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Cesare Albasi

Psicopatologia e Ragionamento Clinico


Pagg. 311 - € 27,00
Casa Editrice Raffaello Cortina, Milano 2009

di Filippo Mittino

“Un’idea, un concetto, un’idea,


finché resta un’idea,
è soltanto un’astrazione”
(Gaber G.; Un’idea, 1972)

Il libro Psicopatologia e Ragionamento Clinico di Cesare Albasi, ci offre un’importante occasione


per riflettere sul processo diagnostico e sull’importanza che la soggettività del paziente riveste in
esso; ben collocandosi all’interno dell’attuale riaccendersi del dibattito sulla diagnosi e sulla
psicopatologia scaturito intorno al Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM Task Force 2006).
L’A. è psicologo, psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico relazionale di bambini, adolescenti
e adulti (membro ASP e SIPRe), e ricercatore in Psicologia Clinica presso l’Università degli Studi
di Torino, insegna in numerose scuole di psicoterapia, sia ad orientamento psicoanalitico, sia
sistemico che cognitivista. Fondamentale, nel suo discorso, l’apertura al confronto costruttivo tra
orientamenti differenti, esemplificata dalla quinta parte del libro in cui vengono esposte, come
arricchimento di riflessioni sulla psicopatologia e sul ragionamento che l’accompagna, prospettive
teoriche cognitiviste e sistemico relazionali.
Il volume affronta la psicopatologia in una prospettiva evolutiva, tenendo in considerazione i
contesti dello sviluppo (come risorse per l’individuo nell’affrontare i compiti evolutivi), e si offre
come testo di riferimento per avere una cornice concettuale utile alla diagnosi, anche in
adolescenza.
Nella parte iniziale testo ci viene fatto conoscere in modo dettagliato il contesto della clinica. In
esso rientra la comprensione del paziente, di colui che soffre, che porta nell’incontro con il
terapeuta la propria soggettività, fondata sulle relazioni vissute, sui significati attribuiti
all’esperienza. La singolarità diviene, quindi, l’elemento essenziale che guida il rapporto con il
paziente.
In questo incontro, che diviene poi lavoro sul caso, rientra la dimensione del ragionamento, ovvero
quell’articolarsi di riflessioni, di passaggi che conducono alla comprensione del funzionamento del
paziente. Ragionamento clinico inteso non come processo asettico, ma condizionato dalle
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caratteristiche emotive e cognitive del singolo che lo contraddistinguono in quanto essere umano, e
dalla conseguenza della psicopatologia del paziente (Lang, Del Corno, 2005). Questo ragionamento
si fonda su tre logiche, presentate in modo approfondito dall’A. attraverso un paragone con la
semiotica. La prima logica associa la semantica, ovvero lo studio dei termini che usiamo per
comunicare al fine di raggruppare quelli che hanno un significato condiviso, alla nosologia, “il
paziente ha, quindi, una malattia di cui si può parlare tramite una sorta di dizionario condivisibile da
tutti” (pag.19). E’ quindi una modalità di pensare sulla base di somiglianze con categorie e tipi
generali. La seconda logica mette a confronto la sintattica, insieme delle regole che normano il
combinarsi semantico delle parole, e l’approccio dimensionale alla psicopatologia. In questo caso è
possibile affermare come il ragionamento parta da teorie generali sul funzionamento
psicopatologico per giungere a riflessioni centrate sulla singolarità del paziente.
La terza e ultima logica è quella che sottende la pragmatica, ovvero il contesto nel quale avviene la
comunicazione, e la conoscenza della psicopatologia tramite i livelli impliciti e procedurali del
funzionamento mentale. Possiamo dare a questa terza logica una connotazione fortemente
relazionale che sembra favorire molto il realizzarsi del tatto psicologico di Ferenczi (1928): questi
elementi impliciti permettono al terapeuta di capire il modo di entrare nella relazione e di starci,
facendo sentire l’altro accolto, conosciuto, pensato. E ancora osserviamo come questo modo di
costruire la relazione con il paziente sia fondamentale per “avvicinarsi e ritirarsi, provando a entrare
nella [sua] soggettività”, per poi uscirne e “riflettere sull’esperienza dell’immersione” (McWilliams,
2004; pag.41).
L’esposizione di queste tre logiche conduce anche ad alcune riflessioni su quelli che sono i manuali
utilizzati nella pratica clinica. Va osservato infatti come la logica nosografica e quella dimensionale
abbiano corrispondenza l’una con il DSM (Cfr. Cap. III, scritto con E. Porcellini), l’altra con il
PDM (Cfr. Cap. IV). Se nel DSM troviamo un appiattimento delle peculiarità del paziente, nel
PDM troviamo un’esaltazione di quella che è la sua soggettività. Soggettività che viene letta su tre
dimensioni: quella del funzionamento mentale (Asse M), quella della personalità (Asse P) e quella
dei pattern sintomatici (Asse S); a quest’ultima è dedicata un’ampia e completa trattazione
riguardante l’aspetto descrittivo della psicopatologia (Cap. V, scritto con C. Lasorsa). Soggettività
che nasce, si forma e si trasforma in modo continuo all’interno delle relazioni con persone
significative. Infatti, essa viene fatta rientrare, a pieno titolo, in quel vasto e dettagliato discorso
sulla teoria dell’attaccamento e quindi sui MOI. Di questi ultimi si sottolinea la loro molteplicità:
molteplici centri che costruiscono il significato dell’esperienza personale e assimilabili, a livello
teorico, ai pattern di personalità dell’Asse P.

