fatto prima doggi. Stiamo infatti parlando di qualcosa di unico nella storia della filosofia occidentale, qualunque siano i precedenti rintracciabili nella tradizione codificata.
Riflettiamo. Occorre innanzitutto distinguere, in seno alle pratiche filosofiche, le determinazioni di fatto dal loro statuto epistemologico. In una
23

Ivi, pp. 14-15.


A rischio di enfatizzare lovvio, si sottolinea che ricadono in essa sia il punto di vista
materiale che quello formale dellepistemologia delle pratiche filosofiche.
24

36

Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


sessione di lavoro, cio nel con-filosofare concreto, si pu giungere a risultati che rientrano nelluno o nellaltro dei generi menzionati, ma le
pratiche filosofiche in quanto tali, cos e cos determinate, non vi appartengono. Piuttosto, esse a stento si contengono nei limiti stessi della filosofia, mediante procedure auto-correttive (rispetto a temi, questioni, metodi, contenuti, ecc.) e auto-regolative (rispetto a relazioni intersoggettive, dinamiche di gruppo, scambi comunicativi, ecc.), come gi sottolineato. Le pratiche filosofiche sono metodi, programmi e curricoli25 di
ricerca comunitaria razionale con due principali obiettivi: il primo, minoritario e immanente rispetto alla filosofia, quello di divenire appunto
filosofici, vedendosi cos davvero realizzati come tali; il secondo, prioritario, trascende invece lambito disciplinare, comunque inteso, divenendo al contempo politico, in senso ampio, rispetto alla sfera pubblica, ed emancipativo, cio educativo, formativo, evolutivo, ecc., rispetto a quella privata.
Il primo obiettivo particolarmente delicato da chiarire. La natura
filosofica delle pratiche filosofiche non garantita a priori, ma realizzata a posteriori. La loro legittimazione disciplinare temporale, quindi fallibile e limitata. Essa continuamente a rischio. Non pu mai essere data
per scontata e, nel processo della sua realizzazione, bisogna ammettere
leventualit del fallimento, in varia entit e misura. Lindagine razionale
svolta in gruppo non in s filosofica; pu divenirlo, ma non necessariamente, cio automaticamente e per sempre, ed proprio questo il
punto. La filosoficit delle pratiche filosofiche come si chiarir oltre
di tipo sincategorematico.
Il secondo obiettivo duplice, come affermato, e non riguarda la filosofia in quanto disciplina, bens luomo, che la fa, la coltiva, la rinnova. Si potrebbe dire che concerne pi in generale la Bildung (cultura,
educazione, formazione, sviluppo, ecc.), dei tedeschi, ma bisogna enfatizzarne la dimensione socio-politica. Volendo accostare i diversi modi
della filosofia alle forme possibili di governo, ad esempio, si deve riconoscere che probabilmente il con-filosofare quello che meglio corrisponde agli ideali di democrazia e libert26. Filosofare in gruppo me25 Un curricolo comprende, oltre a metodi e programmi, anche materiale stimolo, pi o
meno strutturato (ad es.: racconti filosofici nel caso della Philosophy for Children di Lipman
o in pratiche affini, dilemmi morali nella Moral Education alla Kohlberg). Materiali, metodi
e programmi, nei curricoli, sono tra loro senzaltro connessi e comunque in qualche misura indipendenti.
26 John Dewey, ad esempio, in Democracy and Education ha definito la filosofia come
general theory of education (Macmillan, NewYork, 1944, p. 331, trad. it. Democrazia ed
educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1988), sebbene non abbia poi chiarito in che maniera
esercitare questa meravigliosa teoria. Sullargomento cfr. anche: M. Lipman, Democracy,
Education, and Philosophy for Children, in Philosophy News Service/ WHiP (What Happened in
Philosophy), September 2, 1999, http://www.philosophynews.com; oppure: id., Thinking in
Education, Cambridge University Press, Cambridge (Mass.), 1991 (in corso di traduzione).

37

Alessandro Volpone
diante lesercizio del pensiero critico, argomentativo, creativo e valoriale stimola un certo tipo dinterazione sociale e culturale, e non altre.
questa la vera educazione alla democrazia cui la filosofia pu contribuire, e non quella di costruire un singolo sistema filosofico e diffonderlo (i.e., fornire contenuti specifici). In un caso si diffonde un certo
tipo di cultura, nellaltro semplicemente si costruisce unideologia27.
Questo tipo di filosofare comunitario, collegiale, distribuito, compartecipativo, paritario, tollerante, ecc. e non solitario, interiore, estatico,
isolato, autarchico, assolutistico, ecc. Non daltronde didascalico,
impostato, nozionistico, didattico, ma spontaneo, discorsivo, autonomo. In ogni caso, non mai fine a se stesso, ma di una qualche utilit
reale pi o meno immediata, almeno in linea di principio, nellambito
della dimensione pubblica o di quella privata, nella vita del singolo.
Ed per questo che il filosofare delle pratiche filosofiche pu definirsi
strumentale, cio funzionale a qualcosa di diverso rispetto al circolo
della produzione-riproduzione disciplinare28.
Riprendiamo un attimo le fila del discorso. S detto che la filosofia,
in quanto produzione della Civilt (occidentale), pu esser vista come
tecnica di salvezza e rassicuramento, nel senso semerariano, presidio, secondo le modalit sue proprie, contro linsecuritas, matrice fondamentale della condizione umana, base tanto dellaffanno, dellirrequietezza, dello sgomento, ecc., quanto dello stupore, della meraviglia,
ecc., dunque costituzionalmente ambivalente (Summum ius, summa
iniuria). S detto che vi sono diverse modalit con cui il filosofare,
cos inteso, stato esercitato nel corso dei secoli, sedimentando nel
patrimonio culturale collettivo, il che corrisponde, in qualche senso,
ad una classificazione generale delle filosofie che la storia finora ha
prodotto (sistemi, analisi logico-linguistiche e decostruzioni). S detto
che le pratiche filosofiche rappresentano un elemento di novit, rispetto a tutto ci, sia perch la loro natura filosofica temporale e caduca
e sia perch il loro valore duso soprattutto politico, in senso ampio (culturale, sociale, educativo, formativo, ecc.). Queste e altre caratteristiche fanno letteralmente saltare tassonomie come quella di Semerari, fin troppo classiche, poich le pratiche socio-culturali in oggetto
scompaginano nel profondo lassetto classico della filosofia. A questo
punto vi sono almeno due punti da approfondire, isomorfi rispetto
alle differenze espresse, consistenti nei due seguenti binomi: sincatego27 Non un caso che in alcuni Paesi neolatini (Messico, Chiapas, Brasile) la Philosophy for
Children sia stata valorizzata proprio nel senso indicato, cio anche e soprattutto come
educazione al pensiero critico e democratico delle nuove generazioni. Sullargomento vi
sono alcuni interessanti lavori di Walter O. Kohan, della Universidade do Estado do Rio
de Janeiro.
28 Cfr. in proposito A. Volpone, Questioni epistemologiche concernenti le pratiche filosofiche, in Atti del Convegno Philosophy for Children: un curricolo per imparare a pensare
(Universit di Padova, 2-3 settembre 2003), Liguori, Napoli, 2004 (in corso di stampa).

