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CAP.

7
LA VITA DEL SIGNORE NEI 4 EVANGELI 1.
Lo splendore evangelico
Si detto, si ripeter ancora e vi si insister, che la Chiesa venera
come autentico mirabile Dono gratuito di Dio per l'opera dello Spirito
Santo "le Sante Scritture", le accetta con amore, le studia e le "legge"
durante la celebrazione dei Misteri e delle Ore sante. Essa consapevole dell'insegnamento apostolico su questo, come quando Paolo esorta:
Tu per resta in quanto imparasti e ti fu affidato,
consapevole da chi imparasti,
e che dall'infanzia conosci le Sacre Lettere,
quelle che hanno la potenza di istruirti verso la salvezza
mediante la fede nel Cristo Ges.
L'intera Scrittura divinamente ispirata,
e utile alla dottrina (didaskalia),
ad argomentare, a raddrizzare,
all'istruzione (paidia) nella giustizia,
affinch perfezionato sia l'uomo di Dio,
reso idoneo ad ogni opera buona (2 Tim 3,14-17).
"Psa Graph thepneustos, l'intera Scrittura da-Dio-ispirata" e
resta la grande verit con tutte le sue conseguenze a valanga. Gi i rabbini del sec. 2 d.C. insegnavano, dietro l'esperienza di decenni passati
curvi sulla Trh e sul resto dell'A.T., che ogni minima parola biblica
ha un senso, che non deve andare perduto. Il N.T. con Ges stesso, e
poi con gli Apostoli, mostra che questa coscienza era la regola dell'interpretazione, dove non si deve perdere neppure la pi piccola lettera,
lo "iota" ebraico (cf. Mt 5,18).
E per gi la prima generazione post-apostolica, che si computa a
partire dalla cifra convenzionale dell'anno 100 (con la morte presuntiva
dell'ultimo Apostolo) aveva circondato le 4 memorie della Vita del Signore, nel loro genere letterario nuovo di euagglion, di un onore del
tutto speciale. Non che fossero pi ispirate e quindi pi sacre. Ma avevano il merito ineguagliato di parlare del Signore, come venne tra gli
uomini e visse con essi e mor per essi e fu resuscitato dalla Gloria del
Padre, lo Spirito Santo, per essi. Ancora oggi i critici, nell'attonito, singolare silenzio delle fonti storiche antiche che ignorano del tutto perfino l'esistenza di un "Ges di Nazaret", riconoscono che senza i 4
Evangeli, stando solo al N.T. ed anche alla rilettura che questo fa del160

T AVOLA 5-La Circoncisione del Signore - Parrocchia di S. Nicolo di Mira,


Mezzojuso; di Kostas Zoubelos, sec. 20.

TAVOLA

6 - La Teofania al Giordano - Chiesa del Crocifisso della Casa generalizia


della Congregazione Figlie di S. Macrina, Mezzojuso; di Pantaleo
Giannaccari di Monreale, 1994.

CAP. 7 - LA VITA DEL SIGNORE NEI 4 EVANGELI

l'A.T., Ges Cristo sarebbe una figura senza un solido terreno storico e
geografico. Inoltre, a parte qualche graphon, i detti "non scritti" di
Ges conservati nel N.T. (ad esempio, da Paolo in At 20,35: " pi beato
donare che ricevere"), e che sono pochissimi, le parole del Signore non
sarebbero conosciute affatto. E che il resto del N.T. ne riporta in fondo
cos poche, uno degli indizi male considerati dell'alta antichit degli
Evangeli, che gli altri Apostoli non volevano ripetere. Vedi qui Gv
21,24-25.
Cos si hanno le prime citazioni evangeliche gi nel sec. 1, dai primi "Padri apostolici", come la Didach tn Apostln. Esse diventano
via via pi numerose nel sec. 2. Fino all'imponente riflessione dei Padri. Senza mai dimenticare che i 4 Evangeli troneggiavano sull'altare
durante la celebrazione della Chiesa, e troneggiavano poi nelle sante
Sinodi ecumeniche che via via si tenevano. Erano posseduti dal clero
che vi conduceva sopra la propria formazione. Ma i Padri spesso alludono al fatto che molti fedeli conservavano in casa i manoscritti evangelici per la "lettura divina" quotidiana.
Una splendida illustrazione di questo clima di speciale considerazione e venerazione degli Evangeli offerta da S. Ireneo di Smirne, che
verso il 180 scrive per confutare le perniciose ideologie della falsa gnosi, la quale in genere rigettava perch "storico" l'A.T, e di quanto conservava del N.T. (chi preferiva Giovanni, chi Paolo e Luca), dava interpretazioni che poco dire fantasiose e tendenziose nelle loro aperte
aberrazioni. Per la "grande Chiesa" che si difendeva dalle eresie, brillava la gloria della Santa Scrittura, ed in essa la maest dei 4 Evangeli,
che portavano il contenuto della fede viva, e della celebrazione della
Chiesa da cui proveniva ogni grazia.
Ecco una pagina di inaudito splendore.
E poi gli Evangeli non sono di numero pi di questi (ossia: 4), n viceversa si deve che siano meno (di 4). Poich (...) esistono 4 regioni
del mondo, nel quale noi stiamo, e 4 venti universali (i ed. "punti
cardinali"), e la Chiesa disseminata sulla terra intera, ma "colonna e saldezza" della Chiesa (1 Tim 3,15) l'Evangelo, e lo Spirito
della Vita (Gv 6,63), ne segue che ella (la Chiesa) abbia 4 Colonne,
dovunque spiranti l'incorruttibilit ed incendiando (anazpyrontas)
gli uomini (ad opera dello Spirito). Da essi (i 4 Evangeli) manifesto che il Verbo, l'Artefice di ogni realt, Colui che sta intronizzato
sui Cherubini (Sai 79,3) e che tutto contiene (cf. Ebr 1,3), il Manifestato agli uomini (1 Tim 3,16), don a noi l'Evangelo Tetramorfo (=
in 4 forme diverse), contenuto tuttavia dall'Unico Spirito. Come David, implorando la sua Venuta (Parousia), parla: "O Tu che troneggi
sui Cherubini, manifestati!" (Sai 79,3). Infatti i Cherubini sono di 4
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CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

volti, ed i loro volti sono icone dell'Operazione storica (Pragmatia) del Figlio di Dio. "Ed il primo Vivente dice (la Scrittura)
simile a Leone (Ap 4,7), contrassegnante l'efficacia ed il comando e la regalit di Lui; "ed il secondo, simile a Vitello" (Ap 4,7),
mostrante (di Lui) l'Ordine sacrificale e sacerdotale; "ed il terzo
avente Volto di Uomo" (Ap 4,7), manifestissimamente descrivente
di Lui la Venuta (Parousia) secondo l'Uomo; "ed il quarto simile ad
Aquila volante" (Ap 4,7), evidenziante il Dono dello Spirito volteggiante sulla Chiesa. E gli Evangeli dunque sono consonanti con
questi (4 Viventi), sui quali sta in trono Cristo. Quello infatti "secondo Giovanni" narra di Lui la generazione dal Padre e condottiera
(ed efficace: dal testo latino) e gloriosa, parlando: "In principio sussisteva il Verbo, ed il Verbo sussisteva (rivolto) a Dio, e Dio era il
Verbo", e: "Tutto mediante Lui fu fatto, e senza Lui nulla fu fatto"
(Gv 1,1.3). (Perci questo Evangelo pieno di fede, poich tale la
Persona di Lui: dal testo latino). E quello "secondo Luca", poich
di carattere sacerdotale (hieratikn), cominci da Zaccaria il sacerdote offerente incenso a Dio (cf. Le 1,8-10). Gi infatti era preparato
il vitello ingrassato, che per il ritrovamento del figlio pi giovane
stava per essere immolato (Le 15,23). Matteo poi annuncia (krytt)
la generazione di Lui secondo l'Uomo, parlando: "Libro della generazione di Ges Cristo Figlio di David Figlio d'Abramo" (Mt 1,1),
e: "La generazione di Ges Cristo poi fu cos" (Mt 1,18). dunque
antropomorfo questo Evangelo (di Matteo), (perci, e per l'intero
Evangelo Egli conservato come Uomo dai sentimenti umili e mite: dal testo latino). Marco poi dallo Spirito Profetico che dall'Alto
viene sugli uomini, componeva l'inizio parlando: "Inizio dell'Evangelo di Ges Cristo come fu scritto (da Dio) in Isaia profeta"
(Me l,l-2a), mostrando l'immagine (eikn) dell'Evangelo come volante (e pennuto: dal testo latino). Per questo fu fatto l'annuncio
(kataggelia) compendiato e precorrente: infatti profetico il suo carattere. E lo stesso Verbo di Dio ai Patriarchi prima di Mos parla
familiarmente (homil) secondo il divino ed il glorioso (ma a quelli
secondo la Legge mostrava l'opera sacerdotale e di servizio: dal
testo latino); dopo questi fatti, poi, invi il Dono dello Spirito Santo
sulla terra intera, proteggendoci con le sue Ali. Quale dunque l'Operazione storica (Pragmatia) del Figlio di Dio, tale anche la forma dei (quattro) Viventi. E quale la forma dei Viventi, tale anche il
carattere dell'Evangelo. Di 4 forme infatti i Viventi, di 4 forme anche l'Evangelo e l'Operazione storica (Pragmatia) del Signore. E
per questo, 4 alleanze universali furono donate all'umanit: una del
diluvio di No, sotto l'arco (l'arcobaleno, Gen 9,14-16); la seconda
di Abramo, sotto il segno della circoncisione (Gen 17,1-14); la terza
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CAP. 7 - LA VITA DEL SIGNORE NEI 4 EVANGELI

fu la legislazione sotto Mos; la quarta, dell'Evangelo, mediante il


Signore nostro Ges Cristo (S. IRENEO, Adversus haereses 3,11,8, in
PG 7,855 A-C).
Il testo greco, integrato dalla versione latina, mostra qui, con la "teologia simbolica", una potente teologia della storia, centrata nella Pragmatia, la divina Operazione della salvezza del Padre mediante il Figlio con lo Spirito Santo, che ha come mezzo sovrano l'Evangelo, e
tutte le conseguenze scatenate da esso.
Tutti i fedeli, a partire dalla sacra Gerarchia, sono cos chiamati all'impegno battesimale di conoscere a fondo, in modo "corsivo", ossia
avanti e indietro ed in ogni minima parte, il testo dei santi Evangeli.
Soprattutto nel modo primo e principale della sua "lettura", quello della
celebrazione, ossia secondo il "Lezionario".
Conoscere il "Lezionario" che si usa nella divina Liturgia significa
conoscere anzitutto la "linea degli Evangeli". Il che riconduce a considerare la successione e la globalit delle pericope evangeliche, poich
esse portano il contenuto di ciascuna celebrazione.
Cos indispensabile tenere presente la disposizione dei 4 Evangeli
durante l'anno celebrativo, nell'ordine, Giovanni, Matteo, Luca, Marco, con le consonanze, le differenze, le particolarit, le accentuazioni
proprie a ciascuno di essi.
2. Una datazione degli Evangeli
La critica pi recente e valida sembra ormai orientata per "ridatare"
i 4 Evangeli, che dal 1800 erano spostati almeno tra l'80 ed il 100 (e
pi) d.C. Sono stati riconsiderati sia i dati della pi antica Tradizione,
sia criteri linguistici esterni, sia criteri di analisi interna.
Lo storico Eusebio di Cesarea riporta diversi testi interessanti:
Poi nei medesimi libri di Clemente riporta la tradizione (pardosis)
degli antichi Presbiteri sull'ordine degli Evangeli, che ha questo
tratto: diceva che erano stati scritti prima gli Evangeli contenenti le
genealogie (Ekkls. hist. 6,14,5).
Clemente (+ dopo il 211), affermava questo nelle sue Hypotypseis,
ed alludeva ovviamente a Matteo ed a Luca che esibiscono ciascuno la
genealogia di Ges (Mt 1,2-17; Le 3,23-38).
Inoltre, ristudiata un'affermazione poco chiara di Papia di Gerapoli (e. 120 d.C.) conservata da Eusebio:
Intorno a Matteo, questo detto: "Matteo dunque coordin (synts163

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

somai) in lingua ebraica i lgia, poi ognuno come ne era capace li


interpretava {hermnuT (Ekkls. hist. 3,39,16).
I lgia sono i "detti" di Cristo, termine abbastanza generico, che per
Papia sarebbero stati "coordinati, syntssomai", ossia redatti originaria
mente in ebraico. Da Matteo "altri", che possono essere gli altri Evan
gelisti, variamente "interpretava, hermnu", questo materiale, con al
tre probabili "redazioni" posteriori. Il testo fa restare un margine di
dubbio.
Inoltre, l'ideologia ipotetica dal 1800 postulava senza dimostrarlo
che Marco fosse cronologicamente il primo Evangelo, da cui Matteo e
Luca con diverse soluzioni avrebbero proceduto alle loro "redazioni"
diversificate, inserendo nello schema primitivo marciano altro materiale
raccolto da diverse provenienze (o fonti). Anche qui la Tradizione
antica aveva parlato in questi termini:
II Presbitero diceva anche questo: Marco, fattosi "interprete"
(hermneuts) di Pietro, quanto "memor" (mnmonu) esattamen
te scrisse, non per con ordine (txei), come "sia detti sia fatti" dal
Signore. Infatti non ascolt il Signore, n Lo aveva accompagnato,
bens, come dissi,pi tardi (ascolt ed accompagn) Pietro...". Que
sto dunque resocontato (historomai) da Papia di Marco (Ekkls.
hist. 3,39,15).
Si intende che Marco, discepolo di Pietro a Roma, era stato preceduto
da Matteo (e da Luca), e da Pietro, e da essi assunse il suo modello
narrativo, che dunque non quello originale.
Molto aiuto intanto venuto dopo il 1947 dalle scoperte archeologiche e letterarie degli esseni di Qumrn. Ci si rende conto adesso che al
tempo di Ges, oltre l'aramaico parlato, tuttavia anche l'ebraico era ancora parlato, ed era una lingua corrente per la composizione di opere
religiose. Gli Apostoli perci potevano scrivere normalmente in "ebraico".
La paziente e rinnovata indagine all'interno dei testi evangelici porta
ad alcune conclusioni, che gli studi futuri di certo preciseranno nei particolari. Molto semplificando, i "lgia di Cristo", ossia i "detti e fatti"
del Signore (At 1,1), furono raccolti immediatamente, con cura devota
dalla Comunit, in ebraico, quasi certamente prima del martirio di Stefano (anno 36 d.C). Tra i Dodici con la loro indiscussa autorit di pi
vicini discepoli e seguaci del Signore, meglio di tutti poteva "leggere,
scrivere e fare di conto" Matteo, il pubblicano (la sua vocazione in Mt
9,9-13; con il nome di Levi, Me 2,13-17); infatti la sua professione
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CAP. 7 - LA VITA DEL SIGNORE NEI 4 EVANGELI

odiata di esattore delle imposte per i Romani occupatoli di certo lo aveva costretto a presentare minuti e motivati resoconti finanziari.
La prima redazione del materiale su Ges che un "Evangelo" si
pu chiamare bene il "Matteo ebraico". Di questo, in specie nella sua
traduzione in greco intorno all'anno 40 d.C, dovette tenere conto l'intera generazione apostolica, non escluso Paolo. Per cui si pu dare una
certa vicenda cronologica:
a) Pietro dal 43 al 49 d.C. aveva predicato ad Antiochia, e questa predi
cazione come contenuto pu identificarsi come l'"Evangelo d'Antio
chia"; dal 54 Pietro si stabilisce a Roma;
b)Paolo, come si riscontra nelle sue Epistole e nella narrazione su lui
negli Atti, predic da parte sua, in modo inconfondibile, il Signore; tale
contenuto si riconosce come 1'"Evangelo paolino";
e) Pietro d'altra parte predic anche i "detti e fatti del Signore" a Cesarea, prima del 50 d.C; tale materiale si identifica come 1'"Evangelo di
Cesarea" (detto anche "fonte Q", dal tedesco "Quelle", fonte); il riscontro qui portato anche sulle Epistole petrine.
Schematizzando tutto questo materiale, derivato dal "documento
originale", o "Matteoebraico", si ha questa sistemazione sinottica:
1) il Matteo greco attuale, verso l'anno 60 d.C, deriva dal "Matteo
ebraico" passato attraverso la sua traduzione greca, con l'integrazione
dell'"Evangelo d'Antiochia", e dell'"Evangelo di Cesarea";
2) Luca-Atti derivano dal "Matteo ebraico", integrato dall'"Evangelo
paolino" e dall'"Evangelo di Cesarea"; la datazione non oltre l'anno
62 d.C. Qui va riportato il fatto ben poco notato, che Paolo quando in
via Tito ai Corinzi per le logiai, le "collette per i Santi" di Gerusalem
me, gli associa Luca, di cui non fa il nome (2 Cor 8,18.22), ma di cui
tesse questo enorme elogio: "Con lui (Tito) inviamo anche il fratello
(Luca), il quale tutte le Chiese lodano per il suo Evangelo" (v. 18).
l'inizio dell'anno 57 d.C Si noti che di nessuno dei numerosi discepoli
di Paolo si parla del "suo Evangelo". Ora Luca non era troppo passato
per "tutte le Chiese", ma il suo scritto era di certo ampiamente circolato
tra le Comunit paoline, che provenivano pressoch tutte dal paganesi
mo; l'Evangelo di Luca era stato scritto proprio per queste;
3) Marco greco: Marco era stato discepolo prima di Paolo, poi di Pie
tro, che aveva seguito a Roma dopo l'anno 54 d.C; basandosi sulla
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CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

predicazione orale di Pietro a Roma, Marco volle dare una certa armonia schermatica tra i grandi Evangeli circolanti di Matteo e Luca; perci trae materiale anche dall'"Evangelo di Antiochia" e dall'"Evangelo
paolino". La sua autorit enorme perch scrive mentre Pietro ancora
vivo. La datazione prima dell'anno 65 d.C.
Questo lavorio implica una minuziosa rassegna comparativa tra gli
Evangeli sinottici come si hanno adesso, e da una parte le Epistole di
Pietro, ambedue autentiche (anche comparate con quelle di Giacomo e
di Giuda, su cui influirono), con quelle paoline dall'altra, e anche con
l'Epistola agli Ebrei.
Il risultato che si ha, mostra in chiaro: Marco non precede tutti con
uno schema "semplice perch originario"; Matteo e Luca non ripresero
tale schema operandovi inserzioni, mutamenti, aggiunte e sottrazioni di
materiale, perch sono precedenti; Marco invece in alcuni punti fa inserzioni "secondarie", esplicative per i cristiani della paganit.
sostanzialmente confermata e precisata la pi antica Tradizione,
con i suoi dati laconici, adesso pi chiari.
Gli Evangeli sono quindi documenti risalenti addirittura alle origini
immediate della Chiesa. I Sinottici precedono comunque e di molto
l'anno 66, quando cominci la rivolta ebraica contro Roma, e l'anno
70, quando i Romani barbaricamente distrussero il tempio. Sarebbe stato un formidabile argomento di propaganda: la profezia di Ges avverata, la punizione divina abbattutasi. Ges fece una vera profezia su
Gerusalemme. Ma i Sinottici erano stati gi redatti e gi circolavano
per il mondo, quando essa si verific.
3. Una datazione del N.T.
possibile avanzare una proposta di datazione, che una "ridatazione", del N.T., secondo gli studi pi recenti. Si veda qui Ph. Rolland,
L'origine et la date des vangiles - Les tmoins oculaires de Jsus, Paris 1994, che si pu accogliere con fiducia. ovvio che vi sia qualche
incertezza ed oscillazione, ma sempre piuttosto a favore della data pi
remota che di quella pi recente.
Si ha cos questa tabella:
- prima del 40 d.C:
- prima del 43:
- anno 50:
- anno 56, primavera:
- anno 56, autunno:
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Matteo ebraico e la sua traduzione in greco


1'"Evangelo di Cesarea" (Q)
1-2 Tessalonicesi
1 Corinzi
Filippesi

CAP. 7 - LA VITA DEL SIGNORE NEI 4 EVANGELI

-prima del 57:


inverno del 56:
primavera del 57:
-estate del 57:
-inverno del 57:
-primavera del 58:
-anno 58:
- anno 59:
-anno 61:
-anno 63:
- anno 66:
- anno 68:
- circa 96:
- circa 98:
-circa 100:
-

l'"Evangelo petrino d'Antiochia"; l'"Evangelo


paolino di Efeso"
Galati; 2 Cor 10-13 (l'"Epistola delle lagrime")
2 Cor 1-9 (V "Epistola della riconciliazione")
Giacomo
Romani
Tito; 1 Timoteo
1 Pietro
Filemone; Colossesi; Efesini
2 Timoteo; Ebrei
2 Pietro; Matteo attuale; Luca e Atti
Marco
Giuda
Apocalisse
1-3 Giovanni
Giovanni.

