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GENNAIO-DICEMBRE 1995
ESTRATTO
Editrice Sileno
Un capitolo fondamentale, oltre che tra i pi affascinanti, dell'esplorazione piteana delle regioni occidentali e settentrionali dell'Europa senz'altro quello concernente il percorso compiuto dall'esploratore massaliota tra
Cadice.e le isole Britanniche; e in modo particolare l'attraversamento dell'odierno golfo di Guascogna. Trattando di questo momento del suo viaggio occorre tenere presente che le notizie frammentarie pervenuteci attraverso le
fonti pi tarde 1, e in primo luogo Strabone, non conservano elementi chiarificatori.che consentano di distinguere inequivocabilmente le osservazioni e gli
episodi relativi alla rotta di andata da quelli riferibili al ritorno. Pertanto, una
ricostruzione dei movimenti di Pitea risulta spesso ipotetica o fondata su esili
indizi. Tale tentativo, tuttavia necessario non solo per i problemi di rotta ad
esso connessi, ma anche per l'acquisizione di importanti riscontri dell'approccio piteano nei confronti delle nuove realt incontrate; n vanno tralasciate alcune indicazioni che sembrano fare luce sugli scopi e gli obiettivi del
viaggio stesso.
TI primo problema chiaramente quello dell'itinerario seguito da Pitea.
Itinerario che stato recentemente rimesso in discussione da uno studio del
LuisellP, il quale fa propria la tesi che negava a Pitea la possibilit del transito per le Colonne d'Eracle e del periplo della penisola iberica, ipotizzando
per l'esploratore massaliota un tragitto terrestre attraverso l'istmo narbonense
e la Garonna fino ali' attuale Bordeaux, o ve egli avrebbe allestito la flotta per
il prosieguo del viaggio 3 Si tratta di un'ipotesi, basata su alcuni versi di
A vieno4 a mio parere male intesi, che contrasta con le affermazioni di Poli bio
Stefano Magnani
e Artemidoro, riferite da Strabone5 , circa l'influenza esercitata dalle ricerche
piteane su Eratostene. Questi, infatti, non possedeva una conoscenza diretta
delle regioni occidentali 6 ma aveva prestato fede a Pitea, tra l'altro, per
quanto riguardava le isole Britanniche, Cadice e l'Iberia7 In particolare,
probabile che Eratostene abbia utilizzato le misurazioni piteane delle distanze percorse: misurazioni che il Massaliota aveva probabilmente rilevato
in base ai giorni di viaggio, o al calcolo della latitudine delle localit visitate,
e che lo studioso di Cirene aveva trasformato in stadi 8
Sembra pertanto che le misure fornite da Eratostene per il tragitto da
Massalia ai Pirenei e quindi alle Colonne d'Eracle9 debbano essere fatte risa-
lusione alla via interna che univa il golfo di Guascogna al Mediterraneo, ma la colleg agli antichi percorsi dei commercianti focei in alternativa alla rotta marittima,
ritenendo che Pitea avesse seguito quest'ultima (pp. 30-31 ).
5
2.4.2; 3.2.11; 3.4.4.
6
Str. 2.4.2; 3.4.4; cfr. inoltre 2.4.4 a proposito dell'ignoranza di Eratostene per
quanto concerneva l'Iberia.
7
Str. 2.4.2.
8
Si veda G. Aujac, Strabon, Gographie (d. et trad.), 2, Paris 1969, 74, n. 6. Il
Mette, op. cit., 3, notava il fatto che, dai frammenti a noi giunti, traspaiono due costanti del metodo scientifico di Pitea: l' aver calcolato le distanze in base ai giorni di
viaggio e l'aver fissato una tabella della durata dei giorni pi lu nghi al tempo del solstizio d'estate. Entrambi i tipi di rilevamento fornivano allo studioso massaliota dati
conciliabili per ottenere misurazioni qualitativamente apprezzabili delle distanze percorse nel senso della longitudine, mentre per gli spostamenti nel senso della latitudine
poteva valere solo il computo dei giorni di viaggio. Le di stanze, misurate in giornate
di viaggio, vennero poi trasformate in stadi da quegli studiosi che su Pitea fecero affidamento. Questa operazione, essendo in uso nell'antichit stadi di diverse lunghezze,
comporta per noi ulteriori difficolt che vanno a sommarsi a quelle proposte dalle effettive capacit di navigazione. La distanza percorsa nell'arco di una giornata, infatti,
non era ovviamente sempre la stessa, dipende.ndo dal tipo di nave; dal tipo stesso di
navigazione, in alto mare o sotto costa; dalle correnti; dai venti, favorevoli o contrari,
forti o moderati. Un problema simile si propone per ci che riguarda il calcolo della
latitudine, effettuto con lo gnomone ed utilizzando la durata del giorno pi lungo (lo
"(VWJ..LOOV era uno strumento molto semplice, grazie al quale era possibile determinare
l' altezza del sole rispetto all'orizzonte e, soprattutto, era utile per determinare la latitudine di un luogo; cfr. il lessico curato da G. Aujac in appendice a Strabon, 2, cit.,
181; ancora sullo gnomone, della stessa Aujac, Astronomie et gographie scientifique
dans la Grce ancienne, BAGB, 1973, 455-456; Ead., La gographie dans le
monde antique, Paris 1975, 33 ss. Cfr. Str. 2.5.3); in questo caso, quei dati che originariamente erano espressi in gradi vennero spesso trasformati in stadi, con conseguente aumento dei margini di errore. L'esempio pi lampante quello di Strabone
che, utiUzzando i dati piteani attraverso Eratostene, lpparco e Posidonio, fin per confondersi egli stesso. Sulle questioni connesse alle diverse unit di misura adottate dagli antichi geografi, oltre al lessico curato da G. Aujac in appendice a Strabon, 2, cit.,
191-192, s. v. cr1:6:Btov, si veda Y. Janvier, Les problmes de mtrologie dans l'tude
de la cartographie antique, Latomus 52, 1993, 3-22.
