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LE IDEE E LA VITA

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CoUana di pensiero diretta da Piero Gribaudi

AD MA]OREM DEI GLORIAM

- - - - -- -- - - - -- - - -

Il quarto Vangelo
di Louis Bouyer
Traduzione di Noro Possenti Ghiglia

Della stcssa collana


1. OUVIER A. RABUT, I neon/ra con T eilhard
2. JACQUES MARITAIN, Umanesimo integrale
3. GEORGES BERNANOS, Rivolu:one e liberl
4. CIl ARLES JOURNET, Il male
5. SUZANNE DE DITRICH, Il piano di Dio

6.

GEORGES CRES PY . Il pensiero teoJogico


7. SOREN KIERKEGAARD, Discorsi cris/iani
8. JEAN GUITTON, Ri/ratto di Pouget
9. YVES CONGAR, Il mis/era det tempio
10. J EAN GUITTON, La V ergine Maria
11. JACQUES MARITAIN, Scienza e saggezza

de Chardin

de T eilbard de Chardin

1 2. HENRI DE LUBAC,

Borla editote Totino

13.

via Andorno, 31

DIETRICH VON

Alla riccrca di tm uomo nuovo


HILDEBRAND, Purezza e verginit

PRIMA EDIZIONE MAGGIO

1964

Titolo originale dell'opera


Le quatrime vangile
Casterman, Tournai

Visto: nulla osta


Sac. G IUSEPPE MAROCCO, Revis. de!.
Rivoli, 6 marzo 1964
Imprimatur
Cano V INCENZO R OSSI, Vic. Gen.
Torina, 8 marzo 1964

1964 by Borla editore Torino.

Al mio maestro, O . Cullmann, al quale


devo la mia iniziazione agli studi esegetici;
alla Facolt di teologia di Lilla che ha ben
accolto queste mie meditazioni giovannec.

I ntroduzione

Originalit deI quarto Vangelo

Non vi aleun libro ne! Nuovo Testamento che si distingua cos1 nettamente dagli altri, che presenti una fisionomia cosl particolare come il quarto Vange!o. Quando la si
legge dopo i primi tre, sembra appartenere a un altro monda,

illumina ta di ben altra luce.


Tuttavia il Cristo che vi si trova al centro, come era al
centro dei sinottici, non ci appare un altro Cristo. Possiamo
qui' vederIo sotto nuovi aspetti, in un'altra prospettiva, ma
non esitiamo un istante a riconoscerlo. Se certi critici moderni hanna sostenuto Ulla diversa opinione, questo avvenuto neHa misura in cui uno studio dei particolari ha po-

tuta disabituarli dalla visione semplice di un acchio sana che


va diritto all'essenziale.
Nonostante questo, le innumerevoli generazioni cristiane
che hanna vista nell'opera dei quattro evangelisti non un ritratta composito senza vita, ma, al contrario, una persona la
cui unit sarebbe spezzata se si pretendesse di sotttarre questo 0 quell'elemento con il vano pretesto che non possi-

bile guardarlo che da un punta di vista e non da un altro,


sono state colpite fin dall'origine dal carattere particolare
di san Giovanni. Gli sforzi per fonderlo con gli altri si sono
sempre mostrati sterili) e del Diatessaron che Taziano compose a questo scopo nel secolo II, non ci era rimasto che il
nome) fino a un recente ritrovamento.
j

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Originalit dei quarto VallgeJo

Originalit det quarto Vangclo

Inseparabile dai sinottici e irriducibile ad essi, tale ci


appare ancora il quarto Vange!o.
Come definire ci che dona al Vangelo di san Giovanni questo carattere particolare, unico?
Ci che colpisce innanzi tutto, anche se non che un
tratto superficiale, un'atrnosfera senza uguale non saltanto
ne! Nuovo Testamento, ma nella letteratura cristiana e nella
letteratura reIigiosa in genere.
Quando viene letto dopo gli altri libri de! canone cristiana, come un'improvvisa quiete, una spiegazione di tutto.
Quei calmi coUoqui prolungati quasi a piacere, quelle formule luminose sembrano evocare tutt'altro clima da queUo
deUa Galilea. Ci fanno pensare piuttosto ai dialoghi platonici.
Si ha l'impressione che tutto ci che l'anima giudaiea aveva
potuto riversare nel Nuovo Testamento di tormentato, di
drammatieo e neUo stesso tempo di splendido, sia scomparso in questo Vangelo. La sua atmosfera cristallina semhra
ricondurci aUa civilt eUeniea.
E tuttavia questo non l'eetto di una forma letteraria
greca sovrapposta a un fondo giudaico.
Se si guarda aUa lingua ci si accorge che nu!!a pi
lontano daUo stile sottile e puro di un Platane. Sarebbe difficile immaginare frasi pi semplici, una pi completa povert
di form a e di espressione, al punta che chiunque possegga
un minima rudimento di vocabolario pu, pur ignorando
quasi tutto della grammatiea greca e deUa sua straordinaria
plasticit, leggere questo Vange!o senza difficolt.
L'apparenza ellenica de! Vangelo seconda san Giovanni
dovuta mena aUa forma che aUa sostanza. legata alla
serena contemplazione che sviluppano i grandi terni ampia
mente trattati deUa Luce e della Vita, e deriva sopratrutto da
que! cantieo metafisieo sul Logos con il quale il Vange!o si
apre, che non prosegue che per qualche pagina, ma i cui ne
centi continuano a risuonare dolcemente per tutto il libro.
San Giovanni pu far pensare, pi che a Platane, al misticismo neoplatonico. Platone insegnava a rendersi simili al
Bene per giungere a contemplarlo. La mistiea reperibile negli
scritti esoterici e che trover in Platina la sua perfetta formulazione) insegna piuttosto a contemplare Dio perch que-

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sta contemplazione ci assimili a Lui. Sembra essa stessa ispirata dalle cerimonie di certi misteri, in particolare dalla
epopsla quale l'ha descritta Apuleio nelle sue Metamorlosi.
L'iniziato, avvolto nella luce in cui la divinit si sarebbe
rivelata a lui, non vi appariva forse egli stesso de! tutto
siroile a Dio? E san Giovanni non ci insegna qualche cosa
di simile quando dice: Noi sappiamo che sarema simili a
Lui perch la vedremo quale Egli ?
Questo quanta alla fine de! secolo XIX veniva ammesso
come un assioma. Un tale Vangelo ral'presentava per que!l'epoca l'ellenizzazione pienamente compiuta del cristiane~
sima. Di conseguenza, per la quasi totalit degli esegeti, la
redaziane degli scri tti giovannei doveva esser pos ta assai
tardi ne! secoIo II; perci non venivano pi attribuiti n
a un apostolo, n a un discepolo della prima ' generazione.
Tuttavia, se questo rnetteva in evidenza taluni aspetti dei
quarto Vangelo) ne misconosceva altri non mena importantL
Anche i critici che vedevano ne! Vangelo di Giovanni
un Vangelo :610so.6.co, ellenizzato, avevano gi osservato in
CSSQ certi particolari singolarmente palestinesi:
ad esempio
a!cune precisazioni topografiche tante pi significative in
quanto date quasi incidentalmente (citiamone una sola: la
profondit inconsueta de! pozzo di Giacobbe fa sl che si
debba parlare pi propriamente di una sorgente e non di un
pozzo). La volont discreta, ma pur evidente, di correggere
la data della crocifissione che sembrava presul'posta da i
sinottici, documenta ugualmente un testimonio deIla prima
ora.
Si sarebbe forse continuato a trascurare questi particolati
senza un libro sorprendente dei Burney apparso ne! 1922 '.
Un esame filologieo attenta conduceva questo autore ad affermare che il Vange!o che si riteneva eUenizzato poteva forse
essere il solo, al contrario, a tradire al di sotta dell'attuale
testo greco un'origine aramaica.
Non si pu dire che la tesi de! Burney si sia imposta, per
quanta essa spieghi in modo meraviglioso agni specie di ano1

The Ql'amaic Origin of thl! fourtll Gospel.

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Originalil det quarto Vallge!o

malie e chiarisca moIti punti oscuri, ma essa ha ricondotto


l'attenzione su quanta vi di semitico in san Giovanni, ha

dissipato la chimera di una religiosit ellenica sovrapposta a


uno schema cristiano, ha costretto a riconoscere che la

Bibhia e il giudaismo contemporaneo delle origini cristiane


restano le prime fonti per una spiegazione di questo Van~
gelo, perch sono le sorgenti stesse della sua genesi.
Ci non deve pOltare affatto a disconoscere i frequenti
punti di contatto che esso presenta con certe correnti del
pensiero ellel1istico. La linea per una sua autentca interpre~

tazione sembra quella che Dodd, il grande esegeta ingle,e,


ha delinito non moIti anni fa 2 . In una presentazione dei
Vangelo profondamente meditata, tutto viene tratto dai materiali ebraici 0 cristiani primitivij tutto potrebbe dunque
essere compreso dal cristiano che non conoscesse nulla al di

fuori della cateche,i della Chiesa dei primi secoli. Il mirncalo che tutto questo formulato in modo tale che uno
spirito che conosca le speculazioni e i tentativi mistici

del~

l'ellenismo, leggendo il Vangelo di san Giovanni avr l'il11pressione di trovare la risposta ai suoi problemi.
Nulla dunque ci impedisce pi di credere che Giovanni
sia stato all'inizio un pescatore di Galilea. Nulla pi ci con
sente di pensare che egli sia mai venuto meno alla sua prima
formazione religiosaj sembra invece che in lui un'ampia
esperienza missionaria sia stata assimilata da un'intelligenza

eccezionalmente disponibile e aperta a cio che le era estra


neo. In agni modo egli ha saputo comprendere suflicientemente l'anima ellenistica per saper parJare senza sforzo il suo

linguaggio.
Un'obiezione pu essere sollevata a questo riguardo. Non
si suppone forse una specie di rafllnato artificio nella compo-

sizione di questo scritto, perch la si possa facilmente leggere


in un doppio registl'O? A cio bisogna rispondere che la studio
attento di san Giovanni conduce senza alcun dubbio ad

at~

tribuirgli la volontaria arte di un doppio senso, che d'altra


parte si risolve in una profonda unit. Lo possiamo consta~

tare: quasi ad ogni pagina si incontrano delle formule che


2

Cfr. The Interpretation 01 the lourth Gospel, Cambridge, 1953.

Originalil del qlltlrlo Vangelo

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non soltanto possono, ma debbono intendersi in due sensi,

per nulla esclusivi, ma complementari. Alla nostra mentalit


di occidentali moderni, tale procedimento pu parere un
artificio, ma troppo conforme all'arte e al gusto dell'oriente
antico perch noi possiamo esitare ad ammetterlo.
Se si vuole tuttavia misurare con esattezza a che punto
arriva san Giovanni in questo sua adattarsi all'ellenismo, e

lino a che punto ne rimanga profondamente indipendente, la


via migliore studiare il simbolismo ovunque presente in

questo libro.
Nulla di pi simbolico, in un certo seoso, dell'ellenismo
platonizzante. Tutto, in questo mondo di materia, diventa
l'immagine delle realt immateria1ij ma i due mondi, quello

dello spirito e quello della materia, siccome sono scmpre paralleli, non si incontrano mai. L'idea stessa di un loro incon~
tro impensabile. L'uomo, che discerne negli esseri e nelle
cose di quaggi un riflesso celeste, non raggiunger le realt
superiori se non con l'evasione dalla realt infcriorc. Ci sup~

pane che egli fugga dal proprio corpo, considerata come una
prigione in cui l'anima trattenuta.

Nulla di simile per san Giovanni. Cio che egli ci annunzia che, nel Cristo, Dio venuta fino a noi, il Logos si
fatto carne. E questo non costituisce affatto un'aberrazione

o una degradazione divina. l'abisso dell'amore salvifico.


AI mondo greco in cui lutto linita, anche gli di, poich
quello il prezzo della loro perfezione, si sostituisce un
mondo in cui l'infl.nito del crcatore si apre una strada impre~

vedibile. l segui di cui il Vangelo giovanueo sar pieno,


non saranno che le testimonianze di questa venuta.

Cosl, lungi dal diluire in simboli intemporali la storia


che ci racconta, i simboli a segni di cui ce la mostra intes~
suta sono tante manifestazioni di quella venu ta storica e

dell'amore che vi si rivela in atto. Poich la Parola divina


si fatta carne in Ges Cristo, la Luce divina dissipa le
nostre tenebre. Con essa, la stessa Vita divina si comunica
a noi, e in ultimo risusciter i nostri corpi di carne, come
il Verbo fatto carne ha risuscitato il corpo che aveva ricevuto

da noi nella nostra debolezza. La temporanea accettazione

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OrigUllit dei quarto Val1gelo

Ol'iginalit dei quarto Vallgelo

della nostra morte da parte dei Verba di Vita, ci rende ca-

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Di conseguenza nulla ci proibisce di riconoscere in Gia


vanni, che si era volu to spingere cosl lontano nel tempo e

paci di vivere etel'namente nella sua Luce.

Se tu tto questo parla un linguaggio facilmente accessibile ail 'anima religiosa che era stata ridestata dalla pi pura
spiritualit ellenica, soprattutto il cristianesimo, ancor pi~

la Chiesa antica, che un'eccezionale longevit abbia potuto

originale, ad annunziarlo. La storia divina, l'intervento d1vina nella storia umana, quanta il cristianesimo ha di pi

aiutare questa evoluzione in cui nessuna delle primitive certezze doveva essere rinnegata, ma invece tutto doveva essere

schiettamente giudaico.
Si deve dire di pi. Se il Vangelo di Giovanni, lungi da
spiritualizzare e dissalvere il fatta cristiana in una speculazione intemporale, la pane in piena valore, non pet nutrire

come approfondito e purificato. Ci pare bella la suggestione


di qualehe esegeta moderno: Giovanni, quando le cose che

nello spazio dal cristianesimo primitivo, il discepolo della


prima ora, l'apostolo prediletto. Crediamo volentieri, con

racconta erano appena trascorse, non era forse ancora un

ragazzo, quasi un bambino? Ci spiegherebbe pure il pal'ticolare aetto con cui sembra che Ges e tutto il gl'UppO
degli apostoli circondino il discepolo prediletto, la facilit

una mistica astratta. l simboli ptoptiamente mistici sono per

noi dei fatti concreti.


Il contenuto fondamentale dei quarto Vangelo il fatto
straordinario della Parola che si fa carne. E san Giovanni,
la vedremo in particolare, ce la presenta caille il contenuto

con cui era ammesso dovunque, la freschezza e la vivacit

che conservano i ricordi oculari dell'adolescente fin nelle


meditazioni de! vecchio. In ogni modo, se si confronta questa
ipotesi con i dati della tradizione, sembra che essa dissipi
tutte le immaginarie difficolt che il secolo XIX aveva creduto scoprirvi.

dei sacramenti; ce la fa scoptire in quegli atti simbolici,

chiamati a diventare i grandi atti della nostra esistenza.


Uno dei pi acuti esegeti contemporanei, Oscar Cullmann, ha

chiaramente stabilito che qui la chiave che sola ci apre la


comprensione dei quarto Vangelo 3.
Queste considerazioni che si sono imposte poco per
volta alla nostra generazione ci hanno fatto ticonoscere l'unit

SAN

profond a degli scritti giovannei e nello stesso tempo ci aiutano


a ritrovare la figura tradizionalmente attribuita alloro autore.

GIOVANNI

durava fatica a credere che l'Apocalisse, cos1 chiaramente

Pochi personaggi de! Nuovo Testamento restano per noi


cos1 misteriosi come l'autore de! quarto Vange!o. Per quanta
si legga accuratamente la Scrittura, ci si accorge ben prestO
che nulla di preciso ci delto su di lui, non neppure nomi-

L'esegesi, sviata dall'illusione di un ellenismo giovanneo,


sem itica, potesse essere della stessa mana che aveva scritto

nato. Tutt'al pi possiamo arguire da certi passi che deve

il Vangelo. Tuttavia i terni della Luce, della Vita, della P a-

trattarsi dell'apostolo Giovanni.

rola che si fa Persona e si inserisce nella nostra storia portandovi un combattimento mortale e viviGcatore, sono certamente alla base dei due libri. Oggi ci appare evidente che
l'Apocalisse deve esser datata in un'epoca in cui Giovanni
si era da poco allontanato dalla sua terra palestinese, mentre

parla invece molto frequentemente di un discepolo prediletto


da Ges e, in qualehe brano, di un discepolo anonimo che

il Vangelo il frutto di una lunga esperienza mission.ria


fra i gentili. Tuttavia nulla ci impedisce di sentire in ciascuna
pagina la stretta analogia dei due scritti.
3 Cfr. Les Sa c/'cmcllts dans l'vangite johannique, 1951.

Il quarto Vangelo, che non menzlona mai san Giovanni,

assume una parte di primo piano e cbe sembra essere tutt'uno con il prediletto ".
Una tradizione che stata accolta senza divergenze n

contraddizioni nella Chiesa antica, identifica il prediletto


-4 Per il prediletto . cfr. : XIII , 23; XIX, 26; XX, 2; XX I, 7 e 20-24. Pe r
l '" anonimo . cfr.: I. 35-37; XVIII , 15; XIX, 35.

2 IV Vangelo

-,

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Originalit dei quarto Vangelo

e 1' anonimo con l'apostolo san Giovanni, figHo di Zebe~


deo, facendolo nel medesimo tempo autore del Vangelo a cui
ancor oggi il suo nome legato nel Nuovo Testamento.
Poche tradizioni antiche si presentano con tale continuit
e unanimit , per quanta indietro si possa risalire. D 'alua
parte questa tradizione estremamente discreta e, se ci d su
san Giovanni qua1che dettaglio in armonia con la nsionomia
spirituale del Vangelo giovanneo, non dissipa affatto il mistero che 10 circonda 5.
Tuttavia, tutta la tradizione e i dati che l'accompagna no
sono tali da illuminare in maniera particolare le ricchezze
di questo libro.
Quando san Giovanni appare nei Vangeli quale discepolo
deI Signore, la sua prima manifestazione per chiedere, con
suo fratello Giacomo, che il fuoco del cielo discenda su coloro che non vogliona accettare il Cristo, ed Egli, rirnprave~
randoli, ricorda il loro soprannome di Boanerges, figli del
tuano.
Colui che domandava che il fuoco dei cielo discendesse
sulla terra, sarebbe diventato l'apostolo dell'amore. Il giovane
galileo entusiasta che desiderava vedere il fuoco celeste, non
doveva essere deluso nella sua attesa; ma quando questo fuoca
si satebbe rivelato a lui, egli avrebbe appreso che un fuoco
che divora e consuma, ed ancar pi un fuoco vivi6.catore.
Gi il Signore l'aveva distinto: Giovanni apparteneva
al piccolo gruppo che, nell'intimit dei collegio apostolico,
era ancor pi intimo con Ges. a lui, a Giacomo ed a
Pietro che il Cristo nella trasfigurazione riveler qualche
casa della sua vera natura. E tuttavia il sua occhio non era
ancora fatto per la luce celeste - egli desiderava sedere alla
destra dei Signore, ma non poteva dividere il suo calice - e
~ 1 pr imi testimoni di tale tradizione sono sant ' Ireneo e Tert ulliano. Vedere
la discussione dei loro testi e di tutto il problema in NUNN, The Authorship of
the fourlh Gospel, 1952. Si no ter che alcuni moderni hanno potuto altribuire
a un Giovanni sacerdote _, distinto da c Giovanni a postolo _ e la cui eSs te07.3
sarcbbc a ttesta ta da una dubbiosa intcrpretazione di un tcsto di Papin , la
pate rnit dei Vangelo giovanneo. Ma i duc soli antichi (Dionigi d 'Alessnndria
ed Eusebio) che ha nno interpretato Papia in qucsto senso no n hanno mai avuto
cssi s tcssi ]'intenzione di attribuire a Quest 'altro Giovanni il Vangclo, ma solamente !'A pocalisse . T moderni hanno pensato esatta me nte il cont rario, senza
alcuna basc nell'a ntichit.

Originalit dei quarto Vangelo

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quando nel Getsemani chiamato, ancora con Giacomo e


con Pietro, a vegliare un 'ara durante l'agonia di Ges , non
ne capace, come loro. Poco prima invece la sua intimit
terrena con lui aveva raggiunto il punta pi alto: alla Cena,
nel momento in cui Ges istituiva il banchetto eucaristico
che lino alla fine dei tempi doveva nutrire i suoi dei suo
amore, Giovanni riposava sul suo sena.
L'amore di predilezione che Ges aveva per lui non era
originato dalla maggior perfezione di Giovanni, ma, come
disse Bossuet, quell'amore pi intima che ne era la sorgente,
quell'amore di predilezione, l'aveva toccata prima ancora che
egli potesse accorgersene e, dopa la dispersione dei discepoli, 10 richiamer al Calvario per unirlo aile sofferenze dei
Signore e perch egli riceva da Lui, come dono supremo, sua
Madre, la beata Vergine Maria.
Fino a quel tardivo ritorno si era potuto credere che
l'intimit di Ges gli fosse stata di poco frutto. Ma Giovanni sperimenter meglio di ogni altro la verit di quella
parola del Signore che lui stesso ci ha conservato: Lo Spirito Santo vi far ricordare di agni casa .
Dopo la Pentecoste, una volta che 10 Spirito Santo fosse
disceso su di lui, egli avrebbe rivsto quei momenti di cui
non aveva conosciuto il valore quando Ji aveva vissuti, e
lentamente avrebbe imparato a scoprirvi, nel ricordo, tutte
le loro ricchezze.
Al tempo in cui gli apostoli si dispersero pel' le strade
del monda, Giovanni non era stato messo dalla Provvidenza
nel numero dei grandi missionari, n dei grandi costruttot
della Chiesa. La sua vocazione sarebbe stata, sempre di pi,
per un'opera interiore. In mezzo all'eflervescenza di vita
della Chiesa primitiva, egli doveva restare il testimonio
fedele , colui che avrebbe attesta ta cio che aveva vista con
i suai occhi, inteso con le sue orecchie, toccata con le sue
mani , approfondendo con la fede ogni giorno di pi il
mistero di Colui che avrebbe conosciuto secondo 10 Spirito dopo averlo conosciuto seconda la carne. Quando
tutti gli altri apostoli moriranno martiri poco tempo dopo
il loro Maestro, egli rester l'ultimo, prolungando in un'ecce~

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Origlalit deI quarto Vangeio

zionale longevit la silenziosa fiamma che Dio aveva posto in


lui perch gli altri potessero venire e rallegrarsi alla sua
luce . un'immagine che colpisce singolarmente, quella di
questo vecchio sul quale il tempo pareva non avesse dominio,
al punto che taluni credevano che non morisse mai . In
mezzo aIle generazioni nuove che avevano creduto per mezzo
di coloro che il Cristo aveva mandato, dimorava l'ultimo di
quelli che avevano creduto per mezzo di Lui. Sembra che Dio
non avesse voluto altra vocazione per Giovanni che quella di
conservare il deposito sacra di tutta cio che aveva conosciuto
di Lui artraverso i sensi, per illuminarlo amaverso 10 Spirito.
Seguiamo la curva che va dal giovane galileo ardente e impetuoso al vecchio sereno che lascia alla Chiesa, al termine
della sua vita, il tesoro inestimabile che san Clemente d'Alessand ria chiamer il Vangelo spirituale .
Secondo la tradizione venne a Roma poco dopo la Pentecoste. Sotto Domiziano sarebbe stato immerso nell'olio bollente, ma Dio che la destinava a un'altra testimonianza 10
avrebbe liberato, mutando l'olio in rugiada .
Esiliato a Patmo, non avendo davanti a s che il cielo e il
mare, scrisse l'Apocalisse. In questo libro misterioso, in cui
delle isole che risuonano di inni angelici e risplendono di una
luce increata sembrano vagare in una pace immutabile sul pi
spaventoso caos, vediamo apparire i terni che si liberano lenta
mente da quel concerto fantastico e finiscono per riempire, essi
soli, l'anima dell'apostolo. L'agnello immolato ma glorioso nel
seno dei Padre, le sorgenti di acqua viva, la consumazione di
tutte le cose nell'unit.
Dopo Patmo trascorrono i lungbi, sereni anni di Efeso.
l che si realizzer la duplice promessa di Cristo sulla croce:
Donna, ecco tua figlio ... ecco tua madre .
Colei che Elisabetta aveva prodamato benedetta fta
tutte le donne e cbe fin da Betlemme conservava tutte
queste case meditandole nel suo cuore , gli avrebbe cornunicato queHa pace e queHa purezza che aveva ricevuto in s
col Verbo di Dio. L'apostolo, dando alla Madre dei Salvatore
la manna nascosta promessa a colui che vincer, avrebbe dtrovato quegli stessi sentimenti cbe erano nel Cristo quando

Origillalit dei quarto Vangelo

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riposava sul suo sena e riceveva da Lui quella manna data


per la prima volta agli uomni.
L'amore che dal cuore di Dia si era incarnato nel cuore
dell'Uomo Ges, si diffondeva in quello dei sua discepolo, ed
egli sarebbe spirato con il nome di quest'amore sulle labbra,
dopo aver fatto conoscere agli uomini come Ges, che aveva
amato quell; che nel mondo erano suoi, li am fino alla fine .
Nei raccogliere tutti; frutti della maturit, vedendo venire
la luce della sera, di una sera senza tramonto, nella definitiva
quiete della sua meravigliosa vecchiaia, egli dovette raccogliere l'essenza dei suoi insegnamenti nel Vangelo, per mettervi, come la chiave di un giardino cbiuso, quel prologo in cui
il tempo pervaso dell'eterno.
Poi la sua opera compiuta. Non gli rimane che innalzare nella sua epistola l'ultimo canto della fede fondata sulla
verit incrollabile dei Cristo venuto nella carne, e poi andare
a ricongiungersi, per ultimo, a Colui alla cui Resurrezione
aveva creduto per primo G.

CONCEZIONE GIOVANNEA DELLA STORIA

Quia ipse Christus Verbum Dei est,


etiam factum Verhi verbum nabis est.
SANT'AGOSTINO

Finora ci siamo sforzati di inquadrare il quarto Vangelo ne!


suo aspetto spirituale; prima di affrontarlo vediamo ara di definire il sua genere letterario.
In questo caso non si tratta di una questione formale pi 0
meno oziosa, poich il libra si presenta come un racconto cos1
penetrato di pensiero che taluni sono arrivati a sostenere che
la storia non era che un pretesto, 0 tutt'al pi una specie di
apologo 0 di allegoria. Se cosl fosse ci troveremmo alla presenza
di uoa costruzione pura deI pensiero, di un sistema, se cos1 si
6 'Cfr. Marco III, 17 e Luca IX , 54; Marco IX, 23; X, 35-40; XIV, 3238 per
i fatti riferiti che non si trcvano nel quarto Vangelo. Il soggiorno ad Efeso
aHestato da Ireneo. 'L'episodio avvenuto a Roma, si trovu in TcrtulJiano.
Per tulte queslo si facciu riferirncnto all'opcra deI Nunn, cit.

22

Originalit dei quarto Vangelo

puo dire, romanzato , e il Cristo glOvanneo diverrebbe un


mito.
Prima di dissipare questo equivoco, dobbiamo riconoscere
e mettere in luce quella parte di verit che vi si trova. Gi
abbiamo notato la fondamentale difIerenza esistente tra il
quarto e i primi tre Vangeli : volerlo ridurre a null'altro che a
una relazione sulle azioni e sulle parole di Ges, significherebbe
trascurare deI tutto l'essenza di tale distinzione 7.
Coloro che difendono l'una 0 l'altra di queste posizioni
estreme, sia che essi pretendano che il quarto VangeIo non
sia altro che un lungo simbolo, sia che essi sostengano il sua
carattere escIusivamente storico, sono poi ugualmente in difficolt quando si tratta di spiegare l'insieme dei suai testi .
Gii uni afIe rmano che questo 0 quell'altro brano non
appartengono in nessun modo alla redazione originale; gli altri
proclamano con non minore sicurezza che quegli stessi passi
in questione, quelli appunto che i primi considerano un'aggiunta posteriore alla redazione primitiva, costituiscono il fondamento stesso dei Vangelo.
Gii uni dichiarano che la base unica un racconto che
sembra, per quanto molto pi succinto, ancor pi preciso e
sicuro di quello dei sinottici e credono di poter affermare
che il prologo ed i grandi discorsi di Cristo sono brani inseriti in seguito, senza alcun legame con il testo primitivo. Gli
altri continuano a sostenere che i suddetti passi sono 10 scopo
di tutto il resto dell'opera e che il racconto una pallida tela
di fondo deI tutto insignificante. Questi ultimi giungono persino a sostenere che l'autore c051 assorto nella metafisica
e che i fatti materiali hanno per lui cos1 poca importanza,
che tutte le parole facenti allusione a un fatto compiuto nel
tempo, come quelle di Cristo riguardo alla resurrezione futura, devono essere ritenute delle interpolazioni.
Come si vede le due posizioni sono rigorosamente con traddittorie. inutile sottolineare che la seconda in particolare,
si riduce in fonda a una petizione di principio. Nondi1 Cio non significa d'altronde che dal canto loro i sinotlici siano tmiCamellle
storici, ma sempliccmente che la storia vi tiene un posto pi importante che
nel quarto Vange lo.

Originalit del quarto Vangelo

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meno, ri petiamo, sotto questa esagerazione si cela un elemento


profondamente giusto e che deve essere ricordato. Se noi coosideriamo la storia come generalmente la si concepisce ai giorni
nostri, e cio una semplice esposizione di fatti e di date,
certo che 10 scopo dei quarto evangelista sarebbe ben diverso
da quello di uno storica che intendesse in tal modo il suo compito; di conseguenza tale opera apparterrebbe a un genere completamente difIerente.
In realt non possiamo in questo casa valerci delle classificazioni moderne rigidamente applicate. Ed anche per questo
che sarebbe ugualmente falso concludere che san Giovanni sia
noncurante dei fatti in se stessi e che le idee sole 10 interessino: gli si dovrebbe attribuire una distinzione netta tra gIi
uni e le altre, propria a noi, ma dei tutto estranea a lui.
l fatti, 10 svolgimento della staria e le idee, le grandi nozioni religiose che egli ha messo in luce, sono ai suoi occhi
inseparabili. Quando ci domandiamo a questo proposito se
egli voglia insegnarci una dottrina eterna 0 riferirci degli avvenimenti trascorsi, non possiamo avere una risposta, perch
non ci poniamo dal suo stesso punto di vis ta. Per lui la storia
un mistero e narrarla necessariamente esporre contempot'aneamente questo mistao.
La concezione giovannea della storia non altro che
l'applicazione di un pensiero pi generale, cio che il mando
materiale non semplicemente un caos in cui 10 spirito non
puo penetrare, ma invece come il volto del mondo spirituaIe, volto nel quale un attento osservatore puo scoprire le
realt pi profonde e pi nascoste .
In conclusione, essendo Dio il Crea tore della materia come
dello spirito, questi non possono essere impenetrabili l'uno
all'altra e senza reciproci rapporti intelligibili. Un'unit, quella
deI pensiero divi no, li unisce nelle Ioro stesse differenze.
D'altra parte tale unit supera il piano in cui si muovono
nelle loto scambievoli interazioni 10 spirito e la materia. Una
analogia pi misteriosa della precedente mantiene il legame e
assicura la distinzione tra le cose che esistono per un dato
tempo e le cose che sono eterne, tra le creature e il Creatore:
perch c' Lui e perch ci siamo noi, Lui creatore onnipotente.

24

Origillalit del quarto Vangelo

ma nostro creatore, e noi creature deboH per se stesse, ma


sue creature.
Ne deriva che ci che noi definiamo un fatto materiale
contiene un significato per la spirito, poich inseparabile da

esso. Pi generalmente e pi profondamente 10 svolgimento


della storia umana ci rivela il gesto della mano divina che
l 'accompagna e la produce.
Solidale con 10 spirito nella caduta come nella salvezza, la
materia ci apre dunque su di lui delle visioni insospettate, e la
storia degli avvenimenti che si succedono sul teatro del monda
ci permette di intravedere i disegni eterni.
Gli scrittori sacri dell'Antica Alleanza erano interamente
penetrati di quest'idea. Tutto l'Antico Testamento ne l'attuazione; pi ancora che la storia del popolo ebreo. esso divenuto per l'umanit intera la rivelazione di Dio che cerca l'uama perduto per ricondurlo a s. con san Giovanni pero che

questa visione della storia appare pi chiara, poich egli comprese che se vi un casa in cui la verit diviene per cosi dire
abbagliante, questo la storia umana di Cristo. Poich la
Parola divina si fatta carne. il mondo, oscurato dalla eaduta.
ritrova in Ges il suo primitivo splendore.

Origtalit dei quarto Vangelo

25

sua parte integrante, anzl, pi di una parte: la sua anima


viven te.
D'altl'a parte credersi in diritto, col pretesto di attenersi
esclusivamente alla rivelazione, di non tener canto dello svol-

gimento dei fatti, di ci che appunto ne! senso moderno della


parola de1iniamo la storia ~>, un errore non minore di
quello al quale in tal modo si crede di opporsi. non voler
riconoscere che cos a la rivelazione esposta da san Giovanni .

Questa non soltanto esige dei fatti, essa un fatto, il dono di


una verit inaccessibile aile nostre forze, fatto ad un tempo primordiale e centrale della storia. Noi conosciamo il cootenuto
e il valore della rivelazione, solo in quanto Colui che il
padrone della storia l'ha Egli stesso scritta nei fatti della
storia, e l'ha scritta entrando egli stesso nella storia.

L'abbiamo gi detto: se consideriamo il quarto Vangelo


soltanto come ula dottrina filosofica astratta, togliamo ogni
senso al suo insegnamento; sarebbe infatti porlo in cantraddizione formale con se stesso, nell'intimo di ogni sua afIerma-

zione. Interamente fondato sul fatto dell'incarnazione, della


discesa di Dio bno alla nostra umanit, della sua vita inserita
nella nostra, il Vangelo seconda san Giovanni scornpare coo1pletamente se disconosciamo questi faui.

L'umanit del Cristo, per mezzo dell'unione con la sua


divinit, restituisce in tutta la sua purezza l'immagine divina a
somiglianza della quale l'uomo stato crea ta. l fatti e le azioni

Diremo dunque che il Vangelo giovanneo ci presenta dei


fatti e delle verit, non giustapposti, ma cosl indissolubilmente

del Cristo sono interiormente illuminati dalla perfezione della


sua anima umana, e tutto il sua essere lascia scorgere la profondit deI divino.
l cieli narrano la gloria di Dio , diceva gi il salmista;
ma che cos' il linguaggio dei loro movimenti celesti, per

le verit per salvaguardare i fatti sarebbe condannarsi a raggiungerli impoveri ti fin dalla loro radice, sfigurati e irriconoscibili.

e perfettamente uniti, che trascurare i fatti per non guardare


che aIle verit, sarebbe dissolvere quest'ultime, e trascurare

quanto grandioso possa essere, se 10 paragoniamo al nuovo

linguaggio attraverso il quale la Parola eterna ha espresso se


stessa nelle azioni dell'uomo Ges? La conseguenza viene da
sola, una duplice conseguenza, e trascurarne uno dei termini

sarebbe non riconoscerla affatto.


La storia del Cristo ha un senso: se vi vediamo un

semplice svolgimento di fatti e nulla pi, la mutiliamo e la


profaniamo. Esporre, scrivendo quella storia, la rvelaZone che
es sa compie. non sar un'aggiunta artificiale, ma invece una

CARATTERI LETTERARI DEL QUARTO VANGELO

Abhiamo detto all'inizio che il Vangelo secondo san Giovanni produce nel lettore un'impressione diversa da quella dei
sinottici. Assai pi di es si pare avvicinarsi alla Grecia, con la

quale il giudaismo presentava un contrasto cosl netto. Abbiamo per sottolineato con quale prudenza bisogna avvalersi di
queste rassomiglianze, per non rischiare di hnire in palesi as-

26

Originalit dei quarto Vangelo

surdit. Uno studio attento della lingua in cui stato scritto il


quarto Vangelo rende evidente che, pet quanta vi si manifesti uoa certa tendenza ai madi di pensare ellenici, esso deriva come gli altri da uoa fonte giudaica. Anzi, attraverso il
quarto Vangelo si pua risalire a questa fonte pi direttamente forse che attraverso i primi tre.
Il greco di san Giovanni presenta delle particolarit nettlssime che sembrano imparentarlo cos1 strettamente con
l'aramaico 8 che, secondo il Burney - l'abbiamo detto - il
suo testo originale sarebbe stato scritto in quella lingua e il
testa greco di cui siamo in possesso ne sarehbe uoa traduzione
molto letterale. difficile d'altronde giungere a una completa
certezza su questo punto. Il greco volgare (detto kon) che
all'incirca la lingua dei Nuovo Tesramento, era parlato dalle
pi di verse e mescolate popolazioni che si affacciavano sul
Mediterraneo. In tal modo eSSQ presentava tutte le corruzioni grammaticali immaginabili, sufficienti a spiegare molte
particolarit che sembrerebbero giustincare uoa rassomiglianza
con l'aramaico. Avremo occasione di rilevare in seguito alcuni
esempi che sarebbero difficili da chiarire se si respingesse dei
tutto quest'ipotesi. Anche se non ci troviamo alla presenza di
una traduzione, certo che sulla lingua dei quarto Vangelo,
forse pi che su quella dei precedenti U 1 stata esercitata
un'influenza aramaica molto forte.
Certi brani hanno un andamento spiccatamente semitico,
per esempio la guarigione dei cieco nato. Il gioco delle particelle, cosl cararteristico della lingua greca, sul quale si fonda
tutta la costruzione delle frasi, quasi sempre inesistente in
san Giovanni.
Viceversa egli procede, come sogliono ['ebraico e l'aramaico, per proposizioni semplici giustapposte, unite dalla sola
copula; anzi il pi delle volte essa manca . Tuttavia questa non
una regola assoluta. Alcuni passi, come il dialogo con la Samaritana, mostrano una disinvoltura notevole nell'impiego delle
risorse della lingua greca e si avvicinano ai passi pi classici
8 Oialetto semit lco che al tempo di Ges aveva soslituito l'eb raico in Palestina, almeno nel parlare carrente.
Q A. SCIH.A'ITER nel sua Der Evangelist Johannes, 1930, sottolinca piuttosto
un'influenza dcll'cbraico biblico c rabbinico.

Originalit dei quarto Vangclo

27

dei Vangelo di san Luca, l'Evangelista che si vale della lingua


pi pura. Il racconto della resurrezione di Lazzaro consente la
medesima constatazione.
Non solranto la lingua porta una profonda impronta semitka; 10 stile ne risente ancor pi. Il ritma e i tratti propri
deUa poesia dell 'Antico Testamento compaiono in modo sorprendente nel prologo e si ritrovano in tutti i discorsi.
Sono stati notati corne tipi principali di questa forma
poetica:

il parallelismo a membri sinonimi,


Chi viene a me non avr fame,
e chi crede in me non avr mai sete .
(VI, 35)

il parallelismo antitetico,
Cio che nato dalla carne carne,
cio che nato dallo spirito spirito .
(III , 6)

il ragionamento a fortiori,
Se non credete quando parlo delle cose tetrene,
come crederete quando vi parlera di cose celesti? .
(III, 12 )

il parallelismo per concatenamento,


Tutto quanta mi d il Padre a me verr,
e chi viene a me non la caccero fuori .
(VI, 37)

il dialogo che termina con una sentenza-conclusione,


Noi parliamo di cio che sappiamo
e testimoniamo di _cio che abbiamo veduto ,
e voi non ricevete la Hostra testimonianza .
(III , 11 )
Non senza motivo Sl e ricercata anche un'analogia fra i
procedimenti messi in opera nei discorsi giovannei e quelli

28

Origil1alit det quarto Vangelo

della dialettica dei rabbini. Questa analogia certo qui molto


pi evidente che nei discorsi dei sinottici.
A dire il vero stata anche notata una certa somiglianza
tra questi discorsi e le diatribe dei 610s06 stoici. In un
cas.o almeno la parentela potrebbe sembrare stretta, non solamente se si considerano le parole per se stesse, ma anche
se si osserva il modo in . cui sono introdotte. Si tratta dei
brevi discorsi pronunciati a Gerusalemme e riportati nel c. VII
(cfr. vv. 28 e 37).
Da qui a collegare quest'apparente analogia con l'usa nel
prologo deI termine Logos (adoperato soprattutto dagli stoici)
pel' dedurne l'idea di un evangelista interamente penetrato
della dottrina dei Portico, non c'era che un passa che parecchi
critici non hanno esitato a compiere. Tuttavia la possibilit
di trovare nello stesso brano le rassomiglianze pi varie deve
soprattutto farci toccare con mano la fragilit di questo genere
di ipotesi. Vi sono iuevitabili analogie in tutti i discorsi religiosi a filoso6ci di stile lapidario, e si deve far attemione a non
trame delle conclusioni che rischierebbero di appoggiarsi sul
vuoto.
D'altra parte se l'argomentare che vi nei discorsi polemici contro i giudei e che Giovanni attribuisce a Ges, si avvicina e!lettivamente a quello dei rabbini pel' il sua modo
d'opporsi in agni particalare a ciascuna affermazione avversaria (diversamente dai discorsi riportati dai sinottici che scartano deliberatamente i cavilli presentati pel' parsi su tutt'altro
piano; cfr. la questione dei tributo a Cesare), se ne distingue
tuttavia in modo radicale. Si spesso afferma ta, e non bisogna
dimenticar1o, che Ges, quale san Giovanni ce la presenta,
non discute mai nel vero senso della parola: a!lerma .
Tutta il suo argomentare si riduce a mettere in eviclenza
le testimonianze di origine divin a che attestano la sua autorit. Stabilita questa, soltanto su di essa si appoggia pel' confondere j suoi avversari, non ragiona mai contro di loro.
Tali alfermazioni di un'audacia veramente divina, SOllO
cio che conserva sempre ai discorsi polemici dei Van gela
seconda san Giovanni un'altezza e una serenit incomparabili.
Allorch Ges, solo con i suai, puo parlar 101'0 apertamente, sono quelle stes se affermazioni, sbocciate nella loro

Originalil dei quarto Vangelo

29

pienezza, che raggiungono il lirismo dei disco l'si successivi alla


Cena, il cui 60re perfetto la preghiera sacerdotale.
Una particolarit di genere diverso, ma che dimostra
ugualmente il carattere giudaico dei quarto Vangelo, si rivela
se si studia attenta mente la sua composizione. evidente che
il simbolismo di certi numeri sacri vi gioca un ruolo certo
oscuro, ma diflicilmente negabile. la stesso simbolismo che
si ritrova nell'Antico Testamento e soprattutto negli scritti
giudaici immediatamente anteriori 0 contemporanei al cristia~
nesimo. Si tratta specialmente dei numeri tre e sette. Eccone
alcuni esempi.
La festa di Pasqua menzionata tre volte (II, 13; VI, 4;
XI, 55) esattamente con gli stessi termini: Era vicina la
Pasqua, la festa dei giudei . Vi sono tre soggiorni in Galllea (l, 43; IV, 45; VI, 1); tre brevi frasi di Ges crocifisso:
Ecco tua 6glio, ecco tua madre (XIX, 27); Ho sete!
(XIX, 28); Tutto compiuto! (XIX, 30).
Vengono riferiti sette miracoli: l'acqua mutata in vina a
Cana (II, 1-11); la guarigione deI figlio del dignitario reale
(IV, 46-54); la guarigione del paralitico a Bethesda (V, 1-15);
la moltiplicazione dei pani (VI, 1-15); Ges che cammina sull'acqua (VI, 16-21); la guarigione del cieco nato (IX, 1-12); la
resurrezione di Lazzaro (XI, 1-46); quanta alla pesca miracolosa, essa si trova nel capitolo XXI che deye essere un'appendice posteriore.
Vi sono sette testimonianze: quella di Giovanni Battista
(Il; quella dei discepoli (1 e XV, 27); quella del Padro
(V, 37); quella del Figlio (VIII, 14); quella delle sue opere (V,
36, e X, 38); quella delle Scritture (V, 39); quella della
Spirito (XV, 26).
In6ne si hanno sette a!lermazioni> del Cristo sulla propria natura: la sono il pane della Vita (VI, 35); la sono
la Luce del monda (IX, 5); la sono la porta (IX, 7 e 9);
10 sono il buon pastore (X, Il); 10 sono la Resurrezione
e la Vita (XI, 25); la sono la Via e la Verit e la Vita
(XIV, 6); la sono la vera vite (XV, 1).
Bisogna certamente guardarsi dal sottilizzare troppo in
questa materia, ma le precedenti citazioni sembrano indicare
un simbolismo voluto e coscientemente elaborato.

30

Origina/it dei quarto Vangelo

Tutto ci ci porta a una precisione la CUl lmportanza


stata talvolta persa di vista) ma che non si puo trascurare
scoza gravi errori . Ci si meravigliati della scarso numero di
immagini lasciateci da san Giovanni. Cio sembra tanto pi 50tprendente se viene confrontato con la sua concezione simholica
della storia e deI mondo. In realt la contraddizione 501tanto apparente: guesta scarsit e in un certo senso povert di
immagin giovannee ci permette di scoprirne il vero significato e di completare in tal modo ci che abbiamo cercato di
stabilire nel capitolo precedente.
Consideriamo j simboli citari poco fa: sono quasi gli unici
contenuti nel quarto Vangelo. Notiamo che tra di cssl non vi
alcuna parabola. AJcuni traduttori usano questo termine a
proposito delle immagini della porta e dei buon pas tore, ma si
tratta di una confusione. Il termine greco Parabol (parabola)
usato soltanto dai sinottici. Il passo citato (X, 6) contiene
il termine Paromia (similitudine) il cui sign ificato puo essere
ben altro. La parabola un racconto che colpisce, dai particolari vivaci e concreti, che ha 10 scopo di aiutare a rappresentare una data azione 0 piuttosto un certo modo di fare. Vi abbondano i tratti incisivi per rendere l'immagine viva e penetrante. lnoltre diverse parabole sono generalmente unite per
moltiplicare i punti di vista sulla nozione fondamentale che
devono caratterizzare.
Le simiIitudini giovannee sono differenti. Rappresentano
uno stadio superiore: non si tratta pi di attirare l'attenzione
con un gioco di pittoreschi paragoni su un qualche cosa che
ancora sfugge total mente. Quest'attenzione gi asscurata:
si tratta non di scoprire nuovi punti di vista esterni pel' afferrare meglio la configur~zione generale di un oggetto insolito,
ma di entrare nel pi profondo dell'oggetto conosciuto, di stabilirvisi e di penetrarne tutta l'ampiezza.
Come il Precursore, l'immagine giovannea deve diminuire , affinch cio che rappresenta, ma che ancora velato,
possa crescere . Deve disfarsi della cangiante molteplicit
propria della para bol a per diventare semplicemente un centro
luminoso dove risplender la sola bellezza delle realt invisibili.
Essa mira al cuore stesso dell'eterno, e per non offuscare

Originalit det quarto Vangelo

31

l'in6nita ricchezza della sua semplicit, deve spogliarsi, accettare la spoliazione es trema. Da cio deriva pure la scarsit dei

simboli giovannei: essi vogliono condurci al di l dei diverso e


dei molteplice. E finalmente tutto s'unifica in quelle nozioni
supreme in cui dominano la Vita e la Luce, il cui splenclore
attraverso l'umanit del Cristo unlto ai suoi cio che san Gio-

vanni definisce la Gloria, e la cui sorgente il Verbo, il Logos


da lui descritto in una sola pagina.
Si puo vera mente affermare che sotto la penna di san Giovanni Fanalogia diviene innnitamente p stretta che in tutto
il resto del Nuovo Testamento: le cose terres tri non svaniscono, ma al contrario s'avvicinano quanto pi possibile aIle
case celesti. Nei suoi simboli le realt pi familiari si fanno
trasparenti.

In fondo la ragione ultima di questo fascino cos1 caratteristico del quarto Vangelo, non deve forse essere ricercata

nell'unione cosl discreta e cOSI profonda dell'eterno e dell'umano, dell'umano pi completo? Effettivamente il simbolismo giovanneo ben lontano da quello degli alessandrini. Per
san Giovanni J'urnano non come uno sgabello respinto dal

piede di colui che egli ha sollevato fino al di vino, quando l'oggetto della ricerca stato raggiunto. L'evangelista dei Cristo-Dio ha parlato di Lui nella maniera pi umana. Persino i
personaggi secondari deI suo Vangelo sono descritti con dei
tratti che colpiscono, quasi commoventi: pensiamo a Marta e
Maria, 0 anche a Tommaso. In mezzo ad essi il Cristo che
noi ritroviamo quello che, 6.sicamente stanco, si siede a mez-

zogiorno sulla pietra del pozzo di Giacobbe e, pronfondamente


tri ste, pianger sulla tomba di Lazzaro.
l primi tre Vangeli, per vivi ch'essi siano, ci sembre-

rebbero quasi impersonali se confrontati all'ultimo. Ges


infatti non pi soltanto il Maestro che parla aile folle, ma
l'arnica in mezzo ai suoi amici, i quali l'amarono maldestramente, ingannandosi sulle sue parole, ma cosI ardentemente
che il ricordo torner in seguito alle loro menti e, nella luee
della resurrezione, essi si accuseranno confusi d'averne misconosciuto il senso e la porta ta.
Evangelista del Cristo-Dio, Giovanni comprese, e nessuno

32

Originatit del quarto Vangelo

Origtalit del quarto Valtgelo

meglio di lui puo farcelo comprendere ancor oggi, che Dio


si incarnato e che Egli troppo perfettamente divino per
temere di umanlzzarsi troppo.

PIANO E CONTENUTO DEL QUARTO VANGELO

Non si dovrebbe cercare nel Vangelo secondo san Giovanni un piano logico simile a quello che ci attendiamo di
trovare in un 'opera moderna. Il racconto e l'espressione del
pensiero vi mantengono sempre una scioltezza e una libert
ricche di ritorni imprevedibili, che si riflettono anche sulle
prime pagine come una luce rimandata dalle seguentL Tuttavia narrazione e pensiero maturano sotto i nos tri occhi.
Alcuni terni caratteristici si sviluppano organicamente e creano
in tal modo un disegno spolitaneo, che sarebbe difficile dire
fino
. a quaI punto sia stato previsto dall'autore stesso, ma che
s'lmpone a noi se risaliamo sino alla fonte le grandi correnti
del pensiero giovanneo.
Questo piano, questo vitale dlspiegarsi di una plenezza
iniziale visibilmente modellato sulla vita della Chiesa
~oich il quarto Vangelo, diversamente dal primi, non
tlvolge a degli increduli da convertire e neppure a dei neofitL
Non come i sinottici un testirnone della presa di contatto
del cristianesimo con delle moltitudini straniere. Quando esso
appare, il lievito ha gi cominciato a gonfiare la pasta. per
delle comunit che conoscono gi la Vira che ha per centro
e origine il Cristo, che quella Vita viene esposta quale- in Lui
apparve agli uomini. In questo modo si mantiene una relazione cos tante, discreta ma stretta, rra 10 sviluppo del racconto
giovanneo e quello della vita cristiana nella Chies a primitiva.
L'orizzonte deI racconto dominato da quelle nozioni
di V ita, di Luce, di Verit e di Gloria i cui nomi tornano
continuamente sotto la penna di san Giovanni. lnoltre non si
deve mai perdere di vista che le realt che esse rapptesentano,
pet Giovanni come per tutta la Chiesa antiea, diventano concrete e accessibili ai cristiani in quei grandi incontri di Dio
e dell'uorno, di Dio che giunge ad ogni uomo, che sono i
Saeramenti. Tutto il Vangelo sar dunque incomprensibile se

si

33

non si considera 10 scopo del suo autore: additare ai cristiani


Ges come la sorgente della Vita, con tutto cio che per Lui
essa implica, e aprire loro i canali che 10 stesso Ges ha stabilito, per trasmettere la Vita dal suo al loro cuore.
Cerehiamo di seguire, guidati da questo filo, il disegno
generale dei quarto Vangelo; cos1 ordinate dall'interno, le sue
ricchezze potranno apparire in tutta la loro ampiezza.

Il Vangelo secondo san Giovanni comprende 21 capitoli.


La divisione in capitoli non quella originale; per questo
libro, come per tutta la Bibbia, deriva dall' Arcivescovo di
Canterhury, Stefano Langton (t 1227) che l'introdusse nella
Vulgata. Osserviamo subito che l'episodio della donna adultera
che si trova nelle nostre edizioni del Nuovo Testamento dal
v. 53 del capitolo VII al v. 11 del capitolo VIIr di san
Giovanni, non ne fa parte. Numerosi manoscritti l'ornettono 0 10 sistemano in tutt'altro luogo nel Nuovo Testamento
(Luca xxr, 38).
un racconto isolato, residuo delle raccolte di parole e
di azioni di Ges che esistevano in diverse forme prima dei
Vangeli attuali. Sebbene nessun evangelista l'abbia riportato,
la tradizione deUa Chiesa l'ha conservato e, aflinch non
andasse perduto, 10 ha inserito ben presto in uno 0 nell'altto
dei quattro Vangeli. Cos1 giunto ad occupare il posto in
cui 10 leggiamo oggi, nel bel mezzo di un altro racconto.
Per questa ragione non ne terremo conto nel nostro studio.
Come tutti i Vangeli, il quarto si divide in due grandi
parti di lunghezza quasi uguale. La prima occupa ta dall'attivit di Ges fino a quando non 10 colpl la persecuzione. La
seconda il racconto della Passione. Tra le due parti, proprio
nel mezzo (c. XI) si pone la resurrezione di Lazzaro che
I.a chiave di volta dell'insieme, tanto pel' il signiflcato quanto
per il posto che occupa.
Se prendiamo la prima parte, i primi dieci capitoli, posslamo distinguere tre grandi momenti.
Dapprima rivelata la vera natura del Cristo. Questo
10 scopo dei primi due capitoli e vi si devono ancora notare
tre suddivisioni. La prima (c. r, 1-18) cio che si chiama
3

IV Vengelo

=
34

O,iginalit del quarto Vangelo

il Pralaga. Sotta la forma di un inno san Giovanni ci dice


immediatamente chi il Cristo: Dio fattosi uomo per eereare
l'uomo perduto e ricondurlo fino a s. Gi in questo prologo
(e persino nello stile letterario, come vedremo) il tempo e
l'eternit sono per COSI dire intessuti l'uno nell'altro.
In seguito comincia la storia terrestre di Ges con alcuni
fatti scelti pet mostrarci il suo carattere soprannaturale, afIermata dal prologo e ben presto manifestato in quella mede
~ima storia umana . Questa manifestazione ci data in primo
luogo dalle testimanianze rese a Ges (fine dei c. l, dal v. 19).
Dapprima si ha la testimonianza di Giovanni Battista, articolata in due fasi: l'annuncio dei pi grande di lui che verr
dopo di lui (vv. 1928) e la precisa dichiarazione che quello
Ges (vv. 2934). Segue quella dei primi discepoli che si
accostano a Ges senza essere chiamati da Lui, ma spinti da]
Battista: Andrea, l'anonimo (probabilmente Giovanni) e Pietro
(vv. 35-42); infine quella dei discepoli che Ges stesso chiama,
al di fuori dell'influenza (per la mena immediata) dei Battista:
Filippo e, mediante Filippo, Natanaele (vv. 4351).
Il c. II contiene la seconda manifestazione di Ges, di
cui Lui stesso l'autore: cio che san Giovanni ehiama i suai
segni (c. II, 11) con una parola carica di significato su cui
ritorneremo. Essi sono il miracolo di Cana (vv. 111) e la
purificazione dei tempio (vv. 1222), strettamente legati l'uno
all'altra, e precisano il significato deI titolo di Messia attribuito
a Ges dalle testimonianze . La sua opera messianica non sar
quella che si attendono i carnali giudei: consister nella sua
morte (il vino di Cana segno dei sangue sparso) e la sua
resurrezione (il templo ricostruito). Inoltre s'annuncia gi,
oscuramente, che anche gli uomini parteciperanno di questa
opera nel banchetto eucaristico: il banchetto di Cana ne il
primo tipico esempio; il seconda sar il banchetto della molti
plicazione dei pani (c. VI), e i loro simbolismi si completa no
reciprocamente.
Ges stato rivelato al lettore dal Pralaga, manifestato
dalle testimonian1.e e da segni: ara una seconda divisione del
Vangelo comincia col c. II e va sino alla fine dei c. VI.
Essa domina ta dalla prima di quelle nozioni giovannee
a cui abbiamo sovente alluso: la Vita. Vi si possono fare due

Originalit dei quarto Vangelo

35

suddivisioni: l'una centrata sul battesimo, sorgente di Vita


(cc. III, IV eV ), l'altra sull'eucaristia, pane di Vita (c. VI).
La prima comprende l'incontro con Nicodemo (c. III, 121),
completato da un'ulteriore testimonianza del Battista
(vv. 2236), l'incontro con la Samaritana e il miracolo della
guarigione dei figlio dei dignitario reale a Cafarnao (c. IV),
la guarigione dei paralitico nella piscioa di Bethesda (c . V,
118) e il discorso dei Cristo su se stesso, che d come la
conclusione di tutta la precedente esposizione (vv. 19-47).
Nella seconda parte la moltiplicazione dei pani (c. VI, 125),
secondo ripo di eucaristia, introduce il discorso eucaristico sul
pane di Vita (vv. 2671).
l discorsi dei c. VII riassumono l'insegnamento sulla Vita
con il richiamo: Se qualcuno ha sete venga a me e beva ,
e introducono quello sulla Luce.
Con il c. VIII inizia un'altra grande divisione dei Van
gela. Come la prima parte era dominata dalla Vita , la terza
la dalla Luce, alla quale si .unisce, come a compimento della
sua manifestazione piena e totale, la Verit . nel sua conflitto con i giudei che Ges condotto a rivelare questo nuovo
aspetto deUa sua opera: la Vita che Egli porta Luce, e si
pua anche dire che grazie alla Luce gli uomini raggiungeranno
la Vita; se i giudei si sollevano contra di lui, perch essi
sono figli delle tenebre . Tutto l'insieme del c. VIII espone
il conflitto della Luce e delle tenebre in una forma e con
un'insistenza veramente caratteristiche deI pensiera giovanneo.
Il c. IX svela l'esito di questo conflitto, mostrando la vit
toria della Luce su Ile teoebre, significata dalla guarigione
del cieco nato .
n c. X infine esprime il carattere luminoso deI Cristo
e della sua ri velazione con le due similitudini della porta
(w. 110) e dei buon pastore (vv. 1121) aile quali il discorso
di Ges sulla predestinazione (altra tema particolarmente
sviluppato da san Giovanni), accentuando la profondit deI
confJitto tra la Luce e le tenebre, viene a dare ]a suprema
conclusione (dal v. 22 alla fine).
Col c. XI, abbiamo detto, giungiamo al centra dei Vangelo.
l caratteri di Vita e di Luce del Cristo sono presentati piena
mente reali - non oggetto di semplici promesse, ma Verit

36

Originalit dei quarto Vangelo

Originalil del quarto Vangelo

nel senso pi forte in cui Giovanni usa questo termine

mediante la resurrezione di Lazzaro, presagio di quella del


Cristo stesso, il quale fin da allora stava per mostrare neUa
propria persona il combattimento conrro le potenze deUa
morte e delle tenebre, latta in cui Lazzaro era stato da Lui
reso vinci tore.
Col c. XII entriamo nella seconda parte del Vangelo,
quella consacrata aUa Passione. All'inizio i preliminari: l'unzione a Bethania (vv. 1-11), l'entrata in Gerusalemme
(vv. 12-19), l 'incontro profetico con i gred (vv. 20-36), la
conclusione di Giovanni che riprende il tema della predestinazione (vv. 37-43) e infine le parole di Ges sulla sua unione
col Padre (dal v. 44 alla fine).
I! c. XIII ci introduce nell'intimit di Ges e dei suai che
Giovanni il solo ad averci fatto conoscere. lncomincia con
la lavanda dei piedi (vv. 1-17), con le parole che l'accompagnano e ne sottolineano il significato ad un tempo battesimale
ed eucaristico, e continua con l'annuncio deI tradimento di

Giuda (vv. 18-30).


Col v. 31 iniziano i discorsi di addio di Ges ai suai
discepoli. Possiamo subito distinguere una serie di consola-

zioni (dal v. 31 del c. XIII al v. 31 del c. XIV).


Nel c. XV la similitudine eucaristica deUa vite segna
l'inizio di una seconda sezione sui discepoli uniti al Cristo, e

mediante il Cristo uniti tra di loro nell'amore.


A partire dal v. 4 dei c. XVI la promessa e la descrizione
della persona e deU'opera della Spirito Santo (il Paraclito)
vengono ad illuminare tutte le certezze di fede .
I! c. XVII racchiude gli ulrimi coUoqui, con la preghiera
sacerdotale che il Figlio rivolge al Padre per queU'unione che
il Paraclito operer, nella consumazione di tutte le cose
nell'amare. In questa preghiera si svela l'ultima grande nozione

giovannea: la Gloria che Dio Padre ha data al Figlio perch


ne rives tisse i suoi. Poich non che uoa cosa sola con la
Vita comunicata, la quale manifesta la V erit divina, la Gloria
sar l'irraggiamento ultimo della Luce trionfante sulle tenebre
attraverso la Passione e la Resurrezione che il Cristo

h~

annundato apertamente ai suai (vv. 5-14 del c. XVI).


Viene in seguito la Passione con le sue diverse peripezie:

37

l'arresto (c. XVIII, 1-18), Ges condotto da Anna e da Caifa


(vv. 12-27), davanti a Pilato (dal v. 28 del c. XVIII al v. 15
deI c. XIX), al Calvario (c. XIX, 16-42).
La Resurrezione riferita al c. XX. Gli ultimi versetti
(30-31) mostrano che in un primo tempo il Vange!o finiva Il.
I! c. XXI suggella la testimonianza dell'autore e apre le
prospettive future del cristianesimo.

