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in Faenza
in Faenza
Museo Internazionale
delle Ceramiche
in Faenza
e-mail: micfaenza@provincia.ra.it
Provincia di Ravenna
Museo Internazionale
delle Ceramiche
in Faenza
testi di
Provincia di Ravenna
Pubblicazione realizzata
sotto legida dellIstituto per i Beni Artistici,
Culturali e Naturali
della Regione Emilia-Romagna
Collana diretta da: Gianfranco Casadio
Settore Beni e Attivit Culturali
della Provincia di Ravenna
Testi: Gian Carlo Bojani
Corredo bibliografico: Lorella Ranzi
Selezione apparati fotografici e didascalie:
Elisabetta Alpi, Brunetta Guerrini
Cura redazionale: Jolanda Silvestrini, Eloisa Gennaro
Progetto editoriale: Image (Ravenna)
Coordinamento: Tiziano Fiorini
Art director: Massimo Casamenti
Progetto grafico: Rita Ravaioli
Logo del Sistema Museale: Marilena Benini
Referenze fotografiche: Archivio fotografico del MIC
Fotolito e stampa: Arti Grafiche Stibu
Copyrigth 2000 Provincia di Ravenna
Piazza Caduti per la Libert, 2/4 - 48100 Ravenna
e Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
Via Campidori, 2 (sede amministrativa) - 48018 Faenza (Ra)
vietata la riproduzione non espressamente
autorizzata anche parziale o ad uso interno
o didattico con qualsiasi mezzo effettuata
All rigths reserved/Printed in Italy
Finito di stampare nel mese di giugno 2001
Indice
Scheda 6/7
Premessa 9
1. Origine e sviluppo del Museo 10
2. La maiolica o faenza smaltata attraverso i secoli a Faenza 16
5
3. La ceramica a Faenza nel XX secolo 38
>
Scheda
Museo Internazionale
delle Ceramiche
Viale Baccarini, 19
48018 Faenza (Ra)
tel. 0546 697311
fax 0546 27141 - 697318
e-mail: micfaenza@provincia.ra.it
http://www.micfaenza.org
6
Orario invernale:
1 novembre - 31 marzo
dal marted al venerd 9.00 / 13.30,
sabato 9.00 / 13.30, 15.00 / 18.00,
domenica e festivi
9.30 / 13.00 - 15.00 / 18.00
Ingresso Museo.
Orario estivo:
1 aprile - 31 ottobre
dal marted al sabato
9.00 / 19.00
domenica e festivi
9.30 / 13.00 - 15.00 / 19.00
Il museo chiuso:
luned, 1 gennaio, 1 maggio,
15 agosto, 25 dicembre
Per visite guidate rivolgersi a:
Pro Loco I.A.T.
Piazza del Popolo, 1
48018 Faenza (Ra)
tel. e fax 0546 25231
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Le superfici
> Situazione
antecedente il progetto
> Superficie
> Superfici
ad oggi
1.790
1.780
1.177
4.784
mq 9.955
di progetto
Esposizione
sezioni ceramiche retrospettive
sezione ceramiche moderne
altre sezioni (piastrelle, c. avanzati ecc.)
mostre temporanee (ex chiesa)
ingresso
Depositi
3.872
4.265
822
492
431
9.882
1.860
11.742
Laboratorio di restauro
Biblioteca
Servizi collaterali
Uffici
Totale (superficie disponibile alla fine dei lavori)
Terrazzi e cortili
964
1179
706
462
15.053
2.749
Premessa
9
Museo Internazionale delle Ceramiche
1. Origine e sviluppo
del Museo
a destra:
Sala didattica.
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Museo Internazionale delle Ceramiche
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da sinistra,
Sala Oriente.
Sala 900.
7. Il Museo provvede ai suoi scopi: a) con l'uso gratuito dei locali ceduti dal Comune
di Faenza; b) col sussidio annuo di L. 500 elargito dal Comune di Faenza; c) coi sussidi dei
Ministeri di agricoltura, industria e commercio e della pubblica istruzione; d) coi concorsi
degli enti locali; e) coi proventi delle entrate nei giorni non festivi; f) coi proventi della vendita dei cataloghi e delle riproduzioni; g) coi proventi ordinari delle oblazioni degli amatori
e dei fautori dell'opera; h) coi doni di oggetti, libri, stampati, ecc., che gli pervengono dai
corpi ufficiali e dai privati, cos nazionali che stranieri; i) con ogni altro mezzo, sia ordinario
che straordinario, che possa essere a sua disposizione.
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Museo Internazionale delle Ceramiche
14
Sala contemporanea
dei Premi Faenza.
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Museo Internazionale delle Ceramiche
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"Fabbriche come queste di ceramiche popolari... furono nella Faenza del Sette e dell'Ottocento assai pi numerose e attive di quel che si creda e se la storiografia ceramica non
ne ha fatto finora particolare menzione, ci dovuto al fatto che da noi si sempre
puntato a valorizzare solo gli aspetti pi nobili dell'arte ceramica".
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Museo Internazionale delle Ceramiche
a sinistra
Boccale con decoro geometrico.
Maiolica, Faenza,
seconda met del sec. XIV.
