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Universit degli Studi G.

dAnnunzio Chieti - Pescara


Facolt di Scienze Manageriali
Corso di Laurea Specialistica 64/S in
Management e Sviluppo socioeconomico

LABORATORIO DI
BUSINESS PLAN

A cura di
Emanuela dArielli

Anno Accademico
2006 2007

Laboratorio di Business Plan


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INDICE

1. INTRODUZIONE AL BUSINESS PLAN ..........................................................................4


2. LE FINALIT DEL BUSINESS PLAN ..............................................................................5
2.1. Il Business Plan come ausilio per la creazione dimpresa ........................................6
2.2. IL Business Plan per richiedere finanziamenti bancari .............................................7
2.3. IL Business Plan ai fini della richiesta di sovvenzioni pubbliche.............................12
3. LA STRUTTURA DEL BUSINESS PLAN ......................................................................14
3.1. La presentazione sintetica ......................................................................................19
3.2. Il cronoprogramma delle attivit..............................................................................19
4. LANALISI DI MERCATO...............................................................................................21
4.1. Lanalisi macroeconomica ......................................................................................23
4.2. Lanalisi del settore di riferimento ...........................................................................25
4.3. Lanalisi della concorrenza .....................................................................................28
4.4. Lanalisi della domanda ..........................................................................................30
4.4.1. La segmentazione del mercato........................................................................31
4.4.2. Il processo dacquisto ......................................................................................34
4.4.3. Le strategie di segmentazione .........................................................................35
5. LANALISI DELLIMPRESA E LE STRATEGIE DI POSIZIONAMENTO.......................36
6. LANALISI S.W.O.T. ......................................................................................................42
7. IL PIANO DI MARKETING.............................................................................................47
7.1. Il processo di determinazione del prezzo ...............................................................47
7.2. Il Break Even Point .................................................................................................48
8. I PIANI OPERATIVI .......................................................................................................51
8.1. Il Piano Delle Vendite .............................................................................................51
8.2. Il Piano Tecnico Produttivo .....................................................................................53
8.3. Il Piano Degli Investimenti ......................................................................................55
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8.4. Il Piano Della Struttura............................................................................................57


8.5. Il Piano Del Personale ............................................................................................58
8.6. Le tabelle di riepilogo correlate ai piani operativi ....................................................58
8.7. Le variabili correlate ai piani operativi.....................................................................59
9. IL PIANO DI FINANZIAMENTO.....................................................................................60
10. IL BUDGET DI CASSA ................................................................................................62
11. IL CONTO ECONOMICO E LO STATO PATRIMONIALE PREVISIONALI ................64
11.1. Lanalisi di sensitivit ............................................................................................69
12. LA VALUTAZIONE DELLA FATTIBILT ECONOMICA E FINANZIARIA ...................69
12.1. Analisi della composizione delle fonti e degli impieghi .........................................71
12.2. Analisi della correlazione tra le fonti e gli impieghi ...............................................74
12.3. Analisi della redditivit ..........................................................................................76
13. LA VALUTAZIONE E LA GESTIONE DEI RISCHI......................................................79
Bibliografia .........................................................................................................................81

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1. INTRODUZIONE AL BUSINESS PLAN


Il Business Plan o piano dimpresa rappresenta lo strumento essenziale per presentare
e strutturare in maniera organica, unitaria ed efficace un qualsiasi progetto dinvestimento,
nonch per analizzarne le informazioni chiave e valutarne la fattibilit in termini sia
finanziari che economici.
Il Business Plan si concretizza, dunque, in un documento complesso in cui vengono
dapprima esposti ed opportunamente elaborati tutti i dati concernenti il progetto
dinvestimento e successivamente effettuate proiezioni e stime pluriennali sui risultati della
sua implementazione.
Il Business Plan pu, quindi, essere idealmente suddiviso in due differenti sezioni, una
prima di natura strettamente qualitativa ed una seconda prettamente numerica, bench
corredata e supportata da descrizioni, commenti e valutazioni.
In definitiva, dopo aver effettuato una prima verifica informale (c.d. analisi di prefattibilit) sul progetto ed averne, conseguentemente, definito in maniera chiara, puntuale,
coerente e realmente spendibile sul mercato loggetto e le caratteristiche principali, si
procede alla redazione del Business Plan seguendo cronologicamente tre fasi:
FASE 1 ANALISI STARTEGICA;
FASE 2 ANALISI ECONOMICO-FINANZIARIA;
FASE 3 VALUTAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA & RISK MANAGEMENT
Chiaramente, essendo il piano dimpresa un documento unitario, ogni sua componente
imprescindibile, fondandosi la terza fase, espressione massima della finalit di
valutazione del Business Plan, sui dati emergenti dalla pianificazione economicofinanziaria, le cui stime e previsioni si basano, a loro volta, sulle risultanze dellanalisi di
mercato e degli indirizzi strategici.

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2. LE FINALIT DEL BUSINESS PLAN


Le finalit del Business Plan sono molteplici e diverse a seconda delloggetto della
valutazione, del soggetto promotore e dei terzi coinvolti.
Oggetto della valutazione pu essere la creazione di una nuova impresa (non solo ex
novo ma anche, ad esempio per scorporamento - c.d. spin off o per riconversione
produttiva) oppure lattuazione di nuovi investimenti da parte di imprese esistenti.
Promotore del progetto pu essere un unico soggetto, persona fisica o giuridica,
oppure una collettivit accomunata dal medesimo interesse e volta al perseguimento dello
stesso fine.
Infine, terze parti possono essere interessate alla lettura del piano dimpresa in quanto
coinvolte a diverso titolo nel progetto dinvestimento. A tal riguardo, comunemente si
ricordano: gli Enti e gli organismi demandati ad erogare contributi pubblici a favore
dellimprenditorialit; le aziende di credito e gli istituti finanziari; le potenziali controparti di
accordi commerciali e di iniziative dinvestimento.

FIG. 1 Le finalit del Business Plan

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2.1. IL BUSINESS PLAN COME AUSILIO PER LA CREAZIONE DIMPRESA


Il Business Plan assurge a strumento fondamentale sia per testare la validit di un
qualsiasi progetto imprenditoriale rispetto allidea di business ed alla coerenza di tutte le
sue componenti, sia per indirizzare in maniera corretta ed efficiente le procedure di avvio
dimpresa.
Considerando, infatti, che i primi tre anni di vita dellimpresa (c.d. fase di start-up), sono
i pi incerti e difficili da superare e che le cause di cessazione dellattivit durante tale
periodo sono imputabili, prevalentemente, ad uninsufficiente o errata attivit di tutoraggio
e pianificazione operativa, si comprende come, analizzando attentamente tutti gli aspetti
salienti delliniziativa, presidiando i rischi ed applicando tutti i necessari meccanismi di
aggiustamento, si possa incrementare sensibilmente la probabilit di sopravvivenza e di
successo dellimpresa stessa.
In particolare, attraverso il piano dimpresa si perviene:

alla conoscenza approfondita del settore nel quale si inserisce lazienda;

alla definizione puntuale delle strategie, dei piani di azione e dei tempi di
attuazione;

alla previsione delle difficolt che lazienda si trover ad affrontare nel corso del
suo sviluppo;

alla stima della capacit reddituale dellimpresa nel medio periodo, nonch alla
verifica della coerenza con le aspettative dellimprenditore o dei soci;

alla possibilit di monitoraggio in itinere e di analisi degli eventuali scostamenti dei


dati a consuntivo rispetto a quelli previsionali.

Lattivit di pianificazione, inoltre, implica la valutazione della congruenza fra le


esigenze di progetto e le decisioni chiave per lavvio dellimpresa gi in parte
predeterminate dai promotori delliniziativa imprenditoriale, ovvero:

la forma giuridica1 (legata sia ai mezzi propri disponibili che alla dimensione
aziendale);

Tra le diverse forme giuridiche di impresa si annoverano:


1) La ditta individuale, i cui aspetti pi interessanti riguardano la snellezza delle formalit da
espletare in fase di avvio e la confluenza del potere decisionale e delle responsabilit in un
unico soggetto, limprenditore. Tuttavia, in caso di fallimento limprenditore risponde
illimitatamente per le obbligazioni sociali, anche con il suo patrimonio personale. Una forma
particolare di Ditta Individuale rappresentata dallimpresa familiare, in cui limprenditore
coadiuvato nello svolgimento dellattivit dimpresa dai familiari entro il terzo grado e dagli affini
entro il secondo. Il vantaggio pi rilevante di questa forma dimpresa riguarda la possibilit di
ripartire il reddito dimpresa tra le persone coinvolte nellattivit (allimprenditore ne spetta,
comunque, almeno il 51%) e di beneficiare del conseguente minor carico fiscale unitario. A
1

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la dimensione ottimale della struttura produttiva (correlata allanalisi della domanda


potenziale e, dunque, alla stima delle vendite, nonch a vincoli concernenti il
dimensionamento minimo ed a valutazioni sulla possibilit di generare economie di
scala o di scopo nel medio periodo);

la localizzazione della o delle sedi operative dellimpresa;

i mezzi propri disponibili per limplementazione del progetto;

la disponibilit di fonti di finanziamento alternative al capitale di rischio.

2.2. IL BUSINESS PLAN PER RICHIEDERE FINANZIAMENTI BANCARI


Oltre alla finalit di indirizzo strategico per limprenditore o i soci, il Business Plan
assolve anche limportante funzione informativa verso i potenziali terzi finanziatori, per i
quali il piano dimpresa costituisce la principale fonte di informazione su cui basare la
decisione di investimento. Un B.P. efficace, infatti, deve convincere che il progetto ha un
elevato potenziale e che il management possiede le capacit necessarie per svilupparlo e
condurlo con successo.
Peraltro, la recente introduzione della nuova regolamentazione internazionale sui
requisiti minimi patrimoniali delle banche formulato dal Comitato di Basilea nel giugno
2004, ha modificato radicalmente il modo di concepire il rapporto banca-impresa dando
un ruolo fondamentale alla valutazione del merito creditizio degli affidatari per la cui

differenza della Ditta Individuale, limpresa familiare deve essere costituita per atto pubblico
contenente i nominativi dei collaboratori familiari coinvolti nellimpresa.
2) Le societ di persone, nelle due forme principali di societ in nome collettivo (s.n.c.) e la societ
in accomandita semplice (s.a.s.). Nella s.n.c. tutti i soci possono essere amministratori e, in ogni
caso, tutti rispondono senza limiti dei debiti sociali. La particolarit della societ in accomandita
semplice rispetto alla s.n.c. consta nella coesistenza di due tipologie di soci, gli accomandatari
e gli accomandanti. Laccomandatario socio illimitatamente responsabile ed ha, in virt di ci,
il diritto alla qualifica di amministratore delle societ; al contrario, in caso di insolvenza, i soci
accomandanti rispondono per le obbligazioni sociali solo nei limiti del capitale conferito.
3) Le societ di capitali sono distinte in: societ a responsabilit limitata (s.r.l.), societ in
accomandita per azioni (s.a.a.) e societ per azioni (S.p.A.). La principale caratteristica di tali
forme giuridiche la responsabilit patrimoniale limitata dei soci per le obbligazioni sociali, in
caso di fallimento. La s.r.l. deve essere costituita con un capitale minimo obbligatorio di 10.000
Euro suddiviso in quote. A fianco della s.r.l. tradizionale, che deve essere composta da almeno
due soci, possibile costituire anche la s.r.l. unipersonale, partecipata da un unico socio,
mantenendo le caratteristiche giuridiche tipiche di una societ di capitali (alternativa valida
anche per le S.p.A). La s.a.a. e la S.p.A. devono essere costituite con un capitale minimo di
120.000 Euro suddiviso in azioni. Le s.a.a. sono, ancora una volta, caratterizzate dalla
bipartizione della tipologia di soci in accomandatari ed accomandanti. Nelle societ di capitali
l'amministrazione non spetta in modo automatico ai soci, come avviene nelle societ di
persone, ma l'assemblea che deve designare gli affidatari del compito.
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definizione (da parte della stessa banca oppure di enti appositamente demandati ad
effettuare tale valutazione) richiesta la presentazione di un Business Plan che giustifichi
la specifica richiesta di finanziamento e che illustri adeguatamente le strategie di sviluppo
dellimpresa e le modalit dimpiego dellaffidamento per gli scopi di cui alle suddette
strategie.
Nello specifico, il Comitato di Basilea, istituito dai Governatori delle Banche Centrali dei
dieci Paesi pi industrializzati del mondo (G10) alla fine del 1974, un'organizzazione
internazionale con sede nella cittadina svizzera di Basilea, operante in seno alla Banca
dei Regolamenti Internazionali - B.R.I. ed avente lo scopo di promuove la cooperazione
fra le Banche Centrali ed altre agenzie equivalenti allo scopo di perseguire la stabilit
monetaria e finanziaria.
I membri attuali del Comitato provengono da Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia,
Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati
Uniti.
La normativa di vigilanza sul capitale delle banche fino ad oggi adottata dalle Autorit
Centrali di oltre 100 Paesi nel mondo (comunemente chiamato Accordo di Basilea) risale
al 1988 ed ha come obiettivo ladeguatezza patrimoniale delle banche fondata sui
seguenti principi:
1. ogni attivit posta in essere dalla banca comporta un certo grado di rischio;
2. il rischio deve essere quantificato e supportato da capitale adeguato.
Le regole previste impongono alle banche di detenere un Patrimonio minimo pari o
superiore all8% del proprio attivo ponderato per il rischio. Lattivo non imputato, quindi,
al valore nominale, ma viene moltiplicato per un coefficiente, in proporzione al grado di
rischiosit della categoria di clienti considerata.
Il coefficiente patrimoniale calcolato, dunque, applicando il rapporto: [(Patrimonio di
Vigilanza/Attivit Ponderate per il rischio)>=8%].
Il sistema di ponderazione dei prestiti erogati dalle banche finora utilizzato ai fini del
calcolo del rischio di credito il seguente:

0% per le attivit di rischio (prestiti) verso i Governi, le Banche Centrali e le


maggiori Istituzioni dellUnione Europea e dei Paesi industrializzati;

20% per le attivit di rischio verso gli Enti Pubblici italiani territoriali (Regioni,
Province, Comuni) e non territoriali (INPS, ASL) e le banche;

50% per i crediti ipotecari concessi per lacquisto di immobili di tipo residenziale;

100% per le attivit di rischio verso le imprese e i privati.

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Nel gennaio 2001 il Comitato di Basilea ha avviato le procedure di consultazione per


definire la nuova regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali delle banche da cui
scaturito, nel giugno 2004, il documento di regolamentazione ufficiale.
Linnovazione regolamentare apportata da Basilea 2 finalizzata a creare una
maggiore correlazione tra il patrimonio delle banche ed i principali elementi di rischio
dellattivit bancaria.
A questo scopo lAccordo si basa su tre strumenti di controllo del rischio, definiti
pilastri, per una maggiore tutela della stabilit degli intermediari finanziari:
1. requisiti Patrimoniali minimi;
2. sistema di controllo prudenziale delladeguatezza patrimoniale (attivit di
vigilanza attuata dalle Banche Centrali);
3. disciplina di mercato e requisiti di trasparenza delle informazioni.
La nuova regolamentazione entrer in vigore a partire dal 2007, ma le procedure di
adeguamento delle banche iniziato gi da circa tre anni.
Con riguardo alle ripercussioni del nuovo accordo di Basilea sul rapporto bancaimpresa interessa esaminare pi analiticamente il contenuto del primo pilastro.
Si tratta di un affinamento della misura prevista dall'accordo del 1988, soprattutto in
riferimento alla ponderazione delle attivit per il calcolo del rischio di credito.
Le attivit bancarie saranno, infatti, ponderate secondo i seguenti coefficienti:

20% da AAA a AA-

50% da A+ ad A-

100% da BBB+ a BBB-

150% Inferiore a BB-

100% Senza Rating.

In sostanza, in base al nuovo accordo di Basilea le banche dei Paesi aderenti


dovranno accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti
di credito assunti, valutato attraverso lo strumento del rating.
Il rating consiste in un giudizio sintetico (v. Tabella classi di Rating), emesso da
agenzie specializzate, che consente di quantificare il rischio di credito di una controparte
attraverso lanalisi congiunta di variabili sia qualitative che quantitative relative allimpresa
quali:

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Analisi macroeconomica settoriale e competitiva (relazione fra congiuntura


economica generale e andamento del settore economico di riferimento per
limpresa);

Analisi del posizionamento di mercato e della diversificazione (Relazione fra


congiuntura economica del settore, congiuntura del territorio in cui limpresa
ubicata e andamento dellimpresa);

Analisi dellorganizzazione aziendale e dellabilit del management;

Analisi andamentale dellindebitamento (analisi delle fonti di finanziamento e della


struttura dellindebitamento verso il sistema bancario; bont delle relazioni con il
sistema bancario in termini di concessione di prestiti, grado di utilizzo, puntualit
dei rientri, trasparenza, coerenza tra linea utilizzata e necessit; capacit di
sostenere gli oneri finanziari; quadro garante per la mitigazione del rischio);

Analisi dei rischi e dei pregiudizievoli (valutazione dellesposizione ai rischi operativi


del settore e dellimpresa e valutazione delle obbligazioni non assolte nei confronti
dei terzi);

Analisi delle garanzie (validit e valore delle garanzie reali o personali; tempo di
recupero del credito attraverso le garanzie; costi amministrativi diretti relativi a
procedure concorsuali o a procedure di recupero stragiudiziali).

