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Corso di laurea in Matematica

SAPIENZA Universit di Roma

Note del corso di Sistemi Dinamici


PAOLO B UTT & P IERO N EGRINI

Dipartimento di Matematica
Guido Castelnuovo
SAPIENZA Universit di Roma

Indice
Capitolo 1. Aspetti generali
1.1. Processi evolutori e sistemi dinamici
1.2. Campi vettoriali ed equazioni differenziali ordinarie
1.3. Campi vettoriali sulla retta e separazione delle variabili
1.4. Teoremi generali
1.5. Equazioni differenziali autonome
1.6. Integrali primi
1.7. Soluzione degli esercizi
1.8. Nota bibiliografica

1
1
4
6
8
12
18
20
22

Capitolo 2. Sistemi lineari


2.1. Linearizzazione
2.2. Propriet generali
2.3. Il teorema di Liouville
2.4. Equazioni lineari omogenee a coefficienti costanti
2.5. Sistemi lineari bidimensionali
2.6. Flussi iperbolici
2.7. Soluzione degli esercizi
2.8. Nota bibiliografica

23
23
25
31
32
41
43
48
50

Capitolo 3. Flussi hamiltoniani


3.1. Sistemi lagrangiani e sistemi hamiltoniani
3.2. Leggi di conservazione e parentesi di Poisson
3.3. Teorema di Liouville e misure invarianti
3.4. Il teorema del ritorno di Poincar
3.5. Misura microcanonica ed ipotesi ergodica
3.6. Moto condizionatamente periodico
3.7. Nota bibiliografica

53
53
59
64
65
67
71
78

Capitolo 4. Trasformazioni canoniche ed integrabilit


4.1. Trasformazioni simplettiche
4.2. Conservazione della 1-forma di Liouville e funzioni generatrici
4.3. Lequazione di Hamilton-Jacobi
4.4. Il Teorema di Liouville-Arnold
4.5. Nota bibiliografica

79
79
87
92
97
99

Capitolo 5. Dinamica iperbolica

101
i

I NDICE

II

5.1.
5.2.
5.3.
5.4.
5.5.
5.6.
5.7.

Teorema delle variet stabile ed instabile


Punti fissi iperbolici
Sistemi periodicamente perturbati
Punti omoclini ed insiemi iperbolici
Lemma dellorbita ombra e sue conseguenze
Applicazione alla dinamica del pendolo forzato
Esistenza di intersezioni omocline trasverse in R2 e formula di
Melnikov
5.8. Nota bibiliografica

101
109
113
115
121
126
127
131

Capitolo 6. Stabilit degli equilibri


6.1. Nozione di stabilit
6.2. Stabilit riconosciuta dalla parte lineare
6.3. Il metodo diretto di Liapunov
6.4. Insiemi limite e bacini di attrazione
6.5. Soluzione degli esercizi
6.6. Nota bibiliografica

133
133
136
140
144
151
153

Capitolo 7. Soluzioni periodiche ed applicazioni di Poincar


7.1. Equazioni lineari a coefficienti periodici
7.2. Criteri di asintotica stabilit per sistemi dinamici discreti
7.3. Cicli e loro stabilit
7.4. Cicli limite e teorema di Poincar-Bendixson
7.5. Applicazione alla teoria dei circuiti non lineari
7.6. Soluzione degli esercizi
7.7. Nota bibiliografica

155
155
158
159
162
167
174
174

Appendice A. Teoremi fondamentali sulle equazioni differenziali ordinarie177


A.1. Stime preliminari e condizione di Lipschitz
177
A.2. Il teorema di esistenza ed unicit
180
A.3. Dipendenza dai dati iniziali e dai parametri
182
A.4. Nota bibiliografica
185

Paolo Butt & Piero Negrini - N OTE DEL CORSO DI S ISTEMI D INAMICI - 2008

CAPITOLO 1

Aspetti generali
1.1. Processi evolutori e sistemi dinamici
Si definisce genericamente sistema dinamico un qualsiasi processo evolutorio, ovvero una struttura caratterizzata da
uno spazio degli stati S,
il tempo t , un parametro che assume valori in R, Z, R+ o Z+ ,
una legge di evoluzione, ovvero una applicazione (t , x) 7 t (x) S, x
S, tale che 0 (x) = x per ogni x S.
Un sistema dinamico in particolare qualsiasi modello matematico che descrive levoluzione nel tempo di un sistema fisico, chimico, biologico, sociale, etc...
La struttura dellinsieme S in tal caso legata alla natura del sistema reale che si
vuole descrivere, dovendo gli elementi di S rappresentare univocamente i possibili stati del sistema reale. Ad esempio, ad ogni istante di tempo, lo stato di
un sistema fisico costituito da N particelle puntiformi che obbediscono alle leggi della meccanica classica determinato univocamente dalle posizioni e dalle
velocit di queste ultime, dunque S = R6N . Osserviamo che in questo caso il sistema evolve con tempo continuo. Daltra parte esistono processi evolutori descrivibili in maniera naturale con tempo discreto (che senza perdita di generalit
possiamo identificare con linsieme degli interi). Ad esempio, nel lancio ripetuto
di una moneta, il tempo naturale rappresentato dal numero di lanci effettuati.
In altri casi, sebbene il processo sia inizialmente definito con tempo continuo,
pu essere utile associare ad esso un sistema dinamico con tempo discreto, ottenuto osservando il processo originario solo ad istanti di tempo prestabiliti, essendo tale descrizione ridotta sufficiente a dedurre propriet significative del
processo originario.
La classe di processi evolutori di cui ci occuperemo possiedono le seguenti
propriet:
Determinismo: il presente determina univocamente passato e futuro
del sistema; in particolare t R (o t Z).
Dimensione finita: lo spazio degli stati, detto anche spazio delle fasi, ha dimensione finita, ovvero ciascuno stato del sistema pu essere
individuato da un numero finito di parametri.
Differenziabilit: lo spazio degli stati possiede la struttura di una variet differenziabile che conservata dalla legge di evoluzione.
1

A SPETTI GENERALI

s(x)

t+s (x) = t ( s(x))

F IGURA 1.1. Propriet di gruppo.


Il determinismo implica che t (s (x)) = t +s (x) per ogni coppia di tempi
t , s ed ogni x S. Poich inoltre 0 (x) = x, la famiglia {t } di endomorfismi
di S costituisce allora un gruppo ad un parametro di trasformazioni di S. In
particolare:
i) t s = s t (commutativit);
ii) esiste linversa (t )1 = t (t biunivoca).
Nel caso discreto, dalla propriet di gruppo applicata ricorsivamente segue
che t = (1 )t , cosicch assegnare un processo deterministico equivale ad assegnare una coppia (S, g ), con g applicazione biunivoca di S in s, la legge di
evoluzione essendo definita dalle iterazioni della mappa g :
g 0 (x) = x,

g 1 (x) = g (x),

g 2 (x) = g (g (x)),

...,

g k (x) = g (g k1 (x)).

Da ora innanzi, se non specificato altrimenti, considereremo processi evolutori a tempo continuo (t R). Assegnare un processo deterministico significa
quindi assegnare la coppia (S, {t }), detta flusso di fase. La funzione t 7 t (x)
viene detta moto o legge oraria di x, mentre la sua immagine in S, ovvero lin.
sieme (x) = {t (x); t R} detto curva di fase o orbita di x. Il punto x S
detto punto fisso o posizione di equilibrio se t (x 0 ) = x 0 per ogni t R, ovvero
(x 0 ) {x 0 }: il sistema rimane nello stato x 0 per tutti i tempi.
Analizziamo ora le conseguenze delle ipotesi di differenziabilit e dimensione finita del processo evolutorio. Queste consistono nel supporre che lo spazio delle fasi sia una variet differenziabile di dimensione finita e che la mappa
: R S S definita da (t , x) = t (x) sia differenziabile. Ne segue che {t }
un gruppo ad un parametro reale di diffeomorfismi di S (essendo anche linversa
(t )1 = t differenziabile).
Ricordiamo che variet differenziabili sono lo spazio euclideo Rn , i domini
(insiemi aperti) di tali spazio, e tutti gli insiemi che ammettono sistemi di coordinate locali, quali la circonferenza, la sfera, il toro. Senza ricorrere alla definizione
pi generale, intenderemo nel seguito variet di dimensione n un sottoinsieme
M di uno spazio euclideo RN , con N > n, tale che
M = {z RN : k (z) = 0 k = 1, . . . N n},

(1.1)

essendo k : RN R una collezione di N n funzioni differenziabili e funzionalmente indipendenti, ovvero tali che
o
n
k
(z) = N n
z M.
rango
z i

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1.1 P ROCESSI EVOLUTORI E SISTEMI DINAMICI

In effetti, sotto queste ipotesi, il teorema della funzione implicita garantisce che
nellintorno di ciascun punto di M possibile introdurre coordinate locali. Pi
un aperto U Rn
precisamente, per ciascun z M esistono un intorno W di z,
ed unapplicazione differenziabile f : U W , iniettiva e di rango massimo, tale
che M W = f (U ) = {z RN : z = f (x), x U }. In altri termini, nellintorno W di
z la superficie M ha equazione parametrica z = f (x), ovvero

z 1 = f 1 (x 1 , . . . , x n )

z 2 = f 2 (x 1 , . . . , x n )
(1.2)

...

z N = f N (x 1 , . . . , x n )
Viceversa, la mappa inversa f 1 : M W U fornisce le coordinate locali x =
(x 1 , . . . , x n ) come funzioni x i = x i (z) di M W in R.
Tranne che in pochi casi particolari, gli argomenti trattati in queste note non
sono legati a strutture geometriche e topologiche particolari dello spazio delle
fasi. Per tale motivo ci limiteremo quasi sempre al caso di flussi di fase in domini
di Rn .
D EFINIZIONE 1.1. Sia (D, {t }) il flusso di fase definito da un gruppo ad un
parametro di diffeomorfismi {t } di un dominio D di Rn . Definiamo velocit di
fase del flusso t nel punto x D il vettore:

. d t
v(x) =
(x) .
t =0
dt
Per la propriet di gruppo del flusso di fase notiamo che, per ogni t R,
d t
t +h (x) t (x)
h (t (x)) t (x)
(x) = lim
= lim
= v(t (x)).
h0
h0
dt
h
h
In altri termini ogni moto una soluzione dellequazione differenziale ordinaria:
x = v(x),

x D.

(1.3)

LEq. (1.3) autonoma, ovvero il campo vettoriale non dipende esplicitamente dal tempo, poich abbiamo tacitamente assunto che la legge di evoluzione non dipende dallistante iniziale. Pi in generale, una legge di evoluzione deterministica assegnata da una famiglia di applicazioni differenziabili
t ,t0 : S S, al variare di t , t 0 R, tali che:
i) t0 ,t0 (x) = x per ogni x S e t 0 R;
ii) t ,t0 = t ,s s,t0 per ogni t , t 0 , s R.
In particolare t ,t0 un diffeomorfismo essendo (t ,t0 )1 = t0 ,t .
Definendo:

d s,t
(x) ,
s=t
ds
si verifica analogamente che i moti sono ora soluzioni dellequazione differenziale:
x = v(t , x).
(1.4)
v(t , x) =

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A SPETTI GENERALI

v(x)
x

curva di fase

Rn
V(x)=(1,v(x))

V(x)

curva integrale

x = (t)
=R x D

R
I

F IGURA 1.2. Curva di fase e curva integrale di x = v(x).


Usualmente il processo evolutorio assegnato mediante una legge locale di
evoluzione (1.3) (o pi in generale (1.4)). Infatti lanalisi sperimentale di un sistema reale permette (nella migliore delle ipotesi) di dedurne le leggi del moto.
La buona posizione del modello matematico si fonda sulla possibilit (almeno
in linea di principio) di ricostruire il passato e predire il futuro sulla base della
legge locale assegnata. In altri termini occorre risolvere il problema fondamentale delle equazioni differenziali ordinarie o problema di Cauchy: assegnata la
legge locale di evoluzione ricostruire il moto del sistema dai dati iniziali.

1.2. Campi vettoriali ed equazioni differenziali ordinarie


Sia D un dominio aperto di Rn . Indichiamo con C 0 (D; Rn ) [risp. C k (D; Rn )]
linsieme dei campi vettoriali continui [risp. k volte differenziabili con continuit], ovvero delle funzioni v : D Rn le cui componenti v i : D R sono funzioni
continue [risp. k volte differenziabili con continuit]. Linsieme D detto spazio delle fasi del campo vettoriale mentre il prodotto diretto R D detto spazio
delle fasi ampliato.
Assegnato v C 0 (D; Rn ), una soluzione dellequazione differenziale autonoma (1.3) una applicazione differenziabile C 1 (I ; D), I un intervallo aperto di
) = v((t )) verificata per ogni t I .
R, tale che la relazione (t
Una curva integrale dellequazione differenziale (1.4) il grafico di una sua
soluzione; una curva di fase la proiezione di una curva integrale sul piano delle
fasi D (vedi Figura 1.2).

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1.2 C AMPI VETTORIALI ED EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

Rn
V(t,x) = (1,v(t,x))

V(t,x)
x = (t)

R
I

F IGURA 1.3. Curva integrale di x = v(t , x).

Sia ora un dominio aperto dello spazio Rn+1 = R Rn delle coordinate


(t , x), t R, x Rn . Indichiamo con C 0 (; Rn ) [risp. C k (; Rn )] linsieme dei
campi vettoriali continui [risp. k volte differenziabili con continuit], ovvero
delle funzioni v : Rn continue [risp. k volte differenziabili con continuit].
Linsieme detto spazio delle fasi ampliato del campo vettoriale.
Assegnato v C 0 (; Rn ), una soluzione dellequazione differenziale non autonoma (1.4) una applicazione differenziabile C 1 (I ; Rn ), I un intervallo
) = v(t , (t )) sia
aperto di R, tale che il grafico di giace in e la relazione (t
verificata per ogni t I . Analogamente al caso autonomo, definiamo curva integrale dellequazione differenziale (1.4) il grafico di una sua soluzione (vedi Figura
1.3).
Una soluzione C 1 (I ; Rn ) dellequazione differenziale (1.4) detta soluzione del relativo problema di Cauchy di dati iniziali (t 0 , x 0 ) se t 0 I e
(t 0 ) = x 0 .
Chiaramente lEq. (1.3) un caso particolare dellEq. (1.4), in cui = R D
e v(t , x) = v(x) per ogni t R. In effetti vero anche il viceversa. Pi precisamente, lEq. (1.4) equivalente allequazione autonoma y = V (y), essendo
V C 0 (; Rn+1 ) il campo vettoriale tale che V (y) = (1, v(t , x)) per y = (t , x) .
Prima di discutere i teoremi generali della teoria delle equazioni differenziali ci soffermiamo su un caso particolare. Precisamente considereremo equazioni differenziali autonome unidimensionali, per le quali possibile fornire un
metodo di integrazione esplicita (separazione di variabili), riconducendo cos la
determinazione della soluzione del problema ai valori iniziali ad unoperazione
di quadratura.

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A SPETTI GENERALI

1.3. Campi vettoriali sulla retta e separazione delle variabili


Sia v : U R un campo continuo sullintervallo aperto U = (a, b), dove
a < b +. Consideriamo il problema di Cauchy:

x = v(x),
(1.5)
x(t 0 ) = x 0 .
Distinguiamo due casi:
i ) Se v(x 0 ) = 0, ovvero x 0 un punto singolare del campo v, allora x(t ) x 0
soluzione di (1.5) per ogni t 0 R. Tale soluzione detta stazionaria (ovvero
indipendente dal tempo). Rimandiamo a dopo la discussione sulla eventuale
esistenza di altre soluzioni con questi dati iniziali.
i i ) Supponiamo ora che v(x 0 ) 6= 0. Sia V = (x , x + ) dove
.
x = inf{x U (, x 0 ] : v(y) 6= 0 y (x, x 0 ]},
.
x + = sup{x U [x 0 , +) : v(y) 6= 0 y [x 0 , x)}.
Poich il campo v continuo, si ha x < x + e la funzione 1/v(x) continua in V .
Rimane quindi definita la funzione differenziabile con continuit G : R V R:
Z x
1
.
.
dy
G(t , x) = t t 0
v(y)
x0
Supponiamo ora che t 7 (t ), t J , sia una soluzione di (1.5). Per continuit, in
un intorno J 0 di t 0 sufficientemente piccolo, tale soluzione assume valori in V .
quindi ben definita la funzione t 7 G(t , (t )), t J 0 , ed inoltre:
)
d
(t
G(t , (t )) = 1
= 0,
dt
v((t ))
) = v((t )). Quindi la funzioavendo utilizzato, nellultima uguaglianza, che (t
ne G(t , x) rimane costante lungo le soluzioni di (1.5). Osservando che G(t 0 , x 0 ) =
0, concludiamo che ogni eventuale soluzione (t ) di (1.5), ristretta ad un intorno
sufficientemente piccolo di t 0 , deve soddisfare G(t , (t )) = 0. Ma essendo

1
G(t , x) = 1,
6= (0, 0)
(t , x) R V,
v(x)
il teorema della funzione implicita garantisce che rimane univocamente determinata la soluzione t x(t ) dellequazione G(t , x(t )) = 0, essendo in particolare
la funzione inversa di
Z x
1
t (x) = t 0 +
dy
,
x V.
(1.6)
v(y)
x0
Chiaramente x(t ) soluzione di (1.5) poich x(t 0 ) = x(t (x 0 )) = x 0 e

1
)= 0
= v(x(t )).
x(t
t (x)
x=x(t )

Quindi la soluzione del problema di Cauchy (1.5) esiste ed unica nellintorno


J 0 V del punto (t 0 , x 0 ); inoltre, a meno della integrazione in (1.6), la si pu
calcolare esplicitamente come funzione inversa di x 7 t (x).

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1.3 C AMPI VETTORIALI SULLA RETTA E SEPARAZIONE DELLE VARIABILI

La funzione x 7 t (x) rappresenta il tempo necessario alla soluzione che parte da x 0 al tempo t 0 per raggiungere la posizione x V . Ciascuno degli estremi x pu essere un punto singolare del campo oppure un punto di frontiera
del dominio U (nel qual caso potrebbe coincidere con se U illimitato). Il
tempo che la soluzione impiega per raggiungere questi punti (nel futuro o nel
passato) dato dai limiti:
Z x
1
,
(1.7)
lim t (x) = t 0 +
dy
xx
v(y)
x0
che esistono essendo la funzione t (x) monotona sul suo dominio V . Lintegrale
a secondo membro va interpretato come integrale (eventualmente) improprio:
di prima specie nel caso in cui x un punto singolare (la funzione integranda 1/v(x) diverge in x ), di seconda specie se x = . La convergenza di tale integrale nel caso di punti di frontiera non singolari implica la non globalit
(nel tempo) della soluzione; viceversa, se una soluzione impiega un tempo finito per raggiungere un punto singolare, si ha perdita di unicit della soluzione.
Illustriamo tali situazioni con una serie di esempi.
E SEMPIO 1.1. Sia v(x) = 3x 2/3 , U = R. Lunico punto singolare x = 0. Fissato x 0 > 0 [risp. x 0 < 0] calcoliamo la funzione x 7 t (x) su (0, +) [risp. (, 0)]
definita da
Z x
1
t = t0 +
d y 2/3 = t 0 + x 1/3 x 01/3 ,
3y
x0
da cui x(t ) = (x 01/3 t 0 + t )3 . Osserviamo che ciascuna soluzione impiega un
tempo infinito per raggiungere (ovvero la frontiera di U = R) cosicch essa
definita globalmente. Daltra parte impiega un tempo finito per raggiungere
il punto singolare x = 0; infatti x(t ) = 0 se t = t 0 x 01/3 . Ne segue una perdita
di unicit per il problema di Cauchy con x 0 = 0: oltre alla soluzione stazionaria
x(t ) 0, anche x(t ) = (t t 0 )3 soluzione con condizione iniziale x(t 0 ) = 0. In
effetti ciascuna funzione

3
se t < t 1
(t t 1 )
0
se t 1 t t 2
x t1 ,t2 (t ) =

3
(t t 2 )
se t > t 2
al variare di t 1 , t 2 R con t 1 t 0 t 2 , soddisfa la condizione x t1 ,t2 (t 0 ) = 0, ed
soluzione dellequazione differenziale (verificarlo!).
E SEMPIO 1.2. Sia v(x) = kx, U = R. Assumiamo k 6= 0; abbiamo solo il punto
singolare x = 0. Fissato x 0 > 0 [risp. x 0 < 0] calcoliamo la funzione x 7 t (x) su
(0, +) [risp. (, 0)] definita da
Z x
1
x
1
= t 0 + log ,
t = t0 +
dy
ky
k
x0
x0
da cui x(t ) = x 0 exp[k(t t 0 )], che fornisce la soluzione del problema di Cauchy con x(t 0 ) = x 0 . Nuovamente ciascuna soluzione impiega un tempo infinito
per raggiungere la frontiera di U = R, ovvero definita globalmente. Inoltre, essendo exp[kt ] > 0 per ogni t R, in questo caso una soluzione che parte da

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A SPETTI GENERALI

x 0 6= 0 impiega un tempo infinito per raggiungere lorigine. Abbiamo quindi unicit anche nel punto singolare x = 0. Inoltre lespressione x(t ) = x 0 exp[k(t t 0 )],
(che abbiamo determinato per x 0 6= 0), rimane valida anche per x 0 = 0, fornendo
in tal caso la soluzione stazionaria x(t ) 0.
E SEMPIO 1.3. Consideriamo il sistema

x = x 2 ,
x(t 0 ) = x 0 .

(1.8)

Si integra per separazione delle variabili e si trova la soluzione:


x0
x(t ) =
.
1 x 0 (t t 0 )
Gli intervalli di esistenza sono sempre sottoinsiemi propri dellasse reale, tranne
che per x 0 = 0. Per esempio, se x 0 > 0 allora la soluzione esiste nellintervallo
J 0 = (, t 0 +1/x 0 ). Quando t t 0 +1/x 0 la soluzione fugge allinfinito (che la
frontiera di R, dominio su cui definito il campo vettoriale).
E SEMPIO 1.4. Consideriamo il sistema
(
1
x = ,
x
x(t 0 ) = x 0 .

(1.9)

Il campo definito su {x R : x 6= 0}. Si integra per separazione delle variabili e


si trova la soluzione:
x0 q
x(t ) =
2(t t 0 ) + x 02 .
|x 0 |
Gli intervalli di esistenza sono limitati nel passato: quando t t 0 x 02 /2 la soluzione tende a portarsi sulla frontiera {x = 0} del dominio di definizione del
campo.
E SERCIZIO 1.1. Dimostrare che se v : R R differenziabile con continuit ed
inoltre esiste K > 0 tale che |v(x)| K (1 + |x|) per ogni x R, allora ogni soluzione
del problema di Cauchy (1.5) esiste per tutti i tempi.
E SERCIZIO 1.2. Mostrare che il problema di Cauchy per il campo v(x) = 1 +
p
|x| ammette ununica soluzione globale di dati iniziali (t 0 , x 0 ) = (0, 0) e calcolarla.
E SERCIZIO 1.3. Calcolare la soluzione del problema di Cauchy per il campo
v(x) = x x 2 , discutendone il comportamento al variare del dato iniziale (t 0 , x 0 ).
1.4. Teoremi generali
Passiamo ora a discutere i teoremi fondamentali della teoria delle equazioni
differenziali ordinarie.
T EOREMA 1.2. Sia il membro di destra dellEq. (1.4) un campo vettoriale differenziabile v C 1 (; Rn ). Allora ogni punto (t 0 , x 0 ) dello spazio delle fasi ampliato ammette un intorno I U tale che per ogni x U esiste un unica

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1.4 T EOREMI GENERALI

soluzione C 1 (I ; Rn ) per cui (t 0 ) = x. Inoltre tale soluzione una funzione


differenziabile con continuit delle variabili (t , x).
La richiesta di differenziabilit del campo vettoriale non necessaria per lesistenza ed unicit di una soluzione locale. In Appendice A dimostrato che se
il campo vettoriale continuo e localmente lipschitziano rispetto alla variabile
x, allora esiste ununica soluzione locale che dipende con continuit dal dato
iniziale. Ricordiamo inoltre che si pu dimostrare che la sola richiesta di continuit garantisce lesistenza della soluzione, ma ovviamente non sufficiente a
garantire lunicit, come mostra lEsempio 1.1.
Pi in generale vale il seguente risultato di esistenza e regolarit.
T EOREMA 1.3. Sia
x = v(t , x, ),

(t , x) ,

(1.10)

una famiglia di equazioni differenziali che dipendono da un parametro reale


. Se v C k ( ; Rn ) allora per ogni (t 0 , x 0 , 0 ) la soluzione locale (t ) dellEq.
(1.10) di dati iniziali (t 0 ) = x una funzione differenziabile (di classe C k ) delle
variabili (t , x, ) per |t t 0 |, |x x 0 |, | 0 | sufficientemente piccoli.
Il Teorema 1.2 ci ha consentito di costruire una soluzione locale (intorno a
(t 0 , x 0 )). Possiamo estendere tale soluzione? In particolare, se il sistema autonomo, possibile estendere la soluzione a tutto lasse dei tempi R? Gli Esempi
1.8 e 1.9 mostrano che la risposta in generale negativa. In entrambi questi
esempi abbiamo la manifestazione della stessa patologia che fa da ostruzione
ad una esistenza globale: laccumularsi alla frontiera del dominio spaziale in
tempi finiti. In effetti vale il seguente teorema generale.
T EOREMA 1.4. Sia v C 1 (; Rn ). La soluzione dellEq. (1.4) di dati iniziali
(t 0 ) = x 0 pu essere prolungata in avanti ed indietro nel tempo fino ad un intervallo massimale (, ). La distanza del punto (t , (t )) dalla frontiera di tende
a zero per t + e t . Inoltre tale prolungamento unico.
D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo innanzitutto che il prolungamento unico,
ovvero che che se 1 (t ), t I 1 , e 2 (t ), t I 2 , sono due soluzioni dellEq. (1.4) che
verificano una stessa condizione iniziale, allora esse coincidono su tutta linter.
sezione I = I 1 I 2 . Sia quindi 1 (t 0 ) = 2 (t 0 ) per qualche t 0 I . Supponiamo che
.
T = sup{t t 0 : 1 (s) = 2 (s) s [t 0 , t ]} sia un punto interno di I . Per continuit
si ha 1 (T ) = 2 (T ) da cui, per il Teorema 1.2 di esistenza ed unicit locali, le due
soluzioni coincidono in tutto un intorno di T , contraddicendo la definizione di
T . Dunque 1 (t ) = 2 (t ) per ogni t [t 0 , +) I . Analogamente si conclude per
t t0 .
Dimostriamo ora lesistenza del prolungamento in avanti (il caso del prolungamento indietro si tratta analogamente). Sia K un insieme compatto tale
che (t 0 , x 0 ) K ed indichiamo con T lestremo superiore di tutti i tempi
t t 0 per i quali esiste una soluzione dellEq. (1.4) che verifica le condizioni
(t 0 ) = x 0 e (s, (s)) K per ogni s [t 0 , t ]. Mostriamo che allora la soluzione

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10

A SPETTI GENERALI

(,())
(,())

(+,(+))

( t0 ,x 0 )
K

F IGURA 1.4. Il prolungamento della soluzione raggiunge la


frontiera del compatto K .
si prolunga fino al tempo T con (T, (T )) K , essendo K la frontiera di K . In
effetti, essendo K un compatto, dal Teorema 1.2 segue che possiamo determinare un numero > 0 tale che per ogni (, x) K esiste una soluzione ,x (t ) di
dati iniziali ,x () = x e definita per |t | < 2. Essendo (T , (T )) K ,
esiste la soluzione T ,(T ) (t ) definita per |t T + | < 2, mediante la quale
possiamo prolungare (t ) su tutto lintervallo [t 0 , T + ). In particolare (T )
definita e, per continuit, (T, (T )) K . Dalla definizione di T segue inoltre che
ogni semintorno destro di T contiene tempi t per i quali (t , (t )) K . Dunque
(t , (T )) K .
Scegliamo ora una successione Vk , k N, di aperti limitati tale che = k Vk ,
(t 0 , x 0 ) V1 , Vk Vk+1 per ogni k N. Per quanto sopra dimostrato, esiste una
successione monotona crescente di tempi Tk , k N, tale che (t ) definita su
(t 0 , Tk ] e (Tk , (Tk )) Vk . Posto = sup{Tk ; k N}, la soluzione si prolunga
in tal modo su [t 0 , ) e non ulteriormente prolungabile poich la successione
(Tk , (Tk )) tende alla frontiera di .
Rimane da dimostrare che la distanza del punto (t , (t )) dalla frontiera di
tende a zero per t . Se = + evidente. Supponiamo < + ed assumiamo per assurdo che tale distanza non tenda a zero. Possiamo quindi estrarre
una successione crescente di tempi {t k ; k N} tale che (t k , (t k )) (, y) .
Essendo
Z t
(t ) = (t k ) + d s v(s, (s)),
tk

nel limite k + troviamo:


(t ) = y +

d s v(s, (s)).

Quindi (t , (t )) converge a (, y) per t e dunque, per il Teorema 1.2, la


soluzione si pu prolungare oltre , giungendo in tal modo ad una contraddizione.


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1.4 T EOREMI GENERALI

11

Indichiamo ora con


(t , t 0 , x 0 ),

t J t0 ,x0 ,

la funzione che fornisce la soluzione massimale (cio non ulteriormente prolungabile) del problema di Cauchy di dati iniziali (t 0 , x 0 ) (si osservi che J t0 ,x0
un intervallo aperto, come segue dal precedente teorema).
P ROPOSIZIONE 1.5. Sia v C k (; Rn ). Allora per ogni (t 0 , x 0 ) e t J t0 ,x0
esiste un intorno U di x 0 tale che t J t0 ,x e (t , t 0 , x) una funzione differenziabile
(di classe C k ) delle variabili (t , x).
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo t > t 0 (il caso t < t 0 si tratta analogamente). Essendo la curva C = {(s, (s, t 0 , x 0 )); s [t 0 , t ]} chiusa e limitata in , per il
Teorema 1.2 esistono , > 0 tali che, posto

. t t0
n
U j = {y R : |y (t j , t 0 , x)| < }, t j = t 0 + j , j = 0, . . . , N =
,

le soluzioni (s, y) 7 (s, t j , y), j = 0, . . . , N , sono definite e differenziabili per |s


t j | < 2, y U j .
Per la continuit di y 7 (t 1 , t 0 , y) possiamo determinare un intorno U01
U0 tale che (t 1 , t 0 , y) U1 per ogni y U01 . Ne segue che per y U01 la soluzione locale (s, t 0 , y), |s t 0 | < 2, prolungabile a tutto lintervallo (t 0 2, t 1 +2).
Inoltre:
(s, t 0 , y) = (s, t 1 , (t 1 , t 0 , y)),

(s, y) (t 1 2, t 1 + 2) U01 ,

cosicch anche il prolungamento differenziabile essendo composizione di funzioni differenziabili. Possiamo ora ripetere il ragionamento e determinare un
intorno U02 U01 tale che la soluzione si prolunga ulteriormente sullintervallo
(t 0 2, t 2 + 2). Nuovamente, essendo
(s, t 0 , y) = (s, t 2 , (t 2 , t 0 , y)),

(s, y) (t 2 2, t 2 + 2) U01 ,

otteniamo una funzione differenziabile. Dopo N passi determiniamo in tal modo un intorno U = U0,N tale che per y U la soluzione (s, t 0 , y) si prolunga su
tutto lintervallo (t 0 2, t N +2) (contenente t ) ed una funzione differenziabile
di (s, y).

Concludiamo la sezione con il seguente corollario del Teorema 1.4, che fornisce un criterio sufficiente per lesistenza di soluzioni globali nel tempo.
C OROLLARIO 1.6. Sia v C 1 (R Rn ; R) ed esista inoltre una funzione finita
7 B , > 0, tale che:
max |v(t , x)| B (1 + |x|) x R.
|t |

Allora ogni soluzione dellEq. (1.4) definita globalmente.

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12

A SPETTI GENERALI

Rn

|x| =2A
K
|x| = A

t0

t1

F IGURA 1.5. Il prolungamento della soluzione non pu toccare la superficie laterale del compatto K poich stimiamo a priori
.
che |(t )| A = (|(t 0 )| + 2B )e 2B .
D IMOSTRAZIONE . Sia (t ), t [t 0 , t 1 ], una soluzione dellEq. (2.6) ed [, ]
un qualsiasi intervallo compatto che contiene [t 0 , t 1 ]. Scrivendo lequazione differenziale in forma integrale ed utilizzando la disuguaglianza (A.3) (vedi Appendice A) si ha, per ogni t [t 0 , t 1 ],
Z t
Z t
d s |(s)|,
|(t )| |(t 0 )| + d s |v(s, (s))| |(t 0 )| + 2B + B
t0

t0

e quindi, per il Lemma di Gronwall (vedi Lemma A.3 in Appendice A),


|(t )| (|(t 0 )| + 2B )e 2B .
Dunque la soluzione (t ), t [t 0 , t 1 ], confinata nel compatto dello spazio delle
fasi ampliato K = {(t , x) : |t | , |x| 2(|(t 0 )| + 2B )e 2B }. Per il Teorema
1.4 essa pu essere prolungata fino alla frontiera di tale compatto, ma per la
stima precedente non esiste un tempo t [, ] tale che |(t )| = 2(|(t 0 )| +
2B )e 2B . Quindi la soluzione pu essere prolungata avanti e indietro su tutto
[, ] (vedi Figura 1.5). Per larbitrariet di concludiamo che (t ) si prolunga
sullintero asse dei tempi R.

1.5. Equazioni differenziali autonome
Consideriamo ora pi in dettaglio il caso delle equazioni autonome, quando il campo vettoriale non dipende esplicitamente dal tempo. Sia quindi v

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1.5 E QUAZIONI DIFFERENZIALI AUTONOME

13

C 1 (D, Rn ) con D un dominio di Rn . Indichiamo con t (x 0 ), t J x0 , la soluzione


massimale del problema di Cauchy di dati iniziali 0 (x 0 ) = x 0 ; allora
(t , t 0 , x 0 ) = t t0 (x 0 )

t J t0 ,x0 = t 0 + J x0 .

(1.11)

In effetti si verifica immediatamente che t t0 (x 0 ) soluzione del problema di


Cauchy di dati iniziali (t 0 , x 0 ). altres evidente che lintervallo massimale di
definizione J t0 ,x0 della soluzione deve necessariamente coincidere con linsieme
t 0 + J x0 = {t + t 0 : t J x0 }.
1.5.1. Struttura delle curve di fase. Immediate conseguenze del teorema
di esistenza ed unicit e di (1.11) sono le seguenti proposizioni.
P ROPOSIZIONE 1.7. Sia v C 1 (D, Rn ). Allora per ogni punto dello spazio delle
fasi D passa una ed una sola curva di fase (massimale).
D IMOSTRAZIONE . In effetti per ogni x 0 D si ha:
{(t , t 0 , x 0 ) : t J t0 ,x0 } = {t (x 0 ) : t J x0 }

t 0 R.


P ROPOSIZIONE 1.8. Sia v C 1 (D, Rn ), x D. Supponiamo che esista t 1 6= 0
tale che t1 (x) = x. Allora J x = R e la soluzione t 7 t (x) periodica di periodo
T = |t 1 |.
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo t 1 = T > 0 (il caso t 1 < 0 analogo). Sia
C 1 (R; D) il prolungamento T -periodico della funzione t 7 t (x), t [0, T ],
ovvero (t ) = t kT (x) con k = k(t ) lintero tale che t kT [0, T ). immediato
verificare che soluzione dellequazione.

Si verifica ora facilmente che: i) linsieme di tutti i periodi di una funzione
continua : R D un sottogruppo chiuso del gruppo dei numeri reali; ii) ogni
sottogruppo chiuso del gruppo dei numeri reali costituito da tutto R, dal singolo elemento {0}, oppure dallinsieme {kT ; k Z} per qualche T > 0 (dimostrare
queste affermazioni!). Di conseguenza, una curva di fase (massimale) che interseca se stessa un punto singolare del campo oppure una curva chiusa che
completa il primo giro in un tempo T .
In particolare, se un campo vettoriale definito su tutto lo spazio euclideo (i.e. v C 1 (Rn ; Rn )) la struttura geometrica intrinseca delle curve di fase
molto semplice: un punto, una curva chiusa diffeomorfa ad una circonferenza,
oppure una curva aperta diffeomorfa ad una retta. Pu viceversa essere molto
complicata la loro disposizione nello spazio delle fasi.
1.5.2. Esistenza di flussi di fase. naturale ora chiedersi se un campo vettoriale v C k (D; Rn ) genera un flusso di fase sul dominio D, ovvero se v il campo delle velocit di un flusso di fase. La risposta una conseguenza dei risultati
della sezione precedente:

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14

A SPETTI GENERALI

v(x)

f*v(y)
y=f(x)

~
D

F IGURA 1.6. Azione di un diffeomorfismo f


vettoriale v.

sul campo

P ROPOSIZIONE 1.9. Sia v C k (D; Rn ). Supponiamo che lEq. (1.3) possa essere prolungata indefinitavamente in avanti ed indietro nel tempo. Allora (D, {t })
un flusso di fase (di classe C k ) di cui v il campo delle velocit di fase.
D IMOSTRAZIONE . Lesistenza ed unicit globali della soluzione implicano
che (t + s, 0, x) = (t + s, s, (s, 0, x)) per ogni s, t R ed x D, da cui t +s =
t s . Essendo 0 la mappa identit, concludiamo che {t } un gruppo ad
un parametro di trasformazioni di D. La differenziabilit di tali trasformazioni
segue dalla Proposizione 1.5.

Si osservi che nel caso in cui la soluzione non esiste globalmente lapplicazione t (x) non definisce (in generale) un diffeomorfismo per nessun tempo
t 6= 0. Si consideri ad esempio lequazione x = x 2 , x R (risolta nellEsempio
1.3). In questo caso t (x) = x(1 xt )1 che non un diffeomorfismo per t 6= 0
poich non definita in x = 1/t .
1.5.3. Azione di un diffeomorfismo su un campo vettoriale. Supponiamo
sia un diffeomorfismo di D nel dominio D.
Sia t 7 (t ) una curva
che f : D D
.
in D soluzione dellEq. (1.3). Posto (t ) = f ((t )) si ha:
) = D f ((t ))v((t )) = D f ( f 1 ((t ))) v( f 1 ((t ))).
(t
Definiamo allora immagine del campo vettoriale v : D Rn , sotto lazione del
Rn tale che:
diffeomorfismo f , il campo vettoriale f v : D

f v(y) = D f (x)v(x)
.
1
x= f

(y)

In particolare, se (D, {t }) il flusso di fase la cui velocit di fase data dal campo
vettoriale v C 1 (D; Rn ), allora il flusso immagine tramite f , ovvero il flusso di
{ f t f 1 }), generato dal campo vettoriale v =. f v.
fase (D,
Il diffeomorfismo f pu essere interpretato come un cambiamento di coordinate in D. Se x i : D R, i = 1, . . . , n, sono le coordinate assegnate in D, le

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1.5 E QUAZIONI DIFFERENZIALI AUTONOME

15

funzioni
y i : D R : y i = f i (x 1 , . . . , x n ),

i = 1, . . . , n,

definiscono un nuovo sistema di coordinate ammissibile (ovvero che conserva la struttura differenziabile) in D. Una curva (t ) soluzione dellEq. (1.3) ha
componenti x i (t ) = x i ((t )), i = 1, . . . , n, soluzioni del sistema:
xi (t ) = v i (x 1 (t ), . . . , x n (t )),

i = 1, . . . , n,

e componenti y i (t ) = f i ((x 1 (t ), . . . , x n (t )), i = 1, . . . , n, soluzioni del sistema:


yi (t ) = ( f v)i (y 1 (t ), . . . , y n (t )),

i = 1, . . . , n.

Quindi v 7 f v la legge di trasformazione del campo vettoriale v sotto il cambiamento di coordinate y = f (x).
1.5.4. Il teorema della scatola di flusso. Sia v C 1 (D; Rn ). Un punto x 0 D
detto singolare se v(x 0 ) = 0. Il seguente teorema mostra che la struttura delle
curve di fase in prossimit di un punto non singolare estremamente semplice.
T EOREMA 1.10. In un intorno sufficientemente piccolo di un punto non singolare un campo vettoriale differenziabile diffeomorfo al campo costante e 1 =
(1, 0, . . . , 0). In altri termini in un intorno di un punto non singolare esiste un
diffeomorfismo che trasforma il campo originale in e 1 .
D IMOSTRAZIONE . Sia v C k (D; Rn ) ed x D un punto non singolare (ovvero
6= 0). Dobbiamo determinare un intorno V D di x ed un C k -diffeomorfiv(x)
smo f : V W dellintorno V su un dominio W di Rn tale che f v(y) = e 1 per
ogni x V . Sia H un iperpiano (dim(H ) = n 1) passante per x e non contenente
Quindi H = {x Rn : h(x x)
= 0} per un opportuno funzionale lineare h
v(x).
6= 0. Possiamo assumere il sistema di coordinate x i : D R tale
tale che h(v(x))
che:
x = 0, v(0) = |v(0)|e 1 , H = {x Rn : x 1 = 0}
(ci si pu infatti ricondurre a tale caso mediante una trasformazione affine di
coordinate). In tal modo ogni elemento H rimane individuato attraverso le
n 1 coordinate (2 , . . . , n ) Rn1 .
Per il teorema di esistenza ed unicit locali esistono un intorno I di t = 0 e
U di x = 0 tali che la soluzione t (x) esiste di classe C k per ogni (t , x) I U . In
particolare, posto S = U H , definita lapplicazione di classe C k ,
: I S D : (y) = t (),

y = (t , ),

che fornisce levoluzione al tempo t del punto sulla sezione S. Mostriamo


che un diffeomorfismo locale (intorno lorigine delle coordinate). A tal scopo sufficiente applicare il teorema della funzione inversa: essendo la matrice
jacobiana

|v(0)| 0
D(0) =
0
1I

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16

A SPETTI GENERALI

H
t ()

v(0)
x=0
D

f( x )
x

F IGURA 1.7. Diffeomorfismo di rettificazione


(1I la matrice identit su Rn1 ) non singolare, esiste un intorno W I S dellorigine tale che, posto V = (W ), lapplicazione : W V un C k -diffeomorfismo. Inoltre, per ogni x V , se x = (y) = t (),
e 1 (x) = D(y)e 1 =

(y) = t () = v(t ()) = v(x),


y 1
t

.
1
ovvero 1
= (D)1 ). Dunque f = 1 il C k -diffeo v(y) = e 1 (infatti D
morfismo cercato.

Si osservi che il teorema ora dimostrato afferma equivalentemente che, in
un intorno V di un punto non singolare del campo v, lequazione x = v(x)
equivalente alla semplice equazione y = e 1 , y W , la cui soluzione y 1 (t ) =
y 1 (0) + t , y j (t ) = y j (0), j = 2, . . . , n.
1.5.5. Equazioni differenziali su variet. La Definizione 1.1 si estende al
caso di un flusso (M , {t }) su una variet differenziabile M definita come in (1.1).
una curva differenziabile su M , passante per z
Fissato z M , il moto t 7 t (z)

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1.5 E QUAZIONI DIFFERENZIALI AUTONOME

17

TzM

C(0)

C(t)

RN
x

c(t)
U

Rn

F IGURA 1.8. Spazio tangente alla superficie M RN nel punto z


al tempo t = 0. Definiamo allora velocit di fase del flusso in z il vettore
d t
=
.
v(z)
(z)
t =0
dt
ovvero
Poich la curva giace in M , tale vettore tangente ad M nel punto z,
che indichiamo con
appartiene allo spazio (o iperpiano) tangente ad M in z,
T z M . Per descrivere tale spazio introduciamo un sistema di coordinate locali
definito mediante le equazioni
x = (x 1 , . . . , x n ) U Rn in un intorno W di z,
parametriche z = f (x), vedi lequazione (1.2).
Chiaramente ogni curva t 7 C (t ) in M W tale che C (0) = z si ottiene come
immagine C (t ) = f (c(t )) di unopportuna curva t 7 c(t ) nel dominio U tale che
Allora il vettore tangente a C (t ) in t = 0 si scrive:
c(0) = x := f 1 (z).

n
X
d

c(0)
=

f (c(t ))
= D f (x)
ci (0) xi f (x),
C (0) =
t =0
dt
i =1
i = 1,
ovvero una combinazione lineare degli n vettori xi f (x),
. . . , n. Daltra par = xi f j (x)
pari ad n, cosicte, poich f ha rango massimo, il rango di D f (x)
ch i vettori xi f (x), i = 1, . . . , n, sono linearmente indipendenti. Ne segue che
linsieme T z M dei vettori tangenti ad M in z uno spazio lineare di dimensione
n, in cui le coordinate locali inducono una base naturale. In particolare il vettore
il vettore tangente ad M in z le cui componenti 1 , . . . , n
velocit di fase v(z)
(nel suddetto sistema di coordinate) sono:

d
d 1


.
i =
x i (t (z))
=
( f )i (t (z))
t =0
t =0
dt
dt
Dunque i moti sono soluzioni dellequazione differenziale ordinaria z = v(z)
sulla variet M . Tutti i risultati di natura locale sulle equazioni differenziali su
domini di Rn si estendono immediatamente al caso di equazioni su variet, poich questultimo caso si riduce al primo dopo avere introdotto le coordinate

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18

A SPETTI GENERALI

locali. La struttura topologica della variet si evidenzia viceversa in risultati riguardanti il comportamento globale delle soluzioni. Ricordiamo qui un primo
semplice risultato: ogni campo vettoriale differenziabile su una variet compatta
M il campo delle velocit di fase di un flusso (M , {t }). In effetti abbiamo visto
che lostruzione allesistenza di un gruppo di diffeomorfismi si manifesta sempre nella fuga allinfinito (in generale verso la frontiera del dominio del campo)
delle soluzioni. quindi evidente che ogni soluzione di unequazione su una
variet compatta (si pensi ad esempio ad un toro, una superficie sferica etc.) si
possa prolungare indefinitivamente nel tempo.
1.6. Integrali primi
Si dice derivata di Lie della funzione F : D R rispetto al campo vettoriale
v : D Rn la nuova funzione L v F : D R tale che

n F
X
d

(x)v i (x) = F (x), v(x),


(1.12)
L v F (x) :=
F (t (x))
=
t =0
dt
i =1 x i
dove , il prodotto scalare canonico di Rn . Indicando con t (x), t J x , la
soluzione massimale del problema di Cauchy associato al campo v, si verifica
immediatamente che:
d
F (t (x)) = L v F (t (x))
dt

t Jx .

Dal segno di L v F si pu cos determinare se la funzione F cresce, decresce o


rimane costante lungo le soluzioni. In particolare la funzione F detta integrale
primo (indipendente dal tempo) per il sistema (1.3) se L v F = 0. Ne segue in tal
caso che F costante lungo ogni soluzione di (1.3) e che ogni curva di fase giace
interamente su uno ed un solo insieme di livello di F .
La conoscenza di integrali primi fornisce informazioni sul comportamento
delle soluzioni. In particolare, se sono noti n 1 integrali primi F k , k = 1, . . . , n
1, funzionalmente indipendenti, il problema di Cauchy completamente integrabile. Infatti, per ogni dato iniziale x 0 , lorbita rimane fissata dallintersezione delle n 1 superfici di equazione F k (x) = F k (x 0 ), dopodich la legge oraria lungo lorbita, che un problema unidimensionale autonomo, si integra per
separazione delle variabili.
In generale, un campo vettoriale pu non ammettere alcun integrale primo non costante. Infatti, a causa della struttura topologica delle orbite, queste
possono non essere interamente contenute nella superficie di livello di nessuna
funzione non banale, definita globalmente sul dominio D. Viceversa, localmente esistono sempre integrali primi non banali. Pi precisamente, nellintorno di
un punto non singolare del campo vettoriale, esistono addirittura n 1 integrali
primi funzionalmente indipendenti. In effetti, per il sistema standard y = e 1 ,
evidente che le coordinate y 2 , . . . , y n sono n 1 integrali primi funzionalmente
indipendenti. Daltra parte, per il teorema della scatola di flusso, nellintorno
di un punto non singolare ogni sistema differenziale ammette coordinate in cui

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1.6 I NTEGRALI PRIMI

19

assume la forma standard (si osservi infine che lindipendenza funzionale non
dipende dal sistema di coordinate).
E SEMPIO 1.5. Consideriamo un sistema di N particelle di masse m i > 0, i =
1, . . . , N , interagenti mediante forze conservative. Quindi esiste una funzione
delle coordinate delle particelle, U = U (x 1 , . . . , x N ), x i R3 , i = 1, . . . , N , detta
energia potenziale, tale che le equazioni del moto sono assegnate dal sistema
del secondo ordine:
U
m i xi =
,
i = 1, . . . , N .
x i
Si verifica immediatamente che lenergia meccanica totale
E (x 1 , . . . , x N , x1 , . . . , xN ) =

N m
X
i 2
xi +U (x 1 , . . . , x N )
i =1 2

un integrale primo del moto.


E SERCIZIO 1.4. Con riferimento allEsempio 1.5, dimostrare che le soluzioni
delle equazioni di Newton sono prolungabili su tutto lasse dei tempi nel caso in
cui lenergia potenziale una funzione non negativa e due volte differenziabile su
R3N .
E SERCIZIO 1.5. Supponiamo che il sistema (1.3) ammette un orbita densa in
D. Dimostrare che allora non esistono integrali primi non banali.
E SERCIZIO 1.6. Sia C (D) linsieme delle funzioni reali infinitamente differenziabili su D, dotato della struttura naturale di anello. La derivata di Lie rispetto ad un campo vettoriale v : D Rn infinitamente differenziabile definisce
unapplicazione L v : C (D) C (D). Dimostrare le seguenti propriet
1) L v una derivazione sullanello C (D), ovvero L v un operatore lineare
tale che L v (FG) = F L v G +GL v F ;
2) L v+u = L v + L u ;
3) L F v = F L v ;
.
4) loperatore differenziale [L v , L u ] = L v L u L u L v un operatore del primo
ordine. In particolare [L v , L u ] = L [v,u] , dove il campo vettoriale [v, u],
detto commutatore o parentesi di Lie dei campi v, u, ha componenti
n
X
v i
u i
uj
;
[v, u]i =
vj
x j
x j
j =1
5) [[a, b], c] + [[b, c], a] + [[c, a], b] = 0 (identit di Jacobi).
Caso non autonomo. Sia v C 1 (, Rn ), un dominio di Rn+1 . Ricordiamo che
leq. (1.4) equivalente allequazione autonoma y = V (y), con V C 0 (; Rn+1 )
il campo vettoriale tale che V (y) = (1, v(t , x)) per y = (t , x) . Una funzione
F C 1 (; R) detta integrale primo dipendente dal tempo per lequazione (1.4)
se un integrale primo del sistema autonomo y = V (y), dunque se
n F
X
F
L V F (y) = F (y),V (y) =
(t , x) +
(t , x)v i (t , x) = 0 (t , x) . (1.13)
t
i =1 x i

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20

A SPETTI GENERALI

Analogamente al caso autonomo, ogni curva integrale del sistema interamente


contenuta in uno ed un solo insieme di livello di F .
E SEMPIO 1.6. Consideriamo le equazioni non autonome sulla retta a variabili separabili, ovvero il problema di Cauchy:

x = p(t )v(x),
(1.14)
x(t 0 ) = x 0 .
dove v : U R, p : I R sono funzioni continue sugli intervalli aperti U , I rispettivamente. Si osservi che il sistema autonomo (1.5) il caso particolare di
(1.14) in cui si ponga p(t ) = 1, I = R.
Chiaramente se v(x 0 ) = 0 esiste la soluzione stazionaria x(t ) x 0 del problema. Se invece v(x 0 ) 6= 0 possiamo integrare localmente lequazione ragionando analogamente al caso autonomo. Sia quindi V = (x , x + ) definito come
in Sezione 1.3 e poniamo ora:
Z x
Z
1
. t
dy
d s p(s)
.
G(t , x) =
v(y)
x0
t0
Chiaramente G : I V R differenziabile con continuit e si verifica immediatamente che G(t , (t )) = 0 lungo ogni soluzione t 7 (t ) di (1.14), ovvero G un
integrale primo dipendente dal tempo. Daltra parte
1
G
(t , x) =
6= 0
x
v(x)

(t , x) I V,

cosicch, per il teorema della funzione implicita, esiste ununica esplicitazione


t 7 x(t ) dellequazione G(t , x(t )) = 0, che fornisce quindi anche lunica soluzione locale del problema (1.14).
Si osservi che in questo caso non garantita lesplicitazione locale del tempo
t (x). In effetti, se p(t 0 ) = 0 la soluzione x(t ) pu essere non monotona in ogni intorno di t 0 ; daltra parte la condizione p(t 0 ) 6= 0 non necessaria per lesistenza
ed unicit locale della soluzione stessa.
1.7. Soluzione degli esercizi
S OLUZIONE E S . 1.1. sufficiente osservare che sotto le ipotesi date, se x
un punto singolare oppure x = allora lintegrale improprio che appare
nel membro di destra dellEq. (1.7) divergente (nel caso i cui x un punto
singolare si utilizzi il fatto che la differenziabilit del campo implica che esistono
un intorno V di x ed una costante C tali che |v(x)| C |x x 0 | per ogni x V ).
S OLUZIONE E S . 1.2. Per separazione delle variabili si verifica facilmente che
lunica soluzione del problema di Cauchy la funzione inversa di t = t (x) cos
definita:
p
p
se x (0, +)
2 x log(1 + x)
0
t=
se x = 0
p
p

2 x + log(1 + x)
se x (, 0)

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1.7 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI

21

S OLUZIONE E S . 1.3. I punti singolari del campo sono x = 0 ed x = 1, cosicch


le funzioni x 1 (t ) 0 ed x 2 (t ) 1 sono soluzioni stazionarie. Sia ora x 0 6= 0, 1 e
quindi v(x 0 ) 6= 0. Determiniamo la soluzione con condizione iniziale x(t 0 ) = x 0
come funzione inversa di t = t (x) definita da
Z x
1
x(1 x 0 )
t = t0 +
dy
= t 0 + log
,
y(1 y)
x 0 (1 x)
x0
da cui
x(t ) =

x0
x 0 + (1 x 0 )e (t t0 )

Distinguiamo quindi tre casi:


i ) x 0 < 0. La soluzione x(t ) monotona decrescente ed definita solo per
tempi t < T , dove T definito da:
x 0 + (1 x 0 )e (T t0 ) = 0

T = t 0 + log

|x 0 | + 1
> t0 .
|x 0 |

In particolare:
lim x(t ) = 0,

lim x(t ) = .

t T

i i ) 0 < x 0 < 1. La soluzione x(t ) monotona crescente ed definita per ogni


t R. In particolare:
lim x(t ) = 0,

lim x(t ) = 1.

t +

i i i ) x 0 > 1. La soluzione x(t ) monotona decrescente ed definita solo per


tempi t > T , dove T definito da:

x 0 + (1 x 0 )e (T t0 ) = 0

T = t 0 + log

x0 1
< t0 .
x0

In particolare:
lim x(t ) = +,

t T +

lim x(t ) = 1.

t +

Troviamo che per certi dati iniziali (x 0 < 0 o x 0 > 1) la soluzione non esiste
globalmente ma fugge allinfinito (che la frontiera di R, dominio del campo
vettoriale) in un tempo finito. Viceversa, qualunque sia il dato iniziale x 0 6= 0, 1,
il tempo necessario a raggiungere le posizioni di equilibrio x = 0, 1 infinito,
cosicch non si ha perdita di unicit.
S OLUZIONE E S . 1.5. Se F un integrale primo, allora F una funzione
continua e costante su un insieme denso in D; dunque F costante su tutto
D.
S OLUZIONE E S . 1.4. Le equazioni del moto sono equivalenti al seguente
sistema del primo ordine autonomo in R6N :

xi = y i
U
(x i , y i ) R3 R3 , i = 1, . . . , N .
m i yi =
x i

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22

A SPETTI GENERALI

La regolarit di U garantisce lesistenza ed unicit locali delle soluzioni. Sia t 7


{(x i (t ), y i (t )); i = 1, . . . , N } una soluzione. Essendo lenergia potenziale positiva,
si ha:
mi
y i (t )2 E (x 1 (t ), . . . , x N (t ), y 1 (t ), . . . , y N (t ))
2
= E (x 1 (0), . . . , x N (0), y 1 (0), . . . , y N (0))
= E0

i = 1, . . . , N .