9
Apud Str. 2.4.4: 1.000 stadi tra Massalia e i Pirenei, 6.000 stadi tra questi e le
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lire a Pitea, cos come la distanza tra Calpe, da lui ritenuta la Colonna europea, e Cadice 10, e come l'altra informazione sulla distanza tra Cadice e il
promontorio Sacro, la cui origine piteana testimoniata da Artemidoro 11
Eratostene inoltre aveva dato credito agli studi sulle maree atlantiche compiuti da Pitea proprio nelle regioni oceaniche del sud iberico 12, e non fu cer-
tamente un caso se lo stesso Posidonio si re a Cadice per studiarvi le maree
oceaniche, riportandone i risultati in un'opera per noi perduta intitolata nep
'0Keavou 13, che testimonia e segue chiaramente a partire dal titolo il modello
e l'itinerario piteano 14
Colonne.
IO Apud Str. 3.1 .8: 800 stadi.
11 Apud Str. 3.2.11: secondo Pitea, al quale Eratostene prestava fede, la distanza
corrispondeva a cinque giorni di navigazione (equivalenti a 5.000 stadi per Eratostene, cfr. H. Berger, Die Geographischen Fragmente des Eratosthenes, Leipzig,
1880, 367). Secondo Artemidoro tale distanza non superava i 1.700 stadi, poich egli
seguiva l'opinione corrente che identificava il promontorio Sacro, la sporgenza pi
occidentale dell'Europa, con quello che attualmente il capo Sao Vicente. Tuttavia,
dal confronto con Str. 1.4.5, il promontorio Sacro piteano non sembra essere il capo
Sao Vicente; infatti Eratostene, utilizzando i dati piteani, riteneva che la sporgenza
occidentale dell'lberia oltre le Colonne d'Eracle fosse di 3.000 stadi (e non di 6.000
stadi ca., come si otterrebbe sommando gli 800 stadi tra Calpe e Cadice ai 5.000 corrispondenti alla distanza di cinque giorni di navigazione tra Cadice e il promontorio
Sacro). Si pu ipotizzare che Pitea intendesse per promontorio Sacro il capo da R>ca
o il capo Finisterre. Come risulta da Avieno (Ora mar. 158 ss.), infatti, lungo la costa
atlantica dell ' Iberia si trovavano numerosi promontori e isole consacrati a divinit.
Occorre inoltre tenere presente che, secondo Artemidoro (apud Plin. Nat. 2.242),
991,5 miglia, corrispondenti a 7.932 stadi (si veda Agathem. 16, GGM, 2, 476.), separavano Cadice dal promontorio degli Artabri, identificabile con l'attuale capo Ortegal,
estrema propaggine settentrionale dell'Iberia. I 5.000 stadi eratostenici si adattavano
perci ad un promontorio situato lungo la costa occidentale deli ' Iberia, a meridione
deli'Ortegal ma pi occidentale. Il dato che interessava al geografo di Cirene, impegnato a fornire la misura in senso longitudinale dell'ecumene, era infatti la posizione
occidentale del promontorio menzionato da Pitea.
12 Str. 3.2. 11.
13 Str. 2.2.1; per la presenza di Posidonio a Cadice; e per l'osservazione della
stella Canopo nelle vicinanze di questo centro, si veda Str. 2.5.14. Inoltre, Str. 2.3.4
ss., sui viaggi compiuti da Eudosso, di cui Posidonio aveva avuto notizia a Cadice;
3. 1.5, sull'effetto ottico dell'ingrandimento del sole; 3.2.4-9, sulla Turdetania; in particolare 3.2.4-5, sugli effetti delle maree; 3.5.7, sulle osservazioni delle variazioni del
livello dell'acqua nei pozzi, di cui avevano discusso sia Polibio, sia Posidonio. M.
Laffranque, Poseidonios d'Apame. Essai de mise au point, Paris 1964, 66-67, data il
soggiorno gaditano di Posidonio al periodo compreso tra il 101 e il 91 a.C.; diversamente J. Desanges, Recherches sur l'activit des Mditerranens aux confins de L'Afrique, Roma 1978, 154, in base ai riscontri presenti nel resoconto relativo all'impresa
di Eudosso, lo data al periodo compreso tra il 110 e il 104 a.C.
14
Che l'opera, o una delle opere, di Pitea portasse questo stesso titolo testi. ~oniato da Gemino (Elem. astr. 6.9); cfr. G. Aujac, Les traits Sur L'Ocan et les
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D 'altra parte, lo stesso Pitea afferm di avere percorso tutta la costa oceanica dell'Europa da Cadice al Tanais 15, o meglio a quella che egli ritenne
essere la foce settentrionale del Tanais o la sua controparte nordica; ed una
tale affermazione non pu essere concepita se non comprendendo anche le
sponde iberiche 16 Tanto pi che la costa settentrionale dell'Iberia compare in
un altro frammento piteano trasmessoci ancora una volta da Strabone e riferibile alle critiche mosse da Artemidoro ad Eratostene a causa della mal riposta fiducia di quesCultimo nelle invenzioni fantasiose di Pitea 17
n passo in questione merita di essere riportato, avendo dato luogo a numerose e divergenti interpretazioni: Op OV 'Ap'tEJliO>po avn.yrov lC<l
-cau-ca weu&O '}'eoeai ci>Tl<Jtv u1t' au-cou, x:aea1tEp x:a... x:a -c -c 7tpooapx:n x: JlPll 't'fl 'l~11pia E'7tapo&-cepa elvat 7tp nv KEA.n lC'Jv il
x:a-c -cv rox:eavv 1t.oucn, x:a ooa ot aa clp11x:e nue~ mo-ceuoa
ot' aoveiav.
