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CARLA CUOMO

Università di Bologna

“Bambini che giocano” di Béla Bartók: dall’ascolto all’esecuzione∗

Questo contributo propone un esempio di trasposizione didattica che ha per oggetto


un facile brano pianistico. La trasposizione qui proposta si basa sulla continuità tra
Didattica dell’ascolto e Didattica dell’esecuzione musicale.1
Il brano preso in esame è Játszó gyermekek (Bambini che giocano), che sta in testa al
primo volume nella raccolta Gyermekeknek (Per i bambini) di Béla Bartók. Mi rifaccio alla
versione riveduta dall’autore (1945),2 che consta di 79 brani, basati su melodie popolari sia
ungheresi (vol. I) sia slovacche (vol. II). La melodia originale costituisce, per Bartók, il
punto di partenza per la composizione dei brani: «facili per le dita, non sempre per il
cervello», questi brani non sono una semplice “armonizzazione” del canto popolare, ma
rinnovano il linguaggio musicale attraverso l’assimilazione della musica contadina e
soprattutto «una costante educazione e un affinamento dell’anima e dell’intelligenza»
(Mila, 1996, p. 39).
L’intervento è strutturato in due parti: nella prima svolgo un’analisi del brano, per
focalizzare il savoir savant che l’insegnante deve possedere;3 nella seconda affronto la
trasposizione didattica dal savoir savant al savoir enseigné (Martini, 2005, p. 64 sgg.4). La
trasposizione a sua volta è organizzata in due livelli, incentrati il primo sulla Didattica
dell’ascolto, il secondo sul passaggio dalla Didattica dell’ascolto alla Didattica
dell’esecuzione.

I – ANALISI MUSICALE
Forma e struttura. – Il brano, assai conciso, presenta una chiara bipartizione: alla
sezione A (bb. 1-8)5 risponde la sezione B (bb. 9- 24). A sua volta, ciascuna sezione è
articolata in due unità identiche ripartite in 4+4 (bb. 1-4 e 5-8) e 8+8 (bb. 9-16 e 17-24). Tolte


Ringrazio di cuore Giuseppina La Face e Lorenzo Bianconi per i preziosi consigli e correzioni,
Stefano Melis per i suggerimenti nell’impostazione e prima revisione del lavoro, Eugenia Casini
Ropa per la verifica delle parti sul movimento.
1 Il principio della continuità – nell’accezione di raccordo, integrazione, reciprocità, in senso circolare,
fra attività di ascolto e di esecuzione musicale – è esposto in Cuomo, 2005.
2 La prima versione è del 1908-09. La seconda versione, rivista dallo stesso compositore negli
anni 1943-45, fu edita nel 1946 da Boosey & Hawkes. Una riedizione, facilmente reperibile, è del
1998, pubblicata col titolo For Children da Boosey & Hawkes ed Editio Musica Budapest. Alla fine
di questo articolo riporto il brano in una mia versione, annotata a fini analitico-didattici.
3Affronto solo una parte del savoir savant; non contemplo qui gli aspetti storico-musicali, per i
quali rinvio a M. R. De Luca, Un approccio didattico alla costruzione del sapere storico-musicale (nelle
pagine seguenti).
4 B. Martini riprende la formulazione di Y. Chevallard elaborata nell’àmbito della Didattica della
matematica: La transposition didactique, La Pensée Sauvage, Grenoble, 1991, ma la sviluppa nel
rapporto tra Didattica generale e Didattiche disciplinari.
5 L’indicazione b. sta per “battuta”, bb. per “battute”.

1
queste ripetizioni, la materia dell’intero brano si basa sulle prime 4 battute di A (2+2) e
sulle prime 8 battute di B (2+2+4).
Scrittura pianistica. – Consta di una melodia per la mano destra e un
accompagnamento alla mano sinistra, sino a b. 8; da b. 9 la mano sinistra accenna a piccoli
contrappunti.6
Melodia. – Se riduciamo la parte della destra al suo “scheletro”, ovvero al suo schema
sintattico di base (Sloboda, 1998, pp. 97-106), otteniamo in A:

Esempio 1
e in B:

Esempio 2
Il profilo melodico del brano, tolte le ripetizioni, è il seguente:

