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SECONDA QUANTIZZAZIONE
In questo capitolo proviamo ad estendere la teoria del precedente al caso di
sistemi con infiniti gradi di libert`a: come vedremo la teoria non `e pi`
u canonica, ma
potremo comunque stabilire delle notevoli generalizzazioni che ci consentiranno
di costruire lo spazio di Fock, dando cos` un esempio di modello per la teoria dei
campi (seppure in un caso semplicissimo: il campo libero).
19.1
i,j
698
699
|f (e , f )|2 <
X
X
X
(f , T T f ) =
||T f ||2 =
|(e , T e )|2 <
700
P
i
||xi || < e
2
P
i
He
B(K) B(H K)
B 7 I B
(I B(K))0 = B(K) I
nN
L
il che induce la decomposizione A I
= n A e quindi
(A)
=AI
sicche
(f, A) = (z, A Iz 0 )
701
Xn
nN
Ovviamente ciascun Xn si identifica ad un sottospazio di S, e possiamo considerare il sottospazio T di S generato dagli elementi della forma
xm fmn (xm )
Allora si pone X := S/T ; in questo modo, X `e una somma diretta degli spazi
{Xn } nei quali per`o gli elementi di indice abbastanza grande sono identificati
fra loro. Evidentemente, le inclusioni Xn S e la proiezione S X = S/T si
compongono a fornire le applicazioni lineari
fn : Xn X
Per la (2) si ha ovviamente che, se m n:
(3)
fm = fn fmn
Si scrive
X = lim Xn
nN
702
19.1.3 Lemma Ogni elemento x X si esprime nella forma fn (xn ) per qualche
n N e xn Xn .
Dimostrazione: Supponiamo che xX; allora, per costruzione, x `e della forma
s = xi1 + + xik
ove xij Xij tenendo conto che xij = fij n (xij ) se ij n. Allora, per n =
max(i1 , ..., ik ) otteniamo che
xi1 + + xik = fi1 n (xi1 ) + + fik n (xik
che `e un elemento di Xn , chiamiamolo yn ; quindi, per la (3):
fn (yn ) = fn (fi1 n (xi1 ) + + fik n (xik )) = fn fi1 n (xi1 ) + + fn fik n (xik )
= fi1 (xi1 ) + + fi1 (xik ) = xi1 + + xik = x
cio`e x = fn (yn ) con yn Xn , come volevamo.
qed
19.1.4 Teorema Se ({Xn }, {fmn }) `e un sistema induttivo e se Y `e uno spazio
vettoriale tale che esista una successione di applicazioni lineari {gn : Xi Y }
tali che
m n gm = gn fmn
allora esiste ununica applicazione lineare g : X Y tale che
n N gn = g fn
Viceversa un insieme X che soddisfa questa propriet`
a `e isomorfo a lim Xn .
n
qed
703
lim(Xn Y ) = lim Xn Y
nN
nN
Dimostrazione: Siano
X = lim Xn
nN
W = lim(Xn Y )
nN
704
nN
Hn
nN
N{n }
nN
Hn .
Q
cio`e il prodotto n (xn , n ) tende a (, ). Ora usiamo il seguente lemma (che
non dimostreremo) di von Neumann: se z sono vettori non nulli negli spazi di
Hilbert H allora
Y
X
z = z 6= 0
|1 z | <
705
P
Nel nostro caso troviamo che
n |1 (xi , i )| < e, viceversa, che se vale
questa condizione allora la successione {n } `e di Cauchy. Infatti
||n m ||2 = ||xm+1 xn m+1 n ||2
n
X
xn
n
X
||xi i ||2 +
i=m+1
2|1 ci | +
m+j+1
(1 cm+i )(cm+j 1)
i<j
ck
k=m+i+1
i<j
i<j
e
||yi i ||2 = 2 2 Re(ci ) 2|1 ci |
qed
Spieghiamo ora la rilevanza fisica di questi concetti: consideriamo due sistemi
quantistici S e S 0 totalmente indipendenti, Q e Q0 delle questioni (cfr. 17.1)
relative a questi sistemi e , 0 stati di S e S 0 ; allora (Q) esprime la probabilit`a
di trovare la propriet`a Q nello stato , e quindi la probabilit`a che nel sistema
congiunto formato da S e S 0 le Q e Q0 siano simultaneamente verificate nei
rispettivi stati `e
(Q) 0 (Q0 )
Ad esempio, se gli stati sono puri, avremo che
(Q) = (, Q) ,
0 (Q0 ) = ( 0 , Q0 0 )
U 0 (t) = eitH
706
allora, sempre nellipotesi dellindipendenza dei due sistemi, nel sistema congiunto abbiamo
e (t)( 0 ) = U (t) U 0 (t) 0
U
cio`e
1 d e
e
H=
U (t)
= H I + I H0
i dt
t=0
(formula di Leibniz).