_
L'attenzione degli studiosi si soffermata sul significato del termine eU7tapo&O-cepa e sul valore da attribuirsi alle preposizioni 7tp6 e x:a-ca. In particolare, il Lasserre ritiene che secondo Pitea fosse pi facile navigare in prossimit della Celtica, ovvero in fondo al golfo di Guascogna, che sull'Oc~ano,
nelle vicinanze del capo Finisterre 18 H.L. Jones, nella sua traduzione, 4.lscia
in_tendere che le regioni settentrionali dell'Iberia consentono un pi tacile
passaggio (marittimo) in direzione della Celtica rispetto alla navigazione
sull'Oceano l9 Diversamente, l' Aly sembrerebbe interpretare il passo nel
senso di un percorso terrestre, lungo la costa iberica settentrionale in direzione della Celtica, pi facile rispetto a quello oceanico 20 Lo Schulten21 , pur
adottando l'ipotesi che Pitea avesse seguito la rotta marittima, vide nel passo
un'allusione al percorso terrestre, attraverso l'istmo narbonense, pi rapido
di quello oceanico. R. Dion suppose invece che il navigatore massaliota intendesse con x:a-c -cv rox:eav6v la rotta che, passando in pieno Oceano,
collegava direttamente il Finisterre iberico al Finistre armoricano, pur rite-
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nendo che Pitea avesse comunque utilizzato il percorso che segue le coste
delrlberia settentrionale e della Celtica occidentale22
Queste non sono che alcune delle supposizioni moderne, comunque riassumibili nelle opposte posizioni di quanti ipotizzano un tragitto terrestre23 e
di coloro che invece ipotizzano un tragitto oceanico. Poich, a mio parere, le
tracce del passaggio di Pitea per le Colonne e Cadice non possono essere
ignorate, ed chiaro che il Massaliota segu un itinerario marittimo, la questione si concentra esclusivamente sul significato della menzione di due distinte rotte, una oceanica d'alto mare ed un'altra sempre oceanica ma costiera, che consentivano entrambe di portare a termine il medesimo tragitto.
Si tratta pertanto di due rotte, alternative l'una rispetto all'altra, che con
ogni probabilit Pitea percorse in due momenti distinti del suo viaggio: una
all'andata e l'altra al ritorno. Un indizio in questo senso potrebbe essere racchiuso nella congiunzione di x:a't<i e del verbo 7tAE<.O, che potrebbe intendersi
quale navigazione di ritorno 24 Nel caso, pertanto, Pitea avrebbe seguito all' andata il percorso costiero, certamente pi prudente e sicuro, che lo avrebbe
condotto dal Finisterre iberico alla costa celtica del golfo di Guascogna e
quindi alla penisola armoricana e alle regioni pi settentrionali. Al ritorno da
queste regioni egli avrebbe invece potuto seguire una rotta d'altura collegante le isole Britanniche o il Finistre armoricano al Finisterre iberico. D'altra parte per poter affrontare con sicurezza una rotta oceanica d'altura gli occorrevano informazioni su mezzi~. correnti e venti, che egli poteva aver raccolto ali' andata presso i porti della Celtica, ed in particolare in quello di
Kop~tl..o>v, alla foce della Loira.
In base a una informazione di Polibio, citato da Strabone25 , sembra infatti
certa la presenza di Pitea in questa localit, ove l'esploratore ebbe probabilmente l'occasione di interrogare marinai e commercianti che frequentavano
le rotte atlantiche tra l'estuario della Loira, l' Armorica e la Cornovaglia. Il
porto di Kop~t..rov era stato un tempo un importante emporio sulla Loira26,
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trovandosi in una posizione ideale sulla rotta lungo la quale lo stagno delle
isole Britanniche o dell'Armorica era trasportato fino a Massalia 27 . Da Kop~trov si proseguiva risalendo la Loira fino alle regioni controllate dagli Arvemi, la cui potenza e prosperit, legata al controllo esercitato lungo questa
importante rotta commerciale, testimoniata dalla loro precoce monetazione28. Quindi si scendeva lungo il corso del Rodano per poi dirigersi verso
Massalia29. Un'altra via seguita imboccava la Gironda e il corso della Garonna giungendo a Narbona30 ; per probabile che proprio il maggiore
sfruttamento di tale linea, conseguente alla caduta del potere degli Arvemi e
alla cresciuta importanza di Narbona, sia alla base del declino di Kop~tCv.
Da Kop~trov il viaggio di Pitea continu seguendo l'andamento della
costa bretone fino ad Ouessant. quanto possiamo intuire da Strabone31 , il
quale riferisce che Eratostene, dopo essersi sbagliato circa la larghezza del
mondo abitato, aveva errato anche circa la sua lunghezza, soprattutto per
quanto concerneva le regioni occidentalP2. Egli avrebbe aggiunto alla sporg~nza occidentale dell'Iberia oltre le Colonne (3.000 stadi) anche alcuni
promontori, fra cui quello degli 'QcrnJ..Lvim chiamato Ka~atov, e le isole vicine a questo; l'ultima di queste, OtcraJ..La, si trovava, secondo Pitea, a tre
giorni di navigazione. Sempre secondo Strabone, Eratostene sosteneva che
queste regioni non aumentavano la lunghezza del mondo abitato; ed inoltre
che esse si trovavano a nord, nella KE'tl.ldj, non in Iberia. Quest' ultimo un
dato importante per comprendere i motivi della critica di Strabone nei confronti di Eratostene; critica basata su una diversa rappresentazione dei confini
occidentali e settentrionali dell'Europa. Strabone infatti riteneva che le coste
atlantiche della Celtica fossero rivolte verso nord, per cui i citati promontori
non potevano sporgere verso ovest. Tali sporgenze erano solo invenzioni di
Pitea: nueou 1tclOJ..l<l't<l33.
si veda J. R. Marechal, Les relations entre les dpots de l'age du bronze et la route
Corbilo-Agathe partir du VIII sicle A.C. , Caesarodunum 12, 1977, 256-259.