38

Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


rematico-categorematico, da una parte, e produttore-fruitore, dallaltra.
La loro analisi consente di formulare due diverse classificazioni della
filosofia, o, meglio, delle filosofie, e questo ci che verr fatto, nel
prosieguo, ma si ricordi che lobiettivo non questo: lintento classificatorio meramente funzionale alla chiarificazione epistemologica,
non viceversa.
3.2. Kategorein e Synkategorein
Ascoltando la voce di Bessie Smith evidente sin da subito che si
tratta di musica, anzi, di grande musica, e questo sia per la qualit espressa, in s, e sia per tutto il sistema di riconoscimento pubblico,
codificazione e perpetuazione della sua opera. Allinizio del racconto
La messe de lathe (1836), Honor de Balzac accosta bravura e gloria dei
chirurghi a quella di attori e cantanti, notando che tutti costoro recano
nella tomba qualcosa dintrasmissibile. La gloria dei chirurghi egli
osserva simile a quella degli attori, che esistono soltanto finch
sono vivi, e la cui bravura sfugge ad ogni valutazione appena sono
scomparsi. Gli attori e i chirurghi, come pure i grandi cantanti, come i
virtuosi che centuplicano con lesecuzione il poter della musica, sono
gli eroi dun attimo, tutti. chiaro che Balzac non aveva previsto
linvenzione dei registratori audio e video, ma il suo discorso trascende
i limiti della storia, almeno in un duplice senso. In primo luogo, ci
che Balzac afferma non del tutto superato, poich v qualcosa che
sfugge anche ai riproduttori odierni di suoni, dimmagini, ecc.; ad esempio, la professionalit di un chirurgo pu essere documentata e
tramandata in vario modo (oralmente, per iscritto o mediante svariate
forme di registrazione analogica e digitale), ma ci non vuol dire o
non ancora che qualcuno possa pi davvero fruirne, in prima persona, nellhic et nunc del presente, a meno che non sinventino macchine
operative che riproducano lexpertise del singolo individuo. E anche
ammesso e non concesso che linvenzione venga fatta, comunque non
sarebbe la stessa cosa. In secondo luogo, stiamo qui parlando di Balzac
proprio perch la sua opera rientra in quel corpus di contenuti, temi,
metodi, autori, ecc. denominato letteratura che, sotto guise molteplici di trasmissione disciplinare da una generazione allaltra, permane
nello spazio-tempo. Losservazione di Balzac rientra essa stessa in ci
di cui si sta qui trattando, tant vero che ne stiamo discorrendo a distanza di quasi due secoli.
Veniamo alla filosofia. Esiste una certa idea della filosofia ed esiste
un corpus disciplinare riconosciuto, sedimentato nel corso dei secoli:
entrambe le cose sono strettamente connesse luna allaltra, interagiscono tra loro e permangono nello spazio-tempo secondo il circolo
virtuoso della produzione-riproduzione disciplinare. Quando qualcuno pronuncia il nome di Platone, Kant o Hegel (o altri nomi della filo39

Alessandro Volpone
sofia), tratta delle loro nozioni fondamentali (contenuti, metodi, ecc.
dei diversi filosofi riconosciuti) oppure discute di essere, verit,
conoscenza, virt, giustizia, ecc. (i grandi temi della filosofia),
sappiamo con ci di trovarci nel mezzo di un discorso filosofico,
concernente la produzione disciplinare (teoretica, speculativa, militante, ecc.) oppure la sua riproduzione, diretta o indiretta (codificazione
della disciplina, insegnamento, diffusione, divulgazione, ecc.). Il discorso disciplinare filosofico, in qualunque forma si manifesti, ipso
facto filosofico, appunto, altrimenti non sarebbe tale29. Un esempio
pu servire a chiarire il concetto. Se supponiamo per ipotesi che
laffermazione A vera (oppure giusta, bella, ecc.), la prima conseguenza logica che se ne pu trarre, ovviamente, proprio che A
vera (oppure giusta, bella, ecc.). In questo caso, non si fa altro che applicare il principio didentit. Analogamente, la filosofia, in quanto
campo dindagine cos e cos concepito, definito, riconosciuto, articolato, sedimentato nel corso del tempo, ecc., non pu essere altri che se
stessa, e tutto ci che si abbevera alla sua fonte non pu essere che
filosofico. Qualunque tipo desercizio disciplinare cos compiuto (a
prescindere dalla qualit specifica del singolo esercizio, dalle doti di chi
lo compie, ecc.) di per se stesso filosofico: necessariamente tale, a
meno che, per assurdo, la filosofia non cambi, come entit disciplinare. La filosofia praticata, frequentata, discussa, estesa, affinata, ecc. in
questo modo per forza di cose filosofica, lo a priori, a prescindere
da tutto e da tutti, lo in s; pena: linvalidamento, limplosione di
tutto quanto fino ad oggi si racchiuso e si racchiude sotto la denominazione appunto di filosofia. Da tuttaltra parte risiedono invece
le pratiche filosofiche, che giungono a lambire temi, metodi, contenuti, ecc. filosofici solo mediante uno sforzo auto-correttivo e autoregolativo di gruppo, cio mediante un processo concreto di sviluppo
(temporale, mondano, ecc.), per gradi successivi, che pu esser definito
filosofico solo a posteriori; e seppure sia divenuto tale, nel corso di
una sessione di lavoro, la sua compiutezza non affatto importante,
poich lobiettivo principale del processo in questione altro rispetto
a ci.
Lesercizio della filosofia che parte dalla filosofia e ad essa ritorna
non importa per quali strade pu esser detto categorematico, poich
esso in s significante, compiuto, autonomo, ecc. addirittura ancor
prima di cominciare, secondo il ragionamento espresso. Quello invece
che parte dal vissuto concreto, comunque interrogato (esperito direttamente, oppure riportato sotto forma narrativa, iconica, ecc.), e giunge
alla filosofia se, come e quando giunge di tipo sincategorematico,
29 Cos come se parliamo di secondo principio della termodinamica, ad esempio, di
campi gravitazionali, oppure di massa, energia, velocit, accelerazione, ecc., sappiamo di
trovarci nel campo della fisica; e cos via per altre discipline.