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È proprio questo raffronto con l’Asse P ad offrirci una lettura della psicopatologia attraverso la
lente dei MOI. Pensando ai tre livelli di funzionamento proposti dal PDM, ci viene detto come a
livello sano si possa osservare un’integrazione dei vari MOI; a livello nevrotico si possano cogliere
dei conflitti tra i diversi MOI che desiderano ottenere il primato di attribuzione di significato
all’esperienza e infine al livello borderline scorgiamo dei deficit di funzionamento e di connessione
dei MOI.
Per comprendere meglio quest’ultimo livello di funzionamento, l’A. argomenta il concetto di
Modello Operativo Interno Dissociato (Albasi, 2006, 2008a, 2008b). I MOID si formano in contesti
di attaccamenti traumatici: all’interno della relazione di attaccamento non viene riconosciuta la
soggettività dall’altro significante, soggettività che viene confinata in un’altrove, disconnesso dagli
altri MOI. Viene inoltre messo in evidenza che i MOID rimangono soltanto ad un livello
procedurale; questo accade perché essi non possono offrire soluzioni integrate
alla regolazione affettiva, possono solo manifestarsi come azioni prive di
significati soggettivi. Il soggetto compie delle azioni suscitate dalla situazione
interpersonale e “non sa il perché delle proprie azioni” (Bowlby, 1980, pag 70).
Come esempio paradigmatico di attaccamento traumatico e di formazione dei MOID, l’A. propone
l’abuso sessuale intrafamigliare. Il bambino, bisognoso di contattato e tenerezza, è avvicinato dal
genitore sessualmente eccitato. Il bambino è spaventato e intimorito. Il genitore esclude dalla sua
mente la soggettività del figlio e gli spiega che quello che sta facendo non è altro che una prova
d’amore. Nel bambino cresce lo spavento e il timore. L’atto si compie. Tutto nella casa torna
normale. Il bambino per continuare a vivere deve confinare quest’esperienza nei MOID “guardiani
e custodi” (pag. 206) di questa paradossale vicenda.
Lasciando questi “ladri di soggettività” (pag. 205) e tornando alle riflessioni sul Manuale
Diagnostico Psicodinamico (PDM Task Force 2006), si giunge alla presentazione del Questionario
sul Funzionamento Mentale - QFM-27 (Albasi, Lasorsa, Porcellini, 2007)1, sintesi e realizzazione di
tutte le riflessioni contenute in questo testo. Possiamo pensare a questo strumento come alla
tavolozza del pittore: il clinico è chiamato a fare un ritratto dal vivo, a tratti deciso e a tratti
abbozzato, che riesca a rappresentare la soggettività, la singolarità del paziente. Rimanendo nella

