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EROSFERA
NOUVELLES DE LEROSPHERE
1975
genere: erotico
TRAMA
Un uomo coinvolto in una sconvolgente avventura con le discendenti delle
mitiche Amazzoni; gli abitanti di un remoto pianeta che scoprono
lesistenza del sesso; una fanciulla trascinata nellharem di un principe
arabo; due adolescenti che spiano le solitarie masturbazioni di una donna;
una ragazza che si batte sulle barricate per lamore libero... tante storie
diverse che hanno per un unico e costante protagonista: lEros, nella sua
piena e felice esplicazione. Un libro che riconferma lArsan, autrice di
Emmanuelle, lAntivergine, I figli di Emmanuelle, come una delle migliori
scrittrici nel campo della letteratura erotica.
FINE TRAMA
NOTA
Emmanuelle Arsan, pseudonimo di Maryat Kasa-sendh (Bangkok 1938),
di nazionalit francese, ha ormai un posto riconosciuto nella storia della
letteratura grazie al successo che hanno ottenuto i suoi romanzi
Emmanuelle (1967), L'antivergine (1975); I figli di Emmanuelle (1975) e
Erosfera (1975), tutti pubblicati da Bompiani. Erosfera, apparso in Italia
nel 1980, conferma il successo dei precedenti libri dell'Arsan, e si pone
sulla scia del primo romanzo, Emmanuelle, da cui stato tratto l'omonimo
film che ottenne uno strepitoso successo in tutto il'mondo.
Il tema che fa da sfondo a tutti i libri della scrittrice francese, come
testimonia anche Erosfera, giocato sul doppio binario dei "Racconti
incredibili" e dei "Racconti veri", la ricerca della pienezza e della felicit
sessuale: ne protagonista un tipo di donna che rifugge dal ruolo di
amante passiva, affidatole tradizionalmente da una societ e da una cultura
di stampo maschilista, e assume decisamente l'iniziativa. Proprio questa
inversione di tendenza, che vede l'uomo giocare un ruolo di spettatore, fino
a diventare quasi uno strumento di piacere nelle mani della donna,
l'elemento di maggiore novit dei romanzi dell'Arsan, che ebbero
l'indiscutibile merito di mettere in discussione vecchi tab sessuali
sull'onda della generale rivoluzione dei costumi che segn gli anni '70.
RACCONTI INCREDIBILI
AMAZZONOGENESI
Bastava la nebbia a spiegare il fatto che io solo avessi preso quell'aereo,
quella sera?
Ho rivolto questa stessa domanda alla hostess, in cima alla scaletta
dell'aereo. Ella non mi ha risposto, mi ha semplicemente invitato, con
laconica fermezza, ad accomodarmi al posto che avessi scelto. Per
prenderla in parola stavo per dilungarmi in una valutazione puntigliosa dei
vantaggi relativi che ognuno dei cinquanta posti vuoti avrebbe potuto
offrirmi, ma vi ho rinunciato, e non tanto perch cos mi suggeriva il
buonsenso, quanto per semplice stanchezza: la giornata era stata
sufficientemente faticosa.
L'intervallo di tempo tra il momento in cui il meccanismo automatico ha
rialzato e chiuso la porta e quello in cui i motori si sono messi in moto mi
sembrato insolitamente lungo. Senza dubbio l'equipaggio si stava
informando delle condizioni meteorologiche (cattive, gi lo sapeva). In
tutto quel tempo non ho fatto che aspettare che qualcuno venisse ad
avvisarmi che il volo era stato annullato. Il pensiero di dover rifare la
strada che collega laeroporto alla citt, di dover cercare un treno, mezzo
di trasporto che detesto, e trascorrervi una nottata probabilmente scomoda
mi ha tenuto in apprensione finch la voce della hostess ha finalmente
annunciato limminente decollo: in tre lingue, per restare fedele alle
normali abitudini, anche se, in quelle circostanze, avrebbe potuto farne
comodamente a meno.
Adesso stiamo volando: abbastanza in alto, immagino, perch i venti e le
nebbie della terra non ci disturbino. Potrei sporgermi verso l'obl e
distrarmi nella contemplazione delle stelle, ma a che servirebbe? Gi la
mia tranquillit non viene turbata da alcuna scossa, da alcuno scricchiolio
inquietante. In un'ora, forse anche meno, sar arrivato.
Il personale di bordo si probabilmente fatta un'idea errata del mio stato
d'animo, perch un uomo esce dalla cabina di pilotaggio per assicurarmi
che il cattivo tempo non pu durare: per il momento la visibilit
all'aeroporto d'arrivo e nulla, ma il comandante spera che, quando saremo
sopra la pista, sia diventata sufficiente a permetterci di atterrare. Queste
affermazioni, a dir la verit, mi stupiscono e mi sconcertano, perch non
mi sembra serio, a cos poca distanza dal punto di destinazione, che un
tecnico responsabile faccia affidamento su un improvviso miglioramento
della situazione. Non mi trattengo dal farlo notare ad alta voce, ma il mio
informatore replica con alcune battute scherzose che non hanno alcun
rapporto con largomento. La sua conversazione mi infastidisce e non sono
scontento quando la hostess vi mette fine portandomi un vassoio con
alcuni dolci e il t.
Tendo le mani per aiutarla, ma questo gesto sembra dispiacerle. Aggrotta le
sopracciglia, stringe le labbra, allontana con una mano il vassoio, mentre
con l'altra, affrontando quelle difficolt che io volevo appunto risparmiarle,
fissa un tavolino mobile allo schienale della poltrona situata davanti a me.
Vi appoggia poi con cautela il suo carico, verifica che tutto sia in ordine,
sempre senza aprir bocca, lacera la bustina di materia plastica trasparente
che proteggeva cucchiaio, forchetta e coltello, appoggia queste posate a
fianco del piatto, apre un sacchetto di zucchero, ne versa il contenuto nella
tazza, senza preoccuparsi di sapere se tali proporzioni mi convengono,
aggiunge del latte, poi, con mia crescente sorpresa, dispone sulle mie
ginocchia un tovagliolo di carta, mi esamina ancora, come per convincersi
che non resta altro da fare, e mi lascia solo quando la mia espressione le
conferma che sono realmente soddisfatto delle sue attenzioni.
Non ho fatto in tempo ad assaggiare un dolce che gi ella ritorna e lo
rimpiazza con un altro. Protesto che non ho fame, ma rimpiango subito di
aver pronunciato tali parole, perch noto immediatamente la sua
irritazione. Mangio perci tutto ci che mi porta, bevo tutto il t che vuole.
Non trovo alcuna impressione di cui farla partecipe, n lei, d'altronde, mi
sembra veramente desiderosa che io le parli. Mi rendo conto che,
sottomettendomi di buon grado ai suoi servizi, riesco sufficientemente a
soddisfarla.
Non voglio, certo, farle credere che sono in caccia di un'avventura.
D'altronde non accordo il minimo credito alle leggende. Il fatto che le
impiegate delle compagnie aeree siano in generale pi giovani e pi belle
della media dei viaggiatori pu spiegare, a rigor di logica, perch questi
ultimi si eccitano: si pu scusarli se credono alla realt dei loro sogni. Da
parte mia, non ho alcun merito se mi tengo alla larga da questi giochi di
societ: tutto quello che finzione mi irrita.
Lora trascorsa. Stavolta mi permetto di avvicinarmi alla paratia e tento
di riconoscere le segnalazioni luminose. Non vedo niente. Tuttavia il
crepitio dellaltoparlante mi fa presagire che stiano per darmi notizie
sullatterraggio. Lhostess far ancora sfoggio della sua concisione
poliglotta? Infatti, parla dapprima in italiano. La pista, dichiara,
inutilizzabile, a causa della nebbia. Lufficiale di bordo dispiaciuto per le
modifiche che questo contrattempo potr apportare ai progetti dei
derisione.
Tuttavia, poich non ho alcun mezzo per sottrarmi ai capricci dell'autista,
tanto vale, senza dubbio, che mi adatti al suo ritmo e dia prova di
cooperazione. Mi rassegno dunque a scendere, entro nell'osteria dove un
vecchio, rannicchiato su una sedia, contempla il vuoto. La mia guida, con
i gomiti appoggiati al bancone, mastica pesantemente. Con il mento mi
indica un sandwich, simile al suo, che mi aspetta, appoggiato direttamente
sulla lastra di zinco del banco, tra due bicchieri di vino.
Mangiamo fianco a fianco, senza parlare. I dolci che la hostess mi ha
costretto a mangiare mi hanno tolto l'appetito. Questa fermata inutile ed
esasperante dura allincirca una mezzora. Quando riprendiamo il
cammino mi siedo accanto all'autista e mi arrischio a domandargli:
Quando arriveremo ?
So in anticipo che egli metter di mezzo la nebbia per evitare di
impegnarsi in una risposta precisa, e le mie previsioni si avverano
esattamente. Il calore che mi ha infuso il vino mi aiuta tuttavia a dar prova
di tolleranza. Forse, dopo tutto, ha avuto ragione a obbligarmi a riprendere
le mie forze.
Passiamo attraverso zone meno opache, dove riesco a distinguere alcune
case. Costruzioni prive di alcun carattere, come in tutti i villaggi del
mondo: muri piatti dall'aspetto stretto, pelosit ripugnante dei cavi elettrici.
La strada ha un andamento serpeggiante. Non esiste da queste parti
un'autostrada? Non ancora terminata, mi informa il mio compagno.
Questo scambio di parole ci basta, per circa un'ora.
Trascorso questo tempo, gli rivolgo di nuovo una domanda disincantata:
Quanti chilometri crede che ci restino da fare?
Uno, sogghigna l'altro.
Lo spazio intorno a noi tornato di nuovo imperscrutabile: tutto ci che
riesco a indovinare che avanziamo ormai lungo un rettilineo. Una nuova
zona di luminosit lattiginosa ci appare e ci fermiamo. Lautista si alza e
scende dal pullman. Incerto, lo seguo fino alla parte posteriore
dellautomezzo. Egli estrae una chiave, la introduce nella serratura del
rimorchio, alza lo sportello e mi porge il mio bagaglio.
Lei arrivato, esclama.
Dove?
Non conosce la citt?
S. Ma non vedo niente.
Eppure qui.
Ride senza traccia di simpatia, borbotta una frase che non afferro, mi gira
Devo aspettare qui il ritorno dei battellieri? Ma, se non tornano prima
dellalba?
Inciampo in un corpo addormentato, avvolto in una coperta e sdraiato
direttamente sulla banchina, nel freddo umido. Non sapevo che a Venezia
ci fossero mendicanti.