40

Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


poich assume un significato solo in connessione ad altro, che pu essere rappresentato dai termini di un ragionamento, dal contesto, dalle circostanze, dagli interlocutori, da vicende di vario genere, ecc.
Questa solo una delle differenze tra categorematico e sincategorematico. Unaltra, ancor pi significativa, dal nostro punto di vista,
quella tra ci-che--gi-tutto-dispiegato (secondo un atto unico) e ciche-si-va-dispiegando (secondo un processo). Se diciamo, ad esempio,
consideriamo linsieme dei numeri naturali stiamo parlando di qualcosa di categorematico, poich, nella mente di chi concepisce linsieme
numerico, esso (o dovrebbe essere) gi tutto dispiegato, cio in atto.
Se invece cominciamo a contare: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 ecc.,
parliamo s dello stesso insieme, ma esso solo potenzialmente tale: arriviamo ad esso in una maniera diversa, cio sincategorematica30. Il primo un evento unico di concepimento, il secondo un processo. Analogamente per la filosofia: se ci poniamo allinterno del circolo produzione-riproduzione disciplinare, come se dicessimo consideriamo
la filosofia, gi tutta dispiegata. Se invece cominciamo a riflettere,
argomentare, astrarre, generalizzare, ecc., iniziando da un punto di
partenza qualunque, giungiamo ad essa proprio attraverso il processo
che si va dispiegando. Nel primo caso la filosoficit del ragionamento categorematica (cio a priori, o, alternativamente, necessaria, in
atto, ecc.), nel secondo sincategorematica (cio a posteriori, o, alternativamente, possibile, in potenza, ecc.). Chi si dedica alle pratiche filosofiche, chiaro, non ha problemi con la filosofia, bens, tuttal pi,
con se stesso, con gli altri o col mondo. Molto spesso non si tratta neanche di veri e propri problemi, ma semplicemente di perch; e
questi perch non sono quasi mai del tipo perch Kant ha discusso
di ragion pura? oppure perch Heidegger ha scritto Sein und Zeit?.
Piuttosto, si parte da interrogativi pi vicini al vissuto comune, come
piccoli spunti tratti dalla quotidianit o dalla contingenza degli eventi,
che sovente dischiudono questioni fondamentali che lesistenza e la
coesistenza continuamente ci pongono. Tanto pu bastare, soprattutto
se si suppone che i grandi temi della filosofia, in fondo, non sono poi
cos lontani da noi stessi.
Questa, dunque, la prima grossa distinzione che viene qui proposta
per il filosofare: v un filosofare categorematico che di per s filosofico,
poich si pone come tale, rispetto alla filosofia, o, pi in generale, alla
conoscenza, ed un filosofare sincategorematico che pu divenire filosofico,
rispetto alla filosofia, ma non necessariamente. In questultimo caso v
il rischio che il filosofare, in realt, non sia affatto un filosofare, appunto, ma si trasformi in qualcosa di diverso. Nella fattispecie, proba30 Questo aspetto del binomio categorematico-sincategorematico stato ben messo in evidenza, ad esempio, da Georg Cantor nella Teoria del transfinito, o dagli Intuizionisti nel
dibattito sui fondamenti della matematica.

41

Alessandro Volpone
bilmente, lunico risultato sar quello di una apertura alla riflessione filosofica, che, in s, gi qualcosa, in confronto alla chiusura.
Giova a questo punto ricordare quanto da me gi espresso altrove31,
trattando della nozione di chiacchiera (das Gerede) in Heidegger.
Ci-che--stato detto si diffonde in cerchie sempre pi larghe e ne trae autorit. Le cose stanno cos perch cos si dice. [] La totale infondatezza della
chiacchiera non un impedimento per la sua diffusione pubblica, ma un fattore determinante. La chiacchiera la possibilit di comprendere tutto senza
alcuna appropriazione preliminare della cosa da comprendere. La chiacchiera
garantisce gi in partenza dal pericolo di fallire in questa appropriazione32.

Pi avanti: La chiacchiera, che alla portata di tutti, non solo esime


da una comprensione autentica, ma diffonde una comprensione indifferente, per la quale non esiste pi nulla di incerto33. Ancor pi significativamente: La chiacchiera, rifiutandosi di risalire al fondamento di ci
che detto, sempre e recisamente un procedimento di chiusura. Questa chiusura ulteriormente aggravata dal fatto che la chiacchiera, con la
sua presunzione di possedere sin dallinizio la comprensione di ci di
cui si parla, impedisce ogni riesame e ogni nuova discussione, svalutandoli o ritardandoli in
modo caratteristico34.
Mediante questa o
altre riflessioni analoghe, sembra del tutto
lecito affermare che se
non possibile dimostrare che nelle pratiche filosofiche si faccia davvero filosofia, si
pu almeno dire che
in esse non si fanno
affatto chiacchiere. Vi
sono contesti comunicativi in cui la chiacchiera svolge una funzione essenziale, insostituibile, ma in una sessione di lavoro di qualsiasi pratica filosofica, invece, qualunque sia let degli interlocutori e dovunque ci si trovi (in
unaula scolastica, sul posto di lavoro, in un caff, ecc.), accade spesso
31

A. Volpone, Questioni epistemologiche, cit.


M. Heidegger, Sein und Zeit (1927), trad. it. Essere e tempo, Longanesi, Milano, 1976, p.
213.
33 Ivi.
34 Ivi, p. 214.
32