Malgrado l'inevitabile aridit, il tentativo di dare uno


schema del quarto Vange!o mostrer come il sua sviluppo sia
organico, e con quale arte, in una forma quanto mai plastica,
le pi grandi verit vi si sviluppino armoniosamente nella

loro pienezza . Ne! corso dell'esposizione, per non appesantirla troppo, non abbiamo potuto giustificare, e 10 si comprender facilmente , le affermazioni esegetiche talvolra contestate sulle quali si fonda. Tale giustificazione si trover nelle
pagine seguenti, in un commentario particolareggiato in cui

riprenderemo riga per riga il Iibro che poco fa abbiamo percorso rapidamente.

Parte prima

Il Verbo, Vita e Luce

I.

IL PROLOGO

Il prologo col quale si apre il Van gela giova nneo un


in no, il pi bello degli inni cristiani. Se vi una bellezza
che non sia altro che la splendore dei vero, certamente la
sua. Una verit ne l'unico oggetto.
Quella verit unisce il tempo e l'eterrut, perch ci mostra
in una sola visione la stato eterno dei Verbo e il fatto temporale della sua venuta in mezzo a nai per mezzo dei!' incarnazione . La struttura deI prologo, rtmato assai sottilmente
pi ancora neUe idee che neUe parole, accordata a questo
carattere deUa verit che 10 informa.
Comprende quattro strofe: due (vv. 1-5 e 9-13) sono
situate su un piano che oltrepassa la storia, mentre le altre

due che si altemano con le prime (vv. 6-8 e 14-18) sono


storiche:
l,

lIn principo era il Verho,


e il Verbo cra presse Dio,
e il Verho era Dio.
2 Egli era in principio pressa Dio.
J Tutte le cose pet mezzo di Lui furon fattc
e senza di Lui nulla fu fatta l,
4 In Lui efa la Vita,
c la Vita era la Luce degli uomini;

1 Si aggiunge generalmente: di ci dIe fil tallo, ma cio che si traduce cosl


non ha alcun senso in greco e proviene senza dubbio da una corruzione dei
testo (che si spiegherebbe molto bene nel casa di un originale aramaico).

42

Il prologo

Il Verbo, Vila e Luce


5 e la Luce splende nelle tenebre,
e le tenebre non l'hanno accolta.
II,

6 Vi fu un uomo mandato da Dio,


e il suo nome era Giovanni.
7 Questi venne come testimone,
per dar testimonianza alla Luce,
affinch tutti credessero per mezzo di Lui.
8 Non era egli la Luce,
ma doveva dare testimonianza alla Luce.

III ,

9 La Luce vera
che illumina agni uomo
stava per venire nel mondo.
10 Egli era nel monda,
e il monda per mezzo di Lui fu f~tto ,
e il mondo non la riconobbe.
11 venuto nella sua casa
e i suai non l'hanno accolto.
12 A quanti, pero, la hanno ricevuto,
ha dato il potere di diventar figli di Dio;
a quelli che credono nel suo nome .
13 Lui che non da sangue,
n da valere della carne,
n da valere d'uomo,
ma da Dio nato.

IV,

14 E il Verbo si fatto carne


ed ha dimotato fra noi,
e noi abbiamo contemplato la sua gloria ,
gloria che come unigenito ha dal Padre,
pieno di grazia e di verit.
15 Giovanni gli d testimonianza e grida cos1:
Questi Colui di cui dicevo:
Quegli che viene dopa di me
mi ha sopravanzato,
perch era prima di me .
16 Ch dalla sua pienezza
noi tutti abhiamo rcevuto
'! graa su grazia.
17 Perch la Legge fu data per mezzo di Mos ;
la Grazia e la Verit sono date pet mezw
[di Ges Cristo.
18 Nessuno ha mai visto Dio;
un Dio unigenito,
che nel seno del Padre,
egli la ha rivelato.

':;3

1. IL V ERBO

I n principio era il Verbo


Il parallelismo tra le prime parole del prologo e le prime
del Genesi evidente e chiarisce il senso deI prologo giovanneo .
1 due testi ci presentano Dio nel primo istante della
creazione; ma mentre uno ci parla di cio che lu. latta da Lui.
l'altro ci parla di ci che era gi presso di Lui, essendo una
cosa sola con Lui.
Questo principio il vero principio, il principio di tutto
ci che ha cominciamento. Se dunque il Verbo era fin da
alIon, non ha mai avuto com inciamento, eterno come Dio.
Un altro insegnamento deriva da tale comparazione. Il
primo capitolo del Genesi ci dice che Dio cre tutte le cose
con la sua P arola.
Il primo capitolo di san Giovanni, parlando del Verbo,
dice: Tutte le cose per mezzo di lui furon fatte .
Poich senza dubbio l'avvicinamento stato voluto daIl'autore stesso deI quarto Vangelo, siamo condotti a cercare
l'origine prima della nozione di Verbo nell. rivelazione
dell'Antico Testamento.
Non soltanto nelle prime righe del Genesi che la Parola mess a in evidenza. Tutta la Bibbia piena di allusioni alla Parola divin a, in particolare i Salmi e i Profeti.
Cosl leggiamo al c. LV del Libro di l saia (vv. 10-11 ):
Difatti come la pioggia
e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano
senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
cosl che dia il seme al seminatore
e pane a chi mangia,
cosl sar della Parola
uscita dalla mia bocca;
non ritorner vuota a me
senza avere operato quanto mio desiderio .

44

Il Verbo, Vila e Luce

l Sa/mi contengono molti esempi della tendenza di fare


della ParoI a un essere personale :
Mand la sua Parol. e li guarl (Sa/mo CVII, 20 ).
Manda il suo Verbo alla terra
rapida corre la sua ParoI a (Sa/mo CXLVII, 15 ).

AlJ'epoca rabbinica il tema della Legge di Dio piuttosto


che quello deHa Parola che tende verso una personificazione
ancora pi spinta. La Legge tuttavia es sa stes sa come l'essenza deHa Parola e nella letteratura biblica nel momento
in cui il giudaismo deHa Sinagoga si aflerr:,a, abbiamo il
grande Sa/mo CXIX che identifica i due termini.
Ben presto gli ebrei avvertirono che l'unit e la sempIicit
di Dio non escludevano afIatto una certa differenziazione.
Appariva loro pi a mena confusamente che vi era in Lui
come un viso rivolto a guardare il mondo, e ne troviamo ]a
traccia in diverse altre nozioni misteriose dell'Antico Testamento, sem pre legate aHa Parola. Il Nome deI Signore.
Il SUD Angelo che accompagna gli israeliti nelle loro pere
grinazioni e che sembra ara confondersi con Dio, ara distinguersene. La Gloria) di Dio che si manifesta in tutte le
cose. La sua Dimora nel tempio.
Tutte queste nozioni presentano la stessa imprecisione.
Non si identificano purameote e semplicemente con il concetto generale di divinit, poich costituiscono ci che la rende
familiare agli uomini, i quali pOSSODO conoscerla ed amarla
per mezzo di esse; ma evitata non meno una separazione
troppo netta che renderebbe queH'adorazione idolatriea e
quella conoscenza fallace.
Il giudaismo nel suo ultimo periodo, forse in parte per
influenza straniera, ma soprattutto in virt di uno sviluppo
interno della riflessione religiosa, diede grande importanza a
quelle nozioni. Bisogna aggiungere tuttavia che a quel tempo
si manifeste uoa tendenza, che le separava ancor pi dana
divinit, che consisteva nel farne quasi degli intermediari (per

Il pr%go

45

louare contro l'antropomorfismo), pur conservanclo la certezza deH'intervento divino neUe cose del mondo.
Che il Verbo di cui parla Giovanni sia la Parola deU' An
tieo Testamento evidente dal fatto che egli (al v. 14) riavvi
cina analogamente la Gloria e la Dimora nel tempio: la
Schekinah che si manifesta e si nasconde neHa nube luminosa
(Cir. 1 Re, VIII, 101l).
Si deve pere esaminare un'altra nozione dell'Antico Testamento se si desidera penetrare il sense con cui san Giovanni
usa il termine Logos che noi traduciamo Verbo.
Questo termine Saggezza ), in ebraico hokma, vocabolo a cui il greco Logos corrisponde a!trettanto bene come
a davar, Parola, poich significa esattamente il pensiero
formulato nella sua espressione.
La Saggezza appare ancora pi personale della Pa
rola . Il passo pi caratteristico il c. VIII dei Proverbi ,
unD dei libri che rappresentano il meglio delle tendenze spe
culative dei giudaismo posteriore aU'esilio:
Jahv mi form fin dall'inizio dei suo potere,
prima deUe sue opere, fin d'aUora.
Dall'eternit fui stabilita;
dalle origini, dai primordi della terra.
Non c'erana ancora abissi: io fui concepita;
n c'erana sorgenti rigurgitanti d'acqua.
Prima che i monti avessero fondamenta ,
prima deUe colline io ero nata;
quanclo non aveva ancora fatto n terra n campagne
n i primi elementi della polvere dei mondo.
Quando Egli fissava i cieli, io ero l;
quando colloc una volta sulla faccia deU'abisso;
quando condense le nubi in alto,
quando regol le sorgenti degli abissi;
quando fiss al mare il suo limite
perch le acque non ne oltrepassassera le spiagge;
quando consolid le fondamenta della terra,
io stavo accanto a Lui come architetto,

46

Il Verba, V ita e Luce

ero sempre esultante di glOla


e mi rallegravo di continuo alla sua presenza;
mi ricreavo sulla faccia della terra
e la mia delizia era tra i /igli dell'uomo 2 .
(Proverbi VIII, 22 e ss.) .

Il pr%go

47

testa l'identificazione della Saggezza con la Dimora non meno


evidente. Ad ogni istante sorgono spontanee le allusioni alla
tenda in cui essa dimorava J alla nube luminosa in cui si av
volgeva.
In un altro libro deutero-canonico, la Sapienza di Salomone, appare ancora la Saggezza. La nozione si precisa ulte
riormente e le si trovano attribuiti aIcuni tra gli epteti pi
caratteristici con cui l'au tore dell'Epistola agli Ebrei qualificher il Cristo:
w

interessante citare un testa analogo che si trova in un


libro deutero-canonico J rEcclesiaste (0 Sapienza di Ges,

figlio di Sirac):
Sono uscita dalla bocca dell' Altissimo
e come vapore ho coperto interamente la terra.
Ho posto la mia tenda in alto,
il mio trono sopra una colonna di nube.
Ho fatto da sola il giro dei cielo
e ho percorso le profondit dell'abisso,
i flutti del mare e agni terra;
sono stata la prima di agni popolo 0 gente.
Tra tutti costaro ho cercato dove sostare
e nell'eredit di chi fissare il mio soggiomo.
Allora il Crea tore di tutte le cose mi fece un comando
Colui che mi aveva creato fece sostare la mia tenda,
dicendomi: "Metti la tua tenda sotta Giacobbe;
tua porzione sia Israe1e JJ.
Mi ha creata, prima dei tempo, /in da principio,
e non verr mena eternamente.
Nella tenda santa, innanzi a Lui, ho servito;
cos1 mi sono fis sa ta in Sion
(Ecclesiaste XXIV, 3 e ss.).
Si notino soprattutto le prime parole: Sono uscita dalla
bocca dell'Altissimo che introducono alla nozione dei Verbo
che unisce Parola e Saggezza 3; ma anche attraverso tutto il

Essa il soflio della virt di Dio,


l'effluvio puro della gloria dell'Onnipotente;
perci niente di impuro la raggiunge.
Essa 10 splendore della luce etema,
10 specchio tersissimo dei vigore di Dio
e rimmagine della sua bont 4 .
(Sapienza, VII, 25-26).
Ancor pi interessante che in un luago almeno troviamo
Parola (Logos) e Saggezza messe di proposito vicine, senza
dubbio identificate, e precisamente nell'opera della creazione:
0 Dio dei padri e Signore misericordioso

che hai creato tutte le case con la tua Parola


e con la tua Saggezza hai formato ruomo
(IX, 1).
La forte rassomiglianza tra la frase in corsivo e quelle
deI quarto Vangelo ci evita di cercare altrove l'origine delle
espressioni usate in quest'u1timo.
Con la Sapienza di Salomone, pur restando in una cornice biblica, siamo entrati in una nuova atmosfera. Il libro
fu scritto in ambiente alessandrino, cio nel se no di un giu
w

Quest'ultimo versetto inccrto.


3 Si osservi che la Iingua greca, in cui Logos nello stesso tempo la Parola
e la Ragione. suggeriscc l'accostamenta meglio dell'ebraico. D'aItra parte non
bisogna attaccarsi troppo strcttamente all'uso della parola c creata che qui
unita alla Saggezza, mentre il testa dei Proverbi ha la parola c formata. che
ha un significato pi vago. Abbiamo una sola traduzionc di questo passo dell'Ecclesiaste (nella versione dei Settanta); ora, il traduttore che ha usato a tal
scopo il \'Crbo grecQ kti sll che significa c rearc . l'ha pure utilizzato per
2

tradurre il testo dei Proverbi (VIII, 22), quantunque il testo ebraico che noi
possediarno usi nell'ultimo caso il termine pi generale di c formare . Tutto
db che si pub dire che Dei due testi difficile sapere sc la Saggezza una
creatura a se in Dio, al di sopra di lutte le creature. In ogni modo essa
implica e realizza una relazione molto intima con Dio e la sua opera.
4 Cfr. Ebrei l, 3.

48

Il pr%go

il Vel'bo, Vila e Luce

daismo molto ellenizzato. Del resto il testo originale in


greco, e in greco classico .
Questo ci porta ad esaminare il prologo di san Giovanni
sotto un'altra luce. Nella stessa Alessandria un filosofo giudeo, Filone, celebre per la sua erudizione e per la fertilit del
suo ingegno, del resto pi brillante che profondo, poco prima
dell'inizio dell'era cristiana tento di attuare la fusione dell'ellenismo e dei giudaismo.
Pare che egli sia stato unD dei primi se non ad usare,
almeno a servirsi con moIta frequenza del termine Logos. Ed
ecco che un'aflrettata applicazione del metodo comparativo
ha condotto a vedere nel Logos di san Giovanni, il Logos
di Filone trasferito semplicemente nel Vangelo.
In realt l'aceostamento quasi unicamente verbale. Filone
precisando l'idea piuttosto vaga degli intermediari tra l 'uomo
e la divinit che preoccupava i giudei, ha inteso significare nel
sua Logos un essere ehe non n divino n creato, ma a met
strada fra i due. n Logos di Filone non Dio, ma egli vorrebbe che non fosse neppure una creatura per fare da un ione
tra la divinit e l'uoma.
Tale errata canceziane deriva da una sbagliata nozione
dell'onnipotenza di Dio: per Filone Dio non puo abbassarsi
fina agl i uomini. Per i cristiani, al contrario, e per san Giovanni in particolare, Dio manifesta la sua grandezza e la sua
potenza nel modo pi alto quando si volge verso le sue creature, che sono infinitamente lontane da Lui, e quando aecetta
per amore di scendere fino ad esse. Il Dio dei cristiani
molto pi vicino ai suai di quanta Filone potesse pen sare;
nondimeno anche infinitamente pi grande di quanto il
filosofo giudeo immaginasse. Non e' akuna misura eomune
tra Lui e cib che non Lui. O gni altro essere diverso da Lui,
essendo una sua ereatura, resta per sua natura infnitamente
al di sotto di Lui. L'idea di un Logos che senza essere Dio
calmi l'abisso tea Dio e il monda, appare dunque a un cristiana
contraddittoria e sacrilega. Dio solo pub, con un insondabile
atta d'amore, superare l'abisso, invincibile ad agni altra essere.
Appunto per questo il Logos di san Giovanni, il Verbo
di cui egli stesso ci dice che Dio , si incarna, si fa uomo.
n Logos di Filone invece non potrebbe incarnarsi: cio non

49

avrebbe aleun senso e sarebbe impossibile, perch contrario


alla sua natura che quella di conservare una giusta distanz.
(del resto impensabile) tra Dio e noi.
Si puo dire che l'analogia tra il Logos di Filone e quello
di san Giovanni molto ingannatrice. Essa non esiste che
nella misura in cui tutti e due si riferiscono alla Parola dell'Antico Testamento, gi identificata con la Saggezza dagli
scritti sapienziali. Filone pero, per elaborare il suo Logos personale, giustappone ai dati biblici due dati fi losofici poco nccordabili tra loro come con la Parola biblica.
Logos nella linglla profana indicava al tempo stesso il
pensiero razionale e la sua ordinata espressione. Di qui un
senso religioso, che si congiunge all'ordine cosmico. Gli stoici,
la cui filosofia imperav. nel primo secolo, vedev.no nel Logos
una potenza, un fuoco quasi materiale che s'i nsinuava ne!
mondo e vi f.ceva circolare il calore e la lllce della vita. Filone
tenta d'identincare questo Logos composto d'una materia purificata, con un mondo intelligibile dei tutto immateriale: il
mondo delle Idee platoniche, cio dei puri modelli razionali di
cui le cose dei nostro mondo non sarebbero che una paliid.
immagine.
Nonostante certe parziali analogie, le differenti concezioni
di Logos elaborate dal neo-platonismo restano troppo radicalmente distinte da quella che san Giovan ni espone nel suo
prologo, perch si possa sostenere la tesi di una qualehe reale
filiazione.
vero per che questo termine cristal.1izzerebbe negIi
scritti esoteriei le pi alte intuizioni religiose del pensiero
greco, illtuizioni che sono tuttavia diversissime. Usandolo, Giovanni ha certamente voluto sottolineare che Colui che egli annunziava ai pagani era Colui che essi adoravano senza conoscere .
un controsenso sostenere che Giovanni sia debitore del
pensiero greco : egl.i segna al contrario la sbocciare de1nitivo
di cio che era in germe nella rivelazione dell'Antica Alleanza
di cui abbiamo ripercorso le tracce. Gli altri autori del Nuovo
Testamento gli avevano aperto la via presentando il Vangelo,
la Buon. Novella di Ges, come la Parola divina per eccellenza (vedere testi come Luca l , 2 0 Alti XVIII, 5).
4

IV Vangelo

50

Il Verbo, Vila e Luce

Bisogna tuttavia considerare il prablema in tutta la sua


ampiezza: sembra che la Provvidenza, che destinava all'intero
universo e non pi a un solo popolo la sua totale e definitiva
rivelazione, abbia voluto che essa si effettuasse nell'incontro
deI popolo eletto con i pagani , in maniera che questi ultimi
potessero trovare una rispasta del tutto confacente aUe loro
aspirazioni pi profonde proprio in cio che per i giudei eru
il coronamento deUe promesse e delle rivelaziol1 divine, di
cui erano stati i testimoni e i depositari, non per s soli, ma
pet il monda intero ' .
Esaminiamo ora in modo particolareggiato la prima strofa.
Leggiamo all'inizio che il Verbo era pressa Dio '. Ci significa che il Verbo costituisce una persona dis tinta e che questa
persona si trova in stretta relazione con quella che i teologi
della Chiesa antiea chiamavana la radice deUa divinit >>:
la persona deI Padre. Si pu confrontare tale alIermazione con
le parole dell'Epis/ola agli Ebrei (l, 13) che applicano al
Crisra il primo verserta del Salmo CX:
Oracola di Jahv al mia Signore:
Siedi alla mia destra
finch io panga i tuai nemici sgabello dei tuai piedi .
Vi per pi di una samiglianza: e il V erbo era Dio.
Questa precisazione pane al di sopra di agni iperbole l'unit
del Verbo e di Dio. Come realmente la sua persona si distingue da Dio Padre, casi tealmente candi vide la sua divinit 0,
piuttosto, poich non potrebbe esservi divisione, essa realmente quest'unica divinit.
Il Verbo Dio da Dio, come dir il Simbala di Nicea ' .
fi Il te rmine Logos usato ne l Nuovo Testamento, ollre che nel quarto
Vangelo, nel senso che abbiamo appena definito? Pare proprio che un passo
dcll'Apocalisse (XIX, 13) dia una risposta affermativa, ed tanlo pi Interessan te
osservare il contesta totalmente giudaico in cui appare. La medesima osservazione deve esser fatta a proposito dei bel testa dell'Ep istola di Giacomo (1, 18),
se l'interpretazione data dall'antichit cristiana esatta.
6 Le!teralmente: verso Dio.
1 Rccentementc alcuni storici hanno voluto ad ogni costo far dire al vcrsetto
di cui s tiamo trattando, il contrario deI suo sign ificato. Mentre in greco s i trava
J'artiealo dinanzi alla parola che indica Dio nel versetto precedente, qui invece
non si trava. Si voluto appigliarsi a cib per sostenere che il Logos sarcbbc per
san Giovanni un ... esserc divino e null'altro, cio non Dio, ma una spccie

Il prologo

51

La preesistenza assaluta del Verba viene allora rialIermata


per introdurre il sua ruolo universale nella creazione, ruolo
di cui la sua preesistenza la condizione evidente:
Egli era in principio presso Dio
rutte le cose per mezzo di Lui furon fatte,
e senza di Lui nulla fu fatto.

Si noti che continua il parallelisma con il Genesi: Dio


disse : "Vi sia luce! H, e vi fu luce.,. .
L'idea della Pmola creatrice ha come acquistato una nuova
dimensione. La PatoIa divina , nel senso pi precisa, ci
viene rivelata come mediatrice in Dio, di Dio e deI monda
dall'istante in cu i la cre. Se il Verba che ci ha condotti
a1l'esistenza, in Dio vi come l'addentelIato della nostra salvezza attraverso il Verbo 8 .

2. LA VITA

In Lui era la Vi/a


Dopa aver mostrato il Verba creatore del monda, l'evangelista ritorna su ci che in se stessa. In Lui era la Vita.
Ecco che interviene la prima di quelle idee-immagini di san
Giovanni che devono aiutarei a sapportare la splendore dei
Verba, rifrangendane pel' casi dire la luce sotta diversi angoli.
d'Angelo supcriore. Sorvolando sul ratto che una tale interpretazione fa ... tabula
rasa .. deI contesto, non andrebbe neppure considerata sc non fosse stata volgarizzata da certe traduzioni della Bibbia , pokh non si fon da ehe su un controsenso g rammaticale. In realt in greco si omette J'articolo dinanzi all'attribulo
e qui in parlicolare l'articolo '10'1 pua csservi, altrimenti si avrebbe non solo
un solecismo, ma una f rase priva di ogni significato , esscndo impossibilc diSlinguere il soggetto dall'attributo, poich soltanto l'artioolo, a seconda se presente
o no, pub rendere possibile tale distinzione. Non c' nulla dunque da dedurre
dall'asscnza dell'articolo per accostare san Giovanni a Filone, con il pretes to
c he quest'ultimo afferma ehe il Logos tMos ma non 0 tllos (De somniis J,
229-239).
6 San Paolo ha falto il mcdesimo accostamcnto:
... ... Ges Cristo mediante il qualc tutto esiste e per mezzo dei quale noi pure
s iamo (1 Corint; VIII, 6).

.,

... ... In Lui tutie le cose furono create (Colosses i l , 16).


Cfr. anche nell'Epis tola agli Ebrei:
...... un Figlio ... mediante il quale ha anche creato l'universo,. (Ebrci l , 2).

52

Il Verbo, Vita e Luce

La Vila scorrer grandiosamente attraverso tutto il Vangelo. DaI c. III al c. IV sar al centro di tutti i pensieri, il
punto di convergenza di tutte le parole e di tutti gli atti.
Nell'intero libro il nome s'incontra almeno cinquantadue
volte' .
La Vi ta non la nozione vaga e scolarita trasmessacl dal
ramanticisma, diventata cos1 camune da presentarsi sponta~
neamente al nostro spirito allorch leggiamo questo termine
nel Vangelo. La Vita che san Giovanni ci fa conoscere
tutto il contrario di un'effervescenza in cui l'essere si esau~
risce.

La Vita giovannea il pi radicale attributo di Dio, la


Vita eterna, ed in essa che Doi impariama come l'eternit non
sia una vecchiaia senza fine , ma un'incorruttibile giovinezza.
. Gi nell'Antico Testamento Dio era apparso come il Vivente per eccellenza, in opposizione agli idoli morti. Gi si
era scoperto in Lui anche il Vivente che fa vivere. Quindi
praticare la giustizia che Egli esige, impegnarsi nella via
della Vita (Clr. Salmo XXXIV, 1315). Nelle ultime prospettive del giudaismo, si era aperta la visione escatologica di un
mondo rigenerato nella gius tizia, in cui i giusti sarebbero rivissuti di una vita tutta divina (Isaia XXVI , 19; Daniele XII, 13).
In questo contesto l'Apoealisse ha riservato un ampio spazio all'albero di Vita, il cui Irutto sazier i ledeli, all'acqua di
Vita che li disseter, al libro di Vita su cui i loro nomi sono
scritti, alla corona di Vita che sar la 101'0 ricompensa (Apoealisse II, 7; XXII, 2; VII, 17; XXI, 6 e XXII, 17; III, 5 e
XIII, 8; II, 10 ).
stata giustamente asservato che san Giovanni ne!
suo Vangelo d alla Vita pressappoco 10 stesso posto
che i sinottici davano al Regno. E gi questi ultimi stabilivano un'equivalenza pratica tra l'ereditare il Regno (Malleo XXV, 34) e l'ereditare la Vita (Mat/eo XIX, 29), l'entrare
nel Regno (Mat/eo V, 20) e l'enttare nella Vita (Malleo
XVIII, 8-9).
'.1

Se si liene conto dell'uso dei sostantivo e di quello dei vel'bo.

11 pro/aga

53

ln san Paolo domina l'idea della nuova Vita, che trova la


sua sorgente nella resurrezione di Cristo (Romani VI, 4 e
10-11 ) il quale Egli stesso la nostra Vita (Galali II, 19-20 e
Colossesi III, 1-4) " .
In san Giovanni quasi agni volta che ritorna il termine
Vita esso legato all'immagine di Ulla sorgente .
Vi si accede mediante la nuova e celestiale nascita di cui il
Signore patlava a Nicodemo : la sola nascita di cui si possa dire
che non che 1tascita, diversamente dalla nostra nativit ter~
rena che inaugura tanta l 'inizio della vita, quanta il sua caml;;fno verso la morte, termine ineluttabile dell'esistenza.
Sull'orlo del pozzo di Giacobbe il Signore riveler 10
sgorgare de1la -VUa che dal pi prolondo di Dio giunge al pi
prolondo dell'uomo e che la fiorire in noi, appena nati e gi
destinati a morire, la primavera di Dio, sempre nuova perch
senza comlnciamen to. In questa pagina la libert della Vita si
mostra sovrana, s'innalza sempre senza mai ricadere 0 spez~
zare il proprio slancio.
Ecco ancora un altro aspetto della Vita, ugualmente suggerito dall'immagine della sorgente; accostato al primo, appare
paradossale agli occhi della saggezza umana. La Vita che si possiede sempre con una pienezza mai intaccata, mai affuscata,
si dona sempre e sem pre in modo totale.
La Vita possiede fin dalla sorgente non solo la costante
freschezza, ma anche la diffusione, l'espansione ininterrotta .
Come sOl'gente tutta la sua essenza donare, donarsi. dan~
dosi che essa rimane, il sua dono che il suo essel'e.
Se tu conoscessi il dono di Dio , dir il Signore alla
Samaritana. Se la Vita il dono di Dio, in questo senso che
Dio dona, ma anche Dio stesso che donato perch Lui
che si dona.
Nessun libro del Nuovo Testamento comunica come il Vangelo di Giovanni la toccante impressione che la caratteristica
pi saliente del Bene divino quella di diflondersi. La Vita
10 Si trovedl nell'opera di Dom J. D U PONT, Essais sur la Christologie de
saint lcal', 195 1, un buon sludio sulle fonti bibliche della Vita come san Giovanni
ee la presenta.

54

II Verbo, Vita e Luce

divina che si rivela agli uomini vi passa come un fiurne che non
soItanto scorre, ma si riflette in ogni essere, dove aora in una

nuova sorgente. Non dice forse il Signore a quelli che riceveranno la Vita che dal loro sena sgorgheranno delle sorgenti
d'acqua viva?
Giovanni ha scritto molto bene la parola definitiva : Dio
amore . Dio Pamote sussistente, ed in questo amore che
la Vita si realizza, in questo arnore il cui slancio non conosce
llmiti e tuttavia soddisfa se stesso, poich, al contrario dei
nostri amori umani, non la conseguenza di un'indigenza ma
d'una sovrabbondanza.
'
Noi, amando i fratelli, sappiamo d'essere passati dalla
morte alla Vita. , dice san Giovanni nella 1 Epistola (III,
14 e 16), Chi non ama dimora nella morte ... Ecco ara da
che co~a abbiam? conosciuto l'amore: dal fatto che Egli offrl
per . nOI la sua vlta. Anche noi quindi dobbiamo per i fratelli
affrue le nastre vite .
Abbiamo gi detto come i Greci si mostrassero dillidenti
dinanzi ad agni idea di infinito: per san Giovanni l'infinit
dei Dio biblico si rivela infinit d'amore.
'
Ecco. perch .Ia Vita divina pua riunire due aspetti che
s:mbra lmposslblle accostare: la verginit, l'integrit unica
~1 un possesso scanfinata ed eterno, e il dono che non tra t~
tlene ~u.ua, c.he non conserva nulla. l due aspetti, che sono
oppo,st! ln ~01 perch imperfetti, in Dio si congiungono; cio si
vedra meglio nelle pagine seguenti.

3. LA

LUCE

E la V ita era la Luce degli uomini


, La Luce l'aItra ?rande nozione giovannea con la guale
1 essenza dei Verbo SI lascia afferrare nel chiaroscuro della
fede. Essa occupa nel quarto Van gela una posizione di poco
meno lmportante della Vita. Il termine ritorna ventinove
volte e possiamo distinguere tutta una sezione, dal c. VIII al

Il pro/aga

55

c. X, dominata incontes tabilmente dalla Luce, come queIla


precedente non era che uno sviluppo dei tema della Vita.
L'identificazione della Luce con la Vita, ci permette di scar~
tare con maggior sicurezza la concezione della Vita che il
romanticismo ci ha lasciato e che il nostro spirlto tende sem~
pre a sovrapporre a quella dei Vangelo.
La vita roman tica, al dire stesso di coloro che la . esal~
tano, costituita di tutto cio che vi di oscuro nell'uomo.
il f1utto irresistibile che sale in certe ore, fuori degli strati
pi istintivi della sensibilit, colmo d'esasperazione verso un
oggetto che sem pre sfugge allorch si crede di raggiungerlo.
Ecco H punto preciso in cui la confusione tra le due vite
appare un errore, l'errare per eccellenza dell'idolatria. La Vita
divina non una forza cieca che si solleva in uno sforzo tita~
nico alla ricerca di un'inaccessibile soddisfazione, bensl una
luce che nessuno mai accese e che nulla mai potr offuscare.
L'applicazione a Dio dell'immagine della luce non era de!
tutto nuova. Proposta gi dall'Antico Testamenta.. conobbe un
nuovo interesse dopo che l'esilio mise i giudei a contatto con
la Persia: la noziane dei carattere luminoso della divinit era
uno degli elementi della religione mazdea, t. lvolta cosl elevata
da accostarsi al giudaismo. Una delle pi antiche rappresen
tazioni di Dio per mezzo della luce la visione che apre il
libro di Ezechiele:
Vidi un vento impetuoso venire da nord: una grande
nube e una colonna di fuoco che emetteva bagliori tutt'intorno ... (Ezechiele I , 4) .
La visione dell' Antico dei giorni ne! libro di Daniele
(VII, 9-14) descritta con la stesso simbolismo. La terza
parte dei libro d'Isai. (dal c. LVI alla fine) usa ugualmente
con predilezione questa analogia. Ecco il passaggio che l'Apa
calisse cristiana doveva riprendere (XXI , 23) ":
E la citt non ha bisogno deI sole n della luna che la
rischiarino; poich la gloria di Dio la illumina, e la sua lucerna
l'agnella .
Ne! Nuovo Testamento nessun autore si avvale come san
11

Cfr. {snia LX, 19.

56

II prologo

Il Verbo J Vila e Luce

Giovanni di tale simbolismo. San Paolo parla della Vita se


non tanto come san Giovanni, per 10 meno con un'insistenza

Il salmista

l'a~va

57

profetizzato in questo versetto che ria,

sumeva in anticipo cio che abbiamo cercato di dire:

a!trettanto precisa, ma usa solo alcune volte il simbolismo luminoso, proprio nei testi pi vicini a san Giovanni; cos1 scrive
agli Efesini: Camminate come figli della Luce (V, 8) ".
Giovalmi nella sua 1 Epis/ola, che insieme un chiarimento e una sintesi dell'insegnamento su queste due nozioni

che riempiono il suo Vangelo, spiega come bisogna intendere


la Luce, e come la Vita e la Luce siano una cosa sola. Egli
dice: Ed ecco l'annuncio che abbiam sentito da Lui e anOU11ziamo a voi: Dio' Luce e in Lui non tenebta akuna . Se
diciamo d'aver comuniane con Lui e camminiamo neUa tenebra, mentiamo e non operiamo la verit (1 Epis/ola di san
Giovanni l, 5-6).
In seguito (II, 9-11) spiega ci che si deve dedurre dalle
sue parole: Chi pretende d'esser nella Luce e ha in odio il
fratello suo, ruttora nella tenebra. Chi ama il suo fratello
dimora nella Luce, n pet lui v' occasione d'inciampo. Ma
chi odia il proprio fratello nella tenebra e oella tenebra cammina e non sa dove va, perch la tenebra acceco gli occhi
suoi . Cosl cogliamo l'unit della Vita e della Luce. Abbiamo
visto che l'essenza della Vita per san Giovanni l'smore,
l 'amore che si dona . amando, ci dice egli ora, che si deUa
Luce. L'amore di cui parla quasi in continuaziane, dono purOt
dono totale. L'amore torbido, il faIso amore proprio della vita
fallace, che abbiamo distinto da quella di cui parla il quarto
Vangelo, l'amore che vuole conservare e accapatrare. Al
contrario quello che abbandona, che si abbaodona senza riserve,
si illumina di une splendore senza ombre. In questo modo il
Padre ama il Figlio, il Verbo, al punto di darsi a Lui e ritrovarsi intetamente in Lui; tale amore quindi la sua lmmagine
perfetta, in cui nuUa oscuro, lmmagine che essa stessa la
Luce totale.

La Luce divina, come abbiamo letto, la Luce degli


uomini.
12 Cfe. 1 Epistola di san Giovanlli J, 7.

Infatti presso di te la fonte di Vita


nella tua Luce vedremo la Luce .
(Salmo XXXVI, 10).
Diverse volte stata sottolineata l'mpottanza che assume sotto la penna di san Giovanni l'idea di vedere la Luce.
1 verbi che esprimono la visione, 0 pi generalmente la conoscenza, sono nurnerosissimi nel Vangelo come nell'Epistola.
La volont deI Padre mio , dir il Signore, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la Vira eterna (Vangela di san Giovanni VI, 40).
.
E ancora: Chi ha veduto me, ha veduto il Padre
(XIV, 9).
Nella preghiera sacerdotale dir: Padre, quelli che mi
hai dato J voglio che dove sono io siano anch'essi con me
affinch contemplino la mia Gloria (XVII, 24).
'
'
E nella sua Epistola san Giovanni dice: Sappiamo che
quando si manifester, saremo somiglianti a Lui, poich 10
vedremo cosl come (1 Epis/ola di san Giovanni, III, 2).
Abbiamo qui l'idea che l'essenza deI cristianesimo una
contemplazione di Dio nel sun Verbo incarnato, contemplazione pet mezzo della quale siamo trasformat a sua immagine.
A tali testi evidentemente s'attaccano i critici che vorl'ebbero
ridurre la l'eligione giovanfiea a una gnasi pi 0 mena elleoizzata, a uoa rnistica della luce simile a quella di cui l'iniziazione
ai misteri d'Iside ha potuto dare l'idea ai seguaci delJ'esoterismo.
Tuttavia, dopo ci che abbiamo visto sugli antecedenti
biblici e giudaici della teologia giovannea sulla Luce, appare
difficile contestare che la mistica dei quarto Vangelo tragga
di l la sua origine. La Schekinah , la misteriosa dimora di
Dio sotto la nuvola, risplendente della luce della sua Gloria
Finizio in Israele d'una mistica che non deve oulla all'elleni~
smo. Il racconto della trasfigurazione nei sinottici (0 il sun
commento nella 2 Epis/ola di san Pie/ra l, 16-19) ci mostra

58

Il Verbo, Vila e Luce

Il pro/aga

come quella mistiea davesse fiorire spontaneamente attorna

al Cristo.
San Paolo nell. 2 Epistola ai Corinti, partendo dall'esperienz. di Mos introdotto nella nuvola da dove scorge il
volto luminoso di Dio, fa esplicitamente la trasposizione: E
noi tutti che, a viso scoperto, rispecchiamo la Gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine (2 Epi-

stola ai Corinti III, 18).


Cosl, seguendo questa linea, possiamo seguire il processo

della salvezz. alla stesso modo in cui san Giovanni l'ha compreso: in Dio, essenza della Vita l'amore, e la Luce
l'irraggiamento dell'amore; a noi la visione della Luce data

dall'incarnazione del Verbo che riproduce in noi l'amore che


l'aveva fatto nascere: Iddio nessuno l'ha mai conosciuto ,
diee san Giovanni, ma noi attestiamo che il Padre invi il

Figlio come Salvatore del mondo ... e noi abbiamo conosciuto


e creduto nell'amore che ha Iddio per noi... , e inf1ne:
Ognuno che ama generato da Dio e conosce Dio. Chi non
ama non ha conosduto Dio, perch Dio amore (1 Epistola
di san Giovanni IV, 12, 14, 16, 7 e 8).
E la Luce splende nelle tenebte
e le tenebte non l'hanno accolta

Vediamo non pi soltanto l'essenziale diversit ma l'antagonismo assoluto tra queste due vite: quella che ' cupidigia
e quella che amore. Tutto il Vangelo descriver il loro connitto.

Vi fu un uomo mandata da Dio,


e il sua nome eta Giovanni.

L'aoristo greco che traduciamo col passato remoto ci avverte che siamo discesi, con la seconda strofa, dal piano sovra-

temporale a quello storico. Abbi.mo contemplato il Verbo accanto al Padre. Ora sulla terra incontriamo un uama ma un
uomo mandata da Dio.
J

Quesri il Battista, Giovanni: il Precursore. Il Vangelo


secondo san Luca espone le circostanze soprannaturali della
~ua nascita, e il modo con cui l'autore del quarto Vangelo 10

llltroduce nel pralogo, dimostra il ruolo notevole che gli attribuisce, d'accorda in cio con la pi antiea tradizione cristiana.

Egli d'altronde fissa la differenza capitale che la distingue dal


Cr1sto con una cura tutta particola che un altro indizio
della venerazione unica rivolta al Battista, al punto che i
cnstlani davettero lattare contro l'idolatria pi

1 3.

Queste parole sono le prime a parlard di qualche cosa


che non sia la perfezione divina. In esse annunziato il peccato della creatura, proprio nella forma in cui san Giovanni

la presenter sempre: latta delle tenebre ribelli contra la Luce


che viene a rischiararle, lotta in cui le tenebre rivelano che la

creatura si riserva solo il nulIa quando s'oppone al Verbo


divino.
Divampa il contrasta tra la ricchezza infinita di Dio che
non pone limiti al sua dono e il nulla della creatura che vuole
possedersi. La Vita divina la Luce, ma sono le tenebre che
gli uomini chiamano Vita ed a cui s'attaccano cos1 avidamente.
l~ Origene ha interpretato il greco kallabl1 non nel senso di accoglicrc ,
ma nel senso di afferrare 0 di "sofIocarc . Questo significato s'impone
al v. 35 deI c. XII.

59

meno palese

di alcuni suai discepoli.


Non dobbiamo dimenticare le parole stesse di Ges Cristo
su Giovanni, riferite in san Matteo (XI, 11): Fra i nati di
donna non appar80 uno pi grande di Giovanni il Battista }).
L'antiehit cristiana era unanime nel pensare che il Battista
raggiungesse il pi alto punto cui un uomo fosse mai giunto.
L'ieonografia orientale la rappresenta semp umano certa-

mente, ma quasi angelico: al limite dell'umano. Quai l:origine


di tale straordinaria elevazione?
Questi venne come testimone
pet dal' testimonianza alla Lu~e
ailinch tutti credessero per mezzo di lui.

In ci risiede secondo san Giovanni l'unica sorgente della


vera grandezza umana: la testimonianza resa alla Luce. Tutta

60

Il Verbo, Vila e Luce

la gloria dell'uomo non nel glorificare se sleHO, ma nel


glorificare la Lt/ce. Pel' il fatto che la vita di Giovanni Batti
sta fu total mente consacrata a tale testimonianza, nn dal seno
materno: egli venne per questo , non vi nessun uomo a
lui superiore. (Osserviamo quel: egli venne , che san Gia
vanni usa sempre a proposito di una missione divina).
Del resto la sua testimonianza non la condusse solo verso
Dio, bench egli sia il principe dei soli tari; la condusse al
tempo stesso verso gli uomini, verso tutti gli uomini, affinch
conoscessero insieme a Lui la Luce. La testimonianza impIica
un doppio slancio, unico nella sua fonte e ricongiunto al sua
termine. Testimoniare significa rendere a Dio ci che Egli
ci d, renderglielo in modo tale che gli a!tri facciano la
stesso e che, tutti uniti nella fede, possano dire con il
testimone:
Come la mana scorre sulla cetra e le cocde
parlano,

cosl parla in me la Spirito del Signore e io parla


neI sua amore.
(Odi di Salomone VI, 1)
Al contrario di colora che vogliono se stessi come scopo et

sottraendosi alla Luce, non posseggono che le tenebre, il Bat


tista nel riconoscimento del proprio nulla e dei tutto divino
traver quella grandezza degna della sola umilt :
Non era egli la Luce,
ma doveva dare testimonianza alla Luce

La seconda strofa ci aveva condotti a un punto precisa


nel tempo, la terza ci conduce verso ci che, superiore alla
sua durata, 10 governa:

La Luce vera
che illumina ogni uomo
stava per vcnire nel mondo.

Abbiamo vista ci che concerne la caduta, l'apparizione del


peccato nel monda. Ed ecco il disegno riparatore di Dio.

Il

pr%go

61

Quest versetto ci insegna due cose sulla Luce, due verit


che SQvente si separano, taivolta si contrappongono, ma che
si devono lasciare unite per non alterare il cristianesimo. Il

primo punta richiama ci che i pagani scorgevano di pi splen.


dente nell'intimo della nozione di Logos pel' affermarne cate
goricamente l'autenticit. Il Verbo di cui san Giovanni parla
la Luce che illumina agni uomo e che i pi grandi filos06
della Grecia avevano desctitta e salutata con termini pervasi
di un entusiasmo religioso :
Marc'Aurelio dir:
Non vi che una luce del sole,

non vi che un'essenza comune a tutti gli esseri,


non vi che una vita, un'intelligenza che penetra
[ogni casa,
ma soprattutto gli spiriti 14.

In che modo il pensiero pagano giunto a tali afferma


zioni?
La filosofia antica, seguendo Socrate, aveva studiato innanzi
tutto l'uomo. Quai la sua vera natura? Pel' quali fini
nata? In che modo pu raggiungerli?
La risposta lentamente elaborata fu che nell'uomo vi
una certa scintilla divina, che 10 mette d'un tratto su un
piano assolutamente diverso da quello degli a!tri esseri: l'intel
ligenza, meruante la quale l'uomo pu, in qualche modo, dive
nire ogni casa e dominare l'universo anche se, seconda le parole di Pascal, !'universo la schiaccia. L'intelligenza, il Verbo,
che si trava in agni uomo, anche ci che pub permettergli di
dominare se stesso. Con l'intelligenza pu placare il flutto
ribollente dei prapri desideri ed imporre all'animalit la forma
quasi di vina che in lui. Cosl gli antichi vedevano nel Verbo
urnano }'effetto di un'illuminazione superiore, bench la sua
fonte rimanesse oscura poich essi non arrivavano a distinguere nettamente il monda e la luce del monda",
J.t Pell sierj (XII, 30). Cfr. LEDRETON, Origines du dogme de la Trinit,
t. II , p. 55.

J5 NOiare il pant eismo della frase di Marc'Aurelio.

-,

62

Il Verbo, Vito e Luce

San Giovanni acconsente a questa dottrina . Lungi dal condannare i Iumi naturali dell'intelligenza umana, le riconosce
l'origine dall'alto che gli antichi le avevano attribuito e precisa
che la luce che risplende nel verbo umano procede direttamente dal Verbo divino ne! senso assoluto in cui egli la considera.
Si noti coli quale decisione l'atteggiamento della scrittore
sacro condanni quello di alcuni pensatori staccati si dal cristianesimo, che hanno voluto opporre radicl~ente l' due luci:
quella della rivelazione e quella della ragione.
Tanta profonda l'opposizione tra la vita dei monda e la
Vita divina, tanto stretto il legame rra la luce che illumina
agni uomo e la Luce dei Verbo. Dio non ha mai lasciato
l'uomo senza la sua Luce : essa abita in lui per guida rio attraverso il disordine della vita corrotta. Egli non decaduto, n
completamente malvagio grazie a quella Luce che non potrebbe
mai perdere ' completamente; d'altra parte il male assoluto
una contraddizione poich il male accostandosi all'assoluto
semplicemente si annullerebbe.
Si deve allora pensare che il perdurare della luce nell'uomo
fin nelle tenebre pi profonde renda vana l'opera di Dio per la
nostra salvezza? In nessun modo; immaginarsi che possa essere
cos1 frutto di una grande confusione. San Giovanni la chiatisce in una frase:
La Luce vern che illumina agni uomo STAVA PER VENIRE nel manda.

La Luce (non dobbiamo noi dimenticarlo, ed questo cio


che i pagani ignoravano ) non una vaga luminescenza, una
persona, una persona divina: la persona dei Verbo che ci ha
creati e che con la sua misericordia mantiene l'essere degradato che ci rimasto dopo il peccato.
Ecco dunque che distinguiamo due modi fondamentalmente diversi, in cui la Luce presente in noi.
Puo essere in noi per qualche cosa che proviene da lei,
cio per un efletto di cui la causa. In questo modo essa
illumina ogni uomo, anche il pi abbietto, poich se cessasse
un istante di illuminarlo, egli ricadrebbe nel nulla. Vi pero

Il prologo

63

un'altra presenza: quando non si tratta soltanto pi di un


riflesso della Luce che attraversa la nostra natte, ma quando
essa stessa in persona che in noi. per questa presenza
intima che Dio ci ha creati, associandoci a tutto il suo arnore.
Purtroppo noi l'abbiamo perduta e per tutto il tempo in cui ci
mancher, la sua presenza imperfetta, lontana, se cos1 si pu
dire, ci dar una nostalgia ch'essa sola potr placare, poich
essa stessa che la produce in noi. San Giovanni a questo insopprimibile e incessante desiderio risponde :
La Luce vera che illumina ogni uoma
stava per venire nel mondo.

E aggiunge:
Egli 1 Gera nel manda
e il manda per mezzo di Lui fu fana,
e il manda non 10 ricanobbe.

Tee semplici affermazioni che desctivono esattamente le


prime offerte, i primi richiami divini rivolti ad agni uomo e
l'indurimento dell'uomo, che aveva gli occhi e non vedeva :
il Verbo nel mondo e non vi come un estraneo, poich ne
l'au tore, e tuttavia l'uomo continua ad ignorare db che potrebbe conoscere. La sua ignoranza non dunque il risultato
di un'incapacit della creatura che potrebbe imputarsi al creatore; il risultato di un peccato volontario. Se gli uomini,
anche decaduti, ignorano Dio, per misconoscenza pi che per
ignoranza. In seguito san Giovanni la dir esplicitamente:
Essi hanno preferito le tenebre alla Luce .
Allora il Verbo fa di pi, viene a stabilirsi l dove prima
mandava solo un sua fillesso:
!

venu ta nella sua casa

e i suai nan l'hanna acoolto.

Si dona di persona, scende tra coloro che sono i suoi per


eccellenza, i giudei, a cui era stata data una speciale rivela16 Osscrvare il brusco passaggio (in grcco) dal ncutro al maschile: Giovann i
non ci lascia dimenl ical'c che la Luce il Verbo personale di Dio.

64

Il Verbo, Vila e Lllce

zione per prepararli a questa vIsita meravigliosa. Egli viene


ed per subire un nuovo affronto da coloro cui la sua venuta
portava il perdono dei primo peccato.
I! Verbo decide d'entrare Egli stesso nella storia, come un
uomo) come i profeti, come Giovanni Battista) l'ultimo e il
pi grande di essi, erano venuti. Ma per quanta Dio stesso questa volta prenda su di s, nel sua Verbo, quella missione, gli
uomini la disprezzano: Dio Ii cerea) ma essi 10 fuggono.
A quanti pero 10 hanno ricevuto
ha data il potere di diventar figli di Dio;
a queUi che credono nel suo nome.

Dunque, alcuni 10 accolgono. I! testo dimostra chiaramente


che non si identificano con i sUDi in senso stretto: li si ritrova
fra tutti coloro che Egli illuminava altraverso il mondo.
Perch alcuni e non tutti? San Giovanni non risponde subito al quesito, rispondel' pi tardi 17 .
Che cosa significa allora ricevere il Verbo? Significa crede/'e

Il

17 11 v. 13, che generalmente nci nostri manoscritti riferito agli uomini,


net testo primitivo e ra cerlamcnle rifcrito al Verbo, come appare dalle citazioni degli antichi autori (Giustino, Ireneo, Tertulliano).

65

di inimmaginabile vi sia in una tale grazia, san Giovanni


richiama in un crescendo prodigioso la relazione del Verbo col
Padre, che la sua incarnazione in una Vergine per opera dello
Spirito Santo ha manuestato :
Lui che non
n da volere
n da valere
ma da Dio

da sangue,
della .:arne,
d'uorno,
nato,

Venendo dopo le affermazioni sulla generazione divina del


Verba, manifestatasi in una forma di generazione umana da
Lui accettata, la quarta strofa ci riconduce sulla terra per affermare la sua incarnazione che render possibile la nostra Iiliazione.

4.

LA DI MORA E LA GLORIA

E il Verbo s' falto carne


e ha dimorato fta noi
e noi abbiamo visto la sua Gloria .

ne! sua Nome.


La fede accogliere il Verbo.
Abbiamo gi delto del ruolo che il Nome divino aveva
nell'Antico Testamento . In genere, per gli antichi il nome non
era un simbolo vuoto, bensl. Pespressione di tutta l'essenza di
un essere. C1'edere nel SUD Nome aderl'e a tutta la sua
realt: riconoscerlo come Verbo. La fede vivente di cui
parla qui san Giovanni non unD slando di cieea confidenza,
innanzi tutto una conoscenza e in seguito (di conseguenza,
nel senso stretto del termine), un'adesione di tutto Pessere.
I! Verbo produce in coloro che la fede gli aflida, il potere
di diventare figli di Dio. Egli solo il Figlio di Dio per natura,
ma 10 vediamo compiere d che i versetti precedenti ci avevano lasciato intravedere. Non contento di averci tratti dal
nulla, vuole associal'ci alla sua f-iazione divin a, stabilire in
noi una misterosa partecipazione al rapporta unico che esiste
tra Lui e suo Padre. E, per farci sentire quanto di inaudito e

pr%go

Le ultime parole da noi cita te sono come l'asse di cris talla


intorno a cui ruota il firmamento del quarto Vangelo: il Verbo
divenuto carne, cib che i teologi chiamano l'Incarnazione.
Il termine carne per san Giovanni non ha il senso chiaramente negarivo datogli da san Paolo: designa solamente la
creatura in genetale. considerata nella sua debolezza naturale,
poich in se stessa, senza Dio che la faccia esistere, non
nuUa .
Dire che il Verbo si fatto carne, 0 che divenuto carne,
non deve essere inteso nel senso blasfemo di un annuIIamento
di Dio, Ci signi!1ca, come mostra tutto il contesta, che il
Verbo ha compiuto il gesto l'egaIe di associarsi l'infermit
della sua creatura. Non quest'ultima che sia giunta a superare
l 'abisso tra lei e Dio, come vorrebbero le religioni d 'invenzione umana: Dio che l'ha valicato. In questo vi un
mistero ancor pi diflicile da penetrare di quello della crea5 IY Vangcla

66

Il Verbo, Vita e Luce

zione, perch come essa ci coinvolge e pi di essa ci supera.


Possiamo pero considerarne gli effetti.
Innanzi tutto bisogna osservare fino a che punto giunto
il Verbo nell'unione con la sua creatura. Non si tratta certamente di una diminuzione di cio che Egli ; bisogna ripeterlo:
Dio incarnato non affatto Dio diminuito, ma alla grandezza
che possiede per natura, aggiunge, aceettando di prenderla
come un sua peso personale, la nostra debolezza cbe gli
estranea: si fatto carne, non si potrebbe essere pi chiari.
Egli spinge realmente l'assimilazione, ' l'adozione del nostro
essere limitato, fino al punto estremo, pi lootano ancora di
queUo cui puo giungere 10 sguardo del nostro spirito. Come
noi diciamo la mia testa , il mio braccio ), pur non
essendo dei semplici composti di carne animale, ma degli
spiriti di ben altro ordine, aUo stesso modo il Verbo dir
abbandono la mia vito parlando del nostro essere umano
infinitamente al di sotto del suo essere divino. La differenza
che se noi siamo soprattutto spirito, siarno anche per natura
materia, mentre Egli pel' natura divino, e se diviene anche
umano, di sua spontanea volont.
Cbe cos' dunque cbe provoca la foUia divina di quell'atto
libero mediante il quale Colui cbe non manea di nulla acquista
cio che manca di tutto? Non l'ha fatto certo pet se stesso,
cio non avrebbe alcun senso: l'ha fatto pel' noi.
Percb sceso lino a noi? Percb noi non potevamo arrivare fno a Lui e tuttavia Egli voleva attil'ard a s.
La condiscendenza di Dio non ha altro scopo che la nostra
elevazione, il suo impoverimento il oostra arricchimeoto, la
sua umiliazione la nostra assunzione.
Dio non viene diminuito dall'Incarnazione : colui che ama,
pi accondiscende, pi s'innalza, perch Dio innalza con s
l'oggetto del sua amore.
L'effetto deU'inearnazione stato, pel' noi, la Dimo/'a di
Dio in mezzo a noi, la visione della sua Gloria.
Si osserver che san Giovanni, nella stessa frase in cui ha
creato la formula dell'incarnazione, evoca direttamente la
Dimora e al tempo stesso la Gloria divina. Il verbo greco
(sknsen) da lui usato ricorda il tabernacolo (skn) di

Il prologa

67

questa Dimora, e le lettere deUa radiee sono le stesse deUa


parola ebraiea (Sehekinah) cbe indiea la Dimora.
Abbiamo indieato a proposito della Parola, quale ruolo le
due nozioni apparentate deUa Dimora di Dio e della sua
Gloria avessero nell'Antico Testamento.
l giudei si erano convinti che Dio abitasse realmente con
101'0, quaggi, nel sua santuario. La colonna di nube, lumi~
nosa di natte come un fuoco, che li aveva seguiti e protetti
nel deserto, era la Dimora . Essa discese sul tabel'nacolo
appena eretto (Esodo XL, 34 ss .) e in seguito si stabill nel
tempio (II Cronaehe V, 13 ). Mos ne era stato cil'condato
sul Sinai e altri prafeti che l'avevano vista erano rimas ti sotto
l'impressione di un singolal'e spavento: il timore della santit
divina.
La nube era il segno deUa presenza di Dio e, fin nel
Nuovo Testamento, quando il Padre si mostra presente,
durante la trasfigurazione per esempio, appare la nube
(cfr. Matteo XVII, 5; Ma/'eo IX, 7; Luca IX, 34).
Tuttavia mentre la nube assieurava gli uomini della presenza di Dio, li privava di essa. Dio era l, ma in modo inafferrabile, era nascosto. Non sono forse stupefacenti le parole
di Salomone, il giorno in cui la Dimora divi na occupb il
tempio: Il Signore vuole abitare neUa den sa nube ?
(II Crollaehe VI, 1).
Attorno a quell'oscurit le cose visibili, al contrario, si
trasformavano . Mos, scendendo dal Sinai, doveva coprirsi H
volto, tanto risplendeva di luce (Esodo XXXIV, 35). La trasfigurazione deI monda alla vicinanza deUa Dimol'a divina era
la Gloria. Gloria e Dimora di Dio sono sempre unite nella
Bibbia. l passi dell'Antico Testamento che abbiamo citato
offrono moIti esempi di tale unione.
Si pub dire che la Gloria un irraggiamento atlraverso Je
case della presenza di Dio nella sua Dimora. A questo proposito si puo osservare che la differenza fra l'Antico e il Nuovo
Testamento che nell'uno gli uomini non potevano contemplare cbe il pi lontano splendol'e deUa Gloria, mentre nell'altro l'accesso alla sua sorgente libcro, poich la sorgente
vien data loro, l'Incarnazione stessa.

68

Il Verbo, Vila e Luce

A Filippo che gli chiedeva: Mostraci il Padre , il


Signore risponder: Chi ha veduto me ha veduto il Padre
(Giovanni XIV, 8-9) .
Non azzardato dire che la Dimora divina si circondava
della nube non perch fosse oscura, ma perch la sua luce
era troppo viva e avrebbe abbacinato e ottenebrato l'occhio
umano. Cosl gli uomini vedevano soltanto il riflesso della sua
Gloria attenuata dall'opacit degli oggetti terres tri.
Con l'Incarnazione la Iuce inaccessibile si lascia raggiun~
gere : gli apostoli sul Tabor sono introdotti nella nube e
Giovanni potr dire:
e nai abbiama vista la sua Gloria

usando il verbo greco pi concreto, quello che indica unicamente la visione fisica. Ci non vuol dire per che l 'Incarna~
zione dia ad agni uomo la Gloria divina : l'uomo diviene
capace di vedere Dio, ma unicamente pel' mezzo della fede
che Dio solo puo porre in lui. Tutto il passa deve e,,~re letto
10 dipendenza immediata dal precedente:
A quanti pero 10 hanna ricevuto,
ha data il patere di diventar Iigli di Dio,
a quelli che credano nel sua nome.

Il prologo

69

Nei dialoghi con i suai dopa la Cena, parlando loro apertamente della sua morte, il Signore parler apertamente della
sua Gloria . La preghiera sacerdotale sar come l'effusione di
quella Gloria che fiorir, dopa aver trionfato sulle tenebre,
il mattino di Pasqua:
Luce gioiosa della santa Gloria
dei Padre immortale: 0 Ges Cristo,
giunto il tramonto dei sole,
contemplando la luce della sera,
noi cantiamo il Padre e il Figlio
e la Spirito Santo di Dio:
tu sei degno in tutti i tempi
di essere cantato da vod sante,
Figlio di Dio che doni la Vita,
pel' questo il monda ti glorifica .
Noi non vediamo ancora nella sua pienezza la Luce della
Gloria divina, pet quanta la sua pienezza d sia gi stata data.
Essa appare come una luce vespertina, perch, anche se
gi presente, le ombre de! monda non sono ancora dileguate.
La fede fatta proprio dell'unione di ombre e di luce, ma pel'
mezzo sua andiamo dalle ombre verso la Luce, cio dalle
immagini alla Verit.

Il Signore dir a Marta: Se credi, vedrai la Gloria di


Dio (Giovanni XI, 40).
San Giovanni si dar tutto a precisare quai questa Gloria
che ha brilla ta nell'Incarnazione con una luce tutta nuova.
Gi ci dice che :
Gloria che come unigenita ha dal Padre,
pieno di grazia e di verit.

Splendore della Luce che nasce dalle profondit della


Vita: alla fine dei Vangelo essa si manifester al massimo,
attraverso il pi grande avvilimento dei Verbo incarnato: la
sua morte sulla croce.

5. LA GRAZIA E LA VERIT
Gloria che come unigenito ha dal Padre,
pieno di Grazia e di Verit.

Fermiamoci su quest'ultima paroIa: Veri/, che accanto


alla parola Grazia conclude il versetto che abbiamo letto.
Ne! prologo dove il posta di agni parola meditato, tale
accostamento non arbitrario: il Figlio d comunica la Verit
perch pieno di Grazia.
Bisogna cap ire bene il seoso molto precisa in cui san Gio-

70

Il prologo

Il Verbo, Vita e Luce

vanni usa questo termine che appate telativamente poche volte


nel suo Vangelo, ma sempte nei mamenti capitali in cui tutto
il significato dei cristianesimo in gioco. in questo signi-

ficato, che Pilato non comprende, che il Piglio dice:


Io sono la Verit (XIV, 6).

La Verit dei quarto Vange!o oppone ci cbe in pienezza, Dio, a tutto cio che non la : la cteatura.
Dire che il Piglio la Verit, significa dire che Egli non
un dono creato, ma il dona di Dio, nel senso piena gi sottalineato. Di qui il legame tra la Grazia e la Verit. Questo
la Grazia: Dio si cbinato sul nulla della creatura pel' rivelarle, donandogliela, la Verit stessa deI suo essere increato.
Alla fine de! prologo, cosl denso, giunge la conclusione,
pi riposante, cbe riprende la testimonianza di Giovanni Battista e ne esprime il contenuto:
Giovanni gli d testimonianza e grida cos!':
Questi Colui di cui dicevo:
Quegli che viene dope di me
mi ha sopravanzato,
perch era prima di me.

Per agni uomo, anche il primo degli uomini, pet agni


essete, crea ta a da cre are, egli il Primo.
Ch dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto,
e gtazia su grazia.
Perch la legge tu data pet mezzo di Mos;
la Grazia e la Verit son venute pet mezzo di Cristo.

