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Un concetto sovversivo:
Come risposta alla catastrofe della modernita e alternativa al tradizionalismo
di Guillaume Faye*
S O M M A R I O
1. Il metodo: il Pensiero Radicale
2. Il quadro concettuale: la nozione globale di Costruttivismo Vitalista
3. La diagnosi: la modernita inizia la convergenza delle catastrofi
4. Il contenuto: l archeofuturismo
5. Conclusione
Traduzione dall originale francese di Alessandra Colla
* autore del volume Il Sistema per uccidere i popoli pubblicato in Italia dalla
Societa Editrice Barbarossa
1. Il metodo: il Pensiero Radicale
Soltanto il pensiero radicale e fecondo. Perche esso solo crea concetti audaci c
he spezzano l ordine ideologico egemonico, e permettono di sfuggire al circolo viz
ioso di un sistema di civilta rivelatosi fallimentare. Per riprendere la formula
del matematico Rene Thom, autore della Teoria delle catastrofi, soltanto i concett
i radicali possono far crollare un sistema nel caos la catastrofe ovvero cambiament
o di stato violento e repentino
al fine di dar vita a un altro ordine.
Il pensiero radicale non e estremista ne utopico, dal momento che in questo caso e
sso non avrebbe alcuna presa sul reale, ma al contrario esso deve anticipare l avv
enire rompendo con un presente in disfacimento.
Il pensiero radicale e rivoluzionario? Oggi deve esserlo, perche la nostra civil
ta e giunta alla fine di un ciclo e non alla soglia di un nuovo progresso; e per
che attualmente non esiste piu alcuna scuola di pensiero che osi proclamarsi riv
oluzionaria dopo il fallimento finale del tentativo comunista.
Pertanto e solo avendo di mira nuovi concetti di civilta che si sara davvero por
tatori di storicita e di autenticita.
Soltanto dei concetti radicalmente nuovi, miranti a un altra civilta, sono portato
ri di storicita. Perche un pensiero radicale? Perche esso va proprio alla radice
delle cose, vale a dire fino all osso : esso rimette in discussione la concezione de
l mondo sostanziale di questa civilta, l egualitarismo il quale, utopico e ostinat
o, grazie alle sue contraddizioni interne sta portando l umanita alla barbarie e a
ll orrore ecologico-economico.
Per agire sulla storia, e necessario creare delle tempeste ideologiche attaccand
o, come vide benissimo Nietzsche, i valori, fondamento e ossatura del sistema. O
ggi non lo fa piu nessuno: di qui il fatto che, per la prima volta, e la sfera e
conomica (televisione, media, video, cinema, industria dello spettacolo e dell int
rattenimento) che detiene il monopolio della ri-produzione dei valori. Il che po
rta evidentemente a un ideologia egemonica senza concetti ne progetti in grado di
immaginare una rottura, ma invece fondata su dogmi e anatemi. Oggi, dunque, solt
anto un pensiero radicale permetterebbe a delle minoranze intellettuali di crear
e un movimento, di scuotere il mammut, di squassare tramite elettrochoc (o ideoch
oc ) la societa e l ordine del mondo. Ma questo pensiero deve imperativamente sottra
rsi al dogmatismo, e al contrario coltivare il riassetto permanente ( la rivoluzio
ne nella rivoluzione , unica intuizione maoista giusta); allo stesso modo esso dev
e proteggere la sua radicalita dalla tentazione nevrotica delle idee fisse, dai
fantasmi onirici, dalle utopie ipnotiche, dalle nostalgie estremiste o dalle oss
essioni deliranti, rischi inerenti a ogni prospettiva ideologica.
Per agire sul mondo, un pensiero radicale deve articolare un corpus ideologico c
oerente e pragmatico, dotato di distacco e flessibilita adattativa. Un pensiero
radicale e prima di tutto un porsi delle domande, e non gia una dottrina. Cio ch
e esso propone dev essere declinato secondo le modalita del e se ?, e non certamente d
el bisogna !. Questo tipo di pensiero aborre i compromessi, le false saggezze prudent
i , la dittatura degli esperti ignoranti, e il conservatorismo paradossale (lo statu
-quoismo) degli adoratori della modernita, che la credono eterna.
Ultima caratteristica di un pensiero radicale efficace: il saper accettare l etero
telia, cioe il fatto che le idee non portano necessariamente ai fatti sperati. U
atastrofi.
In questi ultimi anni una serie di linee drammaturgiche [nel senso di evocatrici di
eventi drammatici
N.d.T.] si stanno avvicinando per convergere, come affluenti f
luviali e in perfetta concomitanza, intorno agli anni 2010-2020, verso un punto
di rottura e di oscillazione irrefrenabile verso il caos. Da questo caos che sar
a estremamente doloroso su scala mondiale
puo emergere un nuovo ordine fondato s
u una visione del mondo, l archeofuturismo, considerato come concezione del mondo
del dopo-catastrofe.
Riassumiamo brevemente la natura di queste linee di catastrofe.
La prima e la cancerizzazione del tessuto sociale europeo. La colonizzazione di
popolamento dell emisfero Nord da parte dei popoli del Sud, sempre piu imponente a
dispetto delle affermazioni rassicuranti dei media, e gravida di situazioni esp
losive, soprattutto in relazione al crollo delle Chiese in Europa, divenuta terr
a di conquista da parte dell islam: il fallimento della societa multirazziale, sem
pre piu multirazzista e neotribale; la progressiva metamorfosi etno-antropologic
a dell Europa, autentico cataclisma storico; il ritorno del pauperismo nell Est e ne
ll Ovest; la progressione, lenta ma costante, della criminalita e del consumo di s
tupefacenti; lo sfaldamento continuo delle strutture familiari; il declino dell in
quadramento educativo e della qualita dei programmi scolastici; l incepparsi della
trasmissione del sapere culturale e delle discipline sociali (imbarbarimento e
incompetenza); sparizione della cultura popolare a tutto vantaggio di un abbruti
mento delle masse passivizzate dall elettro-audiovisivo (Guy Debord si e suicidato
perche aveva visto troppo giusto nella sua Societa dello spettacolo, scritta ne
l 1967); il declino costante dei tessuti urbani o comunitari a tutto vantaggio d
elle zone peri-urbane fluttuanti senza gradevolezza ne coerenza ne legalita ne s
icurezza; l instaurarsi, in Francia particolarmente, di una situazione endemica di
sommosse urbane
un Maggio strisciante sempre piu grave ; la sparizione di ogni a
utorita civile nei paesi dell ex URSS in preda al declino economico. Tutto questo
accade nel momento in cui gli Stati-nazione vedono declinare la loro sovranita s
enza poter contenere pauperismo, disoccupazione, criminalita, immigrazione cland
estina, potere crescente della mafia e corruzione delle classi politiche; e nel
momento in cui le elite creatrici e produttive, in preda al fiscalismo e a una s
orveglianza economica accresciuta, sono tentate dalla grande avventura americana
. Una societa sempre piu egoista e selvaggia, avviata al primitivismo, paradossa
lmente dissimulata e compensata dal discorso della morale unica , angelica e pseudo
-umanista ecco quello che ci aspetta, anno dopo anno e in misura sempre crescent
e, fino al punto di rottura.
Ma in Europa questi fattori di rottura sociale saranno aggravati dalla crisi eco
nomico-demografica, destinata a peggiorare sempre piu. A partire dal 2010, il nu
mero di cittadini attivi sara insufficiente per finanziare i pensionati del papy
-boom [ papy =nonnino
N.d.T.]. L Europa crollera sotto il peso degli anziani; i paesi
in via d invecchiamento vedono la loro economia rallentata e penalizzata dal finan
ziamento per le spese sanitarie e le indennita pensionistiche dei cittadini impr
oduttivi; inoltre l invecchiamento isterilisce il dinamismo tecno-economico. L ideol
ogia egualitaria della (vecchia) modernita ha impedito di porre rimedio a questa
situazione, in virtu di due dogmi: prima di tutto l antinatalita (autentico etnomasochismo) che ha censurato i tentativi di ripristino volontarista della natali
ta; e poi il rifiuto egualitarista di passare dal sistema assicurativo distribut
ivo ad un sistema di capitalizzazione (fondi pensione). Per farla breve, non abb
iamo ancora visto niente. Regneranno disoccupazione e pauperizzazione, mentre pr
osperera soltanto una classe minoritaria, collegata ai mercati mondiali e appogg
iata dalla classe dei funzionari e salariati protetti. L orrore economico sta per
arrivare. L egualitarismo, per un effetto perverso che prova come esso sia in real
ta l esatto contrario della giustizia in senso platonico, costruisce societa oppre
ssive sul piano socio-economico. Lo Stato-Provvidenza socialdemocratico, fondato
sul mito del Progresso, crollera sicuramente come il sistema comunista
ma con u
n fracasso maggiore. L Europa e in via di terzomondizzazione. Siamo di fronte alla
crisi, o piuttosto alla rottura dei chiavistelli dell edificio socio-economico.
L America, immenso continente votato alle migrazioni pionieristiche, avvezzo a una
cultura brutale e a un sistema conflittuale di ghetti etnici ed economici, semb
ra meno vulnerabile dell Europa: essa puo incassare una rottura d equilibrio, soprat
tutto di tipo etnico e culturale, perlomeno sul piano della stabilita sociale
ne
mmeno lei potra sottrarsi a un eventuale sconvolgimento generalizzato.
Terza linea di catastrofe della modernita: il caos del Sud del Pianeta. I Paesi
del Sud, scegliendo l industrializzazione contro le proprie culture tradizionali a
dispetto di una crescita fallace e fragile, hanno creato nel loro seno un caos
sociale che si va aggravando. L affarista franco-inglese Jimmy Goldsmith l aveva ana
lizzato alla perfezione: affermazione improvvisa di colossali metropoli-fungo (L
agos, Citta del Messico, Rio de Janeiro, Calcutta, Kuala-Lumpur ) che divengono gi
ungle infernali; coesistenza di un pauperismo molto prossimo alla schiavitu con
ricche e arroganti borghesie autoritarie e minoritarie appoggiate da eserciti di
polizia privata destinati alla repressione interna; distruzione accelerata dell a
mbiente; ascesa dei fanatismi socio-religiosi eccetera. I paesi del Sud sono aut
entiche polveriere. I recenti genocidi in Africa centrale, il balzo in avanti di
conflitti civili violenti (basati o no sull estremismo religioso e spesso attizza
ti dagli USA) in India, Malaysia, Indonesia, Messico eccetera non sono che l assag
gio di un futuro che si preannuncia fosco. L ideologia egualitaria dissimula quest
a realta congratulandosi per il progresso della democrazia nei Paesi del Sud. Disc
orso ingannatore, perche si tratta di simulacri della democrazia. E poi, forse c
he la democrazia del modello ellenico-europeo, per effetto perverso (l eterotelia di
Monnerot) e per incompatibilita mentale, non e anch essa gravida di tragedie se l
a si applica forzatamente alle culture del Sud? In breve, il trapianto del model
lo socioeconomico occidentale nei Paesi del Sud si dimostra esplosivo.
Quarta linea di catastrofe, recentemente spiegata da Jacques Attali: la minaccia
di una crisi finanziaria mondiale, che sarebbe infinitamente piu grave di quell
a degli anni Trenta e comporterebbe una recessione generale. Il crollo delle bor
se e delle valute dell Asia orientale, unitamente alla recessione che colpisce que
ste regioni, ne sarebbe il segno precursore. Questa crisi finanziaria avrebbe du
e cause: a) il fatto che troppi paesi sono indebitati in rapporto alle capacita
bancarie creditizie mondiali e non si parla soltanto dei paesi poveri: l importo d
el debito delle nazioni europee e preoccupante. b) Il fatto che l economia mondial
e riposa sempre piu sulla speculazione e sulla logica dei flussi di investimento
redditizi (borse, societa fiduciarie, fondi pensione internazionali eccetera):
questa prevalenza del monetarismo speculativo sulla produzione fa correre il ris
chio di un panico generalizzato in caso di crollo dei corsi in un determinato se
ttore
se gli speculatori internazionali ritirassero i loro averi, l economia mondi
ale si troverebbe disidratata , con gli investimenti in caduta libera; la conseguen
za sarebbe una recessione globale e violenta, funesta per una civilta che riposa
interamente sull impiego economico.
Quinta linea di catastrofe: l ascesa dei fanatismi integralisti religiosi, princip
almente l islam ma non solo, dal momento che ora ci si mettono anche i politeisti
indiani. Il sorgere improvviso dell islam radicale e il contraccolpo degli eccessi
cosmopoliti della modernita, che ha voluto imporre al mondo intero il modello d
ell individualismo ateo, il culto del mercato, la despiritualizzazione dei valori
e la dittatura dello spettacolo. Per reazione a questa aggressione, l islam si e r
adicalizzato ridiventando nello stesso tempo dominatore e conquistatore, conform
emente alla sua tradizione. Globalmente il numero di coloro che lo praticano e i
n costante aumento, laddove il cristianesimo, che ha perduto ogni aggressivita p
roselitista, declina perfino nell America del Sud e nell Africa nera in seguito a qu
el suicidio che fu il Concilio Vaticano II, la piu colossale gaffe teologica nel
la storia delle religioni. A dispetto dei dinieghi rassicuranti pronunciati dai
media occidentali, l islam radicale si propaga ovunque come un incendio e minaccia
nuovi paesi: Marocco, Tunisia, Egitto, Turchia, Pakistan, Indonesia eccetera. C
onseguenze: guerre civili inevitabili nei paesi a doppia religiosita come l India;
scontri in Europa soprattutto Francia e Gran Bretagna
dove l islam rischia di div
enire nel giro di vent anni la prima religione praticata; moltiplicazione delle cr
isi internazionali coinvolgenti gli Stati islamici, alcuni dei quali potranno de
tenere armi nucleari sporche . A questo proposito, occorre denunciare la scempiaggi
ne di quanti credono alla possibilita di un islam occidentalizzato e rispettoso d
ella laicita repubblicana . Invece e impossibile, perche l islam e sostanzialmente e
per sua stessa natura teocratico, e rifiuta l idea di laicita. Il conflitto sembr
a inevitabile. Fuori d Europa, e al suo interno.
Si profila uno scontro Nord-Sud dalle radici teologico-etniche, che con ogni pro
babilita rimpiazzera il pericolo, per ora scongiurato, il conflitto Est-Ovest. N
essuno sa che forma prendera. Ma sara grave, perche sara fondato su poste in gio
co e sentimenti collettivi ben piu forti dell ex polarita polemica USA-URSS/capita
lismo-comunismo, di natura artificiale. Le potenti radici di questa minaccia son
o prima di tutto il risentimento tenace, soffocato e dissimulato dei Paesi del S
ud di fronte ai loro antichi colonizzatori. La razzializzazione dei discorsi e i
mpressionante. Recentemente un primo ministro asiatico ha dato del razzista al gov
erno francese al termine di un litigio economico banale in cui un investitore it
aliano era stato preferito a un impresa del suo paese. Questa razzializzazione dei
rapporti umani, conseguenza concreta (eterotelica) del cosmopolitismo antirazzis
ta della mdernita, affiora con chiarezza anche in Occidente: il leader musulmano
nero americano Farrakhan, come i gruppi rap negli USA e in Francia non cessano d
i invocare surrettiziamente la vendetta contro i Bianchi e la disobbedienza civile
. Paradossalmente, il cosmopolitismo egualitario ha cagionato il razzismo global
izzato per adesso ancora strisciante e implicito, ma non per molto. Messi gli un
i di fronte agli altri nel villaggio globale che e diventata la Terra, i popoli si
preparano ad affrontarsi. Ed e l Europa, vittima di una colonizzazione di popolaz
ione, che rischia di esserne il campo di battaglia principale. E quanti pretendo
no che sara il meticciato il futuro dell umanita si sbagliano: in realta il meticc
iato imperversa soltanto in Europa. Gli altri continenti, principalmente Asia e
Africa, formano sempre piu dei blocchi etnici impermeabili che esportano il surp
lus delle loro popolazioni ma non ne importano di estranee. Punto capitale: l isla
m diventa la bandiera di questa rivolta contro il Nord, rivincita freudiana cont
ro l imperialismo occidentale . Nell inconscio collettivo dei popoli del Sud prende pie
de questa idea-forza: le moschee si installano in terra cristiana . Vecchia rivinci
ta sulle crociate, ritorno all arcaico, ritorno della storia, come un boomerang. G
li intellettuali musulmani od occidentali
secondo cui il fondamentalismo conquis
tatore e intollerante non e l essenza dell islam si sbagliano di grosso. L essenza del
l islam, come quella del cristianesimo medioevale, e il totalitarismo teocratico i
mperiale. Quanto a coloro che si rassicurano spiegando dottamente che i paesi mu
sulmani sono divisi , pensino invece al fatto che quegli stessi paesi sono meno div
isi fra loro che uniti contro un avversario comune, soprattutto quando scoppiera
l emergenza. Questa colonizzazione del Nord da parte del Sud sembra un colonialis
mo debole, confuso, sostenuto soltanto da appelli alla pieta, al diritto d asilo,
all eguaglianza. E la strategia della volpe (opposta a quella del leone) identific
ata dal Machiavelli. Ma in realta il colonizzatore, giustificato dall ideologia oc
cidentale e moderna della sua stessa vittima, finge di adottarne i valori che non
condivide minimamente. Egli e antiegualitario, dominatore (mentre sostiene di es
sere lui il dominato e il perseguitato), revanscista e conquistatore. Bella astu
zia di una mentalita rimasta arcaica. Per contrastarla, non sarebbe dunque il ca
so di ridiventare mentalmente arcaici e sbarazzarsi una volta per tutte della pe
nalizzazione smobilitante rappresentata dall umanismo moderno ? Altro fondamento di u
n probabile conflitto Nord-Sud: un litigio politico-economico globale. Guerra pe
r i mercati e le risorse rare in via di esaurimento (acqua potabile, riserve itt
iche eccetera); rifiuto delle quote di disinquinamento da parte dei paesi appena
industrializzati del Sud; esigenza di questi ultimi di riversare il loro surplu
s di popolazione nel Nord. Nella storia, a imporsi sono gli schemi semplici. Un
Sud complessato, povero, giovane, esageratamente prolifico, fa pressione su di u
n Nord moralmente disarmato e in via d invecchiamento. E non dimentichiamo che il
Sud si sta dotando di armi nucleari mentre il Nord pusillanime si riempie la boc
ca con le parole disarmo e denuclearizzazione .
Settima linea di catastrofe: lo sviluppo di un inquinamento incontrollato del Pi
aneta, che non minaccia soltanto quest ultimo (esso puo contare ancora su almeno 4
miliardi di anni prima della fine e puo ricominciare daccapo tutta l evoluzione)
bensi la sopravvivenza fisica dell umanita. Questa rovina dell ambiente e il frutto
del mito liberal-egualitario (ma un tempo anche sovietico) dello sviluppo indust
riale universale e di una economia energetica per tutti. Fidel Castro, nel suo d
iscorso all OMS (Ginevra, 14 maggio 1997), dichiarava: Il clima cambia, i mari e l at
mosfera si riscaldano, l aria e l acqua si inquinano, i terreni si erodono, i desert
i si estendono, le forsete spariscono, l acqua si fa rara. Chi salvera la nostra s
pecie? Le leggi cieche e incontrollabili del mercato? La mondializzazione neolib
erale? Un economia che cresce in se e per se come un cancro che divora l uomo e dist
rugge la natura? Non puo essere questa la via, o almeno potra esserlo soltanto p
er un periodo brevissimo della Storia. Nel pronunciare queste parole ispirate Cas
tro doveva avere in testa l arroganza irresponsabile degli USA che rifiutano di ri
durre (summit di Rio e poi di Tokyo) le loro emissioni di diossido di carbonio.
Ma certo questo marxista paradossale pensava anche all adesione di tutti i popoli al
modello di profitto mercantile puro e a breve termine, che spinge a inquinare,
a deforestare, a devastare le riserve ittiche oceaniche, a saccheggiare le risor
se rare senza alcuna pianificazione globale. Fidel Castro si appella qui, senza
saperlo, non al marxismo, devastatore quanto il liberalismo, ma all antica saggezz
a giustizialista platonica.
Bisogna aggiungere che il canovaccio di queste sette linee catastrofiche converg
enti e saturo di fattori aggravanti
acceleratori, si direbbe. Alla rinfusa: la f
ragilizzazione dei sistemi tecno-economici attraverso l informatica (il famoso bug
dell anno 2000); la proliferazione nucleare nell Oriente medio ed estremo (Israele,
Iraq, Iran, Pakistan, India, Cina, Corea, Giappone ) da parte di paesi in intensa
rivalita, dalle reazioni nervose e imprevedibili; l indebolimento degli Stati di
fronte al potere delle mafie che controllano e amplificano il commercio delle dr
oghe (naturali e ultimamente anche chimico-genetiche), ma si appoggiano anche su
nuovi settori economici che vanno dal settore degli armamenti a quello immobili
are passando per quello agro-alimentare queste mafie internazionali, ammoniva un
recente rapporto dell Onu, dispongono di mezzi superiori a quelli delle istituzio
ni repressive internazionali. E non dimentichiamo il ritorno delle antiche malat
tie virali e microbiche: crolla il mito dell immunita sanitaria. L AIDS ne ha aperto
la prima breccia. Soprattutto a causa dell indebolimento mutageno degli antibioti
ci e dell intensita degli spostamenti umani noi siamo minacciati dal ritorno di un
disordine sanitario mondiale. Recentemente, nel Madagascar, quattordici casi di
peste polmonare non hanno potuto essere risolti. In poche parole, non ci sono d
unque tutte le ragioni di pensare che la modernita sta andando dritta dritta a s
chiantarsi contro un muro e che l incidente planetario e irreversibile? Forse no ma
forse. L essenza della storia, il suo motore, non e dunque il carburante della ca
tastrofe? Per la prima volta, la catastrofe rischia di essere globale, in un mon
do globalizzato. Robert Ardrey, brillante etologo e drammaturgo americano, nel 1
973 profetizzava: Il futuro dell umanita assomiglia a un treno carico di munizioni
lanciato a tutta velocita e a luci spente in una notte di nebbia.
* * *
Queste catastrofi annunciate sono il frutto diretto dell incorreggibile fede nei m
iracoli della modernita: pensiamo al mito dell alto tenore di vita possibile per t
utti su scala planetaria, e alla generalizzazione di economie a forte consumo en
ergetico. Il paradigma dell egualitarismo materialista dominante
una societa di co
nsumi democratica per 10 miliardi di uomini nel XXI secolo senza saccheggio genera
lizzato dell ambiente
e utopia allo stato puro. Questa credenza onirica si scontra
con delle impossibilita fisiche. La civilta che essa ha prodotto non potra dunq
ue durare a lungo. Paradosso del materialismo egualitario: esso e idealista e ma
terialmente irrealizzabile. E questo per ragioni sociali (esso destruttura le so
cieta) e soprattutto ecologiche: il pianeta non potra fisicamente sopportare lo
sviluppo generale di economie iperenergetiche accessibili a tutti gli esseri uma
ni. I progressi della scienza non sono poi cosi vicini. Non bisogna rifiutare la t
ecno-scienza, ma darle un nuovo punto di riferimento, in una prospettiva inegual
itaria. Lo vedremo piu avanti.
Il problema, dunque, non e piu di sapere se la civilta planetaria eretta dalla m
odernita egualitaria sta per crollare, ma quando. Noi ci troviamo dunque in uno
stato d urgenza (l Ernstfall di cui parlava Carl Schmitt spiegando che l egualitarismo
liberale non aveva mai compreso ne integrato questa nozione fondamentale, perch
e esso pensa il mondo in maniera provvidenziale e miracolosa, dominato dalla lin
ea ascendente del progresso-sviluppo). La modernita e l egualitarismo non hanno ma
i preso in considerazione il loro fine, mai riconosciuto i loro errori, mai sapu
to che le civilta sono mortali. Per la prima volta, vi e una certezza: un ordine
globale di civilta e minacciato di disastro perche fondato su un materialismo i
dealista paradossale e ibrido. Ora, noi invochiamo una nuova visione del mondo p
er la civilta del dopo-catastrofe.
4. Il contenuto: l archeofuturismo
E probabile che soltanto dopo che la catastrofe avra abbattuto la modernita, la
sua epopea e la sua ideologia mondiale, una visione del mondo alternativa si imp
orra per necessita. Nessuno avra la preveggenza e il coraggio di applicarla prim
a dell irruzione del caos. Dunque tocca a noi
a noi che viviamo nell interregnum, se
condo la formula di Giorgio Locchi, preparare fin da ora la concezione del mondo
del dopo-catastrofe: essa potrebbe essere incentrata sull archeofuturismo. Ma bis
ogna dare un contenuto a questo concetto.
a. Essenza dell arcaismo
Bisogna ridare alla parola arcaico il suo vero senso, positivo e non peggiorativo,
conformemente al senso del sostantivo greco arche, che significa allo stesso te
mpo fondamento e inizio , ovvero stimolo fondatore . Esso significa anche cio che e crea
ore e immutabile e si riferisce alla nozione centrale di ordine . Attenzione: arcaico
non vuol dire passatista , giacche il passato storico ha prodotto la modernita egua
litaria che fallisce, e dunque ogni regressione storica sarebbe assurda. E la mo
dernita che appartiene gia a un passato compiuto.
L arcaismo sarebbe allora un tradizionalismo? Si e no. Il tradizionalismo esalta l
a trasmissione dei valori e, a giusto titolo, combatte le dottrine della tabula
rasa. Ma tutto dipende da quali tradizioni si trasmettono. Non sarebbe possibile
accettare qualsiasi tradizione, per esempio quella delle ideologie universalist
e ed egualitarie o quelle che sono sclerotizzate, museografiche, smobilitanti. N
on conviene allora selezionare fra le tradizioni (i valori trasmessi) quelle che
sono positive e quelle che sono nocive? La nostra corrente di pensiero e sempre
stata lacerata e indebolita da una frattura artificiale, che opporrebbe i tradiz
ionalisti e quelli che sarebbero rivolti al futuro . L archeofuturismo puo riconciliar
e queste due famiglie mediante un superamento concettuale.
Le poste in gioco che agitano il mondo attuale e che minacciano di catastrofe la
modernita egualitaria sono gia di ordine arcaico: la sfida religiosa dell islam;
le battaglie geopolitiche e oceano-politiche per le risorse rare, agricole, petr
olifere, ittiche; il conflitto Nord-Sud e l immigrazione di colonizzazione verso l e
misfero Nord; l inquinamento del pianeta e lo scontro fisico fra gli auspici dell id
eologia dello sviluppo e la realta. Tutte queste poste in gioco ci precipitano d
i nuovo verso questioni remote. Messi nel dimenticatoio i dibattiti politici qua
si-teologici dei secoli XIX e XX, che in fondo erano discorsi sul sesso degli an
geli.
Il ricorrere delle questioni arcaiche e dunque fondamentali lascia sbigottiti gli
intellettuali moderni che disquisiscono sul diritto degli omosessuali al matrimoni
o o su altre faccende insignificanti. La caratteristica della modernita moribond
a e la sua propensione alla mancanza di senso e alla commemorazione. La modernit
a e passatista, mentre l arcaismo e futurista.
D altra parte, come presentiva il filosofo Raymond Ruyer (detestato dall intellighen
zia della Rive gauche) nelle sue opere fondamentali Les nuisances ideologiques e
Les cents prochains siecles, una volta chiusa la parentesi dei secoli XIX e XX
e conclusesi in catastrofe le allucinazioni ideologiche dell egualitarismo, l umanit
a ritornera ai valori arcaici, vale a dire molto semplicemente
biologici e umani
(antropologici): separazione sessuale dei ruoli, trasmissione delle tradizioni
etniche e popolari, spiritualita e organizzazione sacerdotale, gerarchie sociali
visibili e normanti; culto degli antenati; riti e prove iniziatiche; ricostruzi
one delle comunita organiche intrecciate dalla sfera familiare al popolo; disind
ividualizzazione del matrimonio e delle unioni che coinvolgono la comunita allo
stesso titolo che gli sposi; fine della confusione tra erotismo e intimita coniu
gale; prestigio della casta guerriera; ineguaglianza degli statuti sociali, non
implicita
il che sarebbe ingiusto e frustrante, come avviene oggi nelle utopie e
gualitarie bensi esplicita e ideologicamente legittimata; proporzionalita dei do
veri ai diritti; applicazione della giustizia secondo gli atti e non secondo gli
Peter Mandelson, teorico politico britannico di sinistra artefice del New Labour d
i Tony Blair, nel corso di un intervista dell aprile 1998 al quotidiano londinese The
Guardian , si e cosi espresso: E legittimo pensare che il regno della democrazia r
appresentativa pura sia giunto alla fine. [ ] La democrazia e la legittimita esigo
no di essere costantemente rinnovate. Esse hanno bisogno di essere ridefinite ad
ogni generazione. La rappresentativita trova un complemento in forme d impegno pi
u dirette
da Internet ai referendum. E questo implica un cambiamento di stile de
lla politica, per poter rispondere a questi cambiamenti. La gente non sa che far
sene di un metodo di governo che li infantilizza e che non li tiene in alcuna co
nsiderazione.
Difficile immaginare un attacco migliore contro il modello moderno di democrazia p
arlamentare occidentale teorizzato da Rousseau nel Contratto Sociale e divenuto
ormai obsoleto. Il pragmatismo anglosassone permette spesso aperture ideologiche
purtroppo mal concettualizzate
proibite al dottrinalismo francese, all idealismo
tedesco o al bizantinismo italiano.
Mandelson, eminente testa pensante del New Labour, e archeofuturista senza saper
lo. Perche, infatti, che cosa dice? Che la democrazia parlamentare moderna , eredit
ata dai paradigmi del XVIII e XIX secolo, non e piu adeguata al mondo del futuro
. Lentezza e mollezza delle decisioni; regno del compromesso; assenza di autorit
a perentoria di fronte all Ernstfall, il caso urgente , sempre piu frequente; distanz
a fra le vere aspirazioni e volonta del popolo e la politica dei governi democrat
ici ; dittatura delle burocrazie e degli affaristi; paralisi dei parlamenti; carri
erismo corrotto degli uomini di partito; improvvisa apparizione massiccia delle
mafie eccetera.
La democrazia moderna non difende gli interessi del popolo bensi quelli delle mi
noranze illegittime. Essa non si fida del popolo reale e scredita il concetto di
populismo assimilandolo a quello di dittatura
e il colmo. Mandelson suggerisce an
che la necessita di restaurare un autorita politica audace e decisionista, priva d
i pregiudizi ideologici o pseudo-morali, ma appoggiata sulla volonta del popolo
reale, grazie soprattutto ai mezzi elettronici immediati di voti e consultazioni,
prolungamenti di Internet e Intranet, che potrebbero permettere di moltiplicare
i referendum. Queste piste sono parecchio interessanti. Esse coniugano, per rifo
rmare la democrazia, due elementi arcaici e un elemento futurista.
Primo elemento arcaico: la potenza decisionista sovrana mobilitata dalla volonta
diretta del popolo. Ecco cio che rinvia al modello dell auctoritas della prima re
pubblica romana, simboleggiata dalla sigla SPQR (Senatus PopulusQue Romanus, il
Senato e il popolo romano), associazione strettissima di aspirazione popolare e
autorita costituita; e questa auctoritas impone i suoi decreti senza la censura
dei giudici o di una legge superiore al buon volere del popolo. Al riguardo e anch
e possibile evocare il modello ateniese del IV e V secolo prima della nostra era
.
Secondo elemento arcaico: il riavvicinamento fra istituzioni politiche e popolaz
ione. Lo Stato-nazione moderno, dapprima concettualizzato da Hobbes, ha separato
il popolo dalla sovranita, sotto l illusione di una miglior rappresentazione dell
a volonta generale. Implicitamente Mandelson propone di ritornare al principio
c
he fu gia ateniese, romano e medioevale
di contiguita fra il popolo e i decision
isti. Del resto il termine demos (democrazia: potere dei demi) significa lettera
lmente quartiere o distretto rurale . In questa prospettiva, si potrebbe avere in vis
ta un Europa decentralizzata, in cui i popoli locali potrebbero darsi le proprie leg
gi. Secondo il modello imperiale romano o germanico medioevale.
Terzo elemento, stavolta futurista: la possibilita di consultazioni referendarie
immediate attraverso servizi di posta elettronica salvaguardati da codici indiv
iduali. L establishment politico-mediatico, che ha paura del popolo, evidentemente
rifiuta questa soluzione, perche teme di veder compromesse le sue manovre. Inol
tre, l ideologia egemonica della modernita si batte e applica la censura (come in
biologia) per limitare le possibilita offerte dalla tecnoscienza. La modernita e
reazionaria.
Ma che cos e il popolo, e che cosa sara?
E il laos, la massa dei marxisti o dei liberali, cioe la popolazione presente fondat
a sul diritto del suolo; o e invece l ethnos, comunita popolare fondata sulla legg
paesi industrializzati
India, Russia, Brasile, Cina, Indonesia, Argentina eccete
ra una parte importante della popolazione potrebbe ritornare a questo modello so
cio-economico arcaico.
2) Una minoranza dell umanita conserverebbe il modello economico tecno-scientifico
fondato sull innovazione permanente. Essa formerebbe una rete di scambio planetari
o concernente piu o meno soltanto un miliardo di persone. Il vantaggio considerev
ole sarebbe un inquinamento molto meno importante di quello attuale. Del resto n
on si vede altra soluzione per salvare l ambiente mondiale poiche le energie non-i
nquinanti non saranno disponibili nell immediato futuro.
3) I grandi blocchi a economia neo-arcaica sarebbero autocentrati su scala conti
nentale o pluricontinentale, e non effettueranno scambi reciproci. Soltanto la p
arte tecnoscientifica dell umanita si dedicherebbe agli scambi planetari.
Questa economia mondiale a due velocita coniuga dunque arcaismo e futurismo. All
a parte tecnoscientifica dell umanita dovrebbe essere proibito intervenire nelle c
omunita neo-medioevali di maggioranza, e soprattutto aiutarle . Beninteso, per uno
spirito moderno ed egalitario questo scenario e mostruoso. Ma in termini di bene
ssere collettivo reale dunque di giustizia
questo scenario rivoluzionario potreb
be mostrarsi pertinente.
D altra parte, alleggerita dal peso economico delle zone in via di sviluppo e bisogno
se di aiuto , la parte minoritaria dell umanita vivente in un economia tecno-scientifi
ca potrebbe seguire un ritmo d innovazione molto piu sostenuto di oggi. Inoltre, i
l ritorno all arcaismo beneficia del futurismo e viceversa.
Beninteso, qui si tratta soltanto di un abbozzo, una pista. Tocchera agli econom
isti realizzarla.
g) la rivoluzione delle biotecnologie
E in campo biologico che la necessita dell archeofuturismo sembra piu esplicita. L
e mentalita moderne ed egualitarie, impegolate nella trappola colpevolizzante de
ll etica dei diritti dell uomo, non sono capaci di assumere le avanguardie della biolo
gia. Esse inciampano su barriere morali, in realta para-religiose. Il modernismo
finisce col divenire antiscientifico. Esso compromette gli sviluppi dell ingegner
ia genetica. Esso compromette gli sviluppi dell ingegneria genetica e transgenetic
a. Il paradosso e che soltanto una mentalita neo-arcaica ci permettera di utiliz
zare le applicazioni delle tecnologie genetiche oggi continuamente frenate. La m
entalita moderna conosce in realta un blocco importante: l antropocentrismo e la s
acralizzazione egualitaria della vita umana, ereditata dal cristianesimo laicizz
ato.
Prendiamo numerose applicazioni della tecnologia biologica gia in via di realizz
azione, lo stadio della sperimentazione animale essendo gia stato superato.
Tanto per cominciare, le tecnologie di eugenetica positiva, che permetteranno no
n soltanto di guarire le malattie genetiche ma di migliorare, per via transgenic
a, le prestazioni ereditarie secondo criteri scelti. Poi ricordiamo l applicazione
gia prevista
sull uomo di una tecnologia gia felicemente riuscita sugli animali:
la creazione di ibridi intraspecifici, i manipolati o chimere umane dalle innumerevo
li applicazioni. Due ricercatori americani hanno gia depositato un brevetto di q
uesto tipo, per ora bloccato dai comitati etici politicamente corretti. Ibridi uom
o-animale o esseri viventi semiartificiali avrebbero peraltro innumerevoli appli
cazioni. Per esempio i cloni umani decerebrati da utilizzare come banca di organ
i. Il che eviterebbe gli odiosi traffici di organi ai danni delle popolazioni po
vere dell America andina.
Evochiamo anche l applicazione all essere umano di una tecnica gia sperimentata sugl
i ovini in Scozia: la nascita senza gravidanza, attraverso lo sviluppo dell embrio
ne in un ambiente amniotico artificiale, l incubatore.
E evidente che i sostenitori delle ideologie moderne considerano satanica la sem
plice evocazione delle tecniche citate. Tuttavia, esse divengono possibili Allora
e meglio censurare brutalmente un luminoso spiraglio scientifico o riflettere i
ntelligentemente sulla sua utilizzazione sociale?
h) l etica archeo-futurista
L archeofuturismo ci permetterebbe di sbarazzarci della piaga del modernismo egual
itario, assai poco compatibile col secolo di ferro che ci attende: lo spirito ma
laticcio dell umanitarismo, un simulacro d etica che erige la dignita umana a dogma ri
dicolo. Senza dimenticare l ipocrisia: perche tutte queste anime belle dimenticano
spesso di denunciare ieri i crimini comunisti e oggi l embargo di Irak e Cuba dec
retato dalla superpotenza americana, gli esperimenti nucleari indiani, l oppressio
ne dei Palestinesi eccetera.
Questo spirito funziona come un impresa di disarmo morale, ponendo divieti paraliz
zanti, tabu colpevolizzanti, che impediscono concretamente all opinione pubblica e
ai dirigenti europei di fronteggiare le minacce.
Ma in realta, sotto la copertura dei principi morali, si tratta soltanto di prom
uovere una politica estremista mirante alla distruzione del substrato europeo e
dell Europa in quanto tale. Per esempio, il battage contro le espulsioni (tuttavia
legali) dei sans-papiers , cioe degli immigrati clandestini e illegali, agitato da
ll intellighenzia e dallo show-business francese, mira a rendere intoccabile ogni
immigrante in nome dei diritti dell uomo e degli pseudoprincipi caritativi di comm
iserazione. L ideologia sottesa, il vero disegno, e
in una prospettiva neo-trotzky
sta la sommersione dell Europa a causa del surplus demografico dei popoli del Sud.
Altro dramma: le campagne contro l industria nucleare che sfociano nello smantella
mento delle centrali svedesi e tedesche e alla rinuncia al nucleare da parte deg
li Europei, eccetto la Francia che e l unica a resistere ancora, ma per quanto tem
po? Mentre invece, eccettuati pochi incidenti per altro controllabili, tutti san
no che quella nucleare e la meno inquinante delle energie disponibili.
Si tratta inoltre di indebolire l Europa sotto il pretesto dell umanesimo, privandol
a di tecnologie energetiche avanzate di indipendenza economica e, allo stesso te
mpo, di una dissuasione nucleare integrata. La leva di questa manipolazione di c
ui e vittima l ingenua borghesia intellettuale e artistica europea, si rivela un ipe
rtrofia mostruosa e irresponsabile dell ama il prossimo tuo come te stesso , un apologi
a della debolezza, una svirilizzazione e una autocolpevolizzazione patologiche.
E una sottocultura dell emozione facile, un culto del declino attraverso cui le op
inioni europee vengono letteralmente decerebrate anche grazie ai media.
Ora, il disfattismo e totalmente assente dalle mentalita arcaiche. Bisognerebbe
ritrovare quelle mentalita per sopravvivere nel futuro.
Una certa durezza, una franchezza decisa, il senso dell orgoglio e dell onore, il bu
on senso, il pragmatismo, la chiara distinzione dello straniero, il rifiuto di o
gni organizzazione sociale non selettiva, un etica che legittima il ricorso alla f
orza, che non indietreggia, facendosi scudo di un umanitarismo dogmatico, di fro
nte alle audacie della tecno-scienza, l integrazione delle virtu guerriere, dei pr
incipi di urgenza e di scontro ineluttabile, una concezione della giustizia seco
ndo cui sono i doveri a fondare i diritti e non il contrario, l accettazione natur
ale di un organizzazione inegualitaria e plurale del mondo (anche sul piano econom
ico), l aspirazione alla potenza collettiva dei blocchi, l ideale comunitario
ecco a
lcune virtu del mentale arcaico. Esse saranno indispensabili nel mondo di domani
dominato da scommesse di estrema asprezza. Un neo-arcaismo mentale che non ha n
iente di barbarico poiche integra il principio di giustizia preumanistico e ineg
ualitario, sara compatibile soltanto con l essenza del secolo che viene.
i) l archeofuturismo e la questione del senso.
Quale religione?
Uno dei rari truismi pertinenti del nostro tempo, ben formulato sia dai tradizio
nalisti che dai modernisti, e che la civilta occidentale ha despiritualizzato la
vita, distruggendo i valori trascendenti.
Lo scacco dei tentativi delle religioni laiche, il vuoto disincantato creato da
una civilta che affondi la sua legittimita ultima in valore di scambio e il cult
o del denaro, l auto-affondamento del cristianesimo hanno creato una situazione ch
e non potra durare ancora per molto. Malraux aveva ragione: il XXI secolo ridive
ntera spiritualista e religioso. Si, ma sotto quale forma?
Gia l islam si precipita nella breccia. Esso si candida per riempire il vuoto spir
ituale dell Europa. Ma questa ipotesi, che puo avverarsi, sarebbe pericolosa. L isla
m, attraverso il proprio dogmatismo sfrenato, rischierebbe di spezzare definitiv
amente la creativita e l inventiva del mentale europeo, il suo spirito faustiano.
Del resto e proprio questo il calcolo machiavellico di certi strateghi americani
: incoraggiare l islam e il suo impiantarsi in Europa al fine di paralizzarla. Un al
tra risposta alla despiritualizzazione sta affiorando lentamente da un po di temp
sce il suo trionfo, ma nei fatti, i valori giovanili crollano. Essere giovane no
n significa pi donare la propria vita per una causa, ma consumare una sottocultur
a fabbricata per i giovani.
Similmente ai loro eserciti, funzionali e burocratici
a dispetto della giovane e
t di reclutamento le societ occidentali s impegnano ad addomesticare i giovani utili
zzando il dinamismo formale dell ideale di giovent ereditato dall anteguerra. Due mov
imenti paradossali sono osservabili a partire dagli anni cinquanta: la giovent pe
rde le sue organizzazioni, le sue istituzioni, spesso considerate troppo militar
i dalla societ dei consumi; l ideologia esalta pi che mai la giovent in quanto frangi
a sociale munita di diritti (si denuncia il razzismo anti giovani ) e di una cultu
ra propria, quella dei teen agers di ispirazione americana. La giovent diviene un
surrogato del proletariato, e gli epigoni della scuola di Francoforte [alias] la
nciano il tema della lotta generazionale. Da un lato, la societ si individualizza
e la giovent fisicamente organizzata scompare; dall altro, l ideologia e la cultura
costruiscono ci che non altro che un simulacro della giovinezza.
L arrivo sul mercato delle numerose classi di et del dopoguerra, coinciso, nei paes
i occidentali, con la nascita di una cultura per i giovani , apparsa per la prima
volta negli Stati Uniti. Lanciata negli anni cinquanta da una serie di films de
i quali James Dean l eroe, poi proseguita per trent anni con mode di abbigliamento (
i jeans), musicali (il rock, il pop, la disco, ecc.), alimentari ed ideologiche,
questa cultura della giovent, d obbiedienza anglo-americana e a vocazione internaz
ionale, ha avuto per funzione quella di staccare le giovani generazioni dalle lo
ro culture nazionali e di includerle nella nuova societ dei consumi dominata dai
canoni culturali americani. Veniva cos creata una nuova classe internazionale , ch
e costituiva di fatto la prima categoria di consumatori integralmente occidental
i . L idea di giovent, ereditata dall anteguerra, veniva cos sfruttata come veicolo com
merciale e, pi o meno consciamente, svuotata del suo significato e privata di ogn
i energia rivoluzionaria. Le nuove generazioni nate dopo il trauma della guerra
offrivano, rispetto ai genitori, il vantaggio di essere pi facilmente avulse dall
e loro tradizioni specifiche. La cultura dei giovani, cosiddetta contestatrice e
liberatrice, fu cos il primo grande tentativo di massificazione e di omogeneizza
zione culturale ed economica esercitato su di una generazione cavia . Il processo
culminato alla fine degli anni sessanta
l epoca di Woodstock
nel momento in cui i
giovani di vent anni, erano i pi numerosi. Successivamente il fenomeno subisce una
pausa, ma la giovent resta sempre il laboratorio sperimentale dell occidentalismo,
delle sue mode, dei suoi costumi.
dunque necessario guardare con un minimo di critica e di sospetto alle dottrine
della guerra delle generazioni , sostenute per esempio da Marcuse, e sulla validi
t dei movimenti contestatari che mobilitavano la giovent fino alla met degli anni s
ettanta. Questi, cos come le culture underground pretenziosamente di rottura col m
ondo borghese, sono state non solo recuperate dal Sistema, ma molto peggio, gli
hanno fornito nuovo fiato. In effetti, la funzione dell ideologia della rottura fra
le generazioni era di integrare la giovent, con un processo di acculturazione, a
una nuova forma di capitalismo mondiale, tecnocratico e non pi patrimoniale, bas
ato su di uno stile americanomorfo e su costumi permissivi, atti a staccare i gio
vani dalle specifiche morali etno-nazionali.
I discorsi antiborghesi e l aspetto rivoluzionario della controcultura non devono
alimentare illusioni: essi veicolano un ideologia di stordimento e modelli comport
amentali che conducono diritto filato all iperindividualismo e al culto del beness
ere materiale minimale. Theodor Adorno ha avuto almeno il merito di mostrare che
le musiche ritmiche costituiscono niente pi che una parvenza di rivolta, e hanno
per vero scopo quello di smobilitare la giovent prima di condizionarla al consum
ismo.
In queste condizioni, non c da stupirsi che le teorie della guerra tra le generazi
oni, i movimenti contestatari e lo stile ribelle delle controculture conoscesser
o il loro declino in questo inizio degli anni ottanta: una volta realizzata l inte
grazione nell americanosfera esse non servono pi se non sotto forme sempre pi asettich
e, quasi accademiche e in realt conservatrici. Un autentica controcultura delle gio
vani generazioni, in continuo rinnovamento, e che veicolasse temi realmente mobi
litanti dell eroismo e dell avventura, farebbe paura alla cultura umanitaristico-bor
omo
All infantilizzazione del mondo adulto corrisponde ci che bisogna ben chiamare, con
un barbaro neologismo, l adultizzazione dei bambini e dei giovani in generale. Il
bambino-re degli anni cinquanta e sessanta diventato un giovane vissuto, ma i su
oi genitori sono rimasti rimbecilliti e continuano a leggere Topolino. Giocano a
fare i giovani e immaginano che sia sufficiente averne i vestiti, l atteggiamento
o il linguaggio per restare tali.
Questi tratti puerili della cultura di massa sono compensati da un ostentazione ge
nerale dell esprit de srieu .
La liberalizzazione dei costumi, seriosamente prognammata come una nuova morale,
nasconde male l irrigidimento dei comportamenti. Le etichette sociali e il funzio
nalismo capillare della vita quotidiana spengono ogni gioiosit, ogni spontaneit de
i rapporti sociali. Il canto, il riso, la mimica, il bisticcio, non caratterizza
no pi le relazioni umane, apparentemente senza costrizioni, ma in realt imprigionate
in circuiti rigidi. Le feste della giovent sono le danze tristi o le copulazioni
elettroniche con i simulatori delle guerre spaziali , successori dei sorpassati
flippers.
La sparizione della giovinezza nei rapporti sociali corrisponde d altra parte all in
tellettualismo che domina la nostra epoca. L esprit de gometrie supera ovunque l sprit
de finesse, e questo, insieme con la sfera letteraria , di cui parla Aldous Huxl
ey [alias], stato inghiottito dalla cultura matematica . I giovani d oggi sono allo
stesso tempo formati, in maniera pensino esagerata, alla matematica, e completa
mente neopnimitivi nel loro linguaggio, nel loro comportamento, nel loro stile d
i abbigliamento, nei loro gusti musicali, ecc. Contemporaneamente, l ascesa dello
spirito iperanalitico distrugge ogni freschezza comportamentale nell insieme della
societ. La giovent moderna rischia fortemente di essere l avanguardia di una nuova
borghesia, barbara adepta del confort e delle comodit elettroniche, limitata dal
pragmatismo tecnologico e smussata nella sensibilit a contatto con la sottocultun
a americana.
Tutto accade come se, per compensare l invecchiamento demografico e l installarsi de
i valori senescenti dell egualitanismo di massa, l ideologia sociale avesse creato u
n simulacro di giovinezza e avesse incarcerato la giovent in un mondo artificiale
, per prevenire un autentica rivolta contro questo stato di fatto.
Ma l artificio pu niginansi contro chi lo maneggia. Gli ideatori della falsa gioven
t stiano in guardia: finch ci sar qualcuno che veglia, tutto sempre possibile. La g
iovent, un giorno o l altro, pu sentirlo. Come il fiume della vita, essa ritorna sem
pre ad ogni generazione.
E quelli che vegliano ci sono. Essi seminano. Non per questo mondo. Non per ques
ta giovent, ma per l altra, quella che viene.
Di Guillaume Faye
Un conflitto dei tempi a venire
Verso un unico modello umano Un pianeta senza po
esia L inflazione del sistema
Spoliticizzazione della societ
La tecnica e l autoaffer
mazione dei popoli Il falso mito dell occidente
Un avvenimento considerevole si produce nel mondo contemporaneo, un avvenimento
lento, silenzioso, invisibile: le culture, le civilt, le nazioni, i paesi vengono
fusi progressivamente in una struttura tiepida che trascende le divisioni destr
a/sinistra, est/ovest, nord/sud, che assorbe le distinzioni politiche e ideologi
che, che pialla le geografie, che pietrifica la storia.
Questa struttura il Sistema planetario. Sistema , e non civilizzazione . Non esist
e una civilizzazione mondiale, a dispetto delle fantasticherie di Lopold Senghor
[alias], giacch una civilizzazione rimane pur sempre culturale, organica, umana.
Ora, il Sistema appare come la metamorfosi mostruosa della civilizzazione occide
ntale in un gigantesco meccanismo tecnoeconomico.
Il grande conflitto dei tempi a venire non opporr pi il capitalismo al socialismo,
ma l insieme delle forze nazionali, culturali, etniche, alla macchina cosmopolita
del sistema occidentale, che sostituisce ai territori le sue zone , alle sovrani
t le sue regioni economiche, alle culture il suo discorso massificante. La Terra
diventa cos un grande circo in cui il Sistema il domatore.
