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Bonsai
& Suiseki
magazine
Maggio 2009
Anno I - n.5
Bonsai&Suiseki magazine
5
五
in
Bonsai & Suiseki collaborazione con
magazine ©
Maggio
2009 5 editoriale
DIRETTO DA
Antonio Ricchiari
IDEATO DA
Luca Bragazzi
Antonio Ricchiari Bonsai & Suiseki magazine: la prima rivista on-line
Carlo Scafuri
REDATTORE Dopo quattro numeri editi dal nostro gruppo redazionale, cui va
Carlo Scafuri il mio riconoscimento per professionalità e impegno, credo sia giunto il
momento di fare un primo bilancio. Abbiamo migliorato graficamente la
REVISORE DI BOZZE rivista e continueremo a farlo numero dopo numero. Il numero di lettori
Dario Rubertelli e di consensi va progressivamente aumentando. Sappiamo che vi sono
Pietro Strada due gruppi di lettori che ci seguono: quelli “ufficiali” che conosciamo e
che ci sostengono e quelli “clandestini”, che ci sbirciano, ci spiano, che
CORRETTORE DI BOZZE non ammetteranno neanche sotto tortura di seguirci, ma che lo fanno.
Giuseppe Monteleone E noi ne siamo felici e diciamo loro: continuate e farlo, anche se con aria
… carbonara.
PROGETTAZIONE GRAFICA Una rivista autoprodotta questa che crediamo e speriamo sia
Salvatore De Cicco destinata ad essere d’elite, una icona preziosa per pochi. Questo maga-
zine non vuole essere per molti, non ci interessa la quantità ma la quali-
IMPAGINAZIONE tà. Vogliamo mantenere alto il vessillo di indipendenza da qualsiasi loggia
Salvatore De Cicco e dal potere economico che in questa società moderna regola ogni mec-
Carlo Scafuri canismo e che condiziona pure il pensiero.
Vi sono riviste che editori convinti stampano anche in soli 100
FOTO DI COPERTINA o addirittura 50 esemplari. Questa rivista è una affermazione di libertà
Stefano Alpi per me che la dirigo e per tutti gli amici che vi collaborano. Questa rivista
ci veicola emozioni e spero che sia così per chi la colleziona. Questa è
Fabrizio Beltrame
una rivista che definirei “fanzine”. Il termine “fanzine”, che in italiano pos-
Geppino Mauriello siamo tradurre come “rivista amatoriale”, deriva dalla contrazione delle
parole inglesi fan (fanatico/appassionato) e magazine (rivista). Si fonde
HANNO COLLABORATO con la pratica del do it yourself (fallo da solo), grazie anche alla possibilità
Sergio Bassi di stamparla in copie a colori al costo di pochi centesimi. La fanzine è un
Armando Dal Col vero e proprio organo di stampa indipendente, in alternativa alla cosid-
Cosimo De Bari detta editoria mainstream.
Patrizia Di Giulio Alcune fanzine sono diventate importanti come la rivista Vice, la VBS.tv o
Gian Luigi Enny quella italiana Nero magazine che si occupa d’arte o la rivista musicale
Giovanni Genotti Blow up, e tutto ciò nonostante in rete sia un fiorire costante di news-
group, webzine e blog. Speriamo di vincere la scommessa fatta con noi
Sergio Guerra
stessi. Speriamo di farcela. Ce la faremo!
Luciana Queirolo
Dario Rubertelli
Roberto Smiderle Antonio Ricchiari
Gennaro Terlizzi
Tutti gli scritti, le foto, i disegni e quant’altro mate-
riale pubblicato su questo sito rimane di esclusiva
proprietà dei rispettivi Autori che ne concedono in
via provvisoria l’utilizzo esclusivo al Napoli Bonsai
Club ONLUS a titolo gratuito e ne detengono il copy-
right © in base alle Leggi internazionali sull’editoria.
E’ vietata la duplicazione e qualsiasi tipo di utilizzo
e la diffusione con qualsiasi mezzo (meccanico o
elettronico). I trasgressori saranno perseguiti e
puniti secondo gli articoli di legge previsti dal Codi-
ce di procedura Penale che ne regolano la materia.
Sommario
5
五
Mostre ed eventi
pag. 07 “BonsaiZone Exhibition ‘09” - C. De Bari
pag. 10 “III Congresso di Rivalta” - S. Guerra
Azalea
coll. Gakuajisai Kozan pag. 11 “Brindisi Bonsai” - P. Di Giulio
Note di coltivazione
La mia esperienza
pag. 37 “I micro-elementi” - L. Bragazzi
pag. 18 “L’occasione del fare - II parte” - V. Cannizzo
pag. 20 “Rinvasiamo un ficus” - D. Rubertelli
Tecniche bonsai pag. 22 ”Percorso evolutivo di un acero campestre” -
A. Dal Col
pag. 38 “La potatura delle caducifoglie” -
G. Genotti - A. Ricchiari
A lezione di Suiseki
Vita da club pag. 24 “Arenarie” - L. Queirolo
Ever since I saw the first issue of “Bonsai & Suiseki Magazine” on the A.I.A.S. web site, to the present issue, I have been amazed
at the continued professional quality of the magazine. Two things stood out immediately: the magazine’s layout and the liberal
use of quality color photographs.
It is rare to see so much beautiful work put into an electronic magazine. Many web sites I know could learn from the professional
work of the magazine. The fonts are very readable, and the use of the colored bars framing the article’s titles is a masterful touch.
It is a simple matter to look for their titles by simply being led to the colors on the pages. Bravo! As someone who has a web site
and is involved in publishing our quarterly newsletter, I must admit I’ll steal a few ideas from “Bonsai & Suiseki Magazine”.
As an active photographer, I have been impressed by the quality of the photographs placed in the magazine; I like their varying
sizes and placements. I also like the detailed step-by-step photographs demonstrating various bonsai techniques in working with
a tree. I also was happy to see an article on fagus forest plantings; my favorite tree and style.
Unfortunately, I do not read Italian well, so I am relegated to using translation software. I save myself by not translating all the
articles, and not translating every word of every article I am interested in. The work is worth it, as those articles I have read are
cogent, convincing, and entertaining, even with the software’s bizarre translation occasionally. By the way, I use three translators
and a hard copy dictionary to get the gist of the articles.
The content is unique: where else can I read articles on bonsai, my old sensei John Naka, picture stones, collecting stones in
rivers, and the placement of suiseki in suibans and dobans. Luciana’s richly illustrated article was a pleasure for my eyes, and to
read. As we say, this is all “eye candy”.
At this point I am sure you are thinking that I believe the magazine is perfect. No, I do not, but my concerns are minor and selfish
ones. I would like to see a few additions. A few more articles on suiseki would be nice; and more photographs, of course.
Finally, I was pleasantly surprised to see an article on Shiatsu! It was fun to read. If shiatsu articles make it into the magazine,
then I would like to see articles on how to photograph bonsai and suiseki, and why not articles on samurai swords. I collect
swords and I learned recently that there are some very active samurai sword clubs in Italy. I guess the wish list can get longer
and longer, so I will stop.
Good job, very creative and fun to read. Keep up the good work.
Felix G. Rivera
1 Dal mondo del Bonsai & Suiseki
IL GIARDINO ZEN - Gian Luigi Enny
Il giardino Zen
- stile Karesansui
Le origini Il giardino “Karesansui”, detto anche giardino giapponese in stile “paesaggio secco” esiste da
molti secoli. E’ nel sesto secolo d.c., con l’ avvento del Buddismo Zen che il “giardino” ha cominciato ad
evolversi. Innanzitutto sono stati realizzati giardini di dimensioni maggiori per permetterne l’accesso
all’interno, così da passeggiare e meditare senza rimanere all’esterno, sui bordi come nei primi
Karesansui. I sacerdoti Zen hanno adottato poi il “Karesansui“ assegnando alla sua costruzione uno
scopo differente: aiutare alla comprensione più profonda dello zen e dei suoi concetti.
La meditazione zen non avviene più solo con l’ osservazione del giardino ma anche e soprattutto
con la sua creazione stessa. I principi base che oggi ci vengono tramandati risalgono al tardo 1200 e sono
quelli che hanno creato i giardini della contemplazione dei più recenti sacerdoti Zen. I giardini di pietra
riflettono inoltre l’influenza della pittura di paesaggi dell’epoca Song. Quest’arte relativa alle pietre, e
cosi sobria da rinunciare alla magia del multicolore, rispondeva alle esigenze di semplicità e severità che
caratterizzavano i monaci zen. Ed è per questo che i disegnatori vi si ispirarono. Secondo un vecchio
maestro, i giardini dei monasteri, sono quadri dipinti senza pennello. I giardini di pietra sono un espressione
intrinseca del pensiero Zen
e pertanto difficilmente
accessibile alla maggior
parte degli umani. Molto
diverso dai nostri giardini
tradizionali non hanno
nulla che incanti, al
contrario evocano povertà
di vegetazione, senza
averne tuttavia la sterilità,
dal momento che i maestri
animarono queste pietre per
nutrire lo spirito di colui che
è alla ricerca del proprio “io”
In poche parole, i giardini
Karesansui sono difficili da
comprendere tanto quanto
è arduo conoscere la mente
umana.
Dal mondo del Bonsai & Suiseki
IL GIARDINO ZEN - Gian Luigi Enny 2
La costruzione Quando costruite il vostro giardino zen , aggiungete sempre un elemento personale per
contraddistinguerlo da altri e modificate l’orientamento della ghiaia è un’importante
occasione per rilassarvi e meditare pensando alla tranquillità e alla pace interna.
Il vostro giardino zen può essere creato ovunque, in piccoli spazi o in più ampie aree che aiutano a
valorizzare la vostra casa. I due elementi principali sono le rocce per formare isole montuose e ghiaietto
per creare le onde dell’acqua.