convenzionale che circa con l'anno 100 si chiuda la Rivelazione


pubblica ed ufficiale del N.T. La data presuntiva assunta considerando l'anno 100 come quello della morte dell'ultimo Apostolo.
Da questo momento, la Chiesa post-apostolica raccoglier con amore e devozione gli scritti del N.T. in una collezione, a cui conferir la
qualificazione di "canonica", ossia dei soli scritti che si leggevano durante la sinassi eucaristica. Con vigile senso della fede, la Chiesa allora
unir "le Scritture", ossia l'A.T., con la raccolta del N.T., per formare
l'unica Rivelazione divina ispirata dei Due Testamenti, ormai inseparabili, dove il N.T. l'interpretazione dell'A.T. secondo l'insegnamento
del Signore Ges Cristo.
4. Euagglion Realt divina
II significato singolare di euagglion sar richiamato in seguito di
continuo. Intanto va detto qui che esso non pu essere confinato a definire una generica per quanto grande "buona novella", o, come con linguaggio scadente oggi si dice, "buona notizia"; n un generico messaggio, come quando si dice 'TEvangelo paolino", n tantomeno uno dei 4
Evangeli.
L'etimologia da eu, "bene, buono", e aggll, annuncio. Ma il senso ultimo di euagglion va cercato nella sua culla, l'A.T.
Qui si ha questo materiale: il verbo euaggelizomai 19 volte; il sostantivo euaggelia 4 volte; il sostantivo euagglion 3 volte.
Il verbo euaggelizomai traduce solo l'ebraico basar (17 volte all'intensivo: bissr), una radice pansemitica, che significa genericamente
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CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

"portare una buona notizia". Cos per 10 volte il verbo indica una "notizia favorevole", attesa, che fa piacere. Si tratta di testi del sec. 6 a.C,
dall'inizio, con Ger 20,15; alla met, nell'"opera storica dei deuteronomisti", che sono missionari laici durante l'esilio, che raccolgono le antiche memorie storiche d'Israele secondo la dottrina del Deuteronomio
e di Geremia, per confortare i rimasti in patria: "la fedelt fa stare nella
patria; l'infedelt procura l'esilio; la conversione del cuore fa meritare
il ritorno e il ristabilimento della patria"; cos essi raccolgono l'enorme
compilazione dei libri di Giosu, Giudici, 1-4 Re (= 1-2 Samuele; 1-2
Re). Il verbo euaggelizomai in senso generico ricorre in 1 Re 31,9; 2 Re
1,20; 4,10; 19.20.26.31; 3 Re 1,42. Poi in 1 Cron 10,9, par. di 1 Re
31,9.
Tale significato generico hanno anche euaggelia (2 Re 10,20.22.27;
4 Re 7,9), ed euagglion (2 Re 4,10; 18,22.25). I due sostantivi traducono l'ebraico bsorh (bsrh), la "notizia favorevole".
Tuttavia verso la fine del sec. 7 a.C. il profeta Nahum aveva predetto
la caduta di Ninive (che avvenne nel 612 a.C), e, interessato alla restaurazione del regno settentrionale, aveva lanciato anche un messaggio al regno meridionale. La catastrofe degli Assiri, nemici del Signore
perch nemici del suo popolo, segner il tempo nuovo del favore divino e dello splendore religioso e spirituale:
Ecco sui monti i passi dell' evangelizzatore
e annunciatore di Pacel
Festeggia, Giuda, le feste tue,
rendi i voti tuoi,
poich non seguiteranno a traversarti:
in decrepitezza completa sta, fu tolto via! (Nah 2,1).
L'assenza della minaccia assira dunque vale per Giuda come la pace, la quiete dove il culto e la vita religiosa possono proseguire. La
"gradita notizia" portata di corsa dal messaggero, euaggelizmenos,
di sua iniziativa.
Per tra il 612 ed il 586 a.C. avvenuto un rovesciamento. Giuda ha
perso la pace, le feste e la possibilit di fare e sciogliere i voti pacifici. I
Babilonesi l'hanno devastato, distruggendo Gerusalemme, il luogo delle feste e dei voti, il santuario incendiato. L'esilio minacciato da Geremia e dal Deuteronomio una realt. La nazione appare senza pi
consistenza, e le sue reliquie in esilio e sulla terra appaiono senza pi
speranza.
Ma poco prima della met del sec. 6 a.C, il singolare Profeta che
il misterioso "Deutero Isaia", autore di Is 40-55 (teoria probabile), per
preannunciare l'infallibile ritorno dall'esilio, assume il verbo bisser168

CAP. 7 - LA VITA DEL SIGNORE NEI 4 EVANGELI

euaggelizomai, caricandolo di enorme significato: il Signore stesso dona la sua Notizia buona, che decisiva. Si ha questo in due passi, che
stanno in progressione; il testo qui dei LXX:
-/^40,9:
Su un monte altissimo sali, evangelizzatore di Sion!
Innalza la forza della voce tua, evangelizzatore di Gerusalemme!
Innalzatevi, non temete!
Parla alle citt di Giuda:
"Ecco il Dio vostro"!,
e dunque il contenuto dell'Evangelo nuovo che il Signore dell'alleanza (Dio vostro - popolo suo) viene per riportare gli esiliati;
- Is 52,7, il testo fontale:
Quale bellezza sui monti!
Come i passi dell'evangelizzatore, dell'ascolto di Pace,
come Vevangelizzatore dei Benil
Poich Io far ascoltare la Salvezza tua
parlando a Sion:
"Regner il Dio tuo!"
Viene da qui l'evidente influsso sul "Trito Isaia" (fine sec. 6 - inizio sec. 5 a.C.?), il profeta o la scuola a cui si debbono Is 56-66:
- Is 60,6 (vedi poi il 6 Gennaio):
Mandrie di cammelli (verranno)...
e la Salvezza del Signore evangelizzeranno...
-Is 61,1, citato poi inLe 4,18-19:
Lo Spirito del Signore su Me! A causa
di questo Egli unse Me: per
evangelizzare ipoveri invi Me...
Non si sottrae all'influsso del Deutero Isaia un altro Profeta del ritorno dall'esilio, come Gioele, che annuncia la restaurazione della nazione religiosa per gli ultimi tempi, quando lo Spirito del Signore sar
effuso su ogni carne (Gioel 3,1):
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CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Ed avverr: chiunque invocher il Nome del Signore,


sar salvato,
poich sul Monte Sion ed in Gerusalemme
star // Salvatore,
come parl il Signore,
e gli evangelizzatori, che il Signore preconvoc (v. 5).
Il testo citato da Pietro il giorno di Pentecoste (At 2,17).
Finalmente, queste visuali ed il linguaggio che le esprime entrano a
far parte del patrimonio della Comunit orante postesilica. Il Salmista
afferma di avere evangelizzata la divina Giustizia alla grande assemblea (Sai 39,10). Tale attitudine diventa programmatica, con gli "imperativi innici" che il Salmista levita indirizza ai fedeli:
Evangelizzate giorno dopo giorno la salvezza di Lui
annunciate tra le nazioni la Gloria di Lui,
tra tutti i popoli i mirabilifatti di Lui! (Sai 95,2-3),
con l'assicurazione confortante:
II Signore dar la parola agli evangelizzatori
con forza ingente (Sai 67,12).
Anche se le presenze sono poco numerose, tuttavia ormai il verbo
bissr-euaggelizomai si caricato di significato pieno: ora si "evangelizzer", ossia si annuncer "la Notizia felice" che il Signore stesso invia al suo popolo, alle nazioni, conferendo forza agli inviati e nunci
suoi. U euagglion sono t thaumsia, i mirabili fatti, che si riassumono nell'unica realt: "II Signore regna". Allora si ha questo:
a) il fatto decisivo che "il Signore regna", dove Re significa sempre
Salvatore del suo popolo;
b) il suo Regno una "condizione d'esistenza" che comporta i megalia to Kyriou, le gesta grandi di Lui, che sono la Pace, i Beni divi
ni, la Salvezza;
e) il Signore stesso invier a Sion l'evangelizzatore di questi Beni;
d) i primi destinatali dell'Evangelo divino nuovo sono i poveri del Si
gnore;
e) ma cos da adesso si profila la figura del "Salvatore", che lo Spiri
no

CAP. 7 - LA VITA DEL SIGNORE NEI 4 EVANGELI

to del Signore "unge" di consacrazione per la missione sacerdotale e


regale;
f) e Sion dovr indire la Festa divina che non termina pi.
Il N.T. far suo per intero il senso di euaggelizomai e di euagglion,
ed anzi lo specializzer fortemente.
. Cristo Signore appena battezzato dal Padre con lo Spirito Santo,
quale primo gesto messianico ed escatologico precisamente "predica,
kryss" il Regno di Dio: Mt A,\l. La formula estesa di Me 1,14-16
rivelante:
... venne Ges in Galilea
predicando YEuagglion del Regno di Do,
e parlando:
"E stato adempiuto il tempo (stabilito)
e si avvicin il Regno diDio\
Convertitevi e credete nell''Euagglion\"
U Euagglion che il Regno va dunque creduto, accolto totalmente
con l'apertura del cuore che la metdnoia, e con la fede che adesione.
I contenuti del Regno promessi da Is 52,7 sono donati dal Signore
Risorto:
- la Pace: Gv 20,19.21.26, la sera della Resurrezione;
-/Beni, che sono lo Spirito Santo (Mt 12,28; Le 11,20): Gv 20,22, la
sera della Resurrezione;
- la Salvezza: "chiunque invocher il Nome di Ges sar salvato": At
4,12.10, ormai per sempre.
Cos chiunque dei suoi discepoli vorr narrare come il suo Signore
ha portato il Regno del Padre con lo Spirito Santo tra gli uomini, non
avr scelta: dovr comporre un "Evangelo di Ges Cristo Figlio di
Dio".
Chiunque di essi dovr predicare il suo Signore Risorto con il suo
Regno, dovr cominciare dai poveri che "evangelizzer", proseguendo
poi tra le nazioni della terra.
Chiunque di essi dovr celebrare il suo Signore e Dio dopo la Resurrezione, a causa ed a partire dalla Resurrezione, sia con i Divini Misteri, sia con gli altri Misteri e sia nella preghiera continua, dovr proclamare questo Evangelo che dovr "portare". E chi nella Chiesa di Dio
ne ha la potest, diritto-dovere, dovr dare la catechesi ai catecumeni e
la mistagogia ai battezzati spezzando ad essi il Pane della Parola, il cui
nucleo divino l'Evangelo.
171

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Tutto questo va tenuto presente adesso, nella descrizione dei 4


Evangeli, meglio se si tiene sotto l'occhio una sinossi greca.
Qui di seguito si offre lo schema e la teologia globale per ciascuno
dei 4 Evangeli. Per le questioni specifiche si rimanda alle introduzioni
ed ai commenti moderni. Ma per una teologia pi alta, occorre rifarsi
sempre ai Padri della Chiesa.
Gli elementi sintetici delle pagine che seguono servono solo da punti
di riferimento generale, e rinviano sempre al contesto di ciascun
Evangelo come integrit. Essi quindi cercano solo di riconcentrare la
lettura del Testo sacro.
L'ordine seguito dalla presentazione secondo la cronologia riportata sopra: Matteo, Luca, Marco, Giovanni. Essa resta presuntiva, ma ha
tutti gli indizi per essere reale.

172

CAP. 8 L'EVANGELO
TETRAMORFO
La disposizione completa delle pericope bibliche in un sistema ordinato nella Divina Liturgia per una migliore comprensione dei testi richiede sempre una ricontestualizzazione. Nel commento che segue si
cercato sempre di farlo. Quanto segue perci sembra necessario per
avere dei quadri di riferimento precisi.
A. MAJTEO
Dalle origini, si pu dire, l'Evangelo di Matteo godette di un immenso prestigio ed interesse, e si deve dire, anche una certa preferenza
sugli altri Evangeli. Stava in suo favore la ricchezza dell'impianto, i
grandi discorsi e le numerose parabole, il che offriva un materiale inesauribile alla catechesi, alla mistagogia, all'omiletica, agli stessi commenti teologici.
1. Generalit su Matteo
Matteo si trova citato gi dopo la met del sec. 1 dall'incipiente
letteratura cristiana, come la Didach (circa anni 65-70 d.C). I primi
autori cristiani, e l'intitolatura unanime dei manoscritti (papiri e codici) attribuiscono questo scritto ad una persona storica ben conosciuta: a Matteo, uno dei Dodici discepoli scelti personalmente dal
Signore. Nell'ordine delle citazioni l'Evangelo di Matteo sempre
posto come primo. La Tradizione antica qui rifletteva precisi fatti
storici, come si vide.
Ora, questa persona, uno dei Dodici Apostoli, uno degli Evangelisti,
ha due bellissimi nomi ebraici. Il greco Matthios trascrive foneticamente Mattai, abbreviazione di Mattit-Jh, "Donato del Signore"; talvolta tradotto anche con l'omonimo Theodros; mattit participio
passivo da ntan, donare.
L'altro nome Leui(s) ho to Alphiou, Levi figlio di Alfeo, che rimanda ad uno dei Dodici Patriarchi, il terzo figlio di Giacobbe, Levi, il
terribile guerriero (cf. Gen 34), dai cui discendenti tribali il Signore
trasse i pacifici sacerdoti e leviti (Num 1-4).
Si tratta anzitutto di sapere se questo "Matteo", problema gi per gli
antichi, fosse l'Apostolo, uno dei Dodici. Egli nelle liste dei Dodici
sempre presente; chiamato singolarmente dal Signore alla sua sequela
(Mt 9,9), detto "Matteo il pubblicano" (Mt 10,3). E sembra essere il
173

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

medesimo personaggio con il Levi "pubblicano", cos detto dai paralleli di Me 2,13-14 e Le 5,27-28. Tuttavia Clemente Alessandrino (e. 220)
e Origene (e. 253) distinguevano i due prsonaggi, come diversi autori
moderni. Il che crea altri problemi difficili, senza risolverne alcuno.
La seconda ed interessante questione il testo richiamato di Papia.
Era "in ebraico" (e tale denominazione non vuole indicare "in aramai
-co"). E quella "interpretazione come ciascuno poteva", con il verbo
tecnico hermnu, indica che il testo greco che Papia di certo conosceva, e sostanzialmente pervenuto a noi, era una "traduzione"
dair"ebraico" ormai canonizzata. Studi recenti, ben fondati filologicamente ed archeologicamente, sulla base comparativa di testi ebraici
dell'epoca di Ges, studiando il sottofondo semitico almeno di Marco,
Matteo e Giovanni, ritrovano agevolmente l'aramaico palestinese parlato da Ges, ed a noi ormai ben noto.
Ma per motivi letterari, Matteo scrisse in ebraico. Di fatto Matteo,
come lo abbiamo, un evangelo dal sottofondo semitico. L'analisi
del suo greco mostra che l'autore usa dei grecismi tipici non corrispondenti a nessun termine semitico, come parousia, paliggenesia,
ksmos; usa una sintassi greca abbastanza regolare; migliore di Marco, piuttosto pesante, nei passi paralleli; usa anche alcuni latinismi,
non tanto per come Marco. Infine, ha pochi termini semitici (ebraici,
aramaici), al contrario di Marco. La redazione ebraica originale porta
solo a notare che "Matteo" ha livellato pi che si poteva il sostrato
originale nel tradurre in greco; il che si spiega bene in un Ebreo, precisamente un giudeo-cristiano che ha ormai la preoccupazione della
diffusione dell'Evangelo del Signore fuori dei confini della Palestina;
come fu preoccupazione primaria, e di prima mano, di Luca, non
Ebreo, abile scrittore greco.
Tuttavia la retroversione di Matteo in ebraico, e ne esistono numerose, gi nell'antichit, e fino ad oggi, o anche in aramaico, fa ritrovare
molti semitismi: letterari, come il parallelismo (sinonimico, antitetico,
sintetico); l'inclusione letteraria (il medesimo termine ripetuto all'inizio ed alla fine di un brano, per indicare il medesimo contenuto, ad es.
Mt 5,3.10); i "termini gancio", che pongono in evidenza di richiamo un
brano; i doppioni (se ne contano decine, sia nei detti del Signore, sia
nelle sezioni narrative); il chiasmo (incrocio di termini significanti:
"chi vorr salvare la vita sua, la perder ma chi perder la vita sua
per amore di Me, la trover"), e finalmente quel chiasmo molto ampio,
detto "inviluppo", che abbraccia addirittura una sezione estesa.
Tra i semitismi poi, si individuano degli ebraismi biblici e degli aramaismi palestinesi, ossia detti tipici dell'epoca del Signore. Essi sono
molto numerosi, come "Padre celeste", "Padre nostro nei deli", "Re174

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

gno dei cidi", "Casa d'Israele", "le 12 trib", "adempiere/compiere la


Legge", dalla Legge non cadr "n uno iota n un apice", "Legge e
Profeti" (= l'A.T.), Legge quale "giogo da portare", "profeti e giusti",
"carne e sangue", "Giorno del Giudizio". Abbiamo insomma un autore
che ha vissuto in Palestina, ha ascoltato, ha visto, ha sperimentato di
persona.
Tenendo conto della cronologia e redazione schematizzate sopra, si
ha anche la possibilit di vedere nelle grandi linee, esclusi i particolari,
quanto Matteo abbia di proprio rispetto a Marco, spesso in comune invece con Luca:
-Mt 1-2, l'Evangelo dell'Infanzia del Signore;
-Mt 5,1-7,29, il "discorso della montagna", cf. invece Le 6, 17-49;
-Mt 8,5-13, guarigione del servo del centurione, Le 7,1-10;
- Mt 8,18-22, vocazione apostolica e sue esigenze; Le 9,57-62;
-Mt1 1,2-19, il "libretto su Giovanni Battista"; Le 7,18-35;
- Mt 22,1-14, la parabola del Convito; Le 14,16-24;
-Mt 23,13-33, le invettive contro i farisei; Le 20,45-47; 11,39.52;
11,49-51; 13,34-35;
-Mt 23,37-39, l'apostrofe di Gerusalemme; Le 13,34-35;
-Mt27,3-10, la morte di Giuda; At 1,16-20.
E finalmente si ha il quadro del "proprio" di Matteo rispetto sia a
Marco, sia a Luca. Si possono qui distinguere "i detti ed i fatti del Signore":
a) Detti
-Mt 5,1-7,29, il "discorso della montagna", bench alcuni nuclei si ritrovino in Luca;
-Mt 13,24-30.36-43, parabola della zizania e spiegazione;
-Mt 13,44-46, le due parabole del tesoro nascosto e della perla preziosa;
- Mt 13,47-50, parabola della rete;
-Mt 13,51-53, lo scriba del Regno;
- Mt 18,18, il potere di sciogliere e di legare;
- Mt 18,19-20, la preghiera della Comunit,
- Mt 18,21-22, il perdono illimitato delle offese;
- Mt 18,23-35, parabola dei diecimila talenti e del servo spietato;
- Mt 19,10-12, la continenza per il Regno;
- Mt 21,28-32, parabola dei due figli e della vigna;
-Mt 25,1-13, parabola delle 10 Vergini;
-Mt25,31-46, il Giudizio ultimo;
- numerosi altri passi minori;
175

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

b) Fatti
-Mt1,1-2,23, l'Evangelo dell'Infanzia del Signore;
- Mt 9,27-31, la guarigione dei due ciechi;
-Mt 14,28-31, Pietro cammina sulle acque;
- Mt 17,24-27, il tributo per il tempio;
- Mt 27,19, la moglie di Pilato;
- Mt 27,24-25, Pilato si lava le mani;
- Mt 27,51-53, i risorti a causa della Croce;
- Mt 27,62-66, la guardia al sepolcro;
- Mt 28,2-4, l'Angelo al sepolcro;
-Mt28,9-10, le apparizioni del Resuscitato;
- Mt 28,11-15, la corruzione delle guardie del sepolcro;
- Mt 28,16-20, apparizione sul Monte della Galilea e invio dei discepoli.
Matteo costruisce il suo quadro geografico per ambientarvi la narrazione sul Signore: in Galilea, fuori della Galilea, a Gerusalemme. Luca
propone un altro quadro, teologicamente significante; vedi infra. Matteo per ha anche un quadro specifico, se si considera anche l'Evangelo
dell'Infanzia, e si ha allora il percorso Betlemme-Gerusalemme, e
Nazaret-Gerusalemme, ed anche questo ha un profondo significato
teologico.
Quanto alla cronologia propria a Matteo, mentre egli restringe la
narrazione da Cafarnao alla Resurrezione probabilmente in 1 anno (come gli altri Sinottici, contro i probabili almeno 3 di Giovanni), rispetto
a Marco segue i fatti meno da vicino, tuttavia li raggnippa in un ordine
pi compatto, pi sistematico. Cos Matteo ha pi materiale di Marco;
tuttavia nel materiale comune tra i due, Marco molto pi diffuso, poich venendo dopo ha dovuto esplicitare molti punti ai cristiani di Roma, o comunque a non Ebrei. Le annotazioni cronologiche di Matteo
sono teologiche, come nelle espressioni di 2,1, "al tempo del re Erode";
3,1, "in quei giorni"; 12,1, "in quel tempo". Si veda il metodo di Luca,
pi storiografico, nelle pagine che seguiranno.
2. Lo schema di Matteo
Per i 4 Evangeli in specie, come si detto e si insister ancora, il
modo teologico pi idoneo la "lettura Omega" che pervade del resto
l'intero N.T. Essa si svolge secondo la regola di ferro dell'osservazione
scientifica dei fatti: un fatto solo dalla sua completezza del tutto conosciuto, e solo cos si presta ad essere interpretato nella globalit e nei
particolari, dalla sua fine (completezza) al suo inizio (principio ed avvio), e da questo inizio alla sua fine, ormai conosciuta per intero.
176

