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Sappiamo che la Vita di Antonio fu lopera grazie alla quale Gerolamo, durante il suo soggiorno a Treviri,
alla corte di Valentiniano, aveva scoperto lascetismo intorno al 367. Il movimento ascetico infatti aveva
conosciuto a Treviri uno sviluppo particolare, dal momento che vi era stato esiliato negli anni 335-337
Atanasio, autore appunto della Vita di Antonio che era stata tradotta in latino da Evagrio di Antiochia:
cf. Jrme, Trois vie de moines (Paul, Malchus, Hilarion), intr. par E.M. MORALES A. DE VOG, tr. par P.
LECLERC, notes de la tr. par E.M. MORALES P. LECLERC (SC 508), Paris 2007, p. 13.
2
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume I. Aux solitaires. Tome I Lettres 1-71, intr., texte
critique et notes par F. NEYT, P. DE ANGELIS-NOAH. Trad. par L. Regnault (SC 426), Paris 1997, 14-15.
3
Jrme, Trois vie de moines, cit., p. 20.
4
Girolamo parla di tre generi di monaci, cenobiti, anacoreti e remnuoth, che vivono insieme in due o tre,
pi raramente in numero maggiore, e sono idioritmici. Parte di quello che essi producono confluisce in un
fondo comune per provvedere al sostentamento e alcuni chiedono lelemosina per le strade (Lettera a
Eustochio 22.34). Secondo Ewa Wipszycka la spiegazione del termine remnuoth (e sarabaitae di Giovanni
Cassiano) fa difficolt, ma certo che si tratta di forme di ascetismo premonastico che continuano a
esistere anche dopo lo sviluppo di eremitismo e cenobitismo. La studiosa polacca ha inoltre dimostrato
che, se il milieu monastico dovette stigmatizzare i costumi dei vagantes, tale stigmatizzazione non
necessariamente fu propria dei semplici membri delle comunit cristiane: E. WIPSZYCKA, Les communauts
monastiques dans lEgypte byzantine, in Valeur et distance. Identits et socits en Egypte, Paris 2000, 75-77.
Che quello dei monaci vagantes fosse un problema disciplinare non da poco lo dimostra anche il canone 4
del Concilio di Calcedonia del 451, che stabilisce che i monaci di ogni citt devono essere soggetti al
164
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Qualche settimana pi tardi fu portata alla luce la sua grotta, e alcuni dei resti del sito di Umm elAmr furono identificati con quelli del primo monastero di Ilarione fatto distruggere, almeno
stando a Vita di Ilarione 23,6, da Giuliano quando divenne imperatore. Probabilmente il monastero
cui appartiene lo strato superiore a questo da datare al ritorno dei resti di Ilarione da Creta nel 372,
come anche lepigrafe.
Ilarione, nel 306-307, cominci a fare vita anacoretica a sette miglia da Gaza: mezzo secolo dopo
troviamo riunita attorno a lui una comunit cenobitica; egli poi, come si detto, in cerca della
, che diventa un vero e proprio identity marker del monachesimo successivo, si rec in
Egitto, in Siria, in Sicilia e in Dalmazia, per poi morire a Cipro nel 371. Integrando le varie fonti su
Ilarione, si possono fornire una serie di dati utili sui ritrovamenti monastici: in particolare, i resti
del monastero mostrano due poli architetturali affiancati, un complesso ecclesiastico a sud e i bagni
e un ospizio a nord. Il complesso ecclesiastico comprende le chiese, la cripta, lingresso e i portici, i
battisteri, una cappella, celle, il refettorio, una stradina interna e annessi come granai, cucine, latrine
etc. Per quanto riguarda bagni e ospizio, essi probabilmente continuarono ad essere in funzione
fino al periodo omayyade.
Sono stati individuati otto livelli, scaglionati tra la fine del IV secolo e let moderna: lo strato quinto
e sesto, datati tra IV e VI secolo, attestano la prosperit della comunit, testimoniata anche dai ricchi
mosaici delle chiese.
