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IL GIOCO
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IL GIOCO COME
COMPORTAMENTO
OSSERVABILE
Il gioco di esercizio
Il gioco simbolico
JEAN PIAGET
LEV VYGOTSKIJ
GEORGE MEAD
GREGORY BATESON
IL GIOCO COME
COMPORTAMENTO
OSSERVABILE
GIOCO SENSOMOTORIO
I GIOCHI DI FANTASIA
IL GIOCO DI FANTASIA: LE
REGOLE
Il gioco simbolico
Il gioco simbolico
IL GIOCO SIMBOLICO
LA FUNZIONE SEMIOTICA
LA FUNZIONE SEMIOTICA
GIOCO E LINGUAGGIO
GIOCO E LINGUAGGIO
IL GIOCO SIMBOLICO E
LINGUAGGIO
GIOCO E LINGUAGGIO
GIOCO E LINGUAGGIO
IL LINGUAGGIO EGOCENTRICO
IL LINGUAGGIO
EGOCENTRICO
PENSIERO EGOCENTRICO
IL GIOCO E LE COMPETENZE
SOCIALI
LE COMPETENZE SOCIALI
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2.
3.
LE COMPETENZE SOCIALI
ETA PRESCOLARE
Dai 6 anni alla pubert: industriosit/inferiorit: il tema ricorrente io sono quello che
imparo. Esperienze positive danno al bambino un sentimento di competenza e di
padroneggiamento, al contrario, il fallimento porta con s un senso di inadeguatezza e
di inferiorit.
LE COMPETENZE SOCIALI
Autoregolazione
Lautocontrollo viene raggiunto a 24 mesi: il bambino
interiorizza le prescrizioni ed il controllo degli adulti.
Lautoregolazione intesa in senso ampio, include non solo
unautonomia fisica ma anche una percezione pi realistica del
pericolo, la coscienza morale, la capacit di resistere alle
tentazioni.
Il processo dinteriorizzazione delle norme parentali, la
possibilit di renderle sensibili al contesto, di interpretarle e di
giungere quindi allautoregolazione avviene allinterno di routine
domestiche.
Le routine sono delle attivit ricorrenti e prevedibili che
caratterizzano la vita sociale. Sono fortemente dipendenti da un
contesto.
1.
2.
LE COMPETENZE SOCIALI:
LE ROUTINE
ROUTINE E
TEORIA DELLA MENTE
GIOCO E COMPETENZE
SOCIALI
ETA PRESCOLARE
GIOCO E COMPETENZE
SOCIALI
ETA SCOLARE
Nellet scolare 5-11 anni, sul piano sociocognitivo si riscontrano
notevoli progressi. Questi progressi sono il risultano sia dei
processi avviati nellet precedente, sia dalle nuove esigenze
poste dal sistema scolare.
IL GIOCO DI GRUPPO
Nel gioco di gruppo i bambini fanno esperienze interattive
di diverso tipo: accettazione, rifiuto, isolamento.
Sembrerebbe (Putallaz, 1983) che:
i bambini pi ricercati (popolari) sono quelli capaci di
giocare senza imporsi, che usano strategie per
mantenere relazioni;
I turbolenti, molto attivi, loquaci e poco collaborativi
rischiano di diventare dei rifiutati;
I bambini isolati sono timidi, poco aggressivi, insicuri,
svolgono attivit solitarie, evitano attivit diadiche.
D.ssa Luciana Fenu
LE INTERAZIONI PROSOCIALI
E AGGRESSIVE
LE COMPETENZE SOCIALI
LE COMPETENZE SOCIALI
LA PSICOMOTRICITA:
come rilevare le difficolt attraverso il
gioco
PSICOMOTRICITA E GIOCO
PSICOMOTRICITA E GIOCO:
COSA OSSERVARE
COSA VEDO
COSA SENTO
PSICOMOTRICITA E GIOCO
COSA VEDO
Lattenzione orientata verso lesterno e permette
di osservare i dati oggettivi del bambino in
relazione con se stesso,
con laltro,
gli oggetti,
lo spazio
il tempo
D.ssa Luciana Fenu
PSICOMOTRICITA E GIOCO
COSA SENTO
Lattenzione orientata verso linterno con
lintenzione di portare alla consapevolezza
Le proprie sensazioni
Percezioni
Emozioni
Riflessioni
D.ssa Luciana Fenu
PSICOMOTRICITA E GIOCO
Losservazione
Si utilizza lintegrazione tra un metodo
descrittivo, che prevede una raccolta di dati
oggettivi secondo i parametri psicomotori (o
tenendo conto delle tappe dello sviluppo del
bambino) ed il metodo dellosservazione
partecipata che permette di rilevare gli elementi
soggettivi attraverso il vissuto di chi osserva.