Quindi, poich inoltre y i (t ) = xi (t ), si hanno le stime:


p
p
|y i (t )| 2E 0 /m i , |x i (t ) x i (0)| 2E 0 /m i |t |

i = 1, . . . , N ,

che valgono per tutti i tempi t per i quali la soluzione definita. Fissato T > 0,
consideriamo ora il compatto K T = [T, T ] Q T dello spazio delle fasi ampliato
R R6N , dove
p
p
Q T = {(x, y) R6N : |x i x i (0)| 2T E 0 /m i , |y i | 2 E 0 /m i , i = 1, . . . , N }.
Per il Teorema 1.4 la soluzione di prolunga fino alla frontiera di K T , ma per le
stime precedenti essa pu raggiungere solo le facce di K T per cui |t | = T . La
soluzione si prolunga in tal modo su lintero intervallo di tempi [T, T ] e quindi,
essendo T arbitrario, su tutto R.
S OLUZIONE E S . 1.41. Dimostriamo lidentita di Jacobi, gli altri punti sono
banali. Dobbiamo dimostrare che
[[L a , L b ], L c ] + [[L b , L c ], L a ] + [[L c , L a ], L b ] = 0.
Si ha
[[L a , L b ], L c ] = L a L b L c L a L c L b L b L c L a + L c L b L a
ed analogamente gli altri due termini. La somma di queste espressioni uguale
a zero.
1.8. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.
3) J. Guckenheimer, P. Holmes. Nonlinear oscillations, dynamical systems,
and bifurcations of vector fields. (Applied Mathematical Sciences 42).
Berlin: Springer, 1993.
4) A. Katok, B. Hasselblatt. Introduction to the modern theory of dynamical systems. (Encyclopedia of mathematics and its applications 54).
Cambridge: Cambridge U.P., 1995.

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CAPITOLO 2

Sistemi lineari
2.1. Linearizzazione
Consideriamo lequazione differenziale:
x = v(t , x)
0

(t , x) I D,

(2.1)

n2

dove v C (I D; R ), D v = v/x C (I D; R ) e sia (t ) una soluzione.


Posto x = (t ) + y, lequazione differenziale nella variabile y si scrive:
y = A(t )y + f (t , y),
(2.2)
.
dove A(t ) = D v(t , (t )) ed f (t , y) un infinitesimo di ordine superiore: f (t , 0) =
0, D f (t , 0) = 0. Linearizzare lEq. (2.1) intorno alla soluzione (t ) significa trascurare i termini di ordine superiore nello sviluppo del campo intorno a (t ) e
considerare lequazione differenziale lineare:
(t , y) I Rn .

y = A(t )y,

(2.3)

naturale chiedersi quale connessione esista tra le soluzioni del sistema lineare (2.3) e quelle dellequazione originale (2.1). In particolare si pu sperare che
almeno localmente (ovvero in un intorno della soluzione (t )) ogni soluzione
y(t ) = x(t ) (t ) dellEq. (2.2) sia ben approssimata dal corrispondente problema di Cauchy per il sistema (2.3). Lo studio della relazione tra le soluzioni del
problema originario e quelle del problema linearizzato si basano su un controllo
particolareggiato di queste ultime.
La situazione pi semplice che possiamo considerare quella della linearizzazione intorno ad una posizione di equilibrio di un sistema autonomo. Sia
quindi x 0 un punto singolare del campo vettoriale v C 1 (D; Rn ). Dunque x(t )
x 0 una soluzione stazionaria dellequazione differenziale x = v(x). In tal caso
lequazione linearizzata :
y = Ay,

(t , y) R Rn ,

(2.4)

.
essendo A = D v(x 0 ).
Entrambe le equazioni (2.3) e (2.4) sono lineari ed omogenee, ovvero il campo vettoriale che le definisce una funzione lineare della variabile y ed assente
un termine di ordine 0 nella stessa y. Osserviamo che lEq. (2.4) inoltre autonoma: la matrice A una funzione costante, ovvero non dipende dalla variabile
temporale t . Vedremo che in questo caso il calcolo delle soluzioni dellequazione differenziale si riduce al problema algebrico della riduzione dellla matrice A
in forma opportuna.
23

24

S ISTEMI LINEARI

F IGURA 2.1. Il pendolo matematico piano.


Un altro esempio importante di equazione differenziale lineare costituito
dalla equazione delle variazioni (A.18) che descrive levoluzione della matrice
jacobiana (rispetto ai dati iniziali) della soluzione di un problema di Cauchy.
E SEMPIO 2.1. Consideriamo lequazione del pendolo matematico piano,
r
g
.
2

= sin ,
=
,
`
dove R langolo (crescente in senso antiorario) che il pendolo forma con
la verticale discendente, g laccelerazione di gravit ed ` la lunghezza del pen R2 lequazione si riscrive come
dolo. Nello spazio delle fasi x = (x 1 , x 2 ) = (, )
sistema del primo ordine:

x1 = x 2 ,
x2 = 2 sin x 1 .
ovvero x = v(x) con

v 1 (x)
x2
v(x) =
=
.
v 2 (x)
2 sin x 1

Chiaramente z j = ( j , 0) un punto singolare del campo per ogni j Z, ovvero


v(z j ) = 0. Si ha:

v 1
v 1
(
j
,
0)
(
j
,
0)

x

x 2

1
0
1
.

A j = D v(z j ) =
= (1) j +1 2 0 .
v 2

v 2
( j , 0)
( j , 0)
x 2
x 2
Lequazione linearizzata intorno al punto singolare z j allora y = A j y, ovvero:

y1 = y 2 ,
y2 = (1) j +1 2 y 1 .

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2.2 P ROPRIET GENERALI

25

In particolare, per j pari, troviamo la ben nota equazione delloscillatore armonico, y1 + 2 y 1 = 0, che descrive le piccole oscillazioni intorno alla posizione di
equilibrio stabile x = 0 (mod 2).
Pi in generale, sia q = q 0 una posizione di equilibrio del sistema meccanico
descritto dallequazione:
q D Rn ,

q = F (q),

D Rn posIl corrispondente campo vettoriale nello spazio delle fasi x = (q, q)


siede un punto singolare in x 0 = (q 0 , 0). Lequazione linearizzata intorno a tale
punto :
y = Ay,
y R2n ,
dove

0
1I
A=
,
DF (q 0 ) 0
essendo i blocchi a destra matrici n n. Pi esplicitamente:

yi = y n+i ,

i = 1, . . . , n.
n F
X
i

(q
)
y
,
y
=

0
j
n+i
q
j =1

E SERCIZIO 2.1. Linearizzare le equazioni del pendolo con attrito,

= 2 sin ,
> 0,
= (0, 0).
intorno alla posizione di equilibrio (, )
E SERCIZIO 2.2. Si consideri un pendolo matematico piano in cui il punto
di sospensione oscilla verticalmente secondo la legge a cos(t ), essendo a,
due parametri positivi. Siano rispettivamente g , `, m laccelerazione di gravit,
la lunghezza ed il peso del pendolo. Utilizzando langolo (crescente in senso
antiorario) che il pendolo forma con la verticale discendente, scrivere la lagran = (0, 0)
giana del sistema e le relative equazioni del moto. Verificare che (, )
una posizione di equilibrio e linearizzare le equazioni del moto intorno a tale
posizione.
E SERCIZIO 2.3. Si consideri il seguente sistema differenziale su R2 :

x1 = x 1 (1 x 12 x 22 ) x 2 (1 + x 12 + x 22 ),
x2 = x 1 (1 + x 12 + x 22 ) + x 2 (1 x 12 x 22 ).
Utilizzando le coordinate polari (r, ), determinare una soluzione periodica del
sistema e scrivere il sistema linearizzato intorno ad essa.
2.2. Propriet generali
2.2.1. Preliminari. Sia {e i }i =1,...,n la base canonica di Rn :

x1
n
X
x = . . . =
xi e i
x Rn .
i =1
xn

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26

S ISTEMI LINEARI

Assumeremo nel seguito fissato in Rn il prodotto scalare canonico , ,


n
. X
xi y i
x, y =

x, y Rn ,

i =1

Altrimenti detto, , il prodotto scalare rispetto al quale la base canonica


{e i }i =1,...,n di Rn ortonormale. Tramite il prodotto scalare definiamo la norma
euclidea:
s
n
X
. p
x Rn ,
|x| = x, x =
x i2
i =1

e quindi la distanza tra vettori d (, ):


.
d (x, y) = |x y|

x, y Rn ,

dotato della quale Rn uno spazio metrico completo.


Sia ora Mn lo spazio delle matrici n n, che assumiamo dotato della strut2
tura naturale di spazio lineare di Rn e del prodotto riga per colonna. Fissata
una base in Rn , ad esempio quella canonica {e i }i =1,...,n , ogni operatore lineare A : Rn Rn univocamente determinato dalla matrice {A i , j }i , j =1,...,n i cui
elementi forniscono lazione delloperatore sui vettori di base:
Ae i =

n
X

A j ,i e j ,

j =1

ovvero sulle coordinate:


(Ax)i =

n
X

Ai , j x j .

j =1

Questa corrispondenza un isomorfismo lineare tra Mn e lo spazio lineare L(Rn )


degli operatori lineari su Rn , che fornisce una identificazione canonica di L(Rn )
con Mn . Inoltre, definendo il prodotto di due operatori A, B L(Rn ) come la
.
composizione degli stessi, ovvero ponendo (AB )x = A(B x) x Rn , la matrice rappresentativa delloperatore AB data dal prodotto riga per colonna delle
matrici A e B :
n
X
(AB )i , j =
A i ,k B k, j .
k=1

Introduciamo in L(Rn ) (e quindi in Mn ) la norma uniforme:


|Ax|
.
kAk = sup
= sup |Ax|,
x6=0 |x|
|x|=1

(2.5)

rispetto alla quale L(Rn ) uno spazio normato completo. Essendo L(Rn ) di dimensione finita, tutte le norme sono equivalenti. Pi specificatamente facile
dimostrare che:
max
j

n
X
i =1

A 2i , j kAk2

n
X
i , j =1

A 2i , j

A L(Rn ),

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2.2 P ROPRIET GENERALI

27

che mostra in particolare come una successione di operatori {A (k) ; k = 1, . . .} di


Cauchy [risp. convergente alloperatore A] se e solo se le successioni di numeri reali {A (k)
; k = 1, . . .}, i , j = 1, . . . , n, sono di Cauchy [risp. convergono ad A i , j ,
i,j
i , j = 1, . . . , n].
2.2.2. Equazioni lineari omogenee. Consideriamo lequazione differenziale lineare omogenea:
x = A(t )x,

(t , x) I Rn ,

(2.6)

dove I R un intervallo e t 7 A(t ) Mn una funzione continua, ovvero A(t ) =


{A i , j (t )}i , j =1,...,n con t 7 A i , j (t ) funzioni reali continue. Per il teorema di esistenza ed unicit il problema di Cauchy per lequazione (2.6) ben posto.
L EMMA 2.1. Ogni soluzione dellEq. (2.6) prolungabile sullintero intervallo
I.
D IMOSTRAZIONE . Sia (t ), t [t 0 , t 1 ], una soluzione dellEq. (2.6) ed [a, b]
un qualsiasi intervallo compatto di I che contiene [t 0 , t 1 ]. Poniamo:
C a,b = max kA(t )k,
t [a,b]

dove kA(t )k la norma uniforme delloperatore lineare A(t ). Chiaramente C a,b <
+ essendo t 7 A(t ) continua ed [a, b] compatto. Scrivendo lequazione (2.6)
in forma integrale ed utilizzando (A.3) si ha, per ogni t [t 0 , t 1 ],
Z t
Z t
d s |(s)|,
|(t )| |(t 0 )| + d s |A(s)(s)| |(t 0 )| +C a,b
t0

t0

e quindi, per il Lemma di Gronwall (vedi Lemma A.3),


|(t )| |(t 0 )|e C a,b (ba) .
Dunque la soluzione (t ), t [t 0 , t 1 ] confinata nel compatto dello spazio delle fasi ampliato {(t , x) : t [a, b], |x| 2|(t 0 )|e C a,b (ba) }. Possiamo ora ripetere il medesimo ragionamento fatto nella dimostrazione del Corollario 1.6 e
concludere la prova.

Ricordiamo che ciascun insieme C k (I ; Rn ), k 0, delle funzioni k volte differenziabili con continuit dotato di una struttura naturale di spazio lineare.
Infatti se 1 , 2 C k (I ; Rn ) e , R allora 1 + 2 C k (I ; Rn ). Ovviamente il
vettore nullo di tale spazio dato dalla funzione identicamente nulla: (t ) = 0
t I . Si pu facilmente mostrare che tutti questi spazi hanno dimensione
infinita.
T EOREMA 2.2. Linsieme di tutte le soluzioni dellEq. (2.6) un sottospazio
lineare di C 1 (I ; Rn ) isomorfo allo spazio delle fasi Rn .
D IMOSTRAZIONE . Indichiamo con S linsieme di tutte le soluzioni dellEq.
.
(2.6). Siano 1 , 2 S e si ponga = 1 +2 , essendo , R. Si ha, per ogni
t I,
) =
1 (t ) +
2 (t ) = A(t )1 (t ) + A(t )2 (t ) = A(t )(t ),
(t

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28

S ISTEMI LINEARI

ovvero S . Quindi S un sottospazio lineare di C 1 (I ; Rn ). Definiamo ora


mappa di valutazione al tempo t I lapplicazione lineare:
.
t : C 0 (I ; Rn ) Rn ,
t = (t ).
(2.7)
Mostriamo che t isomorfismo di S su Rn . In effetti, per il teorema di esistenza ed unicit esiste ununica S tale che (t ) = x, ovvero t = x. Dunque
t applicazione biunivoca di S in Rn .

Assegnato un generico sistema di n funzioni i C 0 (I ; Rn ), i = 1, . . . , n, indichiamo con i , j , j = 1, . . . , n, le componenti di i , ovvero
i (t ) =

n
X

i , j (t )e j ,

j =1

e definiamo wronskiano del suddetto sistema la funzione numerica t 7 W (t )


tale che:

1,1 (t ) . . . n,1 (t )
...
... .
W (t ) = det . . .
(2.8)
1,n (t ) . . . n,n (t )
Quando sar necessario esplicitare la dipendenza dalle n funzioni utilizzeremo
la notazione estesa W [1 , . . . , n ](t ) per indicare il wronskiano.
Definiamo ora sistema fondamentale di soluzioni dellEq. (2.6) ogni base di
S , ovvero ogni collezione di n soluzioni linearmente indipendenti. Il seguente
lemma fornisce un criterio per stabilire la indipendenza lineare di un sistema di
soluzioni.
L EMMA 2.3. Sia W il wronskiano di un sistema di n soluzioni dellEq. (2.6).
Allora W (t ) 6= 0 per ogni t I oppure W (t ) = 0 per ogni t I . Nel primo caso il
sistema fondamentale.
D IMOSTRAZIONE . Essendo la mappa t definita in (2.7) un isomorfismo di
S in Rn , n soluzioni {i }i =1,...,n sono linearmente indipendenti se e solo se lo
sono gli n vettori {i (t )}i =1,...,n di Rn (per ogni t I ). Daltra parte questi ultimi
sono linearmente indipendenti se e solo se W (t ) 6= 0.

O SSERVAZIONE 2.1. Il wronskiano di n funzioni generiche (non soluzioni
di (2.6)) pu annullarsi in qualche punto senza che queste siano linearmente
dipendenti. Consideriamo ad esempio le funzioni:

1
1
1 1
1 (t ) =
, 2 (t ) = 2
= W (t ) = det
= t (t 1).
t
t
t t2
Osserviamo che W (0) = W (1) = 0 e W (t ) 6= 0 se t 6= 0, 1. In particolare 1 (0) =
2 (0) ed 1 (1) = 2 (1), mentre 1 (t ) indipendente da 2 (t ) per ogni t 6= 0, 1.
Daltra parte le funzioni 1 e 2 sono tra loro linearmente indipendenti poich
non esistono costanti c 1 e c 2 non nulle tali che c 1 1 (t ) + c 2 2 (t ) = 0 per ogni
t R. possibile anche che il wronskiano si annulli identicamente senza che le

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2.2 P ROPRIET GENERALI

29

funzioni siano linearmente dipendenti. Si consideri il seguente esempio:



1 t
1
t
0
= W (t ) = det
1 (t ) =
, 2 (t ) = 2
t t2
t
t
In questo caso 2 (t ) = t 1 (t ), per cui i vettori 1 (t ) e 2 (t ) sono linearmente
dipendenti per ogni t R. Daltra parte le funzioni 1 e 2 sono tra loro linearmente indipendenti poich il fattore di proporzionalit tra i vettori 1 (t ) e 2 (t )
non costante.
Dal Lemma 2.6, se i C 0 (I ; Rn ), i = 1, . . . , n, un sistema fondamentale
di soluzioni, la matrice (t ) di elementi i , j (t ) = j ,i (t ), i , j = 1, . . . , n, non
singolare, ovvero det (t ) 6= 0, per ogni t I . Inoltre, essendo le i soluzioni di
(2.6), la funzione t 7 (t ) soddisfa lequazione:
= A(t )

i,j =

n
X

A i ,k (t )k, j

i , j = 1, . . . , n.

(2.9)

k=1

Chiamiamo allora matrice fondamentale dellEq. (2.6) ciascuna funzione


C 1 (I ; Mn ) che soddisfa lequazione (2.9) e tale che det (t ) 6= 0 per ogni t I . Ovviamente gli n vettori colonna di una matrice fondamentale formano un sistema
fondamentale di soluzioni.
Dalle definizioni precedenti segue che ogni soluzione dellEq. (2.6) si pu
cercare nella forma (t ) = (t )y con una matrice fondamentale ed il vettore y Rn da determinare mediante le condizioni iniziali. In effetti essendo
soluzione dellEq. (2.9) segue immediatamente che soluzione dellEq. (2.6),
qualsiasi sia il vettore costante y. La soluzione di condizioni iniziali (t 0 ) = x 0 si
ottiene per y = 1 (t 0 )x 0 .
Chiamiamo infine matrice principale al tempo t 0 I dellEq. (2.6) la matrice fondamentale t 7 P t ,t0 tale che P t0 ,t0 = 1I, ovvero lunica soluzione continua
dellequazione:
Z t
t I.
P t ,t0 = 1I + d s A(s)P s,t0 ,
t0

Ne segue che per ogni S si ha (t ) = P t ,t0 (t 0 ), motivo per il quale P t ,t0


anche detta funzione di avanzamento da t 0 a t . In particolare, (t ) = P t ,t0 x 0 fornisce la soluzione del problema di Cauchy per lEq. (2.6) con condizione iniziale
(t 0 ) = x 0 . La matrice principale soddisfa le seguenti propriet:
1) P t0 ,t0 = 1I
2) P t ,s P s,t0 = P t ,t0
3) P t1
,t 0 = P t 0 ,t

t0 I ,
t 0 , s, t I ,
t0 , t I .

(2.10)

Osserviamo che la 1) vera per definizione, la 2) per lunicit del prolungamento


delle soluzioni e la 3) conseguenza delle prime due.
2.2.3. Equazioni lineari non omogenee. Variazioni delle costanti. Consideriamo ora lequazione lineare non omogenea:
x = A(t )x + b(t ),

(t , x) I Rn ,

(2.11)

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30

S ISTEMI LINEARI

dove I R un intervallo e t 7 A(t ) Mn , t 7 b(t ) Rn sono funzioni continue.


Analogamente al caso omogeneo ogni soluzione si estende a tutto lintervallo I .
Se b(t ) non identicamente nullo linsieme delle soluzioni dellEq. (2.11) non
forma uno spazio lineare. Osserviamo per che se 1 , 2 C 1 (I ; Rn ) sono due
qualsiasi soluzioni dellequazione non omogenea allora la funzione = 1 2
soluzione dellequazione omogenea associata x = A(t )x. In effetti, nota una
soluzione particolare dellEq. (2.9) ed un sistema fondamentale {i }i =1,...,n di
soluzioni dellequazione omogenea associata, possibile determinare ogni altra
soluzione dellEq. (2.9) nella forma
n
X
(t ) = (t ) + C i i (t ),
i =1

dove le costanti C i vengono determinate imponendo i dati iniziali (t 0 ) = x 0 .


Infatti, indicando con la matrice fondamentale associata al sistema di soluzioni {i }i =1,...,n e con C Rn il vettore di componenti C i , possiamo riscrivere la
precedente espressione nella forma:
(t ) = (t ) + (t )C ,

da cui segue che la soluzione cercata si ottiene per C = 1 (t 0 ) x 0 (t 0 ) . In


definitiva si ha:
(t ) = (t ) + (t )1 (t 0 )[x 0 (t 0 )].
(2.12)

In realt, la conoscenza di un sistema fondamentale di soluzioni (ovvero di


una matrice fondamentale) dellequazione omogenea associata, consente di determinare, mediante quadrature, una soluzione particolare dellequazione non
omogenea. Ci si realizza applicando il metodo della variazione delle costanti, che consiste nel cercare una soluzione dellEq. (2.11) nella forma (t ) =
(t )C (t ) essendo (t ) una matrice fondamentale dellequazione omogenea associata e t 7 C (t ) una funzione incognita. Derivando rispetto al tempo si ha:
(t ) + C (t ) = A(t )(t )C (t ) + (t )C (t ) = A(t ) (t ) + (t )C (t ).
(t ) = C

Affinch sia soluzione dellEq. (2.11) la funzione incognita C (t ) deve soddisfare lequazione differenziale (t )C (t ) = b(t ), ovvero:
Z t
C (t ) = C (t 0 ) + d s 1 (s)b(s).
t0

Scegliendo C (t 0 ) = 0 abbiamo la soluzione particolare:


Z t
(t ) =
d s (t )1 (s)b(s),
t0

tale che (t 0 ) = 0. Sostituendo in (2.12) otteniamo la soluzione del problema


di Cauchy di dati iniziali (t 0 ) = x 0 :
Z t
(t ) = (t )1 (t 0 )x 0 + d s (t )1 (s)b(s).
(2.13)
t0

Osservando infine che per ogni matrice fondamentale si ha sempre:


P t1 ,t2 = (t 1 )1 (t 2 )

t1 , t2 I ,

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2.3 I L TEOREMA DI L IOUVILLE

31

possiamo riscrivere la soluzione (2.13) nella forma:


Z t
(t ) = P t ,t0 x 0 + d s P t ,s b(s).

(2.14)

t0

2.3. Il teorema di Liouville


Abbiamo visto nel Lemma 2.3 che il wronskiano di un sistema di soluzioni
dellEq. (2.6) non mai nullo oppure identicamente nullo. Ci rafforzato dal
seguente teorema.
T EOREMA 2.4 (Teorema di Liouville). Sia W il wronskiano di n soluzioni
dellEq. (2.6). Allora, per ogni t 0 , t I ,

Z t
d s Tr A(s) = W (t 0 ) det P t ,t0 .
W (t ) = W (t 0 ) exp
(2.15)
t0

D IMOSTRAZIONE . Assegnata una matrice B indichiamo con il suo determinante e con i , j il complemento algebrico dellelemento B i , j . Come noto
dallalgebra lineare (regola di Laplace):
=

n
X

B i ,k i ,k

i = 1, . . . , n,

(2.16)

k=1

cosicch, visto che lelemento B i , j non appare nei complementi algebrici i ,k


qualsiasi sia k = 1, . . . , n,

= i , j
B i , j

i , j = 1, . . . , n.

Siano ora i C 0 (I ; Rn ), i = 1, . . . , n, soluzioni dellEq. (2.6). Indichiamo


= A(t ) e W (t ) =
con (t ) la matrice di elementi i , j (t ) = j ,i (t ), cosicch
det (t ). Sia Wi , j (t ) il complemento algebrico di i , j (t ). Considerando il wronskiano W (t ) = W [1 , . . . , n ](t ) come funzione composta, derivando si ha:
(t ) =
W
=

n
n
X
X
W
i , j (t ) =
i , j (t )

Wi , j (t )
i , j =1 i , j
i , j =1
n
X

Wi , j (t )

i , j =1

n
X
i ,k=1

n
X

A i ,k (t )k, j (t )

k=1

"

A i ,k (t )

n
X

Wi , j (t )k, j (t ) .

j =1

Utilizzando lEq. (2.16) vediamo che se k = i il termine tra parentesi quadre


uguale a W (t ), mentre se k 6= i esso nullo essendo il determinante di una matrice con due righe uguali (precisamente la i -esima e la k-esima). In conclusione
il wronskiano soddisfa lequazione differenziale:
= Tr A(t )W,
W

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32

S ISTEMI LINEARI

che risolta per separazione delle variabili fornisce la prima identit in (2.15). La
seconda identit segue banalmente applicando la prima al wronskiano det P t ,t0 ,
cosicch:
Z t

det P t ,t0 = exp


d s Tr A(s) ,
t0

essendo det P t0 ,t0 = 1.


E SERCIZIO 2.4. Si consideri lequazione lineare omogenea di ordine n:
dn
d n1
+
a
(t
)
+ . . . + a n (t ) = 0,
1
dtn
d t n1

(2.17)

dove a i C 0 (I ; R), i = 1, . . . , n, ed I un intervallo di R. Utilizzando lapplicazione:

d
dn
7 (t ),
(t ), . . . ,
(t
)
,
t I,
dt
dtn
dimostrare che linsieme delle soluzioni un sottospazio lineare di C 1 (I ; R) isomorfo allo spazio delle fasi Rn . Definito quindi il wronskiano delle n soluzioni
i C 1 (I ; R), i = 1, . . . , n,

1 (t )
...
n (t )

d 1
d n

(t )

d t (t ) . . .
dt
,
W (t ) = det
...
...
...

n
d 1
d n n
(t ) . . .
(t )
d tn
d tn
dimostrare che:
Z t

W (t ) = W (t 0 ) exp d s a 1 (s)
t0

t0 , t I .

2.4. Equazioni lineari omogenee a coefficienti costanti


2.4.1. Mappa esponenziale. Consideriamo lequazione differenziale lineare omogenea:
x = Ax,

(t , x) R Rn .

(2.18)
.
Poniamo P t = P t ,0 , la matrice principale al tempo t 0 = 0. Essendo il sistema autonomo si ha P t ,t0 = P t t0 ,0 . In altri termini, (t ) = P t t0 x 0 fornisce la soluzione
del problema di Cauchy di dati iniziali (t 0 ) = x 0 . Quindi lintegrazione dellEq.
(2.18) si riduce alla determinazione della funzione differenziabile t 7 P t L(Rn )
soluzione dellequazione:

Pt = AP t
P 0 = 1I
Osserviamo che le relazioni (2.10) diventano in questo caso: 1) P 0 = 1I, 2) P t +s =
P t P s , 3) P t1 = P t , ovvero la mappa t 7 P t L(Rn ) forma un gruppo ad un
parametro di trasformazioni (lineari) di Rn .

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2.4 E QUAZIONI LINEARI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI

33

Per analogia con in caso scalare n = 1, definiamo la mappa esponenziale


exp : L(Rn ) L(Rn ) in modo tale che P t = exp(At ). A tal scopo ricordiamo che
la mappa esponenziale su R rimane definita dalla sua serie di Taylor:
ea =

N ak
X
ak .
= lim
,
N + k=0 k!
k=0 k!
+
X

che converge assolutamente ed uniformemente sui compatti di R. Definiamo


allora esponenziale delloperatore (ovvero della matrice) A loperatore
N Ak
X
X Ak
. +
= lim
,
exp A =
N + k=0 k!
k=0 k!

(2.19)

dove il limite va inteso nella metrica indotta da una norma di L(Rn ). Ricordiamo in proposito che tutte le norme di L(Rn ) sono equivalenti, per cui la nozione
di convergenza non dipende dalla norma utilizzata per definire la metrica. Mostriamo che la definizione (2.19) ben posta. Essendo L(Rn ) uno spazio normato
completo occorre dimostrare che:
N Ak
. X
SN =
,
k=0 k!

N N,

una successione di Cauchy in L(Rn ). Per far ci osserviamo che dalla definizione di norma uniforme si dimostra facilmente che kAB k kAk kB k A, B L(Rn ).
Allora, qualunque sia M > N ,

X
M
M
X
X kAkk
Ak
kA k k

kS M S N k =

0 per N +,

k=N +1 k! k=N +1 k!
k>N k!
ovvero la successione di Cauchy. La serie in (2.19) converge inoltre assolutamente ed uniformemente sui compatti. Infatti, fissato un qualunque a > 0, per
ogni A L(Rn ) tale che kAk a, si ha:

k
N Ak
X

X a
.
exp A

k>N k!
k=0 k!
Inoltre:
k exp Ak

ak
= ea.
k!
k=0
+
X

La mappa esponenziale gode delle seguenti propriet:


1)
2)
3)
4)

exp 0 = 1I,
exp(A + B ) = exp A exp B
(exp A)1 = exp(A),
[exp A, B ] = 0

se [A, B ] = 0,
se [A, B ] = 0.

La 1) e la 4) sono immediate conseguenze della definizione (2.19), mentre la 3)


segue dalle 1) e 2). Rimane da dimostrare la 2): se A e B commutano possiamo

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34

S ISTEMI LINEARI

scrivere:
exp(A + B ) =

+
N
X 1 X
(A + B )N
N k N k
=
A B
k
N!
N =0
N =0 N ! k=0
+
X

+
X Ak B h
X +
A k B N k
=
k=0 N =k k!(N k)!
k=0 h=0 k!h!

!
!
+
X A k +
X Bh
=
= exp A exp B,
k=1 k!
h=1 h!

+
X
X +

dove la penultima uguaglianza corretta, ovvero si possono moltiplicare termine a termine le due serie, essendo queste assolutamente convergenti.
Dimostriamo ora che P t = exp(At ), cio che:
d
exp(At ) = A exp(At ) = exp(At )A,
dt
ovvero che la serie
exp(At ) =

+
X t k Ak
k=0

k!

pu essere derivata termine a termine. In effetti:

exp[A(t + )] exp(At )

exp(A) 1I A

A exp(At ) = exp(At )

+
+
X k1 A k
X ||k1 kAkk

= exp(At )
e kAkt

k!
k!
k=2
k=2
kAk2 e kAk(t +) || 0

per 0.

evidente che iterando il ragionamento si dimostra che exp(At ) in realt una


funzione infinitamente derivabile e che tutte le sue derivate si ottengono derivando la serie termine a termine.
E SEMPIO 2.2. Calcoliamo lesponenziale delle seguenti matrici in dimensione n = 2:

a 0
a b
a 0
i)
,
ii)
,
iii)
,
0 b
b a
b a
dove a, b R.
i ) Sia ha:

exp

a
0

+
X 1 a
0
=
b
0
k=0 k!

i i ) Decomponiamo:

a
b

0
b

b
= a1I + b J
a

+
X

1 ak
0
k=0 k!

con

a
e
0
k = 0
b

0
.
eb

0 1
J=
.
1 0

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2.4 E QUAZIONI LINEARI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI

35

Osservando che J 2 = 1I e che [1I, J ] = 0, otteniamo:

+
X (b J )k
a b
exp
= exp(a1I + b J ) = exp(a1I) exp(b J ) = e a
b a
k=0 k!
= ea

+
X (b 2 1I)k b J
(b 2 1I)k
+ ea
k=0 (2k)!
k=0 (2k + 1)!
+
X

= e a (cos b1I + sin b J )


= e a R[b].

(2.20)

avendo posto:

. cos b sin b
R[b] =
.
(2.21)
sin b cos b

a b
Quindi lazione di exp
sui vettori di R2 la composizione di una dilatab a
zione di un fattore e a con una rotazione di un angolo b.

i i i ) Decomponiamo:

a
b

0
= a1I + bN
a

0 0
con N =
.
1 0

Osservando che N 2 = 0 e che [1I, N ] = 0, otteniamo:

a 0
a
a 1
exp
= exp(a1I+bN ) = exp(a1I) exp(bN ) = e (1I+bN ) = e
b a
b

0
. (2.22)
1

Chiaramente il caso trasposto a1I + bN T analogo.


.
O SSERVAZIONE 2.2. Sia L = {A M2 : A = a1I + b J }. Si verifica facilmente
che L un sottospazio bidimensionale di M2 , chiuso rispettopal prodotto di
matrici e che tale prodotto commutativo su L . Inoltre kAk = a 2 + b 2 se A =
a1I+b J (dimostrarlo!). Si definisca quindi la mappa : L C ponendo (A) =
a + i b se A = a1I + b J . Si pu verificare che lapplicazione un isomorfismo
lineare che conserva la norma ed il prodotto (assumendo C dotato del prodotto
e della norma usuali). Definiamo allora esponenziale di z = a + i b il numero
complesso (exp A), ove A = a1I + b J , ovvero:
.
e z = e a+i b = e a (cos b + i sin b),
nota come formula di Eulero per e z . Inoltre, poich una isometria lineare
che conserva il prodotto, si ha anche:
ez =

X zk
(A k ) +
=
.
k!
k=0 k!
k=0
+
X

Questultima uguaglianza si pu assumere come definizione di esponenziale di


un numero complesso (da cui si ricava analogamente la formula di Eulero).
E SERCIZIO 2.5. Osserviamo che la mappa t 7 P t L(Rn ) soluzione continua dellequazione:
Z
t

P t = 1I +

d s AP s .

(2.23)

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36

S ISTEMI LINEARI

Utilizzare il metodo delle approssimazioni successive di Picard per dimostrare lesistenza ed unicit della soluzione in C 0 (R; L(Rn )), riottendendo in particolare
lespressione di P t in serie di potenze di At .
E SERCIZIO 2.6. Dimostrare che per ogni operatore A L(Rn ) si ha:
det(exp A) = exp(Tr A).
E SERCIZIO 2.7. La matrice A Mn abbia la seguente forma a blocchi:

A1 0
,
A=
0 A2
essendo A 1 Mn1 , A 2 Mn2 , n 1 + n 2 = n. Dimostrare che allora:

exp A 1
0
.
exp A =
0
exp A 2
2.4.2. Matrici simili, cambiamenti di base, calcolo della soluzione. Determinare le soluzioni dellEq. (2.18) equivale a calcolare la matrice exp(At ). Dalla
definizione (2.19) immediato verificare che
S 1 (exp A)S = exp(S 1 AS)

A Mn

S : det S 6= 0.
1

Quindi se sappiamo calcolare exp(A S t ) con A S = S AS per qualche matrice


non singolare S, riusciamo a calcolare anche exp(At ). (Ricordiamo che ogni
matrice del tipo A S = S 1 AS detta simile ad A).
Equivalentemente, sia { f i }i =1,...,n una nuova base di Rn ed S Mn la matrice
non singolare tale che
n
X
S j ,i e j .
fi =
j =1

Il cambiamento di base definisce nuove coordinate y in Rn , identificando:


n
X
i =1

xi e i =

n
X

yi fi .

i =1

Si verifica facilmente che x = Sy e che la matrice rappresentativa delloperatore


A nella nuova base A S = S 1 AS. Quindi:
n
n
X
X
A fi =
(A S ) j ,i f j = exp(At ) f i =
[exp(A S t )] j ,i f j .
j =1

j =1

Altrimenti detto, il sistema differenziale (2.18) nelle nuove coordinate y diventa


S y = ASy ovvero y = A S y. La soluzione del problema di Cauchy (2.18) di dato
iniziale x(0) = x 0 allora x(t ) = Sy(t ) essendo y(t ) = exp(A S t )y 0 ed y 0 = S 1 x 0 .
Chiamiamo spettro della matrice A linsieme degli autovalori di A, ovvero
linsieme:

.
(A) = C : det(A 1I) = 0 .
Se un autovalore reale di A allora il sottospazio (di Rn ) Ker(A 1I) contiene
vettori non nulli, detti autovettori di A associati allautovalore . Osserviamo che
ha anche senso definire (A) lo spettro delloperatore lineare identificato dalla

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2.4 E QUAZIONI LINEARI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI

37

matrice A nella base considerata. Infatti si verifica facilmente che (A S ) = (A)


per ogni matrice non singolare S. Supponiamo ora che sia un autovettore di
A, quindi A = . Allora si calcola immediatamente exp(At ) = e t . Pi in
generale, se la matrice A ammette una base di autovettori ed S la matrice del
cambiamento di base, allora:

1 0 . . . . . .
...
0
0
0 ...
...
0
2

...
...
. . . . . . . . . . . .
AS =

. . . . . . . . . . . .
...
...

0 . . . . . . 0 n1 0
0 ... ... ...
0
n
e quindi:
e 1 t
0

...
exp(A S t ) =
...

0
0

0
e 2 t
...
...
...
...

...
0
...
...
...
...

...
...
...
...
...
...
...
...
n1 t
0 e
...
0

0
0

...
.
...

0
e n t

Lesistenza di una base di autovettori garantita solo in casi particolari, ad esempio se la matrice A possiede n autovalori reali e distinti, oppure se essa simmetrica. Nel caso generale sussiste il seguente risultato.
T EOREMA 2.5. Sia A Mn . Allora:
i) Se un autovalore reale di molteplicit algebrica d , esiste una matrice
non singolare S tale che

D 0
AS =
,
0 B
dove B Mnd e D Md una matrice triangolare inferiore con tutti gli elementi
diagonali uguali allautovalore :

0 ...
...
...
0
D
...
...
. . .

2,1 0

...
...
. . .
... ... ...
(2.24)
D =

... ... ...


...
...
. . .

. . . . . . . . . D d ,d 2

0
D d ,1 . . . . . .
...
D d ,d 1
ii) Se i sono due autovalori complessi e coniugati di molteplicit algebrica r , esiste una matrice non singolare S tale che

T 0
AS =
,
0 B

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38

S ISTEMI LINEARI

dove B Mn2r e T M2r una matrice triangolare inferiore della forma:

0 . . . . . . . . . . . .
...
... 0

0 ... ... ... ...


...
... ...

T3,1 T3,2 0 . . . . . .
.
.
.
... ...

...
...

0 ... ...
...
... ...

... ... ... ... ... ...


...
... ...
...
T =
(2.25)
.
...
... ... ... ... ... ...
...
... ...

...
... ... ... ... ...

0 ...

...
... ... ... ... ...

0 ...

...
. . . . . . . . . . . . . . . . . . T2r 1,2r 2
T2r,1 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
T2r,2r 2

D IMOSTRAZIONE . Iniziamo con il dimostrare il punto i). Sia f 1 un autovettore unitario di A T corrispondente allautovalore reale e si consideri liperpiano 1 = { Rn : , f 1 = 0} dei vettori ortonormali ad f 1 . Essendo A, f 1 =
, A T f 1 = , f 1 = 0 per ogni 1 , tale iperpiano invariante rispetto ad
A e quindi esiste la restrizione di A a 1 che indichiamo con A 1 . Se d > 1 allora (A 1 ) cosicch esiste un autovettore unitario di A T1 corrispondente a .
Esiste quindi la restrizione di A 1 alliperpiano 2 = { 1 : , f 2 = 0}. Iterando largomento otteniamo d vettori ortonormali { f i }i =1,...,d , che possiamo
completare per costruire una base ortonormale. Otteniamo in tal modo una
trasformazione unitaria U tale che:

D 0
. 1
AU = U AU =
.
K B
Cerchiamo ora una trasformazione non singolare S della forma:

1I 0
S =
,
G 1I
con G matrice (n d ) d , in modo tale che:

D
1

S AU S =
0

0
B

Chiaramente se troviamo una tale trasformazione allora il punto i) dimostrato


Si ha:
con S = U S.

1I 0 D 0 1I 0
D
0
1

S AU S =
=
.
G 1I K B G 1I
K GD + BG B
La matrice G deve quindi risolvere lequazione lineare K GD + BG = 0, che
un sistema lineare non omogeneo nelle d (n d ) incognite G i , j . Affinch esista ununica soluzione per ogni termine noto K necessario e sufficiente che
il sistema lineare omogeneo associato BG GD = 0 ammetta la sola soluzione
nulla G = 0. Per dimostrare ci utilizziamo la forma particolare di D ed il fatto che (B ). Sia {e i }i =1,...,d la base canonica di Rd ed assumiamo G tale che
BG = GD. In particolare, essendo De d = e d , deve aversi BGe d = Ge d . Poich
(B ) ne segue che Ge d = 0. Essendo ora De d 1 = D d ,d 1 e d +e d 1 , troviamo

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2.4 E QUAZIONI LINEARI OMOGENEE A COEFFICIENTI COSTANTI

39

BGe d 1 = Ge d 1 e quindi analogamente deve aversi Ge d 1 = 0. Iterando il ragionamento concludiamo che Ge i = 0 per ogni i = 1, . . . , d , ovvero G la matrice
nulla.
Dimostriamo ora il punto i). Estendiamo A ad un operatore su Cn , la complessificazione di Rn ottenuta prendendo i vettori z = z 1 e 1 + . . . + z n e n con z i C
ed {e i }i =1,...,n la base canonica di Rn . Siano ora autovettori unitari di A T associati agli autovalori i , dunque A T = ( i ) . Essendo la matrice A
reale i vettori sono complessi coniugati: = + , cosicch i vettori:

f1 =

+ +
,
2

f2 =

+
2i

sono reali. Inoltre:


AT f1 = f1 f2,

AT f2 = f1 + f2.

Consideriamo liperpiano 1 = { Rn : , f i = 0 per i = 1, 2}. Essendo A, f i =


, A T f i = 0 per ogni 1 ed i = 1, 2, tale iperpiano invariante rispetto ad
A, quindi esiste la restrizione di A a 1 che indichiamo con A 1 . Iterando largomento se r > 1 otteniamo 2r vettori { f i }i =1,...,2r , che possiamo completare
per costruire una nuova base. Otteniamo in tal modo una trasformazione non
singolare U tale che

AU = U

T
AU =
K

0
B

(precisamente U la trasposta dellinversa della matrice le cui colonne sono


formate dai vettori { f i }i =1,...,2r ). Possiamo ora procedere come nel caso precedente. Occorre solo verificare che il sistema lineare omogeneo BG GT =
0, nelle 2r (n 2r ) incognite G i , j ammette la sola soluzione nulla G = 0. Sia
{e i }i =1,...,2r la base canonica di R2r ed assumiamo G tale che BG = GT . In particolare, essendo Te 2r = e 2r e 2r 1 , Te 2r 1 = e 2r +e 2r 1 , deve aversi BGe 2r =
Ge 2r Ge 2r 1 , BGe 2r 1 = Ge 2r +Ge 2r 1 . Allora, posto = Ge 2r iGe 2r 1 ,
si ha B = ( i ) . Poich i (B ) deve aversi = 0, ovvero Ge 2r =
Ge 2r 1 = 0. Ragionando ora sulla coppia {e 2r 4 ; e 2r 3 } dimostriamo analogamente che Te 2r 4 = Te 2r 3 = 0. Iterando il ragionamento concludiamo che
Ge i = 0 per ogni i = 1, . . . , 2r , ovvero G la matrice nulla.

C OROLLARIO 2.6. Lo spettro della matrice A Mn sia costituito da p autovalori reali 1 , . . . , p di molteplicit algebrica d 1 , . . . , d p e da q autovalori complessi coniugati 1 i 1 , . . . , q i q , di molteplicit algebrica r 1 , . . . , r q . Allora
esiste una trasformazione non singolare S tale che A S ha la seguente struttura

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40

S ISTEMI LINEARI

diagonale a blocchi:

D1
0

...

...
AS =
...

...

...
0

0
D2
...
...
...
...
...
...

... ...
... ...
... ...
. .. Dp
... 0
... ...
... ...
... ...

...
...
...
0
T1
...
...
...

... ...
... ...
... ...
... ...
... ...
... ...
. . . Tq
... 0

0
...

...

...
,
...

...

0
Tq

(2.26)

essendo D j Md j , j = 1, . . . , q [risp. T j M2r j , j = 1, . . . , 2r j ] una matrice del tipo


(2.24) relativa allautovalore reale j [risp. del tipo (2.25) relativa agli autovalori
complessi coniugati j i j ].
Come conseguenza del Corollario 2.6 e dellEsercizio 2.7, il calcolo dellesponenziale exp(At ) si riduce a quello di exp(D t ) ed exp(T t ) essendo D e T
matrici del tipo (2.24) e (2.25) rispettivamente. Equivalentemente dobbiamo
determinare la soluzione dei problemi di Cauchy:

x = T x, x R2r ,
x = D x, x Rd ,
,
2)
1)
d
x(0) = c, c R2r .
x(0) = c, c R .
(scegliendo il dato iniziale c i = i , j si ottiene lesponenziale). Tali sistemi si integrano facilmente mediante la formula di variazione delle costanti ripetutamente
applicata. Pi precisamente, per il sistema 1) abbiamo:
x 1 (t )

c 1 e t ,

x 2 (t )

c 2 e t +

Z
0

d s e (t s) D 2,1 x 1 (s) = e t [c 2 + D 2,1 c 1 t ],

Z t
c 3 e t + d s e (t s) [D 3,2 x 2 (s) + D 3,1 x 1 (s)]
0

t2
t
,
= e
c 3 + (D 3,2 c 2 + D 3,1 c 1 )t + D 3,2 D 2,1 c 1
2
...... ... ...............

x 3 (t )

Quindi ciascun elemento della matrice exp(D t ) uguale al prodotto di e t per


un polinomio in t di grado massimo al pi d 1. Notiamo che a tale conclusione
.
potevamo giungere anche osservando che D = 1I + D con D = D 1I matrice
nilpotente tale che D k = 0 se k d , cosicch:
= exp(1I) exp(D t ) = e t
exp(D t ) = exp(1I + D)

dX
1 D
ktk
k=0

k!

= 0.
dove abbiamo usato che [1I, D]
Per risolvere il sistema 2) osserviamo preliminarmente che dallEq. (2.20)
segue:



exp
t = e t R[t ],
(2.27)

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2.5 S ISTEMI LINEARI BIDIMENSIONALI

41

dove la matrice di rotazione R[] stata definita in (2.21). Allora la soluzione di


2) :


x 1 (t )
c1
t
,
= e R[t ]
x 2 (t )
c2

Z t
T3,1 T3,2 x 1 (s)
x 3 (t )
c3
+ d s e (t s) R[(t s)]
= e t R[t ]
T4,1 T4,2 x 2 (s)
x 4 (t )
c4
0


Z t
c1
T3,1 T3,2
c3
t
t
,
R[s]
+e
d s R[(t s)]
= e R[t ]
c2
T
T
c4
4,1
4,2
0
...... ... ...............
Utilizzando la formula di integrazione per parti facile dimostrare induttivamente che, per ogni intero k = 0, 1, 2, . . ., gli integrali del tipo
Z t
Z t
d s sin[(t s)] cos(s) s k ,
d s cos[(t s)] sin(s) s k ,
0

Z
0

d s cos[(t s)] cos(s) s k ,

Z
0

d s sin[(t s)] sin(s) s k ,

sono funzioni della forma P (t ) cos(t ) + Q(t ) sin(t ), essendo P (t ) e Q(t ) polinomi di grado k + 1. In tal modo x 3 (t ) ed x 4 (t ) sono funzioni della forma
e t [P 1 (t ) cos(t ) +Q 1 (t ) sin(t )], con P 1 (t ) e Q 1 (t ) polinomi di grado 1, x 5 (t ) ed
x 6 (t ) sono funzioni del tipo e t [P 2 (t ) cos(t ) + Q 2 (t ) sin(t )], con P 2 (t ) e Q 2 (t )
polinomi di grado 2, e via di seguito. Si comprende allora che ciascun elemento
della matrice exp(T t ) una funzione del tipo e t [cos(t )P r (t ) + sin(t )Q r (t )],
con P r (t ) e Q r (t ) polinomi di grado massimo al pi r 1. In conclusione, dal
Corollario 2.6 abbiamo il seguente risultato:
T EOREMA 2.7. Lo spettro della matrice A Mn sia costituito da p autovalori
reali 1 , . . . , p di molteplicit algebrica d 1 , . . . , d p e da q autovalori complessi coniugati 1 i 1 , . . . , q i q , di molteplicit algebrica r 1 , . . . , r q . Allora ogni elemento della matrice exp(At ) e quindi ogni componente della soluzione dellEq.
(2.18) sono dati da somme di funzioni del tipo:
e j t P j (t ),

e k t cos(k t )Q k (t ),

e k t sin(k t )R k (t ),

j = 1, . . . , p, k = 1, . . . , q,

essendo P j e Q k , R k polinomi di grado inferiore a d j ed r k rispettivamente.


2.5. Sistemi lineari bidimensionali
Studiamo pi in dettaglio le soluzioni dellEq. (2.18) nel caso bidimensionale
n = 2. Consideriamo quindi il problema di Cauchy:

x = Ax,
x1
K1
A 1,1 A 1,2
x=
K=
, A=
.
(2.28)
x(0) = K ,
x2
K2
A 2,1 A 2,2
Il polinomio caratteristico di A

A 1,1
p() = det(A 1I) = det
A 2,1

A 1,2
= 2 (Tr A) + det A,
A 2,2

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42

S ISTEMI LINEARI

per cui lo spettro di A fornito dalle soluzioni dellequazione p() = 0, ovvero:


i
p
1h
=
Tr A (Tr A)2 4 det A .
2
Dobbiamo considerare tre casi differenti.
Caso 1. Supponiamo che (Tr A)2 > 4 det A cosicch esistono due autovalori
reali e distinti 1 < 2 . Possiamo allora determinare due autovettori indipendenti f 1 , f 2 . Quindi siano:

S 1,2
S 1,1
. S 1,1 S 1,2
,
(2.29)
,
S=
,
f2 =
f1 =
S 2,1 S 2,2
S 2,2
S 2,1
la matrice S essendo non singolare cosicch ben definita la sua inversa:

1
S 1,1 S 1,2
S 1 =
.
det S S 2,1 S 2,2
Si ha:
AS =

1
0

0
2

e AS t =

t
e 1
0

0
e 2 t

Nelle nuove coordinate y = S 1 x il sistema si scrive y = A S y, la cui soluzione di


dati iniziali y(0) = c :
t
e 1 c1
y(t ) = e A S t c = 2 t
.
(2.30)
e c2
La soluzione del problema di Cauchy (2.28) (nelle coordinate originarie) allora
x(t ) = Sy(t ) essendo y(t ) la soluzione (2.30) di dati iniziali c = S 1 K . Dunque
x(t ) = Se A S t S 1 K . Equivalentemente, essendo e A S t f i = e i t f i , i = 1, 2, possiamo
scrivere direttamente la soluzione nella forma:
x(t ) = c 1 e 1 t f 1 + c 2 e 2 t f 2
e determinare le costanti c 1 e c 2 imponendo la condizione iniziale c 1 f 1 +c 2 f 2 = K
(che esattamente lequazione Sc = K di soluzione c = S 1 K ).
Caso 2. Supponiamo che (Tr A)2 < 4 det A cosicch esistono due autovalori
complessi e coniugati i . Esistono quindi due vettori linearmente indipendenti f 1 , f 2 tali che:
A f1 = f1 + f2,

A f 2 = f 1 + f 2 .