Tipologia arcaica (inv. 11358)
20
inizio
Quattrocento
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delle forme dei boccali, dei piatti, dei piattelli, diremmo a una incipiente
rinnovata progettazione - la qualit dello smalto e la variet e brillantezza
dei colori diverranno segno di una ormai matura padronanza tecnica e l'avvio
all'autonomia di un magistero. Non a caso s'apparentano a queste forme
i segni della diffusione dei canoni rinascimentali, che oltre a essere di carattere estetico mostrano una tensione di qualit tecnologica. Col moltiplicarsi
cos dei decori a foglie, fiori, animali, simboli religiosi, stemmi, raffigurazioni
antropomorfe - che paiono ampliare la loro destinazione a pi diversificata
committenza come quella monastica e borghese - la tavolozza diviene 'calda'
coi suoi turchini, verdi, viola, arancioni. Da questo momento il passo
brevissimo al grande spiegamento del fenomeno, che si rifletter anche sui
mercati del Veneto e delle Marche, dell'Umbria e dell'Abruzzo tanto che si
pervenne a vietarne ai faentini l'accesso o a gravarli di forti gabelle. Nel 1471
Maestro Gentile di Maestro Antonio Fornarini, di cui rimasta una "vacchetta" o libro dei conti, dipinge tutta una fornitura da farmacia, cio 31 orcette
a un soldo l'una e 20 albarelli a tre quattrini l'uno per Guglielmo, il quale poi
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Museo Internazionale delle Ceramiche
fine
Quattrocento
sotto da sinistra
Ciotola a pareti baccellate
decorata da motivo
ad occhio di penna di pavone
e stemma della famiglia faentina
Viarani al centro.
Maiolica, Faenza, fine del sec. XV.
Tipologia Rinascimentale
(inv. 14891)
Piatto decorato con motivi
detti alla palmetta persiana
e busto muliebre (Bella) al centro.
Maiolica, Faenza, fine del sec. XV.
Tipologia Rinascimentale
(inv. 30510)
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"Come le radici settentrionali di qualunque Alpe non sono ancora petrificate; e questo si vede
manifestamente dove i fiumi che le tagliano, corrono inverso settentrione li quali taglian
nell'altezza dei monti le falde delle pietre vive; e nel congiungersi colle pianure le predette
falde son tutte di terra da fare boccali, come si mostra in vai di Lamone fare al fiume Lamone
nell'uscire dal monte Appennino, far l le predette cose nelle sue rive".
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inizio
Cinquecento
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da sinistra
Piatto decorato da motivi
a grottesche ed al centro busto
maschile TOLOMEO. Maiolica
berettina. Faenza, prima met
del sec. XVI (inv. 7353)
Coppa traforata (crespina)
decorata al centro da un putto
con croce in mano. Maiolica,
Faenza, seconda met
del sec. XVI (inv. 15218)
pare diffondersi per la modellazione l'uso degli stampi come per le fruttiere le cosiddette "crespine" - spesso ornate al pari di albarelli e vasi di varie
dimensioni a "quartieri", e cio disegnate a sezioni dai fondi diversamente
colorati l'uno dall'altro con sovrapposti fogliami o grottesche. Nel contempo,
come produzione pi corrente, appaiono i servizi da tavola per gli ordini
monastici dalle brocche alle scodelle ai piatti di varie forme e dimensioni,
ornati a geometrizzazioni, a girali, raggiere, fogliame stilizzato e a foglie
d'ulivo, le cui tipologie permarranno a lungo e in qualit anche scadente sino
al Seicento.
met
Cinquecento
Verso la met del Cinquecento avviene nella produzione ceramica
faentina una novit di eccezionale rilievo. l'adozione dello smalto bianco
come dominante - diciamo cos - coloristica, mentre la tavolozza policroma
sinora squillante per tonalit si riduce a poche tracce rapide, diluite di turchino, giallo e arancio, sia nelle scene che rinnovano l'"istoriato" sia nei motivi
ad amorini, a stemmi e a fogliame, nei modi denominati da Gaetano Ballardini "del compendiario" e cio a disegno sommario. Ma al solo "bianco allattato" come lo definisce Cipriano Piccolpasso, il didascalico cinquecentesco
de Li tre libri dell'arte del vasaio, spesso si limita la realizzazione d'interi
servizi. Giorgio Vasari, nelle Vite, del Verrocchio, di Girolamo della Genga
e di Battista Franco scrive:
"... le migliori terre e pi belle sono quelle di Casteldurante e di Faenza che per lo pi le migliori
sono bianchissime e con poche pitture e quelle nel mezzo o intorno, ma vaghe e gentili affatto...".
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"nasce dal buon governo di chi l'ha nelle mani e soprattutto - egli aggiunse - io lodo
il cuocere due volte il suo accordo".
inizio
Seicento
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Museo Internazionale delle Ceramiche
Col procedere del tempo e fino a gran parte del Seicento, per
l'influenza del Manierismo prima e poi del Barocco, si trovano fra l'altro:
crespine abborchiate, sbalzate e traforate, piatti e conche lisce o modellate,
saliere le pi curiose, versatori bizzarri modellati a figure antropomorfe e zoomorfe, lampade a sospensione, calamai monumentali del tipo "microarchitetture", vassoi, anfore, salsiere, catini, vasi da farmacia, rinfrescatoi per
le bevande, trofei a forma di obelischi, catini da barba, fiasche sul tipo di
quelle da pellegrino, e cos via. Spesso tali oggetti recano stemmi gentilizi
o prelatizi, e sul retro la sigla della fabbrica che peraltro riscontrabile anche
nel vasellame non decorato a policromia.
Dello stesso spirito dei "bianchi", nel Cinque e nel Seicento, sono poi
i capi in smalto turchino intenso, con le 176 mezzette e mezzettine (boccali)
che a Virgiliotto avevano commissionato le suore di San Vitale di Bologna,
dello stesso tipo che, a leggeri decori di foglie con le iniziali di religiose,
si trovano nelle raccolte del museo faentino.
Verso la fine del Cinquecento si diffonde poi il genere della targa devozionale, soprattutto a "faenza" dipinta in policromia nel genere "istoriato"
ma anche modellata, di larghissima diffusione nel XVII secolo soprattutto
nella citt e nel contado faentino e che venivano inserite in facciate sopra
le soglie di case e palazzi, ma anche da conservare in casa come oggetto
devozionale.
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fine
Seicento
Quando le sorti della ceramica 'fine' faentina sembravano quasi segnate
verso la fine del Seicento per una serie complessa di ragioni socio-economiche (mentre la pignatteria comune e i vari contenitori in terracotta, come
i grandi vasi da bucato, continuavano a essere prodotti, ma in economia
chiusa, come indica sin dalla met del XVII secolo la fabbrica di Giovanni
Regoli, che i discendenti continueranno a gestire per circa un secolo aggiungendovi anche la produzione della maiolica di pregio, con Antonio Maria
pronipote di Giovanni), avviene un altro fatto di grande rilievo.
