You are on page 1of 167

ASSOCI A Z I O M : T I : R M C ) I H C I \ I ( : A

I lK I.I A N A

XXV CONGRESSO NAZIONALE ATI


TRIESTE - 21-25 settembre 1970

MEMORIE

PRESTAMPE

All

' ASSOCIAZIONE TERMOTCNICA" ITALIANA

XXV CONGRESSO NAZIONALE ATI


TRIESTE - 21-25 settembre 1970

MEMORIE

PRESTAMPE

N.B. - Si prega di tener presente che.


per mancanza di tempo, non tutti gli
errori tipografici sono stati corretti.

SOMMARIO

A. Gregoretti: Situazione attuale dei grandi motori Diesel

S. Salvigni, E. Lorenzini: Influenza dello scambio termico sul regime fluidodinamico: risultati sperimentali sulla transizione laminare-turbolenla in condotti
circolari

12

l. Lurenzini, S. Salvigli!.- Sulla laminarizzazone: alcuni risultali sperimentali

19

A. Sacelli : Velocit del suono nella miscela bifase acqua-vapore

25

C. Codegone: Contributo alla storia della fisica tecnica in Italia

31

G. Ciliborlo, C. Bossagla: Motori a due tempi di grandissimo diametro con


potenza ili 4000 CV per cilindro

38

P. Passetti, G. Tantussi: .lafilogi'u elettrica per lo studio di pareti multiple in


regime variabile

50

G. Ferrari: Sollecitazioni termiche nello stantuffo di un motore a CI

63

S. Sterni: Sollecitazioni termiche in un cilindro infinito lambito da un fluido in


transitorio pilotato * di temperatura
E. Latrata : Un metodo p-r determinare il coefficiente di trasmissione termica per
convezione di fluidi in condotti - Parie I

83

S. Iotteri, G. Costantinitles: Correlazioni tra condizioni di esercizio e manille uzione dei motori Diesel ferroviari ed evoluzione di alcune caratteristiche degli
oli nell'uso

88

1". Garzella: iejrigerazione di organi di forni industriali con ricupero del calore
mediante evaporazione dell'acqua di raffreddamento e utilizzo del vapore
prodotto

100

A. K u n k l : Esperienze

104

di lavaggio

chimica

dei generatori

C. S a n d r i , A. P r e m o l i : Uno studio sulla depressurizzazione


di un recipiente in pressione contenente acqua-vapore

di vapore
conseguente

. . . .

73

a rotture
112

A. Premoli, D. Di Francesco, A. Prina: Una rorrelazione adimensionale per la


determinazione della densit di miscele bifasiche

120

L. Cedolin, A. Hassid, T. Rossini: Analisi sperimentale delle vibrazioni di


elementi di combustibile a fascio di barre, refrigerati da flusso bifase (gas +
+ liquido)

130

F. Cottino: Apparato motore misto Diesel - Turbine a gas (Codag) con riduttore
a cambio di velocit

137

C. Codegone: Sull'inquinamento
pianti termici

144

atmosferico nell'area urbana prodotta da im-

N. Ferrucci, D. Pitimada: Experimental vibration characteristics of a


juel assembly

B.W.B.

L. Pagliani: Affidabilit ed economia di esercizio nelle centrali termiche per riscaldamento ad acqua calda, con funzionamento automalico ih sequenza . .

149
161

Situazione attuale dei grandi motori Diesel


Antonio Gregoretti {*)

Sommario - 11 grande motore Diesel una macchina


d'alto rendimento che trova impiego in molte applicazioni delle quali vengono descritte le pi caratteristiche: propulsione navale, propulsione ferroviaria,
produzione di energia elettrica, eco.
Per ciascuna applicazione vengono messe in evidenza le caraiterirtiche pi salienti ed i problemi di
ricerca e di sviluppo che ne derivano.
Summary - The large diesel engine is a highly
efficient machine which is used for manif applications
of which the most characteristics are: inarine propulsion, railway traction, production of electric energy,
etc.
For each application the most salient characteristics
and the ensuing problem of research and development
are mentioned.

Si tratta della GRANDI MOTORI TRIESTE


nella quale verr concentrata tutta l'attivit di
ricerca, di progettazione, di costruzione, di vendita
(in Italia e all'estero) e di assistenza post-vendita
dei grandi motori Diesel, fabbricati finora in Italia,
dalla FIAT e dall'IRI.
Il tema inoltre di attualit anche perch in
questi anni si tornati a parlare della competizione
tra il motore Diesel e la turbina a vapore sopra tutto
in relazione alle grandi navi cisterna verso le quali
si indirizzato l'armamento con un imponente
volume di ordinazioni. Queste grosse cisterne vengono costruite in Italia proprio nel vicino Cantiere
di Monfalcone e tre di esse da oltre 250.000 tonn.
di portata lorda saranno azionate da motori Diesel
(% 1)Come Lor Signori sanno, oltre che nella propul-

Fig. 1 - Apparato di propulsione della potenza di 40.000 CV, costituito da un motore a 2 tempi con 10 cilindri 0 1060 tnm e
corsa stantuffi di 1900 mm, di una grandissima nave cisterna (253.000 tons d.w.).

Il XXV Congresso nazionale dell1 Associazione


Termotecnica Italiana, organizzato dalla Sezione
Giuliana, ha quale tema principale il motore Diesel.
Questo tema di particolare attualit, perch proprio qui a Trieste, sta sorgendo una grande fabbrica che, per le sue dimensioni e per i mezzi di lavoro
di cui sar dotata, sar, per quanto mi risulta, la
pi grande e moderna fabbrica di motori del mondo.
(*) Fiat Grandi Motori - Divisione Mare, Torino.

sione navale il motore Diesel trova largo impiego


anche in numerose altre applicazioni; per ragioni di
chiarezza n considerer, separatamente, le principali, cercando, per ciascuna di esse, di mettere in
evidenza gli aspetti pi earatteristici.
1) Inpiego asrale
Nell'impiego navale il motore Diesel ha sempre
mantenuto una notevole supremazia rispetto alle
turbine a vapore tanto che, prima della chiusura,
per le note ragioni, del Canale di Suez, le motonavi

erano fortemente preponderanti rispetto a quelle


con altri mezzi di propulsione: precisamente la
potenza installala a bordo di navi con motori Diesel
rappresentava l'85% circa della potenza totale.
La chiusura del Canale di Suez ha provocato la
.messa in costruzione di molte grandissime cisterne
( recente la notizia che un noto cantiere giapponese
costruir una cistsrna da 470.000 tdw) richiedenti
apparati motori con potenza intorno ai 30-^40.000
CV.
A quell'epoca i costruttori di motori Diesel avevano in fase di progetto gli attuali motori di grandissimo diametro e quindi gli imprevedibii avvenirne .iti li trovarono impreparati ad offrire subito quei
motori che erano soltanto in fase di pi o meno
avanzata progettazione.
Conseguenteinente, per le prime supercisterne
sono stati adottati apparati di propulsione con
turbine a vapore per le quali, nel campo delle grandissime potenze, esisteva gi una notevole esperienza fatta nelle centrali termoelettriche.
La percentuale delle turbine ha cos preso respiro
ed cosi salita fino al 36%. in termini di potenza
globale.
Attualmente i principali costruttori di motori
del mondo, : in Italia la FIAT, hanno . '.esso a
punto dei motori con cilindri di grandissimo diametro, capaci di dare, in servizio continuativo, la
potenza di 4.000 CV per cilindro, per cui, con unit
a 12 cilindri, possibile oggi ottenere apparati di
propulsione monomotori della potenza di 48.000 CV.
La comparsa di motori Diesel di grandissima potenza ha fatto riprendere quota alla propulsione
Diesel ed a! 31 marzo .1.970 vi erano in ordina-ione ben 2.038 motonavi contro soltanto 327 navi
a vapore, con una potenza installata di 21 milioni
di CV Diesel contro 11,2 milioni di CV a turbina.
Tali cifre si riferiscono a navi di portata uguale o
superiore a 2.0CO tdw e sono ricavate dalla nota
rivista The Motor Ship .
Dalla stessa rivista anche nel campo delle grandi
navi si pu ricavare una interessante statistica:
al marzo 1970 vi erano in ordinazione 109 motonavi
di portata lorda fra 90.000 e 170.000 tonn. contro
soltanto 31 turbonavi e cio nella proporzione di
78 e 22% rispettivamente.
Significativo del progresso del motore Diesel in
termini di potenza il fatto che la potenza monocilindrica in servizio che era circa 800 CV per cilindro nel 1950 passata a circa 2.000 CV per cilindro
nel 1960 ed oggi di 4.000 CV per cilindro. Si cio
avuto, all'incirca, un raddoppio della potenza monocilindrica ogni dieci anni (fig. 2).
Lo sviluppo recente del motore Diesel per la propulsione delle grandi navi avvenuto secondo due
direzioni :
motori lenti, con potenza per cilindro fino a
circa 4.000 CV e velocit di rotazione da 110
a 125 giri/min;
motori di medio diametro, con potenza per
cilindro fino a ca. 900-H 1.000 CV e con velocit
di rotazione da 400 a 500 giri/min.
Vediamo ora quali sono le caratteristiche di questi
tipi di motore.
Motori lenti. Sono ormai tutti del tipo a due tem-

1950

1970

Fig. 2 - Andamento de'la potenza per cilindro e della pressione media effettiva per i grane; motori a 2 tempi,
semplice eit'etto (valori di esercizio per motori marini).

pi, semplice effetto con-sovralimentazione mediante


turbosoffianti a gas di scarico. Tra i principali costruttori di grandi motori hanno adottato la sovralimentazione con turbine alimentate a pressione costante le Ditte FIAT, Sulzer, Man e Gotawerken,
quella ad impulsi soltanto "la Ditta Burmeister &
Wain.
Il lavaggio di tipo trasversale nei motori FIAT,
Sulzer e Man e del tipo longitudinale nei motori
Burmeister & Wain e Gotawerken.
I consumi specifici di combustibile nei diversi
tipi di motori sono equivalenti ; a grandi linee si
pu portare a vantaggio dei motori a lavaggio trasversale una migliore attitudine a bruciare combustibili di quaisiasi tipo, data l'assenza, in questi
motori, di valvole sul percorso dei gas di scarico.
A. vantaggi./ del lavaggio longitudinale sta, invece, un lieve maggior rendimento di lavaggio che
permette di sviluppare, a parit di cilindrata, pressioni medie effettive un po' pi elevate.
Come gi accennato, il rendimento complessivo
praticamente lo stesso per tutti i motori e ad esso
corrisponde un consumo specifico di combustibile
di 0,150-=-0,155 kg/CVh.
Con l'aumentare delle potenze richieste anche le
dimensioni dei cilindri sono aumentate sino ad arrivare al diametro di 1060 mm ; si sono dovuti risolvere alcuni problemi piuttosto complessi di carat-

tere progettativo, riguardanti specialmente gli organi delimitanti la camera di combustione in conseguenza del maggior carico termico cui questi sono
soggetti, nonch gli organi sollecitati meccanicamente dalla pressione massima di combustione che
pu raggiurgerc gli 85 kg/cmz.
La necessit di mantenere entro limiti di sicurezza In temperatura degli organi delimitagli la
camera di combustione, ha portato a soluzioni particolari: ad esempio per la camicia cilindro va sempre pi diffondendosi il tipo blindato costituito da
una parte interna di ghisa speciale avente particolari
caratteristiche di resistenza all'usura, e da una
parte esterna di acciaio che serve da blindaggio alla
parte di guisa e funge anche da parete esterna della
camera di circolazione dell'acqua di raffreddamento (fig. 3).

Fig. 3 - Evoluzione del disegno delle


camicie nei motori a 2 tempi.
A: camicia di pezzo in ghisa
B: camicia in due pezzi con parte
superiore in acciaio e boccola
interna in ghisa e parte inferiore i.< ghisa.
C: camicia composta con parte
superiore in ghisa e blindatura esterna in acciaio.

quindi per il basso consumo di combustibile, il motore Diesel viene preferito, nella propulsione navale,
anche per la semplicit della sua configurazione
costruttiva, infatti il motore Diesel una mrechina
composta da clementi multipli ai quali si pu fare
una manutenzione programmata, che non richiede
soste particolari della nave nei porti, mentre, per gli
apparati a turbina, la manutenzione viene fatta
generalmente in appositi periodi di sosta della
nave.
Naturalmente nella ricerca di elevate prestazioni
i progettisti ed i costruttori del Diesel hanno posto
anche la massima attenzione alla durata dei suoi
organi ed alla facilit di accesso per manutenzione
in modo da allungare al massimo l'intervallo tra
una manutenzione e l'altra: oggi pratica normale

OOOODOOi

OQOQODO

-B--4-

Fig. 4 - Evoluzione del disegno degli stantuffi nei motori a 2 tempi.


A: raffreddamento a sbattimento di olio.
B: raffreddamento a laminazione di olio.
C: raffreddamento a circolazione di olio (nella soluzione di sinistra le nervature sono ricavate
all'interno delta testata, in quella di destra le
nervature laterali sono invece ricavate sul
sopporto).

Per gli stantufi, con particolari accorgimenti costruttivi stato, fino ad oggi, possibile ad alcuni
costruttori tra i quali la FIAT, di mantenere la
soluzione con raffreddamento ad olio che indubbiamente la pi semplice, specialmente per quanto riguarda gli organi di adduzione del fluido refrigerante allo stantuffo e da quindi la massima sicurezza contro eventuali inquinamenti dell'olio lubrificante. Si nota per una tendenza a passare al raffreddamento ad acqua dello stantuffo, perch specialmente con i grandi diametri di stantuffo oggi
raggiunti, difficile mantenere, con l'olio, la ternpetura dello stantuffo entro limiti accettabili (fig; 4).
Ci dovuto, com' noto, al pi basso" coefficiente
di trasmissione del calore tra la parete e il fluido
refrigerante dell'olio rispetto all'acqua e al maggior
calore specifico di quest'ultima.
Oltre che per il suo elevate rendimento termico e

estrarre uno stantuffo dal cilindro per manutenzione


ad intervalli di circa un anno.
L'usura delle camicie con le leghe di ghisa oggi
generalmente impiegate, aventi particolari caratteristiche di resistenza all'usura, e con l'uso di un
buon olio lubrificante anticorrosivo, raggiunge dei
valori molto bassi, pari a pochi centesimi di mm
per 1.000 ore di moto, pur impiegando della nafta
da caldaia del tipo pi economico.
Motori di medio diametro. I motori di medio diametro e quindi con velocit di rotazione da 300 a
500 giri, venivano impiegati in passato essenzialmente per la propulsione di navi di piccolo tonnellaggio, per battelli fluviali e in genere per potenze
limitate.
La sempre maggiore richiesta di navi trasporto
autoveicoli e di navi crociera, che richiedono di
avere nella parte alta della nave il massimo spazio

a disposizione del carico, o delle cabine per passeggeri, hanno portato alla richiesta di apparati
motori di altezza limitata.
Essi sono stati realizzati accoppiando due o pi
motori veloci e quindi di dimensioni relativamente
ridotte ad un riduttore di giri destinalo a portare la

zione di elevato rendimento che permettono di arrivare a rapporti di compressione dell'aria di alimentazione del motore fine a 3 circa.
I problemi principali che '. I sono dovuti affrontare
nello sviluppo dei motori di medio diametro sono
derivati essenzialmente dalle esigenze inderogabili

Fig. 5 - Apparato di propulsione della potenza di 12.000 CV costituito da quattro motori a 4 tempi di media velocit (450
giri/n) con 6 cilindri di 420 mm. e corsa delio stantuffo di 500 mm di una nave traghetto per treni e autoveicoli
(Ferrovie dello Stato).
1 : Motori principali ; 2 : Giunti ;':':Riduttori.

velocit di rotazione dell'elica ad un valore il pi


possibile vicino a quello ottimo per le esigenze della
propulsane (fig, 5).
I motori con media velocit di rotazione hanno
cos ricevuto un notevole impulso ed un notevole
lavoro di sviluppo e di ricerca stato fatto in questa
direzione da quasi tutti i principali costruttori.
Al progettista sono stati chiesti motori aventi
elevata potenze per cilindro, capaci di bruciare
combustibile residuo, cio natta da caldaia e nello
st.esso tempo richiedenti pocr. manutenzione.
Sono apparsi cos sul mercato motori con diametro cilindro da 400-=-580 mm, con velocit di rotazioni; di 400-r500 giri/min e con potenza di cilindro
da 400 a 900 CV.
Motori ancora pi potenti sono in avanzata fase
di messa a punto. I motori di medio diametro sono,
per la maggior parte, motori a 4 tempi funzionanti
con pressioni nudie effettive del ciclo da 15 a 18
kg/cm*.
Valori alquanto pi! elevati sono stati raggiunti
in sede di prova ed il futuro si presenta, in questo
senso, motto promettente, anche per la disponibilit sul mercato di turbosoffanti di sovralinunta-

di bruciare combustibile da caldaia come gi da


molti anni avviene nei motori lenti.
Particolarmente sensibili ai combustibili scadenti
sono i motori a 4 tempi, e quel]: a 2 tempi aventi
valvole allo scarico.
Si sono adottate particolari leghe per rivestire
sia le sedi delle valvole che le valvole stesse onde
proteggere queste parti dall'azione fortemente aggressiva dei prodotti della combustione.
Sono state anche studiate e realizzate soluzioni
che permettono di raffreddare, mediante circolazione di acqua, la sede della valvola e anche la
valvola stessa, in modo da portate la temperatura
nella zona di tenuta al di sotto di quei limiti al
disopra dei quali le ceneri che si formano nella
combustione in presenza di certi elementi a questo
effetto nocivi, quali vanadio, zolfo, metalli alcalini,
ecc, diventano liquid e tendono ad aderire fortemente alle parti calde.
Gli stantuffi devono resistere alle elevate temperature dei gas nella camera di combustione; cosi,
mentre per i diametri pi piccoli venivano e vengono tuttora impiegati stantuffi integrali in lega
leggera, si passati per i diametri pi grandi, a

stantuffi composti con metalli in lega leggera e


testa in acciaio. In questo :;.cdo stato possibile
realizzare un raffreddamento adeguato della zona
prospicente la camera di combutione e della zona
portante le fasce elastiche ed evitare cos, nella prima, il manifestarsi di fessurazioni dovute a shock
termico e, njlla seconda, la formazione di lacche che
possono bloccare le fasce elastiche e quindi produrre
grippaggi dello stantuffo in seguito a surriscaldamento dovuto a traflamenti di gas (fig. 6).

Fg. 6 - Evoluzione del sistema di raffreddamento degli


stantuffi dei motori a 4 tempi.
.4: a semplice sbattimento di olio.
B: a circolazione di olio in sepentina incorporata nella
fusione.
C: con cava anulare-ricavata nella fusione.
D: stantuffo composito con raffreddamento a circolazione di olio.

I consumi specifici di combustibile sono praticamente dello stesso valore di quelli che si hanno nei
motori lenti e cio 0,150-rO,155 kg/CVh.
II consumo di olio lubrificante,.che per i motori
veloci generalmente pi elevato di quello dei motori lenti, stato notevomente ridotto mediante
l'adozione di accorgimenti costruttivi particolari,
specialmente per quanto riguarda le fasce raschia
olio.
Il consumo di olio cos sceso a valori inferiori ad
1 g/CVh, cio di poco superiore a quanto si ha
nei motori lenti complessivamente per l'olio cilindri
e l'olio carter.
--'Siccome, a parit i potenza, con i motori di medi
diametro si ha un maggior numero di cilindri rispetto ai motori lenti, si dovuto studiare accuratamente l'accessibilit agli organi pi soggetti a
manutenzione come: valvole, sedi valvole e stani

tuffi per ridurre al mnimo i tempi di ispezione e


smontaggio.
Si pu dire oggi che, a parit di potenza sull'elica,
la spesa per manutenzione praticamente la stessa
per i due tipi di motore, richiedendo, grosso modo,
quelli lenti un maggior costo per le parti soggette
a ricambio e quelli veloci un maggior costo per la
mano d'opera.
2) Impiego ferroviario
L'applicazione del motore Diesel alla trazione
ferroviaria data da molti anni, per il primo impiego
esteso si avuto negli Stati Uniti d'America dove,
a partire dalla fine della seconda guerra mondiale,
il motore Diesel ha praticamente soppiantato la
locomotiva a vapore.
Attualmente il parco ferroviario degli Stati Uniti,
comprende oltre 27.000 locomotive Diesel.
In Europa, negli ultimi dieci anni, le locomotive
a vapore si sono ridotte praticamente dell'80%
mentre aumentato di circa 5 volte il parco delie
locomotive Diesel. Nel 1968, il parco europeo di
locomotive comprendeva 7.400 locomotive a vapore,
9.100 elettriche e ben 16.000 locomotive Diesel.
In Italia, data la configurazione geografica del
nostro Paese, e la passa*--; notevole disponibilit
di energia elettrica d'origine idraulica, la situazione
di circa 240 locomotive Diesel di Jinca e circa 1.700
tra automotrici, autotreni e mezzi Diesel di manovra.
Mentre la grande maggioranza dei motori Dieae!
statunitensi ha velocit di rotazione da 800 a 1.100
giri/min e potenza unitaria fino a 4.000 CV in
Europa, invece, hanno avuto una notevoJe diffusione motori pi veloci a 1.500 giri/min.
In Italia la grande maggioranza delle locomotive
Diesel di linea equipaggiata con motori a 1,000-=-f- 1.100 giri/min; in epoca pi recente sono entrate
in servizio locomotive con motori a 1.500-r 1.600
giri/min (fig. 7).
Si tratta in genere di motori con potenza di 190-e-j-230 CV per cilindro e con unit a 8 e a 12 cilindri.
La richiesta di maggiore potenza e la necessit
di non superare certi pesi per asse imposti alle
caratteristiche dell'armamento della linea, porta alla
tendenza verso una maggiore diffusione dei motori
a 1.500 giri/min, che sono, ovviamente, pi leggeri.
Come per le altre applicazioni, la potenza monocilindrica dei motori ferroviari ha avuto notevole
incremento. In questi ultimi anni, dai 6O-f-7O CV
per cilindro dei motori delle prime locomotive che
non erano sovralimentati si arrivati a circa 250
CV per cilindro dei motori pi recenti, provvisti di
sovralimentazione con interrefri g razione dell'arie
(fig- 8).
Le pressioni medie effettive del ciclo sono intorno
ai 18 kg/cm*. Attualmente sono in corso presto i
costruttori, prove al banco molto severe che fasciano prevedere la disponibilit in un non lontano
futuro, di motori ferroviari da 300 CV per cilindro,
funzionanti a pressioni medie effettive del ciclo di
21-r22 kg/cm*.
da notare che l'applicazione ferroviaria
l'unica per la quale siano" state fatte da un Ente
internazionale (Union Internationale des Chemins
de Fer) delle norme di omologazione, molto severe,

Fig. 7 - Locomotiva azionata da un motore a 4 tempi (8 cilindri a V, diametro 210 mm, corsa 230 mm: potenza 1500 CV
a 1500 giri/min).

Sono pochi i motori nel mondo che hanno superato queste prove molto gravose e tra questi i motori ferroviari di progetto e costruzione italiana.

Anni

Fig. 8 - Andamento della potenza per cilindra, della prenione


media effettiva e del peso per cavallo per i motori a
4 tempi semiveloci (1000 - 1500 giri/min). Valori di
esercizio per motori ferroviari.

basate su 850 ore di funzionamento continuativo


al banco, oppure su 4.500 ore di funzionamento in
esercizio.

Problemi riguardanti lo sviluppo dei motori ferroviari


Carico termico. La domanda di potenze per cilindro, sempre pi elevate, e la necessit di restare
con il peso al disotto di certi limiti, ha richiesto ai
progettisti la risoluzione di parecchi problemi specialmente per quanto riguarda il carico termico cui
sono soggetti gli orfani delimitanti la camera di
combustione: testata cilindro, testata stantuffo,
camicia.
Sono problemi simili a quelli relativi ai motori a
2 tempi di grande diametro e ai motori di medio
diametro; le minori dimensioni di cilindro hanno
per permesso di ottenere, nella maggioranza dei
oasi, risultati soddisfacenti enza modificare radicalmente la struttura dei suoi organi ma, pi semplicemente, perfezionando il disegno dei medesimi. Ad
esempio, per gli stantuffi, dalla soluzione originaria
di costruzione integrale in lega leggera, si passati
a stantuffi con serpentina di raffreddamento incorporata per arrivare, con successive varianti, alla
soluzione composita con parte superiore in acciaio
e parte inferiore in lega di alluminio.
Problemi di iniezione. La necessit di iniettare
quantit di combustibile sempre maggiori in tempi
sempre pi brevi, corrispondenti alla pi eievata
velocit di rotazione, ha richiesto studi e sperimentazioni notevoli per il complesso costituito da:
pompa iniezione, -tubazione, iniettore e camera di
combustions.
I pi ewatteristici fenomeni interessanti questi

organi possono essere cos riassunti: risonanze


fluido-dinamiche, cavitazione, turbolenza nella camera di combustione e sua relazione con le caratteristiche dell'iniettore (numero fori, diametro, lunghezza, eco.).
Questi problemi sono stati studiati ricorrendo a
sistemi di calcolo sempre pi perfezionati e basati
sull'impiego -del calcolatore elettronico che,' anche
in questo campo, si rivelato un potente ausilio del
progettista.

Problemi meccanici, Il motore ferroviario installato su di un complesso relativamente deformabile quale il telaio della locomotiva: esso pu
pertanto risentire degli sforzi anormali che possono
originarsi negli urti cui vanno soggette le ruote del
veicolo in corrispondenza delle giunzioni delle rotaie
o per difettose condizioni del binaria.
Sta diventando pertanto caratteristica peculiare
del motore ferroviario la sospensione elastica al
telaio generalmente su tre punti.
Ne consegue, nella trazione Diesel-elettrica, la
necessit di collegare ii generatore al motore con
m attacco frontale molto robusto che conferisca
una notevole compattezza al gruppo.
3) Produzione di energia elettrica
L'impiego del motore Diesel nel campo della
generazione di energia elettrica non limitato, come
potrebbe ritenersi, alle piccole potenze quali sono
richieste, ad esempio, per le centrali elettriche delle
navi, o per fornire energia ad aziende in localit
isolate; esso trova anche applicazione in centrali
di ragguardevole potenza sia di autoproduzione
che di alimentazione di reti di distribuzione urbana.
Tra le pi significative e recenti applicazioni realizzate con motori di concezione e fabbricazione
italiana dello stesso tipo di quelli che saranno costruiti nel nuovo Stabilimento di Trieste, ricorderemo la centrale elettrica della Municipalit della
citt di Freeport, nello Stato di New York.
In questa centrale sono stati installati, circa due
anni fa, 2 gruppi elettrogeni da 10.000 kW ciascuno funzionanti a -nafta da caldaia e che sono
utilizzati per servizio di base (fig. 9).
Questa centrale riveste notevole importanza per
noi italiani in quanto si tratta dei primi motori
Diesel lenti i cosidetti motori europei , come li
chiamano gli maericani importati in quel continente.
Si tratta di due motori FIAT a 6 cilindri di 900
mm di diametro giranti alla velocit di circa 124
giri/min accoppiati ad alternatori a 58 poli.
Per i gruppi elettrogeneratori di grande potenza i
problemi peculiari da risolvere riguardano generalmente un accurato studio delle, vibrazioni torsionali
per escludere da] campo di funzionamento eventuali
risonanze pericolose.
Il calcolo ha raggiunto un tale grado di perfezione
che possibile oggi calcolare con notevole precisione oltre che le frequenze proprie e le relative
risonanze, anche il valore effettivo delle sollecitazioni che esse provocano negli organi interessati
albero a manovelle e albero dell'alternatore e
prevedere quindi, con sufficiente approssimazione,
il funzionamento in esercizio.

Fig. 9 - Centrale elettrica Iella potenza di circa 20.000 kW


con due motori a 2 tempi (l'reeport - U.S.A.).

Con i moderni regolatori di tipo idraulico od


elettrico messi sul mercato da Ditte specializzate,
anche il problema della regolazione viene risolto
in modo soddisfacente, sia per le esigenze di stabilit
della frequenza che per quelle derivanti dai fenomeni transitori.
Anche i fenomeni di risonanza elettromeccanica
sono oggi sufficientemente conosciuti nella loro
intima essenza, cosicch non diffcile arrivare,
generalmente, ad una proficua collaborazione tra
costruttore del Diesel, costruttore dell'alternatore e
utente, che porti, anche sotto questo aspetto, ad
un soddisfacente funzionamento del complesso.
4) AppKcazioai tivene

certamente Loro nota la grande variet di


applicazioni che il motore Diesel pu avere; esse
derivano soprattutto dall'ottimo rendimento di
questa macchina, rendimento che entro vasti limiti
indipendente dalla grandezza (potenza) del motore. Per cui, anche con gruppi relativamente piccoli, si hanno consumi di combustibile molto buoni,
dell'ordine di l0-=-180 g/CVh.

Mi limiter a ricordare qui due tra i pi caratteristici impieghi dei motore Diesel di questi ultimi
anni: gli impianti di perforazione per la ricerca
del petrolio e gli impianti di emergenza delle centrali elettronuc'eari.
Impianti di perforazione pozzi di petrolio
Per questa applicazione vengano impiegati ino-
tori relativamente' veloci, con velocit di rotazione
tra i 1.000 e 1.500 giri/min per azionare, in alcuni
casi, anche con pi unit in parallelo e trasmissione
meccanica od elettrica, le sonde di perforazione
(fig. 10).

fredde, e vengono con una certa frequenza, spostati


da una localit.ad un'altra.
Pure molto gravoso in questa stessa applicazione
il funzionamento dei motori che azionano le pompe del fango; essi .sono chiamati a fornire con continuit, giorno e notte, prestazioni molto elevate,
quasi al limite di sicurezza, onde ottenere dal complesso dell'impianto le massime prestazioni.
Impianti di emergenza per centrali nucleariE nota la fondamentale importanza che riveste
per le centrali elettronucleari l'immediatezza di
entrata in funzione e la fornitura della richiesta

Fig. 10 - Impianto per ricerche


petrolfere sottomarine. Sei
motori a 4 tempi forniscono l'energia elettrica (complessivamente 4140 CV)
per l'azionamento della
tavola Rotary, dell'argano, delle pompe tango e
per tutti i servizi ili bordo.

t /

L'esercizio molto gravoso in quanto questi motori vengono fatti funzionare a carichi elevati e
rapidamente variabili nonch in condizioni ambientali generalmente avverse. Infatti in molte di queste
applicazioni i motori funzionano completamente
esposti alle intemperie, sia ai Tropici che nelle zone
10

quantit di energa dei gruppi di pronto intervento


che devono alimentare i ventilatori di emergenza
ed altri ausiliari minori in caso di avaria che provochi la mancanza totale di energia elettrica della
rete.
A questo scopo vengono generalmente installati

due o pi gruppi elettrogeni di potenza adeguata,


azionaci da motori Diesel che devono entrare in
funzione e portarsi a pieno carico in pochi secondi.
Caratteristica questa che peculiare del motore
Diesel.
Ad esempio per una centrale nucleare di 700-e-800
MW chiesta una potenza elettrica installata per
interventi di emergenza dell'ordine di circa 10.000
kW che deve essere sviluppata dai motori Diesel
con raggiungimento uel pieno carico in una decina
di secondi.
5) Possibilit di automazione

Prima di chiudere questa mia breve rassegna


sulle possibilit attuali del motore Diesel, voglio
ricordare gli impianti di automazione dei motori che
hanno raggiunto oggi un grado di perfezione tale
da permettere il funzionamento degli apparati motori navali senza la presenza di alcuna persona nella
Sala Macchine.
Naturalmente anche l'automazione del Diesel
navale ha proceduto per gradi.
Le prime applicazioni consistevano essenzialmente in un comando a distanza e nell'indicazione, pure
a distanza, di alcuni dei parametri pi caratteristici del funzionamento del motore.
Si passati successivamente a impianti pi perfezionati nei quali l'automazione stata spinta al
massime), sia come completezza di interventi in
fase di avviamento, nell'esercizio normale o in caso
di anomalie sia come estensione, poich l'auto-

mazione stata applicata anche a tutti gli ausiliari


del motore principale.
Credo sia interessante far notare che la prima nave italiana con automazione notevolmente estesa
stata costruita dal Cantiere Breda di Venezia per
la Russia ed provvista di un motore FIAT dello
stesso tipo di quelli che verranno costruiti nella
nuova fabbrica di Trieste.
Automazioni complete di questo tipo sono state
successivamente progettate e fornite dalla FIAT
per altre navi costruite in Germania, e provviste di
motori FIAT.
Questo tipo di automazione ha dimostrato, nell'esercizio, di avere malattie di infanzia trascurabili
e di presentare, per contro, una affidabilit molto
elevata.
Chiudo questa mia esposizione esprmendo la
convinzione che il motore Diesel una macchina
ancora di grandissima attualit che si presta ad una
estesissima gamma di impieghi per la sua possibilit di realizzazione con una molteplicit di tipi
e soluzioni diverse e per il suo elevato rendimento
termico che lo pone tra le macchine di maggior
efficienza oggi esistenti.
Credo perci che dobbiamo essere tutti particolarmente lieti che sia stato deciso di potenziare l'industria italiana in questo settore con la costruzione,
qui a Trieste, della Grandi Motori Trieste che, per
la sua modernit e per le sue dimensioni, dovr
poter contare su un vasto mercato internazionale;
quindi potr potenziare sempre pi la ricerca e lo
sviluppo, eaposadi fondamentali sulla via dd progresso.

11

Influenza dello scambio termico sul regime fluodinamico :


risultati sperimentali sulla transizione laminare-turbolenta
in condotti circolari
' '

Sommario - Si riportano i risultati di una ricerca


sperimenale sull'influenza dello scambio termico sul
regime di moto: con riferimento e pr e condotte in
' diverse condizioni di scambio termico per numeri di
. Reynolds < 2100 si sono trovate sia le condizioni
per cui il moto cessa di essere puramente laminare
die quelle per cui si ha il passaggio ad un regime tipicamente turbolento. Diversi sono apparsi i risultati
ottenuti operando un riscaldamento, da quelli relativi
al raffreddamento.
Diversi sono pure apparsi, per i due casi, sia il
meccanismo dell'insorgere delle prime alterazioni nel
moto laminare che quello dell'innesco della turbolenza.
I risultati ottenuti sono stati a questo proposito discussi
e messi a. confronto anche con i risultati di una precedente ricerca relativa a condizioni di moto rigorosamente isotermiche.
Abstract - l'.rperi mental results about heat transfer
influence on fluid flow are given; with reference to
different heat transfer conditions and Reynolds numbers < 2100, data about laminar-turbulent transition
are given.
Heating and cooling results appear different and
different appears the mechanism of first turbulence
generation.
From this point of vue results are discussed and
compared with others of previous isothermal experiences.
Premessa

11 ruolo sempre pi importante che stanno assumendo, nel campo della produzione di energia, le
tecnologie relative alle apparecchiature termiche,
ha portato alla necessit di una sempre pi approfondita conoscenza dei fenomeni fisici fondamentali,
che caratterizzano lo scambio termico nelle sue varie
forme.
In conseguenza di precise richieste tecniche, in
particolare, si jioi sviluppata tutta una serie di
studi relativi ai fenomeni di scambio termico fra
fluidi in moto.
11 problema, considerato nel suo complesso,
senz'altro estremamente arduo, per cui i vari studiosi hanno dovuto fare ricorso, nell'impostare una
ricerca sistematica, a tutta una serie di semplificazioni la cui validit non sempre risultata accettabile ad un successivo esame critico, anche se
tuttavia innegabile il grandissimo sviluppo, che
pur con questo imperfetto modo di procedere, hanno

Sandr Salvigni, Enrico

Lorenzini

ricevuto le nostre conoscenze sullo scambio termico.


Come gi in altro luogo ricordato [1], i problemi
di convezione forzata vengono normalmente affrontati appunto ricorrendo ad una ipotesi semplificativa, che, per molti casi, si rivela inaccettabile e
che consiste nell'assumere che il campo dinamico
influenzi quello termico senza che avvenga il contrario.
Si risolve cio il problema della determinazione
del regime fluodinamico del sistema, come se il sistema, fosse in condizioni isotermiche e successivamente si studia lo scambio termico che ha luogo in
queste condizioni fluodinamiche.
Normalmente seguita infatti la prassi di considerare, anche per quanto riguarda la progettazione,
il numero di Reynolds come l'unico parametro indicativo dello stato di moto esistente nel condotto.
Questo modo di procedere, come stato messo in
evidenza da parecchie ricerche sia teoriche che
sperimentali, , senza dubbio, inesatto, per cui
recentemente si assistito al fiorire di tutta una serie
di lavori intesi a pome in evidenza i limiti e contempoTaneamente a fornire una immagine del fenomeno
fisico pi aderente alla realt. In particolare si
cercato di studiare pi a fondo l'influenza che la
dipendenza dei parametri fisici, densit e viscosit,
dalla temperatura ha sullo stato di moto del sistema
e quindi di riflesso anche sullo scambio termico stesso.
Questi studi sono stati impostati con riferimento
a situazioni di moto caratterizzate sia da bassi che
da elevati numeri di Reynolds per diverse condizioni geometriche, reologiche e di scambio termico.
Di particolare interesse sono apparsi i risultati
degli studi e delle ricerche relative al campo dei
numeri di Reynolds < 2000 -f- 21.00.
In queste condizioni, infatti, come risulta da varie ricerche [1 -=- 21], e come del resto gi stato
messo in rilievo in [22], gii effetti delle variazioni
delle propriet fisiche, densit e viscosit, con la
temperatura sono tali da poter determinare nel
fluido uno stato di moto profondamente diverso da
quello perfettamente laminare, teoricamente previsto in condizioni isotermiche.
Il problema apparso agli autori di un certo
interesse, per cui, allo scopo di studiarlo pi a fondo,
hanno costruito una apparecchiatura procedendo
poi a tutta una serie di ricerche sull'influenza dello
scambio termico sul regime fluodinamico, i cui risultati sono appunto oggetto della presente nota.
Risaltati spenneatarii

{*) Istituto di Fisica Tecnica, Universit di Bologna.

Rimandando a [22] per una dettagliata descrizione sia della tecnica di misura impiegata sia della

12
f

" '

apparecchiatura utilizzata, si precisa qui che si


condotta una serie di ricerche relative allo stato di'
moto esistente in un tubo cilindrico, a sezione circolare, disposto verticalmente e circondato da una
opportuna camicia percorsa da un fluido vettore di
calore e capare di garantire la realizzazione di una
condizione di scambio termico, fra interno del tubo
di prova e camicia., caratterizzabile come a temperatura di parete costante.
Si ricorda poi che la tecnica di indagine impiegata
per studiare lo stato di moto esistente nell'in'erno.
del tubo di prova basata sull'analisi dinamica di
sistema, attuata ricorrendo all'impiego di un opportuno tracciatore elettrolitico e ad una serie di apparecchiature atte a generare un disturbo a gradino
nella corrente fluida all'ingresso del sistema e capaci
poi di registrare la risposta del sistema secondo una
tecnica, le cui caratteristiche sono state ampiamente discusse in una precedente nota [2.21. Tutta una
serie di prove condotte in regime isotermico hanno
permesso di rendersi conto come la tecnica di analisi
dinamica impiegata in grado di tradurre differenti
situazioni di moto in registrazioni fra di loro sullicienti-mente differenziate, fornendo, nel contempo,
quasi un'immagine della fluodinamica del sistema
capace di dare un'idea abbastanza precisa dello
stato di moto esitente nel condotto.
Questo appariva chiaramente da un confronto
fra i risultati di talune registrazioni e l'immagine
visiva del fenomeno ottenuta ricorrendo ad un
tracciante colorato.
Sono state condotte prove sia in regime isotermico, onde avere, nel campo dei numeri di Reynolds
100 -r- 2100, per il quale era stata programmata la
ricerca, tutta una serie di registrazioni da usare
come parametro di confronto nel successivo esame
dei risultati ottenuti in condizioni non isotermiche,
sia riscaldando, sta infine raffreddando..
Una dettagliata descrizione dei risultati relativi
alle prove ottenute in regime isotermico riportata,
in [22] dove si messo in evidenza, come, anche
in regime isotermico, gi per valori del numero di
Reynolds superiori a ~830, il moto cessi-di-essere
perfettamente laminare, presentando una sorta
quasi di moto ondoso o comunque con oscillazioni,
la cui entit pur non essendo tale da alterare la
laminarit del moto ne modifica comunque le condizioni.
L'entit delle oscillazioni trovate appariva subire
un incremento per valori del numero di Reynolds
pari a ~1050 4- 1100 ed anzi, al di sopra di tale
valore le oscillazioni non apparivano in alcun modo
eliminabili. Tali risultati sono in ottimo accordo
con quelli ottenuti da Prengle e Rothfus [23].
In questa nota si riportano, invece, i risultati
relativi ad esperienze condotte in regime non isotermico nel campo dei numeri di Reynolds 100 =-r 2100. In questo campo si sono fatte prove sia
scaldando che raffreddando, variando il salto termico fra ingresso ed uscita dal tubo da 0 a 50-7-6O !
facendo successive prove intervallate--its di" loro
di 2-3C, onde poter cogliere con sufficiente precisione in corrispodenza a quali condizioni si aveva
l'insorgere di disturbi nel moto laminare e l'eventuale formazione di fenomeni di turbolenza.

Le prove sono state condtte con il tubo in posizione verticale alimentando dal basso.
Nelle prove di riscaldamento la temperatura d'ingresso dell'acqua nel tubo di misura era mantenuta
costante a valori di 14-15C, ci -in considerazione
d quanto osservato da Lawrence [13, 14], relativamente alla possibile influenza l i tale fattore sullecondizioni di moto che si possono stabilire. Nelle
prove di raffreddamento si invece mantenuta costante la temperatura di uscita. 1 limiti ai salti
termici sono stati imposti da una parte dalla temi
peratura di inversione del coeliciente di dilatazione dell'acqua e dall'altra dal pericolo di formazione
di bolle.
Rimandando ad un successivo lavoro per una
analisi pi approfondita e per una discussione dei
risultati ottenuti in corrispondenza alle diverse prove, anche in vista d un confronto fra questi e i
risultati di ricerche condotte per via analitica, si
esamineranno ora i risultati stessi da un punto di
vista comparativo e cio sia mettendo a confronto
i risultati delle prove effettuate riscaldando con
quelli ottenuti viceversa raffreddando, sia operando
un confronto con i dati ottenuti in regime isotermico.
Esperienze in condizioni di riscaldamento
Con riferimento a prove condotte nel campo dei
numeri di Reynolds relativamente bassi, si presentano i risultati di tuttta una serie di esperienze
effettuate, per uno stesso numero di Reynolds,
variando il salto fra temperatura media di uscita
e di ingresso nel tubo onde mostrare come,' all'aumentare di questo parametro,. indicativo dell'entit dello scambio termico, l'influenza del campo termico sui parametri densit e viscosit diventi <
tale da modificare lo stato di perfetta ki mi ilarit
esistente in condizioni isotermiche, fino a provocare nel tubo addirittura condizioni di moto caratterizzate da fenomeni di turbolenza.
Le figure l-r5 mostrano appunto i risultati di
registrazioni relative ad. una serie di esperienze
condotte tutte per uno stesso valore della portata
e quindi del numero di Reynolds (valutato nelle
prove di riscaldamento, con riferimento alle condizioni de] fluido nella sezione di entrata) ma carat- terizzate da condizioni di scambio termico diverse.
Le figure si riferiscono a prove effettuate per un
numero di Reynolds di ~25Q.
Per salti termici fra uscita ed ingresso di pochi,
gradi praticamente il regime di moto ancora
completamente e perfettamente laminare (fig. 1) (*) :
aumentando tuttavia il salto termico si potuto
osservare che, in corrispondenza, ad un salto di 1
28-=-29C, il moto cessava di essere perfettamente
laminare ed appariva invece caratterizzato dalla

(') Per una corretta comprensione e -interpretaziune deHe figure presentate in questa nota indispensabile fare riferimento ad un precedente lavoro [22] nel quale, oltre alla descrizione della apparecchiatura e della tecnica sperimentale
impiegata, si davano precise Indicazioni circa l'interpreta'
zione dei risultati sperimentali ottenuti. Le figure riportatein questo lavoro sono copie delle registration! rilevate sullUipparecchiatura.

131

presenza di un tipo di disturbo a carattere oscillatorio (fig. 2) di caratteristiche simili a quelle che si
riscontralo in condizioni isotermiche per valori del
numera di Reynolds 830-f-850 (si confrontino, a
questo proposito, la fig. 2 del presente lavoro con
Ja fig. 5 presentata in [22] tenendo conto, ovviamente, che, per la diversa velocit del fluido nel
tubo di prova, le registrazioni sono state fatte con.
velocit di registrazione diverse).
Aiimenando il' salto termico, il fenomeno oscillatorio sembra divenire pi marcato (fig. 3) mantenendo successivamente praticamente quasi invariate le sue caratteristiche (fg. 4) fino a che, in
corrispondenza di un AT > 46C si pu osservare,
all'interno del condotto, l'insorgere di fenomeni di
turbolenza (fig. 5) del tutto simili a quelli rilevabili,
in condizioni isoterme, per numeri di Reynolds
> 2050-2100.
Le fig. l-r5, come si pi sopra precisato, sono
relative a prove condotte per un certo numero di
Reynolds di ~250, tuttavia, almeno da un punto
di vista qualitativo, sono rappresentative di tutte
In varie serie di prove condotte nel campo dei numeri di Reynolds 100 < Re < 850. Infatti, in questo campo, sistematicamente si poteva osservare che,
operando un riscaldamento, si aveva dapprima l'insorgere di un piccolo disturbo di natura oscillante
che poi, aumentando il riscaldamento, diventava
pi marcato fino eventualmente a generare uno
stato di vera e propria turbolenza nella corrente
fluida. Ci risulta ancora pi evidente dal grafico
di fg. 6; in questo diagramma, costruito in base ai
risultati delle varie serie di ricerche effettuate, si
vede appunto come, nel campo 100 < Re < 850,
esista tutta una zona (che tratteggiata nella
figura) corrispondente a condizioni di moto laminare caratterizzato da disturbi oscillatori pi o
meno ampi.
Al di sopra e al di sotto si hanno, invece, rispettivamente condizioni di marcata turbolenza e moto
laminare esente da disturbi apprezzabili. Le linee
che delimitano la zona tratteggiata sono state costruite per punti, come del resto risulta evidente
dal diagramma frutto di precise misure sperimentali.
Assai diversi, viceversa, apparivano i risultati
delle prove condotte nel campo 850 < Re < 2000;
infatti non si potevano apprezzare sostanziali differenze fra il regime di moto esistente in condizioni
isotermiche e quello esistente operando un riscaldamento avendosi, in ogni caso, un tipo di moto caratterizzato da fenomeni oscil'iatori e dalla presenza
di onde anche molto marcate e dall'andamento irregolare. Nelle prove condotte: riscaldando, le onde
erano solo pi inarcate e con andamento pi irregolare, non era tuttavia possibile rilevare l'insorgere di una turbolenza marcata o comunque del tipo
di quella rilevata o per numeri di Reynolds < 850
(fig. 5) in condizioni di riscaldamento o per numeri
di Reynolds > 2000 anche in condizioni isotermiche.
Una giustificazione al fatto che, aumentando il
numero di Reynolds al di sopra di 850, non si riuscisse, nelie condizioni sperimentali realizzate, a
generare un moto decisamente turbolento, ai contrario d quanto, viceversa, si aveva per numeri di
Reynolds pi bassi, pu essere trovata nella cemsi14

AT=7*

Fig. i

AT=30"

Fig. 2

Fig. 3
Fig. 1-2-3 - Prove effettuate riscaldando il fluido in moto
verso l'alto per diversi valori del alto termico AT (valore assoluto della differenza fra temperatura media di
uscita e di ingresso del condotto;; Re ~ 250.

derazione che, in questo tipo di prove, pur con


elevati salti termici (60-=-70C) fia camicia e fluido
all'ingresso del tubo, si aveva un riscaldamento e
quindi salti termici fra ingresso ed uscita dal tubo
pi modesti.
Ci dovuto al valore relativamente basso del
coefficiente di scambio termico in regime laminare e
soprattutto, al suo tipo di dipendenza dalla portata
e dal numero di Reynolds (data l'alta velocit' dei
fluido nella camicia esterna il coefficiente globale di

portata e quindi, per un dato tubo e fluido, al numero di Reynolds, il coeflciente di scambio termico
in regime laminare cresce solo in modo proporzionale alla sua radice cubica [24].
In tal modo, disponendo di un certo salto termico
fra camicia e fluido, all'aumentare della portata
deve ovviamente diminuire il riscaldamento che il
fluido stesso subisce.
Ci, come si pi sopra ricordato, quanto si
poteva riscontrare anche sperimentalmente dalle
misure di temperatura direttamente effettuate; in
conseguenza di questo, avendosi all'interno del
fluido minori gradienti termici, le deformazioni del
profilo di velocit dovute alle variazioni della viscosit e soprattutto della densit con la temperatura,
erano assai pi ridotte e comunque tali da provocare
unicamente un'accentuazione dei fenomeni oscillatori, ma non tali da provocare l'insorgere della
turbolenza vera e proria.
Il non aver trovato, quindi, nel campo dei numeri di Reynolds pi elevati l'insorgere di una
turbolenza marcata deve perci imputarsi alla pratica impossibilit di realizzare, con l'apparecchiatura sperimentale a disposizione, dei salti termici
fra camicia e fluido sufficient emente elevati e comunque dell'ordine di parecchie decine o centinaia
di gradi centigradi.

AT=40*

Fig. 4

Esperienze in condizioni di raffreddamento

Fig. 5
Fig. 4-5 - Prove effettuate riscaldando il fluido in moto verso
l'alto per diversi valori del salto termico AT (valore
assoluto della differenza fra temperatura media di uscita
e di ingresso del condotto); Re a 250.

X'' / / / ' ' / / /


X ' 7 -'///,
1000

2000

Fig. 6 " Risultati ottenuti riscaldando il fluido in moto verso


l'alto (AT = valore assoluto della differenza fra temperatura media di uscita e di ingresso nel condotto); la
linea tratteggiata fornisce le condizioni per cui il moto
passa da laminare puro a laminare disturba .o e con
oscillazioni mentre la linea continua fornisce le condizioni
per cui il moto diventa turbolento, la zona tratteggiata
essendo relativa a condizioni intermedie.

scambio dipende essenzialmente da quello di convezione dell'acqua in moto laminare all'intern del
tubo di prova); infatti mentre il calore necessario
per provocare un certo AT fra ingresso ed uscita
cresce in modo direttamente proporzionale alla

Diversi da quelli ottenuti in condizioni di riscaldamento sono i risultati delle prove effettuate raffreddando. Innanzi tutto si deve osservare che,
nelle prove di raffreddamento, i primi fenomeni di
instabilit del moto si manifestavano* in maniera
pi netta e pi marcata di quanto non si avesse
nelle prove di riscaldamento e dimostravano abbastanza chiaramente di corrispondere a situazioni
di moto gi relativamente turbolente: in altre
parole, a parit di portata e quindi di numero di
Reynolds, era possibile constatare che, per condizioni di raffreddamento crescente, si aveva nel
moto uno stato di laminarit praticamente perfetta
fino ad un certo punto oltre il quale, spingendo ulteriormente le condizioni di raffreddamento, si poteva
constatare l'insorgere quasi improvviso di condizioni di rimescolamento turbolento all'interno del
fluido.
Un successivo aumento del raffreddamento aumentava di poco lo stato di turbolenza del resto
gi abbastanza marcata.
Quanto detto appariva tanto pi chiaramente
quanto pi alto era il numero di Reynolds (*)
relativo alla prova e appare chiaramente dall'esame
delle fig. 7-8-9 relative a prove condotte da Rey-

(') Nelle prove di raffreddamento il numero di Reynold*


veniva valutato con riferimento alle condizioni di uscita e
ci per poter effettuare un confronto pi valido con le prove
analoghe condotte in condizioni di riscaldamento; infatti
poich la quasi totalit delle prove di raffreddamento
stata realizzata in mode da avere all'uscita una temperatura
di 14 ~- 15C pari alla temperatura d'ingresso relativa alle
prove di riscaldamento, uguali numero d Reynolds relativi
ai duo tipi di prove corrispondono effettivamente a temperature mediamente uguali all'interno e quindi anche a portate
circa uguali.

15

Fig. 7

Fig. 8

AT=41*

relativa ad una prova per un salto di poco superiore, rileva una turbolenza gi evidente, come del
resto si ha anche aum. ntando ulteriormente il raffreddamento (fig. 9).
A Reynolds particolarmente bassi, < 250, tuttavia era possibile osservare un certo intervallo fra
l'inizio di un moto non pi perfettamente laminare e
: l'insorgere di una vera e propria turbolenza.
Un esame pi accurato delle prove condotte proprio in questo campo dei numeri di Reynolds molto
bassi (esame condotto anche ricorrendo a prove
colorimetriche possibili togliendo localmente il rivestimento isolante del tubo e colorando l'acqua di una
delle 'u bottiglie di Mariotte usate nell'alimentazione dell'apparecchiatura) ha permesso non solo di
interpretare pi chiaramente i risultati relativi a
questo tipo di prove, ma di chiarire anche il meccanismo dell'insorgere della turbolenza quando in
: generale ci si trovi in condizioni di moto verticale
verso l'alto e di raffreddamento.
In questo caso infatti, la prima condizione di
instabilit si manifesta con il sorgere di fenomeni di
.asimmetria nel moto del fluido nel condotto; in
altre parole, l'instabilit corrisponde al passaggio
da un profilo di velocit assialsimmetrico ad un
profilo di velocit non pi simmetrico rispetto all'asse del condotto.
Queste condizioni di asimmetria potevano aversi
in zone pi o meno ampie del condotto e potevano
essere seguite o meno, a seconda dei valori del
numero di Reynolds e del salto termico AJT, da
zone a profilo li velocit simmetrico. Questo, del
resto, risulta anche dall'esame della fig. 10, relativa ad una prova condotta per Re ~ 190; in
questo-caso la curva-di registrazione mostra appunto un andamento quasi a spezzata corrispondente
proprio alla esistenza di profili di velocit asimmetrici nel condotto. Queste asimmetrie sono dovute
al fatto che, nelle-condizioni di moto e di raffreddamento realizzate, la convezione naturale si trova
ad agire in -direzione opposta al moto del fluido;
quando le condizioni operative sono tali che l'entit
dei fenomeni convettivi non pi trascurabile,
si determina una situazione di instabilit che poi si
manifesta con il-crearsi di un moto preferenziale
verso l'alto in una parte del condotto a svantaggio

Fig. 9

AT=40*
IFig. 7-8-9 - Prove effettuate raffreddando il fluido in moto
verso l'alto per diverti valori del alto remico AT (valore assoluto della differenza Ira temperatura medi di
uscita e di ingreno Ufi condotto); He ~ 250.

nolds ~250 per diversi valori del salto AT (preso


in valore assoluto essendo, altrimenti, in condizioni
di raffreddamento, ovviamente negativo) fra temperatura inedia'di uscita e di ingresso nel tubo.
La fig. 7 mostra che per un salto AT di 33C il sistema ancora in moto laminare mentre ia fig. -8,
:

1t$

Fig. 10 - Prova effettuata raffreddando il fluido in moto


verso l'alto ; AT valore assoluto .ella differenza fra tem*
perdura media di uscita-e di ingresso del condotto;

ft19

dell'altra parte nella quale, viceversa, il moto verso


l'alto risulta sfavorito.
Mentre tuttavia per Reynolds bassi, < 250, queste condizioni di moto asimmetrico sembravano
esistere all'interno del tubo di prova senza produrre
necessariamente un rimescolamento turbolento nell'intera mafsa del fluido, nelle prove effettuate per
numeri di Reynolds > 250 il manifestarsi di condizioni di asimmetria coincideva praticamente con
l'innesco di una apprezzabile turbolenza almeno in
larghe zone del condotte.
Praticamente quindi, per le prove di raffreddamento, fine del moto laminare puro esente da disturbi e inizio del moto turbolento apparivano essere
as?ai vicini; la fig. 11 illustra chiaramente quanto
detto.
A differenza infatti della analoga fig. 6, relativa
alle prove di riscaldamento, in questo diagramma i
punti sperimentali mettono in evidenza l'esistenza
di una zona intermedia fra moto laminare puro e
moto turbolento, assai ristretta e tanto pi ristretta
quanto pi elevato il numero di Reynolds; questo
tuttavia sempre a condizione di rimanere col numero di Reynolds al di sotto di 850.
Oltre tale valore, infatti, il manifestarsi di un
moto laminare con oscillazioni si aveva in qualunque
condizione essendo, come si messo in evidenza in
[22] questa una caratteristica anche del moto in
condizioni isoterme; si deve notare tuttavia che,
mentre riscaldando, queste oscillazioni apparivano
diventare pi ampie e pi irregolari, in condizioni
di raffreddamento questo non si verificava, Diversamente, poi, da quanto trovato per le prove di riscaldamento stato possibile trovare anche per
numero di Reynolds compresi fra 850 e 2000,
condizioni di moto completamente turbolento e
questo per valori del salto termico non molto grandi. Ci starebbe ad indicare che l'innesco di un moto
turbolento si ha con maggiore facilit in condizioni per cui moto del fluido e convezione naturale
agiscono in senso opposto. Sempre in fig. 11 sono
riportate, anche per il campo 850 < Re < 2000, le
condizioni per le quali il moto diventa turbolento;
la zona al di sopra -delle linea continua del diagramma corrisponde infatti a condizioni di moto
turbolento.

Fig. 11 - Risultati ottenuti raffreddando il fluido in moto


vergo l'alto {AT = valore assoluto della differenza fi
temperatura media di uscita e di ingresso nel condotto);
la linea tratteggiata fornisce le condizioni per cui il moto
pasta da laminare puro a laminare disturbate, mentire
la linea continua fornisce le condizioni per cui il moto
diventa turbolento, la zona tratteggiata essendo relativa
a condizioni intermedie.

CoKhisioci
I risultati sperimentali ottenuti nel corso della
presente ricerca mostrano chiaramente l'influenza
dello scambio termico sul regime di moto che si
stabilisce in un condotto. Con particolare riferimento al problema della transizione laniinareturbnlento sono state effettuate prove sia riscaldando che raffreddando un fluido (acqua), che si
muove verso > alto in un tubo cilindrico disposto
verticalmente.
Assai diversi sono apparsi i risultati relativi ai due
tipi d prove. Il riscaldamento infatti sembrava
provocare dapprima l'insorgere di oscillazioni pi
o meno irregolari nella corrente fluida e questo
anche per numeri di Reynolds bassi, < 850, per i
quali viceversa in condizioni isoterme il moto appare perfettamente laminare; aumentando poi il
riscaldamento si poteva osservare che le oscillazioni aumentavano di intensit e di irregolarit fino
a provocare una accentuata turbolenza nel moto.
In fg. 6, in corrispondenza al campo 100 < Re < 850
si possono rilevare le condizioni per cui si innescano
dapprima i fenomeni oscillatori e poi la turbolenza.
Si deve osservare che i risultati relativi a questo tipo
di prove condotte in condizioni di riscaldamento
mostrano che il meccanismo, sia delle oscillazioni
che dell'insorgere della turbolenza, del tutto simile
a quello che si ha anche in regime isotermo per i
numeri di Reynolds tuttavia pi elevati [22].
Per le prove effettuate per numeri di Reynolds
> 850 non stato possibile rilevare una marcata
turbolenza ma solo una accentuazione dei fenomeni
di moto ondoso ed oscillante che, del resto, si verilicavano anche in condizioni isoterme, ma questo
apparso imputabile alla pratica impossibilit di
realizzare, con l'apparecchiatura usata, salti termici
fra camicia scaldante e fluido di prova sufficientemente elevati.
Operando viceversa, con raffreddamento si poteva, ancora una volta, anche per numeri di Reynolds bassi, alterare la perfetta laminarit del moto,
tuttavia, queste alterazioni apparivano provocate
dal manifestarsi, all'interno del fluido, di condizioni
di asimmetria nel moto e nel profilo di velocit.
Mentre per numeri di Reybolds < 250 queste condizioni di moto asimmetrico apparivano esistere e mantenersi all'interno della corrente fluida tanto che
era necessario aumentare il raffreddamento per provocare fenomeni di turbolenza, per numeri di Reynolds pi elevati sembravano provocare praticamente subito, all'atto del loro formarsi, un rimescolamento completo del fluido e quindi condizioni di
marcata turbolenza.
Diversamente poi da quanto avveniva nel riscaldamento, anche per numeri di Reyrolds compresi fra 850 e 2000 era possibile rilevare condizioni
di turbolenza senza che fossero necessari salti termici particolarmente elevati. La fig. 11 mostra
chiaramente un grafico dei risultati ottenuti nei
diversi casi.
[1] Salvigni S., Foraboschi K.P. - Ing. Cbim. Hai. 4, 54
(1968).
[2] Satvigni S. - Inf. Chim. l u i . 4, 76 (1968).
[3] Salvigni S. - XXIII CtHgr. i\az. ATI BoUfn* - (196*).

17

[4] Brown C.K., Gauvin W.H. - Cileni. Enjr. Sci - 21,


961 (1966).
[5] Colborne W.G., Drobitch A.J. - ASHRAE 73 Ann.
Meeting - Toronto (1966|.
[6] Gill W.N., Shaw Mei Lee - A.I.Ch. E. Journal - 9, 289
(1962).
[7] Hallman T.M. - Trans. ASME - 78, 1831 (1956).
[8] Hanks R.W., Christiansen E.B. - A.I.Ch, E. Journal 7, 519 (1961).
[9] Eanks R.W., Christiansen E.B. - A.I.Ch. K. Journal 8, 4G7 (1962).
[10] Hanratty T.J., Rosen E.M., Kabel R.L. - I.E.C.- 50,
815 (1958).
[11] Kalinin K.K., Yarkho S.A. - Int. Chem. Kng. - 6, 571
(1962).
[12] Kemeny G,A., Somers E.V. - 3. of Htal Transfer 84, 339 (1966).
[131 Lawrence W.T., Chato J.C. - ./. of Heal Transfer - 88,
147 (1966).

18

[14] Lawrence W.T. - 5c. D. Thesis, M.l.T. - (1965).


[15] Morton B.R. - J. of fluid Meek. - 8, 227 (1960).
[16] Rosen E.M., Hanratty T.J. - A.I.Ch. E. Journal - 83,
112 (1961).
[17] Schede G.F., Hanratty T.J. - J. Fluid Medi. - 14, 244
(1962).
[18] Scheeie G.F., Hanratty T.J. - A.I.Ch. E. Journal - 9,
183 (1963).
[19] Scheeie G.F., Greene H.L. - A.I.Ch. E. Journal - 12,
737 (1966).
[20] Schede G.F., Rosen E.M., Hanratty T.J. - Can. J. of
Chem. Eng. - 38, 67 (1960).
[21] Pigford R.L. - Chem. Eng. Progr. Sump. Series - n. 17
Vol. 51 (1553).
'22] Salvigni S.. Lorenzini E. - in corso di pubbl.
123] Prengle R.S., Rothfys R.R. - I.E.C. - 47, 379 (1955).
[24] Grober H., Erk S., Grigull V. - Fundamentals of heat
transfer - Me Craw-Hill (1961).

Sulla laminarizzazioiie: alcuni risultati sperimentali


Enrico Lorenzini, Sandro Sah'i.gni (*)

Lo scopo di questo studio sperimentale di veriicare se effettivamente questo passaggio da strato


limite turbolento a strato limite laminarizzato (*)
avviene come indicato dalie ricerche di laboratorio
in [9j o in modo pi prossimo alla nuova teoria sviluppata in [10] e ripresa in [12] (2).

Riassunto - Si da una descrizione sufficientemente


dettagliata dell'apparecchiatura i-ostruita per l'esperienza.
Si riportano quindi alcuni significativi dati trovv.il
e si confrontano con altri sperimentali [9] e con quelli
ottenuti in base alla teora recentemente proposta da
Launder e Jones- nel primo caso l'accordo non per
niente buono, nel secondo ottimo.

2. Depi aver esaminato schemi di altre apparecchiature, gi messe a punto per esperimenti di questo genere, si costruito il nostro apparato compleAbstract - First a specification of the apparali^
tamente di nuovo e con alcuni accorgimenti origifor experimental work is given.
Then a comparison is made, between .some obtained nali. Si posta grande attenzione a far s -;he esso
risultasse di costruzione stabile e rigida, non fosse
results and some others [9], and also with those
soggetto a vibrazioni e soprattutto fosse verificata
obtained by the Launder Jones' laniinarization
la bidtrnensionaiit) del flusso.
prediction. Agreement with the experiment [9] is not
In fig. 1 si ha una visione schematica d'insieme
good, instead with the new theory is reasonably good.
dell'apparecchiatura costruita. La galleria a vento
stata scelta del tipo a circuito aperto, che di pi
1. Si era gi affrontato in un precedente articolo
facile realizzazione.
teorico [l] il fenomeno della Saminarizzazione, -he

i1

Fig. 1

alla luce delle conoscenze attuali, pu essere definita come un allontanamento dello strato limite turbolento dalla sua normale struttura, pi che l'opposto della transizione naturale .
Semplicisticamente si pu dire che, quando uno
strato limite turbolento sottoposto ad una severa
accelerazione, ao pu regredire verso uno strato
limite laminare.
Vogliamo ora sottolineare l'importanza pratica
della conoscenza di questo fenomeno, ad esempio,
nei progetti di turbine a gas o di ugelli di missili.
Infatti il coefficiente di trasporto di calore avrebbe
un valore molto inferiore sopra le superfici in cui
esiste un flusso laminare (rispetto a quello sulle stesse
superfici con flusso turbolento), permettendo cos,
fra l'altro, una riduzione del quantitativo di gas per
il raffreddamento necessario.
In molti e interessanti lavori si indagato sulla
laminarizzazione sia sperimentalmente che teoricamente. Oltre agli articoli gi citati in [1] vogliamo
ricordare i lavori sperimentali f2-r41 e i lavori teorici
[5*8].
(*) Istituto di Fisica Tecnica, Universit di Bologna.

In -4 si ha un compressole d'aria, formato da tre


ventilatori elicoidali coassiali, che possono funzionare anche indipendentemente fra loro; in B si ha
la camera di sedimentazione, inCla camera di prova.
Possiamo notare che B un condotto rettangolare di larghezza, altezza e lunghezza rispettivamente
80 cm x 50 cm x 150 cm; in a e b, tra schermi fatti
di rete metallica molto fitta, vi sono due raddrizzatori a nido d'api, in d vi sono infine altri tre schernii
simili ai precedenti.
In C si possono notare:
1) dei fo.'i laterali (di forma rettangolare con
i lati minori arrotondati) attraverso i quali, cio in

(*) Si preterisce in questa caso distinguere laminarizzato


da laminare, poich, come sar accora precitato in seguito,
non si per ora provato sperimentalmente che, con un dato
valore del parametro di accelerazione, ei giungi veramente <1
un profilo di velocit di uno strato limite de! tutto laminer.
/') Questo articolo, che appena uscito, riprende la teoria
gi sviluppala dagli stessi Autori nella precedente nota [10],
e cita a ulteriore conferma della sua validit un report di
Badri Narayanan Se Rarayee, di cui purtroppo non n'amo
riusciti a venire in possesso.

18

ognuno successivamente, mentre gli altri sono chiusi


da opportuni tappi, entra il tubo di Pitot per fare le
misure;
2) il letto del condotto convergente, che una
lastra di acciaio con dei f r i , a cui si pu far variare
l'angolo di inclinazion .
Tutta l'apparecchiatura poggia sul pavimento
attraverso cuscinetti di gomma antivibrazione.
Si ritiene tuttavia opportuno presentare una descrizione pi dettagliata della sezione in cui si fanno
le misure.
La velocit massima raggiungibile dal flusso indisturbato all'ingresso della camera di prova circa
25 m/s e la intensit di turbolenza meno dello
0,5%.
In fig. 2 si ha una vista laterale della sezione C.
Vogliamo far notare che questa parte non diretto contatto con la camera di sedimentazione, ma
ad una distanza di circa mezzo centimetre. Questa
fessura poi chiusa lateralmente e superiormente da
una striscia di nastro isolante. Inferiormente si ha
un piano F inclinabile a piacere, incernierato alla
struttura B. Il condotto convergente ottenuto
inclinando come gi detto, una lastra di acciaio,
incernierata al tetto di C.
Nella nostra esperienza l'angolo stato fissato
uguale a circa 10.
Per quanto concerne il pavimento , ohe chiude
inferiormente il condotto, prima rettangolare e successivamente a cuneo, osservando le fig. 2 e 3, si
ptic vedere che esso una lastra piana e come fissata alle pareti laterali.
60Q

Kig. 2
sez.D-D

Fig. 3

Si comprende immediatamente come semplice


variare la posizione relativa del condotto a cuneo
rispetto alla lastra piana e quindi automaticamente
regolare all'ingresso della contrazione, ad esempio,
Rex e feSt (3).

Vogliamo d ultimo dire (punto di vista pratico)


che le quattro pareti del canale rettangolare sono
in perspex e hanno uno spessoie di 1,2 cm; la lunghezza della lastra piana di 150 cm.
() Nume/o d Reynold basato sullo spessore della quantit di moto.
20

Da fg. 3, e meglio da fig. 4, si vede che sulla linea


centrale, lungo tutta la parte inferiore della camera
di prova, si hanno le prese per la pressione statica
distanziate fra loro di circa 5 cm.