Utilizzando la notazione come in (2.29) e ricordando (2.27) si ha allora:


AS =
=
e A S t = e t R[t ].

Nelle nuove coordinate y = S 1 x il sistema si scrive y = A S y, la cui soluzione di
dati iniziali y(0) = c :

AS t
t c 1 cos(t ) c 2 sin(t )
y(t ) = e c = e
.
(2.31)
c 1 sin(t ) + c 2 cos(t )

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2.6 F LUSSI IPERBOLICI

43

Come nel caso precedente la soluzione nelle variabili originarie x(t ) = Sy(t ) =
Se A S t S 1 K . Equivalentemente, essendo

e At f 1 = e t cos(t ) f 1 + sin(t ) f 2 ,
e At f 2 = e t sin(t ) f 1 + cos(t ) f 2 ,
possiamo scrivere direttamente la soluzione nella forma:
x(t ) = e t [c 1 cos(t ) c 2 sin(t )] f 1 + e t [c 1 sin(t ) + c 2 cos(t )] f 2
e determinare le costanti c 1 e c 2 imponendo la condizione iniziale c 1 f 1 + c 2 f 2 =
K.
Caso 3. Supponiamo che (Tr A)2 = 4 det A cosicch esiste un unico autovalore reale di molteplicit algebrica 2. Se esistono due autovettori linearmente
indipendenti allora A = 1I e la soluzione dellEq. (2.28) x(t ) = e t K . Supponiamo invece che non sia questo il caso. Determiniamo allora un autovettore f 1
della matrice trasposta A T associato allautovalore . Fissiamo quindi un vettore f 2 ortogonale ad f 1 . Utilizzando la notazione come in (2.29) e ricordando
(2.22) si ha allora:

0
0
AS t
t 1
AS =
=
e
=e
.

t 1
Nelle nuove coordinate il sistema si scrive y = A S y, la cui soluzione di dati iniziali y(0) = c :

c1
y(t ) = e A S t c = e t
,
(2.32)
c 2 + t c 1
mentre la soluzione del problema di Cauchy (2.28) x(t ) = Se A S t S 1 K . Equivalentemente, essendo

e At f 1 = e t f 1 + t f 2 ,
e At f 2 = e t f 2 ,
possiamo scrivere direttamente la soluzione nella forma:
x(t ) = c 1 e t f 1 + (c 2 + t c 1 )e t f 2
e determinare le costanti c 1 e c 2 imponendo la condizione iniziale c 1 f 1 + c 2 f 2 =
K.
Le curve di fase dellEq. (2.28) sono quindi limmagine affine (ovvero attraverso una trasformazione lineare non singolare) delle curve di fase di uno tra i
flussi (2.30), (2.31) o (2.32).
2.6. Flussi iperbolici
I risultati della precedente Sezione 2.4 permettono in linea di principio il
calcolo esplicito (o numerico) delle soluzioni dellEq. (2.18). Daltra parte spesso si solo interessati ad una analisi qualitativa sul comportamento nel tempo
delle soluzioni. In questa sezione studiamo il caso importante in cui gli autovalori delloperatore A hanno tutti parte reale non nulla, mostrando come in tal
caso il comportamento qualitativo del corrispondente flusso di fase e At molto
semplice.

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44

S ISTEMI LINEARI

D EFINIZIONE 2.8. Se tutti gli autovalori della matrice A hanno parte reale
non nulla il flusso di fase lineare e At detto un flusso iperbolico. In particolare,
esso detto contrazione [risp. espansione] se tutti gli autovalori della matrice A
hanno parte reale negativa [risp. positiva]. Corrispondentemente, il punto singolare x = 0 dellEq. (2.18) viene detto punto iperbolico. In particolare esso detto
pozzo [risp. sorgente] se il flusso di fase una contrazione [risp. espansione].
T EOREMA 2.9. Sia A L(Rn ) e siano , R tali che < < per ogni
(A). Allora esiste un prodotto scalare , su Rn tale che:
|x|2 x, Ax |x|2

x Rn ,

(2.33)

p
dove |x| = x, x . Inoltre:

e t |x| |e At x| e t |x| .

(2.34)

D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo dapprima le stime (2.33). Sia S la trasformazione che appare in (2.26) e siano d 1 , . . . , d p , r 1 , . . . , r q come nel Teorema 2.6.
Per ogni > 0 sia

I (1)
0 ... ...
...
...
...
0

0
I (2) . . . . . .
...
...
...
...

... ... ... ...


...
...
...
...

. . . . . . . . . I (p)
0
...
...
...

(2.35)
I =
,
(p+1)
... ... ...

0
I
.
.
.
.
.
.
.
.
.

... ... ... ...


...
...
...
...

(p+q1)
... ... ... ...
...
. . . I
0

(p+q)
0
... ... ...
...
...
0
I
dove se k = 1, . . . , p allora I (k) Mdk la matrice diagonale di elementi
(I (k) )i , j = 1i i , j ,
mentre se k = p +1, . . . , p + q allora I (k) M2r k la matrice diagonale di elementi
(1i )/2
i , j se i = 1, 3, . . . , 2r k 1

(k)
(I )i , j =
(2i )/2

i , j se i = 2, 4, . . . , 2r k
. 1
.
Poniamo quindi A = S AS , ove S = SI . Consideriamo ora la trasformazione
.
di coordinate x = S y e sia , il prodotto scalare da essa indotto: x, x 0 =
0
1
1 0
y, y = S x, S x . Osserviamo che:
x, Ax = y, A y = y, A sim
y

.
dove, per ogni B Mn , B sim denota la parte simmetrica di B , ovvero B sim =
(B + B T )/2 (la parte antisimmetrica di una matrice non contribuisce alla forma
quadratica associata). Ricordando la forma (2.26) di A S e la definizione di I
facile verificare che:
(i , j )
(A sim
(A sim
)i , j =
S )i , j

i j,

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2.6 F LUSSI IPERBOLICI

45

dove (i , j ) un intero positivo se i > j e nullo se i = j . Quindi:


n
X
X (i , j ) sim
y, A sim
(k )y k2 +

(A S )i , j y i y j ,
y =
i>j

k=1

cosicch:
lim

y, A sim
y

y, y

n
1 X
(k )y k2 .
y, y k=1

Ne segue che, fissando sufficientemente piccolo, y, y y, A sim


y y, y,
ovvero x, x x, Ax x, x , da cui le stime (2.33) con , = , .
Le disuguaglianze (2.34) sono conseguenza delle (2.33). Chiaramente se x =
0 esse sono banalmente verificate. Calcoliamo invece la derivata di |x|2 lungo
una soluzione x(t ) = e At x con x 6= 0. Si ha (omettendo la dipendenza esplicita
dal tempo della soluzione):
d
d
|x|2 =
x, x = 2x, Ax ,
dt
dt
da cui, per la (2.33),
2|x|2

d
|x|2 2|x|2 ,
dt

e dunque:

d
log |x| .
dt

Integrando si ha:
|x(t )|
t ,
|x(0)|
da cui, essendo x(t ) = e At x, seguono le (2.34).
t log

T EOREMA 2.10. Sia A L(R ) ed indichiamo con | | la norma che appare


nel Teorema 2.9.
1) Se e At una contrazione allora esistono costanti b > 0 e K 1 tali che:
At
bt
|e x| e |x|
t 0 x Rn
(2.36)
At
bt
|e
x| e |x|
e

At
bt
|e x| K e |x|

|e

At

x| K

t 0 x Rn .

(2.37)

1 bt

e |x|

2) Se e At una espansione allora esistono costanti a > 0 ed K 1 tali che:


At
at
|e x| e |x|
t 0 x Rn
(2.38)
At
at
|e
x| e
|x|
e

At
1 at
|e x| K e |x|

|e

At

x| K e

at

t 0 x Rn .

(2.39)

|x|

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46

S ISTEMI LINEARI

D IMOSTRAZIONE . Le disuguaglianze (2.37) e (2.39) seguono rispettivamente


dalle (2.36) e (2.38) per lequivalenza delle norme in Rn . Dimostriamo quindi le
disuguaglianze (2.36) e (2.38).
Se A genera una contrazione esiste b > 0 tale che < b per ogni (A),
cosicch la prima disuguaglianza in (2.36) segue dalla seconda disuguaglianza
in (2.34) con = b. Daltra parte si ha inoltre che > b per ogni (A),
cosicch la seconda disuguaglianza in (2.36) segue dalla prima disuguaglianza
in (2.34) applicata alloperatore A con = b.
Se A genera una espansione, allora A genera una contrazione e le disuguaglianze (2.38) non sono altro che le (2.36) relative alloperatore A (con a > 0
tale che > a per ogni (A)).

Quindi tutte le soluzioni non nulle di una contrazione vengono attratte esponenzialmente dal pozzo x = 0. Viceversa, tutte le soluzioni non nulle di una
espansione crescono esponenzialmente allontanandosi dalla sorgente x = 0. Si
osservi inoltre il significato geometrico del prodotto scalare , costruito nel
Teorema 2.9. Nel caso della contrazione [risp. espansione], esso fornisce una
struttura euclidea su Rn tale che il vettore velocit di fase Ax forma con il raggio
vettore x un angolo ottuso [risp. acuto]. Altrimenti detto, se S r = {x Rn : |x| =
r } la sfera di raggio r rispetto alla norma adattata | | , tutte le traiettorie del
flusso di fase si muovono verso linterno [risp. lesterno] di questa nel caso di
una contrazione [risp. espansione], qualunque sia il valore di r .
T EOREMA 2.11. Sia x = 0 un punto iperbolico dellEq. (2.18). Allora esiste una
decomposizione dello spazio delle fasi:
Rn = E + E ,

E = Rn ,

dove sono operatori di proiezione, + + = 1I, E sono sottospazi invarianti


rispetto ad A, tali che il flusso di fase indotto su E + una contrazione ed il flusso
di fase indotto su E una espansione. In particolare esistono costanti C > 0,
+ > 0 e > 0 tali che:
At
t
|e + x| C e + |+ x|

|e

At

x| C e

t 0 x Rn .

(2.40)

| x|

D IMOSTRAZIONE . Sia S come in (2.26). Sia quindi P la trasformazione lineare non singolare che consiste nel riordinare i blocchi della matrice A S per valori
crescenti di al variare di (A). Indichiamo con n + [risp. n ] il numero
di autovalori con parte reale negativa [risp. positiva], ciascuno contato con la
propria molteplicit algebrica. Posto U = SP si ha:
U

A+
AU =
0

0
,
A

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2.6 F LUSSI IPERBOLICI

47

dove A + Mn+ [risp. A Mn ] tale che < 0 (A + ) [risp. > 0


(A )]. Definiamo quindi:

u
+ .
n
n+
E = x R : x = U y con y =
, uR
,
0

.
E = x Rn : x = U y

con y =


0
,
v

v Rn .

Chiaramente E sono sottospazi invarianti rispetto ad A. Essendo U non singolare si ha la decomposizione in somma diretta Rn = E + E , rimanendo cos
definiti gli operatori di proiezione : Rn E :



u
0
u
+ x = U
, x = U
,
dove
= U 1 x.
0
v
v
Abbiamo ora:
e At + x = U

e A+ t u
,
0

e At x = U

e A t v

dove


u
= U 1 x.
v

La stima (2.40) segue facilmente dal Teorema 2.10, ad esempio applicando la


prima disuguaglianza in (2.37) alle matrici A + e A . Indicando con K e b le
relative costanti, si ha:
|e At + x| kU k |e A + t u| K + e b+ t kU k |u| K + e b+ t kU k kU 1 k |+ x|,
|e At x| kU k |e A t v| K e b t kU k |v| K e b t kU k kU 1 k | x|,
da cui la (2.40) segue con = b e C = max{K + , K }kU k kU 1 k.
+

I sottospazi E ed E sono detti rispettivamente sottospazio stabile e sottospazio instabile del flusso iperbolico x = Ax. Eccetto lorigine x = 0, tutte le
orbite delle soluzioni dellEq. (2.18) giacenti sullo spazio stabile [risp. instabile]
sono aperte e tendono a 0 per t + [risp. t ]. Tali sottospazi possono
essere caratterizzati nella seguente maniera:
n
o
n
o
E + = x Rn : sup |e At x| < + ,
E = x Rn : sup |e At x| < + . (2.41)
t 0

t 0

In effetti dalle disuguaglianze (2.40) abbiamo:


| x| = |e At e At x| C e t |e At x|

t 0 x Rn ,

cosicch:
At
+ x| C 1 e + t |+ x|
|e

|e At x| C 1 e t | x|

t 0 x Rn .

(2.42)

Essendo ora e At x = e At + x+e At x, dalle disuguaglianze (2.40) e (2.42) otteniamo le identit (2.41). Segue inoltre che la decomposizione in sottospazi stabile
ed instabile unica.

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48

S ISTEMI LINEARI

2.7. Soluzione degli esercizi


S OLUZIONE E S . 2.1. Il sistema linearizzato x = Ax, x R2 , dove:

0
1
A=
2
S OLUZIONE E S . 2.2. A meno di termini dipendenti soltanto dal tempo ed
eliminando una derivata totale rispetto al tempo si verifica che la lagrangiana
del sistema :
2

t ) = m` 2 + m` g + a2 cos(t ) cos ,
L(, ,
2
da cui ricaviamo le equazioni del moto:
s
g + a2 cos(t )
.
,
= 2 (t ) sin ,
(t ) =
`
R2 ,
ovvero, nello spazio delle fasi x = (x 1 , x 2 ) = (, )

x1 = x 2 ,
x2 = 2 (t ) sin x 1 .
Essendo x = 0 un punto singolare del campo vettoriale (v(0, t ) = 0 t ) allora
x(t ) = 0 soluzione di equilibrio del sistema. Linearizzando si ottiene il sistema
non autonomo y = A(t )y, y R2 , dove:

0
1
A(t ) =
.
2 (t ) 0
La corrispondente equazione del secondo ordine :
y + 2 (t )y = 0,
nota con il nome di equazione di Mathieu.
S OLUZIONE E S . 2.3. Le coordinate polari sono definite dalla trasformazione:

x 1 = r cos
r > 0, [0, 2].
x 2 = r sin
Osserviamo preliminarmente che tale trasformazione ben definita solo sullaperto R2 \ {0}. Daltra parte lorigine delle coordinate un punto singolare
del campo vettoriale. Quindi esso costituisce da solo unorbita chiusa (corrispondente alla soluzione stazionaria x(t ) = 0) e tutte le altre soluzioni hanno
orbite giacenti sullaperto R2 \ {0}. La matrice jacobiana della trasformazione di
coordinate :

(x 1 , x 2 )
cos r sin
=
,
sin r cos
(r, )
cosicch la legge di trasformazione dei vettori tangenti :


x1
cos r sin r
=
,
x2
sin r cos

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2.7 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI

49

Quindi il sistema nelle coordinate polari si scrive:


r
v r (r, )
=
v (r, )

essendo

v r (r, )
v (r, )

cos
=
sin

cos
=
sin

r sin
r cos

r sin
r cos

r (1 r 2 ) cos r (1 + r 2 ) sin
r (1 + r 2 ) cos r (1 r 2 ) sin

v 1 (x 1 (r, ), x 2 (r, ))
v 2 (x 1 (r, ), x 2 (r, ))

Sviluppando i calcoli si trova:

r = r (1 r 2 ),
= 1 + r 2 .

immediato verificare che la funzione t 7 (r (t ), (t )) = (1, 0 + 2t ) soluzione del sistema. Essa corrisponde ad un moto circolare uniforme la cui orbita la circonferenza unitaria di centro lorigine. La linearizzazione del sistema
differenziale intorno alla soluzione periodica allora y = Ay, essendo:

(v r , v )
2 0
A=
=
.
2 0
(r, ) r =1
=0 +2t

La soluzione periodica in coordinate cartesiane :

x 1 (t )
cos(0 + 2t )
x(t ) =
=
.
x 2 (t )
sin(0 + 2t )
S OLUZIONE E S . 2.4. Tutte le affermazioni sono semplici conseguenze del
fatto che lequazione (2.17) equivalente al sistema (2.6) ove si ponga:

0
1
0
...
0
d

0
1
...
0

d
t

...
...
...
...
x =
A(t ) = . . .
.
,
.
.
.

0
0
0
.
.
.
1
d n1
a n (t ) a n1 (t ) a n3 (t ) . . . a 1 (t )
d t n1
S OLUZIONE E S . 2.5. Le approssimazioni di Picard per lEq. (2.23) sono:
P t(0)

= 1I,

... = ...,
P t(k)

= 1I +

d s AP s(k1) .

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50

S ISTEMI LINEARI

Sostituendo si ottiene:
P t(k)

= 1I + At +
=
=
=
=

ds
0

d A 2 P (k2) = 1I + At +

Z
0

d (t )A 2 P (k2)

Z t Z s
A2 t 2
+ d s d (s )A 3 P s(k3)
1I + At +
2
0
0
Z t
A 2 (t )2
A2 t 2
1I + At +
+ d
AP (k3)
2
2
0
...........................
k Ah t h
X
.
h=0 h!

Chiaramente kP t(k) P t(k1) k (t kAk)k /k!, cosicch la successione di matrici P t(k) ,


k N, converge assolutamente ed uniformemente sui compatti di R, ed il suo
limite fornisce la soluzione dellEq. (2.23).
S OLUZIONE E S . 2.6. banale conseguenza del teorema di Liouville applicato alla matrice principale dellequazione x = Ax:

Z 1
d s Tr A = exp(Tr A).
det(exp A) = det P 1 = exp
0

S OLUZIONE E S . 2.7. Per induzione sullindice k si verifica immediatamente


che:

k k

A1 0
A
0
Ak =
= 1
k N,
0 A2
0 A k2
e quindi:

exp A

lim
N Ak
X
N + k=0 k!
=

N + k=0 k!

lim

N Ak
X
1

exp A 1
0

k
N
X A2

lim
N + k=0 k!

0
.
exp A 2

2.8. Nota bibiliografica


Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.

Paolo Butt & Piero Negrini - N OTE DEL CORSO DI S ISTEMI D INAMICI - 2008

2.8 N OTA BIBILIOGRAFICA

51

3) E.A. Coddington, N. Levinson. Theory of ordinary differential equations. (International series in pure and applied mathematics). New
York: McGraw-Hill, 1955.
4) J.K. Hale. Ordinary differential equations. (Pure and applied mathematics 21). New York: Wiley-Interscience, 1969.
5) M.W. Hirsch, S. Smale. Differential equations, dynamical systems and
linear algebra. (Pure and applied mathematics. A series of Monographs
and Textbooks). San Diego: Academic Press, 1974.

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CAPITOLO 3

Flussi hamiltoniani
3.1. Sistemi lagrangiani e sistemi hamiltoniani
In questa sezione mostriamo che una dinamica lagrangiana (non necessariamente di natura meccanica) pu essere riformulata in termini di un differente formalismo, detto formalismo hamiltoniano o canonico. Sarebbe per riduttivo ritenere la dinamica hamiltoniana una semplice riformulazione di quella
lagrangiana. Infatti, sebbene molti sistemi fisici siano descrivibili con entrambe le formulazioni, quello canonico estremamente ricco, rivelandosi spesso
pi idoneo a trattare alcuni problemi. In particolare la dinamica hamiltoniana
fornisce una notazione compatta in cui il concetto di integrabilit si esprime in
maniera molto semplice. Inoltre lo studio di sistemi vicini a sistemi integrabili, ovvero la teoria delle perturbazioni, si sviluppa molto pi agevolmente in tale
formalismo.
Un sistema lagrangiano assegnato tramite una funzione scalare L(q, , t ),
per (q, , t ) Rn R, con Rn . Assumiamo L regolare ed uniformemente
convessa nelle variabili , ovvero esiste una costante C 0 > 0 tale che, per ogni
(q, , t ) Rn R, sia
n
X
2 L
(q, , t ) i j C 0
2i
i =1
i , j =1 i j
n
X

Rn .

In notazione pi compatta, indicando con D L(q, , t ) la matrice hessiana di L


rispetto alle variabili ,
, D L(q, , t ) C 0 ||2

Rn .

(3.1)

I moti t 7 q(t ) del sistema sono allora le soluzioni delle equazioni di EuleroLagrange
d L
L
), t ) =
), t ),
(q(t ), q(t
(q(t ), q(t
d t
q

(3.2)

ovvero, nello spazio delle fasi, le soluzioni t 7 (q(t ), (t )) del problema del primo
ordine

) = (t ),
q(t

(3.3)
d L
L

(q(t ), (t ), t ) =
(q(t ), (t ), t ).
d t
q
53

54

F LUSSI HAMILTONIANI

Lipotesi di convessit (3.1) implica in particolare che la matrice D L invertibile, cosicch le equazioni (3.3) possono essere poste in forma normale

q =
(q, ) Rd ,
= G(q, , t )
essendo

G(q, , t ) = D L(q, , t )
D q L(q, , t ) + 2t L(q, , t ) q L(q, , t ) .

Come noto le equazioni di Eulero-Lagrange sono invarianti in forma sotto trasformazioni di coordinate (anche dipendenti dal tempo) in . Precisamente,
t ) la legge che fornisce le vecchie coordinate q rispetto alle nuove
sia q = f (q,
che induce la trasformazione di coordinate dello spazio delle fasi
coordinate q,

(q, ) (q, ) tale che


t ),
q = f (q,

t ) + t f (q,
t ).
= D q f (q,

)) di una soluzione t 7 (q(t ), (t )) del sistema


), (t
Allora limmagine t 7 (q(t
(3.3) soluzione delle equazioni di Eulero-Lagrange di lagrangiana

t ) = L f (q,
q,
,
t ), D q f (q,
t ) + t f (q,
t ), t .
L(
Chiaramente, se consideriamo trasformazioni pi generali dello spazio delle fasi, le equazioni (3.3) perdono questa propriet di invarianza. Introduciamo ora
un sistema di coordinate su tale spazio, dette canoniche, in cui le equazioni del
moto assumono una forma particolarmente simmetrica. Lidea di sostituire le
velocit generalizzate con i momenti cinetici ad esse associati, ovvero di utilizzare come coordinate dello spazio delle fasi la coppia (q, p) dove le variabili p
sono legate alle (q, ) dalle relazioni
p=

L
(q, , t ).

(3.4)

Queste variabili giocano un ruolo speciale nel formalismo lagrangiano. Ricordiamo in particolare che il momento associato ad una coordinata ciclica (ovvero
che non appare esplicitamente nella lagrangiana) un integrale primo del moto.
In effetti molte leggi di conservazione dei sistemi lagrangiani si scrivono come
conservazione di momenti.
Per derivare le equazioni del moto nelle nuove variabili utilizziamo un risultato generale, detto trasformazione di Legendre.
T EOREMA 3.1. Sia f : Rn R una funzione regolare e convessa (ovvero la
matrice D f () definita positiva). Allora la trasformazione
.
p = () = f ()
definisce un diffeomorfismo di Rn sul dominio immagine e la sua inversa
= (p) = p f (p),
con f : Rn (, +] cos definita:

f (p) = sup p, f () .
Rn

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3.1 S ISTEMI LAGRANGIANI E SISTEMI HAMILTONIANI

55

D IMOSTRAZIONE . Essendo la matrice jacobiana D() = D f () invertibile, per il teorema della funzione inversa lapplicazione definisce un diffeomorfismo locale nellintorno di ciascun punto. Per verificare linvertibilit globale,
fissiamo 0 , 1 Rn tali che 0 6= 1 . Ponendo = 1 + (1 )0 , si ha
Z 1
Z 1
d
( ) =
d D( )(1 0 ).
(1 ) (0 ) =
d
d
0
0
Moltiplicando scalarmente per 1 0 ed utilizzando la convessit di f , otteniamo
Z 1
1 0 , (1 ) (0 ) =
d (1 0 ), D f ( )(1 0 ) > 0,
0

da cui (1 ) 6= (0 ) necessariamente.
Fissato un qualsiasi punto p nel dominio immagine di , consideriamo ora
.
la funzione f p () = p, f (). Essendo f p () = p f (), per liniettivit
.
di ora dimostrata la funzione f p () possiede un unico punto critico in (p) =
1
(p). Inoltre f p una funzione concava poich D f p () = D f () una
matrice definita negativa. Concludiamo che f p assume il suo valore massimo in
(p), ovvero
f (p) = p, (p) f ((p)).
In particolare, essendo p = f ((p)),
d f (p) = (p), d p + p, d (p) f ((p)), d (p) = (p), d p,
da cui (p) = p f (p).

O SSERVAZIONE 3.1. La funzione f viene detta la trasformata di Legendre di


f . una funzione convessa poich
D pp f (p) = D(p) = D1 (p) = [D((p))]1 = [D f ((p))]1 .
Si osservi che la trasformazione di Legendre involutiva, ovvero il suo quadrato
la trasformazione identica: f = f (si dimostri questultima affermazione).
O SSERVAZIONE 3.2. Supponiamo che la funzione f dipenda inoltre da un
insieme di parametri reali U Rm , dunque f = f (, ). Allora anche =
(, ), = (p, ), f = f (p, ) ed inoltre
f (p, ) = f ((p, ), ).

(3.5)

In effetti, analogamente a sopra, si ha


f (p, ) = p, (p, ) f ((p, ), ),
da cui
d f (p, ) = (p, ), d p + p, d (p, ) f ((p, )), d (p, )
f ((p, )), d
= (p, ), d p f ((p, )), d .

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56

F LUSSI HAMILTONIANI

E SEMPIO 3.1. Nel caso di una funzione convessa f () di una variabile reale, la trasformata di Legendre f (p) = p(p) f ((p)) con (p) lunico punto (quando esiste) in cui la distanza con segno lungo la verticale tra la retta di
equazione y = p e la curva y = f () massima. Ad esempio, se f () = 2 allora
(p) = p/2 e f (p) = p 2 /4. Invece se f () = e la trasformata f (p) finita solo
per p < 0, precisamente:

+
se p > 0,
f (p) =
p log(p 1 ) + p se p 0.
E SEMPIO 3.2. Calcoliamo f (p) nel caso in cui f una funzione quadratica definita positiva su Rn . Dunque, per qualche matrice simmetrica e definita
positiva A si ha:
n
1
1 X
f () = , A =
A i , j i j .
2
2 i , j =1
Lequazione f = p diventa A = p da cui = A 1 p. Quindi per ogni p Rn si
ha
f (p) = p, A 1 p f (A 1 p) = p, A 1 p

1
1 1
A p, A A 1 p = p, A 1 p.
2
2

Dunque f (p) anchessa una forma quadratica. Inoltre f ed f assumono lo


stesso valore sui punti corrispondenti, ovvero:
f (A 1 p) = f (p),

f (A) = f ().

Torniamo ora al problema lagrangiano (3.3). Per lipotesi di convessit (3.1)


possiamo applicare i risultati precedenti alla trasformazione (3.4). Definiamo
funzione di Hamilton, o hamiltoniana, del sistema la trasformata di Legendre
H (q, p, t ) della lagrangiana L(q, , t ). Quindi, se = (q, p, t ) lesplicitazione di
dalla (3.4), allora
H (q, p, t ) = p, (q, p, t ) L(q, (q, p, t ), t )

D L
E

(q, , t ), L(q, , t )
.
=

=(q,p,t )

(3.6)

Altrimenti detto, la funzione hamiltoniana uguale allenergia generalizzata in


funzione delle coordinate canoniche.
T EOREMA 3.2. Il sistema delle equazioni di Lagrange (3.3) equivalente al
sistema di equazioni

q =
(q, p, t )

p
(3.7)

p =
(q, p, t )
q
dette equazioni di Hamilton, con H (q, p, t ) come in (3.6).

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3.1 S ISTEMI LAGRANGIANI E SISTEMI HAMILTONIANI

57

D IMOSTRAZIONE . Dal Teorema 3.1 e dalle (3.5), si ha (per , p tali che p =


L(q, , t ))
=

H
(q, p, t ),
p

p=

L
(q, , t ),

L
H
(q, , t ) =
(q, p, t ).
q
q

Ne segue immediatamente che il moto t 7 (q(t ), (t )) soluzione delle equazioni (3.3) se e solo se, posto p(t ) = L(q(t ), p(t ), t ), il moto t 7 (q(t ), p(t ))
soluzione delle equazioni (3.7).

O SSERVAZIONE 3.3. Se rinunciamo alla propriet di convessit di L e richiediamo unicamente che la matrice jacobiana D L(q, , t ) sia invertibile per ogni
, ancora possibile il passaggio da un formalismo allaltro almeno localmente.
Infatti, sotto queste ipotesi, la relazione (3.4) definisce comunque un diffeomorfismo locale di un intorno di (q, , t ) in un intorno dellimmagine (q, p, t ); rimane
definita quindi, almeno localmente, lhamiltoniana H (q, p, t ) come in (3.6).
Vediamo ora alcuni esempi di sistemi hamiltoniani.
E SEMPIO 3.3. Un punto materiale P di massa m soggetto ad un potenziale
posizionale U . Indicando con q R3 la posizione di P , la lagrangiana del sistema

m2
L(q, ) =
U (q).
2
Quindi il momento cinetico p = m coincide con lusuale quantit di moto della
particella. Lhamiltoniana allora
p2
+U (q).
2m
Dunque lhamiltoniana coincide con lenergia meccanica totale del punto materiale espressa in funzione delle variabili canoniche, e le equazioni di Hamilton
sono

q = p/m
p = U (q)
H (q, p) = p, p/m L(q, p/m) =

E SEMPIO 3.4. Consideriamo un sistema meccanico conservativo soggetto a


vincoli olonomi ideali indipendenti dal tempo. Nelle coordinate generalizzate
q Rn , la lagrangiana assume la forma
1
L(q, ) = , A(q) U (q)
2
con A(q) la matrice definita positiva dellenergia cinetica ed U (q) lenergia potenziale. Dunque i momenti cinetici sono p = A(q), da cui
1
H (q, p) = p, A(q)1 p +U (q),
2
Nuovamente lhamiltoniana coincide con lenergia meccanica totale del sistema
espressa in funzione delle variabili canoniche, e le equazioni di Hamilton sono

q = A(q)1 p
p = U (q) 12 p, A(q)1 p

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58

F LUSSI HAMILTONIANI

E SEMPIO 3.5. Vediamo alcuni casi particolari dellesempio precedente:


i) Il pendolo matematico. Indicando con la coordinata angolare, m la
massa del pendolo, ` la lunghezza del pendolo e g laccelerazione di gravit,
si ha
p2
= 1 m`2 2 + mg ` cos ,
mg ` cos ,
L(, )
H (, p) =
2
2m`2
essendo p = m`2 il momento cinetico associato alla variabile .
ii) Il moto centrale piano. Nelle coordinate polari piane (r, ), indicando con
m la massa del punto e con U (r ) lenergia potenziale, si ha:
2

p
p2
= 1 m(r2 + r 2 2 ) U (r ),
L(r, , r, )
H (r, , p r , p ) = r +
+U (r ),
2
2m 2mr 2
essendo p r = m r e p = mr 2 i momenti cinetici associati alle variabili r e
rispettivamente.
iii) Un sistema di N punti materiali P i di masse m i , i = 1, . . . , N , non soggetti
a vincoli. Indichiamo con q i R3 la posizione del punto P i e sia U (q 1 , . . . , q N )
lenergia potenziale del sistema. Le leggi del moto sono

m i qi = p i
i = 1, . . . , N ,
pi = qi U ,
ovvero le equazioni di Hamilton di hamiltoniana
H (q, p) =

N |p |2
X
i
+U (q 1 , . . . , q N )
2m
i
i =1

nelle variabili canoniche (q, p), con q = (q 1 , . . . , q N ) R3N le coordinate cartesiane dei punti e p = (m 1 q1 , . . . , m N qN ) R3N le corrispondenti quantit di
moto.
E SEMPIO 3.6. Consideriamo ora il caso pi generale di un sistema lagrangiano naturale, ovvero quando la lagrangiana una funzione quadratica nelle
velocit:
L(q, , t ) = L 2 (q, , t ) + L 1 (q, , t ) + L 0 (q, t ),

(q, ) Rn ,

(3.8)

essendo

1
, A(q, t ),
L 1 (q, , t ) = , b(q, t ),
2
con A(q, t ) una matrice n n definita positiva e b(q, t ) una funzione a valori in
Rn . In tal caso le variabili canoniche (q, p) sono legate a quelle lagrangiane (q, )
dalle relazioni

p = A(q, t ) + b(q, t ) = A(q, t )1 p b(q, t ) .


L 2 (q, , t ) =

Poich lenergia generalizzata in tal caso


D L
E
(q, , t ), L(q, , t ) = L 2 (q, , t ) L 0 (q, t ),

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3.2 L EGGI DI CONSERVAZIONE E PARENTESI DI P OISSON

59

ne segue che

1
H (q, p, t ) = p b(q, t ) , A(q, t )1 p b(q, t ) L 0 (q, t ).
2

Un sistema meccanico conservativo con vincoli olonomi che dipendono dal


tempo un esempio di sistema lagrangiano naturale. Precisamente, in tal caso
lenergia cinetica del sistema una forma quadratica nelle velocit, T (q, , t ) =
T2 (q, , t ) + T1 (q, , t ) + T0 (q, t ). Indicando con U (q, t ) lenergia potenziale, la
lagrangiana L = T U si scrive allora nella forma (3.8) con
L 2 (q, , t ) = T2 (q, , t ),

L 1 (q, , t ) = T1 (q, , t ),

L 0 (q, t ) = T0 (q, t ) U (q, t ).

Si osservi che nel caso in cui sono presenti i termini T0 e T1 , lenergia generalizzata L 2 L 0 = T2 T0 +U , e quindi lhamiltoniana, non coincidono con lenergia
meccanica totale del sistema T +U = T2 + T1 + T0 +U .
E SEMPIO 3.7. Un classico esempio di sistema hamiltoniano di origine non
meccanica fornito dal modello predatore-preda di Volterra-Lotka. Si tratta di
un sistema descrivente due specie in simbiosi, luna, x, le prede, laltra, y, i
predatori. Le equazioni del sistema sono:

x = (A B y)x
y = (C x D)y
con A, B,C , D > 0. Si suppone quindi che in assenza di predatori le prede crescono con un tasso costante A mentre in assenza di prede i predatori muoiono
con un tasso costante D. Quando sono presenti entrambi, il tasso di crescita delle prede diminuito ad ogni incontro con un predatore (per un termine B y),
mentre quello dei predatori aumentato ad ogni incontro con una preda (per un
termine C x). Introducendo le variabili p = log x, q = log y nel dominio x, y > 0,
si ha il sistema equivalente

q = C e p D
p = A B e q
che sono le equazioni di Hamilton di hamiltoniana H (q, p) = C e p + B e q Aq
D p.
E SEMPIO 3.8. Consideriamo infine un esempio di sistema hamiltoniano che
non associato ad alcun
sistema lagrangiano. Precisamente, nel dominio q, p >
p
0, sia H (q, p) = log q 2 + p 2 . Poich 2p H (q, p) = (q 2 p 2 )(q 2 + p 2 )2 si annulla lungo le semiretta p = q, lesplicitazione di p in funzione di (q, ) attraverso
lequazione = p H (q, p) = p(q 2 + p 2 )1 non univocamente determinata.
3.2. Leggi di conservazione e parentesi di Poisson
Iniziamo a studiare le propriet dei sistemi hamiltoniani. Sia U un dominio
di R munito delle coordinate
2n

(q, p) = (q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n )

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60

F LUSSI HAMILTONIANI

ed H : U R R una funzione regolare. Le equazioni di Hamilton di hamiltoniana H sono dunque date dal sistema del primo ordine

q =
(q, p, t )

p
(3.9)

p =
(q, p, t )
q
Motivati dalla derivazione lagrangiana esposta nella sezione precedente, le variabili p sono dette momenti coniugati alle coordinate q, n detto il numero
di gradi di libert del sistema (da non confondere con la dimensione 2n dello
spazio delle fasi U ). Quando non altrimenti specificato, assumeremo nel seguit ,t
to che il sistema completo, ovvero che la soluzione H 0 (q, p) del sistema (3.9)
esiste globale nel tempo per ogni dato iniziale (q, p, t 0 ) U R. In particolat ,t
re, se lhamiltoniana non dipende esplicitamente dal tempo, si ha H 0 (q, p) =
.
t t ,0
t t
H 0 (q, p) = H 0 (q, p), con (U , {tH }) un flusso di fase, detto flusso hamiltoniano associato alla hamiltoniana H .
Una scrittura pi compatta che si rivela spesso utile la seguente. Poniamo
x = (x 1 , . . . , x 2n ) = (q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n ),
ovvero x i = q i , x i +n = p i per i = 1, . . . , n, ed introduciamo la matrice simplettica
fondamentale

0 1I
J=
,
1I 0
essendo 1I la matrice identit n n. Posto H (x, t ) = H (q, p, t ) vediamo subito
che il sistema di Hamilton (3.9) nelle variabili x assume la forma
x = J x H (x, t ).

(3.10)

La funzione di Hamilton H (q, p, t ) viene anche detta energia generalizzata


del sistema. Dalle equazioni (3.10) segue che per ogni soluzione (t ) si ha:
d
H
) +
H ((t ), t ) = x H ((t ), t ), (t
((t ), t )
dt
t
H
((t ), t )
= x H ((t ), t ), J x H ((t ), t ) +
t
H
=
((t ), t ),
(3.11)
t
dove nellultima uguaglianza si utilizzato il fatto che la matrice J antisimmetrica.
Un sistema hamiltoniano detto conservativo se lhamiltoniana non dipende esplicitamente dal tempo. Essendo in tal caso H /t = 0, dalla (3.11) segue
che
d
H (tH (q, p)) = 0.
dt
In altri termini, nel caso conservativo lenergia generalizzata H (q, p) un integrale primo del sistema.

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3.2 L EGGI DI CONSERVAZIONE E PARENTESI DI P OISSON

61

Pi in generale, assegnata una qualsiasi funzione regolare F (x, t ) = F (q, p, t ),


la sua variazione nel tempo lungo ogni soluzione (t ) del sistema (3.10) si scrive:
d
F
F ((t ), t ) = x F ((t ), t ), J x H ((t ), t ) +
((t ), t ).
dt
t

(3.12)

utile ora introdurre la nozione di parentesi di Poisson {F,G} tra due funzioni
regolari F,G : U R. Precisamente {F,G} la nuova funzione
n h F G
X
F G i

,
(3.13)
{F,G} = L J x G F = x F, J x G =
p i q i
i =1 q i p i
dove L J x G la derivata di Lie rispetto al campo vettoriale J x G. Utilizzando
questa definizione lequazione (3.12) si scrive:
d
F
F ((t ), t ) = {F, H }((t ), t ) +
((t ), t ).
dt
t

(3.14)

In particolare, la funzione F (q, p, t ) integrale primo se e solo, identicamente su


U R,
F
{F, H } +
= 0.
(3.15)
t
Le parentesi di Poisson godono delle seguenti propriet:
1) {F,G} = {G, F };
2) {F + G, H } = {F, H } + {G, H }, , R;
3) {FG, H } = F {G, H } +G{F, H };
4) t {F,G} = {t F,G} + {F, t G};
5) {{F,G}, H } + {{G, H }, F } + {{H , F },G} = 0.
Le prime quattro propriet seguono immediatamente dalla definizione di
parentesi di Poisson. La quinta propriet, detta identit di Jacobi, si dimostra
nel seguente modo. Osserviamo che lespressione a sinistra una combinazione
lineare di derivate seconde delle funzioni F,G, H . Consideriamo ora i termini
dove appaiono le derivate seconde di F . Questi sono:
{{F,G}, H } + {{H , F },G} = {{F,G}, H } {{F, H },G}
= L J x H L J x G F L J x G L J x H F

= L J x H , L J x G F.
Poich il commutatore di due derivate
di Lie ancora un operatore differenziale

del primo ordine, precisamente L J x H , L J x G = L [J x H ,J x G] , concludiamo che


sono assenti termini con derivate seconde di F . Ma lo stesso argomento si ripete
per le funzioni G ed H , da cui lidentit richiesta. Osserviamo inoltre che il conto
precedente ci permette di riscrivere lidentit di Jacobi nella forma
L [J x H ,J x G] F = {F, {H ,G}} = L J {H ,G} F,
da cui, vista larbitrariet di F ,
[J x H , J x G] = J x {H ,G}.

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62

F LUSSI HAMILTONIANI

In altri termini: Il commutatore di due campi hamiltoniani con funzioni di Hamilton H ,G ancora un campo hamiltoniano, precisamente quello la cui funzione di Hamilton {G, H }. Dunque, se dotiamo lo spazio lineare dei campi vettoriali infinitamente derivabili su U della struttura di algebra di Lie mediante
loperazione di commutazione, linsieme dei campi hamiltoniani su U ne una
sottoalgebra.
Unimportante conseguenza dellidentit di Jacobi il seguente risultato.
T EOREMA 3.3. Se F 1 ed F 2 sono integrali primi di un campo hamiltoniano
di hamiltoniana H , allora anche la parentesi di Poisson {F 1 , F 2 } possiede tale
propriet.
D IMOSTRAZIONE . Per ipotesi le funzioni F 1 ed F 2 soddisfano lequazione
(3.14), ovvero
{F 1 , H } + t F 1 = 0,
{F 2 , H } + t F 2 = 0.
(3.16)
Dobbiamo da questo dedurne che la stessa equazione rimane soddisfatta da
{F 1 , F 2 }, ovvero che
{{F 1 , F 2 }, H } + t {F 1 , F 2 } = 0.
In effetti, utilizzando la propriet 4) delle parentesi di Poisson, le relazioni (3.16)
ed infine lidentit di Jacobi si ha:
t {F 1 , F 2 } = {t F 1 , F 2 } + {F 1 , t F 2 } = {{F 1 , H }, F 2 } {F 1 , {F 2 , H }}
= {{H , F 1 }, F 2 } + {{F 2 , H }, F 1 } = {{F 1 , F 2 }, H },

dunque lidentit cercata.

Questo teorema fornisce un metodo per costruire nuovi integrali del moto a
partire da due integrali noti attraverso unoperazione di differenziazione (cio il
calcolo della parentesi di Poisson). Infatti se F 1 ed F 2 sono due integrali primi,
allora lo F 3 = {F 1 , F 2 } e quindi F 4 = {F 1 , F 3 }, F 5 = {F 2 , F 3 }, etc. In generale i nuovi
integrali possono essere non indipendenti dai precedenti, ad esempio F 3 (x, t ) =
f (F 1 (x, t ), F 2 (x, t )) per qualche funzione f : R2 R, o addirittura essere delle
costanti. In effetti un sistema ammette al pi 2n integrali primi indipendenti. In
questultimo caso, cio quando il sistema integrabile, solo particolari scelte di
m < 2n integrali primi indipendenti permette di ottenere, attraverso le parentesi
di Poisson, i rimanenti 2n m integrali indipendenti .
E SEMPIO 3.9. Consideriamo una particella di massa m. Siano q = (x, y, z)
m y,
m z)
R3 la quantit di moto del
R3 la posizione e p = (p x , p y , p z ) = (m x,
punto. Sia infine ` = q p il momento della quantit di moto della particella,
dunque ` = (`x , ` y , `z ) con
`x = y p z zp y ,

` y = zp x xp z ,

`z = xp y y p x .

Si ha allora, dalla definizione (3.13),


{p x , p y } = 0,

{p x , ` y } =

p x ` y
= pz ,
p x x

{`x , ` y } =

`x ` y `x ` y

= `z ,
z p z p z z

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3.2 L EGGI DI CONSERVAZIONE E PARENTESI DI P OISSON

63

da cui, per permutazione ciclica di x, y, z,

{p x , p y } = 0, {p y , p z } = 0, {p z , p x } = 0,
{p x , ` y } = p z , {p y , `z } = p x , {p z , `x } = p y ,

{`x , ` y } = `z , {` y , `z } = `x , {`z , `x } = ` y .

(3.17)

Prendiamo ora in esame un sistema di N punti materiali identici, di massa m,


non soggetti a forze esterne ma unicamente a forze di interazione che soddisfano il terzo principio della dinamica. Quindi, se indichiamo con q = (q 1 , . . . , q N )
R3N le coordinate cartesiane dei punti e p = (m q1 , . . . , m qN ) R3N le corrispondenti quantit di moto, lhamiltoniana del sistema
H (q, p) =

N |p |2
X
X
i
+ U (|q i q j |),
i =1 2m
i 6= j

dove U : R+ R lenergia potenziale della forza di interazione tra i punti materiali. Le equazioni cardinali della meccanica forniscono in questo caso sei integrali primi, precisamente le componenti delle quantit di moto e momento
angolare totali del sistema, ovvero
P = (P x , P y , P z ) =

N
X

pi ,

L = (L x , L y , L z ) =

i =1

N
X

qi p i .

i =1

Poich la parentesi di Poisson tra impulsi o momenti angolari di particelle differenti nulla, dalle relazioni (3.17), valide per ciascuna particella, otteniamo:

{P x , P y } = 0, {P y , P z } = 0, {P z , P x } = 0,
{P x , L y } = P z , {P y , L z } = P x , {P z , L x } = P y ,

{L x , L y } = L z , {L y , L z } = L x , {L z , L x } = L y .
Quindi le sei leggi di conservazione della quantit di moto e del momento della
quantit di moto non sono indipendenti. Ad esempio, noti P x , L x e L y , i restanti
tre si ottengono come parentesi di Poisson dei precedenti.
Una variabile q k viene detta ciclica o ignorabile se essa non appare esplicitamente nellhamiltoniana. Si osservi che se H la trasformata di Legendre di
una lagrangiana L, essendo qk H (q, p, t ) = qk L(q, , t ), la variabile q k ciclica
per H se e solo se q k ciclica per L.
Supponiamo che q n ciclica, cosicch, per le equazioni di Hamilton,
qn =

H
(q, p, t ),
p n

pn =

H
(q, p, t ) = 0.
q n

Dalla seconda equazione discende che il momento associato un integrale primo del sistema, dunque p n (t ) = p n (t 0 ). Se consideriamo ora le rimanenti 2n
2 equazioni, in esse la coordinata q n non appare (essendo ciclica), mentre il
momento p n interviene come un parametro (essendo conservato). In altri termini, esse sono le equazioni di Hamilton per un sistema con n 1 coordinate
(q 1 , . . . , q n1 ) di hamiltoniana
H (q 1 , . . . , q n1 , p 1 . . . , p n1 , c n , t ),

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64

F LUSSI HAMILTONIANI

dove c n = p n (t 0 ) un parametro da fissare mediante i dati iniziali. Infine, risolto


tale sistema, il moto di q n si determina per integrazione:
Z t
H
q n (t ) = q n (t 0 ) + d s
(q 1 (s), . . . , q n1 (s), p 1 (s) . . . , p n1 (s), c n , s).
c n
t0
3.3. Teorema di Liouville e misure invarianti
In questa sezione dimostriamo una propriet geometrica notevole comune
a tutti i campi hamiltoniani. In effetti si tratta una propriet comune a tutti i
campi vettoriali la cui divergenza nulla, tra i quali vi sono i campi hamiltoniani
poich, essendo J antisimmetrica, qualunque sia la funzione di Hamilton H si
ha:
2n
2n (J H )
X
X
2 H
x
i
(x, t ) =
Ji , j
(x, t ) = 0.
div J x H (x, t ) =
x i
x i x j
i , j =1
i =1
Affrontiamo il problema nel caso di un sistema differenziale qualsiasi x =
v(t , x), definito per (t , x) R D, con D un dominio di Rn . Indichiamo con
t ,t0 (x 0 ) la soluzione del problema di Cauchy di dati iniziali t0 ,t0 (x 0 ) = x 0 , che
assumiamo definita globalmente nel tempo per ogni dato iniziale (t 0 , x 0 ). Dunque per ogni coppia di tempi t , t 0 R lapplicazione t ,t0 : D D definisce un
diffeomorfismo di D. Fissata una regione limitata e misurabile B D, indichiamo con B(t ), t R, levoluta di B al tempo t :
B(t ) = {x Rn : x = t ,t0 (x 0 ), x 0 B},
Vogliamo ora dimostrare la seguente formula (dovuta a Liouville):
Z
n v
X
d
i
(B(t )) =
d x div v(t , x),
div v(t , x) =
(t , x).
dt
B(t )
i =1 x i

(3.18)

dove (B(t )) = |B(t )| il volume (o misura di Liouville) della regione B(t ). Si


ha:
Z
Z
Z
d
d
d
d
t ,t 0
(B(t )) =
dx =
d x 0 det D (x 0 ) = d x 0
det Dt ,t0 (x 0 )
dt
d t B(t )
dt B
d
t
B
Z
Z

d
d

= d x0
det Dt +,t0 (x 0 )
= d x0
det D t +,t t ,t0 (x 0 )
d
d
=0
=0
B
B
Z

= d x0
det Dt +,t (t ,t0 (x 0 ))Dt ,t0 (x 0 )
d
=0
B
Z

det Dt +,t (t ,t0 (x 0 ))


= d x 0 det Dt ,t0 (x 0 )
d
=0
B
Z

=
dx
det Dt +,t (x)
(3.19)
d
=0
B(t )
dove nella seconda [risp. ultima] uguaglianza si fatto il cambiamento di variabili di integrazione x 7 x 0 [risp. x 0 7 x]. Si osservi che det Dt ,t0 (x 0 ) > 0 per
ogni t R. Infatti la funzione t 7 det Dt ,t0 (x 0 ) continua, positiva in t = t 0

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3.4 I L TEOREMA DEL RITORNO DI P OINCAR

65

(Dt0 ,t0 (x 0 ) = 1), e non pu annullarsi essendo t ,t0 un diffeomorfismo e dunque Dt ,t0 (x 0 ) una matrice invertibile. Per calcolare la derivata nellultimo integrale osserviamo che, supponendo come sempre che il campo vettoriale una
funzione regolare, si ha:
t +,t (x) = x + v(t , x) + R(t , x, ),
con R(t , x, ), x R(t , x, ) funzioni regolari ed infinitesime di ordine superiore al
primo per 0. Quindi
Dt +,t (x) = 1I + D v(t , x) + O(2 ).
Ricordando la definizione di determinante ora facile convincersi del fatto che,
se A un matrice assegnata,

det 1I + A = 1 + Tr A + O(2 ),
da cui

d
= Tr A.
det 1I + A
d
=0
Applicando tale risultato nella (3.19) ed osservando che Tr D v(t , x) = div v(t , x)
luguaglianza (3.18) dimostrata.

O SSERVAZIONE 3.4. Si osservi che abbiamo dimostrato in maniera leggermente diversa il Teorema di Liouville (Teorema 2.4) per il wronskiano di un sistema lineare. Infatti la matrice jacobiana del diffeomorfismo t ,t0 soddisfa lequazione delle variazioni (A.18), ovvero la matrice principale dellEq. (2.9) con
A(t ) = D v(t , t ,t0 (x 0 )).
Dalla formula (3.18) discende immediatamente il seguente teorema.
T EOREMA 3.4. Il flusso di fase associato ad un campo vettoriale a divergenza
nulla conserva il volume nello spazio delle fasi. In particolare il flusso hamiltoniano conserva il volume nello spazio delle fasi.
3.4. Il teorema del ritorno di Poincar
Il risultato della precedente sezione permette di applicare ai sistemi meccanici idee e tecniche della teoria ergodica. Presentiamo qui uno tra i pi semplici
risultati, detto teorema del ritorno (o della ricorrenza) di Poincar.
Iniziamo con una osservazione di carattere generale che utilizzeremo anche
in seguito. Nello studio del comportamento asintotico di un flusso di fase t pu
essere sufficiente osservare levoluzione del sistema solo lungo una determinata
successione di tempi. Pi precisamente, fissiamo un tempo T > 0 e definiamo
.
il diffeomorfismo g = T . Consideriamo la legge di evoluzione a tempo discreto
{g k ; k Z} definita dalle iterazioni della mappa g :
g 0 (x) = x,

g 1 (x) = g (x),

g 2 (x) = g (g (x)),

...,

g k (x) = g (g k1 (x)),

g k (x) = (g 1 )k (x),

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66

F LUSSI HAMILTONIANI

dove linversa g 1 ben definita essendo g un diffeomorfismo. Per la propriet


di gruppo del flusso di fase si ha:
kT +s (x) = s (g k (x))

k Z s [0, T ).

Quindi in particolare kT (x) = g k (x), ovvero levoluzione del sistema discreto al


tempo k coincide con quella del flusso di fase al tempo kT . Inoltre possiamo
sperare di controllare levoluzione del sistema anche durante il tempo [kT, (k +
1)T ] scegliendo T sufficientemente piccolo. In effetti, per t [kT, (k + 1)T ],
|t (x) g kT (x)| max |s (g k (x)) g k (x)|,
s[0,T ]

ed il membro di destra infinitesimo per T 0. Chiaramente la convergenza di


tale infinitesimo dipende da g k (x), ma in taluni casi essa pu essere controllata.
Ad esempio, se v(x) il campo vettoriale associato al flusso di fase e si possiede
una stima su |v(g k (x))| uniforme in k, allora per ogni > 0 possibile scegliere
un T tale che |t (x) g k (x)| per ogni k Z e t [kT, (k + 1)T ] (dimostrarlo!).
T EOREMA 3.5 (Teorema del ritorno di Poincar). Sia g unapplicazione biunivoca e misurabile che conserva il volume e che lascia invariata una regione limitata D di Rn : g (D) = D. Allora per ogni insieme misurabile A in D quasi tutti i
punti di A tornano infinite volte in A. In altri termini, posto
n
o
.
B = x A : esiste una success. diverg. {k j } j N tale che g k j (x) A j N ,
si ha (B ) = (A).
D IMOSTRAZIONE . Il punto x A detto ricorrente in A se g k (x) A per almeno un intero k > 0. Indichiamo con N linsieme dei punti non ricorrenti di A,
ovvero N = {x A : g k (x) A k 1}. In particolare g k (x) N per ogni x N e
k 1, cosicch N g k (N ) = ; per ogni k 1. Allora, fissati due qualsiasi interi
k 2 > k 1 1 si ha

g k1 (N ) g k2 (N ) = g k1 N g k2 k1 (N ) = ;.
Quindi gli insiemi g k (N ), k N, sono disgiunti e, poich g conserva la misura,
tutti di volume uguale a (N ). Essendo inoltre tutti contenuti in D ne segue che,
per ogni intero k > 0,
(D)

k1
X

g ` (N ) = k (N ).