La ghiaia utilizzata non e’
quella delle spiagge bensì
granito o marmo schiacciato
e di tonalità uniforme,
bianco, bianco sporco,
beige o grigio di circa 2/5
millimetri di diametro. Non
utilizzate miscugli di grani
multicolori . Il granito bianco
sporco e uniforme crea la
giusta atmosfera e illumina
con il proprio riflesso anche
le aree vicine del giardino
di casa tradizionale, è in
pratica il più usato per creare
questi genere di giardini.
Scegliete molto
accuratamente le rocce da
posizionare nel giardino
queste non dovranno essere troppo piccole ma neanche troppo grandi, la proporzione e il giusto
equilibrio rivestono un importanza fondamentale. Le isole sono il fulcro della meditazione e ciò che
rappresentano riveste una particolare importanza per l’osservatore in meditazione.
3 Dal mondo del Bonsai & Suiseki
METAMORFOSI - Sergio Bassi
Metamorfosi
Non conosco le abitudini degli altri suisekisti, ma io quando trovo una pietra che abbia “movimento”
la raccolgo, la porto a casa e con calma la osservo.
Difficilmente non riesco a trovare qualche somiglianza. Il mio amico Andrea ne ha trovata una che di
movimento ne ha molto.
Devo dire che si tratta di una pietra molto chiara, le foto su sfondo nero accentuano questo colore
“non gradito”, ma anche al naturale chiara è e chiara rimane. Proviene da un sito vicino a casa mia ricco di
questo materiale ma non solo. La cosa veramente interessante da far vedere, sono le molteplici chiavi di
lettura che ci possono essere su questa pietra e sicuramente non sono tutte.
Potrei anche farne a meno perché tutti lo sanno, ma, ricordo, che il miglior metodo per “vedere” una
pietra è senza dubbio quello di tenerla in mano e posizionarla via via in modi diversi, le foto non renderanno
mai il senso della prospettiva e della profondità e sarà molto più difficile cogliere quei dettagli che elevano
una pietra da semplice sasso a suiseki. So benissimo che uno dei divertimenti maggiori di noi amatori è
scoprire quello che una pietra riesce a “dire”.
In questo caso sciuperò questo divertimento dicendo io quello che ci vedo, addirittura aiutandomi
con delle immagini prese da internet, ma ognuno può giocare a suo piacimento.
Fig. 1 - La prima somiglianza è con un Suricato detto anche sentinella del deserto. Fig. 2 - La seconda foto (che è il retro della prima) potrebbe sempre rappresentare un
Ha una vista acuta e seduto sulla coda mantiene l’equilibrio quando deve stazionare a suricato, ma anche un coniglio, si intravedono bocca, naso ed un occhio.
lungo durante il suo «turno di guardia».
Dal mondo del Bonsai & Suiseki
METAMORFOSI - Sergio Bassi 4
Fig. 3 - Posizionando la pietra in modo orizzon- Fig. 4 - Vediamola dal lato opposto
tale la somiglianza con una balena è straordi-
naria.
Fig. 5 - Cambio di posizione appare un uccello, Fig. 6 - Capovolgendo la pietra il pesce prende
forse un germano in volo. movimento, sembra di vederlo nuotare.
Fino ad ora mi
sono divertito io a
cercare le analogie,
le ultime due foto
che vi presento so-
no di “libera in-
terprtazione”.
Fig. 7 - Capovolgendo la pietra e mettendola inclinata verso sinistra, nella parte alta possiamo vedere due teste: una
di un’aquila che ci osserva con attenzione ed una di un cane.
Sergio Bassi
5 Dal mondo del Bonsai & Suiseki
LE TERAPIE OLISTICHE - Gennaro Terlizzi
Le terapie olistiche
Lo studio delle terapie olistiche è oggetto di vasto interesse, considerando che oggi la medicina alternativa richiama
l’attenzione di un grosso pubblico. L’obiettivo che si pone l’uomo, in condizioni di salute precaria è quello del completo recupero
della propria armonia sia dal punto di vista somatico sia psichico.
L’OMS definisce così lo stato di salute “La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo
l’assenza di malattia o di debolezza”.
Per ripristinare questo delicato equilibrio naturale è necessario anche (e non solo) rivolgersi alla Natura in tutti i suoi
aspetti terapeutici. La medicina naturale non è un sistema teorico ma è basata sulla pratica e sull’esperienza di molti secoli.
Tra le varie tecniche di terapie naturali, credo siano a noi note, lo Shiatsu, il Tuina (massaggio cinese antico), l’Ayurvedica,
il massaggio Californiano, il massaggio Hawaiano, l’Iridologia, la Cristalloterapia, l’Aromaterapia, la Riflessologia e tante altre.
Lo scopo di questi nostri incontri sarà, fondamentalmente, quello di far conoscere queste tecniche terapeutiche nel loro insieme,
la loro origine, le proprietà curative ed infine cercare dei parallelismi con la medicina ufficiale ovvero la medicina allopatica.
In questo nostro primo incontro ci avvicineremo alla Medicina Tradizionale Cinese, punto fondamentale per molte tecniche
terapeutiche poc’anzi citate.
D’ora in poi per facilità di lettura indicherò la medicina tradizionale cinese con l’abbreviazione MTC. La MTC è la base, la
struttura portante di tutte le tecniche terapeutiche orientali, quali l’agopuntura, il tuina, lo shiatsu, e tante altre, a prescindere
del luogo dove le stesse hanno avuto origine. Questa prima parte sarà dedicata all’analisi di alcuni concetti teorici e fondamentali
della MTC. Concetti complessi, con fondamenti filosofici che cercherò di trasporre su di un piano essenziale ma non superficiale.
Si parlerà di yin e yang, del dao, del soffio energetico e dei meridiani.
La MTC non considera l’uomo esclusivamente come un’unità corporea a se stante, bensì un corpo con un’attività energetica in
continua interazione con l’energia cosmica che lo circonda. Pertanto tutte le patologie, ad eccezione quelle traumatiche, sono
considerate un’alterazione dell’equilibrio energetico, ed in particolar modo di alcuni elementi, che sono parte integrante delle
continue trasformazioni che sospingono la vita.
Alla base del pensiero filosofico orientale e della MTC esistono tre concetti fondamentali: Yin e Yang, Dao e Qi. L’origine
di questi termini si perde nel passato, ed il loro aspetto filosofico, quasi come per incanto si plasma, si fonde, si trasforma in ciò
che è pratico, quotidiano, cioè la vita.
Yin e Yang - sono la legge del cielo e della terra, la radice del principio della vita e della morte. La vita si manifesta nella dualità ed
ogni essere vivente è nella dualità. Sono i due aspetti essenziali dell’unità, la dicotomia dell’uno, l’espressione di due elementi
che partecipano alla realizzazione di un’entità completa. Il concetto di yin e yang è ben espresso dal simbolo del Tai Ji.
Yang Yin
Nella pratica di un bonsaista l’espressione Yin e Yang la poniamo in essere quando effettuiamo su di una pianta uno shari. In tal
caso poniamo in evidenza il contrasto tra la vita e la morte, l’esistenza dell’uno in continuità con l’altro, creiamo armonia con
Dal mondo del Bonsai & Suiseki
LE TERAPIE OLISTICHE - Gennaro Terlizzi 6
due elementi opposti ed estremi tra loro. La parte viva della pianta rappresenta lo yang, la parte morta lo yin.
Nel simbolo del Tai Ji è viva l’idea di una marea che sale e retrocede come se volesse fondere il bianco e il nero, il concetto
di unione nella contrapposizione. Al centro della zona nera è posto un puntino bianco, e viceversa, e ciò sta a evidenziare che
in ognuno dei due elementi c’è il seme dell’altro. Proprio come nel solstizio d’inverno, dove, sotto la neve è già vivo il seme
del rigoglio dell’estate. Il cerchio che racchiude tutta l’immagine ci trasmette l’idea di un’intima fusione dei due aspetti che
costituiscono la totalità della vita. E’ importante osservare come culture, religioni, popoli di varie origini, in tempi diversi hanno
espresso, in modo differente, attraverso scritti il concetto di yin e yang. Nel Vangelo si dice “Ti battezzo con l’acqua e con il fuoco”
ed ancora nel Nei Jing So Wen “ Acqua e fuoco sono i simboli di yin e yang”. Tutti i fenomeni della vita possono essere visti come
composti da un elemento yin ed un elemento yang. Nel corso della vita ogni individuo sperimenta gioia e dolore, desiderio ed
appagamento, azione e riposo, amore ed odio, e nell’ambito di queste coppie ogni elemento non può esistere senza l’altro.
Nessuno potrà mai dire di aver sperimentato solo gioia o dolore oppure solo odio senza mai aver amato.
Questi rappresentano un criterio di raggruppamento delle realtà in due categorie ed ognuno di loro ha determinati attributi. E’
importante comprendere questi concetti, seppur filosofici, perché per la MTC ogni patologia ha come origine un disequilibrio
di yin e yang.
- Yin rappresenta la ricettività, lo stato d’inerzia e di potenzialità energetica. E’ l’aspetto oscuro, profondo ed è simboleggiato
dall’acqua, per la sua caratteristica di scendere verso il basso, condensarsi e di adattarsi ad ogni forma.
- Yang è l’attività, l’espressione della potenzialità energetica, l’azione, l’aspetto luminoso e superficiale. E’ simboleggiato dal
fuoco per la sua natura di movimento incessante verso l’alto.
Sulla base di tale dicotomia tutti i fenomeni dell’universo possono essere divisi in un aspetto yin ed uno yang, dando
vita ad un numero infinito di opposti complementari, a due grandi rubriche, in ognuna delle quali ogni termine trova l’opposto
nell’altra. Questa schematizzazione deve servirci per analizzare ed interpretare la vita, non è la vita che deve forzatamente
rientrare in questi schemi. E’ importante comprendere che yin e yang non sono due diversi fenomeni bensì due momenti diversi
di un unico fenomeno. Nel tiro con l’arco abbiamo una fase di caricamento che è yin ed una fase yang in cui la freccia è scoccata
e si esprime tutto il potenziale energetico; due momenti di un unico fenomeno. L’uomo e la donna sono i due elementi, i due
fattori generali per generare la vita. Gli insiemi di yin e yang sono in continua e costante interazione e trasformazione regolate
da quattro rapporti fondamentali: opposizione, complementarità, relatività e reciproca trasformazione.
