Professional Documents
Culture Documents
URTI
Si definisce urto un evento isolato per il quale una forza intensa agisce per un tempo
breve su ciascuno dei corpi che entrano in contatto. Il contatto tra i corpi non realmente
necessario, dipendendo dal raggio di azione della forza, cio dalla dinamica dell urto.
Tempo breve significa che la forza interviene solo durante la collisione essendo nulla nel
tempoantecedente all urto e nel tempo subito successivo ad esso (forza impulsiva), come
mostrato in figura.
Nel seguito verr trattata la cinematica dell urto, senza quindi alcun cenno al tipo di
forza in gioco. I dettagli di un urto sono determinati dalla particolare forma delle forze
impulsive in gioco, ma alcune quantit cinematiche sono comunque fissate dalle leggi di
conservazione; la cinematica degli urti si occupa di determinare le relazioni fra le quantit di
moto dei corpi prima e dopo l'urto.
Esistono anche urti in cui cambia il numero o la natura dei sistemi interagenti. Per
esempio, una reazione un urto in cui la natura chimico-fisica dei corpi viene mutata. Nel
seguito chiameremo genericamente corpi' i sistemi che interagiscono durante l'urto; il
termine ``sistema'' sar riservato all' insieme dei due corpi.
Partendo dalla II Legge di Newton:
F = dp/dt
(1)
si consideri la forza F dipendente dal tempo F(t). Sar dunque:
dp = F(t)dt
Assumendo che F(t) sia rappresentata dalla funzione graficata in figura, il suo integrale (area
sotto la curva) il modulo della grandezza vettoriale impulso (I). Integriamo esplicitamente
la (1):
pf
tf
pi
ti
dp = F(t )dt
che si pu riscrivere:
p = I
teorema dell impulso.
Siccome le forze esterne agenti su di un corpo sono piccole rispetto alla forza media
di un urto, e la forza d'urto una forza interna, la quantit di moto del sistema dei due corpi
con buona approssimazione si conserva durante l'urto (questa una riformulazione dell'
approssimazione d'impulso). Nell'intervallo di tempo t pure lo spostamento dei corpi pu
essere trascurato.
URTI ELASTICI. Si definisce elastico un urto per il quale nulla la variazione dell energia
cinetica del sistema.
Urti elastici in una dimensione
Consideriamo il caso di un urto perfettamente elastico ed unidimensionale, ovvero due
particelle di massa m1 e m2, con velocit v1e v2 prima dell'urto e v1fe v2f dopo. La
conservazione della quantit di moto e dell'energia cinetica implicano:
m1v1 + m2 v2 = m1v1 f + m2 v2 f
1
1
1
1
m1v12 + m2 v22 = m1v12f + m2 v22 f
2
2
2
2
Sviluppando il sistema e sostituendo la differenza di due quadrati con la formula
A2 B 2 = (A + B )(A B ), otteniamo:
m1 (v1 v1 f )= m2 (v2 v2 f )
(1)
Semplificando nella seconda relazione le quantit che sono uguali secondo la prima
relazione, otteniamo quindi che:
v1 + v1 f = v2 + v2 f v2 f = v1 v2 + v1 f
(2)
Utilizzando la (2) possiamo ridurci ad una sola variabile, eliminando v2f, per esempio nella
prima relazione di (1):
m1 m2
2m2
v1 +
v2
M
M
Utilizzando poi la relazione (2) otteniamo con passaggi simili anche l'espressione di v2f.
Riassumendo i risultati:
v1 f =
m1 m2
2m2
v1 +
v2 ,
M
M
v2 f =
2m1
m m1
v1 + 2
v1
M
M
Esaminiamo ora alcuni casi particolari derivanti dalle equazioni precedenti. Quando le masse
2m1 2m2
sono uguali i termini (m1-m2)sono nulli e
=
=1, per cui le velocit delle particelle si
M
M
scambiano.
Nel caso poi che v 2=0, la prima particella si ferma e la seconda parte con velocit uguale alla
prima:
m1 = m2 v1 f = v2 , v2 f = v1
Se le masse sono diverse e v2=0 allora rimangono solo i termini proporzionali a v1:
m1 m2 e v2=0
v1 f =
m1 m2
2m1
v1 ; v2 f =
v1
M
M
Se la massa del primo corpo molto maggiore di quella del secondo corpo, M m1 >> m2 ,
allora v1f v1 e v2f 2v1. Se siamo nel limite opposto, m1<<m2 M , allora v1f -v1 e v2f<<v1.