I rappresentanti della nobilt faentina si erano un po' sempre adornati in
societ e nelle Corti, in diplomazia, della maiolica pregiata che si produceva
nella loro citt d'origine. E cos continua ad avvenire anche nel Seicento, pur
con l'assottigliamento delle botteghe e degli artigiani. Nel 1667, per esempio,
Francesco Rucellai da Firenze richiede al conte faentino Giovan Battista Laderchi
"... due finimenti da tavola di piatteria di maiolica puri senza arme per della pi bella
e fine che si facci; et in particolare quel finimento che deve andare a Malta".
E ancora nel 1668 e nel 1670 quando Fabrizio Laderchi, gentiluomo alla
corte granducale di Firenze, scrive al padre Giovan Battista per richiedere la
maiolica ordinata da un certo Cavalier Carducci, e ne ordina altra per un suo
amico; mentre nel 1679 scrive sempre da Firenze al fratello Camillo che:
"Il signor Principe mi comanda che io le faccia fare i 'vasi di maiolica conforme la congiunta
mostra' e con la maggiore sollecitudine che sia possibile. I grandi vasi da spetieria si son fatti
altre volte, ma vi vuole a tutti i loro coperchi fatti in maniera che turino bene la bocca del vaso.
Quelli da zucchero rosato m'imagino che il maestro sapr come vanno, et anche quelli da agro de
cedro; le cattinelle col pippio mezzane e l'altre pure liscie senza cosa alcuna, onde procurate che
Sua Altezza resti servita presto e bene. I vasi da zucchero rosato e quelli da agro de cedro procurate
che abbino l'orlo della bocca arricciato, accio' si possa legarvi attorno la carta pecora...".
"Dagli Accarisi ai Ferniani attraverso Francesco Vicchi (1589-1644) e i "Giorgioni" (16451693) - come scrisse Gaetano Ballardini, e che - ... forma il ponte di passaggio pi noto,
almeno sulle carte, fra gli eredi diretti del secolo XVI e i figuli successivi, che dovranno poi,
nel luogo stesso e con gli stessi attrezzi... affidare la rinomanza della maiolica faentina
alla casa patrizia dei Conti Ferniani, che la porteranno fino ai d nostri...",
inizio
Settecento
Se nei primi anni della conduzione e propriet Ferniani venivano ripetuti
con gli antichi stampi tante forme e ancora decori nei caratteri del "compendiario" e dei successivi sviluppi seicenteschi, ben presto, e sin dai primi
decenni del Settecento, la produzione venne radicalmente rinnovata. Si sa
bene con i criteri odierni dell'industrializzazione che cosa significhi rinnovare
la produzione. Per i Ferniani si trattava di ridare volto nuovo all'azienda,
e trattandosi di nobilt non provinciale, per tutto il XVIII secolo la fabbrica
marcer a livello europeo, ricettiva a tutte le novit d'oltralpe fino all'Inghilterra, e per questo tramite alle mode che venivano dall'Estremo Oriente.
Dapprima coi "blu e bianchi" richiamanti quelli d'Olanda e di Francia
specialmente, e coi monocromi in turchino, violaceo, giallo e verde, in ornati
a peducci e a rocaille su forme spesso dei grandi piatti umbonati, vassoi e
catini d'antica tradizione, ma anche in quelle nuove rococ.
I servizi da tavola s'arricchiscono via via di decori policromi a "fior di
patata", a "mazzolino", a "paesino", a "macchiette", a "rovine",
a "bouquets" e infine a "fiorazzo" che una interpretazione vernacolare
dei repertori provenienti dalla maiolica e porcellana europea e dalla porcella-
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Museo Internazionale delle Ceramiche
Sar proprio una famiglia comitale faentina che, all'inizio senza quasi
un preciso disegno e non diversamente interessata dei Laderchi alla maiolica
indigena, le ridar ampio respiro.
A causa di un grosso credito, la famiglia faentina dei conti Ferniani
acquist nel 1693 un'officina in crisi, ma che giungeva da lontano.
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"le rose, i gelsomini, le viole, l'orrido cardo, il cocomer pingue, gli asparagi e le frutta e cento
e cento pomi diversi, il mozzo capo di dentato cinghial, e le caccie, le ninfe e i pastor"
met
Settecento
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Museo Internazionale delle Ceramiche
Un'imitazione pi pertinente per quanto sempre 'esteriore' della porcellana orientale dell'epoca si ebbe tuttavia, nella seconda met del Settecento,
con l'adozione del "piccolo fuoco" o "terzo fuoco", tecnica che consente
l'uso di una tavolozza assai ricca che non resiste alle temperature di fusione
dello smalto, e richiede quindi una terza cottura dell'oggetto a fuoco meno
intenso. Si accrebbe cos in breve la ricchezza della policromia ornamentale,
nelle forme e nelle sagome tipiche dell'epoca, come nei servizi da tavola
con zuppiere, servizi da caff, tazze da brodo e da puerpera, versatori, anfore
ornamentali. Di l a poco, tuttavia, in et neoclassica, verr recuperato specie
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nei servizi da tavola un carattere contenuto sia nelle forme sia nelle decorazioni, nel rapporto equilibrato fra il bianco dello smalto, la linearit delle
forme, e il sobrio cromatismo di motivi come quelli alla "ghianda", alla
"foglia di vite" che si ritrovano nella scuola dei decoratori di Felice Giani
operante nei palazzi dell'aristocrazia faentina dell'epoca.
fine
Settecento
In questo ambito da situare l'introduzione negli ultimi decenni
del Settecento di un nuovo prodotto, la terraglia "all'uso d'Inghilterra",
dal corpo poroso e bianco o color avorio che generalmente veniva invetriato.