`=0

Essendo (D) < +, deve essere (N ) = 0.


Consideriamo ora linsieme dei punti non ricorrenti infinite volte, ovvero
linsieme

N = x A : esiste k > 0 per cui g ` (x) A per ogni ` k .

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3.5 M ISURA MICROCANONICA ED IPOTESI ERGODICA

67

Chiaramente
N

x A : esiste k > 0 per cui g k j (x) A per ogni j 1


[
[
x A : (g k ) j (x) A per ogni j 1 =
Nk ,

k=1

k=1

essendo Nk linsieme dei punti non ricorrenti di A per lapplicazione g k . Poich


g k anchessa unapplicazione biunivoca e misurabile che conserva il volume
e che lascia invariata la regione limitata D, per quanto sopra dimostrato si ha
(Nk ) = 0 per ogni k 1. Ne segue, per la subadditivit della misura, che anche
(N ) = 0. Poich B = A \ N , concludiamo che (B ) = (A).

O SSERVAZIONE 3.5. Per chi ha conoscenza della teoria astratta della misura,
evidente che il teorema di Poincar si generalizza al contesto di spazi di misura
qualsiasi. Precisamente, sia (, A , ) uno spazio di misura finita, ovvero
una misura -additiva definita sulla -algebra A tale che () < ; sia inoltre
g : una trasformazione biunivoca e misurabile che conserva la misura,
i.e. (g (A)) = (A) per ogni A A . Allora, per ogni A A , linsieme dei punti di
A non infinitamente ricorrenti in A ha misura nulla.
C OROLLARIO 3.6. Sia data lequazione differenziale x = v(x) in un dominio D Rn limitato ed invariante tale che il flusso di fase t conservi il volume.
Allora:
1) Per ogni insieme misurabile A in D linsieme dei punti vaganti di A,

.
V A = x A : esiste T > 0 per cui t (x) A per ogni t T
ha misura nulla.
2) Per ogni > 0, linsieme B D dei dati iniziali x tali che t (x) ritorna
infinite volte a distanza non superiore ad da x ha misura piena, ovvero (B ) =
(D).
D IMOSTRAZIONE . 1) Linsieme V A contenuto nellinsieme

.
VA = x A : esiste un intero k > 0 per cui j (x) A per ogni intero j k ,
che linsieme dei punti non ricorrenti infinite volte in A per lapplicazione g =
1 . Poich g soddisfa le ipotesi del Teorema 3.5, ne segue che (VA ) = 0 e dunque
(V A ) = 0.
2) Poich D limitato pu essere ricoperto con un numero finito di palle di
raggio /2. ora sufficiente applicare il punto 1) a ciascuna di esse.

3.5. Misura microcanonica ed ipotesi ergodica
Possiamo applicare i risultati della sezione precedente al flusso di fase tH
di un sistema hamiltoniano x = J H (x) di hamiltoniana H (x) indipendente dal
tempo e tale che i sottolivelli di energia D E = {x R2n : H (x) E } siano degli
insiemi limitati. Infatti la conservazione dellenergia implica in particolare che
D E sono insiemi invarianti sotto il flusso tH , ed il teorema del ritorno si applica

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68

F LUSSI HAMILTONIANI

in questo caso. Un classico esempio costituito da un sistema meccanico di


energia potenziale U (q), q Rn , che cresce allinfinito per |q| +. Per le
ipotesi su U (q) la regione D E un insieme limitato.
In verit, se assegnata lenergia totale E del sistema, linsieme dei moti
possibili si svolge sullinsieme di livello E dellenergia,

E = x R2n : H (x) = E ,
detta anche superficie isoenergetica. In generale, E una superficie di codimensione uno, per cui ha misura di Liouville nulla. allora naturale chiedersi se esiste una misura invariante definita sulla superficie isoenergetica. Effettivamente
tale misura esiste.
T EOREMA 3.7. Fissato E R, sia E una superficie compatta di R2n tale che
H () 6= 0 per ogni E . Indichiamo con d () lelemento di superficie su E .
Allora la misura di superficie
Z
1
(A) = d ()
,
(3.20)
|H ()|
A
dove A E un insieme misurabile, lasciata invariante dal flusso hamiltoniano: (tH (A)) = (A) per ogni t R.
D IMOSTRAZIONE . Poich E compatta ed ivi il gradiente di H non nullo,
se E sufficientemente piccolo possiamo rettificare linsieme {x R2n : E
H (x) E + E }, ovvero introdurre il cambiamento di coordinate x = f (, `),
E , ` [0, ` ], tale che f (, `) la soluzione del problema di Cauchy
H
f
(, `) =
( f (, `)),
`
|H |

f (, 0) = , f (, ` ) E +E .

.
Se A un insieme misurabile in E , poniamo A E = { f (, `) : A, ` [0, ` ]}.
La misura microcanonica di A, definita in (3.20), pu allora ottenersi mediante
il seguente limite:
1
(A) = lim
(A E ).
(3.21)
E 0 E
In effetti si ha:
Z
Z
Z `
(A E ) =
d x = d ()
d ` J (, `)
AE

d ()

E +E
E

A
E +E

Z
A

1
J (, ` ())
|H (, ` ())|

d ()

1
J (, ` ()),
|H (, ` ())|

dove J (, `) il determinante jacobiano del cambiamento di coordinate x =


f (, `), mentre ` () il valore di ` tale che f (, `) ; inoltre, nel cambiamento
della variabile di integrazione ` = H ( f (, `)) si utilizzato il fatto che
D
E
f

(, `) = H ( f (, `)),
(, `) = |H ( f (, `))|.
`
`

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3.5 M ISURA MICROCANONICA ED IPOTESI ERGODICA

69

Poich J (, `) 1 se ` 0 e ` () 0 se E , il limite (3.21) segue immediatamente. Osserviamo ora che, per il teorema di Liouville,
(tH (A E )) = (A E ) t R.
Linvarianza di (A) segue allora dal fatto che

tH (A E ) = tH (A) E + O(E 2 ),

la cui prova lasciata al lettore.

E SEMPIO 3.10. Calcoliamo la misura microcanonica nel caso di un oscillatore armonico di massa m e costante elastica k. Lhamiltoniana
p2 k 2
+ q ,
2m 2
p
p
per cui, per ogni E > 0, E lellisse di assi a = 2k 1 E e b = 2mE :
o
n
q2 p2
E = (q, p) : 2 + 2 = 1 .
a
b
Se utilizziamo la coordinata angolare per parametrizzare il punto su E ,
H (q, p) =

= () = (a cos , b sin ),

lelemento di superficie si scrive


p
d () = d () = a 2 sin2 + b 2 cos2 d
p
cosicch, essendo |H (q, p)| = 2E q 2 /a 4 + p 2 /b 4 , la misura microcanonica su
E
d ()
ab
d
d () = d () =
=
d =
,
|H (())| 2E

p
dove = k/m la pulsazione del moto armonico.

Il teorema del ritorno di Poincar pu portare a paradossi apparenti in meccanica statistica (Paradosso di Zermelo): se si apre un setto che divide una prima camera piena di gas da una seconda camera vuota, dopo un certo tempo
il sistema ritorna in uno stato vicino a quello iniziale, ovvero con quasi tutto il
gas nella prima camera. In realt il tempo necessario per osservare questo fenomeno enorme (si pu stimare essere molto maggiore dellet del sistema
solare), per cui non vi alcuna contraddizione con le leggi della termodinamica
che descrivono fenomeni su scale di tempi molto pi piccole.
Il punto cruciale risiede nel fatto che il numero di molecole (e quindi il numero di gradi di libert del sistema) estremamente elevato (dellordine del numero di Avogrado N 1023 ). Per spiegare almeno euristicamente il meccanismo
in atto, seguiamo il punto di vista di L. Boltzmann (tra i padri fondatori della
meccanica statistica), ed introduciamo unipotesi fondamentale sulla dinamica,
detta ipotesi ergodica: nella sua evoluzione temporale, il sistema spende in ogni
regione W della superficie isoenergetica un tempo mediamente proporzionale
alla misura (W ) della regione medesima. Se accettiamo tale ipotesi, possiamo
stimare il tempo di ricorrenza in una regione W con linverso del rapporto tra la

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70

F LUSSI HAMILTONIANI

misura (W ) di W e quella totale (E ). Si osservi che tale rapporto rappresenta


comunque una stima dallalto del tempo di ritorno, come segue facilmente dalla
dimostrazione del teorema di ricorrenza.
Nel caso del paradosso sopra descritto, rappresentiamo le camere dove sono
racchiuse le particelle con i parallelepipedi
Q = {(x, y, z) : L x 0, |y| L, |z| L},
Q + = {(x, y, z) : 0 x L, |y| L, |z| L},
e sia quindi Q = Q Q + = [L, L]3 . Consideriamo per semplicit il caso in cui
sia trascurabile linterazione tra le particelle. Assumiamo inoltre che il potenziale confinante le particelle nel cubo Q assuma valore nullo in Q tranne che al
bordo dove praticamente infinito (cio la parete rigida, impenetrabile). Sotto
queste approssimazioni lo spazio accessibile al sistema
E = {(q, p) R6N : q Q N , p 2 = 2mE } = Q N S E ,

p
dove S E la superficie sferica in R3N centrata nellorigine e di raggio 2mE . Poich il gradiente di H (q, p) = p 2 /(2m) costante su S E , la misura microcanonica
in questo caso proporzionale al prodotto del volume in Q N per la misura di
superficie in S E . Valutiamo allora il volume della regione k E corrispondente a tutte le configurazioni in cui k particelle si trovano in Q e le rimanenti
N k in Q + . Se indichiamo con q i le coordinate delle particelle, poich non
distinguiamo quali particelle si trovano a sinistra e quali a destra, si ha:
Z
Z
Z
Z
N
d qN
d qk
d q k+1
|k | = |S E |
d q1
k Q
Q+
Q
Q+
N!
(2L)3N
.
k!(N k)! 2N
Daltra parte il volume totale dello spazio delle fasi corrispondente alle particelle
confinate in Q |S E |(2L)3N , cosicch la frazione di volume
= |S E |

N!
1
.
k!(N k)! 2N
Se scegliamo k una frazione di N , diciamo k = N con [0, 1], utilizzando la
formula di Stirling n! n n e n , otteniamo:
R(k) =

1
1
N N e N
log R(N ) = lim
log
N N
N N
(N )N ((1 )N )(1)N 2N
= log 2 log (1 ) log(1 ).
.
Quindi R(N ) e N I () con la funzione I () = log 2 + log + (1 ) log(1 )
positiva per ogni 6= 1/2 e nulla in = 1/2. In particolare, essendo I (0) =
I (1) = log 2, lo stato iniziale in cui tutte le particelle sono in Q occupa una frazione dello spazio delle fasi dellordine di 2N . Dunque il tempo di ricorrenza
23
corrispondente per una mole di gas dellordine di 210 !
lim

In realt il calcolo precedente ci dice qualcosa di pi: solo una frazione di


volume esponenzialmente piccolo in N di E corrisponde a regioni ove 6= 1/2.

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3.6 M OTO CONDIZIONATAMENTE PERIODICO

71

Quindi, qualsiasi siano i dati iniziali, ragionevole aspettarsi (sotto un minimo


di propriet di ergodicit della dinamica) che il sistema spenda quasi tutto il suo
tempo in regioni ove = 1/2. Nella stessa maniera si pu mostrare che esponenzialmente piccolo in N il volume relativo delle configurazioni per cui in una
qualunque sottoregione Q di Q il numero di particelle devia dal valore medio

N |Q|/|Q|.
Altrimenti detto, la possibilit che il sistema raggiunga configurazioni microscopiche a cui corrispondono disomogeneit macroscopiche di densit
estremamente rara; inoltre, quando anche questo avvenisse, il tempo di permanenza in tali stati sarebbe estremamente breve. In definitiva, tali fluttuazioni non sono di fatto osservabili, ed il sistema appare (macroscopicamente) in
equilibrio termodinamico.
Come gi accennato, la misura microcanonica appare nelle lezioni di Boltzmann sulla teoria cinetica dei gas (1871), dove egli formula lipotesi ergodica, secondo la quale ogni moto tH (x) su E visita tutti i punti di E con una
frequenza statistica tale che
Z
Z
1
1
1 T
t
d t f (H (x)) =
d ()
f (),
(3.22)
lim
T T 0
Z E
|H ()|
dove
Z

Z=

d ()

1
|H ()|

una costante di normalizzazione, in modo tale che le medie temporali dellosservabile f possano essere calcolate senza dover integrare le equazioni del
moto. Si dimostrato che tale ipotesi in generale falsa se il numero di gradi di
libert maggiore di uno. In particolare, se il sistema ammette altri integrali primi indipendenti oltre lenergia, evidente che la relazione (3.22) non pu essere
soddisfatta per qualsiasi funzione integrabile f . Infatti ciascuna orbita non visita i punti che non giacciono sugli insiemi di livello degli ulteriori integrali primi.
Possiamo per, analogamente a quanto fatto nel caso della misura microcanonica, costruire una misura invariante per il flusso ristretto allintersezione delle
superfici di livello di tutti gli integrali primi ed affrontare il problema dellergodicit per tale moto ristretto. Nella prossima sezione studiamo una classe particolare di sistemi in cui questo programma si porta a termine completamente.
Sebbene possa sembrare un caso molto particolare, nel prossimo capitolo vedremo che una vasta classe di sistemi hamiltoniani, detti completamente integrabili, possono ricondursi a tale caso mediante unopportuna trasformazione
di coordinate nello spazio delle fasi.
3.6. Moto condizionatamente periodico
Consideriamo un sistema hamiltoniano x = J H (x) tale che x = (, I ) Tn
U , con U un aperto di Rn e Tn il toro n-dimensionale, ovvero le variabili =
(1 , . . . , n ) sono degli angoli:
.
Tn = { = (1 , . . . , n ) mod 2} = Rn /(2Z)n .

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72

F LUSSI HAMILTONIANI

Possiamo anche identificare Tn con il prodotto cartesiano di n cerchi, ovvero


con la superficie
S 1 . . . S 1 = {z Cn : |z i | = 1 i = 1, . . . , n}
dello spazio euclideo complesso Cn . Tale identificazione si ottiene mediante
lapplicazione
i

e 1 , . . . , e i n (1 , . . . , n ) mod 2.
Supponiamo ora che le variabili siano tutte cicliche, ovvero che la funzione
di Hamilton dipenda unicamente dalle variabili I , dunque H (x) = H (I ). Le variabili I sono dette variabili di azione e la coppia (, I ) variabili azione-angolo.
Ovviamente il sistema di Hamilton

= H (I ),

I
(3.23)


I = 0,
la cui soluzione di dati iniziali (0) = 0 , I (0) = I 0
(t ) = 0 +

H
(I 0 ) t ,
I

I (t ) = I 0 .

Quindi le variabili I 1 , . . . , I n sono integrali primi, mentre le variabili angolari evolvono linearmente. Come gi accennato, mostreremo in seguito che una classe
importante di sistemi hamiltoniani pu ridursi alla forma (3.23).
La descrizione del moto si riduce allo studio della semplice equazione =
sul toro. Il flusso ad essa associato,
t

() = + t ,

viene detto moto condizionatamente periodico (o moto quasi periodico). I numeri = (1 , . . . , n ) sono detti frequenze del moto (pi correttamente si dovrebbe indicare con il nome di frequenze le grandezze i = i /2). Nel caso del
sistema (3.23) il moto degli angoli su ciascun insieme di livello delle azioni I ha
frequenze
H
(I ),
= (I ) =
I
dipendenti, in generale, dal livello considerato.
t
Il flusso
conserva ovviamente i volumi in Tn (la divergenza del campo
costante v() = nulla), cosicch possiamo chiederci se esso possiede propriet ergodiche rispetto a tale misura. Nel seguito indichiamo con la misura
normalizzata in modo tale che il volume del toro Tn sia uguale ad uno:

d () =

1
1
d =
d 1 d 2 d n .
n
(2)
(2)n

Se f una funzione integrabile, indichiamo con ( f ) la sua media rispetto a ,


Z
Z
1
.
( f ) =
d () f () =
d f ().
(2)n Tn
Tn

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3.6 M OTO CONDIZIONATAMENTE PERIODICO

73

Infine, se A un insieme misurabile in Tn , indichiamo con 1I A la funzione indicatrice di A,

1 se A,
.
1I A () =
0 se A,
cosicch (A) = (1I A ) la misura dellinsieme A, ovvero la frazione di volume
occupata da A rispetto al volume totale del toro:
R
Z
Z
d
1
(A) =
d () 1I A () =
d = R A
.
n
(2) A
Tn
Tn d
Il risultato principale sul moto quasi periodico il contenuto del seguente teorema, noto come teorema della media.
T EOREMA 3.8. Supponiamo che le frequenze = (1 , . . . , n ) siano razionalmente indipendenti, ovvero che
k, 6= 0 k Zn : k 6= 0.

(3.24)

(Altrimenti detto, la combinazione lineare k 1 1 + . . . + k n n delle frequenze a


coefficienti interi k 1 , . . . , k n nulla se e solo se k 1 = k 2 = . . . = k n = 0).
Allora, per ogni funzione f : Tn R integrabile secondo Riemann e per ogni
dato iniziale Tn ,
Z
t

1 T
d t f
() = ( f ).
(3.25)
lim
T T 0
D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo dapprima il risultato per i polinomi trigonometrici, ovvero per funzioni del tipo
X

P N () =
a k cosk, + b k sink, ,
(3.26)
kZn :|k|N

dove a k , b k sono coefficienti reali arbitrari. Consideriamo a tal scopo la funzione


e i k, = cosk, + i sink, .
Chiaramente
Z
Tn

d () e i k, =

n Z 2
1 Y
d j ei k j j =
(2)n j =1 0

1
0

Quindi, separatamente per le parti reale ed immaginaria,

Z
Z
1
d () sink, = 0,
d () cosk, =
0
n
n
T
T

se k = 0,
se k 6= 0.

se k = 0,
se k 6= 0.

Essendo la media spaziale unoperazione lineare sulle funzioni, concludiamo


che, se P N definito come in (3.26),
(P N ) = a 0 .

(3.27)

Sappiamo ora per ipotesi che se k 6= 0 allora k, 6= 0. Quindi, per ogni Tn e


k 6= 0,
Z
Z
t
e i k, T
e i k, e i k,T 1
1 T
d t e i k, () =
d t e i k,t =
.
T 0
T
i k,
T
0

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74

F LUSSI HAMILTONIANI

Poich |e i k,T 1| 2, ne segue che


Z
t
1 T
lim
d t e i k, () = 0
T T 0

Tn k 6= 0.

Questo significa che, separatamente le parti reale ed immaginaria della media


temporale sono nulle:
Z
Z
1 T
1 T
t
t
lim
d t cosk,
d t sink,
() = lim
() = 0 Tn k 6= 0.
T T 0
T T 0
Analogamente a sopra, per la linearit della media temporale, concludiamo che
se P N definito come in (3.26),
Z
t

1 T
d t P N
() = a 0 .
(3.28)
lim
T T 0
Dalle (3.27), (3.28), vista larbitrariet nella scelta di P N (ed N ), concludiamo che
il limite (3.25) dimostrata per linsieme dei polinomi trigonometrici.
Per estendere il risultato allinsieme delle funzioni continue sul toro, utilizziamo un teorema classico dellanalisi, il teorema di Stone-Weierstrass, di cui non
daremo la dimostrazione. Nel presente contesto esso stabilisce che linsieme dei
polinomi trigonometrici denso nello spazio lineare C (Tn ) delle funzioni reali
continue sul toro, dotato della struttura di spazio di Banach rispetto alla norma
uniforme:
.
k f k = sup | f ()|, f C (Tn ).
Tn

Questo significa che, fissata una qualsiasi funzione f C (Tn ), per ogni > 0
esiste un polinomio P N (per un qualche N ) tale che k f P N k < .
Dimostriamo dunque il limite (3.25) per una funzione f C (Tn ). Fissato >
0, esiste un polinomio trigonometrico P N tale che k f P N k < /3. Stimiamo
allora:
Z

1 Z T
t

t
1 T

d t f () ( f )
d t | f
() P N
() |

T 0
T 0
1 Z T

t
+
d t P N
() (P N ) + |(P N ) ( f )|.
T 0
Ovviamente, per ogni Tn e T > 0,
Z
t

1 T
d t | f
() P N
() | k f P N k < ,
T 0
3
e, analogamente,
|(P N ) ( f )|

d () | f () P N ()| k f P N k < .
3
Tn

Daltra parte, avendo dimostrato la (3.25) per i polinomi trigonometrici, sappiamo esistere T > 0 tale che
1 Z T

t

d t P N
() (P N ) <
T > T .

T 0
3

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3.6 M OTO CONDIZIONATAMENTE PERIODICO

75

Quindi, in definitiva,
1 Z T

d t f
() ( f ) <

T 0

T > T ,

che, vista larbitrariet di , dimostra il limite (3.25) per f continua.


Consideriamo infine il caso in cui f integrabile secondo Riemann. noto
che in tal caso f approssimabile con funzioni continue nel seguente senso. Per
ogni fissato > 0, esistono due funzioni continue f 1 ed f 2 tali che
f1 < f < f2,

( f 2 f 1 ) < .

Possiamo allora stimare, per ogni T > 0 e Tn ,


Z
Z

t
t

1 T
1 T
() ( f )
d t f 1
d t f
() ( f 2 )
T 0
T 0
Z
t

1 T

d t f 2
() ( f 1 ).
T 0
Applicando la (3.25) alle funzioni continue f 1 ed f 2 , nel limite T troviamo
Z
t

1 T
d t f
() ( f )
( f 2 f 1 ) lim inf
T T 0
Z
t

1 T
d t f
() ( f )
lim sup
T T 0
( f 2 f 1 ),
da cui
( f ) < lim inf
T

1
T

Z
0

t
1
() lim sup
d t f
T T

Z
0

t
() < ( f ) +
d t f

che, vista larbitrariet di , dimostra la (3.25) per f integrabile secondo Riemann.



O SSERVAZIONE 3.6. evidente che il teorema della media si pu enunciare
in modo simmetrico rispetto allevoluzione nel futuro e nel passato, ovvero:
Z T
t

1
lim
d t f
() = ( f ).
(3.29)
T 2T T
Per dimostrare la (3.29) infatti sufficiente osservare che
Z T
Z
Z
t
1h 1 T
t
1 T
t
i
1
d t f
() =
d t f
() +
d t f
()
2T T
2 T 0
T 0
t
ed applicare separatamente la (3.25) ai flussi
.

C OROLLARIO 3.9. Se le frequenze sono razionalmente indipendenti ogni trat


iettoria del flusso
uniformemente distribuita sul toro Tn .

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76

F LUSSI HAMILTONIANI

D IMOSTRAZIONE . Consideriamo un insieme A Tn che sia misurabile set


() spende
condo Jordan. Indichiamo con A (, T ) il tempo che la traiettoria
in A nel tempo [0, T ]. Per definizione si ha
Z T
t
A (, T ) =
d t 1I A (
()),
0

da cui, per il teorema della media,


lim

A (, T )
= (A).
T

t
Quindi il tempo medio di soggiorno nellinsieme A della traiettoria
() pari
alla misura (A) di A, il che dimostra lasserto.


C OROLLARIO 3.10. Se le frequenze sono razionalmente indipendenti ogni ort


bita del flusso
densa nel toro Tn .
t
D IMOSTRAZIONE . Supponiamo per assurdo che lorbita () = {
() : t
n
t
R} non sia densa. Quindi esistono 1 T ed > 0 tali che | () 1 | >
per ogni t R. Indicando con B la palla di raggio /2 e centro 1 , si ha ovviamente B (, T ) = 0 per ogni T > 0, cosicch nullo il tempo medio di soggiorno: limT B (, T )/T = 0. Daltra parte (B ) > 0, in contraddizione con il
corollario precedente.


Consideriamo ora il caso in cui le frequenze non sono razionalmente indipendenti. Esistono allora vettori non nulli k Zn tali che k, = 0. La relazione k, = 0 detta relazione di risonanza per ed il corrispondente vettore
k detto vettore risonante per . In questo caso le orbite non possono essere
distribuite uniformemente sul toro, anzi nemmeno densamente. Esistono infatti integrali primi del moto non costanti su Tn , precisamente ogni funzione
F : Tn R della forma F () = f (k, ) con f : R R e k Zn risonante con . In
effetti, essendo in tal caso k, = 0,
t

F
() = f k, + t = f k, + k, t = f k, = F ().
Studiamo pi in dettaglio il caso del toro bidimensionale. Se le frequenze
sono razionalmente dipendenti, esistono due interi k 1 , k 2 non entrambi nulli tali
che k 1 1 +k 2 2 = 0. Senza perdita di generalit assumiamo che k 2 6= 0, cosicch
2 = k 1 1 /k 2 . Vi sono ora due possibilit. Se 1 = 0 allora necessariamente
2 = 0 e quindi ogni punto sul toro una posizione di equilibrio. Se invece
1 6= 0, sia = 2k 2 /1 . Allora, per ogni T2 e t R,
k 1 1
2k 2
t +
t
t
1 ,

() =
() + =
() +
1
k2
t
=
() + 2(k 2 , k 1 )
t
=
() mod 2,

ovvero ogni orbita chiusa e corrisponde ad un moto periodico sul toro.

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3.6 M OTO CONDIZIONATAMENTE PERIODICO

77

Nel caso generale del toro Tn con n > 2 la situazione la seguente. Linsieme
dei vettori risonanti per , detto reticolo risonante, che indichiamo con R , forma un sottogruppo di Zn . Essendo un sottogruppo discreto di Rn , esso ammette
r vettori linearmente indipendenti (per qualche r n), tali che R costituito
dallinsieme di tutte le combinazioni lineari a coefficienti interi di tali vettori. Si
dice in tal caso che possiede r risonanze indipendenti, ed il numero r detto molteplicit della risonanza. Sussiste allora il seguente risultato, di cui non
diamo la dimostrazione.
T EOREMA 3.11. Se le frequenze possiedono r vettori risonanti indipendenti,
t
la chiusura delle traiettorie del flusso
su Tn una superficie di dimensione
(n r ), diffeomorfa al toro Tnr .
Lidea della prova consiste nel costruire una matrice intera D (quindi D i , j
Z) con det D = 1, tale che
.
= D = (0, . . . , 0,
r +1 , . . .
n ) con (
r +1 , . . .
n ) razionalmente indipendenti.

La matrice D definisce allora un diffeomorfismo sul toro. Infatti sia D che D 1


sono matrici intere, per cui se x, y Rn sono tali che x = y mod 2 (ovvero definiscono lo stesso punto del toro Tn = Rn /(2Z)n ), allora si ha anche D x = D y
mod 2, D 1 x = D 1 y mod 2.
) = (0)+

si svolge sulla superficie


Ora, nelle coordinate = D, il moto (t
t
n
{ T : i = i (0) i = 1, . . . , r }, isomorfa al toro Tnr , con distribuzione unifor r +1 , . . .
n ). Il toro
me per il teorema della media ivi applicato alle frequenze (
n
nr
T risulta quindi foliato in superfici invarianti (i tori T
ottenuti variando i
dati iniziali 1 (0), . . . , r (0)), dove il moto ergodico.
O SSERVAZIONE 3.7. Il teorema della media vale anche nel caso delle traslazioni sul toro. Precisamente, assegnato = (1 , . . . , n ) Tn , consideriamo la
mappa
g : Tn Tn : g () = + mod 2.
Supponiamo che i numeri (1 , . . . , n , 2) siano razionalmente indipendenti, ovvero che
k, 6= 2q
(k, q) Zn Z : k 6= 0.
(3.30)
Allora, per ogni funzione f integrabile secondo Riemann e per ogni Tn , si ha:
N

1 X
f g s () = ( f ).
N N s=0

lim

(3.31)

Osserviamo infatti che, per lipotesi di indipendenza, e i k, 6= 1 per ogni vettore


non nullo k Zn . Allora, se k 6= 0,
N
N
s
1 X
e i k, 1 e i k,(N +1)
e i k, X
e i k,g () =
e i k,s =
,
N s=0
N s=0
N
1 e i k,

da cui

N
s
1 X
e i k,g () = 0
N N s=0

lim

Tn k 6= 0.

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78

F LUSSI HAMILTONIANI

Ne segue la validit del limite (3.31) per i polinomi trigonometrici, da cui, ragionando per approssimazioni come nella dimostrazione del Teorema 3.8, si
ottiene il risultato per ogni f integrabile.
E SEMPIO 3.11. Il seguente problema, che si trova proposto in vari libri di Arnold, un esempio di una applicazione del teorema della media in un contesto
non hamiltoniano. Consideriamo la successione dei numeri 2n ,
1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, . . .
e costruiamo quella delle prime cifre di tali numeri,
1, 2, 4, 8, 1, 3, 6, 1, 2, . . .
Ci chiediamo quali sono le cifre che appaiono pi frequentemente. In effetti
possiamo fornire una risposta molto precisa. Indicando con (k, N ), k = 1, . . . , 9,
il numero di volte che la cifra k appare nei primi N termini, dimostriamo che
esiste il limite

1
(k, N )
= log10 1 + .
p k = lim
N
N
k
Osserviamo a tal scopo che un intero n per il quale il numero 2n ha come prima
cifra k deve soddisfare la condizione
r N tale che k 10r 2n < (k + 1) 10r ,
ovvero
r N tale che 2 log10 k + 2r n 2 log10 2 < 2 log10 (k + 1) + 2r,
che, posto k = 2 log10 k, possiamo riscrivere nella forma
n 2 log10 2 [k , k+1 ) mod 2.
In altri termini, considerata la traslazione g : T1 T1 con = 2 log10 2, deve
aversi g n (0) [k , k+1 ). Quindi (k, N ) il numero di volte che la traiettoria
j
g (0) = j visita lintervallo [k , k+1 ) nei primi N passi. Dallequazione (3.31)
applicata alla funzione indicatrice dellintervallo [k , k+1 ) segue allora che

k+1 k
(k, N )
1
lim
= [k , k+1 ) =
= log10 1 + .
N
N
2
k
3.7. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento al seguente testo.
1) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.

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CAPITOLO 4

Trasformazioni canoniche ed integrabilit


4.1. Trasformazioni simplettiche
Consideriamo un cambiamento di coordinate nello spazio delle fasi. Indichiamo con x le vecchie coordinate, definite in un dominio U R2n e con y le
nuove, definite in un dominio W R2n . Sia quindi : W U la legge di trasformazione che fornisce le vecchie coordinate in funzione delle nuove, x = (y).
La struttura delle equazioni di Hamilton non intrinseca, ovvero esse non sono
invarianti in forma rispetto ad una qualsiasi trasformazione . Si pone quindi il
problema di caratterizzare le trasformazioni con tale propriet. In altri termini,
t ,t
se H 0 il gruppo a due parametri associato al campo J x H (x, t ), quali sono le
t ,t
trasformazioni di coordinate per le quali 1 H 0 ancora una dinamica
hamiltoniana in W ? Pi in particolare, cerchiamo le trasformazioni tali che
t ,t
t ,t
1 0 = 0 con H (y, t ) = H ((y), t ), ovvero la nuova hamiltoniana H
H

coincide con la vecchia hamiltoniana espressa nelle nuove coordinate.


D EFINIZIONE 4.1. La trasformazione : W U detta simplettica o strettamente canonica se per ogni funzione di Hamilton H : U R R le equazioni
x = J x H (x, t ), x U , sono equivalenti alle equazioni y = J y H (y, t ), y W ,
t ,t
t ,t
dove H (y, t ) = H ((y), t ), ovvero H 0 = 0 .
H

Pi in generale, una trasformazione viene detta canonica se per ogni hat ,t


t ,t
miltoniana H si ha H 0 = K 0 con K non necessariamente uguale ad
H = H . Un risultato notevole, di cui non daremo la dimostrazione, che per
ogni trasformazione canonica esiste un numero reale c, detto valenza di e
dipendente unicamente da , tale che K = c H per ogni hamiltoniana H . Le trasformazioni simplettiche rappresentano quindi la sottoclasse delle trasformazioni canoniche di valenza c = 1 (per tale motivo esse sono anche dette trasformazioni univalenti). Il risultato sopra citato mostra che considerare unicamente
queste ultime non muta in modo profondo la nozione di trasformazione canonica. In particolare, si osservi che se H non dipende esplicitamente dal tempo,
la sua moltiplicazione per una fattore costante c si compensa con un semplice
riscalamento dei tempi: ct H = ct
H.
Cerchiamo ora una prima condizione equivalente di simpletticit. Ricordando la legge di trasformazione dei campi vettoriali, perch sia simplettica
necessario e sufficiente che
D(y)J y H (y, t ) = J x H ((y), t )
79

y W,

80

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

dove x H ((y), t ) significa che il gradiente x H (x, t ) calcolato in x = (y).


Poich H (y, t ) = H ((y), t ) si ha
2n H
X

H
k
(y, t ) =
(y) = D(y)T x H ((y), t ) i ,
((y), t )
y i
y i
k=1 x k

per cui occorre richiedere


D(y)J D(y)T x H ((y), t ) = J x H ((y), t )

y W.

Vista larbitrariet di H concludiamo che condizione necessaria e sufficiente perch la trasformazione sia simplettica che si abbia
D(y)J D(y)T = J

y W.

(4.1)

Osserviamo che la (4.1) una condizione algebrica che deve essere soddisfatta dalla matrice jacobiana della trasformazione . In generale, diciamo
che A, matrice di ordine 2n, simplettica se A J A T = J . Chiaramente, essendo det J = 1, se A simplettica allora (det A)2 = 1 e quindi A non singolare.
Inoltre anche A 1 simplettica essendo A 1 J A T = A 1 A J A T A T = J . Analogamente si dimostra che il prodotto di matrici simplettiche una matrice simplettica, cosicch linsieme Sp(2n) delle matrici simplettiche forma un sottogruppo del gruppo GL(2n) delle matrici 2n 2n non singolari. Osserviamo infine che, essendo J 2 = 1I e J T = J = J 1 , invertendo la relazione A 1 J A T = J
otteniamo A T J A = J . Dunque anche la trasposta di una matrice simplettica
simplettica. In particolare, la condizione di simpletticit per la matrice A pu
equivalentemente scriversi nella forma A T J A = J .
Dunque condizione necessaria e sufficiente perch la trasformazione sia
simplettica che D(y) sia una matrice simplettica per ogni y W . Unindagine
pi accurata mostra che in realt det A = 1 per ogni A Sp(2n). In particolare le
trasformazioni simplettiche conservano il volume e lorientamento dello spazio
delle fasi.
Se n = 1 si verifica immediatamente che

0
det A
T
AJ A =
,
det A
0
cosicch la condizione di simpletticit in tal caso equivalente a richiedere che
det A = 1. Ne segue che nello spazio delle fasi U R2 , la conservazione dellarea
e dellorientamento condizione necessaria e sufficiente perch una trasformazione sia simplettica.
Cambiamo ora punto di vista e vediamo cosa significa la condizione di simpletticit in termini di parentesi di Poisson. Nel seguito indichiamo con x =
(q, p) le coordinate nello spazio delle fasi U e scriviamo y = (Q, P ) per le nuove
coordinate in W . Per non appesantire la notazione non introduciamo nuove lettere per indicare la dipendenza delle (q, p) dalle (Q, P ) (e viceversa), scrivendo

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4.1 T RASFORMAZIONI SIMPLETTICHE

81

semplicemente:
(

(q, p) = (Q, P )

q = q(Q, P )
p = p(Q, P )

(Q, P ) = 1 (q, p)

(
Q = Q(q, p)

P = P (q, p)

Per ogni F : U R sia F = F la sua espressione nelle nuove coordinate,


dunque F (y) = F (Q, P ) = F ((y)) = F (q(Q, P ), p(Q, P )).
Assegnate due funzioni F,G : U R ed una trasformazione , rimangono
definite le parentesi di Poisson
{F,G} = {F,G}q,p =

n h F G
X
F G i

,
p i q i
i =1 q i p i

e le corrispondenti nelle nuove coordinate


= {F , G}
Q,P =
{F , G}

n h F G

X
F G i

,
P i Q i
i =1 Q i P i

(utilizzeremo talvolta la notazione {, }q,p per mettere in evidenza il sistema di


coordinate rispetto al quale si calcolano le derivate).
Mostriamo ora che condizione necessaria e sufficiente perch la trasformazione sia simplettica che le parentesi di Poisson siano conservate:
= {F,G}
{F , G}

F,G,

(4.2)

ovvero {F , G}(Q,
P ) = {F,G}((Q, P )).
Per dimostrare tale affermazione osserviamo che

{F , G}(y)
= L J y G F (y) = y F (y), J y G(y)
= D(y)T x F ((y)), J D(y)T x G((y))
= x F ((y)), D(y)J D(y)T x G((y)).
Daltra parte {F,G} (y) = x F ((y)), J x G((y)), cosicch, vista larbitrariet nella scelta delle funzioni F,G, lidentit (4.2) equivalente alla (4.1).
In particolare sono conservate le parentesi di Poisson fondamentali, ovvero
le relazioni
{q i , q j } = 0,

{p i , p j } = 0,

{q i , p j } = i , j

i , j = 1, . . . , n.

(4.3)

La validit di tali relazioni evidente qualora le parentesi di Poisson siano calcolate rispetto alle coordinate (q, p) medesime, ovvero se {, } = {, }q,p . La simpletticit della trasformazione (q, p) = (q(Q, P ), p(Q, P )) implica invece che tali
relazioni sussistono anche se {, } = {, }Q,P (ovvero calcolando {q i , q j }, {p i , p j },
{q i , p j } con q i = q i (Q, P ), p i = p i (Q, P )).
In effetti la conservazione delle parentesi di Poisson fondamentali condizione anche sufficiente per la simpletticit di una trasformazione. Osserviamo a
tal scopo che, per ogni F,G ed ogni trasformazione di coordinate (Q, P ) = (q, p)

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82

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

si ha:
h F
n h F G i
X
{q i , q j }Q,P +
q i
i , j =1 q i q j (Q,P )
h F
n h F G i
X
+
{p i , q j }Q,P +
p i
i , j =1 p i q j (Q,P )

{F , G}(Q,
P) =

G i
{q i , p j }Q,P
p j (Q,P )
G i
{p i , p j }Q,P .
p j (Q,P )

Ne segue che se la trasformazione conserva le parentesi di Poisson fondamen


tali allora {F , G}(Q,
P ) = {F,G}((Q, P )) per ogni F,G, dunque simplettica.
Equivalentemente, essendo

q q
Q P

D(y) =
p p ,
Q

sviluppando la condizione di simpletticit (4.1) si verifica che essa equivale alle


condizioni (4.3).
Vediamo ora alcuni esempi.
E SEMPIO 4.1. Consideriamo una trasformazione affine (y) = y + a con
a R2n e matrice di ordine 2n che assumiamo a blocchi di ordine n della
forma

A
0
=
.
C A T
Essendo D(y) = , la condizione di simpletticit diventa

A
0
0 1I A T C T
0 1I
=
,
1I 0
C A T 1I 0
0 A 1
ovvero

0
1I
0 1I
=
,
1I 0
1I C A 1 A T C T

da cui segue che simplettica se la matrice C A 1 simmetrica (ad esempio


se C = 0).
Un caso particolare delle precedenti trasformazioni dato dal riscalamento
delle variabili q i = i Q i , p i = 1
P i con i 6= 0 per ogni i = 1, . . . , n.
i
E SEMPIO 4.2. Vogliamo estendere le trasformazioni di coordinate puntuali
q = f (Q) (nello spazio delle configurazioni) a trasformazioni simplettiche nello spazio delle fasi. Una possibile estensione canonica si ottiene ponendo p =
D f (Q)T P . Dunque (Q, P ) = ( f (Q), D f (Q)T P ), da cui

D f (Q)
0
D(Q, P ) =
.
Q [D f (Q)T P ] D f (Q)T

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4.1 T RASFORMAZIONI SIMPLETTICHE

83

DallEsempio 4.1 la simpletticit di rimane verificata se dimostriamo che la


matrice Q [D f (Q)T P ]D f (Q)1 simmetrica. A tal scopo osserviamo che

Q [D f (Q)T P ] i , j

=
=

n f 1

X
k
1
T
[D f ( f (Q)) P ]i =
( f (Q))P k
Q j
Q j k=1 q i
n
X

2 f k1

k,h=1 q i q h

( f (Q)) P k

= D q q f 1 (q), P

fh
(Q)
Q j

D f (Q)

q= f (Q)

,
i,j

1
dove D q q f 1 (q), P la matrice hessiana della
funzione f (q), P . Ne segue

che Q [D f (Q)T P ]D f (Q)1 = D q q f 1 (q), P


, matrice simmetrica.
q= f (Q)

Questa estensione canonica delle trasformazioni puntuali coerente con la


definizione dei momenti cinetici in meccanica lagrangiana. Infatti, per la propriet di invarianza in forma delle equazioni di Lagrange, le equazioni del mo scritte nelle nuove variabili Q =
to corrispondenti ad una lagrangiana L(q, q)
1

=
f (q) sono le equazioni di Lagrange corrispondenti alla lagrangiana L(Q,
Q)

L( f (Q), D f (Q)Q). Dunque i corrispondenti momenti cinetici sono legati dalla


relazione
P=

L
L
= D f (Q)T
= D f (Q)T p
(Q, Q)
( f (Q), D f (Q)Q)

q
Q

ovvero p = D f (Q)T P .
Daltra parte questo non lunico possibile completamento. Si pu ad esempio verificare che la trasformazione
(
v j
q = f (Q)
v i
=
i , j = 1, . . . , n
con v(Q) tale che
T
Q j Q i
p = D f (Q) [P + v(Q)]
simplettica.
E SEMPIO 4.3. Un esempio di traformazione canonica che sicuramente non
estende alcuna trasformazione puntuale (Q, P ) = (P, Q), che simplettica
poich D(Q, P ) = J e J simplettica (J J J T = J 3 = J ).
E SEMPIO 4.4. Fissato > 0 consideriamo la trasformazione (q, p) = (, I )
tale che
(
p
q = 2I / cos
1
2
p
: S (0, ) R \ {(0, 0)} :
p = 2I sin
Per verificarne la simpletticit calcoliamo le parentesi di Poisson fondamentali.
Dobbiamo verificare che
{q, q},I = 0,

{p, p},I = 0,

{q, p},I = 1.

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84

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

Le prime due sono ovvie per lantisimmetria delle parentesi di Poisson. Infine
s
r
q p q p
2I

{q, p},I =

=
sin
sin
I
I

2I
r
p
1
cos 2I cos = 1.
+
2I
Le variabili (, I ) sono dette variabili angolo-azione per loscillatore armonico di
frequenza . In effetti, se
s
k
p2 k 2
+ q ,
=
,
H (q, p) =
2m 2
m
p p
riscalando canonicamente (q, p) = (Q/ m, mP ) si ottiene
P 2 2 2
+
Q ,
2
2
p
p

da cui, ponendo (Q, P ) = 2I / cos , 2I sin , si ottiene infine lhamiltoniana


H (, I ) = I
H (Q, P ) =

cui associata levoluzione


(
=
I = 0

(
(t ) = 0 + t

I (t ) = I 0

La variabile di azione I ha un significato geometrico preciso. Osserviamo infatti


che, detta A(E ) larea della regione limitata del piano delle fasi (q, p) racchiusa
dallellisse di equazione H (q, p) = E , si ha A(E ) = 2E /, cosicch I = E / =
A(E )/2 (vedi pi avanti lEsempio 4.6).
E SEMPIO 4.5. Consideriamo ora un sistema di n oscillatori armonici accoppiati, ovvero una sistema lagrangiano di lagrangiana
1
1
A q
q, B q,
= q,
L(q, q)
2
2
n
con q, q R ed A, B matrici simmetriche definite positive. I momenti cinetici
associati sono p = A q da cui ricaviamo lhamiltoniana
1
1
H (q, p) = p, A 1 p + q, B q.
2
2
Come noto la coppia di forme quadratiche pu essere posta in forma diagonale
simultaneamente. Brevemente: sia U la matrice ortogonale che diagonalizza la
matrice simmetrica = A 1/2 B A 1/2 . Gli autovalori di , radici dellequazione
det(B A) = 0, sono positivi e li denotiamo con 2i , i = 1, . . . , n. Dunque =
U T DU con D i , j = 2i i , j . Introduciamo ora le nuove coordinate (Q, P ) tali che:
(

1
q = U A 1/2 Q = A 1/2U T Q

T
p = U A 1/2 P = A 1/2U T P

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4.1 T RASFORMAZIONI SIMPLETTICHE

85

La traformazione (q, p) (Q, P ) simplettica (vedi Esempio 4.1) e lhamiltoniana nelle nuove variabili diventa
n P2
X
2
i
H (Q, P ) = H (A 1/2U T Q, A 1/2U T P ) =
+ i Q i2 .
2
i =1 2
Introduciamo infine le variabili angolo-azione attraverso la trasformazione simplettica (Q, P ) = (, I ) con
(
p
Q i = 2I i /i cos i
n
n
: T (0, ) W :
i = 1, . . . , n,
p
P i = 2i I i sin i
con W = {(Q, P ) R2n : P i2 +Q i2 > 0 i = 1, . . . , n}. In tali variabili lhamiltoniana
assume la forma
n
X
H (, I ) = , I =
I .
i i

i =1

Quindi su ciascun insieme di livello delle azioni I il moto degli angoli quasi periodico con frequenze = (1 , . . . , n ) indipendenti dal livello (oscillazioni
isocrone).
E SEMPIO 4.6. Costruiamo infine le variabili angolo-azione per un sistema
unidimensionale conservativo di energia potenziale U (q) che, senza perdere di
generalit, assumiamo definita su tutto lasse reale. Dunque:
p2
+U (q),
(q, p) R2 .
2
Supponiamo che q 0 R sia un punto di minimo dellenergia potenziale con
U 00 (q 0 ) > 0. In particolare q 0 un punto critico isolato di U , cosicch, posto
E 0 = U (q 0 ), esistono un intorno K di q 0 ed un valore E 1 > 0 dellenergia tali che
le curve
E = {(q, p) : q K , H (q, p) = E }, E 0 < E < E 1 ,
H (q, p) =

sono chiuse, diffeomorfe a circonferenze e simmetriche rispetto allasse p = 0.


Inoltre la regione dello spazio delle fasi
[
D = {(q, p) : q K , E 0 < H (q, p) < E 1 } =
E
E 0 <E <E 1

un dominio invariante rispetto alla dinamica, dove hanno luogo moti periodici
attorno a q 0 , le cui orbite sono esattamente le curve E .
Analogamente a quanto fatto per loscillatore armonico, vogliamo ora determinare delle variabili angolo-azione (, I ) per descrivere i moti periodici in
D. Siano q (E ) < q 0 < q + (E ), E 0 < E < E 1 , le intersezioni di E con lasse p = 0,
quindi U (q (E )) = E . Indichiamo con T (E ) il periodo del moto sulla curva E ,
Z q+ (E )
d
.
T (E ) = 2
p
q (E )
2(E U ())
Consideriamo
p
la semiretta S = {(q 0 , p) : p > 0} che interseca E nel punto x E =
q 0 , 2(E E 0 ) . Sia quindi : D R la variabile cos definita: se H (q, p) = E

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86

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

allora
Z q
d

q0
2(E U ())

Z q+ (E )
Z q+ (E )
d
d
+
p
p
(q, p) =

q
q0
2(E U ())
2(E U ())

Z q0

T
(E
)

q
2(E U ())

se p 0, q q 0 ,

se p < 0,

se p 0, q < q 0 .

In altri termini (q, p) il minor tempo positivo necessario per spostarsi dal
punto x E sulla semiretta S al punto (q, p); in particolare 0 (q, p) < T (H (q, p)).
Rimane in tal modo definita la trasformazione di coordinate
(
= (q, p)
(q, p) (, E ) :
E = H (q, p)
del dominio D su {(, E ) : 0 < T (E ), E 0 < E < E 1 }. Sia (q, p) = (, E ) la trasformazione inversa. Ovviamente (T (E ), E ) = (0, E ), cosicch possibile prolungare la trasformazione per periodicit (di periodo T (E )) a tutti i valori R. Corrispondentemente il tempo diventa una funzione multivoca di (q, p), definita
a meno di multipli del periodo T (E ). La trasformazione simplettica. Per mostrarlo conviene verificare equivalentemente che 1 simplettica, calcolando
le parentesi di Poisson fondamentali. Le uguaglianze {E , E }q,p = {, }q,p = 0 sono evidenti. Daltra parte {, E }q,p = {, H }q,p = per la definizione stessa di parentesi di Poisson; ma = 1 essendo (q, p) il tempo di percorrenza sullorbita
passante per (q, p).
Nelle variabili (, E ) lhamiltoniana assume la forma semplicissima H (, E ) =
E , ma non sono ancora le variabili angolo-azione cercate poich non un
angolo ed il suo periodo dipende da E . Per ottenere un angolo definiamo

.
(, E ) = 2
T (E )

Dobbiamo ora determinare una variabile I = I (E ) in modo tale che la trasformazione (, E ) (, I ) sia canonica. Infatti in tal caso la trasformazione composta
(q, p) (, E ) (, I ) canonica e lhamiltoniana diventa H (, I ) = h(I ) con
h(I ) la funzione inversa di I (E ): h(I (E )) = E . Ne segue che il sistema hamiltoniano nelle variabili (, I ) si scrive
(
= (I ),
(I ) = h 0 (I ),
I = 0,
dunque (, I ) sono le variabili angolo-azione cercate. Per determinare I dobbiamo richiedere che {, I },E = 1. Poich richiediamo I indipendente da , questa
condizione diventa
0
2 0
T (E )
{, I },E =
I (E ) =
I (E ) = 1 I 0 (E ) =
.

T (E )
2

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4.2 C ONSERVAZIONE DELLA 1- FORMA DI L IOUVILLE E FUNZIONI GENERATRICI

87

ora facile verificare che T (E ) = A 0 (E ) essendo A(E ) larea della regione limitata
del piano delle fasi (q, p) racchiusa dalla curva E . Dunque possiamo scegliere
I
Z
p
A(E )
1
1 q+ (E )
I (E ) =
=
p dq =
d q 2(E U (q)).
2
2 E
q (E )
La funzione I (E ) monotona crescente con I (0) = 0. In definitiva, la trasformazione cercata (q, p) (, I )
I
(q, p)
1

(q, p) = 2
,
I (q, p) =
p d q.
T (H (q, p))
2 H (q,p)
4.2. Conservazione della 1-forma di Liouville e funzioni generatrici
Esiste unulteriore caratterizzazione delle trasformazioni simplettiche, basata sul comportamento, sotto lazione di questultime, di una particolare forma
differenziale. Precisamente, consideriamo la forma
p dq =

n
X

p i d qi ,

i =1

detta 1-forma di Liouville.


T EOREMA 4.2. Condizione
necessaria

e sufficiente perch la trasformazione


di coordinate (q, p) = q(Q, P ), p(Q, P ) sia simplettica che la 1-forma di Liouville sia preservata a meno di un differenziale totale, ovvero che esista, almeno
localmente, una funzione F (Q, P ) tale the
p d q P dQ = d F

(4.4)

ovvero, pi esplicitamente,
n q
X
F
k
pk Pi =
,
Q i
k=1 Q i

n q
X
F
k
pk =
P i
k=1 P i

i = 1, . . . , n.

(4.5)

D IMOSTRAZIONE . Utilizziamo nel seguito la notazione x = (q, p), y = (Q, P )


per le vecchie e nuove coordinate e
A(z), d z =

2n
X

A i (z) d z i ,

z = x, y,

i =1

per le forme differenziali. Sia infine x = (y) la trasformazione di coordinate.