Vediamo un'applicazione di queste conclusioni. Nei reattori nucleari i neutroni prodotti dalla
fissione si muovono molto velocemente; affinch possano produrre altre fissioni occorre
rallentarli. Nell'ipotesi che i neutroni urtino elasticamente contro i nuclei fermi, i materiali
pi adatti per rallentarli sono atomi leggeri di massa vicina a quella del neutrone stesso.
Quindi, sulla base della conservazione della quantit di moto, i moderatori per neutroni
dovrebbero essere costituiti da atomi leggeri.
La distanza b fra la direzione del corpo incidente ed una retta ad essa parallela passante per il
corpo fermo viene detta parametro d 'urto. una misura di quanto direttamente il proiettile
incida sul bersaglio. Per b=0 si ha un urto frontale. Scriviamo per esteso le leggi di
r
r
conservazione, utilizzando gli angoli 1 e 2 per determinare le componenti di v 1 e v 2 .
m1 v 1 = m1v1 f cos
0 = m1v1 f sin
+ m2 v2 f cos
+ m2 v2 f sin
1
1
1
1
m1v12 + m2 v22 = m1v12f + m2 v22 f
2
2
2
2
Quindi abbiamo quattro quantit incognite, v1f ,v 2f, 1 e 2 e tre quantit note m1, m2 e v 1. Si
hanno cos quattro incognite per tre equazioni scalari, serve quindi un ulteriore
IL NUCLEO ATOMICO
Le scoperte dell elettrone e della radioattivit naturale hanne segnato l inizio di una
nuova era nello studio della struttura della materia. Alcuni indizi indicavano chiaramente il
fatto che la materia dovesse essere costituita da atomi: ad esempio, i rapporti stechiometrici
in chimica, la termodinamica dei gas, il sistema periodico degli elementi. Il problema era la
mancanza di un modello che permettsse di costruire gli atomi.
Le scoperte della fine dell 800 mostrarono per la prima volta l esistenza di
particelle emergenti dalla materia, che dunque dovevano essere interpretate come suoi
costituenti. Queste particelle, prodotte nei processi radioattivi, furono utilizzate per
bombardare altri elementi al fine di studiarne i costituenti. Questo un postulato
sperimentale che alla base della fisica moderna nucleare e delle particelle. Studi sistematici
divennero possibili negli anni 30 grazie all utilizzazione dei primi acceleratori di particelle.
Gi prima erano stati scoperti i costituenti fondamentali degli atomi: l elettrone, il protone, il
neutrone.
L elettrone fu il primo costituente dell atomo ad essere scoperto. Nel 1897 J.J.
Thomson fu in grado di produrre fasci di elettroni all interno di tubi a vuoto. Dalla misura
delle deflessione da essi subita sotto l azione combinata di campi elettrici e magnetici, egli
pot misurarne la velocit e dedurre il rapporto tra la massa e la carica della particella. In
seguito, riusc a determinare la carica dell elettrone (per definizione data negativa),
utilizzando un metodo, poi migliorato da Millikan nel 1910.
Nei primi anni del Novecento, vennero proposti diversi modelli atomici. Il modello di
Thompson (1907) descriveva l atomo come un insieme di cariche negative e posistive
uniformemente distribuite nel volume atomico, cosicch l atomo risulta globalmente neutro.
L esperienza di Rutherford, Geiger e Marsden, descritta nel successivo paragrafo,
mise in evidenza l inconsistenza di questo modello. Rutherford bombard con particelle alfa
(nuclei di He) anche nuclei leggeri. Osservando i risultati del bombardamento dell azoto,
not che venivano prodotte particelle cariche posistivamente, in grado di percorrere distanze
lunghe e che dovevano provenire dall atomo stesso. Simili particelle le aveva gi osservate
in esperimenti che avevano l idrogeno come bersaglio. Da questo concluse che le particelle
osservate erano nuclei di idrogeno, presenti allo stesso modo nei nuclei di azoto.
