L’EDITORIALE DEL DIRETTORE punto, in poche ore, che l’ammontare econo-

mico degli aiuti sfiorasse l’ingestibilità. Inge-

Tempo fa, a Milano, andava di moda il stibilità che, a quanto pare, si è riflessa anche
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..................................................................... “momento degli abbracci”. Alcuni volontari nella gestione della solidarietà mondiale.
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..................................................................... si riversavano in piazza, quella del Duomo Non è la partecipazione popolare al dramma
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..................................................................... in particolare, e elargivano affettuosi ab- haitiano, quindi, ad essere messa in dubbio.
L’editoriale del Direttore
..................................................................... bracci ai passanti. Era possibile osservare le Le domande e i dubbi, invece, si addensano
Perché aiutare, perché ricordare? sulla testa di chi quella partecipazione l’ha
.....................................................................
dovuta gestire. Certo, in un cataclisma di
Bertolaso vs Clinton:
quelle proporzioni, è difficile trovare effi-
Emergenza nell’emergenza
..................................................................... cienza in poco tempo, ma qualcuno ha usato
Il terremoto di Haiti: il termine “patetico” per definire il clima
Colpa degli U.s.a.?
..................................................................... dell’organizzazione.
Nautilus vs Revisionisti 4.a parte
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Incontro con Roberto Saviano
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Il lago Titicaca e lo slittamento
della crosta terrestre
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Retroingegneria seconda parte
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Fotoreportage:
Torino misteriosa più disparate reazioni: c’era chi schivava il
..................................................................... “colpo”, chi restava piacevolmente sorpreso.
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..................................................................... Non mancavano i maleducati, purtroppo. Ri-
.....................................................................
.....................................................................
.....................................................................
..................................................................... pensare a quegli episodi mi induce ad una ri-
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..................................................................... flessione. Una riflessione che, visti gli eventi,
.....................................................................
.....................................................................
.....................................................................
..................................................................... vorrei mettere in relazione a quello che è Allora mi chiedo: come è possibile che l’effi-
.....................................................................
.....................................................................
.....................................................................
..................................................................... successo e sta succedendo ad Haiti dopo il cienza con cui si scatenano le guerre non sia
.....................................................................
..................................................................... terremoto. Non è una riflessione geologica, controbilanciata da una rigorosa organizza-
.....................................................................
.....................................................................
.....................................................................
..................................................................... quindi, ma sociale e sociologica. zione della macchina degli aiuti?
.....................................................................
..................................................................... Le polemiche sulla gestione degli aiuti: Come è possibile che siamo diventati più
alcuni di noi hanno inviato sms, altri hanno bravi a dare morte che vita? Come siamo
donato, altri ancora si sono mossi per una so- arrivati al punto da opporre un netto rifiuto
lidarietà più concreta e attiva. Tutti abbiamo ad un volontario che ci dona un abbraccio
1 letto e ci siamo informati. Nessuno, credo e
spero, è rimasto insensibile. Siamo arrivati al
in piazza?
Vorrei che tutti ci interrogassimo. Magari
provando a dare delle risposte.
Io ne ho qualcuna, ma è meglio che le tenga
per me. Almeno per ora.
Maurizio Decollanz, alias “Capitano Nemo”
PERCHE’AIUTARE, PERCHE’RICORDARE?
Al di là del fresco ricordo delle bottiglie
stappate e di tutte le speranze e gli auguri
per un 2010 felice e carico di gioie, que-
sto primo mese del nuovo anno ci ha già
fatto capire che le sfide non finiscono mai.
Che sempre di più storie apparentemente
lontane entrano a far parte del nostro quoti-
diano. Questa lontananza può essere tanto
geografica quanto storica, poco importa. Il
fatto è che gli uomini son sempre uomini e
il dolore e la morte rimangono tali dovun-
que e in qualunque momento. Il terremoto
dell’ Aquila e quello di Haiti, le svastiche
di ieri e quelle di oggi. Senza fare troppi
sofismi, ci ritroviamo ancora una volta di
fronte a mille problemi, nuove difficoltà e
sembra sempre di camminare in circolo: ri-
trovandoci continuamente al punto di par-
tenza. Non sono bastati i milioni di morti
della seconda guerra mondiale o gli orrori
della Shoah per cancellare per sempre
l’errore dell’ideologia nazifascista. Non
basta mai l’impegno di medici, infermieri,
volontari, professionisti che in mille teatri
e verso mille disastri accorrono e operano
per far fronte ad una nuova, mai vista scia-
gura. Le ennesime richieste di solidarietà e
impegno sociale sono già qui, a gennaio.
E si può a ragione temere che se sono le
prime, non saranno le ultime. Che fare? Si
può dire che abbiamo già aiutato tante vol-
te -secondo le nostre disponibilità- e che
ancora di più ci si è spesi per condannare
tanto l’insensatezza della guerra quanto
la ferocia umana. Che quindi per questa
volta si può passare la mano, riposare,
risparmiarci, cambiare canale o voltare la
pagina. E io come voi sono tentato spesso
di farlo. Così come tutti noi abbiamo spes-
so la tentazione di abbandonarci a quella
natura che probabilmente ci fa annoverare
tra le specie più pericolose e letali di que-
sto universo. Capaci di uccidere per diletto
e di sterminare i propri avversari: spesso i
propri simili. Ma accanto al demone che ci
portiamo dentro esiste un’altra natura, che
porta tanti a rischiare la vita per pochi. Che
spinge gli uomini a sfidare i meccanismi
della lotta per la sopravvivenza. A voltarsi
e tornare indietro quando tutto dovrebbe
spingerli oltre. Io, voi, noi esseri umani
siamo tutto questo. Coraggiosi e vili, pigri
e instancabili, pietosi e feroci.
Angeli e demoni in un solo corpo. E a noi
spetta il tremendo compito di scegliere
la nostra via con la consapevolezza di
non poter attribuire tutte le nostre azioni
all’istinto.
La nostra coscienza è sempre di fronte a
noi. Per alcuni è una maledizione. Per altri
un bene immenso e a volte immeritato.
Ma al di là del suo giudizio, la scelta spetta
solo e soltanto a noi.
La mia speranza è che anche questa volta
gli uomini siano pronti a sfidare le calami-
tà, a superare i propri limiti. Perché senza
questa speranza a nulla varrebbe proporre
immagini e articoli, numeri utili per aiuta-
re nostri simili in difficoltà o pensieri per
coloro ai quali è stato negato il resto della
propria vita.
E’ essenziale ricordare la Shoah, ma al-
trettanto importante è ricordare e capire
come si sia potuti arrivare a tanto. Da dove
2
è cominciato il processo che ha fatto ger-
mogliare i semi dell’odio. Bisogna com-
prendere che è facile diventare cattivi, che
è semplice perdere la voglia di conoscere
le ragioni dell’altro e che è quasi automa-
tico avere paura, coltivare la rabbia e dare
libero sfogo all’odio.
La Storia non insegna nulla se fingiamo di
ascoltare le sue parole. Così come -quando
non se ne ha bisogno- non si conosce la
gioia che proviene dal ricevere aiuto.
Ma chi aiuta noi?
Chi aiuta i lavoratori Eutelia, i cassainte-
grati della Fiat, i piccoli imprenditori del
Nordest che sono a rischio chiusura ogni
giorno da tre anni, i giovani a tempo deter-
minato, gli anziani con pensioni da fame,
gli ingegneri con trent’anni di esperienza
che rischiavano di finire in mezzo a una
strada? Chi aiuta gli impiegati, gli operai?
Anche questo conta. E conta moltissimo.
Perché sono proprio queste persone a dare
gli aiuti più consistenti -in ogni ambito-
ogni volta che ce n’è bisogno. Sono quelli
che non possono (o non potrebbero), i pro-
tagonisti silenziosi della Storia.
Qualche tempo fa Roberto Saviano ha
dichiarato in un’intervista che l’Italia sta
diventando un paese cattivo. Al di là delle
facili strumentalizzazioni che una frase del
genere ha scatenato, se ci si fosse presi la
3 ad altri? Per una volta, magari proprio per
briga di ascoltare l’intervista si sarebbe
compreso il suo concetto e non si sareb-
be potuto fare a meno di dargli ragione.
Perché quando le persone non hanno la
possibilità di realizzarsi, di avere un lavoro
e di trascorrere una vita dignitosa, quando
il benessere smette di diffondersi per con-
centrarsi nelle mani di pochi e i problemi
di una famiglia cominciano a divenire
tanti, troppi, è normale che la società civile
s’imbruttisca. Che “chi ce la fa” diventi
antipatico, invidiato, odiato. E se questo
qualcuno è anche straniero..
Così come è normale pensare di infischiar-
sene degli altri, di problemi etici come
quelli di una Shoah che è ormai “roba vec-
chia”, di più di cinquant’anni fa. Ed eccez-
zione non fanno i terremotati di Haiti.
La domanda è sempre quella: chi aiuta me?
Ma pensiamoci bene: se toccasse a noi,
non ci aspetteremmo un aiuto? E le perso-
ne che dovrebbero tenderci la mano, non
l’avranno già tesa altre mille e mille volte
noi, potrebbero decidere di farne a meno.
Ed è proprio questo il rischio. Che anche
il più piccolo sacrificio, anche uno che
può costarci un piccolissimo sforzo (sia
fisico che economico) si ingigantisca per
pigrizia, per indolenza o ancora peggio per
un principio che quella domanda potrebbe
portare con sé. Comprendere invece di ag-
gredire, aiutare invece di passare oltre sono
doti da mantenere in costante esercizio, o
si perdono. Molto più in fretta di quanto sia
stato necessario per acquisirle. O si pensa
davvero che coloro che hanno appeso a
testa in giù Mussolini fossero dei diavoli
e non degli uomini? Erano malati di odio,
di povertà, di guerra. Malati di propaganda
e di ristrettezze. Esempio di un paese im-
bruttito. Anche dal fascismo.
Riproporremo nel magazine un articolo di
Nautilus. Perché c’è un’altra cosa molto
importante che Saviano ha compreso: che
bisogna far capire che la legalità conviene.
E oltre ai principi etici bisogna tornare a
dimostrarla questa convenienza. E allo
stesso modo, penso, bisogna tornare a
dimostrare la convenienza della libertà ri-
spetto alla tirannia, della fratellanza rispet-
to all’egoismo. Dell’uguaglianza rispetto
ai privilegi. Troppe volte si è dato per
scontato il valore della democrazia. E’ for-
se tornato il momento di far capire perché
conviene. Come conviene aiutare il prossi-
mo. Come conviene non dimenticare.
Mattia Paolinelli, alias “Nostromo”
 CARITAS C/C POSTALE N. 347013 specificando nella causale: Emergenza
terremoto Haiti. Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra
cui: UniCredit Banca di Roma Spa, via Taranto 49, Roma - Iban:
IT50 H030 0205 2060 0001 1063 119, Intesa Sanpaolo, via Aurelia
796, Roma - Iban: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012, Banca
Popolare Etica, via Parigi 17, Roma - Iban: IT29 U050 1803 2000
0000 0011 113 ò CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel.
06 66177001.