Con questo materiale erano eseguiti servizi da tavola, oltre che centri da
tavola, gruppi plastici di tipo mitologico e vasi ornamentali. Sulla terraglia
generalmente lasciata al suo candore priva di decorazioni - se si tolgono
alcuni schizzi di paesaggini in bruno o blu, o il modellato a intrecci, a foglie
inizio
Ottocento
Agli inizi dell'Ottocento "... la produzione ceramica contava su una media di addetti
piuttosto esigua: a distanza di un secolo la Ferniani era passata da 30 a 20 operai, mentre
le altre cinque o sei fabbriche attive per un certo periodo agli inizi del secolo, e che producevano
il vasellame comune, il cosiddetto "bianchetto", occupavano in totale poco pi
di una cinquantina di addetti, facendo registrare un calo di un centinaio
di unit da pochi anni prima...".
Nell'ultimo decennio del secolo: "L'abbandono da parte della
famiglia Farina di quella fabbrica che aveva rappresentato, pur tra
i diversi sussulti di iniziative o progetti falliti, uno dei fulcri della
ripresa del prestigio della ceramica locale, non fu che l'inizio di
una nuova fase di declino; le tre ditte ancora attive - Ferniani,
Trer e Cooperativa Faenza (ex-Farina) - riuscirono a sopravvivere
per poco tempo.
La cessione poi della famiglia Ferniani, dopo due secoli di meritoria e dinamica attivit, dell'impresa e dei locali della fabbrica...
ebbe effetti quanto mai destabilizzanti anche se il 12 dicembre 1894
l'ultimo direttore prendeva in affitto i locali di Egeria Schepens, vedova
del conte Annibale, nell'illusione di poter salvare la prestigiosa produzione.
La formula cooperativistica con la quale vennero condotte tutte e tre le fabbriche...
non riusc tuttavia a sostituire adeguatamente i capitali e l'iniziativa privata. Nel febbraio
1899 veniva tentata una fusione dei tre stabilimenti in un'unica societ con una commissione
di tre membri incaricata di sorvegliare l'azienda; ma la forte passivit dell'esercizio richiedeva
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Museo Internazionale delle Ceramiche
L'Ottocento ceramico faentino, e soprattutto la seconda met del secolo, conosciuto particolarmente per le opere di pittura su maiolica e per le
grandi opere plastiche di tipo robbiano, realizzate dalle due maggiori fabbriche dell'epoca, la Ferniani e la Farina. Un tipo di prodotto che, per quanto
apprezzatissimo nelle grandi Esposizioni internazionali, si staccava nettamente dal plurisecolare "ductus decorativo" che per la massima parte aveva
uno stretto legame con l'oggetto d'uso. La ceramica faentina rimaneva
prestigiosa artisticamente secondo i criteri dell'epoca, ma perdeva senza
dubbio in produttivit e in mercato considerata anche la mancata modernizzazione degli impianti che non rendevano pi competitivo il prodotto.
la liquidazione, peraltro temuta nel timore del disastro che avrebbe coinvolto un centinaio di
famiglie. Nella primavera del 1900 si giunse inevitabilmente alla chiusura, con un preavviso
di otto giorni agli operai..." .
fine
Ottocento
Una indagine sistematica d'archivio ha reso possibile - nel corso degli ultimi decenni - una migliore conoscenza del fenomeno, che peraltro condusse
gradatamente a una grave crisi del settore verso la fine del secolo.
Le vicende del secolo scorso sono alla base di un mutamento strutturale del
fenomeno ceramico faentino. Come s' gi accennato, il concetto d'arte non
la stessa cosa del concetto di qualit. Mentre lungo i secoli la consapevolezza
della qualit e il lungo travaglio tecnologico per raggiungerla erano strettamente legati alla forma-funzione entro cui s'amalgamava la cultura figurativa contemporanea, la sostituzione nell'Ottocento del concetto d'arte come
oggetto autonomo, 'inutile', da contemplare tanto pi negli
exploit virtuosistici, non corrispondeva in effetti pi, per quanto
se ne proclamasse la continuit di livello, al ruolo che i vasai
dal Medioevo al Settecento erano consapevoli d'avere pur
nel loro prevalente anonimato e forse proprio per questo.
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inizio
Novecento
Ovale da muro
con autoritratto.
Faenza, Achille Farina,
1876 (inv. 7356)
Le orfanelle.
Lastra raffigurante bambine
in riva al mare. Faenza, Tomaso
Dal Pozzo, 1887 (inv. 3162)
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Museo Internazionale delle Ceramiche
3. La ceramica
a Faenza nel XX secolo
sotto
Ritratto di Domenico
Silvestrini. Maiolica, Faenza,
Francesco Nonni e Anselmo
Bucci, 1923 ca. (inv. 30486)
La ceramica in Faenza, alla fine del XIX secolo, attraversa una fase
critica dopo circa sei secoli di attivit, per la chiusura delle sue manifatture.
Terminavano lattivit sia la fabbrica dei conti Ferniani che aveva operato ininterrottamente dalla fine del XVII secolo, sia quella di Achille Farina operante
nella seconda met del secolo, e altre fabbriche minori specie per prodotti
di largo consumo. Tentativi di ripresa, tuttavia, si ebbero subito allinizio del
Novecento con le Fabbriche Riunite di Ceramica per iniziativa del conte
Carlo Cavina, che riattiv con gestione unica alcune delle imprese ottocentesche, mentre venne avviata una nuova fabbrica dai fratelli Venturino e da
Virgilio Minardi. In quegli stessi anni dinizio secolo si verificava anche una
ripresa culturale, artistica oltre che produttiva in Faenza.
Una grande esposizione promossa dalla Societ per il Risveglio
Cittadino per celebrare il terzo centenario della nascita del faentino
Evangelista Torricelli, inventore del barometro, segn nel 1908
la ribalta programmatica per una rinascita della citt. A seguito
di tale esposizione, per impulso di Gaetano Ballardini, sorgeva
il Museo Internazionale delle Ceramiche quale punto di
riferimento per la ceramica antica, moderna e contemporanea, nazionale ed internazionale.