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

Per l'approccio anzitutto teologico perci il materiale di Matteo va


disposto per la sua fruttuosa lettura anzitutto ed idealmente cos:
A) La Resurrezione: 28,1-10
il suo complemento: le sue apparizioni ed il suo invio dei discepoli
ad annunciare l'Evangelo: 28,11-20
la sua necessaria premessa: la Croce, 26,1 - 27,66
B) il "discorso escatologico": 24,1 - 25,46
C) l'ultimo ministero a Gerusalemme: 21,1 - 23,39
D)il ministero messianico in Galilea: 3,1 - 18,35
E) la "salita" a Gerusalemme: 19,1 - 20,34
F) l'"Evangelo dell'Infanzia del Signore": 1,1 - 2,23.
Matteo va letto anche normalmente, per cos dire, ossia nella successione in cui redatto. E qui si rivela come l'Autore ha voluto seguire
fedelmente il metodo del Signore, che di se stesso ha voluto dare una
catechesi progressiva, per noi illuminante. Matteo redige i fatti nella
loro sequela storica e cronologica. Ossia, gli Eventi reali che nello Spirito Santo il Signore ha vissuto, anzi ha provocato con i suoi "detti e
fatti", sono riferiti in una narrazione storica, in ordine cronologico ma
secondo una visuale direttiva che teologica: dalla Nascita attraverso il
Battesimo nello Spirito Santo alla Trasfigurazione fino alla Croce ed
alla Resurrezione e alla gloria dell'Ascensione (accennata) e alla Parousia perenne promessa. In sostanza, ai discepoli il Signore ha rivelato
se stesso progressivamente. un'unica e medesima rivelazione, in due
aspetti, di cui i discepoli di allora tennero conto, come dobbiamo noi
tenere conto:
A) fino alla Croce: il Signore opera con i discepoli un approccio per
cos dire catechetico, "da zero", presentando se stesso attraverso
gradi successivi, in salita irta, dolorosa, per allora incompresa:
a) dal Battesimo nello Spirito Santo, in cui riceve l'investitura messianica dal Padre, con i titoli competenti e le funzioni conseguenti
- nello Spirito Santo annuncia l'Evangelo, e la dottrina su esso inse
gna "con autorit", con sapienza ancora mai intesa
- nello Spirito Santo opera le opere del Regno di Dio "con potenza"
irresistibile
177

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

- sperimentato come l'Uomo buono, misericordioso, soccorrevole,


soave, vicino ai fratelli suoi, il Profeta atteso, Colui che viene, il
Figlio dell'uomo che adempie il Disegno divino.
Matteo, come del resto Marco, annota ripetutamente, come un ritornello, che tuttavia il cuore dei discepoli indurito (espressione biblica),
oscurato, la loro comprensione si rifiuta di accettare la realt (vedi dopo).
b) La Trasfigurazione nella Luce e nello Spirito
- la svolta drammatica della Vita del Signore, il dramma si avvici
na, la Croce sta profilata nella immediata prospettiva
- "confermazione" del programma battesimale del Signore, come
cerniera verso l'epilogo necessario
- prima e dopo la Trasfigurazione, 2 annunci della Morte e Resurre
zione: "il Figlio dell'uomo deve (greco di = "si deve", da parte di
Dio, della sua Volont imperscrutabile) morire, ed al terzo giorno
risorgere"
- accresciuta incomprensione dei discepoli, anzi rigetto violento
della prospettiva da parte di Pietro, perci investito come "satana"
- seguita il programma battesimale confermato: Evangelo e opere.
e) 3 annuncio della Morte e Resurrezione
- si aggrava ancora di pi l'incomprensione dei discepoli, nella tri
stezza, nell'oscuramento totale.
d) La Croce, con tutti i fatti connessi
- avviene qui la Rivelazione totale del Padre nel Figlio: l'infamia
della croce dei Romani la somma Bont divina
- abbandono, fuga, rinnegamento dei discepoli restano sotto la
Croce solo le Donne fedeli.
B) Dalla Resurrezione la Rivelazione completa.
a) La predicazione apostolica di tutti questi fatti, e la loro narrazione
ordinata manifestano tutto e subito il Mistero del Figlio di Dio.
b) Questo, per, in forma "mistagogica", ossia in forma dell'insegna
mento non ai catecumeni ignari, "da zero", ma nella completezza,
per i gi "iniziati" alla vita della fede.
e) esigita dunque la "lettura Omega", che rinvia coestensivamente ai
fatti storici della Vita del Signore prima della Croce e della Resurre
zione, all'A.T. quale necessaria "preparazione" efficace di Lui, al re178

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

sto del N.T. quale proseguimento della Vita di Lui nello Spirito in
seno alla comunit nuova.
Questo quadro immane la rivelazione completa della "Vita del Signore". Se si considera attentamente, tutto il resto degli scritti apostolici
che formano il N.T., dunque gli Atti, le Epistole di Paolo, Giacomo,
Pietro, Giovanni, Giuda, YApocalisse, saranno un immenso completamento alla mistagogia sulla Vita del Signore tracciata dai 4 Evangeli.
Se poi si fa il dovuto discernimento dell'accurata, fitta rilettura apostolica dell' A.T., il quadro completo in tutti i particolari.
Come si visto sopra, nel Cap. 3, la comprensione di questo dipende anche dall'attitudine di fede e dalle disposizioni spirituali dei lettori
e degli ascoltatori di questa immensa massa di Realt divine. Tale impresa non pu avere fine se non al termine delle vicende della storia.
La comprensione della Vita del Signore infatti non conosce limiti.
Ma l'occhio fedele deve scorrere la realt dal generale al particolare,
per tornare sempre al generale, e di qui di nuovo al particolare. E cos
di seguito, avanzando sempre. Perci bene avere come riferimento lo
schema dell'Evangelo di Matteo.
SCHEMA GLOBALE DI MATTEO
1,1 - 2,23: "EVANGELO DELL'INFANZIA DEL SIGNORE"
3,1 -13,52: IIMINISTERO MESSIANICO IN GALILEA
13,53 - 18,35: IIMINISTERO MESSIANICO ITINERANTE
16,13- 17,27: INTORNO ALLA TRASFIGURAZIONE
19,1 - 20,34: LA "SALITA" A GERUSALEMME ATTRAVERSO LA PEREA E
GERICO
21,1 - 25,46: IIMINISTERO MESSIANICO A GERUSALEMME 26,1 27,66: LA PASSIONE E LA CROCE, LA MORTE, LA SEPOLTURA 28,1 20: LA RESURREZIONE, LE APPARIZIONI, L'INVIO DEI DISCEPOLI
SCHEMA PARTICOLARE
A. "EVANGELO DELL'INFANZIA DEL SIGNORE": 1,1 - 2,23
1,1-17: La "Genealogia di Ges Cristo"
18-21: l'Annunciazione a Giuseppe
22-25: la Nascita di Ges ed il suo "Nome"
2,1-12: i Magi adorano il Bambino a Betlemme
13-15: la "fuga in Egitto"
179

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

16-18: la strage degli Innocenti


19-23: ritorno dall'Egitto e dimora a Nazaret
B. IL MINISTERO MESSIANICO IN GALILEA: 3,1 - 13,52

3,1 -4,11: Esordio


3,1-4: Giovanni il Prodromo inizia a predicare
4: descrizione del Prodromo
5-6: le folle si fanno battezzare da lui
7-10: la chiamata alla conversione
11-12: l'annuncio di Colui-che-viene, "il Pi Forte", il suo futuro bat
tesimo "con Spirito Santo e Fuoco"

3,13-17: GES BATTEZZATO "per compiere tutta la giustizia"


4,1-11: Ges tentato nel deserto
a) "Ges si manifesta ed insegna": 4,12 - 7,29
4,12-17: inaugura la sua predicazione in Galilea
18-22: chiama i primi discepoli
23-25: sommario del ministero di Ges: 1"'Evangelo del Regno" e le
"opere del Regno" 5,1 - 7,29: 1 grande discorso: il
"discorso della montagna"
1-2: introduzione
3-12: le "beatitudini"
13-16: la "giustizia nuova", enunciato
17-20: sviluppo 1: Ges e la Legge antica
21-48: la giustizia antica e la giustizia nuova: 6 antitesi
6,1-18: sviluppo 2: le opere antiche e le opere nuove
1-5: l'elemosina
6,15: la preghiera il "Padre nostro"
16-18: il digiuno
6,19 - 7,23: sviluppo 3: Ges e la "Legge nuova", ossia "ultima"
19-34: il tesoro nel cielo, la Provvidenza, bandire le cure del mondo
7,1-5: non giudicare mai
6: "le Realt sante ai santi"
7-11 : la preghiera nella fede
12: la "regola d'oro": fare il bene che si vuole per se stessi
13-14: le "due vie"
15-20: guardarsi dai falsi profeti
21-23: fare la Volont del Padre
24-27: fondare e costruire la casa sulla roccia
28-29: lo stupore per 1'"insegnamento con autorit"
b) Ges si manifesta insegnando ed operando (10 miracoli): 8,1 - 11,1
180

CAP. 8 - LEV ANGELO TETRAMORFO - MATTEO

8,1-17: i primi 3 miracoli 1-4: guarisce il lebbroso 5-13: guarisce il servo


del centurione 14-15: guarisce la suocera di Pietro 16-17: i molti
miracoli del Servo sofferente 18-22: insegna a seguirlo 8,23 - 9,8: altri 3
miracoli 23-27: placa la tempesta sul lago 28-34: guarisce i due
indemoniati di Gadara 9,1-8: guarisce il paralitico 9: chiama Matteo 1013: il convito da Matteo con i pubblicani: "la misericordia, non il
sacrifcio"
14-17: il digiuno cristiano
9,18-35: altri 4 miracoli
18-26: guarisce l'emorroissa e resuscita la figlia di Giairo 2731: guarisce due ciechi 32-34: guarisce un indemoniato 9,35 11,1: il 2 grande discorso: il "discorso di missione"
35-38: il "mistero messianico" di Ges e gli operai perla msse
10,1-4: sceglie i Dodici
5-15: li istruisce per la missione 16: li
invia in missione 17-23: annuncia per essi
le persecuzioni 24-39: confessare Lui e la
Croce di Lui 40-42: "chi accoglie voi,
accoglie Me" 11,1: la conclusione
e) La fede, la conversione, la non accoglienza: 11,2 -12,50 11,26: Giovanni il Battista chiede: "Sei tu 'Colui-che-viene'?"
7-17: Ges testimonia a Giovanni e su Giovanni
18-19: Giovanni e Ges non accettati
20-24: rimprovero alle citt impenitenti 11,25-30: il
"Giubilo messianico", o "comma giovanneo" 12,1-14: il
Sabato di Dio
1-8: il Figlio dell'uomo Signore anche del sabato
9-14: guarisce la mano inaridita 12,15-21: Ges il
Servo sofferente mansueto ed umile 12,22-45: il Regno di
Dio ed il regno di satana
22-23: guarisce l'indemoniato cieco e muto
24-37: la polemica con i farisei, la bestemmia contro lo Spirito Santo, l'albero ed i suoi frutti
38-42: il "segno di Giona"
181

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

43-45: la rivincita dello "spirito immondo"


46-50: "la madre ed i fratelli" di Ges
d) II 3 grande discorso: il "discorso di parabole": 13,1-52
13,l - 3 a: introduzione
3b-9: la parabola del seme della Parola
10-17: scopo e necessit delle parabole: "chi ha orecchi..."
18-23: spiegazione della parabola del seme della Parola
24-30: parabola della zizania
31-32: parabola del granello di senape
33: parabola del lievito
34-35: le parabole come adempimento del Profeta (Sai 77,2)
36-43: spiegazione della parabola della zizania
44: parabola del tesoro nascosto
47-50: parabola della rete da pesca
51-52: conclusione: e "realt nuove ed antiche"
C. IL MINISTERO MESSIANICO ITINERANTE: 13,53 - 18,35

13,53-58: Ges rifiutato a Nazaret


14,1 -12:a Giovanni
Battista decollato da Erode . 14
13-21 : 1 mltiplicazione dei pani e dei pesci
14,22-33: Ges cammina sulle acque
34-36: Ges guarisce molti nella regione del lago di Genezaret
15,1-9: i farisei e la tradizione degli antichi
10-20: il puro e l'impuro
21-28: guarisce la figlia della Cananea siro-fenicia
29-31
: guarisce molti sul lago . , . 32-39:
2a mltiplicazione dei pani e dei pesci
16,1-4: rifiuta di dare il "segno dal cielo" e lascia il "segno di Giona"
5-12: contro il "lievito dei farisei e dei sadducei"
D. INTORNO ALLA TRASFIGURAZIONE: 16,13 - 17,27

a) Pietro professa la fede richiesta da Ges: 16,13-20


b) 1 annuncio della Passione e Resurrezione: 16,21
e) L'antifede di Pietro "satana": 16,22-23
d) il discepolo autentico con la Croce: 16,24-26
e) La Venuta del Figlio dell'uomo con il suo Regno: 16,27-28
GES TRASFIGURATO: 17,1-8

e') II Figlio dell'uomo e la Resurrezione: 17,9-13


182

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

d') I discepoli inetti: Ges guarisce il ragazzo lunatico: 17,14-18


e') La non-fede dei discepoli: 17,19-21
b') 2 annuncio della Passione e Resurrezione: 17,22-23
a') Pietro ed il tributo per il tempio: 17,24-27
18,1-35: 4 grande discorso: il "discorso ecclesiastico"
I) 1-4: convertirsi e farsi bambini
5: accogliere i bambini = "il Bambino"
6-9: "guai agli scandali!"
10: non disprezzare i bambini
11 : il Figlio dell'uomo e la salvezza
12-14: parabola della pecora perduta
II) 15-35: in seno alla Comunit
15-17: la correzione fraterna
18: "legare e sciogliere" concesso ai dodici
19-20: Ges sempre presente alla Comunit orante
21-22: "perdonare 70 volte 7"
23-55: parabola dei diecimila talenti e del servo spietato
E. La "SALITA A GERUSALEMME" ATTRAVERSO LA PEREA E GERICO: 19,1

- 20,34

19,1-9: Ges abolisce il divorzio


10-12: il celibato per il Regno
13-15: Ges ed i bambini del Regno
16-24: il giovane ricco ed il suo rifiuto 25-30:
catechesi sulla povert e sua ricompensa 20,1-16:
parabola degli operai dell' llaora
17-19: 3 annuncio della Passione e Resurrezione
20-23: la richiesta della madre dei figli di Zebedeo
24-28: il Figlio dell'uomo venuto per servire, non per essere servito
29-34: Ges guarisce i due ciechi di Gerico
F. IL MINISTERO MESSIANICO A GERUSALEMME: 21,1 - 25,46

a) Ges fa l'ingresso messianico a Gerusalemme: 21,1-11


b) Ges purifica il tempio: 21,12-13
21,14: guarisce molti nel tempio
15-17: la lode dei bambini 18-22:
maledice il fico infruttuoso
e) L'ultima predicazione pubblica: 21,23 - 22,46
21,23-27: Ges e la sua autorit
183

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

28-32: parabola dei due figli e della vigna


33-46: parabola dei vignaioli omicidi
22,1-14: parabola delle nozze regali
15-22: la questione del tributo a Cesare
23-33: i sadducei e la resurrezione
34-40: il primo e massimo comandamento
41-46: il Cristo "Signore" e "Figlio di David" 23,136: 5 grande discorso: le invettive contro i farisei
1-14: contro l'ipocrisia e la superbia
15-32: le 7 invettive contro i farisei
33-36: conclusione, la punizione 23,37-39: apostrofe a
Gerusalemme 24,1 - 25,46: 6 grande discorso: il "discorso
escatologico" 24,1-3: introduzione: predizione di Ges, domanda
dei discepoli
4-36: Parte I
4-14 1 momento: inizio dei "dolori messianici", preludio della fine
A

o. l aseri e

4-5: i discepoli smarriti


6-7a: le guerre 7b-8:
carestie e terremoti 9-14:
2a serie
11-12: seduzioni
13: promessa di salvezza finale
14: proclamazione universale dell'Evangelo del Regno
15-29 2 momento: la fine
15: annuncio della "abominazione della desolazione"
16-20: la fuga
21-22: la "tribolazione grande"
23-28: falsi Cristo e falsi profeti, e il "Segno del Figlio dell'uomo"
29: i fenomeni cosmici
30-36: 3 momento
30-31: la Venuta del Figlio dell'uomo nella Gloria, e raduno degli
eletti
32-36: la "data"
24,37 - 26,46: Parte II
37-41: "Vigilate!"; la parabola del diluvio
42-44: vigilare ed attendere
45-51: vigilare; la parabola del servo fedele e vigilante
25,1-13: vigilare; la parabola delle 10 Vergini
14-30: vigilare ed operare; la parabola dei talenti
31-46: il Figlio dell'uomo ed il Giudizio sulle opere della carit
184

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

G. LA PASSIONE, LA MORTE, LA SEPOLTURA: 26,1 - 27,66

26,1-2: Ges annuncia la sua morte


3-5: il sinedrio congiura per la morte di Ges
6-13: Ges unto a Betania
14-16: il patto di Giuda
17-19: i discepoli preparano la Cena
20-25: Ges indica "il traditore"
26-29: la Cena
30-35: Ges predice l'abbandono di tutti e il rinnegamento di Pietro
36-46: al Getsemani
47-56: Ges catturato, ed abbandonato dai discepoli
57-68: il sinedrio processa Ges
69-75: Pietro rinnega Ges 3 volte
27,1-2: Pilato apre il processo a Ges
3-10: la fine di Giuda
11-14: Pilato processa Ges
15-21: Pilato libera Barabba
22-26: Pilato condanna Ges alla Croce
27-31 : Ges schernito dai soldati
32: Simone di Cirene angariato con la Croce
33-36: al Golgota, l'aceto, la divisione delle vesti
37: il cartiglio della Croce
38: i due ladroni crocifissi
39-44: Ges tentato 3 volte
45-50: GES IN AGONIA; MUORE

51 : il velo del tempio si scinde


52-53: molti resuscitati per la Croce
54: il centurione romano, la prima fede
55-56: le Discepole fedeli sotto la Croce
57-61: Ges sepolto
62-66: le autorit ebraiche chiedono di sigillare il sepolcro
H. LA RESURREZIONE, LE APPARIZIONI, L'INVIO DEI DISCEPOLI: 28,1-20

a) La Resurrezione: 28,1-10
b) Le guardie subornate: 28,11-15
e) Ges sul Monte Galilea invia i discepoli al mondo: 28,16-20.
3. Teologia di Matteo
Un programma teologico grandioso, il prodotto che questo Ebreo,
Matteo, vuole trasmettere alle sue comunit, ed alle generazioni che
185

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

verranno. Perfetto conoscitore della grande tradizione ebraica, dalla


quale proviene come il Signore stesso, come tutta la Chiesa Madre di
Gerusalemme, di lingua aramaica, egli si serve di mezzi sovrani per
esprimere il suo "evangelo". Anzitutto le Sante Scritture, che sono ancora e sempre l' A.T.; poi "le parole ed i fatti" del Signore, riletti alla luce
folgorante della gloriosa Resurrezione; quindi l'ermeneutica apostolica,
che segue quella del Signore, parte da Lui Risorto, risale all'A.T.,
insiste sulla vita dei discepoli che hanno visto e parlato con il Figlio di
Dio. Finalmente il materiale vasto, vario ed ancora per noi non del
tutto identificabile, proveniente a Matteo dalla comune tradizione orale, concomitante con quella ben presto messa in scritto (verso gli anni
35 d.C). Con il suo schema inevitabile per chi voglia scrivere un
"evangelo" della Vita del Signore; ma poi anche da altre "fonti", come
si disse, sia in comune con Luca, sia proprie.
La grandiosit di Matteo, che comincia con la Genealogia del Signore e termina con l'Unico Nome adorabile del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo, dunque "da Dio all'Uomo a Dio", si distingue in
specie nel porre Ges Cristo in augusta maest, segnalando certo che
vero Uomo: "Figlio di Abramo, Figlio di David" (Mt 1,1), "secondo la
carne", come dir S. Paolo (Rom 1,4), ma anche e finalmente rivelato
quale ho Kyrios, "il Signore", sussistente ed operante "con potenza" irresistibile, "con autorit" irrefragabile. Oggi questo bene rilevato anche dagli esegeti.
Strumento fine ed efficace per Matteo qui la "teologia simbolica",
di cui fa largo e significante uso, al modo biblico. Se si deve descrivere
in breve sintesi la "teologia simbolica", si devono porre in risalto i suoi
punti e dinamiche portanti: a) essa comprende un "universo simbolico", quello in atto nella divina Rivelazione, praticamente l'A.T. che
viene ad essere completato dal nascente N.T.; esso si compone di eventi,
di persone, di parole, di gesti, di "segni", tutti significanti il Disegno di
Dio con gli uomini che ama, e che esempla tutta la narrazione biblica;
b) come tale, questo universo, in specie nei singoli segni-simboli, si
compone di elementi confluenti, ed anzitutto la visione, 1'"icona" per
cos dire, che manifesta e descrive e spiega, e Vascolto, la "parola", che
rivela ed annuncia; e) significante in s, tuttavia l'"universo simbolico"
della Rivelazione deve essere sempre rievocato e dovutamente mistagogizzato; solo allora efficace della vita che porta in s. Cos si ha ad
esempio che Giuseppe gratificato divinamente della visione dell'Angelo di Dio, in sogno (Mt l,20a), la quale subito spiegata dalla Parola
dell'Angelo (vv. 20b-21). Il Signore stesso, per riprendere qui un analogo tratto giovanneo, appare al mondo come Uomo vero, tale che chi
vede Lui nella sua consistenza e concretezza storica, vede il Padre (Gv
14,6-9), e tuttavia si manifesta come "il Verbo" Dio, Verbo di Dio, e
186