Fig. 4

Fig. 5

3. Ne diamo una breve descrizione, baiandoci


su fig. 5.
Nella lastra di perspex si fatto un foro sagomato
in modo opportuno [11] e nell'incavo si posto un
condotto metallico della stessa forma. Mediante un
tubicino di plastica (parte tratteggiata) si va ad un
manometro inclinabile a molti tubi, ad un apparecchio cio che formato da 36 manometri del tipo a
inclinazione.
In fig. 6a, b, e, si vede come fatto il tubo di
Pitot: sono tanti tubi di forma cilindrica, che vanno
assottigliandosi verro la bocca finale, che per,
appiattita (ved, fig. 6d) [13],
Questo tuLo ai Pitot poi montato su un piccolo
congegno, sottostante la base del condotto rettangolare, e ad essa fissato mediante viti.
Naturalmente lo si pu spostare nei vari punti in
cui ci sono le madreviti, che si trovano poi in corrispondenza dei foii laterali di ingresso della sezione
di misura, dei quali si detto precedentemente.
In fig. la e Ib si vede questo meccanismo, che
formato da due aste di acciaio e tre barrette trasversali, di cui solo la G mobile verticalmente mediante un micrometro. In / / si ha l'incavo, in cui si
pone il tubo di Pitot, che tenuto fermo da una
striscietta di ferro che si avvita su / / stesso.
Vogliamo far notare tuttavia che la piastra quadrata H non rigidamente saldata a G, ma soltanto
avvitata e con una vite a passo piccolissimo.
Inoltre in // stesso vi sono due incavi a croce
atti ad alloggiare il tubo di Pitot, cosicch il passo
h della vite ulteriormente diviso per quattro.
Questo un accorgimento importante perch
solo cosi si riesce a porre la bocca del Pitot effettivamente sulla linea centrale della lastra piana,
dove sono anche le pre?e per la pressione statica.
Il tubo di Pitot collegato mediante un condotto
di plastica ad un manometro differenziale ad U
(fig. 8) che descritto in [14],

J
p,

Fig1, fi a

Fip.

o
I'ijr. 76

Fig. 6c

Fig.

Lo zero del micrometro veniva detcrminato in


questo modo: le letture sul manometro rimangono
quasi costanti, finch la bocca del Pstot tocca la
lastra piana (pavimento del condotto), invece non
appena s stacca, si nota un rapido aumento della
pressione
Estrapolando i punti ottenuti con e senza il contatto, si determina appunto con grande precisione
lo zero del micrometro.

Fig. 8

Si tenga presente che prima di riportare i risultati


sperimentali sui diagrammi si tenuto conto della
correzione di spostamento del centro della bocca
del tubo di Pitot come indicato in [15].
Questa correzione trascurabile ovunque, eccetto nella regione molto prossima alla parete ed
dovuta al fatto che:
1) il gradiente di pressione non lineare attraverso la bocca del Pitot;
21

0.4

10
Fig. 9

2) si lia una distorsione del flusso a causa della


vicinanza del tubo di Pitot alla lastra piana.
4. Ci si proposto quindi di studiare sperimentalmente,con l'ausilio di questa apparecchiatura, lo strato limite che sorge quando il parametro di accelerazione A" asuine i seguenti valori: 0,7 i<M; 1,3 IO"8;
.'3 10-8: in aggiunta si preso in considerazione
anche K = 2,1 IO"8.
Si scelto quest'ultimo valore, oltre a quelli considerati in [!)], poich cosa risaputa che, in vicinanza di questo K, si possono gi notare significative anomalie rispetto al comportamento normale
dello strato limite ttirbulento completamente sviluppato.
A poco pi di 1 cm dall'inizio della lastra piana
slata incollata sulla stessa una striscia, larga
0 cm, di carta vetrata grossa e questo per essere
sicuri che all'ingresso del condotto convergente lo
strato limite fosse turbolento e completamente sviluppato. 1 valori di K scelti erano ottenuti variando
la velocit dell'aria all'ingresso della camera di
prova (quando si abbassa la velocit, K cresce).
C' da far presente, per, il fatto che in pratica K
non raggiunge istantaneamente all'ingresso del condotto a cuneo un valore costante, ma continua ad
aumentare per parecchi tentimetri entro la sezione
contratta.
Tuttavia eliminando una quantit opportuna di
aria attraverso i fori del tetto di acciaio, si riesce
ad ottenere un valore di K costante (5%) entro
circa 18 cm dall'inizio della sezione convergente.
Questa operazione per lenta e laboriosa, infatti
per tentativi che si determina il rapporto tra la
superficie del tetto aperta e quella chiusia al
flusso d'aria del condotto.
La variazione di questo rapporto resa possibile
poich appoggiata sopra alla lastra di acciaio vi
un'altra lastra (anch'essa con dei fori), che serve
22

appunto per chiudere o aprire i fori della parete di


acciaio sottostante. Assai laboriosa anche l'operazione per riuscire ad avere uno strato limite simile alla minima distanza dall'inizio del condotto
convergente.
Si proceduto in questo modo: poich dalla teoria
per ogni fissato K si ha un valore unico di i?s 2 , la
distanza di partenza fra il bordo di attacco dello
strato limite e il condoto a cuneo stata calcolata,
in base alle formule, per avere appunto quel teorico
lies,; si s no quindi trovati i profili della velocit
dello strato limite in molte posizioni della lastra piana e si anche calcolato Regltche deve essere prossimo al valore corrispondente al fissato K.
Si variata quindi la posizione della lastra piana
relativamente all'inizio della contrazione, finch si
ritenuto che era impossibile ottenere un ulteriore
miglioramento della condizione i similitudine.
Su carta di Clauser, fig. 9-10, si sono diagrammati
(a modo di esempio) i profili di velocit per K = 1,3
- IO6 e K = 2,1 IO 8 per differenti distanze x
dall'inizio del condotto convergente.
Si pu subito notare che i profili riportati mostrano un eccellente grado di similitudine.
Si possono poi fare due- importanti osservazioni
riguardo fig. 10 (anche se gi in fig. 9 si possono
notare gli inizi di simili anomalie):
1) nei profili di velocit quasi del tutto assente la cosiddetta regione logaritmica;
2) non esiste una distinzione netta fra sottostrato laminare e regione completamente turbolenta.
Dal primo punto si pu dedurre immediatamente
che, in questi casi, non si pu usare la carta di
Clauser per determinare il coefficiente di attrito
superficiale.
In fig. 11 si riportano i valori di Ret'm funzione
di K e per confronto i risultati di [9], insieme con
i valori predetti da ben conosciute teorie esistenti

10

I
s*
j
'i
, jj
j
;
f
|
f
!
\
j
|
i
!
,I
|j
|

per lo strato limite laminare e lo strato limite


turbolento ( 4 ).
Si pu notare immediatamente che i valori di
fte^1 ottenuti dalle misure degli Autori sono pi
alti di quelli ottenuti in [9] di circa il 40%. Con
ogni probabilit, si pu dire che i dati ricavati dagli
Autori di [9] sono influenzati da una mancanza di
bidimensionalit .
Infatti l'eventuale divergenza ne! condotto del
flusso
d'aria (cio l'esistenza di una componente
della velocit secondo l'asse z) tende a ridurre lo
spessore dello strato liniite e peici anche il numero
di Reynolds (5).
Se ora si confrontano i valori sperimentali di
-fttfSa con quelli predetti teoricamente da una soluzione dello strato limite turbolento [1], si vede che
l'accordo assai scaro: i valori precetti d i / ? e g , ,
sono, almeno per i tre A" maggiori, molto pi alti
degli sperimentali. Una anomalia del genere (naturalmente in senso opposto) succede poi anche
per il fattore di forma ( 6 ), dove ad esempio, contro
un valore predetto di 1,35, noi otteniamo un valore
di 1,52 per A' = 2,1 IO-8.
Questo ci conduce a supporre che effettivamente
avviene un cambiamento nel comportamento del
flusso fluido, cio si va ria uno strato limite turbolento a uno strato limite laminare.
Nell'articolo [10], gi citato, sviluppata una
teoria di predizione del fenomeno della laminarizaiazione, che a tutt'oggi la pi interessante anche se
non ancora del tutto completa.
('} La linea tratto-punto rappresenta la soluzione esatta
dello strato limite laminare ; la linea a tratteggio una soluzione predetta per lo strato limite turbolento.
(*) Conferma dell'ipotesi di un errore nelle <nisure di [9],
la si. pu trovare anche in [10], in cui riport ito un unico
valore sperimentale di Ret p. - K = 2,2 10-*, e questo
molto prossimo al nostro valore per K = 2,1 - 10-'.
('} Si intende il rapporto 8|/&lt cio il rapporto tra spessore
d spostamento e spessore di quantit di moto.

1Q4

Se ora confrontiamo i dati da noi otlciiiiti con


quelli che si possono ricavare da questa teoria
(fig. 11, linea continua) si pu vedere che c'un
buon accordo.
10*
7

Re

4
2

103

O n. dati
Qdmti di [9]

^ j

5
3
2
10*
10

-.a '

li

^\,

i \

fig. 11
In iig. 12 in un diagramma M + , ;/ + sono riportati
ancora i profili di velocit predetti teoricamente per
lo strato limite turbolento (linea continua) e quelli
trovati sperimentalmente. Esaminando attentamente il profilo che risulta dalla legge della parete e
quello sperimentale, evidente che il sottostrato
laminare di quest'ultimo si estende molto oltre lo
spessore predetto dalla soluzione turbolenta .
Questo viene a confermare ulteriormente quanto
gi detto in precedenza: vi , cio, un allontanamento delio strato limite turbolento dalle condizioni
normali per la sua struttura.

23

Simboli

20

t
E
l.K
Rex
Reu

10

10 c

10

Fig. 12

5. Per diversi valori di A si esaminato uno strato


limite turbolento in condizioni di similitudine e si
sono trovati dei profili di velocit simili con un
andamento che, man mano che cresce li, tende
ad avere una forma laminare da una turbolenta,
con conseguente sparizione della regione logaritmica
e inspessimento dei sottostrato laminare. A questo
proposito si fatto vedere che la normale teora
valida per lo strato limite turbolento da predizioni
sempre meno attendibili quando pi li grande.
Poich per si sono fatti esperimenti con dei K
solo fino al valore massimo di 3 IO-8, non sono
state ancora raggiunte le soluzioni di vero e proprio
strato limite laminare, ma si in un regime per cosi
dire intermedio fra quest'ultimo e quello dello strato
limite turbolento.
L da tener presente che il passaggio avviene in
modo continuo (probabilmente), ma si vuole di
nuovo riaffermare che non ancora stato provato
che si giunge effettivamente a una struttura di
(lusso laminare; potrebbe cio verificarsi il fatto che
siano in presenza solo di una anomalia del moto
turbolento e poi dopo aver superato questi valori
critici (campo critico) si via un ritorno al turbolento.
Torniamo a sottolineare che riteniamo quest'ultima ipotesi del tutto improbabile, proprio alla luce
dei risultati sperimentali da noi ottenuti e di altri
che si conoscono, anche se a tutt'oggi non ne
stata ancora provata definitivamente 3'infondatezza.
In base poi allo studio sperimentale fatto, pensiamo logicamente di poter dedurre che la teoria di
predizione, proposta in [10], sia senz'altro accettabile, anche se dovr ancora essere completata e rifinita, cosa del resto riconosciuta anche dai suoi stessi
Autori.
I calcoli numerici sono stati eseguiti con l'ausilio
del calcolatore elettronico IBM 7040/7094 del Centro
Calcoli del CNEN di Bologna.
Gii Autori ringraziano il Prof. Arturo Giulianini,
Direttore dell'Istituto di Fisica Tecnica della Facolt di Ingegneria di Bologna, per i consigli e
l'interesse con cui ha seguito la presente ricerca.
24

=
=
=
=
=

coefficiente di attrito superiicialc (locale)


costante eq. in ig. 12
costante di Karman
parametro di accelerazione
tyXJMi numero di Reynolds basato sulla
distanza x
= ut!fhi numero di Reynolds basato sulla
distanza //
= iS^Uj numero di Reynolds basato sullo
spessore della quantit di moto
= velocit media locale (parallela all'asse
del condotto)
= velocit del flusso indisturbato
z = coordinate cartesiane ortagonali rispettivamente secondo l'arse del condotto,
che orizzontale, secondo la verticale,
normale ai precedenti
= spessore dello strato limite
8
= spessore di spostamento | f i

j di/
"

= spessore della quantit di moto


&
oj

= viscosit cinematica.

Bibliografia
[1] Lorenzini E., Salvigli S. - Sul fenomeno della laminarizzazione - Rapporta interno Istituto Fisica Tecnica
(giugno 1969).
[2] Boldman D.R., Schmidt J.F., Gallagher A.K. - Laminarizalion of a turbulent boundary layer as observed from
heal transfer and boundary layer measurements in conical
nozzles - NASA TN D-4788 (1967).
[3] Back L.H., Massier P.F., Ger H.L. - Converting heat transfer in a convective - divergent nozzle - Int. J. Heat
and Mass Transfer 7, 549, (1964).
[4] Zaric Z. - Turbulent heat transfer in a divergent-convergent channel - JSME Sym. Tokyo (1967).
[5] Bradshaw P. - A note on reverse transition - NPL Aero
Rep. 1262 - A.R.C. 30186 (1968).
[6] Launder B.E., Lockwood F.C. - An aspect of heat transfer in accelerating turbulent boundary layers - J. Heat
Transfer 91, serie C, 229 (1969).
[7] Jones W.P., Launder B.E. - On the prediction of laminarescenl turbulent boundary layers - ASME-AIChE
Heat Transfer Conference Minn. 69-HT - 13 (Aug.
1969).
[8] Launder B.E., Jones W.P. - A note on Bradshaw's
hypothesis for laminarization - ASME-AIChE Heat
Transfer Conference .Minn. 69-HT - 12 (aug. 1969).
[9] Launder B.E., Stinchcirabe H.S. - Non-normal similar
turbulent boundary layers - Imperial College, Mech.
Eng. Dep. TWF/TN/21 (1967).
[10] Launder B.E., Jones W.P. - On the prediction of laminarization - A.B.C. London C.P. No 1036 (1969).
[11] Launder B.E., Jones W.P. K Sink flow turbulent boundary layers - J . Fluid Mech. 38, 817, (1969).
[12] Shaw R. - The influence of hole dimension on static pressure measurement - J . Fluid Mech. 7, 550 (1960).
[13] Quarmby A., Das H.K. - Measurement of skin friction
using a rectangular mouthed preston tube - Aeronautical
- R.A.S. 73, 228 (1969).
[14] Lorenzini Enrico - Strato limite turbolento su superfici
porose: alcuni risultali sperimentali - Acc. Sci. Bologna.

Rendiconti Serie XII Tomo VII nov. 1969.

[15] Macmillan F.A. - Experiments on Pilot-lubes in aheaf


flow - A.B.C., R. & M. 3028 (1957).

Velocit del suono nella miscela bifase acqua-vapore


Alfredo Sacelli (*)

Riassunto - Sono state calcolate, riportando i risultati su appositi diagrammi, la velocit del suono
nella miscela bifase acqua-vapore. All'uopo si seno
utilizzate recenti e complicate formulazioni internazionali sulle propriet di tale sostanza, nelle varie
ipotesi con le quali si pu immaginare si sviluppi
il fenomeno della propagazione.
l'n confronto critico dei lavori teorici e sperimentali
effettuati in questo campo con la ricerca in oggetto,
permette di confermare la validit dei risultati qui
conseguiti anche nelle applicazioni tecniche, a patto
ili tenere in giusto conto le modalit con l? quali la
trasfoimozione avviene e le correzioni necessarie per
introdurre l'effetto dei fenomeni collaterali.
Ab?tract - The speeds of sound in two-phase mixture water-vapour haie been calculated and the results
have been plotted on suitable diagrams.
Modern and complicated international formulations
i,n the properties of this matter and theories which
describe the propagation phenomena have been used.
A critical comparison of theoretical and experimental research works in this field allows to confirm
the validity of the obtained results, also as far as the
technical applications are concerned. This is possible
only if the modes which are carachteristic of the
transformation are kept into account and the necessary
corrections due to side-phenomena are not neglected.
Generalit
La conoscenza della velocit del suono in un
fluido monofase presenta un notevole interesse in
quanto essa permette la valutazione dalla celeril
con cui si propagano, all'interno del fluido le perturbazioni di pressione nonch della velocit critica,
e quindi della portata, di condotti o di luci di
efflusso.
Nel caso di miscele bifasi liquido-vapore la grandezza velocit del suono non risulta definita cos
precisamente come nel caso di fluido monofase in
quanto il meccanismo di propagazione ' coinvolge
una successione di stati termodinamici i quali,
data la rapidit di evoluzione del fenomeno, possono
non essere di equilibrio.
Il problema stato esaminato da vari Autori
sia sotto il profilo teorico che sperimentale. Nel
primo caso si possono ricordare,- per il vapor acqueo,
C. Codegone [1], che ha impostato il problema nell'ipotesi di fenomeno sviluppantesi come successione di stati di equilibrio e A.L. Davies [2] che
invece espose la trattazione nei casi estremi in cui
le due fasi si trasformano in modo indipendente (in
condizione di metastabilit) ovvero con scambio di
calore e massa fra le stesse.

Autori che hanno affrontato sperimentalmente


questo problema risultano:
a) per lo studio dell'efflusso ipersonico M. Apr riano [3] ed E.S. Starkman e coli. [4] nel campo
di bassi titoli o addirittura di liquidi; C. Codegone [5], H.K. Fauske [18j e N.I. Semenov e coli. [6]
nel campo di vapori;
b) per lo studio delia propagazione di onde di
pressione R.E. Collingham e coli. [7], M.E. Deich
e coli. [8] e U.K. Fauske [19].
Nel presente lavoro si ripresa la valutazione
teorica della velocit del suono come propriet
termodinamica facendo riferimento alle formulazioni pi recenti sulle propriet del vapor d'aoqua [9],
[10], [11] e ai risultati ottenuti per l'esponente
dell'isentropica [12].
E evidente, in questi periodi nei quali l'uso dei
calcolatori vuoi scientilici vuoi di processo si sta
sviluppando nella ricerca di soluzioni tecniche pi
efiicienti, l'utilit di disporre di formulazioni analitiche che rappresentino con sulliciente precisione le
propriet termodinamiche dei vari fluidi in luogo
delle tabelle di dati. !,e formulazioni in questione
hanno interesse altres nella misura in cui non solo
le variabili primarie siano sullicientemente precise,
ma anche le variabili derivate presentino continuit
e precisione.
Calcolazioni
La velocit di propagazione di onde di pressione
di piccola ampiezza e di frequenza al limite nulla
(velocit del suono) in un fluido omogeneo definita dalla relazione seguente e rappresenta una
propriet termodinamica del fluido stesso:
essendo es la velocit del suono
mja
p la pressione del fluido
N/m2
p la densit del fluido
kg/m3
s la entropia i pecifica
k.l/kg K
La relazione sussiste ne!le ipotesi indicate essendo
possibile in tal caso ammettere nulla l'influenza degli
attriti con conseguente aumento di entropia.
Introducendo nella (l) il volume specifico v = J./p,
si ottiene:

Ricordando ora la definizione dell'esponente dell'isentropica:

* =-

ZZT

(3)

la 2) diventa:
(*) Istituto di risica Tecnica, Politecnico di Torino.

e,

(4)

25

Questa espressione, valida per un fluido monofase, pu essere estesa anche ad un fluido bifase a
patto di effettuare corrette ipotesi sul meccanismo
eoi quale la trasformazione termodinamica si sviluppa. Si potr cos considerare che la trasformazione sia sufficientemente lenta da poterla considerare
come successione di stati di equilibrio oppure sia
via via pi rapida fino a ammettere che le due fasi
evolvano in maniera indipendente l'ima dall'altra.
Le relazioni che si ottengono sono le seguenti:
1) La trasformazione sufficientemente lenta
pi-r cui il fenomeno pu consideursi come successone di stati di equilibrio: si ha scambio di calore
e di massa fra le due fasi. L'esponente deil'isoentropicii Aa inserire nella (4) risulta [12]:

/>=

(6)

essendo :

Sp
7

".
enel caso ir, cui (l.r)

.r {Sss/Sp)sat

1
P

di',

dp

H r *

'dp

*'^j

ssa,-

dss
~dp~

+ < -> -7t

(5)

essendo: .r il titolo del vapore e gli indici i ed s


rappresentativi delle grandezze valutate sulle curve
limiti rispettivamente inferiore e superiore.
P,

2) La trasformazione tale per cui presente


solo lo scambio di calore fra le due fasi. L'esponente
dell'isoeniropica diventa allora:

UTJP
A *

sP

Fig. 1 - Velocit del suono e, hi


funzione del titolo x dei vapore,
per diversi valori di temperatura,
nell'ipotesi di scambio di calore
e di massa fra le due fasi (ipotesi

g. 2 - Velocit de! suono cs, in


funzione del titolo x del vapore,
per diversi valori di temperatura,
nell'ipotesi di nessuno scambio di
calore e di massa fra le due fasi
(ipotesi 3).

500

400

300
r

////

Q*

nel caso in cui (1.T) f&Sj/Sp),,,, < x (f


dove Ta la temperatura assoluta di saturazione,
T una generica temperatura e cp il calore specifico
a pressione costante del liquido saturo (cpi) e del
vapore saturo secco (cpa).
3) La trasformazione suflcientemente veloce
per cui non si hanno scambi di calore e di massa
fra le due fasi, ma esse permangono in una situazione
di metastabilit. L'esponente dell'isentropica risulta [12]:
k =

xv, + ax) ...

().+<-(--)
4) La trasformazione avviene nel campo delle
frequenze acustiche o ultraacustiche. Tale condizione corrisponde a considerare nulli gli scambi sia di
massa e di calore che di quantit di moto fra le
due fasi [19]. Nell'intorno della pressione atmosferica si ha che [8]:
per x > 10"*
per x < 10'*
per 10"f < x < 10"'

e, = csa
c s ='<ss,i
cs varia con gradualit fra

Q5

05

0.7

OS

essendo cg?8 e csi le velocit del suono nel vapore


saturo secco e nel liquido saturo valutate in base
all'ipotesi 3).
Si fa notare come le espressioni anzidette possano
essere raggruppate in una unica formulazione per
la velocit dei suono:

(8)
con A, e kt opportuni valori dell'esponente delfisoentropica lungo le curve limiti.
L'espressione (8) stata utilizzata per i calcoli
numerici i cui risultati sono stati diagrammati nelle
figg. 1-8 assumendo l'ipotesi 1) e 3). L'ipotesi 2) porta
a risultati non molto dissimili dalla 3). I calcoli sono
stati limitati al campo di temperature di saturazione
0 -r 350C, essendo le formulazioni adottate insufficientemente precise nell'intorno delle eond'sioni
critiche [13], e i risaltati sono stati espressi, oltre
che in funzione del titolo x, anche della frazione di
vuoto a definita in assenza di velocit relativa fra
le due fasi:

(9)
27

Fig. 3 - Velocit del suono cs, in Eunzione della temperatura t,


per diversi valori del titolo ,r, nell'ipotesi di scambio di
calore e di massa fra le due fasi (ipotesi 1).

10*

Fig. 4 - Velocit del suono ca, in funzione della temperatura l,


per diversi valori del titolo x, nell'ipotesi di nessuno
scambio di calore e di massa fra le due fasi (ipotesi 3).

C s Qn/s]

350 *C
300 C

200 *C

Fig. 5 - Come fig. 1 ma con


scale logaritiniche.

ISO'C

100 "C

io-

10C /

io3

con t>, volume speciiico delia fase vapore e v volume


specifico della miscela.
Validit dei risultati

La formulazione sulle propriet termodinamiche


28

del vapor d'acqua, proposta con lo specifico intento


di permettere valutazioni analitiche a mezzo di calcolatori ed eventuali diagrammi con precisioni di
carattere industriale, sembra soddisfare pienamente,
anche per quanto riguarda a variabile qui presa in

Fig. 6 - Come fig. 2 ma con scale


logritmiche.

V?

1
|

J
\--""

f5-3j- _- ^

"" 1 ^

'

J!

.I?i'SJ

w/
///
//,'

J -

"

"

"

"

"

10 150'C

t-

1
'

. ^
i

'

/ f

/
1.

1
!
I

o1

j '

.-''"*

.!

50'C

01

<k

8.I

i
0.1

/ J.
.'
fi'

i
<t >

. pis

'

i /

Kr

ly
>

1
a.

g1

Fig. 7 - Velocit del suono e* in unit logaritmiche, in funzione della frazione di vuoto a per diversi valori di temperatura, nell'ipotesi di scambio di calore e di massa fra le
due fasi (ipotesi 1).

Fig. 8 Velocit del suono e, in unit logartmiche, in


funzione della frazione di vuoto a per diversi valori della
temperatura, nell'ipotesi di nessuno cambio di calore e
di massa fra le due fasi (ipotesi 3).

esame ed entro il campo qui sondato, alle aspettative ed agli intenti del compilatore. Ci verificabile dal confronto sia con altri diagrammi prece-

dentemente calcolati [1], [14] [15] che con rilievi


sperimentali diretti nelle vicinanze delle linee di
saturazione [8j. Nel campo del vapore umido gli

accordi con i risultati sperimentali vanno esaminati


tenendo conto delle modalit e della rapidit con la
quale il fenomeno si sviluppa.
Si detto che la conoscenza della velocit e, del
suono interessa per il cacolo dei condotti di efflusso
e per ia previsione della velocit di propagazione di
perturbazioni di pressione. Esaminiamo separatamente i due casi:
I) Condotti di efflusso
L'efllusso dei vapori saturi secchi o comunque a
titoli molto elevati stato il primo problema ad
essere esaminato ed approfondito, dato il suo interesse nelle turbine a vapore [5], tanto da poterlo
considerare un argomento ormai classico [16] [17].
La velocit che si raggiunge in tal caso nella sezione
ristretta del condotto di efflusso risulta, con piccole
correzioni, equivalent a quella derivata con l'ipotesi 1) di successione di stati di equilibrio. Per titoli
inferiori la fase liquida si presenta con gocce di
dimensioni maggiori e quindi, diminuendo le superfici di scambio fra le fasi, ci si avvicina alla
ipotesi 3) [18].
Opportuni modelli matematici sono stati proposti in questo caso per contemplare anche l'influenza della velocit relativa che possono acquistare o possedere le due fasi [18]. Per titoli comunque
superiori al 10% l'assunzione 1) porta ad errori sulla
portata massica entro il 10% sempre in difetto mentre per titoli inferiori l'errore cresce molto rapidamente. In questo campo E.S. Starkman e coli. [4]
consigliano il calcolo con l'ipotesi 1) e successiva
correzione dei risultati a mezzo di loro diagrammi
sperimentali. Per gli stessi titoli M. Andriano [3]
propone un metodo di calcolo fondamentalmente
riferentesi all'ipotesi 1) ma elaborato per tener conto
della velocit relativa delle due fasi e dell'aumento
di entropia che consegue all'applicazione del teorema della quantit di moto.
2) Velocit delle perturbazioni di pressione
A questo riguardo R.E. Collingbam e coli. [7]
hanno riscontrato come le perturbazioni rapide di
depressione si propagano nella miscela bifase seguendo una legge molto prossima alla ipotesi 4}. Successivamente Deich e coli. [8] hanno completato
queste conclusioni rilevando che la velocit del
suono, intesa come velocit di propagazione di
perturbazioni di sovrappressione e depressione, alternantesi con frequenza acustica o superiore, risulta compresa fra le due condizioni estreme rappresentate dalle ipotesi 3)e 4). La localizzazione
effettiva fra queste condizioni appare legata al
parametro O>/TO essendo u la pulsazione della per-

turbazione impressa e T0 il tempo di rilassamento


secondo Stokes; T0 risulta dato da:

_l_

-Vi

18 M.

(10)

con d diametro delle gocce e fi, viscosit della fase


vapore.

30

Gli stessi Autori propongono in questo caso un


opportuno diagramma che permette di derivare dal
valore di O>/T0 quello di ctfljcs rapporto fra velocit

effettiva e velocit calcolata secondo l'ipotesi 4). Degno di nota per la semplicit e per un buon accordo
con alcuni dati sperimentali pure un modello matematico proposto da Fauske [19].
Bibliografia
[1] Codegone C. - L'esponente delle isenlropicke del vapor
d'acqua saturo - L'Energia termica - Voi. IX (1941)
pagg. 185-190.
[2] Davies A.L. - The spees of sound in mixtures of water
and steam - Symposium on two phase flow Dynamics Eindhoven - Sett. 1967, pagg. 625-638.
[3] Andriano M. - Sull'evaporazione di un liquido nel passaggio attraverso ugelli - Atti e Rass. Tecnica della Soc.
degli Ingg. e Arch, in Torino - Voi. X X I (1967), pagg.
175-179.
[4] Starkman E.S., Schrock V.E., Neusen K.F., Maneely
D.J. - Expansion of a very low quality two fase fluid
through a convergent - divergent nozzle. - Transaction of
the ASME - Journal of basic Engineering - Vol. 86-2
(June 1964) pagg. 247-256.
f5] Codegone C. - Sull'efflusso del vapore nei tubi di Venturi
Atti Ace. delle Scienze di Torino - Voi. 78 (1942-43)
pagg. 221-230.
[6] Semenov N.I., Kosterin S.I. - Besuis of studying the
speed of sound in moving gas - liquid systems. - Teploenergetika - Vol. 11 (1964) fase. ''/-pagg. 46-51 ; Thermal
Engineering - Vol. 11 (19641 'rue. 6, pagg. 59-64.
[7] Coilingliam R.K., Firey J.C. - Velocity of sound measurements in wet steam - Ind. and Eng. Chcm. Design
and development - Vol. II (1963) fase. 3, pagg. 197-202.
[8] Deich M.E., Filippov G.A., Stekol'shchikov E.V.,
Anisimova M.P. - Experimental study of the velocity of
sound in wet steam - Teploenergetika, - Vol. 14 (1967)
fase. 4, pagg. 45-48; Thermal Engineering - Vol. l 4
(1967) fase. 4, pagg. 59-63.
[S] Thermodynamic properly values of ordinary water substance. - Internationa] Conference on the properties
of steam, New York, Febr. 1967.
[10] A formulation of the thermodynamic properties of ordinary
water substance, - VDI Dusseldorf, Febbr. 1967.
[11] Formulae for the specific isobaric heat capacity of ordinary
water subasance, - VDI, Dusseldorf, Febbr. 1967.
[12] Gregorio P. - L'esponente delle isenlropiehe del vapor
d'acqua - Atti Acc. delle Scienze di Torino - Vol. 103
(1968-69) pagg. 349-365.
[13] Gregorio P., Merlini C. - Thermodynamic properties of
water in critical region - Part. II, PT IN 53, Politecnico
di Torino, Maggio 1968.
[14] Dvoraichenko V.V. - Influence of fluid compressibility
on the sonic velocity in a steam - liquid mixture in two
phase region - Teploenergetika - Vol. 16 (1969) fase. 4,
pagg. 68-71 ; Thermal Engineering - Vol. 16 (1969),
fase. 4, pagg. 99-103.
[15] Dvomicbenko V.V. - The speed of sound in two phase
zone - Teploenergetika - Vol. 13 (1966), fase. IO, pagg. 7276; Thermal Engineering - Vol. 13 (1966) fase. 10
pagg. 110-116.
[16] Capetti A. - Motori a vapore - V. Giorgio Torino, 1958.
[17] Brunelli P.E., Codegone C. - Corso di Fisica Tecnica Vol. II, P,I. Termocinetica - V. Giorgio - Torino,
(1964). .
[18] Fauske H.K. - Two phase, two and one component critical
flow - Symposium on two phase flow - Exeter - Giugno
1965, pagg. SG 101 - SG 104.
[19] Fauske H.K. - Propagation on pressure disturbance in
two phase flow - Symposium on two phase flow dynamics - Eindhoven - Settembre 1967, pagg. 639-652.

Contributo alla storia della fisica tecnica in Italia


Cesare Codegone (*)

Riassunto - Premesse alcune notizie storiche sull'insegnamento tecnico universitario si tratteggiano


le vicende e gli sviluppi della Fisica Tecnica, primamente istituita nel 1863 nell'Istituto Tecnico Superiore di Milano con il nome di Fisica Tecnologica
e nel 1867 nel Museo Industriale di Torino col nome
di Fisica Industriale e, nelle due sedi, successivamente professata da Giovanni Codazzo, Direttore
dello stesso Museo, che della disciplina stessa da
ritenere in Italia il fondatore.
Il nome di Fisica Tecnica compare per la prima
volta nel 1882. Fra coloro che la professarono, con
varia armonia di indirizzi, nel secolo scorso, emergono
Galileo Ferraris a Torino e Rinaldo Ferrini a Milano.
Summary - Hystorical informations are given on
the developments of Technical Physics , founded
in Italy by Giovanni Codazzo and afterwards professed by Galileo Ferraris in Turin and Rinaldo
Ferrini in Milan.
1. Nella commemorazione che Quintino Sella,
Presidente dell'Accademia dei Lincei, tenne in tale
Accademia nella seduta del 2 dicembre 1877 ricordando il Professore Giovanni Codazza e l'attivit
da lui svolta nelle Scuole per Ingegneri di Milano
e di Torino si leggono queste significative parole:
L'attivit scientifica pi importante del Codazza
appartiene all'epoca in cui egli insegn la fisica
industriale, scienza pochissimo coltivata allora in
Italia, e nella quale egli ha veramente creato una
scuola (1).
Dire di che elevatezza fosse quella scuola, la
prima del genere istituita in Italia, e ricordarne i
cultori che la illustrarono in Torino e Milano fra
l'Otto e il Novecento per l'appunto lo scopo di
questa nota.
2. La prima Scuola per Ingegneri fu fondata quale
Scuola Militare in Francia in varie sedi nel 1720 e
fu presto seguita, a Torino, nel 1739, dalla nostra
Accademia Militare, ovviamente rivolta a studi sulle
fortificazioni e artiglierie [2].
La locuzione Ingegnere Civile fu usata per
contrapposto alla precedente e si diffuse particolarmente con la istituzione a Parigi, nel 1747, delta
celebre coe des Ponts et Chausses .
Ma gi a Torino, nel 1729, Vittorio Amedeo II,
dopo aver dato degna sede all'Universit, (l'attuale
di Via Po) ne promulgava i nuovi Statuti, ord-

(*) Istituto di Fisica Tecnica - Politecnico di Torino.

nando con essi anche le professioni degli Architetti,


ingegneri. Misuratori e Mastri dei Conti [3j.
Questi Statuti stabilivano per gli Architetti e ingegneri, con titoli ulteriormente specificati (civile,
topografo, idraulico, meccanico, ecc.) l'obbligo di
sostenere un esame di approvazione presso uno dei
Professori di Matematica dell'Universit. Non era
richiesto, n di seguire corsi regolari di studi, n
di svolgere determinati periodi di pratica professionale [41.
L'esigenza di corsi regolari fu pel presto sentita,
e tali corsi, di Matematica e di Architettura, da
seguire prima di essere ammessi, presso l'Universit,
ad un esame finale scritto e orale, furono istituiti
nel 1762 dal Manifesto del Magistrato delft, Riforma
riguardante gli studi, esami ed esercizi rispettivamenti degli Agrimensori, Misuratori, Architetti civili
e idraulici .
Nelle successive costituzioni del 1772 si stabil
inoltre che i corsi di matematica e di costruzioni
fossero ripartiti in 5 anni: nel 1 anno si doveva
insegnare l'analisi algebrica, nel 2 le sezioni coniche, nel 3 l'analisi degli infinitesimi, nel 4) la
teoria dei moto dei solidi e nel 5 quella del moto
dei liquidi. 1 casi pratici riguardavano: la costruzione di strade, di ponti, di canali; la misura e la
divisione di terreni, effettuate mediante aste graduate, stadie, squadri e livelle ad acqua: la misura
dei cosiddetti * bocchelli o luci tarato di derivazione delle acque per irrigazione.
Dal 1793 al 1800 l'Universit rimase chiusa a
motivo degli avvenimenti politici del tempo e fu
riaperta da Napoleone che vi chiam a insegnare le
Matematiche il Plana (ex allievo di Lagrangc alTEcole Polytechnique di Parigi, fondata nel 1795) [5J
e l'Architettura il Bonsignore [6].
Nel 1831 Carlo Alberto conferenti il Plana, divenuto astronomo illustre, per le Matematiche pure,
a professar quelle applicate chiam Ignazio Maria
Mickelotti e Carlo Ignazio Giulio, e nomin poi
Carlo Promts [71 alla cattedra di Architettura.
Gli studi per gli Ingegneri civili continuarono dunque e continueranno fin oltre il '60 a fondarsi sulle
Matematiche e sulle arti edilizie.
E pure mentre dal lato dottrinale Volta e Avogadra (quest'ultimo docente nella stessa Universit
di Torino) [8; con altri illustri italiani e stranieri
avevan posto le basi e sviluppavano le scienze
fisiche [9], dal lato costruttivo, sull'esempio del
Watt e dello Stephenson, sorgevan dovunque opific
e strade ferrate con l'ausilio potente delle macchine
a vapore, di quelle macchine i cui fondamenti termodinamici eran stati felicemente posti nel 1324
31

da un celebre saggio del giovane ingegnere francese


Sodi Carnot [10].

3. Istituendosi in Torino con la legge Casati del


13 novembre 1859, n. 3725, la Scuola di Applicazione per gli Ingegneri , si diede finalmente alla
formazione degli slessi un assetto autonomo.
Il modello era la gi citata cole des Ponts et
Chausses di Parigi e perci l'accento era posto
sull'edilizia e sulle costruzioni idrauliche e di ponti
e strade.
La nuova Scuola, dipendente dal Ministero della
Pubblica Istruzione, ebbe illustri docenti: Prospero
Richelmy per primo la diresse insegnandovi Meccanica
applicata e Idraulica, Quintino Sella vi profess
la Geologia, Ascanio Scorer la Chimica, Bartolomeo

Gastaldi la Mineralogia, il gi citato Carlo Promts


l'Architettura [11], Giovanni Curioni le Costruzioni
civili [12].
Le esigenze di Corpi tecnici quali il Genio Civile,
gli Uffici tecnici comunali, provinciali e di Enti
morali vari, come pure quelle del Corpo Reale
delle Miniere, dei Magistrati delle acque e di molti
professionisti erano soddisfatte, non cos quelle di
molti Stabilimenti industriali.
Appunto per venir incontro a queste ultime, e
prendendo a modello il Conservatoire National des
Arts et Metiers di Parigi, sorse in Torino nel 1862,
ad iniziativa del senatore Giuseppe De Vincenzi,
il R. Museo Industriale Italiano, dipendente dal
Ministero dell'Agricoltura Industria e Commercio,
con funzioni sia di esposizione permanente di prodotti e di macchine [13] sia di diffusione di notizie
fi studi tecnici delle pi varie tecnologie.
Tale diffusione assumeva fra il 1866 e il 1867
il carattere pi elevato di corsi universitari legalmente riconosciuti per la formazione di Ingegneri
Industriali. (Decreti 30 dicembre 1866 e 14 novembre 1867) [14].
Lo speciale carattere applicativo di tali corsi,
evidente nei loro titoli, lo distingueva dai corsi del
Valentino, pi particolarmente diretti alie arti
edilizie.
Ecco l'elenco dei primi corsi professati al Museo
Industriale con i nomi dei rispettivi insegnanti:
1) Fisica industriale: Prof. Giovanni Codazzo;
2) Chimica Industriale e metallurgica: Prof.
Emilia Kopp;
3) Tecnologia meccanica: Prof. Michele Elia;
4).Economia rurale <j silvicultura: Prof. Gaetano Cantoni;
5) Applicazioni della geometria descrittiva:
Prof. Domenico Tessari;
6) Disegno ornamentale: Prof. Piero Giusti.
11 ruolo di Fisica Industriale appariva qui per
la prima voUa ed aveva qualche analogia con quello
di Fisica tecnologica , adottato qualche anno prima, e precisamente nel 1863, nell'erigendo Istituto
Tecnico Superiore di Milano [15], foggiato sul modello delle Technisclie Hocksckulen tedesche. La
Fisica tecnologica era ivi professata da quello
stesso 1863 fino al 167, data del suo trasferimento
a Torino, dal gi ricordato Prof. Giovanni Codazza,
noto cultore di studi teorici e tecnici.
32

4. ora apportuno dare qualche cenno sulla vita


e sull'opera di colui che della Fisica industriale in
Italia fu detto a ragione capo-scuola [16].
Giovanni Codazzo nacque a Milano il 15 maggio
1816 e si laure Ingegnere-Architetto nell'Universit
di Pavia nel 1837. In questo siesso anno fu nominato
Assistente di Matematica e Fisica e collaboratore
per le esercitazioni di Idrometria e Geodesia. Tre
anni dopo fu professore di ruolo di Fisica e Storia
naturale nel Liceo di Corno e in tale periodo pubblic due notevoli lavori, l'uno sulla teoria della
propagazione della luce, l'altro sull'applicazione della
prospettiva alle macchine. Quest'ultimo gli valse
la chiamata a Pavia quale professore di Geometria
descrittiva. Tale cattedra occup per ben vent'anni,
con la sola interruzione dei burrascosi 1848 e 1849,
nei quali Egli, eletto Rettore dell'Universit, partecip attivamente ai moti insurrezionali. A questo
proposito scrisse di lui il Ferrini: Nella notte dal
22 al 23 marzo 1848 egli recavasi oltre il confine,
eludendo la vigilanza nemica, per avvertire il generale piemontese che gli Austriaci si preparavano a
sgomberare Pavia. Fu poi, in questa citt, membro
solerte del Comitato di guerra e quando, dopo i
nostri rovesci, gli Austriaci gi vi rientravano, fu
l'ultimo ad abbandonare la sede del Comitato [17].
Dovette riparare in Piemonte dove visse in quegli
anni professando un corso d'arte militare per gli
ufficiali della Scuola di Guerra a Pinerolo. Tornato
a Milano verso la fine del 1849 vi esercit la professione di ingegnere e l'insegnamento privato, finch
fu richiamato alla sua cattedra di Pavia. In questa
Universit oltre alla Geometria descrittiva insegn dal 1856 anche la Costruzione delle macchine e nell'anno accademico 1857-58 fu rieletto
Rettore.
Fondato a Milano nel 1863 dal Brioschi l'Istituto
Tecnico Superiore, accett l'invito a professarvi una
nuova disciplina, detta Fisica tecnologica rimanendo in tale Istituto fino al 1867.
A dare un'idea del livello concettuale che Egli
diede al nuovo insegnamento, inserendolo efficacemente nel quadro della nascente istituzione, diamo
in appendice il testo dei primo dei Temi per gli
esami generali cio del primo tema scritto di
laurea che sia stato assegnato nella Scuola milanese.
Esso fu per l'appunto proposto dal Prof. Codazza,
dettato e svolto il 14 agosto 865 [18], sul finire
quindi dell'anno accademico 1864-65, secondo dalla
fondazione, riducendosi allora la Scuola per Ingegneri ad un biennio, susseguente ai corsi universitari di Matematica.
Nel frattempo, come s' detto, nel Museo Industriale di Torino era stato istituito un corso universitario di laurea in Ingegneria Industriale e nel
1867 il Senatore De Vincenzi invit il Prof. Codazza
a coprirvi la carica di Vice-Direttore ed a professarvi
un nuovo insegnamento a carattere istituzionale
che ricevette il gi ricordato titolo di Fisica
industriale .
Due anni dopo. Bei 1869, il prof. Codazza succedeva al De Vincenzi e assumeva la direzione del
Museo Industriale, mantenendola fino al 1877, anno
nel quale, per motivi di salute, era costretto a lasciare la Scuola per ritirarsi in Com, ove moriva
il 1 settembre di quello stesso anno.

Egli fu Socio dell'Accademia dei Lincei, dell'Academia delle Scienze e dell'Accademia di Agrioltura di Torino, dell'Istituto Lombardo di Scienc e Lettere nonch della Societ degli Ingegneri
degli Industriali in Torino e negli Atti e nei perio,iici di codeste istituzioni si trova inserita la maggior parte dei suoi lavori. Oltre che due volte Rettore dell'Universit di Pavia, Egli fu pure Consigliere comunale e Sindaco di quella citt negli anni
1862 e 1863.
Sulla sua attivit riportammo, agli inizi di questa
nota, l'autorevole conciso giudizio di Quintino
Sella.
Che il Nostro avesse veramente creata una scuola emerge e dalla sua intensa attivit didattica e
scientifica e dagli allievi e collaboratori che Egli
form, primo dei quali coin'aquila vola Galileo
Ferraris.
Quanto all'anzidetta attivit, spaziante fra la
fisica-matematica, (in cui segu le orme del Mossotti)
[18 bis] le costruzioni civili, le tecnologie del calore
< dell'elettricit e lo studio delle macchine, baster
riprodurre l'elenco citato dal Sella, delle sue monografie e dei trattati:
1) Sulla teoria deila propagazione della luce,
Milano, 1840:
2) Sulla prospettiva delle macchine, Conio,
18^12;
3) Sul taglio delle pietre e sulle centine delle
volte, Pavia, 1844;
4) Sur la thorie de la chaleur (VII! Congrs
des savants italiens, L846);
5) Sull'equilibrio delle volte, Pavia, 1847:
6) Teoria geometrica degli ingranaggi, Milano,
185 'i;
7) Tecnologia del calore, Milano, 1865;
8) Tecnologia del calore e dell'elettricit, Torino, 1865:
9) Relazione sui Musei Industriali, Torino,
1869.
Delle numerose note e memorie citiamo alcune
fra le pi significative-elencandole secondo le fonti.
Comparvero sui Rendiconti dell'Istituto Lombardo
di Scienze e Lettere: nel 3856 Sull'influenza delle
diverse fasi di distribuzione del vapore sull'effetto
utile delle macchine motrici e soprattutto delle
locomotive; nel 1859 Sulla teoria delle macchine
a vapore ; nel 1861 Sulla teoria dei generatori di
vapore; nel 1864 Sul principio della conservazione della forza [19]; sulla Rivista 11 Politecnico : tutte nel 1866 Sugli essiccatoi a correnti
d'aria ; Di una applicazione dell'elettricit allo
studio dell'elasticit e resistenza dei materiali e
della stabilit delle costruzioni ; L'elettricit applicata all'accensione delle mine ; Nuvi elettromotori fondati sul principio delle induzioni elettrostatiche ed elettromagnetiche ; sugli Annali del
R. Museo Industriale Italiano: nel 1870 Le unit
di resistenza elettrica adoperate nelle applicazioni
tecniche, ridotte ad unit di misura assoluta ;
Essiccatoi ad inspirazione d'aria per lavoro meccanico e loro applicazione alla essiccazione delle
lane; nel 1871 Posta pneumatica; negli Atti
dell'Accademia delle Scienze di Torino: nel 1869

Sulle macciine dinamo-magneto-elettriche ; Indicazioni a distanza per rottura di circuito, applicate agli indicatori di temperature, nel 1873 Pirometro ad aria con manometro ad aria compressa .
5. Il miglior collaboratore del Prof. Codazza fu,
come s' detto, Galileo Ferraris e fu appunto questi
a succedere al Maestro nel 1879 sulla cattedra di
Fisica Industriale.
Del Ferraris tanto s' scritto che apparirebbe
superfluo intrattenere qui i lettori sulla sua figura [20].
Baster accennare che nato il 30 ottobre 1847
in quella cittadina di Livorno Piemonte che porta
ora il suo nome, comp in Torino alla Scuola del
Valentino gli studi di ingegneria laureandosi brillantemente nel 1869 con una tesi sulle trasmissioni
di energia telodinamiche dell'I lini (attuale cio
a distanza mediante funi e pulegge) confrontandole
con quelle ad aria compressa.
Dopo pochi mesi venne accolto dal Prof. Codazza
fra i suoi collaboratori e fra gli argomenti sviluppati dal Maestro mostr subito di prediligere quelli
ottici e gli elettrici, il cui intimo legame non poteva
non colpirlo e doveva pi tardi far sfolgorare il suo
genio di mirabili intuizioni.
Per ventun'anni Egli svolse una esemplare attivit di educatore, di scienziato e di cittadino.
Scrisse di Lui il Prof. Perucca, ricorrendo il centenario della nascita: Se il suo articolo del 1876
Sulle nuove macchine d'induzione si pu considerare la prima rivelazione del Ferraris elettrotecnico, il suo ottimo \'olunie Sulle propriet cardinali
degli strumenti diottrici pubblicato a Torino nel
1877, e due anni dopo tradotto in tedesco dal Lippicli, e altri due lavori di ottica che seguirono, e
una nota di termotecnica f21j, ci provano che tutti
i capitoli della fsica tecnica erano da Lui curati
con pari amore e pari competenza [22j.
I suoi capolavori, tutti inseriti negli Atti dell'Accademia deile Scienze di Torino, rimangono tuttavia
(fra P84 e l'87} le tre memorie sul trasformatore elettrico, colla nozione di sfasamento delle correnti e
delle tensioni applicate e con la conseguente definizione di potenza elettrica, e la breve nota dell'88
sul campo magnetico rotante, fondamento del motore asincrono, suggeritagli da un'idea balenata improvvisa nell'autunno del 1885 a motivo di una
analogia con la composizione delle luci polarizzate.
Nel 1889 tenne un corso, di cui fu poi incaricato,
su di una nuova disciplina, che Egli chiam Elettrotecnica , corso che attir molti allievi, affascinati
dalla chiarezza del Maestri e dalla novit degli
argomenti.
Molti pure gli onori e gli oneri che Gli attir Ja
conseguita fama: rappresentante dell'Italia in consessi e congressi e in memorabili Esposizioni internazionali; acclamato primo Presidente, nel 1896,
dell'Associazione Elettrotecnica Italiana, membro
di varie Accademie fra cui quella delle Scienze di
Torino e dei Lincei; consigliere comunale e assessore del Comune di Torino; senatore del Regno.
Ma esausto dall'eccessivo lavoro, dopo aver invano tentato di terminare una lezione, soccombette
fra il compianto generale il 7 settembre 1897, non
ancora cinquantenne.
33

I due magistrali trattati postumi: Teoria geometrica dei campi vettoriali e Principi scientifici
dell'elettr .tecnica costituiscono ancor oggi ottime
fonti di consultazione.
6. A succedere a Galileo Ferraris sulla cattedra
detta da alcuni anni di Fisica Tecnica fu chiamato
nel 1897 Luigi Luniluirdi, suo distintissimo allievo,
perfezionatosi da vari anni a Zurigo col Prof. Weber.
.Nel Museo Industriale il Prof. Lombardi arricch
le dotazioni del laboratorio installandovi in particolare una macchina di Linde per la liquefazione
dell'aria e aprendo cosi nuovi orizzonti alla disciplina, che, ridotta la parte di elettrologia, poteva
ora dare maggior respiro agli altri capitoli in rapido
sviluppo. Di ci traccia nel p-egevole volume
litografico che rispecchia il eorso.
Ma gi nel 190J. il Lombardi passava a Napoli
in quella Scuola di Applicazione per gli Ingegneri
quale ordinario prima di Fisica Tecnica e poi di
Elettrotecnica, iniziandovi una intensa e instancabile attivit ohe continu poi con ammirevole continuit nella Scuola di Ingegneria di Roma dove
fu chiamato nel 1921.
Rinviatilo per un'analisi della sua apprezzatisima opera ili campo elettrotecnico alla commemorazione che ne tenne il Prof. Rinaldo Sartori all'Accademia delle Scienze di Torino '23j.
7. In seguilo al trasferimento del Prof. Lombardi
venne chiamato a succedergli il Prof. Pietro Paolo
Morr.

Era questi nato a Carmagnola nel 18'!) e di indole


studiosa si laure dapprima, ne! 1870, in Matematica presso l'Universit di Torino, poi, nel 1877, in
Ingegneria civile presso la Scuola dsl Valentino
con una tesi Mille tensioni di un prisma non omogeneo sollecitato assialmente.
Chiamato nel 187!) da Galileo Ferraris ai posto di
assistente alla cattedra di Fisica industriale nel
Museo, ne divenne apprezzato collaboratore.
Fu poi incaricato dell'insegnamento della Fisica
generale nello stesso Museo e nel 1885 vinse per
concorso il posto di professore ordinano di Fisica
nli'Accademia Militare; inline, nel 1901, come s'
detto, fu anche nominato professore straordinario
di Fisica tecnica presso il Musep..Industriale, posto
che occup fino alla morte, avvenuta il 17 aprile
1900 [241.
Fu il Morr uno specialista nel campo del riscaldamento e della ventilazione degli edifici e su questi
argomenti lasci una pregevole pubblicazione nella
quale propose pratici metodi di calcolo [25j.
Di lui si ricorda anche la commemorazione del
suo Maestro Galileo Ferraris, che egli lesse nella
seduta del 7 aprile 1897 presso la Societ degli
Ingegneri e Architetti in Torino, nonch l'ampia
prolusione ai corsi dell'anno scolastico 1905/1906
nel Museo Industriale, prolusione intitolata Le
ricerche scientifiche e i problemi di Ingegneria [26].
8. Nel 1906, l'anno stesso della morte -de Prof.
Morr, si compiva un notevole avvenimento. Con
la legge dcll'8 luglio, n. 321, mediante la fusione
della Scuola di Applicazione e del Museo Industriale,
veniva costituito l'attuale Politecnico di Torino.
Tale costituzione fu preparata da notevoli studi e in

modo particolare dalle ampie relazioni presentate


rispettivamente al Senato da Valentino Cerruti ed
alla Camera da Paolo Boselli, gi Presidente della
Giunta Direttiva del Museo.
Essa fu facilitata da precedenti accordi fra le due
Scuole riguardanti comuni discipline, frequentate
in una sola delle due sedi, come avveniva appunto
per la Fisica tecnica, rimasta sempre in Via Ospedale.
Com' noto, il Politecnico fu retto nel 1906 e per
pochi mesi dal fisico matematico Vito Volterra, e
poi, fino al 1922, dal matematico Enrico d'Ovidio.
9. Al Prof. Morr, nell'appena costituito Politecnico, succedette il Prof. Benedetto Luigi Montel [27].
Nato da nobile famiglia a Pisa nel 1872, comp
gli studi superiori a Torino prima presso l'Universit poi nel Museo Industriale, laureandovisi Ingegnere nel 189 e seguendovi poi il corso di specializzazione in elettrotecnica.
Narrava della meraviglia sua e dei suoi compagni
di corso, in visita di istruzione a stabilimenti industriali esteri, nel vedere di quali onori fosse oggetto
dovunque il loro Professore Galileo Ferraris.
Nel 189l> fu assunto dallo stabilimento Cruto
(ora Philips) di Apignano ove si occup della fabbricazione di lampade elettriche (erano ancora a
filamento di carbone e il Cruto fu un vero pioniere
in questo campo;, nonch della costruzione della
linea elettrica a 2000 Volt (l'alta tensione di allora)
fra Rivoli e Apignano. Nel 1898 divenne assistente
presso il Museo alle cattedra di Cinematica applicata e di .Macchine termiche. Come s' detto, nel
lOOfi egli successe, quale incaricato, al Morr per
il corso di Fisica tecnica. Nel 1910 la disciplina
imit nome e, dagli argomenti che vi prevalevano,
fu chiamata ^ Termotecnica >> e il Montel vinse appunto in quell'anno il relativo concorso insegnandola lino al 1932, anno della sua morte. Lo fecero
stimare i suoi volumi didattici, i lavori sulla misura
della velocit e della portata dell'aria nei condotti
di ventilazione 28 , le esperienze sulla trasmissione
del calore in apparati frigorifici [29 .
Chi scrive apprese da Lui la paziente e difficile
arte dello sperimentare.
10. Per la disciplina di cui si sta trattando una
data notevole fu segnata dal trasferimento al Politecnico del Prof. Pietro Enrico Brunetti [30].
Di famiglia bolognese, nacque egli nel 1876 a
Chieti, residenza temporanea del padre, Ingegnere
Capo al Genio Civile. Si laure a Roma n*,l 1898
ingegnere civile ed entrato subito nel Genio Navale,
prosegui gli studi a Genova, laureandovisi ingegnere navale e meccanico nel 1900.
Brillanti g!i inizi: gi la tesi sostenuta a Roma,
sulle cupole metalliche reticolari, fu pubblicata
dal Giornale del Genio Civile nel 1899 e tradotta in
francese dal Mathieu fu stampata dal Dunod in un
volume che usci nel 1901.
L'attivit di cantiere a La Spezia ed a Venezia
fu accompagnata da uno studio assiduo e appassioto i cui frutti apparvero su varie Riviste e segnatamente sulla Rivista Marittima. Chiamato al Ministero della Marina a Roma, pass poi all'Accademia
Navale di Livorno a insegnarvi Termodinamica e

Macchine. Nel 1906 vinse il concorso alla cattedra


di Costruzione di Macchine presso la Scuola per
Ingegneri di Napoli, iniziandovi quell'insegnamento
universitario che per varie discipline tenne poi degnamente per oltre quarant'anni.
Per incarichi speciali continu tuttavia a dare
alla Marina militare la sua collaborazione. Cos nel
1912 diresse il difficile ricupero dell'incrociatore
San Giorgio arenatosi nel golfo di Napoli e durante la prima guerra mondiale diresse nei cantieri
di Castellamare di Stabia la costruzione di una serie
di torpediniere.
Furono pi volte tradotti e citati all'estero i suoi
prediletti studi sulle velocit critiche degli alberi,
sulla resistenza delle carene, sulle oscillazioni di
aste mobili, sui condensatori di vapore. In particolare le magistrali ricerche sulle velocit critiche [31]
posero fine, per i calcoli delle turbine marine, alla
sudditanza dell'Italia verso altra nazione.
Nel primo dopoguerra sottoscrisse l'appello alle
libert civili, passato alla storia come Manifesto
Croce dal nome del filosofo che lo siese; ci lo
espose a compagne denigratorie, da Lui sostenute
con animosa fermezza, e all'esclusione da cariche
pubbliche.
Nel 1932, per iniziativa del Prof. Vallauri, fu
chiamato nel nostro Politecnico a coprire insieme
le cattedre di Macchine a vapore e di Fisica tecnica.
Diede qui efficace impulso agli studi di Termodinamica, di Termocinetica, di Costruzione dei generatori di vapore, ampli il laboratorio di ricerche,
inizi a scrivere un trattato di Fisica tecnica in pi
volumi che fu aggiornato e completato da chi scrive
particolarmente negli argomenti di Acustica Architettonica e di Illuminazione, adatti in special modo
per gli allievi civili e architetti [32].
La seconda guerra mondiale colp duramente il
nostro Politecnico e con essa il suo Istituto, sempre rimasto nella sede di Via Ospedale. La sera del'8 dicembre 1942 un violento bombardamento
aereo semidistrusse con la sede medesima, di cui
fu interrotta ogni attivit, la sua stessa abitazione
in Via Avogadro.
Nel 1943 le lezioni "ripresero, prima ad Acqui in
locali prowisori, poi al Castello de) Valentino,
dove il poco materiale di laboratorio ricuperato fu
trasferito. Venuta nel 1945 la fine della guerra
Egli fu nominato dapprima Vice Commissario poi
Direttore della Scuola, risollevandone le sorti compromesse da tante durissime prove. Non trascur
peraltro i prediletti studi (era Socio dell'Accademia
Pontaniana di Napoli e di quella delle Scienze di
Torino) n l'attivit associativa. Come a Napoli
era stato vicepresidente di quella Societ di Ingegneri e Architetti, cos a Tomo- fu, nell'immediato
dopoguerra, membro del Consiglio Direttivo di
quella locale, appena ricostituita.
Nel 1946 presiedette il Congresso da cui sorse
l'Associazione Termotecni'M Italiana, della quale
fu il primo Presidente Nazionale [33].
Morendo il 29 marzo del 1947, lasci ai suoi collaboratori, e in particolare a chi scrive, un alto
esempio di operosit scientifica e di dirittura morale.
Da tale esempio abbiamo appreso che anche nelle
crisi pi gravi della Scuola non deve mai affievolirsi

nei Docenti la vocazione educativa, la passione per


la ricerca, la devozione alla Patria.
Appendice
Tenia generale di laurea assegnato il 14 agosto
1865 nell'Istituto Tecnico Superiore di Milano dal
Prof. Giovanni Codazza* [34 J.
Quesito I proposto dal prof. Codazza (14 agosto 1865)

Sulla spiaggia d'un lago che ha per emissario


un fiume navigabile, trovasi un piano coperto di
bosco. A non molta distanza da esso discende dal
monte un corso d'acqua continuo, n/a di portata
variabile.
Queste condizioni locali fecero sorgere l'idea di
erigere su quel piano uno stabilimento manifatturiero. Le informazioni ed i rilievi offersero i seguenti
dati:
1) chiuso il corso d'acqua al piede, /ormando
uno stagno mediante traversa in cui era aperta una
luce senza battente, della larghezza di l"1, 60, si
trov che lo spessore della lamina d'acqua stramazzante, preso ad un livello lontano dello sbocco, era
di 0m, 20 nello stato massimo d'acqua e di 0m, 10
nel minimo;
2) esiste la possibilit di formare uno stagno in
un ripiano superiore e di condurre l'acqua ad un
serbatoio che la dispensi ad un turbine Jonval
Koechlin, chiuso in tubo verticale, con caduta utile
di 16"";
3) si possono acquistare pert. 90 di terreno,
di cui pert. 60 a bosco forte ceduo e pert. 30 a bosco
castanile.
Come basi preventive della compilazione del progetto si domanda:
1) La portata del corso d'acqua nei suoi due
stati estremi;
2) II lavoro assoluto del corso d'acqua ed il
lavoro utile sull'albero motore del turbine nei detti
due stati, espresso in cavalli vapore;
3) Le dimensioni principali del turbine calcolate sulla portata massima ;
4) La forza nominale in numero di cavalli di
una motrice a vapore perch il suo lavoro utile
supplisca al turbine durante i minori stati d'acqua,
ed in base a questo numero, l'estensione della superficie di riscaldamento e gli elementi del forno
(griglia e sezione del camino ritenutane di 20"'
l'altezza) ;
5) l prezzo d'acquisto del terreno coperto da
bosco, peritato sui seguenti dati: bosco forte ceduo
pert. 60 estimo se. 180; bosco castanile pert. 30
estimo se. 120. Il bosco forte diviso in quattro
parti eguali fra loro di area, le quali sono rispettivamente a foglie 0, 1, 2, 3, ed ogni parte si taglia ogni
quattro anni.
Il bosco castanile si taglia ogni nove anni ed
attualmente a foglie 7.
.Ognuna delle quattro porzioni del ceduo da in
ciascun taglio 110 quint, di legna verde che perde
1/5 disseccando e si valuta ad 1/3 del prodotto di
legna, secca il cumul delle spese per il raccoglimento di essa.
36

Il lioseo castanile rende, nello di speso, cantili


<(IO, pillimi VH, pali 1500, Maneggi! 1200.
I prezzi locali sono di !.. '2,50 al quintale la legna
forti-: ' pi-i castani ceni. 80 ogni cantilo, cent. 40
ogni paloni-, cent. IO ogni palo e cent. 3 ogni ma. .
.
.
per il
Nel itoseli forti' trovatisi pianti' (la cima pe

"W'H-

cima
valore di I . .100 e nel caslanile altre piante da ci
per il valore ili I.. 150.
L'estimo si valuta a cent. 3(i per scudo, tutto compreso };. rali, comunali, provinciali, addizionali.
Si pattuisce di capitalizzare la rendita in ragione
di L. 100 per L. 5.
Si terr conto della tassa di registro .
Bibliografa
[t] Transunti Acr. Lncei - Serii' 3 - II (1877-78), p. 22/2'..
[2J Timoshciiko S.P. - History of strength of materials, New
York, 1953; Signorelli B. - Un documento inedito del
"701) / Hi un main* '!" /:..;;". Piemonte - Atti
Itnss. Ter. Sor. hip. Ardi. Torino, n. 9, 19fi9 - a pag. 25
del Doli. Uni. hip. Torino. L'esame in questione era
istituito per Ingegneri Militari.
|3J Uraida C. e coli. - Specializzazione e vita professionale nel
Sei e Settecento in Piemonte - Atti Rnss. Tee. Soc. lag.
Ai-ch. Turino, 1943, p. 73/173. Questi Autori mettono
in evidenza che nel Sei e nel Settecento non si faceva in
Piemonti- netta distinzione fra i titoli di Ingegnere e di
Architetto spesso trascritti nello stesso documento
per la stessa persona . Le incertezze di locuzione erano
etimologicamente l>en giustificate. Intatti dal gignerc Ialino viene appunto ingenium ed i moderni
vocaboli genio (militar", civile, navale, aeronautico,
ccc.) e ingegnere , quasi cio generatore di macchine
e di edifci, e quindi necessariamente capo dei costruttori, ed ( questo appunto il significato letterale del
greco nrchilektnn che gli slessi greci, col loro sentimento del bello, hanno reso anche sinonimo di artista.
Cfr. C. Codegone L'uomo e la mucchina Atti XXI
Cnngr. Nax. di Filosofia, Fisa, Apr. 1967, Vol. II,
pag. 12.
[4] Come invece accadeva fra il Sei e il Settecento a Milano,
ove lunghi e talorn gravosi erano i tirocini presso Ingegneri collegiali , vale a dire ufficialmente riconosciuti
membri dell'omonimo Collegio Cfr. G. Bozza e coll.,
Il cenlenarin del Politecnico di Milano (1863-1963),
pag. 68 e segg. Si veda pure; Codegone C, Ingegneri e
Architetti a Novara fra il Sei e l'Ottocento - Boll. Storico
per la Provincia di Novara n. 2, 1969.
[5] Tricomi I". - Commemorazione di Giovanni Plana Atti Acc. Se. Torino, Vh 9 (1964-65) p. 267-279.
[6] l'ugno G.M. - Storia del Politecnico Hi Torino - 1959,
pag. 23 e segg.
[7] Cavallari Murai A. - Carlo Promts - Atti Rass. Tee.
Soc. lng. Ardi. Torino, 1969, pag. 159.
[8] Del Volta, oltre alle mirabili scoperte in elettricit,
e qui da ricordare l'enunciazione della legge della dilatazione termica dell'aria, poi estesa dal Gay Lussac agli
altri gas. Dell'Avogadro in particolare nota la famosa
legge che chiari la composizione molecolare dei corpi.
[9J Degli italiani baster citare l'Amici per gli studi ottici,
il Nobili per i galvanometrici, il Melloni per quelli sulle
radiazioni termiche, l'astronomo Mossotti, fondatore
in Italia della fisico-matematica. Per quest'ultimo cfr.
C. Codegone, Boll. Stor. Prov. Novara, 1963, pag. 82.
[10] Codegone C. - Breve saggio sui fondamenti della Termodinamica - Atti Has. Tccrj. Soc. Ing. Arch. Torino, n. 9,
1948, pag. 163; Nicolas Leonard Sadi Carnot, ibid,
n. 4,1956. Cfr. pure Thuratcn R. - Hittoire de la machine
vapmr - Paris, 1882. - In Itali il primo trattato di
Termodinamica quello di Paolo di Saint Bobert,
Professore all'Accademia Militare'di Torino; redatto
in lingua francete ed completato da una notevole tabella delle propriet del vapor d'acqua ipeiiio citata
anche all'estero. Il (io titolo : Principe de Thermodynamiquf, Turin, lt>65.