Pi`
u in generale, se esiste uninterazione fra i sistemi S e S 0 , il sistema congiunto `e ancora descritto da H H0 ma levoluzione temporale subisce una
perturbazione
K = H I + I H0 + V
Ricordiamo che nel nostro approccio ai fenomeni quantistici abbiamo modellizzato il sistema microscopico S scindendo il processo di misura (concretamente: lo
strumento stesso di misura) in una parte microscopica A ed una macroscopica M :
dobbiamo allora immaginare S e A come sistemi da comporre per tenere conto
dellinfluenza del processo di misura stesso sul fenomeno da misurare. Se prima
della misura lo stato del sistema `e , dopo la misura di una questione E = E E
lo stato `e ancora se (E) = 1 o (I E) = 1; se lo stato , dopo il processo
di misurazione, `e tale che (E) 6= 1, 0 allora si ha un miscuglio statistico
(E)1 + (I E)0
Gli stati 0 , 1 sono determinati come segue: diagonalizziamo per mezzo di un
autoaggiunto A dellalgebra degli osservabili
PE : A 7 ESE + (I E)A(I E)
e consideriamo
Allora
1 (A) =
(EAE)
(E)
0 (A) =
707
manda stati puri in miscugli statistici: si presentano in questo modo diversi fenomeni (riduzione del pacchetto donda, paradosso di PodolskijEinsteinRosen,
gatto di Schrodinger...).
Una spiegazione di questa situazione, seguendo von Neumann, procede come
segue: supponiamo che, prima della misura, S sia nello stato x0 e A in 0 , sicche
il sistema composto sia nello stato x0 0 ; dopo una interazione di lunghezza T
abbiamo
U (T ) = U
operatore unitario che trasforma x0 0 in un nuovo stato
U (x0 0 ) = Ex0 1 + (I E)x0 2
ove le i sono tali che
(1 , 2 ) = 0
||i || = 1
Losservazione di von Neumann `e che ci`o descrive il processo di misura, dato che
ogni stato di B(H) si scrive
(A) = tr(T A) = (z, A Iz)
per un opportuno vettore z di norma 1. Dunque lo stato `e restrizione a B(H) di
uno stato puro di B(H K), e
(U x0 0 , A I(U x0 0 )) = (Ex0 , AEx0 ) + ((I E)A(I E)) + 0
dove 0 sono i termini non diagonali: (1 , 2 ) = 0), il che spiega perche 7 g
porti stati puri in stati puri mentre 7 (E)1 + (I E)2 porti stati puri
in miscugli statistici.
19.2
Rappresentazione di Fock
Consideriamo qui sistemi con infiniti gradi di libert`a: vogliamo per prima cosa
scrivere in questo caso le relazioni di Weyl:
0
W (z)W (z 0 ) = ei(z,z ) W (z + z 0 )
ove (z, z 0 ) = 12 Im(z, z 0 ). Nel caso di infiniti gradi di libert`a, le variabili z non
varieranno pi`
u in uno spazio di dimensione finita Cn , ma in uno spazio vettoriale
topologico X qualsiasi; possiamo in ogni caso considerare una forma simplettica
fortemente non degenere su X ed il gruppo di Heisenberg
HX = X o R
708
709
=2 2 Re (h1 gh) 0
ge
(z, ) := ei e 4 ||z||
1
`e di tipo positivo, oltre che continua nella topologia di HX prodotto della topologia di R con la topologia su X indotta dalla seminorma ||.||.