Analisi dei dati di bilancio consuntivi e prospettici (valutazione storica e prospettica


della dinamica finanziaria e di formazione dei ricavi e dei costi, anche in relazione
allandamento delleconomia e del settore di riferimento; analisi per indici;
valutazione dellattendibilit dei bilanci e del rispetto dei principi di redazione).

La valutazione dellimpresa soggetta a monitoraggio e, qualora ne ricorrano i


presupposti, a revisione.

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TABELLA 1: LE CLASSI DI RATING


Classi di
Rating

MOODYS
Investors

Standard
& Poors

CAPACIT DI
RIMBORSO

RISCHIO

DESCRIZIONE

PROBABILIT
DI DEFAULT

CLASSE DI RISCHIO
SETTORIALE

y Buone qualit dellattivo


y Ampia diversificazione e dimensione
consolidata
AAA

AA

BBB

BB

CCC
CC
C
DDD
DD
D

Aaa

AAA

Aa1

AA+

Aa2

AA

Aa3

AA-

A1

A+

A2

A3

A-

Baa1
Baa2
Baa3
Ba1

BBB+
BBB
BBBBB+

Ba2

BB

Ba3
B1

BBB+

B2

B3
Caa1
Caa2
Caa3

BCCC+
CCC
CCCCC+
CC
CCC
DDD
DD
D

Ca
C
DDD
DD
D

Molto elevata

Elevata

Minimo

Modesto

y Eccellente posizionamento di mercato


y Abilit manageriale distintiva
y Elevatissime capacit di copertura del
y
y
y
y
y
y

Buona

Medio-basso

Accettabile

Accettabile

Accettabile
con attenzione
Variabile
Monitorare
continuamente

y
y
y
y
y
y
y
y
y
y
y
y

Elevata
incertezza

Insolvenza
imminente o
gi accertata

Stretta
osservazione
dubbio esito

debito
Buone qualit dellattivo
Buon inserimento di mercato e
diversificazione di sbocchi
Buona capacit manageriale
Solida capacit di copertura del debito
Qualit e liquidit dellattivo soddisfacenti
Inserimento di mercato e qualit
manageriali nella media
Standard creditizi normali
Capacit di copertura del credito nella
media
Qualit e liquidit accettabili
Standard creditizi normali
Debole capacit di copertura del debito
Qualit e liquidit accettabili
Scarsa diversificazione delle attivit
Contenuta liquidit
Limitati margini di copertura del debito
Credito sotto osservazione
Qualit dellattivo con temporanea
difficolt di liquidit
Alta leva finanziaria

y Debolezza manageriale
y Difficolt evidenti di gestione del debito
y Incertezze sulla possibilit di pagamento
degli interessi

0,01%
Settori affidabili o
molto poco rischiosi
0,02%
0,03%
0,04%

0,05%
0,06%

0,11%
0,21%
0,36%
0,72%

Settori poco rischiosi

Settori a rischiosit
emergente

1,22%
1,94%
2,84%

Settori rischiosi

4,76%
8,84%

Superiore a
15,25%

Settori molto o
totalmente rischiosi

2.3. IL BUSINESS PLAN AI FINI DELLA RICHIESTA DI SOVVENZIONI PUBBLICHE


Unalternativa ai fidi bancari costituita dai finanziamenti pubblici per limprenditoria,
sia a titolo di contributi a fondo perduto, sia di prestiti a tasso agevolato erogati da Enti
finanziari strumentali agli Enti Pubblici.
Sia a livello nazionale che regionale, infatti, stata prodotta nel tempo una cospicua
normativa a sostegno delleconomia ed, in particolare, di leggi dirette al finanziamento
dellimprenditorialit.
Le agevolazioni possono avere diversa natura, a seconda della tipologia di spesa
finanziata e della previsione del reintegro o meno delle somme erogate.
Nello specifico, si parla di finanziamento pubblico in:
conto investimenti (o conto impianti)
conto gestione
conto interessi
I contributi in c/investimenti finanziano a fondo perduto e, dunque, senza obbligo di
restituzione da parte del beneficiario, lacquisto di immobilizzazioni materiali ed
immateriali.
I contributi in c/gestione finanziano, a fondo perduto, le spese di gestione quali:
utenze, canoni di locazione, acquisto di merci e materie prime. Quando sono previsti, tali
contributi sono spesso limitati solo al primo anno di attivit.
Al contrario dei precedenti, per i contributi in c/interessi previsto lobbligo della
restituzione del capitale prestato e lagevolazione consta nellimposizione di un tasso di
interesse ridotto rispetto a quello di mercato.
Gli aiuti alle imprese da parte dei singoli Stati Membri dellUnione Europea sono
sottoposti ad un rigido controllo da parte della Commissione Europea ed ai vincoli imposti
sia da specifici Regolamenti comunitari, sia dallo stesso Trattato istitutivo dellUnione
Europea che, allarticolo 87, cita testualmente: "Salvo deroghe contemplate nel presente
trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli
scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali,
sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o
minaccino di falsare la concorrenza."

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Esistono, tuttavia, eccezioni a tale limitazione rappresentate da:


- gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamit naturali oppure da altri
eventi eccezionali;
- gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle aree depresse ossia delle
aree ove il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma
di disoccupazione (art. 87.3.a del Trattato UE);
- gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di importanti progetti di comune
interesse (art. 87.3.b del Trattato UE);
- gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attivit o di talune regioni
economiche (art. 87.3.c del Trattato UE);
- gli aiuti concessi secondo la regola del "de minimis".
In particolare, ai sensi della regola "de minimis" non trovano applicazione le limitazioni
sancite dall'articolo 87 del Trattato di Roma, poich le agevolazioni sono concesse entro
importi regolamentati e contenuti, non ritenuti in grado di falsare la concorrenza tra gli
Stati Membri. Nel regime di aiuti "de minimis" fissata, infatti, in 200.000,00 Euro la soglia
massima di aiuti erogabili a favore di una singola impresa in un periodo di 3 anni a
decorrere dal momento in cui sorge il diritto a ricevere il contributo (Regolamento CE n.
1998/2006).

Tale

massimale

comprende

qualsiasi

aiuto

pubblico

accordato,

indipendentemente dalla forma e dallobiettivo (ad ecccezione degli aiuti all'esportazione)


e non pregiudica la possibilit del beneficiario di ottenere altri aiuti in base a regimi
autorizzati dalla Commissione (c.d. aiuti in regime di esenzione)2. Come accennato, tale
regola si basa sul principio che gli aiuti di importo esiguo non hanno alcun impatto
sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra Stati Membri dellU.E.
I finanziamenti per lavvio dimpresa possono provenire da normative nazionali, oppure
di emanazione e competenza regionale.
A livello nazionale le pi importanti sono:
- Decreto Legislativo n. 185 del 2000 recante disposizioni in merito a: lavoro
autonomo, franchising e microimpresa;
2

Le intensit di aiuto concesse in regime di esenzione, calcolate in misura percentuale sugli


investimenti ammissibili alle agevolazioni, sono dirette ad incentivare quelle iniziative
imprenditoriali ubicate in zone in ritardo di sviluppo (ovvero con un Prodotto Interno Lordo procapite inferiore al 75% della media comunitaria - c.d. area obiettivo 1), oppure in zone con
difficolt strutturali che necessitano di riconversione economica e sociale (c.d. obiettivo 2) ed,
ancora, nelle zone rientranti nella definizione di cui allart. 87.3 c del Trattato UE. (Per
approfondimenti si vedano i Regolamenti CE n. 70/2001 e 448/2004).
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- Legge n. 215 del 1992 - Disposizioni in materia di imprenditoria femminile;


- Legge n. 488 del 1992 - Contributi per i settori industria, servizi, commercio,
turismo, artigianato.
A livello regionale si ricordano:
- Legge n. 143 del 1995 Interventi per la promozione di nuove imprese ed
innovazione per limprenditoria femminile;
- Legge n. 55 del 1998 Legge quadro in materia di politiche regionali di sostegno
alloccupazione;
- Legge n. 136 del 1996 Interventi finalizzati allo sviluppo di iniziative imprenditoriali
giovanili eco-compatibili nei territori dei Parchi Nazionali, regionale e delle riserve
naturali istituite con legge regionale;
- Legge n. 77 del 2000 Interventi a sostegno regionale alle imprese operanti nel
settore del turismo.

3. LA STRUTTURA DEL BUSINESS PLAN


Una fase preliminare a quella di redazione del Business Plan riguarda lacquisizione,
con lausilio dei proponenti, dei dettagli del progetto.
I dati da approfondire concernono, in particolare:

la gamma dei prodotti/servizi offerti;

la combinazione dei fattori produttivi, il loro costo per unit di misura e lincidenza
percentuale sul prodotto finito di ciascuno di essi;

i canali di approvvigionamento ed i costi di trasporto correlati;

il processo produttivo e le eventuali fasi concesse in outsourcing;

linvestimento complessivo in immobilizzazioni materiali ed immateriali;

lammontare di mezzi propri a disposizione per il progetto;

leventuale possibilit di accesso al capitale di credito ed a garanzie reali o


personali.

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Dopo aver definito puntualmente lidea imprenditoriale lattivit di elaborazione del


Business Plan si struttura nelle seguenti fasi:

FASE 1 Analisi di mercato e redazione del piano marketing.


Lattivit suddivisa principalmente in due fasi, la prima consistente nellespletamento
della ricerca di mercato e nella redazione della relativa relazione di ricerca; la seconda
diretta alla definizione del piano di marketing, sulla base delle conclusioni emergenti nella
relazione di ricerca.
In particolare:
A) RICERCA DI MERCATO
La ricerca di mercato sar preceduta dallanalisi degli obiettivi di ricerca e
dallindividuazione delle metodologie di ricerca, normalmente effettuata sulla base di
analisi statistiche esistenti, nonch di relazioni, rapporti e osservatori economici redatti da
istituti specializzati, ma, in ricerche sperimentali, si potr fare ausilio di mezzi e
metodologie pi sofisticate per la rilevazione dei dati quali: sondaggi, test-market e shop
audits, effettuati somministrando un questionario a gruppi di soggetti selezionati seguendo
precise regole di campionamento casuale o non casuale nellambito delluniverso
considerato.
Lanalisi sar, poi, condotta per macro-aree, studiando le dinamiche rispettivamente:
1. MACROECONOMICHE, ovvero della congiuntura nazionale e, se loggetto dello
studio lo richiede, anche internazionale, a livello economico, politico e sociale, con le
relative prospettive di sviluppo.
2. DEL SETTORE E DEL MERCATO DI RIFERIMENTO (dove per mercato di riferimento
sintende linterrelazione fra settore ed area geografica di riferimento), attraverso
lanalisi di variabili quali: la struttura del mercato; la profittabilit del settore; lesistenza
di barriere allentrata ed alluscita; lesistenza o la possibilit di conseguire economie di
scala, di scopo e/o di specializzazione3; al potere contrattuale dei clienti e dei fornitori.

Le economie di scala consistono in quel vantaggio conseguito grazie alla riduzione dei costi
unitari di produzione conseguente allaumento del numero di beni o servizi prodotti. Esse implicano
rendimenti crescenti con i volumi di produzione e sono considerate un fattore di centralizzazione
dei fattori della produzione e di piena utilizzazione della capacit produttiva, anche se lentit di tali
economie pi pronunciata nei processi di trasformazione ad alta intensit di capitale (soprattutto
manifatturiero ed estrattivo) che non in quelli ad elevata intensit di lavoro (tipicamente le imprese
di servizi).
Le c.d. economie di scopo o di raggio dazione sono quelle generate dal fatto che i costi unitari di
produzione diminuiscono allorch pi tipi di beni o di servizi vengano prodotti congiuntamente,
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3. DELLA CONCORRENZA, attraverso lanalisi del numero di imprese concorrenti (sia


diretti che indiretti) presenti sul mercato, del grado di concentrazione dellofferta, dei
fattori critici di successo ed il benchmarking con le strategie adottate dalle aziende
leaders di mercato;
4. DELLA DOMANDA, attraverso lanalisi del segmento e del target di riferimento in
quanto a numerosit, fattori e abitudini di acquisto, reddito, aspettative, et, ceto
sociale, elasticit rispetto al prezzo, ed anche attraverso lo studio dei trend e delle
relazioni con il ciclo di vita del prodotto/servizio.
Sempre nellambito della ricerca di mercato, in funzione di connessione fra i risultati
della ricerca stessa e la successiva fase di stesura del piano di marketing, si andr ad
effettuare lanalisi dellimpresa e successivamente lanalisi S.W.O.T., cio lo studio
incrociato dei punti di forza e di debolezza dellimpresa con le opportunit e le minacce
emergenti dallanalisi del mercato, dove lanalisi dei punti di forza e di debolezza comporta
lanalisi dellimpresa sotto il punto di vista organizzativo, gestionale, finanziario, della
responsabilit sociale, del livello tecnologico e della competitivit.
B) PIANO DI MARKETING
Sulla base delle conclusioni emerse dalla ricerca di mercato si redige il Piano di
Marketing, ovvero quel documento nel quale:
9 vengono riepilogati gli obiettivi aziendali sulla base ed in riferimento ai quali vengono
elaborate le strategie aziendali, soprattutto in riferimento alle vendite, al profitto, alla
qualit e, pi in generale, al posizionamento di mercato ed alla differenziazione di
prodotto;
9 viene definita la politica di marketing mix (politiche di prodotto, prezzo, comunicazione
e distribuzione);
9 vengono individuate le risorse da impiegare ed i relativi costi;
9 vengono fissati i punti di controllo dellattivit di marketing.

utilizzando le stesse risorse tecniche ed il medesimo know how. La presenza di tali economie
considerata uno dei fattori in grado di motivare la diversificazione della produzione.
Infine, attraverso la specializzazione degli operatori su attivit che richiedono ripetutamente
limpiego di una o poche tecniche non ulteriormente divisibili, il vantaggio conseguibile un
aumento della produttivit e rendimenti crescenti nel tempo, grazie allapprendimento,
allallenamento ed alla destrezza. Le economie di specializzazione (o di esperienza) sono tanto pi
utili quanto maggiore la difficolt dellattivit produttiva e quanto pi lungo il ciclo di
apprendimento ad essa relativo.
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FASE 2 Pianificazione economico finanziaria.


La sezione numerica del Business Plan si baser su previsioni economico-finanziarie
proiettate in un arco temporale dai tre ai cinque anni e sar composta da cinque piani
operativi settoriali e da quattro documenti consolidati.
Fanno parte dei c.d. Piani Operativi:
1. il piano delle vendite, nel quale viene stimato il fatturato per ciascun esercizio
previsionale;
2. il piano tecnico-produttivo nel quale viene stimato il costo di produzione dei beni in
termini di materie prime (o di acquisto delle merci) per ciascun esercizio
previsionale e che, unitamente ai dati contenuti nel piano di magazzino, d luogo al
piano degli acquisti;
3. il piano della struttura nel quale sono stimati i costi generali di produzione,
amministrativi e commerciali;
4. il piano del personale, nel quale sono riassunte tutti i costi connessi alle risorse
umane impiegate nellazienda;
5. il piano degli investimenti riassuntivo delle spese per immobilizzazioni. A tale piano
operativo connesso il piano degli ammortamenti.
I dati provenienti dai singoli piani operativi sono, infine, consolidati e riepilogati in
quattro prospetti aventi ciascuno una diversa funzione informativa, ovvero:
1. il Conto Economico previsionale, dal quale emerge la stima dei profitti o le perdite
conseguibili;
2. lo Stato Patrimoniale previsionale, che evidenzia le poste di natura sia patrimoniale
che finanziaria dellimpresa e che pu essere successivamente riclassificato in base
alla durata delle fonti e degli impieghi per agevolare lanalisi dellequilibrio finanziario e
della correlazione fra le scadenze relative alle poste dellattivo e del passivo
patrimoniale;
3. il Budget di cassa, dal quale si evince la ripartizione temporale delle entrate e delle
uscite monetarie, utile al fine della previsione di eventuali tensioni di liquidit;
4. il Piano di Finanziamento, necessario al fine di prevedere il fabbisogno finanziario
complessivo per lavvio del progetto dinvestimento e per la sua copertura con capitale
proprio e di credito. Attraverso tale prospetto si valuta la fattibilit finanziaria del
progetto e la congruit con le risorse disponibili.

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FASE 3 - Valutazione economico-finanziaria.


La sezione numerica termina con la valutazione economico-finanziaria del progetto
condotta attraverso opportuni indici di bilancio.
Infine, a completamento del piano dimpresa, lo stesso dovr essere integrato da un
REPORT SULLANALISI DEI RISCHI, fondamentale per rilevare e porre lattenzione
verso quei rischi che hanno influenza diretta o indiretta sui ricavi stimati, nonch per
individuare gli strumenti e le modalit pi efficaci per una loro corretta mitigazione.
Al termine del Business Plan opportuno redigere due documenti di sintesi, la
presentazione sintetica del progetto e lanalisi della tempistica, da inserire il primo
come scheda introduttiva e riepilogativa del progetto ed il secondo a scopo di raccordo fra
la sezione descrittiva e quella numerica.