Esso non ha niente di un impero mondiale, poich non emerge da una potenza politic
a, ma dalla metastasi della societ dei consumi che si espande su tutto il planisf
ero. Non ha altro sovrano che un individuo astratto
l homo universalis nato dall inc
ontro dell ideologia del diritto naturale e dell Illuminismo dai bisogni omogenei e
universali. Non ha altro governo che una convergenza di reti economiche e burocr
atiche transnazionali, che relegano le sovranit politiche e le volont dei popoli a
l magazzino degli accessori. Gli riuscita una rivoluzione: quella di aver smagli
ato il tessuto delle societ, un tempo formate da insiemi organici, istituzioni, t
radizioni, mestieri, gruppi e ritmi diversificati, per rifonderne la trama secon
do la logica omogenea dei settori di attivit tecniche ed economiche, frammentate
le une in rapporto alle altre, organizzate in aggregati, come gli ingranaggi di
un motore senza nessuno che lo diriga.
La crescita del Sistema tanto pi temibile in quanto i suoi funzionari si pretendo
no investiti di una missione, quella dell umanismo mondiale, del pacifismo mercant
ilista o del socialismo riparatore delle ingiustizie. Per la loro amenit caramell
osa, questi ideali appaiono pi pericolosi e alienanti di tutti gli imperialismi t
radizionali. Il Sistema forma una totalit sprovvista di centro, ma il cui punto f
ocale la societ americana, i suoi trust, il suo mercato ed i suoi costumi. Si esp
ande, dopo l Europa occidentale e l estremo oriente, nei paesi socialisti e nelle pa
rti industrializzate del terzo mondo. Questa espansione, che non pi capitalista d
i quanto non sia socialista, utilizza le societ commerciali, le istituzioni inter
nazionali, le burocrazie nazionali come agenti economici intercambiabili, incari
cati di diffondere ovunque le stesse mercanzie e le stesse strutture mentali. L in
cubo che il gelido ottimismo dei tecnocrati liberali e il mondialismo ingenuo de
lla vecchia sinistra tentano di dissipare, prende forma poco a poco: il migliore
dei mondi . L alchimia della sua crescita tentacolare si compone sempre degli stes
si ingredienti: le strutture tecnoeconomiche multinazionali, l ideologia universal
ista ed egualitaria, la sottocultura mondiale di massa.
* * *
L unificazione dei costumi e dei bisogni fonda un tipo umano egemonico: il regno d
ella molle figura del piccolo borghese universale cominciato. Sul mondo occident
alizzato si installa una borghesia mondiale, in cui prendono il loro posto anche
le classi agiate dei paesi poveri e la nomenklatura dei paesi socialisti. Allin
eare i modi di vivere sul presunto modello della classe media americana, l aspiraz
ione implicita di tutti i partiti, degli ambienti d affari e di quel sottoprodotto
dei mass-media che si soliti chiamare opinione pubblica . Questa invoca, con buo
na coscienza, l argomento dell innalzamento del tenore di vita; impostura manifesta,
che passa sotto silenzio la distruzione delle economie tradizionali e la pauper
izzazione di miliardi di uomini. Questo razzismo incosciente, che afferma il mod
ello economico mondiale di sviluppo come preferibile e superiore alle culture tr
adizionali dei popoli, rischia di produrre uno psichismo umano unico. La nostra
specie, in questo caso, privata della diversificazione delle sue strutture menta
li, non sarebbe pi in grado di dare, alle sfide globali del mondo a venire, che u
n solo tipo di risposta, e probabilmente non certo la migliore, n la vincente.
* * *
In questo universo mentale unico, l uomo occidentale non si definisce pi per la sua
origine, ma solo per il suo modo tecnoeconomico di esistenza. Un impiegato di b
anca di Singapore in questo senso pi occidentale di un tirolese o di un bretone r
adicati nella propria identit.
La Terra si trasforma in un insieme settorializzato di reti e di circuiti che la
sciano spalancati degli spazi morti. Spoetizzato, il nostro pianeta oggetto di m
essa a frutto non pi oggetto di conquista. Senza la padronanza del proprio spazio
, i popoli non controllano pi la propria geopolitica; la loro geografia, quella d
ell habitat poetico e del territorio politico, resta cancellata di fronte alla div
isione in zone commerciali e amministrative del Sistema. Non siamo pi abitanti de
i nostri luoghi, ma semplici residenti. Il Sistema non ha distrutto le patrie; l
e ha fossilizzate sovrapponendovisi. L idea nazionale non pi condannata; essa stata
neutralizzata, non malgrado, ma a causa delle reverenze accademiche che le fann
o con cinismo i discorsi dei politicanti. Ogni nozione di provenienza territoria
le langue in questo universo di turismo di massa, d uniformit alimentare e vestimen
lupparsi, persino negli ambienti socialisti, una contestazione del lavoro in qua
nto tale. Possiamo vedere in ci una conseguenza della mentalit borghese, poich il S
istema sente in contraddizione l ideologia e la tecnica, cos come i valori del bene
ssere e la necessit del lavoro sociale.
L interpretazione attuale della tecnica non ne coglie la dimensione faustiana; com
e accade per il lavoro, la si banalizza, la si strumentalizza al servizio del co
nfort, senza vedere la sua grandezza n il suo pericolo. La tecnica moderna invece
, inquietante e rischiosa, un appello all autoaffermazione dei popoli, appello dem
iurgico e pagano al potere creatore degli uomini.
Soltanto gli avversari della tecnica ispirati da certe correnti della scuola di
Francoforte sono coerenti con se stessi, ovvero con l ideologia pacifista e umanit
aria che essi condividono col Sistema. Hanno compreso cio che l edonismo contraddit
torio con la crescita di potenza di una cultura fondata sulla tecnica moderna. T
ra noi e loro vi conformit di analisi, ma divergenza di valori.
Hanno capito che l ideale-tipo del borghese pacifico e non quello del rivoluzionar
io era realmente il loro, nonch quello dei liberali, dei cristiani, dei marxisti.
Mentre il nostro non pu che essere quello dell uomo, appartenente ad una cultura e
ad un popolo.
Appartenere all area culturale europea, significa ammettere la tecnica moderna. No
n come strumento di domesticazione e di alienazione, ma di creazione. Habermas d
iceva che non si pu concepire una poesia nucleare . Disgraziatamente per lui, s.
Un sistema che pretende eliminare ogni rischio appoggiandosi sulla tecnica, l atti
vit pi rischiosa : ecco il pericolo supremo.
L ambiguit dell universo tecnoeconomico attuale non sar superata se non quando i valor
i che presiedono all utilizzazione della scienza e della tecnica assumeranno e dom
ineranno il loro rischio e l incorporeranno nel progetto storico di un popolo, inv
ece di asservirlo al confort massificato. La tecnica presuppone non soltanto la
creativit collettiva, contraddittoria con gli ideali del sistema, ma ugualmente l
a riabilitazione del lavoro, ripensato sotto la categoria aristocratica della mo
bilitazione spirituale della comunit. Bisogna farla finita con la concezione puni
tiva e svalutativa del lavoro generata dal biblismo, dall edonismo mercantilistico
e dal nostro passato indtistriale, in cui il capitalismo liberale faceva del la
voro uno strumento di spossessamento di se .
Schizofrenico, il Sistema rimuove il tipo dell Operaio (Arbeiter) (5) come figura
dominante, perch in fondo disprezza il lavoro del popolo, di tutti i popoli, cio l
a loro cultura nella misura in cui il lavoro l essenza stessa della cultura . Ripen
sare i popoli come comunit creatrici secondo la propria volont; farla finita con q
uesta espropriazione che priva gli uomini della loro cultura e propina loro uno
spettacolo opportunamente elaborato nei media, fabbricato da istrioni senza prov
enienza: questo lo sbocco della sola visione del mondo che concili il lavoro, la
tecnica e la valorizzazione delle radici.
* * *
L avvenire appartiene alle rivoluzioni culturali, spirituali, nazionali; l avvenire
appartiene alla distruzione dell ordine economico internazionale e al perseguiment
o di un idea che ha gi cominciato ad agire: il riaccentramento di spazi economici a
utonomi attorno ad aree culturali.
Ma in Europa come nel Terzo mondo queste idee saranno battute se esse non vanno
fino in fondo in questo loro tentativo, se esse cio non tagliano i ponti con l ideo
logia occidentale, sia essa marxista, tecnocratica, democristiana o liberale, l id
eologia che possiamo definire con un brutto neologismo reazionario-umanitaria .
Quanto ai popoli d Europa, bisogna che essi sappiano progressivamente operare una
revisione, evidente per alcuni, lacerante per altri: rompere la solidariet con l Occ
idente , quest Occidente in cui non ci riconosciamo pi, se mai ci siamo riconosciuti
, quest Occidente che non che un gigantesco bazar; quest Occidente che mutila sotto
i nostri occhi la nostra cultura millenaria trasformandola in uno stress in cui
non regna che la coscienza pratica.
Destino di un popolo di lasciare la sua impronta nella Storia, nello spazio conti
nentale e nello spazio del tempo, che anche quello dello spirito. Noi non voglia
mo pi continuare a vivere in una cosmopoli senza gioia, senza desideri, senza avv
enture.
hi riposa evidentemente sul fatto che questa rimessa in questione dell umanismo ri
nvia alla concezione nazionalsocialista e soprattutto che il Terzo Reich pratica
va l eugenismo
come del resto gli americani e gli scandinavi nella stessa epoca. M
a dimentica che l eugenismo nazionalsocialista non si basava che sulle vecchie tec
niche dei matrimoni preferenziali e della selezione fenotipica dei genitori, pra
tica corrente in innumerevoli famiglie indiane ed asiatiche 13. Ma qui si tratta
di ben altro. Le biotecnologie permetteranno un eugenismo che non si baser pi sul
la lenta selezione famigliare ma sar endogeno e immediato. In una sola generazion
e, sar possibile modificare il patrimonio genetico di un intero lignaggio, attraver
so una tecnica di attacco diretto del genoma.
Peter Sloterdijk scorna in effetti i benpensanti del politically correct, quando
, in un intervista al periodico Focus, si domanda se il momento non venuto di com
battere la lotta dei grandi allevatori di uomini contro i piccoli allevatori di
uomini (i preti e i cattivi maestri di Nietzsche), che la lotta degli umanisti e dei
sovrumanisti, la lotta degli amici dell uomo e degli amici del superuomo.
Collocandosi nella sfera del pensiero inegualitario del sovrumanismo nietzschano
, egli raffigura cos implicitamente un uomo naturale e un superuomo , fabbricato, auto
fabbricato, faber sui in un senso nuovo ed ulteriore
Una cosa chiara: nel momento stesso in cui l ideologia egualitaria regna signora i
ncontrastata negli spiriti, essa gi condannata dai fatti, in economia come in soc
iologia come in biotecnologia. La tecnoscienza condanna a morte l egualitarismo e
tutti i fondamenti ideali del giudeocristianesimo. L avventura cominciata con Gali
leo continua e s accelera: eppur si muove!.
Si tentati di citare la frase di Ian Malcolm, il personaggio del matematico del
caos nel romanzo di Michael Crichton, Jurassic Park (14), forse profetica per la
sorte dell' ultimo uomo contro cui si scaglia Zarathustra: Dio ha creato i dinosaur
i. Dio ha ucciso i dinosauri. Dio ha creato l uomo. L uomo ha ucciso Dio. L uomo ha ri
creato i dinosauri. I dinosauri hanno ucciso l uomo.
Secondo quanto riporta la Frankfrter Allgemeine Zeitung, Sloterdijk si richiama s
emplicemente alla fine dell' ipermorale che regge le civilt occidentali (15). Ritorn
iamo al mito di Prometeo che, a mio avviso, illumina il senso di tutta la civilt
europea. Prometeo dona il fuoco agli uomini, e per punizione gli dei gelosi lo i
ncatenano e un avvoltoio viene a divorargli il fegato. Il fuoco: il suo potere.
La lotta dell uomo greco contro Dio per trasformarsi lui stesso in dio, o piuttost
o in superuomo (16).
Sar necessario del tempo perch questa metamorfosi di civilt, che autori visionari c
ome Philip K. Dick sono stati capaci di prevedere (17) si ponga in essere: come
ci voluto del tempo perch l elettricit si diffondesse nelle fattorie in Francia, per
ch il fax (il belinografo dell ottocento, alleanza della fotografia e del telegrafo)
s imponesse o perch il telefono cellulare si generalizzasse a tutta velocit alla fin
e degli anni novanta, quando era stato inventato nel 1915 da un certo Auguste Mch
in e utilizzato dall artiglieria francese per aggiustare il tiro durante le offens
ive-macelleria del 1916-1918. Parimenti, la televisione, inventata negli anni ve
nti, non si generalizz con grande rapidit che negli anni sessanta. Il tempo di late
nza della tecnoscienza lungo, come ogni incubazione, ma poi si nota un accelerazion
e nelle applicazioni. Tutto andr molto in fretta, dall inizio del XXI secolo.
Ma come rientra l ingegneria genetica nel nostro discorso sulla colonizzazione del
l Europa? Ci rientra perch ci fornir rapidamente gli strumenti artificiali per compe
nsare e risanare la nostra decadenza biologica e demografica. Non oseremo forse
utilizzarli. Ma in ogni caso essi esisteranno.
Poich le soluzioni naturali non bastano pi, in un mondo globalizzato di cui la tecni
ca stata concausa e strumento, perch non coadiuvarle e supportarle con mezzi tecn
ici? Non ci nella logica prometeica della civilt europea, che consiste a prendere
in mano la propria vita e il proprio destino, smentendo le soluzioni scontate e
plasmando il mondo secondo il proprio istinto tragico? Ben inteso, i regimi attu
ali, intrisi di egualitarismo ed umanismo, rigettererebbero oggi con orrore qual
siasi abbozzo di soluzione di questo genere, considerandoli giustamente, dal lor
o punto di vista, luciferini . Ma sotto la pressione delle circostanze, i vecchi pr
egiudizi umanisti possono cambiare. La barbarie di oggi sar forse la nuova civilt di
domani, come gi fu quella di ieri, si potrebbe rispondere, in modo molto archeof
uturista.
La tecnoscienza pu in effetti fornire, anche a breve termine, varie armi artificia
li nella lotta contro l attuale minaccia di estinzione che grava sull identit europea
e sul suo germen biologico. Ad esempio:
le tecniche che consentono oggi un controllo delle nascite e un identificazione de
i genitori assolutamente certi consentono un grado di segregazione e selezione r
iproduttiva che per ci che riguarda la specie umana non potrebbero certo pi fornir
e l isolamento territoriale o linguistico delle popolazioni, o l endogamia legale a
livello di comunit politica o di casta;
l eugenismo positivo, tramite l alleanza tra l ingegneria genetica e la neoinformatica
, permetter la protezione e diffusione dei caratteri ereditari e delle linee gene
tiche desiderate, tanto con riguardo al mantenimento ed accentuazione deliberata
delle differenze identificanti dell etnia di riferimento (18), che con riguardo a
llo sviluppo di una nuova lite genetica, dalle capacit globali utili a contrastare
la legge del numero delle popolazioni demograficamente minacciose;
la fecondazione artificiale, i concepimento in vitro e la clonazione, unito all ut
ilizzo su larga scala delle gestazioni in incubatrice (senza gravidanza, e senza
neppure necessit di uteri in affitto ), potrebbero facilmente contribuire a ristabi
lire la natalit delle popolazioni europee autoctone in una sola generazione; etc.
Questa teoria, la lascio alla vostra perspicacia. Qualcuno mi accuser di follia,
come accadeva a Jules Verne, quando preconizzava i sottomarini e gli aerei; oppu
re dir che questi discorsi non derivano da altro che da sogni fantascientifici, d
egni di Dick, Barjavel o Lovecraft. Ma attenzione: pu anche darsi che io abbia ra
gione (19).
Guillaume Faye
(1) Guillaume Faye, La colonisation de l Europe. Discours vrai sur l immigration et
l Islam, Editions de l Aencre, Parigi 2000. Il libro, lungamente commentato in Stefa
no Vaj, Per l autodifesa etnica totale , in l Uomo libero n. 51, difficilmente reperibi
le su carta, essendo stato disgraziatamente sequestrato in Francia, in applicazi
one delle leggi che hanno da qualche anno cancellato le ultime vestigia di liber
t d opinione nel paese, e non risultando ancora tradotto in Italia.
(2) Questa resa incondizionata sorprendente per la verit in un autore che ha sempre
insistito sullo spirito di dsinstallation , di avventura e di scoperta come caratte
ristica fondante dell identit europea, e sul riferimento mitico a Ermes e Icaro com
e espressioni ideali di tale spirito. Giova in contrario rilevare che mentre la
domanda a che serve? altrettanto applicabile, poniamo, a Marte quanto lo stata in
passato ad un nuovo continente o al monte Everest, la finitezza del pianeta, non s
olo dal punto di vista delle risorse ma soprattutto dal punto di vista della psi
cologia dell uomo contemporaneo, che lo occupa e lo conosce ormai integralmente in
ogni sua minima estensione, non pare lasciare alternative realmente vitalistich
e al sogno di Wernher von Braun. Del resto, qualsiasi prospettiva di reale esplo
razione e/o graduale colonizzazione di altri pianeti inestricabilmente legata al
la prospettiva del terzo uomo , essendo effettivamente inimmagibile se non nel punt
o di incontro di un processo di terraforming ( terraformazione ) degli ambienti in q
uestione, nel quadro di grandiosi progetti di ingegneria planetaria, e di una de
liberata auto-plasmazione dei coloni in funzione delle condizioni degli ambienti
stessi. Cos come l uomo e l ambiente sono letteralmente mutati, divenuti quasi irric
onoscibili, a seguito dell ominazione prima e della rivoluzione neolitica poi, ess
i sono destinati a farlo ancora se devono rendersi possibili ulteriori espansion
i della specie in nuovi habitat, nonch la sua stessa sopravvivenza a medio-lungo
termine.
(3) Come gi notato, la fantascienza si interroga su queste da molto prima si comi
nciasse a parlare di bioetica . Sweeney era un Uomo Condizionato. Il sangue che gli
scorreva nelle vene era ammoniaca liquida; le sue ossa erano fatte di Ghiaccio I
V, il suo sistema respiratorio si basava su un complesso ciclo idrogeno-metano Se
fosse stato necessario, Sweeney avrebbe potuto resistere per settimane a una di
eta di roccia in polvere. (James Blish, Il seme tra le stelle, Mondadori, Milano
1997, ed. originale The Seedling Stars).
(4) C in effetti da dubitare che sia la prima volta. Ci che oggi facile da nominare h
a implicato a quanto pare mutamenti radicali nelle lingue umane. Non a caso, la
rne in guardia il lettore. E solo nella versione cinematografica del suo racconto
Gli androidi sognano pecore elettriche?, ovvero il celebre Blade Runner di Ridl
ey Scott (USA 1982, versione originale in DVD), che il senso della favola
specie
nella versione originale ( director s cut ) che avrebbe voluto il regista e che oggi
distribuita su DVD viene rovesciato: i replicanti, in quanto superuomini , sono i v
eri uomini, che soli, in mezzo ad un umanit degenerata che abita un mondo degradato
e che vuole solo ucciderli, hanno visto cose che voi umani non potreste immagina
rvi navi da battaglia in fiamme al largo dei bastioni di Orione i raggi C balenare
nel buio presso le Porte di Tannhaser. E tutti quei momenti andranno perduti nel
tempo come lacrime nella pioggia (cfr. anche Paul M. Summon, Blade Runner. Storia
di un mito, Fanucci, Roma 2002).
(18) Abbiamo gi visto come, se le culture non sono un prodotto meccanico delle razze
come nelle teorie attribuite dalla propaganda egualitaria ai nazisti da fumetto,
le razze stesse, nel caso dell uomo, sono qualcosa di pi di un fascio di caratteri
stiche casualmente divenute dominanti all interno di una data popolazione per ragi
oni di selezione ambientale o di segregazione. Si potrebbe anzi forse dire che s
ono le razze umane a finire per essere un prodotto, un progetto , delle culture che
d altronde nascono, non a caso, da una popolazione data, non sono state distribui
te come le carte all inizio di una mano di poker , perch sono esattamente le culture
a definire e segregare l' ambiente naturale degli esseri umani. A questo punto, il
terzo uomo , prendendo in mano e ridefinendo la propria identit razziale in funzion
e di un progetto collettivo, non fa altro che agire direttamente ed in modo auto
cosciente su ci su cui il secondo uomo ha sempre agito para-biologicamente , in partic
olare definendo il contesto di vita dei singoli, i confini etnolinguistici della
comunit, il rispettivo successo riproduttivo dei suoi membri, etc. Del resto, un
a situazione analoga riscontrabile sotto il profilo linguistico: per la prima vo
lta negli ultimi duecento anni intere comunit hanno deliberatamente preso in mano
le naturali trasformazioni linguistiche, scegliendo di riprendere o trasformare o
proteggere eredit linguistiche scelte per ragioni politiche ed affettive, risusc
itare lingue morte o quasi, ridifferenziare lingue in via di fusione entropica.
(19) Questa conclusione stata scritta alla fine del 1999. Se ci sono voluti pi o
meno dieci anni perch la provocazione , l' allegoria , la profezia contenuta in Il sistem
per uccidere i popoli, op. cit., diventasse una descrizione quasi banale della
realt quotidiana del sistema della globalizzazione, bastato meno di un lustro per
ch la fantascienza di cui parla qui Faye diventasse il nostro orizzonte futuro imme
diato.
NSC. La Nuova Societ dei Consumi
Premessa Il consumismo sofisticato
Camuffamento e rafforzamento dell economismo
Il
ritorno delle trib La nuvola dei valori
Omologati e marginali: il nuovo conservato
rismo La pseudo- societ civile e la repressione permissiva
Interregno e tempi post-m
oderni: verso un epoca indecisa.
Che la crisi si aggravi (FRANCOIS PARTANT)
Premessa
La societ dei consumi morta: viva la nuova societ dei consumi. Tanta acqua ormai p
assata sotto ponti da quando, nel 1970, Jean Baudrillard [alias] ha descritto in
La societ dei consumi (1) la natura profonda della societ mercantilistica occiden
tale coniando questa espressione. La vecchia societ dei consumi ha cambiato volto e
si trasformata come se avesse subito una mutazione. Curiosa metamorfosi: essa rin
nega, ma al tempo stesso accentua i tratti pi caratterizzanti della prima societ dei
consumi. Vediamone le linee generali.
La crisi economica ed i rischi crescenti di destabilizzazione planetaria non van
no a ledere la societ consumista, ma piuttosto a rafforzarla, a trasformarla in c
i che i sociologi chiamano gi societ dei consumi di crisi. Il suo volto si delinea fi
n da oggi. E narcisista, iperindividualista, conservatrice; allea istituzioni ne
ofeudali e pratiche corporative ad un accentuazione della massificazione sociale;
associa l espansione dell autonomia individuale a quella dei poteri di controllo di
tecnostrutture sofisticate; mischia stranamente una rinascita di atteggiamenti or
ganici
quali un recupero ambiguo delle radici e delle forme di. vita conviviali c
per conto della Commissione europea di Bruxelles su La socit europenne la fin du sic
le. Comportements sociaux et conomiques. Conclusioni simili anche nei numerosi st
udi realizzati con sondaggi comparativi per conto del Centre de Communication Av
ance di Parigi e nelle conclusioni di un rapporto socioeconomico pubblicato dall is
tituto Marketing Office, la Guida del consumo all orizzonte del 1990.
Il consumo ed il suo raffinarsi prenderanno una parte capitale, molto pi importan
te rispetto ad oggi, nella vita sociale. Cosa consumare?, questa sar la preoccupazi
one centrale. Apparentemente sbarazzato di ogni frenesia, il consumo, responsabil
izzato e gestito in modo pi sofisticato, diventer sol per questo ancora pi radicalme
nte il perno della vita sociale. Le recenti campagne pubblicitarie sul tema del c
onsumatore intelligente annunciano questa psicologia. Pi che un fatto, che aliena la
personalit, ma le ancora esterno, il consumismo sar un sistema culturale interior
izzato, anche e soprattutto se la generalizzata frenesia di acquisti scomparisse
dai comportamenti. Al consumo d intasamento, che corrispondeva all et giovanile e pr
ospera della societ consumista, sta per succedere l et matura dell homo consumans. Ma
quest ultimo, in apparenza responsabile, sar molto pi alienato del suo predecessore:
alienato non tanto alle mercanzie stesse, quanto al consumo in s come fatto di c
ivilizzazione. E interessante notare come questo fenomeno sia direttamente provoc
ato dalla maturazione senescente delle ideologie che, un tempo, denunciavano la
societ dei consumi e che, ora, cominciano ad omologarsi: vecchi ecologisti, rivoluz
ionari riconvertiti alla difesa del consumatore, vegetariani passati all igienismo
ed al controllo delle scelte alimentari, eccetera. Il fatto di scegliere ci che si
consuma prender, nella scala dei valori, un importanza crescente; le categorie cultu
rali si determineranno sempre pi spesso a partire dal paniere di prodotti che i lor
o appartenenti consumano e da cui sono orientati nelle loro scelte di vita. La C
alifornia, dove la spiritualit pretende di fondarsi sul cibo e sulla filosofia dell ab
bigliamento, mostra gi l esempio di ci che avverr (3).
Le associazioni di consumatori, vere e proprie corporations che si aggiungeranno
alle altre, da quelle dei genitori ai sindacati di disoccupati, saranno abilita
te a concludere convenzioni con i distributori e si costituiranno in apparati ch
e interverranno nella politica produttiva e nella vita pubblica. I centri commer
ciali sono chiamati a farsi carico di funzioni di animazione urbana e di spettac
olo culturale sempre pi importanti. Un negozio urbano del 1990 assomiglier ad un d
rugstore con mini-nido d infanzia, spazio show di presentazione dei prodotti, uffi
cio di assistenza sociale, centro di trasfusione sanguigna itinerante. Tickets d a
cquisto potranno essere offerti al consumatore regolare di tale o tal centro com
merciale (il negozio isolato gi oggi in declino), il che gli dar diritto a privile
gi economici, al beneficio di un ventaglio di servizi extracommerciali e sopratt
utto ad un diritto di controllo sulla gestione del suo centro commerciale. Questa d
emocrazia del consumatore, che del resto scritta negli indirizzi programmatici di
un buon numero di governi e partiti europei, non costituisce un mezzo supplemen
tare per spoliticizzare il cittadino e lasciar libero corso al cesarismo delle t
ecnocrazie centrali?
Si assister ad una intellettualizzazione del consumo: ogni settore produttivo di
beni di consumo sar riallacciato ad un concetto di vita dominante, per esempio l al
imentare, il tessile e il farmaceutico alla nutrizione e alla salute, la manutenzion
e all efficienza, gli elettrodomestici all organizzazione del focolare domestico, i prod
otti cosmetici all igiene e all estetica, il bricolage al risparmio e alla autenticit
ci pratiche ed a buon mercato alla democrazia, eccetera.
Il che condurr l offerta, cos come le agenzie di pubblicit, ad intervenire sempre pi n
ella filosofia sociale, ovvero direttamente nell ideologia esplicita, per imporre
i prodotti e i servizi (4).
Per ci che concerne le merci consumate, atteso un balzo in avanti dell elettronica
domestica sotto le forme pi diverse. Ben presto appariranno gl orologi-computer, i
muri d immagini che rimpiazzeranno il tubo catodico dei televisori, i telefoni po
rtatili miniaturizzati, le macchine da scrivere a dettatura (la dictaprint in pr
ova in una ditta italiana), eccetera. Balzo anche dei prodotti alimentari e di t
utto ci che partecipa alla sofisticazione del comfort personale, come i gadgets e
lettrodomestici, la cura del corpo, eccetera. In rischio di declino, in compenso
, i prodotti pesanti come l automobile, la casa a credito, e cos via. Il nuovo consum
atore sar un nomade radicato. Nomade perch non avr che pochi punti di ancoraggio mate
riali (tipo casa, famiglia, debiti a lunga scadenza, risparmio, etc.), ma radicat
o per i suoi bisogni culturali di appartenenza, la sua sete di un immaginario cald
o, di un ambiente familiare e conviviale. Queste radici non hanno ovviamente niente
di autentico. Non sono vissute interiormente come un appartenenza spirituale prof
onda, ma adottate coscientemente come strategia di fuga e di autoprotezione. E il
segno del freddoloso bisogno di rassicurazioni affettive.
L individuo restringer i suoi progetti, non risparmier pi, non investir che nel quotid
iano, volendo conservare a qualsiasi prezzo in tempo di crisi il suo tenore di v
ita, e, per far ci, misurer i suoi acquisti, razionalizzando progressivamente i su
oi gusti e programmando i suoi bisogni come i suoi valori personali. II nuovo co
nsumatore non amer le sparate, gli sprechi ostentati, ma sar al contrario riflessivo
, tecnico, matematico, egotistico.
I temi del diritto al consumo si amplificheranno, forse persino nello stesso cam
po giuridico, in maniera considerevole. Consumare indipendentemente dal lavoro d
iventer
ci che oggi non ancora affatto
un valore comunemente ammesso. Il rapporto
guadagno-spesa sar infranto. Questo congiungersi di un rinforzo dell individualismo
e dell accesso del consumo allo status di funzione sociale egemone, ai posto della
produzione, far probabilmente scomparire ci che resta dello spirito di classe: lo
spirito particolaristico di gruppo lo rimpiazzer. Gi i sindacati diventano quasi d
ei centri di gestione clientelare; nel campo del consumo appariranno nuove forze
di pressione dotate di mezzi giuridici importanti. La democrazia del consumator
e, il diritto all edonismo, ovvero all equilibrio ed all eguaglianza psicosessuale, co
me vide Bjin (5) fanno la loro entrata nell arsenale dei fantasmi ideologici.
L edonismo tranquillo diventa un valore cardinale e sostituisce l ebrezza del consuma
tore (6). Questa espressione stata creata da un redattore di Lui, rivista che esp
rime molto bene la mentalit della prima societ dei consumi, alla scoperta neofita
di un abbondanza che si tingeva allora dei piccoli brividi di un erotismo che si v
oleva sorridente e chic. La pornografia specializzata ha rimpiazzato l erotismo e
Lui, come Cosmopolitan, sono stati in Francia detronizzati da Actuel, periodico
mediocre ma molto simbolico dello spirito della NSC. Il consumatore sfrenato non v
i pi di moda. L edonismo prudente lo rimpiazza. Actuel ha lanciato una campagna mol
to significativa del nuovo costume: lo slogan centrale Vers des jours meilleurs
corrisponde esattamente ad un riassunto della nuova mentalit della NSC.
Questa mentalit quella di coloro che sono passati per l anticonsumismo, per speranz
e rivoluzionarie o contestatrici e che, feriti dalle delusioni, ma nondimeno cic
atrizzati, mettono giudizio, si reintegrano, e tornano al consumismo con una menta
lit del tutto differente, pi profonda e disincantata, pi assennata di quella dei gio
vani quadri dinamici, dei cavalieri del tenore di vita degli anni sessanta e dell i
nizio degli anni settanta (7). Nel gergo oggi di moda, diremmo che un consumismo
cool rimpiazza il suo predecessore hard, ma che in ogni caso il consumismo si t
rova perci maturato, vaccinato da ogni autodenigrazione, rinforzato. La campagna
Vers des jours meilleurs insisteva per esempio su temi come noi vogliamo dei begl
i appartamenti, noi vogliamo amici simpatici, noi vogliamo delle serate riuscite, ecc
etera. Vuoto intellettuale, ma anche ricaduta nella piattezza borghese. Due ment
alit si intrecciano qui: quella dei delusi dei grandi ideali e delle speranze riv
oluzionarie e quella, alquanto banale e normale, dell edonismo. La ricerca del pia
cere dal nostro punto di vista non certo in s condannabile; ma dal momento in cui
ha bisogno di esplicitarsi ed assolutizzarsi diventa il segno di una patologia.
Il piacere, la dolcezza del vivere diventano ossessioni, fantasmi.
La nuova societ dei consumi si vuole pi dolce. Essa ammortizza gli shock della pro
duzione e del consumo di massa, dell uniformizzazione culturale e della meccanizza
zione dei rapporti sociali. Li rende sopportabili e indolori e, per ci stesso, li
garantisce da ogni spinta contraria.
La NSC non crede pi alla modernit, al progresso, alla democrazia di massa. Si limi
ta a viverli. Da lirica, l ideologia del benessere divenuta prosaica e pratica.
Rientrato a casa alle diciassette e trenta in punto in una piccola vettura diese
l, il quadro medio della NSC si guarda una videocassetta porno, poi gioca ad una
guerra stellare con i suoi due figli sul PC familiare per quanto sostenga Amnes
ty International. Il suo predecessore della prima societ dei consumi tornava esau
sto, alle undici di sera, su di una rutilante duemila a credito, e passava i weekend a lavorare freneticamente al giardinetto della sua rovinosa seconda casa.
Ad onta della sua crescente sofisticazione tecnologica, la NSC lascia in bocca u
n gusto bizzarro di povert, di penuria crescente.
La mancanza di credito: leitmotiv centrale di una societ paradossalmente ossessiona
ta dall inflazione, cio dalla sovrabbondanza dei segni monetari. Pletora di danaro,
ma al tempo stesso mancanza di danaro: strana contraddizione malsana. La parola
decadenza assilla le coscienze. Vi nella mentalit della NSC qualcosa in comune con
lo spirito che doveva regnare a Parigi all inizio dell occupazione tedesca, quando
il bel mondo tentava di tergiversare con la penuria crescente e di inventare un
nuovo chic, una nuova abbondanza. L epicureismo di massa si allea al disimpegno, a
lla smobilitazione delle coscienze. Cos come si alleano il proseguimento dei comp
ortamenti permissivi ed amorali apparsi negli anni sessanta e il soprassalto di mora
lit sessuale, familiare e di tranquillit domestica rtro, soprattutto presso i giovani
. Ma tutti si tollerano.
Nessuno si sente implicato dai comportamenti altrui. Non vi sono pi poste in gioc
o. Si tratta semplicemente, per ognuno, d trovare da solo la sua piccola via pers
onale verso la felicit cool. Il corpo sociale non reagisce n con la violenza n con
la ribellione alle disillusioni della prima societ dei consumi, alla fine del sog
no dell arricchimento continuo, bens al contrario con una strategia di mantenimento
e di perfezionamento di quanto gi acquistato.
L ideale dell accumulazione fa progressivamente posto a quello della gestione ottima
le dei piaceri. Piuttosto che cercare di acquistare una seconda residenza, arred
ate il vostro appartamento. Ridipingiamo dunque gli edifici in stile rtro: ristru
tturiamo, smettiamo di costruire. Preferiamo un architettura assennata, un habitat
restaurato, alle audacie moderne che non siamo stati capaci di assumere cultura
lmente. Il Concorde ci offre le sue ultime ore di volo prima di essere tolto dal
le linee aeree e la tecnologia spaziale non serve pi alla conquista delle stelle
bens alle telecomunicazioni, cio alla fin fine al nostro rassicurante televisore d
omestico.
Nella nuova societ dei consumi, la gente cerca di conservare il proprio tasso lor
do di felicit, non pi grazie alla crescita ed all aumento dei redditi monetari, ma a
ttraverso tutte le pratiche che circondano ci che viene chiamata la ricerca della
qualit della vita . Ed eccolo qua il grande slogan che ha fatto vibrare tutta una s
ociet all alba degli anni settanta! La nuova societ dei consumi in fondo s data per mi
ssione di realizzare questo ideale povero. La qualit della vita assilla l Occidente c
he invecchia, demograficamente sempre pi deficitario. Khomeini e Gheddafi devono
certo farsene delle belle risate. Ma questa ossessione non fa che tradurre il co
ncludersi della vecchia aspirazione delle ideologie occidentali. Marx parla di c
ontinuo, sotto altri termini, di questa famosa qualit della vita. L ironia della st
oria che la NSC del vecchio occidente imbellettato si assegnata il compito di re
alizzare questo ideale planetario iscritto nel secondo tomo del Capitale.
La qualit della vita prolunga, senza rinnegarlo, il quantitativismo monetario delle
aspirazioni economiche della prima societ dei consumi.
Essa sostituisce l ossessione dello standing, del tenore di vita, del reddito pi al
to possibile. Si organizza attorno a rivendicazioni quali l incremento del tempo l
ibero, la qualit dell ambiente urbano, i passatempi, l efficienza e l estensione dei se
rvizi sociali. Per nulla anormali, questi desideri diventano, per inversione, pa
tologici, perch costituiscono un ideale unico, monopolistico; e perch a dispetto d
ei simulacri di cui si colora, la qualit della vita copre un aspirazione non ad una
vita di migliore qualit (8), ma ad un esistenza sempre pi presa maternamente a carico
dallo Stato-provvidenza e sempre pi alienata dall economismo.
Camuffamento e rafforzamento dell economismo
In un rapporto di prospezione sociale pubblicato dall istituto francese di proiezi
oni INFORCO, possiamo leggere: Il Presidente eletto
immagine: la forza tranquilla c
on un villaggio sullo sfondo ha trionfato su un candidato che prometteva con la
sua propaganda agli elettori di portarli a battersi sul fronte di operazioni mon
diali ( ). Cos, i socialisti hanno vinto eccitando il vero immaginario dei loro ele
ttori, ed oggi, la necessit obbliga, non parlano che di economia. Perderanno dunq
ue il potere a meno di riuscire a prolungare il sogno suscitato. Ma i loro succe
ssori eventuali non potranno fare una politica di restaurazione che al prezzo di
cadere a loro volta . Il fatto che, prosegue il rapporto, la Francia entrata nella
civilizzazione socialista ( ). E un fatto irreversibile sul piano sociologico . Coloro
che ci dirigono, di destra o di sinistra, dovranno sottomettercisi ( ) indipendent
emente dai poteri politici. E una novit, ed anche una trappola per gli uomini poli
tici ( ). Ci che non era che una mutazione lenta sta diventando una rivoluzione pre
cipitosa .
Questa nuova societ dei consumi, socialista, che tende a dominare al di l delle vari
e etichette di partiti e governi tutta l Europa occidentale, vedr il politico e l eco
nomico dominati in apparenza dal sociale. Il primato del qualitativo, la domanda c
ulturale, l adeguamento crescente dell offerta industriale e commerciale alle mental
it, possono dare l impressione di una messa in ombra del politico e dell economico. I
n realt l economico non passa in secondo piano che per meglio riapparire: l dove, ne
lla societ dei consumi, dominava e orientava il culturale, va oggi a confondersi
con esso, dando l impressione di sottomettervisi. In effetti, se vero che, da quan
to sembra disegnarsi, le preoccupazioni qualitative (il vivere meglio) avranno il
sopravvento sulle esigenze di riuscita economica (propria, della propria impresa
, del proprio paese, etc.), sembra nondimeno che gli stili di vita, i gusti, le
affinit, le personalit, saranno modellati e definiti sempre pi dalla tipologia di c
onsumo di ognuno. I prodotti, beni e servizi, decideranno dello stato psicologic
o e della casella di appartenenza sociomentale delle popolazioni.
Le speranze di sfuggire alla presa dell economia, e di restaurare cos il politico a
l posto che gli compete, vengono riposte tutte nel fatto che la nuova societ dei
consumi dar pi spazio al sociale. In realt, questo sociale potrebbe non significare n
ient altro che un rinforzo ed un camuffamento della presa dell economia, una mera so
fisticazione dell economismo della prima societ dei consumi. In apparenza, il sociol
ogico avr la meglio sull economico perch quest ultimo sar meno presente nei discorsi e n
elle rivendicazioni. perch gli stili di consumo concerneranno meno le classi soci
ali e i livelli finanziari che i segmenti socioculturali. Ma in realt l economismo
si accontenter di prendere un nuovo volto: quello del socialismo sociologico che no
n pi un socialismo politico o di classe, ma un socialconservatorismo, un bisogno
di madrinaggio da parte dello Stato-provvidenza.
La NSC sar, si dice, meno dominata dal danaro, perch nuovi corpi intermedi si stan
no creando, perch la societ, reagendo contro la massificazione tecno-economica del
la prima modernit industriale, secerne anticorpi quali un rifiorire della vita as
sociativa, il ritorno dei folklori, dei regionalismi, delle radici, della qualit
della vita, dei gruppi di pressione per la difesa della libert, eccetera. Ma ques
ti corpi intermedi, come le dottrine che li guidano, sono tutti organizzati into
rno a concetti socioeconomici, sono tutti animati dall ideologia individualista de
l benessere del singolo (il cui punto ultimo la concezione economica del mondo).
Anche il regionalismo contemporaneo spesso falsamente etno-nazionale: infatti p
er lo pi centrato attorno a rivendicazioni autonomistiche, pseudotradizionali e s
ocietarie, senza essere politico nel senso pieno del termine. Il sistema che tal
volta si pretende di combattere, ne esce rinvigorito. La qualit della vita, affinan
do l individualismo atomizzante, l egualitarismo e l ideologia del benessere, non svil
uppa una mentalit veramente opposta al quantitativismo della prima societ dei consum
i, ma spinge ancore pi lontano i suoi ideali.
Le nuove tendenze accettuano l economismo. Il sociologico , ne la maschera.
Si consuma cultura, qualit della vita; consumiamo, come merci, e per le stesse mo
tivazioni (l individualismo), calore umano, vita associativa e comunitaria, radica
mento culturale, ritorno alle origini; consumiamo anticonsumismo, consumiamo cor
pi intermedi e socialit per vaccinarci contro il consumismo stesso nella sua form
a brutale e primaria. Appaiono interi settori economici che sono deputati a prod
urre socialit e tempo libero
anti-produzione, in una parola.
dunque un illusione ottica che l ideologia occidentale economicista, individualista
ed egualitaria sia battuta in breccia dall apparizione di una nuova societ pi sociale ,
pi interessata alle dimensioni comunitarie ed ai corpi intermedi, pi strutturata,
pi interessata ai problemi della gente ed al fatto culturale. Il capitalismo di cr
isi prende s in conto il culturale , ma solo per controllarlo meglio. La cultura prod
otta e consumata; da energia vivente e vissuta dal popolo e dalla societ civile, div
La NSC sar sempre pi marcata dall informatica: ma non importa quale tipo di informat
ica, perch si tratta della perimatica, cio delle reti diffuse di computer sparpaglia
ti. Nuove protesi, nuova carta, i microprocessori governano la NSC, dai videogam
es alle prenotazioni dei treni ed entrano, dalla gestione delle imprese, nella v
ita quotidiana. L informatica quotidiana, per il modo in cui viene concepita ed us
ata, segmentando ancora un po di pi il mondo sociale, accentua l aspetto reticolare
della nostra societ, societ senza luoghi ma punteggiata di punti di passaggio e di
flussi di transito, accentuando di per ci stesso gli effetti di uniformizzazione
di massa mentre sembra combatterli.
Il pianeta diventa veramente il villaggio globale di cui parlava Marshall Mac Lu
han. Sotto la traina universale delle settoriali, tutte ed ovunque simili nelle
loro tecnologie, nelle loro istruzioni per l uso e nei loro codici di commercializ
zazione, rivivono le differenze (culturali, etniche, religiose, nazionali, tribali
, etc.) mentre la prima societ dei consumi sembrava schiacciarle.
Ma di fatto, cos neutralizzate, le specificit sfumano definitivamente, finite da q
uesta tolleranza, e non rinascono se non come simulacri, sterilizzati ed incarce
rati sotto la nebbia e l indistinto universale del sistema. E quest ultimo, lusso su
premo, sar tribale.
Il ritorno delle trib
Fine dei grandi standards. Riecco le trib, i segmenti. Gli omosessuali, la terza et,
i notturni, i punks, i liceali, gli inseriti, i creativi, i randagi, i preppies
, gli yuppies, i tossici , i manager, gli alternativi, gli intellettuali: tutto si
interseca, le appartenenze sono mobili. Le classi sociali marxiste sfumano. Le gra
ndi categorie socioprofessionali degli anni sessanta, pure; gli indirizzari si spe
cializzano, i comportamenti si diversificano. In apparenza, la societ neotribale,
ai cui primi balbettii assistiamo oggi, reintroduce appartenenze fondate su tut
t altro che l economico e il monetario.
Ma, fatta eccezione per gli immigrati e le loro comunit, il neotribalismo, sotto
ad apparenti razionalizzazioni culturali, si organizza in funzione di scelte ed af
finit strettamente socioeconomiche. Sono i costumi e non le appartenenze che cost
ituiscono il cemento dei nuovi corpi intermedi. Sono gli ideali domestici a prop
osito di benessere ad essere all origine dei gruppi neotribali.
Le nuove trib vengono a costituirsi per sfuggire all omogeneizzazione della moderni
t industriale, per sfuggire il suo individualismo di massa e apportare una contro
strategia di vita alla standardizzazione della societ mercantilistica.
Ma, come i movimenti alternativi postgoscisti
apparsi alla fine degli anni settant
a in reazione al modello tecnico-industriale planetario della societ occidentale,
hanno alla fin fine riprodotto aggravandola la sua ideologia (universalismo, in
dividualismo, umanitarismo), cos le trib rischiano di rinforzare in realt l omogeneizza
zione e l uniformit di massa della societ dei consumi, che esse in un certo senso av
rebbero dovuto combattere.
In effetti, la societ neotribale in via di apparizione reintroduce a prima vista
questa differenza tanto ricercata. Essa sostituisce, si crede, il comunitario al te
cnoeconomico, marcando persino un ritorno alla societ organica. Sembra spezzare la
standardizzazione dei consumi a profitto dei segmenti di mercato nei quali cias
cuno svilupperebbe un modo di vivere pi originale ed autentico, e meno alienante
(pi scelta, meno imposizione e manipolazione).
Essa rimpiazza, in apparenza, motivazioni produttiviste, meccaniche, monetarie,
con aspirazioni pi intrise di vitalismo, quali la qualit della vita, il benessere,
la realizzazione di s, eccetera. In realt, questo nuovo modello di consumo, quest
a nuova definizione del paesaggio sociologico rischia fortemente di non essere a
ltro che una metamorfosi simulata.
Le trib sono fondate su appartenenze false che non essendo n culturali, n politiche,
n etnonazionali, ma strettamente socioeconomiche, non spezzano l omogeneizzazione m
a l affinano, la mascherano (e perci la rinforzano) sotto l apparenza di una segmenta
zione e di un eterogeneit, accentuano moltiplicandole le standardizzazioni.
Questo genere di autorinforzo di una forma sociale (e politica) tramite i suo co
ntrario, frequente nella storia, compresa quella pi recente. Esempi: il movimento
operaio internazionale e il socialismo hanno permesso al capitalismo di raggiun
gere il suo primo stadio industriale, i movimenti contestatari della giovent degli
la retorica sulla qualit della vita e mimetizzati dietro un eterogeneit culturale arti
ficiosa. Dopo aver unificato i valori e i comportamenti, la societ dei consumi si
applica a disperderli di nuovo, a polverizzarli in una nuvola di stili e costum
i economicamente e commercialmente razionalizzata. Quali possono essere le conse
guenze sociali e culturali di questa polverizzazione degli stili e dei valori?
Fino ad un epoca recente, la societ si diversificava in ceti e categorie socioprofe
ssionali, ciascuna provvista, approssimativamente, dei suoi valori, delle sue tr
adizioni ideologiche e del suo stile di vita. La grande concezione del mondo egu
alitaria federava, naturalmente, questo insieme. La scomparsa dell aspetto spirituale
dei valori non impediva al loro lato materiale cio alla societ industriale ed al pro
gressismo economico
di garantirsi un consenso di massa. La stratificazione socia
le e l adesione generale ad un modello di progressione democratica, meritocratica
o causale dal basso all alto della piramide, garantivano il paradosso di una socie
t culturalmente omogenea ed economicamente differenziata. I fattori di eterogenei
t e di differenziazione si situavano infatti sulla stessa scala, si imponevano in
base allo stesso modello e metro di misura
quello di un consumo tipo
e restavan
o perci largamente quantitativi. Fin verso la fine degli anni sessanta, le societ
occidentali apparivano al tempo stesso omogenee e stratificate sul duplice piano
della cultura quotidiana e dello stile di vita.
Le cose cambiano a partire dall inizio degli anni settanta. La causa di questo cam
biamento strettamente connessa all importanza crescente della sfera privata. Il ripi
ego verso stili di vita marginali e preoccupazioni intimiste, tende a polverizza
re i valori sociali. Le differenze non sono pi soltanto salti di livello sulla st
essa scala di valore economico e sociale, ma divengono veri e propri compartimen
ti stagni. Le persone non vivono pi sullo stesso pianeta. La societ assomiglia sem
pre pi ad una giustapposizione non-federata di piccole sfere tutte decentrate senza
che il centro, in fondo, esista pi da nessuna parte. Ciascuno possiede sempre pi
il suo piccolo mondo, col suo proprio stile di abbigliamento, di linguaggio, di
gusti artistici e di costume: feudalesimo culturale.
Microculture appaiono e scompaiono, originali certo, ma effimere, come sullo spe
ttro turbinante di un caleidoscopio. Le mode marginali si succedono senza tregua
. Tutto, nella cultura quotidiana e nelle scale di valori, separa gli ambienti l uno
dall altro. L eterogeneit degli stili di vita ancora pi grande che nelle societ rurali
tradizionali, che pure erano frammentate dalla geografia, ma che restavano unif
icate da potenti sistemi di valori. Tra il farmacista di una cittadina di provin
cia e suo figlio, disceso in citt per penetrare in un mondo semisalariato e semis
tudentesco, pu scavarsi una differenza tanto profonda quanto quella tra due civil
t diverse. E dal momento che nessun centro d interesse comune per problemi generali
e collettivi
la politica, per esempio viene pi a frenare questa eterogeneizzazio
ne, essa esplode in tutte le direzioni.
Il francese o il tedesco medio spariscono. Le classi e le categorie socio-professi
onali, pure. La sociologia trova sempre pi difficolt a fotografare il paesaggio de
i modi di vivere e dei sistemi di valori quotidiani. Questi si disperdono e si p
rivatizzano, si sminuzzano e si polverizzano in poli pi o meno marginali di stili
e di idee, in nuvole di valori.
A questa esplosione dei centri di valore, concomitante al montare della sindrome
della marginalizzazione di cui parleremo pi avanti, corrisponde l implosione del s
enso di cui parla Baudrillard. In effetti, una certa rinascita degli stili di vit
a propri, delle radici, dei valori tradizionali che si presenta come una reazione all a
norganicit della societ consumista, non deve essere presa per una reviviscenza di
un modello sociale pi caldo. Un insieme umano non diventa o non ridiventa
organico
e vivente che a condizione che i valori siano federati da un senso globale comune,
di natura politica e storica. Non basta che ci siano dei valori perch la societ int
era ritrovi una valorizzazione ed un significato.