27 Str. 3.2.9.
28 I cui inizi vengono posti alla fine del IV secolo da M. Clavel-Lveque, Marseille grecque. La dynamique d 'un imprialisme marchand, Marseille 1977, 173-174.
Tuttavia la data iniziale delle emissioni collocata da altri studiosi al 111 o solo al II
secolo a.C.; cfr. J.-B. Colbert de Beaulieu, Trait de Numismatique celtique, l,
Mthodologie des ensembles, Paris 1973, 170 ss. e 202 ss.
29 D. S. 5.22.
30 D. S. 5.38.5.
31 1.4.5.
32 In realt Strabone non comprende lo sviluppo teorico svolto da Eratostene sui
dati in suo possesso; cfr. G. Aujac, Strabon, Gographie (d. et trad.), l, Paris 1969,
167, n. 7.
33 4.1 .1. Si veda R. Dion, Le problme des Cassitrides, Latomus 11 , 1952,
311-312, ove si adducono le antiche relazioni marittime lungo le rotte atlantiche a
motivazione della particolare e deformata visione straboniana delle regioni occidentali: en gographie, les liens humains comptent davantage qu'un simple rapport de
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4.4.1. Ancora una volta Strabone, fedele alla propria concezione dell'ecumene, rifiuta il dato piteano di una notevole sporgenza della penisola armoricana
verso ovest.
38 B.G. 7.75 . .
39 B. G. 2.34. Secondo Ptol. Geog. 2.8.6, gli 'O<ncrJ.Li.Ot abitavano la costa occidentale della Gallia.
40 Chor. 3.16; 3.23.
41
Nat. 4.107: paeninsulam spectatiorem excurrentem in oceanum afine Ossismorum circuitu DCXXV, cervice in latitudinem CXXV.
42
Cfr. Gisinger, art. cit., col. 326. Le misure sono note a Plinio attraverso la
conversione degli stadi in miglia romane effettuata da Isidoro di Carace, un compendiatore dell'opera di Eratostene, vissuto forse in et augustea.
43 Ostiens et Ostimniens chez Pythas, MH 20, 1963, 107-113.
44 R. Dion, Aspects politiques, ci t., 191 ; F. Gisinger, art. ci t., col. 326. Quanto
alle altre isole vicine al Kapmov, si tratterebbe in questo caso dei numerosi scogli e
isolotti che costellano il saliente armoricano.
45 P. Fabre, Les Massaliotes et L'Atlantique, in Actes du 107e Congrs national
des Socits savantes, Brest, 1982, Paris 1985, 35-36.
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montorio Kci~atov o dal porto di Kop~t.rov (sempre che questa sia stata la
tappa precedente di Pitea)? Ed inoltre, localizzabile sulla costa bretone un
promontorio che corrisponda al Kci~atov di Pitea?
Una risposta al primo quesito potrebbe essere fornita proprio dalla possibilit di una rotta di ritorno d'alto mare collegante in tre giorni l'isola di
Ouessant al Finisterre iberico. La distanza piteana, riferita e criticata da Strabone46, di alcuni giorni di navig.azione tra il promontorio Kcivnov in Britannia (l'odierno Kent) e la Celtica va forse interpretata in maniera simile.
Quanto al promontorio Kci~atov sono state formulate varie ipotesi di localizzazione: Fabre47 propone la Pointe de St.-Mathieu, vicino a Brest, da cui
il litorale .curva in maniera decisa verso est; secondo Las serre si tratta della
Pointe du Raz, all'estremit sud-occidentale della baia di Douarnez, qui a
port aussi le nom de Cap Gobestan, ou Gob-Esten, in base al confronto con
i dati di Tolemeo48 Questo capo Kci~atov abitato dagli ncr'ti~vtOt sembra
essere lo stesso nominato da A vieno49 ; o, meglio, dalla sua antica fonte massaliota come promontorio Ostrymnis50 , ai cui piedi si apre il sinus Oestrymnicus con le insulae Oestrymnides. Si tratterebbe, secondo Schulten~ 1 , della
Pointe de St.-Mathieu, mentre le insulae Oestrymnides corrisponderebbero
agli isolotti sparsi ad est di Ouessant52
S. Lewuillon 53 propone per questo promontorio Oestrymnis una localizzazione diversa, identificandolo con la odierna penisola di Quiberon, che
chiude a settentrione il golfo del;Morbihan, nel quale si trovano numerose
isolette. Tale identificazione permette infatti di conciliare la realt geografica
col testo di A vieno, in cui il promontorio Oestrymnis descritto come rivolto
a sud. In effetti la descrizione delle imbarcazioni utilizzate dalle popolazioni
oestrimniche in Avieno richiama la descrizione che Cesare54 fa delle navi dei
Veneti del golfo del Morbihan; tuttavia essa ha anche punti di contatto con la
descrizione pliniana delle imbarcazioni utilizzate dai Britanni per andare a
Ictis55, descrizione che tramite Timeo risale a Pitea56
46 1.4.2.
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ticolari costruite con legname e cuoio ed utilizzate tanto nell'area armoricana quanto
in Cornovaglia, ad indicare l'esistenza di legami ed influenze culturali ed economjche
reciproci.
57 3.5.11. Questo passo straboniano sintomatico della confusione esistente riguardo alla localizzazione delle mitiche isole.
58 Tutta questa sezjone dell'opera di Strabone risente dell'influenza di Posidonjo
e ne ricalca probabilmente il testo stesso.
59 Cfr. F. Lasserre, Strabon, 3, cit., 96, nn. 6 e 7.
60 Strabon, 3, cit., 96, n. 6.
6l FGrHist. 566 F 55= Schol. Lyc.1137.
