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Vademecum per la risoluzione

degli esercizi di Sistemi Elettronici LS


Beta version

Ing. Pazzo
con la collaborazione di Riccardo Crociani e Andrea Piolanti

7 febbraio 2010
2

Si consiglia di affiancare il materiale presente in questo riassunto agli appunti presi a lezione. Que-
sto perché (ovviamente!) non si vuole avere alcuna presunzione di esaustività, né di assoluta corret-
tezza: nonostante le revisioni fin’ora effettuate, potrebbero infatti essere ancora presenti molti errori e
imprecisioni.

2
Indice

1 Considerazioni a frequenza nulla (s = 0) 5


1.1 P-MOS ed N-MOS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 Calcolo di tensioni e correnti di polarizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2.1 Potenza dissipata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.3 Parametri di piccolo segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.3.1 Le capacità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3.2 Matrice ammettenza, matrice impedenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.4 Circuito ai piccoli segnali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.5 Calcolo di parametri notevoli: guadagno di corrente/tensione, resistenza d’uscita, resisten-
za d’ingresso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.5.1 Stadi elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.5.2 Cascode . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.5.3 Coppia differenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2 Considerazioni a s 6= 0 13
2.1 Effetti reattivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Funzione di trasferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.3 I nodi principali del circuito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.3.1 Poli e zeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.4 Diagrammi di Bode . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.5 Guadagno, frequenza a 3dB e frequenza di guadagno unitario . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.5.1 Metodo delle costanti di tempo e formula di Miller . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.5.2 Frequenza di guadagno unitario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.6 Stabilità e phase margin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.6.1 Polo non dominante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

3 Cose turche 17
3.1 CMR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2 Band narrowing e pole splitting . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2.1 Band narrowing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2.2 Pole splitting . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.3 Slew rate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

4 Accorgimenti generici 19

3
4 INDICE

4
Capitolo 1

Considerazioni a frequenza nulla (s = 0)

1.1 P-MOS ed N-MOS


. . . questi sconosciuti (figura 1.1). Non c’è molto da dire, basta semplicemente applicare le formule.

Figura 1.1: N-MOS e P-MOS con relative relazioni

1.2 Calcolo di tensioni e correnti di polarizzazione


In genere la prima o le prime domande del compito riguardano il calcolo di tensioni e correnti di
polarizzazione. Spesso si fornisce il valore di tensione di alcuni nodi importanti o, in alternativa, la
tensione d’ingresso Vi o quella d’uscita Vo .
Per rispondere a tale quesito spesso ci si appoggia sul calcolo della corrente mediante Vgs . Nella
stragrande maggioranza dei casi (per non dire nel 100% delle eventualità) tutti i transistor del circuito
lavorano in saturazione: ciò significa che vale la formula

β0n
ID = Sn (Vgs − VTn )2
2
oppure, per i p-mos:
β0p
ID = S p (Vsg + VT p )2
2
Questa formula è spesso un ottimo strumento per calcolare ID oppure S, a seconda di quale parametro ci
manchi. La Vgs , infatti, fissa la corrente in maniera precisa. Dopodiché si può ricorrere ad altri strumenti
(legge di Ohm, legge di Kirchhoff per le correnti, etc. . . ) per ricavare eventuali altre grandezze a noi
richieste.

5
6 CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0)

Si preme sottolineare che, mentre il legame fra la corrente e la Vgs è ’sicuro’, nulla possiamo dire
riguardo alla Vds . Spesso, nel calcolo delle quantità di polarizzazione, si evita di considerare il parametro
λ, cioè quello che si riferisce alla modulazione di canale. Esso è infatti generalmente dell’ordine di 10−2 :
questo significa che la variazione della corrente dovuta a tale parametro è dell’ordine dell’1 per cento1 .
La Vds potrebbe diventare importante solo nel caso in cui il transistor si rivelasse essere in regione lineare,
cosa che - come abbiamo detto poco sopra - non accade praticamente mai.
Se dunque viene richiesto il calcolo della tensione ad un certo nodo del circuito, oppure della corrente
in un determinato ramo, si faccia affidamento sugli appigli sicuri:

• altri nodi sicuramente determinati (ad esempio massa o VDD );

• le Vgs ;

• legge di Ohm;

• leggi di Kirchhoff;

• presenza generatori di tensione/corrente di polarizzazione indipendenti: i generatori impongono la


presenza di una determinata corrente in un ramo e possono essere utili per il calcolo dei fattori di
forma dei transistor;

• presenza di configurazioni a specchio (di corrente);

• transistor connessi a diodo: tali dispositivi sono sicuramente in saturazione e ci permettono di


raggiungere, mediante il calcolo della loro Vgs , nodi anche ’distanti’ rispetto ai nostri riferimenti2 .