42

Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


che per fare un passo in avanti, in un ragionamento, se ne facciano molti di pi allindietro, nel tentativo di definire un concetto, motivare
unopinione, giustificare unipotesi, una conclusione, ecc. Tuttaltro,
quindi, che rifiutarsi di risalire al fondamento di ci che detto,
tuttaltro che procedimento di chiusura. Se chiacchiera significa appunto dare le cose per scontate, per buone cos come sono, di certo non
questo il caso.
La posizione qui sostenuta pu dunque essere illustrata mediante il
ramo di uniperbole, asintotica rispetto agli assi coordinati (vedi figura:
Quadro generale). Lasse delle ordinate quello dellatteggiamento a-critico
della chiacchiera, di cui si diceva, mentre quello delle ascisse concerne
latteggiamento critico proprio della filosofia. Ebbene, probabilmente la
dimensione filosofica delle pratiche filosofiche giace lungo il ramo
diperbole cos individuato, potendo spostarsi in grado minore o maggiore nelluna o nellaltra direzione, e comunque in maniera asintotica
verso le due estremit. Nel mezzo, si trovano operazioni come la problematizzazione, lanalisi, la riflessione, lapprofondimento, la generalizzazione, lastrazione, ecc., la cui cura risulta di fondamentale importanza
quando si voglia fare esercizio di filosofia.
Cos pure si pu raffigurare la transizione dalla (mera) conversazione
al dialogo vero e proprio (vedi figura: Aspetti collegiali, comunitari), in una
sessione pratica filosofica, mediante una rappresentazione analoga.
Latteggiamento a-critico sullasse delle ordinate indica questa volta la
conversazione, mentre quello critico sulle ascisse il dialogo vero e proprio. Anche in questo caso, lo stato della situazione comunicativa giace
lungo il ramo delliperbole, spostandosi in un verso o nellaltro. Nel
mezzo si trovano questa volta lauto-correzione (rispetto ai contenuti) e
lauto-regolazione (rispetto al procedimento) del gruppo considerato
nella sua totalit.
Nelluna e nellaltra
figura, laspetto sincategorematico, di cui fin
qui s detto, rappresentato dalla natura asintotica del ramo diperbole rispetto ai propri assi. Ed utilizzando
la metafora delloperazione di passaggio al limite (o semplicemente limite) dellAnalisi matematica, si pu dire che
il filosofare delle pratiche filosofiche, in realt,
43

Alessandro Volpone
un passaggio al filosofare, cos come il dialogo un passaggio al dialogo. Entrambe le cose sono perfettibili, mai perfette. La loro natura
asintotica, appunto. Lo scarto ineliminabile il medesimo di quello fra
lastrazione (o lipostasi), da una parte, e la realt concreta, dallaltra:
nessun triangolo reale, infatti, corrisponder mai completamente alla
nostra idea di triangolo.
3.3. Un passo oltre il circolo della produzione-riproduzione disciplinare
La produzione-riproduzione della filosofia come disciplina autonoma (in ambito universitario, scolastico, associazionistico, ricreativo,
ecc.), nella ricerca come nella diffusione in genere, impone costrizioni
ben precise nella trasmissione di temi, metodi e conoscenze nello spazio e nel tempo. Pena: il deterioramento del corpus disciplinare, il dissolvimento della filosofia stessa. Tuttavia, v qualcosa della filosofia
che sembra non potersi risolvere in questi soli meccanismi. per questo che, a mio parere, si sente oggi il bisogno di un doppio binario
daccesso alla filosofia, o, il che lo stesso, lesigenza di un suo doppio
utilizzo: uno per la disciplina, laltro per la vita. Per chiarire questo
punto occorre chiedersi: cosa farne di unesperienza di filosofia?35 Non
sintende con ci il problema delle modalit operative, comunicative,
didattiche, ecc. con cui eseguire lesperienza. Tali aspetti riguardano il
ricercatore, linsegnante o leducatore, non lepistemologo. In discussione qui invece il valore duso di unesperienza filosofica, cio il suo
orientamento pratico. In unesperienza filosofica gruppale (almeno
diadica) sono almeno due gli interessi di cui tener conto: quelli (1)
della disciplina, dellistituzione, ecc., da una parte, e quelli (2) del
gruppo o dei singoli individui, dallaltra. Se prevale linteresse (1) siamo nel circolo della produzione-riproduzione disciplinare, se prevale
linteresse (2) entriamo invece nellambito delle pratiche filosofiche. Lo
spartiacque teorico fra luna e laltra dimensione della filosofia, quindi, risiede
anche nel valore duso socio-culturale dellesperienza filosofica. In un caso chi
se ne giova la filosofia stessa in quanto oggetto o entit culturale
da perpetuare nel corso del tempo, nellaltro caso la filosofia, prescindendo dalla sua perpetuazione disciplinare, assume una connotazione
meramente strumentale, funzionale e tecnica (nel senso della
tchne dei greci o dellinstrumentum dei latini) nellambito di dubbi,
questioni, interrogativi o quantaltro possa concernere lindividuo concreto, che la (ri)utilizza per proprio diretto tornaconto nella sfera pubblica o in quella privata.
Fra luna e laltra frequentazione della filosofia, per, v almeno un
grado intermedio, secondo il criterio indicato. Si tratta della filosofia
cosiddetta applicata (oppure sociale, sebbene questa denominazione
35 Sulla questione del doppio binario daccesso alla filosofia cfr. A. Volpone, Questioni
epistemologiche, cit.