Esempio 3
Laddove si osserva che esso è intessuto prevalentemente di intervalli di seconda e di terza,
oltre a un unisono, una quinta e una quarta. Inoltre, come si vede dalla rappresentazione
grafica sul pentagramma, ad una linea generalmente discendente in A corrisponde un
“profilo ad arco” in B (De Natale, 1988, p. 38).
Se in A riduciamo anche la sinistra al suo “scheletro”, otteniamo:

Esempio 4
Si tratta di un controcanto, che procede in parallelo alla melodia della mano destra, una
terza sotto (o, più precisamente, una decima sotto); fa eccezione il terzo ottavo di b. 4 nel
brano (Re3), dissonante con l’unico quarto di b. 4 alla mano destra (Do4), ma con funzione
di nota di passaggio che crea un raccordo con la frase successiva.
In B, la sinistra senza le appoggiature corrisponde a una scala discendente:

6 Di seguito, per semplicità di discorso, designerò la parte della mano sinistra come
‘accompagnamento’: la denominazione è a rigore un po’ riduttiva, giacché vi figurano almeno
alcuni spunti contrappuntistici.
2
Esempio 5
Lo “scheletro” dell’intero brano è dunque il seguente, evidenziato pure dai cerchietti sulle
note nello spartito intero, qui riportato nell’ultima pagina:

Esempio 6
In sintesi, si può notare che sul piano melodico il brano prende le mosse dal nucleo
(Sol)-La-Sol-Mi, nell’antecedente della prima frase (bb. 1-2), seguito dalla sua quasi
inversione Fa-Re-(Mi)-Do, che funge da conseguente (bb. 3-4). Questo nucleo melodico,
caratterizzato dall’intervallo di terza minore affiancato da una seconda maggiore,
costituisce uno dei pentatonismi universalmente riconosciuti come propri delle cantilene
infantili (Brăiloiu, 1982, pp. 7-59), quali ad esempio Giro girotondo e Stella stellina7:

Esempio 7
Armonia. – Il brano è tonale, poiché si basa su armonie triadiche che evidenziano le più
usuali formule cadenzali della tonalità di Do maggiore. Si noti, p.es., la successione
tonica-sottodominante-tonica (bb. 1-2, cadenza plagale) e la risoluzione della dominante
sulla tonica (bb. 3-4, cadenza perfetta).
Articolazione, ritmo, fraseggio. – Se in A la mano sinistra esegue note (crome) della stessa
durata (isocrone) e in legato, che stabiliscono il metro di base regolare, la mano destra
presenta una melodia dall’articolazione ritmico-metrica e fraseologica più sottile, che va

7 L’etnomusicologo rumeno Constantin Brăiloiu propone proprio un esempio di canzone


infantile italiana identica a quella qui esemplificata come “Stella stellina” (Brăiloiu, 1982, p. 13). In
merito al termine “pentatonico”, distinto da “pentafonico”, l’autore precisa che si usa il primo
quando ci si riferisce a una precisa organizzazione dei cinque suoni basata sulle nozioni di ‘scala’ e
‘intervallo’ (ivi, p. 8). Inoltre, nell’analizzare molti repertorii di melodie popolari, egli distingue tra
i ‘pentatonismi’, che sono formule, luoghi comuni melodici di molta musica popolare, e i ‘sistemi
pentatonici’ che si determinano attraverso l’uso dei primi.