Infine, si ricorda che per il calcolo delle quantità di polarizzazione è necessario cortocircuitare le indut-
tanze ed aprire le resistenze (componenti che diventano invece importanti nell’analisi in frequenza, vedi
capitolo 2).

1.2.1 Potenza dissipata


Per un generico circuito si ha che la potenza dissipata è pari a

PD = VDD IDD − VSS ISS

dove VDD è la tensione più alta e VSS la tensione più bassa del circuito (spesso è massa e dunque VSS = 0),
mentre IDD e ISS sono le correnti che rispettivamente fuoriescono ed entrano nei nodi riferiti a VDD e VSS .
Si presti attenzione che, se la VSS è negativa, si ha:

PD = VDD IDD + |VSS | ISS

Visto che VDD si conosce sempre, la specifica sulla potenza dissipata può essere utile per ricavare le
correnti che fluiscono nel dispositivo.

1.3 Parametri di piccolo segnale


I parametri di piccolo segnale sono:

• la (trans)conduttanza gm : è sempre presente ed è dovuta all’effetto transistore.


p
gm = 2ID β0n S

• la conduttanza gmb : è presente solo in caso di presenza di effetto Body.


γ
gmb = ηgm dove η= p
2 2φF + Vsb
1 Ed è precisamente dell’1% la Vds è di 1 V e λ = 0, 01 V−1 .
2 Grazie al fatto che hanno cortocircuitati il gate e il drain (ricordiamo che la Vds non sarebbe stata affidabile per determinare la
Vdrain ).

6
CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0) 7

• la conduttanza gd : è presente solo in caso di presenza di effetti di modulazione di canale.

gd = λID

Si noti che tutti questi parametri dipendono da ID : dunque sarà importante conoscere il valore della
corrente per poterli correttamente determinare.

1.3.1 Le capacità
Ogni dispositivo MOS porta con se in dote diversi contributi capacitivi:

• Cgs che si instaura fra gate e source. Essa è pari a:


overlap
– Cgs = Cgs0 W se il transistor è spento;
1 0 overlap
– 2 W LCox + Cgs se il transistor è acceso e in zona lineare;
2 0 overlap
– 3 W LCox + Cgs se il transistor è acceso e saturo.

• Cgd che si instaura fra gate e drain. Essa è pari a:


overlap
– Cgd = Cgd0 W se il transistor è acceso o saturo;
1 0 overlap
– 2 W LCox + Cgd se il transistor è acceso e in zona lineare.

• Cjdb che è la capacità di giunzione lato drain;

• Cjsb che è la capacità di giunzione lato source.

Fra queste capacità riveste in genere grande importanza la Cgd , visto che si interpone fra ingresso e uscita
e va modellata a parte mediante la regola di Miller (paragrafo 2.5.1).

1.3.2 Matrice ammettenza, matrice impedenza


Talvolta si chiede si ricavare, per il circuito, i coefficienti della matrice ammettenza o della matrice
impedenza: in tal caso basta ricordarsi dei seguenti sistemi
( (
i1 = Y11 v1 + Y12 v2 v1 = Z11 i1 + Z12 i2
i2 = Y21 v1 + Y22 v2 v2 = Z21 i1 + Z22 i2

ove si sostituiranno le quantità aventi pedice ’1’ con quelle d’ingresso e le quantità contraddistinte da
pedice ’2’ con quelle d’uscita. Per ricavare le equazioni dei sistemi soprascritti sarà necessario fare affi-
damento sullo schema ai piccoli segnali e sulle regole di base per l’analisi dei circuiti (leggi di Kirchhoff,
leggi di Ohm, etc. . . quindi niente di complicato).
Nel caso si stia facendo un analisi a frequenza nulla (s = 0) non sarà necessario introdurre gli effetti
reattivi (capacità e induttanze); in caso contrario bisognerà agire come illustrato in paragrafo 2.1.

1.4 Circuito ai piccoli segnali


Il circuito a piccoli segnali (detto anche ’alle piccole variazioni’) è richiesto nella stragrande maggio-
ranza dei casi: esso è infatti utile per il calcolo della resistenza d’uscita, della resistenza d’ingresso, della
transconduttanza, del guadagno, etc. . . Il circuito ai piccoli segnali, come suggerisce il nome, riporta tutte
le piccole variazioni in corrente e in tensione all’interno del nostro schema. Non andranno quindi ripor-
tate le quantità di polarizzazione nonché quelle dovute a generatori indipendenti. Le tensioni fisse (VDD ,
ad esempio) andranno poste a massa, mentre le correnti costanti dovranno essere omesse. Vanno invece
sempre riportate:

• la corrente io (per convenzione entrante dal nodo d’uscita del circuito) e la tensione vo (sempre sul
nodo d’uscita);

7
8 CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0)

• la tensione d’ingresso vi ed, eventualmente, la corrente ii (questa però non va sempre riportata: se
l’ingresso è sul gate, infatti, tale nodo sarà flottante e non potrà scorrervi corrente3 ;

• le resistenze che vengono riportate ai grandi segnali.