44

Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


sia meno corretta), che oggi include ormai un mare magnum di attivit
filosofiche o presunte tali. Con il termine composto di filosofia applicata sintende generalmente la discussione delle conseguenze logiche di
principi e sistemi filosofici in circostanze specifiche, oppure la riflessione
filosofica, per lo pi di natura etica, su questioni del nostro tempo di
una certa rilevanza, generate soprattutto dai cambiamenti economici,
scientifici e tecnologici della societ attuale. Letica biomedica, o la bioetica in generale, letica economica (o degli affari), quella computistica, o
delle reti informatiche, quella ecologica o ambientale, ecc. sono alcuni
tra gli esempi pi noti di applicazione (iniziata a partire almeno dagli anni
Settanta) di contenuti e strumenti filosofici per analizzare e tentare di
risolvere problemi del mondo reale, mettendo alla prova i precetti che
derivano da questa o quella teoria dellagire etico in nuove circostanze
storiche. Esempi ben noti delle questioni pi dibattute sono laborto, il
divorzio, leutanasia, la sperimentazione sugli animali non umani, le
biotecnologie, lingegneria genetica, la farmacopea con molecole dorigine umana, la globalizzazione economica, i diritti-doveri delloperatore
economico, limpiego di immigrati irregolari, le manifestazioni di odio
via Internet, lambiente, lo sviluppo compatibile, leliminazione di rifiuti
tossici, ecc.
La filosofia delle pratiche filosofiche si differenzia dalla filosofia applicata sotto almeno due aspetti. In primo luogo, non v un sistema
privilegiato di principi da mettere alla prova in situazioni specifiche,
sebbene sia possibile in entrambi i casi discutere di diverse soluzioni
possibili in riferimento a problemi, dilemmi esistenziali e dubbi di varia
natura. In secondo luogo, non si hanno di mira problemi di vasta portata, come quelli menzionati, ma si parte da questioni personali, cui ovviamente possono far da sfondo problemi di pi ampio respiro. Semplificando al massimo: luna prospettiva parte di solito dal generale per
arrivare al particolare, laltra sembra compiere il percorso inverso. Per
certi versi, tuttavia, la separazione pu essere molto difficile da definire,
come nel caso della bioetica clinica e dei suoi operatori che, vis--vis,
in ospedali, centri di assistenza o ascolto, hanno di certo a che fare contemporaneamente sia con grosse questioni etiche che con problemi personali, nellimmediatezza e corporeit di un singolo individuo, della sua
storia, delle sue aspettative e prospettive reali desistenza.
Il fine precipuo di ogni applicazione della filosofia la messa a
punto e il controllo di quanto stato elaborato in ambito teoricospeculativo, tradotto in situazioni e contesti reali. Tale esercizio, in effetti, a vantaggio pi della disciplina stessa che dellindividuo che se ne fa
cultore, oppure, tuttal pi, fa gli interessi di entrambi. In una sessione
pratica filosofica, invece, a rigori, non si applica nulla, ma si elabora, si
crea, si co-costruisce qualcosa. Questo qualcosa, spesso, anzich essere il
raggiungimento di una conclusione, semplicemente la modificazione
45

Alessandro Volpone
di un atteggiamento, un cambiamento intellettuale o una qualche sensazione di migliore comprensione. In una sessione pratico-filosofica il risultato della produzione non pre-esiste rispetto agli interlocutori e al
contesto reale, poich non si formulano ipotesi di soluzione (problemsolving) se non v un problema, e loggetto di cui si discorre prende corpo allinterno del dialogo stesso, assumendo una certa forma e non
unaltra (problem-posing o problem-creating). Questioni, dubbi, interrogativi, curiosit, ecc. e cos pure analisi, conclusioni e tentativi di risposta
hanno natura eminentemente discorsiva.
La classificazione delle filosofie in base al criterio del dualismo disciplina-individuo, finora considerato e definito, radicato nel discrimine di
quale sia lunit di vantaggio immediato dellesercizio filosofico, pu
essere dunque la seguente:
Filosofia ad disciplinam
Filosofia ad hoc
Filosofia ad hominem

(obiettivi disciplinari)
(obiettivi disciplinari ed extra-disciplinari)
(obiettivi extra-disciplinari)

Nel primo caso, ad disciplinam, prevalgono gli interessi disciplinari e


siamo pienamente nel circolo della produzione-riproduzione della filosofia (teoresi, attivit speculativa di varia natura, studi storici e storiografici, insegnamento, diffusione, divulgazione, ecc.). Nel secondo la filosofia si fa applicata e, mettendo in contatto fra loro le elaborazioni teoriche e le situazioni concrete, ad hoc, gli interessi possono essere tanto della disciplina, che viene con ci consolidata, affinata, estesa, modificata,
ecc., quanto dellindividuo che la (ri)elabora o ne fruisce. Nel terzo caso
linteresse individuale o di gruppo prevale nettamente su quello disciplinare. La filosofia origina dallirriducibilit del mondo reale e autonomamente riscopre, mediante la riflessione critica, largomentazione, il
dialogo, lastrazione, la generalizzazione, ecc., il concreto stesso. Ci
ricorda le discussioni che gli Scolastici direbbero ad hominem, come quelle politiche, delle assemblee consultive o deliberative, o quelle dei dibattiti giudiziari.
In tutti e tre i casi descritti ci che cambia sia chiaro non la filosofia o il filosofare, ma il modo di rapportarsi a questa occupazione umana, cos e cos concepita, codificata, trasmessa nel corso del tempo.
Ogni ri-appropriazione della filosofia da parte delluomo, a seconda di
come venga realizzata, rinnova e al contempo modifica il rapporto fra
luomo e la filosofia, ma non cambia la filosofia in s. La filosofia una
soltanto, qualunque sia il nostro tipo di frequentazione, ma in ogni istante si ha la possibilit di riscoprirla sotto una luce diversa, soprattutto
se si seguano sentieri differenti daccesso.

46

Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


4. Quante distinzioni?
Le classificazioni proposte e illustrate nei paragrafi 3.2 e 3.3 presentano differenze di genere, e non di grado, rispetto alla classificazione delle
filosofie di Semerari, da cui il discorso, in questa sede, strumentalmente,
era partito. Si tratta di prospettive completamente diverse danalisi, con
livelli discordanti di sviluppo e generalizzazione. Stessa cosa dicasi nel
caso, ad esempio, della distinzione di Cham Perelman fra filosofie prime
e filosofia regressiva36, secondo cui le une si basano su principi fondanti
considerati veri, la cui messa in discussione le invalida, mentre laltra fa
scaturire i propri assiomi da situazioni determinate e particolari, che
vanno rivisti se il contesto si modifica. Ci rientra nella sua critica del
concetto di ragione di matrice cartesiana e tende ad enfatizzare lambito
del probabile rispetto a quello del necessario. Questultimo, per Perelman, limitato a ci che pu essere dedotto in modo astratto e formale,
oppure ricavato per via empirica e sperimentale; laltro, invece, pi ampio, il mondo dellopinabile, entro cui si confrontano convinzioni e
pareri diversi, o si giudica sui valori37.
La tripartizione semerariana, forse, non va oltre ci che Perelman
definisce come filosofie prime, poich in essa, chiaro, non v alcunch di rapportabile alla filosofia regressiva. Ma si potrebbe far
rientrare questultima nella terza strada da lui indicata, cio le distruzioni, che la Filosofia fa delle false sicurezze e delle false certezze, in
vista di sicurezze e certezze pi affidabili. Ogni filosofia, in fondo,
critica e (ri)costruzione al tempo stesso, e con ci si pu definire tutto e
il contrario di tutto. A prescindere da incongruenze e coincidenze fra le
due tassonomie, tuttavia, il fatto che, rispetto al fenomeno delle pratiche filosofiche, entrambe risultano datate, per cos dire. Esse non sono
in grado di contenere la sua natura teorica, pratica e storica, ma prima di
esplicitare meglio il motivo di ci opportuno puntualizzare qualcosa.
Non si pensi che Semerari, nella sua opera professionale, si sia mosso,
di fatto, altrove rispetto alla filosofia regressiva di Perelman38, quando, ad
esempio, cercava di indicare la strada per una metafisica a misura duomo, collocata semplicemente al limite mutevole del noto e dellignoto
che mette continuamente in movimento la ragione umana, nella condizione dellinsecuritas; oppure quando sosteneva la necessit di una filosofia della scienza che si occupi di uno dei pi grandi fenomeni della civil36 Cfr. C. Perelman, Philosophies premires et philosophie rgressive (1949), in: id. e L.
Olbrechts-Tyteca, Rhtorique et philosophie. Pour une thorie de largumentation en philosophie
(1952), trad. it. Retorica e filosofia. Per una teoria dellargomentazione in filosofia, De Donato,
Bari, 1979, pp. 121-139.
37 Cfr. anche: C. Perelman, L. Olbrechts-Tyteca, Trait de largumentation. La nouvelle rhtorique (1958), trad. it. Trattato dellargomentazione, Einaudi, Torino, 1966.
38 Con Perelman, Semerari condivide molti punti in comune, sebbene la provenienza
intellettuale dei due autori sia completamente diversa.