Anche il neutrone venne scoperto nello stesso modo: bombardando nuclei con
particelle alfa. Essendo neutre, queste particelle non potevano essere osservate in modo
diretto; Chadwick mise a punto un metodo sperimentale per farlo, misurando le energie di
rinculo dei nuclei dei bersagli di idrogeno, elio e azoto, soggetti all urto della radiazione
neutra prodotta da un bersaglio di berillio bombardato con particelle alfa. Usando la
cinematica dell urto, fu in grado di stabilire che la massa delle particelle costituenti la
radiazione neutra era molto simile a quella del protone e coni il nome neutrone.
Esperienza di Rutherford.
Nel laboratorio di Rutherford, Geiger e Marsden eseguirono esperimenti per studiare la
diffusione di particelle alfa su strati sottili metallici. Nel 1909 osservarono che le particelle
Il nucleo atomico
I nuclei atomici sono formati da protoni1 e neutroni (nucleoni), legati insieme dall
interazione nucleare (o interazione forte). Il nome forte viene utilizzato proprio perch
questa forza risulta essere molto pi intensa di quella elettromagnetica. Per spezzare il
legame che tiene insieme un nucleo, infatti, c bisogno di una grande quantit di energia,
come dimostra il fatto che bisogna bombardarli con particelle alfa.
Un nucleo contiene A nucleoni (A= numero di massa), di cui Z (numero atomico) il
numero di protoni (la carica del nucleo quindi Q=Ze)2 e N = A-Z neutroni. Combinazioni
differenti di Z e N sono dette nuclidi. Nuclidi con lo stesso numero di massa, A, sono detti
isobari, con lo stesso numero atomico, Z, sono detti isotopi, con lo stesso numero di
neutroni, N, sono detti isotoni.
In Fig.3 mostrata la carta dei nuclidi. Nel grafico si riporta la posizione di un nuclide di dati
Z e N.
La massa del protone pari a 1.67262158 10-27 kg = 938.272 MeV/c2 = 1836.149 me, quella del neutrone
pari a 1.67492716 10-27 kg = 939.565 MeV/c2 = 1838.679 me
2
La carica elementare, e, pari a 1.6 10-19 C. Gli atomi sono elettricamente neutri, il che dimostra l
uguaglianza fra il valore assoluto della carica elettrica positiva del protone e quella negativa dell elettrone.
Le rette con pendenza negativa sono relative al numero di massa A. Si noti come, all
aumentare di A, i nuclidi si dispongono in una zona che si allontana sempre pi dalla
bisettrice del quadrante, ovvero la retta per la quale N=Z. Dallo studio del grafico possiamo
quindi evincere alcuni fatti sperimentali:
1. Esiste un limite massimo di nucleoni che possono costituire il nucleo (A260).
2. Non esistono nuclei formati da soli protoni (oltre l idrogeno), n da soli neutroni.
3. All aumentare di A, sono preferiti nuclei con un maggior numero di neutroni rispetto
ai protoni.
E possibile, con apposita strumentazione, determinare sperimentalmente la massa dei nuclei.
Si nota che la massa totale di un nucleo minore della somma delle masse dei singoli
costituenti, ovvero:
M < Zmp+Nmn
Questa differenza in massa la misura dell energia necessaria a mantenere il nucleo legato
(energia di legame) e che pu essere calcolata a partire dalla relazione di Einstein3:
E=mc2
Dunque.M = (Zmp + Nmn) M(A,Z) = Elegame (in unit in cui c=1).
Precisiamo inoltre che, essendo legata ad una differenza di massa, quindi di energia, l
energia di legame una quantit negativa.
Vogliamo notare esplicitamente che la formula data per l energia di legame un
espressione di carattere del tutto generale, ovvero indipendente dall interazione (o forza),
valida pertanto per qualsiasi sistema di particelle interagenti. L intensit della forza
(gravitazionale, elettromagnetica, debole o nucleare) ed il suo raggio di azione determinano
per il valore dell energia di legame del sistema. Per esempio:
Sistema Terra-Sole (interazione gravitazionale) M/M = 10-14
Cristallo (interazione elettromagnetica) M/M = 10-11
Reazioni chimiche (interazione elettromagnetica) M/M = 10-8
Nuclei (interazione forte) M/M = 10-2
Possiamo introdurre la quantit B=E(A,Z)/A, ossia energia di legame per nucleone. In
Figura 4 riportato l andamento di B in funzione di A. L esame del grafico suggerisce
alcune conclusioni:
1. Escludendo i nuclei con A<20, l andamento della funzione circa costante intorno
ad un valore medio dell ordine di 8 MeV/nucleone.