Fatta questa breve premessa volta a riproporre il dossier della storicit della figura di Ilarione, preciso
lo scopo del mio contributo: cercare di capire se possibile enucleare, nella Vita di Ilarione, alcuni
tratti che diventeranno tipici del monachesimo successivo, se possibile cio individuare una sorta
di definizione minima del monachesimo di Gaza, composta da temi e aspetti di lungo periodo
peculiari di esso. Se pensiamo infatti allenorme fortuna del modello performativo costituito dalla
Vita Antonii per il monachesimo egiziano in primis e per quello occidentale e orientale pi in
generale, non ci si pu non chiedere se quello che viene unanimemente considerato il fondatore del
monachesimo di Gaza veramente non abbia lasciato traccia nei posteri, monofisiti o calcedonesi
che essi fossero.
Anzitutto, tipica dellelaborazione che avviene nel monachesimo successivo a Ilarione e che
sembra per gi propria di Ilarione la tendenza verso forme di vita monastica capaci di
armonizzare fra loro ideale eremitico e ideale cenobitico: la troviamo nellorientamento monofisita,
e nella fattispecie con Pietro lIberico e Isaia di Gaza, monaco recluso attorno al quale si costituisce
una comunit di tipo cenobitico che egli dirige attraverso un discepolo (nel suo caso Pietro
lEgiziano), formula ripresa poi da Barsanufio e Giovanni.
Il training ascetico
Mi sembra interessante dunque confrontare la misura del monachesimo di Ilarione con altre, nella
fattispecie quelle che troviamo in Pacomio, in Isaia, in Barsanufio e Giovanni e nella Vita di
Dositeo.
Prima di illustrare i testi, credo sia opportuno delineare brevemente ci che larcheologo Hirschfeld,
recentemente scomparso, ha ricostruito a proposito della dieta dei monaci del deserto di Giuda,
integrando le fonti letterarie e i dati che emergono dagli scavi (presenza nei monasteri di forni,
frantoi e torchi etc.)8. La dieta dei monaci contemplava pane, vino e olio, verdure cotte o crude e
legumi (ammorbiditi in acqua), frutta e olive, ma anche fave, lupini, piselli, zucche, carrube, datteri,
8
Y. HIRSCHFELD, The Judean Desert Monasteries in the Byzantine Period, New Haven-London 1992, 69-93;
Id., The Importance of bread in the diet of monks in the Judean Desert, in Byzantion 66 (1996) 143-155.
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Dunque sembrano essere ammessi solo il pane e lacqua. In realt, come hanno dimostrato studi
recenti, la dieta nei monasteri pacomiani, nella fattispecie shenutiani, era assai pi varia10.
Nella Vita di Ilarione, al regime ascetico del santo sono dedicati i paragrafi 3-5: gi la Mohrmann ha
messo in evidenza la precisione minuziosa nel descrivere il regime ascetico di Ilarione, in cui
ravvede lacribia del filologo11.
Ilarione dunque dai 16 ai 20 anni mangia solo 15 fichi secchi dopo il tramonto del sole, e in 3,5 si
racconta che, in preda al demone della lussuria, si nutre di succo derbe e di pochi fichi secchi ogni
tre-quattro giorni (di Antonio si dice che mangia ogni due giorni e spesso ogni quattro), in 3,6 si
dice che intesse canestri di giunco al modo dei padri egiziani.
Interessante mi sembra laffermazione in 4,1, in cui si afferma che le dimensioni della cella sono tali
che essa sembra una tomba pi che una casa. Questa concezione della cella paragonata a un
cimitero mi sembra da mettere in evidenza, soprattutto alla luce del fatto che la cella il luogo in cui
si pratica l , termine che si ricollega forse al verbo hesthai, essere seduto, e che nella lingua
classica indica la pace, sia quella che segue la guerra, con il sostantivo eiren, sia anche la pace dei
cimiteri, della morte (il silenzio di tomba!). Dal momento che nella cella si pratica lesichia, il
nesso con le ridotte dimensioni della cella di Ilarione mi sembra voluto e questa accezione viene
recuperata appieno da Barsanufio, che nella lettera 141 risponde a un figlio spirituale che gli ha
chiesto un piccolo regalo: Fratello, Dio sa quello che serve. Hai chiesto di ricevere del pane dalla
mia debolezza e, a parte i tre pani fissati per la settimana, nulla di pi entra nel mio cimitero (
)12; la cella viene dunque chiamata cimitero. Nella lettera 142 Giovanni spiega
allo stesso fratello perch Barsanufio ha chiamato la cella cimitero: Perch ha trovato riposo da tutte
9
Pacomio e i suoi discepoli. Regole e scritti, a c. di L. CREMASCHI, Magnano (BI) 1988, p. 12.