Lo sviluppo delle manifatture locali ebbe unaltra
battuta di arresto per la crisi finanziaria che coinvolse
le Fabbriche Riunite di Ceramica alla fine del 1908. Esse,
tuttavia, cambiarono soltanto proprietari e ragione sociale
proseguendo negli anni lattivit con denominazioni diverse.
Alla fine del primo decennio del secolo lo stesso avverr per
la Fabbrica dei Fratelli Minardi, che sar gestita per qualche anno
direttamente da tecnici e operai. Bisogna sottolineare
in ogni caso che si trattava di piccole imprese artigiane.
Una soluzione al problema dellartigianato ceramico, che ne permettesse la continuit di fronte ad una situazione precaria per
risorse finanziarie e strutture produttive, si prospettava con lattuazione dei progetti di Gaetano Ballardini. La fondazione del Museo
fu ben presto affiancata da una scuola di ceramica per
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Museo Internazionale delle Ceramiche
a sinistra
Vaso di forma irregolare
con decoro floreale in rilievo.
Maiolica, Faenza,
Pietro Melandri, 1960 ca.
(inv. 23798)
Bottiglia.
Maiolica a lustro.
Faenza, Anselmo Bucci,
1948 ca. (inv. 2263)
pagina a destra.
Ges fra i dottori.
Maiolica.
Faenza, Angelo Biancini,
1957 (inv. 8332)
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Scultura.
Gres con smalto.
Faenza, Carlo Zauli,
1974 ca. (inv. 18277)
4. Il Concorso Internazionale
della Ceramica d'Arte Contemporanea
Sala Contemporanea.
4. Il Concorso Internazionale
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Visto non solo come stimolo nei confronti della ceramica tradizionale ma soprattutto come esperienza - spesso problematica - per avvicinarsi a questo materiale, per plasmarlo, per volgerlo a fini estetici,
il Concorso di Faenza ha permesso un interessante confronto con l'arte
contemporanea e, specie negli ultimi cinquant'anni, ha visto un significativo coinvolgimento con la scultura.
Mentre fra la seconda met dell'Ottocento e la prima met del
Novecento, ad eccezione di alcune personalit di grande rilievo come
Arturo Martini, il termine di confronto della ceramica perlomeno in Italia
era soprattutto la pittura, nei decenni a noi pi vicini e specie dal secondo dopoguerra la scultura ad aver preso il sopravvento su ogni altra
forma d'arte come termine di confronto di livello alto. La storia del Concorso di Faenza rispecchia con particolare evidenza questo fenomeno,
e pu essere considerata un importante riferimento per una stimolante
indagine fenomenica.
Al Concorso di Faenza hanno partecipato artisti italiani - ricordiamo
fra i tanti: Angelo Biancini, Guido Gambone, Leoncillo Leonardi, Pietro
Melandri, Carlo Zauli - e stranieri - Eduard Chapallaz, Sueharu Fukami che hanno fatto non solo la storia della ceramica del XX secolo ma
anche quella della scultura e della pittura, con aspetti non marginali
sul fronte della sperimentazione e della contaminazione fra vari materiali non esclusivamente ceramici. Quest'ultimo approccio pu essere fonte
di impensabili sviluppi verso nuove prospettive.
I premi
Fino al 1976 i premi erano suddivisi in varie categorie: opere
a decorazione pittorica, a decorazione plastica, maiolica decorata,
premi per concorrenti italiani, per ceramisti-artigiani iscritti allAlbo, per
giovani artisti ecc.; solo il primo premio assoluto (il Premio Faenza)
non ha mai avuto vincoli o indicazioni specifiche.
Vi era anche una particolare sezione riservata a designer e manifatture per i prodotti duso di moderno design ed unaltra sezione per
Istituti e Scuole dArte. Dal 1978 il monte-premi prevedeva:
> il Premio Faenza istituito dal Monte di Credito su Pegno e Cassa di Risparmio
di Faenza, costituito da un importo in denaro ( 5 milioni) e da una Personale
che lArtista vincitore era tenuto a realizzare nellanno successivo, sempre nellambito delle manifestazioni ceramiche.
> n. 7 Premi-acquisto di uguale importo ( 1 milione), con lacquisizione
dellopera premiata a favore delle collezioni del Museo. Almeno uno di questi
premi-acquisto era riservato ad un giovane artista di et superiore a 26 anni.
> Premi donore (medaglie doro e targhe).
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(1915-1992), Faenza
1953 ex-aequo: Salvatore Meli
(1929), Roma e Carlo Zauli
(1926), Faenza
1954 Leoncillo Leonardi (1915-1968),
Roma
1955 ex-aequo: Carlo Negri, Bologna
e Guerrino Tramonti, Faenza
[Negri 1928; Tramonti 19151992]
1956 ex-aequo: Germano Belletti,
Perugia e Gian Battista Valentini,
Pesaro (Belletti 1914-1992)
(Valentini 1932-1985)
1957 Angelo Biancini, Castelbolognese
(1911-1988)
1958 Carlo Zauli, Faenza (1926)
1959 Guido Gambone, Firenze
(1909-1969)
1960 Guido Gambone, Firenze
(1909-1969)
1961 Gian Battista Valentini, Pesaro
(1932-1985)
1962 Carlo Zauli, Faenza (1926)
Internazionali
1963 ex-aequo: Pompeo Pianezzola,
Nove e Fulvio Ravaioli, Faenza
(Pianezzola 1925) (Ravaioli
1926-1983) 1964 ex-aequo: Rogier
Van De Weghe della Manifattura
Amphora, St.Andries-Brugge
(Belgio) e Leoncillo Leonardi,
Roma (1915-1968)
1965 Berndt Friberg, Gustavsberg
(Svezia) (1899-?)