19.2.1 Definizione La rappresentazione unitaria fortemente continua U associata alla funzione di tipo positivo () si dice rappresentazione di Fock.
Notiamo che se X `e uno spazio vettoriale e una forma simplettica su X e
U(z, ) = ei U(z, 0) = ei W (z)
vogliamo che questa rappresentazione unitaria possegga almeno la propriet`a di
continuit`a seguente: per ogni fissato z X, la funzione
7 W (z)
`e fortemente continua. In questo caso infatti, possiamo usare il teorema di Stone
14.3.6 per dedurre che W (z) = ei(z) .
710
!
X
X
1
2
cj WF (zj ) =
cj e 4 ||zj ||
j
711
Abbiamo quindi determinato, con la rappresentazione di Fock, una rappresentazione irriducibile fortemente continua delle relazioni di Weyl:
0
nN
e definiamo
()
!
X
X
(U )
ai WF (xi )F =
ai WF (xi )F
i
A A
712
(2)
(1)
(1)
Infatti:
(WF (x0 )F WF (y 0 )F , WF (x)F WF (y)F ) =
(1)
(1)
(2)
(2)
(1)
(1)
(2)
(2)
(()
713
!
H
(n)
{F }
(H ))
P
n=1
xn con
X
O
(n)
(n)
xn F =
WF (xn )F
V WF
n=1
e quindi che, se
()
n=1
1
(n)
(n)
X
1
2
1 e 4 ||xn || <
n
(si tratta della condizione affinche il prodotto tensoriale di infiniti termini sia
definito) allora possiamo definire V come nel caso di n = 2: in effetti la (*) `e
verificata, dato che
0 1 e
e quindi possiamo scrivere
X
X
P
P 0
P 0 2
1 P
(WF (
xn )F , WF (
xn )F ) = ei( n xn , n xn ) e 4 || n xn n xn ||
n
Y (n)
(n)
(n)
(n)
=
(WF (xn )F , WF (x0n )F )
n
(n)
{F }
(n)
WF (xn )V
n=1
qed
714
19.2.5 Esempio
Nel caso H = C si ha (C) = L2 (R, ds) e W (z) = ei(q+p) , ove z = + i
e q, p sono gli operatori della rappresentazione di Schrodinger.
Se H `e uno spazio di Hilbert separabile con base ortonormale {en } allora
M
en C
H=
n=1
e quindi
(H) =
{F }
L2 (R, ds)
n=1
Y
W (x) =
ei(n q+n p)
n=1
ove n + in = (en , x): in altri termini (H) descrive nel caso separabile
assemblee di oscillatori armonici.
19.3
O
V (U ) =
(Ui )V
(U )F = F
i=1
715
19.3.1 Lemma N F = 0
L
Si noti in generale che, se H = i Hi allora
(e ) =
(n) (ei )
n=1
Ora, sia A =
L
n
An , quindi eiAt =
eiAn t sicche
(n)
{F }
(eiAt ) =
(n) (eiAn t )
e
d(A) =
Bn
n=1
ove
Bn = I I I d(An ) I
ed il fattore chePnon `e lidentit`a si trova al posto n-simo; osserviamo inoltre che
d(I) = N = i Ni ove Ni `e d(1) (lelemento 1 C) nel fattore n-simo e 1
altrove e dove, tenendo conto che
d(1)n = nn
si ha
1 2
(p + q 2 I)
2
Ricordiamo ora che, se z = + i, , Rn e
d(1) = =
W (z)W (z 0 ) = ei(z,z ) W (z + z 0 )
716
1
((iz) + i(z)) a(z)
2
sicche
[a(z), a(z 0 )] 0
717
La rappresentazione di Fock possiede il vettore ciclico F , il livello fondamentale delloscillatore armonico: F = 0, e si ha in questo caso
z H a(z)F = 0
Si noti che F `e nellintersezione dei domini di a e a , e che
a(z1 ) a(zn ) F
`e un vettore analitico intero per (z) (si ricordi che n F sono i vettori di stato
per i livelli eccitati delloscillatore armonico). La dimostrazione di questo fatto
procede come nel caso di un grado di libert`a.