Costui d prova di un sorprendente buonumore, mentre si mette a sedere e
si stropiccia gli occhi. Parla con un tale accento che devo fargli ripetere
numerose volte quello che dice. Ma si tratta soltanto di considerazioni sul
cattivo tempo. Assumo un atteggiamento amichevole per far s che mi
faccia da guida. Ma egli soltanto il guardiano del luogo. E dai suoi
discorsi riesco a capire, concentrando la mia attenzione, che questa notte
nessuna barca a motore circoler, qualunque sia il prezzo che io posso
offrire, perch non si mai vista una nebbia simile.
Trover, comunque, una gondola.
Neppure in sogno!
Allora, un abusivo.
Avrebbe paura anche lui.
Mi ribello:
Voi battellieri conoscete tanto bene le calli da farvi evoluzioni a occhi
chiusi. E non ci sono segnalazioni luminose, ai passaggi pi pericolosi?
La conversazione piace al vecchio e vi contribuisce con talento. Mi traccia
un quadro storico della navigazione locale, afferma che ai tempi della sua
giovinezza i trasporti erano migliori di oggi: non era ancora venuta la
gente della terraferma a cacciare il naso dovunque...
Non mi resta dunque altro da fare che raggiungere l'albergo a piedi. L'ho
gi fatto una volta, qualche mese fa. Ma quella volta l'avevo fatto, vero,
perch un veneziano voleva farmi provare il piacre di una passeggiata
senza fretta al sole d'autunno, tra quegli antichi muri. E quel giorno non
avevo valigie da portare. Tuttavia, anche tenendo conto dei momenti
d'esitazione in cui mi sarei trovato, qua o l?, per decidere da solo il
cammino da seguire nella notte e degli errori probabili che l'avrebbero
allungato, arriver alla mia meta!
Un attimo dopo, mi pento di non aver pensato a chiedere a quel brav'uomo
di guidarmi e di farmi da facchino. Per, forse, avrebbe rifiutato di lasciare
il suo posto. In ogni modo, ormai troppo tardi perch ritorni sui miei
passi: non sono sicuro di saper tornare senza tentennamenti e perdite di
tempo all'imbarcadero dove abbiamo scambiato quattro chiacchiere. Se ci
si azzarda a deviare, anche solo di una strada, nel labirinto di Venezia, si
rischia di girare a lungo in tondo, con grave danno dei propri nervi.
Effettivamente, dopo una ventina di minuti, durante quali sono stato ben
attento a conservare mentalmente la direzione ideale e a riprenderla, ogni
volta che fossi stato costretto a scantonare provvisoriamente a destra o a
sinistra, sbuco nel piccolo campo di San Pantaleone. Almeno, mi sembra
quello, a giudicare dalla sua disposizione, con la chiesa alla mia sinistra. In
realt mi difficile riconoscere la chiesa, perch la mia vista non va oltre
un'altezza cos minima che la facciata sembra assumere una forma
rattrappita e quasi scimmiesca. Ma se quel muso che emerge da ciuffi di
lana bianca non mi dice niente di preciso, mi ricordo perfettamente che, in
quella mia passeggiata ottobrina, mi era stato indicato come uno dei punti
chiave della strada giusta.
Tento tuttavia, per una maggiore sicurezza, di decifrare l'iscrizione
all'angolo della piazza. Ma un'impresa impossibile: la targa fissata
troppo in alto e, anche se avessi con me un accendisigari o dei fiammiferi,
la loro fiamma non riuscirebbe a farsi largo nella nebbia. Non fa niente:
devo soltanto continuare ad andare dritto.
Ma no: andando dritto finisco in un altro vicolo cieco che si incurva su se
stesso per meglio sviarmi. Ritornato davanti alla chiesa, faccio il giro del
campo tastando i muri e mi rendo conto che sembra offrire quattro
possibili uscite. Per un breve attimo, dubito di poter riconoscere quella da
cui sono arrivato; mi basta per riflettere all'angolatura da cui mi
apparso, la prima volta, il portico della chiesa per riuscire a orientarmi di
nuovo. La soluzione pi logica senza dubbio aggirare le costruzioni che
mi ostacolano il cammino, scegliendo l viuzza che si apre alla mia
sinistra. La imbocco. Ne incrocio un'altra, che mi sembra importante,
incontro uno stretto rio, lo passo grazie a un piccolo ponte molto arcuato,
devo dirottare di nuovo a sinistra per sfuggire a delle fondamenta senza
uscita, deviazione che correggo subito buttandomi nella prima via libera a
destra, evito abilmente l'insidia di un falso passaggio che non altro che
un cortile... e all'improvviso ho il sospetto che tra un attimo finir per
trovarmi da qualche parte vicino alla Scuola di San Rocco, che conosco
bene ma che si trova nella direzione opposta a quella verso cui intendo
andare!
Bench mi costi fare un puro e semplice dietrofront, mi decido a tornare
sui miei passi finch ritrovo San Pantaleone. La mia impresa ha tanto
successo che l'informe facciata si erge davanti a me prima di quanto
sperassi e, una volta di pi, mi torna il buonumore. Anche in pieno giorno
e con il bel tempo, probabilmente non sarei riuscito a evitare questi errori.
Inoltre, ed questo il lato consolante della mia esperienza, la sola via che
ormai mi resta da imboccare per uscire da quel luogo per forza quella
buona. Ma come potevo indovinarlo al primo colpo? Il ponte su cui questa
via mi conduce , a parer mio, perpendicolare all'asse che intendo seguire.
Per essere di nuovo sicuro di mantenere la rotta prestabilita, voglio
costeggiare la riva del canale che il ponte attraversa.
Purtroppo non trovo il modo di mettere in pratica questo piano: il canale
non fiancheggiato da alcuna banchina; le facciate delle case vi
strapiombano a picco. Bisogna dunque che giri a una certa distanza da
esso, arrangiandomi per conservare una direzione che sia parallela.
La mia valigia comincia per a sembrarmi pesante. Mi viene voglia di
servirmene come sedile, per tirare il fiato. La grande piazza in cui sono
appena sbucato sembra invitare a questa specie di scalo. Ne intraprendo
l'attraversamento e ben presto, cos suppongo, ne raggiungo il centro
perch da dove mi sono fermato, sotto l'alone di luce di un lampione, non
vedo alcuno dei suoi lati. Potrei credere di trovarmi in mare, arenato a una
certa distanza dalla costa, ingannato dai bagliori di uno scoglio traditore.
Come riuscir a raggiungere il porto, senza poter vedere le stelle, senza
bussola e senza carte nautiche?... Decisamente questa fermata non pu
aiutarmi: farei meglio a ripartire subito.
Una sagoma in movimento, a pochi passi da me, mi ispira una paura reale:
senza dubbio mi ero tanto abituato alla solitudine che l'in contro con un
altro essere umano mi sembra, in s, un fatto anormale. E in realt costui
che esce dalla nebbia e si ferma davanti a me, cos vicino da poterlo
toccare, ha qualcosa di inquietante, sia per la sua presenza, a quell'ora, in
strada sia per il suo bizzarro abbigliamento: calzoni aderenti di cuoio
giallo paglierino, stivali con borchie di bronzo, redingotte di velluto ocra,
gilet color foglia morta e camicia con jabot di un acceso giallo zafferano,
guanti di camoscio, bastone con limpugnatura a pomo. I lunghi capelli
bianchi non sono nascosti da alcun copricapo e fluttuano, inquadrando
guance dall'aspetto satinato. Il naso corto, quasi mancante; la bocca larga
e le labbra tumide; gli occhi simili a crisantemi. Probabilmente mi trovo
davanti Un gentiluomo del passato, che soffre di nostalgia per tempi
andati. La sua voce, quando apre bocca, vibra di tonalit ben studiate che
servono da elemento di riconoscimento tra gli snob di qualsiasi nazionalit
e lingua.
Lei si perduto, a quanto vedo.
Protesto, mentre mi alzo e lo sovrasto di tutta la testa:
Niente affatto. Mi riposavo.
Finir per prendersi un malanno.
Faccio uno sforzo per conservare la calma. In realt, forse al punto in cui
sono sarebbe giusto chiedere a questo importuno di orientarmi. Perci mi
risolvo a farlo. Ma invece di indicarmi la direzione che devo prendere, si
preoccupa di contestare la scelta del mio albergo.
Non posso credere che una persona della sua sensibilit si lasci imporre
un albergo di bassa categoria, mi rimprovera. Trova tollerabile non
appartenere sempre alla prima classe? Prima che abbia il tempo di
mandarlo al diavolo, sorride con garbo, sospira:
Non si viaggia forse soprattutto per sfuggire all'idea fissa che gli altri si
fanno di voi? A questo punto, assume un tono confidenziale piuttosto
assurdo per sussurrarmi:
Avr certamente gi capito che anch'io non sono di qui.
Abbozzo un gesto che dovrebbe fargli capire come questo fatto mi lasci
indifferente. Prorompe in un'esclamazione: .
A proposito, mi sono presentato?
Infila nel taschino del gilet due corte dita guantate, ne estrae un biglietto da
visita, me lo porge. Getto uno sguardo di circostanza su un nome molto
lungo che non mi do la pena di leggere. Riesco appena a intravedere che
sormontato da un simbolo nobiliare. Borbotto, in risposta, il mio casato
plebeo e manco l'occasione di fargli apprezzare la contraddizione che
esiste tra i suoi giochetti nobiliari e i principi che mi sta enunciando. Si
gi lanciato in un nuovo veemente monologo. Ma, preso da una specie di
stupore, riesco a capire soltanto la fine dell'interminabile frase che ha
appena snocciolato:
... e lei conosce le mie opere.
Riesco finalmente a reagire ed esclamo:
Neanche per sogno.
Non sembra mortificato; afferma, come se fosse qualcosa di lapalissiano:
Eppure non ci sono altri storici delle Amazzoni oltre a me.
Poi si sprofonda in una contemplazione interiore che mi offre finalmente
una possibilit di fuga.
Non esco neanche dalla piazza. Ne faccio soltanto il giro, senza
riconoscere nulla. Perch illudermi? Non so pi dove andare. Come far a
indovinare dov' il nord, la terra, la laguna? Non riuscir mai a sfuggire
con le mie proprie forze a questo nulla brumoso.
Ritorno, sconfitto, verso la nuvola illuminata che ormai la sola boa cui io
possa ancorarmi. Il personaggio riprende le sue elucubrazioni, come se non
si fosse accorto della mia assenza: Lei converr con me che non si pu
vivere in pubblico e sfuggire alla classificazione. Ora, chi dice genere dice
in cui l'opposizione del sole e della luna innalza il livello del mare? So
soltanto che non posso andare avanti da questa parte. Ma ho appena fatto
alcuni passi in un'altra direzione che, di nuovo, l'acqua fetida mi insidia.