Per ogni transistor (indifferentemente dal tipo) va incluso:

• un generatore comandato di tensione − gmb vs che inietta corrente (attenzione: è negativa) dal drain
al source, ma solo nei casi in cui vi sia effetto Body (source non a tensione costante e γ 6= 0). Se nelle
ipotesi si dice di trascurare l’effetto Body (γ = 0), questi generatori non andranno riportati;

• un generatore comandato di tensione gm v gs che inietta corrente dal drain al source;

• una resistenza rd (o conduttanza gd ), da includere solo se λ 6= 0, cioè se non si dice di trascurare


l’effetto di modulazione di canale.

Altri accorgimenti:

• un transistor connesso a diodo può essere schematizzato, ai piccoli segnali, come una semplice
conduttanza GD ;

• sui talvolta presenti rami di polarizzazione, quelli che per intenderci contengono tutti quei bellissimi
transistor connessi a diodo (e che costituiscono la metà ’connessa a VDD ’ della configurazione a
specchio utile a convogliare le correnti volute sui vari rami del circuito), generalmente non scorre
corrente ai piccoli segnali;

• induttanze e capacità vanno riportate solo se stiamo facendo un’analisi in frequenza;

• in genere, per ogni transistor, conviene disegnare due lunghe linee parallele rappresentanti il source
e il drain: fra questi due riferimenti, la cui tensione dev’essere ben individuata, andremo a porre in
parallelo (se presenti) gli elementi descritti nell’elenco precedente questo. Così è davvero impossibile
sbagliarsi!

1.5 Calcolo di parametri notevoli: guadagno di corrente/tensione, re-


sistenza d’uscita, resistenza d’ingresso
Bisognerà calcolare:

• la resistenza d’uscita Ro ponendo vi = 0;

• il guadagno di tensione Av ponendo io = 0;

• il guadagno di corrente Ai ponendo vo = 0;

• resistenza d’ingresso Ri ponendo io = 0.

Il calcolo della resistenza d’uscita Ro è uno dei momenti più delicati perché da esso dipende la buona
riuscita dell’esercizio. Dalla resistenza d’uscita derivano infatti importanti quantità come, ad esempio, il
guadagno di tensione:
A v = gm R o

Tale parametro può essere ricavato facendo riferimento allo schema ai piccoli segnali, ma a volte tutto ciò
si rivela macchinoso. Spesso risulta più semplice applicare le formule relative agli stadi elementari (source
comune, drain comune, gate comune), visto che è grazie alla combinazione di queste configurazioni che si
progettano gli amplificatori multi-stadio più complessi.
3 Consideriamo il gate come perfettamente isolante, senza effetti di leakage.

8
CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0) 9

1.5.1 Stadi elementari


In figura 1.2 vediamo il guadagno di corrente e di tensione nonché le resistenze d’ingresso e d’uscita
per i principali stadi elementari. Qualche semplice osservazione:
• la configurazione a source comune (e la conseguente source comune doppio carico) sono invertenti4
ed hanno un grande guadagno;
• la configurazione a drain comune guadagna poco, ma ha una bassa resistenza d’uscita e dunque
fornisce ottimamente corrente al carico. Ciò la rende particolarmente appetibile come stadio d’uscita;
• se l’ingresso è sul gate, la Ri è infinita;
• ricordiamo che GT = gm + gmb + gr ;
• le resistenze indicate con R D o RS rappresentano ciò che si vede rispettivamente ai nodi di drain
e source. In base alla struttura del circuito andremmo a sostituire a tali parametri le resistenze che
effettivamente vediamo presso tali nodi: potrebbe non esservi nulla, oppure potremmo trovare le
resistenze d’ingresso/d’uscita di un altro stadio elementare. In quest’ultimo caso è importante non
considerare due volte tale apporto nel calcolo complessivo del guadagno. Ad esempio: immaginia-
mo di spezzare il guadagno in due contributi, il primo corrispondente alla configurazione elementare
A (d’uscita) e il secondo corrispondente alla configurazione elementare B (d’ingresso).
vo v x
Av = AvA AvB =
v x vi
Possiamo allora iniziare ricavando il guadagno AvA : supponiamo sia quello di un source comune e
dunque pari a
gm
AvA = −
gd + GD
Il parametro GD corrisponde all’inverso della resistenza che vediamo al drain dello stadio A: se per
qualche ragione tale nodo corrispondesse all’uscita (cioè al source) di un drain comune (lo stadio
d’amplificazione che abbiamo chiamato ’B’), dovremo appunto sostituire GD con la conduttanza
d’uscita dello stadio drain comune. Quando però andremo a scrivere il valore di AvB
gm
AvB =
GT + GS
non sarà necessario riportare il valore di GS , trattandosi della conduttanza vista al source dello stadio
d’amplificazione B, contributo che però abbiamo già considerato visto che, per il nostro calcolo,
siamo proprio partiti da quel nodo, cioè dalla configurazione a source comune (A). Sarà quindi
sufficiente scrivere:
gm
AvB =
GT
Tale discorso rimane valido anche effettuando il percorso opposto: potevamo partire dal calcolo del
guadagno AvB e scrivere per intero la relativa GS , per poi non considerarla nel calcolo di AvA , ove
compare una GD che abbiamo tuttavia e in tal modo già messo in conto.