Alla prossima per continuare il nostro viaggio nella medicina tradizionale cinese.
Sarà a Nole, Faz. Di Grange (TO)
presso la Fujisato Company che
si svolgerà l’ormai consueto
Congresso Nazionale degli
Istruttori IBS,
giunto alla XIV edizione e con una
nuova formula.
Sandro Segneri
Presidente IBS
7 Mostre ed eventi
BONSAIZONE EXHIBITION ‘09 - Cosimo De Bari
Si è svolta nel migliore dei modi la tre giorni molfettese dedicata ai bonsai. Grande riscontro di pubblico che ha espresso
il suo gradimento anche attraverso i commenti che affiancavano le firme di presenza. Il premio della giuria (composta da Vito
Di Venere, Pippo Gargiuolo e Luca Bragazzi) miglior bonsai Exhibition ‘09 è andato al leccio di Giorgio Palmisano del Club “Valle
d’Itria” di Locorotondo (Fig. 1). Premiato dalla giuria anche la miglior composizione di compagnia (Kusamono) assegnata a Davor
Franchini del club “Bonsaizone” Giovinazzo (Fig. 2), mentre il bonsai più votato dai visitatori è risultato uno splendido esemplare
di Acero palmatum deshojo (Fig. 3) di Vito Di Venere (istruttore IBS), con ben 390 preferenze.
Fig. 1 - Leccio di Giorgio Palmisano Fig. 2 - Kusamono di Davor Franchini Fig. 3, 4 - Acero deshojo di Vito Di Venere
Il pubblico ha apprezzato l’eleganza e le delicate sfumature di colore di questo splendido esemplare, di cui la figura 4 mostra un
particolare.
Pezzo forte, fuori concorso, il Ginepro vincitore (Fig. 5, 6, 7) della menzione di merito “Iwasaki Award” all’ambito concorso
internazionale IBS - BCI 2008 di San Vincent , dell’ istruttore IBS Luca Bragazzi.
La competizione, a carattere regionale, ha visto la partecipazione di numerosi club, fra cui il consolidato “Bonsai Club Valle D’Itria”
di Locorotondo (BA) e gli emergenti “Bonsaizen Italia” di Cassano delle Murge (BA) e “Radici di Puglia” di Erchie (BR). In seguito
alcune delle piante in mostra:
Fig. 9
Fig. 10
Fig. 8 Fig. 11
Fig. 15
Fig. 16
Molto seguite e apprezzate dal pubblico, (molti esperti venuti da tutta la Puglia) la dimostrazione di prima impostazione di
Tasso da vivaio, eseguita da Davide Capurso e le dimostrazioni, eseguite in contemporanea, di Bosco montano di Camaeciparis
Obtusa Nana (Falso Cipresso) da vivaio eseguito da Leo Samarelli. Il clima durante tutta la manifestazione è stato professionale
ma allegro e disteso.
Fig. 17 - Leo Samarelli durante la realizzazi- Fig. 19 Fig. 21 Fig. 22 - Giammaria De Ceglia e Tommaso
one di un bosco di Camaeciparis Stallone durante la realizzazione del bosco.
9 Mostre ed eventi
BONSAIZONE EXHIBITION ‘09 - Cosimo De Bari
Cosimo De Bari
10
Mostre ed eventi
III CONGRESSO DI RIVALTA - Sergio Guerra
Come consuetudine, da qualche anno il Bonsai Club Rivalta organizza un congresso bonsai dal titolo:”Un bonsai oltre i confini”. Svoltosi
dal 17 al 19 aprile e giunto oramai alla terza edizione, ha offerto una tre giorni interessante con mostra, workshop e dimostrazioni sia di bonsai
che di ikebana. Ospiti di questa III edizione il Maestro Minoru AKIYAMA per il bonsai e la Maestra Michiko IWAKURA per l’ikebana. La tre giorni
inizia venerdì con un workshop, le piante da lavorare, tutte conifere yamadori eccetto uno shoin di itoigawa, vengono studiate attentamente
dal maestro che suggerisce per ognuna un paio di impostazioni illustrandole ai
proprietari, lasciando che siano loro a scegliere quella più gradita (Fig. 1). Avendo
avuto modo di parlare con il Maestro ho potuto notare, oltre alla classica capacità
nell’interpretare la pianta, una tendenza a non stressarla più del dovuto (Fig.
2); soprattutto quando, durante uno step, avvengono delle grosse pieghe, il M°
Akiyama consiglia di lasciare riposare la pianta almeno sei mesi (Fig. 6, 7, 8). Nel
frattempo, mentre nei locali del vecchio monastero adibiti alla mostra alcuni soci
stavano preparando i tokonoma, iniziavano ad arrivare le piante per l’allestimento
finale, pronti per l’apertura al pubblico di sabato.
Le piante, prevalentemente conifere, tutte di proprietà dei soci del club, sono
molto curate. Nonostante appartengano, nella maggior parte dei casi, ad amatori,
il livello raggiunto è molto buono ed alcune piante in particolare hanno rapito la mia
attenzione come un acero palmato a coppa (Fig. 11), un glicine fiorito in stile litterati
(Fig. 5) ed un’erica molto delicata (Fig. 4). Buona l’affluenza di visitatori nonostante
il tempo sia stato poco magnanimo con gli organizzatori.
Che dire… per me sono stati dei giorni bellissimi, ho rivisto vecchi
Fig. 1 compagni di avventura, bellissimi ricordi di serate passate a potare, rinvasare, filare
con Roberto PEANO, istruttore Aban, sotto gli occhi critici del parroco che metteva
a disposizione il locale. Era il 1993, ed assieme ad alcuni amici nasceva il Bonsai Club
Rivalta.
Sergio Guerra
Fig. 2
Fig.3 Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6
Brindisi Bonsai
Articolo a cura di Patrizia Di Giulio
Vivo in una città bellissima ma molto maltrattata dall’incuria di chi ci è nato e da chi l’amministra. Brindisi
è diventato così il fanalino di coda di tutte le altre città, ma io non sono minimamente d’accordo. Mi occupo di
bonsai da circa vent’anni e per poter vedere qualcosa di specifico nel settore, mi sono sempre dovuta spostare
al nord. La mia rabbia cresceva e con essa l’esigenza di voler
rimediare a qualcosa, ma non sapevo quale. Poi l’illuminazione:
Arco, Salerno, le manifestazioni....perché non iniziare da li, ma
francamente ero sola e non sapevo come fare. Poi non so come,
il mio amico David Masi esordisce con la fatidica frase “quanto mi
piacerebbe fare una mostra”; e io colgo al volo l’occasione.
Approfittando del fatto che mi occupo di PR ricorro a tutti i miei
contatti e, detto fatto, ottengo dal comune un palazzo del ‘500
su cui è stata costruita una cupola in vetro, per organizzare la mia
tanto sospirata mostra similArco.
David si pone all’opera col suo staff e io mi occupo della
Fig. 1
burocrazia, della stampa, della divulgazione e di tutto ciò che una
organizzazione di quattro giornate di mostra rendono necessarie.
Ci vengono incontro molti bonsaisti che non credevo esistessero, e, dulcis in fundo,
Luca Bragazzi con tutto il suo club BonsaiZone. Felicità alle stelle (grazie ancora
ragazzi) e dopo lunghi preparativi finalmente parte la mostra giorno 19 marzo.
Sapete la cosa che mi ha stupita maggiormente qual è stata? L’affluenza massiccia
di scolaresche. Alunni e insegnanti che prendevano nota, fotografavano ed infine
mi hanno invitato successivamente a prendere visione dei loro lavori scolastici...
davvero notevole.
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 2
Fig. 5
12
Mostre ed eventi
BRINDISI BONSAI - Patrizia di Giulio
Fig. 6 Fig. 7
Luca porta alcuni suoi esemplari magnifici, Leo Samarelli un suo capolavoro e perfino il presidente del
club Cosimo De Bari ci porta un suo esemplare davvero bello. Chi se lo aspettava!!!!!! Come chi si aspettava
un’affluenza di persone così massiccia, un assalto al mercatino per l’acquisto di molti bellissimi esemplari di David
e una massiccia affluenza alle dimostrazioni tenute da Fulgenzio De Maglie che ha lavorato un pino d’aleppo e
da me poi che ho lavorato un olivo abbastanza grosso spiegando agli astanti un po’ di storia su come si ottiene un
bonsai. La cosa che mi ha compiaciuta è stato l’affetto dimostrato da tutti quelli che hanno saputo dello sforzo
fatto per allestire una mostra dal nulla e su due piedi ma cosi ben strutturata. Ringrazio per questo innanzitutto
il mio maestro e amico Armando Dal Col che non ha mai dubitato delle mie capacità e che mi è sempre vicino col
cuore, Luca Bragazzi, splendido ragazzo e disponibilissimo, Enrico Savini che mi ha spronato per tutti i 4 giorni
della mostra con ripetuti sms, i ragazzi del club di Molfetta Bonsai Zone, il mio amico fraterno David Masi e le
sue piante meravigliose, e tutti quelli che hanno fornito i loro bonsai per la mostra, piante davvero di alto valore
anche monetario.
Cosa dire ancora, non credevo davvero di poter fare ciò che è stato fatto in così breve tempo, solo Leo
Samarelli verso la fine della serata mi dice “Patty, ma ti rendi conto di cosa hai messo in piedi? Complimenti
davvero!”. Vi assicuro che quell’affermazione mi ha fatto aprire gli occhi ed ho tremato di paura... vero, ci ero
riuscita!