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Alessandro Volpone
t occidentale evitando sia gli eccessi del fondazionismo o, alternativamente, della mera analisi logica, da un lato, e sia quello della distruzione
teorica di tutto quanto, dallaltro, badando invece solo ed insistentemente al tlos dei Greci39. Un po tutta la sua produzione intellettuale
percorre in realt una strada terza rispetto a ci che egli definiva il narcisismo o, allopposto, il masochismo della ragione, entro cui, direttamente o meno, la filosofia tradizionale, secondo la tassonomia menzionata, sera venuta a suo parere articolando40. Dunque, anche lui ha
scandagliato variamente lambito del probabile antagonista rispetto a
quello del necessario , lo ha delineato, approfondito in vario grado,
come buona parte della filosofia della seconda met del 900, ma, al
contrario di Perelman, non ha conferito ad esso alcuna chiara collocazione nel proprio schema classificatorio, oppure forse, sullargomento
specifico, stato solo troppo generico.
Ma anche qualora si sia stabilito che autori come Perelman o Semerari, in fondo, direttamente o meno, parlavano delle stesse cose, si potr
ancora sostenere che la loro tassonomia, o, meglio, la loro visione delluniverso filosofia comunque datata, come si diceva. Il razionalismo
filosofico delluno e dellaltro, infatti, per quanto sia aperto e soddisfi,
per strade diverse, la concretezza dellesistenza, nasce dalla filosofia in
quanto filosofia, entit significante intellettuale e materiale fra altre entit
analoghe, oggetto fra gli oggetti, e ad essa ritorna semplicemente passando, questa volta, per il mondo dellopinabile, della contingenza, della
mutevolezza, ecc., anzich per lipostasi antica o moderna. Sostituire il
possibile (il mai falso a priori) al necessario (il sempre vero a priori), per, non vuol dire, in s, andare in filosofia oltre il circolo della produzione-riproduzione disciplinare, tant vero che di Semerari e Perelman
qui ne sto parlando, mentre di questo o quello degli interlocutori della
mia ultima sessione pratica filosofica (di Philosophy for children, dialogo
socratico, caff filosofico, ecc.) non ne faccio la minima menzione. In
questo momento siamo io e chiunque stia leggendo queste pagine
completamente allinterno del circolo in questione, senza alcuna speranza duscirne, se non facendo altrimenti: partire, direttamente o meno, da
uno spunto interno alla vita presente, al mondo dei significati che su di
essa edifichiamo, continuamente, per portarsi, mediante razionalizzazione e riflessione, verso la filosofia, o il filosofare, per approssimazioni,
cio in maniera asintotica, per poi tornare, eventualmente, nel mondo
della vita, da cui si era partiti. Il processo dialettico, proprio come
laltro menzionato, ed entrambi si esplicano attraverso una tensione tra
filosofia e realt, ma la meta diametralmente opposta.
39 Su questo argomento e su quello precedente della metafisica rinnovata, si consiglia la
raccolta di saggi: G. Semerari, Civilt dei mezzi, civilt dei fini. Per un razionalismo filosoficopolitico, Bertani, Verona, 1979.
40 Cfr. G. Semerari, Narcisismo e masochismo della ragione, ivi, pp. 23-32.

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Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica

Modello 1

(Filosofia ad disciplinam)

1.a

realt

filosofia

1.b

filosofia

realt

Modello 2

filosofia

(Filosofia ad hominem)

2.a

filosofia

realt

2.b

realt

filosofia

realt

Come si vede, ci che fa la differenza fra luno e laltro processo la


meta, e lintermedio, nelluno e nellaltro caso, diviene strumento per
il suo raggiungimento: la realt, nella filosofia ad disciplinam, o la filosofia, in quella ad hominem41. A cavallo fra le due, ecco invece il modello processuale di quella ad hoc:
Modello 3

(Filosofia ad hoc)

3.a

filosofia

realt

3.b

filosofia

realt

filosofia

In questo caso non importante la meta, bens lorigine, e la filosofia,


non importa se intesa come disciplina o come modo di essere nel mondo, pu rappresentare sia lo strumento che il fine del processo intellettuale e materiale nel quale si sostanzia la filosofia cosiddetta applicata.
Essa propaggine (sotto-caso 3.a) o completamento (sotto-caso 3.b) della filosofia ad disciplinam, e soltanto di essa, poich luna inizia l dove
finisce laltra: esse si giustappongono perfettamente.
1.a
1.b

realt
3.a

filosofia
filosofia

realt

filosofia realt filosofia


3.b filosofia

realt

filosofia

La meta della realt, nel Modello 2 (filosofia ad hominem) pu consistere, ad esempio, in una ricaduta di quanto elaborato a livello teorico
41 proprio e soltanto questo ci che intendo per valore strumentale della filosofia
nelle pratiche filosofiche (cfr. A. Volpone, Questioni epistemologiche e Oltre le pratiche filosofiche, cit.).