Ma come conciliare questa dispersione con l omogeneizzazione culturale crescente d
ella civilizzazione occidentale? Bisogna riconoscere che, pi che nelle societ trad
izionali o nelle societ della prima rivoluzione industriale, le popolazioni subis
cono oggi una inarrestabile unificazione: cultura americanomorfa di massa, lavor
o salariato, urbanizzazione, costruzione di un ambiente tecnoeconomico unico ne
rappresentano i fattori ben conosciuti. Questa omogeneit una riduzione quantitati
I simboli detti mobilitanti, che comportano una certa capacit di suscitare miti e i
mmagini insieme ad una connotazione di estetica collettiva, lasciano assolutamen
te freddi gli spiriti assetati di piccola giustizia immediata, di regolazione local
e della felicit. Preservare il quotidiano e se possibile migliorarlo, questa la pa
rola d ordine. L immaginazione e il sublime hanno veramente disertato il nuovo spirito
dell omologato. La sua mentalit reinventa un nuovo approccio ai media, ancora pi al
ienante del precedente, quello del consumatore frenetico di messaggi. Se il giov
ane quadro dinamico della media borghesia degli anni sessanta consumava riviste
e rotocalchi, gli omologati odierni si buttano da parte loro sull audiovisivo. Ne
armano l aspetto intimista, dolce, sussurrante, rassicurante. Televisione e videoc
assette corrispondono pi della stampa, del libro e della radio agli stili di vita
domestica degli omologati, che escono poco e coltivano il sonnecchiare casaling
o.
Essi leggono sempre meno secondo le inchieste, salvo forse le riviste specializz
ate, dedicate alla tavola a vela, al bricolage o all arredamento. I grandi dibatti
ti astratti li annoiano. La loro psicologia stiracchiata tra letture e centri di
interesse iperpratici, come il tempo libero o l abitazione, e un bisogno di evasi
one in un immaginario innocuo e non perturbante. Quest ultimo si soddisfa tramite i
serial televisivi, le videocassette di distrazione sentimentale, sessuale o fant
astica, la musica diffusa dallo stereo familiare, seconda fata della home. Gli o
mologati vogliono essere rassicurati e sentirsi in compagnia. Gli ci vuole un intor
no sonoro, umano, televisivo, musicale, elettronico, domestico che sia tranquilli
zzante e zuccheroso. La vita, per essi, sembra essere soltanto quella privata, i
l nido prima di tutto.
Si assiste cos ad una rottura brutale con l ideale urbano degli anni sessanta, in c
ui il giovane evoluto usciva, andava al cinema, girava con la macchina, aveva mo
lti appuntamenti, rientrava tardi dal lavoro, eccetera. I nuovi omologati finisc
ono per riallacciarsi alla mentalit di meschinit domestica della media borghesia d
egli anni trenta, schernita e messa alla berlina da Cline. Ma il loro conservator
ismo autistico ancora pi coltivato nella bambagia, pi suscettibile di fuga dal rea
le e di rifiuto del mondo, nella misura in cui rinforzato da mezzi tecnologici d
i isolamento audiovisivo e ben presto telematico
e d autonomia solipssta temibilmen
te efficaci.
Contrariamente a ci che pensano gli ambienti della stampa scritta, la nuova psico
logia conservatrice richieder sempre meno informazioni ed avvenimenti a caldo, e se
mpre pi sogni ad occhi aperti. Le notizie stimolanti, turbative e remote perdono il
loro potere di attrazione a profitto della distrazione, della compagnia, della p
resa a carico (passerete una serata meravigliosa in compagnia del programma tale).
Gli occhi e le orecchie devono essere assistiti e riconfortati da immagini dolci e
divertenti, da sonorit facili. Quanto allo spirito, esso, vuole essere rassicura
to da belle storie non-violente. Il mondo diventa di colore rosa.
L alloggio spazio-rifugio accuramente verniciato e colorito
serve da caverna di Al
Bab per un accumulazione di gadgets il cui ruolo non necessariamente l ostentazione e
conomica come nel caso dei parvenu della crescita degli anni sessanta. Si tratta
piuttosto di costruirsi un neoradicamento fantastico, un microspazio di soddisf
azione totale dei desideri.
La cucina, il salotto, la doccia, la camera del bambino prendono un aria da cabina
di pilotaggio di un Boeing: bisogna equipaggiarsi, questo il concetto-chiave. L eq
uipaggiamento gioca lo stesso ruolo della croce sopra il letto dei nostri nonni.
In una civilizzazione tecnicizzata, sono i segni della detenzione dell oggetto tec
nologico che portano la funzione quasi-magica di integrazione dell Io nella social
it. La dotazione in dischi, cassette, videogames, etc. permette di dire siamo pronti
di fronte all avversit aleatoria. La casa protetta contro i cattivi dmoni: la discot
eca e la videoteca ci proteggono dalla noia e l armadietto imbottito di medicinali
ci protegge dai microbi. Gli omologati ritrovano queste buone vecchie ricette:
si reinsediano.
Come il piccione della tavola, le classi medie occidentali, randagie e in cerca
di emozioni per una generazione, rientrano nel buco caldo della piccionaia.
I marginali, da parte loro, formano il secondo gruppo d appartenenza della mentali
t del nuovo conservatorismo.
Molti marginali sono dei futuri quadri ed appartengono agli ambienti agiati e istr
uiti, abitano le citt, sono abituati alla societ tecnologica. Non si tratta dunque
di emarginati, di adepti del ritorno alla terra, n di ribelli. Paradossalmente,
i marginali sono del tutto integrati nel Sistema.
Primo tratto della psicologia della marginalit: gli interessati si sentono disimp
egnati in rapporto all ambiente politico e sociale che non contestano e non approv
ano perch ritengono che non li riguardi. Essi staccano. N contestatori, n rivoluziona
ri, n ci che pi notevole
utopisti, spingono fino alla sua logica estrema il presenti
amo degli omologati. Solo conta la piccola felicit del qui ed ora.
Ma la loro energia e la loro creativit non scompaiono necessariamente: esse posso
no persino mostrarsi pi interessanti e pi originali di quelle delle generazioni pr
ecedenti. Semplicemente, esse non si riversano sulla societ. La creativit tutta qu
anta mobilitata al servizio dell individuo atomizzato e della sua ristretta cerchi
a. Da qui una propensione marcata verso la schizofrenia: il marginale partecipa
alla societ nel quadro del suo mestiere o professione, ma ne sostanzialmente asse
nte: la sua vita altrove. Per la forma o per necessit, se non pu farne a meno e se
ne in grado, egli lavora; ma il contenuto del suo lavoro gli indifferente.
Questa privatizzazione dell esistenza, questo intimismo mentale che curiosamente non
si apparenta affatto all egoismo o al cinismo, va di pari passo con uno psichismo
da sognatore. Il marginale in perpetua ricerca dell evasione: il viaggio, la pop
music, le espressioni figurative. L energia psichica di questa minoranza della pop
olazione che pure tocca nelle nuove generazioni una percentuale che oscilla dal
20 al 40% del totale, non pi messa al servizio della collettivit, ma per un effett
o implosivo si ripiega verso la sfera intima del soggetto e verso la sua cerchia
di relazioni personali immediate.
Marginalit psicologica, non-contestazione indifferentista, e inserimento sociale
inattivo, sono le tre grandi caratteristiche che permettono di distinguere i mar
ginali. A differenza degli omologati, essi non partecipano ad alcuna azione asso
ciativa o rivendicazione microcomunitaria, anche qualora approvino le finalit ric
ercate da questa forma di impegno sociale. Dando il meno possibile di se stessi
alla collettivit, entrano nel sistema economico recalcitrando, e preferiscono i la
vori instabili e liberi, magari provvisori, o la disoccupazione iperassistita ai
mestieri tradizionali, al posto o alle carriere. Votano poco, guardano la televisi
one con parsimonia, ma, fatto notevole ed essenziale, la struttura del loro cons
umo non appare realmente marginale, e non dunque pericolosa per i circuiti econo
mici dominanti. I marginali sono volentieri e spesso adepti dei consumi alternati
vi, dei prodotti cosiddetti naturali, dell abbigliamento fuori dal comune; nondimeno,
siamo lontani dalla marginalit economica: il sistema di produzione si adatta ben f
acilmente a questo stile. Ci gli permette anzi di creare nuovi settori di produzi
one e consumo.
Il marginale narcisista ed egoista esattamente come l omologato. Questo bisogno d oc
cuparsi di s del proprio ambiente immediato appare imperniato in un caso su valor
i domestici e microsociali, nell altro su valori di evasione e sul fatto di essere
lasciati in pace. Questo declino del civismo e del senso sociale non si accompagn
a ad una protesta marcata nei confronti dello Stato, a differenza che nel conser
vatorismo tradizionale, normalmente intollerante sul capitolo dell intoccabilit del
l autonomia individuale. Paradossalmente, l iperindividualismo dei marginati li rend
e indifferenti nei riguardi del potere, che essi sopportano senza porsi la quest
ione della sua beneficit o nocivit. Basta che lo Stato tenga un discorso umanitari
o e decentralizzatore, che distribuisca le sue amenit, che non pratichi pi alcuna
oppressione visibile, perch ogni sua invadenza passi inosservata o sia tollerata
con passivit.
Il rock, il fumetto decadente ad alte dosi, i linguaggi ipergergali, iI microgru
ppo socioaffettivo, la cultura dell immagine, costituiscono gran parte dell orizzont
e culturale e storico dei marginali. Muniti di una preparazione tecnica spesso m
olto spiccata, molto affinata, essi restano perfettamente ignoranti in materia di
cultura generale, ad un grado spesso difficilmente immaginabile per chi oggi ha
gi passato la quarantina.
La loro sensibilit stata costruita in un ambientazione sensoriale ed audiovisiva ne
lla quale la psicologia scritta, discorsiva e razionale, non ha lasciato che fossi
li. Non si riconoscono pi del resto neppure nella televisione e nella radio tradi
zionali: i loro media sono, per esempio, le riviste pazze, molto illustrate, molto
disordinate e dai toni volutamente stridenti, oppure le radio libere senza prog
rammi, le cui trasmissioni sono saturazioni di musiche ritmiche ininterrotte, se
condo la tecnica delle discoteche. Musica martellante e fumetto cinematografico co
stituiscono due buone descrizioni pittoriche del loro universo ipersensoriale, a
l tempo stesso primitivo nello stile e compartimentato nel modo di percezione, c
ome attesta il successo del walkman.
I marginali appaiono come il prodotto finale di una societ dai valori esauriti. S
olo la domesticazione , tramite l abitudine ad una razione quotidiana di prodotti e d
i servizi da consumare, li trattiene dal cadere in un emarginazione totale. La socie
t li tiene con questo mezzo. La questione che si pone allora quella di sapere se
questi marginali costituiscono una minaccia virtuale per la societ dei consumi, o
se la loro semi-integrazione favorisce l apparire di nuove strutture economiche.
Per la verit, due scenari sono possibili.
Prima ipotesi. i marginali, a differenza degli emarginati volontari degli anni s
essanta, non sono pi una categoria recuperabile. Hanno fatto interiormente secess
ione, e hanno isolato la loro vita privata e il loro mondo spirituale, fuori por
tata per la societ e i suoi doveri. Non rigettando il parassitismo, la loro margin
alit clandestina, che si dissimula sotto un integrazione apparente, costituisce una
minaccia per la societ contemporanea. Questa, in effetti, non pu recuperarli, perc
h non le viene fornita alcuna presa, neppure quella di una contestazione. Indiffe
renti al mondo acrosociale, essi non gli consacrano alcuna energia e, per questo
fatto, un recupero si rivela tutt altro che agevole, al contrario di ci che si era
prodotto con gli ex marginali molto motivati e molto vistosi degli anni sessant
a che sono adesso degli omologati. Questa bof generation, secondo una tipica esp
ressione, nasconde sotto la sua assennatezza superficiale una temibile forza d ine
rzia capace di mandare in rovina il sistema sociale, non per esplosione, come ne
l caso di una grande rivolta classica di stile sessantottesca, ma per implosione
, per consunzione di energie. In caso di una crisi grave, una frazione important
e della popolazione delle nazioni europee si rifuger in una sorta di passivit mili
tante, di sciopero delle energie e degli sforzi collettivi.
La seconda ipotesi non meno plausibile. Essa parte dal postulato che in caso di
grave crisi, la nostra societ, tenuta in piedi da meccanismi di sorveglianza tecn
ocratica altamente sofisticati, al tempo stesso impersonali e fortemente litari,
non avr bisogno, qualsiasi cosa avvenga, dell appoggio attivo della popolazione. Al
contrario, sarebbero proprio le demotivazioni e l indifferenza a preservare i ges
tori di una tale crisi da complicazioni di ordine politico e sociale. In caso di
crisi galoppante, cio per esempio di difficolt considerevoli a mantenere l attuale
tenore di vita delle popolazioni, la psicologia della marginalit sarebbe d un certo
aiuto ai regolatori dell apparato tecnoeconomico.
Se la mentalit degli anni sessanta non ha mai ammesso cedimenti nella progression
e dei redditi, le cose vanno diversamente con i marginali odierni
e cos pure, in
minor proporzione, con gli omologati. Si nota un grande calo di ambizione, deter
minato dal fatto che essi non hanno mai conosciuto la povert, ed uno spostamento
degli ideali individuali dalla ricchezza quantitativa verso beni immateriali come
il diminuire degli impegni, l ampliamento del tempo libero, il rallentamento delle
scadenze e dei servizi sociali, tutte amenit che corrispondono perfettamente a c
i che pu offrire una societ in recessione economica. Il livello del salario conta ogg
i meno rispetto ai vantaggi ed alle facilitazioni collaterali, alla frequenza de
i permessi, all elasticit degli orari, alle garanzie assistenziali, mutualistiche,
eccetera. Le nuove strutture economiche della societ mercantilistica in crisi eco
nomica si prestano in effetti splendidamente a fornire servizi di questo genere:
assistenza, garanzia, libert, sicurezza, in un ambiente di crescita nulla o addi
rittura di recessione. In compenso, sar sempre pi difficile realizzare un progress
o del tenore di vita e del volume dei consumi, o ridurre la disoccupazione.
Di conseguenza, questa nuova forma di societ industriale di gestione di crisi convi
ene perfettamente ai marginali come agli omologati. Il giovane quadro dinamico l avr
ebbe, in compenso, aborrita. La crisi di legittimazione di cui parla Habermas (13)
, e che risiederebbe nel fatto che le societ occidentali, legittimate dalla cresc
mali del capitalismo, aggiunge quelli del socialismo umanitarista. Alla societ me
rcantilistica di cui sopprime gli ultimi residui di dinamica conquistatrice, agg
iunge gli inconvenienti del modello di societ protezionista ed iperassistenziale.
Il mercato e la sua dinamica non esisteranno pi proprio l dove sono necessari: ne
ll industria privata. Vedremo in compenso fiorire il mercato nelle microimprese te
rziarie, non creatrici di valore aggiunto industriale: dai negozi ai ristoranti,
passando per le piccole imprese fornitrici di servizi sofisticati. I soli capit
alisti resteranno lo Stato socializzato (per il tramite delle grandi imprese) e
i piccoli imprenditori del codice civile. Ma le forze vive della nazione, rapprese
ntate da coloro che mantengono e rinnovano il tessuto economico, ovvero la media
e piccola industria, sottomesse all intervento poliziesco delle amministrazioni,
sono destinate a declinare sempre pi.
In L aprs-crise et commence, Alain Minc sostiene che il mercato e il liberalismo sta
nno per reintrodursi nei consumi sociali. Egli evoca a tal proposito il supremo
paradosso dello Stato-provvidenza che, bench fondato sull anticapitalismo e sul rig
etto socializzante di un mercato reputato fonte d ingiustizia, ha sviluppato il bi
sogno di felicit e di consumi sociali e, conseguentemente al fallimento subto nell a
dempimento del suo ufficio, si vede costretto a retrocedere al mercato ed al set
tore privato la funzione della protezione sociale. Ma tutte queste argomentazion
i non sono che pie illusioni.
Se Minc descrive con ottimismo ci che a suo avviso potrebbe essere un ritorno del
politico e dello Stato sovrano nella nuova societ dei consumi, ci non toglie che
non affatto detto che il suo seducente scenario si realizzi. Ascoltiamo nondimen
o: Il dopocrisi esige paradossalmente pi Stato per meglio ingannare le leggi del me
rcato economico mondiale e servire da scudo all industria interna, pi mercato , solo s
campo all imballarsi delle spese pubbliche e alle impasse dello Stato-provvidenza,
pi societ civile , fattore unico di riequilibrio cui deve adattarsi il gioco delle i
stituzioni. Continuando sullo slancio della sua arringa statal-libertaria, Minc pro
segue: La restrizione del campo politico non equivale alla sua scomparsa. Essa es
ige di pensare ad uno Stato forte ma ristretto, che si porti in prima linea ma s
i disimpegni dal gioco sociale, e ad un mercato accettato non come una fatalit, m
a come un fattore di regolazione sociale (18). Tutto ci pu apparire interessante in
assoluto ma comunque presuppone cosa che Minc non vede
un inversione radicale dei
valori dominanti, in particolare dell individualismo. In quanto tali, le mentalit
dei nostri contemporanei non preparano affatto nell immediato una societ statal-lib
ertaria . Tutt altro.
In campo politico, la NSC sembra prepararci ugualmente una pregnanza accresciuta
dello statalismo tiepido. Il nuovo dispositivo ideologico di legittimazione del
le societ industriali tiene ad includere nel suo discorso certi temi apparentemen
te liberatori come l ecologismo, la difesa della cultura ed un certo numero dl valor
i dolci, apparentemente anti-industriali. Questa categoria ideologica ha per ogget
to di preparare eventualmente gli spiriti ad una stagnazione o ad un abbassament
o del tenore di vita. La societ mercantilistica, a lungo fondata sulla crescita,
vedrebbe normalmente i suoi fondamenti dottrinali sfaldarsi gravemente in caso d
i crisi economica generale; si tratta dunque di approntare un discorso di rincalz
o, un ideologia di riserva presa a prestito dal vecchio argomentare dei contestatar
i. I marginali e gli omologati sono il prodotto, in particolare i secondi, di qu
esto recupero.
Marginali e omologati non si raggruppano pi intorno a grandi cause. E questo che s
piega la diminuzione del dogmatismo e la perdita di audience dei grandi credo ideo
logici. Ma questa distanza presa in rapporto agli ideali sociali e politici, com
e la diminuita pregnanza dei miti moderni, non si traduce in maggior rigore o sagge
zza. L intransigenza ideologica e politica declina a beneficio di un indifferenza civ
ica che ha per corollario l autocontemplazione del proprio modo di vivere.
Ne deriva un forte desiderio di consenso, ma non nell accezione politica del termi
ne. Il consenso in questione prende la forma di una pace sociale a qualsiasi pre
zzo, di una voglia ossessiva di composizione, di tolleranza, di arrangiamento. M
entalit doppiamente criticabile: sul piano interno, lascia mano libera alle manip
olazioni amministrative dello Stato-provvidenza, cosa che tutto gli permesso pur
ch garantisca un mondo senza eccessivi turbamenti; sul piano esterno, le mentalit
Parlavamo poco sopra di Bacco, e non era senza una ragione precisa. La NSC e i t
empi postmoderni sono penetrati, come ha visto Maffesoli (25), dalla presenza se
mpre pi insistente del dio Dioniso. Presentismo, spirito orgiastico, ricerca del
godimento, oblio ed ebrezza confusionale, ritorno del corpo e della sua immediat
ezza, perdita di coscienza politica etc.; tutti questi tratti psichici sono posi
tivi dal nostro punto di vista, se li si sa leggere. Dioniso addormenta le cosci
enze, fa sparire gli ardori pseudoprometeici ed i vecchi valori della morale egu
alitaria e di questa societ razionalista e mercantile uscita dal cristianesimo. D
ioniso prepara il ritorno di Apollo ed i suoi servi neppure lo sanno. Ma il dio
della mietitura, lui s che lo sa
Guillaume Faye
Traduzione dal francese a cura di Stefano Vaj
1 Jean Baudrillard, La societ dei consumi, II Mulino, Bologna, 1970 [ult. ed. fra
ncese].
2 Alain de Benoist, Le idee a posto, Akropolis, Roma 1983 [ed. originale].
3 Vedi Cornelius Aken, The Californian Society, Butchinson & Weggs, Londra, 1977
.
4 Ralph Glasser, I nuovi grandi sacerdoti, Franco Angeli, Milano 1973.
5 Andr Bjin, La dmocratie sexuelle et le pouvoir des sexologues, CIS, Parigi 1981.
6 L espressione originale la dfonce du consommateur (Nota del Traduttore).
7 Una moltitudine di esempi potrebbe essere apportata. Ritorneremo pi avanti su q
uesto fenomeno.
8 significativo che la qualit della vita , nella sua accezione contemporanea, design
i le caratteristiche di un esistenza ipergarantita, preservata, equilibrata e sopr
attutto assicurata di durare e di sfuggire alla morte respingendo il suo spettro
il pi lontano possibile. Da un punto di vista psicologico, questa qualit della vit
a riflette uno psichismo addomesticato , e patologico. Per una psicologia normale un
a vita qualitativamente superiore sembra invece essere marcata dall intensit, il do
no di s, l abnegazione, il piacere, etc., per farla breve dalla presenza soggiacent
e della morte che viene a dare un senso ad ogni cosa. Su questo punto, cfr. Alai
n de Benoist e Pierre Vial, La mort, Le Labyrinthe, Parigi, 1983.
9 Daniel Bell, The Cultural Contradictions of Capitalism, HarperCollins, ult. ed
. 1996.
10 Henri Van Lier, Oprateurs 1977, Bruxelles 1977.
11 Recentrs e dcals nel testo originale. Ovvero ricentrati e scalati, spostati (No
aduttore).
12 Jean-Jacques Servan-Schreiber, La sfida americana, ed. italiana pi recente: Mo
ndadori, Milano 1980 [ult. ed. originale].
13 Jurgen Habermas, Strukturwandel der Offenlichkeit, Hermann Luchterhand Verlag
, Francoforte 1962.
14 Cristopher Lasch, Culture of Narcissism. American Life in the Age of Diminish
ing Expectations, Norton & Cie, New York 1976.
15 Vedi Alain de Benoist e Guillaume Faye, Contre l Etat-providence , in Elments n. 44
, gennaio-febbraio 1983, e Pour un Etat souverain , ibidem.
16 Ferdinand Tnnies, Comunit e societ, Edizioni di Comunit, Milano 1979 [ed. origina
le, ed. Web in inglese]
17 Michel Maffesoli, La conqute du prsent, Presses Universitaires de France. Parig
i 1980.
18 Alain Minc, L aprs-crine est commence, Gallimard, Parigi 1983.
19 Louis Dumont, Homo aequalis. Genesi e trionfo dell ideologia economica, Adelphi
, Milano 1984 [ed. originale].
20 Gilles Lipovetsky, L re du vide, Gallimard, Parigi 1983.
21 Francois Partant, La fin du dvelopperment, Maspro, Parigi 1983.
22 Alain de Benoist, Le idee a posto, op. cit. [ed. originale].
23 Giorgio Locchi, Wagner, Nietzsche e il mito sovrumanista, Akropolis, Roma 198
2.
24 Raoul Vaneigem, Le livre des plaisirs, Encre, Parigi 1979.
25 Michel Maffesoli, L ombre de Dionysos, Mrien/Anthropos, Parigi 1982.
i di assorbimento dei prodotti locali, smettere di comprare dal terzo mondo un ene
rgia che noi potremmo almeno in parte autoprodurre, incitarlo a rivitalizzare la
sua agricoltura e a smettere di importare prodotti di consumo stranieri, questo
potrebbe essere il modello di una politica di aiuti all europea. Il nostro intere
sse contro l economia multinazionale comune. L Europa trarrebbe vantaggi politici e
geostrategici a lungo termine considerevoli se essa contribuisse alla costruzion
e nel terzo mondo di spazi semiautarchici realmente decolonizzati. Immaginiamo u
n Europa essa stessa organizzata in grande spazio autonomo, sottratta alla presa o
ccidentale e americana, che cooperi con imperi economici e politici tutti differen
ti, ma solidali
E in questa direzione che risiede senza dubbio la scelta pi giusta e pi lucida. Abb
andonata la supponenza, la condiscendenza e il pietismo umanitario verso i popol
i del sud del mondo, verso una grande alleanza storica che l Europa dovrebbe diriger
si con essi. Presto o tardi, essi si ribelleranno al sistema occidentale. Dunque
, che non ci si confonda con quest ultimo. Prendiamo la testa di questa rivolta. A
bbiamo lo stesso nemico.
questo il dialogo offensivo dei popoli, il vero dialogo nord-sud.
Guillaume Faye
Traduzione dal francese a cura di SIMONA SUTTI
(1) Da qualche anno, l estremismo liberale rappresentato principalmente dalla corr
ente dei cosiddetti nuovi economisti, in cui si collocano tra gli altri i teorici
della scuola di Chicago come Milton Friedman [alias] e David Friedman (propugnat
ore dell anarcocapitalismo), nonch Friedrich Hayeck [alias] Henri Lepage, Florin Af
talion, ecc. Caratteristica comune dei nuovi economisti la ripresa integralista e
polemica delle posizioni degli autori liberali anglosassoni del diciannovesimo s
ecolo.
(2) Andr Grjebine, La nouvelle conomie internationale, Presses Universitaires de F
rance, Parigi 1982.
(3) Franois Perroux, Pour une conomie de nouveau dveloppement, Aubier, Parigi 1981.
L economista altres autore di Thorie et histoire de la pense conomique, L Europe dans
e monde, e Indpendance de la nation. Altre opere disponibili sono elencate qui.
(4) Cfr. il dossier pubblicato dalla rivista Elments nel marzo 1979.
on ha importanza.
Vi spiega, con voce mielata, in basic english, con un accento senza provenienza,
che di nazionalit occidentale e che ricerca la felicit. Ha due figli, un maschio
e una femmina. Questi, da parte loro, hanno l aria di annoiarsi terribilmente. La
ragazza canticchia slogan pubblicitari. Il figlio, un po inebetito, tamburella su
di un football elettronico.
Uscite dalla cellula; attraversate il praticello (ne avete visto uno identico, i
eri, attorno alla stessa abitazione, a diecimila chilometri da qui). Salite nell
a Toyota che avete preso in affitto (ieri ne avevate una uguale). Accendete la r
adio: trasmette musica. La stessa del night-club. La vostra memoria, macchina me
ravigliosa, ha adesso rammentato ogni nota. La musica s interrompe: slogan pubblic
itario. Toh, lo stesso di poc anzi; ma anche lo stesso dell altro ieri, quando, in u
n Holiday Inn, avevate acceso la televisione di camera vostra. Ma, di fatto, cos
a dice la rclame? Si tratta di un libro. Il titolo vi ricorda qualcosa: una stori
a d amore che si svolge durante una catastrofe. Riflettete, pochi secondi al massi
mo; ma i vostri neuroni non hanno bisogno di funzionare, giacch siete proprio app
ena passati davanti ad un cinema, la cui insegna reca esattamente lo stesso tito
lo del libro. Ci siamo: le immagini delle locandine hanno stimolato il vostro ce
rvello: questo film l avete visto, quattro giorni fa, molto lontano da qui, a
per
farla breve, in un altra citt, in un altro paese, il che non ha dopotutto molta imp
ortanza. Ma di che cosa parlava il film? stupido non ricordarsene: vi torna ora
in mente che l avete visto una seconda volta sull aereo che vi ha portato qui. Poco
importa: era un film americano che raccontava grosso modo una storia d amore e di
catastrofe, esattamente ci che ha detto la pubblicit
D altronde, la musica della pubblicit
questo ve lo ricordate
la stessa che ritmava
il film, evidentemente, la stessa della discoteca, l altra sera a , poco importa. I
struttivo, questo giro del mondo che vi ha pagato la vostra societ, la X.X.X. & C
o., per visitare i suoi clienti sparsi per il mondo.
Potreste risvegliarvi; tutto questo potrebbe essere un incubo; ma ha gi smesso di
essere un sogno.
In Africa le ultime comunit tribali sono in via di estinzione. In America latina,
nelle favelas prodotte dall ordine mercantilistico occidentale, i giovani dimenti
cano a tutta velocit la cultura ancestrale. Nelle campagne europee, le balere ass
omigliano sempre pi ai locali della Rive Gauche.
Ma voi non siete reazionari. Le contadinelle infiocchettate e le rudi parlate lo
cali non sono eterne.
Bisogna stare dalla parte del mondo moderno. Ma quale mondo moderno? Dov finita la
modernit? I sogni futuristi sono svaniti. La televisione, la sicurezza sociale,
i diritti dell uomo, l imbottigliamento sulla deviazione A86, le false travi in form
ica, il mini-stereo a credito, dunque questo il mondo moderno? Abbiamo smesso di
voler andare sulla luna. Se avete la fortuna di non essere disoccupato, tutto a
ttorno a voi trasuda comfort. Il comfort confortevole evidentemente, ma non esalt
ante. Questo mondo moderno, non lo trovate un po noioso? Ma per distrarvi c sempre
il cinema e la televisione. Qui, diventa appassionante il mondo moderno. La tecn
ica d tutta la misura di s; partiamo all avventura nei pianeti con gli incrociatori
dello spazio. Ma sapete bene che tutto ci non esiste, che tutto ci non che un simu
lacro. S, proprio cos, voi vivete nel simulacro. Simulacro della felicit, dell avvent
ura, dell amore, della violenza, della religione
Una cosa almeno rassicurante: avete la vostra personalit, un po narcisistica forse
, ma se la depressione nervosa in agguato, uno psichiatra vi aiuter a riscoprire
il vostro io. Se il vostro alloggio e il vostro abbigliamento assomigliano a que
lli del vicino, il vostro spirito almeno, quanto ad esso, non assomiglia a quell
o di nessun altro. E poi siete rispettati. Siete liberi. Il vostro vicino lo alt
rettanto, del resto. Il suo io rispettato, come i milioni di piccoli io di tutti gli
Occidentali, vostri vicini e fratelli, che non hanno beninteso niente a che ved
ere col vostro.
Certo, avete gli stessi gusti musicali dai vicini: comprate tutti le stesse musi
cassette. Certo, temono tutti, come voi, l esaurimento nervoso o il cancro. Si appa
ssionano tutti, come voi, alle venti e trenta, allo stesso sceneggiato. Ma il se
nso che voi date alla vostra esistenza non , esso, profondamente originale?
Originale?
Acquisire una situazione confortevole, passare vacanze gradevoli, potersi dedica
re al bricolage
durante i week-end, riuscire a pagare le cambiali della sala da pranzo, dello st
ereo, della undici cavalli, poter praticare il windsurf, una cosa veramente orig
inale?
Guardate le ambizioni che avete per i figli: qui, vi distinguete dai vicini. Vol
ete che i vostri figli diventino simili a voi, soltanto un gradino pi su.
Se avete ancora dubbi, voi dite allora che siete francesi. Questo significa qual
cosa. Una fortuna. La maggior parte degli Occidentali, vostri vicini, e dei non
Occidentali
che prossimamente saranno degli Occidentali come voi (non siete razz
isti) non hanno questa fortuna.
Francesi: abbiamo un regime particolare di IVA, la crescita del nostro PIL non e
sattamente la stessa degli altri e poi, soprattutto, abbiamo una storia diversa,
la storia di Francia, Giovanna d Arco, San Luigi, Luigi XIV eccetera. Beh, d accord
o, solo passato, ma importante.
No, decisamente dubitate della vostra originalit. La vostra mente, i vostri vesti
ti, la vostra dieta, la vostra macchina, il vostro impianto hi-fi, la vostra sal
a da pranzo, le vostre vacanze, il vostro paesaggio urbano, il vostro ufficio, i
vostri programmi televisivi delle venti e trenta, il vostro hobby, i vostri gus
ti musicali, l artista che idolatrate, il vostro attore preferito, la vostra schiu
ma da barba, il vostro odore, le vostre paure, il vostro esaurimento nervoso, le
vostre pratiche amministrative, il vostro status sociale, il vostro regime pens
ionistico, la vostra sessualit, il vostro news magazine, le vostre ambizioni prof
essionali, i vostri occhiali, i vostri desideri, il vostro standing, il vostro f
rigorifero, sono cos diversi da quelli di milioni di vostri vicini?
Che cosa dite? Che avete paura dell originalit? Non volete uscire dall uniforme per r
itrovarvi soli, senza supporti, senza appartenenza. Non volete che i vicini vi s
egnino a dito e che i figli vi rimproverino di non fare come tutti. No, decisame
nte non siete tanto idioti da volervi distinguere
Capitolo I
DALLA CIVILIZZAZIONE AL SISTEMA
Come designare questa vasta impresa planetaria di massificazione e spersonalizza
zione? Ottimista, Marshall MacLuhan parlava di villaggio globale (1). Ma si pu anco
ra parlare di villaggio, di societ (mondiale) o di civilizzazione (occidentale)?
Non si prende un abbaglio facendo ricorso a queste vecchie espressioni rassicura
nti che rinviano al gi noto, nel momento in cui stiamo entrando nello sconosciuto
, nel mai visto?
Ci che nasce sotto i nostri occhi, dopo una lunga maturazione in seno all ideologia
egualitaria occidentale apparsa nel diciassettesimo secolo (2), non ha pi nulla
di una civilizzazione.
L antagonismo tra civilt e civilizzazioni caro a Friedrich Sieburg, a Norbert Elias
e a Oswald Spengler (3) oggi superato. La realt attuale sono le entit etnocultura
li e nazionali minacciate di estinzione, i popoli poco a poco svuotati della lor
o sostanza da una macrostruttura sovracontinentale.
Senza territorio, ma installata ovunque, questa piovra gigante si fonda innanzit
utto sull organizzazione della tecnica e dell economia. Culture, nazioni, regioni, t
utti i raggruppamenti umani forgiati dalla storia sono le sue prede potenziali.
Questa macrostruttura in via di installarsi sul mondo
a partire da una metamorfo
si della civilizzazione occidentale pu essere definita un sistema. Una civilizzaz
ione, foss anche mondiale, si fonda sempre su di un passato culturale e mira, pi o
meno, a perpetuarsi. Una civilizzazione resta umana. Un sistema, al contrario, h
a qualcosa di meccanico e di atemporale, anche se funzionante. Una macchina, una c
ellula cancerosa, sono a titolo diverso dei sistemi.
Manca loro ci che Ludwig Klages (4) chiamava un anima. Nel celebre dibattito che l av
eva opposto a Jrgen Habermas e ai filosofi della scuola di Francoforte, Arnold Ge
hlen, il fondatore dell antropologia filosofica (5), aveva gi attirato l attenzione d
ei suoi lettori su questa trasformazione della civilizzazione in sistema: mentre
la societ liberale si persuade di aver costruito un mondo di prosperit, di libera
zione e di progresso, la realt sociale lascia trasparire un ambiente anorganico,
globo, seguendo un unico modello di sviluppo, adotti un giorno il way of life occi
dentale. Anche se questo programma si rivelasse tecnicamente realizzabile, il che
non dimostrato, non condurrebbe alla funesta apparizione di un unico psichismo u
mano? Le crisi che la specie umana potrebbe affrontare non troverebbero che un s
olo tipo di risposta, e probabilmente non la migliore, mentre la diversit delle s
trutture mentali e delle scale di valori, garantendo la pluralit delle soluzioni
offerte, moltiplica al contrario le chance di raccogliere positivamente le sfide
. Se i problemi futuri saranno posti soltanto di fronte a popoli che possiedono
tutti la stessa mentalit consumista e piccolo borghese, nessuno ne trover la soluz
ione.
Non soltanto avremmo fallito sul piano pratico, che sembra oggi starci tanto a c
uore, ma avremmo anche perso la nostra anima. Perdere la propria anima: questa l
a sorte dei gruppi e delle nazioni vittime di un progetto planetario di messa al
passo dell universo umano, che si rivela oltremodo arduo da combattere, perch non
procede per repressione politica, ma per una manipolazione culturale ed economic
a che restringe le libert confortando i suoi sudditi nell illusione progressista di
essere sempre pi liberi.
Disgraziatamente, n Gehlen, pi orientato verso l antropologia che verso la sociologi
a, n Marcuse e Habermas, le cui intuizioni furono sterilizzate dal progressismo u
manitario e dal dogmatismo marxista, giunsero mai a comprendere veramente la nat
ura del Sistema, a svelarne l essenza. Max Horkheimer forn d altra parte, al termine de
lla sua vita, con una sorprendente confessione, la spiegazione di questa incapac
it di analisi da parte dei membri della scuola di Francoforte: riconobbe infatti
con dolore che il marxismo aveva preparato il Sistema, che esso ne era responsab
ile allo stesso titolo dell ideologia liberale borghese, in quanto la sua visione
del mondo si fonda ugualmente su un progetto mondiale economicista e messianico
(12).
L uccisione dei territori
La natura del Sistema misteriosa. Esso non come un istituzione, una nazione, una cul
tura, definibile tramite criteri positivi. Non corrisponde ad alcuna realt giurid
ica. Rompe con tutte le forme anteriori di vita collettiva fondate sulla doppia
realt di una storia e di un territorio. Le collettivit umane si erano fino ad oggi
sempre raggruppate attorno alla rappresentazione di un origine comune e ad uno sp
azio che si abitava nel senso poetico
poietico che Heidegger d a questo termine (13)
Persino la cristianit medievale, che pretendeva di trascendere le frontiere, non
arriv a tanto e pot sussistere soltanto col radicarsi parassitariamente nei popol
i europei e con lo sfruttare a proprio vantaggio l idea d impero, operando in tal mo
do una reinterpretazione della storia. Il Sistema opera invece il considerevole
sconvolgimento di mettere tra parentesi il principio storico-nazionale e il prin
cipio politico-territoriale, che costituiscono le traduzioni moderne della memor
ia ancestrale e dell imperativo spaziale.
I criteri di appartenenza scelti dal Sistema sono economici e tecnici.
L occidentale non definito da nazionalit, razza, passato, origini territoriali, ma
da modo di vivere, tipo di consumi, ritmo di vita, finalit del suo settore profess
ionale, e cos via. Un impiegato di banca di Singapore pi occidentale di un contadin
o bretone che parla ancora la sua lingua e segue la sua cultura ancestrale. L uno
fa parte del Sistema, l altro no.
Il nostro pianeta, la Terra, non pi vissuto come spazio, ma come insieme di zone.
percepito come un supporto strumentale e spoetizzato, da cui vengono ricavati c
ome da una macchina beni e servizi. La Terra oggetto di messa a frutto, non pi ogge
tto di conquista. Un popolo invece sente la Terra in termini di appropriazione ter
ritoriale, anche quando si tratta di estrarne le ricchezze minerarie o di esplor
arne i misteri oceanici; ora queste ricerche non sono pi comprese come avventure
ma si vedono abbassate al livello prosaico e pragmatico dello sfruttamento. Lo s
pazio del sistema occidentale dipende da un architettura meccanica di circuiti e d
i correnti di trasferimento deterritorializzati la cui funzione di fornire il co
mfort, non di dominare lo spazio.
Due conseguenze di questo stato di cose: le nazioni prese nelle ragnatele del Si
stema non controllano pi la propria geopolitica; secondariamente il sentimento co
llettivo dell habitat territoriale, etologicamente indispensabile ai gruppi umani,
Il Sistema utilizza a questo riguardo gli stessi procedimenti della Chiesa che,
tramite una prassi di sincretismo, sovrapponeva i suoi dogmi e i suoi riti alle
religioni pagane particolari, progressivamente ingoiate e dimenticate. Nella ste
ssa maniera gli uomini sono oggi in procinto di obliare le proprie nazioni, senz
a tradirle
quest ultima posizione richiedendo troppi sforzi. I Lebensformen domina
nti (18) vanno lentamente a marginalizzare i valori di appartenenza, di enracine
ment, di schiatta, che potranno persino vedersi attribuire un certo prestigio fo
rmale nei discorsi in pubblico. Le ideologie politiche non cessano di riferirsi
alle specificit regionali, di esaltare la famiglia. La riscoperta delle radici di c
assetta in televisione; ci si appassiona agli sceneggiati di ambientazione rural
e. Non sono, nella maggior parte dei casi, altro che orpelli, maschere, compensa
zioni: una cortina di fumo che nasconde il progresso dell omogeneizzazione cultura
le.
L uomo del Sistema occupa uno spazio morto, mentre l uomo appartenente a un popolo ab
ita poeticamente, cio quale creatore, secondo le parole di Heidegger. L uomo del Sis
tema non pi che un residente che si situa su una scacchiera; il suo indirizzo non h
a nulla di un luogo, si apparenta piuttosto a delle coordinate cartesiane. Le popo
lazioni cos delocalizzate hanno perduto il senso del tempo e della storia.
L uccisione della storia
Cos come la territorialit, la storia costituisce un ostacolo per il Sistema. Essen
do la logica del suo sviluppo sincronica, esso si sottrae a ogni tradizione come
a ogni idea di destino. Tutto ci che diacronico gli si oppone naturalmente. La n
atura del Sistema non di vivere, come un organismo, ma di funzionare, come una m
acchina. Si sottrae dunque al tempo storico. Creare mode, comportamenti economic
i immediati, mantenere a breve termine il tenore di vita, impostare circuiti finan
ziari internazionali, organizzare reti di stampa e di media imperniate sulla cro
naca contingente, sono cose che non si iscrivono nella lunga durata e che non es
igono una memoria.
Un popolo, una nazione, una cultura specifica, al contrario, vengono da qualche
parte e vanno da qualche parte. Per il Sistema, la coscienza storica realmente s
ovversiva. L uomo legato alle sue radici non un buon cliente; non mangia, non cant
a e non ascolta qualsiasi cosa. Ogni mira di grandezza nazionale, ogni rinascita
culturale costituisce una minaccia per il cosmopolitismo occidentale. Ogni dest
ino che sfugge all umanitarismo, alla crescita del prodotto nazionale lordo o al c
ollasso della storia nel buco nero della felicit egualitaria costituisce un intop
po al progetto di destoricizzazione del mondo nutrito dal Sistema.
Il Sistema non pu volere che la fine della storia, in conformit con le ideologie e
gualitarie e paradisiache che l hanno generato e che lo animano, poich la specifici
t della storia sta nella metamorfosi del senso delle cose e del mondo.
La storia cambia il volto
e l anima
delle istituzioni, delle politiche, delle esis
tenze individuali; trasforma il significato dei rapporti militari, geostrategici
, demografici, territoriali; rovescia gli di, le credenze e i valori. Il Sistema
da parte sua non intende mutare altro che le forme: forme dei prodotti, rotazion
e delle mode eccetera; ma intende restare all interno dello stesso senso, cio del med
esimo status quo, dello stesso equilibrio stabile attuale, quello in cui gli aff
ari e la mondializzazione dai comportamenti non saranno intralciati da alcun ost
acolo imprevisto.
Ogni trasformazione storica del mondo sarebbe foriera di pericoli. accettabile u
nicamente una trasformazione che vada sempre nello stesso senso, cio nella direzion
e unilineare del progresso del tenore di vita, del dialogo, dell occidentalizzazione,
dell americanizzazione, della tecnica prostituita al consumo di massa eccetera. Co
me scriveva Werner Sombart (19) lo spirito mercantilistico molto pi internazionali
sta dell internazionalismo comunista, perch ci che teme pi di tutto sono le perturbazi
oni della storia, quelle degli uomini di guerra e degli uomini di fede.
Giacch non si situa nella storia e poich la sua coscienza appartiene all immediatezz
a pratica, il Sistema non si autoconsidera provvisorio e soggetto alla morte, ma
, implicitamente, si percepisce come definitivo ed eterno. Le grandi civilt al co
ntrario, a cominciare da Roma, sapevano che sarebbero perite. per questo, per fi
ssare nelle et future una garanzia storica della loro esistenza, come ha scritto Lo
hausen (20), che esse lasciarono dei monumenti, delle idee in pietra, delle testim
onianze del loro passaggio. Tacito, Cicerone, come prima di loro Tucidide, perce
pirono con una intuizione quasi sovrumana che Atene e Roma, con la loro grandezz
a, precisamente a causa della loro grandezza, sarebbero passate, ma si sarebbero
iscritte nella memoria dei tempi a venire, e avrebbero vissuto successivamente i
n spirito. Che importa al Sistema di garantirsi storicamente e di lasciar traccia?
Esso si crede installato una volta per tutte sulla Terra. Ispirato dal razionali
smo del progressismo umanista, non considera che la storia possa e soprattutto d
ebba cambiare di senso in suo sfavore. La storia non dovrebbe ormai essere altro c
he l accumulazione dei progressi economici e morali gi ottenuti (o che si ritiene sia
no stati ottenuti), come nel caso del preteso aumento del tenore di vita nei pae
si in via di sviluppo. L ideologia ispiratrice, conformemente al modello anglosasson
e e americano del mondo occidentale, pi lockiana che rousseauiana. Locke riteneva
che la rivoluzione fosse gi stata realizzata dal giorno in cui l eguaglianza dei d
iritti, il regno della ragione e la ricerca della prosperit materiale erano diven
uti gli scopi del politico (21).
Lo stato di natura era ritrovato nel suo principio fondamentale; non si trattava
altro che di attualizzarlo. Per l ideologia rousseauiana, invece, la rivoluzione
ancora da fare; la storia continua, provvisoriamente. Il Sistema, da parte sua,
ha gi compiuto la propria rivoluzione. gi insediato e lo sa. Esso non fa che esten
dere sempre pi la logica della sua espansione meccanicistica.
Ci spiega come i marxisti siano tanto spesso disarmati di fronte alla societ conte
mporanea, che in fondo post-rivoluzionaria. Il loro ingenuo ardore messianico in
siste su un mondo che interpreta la storia come gi terminata e la rivoluzione com
e gi avvenuta. Alcuni l hanno capito, in particolare le correnti alternative in Germa
nia federale, in Olanda e negli Stati Uniti, e non mirano pi affatto alla sovversi
one, ma invece prendono alla lettera, a livello della vita quotidiana, le promess
e politiche e sociali e, partecipando ai meccanismi della societ mercantilistica,
cercano di migliorare la qualit della vita interpretando radicalmente i predicati
dell ideologia dominante. Essi aderiscono a questo punto alla credenza generale e
implicita che la storia ha conosciuto il suo ultimo stadio evolutivo, dal moment
o che le strutture base dell umanismo materiale, della fusione delle nazioni e del
progresso sono gi funzionanti. Non si tratta altro che di far cadere gli ultimi os
tacoli, di accelerare la costruzione del paradiso planetario omogeneo, di sbaraz
zarsi delle scorie della storia.
Sfortunatamente (o fortunatamente) gli avvenimenti mondiali dopo la met degli ann
i settanta lo spettro della crisi, gli incubi di guerra, dell imperialismo sovietico
, del risveglio dell Islam cominciano a riempire di crepe il granito di tutte ques
te belle certezze, di cui Herman Kahn, Alvin Toffler o Jean-Jacques Servan-Schre
iber continuano a farsi cantori (22). Ma nessuno ancora sa se la coscienza stori
ca l avr vinta sulla passione dell oro, per parlare come Sombart o Wagner (23), sulla mo
rte tiepida di cui parla Lorenz, sulla tentazione quasi-biologica di assopirsi su
l seno materno di questa civilt del sonno di cui parla Guy Dbord nel suo libro La so
ciet dello spettacolo (24).
Nessuno pu predire se le radici, il gusto della differenza e del destino prevarra
nno, presso gli stessi popoli del Terzo Mondo, sull ammaliante miraggio del Sistem
a, i suoi appelli alla fusione, alla fetalizzazione della specie umana.
***
Il Sistema ha un precedente storico: la cristianit. Anch essa mirava a superare le
eredit storiche particolari e voleva realizzare, progetto che d altronde non stato
abbandonato, un insieme spirituale e ideologico mondiale che avrebbe trasceso le
frontiere. Fino al sedicesimo secolo la chiesa cattolica conserv l ambizione di uni
ficare i popoli sostituendosi ai poteri politici.
Snaturando del suo proprio significato l idea di impero, i papi tentarono di impor
re la loro legge ai principi europei. Quando gli Stati-nazione si furono solidam
ente costituiti, la politica missionaria si svilupp oltremare; la Chiesa tent di s
pianare le religioni e le culture particolari per imporre un cristianesimo univer
sale. Col declino, nel ventesimo secolo, del cristianesimo religioso e l instaurazi
one di un cristianesimo laicizzato che si esprime nell umanismo internazionale, si
pu dire che un ideologia, la religione umanitaria abbia dato il cambio all universalis
mo della Chiesa tradizionale. Ora, nella civilizzazione occidentale quale veicol
ata per esempio dall America, si sa il ruolo rivestito dall umanitarismo e dal democr
atismo, semplici trasposizioni laiche della morale cristiana. Il sistema occidenta
le, enfiagione della civilizzazione che porta lo stesso nome, ci appare cos come i
l lontano prodotto storico della cristianit universale, la sua realizzazione laic
a, materiale e tardiva. Nell uno come nell altro caso le comunit, le culture e le for
me di sovranit specifiche ed originali sono combattute in nome di principi monote
isti: un tempo il servizio del Dio giudeo-cristiano, oggi l ideale umanitario ed e
conomico individualista. I fattori di omogeneizzazione erano religiosi, morali,
culturali, rituali; ai nostri giorni sono, nel sistema occidentale, tecnici, ide
ologici ed economici. Ma non si tratta in fondo di un tentativo della stessa nat
ura?
Nei due casi, tutto ci che si definisce tramite un origine propria da combattere; t
utto ci che appare individuale, atomizzato, slegato da un appartenenza organica, se
parato dalla sua naturale stirpe, dalle sue radici territoriali, dalla sua fedel
t comunitaria, dalla sua ambizione storica particolare, altamente favorevole, per
ch isolato, pronto alla fusione, alla massificazione, all unione in un progetto ama
lgamante comune, quello di un sistema universale.
Capitolo II
L ECONOMIA TOTALE
Il cittadino di un impero come il membro della pi piccola entit politica vedevano
la loro appartenenza definita in maniera spirituale. Essere romano, come pi tardi
dichiararsi tedesco o francese significava essere cementati da un idea, da valori
comuni. Un origine e un destino legavano le comunit politiche.
L appartenenza si personificava; rinviava a nozioni cariche di significato.
Che cosa significa oggi essere francese o tedesco? La semplice inclusione in uno
spazio, in una zona, che pu essere considerata come un sottoinsieme tecnico ed eco
nomico del mondo occidentale, un sottosistema di un insieme meccanico pi vasto. L
e nazioni del mondo occidentale non si differenziano pi per la loro interiorit, ma
sempre pi per lineamenti superficiali, particolarit di funzionamento.
Ci che distingueva tra loro i popoli, era il fondamento, il perch della loro esisten
za e del loro destino; ogni popolo era irriducibile e relativamente misterioso agl
i altri. Questa ricchezza interiore, tesoro della specie umana, in via di spariz
ione. Ci che tende a differenziare i paesi occidentali gli uni dagli altri, dipen
de soprattutto da differenze tecniche e di specializzazione all interno di un organi
zzazione economica mondiale. Le differenze diventano sfumature; si fanno superfi
ciali, sovrastrutturali ornamentali folkloristiche.
Essere francesi non vorr cos pi dire nient altro che risiedere in una zona dell Occident
industriale dove i programmi televisivi vengono trattati nella maniera tale, do
ve i rimborsi sociali seguono quel dato processo, in cui la disoccupazione affro
ntata secondo la tattica tale, la crescita calcolata secondo il metodo tale, la
regolamentazione immobiliare segue lo schema tale (all interno della stessa filoso
fia del diritto), la fiscalit si calcola in base alla tabella talaltro, eccetera.