FIG. 2 La struttura del Business Plan


Presentazione sintetica del progetto
ANALISI DI MERCATO
PIANO DI MARKETING
Introduzione alla sezione numerica e analisi della tempistica
PIANO DELLE VENDITE
PIANO DI MAGAZZINO

PIANO TECNICO PRODUTTIVO


PIANO DELLA STRUTTURA

PIANO DEGLI ACQUISTI


PIANO DEL PERSONALE
PIANO DEGLI INVESTIMENTI
Verifica della fattibilit
finanziaria
Verifica della fattibilit
economica

PIANI
OPERATIVI

S.P. e C.E. PREVISIONALI

Determinazione
del fabbisogno
finanziario
PIANO DI
FINANZIAMENTO
(struttura delle fonti)

BUDGET DI
CASSA

Report sullanalisi dei rischi

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3.1. LA PRESENTAZIONE SINTETICA


La presentazione sintetica lo scopo di introdurre il progetto e riassumerne gli elementi
essenziali, fra i quali, in sintesi:

lidea imprenditoriale ed i presupposti posti alla base del suo sviluppo;

la forma giuridica dellimpresa e leventuale composizione societaria;

lesperienza e le motivazioni dei proponenti ed il ruolo svolto nellimpresa;

lassetto organizzativo (risorse e organizzazione funzionale);

la presenza di legami con altre imprese;

la localizzazione dellunit produttiva;

la sintesi della tipologia degli investimenti da effettuare;

la sintesi degli obiettivi di vendita e reddituali.

3.2. IL CRONOPROGRAMMA DELLE ATTIVIT


In funzione di raccordo fra la sezione descrittiva e quella numerica del Business Plan
preferibile inserire un documento introduttivo della pianificazione economico-finanziaria
corredato dal cronoprogramma delle attivit, preferibilmente con lausilio di un diagramma
di GANTT4, concernente i seguenti argomenti:

avvio del progetto e la tempistica della realizzazione delle spese dinvestimento;

studio del prodotto ed, eventualmente, lo sviluppo del prototipo;

presentazione del prodotto in fiere;

avvio delle altre politiche promozionali;

contatti con i fornitori;

inizio del ciclo produttivo;

contatti con i distributori ed i punti vendita;

tempi previsti per la registrazione dei primi ordini di vendita;

tempi previsti per le consegne e la vendita;

riscossione dei crediti v/clienti.

Un classico diagramma di Gantt si articola in un certo numero di barre orizzontali (ad ognuna
delle quali corrisponde una attivit) disposte in un piano, parallelamente ad una scala temporale di
riferimento.
4

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CASE STUDY
Si consideri il caso di avvio dellimpresa GAMMA s.r.l. nel settore manifatturiero alimentare il cui
cronoprogramma delle attivit risulti il seguente:
giugno anno 0: costituzione della societ;
luglio anno 0: avvio degli investimenti in immobilizzazioni materiali ed immateriali necessari
allimplementazione della struttura produttiva, il cui completamento previsto per il mese di dicembre dello
stesso anno.
luglio anno 0: uscite monetarie relative alle prime spese di gestione (utenze, canoni di locazione degli
immobili ecc.);
settembre anno 0: avvio della campagna pubblicitaria, promozionale e commerciale;
ottobre anno 0: avvio della selezione del personale, da concludersi entro dicembre;
dicembre anno 0: acquisizione dei primi ordini di vendita del prodotto finito e invio dei primi ordini di acquisto
delle materie prime ai fornitori;
gennaio anno 1: stoccaggio delle materie prime;
seconda settimana di gennaio anno 1: avvio della produzione;
terza settimana di gennaio anno 1: stoccaggio prodotti finiti ed avvio distribuzione;
febbraio anno 1: vendita e inizio flusso monetario in entrata;
DIAGRAMMA DI GANTT
Anno 0
mesi
Costituzione della societ
Investimenti
Spese di gestione
Spese promozionali
Selezione del personale
Spese per il personale
Emissione ordini di
acquisto materie prime
Acquisizione ordini di
vendita
Stoccaggio materie prime
Produzione
Stoccaggio prodotti finiti
Distribuzione
Vendita
Entrate correlate alla
vendita

10

Anno 1
11

12

10

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4. LANALISI DI MERCATO
La ricerca di mercato riguarda, essenzialmente, la raccolta, lelaborazione e la
valutazione di dati specifici, consistenti in informazioni di taglio economico, psicologico,
sociologico e culturale, sulla base dei quali limpresa pu pensare di sviluppare, attuare e
gestire in modo efficiente le proprie strategie.
In definitiva, la ricerca di mercato il mezzo per eccellenza per accertare opinioni,
atteggiamenti, comportamenti ed esigenze di qualunque tipologia di pubblico e, se
condotta in maniera efficiente, fornisce al management le informazioni da tradurre in
decisioni strategiche ed operative efficaci.
Fig. 3 Le fasi della ricerca di mercato

Lanalisi di mercato si conclude con una relazione contenente le seguenti informazioni


di base:

Gli obiettivi e le motivazioni e le origini dello studio;

La descrizione di come lo studio stato condotto;

La presentazione dei principali risultati e conclusioni dello studio;

Lesposizione in maggiore dettaglio dei dati ottenuti, delleventuale metodo di


campionamento e delle implicazioni conseguenti allanalisi dei dati;

Le possibili limitazioni dei risultati ottenuti.

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Sulla base dei risultati ottenuti potranno essere elaborate le strategie aziendali e
valutati gli strumenti idonei per implementarle.
Una ricerca di mercato completa coinvolge diverse aree di analisi e, nello specifico:
1. Analisi macroeconomica;
2. Analisi del settore di riferimento e della concorrenza;
3. Analisi della domanda.

FIG. 4 Le fasi dellanalisi del mercato

Analisi MACROECONOMICA, POLITICA


E SOCIALE

AREE DI ANALISI

Analisi della
DOMANDA

Analisi del SETTORE:


MERCATO DI RIFERIMENTO
STRUTTURA DEL PROCESSO
PRODUTTIVO
CONCORRENZA

RELAZIONE DI RICERCA
Analisi dellIMPRESA
PIANO DI MARKETING

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4.1. LANALISI MACROECONOMICA


Lindagine ambientale si articola su due piani: uno economico-generale e laltro
settoriale. La prima ha lo scopo di acquisire informazioni sullevoluzione delleconomia
nazionale ed internazionale; la seconda tende, invece, a determinare le caratteristiche ed
i comportamenti dei mercati che direttamente interessano la nascente impresa.
In particolare, le possibilit di crescita dellimpresa e la stessa propensione al
consumo dei clienti possono dipendere, in misura pi o meno vasta, da alcuni fattori
macro-economici, tra i quali meritano particolare attenzione:
1) linflazione;
2) la situazione occupazionale;
3) landamento del mercato dei capitali e del tasso di interesse;
4) il Prodotto Interno Lordo (P.I.L.);
5) il reddito.
In riferimento al primo degli elementi citati si notato che negli anni caratterizzati da
forte inflazione, il consumatore tende a reagire con un comportamento sostanzialmente
preoccupato giacch vede le sue possibilit dacquisto continuamente erose dallaumento
dei prezzi e di conseguenza non riesce, pur assorbendo il risparmio, a mantenere i
consueti ritmi di acquisto. Nel contempo, la preoccupazione di una situazione futura ancor
pi critica e la contemporanea svalutazione dei suoi risparmi lo inducono ad acquistare
anche al di l delle sue effettive necessit, prediligendo soprattutto quei prodotti che
presentano una maggior durata e che possono presentarsi come investimento per il
futuro5.
Dal punto di vista dellimpresa, invece, il tasso di inflazione incide sui costi generali e di
produzione e se le aspettative per il futuro riguardano un incremento dellinflazione, tale
variazione attesa pu influenzare le politiche di prezzo dellimpresa stessa, a meno di
scelte strategiche di contenimento dei prezzi, al fine del consolidamento della quota di
mercato, nel qual caso laumento dei costi dovuti allinflazione causer una erosione del
profitto unitario.
Lanalisi della situazione occupazionale, invece, diretta ad acquisire le informazioni
utili a testare la presenza e la possibilit di reperimento delle professionalit richieste
dallazienda nei territori limitrofi a quello dove sar ubicata la sede operativa dell'impresa
o del progetto dinvestimento.
5

Cherubini S. Marketing dei servizi FRANCO ANGELI EDITORE

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Notevole importanza riveste, inoltre, il tasso di interesse, il quale incide sulla


propensione allinvestimento da parte dei soggetti economici e non, esistendo una
relazione inversa fra tasso di interesse e fondi complessivamente richiesti al sistema
creditizio. Un elevato tasso di interesse, scoraggiando gli investimenti, pu incidere
negativamente sullinnovazione tecnologica delle imprese e, conseguentemente, sulla loro
competitivit.
Infine, il Prodotto Interno Lordo, essendo un indicatore sintetico della ricchezza di un
Paese6 in un dato momento, utile per trarre alcune considerazioni sul possibile
atteggiamento dei consumatori. Infatti, in situazioni di floridit economica, in genere, si
registra un atteggiamento ottimista. Dato che il reddito tende ad elevarsi, dopo un primo
periodo di assestamento, il consumatore spinto alla ricerca di consumi propri delle
categorie di reddito superiore. Daltro canto, in situazioni di recessione o di forte
incertezza sul futuro, il consumatore si presenta sostanzialmente razionale, cio teso a
valutare in modo costante il rapporto costi/benefici delle sue iniziative dacquisto,
impiegando maggior tempo nella ricerca dei luoghi di acquisto pi convenienti o di
informazioni complete sulle possibili offerte presenti sul mercato, tendendo anche a
ridurre la propria fedelt alla marca.
Oltre ai fattori economici, esiste unaltra serie di elementi da considerare analizzando
lo scenario ambientale ed, in particolare:

fattori sociali quali: stili di vita, cultura, istruzione, tendenze degli opinion leaders,
atteggiamenti verso lambiente e la responsabilit sociale;

fattori politici quali: assetto istituzionale, ideologie dei partiti di governo,


propensione alle agevolazioni ed ai contributi agli investimenti.

Per Prodotto Interno Lordo (P.I.L.)sintende la somma del valore dei beni prodotti e dei servizi
erogati in un anno nel territorio di una nazione, compresa la produzione dovuta a fattori produttivi di
propriet estera.
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4.2. LANALISI DEL SETTORE DI RIFERIMENTO


La comparsa della neo-impresa sul mercato apporter delle alterazioni allambiente
stesso e comporter il necessario adeguamento delle imprese gi presenti, sia sul
mercato di riferimento, che nei mercati dei beni complementari7 e succedanei8.
Analizzare il settore di riferimento significa, dunque, focalizzare lattenzione sullo studio
di situazioni quali:

la congiuntura economica specifica del settore;

la profittabilit del mercato di riferimento, ovvero del settore in relazione ad un


determinato ambito geografico dove coesistono persone o organizzazioni
interessate al consumo o allutilizzo di un bene/servizio ed a fronte delle quali vi
sono aziende capaci di produrli/erogarli;

lesistenza di barriere allentrata ed alluscita;

la struttura del processo produttivo e la tecnologia necessaria per operare


efficientemente nel settore;

il potere contrattuale dei clienti e dei fornitori;

la concorrenza.

Un mercato , generalmente, profittevole se:


a) non ancora saturo e, dunque, se esiste una quota di mercato significativa ancora
sfruttabile;
b) consente, mediamente, una buona remunerazione dei mezzi propri (R.O.E.) e dei
capitali investiti (R.O.I.) alle imprese che gi vi operano e, comunque, una
remunerazione pi elevata rispetto allimpiego degli stessi capitali in investimenti
alternativi di equivalente rischiosit;
c) possiede ancora margini di differenziazione.
Sebbene un mercato possa risultare profittevole, non detto che sia semplice entrarvi
a causa dellesistenza delle c.d. barriere allentrata, ovvero di fattori esterni allimpresa
che ne rendono difficile o particolarmente oneroso lingresso, quali, ad esempio:

vincoli ed obblighi normativi;

difficolt di approvvigionamento delle risorse materiali e professionali (know how);

Per complementare sintende quel bene il cui uso avviene congiuntamente a quello di un altro
bene; per succedaneo sintende un bene che pu sostituirne un'altro, con analoghi effetti e
funzioni.
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elevata entit delle spese dinvestimento iniziali;

esistenza di economie di scala;

esistenza di brevetti e concessioni in esclusiva.

Allo stesso modo, lanalisi della convenienza economica ad operare in un determinato


mercato deve includere lo studio delleventuale esistenza delle c.d. barriere alluscita,
consistenti, sostanzialmente, nella impossibilit di cessare lattivit dimpresa e di
smobilizzare gli investimenti fissi senza eccessive perdite.
In particolare, lentit delle spese dinvestimento iniziali varia fra i diversi settori
economici ed correlata allincidenza dellattivo fisso (immobilizzazioni materiali ed
immateriali) e della tecnologia rispetto agli altri fattori produttivi (materie prime e risorse
umane). Tale incidenza sicuramente maggiore nel comparto estrattivo, manifatturiero,
delle costruzioni e dei trasporti, rispetto a gran parte delle attivit di servizi.
La rilevanza del livello tecnologico nel processo produttivo fondamentale ai fini della
competitivit e della produttivit, in quanto quel fattore che:

pu consentire un aumento della produzione a parit di fattori produttivi impiegati;

pu consentire la produzione di prodotti qualitativamente migliori;

pu consentire la differenziazione di prodotto o lampliamento della gamma dei


prodotti.

Continuando ad analizzare la struttura del processo produttivo, oltre allentit degli


investimenti ed alla correlata tecnologia, importante lo studio della struttura dei costi e
della combinazione delle materie prime necessarie per ottenere il livello qualitativo di
prodotto desiderato.
In merito alla struttura dei costi, la principale distinzione quella tra costi fissi e
variabili9, essenzialmente per due scopi:

Sono FISSI quei costi che si mantengono costanti al variare del volume di attivit, entro una
definita area di rilevanza. In realt, non esistono costi che siano in assoluto fissi, in quanto occorre
considerare elementi quali, ad esempio, la struttura aziendale e la sua capacit produttiva. Inoltre,
non si pu pi parlare di costi fissi se si considera il lungo periodo.
Sono VARIABILI quei costi che variano proporzionalmente al variare del livello della produzione.
Ulteriori classificazioni di costo sono:
COSTI DIRETTI: costi relativi a fattori di produzione che possono essere oggettivamente
attribuibili allunit di prodotto/servizio (ad es. materie prime, manodopera impegnata
direttamente nella fabbricazione; forza motrice).
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1. il calcolo del Break Even point, sia in quantit che a valore;


2. la valutazione della flessibilit gestionale dellimpresa.
Infine, lanalisi della struttura del processo produttivo conferisce anche gli elementi per
definire il dimensionamento dellimpresa in termini di risorse umane da impiegare, il ch si
collega allanalisi dei ruoli che assumono rilevanza non solo nellarea tecnica ma anche
nelle altre aree operative dellimpresa (amministrazione, controllo, commerciale, ricerca e
sviluppo ecc.) e allidentificazione dei profili professionali necessari a ricoprire ciascuna
posizione.
Lindividuazione del numero di materie prime necessarie al processo produttivo, la loro
qualit e lincidenza percentuale sul prodotto finito, comporta la necessaria analisi dei
fornitori e del loro potere contrattuale che tanto maggiore quanto pi:
1. sul mercato c scarsa concorrenza di prodotti sostitutivi;
2. limpresa non rappresenta per il fornitore un cliente importante;
3. il bene rappresenta per limpresa cliente un fattore di produzione importante.
Il potere contrattuale nei confronti dei fornitori importante per limpresa al fine di
ottenere condizioni migliori in ordine a:

premi e sconti;

dilazioni di pagamento;

modalit di pagamento.

In maniera speculare, il potere contrattuale dei clienti nei confronti dellimpresa


tanto pi elevato quanto:
1. il cliente acquista quantit consistenti rispetto al volume daffari del fornitore (rischio
legato alla bassa diversificazione del portafoglio);
2. i prodotti presenti sul mercato sono poco differenziati
3. i costi di passaggio da un fornitore allaltro sono bassi (in tal caso importante
lanalisi degli elementi di influenza per il cambio fornitore);
4. il cliente dispone di informazioni complete sulla domanda e sui prezzi.

COSTI INDIRETTI: sono costi che, pur essendo riconducibili al processo produttivo, non hanno
una relazione immediata con il bene/servizio prodotto (ad es. manutenzioni, costo del
personale impiegato presso il magazzino ecc.).
COSTI STANDARD: sono valori economici predeterminati in base ai criteri prescelti di
efficienza gestionale. Esprimono il consumo di risorse richiesto per il raggiungimento dei
risultati obiettivo definiti.
COSTI EFFETTIVI: esprimono il valore consuntivo delle risorse effettivamente utilizzate.

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Si consideri che nel mercato dei beni industriali, la possibilit di trasformare alcune
delle transazioni commerciali operate dallimpresa con clienti e fornitori in transazioni
interne, attraverso acquisizioni, fusioni, incorporazioni o semplicemente accordi fra
aziende, pu costituire un efficace metodo per ottimizzare le opportunit offerte dal
mercato oppure per ridurre limpatto delle minacce da esso derivanti (c.d. integrazione
verticale e/o orizzontale).
FIG. 5

4.3. LANALISI DELLA CONCORRENZA


Lanalisi della concorrenza mira a definire, principalmente, la struttura del mercato ed i
fattori critici di successo.
Per evidenziare la struttura dellofferta, utile individuare:

il numero di aziende operanti nel mercato;

la loro dimensione;

le imprese leaders di settore;

i mercati di vendita delle principali aziende;

il tasso di natalit e di mortalit delle attivit economiche nel mercato di


riferimento;

il grado di concentrazione dellofferta.