CAP. 8 - L'EV ANGELO TETRAMORFO - MATTEO

parlando si annuncia: "Io sono" (ad es. Gv 8,58), che rimanda al Nome
divino rivelato a Mos dal Roveto ardente (Es 3,14); d) ma il "simbolo" o "segno" della Rivelazione, che dunque sempre immagine e parole, unificato per essenza dall'unica Rivelazione, cos che l'una non
si trovi senza l'altra; e) e nessun segno-simbolo si trova mai isolato,
bens sta sempre in connessione funzionale con altri segni-simboli; f)
dell'universo simbolico della Rivelazione, e della teologia simbolica
che lo ordina, Ispiratore ed Ermeneuta divino lo Spirito di Dio, Spirito Profetico, Sapienza divina eterna.
Matteo cos fa largo uso dell'universo simbolico biblico e della teologia simbolica. Al primo approccio, gli servono i numeri: 2, 3, 5, 7,
10, 40, e loro multipli, tutti biblicamente simbolici. Poi le parabole, alcune delle quali in comune con i Sinottici, altre proprie originali ed affascinanti. Ma soprattutto arricchisce la sua narrazione con il "mirabile" divino.
Che altro sono, infatti, se non i thaumsia to Theo la serie impressionante delle sue narrazioni? Nell'Evangelo dell'Infanzia narra di
Giuseppe e dei suoi 3 sogni divini (1,20-21; 2,13; 2,19); dei Magi stranieri lontani e discreti (2,12), con la Stella. Narra il mirabile in alcune
parabole "proprie" solo di lui: la zizania (13,24-30.36-43), il tesoro nascosto e la perla preziosa (13,44-46), la rete efficace (13,47-50), le 10
Vergini (25,1-12), il Giudizio finale (25,31-46). Mostra Ges sovranamente sulle acque (14,22-23). E Pietro che trova nel pesce lo statere
per il tributo al tempio (17,24-27). Da speciale enfasi all'ingresso messianico di Ges in Gerusalemme (21,1-11). E fa risaltare la Venuta del
Figlio dell'uomo, alla fine dei tempi, come la Folgore, e con "il Segno"
suo, la Croce fiammeggiante (24,27 e 29). Narra solo lui della morte di
Giuda (27,1-10; ma cf. anche Luca in At 1,16-20), come profeticamente
annunciata). Fa intervenire, sia pure invano, la moglie di Piiate che
sogna di Ges come il Giusto (27,19). Alla Morte del Signore pone una
teofania: il velo del tempio squarciato (27,5la), il terremoto (v. 51b), i
misteriosi resuscitati (vv. 52-53). E una teofania alla Resurrezione: il
terremoto (28,2a), l'Angelo della Luce (28,2b-3).
Nell'annuncio che Matteo vuole dare dell'Evangelo unico del Signore, occorre distinguere quanto di specifico egli sa apportarvi, e
quanto invece ha in comune, e perfino in "discordia concordante" con
gli altri due Sinottici, con Giovanni, con Paolo, con il resto del N.T.
Identit di visuali, ovviamente, ha anzitutto con Marco e Luca. Specialmente su Cristo, posto nella discrezione richiesta dal Mistero divino, ed
insieme additato nella sconvolgente rivelazione della sua maest sovrana; poi sul Regno di Dio, Regno dei cieli ossia del Padre, fattosi storicamente presente agli uomini in Cristo e nello Spirito Santo, e tuttavia
ancora misteriosamente atteso e venturo; poi sull'uomo, visto nella du187

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

plice realt inscindibile, ossia come , povero, avvilito, disperato, peccatore, e come deve essere secondo la Condiscendenza divina da una
parte, e la Grazia divina irresistibile dall'altra. E questa rende vana la
questione se Cristo e qui, l'Evangelo e i 4 Evangeli non predichi
ed esiga pretese impossibili da realizzare per ciascun uomo, oppure, se
non consigli queste pretese, lasciando d'altra parte l'uomo in una morale di circostanza, oggi diremmo "borghese", terra terra, senza slanci
verso l'Alto.
Certo, occorre tenere sempre bene presente tutto quello, ed il pi,
che Matteo nel suo Evangelo ha in comune con Marco e Luca ed i loro
Evangeli, ed anche con Giovanni bench sotto tutt' altra visuale; si
rimanda a quanto si dir tra poco degli altri Evangelisti. Per i quattro
Evangeli si rinvia al magnifico testo di S. Ireneo, presentato sopra.
Come avverte questo grande tra i Padri, noi abbiamo avuto un Dono
"tetramorfo", di quattro forme, i 4 Evangeli, non da fondere in un'unica narrazione, poich l'unico Evangelo quale Dono indicibile dello
Spirito Santo ci giunge cos, e solo cos, con tutto il complemento del
resto del N.T.
Ed in questo, occorre anche essere avvisati nel vedere quanto Matteo del materiale esistente ed a sua disposizione riordina e sistema, sceglie come originale (rispetto a Luca), in una sovrana libert verso tale
materiale, ed insieme in un immenso rispetto verso le "parole ed azioni" del Signore. Libert e rispetto che indicano una fede viva, da comunicare, con la base certa che la Storia del Signore e l'annuncio di Lui,
in consonanza all'annuncio profetico dell'A.T.
Anche Luca e Marco si rifanno incessantemente all'A.T. Tuttavia
Matteo inserisce nelle citazioni dell'A.T., che tipologicamente scandiscono la sua narrazione, le ed. "formule di adempimento" esplicite, almeno 12 volte: 1,22-23 (suIs 7,14); 2,15 (su Os 11,1); 2,17-18 (su Ger
31,15); 2,23 (incerta: Num 6,1-21, o Is 11,1, o Is 53,2); 3,3 (su Is 40,35); 4,14-16 (suIs 8,23; 9,1); 8,17 (suIs 53,4); 12,17-21 (suIs 42,1-4);
13,14-15 (su Is 6,9-10); 21,4-5 (su Is 62,11; Zac 9,9); 26,55-56 (su testo incerto); 27,9-10 (su Ger 32,6-9; Zac 11,12-13).
In 28 capitoli Matteo cita la Scrittura oltre 130 volte, di cui almeno
circa 43 volte con riferimento esplicito; e del resto tutto il suo tessuto
narrativo filigranato di riferimenti all'A.T., sia con allusioni, sia con
utilizzazioni verbali (frasi, termini).
Tipica difficolt qui trovare il testo da cui Matteo desume le citazioni. probabile che qui noi moderni come avviene infinite
volte quando leggiamo i Padri dobbiamo rinunciare al nostro modo di citare il testo biblico, con le virgolette ed il numero del capitolo
e del versetto. Gli antichi, e cos Matteo, citavano per lo pi a
memoria, rimandavano alla Scritura come totalit, e se indicavano
188

CAP. 8 - L'EV ANGELO TETRAMORFO - MATTEO

un versetto, per lo pi lo facevano a memoria, intendendo quasi


sempre coinvolgere l'ascoltatore a prendere atto anche del contesto
naturale del brano citato. Ora, Matteo usa in enorme prevalenza il
testo greco dei Settanta (= LXX), oppure altre versioni greche a noi
non note. Alcun poche volte cita anche da un testo ebraico, anche
esso non noto a noi, nel senso che non l'attuale "testo masoretico"
(che ancora non esisteva), n l'antichissima redazione da cui proviene
la LXX. Di qui alcune difficolt di individuazione, bench non
d'interpretazione.
Letterariamente Matteo consegna molto materiale, di alta suggestivit, nei suoi grandi "discorsi", tra i pi estesi dei 4 Evangeli. La critica
moderna annota che essi sono tipici, ossia sono unit in quadri compiuti,
e sono unit sistematiche di pensiero. descrizione fervida di vita, e
Vita del Signore, che in Matteo si fa una calma riflessione, dove si riporta molto per sistemare di pi. Matteo dunque da una teologia, evidente nelle parti redazionali (quanto di proprio fa da cornice al materiale
narrativo preesistente); un annuncio che si fa catechesi pi ristretta ai
discepoli, l'esigenza della fede che porta alla vita di perfezione richiesta dal Signore, la vita nascente della futura Comunit, centrata sulla
preghiera, l'elemosina, il digiuno, le opere della carit; una polemica
non fine a se stessa ma per scuotere le anime. Nei "discorsi" di Matteo,
tutto questo percepibile a prima vista.
I "discorsi" di Matteo sono 5 + 1 . Essi sono distinti non solo per la
compattezza del parlato del Signore, ma anche per la formula finale
medesima, che li identifica, e che suona circa cos: "Quando Ges ebbe
terminati questi lgoi, discorsi"; essa si trova 5 volte: in 7,28-29; 11,1;
13,53; 19,1; 26,1, rispettivamente per i discorsi "della montagna", "di
missione", "ecclesiastico", "di parabole", "escatologico". Alcuni critici
dunque limitano a 5 tali complessi. Tuttavia l'intero cap. 23, che comincia cos: "Allora Ges parl alle folle ed ai discepoli", e si estende
per ben 39 versetti, un vero "discorso", che va annoverato come il 6
a pieno titolo.
Che Matteo ponga questi "discorsi" come suo tratto tipico, si evince
dallo schema generale (cf. sopra), anche perch li alterna a sezioni narrative ed a sezioni di "segni" prodigiosi operati. Interessante allora
seguire chi Ges interpella con queste parole cos bene strutturate.
Quello "della montagna" si rivolge alla "folla" non differenziata; quello
"di missione" invece ai "Dodici", ma si intende rivolto a tutti i "discepoli" fedeli; quello "di parabole", che qui sono 7, di nuovo alla folla, come tipico mezzo di comunicazione dei Misteri del Regno dei cieli; quello "ecclesiastico" di nuovo ai "discepoli" pi vicini, che "si accostano a Lui"; stessi destinatali e stesso "accostarsi a Lui" in quello
"escatologico".
189

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Due di tali "discorsi" si possono chiamare "della crisi", quello "ecclesiastico", quando, fallito il ministero del Signore che tentava di raccogliere molti missionari del Regno, si avvia alla "salita a Gerusalemme" dove deve compiersi comunque il Disegno divino; e quello "escatologico", quando tale Disegno ormai ha un nome: la Croce, la terrificante "crisi", il giudizio contro il peccato che porta la Grazia.
Per riprendere il bellissimo tratto comune ai Padri, si pu applicare
all'annuncio complessivo di Matteo ed al suo significato permanente
per noi, che "quanto l'A.T. profetizz nello Spirito di Dio, quanto
Cristo annunci, oper ed attu nello Spirito Santo, quanto gli Apostoli del Signore predicarono ed operarono nel medesimo Spirito,
quanto le Chiese di Dio fedelmente si trasmisero e ci trasmisero, sotto
la guida dello Spirito del Signore, quanto i Martiri testimoniarono
con la loro vita spinti dallo Spirito Santo", tutto questo l'Evangelo
di Matteo.
Matteo dunque tramanda i "detti e fatti" del Signore, e la sua riflessione sul Signore, due contenuti ottimamente riferiti ed articolati in un
unico contenitore. Talvolta, come in Giovanni anche se molto meno,
altres difficile distinguere quanto il Signore disse ed oper da quanto
Matteo pone di sua riflessione. Ma questo non costituisce una difficolt. La reale difficolt, per noi, in questa breve presentazione, sistemare a nostra volta quanto in Matteo organico ed esemplarmente redatto. Cos noi possiamo solo restringere il dettato ed alcuni tratti maggiori, sempre nella raccomandazione che essi servano solo per rileggere con qualche frutto l'intero Evangelo, che deve essere assiduamente
percorso in tutti i sensi come arando senza tregua un campo infinitamente fecondo di frutti.
a) Dio, Dio Padre
Come Ebreo, e come discepolo del Signore, Matteo ha uno straordinario senso della divina trascendenza, riferita anzitutto al Signore, il
Dio Vivente, rivelatosi come il Padre di Ges Cristo.
Gi i nomi divini servono a Matteo per dare il senso reale della
Maest divina: Dio, il Dio Vivente, il Padre, con varie apposizioni, il
Nome, l'Altissimo, i Cieli, il Regno dei cieli. Oppure attribuzioni divine, come YEudokia, il sovrano Compiacimento, o YExousia, l'infinita
Potest o Autorit. Al modo semitico comune all'A.T. ed al N.T., Matteo
ricorre anche a circonlocuzioni per evitare di nominare il Nome divino;
e cos usa il "passivo della Divinit", come "beati gli afflitti, poich
saranno consolati (da Dio)" (5,4); oppure allusioni pi ampie, come
"temete piuttosto Colui che (solo) pu perdere anima e corpo nella
gehenna" (10,28); oppure "il Re che fece le nozze al Figlio suo", "il
Convitante alle nozze" (22,2-3).
190

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

Illuminante tuttavia qui l'uso dell'appellativo "Padre", insistito


con variazioni decine di volte, ed in relazione sia a Cristo, sia ai discepoli. Vale la pena farne una rassegna numerica:
a) Padre di Cristo, con il semplice appellativo di "Padre", che la ver
sione dV'Abb'! aramaico, propriamente "Papa!", indicante una
relazione del tutto singolare: 11,26.27 (2 volte), nella preghiera;
24,36.41; 26,29.39.42.53; 28,19;
- "Padre mio": 11,27; 20,23; 25,34;
- "Padre, Signore del cielo e della terra": 11,25;
- "Padre mio il quale (vive) nei deli": 5,16; 7,21; 10,32.33; 12,50;
15,13; 16,17; 18,10.14.19.35;
- "il Padre di Lui" (= il Figlio dell'uomo)': 16,27;
b) Padre dei discepoli, e anche degli uomini:
- "il Padre vostro celeste": 5,48; 6,14.26.32;
- "Dio Padre vostro": 6,8;
- "il Padre di essi" (dei giusti): 13,43;
- "Padre nostro": 6,9;
- "il Padre tuo": 6,4.6 (2 volte). 18 (2 volte);
- "il Padre vostro": 6,9; 10,20.29; 23,9;
- "il Padre vostro il quale (vive) nei deli": 5,45; 6,1; 7,11.
La rassegna andr completata con gli altri Evangeli, e poi con l'intero N.T.
Ma come l'intero N.T., anche Matteo presenta anzitutto il Padre come Padre unicamente di Cristo, e Centro di tutto il N.T. Qui si pu rileggere il paolino Efes 1,3. E questo non solo per le parole esplicite del
Padre: "Questi il Figlio mio, 'il Diletto' !", ripetute al Battesimo ed alla
Trasfigurazione (3,17; 17,5; cf. i Sinottici; e il lucano-paolino At
13,33, che cita il Sai 2,7); parole identiche anche nella profezia di Mt
2,15 (Os 11,1) ormai adempiuta. Ma anche per una serie di fatti. La relazione unica tra il Padre ed il "il Figlio" connotata in 11,5-26, dove
Ges proclama che "tutto stato donato dal Padre a lui" (v. 27); ripetizione dopo la Resurrezione (28,18). Nell'Unico Diletto ormai realmente
il Padre "il Dio-con-noi" (1,23). Nel Figlio ha riposto dall'eternit la
sua Eudokia, il Compiacimento per l'opera che vede svolta in totalit
(Battesimo; e 12,18). Solo al Figlio Unico ha donato tutta la sua divina
Exousia (7,29; e 10,1, trasmessa ai discepoli, la medesima; 9,8, di rimettere divinamente i peccati), da portare al mondo (28,18).
Cos realmente avviene la piena rivelazione, progressiva e culminante, del Figlio, il quale come Uomo vero viene per intero dallo Spirito Santo, lo Spirito del Padre e suo (1,19.20), in quel modo insieme
191

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

simmetrico ed asimmetrico gi annotato dai Padri orientali, quando si


esprimono sull'indicibile Mistero dell'Incarnazione con formule come:
"Nato dalla Madre, la Semprevergine Madre di Dio Maria, senza padre
e generato dal Padre in eterno, ponendo su Lui lo Spirito, senza madre". Ora, se la Nascita nel tempo fu senza opera di uomo, non fu senza
l'Opera del Padre, mentre, qui sta l'asimmetria stupenda, Colui che su
Maria invi lo Spirito suo, il Medesimo che sul Figlio pone in eterno
la sua stessa Vita, lo Spirito Santo.
Con questo, Matteo vuole indicare che realmente il Figlio il Dio
Unico ed Infinito con il Padre e nel Padre, nella formulazione biblica
il Kyrios, "il Signore", traduzione dello JHVH dell'A.T., Unico Kyrios
con il Padre e nel Padre, Unico Kyrios che anche il Padre.
Come annotano gli esegeti pi avvertiti (Bda Rigaux), il Padre secondo Matteo "fa testamento in favore del Figlio" (cf. qui anche la teologia di Ebrei), un Testamento unico in due fasi, i "Due Testamenti",
nel loro successivo e totale svolgimento. E queste due fasi divine sono
annotate da Matteo: come A.T. nelle continue citazioni con il loro
adempimento (vedi sopra); e come N.T. nella stessa redazione che Matteo ha preparato. Lo Spirito di Dio ha parlato nell'A.T. del Figlio (cf.
qui 22,43), il Figlio parla nello Spirito Santo nel N.T. (cf. globalmente
l'investitura messianica dello Spirito Santo al Battesimo). E il Padre fa
un unico invio del Figlio per tutto questo (10,40; 15,24), di necessit
dunque conferendogli la sua Exousia divina, lo Spirito Santo (cf. l'insegnamento e le opere di Cristo "con autorit").
Il Padre dunque il Centro essenziale della predicazione e delle
opere del Figlio, come in Giovanni. Perci non lecito parlare di "cristocentrismo", stanca formula abusata, a meno che non si spieghi che
Cristo per noi il Centro dove Egli ci fa trovare il Padre, formando con
il Padre nello Spirito Santo l'Unico Centro della vita nostra.
Riprendendo la formula biblica, tante volte ripetuta dai Padri, e da
noi sempre ripresa qui, "lo Spirito donato dal Padre, solo Lui rivela il
Figlio il Figlio nello Spirito e partendo da se stesso, rivela il Padre, e
solo Lui rivela il Padre e nello Spirito il Figlio solo riporta al Padre". Cos il Figlio rivela il Padre: come "il Padre il quale (vive) nei
deli", ossia l'inaccessibile se non si passa per il Figlio; e solo il Figlio
pu operare questo (11,27), di sua sovrana volont. Il Padre "il Regno
dei cieli", al quale occorre andare finalmente.
Per un'insistenza particolare posta sulla Volont del Padre. Anzitutto nelle parole di Cristo si parla solo di "Volont del Padre", non "di
Dio" (6,10; 12,50; 8,14). Ed anzitutto solo il Figlio, efilialmente come "il Figlio", nel rapporto unico e speciale con "il Padre" "fa la
Volont" del Padre nello Spirito battesimale. battezzato affinch secondo questa Volont "si faccia la Giustizia per intero" (3,15). Tutta la
192

TAVOLA

7 - La santa Hypapant - Santuario urbano di Maria SS.ma Odighitria, Piana


degli Albanesi; di Alfonso Caccese, a. 1986.