F. Montecchi
Realizzare un intervento efficace presuppone
di:
1. Sapere (conoscere i contenuti teorici relativi al
problema)
2. Saper fare (applicare le procedure operative
adeguate)
3. Sapere essere (conoscere e gestire lemozioni)
D.ssa Luciana Fenu
G. Moretti
Osservare significa non soltanto registrare dei
fenomeni, ma anche prendere atto delle
situazioni, dei contesti, delle condizioni in cui tali
fenomeni hanno luogo.
Osservare
con distensione, sospendere il
giudizio, cercare di comprendere e non di
chiarire (atteggiamento naif).
D.ssa Luciana Fenu
2.
3.
COSA OSSERVARE:
Rapporto con il proprio corpo: uso del tono, della postura, del
movimento, dello sguardo, della mimica, della voce. Si osserva se luso del
corpo adeguato e adatto a quanto la situazione richiede, o se sfugge al
controllo. Si rilevano larmonia, la congruenza, le contraddizioni dei diversi
canali allinterno del gioco.
Il mantenimento del piano del gioco-realt: larmonia e la congruenza
tra i diversi segnali non verbali ci permette di identificare il piano di realt,
mentre lincongruenza degli stessi ci permette di identificare il piano
simbolico.
Il collegamento e lintegrazione tra lintenzione, lazione e
lemozione: il fare del bambino in unattivit d gioco sviluppa sempre un
tema, che costituisce il filo logico, imprime una direzione al gioco e ne
definisce il contenuto. Lintenzione di gioco, lazione e lemozione guidano
il controllo del movimento del corpo, dei suoi segmenti nellinvestimento
dello spazio, del tempo e degli oggetti.
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6.
RILEVARE LE DIFFICOLTA:
I DISORDINI DEL LINGUAGGIO
Che fare:
3-5 anni: giochi di alternanza, giochi di ruolo che tengano conto di alcune regole
comunicative:
1.
scambiarsi i turni nel dare e ascoltare istruzioni
2.
Chiedere e ascoltare le richieste
3.
Ottenere lattenzione di qualcuno
4.
Fare domande dare risposte
5.
Dare informazioni
6.
Dire Si e No
6-8 anni: se il bambino ha imparato modi pi appropriati di comunicare con gli
altri. utile, successivamente, imparare a usare queste abilit per interagire
con maggiore efficacia con gli altri bambini:
1.
Interpretare la comunicazione verbale e non verbale,
2.
Consapevolezza delle regole della conversazione
3.
Abilit di inferenza e di linguaggio logico sequenziale e temporale, ecc.
D.ssa Luciana Fenu
RILEVARE LE DIFFICOLTA:
I disturbi della coordinazione
motoria
Patogenesi:
secondo alcuni autori la disprassia dello sviluppo da imputarsi
ad un disordine simbolico/concettuale: difficolt nella
rappresentazione astratta del gesto, le sequenze sono alterate o il
corpo viene utilizzato come oggetto (difficolt nella
simbolizzazione dellazione). Il riscontro frequente tra disordini
del linguaggio e disordini prassici ipotizzano che alla base di
entrambi vi sia un disturbo di un sistema simbolico comune, che
si esprime nella comunicazione gestuale e linguistica.
Dewey ritiene che possano essere attribuiti a deficit del controllo
della sequenza temporale, del controllo della forza e
dellorganizzazione spaziale del movimento.
Prestazioni scadenti nei giochi di movimento, dimitazione di
gesti, nelle prime attivit grafomotorie e costruttive.
Le emozioni in gioco
Il bambino ansioso
In situazione nuove si tiene in disparte, ritirato, apparentemente
poco interessato e poco disponibile alle proposte avanzate, talora
sospettoso.
Leloquio: il tono di voce pu essere basso, piatto, eloquio lento,
povero di contenuti, spesso costituito da risposte brevi alle
domande rivolte.
Qualit del rapporto: cerca continue rassicurazioni.
Il gioco: presenta contenuti adeguati ma modalit di svolgimento
spesso ripetitive al fine di evitare limprevedibile, il cambiamento.
Questultimo, quando proposto, ingenera timore e inibizione,
aumento delle richieste di conferma e di rassicurazione.
Le emozioni in gioco
Il bambino depresso:
Caratteristiche: alterazione del tono dellumore, espressione di tristezza caratterizzata
da povert della mimica, sguardo inespressivo, rarit del sorriso, pianto per motivi
futili, povert espressiva della postura.
Leloquio: scarsa iniziativa verbale, alterazioni della prosodia. Il tono di voce pu
essere piatto, basso, leloquio lento e povero di contenuti o al contrario tono di voce
alto, eloquio rapido, contenuti confusi.
Il comportamento: riduzione dei livelli di attivit, scarsa iniziativa, inibizione,
rallentamento psicomotorio. Molto spesso le alterazioni delle attivit sono
caratterizzate da comportamenti ipercinetici e condotte aggressive.
Linterazione sociale: tendono ad evitare le occasioni dincontro con gli altri e, quando
inseriti nellambito del gruppo, assumono atteggiamenti passivi o tendono ad isolarsi.