Mos aveva dato agli uomini la legge che li fissava nella


natura di esseri incapaci di superare se stessi.
Ges Cristo, il cui Nome infine si svela, al contrario

101'0

l'autote della Grazia e della Verit, le quali innalzano cio


che limitato al di sopra di ogni limite e trasferiscono il
finito nell'infinito.

71

Prorompe allara l'aiIermazione finale dcll'impossibile


realizzata, alla quale convergevano tutte le linee de! prologo:
Nessuno ha mai visto Dio,
il Dio Unigenito,
che nel seno del Padre,
lui cc 10 ha tivelato.

Dopo il Nome de! Verbo fatto carne conosciuto da tutti,


il sua Nome nascosto in Dio:
il Dio unigenito.

Le testimonianze e i seglli" 73

23

II.
LE TESTIMONIANZE E l SEGNI

24

25
26
27

Il prologo condensa in una breve sintesi cio che l'intero


Vangelo deve farci scoprire lentamente e come passo passo.
I! Cristo sta per essere manifestato attraverso i particaI.ri storici pi concreti, pi facilmente accessibili anche allo
spirito mena dotto, ma mediante i quali non pub non risultare
evidente cio che Egli . l fatti narrati parlano di Lui in
maniera chiara e definitiva, come la pi alta teologia.
In questa manifestazione, in questa epifania deI Signate, distingueremo due categorie, seconda se essa si compie

mediante atti di altri


nianze e i segni.

1.

compiuti da Lui stesso : le tes timo-

LA TESTIMONIANZA DEL BATTISTA

La prima testimonianza quella deI Battista:


19 E questa la testimonianza di Giovanni,
quando i giudci di Gerusalemme gli inviarono
[sacercloti e lcviti
per domandargli: Chi sei tu? .
20 Ed egli confesso e non nego;
e confessa: la non sono il Messia .
21 E gli domandarono: E aUora? Sei Elia?
E disse: Non la sono .
Sel il Profera?
E rispose: No .
22 Gli clissera, dunque: Chi sei?

28

Affinch possiamo dare una risposta a coloro che ci


[hanno mandata:
che casa dici di te stesso?
Egli disse: la sono una voce che grida nel deserto:
appianate la via del Signore,
come disse il profeta Isaia .
E gU inviati erano dei farise.
E 10 interrogarono cosl:
Perch, dunque, battezzi,
se non sei n il Messia, n Elia, n il Profeta? .
Giovanni rispose 10ro:
10 battezzo in acqua;
in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete:
Colui che viene dopo di me,
al quale non sono degno di sciogliere il legaccio del
[ sandalo
Questo avvenne a Bethabara),
oitre il Giordano, dove Giovanni stava battczzando.

Giovanni predica e battezza . 1 giudei di Gerusalemme ,


cio i rappresentanti convinti della religione delle profezie
e delle promesse, gli inviano degli emissari aflinch egli stesso
spieghi il significato che attribuisce ai propri atti. Che cosa
aspettano costoro? Il Messia glorioso, concepito dei resto in
senso materiale. Poich san Giovanni nega di esserlo, gli
chiedono s'egli Elia, pensando aile parole di Malachia:
Ecco, io vi mandereJ
Elia il profeta,
prima che venga il giorno di Jahv,
queUo grande e terri bile,
aflinch volga il cuore dei padri verso i figli
e il cuore dei figli verso i padri
(Malachia III, 23-24)

ma plU ancora a quelle deU'Ecclesiaste che, ripetendo queste


ultime parole, aggiunge queste alue, che i giudei mediteranno troppo e da un punto di vista troppo umano:
... e riconforti le uib di Giacobbe
(Ecclesiaste XLVIII, 10).
1 La maggior parte dei manoscriui hanno Bethania, ma db senza dubbio
frotta di un crrorc, poich non mai stata trovata una traeda di una seconda
BtJ:J!lni~ !ll gj l al Giordano .

74

II Verbo) Vila e Luce

Giovanni, che comprende il loro pensiero, nega ancora che


questa sia la sua missione e ricorda le parole d'Isaia (XL, 3):
ne! deserto, in luoghi aridi che preparer le vie de! Signore.
Egli non precede il Messia nella sua gloria e soprattutto
la sua non una gloria umana: il Messia la conquister
attraverso la sofferenza.
Quanto alla domanda : Sei il Profeta? , es sa un
richiamo alla promessa fatta al popolo ehraico da Mos: In
mezzo a te, clai tuoi fl'atelli, Jahv tuo Dio, susciter per te un
profeta come me: ascolterete lui (Deuteronomio XVIII, 15).
Nel Profeta preannunziato, san Pietro doveva ravvisare
il Cristo (Alti III, 22) e ne! Vange!o di Giovanni vedremo
ben due volte la folla esprimere 10 stesso pensiero (VI, 14
e VII, 40). Quella figura restava ne! vago, talvolta identificata con Geremia (Matteo XVI, 14), il personaggio dell'Antico
Testamento la cui santit aveva lasciato la pi profonda
impressione, talvolta pi 0 meno confusa con il Messia. Rappresentava un sublime ideale di fede!t a Dio, la cui indeterminatezza spiega perch questa domanda sia stata rivolta a
Giovanni per ultima, non sapendo pi che cosa chiedergli,
dal momento che aveva negato di essere e il Messia, e colui
che si attencleva come sua precursore. Poich continua a negare, gli inviati dei farisei cercano di
opporre le sue azioni aIle sue parole. Perch battezza se non
n il Messia, n Elia, n il Profeta? La risposta di Giovanni
riprende cio che pal'eva aver negato, mentre invece aveva
negato soltanto una concezione errata: egli veramente il
Precursore, e il sua battesimo, che vuoto che chiama la
pienezza della Spirito, appunto il segno della sua missione.
Colui che egli precede Colui che sta in mezzo ad essi,
ma che es si non riconoscono , la Luce venuta in mezzo
ai suoi e che i suoi non-hanno accolto }).

La prima testimonianza resa al Cristo ancora indiretta,


ecco ara quella diretta:
29 L'indomani, Giovanni vide Ges venire verso di lui e disse:
Ecco l'agnello di Dio, che toglie il peccato del monda.

Le testimonianze e

segni

75

30 Questi Colui del quale ho detto:


"Dopa di me viene un uomo che mi ha sopravanzato
perch era prima di me".
31 E io non la conoscevo;
ma son venuto a battezzare in acqua
proprio perch Egli fosse manifestato a Israele .
32 E Giovanni testimoni dicendo:
Ho contemplato la Spirito discendere corne colomba
[dal cielo
e fermarsi su di Lui.
33 E io non la conoscevo;
ma Colui il quale mi ha inviato a battezzare in acqua
mi ha detto:
"Chi battezza in Spirito Santo
Colui sul quale vedrai scendete e fermarsi la Spirito ",
34 E io ho visto
e ho attestato
che Lui il Figlio di Dio .

Questi versetti suppongono che il battesimo di Ges sia


un fatto compiuto. San Giovanni non riferisce quell'episodio;
il suo scopo soltanto di farci conoscere la testimonianza
resa a Cristo dal Battista, ma al tempo stesso iIlumina il
significato de! battesimo di Cristo. Giovanni Battista venuto
(vedi cio cbe abbiamo detto su questa parola, a p . 60), appun,
ta perch Ges fosse manifestato, e il battesimo che Dio gli
ha ordinato d'amministrare non ha altro scopo che la sua
manifestazione.
il segno ancor vuoto dell'imminente venuta dello Spirito. Lo Spirito non ancora presente in questo battesimo
che pero l'annuncia e ne chiama la venuta. Al momento del
battesimo 10 Spirito apparir sopra Colui che verr a riempire
quel vuoto, a rispondere alla chiamata. Si trova cos1 spiegata
la giusta concezione dell'antichit cristiana che Ges, accettando il battesimo su se stesso, vi ha conferito cio che noi
riceviamo.
La testimonianza resa da Giovanni puo sembrare un po'
tardiva, se viene accostata al Vangelo dell'infanzia (inizio di
Luca) a prematura, se si pensa al racconto di Matteo (XI, 2 s.).
In rea!t ne! primo caso appare difficile ammettere la
frase: E io non 10 conoscevo, ripetuta due volte; del

76

Le testimoni011t.e e i segl1i

"ll Verbo, Vila e Luce

77

resta, la parentela Era Ges e il Battista afferma ta da Luca


troppo imprecisa perch si possa concluderne che es si si
conabbera da sempre.
Saprattutta nan si deve interpretare in sensa letterale la
frase di Giavanni; bisagna accastarla a quella di san Paala:
Se nai abbiama canasciuta il Crista secanda la carne, la
conosdamo armai seconda la Spirito .
Quanta ai dubbi espressi pi tardi da Giavanni, in prigiane, e riferiti nel Vangelo di Malteo (c. XI), dabbiamo sattolineare che non sono in alcun modo in contraddizione con
questa testimonianza anteriore. Il Battista manifester il sua
stupare dinanzi al dupliee fatta che Ges nan eserciti l'attivit di Giudiee che tutti (e anche Giavanni, cfr. Luca III, 17)
s'aspettavana dal Messia e saprattutta che Egli canservi sul!.
sua messianit un segreto di cui Giovanni non pua penetrare
le ragiani.

piana nell'Apocalisse. anche in questa sensa che l'Epistola


agli Ehrei (XI, 28) ricarda la Pasqua e che san Paala nella
1 Epistola ai Corinti (V, 7) pi esplicitamente grida:

Il cantenuta della testimanianza partata dal Battista si


esprime nelle tre frasi:

mentre l'agnella pasquale togl;e i peccati deI mondo :

Ecca l'agnella di Dia, che taglie il peceata dei


[manda
Ha contempla ta la Spirita discendere came
[calamba dal ciela e fermarsi su di Lui
Lui il Figlia di Dia .

L'immagine dell'agnella applicata a Ges una delle


partiealarit degli scritti giavannei. Nan la si trava saltanta
nel Vangela, ma anche nell'Apocalisse (c. V). Essa d'altronde
suscettibile di diversi significati, camplementari, ma distinti
callegati a due immagini prafetiehe dell'Antiea Testamenta:
l'agnella pasquale immalata (Esodo XII) e l'agnella che
patisce il supplizia (Isaia LIII).
L'idea contenuta nella prima immagine, che quella di
un'oflerta totale che va lino alla consumazione nella morte,
di un' ohlazione fina all'immalaziane, che nel manda le
necessaria perch passa essere perfetta, si trova posta in primo

Il nastro agnella pasquale, Crista, stata


[immalata .
Il testa di Isaia, al cantraria, si riferisce all'agnella oncora
vivente, ma sofferente di una sofIerenza che altri avrebbero
legittimamente davuta patire. L'idea qui cantenuta quella
della sastituziane. Si pub dire che l'agnello di I saia porta su
di s i peccati dei mondo:
Pertanta egli ha partata i nastri affanni,
egli si addassata i nastri dalari...
Il nastto castiga salutare si abbatt su di lui
(Isaia LIII, 4 e 5),

Casl quanda Jahv passer ... vedenda il sangue sul frontone e sui due stipiti, Jahv salter tale porta e non permetter che 10 sterminatore en tri nelle vostre case per colpire
(Esodo XII, 23) .
Sala il cnstlanesima daveva unificare le due idee, riferendale entrambe a Ges. Il testa di san Giavanni 10 indica
attraverso il verbo greco usato che, secondo un procedimento
frequente nel quarta Vangelo, suscettibile di due significati
che non si devono mai separate: insieme portare e togliere 2 .
passibile pertanta che la prospettiva del Messi. che
muore, scandalosa pet i giudei, non sia stata completamente
capita dal Battist . Egli dunque avrebbe campreso soltanta
l'agnella di Isaia. Il termine aramaico da lui usato 3 presenta
perb la medesima ambiguit dei termine greca dei nastro testa.
La seconda delle frasi di Giavanni che abbiamo rilevata,
2

AirO.

Nahal.

78

Il Verbo J Vila e Luce

mette in luce un altro aspetto di Ges, Unto da Dio Messia


con Spirito Santo e potere taumaturgico ), di cui parlava la
primitiva predicazione apostolica (Alti X, 38), in termini
d'altronde meno chiari di quelli di questa breve frase :

Ho contemplato 10 Spirito discendere come colomba


dal cielo e fermarsi su di Lui .
La coJomba appare qui, e timarr pet i ctistiani, simbolo
dello Spirito Santo, poich simbolo di pace tra la terra e
il cielo (cfr. Genesi VIII, ll: la colomba che torna all'arca
di No e porta un ramo d'ulivo).
Il Cristo salutato da Giovanni come l'uomo sul quale
la Spirito disceso e rimane (da notare la sua insistenza su
quest'ultimo punto; cfr. lsaia XI, 2: Su di Lui riposer 10
Spirito di Jahv ). Ci significa che in Ges riconosciamo
l'uomo perfetto: non soltanto nel senso di un'umanit intatta,
non contaminata dal male, ma in quello infinitamente
pi elevato di un'umanit che realizza in pieno la propria voca~
zione soprannaturale, di un'umanit sulla quale Dio stesso
discende per dimorarvi col suo Santo Spirito (che nel quarto
Vangelo pi ancora che altrove si presenta come l'amore
divino personificato).
n testo sottintende indubbiamente una presenza unica
dello Spirito Santo in Ges: Si ferma su di Lui ; si pu
dire che vi si stabilito. Perci Ges battezza in Spirito
Santo) e, come dir in seguito Giovanni, d 10 Spirito
senza misura (III, 34).
La ragione della presenza tutta speciale dello Spirito Santo
in Ges riferita dal Battista allorch dichiara: Lui il
Figlio di Dio .
In uoa forma semplicissima, in termini gi familiari
all'Antico Testamento \ ma valotizzati in un modo nuovo,
4. Si possono vedere le parole indirizzatc a Davide (2 Samllele VII, 14):
Egli mi sar figlio .. , e ancora: Mi disse: Mio figlio sei tu (Sa/ma II, 7),
0: Egli mi cbiamer: Padre mio (SaImo LXXXIX, 27): esse fanno risaltare
la forza con cui san Giovanni usa questo termine. L'Antico Teslamento aveva
conosciuto dei figli di Dio, Ges ci viene presentato sempre nel quarto Vangelo
come il Figlio di Dio.

Le lestimonianze e i segni

79

abbiamo l'affermazione centrale del prologo : il carattere


divino della persona dell'Uomo-Ges: Egli il Figlio di Dio.
Non si pu non accostare alla dichiarazione deI Battista la
frase di Dio che i sinottici attestano sia stata pronunciata al
battesimo del Signore: Questi il mio Figlio unigenito '.
Il rapporto esistente tra le due ultime espressioni della
testimonianza di Giovanni, si chiarir maggiormente quando
arriveremo al discorso di Ges sul Paradito (vedi p. 198
e p. 208; vedi anche p. ll6).
2. LA TESTIMONIANZA DEI PRIMI DISCEPOLI

Alla testimonianza di Giovanni segue quella dei pnml


discepoli. L'Evangelista ci presenta prima dei discepoli di
Giovanni che questi manda a Ges (vv. 35-41), poi dei discepoli chiamati da Ges stesso al di fuori dell'influenza del
Battista (vv. 42-51). In entrambi i casi vediamo un discepolo
conquistato rendere testimonianza di fronte ad un altro che
viene a sua volta conquistato. Ci che si rifersce ai discepoli
di Giovanni va ambientato in Giudea (poich all'inizio dei
racconto seguente Ges parte per la Galilea).
35 L'indomani Giovanni stava ancora l con due dei
[suai discepoli,
36 e fissando Ges che passava disse:
Ecco l'agnello di Dio ~>.
37 1 due discepoli, semendo parJare cos1}
seguirono Ges.
38 Ges si volte, vide che la seguivano e disse loro:
Che casa cercate?
E quelli gli risposero:
Rabbi, - che si traduce: maestro - dove abiti?
39 Disse loro:
Venite e vedrete ~>.
Andarono} dunque, a vedere dave abitava
e rimasero pressa di Lui quel giorno.
Era circa l'ara decima.
40 Andrea} il fratello di Simon Pietro,
era una dei due che, udite le parole di Giovanni,
avevano seguito Ges;
5 Matteo III, 17; Marco l, Il; Luca III, 22: letleralmente figlio diletto
ma sempre usato in greco ne! senso di figllo unigenito .

80

Il Verbo, Vila e Lt/ce

41 egli incontra dapprima suo fratello Simone e gli disse:


Abbiamo trovato il Messia . che vuol dire: Cristo.
42 E 10 conclusse a Ges.
Fissanclolo, Gcs disse:
Tu sei Simone, il 6glio di Giovanni G
tu ti chiamerai Cefa . che vuol dire: Pietro.

Questo breve racconto ci mostra che san Giovanni da


vivo ebbe dei discepoli che si raggrupparono intorno a lui.
1 sinottici la testimoniano, sia perch i discepoIi di Ges
dicono a quest'ultimo: Signorc J inscgnaci a ptega1'e come
anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli (Luca XI, 1),
sia perch un evangelista ci avverte di sfuggita che i disce-

poli di Giovanni digiunano (Marco II, 18) . Il quarto Vangelo il solo per a dirci che fu precisamente in questo
gruppo che Ges trov i suoi primi discepoli. In seguito alla
ripetuta aftermazione di Giovanni: Ecco l'agnello di Dio ,

essi van no da Ges. Lo chiamano Rabbi e si puo notare un


po' di timidezza nella loro domanda: pieni di fiducia nel loro
primo maestro, vedono in Ges un altro maestro superiore a
lui, ma non sanno chi Egli sia esattamente. Pet il momento

desiderano soltanto vederlo a lungo. Di qui la domanda:


Dove abiti? . Ges soddisfa il loro desidel'io ed essi tra-

Le testimonianze e i segni

genere una ricerca preliminare, indica quest'ultimo carattere

dell'attesa messianica, propria della cerchia dei Battista).


Dall'incontro di Ges con Pietro si deve soprattutto rilevare la chiaroveggenza di Gesl! che rivela a coloro che 10 vengono a trovare loro stessi fin dal primo momento. il tl'atto
che convince tutti i primi discepoli. Ci tanto pi notevole
in quanro non si pensa va affatto d'attribuire un simile dono
al Messia, anche quand 'era concepito non come un semplice
re terrestre, ma come un giudice. fi: indiscutibilmente il tratto

che, dal principio Jino alla fine, avvirice tutti coloro che vengono a incontrare il Signore.

Ponendo in rilievo il nome


che il ruolo che gli riservava la
suo carattere. (Cio non significa
questo nome, ma soltanto che
di Simone) 7 .

vanni, ma in GaliIea).
43 L'i ndomani, GeSLJ decise di partire pel' la Galilea.

44

uno dei due discepoli fosse l'autore dei Vangelo.


Ci che segue pare esser stato riferito da un altro. La frase
di Andrea a Pietro dimostra che il primo contatto stato
decisivo. Tuttavia la sua testimonianza lontana dalla precisione dei Battista: il termine di Messia indicava a quel
tempo il personaggio che doveva venire, munito - tlnto della potenza divina, per restaurare Israele, ma riguardo al
quale le fantasie erano discordanti e appassionate (1' abbiamo

45

46

47

trovato , espresso con un termine greco che suppone in


Si traduce generalmcnte " figlio di Giona . bench nei migliori testi il
termine sia 10 stesso che pcr il Battsta e per l'upostolo.

di Cefa, Ges ha indicato ancaratteristica fondamentale dei


che Ges stesso gli abbia dato
l'ha fatto precedere a quello

Dopo la testimonianza dei discepoli dei Battista, passiamo a quella dei primi discepoli chiamati da Ges al di fuori di
questa cerchia (non siamo pi in Giudea dove stava Gio-

sco1'1'ono insieme con lui quel giorno . Si tratta dunque


di una semplice presa di contatto : la seguivano deV essere
interpl'etato nel senso pi materiale.
La menzione inattesa dell'ora precisa induce a pensare che

81

Incontl'o Filippo
e gli disse:
( Scguimi .
Filippo era di Bethsaida, citt di Andrea e Pietro.
Filippo incontro Natanaele e gli disse:
Celui di cui scrissero Mos nelln legge e i profeti,
l'abbiamo tl'ovato:
Ges, figlio di G iuseppe, da Nazareth .
Gli disse Natanae1e:
Pua venire qualcosa di buono da Nazareth? .
GH disse Filippo:
Vieni e vcdi .
Ges vide venire a s Natanaele
c disse di lui:
Ecco davvero un I sraelita in cui non c' finzione .

7 In Matteo, soltan to al c. XVI, 18 dato qucsto nome a Simone. pel' quanto


esso appaia gi in Marco III, 16. Questo per non in contraddizionc col 'Quarto
Vangelo, se si liene conto dcll'osservazione da nai fatta.

IV Vengelo

82

Il Verbo, Vita e Luce


48 Gli disse Natanae1e:
Come mi conosci?
Gli rispose Ges:
(~Prima che Filippo ri chiamasse,
quand'eri sotto il fiea, io ri ho vcdLlto .
49 GU rispose Natanaele:
Rabbi, tu sei il Figlio di Dio,

tu sei il re d'Israele!
50 GU rispose Ges:
Perch li ho detto: "Ti ho vista sotto il fico".
tu crccli?
Vedrai cose pi grandi di queste !
51 E gli disse:
In verit, in verit vi dico: vedrete il cielo aperto
e gli angeli di Dio salire e sccodere sul Figlio deU'uomo ".

L'accenno che Filippo era di Bethsaida, la citt di Andrea


e Pietro, sembra fatta appositamente pet indicare che sono

loro che l'hanno condotto a Ges ' .

Le testmoniam:e e

segni

83

Il tratto dominante di Natanaele un grande candore:


bisogna prendere la parola nel suo significa to migliore che
non esclude quella slumatura di ingenuit che agni particolare
ci indica, come se l'evangelista avesse scritto, seguendo Ges
stesso, con sulle labbra un sorriso pieno di carit.

L'obiezione di Natanaele sotto la forma d'una battuta un


po' spavalda: Pul> venire qualche cosa di buono da Nazareth? , quella che Ges incontro per tutta la vita, cio
la sua origine in apparenza deI tutto umana, mentre si atten-

deva un Messia trascendente. Questo bravo giudeo di Cana


vi aggiunge indubbiamente una frecciata contro la vicina

borgata: come se l'unto del Signore potesse venire da un


villaggio che Natanaele reputa insignificante almeno quanto
il suo 10 !
Filippo non discute, gli dice soltanto: Vieni e vedi .
Non c' una risposta precisa dinanzi a questa diflieolt che

Bisogna anche osservare che non si tratta pi di una sem~

anch'egli doveva sentire, cos1 come Natanaele. Solo l'incontro

pliee presa di contaUo, ma d'una vera vocazione: Ges 10 ch ia~


ma ed egli la segue. Tuttavia non in questo l'interesse dell'evangelista; come ne! passa precedente, cio che la attira il
fatto che un discepolo conquistato vada a testimoniare a un
altro e 10 conduea cos1 alla conoscenza personale di Ges, la
quale a sua volta (e non la testimonianza) conquista l'aitro.
Filippo si rivolge a Natanaele come Andrea a Simone. Il
suo rilerimento a Mos un'allusione a quel versetto 15 (0 18)
del c. XVIII del Deute/'Ol1omio ehe Giovanni aveva rifiutato
gli si applieasse.
Il personaggio di Natanaele appare solamente nel quarto
Vangelo, qui e nel c. XXI (v. 2) in cui veniamo a sapere che
era di Cana in Galilea. Si voluto, ma scnza ragioni sufficienti, identificarlo con l'apostolo Bartolomeo, poich gli altri
VangeIi nominano sempre quest'ultimo insieme a Filippo.

personale con Ges poteva dissipare ogni dubbio ".


La frase di Ges ehe vede giungel'e Natanaele improntata a ci a cui abbiam fatto allusione e che osiamo appena

8 Questo termine non appare che nel quarto Vangelo al c. III , 13 e 14;
c. V, 27; c. XII , 23 e c. XIII , 31. Alludcndo al personaggio apocalittico descritlo
ncl c. VII di Daniele (e i cui tratti sono ripresi pel' esscrc applicati al risuscitalo
nel c. 1 dell'Apocalisse giovannea), qucslo litolo dovcva evocarc il carattcre
soprannaturale ed escatologico (riferendosi aile cose della fine dei tempi) c he
innalza l'umanil di Gcs al di sopra della nostra .
!I Notare che il quarto Vangelo il solo che parla di Filippo con qualche
particolarc: cfr. VI, 5-7; XII, 21-22; XIV, 8-9. Notare ancora che anche di qui
che sappiamo quai la citt dei duc apostoli.

chiamare ironia, tanto grande la delicatezza :


Ecco davvero un Israelita in cui non c' hnzione .

La reazione di Natanaele interpellato, dopo che caduta


tutta la sua sicurezza, ne dimostra la verit: Come mi conosci? . La risposta di Ges: Prima che Filippo ti chiamasse, quand'eri sotto il hCO, ti ho veduto , non puo
essere interpretata che come la manifestazione di una vista

soprasensibile (diversamente l'emozione di Natanaele sarebbe


incomprensibile). La determinazione che Ges d del momento, implica senza dubbio un'allusione vela ta ad un'esperienza intima di Natanaele, nella sua soli tari a meditazione
sotto il fico, all'ombra del quale ci si ritirava per studiare la
Scrittura e per pregare.
sufliciente la singolare manifestazione del potere del
10 Ci deve bastare e non vi a1cun bisogno di cercare minuziosamente,
come hanno fatto ccrtuni, una vergogna speciale da altribuire ai nazzareni.
Il c Mille difficoIt non fanno un dubbio:o (Newman).

84

Le testimonanze e

Il Verho, Vila e Luce

Cristo di penetrare il segreto del sua cuore per guadagnargli


Natanaele, ugualmente pronto e semplice nella sua accettazione come nella facezia. Egli dice di Ges cio che la stesso
Giovanni aveva detto:

Tu sei il Figlio di Dio ,


ma mentre in Giovanni tutto indica la potenza che egli d alla
frase, cio che Natanaele aggiunge tosto, sperando di motivare
la propria adesione moltiplicandone le espressioni, sufficiente dimostrare quale senso superllciale di. a quelle p.role:
Tu sei

il re d'Israele .

Riconoscendo il Cristo, resta tra quegli IsraeIiti in cui


non c' finzione , ma limitati nella loto visione.
La risposta di Ges 10 sottolinea: non conosce del Cristo
che un particolare che giudica sufllciente pel' credere, ma 1.
sua fede rivela spontaneamente la scars. profondit. Non
creder veramente nel Cristo che quando vedr in Lui non
pi il re d'Israele in senso stretto, ma Colui sul quale, apertosi il cielo, s.lgono e discendono gli angeli. L'allusione
alla scala di Giacobbe" introduce l'idea che la missi one
di Ges di unire il monda ail. divinit.

In conclusione, vediamo convetgere sul Cristo un insieme


di testimonianze: quella dei discepoli del Battista condotti a
Ges da Giovanni, di Filippo condotto a sua volta da questi
discepoli e di quello infine che Filippo stesso condurr .
Non bisogna cercare qui un parallelo con i racconti delle
vocazioni dei sinottici: per Andrea, l'anonimo e Pietro, non si
tratta che di un primo incontro, cos1 come pet Natanaele. Pet
Filippo senza dubbio c' di pi, ma in ogni caso l'interesse
dell'evangelista non in questo: nella testimonianza resa
al Cristo da tutti i discepoli, qualunque sia il modo in cui
12 Genesi XXVIII, 12.

segni

8.5

sono venuti a Lui. La testimonianza, ripetiamo, non opera


per se stessa una conversione. Ha il solo scopo di provocare
un incontro in cui la personalit di Ges s'imporr da sola.

3. IL SEGNO DI CANA

Dalla manifestazione del Cristo attraverso le reazioni di


coloro che l'avvicinano, l'evangelista ci fa passare alla manifestazione attraverso i suoi stessi aui : dopa le testimonianze,
i segni. l segni sono l'acqua muta ta in vina .1Ie nozze di Cana
e il tempio purificato in vicinanza della Pasqua 13 .
II, 1 II terzo giorno, in Cana della Galilea si celebra un festino di
nozze, e la madre di Gestl si trovava l. 2 Alle nozze fu invi tato anche
Ges con i suai discepoli. J Ed essendo venuto a mancare il vino la madre
di Ges gli disse: Non hanno pi vino . 4 Ges le rispose:' In che
cosa questo ci riguarda 14, 0 donna? La mia ora non ancora venuta .
5 La madre di Lui disse ai servi : Fate qualunque cosa vi dir . 6
C'erano l sei gi~re di pietra, preparate per l'abluzione dei giudei, dascuna deUa capaclt di due 0 tee misure. 7 Ges disse ai servi: Riempite d'a~qua le giace . E le riempirono fina aU'orIo. 8 Attingete ades50 disse loro - e portatene al capo della mensa . E gliene portarono. 9 Il capo della mensa, dopo aver gustato l'acqua diventata vino egli non ne conosceva la provenienza, ma i servi che avevano attimo
l'acqua 10 sapevano - chiam 10 sposo 10 e gli disse: Tutti servono
prima il vina buano e il mena buono quando si gi brillij tu hai
tenuto da parte fino ad ara il vino buono! . 11 Cosl Ges, in Cana
della Galilea, comind i suai segni; e manifest la sua gloria, e i
suai discepali credettero in Lui.

L'interpretazione particolareggiata di questo segno)


alquanto delicata anche se nell'insieme non vi sono difficolt.
La frase introduttiva sembra una di quelle indicazioni che
13. Fin qui ab~ia ,!,o tatto r isaltare con la disposizione tipografica il ritrno
pr?pno delle tra~1 glOvannce. NeUa maggior parte dei passi che seguono, in
CUi ra~conto e .d lal<?go. son mescolati, il ritmo pi diffic ile da pcrcepire, e
PC: eVltare ogm a rhficlo 10 sottolineeremo con ta lc procedimento solo dove
eVldente.
14 La traduzione soventc data: Che cosa c' fra te e me? 10 non ha
senso. Qltre a non dir nulla. suggerisce J' idea d'un rimprovero che s'fiora l'insOlenza,. e che ~c~ J?rcsto ~ respinto dal conteste come anche dal vero significnto dl qucsto IdlOhs,:"o nmasto corrcnte ncJ grcco moderno. La cosa migliore
s?rebbe tradurre quasI lelleralmcntc, come abbinmo fatto noi. L'cspressione
ncalcata sull'ebraico c ha il senso delle nastre espressioni: Non preoccuparti 10
e che ci possiamo Care? ", ccc .

86

Le

Il Verbo, Vila e Luce

leslnonal1le

e i

segl1i

87

san Giovanni usa porre all'inizio dei racconti pi semplici, il

Fate qualunque cosa vi dir . Piit tardi (VII, 1-10) incon-

cui senso rischia di passare inosservato. Se si considera che


il tema dei racconto - e anche dei seguente, in cui appare
ancor pi palese - la trasformazione soprannaturale deUa
vita umana operata dal Cristo, in Lui, difficile non vedere
nelL'indicazione il terza giorno}) un richiarno alla resurre
zione, soprattutta pet la Chiesa primitiva in cui queste parole

treremo una situazione esattamente simile: Ges sembra


rihutarsi di compiete un atto, mentre vuole compierlo dando-

non mancavano certamente di suscitarne l'idea. La proba.

bilit si muta in quasi certezza se si accostano le parole di


Gesit al v. 19: Distruggete questo tempio e in tre giorni
10 faro risorgere , con la glossa deU'evangelista: Egli, pero,
parlava dei tempio del SUD corpo. Quando dunque Ges risuseita clai morti, i suai discepoli si ricordarono che aveva
detto questo e credettero aUa Scrittura e a queUo che aveva
detto Ges (v. 22).
impossibile non avvertire la freschezza di questa pagina,
soprattutto alla Iuee in cui ci presentata. Volutamente
l'evangelista inaugura il ministero di Ges con una festa, una
festa nuziale in cui Cristo con un primo segno annuncia gi il
sacramento deUa comuruone che sar anche il suo ultimo
segno.
Ges aocora uno sconosciuto: stata invitata sua ma-

dre, ed Egli con lei, ed i suoi con Lui.


Il quarto Vangelo d a Maria un ruolo che gli esegeti
sono concotd i nel ritenere pi incisivo che negli altri Van-

geli. significativo che san Giovanni, che non riferisce le circostanze relative alla nascita di Ges, abbia tuttavia fatto
apparire Maria alJ'jnizio dei suo ministero. Come gi stata
la porta attraverso la quale il Figlio di Dio passato dal cielo
alla terra, eUa 10 introduce ora presso gli uomini. Il suo
ruolo sempre queUo di dare aUa salvezza l'occasione di
attuarsi.

L'umilt dei sua atteggiamento tutta compresa neUa


frase: Non hanno pi vino . Non fa nulla, non soUecita
nuUa, presenta solamente la povert degli uomini perch Dio
vi ponga rimedio con la sua ricchezza, poich questo il suo
desiderio.
La risposta di Ges, apparentemente oscura, non un
rifiuto, e cio ch Maria aggiunge subito dopo 10 dimostra:

gli un significato diverso da queUo che umanamente ci si potrebbe attendere 15.


Egli non il Messia au tore di miracoli materiali che i giudei desideravano: non di questo che Lui e sua madre devono
occuparsi (vedi la nota sulla traduzione dei v. 4). Egli far il
miracolo, ma ci non 10 scopo ultimo della sua missione, la
sua ara non ancora venu ta . Quest' ora , che viene incessantemente ricordata nel testa 16, l'ara della sua morte. In
realt la gloria messianica si manifester non attraverso prodigi rnagici, ma per mezzo della dolorosa immolazione sulla
croce. Invece di avere in se stessi la loto ragion d'essere, i
miracoli l'avranno neUa croce, al cui mistero devono preparare gli uomini: ccco perch san Giovanni li chiama segni .

Come Maria ha presentato gli uomi.ni al Cristo, esprimendo con la sua prima frase la totale disponibilit con cui
essi devono presentarsi a Lui, cosl presenta il Cristo agli

uomini. , esprimendo questa volta la pura gratuit della sua


azione nei loro riguardi: Fate qualunque casa vi dir .
Essi attingono dai vasi con un atto di fede obbediente
l'acqua scipita che ben conoscevano, ma questa viene mutata

in vino squisito. La bevanda soprannaturale che il Cristo offre


ai suai amici annuncia il sua sangue sparso pel' i suai, nello
stesso tempo in cui manifesta la trasformazione radicale della
carne per opera della gloria dei Verbo, trasformazione
che sar operata attraverso l'effusiane del sua sangue. Il su-

blime discorso del Cristo dopo la Cena, sar l'aperta rivelazione dell'unione inseparabile delle sue sofferenze e della sua
gloria, pienamente manifesta ta dalla morte e resurrezione, ma
gi oscuramente annunziata dal sua primo segno.

Cosl Ges, in Cana della Galilea, incominci i suoi


segni; e manifest la sua gloria e i suoi discepoli credettero
in Lui , poich, diversamente da miracoli materiali che si
Elia

lS Cfr. l'atteggiamento dei tutto analogo deI Battisla allorch ncga d'esscre
0 il Profcta e si dichiara tuttavia il Precursore.
16 Cfr. VII, 30; VIII, 23; XIII, 1; XVII, 1.

88

Il Verbo, Vila e Luce

rivolgono alla vista materiale, i segni di Ges si rivolgono


alla fede.
Notiamo ancora due partieolari. Il primo la precisazione
che i vasi erano destinati alla purificazione dei giudei. Si
visto in cib un'allusione destinata ad unire all'eucaristia - la
cui idea sottintesa in tutto il passo - il battesimo, accostamento che san Giovanni far altrove 17.
Quanto all'esclamazione ironiea del capo della mensa:
Tu hai mantenuto da parte flno ad ora il vino buono! ,
deve essere citata con unD scopo diverso da quello di rendere
pittoresco il racconto. Avvicinata all'allusione di Ges sulla
sua ora , insiste sull'idea che la salvezza giunge solo nel
tempo fissato, sconcertante per gli uomini, dopo che tutto
compiuto, dopo il peccato supremo e dopo l'ultima sollerenza,
iua conseguenza e suo termine.

4. IL

TEM PIO PURIFI CATO

Dopo il primo segno, ecco il secondo che gli complementare:


12 Dopo di cio, scese a Cafarnao con sua madre, i suoi fratelH c i
suoi discepoli, e vi si fermarono pochi giorni soltanto. 13 La Pa sq~a
dei giudei era prossima e Ges san a Gerusalemme. 14 E ttovo nel templO
i mercanti di huoi, di pecore e di colombe e i cambiavalute seduti al
loro hanco. 15 Fatto un flagello di corde, Ges li caccib tutti dal tetnpio,
con le pecore e i huoi; disperse la moneta dei catnbiavalute e ne rovescio
i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse : Portate via di qui questa
l'oba; smettetela di farc della casa del Padre mia una casa di trafIico .
17 1 suai discepoIi si ricardarono che sta seri na: la zela della tua
casa mi divorer 18 . 18 Allara i giuclei in tervennera e gli clissera: Che
segna ci fa i vedere per agire cosl? . 19 Ges rispase: ( Distruggete
questa tempia e in tre giorni 10 faro risorgere . 20 1 giudei dissera:
Questa tempia fu costruito in quarantasei anni e tu la b rai risargere
in tre giarni? . 21 Egli, pero, parlava del tetnpia del sua corpo.
22 Quanda, dunque, Ges risuscto dai mord, i suai discepoH si ricordarona che aveva detta questo e credettero alla Scrittura e a cio che aveva
detta Ges.
11 Vcdi in particolare cib che diciamo della lavanda dei piedi, pp. HO
e seguenti.
18 Sa /mo LXIX, 10.

Le lestimollianze e i segnj

89

Dopo una breve frase in cui si pub vedere l'indicazione che


all'inizio deI suo ministero puhhlico Ges venne ad abitare per
qualche tempo con i suoi a Cafarnao (cfr. Matteo VI, 13),
l'annuncio della prossimit della P asqua introduce quello della
saUta a Gerusalemme Hl. In quest'occasione Ges entra nel
tempio e ne cacda i mercanti e i cambiavalute, do tutto quel
popolo minuta di commercianti che l'aspetto materiale dei
cuIto richiama sem pre attorno ai grandi santuar.
Anche quando sono trattenuti a ulla certa distanza dal
luogo santo, inevitabile che 10 circondino con un'atmosfera
piuttosto urtante, poich i loro interessi commerdali interferiscono spiacevolmente con gli interessi spirituali de1 santuario dal quale dipendono, ma che preferirebbero far dipendere dal loro interesse commerciale. Introdurli nel tempio eta
stato quasi una consacrazione di questo scandalo. Il fatto
che essi vi si fossero installati con tanta tranquillit era certamente un indice della materi alizzazione della religione ebraica. La loro cacciata sar il simbolo pi sorprendente di cio
che Ges stava per fare di quella religione : non distruggerla,
ma darIe un compimento che neppure i suoi stessi adepti
sospettavano. P ertanto il significato dell'atto olt repassa quelle
prospettive.
Il tempio di pietra il segno deI vero tempio di Dio: il
corpo vivente in cui il Verbo divino si jncarnato. Il tempio
di Gerusalemme purificato dunaue l'es~ere umano liberato,
dal Verbo che in lui, di tutte le debolezze e infermit. Il
dia!ogo di Ges e dei giudei 10 precisa.
Distruggete questo tempio e in tre giorni 10 faro risorgere : 1a resurrezione di Ges operer la perfetta puriIicazione di tutto cio che di mOJtale persisteva nella sua carne.
Cio si compir grazie al sua passaggio auraverso la morte
che i giudei gH infliggeranno, a causa di quella stessa incredulit espressa dalla loro risposta: Questo tempio fu costruito in quarantasei anni e tu 10 farai risorgere in tre giorni? . L'incredulit dei giudei consiste qui nell'attenersi gros19 Si sa che i s inottici pongono il racconto che segue alla fine della vila
di Gesi1; ma il quarto Vangelo che riferiscc aicuni fnlli scclti, li dispone
secondo un piano Jagico, non cronologico.

90

Il Verbo, Vila e Luce

sol.n.mente .1 segno, mettendolo al posto di cio che signifie .


L. frase rivoIt Ges: Che segno ci f.i vedere per
agire cosl? , non richiama forse la seguente dichiarazione

riport.ta d.i sinottici: L. gener.zione malvagi. ed .duIter.


chiede un segno, e, di segni, non le s.t dato che il segno
del profeta Gion.. Come infatti Gion. rim.se tre giorni e
tre notti nel ventre del pesee, cosl il Figlio dell'uomo rim.rr
tre giorni e tre notti nel cuor della terra 20?
n senso es.tt.mente identico quello implicito nella
rispost. di Ges: il segno dei Messia non sar fornito d.i pro
digi che si attendono. ma sar la sua morte e resurrezione. I
segni particolari che, per cos1 dire, non fanno che avvalorare il
segno unico di tutta la sua vita, saran no soltanto come delle

figure iinperfette destinate da una sapiente ped.gogi. condurvi gli uomini.

Si.mo ora in gr.do di vedere 1. s.piente disposizione dell'ntroduzione al Vangelo, costituita dalle testimonianze e

dai segni.
n B.ttista e i primi diseepoli h.nno .fferm~to che Ges
il Messia. Egli stesso allora precis. 1. vera natura della sua
missione attraverso alla sua stessa opera messianica, incom
prensibile pel' i giudei, cio con la morte e resurrezione. A
Cana insiste sulla prima (il vina imm.gine dei s.ngue sparso),

a Gerus.lemme sulla second. (il tempio purific.to e ricostruito).


Al termine di quest'introduzione, facciamo notare la frase
che 1. conclude: Qu.ndo, dunque, Ges risuscito dai morti,
i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e cre-

dettero aIl. Scritura e a cio che .veva detto Ges . In genere


il segno non produce immediatamente la fede (.lmeno la fede
nella sua pienezza), ma s'imprime nella memoria con tratti
ancora oscuri che si chiariranno pi tardi, alla luce riRessa
degli avvenimenti posteriori. Questo uno degli insegn.20

Matteo XII, 39-40.

Le testim011anze e

segni

menti pi cari a san Giovanni e su cui toroa di frequente

91
21.

l brevi versetti di collegamento che seguono, oppongono


alla certezza dell. fede, n.t. da una paziente pres. di possesso
di tutt. l 'intelligenz. da parte di Dio, la precariet dell. fede
app.rente che non che un ef6mero entusiasmo:
23 Mentre Egli era a Gerusalemme pet la festa di Pasqua, moIti credettero nel suo nome, vedendo i segni che Egli faccva. 24 Ma Ges non
si fidava di loro perch Egli conosceva tutti 25 e non aveva bisogno che
altri gli desse testimoruanza sull'uomoj Egli, difatti, sapeva che cosa c'era
nell'uomo 22 .
21 Cfr. XIII, 7; XX, 9; ecc.
22 Notare il richiamo finale alla chiaroveggenza di Ges, che sta ana
base delle prime tcstimonianze che gli crano state rese.

La V la: il Ballesimo

III.
LA VITA: IL BATTESIMO

6
7
B

Fin qui eravamo come sulla porta del Vangelo. L'incontro


con Nicodemo ce 10 apre, e ben presto appare il tema generaIe della Vita. In questo racconto, la sOl'gente che ci viene
indicata il battesimo. La nuova testimonianza di Giovanni,
che segue poco dopa, precisa che quel battesimo non il SUD,
ma quello di Ges.
L'incontro con la Samaritana sull'orlo del pozzo di Giacobbe definisce quai la Vita di cui si parla. Il breve episodio del figlio del dignitario reale risuscitato da Ges, segn.
con un sigillo realistico il lungo, ide.le svolgimento. La guarigione del paralitico nella piscin. di Bethesda rinsalda quest'ultimo segno rinnovando illegame tra la Vita e il battesimo,
e prepara il primo discorso del Cristo su se stesso.

1. NrcoDEMo
III,

1 Dra, fra i farisei, c'era un tale chiamato Nicodemo, notabile dei


giudei.
2 Castui si recc da Ges di notte e gU disse:
Rabbi, nai sappiamo che tu sei venu ta da parte di Dio come
un dottore;
nessuno, infatti, puo fare i segni che fai tu
se Dio non con lui .
3 Ges gli tispose:

10

11

93

In verit, in verit ti dico: nessuno puo vedere il regno di Dio


se non nasce dall'aIto 1.
Gli disse Nicodemo:
Come un uomo pue nascere quando gi vecchio?
Puo, forse, entrnte uoa seconda volta nel seno di sua madre e
naseere?
Rispose Ges:
In verit, in verit ti dico: nessuno, se non nasee da acqua
e Spirito,
puo entrare nel rcgno di Dio,
Cio che nato dalla carne carne'
Cio che nato dallo Spirito spirito,
Non meravigliarti perch ri ho detto: "Dovete nascel' dall'alto" .
Il vento soBia clove vuote e tu senti la sun voce
ma non sai da quai parte venga e clave vada. '
Cosl di ognuno che nato dalla Spirito .
Replico Nicodemo:
Come pua avvenire questo?
Rispose Ges:
[Di noi due] tu sei il dottore d'Israele
e gnori queste cose!
'
In verit, in verit ti dico: noi parliamo di cio che sapiamo
e testimoniamo di cio che abbiamo vcduto
e voi non ricevetc la nostra testimonian;a,

L'incontro fra Ges e Nicodemo mette in luee due fatti


inseparabili: l'opera di salvezza compiuta in Ges Cristo il
dono della vita celeste attraverso la sua morte e resurrezi~ne
e l'acquisto della salvezza da parte di ogni uomo, l'acquisi:
zione della vita celeste attraverso il battesimo, interessante
vedere che Ges parte da quest'ultimo punto per elevarsi soltanto in seguito al primo. La salvezza infatti non un argo
mento speculativo da cui possiamo rimanere distaccati: noi
la ignoreremmo, anche se potessimo discuterne lungameQ.te,
fin quando non ci fosse apparsa in un fatto della nostra vita
concreta, personale, e questo fatto appunto il battesimo.
Nicodemo anche lui un israelita in cui non c' nn
zione , tuttavia ben diverso da Natanaele. San Giovanni
10 dice notabile dei giudei , cio membro del Sinedrio, e in
1 Il termine tradolto con dall'allo .. pu anche cssere inleso come di
nuovo .. . Nicodemo comprender in modo materiale in quest'altro significato.
(L'evangeHsta ha scelto il termine greeo in modo da suggerirci l'equivoco dj
Nicodemo; ma in aramaico la frase s lessa non poteva essere equivoca; ei
par.e. esse~e conln,> l 'ipotcsi d'un originale in aramaieo, a dispetto degli
mdlzl trattl da altr! passi).

94

Il Verbo, V ifa e Luce

La Vita: il Battesimo

questa qualit 10 incontreremo prima e dopo la passione '. Non


semplicemente un giudeo pio e un buon conoscitore della
legge: appare in tutto il brano come un vero maestro d'Israele . Diversamente daU'entusiasta Natanaele, si dimostra avveduto e posa ta, misurato nei suoi giudizi, per quanta, almena nella sua coscienza, non tema di prender posizione

chiaramente; ma resta segnato dei banale realismo della sapienza giudaica!


Tutto il dialogo unico nel suo genere nei Vangeli. Suppone d'altronde pi cose di quante ne esprima. la sola volta
forse in cui vediamo Ges in ptesenza di un uomo che, a dispetto di alcune evidenti lacune, cosl penetrante. Pel' questo

la divina chiaroveggenza di Ges si manifesta qui in modo


molto pi sottile che negli episodi precedenti. Egli conosce
cio che le parole dei suo interlocutore nascondono e non dicono, e risponde a cio che l'altro pensa pi che a cio che l'altro
dice. Nieodemo ne sembra cosciente : pi che stupito appare
confermato nei suai presentimenti. Le sue sono soprattutto
le parole di un llomo che, sentendosi pienamente compreso,
non esiter ad esprimere sino in fondo il SUD pensiero con

totale franchezza .
10izia con reticenza:

fuor di discussione che la sua

prima frase, ben lontana dalla conclusione che sembra formulare, implica una domanda che non puo precis are. Prima di
tutto: Dio con Ges; si pub dunque considerarlo come uno
di quei dottori che rappresentavano la pi alta autorit religiosa. Basta pero pronunciare questo titolo per sentire come
non si confaccla aIle azioni di Ges, e anche soltanto aIle sue

parole.
Nicodemo ammette che Ges sia un dottore per rlassumere in questa parala tutto quello che non puo dire: senza

dubbio cio che conosce di Lui 10 spinge a procedere oltre,


ma tutta la sua formazione vi si oppone, di modo che quest'uomo che viene in fondo per sollecltare una Iuce, sembra
voler innanzi tutto porre un limite, ben declso a non superarlo.
Ges non 10 contraddice, ma l'invita a pesare tutto cio che

C~e Dio sia CO~ Ges, se viene inteso in senso vago, insuffiC1e~te ad es~rtmere la realt nascosta di tutta la sua opera,
realta che NIcodemo ha prudentemente lasciato nell'indefini~o : i s~gni che tu fai , ma che Ges, con termini propri
chlama: ri Regno di Dio .
La risposta di Ges rivolta tanto alla situazione in cui
si trova Nicodemo, come alla frase che questi ha detto di
Lui. Il riconoscimento dell'origine soprannaturale di Ges
implicito in cib che questi dice esplicitamente; ma cio che afferma come primo punto, il motivo dell'incredulit di
fatto rivelata dal\'attestazione in apparenza' positiva di Nieodemo: Nlcodemo giudica umanamente di cio che non accessibile che alla vista dell'uomo che nato di nuovo, che nato
dall'alto.
Nicodemo si lascia trasportare docilmente su questo
nuovo terreno. Si direbbe che l'esser stato penetrato da Ges
gh abbla dato fiducia: anzi, c' pi fiducia nella franca obiezione
da lui formula ta, che nell'apparente acquiescenza delle prime
parole.
Si .arena di fronte aIl'idea di rinascere: non puo concepire
una vIta realmente al di sopra della natura umana. Gli sembra incomprensibile che questa debba rinunclare a se stessa
per ricominciare ad essere senza fondarsi pi su eio che era
prima. Se nell'uomo dev'essere operato un assoluto rinnovamento, non siamo forse spinti all 'assurdo?
Ges scarta l'assurdit supposta, e precisa di quale naseita si tratti: una naselta non meno conereta , ma ruversa
da quella a cui pensa Nicodemo. Nicodemo si fermava di
fronte al nascere di nuovo ~>, Ges sottolinea il nascere
dall'alto come sua unica spiegazione.
La nascita da acqua e Spirito di cu i parla, evidentemen~e il ~attesimo . Non un battesimo qualunque, ma quello
che dIetl'O ri segno visibile contiene, se cosl si pub dire la
realt invisibile: 10 Spirito 3; e Ges mostrer il contr~sto
tra cio che PU? la ?pirito e cio che puo Ja carne 4. (cio sempre,
nel vocabolano glovanneo, Ja natura umana considerata in

le sue parole contengono, al di l di cio che vogliono dire.

ID

VII, 50 e XIX, 39.

95

3 S~n ~iovanni non s i dilunga qui sullo Spirito, riservandosi d'upprofondire


segUito Il concetto.
4. Vedi p. 65.

96

Il Verbo, Vita e Lttce

La Vi/a: il Ba/lesimo

se stes sa, lasciata alla sua debolezza di creatura). impor.


tante precisare il tratto caratteristico della Spirito in noi che
qui indicato: il sua potere sfugge essenzialmente alla nostra percezione.
Non possiamo negarlo, come Nicodemo non poteva negare
il carattere soprannaturale di Ges: s'impone a noi con i suoi
effetti, ma il nostro sforzo pet spiegarlo umanamente rimane
inefficace:
Il vento'~ soffia dove vuole e tu senti la sua voce,

ma non sai da quai parte venga e dove vada ... .


La risposta di Nicodemo mostra che il dubbio non ancora
fugato dal suo animo, ma gi intaccato:
Come puo avvenire questo? ~> .

Dra vede chiaramente che si tratta di una cosa ben diversa


da quella che poteva supporre, ma cio che ancora 10 trattiene

non forse la necessit inevitabile di abbandonare i modi di


pensate e di sentire a cui i giudei pi pii del tempo rimanevano attaccati?
.

Di qui la risposta quasi amara di Ges : poco prima Nicodemo l'aveva chiamato dottore, ma dei due interlocutori
proprio lui, Nicodemo, ad avere uflicialmente diritto a
questo titolo; ota ecco che il dottore d'Israele si rivela

incapace di capire anche soltanto le prime nozioni del regno


di Dio.
12 Se non credete quando vi parlo di cose terrene,
come crederete quando vi pariero di case celesti? .
13 (Nessuno salito al cielo,
fuorch il Figlio dell'uomo, che dal cielo discese).

Con questi versetti passiamo dal battesimo, che diffonde


il dono della Spirito sugli uomini, all'opera di salvezza compiuta dal Figlio dell'uomo, sorgente dei battesimo e causa
dell'effusione dello Spirito. Il battesimo e la Vita che ne deriva
15

In greco

10

stcsso vocabolo indiea il vento e

10

spirito.

97

in noi, cio che avviene sulla terra; la morte e la resurrezione


dei Figlio dell'uomo che sale al cielo, cib che avviene nel
cielo ".

La parentesi senza dubbio una JJessione di san Gia.


vanni, almeno nella sua forma attuale, poich parla dell'ascen.
sione al passato. Per la prima volta vediamo effettuarsi insen-

sibilmente il passaggio dalle parole di Ges all'insegnamento


dell'apostolo, che talvolta cita letteralmente e talvolta riassume e spiega, senza prevenirne sempre il lettore. Il discorso
di Ges a Nicodemo riprende subi to, come dimostrato dal
ritorno all'uso deI futuro.
14 E come Mos innalzo il serpente nel deserto 7,
cos1 deve essere innalzata il Figlio ddI'uomo,
15 affinch ognuno che crede in Lui abbia la vita eterna .
16 (Dio, infatti, ha tanto amato il monda da dargli sua Figlio,
l'unigenito,
affinch ognuno che crede in Lui non pel'isca,
ma abbia la vira eterna;
17 poich Dio non m~ndo il Figlio nd mondo pel' condannare il
mondo,
ma affinch il monda sia salvato per mezzo di Lui.
18 Chi crede in Lui non condannato'
chi non crede gi stato condanna'to,
perch non ha creduto nd nome dell'unigenito, Figlio di Dio.
19 La condanna, poi, questa: la Luce venuta nd mondo
e gli uomini hanno amato pi le tenebre che la Luce
perch Je loro opere erano malvage.
'
20 Chiur:que, infatti, fa il male, odia la Luce e non viene alla Lu..::e
perche non siano svelate le opere sue'
21 chi, invece, opera la verit viene alla l'uce
afEnch sia manifesta che le sue opere son~ state fatte in Dio).

. A?biamo messo tra parentesi la maggior parte dei testa,


pOlche

SI

tratta certamente di un commento sulla frase oscura

di Ges, a Nicodemo. C~ fuor di discussione a partire da:

POlche DlO ... , perche tutto cio che segue presuppone che

l'opera di Ges sia gi .compiuta. Ci mena chiaro per il


versetto precedente; certo difficile porlo sulla bocca di Ges
se si ossetva il modo con cui raddoppia l'immagine per spie~
Il Cfr. nell'Apocalisse c. V, l'agnello immolato nel cielo.
7 Cfr. Numeri XXI, 8-9.

7 IV Vongero

98

La Vi/a: il Batlesimo

Il Verbo , Vila e Luce

dalla Vita: qui apprendl'amo come 1a Luce ci conduea alla


Vita da cui sgorga.
Lo ,'copo della ~enuta del Figlio non stato il giudizio, al
contrano .dl .
cl.
che.Il messlamsmo gl'udeo"Immagmava; tuttaVla
.

garla. Bisogna dire la stessa cosa riguardo al suo significato,


che a noi appare luminoso, ma che per il dottore giudeo avrebbe rischiato d'accumulare interrogativi p aocota che chiarirli.

La frase di Ges a Nicodemo, al contrario, gli permette


d'aflerrare, per poco che la mediti, che cos' la misteriosa esaltazione del Figlio dell'uomo che conferir al battesimo d'acqua
e di Spirito la sua realt sovrumana.

questo glUdlz~O egh. 10 eettua, ma come una semplice con~


segu~n:a dell atteggramento che la sua opera provoea tra gli
uomlnl. Lo scopo della sua venuta di condurre ail Vt
coloro
di conformarsi alla Luce, che accettano
a 1a
. ~ d' che daccettano
..
ClOe 1 cre el'e, e Il gludizio si compie per il solo fatto che
dopo la venu ta del Figlio, la volont umana deve necessaria:

Per nai l'immagine continua in modo sorprendente la

costante unione della croce e della glorificazione, cosi caratteristica del quarto Vangelo. Per Nicodemo essa presentava
crudamente cib ch'egli allora non avrebbe in a\cun modo potuta sopportare : l'idea deI Messia sofferente; ma, come per i
discepoli la frase sul tempio, cosi questa sul serpente di
bronzo sarebbe stata per lui carica di significato solo dopo
gli avvenimenti del venerdi santo e della Pasqua.
In seguito Nicodemo sembra scomparire. Non si parla
pi di lui dal momento in cui l'evangelista ha trovato nel
racconto il modo d'inserire una verit superiore che assorbe
ben presto tutta la sua attenzione.
Ci che abbiamo presentato come una glossa di san Giovanni 10izia con il tanto citato versetto in cui stata vista, e
con ragione, una sintesi della teologia giovannea forse pi

tipica dello stesso prologo: Dio ha tan to amato il mondo


da dare sua Figlio, l'unigenito, aflineh ognuno che crede
in Lui non perisca, ma abbia la Vita eterna .
La frase riassume pi particolarmente l'insegnamento sulla
Vita dato in questa parte del Vangelo. Dio, secondo il costante
punta di vista di san Giovanni, ha come catattere essenziale
un amore smisurato per la sua creatura, amore la cui forza
incompatabile e la cui libett sovtana s'uniscono in un dono

gratuito e totale: il dono del 'Figiio unigenito. Lo scopo del


dono che gli uomini abbiano la Vita . Fin qui abbiamo
visto la Vita resa accessibile all'umanit dalla morte e dalla
glorificazione dei Cristo, e comunicata poi ad ogni uorno con
il battesimo; vediamo ota come l'uorno possa effettivamente

godere del dono del Figlio: con la fede .. . aflineh ognuno


che crede in Lui non perisca . Tale riferimento alla fede
introduce a un breve sviluppo che deve farci considerare sotto
una nuova prospettiva la relazione tra la Vita e la Luce. Il
prologo ci aveva insegnato come nel Verbo la Luce proceda

99

mente ptendel:e una dedsione in un senso

nell 'altto. Chi

non crede gl stato condannato , poich, in presenza della


Luce, Il nb.uto a. credere assume un signiucato decisamente negativo: dlmostra che l'incredulo immerso nelle
tenebre.

Le opere. buone d~ cui si parla non sono opere compiute


senza la grazla e che S1 troverebbero ugualmente in spontaneo
acc~r~o c~n la Luce : sono opere compiute in Dio . L'oppOs.lz1~ne e tra colora che operano la verlt (nel senso elevatlsslrno con cui san Giovanni usa sempre questo termine)

clOe coloro che sono stati fedeli all'Antico Testamento e ch~


l1con~scono nel Cristo la Luce promessa, e colora che rifiutan~ ri nuovo dono perch disprezzano il senso vero di quello
antlco

8.

2. L 'ULT IMA TE ST IMONIANZA DI GIOVANNI

Un'ulthna test.monianza del Battista aflerma che questi


svolglmentI del tutto nuovi sono appunto cio ch'egli per missJOne doveva preparare: il sua compito terminato, ota deve
scornparire.
, 22 Do~ .d i cio, Ges si l'ec con i suoi discepoli nella terra di
GlUdea e la SI trarteneva con essi e battezzava 23 Ora anch G'
.
battezzava ad A',!flen presse Sal'lm, perch l le"
e
lovan m
acque erane
abbendanti
e la gente vemva a farsi battezzare. 24 Giova nni , infatti, non

ancor~

8 Tutto questo passe oscuro a forz d'


.
stato alla discussionc di Ges co '. 'da. essere mampolato. deve essere acco
n 1 glU el nel c . VII; allora (utto diviene chiaro .

100

Il Verbal Vila e Luce

era stato messo in prigione. 25 Nacque una discussione fra i discepoli


di Giovanni e un giudeo, a proposito di purificazione. 26 E andawno
da Giovanni a dirgli: Rabbi, Colui che era con te quand'eri oltre
il Giordano, al quale tu hai dato testimonianza, ecco che battezza e
tutti vanno da Lui . 27 Giovanni rispose: Nessuno puo prendere
nulla se non gli stato dato dal cielo. 28 Voi stessi mi siete testimoni
che io ho detto: "Non sono io il Messia, ma sono stato mandato innanzi
a Lui ".
29 Chi ha la sposa 10 sposo, ma l'arnico dello sposo, che l'assiste
e l'ascolta, feliee alla voce dello sposo. Questa, dunque, la mia
gioia, ed giunta al colmo. 30 Lui deve crescere, io diminuire .

La bellezza di ques ta tes timonianza troppo pura per


aver bisogno di essere sottolineata. Ges prende il posta dei
Battista, e questi afferma che Dio che gliel'ha coneesso.
L'amico della sposo che ha preparato tutto per le nozze,
quando giunge la sposo, deve ritirarsi dinanzi all'unico signore
della festa. Ritirarsi non per lui una dolorosa umiliazione;
udire la voce dello sposo rivolta alla sposa' gli d la gioia
perfetta per cui aveva lavorato .10.
.
.
.
,. . "
Si osserver che solo san GlOvannl Cl parla dl un attlvlta
di Ges prima che il Battista fosse incareerato. anche il solo
a mostrarci Ges che battezza. 1 due fatti concordano, poich
Ges dovette battezzare le folle durante la prima fase dei sua
ministero, passando da quello di Giovanni a quello che Egli
stesso stava per esercitare.
L'evangelista aggiunge la conclusione:
31 Chi viene dall'alto al di sopra di tutti;
chi dalla terra terrestre, e terrestre il sua linguaggio.
Chi viene dal cielo al di sopra di tutti;
.32 Cio che ha vista ed ha ascoltato, questo attesta,
e nessuno accetta la sua testimonianza.
33 Chi accetta la sua testimonianza certifica che Dio verae:
34 perch Colui che Dio ha mandato, dice le parole di Dio,
perch egli d 10 Spirito senza misura.
35 Il Padre ama il Figlio e gli ha dato tutto in mano.
36 Chi cl'ede nel Figlio ha la vita eterna;
chi si rifiuta di credere al Figlio non vedr la Vita,
ma la collera' di Dio incombe su di lui.
Il Cristo ai suoi.
10 Cfr. Marco II, 19 in cui Ges stesso si paragona allo sposo.