TAVOLA 8 - V Euaggelismsalla Vergine - Porte regali dell'iconostasi della


Parrocchia di S. Nicolo di Mira, Mezzojuso; di Kostas Zoubelos, sec.
20.

sua esistenza umana posta sotto questo segno. Nella Tentazione iniziale fa questa Volont con l'aiuto dello Spirito. Predica la medesima
nel "discorso della montagna" e nel ministero messianico, per la potenza
dello Spirito. La "fa" attraverso la Passione e la Morte "nello Spirito"
battesimale, "secondo le Scritture", che sono il Disegno della Volont
del Padre. Si rivela qui come "il Servo" regale profetico sacerdotale
sofferente (16,21; 17,22), venuto solo "per servire" (20,28), Servo che
anche il Giudice "unto" dallo Spirito posto su lui (12,18-21, suIs 42,1-4,
il "1 carme del Servo del Signore"; cf. At 10,38-43).
Questa Volont infinita la Croce, che si presenta anche sotto i simboli reali del "battesimo da esserne battezzato e coppa da essere bevuta", e Lui solo (20,22), per la redenzione di tutti; deve essere pregata
affinch "sia fatta" sempre; ed anzitutto al momento supremo del Getsemani (26,42); e poi ancora sempre, "come nel cielo e sulla terra"
(6,10), dai discepoli, assimilati a Lui anche e soprattutto in questo.
E pregando ed operando, questa Volont "si fa" in modo tipico, ossia
"santificando il Nome" del Padre (6,9), dunque portando all'adorazione
tutti gli uomini che "vedono le opere buone" dei discepoli di Cristo
(5,16). Si fa accelerando cos "il Regno che viene" (6,10), anzi venuto
in potenza nel Figlio e nello Spirito Santo (12,28), e che tuttavia resta
ancora la mta da raggiungere. Si fa accettando di rimettere i debiti
(6,12) e di essere liberati dal Maligno (6,13; errata la versione ufficiale
"liberaci dal male", non ultima causa per cui si andato perdendo il
senso e la sensibilit della vita cristiana come grande lotta contro il
Nemico del Regno).
Nel "fare la Volont del Padre", e invitando i discepoli ad imitarlo,
dunque, Ges, che parte dalla propria esperienza intcriore, totale, in
specie visibile nella sua preghiera, sa di unire "il Cielo e la terra". E
questo gi in s, come Figlio, e poi nei discepoli.
E ai medesimi discepoli quale modello pu affidare, vitalizzante e
trasformante, se non il "Padre suo" con lo Spirito? Il Padre infatti
"l'Unico Buono" (19,17; cf. anche la parabola degli operai, 20,15);
"l'Unico Maestro, l'Unico Padre" (23,8-9). Ecco allora il supremo di
tutti i mandati di Cristo:
"Siate dunque voi perfetti
come il Padre vostro nei cieli Perfetto" (5,48),
con rimando esplicito a Lev 19,2 (e cf. Le 6,36, parallelo).
E questa perfezione donata dallo Spirito, ma anche acquisita collaborando con lo Spirito del Padre, svolta per intero come programma vitale nella carit del Figlio, porta ad essere "i benedetti del Padre", quelli che solo possiederanno "il Regno preparato dalla fondazione del
mondo", Regno preparato dal Padre ("passivo della Divinit", 25,33).
193

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

b) Lo Spirito Santo
Una dottrina completa sullo Spirito di Dio, Spirito Santo, si pu
avere solo dalla rilettura completa del N.T., che rivisiti accuratamente
l'A.T. Ogni autore biblico ne ha uno stralcio, pi o meno per noi soddisfacente. Tale stralcio occorre intanto percorrere.
Matteo nomina lo Spirito Santo con questo nome circa 15 volte. Ma
se si esplicita anche la dottrina che proviene da episodi e dunque da termini altri, come la Nube della Gloria alla Trasfigurazione, YExousia
battesimale, VEudokia battesimale, la Dynamis, Potenza divina, si ha
una documentazione pi ampia e completa.
Le citazioni esplicite intanto sono queste:
- 1,18: lo Spirito unica causa per cui Maria Vergine concepisce e par
torisce il Figlio di Dio;
- 1,20: asserzione ripetuta;
- 3,11 : promesso da Giovanni Battista con il Fuoco nel futuro battesimo;
- 3,16: battezza Egli stesso Cristo Signore;
- 4,1: e lo "conduce" (ang) nel deserto per esservi tentato dal demonio;
- 5,3: sono "beati i poveri nello Spirito";
- 10,20: parla nei discepoli quando sar il momento decisivo;
- 12,18: come promesso, sta permanentemente sul Servo (Is 42,1);
- 12,28: Cristo, che espelle i demoni con lo Spirito Santo, il Regno di
Dio venuto;
- 12,31: chi bestemmia contro lo Spirito non avr remissione;
- 12,32: n se si parla contro lo Spirito;
- 22,43: lo Spirito ispira le Scritture;
- 26,41: nello spirito umano di Ges, lo Spirito pronto, la sua carne
(ancora) no;
- 27,50: morendo, Ges emette il suo spirito umano, ma da rileggere
"nello Spirito", secondo l'evoluzione del concetto che va da Marco e
Luca fino al classico Gv 19,30; e cf. Ebr 9,14;
- 28,19: il mandato ultimo "battezzare nel Nome (Unico, che ) del
Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".
Ora queste citazioni, numericamente scarse sempre secondo le
nostre esigenze massimaliste, se ordinate dovutamente assumono un
aspetto di immensa importanza, in una completezza scarna ma singolare:
a) lo Spirito in s:
- 12,18: viene da Dio solo;
- 22,43: ispira le Scritture, l'A.T.;
- 28,19: dunque Dio in s;
194

CAP. 8 - L'EVANGELOTETRAMORFO - MATTEO

- 12,31:'Lui si pu bestemmiare, ma allora si compie il peccato supre


mo, il pi terrificante contro Dio;
- 12,32: e di Lui si pu parlare male, identico peccato;
b) su Cristo:
- 1,18.20: fin dalla Nascita verginale, che unico causa;
- 3,16: battezza Cristo, e ne determina la Vita storica sotto l'unico im
pulso messianico potente;
- 12,18: e su Cristo riposa stabilmente perch Cristo il Servo di Dio
- 4,1 : lo conduce alla tentazione ma con potenza sovrana vittoriosa;
- 12,28: nello Spirito Cristo espelle i demoni e "viene" come Regno in
sieme con lo Spirito;
- 26,41: lo assiste al Getsemani;
- 27,50: e sulla Croce, al momento supremo;
e) sui discepoli di Cristo:
- 5,3: se accettano di farsi fare poveri da Dio "nello Spirito";
- 3,11: poich li battezza con il Fuoco divino;
- 28,19: e li battezza con il Padre e con il Figlio, adeguando perfetta
mente la loro vita con Cristo battezzato, vedi sopra;
- 10,20: assiste per sempre i discepoli, anzi parler Egli in essi.
Se a questo ora si aggiungono gli altri nomi ed attributi, come si
anticipato, la documentazione sar pi piena:
- come Exousia divina: 7,29; 9,6.8; 10,1, da leggere con 12,28 (2 vol
te); 21,23-27 (ma Cristo ne tace!); 28,18;
- come Dynamis, la Potenza divina operante: 11,20.21.23; 13.54.58;
22,29; 24,30; 26,24;
- con il verbo dynamai, "potere", operare con potenza: 9,28; 26,53.61;
27,42;
- come Nube della Gloria divina alla Trasfigurazione: 17,5;
- come Gloria divina: 24,30;
- come Fuoco divino trasformante: 3,11;
- come Dito di Dio onnipotente (cf. la Dynamis): 12,28;
- come Regno di Dio insieme con Cristo: 12,28;
- come Eudokia divina, per la quale e nella quale tutto si compie:
11,26;
- come Oggetto del verbo eudok: 3,17; 12,28 (cf. Is42,1); 17,5.
Si ha cos una msse oltremodo ricca, se si sa dovutamente esplicitare e adeguatamente applicare alla Vita di Cristo e nostra.
195

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

c) II Signore Ges Cristo


Se Cristo nella visibilit della sua carne e nella concretezza delle sue
parole ha vissuto sulla terra con gli uomini ed ha manifestto in se stesso
con lo Spirito la venuta del Regno del Padre, ha tuttavia rivendicato,
oltre l'ovvio nome "Ges" con cui era conosciuto, solo l'appellativo
misterioso ed umile di "Figlio dell'uomo". Tutti gli altri nomi e titoli ed
attributi gli derivano o dalle auguste Parole del Padre al Battesimo ed
alla Trasfigurazione, o dalla riflessione dei discepoli dopo la Resurrezione, che lungamente meditano sulle sue azioni, che sono funzioni, e
sulle sue parole, che causano altre funzioni.
Matteo non si distacca affatto dall'immensa e divina tradizione dell'A.T., riletta al suo tempo. Egli leggeva, come tutti i discepoli del Signore ed il Signore stesso la Scrittura, assiduamente, e nella venerazione per la Parola vivente l'assimilava e la celebrava nelle forme
consuete al suo popolo. Tuttavia tenendo presente l'intero A.T. e la Vita
del Signore con cui aveva vissuto, applica a queste due quantit
l'"esegesi apostolica", l'ermeneutica di adempimento alla quale il Signore stesso aveva iniziato i suoi discepoli.
Per questo egli cita in continuazione l'A.T. E insiste con la "formula
di adempimento" caratteristica (anche se non esclusiva di lui, ma comune anche al resto del N.T.), che vera citazione "cristologica", consistente in 4 elementi compattamente consignificanti:
a) "questo avvenne affinch": indica la finalizzazione della realizzazio
ne delle Scritture in Cristo ed ogni episodio della sua Vita;
b) "fosse adempiuto (da Dio)", formula della Divinit, dove l'adempi
mento si concentra esclusivamente in Cristo venuto ed operante;
e) "quanto il Signore parl", dove la Promessa dell'A.T. deve intendersi
come "Parola", dabr ebraico, lgos-rhma greco, da intendere sempre
come "Parola-Fatto", "parole e gesta" dell'A.T., efficaci di un primo
incoativo adempimento;
d) "mediante i Profeti", i quali sono anche le persone concrete degli au
tori dell'A.T., ma da intendere anche e sempre come "i Profeti", termi
ne tecnico per indicare l'intera Scrittura dell'A.T. in quanto tripartizio
ne: "Legge, Profeti anteriori, Profeti posteriori".
Se si tiene presente tutto questo, sar pi facile comprendere come
una teologia debba passare anzitutto per i nomi ed i titoli.
Ora, il primo ed ovvio nome che viene in questione in Matteo, come
in tutto il N.T., "Ges", ebr. Jh-s'h, "il Signore (JHVH) () Sal196

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

a", nome che altamente significativo. In Matteo questo ricorre


circa 150 volte. Esso spiegato anche dall'Angelo di Dio in 1,21. Indica la provenienza dal Signore Dio Salvatore, e la predeterminazione
che il Padre pone neh"Uomo-Ges.
Dalle parole e dalle opere di Ges i discepoli comprendono che egli
anche "il Cristo", ebr. Msih, gr. Christs, l'Unto di Dio, il Re messianico, il Messia divino d'Israele.
Misterioso, e sfuggente ancora ad ogni sicura etimologia, il titolo
di "Nazareno" (2,23; 26,71); esso probabilmente deve corrispondere alla
potenza della sua predicazione profetica (una radice nsr per indicare la
soavit dell'usignolo?).
La realt della sua esistenza umana singolarmente punteggiata da
chi stupito dal suo insegnamento, "questa sapienza ed i miracoli", dato che solo "il figlio del carpentiere, e sua madre si chiama Maria"
(13,54-55). Certo, i contemporanei non potevano ancora intuire tutto il
Disegno divino portato da questo Ges "figlio di Giuseppe e figlio di
Maria", ed anzitutto la sua nascita verginale (1,18-25).
Questa medesima realt ribadita da Matteo proprio all'inizio della
sua narrazione, nel titolo dell'Evangelo, quando annuncia che si tratta
del "Libro della generazione di Ges Cristo figlio di David figlio d'Abramo" (1,1), dunque non solo Uomo vero, ma anzitutto di stirpe regale messianica, la quale se risale fino a David si fonda tuttavia sul capostipite Abramo, la cui Discendenza sar benedetta, in cui si benediranno tutti i popoli (Gen 12,1-3). L'insistenza per sar sul Figlio di
David, in una serie di episodi di guarigione, in cui palese che il Figlio di David, il Re messianico, sta riprendendo possesso del Regno
finora impedito dal Maligno e dal Male che si riversano sugli uomini.
Tale titolo appunto viene in questione quando guarisce i due ciechi,
che cos lo invocano (9,27); quando guarisce la figlia della Siro-fenicia che era indemoniata, ancora cos invocato (15,22); quando guarisce l'indemoniato, la folla si chiede se non sia il Figlio di David atteso
(12,23; nei vv. 25-37 sta la lunga spiegazione del Regno di Dio e del
regno di satana); ancora invocato cos quando guarisce i due ciechi
di Gerico (20,30). In due episodi invece il Figlio di David confessato; apertamente nel primo, l'ingresso messianico in Gerusalemme, parola riportata solo da Matteo (21,9), e proclamante la messianit e la
regalit di Ges, la sua presa di possesso della "Citt del Grande Re"
(5,35, solo Matteo; citazione di Sai 47,3); il tratto sar poi esplicitato
da Le 19,28-40, nel medesimo contesto. Nel secondo episodio i farisei
ammettono che "il Cristo il Figlio di David" (22,42), pur senza riconoscerlo di Ges.
Titoli che riconoscono la perfetta e coerente Umanit di Ges sono
quelli che annotano i principali momenti della sua vita storica, e sui
197

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

quali sar da diffondersi nel commento alle pericope evangeliche a


suo luogo: il Battezzato, il Trasfigurato, il Crocifisso, il Risorto, il
Glorificato.
Ma questo Uomo portatore dei titoli e delle funzioni che gli spettano in quanto via via dimostra la sua Divinit partecipata e indivisa che
quella di Dio Padre.
Proprio in apertura, l'Angelo di Dio annuncia a Giuseppe che Colui
che dallo Spirito Santo nasce e che concepito dalla Vergine (Is 7,14),
YImmanuel, "Con-noi-Dio" (1,23), realizzando cos la profezia in totalit (Is 7,14). Questo annotato nel grandioso, e che di solito passa
quasi inosservato, presentarsi di Ges nella vita pubblica: "Allora si
present, paragineta, Ges dalla Galilea sul Giordano" (3,13), da intendere come l'apparizione regale del Sovrano che viene a visitare i
suoi. Sovrano gi annunciato dal suo Precursore e Profeta Giovanni, il
quale lo chiama "Colui-che-viene", ho Erchmenos (3,11), verbo significante sempre la "Venuta" divina; e questi anche "il Pi-Forte"
(3,11), il Dio Forte, annunciato da Isaia nel contesto del "Libretto del1'lmmanuer(Is 6,1 - 12,6), in crescendo (9,6). il "Con-noi-Dio" che
nel versetto ultimo dell'Evangelo promette l'assistenza indefettibile ai
suoi (28,20).
Il titolo divino che pi deve impressionare quello che per almeno
40 volte Matteo attribuisce a Ges: ho Kyrios, "il Signore", che traduce, come si detto, il Nome divino JHVH dell'A.T. (cf. Es 3,14). Esso
significa la pienezza della Divinit trascendente, sempre presente ai
suoi, in specie nella preghiera (18,20), ma poi per sempre (28,20). Poich il Signore dei viventi, non dei morti (8,21-22), che ama solo chi
fa la Volont del Padre suo (7,21-22), ed allora sar Giudice severo
(21,31-46). il Signore atteso ansiosamente, nella notte che sembra
non passare mai, come "lo Sposo", invocato ed amato (25,1-13), per il
quale occorre vegliare con tensione e nel dolore, perch non si sa quando verr (24,42), e verr rovinosamente (24,39). il Signore che gi
intuiscono i semplici, i sofferenti, che "Lo adorano" (8,2, il lebbroso).
Il Signore Ges Uno con il Padre. il "Figlio di Dio". I critici qui
annotano che un tratto che risale alla primitiva tradizione, poi a lungo
esplicitato nel N.T. da Paolo, all'epistola agli Ebrei, da Giovanni,
dall'Apocalisse. Insieme con Kyrios certo il titolo della riflessione
apostolica che vuole essere il pi definitivo, denso, affermativo e completo del N.T. Gi daMt 28,19, la formula triadica battesimale, il N.T. e
la Tradizione delle Chiese sapranno trarre sconfinati sviluppi.
Tale titolo ha affermazioni in testi difficili, e dunque certamente autentici. Anzitutto, nelle affermazioni, insieme dovute ma a malincuore,
del demonio, che riconosce cos la sua disfatta (4,3.6 [2 volte]; 8,29). E
poi nelle 3 contestazioni lanciate sotto la Croce, contro uno che riven198

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

dicherebbe di essere "il Figlio di Dio" (27,40.43.44); dietro cui- sta il


massimo problema del N.T., ossia come "il Figlio di Dio" abbia subito
questa morte infamante. Ma altro testo assai difficile, per avere un'idea
adeguata del titolo, quello dell'ignoranza della "fine del mondo" da
parte del Figlio di Dio (24,36), da tenere fermo, anche se nei secoli si
prest a devastanti interpretazioni di tipo ariano. Esso contrasta visibilmente con il testo maggiore sul Figlio, 11,27, in cui egli afferma che
tutto gli fu donato, che a lui spetta la conoscenza perfetta del Padre.
E proprio il "Giubilo messianico" o "comma giovanneo", come
amano chiamarlo i critici, il grandioso testo di 11,25-30, la massima
affermazione sui rapporti tra il Figlio di Dio ed il Padre. Testo che si
colora di apporti sapienziali ed apocalittici, oggetto di profonde analisi
moderne, esso fa risaltare l'appartenenza del Figlio alla sfera divina
esclusiva del Padre. La sua "esperienza" totale (epiginsk) del Padre
appare come reciproca ed unica, escludente. Tuttavia il Figlio di Dio la
comunica sovranamente a chi vuole, come il Mistero del divino Compiacimento (Eudokia), a chi accetta di farsi fare piccolo da Dio. Se si
legge con il parallelo Le 10,21-24 (con le sue diversit), appare nel rapporto tra il Figlio ed il Padre anche lo Spirito, ed allora la serie pu essere ricomposta cos: lo Spirito stesso agisce nella conoscenza del Figlio, e rivela il Figlio; il Figlio rivela il Padre e nello Spirito, Dono del
Padre, riporta al Padre.
Occorre poi tenere sempre presenti le proclamazioni del Padre sul
Figlio al Battesimo ed alla Trasfigurazione. Alla Trasfigurazione va annotato che la Gloria del Padre, che lo Spirito, assume il Figlio di Dio,
che ne l'oggetto immediato, degno di adorazione.
Per due volte torna la formulazione dell'A.T: "Figlio del Dio Vivente" (16,16; 26,63), che rimanda a testi come Sai 41,3; 83,3, e che
sar ripresa frequentemente nel N.T. (Giovanni; Paolo; Atti).
Accanto a questo viene il titolo di "Figlio dell'uomo", circa 30 volte
in Matteo. Esso viene da Dan 7,13-14, ed indica una serie di realt paradossali gi in Ezechiele. Si tratta di "uno come un figlio di uomo",
ossia un semplice Uomo, che tuttavia "proveniente da Dio viene a
Dio". Cos indica anzitutto la missione terrena secondo il Disegno divino (24,30-31), con una Venuta finale (24,44). la missione del Servo,
gi percepibile tra le righe di Daniele che rilegge Is 52,13-53,12. Ma
Servo (12,18) regale, sacerdotale, profetico, oltre che sofferente, per
cui come Sovrano Signore del sabato (13,8), il Seminatore del grano buono (13,37), rimette i peccati come solo Dio pu fare (9,6). E finalmente, terminata la missione, nella sua sovraesaltazione riporta all'Altissimo Dio i figli suoi dispersi (25,31-46), e conceder ad essi il
"trono", di "conregnare" (espressione paolina) con Dio stesso (19,28).
Questo titolo, assai arduo da spiegare, ben presto, fu abbandonato dalle
199

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

grandi sintesi dogmatiche della Chiesa, ma oggi riconosciamo che questo non fu un bene.
Come il Signore che viene, Ges anche "lo Sposo" (9,15), quello
per cui il Padre prepara il Convito delle nozze (22,1-14), e che viene
per queste divine nozze (25,1-13). Anche tale titolo, molto vivace nella
riflessione del N.T. e della Tradizione antica, quasi scomparso dalla
nostra visuale teologica.
Finalmente, per concludere questo abbozzo, due titoli risaltanti sono
"il Re della Gloria", quella eterna, adesso rivelatasi, e "il Giudice sovrano" (cf. 25,31-34). Con questi, la riflessione della Chiesa del N.T.
ricorda tra l'altro che Cristo ha in mano la decisione iniziale, centrale e
finale del destino degli uomini, secondo il divino Disegno che solo lui
nello Spirito Santo venuto ad attuare.
Ma quest'ultima nota apre, in conclusione, su un aspetto tipico di
Matteo; ancora una volta va detto, non esclusivo di Matteo, per che
egli cerca di accentuare dovunque, con maggiore frequenza rispetto
agli altri evangelisti: la sovrana, divina, irraggiungibile maest di Cristo. Ora, proprio Matteo la sottolinea con mezzi letterari evidenti, anzitutto (ed in questo lo raggiunge in qualche modo anche Luca), omettendo rispetto a Marco alcuni lati che non ritiene confacenti con la presentazione che vuole dare; e dove pu concentra anche la narrazione. Cos
tace di alcuni lati umani di Ges, che indicano i suoi limiti creaturali,
come quando domanda per sapere; non dice che "carpentiere", ma
"figlio del carpentiere" (13,55); soprattutto per omette i moti umani e
psicologici del tutto naturali di Ges, come gli scatti d'ira, la sua sconvolgente paura della morte (al Getsemani), la sua eccessiva compassione, la sua meraviglia davanti a reazioni dei presenti, come la fede insorgente. E neppure riporta l'accusa dei suoi pi stretti parenti, che per difenderlo dal pericolo di accuse che possono portarlo a giudizio di morte,
affermano: "Usc fuori di s" (cf. Me 3,21), pazzo.
Matteo insiste insomma sull'augusta maest di Ges, gi dai nomi e
dai titoli insistiti (vedi qui sopra), in modo che da questo tuttavia nulla
sia tolto alla maest del Padre; ma anzi assimila a lui del tutto ed in tutto
il Figlio. E cos anzitutto le Scritture parlano di Cristo. E dunque solo
Lui sulla base delle Scritture annuncia il Disegno divino, che la
Volont paterna da Lui realizzata nella pienezza. Egli annuncia il principio, il centro, la fine, come solo Dio pu fare (cf. qui Is 41-45: solo
Dio conosce il futuro!). E Cristo come "il Signore" garantisce insieme
la Legge santa come immutabile, e quale Profeta divino, attraverso
l'insegnamento, le parabole, i discorsi, e non da lontano, ma sempre da
vicino, personalmente, ne mostra la realizzazione, quale Disegno irremovibile del Padre, e dona ai discepoli la missione di proseguire questa
realizzazione.
200