49

Alessandro Volpone
nellagire presente, oppure solo in una modificazione di atteggiamenti,
una crescita intellettuale, morale e simili.
Attenzione, per, con ci non siamo ancora nel mondo delle pratiche
filosofiche. La filosofia ad hominem non rappresenta tout court le pratiche
filosofiche (!), e la differenza la medesima che pu esserci tra un insieme dato e uno qualunque dei suoi sottoinsiemi propri e non vuoti42.
(come illustrato nella figura qui sotto). La caratteristica fondamentale,
irrinunciabile, di cui non s tenuto conto finora la presenza di interlocutori, cio la dimensione comunitaria del filosofare, senza la quale nessuna pratica filosofica, fra quelle definibili tali, pu esistere. Detto tra parentesi, soprattutto per tale motivo che meglio definire i membri dei
gruppi di lavoro delle pratiche filosofiche ragionatori, anzich pensatori o altro43.

42 Si dice che un insieme A sottoinsieme proprio dellinsieme B, se ogni elemento di A


anche elemento di B, ma esiste almeno un elemento di B che non appartiene ad A.
43 Con una terminologia che, in altra sede, mi sono permesso di mutuare dalla recente
riflessione anglo-americana in materia di logica induttiva applicata, ho ritenuto opportuno
definire gli interlocutori di una sessione pratica filosofica come reasoners, cio dei ragionatori, o, meglio, dei ragionatori creativi. Lalternativa possibile ovviamente quella di
pensatori (corrispondente allinglese thinkers), ma risulta meno calzante, dal mio punto di
vista, per almeno due motivi. In primo luogo, il termine pensatore probabilmente pi
impegnativo rispetto a quello di ragionatore (pensatori sono definiti solitamente i filosofi di professione), pur ammettendo che luno non sia meno generale dellaltro (pensatori,
ad esempio, sono detti sia filosofi occidentali che santoni e saggi di religioni o tradizioni di
pensiero orientali). In secondo luogo, pensatore pu essere anche qualcuno che medita
in perfetta solitudine, e questo di certo non esprime la dimensione sociale, comunitaria
della riflessione in una sessione pratica filosofica. Il latino ratio, cio ragione, conto, calcolo, giustifica espressioni come usare la ragione o muoversi con raziocinio, le quali
sembrano confermare lidea appunto di pensare, ponderare. Ma nellarcaico uso transitivo
del verbo ragionare, ormai perso, si intravede invece una fondamentale differenza rispetto a tutto ci, che poi il motivo per cui questo verbo pu anche essere adoperato come
sinonimo di discutere, conversare e simili (ad esempio stanno ragionando di cose importanti). Scrive Dante nella Divina Commedia: Poscia che mebbe ragionato questo; e
Carducci nelle sue Odi: Il parer mio ti ragionerei se fossi presente a te. Seguendo questa
traccia semantica, diviene pressoch impossibile adoperare in maniera intercambiabile
ragionare e pensare. (A. Volpone, Pratiche filosofiche, forme di razionalit, cit., pp.
17-18.)

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Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


La dinamica processuale definita nel Modello 2, nel caso specifico, diviene la seguente:
Caso particolare del Modello 2

(Pratiche filosofiche):

con-filosofare

realt

realt

con-filosofare

realt

Il con-filosofare pu abbeverarsi alla filosofia o al filosofare, comunque si vogliano intendere, ma questo non rilevante rispetto a quanto
si sta qui sostenendo. Pu accadere, ad esempio, che il concetto di epoch di Husserl venga perfettamente snocciolato nei suoi vari punti, nel
corso di un dialogo, con o senza esplicito riferimento al filosofo tedesco44. Ma questo non rilevante, o, almeno, lo relativamente, perch
ci che pi importa, nel caso delle pratiche filosofiche, il fatto che
qui ed ora si stia filosofando insieme, cio, appunto, si stia con-filosofando. Seppure Husserl in persona partecipasse al dialogo, sarebbe la
stessa cosa, perch, come Jacques Derrida ha magnificamente espresso,
mediante il concetto di droit-devoir largumentation, coloro che si
raccolgono nel nome e sotto il titolo della filosofia devono ambire ad
essere giustificati, in ogni istante, e a ri-discutere non solo ogni sapere
determinato, ma anche il valore stesso del sapere e ciascun presupposto racchiuso sotto il nome di filosofia45.
Non sempre, tuttavia, alla dimensione comunitaria attribuita limportanza che merita, anche da parte degli addetti ai lavori, sicuramente
per lassenza attuale di una corretta epistemologia delle pratiche filosofiche. Gerd Achenbach, ad esempio, iniziatore della consulenza filosofica,
scrive in uno dei suoi principali lavori: Die konkrete Gestalt der Philosophie ist der Philosoph: und er, der Philosoph als Institution in einem
Fall, ist die Philosophische Praxis46. Che il filosofo, o, meglio, il filosofo
praticante rappresenti in s, hic et nunc, la Philosophische Praxis, cio, nella
44 Nelle pratiche filosofiche, sarebbe opportuno non fare mai riferimenti espliciti a
questo o quel filosofo della tradizione disciplinare, perch, in qualche senso, come
fare entrare nel gruppo un nuovo ragionatore, che, per, non pu usufruire del dirittodovere allargomentazione se non per interposta persona. Questo scorretto: nei confronti di se stessi, dei propri interlocutori e dello stesso filosofo menzionato. Lintroduzione in oggetto altera il dialogo, che si va svolgendo, e incurva la trama delle relazioni comunicative, che si va strutturando, ma nessuno potr mai sostituirsi completamente al filosofo richiamato, a meno di non essere proprio lui, in quel momento e in
quel contesto.
45 J. Derrida, Du droit la philosophie, Galile, Paris, 1990, p. 33 (mia traduzione).
46 G. B. Achenbach, Philosophische Praxis, Dinter, Kln, 1984, p. 14. La figura in cui la
filosofia si concretizza il filosofo: ed egli, in quanto istituzione della filosofia nel caso
specifico, la pratica filosofica (mia traduzione).