UNICEF c/c postale 745.000, causale: ‘Emergenza Haiti’; -carta di credito on-
line su www.unicef.it, oppure chiamando il numero verde UNICEF
800745000; -cc bancario Banca Popolare Etica IBAN IT51 R050 1803
2000 0000 0510 051”; -i comitati locali dell’UNICEF presenti in tutta
Italia (elenco sul sito-web www.unicef.it). Per maggiori informazioni,
Ufficio stampa UNICEF Italia, tel.: 06.47809355/233 e 335/6382226 e
335/7275877; e-mail: press@unicef.it, sito-web: www.unicef.it.

CROCE numero verde tel. 800.166.666; - donazione online causale «Pro emer-
genza Haiti» www.cri.it; - bonifico bancario causale «Pro emergenza
ROSSA Haiti» IBAN IT66 - C010 0503 3820 0000 0218020.

MEDICI MSF a Haiti tramite carta di credito telefonando al numero verde

800.99.66.55 oppure allo 06.44.86.92.25; bonifico bancario IBAN
SENZA IT58D0501803200000000115000; conto corrente postale 87486007
intestato a Medici Senza Frontiere onlus causale Terremoto Haiti;
FRONTIERE online sul sito www.medicisenzafrontiere.it.

SMS FONDAZIONEAGIRE MISERICORDIE c/c 000005000036, Monte dei Paschi

di Siena spa, Firenze Agenzia 6, Iban:

48541
IT 03 Y 01030 02806 000005000036;
oppure sul conto corrente postale n°
000021468509, Firenze Agenzia
29, IBAN: IT 67 Q 07601 02800
000021468509 entrambi intestati a
Da cellulari Tim e Vodafone o chiamando lo stesso numero Confederazione Nazionale con
da rete fissa Telecom Italia. La donazione è di 2 euro. causale «Pro Haiti».

4
BERTOLASO vs CLINTON
emergenza nell’emergenza

Sebbene tutti si debba essere

grati alle nazioni che si sono
accollate l’onere di aiutare la
popolazione haitiana colpita
dal terremoto, la domanda
“si può far meglio?” è una

VS
di quelle che ci si può e ci
si deve sempre porre. Perché
dagli errori si può e si deve
imparare. Ma questa doman-
da non dev’essere un j’accuse
estemporaneo, specie se ri-
volto ad un paese –come gli
Stati Uniti- che dal 18 genna- GUIDO BERTOLASO HILLARY CLINTON
io scorso ha schierato 13.300 Da più di otto anni alla Segretario di Stato
guida della Protezione Americano
uomini su unità navali e ha Civile Italiana
fatto giungere per via aerea..

5 Numerose foto presenti nell’articolo sono tratte dal sito di Medici senza Frontiere, dove potrete
trovare l’intera Photogallery
600 tonnellate di viveri e medicinali. Sen-
za contare i 30 elicotteri militari operativi
ad Haiti, che collegano 9 zone del Paese.
Dagli Usa hanno finora raggiunto le zone
colpite dal terremoto 250 medici e tre car-
go carichi di medicinali. E’ arrivata anche
la nave-ospedale Comfort, con 600
lo stemma della propria organizzazione, a
fare bella figura davanti alle telecamere,
piuttosto che mettersi a lavorare per porta-
re soccorso a chi ha bisogno». Certe parole
infatti corrono il rischio di rientrare nello
stesso ipotetico “circo” che vorrebbero
condannare. Per spiegare perché ad Haiti
è doveroso far meglio di come si è fatto
finora basta andare su internet, sul sito di
Medici senza Frontiere e leggere i rapporti
giornalieri che giungono da Haiti.
Uno in particolare, datato 20 gennaio
2010, illustra in modo chiaro e inequivo-
cabile cosa deve cambiare:
garanzie. Il contenuto di questo cargo di 12
tonnellate costituiva la seconda tranche del
precedente cargo di 40 tonnellate a cui era
stato impedito di atterrare domenica matti-
na. Dal 14 gennaio, cinque voli umanitari
di MSF sono stati dirottati dall’aeroporto
di Port-au-Prince verso la Repubblica Do-
minicana. Questi aerei cargo trasportavano
85 tonnellate di materiale medico e beni di
prima necessità.

Haiti, negato ancora l’atterraggio agli

La nave-ospedale Comfort
uomini di personale medico e sono già
operative sul terreno 6 squadre di soccor-
so Usa, ognuna delle quali è composta da
70 persone.
Ma nonostante questi dati, il problema c’è,
sussiste e non può essere compreso né può
essere accettato se confezionato come un
insulto o corredato di motivazioni opinabi-
li e incerte. Per spiegare perché la situazio-
ne ad Haiti “si sarebbe potuta gestire molto
meglio” non si può dire che “Una volta
arrivati sul luogo di un disastro, si pensa
subito a mettere un grande manifesto con
aerei cargo di Medici Senza Frontiere
con kit medici salvavita
Port-au-Prince - 20 gennaio 2010 - ore 11
A un aereo-cargo di Medici Senza Frontie-
re (MSF) con 12 tonnellate di equipaggia-
menti medici, tra cui farmaci, kit chirurgici
“Cinque nostri pazienti sono morti
nell’ospedale che abbiamo allestito a
Martissant per la mancanza del materiale
medico-chirurgo che era contenuto nel
cargo a cui è stato impedito di atterrare”,
dichiara Loris de Filippi, coordinatore di
MSF per l’emergenza a Haiti. “Non ho mai
visto nulla di simile. Ogni volta che esco
dalla sala operatoria vedo decine di feriti
e due apparecchiature per la dialisi, è stato
negato per ben tre volte il permesso di
atterrare all’aeroporto di Port-au-Prince
da domenica notte nonostante le ripetute
6
chiedere disperatamente di essere operati.
Oggi ci sono 12 persone che hanno biso-
gno di interventi chirurgici di amputazione
salvavita nell’ospedale di Choscal (nella
bidonville di Cité Soleil, Port-au-Prince).
Abbiamo terminato alcune apparecchiature
chirurgiche necessarie per le amputazioni e
siamo stati costretti a comprare una sega
al mercato per continuare le amputazioni.
Ce la stiamo mettendo tutta per correre
contro il tempo”.
Più di 500 persone che avevano urgente
bisogno di interventi chirurgici sono
state trasferite dal quartiere di Martissant
all’ospedale di Choscal, dove i team di
MSF hanno effettuato più di 230 interventi
chirurgici da giovedì. I team di MSF sono
operativi dalle prime ore dal terremoto e
questi aerei cargo sono vitali per continua-
7 aerei cargo con 135 tonnellate di forniture
re a fornire cure salvavita alle centinaia di
vittime del disastro. In cinque diverse lo-
calità di Port-au-Prince, MSF ha già curato
più di 3000 persone e effettuato oltre 400
interventi chirurgici.
“È come lavorare in guerra”, afferma Rosa
Crestani, coordinatrice medica di MSF
all’ospedale di Choscal. “Non abbiamo più
morfina per alleviare il dolore dei pazienti.
Non possiamo accettare che ai nostri aerei
che trasportano kit medici d’emergenza,
kit chirurgici necessari a salvare vite uma-
ne, continui a essere negato il permesso di
atterrare e vengano dirottati altrove mentre
i nostri pazienti stanno morendo. In questo
momento la priorità deve essere data alle
forniture mediche che stanno giungendo
nel paese”.
Molti dei pazienti che sono stati estratti
dalle macerie sono ad alto rischio di
morte per setticemia e per le conseguenze
della sindrome da schiacciamento, una
condizione in cui i muscoli danneggiati o
schiacciati dalle macerie rilasciano tossine
nel sangue che vanno a danneggiare i reni e
possono causare la morte per insufficienza
renale. Le apparecchiature per la dialisi
sono fondamentali per tenere in vita i pa-
zienti in queste condizioni.
Altri due aerei con 26 operatori umanitari
di MSF sono stati dirottati verso la Repub-
blica Dominicana. A oggi MSF è riuscita
a far atterrare a Port-au-Prince cinque
mediche. Altri aerei con 195 tonnellate di
materiale sanitario devono assolutamente
atterrare nei prossimi giorni per permettere
a MSF di continuare e incrementare le pro-
prie attività di soccorso medico ad Haiti.
Più di 700 operatori di MSF stanno la-
vorando per fornire assistenza medica
d’emergenza ai sopravvissuti del terremo-
to a Port-au-Prince e nelle zone limitrofe.
I team di MSF stanno lavorando nell’ospe-
dale di Choscal (a Cité Soleil), nel centro
medico di Martissant, nei pressi dell’ospe-
dale Trinité, nell’ospedale Carrefour,
nell’ospedale a Jacmel e stanno allestendo
un ospedale gonfiabile con 100
Il Presidente haitiano René Preval
posti-letto nel quartiere di Delmas. Altre
équipe di MSF stanno conducendo mis-