B. LAYTON, Social Structure and food consumption in an early christian monastery: the evidente of Shenoutes
Canons and the white monastery Federation A.D. 385-465, in Le Muson 115, 1-2(2002) 25-54.
11
Vita di Martino. Vita di Ilarione. In memoria di Paola, intr. di C. MOHRMANN, testo crit. e comm. a c. di
A.A.R. BASTIAENSEN e J.W. SMIT, trad. di L. CANALI e C. MORESCHINI, Milano 1998, p. XLV.
12
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume I. Aux solitaires. Tome II. Lettres 71-223, intr., texte
critique et notes par F. NEYT, P. DE ANGELIS-NOAH, tr. par L. REGNAULT (SC 427), Paris 1997, 518-519;
Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, tr., intr. e note a cura di M.F.T. LOVATO e L. MORTARI, Roma
1991, p. 205.
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le passioni, morto infatti completamente al peccato, e la sua cella, nella quale sepolto come in una
tomba ( ) per il nome di Ges, un luogo di
riposo ( )13. Nella lettera 52 Barsanufio aveva definito la cella il luogo in cui il
monaco, facendosi morto a ogni altro uomo, pu trovare il riposo ()14, mentre nella
lettera 68 ammonisce il fratello Eutimio dicendogli Stattene seduto in cella come morto al
mondo15. Giovanni Climaco riprende questa concezione e in Scala 4, 93 afferma: Il luogo in cui
dimori sia per te una tomba prima della tomba16.
In 4,2 si dice che il santo si taglia i capelli una volta allanno, il giorno di Pasqua, e cambia la camicia
solo quando lacera e in 4,3 si precisa che egli pratica lesercizio della presenza di Dio, recitando la
Sacra Scrittura come se Dio fosse presente.
Dai 21 ai 27 anni, per tre anni mangia mezzo sestiario (cio un quarto di litro) di lenticchie
ammorbidite in acqua fredda, per altri tre anni pane secco con sale e acqua, dai 27 ai 30 anni si nutre
di erbe di campo e radici crude di certi virgulti (manouthion e Atlipex halimus?), dai 31 ai 35 anni
consuma sei once (centosessanta grammi) di pane dorzo e verdura poco cotta, senza olio, e a 35 anni
aggiunge a questo un po dolio, perch sente che la vista gli si sta abbassando e sente la pelle
inaridirsi come se fosse affetta da scabbia; vive fino a 63 anni senza gustare frutta, legumi o alimenti
simili. Dai 64 anni fino agli ottanta si astiene anche dal pane, nutrendosi di una zuppa di farina e di
verdura tritata che funge da cibo e bevanda e pesa cinque once. Egli mangia sempre dopo il
tramonto del sole, dunque tecnicamente pratica il digiuno.
Si notato che Girolamo, pur vivendo a Betlemme quando scrive la Vita, e cio nella pi grande
concentrazione religiosa urbana della Palestina, vicino alle laure del deserto di Giuda, non fa
allusione alcuna a queste realt17. Penso per che, proprio nella precisione con cui si riferisce alle
vivande, che spesso possiamo ricondurre a quelle individuate da Hirschfeld, pi che lacribia del
filologo si possa ravvisare un riferimento alle realt monastiche lauritiche.
Possiamo ora gettare uno sguardo alla dieta dei monaci di Gaza. Isaia di Gaza in Ascetikon, Logos 4,
fornisce la cosiddetta regola aurea, esortando a smettere di mangiare prima di aver raggiunto la
saziet:
Quando pratichi lesichia nella tua cella, mangia con misura e da al tuo corpo il necessario, perch ti
supporti quando tu svolgi le tue attivit []. Non mangiare nulla per piacere. []. E quando tu devi
uscire per una visita, sia a un fratello sia a un cenobio, non dare al tuo corpo tutto ci che trovi di
piacevole fino a saziarlo, perch poi non voglia subito rientrare in cella e non si tradisca. [] Mangia
una sola volta al giorno e da al tuo corpo il necessario. Veglia con misura e non privare il tuo corpo del
necessario []. La met della notte sufficiente per compiere lufficio, mentre laltra met per il
riposo del corpo18.
13
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume I. Aux solitaires. Tome II, pp. 520-521; Barsanufio e
Giovanni di Gaza, Epistolario, p. 206.