2. il Ferro l elemento cui corrisponde il massimo valore della curva.
La ben nota relazione massa-energia di Einstein include sia l energia cinetica di una particella, sia l energia
che essa ha per il fatto che possiede una massa. Detta m0 la massa a riposo della particella, ovvero la massa di
una particella ferma o che si muove a velocit molto inferiori a quella della luce, c, E0= m 0c2 la sua energia a
riposo.
La fusione nucleare un processo che coinvolge i nuclei di pi atomi, nel momento in cui ciascun nucleo,
dotato di sufficiente energia cinetica per superare la reciproca repulsione (causata dalla carica elettrica
positiva), viene catturato dalla forza nucleare forte degli altri nuclei e si combina con questi, formando un
nucleo pi pesante, la cui massa leggermente inferiore alla massa complessiva dei nuclei originari. La
differenza in massa convertita in energia. L energia prodotta nelle stelle proviene da questo processo.
5
La fissione nucleare consiste in un processo per cui il nucleo pesante, di uranio, torio o plutonio, colpito da un
neutrone, si spezza in due parti, liberando nel contempo una grande quantit di energia.
3. la forza nucleare deve essere indipendente dalla carica elettrica, agendo allo stesso
modo sui protoni e sui neutroni.
Abbiamo dunque, in prima approssimazione:
BA, ossia: B= - b0A +correzioni
Le correzioni da introdurre, come abbiamo in parte gi visto, sono:
1. termine di correzione di superficie, dovuto al fatto che i nucleoni sulla superficie nel
nucleo (modellizzato in questo caso come fosse una goccia liquida), sono meno legati
dei nucleoni interni. Questo termine quindi slegante (positivo) e tiene conto dell
effetto di tensione superficiale;
2. termine di correzione coulombiano, dovuto alla presenza nel volume del nucleo di
cariche positive (protoni) che sono soggette all azione repulsiva della forza elettrica;
3. termine di asimmetria, di tipo quantistico, legato al principio di esclusione di Pauli.
Se immaginiamo il nucleo come un insieme di livelli energetici per ognuno dei quali
possibile inserire un solo protone e un solo neutrone, quando il numero di neutroni
aumenta (caso dei nuclei pesanti), questi devono sistemarsi in livelli energetici
sempre pi alti. L energia di legame deve quindi essere pi bassa di quella di un
ipotetico nucleo, di pari A, in cui met dei neutroni in eccesso trasformata in
protoni (ognuno dei quali pu condividere lo stesso livello energetico di un
neutrone). Questo termine pertanto proporzionale alla quantit (N-Z)/2.
4. Il numero di massa A pu essere pari o dispari. Abbiamo 167 nuclei stabili con A
pari e 103 con A dispari. Nel primo caso (A pari) 163 con N e Z entrambi pari e solo
4 con N e Z dispari. Nel secondo caso (A dispari) sono circa in ugal numero i casi Z
pari, N dispari e viceversa. L ultimo termine correttivo tiene dunque conto della
preferenza per i nuclei Z pari- N pari.
La formula che si ottiene, detta formula semiempirica dell energia di legame o formula di
von Weizscker la seguente:
2
3
E ( Z , A) = b0 A + b1 A + b2
Z2
1
3
+ b3
(N Z )2
A
A
dove il segno di positivo per i nuclei dispari-dispari, negativo per i nuclei pari-pari, nullo
per gli altri nuclei.
I valori generalmente usati per quasi tutti i nuclei dei coefficienti sono: b0= 14.1 MeV, b 1=13
MeV, b2 = 0.595 MeV, b3=19 MeV, = 33.3/(A)3/4 MeV.
In Figura 5 sono riportati gli andamenti dei vari contributi esaminati all energia di legame.