Patrizia Di Giulio
Fig. 9
Fig. 8
In libreria
13 BONSAI. Il Bosco: la natura in miniatura - Antonio Ricchiari
LA PIENEZZA DEL NULLA - Antonio Ricchiari
Le dimostrazioni
Testo di Giovanni Genotti
Nelle dimostrazioni si dimenticano volutamente alcune tec-
niche, evidenziandone solo alcune, le più appariscenti, raggruppandole in un
solo momento, facendo erroneamente credere che siano le sole ed uniche
volte alla realizzazione di un bonsai. Dimostrare significa indubbiamente
GIUSTIFICARE in modo razionale e far vedere i passaggi di lavoro per giun-
gere al risultato voluto. Le dimostrazioni nel campo bonsaistico sono legate
a tecniche che si susseguono in modi e tempi precisi su di un progetto. Tec-
niche che si possono realizzare soltanto negli anni. Le dimostrazioni concluse
in poche ore che si svolgono nei diversi convegni sono sempre parziali, sono
una metodica incompleta e negativa ai fini didattici perché negli interventi
non si rispetta la reattività della pianta; si informa male lo spettatore e sono
una vera ecatombe di piante, quasi sempre esemplari raccolti in natura di
notevole bellezza. A mio avviso sono soltanto un mezzo per reclamizzare o
presentare al pubblico un certo personaggio che sfrutta in una sola direzione
l’arte bonsai (per il proprio interesse) non conoscendo spesso le necessità ed
i tipi di piante. Le piante in questione, impostate nelle dimostrazioni ‘strana-
mente’ non si rivedono più. Realizzate con apparenti ottimi risultati, hanno
una vita effimera. Soltanto se gli interventi sono selezionati, molto parziali
e su di un materiale di partenza già preparato, il bonsai creato in queste rap-
presentazioni vive. Occorre educare il materiale di partenza sia nell’apparato
radicale che nella parte aerea con interventi indirizzati nel tempo per non
comprometterne la vitalità. Nelle dimostrazioni si trascura sempre l’apparato
radicale, elemento di struttura indispensabile alla sopravvivenza del bonsai
in vaso. Questa preparazione è una tecnica che richiede esperienza e cono-
scenza della pianta su cui si opera per poter intervenire correttamente nel
giusto momento. Mi è capitato di dover giudicare dei giovani bonsaisti emer-
genti che non conoscevano le modalità degli interventi di potatura sulla parte
radicale ed aerea e non avevano la minima idea delle reazioni dell’albero alle
diverse potature in fasi dormienti e/o vegetative. La conoscenza della pianta
è spesso un tabù per i giovani bonsaisti. Ho notato come molti di loro, ‘gio-
vani maestri’, non distinguevano un olmo da un carpino, un carpino o un on-
tano da un faggio, e per loro la sola tecnica era quella di ferrare conifere ed
indirizzare i rami. L’apparato radicale del bonsai deve essere diverso da quello
di una comune pianta cresciuta nel terreno, dev’essere poverissimo o addi-
rittura privo di radici ancoranti e quindi ricco di capillari, nonché dev’essere
preparato prima o dopo della parte aerea a seconda dell’età (giovane o vec-
chia) nella struttura suddivisa o no propria della pianta. Gli interventi in tal
senso, nelle dimostrazioni, non sono neppure accennati. Forse perché non
eclatanti o non considerate per non denunciarne l’ignoranza, eppure sono
indispensabili, fondamentali per il materiale di partenza raccolto in natura. Si
agisce sull’apparato radicale prima che sulla parte aerea tenendo le piante in
vaso, mentre si lavora in campo contemporaneamente alla preparazione del-
la struttura portante per le piante da seme, talea o margotta. La preparazione
dell’apparato radicale per le piante raccolte in natura è molto difficile e com-
porta interventi sul fittone e sulle radici dominanti e/o lunghe. Tali passaggi
anche distribuiti nel tempo sono legati a una contemporanea e grossolana po-
tatura delle fronde per le caducifoglie, mentre per le conifere la potatura ae-
rea non coincide con quella radicale. La preparazione della parte radicale nelle
conifere yamadori è indispensabile e difficile. Dopo ogni singolo intervento
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Bonsai ‘cult’
LE DIMOSTRAZIONI - Giovanni Genotti
Giovanni Genotti
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Bonsai ‘cult’
L’ETICA ED IL BONSAI - Antonio Ricchiari
L’etica ed il bonsai
Testo di Antonio Ricchiari
L’etica è quella branca della filosofia che permette di distinguere i
comportamenti umani in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comporta-
menti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. La parola “etica” si riferisce all’intento
razionale di fondare la morale intesa come disciplina. Può essere anche soggettiva,
quando si occupa del soggetto che agisce, indipendentemente da azioni od inten-
zioni, ed oggettiva, quando l’azione è relazionata ai valori comuni ed alle istituzioni.
Questo preambolo chiarisce al lettore un concetto che purtroppo nel mondo del
bonsai viene qualche volta trascurato o addirittura calpestato. L’etica che interessa il bonsai
occupa tutto il settore ma nel particolare coinvolge:
1. l’associazionismo e comunque i gruppi aggregati
2. le manifestazioni regolamentate dai giudizi
3. l’etica ed il mercato commerciale
Il bonsai ed il suiseki sono delle discipline talmente impegnative e complesse che nella loro
accezione è temerario o quanto meno inadeguato relegarli al termine di hobby, o perlomeno
sono un hobby per colui che le pratica una tantum, con impegno e studio relativo e con un
coinvolgimento occasionale. Per la stragrande maggioranza di chi li vive come noi a livello
professionale invece sono una cosa abbastanza seria e coinvolgente.
Queste osservazioni scaturiscono da una serie di comportamenti ed azioni che non
sono definibili, con tutta la buona volontà, corretti e che assumono una forma più grave
perché fatti nell’ambito di associazioni nazionali che sono molto ben regolamentate. Rego-
lamenti che gli iscritti hanno peraltro liberamente accettato di rispettare al momento della
loro adesione. Sono azioni di singoli elementi che vanno dal tentativo di prevaricazione, ad
una pesante ingerenza in fase di giudizi per sfociare in penosi tentativi che hanno il cattivo
odore di ricatti della peggiore specie. Questi comportamenti che per fortuna sono isolati e
ben individuati mi riportano alla mente fantasmi di tipo mafioso-camorristico. Non mi scan-
dalizza il fatto che in un contesto associativo il “materiale umano” non sia eterogeneo, guai
se i comportamenti fossero allineati ed uniformati! Esistono in alcuni episodi veri e propri
exploit che si esprimono con deliri di onnipotenza. Sono costretto per dovere professionale a
mantenermi sul generico omettendo nomi e fatti specifici che peraltro sono abbastanza noti
agli “addetti ai lavori”. Ma basta segnalare la tipologia dei fatti perché siano resi pubblici.
L’etica di cui si parla è da prendere nella sua accezione più immediata e corrente,
vale a dire come ciò che ha a che fare con il dovere e, più determinatamente, con le norme.
Non vi è etica senza norme, ma le norme si radicano in qualcosa di più originario e profondo,
procedono da ciò che in senso lato usiamo chiamare “visioni del mondo”. Essa si determina
come quell’orizzonte in trascendibile della comprensione, che solo rende possibili intenzioni
ed azioni. In forza di questo principio le azioni possono essere definite “buone” o “cattive”.
Alcuni comportamenti sono fili di una medesima trama, colori di uno stesso di-
segno. L’appartenere contemporaneamente a comitati direttivi di due differenti organi non
suscita nessun giudizio negativo fino a quando non si origina un conflitto di interessi che
fa pendere uno dei componenti in maniera spropositata tutto da un lato palesandosi detto
comportamento con proposte assurde. In Italia l’associazionismo nel bonsai è stato sempre
fonte di discussioni, polemiche e spesso trincee. Siamo il popolo italico (per alcuni italiota!)
con una particolare attrazione per le poltrone, per l’ebbrezza che il potere può dare (in tutti
i campi), per la prevalenza di interessi privati che alla fine danneggiano organismi sani come
l’UBI e l’IBS ai quali collaborano con enorme spirito di sacrificio e di corpo persone degne di
stima e di fiducia. E’ vero che per un monaco non si è mai perso un convento… ma questo
“monaco” va messo all’angolo e posto in condizioni di non nuocere. I tentativi di spadroneg-
giare o di bivaccare a proprio uso e consumo in territori comuni, che costituiscono proprietà
privata dei singoli, vanno bloccati e censurati con fermezza per evitare il loro ripetersi.
Sono sicuro che i presidenti IBS e UBI nelle persone dell’amico Segneri e di Stem-
berger (che non ho la fortuna di conoscere personalmente ma che sono sicuro, malgrado la
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Bonsai ‘cult’
L’ETICA ED IL BONSAI - Antonio Ricchiari
sua giovane età, abbia titoli e obiettività per la carica che ricopre) siano attenti e vigili e che
con spirito di responsabilità intervengano, ove occorra, a tutela di tutto il bonsai italiano che
essi rappresentano a vari livelli.
Colgo l’occasione e lo spunto per richiamare un argomento che esula dall’etica e che
vorrei che il lettore ne facesse una lettura a parte: esso riguarda i giudici, la loro competenza
e la loro preparazione. Io credo, ma non sto scoprendo “l’acqua calda” che questi, come
avviene per gli arbitri nelle partite di calcio, dovrebbero essere rigorosamente selezionati in
base a severi criteri di preparazione, inquadrati e riconosciuti a livello nazionale senza alcuna
distinzione, altrimenti i valori di merito dei giudizio lasceranno sempre campo libero a critiche
e polemiche.