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Il Questionario sul Funzionamento Mentale è stato elaborato a partire dalle nove categorie dell’Asse M del PDM
(PDM Task Force, 2006). Gli item mettono in evidenza alcune dimensioni cruciali (capacità o funzioni mentali di base)
del funzionamento mentale del paziente. Ogni categoria è descritta da tre affermazioni: la prima considera ciascuna
capacità come una risorsa a disposizione del paziente, che lo sostiene nel suo funzionamento mentale (livello sano di
funzionamento); la seconda, come una funzione condizionata e limitata da conflitti specifici (livello nevrotico di
funzionamento); la terza descrive uno sviluppo deficitario della capacità in oggetto (livello borderline di
funzionamento; punteggi alti attribuiti a questi item indicano un funzionamento molto deteriorato nel range borderline).
La valutazione avviene su una scala da 0 a 4 (0 = per nulla, 4= del tutto). Per maggiori informazioni è possibile
consultare il sito www.pdm-qfm.com.
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metafora della pittura, possiamo riferirci alla corrente impressionista e al suo intento di voler
cogliere ogni cambiamento nella realtà osservata2 rifacendo quadri con uguale soggetto ma con
piccolissime variazioni; bene, questo è ciò che il QFM-27 permette di fare: la compilazione del
questionario e la revisione dello stesso dopo alcune sedute permette di approfondire la valutazione
del paziente (ovvero la diagnosi) regalandoci lo stesso ritratto ma sempre diverso, con nuove
sfumature di colore.
Concludendo si può osservare come l’esergo si fa sintesi. Esso ha in sé due tipi di metamorfosi che
coinvolgono il concetto di idea: la prima, se vogliamo più immediata e già compiuta, è quella di
vedere nella fisicità del volume recensito la concretizzazione delle idee che in questi anni hanno
attraversato la mente dell’A. La seconda fa invece riferimento ad un aspetto più implicito, più
sottile, ovvero l’importanza di cogliere la forza generatrice delle idee contenute in questo testo,
affinché divengano feconde nella pratica clinica. Si può affermare con certezza che questo libro di
Cesare Albasi riuscirà sicuramente a compiere anche questo secondo cambiamento, divenendo così
punto di riferimento per molti psicologi e psicoterapeuti.

Bibliografia
Albasi C., (2006), Attaccamenti traumatici. I Modelli Operativi Interni Dissociati. UTET,
Torino 2006.
Albasi C., (2008a), Modelli Operativi Interni Dissociati: una prospettiva relazionale
sull’attaccamento, il trauma, la dissociazione. In V. Caretti, G. Craparo, (a cura di),
(2008), Trauma e psicopatologia. Un approccio evolutivo relazionale. Astrolabio, Roma.
Albasi C., (2008b), Modelli Operativi Interni Dissociati, funzionamento mentale
e psicopatologia. AeR-Abilitazione e Riabilitazione, n. 1, pp. 9-36.
Albasi C., Lasorsa C., Porcellini E., (2007), QFM-27. Questionario sul
Funzionamento Mentale. In www.pdm-qfm.com
Bowlby J., (1980), Attaccamento e perdita, vol.3, La perdita della madre. Tr. It. Bollati
Boringhieri, Torino 2000.

Ferenczi S., (1928), L’elasticità della tecnica psicoanalitica. In Opere, vol. 4. Tr. It. Raffaello
Cortina, Milano 2002.

Lang M., Del Corno F., (2005), Elementi di psicologia clinica. Franco Angeli, Milano.

McWilliams N., (2004), Psicoterapia psicoanalitica. Tr. It. Raffaello Cortina, Milano 2006.
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Pensiamo a Monet che per raffigurare la cattedrale di Rouen eseguì una trentina di quadri per ottenere l’instantanéité:
quando l’effetto luminoso mutava, sospendeva il lavoro e lo proseguiva sul quadro successivo per aver un’impressione
esatta di “quella” chiesa in “quel” preciso momento.
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PDM Task Force, (2006), Manuale Diagnostico Psciodinamico. Tr. It. (a cura di Del Corno,
Lingiardi) Raffaello Cortina, Milano 2008.

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