Il

La Vila: il Battesimo

101

Giovanni appartiene alla terrai la sua testimonianza, pel'


quanto ispirata da Dio, resta la testimonianza di un uomo.

Ges viene dal cielo e perci non pu esser messo sullo stesso
piano: il solo che non parli di case divine per sentito dire'
Egli le ha viste e udite , come noi vediamo e udiam~
le case di questo mondo.
San Giovanni riprende i termini dei prologo per mettere
in evidenza l'incredulit suscitata dall'e1evatezza dei messaggio di Ges: Nessuno accetta la sua testimonianza .
Non c' contraddizione tra questo e quanto segue: Chi accetta la sua testimonianza , poich, vedremo tra poco, nello
stato attuale dell'uomo l'incredulit divenuta naturale:
neSSUJl uomo pu, con le proprie forze, 3rrivare alla fede; se
questa nasee in lui pel' grazia di Dio.
La frase: Chi accetta la sua testimonianza certiBca che
Dio verace , si comprende meglio se si tiene presente il
senso tutto speciale della parola Verit in san Giovanni: il
latto che Dio si rivela a noi COli il dono reale di se stesso.
La prima riga dei versetto seguente 10 spiega: Colui che
Dio ha "mandato" pronuncia le stesse parole di Dio . La
seconda frase dello stesso versetto non deve essere intesa come
una spiegazione della prima, ma come un'aggiunta: Ges
manifesta la verit sia perch pronuncia le parole di Dio, sia
perch dona la Spirito in pienezza. La Verit di Dio trova
allora la sua definizione perfetta in queste parole: Il Padre
ama il Figlio e gli ha data tutto in mano .
Dopa di che, il richiamo alla nozione dei giudizio, che
stata svilppata nel commenta aile parole di Nicodemo, giung~
come la conclusione naturale di tutto il capitolo .

3.

LA

SAMARIT ANA

L'incontro di Ges con la Samaritana uno degli episodi


pi conosciuti dei Vangelo. forse quello che ha suscitato
il maggior numero di commenti e anche di errori. Riprende
ci che nell'incontro con Nicodemo era appena accennato e
ne amplia i tratti in modo cos1 decisivo che non vi nessun

102

Il Verbo, Vila e Luce

altro racconto che ci conduca come questo nel pi profondo


della mistica giovannea.
IV, 1 Quando il Signore seppe che i farisei avevano sentira dire
che Ges faceva pi discepoli e ne bartezzava pi di Giovanni, 2 sebbene
non battezzasse Ges in persona ma i suai discepoli, 3 laseR, la Giudea
e ritarno in Galilea. 4 Ora, era necessario che Egli passasse attraversa la
Samaria. 5 Giunge, dunque, in una citt della Samaria chiamata Sichar,
vicino al podere che Giacobbe diede a sua figlio Giuseppe 11 . 6 Ll c'era
la fonte di Giacobbe. Ges, dunque, stanco per il viaggio, srava con
semplici t seduto sul pozzo. Era cirea l'ora sesta 12 , 7 Arriva una donna
samaritana ad attingere aequa. Ges le dice: Dammi da bere . 8 1
suai discepali erano andati in citt pel' aequstare provviste. 9 La donna
samaritana, dunque, gli dice: Come mai tu , che sei giudea, chiedi da
bere a me che sono una donna samaritana?) (1 giudei, in fa tti, non
sono in buoni rapporti con i samaritani). 10 Ges rispose: Se conoscessi il dono di Dio e chi chi ti dice: "Dammi da bere", l'avresti
pregato tu, ed Egli ci avrebbe data un'acqua viva . 11 Gli dice: Si
gnore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo profondo, dove, dun
que, prendi l'acqua viva? 12 Saresci tu pi grande del padre nostro
Giacobbc, che ci ha dato il pozzo e ha bevuta da essa, lui e i suoi
figli e le sue greggi? . 13 Rispose Ges: Chiunque beve quest'acqua
avr sete ancora; 14 ma chi beve l'acqua che io gli daro non avr sete
in eterno: l'acqua che io gli daro diverr in lui fonte d'acq ua zampillante
PCt la Vita eterna . 15 Gli dice la donna ~ Signore, dammi codesta
acqua aUinch non abbia pi sete e non venga fin qui ad attingcre . 16
Le dice: Va', chiama tua matito e torna qui ). 17 La donna rispose:
Non ho marito . Le dice Ges: Hai ben detto: "Non ho marita ";
hai avuto infatti cinque matiti e quella che hai adesso non tuo marto ;
in questo hai detto la vetit ) . 19 Gli dice la donna: Signal"e, vedo
che sei un profeta. 20 1 nostti padri hanno adorato su questa montagna e voi dite che il luogo dove si deve adol'are a Gerusalemme ).
21 Le dice Ges: Credimi, donna, viene l'ora in cu i n su questa
montagna n a Gerusalemme adorerete il Padrc. 22 Voi adorate quello
che non conoscete, noialtri adotiama quel che conosciamo, perch la salvezza viene dai giudei. 23 Ma viene l'ora, ed adesso, in cu i i genuin i
adoratori adoreranno il Padte in Spirito e Verit; il Padre, infa tti, tall
vuole i suoi adoratoti. 24 Dio Spirito, e i suoi adoratori in Spiri to e
Verit devono adorarlo . 25 Gli dice la donna: So che il Messia cio il Cristo - deve venire; quando verr Lui ci annunzier tutte
queste cose . 26 Le dice Ges: Sono io, io che ti parla .

Non bisogna fare troppe accuse alla Samaritana. La sua


totale incomprensione che alcuni commentatori sembrano
I l

Cfl". Cimes; XLVIII, 22; XXXllI, 19.

l :l

Mezzogiorno.

La Vila: il Battesimo

103

prender gusto a mettere in rilievo, non che un riflesso della


loro. Altrimenti il sublime insegnamento di Ges, svolto imperturbabilmente di fronte a chiare prove di non inteIligenza,
sembrerebbe un pedantismo che tanto pi s'esalta quanto pi
l'interlocutore pare incapace di comprendere ci che gli si
dlce. La caratteristlca pi marcata della Samaritana una
sorta di volgarit che pu essere ancora pi spiacevole di un.
grande malizia. Questa donna uno di quegli esseri che avviliscono tutto ci che toccano. Non questlone di classe: ci
sono uomini dei popolo, anche dei pi basso, che hanno
un 'anima nobile, e delle persone di huona famiglia che pensano e sentono bassamente. Dinanzi a costoro si sente una
specie di scoraggiamento che non si prova di fronte ad altri
pi induriti. Si sarebbe tentati di temere la loto adesione pi
che la loro incredulit, poich sembra che debbano offuscare
tutto quanto avra nno accettato.
Dobbiamo quindi stupirci che 'Ges si sia rivolto alla Samaritana per farle una delle rive1azioni pi alte che abbia
mai fatto?
Eppure qui il miracolo dei Vangelo. La cosa pi sconcertante non che raddrizzi le volont malvage e le volga al
bene, bensl che aflini le volont huone ma volgari. una
sfumatura, ma p d'un abisso . Che un malvagio
diventi buono , si vede anche fuori deI cristlanesimo. ViceM
versa vi una qualit dei bene che l'essere pi fine non pub
raggiungere meglio dell'essere pi volgare, se il Cristo non
gliela d. Come tutti i miracoli, anche questo non ci chiede
che una rta docilit.
proprio nello spmto di san Giovanni sottolineare l'occasione dei tutto accidentale dell'incontro. Ges abbandona
la Giudea per non eccitare maggiormente l'irritazione dei fariM
sei. Ritornando in Galilea, deve passare per la Samaria, a
meno di fare un lungo giro " . A mezzogiorno, l'ora della
canicola, il piccolo gruppo si arresta, e mentre i dispoli
13 Non c' alcuna contraddizionc con la prescrizione di Ges agli apostoH
in Matteo X, 5: non si traita pi di andare a prcdicare, ma semplicemcntc di
abbreviarc il cammino; tutti i giudei, anche i pi fanatici, se ne servivano
(cfr. Ll/ca IX, 52).

104

Il Verbo, Vila e Luce

entrano nella borgata di Sichar per comprarvi dei viveri,


Ges, stanco pet il cammino, si siede pressa la fonte di Giacobbe per trovarvi un po' di riposo e di frescura.
Questo particolare ci d la nota vera di san Giovanni,
che non ha nulla in comune con la nehulosa lilosofia che talvolta ci si compiace di attribuirgli. lui che ci presenta il
meglio di Dio che in Ges, che Ges, e tuttavia ancora
lui che, con tocchi semplici e diretti, come questo, addita me-

glio di altri il carattere pienamente umano del Signore.


San Giovanni ha compteso pet primo l'Incarnazione e l'ha

tradotta in modo perfetto, cio in modo da supporre l'uguale


integrit dei due termini, l'umano e il divino : il Cristo non
n Dio diminuito, n un uomo incompleto. Seconda l'espressione dell'Epistola agli Ebrei, cosi sovente consona con Giovanni, Egli si fatto simiIe a nai in agni cosa, eceetto il
peccato. Se non partecipa in nessun modo al nostra peccato, subisce nondirneno tutto il rigore della condizione che

il peccato ha imposto all'umanit, tutta la debolezza della


carne. pi commovente forse vederlo sottoposto aile tribolazioni quotidiane che formano la trama della nostra vita
decaduta, come la stanchezza dopa un Iungo cammino sotto

il sole su una strada polverosa, che saperlo passibile di quei


grandi dolori che ci danno almeno l'impressione di elevarci
al di sopra di noi stessi.
Pressa la sorgente terrena a cui il Signore chiede, come il
pi debole di noi, la sua eflimera frescura, Egli ci offre le fonti
eterne. A colei che viene per attingere, chiede: Dammi da
bere , e in cambio le ofIrir 1' acqua viva 14.
La donna si stupisce deIl'insolita richiesta, per quanto non

sospetti lino a che punto 10 sia. Immediatamente, nella forma


della sua risposta che non un rifiuto, ma quasi un invita a
continuare, si rivela quaI : falsamente libera, per l'irrego~

larit stessa della sua vita, dai pregiudizi propri dei suo ambiente, e loquace come la maggior parte degli esseri un po'
superficiali. Diciamo un po' , poich vi in lei una certa

capacit di slanci profondi, una generosit che Ges ha subito


14 Questa richiesta e qucsta offerta, non sono forse tutto il cri~tianesi~o~
dove Dio si degna di chiederci la nostra natura umana ver rendcrcl parteclpl
della sua natura divina?

La Vita: il Battesimo

10.5

colta ed a cui si rivolge, senza lasciarsi scoraggiare dalla futilit in cui molto facilmente es sa si perde.
Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me che
sono una donna samaritana? . Seconda la s~a abitudine, Ges

non risponde alla domanda frivola e pone subito la conversazione sul piano da Lui scelta: Se tu canoscessi il dono
di Dio e chi chi ti dice: "Dammi da bere Il, l'avresti pre-

gato tu, ed Egli ti avrebbe dato dell'acqua viva .


Essa non ha riconosciuto il mstero. Come ai ciechi giudei,
l'umilt deI Cristo che si fa povera per arricchirci le nasconde
il dono di Dio , che non soltanto il dono fatto da Dio,
ma il dono che ci fatto di Dio.
La Samaritana capisce che Ges non parla dell'acql1a deI
pozzo, ma in quel momento svia e falsa il quesito che la
turba, ponendolo come se non si potesse ttattare che di
un'acqua di uguale natura: Signore, tu non ha\ TItilla per

attingere e il pozzo profondo, dove dunque prendi l'acqua


ylva? .
Si 'rende vagamente conta di essere su una faIsa strada,
non si puo negare l'imbarazza delle sue fras. Tuttavia, invece

di affrontare con franchezza il problema, cerca di sfl1ggirvi con


quella derisione popolare in cui la codardia dello spirito si cela
sotta una faIsa spavalderia, nella convinzione che in fonda,
quando si ha l'ultima parola, tutto risolto : Saresti tu pi

grande del padre nostro Giacobbe che ci ha dato il pozzo e ha


bevuto da esso, lui e i suoi ligli e le sue greggi? .
Ges persevera, tenta di dare un'aItra possibilit di espri~

mersi a quel pres agio che ha colto nella donna, meglio di lei
stessa: Chiunque beve quest'acqua avr sete ancora; ma chi
beve l'acqua che io gli daro non avr sete in eterna: l'acqua

che io gli dar diverr in lui fonte d'acqua zampillante per la


Vita eterna ,

Il potere misterioso dell'acqua viva data dal Cristo che


colui che ha attinto alla sorgente ne scopre una in se stesso.
Ci che ha attinto la Vita divina: l'amore in un dono perenne, perennemente in atto. In lui non puo esserv l'amore
senza amare, non puo esservi questo dona senza donars a sua
volta e senza scoprire in s, sempte cos1 fresche, le medesime

106

La Vito: il Battesimo

Il Verba, Vila e LI/ce

possibilit di dono di s, la cui esigenza continuamente nuava


non potr misurarsi che nelFeternit.

L'eternit della Vita non come un prolungamento che le


sarebbe dato in soprappi; le essenziale: la Vita non sarebbe
pi cio che se non fosse eteroa, poich divina. Essa deriva,
se si puo dire cosl, da cio che vi in Dio di pi divino.
L'acquiescenza della donna allora pi deprecabile, nella
sua grottesca e pesante trivialit, della sua incredulit: Sigote, dammi codesta acqua affinch non abbia pitt sete e non
venga fin gui ad attingere . la risposta delle brave persone a corto d'argomenti che ci dicono: Dopa tutta, se
Dio esiste, pregatelo di concedermi delle rendite , compi.cendosi di lodare la propria tolleranza che consente loro di
riconoscere d che vi di buono nelle illusioni spiritua-

107

dopo, un altro indice di quanto sia stata colpita profondamente: tutta la sua povera religiosit, senza dubbio ben
lontana da lei solamente alcuni istanti prima, che ora le
ritorna e che presenta a Ges nell'omaggio maldestro, ma
sincero,

di una rmnovata !iducia: 1

005tri

padri hanna ada-

rato su questa montagna e voi dite che il luogo dove si deve


adorare a Gerusalemme ... >,. Ha una domanda da porre a
questo proposito: ha avuto l'inaudita fortuna d'incontrare

un profeta, ora deve approfittarne.


Uoa discreone, una timidezza che non si sarebbe attesa

oa

e la breve frase secca e impacciata: Non ho matita . Nono-

lei, la trattiene pero sulla soglia dell'interrogazione. l ,amaritani erano arrlvati, almeno nel popola, a fare della rivaIit dei santuari quasi tutta l'essenza dei loro sdsma. Stupita
di vedere un profeta in uno dei giudei detestati, perfettamente naturale che la Samaritana desideri porre quella domanda che non poteva venide aile labbra. C' gi un dubbio
in lei, forse preparato da quel distacco dai pregiudizi e dalle
eredenze positive della Samaria al quale la sua vita scand.10sa non doveva essere estranea. Ges non dichiara in nessun modo che la cosa sia indiiferente: qualche istante dopo,
alfermer che i giudei sono i veri eredi delle promesse, ma,
ascoltando la donna, pensa che quelli che possedevano la

stante 10 stupore per la domanda che nulla lasciava prevedere


e che la ferisce in un punto cosl delicato, potrebbe ancora
credere a una sorprendente coinddenza. Ges le toglie questa

prensione come coloro che avevano perduto quella stes sa religiane. Di qui la predizione: Credimi, donna, viene l'ota in

illusione: Hai ben detto: "Non ho matita H; hai

cui n su questa montagna n a Gerusalemme adorel'ete il

liste .
Ges non si lascia ingannare. Nel momento in cui la

donna si credeva definitivamente sbarazzata di Ges e della


soggezione che le ispirava, per quanto facda per difendersene,
eceola punta neI vivo dalla frase pi inattesa: Va', chiama
tuo matita e taroa qui .

Quale contrasto tra la facondia di qualche momento prima

3VUtO

infatti dnque mariti e quello che hai adesso non tuo marito; in questo hai detto la verit .
Si puo pensare che almeno alcuni dei dnque predecessori
non fossero neppure mariti della donna. Ges non ne parla,
ma la battuta finale: In questo hai detto la verit >', che
sottintende che la sua ammissione non che una parte della
verit, basta per sconcertarla completamente. Di colpo, la frivola e peceatrice Samaritana si pone sul piano dell' israelita
in cui non c' finzione : Signare, veda che sei un profeta .
Ora crede sinceramente, non si tratta pi d'uoa derisoria adesione verbale.
Certo, la sua fede imperfetta, e molto, ma ugualmente fede. Cio che vi di puerile nel quesito posto subito

veta religione e se ne gloriavano, ne avevano perduto la com-

Padre >,. Non si tratta della vera adorazione che succede al


cuIta empio e transltorio; ci verr soltanto in seguito. Ges
pronuncia una terri bile maledizione, incIudendo la citt santa
e gli scismatici: sta per giungere l'ora in cui n gli uni, n

gli a!tri potranno pi adorare. Un giorno ormai vidno la


gelosia dei santuari non avr pi motivo di essere: Roma
semjner la morte in tutto il paese e annientet i due culti.

Ges aggiunge : Voi adorate quel che non conoseete,


noialtri adoriamo quel che conosdamo, perch la salvezza
vjene dai giudei. Ma viene l'ota, ed adesso, jn cui i genuini
adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verit >,.
La risposta che la donna senza dubbio si attendeva quella
che moite persone desiderano talmente trovare sulla bocca dei

108

Il Vel'bo, Vila e Luce

Cristo , da mettervela di forza: Tutte le religioni sono buone,


se sinceramente praticate . Ges ignora questa strana sin~
eerit che sprezza la verit. Per quanto l'infedelt dei giudei sia grande, da loro che viene la salvezza, e Ges solidarizza con essi e dice noi con essi. Perch questo? perch
i giuclei, anche se non praticano cib che Dio ha insegnato loro ,

La Vila: il Battesimo

109

spiritualismo di questo genere proviene dalla concezione

accettano la rivelazione com', in quanta data da Dio, mentre

greca, tutta penetrata dei pessimismo proprio al paganesimo


antico, che ispirava il pi profondo o1'tore ai primi cristiani.
Ogni volta che una teologia, mal difesa contro talune in/luenze
elleniche, si lasdata contaminare da questo ve1eno, il crIstianesImo vi svanito ben presto completamente.
Qui il pericolo era particolarmente grave, poich, inten-

i samaritani non l'accettano che modificata seconda i Ioro


gusti e preferenze. l giudei adorana cib che conoscono \>,
i samaritani ci che non COlloscono; per questo che la

dendo pel' spirito una parte superiore dell'uomo, artificiosamente astratta dall'insieme concreto del sua essere, non
si faceva che introdurre in lui una divisione contra natura: si

salvezza viene dai giudei. Quando giunta, i privilegi dei


giudei decadono poich essa stabilisee una nuova cconamia , una nUQva difIusione della verit. La Nuova Alleanza
sostitusce l'Antica, cos1 come il flore succede al seme, yale
a dire sempre provenendo da essa, non abolendola)}, ma
completando cio che conteneva in germe 15.

La frase che segue stata forse la pi distorta dei Vangela, al punto da farle cantraddire il sua pi profonda significata . L'usa indiscriminata della formula in Spirito e Verita senza dubbio uno dei pi gravi abusi che siano stati
fatti alla Scrittura. Il vacabala italiano spirito pub corrispondere a tre termini greci: psych , nos , pneu ma .
Il Nuovo Testamento usa i primi due rispettivamente nel
senso di vita fisica e intelligenza ; l'ultimo design a sia
la terza persona della Trinit divina considerata in se stessa,
sia la sua presenza e i suai effetti nell'uomo rigenerato. Il
senso nel quale s'in tende generalmente la parola spirito

nel brano che stiamo stlldiando, corrisponderebbe all'aceezione psych propria dei platonismo e ignorata dal Nuovo
Testamento: tma parte dell'uama, superiare e appasta alla
mate ria. Tuttavia il termine greco pneuma che si trova nel
nostro testa, non indica mai nel Nuovo Testamento (e raramente altrove) la spirito inteso in tal modo. La nozione
stes sa di un'opposizione tra materia) e spirito) e l'idea
che cio che vi di veramente umano nell'uomo questo fantomatico spirito , sono caratteristiche di un punta di vista
estraneo, anzi molto contrario alla visione cristiana. Uno
15 Cfr. Matt eo V, l7.

metteva cosl qualche cosa d'umano al posto di Dio. Satto


l'apparenza

di perseguitare l 'idolatria, ne era stata consactata

la forma pi perniciosa, quella che conduce all'adorazione di


se stessl.

Lo Spirito di cui parla san Giovanni non 10 spirito


umano: 10 Spirito Santo, cio Dio che accondiseende a
venire in noi pet pura grazia, La Vel'it a cui accostato non
un'orgogliosa presunzione di vel'it acquis tata da noi stessi,
come un merl ta farisaico puramente umano; la Verlt a cui
san Giovanni non cessa di titornare, la Vetit di Dio che si
riveIa a noi, neHa sua grazia, come Egli . L'accostamento

dello Spirito e della Verit identico a quello della


Grazia e della Verit fatto nel prologo.
Ne risulta che la formula in Spirito e Verit non j ndica sempIicemente un cuIta spil'ituale e sincero : il culto
che Dio chiede non quello dell'uomo che si immagina che
per rendere aDore a Dio basti disprezzare i titi e le dottrine

della religione che Lui stesso ha istiruito ". Il nuavo culto,


stabilito a partire dall' ora dei Cristo, non pi compiuta soltanto dai nostri impel'fetti sland umani, non solo

limitati, ma non mai puri: il culto dello Spirito che intereede di persona pel' noi (secondo l'espressione di san Paolo
qui VIClnlSSlmo alle formule di san Giovanni),

Dandoci la' sua Grazia, 10 Spirito di Dio ci permette di


16 Hegel ris!>Ose orgogliosamentc alla moglie, che g li c hicdcva dl accom.
pagnarla in chicsa, che onorava di pi Dio col pensiero che con la pr~.
ghiera. Sul piano popolare s i avr, ispirata da un analago s talo d 'anima
la formula ben conosciu(a: Lavorare pregare JO ,
'

110

Il Vel'bo, Vila e LI/ce

pregare e di adorare il Padre nella Verit stessa di Dio, nel


Verba, che si rivela a noi in Ges affinch noi viviamo in Lui.
Allora Gerusalemme potr essere distrutta come la Samaria: i genuini adoratori avranno rinunciato a cereate quaggi una citt duratura, ma in qualunque luogo essi saranno

potranno costituire un santuario, poich 10 Spirito sar in


essi, nella lorD integrit: corpo e anima 11 ,
Questa volta la donna ha compreso che vi in cib un insegnamento completamente nuovo. Riconosce di non essere ancora in grado di comprenderlo bene, ma si direbbe che senta
l'insufficienza dei termine profeta che poco prima applicava a Ges . Non osa azzardarsi a pensare che Egli sia proprio
il Messia . Tuttavia, capisce bene che il suo insegnamento
riguarda cose che il Messia solo potrebbe spiegare. Una parola
di Ges bas ta al10ra ad aprirle gli occhi: Sono io, io che
ti parlo .

27 Nel frattempo, sopraggiunsero i suai discepoli e furono sorpresi


che Egli parlasse con una donna; nessuno, per, disse: Che ccrchi? 0
Perch parli con lei? . 28 La donna, dunque, lasci la sua brocca e
se ne ando nella citt a dire alla gente: 29 Venite a vedere un uomo
che mi ha detto tutto quello che ho fatto! Non sar lui il Messia?. 30
La gente usel, allara, dalla citt e si dirigeva verso di Lui. 31 Nel frat
tempo, i discepoli la pregavano dicendo: Rabbi, mangia, 32 ma Egli
disse loro: 10 ho da mangiare un cibo che voi non conoscete. 33 1
discepoli, aUora, si domandarono: Che non gli abbia qualcuno portato
da mangiare? . 34 Disse loro Ges: Il mio cibo fare la volont di
Colui che mi ha mandata e porure a compimento la sua opera. 35 Non
dite voi: "Quattro mesi ancora e pei viene la mietitura"? Ebbene, io
vi dico: levate gli occhi e contemplate i campi: gi biancheggiano
pronti per la mietitura. 36 Gi il mietitore riceve il salario e raccoglie
frutto per la vira eterna, affinch gioiscano insieme il sem inatore e il
mietitorej 37 poich in questo caso si avvera il proverbio: " Altro il
seminatore e altro il mietitore". 38 la vi ho mandata a mietere cio
che voi non avete lavorato; altri hanno Javorato e voi siete subentrati
nel frutto dei loro lavoro . 39 Moiti samaritani di quella citt creder
tero in Lui per cio che aveva detto la donna, la quale attestava: ' Mi
ha detto tutto cio che ho fatto. 40 Quando, dunque, i samaritani an
darono a Lui, la pregarono di restare con loro; ed Egli rimase l due
11 Cfr.: JI voslro corpo tempio della Spirito Santo (1 Cor., VJ, 19).

La Vita: il Battesimo

111

giorni. 41 E moIti di p credettero per la sua parola, 42 e alla donna


dicevano: Non pi per quanta hai detto tu che noi crediamoj noi
stessi 10 abbiamo ascoltato e sappiamo che questi veramente il SaI
vatore dei monda.

Ne! momento in cui Ges pronuneia le ultime parole, tornano i discepo li . Pare che l'evangelista abbia voluto mostrarci in loro quella stessa visione delle cose che era nella
donna: visione troppo umana che, in essi come in lei, rostacolo pi sottile, ma anche pi difficile da vin cere, che si oppone alla Luce. Come la Samaritana, vedendo che Ges le l'volgeva la parola, non aveva pensato che al pregiudizio che
separava i giudei clai samaritani, cosl ai discepoli non viene in
mente che il pregiudizio che allontanava i rabbini dalle donne.
Eppure la familiarit stessa che hanno con Ges e che fa
sl che 10 conoscano gi per quanto imperfettamente, li trattiene dall'interrogarlo.
Hanna da poco consumato il loro pasto e invitano seoza
malizia Ges ad imitarli; ma Egli pensa che essi sono come la
donna, della stessa razza incredula , immersa neUe cose del
monda, che candiclamente ignora il resto, e ricorda 10ro, semplicemente, questo resta: la ho da mangiare un cibo che vol
non conoscete . Avviene allora il medesimo equivoco avvcnuta con la donna. Essa gli aveva detto, quand 'Egli aveva
parlato dell'aequa viva: Tu non hai nul1a per attingere e il
pozzo profondo, dove, dunque, prendi l'acqua vivo? .
Quando parla loro di questo cibo misterioso, gli apostoli si
chiedono: Che non gli abbia qualcuno portato da mangiare? . Egli risponde loto: Il mio cibo fare la volont di
Colui che mi ha mandata e portare a compimento la sua
opera .
La volont dei Padre la salvezza degli uomini, di cui i
discepoli stanna per avere come un presagio neUa conversione
di alcuni samaritani. Non dite voi: H Quattro mesi aocora
e poi viene la mietitura? ". Ebbene, io vi dico: leva te gli
ocehi e contemplate i campi: gi bianeheggiano pronti per la
mietitura .
Ges parla qui innanzi tutto dei campi che si distendono
davanti a Lui: siamo in gennaio, la mietitura si avvicina, ma

112

La Vila: il Battesimo

11 Verbol Vila e Luce

ancara lantana, due mesi devono ancora trascorrere. La

stesso avviene per la mietitura spiri tuale. l discepoli indolenti


misconoscono il vigore delle sementi gettate da Ges: gi i
campi delle anime sono bianchi 18 per la mietitura. Gi il
mietitore riceve il salaria e raccaglie frutta pet la vita eterna,
affinch giaiscano insieme il seminatore e il mietitore . Ges
ha seminato e la donna miete gi nella citt il frutto della
semente ricevuta.
Il seguito pare un'allusione a cio che avverr in fututo
nella Samaria (Alli c. VIII), dave gli apastoli raccaglieranna
i frutti deIla predicaziane fatta da altri discepali. Il fatto che
tali parole siana messe al passata suIla bacca di Ges senza
dubbia l 'effetta di una di quelle traspasiziani in rapporta al
tempo in cui scriveva l'evangelista, come abbiamo gi incon~
trata (cfr. III , 13): Poich in questa casa si avvera il proverbio: Altro il seminatare e altro il mietitare. l a vi ho
mandati a mietete cio che voi non avete Iavotato; altri hanno
lavarata e vai siete subentrati ne! frutto de!laro lavara .
Durante questo tempo la donna, secondo quanta san Gia~
vanni ci mostra di agni persona che Ges ha attratto a s,
corre in citt per infarmare tutti queIli che conasce. Ha talmente fretta da dimenticare la sua brocca .. . Le sue espessioni
sono proprie del carattere che noi gi conosciamo, 'ma ara si
fa in luce l'aspetta buano della sua semplicit: non mette nulla
di artificioso nella . sua l'elazione, confessa seoza ricercatezza a
falsa vergogna come per lei si sono svolte le cose: Venite a
vedere un uama che mi ha detta tutta qeIla che ho fatta!
Non sar lui il Messia? . Canvince la gente al punta che un
gruppa esce con lei dalla citt: vanna da Ges, per met canquistati. La parola deI maestro li persuade tanta da pregarla
di restare con laro. Egli accetta e si ferma per due giarni: essi
passana parlargli ed ascaltarla a piacimenta. Le parole rivalte
alla donna da colora che sono stati conquistati, potranno es~
sere le parole di tutti colaro che la missiane degli inviati di
Cristo (e sulla quale abbiama appena vista il Cristo intrattenere i suai) avr condatta a Lui: Non pi per quanta hai
detto tu che noi crediama; noi stessi 10 abbiama ascoltato e
18 Questo infatti il colore che assume il grano che matura in Palestina .

sappiama che questi veramente il Salvatore


Candatti al Cristo dagli uamini, da quanda ci
condurre a Lui e l'abbiamo incontrato, non
bisagna di prove: Egli stessa, parlandaci neUa
posta di agni prova.

113

de! monda .
siama lasciati
abbiamo pi
fede, tiene il

43 Dopo quei due giorni, Gcs parti di l per la Galilea, 44 (perch


Egli stesso aveva attestato: Un profeta non onorato nella propria
patria ). 45 Al suo arrivo in Gali1ea, i galilei 10 accolsero, avendo vcduto tutto ci che Egli aveva fatto in Gerusalemmc durante la festa.
Anch'essi, infatti, erano andati alla festa.
46 Ritorno, dunque, Ges in Cana della Galilea, dove aveva mutato l'acqua in vino. E c'era un dignitario reale 10 il cui figlio era ammalato a Cafarnao. 47 Costui, avendo udito che Ges era venuto dalla
Giudea in Galilea, si rec da Lui e 10 pregava di scendere 20 a guarirgli
il 6glio10: era, infatti, moribondo. 48 E Ges gli disse: Se non vedete
dei segn e dei pradigi, non credete, dunque! . 49 Il digntario reale
gli disse: Signore, scendi prima che il mio bambino muoia! . 50 C1i
rispose Ges: Va', tuo 6glio vive . Credette l'uomo alla parala dettagl i da Ges e si avviava. 51 Stava gi discendendo, quando i servi
gli vennero incontlo dicendo: Tuo figlio vive . 52 VoIle, a11ora, sapere
da essi l'ora in cui aveva incominciato a star meglio. Gli risposero: leri ,
aIL'ota settima la febbre 10 lascio . 53 Allora il padee riconobbe che
proprio in quell'ora Ges gli aveva detto: Tuo figlio vive ; e crcdette,
lui e (utta la sua casa. 54 Fu questo il secondo segno che fece Ges,
ven uto dalla Ciudea nelLa Galilea.

Abbiama detto che questa segna come un sigilla appasto all'incontro con la Samaritana: vi vediamo Ges padrane
della Vita seconda la sua parala.
Sattalineiamo saltanta a!cuni particolari dei racconta cosl
sabria. Dopa la severa rispasta di Ges, la frase dei dignitaria
reale: Signore, scendi prima che il mio bambino muoia ,
mirabile per la richiesta che esprime e per la sua discrezione,
come pi d'una di queUe brevi preghiere che san Giovanni ci
ri ferisce 21 .
Ges ha appena biasimata la fede che esige dei miracali
per credere dopa: il dignitario reale non osa dire che non
19 Si tratta d'un ufficiale di Erode, tetrarca di Galilca, che veniva corrcntcmente chiamato re _, anche se non era il suo Icgittimo titolo.
20 Cafarnao si trova sulla riva dei lago, Cana in alto.
21 Cfr. XI, 3: "Signorc, "edi, colui che tu ami malato _.

8 IV Vengelo

114

La V ita: il Battesimo

Il Verbo, Vita e Luce

agisce cos), ma la sicurezza stessa della sua domanda indica


che crede gi, prima dei miracolo. Ges mette alla prova la
sua fede, che si rivela profonda. Quando l'uomo viene a cono
scenza della guarigione e dell'ora in cui avvenuta, la sua
fede prorompe e contagia gli altri.

4. IL

PARALlTICO Dl BETHESDA

V 1 Dopa di db ricorreva una festa dei giudei, e Ges sail a Gerusalem'me. 2 Ora, a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, c' un.a
piscina, chiamata in ebraico Bethesda 22 che ha c!nque ~o.rt.ici. 3 In.qucstl,
giaceva una moltitudine di infermi, ciechi, ZOppl, parah,t1cl. 4 (E.ssi attendevano che l'acqua si muovesse, poich un angelo ogm tanto discendeva
nella piscina e agitava l'acqua; perci chi vi entrava tx:r primo, dopo che
l'acqua era sta ta agitata, era guarito dalla sua malatua, qualunque essa
fosse), 5 Cera l un uomo, ammalato da trentotto anoi. 6 Ges, ved~n~o10
disteso e sapendo che gi da molto tempo era in quello s~ato, glt dIce:
Vuoi guarire? ~), 7 Gli rispose l'infermo: Signore, non ho nessuno
che, quando l'acqua agitata, mi cali nclla piscina; e cos~, mentr~ ,vado,
un altro scende prima di me . 8 GU dice Ges: Levau.' prendl. JI , t~o
giadglio e cammina . 9 All'istante, quello guad, prese Il suo g!a~gl1~
e camminava. Quel giorno pero era un saba ra. 10 Dlcevano, pefCI, 1
giudei al guarito: ! sahato, e non ti Iecito. portar via il gia~i~lio,
Ma quegli rispose loro: Chi. mi ha guarito, ml ha. ~ett,o: Prendl il. tua
giaciglio e cammina , 12 Glt domandar~no: Chi e 1uo~o che 11 ~a
detto: Prendi e cammina? , 13 E il guanto non sapeva chi fosse; Gesu,
infatti, era scomparso perch l c'era folla., 14 ~opo di do, Ges .:0
incontr nel tempio e gli disse: Ecca, sel guanta; non ~ecc~re. plU:
affinch non ti succeda di peggio . 15 L'uomo se ne and a dire al glUdel
che era Ges che l'aveva guarito. 16 E percio i giudei perseguitavana
Ges, perch faceva queste cose di sabata 23,

La predicazione della Vita abbozzata di natte dinanzi a


Nicodemo, poi sviluppata davanti alla Samaritana, p.er mezzo
di cui tutta una borgata viene guadagnata, per la pnma volta
si rivolge alla massa dei popolo giudeo e ai suoi capi. Ges
non li cerca: si accontenta di agire alla luce dei giorno ; la
reazione verr da sola, essi stessi la cercheranno.
Nella guarigione deI paralitico, l'evangelista continua il
22 Qucsta parc la migliore delle diverse forme date dai m.anoscr.itli. Noti~mo
che scavi recenti hanno messo in Illet la piscina come san GlOvanm la descnvc.
23 Il passo Cra parencesi (v. 4) incerto.

115

tema battesimale della Vita, espressa nel sua scaturire originale con l'immagine delle acque.
Il richiamo sulla strana credenza secondo la quale chi
s'immergeva nella piscina delle Pecore, a Bethesda, era guarito
da ogni male, certamente, nel contesto, una trasparente allusione al battesimo primitivo in cui il neofita scendeva nella
piscina sacra per risalirne rinato.
L'impossibilit in cui si trovava il paralitico a ricevere
la Vita nno a che Ges non fosse venuto, sottolinea una volta
di pi, dopa il: Non hanno pi vina di Cana e il Tu non
hai nulla pel' attingere e il pozzo profondo di Sichar, l'impotenza di cio che san Giovanni chiama la carne , cio
l'umanit lasciata alle sue sole forze, /lnch il Cristo non si
chinato su di lei pet farIa rinascete, per sostituire il battesimo d'acqua con il battesimo d'acqua e di Spirito .
Nella guarigione deI /lglio dei dignitario reale, la richiesta
era partita dall'uomo. Qui al contrario Ges che domanda:
Vuoi guarire? . Il racconto precedente insisteva sull'angoscia dell'uomo, che chiama, ma non sa altro cbe domandare'
questo pone in rilievo l'iniziativa di Dio che provoca inten~
zionalmente la richiesta che vuole soddisfare e che l'uomo
disperato non osa neppur pi formulare,
Il modo con cui Ges opera la guarigione altamente
rivelatore di come san Giovanni intenda la fede. Ges dice:
Levati, prendi il tuo giaciglio e cammina e l'uomo obbedisce. Gli altri evangeIisti hanna tutti . dei tratti come questo,
ma san Giovanni vi insiste particolarmente. Per lui la fede 24,
lungi dall'escludere l'azione dell'uomo, la comprende come un
elemento essenziale. La fede non affatto pura passivit; suppone al contrario un'azione compiuta da noi, pur sapendo che
ne siamo assolutamente incapaci e, di conseguenza, appoggiandoci unicamente a Dio. Proprio nel momento in cui il
paralitico ha espresso la sua disperazione per non riuscire mai
a guarire, Ges gli ordina di agire come se fosse guarito: egli
osa, sicuro della parola di chi glielo ha ordinato; la cOllfesser
egli stesso: Chi mi ha guarito, mi ha detto: Prendi il tuo
giaciglio e cammina .
24

La fede viva. naturalmente,

116

Il Verbo, Vila e Luce

Qui la base della vita CrIstiana: dono assolutamente


gratuito di Dio, ma dono pienamente reale che fa di noi delle
creature nate una seconda volta.
Solamente la perdita della fede (la quale precisamente
la coscienza, che l'uomo ha, che solo Dio Fautore di cib
che avviene in lui), potrebbe arrestare questa rinascita troncando la relazione che la fonda, mentre l'uomo si ripieghe.
rebbe su se stesso e sul suo proprio nulla invece di riposare 1
Dio 25.
L'irritazione dei giudei significativa: vediamo che la
Vita distrugge le consuetudni antiche, seconda quanta lasciava
prevedere l'incontro con la Samaritana.
Creando la Vita nuova, Dio spezza il sabato nel quale Lui
stesso era entrato dopa la primitiva creazione. La religione
trappo umanizza ta che ha fatto di Dio una sua cosa, si rivalta
contra di Lui quand'Egli ne supera i limiti.
Da allora anche Ges condanner il giudaismo che non
vuole ricanoscersi come una figura che deve cedere alla Verit
quanda questa venu ta, come aveva fatto Giovanni Battista.
Il discorso che segue contiene tale condanna, implicita
nella rivelazione che il Cristo compie di se stesso.
19 AUora Ges prese a dire loro cosl: In verit, in verit vi dico:
il Figlio da s non pub far nulla, ma soltanto cio che vede fare al Padre;
poich quanta questi fa, il Figlio similmente 10 fa. 20 Il Padte, infatti,
ama il Figlio e gli mostra tutto cio che Egli fa; e gli mostrer opere
maggiori di queste, affinch ne siate meravigliati. 21 Come, infa tri, il
Padre risuscita i morri e li fa vivere, cosi anche il FigUo fa vivere chi
vuole. 22 Poich il Padre non giudica nessuno, ma ha rimesso al Figlio
ogni giudizio, 23 amnch tutti onorino il Figlio come onorano il Padre.
Chi non onora il Figlio non onora il Padre che 10 ha mandato, 24 In
verit, in verit vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che
mi ha mandato ha la vita etetoa e non sottomesso a giudizio, ma
25 Ln parola di Gcs: Ecco sei guarito; non pecrarc pill, affinch non li
succeda di peggio li , devc rammentarci 10 scandalo che provocavano nei primi
cristiani le cadute dei battezzat i. Tutta la vila cristiana non doveva cssere che
una vila di fcdclt alla grazia perfetta data al cristiana col baltesimo. Se ricade
nel peceato, il fedele puo ancora fare pcnitenza cd essere reintegralo De Uo
siaio da cui non avrcbbc dovulo cadere, ma ha cosl Iradilo il divino Salvatore
che venuto a strapparlo alla perdizione, c se Dio l'abbandonasse in questa
seconda caduta, il sua stato sarebbe infinitamenle pcggiore: infatti non sol
tanto ha irriso il dono della crcazione primitiva, ma la grazia della redenzione
per la qualc il Figlio di Dio ha palilo la croce, Tale pcnsiero era familiare alla
seconda gcnerazione cristiana, il Pas tore di Erma ne tutlo ispiralo,

La Vito: il Battesimo

117

passato dalla morte alla Vita, 25 In verit, in verit vi dico: viene l'ora,
ed adesso, che i morti udranno la voce del Fjglio di Dio, c quelli che
l'avranno ascoltata vivranno. 26 Come, infaui, il Padre ha in se stesso
la Vita, cosi ha dato al Figlio d'aver la Vita in se stesso: 27 e gli ha
dato jl potere di giudicare, perch Figlio d'uomo. 28 Non vi meravigli
quesro, perch viene l'ora in cui tutti quell che sono nei sepolcri udranno
la sua voce 29 e ne usciranno: quelli che bene operarono per una resurrezione di Vita, quelli che male operarono per una resurrezione di giudizio,
30 Da me, io non posso far nulIa; giudico secondo che ascolto e il
mio giudizio giusto, perch non cerco la mia volont ma la v~lont
di Colui che mi ha mandato ,

Il primo discorso di Ges riportatoci dal quarto Vangelo,


sviluppa la noziane cristologica a cui san Giovanni si riferisce di preferenza: l'idea del Figlio di Dio.
Nell'antichit giudaica il sovrano, come il popolo d. lui
rappresentato, era stato talvolta chiamato figIio di Dio , in
un senso non semplicemente metaforico, ma tuttavia molto lon~
tano da quelle proprio. Questo titolo esprimeva l'elezione dei
popolo israelita che f.ceva di lui il 6glio adottivo del Padre.
l greci, molto pi superficiali nei rapporti tra il divino e
l'umano, avevano conosciuta da] canto loto un gran numera
di figli di Dio 2G Il titolo non avev. conseguenze e indicav.
soltanto ]'idea di un~azione di potenza sovrumana nella vita
di un eroe.
N i giudei, n i greci avevano mai avuto l'idea di un
essere che fosse il Figlio di Dio, il sua figlio unigenito. Ora
san Giovanni cerca di mettere in pienn luce quest'idea, cui
tutto il suo Vangelo rende testimonianza 21,
Il discorso che stiamo commentando - come la maggior
parte di quelli contenuti nel quarto Vangelo - richiede un'in.
terpretazione molto pi sottile di quanto lascerebbe supporre
la semplicit delle formule con cui espresso il pensiero.
Per interpretare fedelmente tutti i passi cristologici di
san Giovanni 1 bisogna sempre ricordarsi ch'egIi non un
filosofo che speculi su realt razionali, ma un credente che
26 Cfr. la fra se dei centurione al momento della crocifissione
39; vecli anche cio che diciamo a p. 84.
"

Marco

XV

27 Qucs tc cose sono slate scrlle affinch crediate che Ges il Messia
'
il Figlio di Dio li (XX, 31).

118

Il Verbo, Vila e Luce

meda la sua fede, che diretta a un essere reale, in tutta la


sua complessit come nella sua personale urut : il Cristo. Non
ci si deve dunque domandare, come trappo sovente stato
fatto, se per esempio il presente passa si riferisce alla divinit
o all'umanit deI Cristo. Tuila si rilerisee alla sua divina persona incarnata, alla sua divinit la guale assume, cio prende
in s per penetrarla di se stessa, la nostra umanit, senza an
nullare p umano , ma portanclolo invece a pienezza.
A questa prima osservazione dobbiamo aggiuogerne uo'aI
tra non mena importante. Non in modo fortuito che la persona divina si incarnata ; per san Giovanni il Logos che si
incarnato e non il Padre a la Spirito Santo. Nella sua Vita
eterna in seno alla divinit, il Logos precisamente l'espres
sione, l'immagine perfetta deI Padre attraverso cui quest'ultimo si rivela in qualche modo a se stesso. Nella sua Incar
nazione il Verbo non fa che renderci accessibile quest'imma
gine deI Padre che Egli . La sua naseita umana, nella nostra
razza, traspone per cos1 dire nell'ordine delle realt in cui ei
muoviamo la generazione eterna del Figlio attraverso il Pa
dre 28: il culto umano di sottomissione d'amore e d'adora
zione che la vita deI Cristo stabilisee quaggi, pralunga in
senso temporale la relazione eterna di espressione perfetta e
di amore interamente devoto che costituisce tutta la sussi
stenza divina deI Logos.
In questo seoso il Figlio "da s non pub far nulla ... il Padre, infatti, ama il Figlio e gli mostra tutto eib che Egli fa; e
gli mostrer opere maggiori di queste, affinch ne siate meravi
gliati . Le opere maggiori di queste sono il rinnova
mento totale della vita umana di cui i miracoli delle guarigioni
non sono che segni precursori. Come, infatti, il Padre risu
scita i morti e li fa vivere, cOSl anche il Figlio fa vivere chi
vuole . Tutta la manifestazione deI Padre attraverso il Figlio
tende a pradurre negli uomini la Vita che quella deI Padre.
Dalla Vita passiamo al giudizio. Per il quarto Vangelo le
attivit di giudiee e di datore della Vita fanno una casa sola
in Ges: rifiutando di rieevere la Vita che Lui dona, gli
28 Cfr. I. 13, e il nostro commento a p. 65.

La Vila: il Battesimo

119

uomml sono giudicati, poich Egli dona la Vita deI Padre, e


coloro che disprezzano il Figlio, illudendosi d'adorare il Padre, ingannano se stessi: Il Padre non giudica nessuno, ma
ha rimesso al Figlio agni giudizio, affinch tutti onorina il
FigIio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non
onora il P adre che la ha mandata .
Tutto il brano seguente deve essere esaminato facendo at
tenzione a non staccare nessuna espressione dal contesto. Esso
dimostra che il possesso della Vita per il quarto VangeIo cib
che l'entrata nel Regno per i primi tre, e in ci non vi
nulla di strano se si pensa che la Vita il Regna vista dal di
den/ra. La Vita un dono futuro che trover la sua piena
realizzazione nell'ultimo giorno e tuttavia, da quando il Cristo
venuto, scesa con Lui sulla terra e, nella misura stessa
della nostra unione con Lui, incomincia a penetrare in noi.
come il seme che in nulla separato dall'albero che tende a
realizzare e di cui gi pi che una promessa: il pegno a il
primo abbozzo che s'afferma di giorno in giorno. Ecco perch il giudizio, sebbene futuro, gi effettuato, in quanta
legato all'aceettazione a al rifiuto della Vita che gli uomini
stanno per compiere. Questi due momenti, di cui pet cos1 dire
uno genera l'altro, sono ben distinti: Chi ascolta la mia
parola e crede a Colui che mi ha mandata", ha la Vita eterna
e non affatto sottomeSSQ a giudizio, ma passato dalla morte
alla Vita ... Viene l'ota, ed adesso, che i morti udranno la
voee deI Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata
viVi'anno . Viene l'ora ed adesso: tutta la misterosa
relazione con Lui, sia del presente, sia dell'avvenire, in
questa frase .
Come, infatti, il Padre ha in se stesso la Vita, cos1 ha
data al Figlio d'aver la Vita in se stesso: e gli ha data il
potere di giudicare perch FigUo d'uomo 30, Non vi mera
vigli questo, perch viene l'ara in cui tutti quelli che sono nei
sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quelli che bene
29 Si osservi come la fede v3da attraverso il Figlio fino al Padre e come,
per cos} dire, il Figlio ci trascini nel movimento rificsso con cui rcsli tuis.:e
al Padre il suo primitivo dono.
30 Vcdi c il> che dciamo su questo termine a p. 82.

120

Il Ve/'bo, Vila e Luce

operarono per una resurrezione di Vita, quelli che male operarono pet una resurrezione di giudizio) 31 .
Al contrario dei commentatori che hanno ellenizzato il
quarto Vangelo al punta di attenuarvi 0 cancellarvi l'escatologia 3 2, si deve riconoscere qui la dualit che essenziale al
pensiero di Giovanni sulla Vita. Essa effettivamente posseduta gi ora, ma sar pienamente rivelata solo nell'ultimo
giorno, in cui la voce trionfante deI Cristo chiamer a risuscitare con Lui.
Tutta la prima parte dei discorso si conclude con il ri torno all'idea da cui era partita: Da me io non posso far nulla;
giudico secondo che ascolto e il mio giudizio giusto, perch
non cerce la mia volont, ma la volont di Colui che mi ha
mandato .
Il tentativo giudaico di servire il Padre rifiutando il Figlio
assolutamente inutile: le loto volont non possono essere
disunite; cio che ferisce il Figlio ferisce il Padre, poich tutto
cio che ha il Figlio viene dal Padre.
La seconda parte dei discorso stabilir la filiazione divina
di Ges sulle testimonianze che rendono inescusabili i giudei ,
perch mettono in evidenza l'impossibilit della separazione
che essi vogliono operare tra il Vangelo e l'Antico Testamento.

31 Se io do testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non


vera: 32 un altro che mi d testimonianza, ed io 50 che la testimonianza
che Egli mi d vera .

Questo altro) invocato da Ges non Giovanni Battista, 10 dimostra ci che segue: il Padre stesso.

33 Voi avete mandato da Giovanni ed cgli ha dato testimonianza


alla Verit; 34 non che io ricerchi testimonianza da un uomo, ma dico
questo perch siate salvi.
31 NOlarc come il vocabolo giudi1.io _ sia corrcntcmente intcso nella
Scrllura nel senso di .. condanna _. Cib particolarmcntc frequcntc ncgl scrill
giovannei.
:J2 Lc ultime realt: la fine deI monda.

La Vila: il Battesimo
35 Quegli era la lucerna che arde e risplende,
avete voluto esultare alla sua luce.

121

\loi per un momento

Ges precisa che Giovanni non possedeva che una luce


ricevuta: Non era lui la vera Luce ; il comportamento di
moiti giudei che l'hanno udito, ma che si sono fermati a lui
caratteristica della Joro voJont di arrestarsi a met strada:
36 Ma io ho ulla tcstimonianza maggiare di quella di Giovanni

La testimonianza quella del Padre che si manifesta in


due modi complementari: le opere che Ges compie e che
pOl'tano il segno divino, la Scrittura che le profetizzava ...
Perch le opere che il Padre mi ha data da compicre, quesre che
io faccio, mi danno testimonianza che stato il Padre a mandarmi. 37 E il
Padre stcsso, che mi ha mandata, mi ha dato testimonianza. Ma voi non
avete mai udito la sua voce n avete veduto il sua volta, 38 e non avete
la sua parola che dimora in voi, perch non credete a Colui che Egli ha
mandato. 39 Voi indagate le Scritture, perch pensate di avete in esse
la vita eterna: e sono quelle che danno testimonianza a me; 40 eppure
voi non volete venire a me per avere la Vita .

Cos1 la distinzione tra l'Antico Testamento e i giudei che


rifiutano il Cristo, si fatta pi netta: 0 la loro fedelt aUe
Scritture van a e fallace, 0 devono unirsi al Cristo.
41 l a non accetto la gloria degli uomini, 42 ma so che non fivete
in voi l'amore di Dio. 43 10 son venuto nel nome det Padre mio e voi
n.on mi accoglietej che un altro venga in nome proprio, quel10 la
ncevcretc! .

l fa!si messia politici abbondarono durante gli ultimi anni


di Gerusalemme e l'eccessivo entusiasmo con cui furono
accolti, non fu senza rapporto con la sua ravina.
44 Come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri,
e non cercate la gloria che viene dall'unico Dio? 45 Non crediate che io
vi accusero al cospetto deI Padre; c' chi vi accusa: Mos, nel qualc voi
avete sperato. 46 Se, infatti, credeste a Mos, credereste a me, poich di
me egli ha scritto. 47 Ma se non credete agli seriai di lui come crederete
'
alle mie parole? ~.

122

Il Verbo, V ita e Luce

L'argomento ricorda quello de! sermone della montagna:


Mos vi disse ... e io invece vi dico ... non sono venuto per

abolire, ma per portare a compimento .


IV.
Qui termina la prima parte de! Vangelo, consacra ta al
Cristo che d la Vita col battesimo. La seconda parte ci riveler come la Vita si alimenti e cresca in noi fino all'eternit.

LA VITA: L'EUCARISTIA

1.

LA MQLTIPLICAZIONE DEI PANI

Il significata eucaristico della moltiplicazione dei pani e


dei discorso riferita da san Giovanni nel c. VI dei sua Vangelo, non pi contestato da alcuno studioso. Origene l'uni~
co antico che l'abbia misconosciuto, in seguito ad una fretto~
losa applicazione dei suo merodo allegorico.
Il racconto e 10 sviluppo che gli dato ne! discorso di
Ges ofIrono solo cosl un signiflcato coerente e in accorda
alla linea generale dei Vangelo. D'altronde vi abbondano le
espressioni che non possono lasciare alcun dubbio, e le rile~
veremo al passaggio.
Il c. VI segna dunque il coronamento al trattato sulla
Vita, cosl come il segno della moltiplicazione dei pani
fa riscontro a quello di Cana.
VI, 1 Dopo di cio, Ges se ne ando all'altra riva del mare di Galilea,
o di Tiberiade. 2 E una gran folla 10 seguiva, perch vedeva i miracoli 1
che faceva sugli infermi 2. 3 Poi, Ges sail sulla montagna e l si sedette
coi suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la {esta dei giudei. 5 Levati,
dunque, gli occhi, e vedendo che gran folla veniva a Lui, Ges disse a
Filippo: Dove patremo camprare dei pani perch castoro passano man
1 LeUeralmente.: i segni.
2 Ci dimostra che l'evangclista non volcva raccontare tutto, poich non
ha ancora parlato che di due guarigioni (di cui una sola a Gerusalemmc e in
pubblico).

124

Il Verbol Vila e Luce

La Vita: l'Elicaristia

giare? . 6 Pero, diceva cio per metterlo aUa prova, perch Egli sapeva
che cosa stava per fare. 7 Filippo gli rispose: Duecento denari di pane
non bast:mo perch ognuno di loro ne abbia un pezzetto . 8 Uno dei
discepoli, Andrea, il fratello di Simon Pietro, disse a Ges: 9 C qui
un ragazzetto che ha cinque paru d'orzo e due pesd, ma che cos' qucsto
per taota gente? . 10 Disse Ges: Fateli sedere . Cera moita erba in
quel luogo. Si sedettero, dunque, gli uomini, in numero di quasi cinquemila. 11 Ges allora prese i pani e, rese grazie, li distribu1 alla gente
sedutaj cos1 fecc anche coi pesci, finch ne voUero. 12 Quando, poi, si
saziarono, disse ai suoi discepoli: Raccoglictc i frammenti avanza li,
affinch nulla si perda . 13 Li raccolsero c riempirono dodid ceste con
j frammenti dei cinque pani d'arzo avanzati a queJli che avevano mangiato.

125

quello di nutrire tutti i partecipanti con 10 stesso alimento.


Questo uno dei terni caratteristici della predicazione primitiva quando trattava deU'eucaristia, intesa come sacramento
d'unit G.
14 Quella gente, vedendo il segno che Ges nveva fatto, diceva:
Questo veramente il profeta che deve venire nel mondo 7. 15 Ma
Ges, saputo chc sravano pel' venue a rapido pel' fado re, si dtiro di
nuavo, solo, sulla mantagna. 16 Fattasi sera, i suai discepoli scesel'o al
mare 17 e, saliti in una barca, partirono per l'aItra riva del mare, verso
Cafarnao. S'era gi fatto buio e Ges non Ii aveva ancora raggiunti, 18 c
il mare s'agitava per il gran venta che soffiava. 19 Avcvana rClllato per
circa venticinque 0 trenta stadi, quando scorsero Ges ehe call1minava
sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. 20 Ma Egli di53e
loro: Sono io, non temete . 21 Volevano, allora, prenderlo nella barca,
ma subito la barca raggiunse la terra verso la quale erano diretti.

Innanzi tutto si deve osservare a proposito di questo


racconto che san Giovanni ci offre tutta una serie di particolari
che non vengono menzionati da nessuno dei sinottici, guantunque ciascuno narri il medesimo avvenimento ".
U primo particolare il richiamo alla vicina Pasqua.
Aggiungiamo che Filippo e Andrea sono anche qui messi in
primo piano" e che viene precisato che i pani erano d'orzo
(cio di qualit scadente) e che erano stati portati da un
ragazzo.
molto probabile che si debba vedere ne! riferimento alla
Pasqua un'allusione al suo carattere prefigurativo dell'eucaristia . Per quanto riguarda le indicazioni di tale ordine, rileviamo
ancora l'impiego della formula: Ges prese i pani e rese
grazie ... , che quella con cui i sinottici introducono il racconta della consacrazione durante la Cena e che, all'epoca in
cui san Giovanni scriveva, doveva essere entrato nell'uso Hturgico. Certamente il termine eucharistsas ebbe prestissimo
un senso tecnico s.
Se veniamo al miracolo, al segno stesso, si vede che,
come a Cana, non vi una pura e semplice creazione di un
cibo soprannaturale, ma la trasformazione di un alimento
natutale. lnoltre qui la moltiplicazione ha come risultato

Coloro che banno partecipato allo straordinario banchetto


hanno cosCenza che tale miracolo non un prodigio privo di
significato. Vi vedono il banchetto messianico, il grande
festino a cui il Messia doveva chiamare i suoi. Ben presto
tuttavia, carnali nella loro adesione come nella loro incredulit, ne concludono che Ges si dichiarato pronto a realizzare le loto speranze terrene e vogliono impadronirsene pet
farlo re. EgIi si ritira, senza cercare di convincerli con parole
destinate a restare inutili.
Anche i discepoli sono partiti (Matteo e Marco aflermano
in seguito ad un sua ordine) e remano verso l'altra riva deI
lago; ma dopo che Ges li ha lasciati qualehe istante aUa
lora solitudine, sono disorientati. Li raggiunge, mentre non
l'aspettano e la sua apparizione causa loro un grande spavento,
finch la sua voce che ben conoscono placa i loro timori.
Dai racconto \ traiamo l'impressione profonda dell'inca1 Epistola ai Carint; X, 17.
7 ~nza dubbio un richiamo al miracolo di Elisco, 2 Re IV, 42-44 . .
8 S I noleranno ancora le differenze con i sinottici: Giovalln non cita J'ordine di partire dato da Ges ai discepoli, n il fatlo che essi credctlero di
vedere un fantasma. Non dicc nemmeno che Ges sia entrato nella barca e
n~n r iferisce l '~pisodio di Pietro che cammina sulle acque, riportalO in Matteo.
Vlc~versa preCisa a quale dislanza dalla costa si trovavano e che vi giunsero
subito dopa l'incontro. Aggiungiamo che Marco dice che i discepoli diressero
la loro barca verso Bcthsaida e Giovalllli verso Cafarnao; quesle localit crana
entrambe dalla stessa parte, al nord.
Ij

3 Malteo XlV, 13-21; Marco VI, 35-44; Luca IX , 10-17; cfr. Matteo XV, 32-39
e MClrco VIII , 1-10.
<1 Cfr. cgualmcnte )'incontro con i greci, XII, 20-22.
5 Si dcvc anche ricordare il significato cristologico che si attribul ben
presto al pesce e il fana che le pi anliche rappresentazioni simboliche prt;senlano gi i pesci con i panL Tuttavia difficile dire se vi gi una specifica
inlenzione dcll'aulore in quest'ultima mcnzionc.

126

Il Verba, V fla e Luce

pacit degli uomini a comprendere il Cristo, fossero anche


pienj di buona volont, come i cinquemila che erano stati
saziati, come i discepoli stessi. Forse credettera di comprenderlo e snaturarono il sua messaggio, forse Egli stesso venne
loro incontro neIla loro angoscia e non 10 riconobbero. Dopo
il discorso sul pane di Vita, la manifestazione di questa cecit
diventer evidente: le folle gi avvinte saranno disorientate,
alcuni degli stessi discepoli si ritireranno.