1.5.2 Cascode
Il cascode è una configurazione che compare talmente spesso da meritare un capitolo a parte. Si
costruisce impilando un source comune con un gate comune ed è contraddistinta da un’alta resistenza
d’uscita (riportata in figura 1.3). Fatte le ipotesi di avere un unico transistore al di sotto del gate
comune e di considerare gmb  gm , rd1 = rd2 si ha:

Ro ≈ − gm rd2

Se i transistori impilati fossero tre avremmo, sotto le stesse ipotesi


2 3
R o ≈ − gm rd
4 Abbiamo cioè Av < 0

9
10 CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0)

Figura 1.2: Parametri fondamentali per gli stadi elementari

Figura 1.3: Cascode

a spese di un effetto Body più grave e di un peggioramento dello swing. Quanto detto fin’ora ci
fa capire come mai la parola ’cascode’ sia la risposta obbligata a domande del tipo: ’Tramite quale
schema posso migliorare la resistenza d’uscita del mio circuito?’.

1.5.3 Coppia differenziale

La coppia differenziale è un ulteriore importante stadio elementare: è dotato di due ingressi e


due uscite e la sua ragion d’essere sta nel fatto che, lavorando con la differenza di due segnali e
supponendo che essi siano contraddistinti da un disturbo ’simile’, si ha una discreta riduzione del
rumore in uscita.
v 1 + e1 − v 2 − e2 = v 1 − v 2 + ( e1 − e2 )

Fatta l’ipotesi che M1 e M2 siano accesi e saturi, che vi sia perfetta simmetria, che siano trascurabili
l’effetto Body e quello di modulazione di canale, Ibias si dipartisce in maniera uguale fra i rami: è
questo il caso in cui, se facciamo l’ipotesi di applicare un ingresso puramente differenziale al circuito,

10
CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0) 11

Figura 1.4: Coppia differenziale

è possibile mettere a massa il nodo X nel circuito ai piccoli segnali. Considerando invece un ingresso
di modo comune, ciò non è più possibile da farsi, almeno in linea generale.
Per la coppia differenziale sono definiti quattro tipi di guadagno:
v
Adm = od

 con vic = 0 → dev’essere grande


 vid
v


od
con vid = 0 → dev’essere piccolo

 Acm = v
( 
vod = Adm vid + Acm−dm vic

ic
⇒ voc
voc = Adm−cm vid + Acm vic 
 Adm−cm = con vic = 0 → dev’essere piccolissimo
vid





 voc
 Acm−dm = con vid = 0 → dev’essere piccolo

vid

Si definisce inoltre il CMRR (Common Mode Rejection Ratio) nel seguente modo:

Adm
CMRR =
Acm

Nelle nostre intenzioni, il CMRR dev’essere il più grande possibile.


Infine ricordiamo che, se il circuito è perfettamente simmetrico, si ha Acm−dm = 0: basta però una
piccola ∆R per far lievitare tale guadagno.

Semicircuito (half-circuit)

Fatta l’ipotesi di applicare un ingresso di modo comune alla nostra coppia, è possibile sfruttare il
cosiddetto semicircuito, il quale altro non è se non un source comune doppio carico avente come RS
la Rbias , come R D una resistenza pari a metà di quella presente su entrambi i rami della coppia
originaria, e infine - in mezzo fra queste due resistenze - un unico transistor avente S doppia rispetto
a quella dei MOS della coppia originaria (e aventi sul gate il segnale in ingresso).