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

L'accostamento totale al Padre sottolineato anche dal relativo distacco di Cristo da tutto e da tutti, abilmente redatto da Matteo. Questo
Ges che si fa presente sempre a tutti, in specie ai pi necessitosi, il
medesimo per non comparabile con nessuno. Neppure con le principali figure profetiche dell'A.T. Tantomeno con le autorit del suo tempo, sia romane sia ebraiche. N con le folle anonime, e neppure con i
discepoli nominati e scelti. Egli si pone come Colui che solo conosce il
Padre, e che solo il Padre conosce, e conosce solo Lui; e solo Lui fa conoscere il Padre a chi vuole.
Cos il Centro a cui tutto deve riferirsi: a) gi da Bambino si deve andare a Lui, ed adorato dai Magi (2,11); b) riceve la prostrazione adorante come Kyrios (ben 13 volte); e) la Meta, occorre sempre andare a lui, "accostarsi a lui"; Paolo dir poi "aderire a Lui" (cf.
1 Cor 6,17).
La sua Potenza divina tale, cos "facile", che opera con la sola
parola, e miracoli grandi, "subito", per cui "guarisce tutti". La sua anche Parola di comando, alla quale solo si obbedisce, da parte di tutti, in
cielo come in terra, e dunque dagli stessi demoni, e dalle folle, e dai
guariti da Lui, e tanto pi dai veri discepoli suoi.
E se gli si deve obbedire, allora si seguiranno i suoi itinerari anche
senza sapere il loro esito. La sola Guida allora Lui. Quanto da fare
dipende da Lui. Questo visibile in specie in relazione ai discepoli, dei
quali dispone. Dispone della loro vita in totalit, di quanto crederanno,
opereranno, spereranno, essi e la loro comunit. Quando li invia, trasmette ad essi la sua missione stessa, quella ricevuta in esclusiva dal
Padre; e mentre vanno li dirige, si rende ad essi sempre presente
(18,20; 28,20, testi esemplari). E li accompagna anche con l'esortazione divina suprema, che risuonava gi nell'A.T.: vigilare sempre per la
Venuta divina.
La sovranit della Parola divina di Cristo percepibile nella formula
ripetuta, anch'essa dell'A.T.: "Io parlo a voi". Dio che parla. Che
fonda sulle Scritture e sulla loro attuazione tutta la sua dottrina: insomma, sul Disegno eterno del Padre e su quanto Egli ritiene di spiegare ai
discepoli per la vita eterna. La sua dottrina deve cos essere letta in una
triplice visuale, molto difficile da essere afferrata come globalit e non
come tripolarit sconnessa: a) la pi forte radicalizzazione della Scrittura, dunque della Legge e dei Profeti, e della fede d'Israele nel suo Signore; b) per cui davanti alla lettura corrente della Scrittura, e la sua
messa in pratica umana, porta insieme continuit, rottura e superamento infinito; e) sempre nella disposizione continua di accettare, contemplare ed attuare la Volont del Padre.
Di necessit, allora, Cristo il centro dell'Economia del Padre, e lo
sempre con lo Spirito. In un parola, il Centro del Regno del Padre.
201

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

II Regno perci il nucleo forse pi consistente dell'insegnamento di


Cristo, di cui l'Annunciatore unico. Lo fa con la parola, ed i 6 discorsi sono grandi sintesi ed affreschi del Regno. Lo fa con i prodigi,
e questi sono operazioni progressive di presa di possesso del Regno
medesimo annunciato. Del Regno da la legislazione finale, che la
Legge santa ed insieme tutto il suo insegnamento, tutto il suo operare,
per cui porta anche "tutta la Giustizia" del Regno, da Lui adempiuta e
comunicata.
Il Regno che annuncia e realizza perci "presenza". Esso sta gi
qui, con Lui e con lo Spirito (12,28), tuttavia deve essere conquistato
(1.1,12). dono portato dal Figlio dell'uomo (16,28), ma con il Giudizio (24,42-44; 25,31-46). Dunque deve essere atteso e desiderato
(24,43-44). Postula drammaticamente una decisione, quella della conversione del cuore irreversibile alla Volont divina, una decisione che
porta ad essere "perfetti come il Padre" (5,48). Cristo mostra alcune fasi della realizzazione del Regno. Ne parla con "autorit" divina, espelle
i demoni e compie i miracoli, rimette i peccati che lo ostacolano, forma
il nucleo nuovo per il Regno, i discepoli, li assiste fino alla fine
(28,20), da ad essi la medesima "autorit" sui demoni (10,7). Ne preannuncia i "segni" potenti, gli eventi cosmici dove briller il "Segno del
Figlio dell'uomo" che viene nella gloria del Regno (24,27.30).
E tuttavia, si chiedevano i contemporanei, come noi, che cosa il
"Regno di Dio"? il Regno dei cieli, metafora che indica che Dio
stesso, come lo Cristo con lo Spirito (12,28). una Realt, che gode
dell'annuncio dell'"Evangelo del Regno", indicata come "il Mistero
del Regno", ormai rivelato. eterno, ed ha un inizio nella Comunit
terrena dei discepoli. trascendente, ma unisce il Cielo alla terra.
promesso per la "fine", e invece sta anche "qui". come un "Luogo"
dove "si entra", ma dopo la vittoria sulle potenze avverse.
Infatti si oppone alle "tenebre" (8,12; 22,13; 25,30), il regno di satana (13,36-43); alla perdizione finale (7,13), alla gehenna che distrugger la persona umana che rigetta Dio (10,28; e 5,22.29; 18,9),
per cui si ha un "fuoco distruttore" (3,10.12; 5,22; 7,19; 13,42,50;
18,8.9; 5,41).
E tuttavia in positivo il Luogo in cui si entra (5,20; 7,21; 18,3), in
cui si giunge (16,28), da cui si esclusi eventualmente (8,12;
13,42.50). la Realt finale infinita (24,3.27.37.39). Che dona la rigenerazione ultima, lapaliggenesia (19,28), la divinizzazione (13,43). Il
Regno la Vita divina (7,14, difficile da conseguire; 18,9; 19,17;
25,46), donata come ricompensa ai "benedetti" (6,4; 16,27). filiazione divina donata (5,5-9). il Trono della Gloria divina (19,28; 25,31).
la stessa Gioia divina del Signore eterno (25,21.23). il Convito
gioioso eterno (8,11-12). Come conseguimento, paragonabile alla
202

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

messe (13,24-30), al tesoro (13,44-45), alla perla preziosa (13,46), alla


rete per la pesca abbondante (13,47-48).
Di esso sempre possibile il conseguimento, poich fu preparato
per questo (25,34); deve essere cercato (6,33), ma per farsene trovare;
si eredita pienamente (25,34), poich appartiene ai "beati" (5,3.10).
Il particolare rilievo che Matteo conferisce ai miracoli del Signore
visibile da diversi fatti. Anzitutto li pone secondo il Disegno divino
immutabile, e perci in continuit con l'A.T.; poi, secondo la legge del
N.T., anche in rottura con l'A.T., per la Persona da cui provengono; e
quindi in superamento per il medesimo motivo, data anche la potenza
in cui avvengono, la misericordia che li produce e l'era nuova da cui
sono caratterizzati. Poi letterariamente Matteo per dare pi accentuazione, redige una sezione, i cap. 8-9, in cui raggnippa i miracoli, anche se altri ne pone lungo la narrazione. E dovutamente cita anche le
Scritture, come in 8,17; 12,15-21, rifacendosi al Servo (Is 42,1-4),
mentre in 11,2-6 rimanda adIs 28,18-19; 35,5-6; 61,1, il Re messianico
con lo Spirito, testi messianici di alto valore. Matteo sottolinea anche
la divina misericordia che si esplica nei miracoli (9,10-13a, che rimanda alla Misericordia esigita da Os 6,6), e riversata adesso sui peccatori (v. 13b). Poich tale misericordia richiesta a Lui, e da Lui concessa (15,22; 20,30-31), e con essa invia i discepoli (9,36), conferendo
ad essi la sua exousia, la potest divina in vista del donare la misericordia (10,1.7-8).
Qui si origina la sua missione, su questo essa si adempie. I discepoli
ne sono gli incaricati. Si comprendono allora i 3 comandi del Signore
in Mt 28,19-20: a) adempiere l'Israele di Dio, che sar un "popolo di
popoli", tutte "nazioni discepole" del "Signore Unico"; b) battezzare le
nazioni, per conferire ad esse l'inizio e la vita nella Triade santa; e) insegnare continuamente tali nazioni, in una formazione perenne che ha
come oggetto l'unica Dottrina del Signore, il quale si far presente ai
discepoli "fino alla fine".
d) I discepoli del Signore, uomini nuovi
II Signore solo, sovranamente, "fa" i discepoli "suoi". Non si suoi
discepoli come per una scelta della vita che parta da impulsi umani. Il
discepolato del Signore vocazione divina, e donata gratuitamente,
mai meritabile.
Per questo il Signore si manifesta a tutti, ed compreso dai pochi,
quale Sapienza divina discesa in mezzo agli uomini (cf. 11,25-30), il
Profeta divino potente in parole ed in opere, il Servo sacerdotale profetico regale sofferente (12,15b-21, che rimanda ad Is 42,1-4, con lo Spirito di Dio), il Maestro ultimo, definitivo (5,17-48). Si presenta con la
"sua" missione divina, ricevuta solo dal Padre nello Spirito Santo (al
203

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Battesimo), "confermata" nella Trasfigurazione, dichiarata nella piena


luce della Resurrezione (28,19).
Egli passa per la Galilea, per citt e villaggi, per la Giudea, giunge a
Gerusalemme, dovunque chiamando e raccogliendo discepoli. Non si
tratta di masse imponenti. Anzi la scelta dei discepoli severa e selettiva. Anzitutto sceglie solo Ebrei, fatto da tenere sempre presente. Poich noi, rigettando ogni forma insidiosa di antisemitismo che sempre
satanico, demoniaco e diabolico, dobbiamo accettare "una certa ebraicit di Ges", della Chiesa, dei discepoli, dell'Economia della salvezza.
Dobbiamo in sostanza diventare Ebrei. Sentirci l'Israele di Dio, l'unico
popolo santo del Dio Vivente.
La scelta singolare cade solo su "Dodici" (10,1-4), anche se ampliata poi su tanti altri, e deve essere estesa quindi a "tutte le nazioni"
pagane (28,19-20). Vocazione e scelta hanno come scopo formale quel
"conoscere il Padre ed il Figlio" (11,27), che dono di grazia esclusiva
(ivi). Poich il Signore attrae: "Venite a Me" (11,28), promette il Riposo
divino (11,28; cf. Gen 2,2-3; e la teologia dell'epistola agli Ebrei). Ma
prima impone il giogo suo, la Legge dello Spirito Santo, giogo soave e
leggero, gioioso, in questo facendo degli uomini peccatori i suoi
discepoli: "Imparate da Me mite ed umile di cuore" (11,29). richiesta dunque per il discepolo l'obbedienza totale e volontaria, docile,
volenterosa, che in una parola paolina chiamiamo "adesione" alla Persona del Signore; cf. il kollomai nuziale di 1 Cor 6,17, "incollarsi" a
Lui per diventare con Lui l'unico Spirito, frase grave di conseguenze
straordinarie.
Ed ecco allora, mossi dal Padre (16,17), che dona per questo il suo
Spirito, i discepoli "si accostano" al Signore. Il verbo prosrchomai,
avvicinarsi, accostarsi, normale in s, ma l'uso che ne fa Matteo tipico, talvolta accompagnato dalla genuflessione e dall'adorazione. Esso indica che Cristo Centro e Meta a cui si deve andare per ricevere la
Rivelazione, in pratica del Padre nella sua Persona "mite ed umile di
cuore". Cos non sar male tenere sotto l'occhio la maggior parte dei
passi dove Matteo usa questo prosrchomai, "accostarsi" al Signore.
Anzitutto e soprattutto applicato ai discepoli; e qui anzitutto e soprattutto, va sottolineato con forza, applicato alle Discepole fedeli, le prime che ricevano la Rivelazione totale, la Resurrezione. Se il Risorto si
fa ad esse incontro, ecco le Discepole "accostarsi, abbracciarne i piedi,
adorarlo" (28,9). Di qui si concepisce agevolmente quale sia l'ingresso
del discepolo al Signore, in tante occasioni della sua Vita: prima del
"discorso della montagna" (5,1); quando chiedono iUsenso della parabola del Seme della Parola (13,10); e della parabola della zizania
(13,36); quando gli chiedono di licenziare le folle, invece di dare ad esse il pane, e Ges moltiplica pani e pesci (14,15); quando i discepoli ri204

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

feriscono dello scandalo delle parole del Signore sulla "tradizione


(umana) degli anziani" (15,12); quando lo pregano di fare'qualche cosa
per la Sira-fenicia che li importuna (15,23), quando gli chiedono perch non poterono guarire il ragazzo lunatico (17,19); quando gli chiedono "chi sia il pi grande nel Regno dei deli" (18,1); quando Pietro
gli chiede quante volte sar da perdonare il fratello che pecca (18,20);
quando i discepoli gli fanno ammirare il tempio prima del "discorso
escatologico" (24,1) e gli chiedono quando avverranno gli eventi finali
(24,3); quando gli chiedono dove prepareranno la Pasqua (26,17).
Dentro questa spessa visitazione resa al Signore, si pone 1'"accostarsi" di chi vede lui come il Centro nuovo della loro vita. E cos con
il medesimo prosrchesthai, vengono a lui i malati (8,2, il lebbroso;
8,5, il centurione per il suo servo; 9,20 l'emorroissa; 9,28, i due ciechi; 15,30, la grande folla di malati; 17,14, il padre del ragazzo lunatico; 21,14, i due ciechi di Gerico). Chi chiede una guarigione, che si
tramuta invece in resurrezione, Giairo, padre della fanciulla (9,18).
Chi lo ama e gli rende omaggio singolare ungendolo (26,7, la donna
di Betania). Chi lo considera, anche se a torto, il Centro da cui scaturiranno "favori" di governo (20,20, la madre dei figli di Zebedeo). E
chi lo considera il possibile Centro, se le condizioni non saranno gravose (19,16, il giovane ricco). E finalmente chi lo interroga se sia
"Colui-che-viene", e quale sia la sua disciplina, i discepoli del Battista (9,14; 14,12).
Si accostano a Lui anche lo scriba desideroso di seguirlo (8,19), e
farisei, sacerdoti e sadducei, per provarne dottrina e prassi (15,1; 16,1;
19,3; 21,23; 22,23)..
Se i testi del prosrchomai si pongono in ordine, risulta anche questo quadro sconvolgente:
a) accostamento primario:
- le Discepole fedeli; posto alla fine dell'Evangelo: 28,9;
- gli Angeli del Signore; posto all'inizio dell'Evangelo: 4,11;
b) accostamento dei discepoli: al centro, tutti i testi adesso citati;
e) accostamento di morte:
- Giuda e le folle armate al Getsemani; posto alla fine dell'Evangelo:
26,49-50; per "fine" intendiamo qui la Conclusione divina, la Croce
e la Resurrezione;
- il demonio tentatore mortale; posto all'inizio dell'Evangelo: 4,3; ossia prima della Manifestazione pubblica, cf. vv. 12-17.
205

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Si ha la figura letteraria dell'"inclusione". Tutto l'Evangelo dunque


narra come tema importante 1'"accostarsi" a Ges, termine del discepolato positivo, o negativo.
Nel discepolato positivo si trova la richiesta esigente di credere in
modo previo ad ogni altra azione. Credere in lui. Il "credere" biblico,
cos diverso dal nostro sciatto linguaggio moderno, non primariamente intellettuale, ossia adesione a punti dottrinali, i quali sono importanti,
ma conseguenti. invece l'adesione con l'intera vita al Signore. anzitutto e soprattutto un atto d'amore che apre la via al resto. previo:
dunque proprio dei "piccoli" del Regno (18,6); non sta "dopo" qualche "segno" miracoloso, come discendere dalla Croce (27,42). l'adesione d'amore che significa la rinuncia totale, quella che tutti noi abbiamo operato irreversibilmente al santo e divino battesimo, la aptaxis, la
"rinuncia" totale, che porta appunto alla syntaxis, 1'"adesione" totale, il
formare "Uno" con Cristo, "unico Spirito con Cristo", completer Paolo (1 Cor 6,17).
Ed ecco l'"Uno" in azione. Chi si accostato, chi ader a Cristo, dovr porsi alla sua "sequela", seguirlo sempre, proprio come Lui segue i
suoi discepoli (18,19-20; 28,20), fino all'eternit. Lo seguir come unico Signore nella povert (5,3; 6,19-21; 19,23-26), quella concreta, ossia dovuta alla rinuncia ed alla spoliazione di se stessi la pi totale, non
"spirituale" se con questo termine si vuole oppore al "materiale", ma
materiale-spirituale, donata dallo Spirito Santo (19,21; 23,8-12). Lo seguir nelle afflizioni, le thlipseis, fino a quella megl, grande, finale
(5,4 e 24,21). Lo seguir nelle sofferenze non cercate, ma, se venute,
tuttavia dovutamente accettate per amore di lui, il Servo sofferente
(10,17-22; 16,24-26). Lo seguir nella fame e nella sete della sola Giustizia del Regno (5,6). Lo seguir nell'umilt (18,1-4) e nella connessa
mitezza (5,5) e nell'acquisita misericordia come quella del Padre e di
Cristo stesso (5,7). Lo seguir nella purezza del cuore, il che significa
avere gi rimossi tutti i diaframmi impuri, creaturali, che impediscono
l'adesione al Signore e l'amore ai fratelli, fino a contemplare il Volto
divino (5,8). Lo seguir nella "pace da operare" per s e per il prossimo, termine cos tragicamente difficile, come si vede ancora oggi e forse sempre (5,9). Lo seguir nelle persecuzioni inevitabili se si segue sul
serio il Signore, il Perseguitato divino (5,10-11). Lo seguir nella carit, l'amore gratuito totale (25,31-46). Lo seguir accettando di essere
finalmente il sale della terra e la luce del mondo, ossia la carit operante
che porta chi contempla le "opere buone" a dare gloria al Padre (5,1316). Lo seguir al solo scopo di servire, non essere serviti, poich Egli
venuto per questo, il Servo, il Diacono (20,24-28).
Lo seguir insomma, e senza parlare ma anzi benedicendo, fino sulla
Croce santa, vivificante e divinizzante, immortale e vittoriosa
206

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

(16,24), la vera divina Gloria in mezzo al mondo miserabile e perduto.