2. IL PANE DI VTTA

Il significato dei banchetto viene sviluppato da Ges in


un lungo discorso che metter in luce che cos' il Cristo per
noi e il modo in cui possiamo ricevere il sua dono di Vita.
22 L'indomani, la folla, che efa rimasta sull'altra riva, noto che l
c'cra una sola barca e che Ges non era salito DeUa barca con i suai discepoli, ma questi se ne erano andati soli. 23 Altre barche vennero da Tiberiade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane dopa ]'azione di
grazie deI Signore. 24 Quando, dunque, la folla vide che Gcs non era l,
e nemmeno i suai discepoli, san nelle barche e si reco a Cafarnao in
cerca di Ges. 25 E, trovatolo suU'altra riva, gli dissero: Rabbi, quando
sei vem.lto qui?. 26 Ges rispose loro: In verit, in verit vi dico:
voi mi cercate, non perch avete veduto dei segni, ma perch avete mangiato quei pani e vi siete saziati. 27 Lavotate non pet il nutrmento che
perisce, ma per il nutrimento che resta per la Vita eterna, quella che il
Figlio deU'uomo vi dar; poich Lui che il Padre, Dio stesso, ha segnato
col sua sigillo . 28 Gli dissera, al1ota: Che cosa dobbiamo fare per
Iavorare aIle opere di Dio? . 29 Ges rispose loro: L'opera di Dio
questa: che crediate in Colui che Egli ha mandato .

L'ingenua domanda della folla , che presagisce un nuovo


miracolo, evitata da Ges, secondo il modo che abbiamo
rilevato diverse voIte, ma che nel casa presente si dimostra
particolarmente interessante. In realt Ges non respinge la
domanda: semplicemente spiega a quelli che la pongono che
una maldestra espressipne deIla fame spirituale che li travaglia. Essi cercano di piegarsi alla sua volont, ma la seconda
domanda tradisce la loro semplicistica concezione della reli-

La V ita: l'Eucaristia

127

gione: Che cosa dobbiamo fare per lavorare aile opere


di Dio? 9.
Alle opere, al plurale, che l'uomo pretende di compiere
per Dio, Ges oppone l'opera di Dio che la fede posta
nel cuore clell 'uomo. Nel discorso precedente, Ges aveva
insistito sulla fede in Colui che ha mandato (V, 24); ora
insiste sulla fede in Colui che mandato (V, 38), di cui aveva
parIato in seguito.
La sua affermazione, per la nuova questione che suscita,
sar il punto di partenza di tutto 10 svolgimento dei tema sul
pane di Vita.
30 GH dissero: Ma quale segno fai, perch vediamo e ti crediamo?
Quale opera campi? 31 1 nostri padri, nel deserto, mangiarono la manna,
come scrino: "Ha data loro a mangiare un pane venu ta dal cielo 1 0 " .
32 Ges disse loro: In verit, in vetit vi dico: non Mos che vi
ha dato il pane venuto dal cielo, ma il Padre mio vi d il pane del cielo,
quello vero, 33 perch il pane di Dio quello che discende dal cielo e
d la Vita al mondo . 34 Gli dissero, a11ora: Signore, daccelo sempre
questo pane! . 35 Disse Joro Ges: 10 sono il pane della Vita; chi
viene a me non avr fame, e chi crede in me non avr mai sete.

Ci si pua domandare se il discorso stato effettivamente


pronunciato dopo la moltiplicazione dei pani. Abbiamo gi
constatato che san Giovanni non dispone la sua materia
secondo l'ordine cronologico, ma seconda. un ordine stabilito
dal suc pensiero. La domanda della gente: Ma quale segno
fai? , e l'esempio dei dono della manna che oppongono a
Ges, sembrano effeuivamente supporre a1tre circostanze.
In ogni caso, osserviamo come le parole di Ges prolunghino le linee che l'abbiamo visto tracciare fin qui, in cio che
si riferisce al rapporto tra Lui e l'Antico Testamento. Mal
grade la citazione che gli fatta, Egli nega che la manna sia
stata il vero pane che viene dal cielo: non che una figura,
un simbolo dei pane che Lui stesso dar.
Le Apocalissi giudaiche che esprimono la speranza messia9 Cfr. la sloria dei giovane ricco, parallcla per moiti lali a qucsto passa,
Matteo XJX, J6-30; Marco X, 17-31; Luca XVIII , 18-30.
ID Sa/ma CV, 40.

128

La Vila: l'Eucaristia

Il Verbo, Vila e Luce

nica nell'epoca del Nuovo Testamento, contengono frequenti

allusioni all'attesa dei rinnovato dono della manna. Anche


l'Apocalisse giovannea ha d'altronde la promessa (II, 17):
A colui che vince darD da mangiare della manna nascosta .

La dichiarazione sul vero pane di Vita vuol cercare di far


comprendere ai giudei che non si tratta soltanto di un pane
d'origine miracolosa, ma tale che ha la stessa natura di un
qualsiasi alimento terrestre e che produce i medesimi eftetti.

Questo pane di sua natu ra soprannaturale: d la Vita al


mondo .
La repliea dei giudei, che non leva no un solo breve
sguardo nella direzione indicata da Ges, offre una significativa somigllanza con quella della Samaritana, e la risposta

di Ges analoga a quella data alla ra.


Essa aveva detta: Signare, dammi codesta acqua ... )),
e costoro dicooo: Signore, daccelo sem pre questo pane ;

Ges risponde : 10 sono il pane della Vita; chi viene a me


non avr fame, e chi crede in me non avr mai sete ), ripren-

dendo e completando la sua prima promessa: Chi beve


l'acqua che io gli darD non avr sete in eterno ).
Questo 10 sono ... segna la fondamentale differenza
tra il Cristo e tutti i profeti, anche Mos: ess erano i servitori di una dispensazione di grazia che si realizza in Ges

stesso. I! loro messaggio era radicalmente distinto dalla loro


persona, e a maggior ragiane era distinto il dono divino che
per missione davevano annunciare. Al contrario Ges
questo dono, perch non un profeta che parla di Dio, ma

la Parola di Dio.

Segue una lunga digressione di considerevole importanza,

poich formula in modo completo una delle domine essenziaIi dei quarto Vangelo: la predestinazione.
36 Ma ve l'ho detto che mi avete anche veduto e non credete.
37 Tutto quanto mi d il Padre a me verr, e chi viene a me non la
caccero fuod, 38 perch son disceso dal cielo non per fare la mia volont,
ma la volont di Colui che mi ha mandato. 39 Ora, la volont di Colui

129

che mi ha mandato che io non pcrda nulla di quanto mi ha dato, ma


che 10 risuscit nell'ultimo giorno. 40 Perch la volont dei Padre mio
che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la Vita eterna, e 10
risusdti io nell'ultimo giorno.

DaUe prime parole constatiamo subito che vi sono degli


uomini che vedono il Figlio e non credono. La volont dei
Padre che chiunque, vedendo il Figlio, crede in Lui, abbia
la Vita eterna.
Talvolta si insistito anche troppo sul posto dato da
san Giovanni . U'idea di vedere il Figlio. Senza cadere
nell'esagerazione, non dobbiamo trascurare l'insistenza con
cui vi ritorna ll.

I! verbo che egli usa qui 12, ha il significato preciso di


contemplare ); e ci essenziale al modo secondo il quale
per lui si compie la predestinazione. Dio Padre il punto di
partenza di tuUa la salvezza, per la parte che vi abbiamo noi,
come per queUa che vi ha il FigIio. Da un lato Lui che ci
d al FigIio, e dall'altro il Figlio non stato mandato per
fare la propria volont (cio per fini autonorni), ma perch
non sia perduto nessuno di queUi che il Padre gli ha dato.
Sembra che, grazie all'incontro col Figlio reso possibile
daU'incarnazione, la nostra contemplazione dei Figlio riveli
illegame che nel pensiero de! Padre vi tra noi e Lui , legame,
manifestato dana fede che nasce aUora in noi. Se non avessimo che questo brano, senza le precisazioni che il seguito
apporter, gi sarebbe sufliciente per mostrare che l'adesione
al Cristo non semplicemente un atto deU'uomo: l'atto di
fede compiuto daU'uomo l'effetto di un atto de! Padre
in lui". perch il Padre aveva data il credente al Figlio
che ha mandato) verso di lui, che il credente venuto,
l'ha visto e ha creduto.
In secondo luogo si deve notare la duplice aUusione alla
resurrezione nell'ultimo giorno, che mette tanto in imbarazzo
coloro che confondono la Vita giovannea con una nazione
platonizzante l 'l, cos1 da daver negare, seoza alcun argomento
11 Vcdi c io che abbiamo detto a proposito dei prologo a p. 57.
12

Thora.

13 Cfr. il di scorso ai giudei dopo il miracolo di Bethcsda.


H. Vedi cib che abbiamo gi detto aile pp. 12 S$., e a p. 120.

9 IV

Vnngel~

130

Il Verba, V ita e Luce

valido, l'autenticit di questi versetti. L'idea che la Vita gio.


vannea sarebbe da un lato spirituale ), intendendo con cio
che indipendente dal corpo, e dall'altro data immediatamen te
nella sua pienezza, in contraddizione formale con le pi
precise affermazioni deI testa.
41 Mormoravano, dunque, i giudei di Lui , perch aveva detto: ( Jo
sono il pane disceso dal cielo , 42 e dicevano: Ma non costui il Figlio
di Giuseppe; non conosciamo suo padre e sua madre ? Come, dunque,
dice: Son disceso dal cielo? . 43 Ges rispose loro: Non mormorate
ua voil 44 Nessuno puo venire a me se il Padre, che mi ha mandato,
non Jo abbia attratto; e io 10 risuscitero nell'ultimo giorno 1.5. 45 scritto
nei profeti: .. E sara nno tutti istruiti da Dio 16 ". Chiunque ha ascoltato
il Padre e ha accolto il suo insegnamento viene a me. 46 Nessuno ha
veduto il Padre, ecce tto celui che viene da Dio: questi ha veduto
il Padre. 47 Jn verit, in verit vi dico: chi crede ha la Vita eterna .

L'incredulit dei giudei si manifesta sempre pi chiara


mente : non possono ammettere J'origine divina di Ges,
perch oggetto della fede che d il Padre, e non della sola
vista umana. Evidentemente ignorano la sua nascita vetgi~
nale J 7. Ges risponde semplicemente riprendendo le sue affer
mazioni precedenti pet approfondirle. Il cerchio si restringe:
non dice pi soltaoto: Tutto quanta mi d il Padre a me
vert ... , ma: Nessuno puo venire a me se il P adre, che
mi ha mandata, non 10 abbia attratto )) . Il movimento che
porta l'uama verso il Cristo, come quello che ha spinto il
Figlio ad incarnarsi per scendere lino a lui, dunque operato
dal P adre. con 10 stesso insegnamento che il Padre d agli
uomi ni, che essi sono condatti al Figlio. Cio non significa che
gli uomini conoscano prima il .Padre e poi il Figlio : il prologo
l'aveva detto: Nessuno ha mai vjsto Dio; il Dio unigenito.
che nel seno deI Padre, Lui ce 10 ha rivelato (1, 18 ), e
Ges afferma qui: solo Colui che viene da Dio ha veduto
l!'i 1:. assolutamente mpossibile separarc da! contesta la frase: c E io la
rsusdtero nell'ultimo giorno . , per il posto che ha nclln [rase parallela al
v. 39: si dov rebbe allora supporre non p soltanto un 'aggi untn , ma ulla
sostituzionc che non attestata da a1cun manoscritto .
16 Isaia LlV . 13; Geremia XXXI , 33 55.
17 Sarcbbc assurdo addurrc argomenti _ come hanno fatta aJcun _ per
attribuire talc ignoranza anche a Giovanni, il q uale d a Maria un posto unico
nel discgno della salvezza. Ji v. 13 dei prologo scmbra esserc un'allusione
precisa alla nativit dei Cristo, quale riportata da Mal/eo e da Luca.

La Vita: l'Eucaristia

131

il Padre . dunque conducendoli al Cristo che il Padre


insegna agli uomini e si rivela ad essi; ed vero anche se si
considerano le Scritture dell' Antico Testamento: non l'ab.
bjamo forse sentito dire da Ges: Di me Mas ha scritto ?
Chi legge le Scritture senza credere al Cristo non ne
possiede che la lettera e non la sostanza. Ma chi' crede ha
la Vi ta eterna .

Dopo la prima parte deI discorso, che ha mostrato in


Ges steSSQ il vero pane della Vita, una seconda parte,
propriamente eucaristica, espone il modo in cui il pane si
offre a noi.
48 10 sono il pane del.la Vi t~. 49 1 vostri padri, nel deserto, mangiarono la manna e sono mortJ ; 50 Il pane che di scende dal cielo tale che
celui che ne mangia non muore. 51 Jo sono il pane vivente disceso dal
ciel?:, se u~o mangia . di questo pane vivr in eterno; e il pane che io
darc e la mta carne, (10 la daro) per la vita del mondo .

Ges riprende la frase sulla manna: il vero pane dei cielo


non un dono di origine celeste aven te un fine umano (il
semplice prolungamento della vita mortale), come era delle
manifestazioni divine che i giudei ricercavana. un dona
celeste e pey un fine celeste: il pane vivente e colui che 10
mangia vivr in eterno.
La duplice affermazione che Ges il pane vivente e che
la Vita eterna appartiene a coloro che mangiano di quel pane.
Cl mtroduce al mistero eucaristico. La frase che segue l'afferma esplicitamente: Il pane che io dar la mia carne
'
(io la dar) per la vita dei mondo .
ormai chiarissimo: l'alimento della Vita Ges stesso
e non . si t.ratta di una metafora volta a significare una qualch~
parteclpazlOne puramente iotellettuale al Logos. secondo il
modo della carne, che non gli apparteneva ma ch'Egli ha
assunto per unirsi a noi, che noi dobbiamo unirci a lui.
Lo. scandalo colpisce ben presto i giudei. 1nvece di pla.
carlt dlSsuadendolt, come sarebbe stato cosi facile - e cos1
necessario - se si fosse tra ttato da parte loro di un errore
Ges ripete le sue afferm~zioni andando oltre il loro realismo:


132

Il Verbo, Vila e Luce

52 Disutevano, allora, t~a 10ro i giud~i, dicendo: ~ Come puo .?st~i


dard la sua carne da manglare? 53 Disse 10ro Gesu: In venta, Ln
verit vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete
il suo sangue non avrete in voi la Vita. 5~ Chi a.ssim~la la mi~ c~rne
e beve il mio sangue ha la vita eteroa, e 10 10 nsuscltcro Dell ultimo
giorno. 55 Poich la mia carne un vero cibo, ~ il ~io sangue ~na ve~a
bevanda. 56 Chi assimila la mia carne e beve il mlO sangue dlmora ln
me, e io in lui. 57 Siccome il Padre, il Vivente, ha mandato me, e io
vivo per il Padre, cos1 anche chi mangia me vivr per ~e. 58 ~ que~to
il pane disceso dal cielo; non come quello che manglarono 1 pad~l c
morirono: chi assimila questo pane vivr in eterno. 59 Questo disse
Ges insegnando in una sinagoga a Cafarnao.

Come era avvenuto per la predestinazione, Ges mette in

rilievo la precisione dei proprio insegnamenro raddoppiando


la proposiziooe affermativa : Se unD mangia di questo pane
vivr in eterno , con la negativa: Se non mangiate la carne

dei Figlio dell'uomo e non bevete il sua sangue, non avrete


in voi la Vita .
Non possiamo reodere tuUa la forza di ci che segue,
perch il verbo greco trguein che abbiamo tradotto con
assimilare ancora pi preciso; designa necessariamente una
manducazione e il suo uso qui seoza dubbio destinato a non
lasciare alcuna incertezza quanta alla materialit dell'atto di
cui parla Ges. Bisogna alla stesso modo aggiungervi l'insistenza sulla carne e il sangue che si mangiano e che si
bevono, in evidente rapporto con la consacrazione deI pane

e dei vina come corpo e sangue dei Cristo, dopa l'istituzione


dell'eucarisria nei Vangeli sinottici e nella 1 Epistola ai Corinti.
Ges insegna dunque che indispensabile un'assimila
zione deI sua essere urnano con il nostro, assirnilazione mis teriosa ma cos1 reale che possibile e si effettua in un'azione

fisica concreta

18.

Per mezzo di ci che san Cirillo d'Ales-

sandria chiama con molta esattezza unione fisica, possiamo

dimorare in Lui e Lui in nai. Cos1 si stabilir tra noi e Lui


un'unione analoga a quella che esiste tra Lui e il Padre,
18 ln altri termini il corrspcttivo dell'idea centrale dei paulinisme: la
nostra incorporazone al Cristo, di cui l'esegesi contemporanea ha messo in
evidenza le origini eucaristiche.

La Vi/tl:

l'Etlcaristia

133

la consegueoza sar che anche noi potremo possedere, nel

Figlio, la Vira che Lui ha dal Padre.


Si ha qui l'abbozzo dei nuovo tema che Ges riprender
negli ultimi colloqui con i suai discepoli, dopa la Cena:
la nostra uni one con Lui, immagine vera della sua unione
col Padre.

60 MoIti dei suoi disccpoli, dopo averlo ascoltato, dissero: Questo


linguaggio duro; ch i 10 pua intendere?. 61 Ma, sapendo Ges in s~
stesso che i suoi discepoli mormoravano di cio, disse loro: Questo V1
scandalizza? 62 E se vedeste il Figlio dell'uomo ascendere dov'era prima?
63 Jo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla; le parole che vi
ho dette sono Spirito e Vita.

Questa reazione dopo l'annuncio dell'eucaristia, simile


a quella di Nicodemo dopa l'annuncio dei battesimo, e la
risposta che Ges d sostanzialmente la stessa, Consiste

nel mettere in rapporta l'appropriazione da parte nostra deI


dono della Grazia per mezzo deI sacramento, con l'acquisi~
zione per noi di questo dono, vale a dire l'opera dei Cristo
che si compie neHa sua glorificazione. Non la carne, che
ci che il Logos ha preso di nostro per comunicarci il dono

di Dio, a dare la Vita, ma la Spirito Santo di cui la carne


non che il veicolo. Seconda il quarto Vangelo (VII, 39)
la glorificazione del Cristo, acquisita attraverso la sua morte,

che libera l'azione della Spirito Santo nell'umanir 10.


Vediamo la distanza infinita che separa il realismo di
Ges, cos1 risoluto che scandalizza i giudei, dalla conceziane
carnale della religione che era loro propria, bench lassera
i primi a sollevare una protesta spiritualistica contro l' ordine
sacramentale cristiano. La differenza che Ges crede che
Dio solo, la Spirito Santo, che d la Vita, ma che la Vira
cosl sovrana da non temere di servirsi della materia, menU'e
gli ebrei, che respingono questa idea, attribuendo alla potenza
divina dei limiti suggeriti da una nozione umana della gloria
l!l Non necessario far nolare quale assurdit vi sarebbe nel voler mellere, per liberarsene, questo vcrsetlo in contraddizione col senso eviclcnle di
tutto il capitolo. Talc conlraddizione non si fondcrcbbc che su quelle ste~sa
errore a proposito della Spirito che abbiamo notato in IV, 24.

134

Il V erbo, V ita e Luce

di Dio, sono continuamente dominati dalla confusa credenza


che la materia a dare agli uomini la vita degna d'esser
vissuta.

La conclusione de! capitolo riprende l'idea della predestinazione per appol'tal'vi un'ultima precisazione.
64 Ma vi sono tra voi alcuni che non credono . Ges, infatti, sapeva
fin dat principio quali erano quelli che non credevano e chi era queUo
che la avrebbe tradito. 65 E soggiungeva: Perci vi ho detto che
nessuno pu venire a me, se non gti data dat Padre. 66 Da aUora,
moIti dei suai discepoli si ritirarono e non stava no pi con Lui. 67 Disse,
allora , Ges ai dodid 20: Volete andarvene anche voi? .68 Gl i ri spose
Pietro: Signore, a chi andremo? Tu hai parole di Vira eteroa. 69 E noi
abbiamo creduto e conosciu to che tu sei il Santo di Dio . 70 Rispose
Joro Ges: Non ho io scelto voi, i dodici? Eppure uno di voi un
diavolo . 71 Egli parlava di Giuda, (figlio) di Simone Iscariota; era lui,
infatti, che l'avrebbe rradito, una dei dodici!

Abbiamo visto Ges cogliere fin dall'inizio (II , 23-25)


la superfcialit di certa fede dichiarata apertamente. La prova
d ragione alla sua chiaroveggenza. Egli pul> affermare che
venire realmente a Lui non in potere dell'uomo, un dono
di Dio. La fede non , come si crede troppo facilmente,
un'adesione a un dono, adesione che sarebbe almeno opera
nostra: che noi crediamo a Colui ch ce l'ha dato, anche
questo un dono di Dio.
Dei discepoli incominciano alla ra a lasciare Ges, e Lui
ad annunciare il tradimento. La prova che ha condannato
l'apparenza di fede che vi era in alcuni, rivela la fede vera
degli altri. La confessione di Pietro, molto simile a quella
che fece a Cesarea di Filippo 21, per quanta mena precisa
nella sua formulazione, mette in luce l'assoluta con6denza
che profondamente radicata in questa fede: Signore, a
chi andremo? Tu hai parole di Vita eterna . E mostra ugualmente il carattere di conoscenza che c' nella fede: l'e!emento
20 Si noH che i dodici. non sono nominati che qui c a l c. XX.
21 CHata dai s inOllici: Matteo XVI, 13-20; Marco VIlI , 27-30; Lf/ca IX . 18-2 l.

La Vita: l'Eucaristia

135

di confdenza, ben lungi da escludere questo 0 da diminuirlo,


non ne che una derivazione : Noi abbiamo creduto e
conoscuto che tu sei il Santo di Dio ,

Il legame tra la fede e il sacramento senza aleun dubbio


db che caratterizza nettamente tutto il capitolo, P er san Gio~
vanni fede e sacramento sono due termini inseparahili : il
sacramento diretto alla fede , e la fede si nutre deI sacramento. La fede precisamente l'accettazione de! dono di Dio
portato 6no a noi dal sacramento. Fede e sacramento conser
vano dunque in tutto il quarto Vangelo una relazione che non
senza qualehe analogia con quella che lega la Vita alla Luce .
Il capitolo seguente ci far cogliere dal vivo il passaggio
dalla prima di queste nozioni alla seconda.

La Vito e la Luce: la lesta dei Tabernacoli

137

durante la festa e dicevano: Dov' Lui?. 12 E, tra le follc, si faceva


un gran sussurro su di Lui; alcuni dicevano: buono , altri dicevano:
No, inganna la gente. 13 Tuttavia, nessuno parlava di Lui apertamente per paura dei giudei.

V.
LA VITA E LA LUCE
LA FESTA DEI TABERNACOLI

Per la festa dei Tabernacoli, Ges sale a Gerusalemme.


Fin dal sua arriva esposto agli attacchi dei giudei e traviamo
tutti i loto pregiudizi riuniti in una discussione con Gesll,
in cui pi volte annunclata la sua morte (VII, 19, 25, 30,
32, 33, 45, 51). In seguito le ceri manie della festa, per il
lora simbolismo di acqua e di luci, gli danno l'occasione
di predicare la Vita e la Luce che in Lui non sono che una
cosa sola.

1.

LA DlSCUSSIONE CON 1 GIUDEI

VII, 1 Dopa di cio, Ges percorreva la Galilea; non voleva, infatti,


percorrere la Giudea, perch i giudei cercavano di ucciderlo. 2 Era, pero,
vieina la festa dei giudei, la festa dei Tabernacoli. 3 1 suai fratelli, dunque,
gli clissera: Parti di qua e vattene nella Giudea, affinch anche i tuai
discepoli vedano le opere che fai. 4 Nessuno, infatti, agisce in segreto
quando si vual mettere in cvidenza. Poich tu fai queste cose, manifestat
al monda . 5 Infatti, neppure i suai fratelli credevano in Lui .
6 Disse dunque loro Ges: II mio tempo non ancora venuto; per
voi, il tempo sempre propizio. 7 Il mondo non pua odiare voi; odia,
invece, me, perch io attesto che le sue opere sono malvage. 8 Andateci
voi alla festa, jo non vado ancora a questa festa, perch il mie tempo non
s' ancora compiuto . 9 Cio detto, resta nella Galilea. 10 Tuttavia, quando
i suoi fratelli furono andati alla festa, allora vi and anche Lui ; non
apertamente, ma quasi di nascosto. 11 l giudei, dunque, 10 cercavano

In tutti i tempi gli esegeti si sono mel"avigliati della contraddizione, almeno apparente, che vi tra la frase di Ges
ai suai fratelli e la sua azione. Se si considera che Egli ha
inflne compiuto cio che aveva rifiutato cos1 energicamente,
non si puo non vedervi 0 una Bnzione 0 un 'incostanza che
appare ugualmente difficile da comprendere.
Il testa diventa chiara se la si accosta a quello delle nozze
di Cana: si ha la stesso rifiuto di Ges, fondato sulla medesima ragione 1, e inflne l'azlone che sembrava respinta viene
compiuta in modo materialmente conforme, fino a un certo
punto, a db che si attendeva, ma con un senso ben diverso.
Nei due casi gli si chiede la manifestazione della sua messianit, ma intendendola in modo puramente materiale: i fratelli
di Ges gli propongono di manifestarsi ai suai discepoli di
Gerusalemme, per intraprendere final mente quell'attivit politiea che tutti quanti attendono e da cui l'abbiamo vista sottrarsi (VI, 15 ). Ges rinuta, e se in seguito sale a GerusaJemme, sar pet annundare che la sua messianit di natura
ben diversa da quella che immaginano colora che la invitano,
ma dei quali san Giovanni ci dice apertamente aocora una
volta che non hanno la fede.
n tempo della sua manifestazione non aocora venuto,
al contrario di ci che credono i suai, ai quali l'occasione
di tentare un colpo di mana sembra unica. Egli dar un segno
che riveler ai credenti che cosa sar veramente quella
manifestazione.
Ges testiflca l'accorda che vi tra il monda }) 2 e i
suai fratelli: il monda non pua odiadi, mentre Lui odiato,
e nel giorno n.ssato da Dio (il sua tempo }), la sua ora }
quell'odio proromper .
1 Cfr. II, 14: La mia ara non ancora venu la _.
NOlare il senso peggioralivo ehe assume il termine. monda _; cfr. anche
XVII, 9.
l

138

Il V erbo, V;ta e Luce

La vedremo manifestarsi in tutto cio che segue. Se Ges


evita la Giudea e sale in segreto a Gerusalemme, per non
provocare un incidente che inizierebbe prematuramente l'ostilit attiva dei giudei " impotenti in Galilea dove il sinedrio
non aveva che un'autorit morale .
Il sentimento popolare ben espresso dai due apprezzamenti citati: gli uni gIi sono favorevoli, ma su basi molto
umane e lragili: buono ; gli altri teagiscono contro la
sua predicazione che sconvolge tutte le abitudini ordinarie:
No, inganna la gente .
La lesta che lu la cornice degli insegnamenti che stiamo
per studiate era diventata una delle pi importanti per i
giudei 4 . Coincidendo con la fine di settembre, dal 15 al 22
Tishri, si trovava all'inizio dell'anno civile. Anzitutto lesta
di rendimento di grazie per i raccolti era diven tata in seconda
luogo una commemorazione della permanenza degli ebrei
nel deserto. Si edificavano delle capanne di ltasche in cui
abitava durante olto giorni, in ricordo di quel periodo. Si
compivano diverse cerimonie solenni, di una pompa straordinaria, e le vedremo essere il punta di partenza di due
discorsi di Ges.
14 ara, quando si cra gi nel mezzo della festa 5, Ges san al tempio
e insegnava. 15 1 giudei, stupiti, dicevano: Come mai costui conosce
le Scritture senza averc mai imparato? . 16 Ges rispose 101'0: La mia
dottrina non mia, ma di Celui che mi ha mandato. 17 Se qualcuno vuol
fare la volont di Lui, conoscer se questa dottrina viene da Dio oppure
se io parlo pel' conta mio. 18 Chi parla pel' conta suo cerca la propria
gloria; chi, invece, cerca la gloria di Colui che l'ha mandato, quegli
verace e in Lui non c' impostura. 19 Mos non vi ha dato la legge?
Eppure, nessuno di voi praticrt la legge. Perch cel'cate di uccidel'mi? .

Sembra che Ges abbia a che lare con tutta una serie di
interlocutori diversi. Il brano che abbiamo letto si rilerisce
ai giudei , e noi sappiamo che san Giovanni d 'ordina rio

La Vita e la Luce: la lesta dei Tabernaco/i

intende con questo gli scribi e pi generalmente le autori t


religiose dei popolo.
I! verbo greco thaumazon che si traduce qui di solito
con ammirare, deve piuttosto essere inteso nel senso pi vago
di essere stupiti. l giudei non sono favorev01mente sorpresi,
ma piuttosto scandalizzati nel vedere Ges interpretare sovranamente le Scritture senza aver fatto studi G. Questo ci
dimostra che Ges insegnava nel tempio con dei commenti
all'Antico Testamento, dei genere di quelli che i sinottici
ci hanno fatto conoscere e che san Giovanni qui non ci ha
conservati. L'insegnamento dei rabbini nell'atrio del tempio
era nell 'uso corrente ed aveva una lunga tradizione; i profeti
avevano fauo 10 stesso, in particolare Geremia (cft. il suo
grande discotso dei c. VII) .
Ges, al rimprovero che gli viene rivolto di insegnare
senza aver frequentato gli scribi, risponde che il sua insegnamento non per questo una sua fantasia individu ale: se fosse
cosi gli scribi avrebbero ragione a biasimarlo, ma il suo
l'insegnamento dei Padre e chiunque vuole compiere la
volont dei Padre che si espressa nella Serittura, riconoscer la verit di quest'affermazione.
L'idea che noi rieonosciamo la Verit del Padre agendo
conformemente alla sua volont, e non con una speculazione
puramente intellettuale, deve essere messa in rilievo. un
concetto caro a san Giovanni che la Verit divina si rivolge
alla nostta intelligenza, ma che questa incapace di affertarla
senza un impegno di tutto il nostro essere nelle vie di Dio .
Si puo dire che, in una certa misura, il simile non conosciuto che da1 simile: senza una certa conformit della nostra
vita alla volont di Dio, la sua Verit ci rirnane estranea.
Se i giudei}) non riconoscono in Ges l'inviato}) del
Padre, perch non compiono la sua volont: essi violano
nel prolondo dei cuore la legge di cui si fanno scudo, e
G

3 Cio, pel' san Giovanni, capi dei popolo, d r. il v. 13 .


4 Lo storico giudeo Giuseppe la definisce persno la pi santa e la pi
'~rande (Antichit giudaiclw 8, IV, 1).
5 Ges non a veva duoque preso parte alla fe sta, perch le cerimonie principali si celebravano ncl primo giorno.

139

S i deve notare un part icolare: la [rase greea (in cui si trava il termine

gramma/a, senza articolo, che designa spesso le conosccn'le classichc clcmcn tariJ
potrebbe essere tta dotta: .. Come mai costui istruito senza aver ma i apprcso
nulla? ~. La nostra interpretazione pero, si inserisce mcglio ncl contesto (c
abbiamo ait ri esempi: efr. 2 Timoteo Ill , 14 c 15 in cui g rammafa, senza
articolo, designa le Scritture).

140

Il Verbo, V ila e Luce

Ges, rivelando l'odio ancora dissimula ta degli scribi che la


circondano, palesa bruscamente il pensiero che li domina
mentre stanno interno a Lui: Perch cercate di uccidermi? .
Interviene un secondo gruppo, la falla, composta in
maggior parte da stranieri alla Citt santa, che non san no che
poco 0 nulla di Ges e delle reazioni che ha gi incontrato.
20 Rispose la folla: Sei indemoniato! Chi cerca di ucciderti? .
21 Rispose loro Ges: Ho fatto -un'opera sola e tutti siete stupefatti.
22 Per il fatto che Mos vi ha data la circoncisione - non che venga
da Mos, ma dai Padri - voi circoncidete uno anche di sabato. 23 Se uno
circoncis~ di sabato affinch non sia trasgredita la legge di Mos, perch
vi sdegnate contra di me che ho guarito completameote un uomo di
sabato? 24 Non giudicate aU'apparenza, ma giudicate secondo giustizia .

Ges non accetta mai una discussione oziosa: in parti


colare disdegna di rispondere alle riflessioni su terzi che si
lanno davanti a Lui. Era agli scribi che aveva lanciato la sua
apostrafe, e si preoccupa poco delle reazioni della folla igno
rante e scettica. Tuttavia sa che anch'essa divisa di fronte
a Lui: attratta dal miracolo di Bethesda ', e turbata dal fatto
che i giudei dichiarano che facendolo Ges ha violato la
legge. L'argomento che oppone si fonda sul fatto che il
sabato, per esempio, veniva mena di fronte alla prescrizione
di circoncidere nell'ottavo giorno. Poich la legge stes sa
prevede che in quel giorno passa essere campiuto un atto
ordinato da Dio per il bene dell'uomo, a maggiore raglOne
10 sar la rigenerazione di tutta la vita umana .
25 AJcuni gerosolimitani, aUora, dicevano: Non Lui che cercavano
di uccidere? 26 E guarda: parla liberamente senza che gli dicaoo oulla!
Forse i capi hanno davvero riconosciuto che costu i il Messia? 27 Ma noi
sappiamo costui donde sia: quando, invece. verr il Messia, nessuno sapr
donde sia . 28 Ges, dunque, insegnando nel tempio. disse ad alta voce:
Voi mi conoscete e sapete anche donde sono! Eppure io non sono
venuto da me stesso, ma veraee Colui che mi ha mandato; Colui che
voi non conasccte. 29 10 51 che 10 conosco, perch io vengo da Lui ed
Lui che mi ha mandata .

Tutto ci vi fa chiar3men tc allusione, dr. il c. V.

La Vila e la Luce: la lesta dei Tabernacoli

14l

Entrano ora in scena i gerosolimitani. Essi sanno del


resto come regolarsi sulle mene dei sinedriti e dei loro
fanatici, e i loro commenti nascono facilmente , per quanto
nessuno pi osi rispondere a Ges.
Apparentemente la decisione finale delle autorit non
lascia alcun dubbio. Disorientate, pero, dall'inattesa apparizione di Ges in mezzo alla festa e dall'attesa (in cui
non assente una certa simpatia), con cui l'ha spontanea
mente circondato la folla, non osano agire immediatamente.
Le riflessioni della folla che l'evangelista ha riportato indicano che il sinedrio avrebbe compreso ben presto il rischio
ancor pi grande che vi era nel temporeggiare, se non si
voleva che il popolo in massa corresse a Ges, e percib
St sarebbe deciso a precipitare le cose.
Troviamo qui un'obiezione analoga a queIJa che aveva
fauo Natanaele. Era opinione assai comune a quei tempi
che il Me~sia sarebbe apparso senza che si sapesse donde
era venuto Il . Ora, la gente credeva di conoscere anche troppa
bene la povera origine di Ges. La sua replica 10 sviluppo
della precedente: Non giudicate all'apparenza, ma giudicate secondo giustizia . Vi ancora una sfumatura d'ironia
carica di piet. La gente crede ingenuamente di conoscere
e di sapere quai la sua origine? Sia, e allora essi sanna
meglio di chiunque che Egli viene dal Padre! Ges l'ha gi
detto : essi non conoscono del Padre pi di quanto conoscono di Lui stesso; Lui solo conosce la Verit del Padre
Lui che ne praviene e che il Padre ha mandata.
'
30 Cetcavano, dunque, di ptenderlo, ma nessuno gli mise addosso la
mano perch non eta ancora venuta l'ota sua. 31 Moiti, invcee, credettero . in. Lui e. dieevano: Porse che, quando verr, il Messia far pi
segm dl quelh che ha fatto Costui?. 32 1 farsei seppero che la folla
sussurrava questo di Lui e i gran saccrdoti e i farisei mandarooo delle
guardie per arrestarlo. 33 Disse, allora, Ges: Pet poco tempo ancora
io resta fta voi; poi ritorno a Colui che mi ha mandato. 34 Mi cercherete
e non mi troverete, e clave sono io, vai non potete venire . 35 Dissero,
8 Tale opinione espressa ncl 4 Esdra e nel Dia/ogo
Giustino Martire.

COti

T rifone di san

142

Il Verbo, Vi la e Luce

La Vita e la Luce: la lesta dei Tabernacoli

143

dunque. i giudci tra loro: Dove vuole andare Costui che non possamo
trovarlo? Che vog a andare tra i dispersi fra i greci 9 per istruire i greci?
36 Che significa queUo che ha detto: "Mi cercherete e non mi troverete, e dove sono io voi non potete venire?" .

sene "Jo. 39 Questo disse dello Spirito che dovevano ricevere i cl'edenti
in Lui; 10 Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perch Ges non
era ancora stato glorificato.

Il lungo colloquio pubblico lascia i pre senti divisi. l

Non si sarebbe patuta scegliere mamento plU appropriato


della festa dei tabernaeali per la conclusione dell'insegnamenta sulla Vita e per il passaggia dalla nozione della Vita
a quella della Luce. L'ottava giarna, giorna di grande festa,
come ci ricorda san Giovanni, era dedicato aIle preghiere
che domandavano piagge feeandarrici. Era stata prepara ta
da una cerimonia ripetuta ogni mattina nei giarni precedenti.
Si scendeva processionalmente alla fontana di Siloe: ogni
assistente teneva nella mana destra un frutto dissetante,
limone 0 cedro, e nena sinistra una palma con dei virgulti
di mirto e di giunca verde. Un sacerdate attingeva dell'aequa
in una brocca e si andava a spanderIa in libagione davanti
all'altare deI tempio, mentre i leviti salmodiavano i canti
dell'Halle/" ai quali rispondeva tuttO il popolo.
Il versetto di Isaia~ cantato mentre il sacerdote rinnovava
simbolieamente il gesto di Mos che aveva fatto zampillare
J'acqua dalla roccia, esprimeva il significato messianico che
si dava al rito: Attingerete acqua con gioia aIle sorgenti
della salvezza}) 12.
Cosl, quando alla eanclusione della festa che colpiva
tanto vivamente l'anima del popolo, nel giorno stesso in
cui si era implora ta la discesa delle aeque celesti , Ges
grid: Se qualcuno ha sete venga a me e beva. Chi
crede in me, come ha detto la Scrittura: fiumi d'acqua viva
scorreranno dal suo seno}), clovette essere considerevole in
una circostanza quasi preparata appositamente per aprire ad
esse i cuori, la risonanza delle sue parole.
E sse sintetizzano, in una formulazione indimenticabile,
tutto cio che progressivamente ci stato rivelato sulla Vita:

giudei sentono crescere la propria collera , ma 1' ora

del Cristo non ancora giunta e non possono mettere


le mani su di Lui. Tuttavia in mezzo al popolo riunito, la
causa di Ges progredisce, e sono numerosi coloro che,
seoza accettare formaI mente il Vangelo, fanno la riflessione
riportata da san Giovanni: Forse che, quando verr , il
Messia far pi miracoli di quelli che ha fatto Costui?
Questi mormorii portano al culmine l'apprensione dei farisei
e dei grandi sacerdoti. Si decide allora di mandare delle
guardie a Ges con J'ordine di arrestarne l'inquietante predicazione. Mentre vengono verso di Lui, Ges predica al1a
folla eolpita dalle sue parole, per quanto non arrivi
mai a decisioni definitive - che Ja sua presenza in mezzo
ad essa volge al termine. Le espressioni di cui si serve sono
prettamente giovannee: sottolineano l'intima unione della
morte e della glorifieazione nel pensiero di Ges, al punta
da renderle inseparabili.
Le rillessioni finali della folla ci mostrano qualche eosa .
che noi abbiamo gi incontrato pi di una volta: uomini
resi inquieti dalla parola dei Cristo, sensibili alla presenza
in quella parola di realt soprannaturali che non possono
penetrare, e che tuttavia vogIiono tranquillizzarsi con una
qualsiasi spiegazione di un banale razionalismo.

2. LA CER IMONIA DELL'ACQUA


37 Nell'ultimo giorno, il pi solenne della festa, Ges, in piedi, disse
ad alta voce: Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me,
come ha detto la Scrittura: " Fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo
!l La diaspora , cio le colonie giudaiche Ira i gcnlili (specialme nle in Asia
Minore e in Egtto).

10 L'immagne parsa bizzarra; nel caso di un originale aramaico potrebbe


esservi una confusione: mel/in, sena, preso per mahian, sorgente. Cfr. Isaia
LVIII , 11 ; Et.echiele XLVII , 1-12; Gioele III , 1 e IV, 18; Zaccaria XIII. l , e
XIV , 8.
I l Sa/mi CXIII - CXVIII.
12 l saia XII, 3.

144

La Vita e la Luce: fa fes/a dei Tabemacoli

Il Verbo, Vila e Luce

nella persona di Ges ne troviamo la fonte e, una volta che


vi abbiamo attinto, la Vita ricevuta in nai zampilla in una
nuova sorgente. Infine san Giovanni aggiunge che il principio dell'inestinguibile fecondit della Vita 10 Spirito di
Dio, il quale non pu esserci trasmesso che attraversa la
morte e la resurrezione deI Cristo. L'annotazione dell'evan
gelista annuncia l'oggetto degli ultimi discorsi de! Signore
ai suoi discepoli.
40 Ora, dalla follu, alcuni che avevano udito le sue parole dissero:
Costui veramente il Profeta! . 41 Altri dicevano: ( Costui il
Messia! . Alcuni, invece, dicevano: ( Il Messia vicne forse dalla Galilea?

42 La Scrittura non ha detto: .. DaI seme di David e da Betlemme - il


viUaggio di dove era Davide - viene il Messia" . 43 Ci fu dunque
dissenso tra la folla per causa sua. 44 Alcuoi, poi, di essi, volevano arre
starlo, ma nessuno gli mise addosso le mani. 45 Ritornarono, perd?>, le
guardie dai grao sacerdoti e da farisei, i quali dissero loro: Perch non
l'avete portato? . 46 Le guardie risposcro: Nessuno ha mai parJato
come parla quest'l1omo! , 47 Dissero 10ro i farisei: Anche voi siete
stati sedotti? 48 C, fOl'se, uno solo dei notabili che abbia creduto in Lui ,
o dei farisei? 49 Quanto a questa foUa che non conosce la legge, sono
maledetti! . 50 Uno di essi, Nicodemo - quello che gi prima era stato
da Ges - disse loro: 51 La nostra legge condanna forse un uomo
senza averlo ascoltato 0 senza che si sappia che cosa fa? . 52 Gli risposera: ( Saresti anche tu galileo? Studia e vedrai che dalla Galllea non
esce profeta! . 53 E ognuno torno a casa sua.

Le parole di Ges provocano le reazioni solite, ma la


cornice e la forma ch'Egli ha data loro comunicano agli
uditori qualche cosa di pi profondo e inconsueto. Gli uni
si decidono a vedere in Lui il Profeta , altri vanna pi
lontano e la riconoscono come il Messia; ma non possono
capire tutto l'ulteriore sviluppo di questa nozione una volta
che venga applicata a Ges . Per non essersi elevati abbastanza, altri troveranno un ostacolo nel termine Messia:
Ges viene dalla Galilea, ma il Messia non doveva forse
venire dalla Giudea, nascere dalla stirpe e dal villaggio
di Davide " ?
13 1:. assolutamente ar b l rario trarre da questo passa l'dea che san Giovanni non avrebbe credulo all'origine davidica di Ges: egli cila scmplicementc
la riflessione di alcun i.

145

La collera di alcuni cosl viva che vorrebbero far cessare


quella predicazione che incominciava a sembrare veramente blasfema ; ma colora che sono mandati contra di Lui
sono impediti a passare all'azione da un indistinto sentimento
che li trattiene loro malgraclo: sono le guarclie de! tempio
che formuleranno palcsemente ci che tutti sentollo. Ai sacer
doti e ai farisei che domandano con irritazione perch non
si sono decisi ad agire, rispondono: Nessuno ha mai parlato come parla quest'uomo . II quarto Vangelo ama riportare, con una discl'cta irenia, parole di cui colora che le hanno
pronunciatc non misuravano tutta la pOltata. Citando questa
frase, san Giovanni vede, al di l della testimonianza di
innegabile ammirazione dei funzionari dei tempio, la propria
affermazione che Ges, a differenza dei profeti e dello stesso
Giovanni Battista, non soltanto un uomo che parla di Dio.
ma la Parola di Dio. Eppure di quale colpo diretto non
si colpiscono forse i fadsei con i 101'0 alleati di un tempo,
i sacerdoti, quando rispondono: C' forse uno solo dei
notabili che abbia crcduto in Lui, 0 dei farise i? .
Allol'a, mentre essi si paludano de! 101'0 orgoglio di
dottori della legge per respingere l'insegnamento di Ges" ,
l'indignazione vince pet un istante le esitazioni e i tirnori
di Nicodemo, che gtida: La nostra lcgge condanna forse
un uomo senza averlo ascoltato e senza che si sappia che
cosa fa? . l farisei hanho gi sperimentato che la discus
sione con Ges non riserva loro altro che malcontenti, ed
significativo cbe non si avventurino a discutere ncppure
col suo discepoloj ma di lui osano sbarazzarsi con una bat~
tu ta che nessuno oserebbe pronunciare davanti al lTIaestl'o :
Saresti anche tu galileo? Studia e vedrai che dalla Galilea
non esce profeta .
~ubito

3.

LA CER IMONIA DELLE LUCl

Dopo la festa dell'acqua, quella delle luci . Era il secondo


clemento del ceri moniale dei tabernacoli, e i rabbini ne
aCCI'escevano 10 splendore. Pel' quanto esagerate, le loro descrizioni ci permettono di comprendere t'entusiasmo che
10

IV Vungelo

146

La Vita e la Luce: la festa dei Taber nacoli

Il Verbo , Vila e Luce

suscitavano quelle solennit. Si illuminava il tempio con im


mensi candelahri posti nell'atrio delle donne, i quali ardevano
nella notte. Il loro splendore ' riempiva tutta la citt santa
che da lontano doveva offrire uno spettacolo fantastico agli
occhi dei pellegrini. Allora dei leviti, ritti sopra i quindici
gradini per i quali si passava dall'atrio delle donne a quello
degli uomini, cantavano dei salmi accompagnandosi con
tutti quegli strumenti di cui i titoIi dei cantici d'Israele ci
hanno conserva ta il nome.
Le feste e le luminarie rinnovavano l'allegrezza dei popolo,
come se la colonna di Iuce che aveva guidato i loro padri
nel corso di quelle peregrinazioni che si stavano commemorando fosse tornata a posarsi sul tempio. L'eco delle parole
che Ges stava per pronunciare nel luogo delle luminarie
(il tesoro, presso cui san Giovanni ci dice che parla Ges
era situato nell'atrio delle donne) non sarebbe stato mena
grande di quello dei suo discorso precedente.
VIII, 1214. Di nuovo Ges parla Ioro dic,eodo: la sono la Luce
del mondo; chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avr la Luce della
Vita . 13 Gli dissero, dunque, i farisei: <~ Tu dai testimonianza a te
stesso; la testimonianza tua non vera! . '14 Ges rispose: Anche
se io do testmonianza a me stesso, la rnia testimonianza vera, perch so
donde sono venu ta e dove vado. Voi, invece, non sapete donde sooo
venu ta e dove vado. 15 Voi giudicate seconda la carne, io non giudico
nessuno; 16 e anche se giudico, il mio giudizio vero, perch non sono
solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17 Ora, neHa vostra legge sta
scrtto che la testimonanza di due uomini vera. 18 10 do testmonianza
a me stesso; anche il Padre che mi ha mandato mi d testimonianza .
19 Gli dissera a11ora: Dov' tua Padre? , Rispose Gcs: Voi non
conoscete n me, n mio Padre; se conoscete me conosceretc anche mio
Padre . 20 Ges pronuncia queste parole nel tesaro, quando insegnava
nel tempio, c nessuno la prese perch non ancora era venuta l'ara sua.

La dichiarazione di Ges collega strettamente le due


nozioni della Luce e della Vita. Abbiamo visto nel prologo
che la Vita era la Luce degli uomini. Egli ci parla ora della
Luce della Vita . Il contesto obbliga ad intendere que
st'ultima espressione nel senso della Luce che d la Vita.
14 \'edi circa " 'episodio della donna adultcra, ci che abbiamo dclta a
p, 33,

147

Cosl la Luce ci appare come l'irraggiamento della Vita che


nel Cristo, irraggiamento che comuniea la Vita da cui a sua
volta proede.
La Luce dei mondo libera dalle tenebre, che sono innanzi
tutto quelle dell'ignoranza e dell'errore; ma bisogna com~
prendervi pure la morte che deriva dalla privazione della
Luce di Dio, primo efletto dei peccato.
Il titolo di Luce dei mondo che Ges si attribuisce qui,
rkhiama la profezia di Isaia sul Servitore deI Signore :
10, Jahv, ti ho chiamato nella giustizia
e ti ho preso per mano;
ti ho formato e stabilito alleanza dei popolo,
Iuce per le nazioni,
perch tu apra gli occhi ai ciechi
e liheri dal carcere i detenuti,
dalla prigione colora che abitano nelle tenebre .
(Isaia XLII, 6-7).

10 ti pOrto luce per le genti


perch porti la rnia salvezza
lino alJ'estremit della terra .

(Isaia IL, 6).


Senza percepire esattamente la portata delle sue parole,
i giudei si sollevano contro ci che sembra una pretesa al
messianismo a anche a qualcosa di pi grande che non sanna
discernere ancora. Non osando arrischiarsi in uoa discussione,
rispondono soltanto a Ges : Tu dai testimonianza a te
stesso; la testimonianza tua non vera . Ges pero parte
proprio di qui per stabilire che ci che vale per loro non
vale per Lui. Egli non pu non dire il vero, anche quando
parla di se stes sa, perch COllOSce la propria origine e la
propria fine, mentre essi non conoscono le loro. E tuttavia
osano avventurarsi a giudicare; Egli al contrario che ne
aVl'ebbe il potere, non giudica (cft. III, 17), infatti viene non
per condannare, ma per salvare.
l 10ro argomenti tornano poi contro loro stessi: es si
dichiarano che Ges solo, perch ignorano non soltanto

148

Il Verbo, V ita e Luce

Lui, ma anche il Padre che flngono di adorare, per quanro


la sua legge, di cui essi si fanno forti, li condanni.
Si ritrova qui, spesso nei medes imi termini gi visti, la
discussione del c. V dopa la guarigione del paralitico. Stiamo
per assisrere alla ripresa di quella disputa tra Ges e i
giudei che si pua dire centrale nel Vangelo: il problema dei
permanere degli uomini nel male quando loro offerta la
redenzione, ci apparir nella forma caratteristica che gli ha
data san Giovanni, quella di un confli tto fra la Luce e le
tenebre.

VI.

LA LUCE

La riveJazione di cio che in Cristo, deJJa sua cssenza,


completata dalla sua dichiarazione di essere la Luce del
monda. L'indifferenza non pi possibiJe: il conflitto, che
agni casa lasciava presagirc, comincia e si rivela subito come
opposizione deUe tenebre aUa Luce, cosl come il prologo
annunciava. La Luce sta per mos trarsi invincibile nell a nozione complementare di Verit che Je si aggiunge. La guarigione dei cieco nato suggeUer l'insegnamento sulla Luce
come quel1a deI paralitico aveva suggellato ]'insegnamento
sulla Vita. Inflne le due similirudini deUa porta e dei buon
pasrore concluderanno rutta la prima parte dei Vangelo, i1lustrandonc definitivamente J'in segnarnento su lla Luce e ]a sua
unione con la Vita.

1.

IL CONFLlTTO DELLE TENEBRE CON LA LUCE:

LA VERt TA

21 Disse loro : ( l a me ne vado e mi cercherete, c morrete nel vOStrO


peccato. Dove vado io, voi non potele venire . 22 Dicevano allora i
giudei: ( Vuole, forse, uccidersi? Perch dice: Dove vado io, voi no n
potele venire? .

Tutta la foUia tragiea dei conRirto si rivela immediatamente: colora che combattono ]a Luce allontanano da se
stessi ]a sa lvezza. La Luce venuta a ]oro poich es si non

150

La LI/ce

Il Verho, V lia e Luce

potevano venire a lei; respingendo le proposte d'aiuto divine


gli uomini si condannano da se stessi. Lo stolto disprezzo
degli ascoltatori, nel momento in cui dato loro l'insegnarnento di salvezza, mette a nudo la durezza di cuore che
Ges sta per denunciare.
23 E diceva loro: Voi siete di quaggi, io di lass; voi siete di
questo mondo, io non sono di ques to mondo. 24 Ve l'ho dctto: vo
moriretc nei vostri peccati; si, se voi non credete che io sono, morirete
nei vostri peccati .

L'opposizione si stabilisee tra Ges e il mondo . Queste termine che ricorre di frequente nella Scrittura, rieeve
in san Giovanni un senso ben preciso: non si riferisce all'universo in se stesso, ma in quanta sottomesso aIle potenze
delle tenebre che vi mantengono la notre tenendolo lonrano
da Dio.
Gli uomini morranno nel peccato, se non accetteranno la
Luce celesre che, sola, pua elevarli al di sopra del monda.
La Luce si offre loro perch la rlconoscano, ma, secondo le
parole dei prologo, essi preferiscono le tenebre alla Luce.
25 Gli dicevano dunque: Chi sei tu ? . Disse loro Ges: Assolutamente quello che vi dico. 26 Su di voi ho ancora molto da dire e giudicare, ma Colui che mi ha mandata verace, ed cio che ho udito da
Lui che io dico nel mondo . 27 Essi non compresero che pa rlava loro
dei Padre.

La risposta di Ges aile proteste d'ignoranza dei suai


aseolratori signifiea eh'Egli non ne in alcun modo eolpevole:
la loro ignoranza frutto della loro durezza di cuore e non
impedisce che la conoscenza che hanno di Lui sia quella
che l'Epistala di san Giacomo attribuisce ai demoni, aggiungendo che ne tremano. Ges li distoglie da s per obbligarli
_ ___a segl!ire in JQ~o stessi il SUD sguardo che li penetra, come
quello di Dio, ma essi non vi sono pi sensibili.
28 Disse dunque Ges: Quando avrete levato in alto il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono, e che nulla faccio da me, ma dico
cio che il Padre mi ha insegnato. 29 E Colui che mi ha mandato con
me: non mi ha lasciato solo, perch io faccio sempre cio che a Lui piace .
30 A queste sue parole moIti credettero in Lui.

151

Ges annuncia apertamente l'esito del confliuo: si corn


pir con la vittoria apparente delle potenze delle renebre, le
quali agiscono attraverso i loro avversari che tengono schiavi.
Tuttavia il falsa trionfo sar in realt la loro sconfitta.
L'espressione levare in' alto con il duplice senso possi
bile di crocifiggere e di esaltare, segna la confusione delle
tenebre quand'esse vedranno la Luce rifulgere dalla croce,
clave avevano creduto di spegnerla. Quest'annuncio della
P assione il primo che Ges fa in pubblico: si noter come
san Giovanni precisi subito che la Gloria del Cristo e la sua
Passione non si pas sono separare.
Le ulrime parole ci danno la ragione dei carattere si ngolare della morte di Ges: la sua vittoria, poich l'atto
d'obbedienza perferta al Padre, atto che rende nul la la disobbedienza da cui procedono le tenebre.

Si ha infine l'insegnamento sulla Verit che segner l'origine profonda del confl itta delle tenebre contro la Luce.
31 Ai giudei che avevano creduto in Lui, Ges, dunque, diceva: Se
voi rimanetc nella mia parola, siete veramente miei discepoli; 32 e cono
scercte la Verit, e la Verit vi far liberi . 33 Gli risposero: Noi
siamo stirpe di Abramo, e non siamo mai stad schiavi di nessuno; come
puai dire diventerete liberi? ). 34 Rispose Ioro Ges: In verit, in
verit vi dico: chiunque commette il peccato schiavo del peccato; 35 ora,
10 schiavo non rimane nella casa per sempre; il figlio, invece, vi resta
per sempre. 36 Se, dunque, il Figlio vi far liberi , sarete realmente liberi.
37 Lo so che siete stirpe di Abramo, ma cercate di uccidelmi perch la
mia parola non ha accesso in voi. 38 la dico cio che ho veduco presso
il Padre; dunque {ate anche voi cio che avete udito dal padrc vostro .
Cli rcplicarono: Il padre nostro Abramo! . Disse loro Ges; Se
siete ftgli di Abramo, fate le opere di Abramo! 40 ara, invece voi ccrca re
di uccidere me, che vi ho detto la Verit che ho udito da Dio; questo,
Abramo non 10 ha fatto! 41 Voi fate le opere deI padre vostro . Gii
dissero: Nol non siamo nari da adulterio; noi abbiamo un solo Padee:
Dio! . 42 Disse loro Ges: Se Dio fosse padre vostro mi amereste;
io, infatt i, da Dio sono uscito e vengo, n sono venuto da me stesso,
ma stato Lui a mandarmi .

Ges promerre la Verit ai


la Verit li render liberi.

SU 0 1

discepoli e diehiara che

152

Il V erbo, V ita e Luce

In tutto il brano vediamo quale pieno significato si deve


dare al termine Verit usato da san Giovanni. La Verit
essenzialmente la rea1t stessa di Dio resasi accessibile a noi
nel suo Piglio, il Verbo fattosi uomo, e si oppone a tutto cio
che vi di irreale e di illusorio nella carne (cio la crea~
tu ra di Dio separa ta dal sua crea tore), cos1 come la Luce
divina si oppone alle tenebre dell'ignoranza e dell'errore in
cui immerso il monda senza Dio. Anche la Verit affranca
dallo schiavitll de lle tenebre, perch chi l'accoglie riccve la
realti; divina che l'oggetto proprio della fede.
Colora che ascoltano e che replicano tanto vivacemente
sembrano aver compreso una sola casa dall e parole di Ges,
cio che l'essere suai discepoIi trascende totalmente il giu~
Jaismo. Davanti a una si mile affermazione insorge il loro
orgoglio, e credono di non aver bisogno di alcun affrancamento. Vi possono csscre degli uomini pi orgogliosamente
liberi dei discendenti di Abramo?
Ges rivela qui che la tirannia da cui si deve essere liberati non di ordine um ano, ma la tirannia dei peccato, e
possiamo cons tatare il fondamentale malinteso tra u n popolo
la cui attesa messianica diventata completamen te terrestre ,
e il Messia sopran naturale la cui vittoria quaggi riportata
in primo luogo sul peccato.
Per interpretare la fra se seguente conviene non sof1ermarsi troppa sui particolari : non bisogna domandarsi che
cosa rappresen ta Ja casa, n soprattutto se la casa di Dio
o no. Allora il seoso diventa semplice: la situazione della
schiavo essenzialmente transitoria e precaria; il Figlio ,
afIrancandoJo, 10 stabilisee in una stato che il solo in cui
puo e deve rimanere.
Ges continua rimproverando ]a loro orgogliosa affermazione che sono discendenza di Abramo. Tale filiazione, se
non che camale, torna contro loto stess. Riprende l 'accusa
che aveva form ulato una prima volta : se non ricevono La
parola del Cristo, cercano la propria morte e con cio sono
in opposizione con Abramo che fu J'uomo di fede. Egli va
pill 10nta110 e dichiara, senza precisare di pi pet il momen to,
che essi sono meno fedeH ai loro veri padri di quanto non
sia Lui al suo. Si direbbe che i suoi interlocutori intuiscano

La Luce

153

cio che sottintende: evitano di discutetc plU a ]ungo e si


limhano ad affermare che sono veramente i figH di Abramo.
Ges pero insiste con un tale vigore che non possono evita re
]a discussiane. Panno allora come se credesse ro che Ges
pretenda che essi siano solt3nto la posterit di I smae1e, il
che evidentemente assurdo ; poi, sperando forse di sviare
jl corso delle riflessioni di Gcs, cercano di trancare il
discorso e proclamano che il loro vero padre Dio. Cosl
facendo, danno un'occasionc di pi a Gesl! di sveJare la 101'0
impostura e la propria divina filiazione, intesa in un senso
b en cliverso e pi ristretto di qucllo che essi vantavano con
ostentazione. Ormai nessuna interruzione potr p cvita re
o ritardare la terribiIe accusa che confusamente temevano
SI precisasse.
43 Perch 110n capite il mio linguaggio? Perch voi non potele ascollare la mia parola. 44 Voialtri avete per padre il diavolo, e sono i desideri
dei padre vostro che volete fare; egl efa omicida fin dal principio e non
persevera nella Verit perch non c'era verit 'in lui. Quando gli proferisce menzogna parla dei suo perch bugiardo e padre della menzogna.
45 A me, invcce, non credete, perch dico Ja Veri t. 46 Chi di voi mi
convincer di peccalo? Se dico la Verit, perch non mi credele? 47 Ch i
da Dio ascolta la parola di Dio; se voi non ascoltate perch non
siete da Dio ).
48 Gli ri sposero i giudei: Non abbiamo ragione di dire che sei un
samaritano e un indemoniato?. 49 Rispose Ges: l a non sono un
indcmoniato ma onoro mio Padrc, e vo i mi oltraggiate. 50 10, peraltro,
non ccrco la mia gloria: c' chi la cerca e giudica. 51 In verit, in vcrit
vi dico: chi osserva la mia paroJa non veclr la morte in eterno ). 52 G li
clissero i giudei: Questa volta sappiamo che sei un indemoniato! Abramo
morto, anche i profeti, e tu dici: Chi osserva la mia parola non guster
morte in eterno. 53 Saresti tu pi grande dei padre nostro Abramo, che
morta? Anche i profcl i sono morti: chi pretendi di esscre?.