62
Come nota A. Silberman, Pomponius Mela, Chorographie (d. et trad.), Paris
1988, 81, n. 3, le Cassiteridi di Strabone, Mela e PHnio devono essere identificate con
le isolette al largo della costa iberica, tra Vigo e il capo Finisterre, o tra questo e La
Corufia (secondo la tesi gi sostenuta dal Lasserre, Strabon, cit., 96, n. 7). Queste
erano probabilmente le isole che PoHbio aveva tentato di spacciare per le mitiche
Cassiteridi sulle quali non era riuscito a raccogliere le informazioni che si aspettava.
63 Numerosi sono i possibiH esempi delle deformazionj geografiche e cartografiche imposte dal potere romano al fine di avvalorare la tesi del suo controllo sull'ecumene: l'orbis Romanus. Si veda tra l'altro lo spostamento verso sud-est delle regioni
settentrionali della Britannia che trasse in inganno lo stesso Dion (Aspects politiques,
cit., 201 ss.), che pure fu tra coloro che pi approfondirono i legami tra potere e geografia.
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tentamente analizzata prima di passare ad un confronto con alcune altre descrizioni delle isole occidentali che Strabone, per motivi di organicit del testo e perch segue l'esposizione di Posidonio, riporta di seguito alla trattazione delle regioni atlantiche della KE'tlKTl, nel IV libro.
Le isole Cassiteridi si compongono di un gruppo di dieci isole vicinetra
loro, a nord della costa degli Artabri, in pieno mare. Solo una di queste deserta, tutte le altre sono abitate da uomini che portano mantelli neri, coperti
fino ai piedi dalle tuniche, con la cintura attorno al petto e il bastone con cui
passeggiano. Costoro assomigliano alle Furie vendicatrici delle tragedie. Vivono per lo pi, come i nomadi, dei loro animali. Posseggono miniere di stagno e piombo, di cui scambiano i prodotti con i mercanti, assieme a pelli di
animali, in cambio di ceramica, sale ed oggetti di bronzo64 Altrove, lo stesso
Strabone ribadisce la collocazione delle isole a nord degli Artabri, precisando
inoltre che esse si trovano quasi sullo stesso KtflCX della Britannia65
Il riferimento alle tpCXJ'l.KCX nowal. sembra sufficiente per attribuire la
paternit del passo a Timeo; poich egli ha utilizzato Pitea per la descrizione
delle regioni occidentali, si pu supporre ragionevolmente che Pitea sia
l'autore di questa osservazione e della identificazione di queste isole con le
favolose isole dello stagno. Non a caso, quindi, nel secondo passo di Strahone compare due volte llpEttexvtK-rl in luogo di BpEttavtKT1, ad indicare in
Pitea almeno una delle fonti utilizzate66
Un'ulteriore testimonianz~ in questo senso fornita dalla struttura stessa
del passo straboniano, al cui interno riscontrabile uno schema analitico ben
preciso. Innanzitutto le isole Cassiteridi vengono collocate e descritte secondo una prospettiva geografica e topografica: si tratta di un arcipelago
formato da dieci isole vicine tra loro e localizzate a settentrione della costa
degli Artabri (il nord iberico), in alto mare (in pieno Oceano). A quest'insieme di dati utili alla localizzazione fa seguito una descrizione di tipo etnografico della popolazione delle nove isole abitate e dei suoi costumi partico-
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lari: gli abitanti vestono e si atteggiano in modo simile alle Furie della tragedia. La descrizione etnografica sfocia poi in un'analisi di tipo economico relativa al modo di vita nomadico degli abitanti ed ai prodotti tipici delle isole:
metalli e pelli. L'attenzione si sposta infine ai meccanismi dello scambio di
questi prodotti con altri che sono apportati dai mercanti 67, evidenziando in tal
modo la funzione di empori ricoperta dalle isole.
Lo schema analitico-descrittivo risultante il frutto di un metodo di approccio alla realt che trova precisi paralleli nelle descrizioni del promonto. rio Belerion e dell'isola Ictis in Britannia68 , dell'isola dell'ambra nell'Oceano
settentrionale69, e delle regioni vicine a Thule70, sicuramente risalenti al resoconto piteano. Tale metodo di approccio alle nuove terre scoperte riassumibile come segue: localizzazione geografica e riferimenti cartografici e topograficF1; analisi dei costumi locali; analisi delle risorse economiche e delle
modalit del loro sfruttamento; descrizione dei meccanismi che regolano lo
scambio delle risorse locali con prodotti che giungono dali' esterno attraverso
le vie mercantili72
67
A questo punto del resoconto si inserisce il secondo nucleo che svela apparentemente l'identit di questi mercanti; si tratterebbe dei Fenici di Cadice. Se non che,
pur cogliendo parzialmente nel giusto, tale rivelazione appartiene ad un nucleo di informazioni ben distinto. Ne un indizio il tono diverso delle due parti: una prima rivolta a localizzare con precisione le isole, ad informare nei dettagli il lettore (tenuto
conto dei diversi passaggi fino a Strabone facile pensare anche ad una semplificazione dei dati), e di chiara origine greca (per l'approccio investigativo ed interpretativo); una seconda parte invece pi enigmatica, che nulla svela della rotta seguita, e di
origine punica o pi precisamente gaditana.
68 D. S. 5.22.1 ss.; Plin. Nat. 4.104.
69 D. S. 5.23.1 ss.; Plin. Nat. 37.35-36.
70 Str. 4.5.5. Nel caso delle Cassiteridi, di Ictis e dell'isola dell'ambra abbiamo a
che fare con una mediazione da parte di Timeo. Si potrebbe dubitare che la presenza
di dati abbondanti ed organicamente strutturati dipenda dalla scelta effettuata dallo
storico siceliota ~ll'intemo del materiale piteano. La descrizione delle regioni vicine a
Thule riportata da Strabone testimonia per del fatto che il resoconto piteano era gi
organizzato in base a precisi criteri metodologici d'indagine.