14
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume I. Aux solitaires. Tome I, pp. 268-269; Barsanufio e
Giovanni di Gaza, Epistolario, p. 119.
15
Ibid., 330-331; trad. cit., 142 (lettera 69 nella tr. it.).
16
Giovanni Climaco, La scala del Paradiso, intr., tr. e note di R. M. PARRINELLO, Milano 2007, p. 264.
17
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume I. Aux solitaires. Tome I, p. 15.
18
Testo greco in
.
.
1911. . ,
168
Giovanni, nella lettera 146, cos esorta: Riguardo al sonno notturno, prega due ore dalla sera,
calcolandole dal tramonto del sole: e dopo aver glorificato Dio dormi sei ore; poi alzati per la veglia e
fa le altre quattro ore. Altrettanto destate, solo abbreviando nellestate e con pochi salmi, per la
brevit delle notti21. Sempre Giovanni nella lettera 155 si richiama alla tradizione degli Anziani:
Essere temperanti alzarsi da tavola un po meno che sazi, come gli anziani hanno prescritto ai
novizi 22 e nelle lettere 156-157 cos si pronuncia:
I padri dicono, quanto alla misura della temperanza, che, sia per il mangiare sia per il bere, bisogna
restare un po al di sotto, cio non avere mai pieno il ventre. Bisogna calcolare la quantit dei cibi cotti
e del vino: dinverno non si beve molto, e in proporzione a questo bisogna stare un po al di sotto (
), e ugualmente nel mangiare. [] Da tutta la quantit di pane e companatico o legumi e
frutta, dico di sottrarre fino a circa unoncia. Quanto al vino e allacqua, circa mezza tazza da
entrambi. E se fai forza su te stesso e non ti affatichi, bene bere una sola volta al giorno e, se non
possibile, anche due; ogni volta per un po al di sotto della misura. Nelle agitazioni e nelle lotte dei
pensieri, bisogna sottrarre dal consueto un po al di sotto della misura, cio unoncia dal mangiare e
mezza tazza dal bere, sicch in tutto il cibo sia ridotto a circa due once e il bere circa a una tazza []
Di tutta la quantit, intendo dire, di pane e companatico, o di legumi o di frutta, dallesperienza di
tutti i giorni possibile imparare che cosa riceve il corpo di cibo o bevanda. Ad esempio, uno beve tre
tazze al giorno e mangia una libbra di pane; se vede che il corpo pretende pi di tre tazze senza
motivo, o a causa di un affaticamento eccessivo o per aver mangiato cibi salati, questa una
tentazione. Se non c tentazione, si asterr da mezza tazza su tre e ugualmente per il cibo, da unoncia
su una libbra23.
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fatto tutto il suo possibile per non mangiare di pi. Se veglia ogni giorno dalla mezzanotte, e per la
fatica dorme unora di pi, ha fatto tutto il possibile. [] Il fare secondo la possibilit quel restare
un po ( ) al di sotto, sia di nutrimento che di sonno. Se poi mi chiedi qual la misura del
sonno, i padri hanno stabilito la met della notte. Quanto alla misura del cibo, che uno si senta
sempre desideroso di prenderne ancora un po24.
Anche sul sonno, i due Anziani hanno dato indicazioni precise, dal momento che Giovanni
raccomanda sei ore di sonno a partire da due ore dopo il tramonto, mentre Barsanufio indica pi
genericamente la met della notte (Cassiano raccomanda tra le tre e le quattro ore di sonno).
Mi sembra interessante inoltre che la misura del poco possa valere come criterio guida anche nella
misura di ci che i laici del mondo devono donare ai poveri: cos nella lettera 635, in risposta al
quesito di quanto bisogna dare ai poveri che passano per le case, Giovanni risponde: Ci che trova
la tua mano: sia un bocconcino di pane, sia un po di vino schietto, sia due sesterzi, sia una
monetina: soltanto offri di buon cuore, secondo il timore di Dio26.
Nella Vita di Dositeo, la prima vita di un santo cenobita, composta verosimilmente nel cenobio di
Doroteo, o comunque da un monaco informato direttamente da lui, Doroteo sottopone il giovane
a un training ascetico e gli dice: Mangia fin che sei sazio, fammi sapere soltanto quanto mangi.