sioni esplorative in alte località fuori da
Port-au-Prince.”
Chi gestisce l’aeroporto internazionale
di Port-au-Prince? L’aeronautica militare
Usa (USAF) con il consenso del governo
di Haiti.
L’aeroporto è operativo 24 ore su 24 e
ha una capacità operativa di 100 voli al
giorno.
Per quale motivo o per quale priorità gli
aerei cargo di MSF sono stati dirottati
altrove?
Ricordiamo: “Dal 14 gennaio, cinque
voli umanitari di MSF sono stati dirottati
dall’aeroporto di Port-au-Prince verso la
Repubblica Dominicana. Questi aerei car-
go trasportavano 85 tonnellate di materiale
medico e beni di prima necessità.”
Chi è arrivato ad Haiti, atterrando all’ae-
roporto di Port-au-Prince, il 16 Gennaio?
Il Segretario di Stato americano Hillary
Clinton, per incontrare il presidente Rene’
Preval e per “osservare sul posto il fun-
zionamento della macchina dei soccorsi”,
recitava un’ANSA del 15 gennaio. Che
aggiunge come la Clinton fosse accompa-
gnata dal direttore dell’Usaid (l’Agenzia
federale per l’aiuto e lo sviluppo) Rajiv
Shah, posto dall’amministrazione Oba- Tonnellate di aiuti già arrivati sul terre-
ma alla guida del coordinamento degli no: 281
aiuti Usa. Aerei cargo che si trovano sul territorio
Non è possibile attribuire a quest’unico della Repubblica Dominicana: 14
volo il divieto di atterraggio imposto ai Tonnellate di aiuti contenuti da questi
cinque voli umanitari di MSF e sarebbe ultimi: 368
ingiusto farlo. E’ sicuro, però, che per i ri- Aerei cargo previsti per i prossimi 7 giorni:
tardi connessi all’impossibilità di sbarcare 6 (tonnellate di aiuti: 275)
a Port-au-Prince il materiale e il personale Aree d’intervento: 17
medico degli aerei cargo, delle persone
sono morte. Così come altre hanno perso Dove si nota che di 26 aerei cargo destinati
degli arti (tramite amputazione) per delle ad Haiti, ben 14 sono sul territorio della
fratture. E questo perché non si potevano Repubblica Dominicana.
effettuare trattamenti antibiotici. Per chi
crede che questo comunicato si riferisca ad C’è poi un fatto poco conosciuto, per certi
una situazione transitoria, per la cui risolu-
zione si sono dovuti attendere pochi giorni
(anche fosse, bisogna comunque tenere
conto che in una situazione del genere ogni
minuto costa delle vite e delle tragedie),
basta dare un’occhiata al rapporto di MSF
aggiornato al 28 gennaio:
Dati e risultati dell’intervento di MSF
a Haiti
Aggiornamento del 28 gennaio
Vittime curate: 6678 versi impensabile, che emerge dalle parole
Interventi chirurgici: 967 di Stefano Zannini, capo missione di MSF,
Staff internazionale di MSF presente sul in un’intervista rilasciata a Daniele Ma-
terreno: 301 strogiacomo per Repubblica. Lo Zannini
Staff internazionale di MSF in arrivo: 41
Staff locale di MSF: 750
Aerei cargo di MSF già atterrati a Hai-
ti: 12
8
racconta Port-au-Prince come una città
spettrale e distrutta, dove “oltre all’assenza
dei mezzi di trasporto e di personale, non
ci sono più gli ospedali pubblici. Ne ho
visitati oggi otto. Nessuno era in grado di
funzionare. Non ci sono camere operato-
rie, mancano le attrezzature; in moltissimi,
pericolanti, non c’è personale. Tutti questi
feriti devono essere recuperati e portati in
una struttura attrezzata. Se restano dove
sono, come sta accadendo, rischiano di
morire. Rimangono in funzione solo gli
ospedali e le cliniche private. Ma sono
poche e hanno tariffe proibitive per una
popolazione tra le più povere al mondo.
Nessuno qui se le può permettere. Nessuno
si rivolge a questi centri, né questi centri si
mobilitano per accogliere i feriti”.
Aggiunge poi lo Zannini: “Sappiamo che
9 risultare funzionali alle operazioni di rico-
stanno arrivando i primi voli charter con
gli aiuti umanitari. Ma non so ancora dove
e come distribuiranno i carichi”.
Cliniche ed ospedali privati in funzione
che però non si mobilitano per accoglie-
re feriti.
Centri medici, cioè, già presenti in loco.
Potenzialmente sono centri conosciuti dal-
la popolazione, che avrebbero potuto fun-
gere da importanti basi d’appoggio per un
primo soccorso. E invece sono inutili. Al
di là delle semplici possibili considerazioni
sulle insensatezze e il cinismo del sistema
economico, una domanda sorge spontanea:
possibile che nessuno, né il governo hai-
tiano, né quello statunitense, né l’O.N.U.,
né alcuno dei paesi che hanno partecipato
a questa grande operazione umanitaria ab-
bia pensato a destinare dei fondi affinché
questi centri ospedalieri privati potessero
vero dei feriti?
E com’è possibile che non sussista una
linea di comunicazione comune grazie alla
quale conoscere l’entità esatta degli aiuti,
del personale, dei mezzi e dei punti di di-
slocazione di questi?
Recita il comunicato giornaliero di MSF
datato 28 gennaio 2010:
“Nel quartiere di Carrefour Feuille, un
team composto da due infermieri, un me-
dico e un’ostetrica lavorano in una clinica-
tenda in una zona in cui si concentrano a
vivere temporalmente 9mila persone”.
L’aeroporto di Port au Prince
Due infermieri, un medico e un’ostetrica
per 9.000 persone..
In compenso la nostra nave ammiraglia ha
già iniziato il suo viaggio di 14 giorni (con
tanto di scalo in Brasile), destinazione Hai-
ti. Si affiancherà al già sostanzioso naviglio
schierato dagli Stati Uniti. Ma Bertolaso su
questo non si è espresso. E probabilmente
non lo farà. Alcuni malevoli, giorni fa, ave-
vano insinuato che dietro questa operazio-
ne e la tappa nel paese Carioca ci fosse in
ballo tra Italia e Brasile una commessa per
una portaerei. Perché quale modo migliore
ci può essere per giungere all’accordo con
i brasiliani se non far toccare loro “con
mano” il prodotto? Questa “chiacchiera”,
lungi dall’essere smentita (e anzi riportata
da molti quotidiani italiani, Repubblica in
testa) è stata al fine ripresa da Gianandrea
Gaia di Panorama e finalmente siamo
venuti a conoscere la verità sull’impiego
della Cavour:
“..in caso di missioni umanitarie la credi-
bilità di un grande Paese si misura dalla
rapidità e dalla qualità dell’intervento. A
quanto sembra gran parte dei costi vivi del-
la missione della Cavour verranno sponso-
rizzati da grandi società italiane,
La portaerei Cavour
peraltro controllate dallo Stato, incluse
Fincantieri e Finmeccanica che hanno
realizzato la portaerei e le sue dotazioni
di bordo: armi, velivoli e apparati. La mis-
sione costituisce quindi un investimento e
non solo una spesa poiché porterà anche a
un positivo ritorno d’immagine e commer-
ciale per il “made in Italy” con possibili
ricadute in termini di posti di lavoro e di
commesse industriali.
La marina indiana ha chiesto a Fincantieri
la progettazione dell’apparato motore, la
fornitura di servizi complementari e un
adeguato trasferimento di tecnologia per
la costruzione della propria portaerei il cui
sistema propulsivo è ispirato a quello della
Cavour. Un successo italiano che potrebbe
ripetersi in America Latina. L’acquisto di
nuovi equipaggiamenti militari in Brasile
e Venezuela sta infatti determinando una
corsa alla modernizzazione degli arsenali
in un continente sempre più affrancato
dall’influenza degli Usa e nel quale l’Italia
può ritagliarsi ampie fette di mercato tec-
nologico e militare. Navi come la Cavour,
anche con dimensioni più contenute ma
con le stesse caratteristiche di versatilità
multi-missione, potrebbero raccogliere
l’interesse di alcuni Paesi del Sud Ame-
rica e in particolare proprio del Brasile
che dispone di una vecchia portaerei ex
francese.”
Ufficialmente la sosta in Brasile (che non
di poco ha incrementato i giorni necessari
per il raggiungimento di Haiti) è stata di-
sposta per caricare personale medico. Ed è
per questo che Bertolaso non si è espresso
in merito: perché l’impiego della Cavour
niente ha a che fare con l’immagine..
Mattia Paolinelli
10
TERREMOTO DI HAITI
C o l p a d e g l i U . s . a . ?