[11] Gli Ingegneri - Architetti costituivano nella Scuola un


distinto cura di laurea, peraltro poco frequentato.
Cfr. l'Annuario dell'Ass. Amichevole fra gli Ingegneri
Ex Allievi delln Scuola di Torino, 1910.
[12] Per il Cimimi cfr. Codegone C. - ingegneri e Architetti
a Novara fra il Sei e l'Ottocento- Boll. St. Prov. Novara
. 2, 19t9,
[13] Chi scrive ricorda di aver veduto, nella vecchia sede di
Via Ospedale, in cui appunto sorse il R. Museo Industriale, gli ultimi residui delle collezioni e fra questi
l'automobile a vapore del Generale Bordino (1836), ora
al M-iseo dell'Automobile, la prima perforatrice usata
dal Somineiller per' il traforo del l'rejus, ed un grande
crogiuolo in grafite che Ironeggiava in prossimit dell'Istituto di Termotecnica.
[14] Cfr. la gi citata Storia del Politecnico di Torino
a pag. 32 e segg. che nella fig. 39 riporta un manoscritto
del Direttore Prof. Codazza. Si pu notare qui che l'istituzione di Ingegneri indiisi.tali veniva a restringere il
significato, inizialmente volto a tutte le applicazioni non
militari, del titolo di Ingegnere civile.
La successione dei Direttori del R. Musco Industriale
di Torino, non fornita dagli Annuari del Politecnico,
che si riferiscono invece alla Scuola di Applicazione,
la seguente:
Sen. Giuseppe De Vincenzi
1867-1868
Prof. Giovanni Codazza
1869-18/7
lng. Giulio Axerio
1879-1881
lng. Giacinto Berruli
1881-1897
lng. Domenico Tessari
1898-1900
lng. Enrico Camerana (reggenti)
1901
lng. Giov. Battista Maffiotli
1902-1906
L'Axerio nel 1880 resse anche la Scuola di Applicazione
e cosi il Berruti negli anni 1881-1882. Nell'elenco dei
Presidenti dello stesso Museo si notano i nomi illustri
di Paolo Boselli, Domenico Berti e Secondo Frola;
in quello dei Professori, oltre ai citati nel testo, spicca,
per l'insegnamento dell'Kconomia e della Legislazione
Industriale, il nome di Luigi Kinaudi. (V. Annuario
1905-1906 del R. Museo Industriale Italiano).
[15] L'Istituto Tecnico Superiore di Milano, fondato nel
1863, fu illustrato dall'insegna:nento di eminenti Ingegneri. Oltre al sopranominato Prof. Codazza per la Fisica
tecnologica, tono da ricordare il Brioschi e il Cremona
per le Matematiche, l'astronomo Schiapparelli per la
Geodesia, il Colombo (autore del noto manuale) per la
Meccanica Industriale, il Ferrini per la Fisica generale
e poi anche, quale successore del Codazza, per la tecnologica. Il Brioschi fond l'Istituto di Milano e lo resse,
con mano ferrea, fino alla sua morte, avvenuta nel 1897.
Cfr. G. Bozza, Storia del Politecnico di Milano, 1963.
[16] II Prof. Rinaldo Ferrini (1831-1908) cosi si esprime nella
commemorazione del suo predecessore, letta nel 878
all'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere: Sebbene
io non abbia avuto, come molti dei miei compagni, il
vantaggio di ascoltarne le lezioni, tuttavia attinsi largamente alle sue pubblicazioni, e ben posso riguardarmi
come suo discepolo nella scienza che venni chiamato a
professare succedendogli all'Istituto Tecnico Superiore
(Rend. 1st. Lomb. II-XI-503). Del Ferrini sono da
ricordare i trattati Tecnologia del calore (Milano,
1878) ed Elettricit e Magnetismo (Milano, 1879),
entrambi tradotti in tedesco dal Prof. Schroeter del
Politecnico di Zurigo e il fprimo anche in francese
dal'Ing. Archimard (Parigi,'1880). anche noto che
Egli fu il Padre dell'insigne romanista Prof. Contardo,
beatificato dalla Chiesa per le sue alte virt morali.
[17] In altra occasione, nello stesso anno, il Codazza si proffers come ostaggio per liberare uno studente arrestato
di notte tempo e tradotto in castello. Cosi il Ferrini
nella commemorazione citata nella nota precedente.
Per altre notizie si veda pure la commemorazione tenuta
da Alfonso Cossa nell'Accademia delle Scienze di Torino
(Ad. 18 Nov. 1877 - Atti XIII - pag. 25).
[18] Si noti la data! Gli esumi speciali e quelli generali di
laurea li svolgevano in quei tempi nel mese di agosto.
Riguardo al tema, e pur ritoccando nomenclatura e
unita di misura, a pi di un secolo di distanza quanti
laureandi i sentirebbero oggi imbarazzati a svolgerlo
in poche .re!

;'
jj

*f
||
fi

"4
4

IS bis] cfr. Codegone C., Nel 1 centenario della morte di


Oltaviano Fabrizio Mossotti, Boll. st. Prov. Novara,
19G3, pag. 82.
19] Nella nomenclatura del tempo derivata dall'Helmholtz
(si pensi al classico saggio: Ueber die Erhaltung der
Kraft , Berlino, 1847) il vocabolo forza comprendeva
gli attuali concetti di energia e di potenza. Si diceva
ad esempio comunemente: Un motore della forza di
dieci cavalli .
(20] Dell'ampia bibliografa sull'argomento ci limitiamo a
citare qui il bel volume Galileo Ferraris edito a
Torino nei 1903 in occasione dell'inaugurazione del
monumento a Lui dedicalo. Contiene ampie notizie
biografiche dettate dall'Ing. G.B. Mafllotti, allora Direttore del Museo (V. Annuario 1905-1906) un dotto
e completo quadro delle opere scientifiche redatto dal
Prof. Guido Grassi, nonch giudizi stranieri e il testo
di discorsi inaugurali.
da notare che il Ferraris rimase poi fino al termine
della sua vita professore ordinario di Fisica tecnica
(nome peraltro introdotto dopo il 1882). L'incarico di
Elettrotecnica divenne cattedra soltanto nel 1898 quando fu chiamato a coprirla il predetto Prof. Grassi, gi
Professore a Napoli di Fisica Tecnica. Quando ai titolari di altre sedi in Italia baster citare Antonio Pacinotti (1841-1912), Professore di Fisica tecnologica e
gloria dell'Universit di Pisa.
[21] Ferraris G. - Sopra un metodo per la misura del'acqua
trascinata meccanicamente dal vapore - Atti Acc. Scienze
Torino, XVII (1881) pagg. 135/136.
[22] Cfr. Alti Rass. Teen. Soc. Ing. Arch. Torino , Nuova
Serie, Anno 1, ott. 1947, pagg. 288/295.
Agli argomenti citati, e pure coltivati da Galileo Ferraris
nel campo della Fisica tecnica sono da aggiungere
l'illrminazione e l'acustica telefonica. Il Laboratorio di
Fisica tecnica all'epoca di Galileo Ferraris comprendeva,
verso Via Ospedale, un'aula a gradinata molto ripida
e al primo piano, nei locali pi tardi occupati dalla
Biblioteca centrale, vari studi (fra cui quello piccolo e
modestissimo del Professore) e sale per esperienze.
Chi scrive ricorda ancora quell'aula e quello studio e
conserva nell'attuale Istituto di Corso Duca degli
Abruzzi, quali preziose reliquie, l'inventario del Laboratorio di Fisica Industriale, firmato il 30 giugno 1882
da Galileo Feriaris e varie suppellettili e alcuni vecchi
strumenti in tale inventario citati. In esso il totale ammontare per mobili, libri e macchine ascendeva a lire
31.315,90.
[23] Cfr. Sartori R. - Commemorazione di Luigi Lombardi -

[24]

[25]
[26]
[27]
[28]

[29]
[30]

[31]
[32]

[33]
[34]

Atti Acc. Scienze Torino, Voi. 93 (1959/uO), pap. til 5/


630 (con bibl.). Citiamo del Lombardi: Sulla liquefafazione dell'aria, Rivista Tecnica , Torino, 1900;
Lezioni di Fisica Tecnica . Litografa Salussoliu,
Torino, 1905. Il Prof. Lombardi nacque a Droncro
(Cuneo) nel 1887, fu insignito del laticlovio, e mori pi
che novantenne in Roma nel 1858, dopo una vita
operosissima.
Cfr. Montel B.L. - Commemorazione del Prof. Pietro
Paolo Morr - Rivista tecnica delle Scienze, delle
Arti applicate e dell'Insegnamento industriale Anno
VI - 1906/1907.
Cfr. Voce Riscaldamento nella Enciclopedia l'omba
Torino - 1888/99.
Annuario per l'anno scolastico 1905/1906 del R. Musco
Ind. It., Torino, 1906 Prolusione letta dal Prof. Pietro Paolo Morr - pag. 27/63.
Cfr. Codegone C. - In memoria di Benedetto Litici
Montel - Nuovo Cimento, IX, n. 8, 1932.
Metodo dinamico della spinta su un disco, (in coli,
con E. Fo) Atti Acc. Scienze Torino, Voi. 57, 1922,
pag. 525/540; Metodo termico, L'Elettricista n. 2,
1932. Il Prof. Emanuele Fo (1892-1949), assistente
a Torino, vinse nel 1927 il concorso per la cattedra di
Fisica Tecnica presso la Facolt di ingegneria di Bologna. Cfr. La Termotecnica n. 11, (1949) pag. 433).
Riv. Il Politecnico n. 7, 1927; n. 9, 1928; L'Industria, n. 11/12 - 1929.
Cfr. M. Panetti - In memoria di Pietro Enrico Brunetti La Termotecnica I - 1947, pag. 59/61. Questa commemorazione riporta al termine il lungo elenco delle
pubblicazioni del Prof. Brunelli. Si veda pure: C.
Codegone in Atti Rass. Teen. Soc. Ing. Arch. Torino ,
marzo 1947, pag. 62.
Questi studi sono stati raccolti nel volume: P.E. Brunelli - Le velocit critiche degli alberi (a cura e con prefazione di C. Codegone), Ed. Giorgio, Torino, 1949.
Brunelli P.E., Codegone C. - Trattato di Fisica Tecnica Ed. Giorgio. Torino (Termodinamica 7 ed. 1969 Termocinetica I - 5* ed. 1964 - Termocinetica II - 3* ed.
1967 - Generatori di vapore - 5" ed. 1961). Redatti
interamente da C. Codegone sono i volumi: Acustica
Architettonica (3* ed. 1969) - Illuminazione (2 ed.
1964).
Cfr. Riv. La Termotecnica n. 1 (1947) pag. 5.
Bozza G. - II Centenario del Politecnico di Milano
1963, pag. 145.

37

Motori a due tempi di grandissimo diametro


con potenza di 4000 CV per cilindro
G. Ciliberto, C.

Sommario - La memoria in questione ha lo scopo


di descrivere nelle sue linee generali il nuovo motore
Diesel Fiat 1060.S, sia considerando l'architettura
delle strutture che i principali risultati delle prove
effettuate nel corso della sua messa a punto.
Particolare evidenza viene data al lavoro svolto a
proposito della semplificazione delle strutture che,
specie in motori di queste dimensioni, presentano problemi di un certo rilievo sia agli effetti della costruzione che del comportamento in esercizio.
Viene inoltre trattato del perfezionamento del lavaggio dei cilindri motori e delle ricerche sul raffreddamento degli stantuffi motori.
Summary - This paper has the purpose to describe,
in its general lines, the new FIAT 1060.S diesel
engine, taking into account both the structures architecture and the main results of the' tests carried out
during its setting-up.
Attention is particularly drawn to the work developed to simplify the structures which, present problems of a certain importance specially in so large
engines and this regarding both the construction and
thu behaviour in operation.
Moreover, the paper deals with the improving of the
main cylinders scavenging and with the researches
made on the main pistons cooling.
1) Introduzione

La pratica di ottenere dai motori a combustione


interna delle grandi potenze unitarie non nata
in questi ultimi anni, ma si pu dire abbia avuto
origine quasi subito con la nascita del motore alternativo stesso.
Dei tre parametri che determinano la potenza
unitaria di un motore (cilindrata, pressione media
effettiva e velocit media stantuffo), quello che apparentemente ha meno limiti e che ha finora permesso di aumentare le potenze unitarie di pi di
quanto sia stato possibile fare attraverso gli altri
due parametri, la cilindrata.
Non sono quindi di data recente i primi tentativi
di realizzare motori di grandi dimensioni e si pu
anzi dire che gi nel periodo che va dal 1910 al
1930 si costruiscono i primi prototipi aventi diametro
compreso fra 800 e 1000 mm di diametro.
Presso la stessa Fiat, a soli 4 anni dalla costruzione del primo motore a due tempi (di 250 mm di
diametro) sono stati costruiti motori da 630 mm
di diametro e, successivamente stato realizzato
un prototipo di 840 mm di diametro a doppio eifetto. Ci sta a significare come sia stato, in un primo
tempo, pi facile aumentare le prestazioni unitarie
38

Bossaglia

dei motori attraverso l'aumento delle loro dimensioni, piuttosto che attraverso quello delle pressioni
medie effettive e delle velocit medie stantuffo.
Alla comparsa per di questi primi prototipi non
ha fatto seguito una vera e propria produzione di
motori di cos grandi dimensioni perch non ancora
maturi pe~ quell'epoca, per i numerosi problemi di
progettazione, fabbricazione, manutenzione, sistemaziune a bordo, ecc, che si sono presentati al
costruttore di allora. Si cos assistito per molti
anni ad un arresto nella corsa verso cilindrate pi
alte e verso diametri sensibilmente superiori a 750
nini.

Non bisonga dimenticare per che a contenere le


dimensioni dei motori a due tempi di grande diametro sono state, in verit, anche quelle sostanziali
innovazioni rappresentate dai motori a doppio effetto e dalla sovralimentazione con l.urbosofh'anti
a gas di scarico che hanno permesso in pratica:
di raddoppiare quasi la cilindrata:
di triplicare la pressione media effettiva dei
motori, senza aumentarne sensibilmente il peso
e l'ingombro.
11 considerevole aumento che ha avuto in questi
ultimi dieci anni il dislocamento delle cisterne, la
specializzazione di ceree navi da trasporto veloci
ed il notevole progresso raggiunto dalla tecnica,
hanno spinto i costruttori ad aumentare la potenza
unitaria dei motori agendo ancora una volta sulla
cilindrata, il che ha portato alla realizzazione, verso
il 1960, dei motori da 2500 CV per cilindro con
diametro intorno a 900 mm e poi recentemente a
quelli da 4000 CV per cilindro con diametro superiore a un metro.
nell'ordine di queste considerazioni che a partire dal 1966-=-1967 la Fiat ha disegnato il motore
1060 che con la corsa di 1900 mm e conseguentemente con la cilindrata di 1677 litri geometricamente il pi grande motore Diesel di questo tipo
finora costruito.
Si tratta di un motore avente un rapporto corsa/
diametro di 1,78, praticamente uguale a quello del
motore 900 di pi piccolo diametro e un rapporto
lunghezza biella/raggio di manovella di 3,6, pi
piccolo dell'analogo rapporto dei motori 900, allo
scopo di accorciare leggermnte il motore, ottenere
una migliore sezione-tempo di passaggio dell'aria
di lavaggio attraverso i cilindri motori e delle migliori condizioni di lubrificazione dei cuscinetti di
testa croce.
Questo motore, alla velocit di rotazione di 106
giri/min (velocita media stantuffo), in grado
di sviluppare una potenza normale continuativa di

000 CV per cilindro e pu quindi sviluppare,


iella edizione a 12 cilindri, una potenza di 48.000

:v.

. .

. .

Come gi scritto precedentemente l'impiego -di


juesto motore previsto, in linea di massima, per
-uper-eislerne, aventi dislocamento superiore n
200.000 tonn., per grandi bulk-carrier aventi^qislo, amento intorno a 150.000 tonn e per navi portacontainers aventi pi bassi dislocamenti (intorno a
.{(1.000 tonn), ma velocit di navigazione superiore
u 20 nodi.
Tre motori di questo tipo, nella edizione a 10
cilindri, sono gi stati venduti dalla Fiat: il primo
alla Soc. Italnavi e altri due alla SNAM per essere
montati su cisterne, costruite dalla Hoc. Italcantieri,
aventi una portata lorda di 250.000 tonn.
2) Descrizione del motore

Nella iig. l rappresentata la sezione trasversale


<lel motore in base alla quale si pu, da un primo
esame, osservare che nelle sue linee generali il
motore segue la linea, tradizionale, dei motori di
pi piccolo diametro, anche se si notano alcune
particolarit nel dimensionamento di alcuni organi
e nella architettura di certe strutture che illustreremo nel corso di questa memoria.
La struttura fissa si articola su tre parti fondamentali, cio il basamento, i montanti ed i cilindri,

Fig. 1 - Motore FIAT 1060S - Sezione trasversale.

precompressi da appositi tiranti che eliminano ogni


pericolosa sollecitazione di trazione sia nei pezzi
fusi che saldati. da notare che tra cilindri e camera del manovellismo, cio tra la parte calda e
quella fredda del motore, rimane sempre quella netta
separazione, realizzata appendo completamente all'atmosfera la parte bassa*'dei cilindri motori, che
rende caratteristici ed estremamente sicuri i grandi
motori Diesel a 2 tempi FIAT.
A queste parti fondamentali si attaccano con pi
stretti eriteri di semplicit, tutte le altre strutture
(circuito di sovralimentazione, pompe di iniezione
del combustibile, tubazioni varie) che riguardano
essenzialmente l'alimentazione dell'aria, dell'olio e
dell'acqua di raffreddamento del "motore.
Anche la struttura mobile del motore (albero
motore, biella, testa croce, stantuffo) segue le linee
dei motori di pi piccolo diametro a parte alcuni
diversi proporzionamenti (come quello del testa
croce) di cui accenneremo nel cor^o di questa
memoria.
Noi non ci soffermeremo quindi in questa memoria sui dettagli costruttivi dei vari pezzi costituenti il motore; metteremo soltanto in maggior
evidenza quella che la evoluzione di alcune delle
strutture pi caratteristiche del motore in argomento.
2.1. La struttura fissa
Una prima considerazione che subito appare
evidente, anche all'occhio meno esperto, riguarda
l'evoluzione delle strutture esterne che circondano
la parte alta dei motore, e cio di quelle che IIFI
loro insieme danno corpo al circuito dell'aria di
alimentazione dei cilindri motori.
Quest'aria che serve in particolare per il lavaggio
e la carica dei cilindri stessi viene, come nei motori
di minori dimensioni, aspirata dall'ambiente, compressa in due stadi con refrigerazione intermedia
e finale e inviata nel collettore di lavaggio e cio
di alimento dei cilindri motori.
Il primo stadio di compressione dell'aria realizzato con turbocompressori azionati dai gas che
scaricano dai cilindri motori a pressione costante.
Il secondo stadio realizzato con pompe aria a
stantuffo ricavate nello stesso corpo della guida
pattino del manovellismo motore.
Sono proprio questi organi e macchinali, quali
collettori di lavaggio e scarico, pompe aria, tubi
di mandata aria dai turbocompressori alle pompe
aria e relativi tronchetti di raccordo, ecc, che nel
1060 hanno subito una sensibile evoluzione. Si
trattato in particolare di ottenere che queste
strutture fossero pi semplici e attaccato alla struttura del motore in modo decisamente compatto
(ved. fig. 1). Si cercato cio di evitare, come in
certi casi capita di vedere, quelle sovrapposizioni
di collettori, turbocompressori, refrigeranti e tubazioni che, se dal punto di vista teorico non presentano dei particolari problemi, dal punto di vista
pratico possono dare luogo a noiosi inconvenienti
dovuti alla diversa deformabili'^ della struttura
principale del motore o a yibrazirtni isolate dei
singoli organi in questione.
Come si pu notare dalla fig. 2, il motore 1060
presenta, specie per quanto conccrne il collettore di
39

Fig. 2 - Evoluzione dei collettori di lavaggio - A: Motori 900S - Costruzioni vecchie; B : Motori 900S - Costruzioni attuali;
C: Motori 1060S.

Fig. 3 - Dilterinti tipi di pompe*aria.

40

avaggio, delle interessanti semplificazioni rispetto


ii precedenti motori tipo 900, anche se questi preentano attualmente un notevole progresso rispetto
illa loro prima edizione.
L'abbandono di collettori di lavaggio che servono
niche allo smistamento, mediante pareti piane di
separazione interna, dell'aria in arrivo dalle turbo^iiilionti o dalle pompe aria, stato, a nostro parere,
un notevole progresso al quale ha notevolmente
contribuito anche la geometria delle pompe aria
voluinetriche, che funzionano da secondo stadio di
compressione dell'aria aspirata dal motore.
Mentre infatti nel passato le pompe aria ricavate
nel blocco stesso della guida-pattino avevano una
forma che richiedeva la costruzione di appositi
cassoni per l'aria in arrivo e in partenza dalle pompe
stesse, quelle del motore 1060 sono concepite in
modo da formare con 1 loro stessi corpi, fusi in
jhisa, i cassoni dell'aria di aspirazione e mandata.
La fig. 3 mostra la differenza tra i due tipi di
pompa mentre la fotografia di fig. 4 mette in rilievo
un'altra particolarit delle pompe del 1C60 e cio
la loro forma scatolare. Questi blocchi parallelepipedi alliancati l'uno all'altro costituiscono, a met
altezza dei montanti, un notevole irrigidimento di
lutta la struttura del motore e ne semplificano il
montaggio.
A parte queste novit che riguardano la parte
sterna del motore e passando a commentare la
sua struttura base, ricordiamo che essa si articola,
per quanto concerne basamento e montanti, su
particolari in lamiera saldata, il cui disegno stato
notevolmente semplificato rispetto a quello dei
motori di pi antica costruzione, allo scopo di
facilitare le operazioni di saldatura e conferire quindi
alle stesse una maggiore allidabilit.
una tecnica questa che non particolare del
motore 1060 ma che perfezionatasi man mano con
l'esperienza, trova la sua massima espressione nelle
grandi strutture di questo motore.
Per quanto riguarda la geometria del basamento
ricordiamo che essa , come nei motori di pi
piccolo diametro, sempre composta di una traversa
centrale in acciaio fuso a forma di II che si
attacca lateralmente a dei longheroni a strutture
inscatolate, bene adatti a sopportare le forze di
inerzia centrifughe che dalle manovelle vengono trasmesse alle traverse del basamento.
Per quanto riguarda i montanti non abbiamo
particolari osservazioni da fare a parte il fatto che
per il momento essi sono costruiti in due pezzi per
molivi di fabbricazione.
A proposito dei cilindri motori ricordiamo soltanto l'aumento della sezione di entrata dell'aria di
lavaggio dei cilindri stessi, e ci slato fatto non
tanto per limitare le perdite, di carico dell'aria di
questi condotti, quanto per dare una pi opportuna
forma alle valvole automatiche di non ritorno dell'aria di lavaggio dei cilindri motori.
A proposito delle testate cilindro ricordiamo invece la costruzione in un unico pezzo di acciaio
fuso al CrNiMoV bloccato sul cilindro con 16 colonnette. Queste trasmettono il loro sforzo non
direttamente ma attraverso un apposito anello
separato di acciaio, che non soltanto distribuisce
uniformemente i carichi delle colonnette, ma evita

Vig. ' - .Motore FIAT 10G0S - Corpi pompe aria.

l'ig. 5 - Testala cilindro.

anche ogni sollecitazione di flessione indotta dalle


stesse nelle pareti della testata (ved. fig. 5).
In questa atmosfera di semplificazione anche le
camicie hanno subito modifiche, specie per quanto
riguarda la parte superiore e cio quella pi soggetta
all'azione meccanica e termica dei gas della combustione.
Si tratta sempre di quella costruzione composita
gi scelta per i motori 900 e 780, che comporta una
camicia in ghisa di spessore relativamente sottile,
blindata esternamente da un cilindretto di acciaio,
A differenza per di quanto avviene nei motori 900,
essa non richiede, come risulta dalla fig. 6, un
elemento distanziale per appoggiarsi al cilindro
motore, perch questa funzione svolta direttamente dallo stesso cilindretto di blindaggio.
Sono stati effettuati molti studi e prove a proposito dei proporzionamento degli spessori da assegnare alla parete della camicia blindata, che da
un lato a contatto con i gas caldi della combu41

1'ifj. 6 - Confronto dello camicie superiori dei motori FIAT


900S e lUfiOS - A: Motori 900S - Costruzioni vecchie;
B: Motori 900S - Costruzioni attuali; C: Motori 1060S.

slione e dall'altro lato a conlatto con l'acqua di


raffreddamento.
Con l'aumento delle dimensioni del motore non
possibile aumentare oltre un certo limite gli
spessori delle pareti a contatto con i gas caldi perch ci comporterebbe non soltanto un aumento
della temperatura delle supcrfici di scorrimento con
10 stantuffo, il che comprometterebbe la lubrificazione delle parli in movimento, ma anche l'aumento
delle sollecitazioni termiche sia a carattere stazionario che a carattere transitorio.
Occorre anzi, con l'aumentare delle dimensioni del
motore, ridurre piuttosto che umentarc lo spessore
delle pareti a contatto con i gas caldi. Ci si pu
ottenere senza complicati accorgimenti con il blindaggio della camicia, il che comporta una opportuna
scelta degli spessori del cilindro di blindaggio ed
una adeguata dosatura del blindaggio stesso in
modo che non si verificilino a caldo eccessivi forzamenti delle pareti in compressione.
Nel caso del 1060 stato sufficiente adottare
camicie con pareti aventi uno spessore uguale a
quello dei motori 900, per ottenere una situazione
sia termica che meccanica di questo organo di tutta
tranquillit.
2.2. La strattura mobile (manovellizmo motore)
A proposito di questa struttura la maggiore attenzione stata principalmente posta sugli stantuffi
motori, specie per quanto riguarda il loro raffreddamento.
Sono stati studiali e provati a questo scopo prima
11 sistema di raffreddamento ad olio, dimostratosi
valido per prestazioni fino ai 4000 CV per cilindro,
e poi il sistema di raffreddamento ad acqua dimostratosi pertanto consigliabile oltre i 4000 CV per
cilindro.
Per quanto concerne il raffreddamento ad olio,
sistema dal quale non ci siamo finora allontanati,
in coiisiderazioiH dei suoi vantaggi che consistono
principalmente nell'evitare problemi di inquinamento, si trattato di mettere a punto una soluzione
42

compatibile con le grandi dimensioni dello stantuffo


motore.
Come gi scritto a proposito delle camicie, anche
nel caso degli stantuffi motori si imposta la necessit di contenere gli spessori della parete a contatto
con i gas della combustione entro ristretti limiti
per evitare che le temperature raggiungessero valori
tali da compromettere la vita dell'organo sia agli
effetti delle corrosioni che della resitenza meccanica.
Anche in questo caso, come nei motori di pi
piccole dimensioni, stata studiata una costruzione
composita, con testata a parete sottile raffreddata
da olio in circolazione e sopportata da apposito
blocco interno in ghisa sferoidale. Come gi scritto
a proposito delle camicie, si cercato di non superare gli spessori dello stantuffo dei motori 900
conferendo al profilo interno della testata stantuffo
e alle colonnette di fissaggio al suo supporto una
forma e disposizione che permettessero di conciliare le contrastanti esigenze dovute alla riduzione
degli spessori ed alla resistenza meccanica degli
stessi.
La fig. 7 rappresenta tre fasi di questa ricerca nel
corso della quale, partendo da una soluzione geometricamente simile a quella del motore 900 si
passati, attraverso la riduzione degli spessori delle
pareti e delle nervature interne alla testata e attraverso lo spostamento delle zone a contatto fra
queste ed il loro supporto, verso una soluzione tecnicamente valida per il motore 1060.
Per quanto concerne il raffreddamento ad acqua,
sistema che approfitta del pi elevato coefficiente di
trasmissione di questo fluido rispetto all'olio, si
trattato di perfezionare quanto gi a suo tempo
realizzato dalla Fiat in questo campo.
Non riportiamo in questa sede i dettagli costruttivi di questo sistema di raffreddamento, perch
gli stessi saranno oggetto di una prossima comunicazione, non appena completate le esperienze in
proposito, riteniamo comunque interessante ricordare che, come pi sopra scritto, il raffreddamento
ad acqua degli stantuffi motori fu gi adottato nel
passato dalla Fiat sui motori a semplice effetto,
anche quelli di grande diametro (L. 758 M/n
classe Barbarigo , M. 758 M/n classe Oceania ,
ecc).
Ancora attualmente sono in circolazione navi con
motori Fiat aventi stantuffi raffreddati ad acqua
(M. 526 M/n Grimani , M. 604 M/n Celio,
ecc.) con una buona carriera di lavoro.
L'abbandono nel 1937-38 del sistema di raffreddamento ad acqua non fu determinato dalla funzionalit del sistema di introduzione e scarico dell'acqua
negli stantuffi motori. Il passaggio al pi comodo
fluido refrigerante, quale l'olio, fu pi che altro
determinato da motivi ispirati a rndere meno frequente la manutenzione di quegli organi che 30
anni fa non avevano ancora sentito di quell'enorme
progresso tecnologico sul quale possiamo contare
attualmente.
L'adozione infatti di materiali di poca affidabilit
sia per quanto riguarda tubi tuffanti, tenute, ecc.,
l'impiego di acqua salata quale fluido refrigerante
e le tenute all'acqua poco sicure tra asta stantuffo
e diaframmo di separazione dalla camera del
manovellismo, erano all'origine di un certo numero

IT
1 soluzione

2 soluzione

3 soluzione

Fig-. 7 - Motore FIAT 1060 S - Evoluzione della testata stantuffo raffreddata ad olio.

]
I i

di inconvenienti, per fare fronte ai quali occorreva


una continua ed accurata manutenzione, lavoro
questo che andato per man mano diminuendo
nel tempo al punto tale che sui motori costruiti 30
anni fa e tuttora in esercizio non si sentono pi
le lamentele di un tempo.
E proprio seguendo il progressivo comportamento
nel tempo di quei motori con stantuffi raffreddati
ad acqua, tuttora in esercizio, che ci sembrato
maturo il momento per riconsiderare l'opportunit
di impiegare, al di l di certe prestazioni del motore,
lo stesso sistema di raffreddamento di tanti anni fa,
con le sole modifiche che l'esperienza di esercizio
ci ha consigliato, specie per quanto concerne la
forma ed il materiale della tenuta all'acqua.
Altri elementi di rilievo riguardanti la struttura
mobile si riscontrano nella testa a croce che, rispetti'
ai motori di meno recente costruzione risulta, sul
motore tipo 1060, pi ampiamente dimensionata.
Tale diverso proporzionamento riguarda anzitutto il diametro del perno che raggiunge il valore
di 680 mm, pari al 64% del diametro del motore.
La conseguente riduzione della pressione specifica
tra perno e cuscinetto, assieme alla maggiore velocit di scorrimento fra questi due pezzi (dato il
minor rapporto lunghezza biella/raggio di manovella) comportano una migliore lubrificazione di
questa che la pi importante coppia cinematica
del manovellismo motore.
L'adozione di perni di testa croce di notevoli
dimensioni limita anche la deformazione elastica
del perno stesso, il che concorre, a sua volta, ad
evitare delle distribuzioni di carico non uniformi.
A dar luogo per ad una distribuzione corretta
del carico tra perno e cuscinetti lo stesso dimensionamento del cuscinetto la cui deformazione elastica
deve essere in armonia con la deformazione che su-

bisce il perno di testa croce sotto l'azione delle


forze dei gas.
Per questo motivo i cuscinetti sono stati dimensionati in modo da ottenere una notevole rigidit
in corrispondenza della zona di attacco lei metallo
antifrizione e una adeguata flessibilit nella parte
bassa.
Questa costruzione rappresentata nella ftg. 8.
Per quanto concerne l'albero a manovelle rileviamo che esso , come nei motori di pi piccolo
diametro, del tipo semicomposto, con manovelle
in acciaio fuso calettate sui perni in acciaio fucinato.
Si tratta di particolari di imponenti dimensioni di
cui si prevede la costruzione in un unico pezzo per
i motori a 6 e 7 cilindri e in due pezzi per i motori
a 8, 9, 10, 11 e 12 cilindri.
La fotografia di fig. 9 mostra uno dei dui; tronchi
da 135 tonn per i motori a 10 cilindri attualmente in
costruzione.
A proposito degli alberi a manovelle da notare
la particolare attenzione che viene posta nella scelta
dei calettamenti delle varie manovelle, pratica questa che non caratteristica dei motori 1060 ma che
comune a tutti i motori di costruzione Fiat, specie da quando stato introdotto, a questo proposito, l'impiego di un calcolatore elettronico.
Ricordiamo qui, come gi scritto in altra occasione, che per mezzo di tale calcolatore vengono
scelti tra \(N1)/2! tipi di calettamento possibile
quello che meglio soddisfa alle varie esigenze, che
riguardano principalmente :
le azioni libere di inerzia di primo e secondo
ordine trasmesse dai motore alla propri fondazione
i momenti interni che sollecitano la struttura
del motore
43

Vie. 8 - Motor.. KIAT 1OGOS - Biella.

le vibrazioni trasversali della struttura fissa del


motore
le vibrazioni torsionali ed assiali dell'albero a
manovelle
l'azione di inerzia del manovellismo motore sui
cuscinetti di banco e relative strutture di supporto, ecc.
Una selezione di questo genere stata effettuata
durante lo studio dell'albero a manovelle dei tre
motori 10610 attualmente in costruzione.
A proposito dei cuscinetti che supportano l'albero a manovelle, ricordiamo che essi consistono
in una ralla inferiore di acciaio ricoperto da metallo
bianco, sfilabile per le operazioni di manutenzione
e di un cappello superiore ove arriva, direttamente
dal collettore generale, l'olio di lubrificazione.
Come gi fatto nel motore precedentemente progettato, tipo 780, anche per il cappello di banco del
motore 1C60 stato adottato il fissaggio, mediante
due puntoni che scaricano sui montanti le reazioni
dovute al carico di serraggio.
Si tratta di una costruzione gi da noi adottata
nel passato (1.938-^1940: motori di tipo 407) che
permette di ridurre la distanza tra le colonne di
precompressione della struttura fissa del motore,
riducendo cosi gli sforzi dovuti ai gas trasmessi
dall'albero a manovelle al basamento del motore.
Il serraggio dei puntoni viene effettuato mediante
martinetti idraulici interni al dado di ciascun puntone
il che facilita le operazioni di montaggio e smontaggio degli stessi, riducendo in particolare al minimo
il peso ed il numero degli attrezzi usati a tale scopo.
un Iato, questo della manutenzione, che stato
particolarmente curato su questo motore ove non
esiste pezzo di una certa importanza o peso che
non abbia il suo attrezzo meccanico o idraulico
che riduca i tempi di lavoro e la fatica dell'uomo
addirittura al disotto d. quanto avveniva qualche
anno addietro su motori di pi piccole dimensioni.

l'ig. 9 - Motore l'IAT 10610S Tronco di albero a manovelle.


44

I 1
I . !

'4

;) Caratteristiche di funzionamento del motore


Le considerazioni riportate qui di seguito riguardano i risultati delle prove e ricerche effettuale
~ul motore-sperimentale prototipo a due cilindri al
;>anco prova di Torino.
Con questo motore sono state condotte otre 5000
.ire di prova di messa a puno e di durata alla potenza di 4000 CV per cilindro a 106 giri/min eon
una pressione media effettiva pari a 10,13 kg/cm2,
superando per breve tempo i 5000 CV per cilindro
a 112 giri/min p.m.e. = 12 kg/cm 2 e impiegando
nafta pesante con viscosit di '500 Redwood a
1500F.
Le principali caratteristiche di funzionamento di
questo motore sono riportate nel grafico allegalo
fig. 10 e riguardano il funzionamento con una nafta
avente potere calorifico inferiore di 10.100 kcal/kg.

i
1X

pm. e. kg/cm1 )
e
9
6
7

10

3/4

1'2

1'1

11 12
;

feg/cm

SP

soo

70

so

60

'
.

00

250

- ,

g/Cvh
160

_ _

to

'

kg/cm
2

1.5

200

E0

f
/
'

350

300

^^
-*~*

O.5

0
1

150
KO

60

70
1000

80
90
100
Velocita' motore (giri /min )
2000
Potsnza

3000
(Cv/cil)

110
4000

120
5000

Fig. 10 - Motore FIAT 1060S - Caratteristiche generali di


funzionamento secondo la legge cubica di assorbimento
dell'elica - i : Consumo specifico combustibile; 2: Pressione aria uscita compressore; 3: Pressione aria lavaggio;
4: Temperatura gas ingresso turbine; 5: Pressione di
accensione; 6: Pressione massima di combustione.

I!

Noi riteniamo abbastanza interessanti questi dati,


specie tenendo presente che gli stessi sono stati
ottenuti senza eccedere nei valori delle pressioni
massime del ciclo indicato ed in particolare mantenendo sotto 80 kg/cmz i valori di questa pressione alla potenza normale di 4000 CV per cilindro
a 106 giri/min.
questo un valore significativo della ottima qualit della combustione del motore la quale non

richiede di anticipare l'iniezione del combustibile


oltre un certo limite, a scapito delle pressioni
massime di combustione, dello scambio termico con
le pareti e della resistenza degli organi delimitanti
la camera di combustione.
1 buoni risultati sopra riportati sono quindi anzitutto funzione di un corretto dimensionamento
della camera di combustone e dell'apparato di introduzione del combustibile, a mezzo dei quali
possibile ottenere la completa ed uniforme miscelazione tra aria comburente e combustibile iniettato
e quindi il pi rapido e corretto svolgimento della
combustione.
A questa forma di camera di combustione siamo
arrivati attraverso numerose prove in seguilo alle
quali si potuto constatare che, contrariamente a
quanto si possa immaginare, anche questi motori,
che approfittano di cosi grandi volumi per l'introduzione del combustibile, sono estremamente sensibili
alla forma della camera di combustione.
Nella fig. Il sono rappresentati i risultali delle
esperienze effettuate variando la camera di combustione di due tipi di motori di dimensioni pi
p.ccole.
Naturalmente, a dare luogo ai risultali soprani.-ili
non sufficiente soltanto un corretto svolgimento
della combustione, ma occorre anche che alla stessa
segua un buon lavaggio del cilindro motore e cintale lavaggio venga realizzato attraverso un circuito
di sovralimentazione di ottimo rendimento.
Non ci soffermiamo a descrivere in dettaglio lutti
i tentativi e le ricerche condotte a proposito del
lavaggio perch questo argomento gi stato oggetto di una approfondita trattazione in altre precedenti pubblicazioni [1].
Ricorderemo soltanto in questa memoria che dopo
il lavoro di ricerca effettuato per la messa a punto
del motore di pi piccolo diametro tipo 780, che
ha rappresentato lo stadio pi avanzato ove arrivata la ricerca sul lavaggio presso la Fiat, il
lavaggio del 1060 ita subito ancora qualche lieve
ulteriore perfezionamento dando luogo ai risultati
riportati in fig. 12 e ottenuti con una camicia che
presenta 10 feritoie di lavaggio e 0 feritoie di scarico.
Come si nota dalla fig. 13 anche il 1060, come il
motore 780.S, impiega un lavaggio trasversale a
corrente di ritorno con feritoie di lavaggio e scarico
sistemate sullo slesso piano. A differenza per del
motore 780, il motore I0G0 ha una distribuzione
ed inclinazione delle feritoie di lavaggio pi in
accordo con il pi basso rapporto corsa/diametro
(1,78 nel 1060, 2,05 nel 780).
un tipo di lavaggio questo quindi che resta
valido sia per dimensioni del motore piccole, sia
per le pi grandi finora realizzate.
Facendo una grande estrapolazione che, a prima
vista, pu sembrare del tutto curiosa e paradossale,
si pu dire che, sia si tratti di un motore Diesel lento
di grande diametro, sia si tratti di motore piccolissimi a due tempi da competizione [2], il tipo di
lavaggio che meglio risponde alle esigenze di rendimento, semplicit di costruzione e di funzionamento
del motore quasi sempre lo stesso, e cio quello
che prevede un lavaggio trasversale con feritoie
affacciate e con corrente di ritorno (ved. fig. W).
45

Motore 750 8

Motore 600 S

>//,

n 220 gtri/min
i

kg/on
(0
70

60
SO
0

C
350

3^J

30

300
250

1.2

0.1
0.8

170

04

1(0
150

.m..(kg/cm*)

1
(

I"ig. 11 - Confronto camere di combustione di vecchio e di nuovo tipo dei motori FIAT 750S e 600S - A: Vecchio tipo - B:
Nuovo tipo; - 1: Consumo specifico combustibile; 2: Pressione aria lavaggio; 3 : Temperatura gas ingTesso turbine;
4: Pressione di accensione; 5: Pressione massima di combustione.

Pzr quanto riguarda le ricerche effettuate sul


lavaggio abbiamo condotto, approfittando delle dimensioni di questo motore, esperienze aumentando
il numero delle feritoie da 10 a 12, allo scopo di
accompagnare meglio i filetti fluidi dell'aria di lavaggio entrante nel cilindro motore.
l risultati di queste ricerche sono riportati nella
fig. 16 e indicano come, al disopra di certe prestazioni, conviene aumentare il numero delle feritoie
le quali, date '?. loro dimensioni, non sono soggette,
come potrebbe capitare nei motori di diametro pi
piccolo, a pi facili sporcamenti, dovuti a funzionanenvo per lunga durata a basso carico.
Per quanto riguarda il sistema di sovralimentazione, non abbiamo molto da aggiungere a quanto
gi pubblicato da anni sulla bibliografia tecnica.
E nolo infatti che su questo punto la Fiat ha
sempre mantenute una posizione ferma da quando
ha introdotto la sovralimentazione sui suoi motori
a due tempi. Questa impostazione ha comportato
di effettuare la compressione dell'aria di sovralimentazione in due stadi con refrigerazione inter46

media e finale e l'espansione dei gas di scarico


in un solo stadio mediante alimentazione dei
turbocompressori a gas di scarico a pressione costante.
specialmente il sistema di alimentazione dei
turbocompressori a pressione costante che caratterizza i motori Fiat perch esso comporta, specie
per le elevate prestazioni, di poter sfruttare i gas
di scarico dai cilindri motori nella maniera pi
semplice, elastica ed economica possibile.
Dopo le prime ricerche effettuate nel 1953+54
con i due gi discussi sistemi di alimentazione delle
turbine (pressione costante, impulsi di pressione),
la Fiat ha infatti introdotto sui motori di produzione
!a pressione costante data la possibilit:
di poter ottenere soprattutto, qualunque sia
il numero di cilindri di cui composto il motore,
le stesse prestazioni unitarie, fatto questo che
non si verifica nei motori che adottano il sistema
ad impulsi di pressione e che raggiungono le
prestazioni pi elevate soltanto se formati con
3, 6, ;9-l2 cilindri;

/
/
/
/
0

0.5

1.0
1.5
Rapporto di mandato L

2.0

o Risultati ottenuti sul motore bicilindrico


spmimantalc (m cilindra 1 a cilindro 2 )
Curva ottenuto con banco dinamico

su modello $ 200
Lavaggio ideale

i1

il vanttiggio he pu dare il .sistema di sovralimentazione a pressione costante se l'anticipo allo


scarico spontaneo dei gas dai cilindri motori non
supera un certo limite.
Alle informazioni di cui sopra aggiungiamo ancora, per dare il quadro completo delle caratteristiche di funzionamento del motore, che le misure
delle sollecitazioni meccaniche effettuale sui vari
organi della struttura fissa e mobile del motore e le
misure di temperatura effettuate sugli organi delimitanti la camera di combustione non hanno messo
in evidenza stati termici e tensionali di particolare
rilievo.
Nel grafico di fig. 15 sono riportati i valori di
temperatura delle camicie, delle testate cilindro e
degli stantufli rilevati alle prestazioni di 4000 CV
per cilindro a 106 giri/min, con pressione media
effettiva pari a 10,2 kg/cni2.
Per quanto riguarda il raffreddamento stantuffi
ripetiamo quanto gi stato scritto nel paragrafo
precedente e cio che esso stato oggetto di ricerche sia mediante raffreddamento ad olio che ad
acqua e che i valori di cui alla fig. 15 si riferiscono
al raffreddamento ad olio, praticamente impiegabile fino alla potenza di 4000 CY per cilindro.
A questi risultati si pervenuti modificando,
attraverso diversi tentativi che hanno comportato
la modifica degli spessori e della disposizione delle
nervature di supporto, la testata a pareti sottili,
come riportato nella fig. 8 ove sono riportate ar>che
le temperature dei punti pi caldi dello stantuffo.
A proposito del raffreddamento stantuffi ad acqua sono tuttora in corso gli esperimenti che, gi
positivi dopo le prime ore di funzionamento, sono
oggetto del normale perfezionamento conseguente
alla sua messa a punto ed por questo che ci riserviamo di esporre fra non molto i risultati, non
appena avremo completato il nostro programma di
prove.
In questa sede riteniamo opportuno anticipare
che, sebbene non strettamente necessario, esso sar
adottato gi a partire dal 1 motore 10610 attualmente in costruzione. Ci sar fatto per evitare di
avere, nel futuro, quando cio per l'inevitabile progresso tecnico si potranno aumentare le prestazioni
del motore oltre i 4000 CV per cilindro, motori
con due diverse soluzioni e diverso materiale di
rispetto.

A-A

4) Conclusioni
Fig. 12 - Rappresentazione geometrica lavaggio camicie a
10 feritoie e risultati delle prove di lavaggio sul modello
e sul motore al vero.

di semplificare la costruzione dei collettori di


scarico:
di posizionare liberamente le turbosoffianti.
Tenendo presente in particolare che un'alta percentuale dei motori finora costruiti composta da
7 oppure 8 cilindri, ci ha evitato l'inconveniente
di non poter utilizzare questi motori al massimo
delle loro possibilit.
una linea questa dalla quale non ci si rnai
discostati ed alla quale si sono recentemente allineati
anche altri costruttori, pur non utilizzando in pieno

Dopo questa esposizione panoramica delle principali caratteristiche del motore oggetto di questa
memoria si pu concludere che per queste grandi
macchine, che nel passato hanno costituito oggetto
di perplessit principalmente sotto l'aspetto della
loro possibilit di realizzazione tecnica, non vi sono
attualmente problemi che ne possano condizionare
il funzionamento e soprattutto non vi sono dei limiti
ad un ulteriore sviluppo delle attuali prestazioni
che gi toccano il massimo dei 50.000 CV per
unit
La possibilit di costruire delle grandi strutture a
mezzo di precisissirne macchine utensili; l'impiego
di metodi di saldatura che approfittano delle pi
aggiornate tecniche in materia.; gli accorgimenti
ideati allo scopo di contenere le temperature degli
47

Fig. 13 - Confronto in pianta del lavaggio trasversale del motore FIAT 1060S con quello di un piccolo motore a 2 tempi
'la competizione.

05

1.0
15
Rapporto di mondata L

20

. . . . . . Curo v*r cometa a 12 ftritoi


Curva pv micio a 10 feritoia
lovoggro rdMlt

III

*A

VA

111
Fig. 14 - Rappresentazione geometrica lavaggio camicie a
10 feritoie e a 12 feritoie e risultati delle pro\i. di lavaggio
al banco dinamico.

Fig. 15 - Temperature delle testate, delle camicie e degli


stantuffi del motore FIAT 1060S rilevate alla potenza di
4000 CV per cilindro a 106 giri/min, con pressione media
effettiva aria pari a 10 kg/cm'.

48

l'gani pi sollecitati dalia azione dei gai caldi della


mnbustione e quelli presi allo scopo di manovrare
pezzi senza aumentare la fatica dell'uomo e senza
i (intentare i tempi di manutenzione, sono risultati
he permettono di impiegare con la stessa affdanilit che si ha nei confronti dei motori di minori
dimensioni, motori che fino a qualche anno fa si
pensava non potessero trovare facile soluzione.
Si pone a questo punto la domanda circa le
prospettive di affermazione di questi grandi motori
Diesel, specie considerando l'affacciarsi nel campo
elle potenze superiori ai 20.000 CV degli apparati
plurimotori, composti da motori Diesel a 4 tempi
di medio diametro (4O0H-500 mm) che, a parit eli
potenza e combustibile impiegato, comportano da
un lato minor peso ed ingombro e dall'altro lato
un numero notevomente superiore di cilindri motori.
Sebbene questa non sia la sede pi adatta per
trattare di questa materia, ci sembra opportuno
rilevare ehe ci troviamo di fronte a due soluzioni,
ambedue valide, ambedue sviluppate dalla Fiat, che
presentano al costruttore navale due diversi tipi
<ii impiego.

In questa epoca di specializzazione dei servizi


non si tratta pi di mettere a punto un motore
Diesel che sia universale per tutte le applicazioni
navali, ma di realizzare una stretta gamma di
motori che permetta di installare sulla nave pi
adatta ad un dato servizio l'apparato motore pi
adatto per tale tipo di nave.
Noi pensiamo quindi che in questa cornice trovino
adatta collocazione sia gli apparati plurimotori a
quattro tempi, che all'elevato numero di cilindri
contrappongono un peso ed ingombro ridotto, sia
gii apparati con grandi motori a due tempi, come
quelli oggetto di questa memoria che, al pi elevato
peso ed ingombro, contrappongo/io un minor numero di cilindri ed un ridotto numero d' control i
e manutenzioni.
Bibliografia
[1] Ciliberto G. - Ricerche della FIAT sul lavaggio dei motori

ti 2 tempi di grande diametro - Bollettino Tecnico FIAT Grandi Motori - n. 3 - 1968 - Voi. XXI.
[2] Bossaglia C. - II motore a due tempi di alte prestazioni -

A.C.I. - Editrice dell'Automobile - 1968.

49

Analogia elettrica per lo studio


di pareti multiple in regime variabile
Piero Passetti, Giovanni Tardassi (*)

Siano fi e (' rispettivamente la resistenza e la


capacit complessive di un muro costituito da un
o pi pareti: r e e la resistenza e la capacit a partire
dall'inizio del muro fino ad una ascissa e generica.
Le caratteristiche termiche del muro saranno
individuate quando, oltre le grandezze prima dette,
si conosca la legge di variazione di r/R in funzione
di r/C.
Tale legge sar lineare nel caso di una parete
omogenea (v. iig. 1) cio sar rappresentata da una
retta passante per il punto (0,0) e (1,1) Per parete
doppia sar rappresentata da una spezzata (v.
ig. 2) avente il punto in connine ai due tratti in
corrispondenza dell'ascissa //,/(/? 1 +/? 2 ) dove ovviamente //, e R2 sono le resistenze delle due pareti
e della ordinata (\l{(\+(\),
essendo (\ e C2 le
due capacit.

per una variazione a gradino della temperatura a


monte del muro stesso influenzata oltre che dai
valori di R e di (', dai valori delle resistenze agli
estremi del muro e delle capacit degli ambienti.
Come noto il comportamento della parete
suscettibile di analogia elettrica nella quale le resistenze termiche sono resistenza elettriche, le capacit termiche sono capacit elettriche, le temperature sono potenziali e le correnti termiche sono correnti
elettriche.
L'apparecchiatura di simulazione composta da
un complesso u'i resistenze /?, poste in serie e da un
complesso di condensatori C\ aventi un capo a inasta
e l'altro nel relativo nodo tra due resistenze (v.
fig. 3).
I valori delle resistenze e delle capacit elettriche
vengono mantenuti costanti, polendosi simulare un

A H

I-'ip. 1

Agli effetti della trasmissione termica in regime


transitorio, in riferimento anche a quanto scritto
nel caso di oscillazioni sinoidali di temperatura [1],
risulta facile vedere che, a parit di distribuzione,
per pareti di resistenza e capacit totali qualsiasi,
il comportamento coincide quando si consideri in
luogo del tempo t il rapporto adimensionale tjRC
e cos per il salto di temperatura si consideri il rapporto tra detto salto di temperatura ed una differenza presa come riferinr-nto.
L'andamento della temperatura a valle del muro
(*) Istituto tli Fisica Tecnica, Universit di Pisa.

50

Fig. 2

ft

ft

iWWrAAAArWWi

Fig. 3

tnlo, giunge ad un valore assinlotico A'/1,, rrgimr


(v. lg. 5) dipendente da! valore delle resistenze
tenniche del muro e dalli; condizioni ai limiti.
Come da convenzione adottata nei lavori fatti
dall'Istituto di Fisica Tecnica di Padova ed altri,
il rapporto tra l'arca del diagramma delle temperature di risposta ed il suo valore assintotico chiamato tempo di risposta.
Secondo quanto si detto preeedenlemenle, a
questo tempo di risposta corrisponde un valore
adimensionale ottenibile semplicemente mediante
divisione per il prodotto l ('.
In realt invece del tempo di risposta, verr
dato il valore tempo adiinenttionale di risposta, e

[ s i a s i muro, provvedendo ad un semplice spoIamento dei punti di collegamento delle resistenze


dei condensatori.
Nella fotografia che segue, visibile il sistema cone stato realizzato presso l'Istituto di Fisica
Tecnica dell'Universit di Pisp: la resistenza totale
i> stata ottenuta con un complesso di 400 resistenze,
montate in serie, con valore ciascuna di 220 ohm,
mentre la capacit totale si ottenuta per i.iezzo di
30 condensatori, ciascuno da 0,47 nF.
La disposizione delle capacit rispetto alle resistenze resa possibile mediante conduttori ad
attacchi mobili visibili in fotografia che permettono
la connessione degli estremi dei condensatori in
qualunque punto della catena di resistenze.

cio:

Kip. 1

flit

Fig. 5

II sistema viene poi completato da resistenze fe,


Ju poste agli estremi del muro, in modo da simulare l'influenza della convezione e dell'irraggiamento sulle superfci esterne.
Nel caso in cui si volessero considerare anche le
capacit degli ambienti, il sistema in seguito esposto
resta valido inserendo nel circuito capacit elettriche
opportune.
Consideriamo un muro generico che separa due
ambienti. Se in un ambiente avviene una variazione istantanea di temperatura A ^ in generale la
temperatura sulla faccia opposta del muro varia
con andamento di tipo esponenziale, e dopo un
tempo teoricamente infinito ma praticamente limi-

Fig. 6

tempo adimensionale di risposta = tempo di risposta//?,0(. Ciot.


Il tempo adimensionale di risposta assume lo
stesso valore sia per il muro reale che per il muro
elettrico analogico.
Nel seguito vengono :;sati simboli non soprassegnati per indicare le giandezze termiche e simboli
soprassegnati per le analoghe grandezze elettriche.
Il circuito elettrico, con il quale stata compiuta la misura dei tempi adimensionali di risposta,
consta essenzialmente di tre parti (v. fig. 6).
1) II circuito che simula il muro vero e proprio,
comprese R, e la Ru, che da in uscita una tensione
Va analoga a ATU.
51

'2) il circuito che simula il comporta merito del


muro a regime, e che quindi da una tensione Vu regime
analoga a &TU ngimv
3} Vn integratore a cui viene applicata una
tensione che la differenza delle due tensioni
~VHt,.,,. V.,. L'uscita V proporzionale all'area
~A analoga all'arca .'1 di lig. 5.
Il valore V letto sul voltmelro elettronico dopo la
chiusura dell'interruttore da:
1

Nel muro analogico la prima parete vena simulata per mezzo di numero di resistenze NRt pari a
NR1 = a 400 = 289
e di un numero di condensatori NCX pari a
N(\ = p 50 = 44
La seconda parete verr quindi simulata con

iV/?2=ll1
Arr2=6
Supponendo poi che a monte e a valle del muro
A
V =
la somma dei coefficienti di convezione e di irragHint- ( inigiamento siano:
Da cui si ottieni*:
Al=lft
/,2=15
tempo di risposta analogico = Iiinl. ( i,u- V/Vu regime a cui corrispondono le resistenze termiche
tempo adimensionale di risposta tempo di ril
sposta analogico/(/?,,+ W+y?,,) C.
= 0,1
,=
10

J_

Caso di parete doppia

Come gi visto in un precedente lavoro fi] nel


caso di una parete doppia il comportamento della
stessa pu essere completamente individuato da
due parametri a is fi che sono rispettivamente le
frazioni della resistenza e della capacit totali rela
tive alla prima delle due pareti.
Dette /?! e R2, T, e C\ le resistenze e le capacit
delle due pareti si ha:
P

15" = 0C67
Le resistenze elettriche corrispondenti sono
R

88000

U,l

0)55,(

o _ a _H_ o 1
lie-

K,.

-=

88000

= 15,9 kn
= 10,6 kO

L'integratore usato ha rispettivamente resistenza


e capacit

C\+Ct

Rin, = loo kn

Analogamente le resistenze Re ed Ru di entrata e


di uscita tra i fluidi esterni e le due pareti possono
essere rappresentati dai quozienti

Cim = 1 MF
In queste condizioni si ottiene

r-FT e d

V = 6 , 3 V AV,, = 1,13

In questo caso il tempo di risposta viene diviso

per (R, + li, + R2 + l,,) ((\ + C2).


Esempio numerico

Si abbia un muro formato da due pareti: la prima


sia costituita da mattoni pieni^'la seconda da legno,
di cui riportiamo in tabella caratteristiche.

tempo di risposta analogico = 0 1 6,3/1,13 = 0,56


tempo adimensionale di risposta =
= 0,56/23,5 114,5 10 = 0,208.
tempo effettivo di risposta del muro in esame =
= tempo adimensionale (Rr -\- R -f- Hu) C =
= 0,208 (0,1 + 0,55 + 0,067) 88,2 = 13,2 ore.

Parete

Materiale

Spessore

Conducili.

Cai. Spec.

Peso Spec.

nini Ioni

0,24

0,6

0,18

1800

0,02

0,13

0,65

800

Resist.

Capacit

0,4

77,8

0,154

10,4

pieni
legno

Si ha: resistenza complessiva del muro


/ ? = / ? , + R2 = 0,554
capacit complessiva del muro
C =CX + C2 =88,2

52

/? ~ 0,554" ~^11Z
C\
77,8
= 0,88
"C
88,2

Si pensato di effettuare un certo numero di


prove simulando un muro costituito da una o due
pareti.
Nelle tabelle seguenti sono riportati i valori dei
tempi adimensionali in funzione di a e di p e per
diverse condizioni ai limiti.
Il caso di un muro formato da una sola parete
dato da = p.

Tabella A
Rc = 3,3 kn = 0,0375 R
"^^^

Ru = 3 , 3 k n =0,0375

0,1

0,25

0,5

0,75

0,178

0,1920

0,1910

0,178

0,1220

0,07

0,0336

0,1431

0,1015

0,0630

0,1599

0,1279

0,1056

0,178

0,1737

0,1919

0,1910

0,25

0,178

0,5

0,1056

0,1279

0,1599

0,75

0,0650

0,1015

0,1431

0,0336

0,07

0,1220

0,178

0,178

0,9

0,178

Tabella B
Re = 6,8 kn = 0,077 R
"""-^--^

oc

Ru = 3,3 kn = 0,0375 R

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,185

0,194

0,197

0,177

0,116

0,068

0,0337

0,1807

0,1850

0,1434

0,1017

0,0697

0,1322

0,1069

0,25
0,5

0,1270

0,1470

0,1676

0,75

0,0930

0,1221

0,1601

0,0662

0,0960

0,142

0,1850

0,1873

0,1850

0,1801

0,198

0,200

0,185

TabeUa C
Rt =9,1 kil =0,1035 R

Ra = 3:5 kn = 0,0375 R

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1870

0,199

0,197

0,1766

0,114

0,067

0,0297

0,180

0,1870

0,1377

0,1001

0,0703

0,1664

0,1313

0,1085

0,1870

0,1800

0,2082

0,2024

0,25
0,5

0,1356

0,1514

0,1745

0,75

0,1110

0,1360

0,1640

0,0822

0,1100

0,1530

0,1870

0,194

0,1870
53

Tabella D
Ru =3,3 kn = 0,0375 R

Hr = 13,5 kn =0,1535 R
~~-

oc

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1930

0,2000

0,1970

0,1720

0,1120

0,0640

0,0300

0,1835

0,lfl30

0,1388

0,0987

0,0718

0,1687

0,1318

0,1114

0,2040

0,1930

P
0

0,25
0.5

0,1540

0,1675

0,1878

0,75

0,1240

0,1541

0,1853

0,1121

0,1390

0,1730

0,1930

0,1930
0,2200

0,2190

Tabella E
Ru = 3,3 kn = 0,375 R

R. = lOkQ = 0,205 R
a

P
0

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1900

0,2020

0,1910

0,1600

0,1100

0,0620

0,0000

0,1895

0,1900

0,1397

0,0962

0,0000

0,1897

0,1670

0,1352

0,0000

0,1900

0,1851

0,2200

0,2100

0,25
0,5

0,1647

0,1783

0,75

0,1500

0,1721

0,1375

0,1540

0,1890

0,1900

0,2200

y,oooo

Tabella F
Re = 6,8 kn = 0,077 R
p

" - \
0

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1890

0,2020

0,2060

0,1897

0,1380

0,0940

0,0608

0,1878

0,1890

0,1583

0,1223

0,0907

0,1725

0,1482

0,1270

0,1890

0,1878

0,2060

0,2020

0,25

54

Ru = 6,8 kn = 0,077 R

0,5

0,1271

0,1482

0,1725

0,75

0,0907

0,1223

0,1583

0,0608

0,0940

0,1380

0,1890

0,1897

0,1890

?e = 9,1 k

R, = 13,5
0
0,195C

0
0,25

0
0

0,19

0,25
0,5

0,l

0,75

0,l<

0,1.

Tabella G

Re = 9,lkft = 0,1035

Ru = 6,8 kfl = 0,077 R

0,1

0,25

0,5

0.75

0,9

0,1890

0,2040

0,2040

0,1899

0,1360

0,0890

0,0614

0.1908

0,1905

0,1555

0,1198

0,0942

0,1770

0,1439

0,1290

0,2040

0,1905

0,25
0,5

0,1372

0,1628

0,1778

0,75

0,1049

0,1339

0,1659

0,080

0,1100

0,1500

0,1905

0,1905
0,1920

0,2080

Tabella H
Ru = 6,8 kf = 0,077

Re = 13,5 kil = 0,1535 R


~~---.

oc

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1950

0,2040

0,2020

0,1876

0,?3?0

0,0890

0,0590

0,1927

0,1950

0,1567

0,1179

0,0944

0,1779

0,1454

0,1286

0,2070

0,1950

0,25
0,5

0,1513

0,1760

0,1870

0,75

0,1283

0,1570

0,1786

0,1081

0,1360

0,1700

0,1950

0,1950
0,2070

0,2140

Tabella I
Re = 18 kl = 0,205 R

Ru = 6,8 kil = 0,077 R

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1970

0,2100

0,2000

0,1810

0,1280

0,0850

0,0570

0,1550

0,1157

0,0943

0,1800

0,1497

0,1285

0,2150

0,1970

0,2000

0,25
0,5

0,1650

0,1870

0,1920

0,75

0,1499

0,1850

0,1886

0,1340

0,1570

0,1885

0,1970

0,1970
0,2190

0,2220

SS

TabeUa L
Ru = 9,1 kfi = 0,1035

Rc = 9,1 kfi = 0,1035 R

""^ -,
0

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1970

0,2080

0,2120

0,1970

0,1470

0,1070

0,078

0,1818

0,1970

0,1625

0,1315

0,1067

0,1835

0,1517

0,1373

0,1970

0,1880

0,2120

0,2080

0,25
0,5

0,1373

0,1517

0,1835

0,75

0,1067

0,1315

0,1625

0,0780

0,1070

0,1470

0,1970

0,1970

0,1970

Tabella M
/? =9,1 kfi =0,1035/?

R, =13,5 kfi =0,1535/?


a

P
0

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1970

0,2070

0,2070

0,1870

0,1450

0,1040

0,0760

0,1924

0,1970

0,1652

0,1288

0,1056

0,1789

0,1590

0,1377

0,1970

0,1949

0,2150

0,2100

0,25
0,5

0,1524

0,1673

0,1961

0,75

0,1282

0,1501

0,1765

0,1080

0,1320

0,1680

0,1970

0,2090

0,1970

Tabella N
Re = 18 kfi = 0,205 R

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,1990

0,2060

0,2060

0,1850

0,1400

0,1000

0,0740

0.197S

0,19S0

0,1637

0,1290

0,1062

0,1807

0,1571

0,1380

0,1990

0,1944

0,2200

0,2140

0,25

66

Ru = 9,1 kfi = 0,1035 R

0,5

0,1645

0,1790

0,75

0,1501

0,1660

0,1867

0,1324

"0,1530

0,1830

0,1990

0,2130

0,1990

Tabella O
R = 13,5 kfl = 0,1535 J?

R,, = 1 3 , 5 k n =0,1535/?

0.1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,2050

0,2140

0,2160

0,2050

0,1640

0,1300

0,1035

0,1990

0,2050

0,179

O,L48O

0,1285

0,1965

0,1735

0,1571

0,2050

0,1990

0,2160

0,2140

0,25
0,5

0,1571

0,1735

0,1965

0,75

0,1.285

0,1480

0,1799

0,1035

0,1300

0,1640

0,2050

0,2050

0,2050

Tabella P
Ru = 1 3 , 5 k O = 0 , 1 5 3 5 / ?

Rc = 18 k n = 0 , 2 0 5 7?

0,J

0,25

0,5

0,75

0,9

0,2070

0,2140

0,2120

0,1980

0,1600

0,1240

0,1000

0,2035

0,2070

0,1780

0,1455

0,1234

0,1959

0,1704

0,1578

0,2070

0,2010

0,2220

0,2170

0,25
0,f

0,1717

0,1831

0,2035

0,75

0,1450

O,L679

0,1920

0,1280

0,1490

0,1810

0,2070

0,2150

0,2070

Tabella Q

Re = 18 kn = 0,205 R

_ = 18 kn = 0,205 li

0,1

0,25

0,5

0,75

0,9

0,2090

0,2170

0,2200

0,2090

0,1750

0,1450

0,1262

0,1889

0,1610

0,1449

0,1994

0,1821

0,1716

0,2170

0.2090

0,2090

0,25

0,5

0,1716

0,1821

0,1994

0,75

0,144C

0,1610

0,1889

0,1262

0,1450

0,1750

0,2090

0,2090
0,2090

0,1220

57

Tabella 1

R,IR

58

l>0

Ai

0,0375

0,0375

0,178

0,141

0,286

0,145

0,290

0,0770

0.0375

0,186

0,106

0,261

0,123

0,276

0,1035 .

0,0375

0,191

0,080

0,237

0,110

0,266

0,1535

0,0375

0,19..

0,072

0,?37

0,083

0.246

0,205

0,0375

0,194

0,039

0,203

-0,064

0,230

0,0375

0,077

0,185

0,133

0,255

0,153

0,276

0,077

0,077

0,190

0,123

0,253

0,130

0,260

0,1035

0,077

0,102

0,113

0,251

0,116

0,250

0,1535

0,077

0,196

0,083

0,222

0,091

0,229

0,205

0,077

0,197

0,075

0,217

0,065

0,210

0,0375

0,1035

0'189

0,139

0,248

0,157

0,266

0,077

0,1035

0,191

0,119

0,231

0,134

0,250

0,1035

0,1035

0,199

0,096

0,214

0,117

0,235

0,1535.

0,1035

0,198

0,077

0,201

0,092

0,216

0,205

0,1035

0,199

0,070

0,196

0,068

0,196

0,0375

0,1535

0,191

0,164

0,245

0,164

0,246

0,077

0,1535

0,195

0,136

0,22?

0,138

0,229

0,1035

0,1535

0,198

0,122

0,215

0,124

0,216

0,1535

0,1535

0,207

0,091

0,195

0,104

0,207

0,205

0,1535

0,208

0,066

0,176

0,076

0,186

0,0375

0,205

0,193

0,162

0,222

0,166

0,230

0,077

.0,205

0,200

0,140

0,206

0,144

0,210

0,1035

0,205

0,201

0,115

0,185

,-0,128

0,196

0,1535

0,205

0,208

0,114

0,194

0,110

0,186

0,205

0,205

0,211

0,072

0,157

0,087

0,173

Dall'esame dei dati riportati nelle varie tabelle


imita che l'andamento dei tempi adimensionali ,
ier oc costante, sensibilmente lineare in funzione di |3.
La cosa risulta maggiormente evidente nei gra:ici A, B, C, D, E, F, G, H, I, L, M, N, 0, P, Q

he hanno in ordinate i tempi adimensionali ed in


ascisse i valori di p.
Ciascun grafico dato per opportuni valori dei
rapporti fra le resistenze esterne e la resistenza pro-

pria del muro (resistenze esterne adimensionali).


da osservare che le tabelle ed i grafici non sono
riportati per tutti i valori delle combinazioni di
[RejR) ed (./?//?) in quanto, per ragioni di simmetria il valore del tempo adimensionale non si altera
se si scambia (R,jR) con (/?//?), e contemporaneamente i valori di a e di P con i loro complementi ad
1 (uno).
Le rette riportate sui grafici passano, con un

Fig. A

Fig. C

T.A

A.O

*<<>&

e.

It

US

I.S

IS

( J . I

Fig. H

Fig. li

I Ofi

Jfr. fi

Fig. L

T.A

'

+ -O.4

-i-cjl

Fig. N

errore massimo del 5%, per i valori dei tempi


adimensionali determinati sperimentalmente per a
costante.
Dall'esame delle tabelle e dei grafici risulta inoltre
che la legge di variazione dei tempi adimensonali
in funzione di a. per (3 costante pressoch parabolica.
In definitiva si possono esprimere tempi adimensionali per ogni condizione ai limiti con una legge
del tipo:
Tempo
(l)
p adimensionale = A + B (
/() =
a a* . a''
con A = /(a)
i
0
B / (/ () )
, I coefficienti a0, alt at, b0, bu sono stati ricavati
con il metodo dei minimi quadrati e vengono ripor-

tati in funzione di tutte le combinazioni delle resistenze esterne adimensionali, nella tabella fi) seguente :
Esempio numerico

Ci si riferisce allo stesso muro prima considerato.


La resistenza adimensionale di entrata (RJR) =
= 0,1/0,554 = 0,18 e quella di uscita (ftu/ft)
= 0,067/0,554 = 0 , 1 2 .
Interpolando i valori della tabella 1 precedente
si ottiene:
a = 0,203
a, = 0,0715
at = 0,1885
60 = 0 , 0 8 4 fc, =0,201
tempo adimensionale =
0,203 + 0,0715 0,772 0,1885 0,772* + (0,084 +
+ 0,201 0,772) 0,88 = 0,2089.
61

Fig. Q

I grafici di fig. (S) e (T) riportano i valori dei


vari coefficienti in funzione di (Re/R) e per i diversi
valori di [RJR).
Considerando le rette di compenso di detti grafici,
sono state determinate le equazioni delle rette stesse.
Si ottiene:
=

0,1755 + 0 , 0 8 8 -^^ - + 0,086

0,1408 0,49 li'- + 0,187

ai

Fig. S

a2 = 0,2989 + 0,357

ti

+ 0,3156 4ti r

be = -0,1583 + 0,502 A - - 0,132 "ti

bi =

0,3163 0,37

ti

0>37

^ T
ti

Il calcolo dei tempi adimensionali con l'impiego


di dette equazioni presentano un errore massimo
del 5%.
Esempio numerico

Riferendoci al caso precedente si calcolano con


le precedenti i valori dei coefficienti.
Si ottiene:
a0 = 0,1755 + 0,088 0,18 + 0,086 0,12 = 0,2018
ax = 0,1408 0,49 0,18 + 0,187 0,12 = 0,0753
at = 0,2989 + 0,357 0,18 + 0,3156 -0,12 =
= 0,1972.
bQ = 0,1583 + 0,502 0,18 0,132 0,12 =
= 0,0837
bx = 0,3163 0,37 0,18 0,37 0,12 =? 0,2053
Tempo adimen. = 0,2018 + 0,0753 0,772
0,1972 0,772* + ( 0,0837 +
+ 0,2053 0,772)
0,88 =0,208.
62

"VWS5

C;%OE K ^

Fig. T

Gli A.A. ringraziano il Prof. Lorenzo Poggi, Direttore dell'Istituto.