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Alessandro Volpone
terminologia achenbachiana, la consulenza filosofica, pu anche andar
bene, nel senso di una sovrapposizione tra loperatore e la funzione da
esso svolta47. Ma che la filosofia si concretizzi nella figura del filosofo,
cio, nella fattispecie, del consulente filosofico, o, peggio ancora, che il
consulente filosofico sia listituzione della filosofia nel caso specifico,
non affatto sostenibile, poich si tratta di unipostasi bella e buona,
almeno per due motivi. In primo luogo, in una sessione praticofilosofica la filosofia non pre-esiste in alcun modo, n come disciplina
n come entit incarnata. La sua natura, s detto, sincategorematica.
Lavvio di una sessione di pratica filosofica, in s, non ha alcunch di
filosofico: la filosofia semplicemente non c, non esiste, n sotto
forma di cose n di persone. La filosoficit, se e quando emerge, si
sviluppa in corso dopera, in maniera discorsiva e temporale, e come tale
permane costantemente caduca, limitata, finita, vivente, reale, ecc. Essa
il risultato di un processo, non il suo presupposto; lomega, non lalfa.
In secondo luogo, il filosofare pratico filosofico in realt un confilosofare, cio imprescindibile dal dialogo. La filosofia, in esso, una
co-costruzione di conoscenza, collettiva, distribuita, paritaria, argomentativa, ecc. Il dialogo ci in cui la filosofia si concretizza; esso che
pu divenire filosofico, cio che pu essere considerato listituzione
della filosofia nel caso specifico, ma non le persone. Questo vale anche
se gli interlocutori si chiamino Immanuel Kant e Friedrich Hegel, redivivi.
Non chiara limportanza attribuita da Achenbach al filosofo, nella
sua definizione, anzich allinterazione dialogica. Il suo un anticostruttivismo in piena regola, un solipsismo, un individualismo, un
primato del singolo rispetto al processo eminentemente comunitario che
lo vede coinvolto. Il consulente filosofico non la filosofia, affatto, perch la filosofia delle pratiche filosofiche, che eminentemente un confilosofare, in realt, pu nascere solo ed esclusivamente con laiuto di
almeno un interlocutore.
La dimensione comunitaria di cruciale importanza nelle pratiche filosofiche, cos e cos definite. E anchessa contribuisce a scompaginare
lassetto della filosofia rispecchiato nelle tassonomie classiche di cui si
diceva. Ogni ragionatore, infatti, anche un pensatore, come tradizione vuole, qualunque sia il tipo di filosofia cui egli pensi (edificata sulle
rocce del necessario o persa fra le sabbie del probabile), ma non vale
linverso. Luno semplicemente costruisce significati, laltro, soprattutto, li negozia. La differenza la medesima esistente fra luno e il molteplice, la parte e il tutto. Un sistema di parti manifesta propriet, cosiddette emergenti, in alcun modo riconducibili alla somma dei suoi
47 Nella logica matematica questo abbastanza comune. Lespressione f(x), ad esempio,
rappresenta una certa funzione, cos e cos articolata, ma pu rappresentare anche lo strumento per svolgerla (e.g., una calcolatrice), oppure loperatore che la svolge.

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Dallepistemologia della pratica alla filosofia in quanto pratica


elementi costitutivi. Il logos prodotto allinterno di una comunit di
ricerca filosofica non di certo indifferente rispetto agli individui
coinvolti nel processo delaborazione, ma il risultato ottenuto non
rappresenta la semplice addizione dei loro singoli pareri. Elaborare un
pensiero una cosa (l'operazione pu esser fatta benissimo da soli);
elaborarlo mediante una negoziazione di significati un'altra cosa (in
questo caso, la condizione comunitaria fondamentale e irrinunciabile). Anche per questa strada, dunque, si potr dire che la differenza fra
la filosofia ad disciplinam e le pratiche filosofiche, appartenenti, secondo le modalit specificate, allambito della filosofia ad hominem, di
genere, non di grado.
5. Epilogo
Torniamo alle tassonomie di cui si diceva, cercando di concludere. Lo
scopo per cui se n discusso, nella presente sede, semplicemente quello di chiarire meglio, per analogia o per contrasto, la dimensione epistemologica delle pratiche filosofiche. Sono state dapprima introdotte
due discriminanti: (1) la distinzione fra un esercizio di tipo categorematico della filosofia e uno di tipo sincategorematico e (2) loltrepassamento del circolo produzione-riproduzione disciplinare. Esse consentono di
circoscrivere il campo di una filosofia definibile ad hominem (contrapposta ad una ad disciplinam e ad una ad hoc). Lambito delle pratiche filosofiche, per, collocato allinterno di questo campo, ha bisogno ancora di
un terzo discrimine: (3) luso del con-filosofare, cio quello di uninterazione dialogico-filosofica di natura auto-correttiva (rispetto a contenuti, forme e metodi) e auto-regolativa (rispetto ad abilit comunicative,
sociali e politiche in senso ampio).
In termini kantiani, si pu dire che tutta quanta la filosofia riconosciuta finora sempre stata analitica a priori oppure sintetica a priori,
rispetto a se stessa, mentre oggi essa compare anche sotto forma sintetica a posteriori. Quella analitica a priori guarda solo ed esclusivamente
a se stessa, quella sintetica a priori trova nel mondo il proprio fondamento, ma alla fine torna comunque a se stessa. Quella sintetica a posteriori, invece, guarda al mondo e solo al mondo. La prima e la seconda
possono garantire luniversalit della riflessione umana o qualunque altra cosa, ma non riusciranno mai dimostrare che tutto ci sia escluso
dalla terza. Il Possibile non mai falso a priori. Fuor di metafora: non si
pu dimostrare a priori, cio in linea di principio, che la filosofia delle
pratiche filosofiche, o, pi in generale, quella ad hominem non filosofia. Lunica maniera di farlo soltanto a posteriori (cio sessione dopo
sessione, caso dopo caso, ecc.), s detto ampiamente, e in fondo proprio questo il rischio del Synkategorein.

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Alessandro Volpone
A questo punto chiaro perch tassonomie come quella di Semerari
o Perelman, o qualunque altra possibile, come ad esempio la ben nota
distinzione tra filosofia analitica, filosofia ermeneutica e materialismo
storico-dialettico, non vanno per niente bene al fine di comprendere il
fenomeno delle pratiche filosofiche. Non sono sbagliate, ma semplicemente fuori luogo. Pensare di farsene qualcosa, nel caso specifico, un
po come voler ramazzare il deserto del Sahara con una scopa. Il fatto
che le pratiche filosofiche pongono il problema di dover riflettere sulla
Filosofia come non mai stato fatto prima: non si tratta pi di dover
distinguere fra approcci, sistemi e gruppi di sistemi filosofici, ma di (tornare a) discutere della natura stessa della filosofia. Il resto conseguenza48.

48 Ringrazio Roberto Frega per la disponibilit costante e appassionata a riflettere su temi


di comune interesse, e per l'acutezza dei suoi commenti e suggerimenti.

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