Osserviamo ora che
J x, d x J y, d y =

p d q q d p P dQ +Q d P
hX
n

i
= 2 p d q P dQ d
q k p k Q k P k ,
k=1

da cui
p d q P dQ =

n
1 hX
i
1
J x, d x J y, d y + d
q k p k Q k P k .
2
2 k=1

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88

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

Ne segue che la forma p d q P dQ esatta se e soltanto se la forma J x, d x


J y, d y esatta. Daltra parte
J x, d x J y, d y = J (y), D(y)d y J y, d y = D(y)T J (y) J y, d y.
Dunque J x, d x J y, d y = v(y), d y con v(y) = D(y)T J (y) J y. Come
noto, condizione necessaria e sufficiente perch v(y), d y sia localmente esatta
che il campo vettoriale v(y) abbia rotore nullo:
rot v(y) = 0

v j
v i
(y) =
(y),
y j
y i

ovvero che la matrice jacobiana di v sia simmetrica, D v(y) = D v(y)T . Si ha ora

D v(y) = D D(y)T J (y) + D(y)T J D(y) J


con

2 k
(y) J k,h h (y)
k,h=1 y i y j

2n
X

D D(y)T J (y) i , j =

matrice simmetrica. Viceversa la matrice D(y)T J D(y) J antisimmetrica


poich, essendo J T = J ,

T
D(y)T J D(y) J = D(y)T J T D(y) J T = D(y)T J D(y) J .
Concludiamo che condizione necessaria e sufficiente perch la forma J x, d x
J y, d y sia esatta che D(y)T J D(y) J = 0, ovvero che sia simplettica. 
Abbiamo quindi dimostrato che la simpletticit della trasformazione equivale alla condizione (4.4), detta condizione di Lie. La funzione F che vi appare
dipende dalla trasformazione ed definita localmente. Ovviamente, se ci restringiamo a domini semplicemente connessi, allora F rimane definita globalmente.
Il Teorema 4.2 permette di sviluppare un metodo, detto delle funzioni generatrici, per produrre trasformazioni canoniche. Il punto di partenza la semplice osservazione che la condizione (4.4), essendo unidentit differenziale, non
dipende dalla particolare scelta delle 2n variabili indipendenti. Quindi, accanto
alle (4.5), possiamo potenzialmente sviluppare la (4.4) rispetto a variabili miste, ovvero parte delle vecchie e parte delle nuove, purch la trasformazione in
esame ammetta la scelta di tali variabili come coordinate indipendenti.
Iniziamo con il considerare la classe delle trasformazioni simplettiche tali
che

q
(Q, P ) 6= 0,
P
dette trasformazioni libere o di prima specie. La condizione di non singolarit
richiesta permette di esplicitare, almeno localmente, la variabile P nella relazio
ne q = q(Q, P ), ottenendo P = P (q,Q) e quindi p = p(Q, P (q,Q)) = p(q,Q).
In
definitiva possiamo utilizzare localmente come variabili indipendenti la coppia
(q,Q). Posto ora S 1 (q,Q) = F (Q, P (q,Q)), la relazione (4.4) diventa
det

p(q,Q)
d q P (q,Q) dQ = d S 1 (q,Q)

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4.2 C ONSERVAZIONE DELLA 1- FORMA DI L IOUVILLE E FUNZIONI GENERATRICI

89

e dunque

S 1
S 1

(q,Q) = p(q,Q),
(q,Q) = P (q,Q).
q
Q
Questo suggerisce che possiamo generare trasformazioni libere mediante opportune funzioni reali di 2n variabili:

P ROPOSIZIONE 4.3. Sia S 1 = S 1 (q,Q) una funzione reale regolare delle 2n


variabili (q,Q) tale che
2 S 1
det
(q,Q) 6= 0.
qQ
Allora le posizioni
S 1
S 1
p=
(q,Q),
P =
(q,Q),
q
Q
generano localmente una trasformazione libera che verifica la condizione di Lie
(4.4) con F (Q, P ) = S 1 (q(Q, P ),Q).
D IMOSTRAZIONE . Lipotesi di non singolarit permette di esplicitare localmente q = q(Q, P ) dalla relazione che definisce le variabili P . Sostituendo nella definizione delle variabili p troviamo inoltre p = p(Q, P ). La trasformazione
(q, p) (Q, P ) cos ottenuta ha le propriet asserite essendo, per costruzione,
p(Q, P ) d q(Q, P ) P dQ = d S 1 (q(Q, P ),Q) = d F (Q, P ).


Le trasformazioni libere non includono trasformazioni importanti, quali le
trasformazioni puntuali estese ai momenti discusse nellEsempio 4.2. Infatti in
tal caso q = q(Q, P ) = f (Q), cosicch lesplicitazione P = P (q,Q) impossibile.
Introduciamo allora una diversa classe di trasformazioni simplettiche, dette di
seconda specie, definite dalla condizione
det

q
(Q, P ) 6= 0.
Q

Questo permette di esplicitare la variabile Q nella relazione q = q(Q, P ), otte P ) e quindi p = p(Q(q,Q),

P ). Possiamo ora utiliznendo Q = Q(q,


P ) = p(q,
zare localmente come variabili indipendenti la coppia (q, P ). Riscrivendo la
condizione (4.4) nella forma

n
X
p d q +Q d P = d F +
Qk Pk
k=1

e ponendo
P ), P ) +
S 2 (q, P ) = F (Q(q,

n
X

Q k (q, P )P k ,

k=1

otteniamo
P ) d P = d S 2 (q, P )
P ) d q + Q(q,
p(q,
e dunque

S 2
P ),
(q, P ) = p(q,
q

S 2
P ).
(q, P ) = Q(q,
P

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90

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

In analogia al caso delle trasformazioni libere abbiamo ora il seguente risultato.


P ROPOSIZIONE 4.4. Sia S 2 = S 2 (q, P ) una funzione reale regolare delle 2n
variabili (q, P ) tale che
2 S 2
det
(q, P ) 6= 0.
qP
Allora le posizioni
S 2
S 2
p=
(q, P ),
Q=
(q, P ),
q
P
generano localmente una trasformazione di seconda specie che verifica la condiP
zione di Lie (4.4) con F (Q, P ) = S 2 (q(Q, P ), P ) nk=1 Q k P k .
D IMOSTRAZIONE . Per le ipotesi su S 2 le posizioni che definiscono p e Q definiscono una trasformazione (q, p) (Q, P ) che ha le propriet asserite, essendo,
per costruzione,
i
h
n
X
Q k P k = d F (Q, P ).
p(Q, P ) d q P dQ = d S 2 (q(Q, P ), P )
k=1


E SEMPIO 4.7. Le trasformazioni puntuali estese ai momenti sono generate
dalla funzione
n
X
S 2 (q, P ) =
f k1 (q) P k .
k=1

Infatti si ottiene in tal caso


S 2
(q, P ) = D f 1 (q)T P,
p=
q

Q=

S 2
(q, P ) = f 1 (q),
P

che sono proprio le trasformazioni discusse nellEsempio 4.2. In questo caso


la condizione di Lie rimane soddisfatta con F (Q, P ) = 0, ovvero assume la forP
ma p d q P dQ = 0. Si osservi infine che S 2 (q, P ) = nk=1 q k P k la funzione
generatrice della trasformazione identica (q, p) = (Q, P ).
O SSERVAZIONE 4.1. Per i nostri scopi non introdurremo ulteriori trasformazioni. Daltra parte esistono trasformazioni che non sono n di prima n di seconda specie. Ricordiamo, senza dimostrazione, il seguente risultato generale.
Assegnata una qualsiasi trasformazioni simplettica sempre possibile determinare (localmente) una partizione (i 1 , . . . , i k ), ( j 1 , . . . , j nk ) di (1, . . . , n) tale che la
collezione di 2n variabili

q 1 , . . . , q n ,Q i 1 , . . . ,Q i k , P j 1 , . . . , P j nk
forniscano un sistema di coordinate indipendente. La trasformazione quindi
ricavata da unopportuna funzione generatrice

S = S q 1 , . . . , q n ,Q i 1 , . . . ,Q i k , P j 1 , . . . , P j nk
ponendo
p=

S
,
q

Q j` =

S
P j `

(` = 1, . . . , n k)

Pi s =

S
Q i s

(s = 1, . . . , k).

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4.2 C ONSERVAZIONE DELLA 1- FORMA DI L IOUVILLE E FUNZIONI GENERATRICI

91

Per ulteriori dettagli si pu consultare il libro di Arnold citato nella nota bibliografica al capitolo.
O SSERVAZIONE 4.2. Concludiamo la sezione con una osservazione importante. Supponiamo che lhamiltoniana H : U R, U R2n , determina un flusso
hamiltoniano tH . Dunque {tH }t R un gruppo ad un parametro di trasformazioni dello spazio delle fasi U . Asseriamo che per ogni t R la trasformazione
tH : U U simplettica. A tal scopo mostriamo che la matrice DtH (x)T simplettica, ovvero che DtH (x)T J DtH (x) = J . Poich 0H = 1I, tale condizione
vera per t = 0, dunque sufficiente dimostrare che
d
DtH (x)T J DtH (x) = 0
dt

x U,

t R.

Per la propriet di gruppo si ha

d
d

DtH (x)T J DtH (x) =


DtH+ (x)T J DtH+ (x)
dt
d
=0

= DtH (x)T
DH (tH (x))T J DH (tH (x)) DtH (x),
d
=0

dunque sufficiente dimostrare che

DH (x)T J DH (x)
=0
d
=0

x U.

Essendo DtH (x) soluzione dellequazione alle variazioni, sviluppando intorno


a = 0 si ha
DH (x) = 1I + D J H (x) + O(2 ) = 1I + J D 2 H (x) + O(2 )
con D 2 H (x) la matrice hessiana (dunque simmetrica) di H . Ricordando ora che
J T = J e J 2 = 1I otteniamo infine

d
d

DH (x)T J DH (x)
=
1I D 2 H (x)J J 1I + J D 2 H (x)
d
d
=0
=0
2
2
= D H (x) D H (x) = 0.
In effetti si pu dimostrare anche il viceversa, ovvero un gruppo ad un parametro di trasformazioni simplettiche {t }t R soluzione di un opportuno sistema di equazioni di Hamilton. Infatti esso il flusso di fase generato dal campo
vettoriale
d
v (y) =
(y) .
=0
d

Daltra parte, per piccolo una trasformazione simplettica vicina allidentit, dunque
(
q = Q + f (Q, P, )

(q, p) = (Q, P )
p = P + g (Q, P, )
con f , g funzioni regolari di (Q, P, ). Per il teorema della funzione implicita, per
piccolo possibile esplicitare Q = Q(q, P, ) dallequazione q = Q + f (Q, P, ).

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92

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

Esiste quindi una funzione generatrice di seconda specie S(q, P, ) per cui
S(q, P, ) =

n
X

q k P k + A(q, P, ),

p = P +

k=1

A
(q, P, ),
q

Q = q +

A
(q, P, ),
P

con A funzione regolare di (q, P, ). Si ha allora:

q(Q, P, ) = Q
q(Q, P, ), P,

(Q, P ) =

p(Q, P, ) = P +
q(Q, P, ), P,
q
Derivando rispetto ad e valutando in = 0 si ricava che v (y) = J y H (y) con
H (y) = H (Q, P ) = A(Q, P, 0).
4.3. Lequazione di Hamilton-Jacobi
Consideriamo un sistema hamiltoniano

(q, p)
q =

p
(q, p) U R2n ,

p =
(q, p)
q

H : U R.

Se determiniamo una trasformazione canonica (q, p) (Q, P ) tale che H (Q, P ) =


H (q(Q, P ), p(Q, P )) = K (P ) per qualche funzione K , allora le equazioni del moto sono integrabili, essendo la soluzione generale nelle nuove coordinate della
forma
K
(P 0 ) t ,
P (t ) = P 0 .
Q(t ) = Q 0 +
P
Supponiamo ora che la suddetta trasformazione sia di seconda specie, e dunque
generata da una funzione S(q, P ) attraverso le posizioni
p=

S
(q, P ),
q

Q=

S
(q, P ).
P

Si ha allora

S
H q(Q, P ),
(q(Q, P ), P ) = K (P ).
q
Scrivendo questa relazione nelle variabili indipendenti (q, P ), concludiamo che
la funzione generatrice S soddisfa la relazione

S
H q,
(q, P ) = K (P ).
q

Questo ci porta alla seguente definizione


D EFINIZIONE 4.5. Assegnata una funzione hamiltoniana H : U R, lequazione alle derivate parziali del primo ordine
W
H q,
= h,
q

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4.3 L EQUAZIONE DI H AMILTON -J ACOBI

93

nella quale sia la funzione W (q) che la costante h sono incognite, detta equazione ridotta di Hamilton-Jacobi associata ad H .
Cos ad esempio, se
H (q, p) =

n p2
X
i
i =1

+ V (q 1 , . . . , q n ),

allora lequazione di Hamilton-Jacobi associata si scrive


n 1 W 2
X
+ V (q 1 , . . . , q n ) = h.
i =1 2 q i
D EFINIZIONE 4.6. Viene definita integrale completo dellequazione ridotta
di Hamilton-Jacobi ogni famiglia di soluzioni {W (q, ), h()} dipendente da n
parametri reali = (1 , . . . , n ), tale che
det

2W
6= 0.
q

(4.6)

La nozione di integrale completo sopra data non deve confondersi con quella di integrale generale, che fornisce linsieme di tutte le possibili soluzione. Questultimo dipende in generale, nel caso di unequazione del primo ordine, da
una funzione arbitraria. Ad esempio lequazione x W y W = 0, (x, y) R2 , ha
soluzione W (x, y) = f (x + y) con f : R R una funzione regolare qualsiasi.
La conoscenza di un integrale completo dellequazione di Hamilton-Jacobi
permette di integrare le equazioni del moto. Precisamente abbiamo il seguente
risultato.
P ROPOSIZIONE 4.7. Sia {W (q, ), h()} un integrale completo dellequazione di Hamilton-Jacobi di hamiltoniana H . Allora la funzione S(q, P ) = W (q, P )
genera una trasformazione canonica di seconda specie (q, p) (Q, P ) tale che
H (Q, P ) = h(P ).
D IMOSTRAZIONE . La condizione (4.6) garantisce che S(q, P ) = W (q, P ) pu
utilizzarsi come funzione generatrice di una trasformazione canonica di seconda specie. Inoltre
S

= h(P ),
H (Q, P ) = H (q(Q, P ), p(Q, P )) = H q,

q q=q(Q,P )
dove, nellultimo passaggio, si utilizzato che S = W soddisfa lequazione di
Hamilton-Jacobi
W

H q,
(q, ) = h().
q


E SEMPIO 4.8. Nel caso di un sistema unidimensionale la cui hamiltoniana
sia H (q, p) = 12 p 2 + U (q), (q, p) R2 , lequazione di Hamilton-Jacobi prende la
forma
1 dW 2
+U (q) = h.
2 dq

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94

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

Scegliendo = h lequazione pu essere risolta localmente, ottenendo


Z q p
W (q, ) =
d 2( U ()),
q0

dove q 0 un punto fissato (tale ovviamente che U (q 0 ) < per i valori di considerati). Per fissare le idee scegliamo la determinazione positiva ed indichiamo con (, h) le nuove coordinate. Dunque la trasformazione generata da
S(q, h) = W+ (q, h), cosicch
Z q
d
S
S p
= 2( U (q)),
=
=
p=
.
p
q
h
q0
2( U ())
Chiaramente H (, h) = h e le equazioni del moto diventano = 1, h = 0. Abbiamo riottenuto le variabili tempo-energia precedentemente introdotte nellEsempio 4.6, qui corrispondenti alle fasi di moto progressivo (per descrivere i moti nel semipiano p < 0 occorre utilizzare W (q, h) quale funzione generatrice).
Anche le coordinate angolo-azione possono essere ricavate in modo diretto
dallequazione di Hamilton-Jacobi. Supponiamo che lenergia potenziale U (q)
possieda un minimo isolato in un punto q 0 , cosicch nellintorno della posizione di equilibrio (q 0 , 0) lo spazio delle fasi riempito da orbite periodiche h , essendo h il livello di energia. Se A(h) larea della regione limitata racchiusa dalla
curva h , la variabile dazione I = A(h)/2 (vedi lEsempio 4.6). Sia infine h(I )
lesplicitazione dellenergia in funzione di I , in particolare h 0 (I ) = 2/T (h(I ))
con T (h) periodo del moto su h . Per generare la trasformazione (q, p) (, I )
fissiamo = I come parametro nellintegrale completo ed integriamo dal punto
di inversione del moto q (h), ottenendo
Z q
p
d 2(h(I ) U ()).
S (q, I ) =
q (h(I ))

Essendo U (q (h)) = h, la dipendenza da I nellestremo di integrazione non contribuisce alla derivata cosicch:
q
S
p=
= 2(h(I ) U (q)),
q
=

S
2
=
I
T (h(I ))

d
.
p
q (h(I ))
2(h(I ) U ())
q

Le variabili sono definite solo localmente; precisamente la coppia (+ , I ) [risp. ( , I )] definisce una trasformazione di coordinate nel semipiano superiore
p > 0 [risp. inferiore p < 0] del piano delle fasi. Daltra parte la variabile angolare
(
+ mod(2) se p 0
=
mod(2) se p < 0
definita globalmente e la coppia (, I ) fornisce le variabili angolo-azione cercate.

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4.3 L EQUAZIONE DI H AMILTON -J ACOBI

95

La maggior parte dei problemi integrabili della meccanica si basa sul metodo della separazione delle variabili, che permette di determinare un integrale
completo dellequazione di Hamilton-Jacobi. Illustriamo brevemente tale metodo.
Assegnata lhamiltoniana H (q, p) = H (q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n ), la variabile q 1
detta separabile per lequazione di Hamilton-Jacobi associata se H ha la forma
H (q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n ) = H1 (1 (q 1 , p 1 ), q 2 , . . . , q n , p 2 , . . . , p n ),
per opportune funzioni 1 e H1 di, rispettivamente, 2 e 2n 1 variabili. Cer (q 2 , . . . , q n ).
chiamo in tal caso la soluzione W nella forma W (q) = W1 (q 1 ) + W
Sostituendo otteniamo


dW1
W
W
H 1 1 q 1 ,
, q2 , . . . , qn ,
= h.
,...,
d q1
q 2
q n
Poniamo ora

dW1
1 q 1 ,
= 1 ,
d q1

da cui, per separazione delle variabili, determiniamo W1 (q 1 , 1 ). La funzione W


allora soluzione di

W
W
,...,
= h,
H1 1 , q 2 , . . . , q n ,
q 2
q n
che ancora unequazione di Hamilton-Jacobi (dove appare il parametro reale
1 ), in cui si ridotto di ununit il numero di variabili da cui dipende la funzione
incognita. Chiaramente se, nuovamente,
H1 (1 , q 2 , . . . , q n , p 2 , . . . , p n ) = H2 (2 (q 2 , p 2 ), q 3 , . . . , q n , p 3 , . . . , p n ),
per opportune funzioni 2 e H2 (dipendenti in generale entrambe dal parametro
(q 2 , . . . , q n )
1 ), possiamo ripetere largomento cercando la funzione incognita W
(q 3 , . . . , q n ). Se tale situazione si ripete per tutte le n
nella forma W2 (q 2 ) + W
variabili otteniamo infine un integrale completo della forma
W (q, ) =

n
X

Wk (q k , 1 , . . . , k ).

k=1

Vediamo alcuni esempi.


E SEMPIO 4.9. Nel caso particolare in cui lhamiltoniana assume la forma

H (q, p) = f H1 (q 1 , p 1 ), . . . , Hn (q n , p n )
P
possiamo cercare lintegrale completo nella forma S(q) = k S k (q k ), da cui, sostituendo nellequazione di Hamilton-Jacobi, si ottiene

d Sk
Hk q k ,
= k ,
h() = f (1 , . . . , n )
d qk
P
e quindi S(q, ) = k S k (q k , k ).

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96

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

E SEMPIO 4.10. Consideriamo il moto di un punto materiale di massa unitaria che si muove su un piano ed soggetto ad una forza centrale. Nelle coordinate polari (r, ), indicando con U (r ) lenergia potenziale, si ha:
2
p r2 p
1 2
2 2

L(r, , r, ) = (r + r ) U (r ),
H (r, , p r , p ) =
+ 2 +U (r ),
2
2
2r
essendo p r = r e p = r 2 i momenti cinetici associati alle variabili r e rispet-

tivamente. Lequazione di Hamilton-Jacobi diventa in questo caso:


1 S 2
1 S 2
+ 2
+U (r ) = h.
2 r
2r
La coordinata ciclica e quindi, in particolare, separabile. Cerchiamo pertanto
S nella forma S(r, ) = S 1 () + S 2 (r ). Sostituendo si ha
1 d S 2 2
1 d S 1 2
+ 2
+U (r ) = h.
2 dr
2r d
Ponendo
1 d S 1 2 1 2
= ,
2 d
2
otteniamo S 1 (, ) = e
1 d S 2 2 2
+ 2 +U (r ) = h.
2 dr
2r
Nel seguito supponiamo 6= 0. Sia quindi
n
o
2
r min (, h) = min r > 0 : 2 +U (r ) < h .
2r
Una possibile scelta per S 2 allora:
s
Z r
h
2 i
d x 2 h U (x) 2 .
S 2 (r ) =
2x
r min (,h)
Per fissare le idee scegliamo la determinazione positiva. Otteniamo in tal modo
la funzione generatrice
s
Z r
h
2 i
S(r, , h, ) = +
d x 2 h U (x) 2
2x
r min (,h)
che da luogo alla trasformazione canonica (r, , p r , p ) (, , h, ) definita dalle relazioni
s
h
2 i
S
S
= 2 h U (r ) 2 ,
p =
= ,
pr =
r
2r

Z r
n h
S
2 io1/2
=
=
d x 2 h U (x) 2
,
h
2x
r min (,h)
Z r
n h
2 io1/2
S
=
d x 2 2 h U (x) 2
.
=

x
2x
r min (,h)
=
Chiaramente H (, , h, ) = h cosicch le equazioni del moto sono = 1,
0, h = 0, = 0. Le variabili h ed sono, rispettivamente, lenergia ed il momento

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4.4 I L T EOREMA DI L IOUVILLE -A RNOLD

97

angolare del punto, dunque sono correttamente conservate. Anche la conservazione della variabile non deve sorprendere. In effetti, se indichiamo con 0 il
valore dellangolo quando r = r min (, h), nella successiva fase di moto progressivo t r (t ) della variabile radiale, la corrispondente variazione della variabile
angolare :
Z r (t )
Z r (t )

(s)
n h
2 io1/2
d r (s)
d x 2 2 h U (x) 2
,
(t ) 0 =
=
r(s)
x
2x
r min (,h)
r min (,h)
poich = p /r 2 = 2 /r 2 ed r = p r . Quindi = ( 0 ) = 0 , costante del
moto.
Osserviamo infine che il caso = p = 0, non coperto dalla precedente trattazione, corrisponde ai moti unidimensionali di caduta nel centro e va analizzato separatamente.
4.4. Il Teorema di Liouville-Arnold
Consideriamo un sistema integrabile nel senso di Hamilton-Jacobi, dunque
esiste una trasformazione canonica (q, p) (Q, P ) tale che H (Q, P ) = K (P ) per
qualche funzione K . In particolare le funzioni P j = P j (q, p), j = 1, . . . , n, costituiscono un sistema di n integrali primi del moto. Inoltre, per la conservazione delle parentesi di Poisson fondamentali, essi sono in involuzione tra loro,
ovvero:
{P i , P j }q,p = 0 i , j = 1, . . . n.
Quindi tutti i sistemi integrabili nel senso sopra descritto possiedono almeno n
integrali primi indipendenti in involuzione. Ad esempio:
Il moto unidimensionale (n = 1): lenergia H .
Il moto centrale piano (n = 2): lenergia H ed il momento p .
Il moto centrale nello spazio (n = 3): lenergia H , il quadrato del momento angolare M 2 , la terza componente del momento angolare M z .
Il sistema di n oscillatori armonici accoppiati: Le energie H j (Q j , P j ) =
1 2 2
1 2
2 P j + 2 j Q j dei modi normali.
Il moto di Eulero-Poinsot, ovvero il moto di un corpo rigido con un
punto fisso in assenza di forze (n = 3): lenergia cinetica T , il quadrato del momento angolare M 2 , la terza componente del momento
angolare M z .
(verificare per esercizio che in ciascun esempio gli integrali primi citati sono
effettivamente in involuzione).
Un risultato notevole della teoria dei sistemi hamiltoniani asserisce che lesistenza di n integrali primi indipendenti ed in involuzione condizione anche
sufficiente per la completa integrabilit di un sistema. In altri termini, possibile in tal caso integrare le equazioni del moto a meno di operazioni elementari (inversione di funzioni e quadrature). Inoltre, analogamente a quanto visto

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98

T RASFORMAZIONI CANONICHE ED INTEGRABILIT

nel caso di forze elastiche (vedi Esempio 4.5), possibile introdurre coordinate angolo-azione per descrivere i moti limitati sui livelli non critici degli integrali primi. Pi precisamente vale il seguente teorema, di cui non daremo la
dimostrazione.
T EOREMA 4.8 (Liouville-Arnold). Consideriamo un sistema hamiltoniano

q =
(q, p)

p
(q, p) U R2n , H : U R.

p =
(q, p)
q
Supponiamo che esistano n integrali primi del moto, F 1 = H , F 2 , . . . , F n : U R
tali che {F i , F j } = 0 per ogni i , j = 1, . . . , n. Per ogni f = ( f 1 , . . . , f n ) Rn sia M f =
{(q, p) U : F i (q, p) = f i i = 1, . . . , n}. Supponiamo che per un certo f 0 Rn
linsieme M f 0 compatto, connesso ed inoltre
rango

(F 1 , . . . , F n )
=n
(q 1 , . . . , q n , p 1 , . . . , p n )

su M f 0 .

Allora
(1) M f 0 una superficie regolare, diffeomorfa al toro Tn = Rn /(2Z)n , ed
invariante sotto il flusso tH .
(2) Il flusso di fase su M f 0 quasi periodico, ovvero se sono coordinate
angolari sul M f 0 allora = ( f 0 ).
(3) Le equazioni del moto si integrano per quadratura.
(4) In un intorno F di f 0 linsieme
M F = f F M f
diffeomorfo al prodotto cartesiano F M f 0 . Inoltre esiste una trasformazione canonica,
M F F M f 0 3 (q, p) (, I ) Tn B,

B Rn ,

tale che le variabili I sono funzioni invertibili delle f , I = I ( f ), per cui


F j (, I ) = f j (I ). In particolare H (, I ) = f 1 (I ) = h(I ), cosicch le equazioni del moto nelle nuove coordinate si scrivono
h
(I ) = ( f (I )),
I = 0.
=
I
Lidea della dimostrazione quella di utilizzare come coordinate su M f 0 i
tempi associati ai flussi hamiltoniani Ft j . A tal scopo osserviamo che si pu dimostrare che la condizione {F i , F j } = 0 implica la commutativit dei corrispondenti flussi hamiltoniani: Ft i Fs j = Fs j Ft i per ogni s, t R. Questo permette di definire lazione del gruppo commutativo di Rn sullo spazio delle fasi
ponendo
F : U U ,

F = F1 Fn ,
1

= (1 , . . . , n ) Rn

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4.5 N OTA BIBILIOGRAFICA

99
+

(essendo, per la commutativit dei flussi, F1 2 = F1 F2 per ogni 1 , 2 Rn ).


La superficie M f 0 invariante sotto lazione di F e le variabili definiscono
delle coordinate su M f 0 . A partire da queste si costruiscono quindi delle variabili
angolari su M f 0 che danno luogo ad un moto quasi periodico.
4.5. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento al testo di
Arnold sotto riportato.
1) V.I. Arnold. Metodi matematici della meccanica classica. Roma: Editori
Riuniti, 1979.

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CAPITOLO 5

Dinamica iperbolica
5.1. Teorema delle variet stabile ed instabile
Consideriamo unequazione differenziale autonoma,
x = v(x),

x D Rn ,

v C ` (D; Rn ),

` 1.

Supponiamo che il campo vettoriale abbia un punto singolare iperbolico x 0 D.


Senza perdere di generalit possiamo assumere x 0 = 0. Dunque:

v(x) = Lx + v(x),
(5.1)
.
dove L = D v(0) non possiede autovalori immaginari puri. Il resto v un infini = 0 e D v(0)
= 0. Indichiamo con E + [risp. E ]
tesimo di ordine superiore: v(0)
il sottospazio stabile [risp. instabile] del flusso iperbolico lineare x = Lx, vedi
Sezione 2.6. Assumiamo che le coordinate siano adattate alla decomposizione
Rn = E + E in modo tale che:

x
+
n
+
n+
E = x R : x =
, x R
,
0

0
E = x Rn : x = , x Rn ,
x

essendo n = dim E (mediante una trasformazione lineare possiamo sempre


ridurci a tale situazione, vedi Sezione 2.6. In particolare, la matrice L ha la forma
a blocchi:

A 0
L=
,
(5.2)
0 B
con A Mn+ una contrazione in E + e B Mn una espansione in E . Definiti i
proiettori:
+

+
x
0
x
n

: R E
: + x =
, x =
x = Rn ,
0
x
x
si ha perci:

Ax +
Lx = + Lx + Lx = L+ x + L x =
,
B x
At +
e x
Lt
Lt
Lt
Lt
Lt
e x = + e x + e x = e + x + e x = B t .
e x

101

102

D INAMICA IPERBOLICA

W (0)
E

W +(0)
W +(Q)

E+
0

W (Q)
Q

F IGURA 5.1. Variet stabile ed instabile.


Assumiamo inoltre che le coordinate siano adattate, quando ristrette al sottospazio E + [risp. E ], alla contrazione A [risp. allespansione B ]. In altri termini,
per opportune costanti , > 0,

+ x, L+ x = x + , Ax + |x + |2 = |+ x|2 ,
(5.3)
x, L x = x , B x |x |2 = | x|2 ,
(vedi Teorema 2.9). In particolare, vedi Teorema 2.10, per ogni t 0,
Lt
|e + x| = |e At x + | e t |x + | = e t |+ x|,
|e Lt x| = |e B t x | e t |x | = e t | x|.

(5.4)

Vogliamo ora mostrare che in un intorno di x = 0 il flusso non lineare possiede una struttura simile. Fissiamo > 0 piccolo abbastanza in modo tale che,
posto
.
Q = {x Rn : |+ x| < , | x| < },
(5.5)
sia Q D. Definiamo variet stabile locale del punto iperbolico x = 0 linsieme:
n
o
.
W + (Q) = x Q : t (x) Q t 0,
lim t (x) = 0
t +

e, analogamente, variet instabile locale del punto iperbolico x = 0 linsieme:


n
o
.
W (Q) = x Q : t (x) Q t 0,
lim t (x) = 0 .
t +

T EOREMA 5.1. Se sufficientemente piccolo le variet W (Q) sono non


vuote. Inoltre:
+
n
o
x
+
W (Q) = x = Q : x = h(x + ) ,
x

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5.1 T EOREMA DELLE VARIET STABILE ED INSTABILE

103

con h di classe C ` tale che h(0) = 0 e Dh(0) = 0. Analogamente per W (Q).


Quindi W (Q) sono effettivamente delle variet differenziabili (in particolare grafici di funzioni), il cui spazio tangente nellorigine coincide con i sottospazi
E : T0W (Q) = E . Qualora t un flusso di fase su D (ovvero tutte le soluzioni
di x = v(x) esistono globali), definiamo le variet stabile ed instabile globali del
punto iperbolico x = 0 gli insiemi:
n
o [
.
W + (0) = x D : lim t (x) = 0 =
t (W + (Q)),
(5.6)
t +

t 0

o [
.
W (0) = x D : lim t (x) = 0 =
t (W (Q)).
n

t +

(5.7)

t 0

Si osservi che le variet W (0) sono insiemi invarianti per il flusso t , mentre W + (Q) [risp. W (Q)] positivamente [risp. negativamente] invariante.
D IMOSTRAZIONE . Sia : R+ [0, 1] una funzione infinitamente derivabile,
a supporto compatto e tale che (s) = 1 se s 1, (s) = 0 se s 2 e |0 (s)| 2 per
ogni s R+ . Poniamo:
.
1

g (x) = v(x)(
|x|),

con v(x)
come in (5.1) ed > 0 un parametro da fissare in seguito. Chiaramente:

kg k sup |v(x)|.
|x|2

+ (|x|)1 0 (1 |x|)x v(x),

Inoltre, poich D g (x) = (1 |x|)D v(x)

kD g k sup kD v(x)k
+ 21 sup |v(x)|.
|x|2

|x|2

= 0 e D v(0)
= 0 concludiamo che:
Essendo v(0)
kg k + kD g k < ,
con 0 per 0. Daltra parte evidente che nella palla B (0) le soluzioni

di x = v(x) e x = Lx + g (x) coincidono (essendo g (x) = v(x)


in tale regione). Il
Teorema 5.1 allora un corollario immediato della proposizione seguente. 
P ROPOSIZIONE 5.2. Sia t 7 t () il flusso di fase generato dalla legge:
x = Lx + g (x),
`

(5.8)

con L come in (5.2) e g C (R ; R ), ` 1, tale che g (0) = 0, D g (0) = 0, kg k +


kD g k < . Siano infine , > 0 come nellEq. (5.4). Fissato 0 (0, ) esiste > 0
tale che, per ogni [0, 0 ],
n
o
.
W + (0) =
x Rn : sup |t (x)| < +
t 0
n
o
n
=
x R : x = h(+ x)
n
o
=
x Rn : | t (x)| e t | x| t 0
n
o
=
x Rn : lim t (x) = 0 ,
(5.9)
t +

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104

D INAMICA IPERBOLICA

con h C ` (E + ; E ) tale che h(0) = 0, Dh(0) = 0 e |h(a)| |a| per ogni a E + . In


particolare, per ogni > 0 e Q come in (5.5), la variet stabile locale :
n
o
W + (Q) = x W + (0) : |+ x| < .
Analoghe affermazioni sono valide per t () con 0 (0, ).
D IMOSTRAZIONE . Sia t 7 x(t ) una soluzione dellEq. (5.8) che rimane limitata nel futuro. Allora essa soluzione della seguente equazione integrale:
Z t
Z +
x(t ) = e Lt + x(0) + d s e L(t s) + g (x(s))
d s e L(t s) g (x(s)).
(5.10)
t

In effetti, se t 7 x(t ) risolve (5.8) allora:


Z t
Lt
x(t ) = e x(0) + d s e L(t s) g (x(s)),
0

da cui, proiettando,
+ x(t ) = e + x(0) +

x(t ) = e Lt x(0) +

d s e L(t s) + g (x(s)),

(5.11)

d s e L(t s) g (x(s)).

(5.12)

Moltiplicando ambo i membri della (5.12) per e Lt si ha:


Z t
x(0) = e Lt x(t ) d s e Ls g (x(s)).

(5.13)

Lt

0
t
0

Ma, per le stime (5.4),


|e Lt x(t )| e t | x(t )| e t sup |x(s)|,
s0

cosicch, se x(t ) limitata nel futuro, nel limite t + luguaglianza (5.13)


diventa:
Z +
d s e Ls g (x(s)).
(5.14)
x(0) =
0

Essendo x(t ) = + x(t ) + x(t ), dalle uguaglianze (5.11), (5.12) e (5.14) otteniamo lidentit (5.10).
Viceversa, ogni soluzione continua t 7 x(t ) dellEq. (5.10) una soluzione
limitata nel futuro dellEq. (5.8). Infatti si verifica facilmente che x(t ) una fun ) = Lx(t ) + g (x(t )). Inoltre, per le stime (5.4) ed
zione differenziabile tale che x(t
essendo kg k < ,
Z t
Z +
|x(t )| e t |+ x(0)| + d s e (t s) +
d s e (t s)
0
t

1 1
|x(0)| +
+
t 0.
(5.15)

In conclusione, linsieme delle soluzioni limitate nel futuro dellEq. (5.8) coincide con linsieme delle soluzioni continue dellEq. (5.10).

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5.1 T EOREMA DELLE VARIET STABILE ED INSTABILE

105

Sia C 0 lo spazio delle funzioni continue e limitate di R+ a valori in Rn , dotato


della norma uniforme:
.
C 0 = {x C (R+ ; Rn ) : kxk < +}.
Definiamo F : E + C 0 C 0 , (a, x) 7 F (a, x) = F a (x), come segue:
Z t
Z +
. Lt
L(t s)
F a (x)(t ) = e a + d s e
+ g (x(s))
d s e L(t s) g (x(s)).
t

Osserviamo che la definizione ben posta, ovvero F a (x) C 0 per x C 0 . Infatti,


analogamente a (5.15), stimiamo |F a (x)(t )| |a| + (1 + 1 ) per ogni t 0.
Chiaramente una soluzione dellEq. (5.10) un punto fisso della mappa x 7
F a (x) con a = + x(0). Viceversa, se t 7 x(t ) punto fisso di x 7 F a (x) allora:
Z +
d s e Ls g (x(s)),
x(0) = a
0

da cui, proiettando,
+ x(0) = a,

x(0) =

Z
0

d s e Ls g (x(s)),

cosicch t 7 x(t ) soluzione dellEq. (5.10) con + x(0) = a.


Si ha ora, nuovamente per le disuguaglianze (5.4),
Z t
Lt
|e
|F a (x) F b (y)|(t )
(a b)| + d s |e L(t s) + [g (x(s)) g (y(s))]|
0
Z +
L(t s)
[g (x(s)) g (y(s))]|
d s |e
+
t
Z t
e t |a b| + d s e (t s) |g (x(s)) g (y(s))|
0
Z +
d s e (t s) |g (x(s)) g (y(s))|
+
t
Z t
t
e
|a b| + d s e (t s) |x(s) y(s)|
0
Z +
+
d s e (t s) |x(s) y(s)|
t

(nellultima stima si utilizzato kD g k < ). Daltra parte:


Z t
Z t
1
d s e (t s) |x(s) y(s)| kx yk d s e (t s) kx yk ,

0
0
e, analogamente,
+

Z
t

d s e (t s) |x(s) y(s)|

1
kx yk .

In definitiva:

1 1
kF a (x) F b (y)k |a b| +
+
kx yk .

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106

D INAMICA IPERBOLICA

Fissiamo tale che:

1 1
1

,
+

2

(5.16)

cosicch:

1
(5.17)
kF a (x) F b (y)k |a b| + kx yk .
2
Ponendo b = a segue in particolare che F a : C 0 C 0 una contrazione per ogni
a E + , per cui esiste ununica funzione t 7 x a (t ) tale che x a = F a (x a ). Quindi
x a lunica soluzione limitata nel futuro dellEq. (5.8) tale che + x a (0) = a, ed al
variare di a E + otteniamo tutte tali soluzioni: W + (0) = {x a (0) : a E + }. Inoltre,
dalla stima (5.17) si ricava che kx a x b k 2|a b|. Ma x a = 0 se a = 0 poich
g (0) = 0, per cui:
kx a k 2|a|.
(5.18)
.
La prima identit dellEq. (5.9) si ottiene definendo h : E + E tale che h(a) =
x a (0). Occorre dimostrare che h di classe C ` , che Dh(0) = 0 e che |h(a)|
|a|. Ci limitiamo qui al caso ` = 1, la generalizzazione non difficile. Ricordando
la (5.14),
Z +
d s e Ls g (x a (s)),
h(a) =
0

da cui:

x a
(s),
(5.19)
a
0
provvisto che a 7 x a una mappa differenziabile di E + in C 0 . Per dimostrare questultima affermazione utilizziamo il teorema della funzione implicita su
.
spazi di Banach. Sia G : E + C 0 C 0 tale che G(a, x) = F (a, x) x. Sappiamo
che la funzione a 7 x a fornisce lunica esplicitazione dellequazione G(a, x) = 0,
ovvero G(a, x a ) = 0 per ogni a E + . Per il teorema della funzione implicita, se
esistono continue le funzioni
Z

Dh(a) =

d s e Ls D g (x a (s))

(a, x) 7 D x G L(C 0 ; C 0 ),

(a, x) 7 D a G L(E + ; C 0 ),

e loperatore D x G invertibile, allora la mappa a 7 x a di E + in C 0 differenziabile ed inoltre:


x a
() = [D x G(a, x a )]1 D a G(a, x a ).
D a xa =
a
Ma le derivate di G le calcoliamo esplicitamente:
i) Si ha:
F (a, x + ) F (a, x) =

Z
0

d s e L(t s) + D g (x(s))(s)
+

d s e L(t s) D g (x(s))(s) + O (kk2 ),

per cui
D x F (a, x) (t ) =

Z
0

d s e L(t s) + D g (x(s))(s)

Z
t

d s e L(t s) D g (x(s))(s).

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5.1 T EOREMA DELLE VARIET STABILE ED INSTABILE

107

Inoltre, procedendo come nella dimostrazione della stima (5.17), otteniamo che
kD x F a (x)k kk /2. Ne segue che D x G(a, x) = D x F (a, x) 1I invertibile:
X
D x G(a, x)1 = [1I D x F (a, x)]1 =
[D x F (a, x)]k ,
k0

la serie essendo assolutamente convergente nella norma forte di L(C 0 ; C 0 ).


ii) Poich G(a + b, x) G(a, x) = e Lt b, si ha D a G(a, x) = e Lt , nel senso che ad
ogni b E + associamo la funzione t 7 [D a G(a, x)b](t ) = e Lt b.
Concludiamo che la funzione jacobiana a 7 Dh(a) esiste continua ed fornita dallespressione (5.19). In particolare Dh(0) = 0. Infine, utilizzando kg k <
e la stime (5.16),
Z +

|h(a)|
d s e s |a| |a|.

0
Rimane da dimostrare la seconda identit dellEq. (5.9) (dopodich lultima
conseguenza delle precedenti). Fissato 0 (0, ) assumiamo tale che, oltre
.
alla (5.16), sia (0 )/2. Posto y(t ) = + x a (t ), si ha allora, per ogni [0, 0 ],
d
|y(t )|2
dt

= 2y(t ), Ly(t ) + 2y(t ), + g (y(t ) + h(y(t )))


2|y(t )|2 + 2|y(t )|(|y(t )| + |h(y(t ))|)
2( 2)|y(t )|2 2|y(t )|2 ,

avendo utilizzato la stima (5.3), kD g k < e |h(y)| |y|. Integrando la precedente disequazione differenziale troviamo, per ogni t 0, |y(t )| e t |y(0)|,
ovvero |+ x a (t )| e t |a|; infine | x a (t )| = |h(+ x a (t ))| |+ x a (t )| e t |a|.


Le variet stabile ed instabile globali definite in (5.6) e (5.7) non sono, in
generale, grafici di funzioni h : E E , e possono avere una struttura molto
complicata.
E SEMPIO 5.1. Consideriamo il sistema meccanico:

x = v
3
x = x x

v = x x 3
Il punto singolare (x, v) = (0, 0) iperbolico, essendo:

v)

(x,
0 1
(0, 0) =
=
(L) = {1; 1}.
L=
1 0
(x, v)
Dal calcolo degli autovettori associati si ricava che E = {(x, v) : v = x}. Le
curve di fase del sistema giacciono sulle linee di livello dellenergia E (x, v) =
v 2 /2 + x 4 /4 x 2 /2. In particolare le variet stabile ed instabile globali coincidono: W + (0) = W (0) = {(x, v) : E (x, v) = 0}. In effetti, il livello critico di energia E (x, v) = 0 costituito dallunione dellorbita stazionaria del punto singolare
(0, 0) con le orbite dei due moti a meta asintotica verso questultimo.

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108

D INAMICA IPERBOLICA

y
E+

E
W +(0) = W (0)

x
0

F IGURA 5.2. Variet stabile ed instabile dellEsempio 5.1.


y
E + = W +(0)

C<0

W (0)

C>0
E
0

C>0

C<0

F IGURA 5.3. Variet stabile ed instabile dellEsempio 5.2.


E SEMPIO 5.2. Consideriamo il sistema piano:

x = x
y = y + x 2

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5.2 P UNTI FISSI IPERBOLICI

109

Il punto singolare (x, y) = (0, 0) iperbolico, essendo:

y)

(x,
1 0
L=
(0, 0) =
=
(L) = {1; 1}.
0 1
(x, y)
Ovviamente E + = {(x, y) : x = 0}, E = {(x, y) : y = 0}. Cerchiamo le curve di fase
del sistema. Notiamo che se x(0) = 0 allora x(t ) = 0 ed y(t ) = y(0)e t , cosicch
E + invariante anche per la dinamica non lineare. Sullinsieme invariante R2 \
E + le curve di fase sono tutte e sole le soluzioni dellequazione differenziale:
d y y
y
= =x .
d x x
x
Questa si pu risolvere esplicitamente ponendo y(x) = x 2 (x) e determinando
(x) per separazione delle variabili. Si trova in tal modo lintegrale generale:
y(x) =

x2 C
+ ,
3
x

C R.

Concludiamo che:
n
o
W + (0) = E + = (x, y) : x = 0 ,

n
x2 o
W (0) = (x, y) : y =
.
3

5.2. Punti fissi iperbolici


Invece di flussi di fase consideriamo ora evoluzioni con tempi discreti, pi
precisamente iterazione di un diffeomorfismo:
x k+1 = (x k ),

: Rn Rn

C ` -diffeomorfismo,

k Z.

Supponiamo che x = 0 sia un punto fisso di , quindi (0) = 0. Analogamente


al caso del flusso di fase, scriviamo:
.
k ),
x k+1 = Lx k + (x
L = D(0),

cosicch (0)
= 0 e D (0)
= 0. Si osservi che, essendo un diffeomorfismo,
loperatore L invertibile, dunque 0 (L), ed L 1 = D1 (0). Il punto fisso x =
0 detto iperbolico se loperatore L non possiede autovalori sulla circonferenza
.
unitaria del piano complesso: (L) S 1 = ;, dove S 1 = {z C : |z| = 1}.
Al pari dei flussi lineari iperbolici, il comportamento delle iterazioni di una
mappa lineare iperbolica piuttosto semplice. Caratterizziamo dapprima il caso in cui tutti gli autovalori hanno modulo minore di uno. Diciamo che la mappa
lineare B una contrazione lineare se
lim B k x = 0

k+

x Rn .

Vale allora il seguente risultato.


T EOREMA 5.3. Sono equivalenti le seguenti affermazioni:
a) B una contrazione lineare;
b) || < 1 per ogni (B );
c) Esistono (0, 1) ed una norma || su Rn tali che |B x| |x|

x Rn .

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110

D INAMICA IPERBOLICA

D IMOSTRAZIONE . Si ha:
c) = a): Ovvio.
a) = b): Supponiamo per assurdo che esista (B ) tale che || 1. Se
R esiste v Rn , v 6= 0, tale che B v = v, cosicch |B k v| = ||k |v| |v| per ogni
k N, contraddicendo a). Se invece = + i C esistono f 1 , f 2 Rn tali che il
sottospazio bidimensionale E da essi generato invariante
e la

restrizione di B

ad E nella base { f 1 ; f 2 } rappresentata dalla matrice
. Nella norma di

E , | |E , canonica rispetto alla base { f 1 ; f 2 }, si ha:
|B v|2E = v, B T B vE = (2 + 2 )|v|2E = ||2 |v|2E

v E,

cosicch, se v E , v 6= 0, allora |B k v|E |v|E per ogni k N, nuovamente contraddicendo a).


b) = c): Siano 1 , . . . , p gli autovalori reali e 1 i 1 , . . . , r i r gli autovalori complessi di B , ciascuno contato con la propria molteplicit algebrica,
cosicch n = p +2r . Ragionando come nella dimostrazione del Teorema 2.9, per
ogni > 0 esiste una trasformazione non singolare S tale che
.
B = S 1 B S = B 0 + R ,

kR k = O (),

D
B0 =
0

0
,
T

dove
1
0

. . .
D =
. . .

. . .
0

0
2
...
...
...
...

...
0
...
...
...
...

...
...
...
...
...
...
...
...
0 p1
...
0

0
...

...

...

0
p

e
1
1

...

...
T =
...

...

...

...
0

1
1
0
...
...
...
...
...
...
...

0
0
2
2
...
...
...
...
...
...

...
...
2
2
...
...
...
...
...
...

...
...
0
0
...
...
...
...
...
...

...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
...
. . . r 1
. . . r 1
...
...
...
...

...
...
...
...
...
...
r 1
r 1
0
0

...
...
...
...
...
...
0
0
r
r

0
...

...

...

...
.
...

...

...

r
r

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5.2 P UNTI FISSI IPERBOLICI

111

.
Nel prodotto scalare indotto dalla trasformazione x = S y, x, x 0 = y, y 0 , si ha:
|B x|2

= B x, B x = B y, B y = y, B T B y
p
r
X
X
2
2
=
2i y i2 + (2j + 2j )(y p+2
j 1 + y p+2 j )
i =1

j =1

+ y, (B 0T R + R T B 0 + R T R )y

max ||2 +C |y|2 = max ||2 +C |x|2 ,

(B )

(B )

con
q C una costante opportuna. Se > 0 sufficientemente piccolo allora =
max(B ) ||2 +C < 1, cosicch il punto c) segue con | | = | | .

Consideriamo ora il caso generale di una mappa lineare iperbolica.
T EOREMA 5.4. Sia L Mn tale che (L) S 1 = ;. Allora esiste una decomposizione dello spazio delle fasi:
Rn = E + E ,

E = Rn ,

dove sono operatori di proiezione, + + = 1I, E sono sottospazi invarianti


rispetto ad L, tali che esistono costanti C > 0, + (0, 1) e (0, 1) per cui:
k
k
|L + x| C + |+ x|
k N x Rn .
(5.20)
k
k
|L x| C | x|
Inoltre C = 1 per una scelta opportuna della norma su Rn .
D IMOSTRAZIONE . Procedendo come nella dimostrazione del Teoorema 2.11
possiamo determinare due sottospazi invarianti E tali che, detta L + [risp. L ]
la restrizione L ad E + [risp. ad E ], si ha (L + ) {z C : |z| < 1} [risp. (L )
{z C : |z| > 1}]. Inoltre, essendo allora L + [risp. L 1
] contrazioni lineari, le stime
(5.20) sono conseguenza del Teorema 5.3 e dellequivalenza delle norme.

Affrontiamo finalmente il caso non lineare introdotto allinizio della sezione.
Analogamente al caso dei flussi di fase si dimostra lesistenza delle variet stabile ed instabile locali del punto fisso iperbolico x = 0: utilizzando la norma per
cui C = 1 nel Teorema 5.4 e definendo Q come in (5.5), per sufficientemente
piccolo si ha:
n
o
.
W + (Q) =
x Q : k (x) Q k 0,
lim k (x) = 0
k+
n
o
+
=
x Q : x = h (+ x) ,
.
W (Q) =

x Q : k (x) Q k 0,
n
o
=
x Q : + x = h ( x) ,

lim k (x) = 0

k+

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112

D INAMICA IPERBOLICA

dove h sono funzioni di classe C ` tali che h (0) = 0 e Dh (0) = 0, per cui W (Q)
sono variet differenziabili (in particolare grafici di funzioni) tali che T0W (Q) =
E . Si definiscono quindi le variet stabile ed instabile globali di x = 0:
n
o [
.
W + (0) = x Rn : lim k (x) = 0 =
k (W + (Q)),
k+

k0

o [
.
W (0) = x Rn : lim k (x) = 0 =
k (W (Q)).

k+

k0

La dimostrazione del teorema delle variet stabile ed instabile nel caso di


diffeomorfismi identica a quella svolta nel caso di flussi. Per completezza
forniamo la traccia dei passaggi principali:
1) Si modifica la non linearit e si studia il problema x k+1 = Lx k + g (x k ) con
g (0) = 0, D g (0) = 0 e kg k + kD g k < .
2) Si mostra che ogni orbita {x k ; k Z} limitata nel futuro, ovvero tale che
supk0 |x k | < +, soddisfa:
x k = L k + x 0 +

k
X

L k j + g (x j 1 )

j =1

+
X

L k j g (x j 1 )

k N.

j =k+1

A tal scopo si utilizza lanalogo discreto della formula della variazione delle costanti:
k
X
xk = L k x0 +
L k j g (x j 1 )
k Z,
j =1

che si ottiene iterando la relazione x k = Lx k1 + g (x k1 ).


3) Si definisce lo spazio di Banach:
.
C 0 = {x = {x k ; k N} : kxk < +},

.
kxk = sup |x k |,
k0

e si dimostra che esiste > 0 tale che la mappa F : E C 0 C 0 definita da


+

F (a, x) = L k a +

k
X

L k j + g (x j 1 )

j =1

+
X

L k j g (x j 1 ),

j =k+1

una contrazione su C 0 per ogni a E + fissato.


n
o
4) Si dimostra che W + (Q) = x W + (0) : |+ x| < positivamente invariante.
E SEMPIO 5.3. Sia x = 0 un punto singolare iperbolico di un campo vettoriale
v C ` (Rn ; Rn ) che genera un flusso di fase t 7 t . Fissato > 0 qualsiasi, lappli.
cazione al tempo , = , definisce un diffeomorfismo le cui orbite forniscono
.
le evolute del flusso di fase ai tempi t k = k: (x) = {k (x); k Z} = {tk (x); k
Z}. Chiaramente x = 0 un punto fisso di . Mostriamo che iperbolico. Po
sto A = D v(0), v(x)
= v(x) Ax ed utilizzando la formula della variazione delle
costanti, si ha:
Z
(x) = e A x +

s (x)),
d s e A(s) v(

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5.3 S ISTEMI PERIODICAMENTE PERTURBATI

da cui:
D(x) = e A +

113

s (x))Ds (x)
d s e A(s) D v(

.
e dunque L = D(0) = e A . Supponiamo per assurdo che esista (L) tale
che || = 1. Allora possiamo determinare un sottospazio invariante E (unidi ed una norma | | su E tale che
mensionale se R, bidimensionale se 6= )
k
|L v| = |v| per ogni v E e k N. Daltra parte, essendo L k = e Ak ed e At
un flusso iperbolico, la quantit |L k v| deve convergere a 0 oppure divergere
quando k +. Giungiamo cos ad una contraddizione. Concludiamo che
(e A ) S 1 = ;. Quindi x = 0 un punto fisso iperbolico di = , le cui variet stabile ed instabile indichiamo con W (0). Verifichiamo infine che, per ogni
> 0, W (0) = W (0), essendo W (0) le variet stabile ed instabile di x = 0,
punto singolare iperbolico del flusso di fase t 7 t . Linclusione W (0) W (0)
evidente. Viceversa, se x W (0) allora:
lim sup |t (x)| lim sup max |s (k (x))| = max |s (0)| = 0,
t

k s[,]

s[,]

dunque x W (0).