1966 Wilhelm e Elly Kuch, Burgthann
(Rep. Federale Tedesca)
Biennali
1989 Enrico Stropparo,
Tezze sul Brenta (1953)
1991 Svetlana Nikolaevna
Pasechnaya, Kishenev
(Unione Sovietica) (1949)
1993 ex-aequo: Tjok Dessauvage,
Sint-Eloois-Winkel (Belgio)
e Aldo Rontini, Faenza (Dessau
vage 1948) (Rontini 1948)
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Museo Internazionale delle Ceramiche
Piano interrato
sala16
Ingresso
>
< Ascensore
Piano terra
>
<
sala 3
sala 17
sala 4
sala 2
sala 5
sala 6
sala 1
51
Primo piano
>
<
sala 11
sala13
sala 14
sala12
sala 10
sala 7
sala 9
sala 8
sala 11. Italia: 600, 700, 800
sala 12. Faenza: 700
sala 13. Ceramica italiana del Novecento
sala 14. Premi Faenza
sala15
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da sinistra
Figura di guerriero. Recipiente
(?) votivo per libagioni
o aspersioni. Terracotta.
Messico occidentale (Nayart
meridionale), III sec. a.C.
- IV sec. d.C. (inv. 20452)
Figura di divinit (cariatide).
Potrebbe trattarsi della
rappresentazione scultorea
di Cihuateo, dea-madre o
divinit delle donne morte
di parto le quali erano onorate
come guerrieri morti in battaglia. Messico orientale
(Veracruz centro-meridionale),
III-X sec. d.C. (inv. 20454)
Seguendo un criterio cronologico, il percorso attuale per la visita alle raccolte prende avvio al piano terra con la Sezione delle Ceramiche Precolombiane,
acquisita tramite una serie di donazioni e ad una recente politica di acquisti
mirati. Il criterio espositivo, supportato da una suadente didattica, si ispira
alla suddivisione in aree archeologico-culturali del continente americano.
Sei vetrine custodiscono al loro interno oltre duecento oggetti provenienti
dalle aree mesoamericana, caraibica, intermedia, amazzonica, peruviana, andina
meridionale, pampeana. Una maggiore enfasi data alle aree mesoamericana
e peruviana, sia per la qualit degli oggetti posseduti dal Museo, sia per la loro
importanza particolare all'interno del quadro culturale generale delle Americhe.
Nell'insieme esposta la produzione ceramica di sessantuno culture archeologiche, le quali bench siano accomunate dalla qualit di "precolombiane", sono
assai diverse tra loro. Tra le terrecotte antropomorfe pi curiose se ne segnala
una messicana del Periodo Inferiore (di Ixtln) raffigurante una partoriente
assistita da tre figure maschili e sei figure femminili incinte.
Segue al piano terra la Sezione dell'Antichit Classica, greca, etrusca
e romana, che raccoglie un'ampia scelta di materiali rappresentativi delle pi
importanti produzioni del bacino del Mediterraneo, cronologicamente collocabili dall'et del bronzo fino all'epoca ellenistica.
53
da sinistra
Alabastron con motivi zoomorfi.
Terracotta con patina. Ceramica
corinzia, 595/590 - 570 ca. a.C.
(inv. 4692)
Askos configurato a foggia di
cavallo. Terracotta con patina.
Ceramica greco-orientale, fine del
VI - inizi del V sec. a.C. (inv. 23174)
54
55
56
in basso,
Vegliardo, allegoria dellinverno.
Busto in maiolica. Iscrizione sul retro:
Fait Rouen 1647. Parigi, Fabrique Samson
ultimo quarto del secolo XIX. Donazione Gian Lupo
Osti Zanelli Quarantini, Roma (inv. D 125)
57
Firenze, Pesaro, Napoli, Castelli, Milano e Savona. Qui possibile trovare
anche un'ampia selezione di opere settecentesche faentine della manifattura
Ferniani: si segnala a tal proposito uno splendido servizio da puerpera
("Impagliata") decorato a "rovine"; il tipico decoro sviluppato dalla manifattura tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento quello denominato
"al garofano". L'Ottocento rappresentato sia dalla pittura su ceramica
che, imitando la tecnica e gli esiti della pittura a cavalletto, ci ha
lasciato straordinari ritratti naturalistici e vedute acquarellate, sia dal
revival del vasellame rinascimentale esplicato soprattutto attraverso
la realizzazione di grandi vasi decorati "a raffaellesche". Nella Sala
Europa, situata tornando indietro verso l'ala nuova del Museo, si
pu ammirare una rapida selezione di ceramiche rappresentative
dei principali centri europei, dal XIV secolo fino al XIX. Vi si trovano
lustri spagnoli e saggi di pavimentazione e rivestimenti, oltre ad
esemplari che mostrano il forte influsso della maiolica rinascimentale italiana nei Paesi europei come Francia, Fiandre, Olanda.
Non mancano esemplari di impasti ad alta temperatura,
come il vasellame da birra tedesco in grs a salatura,
le porcellane di Meissen, gli eleganti vasi neoclassici
di Wedgwood. Un posto a parte occupa la terraglia,
di origine inglese, che a partire dalla fine del
Settecento fornisce all'industria il materiale
ideale per la produzione seriale e la decorazione
a decalcomania. Il Museo non si rivolge solo
alle ceramiche del passato, ma anche attento
a quanto ancora oggi si produce nel settore sia
in alto, da sinistra
Grande piatto decorato al centro
da busto di giovane donna che suona
la viola; intorno, motivi fitomorfi
e geometrici. Maiolica,
Deruta, sec. XVI (inv. 21140)
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da sinistra
Caffettiera con decoro floreale
alla rosa a piccolo fuoco.
Maiolica, Pesaro, manifattura Casali
e Callegari, ultimo quarto del sec.
XVIII (inv. 30289)
Servizio da puerpera decorato
da motivi a rovine in policromia
a piccolo fuoco. Maiolica, Faenza,
Luigi Benini nella manifattura Ferniani, 1776- 1780 (inv. 10020-24)
a fianco
Piatto con volto di donna.