3
esaminata anche da un punto di vista esecutivo. Le prime due battute condensano tale
complessità: si osserva lo staccato sulla prima croma (Sol4), la legatura di portamento sulle
due crome centrali (Sol4 e La4) con quest’ultima in staccato – il che implica l’effetto di legato-
staccato –, il prosieguo di questo fraseggio con la legatura di portamento a cavallo di
battuta (La4 e Sol4) e il tenuto sulla semiminima (Mi4). Tutto ciò sul piano esecutivo
richiede che si alleggerisca il peso della mano destra sulle note staccate e si cada di peso
sulla nota successiva da cui si diparte la legatura, nonché sulla nota tenuta. In tempo
Allegro, questo tipo di articolazione e fraseggio farà percepire la prima e la terza croma
come deboli (invece che forti) e la seconda e la quarta croma come forti (invece che deboli);
e così via. L’effetto è di uno spostamento di accento, come se si trattasse di una sincope
(senza che in realtà lo sia). L’articolazione ritmico-fraseologica smentisce il metro, e
presenta dunque una certa qual difficoltà esecutiva, da risolvere in sede didattica.8
In B, invece, l’articolazione ritmica della melodia alla destra è più regolare, sfrutta il
metro base (la quartina di crome), che alla sinistra viene ripreso con piccoli contrappunti.
Sul piano melodico, la sinistra sfrutta l’intervallo di seconda emerso sin dalla b. 1 alla
destra; e a b. 15 vi è una sincope (qui reale).
Conclusioni. – I pentatonismi che pervadono il brano, l’articolazione ritmica e
fraseologica nella melodia principale che smentisce il metro e crea un effetto di
spostamento d’accento, l’insistenza su terze e seconde, sono altrettante regole (certo non
assolute) del patrimonio musicale popolare dal quale attinge Bartók, oltre che aspetti
salienti di questo brano specifico.

II – TRASPOSIZIONE DIDATTICA (dal savoir savant al savoir enseigné)

Di tutto ciò, ‘che cosa’ trasporre e ‘come’? Il ‘che cosa’ richiama il criterio
dell’essenzializzazione (Martini, 2009, p. 97). Nel nostro caso ritengo importante: (1)
comprendere la struttura e la forma del brano, per dominarlo “dall’alto” al semplice
ascolto (La Face Bianconi, 2005, p. 40), cioè per ricavarne una sua rappresentazione
mentale;9 (2) cogliere le peculiarità ritmico-metriche e fraseologiche della melodia (mano
destra), nonché le caratteristiche dell’accompagnamento (mano sinistra), per capire come
Bartók costruisca il brano attorno a questa melodia popolare e per guidare, attraverso la
comprensione di tali peculiarità, l’esecuzione; (3) realizzare nelle prime letture allo
strumento quanto appreso negli obiettivi (1) e (2); (4) eseguire in modo espressivo, cioè
senza esitazioni, con fluida scioltezza, con sobria sottolineatura dell’articolazione in frasi
distinte e coordinate, con sottili variazioni nel tocco, nella dinamica e nell’agogica,
pertinenti alle caratteristiche strutturali del brano.

8 G. W. Cooper e L. B. Meyer hanno dimostrato che la sfasatura tra ritmo e metro dipende dal
tempo e dai livelli di metrica che l’esecutore può articolare, con conseguenti diversi effetti
percettivi (Id., 1971, pp. 99-100). Questa melodia presenta inoltre tutte le caratteristiche della
ritmica infantile che però, in questa sede, non esamino: per approfondire, rinvio all’apposito
capitolo in Brăiloiu C., 1982, pp. 104-139.
9 Comprendere la struttura e la forma di un brano musicale è il primo livello della ‘comprensione
musicale’ secondo il modello elaborato da M. Della Casa (1985), perfezionato e ampliato da G. La
Face Bianconi (passim). Segue, ad un secondo livello, la capacità «di riferire la composizione al
contesto di produzione e di fruizione, di coglierne le funzioni, intuirne le relazioni con gli altri
saperi, scoprirne il “senso”» (La Face Bianconi, 2005, p. 40).

4
Il ‘come’ richiama il principio di mediazione didattica (Martini, 2009, p. 96). Conviene
procedere su due livelli, perché gli obiettivi (1) e (2) si conseguono attraverso la Didattica
dell’ascolto e gli obiettivi (3) e (4) mediante la Didattica dell’esecuzione in continuità con la
Didattica dell’ascolto.

