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Zelinskyy Andriy matricola 154073

Weber Thomas matricola 159283

LA LETTERA AI FILIPPESI
Introduzione

Analisi linguistica:
La lettera ai Filippesi contiene 438 parole, su 1629 forme, 104 verseti et 4 capitoli.
Le parole più spesso usate nella lettera:
• il pronome personale egw, « io, me » 58 volte ( Fi . 1,2– 4,21 ) ;
• il pronome personale su, « tu, voi » 52 volte ( Fi 1,2 – 4,23 );
• il nome Xristoj,, « Cristo » 37 volte ( Fi 1,1– 4,23 );
• l'aggettivo paj , « tutti » 33 volte ( Fi 1,1– 4,22 ) ;
• il sostantivo Qeoj, « Dio »23 volte ( Fi 1,2– 4,20 );
• il nome Ihsouj, « Gesù » 22 volte ( Fi . 1,1– 4,23 ) ;
• il verbo eimi, « essere »17 volte ( Fi 1,7– 4,17 );
• il sostantivo « Kurios, « Signore » 15 volte ( Fi . 1,2– 4,23 ) ;
• il verbo ecw, « avere » 10 volte ( Fi . 1,7– 3,17 ) ;
• il verbo fronew,« pensare, preoccuparsi, meditare, » 10 volte ( Fi. 1,7– 4,10 )
• il sostantivo evuv aggelion, « vangelo » 9 volte ( Fi. 1,5– 4,15) ;
• il sostantivo pneuma, « spirito » 8 volte ( Fi . 1,15– 4,23 ) ;
• il sostantivo adelfoj, « fratello » 9 volte ( Fi . 1,12– 4,21 );
• il verbo cairw, « rallegrarsi» 9 volte( Fi. 1,18– 4,10 );
• il sostantivo qanatoj « morte » 6 volte ( Fi. 1,20– 3,10 ).

Le parole più rare nel corpus paulinum- hapax


1) Nella lettera ai Filippesi nei confronti del corpus paulinum
75 parole, 79 forme:
epafroditoj 2 (Epafrodit), zhmia 2 (perdita), morfh 2 (essendo per natura), sunaqlew 2
(lottare), agnwj 1 (puro), adhmonew 1(essere afflitto), aisqhsij 1(delicato sentimento),
aithma 1 (richiesta), akaireomai 1 (mancare l'occasione di), alupoj 1 (meno triste),
anaqallw 1(rifiorire), analuw 1 (andarsene), apobainw 1 (gioverire), apousia 1 (assenza,
lontano da), areth 1 (virtuoso), arpagmoj 1 (un bene irrinunciabile), asfalhj 1 (sicurezza),
autarkhj 1 (bastarsi a se stesso), aforaw 1 (vedere chiaro), bebaiwsij 1
(consolidamento), bibloj 1 (libro), gnhsiwj 1 (sincero), goggusmoj 1 (mormorazione),
diastrefw 1 (sviata), dosij 1 (dono), eilikrinhj 1 (puro), entimoj 1 (stima), exanastasij 1
(risurrezione), exauthj 1 (appena), epekteinomai 1 (protendendomi), epilanqanomai 1
(dimenticando), epipoqhtoj 1 (desideratissimi), eterwj 1 (altrimenti), euodia 1 (Euvodia),
eufhmoj 1 (di buona fama), euyucew 1 (incoraggiare), isoj 1 (uguale),isoyucoj 1 (di animo
pari), kaiper 1 (benché), kaisar 1 (Cesare), katatomh 1(circoncisi), katacqonioj 1
(sotterraneo), kenodoxia 1 (vanagloria), klhmhj 1 (Clemente), kuwn 1 (cane), lhmyij 1 (il
ricevere), megalwj 1 (grandemente), muew 1 (essere iniziato), oiomai 1(immaginarsi),
oktahmeroj 1 (ottavo), paraboleuomai 1 (rischiare), paramuqion 1 (conforto), paraplhsioj 1
(molto vicino a), politeuma 1 (cittadinanza), politeuomai 1 (comportarsi), praitwrion 1
(pretorio), prosfilhj 1 (amabile), pturw 1 (spaventare), skolioj 1 (perversa), skopoj 1
(compimento), skubalon 1 (spazzatura), suzugoj 1 (Sisigo), sullambanw 1 (venire in aiuto),
summimhthj 1 (imitatore), summorfizw 1 (essendo reso conforme), sumyucoj 1(un
medesimo pensare), suntuch 1 (Sintiche), tapeinwsij 1 (umiliazione), teleiow 1 (arrivare
alla perfezione), uperuyow 1 (sovranamente innalzato), usterhsij 1 (bisogno), farisaioj 1
(fariseo), filipphsioj 1 (filippeso), fwsthr 1 (astri, luminari), cortazw 1 (essere sazio di).