Sia A lalgebra generata dai polinomi negli operatori {(z)}zH che applicati
a F diano vettori analitici; dato che
{WF (z)F }zH
`e totale e che (teorema di Stone 14.3.6 ed analiticit`a di F )
i(z)
WF (z)F = e
F =
n
X
i
n=0
n!
(z)n F
gli elementi di A applicati a F sono uno spazio denso, cio`e A possiede F come
vettore ciclico, dato che la chiusura di tale algebra applicata a F contiene un
sottoinsieme totale.
Osserviamo inoltre che
(
)
Y
a# (zi )F
{zi }{Sottoinsiemi finiti di H}
718
19.3.2 Lemma
(vn (z), vm (z 0 )) = nm
pSn
i1 i2 in
n
XY
(zi , zp0 1 (i) )
pSn i=1
719
S n H := S(Hn )
n (H)
n=0
ove n (H)
= S n H cio`e lo spazio di Fock coincide con lalgebra dei tensori
simmetrici sullo spazio di Hilbert H.
Partendo da V0 (F ) := C possiamo combinare i V1 , V2 , ... per ottenere
lisomorfismo V : n (H) S n H.
Possiamo ora capire come agiscono gli operatori di creazione e distruzione:
1
n+1
M
n=0
S nH
720
con
a(z) (S(x1 xn )) :=
n + 1S(z x1 xn )
1 X
a(z)(S(x1 xn )) :=
(z, xi )S(x1 xi1 xi+1 xn )
n i
F := 1 0 0
Quindi
a(z)F = 0
ed i campi di Segal si definiscono come
1
(z) := (a(z) a(z))
i 2
Abbiamo quindi tre presentazioni equivalenti dello spazio di Fock:
Come rappresentazione del gruppo di Heisenberg generata dalla rappresentazione
1
2
(z, ) 7 ei e 4 ||z||
Come prodotto tensoriale hilbertiano
(H) =
{n }
(C)
n=1
S nH
n=0
Vogliamo dare una ulteriore caratterizzazione: consideriamo la terza interpretazione di (H) e le formule per gli operatori di creazione e distruzione:
x1 = x2 = = xn
Allora
1
1
a(x)n F = xn
n!
n!
Ma F `e un vettore analitico, quindi possiamo definire
X
1
e :=
a(x)n F = ea(z) F
n!
n=0
x
X
(x, y)n
n!
n=0
721
= e(x,y)
x=
n
X
i zi
i=1
abbiamo
n ex
1 n
= a(z1 ) a(zn ) F
1 ==n =0
n (U )
n=0
e
d(A) =
dn (A)
ove
dn (A) =
n
X
i=1
I I A I I
722
19.4
Teorema di G
ardingWightman
Consideriamo
(H)
=
{0 }
(C)
n=1
I I I
i=1
W(
X
i
i ei )
=
W (n )
n=1
X
X
(
i ei ) =
I (n q + n p) I
i
n=1
sicche
a(en ) = I I I
(il fattore non I si trova al posto n-simo) e
N=
X
n=1
a(en ) a(en )
723
19.4. Teorema di G
ardingWightman
Cio`e, nella rappresentazione di Fock:
d(I) = N =
a(en ) a(en ) =
n=1
X
1
n=1
(p2n + qn2 I)
Y
X
W (x) = W (
W (i ei )
i ei ) =
i
i=1
Un risultato chiave `e il
19.4.1 Teorema (G
ardingWightman) La rappresentazione W `e quasi equivalente alla rappresentazione di Fock se e solo se loperatore
a(en ) a(en )
n=1
`e densamente definito.
Piuttosto che dimostrare questo teorema ci limitiamo a darne un esempio di
applicazione.