11
12 CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0)

12
Capitolo 2

Considerazioni a s 6= 0

2.1 Effetti reattivi


Quando s non è più inchiodata a zero per ipotesi, le capacità e le induttanze iniziano a scocciare. Gli
induttori non si vedono praticamente mai nei compiti d’esame, mentre le capacità sono molte visto
che dobbiamo considerare sia quelle presenti nello schema che quelle parassite dei transistori (vedi
paragrafo 1.3.1). Salvo indicato diversamente, ogni MOS è infatti responsabile dell’introduzione di
ben 4 capacità.
Nel circuito ai piccoli segnali le capacità vanno riportate: in genere è l’esercizio stesso che consiglia
di raggruppare tutti gli effetti reattivi presenti ad uno stesso nodo e di inglobarli, per semplicità, in
una unica capacità. Ai fini dell’utilizzo della leggi fondamentali dell’analisi dei circuiti, si ricordi
1
che a una capacità C corrisponde una conduttanza sC e un’impedenza sC .

2.2 Funzione di trasferimento


La generica funzione di trasferimento, legante l’uscita con l’ingresso, può essere espressa come di
seguito:
H0 H00
H (s) =   =
1 + a1 s + a2 s2 + . . . + a n s n
  
1 − ps 1 − ps2 . . . 1 − psn
1

Nel caso di n = 3 i coefficienti a si possono trovare molto comodamente:


1 1 1 1
a1 = + + ≈
p1 p2 p3 p1
1 1 1 a
a2 = + + ≈ 1
p1 p3 p1 p2 p2 p3 p2
1 a
a3 = ≈ 2
p1 p2 p3 p3

Si noti che le quantità p hanno dimensione di pulsazione ([rad/s]).


Nel caso di n = 2 abbiamo, per il denominatore della funzione di trasferimento:

s s2
D (s) ∼
= 1− + , | p2 |  | p1 |
p1 p1 p2

2.3 I nodi principali del circuito


Altro quesito frequente è quello che impone di ricercare i nodi principali del circuito per potervi
poi associare una resistenza e una capacità complessiva che tenga conto di tutti gli effetti reattivi

13
14 CAPITOLO 2. CONSIDERAZIONI A S 6= 0

ivi riscontrabili. In genere risolvere questo punto non è mai fatica sprecata, perché può facilitare
di molto la formulazione del metodo delle costanti di tempo (vedi 2.5.1). Comunque sia possiamo
affermare che:

– in genere il ramo di sola polarizzazione, quello cioè in cui sono presenti i MOS connessi a diodo
che servono a formare gli specchi di corrente, non contiene questi famigerati nodi importanti;
– il nodo d’uscita del circuito è sicuramente un nodo importante e ad alta impedenza: se così
non fosse, l’amplificatore dato in consegna sarebbe inutile perché avrebbe un pessimo guadagno
(Av ≈ gm Ro !!);
– nove volte su dieci l’ingresso è su un gate. Un nodo così è sicuramente poco interessante e non
andrà considerato;
– per trovare gli altri nodi notevoli bisogna scorrere tutti gli stadi elementari intermedi: dall’uscita
all’ingresso saranno sicuramente presenti almeno un gate/source/drain comune. In tal caso,
dunque, tutti1 i nodi di ingresso/uscita di tali stadi saranno importanti.

2.3.1 Poli e zeri


Come possiamo trovare i poli associati a ciascuno di questi nodi importanti? Semplice: è sufficiente
ricavare i termini resistivi Ri e capacitivi Ci da associare a ciascun nodo i e poi calcolare

1
ω p,i =
Ri Ci
Di ciò si parlerà più diffusamente nel paragrafo 2.5.1.
In generale, per trovare poli e zeri si deve ricavare la funzione di trasferimento H (s). A tal proposito
si può fare affidamento sul’espressione del guadagno:

Vo (s)
Av (s) =
Vi (s)

2.4 Diagrammi di Bode


I diagrammi di Bode sono due: quello delle ampiezze e quello delle fasi. Per poterli correttamente
disegnare bisogna anzitutto conoscere le pulsazioni di zeri e poli, nonché i loro segni. Generalmente
nei compiti non viene richiesto di disegnare tali diagrammi in maniera quantitativa cosicché omet-
teremo il procedimento per il calcolo preciso dell’andamento delle fasi. Ci limiteremo a considerare
l’andamento asintotico e a dire che:

– in ampiezza uno zero fornisce un contributo di +20 dB/decade, mentre un polo si manifesta
con una variazione di -20 dB/decade;
– nelle fasi uno zero positivo/negativo fornisce un contributo di -/+ 90◦ , mentre con un polo
positivo/negativo si ha un contributo di +/- 90◦ . Il punto intermedio (±45◦ ) di questo calo o di
questa crescita di fase corrisponde alla pulsazione dello zero o del polo in questione. Comunque
sia, come dicevamo, il grafico delle fasi va tratteggiato in maniera molto qualitativa.