Ma nulla di tutto questo solo sforzo umano. Questo sforzo di certo
richiesto e necessario, per solo come risposta alla sovreffluenza della
Grazia, che scelta, vocazione, formazione. Cristo forma i suoi
discepoli, da uomini vecchi, sulla china del non-senso della loro vita,
fino a farne uomini nuovi, trasformati. E li forma a) con la Parola trasformante; vedi qui i 6 discorsi grandi, ma poi tutte le parole del Signore; b) con l'esempio singolare ed efficace, per divenire come Egli li
vuole, "come Me" (11,29); e) con la Grazia dello Spirito Santo e della
sua continua Presenza (ancora 18,19-20 e 28,20).
Il Dono indicibile di questa Grazia che viene dal Padre esige decisioni drammatiche da parte dei discepoli. Ed anzitutto la pi difficile, la
"conversione del cuore", il mutare irreversibilmente mentalit, desideri,
scopi, azioni. La prima parola del Signore nella sua Manifestazione che
la sua Vita pubblica precisamente anche l'ultima: "Convertitevi,
poich si avvicin-sta qui il Regno dei Cieli!" (4,17). la prima parola
del suo "Programma battesimale" ricevuto con lo Spirito della conversione.
La seconda decisione egualmente difficile: l'ascolto-obbedienza e
la fede. Ascolto obbedienziale alla Parola sua, alla Rivelazione sua, che
ha come contenuto il Padre (ancora 11,25-30), confortato dal fatto clamoroso che solo i discepoli "vedono ed ascoltano", non i Profeti e Giusti dell'A.T. (13,16-17; cf. qui anche il parallelo Ebr 11,39-40; testi a
loro volta drammatici, dolorosi, la Rivelazione donata non a chi la
predic, l'attese e la pratic come Promessa, ma a chi non la merita e
come gratuito Adempimento). E per si pu ascoltare e obbedire e praticare solo nell'umilt, che riconoscere sempre la propria miseria nella condizione attuale, ed il Tutto che viene dall'Alto.
Solo cos agisce l'altra esigenza richiesta, l'obbedienza a Cristo non
come ad un "messaggio" nuovo qualsiasi, ridicolmente "fatto cadere
beli'e pronto dal cielo" nella lingua praticata per essere comprensibile
(cos altre religioni). Ma obbedienza a Cristo in quanto, e solo in quanto
obbedisce filialmente alla Volont del Padre. Entrare in tale nuova
obbedienza mutare dunque la propria volont umana, e finalmente rivolgerla al Bene che Cristo desidera per tutti gli uomini. Paolo poi codificher questo in un tratto lapidario analogo: "Fratelli, diletti miei,
come sempre obbediste... con timore e tremore operate la salvezza di
voi stessi: Dio infatti l'Operante in voi sia il volere sia l'operare in vista e\YEudokicT, il suo divino Compiacimento salvifico (FU 2,12-13).
Obbedire, volere, operare, va riconosciuto solo cos: "tutto Grazia". Il che significa un'altra esigenza durissima, la rinuncia alla propria giustificazione, alle opere che si crede che ci rendano accetti a Dio.
Ancora molti di noi credono a questo, nonostante Paolo, nonostante l'i207

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA ,

nizialmente giusta querela di M. Luter. Le opere possono solo seguire


la grazia della fede, e la fede si dimostrer accettata nelle opere che
debbono seguirla.
A questo punto viene l'esigenza divina che i discepoli rompano con
la vecchia via. Se serve, anche con la propria cultura in quanto possa
impedire la conversione, l'adesione, la fede, l'obbedienza a Cristo. Si
tratta spesso solo di cultura in quanto "tradizioni degli anziani", che sono solo umane, guardano l'egoismo ed il benessere, sono ritualizzate
ed imprigionano. Matteo qui molto meno violento di Marco (Mt 15,120 e Me 7,1-23). In realt Cristo porta la sola Tradizione che salvi,
quella divina, quella che si origina direttamente dal Padre, mediata
solo dal Figlio, si svolge solo nell'opera dello Spirito Santo. Quella che
donata tutta e per intero ai discepoli, affinch questi tutta e per intero,
e dunque in fedelt, la portino al mondo. un discorso che vale oggi in
modo acuto, soprattutto se si tratta di "culture" e di "adattamento" senza avere nessun senso dell'Evangelo di Cristo.
Viene ancora un'esigenza dura. Lasciarsi rigenerare. Matteo parla
di paliggenesia, rigenerazione finale (19,28), che consiste nella resurrezione beata, nella gloria. Ma che "rigenerazione" senza contemplare prima quella di Cristo stesso? La cui "genealogia" apre come
una cascata di eventi, come l'irruzione del Divino nell'umano la narrazione della sua Vita storica (1,1-17), la cui Nascita verginale, avvenuta nel Silenzio divino del Mistero adorato (1,18-25), apre uno spiraglio nel Disegno eterno del Padre: che il Figlio stesso il Generatoin-eterno ma "rigenerato" nel tempo: morto, risorto, glorificato per
l'eternit. Perci per i discepoli, in vista della medesima sorte del lo ro Signore, occorre lasciarsi fare "piccoli", come Lui, l'unico "Piccolo" del Regno (18,1-5; 19,13-15). Questi sono i "perfetti come il Padre" (5,48; cf. il parallelo Le 6,36: "misericordiosi come il Padre
mio"). Quelli che imitano il Padre nel Figlio, ma anche il Figlio nel
Padre, vivendo tutte le "beatitudini" (5,3-12). E se il Padre conosciuto solo dal Figlio, e da quanti il Figlio ammette a tale divinizzante
conoscenza (11,27), si crea una relazione di parentela autentica con
Dio, talmente totale, che i discepoli dovranno diventare "madri e fratelli" di Ges, operando la Volont d'amore del Padre (12,49-50).
Trasformazione irreversibile, se altre mai.
Decisione immediata, globale, da prendere urgentemente, quella di
lasciarsi fare per cos dire "recettori" del Mistero del Regno in quanto
fu donato dal Padre (13,11). H Regno da portare ai fratelli, alle nazioni pagane. Esso, "visto ed ascoltato" (13,16-17), soprattutto per "compreso" fino in fondo (13,51), ha necessit che i discepoli diventino
"scribi sapienti del Regno" stesso (13,52), recettori anche del Tesoro di
Dio nascosto ma adesso rivelato e donato, il quale per grande parte
208

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

consiste anche nell'intelligenza e nella comprensione del Regno divinamente donata il Signore dona la Rivelazione e la sua interpretazione (cf. qui l'anticipo di Dan 2,19-23; e l'attuazione di Gv 14,16-17;
14,27; 15,26-27; 16,7-11; 16,13-15, le 5 volte simboliche (5 = totalit)
della promessa dello Spirito Rivelatore e Docente). La quale dovr essere vissuta, ed essenzialmente operata nel mondo.
La decisione finale da prendere di essere sempre vigilanti. Vigilare
attivo, operante febbrilmente, "come se il Signore non venisse (cf. il
suo "tardare" di 25,5) e come se il Signore venisse subito (cf. il suo
"venire come un ladro", improvvisamente, 24,42-44). I servi vigilantioperanti, che cercarono sempre il Signore senza mai trovarlo perch
non possono farlo da soli, debbono tuttavia "lasciarsi trovare" da Lui, e
durante le loro "opere della Giustizia" divina; tale anche la teologia
del Cantico dei Cantici.
Questi discepoli, questi "uomini nuovi" in senso reale, sono gli incaricati e portatori della missione del Signore. Meglio, incaricati di portare il Signore con la "sua" missione. Questo fatto si pu contemplare da
diverse visuali. Ma se noi qui abbiamo sempre privilegiato la "lettura
Omega" come la pi completa e vera, allora possiamo vedere come la
missione si svolga in due fasi:
a) a tutte le nazioni: 28,9, testo fondamentale, con richiamo plurimo
a Dan 7,13-14, il Figlio dell'uomo; a Is 42,1-4, il Servo con lo Spiri
to; Me 16,15 usa la formula analoga "l'Evangelo a tutta la creazio
ne". Alle nazioni immerse nella tenebra del paganesimo, i discepoli
porteranno:
- l'insegnamento del Signore, l'Evangelo annunciato, spiegato, che
"far discepole" le nazioni (verbo mathtu), discepole del Signore:
28,19a;
- il battesimo nel Nome Unico della Triade Santa: 28,19b;
- l'ulteriore insegnamento, "custodire quanto comand" il Risorto:
28,20a; e questa l'obbedienza finale, salvifica;
- tutto questo garantito dalla Presenza divina del Signore: 28,20b;
b) ad Israele solo: 10,5-6, da tramutare in popolo discepolo-missiona
rio dell'Evangelo. Si ritrovano i medesimi elementi:
- l'insegnamento del Signore: 9,35, l'Evangelo del Regno, spiegato dai
discepoli come i "profeti" da ricevere: 10,8;
- la preparazione al Regno, il cui inizio il battesimo: 10,8;
- l'ulteriore insegnamento: nella pace dell'ascolto: 10,13.24-27.32.4042; e questa l'obbedienza all'Evangelo ricevuto;
- tutto questo garantito dalla presenza divina del Signore, che adesso
si esplica come la medesima sua Exousia, l'Autorit divina che copre
209

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

con potenza tutto l'annuncio e tutte le opere dei discepoli se sono secondo il Signore: 9,35 e 10,1.
Lasciamo per ultima la nota dominante, quella che dopo la scelta e
la vocazione e la formazione sigilla finalmente tutti i veri discepoli del
Signore, proprio a partire dal loro nucleo, i Dodici, adesso Pietro e i
Dieci per la scomparsa di Giuda: l'annuncio della Resurrezione che essi
debbono continuamente ricevere dalle Donne fedeli: Mt 28,7; cf. Me
16,7; Le 24,8-10.
A tale Annuncio, l'unico Annuncio della salvezza avvenuta nella divina pienezza, sono destinati tutti i discepoli del Signore. Mediante essi, e per sempre, tutte le nazioni della terra.
e) "La m/tf Ekklsia"
La Comunit apostolica un problema moderno che in Matteo ansiosamente ricercato e discusso. Si parla facilmente di "Chiesa di Matteo". In sostanza, e semplificando forse troppo, si ipotizza poich
solo di ipotesi letterarie e storielle si tratta, scavando nell'archeologia
dei testi che la "Chiesa della storia" in Matteo non sia ormai pi
raggiungibile; si pu solo parlare di "Chiesa della fede", analogamente
all'irraggiungibile "Ges della storia", che ci fa contentare del "Cristo
della fede". La fede crea modelli della sua rappresentazione. Matteo
non poteva fare altrimenti; egli doveva dare la "sua" visione di Chiesa,
con sovrana trascuranza degli aspetti pi drasticamente storici, e risalenti al Signore. Per procedere a questo, alcuni, armati di ingegno e di
molta fantasia, e non curandosi delle enormi contraddizioni di ogni ultima teoria rispetto a tutte le altre, debbono postulare previamente che
anzitutto Matteo riflette lo stato di una comunit tardiva, comunque oltre l'anno 80; una comunit in crisi generazionale di fede e di fervidit di opere; Matteo, scegliendo il materiale della tradizione di cui disponeva, avrebbe scelto solo quello che avrebbe fatto risaltare tale stadio tardivo, e tale stato di malessere; la sua narrazione sarebbe quindi il
prodotto delle necessit "catechetiche" della comunit del suo tempo.
Alcuni tratti poi sarebbero in aperta polemica con Luca, e molto di pi
con Paolo.
Lasciamo le ipotesi alla loro elaborazione tuttora corrente, e forse
destinata a non raggiungere nessun vero risultato utile, come confessano molti studiosi, che denunciano la crisi della critica moderna. Restiamo ai dati sicuri.
Matteo dal suo scritto mostra l'inizio (anni 30-40) di una Comunit
fondata dal Signore, certamente di origine ebraica, che si usa definire
"giudeo-cristiana" in quanto ormai aderente per sempre al suo Fondatore. Diversi semitismi di Matteo sono riscontrabili, come si detto; an210

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

che diversi palestinismi, come lo splendido "le pecore perdute della casa
d'Israele" di 10,6. Una Comunit tuttavia dalla spinta conferita dal
Signore stesso, che ormai proiettata verso l'apertura universale, "tutte
le nazioni" (28,19). Questo la pone in una situazione drammatica verso
Israele. Essa ha coscienza che esista un "unico Israele di Dio", quello
dell'unico Disegno divino. Dunque con l'Israele storico forma una singolare unit, che frattura insieme, ed superamento. Esiste un'unica
lettura dell'A.T., un unico culto al Dio Vivente, un'unica speranza di
salvezza. Eppure la lettura avviene in due modi, quello dei rabbini e
quello degli Apostoli, quest'ultimo mediato ormai per sempre da Cristo
Risorto. L'unico culto dato da due assemblee dell'unico popolo, tra di
esse divise ed ormai alienate. La salvezza avviene o nell'attesa senza
nessuna certezza di evento finale, oppure nella radicale certezza storica
che l'Evento si ormai verificato per sempre in Cristo Risorto con lo
Spirito Santo. Si deve allora parlare in Matteo, precisamente come in
Paolo, di sostanziale continuit, rottura e superamento con Israele; non
far altrimenti l'epistola agli Ebrei; n Giovanni.
Questa Comunit appare dunque in Matteo gi bene ordinata, ed originariamente stabilita dal Signore. Essa dotata di strutture portanti ed
inderogabili, i Dodici e gli altri discepoli della prima vocazione. Tale
struttura valida perch portatrice della medesima exousia, l'autorit
di cui gode il Signore stesso per averla ricevuta dal Padre, e che il
Dono battesimale dello Spirito Santo disceso su Cristo. La Comunit si
mostra in atto mentre esercita un primo ministero insieme con il Signore: annuncio del Regno, guarigioni, profezia ed esorcismi contro il demonio (7,22).
Alla Comunit sono raccomandate le esigenze e le decisioni di cui
si trattato poco sopra. Essa sar autentica ed efficiente solo se rester sempre unita nel Nome del suo Signore (18,19), il quale promette di stare per sempre con essa (18,20). Dovranno essere evitati per ci egoismi, primati, scandali, divisioni; e l'accidia, che la demotivazione della spinta della fede. Si dovr parlare solo l'essenziale, ed
invece si dovr molto agire per il Regno. Del Regno si dovr custodire
la Legge santa, ma riletta con la Giustizia divina del tutto adempiuta
dal Signore (3,15, testo battesimale fondamentale), in un tutto inscindibile (5,17-20).
Dal "discorso ecclesiastico", che una piccola "somma" che determina il comportamento in atto della Comunit, appare che il pi grande
sar come un bambino (18,1-5); e tutti debbono essere bambini, anche i
meno perfetti ed i meno dotati; un bambino la pecora perduta che deve essere ritrovata (18,12-14). Nessun discepolo deve scandalizzare
questi bambini che sono la Comunit, non dovr disprezzarli (18,6-11).
I mezzi sovrani sono dati dal potere che la Comunit ha e possiede da
211

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Cristo (9,6). potere disciplinare e penitenziale, correttivo in modo


fraterno (18,15-17), talmente longanime che perdoner "70 volte 7",
ossia sempre (teologia simbolica), oltre ogni immaginazione moralistica
(18,18.21-22), anzi in aperto paradosso nella parabola (18,23-35). La
Comunit astretta dalla medesima compatta liturgia (18,19-20), la
preghiera unitiva, per cui il Signore star con essa (18,19-20, testo tante
volte richiamato finora).
E finalmente si pone come luce sfolgorante della Comunit del Signore la pi difficile di tutte le azioni umane, codificata nella "regola
d'oro": "Questa la Legge ed i Profeti ossia: la Rivelazione divina
definitiva : quanto desiderate che gli uomini facciano a voi, voi fatelo
ad essi" (7,12). In parole moderne, si potr allora dire che "il bene tuo
non il bene mio, n il bene tuo il bene mio, ma nel momento che io
faccio solo il bene tuo, questo diventa anche il mio bene supremo".
il tratto "la Morte mia la vita tua" operato dal Signore.
La Comunit ha una struttura gerarchica, che risale alla sua stessa
fondazione: su Pietro e i Dodici (16,18-19; 18,18), con il potere supremo, espresso in formula ebraica antica, di "legare e di sciogliere" con
effetto ratificato e sanzionato dal Cielo stesso. Queste parole furono e
sono frutto di astiosa contestazione, e causa delle divisioni tra i cristiani.
Ma nessuno ragionevolmente, se legge i testi senza pregiudizi, disposto a negarne l'autenticit, la storia, la validit. Si tratta dell'umana
salvezza.
f) II tempo ed il modo della salvezza
Per Matteo il problema della salvezza si pone paradossalmente cos:
essa avviene gi qui, sulla terra nella vita degli uomini che accettano o
rigettano il Figlio di Dio; tuttavia essa ancora da acquisire, poich
porta all'eternit, alla quale tutti gli uomini per il Disegno divino sono
destinati. E deve essere acquisita in un lungo cammino, seguendo il Signore, operando la sua missione, ma prima ottemperando alcune condizioni essenziali.
Seguire il Signore e operare la sua missione anzitutto osservare
per intero la Legge santa del Signore, con tutti i suoi comandamenti
(5,18-19), ma nella perfetta giustizia (5,20), che l'amore verso Dio e
verso il prossimo (22,37-39), che condiziona "la Legge ed i Profeti"
(22,40). Si giunge dunque alla salvezza solo se si divenuti perfetti come il Padre (5,48, conclusione nel "discorso della montagna", e molto
significante), termini che rinviano al "Siate santi poich Io sono Santo"
di Lev 19,2.
Occorre rinunciare a quanto ostacola la salvezza, verso cui si deve
operare la rinuncia radicale (19,16-22, il giovane ricco, ma fattosi triste). E cos correre verso la carit; gli esegeti oggi rilevano che l'aspet212

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MATTEO

to salvifico della carit specialmente sottolineato da Matteo. In realt,


se ne sono visti aspetti rilevanti: la "regola d'oro", il "1 comandamento", il "beati i misericordiosi" come lo il Signore (5,7.9, e 11,29), il
perdono illimitato che deve portare alla riconciliazione (5,21-27;
6,12.14-15; 18,23-35), il vincere sempre il male con il bene (5,38-42),
l'amare i nemici per essere figli dell'Unico Padre, perfetti come Lui
(5,43-48). Infine, la scena del Giudizio finale di Matteo (25,31-46) mostra come la carit esercitata verso il prossimo, nel quale vuole identificarsi lo stesso Figlio dell'uomo, il Signore glorioso, tale carit realmente sacramento di salvezza, che ottiene la benedizione divina e l'eredit del Regno (25,34). Essa come si detto pi volte Dono di Grazia divina preveniente, concomitante e conseguente, che deve solo non
essere rifiutata per esercitare il suo effetto salvifico.
Essa perfetta carit in azione. un modo di vivere la Vita divina
del Padre: "siate perfetti come il Padre mio!". E si attua in molti modi,
tutti validi, tutti confluenti, nessuno escluso. La fede sono virt operanti, le "8 beatitudini", e non facoltative, ma obbligatorie, in quanto il Padre vede ed aspetta che dall'attuazione di quelle virt tutti gli uomini
vengano a dargli la gloria e siano salvati. Non si tratta di giustificare
l'attivismo rovinoso che agita spesso i cristiani, bens di far comprendere come tutto questo "fare" su cui insiste Matteo provenga dalla contemplazione della "Legge e dei Profeti", della carit da cui "Legge e
Profeti" dipendono, tratto esclusivo di Matteo. Ecco allora il "colui che
osserva la Legge nei comandamenti ed insegna a farli, il Padre lo chiamer grande nel Regno dei deli" (5,19).
Ed ecco a ripetizione l'obbligo di dare frutti (12,33-35); la condanna
secca del "dire e non fare" (7,21); la parabola dei due figli, che al Padre
dicono s e no, e rispettivamente uno non lavora, e invece l'altro, renitente, finalmente lavora (21,28-31); ecco la parabola dei talenti (25,1430). In ogni caso dell'"operare" per il Regno, per il Nome, Matteo introduce sempre la contemplazione costante della Volont del Padre.
Ma sembra che per Matteo questo non basti a portare alla salvezza.
Dall'insegnamento vivo del Signore egli, ed in questo raggiunge l'unanimit del N.T., che sta in unanimit con l'A.T. stesso, ordina la serie contemplativa delle opere da operare prima delle altre, anzi condizione per operare le altre verso il prossimo. Si tratta dell'elemosina
(6,1-4), mezzo sovrano per porsi in comunicazione con il fratello; della
preghiera (6,5-8), mezzo sovrano per porsi in comunicazione con il
Padre; e del digiuno (6,16-18), mezzo sovrano per porsi in comunicazione con se stessi, poich dal testo si pu bene derivare il senso del
"digiuno" come rinuncia non solo al cibo, ma a tutto il superfluo della
vita, come gli onori cos avidamente ricercati da molti uomini, che ne
hanno fatto tutta un'etichetta con titoli altisonanti, e cos gli agi, e cos
213

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

la corsa al riconoscimento ed al successo; questo "digiuno" lascia il


fedele con se stesso, lealmente, spietatamente, e lo rimette in possesso
di se stesso. Nella polemica critica, che provenendo da ideologia religiosa non pu essere serena, questi poveri versetti 16-18, replicati in
17,21 (il demonio di una specie radicale si caccia solo con preghiera e
digiuno) sono oggetto di eliminazione dal testo, vera ma strana contraffazione; non solo essi sono attestati dalla stragrande maggioranza
dei codici importanti, ma da Ges stesso fino a noi sono stata la pratica immutabile delle Chiese della vera Tradizione, quella che conservano la successione episcopale, il sacerdozio, i Misteri di istituzione
divina (i 7 sacramenti).
Tale Comunit, con questa disciplina, avviata da una situazione
descritta ad una vita da proseguire. Essa formata di uomini veri,
dunque peccatori. Nessuno dei chiamati perfetto per suo merito; se
risponder generosamente si lascer fare perfetto collaborando. I peccatori restano nella Comunit, che non per questo li rigetta; ecco allora
la pecorella smarrita e da ritrovare con ogni sforzo in 18,12-14, e il
commento del Signore: il Padre vuole che neppure uno se ne perda!
Per questi peccatori, in cui noi qui oggi ci specchiamo cos esatta mente, i mezzi della salvezza sono apparecchiati in numero abbondante e in potenza efficace. Sono i Misteri salvifici, alcuni dei quali
appena accennati: a) la Parola ascoltata che salva; b) il battesimo del
Nome che salva, esemplato sul Battesimo del Signore con lo Spirito;
e) la Cena del Signore (26,26-29), che dona il Giubileo dello Spirito
Santo, la "remissione dei peccati"; vedi qui anche Le 4,18-19 che cita
Is 61,1-10; Gv 20,19-23; d) la "penitenza", in quanto remissione dei
peccati da parte di Ges (9,1-7), che deve diventare prassi ecclesiale
dei suoi discepoli (18,18; e 16,19); e) la successione nell'opera del
Signore stesso, la consacrazione come la sua al Giordano, per lo
Spirito neiroperare per il Regno, operare in modo sacerdotale regale profetico e nuziale, che poi si chiamer 1'"ordine" sacro, linea tesa
della Successione apostolica e della Tradizione apostolica; f) il matrimonio, istituzione fondamentale della vita umana, innalzata alla dignit infinita del Disegno divino santificante, quello per Adamo ed
Eva adesso adempiuto dal Nuovo Adamo e dalla Nuova Eva (cf.
19,1-9, e la citazione di Gen 2,23-24; tratto che avr esplicitazioni
straordinarie nel N.T., in specie in Paolo); matrimonio come fatto salvifico, per cui il Disegno divino esige l'indissolubilit (5,31-32;
19,9), contro ogni ideologia e contro ogni sofisma di cristiani impazziti. Vedi poi l'Appendice I.
E ancora: tutto questo, quando Matteo, come si visto, pone un
grande equilibrio tra la vita terrena, faticosamente da conquistarsi, e i
tempi ultimi. Si deve operare per il Regno, non per la ricompensa. Ma
214