5.3. Sistemi periodicamente perturbati


Consideriamo un sistema periodico, perturbazione di un sistema autonomo:
x = v(x) + g (t , x),

(5.21)

con x = 0 punto singolare iperbolico di x = v(x), cosicch v(x) = Ax + v(x)


con

v(0)
= 0, D v(0)
= 0 e 0 (A) R. Sia T il periodo della perturbazione: g (t +
T, x) = g (t , x) per ogni (t , x) R Rn . Il parametro varia in un intorno dello
zero. Assumiamo che tutte le soluzioni siano definite sullintero asse dei tempi
R ed indichiamo t ,t0 (x) la soluzione di dati iniziali t0 ,t0 (x) = x. A tale sistema
.
differenziale possiamo associare la mappa stroboscopica S t0 = t0 +T,t0 , tale che:
S kt0 (x) = t0 +kT,t0 (x)

t 0 R,

k Z.

Ricordiamo che se x 0 un punto fisso di S t0 allora la soluzione t 7 t ,t0 (x 0 )


dellequazione (5.21) periodica di periodo T e viceversa. In particolare, x = 0
un punto fisso di S t0 per ogni t 0 R nel caso del sistema non perturbato x =
v(x). Mostriamo ora che, se || sufficientemente piccolo, allora S t0 possiede
t 0 ) vicino ad x = 0.
un punto fisso iperbolico x(,
P ROPOSIZIONE 5.5. Esistono un intorno I di = 0, un intorno U di x = 0 ed
t 0 ) U , (, t 0 ) I [0, T ], tale che, per
una funzione differenziabile (, t 0 ) x(,
t 0 ) lunico punto fisso di S t0 in U . Inoltre x(,
t 0 ) iperbolico e
ogni I , x(,
t 0 ) = 0. Infine, tutte le soluzioni periodiche t 7 t ,t0 (x(,
t 0 )) corrispondono
x(0,
ad ununica orbita contenuta in U .

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114

D INAMICA IPERBOLICA

D IMOSTRAZIONE . Dalla formula per la variazione delle costanti,


Z t

s,t0 (x)) + g (s, s,t0 (x)) ,


t ,t0 (x) = e A(t t0 ) x + d s e A(t s) v(
t0

segue che i punti fissi di S t0 coincidono con gli zeri della funzione:
Z t0 +T

. AT
s,t0 (x)) + g (s, s,t0 (x)) .
G(x, , t 0 ) = e 1I x +
d s e A(t0 +T s) v(
t0

Osserviamo ora che G(0, 0, t 0 ) = 0 e D x G(0, 0, t 0 ) = e AT 1I, matrice invertibile


essendo e AT iperbolico (vedi lEsempio 5.3). Allora, per il teorema della funzione
implicita, esistono un intorno U di x = 0 ed un intorno I di = 0 per cui si
t 0 ) dellequazione G(x, , t 0 ) = 0 in U I [0, T ];
ha ununica esplicitazione x(,
t 0 ) = 0. La regolarit di t ,t0 (x) rispetto a e t 0 implica la regolarit
inoltre x(0,
). Restringendo eventualmente lintorno I , il punto
di G(x, , ) e quindi di x(,

t 0 ) = 0 iperbolico e 7 D x S t0 (x(,
t 0 ))
fisso x(, t 0 ) iperbolico, essendo x(0,
una funzione continua.
.
t 0 )) : t [t 0 , t 0 + T ]} lorbita della soluzione perioSia ora t0 () = {t ,t0 (x(,
t 0 ). Poich 0 (0) = {0} e t ,t0 (x) condica corrispondente al punto fisso x(,
tinua rispetto a , restringendo eventualmente lintorno I , lorbita 0 () giace
nellintorno U di x = 0. Osserviamo ora che, per ogni t 0 [0, T ],
S t0 t0 ,0 = t0 ,0 S 0

(5.22)
.
(infatti t0 +T,t0 t0 ,0 = t0 +T,0 = t0 +T,T T,0 = t0 ,0 T,0 ). Ma allora x 0 =
0)) un punto fisso di S t0 che contenuto in U . Dunque x 0 = x(,
t0 )
t0 ,0 (x(,
0)) e t ,t0 (x(,
t 0 ))
necessariamente. Dunque le soluzioni T -periodiche t ,0 (x(,
coincidono, cosicch t0 () = 0 () per ogni t 0 [0, T ].

In definitiva abbiamo provato che lorbita corrispondente alla famiglia di so t 0 ), t 0 [0, T ], unica, in particolare identiluzioni periodiche di dati iniziali x(,
0), punto fisso della mappa stroboscopica S 0 = T,0 .
ficabile dal dato iniziale x(,

0) e
Nel seguito utilizzeremo la notazione abbreviata = S 0 , x()
= x(,
t 0 ) : t 0 [0, T ]},
() = 0 () = {x(,
omettendo la menzione del tempo iniziale.
O SSERVAZIONE 5.1. Se g (t , 0) 6= 0 le soluzioni periodiche sono sicuramente
distinte dal punto fisso x = 0. Nel caso opposto in cui g (t , 0) = 0 per ogni t R
t 0 ) identicamente nulla. Come esempio di questultimo cala funzione x(,
so si consideri il pendolo matematico con punto di sospensione variabile (cfr.
Esercizio 2.2).
Indichiamo ora con W (, t 0 ) le variet stabile ed instabile del punto fisso
t 0 ) di S t0 . Dalla (5.22) segue facilmente che W (, t 0 ) = t0 + j T,0 (W (, 0))
x(,
per ogni t 0 [0, T ], j Z. Definiamo allora variet stabile ed instabile dellorbita
iperbolica () gli insiemi invarianti (nello spazio delle fasi ampliato):
[ [
. [
W (, ) = {t } t ,0 (W (, 0)) =
{t 0 + j T } W (, t 0 ).
(5.23)
t R

j Z t 0 [0,T ]

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5.4 P UNTI OMOCLINI ED INSIEMI IPERBOLICI

115

0
=0

x ()

x ()
=0

F IGURA 5.4. Se 6= 0 le variet stabile ed instabile possono o


meno intersecarsi.
In effetti (analogamente alla definizione di variet stabile ed instabile di un punto fisso iperbolico) si ha:
(t 0 , x) W (, )

lim dist(t ,t0 (x), ()) = 0,

la cui dimostrazione lasciata al lettore.


5.4. Punti omoclini ed insiemi iperbolici
La struttura delle variet stabile ed instabile globali pu essere molto complicata. In particolare esse possono intersecarsi.
D EFINIZIONE 5.6. Un punto di intersezione W + (0) W (0) \ {0} detto
punto omoclino (del punto fisso x = 0). Esso detto non degenere o trasverso se
TW + (0) TW (0) = T Rn .
Nel caso particolare n = 2 la trasversalit significa che le curve di fase W + (0)\
{0} e W (0) \ {0} si intersecano trasversalmente. Per il teorema di esistenza ed
unicit questo non possibile in un sistema differenziale piano autonomo, e
lo stesso vale quindi per i diffeomorfismi , introdotti nellEsempio 5.3. In altri termini tutti gli eventuali punti omoclini sono degeneri, ovvero TW + (0) =
TW (0). La situazione differente se modifichiamo il sistema con perturbazioni dipendenti dal tempo. In particolare possiamo considerare sistemi meccanici
unidimensionali, quali ad esempio:

q = q q 3 + f (t , q, q),

q = sin q + f (t , q, q),

(5.24)

= f (t + T, q, q)
per qualche periodo T > 0. Indichiamo con x =
dove f (t , q, q)
(q, v) le coordinate nello spazio delle fasi R2 e sia t ,t0 (x) la mappa soluzione.
Per quanto stabilito nella Proposizione 5.5, per piccoli valori del parametro la

mappa stroboscopica = T,0 possiede un punto fisso iperbolico x()


vicino a

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116

D INAMICA IPERBOLICA

E
2
1
3

W +(0)
2
3
E+
0

W (0)

F IGURA 5.5. Struttura delle variet stabile ed instabile in pre.


senza di una intersezione omoclina trasversa ( j = j (), j
Z).
x = 0. Se = 0 sappiamo che W + (0) = W (0) (vedi lEsempio 5.1). Se 6= 0 le

curve W + (x())\{
x()}
e W (x())\{
x()}
possono o meno intersecarsi (vedi Figura 5.4). Mostreremo pi avanti, mediante il metodo di Melnikov, che nel caso

di perturbazioni del tipo f (t , q, v) = sin(t ), > 0, il punto fisso x()


possiede
un punto omoclino trasverso.
Lesistenza di un punto omoclino trasverso complica molto la struttura delle
variet stabile ed instabile (vedi Figura 5.5). Osserviamo infatti che, essendo
W (0) invarianti e un diffeomorfismo, se un punto omoclino trasverso
allora anche k () un punto omoclino trasverso per ogni k Z ed inoltre:
lim k () = 0.

k+

(5.25)

La dinamica in prossimit dellorbita () = {k () : k Z} di un punto omoclino trasverso possiede delle propriet notevoli, per analizzare le quali conviene
introdurre dapprima la nozione generale di insieme iperbolico di un diffeomorfismo.
D EFINIZIONE 5.7. Sia un diffeomorfismo di Rn . Il sottoinsieme di Rn
detto iperbolico se soddisfa le seguenti propriet:
i) compatto;
ii) invariante rispetto a , i.e. () = ;

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5.4 P UNTI OMOCLINI ED INSIEMI IPERBOLICI

117

iii) Esiste una decomposizione continua x 7 E x dello spazio tangente in x


T x Rn = E x+ E x ,

per cui:

D(x)E x = E (x)

|Dk (x)| K k ||

x ,

E x

x k N,

(5.26)

per qualche K > 0 e (0, 1).


E SEMPIO 5.4. Chiaramente un punto fisso iperbolico della mappa un
insieme iperbolico, essendo E gli spazi stabile ed instabile della linearizzazione di . Pi in generale, supponiamo che p 0 sia un punto fisso iperbolico della
.
mappa = N per qualche intero positivo N . In tal caso lorbita del diffeomorfismo per p 0 periodica: (p 0 ) = { j (p 0 ) : j = 0, . . . , N 1}. Dimostriamo che
.
= (p 0 ) un insieme iperbolico per . Chiaramente compatto ed invariante. Costruiamo ora la decomposizione x 7 E x , x . Essendo p 0 un punto
fisso iperbolico di , la matrice jacobiana D(p 0 ) non possiede autovalori sul
cerchio unitario del piano complesso. Siano allora E i sottospazi invarianti di
cui al Teorema 5.4 per loperatore L = D(p 0 ). Definiamo:
.
.
E pj = D j (p 0 )E ,
p j = j (p), j = 0, . . . , N 1.
Chiaramente T p j Rn = E p+j E pj poich j un diffeomorfismo e T p 0 Rn = E +
E per la scelta di E . Inoltre, per la propriet di composizione dellapplicazione
tangente, per ogni j = 0, . . . , N 1 si ha:

D(p j )E pj = D(p j )D j (p 0 )E = D j +1 (p 0 )E = E pj +1 = E (p
j)

(ove p N = N (p 0 ) = p 0 ). Rimane da dimostrare la stima (5.26). Se k N scriviamo k = i + N h con h la parte intera di k/N ed i = k N h {0, . . . , N 1}. Essendo
DN h (p 0 ) = [D(p 0 )]h ,
Dk (p j ) = D j +k (p 0 )D j (p j ) = D j +i (p 0 )[D(p 0 )]h D j (p j ).
Allora, posto
C = max max kDs (p)k
|s|2N p(p 0 )

ed applicando le stime (5.20) alla matrice D(p 0 ), si ha, per ogni E p+j ,
h
|Dk (p j )| C 2C +
||,
1/N
da cui la stima (5.26) con K = C C 2 /+ e = +
. Analogamente si ragiona per i

vettori E p j .

P ROPOSIZIONE 5.8. Sia un punto omoclino trasverso per il punto fisso iperbolico x = 0. Allora la chiusura dellorbita per ,
.
= () {0},
() = {k () : k Z},
un insieme iperbolico di .

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118

D INAMICA IPERBOLICA

D IMOSTRAZIONE . Per semplicit consideriamo il caso di un diffeomorfismo


del piano R2 . Linsieme compatto ed invariante essendo la chiusura di unor.
bita limitata. Definiamo E x = T x W (0) per ogni x . In particolare E 0 = E ,
dove E sono i sottospazi invarianti per loperatore L = D(0) di cui al Teorema
5.4. Essendo W (0) variet invarianti per il diffeomorfismo evidente che:

D(x)E x = D(x)T x W (0) = T(x)W (0) = E (x)

x .

Rimangono da dimostrare la propriet di continuit e la stima (5.26). Siano


x = (x + , x ) le coordinate adattate alla matrice D(0). Posto
.
.
Q = {x = (x + , x ) R2 : |x + | < , |x | < },
k = k (),
per ogni > 0 esiste un intero positivo N > 0 tale che k Q per ogni |k| N .
Inoltre, per il teorema delle variet stabile ed instabile, esiste 0 > 0 tale che,
posto Q 0 = Q 0 ,
W (Q 0 ) = {x Q 0 : x = h (x )},
con h funzioni differenziabili sullintervallo ( 0 , 0 ) per le quali h (0) = 0 e
0
h
(0) = 0. Posto ora y = x h (x ), poich

(y + , y )
1 0
(0, 0) =
,
0 1
(x + , x )
diminuendo eventualmente il valore di 0 , questa trasformazione definisce delle nuove coordinate y = (y + , y ) nellaperto Q 0 , rispetto alle quali (vedi Figura
5.6):
W (Q 0 ) = {y Q 0 : y = 0}.
Indichiamo ancora con il diffeomorfismo come funzione delle nuove coordinate. Quindi:

a y + + F (y + , y )
(y) = (y + , y ) =
,
b y +G(y + , y )
con |a| < 1, |b| > 1 e le funzioni F,G tali che F (0, 0) = 0, G(0, 0) = 0, DF (0, 0) = 0,
DG(0, 0) = 0. Inoltre, essendo W + (Q 0 ) positivamente invariante, G(y + , 0) 0
in Q 0 . Analogamente, essendo W (Q 0 ) negativamente invariante e (0, 0) = 0,
restringendo eventualmente Q 0 in modo tale che 1 (W (Q 0 )) {y : y + = 0}, si
ha anche F (0, y ) 0 in Q 0 . La matrice jacobiana di quindi:

a + D y + F (y + , y )
D y F (y + , y )
.
.
D(y) =
D y =
D y + G(y + , y )
b + D y G(y + , y )
y
In particolare, posto N0 = N 0 , poich k W + (Q 0 ) W (0) per k N0 , si ha:

a + D y + F (k )
D y F (k )
D(k ) =
k N0 .
(5.27)
0
b + D y G(k )
Analogamente, poich k W (Q 0 ) W + (0) per k N0 ,

a + D y + F (k )
0
D(k ) =
k N0 .
D y + G(k )
b + D y G(k )

(5.28)

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5.4 P UNTI OMOCLINI ED INSIEMI IPERBOLICI

119

1
W +(0)

2
3
N0

E+

W (0)

F IGURA 5.6. Struttura delle variet stabile ed instabile nelle


coordinate y = (y + , y ).
Si definisca infine la funzione
.
() = max max{kDF (y)k; kDG(y)k},
yQ

[0, 0 ].

(5.29)

Si osservi che () 0 per 0.


Per verificare la continuit di x 7 E x dobbiamo provare che E k E se
|k| +. Consideriamo il caso k +, essendo laltro del tutto simile. Poich
E +k = Tk W (Q 0 ) se k N0 , la convergenza di E +k a E 0+ = T0W + (Q 0 ) immediata. Dimostriamo invece che E k E 0 . Fissato un vettore non nullo N0 E N
0

poniamo k = D(k1 )k1 per k > N0 . Indicando con


le componenti di k
k
lungo gli assi y , la quantit
+
. |k |
k =
|k |

non dipende dalla particolare scelta di N0 e rappresenta il modulo della pendenza della direzione E k . Quindi dobbiamo dimostrare che
lim k = 0.

(5.30)

k+

Fissato > 0 scegliamo (0, 0 ] tale che:


( )(|b| ( ))
< ,
|b| ( ) 1
2

|a| + ( ) 1,

|b| ( ) > 1.

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120

D INAMICA IPERBOLICA

.
Allora, utilizzando la (5.27), per ogni k > N = N ,
k

|(a + D y + F (k1 ))+


|
+ D y F (k1 )
k1
k1
|
|(b + D y G(k1 ))
k1
(|a| + ( ))|+
| + ( )|
|
k1
k1
(|b| ( ))|
|
k1
k1 + ( )
.
|b| ( )

Iterando la stima k N volte otteniamo:


k

N
(|b| (

))kN

N
(|b| (
N

))kN

(|b| (

))kN

+ ( )
+ ( )
+

kN
X

j =1

(|b| ( )) j

1
1 (|b| ( ))1

( )(|b| ( ))
.
|b| ( ) 1

Quindi, per la scelta di ,


k

N
(|b| (

))kN

k N ,

Fissando ora k tale che N (|b| ( ))N k < /2 otteniamo che k < per
ogni k k , il che dimostra il limite (5.30) per larbitrariet nella scelta di .
Dimostriamo infine la stima (5.26), restringendoci al caso di E x+ , essendo
laltro del tutto simile. Fissiamo un numero (|a|, 1) e scegliamo 1 (0, 0 ]
.
tale che |a| + ( 1 ) (|a| + )/2 e, posto N1 = N 1 ,
| | 2 (|a| + )2 /4 22 ( 1 )

|+ |
2(|b| + ( 1 ))2

E +k : 6= 0,

k N1 ,

(questultima condizione verificata per 1 piccolo abbastanza poich E +k


E 0+ se k ). Fissiamo un vettore 0 E + e poniamo k = D(k1 )k1 ,
k Z. Poich
= 0 se k N1 ed utilizzando la (5.27) stimiamo:
k
+
|k | = |(a + D y + F (k1 ))+
k1 | (|a| + ( 1 ))|k1 |

|k1 | kN1 |N1 |

k > N1 .

Utilizzando invece la (5.28), per ogni k < N1 si ha:

(a + D y + F (k1 ))+
k1

|k | =
+

D y + G(k1 )k1 + (b + D y G(k1 ))k1


q

(|a| + ( 1 ))2 |+
|2 + 22 ( 1 )|+
|2 + 2(|b| + ( 1 ))2 |
|2
k1
k1
k1
s

(|a| + )2
(|a| + )2
+
2
2
2
2

+ 2 ( 1 ) |k1 | +
2 ( 1 ) |+
|2
k1
4
4
|k1 |,

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5.5 L EMMA DELL ORBITA OMBRA E SUE CONSEGUENZE

121

(x j )
(x j1)

(x j+1)

x j+1

xj

x j+2

F IGURA 5.7. -pseudo-orbita del diffeomorfismo .


da cui:
|N1 | N1 k |k |

k < N1 .

Daltra parte,
|N1 | kDN1 k (k )k |k |

k = N1 , . . . , N1 .

In definitiva, per una qualsiasi coppia di interi j Z e k N si ha:

2N1
k
1
| j +k | C | j |,
C=
max kD( j )k
,
j =N1 ,...,N1

il che dimostra (5.26) (il caso x = 0 ()


banale).

5.5. Lemma dellorbita ombra e sue conseguenze


Prima di descrivere le propriet della dinamica in prossimit di un insieme
iperbolico premettiamo alcune definizioni.
D EFINIZIONE 5.9. Sia > 0. Una sequenza {x i }i Z in Rn si dice una -pseudoorbita del diffeomorfismo se:
|x i +1 (x i )| <

i Z.

D EFINIZIONE 5.10. Siano > 0 e {q i }i Z una sequenza in Rn . Lorbita {p i }i Z


del diffeomorfismo [dunque p i +1 = (p i )] si dice una -ombra-orbita di {q i }i Z
se:
|p i q i | <
i Z.
Il nostro scopo dimostrare che -pseudo-orbite costituite da punti di un
insieme iperbolico possono essere ombreggiate da orbite vere; quanto migliore
lombreggiamento (cio quanto pi piccolo richiesto essere ) tanto pi la
pseudo-orbita dovr, in principio, essere prossima ad una vera orbita (quindi
piccolo). Precisamente:
T EOREMA 5.11 (Lemma dellorbita ombra). Sia un insieme iperbolico del
diffeomorfismo . Allora esiste 0 > 0 tale che ad ogni (0, 0 ) corrisponde
un numero = () in modo che ciascuna -pseudo-orbita {q i }i Z di punti in
ammette ununica -ombra-orbita {p i }i Z :
{q i }i Z : |q i +1 (q i )| < ! {p i }i Z : |p i q i | < ,

p i +1 = (p i )

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122

D INAMICA IPERBOLICA

Se inoltre:
lim |q i +1 (q i )| = 0

i +

risp. lim |q i +1 (q i )| = 0

(5.31)

risp. lim |p i q i | = 0 .

(5.32)

allora:
lim |p i q i | = 0

i +

D IMOSTRAZIONE . Sia q = {q i }i Z una -pseudo-orbita di , con > 0 da


fissare in seguito. Cerchiamo unorbita vera di , p = {p i }i Z , prossima a q, nella
forma p = q + x = {q i + x i }i Z per qualche x = {x i }i Z . Quindi x deve essere
soluzione dellequazione:
q i + x i = (q i 1 + x i 1 ),

i Z,

che riscriviamo nella forma:


i Z,

x i = D(q i 1 )x i 1 + f i (x i 1 ),

(5.33)

essendo:

.
f i (x i 1 ) = (q i 1 + x i 1 ) D(q i 1 )x i 1 (q i 1 ) + (q i 1 ) q i .

Notiamo che:
f i (0) = (q i 1 ) q i ,

D f i (x i 1 ) = D(q i 1 + x i 1 ) D(q i 1 ).

In particolare, essendo q una -pseudo-orbita e poich compatto,

i ) | f i (0)| < i Z,

i i ) sup kD f j (x j 1 )k 0 se sup |x j | 0.
j Z

(5.34)

j Z

Introduciamo lo spazio di Banach


.
E = {y = {y i }i Z : |y| < },

.
|y| = sup |y i |.
i Z

Cerchiamo la soluzione dellEq. (5.33) in tale spazio (infatti se p = q + x ombreggia la sequenza limitata q allora x E ). Riscriviamo lEq. (5.33) nella
forma:
(1I L)x = F (x),
(5.35)
dove:

.
(Lx)i = D(q i 1 )x i 1 ,

.
F (x)i = f i (x i 1 ).

In particolare, L un operatore lineare e continuo su E , F una funzione derivabile con continuit, essendo (DF (x)y)i = D f i (x i 1 )y i , e lEq. (5.34) diventa:

i ) |F (0)| < ,
(5.36)

i i ) lim kDF (x)k = 0


|x|0

(k k denota la sua norma uniforme delloperatore).

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5.5 L EMMA DELL ORBITA OMBRA E SUE CONSEGUENZE

123

1) Soluzione del problema lineare. Risolviamo dapprima il problema lineare:


(1I L)x = g ,

(5.37)

con g E assegnato. Poich q i , per ogni i Z possiamo decomporre:


.
E = E + E ,
E = {y E : y i E qi i Z},
ed indichiamo con y = y + + y , y E , la decomposizione di un generico elemento y E . I sottospazi E sono quasi invarianti sotto lazione delloperatore lineare L nel senso che ora precisiamo. Poich la mappa 7 E , ,
continua, possiamo scegliere una base {e ()
} di Rn adattata alla decomposij
zione E + E in modo tale che la matrice U (, ) del cambiamento di base
()

{e ()
} {e j } verifichi la condizione:
j

lim sup kU (, ) 1Ik = 0.

0 ,
||<

Ne segue che, essendo D(q i 1 )E qi 1 = E (q


e |q i (q i 1 )| < , loperatore L
i 1 )
si decompone nella forma:

L = A + :

AE = E ,

lim kk = 0,

0
n

dove (Ay)i = A i y i 1 , essendo A i : T qi 1 Rn T qi R loperatore la cui matrice nel(q i 1 )

le basi {e j

(q i )

}, {e j

}, coincide con quella delloperatore D(q i 1 ) : T qi 1 Rn


(q

((q

))

T(qi 1 ) Rn nelle basi {e j i 1 }, {e j i 1 }. In particolare A i E qi 1 = E qi e, per ogni


intero N > 0,

lim sup | kA i +N A i +N 1 A i k kDN (q i 1 )k | = 0,


0 i Z

1
1
N
(q i 1 )k | = 0
lim sup | kA 1
i N A i N +1 A i k kD

0 i Z

(infatti se q fosse unorbita allora k

Qi

j =i +N

A j k = kDN (q i 1 )k, k

Qi

j =i N

A 1
k=
j

kDN (q i 1 )k, dunque il suddetto limite conseguenza della regolarit di e


della compattezza di ). Fissiamo ora N tale che K N < 1/4, con K , come in
(5.26), e quindi 0 in modo tale che, per ogni (0, 0 ),

1
sup kA i +N A i +N 1 A i k kDN (q i 1 )k < ,
4
i Z

1
1
1
N
sup kA 1
(q i 1 )k < ,
i N A i N +1 A i k kD
4
i Z

cosicch:

|y + |
|y |
,
|A N y |
(0, 0 ).
(5.38)
2
2
Ne segue che loperatore 1I A invertibile per (0, 0 ). In effetti lequazione
(1I A)x = g si decompone nella coppia di equazioni:

(1I A)x + = g + ,
(5.39)
(1I A)x = g .
|A N y + |

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124

D INAMICA IPERBOLICA

La seconda equazione in (5.39) equivalente a


(1I A 1 )x = A 1 g .
La soluzione del sistema (5.39) allora:
+
+
X k
X k +
A g .
A g ,
x =
x+ =

(5.40)

k=1

k=0

Le stime (5.38) implicano la convergenza assoluta delle serie in (5.40), ed immediato verificare che i vettori x cos definiti sono soluzione del sistema (5.39).
La convergenza inoltre uniforme poich, posto
C = N sup{kDr ()k : , |r | N },
si ha:

+
X

|A k g + | =

+
1
X NX

|A r (A N ) j g + | C


+
X 1 j

|g + | 2C |g + |,
2
j =0 r =0
j =0
k=0

+
+
N
1
+
X k
X X r N j
X 1 j
|g | 2C |g |.
|A g | =
|A (A ) g | C
2
j =0 r =0
j =0
k=0
Quindi loperatore 1I A invertibile su E ed inoltre:
k(1I A)1 k 4C .
Consideriamo ora lequazione (5.37), che riscriviamo nella forma seguente:
.
(1I B )x = (1I A)1 g ,
B = (1I A)1 .
Fissiamo 1 (0, 0 ) tale che:
1
(0, 1 ).
2
Allora loperatore 1I B invertibile, essendo:

+
+
X k
X 1 k
1
1
(1I B ) =
k(1I B ) k
= 2,
B ,
k=0
k=0 2
kB k 4C kk <

per cui lequazione (5.37) ammette lunica soluzione x = (1I B )1 (1I A)1 g . In
altri termini, per ogni (0, 1 ), loperatore 1I L invertibile ed inoltre:
k(1I L)1 k 8C .

(5.41)

2) Soluzione del problema non lineare. Per (0, 1 ) lequazione non lineare
(5.35) pu ora essere riscritta come equazione di punto fisso della mappa:
T :E E

T (x) = (1I L)1 F (x).

Sia B = {x E : |x| }. Mostriamo che esiste 0 > 0 tale che, ad ogni (0, 0 )
corrisponde una scelta di = () per la quale:
1
T (B ) B ,
|T (x) T (y)| < |x y| x, y B ,
(5.42)
2
da cui, per il principio delle contrazioni, esiste ununica sequenza x B tale
che x = T (x ), e quindi p = q + x lunica -ombra-orbita della -pseudoorbita q.

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5.5 L EMMA DELL ORBITA OMBRA E SUE CONSEGUENZE

125

Sia
|F (x) F (y)|
.
J () = sup
.
|x y|
x,yB
x6= y

DallEq. (5.36) ricaviamo:


sup |F (x)| + J (),
xB

lim J () = 0.

Utilizzando la stima (5.41) concludiamo che:

sup |T (x)| 8C [ + J ()] ,

xB

(5.43)

|T (x) T (y)| 8C J ()|x y| x, y B .

Le stime (5.42) seguono ora dalle (5.43) scegliendo 0 > 0 tale che:
J () <
e fissando

1
16C

(0, 0 )

.
= () = min 1 ;
16C

3) Conclusione. Rimane da dimostrare il limite (5.32) sotto lipotesi (5.31). A tale


scopo sufficiente cercare il punto fisso nel sottospazio chiuso dello spazio di
Banach E :

n
o
n
o
.
.
E = y E : lim y i = 0
risp. E = y E : lim y i = 0 .
i +

Lo svolgimento per esteso della dimostrazione lasciata al lettore.

C OROLLARIO 5.12. Sia un punto omoclino trasverso del punto fisso iperbolico x = 0 del diffeomorfismo . Sia quindi = () {0}. Per ogni intorno V di
ed U di esistono infiniti punti periodici di in V le cui orbite sono contenute
in U .
D IMOSTRAZIONE . Sia 0 come nel Teorema 5.11 e (0, 0 ) tale che:
[
B () V,
B (k ) U ,
(5.44)
kZ

dove k = k () sono i punti dellorbita (). Sia = () come nel Teorema


5.11. Per ogni intero N sufficientemente grande esiste una -pseudo-orbita q =
{q i }i Z contenuta in di periodo N . Infatti, in virt del limite (5.25), esiste un
intero N tale che:
k B /2 (0)

k Z : |k| N .

(5.45)

Allora per ogni N > 2N + 1 la sequenza:


q = {q i }i Z

q j +N h = j


N 1
N
j,h Z : j =
,...,
,
2
2

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126

D INAMICA IPERBOLICA

una -pseudo-orbita di periodo N . Esiste quindi una -ombra-orbita p di q.


In particolare, per la condizione (5.44) sul parametro , si ha p 0 V e (p 0 ) U .
Mostriamo infine che p 0 un punto periodico. In effetti, essendo
|q i p i +N | = |q i +N p i +N | < ,
.
anche la sequenza p definita da pi = p i +N una -ombra-orbita di q. Poich
da cui p 0 = p0 = N (p 0 ),
esiste ununica -ombra-orbita di q, segue che p = p,
ovvero p 0 V un punto periodico di periodo N la cui orbita contenuta in U .
Ripetendo il ragionamento con una nuova scelta del parametro in modo tale
che p 0 B () possiamo determinare un nuovo punto periodico p 00 V distinto
da p 0 . Dunque esistono infiniti punti periodici.

C OROLLARIO 5.13. Siano un punto omoclino trasverso del punto fisso iperbolico x = 0 del diffeomorfismo . Sia quindi = (){0}. Per ogni intorno V di
ed U di esistono infiniti punti omoclini di in V le cui orbite sono contenute
in U .
D IMOSTRAZIONE . Sia (0, 0 ) tale che le inclusioni (5.44) siano verificate
ed = (). Sia quindi N come in (5.45). La sequenza:

j = N , . . . , N , h = 0, 1,
q j +(2N +1)h = j
q = {q i }i Z :

qi = 0
i : i < N oppure i > 3N + 1,
una -pseudo-orbita. Esiste quindi una -ombra-orbita p di q e, per la condizione (5.44) sul parametro , si ha p 0 V e (p 0 ) U . Inoltre, valendo banalmente i limiti in (5.32),
lim p i = lim q i = 0,
|i |+

|i |+

ovvero p 0 un punto omoclino. Tale punto garantito essere diverso da per


sufficientemente piccolo poich in tal caso () non una -ombra-orbita
di q. Ripetendo infine il ragionamento con una nuova scelta del parametro
in modo tale che p 0 B () possiamo determinare un nuovo punto omoclino
p 00 V distinto da p 0 . Dunque esistono infiniti punti omoclini.

In conclusione ogni punto omoclino trasverso un punto di accumulazione
di punti periodici e di punti omoclini, i cui comportamenti asintotici sono molto
differenti. (La Figura 5.5 quindi molto pi complicata!)
5.6. Applicazione alla dinamica del pendolo forzato
Consideriamo il sistema meccanico:
q = sin q + sin(t ).

(5.46)

Indichiamo con Q linsieme delle soluzioni che possiedono infiniti zeri. A ciascuna soluzione q() Q corrisponde ununica sequenza infinita di tempi,
{t k }kZ

lim t k = ,

t k < t k+1

k Z,

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5.7 I L METODO DI M ELNIKOV

127

per cui:
q(t k ) = 0 (mod 2) ,

q(t ) 6= 0 (mod 2)

t {t k }kZ .

Possiamo associare ad ogni soluzione q() Q una sequenza bilatera di variabili


di Bernoulli ponendo:

k) > 0
+1 se q(t
: Q {1; 1}Z : k (q()) =

k) < 0
1 se q(t
T EOREMA 5.14. Se > 0 piccolo a sufficienza si verifica quanto segue. Per
ogni sequenza {1; 1}Z esiste una soluzione t 7 q(t ) dellEq. (5.46) tale che:
k (q()) = k

k Z.

Inoltre la curva di fase di tale soluzione rimane vicina alla separatrice per tutti i
tempi.
D IMOSTRAZIONE . Indichiamo con x = (q, v) le coordinate nello spazio delle
fasi R2 e sia t ,t0 (x) la mappa soluzione. Sia la mappa stroboscopica:
. 2
.
T=

Per quanto stabilito nella Proposizione 5.5, per piccoli valori del parametro

la mappa possiede un punto fisso iperbolico x()


vicino a x = (, 0). Mediante il metodo di Melnikov mostreremo nella Sezione 5.7 (Esempio 5.5) che

x()
possiede un punto omoclino trasverso () prossimo, con tutta la sua orbita (()), alla separatrice. Possiamo ora costruire infinite -pseudo-orbite in

= (()){x()},
e quindi -ombra-orbite vicino , in modo da poter sceglie
re, ogni volta che arriviamo in prossimit del punto fisso x(),
se andare avanti o
tornare indietro. Queste -ombra-orbite sono contenute in un intorno tubolare
della separatrice, di larghezza infinitesima per 0. Daltra parte, su ciascun
intervallo [kT, (k + 1)T ], la dinamica a tempo continuo con piccolo rimane
vicina a quella (sul corrispondente livello di energia) con = 0. Dunque la soluzione rimane vicina alla separatrice non solo ai tempi kT , ove kT,0 = k , bens
per ogni tempo t R.

: x(0) x(T ),

5.7. Esistenza di intersezioni omocline trasverse in R2 e formula di Melnikov


Consideriamo un sistema piano periodicamente perturbato:
x = v(x) + g (t , x),

x R2 ,

g (t , x) = g (t + T, x),

con x = 0 punto singolare iperbolico del campo vettoriale v, un parametro


reale che varia in un intorno dello zero. Per quanto stabilito nella Proposizione 5.5, per piccoli valori del parametro univocamente determinata lorbita
iperbolica
t 0 ) : t 0 [0, T ]},
() = {x(,
t 0 ) lunico punto fisso (risultante essere iperbolico), vicino a x = 0,
tale che x(,
della mappa stroboscopica S t0 = t0 +T,t0 . Restano quindi definite, vedi lEq.

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128

D INAMICA IPERBOLICA

x2
=0

t
T

0
W +(0) = W (0)

x2

t0

x1

x (, t 0 )

=0
T

W + (,)
x (,0)

W (,)

x1

F IGURA 5.8. Variet stabile ed instabile dellorbita iperbolica


() che si intersecano trasversalmente.

(5.23), le variet stabile ed instabile W (, ) dellorbita (). Supponiamo ora


che per = 0 sia W + (0) = W (0), ovvero che il sistema non perturbato ammetta
unorbita omoclina di x = 0. Nel seguito ci occuperemo di trovare un criterio
di intersezione (trasversa) delle variet W + (, ) e W (, ), ovvero di determinare unorbita omoclina asintotica nel futuro e nel passato a (). Poich
W (, t 0 ) = t0 ,0 (W (, 0)), sufficiente determinare unintersezione trasversa
W + (, t 0 )W (, t 0 ) per qualche t 0 [0, T ], essendo allora = {t ,t0 () : t
R} lorbita omoclina cercata.
Indichiamo con 0 = {() : R} lorbita omoclina del sistema non perturbato (quindi = v(), () = 0).

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5.7 I L METODO DI M ELNIKOV

129

T EOREMA 5.15 (Formula di Melnikov). Assumiamo che il campo vettoriale v


abbia divergenza nulla (ad esempio il problema non perturbato hamiltoniano).
Definiamo integrale di Melnikov la funzione:
Z

. +
d J v(()), g ( + t 0 , ()) ,
M (t 0 ) =

0 1
essendo J =
. Se esiste uno zero semplice dellintegrale di Melnikov, al1 0
lora per ogni sufficientemente piccolo esiste unintersezione trasversa (, t 0 )
W + (, t 0 ) W (, t 0 ) per ogni t 0 [0, T ].

Si osservi che lintegrale di Melnikov una funzione periodica, come giusto


che sia essendo S t0 = S t0 +T .
E SEMPIO 5.5. Prima di dimostrare il Teorema 5.15 applichiamo il risultato
al caso del pendolo periodicamente forzato (5.46). Lhamiltoniana del sistema
= q 2 /2 + (1 cos q). Lequazione delle orbite omocline
non perturbato H (q, q)
= 2, ovvero:
H (q, q)
p
q = 2(1 + cos q),
che si integra per separazione delle variabili. Scegliendo la determinazione positiva otteniamo lomoclina q(t ) = 4 arctan e t . Quindi:

q(t )
4 arctan e t
(t ) =
=
,
)
q(t
2/ cosh t
da cui:
Z

M (t 0 ) =

2 sin[( + t 0 )]
= 2 sin(t 0 )
cosh

2 cos()
.
cosh

Lintegrale diverso da zero per ragioni di simmetria, cosicch t 0 = 0 uno zero


semplice di M (t 0 ): M (0) = 0, M 0 (0) 6= 0. Concludiamo che esiste unintersezione
omoclina trasversa della mappa stroboscopica T,0 vicino al punto (0) = (0, 2)
sulla separatrice.
D IMOSTRAZIONE DEL T EOREMA 5.15 ( CENNO ). Essendo la dipendenza dal

parametro regolare, le variet locali Wloc


(, t 0 ) sono C 1 -vicine alle variet lo
cali Wloc (0) per prossimo a zero. Possiamo quindi fissare un disco B r (0) allinterno del quale le variet W (, t 0 ) sono O ()-vicine a 0 . Sia la sezione
normale a 0 nel punto (0). La continuit rispetto ai dati iniziali ed alla perturbazione implica che |t ,t1 (x) (t t 1 )| = O () se |x (0)| = O () (la stima
essendo uniforme su intervalli di tempo finiti). Ne segue che, pur di prendere
sufficientemente piccolo, le variet W (, t 0 ) rimangono O ()-vicine a 0 fino

+
ad intersecare . Sia ora +
(t , t 0 ) [risp. (t , t 0 )] la soluzione tale che (t 0 , t 0 )

[risp. (t 0 , t 0 )] il primo punto di intersezione di W (, t 0 ) [risp. W (, t 0 )] con


. Tale soluzione giace sulla variet invariante W + (, ) [risp. W (, )] che, per
quanto sopra detto, rimane C 1 -vicina a R W + (0) [risp. R W (0)] per t > t 0
[risp. t < t 0 ]. In definitiva si ha:

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130

D INAMICA IPERBOLICA

W (, t0)

(0)
x (,t0)

+
(t0 , t0)

(t , t )
0 0

J v((0))

0
0

W + (, t0)
v((0))

F IGURA 5.9. Per piccolo le variet W (, t 0 ) intesecano la


sezione normale allorbita omoclina nel punto (0).

+
2
+
(t , t 0 ) = (t t 0 ) + q (t , t 0 ) + O ( ),

t [t 0 , +),

(t , t 0 ) = (t t 0 ) + q (t , t 0 ) + O ( ),

t (, t 0 ],

essendo il resto O (2 ) uniforme sugli intervalli indicati. Sostituendo gli sviluppi


precedenti nelle equazioni del moto ed identificando i termini del primo ordine nel parametro , si ricava facilmente che le funzioni q (t , t 0 ) sono soluzioni
dellequazione lineare:
q (t , t 0 ) = D v((t t 0 ))q (t , t 0 ) + g (t , (t t 0 )).

(5.47)

La separazione tra le variet W (, t 0 ) sulla sezione definita dalla distan+


za (con segno) tra i punti di intersezione
(t 0 , t 0 ) e (t 0 , t 0 ), ovvero:
D
h
iE

+
J
v((0)),

(t
,
t
)

(t
,
t
)
0
0
0
0

.
,
d (t 0 ) =
|v((0))|
essendo

1
J v((0))
1
0 1 v 1 ((0))
v 2 ((0))
=
=
|v((0))| |v((0))| 1 0 v 2 ((0))
|v((0))| v 1 ((0))

la direzione normale a 0 in (0). Posto

(t , t 0 ) = J v((t t 0 )), q (t , t 0 ) ,
si ha:

(t 0 , t 0 ) + (t 0 , t 0 )
+ O (2 ).
|v((0))|
Daltra parte, dallEq. (5.47) ed essendo = v(),

(t , t 0 ) = J v((t t 0 )), D v((t t 0 )) q (t , t 0 ) + g (t , (t t 0 ))


d (t 0 ) =

+ J D v((t t 0 )) v((t t 0 )), q (t , t 0 )


= div v((t t 0 )) (t , t 0 ) + J v((t t 0 )), g (t , (t t 0 ))
= J v((t t 0 )), g (t , (t t 0 )),

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5.8 N OTA BIBILIOGRAFICA

131

avendo utilizzato nella penultima uguaglianza che (D v)t J + J (D v) = div v J e


nellultima uguaglianza lipotesi di divergenza nulla del campo vettoriale v.
Poich q + (t , t 0 ) [risp. q (t , t 0 )] uniformemente limitata su [t 0 , +) [risp.
(, t 0 ]] e v((t t 0 )) v(0) = 0 per t , segue che (, t 0 ) = 0, cosicch, integrando lequazione precedente,
Z +

+
(t , t 0 ) =
d s J v((s t 0 )), g (s, (s t 0 )) ,
t
Z t

(t , t 0 ) =
d s J v((s t 0 )), g (s, (s t 0 )) .

Quindi (t 0 , t 0 ) (t 0 , t 0 ) = M (t 0 ) e

d (t 0 ) =

M (t 0 )
+ O (2 ).
|v((0))|

Poich |v((0))| = O (1), il termine M (t 0 )/|v((0))| domina su O (2 ). Ne


segue che se al variare di t 0 [0, T ] la funzione M (t 0 ) cambia segno allora anche
d (t 0 ) deve cambiare segno per sufficientemente piccolo. Pi precisamente,
se 0 uno zero isolato di M , allora esiste un tempo = 0 + O () per il quale

+
(, ) = (, ), ovvero esiste un punto omoclino W (, ) W (, ).
Unanalisi pi accurata mostra inoltre che M 0 (t 0 )/|v((0))| fornisce (a meno di
errori O (2 )) la differenza tra le pendenze delle direzioni tangenti a W (, ) e
W + (, ) nel punto omoclino . Quindi se M 0 (0 ) 6= 0 lintersezione trasversa.
Infine, come gi osservato, = {t ,t0 () : t R} unorbita omoclina asintotica
nel futuro e nel passato a (). In particolare esiste un punto omoclino trasverso
(, t 0 ) W + (, t 0 ) W (, t 0 ) per ogni t 0 [0, T ].

5.8. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) V.I. Arnold. Metodi geometrici della teoria delle equazioni differenziali
ordinarie. Roma: Editori Riuniti, 1989.
3) J. Guckenheimer, P. Holmes. Nonlinear oscillations, dynamical systems,
and bifurcations of vector fields. (Applied Mathematical Sciences 42).
Berlin: Springer, 1993.
4) A. Katok, B. Hasselblatt. Introduction to the modern theory of dynamical systems. (Encyclopedia of mathematics and its applications 54).
Cambridge: Cambridge U.P., 1995.
5) S. Wiggins. Introduction to applied nonlinear dynamical systems and
chaos. (Texts in applied mathematics 2) New York : Springer Verlag,
2003.

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CAPITOLO 6

Stabilit degli equilibri


6.1. Nozione di stabilit
Consideriamo lequazione differenziale
x = v(x),

x D,

(6.1)

dove v C 1 (D; Rn ) un campo vettoriale sullinsieme aperto D Rn . Sia t (x),


t J x , la soluzione massimale del problema di Cauchy di dati iniziali 0 (x) =
x D (quindi J x il pi grande intervallo di definizione della soluzione). Ricordiamo che x 0 D detto punto singolare del campo vettoriale se v(x 0 ) = 0. Il
problema di Cauchy di dati iniziali x 0 ammette allora la soluzione stazionaria
t (x 0 ) = x 0 , t R, motivo per il quale x 0 anche detto posizione di equilibrio (o
di riposo) dellEq. (6.1).
Nel seguito denotiamo con B r (z) (r > 0, z Rn ) la palla aperta in Rn di raggio
r e centro z; sia quindi Br (z) la sua chiusura e B r (z) la sua frontiera. Dunque:
.
B r (z) = {x Rn : |x z| < r },

.
Br (z) = {x Rn : |x z| r },

B r (z) = {x Rn : |x z| = r }.
D EFINIZIONE 6.1. Sia x 0 D una posizione di equilibrio dellequazione differenziale (6.1). Allora essa detta stabile se per ogni > 0 tale che B (x 0 ) D esiste
(0, ] tale che t (x) B (x 0 ) per ogni t 0 ed x B (x 0 ).
O SSERVAZIONE 6.1. Nella definizione di stabilit abbiamo apparentemente
assunto che tutte le soluzioni di dato iniziale x B (x 0 ) esistono globalmente nel futuro. In realt ogni soluzione pu avere lintervallo massimale di esistenza limitato nel futuro solo se essa esce da ogni compatto K D in un tempo finito. Dunque richiedere che t (x) B (x 0 ) per ogni t J x R+ implica
automaticamente che J x R+ = R+ .
O SSERVAZIONE 6.2. La propriet di stabilit dellequilibrio x 0 equivale alla
propriet di continuit uniforme nel tempo della soluzione rispetto al dato iniziale nel punto x 0 . Pi precisamente equivale a richiedere che esista un intorno
U di x 0 contenuto in D tale che t (x) esiste globale nel futuro per ogni x U ed
inoltre:
lim sup |t (x) x 0 | = 0.

xx 0 t 0

133

134

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

B (x 0)
B (x 0)

x0

x0
B (x 0)
B (x 0)

Equilibrio stabile

Equilibrio asintoticamente stabile

F IGURA 6.1. Equilibri stabili.


O SSERVAZIONE 6.3. Consideriamo il caso pi generale del sistema non autonomo:
x = v(t , x),
(t , x) R D,
(6.2)
dove v C 0 (R D; Rn ), D v C 0 (R D; Mn ). Sia t ,t0 (x), t J t0 ,x , la soluzione
massimale del problema di Cauchy di dati iniziali t0 ,t0 (x) = x D (quindi J t0 ,x
il pi grande intervallo di definizione della soluzione). Diciamo che x 0 D
una posizione di equilibrio se v(t , x 0 ) = 0 per ogni t R. Infatti in tal caso
t ,t0 (x 0 ) = x 0 per ogni t 0 , t R. Analogamente al caso autonomo, lequilibrio x 0
detto stabile se per ogni t 0 R ed > 0 tale che B (x 0 ) D esiste (0, ] tale
che t ,t0 (x) B (x 0 ) per ogni t t 0 ed x B (x 0 ). Si osservi che in generale
una funzione di t 0 ed . Se pu essere fissato indipendente da t 0 allora la
posizione di equilibrio x 0 detta uniformemente stabile. Nel caso autonomo la
stabilit sempre uniforme ed inoltre non limitativo scegliere t 0 = 0 poich
t ,t0 (x) = t t0 (x).
D EFINIZIONE 6.2. Sia x 0 D una posizione di equilibrio dellequazione differenziale (6.1). Essa detta asintoticamente stabile se stabile ed inoltre il numero
pu essere scelto in modo tale che
lim t (x) = x 0

t +

x B (x 0 ).

O SSERVAZIONE 6.4. La posizione di equilibrio x 0 detta attrattiva se esiste


> 0 tale che la soluzione t (x) esiste globale nel futuro per x B (x 0 ) ed inoltre
lim t (x) = x 0

t +

x B (x 0 ).

Ad ogni posizione di equilibrio attrattiva associamo il suo bacino di attrazione,


definito dallinsieme:

.
B(x 0 ) = x D : J x R+ = R+ , lim t (x) = x 0 .
(6.3)
t +

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6.1 N OZIONE DI STABILIT

135

F IGURA 6.2. Equilibrio attrattivo ma instabile.


Tale insieme un aperto in D. Infatti se x B(x 0 ) esiste T > 0 tale che T (x)
B (x 0 ). Per la continuit del flusso (rispetto ai dati iniziali), possiamo fissare
r > 0 tale che, per ogni y B r (x), la soluzione t (y) definita su tutto lintervallo
[0, T ] e T (y) B (x 0 ). Ma allora, per la definizione di , anche t (y) esiste
globale nel futuro e converge ad x 0 per t +, ovvero y B(x 0 ). Dunque per
ogni x B(x 0 ) esiste r > 0 tale che B r (x) B(x 0 ), ovvero B(x 0 ) aperto.
Chiaramente [stabilit] + [attrattivit] [asintotica stabilit]. Si osservi
che la stabilit e lasintotica stabilit sono propriet locali del campo vettoriale (intorno al punto x 0 ), mentre lattrattivit una propriet non locale della
dinamica. In particolare una posizione di equilibrio pu essere instabile ma attrattiva: in Figura 6.2 sono rappresentate le curve di fase di un campo vettoriale
definito su una superficie sferica che possiede un punto singolare attrattivo, (il
cui bacino di attrazione lintero spazio delle fasi), ma instabile.
E SEMPIO 6.1. Consideriamo il caso lineare ed omogeneo, v(x) = Ax, cosicch t (x) = e At x. In questo caso x 0 = 0 una posizione di equilibrio. Per quanto
visto nel precedente capitolo possiamo dire che:
Se < 0 per ogni (A) allora x 0 = 0 asintoticamente stabile.
Se esiste (A) tale che > 0 allora x 0 = 0 instabile.
Se 0 per ogni (A) e = 0 per almeno un (A), allora
x 0 = 0 stabile (non asintoticamente) se ciascun autovalore immaginario puro possiede molteplicit geometrica ed algebrica coincidenti,
altrimenti instabile.
O SSERVAZIONE 6.5. Esiste unovvia generalizzazione della nozione di stabilit e stabilit asintotica al caso di soluzioni non stazionarie di una legge di evoluzione. Supponiamo che la soluzione t ,t0 (x) dellEq. (6.2) sia definita su tutto
il semiasse dei tempi t t 0 . Essa detta stabile se esiste un intorno U di x contenuto in D tale che per ogni y U la soluzione t ,t0 (y) anchessa definita su

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136

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

x0

x0

Pozzo

Sorgente

F IGURA 6.3. Pozzi e sorgenti (nella metrica adattata gli insiemi


invarianti sono delle sfere).
tutto il semiasse dei tempi t t 0 e
lim sup |t ,t0 (y) t ,t0 (x)| = 0.

yx t t
0

La soluzione t ,t0 (x) detta asintoticamente stabile se stabile ed inoltre lintorno U pu essere scelto in modo tale che
lim |t ,t0 (y) t ,t0 (x)| = 0

t +

y U.

6.2. Stabilit riconosciuta dalla parte lineare


In questa sezione dimostriamo dei criteri di stabilit che scaturiscono dalla
seguente domanda: in quali casi il carattere di stabilit (ovvero di instabilit)
di un problema lineare non viene alterato da una perturbazione non lineare?
Mostreremo che questo avviene nel caso iperbolico che ora definiamo.
Il punto singolare x 0 dellEq. (6.1) detto iperbolico se tutti gli autovalori
della matrice jacobiana D v(x 0 ) hanno parte reale non nulla. Analogamente al
caso lineare, x 0 detto in particolare pozzo [risp. sorgente] se tutti gli autovalori
di D v(x 0 ) hanno parte reale negativa [risp. positiva].
T EOREMA 6.3. Sia x 0 D un pozzo dellEq. (6.1) e si fissi > 0 tale che <
per ogni (D v(x 0 )). Allora esiste un intorno aperto U di x 0 , la cui chiusura
U contenuta in D, tale che:
i) U positivamente invariante, ovvero t (U ) U per ogni t 0.
ii) Esiste una norma | | in Rn tale che:
|t (x) x 0 | e t |x x 0 |

t 0 x U.

(6.4)

In particolare x 0 asintoticamente stabile.

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6.2 S TABILIT RICONOSCIUTA DALLA PARTE LINEARE

137

D IMOSTRAZIONE . Senza perdere di generalit assumiamo x 0 = 0 (possiamo


sempre ridurci a questo caso mediante il cambiamento di coordinate x xx 0 ).
.
Poniamo A = D v(0) e fissiamo un numero 0 > tale che < 0 per ogni
(A). Per il Teorema 2.9 applicato alla matrice A con = 0 , esiste una
norma | | tale che:
x, Ax 0 |x|2
x Rn .
Daltra parte, essendo v(0) = 0 e A = D v(0),
|v(x) Ax|
= 0,
x0
|x|
lim

da cui, utilizzando la disuguaglianza di Cauchy-Swartz,


lim

x, v(x) Ax

x0

|x|2

= 0.

Possiamo quindi determinare > 0 tale che, se |x| , allora x D,


x, v(x) Ax (0 )|x|2 ,
e dunque:
x, v(x) = x, Ax + x, v(x) Ax |x|2 .
.
Dimostriamo ora il teorema con U = {x Rn : |x| < }. Fissato x U sia
.
= sup{t > 0 : s (x) U s [0, t ]}.
Quindi = + significa che t (x) U per ogni t 0. Viceversa, se < +,
essendo la frontiera di U contenuta in D, la soluzione prolungabile oltre e
per continuit | (x)| = . Osserviamo ora che se t [0, ) allora:
d t
| (x)|2 = 2t (x), v(t (x)) 2|t (x)|2 ,
dt
da cui, ragionando come nella dimostrazione dellEquazione (2.34),
|t (x)| e t |x|

x U

t [0, ).