Bibliografa
[1] Passetti P. - Un metodo per lo studio della trasmittione
di calore in pareti multiple in regime sinoidale- * Ricerche
di Termotecnica n. 16.

Sollecitazioni termiche nello stantuffo di un motore a C. I.


Giancarlo Ferrari (*)

Riassunto - Recentemente stato messo a punto,


presso i laboratori del CNPM una nuova apparecchiatura per la determinarAone della temperatura dello
stantuffo di un motore alternativo a C.I., ila quale
attraverso l'accoppiamento di due campi magnetici,
elimina gli inconvenienti presentati dai tradizionali
contatti, intermittenti o striscianti.
Mediante questa tecnica, possibile rilevare con
sufficiente precisione la temperatura di alcuni punti
dello stantuffo, prmettendo cosi di valutare con sicurezza l'influenza esercitata dai principali parametri
motoristici.
La determinazione per dell'effetto prodotto dalla
variazione di una delle dimensioni geometriche dello
stantuffo, utilizzando esclusivamente questa tecnica
sperimentale, risulterebbe sensibilmente lunga e costosa,
richiedendo Iti, realizzazione di diversi prototipi.
Con queHo lavoro si perci voluto presentare un
procedimento analitico che permetta di valutare, con
risparmio di costi e di tempo, le ripercussioni sulla
distribuzione di temperatura, dovute alla variazione
di qualche grandezza geometrica.
Per poter ottenere, per, dei risultati sufficientemente precisi, il metodo proposto richiede l'utilizzazione
di alcuni dati ricavati sperimentalmente.
Inizialmente quindi vengono esposti i fondamenti
teorici del procedimento analitico, mentre successivamente vengono discussi i rilievi sperimentali, effettuati
su di un motore a ciclo Otto di media cilindrata europea (1600 cm3) che sono stati presi come base per il
calcolo della distribuzione di temperatura nello stantuffo.
Summary - Recently a new device to measure the
temperature of the piston of an internal combustion
engine has been gotten ready at CNPM Laboratories,
which, by the interaction of two magnetic fields,
eliminates the troubles of the traditional contacts,
being they intermittent or sliding. By this tecnique,
it is possible to know with sufficient precision the
temperature at some points of the piston, thus being
able to determine with certainty the influence of the
main parameters of an engine.
However, the evalual'dit of the effects caused by
the variation of one of the geometrical dimension of the
piston, by the meaning of this experimental tecnique
alone, would be quite long and expensive, needing for
that too many prototypes.
In this paper an analitical procedure is presented
to evaluate, with less costs and time, the repercussions
on temperature distribution, due to the -variation of
some geometrical dimension.
(*) Ricercatore del CNR presso il CNPM (Centro Nazionale
di ricerca sulla Propulsione e sull'energetica - Milano).

Anyway, to be able to get quite precise results, the.


proposed method needs some data from experimental
work.
Therefore, the theoretical ground of the analytical
procedure is shown before, while the experimental
results are discussed later, to be of basis for the calculation of the temperature distribution of the piston.
The internal combustion engine used the displacement
of an average european car (1600 cm3).
Introduzione
II problema della determinazione deile sollecitazioni termiche, che si presentano nello stantuffo
di un motore alternativo a combustione interna ha
da tempo attirato l'attenzione dei ricercatori che
lavorano in questo settore, a causa della sua fondamentale importanza per il buon funzionamento del
motore.
Infatti sono ormai state proposte le pi svariate
tecniche [1] -r [9], per la misura in laboratorio della
temperatura raggiunta da questo organo e parallelamente, a causa della complessit di queste prove
e del sensibile margine di incertezza che lasciano
sussistere, si sono suggeriti diversi metodi di calcolo teorico [10] -f- [13], basati su semplificazioni
pi o meno drastiche, che spesso portano a risultati
abbastanza lontani da quelli previsti.
Recentemente sono stati messi a punto dei nuovi
sistemi di misura [14] -r- [18], con i quali possibile
rilevare con sufficiente precisione la temperatura
di alcuni punti dello stantuffo, permettendo cos di
valutare con sicurezza l'influenza esercitata dai
principali parametri motoristici.
La determinazione, per, dell'effetto prodotto
dalle dimensioni geometriche dello stantuffo, utilizzando esclusivamente queste tecniche sperimentali, risulterebbe sensibilmente lunga e costosa,
richiedendo la realizzazione di diversi prototipi.
perci sentita, da parte delle case costruttrici di
stantuffi, l'esigenza di un procedimento di calcolo,
che permetta di valutare con risparmio di costi e di
tempo, le ripercussioni sulla distribuzione di temperatura, dovute alla variazione di qualche dimensione geometrica.
Con questo lavoro s'intende presentare un tale
metodo di calcolo, il quale, per5!, per poter portare a
risultati sufficientemente precisi, richiede l'utilizzazione di alcuni dati ricavati sperimentalmente.
Perci, inizialmente verranno esposti i fondamenti
teorici del procedimento di calcolo, sottolineando
l'influenza delle principali dimensioni geometriche.
Successivamente verr discusso l'effetto dei parametri motoristici sui valori rilevati sperimentalmente
e presi come base per il calcolo della distribuzione
di temperatura nello stantuffo.
63

Schematizzazione del problema

Poich le equazioni differenziali di conduzione


termica possono essere integrate in maniera esatta
solo quando si riferiscono a corpi geometricamente
semplici, occorre innanzitutto premettere una semplificazione della geometria dello stantuffo.
Con questo proposito prendiamo in esame la
sezione dello stantuffo di' serie di un motore a ciclo
Otto per autotrazione, che stata utilizzata per i
rilievi sperimentali e che viene riportata in fig. 1.

Fatta poi, l'ipotesi di simmetria di rotazione dei


campi di temperatura, potremo limitare la nostra
attenzione ad una met del cielo, ottenendo cos
lo schema definitivo illustrato in fig. 2.

s-ila

M i

li

1 If

Sr*9l

y.
f

Fig. 2 - Rappresentazione schematica del flusso di colore


attraverso il cielo dello stantuffo.

Fig. 1 - Sezione dello stantuffo di serie di un motore a ciclo


Otto.

In condizioni di funzionamento stazionario, i gas


presenti nella camera di combustione cedono alla
superficie superiore del cielo un flusso di calore Q,
il quale si sposta lungo il corpo dello stantuffo e
viene, in parte: Qr, smaltito dall'olio che arriva a
lambire la superficie inferiore del cielo, in parte:
Qm viene ceduto alla parete del cilindro attraverso
le fascie elastiche ed il mantello. Ovviamente da
un bilancio energetico scende la relazione:
Q = Qr + <?m
Una prima semplificazione che effettueremo sar
quella di separare il problema della conduzione
termica nel cielo, da quello relativo al mantello.
L'influenza di quest'ultimo, cio, sul flusso di calore
che attraversa il cielo, verr messa in conto mediante una opportuna conducibilit termica, agente
sulla corona circolare di diametro esterno de e
diametro interno dit tale da assicurare appunto lo
smaltimento del flusso Qm.
Inoltre, riferendoci ai flussi per unit di area,
?> ?r> Imi 1' riterremo per semplicit, uniformenente
distribuiti sulle rispettive superfici. In particolare
si trascurer la leggera bombatura del cielo assimilandolo ad un disco cilindrico di spessore costante s, riferendo di conseguenza q alla sezione normale
dello stantuffo:

64

ni

***

Occorre, infine, osservare che i problemi di sollecitazione termica pi gravosi si riscontrano proprio
nel cielo.
In prossimit della mezzana, infatti, si presentano
le massime temperature e, di conseguenza, si hanno
i maggiori pericoli di sfondamento in condizioni di
combustione anomala [19], Mentre la temperatura
raggiunta in corrispondenza della cave di alloggiamento della prima fascia elastica, costituendo il
massimo valore cui soggetto il lubrificante, fornisce una misura del rischio di carbonizzazione dell'olio, con conseguente bloccaggio dell'anello. Perci, con il presente lavoro, ci si limiter a ricercare
una espressione analitica della temperatura del
generico punto del cielo, rinviando, per quei che
riguarda il mantello, di pi difficile schematizzazione, a metodi di calcolo approssimati [20],
Equazione di conduzione

Introdotto allora un sistema di assi (r, z) in direzione radiale ed assiale rspettivamente, la temperatura del generico punto T (r, z) dovr soddisfare
all'equazione di Fourier, la quale, con l'ipotesi, di
stazionariet (1).
(STjSt = 0), assume la forma:
Sr 2

Sr

= 0

(') In realt durante il ciclo di funzionamento, sia la


temperatura del gas nella camera di combustione che il coefficiente di trasmissione del calore, variano con l'angolo di
rotazione della manovella. Perci anche la temperatura del
cielo dovrebbe subire delle oscillazioni periodiche durante il
ciclo di lavoro. Secondo [18] per, un calcolo effettuato su
di un motore a duo tempi, ha messo in evidenza che tale
OBcillazione era all'ordine di 1,25C, ossia inferiore allo
0,5%, il che giustifica la limitazione del problema al caso
stazionario.

Introdotte le coordinate adimensionali: p 2r/d,


= s/s, e posto :
e = 2s/rf
T = fg T
(2)
love con Tg si indicato u n opportuno valore melio della temperatura dei gas nel cilindro, tale che
accoppiato ad un coefficiente liminare medio oc,
valga la relazione q = a (TgT), la (1) diventa:
S*T
1 ST
_ J _ S2T _
+
"Sp^" "* p~~ ^8p~ ~P~ 1 ^ " ~~
* '
con le seguenti condizioni al contorno:
a) (J

= 0 per 0 < i) <, 1: per ragioni di

b) (
j
= 0 per 0 <, rj <, 1 : ossia si trascura il
\ Sp / P = i f j u s s o dj calore attraverso l'aletta
superiore del primo anello, dal
mo nento che sussiste un gioco radiale tra stantuffo e cilindro, ripieno di gas di trafilamento.
ed
ed _
_
.
ossia si ritiene uniformemente distribuito il flusso di calore verso
il cielo dello stantuffo.
ed

"()

g r per 0 , p .< p r : ossia si


ritiene uniformemente distribuito
il flusso di calore verso il lubrificante.

ed

= ~2X" ?mper Pi <. p ^ p c : ossia si


ritiene uniformemente distribuito
il flusso di calore verso il mantello.

(
J

= o per pc <, p <, 1 : ossia si trascura il


flusso di calore verso l'anello in
direzione assiale, poich sussiste
un gioco assiale tra anello ed aletta
ripieno di gas di trafilamento.
In base a queste condizioni, con il procedimento
illustrato in appendice possibile integrare la (3),
giugendo all'espressione (a, 10):
ed
d ,
, "1
...
71

''1=1

nella quale il fattore x (p> i) pu essere calcolato


attraverso la (a, 9), una volta note le dimensioni
geometriche dello stantuffo e le costanti r =grl9
ed .
Indicata allora con 9 = To T la differenza tra
la temperatura del punto centrale, sulla superfcie
affacciata alla camera di combustione 0 = (0, 0)
quella del generico punto del cielo, per la (4)
si ottiene:
6 = Ta T =

^i^r^+v-v

(5)

Perci, se viene determinata sperimentalmente,


per una data condizione di funzionamento del motore, oltre alla temperatura del punto 0, anche quella
di un secondo punto del cielo, per esempio A [(pj +
+ pe)/2, 1], dalla relazione:

e,. = 7 ' n

T|_T

'' ~XoJ

(6)

Si pu ricavare il valore del flusso di colore q


relativo a quella condizione di funzionamento del
motore. Risulta cosi individuata, attraverso la (5),
la distribuzione di temperatura sul cielo dello
stantuffo.
Influenza delle dimensioni geometriche e delle condizioni di raffreddamento
Come applicazione delle relazioni trovate, cerchiamo di mettere in evidenza l'influenza esercitata
dalla variazione di una dimensione geometrica dello
stantuffo o delle condizioni di raffreddamento del
cielo, sulla distribuzione della temperatura.
A questo proposito occorre osservare che, a parit di condizioni di funzionamento del motore, al
variare di una delle dimensioni, cambia la resistenza
termica dello stantuffo e di conseguenza anche il
flusso di calore attraverso il cielo e la relativa caduta di temperatura. Perci, per lo scopo che ci si
propone, si pensato di esaminare innanzitutto
l'andamento della differenza T 0 e T 4 tra la temperatura media dei gas e quella dei punti 0 ed A,
nonch della caduta di temperatura 6^ t r a il punto
medio del cielo (punto 0) ed il porta-fascie (punto
A), In pratica, per dare una maggiore generalit
alla trattazione e per il fatto che i suddetti valori
possono essere ricavati con le relazioni date al
paragrafo precedente, una volta nato q, che si
ritenuto di calcolare attraverso la (6), dopo aver
misurato sperimentalmente i valori di To e TA, si
sono calcolate le quantit adimensionali:
qd

X
proporzionali alle differenze di temperatura citate.
Queste grandezze sono state riportate nei grafici
di fig. 3, in funzione della distanza relativa interna
del porta-fascie dall'asse di simmetria p,- = dijd,
per diversi valori dello spessore relativo del cielo
e = 2s/d e del fattore di raffreddamento r = q,jq.
Successivamente, per avere una visione pi precisa della variazione della distribuzione di temperatura nel cielo, si calcolato il rapporto 9/0.., t r a la
caduta di temperatura 9, che si ha nel generico
punto, rispetto al punto centrale 0 ed il valore di
9, l( per le diverse condizioni illustrate nei grafici
delle figg. 4, 5, e 6.
Dai diagrammi della ig. 3 si pu allora ricavare
che, a parit di e ed r, un irrobustimento del portafascie, ottenuto diminuendo p ; , comporta una riduzione del salto di temperatura 9^ ; accompagnata
da un sensibile abbassamento della temperatura To
della mezzaria del cielo ed un leggero aumento di
TA. I tre grafici della fig. 4 che forniscono il valore
della caduta relativa di temperatura 8/9^ per
i ) = 0 ; i ) = 0 , 5 ; 7 j = l , in funzione della distanza p
del punto in esame dell'asse di simmetria, danno
una misura quantitativa della suddivisione della
caduta totale 0A) attraverso il cielo.
Si vede quindi che, oltre ad una generale diminuzione del livello di temperatura, l'irrobugtimento
del porta-fascie esercita una influenza sull'andamento delle isoterme, specialmente per i valori di

65

o.o
r.O.t

l\*0.0
E . 0,1 i.

0,2

0.'
i.O

t.l -

T o / <*7

~^1

0:
3.-

0.0.8

S/- 0.6

e 0.16
t.0,2i

3.8

0.

5.

t.0.32

OA

1.0
0,0

^ ft
0.2

Oft

0.7

o.e

I..3

Jim 0.7

0.6

o,a p io

Ofi

Ofi

3i

".i.0

.
3ft

1-

r.0.0
rmO.l
r.0,2

3.6

-^'

0.S

0.7

Iqd

0.0

*IT

0.

n-

Fig. 3 - Influenza delle dimensioni geometriche e delle condizioni di raffreddamento su alcune quantit adimensionali
proporzionali alle cadute di temperatura.

p > 0,5, favorendo lo smaltimento del calore verso


il mantello.
Analogamente, un aumento dello spessore relativo
e del cielo, comporta una diminuzione di 8^,, accompagnata da una riduzione sia del valore di To
che di TA. La sua influenza sulla distribuzione di
temperatura, come si pu dedurre dai diagrammi
di fig. 5, limitata alla zona superiore del cielo
(TJ ^ 0,5), mentre in corrispondenza all'attacco del
porta-fascie, l'effetto sull'andamento delle isoterme
trascurabile.
Infine, si esaminata l'influenza del coefficiente di
raffreddamento r, al crescere del quale si abbassa
in maniera sensibile sia la caduta globale di temperatura 8,i, che i valori di To e TA. La distribuzione di temperatura attraverso il cielo, come mostra la fig. 6, varia in maniera poco sensibile, essendosi mantenuto inalterata l'estensione del campo di
raffreddamento (pr = p,- =0,7), per si assiste ad
una generale diminuzione dei livelli di temperatura.
Per concludere possiamo osservare che, dei tre
provvedimenti ora visti, che portano ad una diminuzione dei valori di temperatura del cielo, l'aumento del coefficiente di raffreddamento si rivela senz'altro il pi conveniente.
86

f .O

^*

"

.0

r =0.1

Q.

kl

ft-oE

5PO.

\V

2
q 1.0

0.0

0.2

o.t

Ofi

Ofi

Fig. 4 - Influenza dello spessore del porta-fascie sulla Caduta


relativa di temperatura.

0.0
, 0.0
.ni

* ^
0.1

a.'
e = 0 te

2C

3*

e cO. 32

0.0

0.2

O.i

O.S

0.

0.0

0,2

O.i.

0,6

0*

tO

0.0
= 0.5

0,2 -- ' |* rsETs

E =0,24

S/ = 0.7
0.4
et
0.

5
o
2 0.B
Q

r=0. 0
r=0,1
r-0. 2 -^

"-

cj
1.0
0.0

0.2

O.i

0,6

'.0

00 i

o.o
n=

io

CI)

'02
= 0.7
r a

=0.7

o.i

N\

0.5

a. 0,6
Ul

Ofi

0.
0.2

e = 0.32

a
1

to

o.o

>.o

of

o,t

0.6

o.a j

io

Fig. 5 - Influenza dello spessore relativo del ciclo sulla caduta di temperatura.

0.0

0.1

0.6

Ofi

01

% 1.0

Fig. 6 - Influenza delle condizioni di raffreddamento sulla


caduta di temperatura.

67

Nei diagrammi che seguono, ci si limiter a riportare i valori della temperatura del punto pi
significativo, ossia del punto centrale del cielo, al
variare dei principali parametri motoristici, con
l'intento di mettere in evidenza e di giustificare,
dove possibile, l'influenza esercitata da ognuno di
essi.
In fig. 8 si mostrano i rilievi eseguiti, al variare
del regime di rotazione e del carico, quest'ultimo
espresso come percentuale della potenza massima
fornita dal motore a quel dato regime. Si pu allora
constatare che l'influenza del numero di giri, a
parit di carico, sulla temperatura dello stantuffo
abbastanza sensibile. Si ha infatti, una variazione
media di temperatura di 6 -H 20C, per un incremento di 1000 giri al minuto nella velocit di rotazione, a sconda della percentuale del carico.
Questa influenza si pu spiegare facilmente, pensando che al crescere del numero di giri, a parit
di carico, aumenta la quantit di calore che si svi-

Infatti esso risulta molto efficace, non altera il


valore delle masse in moto alterno ed inoltre pu
essere realizzato in maniera abbastanza semplice,
mandando attraverso la biella fino allo spinotto
una quantit di olio in esuberanza, in modo che
questo, fuoriuscendo dal piede di biella, vada ad
investire il cielo. Supposta la temperatura dell'olio
sui 75 -=- 80C, per un campo di raffreddamento
fr = 0,7, si calcola che si possono avere .valori di
r = 0,2, pur di ottenere dei coefficienti liminari
di trasmissione tra olio e superficie del cielo pari a
<x0 = 600 4- 800 kca/mahC, valori realizzabili
facilmente [18] con un semplice spruzzo di lubrificante.
Rilievi sperimentali: influenza dei parametri motoristici

Precisati questi utili dati che si possono ricavare


dalle relazioni analitiche trovate, occorre per qui
ricordare che la complessit della geometria dello

STRUMENTO
INDICATORE

ALIMENTATOLE

i!

Ij

GENE* ATORE

FILTRO

ii

j
COMMUTATORE
'-

RESISTENZA 01 MIS.

F=-----.

RIVELATORE

Fig. 7 - Schema dell'apparecchiatura per il rilievo della


temperatura.

stantuffo tale che per ottenere il valore del flusso


di calore q e per poter valutare con sicurezza l'influenza dei parametri motoristici sui valori di
temperatura, necessario fare ricorso all'esperienza.
La fig. 7 mostra lo schema di funzionamento della
apparecchiatura per il rilievo della temperatura in
un punto qualunque dello stantuffo, che attualmente permette di effettuare le misure pi precise
( 1%). Per una descrizione dettagliata di tale sistema di misura, si rinvia alla bibliografia [15],
qui ci si limita a ricordare che esso utilizza come
organo sensibile alla temperatura un termistore 1,
collegato alla bobina mobile 2, la quale accoppiandosi alla bobina fissa 3, al punto morto inferiore,
trasmette il segnale di misura all'apparecchio indicatore. Servendoci di questo strumento si rilevata la temperatura raggiunta dai punti 0 ed A
(si veda la fg. 7) del cielo dello stantuffo di un motore di media cilindrata europea (1600 cm3) valori
che, come si visto, sono sufficienti ad individuare
q attraverso la (6) e quindi l'intera distribuzione
di temperatura nel cielo, per mezzo delia (5).
68

CARICO 25 V.
CARICO = SO /.
9

CARICO - 75 V.

CARICO = K0 V.

\N.O.*XMOTOfl-TEMPERAWRA DELfACaUA'ISX-ANriCIPO OTTIMO |


ISO
VELOCITA1 DI ROTAZIONE l

Fig. 8 - Influenza del carico sulla temperatura dolio stantuffo.

luppa nell'interno del cilindro nell'unit del tempo.


Di conseguenza, mantenendosi costante la temperatura del mezzo di raffreddamento del motore, dovr
crescere la temperatura dei vari organi ed in particolare dello stantuffo.
Analogamente, a parit di numero di giri, al
crescere del carico aumenta la quantit di miscela
bruciata nell'unit di tempo e quindi, per la ragione
vista in precedenza, anche la temperatura dello
stantuffo. Per il motore in prova si costatato che
tale aumento si manteneva, (a seconda del regime
di rotazione), sui 9 -f- 15C per una variazione del
carico del 10%.
Successivamente si analizzata l'influenza della
temperatura dell'acqua di raffreddamento, la quale
stata fatta variare, a regime di rotazione e potenza costante, sull'intero campo pratico di interesse per un motore di autovettura: da 50C a
100C.
Si cos potuto rilevare un'influenza, pressoch
lineare, della temperatura dell'acqua di raffreddamento su quella del cielo dello stantuffo, come mostrato dal diagramma j.i fig. 9, in cui si riassumono

NO'SOMOTOR-TEUPERATURA OELCACaUA'IS'C-PIEHO CARICO

ANTICIPO ALL'ACCENSIONE

Fig. 10 - Influenza dell'anticipo all'accensione sulla temperatura dello stantuffo.


\NO-S0MOTOIi-PICN0
CARICO-ANTICIPO OTTIUO\
|
,
|
r,

O It = .000 fi/t]
9 i) * tcco

n * 3000

JCUPCDAURA DELL'ACauA

[[]

Fig. 9 - Influenza della temperatura del mezzo refrigerante


sulla temperatura dello stantuffo.

i rilievi effettuati. La variazione media della temperatura dello stantuffo oscilla tra i 5,5 -f- 8,5C
per un cambiamento di 10C nella temperatura della
acqua di raffreddamento. Naturalmente i valori
pi elevati sono relativi ai pi bassi numeri di giri,
in quanto, in questo caso, essendo pi ridotto il
flusso di calore verso l'esterno, inferiore la differenza tra la temperatura dello stantuffo e quella
del mezzo refrigerante.
In fig. 10 si riporta, poi, l'andamento della temperatura delio stantuffo in funzione dell'angolo di
anticipo all'accensione, per un numero di giri mantenuto costante, a pieno carico.
La temperatura dell'acqua di raffreddamento
stata tenuta sugli 85C. Sulla parte superiore del
diagramma si sono tracciate anche le curve della
potenza in funzione dell'angolo di anticipo, in modo
da poter individuare il valore di anticipo ottimo
per ogni numero di giri. Dai rilievi effettuati risulti*;

subito l'estrema sensibilit del motore in prova rispetto al valore dell'anticipo.


Si ha, infatti, una variazione media della temperatura dello stantuffo di circa 2C per ogni grado,
all'incirca sull'intero campo del numero di giri.
Finch l'anticipo al di sotto del valore di massima
potenza, l'aumento della temperatura al crescere
dell'anticipo stesso, pu essere giustificato dal fatto
che si ottiene il risultato di accrescere la quantit
di calore liberato dalla miscela fresca, prima che
questa venga scaricata dal cilindro.
Quando si supera il valore di massima potenza,
si ha un continuo aumento deila temperatura, con
una rapidit leggermente superiore. Si verifica cio
la circostanza che una porzione sempre maggiore
di carica fresca, al crescere ulteriore dell'anticipo,
risulta completamente combusta prima che lo stantuffo concluda la sua corsa di compressione. Questi
gas, gi caldi, vengono compressi in condizioni
pressoch adiabatiche e, di conseguenza, sono portati ad una temperatura sensibilmente superiore
a quella che si raggiunge durante una combustione normale. Se si tiene presente poi, il fatto che
il cielo dello stantuffo costituisce una gran parte
dell'intera superficie della camera di combustione,
in prossimit del punto morto superore, si comprendono facilmente gli elevati valori di temperatura
misurati.
Infine, si valutata l'influenza del rapporto aria/
combustibile sulla temperatura dello stantuffo. I
risultati ottenuti, a numeri di giri costante ed a
pieno carico (temperatura acqua di raffreddamento 85), sono ripetati nel diagramma di fig. 11,
nel quale si mostra anche l'andamento della potenza
fornita dal motore in funzione del rapporto aria/combustibile. I divergi valori di ricchezza sono stati
ottenuti variando il diametro del getto principee
del carburatore. Si pu cos osservare come la tem-

It

! .

_.:p

fS,

'r]

j"
S

,5

Appendice

<S

[NO-ttSMOraR-'EMPERATUBt DELL ACQ.UA ti'C -FIENO CAHICO


O

l> m 5.000

9 i.ooo
9 n i.ooo ff/tj

'"a

it

volta note con sufficiente precisione le sollecitazioni tarmiche che si accompagnano a quelle meccaniche; ma anche dai produttori di oli lubrificanti
che potranno avere dati pi sicuri circa il livello di
temperatura a cui l'olio chiamato a funzionare,
in prossimit della prima fascia di tenuta.

i
,
K
j,
RAPPORTO AmtjCOMtUSTIBILE /!*!

Fig. 11 - Influenza della ricchezza sulla temperatura dello


stantuffo.

peratura dello stantuffo presenti un massimo in


corrispondenza di una miscela ricca (ricchezza relativa Rr = 1,2 4- 1,3), per la quale il motore fornisce
anche la massima potenza. Smagrendo la miscela,
ovviamente il calore che si sviluppa nel cilindro
nell'unit di tempo risulta diminuito, di conseguenza
anche il cielo della stantuffo si porta ad una temperatura inferiore. Questo, nonostante il fatto che la
combustione della carica continui durante la fase
di scarico, poich sia la velocit di propagazione
del fronte di fiamma che quella di reazione si riducono progressivamente, impoverendo la miscela,
con la conseguenza che i gas scaricati risultano pi
caldi. Il diminuire della temperatura dello stantuffo al crescere della ricchezza, oltre al valore
Rr 1,3, s spiega tenendo presente che la quantit
di combustibile che riesce effettivamente a bruciare si mantiene costante, a causa della mancanza
di ossigeno, mentre il carburante introdotto in
eccesso, vaporizzando, contribuisce ad assorbire
calore e quindi a raffreddare, in particolare, il cielo
dello stantuffo.

Una soluzione particolare della (3) si ottiene facendo l'ipotesi che la t (p, i\) risulti dalla somma di
due funzioni, di cui una dipenda dalla sola ij:
T
= (i) + v \P, i)
Dovendo la u (ij) soddisfare alla (3), deve essere:
1 du3
~!*~ dr,2 ~~
e perci: u = C, + C2 >].
Per quel che riguarda la componente v (p, ig), la
si pu pensare come il prodotto di due funzioni,
l'una della sola p e l'altra della sola t\\
v (P, n) = / (P) g {i
che sostituita nella (3) da:
Ld

_L JtL 4. _L JL. -

*8

Poich il primo membro di questa relazione dipende solo da p ed il secondo solo da rj, entrambi i
membri dovranno essere uguali alla stessa costante,
che si indicher con n2.
Si hanno perci le due equazioni:
ap 2
p
rfp
'
L'integrale generale della prima (equazione di
Bessel di ordine 0) dato da:
/(p) = C3 Jo (u,p) + CtY0 (\ip)
dove con J o e Yo si sono indicate le funzioni Bessel
di prima e seconda specie di ordine 0; mentre quello
della seconda (equazione lineare a coefficienti costanti) :
si ottiene perci:
:V'o(HP)] [ C , e

le cui costanti, vengono fissate dalle condizioni al


contorno.
Dalle condizioni (a) :

Conclusioni

Nel concludere il presente lavoro, si intende sottolineare che stato chiarito il fatto che, accoppiando
una tecnica sperimentale progredita ad un procedimento di calcolo sufficientemente preciso, si
in grado di valutare con sicurezza l'influenza dei
vari parametri, motoristici e geometrici sui livelli e
sulla distribuzione della temperatura raggiunta
dallo stantuffo.
Si pensa quindi che questa via possa essere proficuamente seguita, non solo dai costruttori di stantuffi, che potranno risolvere con maggior sicurezza
i problemi di resistenza di un tale organo, una
70

(ir)

\ 5p / p Jj(o)
o
essendo
= 0 e lim Yx (#) = >, si ottiene

C, = 0 e perci, conglobata Ch in C, e Ct, la (3)


pu scriversi:
CjJliJ

(a.2)

Per la condizione (e) deve essere:

per 0 <. p -ii.l, quindi anche per {ip = p, dove con

si indicata una radice dell'equazione ./0((ip) = 0;


ne scende perci:

La stessa condizione (e) impone anche per i\ = 0


e 0 <. p <, 1:

posto :
Qn = Un (eE|X" + Bn e |i")
(a.7)
le condizioni ai limiti (d), (e) ed (/) danno, moltiplicando entrambi membri per .'od^nP) P dp ed
integrando, tenendo presente che il termine r della
sommatoria si annulla quando r ^ n, perch
PP) fdp = 0 se a e ? sono radici della
equazione (a.4) con a2
ad f1

ossia, per la (a.2) :

-^-i + A'Urfr-

= ~

7 [Cx

'0

r1
Qn An\ ./0([i,,

1'

dalla quale si ricavano:

la quale grazie alle propriet delle funzioni di Bessel,


ricordando che (i,,./i.(|xn) = 0 , da:
2X
2X
-=

B =-

Tx
-T=
da

77
tf-r-1

Izi

(a.3)

qd_
X
avendo posto:
9.*-**

1r
1

avendo indicato con Bi = X/da il numero di Biot.


La (a.3) permette di calcolare Bi, una volta noto |*,
il cui valore si ottiene imponendo la condizione (b) :

Pr)

Ossia:
jx J^p) = 0
(a.4)
Se perci si indica con pn una generica radice di
questa equazione trascendente, la (a.2) diventa:
1

ed

An

Qn

, ,

-f m =

[pf -/i((i n Pe) Pi ^l((*n Pi)]

Introdotta perci la funzione x(p, i) definita della


seguente relazione:
X

r T

Pe'~9i* n=

r efW ,

la (8) pu scriversi:
(a.5)
dove la costante Bn vale, per la (a.3):
Bn =

Bi

1
(a.3)

Si + 1
La (a.5) fornisce una soluzione particolare della
(3), che soddisfa ormai a tutte le condizioni imposte
tranne quelle (d), (e) ed (/) relative alla faccia
i) = 1. Ma poich la (3) un'equazione differenziale
lineare, la somma di un certo numero di soluzioni
da ancora una soluzione, che nella sua forma pi
generale risulta:
i .
ed
1 * .

(a.6)
dove la sommatoria va estesa a tutte le radici della
equazione trascendente (a.4). Essendo:*

Ringraziamento
L'autore desidera ringraziare il Direttore del
CNPM, il prof. ing. Corrado Casci, per l'attenzione
con cui ha seguito il presente lavoro e per i suggerimenti e le discussioni che ha voluto dedicarvi.
Simbologia
Lettere latine:
A
= punto medio della zona di attacco del
porta-fascie al cielo dello stantuffo.
A', An = costanti d'integrazione
B, Bn = costanti d'integrazione
Bi
numero di Biot ( = \jdt)
Cv C a = (tostanti d'integrazione
d
= diametro del cielo dello stantuffo (mm)
/
= componente della temperatura, funzione
della sola p
g
= componente della temperatura, funzione
della sola IQ
J
= funzione di Bessel di 1' specie

n
0
q
Q
r
Rr
s
S
t
T
Tg
u
v
V
z

numero di giri del motore (g/V)


= punto centrale del ciclo dello stantuffo
= ilusso specifico di calori: (kcal/mah)
= (lusso di calore (kcal/h)
= fattore di raffreddamento (=qT\q) e coordinata radiale
= ricchezza relativa della miscela.
= spessore del ciclo dello stantuffo (mm)
= superficie di passaggio del calore (ma)
= parametro tempo
= temperatura del generico punto
= temperatura media del gas nel cilindro,
tale che sia q = t (Tg T)
= componente della temperatura, funzione
della sola rj
= compnente della temperatura, funzione
di p ed ij
= funzione di Bessel di 2 a specie
= coordinata assiale del cielo dello stantuffo.

Indici
formule relative all'appendice
a
= grandezze relative al punto A
A
=
grandezze relative alla zona esterna del
e
porta-fascie
= grandezze relative ai gas presenti nel
cilindro
= grandezze relative alla zona interna del
porta-fascie
= termine generale della sommatoria (a.6)
= grandezze relative al punto 0
= grandezze relative alla zona di raffreddamento del cielo.
Lettere greche
a
= coefficiente di convezione liminare (kcal/
mahC)
a
= coefficiente di convezione liminare medio
tra gas e cielo dello stantuffo, definito
dalla relazione q = t (Tg T)
a0
= coefficiente di convezione liminare medio
tra olio e superficie inferiore del cielo
e
= spessore relativo del cielo ( = 2s/d)
y)
= coordinata adimensionale assiale ( = z/s)
X
= conducibilit termica dello stantuffo
(kcal/mhC)
fi
= costante d'integrazione
|i,,
= radice ennesima dell'equazione (a.4)

72

p
T
8
X

= coordinato adimensionale radiale ( = 2rjd)


= differenza tra la temperatura del gas e
quella de) generico punto T = Tg T
= differenza tra la temperatura del punto 0
e quella del generico punto 0 = (ToT)
= fattore definito dalla (a.9).

Bibliografia
[1] Gibson A.H. - Piston temperatures and heat flow in
high - speed petrol engines - Engineering. Vol. CXXI Jan 1926.
[2] Baker, Wright - A study of piston temperatures and their
relation to piston design. - Proc. Inst. Auto. Eng.
vol. 27 Nov, 1932.
[3] Huebbotter, Young - Flow of heat in pistons - Bull. n. 25
Purdue Univ. Eng. - Die. 1925.
[4] Gosslau F. - Enttvicklung von liolben fur Hohere Dauerleistungen auf Grund neuer Untersuchungen. - ATZ Jan.
43 - 1941 - S. 616.
[5J Willis, Anderson - Operating temperatures and stresses
in alluminiimi aircraft engine parts - S.A.E. Trans. 52 1944.
[6] Sanders, Schramm - Analysis of variation of piston
temperature with piston dimension... - Report NACA 895.
948.
[7] Casci C. - Temperatura dello stantuffo e del cilindro di
un motore Diesel monocilindro - Ren. 1st. Lomb. Arti
e Lettere voli. 88 - 1955.
[8] Flynn, Underwood - Adeguate piston cooling - Oil
cooling as a means of piston temperature control - SAE
Journal, vol. 53; 1945.
[9] Keyser, Miler - Piston and piston ring temperatures Jour. Inst. Petroleum, Vol. 25, 1939.
[10] Steinbuch K. - Berechnung von Kolben temperaturen Ingenieur - Archiv 17 - n. 5 - 1949.
[11] Mug K. - Die Messung un Berechnum von Kolbentemperaturen fur Dieselmotoren - Dissertazione ETM - Zurich
1936.
[12] Stotter A. - Der Wrmefluss in Kolben Verbrennungskraftmaschine - Dissertazione TH - Aachen - 1963.
[13] Gintsburg B. - Wrmebeanspruchng fiir verbrennungsmotoren - Arbeit n. 6 des Wiss. der UdSSR - 1958.
[14] Casci, Radaelli, FerrariJ- Su una particolare tecnica sperimentale per la determinazione della temperatura - ATA
Novembre 1966.
[15] Ferrari G. - Sulla determinazione della temperatura dello
Stantuffo di un motore a CI. - XVII Conv. Comunicazioni - Genova Ott. 1969.
[16] Essers, Heyer - Uber das Messung von Kolbentemperaturen - MTZ n. 6 e 9 - 1966.
[17] Kopke - Neuere Messungen von Kolbentemperaturen ATZ n. 2 - 1968.
[18] Lohner, Kruggel - Berechnung un Messung von Kolbentemperaturen - MTZ n. 7 - 1968.
[19] Calci, Ferrari - Analysis of the piston heat load during
knocking - Int. Comb. Eng. Conference - Bucharest
1970.
[20] Me Adams W.M. - Heat trasmission - Me Graw-Mill
Book Co - New York 1954.

Sollecitazioni termiche in un cilindro infinito


lambito da un fluido in transitorio
"pilotato" di temperatura (*)
Sergio Stecco (**)

Sommario - JVeZ quadro dei problemi relativi ai


iransitori termici delle turbomacchine, in questa nota
viene esaminata la possibilit di ridurre le sollecitazioni nei rotori mediante una opportuna variazione
pilotata della temperatura del vapore dimostrando per
via matematica ed analogica resistenza di un transitorio ottimo.
Si studia successivamente l'influenza di uno scambio
di calore attraverso la superficie interna 'allo scopo di
limitare ulteriormente le sollecitazioni e si individua
nel riscaldamento contemporaneo delle superfici interna ed esterna una possibile va per ottenere la citata
riduzione.
Vengono presentati grafici ottenuti sul calcolatore
analogico per mettere in maggiore evidenza le precedenti conclusioni.
Abstract - With reference to the problems related to
thermal transients in turbomachines, the purpose of
this paper is to evaluate the possibility of reducing
the stresses in rotors.
By means of a suitable driven change of the inlet
steam temperature, the existence of an optimum transient in shown employing both mathematical considerations and analogical computing devices.
The influence of a heat transmission across the
inside surface is then investigated to limit further the
thermal stresses, and the benefits produced by the
simultaneons heating of both surfaces are shown and
discussed.
Graphs obtained with the analog computer are then
presented, to clearify and point out the main conclusions.
1) Premessa
In molti campi della meccanica tecnica e segnatamente nel settore delle macchine e fluido, sta
acquistando sempre maggiore interesse lo studio dei
problemi connessi con gli sforzi di natura termica
che insorgono negli organi di moto.
Basta pensare, a titolo di esempio, al cimento
termico a cui sono soggette certe palettature di
turbine a gas, ed a quello (non meno preoccupante
per via delle dimensioni, della vita richiesta, ecc,
anche se le temperature sono un po' inferiori) a cui
sono sottoposti gli attuali rotori di grossi turbomotori a vapore.
Gli sforzi termici di cui trattasi possono essere
notoriamente di due tipi:
(*) Ricerca finanziata dal CNR con contributo 115-1145116.
(**) Dott. Ing. Sergio Stecco - Istituto di Macchine e Tecnologie nell'Universit di Roma.

il primo derivante da condizoni a regime e l'altro conseguente a variazioni di temperatura.


Per quanto riguarda gli sforzi del primo tipo, il
progettista dispone oggi di criteri ormai largamente
sperimentati, che permettono di contenerli entro
limiti accettabili, agendo sulle temperature e sulle
loro distribuzioni, nonch ricorrendo a convenienti
soluzioni di disegno degli organi, mentre la produzione di materiali di caratteristiche migliori consente
di elevare sempre pi i carichi ammissibili.
Nel secondo caso, a parit di altre condizioni,
l'entit delle sollecitazioni pu essere limitata agendo sul tempo entro il quale si esaurisce il transitorio, oltre che ed questo un argomento non ancora messo sufficientemente in luce pilotando
il transitorio con un'opportuna sequenza di manovre.
In questa nota ci si propone di esaminare appunto quest'ultimo problema, relativo alle sollecitazioni nei transitori termici, facendo specifico riferimento ai rotori ad alta pressione dei grossi gruppi
turbo-alternatori per solito schematizzati come
un cilindro indefinito [3] [6] per i quali il problema risulta particolarmente attuale ed importante.
Verranno in tal senso esaminate le condizioni
ottime per il riscaldamento (o raffreddamento) di
un cilindro cavo lambito esternamente da un fluido
sotto diverse condizioni della variabile di ingresso
(e cio la temperatura del vapore), e con differenti
ipotesi di calcolo per quanto riguarda la superficie
interna, allo scopo di valutare gii effetti di una
eventuale refrigerazione.
Verranno a tale scopo illustrati alcuni tra i pi
significativi risultati ottenuti dallo scrivente, operando su calcolatore analogico (strumento particolarmente indicato per l'analisi di siffatti problemi);
parallelamente si per voluto mantenere anche
evidente l'aspetto matematico della ricerca, allo
scopo di dimostrare per questa via alcune conclusioni particolarmente significative (ad esempio l'esistenza di una condizione ottima nella variazione
della temperatura del vapore).
Per non appesaiitire eccessivamente il testo, si
preferito riportare in appendice gran parte dello
sviluppo matematico.
2) Impostazione del problema
Sulla base di quanto esposto nella premessa, si
consideri un cilindro cavo lambito internamente
ed esternamente da fluidi di differenti caratteristiche. Se si suppone il flusso puramente radiale,
si pu scrivere [5] nei termini adimensionali precedentemente indicati:
73

80

820

Tf

con condizioni iniziali:


re] T = o = F{9)
e condizioni al contorno (*):

'
(2)

terminazione dei diversi valori (*, al variare delle


condizioni al contorno, richiede calcoli iterativi ed
inoltre per ottenere il valore istante per istante di
[6m] necessario conoscere la distribuzione lungo
il raggio della temperatura e valutarne il valore
medio :
(10)
a

(3)
= . (e

11 campo di temperature quindi perfettamente


definito in base alle (1) (2) (3); il calcolo delle tensioni si pu fare su'a base delle note espressioni,
valide nel caso di variazione a gradino della temperatura del vapore:

(4)

- j [K]x - [Ipj

Gfr

Po"

(6)
ove :
Qpdp
Po

(7)

ha il significato fisico di temperatura media nello


spessore considerato.
La risoluzione del problema si pu pertanto ottenere per via matematica, come si vedr nel seguito, ma anche con altri mezzi che talora consentono una pi chiara visualizzazione del fenomeno.
In particolare lo scrivente ha ricercato una soluzione per vi? analogica, particolarmente adatta ad
indagini su fenomeni variabili nel tempo.
In questo capitolo si considera per semplicit il
caso limite di variazione a gradino della temperatura del vapore, e di superficie interna adiabatica.
Tali semplificazioni verranno eliminate nel seguito esaminandone separatamente l'influenza.
a) Soluzione matematica
In questo caso la soluzione, esprimibile in termini
di funzioni di fessel di prima e seconda specie, si
pu scrivere (cfr. Appendice):
(8)
in cui (jtH rappresentano gli autovalori determinabili
in base alle condizioni al contorno, e la somma:

Po risultano le difficolt
mentre dello stesso ordine
per il calcolo delle [6m]p.
E chiaro dunque, pur essendo possibile un calcolo matematico delle sollecitazioni termiche nel
cilindro, assai complessa ne appare la parametrizzazione e comunque si perde in un certo senso
l'aspetto fisico del fenomeno, anche a causa della
presenza delle citate funzioni trascendenti.

b) Risoluzione analogica
Essendo il problema in esame di tipo bidimensionale, in quanto oltre alla variabile > esiste la variabile p, necessario fare ricorso, per la programmazione sul calcolatore analogico, ad uno schema a
celle.
Approssimando l'equazione alle differenze finite
si pu scrivere, dividendo l'intervallo ra rb in
N parti uguali di ampiezza k:

o in altri termini:
(12)
Per quanto riguarda le condizioni al contorno,
procedendo in modo analogo si possono ottenere
dalle:

"V

('} l quanto il caso pi generale: se si suppone il cilindro


isolalo o pieno le equazioni al contorno che costituiscono le
(3) sono riportate in Appendice.
74

(14)

le espressioni:
.v = PK % + QN . V - I
(15)
9 = Po K + Qo i
(16)
Costruito lo schema che consente il calcolo delle
temperature la valutazione delle sollecitazioni pu
essere fatta richiedendo in termini di differenze
finite le espressioni (4) (5) (6), ed in particolare
quella di [8m]p.
Dopo qualche passaggio si ottiene cos:
[6 m ] p =

(0)
conosciuta, note che siano le condizioni iniziali.
Una volta determinate le temperature si pu da
esse risalire alle tensioni ed in particolare alla tensione a. che risulta la pi pericolosa [5].
Sembrerebbe a prima vista che il computo delle
sollecitazioni risulti abbastanza agevole con l'impiego delle espressioni precedenti. In realt la de-

K e.)

rb

S,B,

(17)

ove:
V _

Po (!Po)

Pft (1Po)

in modo analogo si possono rappresentare le altre


grandezze relative al calcolo delle tensioni e realizzare lo schema di circuito analogico rappresentato
in ig. 1 in cui i simboli sono quelli della pi diffusa
letteratura tecnica sull'argomento (ved. ad es. [4]).

di temperatura di tipo a gradino e del resto piuttosto


noti consentono gi di valutare la gronde influenza del valore di X>
( sulle sollecitazioni termiche
transitorie e spiegano perch talora sia stato proposto di assumere un valore X,, = per agire in
favore della sicurezza [5].
evi-lente che una prima via per ridurre i valori
massimi delle tensioni consisterebbe nell'abbassare
Xi,, definito come:
lv=Wblk
(18)
e quindi nell'impiegare, a parit di dimensioni, materiali a conducibilit pi elevata (su at, ovviamente
non si potrebbe assolutamente agire, in quanto
legato alle caratteristiche termofluidodinamiehe del
vapore). Tuttavia, pur essendo possibile in sede
teorica, una siffatta impostazione contrasterebbe
con evidenti incitivi economici.
3) Influenza della legge di variazione della temperatura del vapore sulle sollecitazioni

Fino a questo punto si esaminato soltanto la


distribuzione delle sollecitazioni conseguente ad una
brusca variazione della temperatura de! vapore.
In realt si eviter sempre un siffatto tipo di manovra in quanto noto ed intuitivo che, aumentando
il tempo entro il quale si raggiunge la temperatura
voluta del vapore (8,, = 1), gli sforzi termici si
riducono (fig. 3).
Fissato pertanto un certo valore ammissibile di
<J;, sar possibile determinare la durata minima del
transitorio di % che consente di non superare tale

Fig. 1 - Schema del circuito impiegato.

ab
I SUPERFICIE
1
IMTEANA
>

'A
I

J
3

,
,

"

c1

C2
OS

V.V.

0A

a5

^ =

. . .

SUPERFICIE
ESTERNA

120//
I

V
X-cc

/
/

Fig. 2 Sollecitazioni sulle superfici del cilindro conseguenti


ad una variazione brusca della temperatura del vapore.

Le sollecitazioni che cos s ottengono sulla superficie interna ed esterna del cilindro (come noto,
le pi pericolose per il materiale [1]) sono riportate
in fig. 2 in cui positivi sono considerati gli sforzi
di tensione e negativi quelli di compresssione (2).
Questi grafici relativi sempre ad un transitorio
(2) Tutti i grafici riportati nella presente nota tono stati
ottenuti dallo scrivente con l'impiego del circuito analogico
riportato in fig. 1, sul calcolatore PACE 100 del Comitato
Nazionale pur l'Energia Nucleare.

Fig. 3 * Sollecitazioni aulle superfici del cilindro conieguenti


ad una variazione a rampa del'- temperatura del
vapore - a: Xv = oo; 6: \ v = 10.

75

. .

valore. In realt si preferisce qui seguire il procedimento inverso: fissata cio una certa durata T0
del transitorio, si cercher quale legge deve seguire
la % perch si produca il valore minimo tra i massimi dei diagrammi nel tempo delle tensioni e si determiner il valore minimo predetto.
Osservando l'andamento delle curve che rappresentano le sollecitazioni termiche conseguenti ad una
variazione lineare e ad una variazione brusca della
temperatura del vapore (figg. 2 e 3) lecito formulare
l'ipotesi che una opportuna combinazione dei due
processi di manovra possa condurre a sollecitazioni
pressoch costanti nel tempo e quindi ad una situazione ottimale di cimento termomeccanico.
Nella fig. 4 sono ripotati i risultati per diversi
valori di Xi>, che confermano la esistenza della condizione ottima predetta, la cui determinazione appare tanto pi suggestiva quanto pi elevato il
coefficiente di Fourier kv.
in appendice, per via matematica, si dimostra
che il punto comune a tutte le curve relative agli
sforzi termici a parit di Xv, beninteso si ha
in corrispondenza al valore:
** = -o J L < * + ! L

(i9)

e le condizioni ottime si hanno quando la temperatura del vapore varia bruscamente, nell'istante iniziale, di una frazione y del totale salto di temperatura fornita dalla
o*

v/=-fTs 7

(20)

L'espressione (20) consente alcune utili considerazioni: ricordando che S21 = p.t1 (p0l)2 T0, si
nota subito che, per un certo rotore, quanto pi
breve l'intervallo di tempo durante il quale si
deve esaurire il transitorio, tanto maggiore deve
essere la frazione di % da realizzare a gradino .
A parit di T0, y cresce al crescere di p0 (e cio
al diminuire dello spessore del cilindro) ed al diminuire di AV (quest'ultima dipendenza non immediatamente evidente, ma verificabile osservando
che una variazione di }. comporta una variazione
nello stesso senso di (Jtj).
Nota la (20) agevole determinare il valore delle
sollecitazioni (indipendenti da T per le ragioni precedentemente chiarite) in quanto risulta:

a1 _

OS

0<V

^ i

os.
-l

>

n-

S.3

=;

in cui Au calcolabile note che siano le caratteristiche del cilindro in esame (*). Conoscendo pertan(a) L'espressione di An(p) (la quale non giustificata per
brevit), nelle ipotesi a risulta:

MP)

= * J -j~
2

[* (i, *) + i- xlt (i, p) -|_

V{J) [Vff V (J) \VQV V U)]


v") V* (J\
V (J)

(21)

ove:
Xlj (Pi, Pi) = < / J (pnPi) Yj ((irepi) Jj (npi) Yj) ((inPi) (21")
con V[J) ed V(J) sono definiti in Appendice, potrebbe essere
tabellata senza eccessive difficolt.

Fig. 4 - Determinazione di Yopt-a : Xv = >; 6 : i t> = 10;


e : l v = 1.

to le altre variabili, fissato il valore ammissibile di


a/, si pu determinare il corrispondente valore di TO.
A titolo di verifica del transitorio migliore si sono
effettuate delle prove sul calcolatore analogico,
considerando una legge di variazione di 8^ indicata in fig. 5 ; i risultati, per m = 2, sono riportati
nei grafici di fig. 6 dai quali si rileva che, per qualsiasi valore di Xv le tensioni, che cos si provocano,
sono superiori a quelle ottimali precedentemente
determinate. La dimostrazione che tale risultato
valido per qualsiasi m riportata in Appendice.
Non si ritenuto necessario effettuare indagini nel

campo NI < l, purch le curve corrispondenti sarebbero a derivata sempre crescente, per cui le
tensioni in corrispondenza all'istante T = T0 risulterebbero pi elevate di quelle relative alla semplice rampa, a loro volta superiori a quelle corrispondenti a Y0Pf

Fig. 5 - Rappresentazione di / (T/T0)

4) Influenza della refrigerazione sulle sollecitazioni


nel transitorio

II calcolo delle sollecitazioni termiche stato


effettuato, nelle pagine precedenti, imponendo un
valore del coefficiente di Fourier riferito alla superficie interna del cilindro.
Appare invece interessante e del tutto nuovo,
almeno per quanto a conoscenza di chi scrive
valutare gli effetti di una possibile refrigerazione,
in particolare esaminando l'influenza dei parametri XH, e di 8W.
Si potrebbe supporre, ad esempio, di far lambire
la superficie interna del cilindro cavo da un fluido
di opportune caratteristiche e valutare gli effetti
che cos si ottengono dal punto di vista degli sforzi
termici.
In fig. 7 (a e b) sono riportate le tensioni 3ulla superficie esterna, per un certo valore di coefficienti
di Fourier \v e Xm al variare della temperatura del
refrigerante.
Come era prevedibile, il mantenere refrigerata la
parete interna provoca delle tensioni maggiori

QA

-e

-QB

t*

Fig. 6 - Confronto tra le t ohjcitazioni ottenute con diverte


leggi di variazione della temperatura del vapore-a: \ v ==
= oo; 6 : \ v = 10.

Fig. 7 - Influenza della temperatura del fluido interno tulle


sollecitazioni nel cilindro - a: y = 1; b: y = 0,5.

77

(rispetto alla assenza di refrigerazione), che naturahncntc aumentano seppure in misura modesta al diminuire della temperatura del refrigerante.
Giova peraltro, osservare che lo svantaggio
lien maggiore di quanto pu apparire a prima vista,
in quanto, se la temperatura del refrigerante
diversa da quella del vapore, anche a regime sussistono degli sforzi termici a causa della presenza di
un flusso permanente di calore.
Analoghe considerazioni emergono osservando
Je figg. 8a ed 8b sull'influenza del valore di X,v
sulle sollecitazioni relative alla superfcie esterna,
ancorch di lieve entit. Tale risultato non deve
tuttavia trarre in inganno: basta infatti osservare
che, viceversa, in base alla fig. 9, molto sensibili
sono le variazioni provocate da Xw. sugli sforzi
termici relativi alla superfcie interna, tanto da
provocare per )., elevati, tensioni a regime quasi
doppie di quelle corrispondenti alla condizione di
superficie adiabatica.

-r
1 SUPERFICIE
]_ csriinM

09

I-

78

02

cs

V
a. O

2.

ft-c >,3

on

20 _

^'

="
O.2-

01

^.

7/

>

0.1

aa.

0,3

Q4

Fig. 9 - Influenza di A v sulle sollecitazioni sulla superfcie


interna del cilindro.

- - -

t-o
x

-03

-HQ1

I
OS /

C4

06

ca

I
Or

<C 0 3

OA

OS

Fig. 10 - Confronto tra le tensioni nei due casi: X' = A e


(0,v = v ); Jlw = 0.

Fig. 8 - Influenza di \w sulle eollecitazioni sulla superficie


esterna del cilindro - a: y = 1; 6: y = 0,5.

del rotore dallo stesso vapore vivo che evolve nella


parte ad alta pressione.
In fig. 10 sono riportati i grafici relativi al confronto tra le sollecitazioni calcolabili in queste ipotesi
e quelle corrispondenti a Xn, = 0 (4).
Si nota una sensibile riduzione contemporaneamente degli sforzi termici e della durata degli stessi.
Inoltre benefico risulterebbe anche l'effetto di un
siffatto procedimento sulle sollecitazioni relative
alla superficie interna del rotore, in quanto (figura 11) pur essendo tali sollecitazioni di entit
pi rilevante che nel caso di superficie adiabatica,
risultano contrariamente al caso precedente
di segno opposto a quelle centrifughe e quindi diminuirebbero gli sforzi complessivi.

Scartata pertanto la soluzione della refrigerazione


per tutti i motivi precedentemente esposti, si potrebbe pensare di far lambire la superfcie interna

(4) Sembra utile osservare che, nelle ipotesi comunemente


assunte [5], non essendoci gradiente assiale di temperatura,
. non c' distinzione tra vapore vivo all'ammissione e vapore
ih espansione^..

ai

APPENDICE
Applicazione del teorema di Duhamel nell'ottimazione delie tensioni termiche transitorie in un cilindro indefinito con flusso di calore esclusivamente
radiale.
Con l'impiego dei parametri adimensionali definiti nel testo, l'equazione cui deve soddisfare la
temperatura nel cilindro durante il transitorio diviene:

i se

*e
_*e___L

~ sp* + T"ap~
Le condizioni iniziali siano:

ST

W*=0=FM

Fie. 11 - Sollecitazioni sulla superficie interna con . =


= 0v e X,, = X...

'

(A.2)

Le condizioni al contorno variano invece secondo


la schematizzazione scelta: in particolare in questa
sede vengono esaminati i tre casi seguenti :
a) albero cavo raffreddato internamente
b) albero cavo isolato internamente
e) albero pieno,
e le equazioni relative sono riportate nella tabella
seguente.

5) Conclusioni
I risultati ai quali si giunti, e di cui soltanto
i pi significativi sono stati qui riportati, consentono a parere di chi scrive conclusioni generali su un problema certamente importantissimo,
quasi del tutto trascurato nella letteratura tecnica.
Anzitutto stata dimostrata l'esistenza e la
convenienza di una variazione ottima della temperatura del vapore, ai fini di una riduzione delle
sollecitazioni termiche: questo risultato, ad esempio, pur non essendo completamente nuovo [3],
stato ottenuto dallo scrivente con considerazioni
in parte originali e di validit pi generale e tali da
consentire una pi immediata valutazione del
fenomeno dell'esistenza di yop, e della influenza che
su tale valore hanno i diversi parametri Xv, p0 etc.
Inoltre si voluto esaminare l'importanza e gli
effetti di flusso termico in corrispondenza alla superficie interna: al riguardo particolarmente benefica appare l'eventuale possibilit di inviare vapore
caldo nel foro centrale per ridurre, non solo i tempi
per i quali il transitorio si esaurisce, ma anche ed
in notevole misura l'entit degli sforzi termici.
Va ricordato anche che i risultati si riferiscono
al riscaldamento di un rotore: va da s che analoghe
considerazioni si possono ripetere per il raffreddamento (corrispondente ad es. ad una perdita di
carico nel caso di un turboalternatore). Non sono
per state messe in evidenza le relative conclusioni
perch di gran lunga minori sono, in questo caso,
le possibilit di controllo da parte dell'operatore
(che, in genere, pu agire solo chiudendo la valvola
di ammissione del vapore).
Giova infine rilevare che i grafici riportati nella
presente memoria si riferiscono al cilindro indefinito
e sono quindi soggetti a subire modifiche che potrebbero anche risultare di non trascurabile entit
quando, nel caso dell'analisi dei problemi connessi
con il controllo delle sollecitazioni termiche nei
rotori dei grossi gruppi turboalternatori, verr in
un prossimo lavoro esaminata anche l'influenza
di un gradiente assiale di temperatura.

Tabella
cotnenao

.n

cauimo* pm LI >IHMMJI

v(i)
UW

v(y)
UCY)

va>

_ vcy)

Or
VW-O
(9) M<oo
p.o

Se nell'istante T = 0 si fa variare bruscamente


la temperatura del vapore, mantenendola successivamente costante (8V = 1), la soluzione nel caso
a diviene (s) :

,sc,1(p)rV5

u{J)
(* + U ) V\J) ([**+ \\)V*{J)

(A.3)

(A.4)
(A.5)

8 = P (Poi) F C
= Vn Jx (p o (*) + X, /<, (Po
V{J) = II J , (ft.) \Jo (ft.)

(A.6)
(A.7)
(A.8)

(*) Le loluzioni negli altri cali li ottengono molto emplicemente imponendo \w => 0(6) ed annullando il coefficiente della funzione di Beasel di seconda specie (e).

79

Volendo esaminare casi pi complessi di variazione di temperatura del vapore, si pu impiegare il


teorema di Duhamel [2] che pu essere direttamente riferito alle tensioni.
In questo caso, se la temperatura del vapore,
anzich essere costante nel tempo, fosse rappresentabile da una certa funzione /(T), indicando con
a (p, T) la tensione precedentemente determinata,
la nuova distribuzione di tensione risulterebbe:
o/(P T )= j ,

/(T)~87~ ( p ' T~"T>

da cui integrando per parti :


o / (p, T) = a (p, 0) / (r) + a (p,
+

T) /(0)

\\(?^^)JMLd^
o
.

'
+

(A.10)

Si pu supporre di considerare lo stato iniziale


una condizione priva di tensioni [a (p, 0) = 0]
per cui:
a, (p, T) = o (P, T) /(0) + [ ' (P, ^ T ' ) y^X di'
(A.11)
noto d'altra parte che risulta:
00

a (p, T) = S ^ln(p) e ~^ni 5

(A.12)

per cui infine si ottiene:


a,

da cui facilmente, sviluppando l'integrale:


( A.17)

Gn =

immediato constatare, in base alla (A.17) che


tutte le singole curve Gn al variare di y passano per
uno stesso punto, in corrispondenza al valore
5* = Tuttavia, per T > 0,1, la serie converge tanto
rapidamente da consentire di essere rappresentata
dal solo primo termine, a meno di un errore di
qualche unit per cento: si pu quindi concludere
che tutte le curve delle tensioni termiche transitorie, conseguenti ad un transitorio della temperatura
del vapore esprimibile mediante la (A.14), passano
per uno stesso punto.
Per determinare pertanto il valore ottimo di y
baster imporre che il massimo delle tensioni, o
meglio del primo termine della sommatoria relativa,
cada in corrispondenza al valore di ?* e quindi :
,.-0
<*">
Dopo qualche passaggio la (A. 19) diviene
{ + 1) 1 ( = 0
per cui, per qualsiasi 5:

(p, T) = o (p, T) /(0) +

0
U problema si quindi ricondotto alla determinazione del minimo dei massimi del secondo membro della (A.13), al variare della funzione /(*').
Vcrrano qui considerate due famiglie di curve:
a) spezzata lineare

= Y + i n i T' < T
]

""

(A.14)

parabola di ordine 1/ni (m==2 . . .M)

II risultato espresso dalla (A.20) appare di notevole importanza perch dimostra che le tensioni
in questo caso risultano costanti e pari al valore di
Yop<-

In realt, per valori prossimi allo 0, la dimostrazione cade in difetto perch le ipotesi assunte alla
base dei calcoli non sono pi accettabili. La curva
delle sollecitazioni differir dalla retta in prossimit dell'origine, ed in particolare avr uno dei due
andamenti indicati in fig. A.l.
Il valore di y effettivamente migliore sarebbe dunque leggermente inferiore a quello definito dalla A
(A.20) ma la ricerca di questa ulteriore approssima-

(A. 15)

7 . . .

In entrambi i casi risulta evidente che il massimo


della sollecitazione cadr nell'intervallo (chiuso)
0 T0, dato che per T' > T0 il secondo termine del
secondo membro della (A8') si annulla, per cui
l'andamento delle tensioni coincide con quello corrispondente alla variazione a gradino di Tv, sempre discendente per T sufficientemente discosti dallo 0.
L'indagine per la determinazione delle condizioni
ottimali viene pertanto ristretta al suddetto intervallo.
a) Spezzata lineare
Si consideri il singolo termine della sommatoria:
Gn = An(9) Bn{%) = AM
(A.16)
80

Fig. A.I Andamento qualitativo delle sollecitazioni per piccoli valori del tempo.

zione appare complessa (perch soluzioni precise


ni di sotto del valore T = 0.02 sono possibili solo
patto di impiegare sviluppi asintotici delle
funzioni di Bessel) e in ultima analisi, ingiustiicata.
Parabola di ordine I/m
Applicando analogamente al caso precedente la
A. 13 si ottiene:

G,,(P) = ,4 n ( P ) m l/
ToO l/m J a
1mini

(A.21)
da cui, integrando per serie tramite la sostituzione:
T" = -c'jm

il confronto tra Ja (A. 17) e la (A.22) non appare


immediato ed imporrebbe, per motivi di convergenza, di calcolare molti termini nella sommatoria.
Per semplificare tale confronto conviene considerare la serie minorante:
Fig. A.2 Confronto tra transitorio
ottimo e transitorio corri1 1
spondente a (T/TO) '" .

+...+
1)

l]

(A.23)
facile verifcare che la (A.23) sempre minore
del termine Bn(5) definito dalla (A.22) (e quindi le
tensioni risultano minori di quelle reali) e maggiore
per qualunque m(8) delle tensioni determinate in
corrispondenza yop( (fig. A.2).
In conseguenza una siffatta variazione di %
sarebbe pi gravosa di quella precedentemente
calcolata.
Simboli impiegati
a
= diffusi t termica [m a /s]
/ (f)
= temperatura del vapore durante
il transitorio
k
= spessore del guscio generico costituente una cella dello schema
analogico [m]
k
= coefficiente di conduzione tarmica [kcal/m hC]
m
= ordine della parabola
r
= raggio [m]
v
= sollecitazione [kp/cm*]
t
= tempo [s]

(*n{9i
J, Y
iV

Pj, Qj, Sj
T
U(Y), V(Y)

= coefficiente definito dalla (A.16)


= funzioni di Bessel
= numero di celle nel circuito analogico
coefficienti di potenziometri
= temperatura [Cj
= funzioni definite dalle (A.7) e

(A.8)
Xii (pi, p2)
a

Sn
Q=T/TV
\ =rbnjk
(*
5

= funzione definita dalla (21")


= coefficiente di trasmissione termica [kcal/m i! h 0 C]
= coefficiente di dilatazione termica [C-1]
= frazione della temperatura del
vapore che varia bruscamente
nell'istante T = 0
= parametro definito dalla (A.6)
= temperatura adimensionale
= coefficiente di Fourier
= autovalori
= parametro definito dalla (A.5)

P =rjri,

= r a g g i o a d i m e n s i o n a l e p 0 = r a /r(,

P
Y

An{f)

coefficiente definito d a l l a (A.12)

8s(l-u)/EpTv = sollecitazione adimensionale


t =ot/(r6*-r o ') = tempo adimensionale
?o
= durata del transitorio della temperatura del vapore.

fin(r)
Cn (p)
E
F(p)

=
=
=
=

pedici
a
b

coefficiente definito dalla (A. 16)


coefficiente definito dalla (A. 4)
modulo di Young [kp/cm 1 ]
distribuzione a regime della temperatura

(') Si noti che il caso di m oo corrisponde alla variazione


a gradino.

interno
esterno
riferimento ad un particolare transitorio / (T)
indice generico
medio

81

XA

li

= indico della sommatoria


ott - o
rP0z
= riferimento alle coordinate cilindrici
r
> '"
iiit.iiiin.ui <"". t>
= vapore
w
= refrigerante
p
= in corrispondenza al raggio p
O
= iniziale
_ )i n a ] ( .
x
Bibliografia
fi] Huzzi li. - Tempi di avviamento dei grandi gruppi turboalternatori - l.a Termotecnica n. 5. 1961.

82

[2] Carslaw H.S. e Jaeger - Conduction of heat in solids Oxford Clarendon Press 1959.
[3] EndreBW.-Contrainteaapparaissantaucours de Vchaulfement de cyhndres creux a paroi paisse - Revue BrownBoveri - janvier 1958.
[4] Rogers A.E. e Connolly T.W. - Analog computation in
engineering design - Me. Graw-Hill 1960.
[5] Stecco S. - Problemi termici transitori nei rotori dei grossi
turboalternatori - (di prossima pubblicazione sulla Rivista di Ingegneria ).
[6] Strub R.A. - Regime transiioire dea temperatures et dea
tensions thermiquea dans un cylindre - Numero de Rcherches Sulzer 1961.
N.B. - Vedasi anche la bibliografia riportata in [5].

Un metodo per determinare il coefficiente di trasmissione termica


per convezione di fluidi in condotti
Parte I

Enrico Latroja (*)

Riassunto - La presente memoria descrive un dispositivo sperimentale (consistente in un serpentino in


cui il calore viene fornito per induzione elettromagnetica), usato per determinare il coefficiente di trasmissione termica per convezione di fluidi in condotti.
Dopo la descrizione dell'apparato sperimentale vengono riportati i risultati ottenuti con acqua a temperature comprese fra 30 e 100C e numeri di Reynolds
fra 4.000 . 15.000.
Viene poi riportata l'analisi dimensionale dei risultati comparandoli con quelli di altri ricercatori
ottenuti con tubi rettilinei, mostrando come possono
essere ritenuti in buon accordo con i nostri.

misure di trasmissione di calore liquido-parete per


quanto riguarda l'acqua distillata.
La seconda fase di esperienza riguarder determinazioni con fluidi diatermici. Successivamente, con
opportune modifiche al dispositivo sperimentale,
contiamo di eseguire misure con fluidi evaporanti.
In definitiva si determinato il coeiliciente di
trasmissione termica fra parete e condotto nel campo di temperature compreso fra 30 e i00C e per
velocit fra 0,2 e 0,9 m/s, operando sempre in regime turbolento con numeri di Reynolds compresi
fra 4.000 e 15.000.
Descrizione dell'apparecchiatura sperimentale

Abstract - The connective heat transfer coefficient


of fluids in ducts may be determined on a test apparatus
thoroughly described in the following upper and basically consisting in an induction-heated helical pipe.
Experimental results are reported, obtained with
water in the temperature range 30 to 100C and Reynolds number varying between 4.000 abd 15.000.
A dimensional analysis of test results provides a
basis for comparison with data collected from previous
works and relevant to straight pipes; these latter
results are shown to be consistent with our own.