Un bonsai è sì una cosa naturale che, come tutti gli oggetti naturali, sottostà a certe
leggi fisiche, ma è anche ben altro. Può essere guardato non solo con gli occhi del botanico, o
con quelli dell’artista. Il bonsai rivela un senso che non può essere riportato semplicemente al
suo essere un oggetto naturale al pari di qualsiasi altro: è qualcosa che suscita un sentimento
di contemplazione per la sua bellezza, è un organismo vivente, le cui parti sono in un rapporto
organico tra di loro e col bonsai nella sua interezza, è quel bonsai specifico, che presenta af-
finità e differenze rispetto ad altri bonsai. “Ma la capacità di giudizio, che nell’ordine delle nostre
capacità conoscitive costituisce un termine medio fra l’intelletto e la ragione, ha anch’essa suoi
princìpi a priori? E questi sono costitutivi oppure regolativi (e dunque non dimostrano alcun do-
minio proprio)? Ed essa da forse la regola al sentimento del piacere e del dispiacere, come termine
medio fra la capacità conoscitiva e la facoltà appetitiva (così come l’intelletto prescrive leggi a
priori alla prima e la ragione, invece, alla seconda)?” (Immanuel Kant)
Il giudice deve possedere i fondamenti di un’esperienza di tipo pecu-
liare e dal valore esemplare: quella estetica (e trattando così del bello, del sublime
e dell’arte) e indagando forme e livelli di una teleologia della natura e dell’estetica.
Quello che ci aspettiamo da un giudizio è un certo elemento personale: ci aspettiamo che
il giudice abbia una visione unica e personale del bonsai che esamina e valuta al di là di in-
gerenze e influenze del momento. E’ questa aspettativa che, precludendo all’uomo comune
ogni altra considerazione, porta ad una incomprensione totale di taluni giudizi che talvolta ci
hanno lasciati perplessi.
L’etica ed il mercato
Concludendo il discorso sull’etica, quando si parla di “etica di professionale e di mer-
cato” si intende il non distorcere a proprio favore e per i propri interessi dei principi che rego-
lano il lavoro ed il mercato… insomma un corretto atteggiamento professionale! Conosco
bene i danni e le conseguenze a cui porta un mercato falsato. Nella fattispecie mi riferisco a
libere e private iniziative di taluni elementi (non ad aziende o commercianti che hanno sem-
pre agito nel rispetto del codice deontologico del settore) che approfittando di situazioni con-
tingenti tendono a falsare il mercato del bonsai gonfiandone il reale valore, alterando quelle
che dovrebbero essere le effettive quotazioni delle piante, quasi si fosse scoperto un Eldorado
che permetta facili guadagni.
Questo stato di cose, perdurando, danneggerà (ed in poco tempo) tutto il bonsai.
Si sono verificati episodi di piante vendute ben al di sopra del loro reale valore approfittando
anche dell’ingenuità o delle scarse cognizioni dell’acquirente e non è vero che questi fatti non
ci riguardano (anzi) perché col tempo il danno investirà il buon nome del bonsai. E cominciano
a montare lamentele, proteste e delusioni. Per una precisa legge di marketing, ad una fase di
esaltazione del prodotto, la conseguenza potrebbe essere una caduta dello stesso. E questo
danneggerebbe certamente tutti gli operatori del settore.
Vorrei contribuire ad abbattere un certo muro di indifferenza o peggio di silenzio.
L’alzata di spalle, il minimizzare o il silenzio sono altrettante complicità. Da professionista
faccio informazione perché è il mio dovere; spero che il mio grido di allarme sia apprezzato
dalla parte migliore del bonsai che fortunatamente è la quasi totalità. Se poi non avrò nessun
riscontro, vuol dire che ancora una volta avrò colpito nel segno!
Antonio Ricchiari
La mia esperienza
L’OCCASIONE DEL FARE - Valerio Cannizzo 18
La mia esperienza
Le occasioni del fare
II parte
di Valerio Cannizzo
Fig. 7
*
Il percorso metodologico illustrato è frutto degli argomenti trattati durante gli anni di corso seguiti presso la ANDOLFOBonsaiStudio School a Messina ed i continui incontri di formazione avuti con l’Istruttore IBS Antonio Ricchiari a Palermo.
19 L’OCCASIONE DEL FARE - Valerio Cannizzo
La mia esperienza
Attraverso il progetto si entra nel merito delle scelte di tipo formale: fron-
te, inclinazione, movimento e disposizione della ramificazione, elementi carat-
terizzanti del bonsai, dove lo strumento del disegno diviene elemento di prefigu-
razione delle scelte che compongono il progetto della pianta. Superata la verifica
degli elementi che abbiamo a disposizione, necessari alla fattibilità del progetto, il
passo successivo diviene l’atto pratico ovvero la realizzazione, l’intervento diretto
sull’esemplare, ora la potatura svolge il compito, attraverso l’eliminazione di ciò
che non riteniamo opportuno, di mettere in chiaro tutto quello che la vegetazione
ha mantenuto in ombra. A questo punto abbiamo a disposizione tutti gli elementi
necessari per concretizzare ciò che prima era una possibile soluzione, la struttura
della pianta si è chiarita, il fronte è deciso, sono stati scelti i rami che ci sono utili al
disegno finale. Il filo di rame diventa utile per mettere tutti gli elementi della com-
Fig. 8 -Risultato finale Ginepro “A”
posizione al loro posto, così come stabilito e verificato nelle fasi precedenti.
Il progetto di questi piccoli ginepri ha una matrice comune ovvero il
compito di mettere in chiaro gli elementi che consentono la lettura corretta
di un bonsai. In tutti gli esemplari lavorati sono di immediata individuazione
le parti che compongono la pianta: una direzione, sottolineata da un primo
ramo e confermata dall’apice, a questi si contrappone sempre un volume di
chioma che stabilisce equilibrio e continuità, sullo sfondo la ramificazione ha
il compito di fare percepire lapianta nella sua profondità ovvero secondo i tre
assi, tutti questi sono elementi di un “corretto” bonsai che anche se interpre-
tati in modo diverso svolgono un ruolo fondante all’interno della composizione.
Fig. 9 -Progetto Ginepro “B” La lavorazione dei piccoli ginepri, presentate in modo rapido in questo scrit-
to, diviene occasione per dimostrare, senza alcuna pretesa di stupire, che anche un
materiale di partenza “povero” diviene fonte di ricchezza illimitata se analizzata dal
punto di vista pratico della realizzazione. Ogni pianta durante il corso di queste veloci
lavorazioni ha offerto degli spunti legati alla scelte compositive, formali e pratiche
che hanno avuto un valore di gran lunga superiore a quelle che erano le aspettative
prima di ripercorrere una strada che spesso viene abbandonata troppo velocemente.
Valerio Cannizzo
Fig. 10
La mia esperienza
Rinvasiamo un ficus
di Dario Rubertelli
Fig. 3
Fig. 2 Fig. 4
21 RINVASIAMO UN FICUS - Dario Rubertelli
La mia esperienza
Fig. 8
Fig. 9 Fig. 10
La mia esperienza
ACERO CAMPESTRE - Armando Dal Col 22
La mia esperienza
Percorso evolutivo di un
acero campestre - III parte
di Armando Dal Col
Eccoci di nuovo qui, per la terza parte della lavorazione del nostro Acero camp-
estre. Nei due articoli precedenti sono stati affrontati i temi della riduzione
delle dimensioni e la creazione della ramificazione, tramite opportuni innesti.
In quest’ultimo step vedremo, nella primavera 2009, le operazioni di rinvaso e
il posi-zionamento della pianta in un vaso bonsai creato appositamente.
Buona visione!
Fig. 2 Fig. 3
Nel frattempo è stato preparato il Buona parte del substrato è stato ri-
vaso artigianale (costruito apposita- mosso, ed è solo così che è possibile
mente da me per l’acero). controllare quali radici si possono ta-
gliare.
Fig. 1
Fig. 4 Fig. 5
Questa grossa radice in primo piano va rimos- Preparazione del vaso con l’aggiunta di pomice so-
sa, e così quelle troppo lunghe o danneggiate. pra i fori di drenaggio.
23 LaACERO
mia esperienza
CAMPESTRE - Armando Dal Col
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 11
Fig. 12
Fig. 13
Arenarie
Articolo a cura di Luciana Queirolo
Spesso ci troviamo ad un bivio, nella identificazione delle nostre sedimentarie: Palombino oppure Arenaria? … la mente richiama classiche
immagini di superfici lisce e setose e, per contro, sensazioni sgradevoli di granulosa ruvidità … allora, può sembrare un paradosso, confondersi.
Come in tutte le cose di questo mondo, non c’è solo il “tutto bianco” ed il “tutto nero”: in strati di sedimentazione in cui, tra gli uni e gli altri,
intercorrono migliaia di anni, esistono zone intermedie di “grigio”...
Stralciando alcuni passaggi da una mia vecchia relazione sulla geologia del ter-
ritorio ligure, cerco di dare un poco di informazione.
Fig. 2 - lievi impronte di base dovute più a componenti coloranti che ad occasionali apporti terrigeni
Fig. 12
Fig. 9 - Arenaria su Palombino - particolare (“Sopra le nubi, il tramonto”) Fig. 11 - Arenaria su Arenaria, con grana di un
diametro già rilevante
“Alla fine del Cretaceo (65 milioni di anni fa) Europa ed Africa si riavvicinarono, comprimendo la crosta oceanica e causandone il sollevamento:
le rocce formatesi sul fondo dell’oceano vennero portate in superficie, dando origine dapprima alla formazione della catena Alpina e successi-
vamente a quella Appenninica. Nel corso di questo processo geologi-
co, acque calde idrotermali messe in circolazione nelle fratture delle
rocce ofiolitiche, portarono in soluzione solfuri ed altri componenti
metallici che vennero ridepositati e concentrati là dove la frattura-
zione era più intensa....”. “Le fasce colorate corrispondono ad apporti
terrigeni diversi: diversi anche nella granulometria, diversi nella mag-
giore o minore resistenza all’erosione.”