Il padre di colora che sono tanto stolti da rifiutarsi d i


accettare la Verit, colui che ha commesso il primo peccato
e ha pronunciato la prima menzogna: Satana che, allontanando d a Dio il primo uomo. la ha privato della Vita, come
10ro vorrebbero toglierla a Ges. La sua santit , che Egli
proclama con una semplicit ineguagliabile, l'accusa pi
diretta contra la loro incredulit: essa obbliga a dichiarare
che poich Lui la Verit, non glj credono. Seconda cio

154

Il Vel'bo, Vila e Ltlce

che abbiamo gi vista, l'atteggiamento che gli uOmlnt assu


mono di frame a Ges rivela se sono di Dio 0 del SUD
nemico l,
I giudei non trovano altro che imptecazioni pet obiettare,
ma Ges non d tregua : insiste sul legame che vi tra
quegli oltraggi e il loro rifiuto di adorare il Padre nella
Verlt . E condude con l'affermazione suprema del giudizio
di Dio e della sua manifestazione ultima: la comunicazione
della Vita eterna ai credenti, mentre colora che si t i.6.utano
di credere moriranno nel loro peccato.
Lo scandalo dei giudei al colmo. Credono di aver trevato finalmente il modo di rispondere aile accuse di Ges
con un'aItra accusa: di quanta orgoglio animato Lui stesso!
Non si mette lorse al di sopra dei proleti e di Abramo,
pretendendo di elevarsi al di sopra della morte? Invece Ji
rltirarsi, Egli seconda cosl bene il loro tentativo che si
potrebbe credere che abbia pronuneiato quella Irase per
trovare nella loro prevedibile reazione il motivo di un'ultima
dichiarazione, di una tale maest che chiuder loro la bocca .
54 Rispose Ges: Se io glorifico me stesso, la mia glOl'ia nulla;
il Padre mio che mi glorifica; Lui, di cui voi dire: Dio nostro, 55 e non
l'avete conosciuto. 10, invece, 10 conosco; e se dicessi che non 10 conosco
sard, come voi, un bugiardo. Ma io 10 conosco e ossel'VO la sua parola.

il rinnovato annuncio che la Gloria del Figlio gli


data dal Padre c che il Figlio ha una perletta conoseenza
del Padre. Siamo eondotti COS! alla soglia di ei che sta
per sbalordire i giudei.
56 Abramo, il padre vos tre, esulto al pensiero di vederc il mie
giorno; e 10 vide, e godette . 57 Gli dissero dunque i giudei: Non hai
ancora cinquant'anni e hai veduto Abramo? . 58 Disse loro Ges: In
verit, in verit vi dico: prima che Abramo fosse, io sono . 59 Presero,
allora, dei sassi pel' gettarglieli, ma Ges si nascosc c usd dal tempio.

Dopo l'ultima allusione: Abramo il padre vos tro '>,


nominato pet condannarli, il riconoscimento appena velato
della divinit del Cristo. l giudei si preparano a lapidarlo,
1

Vcdi p. 101 c p. 121.

La Luce

155

seconda cio che Ges aveva predetto ed essi avevano finto


di giudicare caJunnioso. Ges pero riesce a sfuggire mis te
riosamente poich la sua ota non ancora venuta , se
condo l'esptessione corrente di san Giovan ni.

2.

LA GUARIGIQNE DEL CIECO NATO

Ecco infine il segno che stabilisee la verit dell 'insegnamento che abbiamo tracdato poco fa .
IX, 1 Passando, vicle un uomo cieco dalla nasci ta. 2 1 suoi discepoli
gli chiesero: Rabbi, chi ha' peccata: quest'uoma 0 i suoi genitori, perch
sia nato cieco? . J Ges rispose: N lui ha pcccato, n i suoi genitori,
ma fu perch siano manifestate in lui le opere di Dio. 4 Pinch giorno,
necessario che io compia le opere di Colui che mi ha mandato; viene
la natte, quando nessuno puo pi opcrare 2. 5 Finch sono nel mondo, io
sono la Luce del mondo . 6 Detto questo, sputo in terra e fece con la
saliva un po' di fango, 10 spalmo sugli occhi del cieco 7 e gli disse:
Va' a lavarti alla piscina di Siloe (che significa: ioviato). Quello ande),
si lavo e torno che ci vedcva.
8 l vieini e queIli che prima erano soliti vederlo, giacch era un men.
dicante, dicevano allora: Ma costui non quello che era sedu to e
menclicava? . 9 Altri dicevano: E lui ); altri ( Niente aftatto, ma gli
somiglia . Quegli diceva: ( Sono io . 10 Gli clissero, aUora: ( Come
dunque ti si aprirono 81i occhi? ). 11 Questi rispose: L'uomo che si
chiama Ges ha fatto dei fan go, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto:
"Va' a Siloe e Iavati ". Ci sono andato, mi sono lavato e ho l'iacquistato
la vista 3 . 12 GU dissel'O : Dov' Lui? . Rispose: ( Non so ).

Traseuriamo la questione posta dai di scepoli che non


che l'occasione data pet l'inscgnamento di Ges tI .
La dichiarazione che un'infermit pua essere il mezzo
delta glorificazione divina ritorner in diverse aitre drco
stanze. Prepara i discepoli all'idea della glorifizione che
nel Cristo stesso si compie attravetso la safIerenza e l'umi
liazione.
2 Allusionc n un proverbio, 10 stesso a p. 171 e p. 187.
3 Il termine parc sorprcndente d a parte di un c:ieco nato: si tratta forse
di una negligenza r cdaz ionale, ma il vocabo lo greco anablep (di cui il senso
letterale) stato anche usato dagli autori classici in questo caso.
-4 Era u na questione che i rabbini ponevano spesso. Cfr. Lf/ca XIII, 1.5.

156

Il Verbo, Vila e Luce

Si voluto vedere una specie di medicamento nel fango


che Ges me tte sugli occhi dei cieco: singolare eollirio in
verit! Se vero che Ja terapeutica antica era talvolta fantasiosa, non bisogna esagerare:;. Il fango che il cieco deve
toglicre dagli occhi con l'acgua di Siloe sembra invece essere
l'immagine della sua cecit che il Cristo gli toglie.
Il racconto che segue, dopo che il cicco tClnato, non
manca di essere brioso e ci prepara ana scena cosi vivace che
sta pel' essere riportata.
13 Condussero allora da i farisei quello che una volta el'a 5tato cieco.
14 Quel giorno in cui Ges aveva fauo il fango e aperto gli occhi dei
cieco era saba ta. 15 1 farisei , dunque, a loro volta gli domandavano in
che modo avesse riacqui slara la vista. ara , quegli di sse loro: Mi
ha applicaro deI fango sugli acchi, mi son lavato e ci vedo . 16 Dicevano,
allora, alcuni farisei: Quest'uomo non viene da Dio, perch non
osscrva il sabato . AIrri di cevano: Come pll un peccatore fare tali
scgni ? . Ed erana in discordia rra loro. 17 Chiesero, dunque, di nuovo :11
cieco: Tu che dic di Lui , del fatto che ti ha apN(Q gli occhi ?.
Quegli di sse: E un profeta.
18 Tuttavia, j giudei non credettera che quello fosse stato cieco e
poi avesse riacquistata la vista finch chiamarono i genitori di colui che
aveva riacquistata la vista 19 e lj intel'l'ogarono: questo vostro
figlio , che voi dite sia nato cicco? Come, dunque, ci vede adesso?.
20 1 genitoti di lui risposcro: Noi sappiamo che questo nostro
figlio e che nacque cieco; 21 come, poi, ara ci veda , questo non la
sappiamo; a ch i gli aprl gli occhi, non la sappiamo. In tetrogate lui :
ha l'ct, parJer lui di 5~ ~). 22 1 genitori dei cieco cli ssera questo
perch avevano paura dei giudei; nfatti , i giuclei avevano gi stabilito
che se qualcuno ricooosceva Ges come Messia doveva essere cacciato
dalla snagoga , 23 perci i genitori di lui dissero: Ha J'et, interro
gate lui ) .
24 Chiamarono, clunque, di nuovo, colui che una volta era stata cieco
e gli dissero: Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che ques t'uomo peccatore. 25 Rispose: Se peccatore non 10 50; 50 uoa cosa soltanto:
che prima ero cieco e adesso ci vedo . 26 Allara gli domandarono di
nuovo: Che cosa ri ha fauo ? in che modo ti aprl gli occhi ? . 27 Rispose 101'0: Gi ve l'ho delto e non mi avete ascolta to ; che volete di
nuovo sentire? Forse anche voi volete diventare discepoli suai?.
28 E 10 ingiuriarono dicendo: Tu se sua disccpalo; noi siamo
~ Non s i deve confonde re ]'azione di GeS co n q uella di m e tlcre un pa'
di sali va s ugli occhi p ropria dei giudei e dei pagan i: il Ta/lill/cl e Tacito la

ricordano .

La Luce

157

discepoli di Mos. 29 Noi sappiamo che a Mos ha parlato Dio ; costui ,


invece, non sappiamo dondc sia ~). 30 Risposc l'uomo: E proprio
questo metaviglioso: che voi non sapete donde sia e mi ha aperto gl
occhi! 31 Sappiamo che Dio non ascolta i pcccatori, ma se uno pio
c fa la sua volont, questo 51 che l'ascolta. 32 Da che monda monda
non s' mai sentito che qualcuno ha aperto gli acchi di un cieco nato .
33 Se costui non fosse da Dio non potrebbe far nulla! . 34 Gli rispo
sero: Sei stato generato tutto intero nei peccati e ci fai la Iczione? .
E la cacciatono fuoti.

Questa pagina veramente un ttatto di commedia pleno


d'umorismo.
Il miracolato all'inizio molto drcospetto, riferisce i
fatti scnza alcun commento. f.: suffjciente perch i farisei si
dividano. Gl i uni si contentano deUa violazione dei sabato
per tranquillizza rsi con un giudizio subito dato. Altri hanno
qualchc scrupolo. InGne tutti si rendono conto che il mira
colo talmente imbarazzante che inutile volerIo considerare
con disdegno. Chiedono al brav'uomo, che resta Il senza
dir parola mentre essi discutono, che cosa ne pensa; credono
di aver a che fare con un povero sciocco e nella loro domanda
vi un po' d 'il'onia; nello stesso tempo vogliono giudicare
l'effetto che il segno pua fare sul popolo. L'uorno molto
semplieemente diee cib che pensa: un profeta . Non Jo
ascoltano nepp urc e 10 mandano via. Il fatto avvenuto cos1
notevole che bisogna 0 negarlo 0 inchinars i davanti a Ges;
essi tentano di rifugiarsi nello seetticismo e sperano che
un'inchiesta ben condotta possa dissipa te il loro disagio.
Vengono convocati j genitori del cieco risanato, i quaH
intuiscono ben presto cio che li minaccia se si mostreranno
favorc voli a Ges. Sono timorosi di compromettersi pur sa
pendo meglio di ogni altro la parte che Egli vi ha avuto.
Che loro figlio se la sbrighi da solo!
La guestione diventa sempre pi irritante, conviene concludere al piLI presto. l farisei chiamano allora il cieco nato.
Dopo avee disdegnato e guardato con sospetto la sua tes tmonianza, devono senti rsi molto ridicoli per essere obbligati
a farvi ancora ricorso. Sembra che dal canto suo l'uomo non
manehi di spirito e che sia ben pronto ad approfittare della

158

La Luce

Il Verbo, Vila e Luce

situazione. Egli non desiste e i farisei, furiosi nel vedere un


uomo del popolo beHarsi di loro malgrado il loro tentativo
di intimidirlo, arrivano alle ingiurie. Quest'uomo semplice,
ma retto, riesce allora a raggiungere una vera eloquenza,
assai sobria, che li lascia senz'altra replica che raddopoiare
le ingiurie che, questa volta, diventano grossolane. Indispettiti perch si sentono ridicoli, 10 cacciano.
35 Ges venne a saperc che l'avevano cacciato e, trovatolo, gli disse:
Crcdi tu nel Figlio dell'uama? . 36 Quegli l'ispose: (~E chi , Signore,
affinch ia creda in Lui? . 37 Gli disse Ges: L'hai veduto: quelle
stesso che parla con te . 38 E quegli diceva: Credo, Signore , e l'adore.

La semplicit della conclusione ci fa amare quest'uomo


che unisce un tale candore a un'intelligenza che si sta
aprendo alla verit. Ges si preoccupa di condurre al sua
pieno sviJuppo la fede del nuovo convertito che uno dei
meglio disposti che il Vangelo ci faccia conoscere. L'uomo
10 segue docilmente fin dove vuole guidarlo. Egli comprende
cos1 bene la porta ta della sua adesione, che Ges vuole che
10 adori immediatamente: la sola volta che l'evangelista
ci riferisce un latto di quel genere.
39 E Ges di sse: (~lo sono venuta in qucsto mondo per fare un
giudizio: perch vedano quelli che non vedono e quelli che vedono
diventino ciechi . 40 Alcuni farisei che si trovavano con Lui udirono
' queste parole e gli dissero: Saremo ciechi anche noi? . 41 Disse loro
Ges: (~Se foste ciechi non avreste colpa; ma dal momento che dite:
"Ci vediamo", il vostro peccato rimane.

Ancara una volta Ges non pronuncia il giudizio che pero


viene operato dal semplice fatto della sua venu ta, per 1.
cri si d'opposizione fra le tenebre e la Luce che, fin qui
larvata, diviene manifesta. Questa tacita affermazione pravoca la domanda dei larisei. Ges risponde opponendo
l'oscurit di una scienza puramente umana alla chiarezza dePa
fede, grazia concessa agli umili li .

Tutto ci 10 conduce aile similitudini della porta e del


pastore.
1; r paralleli con qucSlo insegnamento sono numcrosi nci sinottici:
cfr.
Malteo XI, 25; XV, 14; XXIII, 13 e J6; Luca XI, 52.

3. LE

S IMILITUDI NI

DELLA

PORTA

DEL

159

BUON PASTORE

Non facile !'interpretazione delle due similitudini


che coronano l'insegnamento sulla Luce e gli comunicano
un calore quasi personale che persina commovente.
necessario non confonderle, come si fa di solito, con le parabole dei sinottici 7 .
La similitudine giovannea non nemmeno un'allegoria,
perch i particolari non vi hanno un significato simbolico:
quanto inchiostro stato sprecato per voler stabilire chi il
custode 0 chi il mercenario! Essa si distingue tuttavia dalla
parabola , come abbiamo gi ricordato, in quanta concentra
tutti i pensieri su una persona che l'immagine centrale designa espressamente. Invece di ceteare soltanto di farci comprendere l'economia dei Regno di Dio, mira a farci contemplare Colui che ci introduce in esso.

Le due similitudini sono inserite in un contesto che


molto vicino alle parabole. Vi troviamo le immagini della
porta e del pastore che vanna staccate per essere trattate
a parte.
X, 1 In verit, in verit vi dico: chi non entra per la porta
nell'ovile dcIJe pecore, ma vi sale da qualche altra parte, questi un
ladro e un predone. 2 Chi, invece, entra per la porta il pastore
delle pecore; 3 il custode gl i apre e le pecore ascoltano la sua voce, ed
egli cmama per nome le sue pecore e le mena fuori. 4 Quando ha
rncnato fuod tutte Je sue pecore, cammina davanti ad esse e le pecore 10
scguono, perch conoscono la sua voce. 5 Non seguiranno, invece,
un cstraneo, ma 10 fuggiranno, perch esse non conoscono la voce degli
estranei .

una descrizione viva 111 cui l'insegnamento che doveva


seguire appena accennato. Ges descrive gli ovili della
Palestina. Diversi greggi vi passano la notte sotto la sorveglianza di un solo guardiano. l ladri e i predoni della strada
se vogHono introdursi nell'ovile cercano di non segnalare
7

Vedi p. 30.

160

Il Verbo, Vita e Luce

La Luce

161

la lora presenza; cosi, arrampicandosi sopra il mura si sfarzano di penetrare nel rednto . Il pas tore che viene al mattino
a cercare Je sue pecore pet condurle a pascolare, si presenta

si era fatto passare per il Messia e aveva suscitato deUe sedizioni, come Teuda e Giuda il Galileo che sono citati negli
Alli degli Apostoli (cfr. V, 36 ss.).

alla porta. Appena il custode gli ha aperto, le pecore del suo

Un testo di san t'Ignazio di Antiochia 'l, che contiene cet


tamente una reminiscenza di san Giovanni, ci fornisce la
buona interpretazione: Egli la porta che conduce al Padre

gregge ticonoscano la sua voce. Per farle uscire non ha che


da chiamarle per nome: gli altri greggi non si muoverannQ
perch sanno che quello non il loro pastore, e la stes5a
cosa avverrebbe con le pecore che ora escono se le chiamasse
un estraneo di cui non C01105C0110 la voce.

L'applicazione della similitudine a Ges e a quelli che


l'ascoltano fadle, e tuttavia gli ascoltatori l'estano insensibili.
6 Questa si militudine disse loro Ges, ma quelli non capirono che
casa volesse dir loro. 7 Ges, allora, riprese: ( In verit, in verit vi
dico: io sono la porta delle pecore. 8 Tutti colora che sono venuti
pt'ima di me sono ladri e predoni, ma le pecore non li hanno ascoltati .
9 l a sono la pana: chi entrer per me sar salvo , ed entl'er e usdr e
trover pascolo. 10 Il ladro viene soto per rubare, pel' sgozzarc , per
distruggere; io son venu ta perch abbiano la Vita e l'abbiano in abbon danza.

e per la quale passa no Abramo, l sacco e Giacobbe, i profeti,


gli apostoli e la Chiesa . Pare che non vi sia dubbio che
l'espressione la porta deUe pecore , debba intendersi come
la porta dalla quale i veri pastori hanno accesso aIle pecore e
da cui le fanno passare a loro volta. dunque ai pastori che
hanno fatto 0 faranno pascere il gregge di Cristo nel suo
nome, che si appIicano le parole: Chi entrer per me
sar salvo, ed entret e uscit e ttover pascolo .

L'ultima frase ritorna sull'opposizione tra i Iadri che


sono venuti per appagare se stessi a danno delle pecore, e

il Cristo, venuto per portare loro il dono della Vita. L'accenno aUa venuta del Cristo prepara una nuova applicaziane del tema dell'ovile, in cui non sar pi la porta, ma

il pastore stesso a rappresentare il Cristo.


Cio deve leggersi in margine alla descrizione che precede,
senza che il senSQ sembri incoerente. DaI quadro che ci ha

dato, Ges prende innanzi tutto l'idea deUa porta da cui


passa il vero pas tore e dichiara che Lui quella porta, cio
che coloto che "retendono condurre lc pecore nel lol'O propdo nome, senza pa5sare attraverso di Lui, non sono dei pastod,

ma quei ladri e briganti di cui ha parlata.


Quest'ultima dichiarazione ha talvolta rcso perplessi i
comrnentatati, credendo che si trattasse di una condanna dei
profeti. Diversi copisti hanno addirittura cetcato di rimaneggiare il testa con un ritocco destinato a togliere 10
scandalo Il .
Questo deriva pero da un errore d 'i nterpretazione :

11 10 sono il buon pastore. Il buon pas tore d la vira sua pel' le


pecore; 12 il mercenario, colui che non pas tore, al quale non appartengono le pecore, vede il lupo e abbandona le pecore e fugge - e il
lu po le rapiscc e le dispe rde - 13 perch mercenario, e non gli importa delle pecore.
14 la sono il buon pastore, e canosco le mie pecore, e le mie
pecore conoscono me, 15 come il Padre conosce me e io conosco il
Padre, c do la mia vita pel' le pecore.

L'immagine del pastore era familiare a l sraele. Era un


titolo che si applicava ai capi del popolo, di cui Davide, che
eca stata pastore prima di essere re, eta il prototipo. Gere
mia scnve:

quando si accosta queUa frase come abbiamo fatto noi, a


ci che la precede ncIla descrizione deU'inizio, appare chiaro
che Ges fa allusione ai falsi profeti. Pi d'uno di recente

Radunero il resto deUe mie pecore


da tutte le regioni dove le ho disperse,
e le far tornate ai loto pascoli;

saranno feconde e si moltiplicheranno.


manoscriUo di Cambridge sopprime tl/fi i; qucllo dei Sina e divcrs i
a it r i mcno importanti. anchc la yccchia vcrsionc lalina c siriaca. omeltono
prima cli me.
8 [1

'J

Epistola ai Filadel{iesi IX. 1.

IV Vangelo

162

Il Verbo, Vita e Luce

Costituir sopra di esse pastori che le faranno


[pascolare,
cosl che non dovranno pi temere n paventare
n alcuna di loro mancher .
(Geremia XXII I , 3-4)

Il libro di lsaia applica a Dio stesso queste parole:


Come un pastore Egli fa pascolare il gregge,
la raduna con il braccio;
porta gli agnelli sul petto,
le madri che allattano guida dolcemente .
(lsaia XL, 11)

Ezechiele fa la stesso, e il tema vi si trova ampliato:


Perch cos1 dice il Signore Jahv:
Ecco, io stesso mi interessero deI mio gregge e ne avr
cura. Come il pastore si interessa del gregge quando si trova
fra le sue pecore disperse, COSI avr cura delle mie pecore,
saI van dole da ogni luogo dove si erano disperse in tempo di
nubi e di caligine. Le faro uscire dai popoli e le raccoglier
dalle regioni e le condurro alla loro terra; le pascero sui
monti di Israele, per le valli irrigue e per tutte le praterie del
paese. Le guidero per ottimi pascoli e la loro dimora sar
sui monti pi eIevati di Israele; l riposeranno in buon
ovile e avranno pinglle pastura sui monti di lsraele. la
pascer le mie pecore e io le far posare - oracolo del
Signore Jahv. Cercher la perduta, ricondurr la smarrita,
fascero quella che ferita, fortifichero la debole, custodiro
la ingrassata e la forte, le pascer come giusto .
(Ezechiele XXXIV, 11-16).
Un ultimo testo si avvicina ancor di pi al quarto Van
gelo; il Salmo XXIII:
Jahv H mio pastore, nulla mi potr mancare!
In verdi pascoli mi fa riposare,
sopra acque tranquille mi guida;

La Luce

163

la mia anima ristora.


Mi guida per sentieri di giustizja
per il sua nome.
Anche se dovessi aodare in valle tenebrosa
non temerei alcun male,
poich tu sei con me.
tua bastone e vincastro
mi dan no conforta .
(Salma XXIII, 1-4).

Le prime parole di Ges mostrano cio che ancora ag


giunge a questa descrizione dei buon pastore: Egli d la
vita per le sue pecorelle. Si puo dire che il con tenuto dell' immagine la supera infinitamente. L'intimit e H calore con cui
il pastore ama le sue pecorelle sono caratterizzati da lla
unione della conoscenza scambievole che il P adre e il
Figlio hanno l'uno dell'altro e della conoscenza che il Figlio
conserva con i suoi. Quest'idea sar ripresa e sviluppata
nei discorsi d'addio deI Cristo.
16 E ho altre pecore che non sono di qucst'ovile; anche quelle devo
condurre, e ascolteranno la mia vocc c si far un solo greggc e un solo
pastore.

Le pecore di un al,ro ovile sono quelle che crederanno


al Cristo fuori di I sraele e che formeranno con i giudei
convertiti un solo gregge, la Chiesa. Mano a mana che noi
avanziamo nel Vangelo il tema dell'unit che ne riemplra
le ultime pagine dtorna pi spesso e si amplia maggior
mente.
17 Per questo il Padre mi ama, perch jo do la mia vita, per riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie: la d da me. Ho il potere di
darla e il potere di riprenderla. Qucsto il comandamento che ho ricevuto dal Padee .

Non si deve trascurare alcun aspetto del testa . Per far


ci necessario non dimenticare ci che abbiamo gi notato

164

Il Ve/'bo, Viu e Luce

sul modo in cui san Giovanni concepisce il rapporto tra


il Padre e il Figlio, ne! tempo e nell'eternit 10.
Rimangono percio intatte le due afIermazioni, che il
Padre ha prescritto pOSlt1Vamente al Figlio cio che
oggetto della sua missione, e che in tut ta libert che Egli
vi consente.
Quanta all'idea di dare la sua vita per amore e di rit rovarla in seguito calma di un feutto che non perir mai,
10 sviluppo pieno di quella nozione di amore, essenziale
alla Vita giovannea. Giunto ai preliminari della passione,
Ges l'esprimer definitivamente nell'immagine deI grano
che muore.
19 Ci fu di nuovo discordia fra i giudei per queste parole. 20 MoIti,
poi, di essi dicevano: ~ un indemoniatoj deUra! perch la ascoltate? .
21 Altri dicevano: Queste parole non sono da indemoniato. Un
demonio pua forse aprirc gli occhi ai ciechi? .

L'opposizione di taluni e il fascino esereitato da Ges


sugli altri si delineano in modo sempre pi chiara; e stiamo
pel' vedere l'impazienza di tutti arrivare al grado pi alto.
22 Si celebra aUora a Gerusalemme la festa della dedicazione. Era
d'inverno, 23 e Ges passeggiava nel tempio, sotto il partico di Salo
mone. 24 1 giudei fecero circolo intorno a Lui e gli dicevano: Fino a
quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Messia diccelo chiaramente! . 25 Rispose loro Ges: Ve l'ho detto e VOl non credete; le
opere che io facdo nel nome di mio padre, queste testimoniano di mCj
26 ma voi non credete perch non appartenete alle mie pecore. 27 Le
mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco, e mi seguono. 28 10
do la Vita eteroa e non periranno in eterno, e nessuno le rapir dalla
mia mana. 29 Ci che il Padre mi ha dato 11 vale pi di tutto, e nes
suno pua toglierlo dalla mana del Padre. 30 la e il Padre siamo uno.
31 Di nuovo i giudei presero dei sassi per lapidarlo 12 . 32 Rispose loro
Ges: MoIte buone opere vi ho mostrato, che vengono dal Padre
mlo ; per quale di queste mi lapidate? . 33 GU risposero i giudei:
Non ti Japidiamo per un'opera buona, ma per bestemmia, e perch
tu, essendo uomo, pretendi essere Dio . 34 Rispose taro Ges: Non
10 Vcdi p. 118.
11 Altri manoscritti hanno: or Il Padre mio che me (le) ha date pi
grande di tutti It . La lezione che noi preferiamo, oltre a non aITermare una
\'erit g evidente, riprende VI , 39 che sar sviluppato in seguito.
12 crr. VIII, 59.

La Luce

165

serina nella vostra legge: " la dissi: siele dei?" 13. 35 Se la legge
chiama dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e non si puo
distruggere la Scrittura - 36 perch a me, che il Padre ha consacrato
e mandata nel monda, dite: "Tu bestemmi ", perch ho detto: "Sono
il FigEa di Dio "? 37 Se non faccio le opere di mio Padrc non crede
terni; 38 ma se io le faccio, anche se non credete a me, credete ulle
opere, affinch sappiate e conosciate che il Padre in me e io nel
Padre. 39 Cercavano, dunque, di prenderlo di nUQVO, ma Egli sfuggl
aile loro mani.

San Giovanni ha riunito tutto l'insegnamento sul buon


pastore che ven ne per dato in pi occasioni. Siamo ara alla
festa della dedieazione", cio due mesi dopo quella dei
tabernacoli.
Le osservazioni di Ges non lasciano pi alcun dubbia
a qualunque osservatore, anche se poca perspicace. Procla~
mandosi il buon pastol'e, si diehiarato Messia, perch la
concordanza tra le sue parole e alcune profezie su Dio stesso,
come quella che abbiamo citato, evidentemente voluta.
Tuttavia ha ancora parlato sotto il ve!o della similitudine
ed ora vogliono che si dichiari apertamente.
Egli rconosce allora il signifieato messianico delle sue
parole e le sottolinea con le sue opere, i suoi segni ) .
L 'insegnamento sulla predestinazione delle pecore, ri~
prendendo le idee della fine de! c. VI, spiega l'incredulit
dei giudei. La conoscenza scambievole deI Cristo e dei suai
acquis ta nel presente contesto una profondit nUOV3.
annunciata l'impossibilit di separare dal Cristo colora che,
nel pensiero eterno del Padre, sono i suoi, mentre invece
gli inereduli vengono allontonati. Tale affermazione si trova
suggellata in maniera indistruttihile da quella sull'unit de!
Padre e deI Figlio. L'idea dell'intimo rapporta fra l'unit
deI Cristo e dei cristiani e quella de! Padre e de! Figlio
ora, come si vede, costantemente ripresa e arricchita .
L'affermazione chiara ed esplieita della divinit de! Cristo suscita una terribile esplosione d'odio. Ges denuncia
13 Cfr. Sa/mo LXXXII, 6.
14. Fcsta istituita dai Maccabei per commemorarc la purificazione dei tempia
(nel 164 a. C.), dopo la profanazione di Antoco Epifane, cfr. 1 Maccabci IV, 59.
Forse J'allusionc a questa testa vuale sottolinearc che Ges che compie il
,cra rinnovamento d ' Israele.

=
166

Il Verbo, Vita e Luce

cos1 apertamente l'ipocrisia della pretesa piet che, sotta


l'apparenza di voler salvare l'onore di Dio, si rifiuta di
vedere ci che Egli compie, che arresta il furore dei giudei.
Questi tentano di discolparsi, ma inutile.
L'ultima risposta di Ges deve essere esaminata con
cura: l'argomento che i teologi opporranno aU'eresia ariana, negatrice della divinit dei Cristo, nel secolo IV: poieh
la rivelazione del Padre in un certo senso ci divinizza, bisogna che colui che l'opera sia Dio stesso.
Due particolari vanno notati. Uno costituito dalla magnifica formula: Il Padre in me e io nel Padre , l'altra
]'espressione consacrare che non deve intendersi nel
senso di una puriflcazione, ma di un sacrificio. Nei discorsi
di addio ritraveremo l'una e l'altra.
Siamo cos1 arrivati alla fine della prima parte dei Vangelo: tutto annuncia la Passione imminente che un segno
supremo sta per affrettare. Ges parte, come per un ritiro,
e se ne va nella Perea dove era incominciato il SUD ministero sulle orme di Giovanni Battista.
40 Di nUQVO Ges se ne anda al di l del Giordano nel luogo dove
prima Giovanni stava a battezzare; e quivi si ferma. 41 MoIti vennero a
Lui e dicevano: Certo, Giovanni non ha fatto prodigi. 42 Ma quan ta
ha detto di quest'uomo vero . E moIti credettero in Lui.

L'immagine dei buon pas tore, con la quale Ges lascia


la folla di Gerusalemme, quella che i pnml CIlstlani
hanno amato di pi. San Giovanni l'aveva gi usata nella
Apocalisse (II, 27; XII, 5; XIX, 15).
Nella 1 Epistola di san Pietro (II, 25; V, 4) si leggono
queste frasi: Eravate come pecore erranti, ma ara siete
tornati al pastore e guardiano delle anime vostre ... Allora,
quando apparir il sovrano pas tore, otterrete rimmarcescibile corana di gloria .
L'Epistola agli Ehrei (XIII, 20) chiama anche Ges:
11 grande pastore delle pecore .
AI di fuori dei Nuovo Testamento, uno degli SCllttl
della cristianit antiea che ci ha conservato meglio la freschezza e la spirito della Chiesa nascente, il Pastore di

La Luce

167

Erma. In diverse visioni di una grazia spontanea, il Cristo


vi appare come il pas tore dei popolo di Dio.
Ed anche in questo modo che ce la rappresentano i
pi antichi pittori delle catacombe: mentre porta una pecora sulle spalle.
Alla fine dei secolo Il Clemente d'Alessandria esprimeva
ancora il sentimento cristiano primitivo in un celebre in no
di cui riportiarno qualche parte:
0 Pas tore degli agnelli reali ,
riunisci
i tuai semplici fanciulli
pet Iodare santamente,
pel' cantare sinceramente
il Cristo, guida dei fanciulli ...
Che tu sia la guida, a Pastore,
delle pecore ragionevoli Hi;
conduci, a Santo,
i fanciulli senza macchia ...
Dio di coloro che cantano,
Ges Cristo! .

15 Cio delle pecore dei Verbo parola e ragione; vedi il prologo .


La rcmrre:!.iol1e di Lazzaro

LA RESURREZIONE DI LAZZARO

Questo raccante, pet il posta che occupa e l'ampiezza


che l'evangelista gli ha dato, di eccei ionale importanza.
La morte e la resurrezione di Lazzara, apparente disfatta che termina con un trionfo, offrono l'immagine che
annuncia la morte e la resurrezione di Ges stesso'
nel medesimo tempo concludono l'insegnamento sulla Lu~
ce e sulla Vita che abbiamo seguito fin qui. Nessun
altro racconto cosl catico di significato, cosl pieno d'insegnamenti fondamentali; COSI che non facile mettere in lllee
ogni cosa seDza nuocere alla chiarezza dell'esposizione, mentre invece in questo stesso brana 1'armoniosa semplicit
di san Giovanni trova la sua migliore riuscita.
Tutte le ooziooi giovannee sono presenti in questo
dramma cosl umano, e vi troviamo anche tutti gli atteggiamenti degli uomini di fronte aile realt inseparabili della
Luce e della Vita, in tutte le sfumature possibili. 1 tre
nuovi personaggi che incontriamo prendono ben presto j}
nostro interesse e meritano veramente uno studio approfondiro.
Non a casa l'au tore del quarto Vangelo ha tracciato con
una cura cos) discreta e cos1 attenta le tre figure di Marta,
di Maria e di Lazzaro. Sembra di intravedere dietro ad
esse le tre virt tealogali della fede , della speranza e della
carit: non che si tratti di quelle sbiadite allegarie da cui
il Vangelo di san Giovanni tao ta distante, ma ci tro-

169

viamo invece di fronte a creature la cui vita interiore, pet


quanta personalissima, lascia scoprire l'azione che vi ha la
grazia di Dio. Cos}, raffigurando la morte e la resurrezione
del Cristo, l'episadio di Lazzaro ci far intendere in quaI
modo il cristiana muoia e risusciti unendosi a Ges .
XI, 1 S'cra ammalato un cetto Lazzaro di Bcthania, il viUaggio di
Maria e della sorella di lei, Marta. 2 Maria Cfa colci che unse di unguenta profumato il Signore e gli asciug i picdi coi suai capelli. Era sua
fratello Lazzaro ch'era ammalato. 3 Dunque, le sorelle mandarono a
dire a Gesll: Signore, vedi, colui che tu ami malato . 4 Ges, cio
udendo, rispose: Qucsta malattia non mortale, ma per la Gloria
di Dio, alTinch pet essa sia glotificato il Piglio di Dio ~~ .
5 Ges voleva bene a Marta e alla soreUa di lei, Maria, e a La22ato.
6 Com'ebbe, dunque, sentito che egli era ammalato, si trattenne ancora
duc giorni nel luogo dov'era. Poi disse ai discepoli: Torniamo in
Giudea . 8 1 discepoli gli dissera: Rabbi, i giudei cetcavano or ara
di lapidarti e lU vuoi toroare di nuovo l? . 9 Ges risposc: Non sono
forse dodici le ore dei giorno? Se uno cammina di giorno non inciampa
perch vede la luce di questo manda; 10 ma se cammina di natte inciampa perch la Juce non in lui . 11 Cosl parlo, poi saggiunse: Lazzara, l'arnica nastra, dorme; ma vada a svegliarla . 12 Allora i discepoli gli clissera: Signore, se dorme guarir! . 13 Ora, Ges aveva parlata della marte di lui , mentre essi avevano creduta che parlasse deU'assopimento nel sonno. 14 Allora Ges disse loro apertamente: Lazzaro
morto 15 e sono con tenta pet voi di non essere stato l, affinch
crediate; ma andiama da lui . 16 Disse a11ara Tommaso, chiamato
Didimo, agli altri discepoli: Andiamo anche noi per morire con Lui ).

Lazzaro non compare che nel quarto Vangela '.


Abbiamo gi conosciuro le sorelle nel celebre episodio
di Luca (X, 38 ss.), nel quale si visto in tutti i tempi
un parallelo fra la contemplazione e }'attivit esteriore.
Ritroveremo Maria prima della Passione, mentre co
sparge di profumo Ges.
La preghiera delle due sorelle per il lora fratello: Si1 Il Lazzaro di Lf/ca XVI , 19 ss. non che un pcrsonaggio di una parabola
(essendo un nome molto diJTuso). Si pcnsato talvolta che si trattasse nei duc
casi di un medesimo personaggio leggendario che }'autore dei quarto Vangelo
avrebbe tratto da san Luca e poi faUo risuscitare per mos trare la verita di
Luca XVI, 31: Se non ascoltano Mos e i profeli non duranno neppure reUa
ad uno che s ia risorto dai morri _. Quest' intenzione pero assolutamente estranea a san Giovanni che riferisce il racconto per indicare ch e Gcs la
resurrezione e la Vit a _, e che considera Lazzaro come un personaggio reale,
fratcllo di Maria e di Murta, presentate anche da san Luca come degli esseri
vivcnti con delle pcrsonalit ben precise come in Gioval111i .

170

Il Verbo, Vito e Luce

gnore, vecli, colui che tu ami malato di una fecle cos1


pura e cos1 discreta che non vi che un'altra preghiera
umana che la uguagli nel Nuovo Testamento (cfr. IV, 49).
L'espressione che esse usano: Colui che tu ami - a
cui far eco il grido degli astanti quando Ges sar davanti
al sepolcro: Guarda come l'amava! ci ricorda la
designazione misteriosa che ritorna frequentemente sotto la
penna di san Giovanni e che indica senza dubbio lui stesso:
il discepolo che Ges amava.
L'accostamento s'impone ancor plU quando si osservf
che san Giovanni sembra aver la stes sa cura nel lasciare
nell'ombra i tratti di Lazzaro, come quelli de! discepolo
prediletto, mentre i caratteri di Marta e di Maria appaiono
subito con un rilievo sorprendente.
Alcuni autori sono stad portati cosl a vedere in Lazzaro
il quarto evangelista. Tali indizi, per quanto singolari, sembrano poco decisivi perch su di essi si possa basare una
convinzione sicura; ma non sembrerebbero forse convalidati
dal dialogo fra Pietro e Ges, insieme alla riflessione de!
l'evangelista, al c. XXI: " Signore, di lui che cosa sar? "".
"Se voglio che egli rimanga finch io venga, che t'importa? " Si sparse perci tra i fratelli questa voce: quel discepolo non muore (vv. 21-23). Quest'ipotesi aflasdnan:e
non sarebbe d'altra parte necessariamente in contrasto con
l'attribuzione deI quarto Vangelo a san Giovanni: Lazzaro poteva es sere un soprannome che designava il povero , cio l'uomo pio e umile.
Comunque stiano le case, non va dimenticata la costante
cura con cui l'evangelista lascia neU'ombra questo 0 quel
personaggio amato da Ges. Come nella Trinit la persona
deUo Spirito Santo che l'amore sostallziale drcondata
di oscurit, altrettanto signi6cativo il riserbo per tutto
cib che vicino all'essere umano che, per cos1 dire, persani6ca la penetrazione dell'amore di Dio nel nostro universo.
L 'arnore vero non oggetto della vista e si pub anche
dire in un corto senso che n la fede n la visione della
Gloria possano farcelo contemplare. Non 10 si conosce veramente che possedendolo in se stessi, perch vi una specie
di misteriosa identi6cazione di colui che ama con colui che

La rerurrezione di Laz:::aro

171

amato e nel quale il sua amore 10 trasporta. Cos1 l'amore


che non rispetta questo pudore estremo non che una
caricatura 0 un 'illusione: quello dei falsi mistici 0 di coloro che sono assoggettati alle passioni mondane.
Le parole di Ges in ris posta alla preghiera delle due
sorelle devono essere spiegate tenendo presenti le sottili
sfumature di significato del termine asthna, che siamo
costretti a tradurre con malattia. In realt il SUD significata pi ampio e designa ogni debolezza 0 infermit, in
particolare l'infermit della carne 2 che il Cristo ha
accettato da noi su di s allo scopo di trionfare pet noi
su di essa. Allo stesso modo la debolezza , 1' infermit
di Lazzaro alla quale Ges si unisce per sua amore, sar il
mezzo pet manifestare la Gloria divina.
Dopo queste parole Ges resta due giorni senza far nu Il.
per Lazzaro: un altro tratto che segna il parallelismo tra Lazzaro
e Ges, rimasto nella tomba due giorni durante i quali la sua
disfatta pareva irrimediabile, bench dovesse ne! terzo trionfare
sulla morte.
n terza giorno, quando vuole ritornare in Giudea per
risuscitare Lazzaro, i discepoli, come sernpre, non pensano
che a dei consigli di prudenza umana: Rabbi, i giudei
cercavano or ara di lapidarti e tu vuoi tornare di nuovo
l?, La loro incomprensione assume ara un significato
pi grave che lasda presagire il vidno sbandamento:
proprio per queslo che Ges ritorna in Giudea, perch la
sua O1'a) vicina, l'ara della sua glorificazione che deve
operarsi, come si vedr in Lazzaro, attraverso la debolezza e 1' infermit .
L'oscura frase di Ges: Non sono forse dodici le ore
del giorno? Se uno cammina di giorno non inciampa perch vede la luce di questo mondo; ma se cammina di natte
inciampa perch la luce non in lui , deve spiegarsi come
un'allusione a un proverbio:l e sottintende l'idea che pel'
Ges camminare di natte signi6ca agire diversamente
da quello che suo Padre vuole.
2 Nel senso giovannco, che non implica quell'idea di opposizione concrcta
a Dio c he l'espressione acquista nel linguaggio di san Paolo.
3 Scmbra essel'e 10 SlcSSO a cui si fa allusionc in IX , 5 e XIl , 3536.

172

Il Verbo, Vila e Luce

Il materialismo che imprigiona 10 Spltlto dei discepoJi


si manifesta di nuovo, e questa volta con un equivoco quasi
comico, quando Ges dice loro che Lazzaro si addormen~
tato ed essi rispondono senza preoccuparsi e senza riAet~
tere un istante: Signore, se dorme guarir! .
Ges tronca le loro chiacchiere: Lazzaro morto .
Gli risponde un accorato silenzio ed Egli annuncia, senza
che osino pi interromperlo, il segno che sta per fare . Pa r~
tono, e san Giovanni conclude questi preliminari con 1a
frase di san Tommaso, piena d'amore, ma senza speranza,
che preannuncia il suo atteggiamento dopo la resurrezione:
Andiamo anche noi a morire con Lui) 4
17 Arrivato dunque, Ges trov Lazzaro gi da quattro giorni nella
tomba. 18 Bethania distava poco da Gerusalemme, circa quindici stadi,
19 e moiti giudci erano vcnuti da Marta e da Maria per consolarle deI
loro fratello.
20 Marta, dunque, appena seppe che arrj~ava Ges,- gli a~da incontro, mentre Maria rest. a casa. 21 Marta disse a Gesu: SIgnore, se
tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto, ma anche adesso sa
che qualunque cosa domanderai a Dio, Dio t~ la conceder . ~3 Ges?
le disse: Tuo fratello risorger . 24 Marta tlspose: Sa che nsorgera,
nella resu rrezione neU'ultimo giorno . 25 Le disse Ges: 10 sono
la resurrczione e ia Vita; chi crede in me anche se morto vivr, 26 e
chiunque vive e crede in me non morir in etern.o: Credi. tu . qu:st?'? It .
27 Rispose: Si, Signore, io ho creduto ,he tu sel Il MeSSIa, 11 Figho dl
Dio che doveva ven ire nel monda .
Detto questo, and a chiamare Maria, sua soreIla, dicendole so.ttovoce: Il maestro qui e ti chiama . 29 A queste parole. MarJa
subito si alz e and da Lui. 30 Ges, pero, non era ancora entrato nt!
villaggio, ma stava sem pre nel luogo clave Marta l'aveva incontrato. 31
1 giudei che era no neUa casa con Maria e la confortavano, ~uando la
videra alzarsi in fretta e uscire, la seguirono al sepo1cro per plangere l.
32 Maria, giunta al luogo clov'era Gcs, vedendolo gli cadde ai piedi
ed esclamo: Signote, se fossi stato qui, mio fratello non .sar~brn:
morto . 33 Ges, vedendola piangere, e con lei piangere a";che 1 glUdel
che la accompagnavano, frem in cuor sua e si turb, 34 e dIsse: Dov;
1'avcte deposto? . Gli dissero: Signore, vieni c vedi . 35 E Gesu
pianse. 36 Dicevano aUora i giudei: ( Guarda com~ l'amava! . 37 M~
alcuni di Ioro soggiungevano: Non poteva CoStUl, che ha apcrto gh
occhi al cieco fare anche che questi non morisse? .
38 Ges,' dunque, di nnovo fremendo in se stesso, si reta 31

28

... Grammaticalmenlc questo .. Lui . potrebbc designare Lazzaro, ma ci


sarebbc quasi privo di significalo.

La resurreone di Lazzaro

173

scpolcro. Era una grotta, contro la quale era stata posta una pietra.
39 Ges disse: Togliete la pietra! . Gli disse Marta, la sorcHa del
morto: Signore, gi puzza, perch son quattlo giorni che l )). 40
Ges le disse: Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio? .
41 Tolsero, allora, la pietra. Ges leva gli occhi al cielo e disse :
Padre, ti ringrazio di avermi ascoltato. 42 la per sapevo che tu mi
ascolti sempre, ma l'ho detto per il popolo che mi circonda, affinch
credano che tu mi hai mandato . 43 E, detto qucsto, con gran voce
grid: Lazzaro, vieni fuod! . 44 Il morto usd con i piedi e le
mant legati da fasce e la faccia avvolta in un sudario. Ges disse loro :
Scioglietelo e lasciatc10 andare .

Quando Ges arriva a Bethania, ha gi lasciato che la


morte compisse la sua opera fino alla fine.
La casa di Marta e di Maria risuona di quelle ru morose
manifestazioni di conforto che sono familiari agli orientali.
Nella folla di giudei che vi sono radunati, insieme agli amici
sinceri si contano anche dei curiosi : si vuol spiare il disorientamento dei discepoli di quel maestro cos1 rinomato,
che ha lasciato morire lontano da Lui celui che amava.
Appena sa della venu ta di Ges, Marta si alza per andare ad incontrarlo: cortesia da parte sua? S1, ma sicuramente anche la decisione subito presa, da questa donna
volitiva, di avere un colloquio col Signore, in cui possa
farlo partecipe degli avvenimenti e dei sentimenti che banno
suscitato in lei, lontano dalla presenza di quelle persone
compassionevoli sulla sincerit delle quali non s'illudeva
troppo.
La hase che gli rivolge esprime la pi ferma confidenza
in Ges, ma non difficile leggervi in trasparenza uoa mescolanza di rimprovero e, se non di dubbio, almeno di
estrema freddezza nella speranza che lascer intravedere
poco dopo: Signore, se fossi stato qui mio fratello non
sarebbe morto ... . Si ha l'impressione che dica a se stessa:
ormai troppo tardi. Essa pensa che Ges abbia lasciato
passare non per negligenza, ma per ignoranza, il momento
in cui si sarebbe potuto fare qualche cosa e in cui Egli
senza dubbio l'avrebbe fatto. Ora diventato impossibile;
Marta per, per quanto realista sia 0 creda di essere, senre
l'impulso di confessare che la sua fede resta intatta: Ma
anche adesso so che qualunque cosa domanderai a Dio, Dio

174

Il Verbal Vila c Luce

te la conceder . Si Interpreta spesso questa frase come


se fosse una richiesta di miracolo: assai poco probabile,
e l'atteggiamento di Marta in seguito sembra escludere una
simile supposizione.
Nella quasi paradossale situazione dell'animo di Marta
che ci rivela san Giovanni, vi un insegnamento che biso
goa mettere in evidenza. Si vedono spesso dei cristiani
sinceri, integri, la cui fede appare solida e pura, perch si
mantiene intatta nelle tenebre, ed invece manchevole da
questo lato: credono alla Luce, ma come se credessero alla
esistenza di un mondo al guale non avranno mai accesso
o che pensano soltanto di poter visitare in un tempo co~)
lontano da sembrar loro come irrea]e. Tuo fratello risorger , dice Ges a Marta. So che risorger nella resurrezione, nell'ultimo giorno . La fede d ]oro una ferma
certezza nel monda in vi si bile, ma come distaccata da loro,
e dall'angusto cerchio in cui si muovono non immaginano
che il monda visibiJe, di cui hanno una coscienza ugua]mente certa, vi abbia posta. Non che non credano che
Dio possa aprire i cie1i e discendere, ma un buon senso
troppo legato alla terra li rende ben sicuri che in reall non
10 fa, 0 che non l'ha fatto 0 non 10 far che in tempi
COSI lontani nel passa ta 0 nell'avvenire che sembrano senza
alcun legame con il presente . Essi possono credere fermamente nel monda invisibile, ma se la rappresentano come
fosse parallelo al monda visibile, senza punti di contatto
con esso. Hanna una fede radicata profondamente, ma che
si spinge poco pi su della radiee, separa ta com' dalla
speranza.
a questi che Ges dice: la sono la resurrezione e la
Vita; chi crede in me anche se morto vivr, e chiunque
vive e crede in me non morir in eterno ).
Con le parole la sono la resurrezione e la Vita}), Ges
denuncia l'errore della fede che dispera. Lui stesso ne
la confutazione viven te, perch Egli , nella persona divin a
incarnata, l'incorruttibilit del monda invisibile nel visibile.
Egli la resurrezione e la Vita, perch la vittoria sulla
morte non soltanto un 'opera che ha fatto, ma propriamente Lui stesso, poich la divinit che prende su di s

La resurrezione di Lauaro

175

l'umanit per strapparla ai suai limiti e aIle sue debolezze.


Per guesto chi crede in Lui vivr.
Realmente la fede diretta a Lui stesso, a quella penetrazione dell'invisibile nel visibile che la sua esistenza rende
definitiva, e non rivolta a un mondo invisibile separato
per sempre dal visibile. COSI, per la sua stessa fede, il credente in possesso della speranza di aver parte alla resurrezione e alla Vita, perch crede in esse non come a realt
inaccessibili, ma come a realt essenzialmente offerte e messe
alla sua portala.
Il senso dell'espressione anche se morto non deve
intendersi come annientamento puro e semplice a come reale
dannazione, cosl come il termine morte preso nel sua signiJi.cato pi radicale, assume in alcuni autori sacri. Non sembra neppure che si debba intendere nel senso che per il
credente la vita continui nell'oltretomba, altrimenti la frase
seguente, che dovrebbe segnare un ulteriore . svolgimento del
pen siera, non sarebbe al contrario che una ripetizione.
Non pensiamo d'altra parte che la ftase Chi crede in
me, anche se morto vivr significhi che sopravvenendo
per un credente la morte naturale, questa non impedisca
che egli passa risusctare pi tardi (per quanta tale interpretazione sia molto allettante), perch non si vede come
il sua significato si legherebbe a ci che segue.
Il concetto espresso piuttosto che colui il quale, pnvato della vera Vita e incapace di accedervi, giunge a credere, ottiene la Vita che gli era prima estranea.
In seguito: Chiungue vive e crede in me non morir
in eterno , deve essere inteso nel senso che, come si
acquistata la Vita con la fede, conservando la fede che
si conserva la Vita, fino all'eternit in cui l'acquisizione
diventer definitiva e si dilater la fede, che nulla- potr
pi ostaco]arc.
Ges aggiunge: Credi tu questo? . Marta risponde:
Sl, Signore, io ho creduto che sei il Messia, il Figlio di
Dio che doveva venire nel mondo. La sua risposta, se si
osserva con attenzione, piuttosto sconcertante: Ges le ha
domandato di credere, credendo in Lui, alla resurrezione e
alla Vita; essa risponde che crede che Egli il Figlio

176

La resul'rezione di Lo:Wlro

Il VCl'bo, Vita C Luce

di Dio, che doveva venire nel monda , Vi sarebbe forse


un fonda di scetticismo in questa dichiarazione di fede?
Non la crediamo, Resta qualehe cosa deUa sua attitudine
anterlore, ma soltanto cio che essa aveva di positivo e che
trova ara il sua pieno valore nel nuovo atto di fede che
accetta tutto cio che implicito in essa. Le mancava di credere effettivamente che Ges il Figlio di Dio che viene nel
monda. Essa aveva ragione di non confondere questo monda
con l'altro, e di essere profondamente persuasa che questo
monda non ha in se stesso il potere di raggiungere la Vita
che non appartiene che all'altro,
Mentre confessa che Ges il Figlio di Dio che viene
nel mondo, esprime la sua fede nella resurrezione e nella Vila
come in realt che possono essere nel mondo pur non
essendo mai det mondo, perch sono in esso attraverso la
venu ta dei Cristo: agni atto di fede nella Vita e nella
resurrezione che non sia innanzi tutto un atto di fede in
Ges Cristo Figlio di Dio che viene "el mondo, non sarebbe
che un'illusione.
Dopo Marta, Maria, che essa andata a cercare 5, che
viene pressa Ges, Non aveva l 'impazienza deUa sorella:
sapeva attendere, perch era cosl sicura della venuta dei
Maestro che l'attendeva ad ogni momento, certa che quello
che Lui avrebbe scelto sarebbe stato il pi confacente ai
suai disegni d'amore, Dopa che Marta le ha detto all'orecchio, come un segreto che non per la folla curiosa che si
accalca intorno: Il maestro qui e li chiama , risponde
subito al suo invito. Giunta davanti a Ges si getta ai suoi
piedi con la stessa frase che aveva pronunciato sua soreHa:
Signore, se fossi stato qui, mio fratello non sarebbe
morto . Mai una medesima frase ha assunto sfumature cos1
diverse neUe due bocche che l'han no pronunciata, Per Marta
esprimeva una disperazione calma, scnza clamori, ma tanto
pi definitiva. Maria invece vi pone una certezza che, per
quanta discreta, sembra slidare l'impossibile. Non domanda
nulla, non crede neppure di dover affermare la propria
s La frase di Marta: II maestro qui e ti chiama ,. si riferisce n una
frase di Ges che l'evangelista non rifcriscc, 0 csprimc soltanto il dcsidcrio di
GeSll che Marta avrebbe ndovinato? Non facile stabl irlo e dei resta di
poca importam:a.

177

fede come Marta: nelle sue parole vi solamente la speranza


nella venu ta salvatrice dei Cristo, speranza che tutto sembra aver smentito e che tuttavia perdura, non sapendo pi
che cosa deve attendere, ma attendendo sempre con una
cos1 piena confidenza in Ges, pur nella miseria pi profonda, che Egli commosso sino a fremere,
Non soltanto la vista di Maria che provoca il sua turbamento, perch, al contrario di Marta, non sola, 1 giudei
che la circondavano nella sua casa e che s'ingannavano
completamente sul suo dolore, l'hanno accompagna ta. Pensavano che rimanesse prostl'ata sotto il colpo che l'aveva
percossa, inca pace di reagire, e guando la vedono alzarsi
e uscire, credono che voglia andare a continuare una sterile
lamentazione presso la tomba; ma essa andava a confessare
dinanzi al Maestro della Vita la sua invincibile speranza.
E ora piangono con lei, pel' un sincero cordoglio 0 per una
banale compassione di anime senza profondit, pronte aIle
lacrime come al riso, mentre essa piange per un dolore cos1
vero che la speranza illumina, ma che non pu togliere.
Due dolori tanta diversi: il dolore profondo, ma penetrato di speranza di Maria, il dolore superliciale per quanta
senza un barlume di speranza dei giudei, i quali credono di
farIe eco, menU'c non vi nulla in comune tra ci che passa
nel 101'0 cuore e cio che passa nel sua, Ges ne colpita
nell'intimo deI sua cuore, perch Egli constata qui la profondit della miseria umana. Forse vede anche anticipatamente, al pasto di Maria di Bethania inginocchiata che
pi ange Lazzaro, colei che, tra qualche giorno, ugualmente
prost rata ai suoi piedi, pianger Lui stesso ..
Alla domanda di Ges: Dave j'avete deposto? , si
ha la stessa risposta di Filippo a Natanaele per condurlo
al Cristo, che ara l'evangelista pane sulla bocca dei gilldei
per condurre Ges alla tomba di Lazzaro: Vieni e vedi .
difficile non vedere ancora una precisa intenzione
del1'evangelista in questa ripetizione: da un lato l'uomo
soggetto alla morte che chiamato a visitare Colui che, solo,
d la Vita, dall'altro la Vita chiamata a visitare la morte.
Ges, che fremette davanti al dolore di Maria e ai singhiozzi dei giudei, ora pi ange anche Lui su Lazzaro 1110rto.
12

IV VOflgel0

178

La resmre:one di LaZ1.oro

Il Verho, Vila e Luce

Piange di fronte a questo abisso che il sua amore deve


colmare per trovare e ricondurre colui che ama. Al Getsemani pianger su se stesso; qui piange sull'umanit di
cui prende su di s la morte per liberarla.
Quando arriva al sepolero, Ges freme di nuovo: il
momento pi solenne della sua opera tra gli uomini, sta pet
compiere il segno}) supremo effettuando su uno dei suoi
l'immagine di cio che deve compiete in se stesso, cos1 come
dopo riprodurr in essi la sua morte e resurrezione. L'ordine: Togliete la pietra! , provoca confusione tra gli
astanti. Vedendolo piangere avevano esclamato: Guarda
come l'amava! ; s'ingannano tuttavia sul senso e sulla potenza di questo amore non vedendovi che un'affezione orlTIai
impotente, per quanta grande fosse stata nel passato : Non
poteva Costui, che ha aperto gli occhi al cieco, fare anche
che questi non morisse? .
Cosl, quando Ges ordina che si tolga la pietra, l'insolita richiesta, presagio di fatti imprevedibili e straordman,
riempie d'angoscia tutti i presenti. Sanno troppo bene quale
orribile spettacolo si riveler ai loro occhi quando la pietra
verr tolta. Quali sono dunque le intenzioni del CrISto
perch osi affrontare questa cosa spaventosa? M~rta e~pri me
cio che nessuno osa dire e che li fa tremare tutu: Slgnore,
gi puzza, perch son quattro giorni che l ' . Tutt~
quell'alternarsi di sublimi sentimenti di amore e dl pleta
che abbiamo appena seguito, terminerebbe a quel letore, e
Lazzaro la cui immagine amata comincia a spiritualizzarsl
nel ricordo, ammorberebbe l'aria, se si commettesse la folle
imprudenza di sollevare la pietra: anche Marta, per quanto
sia poco sentimentale, inorridisce di spavento!
Essa immagina gi il viso amato apparire decomposto
dalla morte . Ma Ges le dice: Non ti ho detto che, se
credi, ved rai la Gloria di Dio? .
Non abbiamo mai visto san Giovanni osare tanto coraggiosamente unire la morte accettata e la Gloria di Dio, a
cui tutti i capitoli che precedono ci hanno preparato e che
capitoli seguenti illumineranno completamente.
Tolsero, allora, la pietra, Ges lev gli occhi al cielo
e disse: " Padre, ti ringrazio di avermi ascoltato. 10 pero

179

sapevo che tu mi ascolti sempre, ma l'ho detto per il popolo


che mi circoncla, aiIinch credano che tu mi hai mandato "". . Egli rende grazie perch il Padre l'ha ascoltato,
prima ancora che il miracolo si sia compiuto, proclamando
a tutti i testimoni di questa scena indimenticabile che
la forza di Dio che per mezzo di Lui si manifesta, e che
essi stan no per assistere al segno supremo della sua missione
divina.
Allora, con gran voce grido: Il Lazzaro, vieni fuari!
Il morto usd, i piedi e le mani legati da bende e il viso
avvolto in un sudario. Ges disse )oro: "Scioglietelo e
lasciatela andare" ~>.
li.

45 Moiti dei giudei venuti da Maria, e che avevano visto db che


Egli aveva fauo, credettero in Lui. 46 Alcuni, pero, di ess si reCMono
dai farisei a riferire cio che aveva fatto Ges.
47 1 grau sacerdot i e i farisei radunarono allara un consiglio e dicevano: Che cosa poss iarno farc? Perch quest'uomo fa moiti mira
coli 6! 48 Se Jo lasciamo continuare, tutti crederanno in Lui e verranno
i Romani e distruggeranno e il nastro luogo e la nastra nazione .
49 Uno di essi, pero, Caifa, che era sommo sacerdote di quell'anno,
disse loto: Voi non ci capite nulla 50 n riflettete che ne! VOSlro
interesse che un uorno 5010 muoia e non perisca la nazione intera .
51 Ora, questo non Jo disse da se stesso, ma, essendo sommo saCCfdote di quell'anno, profetb che Ges doveva morire pet la nazionc,
52 e non soltanto per la nazione, ma affinch raccogliesse in unir i I1gli
di Dio dispersi. 53 Da quel giorno, dunque, decisero di farlo mOl'ire.
54 Ges non si fnceva p vedcre in pubblico fra i giudei 1, ma si l'ilira
neHa regione prossima al deserto, in ulla citt chiamata Efra im, e l
soggiorn con i suai disccpoli.

qui che si realizza la parola deI prologo : La Luce

venu ta presso i suoi e i suoi non l'hanno accolta . Il

Cristo ha fatto risplendere la Luce alla quale si era espressamente identificato, manifestandosi con la resurrezione di
Lazzaro come la Vita donata, che, passando attraverso la
morte e trionfando su di essa, risplende nella Gloria.
Alla manifestazione decisiva da parte sua, risponde quella
dei giudei: farisei e principi dei sacerdoti si riconciliano
nel sinedrio per mettersi contro di Lui, i primi spinti dal6 Letteralrncntc segni _,
1 Cio in Giudea, il solo tuago in cui la giurisdizionc dei Sinedrio cra

coercitiva.