Perdo la testa, fuggo. La nebbia diventata ghiaccio liquido, che mi
congela le labbra e mi brucia gli occhi. Mi sento braccia e gambe pesanti,
intorpidite. Mi sembra quasi di sentire sulla mia schiena un fluire livido e
viscoso. Non ne posso pi.
Chiamo a voce alta, senza quasi rendermi conto delle parole che
pronuncio. Le sento rimbalzare beffardamente sul nero specchio salmastro.
Il pozzo! Dov' il pozzo delle Amazzoni?
Al suono di questa preghiera insensata torno in me. Tutt'a un tratto mi
metto a ridere: evidentemente le parole del barone devono avermi stancato
pi del previsto per farmi girare cos la testa! Ora sto meglio. Se non ci
fosse il peso di quell'inutile bagaglio, mi sentirei nelle migliori condizioni
di spirito per affrontare la tappa finale.
Ma, poich la considero inutile, perch continuare a sopportarne il peso?
Per semplice abitudine? O sono forse pi attaccato al suo contenuto di
quanto riesca ad ammettere?
Faccio uno sforzo di volont uno sforzo sproporzionato alla sua causa
e appoggio la valigia che mi cos familiare accanto a un muro. Mi
allontano, cercando di non ascoltare le ragioni di rimpianto che mi corrono
dietro.
Quasi subito mi ritrovo davanti al pozzo. O forse un altro, rassomigliante
al primo? Ce ne sono tanti, nei campi e nei campielli di Venezia. Forse ho
fatto pi strada di quanto non immagini. Esamino con cura il bassorilievo
che lo circonda. Riconosco l'andatura pensosa, la dolcezza dello sguardo,
la tenera linea della schiena delle giovani cavalle di cui lo studioso mi ha
lodato le grazie. E' vero, sono belle. M'inginocchio per meglio osservarne
le curve e accarezzare di nuovo i loro toraci serici. Alcune giovinette nude
in questa carne di pietra non evocherebbero piaceri pi umani. Mi
piacerebbe cavalcare senza sella questi dorsi sensuali, circondare con le
braccia i loro colli percorsi da vene calde e impregnare le mie guance
dell'odore erboso delle loro criniere.
Un timido strofinio contro la mia coscia mi distoglie da questo sogno.
Quando giro la testa, due occhi dorati mi fissano, cos ricchi d'intimit che
non provo n sorpresa n timore. Tendo la mano e tocco una lanuggine
fitta e crespa, tagliata corta e che lascia percepire il tepore della pelle. un
cane, che si sperduto al pari di me e viene a tenermi compagnia nel
freddo: un barboncino, mi sembra, bench la forma del muso sia lunga e
fretta nel mio voluttuoso intrico di vasi non mi brucia pi del fuoco che
volevo poco fa emettere come un grido: irriga e calma il mio sesso e le mie
tempie. La sua liquida freschezza s'allea alle secrezioni di ghiandole ignote
che umettano la mia intumescenza serica di grosse gocce odorose di una
loro rugiada.
Con una percezione imprevista, ascolto il suono di ritmi sincroni che
chiamano con voce sorda i miei muscoli incitandoli a una danza sensuale:
all'inizio lenta, poi pi baldanzosa e che mi trascina nel suo ritmo ansante.
Il mio bacino si solleva e si distende, aspira l'aria come un polmone.
Intuizioni senza immagini, salve folgoranti mi trafiggono, mi mutano, mi
trasfigurano. Divento cavit. Aspetto soltanto la penetrazione e la
replezione dei miei sogni concavi.
Mi ripiego su me stesso solo per far meglio posto all'ineffabile intimit
che, presto o tardi, mi sar nota... Non desidero pi uscire da me, ma
entrare sempre pi profondamente e pi lontano dentro di me. Mi
concentro su questa interiorit trovata e mi immergo, giubilante, nel suo
narcisismo senza rimorsi. La mia primitiva cattiva coscienza si diluita
per sempre nel mio ventre vezzeggiato.
Chi sono? Il mio sesso diventato seno? E io, in tutto il mio essere, sono
diventato una bocca che una bocca riempie? Mi ricordo ancora tramite
quale bacio ho abboccato a me stesso?
Questo flusso, queste scaturigini di linfa, queste gemmazioni, queste
fioriture, queste antesi, che riscattano della loro ingenuit dioica mille
organi la cui attitudine al prodigio mi era ignota, dovrei respingerne la
grazia, solo perch non so con quale nome chiamarla?
Ma poi ancora vero che non lo conosco? Non oso, forse, pensarci?
Quale timore dunque mi trattiene? Antiche vergogne e fierezze abusive
riusciranno a privarmi di questa possibilit? Mi rinserrer con derisione
all'interno dei limiti appresi, nel momento stesso in cui la loro
inconsistenza mi viene rivelata? Mi trincerer dietro una fatale distinzione
generica, quando scopro le ambigue estasi della donna che potrei anche
essere?
Perch tacermelo pi a lungo? Capisco e il peana che s'innalza dalla
mia gola quello della mia gioia liberata: la breccia, al di l dei generi
immaginari, attraverso cui il mio corpo scorge l'infinito delle sue capacit
d'amore mi d accesso all'incommensurabile felicit delle donne!
Ho trovato l'immemore scorciatoia che porta alla segreta unicit dei sessi.
Miriadi di divergenze fortuite, una ineguaglianza e una privazione senza
speranza si annullano, in questo momento, in me. L'orgasmo popolato di
stelle che non finisce pi di farmi conclamare il mio nuovo splendore pone
fine all'ingiusta separazione e all'errare naufragato della mia frigida
condizione d'uomo. Trionfo!
Ho conquistato la riva d'oro del solitario privilegio femminile! Voglio
abbandonarmi all'estasi del mio sacrilegio inaudito!...
Cos straziante mi appare la vittoria che la sento come una ferita.
Intollerabili denti! Le lacrime che fluiscono dai miei occhi aperti si
mescolano nella mia bocca al sapore del sangue che sale dal loro morso.
La mia coscienza esplode e il mio ventre si squarcia: i canini innamorati
che mi trasfigurano di piacere mi amputano e mi castrano. Sono perduto!
Si fa giorno. La fresca aria frizzante penetra attraverso le finestre aperte.
Sopra di me, l'unicorno di vetro divenuto invisibile nel fulgore del
mattino. Sul mio pube, gi dimentico di dissomiglianze mortali, una vulva
nuova e sanguinante, che le mie mani si apprestano ad agguerrire, indirizza
un sorriso sicuro di s ad armoniose avventure.
PARTENOGONIA
Quando Marie-Chatte arriv al termine dei suoi studi e pass con successo
i suoi esami, il Coordinatore decise che ella avrebbe trascorso il periodo
del suo servizio sessuale su Diana, il pianeta nero del sistema Alfa, nella
costellazione dell'Atelier dello Scultore.
La scelta di questa localit sorprese tutti perch, per poco noti che fossero
gli Artemidi, si sapeva per almeno che non avevano sesso.
Incuriosita e ansiosa di appurare che cosa l'attendesse, la laureata resistette
alle pressioni della famiglia e degli amici, che le consigliavano di chiedere
una revisione di questo programma. Dopo aver salutato tutti, Marie-Chatte
si prepar dunque a indossare il Traspositore che, nell'equivalente di una
settimana terrestre, le avrebbe fatto varcare, con un viaggio che ben poco
aveva di spaziale, i cinquecentomila anni-luce che l'avrebbero separata dai
paesaggi familiari della sua galassia natia. Anche questo breve intermezzo
non sarebbe stato tempo perso per lei. Nello stato d'incoscienza in cui
sarebbe piombata mentre veniva sradicata dalle dimensioni abituali della
sua specie, avrebbe appreso la lingua del paese che doveva visitare. I
dispositivi di cui era munita la sua capsula avrebbero provveduto a tale
educazione senza che ella dovesse darsene la minima pena. Nulla di ci
aveva qualcosa di straordinario, perch la massa incommensurabile di
nozioni che ella aveva appreso in un anno di universit le era stata infusa
mediante procedimenti analoghi. Altrimenti, come avrebbe potuto
gemella che le era stata appena donata, le paragonava alle sue e trovava
nella duplicazione del loro enigma un crescente motivo di appagamento.
La sua sosia, contemporaneamente a lei, apprendeva emozioni che le
avrebbero facilitato, cos almeno sperava, la scoperta delle ragioni d'essere
e dei vantaggi di quel corpo che era dovuto, grazie all'aiuto di MarieChatte, a una sublimazione delle attitudini della sua mente.
Le sue mani appena formate si tesero, quasi di loro iniziativa, verso quelle
della modella. Fecero la prova dei contatti, delle relazioni, degli scambi
che potevano esserci tra di loro: le loro palme si applicarono una contro
l'altra, le dita scivolarono tra le dita offerte, tentarono sfregamenti,
ancoraggi, pressioni.
Questo gioco si prolung senza che gli attori pensassero a misurarne la
durata. Il loro pensiero non ne ricavava alcuna chiarezza, non si arricchiva
di concetti ben etichettati; ma zone fin'allpra dormienti dei loro poteri
mentali si gonfiavano, si ispessivano dolcemente, diventavano coscienti di
loro stesse, come accadeva anche alle loro labbra, che erano la sede di
sensazioni prima sconosciute, alle quali diedero il nuovo nome di piacere.
Questa prima conquista ispir loro lo stesso movimento: le loro bocche si
avvicinarono, si toccarono, gustarono il loro reciproco calore, fresco e
arrossato. Si schiusero, le lingue si cercarono, si leccarono sulla punta,
passarono l'una sull'altra, appresero a carezzarsi e a dividere i loro umori.
Nell'attimo seguente, le loro guance si riposarono con tenerezza tra le
scintille invisibili delle loro capigliature.
Poi le loro mani si sciolsero, attirarono ancora pi vicino, uno all'altro, i
corpi che la materialit rendeva capaci d'altre gioie che non fossero quelle
della comunione delle anime. Si meravigliarono di penetrare in loro, di far
sgorgare dalle loro profondit deliziosi succhi, di sentirli perdersi nel
vortice di baratri interiori e di trarre da quei piacevoli smarrimenti una
conoscenza sempre pi lucida delle loro risorse.
Infine le gole, da cui il pensiero non era riuscito a trarre alcun suono,
fecero risuonare per la prima volta su quel mondo abitato i singhiozzi, i
lamenti soddisfatti e le grida incantate che erano il paradossale linguaggio
di quei corpi incomprensibili.