In breve, le caratteristiche dei popoli non riflettono pi un fondo e un senso, ma le
forme e le modalit di uno stesso progetto di societ; le differenze finiranno fors
e per divenire curiosit, cio alla fin fine dei prodotti turistici, necessari al Sist
ema per mantenere la finzione della diversit.
Gi la formula politico-giuridica universale dello Stato-nazione imposta a tutti i
gruppi umani, cos organizzati tutti secondo la stessa tipologia normativa, aveva
preparato questa omogeneizzazione che viene oggi accelerata con i mezzi offerti
dall economia. La forma politica unica della nazione retta da uno Stato, che si sosti
tuita alle differenze delle varie forme di sovranit (25), costituisce lo stampo i
n cui sono colati i costumi dell homo oeconomicus mondiale.
Il complesso economico-culturale
La sottocultura mondiale e le strutture economiche internazionali dell Occidente m
ercantilistico funzionano in effetti di pari passo, formando la vera armatura de
l Sistema.
L omogeneizzazione si spande quindi secondo la logica di un complesso economico-cu
lturale: economia e diffusione culturale fanno lega e sono utilizzate secondo st
rategie parallele.
Questa omogeneizzazione, che costituisce decisamente il fatto dominante della no
stra epoca, tocca innanzitutto i costumi, cio, nel nostro regime economico, le sc
elte di consumo. Nelle societ industriali, infatti, i comportamenti culturali
leg
gere, vestirsi, mangiare, assistere a un dato spettacolo etc.
corrispondono ad a
cquisti, a preferenze economiche. La cultura quotidiana, molto pi che un tempo, r
icalca i comportamenti economici degli agenti individuali. Il Sistema va dunque
a beneficiare di grandi facilitazioni economiche per imporre la propria cultura,
e di importanti agevolazioni culturali per sviluppare la sua influenza economic
a.
Il modo di vestire dei teen-agers, i prodotti alimentari, i programmi audiovisiv
i, la musica di consumo costituiscono al tempo stesso elementi culturali e merca
ti economici internazionali. Le imprese occidentali, trust alimentari o chimici,
aziende elettroniche, industrie pesanti etc. siano esse giapponesi, americane o
europee mirano a creare mercati e reti di scambi internazionali. Per far ci, lor
o necessario unificare le abitudini di vita (e quindi di consumo) distruggendo p
rogressivamente i costumi specifici che sarebbero d ostacolo all incarcerazione dell
e popolazioni nel sistema mercantilistico planetario in costruzione. Si tratter d
unque di trasformare l ambiente, familiare ai gruppi che si vuole guadagnare ai co
stumi occidentali, da un lato disabituandoli agli oggetti della loro cultura, dall a
ltro distruggendo i simboli legati alla loro cornice tradizionale.
L imposizione del sistema di oggetti occidentale suppone l adozione di simboli cultura
li molto pi semplicistici, orientati verso l attrazione bruta per il comfort materi
ale, il che induce un involuzione ed un impoverimento psichico. In tutte le cultur
e, infatti, la musica, l abbigliamento, l uso di determinati oggetti, i riti gastron
omici, assumono un significato religioso o sociale. A partire dal momento in cui
arrivano i jeans, la disco-music, le radioline a transistor e i cheeseburger, g
li oggetti e i riti del proprio quotidiano si allineano sul modello mondiale, e
soprattutto non rinviano pi che a sensazioni e desideri elementari, prefabbricati
, individuali, atomizzati, strettamente materiali.
Per preparare la popolazione a questi tipi omogenei di consumi, bisogna innanzit
utto macinarla mentalmente. questo il ruolo delle strategie pubblicitarie. Esse
fungono da propaganda culturale modificando le strutture mentali nel senso di un a
cculturazione ai costumi dell homo consumans internazionale. Il sistema economico
utilizza dunque la cultura, pi esattamente una tattica culturale, al servizio del
l estensione dei suoi mercati. Ma fa anche l inverso: incorpora cio la sua cultura ne
lle merci. Dal momento in cui una popolazione consuma i prodotti del Sistema, da
l momento in cui americanizza e occidentalizza i suoi consumi e la sua cornice d
i oggetti, l impregnazione culturale e ideologica
da parte del Sistema si rinforza
, per un effetto di retroazione positiva. Film, gadgets, cassette, televisione,
automobili, vestiti sono carichi di un impronta culturale. Lungi dall essere neutri,
questi oggetti veicolano valori e agiscono sullo psichismo di coloro che li con
sumano e li utilizzano (26).
In questo senso, nello stesso modo in cui il Sistema utilizza una tattica cultur
ale a fini economici, parimenti impiega una tattica economica a fini culturali.
La cultura reificata, ovvero all occorrenza incorporata in merci e l economia
cultura
lizzata funzionano come veicoli l una dell altra. Gli effetti di ritorno sono permane
nti; questa doppia tattica pu paragonarsi a un processo cibernetico che funzioni,
il caso di dirlo, come un sistema su scala internazionale.
L economia e la sottocultura del Sistema si costituiscono cos in un insieme recipro
co che pu permettersi di fare a meno largamente di tutte le forme tradizionali di
propaganda politica o ideologica. Quest insieme, che possiamo definire complesso
veicolare economico-culturale, il mezzo chiave, la tattica prioritaria di invasi
one dei popoli da parte del Sistema.
L efficacia di questa tattica pu essere verificata in tutte le culture. In Africa c
ome nei paesi dell Est, il modello occidentale affascina. la fase pubblicitaria dell
a tattica del Sistema. Poi, dacch i costumi mercantilistici si sono instaurati, l i
mpregnazione culturale si rinforza: la radio, la televisione, ma ancor pi la musi
ca, i film, gli oggetti usuali, incitano ad entrare ancor pi nell universo mentale
del consumismo.
Le fasi culturali di entrata nel Sistema sono, a quanto sembra, tre.
Innanzitutto le popolazioni ancora radicate nella propria specificit sono messe i
i Uniti
la borghesia e istituisce gli scambi economici come fine politico e soci
ale, l America tende a mantenersi a capo del movimento.
Non si tratta di una volont politica di carattere imperiale. Semplicemente gli US
A sono la societ meglio adattata a questo ambiente mondiale. La leadership cultural
e ed economica americana finisce per determinare interventi politici e militari.
Ma questi ultimi vengono effettuati quasi malgrado la volont americana, pi portat
a a forme d intervento indiretto.
In ogni caso l interventismo politico resta subordinato alla logica economica. Gli
Stati Uniti non cessano di manifestare reticenza per gli aperti interventi poli
tici. Societ commerciale pi che nazione, questo paese quando costretto ad esercita
re direttamente un dominio politico lo fa in qualche modo suo malgrado. La guerra
del Vietnam ha mostrato il parossismo della cattiva coscienza americana di front
e ad azioni politiche e militari di tipo sovrano. Non si pu quindi dire che gli a
mericani esercitino una sovranit sul Sistema; essi in realt non manifestano alcuna
volont sovrana di guida. La Fhrung di cui Max Weber fa uno dei criteri della politi
ca (32), totalmente assente.
L egemonia americana, che pu, colpo per colpo, esprimersi politicamente e militarme
nte, riposa su scelte pianificate e decentrate di investimento da un lato, e sul
l attrattiva esercitata dal mercato di consumo europeo dall altro. Essendo i valori
culturali determinati dal sistema di merci, si misura l importanza delle decisioni
d investimento americane, specialmente di quelle provenienti dalle multinazionali
, e delle scelte di consumo del grande mercato interno americano, per la fissazi
one di questi valori. In questo senso le scale di valori occidentali si adattano
e si regolano in conformit a quelle della societ americana. Il che spiega come le
mode nascano all inizio negli Stati Uniti, che in base a ci beneficiano di un pres
tigio culturale usurpato. Nel campo della cultura-prodotto, sono evidentemente i
pi forti. A torto se ne deduce spesso che si tratta di una vera e propria invent
iva culturale. Ogni nuova merce, culturale o meno, che si rivelasse non conforme
agli schemi americani sarebbe inasportabile, invendibile all interno del Sistema,
e non avrebbe alcuna possibilit di vedersi attribuire l etichetta occidentale. Dal
le automobili agli scenari dei film, bisogna passare per le norme US.
Il drugstore, il supermarket o il Mac Donald s, come le hit-parade, gli US surplus
, i giochi televisivi, come pure l impaginazione dei news magazine o lo stile dell
e rclame, non sono tuttavia americani per adattamento al mercato interno american
o, n perch sono prodotti da investimenti americani. Come mai? Abbiamo constatato c
he le strutture mentali americane hanno penetrato gli ambienti economici europei
, che, in maniera parzialmente autonoma, le riproducono. Ma veramente l America ad
essere riprodotta, proprio ad essa che ci si adatta? Da qui lo scarto tra l ameri
canismo europeo e gli Stati Uniti. Il supermercato pi americano di ci che si pu tro
vare negli Stati Uniti, e tuttavia un invenzione francese. Le News sono le sigaret
te pi americane reperibili sul mercato, non soltanto per il gusto, ma per il loro
stesso tipo di lancio pubblicitario; eppure sono state create dalla SEITA, che
una societ europea. L egemonia strettamente americana sulla creazione culturale e s
ui modi di vita del macrosistema occidentale declina, come ha gi cominciato a dec
linare la potenza relativa dell economia americana di fronte all Europa e all estremo
oriente. possibile che si assista sempre pi ad una destatunitensizzazione dell Occide
nte, in concorso con una americanizzazione crescente. I centri di diffusione del
l americanismo nuova miscela potrebbero essere prevedibilmente l Europa occidentale e
l estremo oriente. Non vi sarebbero meno, ma pi fast food e cartoon stile Mazinger,
essendo quest ultimo gi oggi giapponese. Siamo gi fornitori noi stessi delle strutt
ure mentali ed economiche del Sistema. Rischiamo di poter trovare sempre meno ne
gli USA un capro espiatorio.
Stato di fatto pericoloso per l Europa. Saremo ancora capaci di opporci a ci che pr
oviene da noi stessi? Il Sistema, poich non si presenta gi pi come allogeno, ci sem
bra far parte della nostra cultura e riflettere i nostri costumi originali L America
in noi: formula terribile, che se diventasse completamente vera, starebbe a sign
ificare che siamo gi dei morti viventi.
Capitolo III
L ERA DEI REGOLATORI
a causa della sua essenza economica e tecnica che il Sistema mondiale in formazi
decisioni liberamente.
Questi meccanismi sono innanzitutto quello della crescita o, dopo la crisi del 197
3, della lotta alla recessione. Il cruscotto economico del Sistema non un quadra
nte, uno strumento tra gli altri; si confonde con un istituzione centrale. Da qui
l aspetto di mondo senza scopo del mondo che ci circonda, come lo chiama Guy Dbord (4
1), o di universo di finalit senza fini, per riprendere l espressione di Habermas (42
). Da qui parimenti lo sfratto alle politiche nazionali a profitto di strategie
dagli obiettivi limitati. Le amministrazioni statali sono in bala di queste strat
egie e sfuggono dal quadro del servizio delle volont nazionali. La politica econo
mica, per esempio, maggiormente governata dal desiderio di preservare a breve te
rmine l equilibrio della bilancia dei pagamenti piuttosto che da un disegno di ass
ieme sostenuto da una visione politica globale.
Normalmente la politica fissa i grandi obiettivi e designa schmittianamente gli
avversari da vincere.
Poi, in subordine, le strategie concrete e tecniche determinano i mezzi da impie
garsi in base alla scelta formulata. La strategia militare indebolisce e distrug
ge il nemico designato dalla decisione politica; la strategia economica conquist
a i mercati o le risorse di cui il progetto politico ha bisogno.
Oggi, le strategie dominano tutto, e si accavallano le une sulle altre. Il Siste
ma in effetti si presenta esternamente come un addizione di strategie senza politi
ca d assieme. Proprio in questo senso, d altronde, non ha assolutamente nulla di imp
eriale. Queste strategie, quelle delle societ anonime, dei governi, delle amminis
trazioni, tutte egualizzate ed indifferenziate, non obbediscono pi ad alcuna poli
tica, n nazionale n imperiale.
Come mai allora questo corpo senza testa non crolla? Non crolla perch da un capo
all altro del mondo un ideologia comune e implicita fa coesistere le strategie. Il S
istema stesso tiene luogo di timone, un po come un organismo che continua a viver
e privato del cervello. La multinazionale americana, l amministrazione tedesca, la
banca inglese, il commerciante di Singapore, il magnate editoriale francese, no
n hanno bisogno di mettersi d accordo tra loro o di essere diretti dall esterno; le
loro azioni sfuggono alla categoria del politico e convergono spontaneamente nel
la stessa direzione, che quella dell insediamento di una societ mercantilistica mon
diale. Le strategie particolari sfuggono cos all essenza del politico, nella misura
in cui quest ultima illustra per definizione la particolarit, il destino proprio,
la personalit di ogni popolo (43).
Il Sistema, la cui coerenza interna governa le strategie commerciali, burocratic
he, industriali o cinematografiche, non fa, in ogni modo, funzione di disegno po
litico d insieme? In realt esso non niente del genere, perch chi dice politica dice
volont di trasformazione, modificazione permanente dei fattori in gioco, ridistri
buzione delle carte su grande scala. Ora, e ritorneremo ancora su questo concett
o, il Sistema intende evacuare ogni virus storico che tenda a perturbare l ordine
di cose generale. Le forze economiche, come le istituzioni internazionali, come
le molteplici procedure di negoziato, cui i paesi dell Est partecipano tanto quant
o gli altri, soffocano sistematicamente ogni rischio di disordini geopolitici, ogn
i fermento di grandi confronti strategici. Le guerre sono oggi locali e circoscr
itte, raramente arrivano a costituire serie turbative per il Sistema. O, per lo
meno, le due superpotenze e i loro complici tentano di fare in modo che sia cos.
Le politiche sono di conseguenza strettamente delimitate al di qua di una certa
soglia di tolleranza. La sola politica tollerata dai governi occidentali ma essa
non merita il nome nobile di politica quella che, secondo l espressione di Claus
Offe, degenera in un attivit che non obbedisce altro che a imperativi di schivata (44).
Evitare che qualcosa si muova, evitare gli scontri, le tensioni sociali, i conf
litti. Nel Sistema, la politica non soltanto degenerata in gestione, ma altres in
manovre antiscelta. Tutta la scienza dei politologi moderni non consiste pi nel
dire come governare, ma come evitare (d agire), come procedere tecnicamente per se
dare, appianare, conciliare, arbitrare. I governi non decidono pi di cambiare a l
oro vantaggio l ordine del mondo, ma operano e manovrano per evitare che i cambiam
enti nell ordine mondiale
su cui essi non hanno pi alcuna incidenza non destabilizz
ino la particella della ragnatela occidentale di cui essi sono i manager respons
abili.
possibile che finalmente un giorno una politica sia la pi forte, cio che la volont
di un popolo, di un Cesare, orienti di nuovo chiaramente il destino del mondo. D
a diversi decenni per non accade pi niente di simile. La storia ristagna e il Sist
ema si installa al suo posto. Il conflitto est-ovest stabilizza la situazione mo
ndiale. Se questo meccanismo dovesse perpetuarsi all infinito
ma molteplici segni
indicano fortunatamente che una destabilizzazione globale possibile
la Terra div
enterebbe definitivamente un mondo senza senso.
Gi oggi, tutto ci che si fa e si decide, e cui la stampa fa eco, nell ordine economi
co, sociale, diplomatico, concerne maggiormente il funzionamento delle strategie
che non l applicazione strategica di disegni politici. Le politiche si arenano, o
perlomeno non raggiungono realmente i propri scopi; nessuna delle due superpote
nze si impone veramente sull altra; l Europa politica resta un progetto; le rivoluzi
oni falliscono in America latina; i grandi progetti dei regimi socialisti asiati
ci fanno cilecca; l indipendenza dell Africa rimane sempre una chimera.
In compenso, le esportazioni di grano verso l U.R.S.S. marciano bene
strategia comm
erciale , l importazione di manodopera e i trasferimenti di industrie primarie seguo
no lo stesso ritmo
un cumulo di strategie industriali , la crescita disorganizzata
delle megalopoli prosegue in tutti i paesi, quale che sia il loro regime.
Insomma, chi scriver tra mille anni la storia del mondo dopo la seconda guerra mo
ndiale, non vi vedr come fenomeno dominante una grande metamorfosi provocata da u
na o pi politiche, una trasformazione politomorfa, ma una trasformazione gigante pr
odotta da strategie e processi industriali, economici, commerciali, che qualific
her economorfa o sociomorfa.
Il perch di questa falsa storia in cui siamo entrati non esiste in senso umano. D
eriva da un marchingegno autoperpetuantesi, da una cibernetica sociale di cui i
popoli neppure prendono coscienza, credendo ancora di esistere politicamente. Ch
e cos la crisi di civilt di cui ci riempiono le orecchie? La decadenza tecnica ed eco
nomica non necessariamente nel nostro futuro.
Il consenso osservato intorno ai modi di vivere dominanti tende a planetarizzarsi.
Se c crisi, essa non deriva da decadenza, ma dall incapacit di questa civilt di essere
politica, cio di trovarsi un altro senso, un altra legittimazione, un altro progett
o al di l del proprio funzionamento, del proprio management.
Spoliticizzazione e autoalienazione
Una gestione globale del Sistema presuppone una spoliticizzazione interna e, all int
erno di ogni Stato, modalit di dominio di nuovo tipo. Il modello della decisione
e del dominio politico svuotato a favore di un modello tecnocratico. La teoria d
ei giochi, l analisi sistemica, le formalizzazioni sistematiche e informatiche di s
upporti decisionali, sono altrettanti alibi per trascurare gli elementi irraziona
li delle scelte pubbliche. Il regime democratico degli Stati liberali il paraven
to istituzionale di un operazione di spoliticizzazione della popolazione e di real
izzazione morbida della repressione sistematica.
Spoliticizzate in profondit, le societ del Sistema rigurgitano di politica apparen
te. La politicantizzazione della societ non ha mai raggiunto tali apici, n l insistenz
a pubblicitaria di tutti i partiti e di tutti gli ingranaggi culturali del Siste
ma circa la democratizzazione. la compensazione: pi la societ si spoliticizza, pi si
intensifica lo spettacolo politico, inessenziale ma ipnotico. Contrariamente all
e vedute di Marcuse, di Habermas o di Erich Fromm (45), il Sistema tecnocratico
del neocapitalismo non si appaltato la politica. Non perch si decide o si domina ch
e si fa della politica o ci si fa carico della storia di un popolo. Non va confu
so, come ricordava Carl Schmitt (46), il modello decisionale (che pu derivare dall in
formatica) con il calcolo politico del Principe. I capitalisti non sono eminenze
grigie, ma gestori, dominati dal Sistema come i politici con cui trattano. La p
olitica, in via di estinzione, vede la sua sostanza dispersa, fuori dallo Stato,
attraverso istanze autonome metapolitiche o culturali. Essendo le decisioni ess
enziali apolitiche e tecnocratiche, il gioco politicante e i media hanno la funz
ione di nascondere questa tecnocrazia, di farle da schermo. I media mettono in s
cena tenzoni senza importanza reale, dottrine artificiosamente contrapposte l una
all altra (il liberalismo avanzato e la socialdemocrazia), o realizzazioni operate
da uffici ed attribuite a ministri.
Il discorso politico si rivela incapace di cambiare il corso delle cose, di cui
pure si arroga la responsabilit. I regimi liberali non parlano che di sgravi fiscal
i, di responsabilizzazione, di lotta contro l assistenzialismo. Ma, imperturbabilmen
te, il Sistema finisce sempre, almeno in Europa, per orientare la loro prassi in
senso inverso. quando essa resta apolitica scrive Carl Schmitt (47), che una domin
azione degli uomini fondata su una base economica, evitando ogni apparenza e ogn
i responsabilit politica, si rivela una terribile impostura. Ma l impostura non cons
iste tanto nel fatto di far passare scelte e atti politici per tecnici o economi
ci, quanto nel fatto di dominare a breve termine, tramite processi tecnici ed ec
onomici di cui neppure si ha la padronanza, e di mantenere (per occultare questa
dominazione vergognosa) uno pseudosettore politico.
L impostura di dichiarare politico ci che non lo .
Bisogna essere d accordo con Jrgen Habermas quando afferma che le democrazie occide
ntali dell era neoindustriale non hanno pi bisogno di riposare sull adesione partigia
na di massa ad un programma al potere. Il Sistema talmente interiorizzato, insed
iato nel vissuto sociale, che non ha pi bisogno dell assenso esplicito e politico d
el popolo; non fa pi ricorso a dottrine politiche, perch nessuna di esse, dall estre
ma destra liberale ispirata dai new conservatives, ad un estremismo di sinistra
che ha ormai rinunciato alla rivoluzione e che si sostanzialmente convertito in
seno ai suoi partitini alla socialdemocrazia, ne rimette sostanzialmente in disc
ussione l esistenza e l ideale cosmopolita di felicizzazione del mondo. Habermas rimar
ca: La nuova politica dell interventismo statale esige una spoliticizzazione della
grande massa della popolazione (48).
Questa analisi si mischia sfortunatamente con un opinione erronea: L opinione pubblic
a perde la sua funzione politica. Al contrario, mai l opinione pubblica stata tanto
politicizzata e la popolazione tanto spoliticizzata. L opinione pubblica, che non
certo il popolo, focalizza la politica per mezzo dei media da cui fabbricata. E
ssa si interpone tra il popolo e le istituzioni e politicantizza la vita sociale.
La societ distolta, tramite questa politicizzazione spettacolare, dal suo vero de
stino; l attivit politica trasformata in sceneggiato, in romanzo d appendice. Il poli
ticante sia l attore
come Ronald Reagan, che continua in un nuovo ruolo la sua ant
ica professione
sia il boss di cui Weber diceva: Il boss non ha una dottrina poli
tica definita; non conosce princip; una sola cosa conta ai suoi occhi: come fare
per rastrellare pi voti possibile (49).
Come per caso, queste due figure, quella del boss e quella dell attore, sono di fa
bbricazione americana. Questa falsa politica per l opinione pubblica che soprattut
to non l opinione del pubblico toglie alla vera politica la sua dimensione di post
a in gioco. Essa costituisce al contrario una delle panoplie, uno degli artifizi
della democrazia per massificare e spoliticizzare il popolo. La nozione stessa
di opinione pubblica un concetto-trappola, al quale i marxisti soccombono regolarm
ente. Utilizzata dal democratismo liberale del Sistema, camuffa dietro il frastu
ono dai media, che parlano di politica, la realt di un dominio di tutt altra natura.
Il Sistema spoliticizza i popoli tramite la politicizzazione democratica dell opin
ione pubblica.
L opinione pubblica l alibi. Il Sistema la utilizza per dimostrare quanto democratico
uanto si fondi sul consenso e l assenso generale.
L opinione generale, concetto squisitamente repressivo, utilizzato gi durante il Terr
ore giacobino, come ha mostrato Augustin Cochin (50), comporta una duplice realt
essenziale per il Sistema. innanzitutto un mercato, un entit di tipo economico, che
raggruppa la clientela elettorale, quella dei media a stampa, e quella dei medi
a audiovisivi. poi la sfera degli opinion leaders, coloro che Rgis Debray ha sopr
annominato il potere culturale (51). L opinione pubblica politicizzata cos il simulac
ro di un opinione popolare che sarebbe conforme a ci che il Sistema amerebbe che es
sa fosse. Disgraziatamente, tendiamo a restarvi impigliati. Si rinvia al popolo
la sua immagine truccata ed esso si immagina, in un tragico qui pro quo che si g
ioca a livello dello spettatore individuale ed isolato, che l immagine dell opinione
pubblica servita dai media corrisponda alla realt. a questo punto la volta del m
imetismo e del conformismo. Gli individui si riferiscono ad un modello che essi
credono quello della maggioranza. I governanti in fondo fanno lo stesso: il gran
de quotidiano della sera formula una critica, quindi tutto avviene come se il pop
olo ne fosse stato l autore.
In tal modo il Sistema toglie alle societ ogni capacit di autopercezione. I popoli
non conoscono pi se stessi. La sedicente societ aperta in cui dovrebbe dominare la t
rasparenza produce una popolazione e una cultura cieche e opacizzate.
Questa forma di dominio, che si esercita tramite un simulacro di politicizzazion
e, si mescola con sforzi di adesione volontaria al Sistema; le norme di questo s
ono interiorizzate, le sue regole divengono autodisciplina, il tutto in un clima
ideologico e morale permissivo, pseudoaperto, lassista. Come avviene tutto ci? P
er mezzo dell autoalienazione in un modello economico, pratico, tecnico di vita qu
otidiana.
Dopo aver rimarcato che l ideologia del libero scambio non era pi necessaria al Sis
tema per legittimarsi, e che esso aveva instaurato un programma di sostituzione is
tituendo forme indirette e morbide di manipolazione, Habermas aggiunge: Il Sistem
a combina il tema proprio all ideologia borghese della prestazione [Leistungsideol
ogie] con la garanzia di un benessere minimale e la prospettiva della sicurezza
dell impiego cos come di una stabilit del reddito. ( ) Nella misura in cui l attivit dell
o Stato mira alla stabilit e alla crescita del sistema economico, la politica pre
nde un carattere negativo; essa orienta la propria azione in modo da eliminare l
e disfunzioni, da evitare i rischi suscettibili di mettere il sistema in pericol
o, non in modo di realizzare finalit pratiche, ma di trovare soluzioni alle quest
ioni di ordine tecnico. ( ) L azione dello Stato limitata a mansioni tecniche risolv
ibili in modo puramente amministrativo. ( ) La politica di vecchio tipo era tenuta
a determinarsi in rapporto a scopi di ordine pratico. ( ) Al contrario, la progra
mmazione di sostituzione che prevale oggi non concerne pi che il funzionamento di
un Sistema oggetto di conduzione. ( ) La soluzione dei problemi tecnici sfugge al
la pubblica discussione (52).
alla fornitura di benessere, epicentro delle procedure di alienazione, che si vo
tano coloro che si pongono questi problemi tecnici apolitici. La coercizione polit
ica, che ha il merito tra l altro della chiarezza e dell onest, si vista rimpiazzata
dal ricatto del benessere. Il rapporto politico che esisteva tra il popolo e l aut
orit legittima stato sostituito da un rapporto di produzione e consumo.
L autorit fa posto ad una ragnatela sociale dai poteri diluiti, la cui forza consiste
nel non presentarsi quale autorit. Il consenso non ottenuto per vie coercitive (
politiche) o persuasive (ideologiche), ma tramite un adesione economica privata ad
un modo di vivere, di consumare e di produrre. L essenziale non che voi approviat
e o meno la tendenza del governo, che non troviate niente da ridire quando attra
versate un drugstore o un supermercato.
Il potere del Sistema sull individuo mediato dalla vita economica domestica, corre
nte, quotidiana, professionale, ma soprattutto parcellizzato, il che lo mette al
riparo da una contestazione globale.
Come si presenta questa parcellizzazione? Gli individui non percepiscono pi la co
llettivit come un insieme politico e nazionale coerente, ma come una somma di set
tori di attivit razionali nei quali la loro vita fortemente implicata: il mondo d
ell azienda in cui lavorano, gli svaghi, il nucleo di consumo familiare, la loro s
ituazione fiscale, la loro automobile e il suo ambiente simbolico, e cos via. Qua
ndo una contestazione si sviluppa, essa generale, astratta; essa tocca la societ
nel suo insieme e per questo resta inoperante. Non concerne i settori di attivit
che costituiscono l armatura razionale del Sistema, perch gli individui, nell univers
o chiuso delle abitudini private, hanno interesse al loro mantenimento. Non si c
ontesta ci che interiorizzato. Solo le sovrastrutture del Sistema (i regimi, le i
deologie, la pubblicit, etc.) sono, da alcuni, contestate. Esse stornano le rivol
te come scudi. Ma l infrastruttura del Sistema, i suoi settori tecnoeconomici, ess
endo stati interiorizzati, sono, per quanto li riguarda, generalmente al riparo
dalle contestazioni.
La potenza conservatrice del Sistema risiede nel fatto che essa riposa su di un
condizionamento sociale: esso ha inculcato forme di vita cui pochi sono pronti a
rinunciare. Esso non richiede dunque legittimazione ideologica impegnativa n coe
rcizione politica seria. In compenso, vero, una crisi economica che annichilisse
la possibilit stessa del consumo di massa costituirebbe per il Sistema una funes
ta minaccia.
Non ponendosi pi il consenso a livello cosciente, bens a livello di abitudini comp
ciologia moderna.
Le ideologie dominanti, al contrario, partono dal principio universalista second
o il quale non necessario che un gruppo abbia una percezione del mondo propria.
La neocultura mondiale si pretende obiettiva, costituita da un minimo comune a t
utti gli uomini; sottintende d altra parte che al limite ciascuno pu farsi la sua p
iccola idea del mondo, indipendentemente dalla sua eredit ed appartenenza. Da qui
il caos: l individuo non si ricollega pi ad alcun complesso di valori coerenti.
Diventa un atomo consumante.
Le ideologie dominanti non gli danno alcuna ragione per vivere
tanto meno per mo
rire. Non gli portano che desideri, che presto si trasformano in bisogni. Baudri
llard parla del biancore profilattico di una societ saturata, di una societ senza s
toria, senz altro mito che se stessa (63).
L ideologia liberale dei Lumi, dell emancipazione dell uomo, avr dunque acquisito la mi
ssione storica di produrre e giustificare il sistema repressivo oggi in atto. I C
esari freddi che prevedeva Spengler non prenderanno il volto di dittatori, ma que
llo del Grande Fratello democratico. La ragione, che doveva essere emancipatrice
, sbocca alla fin fine nella razionalizzazione delle societ: tentativo entropico
e repressivo. Ben prima dei nouveaux philosophes, la Scuola di Francoforte aveva p
revisto che l umanismo razionale e democratico avrebbe rischiato di produrre quest
a incarcerazione dei popoli e della libera irrazionalit umana in un macrosistema;
questo uno dei temi sollevati dalla dialettica negativa di Adorno, che sospetta ir
onia della storia delle idee proprio l Aufklrung di assolutismo oscurantista.
L ideologia liberale maschera in due modi il carattere repressivo del Sistema e il
soffocamento dai popoli: con la filosofia dei diritti dell uomo e con l ottimismo t
ecnocratico.
La religione dei diritti dell uomo
Cronologicamente prima ad apparire, sotto forma di Dichiarazione di indipendenza
, la versione americana dell ideologia dei diritti dell uomo insiste meno sui diritt
i politici del cittadino che sulla ricerca da parte dell uomo della felicit, sul di
ritto dell individuo a resistere a ogni sovranit che possa intralciare il suo libero
arbitrio e i suoi comodi. La costituzione americana riflette questa concezione d
ello Stato di diritto: i governanti hanno come principale ragione di esistere la
garanzia dei diritti umani. La finalit assegnata al politico quella di permetter
e agli uomini di godere in sicurezza dai propri beni. Una filosofia politica di
questo tipo, che trae ispirazione direttamente dagli utilitaristi anglosassoni e
dai temi del Secondo trattato di Locke, presenta gi, com facile intuire, i fondame
nti dottrinali dello Stato-provvidenza occidentale moderno, per il quale la gest
ione del bene comune (common good) passa avanti alla determinazione politica del d
estino della nazione. In questo senso, se la rivoluzione francese fu fondatrice
di una nazione, la rivoluzione americana lo fu di una societ, istanza spoliticizz
ata in cui il quotidiano e non pi la storia
diviene, come dice Baudrillard, destin
o sociale.
La filosofia dei diritti dell uomo ha per vocazione di convertire il mondo interno
a questa societ.
Mentre la concezione del diritto rousseauiana della rivoluzione francese profess
ava un universalismo politico, che cercava di persuadere gli altri popoli a orga
nizzarsi civicamente sotto il regime rappresentativo della nazione sovrana, senza
che il politico o lo storico fossero aboliti, la filosofia americana dei diritti
dell uomo marginalizza queste dimensioni; il suo universalismo, lungi dall essere p
olitico, prende delle pieghe da crociata sociale; determina per tutti gli uomini
, al di l delle loro culture, un ideale intimo (libero arbitrio, felicit) ed asseg
na a tutti i governi della terra il compito di soddisfarlo, dunque di riempire e
sigenze esistenziali. Questa stravagante pretesa, che ritroviamo oggi formalizza
ta quale impegno giuridico internazionale dalla Dichiarazione Universale dei Dir
itti dell Uomo, denuncia la profonda influenza biblica che si esercit sui giuristi
americani. Gli Stati Uniti si credono implicitamente i depositari di ci che un so
ciologo americano ha chiamato l Arca delle libert del mondo. Si rivela cos nella conce
zione americana dei diritti dell uomo, oltre ad un giusnaturalismo dogmatico, il s
entimento dell elezione divina degli americani, il cui destino provvidenziale sarebb
e quello di un nuovo popolo d Israele. Non sorprendente, in queste condizioni, che
ebre anatema: Ma non pensate di poter cavillare con noi considerando l abolizione d
ella propriet privata attraverso l ottica delle vostre idee borghesi di libert, di c
ultura, di diritto, eccetera. ( ) Il vostro diritto non che la volont della vostra
classe eretta in legge. I marxisti moderni, molto meno rivoluzionari dei loro gra
ndi antenati e pi preoccupati della buona creanza umanista, esitano a rinnovare q
uesta condanna del diritto borghese quale discorso di legittimazione economica.
La critica del diritto umanitario borghese non pi di moda, da quando la rivoluzione
sospettata di opporsi alla felicit. Questo abbandono delle antiche posizioni non
data dai brucianti stati d animo di Roger Garaudy o dal pensiero pubblicitario di
Henri Lefebvre. Come in altre materie, gli intellettuali francesi ricopiano evo
luzioni concettuali gi operate altrove. Sono infatti la Scuola di Francoforte e i
l suo pi noto rappresentante, Max Horkheimer
che ha dato il via ad un ritorno dis
illuso e doloroso all umanismo dei diritti dell uomo
ad essere ripresi tardivamente
da tutta l intellighenzia occidentale di sinistra, anche non marxista.
Nel 1937, da buon marxista ortodosso qual era ancora, Horkheimer affermava: La cr
edenza idealista in un appello alla coscienza morale che costituirebbe una forza
decisiva nella storia una speranza che resta estranea al pensiero materialista (
68). Nel 1970, dopo essere stato scioccato dall esperienza stalinista, lo stesso H
orkheimer scriveva: Una volta noi ci auguravamo la rivoluzione; oggi, ci applichi
amo a cose pi concrete ( ). La rivoluzione condurrebbe ad una nuova forma di terror
ismo. molto meglio, senza arrestare il progresso, conservare ci che possiamo stim
are positivo, come per esempio l autonomia della persona individuale ( ). Noi dobbia
mo piuttosto preservare per esempio ci che stato chiamato liberalismo (69).
Allo stesso modo, per Horkheimer, che significativamente fu il pi profondo dei pe
nsatori marxisti di questo secolo, il materialismo storico, il liberalismo borgh
ese e il cristianesimo devono ricongiungersi, giacch tengono lo stesso discorso e
difendono la stessa triade ideologica fondamentale: individualismo, felicit (o s
alvezza), razionalit.
Questo accordo su un quid minimum ideologico dunque parallelo alla volont di este
ndere questa ideologia a tutto il Sistema occidentale, a tutta l americanosfera. Una
sola societ, una sola cultura, una sola dottrina.
La dittatura della tecnica
L ideologia della ricerca materiale ed economica del bene individuale, che forma l a
rmatura mentale del Sistema, la sua sacralizzazione come dice Julien Freund (70),
si appoggia su un discorso razionalista e tecnico. L umanismo passa per le cifre,
i calcoli di budget, dall assistenza alle persone anziane all aiuto agli affamati de
l Sahel. tramite tecniche finanziarie
e, se possibile, tramite buoni affari
che il
Sistema compie il suo dovere morale verso i pi bisognosi abitanti del Terzo Mondo.
La tecnica assolve a due funzioni: quella di una sostituzione dello sforzo cultur
ale dei popoli, che sfocia, come abbiamo visto, in una domesticazione (71); e que
lla di un credo ideologico: grazie alle teniche, tutti i problemi saranno appian
ati. L inquinamento? Problema tecnico. La fame nel mondo?
Problema tecnico. Il sottosviluppo? Problema tecnico. Alvin Toffler o Jean-Jacqu
es Servan-Schreiber hanno largamente sviluppato questo genere di vedute (72). Pe
r loro, le tecnologie del futuro, mondialmente gestite, permetteranno di fare spar
ire i problemi attuali, male impostati perch, sembra, formulati in termini politi
ci.
La mentalit tecnica si pone al centro delle ossessioni financo nella vita quotidi
ana. La musica innanzitutto la tecnica acustica, i watt di potenza espressi dall amp
lificatore. Il sapere pittorico su Leonardo da Vinci si interessa innanzitutto a
lle sue tecniche di pittura. L insegnamento dell architettura non pi storico e artist
ico, ma tecnosociologico. I cittadini medi del Sistema non parlano pi del tempo,
come facevano un tempo quando volevano comunicare senza conoscersi bene, ma dei
dettagli tecnici della rispettiva vettura, del rapporto prezzo/prestazioni dell im
pianto hi-fi o dell autoradio. In gergo sociologico, potremmo dire che la sfera di
comunicazione intersoggettiva delle societ moderne passa per il linguaggio tecni
co.
Ma questo mondo innervato dalla tecnica non ha, paradossalmente, veri e propri p
rogetti tecnici.
Nessun grande disegno anima la tecnicizzazione della Terra. Nient altro che progra
mmi, governati dalla redditivit, che disordinatamente si addizionano gli uni agli
altri. L ideologia tecnicista lascia alla fantascienza il compito di formulare so
gni sulla tecnica, in applicazione del consueto meccanismo di compensazione tram
ite simulacro. La tecnica in realt viene presa in considerazione soltanto sotto l
a forma prosaica di uno strumento di regolazione pianificata dell esistenza e del
mondo, di eliminazione dell imprevisto, dell avventura, del politico, e questo tanto
a sinistra che presso i liberali. L ideologia tecnica tradisce cos i suoi fantasmi c
ibernetici. Lo scientismo non scomparso, sussiste sotto forma di ci che pu essere
qualificato illusione pragmatica: ci si immagina che dal momento in cui si ha il
potere di disporre tecnicamente delle cose (la technische Verfgungsgewalt di Mar
x), tutti i problemi sociali si appianeranno e tutte le aspirazioni psichiche de
gli uomini saranno appagate. La felicit domestica un bilancio familiare in paregg
io; la felicit nazionale il buon funzionamento delle strutture; la pace tra i pop
oli buoni meccanismi di aiuti internazionali e di trasferimento tecnologico.
Questo genere di illusioni, condivise dai tecnocrati di ogni provenienza, riposa
sullo stesso riduzionismo: la realt sociale non trarrebbe appoggio e non sarebbe
governata da un insieme complesso di forze psichiche, antropologiche, economich
e, geopolitiche, eccetera, ma si fonderebbe in ultima analisi su di un rapporto
tra problemi materiali e soluzioni tecniche. Tutto , in quest ottica, questione di
competenza tecnica, e non di ideologia, di carattere, di fede o di fortuna.
Per i liberali, una crisi si spiega con una mancanza di competenza. Per un marxista,
si spiega con una mancata o errata applicazione od una resistenza alle esigenze
del materialismo dialettico, reputato scientifico e quindi non ideologico, oppu
re con un analisi scorretta, considerata borghese
cio, di nuovo, non scientifica
dell
a situazione. In entrambi i casi, infuria l oggettivismo tecnico. I fenomeni di po
tere, di nazionalit, di mentalit degli individui e dei popoli, sono considerati co
me imponderabili da eliminare affinch la realt risponda compiutamente ai dati dell a
nalisi e le soluzioni tecniche possano pienamente imporsi.
L inconscio popolare, i miti culturali, le aspirazioni storiche, non essendo ricon
osciuti come quantit misurabili, non acquistano lo status di circostanze legittime.
Socialista o capitalista, il Sistema vuole irreggimentare tecnicamente la Terra
perch presuppone che esistano problemi solo dove non stata fornita ancora la ris
posta tecnica giusta. La confessione di Habermas su quella che dovrebbe essere l
a prima preoccupazione di un marxismo rinnovato significativa. Lungi dall opporsi al
tecnocraticismo liberale, il marxismo rinnovato si iscrive al contrario nella ste
ssa problematica, giacch per esso ci che essenziale sapere com possibile una traduzi
ne del sapere tecnicamente utilizzabile nella coscienza pratica di un mondo soci
almente vissuto. La Scuola di Francoforte sviluppa a questo riguardo la stessa id
eologia e persegue gli stessi fini dei ricercatori in management-development del
Massachuset s Institute of Technology o della Rand Corporation.
Questioni quali la determinazione del progetto politico di una nazione tra mille
scelte possibili, non si pongono neppure. L economia francese, l economia tedesca e
l economia italiana non sono destinate a servire gli interessi specifici di quest
i paesi, ma a funzionare, possibilmente bene, tecnicamente parlando. Mettere oli
o negli ingranaggi, ma non porsi mai la domanda: a cosa devono servire gli ingra
naggi?
L ideologia tecnicista sbocca cos sul funzionalismo. Un popolo ai nostri giorni non s
i assicura pi un destino, ma si sforza di far funzionare bene i meccanismi che so
no a sua disposizione: equilibrio monetario, infrastrutture industriali, amminis
trazioni, circuiti energetici. Nel Sistema, si presuppone che una sola aspirazio
ne sociale e umana sia legittima: la realizzazione tecnica e funzionale della fe
licit economica. Il leitmotiv ossessivo della classe politicante: qual la migliore
soluzione per rendervi tutti uguali e felici?.
Questa unidimensionalit dell ideale sociale, questa monotelia della piccola felicit
tecnica abolisce le dimensioni competitive, estetiche, culturali, irrazionali, c
he normalmente mantengono in vita gli individui come i popoli. Un popolo fatto a
nche per l azzardo, il rischio, la lotta. Ridurre la sua esistenza alla previsione
funzionale, non soltanto mentirgli ispirandogli false certezze, ma anche trasfo
rmarlo in un orologio. Ora, gli orologi talvolta si fermano Essi misurano il tempo,
ma non si tratta del tempo storico.
io, anche se il Sistema incapace di crearla, non osa consacrarvisi. Nel film Ali
en, per citare un caso tra mille, il regista (79) si abbandonato ad una esaltazi
one poetica della tecnica particolarmente riuscita. L immagine sonora dell incrociat
ore dello spazio che traccia la sua strada, spinto dalla propulsione dai suoi mo
tori nucleari, portatrice dei miti pi evocativi, suggestivi e mobilitanti del ven
tesimo secolo. La velocit, il tuono della macchina che porta lontano il suo caval
iere, la virtuale maest dell urbanismo moderno restano presenti negli psichismi ind
ividuali e collettivi, perch corrispondono ad archetipi popolari. E tuttavia ques
to arsenale tecnico non utilizzato nel Sistema altro che secondo una declinazion
e prosaica, perch, inconsciamente, esso fa paura. Proprio qui risiede la contradd
izione capitale. Il Sistema si sente, in seguito a ci, costantemente minacciato d
all interno dalle forze tecnologiche e scientifiche che mette in gioco e che entra
no in contraddizione con la morale quietistica di cui viene proclamato al contra
rio l avvento.
***
Una civilt che pretende di eliminare ogni rischio (sociale od esistenziale) appog
giandosi sull attivit pi rischiosa, ecco ci che precisamente costituisce il rischio s
upremo.
Il rischio in effetti accettabile solo nell esatta misura in cui non negato nella
sua essenza, in cui di esso ci si fa carico in base ad un ideologia del rischio, q
uali certo non sono la vulgata umanista e l edonismo dominante. La contraddizione
tra la tecnica e l ideologia dominante, cio in fondo tra la teoria e la pratica di
tutta una civilt, non sar eliminata se non quando l ideologia che presiede alla mobi
litazione della scienza e della tecnica ne assumer il rischio e le incorporer in u
n progetto storico.
La tecnica presuppone non soltanto la potenza, contraddittoria con i postulati d
i una societ mondiale della felicit, ma anche il lavoro, concepito come categoria
fondamentale dell organizzazione delle societ moderne e portatore, come ha colto Er
nst Jnger, di un valore intrinseco di mobilitazione spirituale di un popolo. Ora,
l ideologia del Sistema sviluppa sempre pi il tema del non lavoro, del tempo liber
o. Come ha mostrato Daniel Bell (80), le societ industriali occidentali al tempo
stesso producono aspirazioni essenzialmente vacanziere e consumistiche, ma si fond
ano sull organizzazione tecnologica, ovvero sulla razionalizzazione del lavoro e s
ulla produttivit crescente: contraddizione insormontabile.
Per superarla, bisognerebbe farla finita con l ideologia tecnica attuale, ideologi
a che in fondo non fa che riprendere il tema biblico del lavoro strumentale, del
lavoro concepito come fardello, come punizione e come mezzo voluto da Dio per a
ccedere al benessere. L ideologia tecnica del Sistema mira d altronde a liberarci dal
lavoro e a realizzare quaggi ci che prometteva il cristianesimo per l aldil. La tecni
ca, pensata in termini culturali e politici quale tecnica di certi popoli, dev esser
e concepita al contrario come attualizzazione di una volont di vita e potenza, co
me ricettacolo tanto delle arti (la techn greca era l arte creatrice) quanto di un
destino di dominio e di storia.
Capitolo V
IL NUOVO ORDINE MONDIALE
Abbiamo visto come il Sistema si fondi sull uccisione della storia particolare dei
vari popoli. Non intende del resto fermarsi a questo. Non soltanto la fine dell
a storia in termini negativi ad essere ricercata. anche e soprattutto la costruz
ione materiale di un ordine mondiale stabile, che non ha niente d imperiale, non f
ondandosi sull equilibrio dinamico di culture riconosciute nella loro diversit e no
n avendo finalit esterne a se stesso. Mondo di finalit senza fili.
Macrostabilit e microvariazioni
Dall inizio del secolo fino agli anni Sessanta i tratti essenziali della civilizzaz
ione occidentale sono cambiati molto pi di quanto abbiano fatto da questa data ai
giorni nostri. L accelerazione della storia forse gi alle nostre spalle. Modi di vita
, correnti di sensibilit, stili artistici, ideologie politiche, configurazioni ge
ostrategiche sembrano da una ventina d anni essersi stabilizzati.
L arte moderna non ha inventato pi nulla dopo il cubismo e l astrattismo seriale, che a
ppartengono alla prima met del secolo; il nuovo romanzo ha fatto fiasco, cos come, c
on rare eccezioni, la nouvelle vague cinematografica; liberali, ultraconservator
rciale.
I popoli orfani, ci che siamo diventati, trovano in questa intellettualizzazione
della ricerca delle radici, in questa nostalgia passatista la droga necessaria p
er meglio accettare l assenza di un destino popolare e collettivo. La civilizzazio
ne uscita dal sistema occidentale inetta a valorizzare il presente, e non incita
a vivere che secondo la declinazione dell utilitarismo individuale; il culto del
passato, da parte sua, assolve ad una funzione decolpevolizzante e ornamentale,
che permette ad individui sradicati l illusione di essere qualcosa.
Questa disintegrazione del passato conduce naturalmente il Sistema a fare a meno
di quell elemento essenziale della coscienza delle popolazioni umane che la tradi
zione cumulativa. Morte della tradizione, questa, che Konrad Lorenz giudica etolog
icamente perversa: La selezione e solo la selezione, scrive, determina ci che chiama
to a costituire i tesori di selezione di una cultura. ( ) La facolt di conservare c
i che stato sperimentato appare analoga al ruolo del genoma nel meccanismo dell ere
ditariet. Conservare le conoscenze acquisite ancora pi importante che acquisirne d
i nuove. ( ) Chi nega l importanza della tradizione cumulativa cade nell errore di cre
dere che la scienza sia capace di far sorgere dal niente, per vie razionali, una
civilt completa. ( ) Una cultura contiene altrettante conoscenze, acquisite nel co
rso di una lenta crescita per selezione, di una specie animale (86).
Il sapere trasmesso dalla tradizione diventa sempre meno utilizzabile nella misu
ra in cui i problemi da risolvere appaiono inediti, per natura e per ampiezza. L
a novit delle tecniche ci incita a guardare piuttosto il presente che il gi sperim
entato. I problemi si risolvono pi per riflessione che per memorizzazione; pi per
iterazione induttiva che per recitazione deduttiva, il che costituisce una rottu
ra culturale che non ha niente di patologico: normale che la soluzione tecnica d
ei problemi collettivi di nuovo tipo passi per il costante riferimento ad una imm
ediatezza inventiva. Il punto dolente sta nel fatto che, dal momento in cui solo
le questioni tecno-economiche intervengono nell indirizzo generale del Sistema, qu
esta marginalizzazione delle tradizioni diventa totale.
La nostra tradizione culturale specifica non ci dice nulla sui problemi pratici
e tecnici che costituiscono il problema quotidiano del mondo attuale: ridurre gl
i incidenti stradali, razionalizzare i circuiti di informazione, migliorare una
data tecnologia eccetera. Dal momento che non ci interessiamo veramente che a qu
esto tipo di problemi, le nozioni tradizionali diventano superflue.
Gli architetti attuali hanno spesso la pretesa di fare soltanto dell ingegneria: l ins
egnamento degli ordini tradizionali, che pure potrebbero integrarsi benissimo nell
a tecnica di punta, diventa di conseguenza inutile. L architettura non concepita a
llora che in termini di pura tecnologia, senza passato n avvenire, sradicata. Si
costruisce e si pianifica a dimensione d uomo, non pi a dimensione divina, cio a dimens
one dell immagine che un popolo si d di s. La nostra cultura tecnologica, pretendend
o di non prolungare la tradizione tecnica e artistica precedente, si taglia fuor
i per ci stesso dalla possibilit di essere modernizzata a sua volta, di fare scuol
a. Quando il passato cancellato, non vi pi avvenire.
Come ha mostrato Lorenz (87), non esiste pi equilibrio tra l innovazione e la conse
rvazione selettiva delle nozioni tradizionali. L innovazione perde, in base a ci, o
gni punto di riferimento.
Paradossalmente, il nuovo diventa realmente moderno soltanto a condizione di esser
e anche tradizionale, ovvero a condizione di mettere l avvenire in prospettiva e di
porlo quale progetto in rapporto all acquisto storico del passato. Ma raffigurata
e vissuta in modo isolato, come una totalit onnicomprensiva, questa modernit tecni
ca diventa pseudomodernit. La nostra societ governata da preoccupazioni puramente
pragmatiche e dalla ricerca costante di microsoluzioni tecniche, non vive pi nel
presente (illuminato da una tradizione e da un progetto) ma nella pura attualit.