2) Nella lettera ai Filippesi nei confronti del Nouvo Testamento


42 parole, 44 forme:
epafroditoj 2, sunaqlew 2, agnwj 1, aisqhsij 1, akaireomai 1, alupoj 1, anaqallw 1, apousia
1, arpagmoj 1, autarkhj 1,gnhsiwj 1, exanastasij 1, epekteinomai 1, epipoqhtoj 1, eterwj 1,
euodia 1, eufhmoj 1, euyucew 1, isoyucoj 1, katatomh 1, katacqonioj 1, kenodoxia 1, klhmhj 1,
lhmyij 1, megalwj 1, muew 1, oktahmeroj 1, paraboleuomai 1, paramuqion 1, paraplhsioj 1,
politeuma 1, prosfilhj 1, pturw 1, skopoj 1, skubalon 1, suzugoj 1, summimhthj 1, summorfizw
1, sumyucoj 1, suntuch 1, uperuyow 1, filipphsioj 1.

3) Nella lettera ai Filippesi nei confronti di tutta la Bibbia


31 parole, 33 forme:
epafroditoj 2, sunaqlew 2, agnwj 1, akaireomai 1, alupoj 1, apousia 1, arpagmoj 1, gnhsiwj 1,
epekteinomai 1, epipoqhtoj 1, eterwj 1, eufhmoj 1, euyucew 1, katatomh 1, katacqonioj 1,
kenodoxia 1, klhmhj 1, muew 1, oktahmeroj 1, paraboleuomai 1, paramuqion 1, paraplhsioj 1,
politeuma 1, pturw 1, skubalon 1, suzugoj 1, summimhthj 1, summorfizw 1, sumyucoj 1, suntuch
1, filipphsioj 1.
La statistica percentuale dell’occorrenza delle parole più spesso usate
nella lettera ai Filippesi nei confronti delle altre lettere del
corpus paolinum

egw
0 6
1Ti (0.943%: 15 / 1591)
Col (1.517%: 24 / 1582)
Eph (1.817%: 44 / 2422)
1Co (1.903%: 130 / 6830)
Rom (2.081%: 148 / 7111)
Gal (2.646%: 59 / 2230)
Tit (2.883%: 19 / 659)
2Th (3.159%: 26 / 823)
1Th (3.376%: 50 / 1481)
2Ti (3.393%: 42 / 1238)
Phi (3.560%: 58 / 1629)
2Co (3.641%: 163 / 4477)
Phm (6.269%: 21 / 335)

fronew

0 1
1Co (0.015%: 1 / 6830)
2Co (0.022%: 1 / 4477)
Gal (0.045%: 1 / 2230)
Col (0.063%: 1 / 1582)
Rom (0.127%: 9 / 7111)
Phi (0.614%: 10 / 1629)
Evuv aggelion

0 1
1Ti (0.063%: 1 / 1591)
1Co (0.117%: 8 / 6830)
Col (0.126%: 2 / 1582)
Rom (0.127%: 9 / 7111)
Eph (0.165%: 4 / 2422)
2Co (0.179%: 8 / 4477)
2Ti (0.242%: 3 / 1238)
2Th (0.243%: 2 / 823)
Phm (0.299%: 1 / 335)
Gal (0.314%: 7 / 2230)
1Th (0.405%: 6 / 1481)
Phi (0.552%: 9 / 1629)

cairw
0 1
Rom (0.056%: 4 / 7111)
1Co (0.059%: 4 / 6830)
Col (0.126%: 2 / 1582)
1Th (0.135%: 2 / 1481)
2Co (0.179%: 8 / 4477)
Phi (0.552%: 9 / 1629)
Ihsouj
0 2
1Co (0.381%: 26 / 6830)
2Co (0.424%: 19 / 4477)
Col (0.442%: 7 / 1582)
Rom (0.506%: 36 / 7111)
Tit (0.607%: 4 / 659)
Gal (0.762%: 17 / 2230)
Eph (0.826%: 20 / 2422)
1Ti (0.880%: 14 / 1591)
2Ti (1.050%: 13 / 1238)
1Th (1.080%: 16 / 1481)
Phi (1.351%: 22 / 1629)
2Th (1.580%: 13 / 823)
Phm (1.791%: 6 / 335)