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Il grado di concentrazione dellofferta un indicatore particolarmente efficace per


valutare situazioni di dominanza nel settore e risulta utile per la formulazione delle
strategie dimpresa. I dati fondamentali da rilevare sono:

il peso del fatturato delle principali aziende sul fatturato globale del mercato di
riferimento;

lesistenza di eventuali accordi fra imprese;

la quota di mercato stimata dellimpresa, in termini assoluti (rapporto percentuale


tra le vendite dellimpresa e quelle dellintero mercato);

la quota di mercato stimata dellimpresa in termini relativi (rapporto fra la quota di


mercato dellazienda oggetto di analisi e la quota dellazienda leader nel mercato).

I Fattori Critici di Successo rappresentano, invece, quelle caratteristiche che


limpresa deve possedere per competere con successo nel settore (es. efficienza
produttiva; capacit di differenziazione del prodotto; capacit di anticipare i bisogni
emergenti; consegne on time ecc.) ed il percorso strategico ideale per raggiungere il
vantaggio competitivo.
A seguito dellanalisi della concorrenza si anche in grado di classificare il mercato fra
una delle seguenti strutture, con rilevanti ripercussioni sul grado di libert nella
determinazione del prezzo e nella minimizzazione dei costi di marketing:

CONCORRENZA PERFETTA10;

OLIGOPOLIO11;

MONOPOLIO12;

CONCORRENZA MONOPOLISTICA13.

Caratteristiche della concorrenza perfetta sono: presenza sul mercato di un gran numero di
produttori ed offerta di beni perfettamente sostituibili luno con laltro, venduti al prezzo di mercato.
11
Nelloligopolio la dipendenza fra aziende concorrenti molto forte a causa del numero ridotto di
concorrenti o della presenza di alcune imprese dominanti.
12
Nel monopolio il mercato dominato da un solo produttore e, conseguentemente, il bene offerto
non ha concorrenti diretti. Il produttore , inoltre, price maker.
13
La concorrenza monopolistica si colloca fra la concorrenza pura ed il monopolio: i concorrenti
sono numerosi, sebbene i prodotti presentino caratteristiche distintive rilevanti per lacquirente,
talch ogni produttore monopolista nella propria nicchia.
10

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4.4. LANALISI DELLA DOMANDA


La metodologia pi efficace per giungere alla determinazione puntuale della domanda
potenziale consiste nel partire dallosservazione dei fenomeni pi ampi rispetto a quello
che si vuole esaminare, riducendone progressivamente lampiezza, in funzione di
successive specificazioni che delimitano in modo sempre pi preciso il target, la domanda
potenziale complessiva e quella previsionale relativa al progetto in esame14.
FIG. 6 Il processo di determinazione della domanda potenziale

SETTORE DI RIFERIMENTO

selezione per n di segmenti di interesse e


per aree geografiche di interesse

MERCATO DI INTERESSE

calcolo del n di potenziali clienti


appartenenti ai segmenti di interesse in
quelle aree geografiche

TARGET

DOMANDA POTENZIALE

QUANTITA DOMANDATA STIMATA

X consumo medio unitario

X quota di mercato

PREZZO

RICAVI

La funzione di domanda caratterizzata da una relazione inversa fra prezzo e quantit,


conseguentemente la quantit domandata di un bene cresce al diminuire del suo prezzo
e, viceversa, al crescere del prezzo il criterio costi-benefici sar soddisfatto per una
quantit sempre minore di quel dato bene/servizio.
Tuttavia, esistono degli elementi, le c.d. determinanti della domanda, la cui variazione
incrementativa o decrementativa comporta una variazione (rispettivamente in aumento o
in diminuzione) della quantit domandata per ogni dato livello di prezzo.
Tali determinanti sono:

REDDITO; normalmente, per i beni c.d. normali, a parit di prezzo, la quantit


domandata aumenta allaumentare del reddito disponibile. Leccezione vige solo
per i c.d. beni inferiori, la cui domanda, a parit di prezzo, si riduce allaumentare
del reddito disponibile;

14

Cherubini S. Marketing dei servizi FRANCO ANGELI EDITORE

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GUSTI; i gusti variano nel tempo e sono condizionati dalle mode e dalla cultura;

PREZZI DEI BENI SOSTITUTIVI E COMPLEMENTARI; un aumento del prezzo di


un bene comporta non solo la riduzione della sua domanda, ma anche di quella dei
beni ad esso complementari; al contrario tale aumento di prezzo fa aumentare la
domanda dei beni sostitutivi;

LE ASPETTATIVE; le aspettative sullandamento dei redditi e dei prezzi futuri


influenzano le decisioni di spesa di corrente.

IL FATTORE DEMOGRAFICO; di regola pi il mercato vasto in termini di


popolazione, maggiore la quantit domandata di beni e servizi per ogni dato
prezzo.

4.4.1. LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO


Per segmentazione del mercato, sintende la suddivisione del mercato in gruppi di
consumatori omogenei, dove ogni gruppo pu essere selezionato come un obiettivo da
raggiungere con unapposita azione di marketing.
Affinch la segmentazione sia efficace, deve essere:
-

MISURABILE: le variabili rispetto alle quali si suddivide il mercato devono essere


chiaramente identificabili e quantificabili.

ACCESSIBILE: i segmenti individuati devono essere raggiungibili distintamente


rispetto alla massa generica del mercato.

SIGNIFICATIVA: la segmentazione non deve raggiungere livelli tali per cui la


dimensione dei segmenti di mercato sia talmente ridotta e specifica da non poter
costituire un target profittevole.

I principali criteri per la segmentazione del mercato dei beni di consumo sono:
1. Segmentazione in base a parametri geografici e demografici:
o

Ripartizione geografica della popolazione (regioni, aree urbana, suburbana


e rurale, densit ecc.);

Et;

Sesso;

Stadio del ciclo di vita attraversato dalla famiglia;

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2. Segmentazione in funzione del reddito: analisi della distribuzione del reddito15 per
regione, et, nucleo familiare;
3. Segmentazione in base al comportamento dacquisto:
o

Analisi dei fattori sociologici quali: istruzione, occupazione, religione, razza,


classe sociale ecc.

Analisi dei fattori psicologici e di comportamento quali: personalit,


frequenza dacquisto, entit degli acquisti, conoscenza ed uso del
bene/servizio, fedelt alla marca.

Riguardo la segmentazione per et si possono distinguere le seguenti fasce:


1. Bambini (da 1 a 12 anni): possono influenzare gli acquisti dei genitori e dei
parenti; sono un segmento polarizzante degli acquisti da parte dei parenti;
2.

Adolescenti (da 13 a 20 anni): sono buoni acquirenti di musica, cosmetici,


abbigliamento e spingono allacquisto di ciclomotori, anche se utile effettuare una
sub-segmentazione fra la classe di et dai 13 ai 16 anni e quella dai 17 ai 20 anni.

3. Giovani (dai 21 ai 39 anni): in questo arco di tempo normalmente ci si preoccupa


della carriera, ci si sposa e si hanno figli, per cui le classi di spesa sono le pi vaste
(lavoro, casa, figli ecc.).
4. Adulti (dai 40 ai 65 anni): si tratta del segmento finanziariamente pi consistente
che spesso non ha pi figli piccoli e direziona i propri acquisti verso beni/servizi di
alta qualit ed elevato prezzo.
5.

Anziani (oltre i 65 anni): un segmento sempre pi in crescita e che necessita di


beni e, soprattutto, di servizi particolari.

Riguardo il ciclo di vita della famiglia, si possono, invece, individuare le seguenti fasi:
1. STADIO DEL CELIBATO: in questa fase una larga parte del reddito disponibile
destinato allacquisto di abiti, automobili ed al divertimento.

15

Diverse sono le possibili nozioni di reddito:


REDDITO PERSONALE: composto dalla sommatoria di tutti i redditi di cui il consumatore
dispone, al lordo delle tasse.
REDDITO DISPONIBILE: il reddito personale al netto delle imposte e delle tasse.
REDDITO DISCREZIONALE: il reddito disponibile al netto di tutte quelle spese di prima
necessit di cui il consumatore non pu fare a meno (alimenti, vestiario, abitazione). Tale
reddito costituisce sicuramente un indicatore migliore del reddito disponibile nelle ricerche di
mercato che interessano i beni secondari.
REDDITO MONETARIO: il valore nominale dei redditi percepiti dal consumatore.
REDDITO REALE: il reddito monetario al netto dellinflazione; indica il reale potere dacquisto
del consumatore.

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2. STADIO DELLE GIOVANI COPPIE: la spesa si concentra verso lacquisto della


casa e del necessario per arredarla.
3. STADIO DEL NIDO PIENO 1 (con figli piccoli fino a 6 anni): la spesa viene
convogliata in gran parte verso lacquisto del necessario per i figli.
4. STADIO DEL NIDO PIENO 2 (coppie sposate da diversi anni con figli ancora
conviventi): anche in questo caso gran parte del reddito disponibile viene assorbito
dai figli, ma per spese pi orientate verso listruzione, lo sport e labbigliamento.
5. STADIO DEL NIDO VUOTO: lo stadio in cui il reddito discrezionale
generalmente pi alto e le coppie spendono in viaggi e beni di elevata qualit.
6. STADIO DEI SOPRAVVISSUTI SOLITARI: questo stadio v distinto a seconda del
grado di autosufficienza degli anziani16.
La segmentazione del mercato dei beni industriali segue regole diverse rispetto a
quella del mercato dei beni di consumo, in quanto, sostanzialmente, le tipologie di beni
acquistabili sono riconducibili alle immobilizzazioni, alle materie prime ed alle forniture
operative e la caratteristica principale della domanda di avere natura derivata rispetto a
quella del consumatore finale.
FIG. 7

LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO DEI BENI INDUSTRIALI


Materie prime e semilavorati

Macchinari ed attrezzature

Forniture operative

Domanda di natura derivata, in quanto dipendente dalla domanda


dei beni di consumo.
CARATTERISTICHE
DELLA DOMANDA

Domanda prevalentemente rigida, dato che, in considerazione


della sua natura derivata, la sensibilit alle variazioni di prezzo
molto ridotta.
Domanda concentrata in aree specifiche.
Ordini di acquisto generalmente di importo elevato.
Frequenza dacquisto ridotta o a cadenze regolari.

CARATTERISTICHE
DEL MERCATO

Numero di acquirenti notevolmente ridotto rispetto a quello del


mercato dei beni di largo consumo.
Elevata capacit di acquisto di ogni utilizzatore.
Periodo di negoziazione generalmente lungo.

16

Stanton W. Varaldo R. Marketing IL MULINO

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4.4.2. IL PROCESSO DACQUISTO


Per processo dacquisto sintende il complesso delle fasi attraverso le quali una
persona o un gruppo di persone elaborano e mettono in pratica le decisioni di acquisto.
Le fasi del processo dacquisto sono:
1. Presenza, anche latente, di un bisogno
2. Percezione del bisogno
3. Raccolta delle informazioni
4. Valutazione delle alternative
5. Decisione dacquisto
6. Acquisto effettivo
7. Uso
8. Impressione post-uso.
In realt significativa anche lanalisi:

delle ABITUDINI DACQUISTO:


o

QUANDO il consumatore acquista (stagione, giorno della settimana, orari


ecc.);

PERCH il consumatore acquista (motivazione allacquisto e funzione duso);

DOVE il consumatore acquista (dove viene presa la e dove viene effettuato


lacquisto);

COME il consumatore acquista (frequenza e luogo dacquisto; modalit di


pagamento);

del ruolo delle PERSONE INFLUENTI nel processo dacquisto:


o

CHI COMPRA (chi materialmente compie latto dellacquisto);

CHI DECIDE (la decisione dacquisto pu anche essere un risultato collettivo


pi che individuale);

CHI INFLUENZA (linfluenza pu pervenire dai mass media oppure da un


certo numero di persone che alimentano sia il sorgere del bisogno che la
scelta delle modalit di soddisfazione dello stesso);

CHI USA ( il cliente in senso stretto).

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4.4.3. LE STRATEGIE DI SEGMENTAZIONE


Una volta effettuata la segmentazione limpresa dovr scegliere fra due principali
strategie:
1. SEGMENTAZIONE CONCENTRATA: si basa sulla scelta di un unico segmento sul
quale direzionare tutte gli sforzi di gestione e di marketing.
2. SEGMENTAZIONE MULTIPLA: si basa sulla scelta di pi segmenti a cui rivolgersi
con strategie differenziate e, spesso, anche con prodotti differenti.
La combinazione del numero di mercati serviti con il numero di beni offerti dar luogo
ad una diversa strategia generale, allinterno della quale, in dipendenza dellampiezza del
target e della politica di marketing mix si potr definire la strategia specifica da seguire:

PRODOTTI/SERVIZI
Prodotto 1

MERCATI/
SEGMENTI

Prodotto 2

Prodotto 3

Mercato/segmento
1

Penetrazione del
mercato/segmento

Sviluppo prodotti

Mercato/segmento
2
Mercato/segmento
3

Sviluppo dei
mercati/segmenti

Diversificazione

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5. LANALISI DELLIMPRESA E LE STRATEGIE DI POSIZIONAMENTO


Ai fini sia dellanalisi S.W.O.T. che della redazione del Piano di Marketing occorre
condurre un attento studio sulla struttura dimpresa, sul possesso dei fattori critici di
successo necessari per introdursi, consolidarsi e crescere sul mercato, nonch una
dettagliata valutazione delle priorit strategiche e delle possibili alternative operative.
In seguito alle risultanze dellanalisi S.W.O.T. si potranno, poi, selezionare le strategie
e le leve operative da dettagliare nel Piano di marketing.
FIG. 8

LANALISI DELLIMPRESA

Analisi della STRUTTURA

Valutazione dellefficienza
dimensionale, organizzativa e
produttiva ed analisi dei costi;
Valutazione dei fattori critici di
successo;

Analisi delle STRATEGIE

Valutazione delle priorit strategiche fra cui:


- Obiettivi di sviluppo, di fatturato e di profitto;
- Aree Strategiche dAffari (A.S.A);
- Posizionamento attuale e prospettico.
- Differenziazione.

Valutazione dei punti di forza


e di debolezza.

Valutazione delle modalit operative di


attuazione delle strategie e di raggiungimento
degli obiettivi.

Analisi S.W.O.T.

Piano di Marketing

Fra le priorit strategiche grande rilevanza assume la definizione della o delle Aree
Strategiche dAffari ciascuna delle quali delimita uno spazio competitivo (mercato)
strategicamente rilevante che limpresa gestisce separatamente ed al quale destina
prodotti e/o servizi specifici.
Ciascuna A.S.A., inoltre, opera in uno specifico sistema competitivo ed destinataria di
unopportuna politica di marketing, dato che al variare di uno degli elementi che servono
ad identificare larea strategica daffari cambiano, generalmente, anche le caratteristiche
dellofferta.

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Lambito competitivo, a sua volta, la risultante della combinazione dei seguenti fattori:
1) Il segmento (interazione fra prodotti venduti e clienti serviti);
2) Lambito geografico in cui limpresa opera;
3) Il numero di settori correlati in cui limpresa compete;
4) Il grado di integrazione verticale, ovvero il numero di fasi del processo produttivo
realizzate internamente allimpresa.

FIG. 9

Una volta definite le Aree Strategiche dAffari, limpresa dovr scegliere il


posizionamento pi idoneo rispetto al mercato ed alla concorrenza, al fine del
raggiungimento del vantaggio competitivo.
Il posizionamento pu essere definito come linsieme delle politiche e delle iniziative
volte ad impostare, in funzione delle caratteristiche del prodotto, le strategie di marketing
mix pi adatte per far s che il consumatore percepisca il bene/servizio in una determinata
maniera e lo collochi in posizione preferenziale rispetto allofferta della concorrenza.
Infatti, se si vogliono comprendere le ragioni dei differenti risultati conseguiti da
aziende di dimensioni simili ed operanti nel medesimo settore ed ambito geografico, si
devono esaminare le diverse modalit di svolgimento delle attivit con le quali le stesse
combinano i fattori produttivi dipendendo i risultati competitivi e reddituali, principalmente,
dal modo in cui sono svolte le attivit dirette alla creazione del valore.

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Le principali strategie di posizionamento sono le seguenti:

LEADERSHIP DI COSTO: limpresa mira a diventare il produttore a pi basso


costo del settore in cui si colloca.

LEADERSHIP DI DIFFERENZIAZIONE: limpresa assume come obiettivo


principale il pi alto grado di soddisfazione dei bisogni dei clienti e mira ad essere
unica nel proprio settore.

FOCALIZZAZIONE SUI COSTI: limpresa mira a diventare il produttore a pi basso


costo in uno o pochi segmenti specifici

FOCALIZZAZIONE

SULLA

DIFFERENZIAZIONE:

limpresa

assume

come

obiettivo principale il pi alto grado di soddisfazione dei bisogni dei clienti e mira ad
essere unica in uno o pochi segmenti specifici.