La caratteristica propria alle tradizioni europee (artistiche, ideologiche, arch
itettoniche, musicali eccetera) sempre stata quella di cambiare ci che precedeva
pur prolungandolo. Il romanticismo di fronte al classicismo, il cubismo dopo l esp
ressionismo, la fisica dei quanti dopo quella newtoniana, hanno proceduto per inn
ovazione-reinvenzione: la tradizione si vede al tempo stesso contestata in uno sp
irito profondamente rivoluzionario e ripresa sotto una nuova forma. Cosa che spi
ega in parte lo straordinario spirito inventivo degli europei dai secoli passati
.
Oggi, invece, non si manifesta nemmeno pi questo rigetto, fecondo e selettivo, de
lla tradizione. Si assume di fronte ad essa un atteggiamento neutro; le si fa un
a veglia funebre. Non ci sono pi nuove scuole letterarie, artistiche, architettonic
he. Il contemporaneo, spogliato di stile, rende improbabile una vera modernit. Qu
esta infatti esprime una opinione sul passato; non nutre per esso una riverenza da
custode di museo, quale si nutre oggi per tutto ci che appare antico.
Persino le peggiori costruzioni del diciannovesimo secolo, ricadendo nella categ
oria del passato rispettabile, si vedono accordare questo valore archeologico.
La tradizione culturale, quindi, anche se sopravvive all ombra dei musei o delle u
niversit, sopravvive in quanto forma (ipertrofizzata), ma non come significato. L
o si vede bene nell uso marginale che delle tradizioni viene fatto. Rituali cosiddet
ti tradizionali si giustappongono alla vita quotidiana del Sistema senza sognarsi
di trasformarla minimamente. Mobili tipici nell arredamento, riproduzione di ambient
i caratteristici, moda dell abbigliamento contadinesco, entusiasmo per il pane fatto
all antica e per le cose di una volta, e cos via. Queste esplosioni di folklore non so
no altro che pie evocazioni. Non alleviano in nulla lo sradicamento dei loro fau
tori.
Si pu mettere uno stemmino regionale sulla macchina o fare un pic-nic a Larzac co
me altri si travestono da cow-boys durante il week-end nei villaggi del Far West
ricostruiti nella regione parigina.
Esteriorizzata, la tradizione esce dalla cultura; la neocultura del Sistema, qua
le espressa ad esempio dalle generazioni nate negli anni Sessanta, imperniata su
di una prassi del quotidiano, senza nozione di storia, n altri riferimenti cultu
rali oltre a quelli delle mode occidentali.
Seguendo in ci gli Stati Uniti, molti paesi d Europa hanno modificato i loro progra
mmi scolastici nel senso di un apprendimento della vita quotidiana del cittadino:
commento dell attualit, definizione ed uso di un libretto di assegni o del modulo t
ale, informazioni sui principali circuiti amministrativi. Inversione aberrante:
ci che si pu imparare da s nella vita quotidiana insegnato a scuola; ma quest ultima
non trasmette pi la tradizione culturale che per parte sua difficilmente oggetto
d apprendimento nell esistenza di tutti i giorni. L educazione concepita come puro pra
gmatismo al servizio dell utile individuale (pomposamente battezzato aspirazioni) e
del funzionalismo di settori tecnoeconomici. La cultura come conoscenza delle ra
dici e dell identit di un popolo non pi insegnata. Le si preferito un sistema di con
oscenza (gli studi) esclusivamente utile per l individuo all ottenimento di un mestier
e, di un job, perch il Sistema possa formare degli specialisti modellati a suo us
o e consumo. Sono d altronde proprio degli specialisti ad essere incaricati di con
servare, con le banche dati, una memoria specializzata.
Le tradizioni in queste condizioni non fondano il Sistema, ma fanno parte delle
sovrastrutture. Per ricostituire dei popoli, bisognerebbe invertire questa realt
e rimettere le tradizioni nelle infrastrutture.
Notiamo, per parare un obiezione frequentemente avanzata, che il Sistema non crea
tradizioni e non conserva una memoria di s. Le sue espressioni culturali, legate
alle mode, cadono rapidamente nell oblio. Non sono state quindi create nuove tradiz
ioni. Il vissuto quotidiano, fatto di trasmissioni televisive, di consumo di merc
i, di mode musicali e vestimentali, per definizione obsolescente. Viene dimentic
ato presto e non resta nelle strutture mentali. Quanto alle tecniche, nella loro
stessa natura l essere destinate allo scarico dei rifiuti, ci che perfettamente gi
usto nel momento in cui diventano superate e cessano di avere valore operativo.
Siccome il Sistema ci polarizza su tipi di vita e d attivit passeggeri e legati all
e mode, esso non genera quasi nessuna evoluzione nel corso del proprio sviluppo.
Il benessere totale
Nonostante ci, l ideologema del progresso, cos spesso utilizzato, non potrebbe alla
lunga creare delle acquisizioni culturali, una storia, delle tradizioni? L idea ge
nerale di progresso materiale, economico, igienico, morale non contraddice il des
iderio d eternit, secondo l espressione di
Alqui, e non potrebbe piegare la stabilit del Sistema? Malgrado la crisi economica
strisciante attuale, il tema del progresso, legato alla concezione lineare dell
a storia, ma anche alla filosofia dei diritti dell uomo, serve, con quest ultima, da
individuale?
Scopriamo cos che la stabilizzazione del Sistema riposa, abbastanza paradossalmen
te, su due mitemi che si equilibrano e che fanno riferimento uno al passato, l alt
ro al futuro: la falsa sacralizzazione da museo della tradizione e l idea rassicur
ante del progresso. Si tratta qui di un ingegnoso recupero, ma anche di una neut
ralizzazione dei temi delle radici e del destino che, in un altro contesto, attu
alizzerebbero le loro virtualit dinamiche e storiche. Qui, al contrario, la pseud
otradizione e l idea di progresso assorbono il passato e l avvenire e relegano il pr
esente nell immobilit.
Il progresso ha come funzione di distogliere da un vero e proprio rappresentare a
se stessi l avvenire inteso come destino cangiante, avventuroso, rivoluzionario. D
a parte loro, le mode tradizionaliste, recuperate come merci di consumo, hanno l
a funzione di allontanare il pericolo di un bisogno autentico di radici e d identi
t; esso infatti non potrebbe che esprimersi sotto forma politica e rivoluzionaria
, e non si nutrirebbe certo di folklore, di vecchiume e di rigatterie.
I popoli sono cos allineati a un livello di percezione del mondo metabiologico, r
egressivo, astorico e spoliticizzato. Ci che viene ricercato , per riprendere l espr
essione usata da Habermas (88), l iperstabilit di un sistema mondiale di sicurezza, d
i pacificazione, di benessere. Questo un desiderio da protozoi che riduce le asp
irazioni umane alla ricerca di una omogeneit biologica.
Essendo implicitamente svuotati i valori spirituali, non sussistono che finalit b
iologiche, tra le quali non entra neppure la perpetuazione demografica della spe
cie. L ONU ha definito l ideale sociale di ciascun governo limitandolo a la salute, l
a sicurezza e il benessere. Mentre i valori culturali popolari devono essere dina
mici, complessi, differenzianti, la visione del mondo comune a tutto il sistema
occidentale riconvoglia tutti gli ideali verso il massimo della soddisfazione de
lle stesse pulsioni biologiche, matematicamente calcolate e formulate. Paradossa
lmente la mentalit dominante si apparenta, a questo riguardo, a quella delle soci
et primitive preneolitiche, la cui funzione essenziale la soddisfazione dei bisog
ni biologici dei componenti.
L universalismo del Sistema del tutto legato a questa omogeneizzazione biologica.
Tutto ci che culturale, nazionale, storico, divergente, in costante eterogeneizza
zione: le culture viventi si separano le une dalle altre; ciascuna sviluppa aspi
razioni e scale di valori sempre pi differenziate.
Nel Sistema, bisogni, valori, ideali, aspirazioni s allineano su un modello comune
a tutti, quindi infraculturale, involuto, entropico.
Tutti gli uomini hanno in comune le esigenze di mangiare, bere, dormire, copular
e, voler sfuggire alle malattie; ma non questo che li costituisce in quanto uomi
ni. Non solo su questi bisogni, per quanto legittimi e naturali possano essere,
che deve pronunciarsi una cultura degna di questo nome. Il Sistema, fondando il
suo ideale universale di civilt sulla risposta pratica a questi richiami biologic
i, versa, come vedremo ancora, nel primitivismo.
Tre stadi sono implicitamente riconosciuti dalle vulgate ideologiche che ci circ
ondano: la penuria che da noi stata vinta e a cui bisogna strappare i popoli del
Terzo Mondo; lo stato attuale (resta ancora molto da fare, ma siamo sulla strada
giusta, a condizione, non c nemmeno bisogno di dirlo, che si disponga di mezzi magg
iori, tecnici e finanziari); e il futuro concepito come benessere totale, nell aspett
ativa del quale si ricongiungono le utopie di tutte le correnti ideologiche. Squ
allida concezione del tempo: quella, semplicissima nella sua ingenuit alienante,
degli uomini stabilizzati.
Capitolo VI
L ENTROPIA SOCIALE
Inchiodati in un ordine planetario, mentalmente allineati in una vulgata egualit
aria ed individualista, i popoli non vedono trasformarsi la natura della loro vi
ta quotidiana? La vita nel Sistema consiste semplicemente nei modi di esistenza
urbani e industriali?
La settorializzazione dell esistenza sociale
Abbiamo fatto a pi riprese allusione a settori o sottosistemi di attivit razionali che
costituirebbero uno dei principali lineamenti della sociologia del Sistema. Que
sta idea, ispirata alle analisi di Max Weber e ripresa da Habermas, rinvia infat
umano del termine, ma la logica del suo programma, una volta scelta in seguito a
decisioni o ad abitudini anonime, non sar pi rimessa in discussione. L uomo, di con
seguenza, non pi soltanto confrontato ad una oggettivazione dei suoi atti nel cam
po tecnico e strumentale, ma gettato di fronte ad una oggettivazione dei suoi at
ti decisionali e della sua stessa presenza sociale.
Un gran numero di meccanismi sociali ci vengono oggi imposti senza che noi si ab
bia la possibilit di trasformarli, anche se ne avessimo il desiderio. Le struttur
e sociali non appaiono pi come insiemi governabili, ma come atti che hanno conqui
stato una propria indipendenza dall agente stesso. Le istituzioni, bench non possan
o evidentemente essere dotate di una volont propria se non in senso giuridico, ci
sembrano tuttavia assimilabili a golem, automi autonomamente attivi. Le imprese
, l amministrazione ed in generale tutti i settori burocratici, sono percepiti nel
linguaggio corrente come esseri personalizzati. Ma che differenza c tra la situaz
ione descritta ed una societ industriale che non fosse sotto la cappa del Sistema
e fosse per esempio molto nazionale e culturalmente caratterizzata? Una differenz
a enorme, come anche storicamente constatabile. La stessa societ industriale class
ica, del resto, presentava uno scenario in cui l uomo non era dominato dal suo doppi
o incorporato nelle macchine. Per dirla altrimenti, in un altra ottica gli uomini s
tanno davanti alle istituzioni come davanti alle macchine, dirigendole in funzio
ne di un progetto. Come dice Heidegger (91), il lavoratore in questa ipotesi si
trova mobilitato affettivamente e psicologicamente. Sa ci che fa e perch. Si sente e
si sa signore della macchina, cos come del lavoro d ufficio che svolge, perch ne co
glie la finalit ultima (che non pi di ordine meramente tecnico-razionale) e vi par
tecipa.
Nel caso della societ industriale tecnocratica, l uomo assorbito dalle strutture so
ciali meccanizzate, cio da sottosistemi d attivit razionale in rapporto a un fine, c
ome si diceva.
Apparentemente, da parte dell uomo c riappropriazione del suo specifico
scende di qu
i, d altronde, l ottimismo illusorio dell ideologia tecnocratica. Ma, nei fatti, non s
i verifica niente di simile: l uomo, bench nuovamente confuso con la categoria dell a
ttivit razionale in rapporto ad un fine, non pi l essere che possiede e domina quest
a attivit, bens si trova posseduto e padroneggiato da questa.
***
La settorializzazione tocca anche la famiglia ed opportuno soffermarsi su questo
caso specifico, nella misura in cui la famiglia, uno dei principali luoghi trad
izionali di trasmissione dai valori, si vede anch essa settorializzata, ridotta ad
una funzione meccanica, allo stato d ingranaggio, e si rivela oggi di conseguenza
inadatta a trasmettere le nozioni di appartenenza.
La famiglia ormai rinchiusa nell unidimensionalit della funzione consumatrice. Non
per caso che si parla ormai soltanto di mnage. La famiglia, se possibile ridotta
al nucleo genitori-figli, nel Sistema l unit di base del consumo. Da qui, d altronde,
l esagerazione della sua importanza, ipocritamente vantata a nome di precetti eti
ci. Jrgen Habermas (92) nota che le nuove funzioni di consumo della famiglia si so
stituiscono al ruolo che essa giocava un tempo nella produzione e che essa si tro
va oggi invece esclusa dalle funzioni attinenti al lavoro sociale, attualmente ass
olte da ingranaggi tecnici e burocratici
l educazione, l assistenza ai vecchi e ai m
alati eccetera.
Aggiunge: Le garanzie pubbliche dello status familiare spogliano la famiglia del
suo carattere privato ( ). Si manifesta cos un illusorio rinforzarsi di una sfera in
tima ridotta a non essere niente pi di una comunit di consumo delimitata dal quadro
della famiglia nucleare.
Helmut Schelsky (93), da parte sua, aveva rimarcato come il Sistema si assuma re
sponsabilit un tempo devolute alle autorit familiari (educazione, distrazioni, ass
istenza eccetera): da qui un esonero di responsabilit delle istanze familiari. L ut
ilizzazione del reddito familiare si sviluppa allora accentuando il suo caratter
e privato; si assiste cos a una duplice polarizzazione: accentuazione della vita
pubblica dal lato del Sistema, e accrescimento della chiusura e dell intimismo del
la cellula nucleare della famiglia consumante attorno ai suoi piccoli godimenti
privati. La famiglia, esonerata dal Sistema dalle sue funzioni economiche e soci
ali e congelata sulle sue funzioni interne di spazio di consumo, perde il suo po
iamente una realt sociologica profonda del sistema occidentale. Le societ civili,
pragmatizzate, non si definiscono pi per centri (centri di valore, centri istituz
ionali eccetera), ma per ramificazioni che ci fanno passare superficialmente da
un centro all altro. Noi siamo diventati dei decentrati. Niente pi centri d interesse
, solo svolazzi momentanei. Contrariamente alle analisi della nuova sinistra (96)
il Sistema non raccoglie l adesione degli individui e non li aliena ricentrandoli; i
l centro non esiste da nessuna parte. La dominazione si effettua anzi tramite un
costante decentraggio, cio uno sradicamento sistematico.
Spartiti tra mille settori (professionali, ricreativi, sanitari, bancari, famili
ari), siamo ramificati in circuiti disparati. La societ non pi vissuta n percepita
come un insieme coerente, ma come un aggregazione frammentata di reticoli incrocia
ti. Di conseguenza, chi contestare, contro chi combattere, dove protestare? Sapp
iamo anche solo dove si trova il vero centro, il tallone d Achille, il punto vulne
rabile? Il Sistema non integra i suoi sudditi, li disintegra. La nostra vita div
enta cos paragonabile ad una traiettoria spaziale; storditi, non siamo pi da nessu
na parte. Perdiamo quell elemento essenziale dell equilibrio personale che fa la for
za dei popoli dotati di cultura e permette loro di trasmettere dai valori: la cap
acit di mettersi in prospettiva su cui insiste Gehlen (97).
L esistenza non si svolge pi all interno di luoghi caratteristici e reperibili (case
specifiche, paesaggi, rapporti umani tipizzati eccetera), ma attraverso un movim
ento di relazioni pianificate su assi vettoriali razionalmente organizzati: ammi
nistrazione della vita quotidiana, trasporti, pianificazione della carriera L uomo
del Sistema esiste tramite programmi, parola-chiave che traduce l agitazione prede
terminata di una vita sociale senza storia. Programmi ricreativi, di trasporto,
di manutenzione, di retribuzione, di bilancio, di credito, di acquisto: la vita
individuale si confonde con i circuiti programmati: le corse nella grande area,
la pendolarit quotidiana, il circuito turistico, l avanzamento nella carriera, il c
heck-up medico, i prestampati da compilare, l informatica domestica, il ritmo dei
programmi televisivi eccetera. In questa ragnatela in cui vanno perse ogni densi
t e caratterizzazione, l individuo non pu pi riconoscersi in quanto membro di un popo
lo, non soltanto perch nei paesi vicini tutto assomiglia sempre pi a ci che trova a
casa sua, ma perch ci che trova a casa sua non appartiene pi a nessun luogo, se no
n al Sistema. Le merci, i moduli, le trasmissioni, le autostrade non costituisco
no che segni neutri che non svelano alcuna eredit.
L individuo perde ogni appartenenza organica: preso nell andamento e nello stress di
circuiti anonimi, perde ogni legame con la sua personalit, la sua stirpe, la sua
comunit, la sua nazione.
Dimentica ogni destino cos come ogni avventura a vantaggio dei segmenti di circui
to sui quali si sposta a tutta velocit: pagare innanzitutto la propria quota e la
tredicesima rata dell hi-fi, andare a vedere assolutamente l ultimo film di Pinco P
allino, precipitarsi a comprare il nuovo gadget eccetera. Gi reificato dal sistem
a di oggetti da cui circondato e detenuto, l individuo vettorizzato dalle varie ra
mificazioni. Si sposta a grande andatura su un circuito programmato; ma in fondo
, niente si muove nella sua vita. Si alternano le cifre nel libretto di risparmi
o, i mobili della casa comprata a cambiali si sostituiscono, le immagini televis
ive crepitano, i punti di pensione si accumulano, i prezzi e i premi mutano senz
a sosta: ma il circuito chiuso, l esistenza paralizzata.
Sotto l aspetto fittizio di una liberazione individuale, voluta dal liberalismo (l
iberazione dagli obblighi di appartenenza a un popolo, in particolare), tale in
fondo lo sbocco di queste traiettorie-programmi in cui circolano le esistenze in
dividuali.
La peggiore delle vettorizzazioni forse quella della stampa di largo consumo. No
n c alcun testo, alcuna informazione che resti. Le idee, i fatti, gli slogan circola
no come banconote. la figura del giornalista, che Bourricaud (98) definisce gran
sacerdote dei tempi moderni, ad organizzare questa rete di scambi, come aveva p
erfettamente previsto Tocqueville.
Il giornalista, propagatore dell incultura o piuttosto della mezzacultura, la pegg
iore, il re del ramo intellettuale del Sistema. Fa il furbo dappertutto. Vettore
delle idee-mercanzie, amplificatore dei pregiudizi, semplificatore dei fatti e
delle ideologie, il simbolo espressivo della superficialit contemporanea, l organiz
zatore del gioco dell informazione. Suo tramite, il Sistema trasporta i propri mes
saggi, i propri influssi, le consegne, le mode, le manipolazioni. In lui trova l I
dealtypus che lo rappresenta: l eterno vuoto esagitato, colui che aiuta, che sping
e, a non prendere coscienza. Il giornalista, evidentemente, non informa. D altrond
e, informare di cosa? Erige, tra la folla ancora vivente degli uomini e dei popo
li e il Sistema, lo schermo opaco della disinformazione, dello pseudosapere, di
ci che Jean-Edern Hallier chiama la sottocultura giornalistica, che sta alla cultur
a come Bernard Henri-Lvy sta alla filosofia o come Grard de Villiers sta alla lett
eratura. Il giornalista non mente (necessariamente). Dice raramente cose false.
ben peggio: dice cose insignificanti. Tutto ci che la parola giornalistica tocca,
diventa flatus vocis.
Organizzato in reti giornalistiche, informatiche, finanziarie eccetera, che non
si curano delle frontiere e che parlano sempre pi in angloamericano, il Sistema f
unziona secondo un programma che non va confuso con quello che una cultura viven
te offre ai suoi membri per affrontare l ambiente. Lorenz ha mostrato come l uomo, s
provvisto di programmi innati nell applicazione delle sue pulsioni istintive, rime
di a questa lacuna tramite una programmazione culturale.
Quest ultima adattata a ciascun particolare gruppo umano, in funzione specialmente
del suo passato filogenetico. Nel Sistema occidentale al contrario, la programm
azione deve essere applicabile a chiunque: essa deve dunque infrangere le person
alit e le differenze per farle entrare nei reticoli comportamentali sopra delinea
ti.
Questa spersonalizzazione non appare probante se ci si accontenta di un analisi so
ciale superficiale, perch l ideologia del Sistema utilizza abilmente il tema della
liberazione individuale dalle costrizioni. La lettura del passato culturale euro
peo che viene effettuata da parte delle ideologie dominanti tende ad accreditare
la tesi che le individualit fossero oppresse e rimosse da impalcature sociali co
strittive. Il che significa confondere volontariamente individualit e personalit.
L opinione corrente s immagina allora che il reticolo comportamentale che ha rimpiaz
zato le tradizioni culturali, per il fatto di dirsi liberatore degli individui s
ul piano del rispetto formale del libero arbitrio, liberi di fatto le personalit in
dividuali. In realt, i codici sociali del Sistema, ideologicamente permissivi, so
no socialmente repressivi. Diventiamo come elettroni ruotanti a tutta velocit att
orno al nucleo, ed altrettanto liberi.
Gli individui atomizzati, intercambiabili ed uguali, s intravedono senza incontrar
si. L uomo moderno visualizza mille facce al giorno, ma non vede nessuno. I vettor
i si incrociano e si sovrappongono, senza limiti e senza fine, ma non si disting
uono pi gli uni dagli altri.
Presi nel movimento di va-e-vieni dei circuiti di vita, gli individui perdono og
ni punto di ancoraggio in cui riunirsi e le nazioni
o meglio i loro fantasmi per
dono ogni punto d incontro da cui muovere, da cui costruire un progetto di destino
. Tutto va paradossalmente troppo in fretta perch si possa avanzare; i corpi dei
popoli, immobili, sono agitati da convulsioni tetaniche.
Trascinato nel movimento vettoriale della sua esistenza programmata, l individuo s
trappato alla sua appartenenza popolare. La ricerca del comfort, il percorso lab
irintico dello spirito verso i microprogetti delle vacanze, dell aumento salariale
, della pianificazione delle spese, lo dissuadono dal volgersi a qualsiasi centr
o d interesse politico, l isolano nella prigione dei problemi personali. Senza appet
enza esistenziale degli individui, senza mobilitazione politica di ciascuno, l ide
a di popolo scompare. La canalizzazione rende l individuo indipendente.
Le interrelazioni e i circuiti primeggiano sulle istituzioni e sugli ambienti. D
alla Germania alla Francia, dalla Grecia alla Scandinavia, ci che conta sempre pi
per il viaggiatore, ci a cui lo riconduce la sua esperienza quotidiana, non sono
pi i costumi, i modi di vivere, le istituzioni, i linguaggi, le mentalit, i colori
diversi; oggi confrontato a reti di rapporti e di meccanismi di tipo funzionale
che variano molto poco da un paese occidentalizzato a un altro e che costituisc
ono ci che vi di pi visibile e disgraziatamente di pi determinante.
Ci che importa non pi il centro dai popoli, ma i reticoli attorno cui questi si arti
colano. Per l esportatore la Francia una rete commerciale; per l agenzia di viaggi,
un circuito turistico; per l uomo di affari, una rete di alberghi e di aeroporti;
per il viaggiatore una rete stradale, di cui importa solo avere la mappa.
Capitolo VII
LA CAUSA DEI POPOLI
Nelle societ occidentali
e occidentalizzate due culture si oppongono in una tragi
ca schizofrenia collettiva. Come vide Aldous Huxley (99), la prima appartiene al
l universo dove gli uomini nascono, vivono e muoiono; il mondo delle gioie e delle
sofferenze. La seconda cela in s l universo tecnoeconomico del Sistema, qualificato
come mondo non vissuto. Il fossato tra queste due culture non sar colmato, secondo
le speranze della Scuola di Francoforte o della sinistra umanista, dal dialogo e d
alla razionalizzazione. Sarebbe, ancora una volta, andare nel senso del Sistema.
La tecnocrazia pi il dialogo: illusione umanitaria, razionalista e reazionaria.
Le vecchie ricette sono morte; giacch l opposizione tra questi due mondi, tra il Si
stema e la vita, nasconde un antagonismo fondamentale tra due filosofie dei valo
ri che chiamato a trascendere le vecchie partizioni destra/sinistra, socialismo/
liberalismo, credenza/ateismo, materialismo/idealismo eccetera. Attorno a questa
nuova cesura tra il Sistema e tutto ci che non il Sistema, nuovi raggruppamenti,
politici nel senso nobile del termine, devono prendere vita. Star a loro segnare
con la propria presenza l alba del prossimo secolo.
Attualmente questo antagonismo fondamentale ancora mal percepito. Da ci questo li
bro che vuole essere un tentativo di appello alla presa di coscienza. Appello in
dirizzato innanzitutto agli europei che, ingannati da un qui pro quo che sfalsa
tutti i linguaggi politici, confondono ancora, nonostante tutto, il sistema occi
dentale con i valori e il destino della loro civilt.
Il sistema occidentale, appoggiato sullo spazio nippoangloamericano, intraprende
oggi una gigantesca domesticazione dei popoli. Le societ diventano macchine biolo
giche divise in settori, in meccanismi. La loro funzione: soddisfare bisogni omog
enei di consumo e di sicurezza artificialmente stimolati. I progetti di destino
e la vita comunitaria dei popoli scompaiono. Per l Europa, la fine del tempo stori
co, il seppellimento delle politiche sotto i programmi di sopravvivenza e di mic
rofelicit. L oppressione morbida dei dittatori dell organizzazione, dei manipolatori,
dei regolatori, dei poteri decentrati e incitativi prende il posto dell epoca di
coloro che creavano e decidevano. Il Sistema intende inaugurare il mercantilismo
totale, sommergendo l anima degli uomini e dei popoli sotto l ossessione dell egotism
o pragmatico. Niente pi tradizioni, e anche niente pi modernit: l ora dei poeti, dei
conquistatori, degli strateghi apparentemente morta.
D altronde, il declino demografico dai popoli inclusi nello spazio di influenza de
lla societ mercantilistica concorre a mostrare che, non essendo pi preoccupato che
del presente, dell attuale, del contingente, l homo occidentalis non avr probabilmen
te discendenza biologica. Oggi, come nell Impero romano della decadenza, minati da
l cosmopolitismo, dal monoteismo etico e dall edonismo, quelli che erano popoli e
che non sono pi che popolazioni, hanno perso l esigenza vitale di prolungarsi in un
a stirpe. Il Sistema e il suo individualismo pragmatico, cos come un tempo i cult
i millenaristici e le loro promesse di salvezza individuale, smantellano i senti
menti collettivi, smobilitano le energie e rendono gli audaci incapaci di osare.
Un popolo scompare pi spesso per dimissione che per distruzione. I fattori di dis
truzione sono superati da un popolo che vuole, nel profondo della sua anima, per
petuarsi biologicamente e culturalmente. Ora, il Sistema non uccide i popoli ass
egnando loro prove insormontabili, guerre, stermini, carestie, epidemie, ma rode
ndo dall interno il loro voler vivere, sradicandoli dall humus della loro cultura, s
coraggiando ogni loro volont di costruirsi un avvenire.
Bisogna sbarazzarsi dall illusione contemporanea, parte pregnante dell ideologia dom
inante, secondo cui i gruppi soccombono a crisi, ad avvenimenti materiali, a sho
ck misurabili e contingenti.
Le crisi costituiscono al contrario la materia della storia. E quando una civilt
scompare, i traumatismi bellici o economici che presiedono alla sua scomparsa no
n ne costituiscono affatto la causa, ma la conseguenza. Roma al suo apogeo o ai
suoi inizi non viveva meno crisi che all epoca del crollo; l invasione di Alarico di
per s non era pi grave di quella di Brenno.
Si diffonde oggi la voce sorniona che una crisi economica costituirebbe la peggi
ore delle minacce.
lti africani, melanesiani o indiani, per erigersi quali apostoli dell antirazzismo
e del rispetto dei popoli. Nessuno pi dei cristiani abitato dal progetto etnocid
a di imporre al di sopra delle culture un ideologia unica. Fornitori del modello,
non vengano oggi a criticare l applicazione fattane dai loro epigoni laici. D altra
parte, chi ha dichiarato, se non un ecclesiastico (106), che la distinzione tra
la gente per bene e gli altri non andrebbe pi fatta secondo il criterio della fede,
ma in base all adesione o meno alla filosofia dei diritti dell uomo che nasconde la
secolarizzazione della dottrina evangelica? Aderendo ad un ideale mondialista,
avallando l individualismo dei diritti dell uomo, legittimando i bisogni edonisti de
i figli di Dio, entit tanto indifferenziate ed astratte quanto i consumatori, prepa
rando gli spiriti al prestigio del paradigma della fusione dai popoli, i cristia
ni costruiscono obbiettivamente strutture mentali e riflessi che vanno nel senso
di una societ egualitaria mondiale.
Tutti, di destra o di sinistra, partigiani o avversari della Trilaterale, noclea
risti od ecologisti neobiblici, militaristi pro-NATO o pacifisti riconvertiti al
l allevamento delle capre, utilizzatori cinici del nazionalismo per difendere non
i popoli, ma il modo di vivere occidentale, non divergono nelle loro dottrine se
non in nome delle stesse finalit, degli stessi valori, quelli del cosmopolitismo
.
Tutti si riconoscerebbero in questa apologia del minimo comune dell ideologia occide
ntale operato da Guy Scarpetta (107): Noi siamo i figli di Babele, irrevocabilmen
te. Come Scarpetta, ci che apprezzano e li rassicura la fortuna dell esilio
punizione
suprema nella Grecia pagana in cui si ha tutto l agio di far scoppiare le identit e
l appartenenza, in cui ci si riferisce innanzitutto agli USA, paese come una rete at
traverso le maglie della quale si pu sfuggire.
Quanto a coloro che contrariamente a Scarpetta hanno il pudore di non vantare i
meriti del mercantilismo newyorkese, non sono certo solo per questo avversari de
l Sistema. Se condanna la vita consacrata ai consumi, se constata la sconfitta eti
ca della speranza borghese della felicit per mezzo del consumismo e se denuncia il f
ascismo tecnocratico ed economicista dell uomo disumanizzato, Erich Fromm (108), pe
r esempio, non rimette affatto in discussione, conformemente alla morale biblica
nella quale si situa, il fondamento ideologico del Sistema.
Intende preservare, per umanitarismo cosmopolita, questo mondo occidentale che no
n vogliamo vedere spazzato via. Peggio, raccomanda la costituzione di una commissi
one di controllo mondiale, che imporrebbe a tutti gli Stati la democrazia e l obbedie
nza a un consiglio culturale planetario. In un opera comparsa nel 1955 (109), che es
poneva per la prima volta le tesi della sinistra radicale non rivoluzionaria, qu
ella delle microrivoluzioni oggi in voga, Fromm proponeva di ridurre la maggior par
te dei mali delle societ attuali, capitaliste e comuniste, con l instaurazione di u
n reddito minimo garantito. Vale allora la pena di condannare il capitalismo, il
consumismo, lo spirito borghese?
***
evidentemente troppo presto per disegnare uno schieramento di coloro che si oppo
ngono coscientemente al Sistema. Nessuna strategia precisa, dai contorni chiaram
ente definiti, riunisce ancora i suoi avversari. Ma essi esistono e sono potenzi
almente numerosi. Contro il Sistema si erigeranno tutti coloro che non vogliono
che la Terra sia un mondo unico; tutti coloro che, coscientemente o incoscienteme
nte, condividono la filosofia di vita del paganesimo mentale europeo: volont crea
trice, attaccamento alla comunit politica considerata non come semplice quadro di
vita, ma come luogo del sacro e trampolino di avventure, di conquista, di conco
rrenza politica e culturale; tutti coloro che rigettano il cosmopolitismo, la so
ciet mercantilistica, il borghesismo, il modello newyorkese di sottocultura, l edon
ismo freddoloso.
Un altro desiderio li anima, per parlare come Raoul Vaneigem (110), desiderio ch
e il Sistema tenta di rimuovere.
Questo desiderio, quello della volont di potenza, o pi semplicemente dell affermazio
ne creatrice, coniuga il bisogno fisiologico di esplodere, di ritrovare il senso d
ella festa, quella che i puritani, i quiz televisivi e la macchina delle vacanze
hanno ucciso; cos come coniuga la sensazione ancora confusa, tellurica, risorta
come la fenice dalle ceneri delle profondit archetipicali, rinascente a scapito d
Rivedremo il tempo dell audacia, per parlare come Mac Kinder (117)? Chi avr il sopr
avvento, il Sistema con i suoi meccanismi di bloccaggio, o il dinamismo conflitt
uale dei risvegli culturali e religiosi, delle volont geostrategiche? L economia re
ster il luogo geometrico in cui affoga la politica o ridiventer, grazie alle lotte
fecondanti per le materie prime, la tecnologia di punta e le riserve alimentari
, il prolungamento della guerra con altri mezzi?
La pi grande possibilit per i popoli, potrebbe risiedere in una progressiva destab
ilizzazione, che arrivasse a ridare, in particolare agli europei, la virt di cui
parla Lohausen (118) e che condiziona il mantenersi in vita di ogni organismo di
fronte al proprio ambiente: il coraggio di osare.
***
Come notava Carl Schmitt (119), l essenza di un popolo il movimento (Bewegung). Mo
vimento di un progetto storico, movimento di una mobilitazione nazionale, movime
nto di una direzione politica, movimento di un ideale sociale, movimento anche d
i una conquista tecnica del mondo.
Senza popoli nazionalmente organizzati il dinamismo tecnico non sopravviver, come
gi denuncia il rallentamento del progresso tecnologico e la profonda crisi in cu
i si dibatte la ricerca pura. La civilizzazione attuale, paradossalmente, anche
se ha preso la forma di un Sistema, vive ancora sullo slancio passato di forze n
azionali e non di ideali internazionali. Le conquiste della materia e dello spaz
io hanno avuto sia radici nazionali che radici culturali e scientifiche.
Si sostiene spesso che i problemi che dovr affrontare l umanit nei prossimi decenni
richiederanno una cooperazione internazionale e l istituzione di un sistema pianif
icato di gestione mondiale. A questo bisogna rispondere che sono invece popoli e
nazioni isolati (o gruppi di Stati ben precisi) che con grandi imprese colletti
ve risolvono le questioni internazionali cruciali. La cooperazione internazional
e eretta a dogma un illusione: solo le nazioni potenti e prospere operano con effi
cacia fuori dalle proprie frontiere. Se ci si affida alle istanze di una gestion
e mondiale, denazionalizzata, per la soluzione dei problemi planetari (militari
od ecologici, per esempio), questi potranno star certi di non essere risolti. La
depurazione del Mediterraneo o l assistenza ai profughi o i problemi sanitari int
ernazionali non potranno mai trovare soluzioni grazie ad una burocrazia internaz
ionale. Solo la volont politica degli Stati, la firma di trattati su progetti con
creti, la conclusione di alleanze fondate su rapporti d interesse e di forza potra
nno venire a capo dei problemi ecologici, energetici, alimentari, militari e dem
ografici che attualmente si stanno accumulando.
La salvezza dell umanit decisamente un espressione vuota. l avvenire dei popoli, di ogn
i popolo, la questione. Nessuno tra gli ugualitaristi, cristiani, borghesi liber
ali, umanisti socialdemocratici, seguaci dai diritti dell uomo, contestatori antii
ndustriali, rivoluzionari marxisti, ha saputo n assicurare, e neppure immaginare
questo avvenire.
In realt, la sola posizione veramente rivoluzionaria che possa affermarsi contro
il Sistema non pu giungere dalle vecchie ideologie egualitarie; invece quella pro
pria a coloro che contestano il suo fondamento, le sue basi etiche ed ideologich
e, la sua genealogia, a coloro che affermano la causa dei popoli (120) contro un
a societ mondiale standardizzata, lo spirito di lotta e il senso del destino cont
ro l alienazione egualitaria della felicit economica, le forze nazionali, regionali
, culturali contro l universalismo dei Fromm, degli Scarpetta, dei Garaudy, dei Gl
ucksmann, borghesi camuffati al servizio dell ideale repressivo di una cosmopoli d
i popoli morti.
Guillaume Faye
(Traduzione di Stefano Vaj)
Postfazione: Critica al sistema occidentale
(1) Marshall Mc Luhan, Pour comprendre les mdias, Le Seuil, Parigi 1968.
(2) Vedi il libro di Paul Claval, Les mythes fondateurs des sciences sociales, P
.U.F., Parigi 1980. Per Claval l ideologia egualitaria e universalista apparsa in
Inghilterra, nel diciassettesimo secolo, a partire da una secolarizzazione del c
ristianesimo religioso.
(3) Friedrich Sieburg, Dfense du nationalisme allemand, Grasset, Parigi 1936; Nor
bert Elias, La civilisation des moeurs, Calmann-Lvy, Parigi 1974; Oswald Spengler
(71) Vedi Konrad Lorenz, Gli otto peccati capitali della nostra civilt, Adelphi,
Milano 1974.
(72) Jean-Jacques Servan-Schreiber, La sfida mondiale, op. cit.
(73) Jean Saint-Geours, Viva la societ dei consumi, Armando, Roma 1974.
(74) Vedi Jacob von Uexkll, Ambiente e comportamento, Il Saggiatore, Milano 1967.
(75) Arthur Koestler, Il principio di Giano, Edizioni di Comunit, Milano 1980.
(76) Oswald Spengler, Der Mensch und die Technik (trad. it.: L uomo e la macchina,
Edizioni Corbaccio, Milano 1931; Ascesa e declino della civilt delle macchine, E
dizioni del Borghese, Milano 1970).
(77) Ren Ladmiral, prefazione all edizione francese di Technik und Wissenschaft als
Ideologie, di Jrgen Habermas, op. cit. (La science et la technique comme ideolog
ie, Gallimard, Parigi 1973).
(78) Martin Heidegger, Die Frage ber die Technik, in Vortrge undAufstze, op. cit.
(79) Ridley Scott, nato a South Shields nel 1939. stato regista de I duellanti e
di Blade runner.
(80) Daniel Bell, Le contraddizioni culturali del capitalismo, Biblioteca della
libert, Milano 1978. L autore una delle figure centrali del neoconservatorismo amer
icano.
(81) Thorstein Veblen, Teoria della classe agiata, op. cit.
(82) Vedi Michel Crozier, La socit bloque, Gallimard, Parigi 1968.
(83) Cfr. Philippe Baccou e Club de l Horloge, Le grand tabou, Albin Michel, Parig
i 1981. Il libro difende un punto di vista inegualitario un po troppo sistematico
; il suo interesse risiede nella critica della burocratizzazione.
(84) Jean Baudrillard, Il sistema degli oggetti, op. cit.
(85) Ibidem
(86) Konrad Lorenz, Gli otto peccati capitali della nostra civilt, op.cit.
(87) Konrad Lorenz, L altra faccia dello specchio, Adelphi, Milano 1974.
(88) Habermas, Teoria e prassi nella societ tecnologica, Laterza, Bari 1978.
(89) Jrgen Habermas, Technik und Wissenschaft als Ideologie, op. cit.
(90) Ibidem.
(91) Martin Heidegger, Die Frage ber die Technik, in Vortrge und Aufsatze, op. cit.
(92) Jrgen Habermas, Strukturwandel der Offenlichkeit, op. cit.
(93) Helmut Schelsky, Wandlungen der deutschen Familie in der Gegenwart, Kln-Opla
den, Dsseldorf 1953.
(94) Helmut Schelsky, Auf der Suche nach Wirchlichkeit, Kln-Opladen, Dsseldorf 195
5.
(95) Cfr.Christopher Lash, Culture of Narcissism. American Life in the Age of Di
sminuishing Expectations, Norton & Cie, New York 1976. Le tesi dell autore sono in
fluenzate dai lavori di Arnold Gehlen. Il concetto di narcisismo coincide parzialm
ente con quello di soggettivismo esposto in Die Seele im technischen Zeitalter,
op. cit.
(96) Cfr. Pierre Dommergues et al., Le nouvel ordre intrieur, Alain Moreau, Parig
i 1980.
(97) Arnold Gehlen, Der Mensch Athenum, Francoforte e Bonn 1976.
(98) Franois Bourricaud, Le bricolage idologique, P.U.F., Parigi 1980.
(99) Aldous Huxley, Literatur und Wissenschaft, op. cit.
(100) Carl Schmitt, Le categorie del politico, op. cit.
(101) Jean Baudrillard, La societ dei consumi, op. cit.
(102) Alludiamo alla corrente liberalsocialista , cio ad un progetto socialista dist
ributivo che pretende inserirsi in un economia di mercato. tendenza ben rappresent
ata da Jean-Jacques Servan-Schreiber in Francia o da John Galbraith negli Stati
Uniti.
(103) Cfr. Werner Sombart, Il borghese, op. cit.
(104) Bernard Groethuysen, Origini dello spirito borghese in Francia, Il Saggiat
ore, Milano 1975.
(105) Le correnti cristiane apparentemente contestatrici non si interessano del re
sto affatto alla causa dei popoli o al rispetto delle differenze culturali.
(106) Michel Lelong in Le Monde del 28 agosto 1980.
(107) Guy Scarpetta, Eloge du cosmopolitisme, op. cit.
(108) Erich Fromm, Avere o essere?, op. cit.
(109) Erich Fromm, The Sane Society, Basic Books, New York 1955.
(110) Raoul Vaneigem, Le livre des plaisirs, Encre, Parigi 1979.
(111) Hans-Jrgen Syberberg, Die freundlose Gesellschaft, Friburgo 1981.
(112) Ernst Niekisch, Der Weg der deutschen Arbeiterschaft zum Staat, Berlin 195
5. Sull opera di Niekisch vedi Uwe Sauermann, Ernst Niekisch. Zwischen alle Fronte
n, con prefazione di Armin Mohler (Herbig, Monaco 1980).
(113) Oswald Spengler, Der Mensch und die Technik, op. cit.
(114) Friedrich-Georg Jnger, Die Perfektion der Technik, Klostermann, Stuttgart 1
949.
(115) Robert Jungk, Der atomische Staat, Rowohlt, Reinbeck 1979.
(116) Armin Mohler, Tendenzwende fr Fortgeschrittene, Criticon, Monaco 1978.
(117) Mac Kinder, Democratic Ideals and Reality, Londra 1947.
(118) Jordis von Lohausen, Mut zur macht, op. cit.
(119) Carl Schmitt, Stato, movimento, popolo, in Principi politici del nazionalsoc
ialismo, op. cit.
(120) Jean-Edern Hallier, La cause des peuples, Le Seuil, Parigi 1972.
Contro il tradizionalismo
Di Guillaume Faye
Come le epidemie di acne, si vedono periodicamente fiorire, negli ambienti pross
imi a quella che che viene spesso chiamata la destra rivoluzionaria , o pi in genera
le la destra antiliberale , accessi di quello che potremmo definire tradizionalismo
metafisico .
Autori come Evola o Heidegger sono in generale il pretesto e lo sottolineiamo: i
l pretesto dell espressione di questa tendenza di cui molti aspetti ci appaiono ne
gativi e smobilitanti. Gli autori in questione non sono qui in discussione. Per
non citare che questi due, n Evola n Heidegger
le cui vere idee furono spesso molt
o lontane da quelle degli evoliani e degli heideggeriani , si prestano davvero allo s
tesso tipo di critica che legittimo portare ai loro discepoli di destra di cui sti
amo parlando.
Come caratterizzare questa devianza tradizionalista, e quali sono gli argomenti ch
e le possono essere opposti? Tale mentalit appare caratterizzata da tre presuppos
ti assiomatici:
1) La vita delle societ deve essere governata da una tradizione il cui il oblio sar
ebbe ci che ci precipita nella decadenza.
2) Tutto ci che concerne la nostra epoca da secoli oscurato da questa decadenza.
Pi si risale nel passato, minore la decadenza, e viceversa.
3) Solo contano in fondo le preoccupazioni e le attivit interiori , rivolte verso la
contemplazione di un non-so-che, spesso globalmente indicato come l essere .
Senza attardarsi sullo schematismo e sulla superficialit, relativamente pretenzio
sa, di questa assiomatica, che preferisce alla vera riflessione ed alla chiarezz
a le facili oscurit dell inverificabile e dei giochi di parole gratuiti, che
sotto
il pretesto della profondit (se non addirittura in certi personaggi in cui domina
il narcisismo patologico, di poesia ) misconosce l essenza stessa di ogni filosofia
e di ogni lirismo, bisogna soprattutto riconoscere che il tradizionalismo metafi
sico entra in contraddizione profonda con i valori che generalmente pretende di
difendere, cio la rivolta contro le ideologie moderne, lo spirito della tradizion
e europea, l anti-egualitarismo, etc.
In primo luogo, infatti, l ossessione per l ineluttabilit della decadenza e il passat
ismo dogmatico che essa induce si apparenta a un progressismo rovesciato, ad una
reintroduzione della visione lineare e determinista della storia: l identica disp
osizione di spirito, ereditata dal finalismo cristiano, di tutte le ideologie mod
erne . Solo, la storia sarebbe discendente, dal passato al presente, anzich ascende
nte.
All inverso delle dottrine progressiste, tale pessimismo sul mondo per di pi profon
damente smobilitante. Ma questo pessimismo esattamente dello stesso ceppo dell ott
imismo naf dei progressisti. Procede dalla stessa mentalit e incorpora lo stesso t
ipo di vanit, in particolare un profetismo ridondante assortito con una propensio
ne ad erigersi a giudici della societ umana, della storia e dei propri simili.
Questo tipo di tradizionalismo, a cause della sua tendenza ad odiare, a svaloriz
zare tutto ci che appartiene al tempo presente non tradisce solo nei suoi fautori u
na acidit e una fatuit spesso ingiustificabile, ma rivela gravi contraddizioni che
rendono il suo discorso poco credibile, perch incoerente.
Quest odio del tempo presente, dell' epoca moderna infatti sprovvisto di conseguenze
pratiche nella vita quotidiana, al contrario di quello che si spesso osservato,
per esempio, nel cristianesimo. I nostri anti-moderni non si peritano infatti di
approfittare delle comodit della vita moderna disprezzata a parole. E da qui danno
la vera dimensione del loro discorso: l espressione di una cattiva coscienza, di
una compensazione effettuata da spiriti profondamente borghesi relativamente a dis
agio nel mondo attuale, ma nondimeno incapaci di farne a meno.
In secondo luogo, questo tipo di tradizionalismo sbocca nella maggiorparte dei c
asi in un individualismo esacerbato, quello stesso individualismo che la loro vi
sione pretesamente comunitarista vorrebbe denunciare nella modernit
Con la scusa che il mondo cattivo , che i contemporanei sono ben inteso decadenti e
imbecilli per definizione, che questa societ materialista corrotta dalla scienza
e dalla tecnica non coglie gli alti valori dell' interiorit , il tradizionalista, che
ha sempre un ideale apicale di se stesso viene portato a non credere pi nella neces
sit di una lotta nel mondo, a rifiutare ogni disciplina, ogni vincolo di solidari
et con il suo popolo, ogni interesse per la politica.
Solo il suo ego ipertrofico lo interessa veramente, e al massimo il fatto di tra
smettere il suo pensiero alle generazioni future (senza vedere la contraddizione i
nsita nel fatto che
salvo l inizio di nuovi cicli che se ne farebbero comunque ben
poco
queste generazioni si suppone non potranno mai capirlo, in quanto sempre p
i decadenti), con un messaggio in una bottiglia.
Tale individualismo sfocia cos logicamente nell inverso stesso dell ideologia di part
enza, ed esattamente nell universalismo e nel mondialismo impliciti.
In effetti, la tentazione del tradizionalista metafisico di stimare che solo con
ta la riunione spirituale , la messa in comunicazione degli uomini di alto sentire,
dei suoi simili attraverso il mondo, quali che siano la loro identit e la loro p
rovenienza, per tanto che paiano rigettare la modernit occidentale . Al servizio del
popolo, del politico, della comunit, al servizio del sapere, della causa, si sos
tituisce, oltre al servizio e alla contemplazione di se stessi, il servizio ad u
na ragnatela di analoghi narcisismi reazionari.
Si difendono dei valori , quale che sia la loro origine e il loro luogo di incarnaz
ione. Dacch, per certuni: orientalismo fascinato; per altri: mondialismo militant
e; e per tutti un disinteresse cinico per il destino del loro popolo. E si arriv
a in questo persino ad atteggiamenti mentali decisamente cristiani in autori che
pure si propongono di combattere il cristianesimo. Per citare alla rinfusa qual
che esempio: scelta di privilegiare le buone intenzioni rispetto al perseguiment
o del risultato; adozione, per giudicare un idea o un valore, di criteri intriseci
a questa idea e a questo valore, e non di criteri fondati sulle loro conseguenz
e pratiche; mentalit spiritualista che consiste nel valutare ogni cultura, ogni p
rogetto collettivo sulla base del loro preteso valore spirituale , e non sui loro e
ffetti reali, storici e concreti.
Quest ultimo atteggiamento, d altronde, si rivela ben poco corrispondente al paganes
imo europeo cui pure vorrebbero richiamarsi molti dei nostri tradizionalisti . Infa
tti, considerare un opera, un progetto, una cultura sotto un aspetto esclusivament
e spirituale , si pone il principio cristiano di separazione tra materia e spirito,
di dissociazione dualista tra l idea pura e la produzione concreta di storia.
Una cultura, un progetto, un opera non sono che prodotti storici, nel senso concre
to e dinamico del termine.
Non vi separazione, dal nostro punto di vista, tra il valore e la produzione . Le qua
lit liriche, poetiche, estetiche di una cultura, di un opera, di un progetto, sono
intimamente incorporate nella sua forma, nella sua pro-duzione materiale. Spirit
o e materia sono una sola e identica cosa. Il valore di un uomo o di una cultura
quella dei loro atti, non del loro essere o del loro passato.
E esattamente questa idea, che ereditiamo dal pi antico bagaglio tradizionale euro
peo, che i nostri tradizionalisti metafisici, tutti imbevuti del loro spirituali
smo e del loro monoteismo della Tradizione o della ricerca dell Essere , tradiscono all
egramente.
stalgia del passato. L architettura del nostro secolo, come la sua urbanistica, no
n vedono il trionfo del futurismo in senso ampio ma un compromesso industriale tra
la riabilitazione di forme tradizionali urbane ed abitative e gli imperativi te
cnici ed economici della redditivit e della costruzione di massa.
L ideologia futurista, ancora diffusa subito dopo la seconda guerra mondiale, e ch
e prevedeva che la tecnica avrebbe comportato una nuova mentalit ed una nuova civ
ilt, non ha fatto presa sulla cultura sociale, rimanendo confinata ad una lite di
tecnoesteti. La tecnica ha certo trasformato la cultura, ma, con un classico eff
etto di eterotelia, non nel senso scontato. Non l ha modernizzata , ma al contrario h
a rafforzato il tradizionalismo delle mentalit. l ideale della comodit che la tecnica
ha promosso, e non quello spirito della macchina , quel dinamismo impulsivo e corag
gioso che ci si aspettava di veder nascere nei primi tempi dell aviazione e dell aut
omobile, in cui l etica e l estetica potevano per esempio confondersi in nuovi valori
vissuti , in particolare la velocit su cui si apre il manifesto futurista (2).