E’ strana la vicenda che si è

originata nei giorni scorsi.
Una storia che chiama in
causa tre paesi (Stati Uniti,
Russia e Venezuela) e che
avrebbe una e una sola vit-
tima: ancora una volta Haiti.
Secondo Russia Today, così
come per molte altre testate
-anche nostrane- il presiden-
te Hugo Chávez Frías avreb-
be dichiarato dichiarato che è
possibile che gli Stati Uniti
abbiano provocato la serie
di terremoti che ha colpito
nei giorni scorsi i Caraibi: tra
questi, quello che..
© Bruno Stevens / Cosmos

11 Le foto di Medici senza Frontiere sono di: © Julie Remy e © Bruno Stevens / Cosmos
..ha colpito nei giorni scorsi i Caraibi: tra
questi, quello che ha colpito Haiti.
Sarebbe, non è il caso di dirlo, un’afferma-
zione molto grave, con implicazioni molto
pesanti quali il possesso, da parte degli
Usa, di una tecnologia in grado di originare
eventi sismici. L’ipotesi dell’arma sismica,
dunque, da tempo fantasticata dal mondo
Hugo Chávez Frías
del web, avrebbe preso al laccio o convinto
(a seconda dei punti di vista) addirittura
un capo di governo. E’ forse il segno
che qualcosa di vero in fondo sussiste?
Per saperlo e prima di trarre conclusioni
affrettate bisogna però controllare un
dato fondamentale, che a molti potrebbe
apparire scontato: Hugo Chávez Frías ha
effettivamente pronunciato quelle parole?
Ha effettivamente incolpato gli Stati Uniti
per il terremoto che ha colpito Haiti? Ha
ipotizzato l’esistenza di un’arma sismica?
La risposta è no. Chavez quelle parole
non le ha mai pronunciate. Non è il caso
di strabuzzare gli occhi, perché se è vero
che le notizie circolano in fretta, è altret-
tanto vero che vengono stravolte anche
più in fretta e per i motivi più disparati.
Possiamo trarre un esempio significativo
al riguardo dal sito ABC.es, che con titolo
ad effetto annunciava le accuse di Chavez
agli Stati Uniti
Andando a leggere l’articolo, però, si
aggiustava il tiro: non è stato Chavez
in persona a lanciare quelle accuse, ma
l’esecutivo venezuelano che, per l’ap-
punto, è diretto da Chavez. Siamo già di
fronte ad una versione molto diversa da
quella annunciata dal titolo dell’articolo,
ma non è tutto. Da parte dell’esecutivo
non c’è stata infatti nessuna conferenza
stampa, nessun annuncio. Secondo ABC.
es, infatti, l’esecutivo si sarebbe affidato
ad un comunicato stampa emesso dalla
tv statale Vive TV. Forse contando sul
fatto che accettando l’assunto del titolo
pochi avrebbero letto per intero l’articolo
e ancora meno si sarebbero dati la briga di
controllare la veridicità del suo contenuto,
quelli di ABC.es hanno anche inserito un
link che riporta dritto dritto a Vive TV.
Bastano pochi secondi per scovare il co-
municato stampa incriminato: in nessun
punto è citato il governo del Venezuela.
In nessun punto viene citato Hugo Chavez.
Oltre ai doverosi link tanto all’articolo di
ABC.es quanto al comunicato stampa di
Vive TV (il link dell’articolo di ABC.es
rimandava peraltro alla home di Vive TV,
12
non direttamente al comunicato stampa),
vi proponiamo per intero –e tradotto- il
testo del comunicato:
Un “Terremoto sperimentale” degli Sta-
ti Uniti ha devastato Haiti
RNV (18 gennaio 2010)
- Una relazione della Flotta russa del Nord
rivelerebbe che il terremoto che ha deva-
stato Haiti è inequivocabilmente “il risul-
tato di un test, da parte della U. S. Navy,
della sua arma sismica”.
La Flotta del Nord osserva i movimenti e le
attività navali degli americani nei Caraibi,
dal 2008 quando gli Stati Uniti hanno an-
nunciato la loro intenzione di ricostruire la
Quarta Flotta che fu sciolta nel 1950. La
Russia aveva reagito un anno più tardi,
13
riprendendo nella regione le esercitazioni
della sua flotta, di cui fa parte l’incrociato-
re atomico lancia-missili Pietro il Grande;
esercitazioni sospese dopo la fine della
Guerra Fredda.
Dalla fine degli anni ’70, gli Stati Uniti
hanno enormemente migliorato la ricerca
sulle armi sismiche.
Secondo questo rapporto russo, al giorno
d’oggi gli USA utilizzano generatori di
impulsi, al plasma e a risonanza, in tandem
con bombe Shockwave [1]
Il rapporto mette a confronto due esperi-
menti condotti dalla U.S. Navy la settima-
na scorsa: un terremoto di magnitudo 6,5
vicino alla città di Eureka, California, che
non ha fatto vittime, e il terremoto dei Ca-
raibi che ha fatto almeno 140 000 morti.
Il video del servizio di Russia Today
Come spiega il rapporto, è molto probabile
che la U.S. Navy fosse pienamente con-
sapevole dei danni che questa esperienza
poteva provocare ad Haiti.
Per questo, la U.S. Navy aveva inviato
in anticipo sull’Isola una postazione al
comando del generale P.K. Keen, coman-
dante in seconda del SouthCom (Southern
Command), per sorvegliare le possibili
operazioni di soccorso. [2]
Per quanto riguarda l’obiettivo finale di
questi esperimenti, dice il rapporto, si
trattava della pianificazione della distru-
zione dell’Iran per mezzo di una serie di
terremoti al fine di neutralizzare l’attuale
governo islamico.
Secondo il rapporto, il sistema sperimenta-
le degli Stati Uniti Haarp (High Frequency
Active Auroral Research Program) per-
metterebbe inoltre di creare delle anomalie
climatiche al fine di provocare inondazio-
ni, siccità e uragani [3]
Secondo un precedente rapporto, i dati
disponibili coincidono con quelli del terre-
moto di magnitudo 7,8 sulla scala Richter
che si è verificato nel Sichuan (Cina), il 12
maggio 2008, provocato ugualmente dalle
onde elettromagnetiche di HAARP.
Sono state osservate delle correlazioni
tra l’attività sismica e la ionosfera di
HAARP:
1. I terremoti in cui la profondità è line-
armente identica nella stessa faglia, sono
provocati da una proiezione lineare di
frequenze indotte.
2. Dei satelliti coordinati fra loro consen-
tono di generare delle proiezioni, concen-
trate, di frequenze in punti specifici (detti
Seahorse).
3. Un diagramma mostra che i terremoti
considerati artificiali si propagano linear-
mente alla stessa profondità:
Anche le repliche sono sono state osserva-
te a circa 10 km di profondità.
Dopo il terremoto, il Pentagono ha annun-
ciato che la nave ospedale USNS Comfort,
ancorata a Baltimora, ha ordinato al suo
equipaggio l’imbarco e ha fatto rotta verso
Haiti, anche se ci vogliono alcuni giorni
per raggiungere la meta.
L’ammiraglio Mike Mullen, capo di stato postazione intorno Haiti per una esercita-
maggiore, ha detto che le Forze Armate de- zione militare che simulava ... un interven-
gli Stati Uniti stava preparando un’emer- to umanitario ad Haiti. « Defense launches
genza per questa calamità. Il generale online system to coordinate Haiti relief
Douglas Fraser, comandante in capo del efforts », di Bob Brewin, Govexec.com, 15
SouthCom, ha dichiarato che alcune navi jgennaio 2010.
della Guardia Costiera e della Navy sono [3] Le Programme HAARP : science ou
stati inviate sul posto, nonostante avessero désastre ? (Il programma HAARP: scienza
del materiale e degli elicotteri in numero
limitato. La portaerei USS Carl Vinson
è partita da Norfolk (Virginia), con una
dotazione completa di aerei ed elicotteri.
E ’arrivata ad Haiti il pomeriggio del 14
gennaio, ha detto Fraser. Ulteriori gruppi
di elicotteri si aggiungeranno al Carl Vin-
son, ha continuato.
L’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo
Internazionale (USAID), era già sul posto
ad Haiti prima del terremoto.
Il presidente Obama è stato informato del
terremoto alle 17 e 52 del 12 gennaio, e ha
ordinato l’invio dei soccorsi per il persona-
le della sua ambasciata e gli aiuti necessari
alla popolazione.
Secondo il rapporto russo, il Dipartimento
di Stato, l’USAID e il SouthCom hanno
iniziato l’invasione umanitaria impiegan-
do 10 000 soldati e mercenari, al posto
dell’ONU, per il controllo del territorio di
Haiti dopo il “devastante terremoto spe-
rimentale”. o disastro?) di Luc Mampaey, Gruppo di
[1] “Les armes sismiques” (le armi sismi-
che) di Jean-Pierre Petit. Traduzione: “The
quake machine”. L’arma sismica.
[2] Ufficialmente le forze USA erano in
14
ricerca e d’informazione sulla pace e la
sicurezza (Bruxelles, 1998).
Il Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U.
Secondo ViveTv, è quindi l’esercito russo
ad aver parlato di questa possibilità. Ed è
curioso che in tutta fretta Russia Today ab-
bia sostenuto l’esatto opposto, attribuendo
per di più le accuse contro gli Stati Uniti
direttamente a Chavez. In ogni caso, Vene-
zuela, Bolivia e Nicaragua hanno chiesto
la convocazione urgente del Consiglio di
15
sicurezza dell’O.N.U.
La commissione dovrebbe esaminare que-
ste accuse ed altre, come quella avanzata
(in primis sempre da Venezuela e Bolivia)
sulla cosiddetta “invasione umanitaria”
di Haiti da parte delle truppe statuniten-
si. Accusa sulla quale si è espresso (in
un messaggio apparso sul sito internet
ufficiale Cubadebate.cu) anche l’ex Pre-
sidente cubano Fidel Castro: «Nel pieno
della tragedia haitiana, senza che nessuno
sappia come e perché, migliaia di soldati
delle unità dei marines americani, di truppe
aerotrasportate della 82.a divisione ed altre
forze militari hanno occupato il territorio
di Haiti. Peggio ancora, né l’organizzazio-
ne delle Nazioni Unite, né il governo degli
Stati Uniti hanno offerto spiegazioni»,
concludendo che: «..Bisogna esaminare la
situazione e dare all’Onu il ruolo di gestio-
ne che gli spetta».
Di contro alla condotta degli Stati Uniti e
a quella di altri paesi che con ulteriori invii
di contingenti armati non farebbero che
rendere sempre più caotica e confusa la
situazione, Castro loda quella che è stata la
linea d’intervento di Cuba sia in occasione
del terremoto sia negli anni precedenti:
“Circa 400 medici e specialisti sanitari
prestano cooperazione gratuita al popolo
haitiano. In 127 dei 137 comuni del paese
lavorano tutti i giorni nostri medici. E inol-
tre, non meno di 400 giovani haitiani sono
stati formati come medici nel nostro paese.
Lavoreranno adesso con in rinforzo nostri
medici che si recheranno in loco per salva-
re delle vite in questa critica situazione”.
Mattia Paolinelli
MSF a Haiti tramite carta di credito telefonando al numero verde
800.99.66.55 oppure allo 06.44.86.92.25;
Bonifico bancario: IBAN IT58D0501803200000000115000;
Conto corrente postale 87486007
intestato a Medici Senza Frontiere onlus, causale Terremoto Haiti;
Online sul sito www.medicisenzafrontiere.it.

16
 17

A pagina 4 tutte le informazioni per

Caritas e le Misericordie contribuire alle donazioni in sostegno
della popolazione haitiana colpita dal
per Haiti terremoto
Più di 4900 visualizzazioni

Una notizia, una storia.

Da seguire ogni giorno.

18
NAUTILUS vs REVISIONISTI
a cura di Mattia Paolinelli

QUARTA PARTE
Dopo la Prima, la Seconda
e la Terza Parte delle 66
Controrisposte al Pam-
phlet dei Revisionisti, pub-
blicate su Nautilus Truth
Magazine, vi proponiamo
ora la Quarta Parte. Lo
facciamo, in questa occa-
sione, con un’emozione in
più: pochi giorni fa è infat-
ti occorso l’anniversario
della “Giornata della Me-
moria”. Vogliamo sperare,
con questo lavoro, di dare
un piccolo contributo a
quella stessa memoria..