Fig. 5. Contributi dei vari effetti all energia di legame per nucleone
La formula dell energia di legame si basa su alcune delle propriet tipiche di una
goccia di liquido: densit costante, forze a piccolo raggio di azione, saturazione,
deformazione e tensione superficiale, pertanto il modello nucleare da essa descritto prende il
nome di modello a goccia.
I nuclei stabili si trovano (Fig. 3) lungo una stretta fascia nel piano Z-N. Tutti gli altri
sono instabili e decadono spontaneamente. I decadimenti sono legati a considerazioni
energetiche: i nuclei si portano in uno stato in cui l energia minima. Questo pu avvenire
in vari modi: per gli isobari con eccesso di neutroni, energeticamente vantaggioso
convertire un neutrone in un protone, mentre nel caso di eccesso di protoni pu essere
vantaggiosa la reazione inversa (decadimento beta). I nuclei di Fe e Ni posseggono la
massima energia di legame, sono pertanto i nuclidi pi stabili6. Nei nuclei pi pesanti, a
causa della maggiore repulsione coulombiana, l energia di legame minore. I nuclei ancora
pi pesanti diventano instabili e decadono per fissione in due o pi nuclei di massa inferiore.
Perch questo si verifichi, la massa dell atomo originario deve essere superiore alla somma
delle masse dei prodotti finali del processo. Quando un nucleo pesante decade
spontaneamente in due nuclei massivi, si parla di fissione spontanea.
Un isotopo considerato stabile se la sua vita media considerevolente pi lunga della vita del sistema solare.
DECADIMENTI NUCLEARI
Decadimento alfa. Sono detti particelle alfa i nuclei di 4He emessi nel decadimento di nuclei
radioattivi (per esempio, 230Th 226Ra). Protoni e neutroni hanno, anche nei nuclei pi
pesanti, un energia di legame media di circa 8 MeV, il che fa s che essi normalmente siano
confinati nel nucleo. In molti casi, per si verifica che l emissione di un gruppo di nucleoni,
sotto forma di sistema legato, sia energeticamente favorita, dal momento che l energia di
legame di questo gruppo sistema accresce l energia totale disponibile per il processo. La
probabilit che un tale sistema si formi all interno del nucleo diminuisce con l aumentare
dei nucleoni coinvolti nel processo. Il caso pi importante quello che avviene con l
emissione del nucleo di 4He, cio di un sistema legato di due protoni e due neutroni. A
differenza del caso di 2 o 3 nucleoni, questo sistema molto compatto (energia di legame di
circa 7 MeV/nucleone). La particella alfa che si forma all interno del nucleo soggetta a due
tipi di forze: a piccole distanze dal centro, prevale l interazione forte, attrattiva, a pi grandi
distanze essa soggetta all azione repulsiva della forza coulombiana. A distanze maggiori
del raggio nucleare, l unica forza attiva quella coulombiana. La radiaottivit alfa naturale
si presenta nelle famiglie radioattive naturali, per nuclei con Z>82 e A200.
Decadimento beta. La scoperta di elettroni emessi da alcune specie nucleari (emissione
beta) storicamente contemporanea a quella del decadimento alfa. Tuttavia l interpretazione
corretta del meccanismo di questo decadimento ha richiesto un tempo molto lungo, essendo
la manifestazione dell esistenza dell interazione debole, la quarta interazione fondamentale
(le altre, ricordiamo, sono: gravitazionale, elettromagnetica e forte). L interpretazione
corretta dei decadimenti alfa e gamma discende dall osservazione della transizione (o
decadimento) di un nucleo ad un certo stato di un altro nucleo, con uno spettro discontinuo
delle emissioni che rispecchia la conservazione dell energia nei vari stadi del processo. Al
contrario, la distribuzione dell energia degli elettroni emessi nel decadimento beta
continua. La curva di energia che si ottiene ha un valore medio che minore dell energia
massima che un elettrone pu avere. Questa caratteristica, una volta esclusa la possibilit che
gli elettroni possano perdere energia uscendo dal nucleo, spiegata dalla presenza di un
altra particella, neutra e non rivelabile, che viene emessa contemporaneamente all elettrone.