Primo livello: Didattica dell’ascolto


Per la comprensione strutturale e formale, dopo un primo ascolto finalizzato a una
presa di contatto col brano, e condotto senza spartito, si può procedere alla sua
segmentazione (La Face Bianconi, 2005, p. 43; Bianconi, 2005) in unità dotate di senso.
Queste unità sono i periodi e le frasi musicali (Sloboda, 1998, pp. 69-77, p. 74).
L’insegnante guida la segmentazione mediante strategie induttivo-deduttive, per esempio
attraverso una consegna precisa nei criteri suggeriti agli studenti, del tipo: dividere il
brano in grandi parti, individuandole in base al senso di conclusione e focalizzando
l’attenzione sulla mano destra per cogliere i principali cambiamenti qualitativi nella
melodia (a ogni cambiamento corrisponde una parte). Questo procedimento si basa sul
principio basilare della psicologia della percezione secondo cui l’uomo percepisce prima il
tutto, poi le singole parti; inoltre, si basa sui principii gestaltici di buona continuazione,
chiusura, identità, similarità e differenza.
Nell’attivare tali processi percettivi gli studenti potranno inferire la forma bipartita e la
struttura articolata in 4+4 e 8+8 e, di seguito, il suo schema di base: 2+2 (A) e 2+2+4 (B).
Forma e struttura vengono poi riconosciute sullo spartito.
Questo lavoro avvia il formarsi di una rappresentazione mentale, cioè una
rappresentazione dell’immagine interiore (innere Vorstellung) del brano, cognitiva ed
emozionale al tempo stesso (Bräm, 2008, p. 194).
L’insegnante sollecita di seguito gli studenti a descrivere oralmente come è
organizzato il brano nella sua scrittura pianistica: notano perciò che (in prevalenza) la
melodia è alla mano destra e l’accompagnamento alla mano sinistra.
Si affronta ora la melodia per coglierne le peculiarità ritmico-metriche e fraseologiche.
Sul piano dell’ascolto, si tratta di farla “elaborare cognitivamente” (Sloboda, 1998, p. 98
sgg.), proprio perché la sua articolazione, l’estensione delle singole frasi e le loro relazioni,
le spinte cinetiche che essa presenta costituiscono i primi elementi di organizzazione del
flusso del tempo di cui gli studenti devono prendere consapevolezza. Procediamo in due
fasi, lettura cantata e verbalizzazione, per porre le basi della capacità di lettura allo
strumento. Quest’ultima implica la correlazione segno-gesto-suono, ciò che potremmo
chiamare ‘estensione occhio-mano-orecchio’.10 In queste due fasi, però, si lavora sul solo
rapporto occhio/orecchio; nel secondo livello il rapporto si estende anche alla mano.
Lettura cantata. – Definiamo ‘lettura’ l’esecuzione cantata del brano, ovvero delle sue
parti cantabili – qui, della melodia – perché si accompagna alla visione dello spartito. Il
canto costituisce un’importante mediazione di forme di rappresentazione mentale che via
via si arricchiscono delle peculiarità espressive del brano, fornendocene un’immagine
musicale che guida poi l’esecuzione. Lo stesso Bartók raccomanda vivamente la pratica del

10 Ovvero ‘occhio / parte del corpo coinvolta / orecchio’, se si pensa ad esempio agli strumenti a
fiato, in cui sono impegnati gli apparati respiratorio e boccale, o all’organo, in cui possono essere
attivi anche i piedi. Per il concetto di ‘estensione’, cfr. Sloboda, 1998, p. 126 sgg.; una declinazione
del concetto in senso metodologico-didattico è in Cuomo, 2008.