FIG. 10
IL POSIZIONAMENTO E LE STRATEGIE COMPETITIVE DI BASE
A
M
B
I
T
O
C
O
M
P
E
T
I
T
I
V
O

AMPIO

LEADERSHIP DI COSTO

LEADERSHIP DI
DIFFERENZIAZIONE

FOCALIZZAZIONE
SUI COSTI

FOCALIZZAZIONE SULLA
DIFFERENZIAZIONE

RISTRETTO
COSTO

TIPOLOGIA DI
VANTAGGIO COMPETITIVO

DIFFERENZIAZIONE

Almeno nel breve periodo, le imprese che adottano la strategia di differenziazione


sostengono costi maggiori rispetto a quelle che perseguono la leadership di costo o che si
focalizzano sui costi; tuttavia le stesse riescono a conseguire un vantaggio competitivo sul
fronte della qualit dei prodotti che consente loro di poter beneficiare di un premium price,
legato alla possibilit di praticare un prezzo di vendita pi elevato.
La strategia di differenziazione sostenibile fino a che i clienti riconoscono congruo il
premium price rispetto al valore intrinseco del prodotto.

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Analogamente, per quanto basso possa essere il prezzo di un prodotto, al di sotto di un


livello qualitativo minimo nessun cliente sar disposto ad acquistarlo.
Nello

specifico,

la

differenziazione

corrisponde

allinsieme

delle

azioni

di

potenziamento distintivo rispetto alla concorrenza al fine del raggiungimento del vantaggio
competitivo.
Alcuni possibili elementi di differenziazione dellofferta sono:

Potenziamento e/o variazione di una o pi caratteristiche del prodotto/servizio;

Qualit;

Combinazione delle materie prime;

Funzione duso del prodotto;

Design;

Package;

Dimensioni;

Livello tecnologico;

Certificazioni di qualit sia del prodotto che dellazienda;

Prezzo;

Servizi post-acquisto e accessori;

Combinazione del prodotto con altri beni che ne potenzino il valore e la funzione
duso.

Considerando che i fattori sui quali sono basate le strategie di posizionamento sono
qualit e prezzo e che lobiettivo il vantaggio competitivo e la quota di mercato ad esso
correlata, si pu pervenire allanalisi grafica del posizionamento attraverso le seguenti
fasi:
1. individuazione dei competitors e, nel caso il loro numero sia molto elevato,
individuazione dei concorrenti pi rilevanti e temibili dallimpresa;
2. analisi del prezzo di vendita praticato dai competitors;
3. analisi della qualit dellofferta dei competitors;
4. analisi della quota di mercato (in %) assorbita da ciascun competitor;
5. valutazione del prezzo di vendita della propria offerta, della qualit e della quota di
mercato raggiungibile al tempo t.

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Mentre quota di mercato e prezzo di vendita sono dati esogeni, il livello qualitativo deve
essere valutato in base alla serie di fattori che complessivamente lo definiscono ponderati
a seconda della loro importanza, attraverso unopportuna mappa di posizionamento del
fattore qualit:
ESEMPIO DI MAPPA DI POSIZIONAMENTO DEL FATTORE QUALITA'
Elementi fattore
QUALITA'

PESO
(%)

Concorrente Concorrente Concorrente Concorrente


A
B
C
D

Fattore 1
Fattore 2
Fattore 3
Fattore 4
Fattore 5

40%
25%
20%
10%
5%

10
8
7
9
7

8
9
6
8
7

7
1
6
7
6,5

6
0
6
6
4

7,5
0
6
7
6,5

FATTORE QUALITA'
PONDERATO

100%

8,65

7,8

5,28

4,40

5,23

Impresa

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CASE STUDY
Si consideri il caso dellazienda GAMMA s.r.l. che intende valutare la convenienza economica ad avviare un
progetto dinvestimento imprenditoriale nel settore manifatturiero alimentare stimando la domanda del proprio
prodotto attraverso la determinazione della quota di mercato potenzialmente raggiungibile (v. 4.4.).
Considerando lesistenza sul mercato di riferimento di cinque concorrenti principali, di cui due leaders a livello
nazionale (Concorrenti A e B) e tre essenzialmente a livello regionale (Concorrenti C, D, E), e la seguente mappa
di posizionamento del fattore qualit:
MAPPA DI POSIZIONAMENTO: FATTORE QUALITA'
Elementi fattore
QUALITA'

Qualit e
combinazione
materie prime
Certificazione di
qualit

PESO (%)

Concorr. Concorr. Concorr. Concorr. Concorr.


A
B
C
D
E

Impresa

0,40

10

7,5

0,25

Design di facile
utilizzazione

0,20

Servizi accessori

0,10

Packaging lusso

0,05

6,5

6,5

FATTORE QUALITA'
PONDERATO

1,00

8,9

7,8

5,03

5,00

4,60

5,23

nonch la situazione di posizionamento globale evidenziata dal seguente grafico (dove la grandezza delle bolle
indicativa della quota di mercato percentuale assorbita da ciascun competitor):
POSIZIONAM ENTO COM PETITORS al te mpo (t-1)
12
10%

POSIZIONAMENTO COMPETITORS SEGMENTO


HO.RE.CA. (tempo t-1)
Quota di
Prezzo
Qualit
mercato
Concorrente A
11,00
8,9
10%
Concorrente B

8,00
7,8
20%
Concorrente C

7,50
5,03
30%
Concorrente D

7,50
5,00
25%
Concorrente E

7,00
4,60
15%

Qualit

10

20%

8
6

30%

15%

25%

2
0
-

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

Prezzo

Concorrente A

Concorrente B

Concorrente C

Concorrente D

Concorrente E

si ipotizza il raggiungimento di una quota di mercato pari al 5% gi dal primo esercizio amministrativo, con una
ridefinizione degli equilibri di mercato, a seguito dellingresso dellimpresa, tale che le concorrenti aggredite
siano sostanzialmente quelle pi simili allazienda stessa, in termini di dimensionamento e di ambito competitivo:
POSIZIONAM ENTO COM PETITORS al te mpo t
12
10%

POSIZIONAMENTO COMPETITORS SEGMENTO HO.RE.CA.


(tempo t)
Quota di Variazione% t Prezzo Qualit
mercato
(t-1)
Concorrente A 11,00
8,9
10%
0%
Concorrente B 8,00
7,8
20%
0%
Concorrente C 7,50
5,03
29%
-1%
Concorrente D 7,50
5,00
22,5%
-3%
Concorrente E 7,00
4,60
13,5%
-2%
Impresa
7,50
5,23
5% new comer

Qualit

10

20%

5%

29%

13,5%

22,5%

2
0
-

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

Prezzo
Concorrente A

Concorrente B

Concorrente C

Concorrente D

Concorrente E

Impresa

Lanalisi deve essere ripetuta per ciascuna Area Strategica dAffari dellimpresa e, dunque, in relazione a
ciascuna combinazione segmento/prodotto (o servizio).

6. LANALISI S.W.O.T.
Dalla ricerca di mercato parte un flusso informativo sulla situazione economica
generale, sul settore, sul consumatore, sulla domanda aggregata e sulla concorrenza che
segnala lesistenza attuale o prospettica di OPPORTUNITA (Opportunities) e di
MINACCE (Threats).
Lazienda, sulla base dei risultati ottenuti in passato ed, in generale, delle FORZE
(Strenghts) e DEBOLEZZE (Weaknesses) attuali o prospettiche, valuta le alternative di
azione possibili, rispetto agli obiettivi prefissati.
Si precisa che unopportunit ed una minaccia dellambiente ed una forza/debolezza
dellimpresa si configurano come tali solo in riferimento ad un determinato contesto
competitivo.
Unopportunit di mercato consiste in unarea di esigenze e dinteresse da parte degli
acquirenti nella quale esiste unelevata probabilit che limpresa possa operare con
profitto e creare un vantaggio competitivo; una volta individuate le opportunit presenti sul
mercato, bisogna stabilire quali di esse siano effettivamente compatibili con gli obiettivi
dellimpresa e confrontarle con le risorse disponibili.
Una minaccia pu portare ad impedire lattuazione di una strategia, ad aumentare il
rischio di insuccesso o a richiedere maggiori risorse per conseguire gli obiettivi, in
assenza di contromisure per fronteggiarla.

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I punti di forza sono risorse o attivit specifiche di cui limpresa in possesso e che,
se utilizzate in maniera efficace, conferiscono alla stessa una competenza distintiva
rispetto ai concorrenti. Una caratteristica ha la qualit di forza se limpresa pu utilizzarla
per sfruttare unopportunit o minimizzare una minaccia.
I punti di debolezza sono costituiti da risorse e capacit di cui limpresa non dispone o
che non riesce ad utilizzare adeguatamente, mentre i concorrenti ne dispongono ed
anche in modo efficiente. Essi identificano unarea di rischio che se non presidiata si
traduce in uno svantaggio competitivo. Una debolezza tale se limpresa non in grado
di cogliere unopportunit o minimizzare una minaccia.
La presenza (o lassenza) di una risorsa o di una capacit costituisce un punto di forza
(debolezza) solo se il mercato a richiederla. Ci che oggi rappresenta un punto di forza
pu vedere diminuita la sua importanza al mutare delle condizioni esterne.

In definitiva, le fasi dellanalisi S.W.O.T. si sostanziano in:


1. Esplorazione dellambiente per individuarne minacce ed opportunit.
2. Definizione delle forze e delle debolezze che caratterizzano limpresa.
3. Graduazione dellimportanza di minacce/opportunit e forze/debolezze.
4. Scelta dei fattori pi rilevanti di ciascuna delle quattro aree oggetto di valutazione
(forze/debolezze e minacce/opportunit) sulle quali focalizzare le strategie di
marketing.

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La graduazione dellimportanza delle minacce e delle opportunit, nonch delle forze e


delle debolezze avviene attraverso opportune matrici.
In particolare, la procedura della compilazione della matrice delle minacce e della
matrice delle opportunit segue quattro passaggi:
1. Si attribuisce a ciascuna minaccia (opportunit) un grado di gravit (attrattivit)
graduando il giudizio su una scala numerica (ad es. intervallo da 1 a 10);
2. Si definisce la probabilit (in %) di accadimento di ciascun intervento;
3. Si moltiplica la gravit (attrattivit) di ciascun fattore per la corrispondente
probabilit;
4. Si ordinano i risultati (a parit di gravit/attrattivit conta la probabilit del fattore).
FIG. - 11

Successivamente, ciascuna priorit viene inserita allinterno di unulteriore matrice che


rende immediata la valutazione delle azioni da intraprendere:

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I fattori che si situano in alto a destra (2 quadrante) della matrice dovranno essere
seguiti con attenzione, data la loro pericolosit o attrattivit e la loro elevata
probabilit di verificarsi;

I fattori che si situano in basso a sinistra (4 quadrante) della matrice non meritano
attenzione specifica, data la loro scarsa rilevanza e ridotta verosimiglianza;

Per i fattori situati negli altri due quadranti (1 e 3) deve essere attuata unazione
di monitoraggio, per seguirne levoluzione nel tempo.

Analogamente per la graduazione dellimportanza dei punti di forza e di debolezza, si


compila la relativa matrice attraverso:

la formulazione di un giudizio su ciascuna prestazione (ad es. da 1 a 10);

lassegnazione a ciascuna prestazione di un peso proporzionale alla sua


importanza, rispetto alla posizione competitiva dellimpresa;

la moltiplicazione del livello della prestazione di ciascun fattore per il suo grado di
importanza ottenendo la priorit di ciascuna forza/debolezza;

la graduazione dei risultati (a parit di livello di prestazione si considera


limportanza del fattore).
FIG. 12

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Anche per le forze e le debolezze, ciascuna priorit viene inserita allinterno di


unulteriore matrice per valutare le conseguenti azioni:

1 quadrante: nel caso in cui limpresa abbia una carenza di prestazione


(debolezza) su di un fattore dimportanza elevata, su di essa dovranno concentrarsi
gli sforzi correttivi;

2 quadrante: nel caso in cui limpresa segnali una prestazione elevata (forza) su di
un fattore di importanza elevata, la posizione dovr essere mantenuta;

3 quadrante: nel caso in cui la prestazione sia elevata e di ridotta importanza


potranno essere distolte le risorse in eccesso;

4 quadrante: nel caso in cui limpresa manifesti una carenza di prestazione su di


un fattore di importanza ridotta, non dovranno essere compiuti interventi immediati.

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7. IL PIANO DI MARKETING
Il piano di marketing ha importanza strategica nella redazione del piano dimpresa, in
quanto, partendo dalla ricerca di mercato definisce:

Le strategie dimpresa e gli obiettivi di vendita

Il marketing mix (Prodotto, Prezzo, Comunicazione e Distribuzione)

Le risorse impiegate

I costi di marketing

I punti di controllo sulla coerenza e credibilit del programma

Nel piano di marketing, tuttavia, vengono sovente inserite le conclusioni relative:

allanalisi S.W.O.T., al fine di giustificare le scelte strategiche dimpresa;

allanalisi del Break Even Point, al fine di giustificare le stime e gli obiettivi di
vendita.

7.1. IL PROCESSO DI DETERMINAZIONE DEL PREZZO


Il processo di determinazione del prezzo dovrebbe, prima di tutto, basarsi sullanalisi
dei seguenti elementi:

analisi dei costi;

utilit e qualit del bene/servizio percepita dal cliente;

comportamento della concorrenza;

elasticit della domanda rispetto al prezzo17;

di cui gli ultimi tre sono necessari soprattutto allo scopo della definizione del livello di
mark-up sui costi, ovvero del margine di utile unitario conseguibile dallazienda dopo aver
provveduto alla copertura dei costi.
Infatti, uno degli errori pi frequentemente commessi in fase di ingresso sul mercato
quello di stabilire un prezzo di vendita troppo basso, spesso a causa dellerrata
quantificazione dei costi o della volont di presentarsi con una politica molto aggressiva,
al fine di spiazzare la concorrenza.

Lelasticit della domanda rispetto al prezzo definita come la variazione percentuale della
quantit domandata derivante da una variazione del prezzo dell1% ed calcolata attraverso la
formula: [((Q)/Qiniziale)/((P)/Piniziale)].

17

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In definitiva, nella determinazione del prezzo di vendita occorre tenere in


considerazione:
- la copertura dei costi;
- il margine di profitto che si desidera conseguire;
- la compatibilit della propria strategia con le politiche di prezzo praticate dalla
concorrenza;
- la presenza di eventuali vincoli minimi e/o massimi alla fissazione del prezzo di
vendita, imposti dalla normativa vigente o da imprese con cui si in rapporto di
partnership.
Emerge, dunque, la seguente formula per il calcolo del prezzo di vendita ideale:
P= (CV/Q) + (CF/Q) + (UD/Q)
dove:
CV = costi variabili totali;

CF = costi fissi totali;

UD = utile desiderato;

Q = quantit prodotta;

7.2. IL BREAK EVEN POINT


Una volta analizzati i costi fissi e quelli variabili connessi allattivit dimpresa,
attraverso lo studio del settore e del processo produttivo (v. 4.2.) ed una volta fissato
opportunamente il prezzo di vendita (v. 7.1.), utile, per le finalit del Business Plan,
individuare il fatturato di pareggio ed il volume delle vendite necessario per generare un
margine di contribuzione tale da coprire il totale dei costi fissi, pervenendo, pertanto, ad
una situazione di sostanziale pareggio tra costi e ricavi.
Graficamente il punto di pareggio dato dallintersezione della curva dei costi totali con
quella dei ricavi totali (rappresentate, per semplicit, con rette anzich curve).

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Fig. 13 Analisi grafica del B.E.P.

La funzione dei Costi Totali caratterizzata dalla somma dei Costi Fissi totali
(graficamente rappresentati da una linea retta parallela allasse delle ascisse, in quanto
indipendenti ed invariabili rispetto al volume della produzione) e dei Costi Variabili totali
(dati dal prodotto fra Costi Variabili unitari e Quantit prodotte) e la relativa curva origina
in corrispondenza del valore dei costi fissi, in quanto in caso di produzione nulla i due
valori coinciderebbero:
CT = CF + (CVu x Q)
La funzione dei Ricavi Totali data dal prodotto fra Prezzo e Quantit venduta:

RT = P x Q
dove:
RT = Ricavi Totali
CT = Costi Totali
CF = Costi Fissi (Indicato nel grafico con k)
CVu = Costo variabile unitario
P = Prezzo di vendita
Q = quantit

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Analiticamente, il volume di vendita di pareggio (Break even Point B.E.P.) dato dalla
seguente formula:

Q0 = [CF/(P-CVu)]
In corrispondenza di un volume delle vendite inferiore a Q0 il margine di contribuzione
unitario (P-Cvu) non sufficiente a coprire i costi fissi, per cui la gestione caratteristica
registrer una perdita.
Graficamente larea delle perdite delineata dallarea a sinistra del punto di pareggio in
cui la curva dei costi totali sovrasta quella dei ricavi.
Al contrario, a destra del punto di pareggio, nellarea in cui la curva dei ricavi si trova al
di sopra di quella dei costi totali, limpresa registra profitti.
Altrettanto importante il Break Even Poin in valore (fatturato lordo di equilibrio), al
quale si perviene attraverso il prodotto fra Prezzo di vendita e Quantit di pareggio:

P x Q0

Il tempo necessario, nel corso dellesercizio amministrativo, per raggiungere il fatturato


di equilibrio (c.d. B.E.P. in giorni) , invece, dato da:

B.E.P. in giorni = [B.E.P. fatturato lordo/(Fatturato previsto/365)]


Infine, confrontando il volume di vendita di pareggio (Q0) con il volume di vendita
previsto (Qp) nel piano delle vendite (o effettivo in caso di analisi a consuntivo) per
ciascun esercizio possibile determinare il c.d. margine di sicurezza dellattivit
produttiva, ovvero quella percentuale di fatturato che limpresa stima di conseguire in pi
rispetto al fatturato di pareggio:
MARGINE DI SICUREZZA =
[(Fatturato previsto Fatturato pareggio)/Fatturato previsto]*100

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8. I PIANI OPERATIVI
Come anticipato nel corso del terzo paragrafo, la sezione numerica del Business Plan
si basa su previsioni economico-finanziarie proiettate in un arco temporale dai tre ai
cinque anni (sebbene progetti complessi come, ad esempio, quelli relativi al Project
financing coinvolgano un numero di esercizi previsionali molto pi ampio) ed composta
da cinque piani operativi settoriali e da quattro documenti consolidati.
Fanno parte dei c.d. Piani Operativi:
1. il piano delle vendite,;
2. il piano tecnico-produttivo;
3. il piano degli investimenti;
4. il piano della struttura;
5. il piano del personale.