71
Non improbabile che accanto agli altri elementi comparissero anche rilevamenti della latitudine delle localit oggetto di analisi, aprendo cos la strada per una
riflessione di natura cartografica; un esempio potrebbe rinvenirsi nella confusa menzione straboniana della latitudine rilevata da Pitea nel sud della Britannia (2.1.18) e
nel rilevamento della latitudine delle regioni settentrionali della Celtica (Str. 2.1.1213, ove la costa oceanica della Celtica posta sullo stesso parallelo di Boristene).
72 L'importanza che sembrano aver rivestito le osservazioni di natura economica
e commerciale, nel metodo scientifico d'indagine applicato da Pitea nel corso del suo
viaggio, lascia intravvedere la possibilit che accanto agli innegabili interessi scientifici esistessero finalit economiche miranti alla raccolta di informazioni sulle regioni
dalle quali provenivano lo stagno e l'ambra, sulla lavorazione di questi prodotti e sui
meccanismi che ne regolavano lo scambio ed il commercio. Non pu infatti essere solamente un caso che proprio in relazione alle regioni dello stagno e dell'ambra noi
94
possediamo una mole di dati superiore a quella relativa a qualsiasi altra localit visitata e descritta da Pitea. Dietro l'esploratore sembrano pertanto celarsi gli interessi
dell' emporfa massaliota.
73 Ann. 14.29-30.
74
A nn. 14.30: Srabar pro liro re diversa acies, densa armis virisque, intercursanribus feminis, quae in modum Furiarum veste ferali, crinibus deiectis Jaces praeferebant; Druidaeque circum, preces diras sublatis ad caelum manibus fundentes, novirate adspectus perculere militem, ut quasi haerentibus membris immobile corpus vulneribus praeberent. Particolarmente interessante e significativo il parallelo ulteriore
con il testo di Euripide (Ba. 303-305): cr'tpa'tv yp v ht1..ot ov'ta tcm 'tci;Emv/
cp6~o otem611crE 1tp\v J..6n11 9t.yE'ivJ Jl<Xvta oc 1ea\ 'toih' crn 6towcrou 1t<ipa.
75 F. M. Le Roux, Les lles au nord du monde, in Hommages Albert Grenier>>,
d. par M. Renard, 2, Bruxelles 1962, 1052 s.
76 Del carattere autoptico che contraddistingueva la ricerca piteana testimone
Poli bio (apud Str. 2.4.1 ); teste tanto pi significativo in quanto valorizza l'opera del
Massaliota nel tentativo inverso di denigrarlo. Cfr. S. Bianchetti, Pitea e la scoperta .
di Thule, Sileno 19, 1993, 12.
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scrisse i luoghi in cui si estraeva e si commerciava lo stagno, pu essere interessante tentare di capire quale delle regioni attraversate e delle isole incontrate egli identific con le Cassiteridi77
ll Lasserre, nel suo commento, lascia intendere che, vista la precisa collocazione geografica fornitaci da Strabone, non ci possono essere dubbi nell'identificare le Cassiteridi piteane con le Scilly, il piccolo arcipelago al largo
del capo Land's End78 . Egli fa propria un' ipotesi, gi sostenuta dal Dion79 ,
che trova sostegno nella posizione delle isole KC:X't 't npeuavtK6v 1tro<;
K.iJ..Lc:x80 Tuttavia, il contesto nel quale si colloca questa notizia di Strabone
uno dei pi emblematici della sua distorta visione delle regioni oceaniche
dell'Europa; il termine K.iJ..Lc:x, inoltre, qui usato in maniera approssimativa81, e la sua nozione era molto probabilmente ignota a Pitea82 . E possibile
pertanto che l'inserzione sia dovuta allo stesso Strabone, che fa ampio uso
del termine nella sua opera83, e sia frutto dell'erronea deduzione che le isole
Cassiteridi, situate a nord dell'lberia, si trovassero sullo stesso K.iJ.Lc:x della
77
Occorre tener presente che, come ha sottolineato S. Lewuillon, art. cit., 242
ss., il termine Cassiteridi indica una realt generica, che sfugge ad una vera conoscenza; questa realt inoltre in continuo mutamento, nel senso che le fonti la localizzano in luoghi diversi a seconda di quale delle aree di produzione attiva e conosciuta in quel momento (lo stesso punto di vista era stato assunto, a suo tempo, da R.
Dion, Le problme... , cit., 306-314). A causa di ci, solo le indicazioni archeologiche
e topografiche, unite a considerazioni di carattere geologico e mineralogico possono
supplire all'impossibilit di una critica di tipo filologico e storico. Ricercare o localizzare le isole Cassiteridi allora totalmente assurdo. Aprs Hrodote, les popolations mditerranennes furent convaincues que l'tain, qui transitait ce moment
aussi par Marseille via les grands axes fluviaux et autres de la Gaule, avait une origine unique (ce qui est faux), celtique (ce qui l'tait moins, mme dans le cas de
l'Espagne) et insulaire. Ma il suffisait aux anciens de savoir qu'un trajet maritime
entrait en ligne de compte pour supposer que les gisements fussent insulaires. Solo
in questi termini possibile tentare una storia dello sfruttamento dello stagno occidentale, a partire da quello iberico commerciat dai Tartessi, passando per quello bretone commerciato dagli 'Oo'tiJ..LVtot o Oestrymni, e per quello britannico che transitava
per lctis; ed altres possibile localizzare i luoghi, descritti nell'antichit, in cui si
praticava l'industria e il commercio dello stagno, senza per cadere nell'errore
commesso dagli antichi di identificare qualsiasi regione realmente od apparentemente
insulare con le mitiche Cassiteridi. Pertanto non sono le Cassiteridi in quanto tali ad
essere qui oggetto di ricerca, ma le terre che Pitea design con tale nome in quanto a
suo parere presentavano caratteri idonei all'identificazione con le leggendarie isole
dello stagno.