5
canto nella Prefazione al IV volume di Mikrokosmos: «lo studio dello strumento dovrebbe
realmente cominciare con il canto»11.
La lettura cantata viene prima finalizzata a individuare il profilo della melodia, poi le
peculiarità ritmiche e fraseologiche. Per l’analisi del profilo, si può procedere con una
lettura cantata dell’insegnante che nell’aria disegna col gesto della mano il percorso
melodico, cioè il movimento nello spazio sonoro e la direzione della melodia (De Natale, 1988,
pp. 19-51), come nella più antica tradizione del canto monodico liturgico (chironomia). La
linearità melodica può essere poi rappresentata, graficamente e mentalmente, per mezzo
di ulteriori analogie spaziali e cinetiche (Melis e Pagannone, 2008). La successiva
riproduzione vocale della melodia, rispondente alle sue caratteristiche articolatorie,
ritmiche e fraseologiche e mediante lettura dello spartito, consente di associare
nell’orecchio mentale il risultato sonoro derivante dall’osservanza dei segni di fraseggio
(legato, staccato, tenuto, quelli che Sloboda chiama “marcatori d’esecuzione”: Id., 1998, p.
92) al modo in cui le note contrassegnate debbono essere suonate. A tal fine può essere
utile che l’insegnante proponga un modello di esecuzione cantata espressiva e un modello di
esecuzione cantata distorto ad arte, affinché gli studenti individuino che cosa rende
espressiva l’esecuzione. Opportuna è la comparazione dei due modelli cantati con la
lettura dello spartito (rapporto occhio/orecchio). Questo lavoro consente di focalizzare
l’attenzione anche sullo schema sintattico di base della melodia (Es. 3). Si può infine
mettere a fuoco il concetto di ‘pentatonismo’. Il confronto con l’“alfabeto musicale”
costituito dalle cantilene infantili, come Giro girotondo e Stella stellina, consente di far
decodificare senza sforzo i nuclei delle relazioni sonore, i rapporti intervallari di terza e di
seconda che caratterizzano sia il brano di Bartók sia queste melodie, e individuarne le note
comuni, Mi-Sol-La, ovvero il nucleo su cui tutte si basano.
Per l’esame della mano sinistra, si procede in modi analoghi; lo schema sintattico di
base e le caratteristiche emergeranno anche dal costante raffronto con la melodia.
Verbalizzazione. – Riflettere sulle caratteristiche che presenta la melodia e descriverle in
parole è il passo successivo per costruire l’immagine del brano e di come esso dovrà
risultare nell’esecuzione: «la verbalizzazione dà forma al sapere che si costruisce» (La Face
Bianconi, 2005a, p. 44). L’insegnante può guidare questo lavoro dapprima cercando di far
caratterizzare le qualità cinetiche della melodia, o altre qualità relative alla sua
conformazione e struttura, con vocaboli mirati e verificabili; poi attraverso pratiche
discorsive che utilizzino «un lessico tecnico e connotativo insieme, basato su termini
musicali tecnici» e «su qualità riferibili all’esperienza sensoriale ed affettiva» (ivi).12
Importa che l’aggettivazione sia pertinente al ‘com’è fatto il brano’.
Faccio un esempio relativo ad A, che tiene conto tanto del movimento della melodia
quanto del movimento della mano sulla tastiera. L’insegnante fa osservare che la melodia
si muove per piccoli intervalli, di seconda o di terza (con poche eccezioni), che il tempo è
Allegro, e che i frequenti staccati, con ricadute sulla stessa nota, alternati a legati e
immediati staccati, le conferiscono un carattere “saltellante”. Si verifica l’uso del termine
sul vocabolario: “che spicca numerosi saltelli” e “cadendo a terra rimbalza
immediatamente” (saltellante); un “breve salto o balzo con cui una persona distacca appena
i piedi da terra” (saltello) con ripetuti rimbalzi. (Battaglia, 1966-). Lo staccato di ciascuna
battuta corrisponde al lieve distacco da terra, ovvero al distacco della mano dalla tastiera

11 Mia traduzione dall’inglese dell’edizione Boosey & Hawkes del 1987.


12 Sulla verbalizzazione cfr. anche La Face Bianconi (2006).

6
del pianoforte, e dunque al piccolo balzo, ma la ricaduta sulla medesima nota può
corrispondere a un rimbalzo; la successiva legatura di portamento su un movimento di
seconda o di terza, con la seconda nota di nuovo staccata, corrisponde a un movimento di
slancio che induce a un nuovo distacco dalla tastiera; e così via. L’aggettivo “saltellante”
appare dunque pertinente.