Quando ebbero esaurito la novit dei loro desideri, la Terrestre e il suo
ospite andarono a comunicare la lieta novella al resto del pianeta.
Su Diana il primo amore era nato dall'incontro di due corpi
volontariamente creati all'immagine uno dell'altro. Da quel momento il
corpo di Marie-Chatte venne riprodotto a perdita d'occhio. Ella stessa fece
l'amore con molti di questi doppioni, e sembrava che non dovesse mai
era pi in novatore non riuscirono mai a dare a questa loro parte una forma
che sembrasse estetica mente pi riuscita e funzionalmente pi
soddisfacente di quella di cui Marie-Chatte aveva portato loro l'esempio.
Tutti infatti alla fine erano stati concordi nel ritenere che per quanto
riguardava il sesso non vi fosse nulla da cambiare. E i corpi che
materializzarono ebbero tutti, per stravaganti che fossero, le stesse lunghe
gambe sensuali della loro ispiratrice, e lo stesso pube, la stessa vulva
umida, la stessa vagina, lo stesso clitoride: erano sempre, chiaramente,
corpi femminili.
Cos, grazie a un'apparizione venuta dagli astri, la cui bellezza suppl alla
scienza perduta, un'intelligenza dell'Universo che, fino a quel momento,
non aveva avuto sesso impar a fare l'amore come lo fanno tra loro le
donne della Terra, senza dubitare, ancora per alcuni milioni di secoli, che
potessero esistere altri modi d'amare.
FUSIONE
Sono bella! Nessun seno mortale pu rivaleggiare con i miei seni calcarei,
resi lisci dalla gemella frescura delle piogge e delle labbra.
Sono bella e mai ho avuto una modella. Anche lo sconosciuto artista che
mi ha scolpito non riconoscerebbe in me l'Afrodite che lo ossessionava. Se
ora non fossero a loro volta la polvere che mi leviga, soltanto color che,
durante un milione delle mie notti, mi hanno ritoccata con le loro carezze
potrebbero sapere di essere loro stessi i veri autori del capolavoro che io
sono.
Sono bella: il mio pube nero sulla mia pelle bianca attesta la rugosit delle
dita dei pastori e le mie natiche profonde lasciano evaporare gli aromi che
vi hanno versato i loro amori notturni. Tutto il giorno, addossati ai versanti
che le loro capre denudano, hanno tenuto nella mano il loro sesso,
trattenendone la forza per sognare di me. Dopo il tramonto, circondano il
mio busto con le loro braccia rivestite di peli, levigano i miei seni con le
loro palme e mordono le mie spalle. I loro ventri si pressano contro le mie
reni. Il solco poroso delle mie natiche accoglie la loro virilit. Uno dopo
l'altro, per tutta la notte, la mia immota compiacenza li ricompensa della
loro attesa. Il mio cuore non ha battiti n i miei nervi hanno fremiti che
possano distrarli dalla loro interiore volutt. Non emetto sospiri che
interrompano il loro soliloquio. Non domando loro niente di quanto
esigerebbe una donna o una bestia. Per questo essi non possono amare
altra amante che me.
La loro passione idolatra, il loro barbaro piacere finiranno con il vento del
mattino, senza aver intenerito le mie mucose di marmo. Oggetto
impenetrabile, sono fedele a me stessa. Troppi amanti leggendari hanno
gioito della mia calda pietra perch io mi accontenti di deboli strette. Mai
sar posseduta da desiderio che possa appagare una carne flessibile. Mai
carne flessibile defiorer la divinit prostituita che sono diventata.
Non so chi fossi, prima che da un anonimo blocco di pietra mi venisse dato
un corpo. Io l'ho trovato, bianco di sole, esposto alle raffiche di sabbia e
alle rapine, su un altopiano di roccia. Pi in basso, in alcune grotte che
servono da museo, altri busti, meno belli, sono tenuti chiusi, con le radici
fossili e gli avanzi di feste, le urne e le collane di bronzo, le steli adorne di
iscrizioni lineari e le armi abbracciate alle ossa, caduti dalla montagna
sventrata. Questa statua, che nessun guardiano sorveglia, non stata
pertanto rubata da nessuno.
Io l'ho presa. Non come una ladra, per adornarne la mia casa o per
venderla, ma perch sia me. L'ho presa in me. Ne ho fatto il mio corpo.
Prima, non ero niente, mi nascondevo. Nessuno mi aveva toccato, non
avrei mai sentito che qualcuno mi toccasse. Come sarei stata amata e chi
avrei amato, poich non avevo corpo che io stessa potessi desiderare?
Perch avrei dovuto accontentarmi di niente di meno della bellezza? Oggi
mi sono scelta bella, al di sopra di questa vaga popolazione sotterranea di
divinit. Alla meno conformista delle loro figlie, per ospitare la mia
coscienza priva di scorza, ho rapito i trenta secoli brillanti di carezze della
sua inaccessibile verginit.
A forza d'amore, mi sono fatta lei. La mia schiena, le mie anche, il mio
ventre sono repliche appena nate della sua bellezza.
Questo corpo solido mio, appartiene a me che non ne avevo mai avuto
uno! L'orgoglio del mio snaturato splendore mi inebria! Di quale futura
empiet ancora pi inventiva mi sono cos resa capace?
Che cos'ho dunque? Non posso amare!
Amante di me stessa, non ho braccia per abbracciarmi. La mia pelle
attende invano il solo piacere che desidera conoscere: quello dello scorrere
su di essa delle mani che non ha potuto darmi la statua mutilata da cui
sono stata tratta.
E come carezzer il sesso il cui segreto mi sfida, tra queste gambe assenti
che non posso aprire? Ma sono almeno sicura di essere bella, io che ho, per
vedermi, soltanto gli occhi perduti del mio busto decapitato?
Il viso che mi manca, colei che lo possiede ne contempla l'immagine sul
muro.
una giovanissima fanciulla, le cui belle gambe dai piedi nudi e le cui
braccia sottili escono da una tunica di tela bruna, grossolana e tagliata
come un sacco, con un buco al posto del collo. Due altre fessure, che
sembrano essere state aperte a colpi di coltello, servono da incavo della
manica. Il bordo inferiore, al disotto dell'inguine che copre a malapena,
irregolare e sfrangiato. Forse, dopo tutto, si tratta veramente di un sacco?
Al primo momento ho pensato che la fanciulla non portasse nient'altro e
che la ruvida stoffa dovesse irritarle l'epidermide come un cilicio. Ma ci
che mi ha ancora pi sconcertata che questo informe abito non lasciava
indovinare nulla del suo corpo.
Gli spettatori che si erano raccolti attorno a lei prestavano per meno
attenzione alla supposta penitenza della visitatrice che alla rassomiglianza
- talmente perfetta da sembrare soprannaturale tra il suo viso e il
disegno che ella osservava.
L'uno e l'altro si trovavano posti alla stessa altezza e avevano uguali
dimensioni. I tratti a inchiostro di china, seppia e bistro del quadro
riflettevano senza la minima variante l capigliatura arricciolata della
visitatrice. Barbe di spighe, resti di scorza e polvere di muschio la
arrossavano delle loro secche fiammelle.
Altrettanto simmetriche, da una parte e dall'altra dell'invisibile specchio,
erano l'immagine e la realt delle lunghe ciglia, piatte e taglienti come un
filo d'erba affilato. L'arcata delle sopracciglia aveva la intimidatrice
regolarit di una curva di equazione semplice. La larghezza e la
trasparenza degli occhi cinerini evocavano quegli invasori provenienti da
oltre lo spazio, ai quali non crediamo se non sono abbastanza diversi da
noi da sedurci e abbastanza simili da farci paura.
Ma, studiandolo meglio, ci si accorgeva che niente di minaccioso filtrava
da quello sguardo, al contrario: una specie di intima assenza, tenera e
triste. Questa espressione di infinita solitudine scavava le guance e
allungava le labbra del dipinto, gonfie e carnose nel mezzo e che la
presenza della loro controparte vivente rivelava color terracotta. La sola
cosa che mi sconcertava senza d'altra parte dispiacermi era la curva
un po' arcaica del naso: forse perch la scena mi faceva quasi provare in
anticipo il gusto del futuro.
Mi sono avvicinata alla fanciulla e le ho domandato se poteva dirmi il
nome dell'artista autore di quel dipinto. Quando ella aveva posato per lui?
La fanciulla si girata per guardarmi: un sorriso silenzioso ha trasformato
i suoi tratti non terrestri in una bellezza che potevo amare, come un sorger
del sole trasfigura in un paesaggio trapunto di laghi brillanti, ondulato e
mosso da tutti i rami dei suoi alberi e da tutti i fiori dei suoi cespugli,
quello che la fine della notte aveva fatto credere un deserto di cinerite e di
erbe calcinate. I suoi occhi parvero, ancora ingrandirsi e le sue palpebre,
nel sollevarsi, parvero spazzare con le loro antere la vegetazione
aggrovigliata che le nascondeva le tempie. Le sue labbra si gonfiarono e si
aprirono: avevano aspirato una boccata d'aria? La punta della lingua si fece
avanti, cremisi e appuntita, lecc un attimo la fila lucente dei suoi denti e
si spinse fuori, come per sfidarmi.
Mi venne l'idea che, forse, la sconosciuta non aveva capito la mia
domanda, ma gi essa aveva perso per me ogni interesse. Soltanto il viso
della fanciulla mi interessava: il solo, lo sapevo grazie a una specie di
immediata intuizione, che mai avrei potuto amare.
Un uomo che mi aveva udita intervenne per dire che quel ritratto risaliva a
un secolo prima e che era perci impossibile che quella fanciulla ne fosse
stata la modella. Un altro sugger che, senza dubbio, la modella fosse stata
un'antenata della visitatrice, perch non era concepibile che una tale
somiglianza fosse il risultato di una coincidenza. Il direttore della galleria
dichiar a sua volta che tale questione andava chiarita e che avrebbe fatto
venire fotografi e giornalisti per rendere pubblico un fatto cos singolare.
Una donna dall'atteggiamento virile prese tra le dita il mento appuntito
dell'eroina, cerc di tirarle indietro i capelli, le domand da quale paese
venisse.
La fanciulla, con un brusco movimento della testa, si liber dalla presa e
dardeggi sull'importuna uno sguardo ostile, di una intensit che doveva
essere intollerabile.
Non parla la nostra lingua, dichiar l'intrusa.
Poi, con un'impudenza che mi sconcert, si impadron della rete di corda
che fungeva da borsa alla visitatrice; vi trov un portafoglio, l'apr, ne
ispezion il contenuto e inform il gruppetto di curiosi che, nel frattempo,
si era fatto pi numeroso:
Ve l'avevo detto: islandese.