In particolare | (x)| |x| < per tutti i tempi t [0, ), il che implica = +.
Infatti, se fosse < +, la funzione t 7 |t (x)| avrebbe una discontinuit in
t = . In conclusione U positivamente invariante e sussiste la stima (6.4). 
Si osservi che per lequivalenza delle norme la disuguaglianza (6.4) implica
lesistenza di una costante K > 0 tale che:
|t (x) x 0 | K e t |x x 0 |

t 0 x U.

E SEMPIO 6.2. Consideriamo lequazione del pendolo matematico piano con


attrito lineare (vedi Esercizio 2.1):

= 2 sin ,

> 0.

(6.5)

= (0, 0) data dalla


La linearizzazione attorno alla posizione di equilibrio (, )
matrice

0
1
A=
,
2

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138

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

p
i cui autovalori sono = [ 2 42 ]/2. Essendo < 0 concludiamo
che (0, 0) una posizione di equilibrio asintoticamente stabile.

Pi in generale, sia q 0 un minimo dellenergia potenziale U C 2 (I ; R), I R,


= (q 0 , 0) una
riconosciuto dalla parte lineare, ovvero U 00 (q 0 ) > 0. Allora (q, q)
posizione di equilibrio asintoticamente stabile del problema unidimensionale

q = U 0 (q) q.
O SSERVAZIONE 6.6. Il Teorema 6.3 fornisce un criterio sufficiente di stabilit
asintotica. Mostriamo con un semplice esempio che tale criterio non necessario. Consideriamo il campo vettoriale in R2 ,

x1
x 2 a(x 12 + x 22 )x 1
, a > 0.
,
x=
v(x) =
x2
x 1 a(x 12 + x 22 )x 2
Chiaramente x =0 una
posizione di equilibrio del sistema. La matrice jaco0 1
biana D v(0) =
, cosicch le curve di fase dellequazione linearizzata
1 0
x = D v(0)x sono (oltre lorigine) circonferenze di centro lorigine corrispondenti a moti circolari uniformi di velocit angolare = 1. Dunque lorigine un
centro per tale dinamica (un equilibrio stabile non asintoticamente) e le ipotesi
del Teorema 6.3 non sono verificate. daltra parte facile mostrare che x = 0
una posizione di equilibrio asintoticamente stabile per la dinamica non lineare.
Infatti, se x(t ) = (x 1 (t ), x 2 (t )) una soluzione non nulla del sistema, allora:
d
|x(t )|2 = 2[x 1 (t )x1 (t ) + x 2 (t )x2 (t )] = 2a[x 1 (t )2 + x 2 (t )2 ]2 = 2a|x(t )|4 ,
dt
da cui, integrando per separazione delle variabili,
|x(t )|2 =

|x(0)|2
.
1 + 2a|x(0)|2 t

(6.6)

Quindi tutte le palle centrate nellorigine sono insiemi positivamente invarianti,


da cui segue che ogni soluzione t (x), x R2 , esiste globale nel futuro. Inoltre
|t (x)| 0 per t +, cosicch x = 0 asintoticamente stabile (con bacino di
attrazione lintero piano R2 ).
Si osservi infine che nel caso a < 0 da (6.6) si deduce che ogni soluzione non
nulla esplode in un tempo finito, in particolare x = 0 instabile.
T EOREMA 6.4. Sia x 0 D una posizione di equilibrio dellEq. (6.1). Se esiste
(D v(x 0 )) tale che > 0 allora x 0 instabile. Equivalentemente, condizione
necessaria per la stabilit di x 0 che 0 per ogni (D v(x 0 )).
.
D IMOSTRAZIONE . Senza perdere di generalit assumiamo x 0 = 0. Posto A =
D v(0), supponiamo che esista (A) tale che > 0 e dimostriamo che x = 0
instabile. Per quanto mostrato nella Sezione 2.6 esiste una decomposizione di
Rn in somma diretta di sottospazi invarianti rispetto ad A, Rn = E 1 E 2 , tale che,
detta A 1 [risp. A 2 ] la restrizione di A al sottospazio E 1 [risp. E 2 ], si ha > 0 per
ogni (A 1 ) [risp. 0 per ogni (A 2 )]. Indichiamo con n 1 [risp. n 2 ] la

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6.2 S TABILIT RICONOSCIUTA DALLA PARTE LINEARE

139

E2

B (0)

C (b)

C (a)

E1

(b)
C = C (a)
U C

F IGURA 6.4. Il cono espulsivo.


dimensione di E 1 [risp. E 2 ]. Per le ipotesi fatte su (A) il sottospazio instabile E 1
non banale (ovvero n 1 > 0).
Fissiamo > 0 tale che > per ogni (A 1 ). Per il Teorema 2.9 applicato ad A 1 esiste una norma | |1 su E 1 tale che:
y, A 1 y1 |y|21

y E1.

Analogamente, fissato (0, ), poich (A 2 ) R R , esiste una norma | |2 su


E 2 tale che:
z, A 2 z2 |z|22

z E2.

Indichiamo con || la norma euclidea su R = E 1 E 2 definita dalla somma diretta


delle norme precedenti:

q
y
.
se x =
E1 E2.
|x| = |y|21 + |z|22
z
Lo sviluppo di Taylor al primo ordine del campo vettoriale attorno ad x = 0 :

v 1 (y, z)
A1 y
f 1 (y, z)
v(x) =
= Ax + f (x),
Ax =
,
f (x) =
,
v 2 (y, z)
A2 z
f 2 (y, z)
con f (x) infinitesimo di ordine superiore al primo. In particolare, per ogni > 0
possiamo determinare > 0 tale che:
| f (x)| |x|
x B (0) D.
.
.
Fissiamo > 0 tale che = 4 > 0. Consideriamo il cono C = {x : |y|1 > |z|2 }
.
e poniamo C = C B (0) (vedi Figura 6.4). Mostreremo che C espulsivo, ovvero che per ogni x C la soluzione t (x) si muove dentro C fino ad attraversare
la frontiera B (0) in un tempo finito. Dunque in particolare x = 0 instabile.

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140

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

Si consideri la funzione:

1 2
|y|1 |z|22 .
2
La derivata di W lungo una soluzione x(t ) che giace in C pu essere stimata
come segue (omettiamo la dipendenza esplicita dal tempo):

W (x) =

d
1 z, z
2
W (x) = y, y
dt
= y, A 1 y1 z, A 2 z2 + y, f 1 (y, z)1 z, f 2 (y, z)2
|y|21 |z|22 2|x| | f (x)| |y|21 |z|22 2|x|2

= ( 2)|y|21 ( + 2)|z|22 |y|21 |z|22


= 2W (x).
.
Fissato x C sia = sup{t > 0 : s (x) C s [0, t ]}. Dalla stima precedente,
per ogni t [0, ),
d
W (t (x)) 2W (t (x)),
dt
da cui, integrando,
W (t (x)) W (x)e 2t

t [0, ).

Essendo W una funzione continua, essa uniformemente limitata su C , per


cui deve essere < +. Inoltre, essendo W (t (x)) W (x) > 0 per ogni t
[0, ), t (x) non pu attraversare le falde del cono (dove W = 0), dunque deve
necessariamente attraversare la frontiera B (0).

Si osservi che come corollario dei precedenti teoremi deduciamo che un
punto singolare iperbolico necessariamente o instabile o asintoticamente stabile.
E SEMPIO 6.3. Consideriamo lequazione del pendolo matematico piano in
presenza o meno di attrito lineare:

= 2 sin ,

0.

= (, 0) data dalla
La linearizzazione attorno alla posizione di equilibrio (, )
matrice

0
1
A= 2
,

p
i cui autovalori sono = [ 2 + 42 ]/2. Essendo + > 0 (anche se = 0)
concludiamo che (, 0) una posizione di equilibrio instabile.
6.3. Il metodo diretto di Liapunov
La dimostrazione del Teorema 6.3 si basa sullesistenza di una norma che
decresce lungo le soluzioni vicine alla posizione di equilibrio. Lidea di A. M.
Liapunov di utilizzare altre funzioni per controllare le propriet di stabilit.
Sia v C 1 (D; Rn ) il campo vettoriale che appare nellEq. (6.1) e W : U R
la
una funzione differenziabile definita su un aperto U D. Indichiamo con W

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6.3 I L METODO DIRETTO DI L IAPUNOV

141

B (x 0)

B (x 0)
x0

F IGURA 6.5. La soluzione di dati iniziali in V non pu toccare B (x 0 ).


(x) = W (x), v(x).
derivata di Lie di W rispetto al campo vettoriale v, cio W

Dal segno di W si pu cos determinare se la funzione W cresce, decresce o rimane costante lungo le soluzioni. Il punto fondamentale che per determinare
non necessario conoscere le soluzioni (da cui il termine metodo diretto).
W
T EOREMA 6.5. Sia x 0 D una posizione di equilibrio dellEq. (6.1). Supponiamo che esista una funzione continua W : U R definita su un intorno U D
di x 0 , che sia differenziabile in U \ {x 0 } e tale che:
1) W (x 0 ) = 0 e W (x) > 0 per x 6= x 0 ,
(x) 0 in U \ {x 0 }.
2) W
Allora x 0 stabile. Se inoltre:
(x) < 0 in U \ {x 0 },
3) W
allora x 0 asintoticamente stabile.
D IMOSTRAZIONE . Fissiamo > 0 tale che B (x 0 ) U e poniamo
.
= min{W (x) : x B (x 0 )}.
.
Per lipotesi 1) su W > 0. Per la continuit di W linsieme V = {x B (x 0 ) :
W (x) < } un insieme aperto di Rn , ed inoltre esso contiene x 0 poich W (x 0 ) =
0. Dunque esiste > 0 tale che B (x 0 ) V . Per ogni x B (x 0 ), x 6= x 0 , poniamo
.
= sup{t > 0 : s (x) B (x 0 ) s [0, t ]}.
Dimostriamo che = +. Ragioniamo per assurdo ed assumiamo < +.
Essendo B (x 0 ) D, la soluzione t (x) prolungabile oltre e per continuit
(x) B (x 0 ), da cui W ( (x)) . Daltra parte, per lipotesi 2), W (t (x))
decrescente per t [0, ). Quindi W (t (x)) W (x) < per ogni t [0, ). Si
giunge cos ad una contraddizione poich la funzione t 7 W (t (x)) avrebbe
una discontinuit in t = . Quindi ogni soluzione che origina da punti in B (x 0 )

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142

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

rimane in B (x 0 ) per tutti i tempi. Vista larbitrariet di concludiamo che x 0


stabile.
Supponiamo ora che valga anche lipotesi 3). Dimostriamo che in tal caso:
lim t (x) = x 0

t +

x B (x 0 )

( come sopra), da cui la asintotica stabilit di x 0 . Ragioniamo per assurdo ed


assumiamo che esista x B (x 0 ) tale che t (x) non converge ad x 0 . Possiamo
allora determinare 0 < 1 < |x| ed una successione divergente di tempi {t k ; k N}
tale che tk (x) B (x 0 )\B 1 (x 0 ) per ogni k N. Per compattezza (eventualmente
restringendosi ad una sottosuccessione), possiamo assumere che esiste z 6= x 0
tale che:
lim tk (x) = z.
k+

Essendo z B (x 0 ) U , esiste un tempo t > 0 tale che s (z) definito e contenuto in U \ {x 0 } per ogni s [0, t ]. Daltra parte, per continuit,
lim W (t +tk (x)) = lim W (t (tk (x))) = W (t (z)).

k+

k+

Ma per lipotesi 3) W strettamente decrescente lungo le soluzioni in U \ {x 0 }.


In particolare W (t +tk (x)) > W (th (x)) per ogni t h > t + t k , cosicch:
W (t +tk (x)) > W (z) > W (t (z)).
Nel limite k + giungiamo alla contraddizione W (t (z)) W (z) > W (t (z)).


Una funzione W che soddisfa le condizioni del Teorema 6.5 detta funzione
di Liapunov per il punto singolare x 0 . In particolare detta funzione di Liapunov
in senso stretto se anche la condizione 3) del teorema soddisfatta.
C OROLLARIO 6.6 (Teorema di Lagrange-Dirichlet). Consideriamo un sistema
meccanico descritto dalla lagrangiana:
=
L(q, q)

1
A(q)q
+ b(q), q
U (q)
q,
2

(6.7)

dove le coordinate q sono definite in un aperto di Rd , A C 2 (; Md ), b


C 2 (; Rd ), U C 2 (; R), e la matrice A(q) definita positiva per ogni q . Si
assuma che q 0 un minimo proprio (locale) dellenergia potenziale U . Allora
(q 0 , 0) una posizione di equilibrio stabile.
D IMOSTRAZIONE . Le equazioni del moto,
d L L
=
,
d t q q
possono essere poste in forma normale essendo A(q) invertibile. Pi precisamente esse equivalgono al seguente sistema del primo ordine:

q = v
(q, v) Rd ,
v = F (q, v)

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6.3 I L METODO DIRETTO DI L IAPUNOV

143

essendo:
F (q, v) = A

U
A
1
A
(q)
(q) + v,
(q) v v,
(q)v + B (q)v ,
q
q
2
q

dove B (q) la matrice antisimmetrica di elementi


B i , j (q) =

b j
b i
(q)
(q).
q j
q i

Essendo la lagrangiana L indipendente dal tempo, il sistema ammette lintegrale


primo dellenergia meccanica totale:
1
v, A(q)v +U (q),
2
ovvero E (q, v) costante lungo le soluzioni del moto (verificarlo per esercizio!).
Posto W (q, v) = E (q, v) U (q 0 ), per le ipotesi su q 0 segue immediatamente che
(q, v) = 0).
W una funzione di Liapunov (non in senso stretto, essendo W

E (q, v) =

I sistemi meccanici sopra considerati sono caratterizzati da una legge di


conservazione, ovvero dallesistenza di un integrale primo, lenergia meccanica.
Una classe di sistemi con un comportamento alquanto differente costituito dai
sistemi gradienti. Essi sono definiti da equazioni del tipo:
x = F (x),
2

(6.8)

dove F C (D; R), D un aperto in R .


C OROLLARIO 6.7. Le curve di fase del sistema (6.8) attraversano ortogonal.
mente le superfici di livello F 1 (c) = {x D : F (x) = c}, c R, nei punti regolari
di F . I punti critici di F sono posizioni di equilibrio del sistema. I minimi isolati
sono asintoticamente stabili.
6= 0) e poD IMOSTRAZIONE . Sia x un punto regolare di F (ovvero F (x)
F
6= 0. Per

niamo c = F (x). Senza perdere di generalit assumiamo che xn (x)


il teorema della funzione implicita esiste un intorno U di x ed una funzione
g C 2 (V ; R), V Rn1 intorno di (x1 , . . . , xn1 ), tali che g (x1 , . . . .xn1 ) = xn ed
F 1 (c) U il grafico della funzione g (ovvero una superficie di codimensione uno). Inoltre, se x() una qualsiasi curva giacente su F 1 (c) tale che
essendo F (x()) c si ha in particolare:
x(0) = x,

x 0 (0).
0=
F (x())
= F (x),
=0
d
ortogonale ad ogni vettore x 0 (0) tangente ad F 1 (c) in x.

Quindi F (x)
Chiaramente x 0 una posizione di equilibrio dallequazione (6.8) se e solo
se F (x 0 ) = 0, ovvero se x 0 un punto critico della funzione F . Osserviamo
infine che:
= |F (x)|2 ,
F (x) = F (x), x
cosicch F (x) 0 per ogni x D ed F (x) = 0 se e solo se x una posizione di
.
equilibrio. Ne segue che se x 0 un minimo isolato di F allora W (x) = F (x)

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144

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

F (x 0 ) una funzione di Liapunov in senso stretto per x 0 , da cui la asintotica


stabilit.

E SERCIZIO 6.1. Si consideri il seguente sistema in R3 :

x = 3y(z 1)
y = x(z 1)

z = (x 2 + 1)z 3
Dimostrare che la posizione di equilibrio (0, 0, 0) stabile determinando una funzione di Liapunov. tale equilibrio asintoticamente stabile? [Suggerimento: Cercare la funzione di Liapunov nella forma W (x, y, z) = ax 2 + b y 2 + c z 2 per opportuni valori di a, b, c > 0.]
6.4. Insiemi limite e bacini di attrazione
Sia x 0 una posizione di equilibrio asintoticamente stabile dellEq. (6.1).
Tutte le soluzioni che originano da punti appartenenti al suo bacino di attrazione, vedi definizione (6.3), sono di fatto identificabili, asintoticamente nel tempo,
con la stessa soluzione stazionaria. quindi importante poter valutare il bacino di attrazione di una posizione di riposo. In questa direzione va il teorema
di stabilit di Barbashin-Krasovskii, che dimostreremo in questa sezione. Prima di discuterlo premettiamo alcune definizioni e propriet supplementari sui
sistemi autonomi di cui avremo bisogno in seguito.
Sia x D ed indichiamo al solito con t (x), t J x , la soluzione massimale
del problema di Cauchy di dati iniziali 0 (x) = x. Definiamo:
.
+ (x) = {t (x) : t 0} semiorbita positiva per x
se R+ J x ,
. t
(x) = { (x) : t 0} semiorbita negativa per x se R J x ,
.
(x) = {t (x) : t R}
orbita per x
se R = J x .
Osserviamo che + (x) [risp. (x)] positivamente [risp. negativamente] invariante. In particolare:
t ( (x)) = (t (x)) (x)

t 0.

Chiaramente (x) invariante, i.e. t ((x)) = (t (x)) = (x).


Sia x D tale che R+ J x . Chiamiamo insieme -limite (o insieme limite
positivo) di x, che indichiamo con L (x), la collezione di tutti i punti y D per
ciascuno dei quali esiste una successione di numeri positivi {t k ; k N} tale che
t k + e tk (x) y per k +. Quindi:

.
L (x) = y D : {t k }, t k +, tale che lim tk (x) = y .
k+

Analogamente, se R J x chiamiamo insieme -limite (o insieme limite negativo) linsieme:

.
L (x) = y D : {t k }, t k , tale che lim tk (x) = y .
k+

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6.4 I NSIEMI LIMITE E BACINI DI ATTRAZIONE

145

L EMMA 6.8. Gli insiemi L (x) ed L (x) sono chiusi in D ed invarianti. Inoltre,
se la chiusura della semiorbita + (x) [risp. (x)] un insieme compatto contenuto in D, allora L (x) [risp. L (x)] un insieme non vuoto, compatto e connesso,
tale che:

lim dist t (x), L (x) = 0


risp. lim dist t (x), L (x) = 0 .
(6.9)
t +

D IMOSTRAZIONE . Dimostriamo le affermazioni per linsieme L (x), laltro


caso del tutto simile.
Mostriamo dapprima che L (x) un chiuso in D. Sia:
{y k ; k N} L (x)

lim y k = y D.

k+

Dobbiamo dimostrare che y L (x). Fissato un intero p > 0 scegliamo k p tale


che |y y k p | < (2p)1 . Consideriamo una successione divergente di tempi {t j ; j
N} tale che t j (x) y k p per j +. Fissiamo quindi un intero j p cos grande
che t j p > p e |t j p (x) y k p | < (2p)1 . Posto p = t j p , otteniamo in tal modo una
successione divergente di tempi {p ; p N} tale che |p (x) y| |t j p (x) y k p |+
|y k p y| < p 1 , ovvero p (x) y per p +. Dunque y L (x).
Mostriamo ora che L (x) invariante. Sia y L (x), cosicch esiste t k %
+ tale che tk (x) y. Poich lintervallo massimale di esistenza J x della soluzione t (x) contiene strettamente la semiretta positiva, la soluzione t (tk (x))
definita per ogni t [t k , +) ed inoltre t (tk (x)) = t +tk (x). Per il teorema di
continuit rispetto ai dati iniziali, poich tk (x) y D e t k % +, la soluzione
t (y) definita per ogni t R ed inoltre:
t (y) = lim t (tk (x)) = lim t +tk (x),
k+

k+

ovvero (y) L (x).


Supponiamo ora che la chiusura + (x) della semiorbita + (x) sia compatta
e contenuta in D. Chiaramente L (x) non vuoto poich esistono successioni
convergenti in + (x) per compattezza. Inoltre L (x) un compatto essendo un
chiuso contenuto in + (x). Dimostriamo che connesso ragionando per assurdo. Supponiamo quindi che L (x) = B 1 B 2 con B 1 e B 2 compatti e disgiunti.
Per le propriet di separazione di Rn esiste un insieme aperto e limitato A tale
che
B 1 A A D \ B 2 .
Per definizione di -limite esistono successioni divergenti di tempi {t k(i ) ; k N},
i = 1, 2, tali che:
(i )

y i = lim tk (x) B i ,
k+

i = 1, 2.

Allora, per continuit, la traiettoria t 7 t (x) interseca la frontiera A = A \


A infinite volte ed in corrispondenza di una successione divergente di tempi.
Per compattezza, possiamo determinare una successione divergente di tempi
{k ; k N} tale che k (x) converge ad un punto y A. Quindi y L (x) da cui
una contraddizione essendo L (x) A = ;.

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146

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

Infine, supponiamo per assurdo che il limite (6.9) sia falso. Allora esistono > 0 ed una successione di tempi divergente {t k ; k N} per i quali si ha
dist tk (x), L (x) > per ogni k N. Per compattezza possiamo estrarre una
sottosuccessione convergente. Detto y il limite di tale sottosuccessione, per la

continuit della distanza si ha dist y, L (x) . Ma essendo + (x) D anche


y L (x), da cui una contraddizione.

E SEMPIO 6.4. Vediamo alcuni esempi semplici di insiemi limite.
1) Sia x 0 un punto singolare attrattivo e B(x 0 ) il suo bacino di attrazione.
Allora L (x) = {x 0 } per ogni x B(x 0 ).
2) Sia (x) un orbita chiusa. Nel caso banale (x) = {x}, x un punto singolare del campo e lorbita limmagine della soluzione stazionaria t (x) = x. Nel
caso non banale essa limmagine di una soluzione periodica, ovvero esiste un
pi piccolo tempo T > 0 tale che T (x) = x. In entrambi i casi L (x) = L (x) =
(x). Infatti gli insiemi limite sono contenuti in (x) essendo lorbita chiusa e
daltra parte per ogni punto y (x) esiste un [0, T ] tale che y = +kT (x) per
ogni k Z. Dunque y L (x) L (x).
3) Si consideri il flusso lineare sul toro T2 studiato nella [Sezione 3.6. Dal Corollario 3.9 concludiamo che se le frequenze sono razionalmente indipendenti
allora L () = L () = T2 per ogni = (1 , 2 ) T2 . Se invece le frequenze sono
razionalmente dipendenti allora le orbite sono chiuse, dunque L () = L () =
() per ogni = (1 , 2 ) T2 .
T EOREMA 6.9 (Il Teorema di Barbashin-Krasovskii). Sia x 0 una posizione di
equilibrio per la quale esista una funzione di Liapunov W : U R. Supponiamo
inoltre che esista un intorno P U di x 0 , chiuso (in Rn ) e limitato, tale che:
a) P positivamente invariante,
b) non esistono orbite interamente contenute in P \ {x 0 } lungo le quali la
funzione W costante.
Allora x 0 asintoticamente stabile e P B(x 0 ).
D IMOSTRAZIONE . Sia x P . Essendo + (x) P , linsieme L (x) non
vuoto, compatto, connesso e contenuto in P . Poich P un insieme positivamente invariante contenuto nel dominio U della funzione di Liapunov, si ha
(t (x)) 0 per ogni t 0. Quindi la funzione t 7 W (t (x)) monotona ed
W
esiste il limite
W0 (x) = lim W (t (x)).
t +

Essendo W una funzione continua, dalla definizione di -limite concludiamo


che W (y) = W0 (x) per ogni y L (x). Ma essendo L (x) invariante, (y) L (x)
per ogni y L (x), cosicch la funzione di Liapunov costante lungo tutta lorbita (y) di ciascun punto y L (x). Allora, per lassunto b) del teorema, L (x) =
{x 0 } necessariamente. Essendo + (x) un compatto in D vale inoltre il limite (6.9).
Abbiamo in tal modo dimostrato che:
lim t (x) = x 0

t +

x P .

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6.4 I NSIEMI LIMITE E BACINI DI ATTRAZIONE

147

Dunque x 0 asintoticamente stabile e P B(x 0 ).

C OROLLARIO 6.10 (Problema lagrangiano con forze dissipative). Consideriamo un sistema meccanico descritto dal sistema differenziale del secondo ordine:
d L L

=
+Q(q, q),
d t q q
definita come in (6.7) e le forze addizionali Q
dove la lagrangiana L(q, q)
2
d
d
C ( R ; R ) sono delle dissipazioni complete, ovvero tali che:
Q(q, 0) = 0 q ,

v,Q(q, v) < 0 q v 6= 0.

(6.10)

Si assuma che q 0 un minimo isolato dellenergia potenziale U . Allora (q 0 , 0)


una posizione di equilibrio asintoticamente stabile.
D IMOSTRAZIONE . Analogamente al caso conservativo analizzato nel Corollario 6.6, le equazioni del moto possono essere poste in forma normale. Utilizzando la medesima notazione introdotta nel suddetto corollario, otteniamo
ora:

q = v
(q, v) Rd ,
v = F (q, v) + A 1 (q)Q(q, v)
Posto W (q, v) = E (q, v) U (q 0 ) con E (q, v) lenergia meccanica totale del sistema, si ha in tal caso:
(q, v) = v,Q(q, v).
W
Dallipotesi (6.10) segue che W una funzione di Liapunov, cosicch (q 0 , 0)
una posizione di equilibrio stabile. Purtroppo W non una funzione di Liapu (q, 0) =
nov in senso stretto, ovvero non vale lipotesi 3) del Teorema 6.5. Infatti W
0 per ogni q . Per dimostrare la asintotica stabilit utilizziamo allora il teorema di Barbashin-Krasovskii. Fissato > 0 consideriamo il sottoinsieme dello
spazio delle fasi:
.
D = {(q, v) Rd : W (q, v) }.
Chiaramente D positivamente invariante poich W non cresce lungo le soluzioni. Indichiamo con P la componente connessa di D che contiene il punto
(q 0 , 0). Essendo q 0 un minimo isolato, se scelto sufficientemente piccolo
allora P un intorno chiuso e limitato di (q 0 , 0) tale che:
F (q, 0) = A 1 (q)

U
(q) 6= 0
q

(q, 0) P \ {(q 0 , 0)}.

(6.11)

Inoltre P positivamente invariante, essendo strettamente separato dal suo


complementare in D . Rimane da verificare la condizione b) del Teorema 6.9.
(q, v) = 0 solo se v = 0, le uniche orbite lungo le quali la funzione W
Poich W
costante sono le posizioni di equilibrio. La condizione b) segue allora dalla
(6.11) che implica (q 0 , 0) essere lunica posizione di equilibrio in P . Dunque q 0
asintoticamente stabile e P B(q 0 , 0).


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148

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

0<<2

P (0)
2

>2

P (0)
2

F IGURA 6.6. Curve di fase del pendolo con attrito.

E SEMPIO 6.5. NellEsempio 6.2 abbiamo mostrato che la posizione di equilibrio (0, 0) del pendolo matematico piano con attrito, descritto dallEq. (6.5)
asintoticamente stabile. Possiamo ora utilizzare il Teorema 6.9 per valutare
parte del bacino di attrazione. Riscriviamo lEq. (6.5) nella forma:

= v,
v = 2 sin v.
Lenergia meccanica totale
E (, v) =

v2
+ 2 (1 cos )
2

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6.4 I NSIEMI LIMITE E BACINI DI ATTRAZIONE

149

e la sua derivata direzionale


E (, v) = v 2 .
Essendo E (0, 0) = 0 la funzione di Liapunov esattamente W (q, v) = E (q, v).
Fissato 0 < < 22 sia
P = {(, v) : W (, v) , || < }.
Chiaramente P un intorno chiuso di (0, 0) positivamente invariante. Inoltre,
essendo sin 6= 0 per ogni (, 0)(0, ), esso non contiene altre posizioni di
equilibrio oltre (0, 0). Concludiamo che P B(0, 0). Quindi:
[
.
P (0) = {(, v) : W (, v) < 22 , || < } =
P B(0, 0).
<22

Analogamente, per ogni intero n Z, si ha:


.
P (n) = {(, v) : W (, v) < 22 , | 2n| < } B(2n, 0).

(6.12)

O SSERVAZIONE 6.7. possibile caratterizzare linsieme limite L (, v) per


ciascun punto del piano delle fasi del pendolo con attrito considerato nellEsempio 6.5. Sia ((t ), v(t )), t R, una qualsiasi soluzione (si osservi che tutte le
soluzioni esistono globali poich la velocit di fase soddisfa lipotesi del Corollario 1.6. Osserviamo innanzitutto che, essendo
E ((t ), v(t )) E ((0), v(0)) e lep
nergia potenziale non negativa, |v(t )| 2E ((0), v(0)) per ogni t 0. Mostriamo ora che necessariamente v(t ) 0 per t +. Dalle equazioni
p del moto e la
)| 2 + 2E ((0), v(0)).
precedente stima sulla velocit, possiamo stimare |v(t
Ne segue in particolare che t v 2 (t ) uniformemente continua su tutto il semiasse positivo dei tempi. Quindi per ogni > 0 esiste un > 0 tale che |v(t )
v(s)| < se |t s| < . Supponiamo per assurdo che la velocit non converga a
zero. Utilizzando la uniforme continuit sopra stabilita, possiamo allora determinare una successione di tempi divergente t n % +, e dei numeri , > 0 tali
che:
v 2 (s) > s [t n , t n + ],

[t n , t n + ] [t k , t k + ] = ; k 6= n.

Detto n(t ) il pi grande intero n tale che t n + t , otteniamo allora


Z t
E ((t ), v(t )) = E ((0), v(0)) d s v 2 (s)
E ((0), v(0))

0
n(t
X) Z tk +

d s v 2 (s)

k=0 t k

E ((0), v(0)) 2n(t ),


il che implica E ((t ), v(t )) per t +, da cui una contraddizione essendo E (, v) una funzione non negativa. Dunque la velocit di ciascuna soluzione
deve convergere a zero. Esistono allora solo due possibilit sul comportamento asintotico di una soluzione del problema che non sia stazionaria: o entra in
un tempo finito nel bacino di attrazione di una posizione di equilibrio stabile, (2k, 0), k Z, o compie un moto a meta asintotica verso una posizione di
equilibrio instabile ((2k + 1), 0), k Z.

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150

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

O SSERVAZIONE 6.8. Si consideri il sistema meccanico unidimensionale con


attrito descritto dallequazione:

q = v,
q = U 0 (q) q
,
v = U 0 (q) v
dove U C 2 (R). Supponiamo che t 7 q(t ), t [0, T ], sia una fase di moto progressivo e poniamo q 0 = q(0), q 1 = q(T ). Esiste allora ununica funzione invertibile q 7 t (q), q [q 0 , q 1 ], tale che q(t (q)) = q, quindi t 0 (q) = 1/v(t (q)), per ogni
q [q 0 , q 1 ]. Posto
.
v(q) = v(t (q)),

. 1
E (q) = v 2 (q) +U (q),
2

q [q 0 , q 1 ],

si ha:
E 0 (q) =

1
d

E (q(t ), v(t ))
t 0 (q) = E (q, v(q))
= v(q),
t =t (q)
dt
v(q)

dove si utilizzato che E (q, v) = v 2 . In definitiva:


p
E 0 (q) = 2[E (q) U (q)]
q [q 0 , q 1 ],

(6.13)

che fornisce unequazione del primo ordine (non autonoma) cui deve soddisfare
lenergia come funzione della posizione durante una fase di moto progressivo.
Analogamente si dimostra che, durante una fase di moto retrogrado,
p
E 0 (q) = 2[E (q) U (q)].
E SERCIZIO 6.2. Dimostrare che la soluzione dellequazione del pendolo con
attrito di dati iniziali (, ) appartiene al bacino di attrazione della posizione di
equilibrio (0, 0) per ogni sufficientemente piccolo. [Suggerimento: Utilizzando
lOsservazione 6.8, mostrare che per piccolo la soluzione entra in un tempo finito
nellinsieme P (0) costruito nellEsempio 6.5.]
E SERCIZIO 6.3. Dimostrare che per ogni intero positivo n e per ogni posizione
iniziale del pendolo con attrito esiste una velocit iniziale v 0 tale che la corrispondente soluzione tende alla posizione di equilibrio stabile compiendo esattamente n rotazioni complete prima di iniziare le oscillazioni smorzate attorno alla
suddetta posizione.
E SERCIZIO 6.4. Sia t
7 t (x), (t , x) R Rn , un flusso di fase. Dimostrare le
seguenti identit:
\
\
\[
t (+ (x)) =
+ (t (x)) =
L (x) =
s (x),
t 0

L (x) =

\
t 0

t 0 st

t 0

t ( (x)) =

\
t 0

(t (x)) =

\[

s (x).

t 0 st

.
E SERCIZIO 6.5. Sia F C 1 (Rn ; R) tale che F 1 (, c] = {x Rn : F (x) c}
compatto per ogni c R. Si assuma inoltre che F (x) 6= 0 a meno di un insieme
finito di punti z 1 , . . . , z k . Dimostrare che allora, qualunque sia il dato iniziale

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6.5 S OLUZIONE DEGLI ESERCIZI

151

x Rn , la soluzione t 7 t (x) del sistema gradiente x = F (x) definita per


ogni t 0 ed inoltre:
lim t (x) = z j ,
t +

per qualche j = j (x). [Suggerimento: Dimostrare dapprima che in un sistema


gradiente ogni punto di L (x) necessariamente una posizione di equilibrio.]

6.5. Soluzione degli esercizi


S OLUZIONE E S . 6.1. Osserviamo preliminarmente che, essendo

0 3 0
p
y,
z)

. (x,
A=
(0, 0, 0) = 1 0 0
=
(A) = {0, 3i },
(x, y, z)
0 0 0
non sono applicabili i criteri di stabilit riconosciuta dalla parte lineare. Consideriamo la funzione W (x, y, z) = ax 2 + b y 2 + c z 2 ; si ha:
(x, y, z) = 2ax x + 2b y y + 2c z z = 2(3a b)x y(z 1) 2c(x 2 + 1)z 4 .
W
(x, y, z) = 2c(x 2 + 1)z 4 . Quindi W (x, y, z) = a(x 2 + 3y 2 ) +
Se 3a = b allora W
2
cz con a, c > 0 una funzione di Liapunov: positiva tranne che in (0, 0, 0) e
(x, y, z) 0. Dunque (0, 0, 0) stabile. Tale equilibrio non pu essere asintoW
ticamente stabile. Infatti il piano cartesiano di equazione z = 0 un insieme
invariante per la dinamica e le equazioni del moto su tale piano si riducono al
sistema:

x = 3y
y = x
che sono le equazioni di un oscillatore armonico ( y +3y = 0). In particolare tutti
i moti su questo piano (eccetto la soluzione stazionaria (0, 0)) sono periodici.
Concludiamo osservando che i moti che non si svolgono sul piano z = 0 sono da
questo comunque attratti. In effetti:
d 2
z = 2(x 2 + 1)z 4 2z 4 ,
dt
per cui, integrando la disuguaglianza,
z 2 (t )

z 2 (0)
,
1 + 2t z 2 (0)

ovvero z 2 (t ) 0 per t +.
S OLUZIONE E S . 6.2. Consideriamo la fase di moto progressivo t 7 (t ), t
[0, t ) tale che:
((0), v(0)) = (, ),

.
t = sup{t 0 : E ((s), v(s)) 22 s [0, t ]}.

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152

S TABILIT DEGLI EQUILIBRI

Posto = lim (t ) (in generale +) sia E (), [, ), definita come


t t

nellOsservazione 6.8. Utilizzando (6.13), per ogni [, ) si ha:


Z
p
0 = E () E () +
d y 2[E (y) U (y)]

2
+
2

q
d y 2[22 2 (1 cos y)],

dove si sfruttato il fatto che E () 22 su tutto lintervallo [, ), che E () =


2 /2 + 22 e che U (y) = 2 (1 cos y). In definitiva:
Z
p
2

d y 2(1 + cos y)
0
[, ).
2

Supponiamo per assurdo che > 0 per ogni > 0. Allora, nel limite 0
p
R0
giungiamo alla contraddizione d y 2(1 + cos y) 0. Quindi per sufficientemente piccolo esiste 1 < tale che E (1 ) < 22 , ovvero ((t 1 ), v(t 1 )) P (0)
con t 1 = t (1 ).
S OLUZIONE E S . 6.3. Sia 0 [, ) la posizione iniziale. Dobbiamo determinare v 0 > 0 in modo tale che la soluzione di dati iniziali (0 , v 0 ) entra nellinsieme invariante P (n) definito in (6.12). Dal risultato dellEsercizio 6.4 segue che
possiamo scegliere > 0 tale che la soluzione di dati iniziali ((2n 1), ), che indichiamo con t 7 ((t ), v(t )), entra nellinsieme P (n) in un tempo finito. Tale
soluzione prolungabile su tutto lasse reale dei tempi. Inoltre, essendo
inf E ((t ), v(t )) = E ((0), v(0)) =

t 0

2
+ 22 ,
2

kU k 22 ,

si ha:
inf v(t ) = inf

t 0

t 0

p
2[E ((t ), v(t )) U ((t ))] .

Ci implica in particolare che (t ) per t , cosicch esiste sicuramente un tempo t 0 < 0 tale che (t 0 ) = 0 . La velocit iniziale richiesta
allora v 0 = v(t 0 ). Infatti la soluzione t (0 , v 0 ) = ((t + t 0 ), v(t + t 0 )), di dati
iniziali (0 , v 0 ), compie esattamente n rotazioni complete prima di iniziare le
oscillazioni smorzate attorno alla posizione di equilibrio n = 2n = 0 (mod 2).
S OLUZIONE E S . 6.4. Consideriamo il caso dellinsieme -limite, laltro caso
analogo. Le seconde due uguaglianze sono ovvie poich, per la propriet di
gruppo del flusso di fase, t (+ (x)) = + (t (x)) = st s (x). Sia ora y L (x) e
t k % + tale che tk (x) y. Per ogni t > 0 la sottosuccessione {tk (x); t k t }
contenuta in t (+ (x)) e converge a y. Dunque y t (+ (x)) per ogni t 0.
Viceversa, sia y t (+ (x)) per ogni t 0. Comunque scelto un intero positivo
k > 0 possiamo allora determinare un tempo t k > k tale che |tk (x) y| < 1/k.
Dunque y L (x).
S OLUZIONE E S . 6.5. Essendo F non crescente lungo le soluzioni, linsieme
F 1 (, x] positivamente invariante, cosicch la soluzione t (x) rimane confinata in un compatto e dunque si prolunga globalmente nel futuro. Ragionando

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6.6 N OTA BIBILIOGRAFICA

153

come nella dimostrazione del teorema di Barbashin-Krasovskii, si verifica che


la funzione F costante lungo lorbita (y) di ciascun punto y L (x). Quindi, essendo F = |F |2 , L (x) pu essere costituito unicamente da punti critici
di F . Daltra parte, essendo + (x) limitata, per il Lemma 6.8 linsieme L (x)
non vuoto e connesso. Dunque L (x) = {z j } per qualche j = j (x), cosicch,
utilizzando la (6.9), t (x) z j per t +.
6.6. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) M.W. Hirsch, S. Smale. Differential equations, dynamical systems and
linear algebra. (Pure and applied mathematics. A series of Monographs
and Textbooks). San Diego: Academic Press, 1974.

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CAPITOLO 7

Soluzioni periodiche ed applicazioni di Poincar


7.1. Equazioni lineari a coefficienti periodici
=
Vogliamo studiare le condizioni di stabilit della posizione di riposo (y, y)
(0, 0) dellequazione lineare omogenea non autonoma:
y = 2 [1 + a(t )]y,

> 0,

(7.1)

con a(t ) una funzione periodica del tempo. LEq. (7.1) descrive le piccole oscillazioni di sistemi meccanici i cui parametri variano periodicamente nel tempo,
quali ad esempio il moto di unaltalena. Se a(t ) = cos(t ) essa prende il nome
di equazione di Mathieu e rappresenta la linearizzazione intorno alla posizio = (0, 0) dellequazione del pendolo matematico piano con il
ne di riposo (, )
punto di sospensione oscillante (vedi Esercizio 2.2). Mostreremo come almeno
nel caso di coefficienti quasi costanti ( 1) possibile stabilire dei criteri di
stabilit.
7.1.1. Mappa stroboscopica. Consideriamo pi in generale il problema differenziale:
x = v(t , x),
x Rn ,
(7.2)
dove la funzione v C 1 (R Rn ; Rn ) dipende periodicamente dal tempo, ovvero
esiste T > 0 tale che v(t + T, x) = v(t , x) per ogni t R. Supporremo che tutte le
soluzioni sono definite sullintero asse dei tempi R. Indichiamo con t ,t0 (x) la
soluzione di dati iniziali t0 ,t0 (x) = x. Osserviamo che:
1) x 7 t ,t0 (x) un diffeomorfismo per ogni t , t 0 R;
2) t ,t0 = t ,s s,t0 per ogni t , s, t 0 R;
3) t +T,t0 +T = t ,t0 per ogni t , t 0 R.
Le propriet 1) e 2) sono conseguenza immediata del teorema di esistenza ed
unicit. La 3) segue dalla periodicit di v. Infatti, posto (t ) = t +T,t0 +T (x), si
ha:
) = v(t + T, (t )) = v(t , (t )),
(t
(t 0 ) = x,
da cui (t ) = t ,t0 (x).
Fissiamo da ora in poi t 0 = 0 (non limitativo, poich possiamo sempre ri , x) = v(t 0 +t , x)).
durci a questo caso considerando il nuovo campo vettoriale v(t
Definiamo mappa stroboscopica o applicazione di Poincar la funzione:
.
g C 1 (Rn ; Rn ) : g (x) = T,0 (x).
155

156

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

Dalle propriet 2) e 3) otteniamo nT +s,0 = nT +s,nT nT,0 = s,0 nT,0 . In


particolare, per s = T si ha (n+1)T,0 = g nT,0 , da cui nT,0 = g n per induzione.
In definitiva:
nT +s,0 = s,0 g n

n Z s R.

(7.3)

Attraverso la relazione (7.3) lo studio della stabilit di soluzioni periodiche


dellEq. (7.2) si riconduce a quello della stabilit dei punti fissi della mappa stroboscopica. Ricordiamo che, assegnata una mappa g C 1 (D; Rn ), D un aperto di
Rn , il punto x 0 D detto punto fisso di g se g (x 0 ) = x 0 . Esso fornisce unorbita
stazionaria della legge di evoluzione a tempo discreto definita dalle iterazioni
della mappa g :
g 0 (x) = x,

g 1 (x) = g (x),

g 2 (x) = g (g (x)),

...,

g k (x) = g (g k1 (x)).

Si osservi che alcune orbite possono non essere definite globalmente nel futuro,
poich pu essere g (x) D per qualche x D. Se invece g un diffeomorfismo
allora ogni orbita definita globalmente su tutto Z, ponendo g k (x) = (g 1 )k (x).
D EFINIZIONE 7.1. Il punto fisso x 0 della mappa g C 1 (D; Rn ) detto stabile
se per ogni > 0 tale che B (x 0 ) D esiste (0, ] tale che g n (x) B (x 0 ) per ogni
n N ed x B (x 0 ). Esso detto asintoticamente stabile se stabile ed inoltre il
parametro pu essere scelto in modo tale che
lim g n (x) = x 0

n+

x B (x 0 ).

T EOREMA 7.2. Si consideri il diffeomorfismo g = T,0 . Allora:


a) x 0 punto fisso di g se e solo se t 7 t ,0 (x) periodica di periodo T .
b) Il punto fisso x 0 di g stabile [risp. asintoticamente stabile] se e solo se
la corrispondente soluzione periodica t 7 t ,0 (x) stabile [risp. asintoticamente
stabile].
c) Se v(t , x) = A(t )x allora g L(Rn ).
d) Se div v(t , x) = 0 allora g conserva i volumi.
D IMOSTRAZIONE . Il punto a) segue dallidentit t +T,0 (x 0 ) = t ,0 (g (x 0 )), valida per ogni t R. Il punto b) segue dalla dipendenza continua della soluzione
dalle condizioni iniziali e dalle seguenti identit:
sup |t ,0 (x) t ,0 (x 0 )| =
t 0

|t ,0 (x) t ,0 (x 0 )|

sup sup |s,0 (g n (x)) s,0 (x 0 )|,

s[0,T ] nN

sup |s,0 (g [t /T ] (x)) s,0 (x 0 )|,


s[0,T ]

che si ottengono facilmente dalla (7.3) utilizzando il fatto che x 0 = g (x 0 ) (nella


seconda uguaglianza [t /T ] la parte intera di t /T ). Il punto c) segue dalla teoria
delle equazioni lineari. In particolare g = P T,0 con P t ,t0 la matrice principale
relativa allequazione x = A(t )x. Il punto d) infine conseguenza del Teorema
di Liouville.


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7.1 E QUAZIONI LINEARI A COEFFICIENTI PERIODICI

157

7.1.2. Condizioni di stabilit e risonanza parametrica. Il caso cui siamo


interessati la stabilit della soluzione nulla y(t ) = 0 dellequazione lineare non
autonoma:

0
1
y = 2 (t )y

x = A(t )x, A(t ) =


,
(7.4)
2 (t ) 0
con 2 (t ) funzione periodica di periodo T . Lapplicazione di Poincar quindi
g = P T,0 . Inoltre, essendo Tr A(t ) = 0, si ha det g = 1. Utilizzeremo il seguente
criterio.
L EMMA 7.3. Sia B L(R2 ) tale che det B = 1. Allora il punto fisso x = 0
stabile se |Tr B | < 2 ed instabile se |Tr B | > 2.
D IMOSTRAZIONE . Lequazione caratteristica 2 (Tr B ) + 1 = 0. Indichiamo con gli autovalori di B . Se |Tr B | < 2 allora = e i per qualche
(0, 2), cosicch esiste una matrice non singolare S tale che B = SR[]S 1 , con
R[] la matrice di rotazione del piano di un angolo . Quindi, per ogni x R2 ed
n N,
B n x = SR[n]S 1 x
=
|B n x| kSk kS 1 k |x|,
da cui la stabilit di x = 0. Viceversa, se |Tr B | > 2 allora < 1 < + . Sia f +
lautovettore unitario di + . Per ogni vettore y non nullo collineare ad f + si ha
|B n y| = n+ |y| + per n +, da cui la instabilit di x = 0.

Chiaramente se |TrB | = 2 esiste una matrice non singolare S tale che B =
1 0
SC S 1 , con C =
per qualche c R. Dunque il punto fisso pu essere sia
c 1
stabile (c = 0) che instabile (c 6= 0).
Nel caso bidimensionale (n = 2) il sistema (7.2) detto sistema di Hamilton
se div v(t , x) = 0. In particolare lequazione lineare omogenea x = A(t )x con
Tr A(t ) = 0 definisce un sistema di Hamilton lineare. La soluzione nulla di tale
sistema detta fortemente stabile se essa stabile per tutti i sistemi di Hamilton
)x
lineari vicini, ovvero se esiste > 0 tale che la soluzione x = 0 di x = A(t
) = 0 e kA(t ) A(t
)k < per ogni t R.
stabile quando Tr A(t
C OROLLARIO 7.4. Sia B = P T,0 lapplicazione di Poincar del sistema di Hamilton lineare x = A(t )x. Se |Tr B | < 2 allora la soluzione nulla fortemente
stabile.
D IMOSTRAZIONE . Se |Tr B | < 2 allora |Tr B | < 2 anche per la mappa stro )x sufficientemente vicino ad x =
boscopica B relativa ad un sistema x = A(t
A(t )x. Infatti, utilizzando il Lemma di Gronwall, si verifica facilmente che P T,0
.
una funzione continua di A = A(t ) nella norma kAk = sup{kA(t )k : t [0, T ]}
(dimostrare questa affermazione!).

Applichiamo la teoria sopra sviluppata al caso del sistema (7.1). Lequazione
si riscrive nella forma:

0
1
x = A (t )x,
A (t ) =
.
2 [1 + a(t )] 0

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158

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

0
1
Per 1 la matrice A (t ) vicina alla matrice costante A 0 =
. Cer2 0
chiamo i valori dei parametri 2 e T per i quali la soluzione nulla di x = A 0 x
fortemente stabile. Per applicare il corollario precedente dobbiamo calcolare
B = P T,0 = e A 0 T . Osservando che A 20 = 2 1I e procedendo come nellEquazione
(2.20), si ha:

cos(T ) 1 sin(T )
A0 T
1
e
= cos(T )1I sin(T )A 0 =
.
sin(T )
cos(T )

Essendo |Tr B | = 2| cos(T )|, concludiamo che tutti i punti del semiasse 0, ad
eccezione dei punti = k/T , k = 0, 1, . . ., corrispondono a sistemi fortemente stabili. In particolare, per tali valori di , la soluzione nulla stabile anche
per il sistema (7.1) purch il parametro sia scelto sufficientemente piccolo. In
effetti si pu dimostrare che (generalmente) la regione di instabilit
nel piano

(, ) si avvicina allasse in corrispondenza dei punti (, ) = 2k/T, 0 . Questo fenomeno detto della risonanza parametrica. Ad esempio, nel caso dellequazione di Mathieu, dove a(t ) = cos(t ) e quindi T = 2/, si ha instabilit
nellintervallo:
2
2
<<
.
4+
4
Altrimenti detto, scelto > 0 comunque piccolo la soluzione nulla instabile se
|/2| < (8+2)1 . Esiste una regione di instabilit anche in corrispondenza
degli altri valori di risonanza parametrica, ovvero = , 3/2, . . ., ma meno
estesa.
7.2. Criteri di asintotica stabilit per sistemi dinamici discreti
Nel seguito avremo bisogno di stabilire la asintotica stabilit di punti fissi
di una mappa g C 1 (D; Rn ). Analogamente al caso dei flussi esiste un criterio sufficiente che si basa sullanalisi della linearizzazione di g intorno al punto
fisso.
Il criterio di asintotica stabilit nel caso in cui g = B L(Rn ) fornito dal Teorema 5.3 sulle contrazioni lineari. Il seguente corollario di quel teorema fornisce
un criterio sufficiente per il caso non lineare.
C OROLLARIO 7.5. Sia x 0 un punto fisso di g C 1 (D; Rn ). Supponiamo che
D g (x 0 ) sia una contrazione lineare. Allora esiste un intorno aperto U di x 0 , la cui
chiusura U contenuta in D, tale che:
i) U positivamente invariante, ovvero g k (U ) U per ogni k N.
ii) Esistono (0, 1) ed una norma | | in Rn tali che:
|g k (x) x 0 | k |x x 0 |

k N x U.

In particolare x 0 asintoticamente stabile.


D IMOSTRAZIONE . Siano (0, 1) e | | tali che |D g (x 0 )y| |y| . Fissiamo
1 (0, 1 ) e sia > 0 tale che x D e |g (x) x 0 D g (x 0 )(x x 0 )| 1 |x x 0 |

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7.3 C ICLI E LORO STABILIT

159

.
.
se |x x 0 | . Quindi, posto U = {x Rn : |x x 0 | < } e = + 1 (0, 1) si ha
|g (x) x 0 | |x x 0 | per ogni x U .

7.3. Cicli e loro stabilit
Le curve di fase del flusso generato da un campo vettoriale v C 1 (D; Rn )
possono essere costituite da singoli punti, essere diffeomorfe ad una retta, oppure ad una circonferenza. In questultimo caso la curva di fase viene detta ciclo
ed lorbita di una soluzione periodica non banale.
Il ciclo detto stabile secondo Liapunov se per ogni intorno aperto U di
compattamente contenuto in D (quindi U U D) esiste un intorno V di
tale che t (V ) U per ogni t 0. Il ciclo detto asintoticamente stabile se
stabile ed inoltre lintorno V pu essere scelto in modo tale che:
lim dist(t (x), ) = 0

t +

x V.

(7.5)

Analogamente al caso delle posizioni di riposo, associamo ad ogni ciclo asintoticamente stabile il suo bacino di attrazione, definito dallinsieme aperto:

.
B() = x D : J x R+ = R+ , lim dist(t (x), ) = 0 .
t +

O SSERVAZIONE 7.1. La nozione di stabilit [risp. asintotica stabilit] di un


ciclo, che descrive propriet geometriche delle curve di fase ad esso vicine, non
va confusa con la nozione di stabilit [risp. asintotica stabilit] delle soluzioni periodiche di cui il ciclo lorbita (vedi lOsservazione 6.5). In particolare
una soluzione periodica non banale di unequazione differenziale autonoma
non pu mai essere asintoticamente stabile. Infatti soluzioni con condizioni iniziali in punti differenti del ciclo non possono avvicinarsi indefinitivamente per
t +. Altrimenti detto, se (x) un ciclo e T il periodo della soluzione periodica t 7 t (x), allora per ogni y (x) e k Z si ha |kT (y)kT (x)| = |x y|,
cosicch |t (x) t (y)| 9 0 per t +.
ora possibile ridurre lanalisi della stabilit di un ciclo a quella di un punto
fisso di una mappa opportuna.
Sia v C 1 (D; Rn ) e D un ciclo. Fissiamo un punto su che possiamo
senza perdere di generalit assumere coincidente con lorigine del sistema di
coordinate. Sia ora H un iperpiano (dim(H ) = n 1) passante per lorigine e non
contenente v(0). Quindi H = {x Rn : h(x) = 0} per un opportuno funzionale
lineare h tale che h(v(0)) 6= 0. Definiamo sezione trasversale locale di v in 0 un
Sia T il periodo
aperto S di H contenente 0 e tale che h(v(x)) 6= 0 per ogni x S.
del ciclo. possibile determinare un intorno aperto U di x = 0 contenuto in D
ed ununica funzione C 1 (U ; R) tale che (0) = T e (x) (x) S per ogni x U .
.
Infatti, essendo T (0) = 0, la funzione differenziabile G(t , x) = h(t (x)) tale
che:
G
(T, 0) = h(v(0)) 6= 0,
G(T, 0) = h(0) = 0,
t

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160

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

x
0
g(x)

S0
S

F IGURA 7.1. Applicazione di Poincar.


cosicch, per il teorema della funzione implicita, esiste un intorno U di x = 0 ed
ununica funzione C 1 (U ; R) tale che G((x), x) = 0 e (0) = T . Posto S 0 = S U
definiamo applicazione di Poincar la funzione:
g : S0 S

g (x) = (x) (x).