Secondo livello: Dalla Didattica dell’ascolto alla Didattica dell’esecuzione


In prospettiva cognitiva, l’esecuzione è «l’atto di comunicare la propria comprensione
musicale» (Melis, 2005, p. 15113). La Didattica dell’ascolto sin qui attuata ha permesso di
maturare una comprensione del brano mediante una rappresentazione mentale già
caratterizzata dalle sue qualità estetiche. Le configurazioni e le strutture conosciute e
comprese mediante la Didattica dell’ascolto vengono ora riconosciute sullo spartito. Questo
processo agevola la “lettura anticipata” della musica allo strumento (Sloboda, 1998, p.
126), in cui cioè l’occhio e l’orecchio leggono la musica sul pentagramma sempre un
tantino più avanti del punto preciso cui è pervenuta la mano del suonatore: è l’architettura
generale afferrata all’ascolto che guida la lettura allo strumento per più ampie campate,
non già la decifrazione compitata delle note sul pentagramma, una per una.
Eppure, neanche un’immagine del brano dotata di peculiarità espressive sarà
sufficiente per eseguire subito un brano allo strumento. I problemi tecnici che si
presentano possono essere tali da rendere necessario un ulteriore lavoro di mediazione,
affinché quell’immagine si possa tradurre in espressione. Tale trasformazione richiede che
si connetta la rappresentazione mentale del brano al movimento, e ciò può avvenire
tramite un’azione, un «agire attivo» (Bräm, 2008, p. 194) che traduca la rappresentazione
mentale prima in rappresentazione motoria e poi in riproduzione motoria.
Come hanno dimostrato gli studi sul controllo motorio (Nicoletti, 1992) e sulla
psicocinetica (Le Boulch, 1975), i movimenti che richiedono un elevato grado di precisione
esigono un’accurata programmazione motoria, giacché più è preciso il movimento più è
ridotto il “tempo di reazione”, ovvero il tempo che intercorre tra uno stimolo e l’inizio
della risposta collegata a questo stimolo (Nicoletti, 1992, pp. 93-104). In altri termini, le
abilità motorie non dipendono solo dall’attività muscolare, ma sono direttamente legate
alle abilità cognitive che precedono e sottostanno al movimento (Nicoletti, 1992, p. 9).14
Poiché nell’esecuzione musicale occorre un elevato grado di precisione dei movimenti,
sarà utile dedicare tempo alla costruzione e all’esercitazione dei movimenti tecnici,
soprattutto di quelli più critici: parleremo così di programmazione senso-motoria, ovvero
programmazione della trasposizione senso-motoria. Ciò avviene a partire dalla lettura
fonoritmico-gestuale.15

13 Quest’affermazione sintetizza invero un’ampia serie di studi che, a partire da R. Jackendoff,


Consciousness and the Computational Mind, Cambridge, Ma., MIT Press, 1987 (trad. it.: Coscienza e
mente computazionale, Bologna, Il Mulino, 1990), dimostrano lo stretto legame tra comprensione
musicale ed esecuzione.
14 Un’utile panorama sugli studi che collegano la rappresentazione mentale della musica alla

programmazione motoria e al controllo motorio nell’esecuzione della musica è in Francescato E.,


1998, pp. 50-62.
15 Il d.m. del 1999 che ha portato a ordinamento le Scuole medie a indirizzo musicale prescrive la

«pratica fonogestuale individuale e collettiva sostenuta dalla capacità di lettura». Ci preme


aggiungere l’epiteto ‘ritmico’, essenziale ai fini dell’apprendimento motorio, come si dirà.