180

Il Verbo, Vila e Luce

l'odio religioso, i secondi dal timore politico. CaiEa - san


Giovanni 10 sottolinea - esercita senza esitazioni il dono
della profezia che si credeva concesso ai grandi sacerdotl,
quando dichiara cinicamente che meglio la morte di uno
solo per tutto il popolo. L'evangelista afferma allora espressamente : la morte di Ges pey gli uomini) nel senSQ che
Lui subisce la pena che altri meritavano, ma soprattutto
ne! senso che la sua morte il mezzo necessario per acquistare all'umanit che Egli ha assunto su di sc! la Gloria
divina con tlltta db che questa impUca.
Tra le conseguenze della glorificazione attraverso la morte
deI Figlio dell'uamo ve n' una che Ges ha come abbozzata
nella similitudine deI buan pastore e che san Giovanni
mette qui in evidenza: la riuniane dei figli di Dio dispersi.
Questo tema avr un'ampia parte nei discorsi d'addio di
Ges ai suai e sa l' l'oggetta della pregbiera sacerdotale. Non
una conseguenza secondaria della morte e della resurrezione
deI Cristo: pel' tuUa l'antiehit cristiana l'essenziale ragio:1
d'essere era la riunione di tutti gli uomini tra di Joro e con
Dio attraverso il sua amore che non incontrava pi ostaco11
nella creatura salvata grazie al sacriflcio del suo creatore. NelJ'eucaristia, la frazione deU'unico pane rappresentava ed effettuava, con Ja comunione di tutti allo stesso corpo santo glorificato atttaverso la morte, la riunione di tutti nel Cristo. l termini che san Giovanni usa qui suggeriscono una reminiscenza di questo rito, come anche ce 10 indiea l'accostamento con la preghiera della Didach, cosl caratteristica:
Come questo pane dispersa sune colline stato radunato cd
diventato uno, cos11a tua Chiesa sia radunata dalle estremit
della terra ne! tua regno: poich a te sono la gloria e la potenza
in Ges Cristo .
Per l'ultima volta, come per riservarsi la piena libert
di abbandonare la sua vita e di l'iprenderla , Ges si ritira
per qualehe tempo a Efraim. San Giovanni fascia calare il
rnistero su quest'ultimo ritiro da cui Ges, giunta la sua
ora , uscir, salendo a Gerusalemme pet la Pasqua, quella
nuova Pasqua in cui sar Lui stesso l'agnello immolato che
trova la gloria nelPimmolazione 8 .
8 Cfr. Apocalisse V, 6.

Parle seconda

La Passione
e la Glorificazione

I.

l PRELIMINARI DELLA PASSIONE

Siamo giunti all'atto supremo del Cristo sulla terra: la


sua passione liberamente accettata. l preliminari pubblici
sono: l'unzione a Bethania, l'entrata a Gerusalemme J l'incontro con i greci . L'evangelista conclude questo capitolo
introduttivo con nuove riflessioni sulla predestinazione.

1. L 'UNZIONE A BETHANIA
55 Era, pero, vidna la Pasqua dei giudei, e moIti salirono a Gerusalemme da quella regione, prima della Pasqua, pcc purificarsi. 56 Cereavana, dunque, Ges, e si dicevano gli uni gli altri, fermandosi nel
tempio: Che ve ne pare? Non verr alla festa?, 57 Ol'a, i gca n
sacerdoti e i farisci avcvano dato ordini a chiunque sapcssc dov'era
Ges di denunziarlo, pet arrestarlo.

Il riferimento alla Pasqua non deve prepararci solamente


a un segno precursore del sacrificio di Ges, ma al sacrificio
stesso.
l pellegrini, saliti in antlclpo a Gerusalemme per le
rituali purificazioni che precedevano la celebrazione della
festa) s'interrogano a vicenda) sapendo che l'ora sta per
essere decisiva. L'atteggiamento dei grandi sacerdoti ormai
chiara; Ges si consegner 0 no? Questo richiamo sottolinea l'idea cara a san Giovanni che Ges si sia liberarnente
consegnato ai suai nemici.

184

1 pre/imit/ari della PaJsione

La Pass;ol1c e la Glorificazione

185

XII, 1 Sei giorni prima della festa di Pasqua Ges venne a Bethania,
dov'era Lazzaro che Egli avcva risuscita to cla morti. 2 L gli fecete una
ceoa; Marta serviva e Lazzaro cra uno dei commensali. 3 Maria, dunque.
prese uoa libbra di profumo di narda autentico, di molto valare, e
unse i picdi di Ges, asciugandoli con i suai capelli, e la casa si riempl
deI profumo deU'unguento. 4 Giuda l'Iscariota, pero, uno dei suai
discepoli, quello che srava pet tradirIo, disse: Perch non s' vendu to
questo unguento pet ttecento denari e non s' dato ai poveri? . 6 Disse
queste non perch gli importasse dei poveri, ma perch cra ladra e,
teneodo la hOl'sa, rubava cio che vi si metteva dentro.
7 Ma Ges gli rispose: Lasciala! Essa ha l'servato questo unguento
al giorno deUa mia sepoltura. 8 1 poveri, infaui, li avcte scmprc tra
voi, ma non avete sempre me }).
9 La gran folla di giudei seppe che Ges cm l e vennero non solamente per Ges, ma anche per vedere Lazzaro che Egli aveva risusdtato dai morti. 10 Ora, i gran sacerdoti decisero di far modre anche Lazzaro, 11 perch moIti giudei li abbandanavano a causa di lu i c
credevano in Ges.

vedere Dio nei nostri fratelli e servirlo in essi, ma non


dobbiamo dimenticare che se 10 incontriamo nelle persone
umane, perch Lui stesso persona. L'omaggio che noi
gli rendiamo nella persona dei poveri non deve cio
dispensarci dall'adorarlo in se stesso, ma al contrario deve
condurci a tale adorazione.
L'osservazione sulla gente che viene a pigiarsi nel luogo
dei banchetto per vedere, con Ges, Lazzara in cui si manifestato il suo amore, ricorda che, se Ges non si confonde
con i suoi, neppure se ne separa . Ci sottolineato tragicamente dall 'allusione all'odio dei grandi sacerdoti che investe,
come l'amore, Ges e il suo discepolo.

Il racconto dell'unzione, posto all'inizio della Passione,


indica la volont costante dell'evangelista di mostrarci nelle
sofIerenze di Ges la sua vera glorificazione: Egli stesso
stabilir il legame tra questo atto messianico, nel senso pi
letterale, e la sua sepoltura.
Il tratto saliente il comune scandalo dei discepoli 1
dinanzi a tale prodigalit; ma questo sentimento, proprio
perch espresso da Giuda, fa apparire il falso carattere di
seriet di cui sem brava testimoniare. Ges sta per rivelare
al mondo l'infini ta generasit di Dio, cos1 prodigo che non
l'isparmia il proprio Figlio anche quando si tratta soltanto
di salvare delle creature peccatrici. Premunisce dunque i
suoi discepoli contra il pericolo di confondere cette vie di
umana prudenza con i consigli di Dio, 0 una finezza di scrupolo con ci che non che meschinit dell'uomo, trappo
abituato a curare i propri interessi per non voler trattare
gli afIari di Dio come si occupetebbe dei proprio
Una falsa concezione dell'utilit immediata rischia d'introdursi anche nella carit e di viziare tutti i nostri rapporti
con Dio, mentre noi, a torto, crediamo d'essere sollevati
ad una superiore concezione del cristianesimo. Dobbiamo

12 L'indomani, la gran folla venuta per la festa, sentendo che Ges


si recava a Gerusalemme, 13 prese i rami delle palme e gli anda incontro gridando:
Osanna!
Benedetto Celui che viene nel nome del Signore,
il re d'Israele!
14 Ges, trovato un asinello, vi monta, seconda quel che scritto:
15 Non temere, figlia di Sion:
ecco, il tuo re viene,
seduto su di un puledro d'asina 2.
16 SuUe prime, j suoi discepali non compresero questo, ma quando
Ges tu glormcato si ricordarono che queste cose erano state scritte di
Lui, e queste gli avevano fatto.
17 La folla, che era con Lui quando aveva chiamato Lazzaro dal sepolero e la aveva risuscitato clai morti, gli dava testimonianza. 18 E
anche perch aveva udi to che Egli aveva fatto questo miracolo, la folla
gli and incontro. 19 1 farisei, a1l0ra, si clissera: Vedete che non duscite a nulla! Ecco, il mondo gli corso clietro .

1 Cfr. M"tl eo XXVI, 8-9, e Marco XIV, 5-5.

2. L'ENTRATA A GERUSALEMME

La resurrezione di Lazzaro stata senza dubbio il segno


decisivo di Ges .
La gente di Gerusalemme, sentendo raccontare il miracolo di Bethania dalla folla dei discepoli che Egli si conquistato, gli va incontro.
Con la notizia di questo fatto straordinario diffusa dai
;l

l sa ia LXII, 11 , c Zaccaria IX, 9.

186

La Passione e la Glorificazione

pellegrini che salgono" la folla che scende dalla cltta santa,


e il cui numera aumenta di minuta in minuta, apprende che
Ges final mente si rivela come re e, comunque l'intenda,
si precipita sulle palme per spogliarle in fretta e improvvisargli un trionfo.
Gli stcS3i disccpoli pero, per quanto siano gli artefici
della manifestazionc, in fondo non vedono in tutto cio che
un avvenimento del tutto umano. Il pieno significato di
quella giornata vissuta in un effimel'o entusiasmo non potr
essere compresa che alla luce della vera glorificazione del
Cristo di cui questa non che il preludio.
l nfatti la gloria terrena non la gloria del Cristo. Egli
trover la sua gloria nell'avvilimento che tale sembianza di
trionfo gli prepara accrescendo al massimo le inquietudini
dei farisei.

3.

L ' I NCONTRO

CON

GRECI

20 Cetano a1cuni greci tra i pellegrini venuti per adorare durante


la festa. 21 Costoro avvidnarono Filippo, che era di Bcthsaida di GaliIea, e gli chiesero: Signore, ~~gliamo vedere G.es . 22 ~ilippo va ~
dirlo ad Andrea; Andrea e FIlippo vanno a dlrlo a Gesu. 23 Gesu
risponde loro: venuta l'ora in cui il Fi8~io ~ell'uo~10 deve esscre
glorificato. 24 I n verit, in verit vi dico: Se il ChlCCO dl frumento nOI1
cade in terra e vi muore, resta solo; sc, invece, muore, porta molto
frutto. 25 Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo
mondo la conserver per la Vita eterna. 26 Chi mi vuo! servire mi segua,
e dove sono io, l sar anche il mio servo. Se qualcuno mi serve, il
Padre 10 onorer.
27 Ora l'anima mia turbata. E che devo dire: Padrc, salvami da
quest'ora? 28 Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padrc,
glorifica il tua nome .
Dai cielo, yenne allora una voce:
L'ho glorificato e 10 glorilicher ancora .
29 La folla che stava l e aveva udito, diceva che era stato un tuono;
ahri dicevano: Un angelo gli ha parlato . 30 Ges riprcse: Non
pe[ me risuonata questa vocc, ma per voi. 31 adesso che ha luogo la
condanna di questo mondo; adesso il principe' di questo mondo sar.
cacciato fuod. 32 Quanto a me, allorch saro innalzato da terra, attt3 1 soli menzionati dai sinottici, cfr. Matt eo XXI, 1-11; Marco XI , 1-10;
Luca XIX, 28-40.

1 preliminari della PassiOl'ze

187

cere a me tutti gli uomini ~> . 33 Diceva qucsto per indicare di quaI
morte stava per morire.
34 Gli cispose la foUa: La legge ci ha insegnato che il Messia
rimane in eterno, e come puoi tu dire che il Figlio dell'uomo deve essere
innalzato? Chi codesto Figlio dell'uomo? ). 35 Ges, allora, disse
101'0: La Luce ancora pec poco tra voi; camminate mentre avete la
Luce affinch non vi sorprenda la tenebra, perch chi cam mina nella
tenebra non sa dove va. 36 Mentre avete la Luce crcdete nella Luce,
affinch diventiate Figli della Luce .
Cos1 parla Ges, poi se ne and c si nascose loro.

l pel1egrini greci venuti a Getusalemme pel' adoral'e


sono dei proseIiti. Si rivolgono a Filippo (il cui nome, come
quello di Andrea, greco) sieuramente per il fatto che patla
la loro !ingua. Questi gentili che vogliono vederlo, evocano nella mente di Ges la visione dell'umanit intera
attratta a Lui dalla sua glorificazione. Egli prende la parola
per affermare che la sua Dra, tante volte annunciata e tante
volte differita, finalmente venuta. l'ora deHa sua glorificazione, ma quale delusione per la folla, ieri entusiasta,
quando ne rivelel' il carattere !
L'immagine del grano che se non muore, resta solo, ma
che se muore porta molto frutto, introduce un duplice
insegnamento. La Gloria dei Cristo di comunicare agli
uomini la Luce e la Vita che sono in Lui; ma soltanto assumendo su di s tutta l'oscurit e l'infermit della lor0
carne}) puo compiere quella comunicazione pet la guale
venutO j se non muore, testa solo. E questo vale anche
per coloro cui offre il dono di Dio. La Vita che si manifesta
in Lui come Pamore che si dona, non puo manifes tarsi divets:tmente in es si. Pel' i sel'vitori come pet il signol'e, dandosi nno
a perdersi che si salvano. Da dove passato il maestro
devono passare anche i suoi: attraverso la morte come
attraverso la Gloria (che san Giovanni, qui meno che mai,
non distingue dana morte). Il Padre, come gi ha glorificato
il Figlio, onorer chi 10 seguir.
Posto dinanzi alla realizzazione di cio che annuncia per
l'ultima volta, il Cristo comincia a provare nell'animo la sua
prima Passione) tutta interiore, di cui i sinottici ci riferiscono solo il supremo istante, al Getsemani.
Ora l'anima mia turbata. E che devo dire: Padre

1 preliminal'i della PQSSiOl1e

La Passione e la Glorificazione

188

salvami da quest'ora? Ma proprio pet questo sono giunto a


quest'ora! Padre, g10ti6ca il tuo nome! .
Dopo cio che Egli ha detto, domandare la glori6cazione
accettare deliberatamente la Passione. La Luce dei Verbo
vielle ad attestare solennemente l'incredibile legame tra le
sofferenze e la Gloria.
Ges ris ponde ai commenti della folla vagamente inquieta per la voce celeste, che essa suggella il sua ins.gnamento pel' gli uomini che l'ascoltano, e precisa il suo
pensiero riprendendo in una breve frase l'insegnamento 5111
giudizio che gi l'abbiama inteso formulare .
Il gilldizio un latta campiuto dal momento in cui gli
uomini prendono decisamente posizione contro di Lui) come
hanno latto i farisei, realizzando i diseglli dei principe
di questo mondo , Satana, 0 pey Lui, come laranno gli
uomini di ogni razza e di ogni nazione che crederanno alla
sua glorificazione. Si osserver ancota come san Giovanni, se
condQ il procedimento a cui siamo abituati, usi il termine
essere innalzato in un duplice signiflcato: la crocifissione
e l'ascensione gloriosa di cui la via 4.
La lolla si scandalizza dei primo signi6cata. Essa attendeva, e lino a ieri pensava allcota di salutare, un Messia
di una gloria materiale, il cui trionfo si effettuetebbe senza
dolori 0 lallimenti; ed ecco invece la morte per Lui e per
i suai. Chi questo Messia cosl diverso dall'aspettativa?
Ges rivolge loto un ultimo avvettimento: vi un'ul
tima occasione per sollevate il velo carnale che offusca i loro
occhi. Ancora un po' di tempo e sar troppo tardi : la Luce
che li aveva visitati si ritrarr pet colpa loro 5 .
L'evangelista ci d, come conclusione di tutto l'inse
gnamento pubblico di Ges e dell'accoglienza lattagli dal
monda, le righe seguenti che tracciano un'altra volta la
dottrina della predestinazione esposta nel c. VI:
w

37 Bench Ges avesse fatto tant segni in loro presenza, non credevane in Lui; 38 affinch si compisse la parola d'Isaia profeta:
Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
" A Ire riprese si verifica nel Vangelo il medcsimo cquivoco, carco di un
scnso ccrtamente voluto, con questo stesso vcrbo-. CCr. Ill, 14 c VIII, 28.
S

Cfr. IX, 4-5; XI, 10 e VII, 21-29,

189

e il braccio dcl Signore a chi stato rivelato? .


39 Non potevano credere perch Isaia ha detto anche:
40 H a accecato i loro occhi
e indurito il 10ro cuore,
affinch non vedano con gli acchi
e non intendano col cuore,
e si convertano e io li guarisca,
41 Qu~sto disse lsaia perch vide la Gloria di Lui e di Lui pado 6.
Tuttavhl, anche moIti notabili credettero in Lui, ma non si dichiararon~ a cal~sa d:i fadsei,. pct ~on essere scacciati dalla Sinagoga; 43
pl'eferlVano, mfattt, la glona degh uomini alla nloria di Dio.

San Giovanni aggiunge infine come un florilegio dell'insegnamento pubblico di Ges riunendo parole che conosciamo gi pi 0 meno letteralmente:
44 Ora Ges grid:
Chi crede in me, nan crede in me ma in Celui che' mi ha
mandato 1,
45 e chi vede me, vede Colui che mi ha mandata.
46 10 son venu ta nel monda per essere la Luce,
affinch chiunque crede in me non resti nella renebra 8.
47 Se qualcuno ascolta le mie parole e non le ossel'va,
sono io che 10 giudico;
non sono, infatti, venuto per giudicare il monda,
ma per salvare il monda.
48 Chi mi rigetta e non accctta le mie parole ha chi la condanna:
La parola che ho annunziato, quella 10 condanner nell'ulti
ma giorno 0.
49 Perch ia non ho parlato per conta mio,
ma il Padre che mi ha mandata, Egli stesso mi ha prescritto
cio che dovcvo dire e annunziare,
50 E 50 che il sua comandamento la Vita eterna,
Cio che dico, dunque, 10 dico come il Padl'c me la ha detto 1 O.
6 Il passo cHalo (lsa;a VI, 1) la visionc che il profet3 cbbc di Dio neUa
sua Gloria, il nostro testo dunquc un'affcrmazione implicita della divinitil
di Gcs.
7 -Cfr. VII, 16 e VIII, 19.

8 CFr. VIII, 12.


9 In, 17-18 c V, 24-30.
10 Cfr. V, 30-40 e VIII, 26-28.

Ges e i - suoi

II.

GES E l SUOI

Entriamo ota con i discepoIi ne! cenacolo pet assistervi


all'ultima Cena e udirvi il discorso d'addio di Ges ai suoi.
Vi giungiamo come al vertice degIi insegnamenti giovannei.
Dopa J'ultimo banchetto, incomincer con ]'annunciare 101'0
la sua prossima morte, accompagnando ]'annuncio con parole
di consolazione che sviluppano tutte l'idea che la morte
il mezzo della gloriflcazione a cui essi Sa1'a11110 associati. In
seguito, con la similitudine della vite, svilupper il. pen:
siera del suo amore che unisce i suai a Lui e in LUI. POl
annuncer la venuta del Paradito che diffonder su di essi
questo amore. Inflne con un ultimo annuncio della sua
morte e glorificazione, il discorso terminer, e la grande
preghiera di Ges al Padre conduder l'ultimo incontro.

1.

L'ULTIMA CENA

XIII 1 Prima della festa di Pasqua, sapendo che era venuta pet
Lui l'or~ di passare da questo monda al Padre, Ges, che aveva amato
.
quelli che nel monda crana suai, li amo fino alla fine.
2 Durante la cena, quando gi il diavolo aveva messo ln cuore a
Giuda Isca1'iota, figlio di Simone, il proposito di tradirlo, 3 sapendo
che il Padre gli aveva data tutto nelle mani e che Egli era venuto d,a
Dio e a Dio l'tornava 4 Ges si leva dalla mensa, depone le veStl,
prende un panno e se' ne cinge. 5 Poi, versa l'acqua nel cati~o ~ s~
mette a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli col panna dl CUl SI
era cinto.

191

6 Viene, dunque, a Simon Pietro, il guale gli dice: Signore, tu mi


lavi i piedi?. 7 Risponde Ges e gli dice: Cio che io faccio, tu
adesso non la comprendi: 10 compl'enderai, pero, dopa. 8 Gli dice
Pietro: Non mi laverai i piedi in eterno! . Ges gli fisponde: Se
non ti laver, non avrai parte con me . 9 Gli dice Simon Pietro: Signo1'e, non soltanto i piedi, ma anche le m~ni e il ~apo! '. 10 ~I~ dice
Gcs: Chi ha fatto un bagno non ha blsogno dl laVal'SI; egh e del
tutta monda. E voi siete mondi, ma non tutti . 11 Sapeva, infatti,
chi la tradiva, percio disse: Non tutti siete mondi .
12 Quando, dunque, ebbe lavato i 101'0 picdi e riprese le sue vesti
e si fu adagiato di nuovo a mensa, disse loro: Comprendete cio che
vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate: il maestro c il Signore, e dite bene:
la sono, infatti. 14 Se, dunque, io, il Signore e il maestro, vi ho lavato
i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni agli altri. 15 Vi h~ dato,
infatti, un esempio, affinch anche voi facciate come ho fatto 10. 16
In verit, in verit vi dico: non c' servo pi grande deI sua padrone
n inviato pi grande di colui che la ha mandata. 17 Se sapcte questo,
beati voi se la mettete in pratica.

Il tono dell'evangelista nel preambolo si solleva a quello


di una liturgia sacra. Qui troviamo una di quelle espressioni a doppio senso amate da san Giovanni: quella 1 che ahbiamo tradorta con fino alla fine. Pua signi/icare sino alla perfezione 0 sino alla fine e l'evangelista l'intende certamente
nelle due accezioni. Come stato detto, : il culmine dell'amore al termine dell'esistenza 2 .
Ora Ges, pienamente consapevole della sua origine e
del nne per cui venuto , sta per consumare il dono di
se stesso, mentre il diavolo, ispirando al traditore la decisione criminale, sta pel' divenire l'artefice della propria
disfatta. Nessun peana ha mai avuto gli accenti e la serenit
di questo annuncio deI sacri/icio. Anche il racconto della
lavanda dei piedi che qui si inserisce ben altra cosa che
un ricordo sia pur tenero e toccante.
Non bisogna affrettarsi a trovare un senso preciso al
dialogo di Ges e di Pietro, che resta abbastanza oscuro;
tuttavia il riferimento al bagno che non si rinnova 'e alla
abluzione che per coloro che sono puri, allo scopo di
mantenere la loro purezza, unita alla frase: Se non
lavera non avrai parte con me , puo difIicilmente 'essere
l

Es llos.

Loisy.

r
Ges e i suai

La Passiane e la Gla/'ificazione

192

inteso senza un'allusione pi 0 mena velata all'eucaristia,


che conserva cio che il battesimo ha posto in noi.
San Giovanni non ci d il tacconto dell'istituzione dell'eucaristia che san Paolo e i sinottici avevano gi riferito,
ma tutta l'atmosfel'a di quest'ultimo convito dei Cristo e dei
suai eucaristica. l sentimenti con cui i primi cristiani
celebravano il convito dei Signore, trovano qui il 101'0 mo-

dello. Rifel'endoci con tanti particolari la lavanda dei piedi,


san Giovanni ci ha trasmesso in immagini gIi elementi
caratteristici della sua nozione di eucaristia, vale a dire
innanzi tutto 10 sviluppo perfetto dell'idea di comunione.
Con questo atto il Cristo illsegna espressamente ad attingere al suo amo1'e fatto di un'assoluta devozione che
trova la sua gloria nell'umiliazione - un simile scambievole
amore. Il termine dei discorsi che seguiranno sar la realizzazlone tra i discepoli e il Cristo di un'unit d'amore analoga a quella che esiste tra il Padre e il Figlio, ricambiando
il loro amore gli uni per gli altri.
(Si noti che la tendenza di Pietro a impegnarsi in una
falsa concezione della Gloria del Cristo, come anche la sua
mutabilit, appaiono qui come nei sinottici) .
Ges continua:
18 Non parla di tutti voi: io conasca colara che ho scelti, ma
si deve adempiere la Scrittura: Colui il quale mangia il mio pane ha
levato il calcagno contra di me 3. 19 Ve la dico fin d'ara, prima che il
fatta accada, affinch, quando sar accaduto, crediate che io sono.
20 ln verit, in verit vi dico: Chi accoglie colui che avr mandata
accoglie me, e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandata ~>.
21 Cos1 dicendo, Ges fu turbato nello spirito e dichiar solelmemente: In verit, in verit vi dico: uno di voi mi tradir . 22 1 discepoli si guardavano tra loro non sapendo di chi parlasse. 23 Uno dei suai
discepoli - quello che Ges amava - era adagiato a mensa nel sena
di Ges.
24 Simon Pietro gli fa un cenno e gli dice: Di', chi colui di cui
parla? . 25 Chinandosi familiarmente, quel discepolo, sul petto di
Ges gli dice: Signore, chi ? . 26 Ges allora risponde: colui al
quale porgero il boccone che sto per intingere . Intinto, aBora, il boccone, la prende e 10 d a Giuda, figUo di Simone Iscariota. 27 E, dopo
il boccone, allora entro in Giuda Satana. E Gcs gli dice: Quel che
fai, fallo al pi presto. 28 Nessuno, pero, dei commensali comprese a
3

193

quaI proposito gli aveva parlato cos); 29 alcuni, infatti, siccome Giuda
teneva la borsa, credevano che Ges gli dicesse: Compra cio che ci
serve per la festa ; oppure: Da' qualcosa ai poveri, 30 Preso dun'
que, il boccone, Giuda subito usd. Era notte.

l convitati sono distesi, come nei banchetti dell'antichit, su letti di riposo, attorno alla tavola a ferro di cavallo.
Quando Ges annuncia il prossimo tradimento, Pietro che
si trova senza dubbio alla sinistra del Cristo, in modo che
questi gli volta per met il dorso, fa un cenno al discepolo
prediletto, che si trova invece alla destra; nello stesso tempo
gli suggerisce a fior di labbra di domandare ci che nessuno
osa. Giovanni si volgc verso Ges, e ha luogo tra 101'0 due
un breve dialogo a voce bassa. Soltanto il discepolo prediletto, cos1 come Pietro che segue tutta la scena, possono comprendere il significato del gesto di comune cortesia fatto
da Ges e delle parole che l'accompagnano. Giuda non si
lascia fermare ed esce immediatamente. L'evangelista ag~
giunge: Era notte ~>.
Quanto aIle parole con cui Ges annuncia il tradimento,
bisogna notarvi la proclamazione del suo messianismo:
affinch quando sar accaduto, crediate che io sono , sottinteso colui che deve venire , pel' riprendere i termini
della questione che il Battista aveva posto ".
Si ritrova in seguito, applicato alla missione dei disce~
poli, il parallelo tra il rapporto di Ges con il Padre e quello
dei suai discepoli con Lui.
Adesso l'intimit di Ges e dei suoi perfetta, ed Egli
puo donare 101'0, nel lungo incontro che sta pel' cominciare,
i suai supremi insegnamenti.

2. LA

GLORIA DEL

CRISTO E

SUOI

La prima parte dei discorsi d'addio dei Cristo costituita da una serie di consolazioni che sono legate le une

aile altre. Anzitutto afferma che la morte, che ha annunciato come imminente, la condizione della sua
4

Salmo XLI, 10.

13

Matteo XI, 3.

IV Vangela

glorifica~

194

La Possiolle e la Glorificazione

zione, e che se i suoi non possono gi seguirlo nella Gloria,


questa si manifester in essi nell'amore che avranno gli uni
per gli altri (XIII, 31-38). In secondo luogo, quando il Cristo sar stato glorificato, rtorner da loto c, affinch essi
10 raggiungano nella Gloria che sembra separarlo da essi,
Egli stesso divente r la loro via (XIV, 1-7).
Egli li condurr al Padre ed essi vedranno il Padre in
Lui (XIV, 8-14). Turro ci si compir con l'effusione dei
Paraclito (lo Spirito Santo), di cui la glorificazione sad
stata il mezzo e che dar 101'0 la sua pace (XIV, 15-3 1).

31 Quondo G iuda fu uscito, Gcs disse: Adessa stato glorificnto


il Figlio dell'uomo, e Dio sta ro glorHicato in Lui. 32 Se Dio star?
glorificato in Lui, Dio a sua volta la glorilicher in s e 10 glorilicher subito. 33 Figlioli, sono con Val saltanto pel' poco tempo; voi mi cercherete, e
come dissi ai giudei dico adessa anche a voi: dove vado io, voi non porete
venire. 34 Vi dD un comandamento nuovo: di amarvi gli uni gl i altri; come
io ho amato voi, cas1 voi amatevi gli uni gli altrl. 35 Da qucsta conosccranno tutti che sicte miei discepoli: sc;:: avrcte amore gli uni pel' gli altri .
Simon Pietro gli dice: Signare, dave vai? . Ges risponde: Dove
vado non puai per ora seguirmi; mi seguirai pi tardi . 37 Gli dice
Pietro: Signorc, perch non passa seguil'ti adessa? DarD la mia vita
per te! . 38 Gli risponde Ges: Tu dal'a i la tua vira per me? I n
verit, in verit dico a te: il gallo non canter finch non mi avrai
rinnegato rte volte ,

La frase di Ges: Adesso stato glorifieato il FigUo


dell'uomo, e Dio stato gloriflcato in Lui , ripresa da
quest'altra: Se Dio stato glorificato in Lui, Dio a sua
volta 10 glorificher in s , esprime tutta l'eseatologia dei
quarto Vangelo ". La glorificazione dei FigUo dell'uomo in
quanto espressione esterna e perci visibilc, futu ra, ma
nell'istante stesso in cui Egli ha consumato la sua perfetta
obbedienza aecettando la passione, la Gloria che presto posseder visibilmente, gli appartiene gi e la fede vi aderisce
in tutta certezza.
Avendoli cosi preparati, Ges rivela ai suoi discepoli
che la separazione sensibile sta per compiersi, pet 101'0 come
pet i giudei increduli. Tale sepatazione pero, che sar la
5 Vedi p , 119,

Ges e i sua;

195

rovina di questi u1timi, far conoscere ai discepoH una pre~


senza dei tutto nuova dei Cristo tra loto.
L'annuncio deI comandamento nuovo, non pua essere
separato da versetti che 10 precedono e va conserva ta tutta
la sua forza all'espressione: come io ho amato voi }),
Nell'amore dei discepoli tra di loto, sostanzialmente uno
con quello di Ges pet lore, si continuer la presenza di
GeSll. Ecco perch l'amore sar la caratteristica essenziale
dei discepoli.
Per dare tutta il 101'0 signifieata a queste parole, bisogna
inquadrarle neIl'atmosfera eucatistica deI brano: per i primi
Jettori di san Giovanni il termine agap (amore) ne era
tutto impregnato. l discepoli pero sono ancora sem.pre pdgionieri dei visibile, e Pietro di ci che Ges ha detta cornprende solo che essi, non diversamente dai giudei, non possono seguirlo.
Si ribella a questo pensiero e protesta il proprio attaccamento, pel' il gliale si crede pronto a sacrificare tutto. Ges
riprende le parole che il discepolo ha pronunciate, come pel'
sottolineare quanto poco Simon Pietro misuri la portata
di ci che ha detto, Ges annunda il sua prossimo nnnegamento, dopo aver attestato la sua futura fedelt ' .
XIV, 1 Non si turbi il vostro cuore: credete in Dio, e credete
in me.
2 Nc1la casa del Padre mio vi sono moIte dimore; vi avrei detto,
se no, che vado a prepamre un pasto per voi? J E quando sar paltito
e avro prepara ta un posta per voi, ritornero e vi prendel' con me,
affinch dove sono io siate anche voi. 4 E del luogo dove vado, voi
conoscete la via ,
~ Gli dice Tommaso: Signore noi non sappiamo dove vai, e come
posslamo conoscere la via? ; 6 gli dice Ges: Jo sono la Via e la
Vedt e la Vita: nessuno viene al Padre se non pet mie mezzo, 7 Se mi
aveste conosciu to, avreste conosciuto anche il Padre mio. Da questo momento, la conoscete e la avcte veduto .

l discepoli non devono turbarsi per la separazione annuncia ta da Cristo. Essi sanno gi, Egli l'ha appena dichiarato, che la sua partenza sar la sua glorificazione; essi
devono ora eredere che questa glorificazione per lorD:
(1

Cfr . XXI , 15-19.

---~--------------~

196

Ges e i suoi

La Passione e la Glol'ificazione

se il Cristo se ne va pet preparare 101'0 un posto, affinch


clave sono io siate anche voi 1.
Il versetto seguente non significa che vi siano dimore

differenti nella casa dei Padre, ma numerose dimore. In


altre parole il Cristo lascia i suoi, non per godere di una
Gloria solitaria, bensl pel' condurli a condividere la sua

Gloria.
Il ritorno del Cristo di cui si parla qui non puo es sere
che il suo ritorno nella Parusia, alI'ultimo giorno; ma tutto
cio che abbiamo detto della fede in san Giovanni, dimostra
che questa far conoscere anticipatamente ai discepoli, in
modo oscuro, ma certo, ci che sar rivelato a tutti nell'ultimo giorno.
La dichiarazione finale che i discepoli conoscono .la via
per raggiungere il Cristo nella sua Gloria, provoca la domanda di Tommaso che, persistendo a non vedere che
l'immediato, crede di scoprire uoa contraddizione nelle
parole del Cristo. Ges ha detto che i suoi discepoli non
possono seguirlo; es si non sanno clave va, come patranno
dunque conoscere la strada? Ges aUcra precisa: se essi
devono raggiungerlo nella Gloria, dove effeuivamente sono
inc~paci di seguirIo da soli, Egli far di se stesso JI
cammino che ve li condurr. La frase: Credete in me ,
assume qui tuUo il sua signlficato; bisogna credere in Ges

come nella Verit di Dio; ma bisogna anche credere in Lui


in quanto il cammino che conduce alla Verit. Ci d cosl
la Vit. che h. in s e si diffonde attraverso di Lui, e che non
solamente in Lui, ma la sua propria persona. Egli
realmente tuUo ci che il Padre , rendendosi accessibile a Doi;
ecco perch nessuno va al Padre se nOD attraverso il Figlio
e chiunque 10 conosce ha visto il Padre.
8 Filippo gli dice: Signore, mostraci il Padre e ci bas ta. 9 GU
dice Ges: Da tanto tempo sono con voi e non mi hai conosciuto,
Filippo? Chi ha veduto me ha veduto il Padre; come puoi dire: " Mostraci il Padre "? 10 Non credi tu che io sono nel Padre e il Padre
in me?.
7 Cfr_ XVII, 24.

197

Filippo ha creduto di clover interpretare metaforie.mente


le ultime parole di Ges . Allora questi, con un accento di
affettuoso rimprovero volto a colpire 10 scoraggiamento che
sta invadendo i loro cuori, gli domanda come abbiano
potuto vivere cosl a lungo in intimit con Lm senza capire
che le sue parole devono essere prese alla lettera. Si soffermer sull'idea della reciproca presenza del Padre e del Figlio
l'uno nell'altro che l'incarnazione, che va ota verso il suo
compimento, ha avuto come solo scopo di mettere alla
nostra porta ta.
10 Le pamle che io vi dico non le dico da me, ma il Padre, il
quale dimora in me, compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel
Padre e il Padre in me; se non altro, credetelo a motivo delle mie
opere. 12 In verit, in verit vi dico: chi crede in me far anch'egli le
opere che io faccio; ne far, anzi, di pi grandi, perch io vado al
Padre 13 e qualunque casa chiederete in nome mio la faro, affinch
il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi domanderete qualche casa
nel mio nome io la faro.

Ancora una volta il Padre parIa per bocca del Figlio e,


pi generalmente, compie le sue opere pet mezzo suo. Tra

sportato sul piano dell'!ncarnazione e della venu ta tempo


raIe deI Figlio di Dio , cio che il prologo avev. insegnato
suIl'azjone eterna di Lui nell'intera creaZone 8. Se ci si ri
fiuta di ctedere a Ges sulla sua parola. la testimonianza
delIe -opere divine compiute da Lui, e la resurrezione di
Lazzato in particolare, s'impone ad ogni spirito che non si
chiuda deliberatamente nella Verit.
Fondata sulla certezza dell'unit dei Padre e dei Figlio
e della mediazione universale deI Figlio, l'affermazione che
la Gloria di Ges conquis tata da Lui per essere trasmessa
ai suoi, ritorna in una sttaotdinaria ampiezza. Poich nel
suo nome, cio con la fede in Lui, che es si l'attendono dal
Padre, questi dar loro da compiere le opere che il Figlio ha
fatto quaggi, ed anche pi grandi, poieh ad essi riservato
il compito di convertire l'universo. Sar il Figlio stesso che
8 Cfr. I, 3.

198

Ges e

La Ptlssionc e la Glorificaziol1e

compir in essi 11 le cose che chiederanno al Padre ne1 suo


nome e il Padre permetter 101'0 di compierle, perch in
essi sia manifestata la sua Gloria.

Come agir il Figlio nei suoi discepoli? Per mezzo dello


Spirito Santo che deve diffondere su di 101'0 la sua glorificaZone.
15 Sc mi f1matc, osservate j mici comandamenti; 16 c io
clero 10 al Padre, ed Egli vi dar un altro Paraclito, anch
sempre con voi: 17 la Spirito di Verit, che il mondo non puo
perch non 10 vede n 10 conosce. Voi 10 conoscctc, perch
presso di voi e in vo i sad.

domanrimanga
ticevcrc
rimane

L'amore per il Cristo sar ci che render capaci di fare


le sue opere, poich Egli stesso chieder per i suoi il Paradito che gi dimora presso di loro (in Lui) e che sar in
taro come in Lui.
Il termine di Paraclito esprime l'idea di un'assistenza
data ai fedeli, come quella di un'avvocato che da una parte
incoraggia il SUD cliente e dall'altra difende la sua causa.
Ges, presente in mezzo a loto - e in Lui 10 Spirito si
trovava gi presente con es si - aveva la funzione di Para
dito per tutto il tempo che era con i suoi quaggi. Lb
Spirito Santo, che la sua glorificazione acquister loro, la
sostituir non pi con es si. ma in essi.
Poich il Paraclito la Spirito della Verit, il monda ,
cio l 'universo ostile alla Verit divina, l'ignora e non puo
riceverlo. l discepoli che non sono dei monda - Ges 10
dir tra poco - 10 ricevono invece per il fatto stesso che
hanno ricevuto il Cristo.
Ges prosegue:
M

18 Non vi lascera arfani; ritornera a voi. 19 Ancora un po' e il


monda non mi vedr pi; voi, invece, mi vedrete, perch io vivo e voi
vivrcte. 7.0 In quel giorno, voi conoscerete che io sono nel Padre mio
Notare come qui san Giovanni vicina a san Paolo.
Quando Ges che chiede, l'evangclista usa r6ta6 che non csprime
a1cuna sottomissione; usa invece at, cio implorare, per i discepoIi.
\1

suoi

199

C VOl 10 me e io in voi. 21 Chi ha i mici comandamcnti e li osscrva:


ecco chi mi am3; e colu i che mi ama sar amato dal Padre mio , e
anch'io la amero e mi manifestera a lui . 22 Gli dce Giuda, non l'Iscariota: Signore, e che l: accaduto perch tu debba manifestarti a noi
non al monda? . 23 Ges gli rispose: Se uno mi amn osserver
la mia parola, e il Padrc mio l'amer, e verrcmo presso di Lui e dimoreremo pressa di lui . 24 Chi non mi ama non osserva le mie parole, c
la paroJa che ascoltate non min ma dei Padre che mi ha mandata .

La pWl11essa di un <11tro Paraclito ha dovuto rncttere


la sgomento nell'animo clei discepoli, e Ges li tranquillizza
assicurandoli che non li lascer orfani. Soprattutto dopa le
parole ancora un po' }), la sua promessa non puo pi
riferirsi alla Parusia del1'ultimo giorno; si tratta in primo
luogo delle apparizioni dei Cristo risuscitato, di cui i soli
discepoli avranno il privilegia. La Gloria dei Cristo pero,
acquistata nella Passione che culmina nella Resurrezione.
sar il mezzo di viviucazione dei discepoli attraverso 10
Spirito; allora ess comprcnderanno, alla visione deI Cristo
risuscitato illuminata dal dono dei Paraclito che l'efIetto
della sua resurtezione, che il Figlio nel Padre, che i discepoli sono nel Figlio e che Egli stesso ~ in 101'0.
Ecco che il parallelismo rra la relazione dei Cl'isto con
il Padrc e la sua con i discepoli raggiunge la pi alta espressione. Vedremo ara svilupparsi tutto il suo significato. Alla
domanda di Giuda che esprime perfettamente il punta di
vista profana dei discepoli, i quali vedono nell. Resurreziane un argomento apologetico da utilizzare, Ges risponde
che va ai suoi 3ndando a Lui II.
d'amore tra le persone divine e i fedeH: il Cristo risusdtato
si manifester ai djscepoli in quanto muore e risuscita
alfinch, pet la Spirito Santo diffusa nei loro cuori, essi
siano riuniti al Padre nel Figlio e rutta la Trinit divina
venga a dimorare tra gli uomini.
Quanta al compimento dei comandamenti dei Cristo,
esso insieme il segno e il frutto dell'amore che gli si
porta; e come la sua parola non viene da Lui ma dal Padre,
cos1, ne! SU amore per gli uomini. l'amore deI Padre
che 10 SCpo di tutta la sua opera dl creare una comunit

il)

Il

crr.

XII, 26.

200

Ges e

La Ponioue e la Glori,ficazioltc

.. 25 Queste case vi ho detto mentre sto con voi: 26 ma il Paraclito, la


Soirito Santo che il Padre invier nel mio nome, Egli 12 vi insegner
tutte queste case e vi ricorder tuUo cio che vi ho detto .

Queste parole sono la conclusione delle prime promesse


sul Paraclito che insegner tutto, illuminando il senso delle
parole che sembrava Ges avesse pronunciato invano, ma
che 10 Spirito Santo spiegher ai discepoli ricondandole
loro 13 .

Ges termina questo primo discorso riprendendo le

suoi

201

bile ai suoi. La frase: Il Padre pi grande di me , unita


aile affermazioni cos1 chiare della divinit di Ges, precisa
10 stato dei Verbo incatnato, prolungando nei tratti dei
l'obbedienza umana l'immagine di una perletta fedelt filiale
ch'Egli offre al Padre nell'eternit ".
L'annuncio della venuta di Satana che riporter la sua
efIimera vittoria, annuncio gi dato da Ges ai giudei 15,
qui ripetuto.
Siamo giunti agli ultimi istanti che precedono l'ara
di Ges. Levatevi, andiamo via di qui : Ges conduce
i suoi ne! giardino dove l'attende il tradimento.

parole di consolazione con cui l'aveva iniziato, Dopo l'in-

segnamento sulla gloriflcazione che ha appena dato, quelle


consolazioni appaiono pienamente efficaci ed Egli pua ter
minare con il dono della pace.
27 Vi lascio la pace, vi do la mia pace; non ve la d come il
monda la d. Non si turbi il cuor vostro n si sgomenti; 28 avete udito
che io vi ho dette: "Vade e ritotner a voi "; se mi amaste, gedteste
che vade al Padre, perch il Padre pi grande di me, 29 E vi ho
parlato ara, prima che avvenga affinch quando avverr crediate, 30
Non parleto pi di malte case con voi; viene, infatti. il principe dei
monda e contra di me non puo nulla; 31 ma affinch il monda sappia
che amo il Padre e che faccio quel che il Padre mi ha comandato.
Levatevi, andiamo via di qui .

La consolazione deI Cristo ai suoi interamente nella


promessa di pace. Non si tratta di una pace dei mondo,
come la pax romana di cui gli israeliti conoscevano nn
troppo bene quel che nascondeva di esazioni e dolori; si
tratta di quella pace che il Cristo solo pua dare, perch
l 'effetto dell'amore che Lui solo possiede e trasmette, e
che si rivela pi forte della morte.
Essi non devono turbarsi se il Cristo va al Padre; la
consumazione della perfetta obbedienza per la quale Ges
venuto sulla terra e che render l'amore dei Padre accessi
12 Il vocabolo greco pllcma, spirito, nelltro, ma san Giovanni introduce
il pronome maschile pcr dimostrare che si tratla di un essere personale e
non di un'entit pi 0 meno vaga e astratta.
1 3 Tutta la redazione deI quarto Vangelo mira ad esserc l 'applicazioDc di
quest'idea.

Tut!a l 'unit dei primo discorso nell'idea che Ges


insieme la Verit vivificatrice e il cammino che ad es sa
conduce. Nella frase 10 sono la Via e la Verit e la Vita ,
si trova schematizzata la visione dei Cristo e della sua
opera che il quarto evangelista ha voluto trasmetterci. Come
Verbo di Dio, Ges la Verit che d la Vita a coloro
che la posseggono. E affinch gli uomini, che non potevano
raggiungerla chiusi com'erano nell'isolamento ostile del
mondo , ne fossero resi capaci, il Verbo ha assunto su di
s, con l'incarnazione, l'infermit 16 della carne. Egli l'ha
vinta e ha reso all'uomo la Gloria di Dio di cui era privato,
praticando lino ail 'ultimo l'obbedienza al Padre da cui l'uomo
si era allontanato, Cos1 Egli St latta il cammino che con
duee alla Verit e alla Vita, cos1 come Egli era la Verit e
la Vita .
14 Vedi p. 118.
Cfr. XII, 31; vedi p. 186.

IS
J li

L'astllnia.

Ges e i suoi

203

Pasgua 2 . Ges e i suai vi avrebbero fatta un'ultima sosta,


cd in questa cornice solenne che Ges avrebbe loro indi-

III.
GES E 1 SUOI (seguito)

rizzato le sue ultime parole prima di pronunciarvi la preghiera sacerdotale.


L'indicaziane, che viene subito dopa, che Ges e i suai
attraversarano j} Cedron, patrebbe confermare questa IpOtesi assai seducente, ma soprattutto, come stiamo per

vedere, la similitudinc della vite che si spiega accettando quest'ipotesi.


Gli ultllli

Le ultime parole del discorso di consolazione: Leva-

illsegnamcnti comprendono due parti:

la

prima sviluppa, intorno alla similitudine della vite, il concetto dell'unit deI Cristo e dei suoi nell'amore, con la sua
contropartita nell'odio che il mondo voter loro ugualmente;
la seconda rtorna sul Paraclito. La conclusione nella preghiera di Ges che viene chiamata la preghiera sacerdotale.

tevi, andiamo via di qui , sembravano indicare la fine deI~


}'incontro. Poco dopa tuttavia, Egli ricomincia; non pi

un dia logo, bensi un monologo di Ges che riprende certi


terni appena trattati per apportarvi uno sviluppo singolar-

mente profondo. L'ipotesi secondo cui Ges avrebbe dato


tale sublime insegnamento nel frastuono deIJa partenza, non
merita neppure di esserc considerata. ugualmente impen sabile che abbia patuta continuarlo mentre camminava per
le stradine buie e tortuose di Gerusalemme. Alcuni autori
1 .

ne hanno dedotto che l'evangelista avrebbe riferito a questo


punta diversi insegnal1;lenti di Ges doti ai suoi in differenti
occasioni, e che li avrebbe raggruppati dopo il discorso che
segui la cena, per chiarirli . Questa soluzione sarebbe la pi
soddisfacente, ma presenta ancora delle notevoti difficolt.
La ripresa dei discorso appare una ripresa dei terni appena
affrontati per essere trattati pi a fondo . D'altronde le parole dei discepoli 1 che rispondono all'esortazione di Ges
non possono applicarsi che a un ultimo incontro. Altrettanto
si deve dire della preghiera linale.
Un'altra soluzione sembra la migliore, pet quanta sia im-

possibile, beninteso, stabilirla su prove certe. Sappiamo che


portici del tempio restavano aperti durante la notte della
1

CCr. XVI, 29-33.

1.

LA SIMILITUDINE DELLA VITE

XV, 1 la sono la vera vite e il Parlre mio J'agricoltore. 2 Ogni


tralcio che in me non porta frutto Egli la rccide; e agni tralcio che porta
frutto la monda, affinch fruttifichi di pi. 3 Voi sicte gi mondi pet la
parola che vi ho annunciato. 4 Rimanete in me e io rimarro in voi. Come
il tralcio non puo portar frutto da se stesso se non resta nella vite,
cos1 ncppure voi se non rimanete in me. 5 l a sono la vite, VOt i tra1ci.
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perch senza di me
non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me buttato via, come il tralcio,
e si dissecca; poi i tralci secchi li raccolgono e li buttano nel fuoco, e
bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chieclete quel che volete e vi sar fatto.
8 Cib che glorifica il Padre mio che VOl portiate molto frutto; c
cos1 vi dimostreretc miei discepoli. 9 Come il Padrc ha amato me cos1
anch'io ho amato voi: rimanete nel mio amore. 10 Se osservate i miei
comandamenti rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel sua amore .

Quando Ges pronuncia queste parole: 10 sono la


vera vite , se la nostra ipotesi esatta, Egli ha dinanzi a s
il frontone deI tempio dove una vite, simbolo d'Israele, sten;l

Cfl". Giuseppe Allficltit Giudaiche XVIII, 2.

Ges e i suoi

La Passione e la Glorificazione

204

deva i suoi rami. Il simbolo deUa vite era familiare ai giudei.


L'Antico Testamento l'aveva sovente usato per designare il
popolo di Dio e per rappresentare le cure di cui questi 10
circonda 3. Nei sinottici Ges l'utilizza nello stesso senso 4.
Qui, pero, identilicandosi con la vera vite, aerma che in Lui
il vero I sraele 5 e che soltanto quelli che sono uniti a Lui
ne lanno parte. Dobbiamo notare che i profeti con il termine
vite generalmente intendono indicare il vigneto. Si ha dunque
un'unica origine: l 'immagine si come ristretta per trasmettere la rivelazione deU'unit neU'amore.
Moiti commentatori indeboliscono le parole di Ges intendendole come se avesse detto: 10 sono la pianta della vite .
Ma Egli ha detto: la sono la vite , e l'insistenza con cui
parla dei tralci che sono in me , e non attaccati a me
a su di me , ci obbliga a non minimizzare nulla. Ges
intende dichiararsi non soltanto unito ai suai, ma una sola
cosa con essi : non semplicemente la sorgente della loro
vita: essi vivono integrati al suo essere al punta da costituire
con Lui un solo organismo vivente. Si puo dire che Ges
non si considera pi come un individuo, ma come un vivente collettivo e tuttavia perfettamente uno, che comprende tutta l'umanit rigenerata in Lui. il corrispettivo
della dottrina paolina deUa Chiesa corpo mistico del Cristo:
come il COl'pO e la testa nella loro realt vivente non sono
entit separate, cosl neppure Ges e i suai. La similitudine
deUa vite spinge tuttavia ancor pi a fondo l'assimilazione:
nell' la sono la vera vite , non si tratta pi di due eIementi
complementari, ma di un'unica persona divina che prolunga la
propria incarnazione dal tronco che l'uomo Ges fin nei rami,
e l'unit vivente del tutto forma, secondo la magnifica espressione di sant'Agostino, il Cristo totale, capo e membra.
per mezzo di Ges che la vite aUunga le sue radici lino
al cuore della Vita divina, ed veramente la Vita di Dio
che si dionde fino aile estremit dei tralci pi lontani.
:l

Cfe. Osea

x,

1; lsaia V, 1-5; Geremia Il , 21; Etecllicle

xv;

Sa/mo LXXX,

9-16.
4.

Essa in Ges come nella sua sorgente, ma la sorgente non


sgorga se non vi si attinge.
Abbiamo qui una doppia aermazione sui tralci. Fuori
deI Cristo, nel quale devono inserirsi organicamente, non
possono dare alcun frutto. In un'altra forma, ma neUa stessa
luce eucaristica, la dichiarazione che il Cristo aveva gi
formulato, dicendo: Se non mangiate la carne dei Figlio
dell'uomo e non bevete il sua sangue, non avrete in voi
la Vita ~> Il.
D'altra parte, se sono nel Cristo, i tralci devono portare
frutto, altrimenti verranno strappati dal tronCD. Innestato
nel Cristo, il fedele che mette in opera la grazia che l' unit
vitale con Lui gli dona, purificato, mondato da Dio,
affinch i suoi frutti abbondino sempre di pi; colui, viceversa, che si chiude aU'azione vivificante deUa linf. deve
essere staccato dal tronco e bruciato.
La santit personale dei tralci, che procede totalmente
da quella di Ges, non solo non pu ofIuscare quest'ultima,
ma proprio in cssa che Dio viene glori6cato. Un'errata
concezione della giustilicazione per mezzo della fede che, per
i meriti deUa santit del Cristo, dispenserebbe i fedeli da ogni
dovere di santt personale, appare in questa luce come un
vero non senso. l tralci devono portare frutto, altrimenti
sono condannati al fuoco; ma i frutti che essi pOl'tano derivano
tutti daUa loro appartenenza al Cristo e sono i suoi frutti.
QuaI questo frutto? Il frutto deU'unit organica deI
Cristo e dei suoi, la loro unione nell'amore. Lo scopo dei
Cristo nell'incarnazione stato di stabilire i suai nel sua
amore, come Egli neU'amore del Padre. Ecorne con l'obbedienza che Egli dimora neU'amore dei Padre, con essa i
suai discepoli dimoreranno nel sua.
Il Vi ho detto queste cose amnch la mia gioia sia in voi e la
vostra gioia sia pel'fetta. 12 Questo il mio comandamento: che vi
amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13 Nessuno ha maggior
amore di questo: che dia la sua vita per i suoi amid. 14 Voi siete miei
amici se fate db che vi comando.

Cfr. Marco XII, 1-12 e passi paralleli .

.5 Cfr. l'applicazione costante che Ges fa dell'Antico Testamento alla sua

opera e alla sua persona, particolarrnente nci cc. VI-X.

205

Cfr. VI, 53.

206

Gesit e i Sl/oi

La Parsione e la Glorificazione

15 Non vi chiamo pi servi, perch il servo ignora cio che fa il suo


padrone; io vi ho chiamati, invece, amici, perch tutto cio che ho udito
dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. 16 Non siete voi che avete
scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costtuiti perch andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga, affinch il Padre vi dia cio che
chiederete nel mio nome. 17 Questo vi comando: che vi amiate gli
uni gli altri .

Dopa il dono della pace, il dono della glOla. Queste due


parole: pace e gioia, ritornano continuamente negli scriui
dei primi cristiani e la lotO unione db che 10 spirito cristiano primitivo ha di pi caratteristico. Si notato che negli
antichi saluti i giudei si auguravano la pace e i greci la gioia .
Il cl'istianesimo ha riunito i due termini facendo di un sempliee augurio formale un'effettiva benedizione; poich, come
gi per la pace, la gioia di cui si parla non quella data dal
mon do , ma la gioia deI Cristo.
La gioia si trova nell'amore con cui si ama, nato da l~
l'amore con cui si amati dal Cristo e che genera ]'amore
negli altri.
Si potuto dire che la sintesi della legge, nonostante
}'aftermazione che i due comandamenti sono identici , inEeriore alla frase di Cristo ai suoi: Amatevi gli uni gH altri
come io vi ho amati ), seguita dalla dichiarazione che nessuno ha maggior amore di questo : che dia la sua vita per i
suoi amici .
Quest'altra frase di Ges l'iferita da san Paolo negli
Alti (XX, 36): Non tanto gioioso il prender quanta il
dare , esprime in modo stupendo il senso profondo dell'unione del comandamento dell'amore e della promessa
della gioia .
Ormai, Ges puo dire ai suoi che essi non sono pi suoi
servi, ma suoi amici, poich Egli divide con 101'0 tutto cio
che in Lui. Certamente non scompare agni difterenza trn
Lui e 101'0: una, la pi profonda di tutte, persister sempre;
essa pero, invece di separare, unisce : essi hanno ricevl1to
tutto da Lui e non hanno dato nuUa: Non siete voi che
avete scelto me, ma io che ho sceho voi e vi ho costituito
perch andiate e pottinte frutto, e il vostro hutta rimanga .

207

18 Se il monda vi odia, sappiate che ha adiato me prima di voi.


19 Se voi faste del mondo, il monda amerehbe cio che sua; invece,
siccome non siete del mondo ma io vi ho scelti dal monda, pel'ci il
mondo vi odia. 20 Ricordatevi della parola che vi dissi: "Non c' servo
pill grande del sua padrone
Se hanno persegutato me, perseguireranno anche voi; se hanno osservato la mia paroJa, anche la vostra
osservet'anno; 21 ma faranno tutto cio nei vos tri riguardi a causa del
mie nome, perch non conoscono Colui che mi ha mandato.
22 Se io non fossi venuto e non avessi parlato ad essi non avrebhero
colpa, ma adesso non hanno scusa per il loro peccato. 23 Chi odia me
odin anche il Padre mio. 24 Se non avessi fatto Ua 10ro opere che
nessun alrro ha fatto, non avrcbhero colpa; ma adesso hanno vista, c
hal100 adjata c me e il Padrc mio. 25 Ma dovcva adempiersi la parala
scritta nella 10ro Icgge: "Mi hanno odiato semm ragione! "1.
26 Quando vcrr il Paracl ito, che io vi mandcr dal Padre, la Spirito
di vcrit che dal Padre procede, Egli mi dar test imonianza. 27 Vai
stess i mi siete testimoni, perch siete fin dal principio con me.
XVI, 1 Vi ho detto queste case perch non vi scandalizziate. 2 Vi
scacccranno dalle sinagoghe, anzi, viene l'ora che chiunque vi uccide
credcr di rcndcre culto a Dio. 3 E faranno questo perch non hanna
conosciuto n il Padre n me. 4 Ma io vi ho derto queste case, affinch,
qusndo vcrr la 10ro ora, vc ne ricordiate che ia ve l'ho dette ).
H.

La solidariet deI Cristo e dei suoi, cos1 stretta che non


si pu amarlo senza amarli, comporta llna contropartita gi
indicata a proposito di Lazzaro ': l 'odio che il monda porta
loro non li distingue da Lui.
Vediamo chiarirsi il dualismo cos1 netto tra il Cristo e
il monda. Non si tratta di attenuare n l'ostilit del monda,
n l'amore di compassione del Cristo. Il monda contro i
suoi, perch essi non sono del mondo, pur essendo stati scelti
in mezzo al mondo. Qllesto modo d'esprimere le cose mostra
come si passa dire che Dio ha amato tanto il monda da
volerlo salvare', pur prodamando l'impossibilit del monda
di aderire al Cristo che la giudica e la condanna. Seconda il
quarto Vangelo, il mondo non pu essere salvato in quanta
mondo, cio in quanto rea1t che si posta e che vuole se
stessa al di fuori di Dio. Gli uomini possono cessare di appartenere al monda e divenire di coloro che il Cristo chiama
suai, solamente se accettano l'occasione, offerta da Ges
7 Cfr. Salma XXXV, 19 e LXIX, 5.
8 Vcdi p. 85.
tl Cfr. III, 16.

208

La Pass;ol1e e la Glorificazione

al mondo, di salvarsi rinunciando a se stessi. In tal modo si


possono comprendere le parole di Ges: S'io non fossi
venuto e non avessi parlato ad essi, non avrebbero colpa,
ma adesso non hanno scusa pet il loto peccato . Di fronte a
Cristo l'atteggiamento puramente negativo del mondo, appate
nella sua tragiea realt: la sua miseria ha origine nel rifiuto
dei Cristo, e si sfugge alla miseria distaccandosi, per cosl dire,
da questo rifiuto.
Il Paradito che Ges promette mostrer, rivelandosi nei
discepoli, che il mondo non andato che verso il vuoto,
il nulla, mentre es si avranno 10 Spirito della Veri/, in altre
parole della realt divina. La profezia della grande tribol.zione che attender i discepoli come il loro' Signore arriva
al momento giusto : dopo tutto ci che stato detto, il rifiuto
de! mondo, lungi dallo scandalizzarli, dovr apparire loro
come il segno che essi effettivamente hanno conoscuto il
Padre ne! Figlio.
L'osservazione che il mondo creder di rendere un culto
a Dio perseguitandoli fa sentire la radieale idolatria di ogni
rifiuto dei Cristo: l'uomo, cosl facendo, scambia il suo nulla
con la Verit di Dio.
2. IL PARACLITO

Organieamente legata a tutto 10 svolgimento precedente,


l'ultima parte degli incontri di Ges e dei suoi ne d la conclusione in un ulteriore insegnamento sul Paraclito, Jo
Spirito Santo.
Vi si possono notare tre tappe: il Cristo spiega ai suoi
che la separazione che sta per aver luogo non che la condizione della sua glorificazione, grazie aUa quale rieeveranno
il Paradito (XVI, 4 b-7 ); poi rive!a loro l'opera dei Paradito,
dapprima riguardo al mondo (XVI, 8-11), poi riguardo ai
discepoli (XVI, 12-15). La fine dei capitolo ritorner sulla
prima affetmazione per precisarla.
4 Queste case non ve le ho dette fin dal principio perch ero con
voi. 5 Adesso, pero, vado da Colui che mi ha mandato e nessuno di voi
mi domanda: "Dove vai?". 6 Invece, perch vi ho detto queste

Ges e i moi

209

case, la tristezza vi ha riempito il cuore. 7 Tuttavia, vi dico la


verit: vi conviene che io vada, perch se non vado non verr a voi
il Paradito; se, invece, io vado, ve 10 mandera .

l discepoli restano insensibili aU'insegnamento che Ges


ha appena dato loro: un solo pensiero li occupa, quello deUa
prossima separazione. Non pensano neppure a chiedergli dove
va - verso Colui che l'ha inviato - mentre, se conside~
rassero questo, tutto cambierebbe d'aspetto. Morendo sulla
croce, Ges non sar perduto per essi. Viceversa otterr la
glorificazione del suo essere umano simile al 101'0, in vista
della quale Egli l'aveva assunto, e il cui effetto sar l'effusione
dei Paradito su di essi. NeUa morte dei Cristo non si deve
mettere in rilievo l'aspetto della separazione, ma queUo della
glorificazione. Non che un'apparenza che la glorificazione
separi il Cristo dai suoi: introducendo nella Gloria divina la
carne che aveva assunto, Egli potr cosl, secondo la profezia,
spargere su ogni carne 10 Jo Spirito di D io.
Il legame tra la glorificazione di Ges e l'effusione dei
Paraclito non pu comprendersi se non viene riferito a tutto
cio che la similitudine della vite e dei tralci esprime sull'unit
di Ges e dei suoi.
8 E, venuto [il Paradito], confonder il mondo quanta a peccato, a
giustizia e giudizio; 9 a peccato, perch non credono; 10 a giustizia, perch
vado al Padre e non mi vedrete pi; 11 a giudizio, perch il principe
di questo mond(J condannato ).