Questa funzione anche detta mappa del primo ritorno: infatti (x) esattamente il primo tempo in cui la soluzione che origina da x S 0 torna sulla sezione S (vedi Figura 7.1). Chiaramente g (0) = 0, ovvero lorigine un punto fisso
del sistema dinamico discreto definito da g . Si osservi che in generale g non
definita su tutto S.
T EOREMA 7.6. Se D g (0) una contrazione lineare allora lorbita asintoticamente stabile.
D IMOSTRAZIONE . Sia U un intorno aperto di . Indichiamo con || una norma su Rn tale che la sua restrizione alliperpiano H (contenente la sezione locale
S) coincide con la norma | | adattata alla contrazione D g (0) L(H ). Per il Corollario 7.5 ed utilizzando la continuit del flusso rispetto ai dati iniziali esiste
.
> 0 tale che, posto B = {x H : |x| < }, le seguenti condizioni sono verificate:
1) t (x) U per ogni t [0, 2T ];
2) B S 0 e (x) 2T per ogni x B ;
3) esiste (0, 1) tale che |g (x)| |x| per ogni x B .

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7.3 C ICLI E LORO STABILIT

161

V
S0

F IGURA 7.2. Linsieme invariante V


Definiamo ora:

[ t
.
(B ).
V = {t (x) : x B , t 0} =

(7.6)

t 0

Chiaramente V un insieme aperto contenente e positivamente invariante


(vedi Figura 7.2). Essendo g (B ) B le mappe g k , k N, sono definite su B .
Inoltre:
|g k (x)| k |x|, (g k (x)) 2T x B k N.
Quindi, per x B e t 0, si ha:
t (x) = s (g N (x)),
essendo N = N (x, t ) il massimo numero di ritorni sulla sezione S 0 , non successivi al tempo t , della soluzione uscente da x:
n
o
k
X
N = max k N :
(g j 1 (x)) t ,
j =1

ed s = s(t ) il tempo rimanente:


s=t

N
X

(g j 1 (x)).

j =1
N

Essendo s [0, 2T ] e g (x) B la condizione 1) garantisce che t (x) U per


ogni x B . Quindi V U da cui segue la stabilit del ciclo essendo V positivamente invariante. Inoltre N + se t +, cosicch:
lim g N (x) = lim g k (x) = 0

t +

k+

x B .

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162

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

Allora, utilizzando la continuit del flusso rispetto ai dati iniziali, per ogni x B ,

lim dist(t (x), ) = lim dist s (g N (x)), lim |s (g N (x)) s (0)|


t +

t +

lim

t +
u

sup | (g (x)) (0)| = 0,

k+ u[0,2T ]

da cui segue il limite (7.5) con V definito come in (7.6), e dunque la asintotica
stabilit del ciclo.

O SSERVAZIONE 7.2. Sia un ciclo asintoticamente stabile ed x nel bacino di
attrazione di . Esiste quindi un tempo t 0 0 ed una funzione t 7 z t , t t 0
tale che:
lim |t (x) z t | = 0.
t +

Daltra parte, se T il periodo del ciclo, essendo z t = T (z t ),


|t +T (x) t (x)| |T (t (x)) T (z t )| + |z t t (x)|,
cosicch:
lim |t +T (x) t (x)| = 0.

t +

Diciamo in tal caso che x possiede periodo asintotico T . In altri termini, le traiettorie vicine ad un ciclo asintoticamente stabile si comportano, per tempi grandi,
come se avessero lo stesso periodo del ciclo.
O SSERVAZIONE 7.3. Nel caso in cui D g (0) una contrazione lineare si pu
dimostrare unulteriore propriet delle orbite attratte dal ciclo : esse vanno in
fase con il moto di un punto su , ovverossia:
x Rn : lim dist(t (x), ) = 0
t +

! z : lim |t (x) t (z)| = 0.


t +

O SSERVAZIONE 7.4. Lapplicazione di Poincar non dipende dalla scelta del


punto sul ciclo e della sezione trasversale, nel senso che due applicazioni differenti sono tra loro coniugate mediante un opportuno diffeomorfismo. Siano
S 1 ed S 2 due qualsiasi sezioni trasversali al campo vettoriale nei punti x 1 ed
x 2 rispettivamente. Consideriamo le corrispondenti applicazioni di Poincar, g 1 : S 1,0 S 1 e g 2 : S 2,0 S 2 . Supponiamo ad esempio che x 2 = (x 1 )
per qualche [0, T ], essendo T il periodo del ciclo. Fissiamo ora un intorno
.
S di x 1 sulla sezione trasversale tale che S S 1,0 ed S = (S) S 2,0 . Chiaramente la mappa h : S S definita da h(x) = (x) un diffeomorfismo tale
che h g 1 = g 2 h (sul dominio di definizione S di h). In particolare D g 1 (x 1 ) =
Dh 1 (x 2 )D g 2 (x 2 )Dh(x 1 ), cosicch (D g 1 (x 1 )) = (D g 2 (x 2 )).
7.4. Cicli limite e teorema di Poincar-Bendixson
Assegnato un sistema autonomo piano x = v(x), v C 1 (D; R2 ), definiamo
ciclo limite un ciclo isolato. In altri termini, lapplicazione di Poincar ad esso
associata possiede un punto fisso isolato. Le curve di fase prossime ad un ciclo
limite sono necessariamente delle spirali che si avvolgono intorno ad esso per
t + o t , come segue dalla seguente proposizione.

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7.4 C ICLI LIMITE E TEOREMA DI P OINCAR -B ENDIXSON

163

S
x2

x0

A2

g(x 1 )
x1
A1

F IGURA 7.3. Ciclo limite stabile.


P ROPOSIZIONE 7.7. Un ciclo di un sistema autonomo piano un ciclo limite
se e solo se esiste un intorno aperto V di tale che per ogni x V si ha = L (x)
oppure = L (x).

D IMOSTRAZIONE . Si giunge facilmente a tale conclusione utilizzando il fatto


che curve di fase distinte non possono intersecarsi. Indichiamo con la regione
finita del piano delimitata dal ciclo . Si consideri una sezione trasversale locale
S del campo vettoriale in x 0 e sia g : S 0 S la corrispondente applicazione
di Poincar. Per le ipotesi sul ciclo possiamo assumere che x 0 lunico punto
fisso di g . Sia ora x 1 S 0 e si consideri il segmento T su S di estremi x 0 e
g (x 1 ). Supponiamo ad esempio che |g (x 1 ) x 0 | < |x 1 x 0 |. Allora la regione finita A 1 , delimitata dal ciclo , dal segmento T e dalla porzione di curva di fase
{t (x 1 ) : 0 t (x 1 )}, positivamente invariante. Inoltre, per ogni y T , la
sequenza {g k (y); k N} di punti su S 0 monotona e deve quindi convergere necessariamente ad x 0 , essendo questo lunico punto fisso di g . Dunque = L (x)
per ogni x A 1 . Qualora fosse stato |g (x 1 ) x 0 | > |x 1 x 0 | avremmo concluso
analogamente, considerando la successione {g k (y); k N}, che = L (x) per
ogni x A 1 . Ripetendo il ragionamento per un punto x 2 S 0 (R2 \ ) determiniamo in tal modo una regione A 2 , simile ad A 1 , tale che = L (x) (o = L (x))
per ogni x A 2 . Il teorema segue con V un intorno aperto di contenuto in
A1 A2.

Qualora = L (x) per ogni x V (come in Figura 7.3) il ciclo limite asintoticamente stabile, in tutti gli altri casi instabile.

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164

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

I sistemi meccanici unidimensionali non presentano cicli limite. Pi in generale, se un sistema piano possiede un integrale primo che non costante su
nessun insieme aperto dello spazio delle fasi allora esso non pu esibire un ciclo limite. Infatti, supponiamo per assurdo che esista un ciclo limite e sia
H (x) lintegrale primo di cui sopra. Posto c = H (), si avrebbe, per continuit, H (t (x)) = c per tutti gli x tali che = L (x) oppure = L (x), giungendo
cos ad una contraddizione poich linsieme di tali x un aperto. Si osservi che
un analogo ragionamento permette di stabilire che tali sistemi non possiedono posizioni di equilibrio asintoticamente stabili. In relazione ai sistemi meccanici unidimensionali, lintegrale primo in questione ovviamente lenergia
meccanica.
Daltra parte la presenza di una dissipazione completa ha leffetto di rendere asintoticamente stabili le posizioni di equilibrio stabili isolate, aprendo
tutti i cicli intorno ad esse. In effetti non pu sopravvivere alcun ciclo: lenergia
meccanica diminuisce strettamente lungo le soluzioni non stazionarie, per cui
non possono esistere soluzioni periodiche non banali. Nella prossima sezione
mostreremo un esempio di sistema piano con un ciclo limite asintoticamente
stabile, lequazione di Van der Pol.
La disposizione delle curve di fase nel piano notevolmente pi semplice
che in spazi di dimensione maggiore. Questo conseguenza del fatto che una
curva separa localmente il piano ma non lo spazio. Il seguente teorema mostra come le orbite del piano siano attratte da oggetti geometrici relativamente
semplici.
T EOREMA 7.8 (Teorema di Poincar-Bendixson). Sia v C 1 (D; R2 ) un campo
vettoriale sul piano con punti singolari isolati. Supponiamo che la semiorbita
+ (x) sia limitata e la sua chiusura contenuta in D. Allora L (x) deve essere uno
dei seguenti tipi di insieme: 1) un punto singolare; 2) un ciclo; 3) lunione di punti
singolari e curve di fase ciascuna delle quali tende ad uno di questi punti singolari
per t (eventualmente lo stesso).
Si possono dedurre interessanti conseguenze da questo teorema. Ad esempio, un compatto K D positivamente invariante contiene necessariamente
almeno un punto singolare od un ciclo limite.
Lingrediente fondamentale nella dimostrazione del Teorema 7.8 si fonda
sulla nota propriet delle curve chiuse, immagini continue di una circonferenza,
di separare il piano in due regioni disgiunte, di cui una limitata e laltra illimitata (questo risultato, noto come Lemma di Jordan, lo abbiamo tacitamente gi
utilizzato nella dimostrazione della Proposizione 7.7, asserendo lesistenza delle regioni finite , A 1 ed A 2 ). Per tale motivo il teorema si estende a superfici
bidimensionali quali la sfera, dove questa propriet ancora valida, ma non a
superfici di genere pi alto, quali il toro T2 . Ad esempio, nel caso del flusso lineare su T2 con frequenze razionalmente indipendenti, abbiamo visto che tutte le curve di fase sono dense, cosicch linsieme limite positivo di ciascuna di
queste coincide con lintero spazio delle fasi.

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7.4 C ICLI LIMITE E TEOREMA DI P OINCAR -B ENDIXSON

165

Le peculiarit del caso piano si esplicano in alcune propriet delle sezioni trasversali locali, che sono il contenuto della seguente proposizione e del
successivo corollario.
P ROPOSIZIONE 7.9. Sia v C 1 (D; R2 ) ed x D tale che sia definita la semiorbita + (x). Supponiamo che esista un punto regolare y L (x) (i.e. v(y) 6= 0) e sia
S una sezione trasversale locale di v in y. Allora:
1) per ogni N > 0 esiste un tempo t N > N tale che t N (x) S;
2) y lunica intersezione di L (x) con S.
D IMOSTRAZIONE . 1) Per il teorema della funzione inversa (vedi la dimostrazione del teorema della scatola di flusso), la mappa (, t ) 7 t (), (, t ) S R,
un diffeomorfismo locale intorno a (y, 0) (ovvero (, t ) sono coordinate locali). In
particolare esiste un intorno U di y tale che per ogni z U esiste un unico tempo (z) per cui |(z)| < 1 e (z) (z) S U . Daltra parte, essendo y L (x), per
ogni N > 0 esiste N > N + 1 per cui N (x) U . Il punto 1) quindi dimostrato
con t N = N + (z), z = N (x).
2) Osserviamo preliminarmente che il numero di intersezioni con S di ogni
arco chiuso e limitato dellorbita + (x) al pi finito. Infatti, se esistesse una
successione di tempi k < + tale che y(k ) interseca S per ogni k N,
si avrebbe:
allora, poich y = (x) S,

[coefficiente angolare di S] =

2k (x) y2

2k (x) y1

k N,

mentre, daltra parte,

k (x) y2

v 2 ( y)
= lim 2k
,

k+ (x) y1
v 1 ( y)
2

da cui un assurdo essendo S trasversale alla direzione v( y).


Supponiamo ora che esistano due intersezioni consecutive e distinte dellorbita + (x) con S, che indichiamo con y 1 = t1 (x) ed y 2 = t2 (x). La curva ottenuta unendo il segmento di S delimitato dai punti y 1 ed y 2 con il tratto di curva
di fase {t (x); t [t 1 , t 2 ]} una curva di Jordan, cosicch il suo complemento sul
piano costituito dallunione di due regioni aperte, di cui una limitata ed una
illimitata. A seconda dei casi la regione limitata (vedi Figura 7.4a) ovvero la regione illimitata (vedi Figura 7.4b) sono positivamente invarianti. Ne segue che
la successiva intersezione y 3 = t3 (x) deve necessariamente essere distinta da
y 2 , ed inoltre y 2 giace su S tra y 1 ed y 3 . Abbiamo dunque due possibilit:
i) Esiste ununica intersezione di + (x) con S. Poich per il punto 1) sopra
dimostrato la semiorbita + (x) interseca S in almeno due tempi differenti ne
segue che essa un ciclo. In particolare y lunica intersezione di L (x) = (x)
con S.

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166

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

v(y)

v(y)
S

F IGURA 7.4. Possibili intersezioni distinte tra + (x) ed S.


ii) Esistono infinite intersezioni distinte {y k = tk (x); k N}, t k +, che
formano una successione monotona lungo S. Il limite di tale successione deve necessariamente coincidere con y poich altrimenti, ragionando come sopra, potremmo determinare una regione positivamente invariante la cui chiusura non contiene y, in contraddizione con lassunto y L (x). Per lunicit del
limite il punto y necessariamente lunica intersezione di L (x) con S.

C OROLLARIO 7.10. Sia v C 1 (D; R2 ) ed x D tale che sia definita la semiorbita + (x):
1) Se esiste un punto regolare y + (x) L (x) allora + (x) un ciclo (in
particolare + (x) = (x) = L (x)).
2) Se esiste un ciclo contenuto in L (x) allora = L (x).
D IMOSTRAZIONE . 1) Sia S una sezione trasversale locale di v in y + (x)
L (x). Poich + (x) L (x) il punto y lunica intersezione di + (x) con S.
Dunque + (x) un ciclo.
2) Supponiamo per assurdo che L (x) \ sia non vuoto. Essendo L (x) connesso, esiste y che punto di accumulazione di L (x) \ . Sia S una sezione
trasversale locale di v in y. Analogamente al punto 1) della Proposizione 7.9,
possiamo determinare z L (x) \ sufficientemente vicino ad y in modo tale
che t (z) S per qualche t R. Ma t (z) un punto di L (x) distinto da y,
il che contraddice lunicit stabilita nel punto 2) della Proposizione 7.9, da cui
lassurdo. Dunque L (x) = necessariamente.

D IMOSTRAZIONE DEL T EOREMA 7.8. Se L (x) non possiede punti regolari
allora, essendo connesso, costituito da un unico punto singolare, L (x) = {x 0 },
ed ovviamente t (x) x 0 per t +.

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7.5 A PPLICAZIONE ALLA TEORIA DEI CIRCUITI NON LINEARI

167

Supponiamo viceversa che esista un punto regolare y L (x). Sappiamo


allora che rimane definita lintera orbita per y ed inoltre (y), L (y) ed L (y)
sono contenuti in L (x). Abbiamo ora due possibilit:
i) Esiste un punto regolare z L (y) L (y). Assumiamo z L (y) (se z
L (y) ripetiamo il ragionamento sul flusso inverso t (y)). Fissata una sezione trasversale locale S di v in z, per il punto 1) della Proposizione 7.9, esiste
z S (y). Essendo z, z L (x), per il punto 2) della medesima proposizione
deduciamo che z = z necessariamente. Ma allora z (y) L (y) e quindi, per
il punto 1) del Corollario 7.10, (y) un ciclo. Applicando infine il punto 2) del
medesimo corollario concludiamo che L (x) coincide con tale ciclo.
ii) Non esistono punti regolari in L (y) L (y). In tal caso (y) unorbita aperta con L (y) = {z 1 } ed L (y) = {z 2 }, essendo z 1 , z 2 punti singolari non
necessariamente distinti.

E SERCIZIO 7.1. Sia v C 1 (D; R2 ) e un ciclo tale che la regione limitata ed
aperta U da esso racchiusa interamente contenuta in D. Dimostrare che U deve
contenere almeno un ciclo o un punto singolare del campo.
E SERCIZIO 7.2. Dimostrare che un compatto K D positivamente invariante contiene almeno un punto singolare [Suggerimento: utilizzare lasserto dell
esercizio precedente].
E SERCIZIO 7.3. Sia D un dominio semplicemente connesso e v C 1 (D; R2 ) un
campo la cui divergenza definita in segno. Dimostrare che il sistema x = v(x)
non possiede cicli.
7.5. Applicazione alla teoria dei circuiti non lineari
Caratterizziamo un circuito dal punto di vista matematico. Introduciamo
dapprima i rami costituenti un circuito. Essi sono dei segmenti o loro deformazioni continue. A ciascun ramo viene associata una caratteristica Z . Pi rami si
uniscono facendo concorrere i loro estremi e formando i nodi. I rami si possono
incontrare solo nei nodi. Un circuito quindi ununione connessa di rami. A
ciascun ramo si associa una corrente i ed a ciascun estremo di un ramo un potenziale V , essendo i e V variabili reali. Siano e gli estremi del ramo r . Per
convenzione associamo alla corrente i r del ramo r verso positivo da verso ,
definendo contestualmente la caduta di potenziale lungo tale ramo la quantit
.
v r = V () V ().
Per ogni ramo r la relativa caratteristica Zr stabilisce una relazione funzionale tra le grandezze i r e v r . Nei casi di interesse fisico tale relazione assume la
forma di una legge differenziale del primo ordine:

d ir d vr
F ir , vr ,
,
= 0.
dt dt
Tra le caratteristiche pi semplici ricordiamo:
1) la resistenza R: (i R , v R ) tali che v R = Ri R ;

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168

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

L
RLC parallelo

RLC serie

F IGURA 7.5. Circuiti RLC .


2) la induttanza L: (i L , v L ) tali che v L = L dditL ;
3) la capacit C : (i C , vC ) tali che i C = C

d vC
dt

Le correnti che circolano nei rami di un circuito sono legate tra loro attraverso una legge di conservazione, nota come legge di Kirchoff: essa stabilisce che la
somma algebrica delle correnti dei rami che concorrono in un nodo nulla.
Consideriamo a titolo di esempio i circuiti RLC serie e parallelo descritti in
Figura 7.5.
Nel primo caso, essendo i R = i L = i C , tutte le grandezze si esprimono in funzione della corrente i = i R . Derivando rispetto al tempo lidentit v R +v L +vC = 0
otteniamo unequazione del secondo ordine per la corrente:
di
d 2i
i
+R
+ = 0.
2
dt
dt C
Quindi levoluzione
della corrente quella di un oscillatore lineare smorzato di
p
pulsazione 1/ LC e fattore di smorzamento R/L. Analogamente, nel caso del
circuito RLC parallelo, essendo ora v R = v L = vC ed i R + i L + i C = 0, troviamo
lequazione per v = v R :
d 2v 1 d v v
C 2+
+ = 0.
dt
R dt L
I due circuiti sopra considerati non possono presentare cicli limite, e pi in
particolare il fenomeno delle autoscillazione (quando, indipendentemente dalle condizioni iniziali, il sistema rilassa sempre su un moto periodico fissato).
Anche lassenza della resistenza R (che responsabile dello smorzamento) ovvero nel caso dei semplici circuiti LC serie o parallelo si ottiene al pi un oscillatore armonico, dove tutto lo spazio delle fasi coperto da orbite periodiche.
Per ottenere un dispositivo autoscillante necessario inserire nel circuito RLC
un elemento non lineare. Classicamente questo ottenuto mediante un triodo
(vedi Figura 7.6). Nel triodo la corrente anodica i A (elettroni emessi dallanodo) passa attraverso una griglia (che ha il compito di accelerare gli elettroni) e
tale corrente tutta raccolta dal catodo. Attraverso il ramo di griglia non passa corrente (i M = 0): linduttanza M connessa alla griglia ha il solo compito di
L

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7.5 A PPLICAZIONE ALLA TEORIA DEI CIRCUITI NON LINEARI

iA

169

iC

anodo

i
vG

griglia
C

catodo

F IGURA 7.6. Triodo.


alimentare il potenziale di griglia vG . Senza entrare in ulteriori dettagli fisici, le
leggi del triodo sono:
d iL
i A = f (vG ),
vG = M
.
dt
La funzione f che appare nella prima equazione detta la caratteristica del triodo. Essa una funzione monotona crescente con limiti f () = 0, f (+) = i sat
(detta corrente di saturazione del triodo). Nuovamente tutte le grandezze del
circuito sono determinate dalla corrente i = i R , la cui equazione di evoluzione si ottiene derivando la relazione v R + v L + vC , utilizzando la legge di Kirchoff
(i = i L = i A + i C ) e le caratteristiche del circuito:

di
i
1
di
d 2i
+ f M
= 0.
(7.7)
L 2 +R
dt
dt C C
dt
Poniamo per semplicit M = R = L = C = 1. Introducendo le variabili
x=

di
,
dt

y = f (0) i ,

lequazione (7.7) diventa:

x = y G(x)
y = x

(7.8)

con G(x) = x f (x) + f (0). Posto g (x) = G 0 (x) il sistema (7.8) equivalente
allequazione del secondo ordine:
x + g (x)x + x = 0,

(7.9)

detta equazione di Lienard.


Il sistema (7.8) possiede
punto singolare in (0, 0). La matrice jaco 0 un unico

G (0) 1
biana in tale punto
. Quindi lorigine delle coordinate una sor1
0
.
gente se G 0 (0) < 0 ed un pozzo se G 0 (0) > 0. Inoltre, definito W (x, y) = (x 2 + y 2 )/2,

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170

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

si ha:
(x, y) = xG(x),
W

(7.10)

da cui segue che nel caso in cui la funzione G(x) monotona crescente (si ricordi
che G(0) = 0), lorigine delle coordinate punto singolare attrattivo con bacino
di attrazione lintero piano. In questo caso il circuito detto passivo: qualunque siano le condizioni iniziali, esso dissipa la sua energia e tende a spegnersi
(come nel caso dei circuiti lineari RLC serie e parallelo).
Supponiamo ora che G 0 (0) = 1 f 0 (0) < 0. In altri termini la caratteristica del
triodo tale che esso, per piccoli valori di x (= dd it ), fornisce al circuito pi corrente di quanta ne dissipa la resistenza, cosicch (0, 0) una sorgente (il circuito
non si spegne mai). Daltra parte, poich il triodo si satura (ovvero f (x) limitata), per grandi valori di x la dissipazione dovuta alla resistenza domina e tutte
le orbite rimangono presumibilmente limitate. Sotto alcune ipotesi aggiuntive
sulla funzione G(x) mostreremo che in tal caso esiste un ciclo limite stabile. Tale
ciclo unico ed quindi un attrattore globale: tutte le condizioni iniziali, purch
diverse dalla posizione di equilibrio (0, 0), sono attratte da esso.
Dora innanzi assumeremo che la funzione G(x) goda delle seguenti propriet:
i) G(x) = G(x);
ii) G(x) + se x +;
iii) esiste > 0 tale che G() = 0, G(x) < 0 per x (0, ), G(x) crescente per x > .
Un caso particolare ed importante quello dellequazione di Van der Pol:

x = x + k(1 x 2 )x,

k > 0,

(7.11)

che corrisponde a G(x) = k(x 3 /3 x).


Consideriamo le quattro curve:
y + = {(x, y) : x = 0, y > 0},
G + = {(x, y) : x > 0, y = G(x)},

y = {(x, y) : x = 0, y < 0},


G = {(x, y) : x < 0, y = G(x)},

ed indichiamo con I, II, III e IV le regioni del piano da esse delimitate come in
Figura 7.7.
P ROPOSIZIONE 7.11. Ogni soluzione del sistema (7.8) definita globalmente
nel futuro. Inoltre ogni traiettoria non stazionaria attraversa ripetutamente le
curve y + , G + , y e G passando in senso orario attraverso le regioni I, II, III e IV.
D IMOSTRAZIONE . Dalla direzione del campo vettoriale si deduce che ogni
soluzione che al tempo iniziale si trova sulla curva y + [risp. G + ] deve entrare
necessariamente nella regione I [risp. II]. Consideriamo ora una soluzione t 7
(x(t ), y(t )) con dato iniziale (x 0 , y 0 ) contenuto nella regione I. Sia K il compatto
delimitato dallorigine (0, 0), dalle curve y + , G + e dalla retta y = y 0 . Poniamo:
T = sup{t > 0 : (x(s), y(s)) K s [0, t ]}.

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7.5 A PPLICAZIONE ALLA TEORIA DEI CIRCUITI NON LINEARI

171

y=G(x)

y+

IV

III

II
y

F IGURA 7.7. Le curve di fase ruotano in senso orario.


) 0 se t [0, T ), e quindi:
Dalla prima equazione in (7.8) si ha x(t
Z t
t [0, T ).
y(t ) = y 0 d s x(s) y 0 x 0 t
0

Essendo y(t ) min{G + (x) : x > 0} per ogni t [0, T ), concludiamo che T < +
necessariamente. Dunque la soluzione abbandona K in un tempo finito. Ma
per la direzione del campo vettoriale sulla frontiera di K ci avviene necessariamente attraversando G + , ovvero entrando nella regione II. Consideriamo ora
una soluzione t 7 (x(t ), y(t )) con dato iniziale (x 0 , y 0 ) contenuto nella regione
) < 0 ed y(t ) y 0 x 0 t fintanto che la soluzioII. Dal sistema (7.8) ricaviamo x(t
ne giace nella regione II. Ci significa che essa non pu esplodere in un tempo
finito senza prima abbandonare tale regione. Sia quindi:
T = sup{t > 0 : (x(s), y(s)) II s [0, t ]}.
Vogliamo dimostrare che T < +. Assumiamo per assurdo che T = +. Allora x(t ) ed y(t ) sono monotone decrescenti su tutto lasse positivo dei tempi.
Giungiamo ad una contraddizione se mostriamo che (x(+), y(+)) y . Osserviamo dapprima che se fosse y(+) = la prima equazione in (7.8) impli
cherebbe lassurdo x(+)
= . Se fosse x(+) > 0 dalla seconda equazione
in (7.8) si avrebbe y(+) = e quindi nuovamente un assurdo. Infine, essendo lorigine delle coordinate una sorgente segue che y(+) < 0. In conclusione
(x(+), y(+)) y .
La dimostrazione delle analoghe affermazioni per le regioni III e IV del
tutto simile.


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172

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

y
y=G(x)

a
T
(a)

P
x

(a)
T*

F IGURA 7.8. La regione invariante P .

Dalla proposizione precedente rimane definita la mappa : R+ R tale che (a) lordinata della prima intersezione con il semiasse y della curva
soluzione di dati iniziali (0, a).
P ROPOSIZIONE 7.12. Se a sufficientemente grande allora |(a)| < a.
Lesistenza di unorbita periodica ora un semplice corollario della proposizione precedente e del teorema di Poincar-Bendixson. Osserviamo preliminarmente che la simmetria della funzione G implica che se t 7 (x(t ), y(t )) soluzione del sistema (7.10) allora anche t 7 (x(t ), y(t )) soluzione. Ne segue che,
fissato a sufficientemente grande, si hanno gli archi di traiettoria e come in
Figura 7.8. Allora la regione finita P delimitata dalle curve , e dai segmenti T ,
T positivamente invariante. Essendo lunico punto singolare una sorgente, il
teorema di Poincar-Bendixson garantisce lesistenza di unorbita periodica in
P.
D IMOSTRAZIONE DELLA P ROPOSIZIONE 7.12. Decomponiamo larco di traiettoria dal punto A = (0, a) al punto D = (0, (a)) nei tre archi orientati, 1 = AB ,
2 = BC e 3 = C D, essendo B e C le intersezioni della retta x = con il suddetto
arco (vedi Figura 7.9). Ricordando che W (x, y) = (x 2 + y 2 )/2, si ha:

1
|(a)|2 a 2 = W (0, (a)) W (0, a) =
2

Z
1

dW +

Z
2

dW +

dW.

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7.5 A PPLICAZIONE ALLA TEORIA DEI CIRCUITI NON LINEARI

173

y=G(x)
1

p
C
(a)
D

F IGURA 7.9.
Osserviamo che la curva 1 [risp. 3 ] il grafico di una funzione y 1 (x) > G(x)
[risp. y 3 (x) < G(x)], con x [0, ]. Dalla (7.10) ed essendo x = y G(x) si ha:
Z
Z
Z
Z
xG(x)
xG(x)
.
dx
dx
dW + dW =
+
.
I (a) =
y 1 (x) G(x)
G(x) y 3 (x)
0
3
0
1
La curva 2 invece il grafico di una funzione x 2 (y) , y [y 3 (), y 1 ()]. Dalla
(7.10) ed essendo y = x,
Z y 1 ()
Z
.
d y G(x 2 (y)).
dW =
J (a) =
2

y 3 ()

La funzione I (a) positiva e converge a zero per a +. infatti evidente che


il minimo (su [0, ]) delle funzioni y 1 (x)G(x) e G(x)y 3 (x) diverge per a +.
La funzione J (a) invece negativa e converge a per a +. Infatti, fissato
k > come in Figura 7.9, si ha |J (a)| G(k)|pq| con G(k) > 0 e |pq| + per
a +. Concludiamo che per a grande I (a) + J (a) < 0, ovvero |(a)| < a.

In realt da unanalisi pi accurata delle propriet di monotonia della mappa a 7 (a), si pu dimostrare che lorbita periodica trovata unica, dunque
un attrattore globale. Pi precisamente si pu vedere che I (a) e J (a) sono entrambe monotone decrescenti, cosicch esiste un unico punto a > 0 tale che
(a ) = a . Daltra parte lapplicazione : R+ R+ tale che (a) = ((a))
fornisce lordinata del primo ritorno sul semiasse y + della curva soluzione di
dati iniziali (0, a), cosicch si ha unorbita periodica per (0, a) se e solo se a un
punto fisso di , ovvero (a) = a.

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174

S OLUZIONI PERIODICHE ED APPLICAZIONI DI P OINCAR

7.6. Soluzione degli esercizi


S OLUZIONE E S . 7.1. Il compatto K = U invariante. Supponiamo per assurdo che U non contenga n punti singolari n cicli. Per il teorema di PoincarBendixson, si deduce che = L (x) = L (x) per ogni x U . Ma allora, fissata
una sezione trasversale locale S di un punto y , possiamo determinare due
sequenze di tempi divergenti, t k , s k % + tali che tk (x), sk (x) S per ogni
k N e tk (x), sk (x) y per k +. Giungiamo in tal modo ad una contraddizione poich le successive intersezioni di unorbita con una sezione locale
devono formare una successione monotona lungo la sezione stessa.
S OLUZIONE E S . 7.2. Supponiamo per assurdo che K non contenga un punto
singolare. Allora, applicando iterativamente il teorema di Poincar-Bendixson,
possiamo determinare una successione di cicli n , n N, tale che n+1 contenuto nella regione finita n delimitata da n . Possiamo inoltre assumere che
|n | essendo lestremo inferiore delle aree racchiuse da cicli contenuti
in K . Per compattezza esiste una successione convergente {x n ; k N} tale che
x n n . Il limite x di tale successione deve necessariamente appartenere ad
un ciclo , poich altrimenti sarebbe attratto da qualche ciclo limite e, per la
Proposizione 7.7, anche qualche x n lo sarebbe. Inoltre, detta la regione finita
racchiusa da , deve aversi |n | || per n + (provarlo!) cosicch || = .
Ne consegue che non contiene n punti singolari n cicli, in contraddizione
con il risultato del precedente esecizio.
S OLUZIONE E S . 7.3. Supponiamo per assurdo che D contenga un ciclo
e sia la regione finita aperta da esso delimitata. Il flusso del campo vettoriale attraverso la frontiera dunque nullo. Giungiamo in tal modo ad una
contraddizione
poich, per il teorema della divergenza, tale flusso uguale a
R
d y div v(y) 6= 0.
7.7. Nota bibiliografica
Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) E.A. Coddington, N. Levinson. Theory of ordinary differential equations. (International series in pure and applied mathematics). New
York: McGraw-Hill, 1955.
3) J. Guckenheimer, P. Holmes. Nonlinear oscillations, dynamical systems,
and bifurcations of vector fields. (Applied Mathematical Sciences 42).
Berlin: Springer, 1993.
4) A. Katok, B. Hasselblatt. Introduction to the modern theory of dynamical systems. (Encyclopedia of mathematics and its applications 54).
Cambridge: Cambridge U.P., 1995.

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7.7 N OTA BIBILIOGRAFICA

175

5) J.K. Hale. Ordinary differential equations. (Pure and applied mathematics 21). New York: Wiley-Interscience, 1969.
6) M.W. Hirsch, S. Smale. Differential equations, dynamical systems and
linear algebra. (Pure and applied mathematics. A series of Monographs
and Textbooks). San Diego: Academic Press, 1974.

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APPENDICE A

Teoremi fondamentali sulle equazioni differenziali


ordinarie
A.1. Stime preliminari e condizione di Lipschitz
Siano , R {} tali che < . Indichiamo con C 0 ((, ); Rn ) linsieme delle applicazioni a valori in Rn (ovvero delle funzioni vettoriali :
(, ) Rn ) le cui componenti i sono funzioni continue nellintervallo (, ).
Analogamente definiamo C 0 ([, ); Rn ), C 0 ((, ]; Rn ) e C 0 ([, ]; Rn ).
Per ogni intero positivo k, sia C k ((, ); Rn ) il sottoinsieme di C 0 ((, ); Rn )
delle applicazioni le cui componenti i sono funzioni derivabili k volte con
derivate continue nellintervallo (, ). Gli insiemi C k ([, ); Rn ), C k ((, ]; Rn ) e
C k ([, ]; Rn ) vengono definiti analogamente. Ovviamente le derivate agli estremi dellintervallo sono da intendersi in modo opportuno: per esempio
i () =

i ( + h) i ()
d i
.
() = lim+
.
h0
dt
h

Stabiliamo alcune disuguaglianze che utilizzeremo in seguito. Ricordiamo


infine che la norma uniforme di C 0 ([, ]; Rn ) definita da:
.
kk0 = max{|(t )| : t [, ]},
(|u| indica la norma euclidea del vettore u Rn ). Sia assegnata C 1 ([, ]; Rn ).
Consideriamo dapprima il caso in cui
(t ) 6= 0

t (, ).

In tal caso la derivata di |(t )| esiste su tutto (, ) e dalla definizione di norma


si ha precisamente:
)
d |(t )| (t ), (t
=
,
(A.1)
dt
|(t )|
e perci, per la disuguaglianza di Cauchy-Swartz,

d |(t )|

)|.
(A.2)
d t |(t
Siano ora t , t 0 (, ). Integrando ambo i membri della (A.1) ed utilizzando (A.2)
otteniamo:

Z t

(A.3)
|(t )| |(t 0 )| d |()|

t0

Per la continuit della funzione norma, la disuguaglianza (A.3) sussiste in tutto


[, ].
177

178

T EOREMI FONDAMENTALI SULLE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

Consideriamo ora il caso generale in cui non necessariamente (t ) 6= 0 nellintervallo aperto (, ). Ovviamente le stesse argomentazioni restano valide in
ogni possibile sottointervallo [1 , 1 ] dove (t ) 6= 0 ed eventualmente (1 ) = 0
oppure (1 ) = 0. Si conclude quindi che la disuguaglianza (A.3) vera in tutto
[, ] anche nel caso generale.
Rt
Ponendo (t ) = t0 f ()d dalla (A.3) segue in particolare:
Z t
Z t

d f () d | f ()| .
(A.4)

t0

t0

(disuguaglianza ben nota per n = 1).


Nel seguito indichiamo con J r (t ) lintorno simmetrico e chiuso del punto
t R di raggio r . Analogamente S r (x) indica la palla chiusa in Rn di centro x Rn
e raggio r . Infine denota un dominio aperto dello spazio Rn+1 = R Rn delle
coordinate (t , x), t R, x Rn .
D EFINIZIONE A.1. Il campo v C 0 (; Rn ) detto localmente lipschitziano rispetto ad x e scriviamo v Lip(; Rn ), se per ogni (t 0 , x 0 ) esiste un suo intorno
U0,
U 0 = {(t , x) : |t t 0 | a, |x x 0 | b} = J a (t 0 ) S b (x 0 )
(A.5)
(a, b > 0) ed una costante positiva L tale che
|v(t , x) v(t , x 0 )| L|x x 0 |
per ogni (t , x), (t , x 0 ) U 0 .
L EMMA A.2 (Lemma di Lagrange). Sia v C 0 (; Rn ) tale che la funzione
jacobiana,

. v i
(t , )
,
D v(t , ) =
x j
i , j =1,...,n
2

esiste continua: D v(, ) C 0 (; Rn ). Allora v un campo lipschitziano in ogni


compatto convesso [t 1 , t 2 ] K (la costante di Lipshitz dipendendo solo da
[t 1 , t 2 ] K ).
D IMOSTRAZIONE . Per la convessit di K , comunque considerati due suoi
punti x, y si ha che il segmento
p() = (1 )x + y,

[0, 1]

anchesso tutto contenuto in K . Possiamo quindi scrivere:


Z 1
d
v(t , y) v(t , x) =
v(t , p()).
0 d
Eseguendo la derivazione si ha:
n v
X
d
i
v i (t , p()) =
(t , p())(y j x j ),
i = 1, . . . , n.
d
x
j
j =1
Sia

v i

M = max max
(t , x) : (t , x) [t 1 , t 2 ] K .
i , j =1,...,n
x j

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A.1 S TIME PRELIMINARI E CONDIZIONE DI L IPSCHITZ

179

Allora

2
d
v i (t , p()) nM 2 |x y|2
d

e quindi

d v(t , p()) nM |x y|.

Concludendo, usando (A.4), si ha:


|v(t , x) v(t , y)| nM |x y|

x, y K .

t [t 1 , t 2 ],


L EMMA A.3 (Lemma di Gronwall). Siano F i C 0 ((1 , 2 ); R), i = 1, 2, 3 tre funzioni positive e sia t 0 (1 , 2 ). Supponiamo che in questo intervallo sia soddisfatta la disuguaglianza:

Z t

(A.6)
F 1 (t ) F 2 (t ) d s F 1 (s) + F 3 (t ).
t0

Allora, nello stesso intervallo si ha


Z t

Z t

d s F 2 (s) + F 3 (t )
d F 3 () exp
F 1 (t ) F 2 (t )

t0

(A.7)

D IMOSTRAZIONE . Consideriamo per definitezza il caso t > t 0 . Poniamo


Z
. t
d s F 1 (s).
v(t ) =
t0

Allora, usando (A.6),


) F 2 (t )v(t ) + F 3 (t ).
v(t
Ancora con la sostituzione
v(t ) = (t ) exp

t0

d s F 2 (s)

(A.8)

ricaviamo
Z t

) exp d s F 2 (s) F 3 (t )
(t
t0

e quindi (essendo (t 0 ) = 0)
(t )

t
t0

d F 3 () exp

t0

d s F 2 (s) .

Utilizzando (A.8) troviamo infine:


Z t

Z t
v(t )
d F 3 () exp
d s F 2 (s) ,
t0

da cui (A.7) segue in virt di (A.6).

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180

T EOREMI FONDAMENTALI SULLE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

A.2. Il teorema di esistenza ed unicit


Possiamo ora dimostrare il teorema principale del presente capitolo.
T EOREMA A.4. Sia v Lip(; Rn ) e (t 0 , x 0 ) fissato in . Con riferimento al
dominio U 0 = J a (t 0 ) S b (x 0 ) in (A.5) sia
M 0 = max{|v(t , x)| : (t , x) U 0 }
e si ponga

b
m = min a;
.
M0

Si consideri

.
W0 = J m (t 0 ) S b (x 0 ).

(A.9)

Esiste allora una funzione C (J m (t 0 ); S b (x 0 )) soddisfacente

) = v(t , (t )) t J m (t 0 )
(t
(t 0 ) = x 0

(A.10)

cio una soluzione (locale, in W0 ) del problema di Cauchy. Inoltre tale soluzione
unica.
D IMOSTRAZIONE . Cominciamo con il dimostrare lesistenza di una soluzione. Definiamo applicazione di Picard la mappa T che associa ad ogni funzione
C 1 (J m (t 0 ); S b (x 0 )) la funzione T definita da
Z t
(T )(t ) = x 0 + d s v(s, (s)),
t J m (t 0 ).
(A.11)
t0

Osserviamo che linsieme C (J m (t 0 ); S b (x 0 )) lasciato invariante dalla applicazione T . In effetti T evidentemente differenziabile ed in particolare (T)(t ) =
v(t , (t )); inoltre, utilizzando (A.4),
|(T )(t ) x 0 | M 0 m b

t J m (t 0 ),

ovvero (T )(t ) S b (x 0 ) per ogni t J m (t 0 ).


Determiniamo una soluzione del problema di Cauchy (A.10) come limite
della successione delle approssimazioni di Picard cos definite. Scegliamo una
qualsiasi funzione 0 C 1 (J m (t 0 ); S b (x 0 )) tale che 0 (t 0 ) = x 0 (0 (t ) x 0 ad
esempio) e costruiamo la successione di funzioni {k } tale che:
1 = T 0 ,

2 = T 1 = T 2 0 ,

...

k = T k1 = T k 0 .

Denotiamo con e(t ) la misura dellerrore,


.
e(t ) = 0 (t ) v(t , 0 (t )),
e poniamo

.
= max{|e(t )| : t J m (t 0 )}.

Stimiamo |1 (t ) 0 (t )|; si ha, in base alla (A.4),


Z t

|1 (t ) 0 (t )| d s |1 (s) 0 (s)| ,
t0

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A.2 I L TEOREMA DI ESISTENZA ED UNICIT

181

e quindi, essendo 1 (s) = v(s, 0 (s)),


Z t

|1 (t ) 0 (t )| d s e(s) |t t 0 |.

(A.12)

t0

Stimiamo ora |2 (t ) 1 (t )|; si ha analogamente


Z t

|2 (t ) 1 (t )| d s |v(s, 1 (s)) v(s, 0 (s))| .

(A.13)

t0

Essendo v lipschitziano, rafforziamo tale disuguaglianza con


Z t

|2 (t ) 1 (t )| L d s |1 (s) 0 (s)|
t0

e, tramite la (A.12), otteniamo ancora


|t t 0 |2
.
2
Ora per induzione facile iterando il ragionamento provare che:
|2 (t ) 1 (t )| L

|k (t ) k1 (t )| L k1
Ma allora la serie
0 (t ) +

|t t 0 |k
.
k!

(A.14)

(A.15)

[k (t ) k1 (t )]

k=1

assolutamente ed uniformemente convergente, cio esiste ed una funzione


continua il limite
.
(t ) = lim k (t ).
(A.16)
k

Si ha inoltre
lim k (t ) = lim (T k1 )(t ) = x 0 +

t
t0

d s v s, lim k (s) .
k

Concludiamo che soluzione continua dellequazione integrale:


Z t
t J m (t 0 ).
(t ) = x 0 + d s v(s, (s)),

(A.17)

t0

Ma allora anche soluzione del problema di Cauchy (A.10). Infatti la continuit di implica che il secondo membro della (A.17) una funzione differenziabile; dunque anche differenziabile. Possiamo quindi derivare ambo i membri
della (A.17) ed otteniamo = v(t , (t )); essendo (t 0 ) = x 0 ne segue che la
soluzione cercata.
Rimane da dimostrare lunicit della soluzione, quanto meno nellintervallo
J m (t 0 ). Questo risultato una immediata conseguenza del Lemma di Gronwall.
Supponiamo che oltre alla esista unaltra soluzione del problema di Cauchy
con gli stessi dati iniziali. Posto
.
(t ) = (t ) (t ),
si ha
) = v(t , (t )) v(t , (t )).
(t

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182

T EOREMI FONDAMENTALI SULLE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

Ne consegue
Z t

|(t )| d s |v(s, (s)) v(s, (s))|


t0

e quindi, essendo v lipschitziano,


Z t

|(t )| L d s |(s)| .
t0

Si applichi ora la disuguaglianza di Gronwall: osservando che F 3 (t ) 0 ne consegue (t ) 0.



A.3. Dipendenza dai dati iniziali e dai parametri
Ci chiediamo come si comporta la soluzione se perturbiamo di poco il
dato iniziale x 0 . Premettiamo il seguente
L EMMA A.5. Sia v Lip(; Rn ) e (t 0 , x 0 ) fissato in . Siano a, b, U 0 , M 0 ed
m come nel Teorema A.4. Allora, per ogni x S b/2 (x 0 ) esiste unica la soluzione di
dati iniziali (t 0 , x) nel dominio J m/2 (t 0 ) S b (x 0 ).
D IMOSTRAZIONE . La prova conseguenza del teorema di Cauchy ed lasciata per esercizio.
Siamo ora in grado di affrontare il problema della continuit della soluzione
rispetto ai dati iniziali.
T EOREMA A.6. Nelle ipotesi del lemma precedente, per x S b/2 (x 0 ) indichiamo con (t , t 0 , x) la soluzione di dati iniziali (t 0 , t 0 , x) = x definita nellintervallo J m/2 (t 0 ). Allora, per ogni t , t 0 J m/2 (t 0 ) e x, x 0 S b/2 (x 0 ),
|(t , t 0 , x) (t 0 , t 0 , x 0 )| M 0 |t t 0 | + |x x 0 |e L|t t0 | .
con M 0 come nel Teorema A.4. In particolare la mappa (t , x) 7 (t , t 0 , x) continua.
D IMOSTRAZIONE . Sia z(t ) = (t , t 0 , x) (t , t 0 , x 0 ). Allora:
Z t

||z(t )| |z(t 0 )|| d |v(, (, t 0 , x)) v(, (, t 0 , x ))|


t
Z0 t

L d |z()| ,
t0

da cui:

Z t

|z(t )| L d |z()| + |z(t 0 )|.


t0

Applicando il Lemma di Gronwall segue che |z(t )| |z(t 0 )|e L|t t0 | . Daltra parte:
Z t 0

|(t , t 0 , x 0 ) (t 0 , t 0 , x 0 )|
d |v(, (, t 0 , x 0 ))| M 0 |t t 0 |,
t

poich (, (, t 0 , x 0 )) U 0 per ogni (, x 0 ) J m/2 (t 0 ) S b/2 (x 0 ).

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A.3 D IPENDENZA DAI DATI INIZIALI E DAI PARAMETRI

183

T EOREMA A.7. Assumiamo v C k (; Rn ), k 1. Allora per ogni (t 0 , x 0 )


si possono determinare , > 0 tali che la soluzione (t , t 0 , x) una funzione
differenziabile (di classe C k ) di (t , x) per |x x 0 | < e |t t 0 | < .
D IMOSTRAZIONE . Consideriamo solo il caso k = 1. Per il Teorema A.6 la soluzione locale (t , x) 7 (t , t 0 , x) definita univocamente e continua per |xx 0 | <
e |t t 0 | < purch b/2 ed m/2. Essendo

(t , t 0 , x) = v(t , (t , t 0 , x)),
t
la derivata parziale rispetto al tempo una funzione continua nel complesso
delle variabili (t , x). Derivando formalmente lequazione differenziale rispetto
ai dati iniziali si ricava che la matrice jacobiana

i
.
(t , t 0 , x)
X (t ) = D(t , t 0 , x) =
x j
i , j =1,...,n
soluzione della seguente equazione lineare omogenea non autonoma (detta
equazione delle variazioni):

X (t ) = A(t )X (t )
(A.18)
X (t 0 ) = 1I
ovvero, pi esplicitamente,

n
X (t ) = X A (t )X (t )
i,j
i ,k
k, j
k=1

X i , j (t 0 ) = i , j
avendo posto

v i
.
(t , (t , t 0 , x))
.
A(t ) = D v(t , (t , t 0 , x)) =
x j
i , j =1,...n

Lesistenza ed unicit della soluzione del problema di Cauchy (A.18) per |t t 0 | <
, piccolo a sufficienza, conseguenza del Teorema A.4, applicato al campo
2
vettoriale lineare V (t , X ) = A(t )X su Rn (identifichiamo qui in maniera canoni2
ca le matrici n n con i vettori di Rn ). Indichiamo dunque con X (t ) tale soluzione e dimostriamo che effettivamente la matrice jacobiana D(t , t 0 , x) esiste
e coincide con X (t ). Utilizzando la forma integrale dellequazione differenziale
per (t , t 0 , ) si ha, per ogni x, h tali che |x x 0 | < e |x x 0 h| < ,
Z t

(t , t 0 , x + h) (t , t 0 , x) = h + d s v(s, (s, t 0 , x + h)) v(s, (s, t 0 , x)) ,


t0

e quindi, poich X (t ) = 1I +

Rt

t0 d s

A(s)X (s),

(t , t 0 , x + h) (t , t 0 , x) X (t )h
Z t

d s v(s, (s, t 0 , x + h)) v(s, (s, t 0 , x)) A(s)X (s)h .


=
t0

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184

T EOREMI FONDAMENTALI SULLE EQUAZIONI DIFFERENZIALI ORDINARIE

Daltra parte, per il teorema fondamentale del calcolo,


v(s, (s, t 0 , x + h)) v(s, (s, t 0 , x))
Z 1

=
d D v(s, (s)) (s, t 0 , x + h) (s, t 0 , x) ,
0

.
.
essendo (s) = (s, t 0 , x + h) + (1 )(s, t 0 , x). Definito (t ) = (t , t 0 , x + h)
(t , t 0 , x) X (t )h, otteniamo:

Z t
Z 1
(t ) =
d s (s, h) +
d D v(s, (s))(s) ,
(A.19)
t0

dove, ricordando la definizione di A(s),


Z 1

(s, h) =
d D v(s, (s)) D v(s, (s, t 0 , x)) X (s)h.

(A.20)

Osserviamo ora che D v(s, x) ed X (s) sono funzioni continue delle loro variabili.
Ne segue in particolare che, applicando il Lemma di Gronwall alla (A.19), esiste
una costante 0 < C t < tale che
|(t )| C t sup |(s, h)|,
sI t

essendo I t lintervallo chiuso di estremi t 0 e t (dimostrarlo). Notiamo inoltre che


(s) (s, t 0 , x) per h 0 uniformemente in (, s) [0, 1] I t , cosicch
|(s, h)| o(s, h)|h|,
con o(s, h) 0 per h 0, uniformemente in s I t . Concludiamo che:
|(t )|
|(t , t 0 , x + h) (t , t 0 , x) X (t )h|
= lim
= 0.
h0 |h|
h0
|h|
lim

Altrimenti detto, la mappa x 7 (t , t 0 , x) differenziabile ed inoltre la sua matrice jacobiana coincide con X (t ). Rimane da dimostrare la continuit della mappa
(t , x) 7 D(t , t 0 , x). Poich essa soluzione del sistema differenziale (A.18), questa conseguenza del seguente teorema, la cui dimostrazione lasciata come
esercizio.

T EOREMA A.8. Supponiamo che il campo vettoriale differenziabile v dipenda
da un parametro R. Se v C 0 (; Rn ) allora per ogni (t 0 , x 0 , 0 ) la soluzione locale (t , t 0 , x, ) dellequazione x = v(t , x, ) di dati iniziali (t 0 , t 0 , x, ) =
x una funzione continua nel complesso delle variabili (t , x, ) per |t t 0 |, |x x 0 |,
| 0 | sufficientemente piccoli.
[Suggerimento: si confronti con lequazione differenziale y = V (t , y), essendo V : Rn+1 il campo vettoriale di componenti V (t , y) = (v(t , x), 0) ove
y = (x, )].

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A.4 N OTA BIBILIOGRAFICA

185

A.4. Nota bibiliografica


Per gli argomenti trattati in questo capitolo si pu fare riferimento ai testi
sotto riportati.
1) V.I. Arnold. Equazioni differenziali ordinarie. Mosca: Edizioni Mir,
1978.
2) E.A. Coddington, N. Levinson. Theory of ordinary differential equations. (International series in pure and applied mathematics). New
York: McGraw-Hill, 1955.
3) J.K. Hale. Ordinary differential equations. (Pure and applied mathematics 21). New York: Wiley-Interscience, 1969.

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