8.1. IL PIANO DELLE VENDITE


Dallanalisi della congiuntura economica, della domanda, della concorrenza, del
posizionamento strategico, del break even point e delle politiche di prezzo scaturiscono
una serie di informazioni da tradurre in dati nel piano delle vendite ed, in particolare:
1. dallanalisi della congiuntura economica interessa rilevare il livello di inflazione
attuale ed atteso, importante al fine della valutazione dei possibili riflessi sul prezzo
di vendita. Infatti, se laspettativa di incremento dellinflazione, lazienda potrebbe
essere portata ad aumentare proporzionalmente il prezzo di vendita oppure a
decidere

di

mantenerlo

invariato

nel

perseguimento

di

una

politica

di

consolidamento del mercato (soprattutto in fase di start-up), assorbendo, nel breve


termine, la riduzione del margine operativo lordo unitario;
2. dallanalisi della concorrenza e del posizionamento strategico interessa stabilire la
quota di mercato raggiungibile nei singoli esercizi previsionali, in maniera da
stimare il dimensionamento del portafoglio clienti;
3. dallanalisi della domanda interessa rilevare il consumo medio pro-capite allinterno
di ciascun segmento prescelto in modo da pervenire alle quantit di vendita
obiettivo per singolo esercizio, applicando tale valore al numero di clienti
potenzialmente raggiungibile;
4. dallanalisi del break even point interessa rilevare la congruenza fra le stime di
vendita obiettivo e la quantit di pareggio, nonch il margine di sicurezza;

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5. dallanalisi delle politiche di prezzo si individua il prezzo di vendita ideale.


Una volta stabiliti tutti gli elementi di base utili per la stima del fatturato, il procedimento
per la compilazione del piano delle vendite il seguente:
1. si inseriscono i volumi di vendita previsti per tipologia di prodotto;
2. si inserisce il dettaglio dei prezzi per tipologia di prodotto I.V.A. esclusa;
3. si quantificano i ricavi per tipologia di output attraverso il prodotto fra quantit di
vendita previste e prezzo medio.
Importante individuare laliquota I.V.A. sulle vendite (ai sensi del D.P.R. n. 633 del
26.10.1972) da inserire, successivamente, nellapposita tabella riepilogativa.
Nel caso lazienda adotti una strategia di sviluppo dei mercati o di diversificazione
dovr redigere un piano delle vendite per ciascun mercato di sbocco.
FIG. 14 Il piano delle vendite

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8.2. IL PIANO TECNICO PRODUTTIVO


Il piano tecnico-produttivo stima il costo di produzione relativo alle sole materie prime,
per cui, partendo dalle stime delle quantit vendute provenienti dal piano delle vendite,
nonch dalla combinazione delle materie prime da utilizzare nel processo produttivo ed, in
definitiva dallanalisi del loro costo unitario I.V.A. esclusa, si perviene alla redazione del
seguente prospetto:

Fig. 15 Il piano tecnico produttivo

Il procedimento della compilazione , dunque, il seguente:


1. nel caso di imprese industriali, si stabilisce, per ogni tipologia di bene da produrre, il
costo medio unitario degli approvvigionamenti in materie prime, parti componenti e
semilavorati, nonch lincidenza unitaria della confezione e dellimballaggio
attraverso la redazione di unapposita distinta base. Nel caso di imprese
mercantili occorre, invece, quantificare il costo dacquisto delle merci.
2. si definiscono i volumi di produzione (o di acquisto di merci) previsti per tipologia di
prodotto, sulla base delle stime di vendita.
3. si quantificano i costi per tipologia di output attraverso il prodotto fra quantit e
costo medio unitario.
Anche in questo caso importante individuare laliquota I.V.A. sugli acquisti (ai sensi
del D.P.R. n. 633 del 26.10.1972) da inserire, successivamente, nellapposita tabella
riepilogativa.
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Inoltre, sul costo di acquisto unitario per singolo esercizio previsionale incider
linflazione attesa.
Aggiungendo ai costi di approvvigionamento che emergono dal piano della produzione
e che sono strettamente correlati alle previsione delle vendite, i costi relativi al totale degli
acquisti di materie prime (o merci) preventivati in ciascun esercizio, in parte destinati al
magazzino materie prime (o merci) ed in parte alla produzione dei beni da imputare al
magazzino prodotti finiti, si perviene alla definizione del piano degli acquisti
complessivi.
In particolare, la politica di gestione delle scorte legata:

alle strategie ed alla gestione delle vendite;

a fattori economici quali, in primis, i costi dellimmagazzinaggio (personale,


eventuale canone di affitto dei locali, altri costi fissi legati al magazzino);

a fattori logistici quali, ad esempio: capacit del magazzino, deperibilit delle merci
ecc.

Il piano delle scorte, cos come la gestione del magazzino, viene distinto in:
1. Piano delle scorte di merci, materie prime, parti componenti e semilavorati;
2. Piano dei prodotti finiti.
Tali scorte possono essere stimate attraverso le seguenti metodologie:

PER SCORTA FISSA MINIMA (a cui, eventualmente, aggiungere le scorte


calcolate con le altre seguenti modalit);

PER GIORNI DI ROTAZIONE applicando la formula:


scorte = [(costo dacquisto x gg. di magazzino)/360]

PER INCIDENZA % SUL FATTURATO.

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8.3. IL PIANO DEGLI INVESTIMENTI


Il piano degli investimenti riepiloga il costo dacquisto, I.V.A. esclusa, di tutti gli
investimenti necessari allimplementazione del progetto dinvestimento, suddivisi in
immobilizzazioni materiali ed immateriali, ed evidenzia per ciascuno di essi la percentuale
di ammortamento, utile poi, per la compilazione della tabella riepilogativa degli
ammortamenti.
LI.V.A. sulle spese dinvestimento , invece, evidenziata nellapposita tabella
riassuntiva.
Il prospetto che ne deriva il seguente:
FIG. 16 Il Piano degli investimenti

Correlato al Piano degli investimenti il PIANO DEGLI AMMORTAMENTI contenente:


il dettaglio delle quote di ammortamento annue previsionali per categorie di beni
(applicando la percentuale di ammortamento al costo storico);
il totale degli ammortamenti annui (sommatoria delle quote annue relative a tutte le
categorie di beni);
lammontare del Fondo ammortamento per singola categoria di beni (dato dalla
sommatoria delle quote annue di ammortamento) ed il totale dei Fondi
ammortamento;
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eventuali storni del Fondo ammortamento in conseguenza di cessione di beni.


Riguardo le procedure di ammortamento, occorre sottolineare che le immobilizzazioni
immateriali sono ammortizzate con il c.d. metodo diretto, per cui per le stesse non esiste il
Fondo ammortamento ma la quota viene detratta annualmente direttamente dal costo
storico; al contrario, il Fondo ammortamento esiste per le immobilizzazioni materiali,
ammortizzate con il metodo indiretto, sebbene in sede di redazione del bilancio, il fondo
venga direttamente stornato dal costo storico, talch lo Stato Patrimoniale, nella sezione
dellattivo, evidenzia gia le immobilizzazioni nette.
Riguardo la disciplina delle immobilizzazioni, si riportano alcuni dei pi importanti
riferimenti alla normativa vigente:
Art. 2426 c.c. Criteri di valutazione:
Le immobilizzazioni sono iscritte al costo dacquisto o di produzione Il costo di
produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto;
Il costo delle immobilizzazioni materiali ed immateriali, la cui utilizzazione limitata
nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio, in relazione
con la loro residua possibilit di utilizzazione;
Limmobilizzazione che alla data della chiusura dellesercizio risulti di valore inferiore
a quello che scaturisce dalla differenza fra costo dacquisto e fondo ammortamento,
deve essere iscritta a tale minor valore; questo non pu essere mantenuto nei
successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata.
I costi dimpianto, di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicit
aventi utilit pluriennale possono essere iscritti nellattivo patrimoniale e devono essere
ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che lammortamento
non completato possono essere distribuiti dividendi solo se

residuano riserve

disponibili sufficienti a coprire lammontare dei costi non ammortizzati.


Lavviamento pu essere iscritto nellattivo se acquisito a titolo oneroso e deve
essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni.
Art. 102 T.U.I.R. Ammortamento immobilizzazioni materiali:
Le quote di ammortamento sono deducibili a partire dallesercizio di entrata in
funzione del bene;
I coefficienti di ammortamento sono stabiliti con decreto del Ministro dellEconomia e
delle Finanze e pubblicati sulla G.U.;
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I coefficienti di ammortamento sono ridotti della met per il primo esercizio;


I coefficienti di ammortamento possono essere aumentati in proporzione alla pi
intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore. La misura stessa
pu essere elevata fino a due volte, per ammortamento anticipato nell'esercizio in cui i
beni sono entrati in funzione per la prima volta e nei due successivi;
Nell'ipotesi di beni gi utilizzati da parte di altri soggetti, l'ammortamento anticipato
pu essere eseguito dal nuovo utilizzatore soltanto nell'esercizio in cui i beni sono
entrati in funzione.

8.4. IL PIANO DELLA STRUTTURA


Nel piano della struttura sono definiti una serie di costi attinenti tutte le funzioni
aziendali e, tipicamente, suddivisi in:
Fig. 17 Il piano della Struttura

Per ciascuna tipologia di spesa andr individuata laliquota I.V.A. utile per la relativa
tabella riepilogativa, nonch la variabilit (ovvero il singolo costo pu reputarsi fisso o
variabile) utile al fine dellanalisi del Break Even Point.

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8.5. IL PIANO DEL PERSONALE


Il piano riassume per ogni singola area operativa (produttiva, amministrativa, R&S e
progettazione, commerciale,) il numero di dipendenti ed il costo lordo annuale per unit
lavorativa, distinguendo anche per livelli retributivi e, nel caso dellarea produttiva, fra
manodopera diretta ed indiretta. In unapposita tabella, dovr essere, poi, indicata
lincidenza del T.F.R. e degli oneri sociali e previdenziali.
Fig. 18 Il piano del personale
AREA OPERATIVA X

Esercizio 1

Esercizio 2

Esercizio 3

Esercizio 4

Esercizio 5

N dipendenti
Costo lordo annuo
TOT. LIVELLO 1
N dipendenti
Costo lordo annuo
TOT. LIVELLO 2
.
TOT. COSTO DEL LAVORO

8.6. LE TABELLE DI RIEPILOGO CORRELATE AI PIANI OPERATIVI


I piani operativi sono corredati dalle seguenti tabelle di riepilogo:

Riepilogo annuo dellImposta sul Valore Aggiunto , il quale evidenzia il saldo annuo
I.V.A. ed il relativo debito o credito verso lAgenzia delle Entrate, considerando che
lI.V.A. sulle vendite considerata I.V.A. a debito, mentre lI.V.A. sugli acquisti
a credito;

Riepilogo ONERI FINANZIARI consistenti, principalmente, negli interessi passivi


verso banche per debiti sia a medio/lungo che a breve termine;

Piano di rimborso dei mutui bancari;

Riepilogo IMPOSTE DESERCIZIO consistenti, sostanzialmente, nellImposta sulle


Attivit Produttive (I.R.A.P. pari al 4,25% del valore della produzione netta data
dalla differenza tra la somma delle voci classificabili nel valore della produzione di
cui al primo comma, lettera A), dell'articolo 2425 del codice civile e la somma di
quelle classificabili nei costi della produzione di cui alla lettera B) del medesimo
comma, ad esclusione delle perdite su crediti e delle spese per il personale

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dipendente - art. 5 D.Lgs. n. 446/1997), nonch dallImposta sul reddito delle


societ (I.R.E.S. pari al 33% dellutile desercizio) per le societ di capitali e le
cooperative (sebbene queste ultime possano beneficiare di agevolazioni dettate
dalle leggi speciali) e dallI.R.P.E.F. (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) sui
dividendi erogati ai soci delle societ di persone e sul reddito conseguito dal titolare
della Ditta Individuale nellesercizio dellattivit dimpresa.

8.7. LE VARIABILI CORRELATE AI PIANI OPERATIVI


Al fine della valutazione del progetto dinvestimento e della redazione dei prospetti di
Stato Patrimoniale e Conto Economico previsionali, occorre calcolare una serie di valori
correlati ai piani operativi, ovvero:
lincidenza % dei PREMI e degli SCONTI sul fatturato;
lincidenza % dei RESI SU VENDITE sul fatturato;
gli ALTRI RICAVI (eventuali royalties attive; quota di eventuali contributi a fondo
perduto di competenza dellesercizio ecc.)
la DILAZIONE MEDIA DI PAGAMENTO concessa alla clientela calcolata attraverso la
media ponderata tra la fascia di dilazione concessa in giorni e la quota percentuale di
fatturato relativa a quella fascia di dilazione, secondo la seguente formula matematica:
[(gg. dilazione x quota % fatturato)]/100;
i CREDITI v/CLIENTI quantificati applicando la seguente formula:
[(RICAVI + I.V.A.) X gg. dilazione media incasso]/365;
lincidenza % ACCANTONAMENTO SVALUTAZIONE CREDITI sul totale crediti;
leventuale percentuale di PERDITE EFFETTIVE SU CREDITI sul totale svalutazione
crediti;
lincidenza % degli ONERI ACCESSORI sul valore degli acquisti (ad es. spese di
trasporto);
lincidenza % dei PREMI e degli SCONTI sul valore degli acquisti;
lincidenza % dei RESI sugli acquisti;
la DILAZIONE MEDIA DI PAGAMENTO concessa dai fornitori, calcolata attraverso la
media ponderata tra la fascia di dilazione concessa in giorni e la quota percentuale di
acquisti relativa a quella fascia di dilazione: [(gg. dilazione x quota % acquisti)/100]
i DEBITI v/FORNITORI quantificati applicando la seguente formula:
[(COSTI + I.V.A.) X gg. dilazione MEDIA pagamento]/365
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9. IL PIANO DI FINANZIAMENTO
Il piano di finanziamento tende al raggiungimento di due specifici obiettivi informativi:
1. La determinazione del fabbisogno di finanziamento del progetto;
2. La scelta qualitativa (fonti interne ed esterne; finanziamenti a breve, a medio ed a
lungo termine) e quantitativa delle fonti da cui attingere per far fronte a quel
fabbisogno.
In merito al primo punto, le determinanti del fabbisogno finanziario possono essere
riassunte in:

Risorse necessarie per effettuare le spese dinvestimento (come risultante dal


relativo piano operativo);

Pagamenti da effettuarsi fino al compimento del primo ciclo di ritorno del capitale18
(quando, cio, le entrate relative alle vendite dovrebbero risultare di intensit
sufficiente a reintegrare autonomamente le successive uscite monetarie).

Riguardo il secondo punto, la scelta delle fonti di copertura del fabbisogno finanziario
tra risorse interne ed esterne allimpresa dipende molto dalla motivazione e dalla
disponibilit da parte dei soci a rischiare il proprio capitale nel progetto, nonch dal merito
creditizio dellimpresa e dunque dalla capacit di reperire finanziamenti presso il sistema
bancario.
Inoltre, in dipendenza delle finalit dimpiego delle risorse finanziarie sar opportuno
valutare lopportunit di richiedere affidamenti a medio/lungo termine piuttosto che a breve
termine (v. 12).

18

Il ciclo di ritorno del capitale investito (o ciclo monetario) si esplica attraverso le seguenti fasi:
Erogazione dei mezzi monetari in conseguenza dellacquisto dei fattori produttivi;
Deposito in magazzino delle materie prime in attesa di essere immesse in lavorazione;
Realizzazione del processo tecnico di lavorazione;
Costituzione di stocks di prodotti finiti in attesa di distribuzione;
Distribuzione e vendita;
Riscossione delle vendite e concessione di crediti di funzionamento (per dilazioni di
pagamento);
Riscossione dei crediti di funzionamento.
evidente che pi breve la durata del ciclo di ritorno del capitale, minore il fabbisogno
finanziario necessario per avviare il primo ciclo produttivo ed, in un qualunque periodo
amministrativo, possibile il rinnovo di pi cicli consecutivi che si autoalimentano.