Il gioco: i contenuti sono poveri di creativit e si collocano spesso ad un livello
inferiore rispetto a quanto atteso per et; le proposte di cambiamento vengono
accettate passivamente senza generare alcuna apparente reazione emotiva; spesso
necessario sollecitarlo perch svolga quanto avviato. In genere c scarso interesse per
loggetto, ridotta partecipazione, impoverimento della creativit.
Lemozioni in gioco
Il bambino con DDAI
Il DDAI una sindrome comportamentale caratterizzata da impulsivit, iperattivit e
inattenzione (facile distraibilit). La semplice osservazione del bambino permette di
rilevare facilmente gli elementi caratterizzanti il disturbo:
Entra nella stanza (irruente)
Investe lo spazio (caotico)
Si rapporta alloggetto (frenetico)
Aderisce alle proposte delladulto (superficiale)
Si impegna nel compito (discontinuo)
Resiste alle distrazioni (inadeguato)
stata sottolineata lesistenza, nel bambino iperattivo, di un disturbo nella formazione del
S corporeo e dei suoi confini che permette di controllare lazione.
Il DDAI comincia in genere a manifestarsi con linizio della deambulazione autonoma, i
livelli di attivit possono presentare un picco intorno ai tre anni. In et prescolare per
difficile formulare una diagnosi differenziale con altri disturbi, ci rende necessario la
formulazione di una diagnosi spesso provvisoria.
Lemozioni in gioco
Il bambino con DDAI
Lemozioni in gioco
Lemozioni in gioco
Lemozioni in gioco
Che fare
Le linee guida per il DDAI (2006) suggeriscono interventi di tipo psicoeducativo:
modificare lambiente fisico e sociale al fine di modificarne il
comportamento.
Gli interventi sono focalizzati a garantire al bambino una maggiore struttura,
maggiore attenzione e minori distrazioni. Parent training e consulenza agli
insegnanti.
Riassunto delle linee guida:
1.
Regole chiare,
2.
Istruzioni concise
3.
Conseguenze positive o negative immediatamente dopo il comportamento
avvenuto,
4.
Strategie positive prima di utilizzare tecniche di punizione.
Lintervento psicomotorio, viceversa, centra lattenzione sul corpo,
sullinvestimento positivo del s corporeo per cercare di favorire il
passaggio dallazione alla rappresentazione dellatto, cio al pensiero.
D.ssa Luciana Fenu
Lemozioni in gioco
Laggressivit nel bambino
B. Aucouturier:
laggressione, per il bambino il mezzo per segnalarci il suo rifiuto, un richiamo
per essere sentito, ascoltato, riconosciuto, amato, per uno stare meglio
esistenziale; in fondo una richiesta di comunicazione.
Lautore individua tre forme di manifestazioni aggressive nel bambino:
1.
Una forma estravertita: il bambino iperinveste il mondo esterno. Lo spazio,
gli oggetti, le persone sono luoghi dei suoi eccessi violenti;
2.
Una forma intravertita: linibizione, nella quale il bambino non investe il
mondo esterno. La sua motilit tonica-emozionale rimane potenziale ma
bloccata nel suo esternarsi;
3.
Una forma ancora pi introvertita: lautoaggressione, durante la quale il
bambino non investe il mondo esterno.
Lemozioni in gioco
Aucouturier intravede, nel bambino inferiore a 8 anni, unevoluzione delle
modalit dinvestimento delle manifestazioni aggressive:
1. Le manifestazioni aggressive senza mediazione: riguardano il passaggio allatto
puro, il bambino ignora la specificit degli spazi, il senso di utilizzazione degli
oggetti, dei materiali e delle parole. Le scariche aggressive sono violente e di
breve durata, e si alternano a momenti di comunicazione tollerabili.
2. Le manifestazioni aggressive mediate: produzioni gestuali e vocali ritualizzate
che evitano il passaggio allatto (forma presimbolica);
3. Manifestazioni aggressive derivate: possono operare sia sullo spazio, sia sugli
oggetti.
La tecnica quella di far evolvere laggressione del bambino verso forme
dinvestimento simbolico accettabili, riconosciute sul piano sociale.
ELEMENTI DI AIUTO
ELEMENTI DI AIUTO
LA RELAZIONE EDUCATIVA
LA RELAZIONE EDUCATIVA
LA RELAZIONE EDUCATIVA
1.
2.
LA RELAZIONE EDUCATIVA
Come facilitarla:
1. Accettazione incondizionata e attribuzione di
valore positivo.
2. Ascolto attivo, conoscenza, comprensione.
3. Proattivit, stimolo, aiuto, decisione,
accompagnamento, azione orientata, guida,
attese
D.ssa Luciana Fenu
Accettazione incondizionata e
attribuzione di valore positivo
La relazione educativa
LO SGUARDO VALORIZZANTE