2.5 Guadagno, frequenza a 3dB e frequenza di guadagno unitario

2.5.1 Metodo delle costanti di tempo e formula di Miller


Il metodo delle costanti di tempo serve a ricavare un’approssimazione per la frequenza di taglio,
ovvero quella del polo dominante. Risulta quindi anche un’utile metodologia per ricavare la banda
di un determinato sistema d’amplificazione.
1O quasi tutti: vedi i due punti precedenti.

14
CAPITOLO 2. CONSIDERAZIONI A S 6= 0 15

Per metterlo in pratica occorre innanzitutto individuare i nodi ad alta impedenza del circuito: fra
questi sarà sicuramente presente il nodo d’uscita e inoltre bisognerà considerare tutti i nodi presenti
fra ingresso e uscita e appartenenti agli stadi elementari intermedi.
Per ogni nodo si devono individuare tutti gli elementi capacitivi, sia quelli parassiti (Cgs , Cjsb , Cjdb ,
etc. . . ) che quelli presenti nello schema (ad esempio la CL ). Particolare attenzione va fatta nel caso in
cui compaiano delle capacità direttamente collegate fra ingresso e uscita di uno stesso stadio. Queste
capacità, infatti, vanno spezzate mediante la formula di Miller; consideriamo ad esempio la capacità
Cgd presente fra ingresso (nodo X) e uscita (nodo Y) di uno stadio a source comune. Tale capacità
andrà suddivisa in due termini:

– una capacità C 0 = Cgd (1 + | Av |) presso il nodo X e verso massa;

– una capacità C 00 = Cgd (1 + 1


| Av |
) presso il nodo Y e verso massa.

In questo modo abbiamo rimosso la capacità che si trova lungo il percorso del segnale e l’abbiamo
spezzata in due contributi più facilmente manipolabili. Nelle formule soprastanti | Av | è il guadagno
dello stadio a cavallo del quale era presente la Cgd (cioè del source comune).
Dopodiché, sempre per ogni nodo, bisognerà ricavare la resistenza associata: per calcolarla bisogna
immaginare di porsi esattamente su quel nodo e di ’guardare al suo interno’. In genere vedremo:

– la resistenza d’uscita dello stadio amplificatore cui siamo collegati (si tenga presente che spesso
in tale espressione saranno incluse le gd (rd ) associate ai MOS che hanno il drain collegato a quel
nodo);
– le resistenze già presenti nello schema ai grandi segnali (R L , R D , RS , etc. . . ).

Una volta trovate le capacità e le resistenze, bisognerà calcolare le costanti di tempo, che sono pari a:

τi = Ri Ci

Infine, queste costanti di tempo vanno sommate e la frequenza f 3dB potrà essere calcolata così:

1 1
f 3dB =
2π ∑ Ri Ci
i

Attenzione!
La frequenza così calcolata non coincide con la frequenza del primo polo del circuito, bensì con
la frequenza a 3dB che consideriamo prendendo per buona l’approssimazione a polo dominante. La
frequenza di p1 e la frequenza a 3dB coincidono analiticamente soltanto nei sistemi aventi un unico
polo.

2.5.2 Frequenza di guadagno unitario

La frequenza di guadagno unitario f u è, come suggerisce il nome, la frequenza per la quale

Av (s) = 1

Esiste un comodo legame fra la f u e la f 3dB , ma necessita della conoscenza del guadagno a frequenza
nulla Av :
f u = f 3dB Av

In alternativa, se si conosce il margine di fase e la pulsazione del polo non dominante:

ωnd
ωu =
tan PM

15
16 CAPITOLO 2. CONSIDERAZIONI A S 6= 0

2.6 Stabilità e phase margin


Il parametro di cui bisogna tenere conto per formulare considerazioni sulla stabilità è il phase margin
(PM): esso è definito nel seguente modo

PM = Pulsazione a guadagno unitario + 180◦

Il suo valore ci dice quanto può essere valida l’approssimazione a polo dominante per il nostro
circuito. Nel caso super-ideale si ha PM ≈ 90◦ : ciò implica che il secondo polo è così lontano da
non influire minimamente sul diagramma delle fasi. Tanto più il phase margin è vicino a 0◦ e tanto
peggiore sarà invece la bontà di tale approssimazione, perché significherà che il polo non dominante
è così vicino da far sentire il suo effetto sulle fasi. Questo vorrebbe altresì dire che il dispositivo è
molto più simile ad un sistema di secondo grado (oscillante) piuttosto che a un bel sistema di primo
grado. Nella pratica si tollera un PM ≥ 75◦ .