Xristoj

0 2
Tit (0.607%: 4 / 659)
1Th (0.675%: 10 / 1481)
Rom (0.914%: 65 / 7111)
1Co (0.937%: 64 / 6830)
1Ti (0.943%: 15 / 1591)
2Co (1.050%: 47 / 4477)
2Ti (1.050%: 13 / 1238)
2Th (1.215%: 10 / 823)
Col (1.580%: 25 / 1582)
Gal (1.704%: 38 / 2230)
Eph (1.899%: 46 / 2422)
Phi (2.271%: 37 / 1629)
Phm (2.388%: 8 / 335)
Analisi storico-geografica:
I nomi propri :
• Cristoj « Cristo » 37 volte (Fi . 1,1– 4,23 );
• Ihsouj « Gesù » 22 volte ( Fi 1,1– 4,23 ) ;
• Timoqeoj « Timoteo » 2 volte ( Fi 1,1 et 2,19) ;
• Epafroditoj « Epafrodito » 2 volte ( Fi 2,25 et 4,18);
• Pauloj « Paulo » 1 volta ( Fi 1,1) ;
• Euodia « Evodia » 1 volta ( Fi 4,2);
• Suntuch « Sintiche » 1 volta ( Fi 4,2) ;
• Suzugos « Sizigo » 1 volta (Fi 4,3)
• Klhmhj « Clemente » 1 volta ( Fi 4,3);
• Beniamin « Beniamino » 1 volta ( Fi 3,5) ;
• Ebraioj « Ebreo » 2 volte ( Fi 3,5);
• Kaisar « Cesare » 1 volta ( Fi 4, 22);
• Farisaioj « Fariseo » 1 volta( Fi 3,5);
• Filipphsioj « Filippeso » 1 volta ( Fi 4,15);

I luoghi geografici :
• Israhl « Israele » 1 volta ( Fi 3,5);
• Makedonia « Macedonia » 1 volta ( Fi 4,15) ;
• Filippoi « Filippi » 1 volta ( Fi 1,1) ;
• Qessalonikh « Thessalonica » 1 volta (Fi 4,16);

Filippi (in greco antico Φἱλιπποι) è un'antica città della Tracia, attigua alla Macedonia e
non distante dal mare Egeo.
Sorge sul sito dell'antica Crenides e prese il nome dal re Filippo il Macedone, che la fece
ingrandire e fortificare nel 356 a.C. per farne un centro minerario. Fu conquistata dai Romani nel
168 a.C.: nel 42 a.C. fu teatro della battaglia decisiva tra le truppe di Ottaviano e Antonio contro
quelle di Bruto e Cassio. Ottaviano, divenuto Augusto la eresse al rango di colonia.
L'espressione popolare "Ci rivedremo a Filippi" per significare che prima o poi si arriverà
alla resa dei conti deriva dalla frase che lo spettro di Giulio Cesare rivolge a Bruto nel IV atto del
Giulio Cesare di William Shakespeare, episodio ripreso dalle Vite parallele di Plutarco (Vita di
Bruto, 36).
La città ebbe un notevole ruolo nei primi secoli del cristianesimo: fu la prima città
d'Europa ad essere evangelizzata da san Paolo, che alla comunità di Filippi indirizzò una delle
sue epistole; anche sant'Ignazio di Antiochia e san Policarpo di Smirne indirizzarono alla chiesa
locale alcuni dei loro scritti.
La città fu un centro importante anche in epoca bizantina. Fu occupata dai latini durante la IV
crociata e fu in seguito abbandonata.

La battaglia di Filippi oppose il secondo triumvirato, composto da Ottaviano,


Antonio e Lepido, alle forze (dette repubblicane) di Bruto e Cassio (due dei principali cospiratori
e assassini di Cesare).
La battaglia si svolse vicino alla cittadina macedone di Filippi nell'anno 42 a.C. e si può
dividere in due distinte fasi iniziate rispettivamente il 3 e il 23 ottobre. La battaglia fu vinta dal
secondo triumvirato, soprattutto per merito di Antonio. Ottaviano non era un grande uomo di
guerra e rimase in disparte. Lepido rimase in occidente per occuparsi della situazione in Italia.
Bruto e Cassio furono costretti a uccidersi.
Dopo la battaglia, Antonio continuò con una parte delle legioni la pacificazione della
parte Orientale dell'impero romano che si era alleata con Bruto e Cassio. Ottaviano dovette
occuparsi di trovare delle terre ai legionari che furono smobilitati alla fine della battaglia. I
legionari chiedevano delle terre che si trovavano in Italia. Dunque Ottaviano dovette espropriare
un certo numero di proprietari terrieri per accontentare i suoi legionari.
La città di Filippi. Situazione geografica.