La modernit muore La nostra epoca sembra avervi rinunciato a vantaggio della ricer
ca d un certo neoclassicismo: la generazione dominante oggi (grosso modo quella ch
e stata direttamente o indirettamente influenzata dal sessantotto) sembra ossess
ionata dalla sacralizzazione dei suoi valori. L inizio del nuovo secolo sembra dun
que essere caratterizzato da una sorta di balbettamento: continuiamo a recitare,
con costumi pi o meno nuovi, lo stesso psicodramma, raffinandolo ed estremizzand
olo un po di pi ogni volta.
Come scrive Jean Baudrillard, La modernit non esiste pi: tutto attuale. E tutto rtro
. Il moderno e il tradizionale, con la loro opposizione chiara e intelleggibile,
hanno lasciato il posto all attuale e al rtro, la cui opposizione non neppure pi di
stintiva. [ ] L era delle ideologie finita, e con essa quella della modernit. Siamo n
ell era dei modelli che [ ] si oppongono contemporaneamente alla modernit e alla trad
izione, ancora legate da una relazione dialettica di superamento o di compromess
o, per dar luogo all era della simulazione (3). La nuova generazione si separa semp
re di pi dai valori innovativi che caratterizzavano la generazione precedente (sl
ancio creativo, spirito rivoluzionario, gusto del cambiamento e dello sperimenta
lismo, eccetera) a vantaggio del messaggio umanitario
contestazione del politico
in senso forte, principio di precauzione, opposizione tra il mondo degli uomini
e quello della morale, ideologia dei diritti dell uomo (4) -, che fa delle genera
zioni successive al sessantotto i figli spirituali del tradizionalismo cattolico
o del diciannovesimo secolo. Bel paradosso
Questa autoepurazione intellettuale intende presentare come eterni e insuperabil
i i valori che strutturano l ideologia dominante, cos come le mode che la illustran
o. Il peso demografico della generazione uscita dal baby-boom del tardo dopoguer
ra ha reso il suo potere culturale e ideologico difficilmente sormontabile, a pa
rtire dall epoca in cui gli uomini e le donne di questa classe d et hanno cominciato
ad accedere al potere politico, economico e culturale.
La situazione minaccia quindi di restare a lungo congelata, tanto pi che la logic
a del sistema accresce la smobilitazione, il rifugio nelle sfere d azione private
(ideologia del tempo libero e gestione individualista dei nuovi spazi di vita).
Ora, una reale modernit presuppone un futurismo , una autoproiezione storicizzante d
i una civilt nel suo proprio futuro. Il regno attuale del contemporaneo corrispon
de, non a un rifiuto del passato, bens ad un rifiuto di ogni storicit. Il futurismo ,
la futurologia, la predicazione del progresso tecnico sono divenuti il suppleme
nto d anima e la giustificazione di attivit creative che sono oggi tutto, salvo che
appunto futuriste.
Il ritorno di tempi di crisi accentua questa frenata culturale e rinforza il con
formismo che la circonda: dopo essersi essa stessa negata ed aver minato la fidu
cia che le veniva accordata, la creazione culturale diventa a sua volta esitante
e freddolosa, e non trova pi calore che nella ripetizione di vecchie esperienze.
Va notato, a questo proposito, come le attuali lites mediatiche siano sempre pi d
istanti dall avanguardia e finiscano per negare la nozione stessa di avanguardia,
sempre pi reputata fallace, ingannevole e alla fine senza interesse: non sono pi v
alorizzate nuove mode, ma quelle che sono gi state sperimentate nei decenni prece
denti. Questa situazione soprattutto sensibile nel campo musicale, che quello ch
e in generale reagisce pi rapidamente a questo genere d evoluzione: i nuovi gruppi
e tendenze, che gi non sanno pi troppo bene cosa inventare per farsi notare, sono
oggi sistematicamente denigrati a vantaggio dei buoni vecchi valori sicuri. Il f
enomeno rtro una sorta di trappola tesa di fronte a noi da cui sembra sia quasi i
mpossibile sfuggire.
Si pu in effetti, per le ragioni sopra evocate, constatare una perenne balbuzie d
elle nuove forme d arte contemporanee. Per avanzare, l arte moderna non ha pi che la po
ssibilit di negarsi da se stessa, dato che ogni forma di progresso le vietato dai
nuovi dogmi che rendono insuperabili i valori e i gusti consolidati. Non diment
ichiamo che questi valori sono stati a lungo vissuti come nuovi essi stessi: le ge
nerazioni tuttora dominanti si sono sempre prese per la giovent e la speranza del
mondo, e continuano a farlo. Esse non tendono quindi a lasciarsi penetrare da f
orme d arte o d espressione artistica che sarebbero nuove al di fuori dei suoi propri
criteri; la non-modernit della cultura attuale avrebbe perci delle ragioni generaz
ionali oltre che strettamente intellettuali
Non volendo disincagliarsi dallo scoglio dell eterna contemporaneit, si ricorre dun
que al simulacro: l eterno nuovo ancora oggi l arte che esplosa negli anni venti e tre
nta e che, dopo dopo la grande gelata rappresentata dall irrigidimento dei regimi
totalitari e dalla seconda guerra mondiale, non ha veramente trionfato che in mo
do parziale ed effimero negli anni cinquanta e sessanta. Da allora non si crea p
i, ma nemmeno si distrugge: l arte si congelata e tutto ci che passato sopravvalutat
o. L antiquariato comincia dal 1970!
Ora, la civilt europea era da lungo tempo marcata da una progressione dialettica d
elle forme . A livello artistico, scientifico, ideologico, il passato era fatto per
essere oltrepassato. Una forma non poteva ritornare meccanicamente, che fosse poli
tica o culturale, sociale o estetica. Questa logica del moderno , instauratasi a pa
rtire dal Rinascimento, che corrispondeva al tempo stesso alla riscoperta dell ant
ichit pagana e alla costruzione dinamica di una nuova civilt (contestazione dei do
gmi cristiani, fioritura delle tecniche, rinascita dello Stato, grandi scoperte
geografiche, eccetera) fondata sulla volont di potenza il vero umanesimo -, oggi
sta deperendo. Tutte le forme possono essere simultanee. L innovazione cessa di es
sere valorizzata; soltanto conta l originalit del soggetto, anche se la sua persona
le originalit si nutre esclusivamente del plagio sistematico di ingredienti del p
assato. Tale regno dell attualit corrisponde anche, in questo senso, all apogeo dell in
dividualismo.
Il perch di questa inettitudine della cultura e della coscienza generali ad ammet
tere e ad interiorizzare le nuove norme estetiche, scientifiche e mentali apparse
all inizio del ventesimo secolo lascia perplessi. Un ipotesi esplicativa che possa
essere adottata ai fini della considerazione delle nostre prospettive future dev
e partire da un analisi di questa dissociazione nel campo delle ideologie. Qui for
se risiede la chiave della dissociazione in tutti gli altri campi della cultura.
Alla fine del diciannovesimo secolo e all inizio del ventesimo secolo appaiono sis
temi di pensiero che non si fondano pi sulla vecchia visione del mondo ereditata
dall egualitarismo cristiano e poi illuminista, dal razionalismo tomista, dalla ge
ometria euclidea, dalla fisica newtoniana, e dalla tradizione umanista. Le ideol
ogie organiciste, irrazionaliste , vitaliste, sovrumaniste rompono in effetti vari
schemi fondamentali di pensiero, di tipo tradizionale, che si ritrovano al contr
ario nel liberalismo e anche in molte correnti socialiste.
Pareto, Weber, Sorel, Nietzsche, Darwin e tanti altri appartengono a questo tent
ativo, cosciente o meno, di far nascere nuove ideologie. I postulati tradizional
i con cui essi entrano in rottura sono i seguenti: la visione unitaria dell uomo,
concepito come paradigma di specie, proprio al cristianesimo, al platonismo e a
tutta la tradizione occidentale fino alla met del diciannovesimo secolo; il mecca
nicismo sociale, che considera la societ come una quasi-macchina spiegabile e tra
sparente, concezione comune al marxismo e al liberismo economicista, perfettamen
te in accordo con i fondamenti della fisica newtoniana; il causalismo razionale,
su cui si fondano i punti di partenza e economici dei liberali e dei socialisti
riformatori, e da cui dipende tutta la loro teoria politica; ed infine l umanismo
individualista, la cui filosofia rifiutata a vantaggio di ci che pu essere qualif
icato con il termine generale di etica della volont di potenza e del superamento
di s.
nella procedura implicita che presupponevano, nel senso intimo che celavano. E,
a tale titolo, era pi l inconscio collettivo che lo spirito pubblico a cui esse si
urtavano. Paradosso: le nuove forme culturali potevano persino, in apparenza, e
ssere messe al servizio di vecchi ideali, come l umanitarismo o il pacifismo (caso
del discorso surrealista, del marxismo pi o meno ortodosso od immaginario cui si
richiamavano molti innovatori del secondo dopoguerra, eccetera). Potevano anche
farsi veicolo di una concezione meccanicista e anti-organica della societ, caric
a di un fourierismo naif, cui non sono estranei le scuole urbanistiche igieniste e
in parte lo stesso discorso esplicito di Le Corbusier.
A tale proposito, d altronde, le cose si complicano a causa dell esistenza, in certe
nuove forme artistiche, di elementi parassitari la cui spiegazione sociologica.
La distruzione della prospettiva, dell armonia musicale, dei generi letterari ger
archizzati e formalizzati, del teatro ordinato, eccetera, e l apparizione di forme
artistiche indifferenziate e astratte, non sono state ammesse dalla maggioranza
della popolazione perch non concernevano che pseudo-lites isolate dalla comunit po
polare. Nel caso delle avanguardie, l innovazione, di cui le lites tradizionali non
si sono sempre fatte carico, spesso stata portata avanti, a livello artistico,
da ambienti senza legami con le reali sensibilit popolari, etniche, nazionali; sp
ecie dopo la conclusione dell avventura futurista in senso stretto, l ideologia sott
esa a queste innovazioni apparsa cosmopolita ed universalistica, promotrice di u
n arte globalizzata, senza legami con una specificit antropologica individuata e vi
ssuta.
In questo senso pu interpretarsi il voluto disfacimento delle norme in pittura, i
n letteratura, in una scultura o con il teatro. Il bisogno di innovazione , proprio
alla cultura europea, ha finito per essere talora tradotto nella pratica da lite
s parassitarie uscite da ambienti equivoci, concentrate in esercizi ed intellett
ualismi accademici, e prive di un vero radicamento nella cultura popolare. Spess
o allora non restata all arte popolare, spossessata dalla legittimit dell innovazione
, che la rimasticatura delle forme tradizionali. E bisogna rimarcare che queste i
nnovazioni che possono ritrovarsi parzialmente o totalmente in un opera d arte (parzi
almente in Picasso, totalmente in Chagall, per riprendere due esempi conosciuti)
appartengono alla vecchia coscienza dell ideologia cristianomorfa, giacch veicolan
o ideali universalisti ed egualitari, facendo regredire l arte verso il primitivis
mo infraculturale. L arte moderna non va pertanto confusa con queste innovazioni p
arassitarie, che non la esausicono e rimangono solo parziali, nonch largamente st
erili.
Se queste ultime non sono state ammesse nella coscienza popolare, in altri termi
ni, non unicamente in ragione del loro carattere iperfaustiano, ma anche per alt
re cause: da un lato, in quanto emanavano da pseudo-lites non riconosciute come r
appresentative di specifiche tradizioni culturali; dall altro, in quanto veicolava
no un tale cosmopolitismo, una tale astrazione egualitaria, che persino lo spiri
to pubblico europeo, per lavorato e conformato che fosse ormai dalle ideologie d
ella vecchia coscienza , che possedevano questi identici caratteri, non era arrivat
o al punto di ammetterli allo stato puro. L iper-astrazione pittorica o scultorea
per esempio si apparenta un vero e proprio ritorno al biblismo estetico : il rifiut
o di rappresentare la natura, l uomo e le sue creazioni. Possiamo dunque dire che
sotto numerose forme di modernit si nasconde l antimodernit totale, cio il ritorno al
lo stato bruto di un estetica giudeocristiana ed iconoclasta.
Nondimeno, questi aspetti problematici non obliterano la validit complessiva del
tentativo di far nascere un autentica modernit che sia prolungamento nella rottura de
lle successive ondate di innovazione che sono caratteristiche della cultura euro
pea. Certamente, non c soltanto astrazione, decadenza, indifferenzialismo, nelle a
rti nelle letterature moderne, neppure in quelle che per altre ragioni
non sono
state comprese dallo spirito pubblico, non hanno potuto costituire un autentica mo
dernit.
La caratteristica di questa prima modernit sta per nel fatto che in gran parte ess
a non era cosciente di se stessa. Non ha costituito, come abbiamo detto, che il
ritorno del rimosso, di ci che come abbiamo detto si pu definire un inconscio pagan
o . Questo, a quanto pare, ha dovuto affrontare un incosciente cristiano, meno pro
fondo, forse, ma pi diffuso e pi potente. L inconscio pagano era ancora presente ma
ormai puramente residuale e parassitario. Gli uomini che avevano avuto accesso a
lla nuova coscienza non la detenevano che in modo frammentario. Certi vi attinge
vano in campo scientifico; altri in campo letterario; altri ancora sul piano del
la cultura, delle arti, delle idee politiche.
Nella capacit di intenderla dei suoi detentori, d altra parte, alla nuova coscienza f
acevano a loro volta riscontro elementi parassitari la cui incompatibilit non era
percepita. Uno poteva essere marxista e nietzchano, marxista e darwinista, ad e
sempio, senza vedere gli aspetti vecchi, cio cristiani, del marxismo, che passava
cos, a torto, grazie ad un abile travestimento, per un espressione della nuova cos
cienza (ideologie come il liberalismo tecnocratico o il socialismo scientifico mar
xiano hanno d altronde funzionato esattamente come simulacri di modernit e di rivol
uzione; solo oggi, dopo il rivolgimento storico operato dalla scuola di Francofo
rte, che la situazione appurata e chiarificata, e che il marxismo, come il liber
ismo, come la socialdemocrazia umanista e politicamente corretta o il neoconserv
atorismo, appaiono tutti insieme per ci che sono, cio espressioni della vecchia co
scienza cristianomorfa che ritrova la sua unit e solidariet fondamentale).
In breve, se la nuova coscienza ha fallito, ci stato in parte perch essa era dispe
rsa. Per evitare la dispersione, essa avrebbe dovuto raccogliersi in una visione
del mondo coerente, una visione del mondo che, per rendere conto del mondo mode
rno e dominarlo storicamente e mentalmente, ne avrebbe fatto sopportare lo choc.
La causa della dissociazione delle due culture e del rifiuto da parte della mass
a della nuova coscienza non risiede, in effetti, unicamente nel suo carattere pa
gano, nel fatto che essa rimetta a nuovo trasfigurandoli certi valori presocratici
, ma nella trasgressione che essa opera rispetto ad abitudini comportamentali pr
opri all etologia stessa della societ precedente. La nuova coscienza tende infatti
a trasgredire la stessa natura umana come l abbiamo conosciuta sino ad oggi. E forse
l ha fatto troppo presto, troppo intensamente, troppo maldestramente.
I principi della fisica moderna sono incomprensibili, inintegrabili per la cultu
ra comune dell uomo del ventesimo secolo in cui si affermano, giacch superano, come
ha mostrato anche Koestler (8) le strutture della comprensione quali sono oggi
preformate dal nostro passato evolutivo. L abolizione della prospettiva, del racco
nto, della musica tonale, dell habitat tradizionale venuta a incappare in un certo
stadio della natura culturale degli uomini. Le nuove forme appaiono troppo in avan
ti rispetto all apparato culturale, e forse persino (ipotesi affascinante e che ci
immerge nel cuore della questione dei valori transumanisti) in avanti rispetto a
l comportamento umano stesso, al suo stadio filogenetico attuale.
Tutto sarebbe allora successo come se la cultura, che, di metamorfosi innovatric
e in rivoluzione dialettica, aveva sempre saputo far arretrare i limiti dell umano s
u tutti i piani, dal sociale all estetico, fosse arrivata, all alba del ventesimo se
colo, a raggiungere i limiti dell innovazione formale, a vedersi obbligata per con
tinuare il suo movimento ad operare un salto qualitativo, una rottura di senso . Ma
l elasticit della cultura dei limiti. Le rivoluzioni, dall undicesimo al diciottesim
o secolo, erano seguite , fintanto che che non variavano le principali forme del sen
so del mondo biologicamente radicate, ed a maggior ragione fintanto che si restav
a all interno di una visione del mondo che cambiava poco nei suoi grandi tratti.
L ideologia restava d ispirazione cristiana-evangelica: semplicemente, le forme, teo
logiche e poi socio-laiche, si succedevano conservando i postulati filosofici di
base. Stessa cosa in estetica: gli stili si succedevano come altrettante varian
ti della stessa struttura di percezione fondamentale: il racconto letterario, l ar
monia dell ottava, la composizione pittorica rappresentativa. I valori restavano i
mmutati. Soltanto variavano le loro attualizzazioni.
Ma con l apparizione della nuova cultura dell inizio del ventesimo secolo, l uomo-tipo n
on segue pi, non pu pi imitare le innovazioni degli uomini-personalit . La dinamica inn
ovatrice della nostra civilt, divenuta iperfaustiana, sfiora il sovrumano e il tr
ansumano proponendo delle forme-di-vita (urbanismo), delle strutture percettive
(arti), e dei valori che spezzano il quadro naturale/culturale che permetteva al
l uomo di situarsi nel mondo, quadro di qui Lorenz ha mostrato la plasticit relativ
a e la rigidit strutturale (9), anticipando addirittura apertamente la prospettiv
a e l opzione di una trasformazione postumana.
Ho detto che la nuova cultura dell inizio del novecento sfiorava il transumano. Essa
non lo raggiunge, ma resta sul confine tra il sovrumano e l inumano. Le nuove for
me appaiono in effetti simili a diamanti mal ripuliti dai detriti, allo stato br
uto e grezzo, e, si potrebbe dire, brutalizzante. Capaci, almeno alcune di esse,
di condurre all autosuperamento (elementi sovrumanisti), esse si rivelano altrett
anto suscettibili di provocare il dislocamento delle personalit. Caso dell architet
tura e dell urbanesimo futuristi; caso anche dei valori della modernit tecnica, di
cui Heidegger ha ben mostrato l ambiguit, il doppio carattere, iperpoetico e ottund
ente (10).
Ma per quale ragione questo insorgere del sovrumano nella modernit dunque stato s
offocato? Per quale ragione l inumano s mescolato al transumano?
Potremmo rispondere, da un punto di vista strettamente antropologico, che la dis
tanza, il ponte da attraversare dalla vecchia alla nuova cultura erano qualitati
vamente troppo grandi. Spiegazione parziale che appare necessario completare.
Abbiamo visto sopra che la nuova coscienza non riuscita ad espandersi nello spir
ito pubblico tanto per il suo carattere ilimitatamente trasgressivo degli ordini
naturali che per il rigetto inconscio degli elementi pagani che essa incorporava.
E sul carattere di questo doppio rifiuto, su questa ambivalenza di cause che bis
ogna meditare.
Propongo le ipotesi seguenti, tutte connesse tra di loro:
1) La nuova cultura apparsa, come risorgenza parziale di certi valori pagani, in
un momento in cui i valori secolarizzati del cristianesimo si erano, infine, in
sediati negli spiriti, in un momento quindi in cui una coscienza cristianomorfa
esisteva realmente e per la prima volta diventava davvero egemone nell infrastrutt
ura della civilizzazione contemporanea.
2) Ma se la nuova cultura, prodotto e causa della nuova coscienza , nondimeno appar
sa, perch una carenza, una debolezza si faceva sentire da lato della coscienza cr
istianomorfa, che viveva la sua apoteosi a livello cosciente, ma si vedeva conte
stata a livello inconscio.
3) Pare allora possibile sostenere che i valori giudeocristiani, avvicinandosi a
lla loro massima attualizzazione, occupavano le coscienze perdendo al tempo stesso
il loro potenziale di mobilitazione e la loro vitalit, finendo per confondersi c
on la societ stessa e dando luogo, di per ci stesso, a un evento storico nell avvent
ura occidentale: il dispiegamento di una coscienza gi morta. Morta giacch l attualiz
zazione dei suoi valori giungeva a compimento al momento della sua fine, come av
eva presentito Nietzsche nella sua analisi del nichilismo (11); morta, ma nondim
eno regnante, nella forma della mentalit occidentalista.
4) Questa coscienza morta avrebbe dovuto pro-vocare, chiamare, l avvento di una nu
ova coscienza, risorta da un fondo precristiano. Tale richiamo ha avuto luogo, e
si espresso nella forma dell adesione di molti alla nuova coscienza . Ma quest ultima
non ha potuto imporsi.
5) In effetti, si sarebbe potuto credere che un inconscio precristiano, o pagano f
osse destinato a sgorgare al di qua della coscienza cristianamorfa, in via di de
perimento, e che la modernit avrebbe rappresentato il suo ritorno alla piena cosc
ienza, sotto aspetti rinnovati. Ma questo ricorso al preteso inconscio pagando n
on si prodotto. Perch?
6) Perch la morte-apoteosi della coscienza cristianomorfa ha fatto parimenti mori
re l inconscio pagano nella forma in cui questo era sopravvissuto per tutta la dur
ata della prima. Putrefazione totale, dall alto in basso. La civilizzazione nichil
ista della sparizione dei valori (il Sistema , la cui storicit rifluisce) riuscito a
pietrificare anche i valori di riserva presenti nella memoria dei popoli europe
i. Si tratta dell oblio
o sparizione dell inconscio
di cui parla Heidegger (12). E an
che la dittatura del puro qui-ed-ora , il regno dell attuale dissezionato da Baudrill
ard (13).
Queste ipotesi collegate ci permettono forse di cogliere meglio la natura della d
issociazione . La coscienza morta della civilizzazione cristiana e occidentale non
ha permesso di far risorgere i valori pagani rimossi, presenti nell inconscio pop
olare, che sotto una forma edulcorata, fallimentare, perch tale inconscio non era
pi culturalmente attivo. Solo un lite sparuta, quella che ha aderito alla nuova cos
cienza futurista e tecnomorfa, stata capace di rompere con il torpore dell antica
coscienza, ma senza poter trascinare tutti gli altri al suo seguito. E questa in
ettitudine dei valori di riserva dell inconscio pagano a mobilitare l insieme della
cultura e ad esprimersi chiaramente onde riempire il vuoto lasciato dalla putref
azione dei vecchi valori, stato compensato da una improvvisazione culturale. E st
ato necessario, dal momento che l inconscio pagano ieri in via di fossilizzazione
esso stesso, improvvisare in fuorigioco, indipendentemente da una tradizione , una
modernit: quella che ha cercato di cavalcare le tecnologie e le arti nuove.
Certo, tale improvvisazione non veniva dal nulla; non si fondava sul vuoto. Pens
o che si fondasse su una sorta di iper-inconscio pagano, improvvisamente risorto pe
r caso dal portato della tecnica moderna, per cos dire un inconscio dell inconscio,
il suo immemoriale , innestato su strati profondi della psicologia umana fosse risa
lenti alla stessa epoca pre-neolitica e pre-pagana. Da qui la natura selvaggia di
questa modernit improvvisata; da qui la sua dicotomia con l ideologia comune, e la
sua inumanit rappresentata anche dalle sue lacune in materia di tradizioni sentite
e vissute. Tragedia storica della nuova coscienza. Aveva una memoria tanto profo
nda da non saperlo, e da credersi innocente e nuova.
Siamo allora forse in grado di conciliare la prima ipotesi (quella del pre-neoli
tico) con la seconda (quella della coscienza pagana classica).
Le cose sarebbero andate cos: la coscienza cristianomorfa in declino (e al suo ap
ogeo sociale) avrebbe sorbito lo choc congiunto di due forme mentali, poco e mal
e coscienti di s: una, derivante da un inconscio pagano via di affioramento, l altr
a da un inconscio molto pi profondo, inopinatamente risvegliato dalle scosse soci
ali e psichiche della trasformazione tecnologica e industriale del mondo, in alt
ri termini una forma mentale che ha a che fare con il processo stesso dell ominazi
one e che sarebbe stata riattivata nell inconscio collettivo moderno.
Questa sottocoscienza selvaggia avrebbe avuto due effetti: il primo sarebbe stato
determinato dal suo incontro con la nuova coscienza pagana, quella della moderni
t del ventesimo secolo. Essa avrebbe conferito a questa modernit la sua astrazione
, il suo carattere deracin, sradicato, che possibile ritrovare per esempio nelle
arti moderne specie del secondo dopoguerra. Essa avrebbe connotato lo spirito de
lle lite illuminate con una profonda instabilit, quella precisamente dei modi di vit
a pre-pastorali e pre-agricoli. Infine, sarebbe questa forma di coscienza ad ess
ere all origine del fiasco della modernit e del suo autoaffondamento nel presentism
o della coscienza occidentale attuale.
In secondo luogo, questo subconscio pre-neolitico si sarebbe anche disteso sul m
entale cristianomorfo e sulle ideologie egualitarie e progressiste del diciannov
esimo secolo. Sarebbe questa allora una delle cause fondamentali del neoprimitiv
ismo contemporaneo di cui ho gi parlato, evidente anche nella cultura di massa. C
i avrebbe pure contribuito, accentuando in questo la mentalit biblica sempre prese
nte, a conferire alla coscienza occidentale contemporanea il suo carattere nomad
e, apolide e astorico che le conosciamo, facendo operare alla visione del mondo
comune un ritorno indietro verso una concezione pre-storica della societ, in cui
il destino, la sua instabilit cronologica, e la proiezione dello spirito colletti
vo nel futuro non trovano pi posto.
Viviamo cos nell era della contraddizione. Non soltanto tra due tipi di coscienza,
ma anche tra le forme sociali, o quanto meno la maggioranza di esse, e la coscie
nza collettiva. La coscienza cristianomorfa, quella degli ideali egualitari e um
anitari, rimane, malgrado la sua morte
cio la sua cristallizzazione in valori dogma
tici sprovvisti della loro antica carica spirituale
largamente egemonica. Dio mo
rto, ma restiamo all ombra del suo cadavere ancora per lungo tempo, come aveva ben
colto Nietzsche. La Legge divenuta nichilismo, ma resta sempre la Legge.
Al tempo stesso, a dispetto di questa persistenza mentale ideologica dei vecchi
valori, le forme sociali, cio il mondo della tecnica e le tendenze dei costumi, i
ncorporano un buon numero di elementi moderni
cio in fondo pagani in cui si framm
ischiano, nella pi perfetta confusione, valori cristianomorfi e nuovi valori, sen
za che la contraddizione tra i due ancora esploda, e senza che i nuovi valori si
ano percepiti come tali.
La sconfitta della nuova coscienza della prima modernit
Abbiamo gi visto sino a che punto la scienza e la tecnica veicolano, nella materi
alit della loro presa sociale, la potenza, l avventura, l autoaffermazione dell uomo al
di sopra e al di fuori dell ordine naturale. Come indicano le polemiche sul nucle
enza pagana moderna, smantellata, avendo perduto ogni centro ed ogni unit, cos com
e ogni linea di forza, si impantanasse in una mostruosa aderenza con le masse mo
lli della cultura e della coscienza morte sempre regnanti. Gli elementi pagani , o
piuttosto sovrumani , della nuova sensibilit europea sono oggi largamente neutralizz
ati. Nello sport, la danza, la moto, il grattacielo, la poesia, il cinema, il nu
ovo postumanismo pagano lungi dal dominare, costantemente rimosso, represso, gua
rdato con sospetto, ostracizzato. Non ci su cui si insiste, non il messaggio cons
iderato accettabile. Tutt al pi ce ne si serve come di una forza strumentale , come me
zzo acceleratore, come schiavo tecnico. La velocit oggi non pi un etica; una mercanz
ia. E d altronde, segno dei tempi, essa limitata, dalla coscienza morta, che non l
a vuole pi reale ma evocata, pubblicitaria, simulata. E questo, ahim, il massaggio d
ella coscienza morta, massaggio/messaggio di umanitarismo volgare, di pacificazi
one borghese, di giustizialismo egualitario, di affossamento culturale, che emer
ge in definitiva da tutte le attivit sociali contemporanei.
Nel decomporsi come cadavere cristallizzato, la visione del mondo cristianomorfa
sembra aver trascinato nella sua morte l inconscio pagano che con essa ha coabitato
per tutta la sua storia. Ci vorrebbe forse dire che il ricorso al paganesimo un ut
opia? Vorrebbe dire che la riattivazione dei miti antico-europei non sarebbe di
alcuna utilit? Vorrebbe dire che il ritorno degli dei , foss anche anche in forma del
tutto diversa, oggi impossibile?
La risposta a una questione tanto fondamentale non pu essere semplicemente d ordine
filosofico; devi situarsi anche ad un livello politico. Politico nel senso in c
ui politico il messaggio di Nietzsche, Weber o Heidegger.
Il problema che si pone, lo formuleremo come segue: la nuova coscienza , simbiosi d
i innovazione e di riattivazione, ha fallito nel suo primo presentarsi; essa ha,
certamente, dato luogo alle forme del mondo moderno, ma non ha potuto imporre l
a sua modernit poich la cultura si trova dissociata in un vecchio mentale dominant
e ed uno nuovo disperso e sprovvisto di forza mobilitante. In breve, la nuova cosci
enza dei tempi moderni non esiste pi. Ha dovuto sparire, digerita dall organismo fre
ddo del vecchio mondo residuale, negli ultimi decenni del ventesimo secolo. Va p
resa tutta la misura di questa immensa catastrofe, peggio fosse dello sradicamen
to e della deculturazione planetari: la modernit morta.
Alla fine del diciannovesimo secolo e all inizio del ventesimo, la problematica ni
etzschana, futurista e heideggeriana aveva colto la morte di Dio , ovvero il giunge
re alla fine dei valori e della coscienza prodotti dal cristianesimo e dalla sua
secolarizzazione. Nietzsche come Heidegger o Marinetti potevano sperare in un r
itorno dell inconscio pagano sotto forma di una riattivazione di valori a-cristian
i e primordiali ( barbari ) trasfigurati dalla modernit . Ma dalla loro epoca molta acqu
a passata sotto i ponti. Le loro domande vanno riformulate, necessario inventare
altro. La modernit, nella loro prospettiva (modernit che era allora ancora tutta d
a fare ), era un futuro il cui mito doveva essere l avvento di un nuovo inconscio di
tipo pagano, identificato o meno come tale.
A ventunesimo secolo inoltrato, in piena civilizzazione tecnologica, sempre para
dossalmente immersi nel vecchio mondo, prostrati sotto il peso del cadavere dell e
lefante cristiano, vediamo bene che la modernit ci presentemente preclusa.
Vale allora davvero la pena di ricominciare uno sforzo volto a riattivare un qua
lche inconscio pagano ? Entrare una seconda volta in scena, dopo essere stati fisch
iati una prima volta degli spettatori perch lo spettacolo era troppo inusuale? La
formulazione del problema ci appare dunque in questi termini: con quale mito re
introdurre una seconda modernit? su quali fondamenti introdurre una seconda nuova
coscienza, cio una coscienza neomoderna ?
Tutto lascia pensare nel nostro mondo il mondo pietrificato del Sistema
che il r
isveglio della coscienza moderna impossibile nelle strutture sociomentali molto
stabili che conosciamo oggi. Riprendere meccanicamente i temi pagano-futuristi d
egli anni 1900-1930 significherebbe necessariamente andare alla stessa sconfitta
.
Allora, su cosa fondare il nuovo mito? A mio avviso, non certo su citazioni cultu
rali ormai vissute in generale sotto il segno dell indifferenza revivalista.
Bisogna allora abbandonare quest idea di futurismo europeo e promuovere un non-mit
o, un mito del puro attivismo, della forma pura, dell ipermoderno astorico? Un tal
di una rivoluzione. Nell attesa, per fare questa rivoluzione, per spezzare la quad
ratura del cerchio, bisogna pur tener conto del popolo quale esso in concreto. L
a memoria attiva del passato, traducibile in azione politico-storica, non si ind
irizza dunque che ai catalizzatori di questa eventuale rivoluzione.
La memoria europea, per tutti gli altri, deve prendere una forma pi audace: quell
a dello choc tra il leggendario e l ipermoderno. Una congerie di esempi brulica di f
ronte a noi: gi il fumetto e la letteratura ci abituano da molti anni
e ci mi semb
ra altamente positivo
all incorporazione in scenari futuristi di elementi dell immag
inario pagano, tratti dal medioevo celtico o dalle mitologie greche e germaniche
. Ma non diversamente accade quando in ambito musicale, pubblicitario, ludico, m
olte ambientazioni reinstaurano nell immaginario puro uno stile neomitologico che non
rinvia ad alcun passato-in-bottiglia, ma rompono, attraverso le imago di un mito
ricreato artificialmente, con la visione del mondo monoteista, cos come con tutt
a la sensibilit occidentale.
La modernit come mito mobilitante
La nuova modernit pu anche investirsi in un altra forma di mito cosciente, che crist
allizzerebbe le sensibilit attorno ad una nostalgia attiva della prima modernit, q
uella che stata provvisoriamente rimossa dal presentismo e dallo spirito mercant
ilista dell edonismo occidentalista. Delle figure possono nascere, che sarebbero cer
tamente pi in grado di parlare alla sensibilit e pi propizie a far vibrare gli spir
iti giovani che i noiosi discorsi sui diritti dell uomo.
L architettura avvenirista, la trasformazione del paesaggio naturale, la velocit, i
l cyborg, il volo, l ideologia del moderno-primordiale possono senza dubbio costitui
re l armatura di questa nuova forma di mito popolare. La categoria del moderno si in
veste allora totalmente nel tempo vissuto, e ingloba il passato e l avvenire, ques
t ultimo prendendo la forma di progetto di ipermodernit da riconquistare contro il
presentismo e la fossilizzazione della mentalit occidentalista.
Pu allora essere evocata una modernit gi passata, quella che, gi piena di mistero, m
orta nella seconda met del secolo scorso: sogno di sfida alle stelle bruscamente in
terrotto, stritolamento da parte della civilizzazione mercantilista di questa pu
lsione collettiva di velocit, di potenza, d avventura e di conquista ben espressa n
on solo da Marinetti ma ad esempio da Saint-Exupery, soffocamento di uno slancio
europeo che avrebbe potuto essere simile a quello delle grandi scoperte ma che
si spezzato sul muro prosaico e freddo del sistema, in cui la tecnica non poesia
ma prosodia. Uccello dalle ali mozzate, il modernismo realmente vivente come su
bconscio del mondo europeo. E d altronde forse la sola cosa che vive, che batte an
cora in questo deserto della volont. Il successo della fantascienza lo attesta.
Le immagini superbe del fumetto e dei film, immagini iperreali di vascelli spazi
ali, di guerre dei mondi, di odissee cosmiche, costituiscono un elemento fondame
ntale, una imago centrale della nostra epoca. La nostalgia del moderno e la noia
disperata dell attuale coesistono. Traducono un volere semicosciente di ricominciar
e la modernit sotto un altra forma. Niente di pi pagano, niente di pi fedele all anima
europea tradizionale di questo atteggiamento. qui che il filo con Delfi, con Rom
a, con le epopee della nostra storia, con l innovazione insolente dell arte ogivale
dell undicesimo secolo, con l avvenuta vichinga, con la fioritura rinascimentale, co
n gli esploratori spagnoli e portoghesi del quindicesimo secolo, con tutti i mom
enti creatori della storia europea, si riannoda veramente.
Il passato del nuovo mito non pu dunque fondarsi che su questa frustrazione del mod
erno, quella che getta la giovent nella passione della moto o degli sport estremi
o della body modification, la infiamma al ritmo delle rock opera, la spinge all a
vventura e al viaggio, zaino in spalla, sulle strade e negli angoli pi remoti del
mondo e del virtuale. Energie sprecate, sviate in forme inferiori, recuperate d
ai passatempi e dal consumo di massa; ma comunque energia, energia moderna, a cu
i non manca che un epica.
Il futuro del mito non pu essere che dello stesso ordine. Rinvia del tutto naturalm
ente alla ricreazione della modernit. Ed il cosmo che ci sembra dover principalme
nte giocare il ruolo del richiamo, allo stesso titolo di quello giocato dal mare
nel quindicesimo secolo, all inizio del fantastico slancio delle grandi scoperte.
La terra, in particolare le terre emerse, oggi conquistata, chiusa, senza front
iere da superare. Ora, uno dei motori essenziali della pulsione dialettica delle
culture e europee, cos come della formulazione da parte delle funzioni sovrane d
i miti mobilitanti, sempre stato il desiderio di spazio.
Il radicamento, certo essenziale, sempre stato il trampolino della conquista. No
i siamo, e per sempre
almeno se vogliamo restare noi stessi -, popoli del mare.
Il mare, come mezzo di appropriazione di nuove coste, di nuovi spazi. Il mare: t
ermine evidentemente metaforico al giorno d oggi. Il mare dell inizio del ventesimo
secolo sono state l atmosfera e la stratosfera, gli spazi dell aereo. Oggi, evidente
mente, soprattutto dello spazio interplanetario; lo spazio del missile (e non ce
rto dello Shuttle, della navetta ).
La terra, dipartimentalizzata, non basta pi per l evocazione di un mito avventuroso
. il miscuglio detonante costituito dall alta tecnologia e al tempo stesso dalla c
onquista spaziale che forma oggi la riserva operativa di immagini mitiche. Non n
e costituisce, evidentemente, la sola riserva, ma rappresenta almeno la chiave d
i volta di un insieme di mitemi, tra cui la tecnica terrestre
dell infinitesimamente
piccolo, del cyberspazio, dell occupazione e sfruttamento del fondo oceanico e de
lle profondit del mantello planetario,
cos come le guerre di liberazione (militari,
culturali, eccetera) mantengono a loro volta tutta la loro importanza.
I popoli portatori di storia in Occidente sono spesso stati popoli migratori: mi
grazioni indoeuropee, conquiste romane, invasioni barbariche, espansioni viching
he e normanne, eccetera. Da cosa erano spinte? La tripartizione funzionale si op
pone allo sradicamento. E un ideologia della stabilit sociale. Non dobbiamo supporr
e che una pulsione pi fondamentale preesistesse e coesistesse con quest ideologia?
E questa pulsione di avventure e di potenza precisamente quella su cui una nuova
modernit potr fondarsi.
Radicamento e disinsediamento
Non si tratta, nondimeno, di rifiutare il radicamento, l enracinement, il fatto di
abbeverarsi alle fonti della propria storia, in particolare della propria regio
ne e della propria comunit etnoculturale, la riscoperta del proprio passato e di
ci di cui si eredi. Tutte queste cose sono profondamente salutari; malgrado il fa
tto pur necessario rendersene conto
che la ricerca delle radici storiche e local
i recuperata dalla societ mercantilistica come settore dell industria dell intratteni
mento, essa traduce una rivolta della salute fisiologica dei popoli contro un ambi
ente culturale sempre pi indifferenziato, entropico, globalista. Il radicamento,
da questo punto di vista, una necessit vitale, un minimo veramente incontestabile
nella misura in cui permette di evadere dall attualit, questa stessa attualit che c
i sbarra la via della modernit. Ci nonostante, pur costituendo un fondamento fisio
logico, una necessit della terza funzione , il radicamento e l affermazione di una dif
ferenza e specificit di cui pure proprio il futurismo ha dato l esempio con il suo
acceso nazionalismo non potrebbe da solo offrire, all ora attuale, la materia prim
a di una mobilitazione storica.
Il radicamento in realt appartiene al culturale, non al politico. Certo, ogni pol
itica che non ne tenesse conto e tentasse di raffigurarsi una nuova coscienza mo
derna contro il, o a prescindere dal, radicamento si perderebbe. Ma al tempo ste
sso il radicamento non , di per s solo, un rimedio: il sistema pu benissimo essere
soddisfatto da sudditi radicati , legati perci a una terra o a un folclore qualsiasi
, e resi anche per questo sempre pi dipendenti. Potrebbe mai il radicamento, in a
vvenire, essere di per se stesso vissuto altrimenti che come un rifugiarsi nell id
ea di un et dell oro immaginaria, rifugiarsi smobilitante e alla fine radicalmente li
mitativo? C da dubitarne: i miti e i temi di questo radicamento possono senza trop
pe difficolt diventare altrettanti argomenti puramente consumistici.
Nella fase della messa in opera di un mercato economico mondiale, a partire dagl
i anni sessanta, le disparit regionali erano un freno all espansione del sistema: b
isognava rompere le vecchie strutture socioculturali nazionali e locali per mett
ere al loro posto reti e strutture e abitudini di consumo transnazionali. Questa
fase appare oggi sostanzialmente conclusa, e la globalizzazione ad uno stadio a
vanzato. Conviene dunque, in tale seconda fase, suscitare l interesse dei sudditi
per nuovi prodotti, altrettanto internazionali ma rivestiti di colori nazionali,
etnici, tipici . Non soltanto il mercato globale pu sopportarlo, ma quest evoluzione
gli persino necessaria: nella prima fase, era necessario porre in essere un econom
ia di massa, oggi, lo scenario diventa pi raffinato e il radicamento diviene uno
degli argomenti della domesticazione dei popoli, sotto una forma apolitica e fol
kloristica, utile alla moltiplicazione dei bisogni immaginari ed al simulacro ch
e viene a rimpiazzare potenza e reale ricchezza collettive.
Il tipo di disinsediamento , in compenso, in cui potrebbe sostanziarsi un nuovo nom
adismo, prende tutti i colori di una contestazione risolutamente neomoderna (ter
mine in effetti preferibile a quello di moderno , connotato dalla sua riconosciuta
sconfitta). Cosa rappresenta questo nomadismo, se non una volont di disimborghesi
mento integrale, la rinuncia alle forme esteriori del possesso, lo spirito erran
te generatore di nuove forme di pensiero e di ragionamento, l espressione dello sl
ancio vitale di un popolo, della sua volont destinale di conquiste, della sua energ
ia fondamentale? Il radicamento deve essere concreto, vissuto, quotidiano. I val
ori storici, il discorso ideologico fondatore non devono incorporarne i temi.
D altronde, un radicamento vissuto in forma di discorso teorico, di recensione, di
propaganda, diventa un dizionario, una raccolta da museo di citazioni senza for
za, un breviario nostalgico per popoli anemici. Il radicamento di per s pu paragonar
si ai valori degli antichi di Lari, che non partecipavano al Pantheon dei grandi
dei politici.
Il discorso mobilitante della neomodernit non deve parlare di radicamento ma di mod
ernit, al fine di non inquinare questo radicamento, e soprattutto di non obliterare
il richiamo al modernismo con imago contrarie. Ogni valore al suo posto. Il rad
icamento un valore della terza funzione; il suo discorso deve rimanere indipende
nte. Il discorso eminentemente politico (non politicante) di coloro che si richi
ameranno ad una ripresa della storia, ad una nuova partenza della modernit, apparti
ene alla prima e alla seconda delle funzioni indoeuropee. Volervi includere il r
adicamento significherebbe tenere un discorso regressivo che finirebbe per confi
nare con l invocazione di un ritorno alla terra da sempre portatore delle peggiori r
egressioni storiche e di posizioni politiche reazionarie o primitiviste. Coloro
che faranno entrare di nuovo i popoli europei nella storia dovranno porsi in una
posizione appunto di disinsediamento (14), posizione difficilmente comprensibil
e nella nostra epoca, in cui si tende ad opporre come contrari assoluti il radic
amento e la globalizzazione, e a confondere quest ultima con il mondialismo. Quest u
ltimo s apparenta allo sradicamento, al rifiuto di s: sono il mercantilismo interna
zionale o l evangelismo cristiano ad essere mondialisti. Anche la prima modernit in
parte lo stata. Da qui la frequente condanna delle idee moderne e della tecnica s
tessa da parte dei difensori del radicamento .
Per superare questa contraddizione bisogna pensare insieme modernit e radicamento
. Se lecita una generalizzazione, i popoli europei non sono, contrariamente agli
asiatici, popoli meditativi. Un movimento di ritorno su di s , spaziale e affettivo
, non fornirebbe dalle nostre parti un sovrappi di energia interiore ma ci sprofo
ndebbe ancora di pi nel sonno. Faustiana ed energetica , la cultura europea non se s
tessa che nel movimento in avanti. Essa si rinfranca nell azione, e non nella retr
azione. Il radicamento deve, di per ci stesso, essere vissuto come punto di parte
nza, la patria vista come base per guardare all esterno e non come abitazione da arr
edare e custodire. Bisogna guardarsi dal vivere il radicamento nella sua domestic
it che tende oggi a prevalere: ciascun popolo a casa sua pacificamente racchiuso nel
le sue frontiere; tutti folkloristicamente radicati secondo un ordinamento univers
ale.
Questo tipo di radicamento conviene infatti perfettamente alle ideologie mondial
iste. Autorizza la costruzione di una sovrastruttura planetaria a cui si integre
rebbero, privati del loro senso, normati secondo lo stesso modello, i nuovi loca
lismi. Il radicamento di cui parlo tutt altro. Si costruisce e si afferma contro l
e prigioni del folklore, e vede ci che stato nella luce di ci che chiama a divenir
e.
Bisogna dunque conciliare radicamento e disinstallazione . Il radicamento, nel suo
senso nobile, non pu d altronde esistere che se vi disinstallazione, cio desiderio c
ollettivo di viaggio, di conquista, di avventura, di potenza. Uno compensa l altro
. Un contadino non mi pare automaticamente radicato: piuttosto insediato . E, di pe
r ci stesso, una cultura puramente contadina manca tipicamente di energia creatrice
.
Il radicamento non esiste concettualmente e sensorialmente che di fronte allo sr
ica.
Il luogo della difesa, della promozione dei valori, luogo eminentemente politico,
certo la cultura, e non la politica politicante; ma, per cultura una cultura dell et
tecnologica e della trasformazione postumana che bisogna comprendere, cultura ri
costruita nel solco di una radicamento vissuto, e pensato da un ordine che si is
pirer alle fonti della memoria pagana, memoria che, per mantenere la sua forza, d
eve restare sublimata, riservata, reinterpretata, ispirata. Ogni religione effic
iente distingue il rito essoterico dall ispirazione esoterica (non nel senso di seg
reta , ma nel senso stretto del termine: l ispirazione interna, intima ). nell ordine del
le cose che l uno nell altro siano reinventati se un giorno la nostra civilt, per sop
ravvivere e rivivere, intendesse ritrovare dei valori.
Non vedremo mai le stazioni orbitali o le colonie planetarie o in ogni caso esse
non saranno nostre
se non ci approprieremo e non faremo esplodere i valori non
solo postumanisti, ma postumani, che presiederanno alla loro costruzione. Ed a t
ale appropriazione che ci invita la possibilit di una nuova modernit, di un nuovo
futurismo.
Guillaume Faye
1Henri Lefbvre, La vita quotidiana nel mondo moderno, Gallimard, Parigi 1968.
2Vedi anche Paul Virilio, Vitesse et politique, Galile, Parigi 1976.
3Jean Baudrillard, Encyclopedia Universalis, Parigi 1980.
4Stefano Vaj, Indagine sui diritti dell uomo. Genealogia di una morale, LEdE-Akrop
olis, Roma 1985 (versione online: http://www.dirittidelluomo.org).
5Vedi ad esempio Dominique Pradelle, Quand les crivains franais ressuscitaient les
dieux , in Elments n. 36, autunno 1980.
6Ovvero influenzata dalle categorie mentali e dalla filosofia generale del crist
ianesimo, senza con ci essere necessariamente cristiana nel significato comunemente
utilizzato della parola.
7Cfr. Jean-Paul Vernant, Mito e pensiero presso i greci, Einaudi, Parigi 2000.
8Arthur Koestler, Le radici del caso, Astrolabio-Ubaldini, Milano 1972.
9Konrad Lorenz, Evoluzione e modificazione del comportamento, Bollati Boringhier
i, Bologna 1971; Stefano Vaj, L etologia , in l Uomo libero n. 5 del gennaio 1981.
10Guillaume Faye, Per farla finita con il nichilismo. Heidegger e la questione d
ella tecnica, SEB, Milano 2008 (versione online); Martin Heidegger, La questione
della tecnica in Saggi e discorsi, Mursia 1991.
11Friedrich Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli, Adelphi, Milano 1983.
12Martin Heidegger, Introduzione alla metafisica, Mursia, Milano 1968.
13Jean Baudrillard, Simulacres et simulations, Galile, Parigi 1980.
14Sul concetto di disinsediamento o dsisintallation, vedi l omonimo articolo di Berna
rd Marchand in Nouvelle Ecole n. 36 dell inverno 1981, pag. 15.
Per farla finita con il nichilismo. Heidegger e l essenza della tecnica
Di Guillaume Faye
Mettere il pensiero in cammino L apogeo del nichilismo Alla ricerca dell essenza del
la tecnica L aurora dei tempi moderni
Verso l et apollinea
L esperiale.
I. Mettere il pensiero in cammino
Per buona parte dei suoi commentatori, ad eccezione del notevole Jean-Michel Pal
mier (1), Heidegger fu un metafisico la cui opera essenziale, Sein und Zeit (tra
dotto in italiano come Essere e Tempo, Mondadori 2006), avrebbe tentato, nel cos
truire una fenomenologia dell ontologia (2), di refutare la tradizione metafisica at
traverso il linguaggio metafisico stesso e che, pertanto, non si sarebbe lui ste
sso escluso dalla metafisica. L ultimo metafisico forse, ma metafisico pur sempre.
Henri Arvon, da parte sua, scrive: La preoccupazione principale di Heidegger men
o la fondazione di un ontologia formale e materiale che l elaborazione di un ontologia
fondamentale che, attraverso l umana esistenza, cerca penetrare sino all essere. Agg
iunge: L edificio dottrinale che erige ( ) fornisce una risposta di portata ecceziona
le al timore di un epoca impregnata di rigore scientifico che, disperata dal veder
si sfuggire l Essere, vorrebbe riportarlo in piena luce (3). Questo linguaggio, app
arentemente cos oscuro, non certo servito a Heidegger negli ambienti positivisti
e razionalisti, che non vedevano in lui che un philosophe astruso o, nel miglior
non neutro: questo metodo rinvia alla volont di Heidegger di ri-radicare la stori
a moderna nell aurora greca. Il verbo heideggeriano, sperimentato in Essere e Temp
o, intende provocare uno shock culturale nel lettore.