19
In apertura abbiamo parlato delle svastiche
di ieri e di oggi. Ebbene, la notte preceden-
te alla Giornata della memoria dei vandali
hanno imbrattato i muri e la targa del
museo di Via Tasso. Per questo motivo si
è scelto di inserire queste nuove immagini,
piuttosto che quelle di repertorio.
Perché purtroppo alcune nature umane
sembrano essere capaci di fornire sem-
pre nuovi esempi del proprio talento per
l’idiozia..
Alle domande 17 e 18 rispondo insieme:
Domanda n. 17:
17) Quanti ebrei si rifugiarono nelle regio-
ni più interne dell’Unione Sovietica?
REVISIONISTI - Più di 2 milioni.I tede-
schi non poterono entrare in contatto con
questa popolazione ebraica.
Domanda n. 18:
18) Quanti ebrei erano emigrati prima
della guerra,sottraendosi in questo modo
ai nazisti?
REVISIONISTI - Più di un milione (sen-
za contare quelli che vennero assorbiti
dall’URSS).”
NAUTILUS/PAOLINELLI - Ora, visto
che erano 11 i milioni di ebrei nell’Europa
sotto il controllo del Terzo Reich come
riporta lo stesso rapporto di Wannsee
compilato dai nazisti, la cifra che rimane
da 11 meno 3 è: 8. Che non è un semplice
numero come per i nazisti, ma 8 milioni
di persone! 8 milioni presenti nei territori
occupati dai nazisti dei quali 6 milioni,
alla fine della guerra, non esisteranno più..
Senza contare che se è vero che circa un
milione di questi 11 era riuscito a emigrare
prima della guerra, non è per niente certo
che di quei due milioni rifugiatisi in URSS
tutti raggiunsero le zone più interne riu-
scendo a sottrarsi ai tedeschi.. Nel 1941,
infatti, la Germania lanciò l’operazione
Barbarossa, riuscendo a penetrare in pro-
fondità in Bielorussia, Ukraina, Lituania,
Lettonia, Estonia, Russia occidentale..
La Wehrmacht, tuttavia non andò ad af-
frontare la Russia da sola: oltre agli alleati
“esterni” (tra i quali un corpo di spedizione
italiano, il tristemente famoso Ar.Mi.R.)
gli si affiancò un alleato “interno e tutto
speciale”, le Einsatzgruppen. Già “distin-
tesi” in Polonia per aver “decapitato” l’in-
tellighenzia polacca ed aver ucciso ebrei,
politici, studiosi, insegnati ed appartenenti
al clero, le Einsatzgruppen “superarono sé
stesse” in Russia. Totalmente motorizzate
nell’ operazione Barbarossa, poterono con
facilità ed agevolezza uccidere, in scala
molto maggiore rispetto a quanto avvenuto
in Polonia, ebrei, partigiani e appartenenti
al partito comunista.
Aggiungo poi:
“Ogni Einsatzgruppe, suddivisa in unità
operative chiamate Einsatzkommandos e
Sonderkommandos,era dipendente logi-
sticamente dai gruppi di armate dell’eser-
cito tedesco ma totalmente svincolato da
essi per i «compiti speciali» che le erano
affidati dovendo riferire esclusivamente
all’SS- und Polizeiführer («Comandante
delle SS e della Polizia») dell’area di im-
piego. L’SS- und Polizeiführer, suprema
autorità operativa sul campo, rispondeva
direttamente al Reichssicherheitshauptamt
(RSHA, «Ufficio centrale per la sicurezza
del Reich») delle SS ed al suo comandante
supremo Heinrich Himmler che informava
direttamente il Führer dei progressi otte-
nuti dalle Einsatzgruppen. Le direttive di
Heydrich (comandante dell’RSHA) per le
Einsatzgruppen nell’ambito dell’operazio-
ne Barbarossa erano le seguenti:
L’eliminazione dei quadri del partito
20
comunista, dei commissari politici e di
coloro che si opponevano alla «liberazio-
ne» tedesca.
L’istigazione di pogrom contro la locale
popolazione di origine ebraica.
Le Einsatzgruppen seguivano da vicino
l’avanzata delle forze armate tedesche e re-
alizzavano di preferenza le loro operazioni
nelle città e nei villaggi ove vivevano con-
sistenti comunità ebraiche. Appena giunte
nella città provvedevano ad emanare dei
decreti che ordinavano a tutti i cittadini
ebrei di presentarsi in un punto di raduno
dal quale sarebbero stati «reinsediati» in
altre località per effettuare un servizio di
lavoro obbligatorio. Gli ordini affissi per
le strade chiarivano inequivocabilmente
che chi non si fosse presentato sarebbe
stato passato per le armi. Da rimarcare che,
almeno nel primo periodo, gli ebrei sovie-
21
tici non erano a conoscenza delle terribili
condizioni dei loro correligionari polacchi
rinchiusi nei ghetti perché fino allo scop-
pio del conflitto l’Unione Sovietica - be-
nevolmente neutrale con la Germania dopo
la firma del patto Molotov-Ribbentrop
- aveva filtrato e nascosto attentamente
le notizie relative agli eccessi nazisti in
Polonia. Per questo motivo gli ebrei era-
no facilmente ingannati dalla menzogna
del «reinsediamento», soprattutto viste le
fatali conseguenze che avrebbe provocato
il non eseguire l’ordine delle autorità di
occupazione.
Le persone radunate con l’inganno veniva-
no trasferite nei pressi della città, in zone
defilate precedentemente selezionate dagli
uomini delle Einsatzgruppen. Gli sventu-
rati erano condotti presso grandi fosse già
scavate, vecchi cantieri in disuso o profon-
di burroni (ad esempio Babi Yar, ove av-
venne l’eccidio della popolazione ebraica
di Kiev) e fatti spogliare completamente - i
vestiti venivano poi inviati agli enti assi-
stenziali tedeschi. Nudi, si dovevano avvi-
cinare al bordo delle fosse dove i carnefici
- spesso ubriachi - li uccidevano a colpi di
mitragliatrice o di pistola. In numerosi casi
le vittime erano obbligate a sdraiarsi sullo
strato di cadaveri di coloro che erano già
stati uccisi prima di essere colpiti da una
raffica di mitragliatrice oppure da una pal-
lottola nella nuca. I neonati venivano spes-
so lanciati in aria ed usati come bersaglio
per i colpi dei carnefici: la giustificazione
addotta era che le tenere carni degli infanti
non erano in grado di fermare una pallot-
tola che avrebbe potuto causare pericolosi
rimbalzi sul terreno.
Una volta terminata l’Aktion - termine
con il quale venivano indicati i massacri
- le fosse venivano cosparse di calce viva
(per impedire lo svilupparsi di epidemie)
e ricoperte di terra per cancellare le tracce
dei crimini commessi. Vista la concitazio-
ne delle operazioni non era inusuale che
alcune vittime non venissero uccise ma
solamente ferite per poi essere sepolte vive
quando la fossa veniva ricoperta. Esistono
alcune testimonianze di sopravvissuti che
riuscirono salvarsi uscendo nottetempo
dalle fosse. Negli anni successivi, quando
la certezza nella vittoria tedesca era ormai
compromessa, venne lanciata dalle SS una
«operazione di esumazione» per eliminare
definitivamente le prove dei crimini me-
diante l’esumazione e la cremazione dei
cadaveri in grandi roghi. L’operazione, su-
pervisionata da Paul Blobel già comandan-
te di un Einsatzkommando, prese il nome
in codice di Sonderaktion 1005 e vide
l’impiego di numerose squadre composte
da prigionieri ebrei a loro volta «eliminati»
dopo aver effettuato il lavoro allo scopo di
preservare il segreto.
I massacri compiuti mediante le fucilazioni
mostrarono immediatamente due elementi
negativi per le Einsatzgruppen stesse:
I crolli psicologici che ne coinvolsero il
personale: per cercare di mitigare l’orrore
del compito che erano chiamati a svolgere
- considerato però «necessario» e «giusto»
dai vertici nazisti - i carnefici ricevevano
razioni supplementari di alcoolici, operan-
do spesso completamente ubriachi. Nono-
stante ciò si ebbero numerosi casi di inter-
namento presso case di cura psichiatriche e
diversi suicidi tra le file dei membri delle
Einsatzgruppen.
La paura di Himmler che gli uomini
delle SS, considerate da egli un’elite che
avrebbe dovuto incarnare tutte le carat-
teristiche «superiori» proprie della razza
ariana, potessero essere «contaminate»
dalla brutalità del lavoro che erano obbli-
gate a svolgere. Lo stesso Himmler, che
notoriamente aborriva la vista del sangue,
assisté nel luglio del 1941 ad un’Aktion
delle Einsatzgruppen rimanendo profon-
damente scosso.
Perciò Himmler, preoccupato della salute e
dell’integrità morale dei suoi uomini, die-
de ordine di trovare nuovi metodi, meno
cruenti, per portare a termine il compito
assegnato alle SS affidando l’incarico ad
Arthur Nebe, comandante dell’Einsatz-
gruppe B.
Arthur Nebe era stato in precedenza a capo
della Kripo (la polizia criminale tedesca)
ed era stato coinvolto nel programma di
eliminazione dei disabili chiamato in codi-
ce Aktion T4, sospeso alla fine di agosto
del 1941 a causa delle veementi proteste
della popolazione tedesca, nel corso del
quale era stato sperimentato l’utilizzo di
camere a gas funzionanti a monossido di
carbonio puro. Tale metodo aveva dato
“ottimi risultati” rendendo l’uccisione mol-
to più impersonale - chi apriva il rubinetto
delle bombole ove era contenuto il gas non
aveva nessun contatto con le vittime in at-
tesa dentro la camera a gas sigillata.
Nebe richiese a Berlino, nel settembre
1941, un esperto di chimica che potesse
aiutarlo tecnicamente a trovare una solu-
zione del «problema» e dopo poco giuse a
Minsk, sede del comando di Nebe, il dottor
Albert Widmann dell’Istituto di tecnologia
criminale. Nebe e Widmann studiarono
inizialmente un metodo di uccisione con
esplosivi rinchiudendo 25 pazienti psichia-
trici in due bunker nei pressi di Minsk e
facendoli saltare in aria. L’esperimento si
rivelò disastroso e l’esplosione uccise solo
parte dei pazienti obbligando a ricorrere
ad una carica. A questo punto Widmann e
Nebe, memori delle «esperienze» del pro-
gramma T4, pensarono di utilizzare delle
camere a gas funzionanti a monossido di
carbonio e, dopo pochi giorni dal fallito
esperimento con gli esplosivi, effettuarono
una prova nei pressi di Mogilev. L’esperi-
mento venne effettuato su di una trentina
di pazienti di un manicomio rinchiusi
all’interno di una corsia dell’ospedale
sigillata all’interno della quale entravano
22
due tubi collegati ai gas di scappamento di
un automezzo. Dopo un’iniziale problema
legato alla scarsa potenza del veicolo im-
piegato l’esperimento ebbe successo e tutti
i pazienti morirono nel giro di pochi mi-
nuti, intossicati dal monossido di carbonio
prodotto dai gas di scarico.
Il successo dell’esperimento dimostrò che
quella era la strada da percorrere, anche
se esistevano alcuni problemi tecnici da
risolvere. Le Einsatzgruppen erano unità
mobili che operavano su di un estesissi-
mo fronte e non sarebbe stato efficiente
vincolare il loro operato ad installazioni
fisse come le camere a gas dell’Aktion T4.
L’idea di utilizzare gas di scarico risultò
invece vincente perché la produzione di
monossido di carbonio puro, impiegato in
precedenza, era molto costosa e l’industria
chimica tedesca riusciva a produrne solo
quantità limitate.
Per questo Nebe, con la collaborazione
del dottor Hess (superiore di Widmann),
studiò una soluzione basata su autocarri
con il piano di carico sigillato e collega-
to, mediante un sistema di tubazioni, ai
fumi di scarico prodotti dal motore. In
questo modo si sarebbero create vere e
proprie camere a gas mobili, dette Ga-
23
swagen, totalmente autosufficienti anche
per l’approvvigionamento di gas. Otte-
nuta l’approvazione di Heydrich, l’idea
venne perfezionata Walter Rauff, capo
del dipartimento tecnico dell’RSHA, che
progettò autocarri camuffati da ambulanze
di due diverse dimensioni e che potevano
contenere 140 oppure 90 vittime contem-
poraneamente.
Gli «autocarri della morte» iniziarono ad
essere utilizzati dalle Einsatzgruppen tra
la fine di novembre e l’inizio di dicembre
1941 per le operazioni di sterminio, ma
non rimpiazzarono mai completamente il
vecchio metodo basato sulle fucilazioni.
Gli addetti agli autocarri caricavano le
vittime sul piano di carico e lo sigillava-
no trasportando il loro triste carico fino
al luogo identificato per la sepoltura. La
morte sopraggiungeva dopo 15 - 30 minuti
ed eventuali superstiti venivano uccisi con
un colpo alla nuca. Entro la metà del 1942
erano stati prodotti e consegnati alle Ein-
satzgruppen circa 30 autocarri «converti-
ti», prodotti dall’azienda privata berlinese
Gabschat Farengewerke Gmbh.
Al termine del secondo conflitto mondiale
molti SS- und Polizeiführer che avevano
supervisionato le attività in Europa orien-
tale ed in Unione Sovietica scomparvero
sottraendosi alla giustizia oppure si suici-
darono consci che i crimini commessi non
sarebbero stati perdonati.”
Come si può vedere quando nella prima
risposta ho chiarito che non solo i campi
di sterminio testimoniavano la volontà di
sterminare gli ebrei e che non solo le ca-
mere a gas furono utilizzate nell’apparato
di morte dei nazisti, né scherzavo né cer-
cavo di sviare l’argomento. Era la pura e
semplice verità..
Domanda n. 19:
19) Se Auschwitz non è stato un campo di
sterminio,per quale ragione il suo coman-
dante Rudolf Hoess (da non confondersi
con Rudolf Hess,delfino di Hitler) ha detto
che lo era?”
NAUTILUS/PAOLINELLI -
Perché lo era..
Sempre la 19 per la risposta dei revisionisti
(ho dovuto dividerle perché non potevo far
passare una dichiarazione falsa come quel-
la presentata nella domanda)
e insieme la 20 (si ritorna a domanda e
risposta insieme):