Provincia romana di Macedonia

La Macedonia come provincia romana, nel 120 circa

La provincia di Macedonia comprendeva le quattro precedenti repubbliche, le coste della


Tracia e forse anche l'Epiro e l'Illiria. Vi si aggiunsero quindi anche la Tessaglia e parti della
Grecia. La provincia venne governata da un proconsole.
Tutte le città della provincia conservarono tuttavia le proprie autonomie interne, come già
era accaduto nei confronti del sovrano all'interno del regno macedone, ma persero il diritto di
battere moneta, che rimase invece ad alcune città libere della Grecia. Roma appoggiò inoltre
ovunque i regimi oligarchici. Probabilmente i terreni di proprietà regia in Macedonia vennero
incorporati nell'ager publicus, di cui entrò a far parte anche il territorio di Corinto, mentre i
territori cittadini rimanevano in possesso delle diverse città.
Poco dopo l'istituzione della provincia venne sistemata la via Egnazia, che da Apollonia
ed Epidamno, sulla costa adriatica, raggiungeva Pella e quindi Tessalonica.
La regione visse in seguito una rivolta fomentata da un altro presunto figlio di Perseo,
Alessandro, nel 143 a.C. e incursioni delle tribù sul confine (nel 92 a.C. una degli Scardisci
giunse a saccheggiare il santuario di Dodona).
La provincia fu occupata da Ariarate IX, un figlio di Mitridate VI re del Ponto, durante la
prima delle guerre mitridatiche e fu rioccupata da Silla solo nell'85 a.C., ma, nonostante
l'adesione alla parte avversa di molte città, la situazione non sembra fosse modificata in senso
punitivo. La guerra pesò tuttavia sulle risorse locali dal punto di vista economico.
La provincia venne coinvolta inoltre nella guerra civile tra Cesare e Pompeo, combattuta
nelle sua fasi finali tra Durazzo e Farsalo e Cesare vi dedusse alcune colonie di veterani: Butrinto
in Epiro e Dymae e Corinto (Laus Iulia Corinthiensis) in Grecia. Nuovamente la provincia fu
coinvolta nella lotta tra il triumviri e i Cesaricidi e nuovi stanziamenti di veterani si ebbero dopo
la battaglia di Filippi nel 42 a.C. (Dyrrachium a Durazzo, in Epiro, Augusta Arae Patrae a
Patrasso, Filippi e Pella, che godettero dello ius italicum).
Con la riforma augustea la provincia fu ascritta tra quelle senatorie ed ebbe un
governatore di rango pretorio. La Grecia venne tuttavia staccata dalla Macedonia e divenne una
provincia senatoria separata con il nome di Acaia e lo stesso accade per l'Illirico.

Tessalonica
La città venne fondata attorno al 315 a.C. da Cassandro, Re dei Macedoni, nelle vicinanze
o sul luogo dove sorgeva l'antica città di Therma e diversi altri villaggi. Cassandro le diede il
nome di sua moglie Tessalonica, che era anche sorellastra di Alessandro Magno. Ella venne così
chiamata dal padre, Filippo II di Macedonia, per commemorare la sua nascita nel giorno in cui
egli ottenne una vittoria (nike) sui Tessalici.

Dopo la caduta del regno di Macedonia, nel 146 a.C., Salonicco entrò a far parte
dell'Impero Romano. Divenne un importante centro commerciale sulla Via Egnazia. La città
divenne capitale di uno dei quattro distretti romani di Macedonia, ed era governata da un pretore.
Nel 42 a.C., per essersi schierata a fianco di Ottaviano e Antonio contro Cassio e Bruto, i
vincitori l'avevano dichiarata 'città libera', col suo dèmos, la sua bulè e con magistrati propri (i
politarchi). Tale privilegio le imponeva l'obbligo morale di un lealismo oltre ogni sospetto. Essa
ospitava una considerevole colonia ebraica e fu uno dei primi centri della cristianità. Nel suo
secondo viaggio missionario, San Paolo predicò nella sinagoga della città, la principale in quella
parte di Macedonia, e gettò le fondazioni di una chiesa. L'opposizione nei suoi confronti da parte
degli Ebrei lo costrinse a lasciare la città e a trovare rifugio a Veria.