Terraglia dipinta sotto vetrina.
Vallauris, Henri Matisse nella fabbrica Madoura, 1948 (inv. 3982)
Ciotola con profilo di donna con
fiore in mano. Maiolica, Vence,
Marc Chagall, 1952 (inv. 5845)
Sfere. Maiolica e terracotta
verniciata. Milano, Lucio Fontana,
1957 (inv. 28215)
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Biblioteca.
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Museo Internazionale delle Ceramiche
7. Un Laboratorio per
"Giocare con l'Arte"
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Museo Internazionale delle Ceramiche
"... Se siamo d'accordo che ognuno fa quello che sa, e che la fantasia e la creativit operano sulla memoria, il problema che segue
come far memorizzare ai bambini il massimo dei dati, visto che l'allargamento della conoscenza favorisce le facolt creative. Pare che il gioco
sia la condizione ottimale per memorizzare qualcosa...". Cos scriveva
Bruno Munari in una nota informativa destinataci, a cui dobbiamo
le linee fondamentali di metodo del Laboratorio "Giocare con l'arte",
annesso al Museo di Faenza. molto difficile condurre i bambini
in visite guidate al Museo, sia pure in quei casi in cui essi vengono
preparati dagli insegnanti. Occorre per essi trasformare in qualche
modo il Museo dal luogo che - una raccolta di oggetti sia pure ordinata scientificamente - in un luogo di scoperta, di fantasia, in qualcosa
che faccia parte di un gioco. Il laboratorio "Giocare con l'Arte" prepara
i bambini al Museo: non tanto con discorsi, ma facendo vedere, toccare, provare e fare in uno spazio appositamente ideato per loro, dove
possano recepire e sperimentare alcune fondamentali regole del gioco,
come da una piattaforma sulla quale sprigionare la loro personale
creativit. Le regole del gioco sono l'apprendimento di alcune tecniche
ceramiche semplici e via via pi complesse, anche per la loro combinabilit, e l'uso dei pi diversi strumenti e utensili - in una disposizione
creativa anch'essa per il riutilizzo pi disparato di objets trouvs d'intervento su e con l'argilla.
Fondamentale non l'opera conclusa, ma i procedimenti attraverso
i quali si pu raggiungere l'opera: per questo non sono tanto i manufatti esposti al Museo ad ispirare il processo, ma questo stesso processo
che permette di scoprire i "segreti" di quei manufatti in tanti modi
codificati dal tempo. Cos i bambini scoprono il Museo non per visite
guidate, ma individuando in esso quelle opere con caratteristiche simili
a quelle da loro stessi sperimentate. Chi li conduce a tali scoperte,
o in qualche modo li sollecita, potr dare anche quelle informazioni
storiche, tecniche, estetiche che i bambini a seconda della loro et
saranno in grado di recepire o che essi stessi richiedono.
Per esperienza, si pu dire che le brevi visite al Museo successive
ai giochi in Laboratorio, sono avvenute e richieste dai bambini stessi
con vero interesse e con la consapevolezza del luogo diverso ma in
qualche modo interagente con la loro libert esplicata nell'ora di labora-
64
8. Il Laboratorio di Restauro
66
9. Le pi importanti mostre
degli ultimi anni
1996
Il verde e il bruno: da Kairouan ad Avignone.
Ceramiche dal X al XV secolo
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1997
Raku. Una dinastia di ceramisti giapponesi
Per la prima volta nel mondo, al di fuori del paese d'origine, stata organizzata
una mostra di opere realizzate con una particolare tecnica di cottura e di
manipolazione della ceramica introdotta verso il Seicento in Giappone dal
capostipite della dinastia Raku. Raku era il ceramista accreditato per la creazione
delle tazze per la cerimonia del t che in Giappone ha un significato
profondamente religioso in quanto segno di pace e riconciliazione. Da allora
il primogenito della dinastia ha mantenuto questa investitura quasi sacra tanto
che alcuni pezzi sono considerati tesoro nazionale ed hanno un valore
incalcolabile. La tecnica Raku, di ascendenza cos antica e rituale, ha segnato
profondamente la ceramica contemporanea sperimentale e d'avanguardia in tutto
il mondo. A Faenza sono state esposte in mostra le opere di tutte le 15 generazioni
della famiglia Raku per un totale di centosei pezzi, dal XVI al XX secolo, provenienti
dal Museo Raku di Kyoto e da altre collezioni pubbliche e private giapponesi.
69
70
1998
Capolavori di maiolica della Collezione Strozzi Sacrati
La mostra ha esposto per la prima volta al pubblico una ricchissima parte delle
raccolte d'arte di una tra le pi illustri famiglie italiane, che ha vissuto e partecipato
la storia di Firenze, Mantova e Ferrara. La raccolta proposta a Faenza stata l'ultima
parte di un ben pi vasto complesso andato disperso tra musei e collezioni private
dopo la scomparsa dell'ultimo erede della casata, il marchese Uberto Strozzi Sacrati.
Attraverso una collezione di ceramiche d'indiscusso interesse scientifico ed estetico,
stato possibile riesaminare alcuni filoni delle arti applicate italiane, nonch
apprezzare le abitudini collezionistiche e mecenatistiche della nostra aristocrazia.
Si va dal Quattrocento toscano alla maiolica faentina del primo Cinquecento;
dall'"istoriato" pesarese e urbinate, alla maiolica rinascimentale di Deruta; da due
tondi robbiani molto significativi, alla produzione marchigiana del tardo XVI
secolo; dai "bianchi" di Faenza, ad esemplari di Caltagirone o del Seicento e
Settecento toscano, savonese, faentino e persino una cospicua sezione di Iznik.
Completano la collezione vetri rinascimentali veneziani, metalli islamici, oggetti
d'oreficeria e una "canoviana" Maddalena penitente in terraglia, oltre a un busto
in marmo attribuibile alla scuola del Canova.