REVISIONISTI (risposta alla 19) -
“Con Hoess furono utilizzati metodi
molto persuasivi per costringerlo a
“confessare”,esattamente quello che i suoi
carcerieri volevano ascoltare.
Domanda n. 20:
20) Esistono prove che gli americani,gli
inglesi e i russi ricorressero alla tortura
per estorcere delle “confessioni” ad alcuni
ufficiali tedeschi?
REVISIONISTI - Ci sono prove in ab-
bondanza che la tortura è stata usata sia
prima che durante il famoso “processo di
Norimberga”- ma anche in seguito,durante
i processi per “crimini di guerra””
NAUTILUS/PAOLINELLI - Peccato
però che Hoess nei suoi memoriali parli
sia delle gasazioni che dei maltrattamenti
subiti disgiungendo l’una dall’altra cosa.
Qui si ammassano bugie su bugie con-
tando sul fatto che ovviamente non tutti
hanno visionato i memoriali di Hoess.. E
riguardo ai maltrattamenti, nessuno nega
che in alcuni casi ci siano stati, ma furono
dovuti alle immagini degli orrori dei campi
di sterminio cui i soldati alleati assistettero
e che portarono alcuni di essi a reagire con
violenza. Da qui a dire che ci fu una “po-
litica di tortura” per estorcere confessioni
ce ne corre. Anche perché quale politica di
tortura avrebbe potuto convincere i nazisti
a continuare a testimoniare sugli orrori
dell’Olocausto negli anni ‘60, ‘70 e ‘80
(e questo quando, quasi subito dopo la fine
della guerra, con il nuovo pericolo rappre-
sentato dall’Unione Sovietica, tutti -Stati
Uniti in primis- erano disposti a dimentica-
re pur di avere un alleato forte come poteva
essere la Germania nel centro dell’Europa
che potesse contrastare la possibile “avan-
zata rossa”?)? Di quale tortura o metodo di
coercizione furono vittime DOPO l’epoca
dei tribunali militari, quando affrontarono i
processi di corti tedesche?
Se comunque questo era un tentativo
per screditare la testimonianza di Hoess
(in altri punti di queste domande/rispo-
ste verrà invece presentata come prova
dell’inesistenza delle camere a gas, ma ci
arriveremo.. Voglio solo far notare come
la sua testimonianza venga ora ritenuta
valida se rispondente ai propri fini e ora
rigettata se scomoda..) con l’intento di
negare lo sterminio voglio replicare col
fatto che hoess non ha inventato nulla sulle
gasazioni: egli ha infatti fatto affermazioni
che anche altri hanno fatto e confermato
nel corso degli anni.. Se la testimonianza
di Hoess è così tante volte riportata è per
la centralità della sua figura di comandante
del campo di Auschwitz, ma non è l’uni-
co che abbia parlato delle camere a gas o
tantomeno della volontà, del progetto e
dell’attuazione dello sterminio: di testimo-
nianze ce ne sono a bizzeffe.. Per esempio
questo discorso di Himmler del 4 ottobre
1943 in cui indica la politica nazista sullo
sterminio degli ebrei:
“Ogni membro del Partito dice: “Si sta
sterminando la popolazione ebrea”.
E’ vero, fa parte dei nostri piani, l’elimi-
nazione degli ebrei, lo sterminio, lo stiamo
compiendo”.
Forse per i revisionisti queste sono parole
troppo criptiche..
Mattia Paolinelli
24
Incontro con Roberto Saviano
Scuola Normale Superiore di Pisa

E’ stata una splendida occa-

sione quella offerta venerdì
scorso dalla Scuola Norma-
le di Pisa. Un incontro pub-
blico con Roberto Saviano,
incipit di un progetto più
ampio che coinvolgerà 40
ragazzi in un ciclo di 4 se-
minari, argomento: “Stra-
tegie e Tattiche Criminali
internazionali”. L’incontro
–che ha bissato quello già
occorso nella primavera
dello scorso anno, sempre
alla Normale- ha avuto
inizio alle 17.00 quando
Saviano, letteralmente cir-
condato..

25
..e nascosto dagli uomini della sua scorta,
è arrivato nell’aula azzurra di Palazzo dei
Cavalieri da un lungo corridoio. Più si
avvicinava e più gli applausi aumentavano
per questo ragazzo di trent’anni che, suo
malgrado, è diventato un simbolo, addirit-
tura un eroe per aver scritto un libro che
parla di mafia. Un bellissimo libro, senza
dubbio, un best seller (ed è questo che fa
più paura ai Casalesi, secondo Saviano:
che parlare di mafia e l’essere antimafiosi
inizi ad essere conveniente. Anche e so-
prattutto economicamente), ma è normale
che un uomo diventi un eroe per questo? La mafia al nord non esiste. E’ una bugia e
una menzogna. E l’eroe anche se è vivo,
Purtroppo –soprattutto per lui- la risposta comincia a puzzare. Perché ricordiamolo:
è affermativa. Saviano è un eroe per aver
parlato. E con dispiacere credo che la sua
convinzione (ormai più una speranza)
di essere ancora solo e soltanto un uomo
sia destinata a non avere un domani. Per-
ché per tutti noi è più semplice avere un
nome a cui aggrapparci, qualcuno che lotta
per noi e che non ha più una sua propria
vita per permettere che le nostre continu-
ino tranquillamente. Uno che non potrà
commettere errori, o ci avrà tradito. Nella
speranza di molti, uno che prima o poi
dovrà cadere, perché ci si possa permet-
tere ancora una volta di dire –con somma
costernazione- che lui ci ha provato, ed è
andata com’è andata. Che non potrà cam-
biare mai niente.
Questo lo dico perché Saviano per primo
ha capito qual è la principale caratteristica
degli eroi: alla lunga stanno meglio morti.
Il rischio, dopo aver parlato una volta, è di
non fermarsi più. Di strafare. Di pensare di
poter cambiare da soli il mondo. Finché si Saviano al momento è un eroe solo per
tocca Casal di Principe e i suoi abitanti ti quegli italiani che Gomorra non ha toccato.
odiano perché, denunciando gli scuolabus Per quelli sui quali il libro non punta l’indi-
privi di assicurazione, i carabinieri arri- ce. Il rischio è che spostando quell’indice
vano e fanno fermare gli automezzi non dalla realtà locale (per la quale lo stereo-
in regola, è un conto. Va bene. Napoli, la
Campania, il sud Italia.. Ma quando si co-
mincia a dire che la mafia fa affari soprat-
tutto al nord? Allora no. Questo non si può.
26
tipo della “terra di nessuno” percorsa da
briganti, della cittadella del crimine -quasi
fosse una nuova Tortuga- era ancora un
equivoco accettabile), al “sistema”, a una
realtà espansa che vede proprio Milano e
Torino non come teste di ponte, ma come
retrovie già da tempo acquisite
Piazza dei Cavalieri - Pisa
dalla Camorra, il rischio –dicevo- è che Sa-
viano non sia più un eroe per nessuno. Che
le persone, gli italiani e quindi tutti noi, si
inizi ad invitarlo a cambiare paese se ciò
che vede è tutto marciume, tutto sbagliato,
tutto corrotto. E se Saviano decidesse di
dare ascolto a questo invito e lasciasse per
sempre l’Italia, ad ogni articolo che scri-
vesse su questo nostro paese non repliche-
remmo che è facile parlar male dell’Italia
da lontano? Che se avesse avuto coraggio,
27
se fosse stato un vero eroe sarebbe rima-
sto? Che svergognando il suo paese ha
fatto abbastanza soldi per potersene andare
via e goderseli in santa pace? Lo diremmo,
si. Forse, togliendo il condizionale, lo dire-
mo proprio. Qualcuno di sicuro cercherà di
insegnarci certi pensieri e certe parole.
Ma senza spostarci verso un futuro che
per sua stessa natura può (fortunatamente)
sempre vantare un certo credito di speran-
ze, torniamo ad un presente che sta aven-
do il merito di premiare il coraggio. La
narrativa di Saviano ha potuto operare un
miracolo che non consiste nel far emergere
il problema camorristico, i suoi omicidi, i
suoi traffici illeciti. Il vero miracolo consi-
ste nel numero di copie vendute,
Scritta contro Saviano - Castel Volturno*
in quel successo economico che l’attività
di pm, giudici e procuratori aggiunti non
poteva produrre. Il giovane scrittore lo dice
esplicitamente: che se le tre parole d’ordi-
ne della camorra sono Business, Business,
Business, l’unico modo di combatterla è
fare in modo che essere camorrista pre-
cluda la possibilità di fare profitti. Quelli
veri. La via è quella di costruire un mercato
nuovo, in cui la reputazione e la trasparen-
za siano requisiti fondamentali per entrare
nel mondo dei grandi affari. Costruire cioè
un mercato dove essere antimafioso dia de-
gli enormi vantaggi. E un primo passo lo si
è compiuto: perché da un mercato editoria-
le che realizza profitti con libri come quelli
di Saviano, la Camorra è tagliata
“Pentiti=Infami”, scritta a Castel Volturno*
fuori. Non per questioni ideali, chiariamo-
lo: è solo che la cattiva pubblicità non la
vuole nessuno e il gioco, insomma, non
varrebbe la candela.In attesa che il video
dell’incontro –durato quasi quattro ore- sia
interamente disponibile (per il momento è
stato rilasciato solo il video di sei minuti
presentato in questo articolo) vi riporto la
risposta di Saviano alla domanda che ho
avuto la possibilità di porgli per i lettori
di Nautilus.
Video dell’incontro a Pisa
In questa chiedevo una risposta in merito
all’anima della Camorra così come di
tutte le mafie: sono queste delle “imprese
atipiche”, delle aziende del crimine tutte
orientate cioè al profitto per il profitto da
realizzarsi a qualunque costo (senza badare
né ai modi né ai metodi utilizzati per rag-
giungerlo) o c’è il fine ultimo di realizzare
un vero e proprio antistato? Basterà ancora
alle mafie vivere in simbiosi con lo stato
(qualunque esso sia) o verrà il momento
in cui cercheranno di sostituirsi ad esso?
Saviano ha risposto dicendo di non credere
in questa ipotesi. Le mafie non avrebbero
alcun interesse a sostituirsi allo stato.
Quando l’unico ideale è il profitto, ancora
una volta le motivazioni sono prettamente
di carattere economico. Non conviene,
punto. Lo stato, insomma, è un affare che
non interessa.. Specie se per salvaguardare
i propri interessi basta oliare meccanismi
tanto ben consolidati da far dire a due ca-
morristi intercettati che “l’indulto lo deve
fare il centro-sinistra, perché se lo fa il
Roberto Saviano e Salvatore Settis,
Direttore della Scuola Normale Superiore
centro-destra diranno tutti che siamo stati
noi a volerlo”. Da questo possiamo capire
come, in fondo, sia toccato allo stato di
scendere in guerra contro la Camorra. Non
il contrario. Alla Camorra, per fare (ottimi)
affari, le cose stanno bene così.
Mattia Paolinelli
*tratte da “Castel Volturno, graffiti contro Saviano e
Nuzzo” di Raffaele Sardo, laRepubblicaNapoli.it 28
IL LAGO TITICACA
e lo slittamento della crosta terrestre
Cosa hanno in comune la
teoria dello slittamento della
crosta terrestre, sviluppata da
Hugh Auchincloss Brown pri-
ma e da Charles H. Hapggood
poi, con il Lago Titicaca?
Cosa sappiamo di questo mi-
sterioso lago e come spiegare
il fatto che le sua acque siano
salate e che la sua fauna sia
tipicamente oceanica?..
29
Le teorie non mancano. Nel 1872, in un
articolo intitolato “Chronologie historique
des Mexicains” Charles Etienne Brasseur
de Bourbourg, archeologo ed etnografo al
quale dobbiamo la traduzione in francese
del Popol Vuh, fa un primo accenno a ciò
che, secondo studiosi indipendenti, po-
trebbe fornire la spiegazione della strana
collocazione geografica del suggestivo
Lago Titicaca e della sua misteriosa città
portuale: Tiahuanaco. Ripresa da Charles
H. Hapgood, docente di antropologia e di
storia della scienza, intorno agli anni ‘50
nel suo libro “The Earth’s shifting crust”,
questa teoria, avallata dalla mente brillante
di A. Einstein nella sua prefazione al libro,
spiegherebbe che “le variazioni climatiche
repentine avvenute sul pianeta in diversi
periodi della storia e i dati empirici raccolti
da altre discipline, non ultime l’archeolo-
gia e la paleontologia, possono essere spie-
gati qualora si ammettesse che, di tanto in
tanto, la crosta terrestre, sostanzialmente
rigida, subisca vaste dislocazioni”.
Lavorando su teorie e modelli precedenti e
utilizzando le carte di numerosi ricercatori
prima di lui, Hapgood ipotizzò che la mas-
sa di ghiaccio presente su uno o entrambi
i poli portasse ad un sovraccarico e ad una
destabilizzazione dell’equilibrio rotaziona-
le della Terra, causando lo spostamento di
tutta, o di una parte, della crosta più esterna
del pianeta intorno al suo nucleo il quale,
al contrario, manterrebbe il suo orienta-
mento assiale; secondo le sue ricerche
questo scivolamento impiega all’incirca
5.000 anni, seguiti da 20 o 30 mila anni di
inattività, il tutto circoscritto ad una zona
di 40-50° circa.
La tesi di Hapgood venne fortemente so-
stenuta dal suo pupillo, Rand Flem-Ath,
bibliotecario autore di “When the sky
fell”, il quale spiega quali potessero essere
le cause dello slittamento oltre all’accu-
mulo delle masse di ghiaccio ai poli; egli
sostenne che lo slittamento repentino e
improvviso della crosta potrebbe essere
causato anche dallo schianto di un asteroi-
de che colpisce la Terra con una velocità
e un’angolazione tali da causare il movi-
mento della litosfera in modo indipendente
dal mantello.
Un’altra causa, in verità la più intrigante,
potrebbe essere il passaggio di un oggetto
celeste (forse un pianeta?) con magnetismo
‘insolito’ che provocherebbe un tempora-
neo ri-orientamento del campo magnetico
terrestre, esso trascinerebbe la litosfera
verso un nuovo asse di rotazione tornan-
do ‘normale’ una volta che l’astro si fosse
allontanato.
In sintesi, abbiamo, da una parte, la caduta
di una grossa meteora che potrebbe aver
‘increspato’ la crosta e dall’altra il passag-
gio di un qualche astro il quale potrebbe
aver fatto ‘scorrere’ la crosta come succede
alla fodera di una palla da bowling.
La migliore delle ipotesi vede tutto que-
sto accadere nell’arco di 5.000, quindi
in maniera abbastanza indolore … e la
peggiore?
Cosa succederebbe se questi sconvolgi-
menti avvenissero in tempi più brevi?
Lo scenario sarebbe surreale e apocalittico
e comporterebbe alterazioni catastrofiche
della geografia e cambiamenti delle aree
interessate, le quali sarebbero sconvolte da
terremoti sussultori e ondulatori, violenti
tsunami, sprofondamenti ed innalzamenti
di ampie porzioni di crosta terrestre; intere
nazioni scomparirebbero (è stata questa la
sorte della mitica Atlantide?) e altre sorge-
rebbero dagli oceani.
Questi eventi potrebbero durare settimane,
giorni o, persino, poche ore e il tutto sa-
rebbe come un apocalittico rimescolarsi di
intere aree geografiche.
Furono questi stravolgimenti a portare il
Lago Titicaca a 3.800 m. di altezza? E’
possibile.
Un pezzo di mare 22 volte più grande del
Lago di Garda portato tra le vette della
Cordigliera delle Ande, tra Bolivia e Perù,
unico sia dal punto di vista geologico che
da quello archeologico; oltre ad offrire sce-
nari suggestivi e surreali il Lago Titicaca
alimenta, oggi come in passato, non poche
curiosità dovute alla sua particolare natura
e alle numerose rovine pre-incaiche che lo
circondano. Testimone silenzioso e discre-
to della cultura di Tiahuanaco, il cui nome
deriva dal complesso di Tiwanacu, esso
continua a regalare misteri; come spiegare,
infatti, che la città portuale di Tiahuanaco
non si trovi sulle rive del lago ma, bensì, a
20 km da esse? I casi sono due: o il livello
del lago si è abbassato o l’intera zona cir-
costante si è sollevata.
Bisogna sapere che, nonostante la sua po-
sizione, il Lago Titicaca ha conservato una
fauna ittica tipica degli oceani, esemplari
di Hippocampus (cavallucci marini), varie
specie di anfipodi dell’ordine dei crostacei
malacostrici e altri esemplari; la sua ele-
vata salinità, in passato, confermata dalla
presenza di milioni di fossili di conchi-
glie marine, fa pensare che esso sia stato
imprigionato tra gli altri rilievi quando
l’intero Altipiano è stato spinto dal fondale
marino verso l’alto insieme al resto del
Sud America. Non solo, con il passare dei
millenni “l’estensione del lago è oscillata
enormemente, come indica l’esistenza di
un’antica linea di costa …” la quale, però,
“non è uniforme, bensì si abbassa consi-
derevolmente da nord verso sud su una
notevole distanza orizzontale”.
Continua a pagina 32..
30
31