Analisi teologica:
Partendo da una semplice analisi linguistica delle parole che nel contesto dell’intero
epistolario paolino troviamo solo nella lettera ai Filippesi, cioè dall’hapax del corpus paolinum,
è molto facile da evidenziare la loro peculiarità. Si tratta di un filo tematico che sembra unirle in
un’unità logica e significativa. La maggioranza di esse sono piuttosto i termini caricati con un
significato di natura psicologica che trattano delle emozioni umani, le attività mentali, i
movimenti profondi dell’anima umana. I verbi come, per esempio, adhmonew (essere afflitto,
triste, turbato), anaqallw (rifiorire), aforaw (vedere chiaro), euyucew (incoraggiare), oiomai
(immaginarsi, credere), gli aggettivi come autarkhj (autosufficiente), alupoj (meno triste),
areth (virtuoso), gnhsiwj (sincero), prosfilhj (amabile) come anche alcuni sostantivi tra i
quali troviamo kenodoxia (vanagloria), paramuqion (conforto, consolazione), tapeinwsij
(umiliazione), ecc., costituiscono un vocabolario degli stati e processi spirituali, dei movimenti
interiori della persona umana. Un lettore attento si accorge facilmente di un invito da parte
dell’apostolo alla spiritualità esistenziale la quale ci mette davanti al Dio vivo, che agisce anche
nelle profondità dello spirito umano.
Quando cerchiamo di analizzare l’elenco delle parole più spesso usate nella lettera ai
Filippesi per raggiungere una comprensione abbastanza ampia del ragionamento di San Paolo nel
suo rivolgersi alla giovane chiesa di Filippi, vi possiamo subito notare che tra i quattro verbi,
nell’elenco di 14 parole, i due significativi e a se stanti (dopo i più notabili “essere” ed “avere”
che spesso però vengono usati come i verbi ausiliari) sono quelli di fronew «pensare,
preoccuparsi, meditare», 10 volte (Fil 1,7–4,10), e cairw « rallegrarsi», 9 volte (Fil 1,18–4,10).
Come possiamo vedere partendo già dal modesto dato proposto, il vocabolario dei processi
interiori dell’uomo è di un grande rilievo per l’autore della lettera ai Filippesi. Ne costruisce una
teologia pratica, una spiritualità che esige un certo comportamento, un giusto modo di vivere
(ortoprassi) a base del retto atteggiamento interiore (Fil 1,27; 2,5).
Un’altra importante osservazione dell’analisi linguistica del presente vocabolario ci svela
ancora un aspetto abbastanza significativo di questa lettera Paolina: nel testo di 438 parole i
termini che appaiono più spesso sono i due pronomi personali egw (io, me), 58 volte (Fil 1,2–
4,21), su (tu, voi), 52 volte (Fil 1,2 – 4,23) e i pronomi possessivi ad essi corrispondenti. Si
percepisce subito il carattere esplicitamente personale del messaggio paolino. E’ una lettera
scritta dalla situazione molto particolare, nella quale si trova l’apostolo. E’ piuttosto un
condensato espresso delle emozioni vissute nella profondità del suo cuore:
“Desidero che sappiate, fratelli, che le mie vicende si sono volte piuttosto al vantaggio del vangelo, al punto
che in tutto il pretorio e dovunque si sa che sono in catene per Cristo; in tal modo la maggior parte dei
fratelli, incoraggiati nel Signore dalle mie catene, ardiscono annunziare la parola di Dio con maggior zelo e
senza timor alcuno” (Fil 1,12-14).
Pur essendo in prigione, Paolo riesce a rallegrarsi ed esprimere i suoi sentimenti più profondi con
un linguaggio sincero e notevolmente amichevole. Lui non soltanto pensa dei membri di questa
comunità tanto cara a lui, ma “li porta nel suo cuore” e parla di un “profondo affetto” che ha per
tutti loro (Fil 1,7-8), un atteggiamento non facile da trovare nelle altre lettere del corpus
paulinum.
Il vocabolario di San Paolo ricco di tanti pronomi possessivi derivati dal pronome
personale della prima persona singolare “io”, tradisce l’atteggiamento molto affettivo e personale
della sua lettera. L’apostolo delle genti si mostra veramente aperto alla comunità di Filippi a
motivo della loro “cooperazione alla diffusione del vangelo dal primo giorno fino al presente”, la
quale include anche un sostegno materiale da loro parte degli sforzi apostolici di San Paolo (Fil
1,5; 4,10-20). Comunque non è questo il motivo principale di tale affetto. Neanche il fatto storico
che la città di Filippi, un importante centro urbano della provincia di Macedonia, aveva il
privilegio d’essere la prima città evangelizzata in Europa da Paolo. Con le espressioni molto
generose Paolo non cessa ad esortare i suoi seguaci prediletti d’imitarlo nell’amore per il “suo”
Signore, “per il quale ha lasciato perdere tutte queste cose (qua si riferisce ovviamente alle
usanze della legge mosaica: Fil 3,4-7) e le considera come spazzatura, al fine di guadagnare
Cristo…” (Fil 3,8). L’amore così evidente di Paolo per questa comunità scaturisce piuttosto
dall’atteggiamento così generoso e così fedele dei suoi membri al Signore, a causa del quale lui
considera come perdita tutto ciò che poteva essere per lui un guadagno (Fil 3,7). E’ un frutto
delle relazioni intime con Dio che gli permette vedere quelli che, come lui stesso, vogliono
“correre verso la mèta per arrivare al premio che Dio li chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù”
(Fil 3,14).
Se prestiamo più grande attenzione al linguaggio paolino nella sua lettera ai Filippesi,
scopriamo senz’altro, che tra le parole più spesso usate dall’apostolo, eccetto i verbi e i pronomi
sopramenzionati, appaiono nell’abbondanza i sostantivi che segnalano i nomi della Divinità o
delle persone divine, particolarmente il Figlio nel contesto dell’economia della salvezza: Xristoj
“Cristo » 37 volte ( Fil 1,1– 4,23 ); Qeoj « Dio »23 volte ( Fil 1,2– 4,20 ); Ihsouj « Gesù » 22
volte ( Fil 1,1– 4,23 ) ; Kurios « Signore » 15 volte ( Fil 1,2– 4,23 ). Comunque non si tratta di
una teologia astratta e completamente staccata dalla realtà della vita umana. In questa lettera San
Paolo parla di Dio in un modo molto personalizzato. Non si tratta di un Dio perso nella
profondità insondabile della terminologia astratta di natura filosofica e teologica. E’ il Dio che si
rivela nel suo relazionarsi con gli uomini. E proprio come tale l’apostolo non esita a definirlo “il
mio Dio” (Fil 1,3; 4,19) invitando così nel contesto dell’intera lettera i suoi cari Filippesi ad una
dimensione più intima delle relazioni con la divinità, a non temere di appropriarsi generosamente
della grazia e pace divina che li vengono offerti in abbondanza (Fil 1,2; 4,7.9.19).
Come possiamo vedere anche da un’analisi molto breve e forse un po’ superfeciale del dato
linguistico e storico del testo paolino, si tratta di una lettera del carattere molto personale, però
carico di un significato teologico, anche se privato delle serie affermazioni dottrinali. E’ una
lettera che mostra la dimensione intima delle relazioni con Dio nelle quali l’uomo può entrare
lasciando lo Spirito inabitarsi delle profondità del suo cuore e del suo intelletto, sforzandosi nella
sequela fedele di Cristo, appropriandosi fin in fondo della grazia divina così generosamente
offerta all’umanità nel Signore Gesù. L’apostolo parla di Dio, del Signore Gesù Cristo, dei
rapporti dei quali l’uomo è capace nei riguardi della divinità e anche della gioia che ne
scaturiscono. La lettera ai Filippesi talvolta sembra essere un manuale della spiritualità
apostolica per le giovani comunità cristiane. Essa rivela un Dio il quale si può chiamare “il mio
Dio”, pur tenendo sempre presente davanti la storia l’universalità dell’amore divino
concretizzato nella realtà umana di Gesù Cristo e abbondantemente operante nei cuori dei suoi
seguaci tramite lo Spirito.