L'apparecchiatura sperimentale costituita, come


accennato nella premessa, da un trasformatore il
cui secondario realizzato con tubo in acciaio avvolto in corto circuito. La foto di fig. l no mostra

Premessa

Intendendo svolgere una serie di ricerche sperimentali sulla trasmissione de] calore per convezione
in fluidi entro condotti, abbiamo pensato di realizzare un dispositivo sperimentale atto ad affrontare
l'indagine con l'esecuzione di un numero relativamente limitato di prove.
Tale dispositivo consiste essenzialmente in un
trasformatore il cui secondario (realizzato on tubo
in acciaio) in corto circuito percorso dal fluido
a cui si cede calore. Regolando la portata del fluido
*: la potenza fornita al primario de] trasformatore,
il fluido da esaminare, dopo aver percorso il secondario, esce dal condotto con le caratteristiche
volute. Dal punto di vista operativo si dispone
quindi di un condotto in cui la quantit di calore
fornita per unit di lunghezza costante e le cui
spire non sono sotto tensione. Inoltre la messa a
regime del sistema assai rapida essendo il volano
d'acqua notevolmente piccolo.
All'inizio lo scopo del lavoro era soprattutto di
indagare sulla trasmissione di calore in fluido evaporante e intendiamo proseguire in questo senso.
Per adesso, ci siamo per limitati ad esaurire ]e
(*) Ass. ord. 1st. Fisica Gei, ed Applicata, Universit
di Pisa.

Fig. 1 - Vista complessiva deiln caldaia ad induzioni!.

una vista complessiva. Come si pu notare, il serpentino (secondario del trasformatore) chiuso elettricamente, nella parte superiore da un blocco a cui
83

rispettivamente della parete e dell'acqua nel tratto


considerato, mentre A7',- = Tpi Tai il salto
medio.
La conduttanza totale in ogni tratto calcolata
secondo la relazione:
qi = AM AT,
(1)
Per valutare poi il coefliciente di trasmissione
per convezione fra acqua e parete occorrer sottrarre alla resistenza globale quella relativa al passaggio di calore per conduzione fra parete interna
ed esterna del condotto.
Bisogner poi tener conto del fatte che nella

fanno capo due condotti, idraulicamente separati,


per la circolazione del fluido di cui si vogliono
esaminare le caratteristiche. La fig. 2 rappresenta
lo schema dell'apparecchiatura sperimentale. Come
pu vedersi, l'alimentazione avviene tramite una
pompa regolabile con by-pass. All'uscita del serpentino, il fluido percorre uno scambiatore S e ritorna nelle condizioni iniziali al deposito di alimentazione della pompa. Le misure effettuate sono le
seguenti. Viene letta la potenza assorbita dal primario. In tensione ai suoi capi e l'intensit della
corrente che lo percorre.

Fig. 2
Sul serpentino sono state saldate, a intervalli
regolari, 10 termocoppie con riferimento in ghiaccio
che forniscono le temperature di parete.
Due termocoppie poi, all'inizio e alla fine del
serpentino, anch'esse con riferimento in ghiaccio,
consentono il rilevamento della temperatura della
acqua sull'asse del condotto. Queste ultime, unitamente alla misura della portata d'acqua eseguita
per pesata, consentono di calcolare la potenza assorbita dal secondario e quindi di determinare il
rendimento di questa specie di caldaia ad induzione.
Tutte le misure eseguite con termocoppie in ferrocostantana sono state registrate su uno strumento
di tipo potenziometrico.
Risultati

I risultati delle prove eseguite con acqua distillata sono riportati nei grafici di fig. 3, 4, 5, 6. Per
essi in ascisse riportata la lunghezza progressiva
del condotto in cm e in ascisse le temperature in C.
La retta inferiore rappresenta l'andamento della
t.cmperatua nell'acqua lungo l'asse del condotto
(andamento che si suppone lineare data la cessione
costante di calore lungo il condotto) e la curva supeiioTe I'a7damento della temperatura di parete.
Sul margine destro in alto sono riportati i valori
corrispondenti della velocit dell'acqua.
Le curve qui riportate consentono di determinare
il coefficiente di trasmissione per convezione fra
fluido e parete.
In cioscun tratto compreso fra termoccoppie di
parete successive possiamo calcolare il calore forn:to
all'acqua. Siano Tvi e Tai le temperature medie
84

parete si genera calore per effetto Joule. Schematizzando il sistema come una parete piana di spessore
a in cui si generi uniformemente una quantit

MO

ZOO

300

400

300

800

Fig. 4

Fig. 5

di calore nell'unit di tempo e di superficie, si trova


che la resistenza termica incontrata nella parete
con una produzione uniforme di calore eguale alla
met di quella corrispondente all'attraversamento
di una parete di uguale spessore.
Si ha quindi:
j
*t St s
( 2l )
fBP/2io

Fig. 6
essendo 5,- le superfici laterali interne dei singoli
tratti.
Tale relazione ci consente quindi di ricavare il
coefficiente di trasmissione a,- nei sngoli tratti.
Le curve precedentemente riportate ci hanno
quindi consentito di calcolare il coefficiente di trasmissione a,-. Nella fig. 7 sono rappresentate le curve
che forniscono a velocit costante l'andamento di
a in funzione della temperatura del fluido.
Si passati quindi all'analisi dimensionale dei
risultati riportati nella figura precedente.
Indichiamo con Nu il numero di Nusselt, con
Re il numero di Reynolds, con Pr il numero di
Prandtl e con Pe li numero di Peclet. Si sono quindi
tabellati in funzione della temperatura i valori di
Nu, Re, Pr e Pe (tab. 8) relativi alle varie serie di
esperienze riferendosi per le caratteristiche dell'acqua ai valori riportati dal VDI - Warmatlas 1953.
Come pu subito vedersi, ogni serie pu ritenersi
eseguita a Pe all'incirca costante. Supposto che il
coefficiente di trasmissione dipenda unicamente
dalle grandezze fisiche interessanti le equazioni fondamentali dell'idrodinamica e della trasmissione
termica, noto che si pu porre tramite l'analisi
dimensionale :
.T
,, _ _ .
Nu = / {Re, Pe)
Un primo esame dimensionale consistito nel
riportare in un diagramma logaritmico Nu in funzione di Re a Pr costante (fig. 9).
Da questa prima rappresentazione gi si vede
come a Pr costante e cio la temperatura costante
la dipendenza di Nu da Re dello stesso tipo funzionale essendo le varie rette parallele fra loro.
Si poi trovato, esaminando il Nu in funzione di
Pr a Re costante, che si poteva ridursi a una forma
del tipo:
if

<<>/

85

Analisi dei risultati

I lavori sperimentali sulla trasmissione termica


in convezione forzata di acqua entro, condotti sono
assai numerosi e dopo i primi di Sonnoeken [1],
Stender [2], Mac Adams [3] e Frost, Blake e Peters
[4] di primo orientamento e conducenti a risultati
assai diversi fra loro (come stato messo in evidenza con cura dallo Schack [5]) si giunti, dopo
il lavoro fondamentale del Nusselt [6], ai lavori di
Hu

10
10

5U faO 70

2U 30

60

90

C fluido

! 8 !

w = 0,36 m/s

30

48,08 3809

2092

59,99 4934

2587

79,58 6721

3658

107,84 10661

40

5L53

4680

2037

63,50 5995

2616

82,49 8157

50

55,02 5539

1987

67,79

7218

2555

86,84 9753

60

59,75 6465

1948

72,97 8291

2504

2,99

70

65,74

7428

1910

80,50 9574

2455

2,56

80

73,27 8907

1872

2,23

90

83,60 9395

1840

1,96

Re

Pe

Nu

Re

w = 0,78 m/s

Pe

Nu

Nu

w = 0,49 m/s

Re

'/

Re

Fig. 9

Fis- 7

w = 0,28 m/s

Pe

Pr

5830

5,43

3564

109,59 13043 5675

4,34

3479

113,39 15467

3,56

Pe

Nu

Re

5537

Fig. 8

I valori, riportati in fig. 10 in cui si ha in ascissa


He e in ordinate JH = Nu Pr1!3 possono ritenersi
hen addensati su una retta il cui coeflciente angolare
0,85. Si quindi pervenuti alla formula:
Nu Pr-1!3 = K i?e0-86

in cui per K pu assumersi il valore medio 0,025.


86

Eagle e Ferguson [7], Jurgensen e Montillon [8],


Sherwood e Petrie [9].
Naturalmente, in concomitanza con questi, dato
che Pr all'incirca costante con la temperatura per
i gas (Pr circa 1) la ricerca si indirizzava anche verso
misure di trasmissione termica per gas in condotti
ricercando una formula di validit generale. Analiz-

su un tubo avvolto a eliva, mentre le misure riportate in letteratura sono state eseguite su tubi rettilinei.
Si pensato allora di correggere i valori trovali
servendosi della correzione consigliata da Jeschkc [13
che suggerisce che fra il coefficiente di scambio per
tubi in serpentino (as) e tubi rettilinei (ot/j) percorsi da gas esiste il rapporto

J H Nu P

,5^
U

r-j

5 6 7 8 10*

fie

Fig. 10

zando i vari risultati ottenuti a Re costante pu


trovarsi la dipendenza funzionale di Nu da Pr.
Come pu trovarsi messo in evidenza dal Mac
Adams [10], nella formula:
Nu=K Re" Pi*
K e b variano al mutare del modo di calcolare la
viscosit, cio se questa riferita alla temperatura
di parete (fis), del film (\if) o del nucleo centrale ([*).
Gli sperimentatori hanno trovato che b pu
variare fra 0,3 e 0,4 e K oscilla fra 0,023 e 0,028.
In genere, per fluidi con viscosit non superiore a
quella dell'acqua e Re maggiore di 2100, viene accettata l'equazione
Nu = 0,023 Re^Pr0-*
comparando fra loro fluidi studiati con Re = 10.000.
In alternativa a questa vengono usate anche
l'equazione di Colburn [11]
Nu = 0,023 Ref. Pr1!3
Queste equazioni avrebbero la pretesa di soddisfare per fluido qualsiasi, ma, in specie per l'acqua,
danno valori non in accordo con quelli sperimentali,
come ha messo bene in evidenza il Mac Adams [10]
comparando i valori [7], [8], [9] con le tre formule
prima riportate.
Passiamo ora a confrontare le nostre misure con
quelle, ad esempio, di Sherwood e Petrie in cui
Re e Pr sono valutati con viscosit riferita alla temperatura del nucleo centrale, come per i nostri
valori.
Si noti anzitutto che vari ricercatori hanno trovato che per tubi orizzontali in cui Ljd sia maggiore
di 50 (L = lunghezza del condotto, d = diametro
interno) il coefficiente di scambio non praticamente influenzato da questo rapporto.
Essendo Ljd molto maggiore di 50 nel nostro
caso, si vede subito (fig. 11) che le nostre misure
(indicate con un punto), assai ben correlate'rispetto
a quelle di Sherwood e Petrie (indicate con crocetta),
sono, rispetto a queste, pi elevate.
La ragione da ricercarsi, evidentemente, nel fatto
che i nostri rilievi sperimentali sono stati seguiti

essendo d/D il rapporto fra il diametro del condotto


e il diametro di avvolgimento dell'elica.
Usando di questa correzione, si sono riportati
nella stessa fig. 11 i valori (indicati con un punto
sbarrato) che, come si nota, si addensano con accordo sufficiente intorno ai valori di Sherwood e Petrie.
Ringrazio il Prof. Lorenzo Poggi, Direttore dell'Istituto.
Bibliografia
[1] Sonnoeken A. - Der Warmeubergang von Rohrtvnden
an stromendes Wasser. - Forsch.-Arb. Geb. Ingenicurwes. H. 108-9 (Berlin: J. Springer 1911) pag. 32-78.
[2] Stender W. - Der Warmeubergang am srmendes tvasser
in verlikalen Hohren (Berlin, J. Springer 1924).
[3] Mac Adams W.H. e Frost Th. - Heal transfer - Journal
of Ind. Engng. Chem. 14 (1922).
[4] Blake F.C. e Peters W.A. -Heat transfer in small pipes Ind. Engng. Chem. 16 (1924).
[5] Schack A. - Der Industrielle Warmeubergang, Verlag
slahlesen - Dsseldorf (1929).
[6J NuBselt W. - Die Waermiiiebertangung an wasser in
Rohr C.F. Mueller - Karlsruhe (1925).
[7] Eagle e Ferguson R.M. - Pro. Roy. S o c , A 127 (1930|.
[8] Jurgcnsen D.F. e Montillon G.H. - Ind. Engng, Chem.
27 (1935).
[9] Sherwood J.K. e Petrie J.M. - Ind. Rng. Chem. 24
(1932).
[10] Mac Adams W. - Heat Transmission - M. Graw Hill
Company, Inc. New York.
[11] Colburn A.P. e Hougen - Studies in heal transmission Ind. Engng. Chem. 222 (1930).
[12] Sieder E.N. e Tate G.E. Ind. Engng. Chem. 28,
1429-1436 (1936).
[13] Jeochke D. - Z. Ver. deut. Ing. 69 (1925) - Z. Ver.
deut. Ing. Erganzungsheft, 24, 1 (1925).

87

T
Correlazioni tra condizioni di esercizio e manutenzione
dei motori Diesel ferroviari
ed evoluzione di alcune caratteristiche degli oli nell'uso
S. Rottevi, G. Costantinides

Sommario - di grande interesse per l'utilizzatore


di un parco di trazione con motori Diesel, disporre
di una metodologia pratica che determini in maniera
sufficientemente sicura il comportamento dei motori
nell'esercizio specifico riguardo le condizioni di funzionamento, alla cui copertura chiamato a rispondere
il lubrificante.
Tale interesse tanto pi rilevante quanto pi
eterogeneo si presenta il quadro della situazione, sia
dal punto di vista dei tipi dei motori impiegati, sia
da quello delle condizioni particolari dei servizi di
utilizzazione dei motori stessi.
Tale il caso pi ricorrente di un parco di mezzi
di trazione Diesel in servizo ferroviario.
Nella memoria si puntualizza un metodo di applicazione e significativit generale la cui elaborazione
stata basata sullo studio relativo ad osservazioni ed
esperienze su motori caratteristici dell'esercizio ferroviario, sia di linea che di manovra.
Rsum - 11 est trs intressant pour l'usager d'un
pare de traction avec moteurs Diesel, de disposer de
mthodes pratiques convenables pour prvoir d'une
facon suffisamment sure le comportement des moteurs
dans les conditions particulires de fonctionnement,
auscquelles Flutile doit rpondre.
Ces intert est d'aulant plus important que les
conditions de service sont plus varies, en raison soit
des diffrents moteurs utilises soit des diffrentes conditions a"utilisation des moteurs.
Ceci est le cas qui se presente normalement ddns un
pare de moyens de traction Diesel en service ferroviaire.
Dans ce memorie on dcrit une mthode d'application et signification generale, dont Velaboration a
ite fonde sur l'tude des observations et experiences
sur moteurs caraetristiques du service ferroviarie,
aussi bien de ligne que de manojeuvre.
Abstract - Jt is of great interest for the user of a
fleet of Diesel engine vehicles to have a practical method
whereby it is possible to foresee, with a sufficient degree
of reliability, the behaviour of these engines, under
the particular working conditions to which the lubricating oil has to correspond.
The degree of importance grows as the range of
service conditions increases, both according to the
types of engines in use and the particular service
conditions to which they are subjected.
Such a situation normali}/ arises with a fleet of
Diesel engine vehicles in railway service.

(*) TOTAL Societ Italiana per Azioni.

{*)

This paper describes a si/stern of general significance


and application, the development of which is the result
of study based on experience and observation in relation to typical railway service engines, both main
line and shunting.
1. Introduzione
1.1. Impostazione

generale del problema

La fornitura di un prodotto industriale viene effettuata normalmente sulla base di un capitolato


tecnico, che fissa i limiti per talune caratteristiche
fisiche, chimiche e tecnologiche del prodotto, e,
nel caso degli oli lubrificanti, anche il superamento
di determinate prove su motore al banco.
La variet delle condizioni alle quali il lubrificante
pu essere sottoposto durante l'impiego tuttavia
tale, che la rispondenza al capitolato non rappresenta una sicura garanzia di rispondenza alle prestazioni che al lubrificante si richiedono.
Nasce cos il reciproco interesse sia per l'utilizzatore che per il fornitore a seguire il lubrificante dopo
la sua messa in opera. Questi ne ricava un'utile
esperienza, quello vede assicurata l'assistenza tecnica da parte di chi possiede una specifica conoscenza del prodotto.
Da tale stretta collaborazione fra produttore e
utilizzatore sorgono spesso occasioni per studi e
ricerche applicative di settore, il cui interesse va
talvolta oltre i semplici rapporti fra le parti in
causa per acquistare un valore pi generale.
Questo il caso del collegamento in atto ormai da
anni tra la Societ TOTAL e le Ferrovie dello
Stato, per quanto riguarda l'impiego degli oli lubrificanti nei motori ferroviari. Ed i risultati raggiunti
formano l'oggetto della presente memoria.
1.2. Cicli di revisione dei motori

Una amministrazione ferroviaria, con parco importante di mezzi Diesel, deve necessariamente programmare la manutenzione, le revisioni e la grande
riparazione dei motori e delle altre parti in modo da
garantire nel miglior modo possibile:
un regolare comportamento dei mezzi in servizio
entro prestabiliti limiti di percorrenza (od ore
di funzionamento), raggiunti i quali si procede
con sistematicit alla esecuzione delle revisioni
parziali o generali;
la disponibilit di mano d'opera e di parti di
ricambio sia negli impianti che hanno in dotazione i mezzi e che normalmente eseguono la
manutenzione e le revisioni intermedie, sia nelle
officine specializzate, alle quali vengono affidate
le riparazioni generali e speciali.

88

La cadenza delle revisioni e la durata della sosta


dei mezzi incidono sui costi d'esercizio ed quindi
evidente l'interesse a dilazionare per quanto possibile
]e revisioni, prevenendo nel contempo decadimenti
delle condizioni del motore, o di qualche organo in
particolare, per evitare gravi avarie.
Per determinare in maniera suflicientemente sicura il comportamento dei diversi tipi di motori
Diesel in opera sui mezzi ferroviari e conseguentemente per stabilire per ciascuno di essi il ciclo ottimale di revisione, si adotta normalmente una procedura pratica che tiene essenzialmente conto:
- della natura del mezzo e dei servizi prestati
(servizi di linea e di manovra) ;
della necessaria periodicit di intervento (visita,
controlli e revisioni) sugli acecssori del motore
per garantirne il regolare funzionamento (impianti di inieizione, di aspirazione o sovralimentazione aria, di refrigerazione e di scarico dei
combusti);
della periodicit dei ricambi d'olio. Tale operazione assume parricolare importanza e si diversifica per i vari tipi di motori in relazione sia
alla natura dei servizi effettuati sia alle caratteristiche del motore ed alla sua effettiva taratura
a bordo del mezzo, rispetto alla potenza nominale di omologazione che lo caratterizza (per i
motori ferroviari valgono gli standard internazionali UIC);
dei limiti di percorrenza (od ore di servizio)
entro i quali possibile garantire il regolare
comportamento dei complessi costituiti dalle
teste, valvole e guarnizioni di tenuta fra testa e
cilindro;
della percorrenza (od ore di servizio) che garantisca per i! complesso-cilindro il regolare funzionamento, senza oltrepassare i limiti massimi di
usura tollerabili in servizio per i singoli componenti (camicie, pistoni, spinotti, fasce elastiche
e cuscinetti di banco e biella).
Nei corso delle indagini intese a determinare i
limiti di cui sopra per ogni nuovo tipo di mezzo
Diesel che entra in servizio, non infrequente il
caso che un particolare organo presenti deficienze o
scarsa tenuta, tali da pregiudicare una soddisfacente ed economica ciclizzazione dei vari tipi di
revisione.
Se ci si verifica necessario intervenire, previa
adeguata sperimentazione, per migliorare il comportamento di tale organo e nei casi pi complessi,
ove risultasse palese che interventi parziali non
possono portare ai risultati auspicati, si dovr
procedere:
a) ad una correzione della potenza di taratura se nell'impiego pratico il motore viene a trovarsi in condizioni obbiettivamente meno favorevoli di quelle previste (ad esempio, temperatura e
altitudine ambientali sensibilmente pi elevate);
b) ad un derating o riduzione della potenza
di taratura (da distinguere dalla correzione di
cui al punto a), come ac.p.ormmp.n.to in ultima ratio
per assicurare al motore la durata economica di
regolare funzionamento fra due successivi interventi
di revisione, e ci anche a scapito (nei limiti del

consentilo) delle prestazioni massime del mezzo di


trazione.
2. Detergenza e disperdenza
2.1. Ricambi iVoio
A mantenere l'equilibrio fra le esigenze di cui al
punto precedente concorre anche la scelta opportuna
dell'intervallo fra una sostituzione e l'altra della
carica di olio. La riduzione di questo intervallo comporta infatti uno spreco di prodotto e di lavoro,
mentre il suo prolungamento pu riflettersi in maniera negativa sul funzionamento del motore.
La qualit del lubrificante, le caratteristiche del
motore e le condizioni di impiego del motore in
esercizio sono le variabili che determinano la periodicit del cambio dell'olio.
Questi i concetti. Tradurli in pratica non altrettanto semplice quanto lo la loro enunciazione.
Per le ragioni esposte nella parte introduttiva
venne concordato a suo tempo con le Ferrovie dello
Slato un piano di controllo di motori appena revisionati e di motori da tempo in esercizio.
L'esame dei lubrificanti in uso veniva effettuato
inizialmente secondo gli schemi tradizionali, determinandone le caratteristiche usuali, quali la viscosit, il residuo carbonioso, la quantit di insolubili,
di gasolio e di acqua, sul cui significato non ci si
sofferma, essendo stato l'argomento diffusamente
trattato da altri autori.
Questi dati costituiscono un utile elemento diagnostico per la ricerca delle anomalie nel funzionamento di un motore, ma non offrono ancora un
criterio razionale di giudizio sull'ellicienza dell'olio.
2.2. Misura del potere disperdente
Mancava all'upoca un metodo di misura della
qualit che contraddistingue un moderno olio per
motori, ossia del potere detergente, il cui significato, pur essendo intuitivo, merita qualche parola
di chiarimento.
II motore m generale ed i pistoni in particolare
tendono a sporcarsi nel corso dell'esercizio. Il fenomeno ha un carattere molto complesso, ma pu
essere cos brevemente riassunto.
Il velo di lubrificante che il movimento dei pistoni porta a contatto con i gas della combustione
si ossida per le alte temperature alle quali soggetto, alterandosi e formando una patina sulle superfici dei pistoni.
Contemporaneamente l'olio incorpora quella parte dei prodotti della combustione incompleta del
gasolio, che non viene espulsa attraverso lo scarico.
Tali incombusti, di consistenza fuligginosa, accompagnano l'olio nella sua circolazione attraverso
il motore e tendono a depositarsi.
Le propriet richieste ad un olio per contrastare
questi fenomeni sono due : detergente e disperdente,
avendo Ja prima Jo scopo di mantenere pulite le
superfici dei pistoni e la seconda lo scopo di mantenere in sospensione finissima e stabile la fuliggine.
Nel linguaggio corrente il termine detergenza accomuna spesso per brevit i due concetti.
Esiste invero un metodo normalizzato che permette una misura indiretta ed approssimativa di
queste propriet, tra loro collegale. Ed il metodo

89

per la detenni nazione del numero di basicit totale,


chiiiniiilo comunemente TBN dalle iniziali della
espressione inglese Total Base Number, che misura l'alcalinit dell'olio [II.
Tale alealinit richiesta per la neutralizzazione
degli acidi clic si formano per ossidazione del lubrificante e dalla combustione dei composti solforati.
Essa spesso una caratteristica propria degli additivi detergenti e disperdenti, ma pu essere conferita
all'olio lubrificante dall'aggiunta di additivi specifici a carattere alcalino.
Per questa coesistenza nell'olio dei caratteri
alcalino, detergente e disperdente il TBN stato
ed spesso usato come rivelatore del potere detergente e disperdente degli oli.
il TBN per soltanto un indice della presenza
di additivi e non da informazioni sulle loro qualit
disperdenti e detergenti.
Le Ferrovie dello Slato hanno gi da tempo avvertito il bisogno di tenere sotto controllo a livello
dell'esercizio l'evoluzione di tali qualit nelle cariche
degli oli nei motori, inlroducendo presso i propri
depositi locomotive la prova della macchia , basala sul principio della cromatografa su carta e
consistente nel far cadere una goccia di olio usato
su un foglio di carta da filtro, osservando poi
l'estensione della macchia e l'intensit del suo colore [21.
La prima, dipendendo dalla finezza delle particelle di fuliggine, fornisce un'idea del loro grado di
dispersione, mentre l'intensit del colore permette
di valutare la quantit di fuliggine presente.
La prova della macchia, sebbene dia soltanto una
risposta qualitativa, ha il pregio della immediatezza
del giudizio e della estrema semplicit.
La ricerca di un metodo pi rigoroso per una
misura diretta quantitativa delle propriet disperdenti di un lubrificante in opera quindi un problema di indiscusso interesse per l'esercizio pratico.
3. Logica della metodologia
3.1. Precedenti impostazioni
11 metodo, dal quale si tratto lo spunto, era basato su di un principio piuttosto semplice e consisteva nel determinare l'attitudine del lubrificante
a mantenere in sospensione il nerofumo mediante
una misura di trasmissione della luce [3], [4].
Esso permetteva per di misurare solamente le
propriet disperdenti attuali, le quali possono raggiungere livelli elevati anche con quantit di additivo relativamente basse. Questo accade perch il
potere disperdente, legato ad un fenomeno di adsorbimento di molecole o micelle polari sui corpi da
tenere in sospensione, ha un andamento che segue
la legge di Langmuir e raggiunge rapidamente un
massimo ad una certa concentrazione di additivo.
Un'ulteriore aggiunta di additivo non conferisce
all'olio la capacit di mantenere in sospensione una
maggiore quantit di nerofumo, ma prolunga la
durata di questa propriet nel lubrificante in opera.
Per misurare le qualit disperdenti potenziali cos
definite, cio la resistenza del lubrificante all'alterazione, si pens di far ricorso alla distruzione dell'additivo, sottoponendo l'olio ad una prova di

90

ossidazione normalizzata, la I.P. 48 [5]. Di tanto


in tanto nel corso dell'ossidazione si preleva un
campione e ne viene determinata la capacit di
tenere in sospensione il nerofumo mediante una
misura di trasmissione della luce (maggiori dettagli
sul metodo sono riportati in appendice).
Si costruisce poi un grafico, portando in ordinate
la percentuale di trasmissione ed in ascisse il corrispondente tempo di ossidazione in ore (fig. 1).

no
/

80

INDI
*
o
I/I

E DI 015 >ERDENZ

79

/
/

fj]

in
<
IT
-

40
SO

'

10

12

TEMPO 01 OSSIDAZIONE (l.R48,0RE)


l'ig. \ - Esempio di calcolo dell'indice di disperdenza.

Le curve tracciate rappresentano l'andamento del


potere disperdente nel tempo ed indicano non solo
le qualit attuali del lubrificante, ma anche quelle
potenziali, cio la riserva di additivo.
Allo scopo di caratterizzare con un numero il
potere disperdente, si introdotto un indice, chiamato appunto di disperdenza. Esso viene espresso
dalle ore di ossidazione necessarie a rendere inefficace l'additivo disperdente, moltiplicate convenzionalmente per dieci al solo scopo di evitare l'impiego di numeri decimali.
L'applicazione del metodo agli oli usati discende
direttamente dai concetti esposti. Un olio lubrificante usato un olio, nel quale il processo di distruzione dell'additivo in corso.
Il tempo necessario a completarne in laboratorio
la distruzione nelle condizioni fissate dal metodo
offre una misura del potere disperdente che l'olio
in grado dj esplicare ancora.
Il metodo sviluppato si rivel un utile mezzo di
indagine per conoscere meglio il comportamento
degli oli nei motori.
Si seguirono durante l'esercizio numerosi motori
i Jpi diversi in opera su automotrici termiche e
locomotive di manovra che facevano capo ai depositi di Pavia, di Bologna, di Palermo e di Milane.
3.2. Condizioni pratiche di esercizio
I risultati raccolti mostrano quanto siano variabili le prestazioni che vengono richieste ad un olio
in relazione alle diverse condizioni alle quali sottoposto, e che dipendono non solo dal tipo di motore,

ma anche dal tipo di servizio e, per lo stesso servizio,


dalle particolari condizioni del motore.
Giova in proposito ricordare che i motori Diesel
impiegati sui mezzi ferroviari presentano regimi
medi di utilizzazione di potenza notevolmente bassi
che vanno:
dal 10 al 20% della potenza di taratura per le
locomotive da manovra;
dal 15 al 30% per le locomotive di linea;
dal 25 al 40% per le automotrici termiche.
Tale scarsa utilizzazione della potenza installata
principalmente dovuta:
per i mezzi di manovra ai lunghi e ineliminabili
periodi di funzionamento a minimo a vuoto negli
scali, conseguenti alle particolari esigenze e caratteristiche del servizio;
per i mezzi in servizio di linea alla utilizzazione
prolungata del motore a . ari>:hi bassi nei servizi a prestazioni limitate di carico e di velocit.
3.3. Cadenza dei ricambi della carica di lubrificante
Della effettiva evoluzione delle caratteristiche
del lubrificante durante l'uso, determinata dalle
differenti condizioni di impiego, deve essere tenuto
conto nella scelta dell'intervallo pi adatto per il
cambio dell'olio.
La ricerca di laboratorio, intesa a individuare i
fenomeni che presiedono alla evoluzione del potere
disperdente di un olio, hanno permesso di constatare che questo poteva essere estinto in due modi:
ossidando l'olio oppure allontanando l'additivo mediante nerofumo.
Misurando poi per via analitica il metallo alcalino
terroso, il bario o il calcio, introdotto con l'additivo,
40

- -

30

$-

S
5
3.
D

=i

z
~

15
/

0.0S

y
0.10

mi

u
se
o
<

>

10

\l

i
/

QSSIC

35

015

020

% BARIO

0.2S

030

0.35

OISCIGLTO NELL'OLIO

Fig, 2 - Andamento dell'indice di disperderla in funzione


del bario rimasto in soluzione nell'olio. - Olio Heavy
Duty Supplemento 1 (I.D. = 41); 1) Automotrici 772,
Deposito di Pavia (Tabella II); 2) Automotrici 990,
Deposito di Palermo (Tabella II).

0 20
%

BARIO DISCIOLTO

0.30

040

NELL'OLIO

Fig. 3 - Andamento dell'indice di dispcrdenza in funzione


del bario rimasto in soluzione nell'olio. - Olio Heavy
Duty Supplemento 1 (l.D. = 41); 1) Automotrici 448,
Deposito di Milano (Tabella II); 2) Locomotive di manovra, Deposito di Milano.

che era rimasto in soluzione, si constatato, ed


era ovvio che cosi fosse, che esso rimaneva presente
nella percentuale iniziale nel caso dell'ossidazione
e che diminuiva nel secondo caso, assieme al potere
disperdente dell'olio, coll'aumentare della quantit
di nerofumo impiegata.
Quanto detto pu essere rappresentato in forma
di diagramma, riportando in ascisse il metallo rimasto in soluzione ed in ordinate l'indice di disperdenza (figg. 2, 3, 4).
Se ora si riportano sullo stesso diagramma i risultati dei rilievi eseguiti su oli in opera, si pu
conoscere per un determinato motore l'incidenza
dei due fenomeni.
Si trova anche una conferma a quanto si era
constatato mettendo a punto il metodo, cio la
ragione per la quale debba essere incorporata
nell'olio una riserva di additivo, destinata ad essere
sacrificata per effetto della ossidazione o pi genericamente per cause chimiche, allineile ne resti
presente una quantit sufficiente a mantenere in
sospensione la fuliggine che va ad inquinare l'olio,
e sulla quale l'additivo esplica le sue propriet tensioattive, impedendo alle particelle di agglomerarsi.
Si ricorda che le dimensioni di queste particelle
sono finissime, dell'ordine di qualche decimo di
micron, e che esse tendono ad agglomerarsi formando
dei grappoli in cui ogni particella rimane distinta
dalle altre.
Tale agglomeramento non ha luogo, quando la
particella di fuliggine adsorbe un certo numero di
molecole di additivo.
91

in molti casi un calo notevole delle ceneri solfatate.


Tali ceneri dovrebbero semmai aumentare per effetto del pulviscolo atmosferico e dei prodotti di
usura che si raccolgono nell'olio. La loro diminuzione ha perci significato inequivocabile.
Le ceneri sono costituite principalmente dalla
parte metallica dell'additivo, che, esplicando la sua
azione, rimane adsorbito dalle particelle di fuliggine.
Quando l'additivo non pi efficace, le particelle
si agglomerano e possono depositarsi, trascinando
con s l'additivo adsorbito, nelle zone dove la velocit di circolazione dell'olio minore, nei filtri centrifughi, nelle cavit dell'albero motore.
Andando a determinare le ceneri solfatate del
campione di olio, anche se reso omogeneo per riportare in sospensione la fuliggine contenutavi, il risultato non sar pi quello trovato sull'olio fresco.
Guardando la fig. 5, che riporta l'andamento
delle ceneri col variare dell'indice di disperdenza, si
nota una repentina caduta quando il potere disperdente si annulla, o pi esattamente quando raggiunge un valore prossimo a due [7j, [8].
Per verificare la validit del criterio, per alcune
automotrici del deposito di Merano l'intervallo fra
una sostituzione e l'altra dell'olio venne portato dai
10.000 chilometri in atto a 20.000, poich i dati
raccolti dimostravano che l'indice di disperdenza,
anche per effetto dei rabbocchi, non raggiungeva
il valore di due prima di quel momento (tabella III).
Le aspettative andarono deluse. L'olio manteneva
effettivamente in sospensione tutta la carica di

100

004

008

0.12

0.16

0.20

% CALCIO SCIOLTO NELL'OLIO

100

Fig. ' - Andamento dell'indice di disperdenza in funzione del


calcio rimasto in soluzione nell'olio. - Olio Heavy Duty
Supplemento 1 (I.D. = 100); 1) Motore M.2,automotrice
551), 2231, Deposito di Merano (Tabella III). 2) Motore
AI. 1, automotrice 556.2231, Deposito di Merano (Tabella III). 3) Motore M. 2, automotrice 556.2264, Deposito di Merano (Tabella III). 4) Motore M. 1, automotrice
").>(;.22(i'i, Deposilo di Merano (Tabella III).

4.1. Transizione critica


Trovato il modo di misurare la propriet disperdente ed individuati i processi di esaurimento della
stessa nel lubrificante in opera, si pens al modo di
utilizzare ai fini pratici i risultati ottenuti.
Quando si cerca il limite di impiego di un olio
lubrificante, e non solo di un olio per motori, occorre individuare nel sistema da lubrificare, la
situazione criiica intendendo come tale quella di
transizione fra una situazione normale ed una anormale.
Si cercano poi le variabili dell'olio ed il valore
delle slesse che corrispondono a tale situazione
critica.
Nel caso dei motori si supposto, in mancanza di
nozioni pi precise, che il punto critico di transizione fosse quello in cui la fuliggine, non pi dispersa nell'olio in forma colloidale, incominciava ad
agglomerarsi od a depositarsi nel circuito di lubrificazione.
Osservando i molti dati raccolti, si constatato

92

Q3Q
1

'

OSO

SOL

4. Utilizzazione pratica del metodo

0.20

aio

INDICE DI DISPERDENZA

Fig. 5 - Limite dell'indice di disperdenza al quale incomincia


la flocculazione degli insolubili. - Ogni punto rappresenta
la media d 6 campioni.

fuliggine, come era stato previsto, ma i motori raggiunsero il momento della revisione intermedia
(150.000 km) in condizioni che in certi casi vennero
giudicate al limite.
Se ne dedusse che la situazione critica non poteva
essere considerata l'inizio della deposizione della
fuliggine, ma doveva essere un'altra.

L'esperienza aveva dimostrato clic questo momento era preceduto da un grado di nsudiciamento
lei pistoni, che non era tollerabile per un buon
funzionamento del motore.

al contenuto di insolubili nell'olio e all'indice di


disperdenza dello stesso.
Il ragionamento indusse ad attribuire alla funzione la forma seguente:

't.2. Prove su motore

Si pens allora di dare l'avvio ad una serie di


prove su banco con motore Petter AV l, rendendo
per la prova pi severa, rabboccando, anzich con
olio fresco, con olio usato dello stesso tipo (la procedura spiegata dallo schema riportato nella tabella I).
Tabella I
DURATA

(ORE)

MOTORE
0
A

24

48

72

96

120

144

166

192

**

3
A

" i i i il

0^

B
A

Schema delle prove Petter. - o) aggiunta di olio della stessa


et; .r) campionamento per l'analisi; *) valutazione di
meiitii del pistone.

Vennero saggiati oli di formulazione diversa, a


base di calcio, a base di bario e senza ceneri, onde
pervenire a conclusioni di carattere generale [9].
Un attento esame dei risultati ha dimostrato che
il punteggio di merito totale dei pistoni, valutati secondo il metodo CEC AT/4 [10], dipendeva dal
contenuto di insolubili [11] e dall'indice di disperdenza.
Vi era una logica in questa constatazione. Lo
stato di pulizia del pistone dipendeva non soltanto
dal potere disperdente dell'olio, ma dall'equilibrio
fra due caratteristiche in contrasto fra di loro, cio
il potere disperdente ed il contenuto totale di sostanze insolubili.
Si poneva per la prima volta la questione del rapporto fra propriet detergente e disperdente, sulla
quale finora non ci si soffermati.
Dalla misura diretta della propriet che interessava, la propriet disperdente, che permette all'olio
di mantenere in sospensione la fuliggine, si cos
passati alla valutazione della propriet detergente,
intesa come attitudine a mantenere puliti i pistoni,
cercandone la correlazione con la propriet disperdente, che risulta dalla teoria essere diversa dalla
prima, anche se ad essa legata.
Scelta questa via per la risoluzione del problema,
si pens di raccogliere altri preziosi dati, sottoponendo a valutazione secondo il metodo CEC AT/'
anche i pistoni dei mezzi ferroviari, tenuti sotto
controllo, man mano che questi venivano tolti d'opera per la revisione.
4.3, II merito dei pistoni, funzione della disperdenza
e degli insolubili
Si trattava ora di utilizzare i dati disponibili per
calcolare la funzione che legava l'aspetto dei pistoni

10

i + B ,,

,<n cui

p rappresenta il punteggio di merito del pistone


i rappresenta gli insolubili coagulati, secondo il metodo ASTM D 893
d rappresenta l'indice di disperdenza
( rappresenta il tempo trascorso dall'ultima revisione del motore,
poich anche questo non poteva non influire sull'aspetto finale del pistone, A, B, C e D sono costanti.
Con la formula scelta tutte le condizioni erano
portate in conto.
All'entrata in servizio del motore, per t = 0,
p risultava eguale a 10, il massimo della scala di
valutazione dei pistoni.
Il punteggio di merito doveva essere tanto maggiore quanto pi basso era il tasso di insolubili e
quanto pi elevato l'indice di disperdenza e viceversa, pur restando compreso nei limiti della scala,
fra 0 e 10.
Le costanti B e D, aggiunte agli insolubili e all'indice di disperdenza, stavano invece a significare
che si poteva avere un nsudiciamento del pistone
anche in assenza di insolubili, come per esempio
in un motore a gas, e che d'altronde l'impiego di
un olio minerale puro (d = 0) non comportava necessariamente un punteggio di merito nullo dei pistoni.
Prima di calcolare il valore delle costanti A, B, C,
D, che compaiono nella formula, occorreva riflettere
sul valore che doveva essere attribuito alle variabili.
Mentre era chiaro il significato di t, il tempo, non
altrettanto lo era quello di i e d. Queste due caratteristiche infatti nel corso della vita utile di un
motore variano con un andamento, che rappresentato nella fiff. 6.

40

co
PEflCOHSO

no

EFFETTUATO

W0

(|im. OC)

Fig:. 6 - Andamento delle caratteristiche dell'olio fra due


revisioni del motore.

93

1U
\

iP Uf" ITf
::

<

:','

-,

:":

:POSP t CA!) 9ffK(

TOTALE , M

CASO PlO P IOSAB

Le

>

SITO

Nell'unit di tempo un motore ad un certo regime


di utilizzazione produce una quantit pressoch
costante di insolubili, ma il loro accumulo nell'olio
non ha un andamento lineare per effetto dei rabbocchi ed essi scompaiono quasi totalmente al cambio dell'olio, per ricominciare daccapo con la nuova
carica.
Qual era il valore da introdurre nella formula?
Non poteva essere che quello medio, ricavabile
facilmente col calcolo.
Un ragionamento simile poteva essere applicato
al caso dell'indice di disperdenza.
Fissato un tanto, si ricorsi al calcolo statistico
dei minimi quadrati ed all'ausilio di un elaboratore
elettronico, per ricavare le costanti da introdurre
nella formula, che sono risultate le seguenti:

Tale formula si per dimostrata di scarsa


utilit ai fini pratici per una ragione di carattere
generale: dillicile che entri nell'uso un sistema di
controllo, indipendentemente dal suo campo d:
applicazione, se non possiede il requisito della seinlicit.
4.4. Riforniidazione pratica del problema

La conoscenza del contenuto medio di insolubili


e dell'indice di disperdenza medio richiede ripetuti
campionamenti, mentre l'esperienza dimostra che
il problema dell'efficienza di un olio usato pi^t
quasi sempre, anche se impropriemente, sulla base
di un campione dell'olio scaricato dal motore.
Era perci necessario, da un punto di vista pratico, riformnlare i termini della questione tenendo
conto di questa realt.
I simboli i e d perdevano cos il significato ui
valori medi per acquistare quello di valori finali
corrispondenti al momento in cui l'olio veniva
scaricato dal motore.
Era evidente che venivano introdotte cos alcune
approssimazioni. Non era infatti tenuto conto dell'effetto dei rabbocchi, che influiscono sulla curvatura dei tratti compresi fra una sostituzione e
l'altra dell'olio, (fig. 6) e soprattutto non era tenuto
conto dell'indice di disperdenza iniziale dell'olio.
Ci nonostante la formula ottenuta, che riportiamo qui di seguito, presentava un coefficiente di
correlazione multipla di 0,89, ci che indica che la
probabilit che esista una correlazione di tale forma
superiore al 99,9%:
log
p

= o,93

Anche la significativit delle variabili oltremodo soddisfacente, essendo superiore al 99,9%


per i e d e del 97% per t. Non vi quindi alcun
dubbio che l'aspetto dei pistoni dipenda dagli insolubili e dall'indice di disperdenza, mentre vi soltanto il 3 % di probabilit (la differenza fra 100 e
97), c'ie la correlazione fra l'spetto dei pistoni ed
il tempo di servizio sia solo apparente.
Maggiori informazioni potrebbero essere ottenute
ripetendo i calcoli dopo aver raccolto altri dati ed
utilizzando il programma per l'elaboratore elettronico, gi predisposto.
94

u
s

0.04

0J08

012

0.16

i, + 1.75
<*. + 46
Fig. 7 - Correlazione fra condizioni generali dei pistoni e
caratteristiche dell'olio lubrificante. - log 10/p = 0,93
i + 1,15/d + 46 <.s; p = merito totale M del pistone
(CEC AT/4), media aritmetica dei meriti parziali;
t = tempo, ore di esercizio complessive; i = insolubili
in benzolo coagulati (ASTM D 893), nell'olio lubrificante
scaricato; d indice di disperdenza, nell'olio lubrificante scaricato.

Restava da fare l'ultimo passo, cercando il modo


di utilizzare praticamente il risultato del calcolo.
Si incominciato con lo sviluppare la funzione
in forma grafica, mettendo in relazione in fig. 7
il merito totale dei pistoni col rapporto (i + 1,75)/
(d + 46), e ricavando tre curve per tre intervalli
diversi, 5000, 10.000 e 15.000 ore di servizio fra
revisione e revisione.
Restava da stabilire quale fosse il limite accettabile del punteggio di merito totale dei pistoni.
Riprendendo il concetto gi sviluppato nel corso
della presente comunicazione, si pu dire che occorreva individuare la situazione critica, al di l della
quale potevano sorgere difficolt nel funzionamento
del motore.
La teoria e l'esperienza maturata dalle Ferrovie
dello Stato portarono a far coincidere tale situazione col momento in eui per l'accumulo dei depositi carboniosi si annulla il gioco fra il primo segmento di compressione e la relativa gola, quando
cio il punteggio di merito della stessa si riduce al
valore di 0.

10

t-

J>

oi

- * / -

1
'

o
o

/
fo

#I

4- _ i .

'

ISOIN

~ 1

it

t " i

l
"

o /loo o

f
*/

t-

-M

o
o

nc
o
_

/o

1/

o T To

//

J1

1
o

MERITO TOTALE, M

Fig. 8 - Correlazione fra condizioni generali dei pistoni e


depositi carboniosi nella gola del primo segmento.

Riportando tale caratteristica in funzione del


inerito totale del pistone nella fig. 8 e ricavando
col calcolo l'andamento pi probabile della stessa,
si trova il inerito totale, che rappresenta la situazione critica, in corrispondenza del valore di 6,8.
Non pu sfuggire a questo punto un'osservazione.
Non essendo le relazioni calcolate rigorose, ma di
carattere empirico, si potr in pratica verificare
l'annullamento del gioco anche con rapporti pi
bassi, cio anche quando l'olio si trova in condizioni
migliori di quelle che si ricavano dal grafico.
Occorreva perci calcolare il limite di confidenza
della previsione che la formula permetteva di fare.
Tale limite di confidenza tiene conto di tutte !e
altre cause di variabilit, diverse dagli insolubili,
dal potere disperdente e dal tempo di servizio del
motore, ed rappresentato da una parallela all'asse
delle ascisse tracciata in corrispondenza di un valore di p pari ad 8,2, che viene ad assumere in tal
modo il valore di un limite di sicurezza.
4.5. Esempio applicativo
Si chiarisce il concetto con un esempio. Si supponga di aver esaminato un campione di olio lubrificante, scaricato da un motore, e di aver trovato un
tenore di insolubili in benzolo coagulati pari al
2,16% ed un indice di dkperdenza nullo.
Sostituendo ai simboli i numeri, si ottiene:

Qualora la scadenza delle revisioni per quel motore


sia di 10.000 ore di servizio, o di un equivalente
numero di chilometri, il grafico dimostra che i pastoni si troveranno con molta probabilit in condizioni tali da meritare un punteggio di 6,8 secondo il
metodo CEC T/4, corrispondente ad un punteggio
di merito di 0,0 per i depositi carboniosi nella prima
gola.

Potr accadere in un altro caso, per l'effetto sfavorevole di altre variabili che la formula non prende in considerazione, per esempio con un particolare
tipo di motore, che i pistoni presentino al momento
della rrvisione un ncviiinuJo di depositi enrboniosi
nella prima gola tale da annullare il gioco del segmento (punteggio di merito di 0,0), pur essendo ie
caratteristiche dell'olio migliori di quelle ipotizzate
nell'esempio precedente.
Il limite di confidenza ricavato autorizza per
ad affermare (col 95% di probabilit di essere nel
vero) che il rapporto (i + l,75)/(<i + 46) in questo
secondo caso non sar inferiore a 0,042.
Presa conoscenza dei limiti di attendibilit del
calcolo, appare poco importante tener conto di (,
sicch il grafico potr essere ridotto per semplicit
ad un'unica curva, scegliendo frale tre segnate quella
mediana, che corrisponde alla revisione dopo 10.000
ore di servizio.
Si potr allora ricavare dal grafico delle norme
d'uso, cos espresse: allineile il motore raggiunga la
scadenza prevista per la revisione in condizioni
sicuramente buone, il rapporto (i -\- 1,75)/(rf + 46),
basato sulle caratteristiche dell'olio scaricato del
motore, dovr essere inferiore a 0,042. Per rapporti
compresi fra 0,042 e 0,085 probabile ma non certo,
che le condizioni saranno buone. Per rapporti superiori a 0,085 le condizioni saranno cattive.
Giunti a queste conclusioni, si ripreso ancora
una volta in esame tutte le analisi fatte di campioni
di olio prelevati da motori montati su mezzi ferroviari, calcolando di ciascuno il rapporto .
Il quadro che si ottiene da questa rassegna retrospettiva lusinghiero.
L'ispezione dei motori, la descrizione dettagliata
delle condizioni in cui questi sono stati trovati,
allorch sono stati smontati per la revisione, concordano molto bene con le previsioni che si traggono
dalla analisi dei campioni di lubrificante.
Nelle tabelle II, III, IV e V, sono riportati i dati
e gli altri elementi sui quali sono basate queste
conclusioni.
4.6. Diagnostica generale consentita dui metodo

Dalle tabelle stesse sono inoltre rilevabili altri


importanti aspetti diagnostici di carattere eminentemente pratico, strettamente legati alle caratteristiche e condizioni dei motori, nonch alla loro
utilizzazione.
Ad esempio:
Tabella II

Motori dello stesso tipo in opera sulle automotrici


990 di Bologna e Palermo presentano un comportamento differenziato. Oltre alla possibile diversit
dei servizi espletati dai due gruppi di mezzi, quelli
di Bologna, essendo dotati di trasmissione idraulica
che evita o riduce al minimo la possibilit di utilizzazione dei motori in sovracoppia, si presentano in
condizioni migliori di quelli di Palermo che invece
hanno in opera trasmissioni meccaniche che non evitano, a meno di una occulata condotta da parte del
personale di macchina, la permanenza del motore a
regimi bassi con piena introduzione di combustibile
e conseguente aumento della fumosit allo scarico
per effetto delle condizioni critiche di combustione.

95

Tabella II
HD Supplemento 1, a baso di bar lo, Indice di dfsperdonza 41

Olio lubrificante

M2

M1

precedente revisiono, al momenlc


20
del cambioolio. (Inktnx 1 000)

35

20

M1

35

25

M1

M 2

25

37

M 1 1a n o

990.3020 990 .3024 990.1008 990.1019 990.1020 448. 202 448.206

772. 3421

772. 3379
Motore

Palermo

B o 1 3 gn a

Pav

Deposito locomotive

37

34

M1

72

56

82

M1

M1

M1

17

M1

M 1

o
o

o e

Percorrenzoeffelluata, dalcambiodell'ollc. (Inkm)


1000
2000
3000
4000

5000

7000

8000

0
0
0

6000

0
0

9C00

10000

12000
i + 1. 75
d + 46

11000

r\
<O, O42
*-"

0 o, 0 4 2 - O . O 8 5

#>O,

O85

Tabella III
Olio lubrificarne

HD Supplemento 1, a base di calcio, Indice di e sperdenza 100

Deposito locomotive

Mer ano

Automolrico

556.2264

Motore

M1

Percorrenza effettuata, dalla precedente


revisione, al momento del cambio olio,
(in km x 1000)

556.2231

M 2

556.2222

M t

M 2

69 99 89 99 11 22 73 93 113 133 I I

M1

556. 2259
M 2

22 73 93 113 133 20 40 143 20 40 143

M 1

M 2

28 110 13

7 26 110 131

Percorrenza effettuato, dal cambio


dell'olio, (in km)
1000
2000
.3000
4000
5000
6000
700D
8000
9000
10000
11000
12000
13000
14000
15000
16000
17000
eooo
19000
20000
21000

O 0 O <

o o
o o
o o

O
o
0 0
O 0
0
O 0
O 0
0 0
O 0

OO
OO
0 O
O 0
0 0

00
0 0
0
0

una percorrenze di km x 1000 dalla


precedente revl slonc.
Segmento di compressione
Segmento raschiaolio
Mantello del pistone
Cordoni
Gole del segmenti;
Depositi carbontosl nello
prima gola
Media tre gole
Lacche o vernici
Morho combinato
Rigature sulla corona
Interno del plofono
Merllo completo va

d44^

96

0
0

(M )a~l
(Mpo
(Me)b
(M^jd
M,
MM
<

0,042

0,042 - 0/085

# > o.oesj

o
o

O 0

0
169

M.
M,
M3
M*

0
0

0 0
0
0
0
0

0
0

143

143

10,0
10,0
7,5
3,6

10,0
10,0
9,4
5
.7

9,9 1
8,0 ,
6,7 '
6,1

6,6
4,8
5,3
8,1
0,0

3,3
6,1
5,9
5,5
8,3
6,3

0,6
3,1
8,7
3,1
7,6
t,0

6,4

7,9

6, 1 ,

Tabella IV
Otto lubrificamo

HO Supplemento 1, a base di calcio, Indice di rilsperdenza 100

Deposito locomotive

Trieste

Locomotiva di manovro

141. 1 0 2 6

Ore di servizio dallo procedente


revisiono, al momento del cambio
olio

6900 9600

10250

10650

1041. 1.028

1 41. 1027

11400 M900

13350

3800

4400 5200 7050 7850

835D 8800

10600

11350 12100 13250

Ore di servizio dal cambio olio


50
too
150
200
250
300
350
400
450
500
550
600
6S0
700
750
600

o
0

<d O

o o

o
0

o
O
0 O

o oo

Va lutazione di merito del pistoni


15000

15000

15O0O

10,0
10,0
7,2
9,3

10,0
10,0
8,6
8,8

10,0
10,0
5,6
5,0

9,7
9,9
5,0
e, 6
10,0
9,0

9,7
9,9
3,1
8,2
9,8
6,0

3,8
6,8
4,0
5,3
10,0
5,2

8,6

0, 8

'.3

dente revisione
Segmenti di compressione M]
Segmento raschiaolio
Mg
Mantello del pistone
M3
Cordoni
M4
Gole del segmenti:
Depositi carbonios! nella
prima gola
(M^Ja-l
Media tre gole
( M^a
Lacche o vernici
(M5)b
Merito combinalo
(M^d
Rigature sulla corona
M

Merito complessivo

i + 1. 75
d + 46

O<O,O42

0,042-0,085

% >O, O85

Tabella V
Olio lubrificante
Deposito locomotive

Catania

Automotrice

666.1509

Motore
Percorrenza effettuala, della
precedente revisione, al momento del cambio olio,
(in km x 1000)

668.1513

M2

M 1

157

169

160

191

214

157

M 1

169 180 191 214

135

146

158

M 2

169

135

146

158

169

181

Percorrenza effettuata, dal


cambio dell'olio, (in km)
1000
2000
3000
4000
5000

o o

o o

6000
7000
6000

o o

o o

9000

DOOO
11000
12000

13000
Valutazone di merito del p i stoni dopo una percorrenza di
km x 1000 dalla precedente
revisione

o
o

o
o

o
o

o o

250

Gole del segmenti


Depositi cerbonlosl nella
prima gola
(M_)a-1
media gole
(Mw)a
Lacche o vernici M*)b
Merfio combfnsto (M_)d

10,0
10,0
10,0
10,0
< 0,042

I 0

0,042 - 0,085

li.

> 0,095

97

Tabella IH
Comportamento disuniforme per motori impiegati
nello stesso servizio.
Trattasi di motori di vecchia concezione a combustione indiretta con trasmissione meccanica sia
pure con interposizione di accoppiatore idraulico,
e pertanto soggetti agli stessi inconvenienti menzionati nel commento alla tabella II.
Si accenna al fatto che per tali motori la sola introduzione del filtro centrifugo ha permesso di
migliorare sensibilmente il quadro della lubrificazione.
Tabella IV
Un motore ha avuto un comportamento migliore
degli altri due. Tale motore ha sicuramente beneficiato di una costante regolarit di funzionamento
dell'impianto di iniezione.
Tabella V
Ottimo ed uniforme comportamento di tutti i motori anche se i mezzi sono impiegati su linee a forte
acclivit.
Determinante peraltro il fatto che tale motore ha
una taratura a bordo di 155 CV a L800 giri/1',
contro i 185 CV a 1900 giri/I' di potenza nominale
L1C del motore stesso.
facile dedurre che la taratura di potenza adottata
.1 relazione alle prestazioni di esercizio richieste,
giustamente distanziata dal valore della citata potenza nominale UIC di omologazione.
Conclusione

Sulla base di una ricerca di laboratorio e di rilevazioni eseguite su mezzi in servizio ferroviario
stata ricavala una semplice correlazione fra le caratteristiche di un olio usato e le condizioni dei pistoni
di un motore Diesel, che offre un criterio razionale,
sebbene approssimativo, per la scelta del momento
pi adatto per il cambio dell'olio lubrificante.
Ringraziamento
Gli autori desiderano esprimere il loro ringraziamento alle Ferrovie dello State, che hanno messo a
loro disposizione i dati e le notizie che sono serviti
a questo studio, e ne hanno permesso la pubblicazione.
Ringraziano in particolare il Prof. Dott. Ing. P.
Camposano, Direttore Centrale alla Direzione Generale Servizio Materiale e Trazione, ed i suoi collaboratori per il loro importante contributo alla preparazione della memoria.
APPENDICE
Riassunto del metodo per la determinazione del potere
disperdente degli oli lubrificanti nuovi ed usati

Definizione
Si definisce indice di disperderne, di un olio lubrificante il tempo, misurato in ore e decimi di ora e
moltiplica!* per 10, necessario perch l'olio sotto98

posto ad ossidazione in condizioni prescritte perda


le sue propriet disperdenti.
Alla luce di questa definizione si considera che
l'olio incomincia a perdere le sue propriet disperdenti quando trattato con nerofumo una sua
soluzione opportunamente diluita da una trasmissione della luce del 10% a 650 mu.
Si pu avere un indice di disperdenza iniziale o
residuo secondo che l'olio sia nuovo o usato.
Schema del procedimento
Campioni dell'olio in esame vengono sottoposti
ad ossidazione a 200C con aria (secondo le modalit
del metodo I.P. 48) per periodi crescenti di tempo.
Vengono poi diluiti con petrolio, vi si aggiunge una
quantit costante di nerofumo, si centrifuga per 5'
ad una forza centrifuga relativa fissata. Si diluisce
quindi opportunamente la sospensione di nerofumo
risultante e se ne misura la trasmissione della luce
allo spettrofotometro, ad una lunghezza d'onda di
650 mu, impiegando come soluzione di riferimento
una soluzione dell'olio ossidato, diluito con petrolio
nelle stesse proporzioni del campione trattato con
nerofumo.
Si riportano in diagramma i valori della T in
funzione delle ore di ossidazione: si riuniscono i
punti cos ottenuti con una linea continua. Dal tempo di ossidazione necessario perch l'olio raggiunga
il valore della trasmissione arbitrariamente fissato,
si risale all'indice di disperdenza (ved. esempio in
fig- I).
Il metodo applicabile integralmente agli oli
usati, previo allontanamento del nerofumo in sospensione. Si riesce a far flocculare il nerofumo diluendo l'olio con eguale volume di esano, aggiungendovi il 5 % di etanolo e quindi centrifugando
fino ad ottenere una soluzione limpida; questa viene
filtrata e liberata dal solvente per evaporazione;
in questo modo si ottieite un olio usato privo di nerofumo, senza alterarne Je propriet.
Talvolta la flocculazione del nerofumo riesce pi
facilmente impiegando per un volume di olio tre
volumi di una miscela in parti uguali di esano,
etanolo, metiletilchetone.
Note
1) II valore limite del 10% della trasmissione stato
scelto considerando l'impiego di uno spettrofotometro
Beckman DU e celle da 1 cm di spessore ottico, usando
colormetri a filtri con celle diverse necessario introdurre
una correlazione.
2) t molto conveniente introdurre il nerofumo sotto
forma di impasto, ottenuto mescolando opportunamente un
particolare tipo di nerofumo (RPC SPHERON 9 della ditta
CARBOCROM) con un olio minerale puro, corrispondente
ad una gradazione di viscosit SAE 30, macinando quindi
numerose volte con una macina da colorificio, fino ad ottenere particelle, il cui diametro medio sia compreso per la
maggior parte tra 0,2 e 0,5 micron. La curva di distribuzione
inedia delle particelle pu essere costruita eseguendo delle
fotografe al microscopio, a 1200 ingrandimenti, di una
dispersione di una goccia dell'impasto di un olio adatto per
microscopia.
Il tenore di nerofumo nell'impasto si ottiene applicando
il metodo ASTM D 893 (insolubili in benzolo).
3) La ripetibilit del metodo del 20%.

Bibliografa
[1] Standard method of test for neutralization number
by potentiometric titration. ASTM Designation D 664.
American Society for Testing and Materials.
[2] Schilling A., Bernelin B., e Fosso C. - Revue de, l'Inatitut
Fmncais du Ptrole et Annales des Combustibles Liquides - Vol. XIII, n. 7-8, luglio-agosto 1958.
[3] Faust. J. - Lubric. Engng., 1954, 345-49.
[4] Willis R.L. e Ballard E.C. - Oil Gas J., 7-3-55, 53 (44),
110-14.
[5] I.P. Standards for petroleum and its products, London.
The Insiliate of Petroleum.
[6] Standard method for sulfated ash from lubricating

oils and additives, ASTM Designation D 874. - American


Society l'or Testing and Materials.
[7] Costnntinidcs G., c Rotteri S. - Riv. Combust., 1958,
474-93.
[8] Rotteri S. - Riv. Combust. 1965, 186-91.
[9] Costantinides G., Rotteri S. - The Proceedings of the
Seventh World Petroleum Congress.

[10] Coordinating European Council for the development


of performance tests for fuels and lubricants. Procedure
CEC/AT 4.
[11] Standard method of test for insoluble in used lubricating oils, ASTM Designation D 893, Procedure B
for Coagulated Benzene Insolubles. - American Society
for Testing and Material.

99

Refrigerazione di organi di forni industriali


con ricupero del calore mediante evaporazione dell'acqua
di raffreddamento e utilizzo del vapore prodotto
Fernando Garzello

Riassunto - Si descrive il processo di raffreddamunto a caldo consistente nel refrigerare parti di


forni industriali mediante circolazione naturale o
forzata di acqua a media pressione in ciclo chiuso,
cosi da produrre capare saturo.
Si descrivono particolarmente le pi tipiche applicazioni del processo, sui telai refrigerati (casseporte)
dei forni fusori Martin-Siemens e sulle guide d scorrimento dei forni a spinta per riscaldo billette e bramine, confrontando fra loro i due possibili sistemi di
circolazione.
Si espongono i cari/aggi ottenuti riducendo gli
interventi di manutenzione sugli organi interessati e
le esperienze acquisite durante l'esercizio degli impianti
unici del genere a tutt'oggi in Italia, funzionanti presso le Ferriere Fiat.
Si conclude con considerazioni di natura economica,
esaminando i campi di possibile estensione del processo e i suoi limiti di applicabilit sui forni industriali in relazione alla struttura degli stabilimenti
siderurgici.
Summary - Description of the evaporative cooling process, consisting in the cooling of furnace
parts by natural or forced circulation of closed circuit
water, so as to produce saturated steam.
Particular desc-'ption of the most typical applications of the process to the door frames of open hearth
furnaces and to the skids of pusher-type billet and
slab reheating furnaces, comparing the two Possible
circulation systems.
Advantages obtained reducing maintenance interventions of the involved parts and experiences gathered in working with the installations, unique of
this land in Italy, operating al Ferriere piante of
Fiat.
Concluding, economic considerations are expressed,
considering the fields of possible extension of the
process as well as its limits of application to furnaces,
depending from the structure of the steel plants.

1) Generalit
I grandi forni industriali, sia elettrici che a combustione, comprendono strutture metalliche refrigerate le cui funzioni sono fondamentalmente le
seguenti :
) delimitare in modo preciso e aperture del
forno e sostenere la muratura in corrispondenza delle
aperture stesse: il caso delle casseporte dei forni
Martin-Siemens e dei forni fusori all'arco elettrico
(sia per le porte di carica che per le porte di lavoro)
e delle casseporte all'infornamento e sfornamento dei
forni a spinta e di riscaldo in genere.
100

Queste strutture comprendono di solito superfici metalliche direttamente esposte alla radiazione
diretta dell'ambiente del forno;
b) sostenere il materiale da riscaldare in forno :
il caso delle guide di scorrimento dei forni a spinta
e delle strutture ad esse collegate (traverse, pilastrini). Queste sono di massima rivestite con refrattari pi o meno isolanti, che per sono soggetti
a deteriorarsi nel corso della campagna del forno.
Inoltre, in corrispondenza del pattino di usura,
su cui scorre il materiale, una certa superficie deve
necessariamente restare nuda;
e) sostenere parti della muratura particolarmente soggette a sollecitazioni termiche e meccaniche: porte dei forni fusori, anelli di volta dei
forni fusori ad arco, travi di sostegno volta dei
forni a spinta, serpentini di raffreddamento pareti
ed alveoli dei bruciatori nei forni Martin-Siemens.
I circuiti refrigerati di cui alle voci a) e b) causano ingenti sottrazioni di calore al forno: ad esempio le casseporte dei forni Martin scambiano da
300.000 a 500.000 kcal/h ciascuna, mentre le guide
refrigerate di un forno a spinta a tre zone della
capacit di 100 t/h sottraggono al forno da 2.000.000
a 4.000.000 di kcal/h.
Per asportare cos cospicue quantit di calore, con
un circuito aperto dove si pu calcolare un aumento
di temperatura dell'ordine di 10C per l'acqua in
circolazione, occorrono portate che superano i
100 m s /h per i forni Martin e raggiungono parecchie
centinaia di m3/h per i forni a spinta.
Tali portate di acqua influiscono quindi sulle
dimensioni degli impiant di ricircolo raffreddamento e trattamento dell'acqua, e quindi hanno notevole incidenza sui costi di impianto e di esercizio
della rete idrica.
Lo stsso effetto refrigerante si ottiene se tutti gli
organi vengono opportunamente dimensionati, in
modo da sopportare la pressione del vapore che si
intende generare (di norma 15-^30 kg/cm2). Negli
elementi, cos alimentati con acqua sotto pressione
e alla temperatura del vapore saturo (190C-^230C)
avviene una continua vaporizzazione delle particelle di acqua a contatto con le pareti di scambio.
Realizzando una opportuna velocit di circolazione,
il vapore man inano che si forma viene asportato
dalla corrente d'acqua, continuamente sostituita da
altra non contenente vapore. L'emulsione acqua/vapore viene raccolta in un corpo cilindrico in cui si
separa il vapore saturo pronto per l'utilizzo (eventualmente previo surriscaldamento).
Il primo evidente risultato che il consumo di
acqua praticamente annullato : la modesta portata

di acqua che viene vaporizzata infatti la stessa


che dovrebbe alimentare una caldaia di tipo tradizionale per produrre la stessa quantit di vapore.
Nel caso invece che il vapore non venga utilizzato
come tale, pu venire condensato all'esterno dell'impianto, scambiando calore in radiatori con
l'atmosfera, e con il ricupero integrale delle condense realizzare un circuito completamente chiuso.
Il secondo vantaggio, assai pi interessante nella
quasi generalit dei casi sotto l'aspetto economico,
il ricupero quasi totale, sotto forma di vapore,
del calore sottratto al forno dal circuito di refrigerazione.
Infine, ultimo ma non trascurabile vantaggio, sta
nel fatto che gli organi refrigerati, essendo costruiti
con spessori adeguati alle pressioni di esercizio,
ed alimentati con acqua debitamente demineralizzata, hanno durata sensibilmente superiore a quelli
tradizionali e, specialmente nel caso dei forni
Martin, evitano onerose spese di manutenzione e
fermate del forno per interventi con perdita di
produzione [41, [5J.
2) Applicazioni pratiche

II sistema di raffreddamento per evaporazione


particolarmente diffuso nell'Unione Sovietica, dove gi nel 1964 era realizzato su 7 altiforni, 53 forni
a spinta e 279 forni Martin [3].
La particolarit degli impianti sovietici di essere
tutti a circolazione naturale, ottenuta con il collocare il corpo cilindrico di separazione vapore ed
altezze di circa 20 m al disopra degli organi refrigerati.
In Occidente, il sistema stato sviluppato da
due ditte della Germania Federale, la Reining e la
Steinmiiller. Quest'ultima, costruttrice di caldaie
La Mont, ha applicato il concetto delle caldaie stesse,
costituite appunto da tubi in cui l'acqua circola
ad alta velocit e con ripartizione regolare tra i vari
circuiti in parallelo, grazie a caratteristici collettori
di regolazione.
Questo sistema, nel quale gli organi refrigerati
sono costituiti da strutture tubolari, si appoggia
alla circolazione forzata.
Il sistema Reining consiste invece nel conservare
la forma originaria degli organi da raffreddare e le
loro dimensioni esterne, rendendoli per adatti a
sopportare le sollecitazioni dovute alle pressioni
e temperature di esercizio, e con opportuni accorgimenti per la corretta circolazione dell'acqua nell'interno.
Dopo un periodo iniziale in cui si costruirono
impianti sulle casseporte dei forni Martin a circolazione forzata, la Reining si orient sulla circolazione naturale, che applica ormai sulla generalit
degli impianti di questo tipo.
Dopo questa applicazione, che rimane la pi
frequente e pi interessante dal punto di vista del
ricupero del calore, si estese il sistema sui forni
a spinta: anche dui, dopo un periodo iniziale di
circolazione forzata, si speriment con successo la
circolazione naturale. Di quest'ultimo tipo sono ira
funzione a tutt'oggi, in Occidente, tre impianti,
rispettivamente in Svezia, in Messico e alle Ferriere
Fiat di Torino.