Dositeo comincia con il mangiare un pane e mezzo, cio circa quattro libbre (2 chili), poi un pane
e tre quarti della met, ma gli rimane un po di fame; continua con questa quantit per qualche
giorno; Doroteo gli riduce dunque la quantit a un pane e due quarti della met e poi un quarto,
fino a passare da sei libbre a otto once, cio 218 grammi 27.
Ancora, Giovanni Climaco, Scala del Paradiso 2,13, cos afferma: Ti indicheranno la via stretta la
mortificazione del ventre, la veglia notturna, la moderazione nel bere acqua, la scarsit di pane28.
I monaci fanno un solo pasto, intorno allora nona, cio alle tre del pomeriggio (Ilarione invece
mangia dopo il tramonto del sole, come Antonio): significativo al proposito un apoftegma,
tramandato dalla collezione etiopica, in cui un anziano dice: Se un uomo mangia una volta al
giorno, un monaco; se mangia due volte al giorno, un uomo carnale, e se mangia tre volte al
giorno, una bestia29. Tipico dellinsegnamento della scuola monastica di Gaza, ma anche di
Basilio, di sottolineare che occorre una certa flessibilit nellassegnare ai monaci il ritmo di vita,
tenendo in considerazione le caratteristiche e le peculiarit di ciascuno, come fa ad esempio
24
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Pratiche come quelle della divinazione, e dunque in un certo senso concorrenziali con pratiche
tipicamente monastiche come quella del discernimento, furono duramente condannate dalla
legislazione imperiale, e con Giustiniano la magia venne condannata come tale, indipendentemente
dagli effetti che poteva avere35. Nellultima lettera, alla domanda: Dal momento che il ricorso a un
indovino () estraneo a Dio, se una volta vedo qualcuno andarci, devo dirgli di non andare?,
Giovanni risponde:
Se egli un tuo amico in Cristo, tu devi dirgli: Fratello, danneggi la tua anima e fai adirare Dio che
proibisce questa pratica. E se egli non accetta le tue parole, se la vedr lui. Ma se uno che incontri
per caso, non un tuo compito, a meno che egli non ti interroghi al proposito: allora devi dirgli la
verit e, se non gliela dici, incorri nella condanna36.
Dunque il vir Dei trova una forte concorrenza nelle pratiche magiche: ad amuleti e unguenti egli
contrappone acqua e olio benedetto e altre eulogie, alle formule e ai gesti dei maghi il segno della
croce e le preghiere, proprio come Ilarione.
Ancora, per quanto riguarda la tipologia dei miracoli di Ilarione, essi sono sostanzialmente
guarigioni ed esorcismi, secondo il modello neotestamentario, ma non vi sono miracoli di
risurrezione. Questa dimensione di understatement dal punto di vista miracolistico tipica del
monachesimo calcedonense: se guardiamo alla Vita di Dositeo, lunico miracolo di cui si parla
quello di Doroteo che, pur essendo ancora egli stesso un discepolo, riusc a guidare molto
rapidamente il giovane Dositeo lungo la strada che conduce a Dio. Anche nellEpistolario di
Barsanufio e Giovanni di Gaza non vi sono miracoli di risurrezione, ma ve ne sono di guarigione e,
nelle lettere 220-223 in cui si parla della morte di Dositeo, emerge una certa facolt di controllo sulla
morte stessa. Non troviamo dunque il ricorso a miracolo eclatanti, ma a quelli che riguardano il
dominio sulla materia.
Un discorso a parte merita lepisodio narrato in 29,3, in cui si pone laccento sulla gestualit in un
miracolo che il santo opera a Epidauro, citt della Dalmazia (odierna Dubrovnik), in cui egli
verisimilmente non potrebbe farsi comprendere mediante la parola infatti il luogo in cui, per
xeniteia, si reca per stare in mezzo a popolazioni che parlano una lingua diversa dalla sua , ed
lunico miracolo in cui il santo non proferisce verbo. La citt corre il rischio di essere spazzata via da
un vero e proprio tsunami tardo-antico (Giuliano appena morto, e un terremoto sta causando
disastri e cataclismi) e Ilarione traccia tre segni di croce sulla sabbia e tende le mani davanti ai flutti
(in Vita di Antonio 80,4 Antonio fa due o tre volte il segno della croce sui malati per risanarli). In
questo caso non ci troviamo di fronte a quella locutio per signa che Pacomio o Cassiano
raccomandano per non rompere il silenzio, bens a un gesto che da un lato permette al santo di
dominare la materia, dallaltro di comunicare il miracolo: ma anche in questo caso, come nel caso
della comunicazione gestuale attraverso il corpo, ci che conta che gli spettatori vedano pi che
udire37. Barsanufio sembra condannare nella lettera 40 il linguaggio dei segni e in generale i modi di
comunicazione criptici ed enigmatici, perch i segni () non sono per i fedeli ma per gli
infedeli 38, anche se poi in realt afferma nella lettera 136 che il ricorso agli enigmi pu essere in taluni