Analyse théologique:
En partant d'une analyse linguistique simple portant sur les occurences les moins fréquentes,  les plus
rares (hapax) au sein de la lettre aux Philippiens par rapport au Corpus Paolinum il est  facile de souligner
leur particularité. Il s'agit d'un fil thématique qui sembleles unir dans une unité logique et significative.
La majorité d'e ces mots est plutôt connoté avec un  ton psychologique qui porte sur les les émotions
humaines, les activités mentales, les mouvements profonds de l'âme humaine. 

Les verbes comme, par exemple,”  adhmonew  “  (être tourmenté, triste, troublé,) “anaqallw  “  (refleurir),


“aforaw  “  (voir   clair),”  euyucew  “  (encourager),   “oiomai  “  (s'imaginer,   croire),   les   adjectifs   comme”
autarkhj,”  (autosuffisant),” alupoj,”( moins triste),” areth,” (vertueux),” gnhsiwj,” (sincère), “prosfilhj,”
(aimable,) comme aussi quelques noms parmi lesquels nous trouvons  “kenodoxia “ (vanité),” paramuqion
“  (réconfort, consolation),”  tapeinwsij  “(humiliation),  etc.,  ils constituent  le vocabulaire des états et
proccédés spirituels, des mouvements intérieurs de la personne humaine. Un lecteur attentif s'aperçoit
facilement de l' invitation faite de la part de l'apôtre à la spiritualité existentielle qui nous met devant le
Dieu vivant, qui agit aussi dans les profondeurs de l'esprit humain aussi.

