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MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA:

BASTANO TRE AGGRESSIONI IN UN ANNO


La Corte di Cassazione con la sentenza n. 1400 del 2015 (Cass. Pen., Sez. VI, 14 gennaio 2015,
n. 1400 ) ha stabilito che integra il delitto di maltrattamenti familiari la condotta del marito che
sottopone la moglie, nellarco di un anno, a tre gravi e violente aggressioni fisiche, le quali si
aggiungono a una situazione familiare contrassegnata dallo stato di frequente ubriachezza dello
stesso, durante il quale egli sottopone la donna a insulti e vessazioni morali.
Nel caso sottoposto allesame della Cassazione limputato stato condannato in primo grado
per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi ex art. 572 c.p. e di lesioni personali
ex art. 582, 585, 576, n. 1, 577, comma 2 c.p. commessi ai danni della moglie. Allimputato
erano contestati tre specifici episodi di violenza commessi nellarco di un anno, che si aggiungevano alla costante abitudine di costui di insultare la moglie, soprattutto nei momenti in cui
egli si trovava in stato di ubriachezza, condizione presente quantomeno ogni fine settimana.
Durante il procedimento dappello la moglie aveva rimesso la querela e reso dichiarazioni in
cui indicava i tre episodi di violenza come fatti isolati, intervallati da condizioni di vita normali,
pur avendo confermato lo stato di ubriachezza frequente del marito e labitudine in tale stato a
insultarla. La Corte di Appello ha dichiarato limprocedibilit per il delitto di lesioni personali
e ha confermato la condanna per il delitto di maltrattamenti in famiglia.
Il marito presentava ricorso per cassazione lamentando la violazione dellart. 572 c.p. e il
vizio di motivazione per avere ritenuto la sussistenza del delitto in presenza di condotte descritte dalla stessa persona offesa come meramente occasionali, nonch la violazione di legge
e la mancanza assoluta di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dellelemento
soggettivo del reato.
La Cassazione ha, innanzitutto, ribadito il fermo orientamento giurisprudenziale che individua
nel delitto di maltrattamenti in famiglia un reato abituale, caratterizzato dallimposizione alla vittima di un regime di vita oggettivamente vessatorio, connotato da sofferenze fisiche e/o morali.
Per la sussistenza del reato non necessario che tutte le condotte di maltrattamento integrino
gli estremi di un reato, se singolarmente considerate; tali condotte possono per configurare,
complessivamente considerate, il reato di maltrattamenti quando realizzino un regime di vita
avvilente e mortificante, diretto a ledere lintegrit morale della persona offesa (Cass., Sez. VI,
16 novembre 2010, n. 45547, in FI, 2011, II, 138).

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Assumono, dunque, rilevanza, ai fini della sussistenza del delitto ex art. 572 c.p., anche i comportamenti volgari, irriguardosi e umilianti, caratterizzati da una serie indeterminata di aggressioni
verbali ed ingiuriose abitualmente poste in essere dallimputato nei confronti del coniuge, nonch
gli atti di disprezzo e di offesa alla dignit della vittima, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali (Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 44700, in C.E.D. Cass., rv. 256962). Il reato stato,
per contro, di recente escluso in un caso in cui la condotta contestata aveva la mera attitudine a
portare la persona offesa ad una condizione di stizza, che per quanto fastidiosa non provocava
alcuna sofferenza morale (Cass., Sez. VI, 11 luglio 2014, n. 34197, in Quotidiano giuridico).
Il reato , infine, integrato anche quando le condotte di maltrattamenti non realizzino lunico
registro comunicativo col familiare, ben potendo essere intervallate da condotte non connotate da mancanza di rispetto e da aggressivit o persino dallo svolgimento di attivit familiari,
anche gratificanti per la persona offesa (Cass., Sez. VI, 2 aprile 2014, n. 15147, in Quotidiano
giuridico).
Fermi tali pacifici principi giurisprudenziali, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, nel caso di
specie, il carattere abituale dei maltrattamenti fosse presente non soltanto in considerazione dei
tre specifici episodi di violenza commessi dallimputato ai danni della moglie (rispetto ai quali

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osserva comunque la Corte che tre gravi e violente aggressioni fisiche al coniuge nel giro di un
anno costituiscono una condotta gi incompatibile con il concetto di occasionalit), ma anche
in considerazione di una serie di altri elementi, indicativi dello stato di frequente ubriachezza
dellimputato e dei frequenti insulti che egli rivolgeva in tale stato alla moglie, con ci cagionandole una costante e perdurante condizione di sofferenza morale.
Sul piano dellelemento soggettivo del reato, le censure dellimputato si erano appuntate sui
criteri di individuazione del dolo del delitto e sulla ritenuta mancanza assoluta di motivazione,
sul rilievo che, pur risultando limputato particolarmente reattivo in condizioni di ubriachezza, egli non aveva mai intesto sottoporre i familiari ad uno stabile sentimento di umiliazione
e sottoposizione. Anche nel respingere tale censura, la Corte di Cassazione richiama lormai
consolidato orientamento giurisprudenziale pronunciatosi sul dolo del delitto di maltrattamenti
verso familiari e conviventi.
Secondo la costante giurisprudenza, infatti, il delitto di maltrattamenti postula un dolo generico,
per il quale necessaria la sola consapevolezza e volont di sottoporre in modo continuativo il
soggetto passivo ad una serie di sofferenza fisiche o morali.
Per la sussistenza del dolo di maltrattamenti non necessaria la rappresentazione e la programmazione di una pluralit di atti tali da cagionare sofferenze fisiche e morali alla vittima, ma
sufficiente la consapevolezza dellautore del reato di persistere in unattivit delittuosa, gi
posta in essere in precedenza, idonea a ledere la personalit della vittima (Cass., Sez. VI, 19
marzo 2014, n. 15146, in C.E.D. Cass., rv. 259677; Cass., Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 15680, in
C.E.D. Cass., rv. 252586; Cass., Sez. VI, 22 ottobre 2010, n. 41142, in FI, 2011, II, 78; Cass.,
Sez. VI, 18 marzo 2008, n. 27048, in CED Cass., rv. 240879).

Avvocato Armando Cecatiello, Milano


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