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In particolare, i PRESTITI A BREVE TERMINE dovrebbero essere destinati a coprire


quel fabbisogno finanziario che origina da impieghi in capitale circolante (primariamente
scorte e crediti commerciali o al consumo) e si sostanziano nei contratti di:
1. apertura di credito;
2. sconto;
3. anticipazione (operazione di finanziamento garantita da pegno).
Con i PRESTITI A MEDIO E LUNGO TERMINE, invece, la banca soddisfa le esigenze
di finanziamento generate dalle politiche di investimento in capitale fisso e si sostanziano,
principalmente, nei contratti di MUTUO.
Ad ogni modo, lerogazione di una qualsiasi delle forme di prestito per cassa da parte
della banca preceduta dalla valutazione del progetto da finanziare e della capacit
dellimpresa di rimborsare i finanziamenti ottenuti per quel che concerne sia la quota
capitale che la quota interessi. Dalla valutazione conseguir lindividuazione della
massima quantit di credito concedibile al cliente.
Nello specifico, lammontare dei Mezzi Propri (MP) moltiplicato per il Rapporto di
Indebitamento ammesso o desiderato (D), consente di quantificare il livello massimo di
Mezzi di Terzi al tempo t:
MTt(max) = MPt X D
dove D = Mezzi di Terzi/Mezzi Propri (v. 12.1)
In base a tali vincoli della struttura delle fonti, sar possibile determinare lammontare
massimo di impieghi finanziabili al tempo t (Kt), come segue:
Kt(max) = MPt + MTt(max)

La differenza fra lammontare massimo di impieghi finanziabili (Kt (max)) e quelli


previsti dal piano economico finanziario (Kt) determina una:

CONGRUENZA FINANZIARIA se Kt(max) = Kt

RISERVA DI FINANZIAMENTO se Kt(max) > Kt

INCOMPATIBILIT FINANZIARIA se Kt(max) < Kt

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In questultimo caso le possibili azioni correttive da attuare potrebbero consistere in:


revisione delle spese dinvestimento previste;
maggiore apporto di mezzi propri;
verifica dellesistenza di nuove fonti di finanziamento disponibili;
acquisto mediante contratto di leasing anzich a titolo di propriet.

10. IL BUDGET DI CASSA


Una corretta analisi della gestione finanziaria volta a predeterminare i periodi in cui si
manifesteranno situazioni di carenza di liquidit ed a predisporre opportuni piani
dintervento per gestire le situazioni di squilibrio.
Si elencano, a tal proposito, le principali voci relative alle entrate ed alle uscite
monetarie nellambito della gestione aziendale:

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11. IL CONTO ECONOMICO E LO STATO PATRIMONIALE PREVISIONALI


Dal consolidamento dei dati risultanti dai piani operativi e dal piano di finanziamento, si
perviene alla redazione dei prospetti di Conto Economico e Stato Patrimoniale
previsionali, secondo gli schemi previsti dal codice civile per la redazione del Bilancio
desercizio.
In particolare, nel Conto Economico previsionale sono imputate, per ciascun anno,
le stime sui costi e ricavi desercizio, di cui si elenca il dettaglio delle voci generalmente
interessate dal Business Plan ed il relativo collegamento ai piani operativi:
Ricavi delle vendite e delle prestazioni: fatturato stimato nel piano delle vendite,
detratti i premi, gli sconti ed il valore dei resi su vendite (dove la politica degli sconti
emerge dal piano di marketing);
Variazione delle Rimanenze di prodotti finiti: differenza fra Rimanenze Finali e
Rimanenze Iniziali risultanti dai piani di magazzino;
Costi di acquisto delle materie prime, sussidiarie e di consumo: costi stimati nel
piano degli acquisti al netto di eventuali sconti e resi su acquisti (bench gli sconti
ed i resi, per prudenza, tendono a non essere considerati in sede di pianificazione,
al contrario degli sconti e dei resi sulle vendite);
Costi per servizi: costi risultanti dal piano della struttura:
Costi per godimento di beni di terzi: canoni di affitto dei locali o di leasing, anchessi
risultanti dal piano della struttura;
Costi del personale: costi risultanti dal piano del personale;
Ammortamenti e svalutazioni: tale voce comprende le quote di ammortamento delle
immobilizzazioni e la quota di svalutazione dei crediti;
Variazione delle Rimanenze di materie prime e merci: differenza fra Rimanenze
Iniziali e Rimanenze Finali risultanti dai piani di magazzino;
Accantonamento per rischi e oneri: voce comprensiva delleventuale quota che
limpresa decide di accantonare, in ciascun esercizio, per far fronte ad eventuali
rischi;
Oneri finanziari: sono costituiti, essenzialmente, dagli interessi passivi sui
finanziamenti esterni;
Imposte desercizio: sono le imposte da decurtare al risultato lordo desercizio;
Utile netto desercizio: il primo e fondamentale indicatore della fattibilit economica
del progetto che, una volta determinato, deve essere iscritto nello Stato Patrimoniale
previsionale, fra le poste di Patrimonio Netto.
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Le voci dellattivo dello Stato Patrimoniale previsionale principalmente coinvolte in


sede di pianificazione, sono:
Immobilizzazioni materiali nette, che si ottengono dalla differenza fra il costo storico
delle stesse (evidenziate nel piano degli investimenti) ed i relativi Fondi
Ammortamento (evidenziati nel piano degli ammortamenti);
Immobilizzazioni immateriali nette, soggette allammortamento diretto, per cui
annualmente si procede alla decurtazione della Quota di ammortamento dal valore
residuo di utilizzazione iscritto nellultimo bilancio;
Rimanenze finali di materie prime, merci e prodotti finiti, risultanti dai relativi piani di
magazzino;
Crediti verso clienti, determinati applicando la formula di cui al paragrafo 8.7., al
netto del Fondo svalutazione crediti (a tal proposito si sottolinea che bench la
normativa civilistica preveda che i crediti devono essere iscritti in bilancio secondo il
valore presumibile di realizzazione - art. 2426 c.c. la normativa fiscale prevede
che le svalutazioni siano deducibili, in ciascun esercizio, nel limite dello 0,5% del
valore nominale degli stessi, fino a che il relativo fondo svalutazione raggiunga il
limite massimo del 5% del valore nominale dei crediti iscritti in bilancio a fine
esercizio -art. 106 T.U.I.R.);
Eventuali crediti tributari risultanti dalle tabelle di riepilogo I.V.A. e imposte;
Disponibilit liquide, costituite dalla cassa o dai conti correnti bancari attivi, che
conferiscono al valutatore lidea del cash flow positivo risultante a fine esercizio;
nella pratica della redazione del B.P., inoltre, le poste liquide sono quelle attraverso
le quali le sezioni contrapposte dello Stato Patrimoniale possono essere bilanciate.
Per quel che concerne il passivo dello Stato Patrimoniale previsionale, le voci pi
significative ai fini del piano dimpresa sono:
Capitale Sociale, il cui ammontare pari al valore dei conferimenti da parte dei soci
e che, nel Business Plan, evidenziato anche nel piano di finanziamento;
Riserva legale, obbligatoria per legge per le societ di capitali ed alla quale deve
essere destinato almeno la ventesima parte degli utili netti annuali fino a che la
stessa non abbia raggiunto un quinto del capitale sociale;
Riserve

statutarie,

anchesse

obbligatorie,

ma

soggette

alla

disciplina

volontariamente deliberata dai soci nello Statuto;

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Utile (o perdita) desercizio, ovvero il reddito derivante dalla gestione aziendale ed


evidenziato, per ciascun esercizio, dal Conto Economico; la quota dellutile
desercizio destinata ad essere divisa fra i soci prende il nome di dividendi;
Fondi per rischi ed oneri, voce che accoglie la sommatoria delle quote accantonate
nel corso dei diversi esercizi amministrativi a titolo di Accantonamento per rischi e
oneri;
Trattamento di Fine Rapporto; costituisce anchesso un fondo ed accoglie il valore
delle quote T.F.R. accantonate nel corso dei singoli esercizi ai fini pensionistici;
direttamente correlato al numero di dipendenti assunti presso lazienda e, dunque,
nel Business Plan un valore correlato al Piano del personale;
Debiti verso fornitori; sono debiti di funzionamento annoverati fra quelli a breve
termine e determinati, nel Business Plan, secondo la formula di cui al paragrafo 8.7.;
quanto maggiore la dilazione di pagamento ottenuta dai fornitori, tanto pi
cospicua sar tale voce patrimoniale;
Debiti verso banche, con la distinzione fra quelli esigibili oltre i 12 mesi, evidenziati
nel piano di finanziamento, e quelli entro i 12 mesi, solitamente utilizzati per coprire
le temporanee tensioni di liquidit della gestione corrente e che, come nel caso delle
disponibilit liquide, pu fungere da posta di pareggio fra il totale attivo e passivo
dello Stato Patrimoniale previsionale;
Debiti verso altri finanziatori, anchessi previamente evidenziati nel piano di
finanziamento;
Debiti tributari, emergenti dalla tabella di riepilogo delle imposte.
Si sottolinea come le modalit di redazione dei prospetti di Stato Patrimoniale e Conto
economico previsionali utilizzati nellambito del Business Plan differiscano completamente
dalla procedura di redazione degli stessi prospetti a consuntivo, proprio perch, nel caso
in esame, i valori sono basati su stime ed andranno confrontati con quelli emergenti, a
fine esercizio, dalleffettiva gestione dimpresa.
Il confronto fra valori previsionali e valori a consuntivo ha lo scopo di rilevare gli
eventuali

scostamenti,

capirne le

cause,

valutarne

limportanza

ed

i riflessi

sullandamento dellimpresa, nonch di consentire al management di adottare gli


opportuni correttivi, qualora se ne ravvisi lesigenza.

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CONTENUTO DELLO STATO PATRIMONIALE (art. 2424 c.c.)


ATTIVO
PASSIVO
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione
della parte gi richiamata.
B) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione
finanziaria:
I - Immobilizzazioni immateriali:
1) costi di impianto e di ampliamento;
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicit;
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere
dell'ingegno;
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti;
7) altre.
Totale.
II - Immobilizzazioni materiali:
1) terreni e fabbricati;
2) impianti e macchinario;
3) attrezzature industriali e commerciali;
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti.
Totale.
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce
dei crediti, degli importi esigibili entro l'esercizio successivo:
1) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
b) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) verso altri;
3) altri titoli;
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo.
Totale.
Totale immobilizzazioni (B);
C) Attivo circolante:
I - Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
Totale
II -Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili
oltre l'esercizio successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
4-bis) crediti tributari;
4-ter) imposte anticipate;
5) verso altri.
Totale.
III - Attivit finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegate;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
4) altre partecipazioni;
5) azioni proprie, con indicazioni anche del valore nominale complessivo;
6) altri titoli.
Totale.
IV - Disponibilit liquide:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) danaro e valori in cassa.
Totale.
Totale attivo circolante (C).
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti.

A) Patrimonio netto:
I - Capitale.
II - Riserva da soprapprezzo delle azioni.
III - Riserve di rivalutazione.
IV - Riserva legale.
V - Riserve statutarie
VI - Riserva per azioni proprie in portafoglio.
VII - Altre riserve, distintamente indicate.
VIII - Utili (perdite) portati a nuovo.
IX - Utile (perdita) dell'esercizio.
Totale.
B) Fondi per rischi e oneri:
1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2) per imposte, anche differite;
3) altri.
Totale.
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato.
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi
esigibili oltre l'esercizio successivo:
1) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili;
3) debiti verso soci per finanziamenti;
4) debiti verso banche;
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14) altri debiti.
Totale.
E) Ratei e risconti, con separata indicazione dell'aggio su prestiti.

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CONTENUTO DEL CONTO ECONOMICO (art. 2425 c.c.)
A) Valore della produzione:
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale.
B) Costi della produzione:
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale:
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilit liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
12) accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
Totale.
Differenza tra valore e costi della produzione (A - B).
C) Proventi e oneri finanziari:
15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate;
16) altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da
controllanti;
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
c) da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti;
17-bis) utili e perdite su cambi. Totale (15 + 16 - 17+ - 17 bis).
D) Rettifiche di valore di attivit finanziarie:
18) rivalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
19) svalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni. Totale delle rettifiche (18 - 19).
E) Proventi e oneri straordinari:
20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5);
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle
imposte relative a esercizi precedenti. Totale delle partite straordinarie (20-21).
Risultato prima delle imposte (A - B + - C + - D + - E);
22) imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate;
23) utile (perdite) dell'esercizio.

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11.1. LANALISI DI SENSITIVIT


Con la c.d. analisi di sensitivit si procede ad effettuare, sulle previsioni di base
effettuate nel Business Plan, test dinamici sulla capacit reattiva del progetto alla
variazione di una o pi variabili chiave, in modo tale da riuscire a definire possibili scenari
alternativi a quello ipotizzato in via primaria.
Questo tipo di analisi consente di verificare, con immediatezza, il perdurare della
validit economico-finanziaria delliniziativa nelleventualit di modifiche importanti alle
ipotesi di base, quali, ad esempio:
1. un incremento % dei costi di realizzazione del progetto;
2. un incremento del tasso dinteresse sui finanziamenti esterni;
3. un incremento % dei costi di gestione e/o di produzione;
4. un decremento % dei ricavi operativi.

12. LA VALUTAZIONE DELLA FATTIBILT ECONOMICA E FINANZIARIA


La lettura dei dati confluiti nel bilancio previsionale deve consentire di assumere
decisioni circa la convenienza economico-finanziaria del progetto allo studio.
Rilevante , a tal fine, lanalisi condotta attraverso una serie di indici il cui calcolo si
basa proprio sui dati del bilancio previsionale.
Tali indicatori possono essere distinti principalmente in tre classi, a seconda dello
scopo dellanalisi e della tipologia di valutazione che si intende effettuare, avendo
ciascuna classe una validit informativa diversa e peculiare:
a) analisi della composizione delle fonti e degli impieghi di capitale;
b) analisi della correlazione tra le fonti e gli impieghi di capitale;
c) analisi della redditivit.
Lanalisi della composizione e quella della correlazione sono utili per valutare la
coerenza e la fattibilit del progetto in termini di capacit di provvedere alle necessit
finanziarie, sia in fase di implementazione che in fase di gestione.
Lanalisi della redditivit, invece, serve ad evidenziare, sinteticamente, lattitudine
delliniziativa imprenditoriale a produrre unadeguata remunerazione al capitale investito.
Per agevolare lanalisi, tuttavia, occorre riclassificare le voci di Stato Patrimoniale e
Conto Economico previsionale, in maniera da far emergere: nel primo prospetto il
crescente grado di liquidit degli impieghi e la scadenza delle fonti e nel secondo il

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diverso contributo delle singole voci di conto economico alla gestione complessiva
dellimpresa.

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12.1. ANALISI DELLA COMPOSIZIONE DELLE FONTI E DEGLI IMPIEGHI


Lanalisi della composizione degli impieghi ha lobiettivo di accertare la prevalenza
delle condizioni di elasticit o di rigidit degli stessi, sebbene tali condizioni possano non
conseguire da specifiche politiche gestionali dellimpresa, ma altres costituire una
caratteristica del settore di appartenenza; in tal caso pu essere utile confrontare i propri
indicatori con quelli di altre imprese operanti nel medesimo contesto.

Indice di rigidit degli impieghi: (Af/Ci)<=1


scomponibile in:

Indice di immobilizzo Materiale = (Im/Ci)


Indice di immobilizzo Immateriale = (Iim/Ci)
Indice di immobilizzo Finanziario = (If/Ci)

La rigidit degli impieghi tanto maggiore quanto pi lindice si avvicina allunit.


Nel contesto del Business Plan, il grado di rigidit riguarda principalmente le
immobilizzazioni materiali ed immateriali e solo in casi particolari quelle finanziarie. Inoltre,
il grado di rigidit deve essere confrontato con il grado di copertura delle immobilizzazioni
attraverso i Mezzi Propri:

Indice di copertura delle immobilizzazioni = Mp/Af


ESEMPIO:
Immobilizzazioni Nette = 482.450,00
Patrimonio Netto (esclusi i Dividendi) = 178.243,00
Indice di copertura delle immobilizzazioni = 37%
Il risultato indica che soltanto il 37% dellattivo fisso stato finanziato con mezzi propri e
che per il residuo 67% si dovuto far ricorso al capitale di credito ed, in tal caso, ai fini
dellequilibrio finanziario necessario che tale copertura sia effettuata con passivit a
medio lungo termine.
In sede di pianificazione, leventuale impossibilit di reperire sufficienti risorse a medio
lungo termine, genera, a sua volta, la necessit di rideterminare alcuni aspetti del progetto
dinvestimento.