Quand on cherche à analyser la liste des mots les plus souvent utilisés dans la lettre aux Philippiens on
peut arriver à bien cerner la pensée de Saint Paul quandil s'adresse à la jeune Eglise de Philippes. On
remarque, qu'à travers l'usage des quatre verbes, dans la liste de 14 occurences choisies, les deux  plus
significatifs sont les auxiliaires être et avoir, après viennent les verbes fronew " (penser, se préoccuper,
méditer)", 10 fois, et” cairw “ (rallegrarsi).  Comme nous pouvons déjà le voir, partant de ce petit
modeste constat, le vocabulaire des décrivant  les fonctionnements intérieurs de l'homme est est très
important pour l'auteur de la lettre aux Philippiens. Paul construit une théologie pratique, une
spiritualité qui exige un certain comportement, une juste manière de vivre  (ortoprassi) à la base d'une
attitude intérieure droite (Phi  1,27; 2,5).
 
Une autre observation importante à partir de l'analyse linguistique du vocabulaire nous dévoile encore
un aspect assez significatif de cette lettre Paulinienne. Dans le texte composé de 438 mots les termes qui
apparaissent les plus souvent sont les deux pronoms  personnels egw (je, moi), 58 fois, et  su (tu, vous),
52 fois. On comprend alors le caractère personnel du message paulinien. C'est une lettre écrite dans le
contexte très particulier dans lequel se trouve l'apôtre. Il s'agit d'un partage des émotions vécues dans la
profondeur du coeur de l'apôtre. (Phi  1,12 ‐14)
 
         Bien qu' étant en prison, Paul réussit à se réjouir et exprimer ses sentiments les plus profonds avec
un langage sincère et vraiment amical. Il ne pense pas seulement aux membres de cette communauté
chère à son coeur, mais il “ les porte dans son coeur”. Il  parle d'une "profonde affection" qu'il a pour
chacun d'entre eux, ( Phi  1,7 ‐ 8), une attitude que l'on ne trouve pas ausi clairement exprimeé dans  les
autres lettres du corpus paulinum. Le vocabulaire de Saint Paul est riche de beaucoup de pronoms
possessifs dérivés du pronom personnel de la première personne singulière "je" qui traduit l'attitude très
sentimentale et personnelle de sa lettre. L'apôtre des gentils se montre vraiment ouvert aux sollicitudes
de la communauté de Philippes à cause de leur "coopération à la diffusion de l'évangile depuis le
premier jour  jusqu'à ce jour" et les remercie du soutien matériel dontil a pu bénéficier les concernant.
( Phi  1,5; 4,10 ‐20).
Mais telle n'est pas la raison principale de cette affection. Paul n'a de cesse d' exhorter ses disciples
préférés  à l'imiter dans l'amour pour "son" Seigneur "pour lequel il a laissé tomber toutes ces choses, (il
se réfère ici évidemment aux usages de la loi mosaïque: ( Phi  3,4 ‐7) et il va même jusqu'à les considérer 
comme  des ordures, afin de gagner  le Christ. (Phi  3, 8). L'amour si évident de Paul pour cette
communauté jaillit plutôt de l'attitude si généreuse et si fidèle de ses membres au Seigneur, à cause de
laquelle  il considère comme perte tout ce qu'il pouvait être pour lui un gain,( Phi  3,7). C'est le fruit des
relations intimes avec Dieu qu'il lui permet de voir ceux qui, comme lui même, veulent "courir vers le but
pour arriver au prix qui les appelle à recevoir là‐haut, en Christ Jésus",( Phi 3,14).
Si nous prêtons une plus grande attention au langage paulinien dans sa lettre aux Philippiens, nous
découvrons ausii, que parmi les motsles plus utilisés par l'apôtre, sauf les verbes et les pronoms
mentionnés ci‐dessus apparaissent en nombre les termes qui qualifient la Divinité ou les personnes
divines ,particulièrement le Fils dans le contexte de l'économie du salut:  , Xristoj "Cristo " 37 fois, Qeoj 
« Dieu »23 fois ( Phi  1,2– 4,20 ); Ihsouj  « Jésus » 22 fois ( Phi 1,1– 4,23 ) ; Kurios  «  Seigneur» 15 fois (
Phi 1,2– 4,23 ). Ainsi, il ne s'agit pas d'une théologie abstraite et complètement coupée de la réalité de la
vie humaine. Dans cette lettre Saint Paul, parle de Dieu d'une manière personnalisé. Il ne s'agit pas d'un
Dieu perdu dans la profondeur insondable de la terminologie abstraite de la nature philosophique et
théologique. C'est le Dieu qui se révèle dans sa volonté d'entrer en relation avec les hommes. Et
justement comme  l'apôtre n'hésite pas à le définir “mon Dieu", (Phi  1,3; 4,19),Il invite ainsi dans le
contexte de la lettre entière, ses chers Philippiens à une dimension plus intime dans les relations avec la
divinité, à ne pas craindre de s'approprier généreusement  la grâce et la paix divine qui sont offerts en
abondance, (Phi  1,2; 4,7.9.19).
Comme nous pouvons voir par une très brève analyse et peut‐être un peu superfecielle des   données
linguistiques et historiques du texte de Paul, il s'agit d'une lettre à caractère très personnel mais chargée
d'un sens théologique, alors que privée d' affirmations doctrinales. C'est une lettre qui montre la
dimension intime des relations avec Dieu auxquelles peut parvenir l'homme qui laisse l'Esprit habiter les
profondeurs de son coeur et de son intelligence, en s'efforçant de rester fidèle à la suite du Christ, en s'
immergeant totalement dans la grâce divine si généreusement offerte à l'humanité par notre seigneur
Jésus.Parfois, la lettre aux Philippiens peut être considéré comme reflétant la spiritualité apostolique
pour les communautés chrétiennes alors naissantes. Elle révèle un Dieu que l'on peut appeler “mon
Dieu", et aussi en tenant toujours compte de l'histoire l'universalité de l'amour divin concrétisé dans la
rélité humaine de Jésus Christ qui opère sans cesse dans les coeurs de ses disciples au moyen de l'Esprit. 
 