Heidegger intende riallacciarsi ad uno stile e, oltre a ci, ad una visione del mo
ndo che costituirebbe il preludio a una rigenerazione, sotto un altra forma, di un
modo d essere e di agire greco , cio non socratico e a-cristiano. Dopo Nietzsche, Hei
degger si pensa come Dichter (poeta, in-dicatore ), annunciante un mondo a venire,
un mondo virtuale, che si riannodererrebbe, sotto una nuova espressione storica , a
quel che costituisce, per noi Europei, la nostra alba: la visione del mondo gre
co, oggi paradossalmente presente ma caduto nell oblio . La Dichtung (il detto, la pa
rola) di Heidegger ci provoca (provocare in latino significa chiamare ) ad uscire da
ll oblio , a far risorgere un livello di autocoscienza, una visione del mondo che no
i abbiamo ereditato dagli antichi e a consolidarla in seno al mondo moderno stes
so. Da questo incontro qualche cosa nascer.
All infuori della presentazione della parola greca , Essere e Tempo presenta un corpo
concettuale che rester immutato durante tutta l opera del pensatore, e che ci indi
ca quale senso dobbiamo dare e quale non dare
alla questione dell essere (Seinsfrage
), che uno dei temi centrali del pensiero heideggeriano. Essere e Tempo afferma
che questa questione dimora nell oblio, che essa decaduta (Verfall) dopo l alba greca
del pensiero occidentale. Tutta la metafisica occidentale da Platone, Plotino, A
ristotele e Tommaso D Aquino, ha considerato la questione dell essere come un qualcosa
di acquisito. Essa ha creduto che l essere esistesse in s e ha cercato di rivelare l es
sere in s come un essenza assoluta partendo, secondo l induzione platonica, dalle sue
modalit inferiori , vale a dire l ente. Ci facendo, l ente, ovvero il reale resta miscono
sciuto. Vi un invasione dell ente non pensato nella sua essenza, scrive Heidegger. Il
pensatore si dissocia cos da una visione del mondo legata alla metafisica monotei
stica e impone un anti-metafisica dove la questione dell essere centrata sul Dasein, l e
serci
riallacciandosi in tal modo con la concezione dei greci presocratici per i
quali, di fronte al destino (Moira), l uomo era la legge del mondo (anthropos o nomo
s tou kosmou). Cos l oblio dell essere l oblio della realt del mondo, della differenza
logica che separa l ente dall essere.
La metafisica platonica, poi cristiana, un pensiero decaduto che si rifugia nella
filosofia dei valori, che innalza una morale assolutista, una idea, al disopra d
ell essere, o, per dirla altrimenti, che svaluta la vita inventando , al di sopra del
reale, delle categorie assolute, erroneamente chiamate essere . Nietzsche stesso p
arte dalla separazione socratica del pensiero e della vita. Ma, grazie al metodo f
enomenologico, Heidegger giunge pi lontano. Egli smonta la meccanica della metafi
sica occidentale e prepara un disegno scandaloso , impensabile per l umanismo tradizi
onale imbevuto di trascendentalismo morale , consistente nel valorizzare il Dasein
e portare la spiritualit nel seno dell immanenza del mondo, secondo il vecchio prog
etto incompiuto del paganesimo greco e presocratico.
Essere e Tempo si accontenta dunque di porre tale problematica. Cogliamo la prov
a della giustezza di questa interpretazione nelle spiegazioni fornite da Heidegg
er stesso nella Lettera sull umanismo (Adelphi, 1995). Ci pare dunque impossibile
non vedere altro, in Essere e Tempo, con Emmanuel Levinas (Scoprire l esistenza co
n Husserl e Heidegger, Raffaello Cortina, 1998), che una continuazione del pensi
ero di Husserl, o un tentativo di ritrovare l essere e di stabilire una metafisica ep
urata , come l immagina in genere la tradizione universitaria francese. (Del resto,
l universit spesso non incensa opere di Heidegger che per occultarne radicalmente i
l significato).
Pi che Husserl, che non gli forn che degli strumenti concettuali, utilizzati d altro
nde al rovescio dei principi del virtuoso fenomenologo, il vero maestro di Heidegg
er Nietzsche. Heidegger s impose, non come il discepolo , ma come il continuatore di
Nietzsche, cosa che non gli imped da allora di svolgere una critica, talvolta viv
ace, del pensiero dell autore dello Zarathustra. Heidegger, infatti, riprende la q
uestione dei valori l dove Nietzsche l aveva lasciata, ma la tratta con degli strumen
ti pi raffinati, che sono precisamente quelli di cui Essere e Tempo ha gettato le
basi. Ormai non pi possibile leggere Nietzsche senza ricorrere a Heidegger, n com
prendere Heidegger senza essersi prima familiarizzati con il progetto dell uomo di
Sils-Maria (al riguardo, il filosofo neocristiano Maurice Clavel non si era d alt
ra parte ingannato).
Due opere di Heidegger soprattutto sono qui coinvolte: il libro su Nietzsche, gi
citato, e soprattutto il saggio intitolato Nietzsches Wort Gott ist tot (tradotto
col titolo La sentenza di Nietzsche Dio morto) (7), testo redatto dopo la seconda
guerra mondiale a partire dal contenuto dei corsi su Nietzsche pronunciati all Uni
versit di Fribourgen-Brisgau tra il 1936 e il 1940.
Concentriamoci intanto su una metafora presa in prestito dall introduzione della r
accolta intitolata Holzwege [edizione italiana: Bompiani, 2002]. Heidegger vi sc
rive enigmaticamente: Nella foresta ci sono dei sentieri che, molto spesso, si pe
rdono improvvisamente, coperti d erba, nel non-svelato. Li chiamiamo Holzwege (8).
Ciascuno segue il suo proprio cammino, ma nella stessa foresta. Spesso, sembra
che uno somigli all altro. Ma non che un illusione. Boscaioli e guardie forestali si
riconoscono nei cammini. Loro sanno cosa vuol dire incamminarsi su un Holzweg. I
n effetti, chi si cura della foresta, chi l abita, chi ad essa ha fatto ritorno, n
on si smarrisce quando s incammina su un tale sentiero; questo lo conduce direttam
ente al luogo del proprio lavoro. Al contrario, tutti coloro a cui la foresta st
raniera, tutti coloro per cui essa un ostacolo, i mercanti, per esempio, che dev
ono viaggiarle attorno andando di citt in citt, quelli temono pi di ogni altra cosa
di addentrarsi in un Holzweg, dove non potrebbero che perdersi. Questa metafora
della foresta ci sembra essenziale per comprendere il processo di elaborazione
della concezione del mondo inaugurata da Nietzsche, continuata da Heidegger, e o
ggi sempre aperta dal fare stesso della sua incompiutezza. Nietzsche, diremo, co
lui che ha compreso che non bisogna n aggirare la foresta n attraversarla da parte
a parte, ma al contrario bisogna perdervisi in un sentiero di boscaiolo, per po
tervisi ritrovare nella radura dove si compie il lavoro , mentre Heidegger ci dice,
da parte sua, quale sentiero prendere.
II. L apogeo del nichilismo
Dio morto. Muta divenuta la fiducia nelle leggi eterne di dio. Le statue sono ora
cadaveri da cui l anima fugge, gli inni sono delle parole lasciate dalla fede.
(Hegel, Fenomenologia dello Spirito [versione originale online])
Secondo Heidegger, l opera di Nietzsche chiude la metafisica occidentale. La sente
nza fondamentale di Nietzsche, Dio morto, nomina il destino di venti secoli di sto
ria occidentale. Questo destino dev essere interpretato come il lento e inesorabil
e montare del nichilismo, cio la morte di tutti i valori. Si pu discutere sulla qu
estione se Heidegger ha avuto o no ragione nel vedere in Nietzsche l ultimo dei me
tafisici (9).
Ma ci che importa, riconoscere che la lettura heideggeriana di Nietzsche e il ric
onoscimento della portata storica della sua opera, sono i soli possibili.
In La gaia scienza, (Adelphi, 1977) al paragrafo 125, intitolato L uomo fuori di se
nno , Nietzsche firma uno dei suoi testi pi importanti. Qui per primo riconosce, in
izialmente, l avvenimento considerevole che termina un processo iniziato con Plato
ne: la morte di Dio. Dove se n andato Dio? grid il folle Ve lo voglio dire! L abbiamo u
ciso. Prosegue: Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli
di si decompongono![ ] Quali riti espiatori, quali sacre rappresentazioni dovremo i
nventare? Non troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiam
o anche noi diventare di? [ ] Non ci fu mai un azione pi grande
e tutti coloro che ver
ranno dopo di noi apparterranno, in virt di questa azione, a una storia pi alta di
quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!
Nietzsche qui l annunciatore di questa altra storia, che pu interpretarsi come la v
irtualit di una sovrumanit. Heidegger stesso il primo filosofo a penetrare in ques
ta storia altra, il primo, dopo la scoperta del cadavere di Dio, a tirarne le co
nseguenze. ancora troppo presto, disse il folle. Il mio tempo non ancora venuto.
Questo avvenimento ancora in corso. Non ancora giunto alle orecchie degli uomini.
La morte di Dio deve cos essere compresa, non come un avvenimento filosofico , ma c
ome un fenomeno storico che penetra l insieme delle societ occidentali, un evento c
he trasformer la vita nel senso pi autentico del termine. La morte di Dio, process
o di compimento in cui giunge al termine una visione del mondo, deve interpretar
si come la fine del mondo soprasensibile, del dominio delle idee e degli ideali. H
eidegger precisa: Dopo Platone, e pi precisamente dopo l interpretazione ellenistica
e cristiana della filosofia platonica, questo mondo soprasensibile viene consid
contro se stesso, antidoto posto dalla vita contro la metafisica e la morale che
, a loro insaputa, vanno muoiono di quella lotta ch esse vollero ingaggiare contro
il mondo sensibile! Questo mondo sensibile di passioni e guerre, questo teatro de
lla follia umana che Platone ci descrisse come una caverna di ombre (aggalmata), fin
ir con l aver ragione dei principi e degli universali, irrigiditi nell assolutismo di
pseudo-valori che non hanno saputo conformarsi alla vita e che, perci, sono dive
nuti, loro, delle ombre.
Il nichilismo deve essere dunque considerato con sentimenti insieme trionfali e
tragici. Esso non ha nulla di una decadenza. la legge stessa della nostra storia.
Anche se noi sappiamo che dobbiamo superarlo, una tale impresa sovrumanista ha b
isogno che la morte di tutti i valori giunga al suo termine. Heidegger si impegn
a gi, quale illuminatore
cio col pensiero, prima dell avvento della fase epocale dell a
ione -, sui sentieri del dopo-nichilismo, allorquando i tempi moderni, in appare
nza sempre legati ai principi tradizionali, concludono, nei fatti, il periodo ul
timo del nichilismo. I principi e i valori, che non sono ormai nulla pi che resid
ui, sono ben morti giacch non vi si crede pi, ma nessuno osa ancora seppellire il
cadavere.
Dunque Heidegger si oppone all umanismo tradizionale non soltanto sotto la forma r
azionalista e ottimista datagli dai secoli XVIII e XIX, ma pure sotto qualsiasi
forma dogmatica di affermazione di valori fissati. La norma dei valori non dovr d
erivare da un essenza, ma dall incompiutezza dell esistenza umana, dal suo svelamento cre
atore. il Dasein umano che si deve riconquistare come signore dei valori, indipen
dentemente dalle verit universali esposte dalle religioni monoteiste e dalla metafi
sica platonica. In accordo con Nietzsche, Heidegger non vede infatt, nell umanismo
che la presenza di una morale assolutista dove l uomo, pensato come norma suprema
, non custodisce alcun valore mobilitatore. Metafisica decaduta nel quaggi, ma no
ndimeno metafisica, l umanismo che ha percorso l Europa dal XVIII secolo, con la sua
serie di buoni sentimenti, segna l inizio dell apogeo del nichilismo. Questo umanis
mo, dice Heidegger, ci inganna, poich occulta il tragico di tutta l esistenza; cons
olatore, esso nega l angoscia e, quindi, rende impossibili il coraggio, l audacia e l
a lucidit. L angoscia dell audace, scrive Heidegger in Che cos metafisica? (Adelphi, 20
, non tollera che la si opponga alla gioia, e neppure al facile godimento di un att
ivit pacifica. Al di l di tali opposizioni, essa segretamente alleata alla serenit
e alla mitezza dell aspirazione creatrice. Solo un desiderio d etica, originato da un
a ri-creazione volontaria dei valori sar adeguato alla nostra epoca tecnica.
L uomo della tecnica, scrive Heidegger a Jean Beaufret, consegnato all essere-di-massa
(Massenwesen), non pu pi essere ricondotto a una continuit sicura e stabile che riu
nendo e coordinando la totalit dei suoi piani e dei suoi atti conformemente alle
esigenze di questa tecnica. Bisogna ristabilire un vincolo etico tra l essere umano p
reso nella sua essenza (Menschenwesen) e il suo mondo, non pi secondo i principi
d ordine universale e degli assoluti morali, ma a partire da una vera pianificazion
e dei valori in stretto rapporto con il mondo tecnico. Questi valori etici saranno
aperti, superabili, in conformit alle qualit dell esistenza umana: l incompiutezza, ch
e caratterizza il Dasein, e lo svelamento creatore dell azione, oggi sostenuto dal
la tecnica.
Piuttosto che costruire, tramite il logos, una morale che riposi su un sistema d
i valori compresi come imperativi assoluti, senza alcun legame con l' essenza del mo
ndo, si tratta di pianificare, di organizzare e di vivere un etica volontarista. I
l sacro e l affettivit mobilitante del mythos
che si oppone al logos dei metafisici
si ritroveranno, perch i valori impliciti non saranno pi delle parole, ma dei com
portamenti. Questi dovranno radicarsi in un progetto, in accordo con il mondo e
la storia. Un tale movimento marcherebbe il passaggio dall umanismo a ci che si pot
rebbe qualificare sovrumanismo. I valori sarebbero ormai vissuti come esistenza,
e non pi come essenza. Das Wesen des Daseins liegt in seiner Existenz, scrive He
idegger frase difficilmente traducibile, ma che si potrebbe rendere con la specif
icit fondamentale dell essere umano in quanto divenire risiede nell esistenza (12). Ne
l suo intimo pi profondo, l umano rapimento, trasgressione. L uomo il trasgressore de
lle norme: l Existenz traduce il concetto latino existere, star-fuori , vivere svinco
landosi. I valori esistenziali devono essere compresi non pi come norme intellett
uali ma come forme vitali (Lebensformen), mai congelate, perpetuamente evolutive
cora giunta.
Questa sar l alba di un nuovo dio? L originalit di Nietzsche sta nel rispondere negati
vamente. Dio morto: non soltanto il suo trono vuoto, ma l idea stessa di trono sva
lutata. Non si tratta tanto di rimpiazzare valori quanto di trovare un altro luo
go etico dove possano esprimersi. Questo luogo si potr trovare soltanto l dove la
metafisica e la morale, dove il cristianesimo ed l umanismo, vedano una svalutazio
ne assoluta. L , cio al termine di ci che Nietzsche chiamava il nichilismo completo, i
n questo luogo anche dove il nulla diventato assoluto. Accontentarsi di rinnovare
i valori significa attenersi ad un nichilismo incompleto, cos come per Heidegger:
il nichilismo incompleto sostituisce i vecchi valori con valori nuovi, ma contin
ua a metterli al vecchio posto, che si riserva in un certo qual modo come region
e ideale del sovrasensible. Un nichilismo completo, invece, deve eliminare il lu
ogo stesso dei valori, il sovrasensible come regione e, di conseguenza, porre i
valori diversamente, cio invertire il loro valore. Questo nichilismo completo, che
apparir tale agli uomini di coscienza metafisica ed umanista, sar gi, per coloro d
i sovracoscienza , un antinichilismo. Ci che, dal punto di vista della prima coscien
za, nulla, sar altrettanto precisamente fondamento di valore per la seconda cosci
enza. Ma dove risiede questo nulla? In altre parole, dove risieder questo luogo d
ell inversione del valore dei valori? Detto ancora altrimenti, qual il fondamento
del nuovo posto dei valori, che significa anche la fine del nichilismo completo?
Rispondere a questa domanda non ci indurr pi a parlare di nuovi valori. Quando, p
i lontano, li evocheremo, noi baderemo di nominarli. Si tratter piuttosto di incit
are a viverli, poich, come vedremo, questi valori non sono intellettualmente nomi
nabili, poich non sono d essenza astratta e sovrasensibile.
Qual dunque il posto dei nuovi valori virtuali? Prima di dare una risposta, occo
rre ascoltare la risposta che Heidegger ha dato alla questione, non pi seguendo N
ietzsche, ma Hlderlin.
Commentando l inno incompiuto intitolato Mnemosyne, Heidegger ne d l interpretazione
seguente in Perch i poeti?: Lungo il cammino del periglio della notte del mondo. Q
uesta deve dapprima, lungamente, accedere al suo mezzo (questa notte quella della
progressione storica del nichilismo). Prosegue: Nel mezzo alla notte, il perigli
o del tempo pi grande (si tratta della nostra epoca). Allora l epoca indigente non ri
sente neppure pi della sua povert ( la dimenticanza , Vergessenheit, che costituisce la
pi grande di tutte le emergenze). La notte del mondo resta tuttavia da pensare co
me un destino che ci ad-viene incastonato di pessimismo e ottimismo. Forse la no
tte del mondo va verso la sua mezza-notte (vale a dire verso l abisso pi profondo, c
he sar allo stesso tempo una rottura storica ed una partenza , Aufbruch, verso il po
stnichilismo). Forse questa era sta per divenire pienamento tempo periglioso.
dunque nella nostra epoca che si situa il momento della mezza-notte. Da tale mom
ento, se lo si riconosce, pu sorgere la fondazione di nuovi valori. Hlderlin, come
Nietzsche, ci pone la domanda: dove, a quale incrocio per riprendere il mitema
dell Edipo di Sofocle all inseguimento del suo destino -, in quale luogo storico d eme
rgenza assoluta o di nichilismo completo, troveremo la via d uscita? Dove la notte
basculer verso il mattino? Qual questa notte del mondo? La mezzanotte ricopre ci ch
e Nietzsche design talvolta, per antitesi, sotto il nome di grande meriggio: la V
olont di potenza, e con essa la Vita. Questa vita che cercava precisamente di fug
gire, al tempo della sua giovent, dal suo non-compimento, il giudeocristianesimo.
Questa vita, come violenza e come volont, che esplode nei tempi moderni: il non
valore assoluto, ma allo stesso tempo la tavola dei nuovi valori.
La metafisica, anti-vitale sul piano intellettuale, da quando essa pose dei valo
ri, fu sottomessa al divenire del vivente. Nietzsche e Heidegger comprendono cos
questo processo di rovesciamento dialettico: la metafisica, bench i suoi valori a
vessero svalutato la volont di potenza e la vita, ne costituiva a sua insaputa un
a manifestazione. Doveva allora sfociare concretamente in ci che rifiutava intell
ettualmente. La volont di potenza, come nuova istituzione di valori, deve essere
compresa allo stesso tempo come prodotto e come inversione assoluta della metafi
sica. Heidegger precisa: Il divenire, , per Nietzsche, la Volont di Potenza ( ) che i
l tratto fondamentale della vita ( ) Il vivente si concentra in forme diverse, ogn
i volta durature, della Volont di Potenza. Conseguentemente, queste concentrazioni
sono delle centrali di dominazione ( ) La Volont di Potenza si disvela come ci che p
one dei punti di vista ( ) I valori sono le condizioni della Volont di Potenza, pos
ti dalla Volont di Potenza stessa ( ) La Volont di Potenza, in quanto principio rico
nosciuto dunque voluto, diventa al tempo stesso il principio di una nuova istitu
zione di valori. la Volont di Potenza voluta, in quanto tale, coscienza di s, a cos
tituire il nuovo fondamento di un movimento storico di valorizzazione. Nella mis
ura in cui questa volont di potenza coincide con la caratteristica fondamentale d
ella vita il divenire rischioso e mutevole -, essa costituisce per la metafisica
una barriera intellettuale e corrisponde, nella prospettiva cristiano-umanista,
al nulla. Tuttavia, questa stessa metafisica, con la sua ricerca di valori esse
nziali insuperabili ed immobili
s fatta veicolo senza volerlo della volont di pote
nza, preparando inesorabilmente, secondo il processo del divenire vitale che pre
tendeva di negare ma al quale si conformava, il suo destino, cio la sua morte. La
volont di potenza, aggiungeremo, prima di essere voluta (condizione per nuove ta
vole di valore), deve accedere all autocoscienza. Ma, come vedremo, non basta che
la volont di potenza sia cosciente perch sia voluta. Dopo Heidegger, alcuni hanno
conseguito questa presa di coscienza, ma hanno arretrato dinanzi al momento del
volere. Il cristiano,l umanista sincero, il socialista morale, che non sono che al
nichilismo incompleto , non hanno raggiunto il livello di coscienza storiale (termin
e con cui traduciamo geschichtlich in contrapposizione a historisch, storiografic
o o anche storico in senso ordinario) dove riconoscerebbero la presenza, in loro, c
ome nei tempi moderni sotto un altra forma, della volont di potenza.
Dunque i vecchi valori manifestavano una volont di potenza inconsapevole, che li
aveva fondati, e poi portati al nichilismo. Le nuove istituzioni di valore saranno
radicalmente diverse, poich, questa volta, procederanno da una volont di potenza
voluta e consapevole. Questa nuova tipologia di valori condurr anch essa ad un nuov
o nichilismo? probabile, ed ci che rende grande l Eterno Ritorno dell identico. Nietz
sche e Heidegger, fedeli alla visione eraclitea del mondo, non pretendono di sot
trarsi definitivamente al nichilismo. Il divenire perpetuo: dopo la nuova mattina ,
la coscienza storiale trover il destino di un altra sera , quindi di una nuova notte .
Ma noi non possiamo immaginarne le modalit. Perpetuo il processo di rovesciament
o dialettico (Umkehrung) dei valori, non secondo la linearit inapparente e un poc
o paradossale di un cerchio, ma al modo inquietante di una spirale ( inquietante , p
oich non sappiamo se la spirale ascendante o discendente) (15).
Inquietante anche il fondamento voluto dei nuovi valori: la volont di potenza. Co
me la vita, si orienta costantemente verso un di pi di potenza. Nulla limita la s
ua tensione verso la propria crescita. Come Edipo, andr fino al termine del desti
no. Essa ordine, ha scritto Heidegger, e, in quanto ordine, si d il pieno potere p
er superare nella potenza ogni livello di potenza raggiunto. ( ) La Volont di Poten
za l essenza della potenza ( ) e l essenza della Volont di Potenza , in quanto essenza d
ella volont, la caratteristica fondamentale dell insieme del reale. ( ) La Volont di P
otenza non ha il suo fondamento nella sensazione di una mancanza: essa stessa il
fondamento della vita pi ricca.
La questione che si pone ai tempi moderni, appena una tale volont storicamente rico
nosciuta come tale, sapere dove essa risieda. Dove trovare questa volont di poten
za che segner il compimento della metafisica, fonder una tipologia di valori assol
utamente contraria a quella dell umanismo contemporaneo e sar, a questo titolo, por
tatrice di senso? La risposta semplice. Sar dove risiede il pi alto nichilismo, do
ve la valorizzazione intellettuale e metafisica del mondo stata spinta fino in f
ondo, non soltanto fino a nominarlo, ma sino al punto in cui si d la possibilit di
distruggerlo e metamorfosarlo materialmente: nel regno scientifico della potenz
a tecnica.
III. Alla ricerca dell essenza della tecnica
Non occorre dunque pi cercare Dio, n sostituire a questa vana ricerca di valori ne
l sovrasensibile una glorificazione della ragione o della morale. Questi sentier
i intrapresi dall umanismo non ci hanno condotti che al nichilismo, e non potranno
condurre pi lontano i tempi moderni. La nostra epoca chiamata secondo Heidegger
ad abbandonare la via dei mercanti che, ragionevolmente , conduce da qualche parte, c
io verso ci che possiamo metaforicamente chiamare borgo. Il cammino che conduce da
qualche parte , che non fa che aggirare o attraversare, ignorandola, l inquietante f
oresta, sappiamo in troppo bene dove ci conduce: verso la locanda del borgo dove
ci si riposa, dove si ruba alla vita alcuni momenti di felicit, vale a dire prec
isamente verso il tipo (anti-)storico del borghese. Nietzsche ci ha detto, al co
ntrario, che occorreva prendere uno dei suoi cammini che non conducono da nessuna
parte e che sono avventurosi, cio allo stesso tempo carichi di sacro e di avvenir
e -, uno degli Holzwege che ci condurranno al cuore della foresta, dove ci atten
de, non il riposo e la felicit del borghese, ma il nostro lavoro. Nietzsche non h
a indicato quale sentiero prendere tra quelli che sono possibili. Egli ha posto
la domanda Quale valore per nuovi valori? Cio: quale tipo di avventura per i tempi mo
derni? Ma Nietzsche non era, nella fase della cultura europea in cui si trovava,
in grado di rispondere.
Heidegger, da parte sua, inaugura la risposta. Indica quale sentiero prendere e
vi si avvia egli stesso. Ma lo shock della sua risposta cos forte che pochi, per
il momento, hanno saputo o voluto svelarne e riconoscerne la portata.
Abbiamo detto che la foresta chiamava al lavoro, quello del boscaiolo, la cui fi
gura affascinante attraversa l opera di Heidegger. A cosa rinvia il lavoro, in que
sti tempi moderni? Certamente non alla visione reazionaria, e dunque nichilista
essa stessa, del modello dell artigiano, ma alla tecnica moderna. Dove trovare una
nuova tavola dei valori, domanda Nietzsche. Nella tecnica moderna, risponde Hei
degger.
Per comprendere come la tecnica possa costituire un elemento fondamentale in ris
posta alla domanda sui valori, Heidegger ci invita a meditare sull essenza della t
ecnica ( essenza va intesa qui nell accezione di senso celato ). L essenza della tecnica,
precisa, non ha nulla di tecnico. Noi, uomini dei tempi moderni, siamo incatenati
alla tecnica e, erroneamente, la crediamo neutra . Restiamo cos ciechi di fronte all
a natura della civilizzazione della tecnica: Noi siamo ad essa consegnati nel mod
o peggiore. Osserviamo della tecnica moderna soltanto il suo aspetto strumentale , n
on vi vediamo che un insieme di mezzi riuniti per degli scopi . Per Heidegger, si t
ratta di una concezione volgare, esatta ma non vera, della tecnica. Non dunque la
civilizzazione tecnica in s che Heidegger deplora, ma questa percezione che ci si
fa, percezione a causa della quale la tecnica ci aliena e ci sfugge , ritorcendosi
contro di noi, meccanizzandoci e reificandoci. Tocca a noi dunque riappropriarc
i della tecnica, reinserirne la ricchezza nel nostro mondo. E per ci, una volta a
ncora, dobbiamo ritornare ai greci.
Nella Grecia antica, ha scritto Heidegger, techn non designa soltanto il fare dell ar
tigiano, ma anche l arte nel senso nobile della parola. La techn faceva parte del p
ro-durre, della poiess. Una produzione tecnica non soltanto, allora, un processo st
rumentale e ordinario. La pro-duzione l atto attraverso il quale il tecnico-poeta f
a venire alla luce (produrre, pro-ducere: condurre davanti ) un senso. La poisis tecn
ica, che sia quella del ciabattino o dello scultore, si trova in accordo con la
natura, con la physis, che, essa stessa, una produzione . Il fiore, ha detto Heidegge
r, si apre nella fioritura. Produrre significa dunque fare venire (veranlassen), fare
vanzare il non-presente nella presenza (hervorbringen). Da parte sua, la poisis se
gnata dalla physis, nel senso che in greco physein significa anche rendersi prese
nte . La produzione tecnica deve dunque anche essere interpretata come l arte di cog
liere, nella materia, un non-senso per farlo avvenire, ad-venire, in quanto sens
o: produrre , raccogliere, ed anche raccogliersi. Infine, pro-durre (her-vorbringen
), corrisponde a compiere un atto che presenta (bringt vor) uno stato celato del m
ondo e lo svela. La produzione tecnica dei greci deve dunque essere intesa final
mente come svelamento. I greci, scrive Heidegger, utilizzano per svelamento il nome
di althia, che i Romani hanno tradotto con veritas ( ) Noi chiedevamo cosa fosse la
tecnica e siamo ora giunti dinanzi alla althia, dinanzi allo svelamento. In cosa
l essenza della tecnica ha a che fare con lo svelamento? Risposta: in tutto. Poich
ogni produrre si fonda nello svelamento ( ) Cos, la tecnica non soltanto un mezzo, un
modo del disvelarsi, cio della verit (Wahrheit).
Fermiamoci un momento. Heidegger ci invita a comprendere che le parole esprimono
una visione del mondo. Per gli antichi greci, la parola veritas, nel senso univ
ersalista di certezza come intendiamo oggi, era inconcepibile. La verit era, in una
prospettiva gi nominalista , lo svelamento da parte dell uomo. L altheia designa ci che
atto fuori dall oblio . (Ricordiamoci del Lethe, il fiume Oblio). Heidegger ha scrit
to: La techn un modo dello aletheuein. Aggiunge queste parole fondamentali: Essa sve
la ci che non si produce s. Cosa vuole dire? Altheuein, verbo che caratterizza l attiv
it tecnica, significa allo stesso tempo fare apparire come verit , essere vero e far ve
ire alla luce attraverso lo svelamento . La tecnica dunque pensata qui come verit d
el-mondo. Per i greci, il mondo non vero fuori dell attivit produttrice. La verit del
ondo non risiede nella sua essenza , ma nell atto pro-duttivo della tecnica che crea e
svela un senso. Afferriamo allora ci che Heidegger intende con: la tecnica rivela
ci che non si produce da s. Ora, da s, il mondo non pro-duce, non svela, non rivela
alcun valore. Una tale visione del mondo si oppone radicalmente a quella che pr
evarr pi tardi e che, al seguito della metafisica, metter il valore, il senso, la v
erit, nel mondo in s. L attivit tecnica sar allora spogliata della sua connotazione cre
trice e poetica. Affonder nella pura strumentalit, e la parola tecnica non sar pi sino
nimo d arte. La verit, passando dall arte tecnica , concepita dai greci come svelamento
volontario del mondo, dunque di senso, al mondo in s della metafisica occidentale,
contribuir alla svalutazione del reale dell ente
a vantaggio del soprasensible, e a
lla volgarizzazione del lavoro tecnico sul quale peser la cappa della cattiva cos
cienza.
Presso i greci, 1 atto umano di produzione tecnica era, solo, portatore di verit: e
ra, solo, portatore di luce (lucem ferre). La tecnica era religiosa nel paganesimo
greco: l anima e la spiritualit non risiedevano nell intellettualismo metafisico, ma
, pi fortemente, nel cuore del mondo, nel marmo carnale dei templi o nell evocazione e
rotica della statuaria. La tecnica era pensata, lo abbiamo detto, come profondame
nte legata alla natura, alla physis, fonte religiosa di tutta la vita. L atto tecn
ico era vissuto come una trasposizione del divenire-della-natura. Ancor oggi, la
fioritura, le stagioni, ci mostrano che non c essere naturale, ma uno svelamento ed
una produzione di forme (16). La tecnica allo stesso tempo continuazione della
natura e combattimento contro di essa: di qui il suo carattere religioso. Essa s
i concepisce come un modo della natura ed una meta-natura. La physis disvela una
forma, la poisis della tecnica rivela inoltre un senso. Il grado di verit , tramite
la tecnica, s accresce. sorprendente constatare a quale punto questa concezione de
l mondo si apparenti a ci che la fisica moderna ci insegna sul1 inanit di tutta la ve
rit del cosmo o sull illusione di poter scoprire il segreto di una essenza del reale ,
essendo quest ultimo leggibile soltanto in funzione di punti di vista, di livelli
di interpretazione di progetti tecnici diversi (17).
Heidegger dunque ci incita a trarre dall oblio questa concezione della tecnica e a
ritornare alle sorgenti greche, per comprendere nuovamente la verit come un atto
di svelamento del mondo, di scoperchiamento (Entbergen) rischioso . Che i tempi mo
derni si ispirino nuovamente a questa concezione allo stesso tempo nominalista e
religiosa della tecnica, ed essa potr ridiventare ci che fu all origine: poesia. Or
a, l umanismo occidentale, anche attraverso il razionalismo scientista , oggi sorpass
ato, non ha ovviamente mai pensato in tal modo la tecnica. Nello scientismo , quest u
ltima percepita soltanto come uno strumento del progresso , che si apparenta alla r
icerca umanitaria della felicit e la nostra epoca si riferisce sempre, pi o meno c
oscientemente, a tale concezione svalorizzante della natura, e dunque della tecn
ica. La natura come reale (l ente) respinta a vantaggio di un mondo concepito come l
egge, come principio metafisico o morale
che trova la realt della sua essenza ind
ipendentemente dalla vita e dal1 azione umana. L Antico Testamento, che respinge tutt
a la filosofia, non conosce la natura , osserva Daniel Bell ( ) La religione biblica ba
sata sulla Rivelazione, non sulla natura, e la morale sulla Halakha, cio sulla le
gge (18). Tutta la concezione occidentale della tecnica, fondata su tale lettura de
lla Bibbia, concepir al suo seguito l attivit tecnica come profana. Si subir la tecnica
; il lavoro tecnico sar visto come una sofferenza, un obbligo penoso (ma anche ca
pace di redimere), mentre, nel pensiero greco, aggiunge Daniel Bell, la natura (p
hysis) precedente alla legge formale (nomos). La natura nascosta ed occorre scop
rirla; la legge deve avere la natura per guida.
Scoprire la natura, rivelarla , tale ci appare dunque la missione della tecnica. Ma sv
elare la natura, fare uscire dal riparo la sua verit , cosa pu significare questo, dal
momento che nessuna legge suprema, nessuna verit, nessuna felicit possono essere me
ccanicamente scoperte? La tecnica, producendo a partire dalla natura, ne ricaver
qualcosa? Quale senso la volont tecnica creer e far sorgere? A queste domande perme
tter di rispondere la nozione di forza.
Dobbiamo allora lasciare i greci, ed abbandonare il dominio della techn, per entr
are in quello, molto pi inquietante, della tecnica moderna, quella che Jnger chiam
la tecnica planetaria. Infatti, l essenza della tecnica non risiede tutta intera n
ella poisis della produzione che svela . Essa comporta le qualit della techn, ma nasco
nde in s molto di pi ancora. E mentre i greci, la cui tecnica era quantitativament
e inferiore alla nostra, conoscevano ci che vivo, noi, uomini dei tempi moderni,
che deteniamo questa tecnica motorizzata , noi la profaniamo, la subiamo come un pe
so, lasciamo da parte la sua ricchezza e del suo mistero.
precisamente la tecnica moderna, ed essa sola, scrive Heidegger, l elemento inquietan
te che ci spinge a chiedere cosa sia la tecnica. Si dice che la tecnica moderna
sia diversa da tutte quelle passate, perch fondata sulla scienza moderna, esatta,
della natura. Ma, aggiunge, Cos la tecnica moderna? Anch essa uno svelamento. Lo svel
amento, tuttavia, che disciplina la tecnica moderna non si spiega in una pro-duz
ione nel senso della poisis. Lo svelamento che disciplina la tecnica moderna una
pro-vocazione (Heraus-fordern) attraverso cui la natura messa in grado di libera
re un energia che possa, come tale, essere estratta (heraus-gefrdert) e accumulata.
Heidegger enuncia cos l idea di un passaggio storico dall addomesticazione della materia
vivente a quella della materia-energia . Il mulino a vento, l allevatore o l agricoltor
e affidano, grazie alla tecnica, una produzione alle forze crescenti della natur
a. Non la pro-vocano, non si appropriano della sua energia. La tecnica moderna,
al contrario, prende la natura nel movimento aspirante di un modo culturale (Best
ellen) diverso, che richiede (stellt) la natura ( ) Il richiedere che provoca le ene
rgie naturali un avanzamento (ein Frdern). La tecnica moderna imprime alla natura
un movimento, nel quale si legge il progetto di una volont: l energia, dispersa al
lo stato naturale, estratta, quindi stoccata, quindi ancora racchiusa, per veder
si impiegata. Cos, la centrale elettrica realizzata sul Reno. Quest ultima ingiunge
di rendere la pressione idraulica liberata, e, a sua volta, ingiunge alle turbin
e di girare. Il fiume Reno appare, esso stesso, come qualcosa di impiegato. La ce
ntrale non costruita sul corso del Reno come il vecchio ponte di legno che da se
coli collega una riva all altra. piuttosto il fiume ad essere murato nella central
e d energia. Ci che oggi come fiume, lo attraverso l essenza della centrale.
Per vedere e misurare, foss anche da lontano, l elemento che domina qui, fermiamoci
un momento sull opposizione che intercorre tra queste due espressioni: il Reno mura
to nella fabbrica d energia e il Reno , titolo di un inno di Hlderlin. Heidegger vuole
dirci qui chiaramente che la tecnica moderna, poich impiega, commette
pi che domest
icare
l energia naturale, acquisisce la prevalenza sulla natura. Si tratta di un ev
ento di portata considerevole, di una rottura storiale (Zeit-Umbruch) che la nostr
a epoca non ha ancora compreso ed ammesso. La forza energetica della natura divi
ene in effetti volont umana. Inversamente, la natura trasformata in tecnica. Il R
eno, come l elettrone, si confonde con la macchina che lo impiega. La tecnica non d
omestica la materia-energia naturale, ma, di pi, la fa avvenire e se ne appropria
fino a confondersi con essa. Lo strumento meccanico si confonde con il suo ogget
to naturale . Nella bomba nucleare, ci che, come un sole artificiale, esplode, non l i
drogeno, bens l ibrido idrogeno-macchina, questa macchina che finisce per divenire
l energia naturale stessa. Diremo allora che la tecnica moderna divenuta l essenza d
ella natura. Per la prima volta nella storia, la poisis (nel senso di azione) s fat
ta physis. La natura resa dalla tecnica. Ma non resa trasparente , poich ci rimane s
empre cos oscuramente misteriosa. Tanto meno sconfitta , come crede uno scientismo v
olgare, poich la sua forza inesauribile. Essa resa pi presente. La presenza della
natura si avvicina a noi e, con essa, la sua connotazione sacra. Paradosso della t
ecnica moderna: mentre sembra separarci dalla natura, ci avvicina ad essa, poich ci
avvicina alla sua energia. In greco antico, energeia voleva del resto dire prese
nza . L energia nascosta nella natura liberata, trasformata, accumulata, distribuita
e permutata. La tecnica analizzata come uno svelamento che provoca, posta sotto i
l segno della direzione e della sicurezza.
Ma qual l essenza di questo svelamento dell energia ? Cosa celer, nel suo abisso, questa
pro-vocazione compiuta dalla tecnica? Ci che apparir, ci che sorger, sotto maschera
menti diversi, dal cuore di questa richiesta sicura di s al mondo naturale alla qua
le si consegna la tecnica moderna, non ci che, da secoli, attendeva di apparire,
ci che, attraverso la metafisica, si era manifestato in modo celato e codificato,
ci che i greci stessi non avevano saputo far emergere, a causa della limitazione
materiale della loro tchn? Non ci che Nietzsche aveva scoperto, esumato dall oscurit
dei secoli cristiani, ci che aveva indicato nella tragedia sotto la forma mitica
di Dioniso governato da Apollo, e che, ora, per la prima volta nell ordine del temp
o (tou chronou taxis), emerge fisicamente e non pi simbolicamente? Non forse la vo
lont di potenza?
Dobbiamo, da qui in poi, chiederci come il pensiero di Heidegger sia giunto a ri
conoscere, al cuore della tecnica moderna, la volont di potenza. Rispondere a que
sta domanda corrisponde infatti a mostrare ci che non bisogna intendere per volont
di potenza , cio una dominazione brutale o una volont di asservimento. La tecnica, d
ice Heidegger, stabilizza il mondo che impiega. Lo pone nella posizione stabile
di un fondo (Bestand), di un oggetto che sta come sull attenti di fronte all ordine te
cnico (Gegenstand). Hegel, a suo tempo, vedeva nella macchina uno strumento indip
endente , sul modello di uno strumento artigianale. Heidegger, parlando dell aereo,
ne constata al contrario 1 assoluta dipendenza : l aereo deve il suo essere soltanto all i
mpiego che si d all impiegabile. La natura si concepisce come fornitrice di ci che ca
pitale. Il che significa che, per dar senso e conferire del valore alla natura, an
zi del sacro, dobbiamo farlo secondo tipi di valore radicalmente nuovi. Ma la na
tura stata desacralizzata. La nostra epoca non ha saputo creare una nuova forma
di sacro, in accordo all essenza della tecnica. La tecnica non ha tuttavia nulla d
i una sostanza autonoma. Chi compie, domanda Heidegger, l interpello pro-vocante, con
la quale ci che chiamiamo il reale rivelato come fondo? L uomo, ovviamente. Ma anch
e l uomo oggetto di pro-vocazione: Non fa anch egli parte del fondo, ed in modo pi ori
ginale della natura? Il modo in cui si parla di solito di materiale umano lo lasce
rebbe pensare ( ) La guardia forestale impiegata dall industria del legno. impiegata
a far s che la cellulosa possa essere impiegata e questa, da parte sua, provocat
a dalla domanda di carta per i giornali e le riviste. Questi, a loro volta, si r
ivolgono all opinione pubblica perch assorba i prodotti stampati, affinch essa stess
a possa essere impiegata nella formazione d opinione di cui si ricevuto l ordine. Ma
giustamente, poich l uomo pro-vocato in un modo pi originale delle energie naturali
, cio impiegato, non diventa mai puro fondo.
L uomo dunque allo stesso tempo fondo e non-fondo. Come possibile questo? L uomo, ne
ll era tecnica, sarebbe diviso in due, allo stesso tempo soggetto ed oggetto della
tecnica? Ma si tratta dello stesso uomo? Avviciniamoci all ultima frase della seg
uente citazione di Heidegger: Il disvelamento (del reale attraverso la tecnica) n
on il semplice frutto dell uomo ( ) ma di una parola a lui indirizzata, ed in modo c
os deciso ch egli non pu mai essere uomo, se non come colui cui questa parola si riv
olge ( ) Egli non fa che rispondere ad un appello. Iniziamo allora a intravedere qu
alcosa di inumano per l opinione corrente. Heidegger scinde l umano in due: in quanto
oggetto di un appello, di un impiego, 1 umano un fondo per la tecnica. Ma esso anc
he colui che formula questo appello. La frase non pu mai essere uomo se non come q
uello al quale questa parola si rivolge significa: proprio dell umano obbedire, e o
ggi pi di prima. Ma qual questo impiego, questa parola, alla quale occorre obbedi
re? il sovrumano. E cos occorre leggere la frase di Heidegger: La tecnica moderna,
come svelamento che impiega e commette, non un atto puramente umano. L umano, con
la tecnica moderna, chiamato a superarsi, e s impiega esso stesso come fondo per i
mpiegare il reale. Tale appello proviene dalla sua natura, ed ci che conferisce a
lla civilizzazione tecnica la sua ambivalenza, il suo rischio. La nostra epoca,
ha detto Heidegger, rende l uomo schiavo di se stesso tramite la tecnica ed inaugu
ra due nuove classi di uomini: gli impiegati , assimilati ad un fondo, e le persona
lit impieganti. Di conseguenza, o si rifiuta questo stato di fatto, e si regredisce
allora nell infra-umano; o ci si rifiuta semplicemente di ammetterlo
atteggiament
o umanista -, e la civilizzazione tecnica realmente vissuta come schiavit, come s
ottomissione alla dittatura dell an-organico ; o , terza via, lo si accetta al prezzo
di un mutamento autocosciente dell umano e dei valori umani , e, a questa condizione
, la civilizzazione tecnica non deve necessariamente rappresentare una schiavit per
l uomo moderno pi di quanto, in passato, l abbia rappresentata la rivoluzione neolit
ica per i popoli europei.
Beninteso, questa terza ipotesi che, come vedremo, pu dedursi dal pensiero di Hei
degger. Ma prima di affrontare la questione, bisogna cercare di penetrare la nat
ura di ci che vediamo emergere nella e con la tecnica moderna: questa pro-vocazion
e che mette l uomo in condizione di impiegare il reale come fondo. Qual la natura d
i tale pro-vocazione? Heidegger risponde: Questo appello pro-vocante che richiama
l uomo attorno al compito di impiegare come fondo ci che si svela, lo chiamiamo Co
mmissione (Gestell). Ed in questa parola che risiede l essenza della tecnica modern
a.
La Commissione, espone Heidegger, non nulla di tecnico, non ha nulla della macchi
na. il modo secondo cui il reale si svela come fondo. Non assimilabile ad un atto
umano n ad un atto situato fuori dell umano. Il suo posto al fianco del sovrumano,
cio di un nuovo modo storiale di essere-nel-mondo, compiuto grazie alla tecnica mo
derna e di cui gli uomini del nostro tempo non hanno ancora preso coscienza. Que
st incoscienza del resto la causa della disagio della civilizzazione tecnica, che pe
nsa l umano, nell umanismo, soltanto attraverso modalit dell essere-nel-mondo dell epoca
pre-tecnica.
Con la Commissione, l Esserci (Dasein) cambia natura. Per comprendere il processo
della Commissione, si deve osservare che, nella parola Gestell, si trova l idea di
raccolta: la volont raccoglie il fondo umano e naturale degli impiegati. Ma se l
a radice Ge- indica quest idea di raccolta, ispirata dal termine jngeriano Mobilmac
hung, Heidegger va pi lontano di Jnger. La Commissione per la tecnica pi di una mobi
litazione . Il verbo stellen include, oltre al significato di porre in piedi (da cui
la scelta di rendere il termine in italiano con con-mettere , da cui ad esempio com
messo ), l idea di fermare qualcuno o qualcosa per risolvere conti, per fargli rende
re ragione, per costringerlo a rationem reddere. Di qui, nella versione original
e francese del presente testo, la traduzione di Gestell con arraisonnement (ridurr
e alla ragione, ed anche fermare per ispezionare) dal quale si capisce perfettam
ente che la volont tecnica prende d assalto (aspetto allo stesso tempo guerriero e
dionisiaco) e mette in ordine il reale (aspetto apollineo).
Jean Beaufret scrive del resto: La tecnica ordina la natura, la ferma e la ispezi
ona, e la ordina, cio la riduce alla ragione ( ) Esige da ogni cosa che essa renda
ragione. Al carattere imperioso e conquistatore della tecnica si opporranno la m
odicit e la docilit della cosa . Questo imperium sovrumano, leggibile nella Commissione
, ci avvicina al valore che cela: la volont di potenza in atto. Inoltre, avverte
Heidegger, la concezione puramente strumentale, puramente antropologica della te
cnica diventa insicura e caduca nel suo principio. La tecnica infatti divenuta i
l luogo di un appello: essa questo modo con il quale e nel quale l umano viene chiam
ato, pro-vocato, impiegato dalla sua natura per diventare sovrumano, vale a dire
a impiegare sua volta, a chiamare la natura e a pro-vocarsi, o piuttosto a pro-vo
care la parte di s che rimasta al livello dell umano.
Dobbiamo allora scoprire cosa cela l appello pro-vocante e dove condurr l umano. Bench l
a tecnica moderna debba utilizzare la scienza esatta della natura, non ha nulla
in comune con la scienza naturale applicata, ha scritto Heidegger. Non sono le leg
gi della natura che vengono utilizzate, bens le leggi delle macchine e degli stru
menti. Il reale, ovunque, diviene fondo, aggiunge Heidegger ( ) L essenza della tecnica
mette l uomo sul cammino dello svelamento ( ) Mettere in cammino si dice, nella nos
tra lingua, mandare . Questa invio (schicken) che raccoglie e che unicamente pu mett
ere l uomo sul cammino dello svelamento, lo chiamiamo destino (Geschiek). a partir
e da esso che la sostanza in divenire (Wesen) di tutta la storia si determina.
Cos, l essenza della tecnica, che, ripetiamo, non ha nulla di tecnico di per s, non
soltanto non appare forzatamente nel momento epocale della civilizzazione tecnica
moderna, ma proviene da radici storiche anteriori. L essenza della tecnica un dive
nire storiale , un destino, un venire-al-mondo collettivo, e non soltanto una realt
sociologica contemporanea e sincronica. Per Heidegger, la poiesis della produzio
ne tecnica degli antichi costituiva a sua volta un destino. dunque tutta la stor
ia delle mentalit incoscienti e dell essere-nel-mondo di una civilt che si trova vei
colata dalla Commissione della tecnica. Quest ultimo era gi in opera prima dell elettr
onica e della tecnica dell atomo, nello spirito di ricerca identificabili in Europa
fin dai matematici greci; non si perverr tuttavia allo svelamento, alla presa di
coscienza, che dopo l epoca giovanile della civilizzazione moderna.
La Commissione traduce allora una visione del mondo in completa rottura con la m
etafisica. Il mondo oggettivo non esiste. La natura non considerata nella sua na
turalit, ma conta soltanto, per l uomo della tecnica europea, l estrazione di un energi
a che egli trasforma in potenza umana. Contrariamente a ci che si dice correnteme
nte, la scienza al servizio della tecnica, e quest ultima costituisce un destino s
torico, il cui oggetto non la conoscenza ma l azione. Attraverso l essenza della tec
nica, si manifesta un tratto storiale della civilizzazione europea: dominare pi imp
ortante che conoscere.
Heidegger non soggiace tuttavia ad alcun determinismo storico. Il destino pu in qua
lsiasi momento rifiutarsi. Non gli siamo incatenati. Heidegger rassicura: Non mai
la fatalit di una costrizione. Poich l uomo, giustamente, diviene libero soltanto n
ella misura in cui calato nel dominio del destino e cos, diventa un uomo che asco
lta, non un servo comandato (ein Hrender nicht aber ein Hriger) ( ) La Commissione c
i appare in un destino di svelamento ( ) un elemento libero del destino che non ci
rinchiude nella minima costrizione, che ci costringerebbe a gettarci a testa ba
ssa nella tecnica o, ci che sarebbe lo stesso, a rivoltarci inutilmente contro di
lei e a condannarla come opera diabolica.
Che la si accetti ed ci che propone Heidegger o che si rifiuti la tecnica, bisogn
er farlo consapevolmente, dopo avere percepito la sua essenza di Commissione del
mondo e dopo essersela raffigurata come destino. Il rifiuto o l accettazione saran
no allora atti storici compiuti da una coscienza storiale situata (geschichtliches
Dasein), una sovracoscienza. Ma gli avversari primari della tecnica, come tutti
coloro che vi si precipitano a testa bassa senza comprenderne davvero il portat
o, sono incapaci di giungere a una tale coscienza storica. Ne sono incapaci perc
h non sono liberi. La libert , per Heidegger, non n la licenza n l arbitrio, e neanc
ttomissione a semplici leggi, ma il dominio del destino, cio una scelta volontaria i
lluminata dalla percezione del destino.
Percepita come destino di svelamento del mondo, la tecnica diventa un rischio vo
luto e desiderato come tale: La potenza della tecnica fa parte del destino. Posto
tra queste due possibilit (accettare o rifiutare il pericolo), l uomo esposto ad u
na minaccia proveniente dal destino. Quando il Dio dei cristiani venne svelato da c
oloro che lo nominavano come causa efficiens del mondo, gi aveva perduto il suo m
istero ed era divenuto il Dio dei filosofi. Da tale momento cominciava il nichil
ismo. Lo svelamento della natura per mezzo della Commissione sembra ben pi import
ante, per la buona ragione che la natura il nostro mezzo, e perch non dubitiamo d
i essa come degli dei.