La folla si mise immediatamente a discutere su quanto fosse
improbabile che un pittore umbro pazzo, morto a vent'anni, che non
aveva mai lasciato il suo paese natale dove non passava mai nessuno,
avesse conosciuto, nel 1869, una donna nordica senza che questo
particolare venisse a conoscenza dei suoi biografi e da questi subito
trasmesso ai posteri. Era noto come costoro non avessero lasciato
nell'ombra alcun recesso della sua povera vita. Inoltre, essi avevano
stabilito senza possibilit di contestazioni che l'artista in nessun caso
gruppo arriv fino alla fine del percorso senza che avvenisse altro che
l'insorgere, nella mente dei due asinai, di un inestinguibile rancore.
I monarchi nabatei coinvolgevano le loro mogli nelle responsabilit e nei
piaceri del comando, spiegava il direttore. Le trattavano come loro alter
ego e ci che esse facevano veniva considerato alla stessa stregua delle
loro proprie azioni. Dividevano con loro i doveri e i beni della vita, cos
come si spartivano la faccia delle monete che battevano e che circolavano
da Hediaz fino a Damasco, facendo conoscere tanto il viso e il nome della
regina quanto quelli del ree il credito che l'una e l'altro si erano acquistati
nel mondo di quei tempi.
L'uomo tese a Millicent una piccola moneta, levigata dai secoli, su cui un
profilo di donna dal naso dritto e i grandi occhi a mandorla si staccava su
quello di un uomo dall'aspetto altrettanto giovane e bello e dall'espressione
sicura di s.
Aretas IV Filopatris il Grande (il suo vero nome sarebbe Hrthath: era
un arabo) con la sua sposa Shuqalat.
Era dunque monogamo? si stup la visitatrice.
Forse il suo ospite era troppo occupato a contemplare la parte anteriore
delle cosce di Millicent, la cui abbronzatura rivaleggiava con quella delle
gote di rame di Shulat per prestare ascolto alla domanda. Comunque
fosse, non rispose.
La fanciulla lottava contro un'improvvisa sonnolenza. Era la fatica della
lunga marcia che aveva fatto, sotto il sole torrido, in mezzo all'accavallarsi
sassoso delle gibbosit e delle faglie, per esplorare gli ipogei, frugare nella
ghiaia, raccogliere anse di vasi e persino una statuetta intatta, simbolo
della fecondit? O era l'effetto paradossale del caff ai grani di cardamomo
che il direttore le, aveva appena offerto, dopo averla invitata a entrare nella
caverna che fungeva per lui da stanza per i suoi studi?
Mi ha drogata per potermi violentare, pens Millicent. pi che
naturale.
E rivolse al suo interlocutore, il cui sguardo nero filtrava, con una luce di
pazienza, tra la capigliatura che gli ricadeva sulla fronte e i folti baffi
arruffati, uno di quei puri sorrisi che tanto bene si accordavano con i suoi
lunghi capelli dritti e chiari da angelo femminile, con le sue labbra umide e
rosee e le sue spalle nude. Poi ella si adagi sul cuscino di lana di capra
che fungeva da schienale, abbass con grazia le palpebre e si addorment.
Il suo corpo scivol leggermente in avanti e la gonna venne ulteriormente
raccorciata da questo movimento.
Il giordano rest immobile, con espressione imperscrutabile, gli occhi fissi
sul triangolo biondo i cui riccioli chiari erano imbrigliati nelle mutandine
trasparenti. Pass cos un attimo: forse anch'egli si era addormentato.
Invece si alz, senza fretta, si avvicin a lei, infil un braccio sotto le sue
ginocchia, l'altro sotto la sua schiena, si raddrizz con un colpo di reni e si
avvi verso il fondo della grotta reggendola tra le braccia, con la testa e le
membra di lei che ondeggiavano mollemente.
Un raggio di sole svegli Millicent, venendo a colpirla dritto tra i seni.
mattina, si disse la fanciulla contemplando con piacere, come ogni giorno
a quell'ora, la propria nudit. Ma questa volta il suo sguardo si attard
appena sui seni prominenti e il ventre incavato; l'espressione di giubilo che
apparve sul suo viso, come sempre, a questo semplice spettacolo lasci il
posto, quasi subito, allo stupore provocato in lei dalla vista di ci che la
circondava: un letto tanto largo quanto lungo, dai montanti di legno dorato,
un baldacchino di broccato e, una coperta di seta turchese. Una sola
coperta, tra l'altro, perch nulla copriva il suo corpo. La stanza aveva
dimensioni smisurate. Millicent non vide subito il soffitto intonacato,
nascosto alla sua vista dai tendaggi, n i fregi dai motivi geometrici che gli
correvano tutt'intorno, ma scorse le alte finestre ad arco a forma di ferro di
cavallo e dai vetri policromi, le pareti ornate da pannelli a losanghe che
sembravano fatti di incrostazioni di vetro e porcellana, i tappeti screziati, i
cofanetti di bronzo e di legno, i cuscini tondi di cuoio conciato male e le
selle per cammelli adorne di pelli di montone che servivano da sedili, i
fusti di antiche colonne sormontati da un grande vassoio di rame cesellato
che fungevano da tavoli, le brocche dal becco di tucano che servivano da
caffettiere e cap che si trovava in un palazzo. La situazione le piacque.
Salt dal letto per ispezionare pi a fondo la stanza: era esagonale, con una
finestra su quattro dei suoi lati e una porta bassa su ognuno dei restanti due
lati. Millicent si diresse dapprincipio verso una delle finestre, con
l'intenzione di prendere una boccata d'aria, perch l'aria nella stanza era
molto secca e calda. Ma la maniglia oppose resistenza e altrettanto fecero
quelle delle altre aperture: senza dubbio avevano bisogno di essere oliate.
La fanciulla prov allora ad aprire una porta, ma anche in questo caso il
suo tentativo non ebbe miglior sorte. Era dunque prigioniera. E sia, ella
pens, pi che logico. Prov ad aprire la seconda porta solo per
mettere in pace la sua coscienza e, con grande sorpresa, si accorse che
questa si apriva sotto la sua spinta. Portava in una stanza da bagno.
Millicent vi entr piena di curiosit e non ne fu delusa. Vi trov la vasca di
vaste proporzioni, scavata nel pavimento, che ella stessa avrebbe ordinato
se mai avesse potuto farsi costruire un palazzo in stile arabo. Era di un
sciacquarsi.
Terminata la propria toilette, ella si chiese se doveva indossare la sua
veste: certamente, decise, poich gliel'avevano resa. Prima della partenza
da Londra era stata avvertita del senso di pudore degli arabi e non era
venuta fin l per metterli in imbarazzo. Perci si vest, cosa presto fatta, dal
momento che il suo abbigliamento consisteva in un unico pezzo. E i suoi
sandali? Con stupore, li ritrov accanto al letto. Anch'essi non erano stati
ripuliti.
Scoraggiata, Millicent si accorse di aver fame. And allora a picchiare
leggermente alla porta da cui era uscito il negro. Non avendo ottenuto
risposta, torn a sdraiarsi sul letto, chiedendosi come mai potesse
ingannare il tempo in attesa degli eventi che non potevano mancare di
verificarsi al momento opportuno. La sua mente cominci a scivolare
verso rive sognanti che le erano familiari ed ella era sul punto di
consacratisi corpo e anima allorch ebbe l'impressione di una presenza
estranea nella stanza e ritrasse la mano. Gir la testa e rimase sbalordita:
Lawrence d'Arabia in persona stava dritto in piedi davanti a lei.
Lawrence: o piuttosto l'aspetto che gli aveva prestato Peter O'Toole nel
film omonimo. C'era tutto: il pallore della pelle, la figura magra, il
portamento della testa un po' inclinata, l'aria timida, introversa e un po'
malsana. Millicent si alz e osserv l'apparizione con una ammirazione e
una estasi cos evidenti che il nuovo venuto tossicchi in modo
imbarazzato. Parl per primo:
Mi chiamo Fawzi, disse con voce malsicura cui l'accento di Oxford
donava proprio il fascino necessario. Sia la benvenuta nel mio paese.
Millicent abbozz una leggera riverenza, dopodich vi fu un attimo di
silenzio, che ella giudic toccasse a lei infrangere. Invece di pensare a
presentarsi a sua volta, pose una domanda: Lei uno sceicco? chiese.
Sceicco di Petra?
Le sopracciglia dell'ospite si alzarono in un moto di sorpresa, subito
represso.
Non credo che a Petra ci sia uno sceicco, fin per rispondere. E siamo
altrove. Quanto a me, sono emiro.
Millicent, che avrebbe tuttavia voluto dar prova di cortesia, riusciva a
prestare soltanto una attenzione distratta a quelle parole, intenta com'era a
contemplare gli occhi color pervinca e le labbra carnose umettate,
nell'intervallo tra l'una e l'altra delle brevi frasi, dalla punta di una lingua
umida. Si costrinse infine a distogliersi da quella ispezione indiscreta e
rivolse la sua attenzione all'abbigliamento del suo ospite, conforme allo
stile migliore: jelabiya di un cotone molto fine ricamato di seta bianca; una
ampia e ricca abaya di lussuosa lana nera, tessuta con estrema morbidezza,
adorna sulle spalle e all'apertura del collo di galloni e ricami in vero oro,
quello stesso oro di cui era fatta la treccia dell'agal, la spessa cordicella
(questa era quadruplice e articolata a cinque angoli mediante nodi di filo di
seta nera) che sostiene sulla testa il kaffiyeh, quel velo leggero senza il
quale nessun arabo ha veramente l'aspetto di un arabo. Alla cintura portava
un pugnale ricurvo, la cui impugnatura di vecchio argento era ravvivata da
pietre preziose. In mano, tra le dita adorne di anelli, passavano
voluttuosamente i grossi grani d'ambra di un rosario musulmano.
Lei avr fame, sugger il principe, forse per mettere fine a quell'esame
dettagliato. Vuol farmi il piacere di dividere con me la mia colazione?
Millicent, a dire il vero, si aspettava altre richieste e rest sconcertata per
un attimo, prima di rispondere positivamente. Ma non appena ebbe
accettato la proposta le torn l'appetito. Inoltre non le dispiaceva uscire da
quella stanza un po' soffocante, anche se, doveva riconoscerlo, vi si sentiva
gi meno l'aria di rinchiuso da quando il signore del deserto ne aveva
impregnato l'atmosfera con la fragranza delle essenze di cui si era unto.