L'esperienza favorevole dei due impianti in


Svezia e Messico, oltre alla letteratura sull'argomento riguardante i forni dell'Unione Sovietica,
hanno provocato la scelta da parte della Fiat del
sistema a circolazione naturale, in particolare per gli
argomenti che seguono.
La spesa di primo impianto bens superiore
per il sistema a circolazione naturale, avendosi
un corpo cilindrico a 20 m circa di altezza, v
quindi opere di sostegno e un maggior sviluppo
di tubazioni: si risparmia per il costo delle
pompe di circolazione che devono essere almeno due, una azionata da un motore elettrico
e una azionata da turbina a vapore con inserimento automatico in caso di mancanza di corrente elettrica.
La potenza richiesta dalle pompe di circolazione
comporta un dispendio continuo di energia, tale
da annullare a lungo termine il vantaggio di un
minor costo di installazione. A questo proposito
utile osservare che le pompe di circolazione
devono essere dimensionate per una prevalenza
modesta ma per una portala ragguardevoli-: si
infatti calcolato che la portata di acqua in
circolazione da 10 a 40 volte la portata di
reintegro (cio di acqua effettivamente vaporizzata) [2].
Ci spiega appunto come le particelle di vapore,
che si forma continuamente a contatto con le
superfici di scambio, vengano immediatamente
asportate e sostituite con acqua ad una tale velocit da impedire, sotto qualunque condizione, la
formazione di tamponi di vapore che blocchino.
la circolazione.
In definitiva, si ritenuto che la circolazione
naturale offrisse una piena garanzia di buon
funzionamento in tutte le possibili condizioni di
esercizio ed eliminasse un elemento (le pompe
di circolazione) suscettibile di costituire un
punto vulnerabile dell'impianto. Un argomento
decisivo a favore della circolazione naturale
stata anche la nostra esperienza positiva di alcuni anni di esercizio sui forni Martin.
3) Risultati di esercizio

L'esperienza acquisita durante otto anni di esercizio degli impianti di raffreddamento ad evaporazione alle Ferriere Fiat ha permesso di verificare
la superiorit economica del sistema rispetto al
raffreddamento a scarico libero, mentre ha confermato la validit della scelta della circolazione
naturale.
Sotto quest'ultimo aspetto, infatti, non si sono
mai rivelati sintomi diretti o indiretti di irregolare
circolazione, n sugli impianti dei forni Martin n
sul pi recente impianto, in funzione da circa venti
mesi, su un forno a spinta da 120 t/h.
La superiorit economica rispetto al sistema tradizionale si documenta sommando il risparmio di
acqua, il risparmio di combustibile per produzione
di vapore e le evitate spese per manutenzione e
fermata impianto, dovute ai minori interventi di
sostituzione degli organi refrigerati. L'insieme di
queste economie tale da coprire, mediamente in
due anni, la spesa di impianto.

1011

In particolare, sui nostri forni Martin da 130 t,


l'impianto di raffreddamento sulle tre casseporte
realizza i seguenti vantaggi.
l) Risparmio di acqua: con il precedente sistema n scarico libero si consumavano da 30 a 40 m3/h
di acqua per ciascuna cassaporta; era richiesta
l'alimentazione con acqua sottoposta a trattamento
di stabilizzazione, per diminuire le incrostazioni
dovute all'elevata temperatura di uscita (oltre
40C).
2) Produzione di vapore: ogni cassaporta produce mediamente 800 kg/h di vapore saturo a 15
kg/cin*. Il \aporc viene poi surriscaldato in unione
con quello prodotto nella caldaia che ricupera parte
del calore sensibile dei fumi inviati dal forno al
camino.
3) Manutenzione organi refrigerati: le casseporte alimentate con acqua, seppure stabilizzata,
in circuito aperto, richiedevano mediamente 10
sostituzioni l'anno. Dato che ne] corso dell'anno
sono programmate tre fermate per manutenzione
murarii), ne risulta che ogni cassaporta richiedeva
ir) pi sette fermate del forno con conseguente
perdila di produzione, oltre alle ingenti spese di
intervento. Inoltre, il lavoro di ollicina per rimettere
in ellicienza le casseporte smontate era alquanto
oneroso.
Con i nuovi impianti, le fermate causate da manutenzione delle casseporte sono ridotte a casi rarissimi e del tutto occasionali, poich in genere sufliciente la sostituzione preventiva in occasione delle
fermate programmate. In tal modo anche la revi.sione in odicina dele casseporte smontate assai
meno costosa.
I risultati di esercizio sopra esposti possono essere
considerati tipici e generalizzabili per tutti gli analoghi impianti sui forni Martin, e concordano anche
sostanzialmente con i valori riportati dalle varie
pubblicazioni sull'argomento.
Non si pu dire lo stesso per i forni a spinta, in
cui sono molto variabili i parametri costruttivi del
forno, la forma e lo sviluppo degli organi refrigerati, con la conseguenza che il calore da questi
sottratto al forno pu essere notevolmente variabile, per una stessa capacit produttiva, a seconda
del disegno del forno stesso. Inoltre il calore asportato varia nel tempo a seconda del grado di usura
del rivestimento refrattario-isolante che ricopre una
notevole parte delle superfici interessate.
Nel nostro forno a spinta a 120 t/h, a inizio campagna (rivestimento nuovo), si scambiano a pieno
regime circa 1.500.000 kcal/h (valore abbastanza
modesto se confrontato con altri forni meno recenti
della stessa potenzialit) e dopo circa un anno,
cio a fine campagna, non raggiunge i 2 milioni di
kcal/h, con un grado di usura dei rivestimenti valutato nell'ordine del 30%.
II valore limitato dell'assorbimento di calore da
parte delle guide refrigerate dovuto al loro disegno: si tratta di travi costituite ognuna da due
tubi a sezione quadrata sovrapposti, Questa struttura particolarmente resistente alla flessione, cosi
da non richiedere pilastrini a tubi trasversali di
sostegno e riducendo quindi notevolmente le superfci di scambio.

102

L'impianto stato per logicamente dimensionato per l'eventualit del verificarsi delle condizioni
pi sfavorevoli, cio della totale distruzione del
rivestimento. S'intende che anche l'impianto alternativo, ad acqua fredda in circuito aperto, avrebbe
dovuto essere dimensionato con gli stessi criteri.
Poich lo scambio termico medio dello stesso
ordine di grandezza di quello di ciascun forno Martin, anche i dati relativi al risparmio di acqua e
alla produzione di vapore di ricupero sono sensibilmente uguali a quelli prima esposti, appunto a
proposito del forno Martin.
Non invece facile fare confronti in termini di
manutenzione degli organi refrigerati, poich anche con gli impianti tradizionali normale che le
sostituzioni siano effettuate, a titolo di prevenzione,
al termine delle campagne annuali, e non raro
il caso di guide di scorrimento che vengano conservate per alcuni anni, ripristinando ogni anno soltanto il pattino di usura.
Nel nostro caso, la pi recente ispezione, dopo
un anno e mezzo dell'avviamento del forno, ha
mostrato le ancora perfette condizioni delle guide di
scorrimento.
4) Conclusioni
II costo dell'impianto di raffreddamento ad evaporazione sui forni Martin compensato dalle economie di esercizio, anche quando esse si limitino
al risparmio di acqua, al minore onere per sostituzione di casseporte e alle conseguenti perdite di
produzione: questo nel caso-limite in cui non abbia
interesse l'utilizzo del vapore prodotto.
Per l'esattezza, la convenienza al limite qualora l'industria disponga di adeguate possibilit
di estrazione di acqua dal sottosuolo, mentre diviene notevole se per la mancanza di estrazione
propria l'acqua debba essere approvvigionata da
reti esterne.
Nel caso di forni a spinta, invece, come gi si
visto, non ha molto peso la riduzione dei costi di
manutenzione: il solo risparmio sul costo dell'acqua
non sempre di per s sufficiente a giustificare
l'impianto, almeno in via generale. Non manca
per l'esempio dell'impianto realizzato in Messico,
dove certo a causa del costo elevato dell'acqua
si scelto il raffreddamento ad evaporazione, anche se del vapore prodotto non viene utilizzato il
calore, ma soltanto si riciclano le condense ottenute dopo scambio con l'atmosfera esterna.
In tutti i casi e sono la maggioranza in cui
interessa l'utilizzo di vapore a bassa/media pressione, saturo o surriscaldato, le economie si esaltano al punto da rendere indiscutibile la convenienza globale dell'impianto. Infatti il risparmio di
combustibile realizzato di gran lunga superiore a
tutte le altre voci di economia e condente di ricuperare la spesa di impianto in soli due anni.
Nel nostro stabilimento questi impianti di ricupero sono risultati decisamente convenienti, pur
tenendo presente che l'economia di combustibile
effettiva solo per 6+7 mesi all'anno, cio nel semestre invernale: nel semestre estivo, infatti, il fabbisogno di vapore dello stabilimento inferiore alla
capacit produttiva dei generatori di vapore a ri-

cupero di calore. Tale margine di disponibilit di


vapore va per progressivamente riducendosi.
Si sin qui trattato di due applicazioni dell'impianto, cio rispettivamente sui forni Martin e sui
forni a spinta: in primo luogo perch sono le pi
interessanti dal punto di vista delle economie di
esercizio e pertanto le pi diffuse, e infine perch
sono le sole a tutt'oggi realizzate in Italia.
Riteniamo che in un prossimo futuro tali applicazioni possano estendersi, anche da noi, in specie
sugli altiforni, su cui sappiamo che gi esistono
numerosi impianti, particolarmente nell'Unione
Sovietica: e non escluso che si possano avere interessanti applicazioni sui forni fusori all'arco elettrico.
Questi contengono organi refrigerati (anelli di
volta, casseporte, condotti di captazione fumi da
depolverare) che potrebbero prestarsi utilmente al
raffreddamento ed evaporazione, almeno nelle pi
moderne installazioni di elevata capacit, dove
certamente sar pi favorevole il rapporto tra
l'economia di esercizio e il costo di impianto.
N'on si pu negare che la progettazione di impianti del genere sui forni fusori elettrici presenti dificolt notevoli, in particolare dato il sempre esiguo
spazio disponibile a bordo del forno e nelle vicinanze, alla presenza dei cavi di alimentazione, al fatto
che le volte sono mobili e il forno stesso inclinabile. Ci implica per lo meno la necessit di realizzare i collegamenti tra forno e corpo evaporatole
con tubazioni snodate o flessibili; problema del
resto gi risolto in Germania con l'applicazione del

raffredda mento ad evaporazione sulle porte di carica disposte sopra la volta di un forno Marlin da
250 t.
Si pu concludere affermando che il raffreddamento ad evaporazione pu trovare in molti stabilimenti, siderurgici italiani le condizioni favorevoli
fl'a sua adozione: che l'economicit di tali impianti
destinata ad accrescersi in futuro, date le crescenti
dillicolt connesse con l'approvvigionamento, la
distribuzione e il raffreddamento delle acque industriali: e che la sicurezza di esercizio garantita dai
risultati della lunga esperienza ormai maturata.
Bibliografia
V

[1] Andonjev S.M. - I aparitel'noe ochlazdenie krupmjch metodceskich pece'] - Prozuyslennaja energetika 7/1965 pagg. 39 -=- 43.
[2] Babka Pierre - he rejroidissement des fours Martin La Metallurgie - Voi. 96 - n. 7-8 (1904) pagg. 629 -H 633.
[3] Chaurand H. - Befroidissement l'eau moyenne et haute
temperature en circuii inlegraleine.nl ferine - C.I.T. n. fi
(1969) pagg. 1577-r 1581.
[4] Heil Werner - Betriebserfahrungen und Scltadensfale an
Ahhitzkessel und Heisskultinganlagen fur Sienieitn-MarlinOfen - Stahl und Eisen 77 (1957) pagg. 84 -H 95.
[5] Lopatin A.A. and Verkhovokda K.A, - Operation o/ tite
evaporative cooling of open - hearth furnaces - Stai' in
English - Aprile 1963 - pagg. 328-330.
[6] Theegarten Harald e Zur Max - Abwarmeverwerlung auj
Huttenwerken - Stahl und Eisen 6-3-1969 - pagg. 231 ~
-f- 238.
[7] Zur Max - Wirtschaftliche und tercnische Betriebsergebnisse

an Abhilze - und Heisskiihlunganlagen hinler SiemensMartin-Ol'en.

103

Esperienze di lavaggio chimico dei generatori di vapore


Studi comparativi sul comportamento e le caratteristiche di diversi acidi e loro
miscele con particolare riferimento all'acido fluoridrico
Antonio Kunld (*)

Sommario - La memoria riassume i risultati di


alcune ricerche condotte da alcuni sperimentatori
tedeschi sull'uso dell'acido fluoridrico nel decapaggio di tubi dei generatori di vapore.

A - Teoria dei trattamenti tradizionali


Tiene esposta la teoria di Vogel sul meccanismo di
attacco degli acidi sugli ossidi metallici. 1 risultali
della teoria sono confortati dalla pratica per quanto
riguarda gli acidi di uso pi comune, mentre per
quanto riguarda sia gli acidi organici che l'acido
fluoridrico bisogna pensare ad azioni catalitiche da
parti1 degli anioni per spiegare il loro anormale
comportamento.

l - Esperimenti effettuati
Vengono qui riassunte le esperienze di Spillner ed
altre [Schwenk, ecc.) condotte in laboratorio sulla
dissoluzione di campioni di magnetite polverosa per
mezzo di soluzioni acide equivalenti.
Acidi usati: sia gli inorganici (cloridrico e solforico) sia gli organici (acetico, citrico e formico). Viene
cosi verificata la inadattabilit della teoria di Vogel
nel caso degli acidi organici.
Risultati ancora pi sorprendenti si ricavano da
prove con gli stessi reattivi acidi attivati per mezzo
di acido fluoridrico: la velocit di reazione diviene
enormemente superiore a quella preventivabile con la
teoria.
Ipotizzando un'azione dell'anione Fluoro si giunge
alla formulazione di una nuova teoria, modificata
rispetto a quella di Vogel.
Tuttavia si dimostra che questa teoria ha una validit limitata ad un determinato campo di pH, al di
fuori del quale alcune reazioni secondarie si oppongono
alla principale fino a prevalere.
Dopo un'analisi dei risultati ottenuti con soluzioni
di acido fluoridrico a varie concentrazioni, viene proposto un confronto fra miscele:
1. Acido fluoridrico a diverse concentrazioni
2. Acido citrico (con sostituzioni crescenti di
quantit equivalenti di acido fluoridrico)
3. Acido cloridrico (con sostituzioni crescenti di
quantit equivalenti di acido fluoridrico).
Si giunge cosi alla conclusione, che tutte queste
miscele presentano caratteristiche attraenti: solo una
considerazione di tipo economico dece portare, in casi
pratici, alla scella di una tecnologia opportuna.
1 dati raccolti da un test di corrosione (in confronto

(*) Heratlierm AG., Zurigo.

fra acido solforico e acido fluoridrico) allontanano


anche i timori di eccessivi attaccki sul metallo base:
viene anzi dimostrato come l'acido fluoridrico sia
da questo punto di vista, meno pericoloso di altri acidi
di uso pi comune.

C - Un'esperienza pratica di Lavaggio Chimico mediante Acido fluoridrico


Per mezzo di una tipica applicazione di questa
tecnologia vengono messi in evidenza i vantaggi tecnici
ed economici:
1. Maggiore economicit (minori tubazioni ausiliarie e minor mono d'opera)
2. Durata del trattamento mollo inferiore rispetto
ai trattamenti usuali
3. Maggiori garanzie di protezione contro l'attacco acido del metallo base.
Summary - This report is summarizing the results
of researches carried on by a group of German experimentors on the use of the IIFI acid in the cleaning
of steam generators.

A - Theory of usual treatments


It is explained the Vogel's theory of the acids attack
mechanism on the metallic oxides. The results of this
theory are confirmed by the practice of acids o/ common
use, while regarding the organic acids and IIF acid,
as to explain the unusual attitude, it is necessary to
take note of the unions catalytic action.

B - Test carried out


Here under there are summarized the Spillner and
others' experiences (such as Schwenk, etc.) carried out
in laboratory on the dissolution of dusty magnetite
samples with equivalent acid solutions ; acids employed:
either inorganics (hydrocloridric and sulphuric) or
organics (hydroxyacetic, citric and formic). The unadaptability of vogel's theory in case of organic acids
is so verified. More surprising results have been taken
with the same acid reactives activated through HF
acid; the reaction velocity becaries very much greater
than that estimated by the theory.
Assuming a fluorin anion action a new theory can
be reached modified in respect of Vogel's theory.
Anyway it is clear that this theory has a limited
validity to a determinated pH range, out of which
some minor reactions are opposed to the principal up
to overcoming the same.
After the results examination achieved with HF
acid solution at different concentrations, it is proposed
a comparison between mixtures:
1) HF acid at different concentrations

104

2) Citric acid (with increasing substitutions of


same equivalent quantity of fluoridric acid)
3) Hydrocloridric acid {with increasing substitutions of same (luoridric acid quantity).
It conies therefore tothe conclusion that all these
mixtures show relevant features; only a consideration
of economic nature may bring, in practical cases,
to the choice of an appropriate technology.
The data gathered from a corrosion test (in comparison between sulphuric acid and fluoridric acid) eliminate also the fears of having excessive attacks on the
basic metal: on the contrary it is demonstrated how
the HF acid is less dangerous, from this point of
view, than other acids of more common use.

l. Influenza del PII


Vogel mostr 20 anni fa come la velocit delle
reazioni descritte, dipendesse dalla quantit di ioni
HA presenti in soluzione.
Possiamo quindi scrivere per una data temperatura :
!(
V =A'(// + ) = ^ 7 r
(4)
con K' costante sperimentale.
Perci un abbassamento di una unit del pii
della soluzione acida, provoca, a temperatura costante, una decuplicazione della velocit di reazione.
Per questa ragione gli acidi minerali (acidi forti e
tortissimi) sono generalmente preferiti nei lavaggi
chimici.

C - A practical experience of chemical cleaning


with HF acid
Throungh the typical employement of this technology
are set in evidence those technical and economic advantages such as:
1) More economy (a minor amount of auxiliary
piping and less workmanship)
2) A time of treatment more inferior than the
usual treatments
3) More guarantees of protection against the
acid attack to the basic metal.
Con Ja presente comunicazione, lungi dal voler
apportare qualcosa di nuovo, ci siamo imposti solamente il modesto compito di raccogliere e ricapitolare ipotesi, risultati numerici ed esperienze pratiche
ricavate in Germania nella disincrostazione di superfici metalliche per mezzo di soluzioni di acido
fluoridrico.
Speriamo di essere riusciti nell'intento di fornire
ai tecnici italiani del settore, delle indicazioni utili
per comprendere approfonditamente il comportamento chimico di questo acido, che ha apportato
un cos deciso passo in avanti nella tecnologia del
lavaggio chimico delle caldaie.

2. Influenza della temperatura


Vogel nella sua opera descrisse anche l'influenza
della temperatura sulla velocit delle reazioni di
attacco, proponendo la formula:
IL
V" = K" 2>
(5)
pii = costante
A" = costante speriment.
valida per pH costante e nella quale t rappresenta
la temperatura in gradi centigradi e K" una costante sperimentale.
La velocit quindi legata alla temperatura da
una funzione esponenziale in base 2.
Possiamo riassumere nella fig. 1 questo risultalo.
Si ricava quindi che un aumento di IOC della
temperatura della soluzione acida, comporta un
raddoppio della velocit di reazione.

A - Teoria dei trattamenti tradizionali


a) Generalit
La disincrostazione chimica (cio l'asportazione
di depositi e incrostazioni che si formano durante il
funzionamento, sulle superfci dei tubi delle caldaie)
si effettua tradizionalmente mediante acido cloridrico o acidi organici (acido citrico, formico, idrossiacetico, ecc.) e loro miscele.
Generalmente l'acido pi usato, tranne casi particolari, il cloridrico.
b) Azione chimica degli acidi
L'azione principale dell'acido quella di aggredire gli ossidi del ferro che si formano sulla superficie del tubo.
Questa azione pu essere riassunta nelle tre reazioni sotto riportate:
FeO + 2H+ = Fe++ + H2O
(1)
Fe30t + 8H+ = 2 Fe+ + + + Fe+ + + 4 HZO (2)
FetO3 + 6H+ =2Fe++ +2 H2O
(3)
e) Cinetica delle reazioni
I due fattori che le influenzano sono il pH e la
temperatura :

Dal diagramma semi-logaritmico possiamo anche


vedere che la retta ha una inclinazione tale che un
aumento di 33C dUa temperatura comporta una
decuplicazione delle velocit.
3. Influenza combinata di pii e temperatura
Da quanto detto in precedenza, possiamo ricavare che effetti uguali sulla velocit di reazione sono
105

portati sia da un aumento di 33C della temperatura,


sia dalla diminuzione di 1 unit del pii.
Si ottiene cosi una formula della velocit che
tiene conto dei due fattori, scrivendo die la velocit \" (4) viene decuplicata ogni 33C di aumento
della temperatura:

' = A - - 4 p r -

(6)

Possiamo quindi dedurre che gli acidi organici


deboli disciolgono una determinata quantit di
jssido a pari tempi degli acidi minerali forti, solo
a condizione di elevate temperature della soluzione
acida.
Da notare inoltre che una relazione dello stesso
tipo ottenibile anche per il discioglimento del metallo base.
d) Inibitori
A questo punto necessario dare qualche notizia
sugli inibitori: sono sostanze organiche notoriamente in grado di ridurre al minimo l'attacco acido sul
metallo di base, in determinate condizioni fisiche
ambientali.
Infatti l'efficacia di queste sostanze compromessa a! di sopva di erte temperature ed in condizioni di forte agitazione (come si verifica in valvole
fortemente strozzate o nella cavit di pompe).
Solo inibitori con elevate capacit di protezione
ed in elevate concentrazioni, e quindi molto costosi,
sono in grado di resistere sufficientemente in queste
diflicili condizioni.
e) Conclusioni
Da queste regole, che danno indicazioni abbastanza esatte sul comportamento dei principali acidi
(soprattutto quelli minerali pi usati) si possono ricavare notizie utili alla scelta del tipo di acido.
Ma la teoria classica non arriva a spiegare il
comportamento anormale di alcuni acidi organici e
dell'acido fluoridrico.
Infatti si notato come l'acido citrico, per esempio, da talvolta, anche a temperature non molto
elevate, velocit di corrosione degli ossidi superiori
a quelle dell'acido solforico e, comunque, molto
superiori a quelle che sarebbe logico attendersi.
La spiegazione di questi fenomeni deve essere
ricercata al di fuori delle ipotesi di Vogei: le ricerche in questo campo si sono concentrate sul comportamento dell'anione dell'acido.
Si cosi giunti, attraverso esperienze di laboratorio, alla ipotesi della formazione di legami complessi fra lo ione F in soluzione e l'anione acido,
che, mantenendo la soluzione lontana dall'equilibrio,
rende elevata la velocit media della reazione.
Scopo di questa pubblicazione sar appunto la
ricapitolazione delle esperienze di laboratorio e
pratiche, condotte in questo campo.
B - Esperimenti effettuati

a) Generalit
La scaglia sui tubi di caldaia formata in generale, da tre strati:
uno strato aderente, la wustite FeO, rapidamente solubile in acido;
uno strato intermedio, la.magnetite Fe^)z FeO;

106

uno strato esterno rosso sottile, di sesquiossido


Fe2O3.

Data la facilit dell'attacco della wustite, pi


importante per la nostra indagine il comportamento della magnetite.
Questo strato di ossido pu a volte rompersi per
l'azione meccanica di spinta d<i parte del sottostante
strato di wustite
;"" se si aggiunge la pressione,
sempre dall'interno, di bolle di idrogeno gassoso
occluso.
Lo strato pi esterno {Fe^O^j sotto l'azione meccanica degli strati sottostanti, durante le operazioni di disincrostazione, si trasforma in una fine
polvere rossa.
In questa sede non analizzeremo le capacit di
soluzione di questa polvere, da parte degli acidi.
In laboratorio sono state condotte prove di soluzione di polvere molto fine di magnetite mediante
soluzioni 1,25 normali di cinque acidi diversi
(solforico, cloridrico, formico, citrico, acetico) alla
temperatura di 35C.
Le prove hanno avuto la stessa durata (40') per
le cinque soluzioni acide.
I risultati sono riportati nella fig. 2.

Fig. 2
Coin si vede dalla figura, la curva dell'attacco,
dopo un certo tempo, tende ad appiattirsi.
Ci avviene perch diminuisce, sia la concentrazione di acido nella soluzione, sia la superficie dell'ossido da attaccare.
Un confronto corretto pu essere fatto solamente
confrontando i tempi necessari alle varie soluzioni,
per disciogliere la stessa quantit di magnetite.
Dal diagramma risulta che soltanto gli acidi minerali fort', a causa del loro basso pH, hanno disciolto, in quelle condizioni, quantit apprezzabili
di ossido, mentre gli acidi organici non hanno dato
corrosioni apprezzabili.
Facendo quindi un confronto fra i tempi necessari
a sciogliere 100 mg di F (contenuti in 138 mg di
magnetite) si ottiene sperimentalmente questa ta-

bellina di rapporto fra i tempi necessari all'attacco


completo.
Acido
Tempo relativo
pii

lid
1
0,0

II,SO.

H Fa II Ac II Ci

1,3

70

150

42

0,5

1,6

2,9

1,8

La tabella diagrammata nella fg. 3:

4000

HAc

contenenti ciascuna la stessa quantit di ///'' (1/5


equivalente), in modo da presentare la stessa normalit complessiva (1,25).
Le curve sperimentali di corrosione sono riportate
nella parte alta della fig. 2.
Come si vede la vel icit di corrosione enormemente aumentata: sorprende soprattutto, il fatto
che gli acidi organici, nella prima fase dell'attacco,
sono pi aggressivi degli acidi minerali.
E stato trovato sperimentalmente che soluzioni
contenenti // Ci al 10%, additivate di quantit
equivalenti di HF fino ad 1/4 della quantit di
// CI presente, sono accelerate fino a 40 volte (a
temperatura costante).
Da ricordare inoltre che si pu rinunciare ad aumenti di velocit in favore di diminuzioni di temperatura.
Ancora pi evidente tutto ci per gli acidi organici, che possono avere aumenti da 10 a 1.000 volte,
della velocit della corrispondente soluzione priva
di acido fluoridrico, oppure grandi diminuzioni di
temperatura con aumenti pur sempre considerevoli
della velocit.
Ci molto importante, perch oltre i IOOC
difficilmente gli inibitori in commercio danno protezioni efficaci.
e) Effetto degli anioni

Fig. 3
1 dati sperimentali veriflcano q-iasi esattamente i
risultati teorici, discostandosi di poco dalla retta
espressa dalla formula (6), ad esclusione di alcuni
acidi organici.
Si ottenuto, applicando la formula (5) ai dati
sopra riportati, che se un decapaggio con H CI
avviene in 20 ore a 40C, lo stesso risultato pu
essere raggiunto in pari tempo da\VH2SOi a 45C,
dall'acido citrico a 94C, dall'acido formico a 101C,
dall'acido acetico a 130C.
1)) Disincrostazione per mezzo di miscugli acidi, attivati con acido fluoridrico

Spesso nei lavaggi chimici di tubi di caldaia, si fa


uso dell'anione fluoro o sotto forma di acido fluoridrico, oppure dei suoi sali.
infatti noto che soluzioni acquose estremamente
diluite di questi reattivi disciolgono la silice con il
seguente meccanismo chimico:
SiO2 + 5 HF = Si ^ + 2 H2O
e successivaments, grazie all'eccesso di acqua:
3 Si F 4 + 3 H2O = 2 H2SiF6 + H2 Si Oa
si formano prodotti di reazione solubili, che vengono facilmente asportati.
Tuttavia esperimenti sulla dissoluzione di magnetite condotti con miscugli acidi additivati di HF
o di fluoruri, hanno mostrato tali aumenti della
reazione di attacco, che bisogna ipotizzare un effetto
catalitico da p^rte dell'anione fluoro, non potendosi
attribuire ci all'influenza del pH del miscuglio:
questo ultimo pu essere aumentato infatti da
q'iesta aggiunta.
Le cinque soluzioni acide precedentemente definite sono state sostituite da altrettanti soluzioni

Nella fig. 3 si erano notati alcuni scostamenti


dei risultati pratici dalla teoria di Vogel sull'effetto
del pii sulla velocit di reazione.
Per alcuni acidi, come l'acido citrico, si notano
importanti scostamenti da questa legge, con velocit molto maggiorate rispetto alla teoria, e si ritiene che ci, come gi si detto, dipenda dall'effetto dell'anione.
Per VIIF l'efficacia dell'anione cos spinta che
non pi l'attivit del catione //d, e di conseguenza il pii, a determinare l'effetto, bens l'anione.
Il complesso ferro-fluoruro pu essere espresso
dalla seguente formula:
F (FeFe)

corrisponde a 2 (F F3)

Possiamo quindi addirittura esprimere la velocit


di reazione con una nuova legge, sul tipo della (6) :
V = C (F-) IO'/33
dove C naturalmente una nuova costante sperimentale.
Per la legge dell'azione di massa si ha:
W
(HF)
~
ed essendo HF poco dissociato
(H+). (F-) =K'
_ (9)
dove viene messo in rilievo l'antagonismo dei due
ioni.

d) Disincrostazione
drico

per mezzo del solo acido fluori-

Sono state condotte anche esperienze di laboratorio di soluzione della magnetite mediante il solo
acido fluoridrico.
Le prove sono state effettuate con soluzioni
acquose allo 0,5 - 0,25 e 0,125% rispettivamente,
di HF a t = 35C.
Come si vede dal raffronto delle figg. 2 e 4 (rias107

suiitiva quest'ultima dei risultati raggiunti con HF)


in queste soluzioni, con pH vicini a 4 (da 3,6 a 3,8),
e quindi con una acidit c^ca 5.000 volte e pi
inferiore a quella dla soluzione di HCl prima considerata (4,6% di HCl; pii = 0,0), le velocit raggiunte, almeno nella prima fase, sono maggiori.
In fig. 4 stata inoltre riportata una curva tratteggiata che fornisce i tempi necessari, alle varie
concentrazioni di HF, a disciogliere i 2/3 della magnetite: la curva ottenuta di tipo esponenziale.

"c

S-

Fig 5

Fig. 4

Essa fornisce una relazione fra la velocit di


attacco e la concentrazione dell'acido, a parit di
quantit relativa di magnetite disciolta.
Infine da dire che a quelle concentrazioni VHF
non presenta quelle caratteristiche, di perieolosit
nei confronti dell'uomo, degli acciai e del cemento,
per le quali il suo uso stato spesso sconsigliato.
e) Effetto dell'innalzamento del pii
Avendo osservato come l'effetto decapante sia
dovuto all'anione F~, si pensato di aumentarne
l'attivit con aggiunte di ammoniaca.
Infatti dalla formula (9) si deduce che aumentando il pii deve aumentare la concentrazione di F~~
nella soluzione.
I risultati degli esperimenti condotti, sono riportati nella fig. 5.
Da essa si vede che in realt la velocit di reazione rimane pressoch costante, finch il pH non
sale a circa 5,5 e sperato questo valore la velocit
decresce rapidamente.
Infatti al di sopra di questo pH l'equilibrio:
F (F FB) + 3 H2O ** 2 F (OH)3 + 6 HF
si sposta completamente verso destra; cio, mentre
l'aumento di concentrazione di anioni F~, dovuto
ai crescere del pii, favorisce la reazione principale,
l'idrolisi del ferro fluoruro la ostacola.
108

A3 crescere del pii questo secondo effetto prevale


sul primo fino ad annullarlo.
Da quanto precede ne deriva che l'uso esclusivo
di fluoruri di ammonio quali decapanti dei tubi di
caldaia, non pu essere adottato, perch il pH aumenta gi con la formazione del complesso ferrofluoruro e quindi, partendo con pH elevati, si dovrebbe subito ricorrere ad aggiunte di acidi minerali, con una nuova spesa da aggiungersi a quella
iniziale.
f) Confronto fra miscugli di acido fluoridrico con
acidi diversi
Si sono condotte prove su tre tipi di soluzioni
acide :
acqua con varie concentrazioni di HF
acqua con HCl, in quantit di 4,5 equivalenti
ogni grammo equivalente di Fe+ + +, con sostituzione di quantit equivalenti di HF
idem con l'acido citrico.
Si ottenuto cosi il diagramma di fig. 6.
Dal diagramma risulta che:
per soluzioni acide, contenenti solamente acido
fluoridrico, la corrosione in 2 ore di attacco,
cresce proporzionamente alla percentuale di
acido fluoridrico in soluzione (linea tratteggiata) ;
per miscugli di HsCi e HF, all'aumentare della
percentuale di HF, rispetto all'acido citrico, la
corrosione supera, anche notevolmente, quella
che si era ottenuta nel caso precedente;
per miscugli infine, di HF e HCl, la corrosione
sempre inferiore a quella del primo caso. Infatti
il basso pH ostacola fortemente l'azione dell'anione F~.
DH quanto sopra si pu concludere che l'uso della
miscela H3Ci -j- HF particolarmente raccomanda-

bile: l'acido fluoridrico infatti nella fase iniziale,


svolge con grande rapidit l'attacco per la formazione del complesso ferro-fluoruro, che si trasforma
successivamente nel pi stabile complesso ferroanione dell'acido citrico, che non si idealizza nemmeno in campo alcalino.
L'acido fluoridrico svolge pertanto la sua azione
di catalizzatore.
g) Considerazioni economiche
Nella scelta di un miscuglio acido, per la disincrostazione di una caldaia, oltre alle considerazioni
tecniche finora discusse, si deve necessariamente
affrontare un discorso economico.
Il problema vasto, e preferiamo rimandarlo ad
altra sede.
Baster qui anticipare alcune considerazioni di
carattere generale:
l'uso di acidi organici certamente pi costoso,
in generale, di quello di acidi minerali, sia per il
costo proprio del prodotto sia per la maggiore
quantit necessarie a disciogliere un determinato peso di ossido;
l'attivazione dovuta all'acido luoridrico, rende
possibili disincrostazioni in un solo passaggio,
anzich a circolazione; questa tecnica certamente pi econmica per il basso costo-deHe
tubazioni provvisorie.

In un recipiente rivestito di resine artificiali furono decapati, per 24 ore, in 100 mi di soluzione
acida, due campioni uguali per ogni tipo di acciaio
in prova.
La velocit di corrosione fu stabilita con la pesatura delle provette prima e dopo il decapaggio.
I campioni utilizzati, ritagliati da lamiera, avevano le misure: 4 0 x 1 0 x 2 , 4 mm.
Uno strato di ossido era stato creato su di essi,
prima della prova, arroventandoli fino a temperature stabilite.
I risultati sono riportati in tabella:
Corrosione
Cam- A.c c l .a i .
Componenti in lega
g
pione
o/_rv/
Ti gr/m2
%Cr-o/_ Ni, <>_/ V-%Mon. 1
n. 2
n. 3
n. 4
n. 5
n. 6

h) Corrosione
L'HF freddo e diluito un ottimo solvente;
come si visto della magnetite, ma difficilmente
attacca gli acciai al carbonio.
Per questa sua caratteristica, nel caso di decapaggio di questi acciai, la soluzione pu addirittura
non essere inibita, operando a temperatura ambiente.
Gli acciai legati sono invece corrosi in misura
maggiore.
Allo scopo di accertare queste corrosioni Wilhelm
Schwenk del Mannesmann Forschungsinstitut (Duisburg), ha condotto esperienze di laboratorio. .

12 0,5 0,3

13

17
18
17

0,5

0,67- 0,78
15,00-15,20
17,00-17,40
16,70-17,40
1,23- 1,32
6,30- 6,80

Come si vede soprattutto gli acciai al cromo sono


particolarmente sensibili all'attacco dell'acido fluoridrico, contrariamente a ci che avviene con gli
aeidi minerali comunemente usati.
Si sono poi effettuate prove sul sesto campione
di acciaio con soluzioni inibite di acido fluoridrico
(soluzione all'I %) e sul campione n. 1 in soluzione
di acido solforico (soluzione al 20%) con quindici
tipi di inibitori, in concentrazioni:
per l'acido fluoridrico:sia allo 0,2% che allo 0,5%
per l'acido solforico : allo 0,1 %.
I risultati, riassunti in tabella, permettono il
confronto fra le diverse capacit protettive degli
stessi inibitori, in soluzioni acide diverse:
Inibitore

Fig. 6

St 37
1.4922
1.4006
1.4016
1.4301
1.4510

n.
n.
n. 3
n. 4
n. 5
n. 6
n. 7
n. 8
n. 9
n. 10
n. 11
n. 12
n. 13
n. 14
n. 15

Velocit di corrosione
Campione n. 6
Soluzione HF 1%
Concentrazione inibitore
0,5%
0,2%
0,079-0,064 0,071-0,040
0,095-0,083 0,088-0,071
0,119-0,115 0,100-0,075
0,091-0,079 0,095-0,091
0,147-0,123 0,132-0,071
0,246-0,184 0,115-0,091
0,198-0,115 0,158-0,088
0,195-0,125 0,132-0,123
0,139-0,139 0,155-0,103
0,298-0,215 0,175-0,143
0,158-0,143 0,242-0,246
0,820-0,750 0,680-0,670
1,530-1,490 0,010-0,900
1,2504,020 0,990-0,880
1,030-1,000 1,050-0,940

(gr/m2h)
Campione n. 1
Soluz. // a SO 4 20%
conc. inibitore
0,1%
3,40
2,60
2,30
1,60
non determinata
13,50
6,70
3,80
18,00
11,00
0,23
26,00
30,00
36,00
non determinata

Come si desume da queste prove, esistono ottimi


inibitori dell'acido fluoridrico, con capacit protettive elevatissime rispetto a quelle mostrate in caso
di attacco da acido solforico.
La protezione rimane elevata anche in caso di
particolari condizioni ambientali, come in valvole

13
109

semiaperte < velocit di passaggio della soluzione,


notevoli.
C - Un'esperienza pratica di lavaggio chimico mediante acido fluoridrico

in Introduzione
Nell'ottobre I!X>5 stala messa in marcia a
Mannheim una caldaia ipercritica ad attraversamento forzato. lie caratteristiche sono le seguenti:
- potenzialit
710 t/h
surriscaldatore
260 at.e/530C
- 1 risiirriscaldatore
90 ate/540C
2 risurriscaldatore
20 ate/530C
- temperatura dell'acqua di
alimento

310C

li bollitore costituito da due fasci lubieri, paralleli, formati ciascuno da 30 tubi.


La caldaia prima della messa in marcia venne
totalmente decapata, mediante una soluzione di
acido cilrico ed ammoniaca, con un pii iniziale di 5.
Durante il lavaggio vennero effettuate aggiunte
di altri acidi organici e billuoruri di ammonio per
stabilizzare il \alore del pii e disciogliere la silice.
l! circuito utilizzato rappresentato in fig. 7.

TUftAJlONl

1
Venni
fatto circolare un volume complessivo di
3
450 ni , che asport:
1800 kg di F (corrispondenti a 2480 kg di
magnetite)
- - !>0 kg di SiO2.
Dal successivo taglio di tubi in caldaia si rilev
la non perfetta riuscita del decapaggio per i seguenti
motivi:
insudiciente velocit di circolazione della soluzione acida, dovuta alla bassa portata delle
pompe di circolazione;
oscillazioni del pii della soluzione acida durante
il processo;
insudiciente quantit dei reattivi acidi, dovuta
ad una insudiciente stima della quantit di
ossidi sui tubi.
Inoltre si rilev che lo strato di magnetite compatta formato sui tubi non era perfetto e se ne

110

imput la causa alla bassa temperatura della soluzione di idrazina (150C) utilizzata allo scopo.
La caldaia venne poi messa in esercizio per 20
mesi (11.500 ore di utilizzazione), periodo nel quale
avvennero ben 39 avviamenti.
Solamente per ) mesi la caldaia funzion ad un
carico di 610-630 t/h.

AL

}
L'ACIDO

Al termine del periodo si rilev sui tubi uno strato


di magnetite porosa con picchi di 4-5|x con passi di
200-250^.
Questa porosit aveva fatto salire di 17 ata la
perdita di carico nel fascio tubiero, portandola a
51 ata complessive.
Si decise pertanto di intervenire con un lavaggio
chimico sui fasci tubieri, utilizzando il circuito rappresentalo in fig. 8.
La soluzione acida era composta da bifloruro di
ammonio, acido cloridrico (2,5%) ed inibitore.
Vennero disciolti 600 kg di ferro (830 di magnetite).
Se ne dedusse che in 11.500 ore di funzionamento
su di una superfcie di 7250 m2 si erano formati 115
g/m2 di magnetite porosa.
La durata complessiva di tutte le fasi del lavaggio
ammont a 60 ore circa.
Il costo delle tubazioni provvisorie e del loro
montaggio ammont a 15.000 marchi.
La caldaia funzion in seguito per 5100 ore, ininterrottamente, a pieno carico.
Al termine dei 7 mesi la perdita di carico nel
fascio tubiero era risalita di 14 ata (48 ata complessive).
Furono tagliati spezzoni di tubo dai quali fu
rilevata la presenza di magnetite porosa, molto simile nella struttura a quella trovata prima.
Mediante una soluzione di HF diluito si determin la quantit di magnetite presente sui tubi, che
risult essere pari a 80 g/m2.
Si decise di effettuare il nuovo lavaggio con
l'impiego dell'acido fluoridrico diluito, con il sistema Open Circuit i> della Beratherm di Zurigo.
b) Lavaggio chimico in Open Circuit
Questa tecnica realizza il lavaggio senza ricircolazione delle soluzioni reattive ed esclude l'uso di
pompe esterne a! sistema, ad eccezione di una pompa di iniezione dei reattivi.
La pompa di alimento della caldaia crea il flusso

principale di acqua, nel quale si usa in fasi successive, a valle della stessa, la soluzione reattiva.
In tale modo sono garantiti: velocit di attravermento del sistema e di distribuzione ottimali.
I fluidi vengono scaricati a valle del fascio tubiero, prima dell'ingresso al surriscaldatore, come
nello schema di fig. 9.

Fig. 9

La tecnica della disincrostazione in un passaggio


solo resa possibile ed efficace, grazie alla elevata
velocit di reazione dell'acido fluoridrico.
Prima dell'in2o del trattamento acido si proceduto al riscaldamento delle superfici del sistema,
mediante circolazione di acqua a 50C.
Successivamente si dos in tre fasi successive e
intermittenti, una soluzione inibita di HF nella
portata principale (50 tjh) di condensato, in modo
che si raggiungesse la concentrazione acida finale
dell'I %.

14
41.

1t
*

6
U
.

ti"

<a

16

-H

4"

2b"

Tempo

Siccome dopo 4 ore di flusso di questa soluzione, il


pii non aveva ancora superato il valore di 4, si
raddoppi la concentrazione di idrazina.
Dopo 6 ore e 1/4 si arrest il processo (pH = 5,3 ;
conduttivit = 3 |xS/cin a 20C).
Si inizi quindi il processo di formazione dello
strato di magnetite compatta. A questo scopo si
fecero passare 100 t/h di vapore in due fasi: dapprima per 3 ore e poi per 4 e % (vapore a 340C
e 150 ate).
Dopo il raffreddamento della caldaia, furono prelevati spezzoni di tubo dai quali si rilev:
magnetite sui tubi, prima del lavaggio: 80 g/m2
magnetite complessivamente disciolta durante
il lavaggio: 515 kg
magnetite asportata per mq di superficie lavata
(7250 mq): 71 g/ma
magnetite compatta formata dopo il lavaggio
chimico: 4,3 g/m2.
La durata complessiva del trattamento fu di
poco inferiore alle 20 ore. Il costo dei collegamenti
provvisori impiegati nel processo e della mano
d'opera relativa, ammont complessivamente a non
pi di 1500 DM, cio circa un decimo dell'analogo
costo del primo lavaggio.
Conclusione
Dalle esperienze di laboratorio e dai tre casi pratici descritti possiamo desumere quanto segue.
a) La disincrostazione pu effettuarsi sia per
mezzo di acidi minerali, che organici, che, infine,
di acido fluoridrico. Quest'ultimo presenta, rispetto
ai processi tradizionali, notevoli vantaggi:
durata molto inferiore del processo, per la possibilit di una disincrostazione in un solo passaggio;
minori spese nei collegamenti provvisori;
temperature del processo molto pi basse;
maggiore sicurezza nella protezione degli acciai.
b) consigliabile il prelievo di spezzoni di
tubo per una stima delle quantit di ossidi depositati sui tubi,, al line di stabilire con esattezza la
quantit dei reattivi acidi da impiegarsi.
e) Nella fase di neutralizzazione dell'acidit
residua sui tubi, preferibile l'uso di abbondanti
lavaggi con soluzioni acquose leggermente alcaline
e Palcalinit deve essere ottenuta per mezzo di
idrazina o ammoniaca.
d) Dopo la disincrostazione si consiglia di passivare i tubi mediante la formazione di un sottile
strato di magnetite compatta con un flusso di
acqua o vapore molto caldi, possibilmente sopra i
300C.

Fig. 10
Bibliografia

L'operazione di disincrostazione fu rapidissima:


la si prolung per 2 ore e 20 minuti solo per precauzione.
La rapidit del trattamento garanti un tasso di
corrosione complessivo molto pi basso di quello
ottenibile con i metodi tradizionali a ricircolazione,
la cui durata di gran lunga maggiore.
I due circuiti furono poi neutralizzati con una
soluzione di idrazina (200 p.p.m.l.

[1] Vogel O. - Handbuck der Metallbeizer - Verlag Chemie


(1951).
[2] Spilline:- F. - Der Chemismus einer Kesslbeizung mit
fluoridhaltigen Sauren- BWK 19 (1967).
[3] Richtor R. e Kohe H. - Erfahrungen bei der chtmischen
Reimigung eines uberkritischen Kessels - Mitt VGG 48
(1968).
[4] Schwenk W. - Das BeizverhalUn unlegierter und nick'
iroatender Stallie in 1% Flussaurs bei anmtemptratur Werfcstoffd und Korrosion (1967) n. 7.

13
111

Uno studio sulla depressurizzazione


conseguente a rotture di un recipiente in pressione
contea jnte acqua-vapore
C. Sandri, A. Premoli (*)

Riassunto - Oggetto del presente lavoro la formulazione di uno schema di calcolo per determinare teori
contente le modalit secondo cui un recipiente, contenente acqua-vapore in pressione, si svuota attraverso
rotture su di esso variamente posizionate.
In questo studio vengono analizzati e discussi i
risultati e i limiti di alcuni semplici criteri di calcolo
che richiedono soltanto la soluzione di equazioni
analitiche e\o l'uso di piccoli calcolatori da tavolo.
Ovviamente non sono da attendersi risultati cosi
soddisfacenti conni quelli che possono ottenersi facendo ricorso a codici numerici sofisticati, che richiedono Vimpiego di grossi calcolatori.
Questo lavoro teorico si basa su una precedente
indagine sperimentale effettuata su un serbatoio di
3 m3 di volume, e viene eseguito quale contributo alla
soluzione dei problemi di sicurezza concernenti il
riattare CIRENE.
In questo articolo viene presentala la prima parte
del lavoro teorico concernente i transitori di pressione
del serbatoio.
Summary - This paper concerns theoretical criteria
for blowdown calculations relevant to a tank, filled
with saturated steam-water and voided through apertures located in different, positions.
The present work- is aimed at analysing and discussiiig results and limits of some simple calculation
criteria, which require only solution of analytical
equations and/or use of small table computers. Of
course, the expected calculation accuracy will not be
so satisfactory as in the case of complex and sophisticated numerical codes which require largo digital
computers.
The theoretical work is based on an experimental
investigation performed with a 3 m3 tank and it has
been performed in support of the CIRENE reactor
safety problems.
This paper presents the first part of the theoretical
work concerning tank pressure transient evaluation.
1. Introduzione

Nel presente lavoro viene studiato il fenomeno di


svuotamento >> che si verifica in un serbatoio
contenente acqua-vapore in pressione quando esso
si scarica, depressurizzandosi, attraverso rotture
su di esso variamente posizionate.
Questo studio, pur rivestendo un interesse di
carattere generale, viene eseguito principalmente
quale contributo alla soluzione dei problemi di sicurezza concernenti il reattore CIRENE [1],
(*) C.I.S.E. - Sodato, Milano.

112

In questo tipo di reattore i canali di potenza,


refrigerati da acqua in cambiamento di fase, sono
connessi, attraverso tubi di miscela, a un corpo
cilindrico nel quale avviene la separazione del vapore dal liquido. Dal corpo cilindrico il vapore
poi mandato in turbina.
Una rottura che si verificili ad esempio su una
delle tubazioni che si dipartono dal corpo cilindrico
provoca lo svuotamento di questo e, conseguentemente, di tutti i canali di potenza connessi al corpo
cilindrico stesso.
Per quanto riguarda i problemi di sicurezza del
reattore CIRENE il parametro pi importante
durante lo svuotamento del corpo cilindrico la
pressione il cui transitorio influisce direttamente sulla rapidit di svuotamento dei canali di potenza.
Si ricorda a proposito che la diminuzione del contenuto di miscela acqua-vapore nei canali di potenza ha conseguenze negative sia perch riduce
la capacit refrigerante della miscela, sia perch la
caratteristica intrinseca del reattore CIREXE
tale che al diminuire della massa contenuta nei canali
di potenza, la potenza termica generata aumenta
fortemente [l].
Pertanto nel presente studio, particolare attenzione viene rivolta all'andamento temporale della
pressione nel serbatoio.
Sulla base di risultati sperimentali [2 , ottenuti
con un serbatoio di 3 m3, si ". sviluppalo un modello
teorico di calcolo, contenente peraltro notevoli semplificazioni, tale da poter essere direttamente e facilmente utilizzato dai progettisti per una valutazione di massima d.ei transitori termoidraulici determinati da situs^'.jni anomale di impianto, quali
rotture di recipienti a pressione. Il modello di calcolo proposto viene criticamente discusso e analizzato sulla base dei corrispondenti transitori sperimentali.
2. Esperienze
Le esperienze sono state condotte sull'impianto
Betulla che un complesso di prova del C.C.R.
EURATOM di Ispra costruito per ricerche concernenti problemi di sicurezza dei reattori.
I risultati sperimentali pi importanti sono stati
gi presentati [2] e pertanto nel presente lavoro
essi saranno solo brevemente richiamati.
L'impianto sperimentale consiste sostanzialmente
di un serbatoio in acciaio al carbonio con le seguenti
caratteristiche (fig. 1):
diametro
: 89.8 cm
altezza
: 5L9 cm
volume totale
: 3 ni3

differenziale eguale a circa la met del valore Iella


pressione che si vuoi raggiungere nel serbatoio;
una volta che il serbatoio ha raggiunto la pressione
di regime (l'esterno a pressione atmosferica)
possibile provocare la rottura dei dischi aumentando
o diminuendo la pressione del gas nella camera.
Per quanto riguarda la strumentazione, termocoppie di piccolo ingombro sono inserite all'ingresso del condotto di efflusso e nella sezione critica;
all'interno del serbatoio, su di un sostegno verticale,
sono inoltre posizionate 10 termocoppie allo scopo
di ottenere indicazioni sulla distribuzione spaziale
della temperatura. Trasduttori di pressione a risposta rapida (de! tipo a trasformatore differenziale)
sono inseriti alle estremit superiore ed inferiore del
serbatoio e sulla sesione di uscita. I transitori di
massa vengono misurali per mezzo di un trasdutlore
di pressione differenziale collegato alle estremit
superiore ed inferiore del serbatoio; evidente che
un tale metodo di misura significativo solo nel
caso in cui fenomeni accelerativi entro il serbatoio
non alterino seusibilmente la misura del battente
idrostatico. Tutti i segnali vengono registrati su un
registratore galvanometrico multicanale. La tab. I
fornisce un quadro riassuntivo delle prove effettuate ;
per tutte stata usata acqua demineralizzata.
rabella 1
Fig. I - Schema dell'impianto sperimentale.

pressione di lavoro massima


: 51 kg/cm2
temperatura di lavoro massima: 450 C
11 fluido contenuto nel serbatoio viene riscaldato
per mezzo di 10 resistenze corazzate immerse che
sviluppano una potenza massima di 80 kW con
un flusso termico di 1,65 W/cm2. L'altezza di tali
riscaldatori pari a circa il 70% di quella della
porzione cilindrica del serbatoio.
Le prove di svuotamento sono state condotte
scaricando il fluido nella atmosfera attraverso corte
tubazioni di efflusso variamente posizionate sul
serbatoio, come indicato in fig. 1. Il diametro di
queste di 8" nella posizione I e III e di 5" nella
posizione II; il diametro della bocca di efllusso
pu, rispetto a questi valori, essere ridotto introducendo delle oriliziature.
Le lunghezze dei tubi di efllusso sono diverse per
!e tre posizioni, come mostrato in fig. 1.
La valvola a saracinesca sul condotto di scarico
nella posizione I stata inserita per effettuare le
prime esperienze di svuotamento, a causa dell'incertezza iniziale esistente sul corretto dimensionamento del sistema di rottura.
Il sistema che simula la rottura del serbatoio
costituito da due dischi di rame inseriti all'estremit
del condotto di efflusso e delimitanti una camera
pressurizzabile con gas. Mentre il serbatoio viene
portato alle condizioni di regime, la camera delimitata dai due dischi viene pressurizzata in maniera
tale che la differenza di pressione esistente tra l'interno e l'esterno del serbatoio si ripartisca sempre
ira modo uguale su ciascuno dei due dischi. Questi
sono dimensionati per resistere fino ad una pressione

posizione pressione contenuto diametro della


della bocca iniziale massa ini- bocca di (-Musso
efflusso
kg/cm2 ziale kg

6" 8"
6" 8"

51

1040
1890

2" 4"
2" 4"

II

51

1040
1890

2 " 4 " 5"


5"

III

51.

1040

2" 4" 6" 8"

3. Analisi teorica
3.1. Schema generale di calcolo
I transitori di pressione e di massa all'interno del
serbatoio vengono calcolati come una successione
finita di regimi stazionari in equilibrio termodinamico e trascurando la variazione spaziale di pressione e di temperatura nel serbatoio stesso. La
durata AT di ciascun stato stazionario viene assunta
tanto pi breve quanto pi elevata la velocit
di depressurizzazione.
Al generico istante ? le condizioni all'interno del
serbatoio vengono calcolate in funzione di quello
al tempo precedente T-AT mediante equazioni di
bilancio di energia e di massa, e nell'ipotesi che le
varie grandezze mantengano un valore costants
durante AT:
()T-AT (J7<;) T -AT- A T = (Mh,)i + {Vv)tJ.)*
(M)z

-M/>)T
= ( M ) T AT ( / >

(i)
AT- AT

II calcolo corretto dell'entalpia specifica ft; detta


miscela all'ingresso del condotto di scarico richie113

derebhe la conoscenza delle modalit secondo cui si


altua l'espansione del sistema e la separazione delle
fasi. Per semplicit si ammette che l'espansione sia
isoentropica ed il calcolo viene eseguito nelle due
ipotesi limite di separazione del vapore dal liquido
totale ed immediata (ipotesi ,4) oppure di completa
iniscdnzionp delle due fasi durante l'espansione
(ipotesi li).
Per quanto poi riguarda la portata di efflusso F,
in tutti i casi esaminati il fluido contenuto nel serbatoio scarica da questo in condizioni di efflusso
critico per la quasi totalit del transitorio.
Si rende quindi necessaria una analisi critica dei
modelli empirico-teorici esistenti in letteratura per
tale complesso fenomeno ed una scelta, tra questi,
compatibile con gii scopi che questo lavoro si
prefigge.

e dalla trascurabilit delle perdite di carico e per


attrito lungo il breve condotto di efllusso.
In tali ipotesi e supponendo nulla la velocit
del fluido ad una certa distanza dall'ingresso del
tubo di scarico, l'equazione di conservazione della
energia e quella di continuit applicate tra le sezioni I e 2 (fig. 2) assumono la forma:
/(, = h

(3)

G =

(4)

IVI. fi/flusso critico bifase

Per i sistemi bifasici a un solo componente, quale


quello in esame, tale fenomeno non e ben noto,
a differenza di quanto accade per i sistemi monofasici e in particolare per i gas perfetti. Ci perch
il trasporto di massa (evaporazione o condensazione)
la differenza Ira le velocit medie del liquido e del
vapore, il tipo di configurazione del moto (moto
a bolle, a tappi, anulare, disperso, ecc.) e l'eventualit di un disequilibrio termodinamico rendono il
fenomeno notevolmente complesso.
Che durante l'efflusso si abbia un cambiamento di
fase consegue dalla presenza della caduta di pressione che determina lo stato di moto del fluido.
Le modalit secondo cui un sistema bifase effluisce dipendono dal tipo di configurazione del moto
che esso assume. Da ci l'importanza di individuare
tale configurazione anche nel trattare il fenomeno
dell'efflusso critico.
Per quanto infine riguarda il disequilibrio termodinamico, l'esistenza di questo e la sua rilevante
influenza sono stote riconosciute sperimentalmente
per i casi in cui l'efflusso critico avviene attraverso
orifizi o brevi condotti.
Al crescere della lunghezza dei condotti di scarico
sembra che i fenomeni di disequilibrio termodinamico si attenuino, o ohe comunque diminuisca la
loro influenza sulle modalit di svolgimento dell'efflusso critico. Negli studi pi recenti sull'argomento si riscontra tuttavia la tendenza a rivalutare
l'importanza del disequilibrio termodinamico. La
questione non stata comunque ancora definitivam mte risolta.
II tener conto di tutti questi fenomeni porta alla
formulazione d; modelli di efflusso critico di notevole
compie itn tutt'altro che agevoli ad usarsi e inoltre
non del tutto soddisfacenti. Pertanto si qui ricorsi al pi semplice tra i modelli reperibili in
letteratura: quello omogeneo.
.3. Modello omogeneo

Tale modello presuppone l'equilibrio termodinamico tra le fasi, l'eguaglianza delle loro velocit
medie <> l'isoentropicit, dell'espansione nel condotto
di scarico. Quest'ultima assunzione giustificata
dalla rapidit della trasformazione (per cui lo
scambio di calore con l'esterno praticamente nullo)
114

s a i Iti motn

Fg. 2 - Condizioni termodinp.-aiche alte estremit del condotto di efflusso.

Risolvendo rispetto a G, dalle (3) e (4) si ottiene:


(5)

Poich l'espansione per ipotesi isoentropica,


k e v risultano funzioni della sola pressione P;
tale quindi anche la portata specifica G. Il valore
massimo di quest'ultima e cio la portata specifica
critica Gc, si ottiene pertanto dalla (5) calcolata
per P = Pc, essendo Pc la pressione critica
soluzione della:

e tio, per la (5), della equazione:


hi h dV
dh
= 0
(7)
V
dP ' dP
Dalle (5) e (7) e dal primo principio della termodinamica, si deduce infine
3.4. Altri criteri per la determinazione della portata
di efflusso
II calcolo d Gc mediante la (7) e la (8), pur non
presentando difficolt non tuttavia particolarmente agevole n rapido, soprattutto per il fatto
che richiede una serie di tentativi per la determinazione di Pc. Pertanto nel caso'di efflusso di miscele
a titolo 1 o prossimo ad 1, per le quali una espansione adiabatica pu ancora essere rappresentata,
con una certa approssimazione, da una equazione

T
dui tipo Pv*- = cost, la portata di efflusso viene
calcolata anche mediante la relazione, valida per i
gas perfetti:

ll

T, .= S

PV,

ove per .v = 1,135 anzich 1,3.


Infine, por le prove con scarico dal lato acqua
(condotto di efflusso in posizione /,fig.1) il calcolo
della portata viene eseguito anche nell'ipotesi di
incomprimibilit del fluido scaricante dal serbatoio.
Una simile assunzione ha evidentemente senso solo
se si ipotizza all'interno del serbatoio una separazione totale ed istantanea del vapore dal liquido e
nel breve condotto di scarico una totale mancanza
di evaporazione, cio uno stato di completo disequilibrio termodinamico. In tali ipotesi la portata di
eiliusso pu essere calcolata con la relazione:
T=*S)/2p(PPtt)
(10)
ove a = 0.61 il coelh'eiente di efflusso e p la
densit del liquido saturo alla pressione P.
4. Calcoli dei transitori e confronto con i dati
sperimentali

4.1. Efflusso del lato vapore


Le modalit secondo cui il serbatoio si depressurizza sono influenzate dal titolo che la miscela
ellluente assume all'ingresso del condotto di scarico,
sia attraverso l'entalpia specifica /(,- sia tramite la

tecniche di ripresa cinumatografija ad alii velocit [5].


La curva St si riferisce ad una depressurizzazione
sufficientemente veloce, tale cio che quando la
massa iniziale di vapore Mvu ha terminato di defluire, il vapore formatosi in seguito alla depressurizzazione si trova ancora inglobato nella massa liquida.
La curva S2 corrisponde invece al caso di depressurizzazione molto lenta, tale cio da consentire la
separazione del vapore dal liquido via via che il
primo si forma.
La fig. 4 mostra il confronto fra i transitori di
pressione calcolati con i criteri precedentemente
illustrati, e gli stessi quali risultano sperimentalmente.
Tale confronto pone in evidenza che l'ipotesi di
seprazione immediata e totale del vapore dal liquido
porta a calcolare transitori di pressione in tanto
migliore accordo con quelli sperimentali quanto
pi lenta la depressurizzazione (fig. 4).
Viceversa al crescere del diametro della bocca di
elllusso e cio della velocit di depressurizzazione
l'ipotesi B a fornire risultati pi soddifacenti, almeno neila prima parte del transitorio, fintanto
cio che, al diminuire della velocit con cui il sistema depressurizza, non si sviluppa la separazioni:
delle fasi (figg. 4ft, 4c).
Per quanto riguarda i primi istanti dello svuotamento, dapprima la pressione decresce bruscamente,

a: ipotesi A

Sycaso rate-depressirizzazione 'veloce,

b ipotesi B

S2:caso reale -dtpmsunzzazr.it "tenti,.

Fig. 3 - Efflusso dal lato vapore:


indamente del titolo Xi in funzione della pressione P.

portata di elllusso F (equazioni 1, 2, 8, 9). Si


pertanto ritenuto opportuno istituire un confronto,
seppure soltanto qualitativo, tra il presumibile andamento reale di AT; in funzione della pressione P
e i corrispondenti andamenti teorici quali risultano
dalle ipotesi, limite di separazione de) vapore dal
liquido totale (ipotesi A) o nulla, (ipotesi B): curve
a e b rispettivamente difig.3.
Nel caso reale la variazione di Xc con la pressione pu essere rappresentata da curve del tipo
di S-, e di S2 (fig. 3), in accordo con quanto risulta
da una analisi visiva del fenomeno condotta con

Preisione P

quindi aumenta per un breve trailo, riprendendo


poi e diminuire (fig. 4).
La brusca caduta iniziale di P probabilmente da
attribuirsiafenomcnididisequilibrio termodinamico,
quale, ad esempio, un ritardo alla evaporazione;
si pu cio avanzare l'ipotesi che, all'interno dal
serbatoio, durante i primi istanti di transitorio,
la massa liquida, satura al tempo iniziale, non
e vii pori nonostante la diminuzione di P, ma divenga
sovrassatura ; viene cos meno l'azione di sostenimento che la formazione di vapore esercita sulla
pressione P.
115

r
Posizione

dilli

bocca

di carico.-B

li)

1)

as

I
1.0

11)

so L

JO

20

10

Mo1O4O

0-2"

Mo1O4O

p
50'

IO

(d)

curva

sperimentile

o teoria

dei gas perfetti

t modello omogeneo;ipolesi A
a modello omogentojipctesi B
disequilibrio

termodinamico

Fig. 4 - Efflusso dal lato vapore: confronto dei transitori teorici di pressione con i corrispondenti sperimentali,
116

In tale ipotesi, considerando il vapore effluente


come un gas perfetto, la equazione f.i bilancio della
massa per il serbatoio diviene:
dt
con
Yv = c o s t . = V^.o

P^.x = p^.ox
(x = 1,135)
L'equazione (11) viene integrata analiticamente.
I risultati numerici di questo calcolo sono diagrammati nella fig. 4. Come si pu constatare per
Mo = 1040 kg e 0 = 2", 4" essi concordano abbastanza bene con gli andamenti sperimentali; un
accordo assai minore si riscontra invece per Mo
= 1040 kg e 0 5", mentre nel caso con MB = 1890
kg e 0 ry" i risultati teorici sono fortemente discor'ipotesi A

Fig. 5 - Efflusso dal lato acqua:


andamento del titolo A', in funzione della Pressione P.

danti da quelli sperimentali. La ragione di simile


comportamento non affatto chiara.
4.2. Efflusso dal lato acqua

All'istante iniziale T0, per tutte le prove eseguite,


il livello di liquido s trova al di sopra dell'orlo
superiore della bocca di efflusso. Ne segue che nel
caso reale l'andamento di Xt in funzione della pressione presumibilmente del tipo di quello rappresentato dalla curva S di fig. 5. In essa il rapido aumento di Xi corrisponde allo scoprimento della
bocca di efflusso da parte del livello del liquido.
Nella stessa figura le curve a e b rappresentano
qualitativamene l'andamento del titolo ', nelle
ipotesi limite di separazione de] vapore dal liquido
totale (ipotesi A) o nulla (ipotesi B), rispettivamente.
Il valore del.;, pressione a cui il livello dell'acqua
raggiunge Torlo superiore della bocca d scarico
viene indicato con Ps nel caso reale, con PsA nell'ipotesi A, con PaB nell'ipotesi B. Si pu presumere che sia PsD < P, < PtA. Il calcolo dei transitori di pressione viene condotto solo fino ad un
valore di P pari a P,A o V,B, a seconda che, rispettivamente ,si sia assunta l'ipotesi A o quella li.
La portata effluente viene calcolata mediante il
modello omogeneo di efflusso critico oppure, nel

caso si faccia l'ipotesi di fluido incomprimibile, mediante la relazione F = a S ]/ 2p {PPa).


Nel primo caso il calcolo condotto nell'ipotesi A
o B fornisce, per P > PsA praticamente gli stessi
risultati (flg. 6, 7). Ci dovuto al fatto che nell'ntervallo di pressione P0-P,A i valori di X( quali risultano delle ipotesi A o B sono tra loro assai simili; tali risultano pertanto anche le portate di efflusso e quindi i transitori di pressione.
Per P > P,,i i risultati teorici appaiono in discreto accordo con i corrispondenti sperimentali
(ftgg- 6, 7) ; il lieve scostamento riscontrato probabilmente dovuto alla scelta del modello di efflusso
critico: per bassi titoli, come sono quelli con cui si
ha a che fare nei casi di efflusso dal lato acqua, il
modello omogeneo non infatti in grade di offrire
risultati soddisfacenti [6].
b ipotesi B

s u s o reale

Pressione P

Per Pau < P < PSA i transitori di pi-essionc sono


ovviamente calcolati solo nell'ipotesi B. In questa
zona di pressioni lo scostamento tra risultati
teorici e sperimentali aumenta. La causa di ci
va ricercata nel fatto che presumibilmente \Ps>P,n
il che significa che nel caso reale lo scoprimento
della bocca di efflusso da parte del livello di liquido
avviene prima di quanto previsto nell'ipotesi di
completa miscelazione delle fasi. Pertanto il calcolo teorico continuerebbe a supporre un efflusso
di miscela a basso titolo quando invece, nel caso
reale, dal serbatoio defluirebbe ormai vapore circa
saturo (fig. 5).
Per quanto riguarda l'ipotesi di fluido incomprimibile, essa non da luogo a risultati soddisfacenti
(fgg. 6, 7). La ragione fondamentale risiede nel
fatto che nel caso reale la separazione del vapore
dal liquido all'interno del serbatoio non n
istantanea n completa; il fluido che scarica dal
serbatoio pertanto bifasico e non pu quindi essere considerato incomprimibile.
5. Conclusioni

Sulla base di questa prima parte dello studio,


che sar completato con l'analisi di altri parametri
quali il contenuto in massa del serbatoio, la temperatura in 'osso e la condizioni termodinamiche
11?

Posizione d*Ut

Posizione

bocca di scarico:!

della

bocca

f2"ll
Mo'1040 kg <${

!
i

curva sperimentale
modello omogeneo; ipolesi A
modello omogeneo; Ipolesi B
fluido incomprimibile

di scariec.n
2"(a)
4" (b)
6' IO

curva sperimentale
& modello omogeneo ; ipolesi A
a modello omogeneo ; ipotesi B
o fluido incomprimibile

(hg/crf

Fig. <> - Edlusio dal lato acqua: confronto dei transitori


(curici ili pressione con i corrispondenti sperimentali.

nella sezione critica [3], si possono porre in evidenza i seguenti fatti:


iifflusxo dal Iato vapore

a) Lo schema di calcolo descritto appare abbastanza soddisfacente, almeno nella prima parte del
transitorio, purch venga effettuata una scelta opportuna tra le ipotesi limite di separazione totale o
nulla del vapore dal liquido per il calcolo del titolo
A'j. Tale scelta deve basarsi sulla velocit con cui
il serbatoio si depressurizza; gli elementi a disposizione non sono per altro sufficienti a fornire un criterio del tutto generale per effettuarla. Tuttavia
per sistemi geometricamente simili a quello esaminato, con contenuto iniziale di liquido pari in
volume a circa il 50% dal volume totale del serbatoio e con pressione iniziale Po pari a 51 ata.
113

Fig. 7 - Efflusso dal lato acqua: confronto dei transitori


teorici di pressione con i corrispondenti sperimentali.

si pu affermare che il ricorso alla ipotesi A da


effettuarsi quando:

Po~t
TT

<2

essendo T il tempo necessario al dimezzamento della


pressione. Per:

IT

> 4,5

invece l'ipotesi B a fornire i risultati pi validi.