A pagina 4 tutte le informazioni per

Croce Rossa e Unicef contribuire alle donazioni in sostegno
della popolazione haitiana colpita dal
per Haiti terremoto
..Continua da pagina 30
Da ciò si può facilmente dedurre che l’Al-
topiano si è sollevato in maniera non uni-
forme, cioè con una incidenza diversa nella
parte settentrionale e in quella meridionale,
quindi non è il livello del Lago ad essersi
abbassato ma l’Altopiano circostante ad
essersi sollevato; questo spiegherebbe il
motivo della lontananza di Tiahuanaco di
oltre 20 km e il fatto che essa si trova a
più di 30 m sopra l’attuale linea di costa.
In sintesi, in seguito alla fondazione del-
la città di Tiahuanaco, indicata intorno al
15.000 a.c. dal discusso astronomo Arthur
Posnansky, dovette accadere una catastro-
fe di dimensioni tali da portare la città di
Tiahuanaco al sollevamento e all’allonta-
namento dalle rive del lago.
Graham Hancock, nel suo libro “Impronte
degli dèi”, affronta l’argomento ipotiz-
zando che, ciclicamente, la Terra scarichi
un’enorme energia, accumulata ai poli
con il moto di rotazione, provocando un
improvviso e violento dislocamento della
crosta, la quale scorre letteralmente sugli
strati più profondi e magmatici del pianeta;
il suolo si inabisserebbe negli oceani, i fon-
dali marini verrebbero innalzati, la crosta
si spaccherebbe e lascerebbe fuoriuscire
il magma, onde altissime colpirebbero le
coste, ma in realtà sarebbero queste ultime
ad andare verso il mare a causa della forza
di inerzia, terremoti disastrosi cambiereb-
bero drasticamente la faccia del nostro
pianeta azzurro.
Platone scrive: “ le stelle sembrano ruotare
impazzite nella volta celeste e il Sole sorge
da un’angolazione mai vista”, Erodoto ,
nel secondo libro delle sue “Storie”, com-
menta che in quel periodo, cioè al tempo
del primo Re d’Egitto, che lui chiama
Mene,“il Sole si sviò quattro volte dal
suo corso: due volte sarebbe spuntato di là
dove ora tramonta e dove ora sorge, due
volte sarebbe tramontato“; nei papiri egizi
di Harris, Ermitage e Ipuwer scrivono che
“il Sud divenne Nord … e la Terra si rigi-
rò” e, ancora, in un manoscritto precedente
la civiltà Maya leggiamo”dopo essersi
due volte sollevata, scomparve durante la
notte, mentre la Terra era continuamente
scossa. Il suolo sprofondò e riemerse più
volte …“.
Quante e quali verità ci nasconde ancora
Gaia? Il nostro piccolo grande pianeta az-
zurro è stato sconvolto in passato da grandi
cambiamenti geomorfologici.. Eppure
ansono stati anche questi -a volte terribili-
fenomeni che l’hanno fatta diventare ciò
che oggi è ...
Sabrina Pasqualetto
32
RETROINGEGNERIA
S e c o n d a P a r t e
Dalle antiche leggende alle
nuove frontiere della scien-
za: indagine sui prodotti
della retroingegneria..
Questa è solo una parte
dell’intervista. Subito dopo
difficile reperirlo e ancora di più intervi-
starlo, ma per sua fortuna un noto quanto
serio ricercatore ufologico, Jacques Val-
lée, riuscì a trovarlo e a farsi concedere
un’intervista. Contrariamente a quanto
si possa pensare, lo scopo iniziale di tale
deva la storia ancora più strana. Possedeva
due diplomi di fisica, mi ha detto, ed era
specializzato nella costruzione di rivela-
tori di particelle alfa, che vendeva ancora
al Laboratorio Nazionale di Los Alamos.
L’incontro (che lo portò a lavorare presso
la base S-4) ebbe luogo nei locali della
EG&G, una sezione del ministero della
difesa. Lazar dava prova di una cono-
scenza della fisica atomica non facilmente
accessibile per un profano.” Si alzò quindi
un polverone intorno a Lazar, il quale fra
l’altro venne denunciato per aver divulgato
informazioni governative