Egli la precedette in un piccolo cortile a forma di chiostro, al cui centro
una piccola piscina si prosciugava al sole. Da l passarono in una immensa
sala priva di mobili ma le cui finestre, o sollievo, erano spalancate.
Millicent, senza indugio, corse ad affacciarsi al davanzale. Le finestre si
aprivano su un altro cortile, pi grande del primo, impreziosito da quattro
palme da datteri, che ben si accordavano con l'architettura floreale delle
arcate, e da un pozzo: ma non vi si vedeva anima viva. La fanciulla torn
con passo deluso verso il suo anfitrione, che era rimasto in piedi accanto a
un tavolino da bridge ricoperto di panno verde, sul quale si raffreddavano
alcune uova al burro accanto ad alcuni bicchieri di sugo d'arancia.
Preferisco la cucina araba, esclam la fanciulla, decisa a non lasciarsi
imporre nulla. Egli fece un gesto fatalistico.
Avrei voluto fargliela gustare prima della sua partenza, rispose poi, con
un tono che non sembrava certo convinto.
L'invitata rest a bocca aperta.
La mia partenza? non pot trattenersi dall'esclamare, con lo stesso tono
con cui avrebbe detto: E' molto buona!
L'emiro si affrett a spiegare:
S, spero di non averla disturbata troppo: posso farla ricondurre
all'albergo subito dopo che avremo fatto colazione.
Millicent cadeva dalle nuvole. Lo osserv con incredulit, poi senza mezzi
Lei vuol dire che ha vagato sola, cos, tutto questo tempo, in questa
regione, senza che le sia arrivato nulla di male?
N nulla di bene, conferm Millicent. Ne concludo che ho incontrato
soltanto gentiluomini. O che non sono abbastanza graziosa da tentare
qualcuno.
Un gesto della mano dell'ospite indic che l'una e l'altra ipotesi erano tanto
evidentemente assurde perch fosse necessario discuterne.
Lei mi perdoner, riprese, ma ho paura di non capire ancora bene lo
scopo della sua missione. Nel caso che qualcuno l'avesse rapita
qualcuno come me o, pi probabilmente, un nomade - quale vantaggio
pratico ne avrebbero ricavato le fanciulle che l'hanno mandata qui e che
aspettano il suo ritorno?
Se fosse stato un nomade, tale esperienza mi avrebbe gi permesso di
farmi un'opinione sull'interesse che gli uomini della sua civilt nutrono nei
confronti delle donne e sul modo in cui lo esprimono. Se invece fosse stato
qualcuno come lei lei stesso, per esempio gli avrei chiesto di
accogliere a turno le mie amiche e di tenerle nel suo serraglio il tempo
sufficiente per permettere loro di apprendere ci che nessuno a casa nostra
si preoccupa pi di insegnare.
Qualcosa che poteva interpretarsi come un barlume di interesse si pot
leggere nello sguardo abitualmente distaccato e privo di curiosit
dell'emiro.
Lei ha gi esplorato le risorse di altri paesi? chiese.
No. Ci sembrato ragionevole cominciare dalla sua patria.
Perch questo onore, se posso permettermi di farle una domanda cos
ingrata?
Qui da voi sono state scritte le prime poesie d'amore. E avete il tempo di
comporne ancora, voi che siete meno pungolati di altri a produrre robot e
ad adeguarvi al loro stesso ritmo.
Da qualche attimo l'emiro guardava, con una attenzione tutta nuova, la
tunica di Millicent nel punto in cui si tendeva sopra i suoi seni sodi e
appuntiti.
Sa che sotto sono nuda, pens la fanciulla, e che non c' trucco.
La conversazione stava cominciando a languire e la ragione divenne
evidente quando l'ospite propose, con un tono del tutto falso, di fare una
passeggiata in giardino per digerire. Millicent replic domandandogli di
farle visitare il suo harem, ottenendo il risultato di mettere in un grave
imbarazzo il padrone del posto. Ma la ragazza lo raggir con tale astuzia
che poco dopo egli fin per avviarsi verso il quartiere delle donne e per
certo senso pi che soddisfatta, ma aveva anche voglia che il suo nobile
amante riuscisse a superare l'handicap della sua buona educazione e si
comportasse con l'autorit, l'efficacia e la foga caratteristiche di quel vero
signore del deserto quale egli era.
Tuttavia, quel giorno egli lasci la sua nuova amante senza approfittare
ulteriormente del permesso che ella gli dava di mettere la sua resistenza
alla prova. Millicent attese con fiducia l'indomani. Il pensiero dei progressi
che avrebbe fatto alla scuola dell'emiro l'aiut a superare la monotonia del
pomeriggio e della sera. Non avendo null'altro da fare, si addorment
presto.
Il principe torn a trovarla nei giorni seguenti. Sembrava apprezzare
sempre pi le audacie e le raffinatezze alle quali Millicent l'incoraggiava e
che, si sarebbe potuto credere dal modo elegante con cui le lasciava
l'iniziativa, non aveva avuto modo di conoscere prima di incontrarla. Ella
si abitu a quel cerimoniale e a ogni loro incontro si impegn a fornirgli
l'occasione di sperimentare con lei una nuova posizione erotica. Le bastava
mostrargliela, per fargli capire che non aveva obiezioni a che egli
l'adottasse, ed egli allora si sentiva autorizzato a seguirla in quella via. Via
via si faceva pi ardito, molto pi che all'inizio, e Millicent cominciava ad
assaporare l'avvicinarsi del giorno in cui avrebbe potuto assumere
francamente il suo ruolo di allieva e rinunciare alla finzione della propria
onniscienza.
Quel giorno, comprese, era arrivato, allorch una mattina Fawzi la venne a
trovare pi presto del solito, circondato da un'aria di mistero ma
nascondendo a malapena un entusiasmo che gli faceva brillare gli occhi e
fregare le mani. L'afferr allegramente per la vita, cosa che non aveva mai
fatto prima di sua iniziativa, e la trascin in una specie di valzer. Ella gli
aveva appena appoggiato la testa bionda sul petto risplendente di ricami
dorati, aspettando, con fervore e assenso, che egli si comportasse secondo
il suo piacere, quando egli allontan da s, esclamando con voce affabile:
Venga presto a vedere la sorpresa che sto preparando da una settimana!
Millicent si rimise la tunica (suo unico indumento, che qualche volta
pensava che le sarebbe piaciuto cambiare, ma non era quello un problema
cos importante da indurla a importunare il suo ospite) e lo segu fuori
della stanza. Si ritrovarono davanti alla porta degli appartamenti
femminili. Chiuda gli occhi, comand l'emiro, evidentemente in vena di
scherzare.
Quando egli gliene diede il permesso, Millicent li riapr e per un attimo
non riusc a capire che cosa stesse succedendo. Davanti a lei erano
finito.
Bacia la sorella sulla guancia, si sfila rapidamente la camicia da notte dalla
testa e va a infilarsi nuda sotto le sue lenzuola fiorite.
Vronique getta un'ultima occhiata attraverso la lente, poi si spoglia a sua
volta e si corica bocconi, nel letto che fa pendant con quello della sorella
maggiore, dall'altro lato della stanza.
Marissa riesce a chiudere alle loro spalle la porta di una classe vuota e
durante la lunga tregua accordata loro da questa mossa astuta pu gioire
perdutamente degli squisiti piaceri che le due collegiali offrono alla sua
esigente sensualit.
Le amo si inebria. Potrei amarle per sempre. Abbiamo anni e anni da
passare insieme. E le vacanze sono ancora lontane...
Ha appena compiuto quattordici anni Vronique ne ha dodici; Valrie,
tredici.
II
Un mattino, le due sorelle rifiutarono alla loro amante i baci che costei
voleva prendere loro.
Eppure l'occasione era propizia, il rifugio sicuro, Marissa bella da far
gridare.
Questa improvvisa e inaspettata freddezza colp la rifiutata come un pugno
al cuore.
Che cosa avete? si lament, con le lacrime agli occhi. Che cosa vi ho
fatto?
Ma le due fanciulle non vollero dirle niente.
I giorni seguenti la evitarono. Tutte le volte che Marissa riusciva,
nonostante i loro tentativi di fuga, a trovarsi sola con loro, s sottraevano
alle sue domande, privandola anche delle confidenze sul comportamento
dell'apparizione notturna.
E' sempre scuro?
Sempre.
Valrie torn a letto. La camicia da notte le dava fastidio, tra le lenzuola,
ma non aveva voglia di togliersela. Fissava senza muoversi la sagoma
meccanica del telescopio girato verso il suo inutile paesaggio di astri.
Subito la sorella si alz, and a riprendere il suo posto di guardia, vi rest
a lungo, immobile vedetta, con i gomiti appoggiati al davanzale di vecchio
legno, dominando la vallata erbosa. Pass un quarto d'ora, mezz'ora, finch
lanci un grido:
Ah, ecco!
La finestra, in distanza, si era accesa. La fanciulla incoll l'occhio alla
tentate nuda nella notte, avesse loro insegnato, di giorno, il segreto delle
ellissi o dei numeri immaginari, lasciando che ricordassero i suoi seni
lunari e il suo ventre di fiamma sotto i suoi abiti pudichi?
Quali possibili meraviglie! Un sospiro di rincrescimento gonfi il petto
della fanciulla, che avrebbe voluto poter offrire alle sue amiche, ogni
mattina, come un mazzo di fiori, la gioia realizzabile di quel sogno
benefico.
E ora, ecco che l'oggetto stesso dei suoi pensieri rischiava di perdersi!
L'intruso, sorto dal nulla, minacciava di sconvolgere il sogno.
Ma no! Marissa non avrebbe mai permesso a nessuno di sottrarle ci che
per lei contava pi di qualsiasi altra cosa al mondo. Avrebbe fatto tornare
indietro i giorni felici, a costo di atti eroici.
E il primo di questi necessari atti di coraggio consisteva nel liberare la
Bella dalle grinfie del suo rapitore.
Ella non lo vide, bench avesse prolungato fino all'estremo limite possibile
la guardia che montava davanti alla porta dell'edificio. N vide colei che
ormai nel suo cuore chiamava la loro insegnante di scuola d'elezione.
Costei non rispettava dunque pi gli orari fissi del suo ritorno a casa, orari
che le erano stati forniti dalla fiorista, dalla giornalaia e dalla venditrice di
dischi, dalla gelataia e dalla commessa del negozio di articoli sportivi
(tutte fonti alle quali Marissa aveva attinto, con aria innocente, per
mandare avanti la sua inchiesta)?
La fanciulla abbandon bruscamente il suo posto di guardia, dietro il vetro
della pasticceria. Questo metodo, decise, non l'avrebbe portata ad alcun
risultato positivo: certo non in pieno giorno poteva sorprendere sul fatto la
coppia colpevole.