“E’ osservando esempi giapponesi di materiali similari che si impara a frenare la smania del ‘pulire a tutti i costi e con qualunque mezzo’ inculcata
da errate informazioni iniziali.”
“Nel ’93 il maestro Ideo Suzuki, al suo primo viaggio in Italia, venne a casa mia. Vide le mie belle nere e lucide Furuya made in Italy e si compli-
mentò gentilmente. Poi rimase a contemplare alcuni minuti una piccola arenaria, che giudicavo ancora da pulire, posata contro il vetro di una
finestra. Suzuki, lui che usava pulire le pietre con un mazzetto di aghi spuntati, aveva mostrato grande entusiasmo nel manovrare il mio trapano
con le spazzole di acciaio. Però, davanti a quella piccola arenaria, lui che parlava solo il giapponese, esclamò: < wabi! sabi !!>
A distanza di anni, in barba a chi nega che una arenaria possa essere considerata un suiseki, conservo molte foto di importanti suiseki giap-
ponesi di arenaria solcata da lattea calcite. Arenarie ben pulite: liberate del materiale di degrado; lavate da ogni impurità; ma conservando
buona parte delle belle colorazioni tipiche delle arenarie, dovute alle ossidazione di apporti ferrosi, venute in superficie.”
Fig. 17 - Catena di monti con cascate. Appartiene ad un cliente di mr. Kobayashi. Fotografata alla Soguten, Fig. 18 - ONPIRA-ISHI: Suiseki storico giapponese, appartiene alla collezione privata di
nel Green Club in Tokyo, nel 2004. David J. Sampson
In Liguria, una simile granulometria ho avuto occasione di trovarla negli strati arenacei su-
periori, prima che compaiano i bancali di Breccia. Ne portai a casa un esemplare, reputando
fosse poroso come una spugna, ma dubbiosa a causa del suo peso abbastanza elevato. Una
volta immerso, a differenza dei blocchi degradati di arenaria medio-fine, potei notare una
assorbenza praticamente nulla.
Conosco una zona, ripetutamente presa in esame nel corso degli anni, in cui mi
capita di trovare pietre ove l’apporto ferroso si manifesta non solo con variazioni
di colore, ma con piccoli corpi di minerale inglobati nella massa.
Lungo le linee orizzontali della sedimentazione che ha caratterizzato la formazio-
ne del palombino, si trovano depositati, anche a più livelli, piccoli cubi di pirite;
mentre, nelle arenarie (di formazione più recente di migliaia di anni) sono incas-
tonate sferule metalliche.
Fig. 37 - Ampia quantità di sferule di pirite(?), saldata tra due strati sovrapposti di Palombino ed Arenaria
Sto vagliando varie ed affascinanti ipotesi,che riguardano la fonte di questi apporti: origine di attività vulcanica? Materiali terrigeni venuti da
chissà quali distanze? Impatto di asteroidi con la terra? Queste periodiche comparse, a cadenze così distanziate nel tempo (perché presenti in
strati alternati sovrapposti), indica come il fenomeno di questa “pioggia” di minerale fosse comunque solito ripetersi.
A questo mio interrogativo che durava ormai da anni, ho dato questa mattina una risposta, aiutata dalla comunicazione su internet che ha an-
nullato le distanze e reso tutti reperibili.
Niente di eclatante: ma mi piace pensare di poter condividere con voi le mie fantasticherie che hanno allietato, mentre passeggiavo sui monti,
i miei spazi di evasione... ne parliamo sul prossimo numero di giugno...? Bene! Allora... alla prossima!
Luciana Queirolo
L’opinione di...
Donato Danisi
Giuseppe Monteleone
Un po’ come tutti i bonsaisti affetti da questo morbo, nonostante i molti impegni di lavoro e le attenzioni per la famiglia, appena possibile
dedico il mio tempo libero alla mia grande passione: il Bonsai. In passato ho provato a cimentarmi in molti hobby: pittura, modellismo, arti marziali,
subacquea, calcio, in tutte ho sempre dedicato molta passione, ottenendo ottimi risultati, con il bonsai invece ho provato emozioni più profonde,
non riuscendo più a separarmene.
Il tuo approccio alla natura è avvenuto sotto l’occhio attento di tuo nonno Filippo, cosa è riuscito a trasmetterti?
I nonni hanno doti immense, riescono con grande pazienza e serenità a trasmettere tutta la loro esperienza, saggezza e creatività. Nei
momenti trascorsi con lui ascoltando i suoi racconti mi hanno insegnato ad apprezzare anche piccole cose e a essere felice anche solo osservando un
bocciolo risvegliarsi.
Salvatore è un grande artista, naturalmente come tale anche lui non smentisce genialità e sregolatezza. Non è sempre facile imparare
da lui ma se lo segui con devozione ha dei momenti speciali in cui riesce a trasmettere e farti apprezzare le sfumature più profonde del Bonsai. Oltre
alle sue grandi doti tecniche e creative, ritengo sia un trascinatore instancabile, pronto a coinvolgerti in ogni situazione.
Parlando di te, hai più volte ribadito l’importanza che ha avuto per te lavorare su materiali poveri. Credi che questo passaggio rappresenti
una tappa obbligata per i soli neofiti, o anche un bonsaista esperto può trarne beneficio?
Oggi credo sia molto più difficile seguire lo stesso percorso, siamo molto più influenzati da yamadori o materiali di alta qualità. Purtroppo
per questo ritengo che alcuni amatori si allontanano spaventati dai prezzi, iniziare con costi troppo elevati limita l’avvicinarsi di nuove leve. E’ certo
che per me l’utilizzo di materiale povero sia stato un passaggio importante, non penso avrei avuto lo stesso bagaglio tecnico e creativo senza quelle
esperienze.
Attualmente sei presidente del Club Bonsai Blu di Milano, i tuoi numerosi impegni ti permettono di seguire le attività di club?
Sono molti anni che frequento il Bonsai Blu, quando mi capita di avere impegni facciamo il possibile di rimandare l’incontro al venerdì
successivo. Per me rimane un appuntamento importante, siamo un gruppo e non riusciamo a fare a meno gli uni degli altri.
L’opinione di...
DONATO DANISI - Giuseppe Monteleone 30
Di una tua intervista di qualche anno fa, nella quale parlavi del tuo famoso Taxus Cuspidata, mi ha colpito questa tua osservazione:
“… il bonsaista, capace di sentire la bellezza nascosta in una pianta che altri vedrebbero solo come uno scompigliato cespuglio, decidere
di toglierla dal giardino e di destinarla ad un fine più artistico, e solo dopo amorevoli cure ecco compiersi la miracolosa trasformazione”. Da
questo mi sembra di capire che per te il rapporto uomo-pianta avviene prevalentemente sul piano emotivo, mi sbaglio?
Penso sia importante eseguire lavorazioni provando emozioni e trepidare per riuscire a vedere il risultato finale, altrimenti l’esito dei nostri
interventi darebbe solo un triangolo di vegetazione. Dico questo perché ho passato momenti in cui pensavo di aver realizzato un bonsai solo perché
avevo formato delle masse vegetali dal disegno triangolare. E’ importante realizzare lavorazioni riuscendo a esaltare la forza e il carattere di ogni
bonsai, mettendo a disposizione le tue doti.
Nel lavoro su una pianta ritieni sia più importante il feeling o la razionalità?
Lavorando con intensità e rispettando le caratteristiche della pianta riesci ad esprimere tutta la creatività e, attraverso l’emozione sentire
le virtù nascoste che ci mette a disposizione, in altri momenti lavori solo per riuscire ad ottenere un risultato apprezzabile.
Da molte parti gli interventi di coltivazione vengono additati come inutili torture, cosa ti senti di rispondere ai detrattori di questa arte?
Siamo abituati a domande assurde e accuse senza senso, dettate dalla poca conoscenza, la risposta che a volte do è di osservare le nostre
piante esposte e verificare se mostrano segni di sofferenza.
Molto spesso, in occasione di importanti manifestazioni, ti è stato assegnato il compito di effettuare le demo. Vista la sensibilità da te
dimostrata nelle diverse lavorazioni, ritieni eticamente corretto che pur di portare a termine queste dimostrazioni si metta a repentaglio
la saluta di una pianta?
Ritengo sia passato quel momento, nella maggior parte dei casi oggi vedo materiali più predisposti, e poi l’esperienza insegna non incorrere
in questi errori.
Guardando le tue collezioni, mi sembra di intravedere una preferenza per le conifere, è cosi? E perché?
Sì è così, le conifere offrono la possibilità di plasmare e creare a nostro piacimento, anche se quando mi capita non rinuncio ad acquistare
altre specie.
A proposito di saper rispettare i tempi della natura, credi anche tu che attualmente ci sia troppa fretta di raggiungere risultati a scapito
della qualità delle lavorazioni?
Le mostre importanti, la voglia di emergere porta a forzare i tempi, l’esperienza insegna a sfruttare al meglio le stagioni e i momenti degli
interventi sulle piante senza correre rischi, anzi addirittura riducendo i tempi di maturazione.
Direi molto buona, abbiamo ogni anno la media di 25 club aderenti al coordinamento Piemonte Lombardia Valle D’Aosta e dallo scorso
anno anche il Canton Ticino dalla Svizzera. Gianpaolo Scoglio riesce con impegno e maestria a dare spazio a tutti tenendoci uniti.
Da una posizione di vantaggio quale può essere quella di un istruttore, quanto credi che la cultura giapponese sia penetrata nel bonsaismo
italiano?
Non dobbiamo dimenticare che dobbiamo moltissimo alla cultura Giapponese, tutto il nostro sapere deriva da quella scuola, comunque
non posso fare a meno di notare che solo in alcuni gruppi si sia fossilizzata, mentre in altri ha preso il sopravvento il nostro spirito artistico e creativo,
che è da sempre presente nella storia della cultura Italiana.
L’opinione di...
