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La praescriptio iniziale che indica al lettore, prima della lettura del testo poetico,
tipo (Penelopes Ulixi, Phyllis Demophoonti, Briseis Achilli, etc.): l'indicazione iniziale
problema di individuazione cfr. l' incipit di her. 4, 8, 9, 11, 13 con Jacobson 1974, 404-
405).
0a
genuinità dei distici incipitari che non sono testimoniati dai codici più antichi: alcuni
codici tra la fitta schiera dei recentiores riportano un distico iniziale per her. 8-12, 17,
20, 21; il codice Etonensis dellì XI secolo, che trasmette i Remedia Amoris e le
Heroides sino a 7, 161 (sul codice vedi Richmond 2002, 459-460), riporta distici iniziali
per le epistole 5-7 (sulla questione dei distici inziali spurii vedi Sedlmayer 1878, 80-82,
Rosati 1984, 417-418, Casali a her. 9, 0a-b, Bessone a her. 6, 0a-b e l'apparato in Dörrie
e Giomini). Dörrie, 7-8 considera i distici incipitari come vestigia di una edizione
gli incipit delle epistole. Giomini, 22 individua l'XI secolo come inizio del processo di
Il distico in questione è ritenuto spurio da tutti gli editori delle Heroides: è segnalato nel
testo solo da Giomini che lo stampa in atetesi commentando in apparato «nam quamvis
eius stilus cum XII 89, XIII 60, Am. II 12, 10 congruat, mera interpolatio est» e da
Dörrie che segnala il carattere spurio con una resa tipografica diversa. Vahlen 1888, 28-
29 nota l'affinità del distico che considera spurio, per l'analogo uso di mens e per la
struttura del pentametro, con il distico spurio di her. 9 mittor ad Alciden a coniuge
conscia mentis / Littera, si coniunx Deianira tua est e per entrambi e her. 20 e 21 avanza
l'ipotesi che «ein Eingangsdistichon verloren gegan sei», sostituito poi da quelli tràditi.
LEMNIAS
Traduce l'aggettivo greco Λημνιάς usato in riferimento ad Ipsipile solo in Ap. Rhod. 3,
1206 quando Giasone, che si appresta a compiere i riti prescritti da Medea per riuscire a
Ipsipile è definita Lemnia in Stat. Theb. 4, 775 reddit demisso Lemnia vultu 5, 129 e 5,
588 infelix Lemnia. Usa l'aggettivo per ricordare all'infedele Giasone la proprio dignità
compiute dalle donne di Lemno per cui cfr. il tono minaccioso di vv. 52-53 Hospita
feminea pellere castra manu, / Lemniadesque viros, nimium quoque, vincere norunt; cfr.
anche l'analoga ambivalenza di Cressa in her. 4, 2 in cui l'aggettivo, che indica l'origine
di Fedra, richiama sia la dignità regale della donna sia le fosche vicende mitiche che
riguardano donne cretesi come gli amori mostruosi di Pasifae e Arianna o l'amore
BACCHI GENUS
Sottolinea con orgoglio la sua discendenza divina: il padre Toante era figlio di Arianna e
Dioniso (cfr. [Apollod.] Epit. 1, 9b διὰ νυκτὸς μετὰ Ἀριάδνης καὶ τῶν παίδων εἰς
Πεπάρηθον). Cfr. anche i vv. 115-6 Bacchus avus; Bacchi coniunx redimita corona /
Dioniso apre anche l'Ipsipile di Euripide, cfr. Eur. Hyps. 752 Διόνυσος, ὃς θύρσοισι
cronologica del tempo della finzione epistolare, cioè il tempo intertestuale che intercorre
Giasone (cfr. her. 12, 13 inmemor Aesonides) il dono di Ipsipile grazie al quale lui e
Medea riescono ad attirare in trappola Apsirto: Ap. Rhod. 4, 423-428 οἷς μέτα καὶ
αὐταί / Δίῃ ἐν ἀμφιάλῳ Χάριτες θεαί, αὐτὰρ ὁ παιδί / δῶκε Θόαντι μεταῦτις,
ὁ δ’ αὖ λίπεν Ὑψιπυλείῃ, / ἡ δ’ ἔπορ’ Αἰσονίδῃ πολέσιν μετὰ καὶ τὸ
l'ingratitudine con cui Medea apre her. 12 At tibi Colchorum, memini, regina vacavi, /
AESONE NATO
destinatario Giasone, che non riceve una menziona esplicita ma viene indicato
prosaicamente come Aesone nato e non con il patronimico Aesonides (più adatto al
mondo dell'epica di Val. Fl. e met. 7) che viene usato al v. 101, quando Ipsipile non è
0b
DICIT
Per Vahlen 1888, 84 che discute dicit di her. 12, 0b (vedi Bessone ad loc. per il carattere
spurio del distico) il verbo equivale ad adloquor di her. 7, 4 Nec quia te nostra sperem
La formula di apertura epistolare corretta è salutem dicere (OLD s.v. salus 8 b). Sembra
difficile pensare ad un grammatico medievale che volendo normalizzare tutti gli incipit
della raccolta utilizzi questa licenza. Più probabile vedere nella mancanza del termine
salutem un gioco linguistico tipicamente ovidiano sul doppio valore di salus analogo a
her. 4, 1-2 Qua nisi tu dederis, caritura est ipsa, salutem / mittit Amazonio Cressa
puella viro, her. 16, 1-2 Hanc tibi Priamides mitto, Ledaea, salutem, / quae tribui sola
te mihi dante potest, Pont. 1, 10, 1-2 Naso suo profugus mittit tibi, Flacce, salutem, /
mittere rem si quis, qua caret ipse, potest e all'incipit dell'epistola di Biblide a Cauno
met. 9,530-1 Quam, nisi tu dederis, non est habitura salutem, incipit / hanc tibi mittit
salvezza”.
Rosati traduce «ma quanta parte dei sentimenti c'è in queste parole?», Fornaro «e
quanto del suo sentire ci sarà stato in quelle parole?». Entrambi accettano
fermo il verso può essere tradotto «quanta piccola parte dei miei sentimenti c'era in
queste parole!». L'imperfetto erat può essere spiegato col fatto che Ipsipile assuma
l'insufficienza delle parole nell'esprimere il proprio amore verso di lui (cfr. Vahlen 1881,
verlangt, ist nicht begründet und wird erat durch den Briefstil gerechtfertigt»).
dal sapore tipicamente ovidiano per cui cfr. l'espressione in her. 12, 89 et quota pars
haec sunt con cui Medea sottolinea che le parole d'amore di Giasone, precedentemente
riportate, sono solo una parte del discorso pronunciato dall'eroe. Ipsipile dichiara in
apertura al menzognero Giasone, al contrario, la sincerità delle proprie parole, che anzi
L'espressione pars quota è assente negli altri poeti augustei e ricorre frequente in Ovidio
in esclamazioni o in domande retoriche cfr. her. 13, 60 Et sequitur regni pars quota
quemque sui?; met. 7, 522 Et quota pars illi rerum periere mearum!; Pont. 2, 10, 31 Et
quota pars haec sunt rerum quas uidimus ambo; Pont. 3, 4, 41 Pars quota de tantis
rebus, quam fama referre / aut aliquis nobis scribere posset, erat?; Pont. 4, 10, 24 qui