A questa particella Fermi diede il nome di neutrino. La reazione dunque del tipo:
Y Z 1AX + e +
A
Z
n p + e +
Decadimento gamma. I nuclei hanno di solito molti stati eccitati. La maggior parte degli
stati ad energia pi bassa sono teoricamente ben spiegati. Di solito gli stati eccitati pi bassi
decadono emettendo radiazione elettromagnetica (fotoni). Se esistono stati la cui energia di
eccitazione superiore all energia di legame di un singolo nucleone (circa 8 MeV), nel
processo di diseccitazione si pu verificare la cessione di energia al nucleone e la
conseguente emissione di esso al di fuori del nucleo. Di solito, vengono emessi con questo
meccanismo neutroni, che non risentono della barriera coulombiana.
I ( x) = I 0e
Per un fotone, l espressione classica della quantit di moto non pu essere applicata. Si pu per ottenere a
p=
E h
h
=
= .
c
c
= mc 2 =
Neutroni di energia superiore a 1 MeV possono urtare anelasticamente sul nucleo, che dopo
l urto si trova in uno stato eccitato: A+nA*+n. Successivamente il nucleo eccitato pu
ritornare allo stato fondamentale per emissione elettromagnetica.
Cattura radiativa. Il neutrone penetra all interno del nucleo e vi rimane come costituente
(urto totalmente anelastico).Il processo accompagnato dell emissione di energia
elettromagnetica (fotone). La reazione del tipo X(Z,N) +nX(Z,N+1) + . Questa reazione
avviene con probabilit inversamente proporzionale alla velocit del neutrone, pertanto a
basse energie.
Fissione indotta. Anche questa, come la cattura radiativa, avviene per energie del neutrone
molto basse (dell ordine della frazione di eV). Siccome l energia del neutrone
confrantabile con l energia di agitazione termica a temperatura ambiente, i neutroni sono
detti termici. Nel processo di fissione, il neutrone viene catturato dal nucleo, che diviene
instabile. L instabilit provoca la deformazione del nucleo che, da una simmetria
grossolanamente sferica, diventa bilobato. A questo punto, entrano in contrasto la forza forte
nucleare e la forza elettrostatica. La prima, essendo a corto raggio, si esercita solo nella
strozzatura fra i due lobi ed attrattiva; la seconda, repulsiva, si esercita fra le cariche
positive dei lobi. Se la deformazione tale da rendere piccola la strozzatura, la repulsione
coulombiana vince l azione attrattiva dell interazione forte e il nucleo si spezza dando
luogo a due nuclei di massa circa uguale alla met del nucleo iniziale. Nel processo di
fissione viene liberata una notevole quantit di energia, pari alla differenza di massa del
nucleo padre e della somma delle masse dei frammenti.
durante l urto l elettrone si sposta pochissimo dalla posizione iniziale, in modo da poter
considerare costante il campo elettrico da esso generato durante tutto il processo;
la particella incidente prosegue dopo l urto lungo la traiettoria iniziale, il che vero se
M>>me.
L energia che l elettrone acquista nell urto si calcola usando il teorema dell
impulso, per valutare la quantit di moto che esso riceve:
dt
dx
I = Fdt = e E perp dt = e E perp
dx = e E perp
dx
v
La formula ha il seguente significato:
la forza F che si esercita tra le due particelle la forza elettrica, quindi F=qE, dove E il
campo elettrico generato dal elettrone. Del campo, per la simmetria del problema, cilindrica,
l unica componente che entra nel calcolo quella perpendicolare alla traiettoria. L integrale
E perp dx si calcola usando il teorema di Gauss, applicato ad un cilindro di raggio b
infinitamente lungo il cui asse la traiettoria della particella incidente. Dunque:
2 Ze
E perp 2 bdx = 4 Ze, E perp dx = b
l impulso allora:
2 Ze 2
I=
bv
e l energia che l elettrone acquista:
I2
2Z 2 e 4
E (b) =
=
2me me v 2 b 2
Se indichiamo con Ne la densit degli elettroni, l energia persa per collisione con tutti gli
elettroni che si trovano a distanza compresa fra b e b+db in uno spessore dx :
4 Z 2e4
db
dE (b) = E (b) N e dV =
Ne
dx
2
me v
b
dove dV lelemento di volume, dV=2bdbdx. L espressione va integrata per ottenere la