Indicazioni pi precise e di carattere pi generale


possono ottenersi solo da un'indagine pi ampiamente parametrizzata.
b) Nell'ipotesi A di separazione totale ed istantanea del vapore dal liquido l'applicazione, per il
calcolo della portata critica di efflusso, del modello
omogeneo o della relazione (9) valida per i gas
perfetti conduce praticamente agli stessi risultati.
Ci sembra indicare che l'approssimazione derivante
dal ritener valida la legge PpX- = cost per l'espansione adiabatica di una miscela acqua vapore con
titolo in massa, a monte del condotto di espansione,
compreso tra 0,7 e 1, accettabile per il fenomeno
in esame.
Efflusso dal lato acqua
a) I transitori di pressione calcolati ricorrendo,
per la determinazione di /*,-, al modello omogeneo
risultano in discreto accordo con quelli sperimentali
fin tanto che il livello del liquido si mantiene al
di sopra del condotto di scarico. L'assunzione dell'ipotesi A o B non comporta sensibili differenze
nell'andamento di P.
b) L'ipotesi di incomprimibilit del fluido scaricante dal serbatoio conduce a risultati del tutto
insoddisfacenti; come gi accennato la causa sostanzialmente da ricercarsi nel fatto che l'ipotesi di
separazione completa ed istantanea del vapore dal
liquido non corrisponde alla realt del fenomeno.
Simbologia
P = pressione

v
p
X
x
h
E
M

= volume specifico
= densit
= calore specifico di evaporazione
= titolo
= entalpia specifica
contenuto totale di energia
= contenuto totale di massa

/'
=
G =
a
=
0 =
sV ==
T
=
w =

portata di massa
portata specifica di massa
coefficiente di efflusso
diametro della bocca di efflusso
area della bocca di efflusso
volume
tempo
velocit

INDICI
A = ipotesi A
B = ipotesi B
a = condizioni atmosferiche
c = condizioni critiche
i = condizioni all'ingresso del condotto di scarico
I. = liquido saturo
V
= vapore saturo secco
0
= condizioni iniziali
t = serbatoio.
Bibliografia
[1] Villani S. - Proceedings of the BNES Conference on DtO
Reactors - Session D, rapporto 15 - Londra (GB) 1968.
[2] Carzaniga R., Holtbecker H., Premoli A., Soma E. - Preliminary experiments on the blowdown of a pressure vessel presentato al CREST Specialist Meeting on Depressurisation Effects in Water Cooled Reactors, Francoforte
sul Meno, Giugno 1969.
[3] CISE - Rapporto da pubblicare.
[4] Moody F.T. - Maximum flow rale of a single component
two-phase flow mixture - Journal of heat transfer, Trans.
ASME, Serie C, Vol. 87, Febbraio 1965 pag. 134.
[5] Leistner G., Rudigcr B., Sauberlich C , Stein K.,
Zimmermann M.-Glass vessel experiments at pressures up
to 650 psig for simulating the blowdown for water cooled
power reactors - presentato al CREST Specialist Meeting
on Depressurisation Effects on Water Cooled Power
Reactors, Francoforte sul Meno, Giugno 1969.
|6J Fauske H. - Contribution to the theory of two-phase ona
component critical flow ~ ANL - 6633, U.S.A. K.C., Ottobre 1962.

119

I,

Una correlazione adimensionale per la determinazione della


densit di miscele bifasiche
A. Premoli, D. Di Francesco, A. Prina (*)

Riassunto - Viene presentata la prima parte di uno


studio teorico e sperimentale avente lo scopo di sviluppare crteri di calcolo in grado di determinare con
sufficiente precisione la densit la frazione volumetrica di gas od il rapporto di scorrimento di miscele
bifasiche fluenti in condizioni termoidrauliche variabili in un campo molto esteso.
stata sviluppata una correlazione relativa alle
condizioni di miscele bifasiche in moto verticale ascendente entro condotti adiabatici.
Lo studio basato su di una ricerca sperimentale,
effettuata al CI SE, in condizioni molto varie per quanto
riguarda sia le velocit e le propriet fisiche delle miscele, sia le configurazioni dei condotti.
La correlazione stata ricavata in forma adimensionale come rapporto di scorrimento in funzione delle
grandezze fisiche determinanti del fenomeno, evidenziate dall'analisi dei risultati sperimentali-, la correlazione stata ottimata con il criterio di minimizzare
gli scostamenti fra valori calcolati e misurati in
termini di densit, che il parametro di immediato
i'deresse nelle applicazioni nucleari delle miscele
bifasiche.
L'accordo medio con i dati sperimentali entro
8% in termini di densit e entro 5 % in termini
di frazione di vuoto.
Inoltre questa correlazione limitatamente ad alcune
condizioni, pu anche essere utilizzata per la determinazione della densit di miscele fluenti entro condotti
con flusso di calore dalla parete.
Summary - This paper briefly presents the first
part of a theoretical work devoted to the development
of calculation criteria predicting density, void fraction
or slip ratio of two-phase mixture in a wide range of
conditions.
For the time being a correlation has been developed
which is relevant to two-phase mixtures flowing upwards in vertical channels under adiabatic conditions.
The work is based on an experimental investigation,
performed at CJSE, relevant to a large variety of
conditions as for mixture velocity and physical properties, and channel configurations.
The correlation has been derived, in an adimensional
form, as slip ratio versus governing parameters, emerging from data analysis, and it has been optimized
with the criterion of minimizing density calculations
errors ; density is a quantity directly affecting reactivity,
when two-phase mixtures are used as cooling agents
in nuclear reactors.
The average agreement with experimental data is
(*) C.I.S.E. - Segrato, Milano.

120

within 8% in terms of density or liquid volume fraction, and within 5 % in terms of void fraction:
moreover the present correlation, under some conditions, can be already used for density determination
of mixtures flowing in heated channels.
1. Introduzione

L'impiego di miscele bifasiche come refrigeranti


nei reattori nucleari ha portato ad un crescente
interesse per la fluidodinamica e la trasmissione
del calore con fluidi in cambiamento di fase; questi
argomenti in precedenza venivano studiati limitatamente ad aouni problemi riguardanti caldaie
convenzionali ed impianti petroliferi.
Nel caso dei reattori nucleari sia l'effetto moderante che assorbente della miscela refrigerante dipendono direttamente dalla densit della miscela stessa.
Pertanto fra i vari parametri termodinamici e
fluidodinamici caratteristici di una miscela bifasica,
la densit ha una grande importanza in quanto
influenza l'economia neutronica e la dinamica del
reattore, e rappresenta un parametro, la cui conoscenza pu essere fondamentale per il progetto di
certi tipi di reattore nucleare.
In questo articolo viene presentata la prima parte
di uno studio teorico e sperimentale avente lo scopo
di sviluppare criteii di calcolo in grado di determinare con sufficiente precisione la densit, la frazione
volumetrica d gas od il rapporto di scorrimento di
miscele bifasiche fluenti in condizioni termoidrauliche variabili in un campo molto esteso.
stata sviluppata una correlazione relativa alle
condizioni di miscele bifasiche in moto verticale
ascendente entro condotti adiabatici.
Lo studio basato su di una ricerca sperimentale,
effettuata al CISE in condizioni molto varie per
quanto riguarda sia le velocit e le propriet fisiche
delle miscele, sia le configurazioni dei condotti.
La correlazione stata ricavata in forma adimensionale come rapporto di scorrimento in funzione
delle grandezze fisiche determinanti del fenomeno,
evidenziate dalla analisi dei risultati sperimentali;
la correlazione stata ottimata con il criterio di
minimizzare gli scostamenti fra valori calcolati e
misurati in termini di densit, che il parametro di
immediato interesse nelle applicazioni nucleari delle
miscele bifasiche.
L'accordo medio con i dati sperimentali entro
8% in termini di densit e entro 5% in termini
di frazione volumetrica di gas o grado di vuoto.
Inoltre questa correlazione, limitatamente ad
alcune condizioni, pu essere utilizzata anche per la
determinazione della densit di miscele fluenti
entro condotti con flusso di calore dalla parete.

Lo studio verr completato con lo sviluppo di


criteri di calcolo di validit generale in grado di
permettere la determinazione della densit in condizioni di miscela evaporante entro condotti riscaldati.
Tutta questa ricerca effettuata in appoggio al
progetto del reattore CIRENE [1], il quale fortemente influenzato dalla densit della miscela bifasica refrigerante acqua-vapore, per quanto riguarda
sia la vita del combustibile sia gli aspetti di controllo e sicurezza del reattore.

dove gli apici si riferiscono ai valori locali, nella


sezione trasversale, delle grandezze considerate.
Dalle equazioni (1) e (2) si pu osservare in particolare ohe, per un assegnato valore di titolo, la
conoscenza di una qualsiasi delle tre grandezze a,
p e S determina univocamente anche i valori delle
altre due.
Sono state effettuate circa 17000 misure sperimentali che rappresentano una delle pi vaste e
complete raccolte di dati disponibili in letteratura:
1350 con miscele bicomponenti e 350 con miscela
acqua-vapore [21, [3], [4], [5], [6]._
Nel caso di miscele hi componenti stata direttamente misurata la frazione volumetrica di liquido
(1a) per mezzo del metodo dilatometrico [9] o
del metodo delle valvole a chiusura rapida [IO];
con le miscele acqua-vapore stata misurata la
densit per mezzo delie valvole a chiusura rapidaf 10|.
I corrispondenti errori di misura sono 0,005^-0,01
in termini di frazione volumetrica di vuoto o di
liquido e 0,0050,01 g/cm3 in termini di densit.
Le propriet fisiche delle miscele bifasiche, utilizzate nelle esperienze, sono riassunte nella tabella n. 1.

2. Analisi dei dati sperimentali e scelta delle grandezze fisiche determinanti

La correlazione stata sviluppata prevalentemente sulla base dei dati sperimentali ottenuti al CISE
con l'impiego di miscele bifasiche monocomponenti
(liquido in presenza del suo vapore) e bicomponenti
(gas e liquido, chimicamente distinti, miscelati
insieme) fluenti in moto ascendente in condotti verticali adiabatici.
La grande variet di condizioni sperimentali investigate al CISE ha permesso di evidenziare le
grandezze fisiche determinanti del fenomeno e di

Tabella n. 1
Miscela
Miscele monocomponente
acqua-vapore

Pressione
(kg/cm2)

Densit
liquido
(g/cm3)

Densit
gas
(g/cm3)

Tensione
superne,
(dyne/cm)

Viscosit
liquido
(cpoise)

30-70

0,74-0,83

0,015-0,036

18-30

0,10-0,15

Miscele bicomponenti (a 18C)


acqua-argon

2-25

1,0

0,003-0,042

73

1,05

acqua-azoto

2-25

1,0

0,002-0,029

73

1,05

acetone-argon

2-25

0,793

0,003-0,042

24

0,33

2-25

0,790

0,003-0,042

22,5

1,26

alcool etilico-argon

valutarne i corrispondenti effetti in termini di densit p, frazione di vuoto a o rapporto di scorrimento S.


Si ricordano a questo proposito le principali relazioni [8] che intercorrono, fra i parametri p, <* e S,
mediati sulla sezione trasversale del condotto, ed i
titoli in massa X e in volume Xv, definiti in nomenclatura :

= s
Pi

P = P/ ( 1 -

-r

(2)
(3)

Tr - J
'-

Jadtl

/ u', (!-') da
/(!-') da

(4)
(5)
(6)

Le esperienze sono state effettuate con diversi


condotti sventi le configurazioni di tabella n. 2.
Si sono effettuate misure nel campo di portate
specifiche di massa comprese fra 5 e 350 g/cm2s
e per titoli in volume variabili da 0 a 1.
L'impiego delle miscele bicomponenti nelle esperienze particolarmente utile in quanto permette
di distinguere gli effetti, sulla densit o sulla frazione di vuoto, delle diverse propriet fsiche quali
densit della fase liquida J gassosa, tensione superficiale e viscosit: nel caso delle miscela acquavapore tutte queste grandezze cambiano contemporaneamente al variare della pressione di saturazione.
I dati sono stati analizzati senza alcuna distinzione per quanto riguarda il tipo di configurazione
di moto bifasico (moto a bolle, moto a tappi,
moto anulare, etc.); d'altronde i tipi di moto non
sono sempre chiaramente definiti specie nel caso di
condotti di geometria complessa-quali ad esempio
quelli a fascio di barre.
121

2.1. Effetto della velocit


La portata specifica di massa o velocit di massa
G = r/il stata scelta come grandezza media
caratterizzante i campi di velocit della miscela in
moto.
L'effetto di G presentato in termini di frazione
volumetrica di liquido (1a) nelle fig. 1 e 2, che si
riferiscono rispettivamente a miscele monocomponenti e bicmponenti. Nella zona di bassi titoli
l'influenza di G piccola e talvolta poco chiara:
ai titoli pi alti (*) (1a) e S sono chiaramente influenzati dal valore di G e crescono al diminuire di G.

Tabella n. 2
Miscela

geometria condotto
tulio

anulo (2,0/2/3 cm)


Miscela
acqua-vapnrt amilo ( I / J / 2 / 3 cm)

diametro
equivalente
(cm)
0,91
0,30
0,90

fasc'o 19 barre

0,75

tubo

1,50

tulio

. ?,50
5,00

tubo
anulo ( 1,5/2,5 cm)

1,00

amilo (2,0/2,5 cm)

0,50

2.2. Effetto delle propriet fisiche


2.2.1. Densit della fase, gassosa e della fase liquida

Le misure sono state effettuate in un campo limitato di densit della fase liquida p; (0,75 < p; < 1
g/cm3); pertanto difficile mettere in evidenza chiaramente la dipendenza di (1a), p e S dalla densit pi.
Per quanto riguarda l'effetto della densit della
fase gassosa, alcuni tipici andamenti sono presentati in fg. 3: (l} e 5 aumentano al diminuire di
pg specialmente agli alti titoli, a pari altre condizioni.
Si pu menzionare a proposito che, da un punto
di vista logico l'effetto di p; dovrebbe essere in
senso contrario: pertanto il rappporto p;/pg potrebbe
rappresentare un parametro in grado di tenere
conto cntemporanemnte degli effetti delle densit
p, e pR su F, (1a) o .S.

1,20

fascio 7 barre
.Miscele
Scomponenti fascio 7 barre

0,50

- fascio 7 barre

O,<55

fascio 19 barre

0,53

fascio 19 barre con


18 barre di riempimento

0,30

fascio 19 barre

0,75

d-tt)

ai

O
X.
L

aoi0.001

OJOQS

aoi

005

Le grandezze fisiche determinanti del fenomeno


sono state evidenziate analizzando i dati sperimentali in termini di densit p in funzione del
titolo A', di fraziono volumetrica di liquido (1) in
funzione di (1Xv) e di rapporto di scorrimento
in funzione del titolo. Come specificato in precedenza, p, (1a) e ! sono valori mediati sulla
.sezione trasversale del condotto.
122

Acqua-vspore
Tubo IT-23 Dtfl=0.91 cm
P=S0 kij/cm'
O-JHI
)/cm!i
C-I0I.1 g/cm's
0-J1O 9/cm 1
COSQ. 9/cn>* s

Fig. I - Effetto della portata


specifica di massa.
2.2.2. Viscosit e tensione superficiali della fase
liquida

Non sempre facile valutare separatamente gli


(*) Si ricorda ai (ini di una immediata comprensione delle
figure del testo, che gli altri titoli X o X corrispondono a
bassi valori del parametro (1 X,-) usato come ascissa dei
diagrammi.

effetti della viscosit (jt( e della tensione superficiale


y su p, (1a.) e S.
Nella fg. 4 viene presentato un confronto fra
dati sperimentali ottenuti rispettivamente con
miscele acqua-vapore e alcool etilico-argon, le
quali sono caratterizzate di- valori di viscosit |i(
assai differenti mentre le altre propriet fisiche hanno valori abbastanza vicini.
L'evidenza sperimentale indica che (1a) e S
aumentano al crescere della tensione superlioiale y.
Per quanto riguarda la dipendenza dalla viscosit [il della fase liquida, alcuni dati ottenuti con
miscele acetone-argon e alcool etilico-argon, sono
confrontati in fig. 5: l'acetone e l'acool etilico hanno
le stesse densit e tensioni superficiali, mentre !a
viscosit dell'alcool etilico circa quattro volte
maggiore di quella dell'acetone. Dal confronto appare che solo agli alti titoli l'effetto della viscosit
apprezzabile e (1a) diminuisce al crescere della
viscosit.

Questo effetto meno sensibile con miscele a


bassa viscosit e tensione superficiale quali le miscele acqua-vapore ad alta pressione (fig. 9).
opportuno sottolineare che tutti questi effetti
sono rilevanti solo agli alti valori di titolo.
11 rapporto di scorrimento 5 generalmente cresce
(1-)

Aceto
Tubo
G=100 g/ciT?5
3 46 g/cm J
g/cm 1

2.3. Effetto della geometria del condotto


I

L'analisi dei dati sperimentali [3], [4], [5], [6],


ottenuti con condotti di diversa configurazione
(tubolare, anulare e a fascio di barre), ha messo in
evidenza che il diametro idraulico equivalente Dtq
una grandezza significativa e sullciente per tenere
conto della influenza della geometria del condotto
sulla densit, sulla frazione di vuoto o sul rapporto
di scorrimento.

g/cm 3

O t'g^: 10*42

(1-Xv)
0.02

0.03

aos

aav

ai

oa

O.J

o.s

o.?

Fig. 3 - Influenza delia densit della fase gassosa.


0.7

as
03

a2
*

/
/

Acetone.argon

01

Fascio 19 barre
VS=1'25.9 g/cm 1

0.07.
* /
* /

/
/

005

/
/
/

aoa

G=2

j/cmJs

G=5
X G=10

if en? s
g/cm 2 s

O 6 = 20
n 6=50
6=100

g/cm2 3
|/ca! i
g/cm S s

Tube

Oeq= '-5 cm

i'-36

g/cm J

GBIOD g/cm 2 s
+

Acqua-irgon
Alcool-argon

/
102

(1-Xv)
0X11
0.01

ao2

ao3

aos

cui?

o.i

0.2

0.3

as

0.7

Fig. 2 - Effetto della portata specifica di massa.

Alcuni confronti fra condotti di diversa configurazione, aventi circa lo stesso diametro equivalente, sono presentati nelle ngg. 6 e 7: i risultati
sono in accordo flntro l'errore di misura. Per quanto
riguarda l'effetto di Deg su (1a) o S, una dipendenza significativa (fg. 8) pu essere osservata agli
altri titoli, specialmente nel caso di miscele bicomponenti caratterizzate da valori di (*/ > 0,3 cpoise
e di y > 30 dyne/em: a parit di altre condizioni
(1-a) e S diminuiscono al crescere di Dt<l.

002

O03

O05 O07 0.1

Fig. 4 - Influenza

dalla tensione

superficiale.

con il titolo (fig. 10) fino od un massimo e poi diminuisce lentamente; il valore del titolo, corrispondente al massimo di S, dipende dalle propriet
fisiche e dalle velocit della miscela, e dal diametro
idraulico del condotto.
In base all'analisi critica dei dati sperimentali, le
seguenti grandezze fisiche sono state scelte come
parametri determinanti del fenomeno per quanto
concerne densit, frazione di vuoto o rapporto di
scorrimento di miscele bifasichc:
123

volume Xv, ed il moto hi fasico pu essere considerato macroscopicamente omogeneo [8].


A questo proposito opportuno ricordare che la
condizione di moto bifasico localmente omogeneo
cio valori locali di S' uguali a 1 in <>gni punto della
sezione trasversale del condotto non sufficiente per determinare un rapporto complessivo di
scorrimento mediato sulla sezione eguale 1 (ved.
eq. (3), (4), (5), (6; ). Nel caso di valori locali unitari di S (da misure effettuate al CISE sembra una
condizione soddisfatta con buona approssimazione
nel caso di moto anulare) il rapporto di scorrimento
complessivo unitario solo se anche i profili di
velocit o i profili di fase sono uniformi su tutta la
sezione trasversale del condotto [8].
3. Sviluppo della correlazione e confronto con i dati
sperimentali

DO?

OGJ

OOS

00?

0.1

02

0.3

05

La correlazione stata costruita sulla base dell'analisi critica, presentata in 2, e seguendo un


suggerimento di M. Silvestri [7] secondo cui il rapporto di scorrimento 5 o l'incremento AS = S 1
rispetto al valore unitario del rapporto di scorri-

0.7

Tig. 5 - Influenza della viscosit della fase liquida.

ve

Q5

x
X
X

005

Acqua-vapore

/
noi

0.001

(1-Xv)
0005

001

portata specifica di massa G = fj


diametro idraulico Deq
densit della fase liquida e della fase gassosa
Pi e Ps
viscosit della fase liquida [A(
tensione superficiale y.
Altre grandezze quali, ad esempio, la viscosit
del gas, soiio state trascurate. Fra le diverse grandezze in alternative (densit p, frazione di vuoto a. e
rapporto di scorrimento 5), il rapporto di scorrimento S stato scelto come parametro da correlare in
funzione delle grandezze determinanti, menzionate
in precedenza, e del titolo in volume Xv.
Quando il rapporto di scorrimento S, che un
valore mediato sulla sezione del condotto, uguale
a 1, la frazione di vuoto coincide con il titolo in
124

P50 toq/cn?
lubo IT-23
Deq=O.e cm 6=214 q/cm s
X anulo
ir-45
Deqtt9 tm
G=2I7 g/cm 2 s
0.5

Fig. 6 - Confronto ira dati ottenuti con diverse configurazioni di condotti aventi
circa lo stesso diametro
idraulico.

mento, viene espresso come una funzione analitica


delle grandezze menzionate in precedenza:
AS = / (G, Del), pi, pg, Hj,

Y,

Xv)

La scelta di AS, come proposto da M.Silvestri [7],


presenta alcuni vantaggi, tra i quali si pu ricordare:
AS un parametro adimensionale che rta una
indicazione media delle distribuzioni Ir? sversali
di fase e di velocit della miscela considerata
rispetto alla situazione fisica limite d flusso
bifasico omogeneo ( AS = 0) ;
mentre a > (1a) possono variare fra i loro
valori limite, che sono 0 < a < XV<1 e 1 >
(1a) > (1Xv) > 0, per una miscela in moto
ascendente entro un condotto adiabatico, AS
varia da 0 a co e conseguentemente i valori di
AS sono sempre pi sensibili, specie nella re-

a?
*/

os

o
o

O.t

//

aov
Acqua-irgon

lt'aB s/crr.1

oos

i'100 s/crrft
0.03

003

0=100 g/crr?

/
/

002

(1-Xv)
002

^,.10 J6 /cm

O -r"lo
AN 1 Diruto cm
fascia 7 barre Dq=l32 cm

Acqua-argon

002

Fig. 7 - Confronto fra dati ottenuti con diverse configurazioni di condotti aventi circa io stesso diametro idraulico.

1.0

AN 1 0q=1.Q em
AN 2 Ofq= 0.5 cm

anulo

(1-Xv)

/
QOt

OX 007 01

O anulo
+

0.03

005 007 Qt

0.2

03

06

07

Fig. 8 - Effetto del diametro idraulico.

1
1

05
1

Fig. 9 - Effetto del diametro


idraulico.

0.1
*
X

0.05

A equa -vapore

/
X

0001

coos

gione dei bassi titoli, agli effetti delle grandezze


che governano il fenomeno;
particolarmente immediata, in termini di AS,
la scelta, su'la base di considerzioni fisiche,
di alcune lo; che condizioni limite, che devono
essere rispettate dalla correlazione.
Si imposto che la correlazione soddisfi le seguenti condizioni limite:
AS -* 00
AS-*0
AS-^oo

AS-+0

per G
per G
per
per
per
per
per

\ /

tm

P-50 kg/cm 2

/
/

anulo

ir-37

0 e() =a3 cm
X anulo

G=4!.2 g/cm s
IT-45

D,q=0.9 cm

G-40.1 9/cm s

(1-Xv)

nei

Queste condizioni limite sono state scelte in base


ad alcune considerazioni fisiche derivate dalle seguenti assunzioni [8]/
rapporto di scorrimento locale S' =U'gjll't = 1 ;
la dipendenza dei profili trasversali di velocit
della corrente bifasica da] numero di Reynolds
He GDcqj\i.{ simile a quella che si ha per le
correnti fluide monofasiche;
quando la tensione superficiale si annulla, non si
hanno pi nel condotto forme di separazione
macroscopica della fase gassosa (in forma di
bolle, tappi, ecc.) dalla fase liquida (in forma di
gocce e film liquido sulla parete) e la corrente
bifasica risulta microscopicamente dispersa ed
omogenea a livello molecolare (US = 0).
[n particolare per quanto riguarda la dipendenza
125

da! numero di Reynolds, dalle assunzioni fatte si


ha che al crescere di Re i profili trasversali di velociti si appiattiscono tendendo ad un andamento
Acqua -vapore

S
A

IT-23

Oeo, = 0.S!cm

>

_ _

P. 50 kg/crrf
g/cm*

6 O..I

.108.1 5/cm')

> 2 U 3 9/em's

0 =150.4 , / c r ? .

. *

30

ft

""
o
o
o
o

20

~ -

o,
X

*
1

- - . _ . _
X *

.o
'
i

* X

-<0 -35 - 3 0 -2$ - * 0 -15 -10 - 5

5 10 15 +20 +25 +30 +35 +40

a"

1
1

.0

0.0 5

0.1

X
0.S

errore

d-a)
medics 8.2 '/,

1.0

Fig. 10 - Andamento del rapporto di scorrimento in funzione


del titolo per diverse portate specfiche di massa.

Fig. 12 - Distribuzione degli errori della correlazione per :


dati ottenuti con acqua-vapore.

r
-40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 - 5

5 -IO 15 0 +25 +30 35

-40 - 3 5 - 3 0 -25 -20 -15 -10 - 5

+5 +10 +15 20 +25 +30 +05 +40

ll-al . .
(l-a)
'
errore media = 8.4'/.
Jcfio quadratico medios 11 VI

126

scarto

quadratico medio:ll.5M

Fig. 11 - Distribuzione degli errori della correlazione per


tutti i dati.

Fig. 13 - Distribuzione degli errori della correlazione per i


dati ottenuti con miscele Ricomponenti.

uniforme a valore costante; in base alle considerazioni precedenti (ved. 2.), 5 tende al valore unitario.
Viceversa per Re -> 0, i profili di velocit si deformano presentando un massimo sempre pi accentuato nella zona centrale del condotto dove, come
ai osserva sperimentalmente, si addensa la fase
gassosa: pertanto il rapporto di scorrimento S tende
a raggiungere valori molto elevati.

La correlazione stata inizialmente impostata


nella seguente forma:
AS =K (/
dove :

7-CY

i+CY
1A'

A' = K (G, Deq, P / , p g , |x;, y)


C = C (G, D,q, pt, p g , y.t, y)

AS si annulla per V = 0 (A",. = 0) e per Y ( IC)f


jC2; quando Y > (IC)/C2 la correlazione darebbe
valori d AS nel campo dei numeri immaginali.
In queste condizioni, cio quando il radicando
negativo, AS assunto equale a 0 e conseguentemente 5 = 1 .
In base agli andamenti sperimentali K e C sono
stati derivati nelle seguenti forme adimensionali:
A" = .4 RtP (P,/ P K )1

C = B Re* Wb' (P,/pe)u

A = A Re? (e,l?gyi
C =B Res Wb* (P,/pB)u
dove
Re = numero di Reynolds == G ),,,/[*<
Wb = numero di Weber
= G 2 Deg/ye,
A, B, $, i), 8, e, u sono valori numerici da ottimare in
base a dati sperimentali.
L'ottimazione dei coefficienti e degli esponenti
stata fatta con i dati sperimentali ottenuti al CISE
in condizioni adiabatiche.
Nella ottimazione si scelto il criterio di minimizzare gli errori o scarti relativi 8(1a)/(la) fra
valori calcolati (1*), e sperimentali (1a)elp,
essendo 8(1a) = (1-H) M P (1a),.
Peraltro, essendo 8(1a) / (1a) ~ 8p/p, questo
criterio praticamente coincide con quello di minimizzare gli scarti in termini di densit.
L'ottimazione ha portato alle seguenti relazioni
per A' e C:
K = 1,578 i?e-." (p,/pg)0>22
C =0,0273 Wb i?e-o-81 (p,/pg)-0'08
Le distribuzioni degli errori 8(1a) / (1a) sono
date nelle figg. 11, 12 e 13 dalle quali si possono
fare le seguenti valutazioni:
il 70% dei dati complessivi sono calcolati entro
il 10% e ]'84,5% entro il 15% (fig. 11);
il 67% dei dati ottenuti con miscele acqua-vapore sono calcolati entro il 10% e l'88% entro
il 1 5 % (fig. 12);

l'ig. 14 - Confronto fra valori


calcolati e dati iperimentali ottenuti con miscela
acqua-vapore.

il 70,5% dei dati ottenuti con miscele bicomponencti sono calcolati entro il 10% e 1*84% entro
il 15% (fig. 13).
Per quanto riguarda gli errori e gli scarti quadratici medi possono essere dati i seguenti valori:
dati complessivi
errore medio:
N
8(1)
s
1
(1= 8,3%
N
scarto quadratico medio:

dati acqua-vapore
errore medio: 8,2%
scarto quadratico medio: 10,0%
dati miscele bicomponenti
errore medio: 8,4%
scarto quadratico medio: 11,5%.
In termini di frazione di vuoto a, l'errore medio
N
Sa
relativo 2
/ N risulta eguale al 5,2%.
Il campo di validit di questa correlazione corrisponde alle condizioni sperimentali dei dati in base
ai quali si fatta l'ottimazione:
portata specifica di massa 5 < G < 350 g/cm2s
diametro idraulico
0,3 < Deq < 5
densit della fase liquida 0,75 < PI < 1 g/cm3
densit della fase gassosa 0,003 < pg < 0,042
g/cm3
viscosit della fase liquida 0,3 < i^ < 1,3
cpoise
tensione superficiale
18 < y < 73 dyne/
cm
Queste condizioni fisiche corrispondono al campo
di pressioni 5-=-90 kg/cm2 per le miscele sature ac-

Anulo IT-45 Diq=0.9 cm


Acqua-vipora
P-50 kg/cm*
+ 3.40.1 /enf
O 0.110 f/crrf
& G.349 |/crr? %
corninone CISE

, (1-Xv)
O0O1

0005

001

005

ai.

<X5

IO

127

Fig. 15 - Confronto fra valori


calcolati e dati sperimentali ottenuti con miscela
alcool etilico-argon.

(1-a)
OS

DO5
+ 0-50 g/cm'" s
O G-100 9/n> ? s
A G=?00 j / c m " s
correlazione

CI5E

(1-Xv)
0001

0005

0.01

1.C

05

Fig. 16 - Confronto fra valori


calcolati e dati sperimentali ottenuti con miscela
acqua-argon.

ai
Fascio 19 barr

barre 1 cm

Dec = 0.53 cm

acqua-argon
j=O.O259 g/crn3
+
0
a

noi
0001

0-5.0 9 / c m ! s
G.2M j / c m ' s
CilOaO g/cm!>

(1-XvJ
0.005

001

Q05

0.1

qua-vapore. Alcuni tipici confronti fra valori calcolati e misurati di (1) sono presentati nelle
figg. 14, 15 e 16.
Un importante aspetto di questi confronti va
sottolineato: i dati ottenuti con miscele rnonocomponcnti e Ricomponenti rispettivamente possono
essere previsti con circa la stessa approssimazione
da questa correlazione. Questo fatto prova che le
principali grandezze fisiche influenzanti a, p e S
sono state introdotte correttamente nella correlazione e che il comportamento delle miscele monocomponenti e Scomponenti pu essere valutato in
modo analogo per quanto concerne densit, frazione di vuoto e rapporto di scorrimento.
Pertanto, da un punto di vista sperimentale, si
pu concludere che le miscele acqua-vapore ad alta
pressione in condizioni adiabatiche possono essere
simulate con buona approssimazione, almeno per
quanto riguarda la densit, mediante l'impiego di

0.5

1.0

una opportuna miscela bicomponente, a pressione


e temperatura ridotte, avente gli stessi valori di
densit della fase gassosa e di densit, viscosit e
tensione superficiale della fase liquida.
4. Conclusioni

Per il momento la correlazione pu essere usata


direttamente solo per il calcolo della densit di
miscele bifasiche in moto entro condotti adiabatici.
Tuttavia, se l'effetto del flusso termico trascurabile, come si verifica quando il flusso termico
minore d 100 W/cma ed il fluido entra nel condotto
saturo o solo leggermente sottosaturo [5], [6], questa correlazione pu gi essere utilizzata per il calcolo della densit locale o media di una miscela
bifasica in moto entro un condotto riscaldato.
Un tipico confronto viene presentato nella fig. 17,
dove densit medie misurate sperimentalmente, per
assegnate condizioni di ingresso, sono diagrammate

128

l.Or

.Y

A',,

P,n.5O k g / cm*

<x
y

G=108 q / c m * s
X,n=-0.02

O.B|

+ date tubo
Deq=0.9 cm

IT-23

[X

Lw= 4 00 cm

correlazione CISE

= rgjrB-\-J'i == titolo in massa


QdQg~i~Qi
titolo in volume
= frazione di vuoto
= tensione superficiale
= portata in massa
= viscosit
= densit
= sezione trasversale del condotto

Indici sottoscritti
ad
= adiabatico
cai
= calcolato
eq
= equivalente
ex
= uscita
e.tp
= sperimentale
g
= gas
I
= liquido
V
= riscaldato.

3.4

0.2

Indici
soprascritti

= valore medio.
0.2

0.4

0.6

0.8

Fig. 17 - Confronto fra densit medie calcolate e misurate in


condizioni di condotto riscaldato.

in funzione del titolo all'uscita insieme ai valori di


densit media, ottenuti integrando il corrispondente
profilo di densit dato dalla correlazione.
Anche se molti confronti, relativi al calcolo della
densit in canali riscaldati, mostrano accordi soddisfacenti come quello presentato, una ulteriore ricerca necessaria per estendere la validit della
correlazione ad un campo pi ampio di condizioni
riguardanti le miscele bifasiche fluenti in condotti
riscaldati.
Nomenclatura

D
G
L
N
P
Q

AS

=
=
=
=
=
=
=
=
=

diametro
portata specifica di massa
lunghezza
.umero di dati sperimentali
pressione assoluta
portata volumetrica
rapporto di scorrimento
51
velocit lineare

Bibliografa
[1] Villani S. - Proceedings of the BNES conference on D,O
reactors. - Session D paper 15, London (GB) 1968.
[2] Alia P. et al. - Liquid volume fraction in adiabalic twophase vertical upflow-round conduit - CISE R-105
(1965).
[3] Alia P. et al. - Measurements of liquid volume fraction
for adiabatic two-phase two-component mixtures (lowing
in annular and rod cluster channel - CISE R-186 (1968).
lrt] Colombo A. et al. - Density measurements with two-phase
mixtures in adiabatic and heated channels at high pressure by means of quick closing valve method - CISE
R-225 (1967).
[5] Agostini G., Era A., Premoli A. - Density measurements
of steam-water mixuteres flowing in a tubular channels
under adiabatic and heated conditions CISE R-291
(1969).
[6] Agostini G., Premoli A., Prina A. -Density measurements
of steam-water mixtures flowing in adiabatic and heated
annular channels - CIS R-295 (1970).
[7] Silvestri M. - Comunicazione privata.
[8] Agostini G. et al. - Conoscenze attuali sulla densit
delle miscele bifasiche impiegate come refrigeranti nei
reattori nucleari - La Termotecnica, Voi. X X I I I N. " - 1969.
[9] Alia P. et al. - A volume displacement method for the
measurement of the liquid volume fraction in two phase
adiabatic flow - CISE R-92 (1964).
[10] Colombo A. et al. - Steam water mixture density measurements in heated channels at high pressure by means of
a quick closing valve method - Energia Nucleare Vol. 15,
2, 1968.

129

Analisi sperimentale delle vibrazioni di elementi di combustibile


a fascio di barre, refrigerati da flusso bifase (gas + liquido)
L. CedoV.n, A. Hassid, T. Rossini (*)

Riassunto - Per lo sviluppo degli elementi di combustibile del reattore nucleare CIRENE stato intrapreso uno studio dettagliato delle caratteristiche vibrazionali dell'intero canale di potenza.
il canale di potenza consiste in un tubo a pressione
verticale [di diametro interno 10,61 erri) contenente
otto elementi di combustibile costituiti da fasci di
19 barrette (di diametro esterno di 2 cm), poco distanziale Cuna dall'altra. Ogni elemento ha lunghezza
50 ci ed semplicemente appoggiato a quello sottostante. Le condizioni dell'acqua di refrigerazione
(a ~50 bar di pressione) varia tra pochi gradi di
sottoraffreddamento all'entrata e titolo (in peso) di
circa il 25% ali uscita.
Finora lo studio stato condotto principalmente con
una miscela bifasica a due componenti (che simula
il comportamento delle miscele acqua-vapore) che
fluisce in un cilindro adiabatico fuori pila. Gli
scopi di questo studio sono:
a) sviluppo della strumentazione adatta a misurare le vibrazioni del tubo a pressione e degli elementi di combustibile;
1)) localizzazione ed eliminazione delle vibrazioni
dovute a disturbi provenienti dai componenti del
circuito;
e) misura sistematica delle vibrazioni ed effetto
delle condizioni di flusso.
Questo urticelo riporta una descrizione della strumentazione ed alcuni dei dati sperimentali, finora
ottenuti.
Abstract - For the fuel element development of the
(IRENE nuclear reactor a detailed investigation has
been undertaken on all channel vibrational characteristics.
The power channel consists of a vertical pressure
lube (10.61 an I.D.) containing eight 19-rod closely
spaced rod (2.0 cm. O.D.) bundles. Eeach bundle is
50 cm long and simply rests over the lower one. The
coolant conditions (~50 bar pressure) vary between a
few C subcooling at the entrance and ~25% (by
weight) steam quality al the exit.
So far the investigation has been me inly carried out
with a two-phase two-component mixture (simulating
Uw behaviour of steam-water mixture) flowing in an
adialmtic out-of-pile circuit. The work mainly focused
the following items:
a) development of the appropriate instrumentation to detect vibrations fo pressure tube and fuel
element ;

(*) C.I.S.B. - Segratc, Milano.

130

b) localization and elimination of vibrations due


to disturbances coming from the circuit components;
c) systematic measurement of vibrations and
effect of flow conditions.
A detailed description of instrumentation is presented in the paper, which gives also a mention of some
experimental data so fo,r obatined.
1. Introduzione
Per il primo nocciolo del reattore prototipo CIRENE (a tubi a pressione, moderato ad acqua pesante
e refrigerato ad acqua leggera bollente, della potenza
di 40 MW() f1]) sono stati previsti degli elementi di
combustibile costituiti da fasci di 19 barrette collegate da piastrine terminali flessibili (fig. I). In
ciascun canale sono impilati otto fasci (ciascuno
lungo 50 cm) che appoggiano l'uno sull'altro senza
alcun collegamento meccanico.

Fig. 1 - Elemento di combustibile CIRENE.

Le barrette sono costituite da guaine sottili di


Zircaloy di diametro esterno 2 om, riempite di
pastiglie di ossido di uranio sulle quali alla pressione di funzionamento la guaina si appoggia,
collossando. Le barrette sono distanziate tra di loro
a met lunghezza mediante spaziatori brasati sulle
guaine (la distanza nominale tra le barre di

0,14 CHI) e sono saldate a piastrine terminali di


Zircaloy. L'intero lascio distanziato dalla parete
del tubo a pressione mediante pattini brasati su'.e
barre periferiche (tre per ciascuna barra); il gioco
diametrale nominale tra tubo a pressione e pattini
d 0,15 cm.
Gli elementi di combustibile sono refrigerati mediante acqua leggera (alla pressione di circa 50
bar) che entra dal basso nel canale di potenza e
vaporizza lambendo gli elementi stessi fino a raggiungere all'uscita un titolo (in massa) dal 25-r30%.
L'alta velocit del refrigerante (2H-3 m/s all'ingresso, 20-T-30 m/s all'uscita), insieme al carattere
notevolmente turbolento del flusso della miscela
bifase, possono dar luogo a contatti di tipo a strisciamento o martellamento tra i pattini e la parete
del tubo a pressione. Siccome entrambi sono costituiti da Zircaloy, Ja cui reattivit con acqua e vapore alle condizioni di funzionamento del CIRENE
notevole, si pu generare un fenomeno di usura di
tipo meccanico-chimico, detto fretting corrosion i),
col pericolo di rottura del tubo a pressione.
Per questa ragione stato intrapreso uno studio
sperimentale delle vibrazioni che si verificano sul
canale di potenza, alle quali la <( fretting corrosion direttamente collegata. Gli scopi di questo
studio sono:
a) misurare ampiezza e frequenza delle vibrazioni del tubo a pressione e del moto relativo tra
tubo a pressione e fasci;
b) misurare la forza d'urto tra pattini e tubo a
pressione;
e) determinare la causa delle vibrazioni indotte
dal flusso bifase;
d) analizzare l'influenza sul regime vibratorio
di alcuni paiuinetri termoidraulici, quali portata,
titolo, pressione, flusso termico, etc.;
e) analizzare l'influenza sul regime vibratorio
dei parametri connessi con la configurazione meccanica, come il gioco radiale tra elementi di combustibile e tubo a pressione, spinta assiale esercitata
da una molla sugli elementi di combustibile, eventuale collegamento tra elementi adiacenti.
Fino ad ora lo studio sperimentale stato condotto con una miscela bifase a due componenti
fluente adiabaticamente in una sezione di prova
che simula la parte attiva del canale del reattore.
Questa memoria riporta una descrizione della
strumentazione e dei metodi di elaborazione sviluppati per determinare le vibrazioni del tubo a
pressione e degli elementi di combustibile. Fa inoltre menzione del lavoro svolto per eliminare i disturbi, generati dall'impianto sperimentale, che
raggiungono la sezione di prova e di alcuni dei dati
sperimentali finora ottenuti.
2. Apparato sperimentale
2.1. Descrizione dell'impianto
Le prove sono state condotte mediante il circuito
sperimentale IDRA [2], installato presso il CISE,
per Io studio dell'idrodinamica delle miscele bifasiche (gas-f-'-iquido) a due componenti in flusso
adiabatico. In questo circuito, con una opportuna
scelta dei fluidi componenti e della pressione del

sistema, possibile riprodurre con buona approssimazione le principali propriet fsiche dell." miscele
di acqua e vapore fino alla pressione di 90 bar.
La miscela viene formata in un miscelatore a T
con gas entrante nel senso del flusso; il liquido viene
iniettato attraverso una finestra anulare di altezza
regolabile. Dopo essere passata attraverso una lunghezza di calma, la miscela entra nel basso della
sezione di prova montata vertioabnente ; da questa
entra in un separatore dove te due fasi vengono
separate e si immettono in due diversi circuiti. Nrl
circuito del liquido la circolazione fornita da due
pompe centrifughe in parallelo; in quello del gas
la circolazione fornita da una coppia di compressori
centrifughi in parallelo con un compressore alternativo.
2.2. Descrizione della sezione di prova
II tubo a pressione, costruito in ottone in modo
da avere un modulo di elasticit vicino a quello dello
Zircaloy alla temperatura di funzionamento del
reattore, ha le seguenti dimensioni:
spessore
=
2,5 inni
diametro interno (miniino) = 104,5 mm
ovalizzazione
=
0,7 mm
I fasci sono stati costruiti usando barrette costituite da una guaina di ottone contenente pastiglie
di piombo forate che simulano la densit lineari;
delle pastiglie di ossido. Le dimensioni dei fasci sono
simili a quelle del progetto CIRENE.
I prolungamenti del tubo a pressione sono semplificati rispetto a quelli previsti per il reattore, ma
sono fssati alla struttura esterna di sostegno mediante lo stesso tipo di vincolo, e cio incastro all'estremit inferiore ed appoggio a quellp superiore.
3. Strumentazione ed elaborazione dati
3.1. Descrizione della strumentazione
Per rilevare lo stato vibratorio della sezione di
prova stata usata la seguente strumentazione."
a) Estensimetri elettrici.
Coppie di estensimetri sono state applicate longitudinalmente al tubo a pressione per misurare le
vibrazioni flessionali a bassa frequenza del canale
considerato come trave. In particolare, una coppia
di estensimetri stata applicata in una posizione
corrispondente a momento flettente nnllo per il
primo modo normale di vibrazione.
b) Trasduttori di spostamento a trasformatore
differenziale.
Questo tipo di trasduttorc misura il movimento
relativo dei fasci rispetto alla parete del tubo a
pressione. E costituito essenzialmente da una asta
(fig. 2) che penetra ne' tubo a pressione od tenuta
a contatto di un pattino del fascio prossimo alla
griglia per mezzo di una molla; il nucleo mobile di
un trasformatore differenziale fissato a questa
asta,
e) Trasduttori di spostamento a riluttanza variabile.
Questo tipo di trasduttcre misura il movimento
relativo delle barrette rispetto al tubo a pressione. costituito essenzialmente da una bobina
(fig. 3), applicata esternamente ni tubo, la cui iiidnt-

131

circonferenziali ad alta frequenza del tubo considerato come lastra cilindrica [3]. Il tipo di montaggio (mediante barretta incollata direttamente sul
tubo a pressione) stato scelto dopo aver eseguito
delle prove per accertare eventuali risonanze indotte dai differenti sistemi di montaggio degli accelerometri. I segnali provenienti dai trasduttori
piezoelettrici vengono convcrtiti in segnali di tensione mediante amplificatori di carica, che eliminano
l'effetto della lunghezza del cavo, e quindi amplificati e registrati su nastro magnetico.

l'ig. 2 - Trasduttori di sposlnmcnlo a trasformai ore differenziale.

e) Trasduttori di forza d'urto.


Questo tipo di trasduttore misura la forza d'urto
tra pattino esterno di un fascio e la parete del tubo
a pressione. costituito essenzialmente da un'asta
che penetra nel tubo a pressione e pu raggiungere
differenti distanze dalla parete; questa asta fissata ad un trasduttore di pressione piezoelettrico eh,?
mediante taratura, misura la forza d'urto. L'esperienza mostra che le fluttuazioni di pressione dovute
al flusso, che vengono risentite dal trasduttore, sono trascurabili rispetto alla entit di forza d'urto.
I segnali d'urto sono confrontati con una tensione
di soglia, e quindi contati automaticamente. E possibile in questo modo ottenere una distribuzione
della frequenza d'urto come funzione della forza
d'urto. I segnali sono anche mandati ad un oscilloscopio a memoria per rilevare la forma dell'urto
e misurarne l'impulso.
3.2. Elaborazione dei dati

l'ig. 3 - Trasduttori di spostamento a riluttanza variabile.

tanza varia al variare della distanza di una pastiglia


di ferro dolce alloggiata a met lunghezza di una
barretta periferica, in posizione prospiciente la
bobina. La taratura viene eseguita per mezzo dei
trasduttori a trasformatore differenziale che, misurando gli spostamenti delle estremit della barretta
in cui 6 alloggiata la pastiglia diferro dolce, ne ind'-'iduano lo spostamento a met lunghezza, ogg'
di
misura da parte del trasduttore a riluttanza \ariahile.
l trasduttori illustrati ai punti a) b), e) costituiscono lati di un ponte alimentato da una tensio/ic
alternata ad alta frequenza di ampiezza costante.
11 segnale di uscita viene demodulato, filtrato per
rimuovere ogni residuo della f.e.m. alternata di
alimentazione, e quindi amplificato e registrato su
nastro magnetico.
d) Accelerometri piozoelettrici.
Degli accelcrometri piezoelettrici sono stati montati sul tubo a pressione per individuare le vibrazioni

Siccome i segnyli di vibrazione provenienti da


componenti soggetti a flusso di fluido sono di natura aleatoria, necessario eseguire la loro analisi
spettrale.
I segnali vengono registrati in F.M. mediante un
registratore portatile da strumentazione, e quindi
mandati ad una unit di conversione analogicadigitale di un calcolatore di processo IBM 1800.
Tra il registratore ed il calcolatore in alcuni casi
viene inserito un filtro attivo, per restringere la
banda di frequenza del segnale da analizzare o per
eliminare le bassissime frequenze dovute alle derive
degli amplificatori.
II programma PAFFT [4], sviluppato presso il
CISE, esegue in tempo reale il calcolo della densit
spettrale di potenza del segnale. La procedura usata
la seguente:
introduzione nel calcolatore del limite superiore
di frequenza e della risoluzione dello spettro;
lettura ed elaborazione d successivi campionamenti del segnale, ed arresto della misura quando la convergenza statistica del risultato, che
appare su un tubo a raggi catodici, viene giudicata soddisfacente;
introduzione nel calcolatore di numero di codice
dello spettro, guadagno della catena di misura,
rapporto tra le velocit di registrazione e di
analisi;
stampa dei risultati della misura;
registrazione su registratore grafico della curva
che da la densit spettrale di potenza.
L anche possibile immagazzinare su disco io
spettro di potenza per eseguire mediante il calcola-

132

tore calcoli successivi, come ad esempio quello della


potenza compresa fra frequenze prefissai-a. Questa
possibilit risulta particolarmente utiie quando si
debba confrontare un numero rilevante (quale si ha
spesso in pratica) di spettri.
4. Risultati prelimisiairi
'i.l. Di ut urbi trasmessi alia sezione di prova.
In un primo montaggio (fig. \) la sezione di prova
stata fissala ad una colonna della struttura di sostegno dell'IDRA. Ai fine di mettere in evidenza i
distarla trasmessi alla sezione di prova attraverso i
vincoli, le tubazioni ed il Illdo stesso, sono state
realizzai* )c seguenti condizioni di prova:
a) Musso bifasioo attraverso la sezione di prova
ottenuto usando separatamente 1 due compressori
centrifughi ed il compressore alternativo;
h) deviazione del flusso attraverso ain by-pass
locali' della sezione di prova;
e) pompe e compressori funzionanti su by-pass
locali, senza (lusso nella sezione di prova.
Le condizioni li) e e) sono state ottenute con le
tubazioni di ingresso e di \iscita della sezione di
prova sia collegate sia scollegale.
Dal confronto dei segnali provenienti dagli estensimetri nelle condizioni di prova sopra menzionate
si trovato che i compressori centrifughi ed alternativo trasmettono alla sezione di prova, specialmente attraverso i vincoli, disturbi a bassa frequenza causati dagli organi animati da moto rotatorio od alternativo. Gli accelerometri sul tubo a
pressione invece non hanno rivelato la presenza di
disturbi ad alta frequenza.

rig. 4 - Primo montaggio della sezione ili prova.

Fig. 5 - Spettro potenza Segnale


proveniente da estensimetro. Condizioni di prova:/) = 21,8 kg/cm0;
G = HO g/cm%; x = 0,17:1
p = 0,25 g/cm*. Scale: 0,25 - IO
[Xss/Mz cm; 0,48 IO"1 (xss/cms.

133

Fig. 6 - Spettro di potenza. Segnale


proveniente da trasduttore a riluttanza variabile.
Condizioni di prova: p = 21,8
kg/cm"; G = 110 g/cin's;
x =
= 0,11; p = 0,32 g/cm3. Scale:
0,14 5 10- mm/Hz cm; 0,27
IO" mm'/cm'.

Fig. 7 - Spettro di potenza. Segnale


proveniente da trasduttore a riluttanza variabile.
Condizioni di prova: p = 21,8
kg/cma; G = 110 g/cm3 ss; x =
0,17; p =6 0,25 g/cm . Scale:
0,27 IO- mm'/Hz cm; 0,11

Siccome i disturbi messi in evidenza potrebbero


alterare considerevolmente il regime vibratorio,
spostata la sezione di prova ancorando i relativi
supporti ad una parete in cemento armato non
collegala direttamente alla struttura metallica di
sostegno dell'IDRA, [n questo modo i disturbi a
bassa frequenza sono completamente scomparsi, ed
il nuovo montaggio si rivelato completamente
soddisfacente.
4.2, Misure sistematiche
'5.2.1. Condizioni di prova

Le misure sistematiche sono state ottenute nelle


seguenti condizioni di prova.
Fluidi: acqua ed azoto;
Pressione: P = 21,8 e P = 13 kg/cma. Queste
pressioni simulano lo principali propriet fi134

siche delle miscele acqua-vapore rispettivamente


a 50 e 30 kg/cm2.
Portata specifica di massa: G = 110 e 200
g/cm2s
Titolo in massa (rapporto fra la portata di gas
e la portata totale) : 0,02 <. X <, 0,24.
4.2.2. Esempi di curve di densit spettrale di potenza
e di andameni tipici della forza d'urto.

La densit spettrale di potenza del segnale proveniente dagli estensimetri situati in prossimit
dell'estremit incastrata del tubo a pressione del
tipo illustrato in fig. 5. Questa curva indica che la
maggior parte della potenza del segnale si trova
nell'intervallo tra 3 ed 8 Hz, ed da attribuire al
modo fondamentale di vibrazione flessionalc della
sezione di prova, la cui frequenza risulta dal calcolo
essere di circa 5 Hz.

l"ig. 8 - Spettro di potenza. Segnalo


proveniente da accelerometro applicato a met del tubo.
Condizioni di prova: p = 21,8
kg/cm; G = HO g/cm's;
x
= 0,11; p = 0,32 g/cm3. Scale:
0,67 10- g/Hz cm; 0,13 10-
g/cm1.

La densit spettrale di potenza del segnale proveniente dal trasduttore a riluttanza variabi e situato a met lunghezza del tubo a pressione mostra
la presenza di potenza in due campi di frequenza:
uno da 0 a 15 Hz, che corrisponde al moto complessivo del fascio rispetto al tubo a pressione, ed uno
nell'interno dei 50 Hz, che corrisponde al movimento di uno barretta rispetto alle sue estremit.
Due curve tipiche di densit spettrale di potenza,
die mostrano questi due campi di frequenza, sono
rappresentate nelle figg. 6 e 7.
La curva di densit spettrale di potenza del
s gnale proveniente dall'ascelerometro situato a
met lunghezza del tubo a pressione del tipo
illustrato in fig. 8. FI campo di frequenza si estende
fino a 5000 Hz; i picchi a circa 450 e 1.050 Hz corrispondono approssimativamente alle frequenze calcolate per il primo e secondo modo di vibrazione

Fig. 10 - Trasduttore a riluttanza variabile. Radice quadrata


della potenza compresa tra 1 e 15 Hz. (G = 110 g/cm's;
P = 21,8 kg/cm1 ass.; G = 200 g/cm's; P = 13,0 kg/cm*
ass.j.

circonfcrenziale del tubo, considerato come lastra


cilindrica [3].
Infine un segnale tipico proveniente dal trasduttore di forza d'urto rappresentato in fig. 9. La
durata dell'urto generalmente di circa 20-f30 ms,
135

della potenza compresa rispettivamente tra 1 e


15 Hz e tra 40 e 60 Hz del segnale proveniente dal
trasduttore a riluttanza variabile.
E interessante notare la differenza tra il movimento del fascio rispetto al tubo a pressione (frequenza 1-15 Hz} ed il movimento della barretta rispetto alle sue estremit (frequenza 40-60 Hz): il
primo sembra non avere un massimo nelle condizioni di flusso realizzate, mentre tale massimo esiste nel secondo. Inoltre il movimento del fascio
molto pi ampio di quello della barretta : probabilmente dipendono da cause differenti.
Ringraziamenti :
Ringraziamenti sono dovuti a) Sig. R. Gariboldi
e al Sig. A. Rota per il loro contributo nel lavoro
sperimentale, e al Servizio Calcolo del CISE per
l'assistenza nell'uso dei programmi del calcolatore.
Nomenclatura

Fig. 11 - Trasduttore a riluttanza variabile. Radice quadrata


della potenza compresa tra 40 e 60 Hz. (G = 110 g/cm a s;
P = 21,8 kg/cm s ass. ; C = 200 g/cm3s; P = 13,0 kg/cm*
iss.J.

la forza massima ha un'intensit che pu raggiungere 2^-3 kg.


4.2.3. Effetto delle condizioni di /lusso

Come esempio dell'effetto sulle vibrazioni delle


condizioni di flusso all'interno della sezione di prova, nelle figg. 10 e 11 si riportato, in funzione del
titolo (in massa), l'andamento delle radice quadrata

0 = portata specifica di massa


P = pressione
A' = titolo in massa (rapporto tra la portata di
gas e la portata totale)
p == densit.
Bibliografia
[1] Villani S. - Proceedings of BNES conference on D,0
reactors - Session D, paper 15 London, (GB) 1968.
^2] Adorni N., Cravarolo L., Giorgini A., Hassid A., Pedrocchi E. - Design and construction of a high pressure
facility for hydrodynamics experiments on two-phase
flow - CISE R-75 Oct. 63.
3] Arnold R.N., Warburton G.B. - Flexural vibrations of
the walls of thin cylindrical shells having freely supported
ends - Proceedings of the Royal Society of Londons
vol. 197, pag. 238.
4] Fortunati S., Osanghi S. - Programmi per l'analisi in
linea degli spettri di potenza e delle funzioni di correlazione
mediante elaboratore numerico - CISE R-126.

Apparato motore misto Diesel-Turbine a gas (Codag)


con riduttore a cambio di velocit
Francesco Cattino (*)

Sommario - Si descrive un apparato motore misto


Diesel-Turbine a gas articolato su due linee d'assielica, ciascuna azionata da due motori Diesel e da
una turbina a gas.
La trasmissione della potenza dai motori primi alle
linee a"assi avviene attraverso un riduttore con giunti
idraulici Vulcan avente tre entrate (una per ogni motore
ed una per la turbina a gas) ed una uscita.
Il riduttore caratterizzato dal fatto che per i motori Diesel sono previsti due rapporti diversi di velocit di cui uno per la propulsione con i soli motori
e Valtro per la propulsione con i motori e la turbina
contemporaneamente.
Viene fatto un breve cenno ai telecomandi ed alle
apparecchiature di controllo e di sicurezza.
Summary - .4 combined Diesel engine-gas turbine
propulsion system operating on two propeller shafts
each driven by two Diesel engines and one gas turbine,
is described in this aritele.
Transmission of power from the prime movers to
the propeller shafts is accomplished through a reduction
gear, with Vulcan hydraulic couplings, where provision is made for three inlets (one for each engine and
one for the gas turbine), and one outlet.
A peculiar feature of the reduction gear is represented
by two different speed ratios for the Diesel engines,
one ratio for propulsion with the engines alone, the
other for combined Diesel engine-gas turbine propulsion.
A brief description is given of the remote controls,
as well as of the control and safety devices.
Premessa

Sono entrate recentemente in servizio due Fregate della Marina Militare dotate di un apparato
motore misto con motori Diesel e turbine a gas della
potenza massima complessiva alle flange di 31.800
CV distribuita su due linee d'assi eliche.
Tale tipo di apparato motore stato prescelto
in base ad un esame approfondito delle varie componenti in gioco quali ad esempio: necessit operative delle navi, peso e volume dell'apparato di
propulsione, esigenze di autonomia. Le Navi ssono
essenzialmente destinate alla Caccia-sommergibili
e quindi svolgono la maggior parte della loro attivit
in un campo di velocit molto ridotte (caccia vera e
propria) ma devono poter raggiungere con Ja massima celerit possibile la zona ove stato segnalato
l'obbiettivo. Di qui la scelta dell'apparato motore
misto con i motori Diesel che possono soddisfare
molto bene alle condizioni di velocit ridotta e le
turbine a gas che aggiungendosi ai motori Diesel
() Franco Tosi S.p.A. - Legnano.

praticamente raddoppiano la potenza disponibile.


Si tenga presente che le turbine a gas possono essere
avviate da freddo e prendere carico in pochi minuti.
I! loro maggior consumo specifico, dato che il
tempo di impiego relativamente ridotto, compensato dal minor peso riferito alla potenza e quindi
da una maggiore disponibilit di combustibile a
parit di dislocamento.
Apparato motore (fig. 1)

L'apparato motore suddiviso su due linee assi


eliche indipendenti ed esattamente uguali salvo una
leggera differenza nella lunghezza. Ogni linea d'assi
azionata da:
a) Due motori Diesel, a 4 tempi semplice effetto, sovralimentati con turbosoflianti a gas di
scarico, direttamente reversibili con 12 cilindri a
V. (fig. 5).
Prestazioni di ciascun motore
Potenza di t u t t a forza
4200 CV
Velocit di rotazione corrispondente
730 giri/L'
Pressione media effettiva
14,15 kg/cm 2
Potenza continuativa
3600 CV
- Velocit di rotazione corrispondente
695 giri/1'
Pressione media effettiva
12,75 kg/cni 2
b) Una turbina a gas Tosi-AEl tipo G(i/2 a
ciclo aperto con due assi separati.
Potenza di tutta forza
7500 CV
Velocit di rotazione corrispondente turbina di potenza
4900 giri/I'
Velocit di rotazione corrispondente turbina del generatore
6850 giri/I'
I due motori e la turbina trasmettono la potenza
alla linea d'assi per mezzo di un riduttore con
giunti idraulici Vulcan.

Peso
n. 4 motori = 112 t pari a 6,65 kg/CV.
n. 2 turbine a gas = 38 t pari a 2,5 kg/CV.
n. 2 riduttori = 87 t.
Peso totale motori, turbine e riduttori = 237 t
pari a 7,4 kg/CV.
Esigenze particolari dei riduttori-giunti

La potenza massima complessiva di ogni linea


d'assi di 2 x 4200 + 7500 == 15900 CV che viene
assorbita dall'elica quando la stessa ruota ad una
velocit di circa 370 giri/1' ed i motori e la turbina
funzionano alla massima velocit di progetto. Poich, come accennato nella premessa, la maggior
parte dell'esercizio delle navi si svolge con i soli
motori Diesel la potenza massima disponibile in
questo caso di 2 x 4200 =8400 CV cui corrisponde seguendo la legg? cubica una velocit dell'elica
137

diminuita del 20% circa e cio circa 296 giri/1'.


Dato che, come ovvio, la velocit dei motori si
riduce nello stesso rapporto di quella dell'elica, ci si
trova nella condizione che i motori da soli non potrebbero mai sviluppare la loro massima potenza
perch dovrebbero erogarla ad una velocit del
20% circa inferiore alla massima e quindi con una
pressione media effettiva proporzionalmente superiore a quella limite di progetto.
L'ostacolo stato superato costruendo un riduttore con cambio di velocit, in modo da avere un
rapporto di riduzione maggiore quando sono in
funzione i soli motori (andatura di crociera) e minore quando in funzione anche la turbina a gas
(andatura di tutta forza).
Quanto detto risulta chiaramente dall'esame del
diagramma di propulsione (fig. 2) in cui sono riportalo z curva cubica dell'elica e le curve limiti della
turbina a gas e dei motori nei vari casi, tutto in
funzione della velocit di rotazione dell'elica. Sulle
ascisse sono riportate anche le velocit di rotazione
della turbina di potenza e dei motor:, queste ultime
calcolate tenendo conto dello scorrimento dei
giunti Vulcan.
Riduttore giunti (fig. 3)
II complesso riduttore-giunti Vulcan costituito
da:
a) due alberi collegati eia; "uno ad un motore
Diesel sui quali sono rigidamente collegate le coppe
primarie dei giunti Vulcan (Pos. 1 = giunti di
tutta forza, Pos. 2 = giunti di crociera). Le relative
coppe secondarie sono collegate rigidamente ai
pignoni di tutta forza (pos. 4) ed a quelli di crociera (pos. 6) ;
b) un albero lento con calettate la ruota di
tutta forza (pos. 3) e quella di crociera (pos. 5).
Tale albero porta anche il cuscinetto di spinta della
linea d'assi;
e) un albero collegato rigidamente all'albero
della turbina a gas con montato il pignone veloce
(pos. 9) della prima riduzione;
d) un albero intermedio su cui calettata la
ruota (pos. 8) della prima riduzione ed il primario
di un giunto autosincronizzante S.S.S. (pos. 10) ;
e) il pignone veloce (pos. 7) della seconda riduzione costruito di pezzo con un albero collegati) il
secondario del giunto S.S.S. di cui sopra. Detlo
pignone ingrana con la ruota lenta (pos. 5) che
la stessa della riduzione di crociera dei motor1
Diesel.
I rapporti geometrici di riduzione sono:
Motori Diesel
Con giunti di crociera
Con giunti di tutta forza

1 : 2,66
1 : 1,92

Turbina a gas
Prima riduzione
1 : 3,98
Seconda riduzione
1 : 3,32
Nella valutKzione del rapporto effettivo di riduzione per i motori Diesel occorre tener conto anche
dello scorrimento dei giunti Vulcan.
II giunto autosincronizzante S.S.S., montato sull'albero lento della prima riduzione ha Io scopo di

5012
730

GIRI TAG
GIRI 2 M.D. SU MARCIA T. F.

380

EIRI ELICA

intnia olio

infral olio

OIIKCO Oliiti .

I-'ig. l - Schema riduttore. Giunti vulcnn - 1 : Giunti di tutta forza; 2: Giunti di crociera; 3: Ruota di tutta forza; 4: Pignoni
iii tutta forza; 5: Ruota di crociera; 6: Pignoni di crociera; 7: Pignone seconda riduzione turbina a gas; 8: Ruota prima
riduzione turbina a gas; 9: Pignone prima riduzione turbina a gas; 10: Giunto autosincronizzante S.S.5.

consentire il funzionamento eon i motori Diesel


mantenendo la turbina ferina.
Come noto si traila di un giunto a denti, telecoiiKindaliilc fluidodinamicamente, la cui caratteristica peculiare che una volta predisposto in posizioni' di inserimento, l'innesto vero e proprio avviene automaticamente solo quando la velocit di
rotazione del primario raggiunge il sincronismo con
qtielln del .secondario ed i denti si trovano affacciati
nella giusta fase.
Ad accoppiamento avvenuto si comporta come
un normale giunto a denti e quindi il collegamento
rigido. Ci consente di avviare la turbina a vuoto
dato che inizia ad erogare potenza solo dopo aver
raggiunto la velocit di rotazione di sincronismo
con i motori Diesel.
Giunti idraulici Vulcan (fig. 4)

11 giunto idraulico Vulcan, a suo tempo brevettato


dalla Wflscr, un trasmettitore di coppia costituito
essenzialmente da una coppa palettata che funge
da pompa (coppa primaria, pos. 1) e da una coppa
palettata che funge da turbina (coppa secondaria,
pos. 2). Fra le due coppe, che sono affacciate, non
esiste alcun collegamento meccanico.
Alla periferia praticata una serie di fori radiali
che possono essere tenuti chiusi oppure lasciati
aperti per mezzo di un anello di svuotamento
(pos. 3) che ruota con le coppe e che pu essere
spostato in senso assiale appunto per chiudere od
aprire i fori che servono per lo scarico. Il liquido,
nel caso particolare l'olio, viene immesso nelle coppe
attraverso il cassetto di ammissione (pos. 4).
Caratteristiche funzionali del giunto Vulcan

Quando il giunto vuoto, non essendoci collegamenti meccanici tra le due parti, il primario pu
140

ruotare normalmente mentre il secondario rimane


fermo. Introducendo l'olio nelle coppe ha inizio
una circuitazione dello stesso tra la coppa primaria
e la secondaria, circuitazione che genera trasmissione di momento torcente e quindi provoca la rotazione
anche del secondario.
A seconda del grado di riempimento delle coppe
si ha uno scorrimento pi o meno elevato tra le due
parti.
A giunto pieno di olio si ha il minimo scorrimento
che dell'ordine del 2-^-3% e rappresenta anche la
perdita di potenza del giunto che quindi ha un
rendimento del 98H-97%.
Lo scorrimento necessario dato che la trasmissione di potenza avviene per effetto della circuitazione del fluido e la circuitazione pu esserci solo se
c' differenza tra le velocit di rotazione delle due
coppe.
La perdita si trasforma in calore ceduto al fluido;
occorre perci prevedere normalmente un impianto
di pompaggio dell'olio completo di sistema di raffreddamento. L'esistenza di un anello di svuotamento spostabile e del cassetto di alimento consente di effettuare la trasmissione di potenza anche con
scorrimento forzato e cio con lo scorrimento fissato
dall'operatore. Infatti, come si detto, lo scorrimento pu variare in funzione del grado di riempimento per cui disponendo l'anello di svuotamento
in una posizione intermedia tra chiuso ed aperto ed
agendo opportunamente sulla regolazione del cassetto di alimento si pu far s che, pur essendoci
una circolazione continua di fluido, la quantit
presente nel giunto sia compresa tra il 25% ed il
100% del volume totale ottenendosi cos una corrispondente variazione di scorrimento compresa tra
il 90% circa ed il 2%.
Naturalmente la potenza perduta proporzionale

allo scorrimento e si trasforma in calore cedutr <il


fluido.
La formula generale relativa ai giunti Vulcan
la seguente:
N = m SD* (n/100)3
dove
N = potenza in CV
m = costante (funzione del tipo di giunto, saldato
o fuso, e del tipo di fluido, acqua od olio)
5 = scorrimento espresso in percento
D = diametro primitivo del giunto in m
n = velocit di rotazione del primario espressa
in giri/1'.
Come si vede, a parit d altre condizioni, la
potenza trasmessa dal giunto varia con il cubo della
velocit di rotazione il che si addice perfettamente

ad una propulsione marina perch anche la potenza


assorbita dall'elica varia con il cubo della velocit
di rotazione.
Da quanto sopra esposto risulta che i giunti
Vulcan consentono le seguenti operazioni fondamentali:
1) avviare il motore con giunto vuoto e quindi
non trascinare in avviamento la linea d'assi;
2) inviare l'olio gradualmente in modo da consentire una inserzione graduale della linea d'assi;
3) interrompere rapidamente la trasmissione
mediante Io svuotamento rapido del giunto (normalmente occorre circa un secondo);
4) graduare opportunamente il riempimento de)
giunto in modo da ottenere lo scorrimento desiderato.
Inoltre il Vulcan riduce praticamente a zero la
141

variazione del momento torcente trasmesso e taglia


la linea clastica in modo da eliminare l'influenza
di tutta la parte condotta sviile velocit critiche
torsionali il che, con i motori Diesel, un vantaggio di notevole importanza.