7
Lettura fonoritmico-gestuale. – Il ritmo costituisce il principale fattore motorio della
musica, e la sua esecuzione coinvolge la percezione sia temporale sia spaziale. Si può
avviare lo studio dell’esecuzione con l’apprendimento motorio delle unità di articolazione,
cioè dei raggruppamenti effettuati nella fase di segmentazione: p.es., in A, ogni due
battute. Le unità di articolazione ritmica vengono organizzate in “unità gestuali
strumentali”, cioè in azioni motorie correlate alle prime (Melis, 2005, p. 151). La lettura
fonoritmico-gestuale consiste dunque in un’esecuzione gestuale e cantata delle unità di
articolazione ritmica, attraverso azioni motorie che trasformino la rappresentazione
mentale di quelle unità in rappresentazione motoria e poi in riproduzione allo strumento.
Questo tipo di lettura ha lo scopo di far conquistare allo studente un’interiorizzazione di
schemi motorii progressivamente più raffinati, finalizzati allo sviluppo del controllo
motorio, in particolare della destrezza e del coordinamento che occorrono nell’esecuzione.
Poiché il processo di apprendimento motorio consegue a una più corretta
rappresentazione dell’azione (Nicoletti, 1992, p. 156 sgg.), l’insegnante può fornire una
dimostrazione pratica (ibid., pp. 149-150), sempre accompagnata dal canto. Infatti, nel caso
della musica, i compiti motori possono essere appresi più velocemente se il soggetto viene
sottoposto più volte all’ascolto del suono prodotto dal movimento. La dimostrazione
fungerà da ‘modello’.
Su quali basi l’insegnante penserà il modello? Sulle caratteristiche strutturali del brano
(o di una sua singola parte) e sui tratti cruciali del movimento accurato da compiere
nell’esecuzione strumentale espressiva. È opportuno proporre schemi motorii che isolino
ed esercitino movimenti specifici. Per esempio in A il movimento del “saltello”, che
prepara il procedere staccato, legato-staccato e tenuto della melodia. Sarà fecondo
recuperare in questa fase i dati emersi nel lavoro di lettura cantata e di verbalizzazione.
Sulla sola esecuzione di A della melodia, e sulla rispettiva immagine del saltello, si basa
una possibile lettura ritmico-gestuale che descrivo di seguito, già caratterizzata da
movimenti propri della tecnica pianistica.
L’insegnante propone un movimento con l’intera mano destra, preparatorio della
tecnica del legato-staccato. Tra parentesi indico i movimenti più accurati che dovranno poi
compiere le singole dita nella realizzazione pianistica del brano. A partire da una
superficie piana, egli slancia la mano verso l’alto dalla punta delle dita (slancio del 4° dito
su Sol4); ricade col peso della spalla e il braccio rilassato sulla base del polso (caduta del 4°
dito sul secondo Sol4); si porta dalla base del polso di nuovo alla punta delle dita con un
movimento arcuato che “lega” dall’una all’altra parte della mano (legatura di portamento
tra 4° e 5° dito, Sol4 e La4). Appena sulla punta delle dita, slancia di nuovo la mano
(staccato del 5° dito che suona La4) e cade ancora sulla base del polso, pronto a legare il
movimento da qui alla punta delle dita (legatura di portamento tra 5° e 4° dito, La4 e Sol4).
Prosegue in questo modo sino al tenuto di b. 2, ove batte la mano piatta sulla superficie. E
così via.
A seconda delle capacità degli allievi, si può realizzare un’azione motoria anche con
tutto il corpo: p.es., con un saltello su un piede, la ricaduta sul piede successivo, e un
movimento legato da un piede all’altro. Il movimento sarà meno artificioso se eseguito in
forma di un camminare saltellando. Si può eseguire questo esercizio preparatorio anche
con le due mani insieme (staccando con una e legando dall’una all’altra).

8
Questo lavoro di trasposizione senso-motoria consente: (1) di memorizzare lo schema
motorio, (2) di ripassare mentalmente i vari passaggi che compongono l’azione, (3) di
consolidare la rappresentazione dell’azione stessa.16
Anche in tal caso, si prosegue in modo analogo per lo studio dell’accompagnamento.
Esecuzione. – Lo studente è ormai pronto per letture allo strumento con entrambe le
mani e per l’esecuzione espressiva. Il cimento allo strumento va ora sostenuto con un
lavoro sui processi metacognitivi, in particolare sui processi di controllo (Cuomo, 2008b).
Questi processi vanno attivati sin dalle fasi di lettura cantata e fonoritmico-gestuale per
integrare in un continuum di azione il conoscere e il fare nella pratica musicale e sviluppare
l’esercizio critico, cioè l’esercizio di competenza, che sta alla base dell’autonomia di pensiero
e perciò della formazione intellettuale a cui, in definitiva, deve puntare la Didattica
dell’esecuzione musicale.

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16Come dimostra Nicoletti (1992, p. 93), la pratica di un movimento può essere disgiunta dal
movimento stesso: la disgiunzione si può infatti osservare negli atleti, o negli stessi musicisti
quando, negli attimi di concentrazione prima di una prestazione, con la parte del corpo interessata
compiono piccoli movimenti, quasi impercettibili, con i quali ripercorrono mentalmente le
immagini che compongono l’azione di un determinato movimento.

9
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Versione di Carla Cuomo, annotata a fini analitico-didattici

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