perdita totale di energia. Non possibile integrare nell intervallo di b tra 0 e , perch
questi estremi non sono compatibili con le ipotesi fatte in partenza. Infatti, per b, cade l
ipotesi che l interazione possa avvenire in un intervallo di tempo piccolo, quindi non si pu
utilizzare il teorema dell impulso. D altra parte, per b0, si avrebbe un trasferimento
infinito di energia, fisicamente impossibile. Pertanto integreremo in un intervallo compreso
tra bmin e b max, cos stimabili: per bmin si cosidera il caso di massimo trasferimento di energia
(caso dell urto centrale), per bmax si tiene conto del fatto che l elettrone in realt legato all
atomo, attorno al quale si muove con una certa frequenza orbitale. Perch ci sia realmente
un interazione, questa deve avvenire in un tempo breve rispetto alla frequenza orbitale dell
eletttrone, tipicamente t b/v. Da cui, inserendo il periodo orbitale, si ottiene bmax. Con
queste considerazioni, la perdita di energia data da:
2
dE 4 Z 2 e 4
mv 3
=
N
ln
e
dx
me v 2
Ze 2
Questo il risultato classico, valido per particelle pesanti (dall alfa in poi). Per i protoni
per la formula non valida a causa degli effetti quantomeccanici che dominano su quelli
classici. L espressione corretta fornita dalla formula di Bethe-Bloch, la cui trattazione
esula dagli scopi del corso.
Particelle cariche leggere. Anche gli elettroni e i positroni perdono energia per collisioni
quando passano in un materiale. Tuttavia, poich la loro massa piccola, oltre ai processi gi
esaminati, entra in gioco un ulteriore meccanismo di perdita di energia: l emissione di
radiazione elettromagnetica dovuta alla diffusione nel campo elettrico nucleare.
Classicamente, questo fenomeno si spiega con l emissione di radiazione dovuta all
accelerazione di un elettrone (positrone) quando soggetto alla forza elettrica del nucleo.
Tale radiazione prende il nome di radiazione di frenamento o bremsstrahlung. Il processo di
emissione funzione dell energia dell elettrone incidente: fino a pochi MeV trascurabile,
mentre gi ad energie dell ordine della decine di MeV la perdita di energia dovuta alla
bremmsstrahlung diventa confrontabile con quella dovuta ai processi di collisione ed
eccitazione. Sopra questo valore, la bremssrahlung domina completamente.
Il ragionamento fatto per le particelle pesanti cariche non pu essere ripetuto in
questo caso, essenzialmente per due motivi: il primo, legato alla massa dell elettrone,
impedisce di imporre l ipotesi che dopo urto non ci sia variazione della traiettoria. Il
secondo che le particelle che urtano sono identiche (elettrone-proiettile ed elettronebersaglio) e quindi il calcolo deve tenere conto dell indistinguibilit delle particelle. In pi si
deve introdurre anche la perdita di energia per bremsstrahlung. E comunque disponibile un
espressione analoga alla Bethe-Bloch anche per gli elettroni.
Effetti biologici. La radiazione dannosa per i tessuti viventi per il suo potere ionizzante. La
ionizzazione pu danneggiare le cellule viventi direttamente rompendo i legami chimici delle
molecole, o indirettamente per formazione di radicali chimici dalle molecole d acqua, che
possono attaccare chimicamente le molecole. I pi rilevanti sono i danni a carico del DNA.
Entro certi limiti, le cellule sono in grado di riparare i danni molecolari, tuttavia l efficacia
dei meccanismi naturali di recupero funzione dell estensione del danno. Se il danno viene
riparato solo in parte o affatto, la cellula soggetta a tre possibili effetti:
- morte cellulare
- alterazione delle funzioni naturali della cellula che provocano effetti somatici, per
esempio il cancro
- alterazioni permanenti che provocano effetti genetici di trasmissione dei difetti alle
generazioni successive.
Gli effetti di una dose elevata di radiazione in un tempo breve (poche ore) sono a carico dei
processi mitotici di riproduzione. Questo evidente nei linfociti (globuli bianchi), nei
precursori delle cellule sanguigne nel midollo osseo, nelle cellule di rivestiento dell
intestino. La diagnosi dunque possibile tramite un analisi del sangue. A dosi