Si consideri una funzione
n : N \ {0} N
i 7 ni
(cio`e un elemento di (N \ {0})N ) e
X1
2
(p2i + qi2 ni I)
Esiste una rappresentazione nella quale questo operatore `e essenzialmente autoaggiunto; ma il teorema di G
ardingWightman ci dice inoltre che per ogni
funzione n (N \ {0})N esiste una rappresentazione irriducibile Wn delle relazioni
di Weyl tale che questo operatore sia essenzialmente autoaggiunto e
Wn
= Wn0 [n] = [n0 ]
724
{ni }
(C)
i=1
X
O
Wn (
i ei ) =
W (i )
i=1
che possiede solo un numero finito di fattori diversi da 1 (dato che le i hanno
supporto finito; la Wn `e irriducibile, il che si vede come nel caso della rappresentazione di Fock.
Definiamo ora un operatore N per Wn . Sia
b
Y
(Wn (e x)n , Wm (e x)m ) = (W (ei i )ni , W (ei , i )ni )
i
i=1
Y
= (eiN W (i )eini ni , W (ei , i )ni )
i=1
i=1
Y
= (W (i )ni , W (ei , i )ni )
i=1
725
19.4. Teorema di G
ardingWightman
Wn (e x)n =
=
O
j=1
W (e j )nj =
ei(N nj I) W (j )nj
j=1
ei(Nj nj I)
W (j )nj
j=1
j=1
P
(N
n
I)
i
j
j
j=1
Wn (x)n
=e
ove
Nj = I I I = a(ej ) a(ej )
X
(Nj nj I)
j=1
Wn
= Wn0 n n0 N0
e, preso
n =
nj Hn
j=1
avremmo
:= U (n )
O
{n0 }
j
(C)
j=1
726
Ma se x
j=1 ej C
Ws(k) (x)
(
M
)
A | A B(H)
i=1
0
Hm Hm
= Hn
= Tm (m) 0 = (m) 00
Dunque
= n1 n2
O
{n0 }
j
(C)
j=1
727
l
Y
(nk , n0k )
k=m+1
che `e 2 se n 6= n0 .
19.5
f (x)A(x)dx
728
||||
A(O)
OK
[A1 , A2 ] = 0
729
Z
f (p)d+
m
p~2
dp
2p0
dp
+ m , p~ p
=: f (p)(p2 m2 )(p0 )dp
2
2
2 p~ + m
2
+
m
(f ) := fb
+
m
fg (x) = f (g 1 x)
Allora
T fg = U(g)T f
sicche, estendendo la rappresentazione allo spazio di Fock come
(a, ) = (U(a, ))
730
(a, )(x)(a, )1 = (x + a)
731
(\
+ m2 )f
+
m
=0
f 7 (f )
(f SR (R4 ) e la topologia su S `e data da ||T f ||2 = ||f ||2 ): per avere lirriducibilit`a
basta quindi dimostrare il
19.5.2 Teorema Limmagine T SR (R4 ) `e densa in H[m,0] .
Dimostrazione: Intanto osserviamo che
Z
dp
2
|fb(p)|2 p
||f || =
2
p~ + m2
+
Z m
dp
=
|fb(p)|2 (1 + p~ 2 )2r (1 + p~ 2 )2r p
c||(1 + p~ 2 )rf ||2
2
2
+
p~ + m
m
4
Si rammenti come si derivano le distribuzioni: T 0 (f ) = T (f 0 ), sicche (T )f = T (f ) e
(T )f = T (f )
732
p
con r opportuno, in modo che (1 + p~2 )2r / p~2 + m2 sia in L1 e quindi abbia
luogo la maggiorazione, dove c `e una costante. Ma
q(f ) := sup |(1 + p~2 )r f (p)|
p
2
3
Per farlo, consideriamo f : +
m C appartenente a L (R , dm ), vale a dire
tale che
Z
dp
|f (~p)|2 p
<
2 p~ 2 + m2
e definiamo
gb(p) := f (~p)h
p0
p~ 2 + m2
m
ove h D(R) `e una funzione a supporto compatto tale che h(0) = 1 e supp h
(1, 1); allora la gb ha supporto compatto e, se
gb1 (p) := gb(p) + gb(p)
allora g1 S e
p
(T g1 )( p~ 2 + m2 , p) = f (~p)
733
qed
Le distribuzioni che qui ha interesse considerare sono, rispetto alle variabili
spaziali, delle funzioni (infinitamente differenziabili) vere e proprie.