78 Strabon 3, cit., 96 n. 6.
79 Le problme... , cit., 310 ss., con ulteriore bibliografia.
80 Str. 2.5.15.
81 Cfr. G. Aujac, Strabon ... , 2, cit., 186, s. v. KtJ..LCL
82 Secondo D.R. Dicks, The K{J.La'Ca in Greek geography, CQ 49, 1955, 248255, la nozione di KtJ..L<X, inteso come fascia di latitudine (bel t of latitude ), venne
formulata e concepita scientificamente per la prima volta da lpparco.
83 Si veda ancora la voce curata dalla Aujac, Strabon, 2, ci t. , 186.
96
84
Str. 1.4.5.
Il testo dei codici presenta la variante I:aJ.Lvt-rrov, probabile corruzione dell'originale NaJ.Lv'i-rat, come risulta dal confronto con 4.2. 1. Cfr. Plin. Nat. 4.107; D. P. 570
ss., GGM, 2, 140-141 : 'AJ.Lvhat; Chrest. 4.15, GGM, 2, 546; Eust Comm. 566, GGM,
2, 327-328; Mare. 2.21, GGM, 2, 552: !.aJ.Lv'i-rat. Ptol. Geg. 2.8.6 e 8, menziona la
popolazione dei I:aJ.Lvhat, vicino al fiume Loira; ma nel testo compaiono anche i
NaJ.Lvf-rcn (2.8.8). Cfr. G. de Montauzan, s.v. Namnetae, RE, 16.2, 1935, coll. 1671-2;
Keune, sv . .taJ.Lv'i-rat (l),RE, l.A2, 1920, coll. 2132-2134.
86 IV.4.6: 'Ev O -re!> ci:nceavcp $1l<nV elvat vfcrov J.l.tKpv o 1t<ivu 1reM:lyiav,
7tpOKEtJ.1V11V 'tf t-.c~of -rou AEl'YllPO 7tO't<XJ.l.OU" ot-.cdv O -rmh11v tt(; t&v !.aJ.Lvt'tOOV yuvooxa, 6tOVCJq> lC<l'tf:XOJ.Lva lC<ll tClCJlCOJ.Lva 'tV 9EV 'tOU'tOV 'tEUa'i
'tE lC<ll w..Mxt \ep01tOtiat [E/;tEouJ.Lva]- OlC Em~aivetv O avpa 'tf vncrou, tt
S yuva1-.ca autt woucra lCOlV(J)VElV -ro'i vopci<:n lC<ll 1tCi.tV E1tavtvat. "E9o
o' ELV<lt K<l't' EVl<lU'tV Q1t~ 't \~pv 1tOCJ'tqciecr9at K<ll crtqciecr9at 1tcilV
a911J.1EPV 1tp oucrero, KcXCJ'tll $Qp'ti.ov Em$EpOCJll -n o' &v EKltim:t 't $opnov,
otacr7t<lcr9at -rau-r11v 1t trov illrov $Epoooa & -rt J.LPll 1rep\ -r .iepv J.l.E't' eaCJJ.l.OU J.11 1t<lUECJ9at 7tp6-repov, 1tp\v 1t<Xcrrov-rat 'tf 't'tll e\ <1UJ.1~CllVEtv cOO'tE
'ttv EJ.1m1t'tElv 't'lV 'tOU'tO 7relCJOJ.LV11V.
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a mani nude nelle Baccanti di Euripide; cfr. inoltre O. E. Ghiandoni, Rito, sacrificio e
teatro, in F. Berti - C. Gasparri (a cura di), Dionysos. Mito e Mistero, Bologna 1989,
98-99. Lo stesso Strabone nel passo immediatamente precedente (4.4.5), sempre risalente a Posidonio, aveva parlato dei sacrifici umani compiuti dai Druidi celtici per
motivi divinatori. L'esistenza di sacrifici umani a scopo espiatorio ed inaugurale poi
testimoniata nell' Historia Britonum di Nennio, o ve al cap. 18 i Druidi indicano il sacrificio di un orfano perch abbia successo la costruzione della fortezza di Dinas Emris in Galles. Sacrifici umani a scopo divinatorio in uso presso le popolazioni celtiche
sono testimoniati anche da D. S. 5.31.3.
92 Un rituale tipico del capro espiatorio era noto a M11ssalia ed eseguito in occasioni di particolare pericolo per la polis; cfr. Serv. Comm. in Verg. Aen. 3.57; Schol.
Stat. Theb. l 0.793. A Pitea non mancava quindi la possibilit di cogliere le eventuali
analogie tra rituale greco e rituale celtico.
93 E. Ba. 22; 73; passim; cfr. W. Burkert, Ancient Mystery Cults, Cambridge
Mass.- London 1987, trad. it., Antichi culti misterici, Roma- Bari, 1989, 14 sgg.
94 Si veda E. Ba. 61 s.; passim.
.
95 E. Ba. 976 ss. Si vedano in particolare i vv. 135 ss. e 1125 ss., ove sono presenti anche affinit con il passo straboniano relativo alle donne namnete.
96 Sui discussi legami tra Dioniso e la tragedia si veda W. Burkert, Wilder Ursprung. Opferritual und Mythos bei den Griechen, Berlin 1990, trad. it., Origini selvagge. Sacrificio e mito nella Grecia arcaica, Roma - Bari 1992, 3-33, con ampia bibliografia. L'interpretazione in chiave dionisiaca e tragica del sacrificio espiatorio
sembra avvalorare la tesi di quanti vedono appunto nel sacrificio del 'tp<iyo, il capro
espiatorio, l'origine della tragedia.