35
B. BIONDI, Il diritto romano cristiano. I. Orientamento religioso della legislazione, Milano 1952, p. 277.
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance, ed. cit., III, 198-199; trad. cit., 556-557.
37
A. DHAENENS, Quotidianit e contesto. Per un modello di interpretazione della realt monastica medievale
nei secoli XI e XII, in Monachesimo e ordini religiosi nel Medioevo subalpino, Torino 1986, 17-56, in particolare 3840.
38
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance Volume I. Aux solitaires. Tome I, cit., pp. 242-243; Barsanufio
e Giovanni di Gaza, Epistolario, cit., pp. 109-110.
36
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La riflessione sulla centrale in Barsanufio e Giovanni di Gaza: essa sia la cattiva noncuranza, dunque una forma di negligenza (Lettera 216), che spesso si traduce nella rilassatezza nei
confronti del compito spirituale o materiale da eseguire (Lettera 149), sia la virt che scaccia le
preoccupazioni inutili, cio quelle nei confronti dei familiari (Lettera 571), per il proprio
sostentamento (Lettere 254, 257, 572, 595), per i beni (Lettere 252, 315, 326), per la propria salute
(Lettere 508, 532), preoccupazione di cui bisogna liberarsi (Lettera 259). Quella dellassenza di
preoccupazioni una virt che, secondo i due abba di Gaza, si pu acquisire mediante lobbedienza
al padre spirituale (Lettera 39), lumilt (quindi attraverso il troncamento della volont propria:
Lettera 330) e laccettazione delle prove (Lettera 2).
In 18,8 si mette in evidenza il carisma della discretio spirituum esercitato dal santo attraverso lolfatto:
il vecchio Ilarione aveva questo carisma, di congetturare dallodore dei corpi e delle vesti e delle cose
che uno aveva toccato, di quale vizio e di quale demone costui fosse schiavo42.
Il modello sicuramente Vita di Antonio 63,1-3, in cui troviamo il motivo del fetore diffuso dallo
spirito malvagio ed Evagrio Pontico parla proprio del carisma che consiste nel discernere il fetore43.
Dunque si collega la discretio del santo con luso del senso dellolfatto: probabilmente qui sottintesa
la dottrina dei sensi spirituali di marca origeniana. In Origene, infatti, le espressioni semi-figurative,
semi-reali come gli occhi del cuore, toccare Cristo, ecc. si trovano integrate in un sistema
completo di cinque strumenti di percezione spirituale per le realt soprasensibili44. Questo tema dei
cinque sensi tratto da espressioni scritturali figurate o allegorizzate (e probabilmente anche da
immagini platoniche), ed esprime lo stato dello spirituale arrivato alla virt suprema, la sapienza45.
Per lalessandrino i sensi spirituali sono dati al credente con la grazia della fede e del battesimo e sono
39
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume I. Aux solitaires. Tome II, cit., pp. 554-555;
Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, cit., pp. 494-499.
40
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume II. Aux cnobites. Tome II. Lettres 399-616, intr.,
texte critique et notes par F. NEYT, P. DE ANGELIS-NOAH. Trad. par L. REGNAULT (SC 451), Paris 2001,
514-515; Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, cit., pp. 384-385.
41
Jrme, Trois vie de moines, cit., p. 262 (testo critico); tr. it. Vita di Martino. Vita di Ilarione. In memoria
di Paola, cit., p. 113.
42
Ibid., p. 264 (testo critico); tr. cit., p. 115.
43
Evagrio Pontico, Capitoli gnostici 5,78: cf. Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio. Antonio abate,
Detti-Lettere, a c. di L. CREMASCHI, Milano 1995, p. 185, n. 137.
44
K. RAHNER, Le dbut dune doctrine des cinq sens spirituels chez Origne, in Revue dAsctique et mystique
13 (1932) 113-145: qui p. 114.