Ricordiamo ora che per le distribuzioni pu`o definirsi un prodotto tensoriale
nel modo seguente: consideriamo F D(Rn )0 e G D(Rm )0 ; allora possiamo
definire una distribuzione F G in D(Rn+m )0 come
hF G, f gi = hF, f ihG, gi
ove abbiamo usato lisomorfismo
D(Rn ) D(Rm )
= D(Rn+m )
che d`a luogo al teorema del nucleo di L. Schwartz :
D(Rn )0 D(Rm )0
= D(Rn+m )0
(i prodotti tensoriali sono definiti in modo unico perche questi spazi vettoriali
topologici sono nucleari: cfr. [31], p.531).
Il prodotto tensoriale di distribuzioni `e una generalizzazione del prodotto di
misure, ed il teorema del nucleo pu`o vedersi come una versione pi`
u generale del
teorema di Fubini.
19.5.3 Esempio Consideriamo una funzione g D(R3 ) e la misura di Dirac
0 D(R)0 concentrata in un punto x0 : possiamo considerare i prodotti tensoriali
f1 = 0 g
f2 = 00 g
Formalmente:
Z
hf1 , i =
Z
(0, ~x)g(~x)d~x
hf2 , i =
0 (0, ~x)g(~x)d~x
734
Si tratta di una funzione bilineare e continua nelle due variabili rispetto alla
topologia di SR (R4 ). Per (a, ) P si ha
(T f(a,) , T g(a,) ) = (U(a, )T f, U(a, )T g) = (T f, T g)
e, formalmente, possiamo scrivere
Z
IT (f, g) = F (x, y)f (x)g(y)dxdy
cio`e esprimere la funzione bilineare IT come un operatore integrale con nucleo F tale che F (x, y) = F (x + a, y + a). Inoltre, per invarianza rispetto alle
trasformazioni di Lorentz si ha
F (x, y) = (x y)
ove (z) = (z) e `e una distribuzione in R4 .
Naturalmente la distribuzione si comporta solo formalmente come un nucleo, ma possiamo comunque scrivere delle regole di commutazione5 almeno a
livello formale, usando il seguente ragionamento:
Z
Z
IT (f, g) = Im T f (p)T g(p)dm = Im fb(p)b
g (p)d+
m
Z
1
p
b
b
=
f
(p)b
f
(p)b
g
(p)
d3 p
g
(p)
1
d+
m (p) dm (p)
b
p
f
(p)b
=
g
(p)
2 {p0 =p~2 +m2 }
p~2 + m2
b m (p)fb) = (g, m f )
=(b
g,
(nellultima formula integrale abbiamo integrato rispetto alla differenza delle
misure). Abbiamo cio`e, a meno di scambiare lordine di g e f , la formula per il
nucleo:
Z
m (x) =
eipx d+
m (p) dm (p)
2
(2)
5
La principale motivazione che von Neumann fornisce, nel suo trattato Mathematical Foundations of Quantum Mechanics [24], allintroduzione della teoria degli operatori negli spazi
di Hilbert come metodo matematico fondamentale per le questioni quantistiche, `e proprio la
mancanza di rigore che la formulazione di Dirac [6] aveva allepoca: il principale ostacolo era
limpossibilit`
a di scrivere gli usuali operatori, come la funzione hamiltoniana, in forma di operatori integrali: per questo Dirac faceva uso delle sue funzioni improprie la cui natura non
contraddittoria fu chiarita solo in seguito da Schwartz ed altri con lintroduzione del concetto
di distribuzione; si confronti specialmente i I3 e III6 del libro di Von Neumann.
735
Quindi
Z
(x)f (x)dx = (x)