L'indomani sua madre si lasci facilmente convincere a farla andare sola
con due compagne all'ultimo spettacolo del cinema, di sera tardi. Marissa
aveva faticato a trovare due ragazze disponibili, perch, interamente votata
com'era a Vronique e Valrie, non aveva altre vere amiche.
Le sue accompagnatrici videro avverarsi le loro previsioni allorch, non
appena varcata la porta di casa, Marissa le piant in asso senza tante
cerimonie.
Ho un appuntamento, disse. Ma, mi raccomando, non mi tradite!
Se Marissa avesse un boy-friend lo sapremmo, pensarono le altre. Ce
qualcosa di veramente losco sotto. Ma non osarono seguirla e si
limitarono a farle sentire la loro antipatia, prima di vederla sparire in
direzione dei vigneti.
Nell'attraversare quelle zone oscure Marissa provava un po' di paura. Ma
arriv, senza aver fatto cattivi incontri, fino al quartiere che le interessava.
I negozi che conosceva erano chiusi. Dove poteva mettersi ad aspettare?
Non era neanche da pensare che restasse l, ferma davanti alla casa
sospetta, ad aspettare in piedi; certamente sarebbe stata notata da qualcuno
e la storia sarebbe terminata male, peggio che se fosse realmente andata a
incontrare uno spasimante sotto gli alberi di pesco!
Un'ondata di scoraggiamento la sommerse: si era lanciata in una impresa,
che superava le sue possibilit; tanto valeva abbandonare tutto. Ma in tal
caso avrebbe dovuto rinunciare per sempre al suo unico amore!
L'intensit della sua angoscia le fece perdere la nozione del tempo. I
passanti la osservavano con curiosit e riprovazione, senza che ella se ne
rendesse bene conto.
D'un tratto, la vita torn a sorriderle. Da un vicolo davanti a lei era uscita
una coppia.
Marissa not, con un rapido colpo a occhio, una folta capigliatura color
rame. Quanto all'uomo, era bruno, di statura media, da trenta a
trentacinque anni di et, senza dubbio. Portava un paio di occhiali dalla
montatura massiccia, di stile americano. Non aveva altri segni particolari.
Marissa l'osserv con uno sguardo cos penetrante che egli si ferm,
incredulo e come ipnotizzato. Quasi subito, per, si scosse
impercettibilmente, sorrise, chin gentilmente la testa e, prendendo la
compagna per un braccio, si diresse verso l'altra estremit della strada.
La fanciulla cerc, in tutta fretta, di classificare le sue osservazioni:
L'ho gi visto da qualche parte. Ma dove? E si direbbe che anche lui mi
abbia riconosciuta. Bisogna che assolutamente mi torni in mente dove l'ho
visto! Che sappia come ritrovarlo.
Soltanto pi tardi, dopo essere rientrata a casa dove era tornata facendo
tutto il tragitto di corsa ( Quel film era troppo stupido: ce ne siamo andate
prima della fine ), riflett che quell'uomo non aveva veramente niente di
speciale: n un'espressione interessante, n una bella figura, n fascino.
Come poteva piacere alla Bella?
Ma, in realt, quella donna era bella? Non lo sapeva. Non l'aveva neanche
guardata in faccia.
Le settimane che seguirono furono molto difficili per Marissa. In classe si
faceva rimproverare spesso per la sua disattenzione e per i compiti buttati
gi alla meno peggio. Anche i momenti di ricreazione erano per lei un
supplizio. La madre, da parte sua, si allarmava vedendola consumarsi in
fantasticherie segrete e malinconiche sui libri di cui non girava pi le
pagine. Tutti i tentativi fatti per rimproverarla, confortarla o distrarla
IV
Per tutto quel tempo le due sorelle non erano mai andate a dormire senza
aver prima controllato se la Bellezza era sempre prigioniera: ahim, la
lente offriva loro, notte dopo notte, soltanto spettacoli di noia e di
bruttezza.
Solo quando ormai non ci speravano pi, ritrovarono la loro visione di
felicit. All'inizio non osavano credere ai loro occhi, per paura di vederla
nuovamente sparire. Si convinsero della loro fortuna solo dopo che molte
sere furono trascorse senza che l'uomo fosse ricomparso e la donna dal
vello color erba bruciata fu tornata, dopo una attesa paralizzante, ai gesti
ineffabili del suo splendore solitario.
Non avevano voluto confidare a Marissa la loro vittoria finch questa non
fosse sicura. Ma ormai sapevano o, meglio, sentivano con certezza
che non avevano pi ragione di dubitare dell'avvenire: decisero perci di
annunciare finalmente alla loro amica la gloriosa notizia. Gi i loro sensi si
intenerivano al pensiero delle tenerezze che avrebbero nuovamente
provato.
Ma quella mattina Marissa era introvabile.
Inquiete e imbronciate, si lamentarono per quella assenza con la direttrice
del collegio. Che cosa aveva, quella ragazza, per non venire in classe? Era
malata?
Non rivedrete pi Marissa, le inform laconicamente la direttrice. Ed
meglio che la dimentichiate. Non una ragazza seria ed stata espulsa
dalla scuola.
LA FELICITA'
Solo raramente vanno al cinema, perch si annoiano a vedere film che
trattano di avventure o sentimenti che sono troppo diversi dai loro. Quella
sera, tuttavia, dopo aver assistito alla proiezione di La felicit-, Dan
chiede a Marion:
Ti annegheresti anche tu se ti annunciassi che ho un'amante e che vi amo
entrambe?
Certo. O, meglio, annegherei te. Perch punire me stessa per una colpa
tua?
Sei sicura che sia una colpa, essere capace di amare pi di una donna alla
volta e di esserne felice ? questo ci che ti rimasto di una promettente
immoralit?
Non si tratta di morale, ma di logica. Se tu cessassi di essere logico non
ti vorrei pi. Tu mi hai convinta che io sono la donna pi bella del mondo.
Se tu te ne prendessi un'altra, ci vorrebbe dire che costei altrettanto
bella o pi bella e io avrei vergogna di me stessa; oppure, che tu ti
accontenti di qualcuna che non mi vale: allora avrei vergogna di te.
Non ti amerei pi, perch non potrei pi ammirarti.
Dan ride, abituato com' ai ragionamenti perentori di sua moglie, che si
sforza di considerare boutades. Ma, in realt, ogni parola di Marion lo
tocca e decide, per il momento, del suo umore allegro o triste.
La tua logica ben nota, osserva. quella della gelosia. Un cocktail
di insicurezza, orgoglio mal riposto e calcoli sbagliati.
Perch mai calcoli sbagliati?
Perch, invece di aiutarti a conservare ci a cui tu tieni, questa logica te
lo far perdere. Per la forza della sua noia. Essa annoia veramente tutti.
Credi che potresti amare due donne senza che ci vada a scapito dell'una
o dell'altra? Ci sarebbe per forza una perdente. L'uguaglianza non sarebbe
possibile.
Non amerei un'altra donna pi o meno di te, l'amerei in modo diverso.
Anche lei mi porterebbe qualcosa di diverso. Si pu aver bisogno di pi di
un consiglio... Questo avrebbe dovuto cercare di spiegare quel falegname a
quell'oca di sua moglie, ma costei non avrebbe certo capito. Per lei,
l'amante le " prendeva " il suo uomo. Se non poteva aver tutto e averlo solo
per s, non le restava niente. L'idea di condividere l'amore, come si pu
condividere con altri la gioia di vivere, sembra fuori della portata delle
donne. E, ancora di pi, l'idea che rendere l'amore pi complesso equivale
ad imparare ad amare meglio. Non credo che Agns Varda si sia fatta delle
illusioni. Il suo film non rivoluzionario: rassegnato. Rassegnato alla
semplicit di spirito che i rapporti ritenuti amorosi comportano.
A Marion non interessano le teorie. Ella si richiama ai dati concreti del
loro matrimonio:
Tu mi hai sposata dopo aver provato centinaia di donne.
Che esagerazione.
Hai fatto paragoni, hai impiegato met della tua vita a farti un'opinione
precisa. Sulla base delle tue ricerche, hai deciso che io ero, da ogni punto
di vista, la migliore: che avevo gli zigomi pi alti, i capelli pi lunghi, i
seni pi appuntiti, il ventre pi piatto, le gambe pi indecenti, il pube pi
triangolare, il cervello pi allettante, la giovinezza pi piacevole per un
uomo della tua bella et, le mani e le labbra pi lussuriose. Ora potresti
accontentarti di una qualit pi scadente?
No.
Tuttavia ritiene che sia suo dovere far rivivere il loro antico cerimoniale
erotico. Ma Dan a disagio la ferma:
Non stasera. Lascia che mi abitui all'idea.
Marion sorpresa. Cos, geloso! D'un tratto si ribella, protesta, supplica,
lo blandisce. Dan si rifiuta di ammettere che soffre per l'infedelt della
moglie, infelice, non ha l forza di perdonare. Ella se ne rende conto,
delusa, respinta.
A loro non resta veramente altro che il divorzio, conclude Marion, ma non
lo dice ad alta voce. Dan non sembra pensare a una simile eventualit. La
donna vi si preparer dunque da sola, il cuore stretto, senza lasciar
sgorgare le lacrime che le gonfiano il petto.
Esteriormente la loro vita non cambia. Escono pi spesso di prima, fanno
tardi con gli amici. Niente pi li richiama a casa, ora che non fanno pi
l'amore insieme.
Trovare un successore a Dan non sar difficile, pensa Marion, passando
in rassegna gli spasimanti che non sono stati scoraggiati dalla sua
freddezza di un tempo o quelli che non l'hanno conosciuta prima. Permette
loro d avvicinarla pi facilmente, di tastare, mentre danzano, il suo corpo
sotto l'abito. Ma ha paura che si rinnovi la delusione della pineta.
Questa volta mi lancer solo a colpo sicuro, promtte a se stessa.
Andr a letto solo con l'uomo che, a mio parere, potr sostituire
degnamente Dan.
Non sa ancora se gli chieder di sposarla o meno. Ma certa che l'uomo
prescelto sar il solo a possederla. Non decisamente donna da dividersi
tra due uomini.
Una sera simile a tante altre, lo sceglie all'improvviso. Ha pressappoco
l'et di Dan, esattamente come aveva previsto. E assomiglia anche un po' a
suo marito, anche se un po' meno bello, deve convenirne. Le critiche si
sommano alle critiche e dopo qualche giorno Marion decide che questo
pretendente non vale Dan sotto nessun punto di vista. dunque
ragionevole che ella abbandoni l'uno per l'altro?