 Богословский анализ :
Исходя из довольно простого лингвистического анализа слов, которые в общем
контексте посланий апостола Павла находим только в Послании к филиппийцам, очень
просто оказывается заметить их особенность. Речь идет о тематической направленности,
которая позволяет объединить их в логическое и смысловое целое. Большинство из этих
слов являют собой понятия психологического характера, которые определяют мир
человеческих чувств, интеллектуальной деятельности, глубоких внутренних волнений
человеческой души. Такие глаголы, как, на пример  adhmonew, anaqallw, aforaw, euyucew,
oiomai,  прилагательные   как  autarkhj, alupoj,  areth, prosfilhj,  так же  как и некоторые имена
существительные, как на пример kenodoxia, paramuqion, tapeinwsij и т. п., состовляют словарь
духовных процессов и внутренних волнений в душе человеческой личности.
Внимательному читателю оказывается совсем несложно распознать приглашение со
стороны апостола к глубинам экзистенциальной духовности, способной представить нас
пред Богом живим, непрестанно действующим даже в глубинах человеческого духа.
Пытаясь тщательно проанализировать список самых употребляемых в послании
слов, с целью углубления нашого понимания образа мышления апостола Павла, можем
легко заметить, что в этом списке находятся четыре глагола, два из которых являются
самостоятельными, то есть не вспомогательными глаголами, fronew «размышлять», 10 раз
(Фил 1,7–4,10),  e  cairw « радоваться»,  9  раз  (Фил  1,18–4,10).  Как мы видим из простого
предложенного анализа, словарь понятий, относящихся к сфере человеческих чувств,
имеет важное значение для автора Послания к филиппийцам. С их помощью он создает
практическое богословие, духовность, которая требует определенного поведения,
правильного образа жизни на основе верного внутреннего отношения (Фил 1,27; 2,5).
Еще одним важным фактом для попытки богословского понимания Послания к
филиппийцам является богатое присутствие в рассматриваемом нами тексте разных
грамматических форм личностных местоимений, таких как «я» и «ты». Они в свою
очередь указывают на эмоционально теплый и очень даже личностный характер послания.
Апостол народов представляется воистину открытым к молодой общине Филипп.
Причиной же такой откровенной любви Павла к своим последователям, как это можно
увидеть при более детальном анализе библейского текста, является искреннее и довольно
щедрое во всех отношениях предрасположения членов этой христианской общины к
Благой Вести, проповедованной с такой жертвенной самоотдачей самим апостолом.
Другими словами, такое отношение со стороны Павла к филиппийцам – это, в первую
очередь, плод его любви к самому Господу (Фил 3, 14).
Принимая во внимание факты, представленные в итальянском оригинале данного
исследования и вкратце изложенные в русском переводе, можем смело утверждать его
очень личностный и в тоже время полный богословского смысла характер. Это послание
раскрывает перед нами таинство глубокого внутреннего отношения человека к Богу, в
которое разумное творение божественного Гения вступает, только широко открыв весь
свой внутренний мир действию Святого Духа. Временами кажется, что Послание апостола
Павла к филиппийцам являет собой учебник по апостольской духовности для молодых
христианских общин. Оно объявляет нам Бога, которого можно называть «мой Бог», и в
тоже время не лишает нас возможности свидетельствовать о универсальности
божественной любви, воплощенной в Иисусе Христе и обильно действенной при помощи
Святого Духа в сердцах его верных последователей.
 

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