5) Andature di emergenza

Note sulle possibilit d'esercizio dell'apparato motore

L'apparato motore ha una grande elasticit perch consente, in casi di emergenza, altre combinazioni come ad esempio: una turbina a gas su una
linea d'assi ed uno o due motori sull'altra oppure
le sole turbine a gas (con le quali per non possibile effettuare la marcia indietro).

L'apparato motore sopra descritto offre le seguenti possibilit di esercizio.

Organi di comando

1) Manovre

Tenendo in moto per ogni linea d'assi un motore


in marcia avanti ed uno in marcia indietro ed inserendo per mezzo dei Vulcan l'uno o l'altro dei
due motori a seconda dei comandi provenienti dalla
plancia, si avvia la rispettiva elica in marcia avanti
od in marcia indietro. I motori vengono mantenuti
alla andatura costante di 400 giri/1", i giunti che
si inseriscono sono quelli di crociera. Ferma restando la velocit dei motori, agendo sullo scorrimento dei giunti, si pu far variare la velocit, di
rotazione dell'elica fra 50 e 150 giri/1' circa.
2) Esercizio con motore per asse (giunti di crociera)
Alle andature ridotte possibile navigare con
un solo motore per linea d'asse sino all'andatura
in cui la curva limite di potenza del motore interseca la curva dell'elica (ved. fig. 2). Questo esercizio consente di utilizzare i motori con un miglior
rendimento in quanto funzionano verso il limite
superiore della pressione media effettiva.
3) Esercizio con due motori per asse (giunti di crociera)
Raggiunto il limite di cui al punto 2), dovendo
aumentare ulteriormente la velocit della nave si
avvia e si inserisce anche l'altro motore il che
consente di raggiungere la massima velocit di rotazione di progetto dei motori senza sovraccaricarli.
Infatti esiste un certo margine tra la potenza massima dei motori a quella velocit e la potenza assorbita dall'elica alla velocit corrispondente.
L'operazione di avviamento ed inserimento del
secondo motore richiede pochi secondi.
Il margine stato tenuto piuttosto alto per varie
ragioni di cui la principale data dalle considerazioni sull'aumento di potenza assorbita dall'elica
per effetto della carena sporca (con carena sporca,
a parit di velocit di rotazione dell'elica, aumenta
la potenza assorbita e si riduce la velocit della
nave).
4) Esercizio con due motori per asse (giunti ii tutta
forza) e con turbine a gas
Raggiunto il limite consentito dalla massima
velocit ottenibile con due motori per asse sui
giunti di crociera, dovendo ulteriormente aumentare la velocit della nave, occorre avviare la turbina
a gas, inserirla e passare con i motori sui giunti di
tutta forza. In queste condizioni si pu far sviluppare ai motori la massima potenza di progetto
usufruendo dell'apporto di potenza dato dalle
turbine. Si raggiunge cos la massima velocit della nave.

I motori Diesel, le turbine ed i giunti sono comandabili a distanza stando in un locale separato
da quello dell'apparato motore.
Esiste anche un comando di emergenza meccanico montato direttamente sui motori, sulle turbine e sui riduttori. I telecomandi sono del tipo
pneumatico con un circuito aria di comando a
pressione modulata ed uno di lavoro a pressione
costante.
Comando dei motori
Ogni coppia di motori viene telecomandata per
mezzo dei seguenti organi:
n. 2 leve, una per ciascun motore, per l'avviamento, l'inversione e la fermata
n. 1 leva per il comando dei due variagiri
n. 1 leva per la regolazione del combustibile
dei due motori.
1 telecomandi per l'avviamento, l'inversione e
l'arresto sono separati e cio ne esiste uno per ogni
motore. Ogni leva di comando aziona una valvola
speciale a cinque vie che invia l'aria ai dispositivi
di manovra applicati ai motori.
La posizione centrale della leva corrisponde al
fermo, le due posizioni simmetriche corrispondono
all'avviamento e marcia avanti e rispettivamente
avviamento e marcia indietro.
L'operazione di inversione di marcia viene eseguita da un servomotore ad olio che per mezzo di
una cremagliera provoca la rotazione di una ruota
dentata, la quale attraverso un sistema di leve
compie le seguenti operazioni in ordine cronologico :
a) sollevamento dei rulli di comando delle
valvole di ammissione e scarico in modo da distaccarli dalle rispettive camme;
b) spostamento assiale degli assi a camme in
modo che le camme della marcia desiderata vengano a trovarsi in linea con i risp3ttivi rulli;
e) abbassamento dei rulli che vengono cos a
trovarsi di nuovo a contatto con le camme;
d) consenso al passaggio dell'aria di avviamento per la messa in moto.
Una segnalazione luminosa in sala comando da
la posizione di marcia in cui si trovano i singoli
motori.
I telecomandi dei variagiri sono uno solo per ogni
coppia di motori. Ogni leva di comando aziona
una valvola modulatrice di pressione che agisce
per mezzo di due servomotori sulle leve di comando
variagiri dei due regolatori.

Come noto dette leve provocano attraverso gli


organi interni dei regolatori uno spostamento della
velocit di rotazione dei motori mantenuta dai
regolatori stessi.

142

i.

Il campo di velocit ottenibile con i variagiri


compreso tra 400 e 800 giri/1' motori.
I telecomandi del combustibile sono uno solo per
ogni coppia di motori. Ogni leva di comando aziona
una valvola modulatrice di pressione che, a differenza di quelle del variagiri, agisce su un solo servomotore che comanda un sistema di leve unico per
i due motori, il che equivale in sostanza ad avere una
regolazione che agisce come se si trattassse di un
solo motore a 24 cilindri anzich due motori a 12
cilindri.
Detto sistema stato adottato pe avero la certezza che il carico sia equamente ripartito tra i due
motori.
La regolazione del combustibile fatta con il
seguente principio: spostamento della leva del variagiri in una posizione corrispondente ad una velocit di rotazione superiore a quella desiderata;
limitazione della velocit al valore riehiesto agendo
sulla leva del combustibile.
Ogni turbina a gas viene telecomandata per mezzo dei seguenti organi:
n. 1 manopola con commutatore per l'avviamento e l'arresto ed il comando del giunto autosincronizzante
n. 1 leva per il comando della valvola di accelerazione e quindi della velocit di rotazione
della turbina.
Le varie posizioni della manopola comandano le
diverse operazioni necessarie per l'avwiamento
quali invio dell'olio per la prelubrificazione, invio
dell'aria ai motori di lancio per l'avviamento, invio del combustibile di prima accensione e del
combustibile per l'autosostentamento, predisposizione del giunto autosincronizzate per il successivo
innesto.
La leva della valvola di accelerazione agisce per il
tramite di una modulatrice di pressione sulla valvola del combustibile ed ha una funzione in tutto
simile a quella dell'acceleratore delle automobili.
Ogni riduttore-giunti viene telecomdanto per
mezzo dei seguenti organi:
n. 2 leve, una per ciascuna coppia di giunti
disposti sullo stesso asse, per l'innesto ed il disinnesto dei giunti di crociera e di tutta forza e
per la regolazione dello scorrimento forzato dei
giunti di crociera.
Dette leve hanno una posizione centrale che
corrisponde a giunti disinseriti e due posizioni simmetriche corrispondenti all'inserimento dei giunti
di crociera e rispettivamente di tutta forza. Tale
soluzione esclude a priori la possibilit di inserire
contemporaneamente sulla stessa linea il giunto di
crociera e quello di tutta forza.
La prima parte della corsa della leva nel senso di
inserimento dei giunti di crociera corrisponde al
funzionamento a scorrimento forzato.
Le leve, sempre per mezzo di valvole modulataci,
agiscono sui servomotori che comandano il cassetto
di alimentazione e l'anello di svuotamento. Per i
giunti di tutta forza esistono solo le posizioni di
aperto o chiuso sia per il cassetto che per l'anello,
per i giunti di crociera invece, essendo prevista la
marcia con scorrimento forzato, oltre alle posizioni
di aperto e chiuso esistono anche una posizione di

semichiuso per l'anello di svuotamento e la possibilit di variare gradualmente da tutto aperto a tutto
chiuso il cassetto di alimento.
A titolo di esempio riportiamo la successione delle
operazioni da eseguire per il passaggio in salita da
2 motori per asse a 2 motori per asse pi turbina.
1) Si aumenta la velocit di rotazione dei motori inseriti sulla marcia di crociera sino a trovarsi
nella zona di cambio (fig. 2) compresa tra 230 e
270 giri/1' dell'elica e si dispongono le leve di comando in modo che i motori si trovino sotto l'azione
dei variagiri (ad esempio, 250 giri/1' dell'elica e 678
giri/1' dei motori).
2) Si avvia la turbina a gas, la si porta in autosostentamento e quindi, agendo sulla leva della
valvola di accelerazione, se ne aumenta la velocit
sino a raggiungere il sincronismo e quindi il blocco
automatico del giunto au'osincronizzante (3297
giri/1' della turbina di potei.za). Aprendo ulteriormente la valvola di accelerazione la velocit non
aumenta, mentre si ha un graduale passaggio del
carico dai motori alla turbina fino al funzionamento
a vuoto dei motori.
3) Si vuotano i giunti di crociera e si riduce la
velocit dei motori sino a portarli in sincronismo
con la velocit dell'elica rispetto per al rapporto
di tutta forza (490 giri/1' motori).
4) Si inseriscono i giunti di tutta forza e si da
carico in un primo tempo ai soli motori e successivamente a motori e turbina sino al raggiungimento
della velocit dell'elica richiesta dalla plancia.
L'intera operazione richiede pochi minuti.
Controlli e sicurezze
L'aver realizzato l'apparato motore interamente
comandabile a distanza e quindi senza personale in sala macchine ha reso necessaria anche la ripetizione
in sala comando dei controlli principali nonch l'adozione di allarmi e sicurezze.
Stando quindi in sala comando oltre ai comandi
veri e propri si hanno sotto controllo tutte le indicazioni principali relative a velocit, temperature,
pressioni; alcuni di tali elementi vengono anche
registrati in modo da poter disporre anche di una
certa cronistoria dell'esercizio. Per i dati pi significativi sono previsti allarmi acustici e luminosi per
richiamare l'attenzione nel caso che siano in atto
fenomeni preoccupanti. Esistono poi anche i blocchi
automatici per quelle anomalie che possono dar
luogo in brevissimo tempo a gravi conseguenze come
ad esempio ridotte pressioni dell'olio od eccessi di
velocit. Sono previste pure altre sicurezze per evitare gli inconvenienti che possono derivare da errate
manovre come ad esempio l'impossibilit di inserire contemporaneamente i giunti di due motori
della stessa linea d'assi quando i motori ruotano a
velocit contrarie e l'impossibilit di inserire contemporaneamente il giunto di crociera ed il giunto
di tutta forza dello stesso motore.
Gli apparati motori sopra descritti hanno ormai
superato il collaudo di circa 3 mila ore di esercizio
con piena soddisfazione da parte del personale della
Marina.
Non da escludere che ppssano essere ripetuti,
presumibilmente con potenze aumentate.
143

Sull'inquinamento atmosferico nell'area urbana prodotta da


impianti termici
Cesare Codegone (*)

Sommario - L'inquinamento atmosferico prodotto


da impianti termici urbani esaminato e chiarito
con qualche applicazione della teoria matematica della
diffusione.
Summary. - The question of the contamination
of the air in great towns is examined and clariftied
through some applications of the mathematical theory
of diffusion.

l. La contaminazione dell'aria nelle grandi citt


moderne costituisce un problema che pu essere
studiato avendo riguardo alla sua origine, cio alle
fonti di produzione dei contaminanti; alla sua diffusione nell'atmosfera dell'area urbana, soprattutto
nelle condizioni pi sfavorevoli; infine ai mezzi da
adottare per la sua eliminazione, o almeno per
l'attenuazione degli effetti nocivi che essa produce
sull'uomo, sulla vegetazione e sugli edifici ed opere
monumentali.
2. I contaminanti dell'aria possono essere costituiti da polveri e da particelle solide prodotte da
combustioni, o da sospensioni di minutissime goccioline o da sostanze gassose.
Una classificazione delle componenti solide pu
essere fatta con riferimento alle dimensioni delle
parlicellc che le compongono ed alle leggi della loro
libera caduta nell'atmosfera o della loro sospensione in essa.
I moti Browniani tengono in sospensione le particelle aventi dimensioni minori di 0,1 (n circa e
questo mondo microscopico molto pi vario e
complesso, come spettro di dimensioni e variet
di forme e come costituzione (organica e inorganica) di quanto si possa immaginare.
Per effetto di microturbolenaa nella libera atmosfera, anche se apparentemente calma, si trova sospeso in permanenza del pulviscolo con granuli
di dimensioni fino a circa 1 |xm; in atmosfera un
poco agitata la dimensione delle particelle in sospensione pu salire fino a circa 10 |im, e in vicinanza di macchine in rapido movimento anche fino a
100 i*m [1].
Fra le particelle in permanente sospensione, rese
facilmente visibili mediante l'effetto Tyndall, si
distinguono in meteorologia quelle costituenti la
polvere propriamente detta (sollevata per lo pili
per effetto del traffico dal manto stradale o prodotta
da lavorazioni industriali ed avente pertanto le pi
varie origini) da quelle dei cosiddetti nuclei di condensazione, spesso molto pi numerosi e piccoli
(*) Istituto di Fisica Tecnica, Polii conico di Torino.
144

delle precedenti e provenienti principalmente da


residui di combustioni (fumo, specie se prodotto
da combustibili leggeri quali tabacco, carta, ecc.) [2].
E opportuno a questo proposito ricordare che le
particelle con dimensioni superiori a circa 5 [*m
sono arrestate nelle cavit nas-<ii, mentre quelle con
dimensioni comprese fra 0,5 f- 5 nm circa, se inspirate non vengono pi riemesse e rimangono quindi
nei tessuti polmonari.
II fumo del tabacco invece espirato per notevoli; parte avente dimensioni inferiori a 0,3 (im
circa.
Lo studio delle fiamme prodotte da combustibili
solidi polverizzati o da liquidi nebulizzati ha mostrato che la loro ossidazione procede in tre tempi:
il periodo del preriscaldamento fino alla temperatura di infiammazione; quello della rapida ossidazione dei prodotti pi volatili; quello infine, pi
lento dei precedenti, della combustione dei residui
pi pesanti e carboniosi, facilmente interrotto se
la fiamma urta contro pareti fredde.
L'analisi teorica e sperimentale dei suddetti fenomeni, che hanno luogo anche negli impianti termici urbani, ha chiarito le leggi seguite nella indicata successione [3] ed ha posto in evidenza l'importanza che per una completa combustione hanno
l'esiguit delle dimensioni delle particelle (inizialmente comprese secondo i casi fra 10 e 100 firn
circa) ; la permeabilit all'ossigeno delle sostanze
di cui sono composte, come pure la prevalente
lunghezza dell'ultima delle tre fasi citate, ci che
dovrebbe impegnare a disporre di uno spazio sufficiente per lo sviluppo completo della fiamma, condizione questa purtroppo non sempre osservata e
causa della emissione ai incombusti.
Quanto alle leggi di libera caduta in atmosfera
tranquilla baster ricordare che nell'ampio intervallo dei diametri medi compresi fra 1 e 200 (im
circa (che comprende le polveri fini, prodotte anche
da forni e procedimenti industriali, le goccioline di
nebbia, eventualmente sature di contaminanti gassosi, ecc.) ritenuta applicabile la legge di Stokes
che afferma essere la velocit di libera caduta di
granuli sferici proporzionale al quadrato del loro
diametro ed alla differenza fra la densit del granulo
e quella dell'aria.
Per dimensioni superiori al limite citato e fino
ad alcuni millimetri (grosse polveri, gocce di piog. gi) ritenuta invece applicabile la legge di Newton, secondo la quale la suddetta velocit, ovviamente molto pi rapida della precedente, proporzionale alla radice quadrata sa del diametro sia del
rapporto della densit della particella alla densit
dell'aria.

3. Fra i contaminanti gassosi si possono distinguere quelli provenienti da combustioni incomplete in


impianti termici e in motori a combustione interna, quali sono l'anidride solfoi^sa, quella solforica,
l'ossido di carbonio, ossidi di azoto, residui di idrocarburi, da quelli, molto vari, provenienti da scarichi di stabilimenti industriali, specie se chimici,
rimasti compresi nel contesto urbano, alla sua periferia, dal rapido accrescimento delle citt.
La loro distribuzione nell'atmosfera, supposta
tranquilla, retta dalle leggi della diffusione.
Tali leggi presentano, dal punto di vista analitico, delle notevoli analogie formali con quelle rigurdanti la propagazione termica per conduzione.
E infatti i] flusso di una sostanza gassosa in
un'altra, riferito all'unit di arefi e di tempo, risulta proporzionale al gradiente della concentrazione
della prima nella seconda, cos come il flusso termico, con gli stessi riferimenti, risulta proporzionale al gradiente di temperatura [4].
II coefficiente del gradiente di concentrazione,
detto coefficiente di diffusione, pu in generale
variare, oltre che con la natura e lo stato dei gas,
anche con la posizione del punto considerato e con
la direzione del flusso.
Le condizioni pi sfavorevoli si hanno con atmosfera tranquilla, cio in assenza di vento e di altre
perturbazioni a carattere macroscopico.
Una soluzione analitica abbastanza generale si
ottiene supponendo che in un dato istante, assunto
come origine dei tempi, la sorgente emetta una
quantit unitaria di inquinante in un mezzo omogeneo e isotropo.
La concentrazione e di detto inquinante al tempo T e alla distanza r dalia sorgente allora proporzionale alla espressione (analoga a quella fornita
dal Kelvin per il caso termico) [5]:

in cui a una costante legata al coefficiente di


diffusione ed n sta a qualificare come segue la dimensione geometrica del sistema:
n = 1; sorgente piana illimitata; superfici di ugual
concentrazione piane e parallele;
n = 2; sorgente rettilinea illimitata; superfici a
uguale concentrazione cilindriche e coassiali
alla sorgente;
n = 3 ; sorgente puntiforme; superfici a ugual concentrazione sferiche e concentriche alla
sorgente.
La quantit di inquinante emessa si intende riferita all'unit di area per n = 1 ed all'unit di lunghezza per n =2.
In ogni punto la funzione e ammette col tempo un
massimo e il rapporto c/cmax assume l'espressione:
= ra-

(2)

ni =

(3)

La costante m assume i valori 2,330; 2,718;


2,439 rispettivamente per n = t, n = 2 ; n = 3 .
L'andamento del rapporto cjcmnx in funzione ili .r
rappresentato nella fig. I.

Fig. 1 - Sorgenti istantanee - n = 1 sorgente piana; 2 sorgente rettilinea; 3 sorgnito puntiforme.

Da essa si deduce che i! fenomeno giunge rapidamente al suo massimo e poi decade con rapidit
crescente al crescere di n.
Tenendo conto che in citt il funzionamento degli
impianti termici per lo pi intermittente si pu
wcavare dal grafico una conseguenza pratica importante: essere cio opportuno concentrare l'emissione in poche sorgenti periferiche situate a notevole altezza piuttosto che lasciarla distribuita in
tante piccole sorgenti a breve altezza da! suolo.
Ed ci appunto che si intende fare anche per
altri motivi con le cosiddette <( centrali termichc
urbane poste a servizio, mediante reti di condotte
distributrici termicamente isolate, di ampie zone
cittadine e sempre pi diffuse in Italia e all'estero.
In tali centrali, non di rado di notevole potenza
e adibita talvolta anche alla produzione di energia elettrica, possibile conseguire una completa
combustione con elevati rendimenti, assicurando
con personale specializzato un razionale funzionamento degli impianti ed una loro tempestiva e
accurata manutenzione.
4. A conclusioni analoghe si giunge supponendo
che l'emissione, anzich essere intermittente, si
prolunghi in modo costante nel tempo, ci che in
sostanza equivale dal punto di vista analitico a
riferire la quantit emessa all'unit di tempo e ad
eseguire una integrazione rispetto a T della espressione prima indicata.
In un dato punto la concentratone cresce allora
col tempo tendendo assintoticarnente ad un massimo per T =oo.
Ad esempio nel caso della sorgente puntiforme,
quindi per n = 3, il rapporto fra la concentrazione e al tempo T e quella cmax dl regime stazionario vale semplicemente:
erfc - i 7 = -

(4)

in cui il simbolo erfc rappresenta il complemento a 1 della nota funzione di errore di Gauss.
T J c r^i.Joic assume il valore 1 per T =oo [6].
Alcuni valori della funzione erfc sono dati dalla
seguente tabella.
145

Tabella n. 1
Valori della funzione erfc

erfc .r

erfc x
1

1,00

0,

0,396

0,1

0,888

0,7

0,322

0,2

0 777

0,8

0.3

0,1)71

0,9

0,258
0,203

O/i

0,572

1,0

0,157

0,5

0,480

0,047

Ponendo ,r = (rj/at) risulta agevole rapprest'iitarc (ved. fig. 2 e 3) l'andamento di cjcmax con
la distanza r dalla sorgente e col tempo T.
Se la sorgente puntiforme mobile con velocit
t> (come nel caso di un veicolo), nelle espressioni
precedenti si dovr porre (r e T) in luogo di r.
Anche negli altri due casi esaminati (sorgenti
rettilinee e piane) l'andamento del rapporto c(cx

stema (nel nostro caso la semibase Xu del rettangolo).


Anche i risultati sono espressi in forma adimensionale avendo moltipllcalo la concentrazione e di
inquinante nel punto considerato di coordinate x,
y, z per il rapporto 2nk/qX0, essendo k il coefficiente
di diffusione del caso in esame, in cui si supposto
il mezzo omogeneo e isotropo [9].
La soluzione della (5) espressa da somme di
funzioni trigonometriche iperboliche e circolari.
Essa rappresentata in iig. 4 per z = o (piano
orizzontale .r y) e per area emittente di forma
quadrata.
Si noteranno le notevoli variazioni di concentrazione (da 1 a 3,5 circa) nel passare dal perimetro
alla zona centrale.
Dalla (5) anche possibile dedurre il caso di una
striscia emittente di lunghezza illimitata.
Inoltre, procedendo per sovrapposizione di effetti, dalle soluzioni accennate possibile dedurre
ci che avverrebbe in casi complessi quali quelli di
pi superfici emittenti rettangolari disposte a intervalli con successione regolare, ovvero disposte a
scacchiera e cos quelli di lunghe strisce parallele
o incrociate o disposte a stella, in modo da imitare
l

e
e

CHI

"di

O.5-

OS-

l
o,s

o-

vr

ry

15
X

Tip. 2 - Sorgente puntiforme a regime. Variazione di c\cmax


con la distanza della sorgente.

Fig. 3 - Sorgente puntiforme a regime. Variazione di c\cmax


col tempo.

per t -> co tende ovviamente a 1, ma con accostamento pi rapido all'assintoto col diminuire di n.
In particolare per la sorgente rettilinea si utilizza
per il calcolo la funzione analitica /s, detta integrale esponenziale [7],
5. Le considerazioni precedenti riguardano, oltre
alle sorgenti puntiformi, sorgenti rettilinee e piane
illimitate,
II caso, pure abbastanza generale, di sorgenti
piane rettangolari, quindi limitate ad esempio nelle
due direzioni ortogonali a; e y, pu, per il regime
permanente, porsi analiticamente nel seguente modo [8]:
q Xo

l'i

Y=1 " "

(5)

in cui, per semplicit di trattazione sia le coordinate x, ;/, z misurate dal centro del rettangolo, sia le
coordinate % ed nj dell'elemento di area SS i\,
emettente l'inquinante con la costante produzione q
per ogni unit di area e di tempo, sono state divise
per una dimensione lineare caratteristica del sii-

146

O.S

I'ig. 4 -; Andamento della concentrazione al suolo per un'area


eip ttente di forma quadrata al variare delle coordinate
adimensionali x e y del punto in esame.

In disposizione dei quartieri urbani e delle arterie


cilladinc di maggior traffico.
l per tal guisn possibile risolvere dei problemi
li miniino a parila di area totale inquinante ed a
parila di emissivit specifica e studiare l'influenza
della posizione e dell'ampiezza di aree verdi non
inquinanti.
Risultano favorevoli, com' del resto intuitivo,
le disposizioni stellari e la presenza di grandi parchi
in zone non troppo periferiche.
(i. La valutazione dei cofficienti di diffusione
tutt'altro che agevole.
Nel caso qui considerato di inquinamento prodotto da centrali lermiche da tenere presente che
al disopra di queste l'atmosfera si riscalda per effetto
della emissione di gas caldi e pertanto nell'atmosfera stessa, anche se inizialmente tranquilla, hanno
origine correnti ascensionali che tendono ad accrescere la turbolenza ed a modificare l'iniziale supposta isotropia del mezzo.
Non da stupire che in tali condizioni i risultati
sperimentali siano poco concordanti e non sia possibile fornire altro che gli ordini di grandezza dei
coeflicienti A- di diffusione.
Tali ordini di grandezza vanno da 0,10 a 10
m2/sec e crescono al crescere della velocit delle
correnti convettive e quindi anche dell'ampiezza
dell'area emittente [10].
Il tempo necessario per il raggiungimento delle
sfavorevoli condizioni di equilibrio stazionario
in genere fortunatamente molto lungo, dell'ordine
di settimane, quindi il pi sovente maggiore della
durata delle condizioni atmosferiche avverse (aria
perfettamente tranquilla).
Ad esempio per un cubo di lato L con la faccia
inferiore emittente, il tempo necessario per l'emissione di quanto contenuto a regime nel cubo
c
'csso vale semplicemente (in secondi):
0,23^

(6)

e per L = 6000 m, A- = 10 m2/sec, esso corrisponde


a una diecina di giorni, beninteso supposto che anche a grande altezza la turbolenza non sia tale da
accrescere notevolmente la rapidit di diffusione
dell'inquinante.
Le situazioni reali corrispondono per lo pi a
inquinamenti in periodi transitori e gli elevati
valori di regime assumono piuttosto il significato
di indici di pericolosit per condizioni atmosferiche
avverse di ampiezza (anche in quota) e di durata
eccezionali.
7. Nel caso di impianti termici per riscaldamento
di edifici e con combustione a nafta contenente zolfo
l'inquinante considerato l'anidride solforosa, la
cui concentrazione nell'atmosfera al suolo comunemente assunta quale indice dell'inquinamento.
Le nafte bruciate in detti impianti contengono
in genere circa il 3 % di zolfo e poich il consumo
di combustibile nelle zone urbane pu all'incirca
variare, a seconda delle cubature riscaldate, da 3 a
30 gr/mah, la produzione di SOt pu crescere da
0,2 a 2 gr/m2h circa, intendensosi i metri quadrati
riferiti alla superficie orizzontalo globale della zona
in esame.

Secondo alcuni Autori il limile massimo ammissibile della concentrazione di SO2 di 3 1 ing/in3,
ma si consiglia di non superare 0,3 mg/m nelle aree
industriali e 0,05 mg/m3 in quelle residenziali.
Gravi disagi e stali patologici si sono rilevati a
Lonilra nelle giornate di atmosfera nebbiosa ed eccezionalmente tranquilla del principio di dicembre
del 1962, con
segnalazioni medie giornaliere di oltre 5 mg/m3 di SO2 e, con minore gravita, nei giorni
23 e 24 gennaio
IDU'i a Milano, con rilevazioni
fino a \ mg/m3. A Torino l'influenza delle colline e
dei venti alpini rende la situazione meno allarmante.
8. Arrivando ai rimedi per le circostanze pi sfavorevoli, potrebbe bastare il rilievo riguardante l'adozione del gasolio in luogo delle comuni nafte
combustibili, come richiesto da una recente legge
in progressiva attuazione nei grandi centri urbani.
Con tale adozione si riducono a meno di un terzo le
indicate cifre di produzione dcH'A'W, ottenendosi
inoltre il beneficio di una notevolissima riduzione
nella emissione di particeli* solide parzialmente
combuste.
Legge opportuna dunque quella citata, che ha
consentito di intervenire alla radice del male attenuandolo grandemente, come rilievi effettuati nel
decorso inverno hanno confermato.
Vantaggi ancora maggiori si otterrebbero dal
punto di vista igienico con l'impiego del gas metano che privo di zolfo e di cui oggi si preconizza
una vasta adozione anche nel campo del riscaldamento urbano.
9. Negli impianti di condizionamento dell'aria,
sempre pi diiFusi nei centri commerciali e residenziali, in ogni caso disposta la filtrazione dell'aria
di ricambio aspirata dall'esterno.
1OO
%
SO

"so
-

io
Fig. 5 - Efficienze e di filtri per aria condizionata [a, filtro
pulito, a, filtro da ricambiare) confrontate con quello
(e) di un separatore meccanico ad azione centrifuga
(ciclone).

La fg. 5 mette in evidenza con le linee a (filtro


pulito) ed a (filtro da ricambiare) che l'ellicacia
dei filtri adottati in tali impianti (per lo pi a base
di intrecci di fibre), cio la percentuale ponderale di
particellc da essi captata, dipende dallo spettro di
dimensioni delle particelle stesse, ha carattere selettivo o decade coll'uso richiedendo periodici ricambi.
T mezzi puramente meccanici (linea e relativa
ad un ciclone agente per forza centrifuga) sono
poco efficaci per diametri di particelle inferiori ad
alcuni micron [11].
L'impiego sempire pi esteso di adatti combustibili, combinato con quello di un'adeguata filtrazione dell'aria consentono di sperare in un crescente
147

r
miglioramento delle condizioni igiunichc (lolle grandi arci' urltune.
Bibliografa e note
(1J Urunelli l'Ai., Codegone C. - Fisica Tecnica - Voi. II Tnniiociiictirn - Parte JI - lid. Giorgio, Torino, 1967,
pag. 28fi.
[2] loc. c-it. nota (1) pag. 360.
[3] loc. cil. nota (1), pag. 513.
[4] Codegone C. - Problemi vecchi e nuovi di trasmissione del
calore - Rendiconti Seminario Matematico - Torino Voi. 10 - 1950-51, pagg. 111/138 - Cfr. pure: Carslaw,
H.S.. .ledger .I.C., Conduction of heat in solids, Oxford,
(5) Thomson \V. (Lord Kelvin) Math. a. Phys. Papers,
Cambridge, vol. II, 1884. Cfr. pure: Jahnke, Kmde,
:.iisch, Ta/eln holirrer Funhlionen, Stuttgrt, 1960,
pag. 295.
[C] La funzione erf x t- tabellata nel volume di Jalinke Kmdc - Losch, loc. cit., pag. 31.
[7] loc. cit. nota (6), pag. 23.
[8] Bozza G. - Inquinamento atmosferico provocato da sorgenti

148

estese - Ricerche di Termotecnica - n. 14 - 1964 - pagine 3-21.


[9] Le variazioni in altezza del coefficiente di diffusione
turbolenta sono presumibilmente rilevanti, ma al riguardo i dati sperimentali sono pochi e poco coerenti
fra loro.
[10] loc. cit. nota (8).
[11] loc. cit. nota (2). Si vedano pure 3u questi argomenti
i seguenti lavori sperimentali eseguiti nell'Istituto di
Fisica Tecnica del Politecnico di Torino:
Anglesio P. - Esperienze su un depuratore a secco di gas
polverosi - La Termotecnica n. 1, 1969.
Anglesio P., Socchi A. - Prove su filtri per impianti di
condizionamento - in corso di pubblicazione su La
Termotecnica .
Anglesio P. - Prove su emissioni ponderali di impianti di
combustione - XXIV Congr. Naz. Ass. Termotecnica
Italiana, Bari, 1969.
Boffa C. - Sui metodi per la generazione di aerosol monodisperso - Atti Acc. Se. Torino, Voi. 104, 1969-70,
pag. 397-412.
Riguardo all'influenza del vento sugli alti camini e alla
formula di Bosanquet e Pearson [del tipo: e a ql
(x' e-bf-t)] che la esprime al suolo alla distanza x dalla base, si veda il volume citato nella nota (lj a pag. 577.

Experimental vibration characteristics of a B. W. R.


fuel assembly
.V. Ferrucci, D. Pitimada

Riassunto - Si descrivono le prove condotte per la


determinazione delle frequenze naturali e degli assetti
vibratori di singole barrette assemblate in un elemento
d< combustibile nucleare per reattori ad acqua bollente.
Le risonanze ottenute sperimentalmente sono state
confrontale con le risonanze della barretta sopportata
alle sole estremit, l valori della end fixity sono
stati determinati per barrette di vario tipo usando
metodi statici e dinamici.
1) Introduction

Experiments were carried out in order to develop


a qualitative understanding of lateral vibration
characteristics of rods assembled in a B.W.R. fuel
assembly.
The investigated mock-up consists of 64 concrete
rods assembled in a square lattice.
The chief characteristics of structure are as
follows :
rod material
304 stainless steel
rod diameter
~ 15 mm
clearance between fuel
rods
~4 mm
element total length
(including lower nozzle
and upper end plate) ~3 m
number of intermediate
spacers
5
The model, initially designed for hydraulic investigations, is geometrically full scaled, while its
dynamic scale can be deduced from the well known
formula :
(1)
where the asterisk is referred to the rods of real
element.
The investigation of mode shapes corresponding
to various resonant frequencies of the single rod
is important because the vibration generates relative motion between the rods and the spacers that
can cause fretting corrosion .
It's to be pointed out that the investigation of
mode shapes of assembled rods is very hard if the
mock-up is tested in a water loop because of the
difficulty in inserting a great many pickup required
to investigate higher mode shapes.
A preliminary understanding can be taken testing the bundle in air. In this case resonant frequencies of rods are lower than the corresponding
frequencies in water because of damping and
'n I'n

(*) C.N.E.N. - Comitato Nazionale Energia Nucleare Laboratorio Tecnologe Reattori, Casacca, Roma.

(*)

virtual mass, but the difference is not very great [5],


W, [?)

This work contains a description of experimental


tests which were performed in air.
The investigation was intended to determine:
end fixity of single rod supported at the end
plates
vibration mode shapes and corresponding in
air resonant frequencies of individual assembled rods excited at various points by a sinusoidal force
- difTerencies in the directional dynamic behaviour
because of the lack of symmetry on spacers
dynamic behaviour of individual assembled rods
excited at various points by random forces.
Ail that information will be utilized to explain
the experimental results of tests that will be performed in a water loop simulating the reactor environments. In this case each rod is subjected to
random forces with possible superimposed periodic
components (e.g. due to pump pulsations), consequently spectral analysis can emphasize both natural frequencies and forced vibration frequencies.
Even though the two kinds of vibration can be
distinghuished using data analysis methods (e.g.
cross correlation functions) a preliminary rough
knowledge of natural frequencies is very helpful.
Furthermore if natural frequencies are dominant
the preliminary knowledge of corresponding mode
shapes (deduced by in air tests) allows to deduce
the movement of various interesting points of the
rod (e.g. rod-spacer contact points) from few recorded signals.
It is important to note that the detected displacement values are larger than those that can be
expected testing the structure in a water loop with
significative mass flow.
2) End fixity experimental determinations

In these tests the bundle was partially assembled


as shown in fig. 1.
The fig. 2 shows different designs of rod ends.
F type rods have threaded end shanks. These rods
form the carrying structure of the bundle. The
other rods have smooth end shanks; the //, J, K
end designs show little differences; therefore all
these rods have been indicated as AT type rods .
Q rod is especially designed to support the intermediate .spacers. Each rod has a spring inserted
between the shoulder of the end plug and the face
of the upper plate.
The rough drawing in fig. 3 shows the set up of
the tested model. The upper end plate and the
lower nozzle wore rigidly clamped to the test stand.
The parallelism between the plate and nozzle holed
14

^ ^ ^

x ^ ^

^.-^'

^^

^-'

"^--

^-"

^^

3OOOOOOC

ooooGooe
oooooo

5) F type rods varying upper cud moments


values.
Fig. l\ shows, for instance, the load deflection curves obtained for rod K 03.
The tfmjW data obtained for K type rods wen;
elaborated assuming equal end condii ions.
The elaborations were made in following sequence:
) if the upper end spring is inserted the i/m/W
values will have to be corrected by the effect of
axial load (P) using the following formula:

umo = >im YfaT^q

(2)

where :
ym is the experimental value
!/mo is the corrected value

Fig. 1 - End lxity experimental determination-position


of rods.

'/m0 = '/;" YJtfi^)

= Lfl ]I~PJTE

P is the axial load - 7 kg.


these ymol\V corrected calues agree closely enough
with ynJW experimental values obtained for the
rods without upper end spring, as shown, for instance,
in table I.

1 1 1

Fig. 2 - Different designs of rod ends.

on aces as well as the allignment of the holes were


often checked during the tests.
In the determination of load-deflection curves
either the load and the deflection were at midpoint
of the rod.
The load deflection curves were obtained for the
following different cases:
J) K type rods with upper end spring inserted
2) A" type rods without upper end spring
3) Rod F 13 with upper end spring ' inserted
4) Rod F 13 at the same conditions but after
the upper end spring had been cut
150

b) the ym/\V (eventually corrected) values were used to compute a.L from the following equation:
192 EJym
L + 8
m
w
WL3
~
aL + 2
c) then first mode natural frequencies can be
determined by solving following equations:

(5)
^
+ tgh
I
Equation (5) is plotted in Jig. 5.

the rod was struck with a rubber hammer and


the acceleration signal was recorded on an
oscillograph in order to determine natural frequency. If ihe upper spring was inserted the
following formula could be used to take into
account the effect of axial load:

PL*

where / is the corrected value of frequency.


Computed frequencies and experimental frequencies
agreed very close.
e) It's also possible to determine the end fixity values from these experimental frequencies
using equations (4), (5).
There is a good correlation between aL values
obtained from both static and dynamic methods.
Conclusions
Both static and dynamic tests dernonstred that
the end fixity of K type rod was close to zero.
That means the A' type rods behave like simply
supported beams.
The axial load, due to the upper spring, affects
either deflection curve slope either experimer^al
frequency value. Consequently, if the effect of
axial load is not considered, the computed end
fixitv value can fall below zero.

Fig. 3 - Set up of the tested model.

9
300
upper end spring inserted
upper end spring inserted-rod
end spring

without

end spring - rod rotated 9 0 "

. 100
Fig.

rotated 9 0

without

4 -

ISO
Rod

d) So computed frequencies were compared


against the experimental frequencies obtained as
follows;
a lightweight crystal-type accelerometer was
placed at the midpoint of tested rod-;

6 3 -

Deflection

300

*!0

t/ioo mm

curves.

Both static and dynamic tests showed that the


alignement of end plugs and the parallelism
between the plate and nozzle surfaces were
very critical in order tc maintain simply supported end conditions.
161

Table I

END FIXITY DETERMINATIONS FOR K TYPE RODS


rod

192 E.ly,H0

192 EJy,,,

y mo

L3W

LSW

/.

PL

f no

K 63

11.4

4.50

10.2

4.03

-0.0

-3.14

3.43

K 63 (!WP)

11.2

4.42

10.0

3.95

-0.0

-3.14

3.43

K 63 (without spring)

10.2

4.03

10.2

11 8

10.6

4.18

9.47

hinghed rod

4.03

-0.0

-3.14

3.43

3.74

0.3

3.25

3.68

4.00

0.00

3.1416

Table II
END FIXITY DETERMINATION FOR F TYPE RODS

rod

upper
end
192 3EJv m
\\
LW
moment
(kg cm) (mm/kg)

FIO
FIO
FIO

0
4
8

5.85
4.50
3.38

2.31
1,78
1.34

F13
F13
F13

0
4
8

5.75
4.55
3.55

2.27
1.80
1.40

F13

F13

F13
F13

6
6

5.70
4.C0
3.85
3.90

2.25
1.82
1.52
1.54

is

"/Ar\

.L

2.3
5.6

15.0
2.7
o.o

12.6
2.8

5.2
9.0
8.8

VA

A #>

tn

aL

fi/.

In

3.60
3.90

4.51
5.29

(3)

(2)

(2)

(2)
(2)
4.40

(2)
(2)
6.74

3.65
3.90

4.64
5.29

U)

(2)

(2)

(2)
(2)
4.40

(2)
(2)
6.74

3.65
-3.90
(2)

4.64
5.29
(2)
(2)

(2)
(2)
4.25
4.25

(2)
(?)

tn

3.60
3.95
4.30

4.51
5.43
6.43

7.6

3.70
3.95
4.25

4.78
5.43
6.28

3.70
3.90
4.15
4.15

4.76
5.29

10.3

e.oo
6.00

(1)

(1)
9.4

(2)

12)

(2)
4.1

(3)
(2)
3.5
(3)

(2)
1.8
1.6

6.28
6.28

(1) non computable value (> a) (2) non computable value (3) non computable value (< 0|

The elaboration of data obtained for F type rods


is quite difficult because of the lake of symmetry
on the end conditons.
On the other hand it's to be noted that an exact
evaluation of the end conditons is not important
for multisupported beams (see also following paragraphs).
Therefore the rough hypothesis of equal end restraints has been assumed.
In the discussion, so obtained end fixity values were comparated with end fixity values
obtained for the upper end plug assuming:
lower end plug fixed
lower end plug hinghed.
Reference [2] relates thp details of elaboration.
Chief conclusions concerning the end fixity of...
/'' type rods were: .
., ', ;:,'.' ,
the end fixity values vary according to the moment value of tightening torque of the upper
1S2

end nut (controlled by means of a torque wrench)


and the tightening of the thread of lower end
shank;
static and dynamic tests agree well enough to
determine the end fixity values;
the adjustment of the alignment of the end
plugs as well as the adjustment of the parallelism between end plates is important to maintain a given end restraint;
experimental tests mentioned at points 3 and
4 allow to conclude that the upper end spring
have no effect on the load deflection curve for a
F type rod. It was-possible to anticipate this
conclusion observing the detail of upper end
of the F type rod (see fig. 2). Some results of
" elaboration of static tests are given on table II
where computed natural frequencies are also
.' comparated with experimental values deduced
from the damped oscillations obtained striking
the tested rod with a rubber hammer.

13
J

-j

cn

12
II

i
1
1

IO-

9-

.996

14

I
/
/
/

6'
543'
Z-

1>

10
2
1-

I6.2B3

1416

/I

1!

ii

-2-

Fig. 5

/1

3) Experimental determinations of resonant frequencies and mode shapes


3.1. Set up of the tests
The model was clamped to the test stand in vertical position as shown in fig. 3. In a first series of
esperiments the bundle was assembled with all
the rods and the spacers taking their places. In a
second series of experiments some rods were taken
away from iheir places in order to vibrate the
rods located inside of the bundle. The position of
inserted rods is shown in fig. 6. All the intermediate
spacers take their places.
In all cases the exciting force was applied to a
single rod. Two kinds of tests were performed with:
sinusoidal exciting force
random exciting force.
3.2. Tests performed with sinusoidal force
Two different methods were used to apply the
sinusoidal force. In the first one (see fig. la) the
force was generated by the interaction of a fixed
magnetic field with a sinusoidal current flowing
through thi tested rod; in the secondo one (see
fig. 7b) the force was applied by means of an electrodynamic vibration exciter.
In the first method there is no contact between
the exciting system and the tested rod, while in
the second method the contact-pin of the vibrator
presses the tested rod with a preload of about 850 g.
It"s not to be excluded that this preload affects

Fig. 6 - Experimental determination of resonant frequenciesposition of rods.

resonant conditions because a change in the intermediate constraints can he caused.


On the other hand the use of vibrator allows the
change easier the point of application fo the force
and to vibrate the rods located inside the bundle

153

rssnO
o o

a)

tXCITlNC SYSTEM USING


VlBRATtQ CHCITEft

EXCITING

pick up

Py

)sc.LUtor

Power amplifier

mped

tfi&rilcr

SYSTEM

ELCCTHODWAMIC

USING

PERMANENT

MAGNET

Charge amplifier

O-fco-

pick-up

oo o o

>>

Digital trequenefmetef

c)

MEtsunmc

AURANCEMENT

Fig. 7 - Exciting and measuring systems.

(wlien this is assembled as shown in fig. 6). For these


reasons the second method has been used for the
most of the tests.
The two vibrating systems were compared against
each other exciting the same rod a the same conditions.
The results of the test are given in fig. 8. It can
be seen that there is no a great difference between
the resonant frequencies obtained using the two
described methods fig. 7e shows the measuring arrangemets used to detect amplitude and frequency
of vibration. The set up consists of:
lightweight (2g) crystall-type accelerometers
charge amplifiers
dual beam oscilloscope
digital frequencymeter (connected to the amplifier of one channel of oscilloscope).
The testing procedure was as follows:
the vibrating force was applied to the choised
point of individual rod. Two accelerometrs were
placed on the tested rod and attached with special wax.
the frequancy of vibrating force was manually
changed by small increments using the oscillator
in the range 20^-700 Hz.
The response curve (acceleration amplitude vs.
frequency) was plotted. This curve evidences
principal bending mode frequencies.
Individual resonance was then tuned to its
maximum response (corresponding to a peak
in the amplitude vs. frequency curve).

154

In this condition one of accelerometers was


placed on a significant position (in general near
a vibration antinode). The amplitude of its
acceleration signal serves as a reference. The other
pick up was located subsequently at various
levels along the tested rod in order to determine
the mode shape. Either peakto peak acceleration amplitude either phase of oscillation (0 or
180 with respect to the signal of reference pick
up) have been monitored.
Single mode shape has been determined, an other
resonance was tested tuning the oscillator to
the subsequent resonant frequency.
The tests were repeated, using the same explained procedure, with other positions of vibrating force -and -atjceleroineters.
Examples of obtained results are presented in
figures 9-rl2. Fig. 9 and 10 present acceleration
amplitude vs. frequency diagrams of the rod A' 50.
The sketches joint with each diagram give the
position of vibrating force and the position of the
pick-up.
The ordinates give peak to peak monitored signal
(mV) and corresponding peak to peak acceleration (g).
Fig. 11 presents acceleration amplitude vs. frequancy diagrams of the corner rod // 1. In this case
the vibration has been monitored in two orthogonal
directions. It should be noted that the direction of
OO

oo
o

oo
oo

oooooo
oooooo
oooo
oooo 0
oo \

o ET \

a)
Resonant frequencies
(Hz)
132
289
430
500
665

ooo
oo

oo
oo

oooooo
oooooo

oooo

oooo p
oo
o o<

*)
Resonant frequencies
(Hz)
132
286
369
429
500
663

Fig. 8 - Comparatimi of vibrating systems - tested rod F13.

vibrations is in general different from the direction


of vibrating force.
Fig. 12 shows typicai bending mode shapes (tested rod: K 50).
Resonances have been emphasized with the position of vibrating force showed near the corresponding mode shapes.
In these figures each mode shape is normalized
to its maximum displacement value. Table HI
presents effective maximum values of peak to peak
acceleration (gpp) and displacement (nPP) detected
during the tests.

mV

50-

I vibrating force
uccelerometer

403020100

SftttT

&7W

^^V

ftrft

SffJJ

ItT^

ff1^^

200

600

Hz

Fig. 9 - Acceleration amplitude V.S. frequency rod K 50.

300

*00

900

coo

Fig. 10 - Acceleration amplitude V.S. frequency rod K .50.

155

300

400

S00

GOO

Hz

Fig. 11 - Acceleration amplitude V.S. frequency rod H 1.

ROD K50

124 Hr

235 Hz

357 Hz

430 Hz

492 Hz

5 80 Hi

669 Hz
spacers
X

156

vibrating

Force

pick up position

reFerence

pick up

Fig. 12 - Typical bending


mode shapes.

Table III
rod H 1

resonant
frequency
(Hz) '

ft*""

133

1.0

14

0.3

160

0.6

190

0.6

281

0.8

344

1.0

414
482

1.3
1.3

570

0.7

660

1.8

rod K 50

resonant
frequency
(Hz)

?pp

4.0

124

0.2

2.0

235

1.2

5.5

4
2.5

0.2
0.2

1.5

357

0.6

430

1.7
2

3.5
2.5

2
2

0.2

0.4

492

1.2
0.7

580

1.5

0.8
0.7

0.5

0.3

0.2

0.3

0.2

8PPW

466

4B!>

Fig. 13

435

>5

> 5

4
>5

669

485

32

485

3
> 3

510

133 Hi

160 Hi

190 Ht

It is to be noted that these displacement values


are larger than those detected testing similar structures in water loops with significative mass flow [8].
This is a very important condition because it's no
possible to extrapolate several conclusions (e.g.
spacer behaviour) to displacements larger than
those tested.
Discussions and conclusions
Results of tests are as follows:
1) no bending resonance has been emphasized
in the range 20-=-120 Hz;
2) a singular mode can be emphasized or not
according to the positions of vibrating force and
accelerometer;
3) no considerable difference in resonant conditions has been noted varying the direction of exciting foTce;
4) whatever resonant condition may be, rodend plate contact points behave like a node;
5) rod-spacer contact points are in general
no coincident with a node;

6) fig. 12 shows typical bending mode shapes.


It's to be noted that these shapes are like same of
those that can be expected testing a singular rod
without intermediate spacers.
This fact suggests that intermediate spacers have a
little effect on the mode shapes:
7) in addition to these regular mode shapes
some rods, particularly corner rods, show other
mode shapes that can be associated with the fundamental bending mode. Some of these modes
(emphasized testing the angular rod // 1) are shown
in fig. 13.
For turther details see reference [2].
Assuming that the intermediate spacers unaiTect
resonant conditions (as experimental results suggest) natural frequencies should be computed using
the following formula:

where n is the mode number of end restrained rod


without intermediate spacers.
$L = n re for K type rods

167

Table IV
RESONANT FREQUENCIES FOR F TYPE RODS
mode
number

6
7

computed
frequencies*
(Hz)

124

Experimental frequencies
(Hi-)

111 //28
127

./ 19 .7 3 8 A:

50

A:

58 K60

128

127

124

123

124

124

123

233

236

233

168
220

9
10

278
343

282

277

286

296

288

283

351

375

348

362

359

11

416

424

447

435

423

359
430

428

420

427

12

495
581

500

498

49 L

484

493

493

493

493

13
14

074

578

5!)7

581

582

580

C03

683

662

571

667

587
674

583
674

H2-fO O

1O0 /

OOO (JO o'|


so-OOO (\OO
OOOO" 57

oooo

OOJ33

587

673

oo

- Direction of applid force.

(*) Frequencies have been computed for a hinghed rod without intermediate spacers.

Table V
RESONANT FREQUENCIES FOR F TYPE RODS
mode
number

Experimental frequencies
computed
(Hz)
frequencies*
(Hz)
F6(b) Ff(c)Fl0(c) FlO(b) F20(6) F20(c) F2A(b) F24(c)

128

171
224

130 131

241

232

242

284

297

290

131 129 128 131

232

290
282

10

359

350

350

11

349
422

424

434

416

12

500

496

499

13
14

587

584

491
573

680

678

680

664

130

424

359
421

415

490

498

578
667

583
662

247

364
496

570

484

586

654

661

657

433

-> Direction of applied force.


(*} Frequencies have been computed (or a rod without intermediate spacers, assuming end fixity txL = 8.

For F type rods and n > 6, pL can be deduced


from the following semplified equations [2|:

OLL

2 PL

ctg

*""**

(8)
I

L =

+1
158

L = 8 has been assumed in accordance with end


fixity esperimental results.

Table VI
RESONANT FREQUENCIES FOR A' TYPE RODS WITH VARIOUS DIRECTIONS
OF APPLIED FORCE

mode
number

computed
frequencies *

(Hz)

Experimental frequencies
(Hz)

// l()H 1(6)

// l(c)
124

412

127

282
344
412

482

354
421

126

297
357
423

491

478

490

492

494

574

574

575

576

580

583

063

658

663

665

669

673

124

123

168

220
278
343
416
495
581
674

10

11
12
13
14

A 52(6) A 52(e)

124

232
286
352
414

K 5t(a)

281

277
347

123

238
290

-* Direction of applied force.

(*) Frequencies have been computed for a hinghed rod without intermediate spacers.

1J

L_

0 O
Random noise
generator

b.p. filter

o ofPower
amplifier

Imped,
adapter

TOVibrator

Level
recorder
pick-up

Lf
Fig. 14 - Measuring arrangment and
exciting system for random tests.

Oscilloscope

Charge
amplifier

159

So computed resonant frequencies were compared against experimental frequencies. The results
arc summarized by talbes IV-V-VI concerning K
type and F type rods.
Conclusions are as follows:
fundamental mode experimental frequencies
and computed frequencies agree very closely.
This good accordance may be dependent on
the node positions of 6th mode of unspaced rods.
In fact these nodes are overlapping the positions of the spacers;
no bending resonance corresponding to 7th
mode of unspaced rod has been detected. It is
therefore concluded that the spacers obstruct
such a vibration;
the bending resonance corresponding to 8th
mode of unspaced rod has been noted in few
cases. The average value of experimental frequencies is rather different (in excess) with respect to computed value. It is therefore concluded llmt the spacers modify the frequancy of
such ;t vibration:
- the experimental frequencies corresponding to
higher resonances are close to corresponding
computed frequencies. Bending resonances unto fourteenth mode of unspaced rod have been
delected.
It is therefore concluded that the spacers don't
cause any appreciable effect on these resonant
conditions, at least when the displacements
don't exceed tested displacement values;
higher resonances of F type rods seem to be
nearer to frequencies computed using extreme
ends hinged beam formulas than to frequencies
computed using extreme ends restained beam
formulas.
This may be attributed to the fact that the
extreme ends bahave like a hinge for the very
low displacements relative to higher resonances
[2];
in practice F type rods differ from K type rods
in a little increase of frequencies of fundamental
and lower modes. This diminishes the importance of an exact determination fo end fixity
values.

160

Tests performed with random exciting force


The testing procedure consists of exciting a singular rod with a random force. The measuring
arrangement as well as the exciting system are
shown in fig. l'i.
The vibrating signal was analysed by means of
a frequency analyser combined with a level recorder.
Symbols
E
= Young's modulus of elasticity
/
= natural frequency
./
= area moment of inertia
L
= total lenght of rods
m
= mass per unit lenght of rods
P
= axial load
i/
= deflection
ym = deflection at midpoint of reds
W = load applied at midpoint of rods
a
= end fixity
(3
= frequency parameter.
References
[1] Ferrucci N., Pitimada D., Presaghi AI. - Studio sperimentale sulle vibrazioni in aria di un modello di elemento
di combustibile per reattori ad acqua bollente. - CNEN-RTI
/TR/7-ECRA 6 - 1969.
[2] Ferrucci N., Pitimada D. - Esperienze di vibrazioni in
aria eseguite su un modello di elemento di combustibile
B.W.R. - CNEN-RTI/TR/14 - ECRA 8 - 1969.
[3] Harris { Crede - Shock and vibration handbook - Volume 1.
[4] Timoshenko - Vibration problems in enineering.
[5] Sogreah - Study of vibrations and load losses in tubular
clusters Special Report n. 3 - EURAEC - 288 (1962).
[6] Sogreah - Etude sur les vibrations et les pertes de charge
dans les faisceaux tubolarires - Rapport technique particulier n. 2 - R. 8107 (Janvier 1962).
[7] Burgreen D. - Vibration of rods in parallel flow - Nucleonics Data sheet n. 33 - August 1959.
[8] Quinn E.P. - Vibration of fuel rods ir parallel flow GEAP 4059 (1962).
[9] Lin Y.K., Free vibrations of a continous beam on elastic
supports - Int. J. Mech. Sci. Pergamon Press, Ltd.
Vol. 4 - pp. 409-423 - 1962.
[10] Shields CM., Savannah N.S. - Fuel design and development program - Fuel rod vibration. (Final Report) GEAP 3583.
[11] Ayre R.S., Jacobsen L.S. - Natural frequencies of continous beams of uniform span leghi - J. Applied mechanics
17 - n. 4 - December 1950.

Affidabilit ed economia di esercizio nelle centrali termiche


per riscaldamento ad acqua calda, con funzionamento automatico
in sequenza
Lorenzo Pagliani (*)

Sommario - L'autore esamina il comportamento di


una centrale termica in diverse condizioni di carico:
il rendimento globale si abbassa fortemente alle basse
utilizzazioni.
Per una somma di esigenze si giunge sempre ad
un sovradimensionamento degli impianti ed ancor
pi delle centrali: ne consegue che una centrale con
unica caldaia lavora praticamente sempre con pessimo
rendimento.
Come rimedio, la ripartizione delle potenze fra due
o pi caldaie consente sensibili rispirmi: questo
vantaggio illustrato dalla serie di grafici.
Altro vantaggio di questa suddivisione del carico
una elevata sicurezza di esercizio.
La moderna tecnica della regolazione consente di
automatizzare l'inserzione in cascata delle caldaie.
Vi sono varie maniere di sentire le variazioni del
carico e quindi di realizzare questo automatismo.
Se ne indicano le pi valide e frequenti, esemplificando i cnteri caratteristici fino a cinque gradini
di inserzione.
Si precisano quindi gli accorgimenti idraulici da
adottare per una buona realizzazione della regolazione,
in particolare il controllo della temperatura di ritorno.
Summary - The author examines the behairour of
a thermal center in different loading conditions: the
total output decreases strougly in low utilisations.
A number of inrequirements cause a superdimensiony of the installations and even more of the plants :
the consequence in that one sole heater works continously at a low output.
The remedy which would consent remarkable saving is the distribution of the power among two or
more illustrated by a series of graphs.
Another advantage of such a distribution of the
load is the high security in the operation.
Modern control techniques luable to operate automaticaller the insertion into fall of the heater.
There most important and most frequent have indicated by examples of the characteristics critery up to
five steps of insertion.
There are various ways of feeling the variations of
the load and thus achieve such automation.
Hydraulic devices to be adopted for a good result
in the regulation are with pourled out, particular
regard to the crecking of return temperatures.
d
progettazione degli impianti di riscaldamento vengono prese normalmente come base del
(*) Landis & Gyr S.p.A. - Milano.

proporzionamento le condizioni pi gravose, in particolare la temperatura media minima.


Per diversi motivi viene inoltre prevista, nel dimensionamento della centrale termica, una riserva
di potenza.
Comunemente non ci si sofferma ad analizzare il
funzionamento dell'impianto nei diversi giorni del
periodo di riscaldamento, mentre sarebbe auspicabile che da pi parti si studiasse a fondo la questione
in impianti diversi per caratteristiche, componenti
e prescrizioni di funzionamento.
Si tratta infatti, come cercheremo di dimostrare,
di una questione di apprezzabile importanza economica per i singoli e per la collettivit: gli sprechi
non giovano infatti a nessuno.
Abbiamo trovato diflicolt a trovare dati sperimentali e ci basiamo su una curva (lg. l) determinata in due distinti impianti dal Prof. W.A. llinton
(Universit di Georgia - U.S.A.).

Fig. 1 - Rendimento n di una centrale con caldaia unica e


corrispondente potenza Pi resa all'impianto in funzione
del carico Pc della centrale termica (% di Pc max).
Abbiamo fondato motivo di ritenere questa curva
applicabile in generale ad impianti ad olio combustibile, a prescindere dal valore massimo di rendimento: questo dipende dal tipo di caldaia, dal tipo
161

di bruciatore e dalle condizioni effettive di combustione.


La curva indica il variare di rendimento in funzione del carico riferito alla potenza massima della
centrale termica che si suppone costituita da una
sola caldaia.
Preso come riferimento 100 la potenza massima
della centrale, abbiamo ricavato una seconda curva
che indica esplicitamente la potenza resa all'impianto in funzione del carico della centrale: questo
ultimo corrisponde all'intermittenza del bruciatore
ovvero al combustibile bruciato in media nell'unit
di tempo.
Supponiamo che in questo impianto sia 60/100
della potenza della centrale il valore in caldaia
che corrisponde alla massima richiesta di calore
nelle condizioni pi rigide previste in progetto:
come si deduce dal grafico ad esso corrisponde un
carico della centrale di circa il 67%; il rimanente
riserva di potenza.
L'esperienza dimostra che raramente e per breve
tempo l'impianto richiede pi della met del minimo
previsto in progetto: nel grafico in esempio equivale
a 30/100 della potenza di centrale corrispondenti
a circa il 43% di carico della caldaia.
evidente quindi che lo sfruttamento della caldaia pessimo perch la si impiega a valori pi o
meno inferiori al 43%.
Se noi immaginiamo di suddividere la potenza
della centrale in due o tre unit eguali, otteniamo
un andamento del rendimento come quello indicato
rispettivamente nelle figg. 2 e 3.
Nel caso di due caldaie, sar quasi sempre sufficiente farne funzionare una sola a valori di rendimento notevolmente migliori.
Per esplicitare meglio questo risultato, abbiamo

rappresentato il carico (o consumo) della centrale


in % della sua potenza massima in funzione del %
di richiesta dell'impianto riferito alla massima
prestazione prevista in progetto: quest'ultimo valore equivale al rapporto fra il salto fra temperatura
ambiente e temperatura esterna in rapporto al salto
massimo previsto in progetto.
Indichiamo inoltre nella fig. 6 il guadagno di
rendimento con il diminuire del carico della centrale
quando la potenza viene ripartita fra due unit
eguali.
L'andamento della temperatura nella giornata
pu essere schematizzato come in fig. 7: confrontando gli altri grafici facile dedurre che ci si pu
riferire, nelle successive considerazioni, alla tempepatu-ra-medragiorna'liera, cori utapprossimazione
che lascia disponibile un piccolo margine.
Una valutazione globale del vantaggio ottenibile nella stagione con la suddivisione in pi unit
non facile, dipendendo dall'andamento della temperatura, dalle condizioni di esercizio, dal grado di
sovradimensionamento della centrale.
Si pu tuttavia stimare che si possa ottenere un
minor consumo che pu andare dal 10% ad oltre
il 20%. A questo vantaggio diretto deve aggiungersi
il prolungamento della durata della caldaia: un'unica caldaia sempre in funzione, mentre, con la
ripartizione in due o pi unit, il tempo di funzionamento di ciasuna caldaia almeno dimezzato,
quindi la durata almeno doppia.
Considerata l'entit dei vantaggi in ordine di
grandezza comprensibile come mai il VDI (Germania) consigliasse gi diversi anni fa di sdoppiare
il carico a partire da 200.000 kCal/h e suddividere
in almeno tre unit le centrali di oltre 1.106 kcal/h.
Ovviamente l'esame critico del diagramma di

190
i

ssnr

IE

-fir

30

20

10

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Fig. 2 - Rendimento n di una centralo termica con due caldaie uguali in funzione del carico della stesso (cfr.
fig. 1).

162

10

20

30

50

60

70

SO

90

100

Fig. 3 - Rendimento n di una centrale termica con tre caldaie


uguali in funzione del carico della stessa {cfr. fig. 1).

Fig. 7 - Andamento giornaliero della temperatura esterna


(stilizzato).

Fig. 5 - Carico della centrale Pc in funzione del carico Pi


dell'impianto. Confronto ira caldaia unica e tre caldaie.

fig. 1 e derivati porterebbe a molte e interessanti


considerazioni sui criteri di progettazione e di proporzionamento degli impianti e delle centrali termiche, a seconda della destinazione degli edifici
serviti e delle condizioni di esercizio.
Questo tuttavia esula dal tema che ci siamo
proposti, mentre ci limitiamo a sviluppare la deduzione indiscutibile che conviene gi da potenze relativamente basse procedere ad una suddivisione della
potenza in pi unit.

La pratica della ripartizione.in pi unit generatrici di calore non una novit neppure per gli
impianti civili di riscaldamento.
Qualitativamente era dato per scontato che si
sarebbro'.dovuti ottenere rendimenti migliori.
Inoltre si otteneva, condizione in molti casi
obbligatoria, una maggiore sicurezza di esercizio,
in quanto una avaria ad una caldaia non avrebbe
messo fuori servizio l'intero impianto.
Alla luce delle considerazioni svolte si conclude
che il guadagno di rendimento notevole, mentre,
al tempo stesso, nella grande parte del periodi di
funzionamento, pur con un modesto sovradimensionamento della centrale, ripartendo in due unit
si ha in pratica una riserva del 100%.

183

Oggi la regolazione automatica degli impianti di


riscaldamento sta diventando la norma: sarebbe
un contro senso avere un'eccezione proprio nel
funzionamento della centrale con due o pi caldaie
in batteria.
La Societ cui appartiene l'Autore, ha sviluppalo
da tempo una gamma di soluzioni che si adattano
ad esigenze mollo differenti fra loro: dalle prestazioni che pu richiedere una modesta centrale ter.nica sotto le 5(10.00(1 kcal/h per servizio di riscaldamento di un condominio lino alle grandi centrali
di quartiere ohe alimentano anche utilizzalori misti
di natura diversa e con carico piuttosto variabile.
Caratteristica di questi automatismi {previsti per
caldaie a gas o ad olio combustibile) di mettere
in servizio o togliere tempestivamente una o
pi caldaie di soccorso a seconda (' -Ila richiesta,
in modo che siano sfruttate almeno per met della
loro potenza, evitando pendola/ioni nocive al buon
funzionamento dell'ini pian to.
A seconda delle esigenze sono slate adottale soluzioni leciucaiDi'iile valide ed economicamente compili ibili, idonee ;i rilevare il variare del carico termico.
Fra di esso si prevede solitamente:
semplice comando a mezzo di particolari termostati doppi Inseriti nella caldaia:
- - programmatori statici ad azione proporzionale
in funzione della temperatura di mandata;
inseritori a gradini comandali da un regolatore
proporzionale integrale in funzione della temperatura di mandala.
Sono inoltre previste varianti, come per l'intervento con precedenza di termostati esterni, per
precedenza a servizi e carichi privilegiali (per esempio produzione di acqua calda) per l'inserzione di
tulla la potenza per rispondere prontamente alla
richiesta del riscaldamento forzato.
Per le centrali di quartiere sono previste particolari soluzioni adalle ai tipi di caldaie previsti
per la produzione di acqua surriscaldata e al tipo
di rete cif distriluizone.
Con caldaie di potenza diversa e opportunamente sci-Ita possibile ottenere un numero di gradini
maggiore del numero delle caldaie, l casi pi comuni
sono quelli di due caldaie una doppia dell'altra,
con le quali si ottengono tre gradini, e quello di tre
caldaie, due uguali e di potenza doppia della terza,
con le quali si ottengono cinque gradini.
L'impiego di caldaie disuguali solitamente previsto quando la centrale di riscaldamento provvede
alla produzione di acqua calda per gli impianti
similari.

164

1 dispositivi di inserzione automatica in cascata


comprendono anche tutti quei rel ausiliari, temporizzatori, consensi e accorgimenti vari che occorrono
per un corretto funzionamento dell'impianto.
In modo particolare si assicura che sia garantita
la circolazione nelle caldaie in servizio e si pone
particolare attenzione al tipo di bruciatore usato
badando che il suo funzionamento si accordi con
il resto del sistema di automatismi.
Le caldaie fuori servizio oltre ad avere il bruciatore interdetto, devono anche essereintercettateidraulicamente: la chiusura della valvola di intercettazione avverr con un certo ritardo sullo spegnimento del bruciatore per evitare surriscaldamenti ed
utilizzare al tempo stesso il calore dell'acqua contenuta in caldaia.
In una centrale termica con inserzione automatica in cascata di due o pi caldaie da ritenersi
necessario anche il controllo automatico della tem' peratura di ritorno nelle caldaie, per proteggerle
dalla corrosione e dai tormenti termici.
Anche per questo scopo sono stali sviluppati
termoregolatori e schemi appositi: apparecchiature
queste le quali anzi cooperano al buon funzionamento ed alla slabilit dell'automatismo di cascata,
(li schemi elettrici delle apparecchiature che
costituiscono un automatismo di cascata sono meno
complicati di quanto solitamente si immagini.
E stalo inline elaborato un sistema a fogli combinabili che rende mollo agevole l'interpretazione
della regolazione stessa e l'esecuzione dell'impianto
e dei quadri.
La tecnica moderna permette di ottenere un funzionamento automatico degli impianti di riscaldamento civili, piccoli o grandi, realizzando al tempo
stesso il massimo risparmio e il miglior comfort.
Non soltanto possiamo mantenere costante la
temperatura pi confortevole per gli ambienti in
qualsiasi situazione climatica, ma anche graduare
la produzione di calore ripartita fra pi unit, con
il miglior rendimento e con la maggior sicurezza
di esercizio.
Le soluzioni accennate si prestano a risolvere i
casi pi semplici e i meno semplici. Nei primi si
assicura il minimo di funzionalit badando a contenere il costo, mentre negli impianti colosso
si possono usare regolazioni rallinate che permettono di raggiungere i massimi risultati quanto ad
economia e sicurezza.
Le diverse, utenze, radiatori, pannelli radianti,
termoventilazione, condizionamento, produzione di
acqua calda ed altre particolari, riceveranno nel
modo e nella misura richiesta l'energia termica
occorrente.

You might also like