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Indice di elasticit degli impieghi: (Ac/Ci) <=1


scomponibile in:

Indice di disponibilit del magazzino (M/Ci)


Indice di liquidit normale (Ld+Li)/Ci
Indice di liquidit immediata (Li/Ci)

Analogamente allindice di rigidit, lelasticit sar tanto pi elevata quanto pi lindice


si avviciner allunit. La somma dei due indici deve, ovviamente, essere pari allunit.
Lo scopo principale dellanalisi della composizione delle fonti, invece, quella di
verificare il grado di autonomia finanziaria del progetto in termini di incidenza dei mezzi
propri sul capitale a qualsiasi titolo acquisito, nonch il peso del capitale di credito sia a
medio lungo termine che a breve termine:

Indice di autonomia finanziaria: (Mp/Ci)*100


Lindice di autonomia finanziaria segnala in quale misura limpresa si finanzia con i
mezzi propri; se il valore :

inferiore al 33% la struttura finanziaria critica ed assai fragile, segnalando una


zona di pericolo;

compresa fra il 33% ed il 66% la struttura finanziaria normale ed equilibrata;

superiore al 66% la struttura finanziaria denota forti potenzialit di sviluppo.

Nel caso in cui fossero iscritti in bilancio degli utili desercizio ancora da distribuire ai
soci (c.d. dividendi), per calcolare leffettivo valore di tale indice occorrerebbe epurare il
numeratore (Mezzi Propri) del valore di tali dividendi.

Indice di indebitamento: [(Pml + Pb)/Ci]*100


scomponibile in:

Peso delle passivit a m/l termine: (Pml/Ci)


Peso delle passivit a breve termine: (Pb/Ci)

Se lindice di indebitamento risultasse eccessivo, lazienda potrebbe trovarsi a


fronteggiare condizioni di dipendenza finanziaria insostenibili da un punto di vista
economico, a causa del progressivo incremento degli oneri finanziari e del deterioramento
del merito creditizio, con la conseguente perdita di capacit contrattuale nei confronti delle
istituzioni creditizie.
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Rapporto di indebitamento: [(Pml+Pb)/Mp]


Il rapporto di indebitamento esprime quanti Euro di debiti esistono nellimpresa a fronte
di un Euro di Mezzi Propri.
Limiti al rapporto di indebitamento possono essere dettati da:

OPERATORI FINANZIARI. Al riguardo, soprattutto per le nuove iniziative


imprenditoriali, piuttosto che di livello massimo di indebitamento ammesso pi
corretto parlare di soglia dingresso del creditore, ovvero quella soglia di
redditivit del progetto a partire dal quale un finanziatore istituzionale disposto a
concedere credito;

STRATEGIE AZIENDALI. Una possibile ragione strategica volta a mantenere


basso il rapporto di indebitamento potrebbe essere diretta a conservare una certa
riserva di indebitamento da sfruttare qualora dovessero palesarsi, in futuro,
opportunit dinvestimento particolarmente profittevoli.

Allinterno del Business Plan, lammontare dei Mezzi Propri moltiplicato per il Rapporto
di Indebitamento ammesso o desiderato (D), consente di quantificare il livello massimo di
Mezzi di Terzi nei vari anni (MTt(max)), dati quei livelli di MP e D:
MTt(max) = MPt x D

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12.2. ANALISI DELLA CORRELAZIONE TRA LE FONTI E GLI IMPIEGHI


Mentre lanalisi della composizione condotta separatamente fra le poste dellattivo e
del passivo patrimoniale, nellanalisi della correlazione tali valori sono posti in relazione a
seconda dellattitudine o meno degli impieghi a tornare in forma liquida in breve tempo ed
a seconda della durata delle fonti.
A tal proposito, il principio generale che il tempo di scadenza delle fonti deve essere
sincronizzato con il tempo di recupero degli impieghi, per cui sorgono due ordini di
considerazioni:
1) lattivo fisso dovrebbe essere finanziato con le fonti di finanziamento consolidate;
2) lattivo circolante dovrebbe essere finanziato in prevalenza dal passivo corrente
ed, a loro volta, i debiti a breve scadenza dovrebbero essere rimborsati attraverso
la liquidit sia differita che immediata.
I principali indicatori che si evidenziano con lanalisi della correlazione sono:

il Margine di Struttura;

il Margine di Tesoreria;

gli Indici di liquidit.

Il Margine di Struttura mostra la capacit dellimpresa di finanziare gli impieghi


pluriennali (Attivo Fisso) con fonti a rimborso non immediato, ovvero i Mezzi Propri e le
Passivit a Medio Lungo termine:

Margine di Struttura (MS) = [(Mp+Pml)-Af]

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Lipotesi da preferire quella che prevede un margine di sicurezza positivo, anche se


non possibile stabilire a priori un parametro ideale.
In via di principio il Margine di Struttura dovrebbe essere tale da evidenziare lesistenza
di fonti consolidate tali da finanziare interamente lattivo fisso ed, eventualmente, la quota
dellattivo circolante che pu considerarsi stabilmente presente nel capitale investito,
come, ad esempio, la scorta di magazzino fissa e la quota funzionale delle liquidit
differite, specie dei crediti v/clienti.
Un margine di struttura negativo evidenzierebbe una scarsa solidit patrimoniale con
un conseguente deterioramento del merito creditizio dellimpresa.
Il calcolo del Margine di Tesoreria utile per valutare il grado di liquidit della gestione
aziendale, in quanto esprime la capacit dellimpresa a far fronte ai debiti a breve termine
con le disponibilit liquide e differite:

Margine di Tesoreria (MT) = [(Ld + Li) Pb]

Lipotesi da preferire , ovviamente, rappresentata da un Margine di Tesoreria positivo,


volto ad evitare situazioni di insufficienza di mezzi monetari che si verificherebbero
qualora le liquidit correnti non fossero sufficienti a rimborsare i debiti in scadenza.
Un margine di tesoreria negativo evidenzierebbe problemi di solvibilit dellimpresa con
il rischio di registrare oneri finanziari elevati conseguenti ad un pi intenso ricorso agli
affidamenti a breve termine.

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Infine, sovente, rispetto alla concessione di un prestito a breve termine, le aziende di


credito valutano anche varie misure della liquidit, quali:

Quoziente di Disponibilit (Current Ratio) = (Li + Ld + M))/Pb


Quoziente di Liquidit Normale (Quick Ratio) = ((Li + Ld)/Pb
Quoziente di Liquidit Secca (Acid Test) = Li/Pb
Il quick ratio e lacid test sono maggiormente attendibili del current ratio, in quanto
epurati il primo delle scorte di magazzino ed il secondo anche dei crediti, ovvero di quelle
poste contabili a minore facilit di realizzo immediato, in caso di necessit finanziaria.

12.3. ANALISI DELLA REDDITIVIT


Gli indici di redditivit prendono come base di riferimento le poste di Conto Economico,
dato che focalizzano lattenzione sui costi ed i ricavi desercizio.
Il primo indice dal quale, usualmente, si avvia lanalisi il c.d. R.O.E. o Redditivit del
Capitale Proprio, dato dal rapporto fra Risultato Netto desercizio e Mezzi Propri:

Il R.O.E. misura il rendimento del capitale di rischio acquisito dallazienda ed indica,


dunque, la remunerazione percentuale spettante ai soci. Si confronta, generalmente, con
il rendimento di investimenti alternativi di pari rischiosit.
Qualora fossero iscritti in bilancio utili netti ancora da distribuire ai soci, per ottenere un
dato pi significativo occorre epurare il Patrimonio Netto dai Dividendi; in tal caso il
quoziente verrebbe modificato come segue:

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R.O.E. = [RedditoNetto/(MezziPropri-Dividendi)]
Scomponendo il R.O.E. possibile pervenire ad ulteriori tre indicatori molto importanti
ai fini dellanalisi della redditivit dellimpresa:

Return On Investment (R.O.I.) = Reddito Operativo/Capitale Investito;

Incidenza della gestione extracaratteristica = Reddito Netto/Reddito Operativo;

Leva finanziaria = Capitale Investito/Mezzi Propri

Il R.O.I. misura la capacit della sola gestione caratteristica di remunerare il capitale


acquisito a qualunque titolo.
Rispetto al R.O.E. un indice pi attendibile della redditivit dellattivit caratteristica
dellimpresa, in quanto prescinde dai contributi positivi o negativi provenienti dalla
gestione extra-caratteristica (finanziaria e straordinaria).
Il Tasso di incidenza della gestione extra-caratteristica indica in che misura il
risultato delle extra-gestioni (finanziaria e straordinaria) influenzano il Reddito Netto:

se assume valore pari a zero, il Reddito Netto nullo e, in presenza di un Reddito


Operativo positivo, la gestione accessoria ha uninfluenza negativa tale da assorbire
tutto il Reddito Operativo;

se assume valore pari ad uno, vi una compensazione fra i risultati positivi e negativi
delle extra-gestioni tanto che RN=RO, oppure una loro completa assenza;

se assume valore maggiore di uno, si ha uninfluenza positiva delle extra-gestioni


tanto che RN>RO.
La leva finanziaria ha, nella generalit dei casi, valore maggiore di uno,

presupponendo che i mezzi propri apportati nellazienda abbiano valore inferiore al totale
del Capitale investito che, si ricorda, equivale alla somma dei mezzi propri e delcapitale di
terzi.
La situazione ottimale quella che manifesta un rapporto di indebitamento lievemente
maggiore di uno. Quanto pi ci si allontana dallunit, tanto pi significa che lazienda fa
ricorso al capitale di prestito per finanziare gli impieghi.
Bench la leva finanziaria abbia un effetto moltiplicatore sul R.O.I., in modo da far
lievitare il R.O.E., un suo valore eccessivo comporterebbe un livello di indebitamento tale
da generare oneri finanziari insostenibili.
Il principio che fintanto che il R.O.I. risulta superiore al tasso medio di interesse,
lazienda ha convenienza ad aumentare la leva finanziaria (e dunque lindebitamento) al
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fine di beneficiare delleffetto moltiplicatore, mentre, al contrario, con un R.O.I. inferiore al


tasso medio di interesse leffetto leva ha lesito opposto sul R.O.E.
A tal proposito, lindicatore del tasso medio di interesse corrisposto ai finanziatori
esterni dato dal R.O.D. (Return On Debts):

R.O.D. = Interessi Passivi/Debiti verso Banche


Entro certi limiti il suo valore imposto dal mercato, sebbene debba tendere alla
misura minore possibile.
Il R.O.I. pu essere, a sua volta, scomposto in due ulteriori indici:

ROI = (Ro/V) x (V/Ci)


Il primo rapporto il c.d. R.O.S. (Return On Sales):
R.O.S. = Reddito Operativo/Volume delle vendite
Esso indica il rendimento percentuale delle vendite effettuate nellesercizio considerato
(ovvero il reddito operativo per unit di ricavo) e, nello specifico:

se assume valore positivo (ROS>0) indica una porzione di ricavo netto ancora
disponibile dopo la copertura di tutti i costi attribuibili alla gestione caratteristica;

se assume valore negativo (ROS<0) indica che i ricavi operativi non sono
sufficienti a coprire tutti i costi della gestione caratteristica;

se assume valore nullo (ROS=0) indica che la capacit remunerativa del flusso dei
ricavi limitata alla sola copertura dei costi tipici.

Il secondo rapporto: Volume delle vendite/Capitale Investito


indica la Velocit degli investimenti, cio il numero di volte che il capitale investito torna
in forma liquida nel corso dellesercizio attraverso i flussi generati dai ricavi delle vendite.
Infine, considerando che lanalisi della redditivit condotta attraverso il ROI incontra
difficolt nel momento in cui le fonti di reddito dellimpresa provengono non solo dalla
gestione caratteristica, ma anche da quella extracaratteristica, si ricorre al calcolo del
Return On Assets (R.O.A.) per evidenziare la redditivit dei capitali investiti a prescindere
dalla provenienza tipica o atipica del reddito:

ROA (Return On Asset) = [(Ro + Proventi finanziari + Proventi atipici)/Ci]

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13. LA VALUTAZIONE E LA GESTIONE DEI RISCHI


Si definisce correttamente strutturato (bancabile) un progetto nel quale i rischi sono
allocati alle controparti commerciali e finanziarie che sono nella migliore posizione per
gestirli19.
Lallocazione dei rischi rappresenta un momento fondamentale della costruzione del
progetto, in quanto mira a conferirgli solidit e stabilit rispetto alleventualit del
manifestarsi di eventi negativi.
Risulta, dunque, fondamentale porre lattenzione verso quei rischi che hanno influenza
diretta o indiretta soprattutto sui flussi di ricavi stimati.
, dunque, essenziale che a corredo del Business Plan venga redatto un documento
che identifichi i principali rischi relativi al progetto, considerando sia la fase di costruzione
che quella di gestione, e gli strumenti o le modalit previste per la mitigazione dei loro
possibili effetti.
Nel seguente prospetto si riporta il dettaglio delle tipologie di rischio, delle principali
cause e dei possibili strumenti a presidio:

TIPOLOGIA DI
RISCHIO

PRINCIPALI CAUSE

POSSIBILE PRESIDIO

Rischio di
costruzione

connesso allimpossibilit di
rispettare le obbligazioni commerciali
assunte ex ante la strutturazione del
progetto (ad es. fornitura di beni e/o
servizi a partire da una certa data a
pena di decadenza del contratto o del
pagamento di penali) oppure al
mancato ottenimento di autorizzazioni.

- Evitare ritardi delle opere di completamento


lavori propedeutici allavvio dellattivit.
- Inserire clausole di invariabilit dei costi di
costruzione o di fornitura dei beni
dinvestimento nei relativi contratti di
acquisto.
- Evitare la non conformit degli impianti e
delle opere ai criteri predeterminati

Rischio
commerciale

Sono connessi alla disponibilit nel


tempo delle materie prime e dalla loro
qualit.

- Effettuare ex ante unaccurata ricerca sui


potenziali fornitori alternativi.
- Effettuare ex ante unanalisi delle possibili
combinazioni alternative di fattori produttivi.

connesso alla capacit di mantenere,


nel lungo termine, gli standard
produttivi previsti (in termini di costi,
efficienza degli impianti e macchinari,
livello qualitativo delloutput ecc.)

- Quantificare correttamente gli interventi di


manutenzione ordinaria e straordinaria degli
impianti.
- Impostare un sistema di controllo di
gestione.
- Stipulare idonee polizze assicurative (ad es.
incendio, responsabilit per danni
allambiente, incidenti ecc.).

Rischio operativo

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Rischio di prezzo

connesso alla volatilit del prezzo di


vendita delle merci (e spesso dei
prodotti agricoli) e del prezzo di
acquisto delle materie prime.

- Valutare la propria forza contrattuale


rispetto alla clientela.
- Valutare la propria forza contrattuale
rispetto ai fornitori.
- Stipulare contratti futures con acquirenti per
bloccare ad oggi il prezzo di vendita delle
merci prevista per una certa data futura.
- Stipulare contratti futures con fornitori per
stabilire ad oggi il prezzo di acquisto delle
materie prime prevista per una certa data
futura.

Rischio di tasso

connesso alloscillazione del tasso di


interesse.

Stipulare contratti di interest rate swap.

Rischio di credito

connesso al grado di solvibilit


dellimpresa.

- Evitare leccessivo ricorso al credito.


- Mantenere un buon livello di rating, anche
in vista di minimizzare gli oneri finanziari in
caso di emissione di obbligazioni.
- Monitorare la solidit patrimoniale
dellazienda.

Rischio di
liquidit

connesso al mismatching tra i flussi


in entrata ed i flussi in uscita.

- Monitorare la gestione della tesoreria e


delle scadenze.
- Monitorare lequilibrio della struttura
finanziaria aziendale.

Rischio di cambio

connesso al deprezzamento della


valuta estera in cui sono espressi i
contratti di esportazione a lungo
termine oppure allapprezzamento della
valuta estera in cui sono espressi i
contratti di importazione.

Stipula di contratti derivati su valute


(operazioni di hedging).

connesso alla solidit finanziaria e


politica del Paese nel quale si investe,
nonch alla possibilit che il Governo
modifichi la regolamentazione vigente,
ponga dei vincoli o delle restrizioni.
Rischio Paese

Valutare ex ante e monitorare costantemente


le seguenti variabili:
Stabilit del Governo
Condizioni socio-economiche
Conflitti e corruzione
Tensioni religiose
Rapporti internazionali
Qualit delle leggi e grado di
applicazione
Tensioni etniche e religiose
Qualit della democrazia e dellapparato
burocratico.

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BIBLIOGRAFIA

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Bronconi G. Cavaciocchi S. Business Plan. Il manuale per costruire un efficace


piano dimpresa IL SOLE 24 ORE

Cherubini S. Marketing dei servizi FRANCO ANGELI EDITORE

Comitato Interministeriale Programmazione Economica Unit Tecnica Finanza di


Progetto La valutazione della convenienza economico-finanziaria nella
realizzazione e gestione degli investimenti pubblici con ricorso alla finanza privata

Del Cogliano D. Polidoro M. Il business plan nelle imprese di servizi FRANCO


ANGELI EDITORE

Foglio A. Strategie di vendita per limpresa FRANCO ANGELI EDITORE

Frank R. H. Microeconomia McGRAW-HILL

Grandori A. Lorganizzazione delle attivit economiche IL MULINO

Guatri E. Marinelli C. Costruire il Business Plan. Guida pratica alla


predisposizione ed allutilizzo IPSOA

Lucchetti C. - Galletto C. Manuale del Dottore Commercialista IL SOLE 24 ORE

Marbach G. Mattia G. Complementi di Marketing

REA M. A. Informazione di bilancio e situazione finanziaria dimpresa


GIAPPICHELLI EDITORE TORINO

Stanton W. Varaldo R. Marketing IL MULINO

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