queste rivelazioni Bob

Lazar subì varie minacce
e tentarono di sparargli.
Lazar riuscì a scampare a
questi agguati, ma a quanto
pare per screditarlo venne
condannato e arrestato per
sfruttamento della prosti-
tuzione. Data la situazione
divenne molto..
33
intervista era per Vallée quello di riuscire
a smascherare e cogliere in fallo il fisi-
co, ma alla fine lo stesso Vallée dovette
ammettere:“Francamente sono rimasto
affascinato da Robert Lazar. Non mi aspet-
tavo la sua sincerità…, e il modo retto di
riflettere seriamente sulle domande prima
di rispondere. Questa qualità “non è tipica”
della maggior parte degli adepti della New
Age. Essi hanno molto spesso le risposte
pronte, prima ancora che le domande siano
poste! Quando parlano di fisica, sovente Miguel Alcubierre
gli ufologi americani usano dei termini
impropri, confondendo massa e peso, riservate; eppure, nonostante ancora oggi
velocità della luce con quella del suono. la sua figura non sia stata riabilitata né le
Non era il caso di Lazar. Il suo vocabolario
tecnico era preciso e questo dettaglio ren-
sue affermazioni del tutto confermate, ci
troviamo probabilmente nella condizione
di dover rivedere quelli che per anni sono
stati considerati dalla stampa e dai mass
media solo i vaneggiamenti di un pazzo e
le rivelazioni di un debunker.
Da quando infatti Lazar fece le sue dichia-
razioni sono accadute molte cose e molte
di quelle informazioni che lui aveva rila-
sciato si sono rivelate corrette. Ad esempio
nel 1994 è stato pubblicato sulla rivista
scientifica “Classical and Quantum Gravi-
ty” un articolo dal titolo “The Warp Drive:
Hyper-fast Travel within General Relativi-
ty”. In questo lavoro il Dr. Miguel Alcu-
bierre descriveva con grande rigore scien-
tifico il metodo che teoricamente avrebbe
consentito ad un’astronave di spostarsi
tra le stelle a velocità incredibili. Il tutto
veniva giustificato nell’ambito dello stes-
so formalismo della teoria della relatività
generale di Einstein. Il “motore a curva-
tura” consentirebbe di creare una bolla di
spazio-tempo curvo intorno all’astronave.
La nostra ipotetica nave spaziale creerebbe
quindi una bolla spazio-temporale sui cui
lati sarebbero presenti zone di energia
negativa. Lo spazio-tempo andrebbe così a
contrarsi di fronte alla bolla, riducendo la
distanza del punto di arrivo, e si espande-
rebbe dietro di essa allontanando la distan-
za dal punto di partenza. In questo modo
riusciremmo ad aggirare il limite imposto-
ci da Einstein riguardante la velocità della
luce e riusciremmo a viaggiare (ipotetica-
mente) più veloci della luce senza neanche
spostarci. Il principio di propulsione basa-
to sulla bolla spazio-temporale conferma-
va in pratica ciò Lazar aveva detto ancora
prima di Alcubierre e che egli aveva anche
ampiamente illustrato a colori sul suo sito
Internet (www.boblazar.com).
Molti altri hanno lavorato in questa dire-
zione e i risultati più significativi sono bal-
zati all’attenzione del pubblico sul numero
di Gennaio 2000 della rivista Scientific
American, a cui è seguita la produzione
italiana sul numero di Marzo 2000 di Le
Scienze. La copertina era dedicata ad un
articolo sulla possibilità di viaggiare nello
spazio-tempo. Un’ipotetica nave spazia-
le in grado di creare appunto una bolla
spazio-temporale sui cui lati sarebbero
presenti zone di energia negativa. Sempli-
ficando si andrebbe a contrarre la tela dello
spazio-tempo in cui il velivolo si trova,
lo stesso manterrebbe uno stato di quiete
rispetto allo spazio circostante mentre il
tessuto spazio temporale si allontanerebbe
e avvicinerebbe a lui. Per una strana coin-
cidenza sullo stesso numero di Gennaio di
Scientific American, e quindi anche sul
numero di Marzo di Le Scienze in Italia,
compariva anche un’articolo sull’Isola di
Stabilità che gli scienziati dichiaravano di
aver finalmente trovato nel “mare” degli
elementi transuranici…E il pensiero corre
nuovamente a Lazar che aveva affermato
che il combustibile del fantascientifico re-
attore nucleare del disco volante alieno sul
quale lui lavorava era proprio l’elemento
115, ossia un transuranico stabile.
Per rendere un po’ più chiaro il discorso
diciamo che un elemento chimico si distin-
gue da un altro nella tavola periodica dal
numero dei protoni contenuti nel nucleo:
l’idrogeno è il primo di tutti perché ha 1
solo protone, mentre l’uranio si trova al
posto 92 perché ha 92 protoni. Un isotopo
è lo stesso elemento chimico con un nu-
mero di neutroni minimo in più o in meno.
Ad esempio il carbonio con 6 protoni e 6
34
neutroni si chiama carbonio 12, metre gli
atomi di carbonio con sette e otto neutroni
si chiamano rispettivamente carbonio 13
e carbonio 14 (dalla somma tra protoni e
neutroni). Mentre le proprietà chimiche
sono le stesse per tutti gli isotopi di uno
stesso elemento, così non è per le proprietà
nucleari, infatti il carbonio 12 è stabile,
mentre il carbonio 14 è radiottivo, cioè
instabile.
Tornando a Lazar, egli era stato molto
preciso a riguardo riferendosi, nei suoi
discorsi e nei suoi appunti pubblicati,
all’isotopo 420 dell’elemento 115. Questo
in realtà non è ancora stato sintetizzato
e probabilmente siamo troppo lontani
tecnicamente per poterlo sintetizzare in
breve tempo, ma il fatto che gli scien-
ziati siano giunti ad un’isola di stabilità
con l’isotopo 298 dell’elemento 114 (298
indica lo ribadiamo la somma fra protoni
e neutroni), il quale ha una vita media di
30 secondi rispetto ai millisecondi di vita
media di altri isotopi instabili (ad esempio
il 285 che ha appena 13 neutroni in meno
rispetto al 298), dà un’idea del potenziale
in termini di energia e di stabilità di un
elemento con un numero così elevato di
protoni e neutroni come appunto l’isotopo
420 dell’elemento 115.
Incredibilmente, dopo circa dieci anni
35
alcune affermazioni di Lazar hanno tro-
vato riscontro nelle ricerche scientifiche
ufficiali. Come faceva a conoscere questi
particolari prima che si giungesse all’iso-
la di stabilità e alle ipotesi di Alcubierre?
Possiamo quindi ipotizzare che realmente
Lazar abbia vissuto ciò che ha affermato?
Se tutto questo fosse vero, Lazar sarebbe
Groom Lake
il testimone diretto e la prova concreta
che parte del nostro sviluppo tecnologico
lo si deve a studi di retroingegneria. Armi
avanzatissime che utilizzano plasma, mi-
croonde, laser, sistemi per l’invisibilità,
propulsione elettromagnetica, antigravità,
energia scalare, olografia, nanotecnolo-
gia, bioingegneria, robotica e molto altro
ancora sono oggi realtà. Questo enorme
balzo in avanti tecnologico negli ultimi
50 anni è quindi, forse, il frutto di studi
di retroingegneria come dichiarato da
molti scienziati oltre al famoso Lazar?
Ma nello specifico cosa intendiamo per
retroingegneria? Sostanzialmente si tratta
di capire dal prodotto finito i principi di
funzionamento, quindi procedere a ritroso
per poter poi riprodurre quanto appreso
dallo studio appunto di questo prodotto.
Nei casi menzionati parliamo di studi su
apparecchi di provenienza aliena, non di
fabbricazione terrestre, proprio perché i
principi fisici e la tecnologia applicata in
tali apparecchi è nettamente superiore a
quella comunemente conosciuta e proprio
da questa si sarebbero estrapolati strumen-
ti sviluppati nella moderna tecnologia:
prima in quella militare e poi derivando
da questa applicazioni in campo medico,
informatico, nei mezzi di comunicazioni,
di trasporto e così via.
Ines Curzio
Fine Seconda Parte..
LA VERITA’ CI MUOVE,
QUALUNQUE ESSA SIA

36
B i a n c o e N e r o a To r i n o
d i Y u r i C e s c h i n

La tradizione presenta Tori-

no come una città carica di
misteri, legata all’esoterismo
e all’occulto. La sua colloca-
zione nell’ideale “triangolo
magico” della magia bianca
(Torino - Praga - Lione) ed al
contempo di quella nera (Tori-
no - Londra - San Francisco)
fanno di Torino una sorta di
luogo di scontro tra il bene e
il male. A li di là di antiche
credenze e miti, la città si pre-
senta comunque sotto due luci
molto contrastanti. La diffe-
renza tra i luoghi “positivi” e
quelli “negativi” è reale e ben
visibile anche a chi, di miti e
leggende, non ha mai sentito
parlare..
© Yuri Ceschin

37
 © Yuri Ceschin

1- Gran Madre di Dio, la chiesa si affaccia sulla grande piazza della città. La donna tiene in mano
un calice e la leggenda vuole che proprio qui sia custodito il Santo Graal.
38
© Yuri Ceschin

39 2- Punto Positivo, Piazza Castello, ritenuto per eccellenza il luogo di maggiore concentrazione
di magia bianca della città.
 © Yuri Ceschin

3- I Dioscuri, Cancellata di Palazzo Reale, le statue dei due gemelli Castore e Polluce sorvegliano 40
l’entrata.
© Yuri Ceschin

41 4- Piazza Castello, una statua egizia incombe sui passanti. Molti attribuiscono a Torino un’ascendenza
egizia perché direttamente fondata dal Principe Eridano (semidio fratello d’Osiride).
 © Yuri Ceschin

5- Chiesa di San Secondo, all’interno è presente una reliquia del santo oltre a numerose statue 42
ed iscrizioni interessanti.
© Yuri Ceschin

43 6- Piazza Solferino, la fontana angelica con le sue quattro statue rappresenta i quattro elementi e
l’apertura della porta verso l’infinito.
 © Yuri Ceschin

7- Piazza Caignano, proiezioni sul pavimento di figure simboliche. 44

© Yuri Ceschin

45 8- Via Po, una delle vie principali della città, è diventata luogo di rappresentazione per uno degli
artisti che periodicamente addobbano Torino con bellissime opere di luce.
 © Yuri Ceschin

9- Piazza Statuto, la statua in onere dei morti del Frejus è considerata da molti punto di massima concentrazione di
magia nera della città. Nella piazza, sorta su un’antica necropoli, era posizionato il patibolo di Torino e coincidenza
46
vuole che dall’aiuola centrale si acceda alla sala di comando dell’intero sistema di fogna nera della città.
© Yuri Ceschin

47 10- Portone del diavolo, via XX Settembre, la cui comparsa una mattina del 1675 alimentò la
credenza popolare che quell’opera fosse stata realizzata in una notte, con l’ausilio del diavolo.
Ora è sede della BnL.
NAUTILUS TRUTH PHOTOS: La novità del mese. Il nuovo spazio della piattaforma Nautilus che
raccoglierà tutte le foto dei nostri reportages, per scoprire tutti
48
i particolari del mondo che ci circonda.
NAUTILUS
MAGAZINE 3.0
Capitano: Maurizio Decollanz
Nostromo: Mattia Paolinelli
Vi ricordiamo le altre iniziative
della piattaforma Nautilus:
Il nostro gruppo su Facebook

Redazione:

Fabrizio De Donno Il nuovo

Nautilus Travel Magazine:
Fabio Storino lo spazio dedicato al piacere
Sabrina Pasqualetto della scoperta attraverso i viaggi.
Perché siamo tutti esploratori,
Ines Curzio qualunque sia il nostro sentiero..
Yuri Ceschin
Nautilus Tube:
Ideazione e realizzazione grafica il canale di Nautilus su
Youtube
a cura di: Mattia Paolinelli
ARRIVEDERCI AL PROSSIMO
NUMERO!

49