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di quelle isole che la bassa marea unisce alla terraferma e verso le quali Pitea
ebbe un particolare interesse 103; in secondo luogo, in et tardo antica essa era
abitata da monaci, dai quali ha origine il nome moderno. Ci si pu chiedere
se non sia da intravvedere in questo fatto una continuit con tradizioni celtiche precedenti che facevano dell'isola un luogo sacro il cui accesso era con~
sentito ai soli sacerdoti o sacerdotesse.
L'insieme di questi resoconti, in cui l; isola delle donne namnete e le Cas siteridi abitate dalle stesse Furie vendicatrici si collocano perfettamente, mostra chiaramente che ci troviamo di fronte all ' interpretazione greca di riti e
miti celtici; interpretazione che muove da concezioni misteriche e ortiche.
Orfeo infatti legato a Samotracia e ai suoi culti misterici per l'esito della
sua missione con gli Argonauti 104 Tale interpretazione risente delle suggestioni impresse, n eli' animo del primo esploratore greco spintosi ai remoti
confini occidentali, dali' incontro con i riti e le tradizioni di popoli lontani e
sostanzialmente estranei alla cultura greca: riti e miti che vengono reinterpretati utilizzando il patrimonio culturale proprio dello stesso esploratore 105
Questi non altri che Pitea; e le isole di cui descrive i costumi sono quelle
disseminate lungo la costa celtica, dalla Loira a Ouessant. fra queste che
egli colloca le Cassiteridi, guidato in ci dal mito stesso e dalla mitizzazione
occorsa nei confronti di quel primo resoconto su queste terre che noi oggi ritroviamo nel poemetto di Avieno 106, e che egli doveva certo conoscere.
103
il caso di Ictis e delle altre isole poste tra la Britannia e il continente (D. S.
5.22.1 ss.); cfr. anche Mela 3.55, su alcune isole dalle caratteristiche simili poste di
fronte alla Sarmazia. Un elemento piuttosto interessante, a questo proposito, fornito
dalla stessa descrizione straboniana dell'isola delle donne namnete, definita o mivu
7tE<iyux.
104 D. S. 5.48.4 ss., testimonia il legame che uni sce Giasone (che a Samotracia
sposa Cibele-Demetra; unione da cui nasce Kopu~a) ed Orfeo ai misteri di Samotracia. Essi, in quanto iniziati ai misteri, ebbero successo in tutte le cr'tp<X'tEi.at intraprese.
Il legame tra Orfeo e Samotracia ancora testimoniato da D. S. 5.64.4. Per una visione pi complessa della figura di Orfeo si veda G. Colli, La Sapienza greca, l , Milano 1977, 31-43; 117-289; 389-424.
105 P. Fabre, Les Grecs ... , cit. , 215 ss. (in particolare, 'pp. 223-225 sulla concezione orfica dell'Oceano, e p. 33 1 sull 'orfismo e l'occidente), ha dimostrato l' importanza del mito nell ' interpretazione della realt occidentale. Esso, anche quando originariamente legato ad altro contesto, viene riutilizzato per giustificare quei fenomeni
che altrimenti si sarebbero rivelati inspiegabili all ' uomo greco. Cerimonie o culti particolari, e tipicamente celtici, sono in questo caso associati a corrispondenti manifestazioni greche, con cui condividono evidentemente alcune caratterisfi che. Se in alcuni casi sono utilizzati confronti con i culti misterici e con l'orfis mo, particolarmente
diffuso sul finire del IV secolo a.C., in altre circostanze si confondono le isole nordiche dell'immaginario celtico, allo stesso tempo reali e fantastiche, con le altrettanto
reali e mitiche isole occidentali dell ' immaginario greco. O, pi generalmente, si sovrappone alla reale conoscenza dell' occidente una precedente geografia fantastica,
nata da pi scarse informazioni, infirmandone cos la portata.
106 Ora mar. 86 ss. Cfr. il commento dello Schulten, op.cit., 12 ss. e 93 ss.
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Il raffronto con altre notizie relative alle isole nordiche, reali o immaginarie, che la tradizione antica ci ha conservato, dimostra che, ayant recueilli
quelques informations sur ces iles mystrieuses, les Grecs, e il mondo classico in genere, Ont parfois brutalment transpos le mythe dans la gographie
descriptive. 107 Il mito celtico e, pi genericamente, nordico entrato cos
nella cultura classica per il tramite dei suoi esploratori, e ci ha dato luogo a
quella fusione di realt ed immaginario attuata su pi livelli cui gi ho accennato trattando della tradizione romanzesca o comunque fantastica legata a
Pitea.
Le fonti antiche collocarono nei mari ad occidente e settentrione della
Ke:ttK'Tl numerose isole dalle straordinarie caratteristiche, poich il lontano
occidente rimase nell'antichit, anche dopo e nonostante Pitea, luogo di confine tra il giorno e la notte, la vita e la morte, residenza degli dei e dei defunti. La confusione che gli antichi realizzarono tra occidente e settentrione
contribu ad alimentare il carattere straordinario di quelle regioni di confine,
. ai bordi di un oceano avvolgente coi suoi flutti l'ecumene.
Tale visione sopravvisse ali' esplorazione delle regioni occidentali ed al
progressivo affluire di conoscenze nel mondo mediterraneo; queste ebbero
anzi talvolta l'effetto paradossale di rivitalizzare con nuovi elementi i miti e
te leggende pi arcaiche, e ci non solo all'epoca dei primi contatti con
l'ambito oceanico o delle esplorazioni massaliote che non ebbero conseguenze durature, ma anche in seguito alla progressiva conquista romana. Infatti il contatto con le popolazioni celtiche fu accompagnato da una operazione di interpretazione in chiave analogica dei loro rituali e costumi, delle
diverse concezioni religiose e filosofiche, che prese spunto dal patrimonio rituale e mitico greco.
SUMMARIUM - De cursu, quem Pytheas in oceanum confecit, disceptatur. A
Pythea praeterea, originem ducere descriptiones insularum Cassiteridum Namnetumque, de quibus Strabo memoriam tradidit, existimatur.
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