2000
Gaetano Ballardini e la ceramica a Roma
- Le maioliche del Museo Artistico Industriale di Roma
- Oltre il frammento - Forme e decori della maiolica medievale orvietana
71
Museo Internazionale delle Ceramiche
Il Museo ha dedicato due mostre a Gaetano Ballardini, fondatore nel 1908 del
Museo stesso e profondo conoscitore della maiolica. Il filo rosso che lega il nome
di Ballardini alle rassegne sta nella sua opera di catalogazione delle maioliche
conservate a Roma presso lo scomparso Museo Artistico Industriale e nei rapporti
di studio con Giulio Del Pelo Pardi e Pericle Perali sulla maiolica orvietana.
Il M.A.I. comprende raccolte di numerosi ed eterogenei manufatti d'arte
applicata, tra i quali una collezione di maioliche catalogata dal Ballardini
nel 1929, in un periodo nel quale si stavano ancora elaborando i criteri e
le metodologie per uno studio scientifico della ceramica italiana. La rassegna
"Oltre il frammento" espone la collezione di ceramiche medievali donata nel
1950 al Museo Nazionale di Palazzo Venezia dall'ingegnere Giulio Del Pelo Pardi,
cultore di archeologia agraria e di collezionismo, legato da sincera amicizia
oltre che da profonda stima allo studioso faentino.
72
Tre mostre di Enzo Mari. Tra arte del progetto e arte applicata
Con questo lavoro Mari ha voluto mettere in luce la prima ragion d'essere del
"manufatto", ovvero la corrispondenza fra progetto ed esecuzione. Un percorso
espositivo in cui si sono evidenziate la necessit di perseguire la qualit
e l'importanza della riacquisizione da parte dell'artigiano della propria
autonomia progettuale. La prima mostra, Il piccolo museo, stata un'esposizione
di 44 opere di varia provenienza, risultato di una scelta qualitativa operata da
Mari all'interno della grandiosa raccolta conservata nel museo. La seconda
mostra, Regesto di Enzo Mari, si trattava di una raccolta di 150 progetti in ceramica
da lui realizzati nell'arco di un trentennio per l'industria italiana e straniera.
Nella terza mostra, I garofani sono peonie, Mari ha esposto 23 grandi tavole
a colori, risultato di una approfondita analisi semiologica del "garofano",
il celebre decoro faentino settecentesco.
73
Museo Internazionale delle Ceramiche
> Biscotto
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(ant. bistugio) oggetto foggiato e cotto una sola volta, atto per ad essere
successivamente rivestito (con ingobbio, smalto o vernice) e quindi ricotto
(da cui il termine biscotto).
> Cartoccio
(in gergo ceramico gattone) decorazione composta da una foglia sinuosa
bipartita nascente da un bulbo centrale, che tende a riavvolgersi su se stessa;
tale motivo si ispira alle cornici delle miniature gotiche.
> Cineserie
motivi venuti di moda in Europa nella seconda met del secolo XVII, ispirati
ai prodotti cinesi e giapponesi. Vennero impiegati inizialmente soprattutto dalle
officine olandesi, e in seguito ebbero largo uso presso tutte le officine europee.
> Grottesca
tipo di decorazione assai diffusa sulla maiolica italiana del Rinascimento,
che sispira a quella ritrovata nei resti sotterranei della Domus Aurea
(le cosiddette grotte); essa si compone di animali fantastici, cornucopie,
busti, trofei ecc., disposti entro un ornato floreale stilizzato.
> Maiolica
(terracotta smaltata o faenza smaltata) prodotto ceramico a pasta colorata
(dal giallo chiaro al rosso mattone), porosa, con un rivestimento vetroso coprente,
solitamente bianco, detto smalto. A volte tale smalto veniva colorato
aggiungendo alla miscela di preparazione ossido di cobalto, che gli conferiva
una tonalit grigio azzurra; le maioliche cos rivestite si denominavano berettine.
> Porcellana
impasto argilloso composto, formato in genere da caolino, quarzo e feldspato;
75
Museo Internazionale delle Ceramiche
> Quartiere
modo di decorare le superfici delle maioliche con scansioni in zone di colori alterni.
> Raffaellesca
76
> Zaffera
colore turchino scuro intenso, il cui nome deriva dalla parola araba
al-safra, cio cobalto.
(Glossario tratto da: BOJANI GIAN CARLO - RAVANELLI GUIDOTTI CARMEN (a cura di),
Maioliche di Faenza dal Trecento al Novecento. Selezione di opere.
Faenza, Studio 88, 1998, ed. riveduta e ampliata).
77
Museo Internazionale delle Ceramiche
> Terraglia
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Faenza, Tip. Sociale faentina, 1909.
Museo Internazionale delle ceramiche in Faenza, Statuto e regolamento. Faenza, 1919.
L'opera d'un decennio, 1908-1918, in "Faenza", numero commemorativo
del primo decennio dalla fondazione del Museo, 1908-1918.
Faenza, Tip. F. Lega, 1919.
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faentina, nn. 1-8, testi di Gian Carlo Bojani, Carmen Ravanelli Guidotti.
Firenze, Scala, 1980-1987.
LIVERANI GIUSEPPE, Il Museo internazionale delle ceramiche di Faenza. Roma,
Istituto poligrafico e Zecca dello Stato-Libreria dello Stato, 1983 (4. ed.).
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79
Museo Internazionale delle Ceramiche
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BOJANI GIAN CARLO, Museo internazionale delle ceramiche, in Faenza in tasca,
a cura del Comune di Faenza, Pro Loco. Faenza, Studio 88, 2000, p. 13-18.
CECCHETTI MARIA, Targhe devozionali dell'Emilia Romagna (Catalogo generale
delle raccolte del Museo internazionale delle ceramiche, 1). Faenza, Edit
Faenza, 2000 (ed. con aggiornamenti).
in Faenza
in Faenza
Museo Internazionale
delle Ceramiche
in Faenza
e-mail: micfaenza@provincia.ra.it
Provincia di Ravenna