45
H. CROUZEL, Origene, Roma 1985, 186.
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lespressione metaforica dellattivit di questa grazia nel dominio della conoscenza di Dio; tuttavia
lesercizio di essi presuppone la purificazione dellanima e l . Chi esercita i cinque sensi
spirituali infatti solo il , il perfetto, colui che ha compiuto il cammino di perfezione46.
Il carisma del discernimento degli spiriti centrale nella tradizione monastica e ha alle spalle una
lunga tradizione: da un lato quella pagana, nella quale la ha unaccezione
tecnica47, dallaltro quella pi propriamente cristiana48.
Nella Vita di Antonio scritta da Atanasio emerge chiaramente che la un dono divino, e
non il frutto di una tecnica, e permette di distinguere facilmente la presenza degli spiriti buoni e di
quelli malvagi: infatti la visione dei santi non causa turbamento, giunge con calma e porta
nellanima gioia e coraggio. Gli spiriti malvagi portano invece timore e turbamento allanima. Nella
prima Lettera, inoltre, Antonio afferma che il discernimento la capacit del cuore di distinguere i
bisogni dellanima da quelli del corpo49.
Anche Pacomio (almeno stando alla Vita graeca I,87), dotato del discernimento degli spiriti, ed
dunque in grado di riconoscere gli spiriti cattivi e quelli santi: il discernimento diventa un nuovo
organo di perfezione, che permette di purificare la visione.
Per quanto riguarda la tradizione apoftegmatica, unintera sezione della Collezione Sistematica, la
decima, dedicata proprio al discernimento. Tuttavia, negli Apoftegmi manca una trattazione del
discernimento in senso tecnico: in Poemen 35 esso citato, insieme con la vigilanza e la cura di s,
come virt guida dellanima; in Agatone 5 lo strumento per individuare leresia. Palladio dedica il
capitolo 38 della sua Storia lausiaca a Evagrio: nella sua prospettiva il discernimento degli spiriti un
carisma che Evagrio riceve, insieme con quelli della conoscenza e della sapienza, dopo 15 anni
trascorsi in una grande ascesi che gli permette di purificare la mente. Nella Storia dei monaci in
Egitto 20, una parte dedicata sempre a Evagrio, si istituisce un collegamento tra lesperienza e la
discretio, mentre nel capitolo 15 si afferma chiaramente che il maestro a trasmettere questo carisma,
spesso anche attraverso leredit della propria cella.
Per Isaia di Gaza il discernimento un carisma, frutto dellesercizio delle virt, ed egli spiega anche
in che cosa consista il discernimento dei pensieri, mostrando al contempo come esso sia al centro
del suo insegnamento e del percorso di perfezione del monaco:
Domina dunque il tuo cuore sorvegliando i tuoi sensi: se hai la memoria in pace, catturerai i ladroni
che la saccheggiano. Infatti colui che esamina con acribia i pensieri sa che essi vogliono entrare in lui
46
Mi permetto di rinviare al mio Da Origene a Simeone il Nuovo Teologo: la dottrina dei sensi spirituali, in
L. PERRONE (ed.), Origeniana Octava. Origen and the alexandrian Tradition. Origene e la tradizione
alessandrina. Papers of the 8th International Origen Congress, Pisa, 27-31 August 2001, in collaboration
with P. Bernardini and D. Marchini , Leuven 2003, vol. II, pp. 1123-1130; cf. la voce di P. BETTIOLO, Sensi
spirituali in A. MONACI CASTAGNO (ed.), Origene. Dizionario. La cultura, il pensiero, le opere, Roma 2000,
443-444 e la messa a punto di E. CATTANEO, La dottrina dei sensi spirituali in Origene: nuovi apporti, in
Adamantius 11 (2005) 101-113.
47
Il colui che sa distinguere il vino buono da quello cattivo, colui che sa
ben interpretare i sogni, larchitetto che sa sfruttare gli elementi atmosferici nella progettazione degli
edifici, il teurgo che sa distinguere tra le apparizioni degli di e quelle dei demoni (cf. Giamblico, I
misteri dEgitto 2,3).
48
Cf. Giovanni Climaco, La scala del Paradiso, pp. 130-140; G. THRRIEN, Le discernement dans les crits
pauliniens, Paris 1973, p. 33; cf. anche M. RUIZ JURADO, Il discernimento spirituale. Teologia, storia, pratica,
Cinisello Balsamo 1997.