Ma non serve a niente opporsi al corso delle cose: non sar la prima
moglie, pensa con tristezza, che divorzia per sposare una pallida copia del
primo marito. Sorte ironica, senza dubbio, ma la vita fatta anche di simili
derisioni. Se me ne rendo conto senza per questo farne un dramma, un
punto a mio favore, si dice; ci vuol dire che sto raggiungendo l'et
della ragione.
Ultima notte senza sonno: Marion si prepara a sedurre il nuovo amante che
ha deciso di prendersi. Si immagina in anticipo ci che avverr.
Marion ormai non riesce pi a distinguere chi suo marito e chi l'altro.
L'incomparabile piacere che prova nel rappresentarsi i loro ventri in
simbiosi che infrangono il suo ventre, le loro bocche che la baciano e
l'intossicano di una saliva composita, i loro sessi confusi uno nell'altro che
si affondano e avanzano in lei, pi lontano di quanto potrebbe mai fare un
uomo solo, il loro spasimo indivisibile, finalmente che la riempie di uno
sperma per met adultero le fa comprendere che mai pi ella potr
soddisfarsi del loro amore disgiunto.
Un orgasmo insostenibile cresce in lei, si gonfia, batte, sale fino al suo
cuore che si ferma, fino alla gola che urla, fino alla testa che esplode in
milioni di frammenti, portati al calor bianco pi che qualsiasi pietra.
Dan ansima, contemplando con fierezza la moglie che torna lentamente in
s.
Non ho mai provato un piacere simile, sospira Marion, ridendo di
tenerezza.
Circonda il collo del marito con le braccia appagate, copre di baci il
compagno ritrovato:
Pensa! per poco non ti ho perso. Dovevo essere impazzita! Ma ora
passato. So che posso fare l'amore soltanto con te. Con te soltanto posso
gioire. Soltanto con te posso amare.
RAGIONE GRECA
A M. e N.
L'hotel di Gran Bretagna aveva visto ben altri spettacoli e il portiere capo
non lasci trapelare alcuna emozione all'arrivo scaglionato delle tre coppie.
I primi a presentarsi furono Lucas e Antonia, provenienti dalla rotta che
attraversa l'Italia e il Peloponneso. Occuparono una delle grandi stanze che
Lucas aveva prenotato. L'impiegato trascrisse sul registro: signor Ran,
funzionario internazionale, 34 anni, nazionalit francese; signorina De
Linhes, indossatrice, 22 anni, nazionalit brasiliana. Attese che i nuovi
arrivati fossero nell'ascensore prima di formulare, a bassa voce, tutto
beneficio dei suoi colleghi, i commenti che gli ispiravano le lunghe cosce
nere come la lava sotto la minigonna pi corta che fosse stata vista ad
Atene dopo l'instaurazione del nuovo Ordine Morale.
La seconda camera fu occupata, la sera del giorno seguente, da Roman e
Ccile, che Lucas e Antonia erano andati a prendere all'aeroporto di
Hellinikon. La stessa persona procedette, senza il minimo trasalimento, a
registrare Ccle, che, dal suo passaporto diplomatico, risultava essere
che i sei amici furono ben presto colpiti e imbarazzati dalla loro stessa
loquacit e la conversazione fin a poco a poco per prendere un andazzo
monosillabico che approd in un silenzio totale.
Il silenzio fu rotto dall'apparizione di altri quattro marinai, uno dei quali
era molto bello. Il primo greco che incontro che rassomigli a quelli di un
tempo, esclam Antonia.
Ora, declam Cliff, in tono lirico e citando l'Anabasi, viaggeremo
come Ulisse, coricati sul dorso!
Due giorni dopo alzarono le vele. Il mare era trasparente e tranquillo.
Gettarono l'ancora in una baia per fare il bagno. La nuotata stimol
l'appetito di Cliff che rimprover il cuoco di bordo per non aver preparato
da mangiare a sufficienza. I suoi commensali erano d'idea contraria e il
cibo serv da base per la conversazione fino al momento della siesta.
Ccile propose ad Antonia di riposarsi sul ponte. Si sistemarono a prua, sul
tavolato di legno di tek sbiancato dai lavaggi. Ccile si tolse i due pezzi del
suo bikini e si distese supina. Antonia rimase seduta, con le braccia che
circondavano le ginocchia.
Non ti togli il costume? si stup la sua compagna.
Non ho bisogno di abbronzarmi, osserv con un sorriso la brasiliana.
Potresti spogliarti per farmi piacere.
Sono gi troppo nera.
Troppo in rapporto a che cosa? replic Ccile. Da che cosa valuti se
un colore buono o cattivo giusto o sbagliato, bello o brutto?
E tu, allora, perch vuoi cambiare il tuo?
Ccile indic i seni e il basso ventre, il cui pallore spiccava chiaramente
sull'abbronzatura del resto del suo corpo.
Sono queste zone a causarmi dei rimorsi, spieg.
Vedi bene allora che anche tu hai dei pregiudizi in favore di una tinta
piuttosto che di un'altra.
No: non sono neppure sicura che sia pi piacevole avere un'abbronzatura
uniforme che essere a righe. Mi piacerebbe anzi essere una zebra. Ma mi
dispiace esserlo per un puro senso di vergogna. Infatti, se sono abbronzata
a chiazze, questo non per una scelta precisa o per uno scherzo della
fantasia, ma soltanto perch non oso mettermi nuda sulle spiagge che
frequento.
Hai paura dei vigili, normale.
Ho soprattutto paura di scandalizzare, di essere giudicata male. Ho paura
della morale pi che della legge.
Eppure non trovi nulla di male nel fatto che io sia l'amante di tuo
marito.
Perch non c' nulla di male. Se tu fossi brutta o sciocca, sarei furiosa. E
umiliata al pensiero che egli possa avere cattivo gusto.
Guard con aria pensosa Antonia, poi aggiunse:
Anche lui potrebbe rimproverarmi di fargli un'offesa se amassi uomini
che valgono meno di lui. Ma vedi, Roman, per esempio, uno studioso. Ed
bello da guardare, non trovi?
molto diverso da Lucas. Quale preferisci?
Lucas mio marito, non l'ho sposato senza ragione. Ci non mi
impedisce per di apprezzare le qualit di altri uomini. Ma trovo stupido
fare paragoni: paragonare gi cominciare a privarsi. E come ci si pu
permettere di preferire questo a quello, quando la vita non abbastanza
lunga da permetterci di imparare a conoscere?
Finirono per addormentarsi una accanto all'altra.
Le isole lasciavano il posto ad altre isole. A ogni porto immensi slogan
luminosi proclamavano le virt degli eserciti e della razza. Finirono per
odiare quasi quegli scali, ma dovevano pur scendere a terra per rifare le
provviste. L'appetito di Cliff non sembrava voler diminuire. I suoi amici
finirono per rimproverarglielo.
Non sono un ingordo, egli replic, sono un buongustaio. La buona
cucina un'arte.
Un'arte primitiva, contest Lucas. Una arte da popoli sottoalimentati,
incapaci di sfidare qualsiasi altra cosa che non sia la loro fame da lupi. Un
giorno, speriamo, l'umanit progredir tanto da non pensare pi a
mangiare.
I greci antichi si preoccupavano tanto della gastronomia quanto Cliff?
volle sapere Margot.
Non sapevano che l'uomo un animale, interfer il suo fidanzato.
La discussione rinasceva quasi a ogni pasto e una sera Lucas confid a sua
moglie che vivere su un'imbarcazione cos piccola creava un
inconveniente: li forzava a vivere un po' troppo gli uni sugli altri.
Ma non abbastanza, a quanto sembra, fece osservare Ccile, da
provocare un ravvicinamento tra Cliff e Margot, ravvicinamento che pur
sarebbe nell'ordine delle cose.
Tu che opti tanto per la natura, disse pi tardi al loro ospite, in separata
sede, trovi naturale portare in crociera con te la tua fidanzata e non
andare a letto con lei? Desideri forse che resti vergine?
Fare l'amore con le mie mogli non mi mai riuscito, ma non voglio
perdere questa: l'amo.
A N. P. e M. R.
Com' bella la Rivoluzione! confida Mary, l'americana, al suo
magnetofono portatile. Com' bella la Rivoluzione, con le sue ragazze
dalle gonne corte, che s passano i sassi di mano in mano! Eretta la
barricata, esse vi si arrampicano con le loro gambe da innamorate per
radunare i ragazzi attorno alla bandiera nera delle loro chiome, in mezzo
alla nebbia prodotta dai gas che arrossano i loro occhi.
Un'esplosione assordante, cos vicina che Mary salta istintivamente
all'indietro, le mozza il fiato e i pensieri. La ragazza si stringe
l'apparecchio al petto.
Non aver paura, le dice Daniel. Ameno-ch tu non le riceva in pieno
viso, quelle granate sono bidoni.
E quando le ricevi in pieno viso? chiede Mary.
Una marea di giovani la trascina nel suo movimento di risacca. L'invitata
si lascia portar via. Alcuni altoparlanti sbraitano:
Diffidate dei provocatori! Conservate il vostro sangue freddo.
Abbiate sangue caldo! registra Mary, il microfono premuto contro le
labbra. Siate provocanti, ninfe della rivolta! Non lasciatevi mai pi
ricondurre alla verginit!
Si ode un lontano brontolio, come il rombo di un treno o l'avvicinarsi di un
esercito zul. Per un attimo le bombe smettono di esplodere: le forze
dell'ordine tendono l'orecchio. Una gioiosa eccitazione si diffonde tra la
massa disordinata degli insorti:
Eccoli!
Sono i cortei di studenti e operai, partiti alle sei di sera dalle porte di Parigi
e che hanno camminato fino a mezzanotte, convergendo verso il Quartiere
Latino. La folla numerosa trabocca contemporaneamente nelle vie laterali,
che sembrano dover quasi scoppiare.
Le loro voci, simili all'ansimare di un pistone, ripetono senza fine la frase
che richiama dalle loro case gli individui pacifici e i paurosi:
Siete tutti parte in causa! Siete tutti parte in causa!
I borghesi benestanti, i bottegai, tutti escono dai loro rifugi. notte,
nessuno li vedr. Seguono l'allegra marcia, si ritrovano a dissigillare gli
edifici pubblici, a smantellare la pavimentazione delle strade.
Le vetrine crollano, gli alberi vengono abbattuti, le automobili
parcheggiate lungo i marciapiedi vengono sollevate a forza di braccia, il
lastricato grandina insieme con roba eterogenea.
All'inizio c'erano tre barricate: un'ora dopo, ce ne sono ventiquattro.