Non si pu interpretare questa frase senza tener presente


che Paracl/os indica innanzi tutto l'avvocato. Il Paradito,
una volta giunto, far udire al mondo come un'aninga
di un'irrefutabiJe eloquenza. Mostter insieme la Verit di
Cristo e il nulla menzognero dei mondo: da un lato il peccato
dei mondo che non ha creduto, dall'ahro la giustizia dei Cristo
manifestata in quella separazione che spaventa tanto i suoi,
ma che, essendo venuto il Paraclito, apparir non pi come
un fallimento, bensl come il suo e il loro trionfo. Percio il
principe di questo mondo, Satana, che ha tenuto gli uomini
lontani dalla fede obbediente, sar esplicitamente condannato.
10

14

Gioele III. 1.

IV Vallgelo

210

La Parsiol1e e la Glarificazione

12 Ho ancora malte cose da dirvi, ma adesso non siete in condizione di portarle. 13 Quando, pero, verr Lui, 10 Spirito di Verit, vi
introdurr a tutta Intera la Verit; Egli, infatti, non parler per COntO
suo, ma dir quanto ascolta, e vi annunzier le cose da venire. 14 Egli
mi glorificher, perch prender deI mio per comuncarvelo. 15 Tutto
cio che ha il Padre mio; ecco perch vi ho detto che prender deI
mio per comunicarve1o .

Pel' mezzo dei Paradito, ]a. Verit che in Ges si don a


all'uomo non sat pi estranea ai discepoli: es si non possono
pet il momento comprenderla, ma la comprenderanno quando
vert in essi. Come Ges aveva affermato 11 che non parlava
da se stesso, afferma ara che neppure il Paraclito parla da se
stesso. Ges parlava di cib che appartiene al Padre; il
Paradito parler di cio che appartiene a Ges, e cio non
che una casa sola, poich tutto cio che de! Padre anche
del Figlio.
Il Paradito, scendendo sui discepoli, gloriiicher Ges,
poich i discepoli, ricevendolo, ricevetanno cio di cui la glorificazione di Ges l'acquisizione pet tutta la vite, che Lui
e 1 suoi in Lui.
L'unit perfctta e la distinzione senza sepaL"azione delle
tre persone divine trovano qui la loro pi decisiva affermazione. Il Figlio e il Padre non possono confondersi, ancor
meno 10 Spirito Santo e il Figlio; ma non possono essere
divisi. Il Padre ha inviato il Figlio aflinch, trionfando nella
carne sulla morte mediante l'obbedienza, risrabilisse nella
carne la Spirito che illegame dell'amore.

16 Ancora un po' e non mi vedrete pi, e ancora un po' c mi


rivedrete . 17 Allora, alcuni dei suai discepoli dissero fra 10ro: Che
codesto che ci dice: "Ancora un po' e non mi vedrete pi, e ancora
un po' e mi rivedrete" e: "Vado al Padre?" . 18 Dicevano, dunquc:
Che vuol dire: .. Un po'? " Non sappiamo cio che vuo! dire . 19 Ges,
conoscendo che volevano interrogarlo, disse loro: Vi chiedete l'un
l'aItro che significa cio che ho detto: "Un po' e non mi vcdrere, e ancora un po' e mi vedrete". 20 I n verit, in verit vi dico: Voi piangerete e farete cordoglio, ma il monda si rallegrer; voi vi rattristeretc, ma
la vostra tristezza si muter in gioia. 21 Quando la donna partorisce
11 Cfr. VII, 16.

Ges e i suai

211

triste perch giunta la sua ora, ma quando ha partorito il bambino


dimentica l'~m?ascia pet la gioia che venuto al mondo un uomo:
22 Anche VOl ~l~te adesso tris ti, ma io vi rivedro e il vostro cuore gioir,
e la vostra glola nessuno ve la potr rapire .

Per non aver notato la strettissima coerenza di tutto


l'ultimo discorso di Ges, i commentatori, nonostante le sue
spiegazioni, sono rimasti troppo sovente nella medesima incertezza dei discepoli. Non si pub stabilire nulla di definitivo
riguardo questo passo, finch si continua a chiedersi se il
non mi vedrete pi si applichi alla morte di Ges e il mi
vedrere solamente alle apparizioni del Cristo risuscitato
o se invece la prima hase non alluda aUa sepatazione mate:
riale che la morte inizier e che l'ascensione render definitiva
mentre la seconda sarebbe un'allusione alla Spirito che ver:
rebbe ara confuso con Ges che pure poco prima l'ha cosl
nettamente distinto da s.
Il problema non va assolutamente pasto in questl termini
poich, essendo le apparizioni deI Cristo risuscitato una manifestazione della sua gloriiicazione ed essendo l'effusione del
Paradiro il frurto della stessa, impossibile separare i due
fatti e a maggior ragione contrapporli.
Il verbo greco opssthe: mi vedrete, indica la visione
fisica; cio, unito al contesto, chiaramente un'allusione aIle
apparizioni. Ges perb le considera qui ne! loro l'apporta con
l'effusione della Spirito, e la gioia dei discepoli (come la
dimostra l'immagine deI parto) non sar solamente quella del
rittovarsi dopo la sepatazione, sar la gioia eterna diffusa
nel cuori da l Parac1ito. Tutto ci sar meSSQ in piena luce dal
fatto che Giovanni ci mostrer Ges che d la Spirito durante
una delle sue apparizioni.
23 ( In quel giorno non mi farete pi nessuna domanda. In verit,
in verit vi dico: quaIunque cosa domanderete al Padre, Egli ve la
dar nel mio nome. 24 Finora non avete chiesto nulla nel mio nome!
Chiedete e riceverete, affinch la vostra gioia sia perfetta.
25 Vi ho parla ta di queste rose in similitudini: viene l'ora in cui
non vi parlero pi in similitudini, ma vi intratterro apertamente sul
Padre mio. 26 In quel giorno, voi chiederete nel mio nome, e non
vi dico che jo preghcr il Padre per voi: 27 la stesso Padre, infatti, vi
ama, perch voi mi avete amato e avete credu to che io sono uscito da

La Passione e la Glori{icalione

212

Ges e i suoi

213

Dio. 28 Sono uscito dal Padre e sono venuto nel monda; adesso lascio
il monda e torno al Padre .
29 Dicono i suai discepoli: Ecco, adesso parli apertamente e non
dici a1cuna similitudine. 30 Ora sappiamo che sai tutto, e non hai
bisogno che qualcuno ri interrogru: perci crediamo che sei uscito da
Dio . 31 Risponde loro Ges: Adesso credetc? 32 Ecca, viene l'ora,
anzi venu ta, in cui vi disperderete, ciascuno per conta SUD, c mi
lascerete solo; ma io non sono solo, perch il Padrc con me. 33 Qucste
case vi ho detto afIinch in me abbiate pace. Net monda avrete tribo
lazione, ma coraggio!, io ho vinto il monda .

consuma il suo amore per i suoi. Percio la grande preghiera


che precede immediatamente la Passione e corona J'ultimo
incontro, ha il nome di preghiera sacerdotale 13 .

Il pensiero talmente denso che l'espressione diviene

XVII, 1 Queste case disse Gcs, poi, levati gli occhi al cielo, disse:
Padre, venu ta l'ara; glorifica il Figlio tuo, afIinch il Figlio glorifichi
te; 2 siccome gli hai dato potcst su agni carne 14, affinch a tutto cio che
gli hai data, dia loro la Vita eterna. 3 Questa la Vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e Colui che hai mandata (Ges Cristo) 15.
4 la ti ho glorHicata sulla terra compiendo l'opera che mi desti da
fare ; 5 e adcsso glorificami tu, Padre, pressa di te, oon la Gloria che,
prima che il mondo fosse, avevo pressa di te .

sconnessa. Tuttavia si scorgono facilmente le linee essenziali


e attorno ad esse tutto si chial'sce.
Dopo che Ges sar risuscitato e sar venuto il Paraclito,

i discepoli non faranno pi domande, perch i dubbi e le


incertezze saranno dissipati. La loro fede sar allora cosl

completa e saranno cos1 profondamente uniti al Cristo che,


ne! sua Nome, cio in virt di cio che Egli e del legame
che li unir a Lui, otterranno dal Padre l'esaudimento di tutte
le 101'0 richieste. In modo analogo conosceranno perfettamente il Padre, perch la loro fede in Ges (che non avranno
pi necessit di interrogal'e ansiosamente) sar quale la
sicurezza de! Figlio pressa il Padre. In Lui essi si uniranno
al Padre, come il Padre a loro.
l discepoli che disperavano, passano bruscamente a un
entusiasmo non meno ingannatore. Credono ora che la glorificazione sia compiuta prima ancora che la separazione abbia

avuto luogo. Ges pero dice

101'0

che la fede che hanno nella

sua divinit non ancora stata messa alla prova e lascia

capire quanta la prova sal' al di sopra delle 101'0 forze, finch


essa non avr pOl' tata que! frutto che il dono deI Paradito.
La riceveranno solo dopa che sar acquistata dalla vittoria di
Ges sul monda, quando Egli la lascer da trionfatore.
3. LA PREGHIERA SACERDOTALE
Ges inizia l'ufficio sacerdotale d'intercessione, seconda la
sua promessa 12 J dal momento in cui, essendo giunta l'ara,
12

Cfr. XIV, 16.

Ges vi dom.nda la sua glorificazione (XVII, 1-5), poi


chiede pel' i suai i doni che ne saranna l'efletto, prima per gli
apostoli (XVII, 6-19), poi per tutta la Chiesa che si former
e crescer attorno a loro, afflnch in essa si realizzi il mistero

d'unit nell'amore a cui tende tutto il Vange!o (XVII, 20-26).

L. preghier. inizia unendo ne! modo pi diretto la Passione e la glorific.zione del Cristo.
Ges ha ricevuto ogni potere su ogni carne per comunicare agli uomini la Vita eterna, che essenzialmente cono-

scenza di Dio e di Colui che ba inviata. Abbiamo vista nelle


ultime pagine che l'idea della Verit assume un pasto centrale;

ne comprendiamo ara il perch: dando agli uomini la conoscenza eflerriva di cio che Dio, che Ges d loro la Vita.
Infine la comunicazione della Vita appunto cio pel' cui Dio
glorificato sulla terra.
L'avvicendarsi dei terni che il pro]ogo aveva enumerato si
ritrova dunque qui: la conclusione riassume, come quella deI

prologo, l'opera della salvezz.: il Figlio, che era nella Gloria


del Padre dall'eternit, ha preso su di s l'infermit dell.
carne, perch, glorificato nella carne che ha preso da essi su
di sJ associ con essa gli uomini alla sua Gloria.
6 Ho manifestato il tua nome agli uomini che mi hai dato traendoli dal monda. Erano tuai, e me li hai dati, e hanno custodito la mia
parola. 7 Essi, ara, sanna che tutto ci che mi hai data viene da te,
13 Da Dnvide Chylraeus (nel secolo XVI).
14 Esprcssione ripresa dall'ebraico per tuUi Cli uomlOl li .
l S Ges Cristo li dev'csscre una parentesi dell'cvangelista.

214

La Passione e la Glorificazioue

8 perch le parole che mi hai date le ho date a loro ; ed essi le


hanno ricevute e hanno riconosciuto davvero che sono uscto da te,
e hanno creduto che tu mi hai mandata .

Ecco svolto in un solo tratto il duplice processo della


predestinazione che rimette al Cristo queIli che sono dei Padre,
e della fede che conduce al Padre coloro che credono nel
Cristo. Tutto l'nsegnamento che Ges aveva data nel c. VI
su questo argomento si trova qui tiunito 16.
9 la per essi pregOj non prego per il monda, ma per coloro che mi
hai data, perch sono tuai, 10 e tutto cio che mio tua, e cio che
tua mio, e in essi io sono glorificato .

La preghiera si amplia per i discepoli seconda la Iinea che


abbiamo indicato. Il senso della frase sul mondo, per il quale
Ges non prega, non offre diflicolt quando si segua quella
traccia 17. L'affermazione sull'unit dei Padre e dei Figlio in
cia che es si possiedono, e quella sulla glorificazione dei Cristo
nei suai, conducono alle parole seguenti le quali annunciano
che quando la Spirito sar venuto su di es si con la glorificazione, sar 10ro trasferita la missione che Ges aveva eser~
citata di fronte a loro nel nome dei Padre, e che essi eserciteranno di fronte agli altri uomini nel sua nome.
11 E io non sono pi nel monda; essi, invece, sono nel monda,
mentre io vengo a te. Padre santo, conservali nel nomc tua che mi hai
data, affinch siano una cosa sola, come noi. 12 Quando era con loro,
ia stesso li conservava nel nome tua che mi hai data, e li ho custoditi;
e nessuno di 10ro perito, tranne il figUo della perdizione, affinch
la Scrittura si adempisse. 13 Ma ara io vengo a te, e dico queste case
mentre sono ancora nel monda, affinch essi abbiano in se stessi la mia
gioia, nella sua pienezza. 14 la ho data loro la tua parata, e il monda
li ha presi in odio perch essi non sono del monda, come io non sono
del monda. 15 Non chiedo che tu li tolga dal monda, ma che li custodisca
dal maligna. 16 Essi non sono del monda, come io non sono del monda.
17 Santificali neUa Verit: la tua parala Verit. 18 Come tu hai mandata me nel mondo, anch'io li ho mandati nel monda, 19 e per essi io
santifico me stesso, affinch siano anch'essi santificati nella Verit .
1G
17

Vedi p. 128.
Vedi p. 221 e

S5.

Ges e i suoi

215

Lo stile dei quarto Van gela, caratterizzato da frasi semplici


giustapposte, non deve ingannarci qui pi che aItrove. Tutte
le frasi hanno una logica interna estremamente rigorosa e
non possiamo spiegarne nessuna se Pisoliamo dalle altre e da

tutto il @o deI pensiero.


La preghiera di Ges, perch i suoi siano santi6.cati
riveste innanzi tutto un aspetto negativo . La prima domanda
esprime la necessit di salvaguardare la distinzione tra essi
e il monda: anche l'attributo di santo data al Padre, nel
significato primitivo di sceIto e separato, insiste su quest'idea.
La separazione dal monda (che non esso stesso che il prodotto di una divisione) dar origine alla realt positiva
dell'unione dei discepoli, che Ges non terne di dichiarare
analoga a quella che unisce Lui al Padre. Poich i! Padrc gli
ha dato il suo Nome, cio tutta la realt del suo esserc, il
Figlio ha conserva ta i suai nell'unit della Vita da cui procede
la pienezza della sua gioia.
Si comprende dunque caille sia importante non separare
la frase: non chiedo che tu li tolga dal monda da quest'altra: non sono deI monda. Nel mondo, senza essere
dei mondo, cosi era Ges e cosl devono essere loro. La Parola
data loro da Ges fa sl che non siano pi dei monda, perch
hanno ricevuto la Parola che la Verit; e percia il Maligno,
i! principe di questo monda, li odia. Cogliamo qui un'eco deI
prologo che d il nome di Logos, Parola a Verbo, al Figlio.
La frase seguente: Santificali nella Verit, la tua Parela
Verit , non pua certamente essere intesa in tutto il suo
significato se non la si accosta il pi possibile a questo senso
della Parola . Cos1 si comprende, per il fatto che hanno
ricevuto la Parola divina, che la missione dei discepoli non
pua essere che un prolungamento di quella dei Cristo: siamo
sempre nelle prospettive aperte dalla similitudine della vite
e dei tralci.
La dichiarazione di Ges che si santinca per i suai
discepoli non ha senso se si intende santi6.care nelI'acce~
zione secondaria di purificare. Bisogna dargli il sua significato
primitivo che di tar partecipi in vista di un sacrificio a Dio.
Ges si offre a Dio aflinch i suai possano offrirsi nella Verit
che Lui stesso.

216

La Passione e la Glorifica;one

20 Non prego per questi soltanto, ma anche per coloro che crederanno in me per mezzo della loro paroJa, 21 affinch tutti siano una
casa sola come tu, Padre, sei in me ed io in te, affinch anch'essi siano
una casa sola in noi, cosl il monda creda che tu mi hai mandata. 22 E
io ho data loro la Gloria che tu mi hai data, affinch essi siano una casa
sola come noi siamo uno: 23 io in loro e tu in me, affinch siano perfcui
nell'unit, c il monda riconosca che tu mi hai mandata e li hai amati
come hai amato me. 24 Padre, cio che mi hai data, vaglio che dove 50110
io siano anch'cssi con me, affinch contemplino la mia Gloria, quella che
mi hai data, perch tu mi hai amato prima della fondazione del monda.
25 Padre giusto, il monda non ti ha canosciuto; io, pero, ti ho canosciuto, e questi han riconosciuto che tu mi hai mandata. 26 E ho fatto
101'0 conoscere il tua nome, e la faro cOlloscerc, affinch l'amore col
quale mi hai amato sia in loro e io in essi .

La preghiera di Ges passa dai suoi primi discepoli a quelli


che crederanno pet mezzo loro e toma, per cos1 dire, ad
abbracciarli tutti insieme in quell'unit che l'ultima parola
del sua insegnamento.
L'unit dei discepoli si operer con il loro inserimento in
seno all'unit de! Padre e deI Figlio, inserimento d'amore che
si compir perch il Padre nel Figlio, e il Figlio sar nei
suoi, associandoli alla Gloria divina che ha ricevuto dal Padre.
L'unit dei discepoli con Ges e tra di loro, accostata
cos1 all'unit dei Padre e del Figlio, stata considerata dagli
atiani 18 come argomento per sminuire il valore di quest'ultima; ma, come dissera i teologi della Chiesa, ritorcendo
contra di loto quest'argomento, Ges parte al contrario da
una nozione estremamente chiara e precisa dell'unit dei
Padre e del Figlio per lasciare intravedere flno a che punta
sar perfetta l'unit dei suoi con Lui e tra di loro, cos1 come
reale il loro inserimento nella famiglia divina.
Del mistero dell'unit Ges fa 10 scopo ultimo della sua
opera; con la sua realizzazione il monda sar costretto a
credere alla missione divina di Ges, poich l'amore manifestato da Dio per i suai mostra al monda l'amore etemo de!
Padre per il FigIio suo.
Qui, come ne! secondo versetto, Ges indica l'insieme dei
discepoli con un neu tro collettiva: cio che mi hai dato ,
poi riprende con un maschile plurale: non si potrebbe
18 Eretici dei secolo IV che ncgavano la divinit di Cristo.

Ges e i suoi

217

sottolineare meglio quanta sia intima l'unit dei discepali


per il fatta che essi sono in comunione 19 nel Cristo; nello
stessa tempo invece di attenuare la loto distinzione persanale,
l'unit la conserva, poich le persone dei discepoli vivono
de! loro amore reciproco.
Le ultime parole sono per opporre l'ignoranza, il misconoscimento del Cristo da parte del mondo, al riconoscimento
de! Cristo compiuto dai suoi, nella fede che dar loro accesso
alla visione di Gloria che , secondo san Giovanni, la loro
beatitudine. La giustizia de! Padre, si manifesta ne! destina
finale, regolato da ci che il Cristo ha fatto e dall'atteggiamento preso di conseguenza dagli uamini.

1!l Jn c Chiesa nel senso pl precisa.

La Passione

IV.
LA PASSIONE

1.

L'ARRESTO

XVIII, 1 Detto questo, Ges se ne and con i suai discepoIi cltre il


torrente del Cedron, clave era un giardino nel quale entro con j suai
discepoli. 2 Anche Giucla, il traditore, conosceva il Iuogo, perch Gcs
e i suai discepol vi si crano spesso riuniti.
3 Giucla, dunque, conducendo la coorte e guardie fornite cla gran
sacerdoti e cla farisei, arriva l con lanterne, terce c armi. 4 Allora Ges,
che sapeva tutto ci che stava pct accadergli, si avanz e disse 10ro:
Chi cereate? . 5 Gli risposero: Ges il Nazareno . Diee loro Gcs:
Sono ic! , Anche Giucla, il traditore, stava con loro, 6 Come, dunque,
ebbe dette 10ro: Sono ie , indietreggiarono e caddero in terra. 7 Di
nuova Egli domande: Chi cereate? . Essi clissera: Gesl' jl Nazareno . 8 Rispose Ges: Vi ho detto che sono io! Se dunque cercate
me, lasciate che costoro se ne vadano . 9 (Cos1 si adempiva la parola
da Lui detta: Di colora che mi hai dato, non ho perduto nessutlO).
10 Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la sguaina e colpl il
servo del sommo saccrdote mozzandogli l'orecchio destro. (Il sel'vo si
chiamava Malco). 11 Gcs disse a Pietro: Rimetti la spada nel fodero.
Non berro il calice che il Padre mi ha data ? .
12 Allora la coorte, il tribuno e le guardie dei giudci si impadronirono
di Ges e la legarono.

Ges, andando nell'orto, sicuro che Giuda verr a cer~


carlo, e presentandosi quando questi arriva, va incontro al
supplizio. l'applicaziooe di cio che Lui stesso aveva detto:
ha il potere di disporre della sua vita \ e la sua morte un
sacri6cio liberamente accettato.
Il fatto che Giuda arrivi con la coorte romana condotta
l Cfr. X, IlL

219

dal suo tribuno, dimostra che i giudei da quel momento


hanno accusato Ges dinanzi a Pilato. Le ctcostanze poco
regolari della comparsa di Ges davanri al Sinedrio sono illuminate da tale indicazione: i giudei non fanno che promuovere un'inchiesta per sostenere la loto accusa, ma soltanto
Pilato sar il giudice.
facile capire la sgomento dei giudei e dei soldati di
fronte all'apparizione inattesa di Colui che vengono a cercare
come un malfattore e che va loro incontro con la pi perfetta
serenit. Vengono credendo di trovare un agita tore, e quella
pace li colpisce pi del tumulto che s'aspettavano (e che Ges
placa con poche parole quando Pietro vuole provocarlo).
L'evangelista sottolinea con il richiamo della frase di
Ges: Di coloro che mi hai data, non ho perduto nessuno ,
come Egli assuma su di s la miseria dei suai.

2. PRESSO ANNA E CAlFA

13 La condussero prima pressa Anna, poich costu era suocero di


Caifa, il quale era sommo sacerdotc in quell'anno. 14 (Caifa era queIlo
che aveva consigliato ai giudei: Conviene che un sol uomo 15 muoia
pet il popolo).
Seguivano Simon Pietro e un aitro discepolo. Ora quel discepolo che
cra conosciuto dal sommo saccrdote entro con Ges nel couHe dei
sommo sacerdote; 16 Pietro, invcce, rimase fuori, alla porta. Usd dunquc
l'aItro discepolo che era conosciuto dal sommo sacerdote, parla alla portillaia e fece entrare Pietro. 17 La scrva portinaia disse a Pietro: Non
saresti anche tu dei discepoli di quest'uomo? . Egli l'ispose: Non la
sono . 18 1 servi e Je gual'die che avevano acceso un braciere perch
faceva freddo, stavano a scaldarsi. Anche Pietro stava a scaldarsi con loro.
19 Il sommo sacerdote interrogo Ges intorno ai suai discepoli e al sua
insegnamento. 20 Ges gli rispose: 10 ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i
giudei si riuniscono, e non ho detto nulla in segreto. 21 Perch interl'oghi me? Demanda a colora che hanna udito che casa ho detto 101'0;
crco, essi sanna cio che ho detto . 22 A queste parole, una delle guardie
presenti diede uno schiaffa a Ges dicendo: Cosl rispondi al sommo
sacerdote?. 23 Ges gli rispose: Se ho parlato male, mostrami dov'
il male; ma se ho parlato bene, perch mi percuoti? .
24 Anna allcra 10 manda, legato, dal sommo sacerdote Caifa. 25 ara,
Simon Pietro era l, a scaldarsi. Gli clissero: Non saresti anche tu dei
suai discepo1i? . Egli nego e risposc: Non la sono . 26 Uno dei serv i

220

La Passiolle e la Glol'ificazione

del sommo sacerdote, parente di co\ui al quale Pietro aveva m07.zato


l'orecchio, gli disse: Non ti ho visto io, nel giardino con Lui? . 27 Di
nuovo Pietro nego, e subito il gallo canto.

Pietro e il discepolo anonimo, che senza dubbio il prediletto ( cio con ogni probabilit l'au tore dei Vangelo),
seguono Ges. L'anonimo, che conosce il sommo sacerdote, entra
senza esitare. S'accorge aUora che PIetro non ha osato avventura rsi; ritorna sulla porta e dopo aver detto qualche parola
alla portinaia, la fa entrare. Costei perlJ avendo gi notato
la sua incertezza e concentrando ara l'attenzione su di lui,
formula il suo sospetto. Pietro nega senza riflettere, pel' un
tiflesso di pover'uomo disorientato che vede una minaccia
in agni domanda. Pur tuttavia resta l: i suoi timori petsonaIi non possono aver ragione dell'inquictudine disintetessata che Jo stringe.
Ges, dinanzi ad Anna, anziano sommo sacerdote e suocero del sommo sacerdote in carica, eludc le domande: sa
che ogni risposta sarebbe vana; non sono le infotmazioni
che rnancano ai suoi accusatori, la loro parodia d'inchiesta
non mira che a trovare dei pretesti. La brutalit della guardia
cia che pua trarre dall'imbarazzo il vecchio pontefice che
s'a!fretta a sbarazzarsi di quest'affare trasmettendolo al genero.
Ne! ftattempo, Pietro continua ad attirare l'attenzione.
Nega una seconda volta, pi decisamente, legato com' alla
prima negazione. A una domanda pi precisa e meglio formuIata, ha pau ta per davvero e rinnega il sua Maestro con
tutta l'energia che pua mettere nelle sue parole. Allora il gallo
canta ed egli misura la propria caduta.

La Pass;one

221

piva la paroJa di Ges, con la quale significava di quale morte 2 doveva


morire).
33 Pilato, dunque, entro di nuovo nel pretoria, chiamo Ges e gl i
disse: Tu sei il re dei giudei? . 34 Ges rispose: Dici questo da te
stcsso oppure altri te la dissero di me? ). 35 Rispose Pilato: E he
sono giudeo, io? La tua gente e i gran sacerdoti ti consegnarono am:!
Che hai fauo? . 36 Ges rispose: Il roio regno non di ques[o
mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, le mie guardie avrebbero
combattu ta perch io non foss i consegnato ai giudei; ma no, il mio
regno non di questo monda ) . 37 Gli disse, aUora, Pilato: Dunque
tu sei re? . Rispose Ges: Tu la dici: io sono re. la pet questo
son nato, e pet questo son venu ta nel monda: per dar testimonianza
alla Verit. Chiunque pet la Verit ascolta la mia voce . 38 GU dis~e
Pilato: Chi la Vel't? )).

Il vero processo sta pet avel'e inizio.


Pilato eta al carrente e la sua sentenza gi pet met emanata, come 10 dimostta il fatto che la coorte romana fosse
andata ad arrestare Ges. Tuttavia i giudei, che credevano di
dover passa te solamente attraverso alcune fotmalit, ptoveranno del malcontento a causa del procuratore volubile e
irascibile.
La loro preoccupazione di purezza rituale, che impedisce
di contaminatsi entrando neHa casa di un pagano, 10 infastidisce, ed egli la far loro scontare. Finge fin dalle prime
parole d'ignorare tutte le loro convenzioni. 1 giudei, futiosi,
ma imbatazzati, gli rispondono aspramente. Seoza continuate
il battibecco, Pilato ritorna da Ges e la sua domanda
ironiea: Tu sei il re dei giudei? , rivela che al COt
rente delle accuse giudaiche che tentano di far passare Ges"
per un sedizioso, senza che egli per le prenda sul serio. La
domanda di Ges, che avrebbe potuto irrita rio, 10 sorprende
perch intulsce vagamente in Colui che dapprima aveva scam
biato pet un pover uomo, una grandezza che 10 spaventa .
Alza le spalle e la risposta tradisce la sua incettezza e il
fastidio sdegnoso per quest'affare che gli capita tr. le mani.
La frase di Ges sul sua regno che non di questo monda
conferma la vacuit dell'accusa dei giudei che alterano volut.mente il contrasta tra Lui e loro pet farlo condannare. Il
senso divino della Verit giovannea prorompe in questa frase
M

3.

DAVANTI A PILATO

28 Condussero allora Gcs dalla casa di Caifa nel pretorio. Era il


mattino. Essi, pero, non entrarono nel pretoria per non contaminarsi e
poter mangiare la Pasqua.
29 Pilato, dunque, usd fuori verso di loro e disse: Quale accusa
portate contra quest'uomo? . 30 Essi gli risposero: Se costui non fosse
un malfattore non te l'avremmo consegnato . Allora Pilato disse 10ro:
Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge! . Gli risposero
i giudei: A noi non permesso uccidere alcuno . 32 (Cos1 si adem-

2 Cfr. III, 14; VIII, 28 eXIl, 32. La croce cm un suppl2io romano.

222

La Passione e la Glorificaone

in cui la Verit messa in relazione con la sovranit soprannaturale di Ges; viene proclamato cOSI che la sua nascita
e la sua venuta sono state domina te dalla manifestazione
di tale Verit .
Pilato non si eleva tanto, ed un ridicolo controsenso
far dissertare questo soldataccio su una metafisica della Verit: egli non dice: Che cos' Ja Verit , ma semplicemente: Chi la Verit? , eio: Come me la caver in
tutte queste faccende giudaiche di cui non capisco nulla? .
38 E detto questo, usd di nuovo verso i giudci e disse loro: l a
non trovo in Lui nessun motiva di condanna. 39 Ma pel' voi consuetudine che io vi rilasci qualcuno in occasione della Pasqua. Volete che
vi rilasci il re dei giudei? . 40 Allora si misero a gridare di nuovo:
Non costui, ma Barabba! . Barabba era un brigante.

Pilato ha visto bene, per quanto non abbia capito gran


che di Ges. Egli non ha nulla dei sedizioso che gli avevano
descritto. Non prende sul serio la collera dei giudei e, con
quella mancanza di chiaroveggenza che la sua caratteristica,
crede di poter approfittare dell'usanza di cIemenza che essi
avevano ottenuto, per fare rilaseiare Colui che vogliono veder
croci6sso. Le grida non si fanno attendere: si chiede che
Barabba sia grazinto invece di Ges. Giovann i aggiunge una
sola osservazione: Batabba era un brigante .
XIX, 1 Allora Pilato pl'ese Ges e la fIagcll. 2 E i soldati intrecciarono una corona di spi ne e gliela posero sul capo, 10 rivestirono di
un mantello purpureo 3 e avanzandosi verso di Lui dicevano: Salve,
re dei giudei! , e gU davano schiaffi. 4 Pilato, uscito di nuovo fuo ri,
disse: Ecco, ve 10 conduro fuori perch sappiate che non trovo in Lui
aleun motiva di condanna . 5 Ges usd. portando la corona di spine
e il mantello purpureo. E Pilato disse 101'0: Ecro l'uomo! . 6 Net
vederlo, i gran sacerdoti e le guardie gridarono: Alla croce! Alla
croce! . Pilato disse 101'0: Prendetelo val e crocifiggetelo! 10 non trovo
in Lui nessun motivo di condanna . 7 l giudei gli risposera : Noi
abbiamo una legge e secondo la legge deve morire : poich ha detto di
essere il Figlio di Dio ).

Pilato, vedendo che non pu rilasciare Ges senza pro


vocare una sommossa, si decide per una di quelle debolezze
che. non soddisfano n la giustizia n le passioni: sottoporr

La Parsione

n.3

Ges al supplizio doloroso e soprattutto spettacolare delle verghe, sperando di soddisfate cosl l'odio dei giudei, e di Iiberare quest'innocente da una brutta situazione, il tutto senza
troppo danno. La soldatesca entra in gioco e si diverte a
beffare tanto il popolo quan to Ges, rendendogli degli onori
derisori. Pilato, sempre maldestro, crede d'acquietate i giudei
mostrandolo in quello stato pietoso. La sua esclamazione:
Ecco l'uomo! ", una di quelle frasi la cui portata sfugge
a coloro che le pronuneiano e che Giovanni ama riferire.
Il mantello di porpora e la corona per, anche se vani)
portano al colmo il furore dei sinedriti, poich colgono la
frecdata rivolta contro di loro, senza che le sofferenze subite
da Ges possano soddisfarli. La loro rabbia omicida esplode.
Pilato a sua volta s'irrita e si beffa della loro impotenza.
Allora, rischiando il tutto per tutto, non si trattengono e non
possono pi celare il vero motivo dei loro odio. Ma a questa
parola di Figlio di Dio >', il romano irreligioso e credulo
av r una reazione inattesa .
8 Quando Pila to sentI questa parola ebbe ancor pi paura. 9 Entra
di nuovo nel pretorio e disse a Ges: Donde sei tu? . Ma Ges non
gli diede risposta. 10 Pilato, allora, gli disse: A me non parli? Non
sai che io ho potere di rilasciarti e ho potere di crocifiggerti? . 11 Rispose
Ges: Non avresti aleun potere contra di me se non ti fosse stato dato
dall'alto; per questo, chi mi ha consegnato a te ha maggior peccato .
12 Da questo momento Pilato cercava di rilasciarlo, ma i giudei gridavano: Se rilasci costu i non sei amico di Cesare: chiunquc dice di
essere re si mette contro Cesare, 13 Pilato, udite queste parole, fece
portar fuori Ges e sed sul tribunale nel luogo detto Lastricato (in
ebraico Gabbatha). 14 Era la preparazione della Pasqua, verso l'ora sesta,
quando Pilato disse ai giudei: Ecoo il vostro rel . 15 Allora questi
gridarono: Via, via! Croci6ggilo! . Disse 101'0 Pilato: Il vostro re
devo crocifiggere? . Risposero i gran sacerdoti: Non abbiamo altro
re che Cesare! . 16 Allora 10 consegna 101'0 perch fosse crocifisso.

La parola Figlio di Dio ", che Pilato interpreta nel


senso indeterminato in cui l'intendevano i pagani, penetra
nel suo spirito come una frecein.
La grandezza che ha oscuramente intravisto in Ges verrebbe forse da una di quelle manifestazioni soprannaturali

224

La Pass;one e la GloYificazione

a cui i Romani della decadenza, per quanto scettici fossero,


erano disposti a credere, con una singolare mescolanza di
terrore superstizioso e di curiosit insoddisfatta?
Ne! dialogo che sta per iniziarsi, ogni parala sar suscet~
tibile di un doppio senso, 0 terreno 0 spitituale, e Pilato,
risvegliato pet un istante a certc nuove preoccupazioni, sfio~
rer lui stesso il mistero. La sua domanda: Donde sei tu?
improntata da questa indecisione. Ges per, che misura il
valore dei suai scrupoL, non gli risponde. Insorge allora l'orgoglio del magistrato, ma le parole di Ges riportano in lui
il timore e si tins aIda la sua intenzione di rilasciarlo. Le
parole: Non avresti alcun potere contro di me se non ti
fosse stato data dall'alto; per questo, chi mi ha consegnato
a te ha maggior peccato , sono in genere interpretate in
modo arbitrario. certo che il senso non molto chiaro. Si
potrebbe intenderle in un'accezione molto semplice: Pilato
non che un ingranaggio nel grande meccanismo dell'autorit
romana, ed un gloco di circostanze fortuite che l'ha messo
in questa poslzlOne esttemamente delicata, mentre invece i
giudei agiscono di 101'0 propria iniziativa e sotto la 101'0
responsabilit.
Pi profondamente, Pilato la strumento delle potenze
celesti che si combattono nella Passione di Ges (del diavolo
che comple i suai disegni porta tari di morte contra la Vita,
ma anche di Dio che volger contra illoro autore quegli stessi
disegni); mentre co1ui che ha consegnato Ges Satana
che agisce in colora che si sono rnessi deliberatamente al
sua servizio.
Pilato tavvisa qualche casa di questo seconda signiflcato;
scUl'O dell'innocenza di Ges, reso inquieto dal divino
che intravede confusamente in Lui, vorrebbe rilasciarlo; terne
di inoltrarsi in una sconoscuta via di tenebre. Una volta
per che sul sua tribunale, al centra della folla ostile, l'ampiezza della sollevazione popolare suscitata dal Sinedrio la
atterrisce e il grido: Non sei arnico di Cesare , cos1 abil~
mente calcolato, che non cessa di rintronare nelle sue orec~
chie, escogitato dai giudei che sanna troppo bene che con
questo la hanno nelle loro mani, vince i suai scrupoli.

La Passione

225

Il timore dell 'imperatore ha fatalmente ragione di un tale


uomo soggetto a paute pi metafisiche. Egli vorr per vendicarsi di coloro che la costringono aIla capitolazione, COIltinuando sino alla fine la sua sprezzante i1'onia: Ecco il
vostro re! .. . Il vostro re devo crocifiggere? . Allora i giudei,
pieni d'odio contra Cesare, non esitano a dare al procuratore una lezione di lealismo che il rinnegamento di tutte
le 101'0 speranze, per raggiungere i loro fini e sfuggire neUo
stesso tempo alla sua bella: Non abbiamo altl'o re che
Cesare! ).

4. LA CROCIFISSIONE

17 Presero, dunque, Ges il quale, portando Lui stesso la croce, si


diresse verso il luogo detto del Cranio, che in ebraico si dice Golgotha,
18 dove crocifissero Lui e altri due con Lui: uno per lato e, in mezzo,
GeSll. 19 Pilato sCl'isse anche un cartello e 10 pose sul1a croce; c'era
scritto: GES IL NAZARENO, IL RE DEI GIUDEI . 20 Moiti giudei les~
sera qucsro titolo, perch il luogo dov'era crocifisso Ges em vieino alla
citt e il cartello era seri no in ebraico, latino e greco. 21 l grnn sacerdoti
dicevano a Pilato: Non lasciar scritto: " IJ re dei giudei "; ma "Egli
disse: sono re dei giudei". 22 Pilato rispose: "Cio che ho scritto,
ho scritto" .
23 l soldati, quando ebbero Cl'ocifisso Ges, presero le sue vesti e
ne fecero quattro parti: a ciascun soldato una parte. ara, la tuniea cru
tutta d'un pezzo, tessuta da cima a fonda; 24 si dissero, perco: Non
la stracciamo, ma ririamc. a sorte a chi tocca, Cosl si adempl la
ScrittUl'a:
Si divisera fra JOI'O le mie vesti,
han rirato a sorte la mia veste 3.

Quesw duoque fecero i saldat.


25 Pressa la croce di Ges stavano sua madre e la soreHa di lei,
Maria di Cleofa e Maria di Magdala. 26 Vedendo la madre, e accanto
a lei il discepolo che Egli amava, Ges disse a sua madre: Donna,
ecca tuo 6glio . 27 Poi disse al disccpolo: Ecco tua madre . E da
quel momcnto il discepolo la ricevette con s. 28 Dopo di cio, sapendo
che tutto era compiuto, amnch la Scrittura si adempisse, Ges disse:
Ho sete! 4. 29 Cera l un vaso pieno d'aceto. Intorno a un giavel
lotto fu messa una spugna intrisa d'accto e gli fu accosta ta alla bocca.
30 Quando Ges ebbc preso l'aceto disse: Tutto compiuto! . E,
chinato il capo, rese 10 spirito.
3 Cfr. St/lmo XXH, 19.
4 Ibid. 16.

15 IV Vongelo

--- 1

226

La PaHione e /a Glorificazione

Il racconto della crocifissione il pi sobrio. Vi regna


una superiore serenit che non sopprime n attenua il tragico, ma che tiene lontano il dramma.
Quando la croce innalzata, i giudei vi leggono con
rabbia la scritta di Pilato ancora cariea di una minaccia profetica. Cercano inutilmente di farla togliere. Pilato, che ha
ceduto sull'essenziale J si rivale sulle cose secondarie e non
gli dispiace di guastare il loro trionfo.
L'episodio della tuniea senza cuciture stato considerato
ben presto come un simbolo dell'unit della Chiesa. Ci non
significa affatto che san Giovanni non ce l'abbia riferito come
un fatto stotico, ma noi sappiamo che pur conservando tanti
ricordi personali, egli non annota mai nulla di inutile, e
molto probabilmente ha voluto davvero dare un insegnamento
di questo genere in un simile particolare, che viene dopo
tutto cio che ci ha trasmesso suWunit dei credenti.
L'altro episodio, proprio di san Giovanni, quello della
madre di Ges e dei discepolo prediletto affidati l'uno ail 'al
tro, stato inteso fin dalle origini in un signifIcato simbolico
che difficile eredere estraneo all'evangelista. Dopo le parole
solenni pronunciate nell'ultimo incontro in cui associava i
suoi alla sua missione - e che Egli ripeter quando la Resurrezione sad un fatto compiuto - impossibile non scoprire
ne1l' Ecco tua madre ... ecco tuo figlio , il compendia di
tutta il processo che noi ora possiarno distinguere: il cristiano affidato alla Chies a e la Chiesa propos ta al cri
stiano, in modo che tutti in ciascuno e ciascuno in tutti
ritrovino 10 stesso Signore. La maternit di Maria, estendendosi
da Ges in Lui a tutti i suoi, appare dunque come il prineipio della matcrnit della Chiesa.
Le parole: Ho sete! e Tutta compiuto! , cos1
accos ta te, esprimono un'ultima volta l'unione della Passione
e della glorifieazione di Ges: Egli raggiunge il eompimento
della sua missiane ne1 momento 1 cui la sua vita fini sce.

5. LA

DEPOSIZIONE DALLA CROCE E LA SEPOLTURA

31 1 giudei, poich era la Prcparazione, affinch i corpi non rima


ncsscro sulla croce di sabato - era un giorno solenne quel saba ta -

La Passiol1e

227

chiesero a Pilato che venssero spezzate le gambe ai rocifiss c fossero


portati via. 32 Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al
primo, poi aIl'altro che era crocifisso insicme a Lui. 33 Giunti a Ges,
vedendolo gi morto, non gli spezzarono le gambe, 34 ma uno dei sol
dati gli trafisse il fianco con la lancia e subito gli usd sa ngue ed aqua.
35 (E chi ha veduto ne d tes timonianza, e la sua testimonianza veritiera,
ed egli sa che dice il vero, affinch anche voi crediate ). 36 Questo, infatti.
accadde perch si adempisse la Scrittura:
.
Non gli sar spezzato un solo osso
37 e ancora un'altra Scriuura dice:
Vedranno Celui che hanno trafitto .

5.

38 Dope di cio, Giuseppe d'Arimathea, un disepolo di Ges ma


occulto per timore dei giudei , domando a Pilato di ponar via il corpo
di Ges c Pilato diede il permesso. Venne, dunque, Giuseppe e porto
via il corpo di Ges. 39 Venne anche Nicodemo (qucllo che in precedenza era andato da Ges di notte), portando una miscela di mirra e
di aloe: circa cento libbrc. 40 Essi presero, dunque, il corpo di Ges
e 10 avvolsero con pannilini insieme con gli aromi, come usa no fare i
giudei per la sepoltura. 41 ara, ne11uogo dove Ges cm stato crocifisso,
c'era un giardino e nel giardino c'era un sepolcro nuovo, nel quale
nessuno ancora eta stato sepolto. 42 L dunque, a causa della Prepara
zione dei giudei, cssendo il scpolcro vicino, dcposero Gcs.

Abbiamo qui l'affermazione esplicita che Ges fu messo


a morte alla vigilia della Pasqua, la sera in cui si mangiava
l'agnello pasquale. (Il che implicito nell'atteggiamento dei
sinedriti che temevano di contaminarsi entranda nel pretorio).
Puo parere che vi sia contraddizione tra san Giovanni e i
sinottici, che sembrano descrivere l'ultima cena come un
banehetto di Pasqua e porre dunque la erocifissione nel
grande giorno della festa. Tuttavia l'episodio di Simone di
Cirene che veniva dalla campagna e che viene fermato per
fargli portare ]a croce di Ges, una testimonianza che i
sinottid rendono alla tradizione giovannea che pone la morte
di Ges alla vigilia dei sabato.
Il sangue e l'aequa usciti dal fiaDco di Ges sono il
terzo particolare simbolico che san Giovanni ci ha riferito
sulla Passione. Non si tratta pi solamente di forti eongetture, una certezza che viene riferita in fa vare del signifieato dei fatto. L 'insistenza dell'evangelista unita alla frase
5 Cfr. Esodo XII, 46; NI/Iller; IX , 12; Sa/ma XXXIV, 21.
(j Cfr. Za ccaria XII, JO.


228

La Pasriol1e e la Glorificazione

della sua Epistola 7 su1l'acqua e sangue, non Cl consente


di dubilare che egli vi attribuisce un profondo signifieato.
I! modo in cui egli stessa ha ardinata tutta l'insegnamenta sulla Vita che Ges porta al monda, intarno al
battesimo e all'eucarlstia, conduce a vedere nell'acqua e nel
sangue sgorgati clal Cristo in croce questi due sacra menti
nei quali la Chies. nata dalla morte di Cristo.
Dopa che tutto termina ta, Giuseppe d'Arimathea, che
rivela proprio allora la su. fede, va a chiedere a Pilato il
corpo di Ges. Avendo ottenuto l'autorizzazione che aveva
ricmesto, va al Calvario e con l'aiuto di Nicodemo, questo
altro discepalo notturna , depone il corpo di Ges; dopa
averlo avvolto in bende intrise di aromi per seppellirlo
in fretta, 10 trasportano nel vicino sepo1cro.

V.
GES GLORIFICATO

LA RESURREZIONE
1 Cfr. 1 Epistola di sail Giovallni V. 6.

XX, 1 Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si reco al


sepolcro sul mattino, che era ancora buio, e vide la pietra tolta dal
sepolcro. 2 Corse allora da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello
che Ges amava, e disse loro: Hanno tolto il Signore dal sepolcro e
non sappiamo dove l'han messo! . J Pietro usd aUora con l'altro discepolo e si recavano al sepolcro. 4 Tutti e due correvano insieme, ma
J'altro discepolo, pi svelto di Pietro, 10 precedette e arrivo prima al
sepolcro. 5 E, curvatosi, vide i pannilini per terra, ma non entro.
6 Giunse anche Simon Pietro, che 10 seguiva, c vede i pannilini per
terra, 7 e j! sudario, che cra sul capo di Ges, non per terra con i
pannilini, ma avvolto a parte, in un altro posto. 8 AUora entro anche
l'altro dlscepolo, che era arrivato primo al sepolcro, e vide e crcdette.
9 Non avevano ancora, infatti, capito la Scrittura, secondo la quale Ges
doveva risusdtare da morti. 10 Poi i discepoIi se ne ritornarono a casa.
11 Maria, pero, stava fuori, presso il sepo1cro, piangendo. Mentre
piangeva. si curvo verso il scpolcro 12 e vide due angcli vestiti di bianco,
seduti l'uno dalla parte del capo c l'altro dalla parte dei piedi, l dove
giaccva il corpe di Gcs. 13 QueUi le dicono: Donna, perch piangi? .
Essa risponde: Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'abbiano messo! . 14 Cio detto si volta indietro e vede Ges che stava
l, ma essa non sapeva che era Ges, 15 Le dice Ges: Donna, perch
piangi? Chi cerchi? . Quella, credendo che fosse il giardiniere, gIi dice:
Signore, se l'hai trafugato tu. dimmi dove l'hai messe ed 10 andro a
preoderlo . 16 Ges le dice: Maria! . Voltandosi, essa rispose in
ebraico: Rabbuni! , do: Maestro! . 17 Le dice Ges: Non
tenermi casl, perch non ancora sono asceso al Padre; va' a trovare,
invece, i miei fratclli e di' loro: .. Ascendo al Padre mio e Padre vostro,
Dio mio e Dio vostro" . 18 Maria di Magdala va ad annunziare ai
discepoli: Ho veduto il Signore , e quello che le avcva detto.

230

La Passione e la Glorificazione

Il racconto della scaperta della resurrezione ei che


san Giovanni ei ha laseiato di pi bello. Tutta questa pagina
come pervasa di un'atmosfera mattinale. Le tenebre avvol
gono ancora la terra in cui la Vita ha riposato nel sepolera
pet tutta un sabato. Tuttavia si avverte fin dall'inizio che
la Luce vicina: la tomba vuota ce la fa sperare, gli angeli
l'annunziano, e inflne la Luce appare, ma la sua manifesta
ziane cos1 serena e dolce che non subito riconosciuta.
La notizia del sepolero vuoto ha colpito i discepoli. Vi
accorrono, temendo il peggio e nello stesso tempo mossi
da un'oscura speranza. Il prediletto, senza dubbio il pi
giovane, arrivato pet primo. Una sctupala, un senSQ di
riserho al limite deI mistero, la trattiene dall'avvicinarsi.
Pietro invece non ascolta che la sua impazienza: l'altto
allora, che l'aveva preceduto fin Il, la segue. Egli vede e
crede. Di Pietro non ci detto nulla: Giovanni riporta un
rlcordo personale e non aggiunge nulla; il sepolcro vuta
sufficiente pet convincerlo. Finora le Scritture erano rimaste oscure pet lui: era necessatio che Ges fosse risusdtato;
ara che questo avvenuto, egli vi ritrova do che non aveva
saputo vedervi.
Maria Maddalena l dopa esser venuta a dar loro l'aUarme
che in lei si mutato in pace: Hanna talto il Signore dal
sepolcro e non sappiamo dave l'hanna messo! , di nuovo
ritornata.
Quando i due discepoli, immersi nelle loto meditazioni,
sono partiti, es sa resta l non vedendo che una cosa sola che,
nella sua solitudine suU'orlo dei sepolero, la penetra sempre
di pi: Hanna portato via il mio Signore e non sa dove
l'abbiano messo . Non pi l'infotmazione un po' impersonale che aveva portato agli altri; il grido di una tenerezza
umana molto puta, ma prafandamente femminile, e che il
pensiero della resurtezione non basta a plac~re: se, risuscitato, Ges doveva timanere separato, essa non vedeva
negli stessi angeli che dei rapitori.
Mentre parla loro, si direbbe che indovini subito tl'na
presenza dietro a s. Si volta prontamente, ma l'apparizione
1 f! la s lessa Maria di Bcthania? Lo si spcsso creduto, ma nulla ci autori ........3 a dare al quesi to una ri sposta delinitiva in un senso 0 nell'altro.

Ges glorificato

231

che vede cosl serena che non puo credete a cio che il SUQ
cuore le fa spetare. Resta prosttata e non vede in Colui
che davanti a lei che un estraneo che pu per qualche
cosa essete in telazione con quella separazione che la strazia.
Una parola basta a disingannarla e a mutare tutta la sua
tristezza in gioia: Maria ! . Allora esulta: Rubbuni , ma
Ges sfugge aU'eccesso di quest'amore troppo umano: la sua
presenza sensibi.le non che una tappa a cui non bisogna
fermarsi nella via trionfale verso il Padre. La presenza che i
suai devono attcndere quel!a che stabilir Lui in essi,
quando sar perfettamente glorificato attraversa l'Ascensione
pressa sua Padre, diventato loro Padre grazie alla sua opera.
19 La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentrc, pel'
pilma dei giudei, le poUe dei luogo dove si trovavano i discepoli erano
chiuse, Gesll venne, stette in mezzo 10ro c disse: Pace a voi! . 20 E
cio detto mostro ad essi le mani e il fianco. Nei vedere il Signore, i
discepoli furono pieni di gioia. 21 Egli disse di nuovo: Pace a voit
Come il Parlre ha mandato me anch'io mando voi. 22 E cio dctto alito
su di essi e disse: Ricevete 10 Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i
peccati saranno rimessi, a chi li riterrete satanno ritcnuti.
24 Tommaso, pero, uno dei dodici, quello che era chiamato Didimo,
non era con 10ro quando era venuto Ges. 25 Gii altri discepoli gl i
dicevano: Abbiam veduto il Signore!. Ma egli rispose: Se non
vedo nelle sue mani Pimpronta dei chiodi e non metto il mio dito nei
posti dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, non credcro.
26 Otto giorni dopo, i discepoli crana di nuovo in casa e Tommaso si
trovava con Joro. Ges yenne a porte chiuse, stette in mezzo a loro e
disse: Pace a voit . 27 Poi disse a Tommaso: Porta qui il tua dito
c guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio fianco, e
non voler essere incredulo, ma credente! . 28 Rispose Tommaso: Signore mio e Iddio !nio! . 29 Ges gli disse: Perch mi hai veduto
ha creduto? Beati quelli che credono senza avec vista! .

La sera della prima domenica i discepoli si sono 1"UI11 tI;


le porte sono chiuse perch temono che i giudei dopa
aver fatto dei male al Maestro, ne vogliono fare anche ai
suai discepoli. Alcuni hanno gi creduto alla resurrezione;
per gli altri un sogno troppo bello per essere vero. Ges
pero viene e appare in mezzo a lorD.
La sua apparizione d loto cio che aveva promesso: la
pace e la gioia . Egli alita su di essi la Spirito, la presenza di
Dio in essi rittovata con la vittoria della croce e della tesur-

232

La Passiolte e la Glorifica:one

rezione. Cosl si compie l'unione dei Cristo e dei suai che


egli aveva promesso, e cos1 essi sono associati alla sua opera
al punta di poter prendere una qualche parte alla sua missione pi divin a, quella di Salvatore e di giudice: Egli d
loro il potere di rimettere 0 di ritenere i peccati.
Tommaso perb, pronto allo scoraggiamento 2 e lento alla
speranza, non era nella Chiesa che si era formata quella sera,
e la resurrezione resta per lui un bene inaccessibUe. Alla
sera della seconda domenica si trova nell'assemblea dei discepoli. Ges viene di nuovo, gli fa vedere e toccare le stigmate
della sua Passione che rimangono nella Gloria, come la Gloria era gi- nella sua Passione . Allor. egli confessa la fede
nuova della Chiesa: Mio Signore e Iddio mio! ),.
La fine dei Vangelo si collega col sua inizio: il Figlio
unigenito che si era nascosto nella nostra carne si manifestato
in essa tras6gurandola. Le appariziom tuttavia non sono che
una via verso quella presenza pi intima attraverso 10 Spirito
che esse hanno donato: Giovanni, ritornando sulla propria
fede, pub concludere riportando per coloro per i quali ha
scritto, quest'u1tima frase del suo Maestro:
Beati quelli che credono senza aver visto! .

30 Ges fece ancora, in p1'esenza dei suai discepoli, moIti altri miracoli che non sono scritti in questo libro, 31 ma qucste case sono state
sctitte affinch crediate che Gesll il Messia, il Figlio di Dio, e amnch,
credendo, abbiate la Vita nel nome di Lui.
2

Cfl". Xl, 16.

EPILOGO

Le ultime parole dei capitolo precedente mostrano come,


in un primo tempo, il Vangelo terminasse qui. Tuttavia, forse
molto tempo dopo averlo terminato, il suo autore annot un
aItro l'accon ta che ci lascia un'ultima visione di Ges rsuscitato, mentre ci apte le prospettive della storia apostolica .

XXI, 1 Dopa di cie, Gcs si manifesto al1cora ai suai disccpoli su l


mare di Tiberiade, e si manifesta cos1. 2 Simon Pietro, Tommaso, quello
dette Didimo, e Natanaelc, quello di Cana della Galilea, i figli di
Zebedeo 1 e due altri discepol i si trovavano insicme. 3 Simon Pietro
disse loro: Me ne vado a pescarc . GU di6sero: Ven iamo anche noi
con te . Partirono, dunque, c salirono nella barca; ma quella natte
non presero nulla. 4 Sul far del mattino Ges si presente sulla riva,
ma i discepali non sapevano che era Gcs. 5 Ges disse loro: Figlioli,
avete qualcosa da mangiare? . Gli risposero: No! . 6 Allora Egli
disse loro: Gettate la tete a destra della barca e troverete! . La gcttarono e per la gran quantit di pesci non riusdvano pi a tirarJa. 7 Allorn
quel discepolo che Ges amava disse a Pietro: il Signore! . Simon
Pietro, udito: :f: il Signore , si vesti - s'era, infatti, spagtiato - e
si getta in mare. 8 Gli altri discepol pero, poich eran lontani da terra
circa duecento cubiti, vennero con la barca, trascinando la rete coi
pesci. 9 Scesi a terra, videro della brace, con sopra del pesce e del
pane. 10 Disse loro Ges: Portate qua di quei pesci che avete or ara
1 San Giovanni usa qui per la prima volta quesl'espressionc familiare ai
sinottici.

234

La Passione e la Glorificazione

presi . 11 Simon Pietro risall in barca e tiro a terra la rete piena di


grossi pesd - ccntocinquantatr - e sehbene fossero tanti, la rete non
si squarcio. 12 Disse loro Ges: Venite, fate colazione . Nessuno dei
discepoli osava domandargli: Tu chi sei? sapcndo che era il Signore.
13 Ges si avvicino, prese il pane, la porse ad essi e cosl il pesce.
14 Questa fu la terza volta che Ges si manifeste ai discepoIi, dopa la
sua Resurrezione dai mort. 15 Quando ebbero fatto colazione, Gestl
disse a Simon Pietro: Simone di Giovanni, mi ami pi di questi?.
Gli disse Pietro: Sl, Signore, tu sai quale affetto ho per te. Gli disse
Ges: Pasci i miei agnel1i . 16 Gli disse ancora, una seconda volta:
Simone di Giovanni, mi ami?. Gli disse: Sl, Signole, tu sa i quale
affetto ho per te! . Gli disse: Pasci le mie pecorelle . 17 Gii disse
per la terza volta: Simone di Giovanni, hai tu un talc affetto per
me?. Pietro si rattrista perch Ges gli aveva detto la terza voita:
Hai tu un tale affetto per me? 2 e gli disse: S ignore, tutto tu sai;
tu conosc l'affetta che io ho per te! . Ges gH disse: Pasci le mie peco
relle. 18 In verit, in verit ti dico: quando cd pitt giovane ti cingevi
e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio stenderai le hraccia e
un altro ti cinger e ti condurr dove tu non vorrai . 19 Disse questo
per indieare con quale gencre di morte doveva glorificare Dio. E cib
detto aggiunse: Seguimi! . 20 Pietro, voltandosi, vide venirgli appresso
il discepolo che Ges amava (quello stesso che durante la cena s'era
ch inato sul petto di Lui e aveva detto: Signore, chi che ti tradisce? ).
21 Pietro, vedendolo. disse dunque a Ges: Signore. di lui che casa
sar? . 22 Gli disse Gcs: Se voglio che egli rimanga finch io venga,
cbe t'importa? Tu seguimi! . 23 Si sparse. perda. tra i fratelIi questa
voce: Quel discepolo non muore ; Ges, pero, non disse a Pietro:
Non muore, ma: Se vaglio che egli rimanga nnch io venga, che
t'importa? .
24 : questo il di scepolo che rende testimonianza su queste CQse e le
ha scritte; e noi sappiamo che la sua testimonianza vedtiera. 25 Vi
sono, poi, moite altre cose fatte da Ges, le quali, se si scrivessero una
per una, ritengo che neppure il monda potrebbe contenere i libri che
si dovrebbero scriverc.

Quest'epilogo, penetrato di una cos1 sqUlS!ta familiarit


con le cose divine, non richiede moIti commenti. Il catattere
di ricordo personale, cos1 vivo in tanti passi dei Vangelo, si
afferma ancor pi qui e, senza uscire completa mente dal mistero, l'autore avanza un po' di pi nella luce, per dissipare
2 Questo, per essere bene inteso, esige che si noH una diffcrenza che
moIti traduttori trascurano. Le due prime volte Ges aveva dctto : .. Mi ami? "
e gi si conosce il significato di questo termine negli scritti giovannei. Pietro,
non osando pi azzardarsi, protesta solamcnte il sua alletto tutta umano, ma,
alla terza volta, Gesll scmbra mcttcrc in dubbio questo slcsSO affetto.

Epilogo

23">

le fantasticherie di cui era oggetto, ricordando delicatamente


la riabilitazione di Pietro e la sua missione che sar coronata
dal martirio.
Le ultime parole sono della mana di un editore dei Van
gelo, senza 'dubbio quello che ha voluto unire definitivamente
quest'aggiunta all'opera primitiva.

Indice

pag.

9
17
21
25

INTRODUZIONE

Originalit dei quarto Vangelo

San Giovanni
Concezione giovannea della storia
Caratteri letterari deI quarto Vangelo

32 Piano e contcnuto del quarto Vangelo

PARTE PRIMA

Il Verbo, Vita e Luce

41 1. Prologo
43

1. Il Verbo

51

2. La Vita

54 3. La Luce
65

4. La Dimora e la Gloria

69 5. La Grazia e la Verit

72 II. Le testimonianze e
72
79

85
88

segni

1. La restmonianza deI Battista


2. La tesmonianza dei primi discepoli
3. Il segno di Cana
4. Il tempio puri6cato

92 III. La Vita: il Battesimo


92

1. Nicodemo

99

2. L'ultima testimonianza di Giovanni

238

II/diee

pag.

101

Indice
pag.

3. La Samari tana

114 4. Il paraltico di Bethesda

123 IV. La Vita: l'Eucaristia


123
126

1. La moltiplicazione dei pani


2. Il pane di Vita

136 V. La Vita e la Luce: la festa dei Tabernacoli

218 IV. La Passione


218
219
220
225
226

1. La discussione con i giudei


2. La cerimonia dell'acqua
J. La cerimonia delle luci

149 VI. La Luce


149
155
159

1. Il conflitto delle tenebre con la Luce: la Verit


2. La guarigione del cieco nato
3. Le similitudini della porta e del buoo pas tore

168 La resurrezone di Lazzaro

PARTE SECONDA

La Passione e la Glorifieazione

183 1. l preliminari della Passione


183
185
186

L L'llozione a Bethania
2. L'cntrata a Gerusalemme
3. L'incontro con i greci

190 II. Ges e i suoi


190
193

1. L'ultima Cena
2. La Gloria del Cristo e i suai

202 III . Ges e i suoi (seguito)


203
208
212

1. La similirudine della vite


2. Il Paraclito
3. La preghiera sacerdotale

L'artesta
Pressa Anna e Caib
Davanti a Pilato
La crocifissione
La deposizione dalla croce e la sepoltura

229 V. Ges glorif1cato


229

136
142
145

1.
2.
3.
4.
5.

L,

ResulTezione

233 Epilogo

239

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