31 DONATO DANISI - Giuseppe Monteleone
Molto spesso i maestri giapponesi sono invitati a mostre, convegni, work shop, ritieni che la loro presenza sia indispensabile o ormai
possiamo “camminare con le nostre gambe”?
E’ importante scegliere con attenzione e proporre personaggi che hanno ancora molto da trasmettere spaziando anche in altri settori come
coltivazione e cultura.
Ritieni che in Europa esista qualche scuola che sia al pari della nostra? La nostra “superiorità” è in discussione?
Dobbiamo lavorare con intensità e con la maestria che ci distingue e lasciare che siano loro a doverlo riconoscere.
Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato e ti faccio l’ultima domanda….possiamo considerarti uno dei nostri lettori?
Sono io che ringrazio voi per questa opportunità, grazie .
A scuola di estetica
L’ESTETICA DELL’ERETTO FORMALE - Antonio Ricchiari 32
I rami posteriori devono essere sempre più corti di quelli laterali perché così si rafforza l’effetto prospettico e quindi di profondità. Il ritmo fonda-
mentale dell’Eretto formale dei tre rami – laterale e posteriore – viene ripetuto lungo il tronco in maniera da ricalcare il ritmo creato nel primo
livello. Nella zona apicale si potrà impostare qualche rametto sul fronte perché la cima assuma forma conica. La vegetazione dei palchi deve
iniziare ad una certa distanza dalla parte basale e la parte inferiore deve essere priva del fogliame. Visto di profilo, il ramo avrà una forma leg-
germente curvata, se la curva è eccessiva si ha un contrasto con la linea dritta del tronco. Questo deve avere una certa inclinazione verso la base
(in natura ciò è causato dal peso dei rami e della loro vegetazione e in certi casi dalla neve che grava su di essi). Il palco fogliare avrà il profilo di
un triangolo scaleno. Visto dall’alto ha una forma ovale, a diamante, o triangolare con la base rivolta sempre verso il tronco.
Fig. 3 - Impostazione dei rami e loro terminologia italiana e giapponese (tratto da: Bonsai, Corso base di A. Ricchiari – M. Andolfo)
Fig. 4 - Corrette proporzioni (tratto da: Bonsai, Corso base di A. Ricchiari – M. Andolfo)
A scuola di estetica
L’ESTETICA DELL’ERETTO FORMALE - Antonio Ricchiari 34
Fig. 5 - Esempi di triangolarità e di impostazione del primo ramo che bene si adattano anche allo Stile Eretto Formale
Per quanto riguarda la legna secca, e in questo caso ribadisco la tendenza ad una applicazione smisurata, esagerata, di queste
tecniche, gli eventuali shari devono essere lavorati in modo tale da esaltare il carattere rigido del tronco che non subisce la
predominanza e la devastazione degli effetti atmosferici. I jin vanno usati con maggiore larghezza e spregiudicatezza poiché il
fenomeno dei rami spezzati, in Natura, è abbastanza frequente e riscontrabile pure in soggetti possenti come l’Eretto.
Fig. 6 - Lavorazione di legna secca Fig. 7 - Taxus bacata (proprietà Vivai Ghellere)
Ottimo esemplare di Eretto formale
La scelta del vaso è anch’essa legata allo Stile ed in questo caso è sicuramente in primo piano quello di forma rettangolare in
funzione della sua linearità che ben si accorpa al rigori stilistico dell’Eretto. Anche il piede ed il bordo del vaso vanno tenuti in
considerazione.
Dobbiamo sottolineare che alcune interpretazioni di questo Stile che negli anni passati potevano essere giudicate come
trasgressioni, oggi non sono più viste come tali poiché conta la visione armonica ed equilibrata della pianta che si va a lavorare
secondo le regole dello Stile. Tra l’altro, le varianti sono legate alla specie che si lavora che ha un diverso riscontro in Natura.
L’essenza del mese
35 AZALEA - Roberto Smiderle
Azalea satsuki - I parte
Famiglia: Ericaceae
Genere: Rhododendron
Specie: Rhododendron lateritium
La crisi economica non ha risparmiato neanche il Giappone, anzi, per il paese del sol levante è arrivata con un bel po’ di
anticipo. Già durante il mio ultimo viaggio in Giappone, nel febbraio 2008, ebbi modo di vedere con i miei occhi che le aziende
agricole produttrici di materiali bonsai e ‘prebonsai’, non godevano (economicamente parlando) di buona salute! Conobbi dei
coltivatori di azalee, nella zona di Kanuma, che costretti dalla crisi del mercato del bonsai, in quel caso in particolare delle aza-
lee, dovevano disotterrare ed in qualche modo “eliminare” i loro preziosi materiali in campo per fare posto a produzioni orticole
più redditizie. Uno in particolare mi colpì al cuore quando, indicandomi alcuni filari di satsuki messe in campo ad ingrossare, mi
disse: ”Se te le vieni a togliere,tutte, senza farmi perdere tempo, te le regalo!”. Peccato che in valigia non si possano portare tante
piante…
La crisi del settore bonsai in Giappone, di riflesso, facilita il mercato
occidentale dove i prezzi scendono sensibilmente, e gli importatori, che
possono acquistare con più tranquillità bonsai/prebonsai e quant’altro.
Questo fa si che sui nostri banchi d’appoggio, si vedano sempre più
spesso grossi ceppi di azalea con dei possenti tronchi, ricchi di rami,
che facilmente ed in breve tempo (se si applicano le giuste tecniche)
diventeranno stupende satsuki bonsai. Vediamo le poche semplici, ma
rigide regole, che servono ad ottenere in breve tempo stupendi esem-
plari di azalea.
E’ necessario rimuovere tutta la terra del campo,senza paura (Fig.
2, 3, 4)! Questa operazione si fa ad inizio primavera, oppure dopo la
fioritura, a giugno. E’ importante in questo caso, non attendere che la
pianta sfiorisca completamente, altrimenti, soprattutto nelle zone a
clima meno caldo, si rischia di arrivare a luglio, e quindi troppo vicini al
Fig. 1 - Due ceppi freschi di container, importati direttamente dal Giappone periodo di stasi vegetativa, con conseguente inutile stress per l’albero.
Fig. 2 - Non ne deve rimanere traccia del vecchio terriccio... Fig. 3 - ... d’altra parte lo insegnano anche gli amici Fig. 4 - ... loro addirittura usano l’idropulitrice!!!
professionisti giapponesi...
L’essenza del mese
AZALEA - Roberto Smiderle 36
Generalmente le satsuki da campo conservano nella base del ceppo granuli residui di kanuma. Ne rimane sempre un
pochino dopo i vari passaggi tra vaso e campo; se ci sono, non serve affannarsi per toglierla tutta. L’importante è togliere tutta
la terra nera/marrone che causerebbe inevitabilmente problemi di marciume radicale! Nel mese di marzo le satsuki cominciano
a muoversi (Fig. 5). Se si lascia fiorire, è necessario sapere che ciò rallenterà la crescita del ramo. Quindi se puntiamo alla costru-
zione dell’albero, meno ci occuperemo di godere delle fioriture, e più rapidamente formeremo
l’albero; a questo punto, se siamo “d’accordo con le dita”, togliamo i fiori. E’ comunque necessario,
se si intende comunque godere della fioritura, togliere i fiori, uno ad uno, una volta sfioriti, altrimenti
il ramo regredirà fino a seccarsi!
Per innaffiare correttamente è fondamentale usare acqua piovana, o comunque acqua
senza calcare né carbonati! Se non è disponibile, la possiamo ottenere mettendo a decantare per un
giorno almeno, una bacinella di acqua del rubinetto, con una spruzzata di limone, o di aceto di vino!
Ne basta meno di un cucchiaio da minestra per un secchio di 5-7 litri. Fig. 5 - I nuovi getti cominciano a fare capolino
Le satsuki vanno piantate in kanuma pura, anche se alcuni amici bonsaisti, preferiscono sotto alla gemma fiorifera
miscelarla con torba acida, o torba bionda, per aumentare il tempo che trascorre tra un’innaffiatura e
l’altra. L’uso di torba comunque, creerà dei problemi, durante i successivi rinvasi! Provare per credere!
Fig. 6 - Ecco un valido esempio di come deve essere pulito il ceppo Fig. 7 - Il bonsai sta per essere messo nella sua nuova dimora
Generalmente non setaccio la kanuma, la polvere la elimino con un abbondante bagnatura, e per drenaggio, metto solo dei
gra-nuli più grandi sul fondo del vaso. Alla fine bagno abbondantemente, finché l’acqua esce pulita dai fori del drenaggio del
vaso (Fig. 8). La prima volta si può usare anche acqua del rubinetto, ma NON DEVE DIVENTARE UN ABITUDINE!!! Dopo almeno
un mese, e quando la stagione lo permette, si può cominciare con una timida concima-
zione (preferibilmente fogliare), per poi passare gradatamente al concime solido, anche
non necessaria-mente per bonsai, è fondamentale però che abbia una bassa titolazione,
NPK inferiore a 8-10-10, per evitare di ingigantire le foglie ed in generale per evitare degli
scompensi di vigoria. Non dimentichiamoci che un bonsai non deve mai crescere ecces-
sivamente, altrimenti apparirà sempre poco maturo…
I Micro-elementi
di Luca Bragazzi
Le nozioni che vengono trasmesse nel campo della concimazione sono sem-
pre inerenti alla somministrazione dei tre Macro-Elementi (Azoto, Fosforo e Potassio): nella
fattispecie, gli elementi della nutrizione si suddividono nella seguente maniera:
Elementi principali: Azoto (N), Fosforo (P), Potassio (K)
Elementi secondari: Zolfo (S), Calcio (Ca), Magnesio (Mg)
Inoltre, ai fini di una più completa somministrazione, fondamentali sono i MICRO-ELEMENTI:
Ferro (Fe), Manganese (Mn), Zinco (Zn), Boro (B), Molibdeno (Mo), Cobalto (Co), Rame (Cu).