2.6.1 Polo non dominante


A volte conoscere il margine di fase può risultare molto utile per ottenere la pulsazione del polo non
dominante: si ha infatti che
ωnd
ωu =
tan PM
da cui:
ωnd = ωu tan PM

16
Capitolo 3

Cose turche

3.1 CMR

Il CMR (o Common Mode Range) è l’intervallo di valori che può avere la tensione di modo comune
nella coppia differenziale. Per calcolarlo bisogna in genere fissare due condizioni: una per il limite
superiore e una per il limite inferiore. Entrambe si ottengono imponendo la saturazione per due
particolari transistori:

– il primo transistore è quello appartenente alla configurazione ’a specchio’ (p-MOS o n-MOS)


che quasi sicuramente polarizza la coppia differenziale;
– il secondo transistore è uno dei due MOS che formano la coppia e, precisamente, quello che
non si trova dal lato dell’uscita (la coppia con carico polarizzato ha l’uscita solo da un lato, a
differenza della coppia differenziale ’classica’ che ha due ingressi e due uscite).

Entrambi questi transistor devono essere saturi per un corretto funzionamento della coppia differen-
ziale. Se i calcoli verranno eseguiti correttamente, dovremmo ottenere una condizione per il limite
inferiore e una per il limite superiore: a quel punto basterà cercare l’intersezione di questi valori per
ottenere il CMR.

3.2 Band narrowing e pole splitting

Queste due tecniche sono adottate per far sì che l’approssimazione a polo dominante, così prezio-
sa, abbia un poco di senso: solo negli amplificatori a singolo stadio, infatti, questa condizione è
realistica. Con più stadi, invece, dobbiamo sudarcela.

3.2.1 Band narrowing

Trattasi di una metodologia molto semplice, che assicura un margine di fase eccellente e una grande
stabilità. Per contro, effettuare il band narrowing ci priva di una bella dose di banda, come suggerisce
d’altronde il nome.
Mettere in pratica questo metodo significa far sì che, mediante un effetto reattivo in uscita1 , il dia-
gramma di Bode delle ampiezze si sposti verso sinistra cosicché la pulsazione di guadagno unitario
sia inferiore a quella dei poli non dominanti.
1 Il nodo d’uscita dev’essere quello a più alta impedenza se vogliamo guadagnare molto: questo significa che è anche quello

responsabile del polo dominante. Per spostare quest’ultimo verso valori bassi è necessario ’pompare’ l’effetto reattivo associato al
nodo di OUT: dunque il band narrowing può essere realizzato aggiungendo una capacità in uscita

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18 CAPITOLO 3. COSE TURCHE

3.2.2 Pole splitting


Questo metodo consiste nell’introduzione di una capacità fra ingresso e uscita di un elemento di
guadagno, come può essere ad esempio uno stadio amplificatore (il source comune è gettonatissimo).
Così facendo allontaniamo fra loro i poli associati al nodo d’uscita e a quello d’ingresso dello stadio
d’uscita. Dobbiamo tuttavia stare attenti perché l’introduzione di una capacità lungo il percorso
del segnale, come sappiamo, è responsabile dell’introduzione di uno zero: questo zero ha tuttavia
segno positivo e non ci aggrada, visto che nelle fasi si comporta come un polo. Per questo motivo
si preferisce introdurre, in luogo della semplice capacità C, la serie fra C e una resistenza R: in
questo modo rendiamo indipendente tale contributo capacitivo (abbiamo rotto la maglia in cui si
trovava), spostiamo il polo non dominante molto a destra nel diagramma di Bode e possiamo infine
regolare il valore dello zero agendo direttamente su R. Volendo fare gli sburòni, possiamo addirittura
scegliere R affinché cancelli uno dei nostri poli! Così facendo la banda si allargherebbe a dismisura
e noi faremmo $oldi a palate: tuttavia nella pratica è impossibile realizzare perfettamente questa
condizione, visto che non si è così abili nel controllare il valore di poli e zeri.
Attenzione: perché l’effetto Miller, sul quale si basa questa tecnica, funzioni, è necessario che lo
stadio a cavallo del quale inseriamo la capacità C sia invertente.

3.3 Slew rate


La velocità di risposta, o slew rate (SR), è una grandezza che indica la velocità di risposta di un di-
spositivo o circuito elettronico sollecitato da un ingresso molto intenso o molto rapido. Eccitazioni
del genere darebbero idealmente luogo a segnali di uscita che variano troppo rapidamente per poter
essere effettivamente riprodotti: infatti, qualunque apparato fisico è in grado di erogare esclusiva-
mente correnti finite, e non può quindi far altro che limitarsi a generare variazioni di tensione che
non eccedono una determinata quantità, che è appunto la velocità di risposta. Essa si esprime in volt
su microsecondo ed è quantificabile nel seguente modo:
 
dvout (t)
SR = max
dt

Nel caso di segale sinusoidale


v(t) = A sin(2π f 0 t)
abbiamo:  
dv(t)
SR = max = 2π f 0 A max {cos(2π f 0 t)}
dt
Dunque si ricava semplicemente:
SR = 2π f 0 A