Il pericolo, prosegue Heidegger, si mostra a noi da due lati diversi ( ) L uomo segue
il suo cammino sul bordo estremo del precipizio, va verso il punto dove egli st
esso non deve essere preso che come fondo ( ) Tutto ci che uno incontra non sussist
e se non in quanto fatto dell uomo ( ) Ci sembra che dappertutto l uomo stesso non si
ritrovi pi. Heidegger, che si ispira qui alle idee di Werner Heisenberg, vuole dir
e che se l uomo non incontra pi nulla attraverso la Commissione del mondo, ci signifi
ca ch egli non si incontra pi in verit da nessuna parte, vale a dire che non incontr
a pi da nessuna parte il suo essere-divenire (Wesen). Quanto al secondo pericolo,
riguarda il fatto che la Commissione, immergendoci nell immediatezza della potenza
meccanizzata, rischia, non soltanto di occultare il pro-durre (modo precedente
di svelamento del mondo), ma anche di occultare se stessa come destino. La tecni
ca rischia infatti di nasconderci ci che siamo e ci ch essa , di velarci il fatto ch es
sa si dia come destino e che noi possiamo esistere in quanto esseri dotati di de
stino.
In altre parole, la tecnica moderna, la cui essenza la Commissione che pro-voca
il mondo con una potenza inaudita, pu farci perdere, in questo stesso turbinio, i
n questa spedizione (schicken) dalla quale siamo gettati sulla terra, la consapevo
lezza del nostro destino (Geschick). L uomo si conforma in modo cos deciso alla provocazione della Commissione che non la percepisce come un appello esigente, che
non coglie se stesso come colui al quale quest appello si rivolge. La contropartita
di questo rischio, implicato dalla libert umana, che l uomo possa anche prendere c
oscienza della Commissione ed assumerla: dev essere precisamente l essenza della tecn
ica che custodisce in s ci che salva.
La Commissione, infatti, costituisce allo stesso tempo il pericolo estremo e l atto c
he accorda . Heidegger, ne La questione della tecnica, precisa: La Commissione spin
ge l uomo verso il pericolo di abbandonare il suo essere libero; (ma) precisamente
hiama la mezzanotte del mondo . Questo nichilismo proviene inizialmente dalla decad
enza della metafisica, cominciata da Platone e che ha trovato il suo compimento
nella morale umanista, nel cristianesimo laico e in altri avatar; ci che Heidegge
r chiama ateismo. Questo nichilismo, che giunge alla svalutazione del mondo e ch
e si confonde con l epoca dell ultimo uomo annunciata da Zarathustra, d altra parte raff
orzato dal fatto che la tecnica moderna ha, anch essa, ereditato dal nichilismo la
visione del mondo metafisica.
qui che la lettura di Heidegger si fa estremamente complessa. Quest ultimo esprime
, con un allegoria, l idea seguente: la tecnica la continuazione della metafisica, p
oich mira a soddisfare la stessa pulsione, la volont di potenza. Ora, poich il nich
ilismo vissuto dal mondo tecnico il successore del nichilismo filosofico della v
isione del mondo metafisica, la volont di potenza stessa, filosofica, poi materia
lizzata, che responsabile di questo nichilismo. Come pu, allora, questa volont di po
tenza costituire un elemento salvifico, come pu dopo aver portato il nichilismo,
combatterlo, in un nuovo ciclo storiale ? Heidegger risponde: diventando autocoscie
nte. La volont di potenza cambierebbe allora natura; da svalorizzante, diventereb
be valorizzante. per questo che non bisogna vedere in Heidegger alcun razionalis
mo logico, ma un pensiero a-logico, conforme alla vita, dove non si mai costrett
i a pronunciarsi contro (la metafisica, il nichilismo, ecc.), ma oltre: post-nic
hilista, post-cristiano ecc. Heidegger si riallaccia cos con il pensiero del dive
nire dei presocratici, secondo questa parola di Hlderlin che costituisce una chia
ve: Wo aber Gefahr ist, wchst das Rettende auch, Ma dove il pericolo, l cresce anch
e ci che salva (questa forma di pensiero era stata trovata in modo incompleto da H
egel; quest ultimo, infatti, concepiva il divenire soltanto come il precedente pro
vvisorio di un arresto della storia tramite il pervenire della ragione alla cons
apevolezza).
dunque proprio tramite l essenza stessa della tecnica, attraverso la Commissione,
che si esprime la volont di potenza, la cui ascesa storica fu congiunta a quello
del nichilismo, che quest ultimo potr vedersi oltrepassato. Il pervenire alla consa
pevolezza della volont di votenza, che, sola, sarebbe suscettibile di affermare a
ltre tipologie di valori, pu compiersi soltanto nella civilt del razzo e dell elettr
one. Perch? Perch la volont di votenza trova nella tecnica moderna e planetaria un
supporto migliore che nella metafisica: vissuta, provata, essa al bordo della cons
apevolezza. La manifestazione dell Eterno Ritorno dell identico appare chiaramente:
ci che, alla fine del mondo greco , aveva inaugurato il nichilismo, cio il fatto di no
minare i valori , designare l essere, il logos, anche chiamato a diventare, ma sotto
un altra forma storica, quella, apollinea, della coscienza, cosa che inaugurer un
altro ciclo dei valori, un dopo-nichilismo .
La nostra epoca caratterizzata dunque dalla separazione, del discorde (Ci troviam
o nell era dell assunzione della discordia, era solito dire Heidegger), tra una metaf
isica decaduta, privata del principio vitale della volont di potenza, ed una tecn
ica che ha raccolto quest ultima senza saperlo. La morale e la civilt sono in contr
addizione. I valori affermati dalla vecchia concezione del mondo sono morti in r
apporto alla natura profonda della civilizzazione tecnica. Esistono due modi per
risolvere questa contraddizione: il primo, preferito da Heidegger, di far assum
ere coscientemente, dalla civilt tecnica, questa volont di potenza
come un orgoglio .
grazie a un progetto orgoglioso di un mondo ipertecnicizzato e che si vuole tale,
e non con una regressione verso una civilt non-tecnica, che l Europa, per Heidegge
r, restituir un senso alla sua esistenza storiale . Una spiritualit immanente prender
allora il posto di una spiritualit trascendente diventata impossibile perch esauri
ta. Ma un altro cammino ugualmente possibile, nella nostra epoca di rottura: que
llo di un rifiuto cosciente della volont di potenza. Un certo numero di autori l es
primono oggi molto bene nella corrente di ci che si soliti chiamare nuova sinistra ,
in particolare a proposito del dibattito sull ideologia del lavoro, dal momento c
h esso interpretato intrinsecamente come alienazione, mentre il marxismo classico
poneva come alienanti soltanto le condizioni (capitalistiche) del lavoro. La tec
nica allora percepita come il luogo di quest alienazione. Troviamo qui una traspos
izione del tema biblico del lavoro-punizione.
Iniziamo dunque a percepire che la tecnica moderna, bench il suo progetto conclam
ato sia la felicit , esprime nella sua essenza questa stessa volont di potenza che la
visione del mondo biblica non ha mai ammesso, sin dal mito della torre di Babel
e. per questo che gli eredi di questa visione del mondo rifiutano cos spesso la t
ecnica. Anch essi hanno vissuto l evento colossale che la presa di coscienza della t
ecnica moderna come ricettacolo della volont di potenza; anch essi vi hanno visto u
na contraddizione totale con la concezione del mondo ereditata dall umanismo occid
entale e dalla metafisica platonica della ricerca del sommo bene (to agathon). Se
lo stadio della sovracoscienza pu condurre a volere la tecnica, pu dunque anche po
rtare a rifiutarla con angoscia. Sorge cos un nuovo spartiacque, derivato da conc
ezioni del mondo opposte. La guerra degli di, predetta da Nietzsche, cominciata.
La volont di potenza, quando si esprimeva nella metafisica, rimaneva innocente . Non
aveva raggiunto la maturit dell et dell uomo. I tempi moderni, al contrario, creano l
a prima configurazione storiale dove, nell essenza della tecnica, il vecchio sogno e
lleno-europeo di liberare Prometeo dalle sue catene diventa possibile. I tempi m
oderni inaugurano, tra due minoranze coscienti, una guerra fondamentale: gli uma
nisti universalisti, adepti di una visione cristiana avanzata che non ha pi nulla d
i religioso, si oppongono al sovrumanismo tale e quale era stato inaugurato da N
ietzsche. la lotta del vecchio mondo contro i tempi moderni; degli occidentali con
tro la nuova Grecia dell Esperiale ; dell idea di felicit, che il principio di ragione s
ostiene, contro 1 idea di potenza come spiritualit immanente. Si tratta in effetti
della stessa guerra che, sotto un altra forma, oppose il monoteismo cristiano agli
di greci. Oggi, il ritorno di Apollo si compie sotto forma ben diversa da quella
dei culti pagani, delle superstizioni defiche o anche delle Belle Arti. Apollo
(forse) di ritorno, ma non sotto una forma innocente e rassicurante. di ritorno
nel cuore stesso dell inquietante della tecnica moderna. Nel rombo dei motori, nel
la stregoneria dei laboratori e dei ciclotroni, nell ascensione profanatrice dei r
azzi spaziali, si scava la tomba della Ragione.
Di questa dichiarazione di guerra nessuno dubita che Heidegger ebbe chiara coscien
za. La fine del testo Sulla sentenza di Nietzsche Dio morto si conclude cos: Il pens
iero comincer soltanto quando avremo compreso questa cosa tanto magnificata da se
coli: la ragione la contraddizione pi accanita del pensiero. Heidegger appare dunq
ue chiaramente come l autentico affossatore (e il successore) della metafisica. Al
la volont di potenza noetica (nous, spirito ) della metafisica, oppone il cammino ve
rso una volont di potenza poietica. Giungere alla spiritualizzazione cosciente ed
organizzata, apollinea, della volont di potenza dionisiaca in opera nella tecnic
a: tale chiaramente il senso della via che ci indica il sentiero che non conduce
da nessuna parte , nel senso che non conduce ad alcun riposo, a nessuna fine della
storia nella felicit , ma sbocca in una lotta in perpetuo divenire. Il senso della c
ivilt esperiale ridiventa greco nell accezione eraclitea: il destino storico voluto
come guerra in eterna incompiutezza.
La lotta tra i rappresentanti di questa filosofia dell esistenza e gli ultimi uomin
i della morale e della ragione, altrettanto consapevoli gli uni quanto gli altri,
somiglier, paradossalmente, ad un confronto tra la religiosit e la non religiosit.
Gli uomini della felicit possono infatti soltanto scegliersi un destino non-religi
oso: le loro norme umaniste e i loro universali sono stati una volta per tutte d
espiritualizzati. Si privano d altronde della sola forma virtuale di spiritualit mo
derna: la volont di potenza in atto nella Commissione tecnica. Sanno, bench siano
ancora pochi a formularlo esplicitamente, che una tecnica senza volont di potenza n
on possibile. Di gi, molti seguaci della Scuola di Francoforte, come pure un Ivan
Illich, hanno formulato il rifiuto, motivato e cosciente, della tecnica come ten
tazione di potenza . Le loro tesi non sono intellettualmente criticabili: fanno un
a lettura corretta di Nietzsche e di Heidegger. La guerra si situa infatti a livel
lo molto pi fondamentale. Oppone valori esistenziali. Riguarda la questione capit
ale: come vivere, e secondo quale senso?
Cos, il paesaggio dei tempi moderni s illumina. Coesistono tre tipi d umanit. Vengono
inizialmente gli uomini della semplice coscienza, che vivono ancora innocentemen
te la tecnica senza percepirla in contraddizione con la propria morale, e che co
stituiscono un fondo per gli altri due tipi. Vengono in seguito gli ultimi uomini , g
li umanisti che hanno preso coscienza del nichilismo della propria visione del m
ondo, ma che non intendono separarsene, poich il dopo li terrorizza. Questi si rifu
giano in una sorta di morale del piacere. La loro sovversione paradossalmente post
a sotto il segno della dolce vita borghese. Non hanno abbandonato la loro ricerc
a della ragione, ma sanno ora che qualsiasi ragione incompatibile con la tecnica
, cio che la tecnica, al di l dei suoi aspetti superficiali, portatrice di draison.
Di conseguenza, rifiutano ogni spiritualit che equivarrebbe a una glorificazione
della potenza, e, spingendo il razionalismo fino al limite, riscoprono la moral
e, dopo avere constatato il divorzio della tecnica e della ragione. Infine, si t
rovano gli uomini del terzo tipo : coloro che intendono sottomettere le forze mater
iali della tecnicit moderna alla irrazionalit sapiente
nel senso greco di sophia, chi
arezza volontaria dell intendimento - di nuovi valori. Ed al pensiero di Heidegger c
he si ricollegano.
In L epoca delle concezioni del mondo, testo di una conferenza pronunciata nel 193
8 con il titolo di Die Begrndung des neuzeitlichen Weltbildes durch die Metaphysk
(Il fondamento della concezione del mondo dei tempi moderni attraverso la metafi
sica), Heidegger precisa, come in nessun altro brano, la sua analisi della moder
nit. Vi pone, in particolare, la questione dell essenza dei tempi moderni.
Cinque fenomeni caratterizzano i tempi moderni. Il primo, lo abbiamo visto, rigu
arda l invadenza della tecnica meccanizzata come prolungamento della metafisica . Si
deve intendere con ci, sebbene Heidegger non lo abbia mai formulato chiaramente,
che la tecnica prolunga la metafisica, nella misura in cui riprende a suo vantag
gio l impulso della volont di potenza. Seconda caratteristica dei tempi moderni: l ar
te (Kunst) cessa di confondersi con la techn per entrare nell orizzonte dell estetica e
pertanto, si oggettiva. Terza caratteristica: il fatto che l attivit umana ormai s
ia compresa e compiuta come civilt (Kultur). La civilt, ha scritto Heidegger, prende
coscienza di se stessa, in quanto mitra delle preoccupazioni che detronizzano le
questioni religiose. Quarta caratteristica: lo spoglio dagli di , (Entgtterung), con
il quale, precisa Heidegger, da un lato l idea generale del mondo (Weltbild) si cri
stianizza, e dall altro, il cristianesimo trasforma il suo ideale di vita in una v
isione del mondo (la visione cristiana del mondo). Lo spoglio dagli di, aggiunge Hei
degger, lo stato d indecisione rispetto a Dio. ( ) Il cristianesimo il principale res
ponsabile del suo avvento. ( ) Quando le cose arrivano a questo punto, gli di scomp
aiono. Il vuoto che ne risulta allora riempito dall esplorazione storica e psicolo
gica dei miti. Il cristianesimo, in altri termini, anche se deve essere abbandona
to e superato, ha avuto, nel nostro destino, questa funzione fondamentale (e inc
onsapevole) di dare all uomo la possibilit di dotarsi di una concezione del mondo p
rogettata e coerente. Heidegger, pi che un anticristiano o un non-cristiano, si a
fferma qui come un post-cristiano, che intende, a questo titolo, farla finita co
n la tradizione cristiana per superarla.
La quinta caratteristica dei tempi moderni certamente la pi importante: costituis
ce, precisamente, ci che, in un movimento dialettico di contraddizione-superamento ,
permetterebbe di istituire coscientemente una concezione del mondo post-cristia
na. Si tratta della percezione del mondo attraverso la scienza. Heidegger chiede
: Su che riposa l essenza della scienza moderna? Scrive anche che possibile intravede
re l essenza propria di tutti i tempi moderni.
Oltre a L epoca delle concezioni del mondo, un altro testo deve essere interrogato
per formulare una risposta. quello della conferenza Scienza e meditazione, pron
unciata a Monaco nel 1953. Togliamo innanzitutto alcuni equivoci. Non pi che l arte,
la scienza non si riduce ad un attivit culturale dell uomo, dice Heidegger. Aggiunge:
La scienza un modo, in realt decisivo, nel quale tutto ci che si espone dinanzi a
noi. Pi che un tratto culturale, la scienza deve essere interpretata come lo sguar
do stesso, attraverso cui i tempi moderni, e non soltanto gli scienziati , si appro
priano del mondo e lo fanno pervenire al reale. La percezione scientifica del mo
ndo non il mondo percepito come esattezza : essa si confonde con la realt del mondo.
Come vide anche Werner Heisenberg, il punto di vista scientifico sul mondo, che
condivide, come un destino sul quale non si ritorna, tutta la nostra civilt, non
porta alcuna certezza su un illusoria oggettivit del reale; questo punto di vista fa
esso stesso parte, semplicemente, del nostro mondo . In altre parole, la scienza m
oderna non caratterizzata, rispetto alla doctrina medioevale o all pistm greco, da un
a sua pi maggiore accuratezza, ma dal suo progetto. L essenza di ci che oggi chiamiam
o scienza la ricerca, ha detto ancora Heidegger, che precisa: L essenza della ricerc
a consiste nel fatto che la conoscenza s installa essa stessa, come indagine, in u
ra, l ha avuta vinta. Il regno del soggetto sfocia nel soggettivismo ed il regno del
l uomo nell umanismo morale ed individuale. Ma prestiamo attenzione alla seconda par
te della frase: Ma parimenti l dove l uomo resta soggetto che la lotta contro l indivi
dualismo e per la comunit, in quanto campo e scopo di qualsiasi sforzo e di quals
iasi specie d utilit, ha un senso.
Riprendiamo ora le due ipotesi. Prima possibilit: l umanismo morale, qualificato co
me ripiego nell a-storiale , ovvero come uscita dalla storia, utilizza il regno dell uo
mo per costruire un antropologia estetico-morale centrata sull ideale sociale individu
ale, mentre la teoria del mondo della metafisica viene mutata, a partire dai secol
i XVII e XVIII, in teoria dell uomo (19), esattamente nello stesso modo in cui l egalit
arismo religioso si era trasformato in egualitarismo sociale nello stesso period
o. Seconda possibilit: sempre nel quadro di questo processo fondamentale dei tempi
moderni di conquista del mondo in quanto immagine concepita , un altra concezione d
el mondo si realizza, radicalmente opposta, bench ereditata dalla stessa presa di
coscienza storiale . Contrariamente all umanismo morale, che conserva dei valori met
afisici desacralizzati, essa pone dei valori immanenti sacralizzati, e spezza il
nichilismo.
Il contrasto tra l umanismo morale e ci che chiamiamo sovrumanismo, allora chiaro:
Heidegger parla di lotta tra visioni del mondo . Questa lotta con la quale i tempi m
oderni entrano nella fase decisiva del loro avvento, e che Heidegger ritiene al s
uo inizio, opporr infatti due tipi di uomini, che daranno alla stessa domanda, al
lo stesso appello del destino, due risposte ben diverse. Heidegger, lapidariamen
te, formula il dilemma: Non perch
e nella misura in cui
l uomo diventato, in modo i
signe ed essenziale, soggetto, che deve successivamente porsi per esso la questi
one espressa di accertare se vuole e deve essere un io ridotto alla sua gratuit e
sciolto nel suo arbitrario, o piuttosto un noi della societ; se vuole e deve ess
ere solo oppure fare parte di una comunit. I due possibili sono dunque intrecciati .
Nel primo caso, l individualismo, atteggiamento inautentico , si rifuger nella ricostr
uzione di pseudo-valori, imitazioni dei noumeni metafisici; l uomo, isolato nell ind
ividuo, esister come umanit . Nel secondo caso, esister come Stato, nazione e popolo .
La nuova tipologia di valori inizia allora a precisarsi. Il cadavere di Dio pu es
sere sepolto, e gli idoli, per riprendere l espressione di Nietzsche, cio gli ideal
i svalutati dell umanismo, entrano nella loro epoca crepuscolare. I tempi moderni po
ssono provare allo stesso tempo, in quanto valori, e non pi soltanto come realt so
cietaria o come sotto-valori dedotti da ideali sopra-sensibili, il destino umano
nella sua forma pi concreta: il divenire nella storia di popoli vissuti come com
unit di destino.
L umano posto, come nella tradizione ellenica, ma in un modo differente, al vertic
e della piramide dei valori, mentre, nell umanismo, l umano era sempre sottoposto ad
astrazioni: la morale, la felicit individuale, i principi umanitari, le norme di
bene e male della societ borghese, norme inautentiche perch sprovviste del sacro. Que
sti valori umani non si caricano di alcun senso ultimo. La comunit storica di pop
olo, affermata da Heidegger come nuova tipologia di valori, non trova altra gius
tificazione che in se stessa. In questo modo si opera un ritorno ai greci : nella m
isura in cui la comunit si radica nell essere-nel-mondo fisiologico del popolo, la na
tura al tempo stesso ritrovata; allo stesso tempo, la separazione tra la coscien
za e la natura, tra il pensiero e la vita, viene superata. I tempi moderni, per
mezzo della scienza e della tecnica che li innervano e li penetrano di una effet
tiva volont di potenza effettiva, materiale, sono suscettibili di conferire ai va
lori della comunit storica di popolo la loro autogiustificazione. Con la potenza
materiale messa a nostra disposizione, fa la sua comparsa il gigantismo, ha detto
Heidegger. Questo gigantismo non conduce necessariamente al quantitativismo n, pe
r usare 1 espressione di Georg Lukcs, alla reificazione . Si pensa troppo sbrigativamen
te, nota al riguardo Heidegger, quando si pensa d avere spiegato il fenomeno del gig
antismo con la sola parola americanismo. Poich il gigantismo piuttosto ci attraver
so cui il quantitativo diviene una qualit propria, e cos un modo insigne del Grand
e. ( ) Il gigantismo diventa 1 Incalcolabile. In altre parole, dal nichilismo calcola
tore e dalla finitudine quantitativa che sorge la valorizzazione in-calcolabile.
Si pu dire di quest epoca che innegabilmente ombrosa , nella misura in cui il quantita
tivismo vi provoca lo spirito di calcolo ed il materialismo, ma anche annuncia al
da noi stessi . Il mondo, infatti, non soltanto decifrabile come mondo oggetto (Ding
welt) o come mondo strumentale (lo Zeugwelt degli scienziati). Heidegger guarda
al mondo-per-l uomo come mondo-con-gli-altri (Mitwelt). Esistere, significa essere n
el mondo, e dunque prima di tutto vivere con gli altri (Dasein ist Insein-Mitsei
n). Ma come essere-con-gli-altri? Certamente non considerando l altro come l umanit.
In Essere e Tempo, il Mitsein si compie nel lavoro per la comunit. Nel libro Erlut
erungen zu Hlderlins Dichtung, originariamente pubblicato nel 1944, il Mitsein as
sume una connotazione a-razionale: fondato sulla rivelazione affettiva (Befindlich
keit). Questa pu sorgere soltanto tra individui uniti da uno stesso passato e da
uno stesso progetto storico. L intelligenza razionalista sembra dunque inadatta a
realizzare il Dasein umano. Ma quest ultimo, che solo pu riempire la rivelazione aff
ettiva , si trova di fronte ad un altro problema, dovuta al fatto che la rivelazion
e affettiva , poich pi realistica della ragione, ci mette di fronte al tragico e ci
fa prendere coscienza della nostra essere-gettati-nel-mondo (Geworfenheit). Si apr
ono allora tre vie: o l ebbrezza consolante della fatticit, ed il nichilismo del mo
ndo moderno; o l angoscia straziante di chi ha creduto e ora non crede pi, perch ha
preso coscienza della realt delle cose; oppure infine l atteggiamento agonale e vol
ontarista del Dasein che si prende carico di s , che si coglie come progetto (Entwur
f).
Questo progetto non deve comprendersi come una mira personale, ma come la partecip
azione ad un Dasein collettivo e storico, necessariamente legato ad un popolo. Ab
itare e costruire costituiscono per Heidegger due funzioni-chiave del Dasein, che i
ntende assumere il destino di essere stato gettato nel mondo e che decide di sfugg
ire alla deiezione (Verfallen). La nostra civilizzazione soffre di questa deiezion
e. sottoposta al dominio del si (Man). Astorico, essa costituisce un innovazione sup
erficiale; affetta da neofilia patologica, restia di fronte al divenire. La sete
di sicurezza non un antidoto contro l angoscia.
Quest angoscia porta all uomo contemporaneo l esperienza del nulla , che non riguarda sol
tanto il mondo, ma lui stesso, cos che egli sente la sua nullit . Heidegger ritiene a
ppunto che la nostra civilizzazione sperimenti l annullamento (Nichtung). Ma c di pe
ggio: straniera ad ogni sentimento del tragico, questa civilizzazione non compre
nde l angoscia che prova. Anzich assumerla e sublimarla in un progetto, tenta di sf
uggirle. Nichilista e umanista, rifiuta il tragico e il suo aspetto inquietante (U
nheimlichkeit). Si rifugia allora nel peggiore dei rifugi: la meschinit familiare
, la felicit dell immediatezza individuale. Il Dasein, impoverito, mutilato, non mu
ore nemmeno pi d angoscia, ma si rincantuccia e svanisce. Il destino si riassorbe n
ella soggettivit dell atomizzazione individuale. I popoli si addormentano e poi muo
iono.
Questa decadenza si fonda su una concezione inautentica della temporalit (Zeitlic
hkeit), causata dalla metafisica decaduta dell umanismo. L uomo rifiuta d essere ci che
, un essere-per-la-morte (Sein zum Tode), e si stordisce nell illusione di un desi
derio d eternit che crede di trovare nella mondanit quotidiana. Tale concezione del
tempo si basa su una volgarizzazione della temporalit, e su idee di fine della mor
te e di fine lineare della storia comparabili a quelle che si trovano nelle filos
ofie del progresso . Ogni progetto storico del divenire allora respinto come angosci
ante , perch esso significa guardare la morte in faccia.
Respingendo la concezione segmentaria del tempo che precipita l uomo verso il ripos
o e la fine di ogni angoscia, Heidegger presenta un altro tipo umano. Questo tipo
caratterizza l uomo che, acconsentendo alla morte, prende una decisione anticipant
e risoluta e si pone davanti alla morte senza peraltro rinunciare al suo progetto d e
sistenza. L esistenza (Dasein) allora accettata tragicamente ma inequivocabilmente
come cura (Sorge); l attivit umana assunta come aver-cura (Frsorge). L autenticit del
stenza individuale consiste nel superare la morte individuale, ammettere che l avv
enire si confonde con il venire-a-s, cio la proiezione verso la propria morte. Ora
, solo la mobilitazione del Dasein in una comunit, in un popolo, solo l affettivo a
ltruistico trovato nel dono di s all Altro suscettibile di superare il tragico dell e
sistenza individuale. Heidegger non esita del resto a parlare di amore , ma in un s
enso ben pi concreto, pi reale dell amore cristiano, dove ci viene ingiunto di amare
tutti quanti
cio nessuno.
Il Dasein, presso Heidegger, trascinato nel fiume del divenire. Ogni illusione s
u una fine dei tempi, su un immobilizzazione degli istanti, su una ricompensa fina
le, dissipata. Ben superiore al modello cristiano d esistenza, il Dasein non ha bi
sogno del mito menzognero della vittoria sulla morte per agire. Risulta in modo
nuovo interamente ed autenticamente umano, ovvero, rispetto alla coscienza crist
iana che supera come la superava gi in umanit la coscienza greca, si pone come sov
rumano.
La concezione heideggeriana del tempo storico appare allora in tutta chiarezza.
L uomo-esistente, il Dasein, totalizza nel suo presente l essere-stato (Gewesenheit),
che assume, e il progetto (Entwurf) di cui partecipa nel legame con i suoi. La con
giunzione del passato e del progetto a-venire rende presente il passato. Quest ultim
o, come il futuro, reso presente nel qui-ed-ora , nell attualit. L esistenza individuale
confonde la sua temporalit soggettiva con la storia della sua comunit. La temporali
t, che sempre vissuta al livello della coscienza individuale, diventa storicit. L av
venire, la dimensione capitale, induce il Dasein a volgersi al passato, rendendo
con ci significativo il qui-ed-ora che si confonde con l esistenza umana. Heidegger
qualifica egli stesso questa concezione del tempo, che si trova esposta in parti
colare nell Introduzione alla metafisica, come tridimensionale , in opposizione alle
concezioni uni- o bidimensionali del tempo lineare, ciclico o segmentario.
Secondo Heidegger, come abbiamo visto, Nietzsche ha segnato la fine della metafi
sica, ma il suo stesso pensiero appartiene ancora alla metafisica. Che Nietzsche,
scrive Heidegger, abbia interpretato e percepito il suo pensiero pi abissale a par
tire dal dionisiaco tende a provare che ha dovuto ancora pensarlo metafisicament
e e che non poteva pensarlo differentemente. Ma ( ) questo pensiero pi abissale nas
conde in s qualcosa d impensato, che allo stesso tempo chiuso al pensiero metafisic
o. Heidegger lo abbiamo detto, supera Nietzsche, esattamente nel senso in cui Zar
athustra incitava i suoi discepoli, per seguirlo, a superare persino i greci. Poic
h Nietzsche ha rappresentato l intervallo dionisiaco del pensiero occidentale, Heid
egger inaugura l era apollinea di questo pensiero, esso stesso preludio annunciato
re di un era apollinea dell azione.
In cosa Heidegger apre la possibilit di un et apollinea
termine che, riconosciamolo,
non si trova in nessuna sua opera? La posizione di Heidegger sulla metafisica e
la tecnica ingannevole. Abusa degli esegeti che non sanno vedere in lui che un
avversario della tecnicit ed un cercatore dell essere . Il fatto che si lamenti dell uni
formit diabolica del mondo moderno non , come abbiamo visto, contraddittorio con la
sua glorificazione dell essenza della tecnica. Cos, nel suo saggio su Il superament
o della metafisica, scrive: L usura di tutte le materie, compresa la materia prima
uomo, a beneficio della produzione tecnica ( ) determinata dal vuoto totale dove l e
nte, dove i tessuti del reale, sono sospesi. Con queste parole, la civilizzazione
dell economia e della merce viene analizzata, molto pi profondamente di quanto non
faranno pi tardi i situazionisti , come messa-in-ordine intesa come la forma attrave
rso la quale l azione senza scopo viene messa in sicurezza. Dato che l ente, cio il mo
ndo reale, risulta svalutato al termine del processo metafisico del nichilismo c
he si completa nell umanismo, agli uomini non resta che organizzarlo meccanicament
e. La tecnica, considerata come tecnica-per-l economia, come strumento d ordine feli
ce, non pi che il mezzo di saccheggio della terra . Questo circolo di usura per il co
nsumo, scrive ancora Heidegger, l unico processo che caratterizza la storia di un mo
ndo diventato non-mondo (Unwelt). Questo mondo della svalorizzazione del reale e
del misimpiego della tecnica, cio la sua utilizzazione nichilista ed umanista, il
suo utilizzo assurdo come strumento di una metafisica decaduta (la morale della
ricerca della felicit), giunge all esclusione di questo fattore essenziale, la dist
inzione di nazioni e di popoli. Heidegger aggiunge: Come la distinzione di guerra
e pace divenuta caduca, cos scompare anche la distinzione del nazionale dall intern
azionale. Chi pensa, oggi, da europeo non deve pi temere che gli si rimproveri d esse
re un internazionalista. Ma anche vero che non pi un nazionalista poich non ha meno
riguardo del bene delle altre nazioni che al suo proprio.
Questa usura dell ente, secondo Heidegger, deve intendersi, non tanto come l era del
l egalitarismo ma come il regno dell uniformit: Prima di tutte le differenze nazionali
, questa uniformit dell ente provoca l uniformit della direzione, per la quale tutte l
e forme politiche sono soltanto uno strumento di direzione tra altri. Dato che l
a realt consiste nell uniformit di un calcolo traducibile attraverso dei piani, biso
gna che l uomo stesso entri in questa uniformit se vuole restare in contatto con il
reale. Un uomo senza uni-forme , oggi, produce gi un impressione d irrealt, come un corp
o estraneo, straniero, nel nostro mondo. L ente si estende in un assenza di differen
za che non padroneggiata se non da un azione ed un organizzazione disciplinate dal pr
incipio di produttivit . Quest ultimo sembra comportare un ordine gerarchico, ma, in
realt, fondato sull assenza di qualsiasi gerarchia ( ) visto che lo scopo della produ
zione non nulla di pi che il vuoto uniform e. ( ) L assenza di differenza che accompa
gna l usura totale proviene da una volont positiva di non ammettere alcuna gerarchia,
conformemente al primato del vuoto di tutti gli intenti.
Heidegger oppone dunque la volont positiva dell era nichilista alla volont di potenz
a, che salute, perch comporta un progetto ed un disegno gerarchizzante. La sempli
ce volont che governa, razionalmente, economicamente, il nostro mondo appartiene
al settore della ricerca inautentica di una stabilit felice. La volont di potenza
dipende al contrario dal divenire. Heidegger nota: La terra appare come il non-mo
ndo dell errante. Dal punto di vista della storia dell essere, l astro errante . Ma qui
facile farsi un idea sbagliata. Poich Heidegger condanna e glorifica allo stesso t
empo la tecnica mentre oppone la volont di potenza alla volont positiva, chiamata
anche volont senza scopo .
Confrontiamo, per capire meglio, due citazioni di Heidegger. La prima questa: La
betulla non supera mai la linea del suo possibile. Il popolo delle api abita nel
suo possibile. La volont sola, che da ogni parte si installa nella tecnica, scuo
te la terra e la impiega nelle grandi fatiche, nell usura dell artificiale ( ) Le prat
iche che organizzano questa costrizione e la mantengono dominante, nascono dall es
senza della tecnica che non altro che la metafisica in via di completamento. L uni
formit completa di tutte le cose umane della terra, sotto il dominio della volont
di volont, fanno emergere il non-senso di un azione umana posta come assoluta.
Siamo partiti, apparentemente, da una condanna, un rifiuto della tecnica. E di f
atto, per quelli che, nella loro lettura, restano a questo stadio, sembra propri
o che Heidegger si preoccupi di questa epoca di dominio della terra dove, come d
iceva Hegel nella Fenomenologia dello Spirito, la coscienza assoluta di s diventa
principio del pensiero. Ma vediamo ora la nostra seconda citazione. In La questio
ne della tecnica, Heidegger dichiara: La tecnica non ci che pericoloso. Non v nulla
di demoniaco nella tecnica, ma c il mistero della sua essenza. l essenza della tecni
ca, poich essa un destino di svelamento, ad essere il pericolo ( ) La minaccia che
grava sull uomo non proviene dalle macchine. L idea, questa volta, completamente dive
rsa. Il rischio, inteso da Heidegger ad un tempo come un pericolo ed una nobilt,
proveniva infatti dal processo storico della Commissione. per questo che Heidegg
er aggiunge, citando di nuovo Hlderlin: Ma dove pericolo, l sorge anche ci che salva.
Ci che salva dunque anche ci che costituisce il pericolo . L elemento salvifico, come
mento che minaccia, risiede nell essenza della tecnica, in altre parole nella volo
nt di potenza divenuta coscienza voluta. Dove il pericolo , cio nel cuore del processo
tecnico dell impiego dell umano e della terra, l anche , cio in questo stesso luogo dove
si scatena la tecnica, cresce ci che salva, cio osserviamo, in virtuale divenire, ci
che imporr nuovi valori.
La volont di potenza, latente ed incosciente nella tecnica, presente ma occultata n
ella Commissione, pu diventare autocosciente e farsi carico della Commissione. Al
la volont-senza-scopo pu succedere la volont dotata di progetto. E poich l essenza del
la tecnica, la Commissione, si confonde con il declino della metafisica, questa
essenza ha necessariamente ereditato di ci che sgorgava, di ci che serpeggiava in
seno alla metafisica occidentale, la volont di potenza. La terza et sar allora quel
la dove la volont di potenza potr nascere, esplodere nella luce della chiara cosci
enza. Occulta, metafisica o cristiana, nella sua prima et, la volont di potenza si
esprimeva soltanto nel logos. Dionisiaca nella sua seconda et, quella della tecn
ica moderna dell attuale epoca nichilista, pu ormai assumersi in quanto tale, ricon
oscersi come atto progettato di potenza, in quella che abbiamo chiamato l et apolli
nea (poich Apollo colui che padroneggia, con l ordinamento pianificato e rigoroso d
ell intelletto, ma che, allo stesso tempo, d senso e valore, che rende religioso il
mondo organizzato).
Dal nichilismo stesso rinascono cos dei valori. Come nei versi citati di Hlderlin,
Heidegger ha scritto in La questione della tecnica: Salvare (retten) significa r
icondurre all essenza (nel senso di natura profonda ) al fine di farla apparire per l
a prima volta, nel modo che le proprio. Se l essenza della tecnica, la Commissione
, il pericolo supremo ( ) allora, occorre che sia precisamente l essenza della tecni
ca ad ospitare in s la crescita di ci che salva.
Quali valori la volont di potenza divenuta cosciente presenter ? Per rispondere a que
sta domanda, Heidegger procede per allusioni poetiche e mitiche. Chiudere i nuov
i valori in una definizione razionale , ci significherebbe in effetti, in anticipo,
de-valorizzarli, ucciderli in nuce e, di gi, gettare le basi di un altro nichilismo
. Quindi Heidegger si limita, ritrovando un gesto di sovranit immemoriale, a indi
care il cammino, dicendoci che il sentiero dei nuovi valori conduce verso una nu
ova Grecia, alla quale d il bel nome di Abend-Land, termine che non si potrebbe c
erto tradurre con Occidente (Abendland) e che stato qui reso con il neologismo gre
co Esperia (dal greco hespera, la sera ), nel quale risuona il Leitmotif della speran
za. Nel testo Perch i poeti, Heidegger ha scritto: Coloro che rischiano di pi portan
o ai mortali la traccia. Coloro che rischiano: abbiamo visto che il rischio era s
ubire il cammino della Commissione tecnica rendendola cosciente della volont di p
otenza. La traccia il sentiero nella foresta dove possiamo scegliere di addentra
rci. Ma dove conduce questa traccia? Chi inseguiamo? Verso quale mondo ci conduc
e? Heidegger risponde: Coloro che pi rischiano portano ai mortali la traccia la trac
cia degli di sfugge nell opacit della notte del mondo.
VI. L esperiale
Ogni meditazione su ci che oggi pu sorgere e svilupparsi solo se, mediante un dialo
go con i pensatori greci e il loro linguaggio, affonda le radici nel fondamento
della nostra esistenza storica. ( ) Ci che stato pensato e poetato agli albori dell a
ntichit greca oggi ancora presente, cos presente che la sua essenza rimasta chiusa
ad esso stesso ci sta davanti e ci viene incontro da ogni parte. Per esperiment
are questo presente della storia, dobbiamo liberarci dalla rappresentazione stor
iografica che ancora domina il nostro modo di vedere la storia.(Heidegger, Scienz
a e meditazione in Saggi e discorsi, Mursia, pp. 29-30).
Per quanto seccante ci possa apparire agli occhi di taluni, proprio agli dei grec
i che pensa Heidegger quando evoca la traccia di ci che deve essere ritrovato e che
la volont di potenza deve potere restituire come valori agli europei. dunque ver
amente una sorta di paganesimo ci che Heidegger assegna ai tempi moderni. Al mondo
disperato dell umanismo razionalista, oppone l avvento, nel cuore della civilizzazio
ne tecnica moderna, del sacro (das Heilige). Lo chiama con tutti i suoi voti att
ingendo alle opere di Hlderlin e di Rilke, poeti dell essenza e del ritorno degli di
. I testi sono chiari: la salvezza , per Heidegger, proverr da un nuovo inizio greco
, cio il ritrovamento dell accordo, sotto una forma storica diversa, di sacro e tec
nica, esattamente come all alba della storia ellenica. Cos potr compiersi l Eterno rit
orno dell identico, che Nietzsche aveva presentito senza potergli conferire un con
tenuto. Accoppiare l irrazionale del sacro e l immanente materialismo della Commissi
one tecnica, la razionalit pianificata della mobilitazione della terra e l ispirazi
one romantica che pu suscitare la rinascita del sentimento religioso greco, ecco qu
ale scopo Heidegger intende assegnare alla volont di potenza.
L Esperia, la terra del tramonto (Abend-Land), segna allora ci che deve diventare l Occ
idente, che deve negarsi e superarsi negandosi, per riprodurre, sotto un altra for
ma, quella della immanenza sacra dei valori terrestri e tecnici, la visione del
mondo di quell alba che costitu l ellenismo presocratico. Cos, questa stessa Grecia ch
e, a seguito dello platonismo, acclimat in Europa la metafisica ed il giudeocrist
ianesimo, destinata, nel nostro presente, a sormontarnne la memoria. inseguendo,
sulle loro tracce, gli di greci che avevamo dimenticato in quanto passato, ma ch
e sono chiamati ora a sorgere nel nostro avvenire, metamorfosati che potremo rig
enerare la nostra storia.
In Perch i poeti, Heidegger cita l Inno dei titani di Hlderlin:
e perch i poeti nel tempo del bisogno?
Ma sono, dici, come i sacri sacerdoti di Bacco
Che di paese in paese, errano nella notte santa.
Il poeta, come il pensatore, nel mezzo della notte, al culmine del nichilismo e
dell oblio, annuncia il mattino. Dio morto, diceva Nietzsche. Occorre ritrovare gli di
risponde Heidegger, ma dando a questo termine un senso ben diverso da quello ci
che intendevano i greci. Gli di significano qui il ri-avvento del sacro, allo ste
sso tempo mitico e consapevole, destinato a fondare una rigenerazione della stor
ia. Heidegger costretto ad esprimersi attraverso un allegoria poich, a questo grado
del pensiero, esce dal logos e d al suo discorso lo status di mito fondatore: Il
dio del tralcio (Dioniso) salvaguarda ( ) il luogo ferico dell unione di di e uomini.
soltanto in un tale luogo, se mai ve ne sia uno, che possono restare tracce deg
li di nascosti, per gli uomini privati degli di ( ). I poeti sentono la traccia degl
i di fuggiti e mostrano ai mortali, loro fratelli, il cammino della svolta. ( ) Ecc
o perch, nel tempo della notte del mondo, il poeta dice il sacro. ( ) Sta a noi imp
arare ad ascoltare il dire di questi poeti.
Questa rigenerazione della storia, alla quale Hlderlin, attraverso Heidegger, ci
chiama, rischiosa. Ma questo rischio va di pari passo al carattere inquietante (
unheimlich) dell umano. Ora, per i greci, l umano non soltanto inquietante (deinon);
esso tende al sovrumano, ed in ci che esso la cosa pi terribile (to deinotaton). He
idegger cita il frammento 52 di Eraclito: Il tempo del mondo un bambino, che gioc
a ai dati; di un gioco da bambini il regno. Lo commenta in questi termini: Al risc
hio appartiene il progetto nel periglio. Il fatto che il ritorno degli di non deve
comprendersi come una fuga verso gli di della Grecia antica, paganesimo da museo d
i cui si prende gioco Heidegger, assimilandolo all inanit contemporanea delle creden
ze religiose . Questo ritorno sar il nuovo cominciamento greco, la riconciliazione tr
a la scienza e la filosofia , tra la tecnica planetaria e la poesia , tra la strumentali
t e la spiritualit, tra la soggettivit alle prese con la materia ed il sacro. Quest
a riconciliazione, operata nel senso della Volont di Potenza, ci rimetter in una s
ituazione destinale identica a quella dell alba fondatrice greca (ma non in una si
tuazione simile, poich, nel frattempo, la coscienza europea ha acceduto alla fase
epocale della concezione del mondo).
La traccia degli di fuggiti via, inseguimento inquietante, ci conduce dunque ad u
n nuovo inizio che non ha nulla di un ritorno all indietro verso un passato conosc
iuto, ma che si rivolge risolutamente verso ci che c di pi rischioso nella modernit.
In una delle sue conferenze, Heidegger precisa quale potrebbe essere l augurio di
questo nuovo inizio: utilizzando il termine volont, elegge questa, tramite la scie
nza , a custode del destino del popolo, a volont di una missione spirituale e storica
del nostro popolo. Cos, il nuovo inizio greco pu inaugurare la presenza (Anwesenhei
t) del sacro nella coscienza storica e l avvento del popolo
e non pi dell atomo indiv
iduale come modo della soggettivit.
Il sorgere esperiale di questa nuova Grecia pensato come una rottura storica (Aufbru
ch), come un uscita violenta (Ausbruch) dalla modernit inautentica del nichilismo u
manista, ma anche come irruzione (Einbruch) del futuro rischioso nel nostro conf
ortevole presente in cui la scienza voluta come strumento della felicit . Questa irr
uzione pu compiersi soltanto in modo violento, come una rottura (Zerbrechen), inqui
etante e non pacifica, e cos ci far rientrare nella storia da cui rischiamo di usc
ire. Portata dal fiume del divenire, la coscienza che avr vissuto questo nuovo in
izio greco, dovr comprendere il mondo come dissodamento (Umbruch), come lavoro di a
bbattimento.
Ritroviamo cos la metafora mitica della foresta e del boscaiolo. Gi abbiamo detto
che seguire lo Holzweg ci condurrebbe nella foresta, al cuore del nostro lavoro. E
d proprio di un lavoro da boscaiolo che si tratta. Il rischio della storia assom
iglia al lavoro dei boscaioli: spezzare (brechen) gli alberi e sopravvivere al p
ericolo della loro caduta. Dove li conduce il sentiero? Ci conduce al paese dei
boscaioli, che vive sotto il segno della mistura (Bruch). Ricordiamo allora la sen
tenza eraclitea panta rei (tutto scorre ritmicamento, tutto scorre rompendosi),
il cui vero significato non diverso da: il mondo scorre tramite rotture successiv
e.
Ma quale sar il primo lavoro del boscaiolo, quello che accompagner il dissodamento
? Sar la dislocazione (Auseinanderbrechen) del vecchio mondo. Questa distruzione
riguarder una certa visione che avevamo del nostro passato. Il nuovo inizio greco
suppone infatti inizialmente la distruzione di un passato e la scelta di un alt
ro. Ma questo nuovo passato non potrebbe essere considerato in una temporalit prece
dente, situata dietro noi, come pia memoria ; il suo carattere di novit proviene dal
fatto di sorgere, per nostra volont, dinanzi a noi. Dinanzi , cio deve essere compre
so secondo il modo del far-sorgere (er-springen) (come il paese del boscaiolo emerge
dinanzi ai passi dell avventuroso viandante) e del pro-venire (geschehen). Cos solta
nto il passato greco sar storia , cio origine ad-veniente (Geschichte).
In una delle sue conferenze, Heidegger dichiara: L inizio ancora l. Non dietro noi c
ome ci che stato molto tempo fa, ma sta davanti a noi. L inizio ha fatto irruzione
(Einbruch) nel nostro avvenire, si erige da lungi, come una disposizione lontana
attraverso di noi, la sua grandezza che dobbiamo raggiungere ( ) Noi vogliamo noi
stessi. Poich la forza giovane di un popolo, la sua forza pi giovane che al di l d
i noi, si impadronisce della via che si ha deciso. Lo splendore e la grandezza d
i questa partenza che rottura, la capiamo interamente se abbiamo in noi il sangu
e freddo profondo e vasto che l antica sapienza greca ha espresso cos: Ogni grandez
za nell assalto.
La coscienza contemporanea e le sue filosofie non sono ancora giunte a farla fin
ita con l umanismo. Il suo cadavere si decompone in umanitarismo. Ma il lancinante
discorso morale del nostro tempo, il suo conformismo carcerario, suona come un
discorso crepuscolare. Siamo lontani dai lampi ottimisti delle ideologie umanita
rie del progresso. Le ideologie e gli intellettuali, sempre attaccati alle probl
ematiche dell ideale morale, sono allo stesso tempo coscienti di trovarvisi rinchi
usi e del fatto che uscirne risulterebbe loro insopportabile (poich ci li costring
erebbe a seguire l angosciante cammino della filosofia nietzscheana oltre il bene
ed il male). L attaccamento alla morale umanitaria, in filosofia dei valori come i
n politica, prende allora tutto il suo senso: quello di una coscienza infelice,
decaduta, piagnucolosa, spettatrice collerica e frignona dello svanire delle sue
utopie. In termini heideggeriani, quest atteggiamento della coscienza contemporan
ea pu essere analizzato come una incapacit storiale di guadagnarsi un nuovo stadio d
ell esistenza. Al contrario, scrive Heidegger, L uomo la cui essenza quella voluta a
partire dalla volont di potenza, ecco il superuomo (bermensch), quello che deve de
tenere la potenza irresistibile (bermacht) soffrire per compiere la sua sovranit (H
olzwege [edizione italiana: Bompiani, 2002]). La coscienza umanista condannata a
vivere con il suo inessenziale (Unwesen), poich essa sgorga fuori fase rispetto
al divenire storiale dei tempi moderni, che svela l essenza della volont di potenza.
La necessit si dispiega, scrive ancora Heidegger, di andare al di l del vecchio uomo,
di superarlo ( ) Il vecchio uomo vorrebbe continuare ad essere il vecchio uomo; a
llo stesso tempo, gi colui che consente all ente, di quest ente il cui essere cominci
a a manifestarsi come volont di potenza (ibid.)
vale a dire di questo mondo che re
nde cosciente di se stessa la volont di potenza come principio del suo divenire.
Il vecchio uomo subisce se stesso; come affetto da schizofrenia. Rifiutando di r
inunciare alla modernit, non intende ammettere d altronde l installarsi della Volont d
i Potenza. La sua posizione intenibile. La fisica nucleare o l ingegneria genetica
urtano la sua coscienza, ma non ha n la forza n la volont di abbandonarle. Allora,
queste tecniche lo dirigono. Diventa il loro impiegato. Si pone lui stesso pi in
basso delle macchine e delle tecniche che lo adoperano.
Heidegger installa dunque in una soggettivit intesa come destino di un popolo e d
i una comunit il luogo del volere del superuomo. Questi due elementi, la volont di p
otenza e la definizione del suo luogo di compimento, tuttavia non sono presentat
i allo stesso tempo, ed solo comparando i testi che si ottiene la chiave del pen
siero di Heidegger: il nuovo luogo dei valori sar l ordine cosciente di una volont d
i potenza in grado di utilizzare la scienza e la tecnica attraverso un diverso l
ivello storiale di coscienza umana.
Unicamente la lotta per il regno della terra ormai suscettibile di fondare nuove t
avole di valori e restituire un senso sacro all esistenza della coscienza. Suprema
ironia della storia, relegando il sacro fuori del mondo, la metafisica ha svalu
tato il luogo dove poneva e nominava i suoi valori
il sovrasensible. Allo stesso
tempo, senza volerlo, ha contribuito a liberare nel mondo la volont di potenza e
a far tornare, con una forza virtuale ben pi considerevole che ai tempi pagani,
il sacro al suo luogo d origine: la coscienza umana come parte inseparabile della
natura. Commentando questo processo, Heidegger scrive: La terra diventa il centro
di qualsiasi posizione e di ogni dibattito, oggetto di un assalto permanente
e
questo conferma la previsione fatta in La gaia Scienza [versione originale onlin
e] Verr il tempo in cui s inizier la lotta per il regno della terra, ed essa avverr i