49
Cf. Vita di Antonio 35,4-37,3 e Lettera 1,2.
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ADAMANTIUS 16 (2010)
del paese in cui arriva, estraniandosi dal contesto di partenza, che spesso quello da cui rifugge per
cercare la solitudine della contemplazione (secondo linterpretazione di questa pratica monastica in
Barsanufio)55.
In Isaia di Gaza ritroviamo questo ideale come componente essenziale dellagone ascetico: Se ti sei
fatto straniero per Dio, non mescolarti con le persone del luogo, perch sarebbe quasi meglio per te
allora restare piuttosto con i tuoi parenti secondo la carne56. La dunque il primo stadio
del combattimento spirituale e prepara all , limpassibilit:
Il primo combattimento vivere da straniero, soprattutto se, fuggendo solo, abbandoni ci che tuo
e te ne vai in un altro luogo, munito di una fede perfetta, della speranza, e di un cuore saldo contro le
tue volont []. Infatti non ti sei fatto straniero per nulla, ma per prepararti e dedicarti a combattere
i nemici, per saper respingere ognuno quando si presenta, fino a quando, dopo aver ottenuto il riposo
dellimpassibilit, tu sia liberato, poich hai vinto ciascuno combattendo a tempo debito57.
Anche Pietro lIberico, amico e alleato di Isaia nella propaganda monofisita, almeno stando alle
fonti, nella Vita di Pietro lIberico scritta da Giovanni Rufo viene presentato come un campione
della (aksenaiutha in siriaco), per la quale rifiut di ritornare nel suo monastero tra Gaza e
Maiuma per trascorrere i suoi ultimi giorni tranquillo (Vita di Pietro lIberico 20-22). Egli infatti,
considerando lattaccamento al monastero figlio dellattaccamento al mondo, volle finire la sua vita
come straniero a questo mondo e ricevere la corona della 58.
Per quanto riguarda lEpistolario di Barsanufio e Giovanni, la pratica della oggetto di
riflessione. Nella Lettera 49 Barsanufio afferma:
Io ti ho scritto dallalfa allomega; da ci che riguarda la condizione di un novizio fino alla sua crescita
completa; dallinizio della via fino al suo termine; dallo svestirsi delluomo vecchio con le sue passioni
fino al rivestirsi delluomo nuovo creato secondo Dio; dal divenire straniero alla terra sensibile e
diventare cittadino del cielo ed erede della terra spirituale delle promesse59.
Centrale la Lettera 55 ( la lettera in cui un monaco egiziano scrive a Barsanufio in copto pensando
di instaurare cos un rapporto privilegiato con lui, e Barsanufio gli ribadisce che egli comunica solo
in greco, perch se apro a te devo farlo con tutti): Fratello, noi siamo stranieri, viviamo da
stranieri, non misuriamo noi stessi in nulla, e nessuno far alcun conto di noi, e saremo in pace60.
Al termine di questo rapido confronto tra il monachesimo fondato da Ilarione e quello successivo,
ho cercato di pormi il problema delle caratteristiche identitarie del monachesimo di Gaza, di ci
che lo costituisce storicamente sul lungo periodo e lo differenzia da altre forme monastiche: ad
esempio laccento posto sulla , che non ritroviamo nellesperienza del monachesimo di
55
A. GUILLAUMONT, Le dpaysement comme forme dascse, dans le monachisme ancien, in Id., Aux origines du
monachisme chrtien. Pour une phnomenologie du monachisme, Bgrolles-en-Mauges 1979, 89-116; cf. anche
Giovanni Climaco, La scala del Paradiso, cit., pp. 72-75.
56
Discorso 4: testo greco in , cit., p. 49; tr. it.,
leggermente modificata, in Isaia di Gaza, Ascetikn, p. 16.
57
Discorso 17: ed. cit., p. 112; tr. cit., leggermente modificata, p. 87.
58
B. BITTON-ASHKELONY-A. KOFSKY (eds.), The Monastic School of Gaza, Brill, Leiden-Boston 2006, pp. 62-64.
59
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume I. Aux solitaires. Tome I, cit., pp. 262-265;
Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, cit., p. 117.
60
Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance. Volume I. Aux solitaires. Tome I, cit., pp. 272-275;
Barsanufio e Giovanni di Gaza, Epistolario, cit., pp. 120-121.
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