18
Capitolo 4

Accorgimenti generici

In questo capitolo riporteremo qualche accorgimento sempre valido: al buon lettore potranno sem-
brare consigli ovvi ma, in tal caso, meglio così.
– Sarebbe abbastanza stupido sbagliare un intero esercizio perché si copiano male i dati del testo.
Cosa costa rileggere i dati una volta in più? Potremmo non esserci accorti che bisogna trascurare
l’effetto Body, che abbiamo confuso dei ’femto’ con dei ’pico’, che la VDD è 3,3 V piuttosto che 3
V, etc. . .
– Attenzione ai p-mos! Spesso compaiono e bisogna dare loro la stessa dignità degli n-mos. In
particolare, quando si copia lo schematico del disegno, si faccia attenzione e si disegnino i
transistor nella loro versione corretta.
– Si presti attenzione all’effetto Body! Bisogna sempre chiedersi se un MOS soffre o meno di
questo effetto di non idealità: in tal caso, infatti, sarà necessario ricalcolare il valore della soglia
perché da essa dipende il valore della corrente che scorre su quel transistore e quindi mille altre
cose. p p
VTn = VTn0 + γn ( 2φF + VSB − 2φF )
– Si diceva qualche pagina fa che i transistori saranno quasi sicuramente in saturazione. Que-
sto potrebbe non essere sempre vero, quindi - visto che controllare è proprio un attimo - non
è male spendere qualche secondo in più per vedere se Vds > Vds sat . A volte questa verifica è

esplicitamente richiesta, mentre è obbligatoria se per qualche motivo dovesse essere necessario
risolvere un’equazione di secondo grado avente come incognita Vd , Vds o Vgs : se essa è risol-
vibile ed è caratterizzata da ∆ 6= 0, vi saranno due soluzioni ma non necessariamente saranno
entrambe accettabili. In tal caso la condizione sulla saturazione del MOS coinvolto nel calcolo
può sciogliere l’ambiguità.
– In figura 4.1 vengono riassunti i legami principali fra le grandezze in gioco. Tale schema non
vuole essere eccessivamente esaustivo (mancano le grandezze relative ai componenti reattivi
nonché tutto ciò che riguarda le capacità parassite dei MOS), tuttavia ha il pregio di coagulare
in poco spazio le dipendenze matematiche che compaiono in circa 2/3 delle domande di ogni
compito.
– Spesso una domandina viene riservata alla progettazione del circuito di polarizzazione. Altre
volte si chiede l’utilità di alcune parti del circuito dato in consegna. Per non risultare imprepa-
rati a queste domande, occorre conoscere a grandi linee alcuni schemi ’notevoli’, che riportiamo
in figura 4.2: nel leggere e interpretare le immagini si tenga conto del fatto che a colore uguale
corrisponde un componente avente analoga funzione. Molto brevemente:
∗ specchio di corrente: serve a specchiare una corrente da un ramo del circuito ad un altro;
∗ specchio di corrente cascode: come lo specchio di corrente, ma ha una resistenza d’uscita
molto più grande. Per contro si subisce un errore nel rapporto di specchiatura, dovuto alla
diversità delle Vds nei rami, e un peggioramento dello swing;
∗ amplificatore cascode: amplificatore dotato di grande resistenza d’uscita. Soffre di effetto
Body;

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20 CAPITOLO 4. ACCORGIMENTI GENERICI

Figura 4.1: Legami fra le grandezze

∗ amplificatore folded cascode: configurazione ’ripiegata’ che integra, ai pregi del cascode
semplice, una più facile polarizzazione;
∗ coppia differenziale: l’uscita dipende dalla differenza degli ingressi;
∗ coppia differenziale autopolarizzata: uno specchio di corrente realizza le resistenze R D ;
∗ coppia differenziale con folded cascode: schema complesso di amplificazione che unisce i
pregi del folded cascode alla necessità di un’alta resistenza d’uscita e di una facile polarizza-
zione.
– I guadagni espressi in dB vengono ricavati nel seguente modo:
Av [dB]
20 log10 Av = Av [dB] ⇒ Av = 10 20

20
CAPITOLO 4. ACCORGIMENTI GENERICI 21

Figura 4.2: Alcuni schemi notevoli

21
22 CAPITOLO 4. ACCORGIMENTI GENERICI

22
Elenco delle figure

1.1 N-MOS e P-MOS con relative relazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5


1.2 Parametri fondamentali per gli stadi elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.3 Cascode . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.4 Coppia differenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

4.1 Legami fra le grandezze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20


4.2 Alcuni schemi notevoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

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