Dobbiamo considerare che una pianta sana contiene nella sostanza secca dei suoi tessuti l’1,5%
di Azoto, 250 parti per milione di Ferro, 0,1 parti per milione di Molibdeno ecc. Con queste in-
finitesime presenze è facile dimenticare e/o trascurare la somministrazione dei micro-elemen-
ti, in quanto si tende a sottovalutarli, ma l’importante ruolo che essi rivestono nella fisiologia
vegetale ci deve convincere a considerarli con maggior serietà, in particolare se ci riferiamo alle
restrittive condizioni delle pratiche bonsaistiche.
Spesso si tende a somministrare solamente quei nutrienti che sono responsabili di azioni di
crescita visibili, spettacolari e tangibili, quali:
AZOTO: responsabile dello sviluppo ed accrescimento di tutti gli organi vegetativi.
FOSFORO e POTASSIO: responsabili della fioritura, della fruttificazione, dell’irrobustimento
radicale e della lignificazione.
L’importanza dei micro-elementi è spesso trascurata, perché la loro utilità è esplicata in proces-
si fisiologici invisibili ad occhio nudo, ma di fondamentale importanza per lo svolgimento della
vita quotidiana della pianta: basti pensare che il MANGANESE rientra nei processi di fotosin-
tesi e di sintesi proteica, il FERRO nella fotosintesi, nella riduzione dei nitrati e nella fissazione
dell’azoto, il BORO nella crescita, nella traslocazione degli zuccheri, il RAME nella fotosintesi,
nella sintesi della lignina ecc. Trascurare la loro somministrazione significherebbe limitare pro-
cessi vitali, che, se non espletati, porrebbero la pianta in forte disagio, fino a condizioni a volte
letali. Nella loro applicazione, però, è necessario da parte nostra prendere in esame le condi-
zioni pedo-climatiche, che influenzano la loro disponibilità nei confronti della pianta:
pH – Substrati - Antagonismi/Sinergismi delle fasi di assorbimento – Clima.
Le piante assorbono tali nutrienti in quantità ridottissime nell’arco di un anno e la loro som-
ministrazione avviene in due distinti metodi: per via RADICALE, più lento e considerato a lungo
termine (preventivo), e per via FOGLIARE, più veloce e considerato ad effetto immediato (cu-
rativo). In entrambi i metodi, tali prodotti, per non incorrere in problemi di antagonismo, dila-
vamento ecc., devono essere somministrati in una forma chimico-fisica detta “CHELATA”. La
chelazione rende molto più facile l’assorbimento attivo del micro-elemento, che in questo caso
viene a trovarsi protetto dalla molecola chelante che lo ingloba, risultando essere più solubile.
Le applicazioni radicali vedranno l’utilizzo di prodotti con molecole del tipo EDDHSA o ED-
DHA.
Per somministrazioni fogliari (bonsaisticamente più idonee nella fase di formazione), gli agenti
chelanti più diffusi sono EDTA, DTPA, ma la migliore è l’LSA, molto più idonea nei confronti
dei tessuti fogliari.
I periodi di maggior consumo di micro-elementi sono identificati nella primavera ed alla fine
dell’estate/inizio autunno. Avere l’accortezza di inserire nel programma di concimazione an-
nuale due/quattro applicazioni nei periodi menzionati, significa ottenere un aumento di pro-
duzione, intesa come migliore sviluppo vegetativo. Sarebbe auspicabile una somministrazione
indipendente con prodotti specifici a base di soli micro-elementi, ma, per non sbagliare, basta
anche l’utilizzo di concimi solidi organici, già integrati con tali nutrienti.
Luca Bragazzi
Tecniche bonsai
LA POTATURA DELLE CADUCIFOGLIE - Giovanni Genotti 38
La potatura
delle caducifoglie
Articolo a cura di Giovanni Genotti
Disegni ed illustrazioni di Antonio Ricchiari
Fig. 1 - Sono illustrati alcuni casi particolari di apparato radicale e la loro potatura
capillari che aumenterà la possibilità pianta in educazione
legato alla natura dell’essenza. Un apparato radiale fitto di capillari è indispensabile per una
buona salute e una lunga vita del bonsai, nel pane estremamente ridotto di terra (Fig. 4). La po-
tatura delle radici non è mai una riduzione generica del pane radicale ma una selezione delle
radici con l’eliminazione delle più grosse, salvaguardando sempre le più piccole, a volte mo-
dellandone alcune con tutori di rame se l’apparato radicale è però composto da radichette.
Modellatura che permette di posizionare l’albero in vaso senza impoverirlo troppo di vasi assorbenti.
Tale operazione è però comune sulle conifere.
La potatura aerea delle latifoglie si esegue in due momenti distinti con reazioni molto dif-
ferenti. La potatura nel periodo di riposo invernale o nella primissima primavera, prima del risveglio,
Fig. 4 - Potatura delle radici per adattarle
alla forma poco profonda del vaso per bonsai
serve ad aumentare la ramificazione, avvicinare la chioma al tronco ed aumentare la conicità dei rami.
Prima del risveglio i rami sono ricchi di sostanze nutritive che serviranno allo sviluppo delle gemme,
generalmente formatesi nell’estate precedente, più numerose verso l’apice; sul tratto del ramo restante, dopo la sua potatura, se
ne formeranno molte di più e più vicine al tronco. Il taglio, obliquo della potatura deve, possibilmente, essere rivolto verso l’alto.
La potatura estiva su rami molto più piccoli e ancora acerbi (a volte) può essere distinta dalla cimatura o pizzicatura continua di
quei getti che non rispettano le forme imposte o il taglio di quei rami di dominanza. In questi casi si sviluppano quasi sempre le
sole gemme apicali del ramo rimasto ed è bene che queste si trovi nell’ascella della foglia, nella parte rivolta verso il basso per
non avere con la direzione della nuova crescita con quella quella del ramo angoli retti poco armoniosi. Mentre con la potatura del
ramo legnoso si aumenta la ramificazione con quella estiva o acerba si dirige la nuova crescita e si limita la dominanza apicale.
39 Tecniche bonsai
LA POTATURA DELLE CADUCIFOGLIE - Giovanni Genotti
Fig. 5 - Potatura dei rami principali e angolazione del taglio Fig. 7 - Modi di potare i rami
Cosimo De Bari
Dopo aver parlato di insetti che potrebbero colpire i nostri bonsai, ve-
diamo in questo quinto numero del Magazine un altro gruppo di patogeni: gli
Acari. Gli acari non sono insetti, ma appartengono alla classe degli Aracnidi, di
questi ne sono presenti molte specie, sia di interesse vegetale che animale. Si
presentano molto piccoli, di dimensioni intorno a 0,5 mm con il corpo di colore
giallo-arancio, ma anche rosso che permette una facile individuazione qual’ora
attacchino i nostri esemplari bonsai. Questi piccoli ragnetti, nella forma adulta
posseggono quattro paia di zampe ed amano porsi sulle pagine inferiori delle
foglie di latifoglie e lì svolgere la loro azione trofica di suzione (apparato boccale
succhiatore). La loro presenza è sempre molto numerosa ed è identificabile dal-
la produzione di piccolissime ragnatele visibili con leggere nebulizzazioni sulla
chioma, che ne mettono in evidenza la struttura sericea. Sulle conifere si posi-
zionano sui rametti più giovani, dove con altrettanta metodologia di nutrizione
agiscono sugli aghi, decolorandoli e riducendone la capacità fotosintetica. Pro-
prio questo aspetto, inerente la grande quantità di linfa asportata, se prolun-
gata nel tempo, provoca numerosi danni dovuti a disidratazione dell’apparato
foto-sintetizzante, che ne viene inibito anche nella principale funzione di foto-
sintesi clorofilliana, in quanto, avendo un ritmo di suzione/svuotamento di circa
20 cellule al minuto e calcolando le centinaia di esemplari che agiscono con-
temporaneamente sulla pianta, è facile immaginare il danno provocato, anche
perché tali ragni trasferiscono sostanze tossiche all’interno della foglia che ne
compromettono la funzionalità anche a livello fisiologico oltre che morfologi-
co. Solitamente attacchi da ragni rossi si possono riscontrare tramite decolora-
zione ed indebolimento generale dell’esemplare bonsai e per poterli osservare
meglio si può utilizzare una lente di ingrandimento o porre un foglio bianco al
di sotto dei palchi, che, se scossi, lasciano cadere i ragnetti che si distinguono
sul bianco del foglio. I principali fattori ambientali che ne influenzano la densità
di popolazione sono la temperatura e l’umidità; infatti alte t° unite a basse % di
Ur, promuovono lo sviluppo in numerose progenie che attaccano le piante. In
luoghi dove l’Ur è elevata (> al 60%) la prolificità è ridotta, infatti nebulizzare
frequentemente le chiome nei periodi estivi è un ottimo metodo per scongiu-
rare attacchi (con presenza di trattamenti anticrittogamici che scongiurano il
proliferare di attacchi fungini dettati dall’alta umidità). I trattamenti chimici in
questi casi, devono essere adottati solo se ne è riscontrata l’effettiva presenza
ed i prodotti devono essere Acaricidi e non semplici insetticidi. Gli acaricidi de-
vono essere “ovicidi” o “larvo-adulticidi” e siccome esistono nei due formulati,
la loro miscelazione è consigliata per coprire tutti gli stadi evolutivi del pato-
geno, che, in una stessa popolazione nello stesso momento presenta tutti e tre
gli stadi. Come sempre, a livello fitopatologico, il mio consiglio è quello di PRE-
VENIRE, adottando metodi di prevenzione di tipo agronomico identificati nelle
cure giornaliere e di ridurre le disattenzioni provocate da scarsa osservazione e
mancata applicazione delle cure indispensabili.
Luca Bragazzi
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Bonsai&Suiseki
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