CAP. 8 - L'EVANGELOTETRAMORFO - LUCA

la ricompensa del Padre sar copiosa, sar l'Eredit divina stessa. Non
si opera per il Regno nel timore. Matteo qui tende a porre gli elementi
che corrono verso la maggiore responsabilizzazione di ogni discepolo.
Egli chiarisce che il discepolo che accetta di aderire al Signore fa parte
con il Signore, ed essendo il Signore con lo Spirito "il Regno", dunque
fa gi parte del Regno. Cos ogni opera per il Regno gi qui ha in se
stessa la sanzione positiva: operare gi essere ricompensato. Gli atti
salvifici gi sono salvezza, come gli atti della rovina gi sono rovina.
La fede, la speranza, la carit ormai gi in se stesse hanno aperto le
porte del Regno del Padre.
Grandioso come "Evangelo" di Dio, fascinoso come narrazione della
Storia salvifica vissuta dal Figlio d'Abramo, Figlio di David, figlio di
Maria, Figlio di Dio il Vivente, Matteo ebbe un immenso successo
nella tradizione di tutte le Chiese. Pi commentato del quasi relitto
Marco, ed in paragone anche pi di Luca e di Giovanni, esso impront
grande parte della catechesi viva della Chiesa di Dio, della sua predicazione, della sua esortazione morale. Tutto questo resta ancora oggi, pur
se il progresso e la diffusione delle scienze bibliche anche a livello deipopolo ci fanno comprendere che Matteo si dovr leggere con tutto il
N.T., con tutto l'A.T., con tutta la Tradizione della Chiesa. Allora produrr in noi, come Albero buono, il Frutto ottimo.
B. LUCA
L'autore dell'Evangelo che l'antica tradizione manoscritta fin dall'inizio ha posto sotto il nome di "Luca", si dichiara gi in apertura di far
parte non della prima generazione dei discepoli del Signore Ges Cristo Risorto, ossia quelli che dall'inizio parteciparono insieme con Lui
ai fatti salvifici della sua Vita storica, Lo videro ed ascoltarono di persona i suoi detti salvifici. Luca appartiene invece alla seconda generazione (per alcuni, ma non bene, alla "terza"). La quale, se cronologicamente successiva, tuttavia convive con la prima, le ossequiente,
"collabora" (verbo tecnico) con essa, ne diffonde l'azione, eventualmente le succede nei luoghi dove l'Evangelo stato predicato e dove la
Comunit del Signore stata impiantata.
1. Generalit su Luca
Luca il discepolo caro a Paolo, che lo menziona ripetutamente
(Col4,14; 2 Tim 4,11;Filem 24), se lo associa come "collaboratore" alle
fatiche apostoliche tra le nazioni pagane, e lo ammette a partecipare
anche alle numerose tribolazioni dell'Apostolo. Da questa situazione
215

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

egli ha anche derivato il suo desiderio di redigere un "Evangelo" per le


medesime nazioni, le quali secondo il Disegno divino rivelato da Cristo
con lo Spirito, erano da portare all'unica "Luce delle nazioni", la sola
che salva in grazia della fede dono dello Spirito Santo,
Scrittore fine, elegante ed abile, anche se talvolta con qualche caduta di tono, Luca organizza con libert e rara originalit il materiale
che ha ricevuto largamente dalla Tradizione ecclesiale formatasi nella
duplice fase, orale e scritta, e lo dichiara apertamente come sua intenzione redazionale nel celebre, ed oggi cos studiato "prologo" del suo
evangelo (Le 1,1-4), reduplicato anche nell'altro prologo, quello degli
Am" (1,1-2).
E gi con questo Luca suscita numerosi e difficili problemi per la
critica moderna, ansiosa di giungere archeologicamente agli strati primitivi di ogni scritto biblico. Da una parte Luca studiato nella "questione sinottica", che indaga sulla globalit dei rapporti reciproci di
Matteo, Luca e Marco, con le priorit, derivazioni e dipendenze, con le
connessioni ed accordi, ma anche con le autonomie e disaccordi. La
questione sinottica, ormai annosa, non vede soluzioni univoche n come generalit, n nei singoli punti. D'altra parte, Luca anche autore, e
pochi ancora ne dubitano contro l'antica tradizione unanime e contro
l'accordo generale dei critici, del libro degli Atti, che in un certo senso
si pongono come la prosecuzione e l'integrazione dell'Evangelo lucano
nella storia della Chiesa dei primi 30 anni.
La critica moderna intanto accerta con sicurezza che Luca ha a disposizione il materiale narrativo raccolto da varie "fonti", e su esso egli
opera selezione, distribuzione e redazione: dalla Tradizione orale, ossia
da personaggi della prima generazione ancora vivente, egli riceve molti
dati; quanto a schema ed a materiale principale, dalla Tradizione orale
e da quella ormai scritta dagli anni 35 d.C; riceve anche alcune "fonti",
sia in comune con il solo Matteo, sia una o pi fonti che possiede in
proprio, ben distinguibili anche schematicamente.
Cos, oltre ad alcune trasposizioni minori (forse 5), Luca spezza lo
schema comune in 2 punti principali, in 6,20 - 8,3, il cosidetto "piccolo
inciso", e soprattutto in 9,51 - 18,14, il "grande inciso".
Inoltre, Luca si diversifica dal materiale matteano e marciano, per
diversi motivi ipotizzatali: costumi palestinesi del tempo, che sarebbero stati meno interessanti, e forse anche poco compresi dai suoi lettori pagani, quale la polemica sul puro e sull'impuro (Mt 15,1-20);
come alcuni episodi urtanti la sensibilit dei medesimi lettori, ad
esempio la guarigione della figlia della Cananea con il detto sui "cagnolini" (Mt 15,21-28), la guarigione del cieco di Betsaida (Me 8,2226), la durezza dei parenti di Ges (Me 3,20-21), la maledizione del
fico (Me 11,12-14 e 20-24); come anche alcuni miracoli del Signore,
216

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

che a pagani di continuo investiti da guaritori ciarlatani potevano


sembrare in qualche modo connessi con operazioni magiche, ad
esempio nell'episodio della guarigione del sordomuto con la saliva e
l'espressione Effata (Me 7,31-37).
Di fronte ai doppioni, di necessit, frequenti in Marco, che deve
sempre spiegare questioni ai pagani, Luca in genere non ama la ripetizione, come ad esempio per le due moltiplicazioni dei pani e dei pesci
in Mt 14,13-21, e 15,29-39, delle quali ritenuta solo la prima: Le
9,12-17. Al contrario, si nota facilmente che Luca, che tanto venera le
Parole del Signore, non esita a riportarne i doppioni almeno in 16 casi;
e cos ad esempio riporta due "discorsi di missione" (Le 9,16 e 10,112), e due "discorsi escatologici" (Le 17,22-37 e 21,8-33, in quest'ultimo seguendo Mt 24,4-44).
Se schematizzato, il materiale proprio di Luca si presenta cos:
- 1,1 - 2,52,1'"Evangelo dell'Infanzia del Signore"; vi sono punti sin
golari, ma decisivi, in accordo con l'omonimo "Evangelo dell'Infan
zia" di Matteo (1,1 -2,23);
- 6,20 - 8,3, il "piccolo inciso", che tra l'altro riporta il "discorso della
pianura" (6,20-49), con il materiale essenziale del parallelo "discorso
della montagna" di Matteo (5,1 - 7,29); la guarigione del servo del
centurione romano (in comune con Matteo), la resurrezione del figlio
della vedova di Nain, il "libretto di Giovanni il Battista" (in comune
con Matteo), l'unzione da parte della peccatrice perdonata (in parte
in comune con gli altri due Evangelisti), le Donne fedeli al seguito
del Signore;
- 9,51 - 18,14, il "grande inciso", o "sezione perea", o "salita a Gerusalemme" (ma allora termina in 19,27), con numerosi discorsi del Signore in parabole e "catechesi" sulla formazione dei discepoli;
- 24,13-53, le apparizioni del Signore Risorto con la grande Promessa
dello Spirito del Padre.
Luca, come tanti autori greci classici, apre dichiarando di volere
redigere un resoconto storico della Vita del Signore. Il suo "prologo"
ali'Evangelo (1,1-4) qui molto importante. E l'enunciato della situazione di Luca e del suo modo di procedere. Alcuni prima di lui furono "testimoni" autentici, di persona, autorizzati del Signore, e si fecero "servitori della Parola" (vv. 1-2); Luca decide di condurre ricerche accurate fin dagli inizi, e di stendere cos un resoconto ordinato
sulla base della "tradizione" ricevuta (v. 3); egli vuole con ci risalire
al Signore stesso, meglio, alla "predicazione sul Signore", ricercando
la completezza; il fine che il destinatario dello scritto, Teofilo, riceva
la consapevolezza che la "catechesi" da lui ricevuta per diventare
cristiano certa e solida (v. 4).
217

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA


V

E questo il preciso programma di uno storico. Luca perci deve


unificare le fonti di cui dispone dopo l'accurata ricerca, ed organizzare
una sua cronologia ed un suo quadro geografico. La cronologia lucana, oggi cos studiata, va valutata tuttavia secondo le sue intenzioni,
non secondo le esigenze storiografiche moderne. Infatti Luca si preoccupa apertamente di inserire i fatti ed i detti della Vita del Signore nel
contesto della storia universale (le genealogie: 3,23-38), ed in quella
d'Israele e relativamente quindi in quella dell'impero romano (2,1-2;
3,1-2); si preoccupa molto meno, come pure gli sarebbe stato facile, di
offrire le date storielle "assolute", ossia per noi precise, il solo elemento che interessa la ricerca moderna, che cos, per da fuori, pu restare
delusa.
Quanto al quadro geografico e topografico, Luca ne ordina uno suo
proprio, ed in questo sta pi attento ai grandi "itinerari" del Signore, da
solo e con i discepoli suoi, quale "segno" della teologia che essi portano; e si preoccupa molto meno, come invece Marco e Giovanni, di descrivere accuratamente i luoghi della Palestina, e la successione precisa
dei percorsi.
Eppure, con tutto questo Luca fa storia vera del Signore, e fa teologia, e grande teologia, fedele dunque all'intenzione espressa nel
"prologo".
Per comprendere per l'intera opera lucana, letteraria e teologi ca, cos ingente, occorre considerare contestualmente, come fa la
maggior parte degli esegeti, il dittico prezioso che formano l'evangelo di Luca e gli Atti, i due momenti unitari e complementari della
divina salvezza in atto, la storia del Signore e la storia della primiti va
sua Comunit. Qui la cerniera dei due scritti sono il Signore e
Gerusalemme, soggetti singolari su cui opera lo Spirito del Padre. Il
Risorto e Gerusalemme, che occupano lo spazio della narrazione,
stanno al termine e culmine dell'Evangelo, e stanno egualmente, e
necessariamente, al principio degli Atti. L, il Signore annunciato e
nato dallo Spirito Santo, portatore della Parola della salvezza, che
ha radunato i discepoli, ha insegnato ad essi il Regno, ha operato
fatti prodigiosi, morto e risorto ad opera dello Spirito, ha promes so
il medesimo Spirito. Qui, il suo scopo ed il suo amore, la Comunit, a
sua volta annunciata e nata dalla Pentecoste dello Spirito, che vive
nel mondo e porta la Parola della salvezza, che condotta dagli
Apostoli e raduna nuovi discepoli al Signore, che porta il Regno
inaugurato da Cristo Risorto e dallo Spirito in forza del Convito,
che opera egualmente fatti prodigiosi, che perseguitata, ma opera
nello Spirito e dona lo Spirito pentecostale per il Disegno divino. Si
tratta cos di due aspetti dell'unica storia della divina salvezza sem pre in atto.
218

CAP. 8 - L'EVANGELOTETRAMORFO - LUCA

2. Lo schema di Luca
Come si insistito a proposito di Matteo (cf. sopra), il modo pi
proprio di leggere l'Evangelo di Dio la "lettura Omega", quella che
parte dalla completezza dei fatti, e cos pu interpretarli nella globalit,
dalla fine al principio, dal principio alla fine conosciuta gi. Il materiale di Luca se si vuole un approccio anzitutto teologico va disposto
idealmente cos:
A) la Resurrezione: 24,1-12
il suo complemento: le apparizioni del Risorto e la Promessa che
lo Spirito Santo: 24,13-53
la sua promessa: la Croce: 22,1 - 23,56
B)il "discorso escatologico": 21,5-36
C)l'ultimo ministero a Gerusalemme: 19,28 - 21,4
D)il ministero in Galilea: 3,1 - 9,50
E) la "salita a Gerusalemme": 9,51 - 19,27
F) T"Evangelo dell'Infanzia del Signore": 1,5 - 2,52
G) il "prologo" storico: 1,1-4.
Luca narra in ordine come il Signore stesso si presenta alle folle, ma
soprattutto ai discepoli che sceglie, chiama e raduna affinch Lo seguano. Anche lui, come Matteo (vedi qui sopra), per questi opera per cos
dire una catechesi "da zero" per quanto Lo riguarda: si presenta dapprima come il Profeta grande, promesso dall'A.T., ed atteso nei secoli, il
Maestro che insegna con autorit, l'operatore di prodigi potenti, umile
e mite, tenero verso i poveri ed i peccatori, l'annunciatore del Regno di
Dio che viene. Tuttavia, in salita ardua, con continui annunci di morte e
di resurrezione, in cui si presenta come la misteriosa figura del Figlio
dell'uomo, svela via via e per intero il Disegno del Padre; provoca cos
l'oscuramento del cuore, l'incompresione ed il rigetto ostinato, ed il
terrore e smarrimento dei suoi discepoli. Infine, il Disegno del Padre
appare in tutta la sua crudezza, nella sua fase preliminare, con la Croce,
dove il Signore appare come il Servo mansueto, il tipo assoluto del Servo sofferente, il supremo Testimone della Bont divina che si manifesta
"sotto specie contraria" alla logica degli uomini.
Dalla fase completiva, la Resurrezione, la prospettiva rovesciata,
da catechesi si fa "mistagogia": l'Evento adempiuto totalmente, adesso la spiegazione non pi preliminare ma completa; manca solo il
Dono dello Spirito ai discepoli. Perci il Signore Risorto, mistagogica219

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

mente spiegando le Scritture che parlano di Lui, Lo promette per di l a


poco. Se l'Evangelo termina cos, la sua visuale introduce di necessit
agli Atti, dove finalmente la Promessa narrata come diventata fatto
storico e sperimentato dai discepoli e dalle folle convertite dalla Parola
degli Apostoli.
In Luca, va avvertito, si nota di meno la struttura semplificata di
Marco, costruito in fondo su tre Eventi decisivi: il primo blocco la
predicazione e le opere del Signore a cominciare dal Battesimo dello
Spirito; la Trasfigurazione fa da cerniera necessaria; la Croce e la Resurrezione formano l'epilogo singolare e grandioso.
Si pu adesso dare lo schema di Luca in due quadri, globale e particolare seguendo Bda Rigaux.
SCHEMA GLOBALE DI LUCA
1,1-4: Prologo storico
1,5-52: "EVANGELO DELL'INFANZIA DEL SIGNORE"
3,1 - 9,50: MINISTERO IN GALILEA
9,51 - 19,27: SALITA A GERUSALEMME
19,28 - 21,36: MINISTERO A GERUSALEMME
22,1 - 23,56: PASSIONE MORTE SEPOLTURA
24,1 -53 : RESURREZIONE APPARIZIONI PROMESSA DELLO SPIRITO SANTO
SCHEMA PARTICOLARE
PROLOGO STORICO: 1,1-4
A. "EVANGELO DELL'INFANZIA DEL SIGNORE": 1,5 - 2,52

1,5-25: l'annuncio a Zaccaria sacerdote


1,26-38: l'annuncio a Maria Vergine
1,39-56: la Visitazione ed il Megalynei
1,57-66: nascita e circoncisione di Giovanni il Precursore
1,67-80: YEulogts, e la crescita di Giovanni il Precursore
2,1-20: la Nascita del Signore a Betlemme
1-7: Ges nasce a Betlemme
8-20: l'annuncio ai pastori e l'"Inno angelico"
2,21 : Ges circonciso 2,22-40: Ges presentato
al tempio
41-50: Ges al tempio tra i dottori
51-52: Ges e la sua "vita nascosta"
220

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

B. MINISTERO IN GALILEA: 3,1 - 9,50

a) Esordio: 3,1-4,13
3,1-6: Giovanni il Precursore inizia a predicare
7,14: le folle si fanno battezzare da lui 15-18:
preannuncia il "Pi Forte" di lui 19-20: Erode
cattura Giovanni il Battista
21-22: GES BATTEZZATO

23-38: sua genealogia


4,1-13: tentato nel deserto
b) Ges si manifesta: 4,14-5,16
4,14-15: inaugura il suo ministero in Galilea
16-30: predica di sabato in sinagoga a Nazaret
31-32: insegna con autorit
33-37: espelle un demonio impuro
38-39: guarisce la suocera di Pietro
40-41: guarisce molti la sera
42-43: lascia Cafarnao per il deserto
44: predica nelle sinagoghe 5,1-11 :
ammaestra le folle; la pesca miracolosa
12-15: guarisce il lebbroso, e molti altri infermi
16: si ritira a pregare
e) Cinque dispute: 5,17-6,11
5,17-26: guarisce il paralitico
27-32: chiama Levi
33-39: lo Sposo e il digiuno; il vino nuovo e vecchio 6,1-5: le
spighe di sabato, il Figlio dell'uomo Signore del sabato
6-11: guarisce l'uomo dalla mano secca
d) II "discorso della pianura", centro dell'annuncio: 6,12-49 6,1216: prega il Padre e chiama i Dodici
17-19: il Servo, il guaritore delle piaghe dei molti
6,20-49: il "discorso della pianura"
20-23: le beatitudini
24-26: le maledizioni
27-35: amare i nemici
36: essere misericordiosi come il Padre celeste
37-42: non giudicare affatto
43-45: l'albero si riconosce dai suoi frutti
46-49: mettere in pratica la Parola: la casa fondata sulla rupe
221

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

e) Le opere del Regno: 7,1-50


7,1-10: guarisce il servo del centurione
11-17: resuscita il figlio della vedova di Nain
7,18-35: il "libretto su Giovanni il Battista" 18-23: Giovanni
invia a domandare su lui: risposta sui fatti 24-30: Ges
testimonia sul Battista, e lo elogia 31-35: la parabola dei
bambini burloni e tristi
7,36-50: perdona la peccatrice, la quale "molto am"
f) Le parabole: 8,1-21
8,1-3: il seguito di Ges: i Dodici e le Donne fedeli 8,418: il "discorso di parabole" 4-8: il seme della Parola 910: il Mistero del Regno 11-15: spiega la parabola 16-18:
la lampada sul lampadario 19-21: "Madre e fratelli di
Ges": chi attua la Parola
g)Altre opere del Regno: 8,22-56
8,22-25: seda la tempesta sul lago
26-39: guarisce i due indemoniati di Gerasa
40-56: guarisce l'emorroissa, e resuscita la figlia di Giairo
h) Termina il ministero in Galilea: 9,1-17 9,1-6:
invia i Dodici in missione a predicare
7-9: Erode incerto su chi sia Ges
10-11 : i Dodici tornano a Lui
9,12-17: la "sezione dei pani"
12-17: la moltiplicazione dei pani e dei pesci
i) Intorno alla Trasfigurazione: 9,18-50
9,18-21 : Pietro confessa la fede messianica in Cristo
.
a vo a
22: Ges predice la Passione e Resurrezione per la l lt
23-25: il vero discepolo: la croce "ogni giorno"
26-27: il Regno di Dio viene
28,36: GES TRASFIGURATO

37-43a: guarisce il giovane lunatico


.
43b-45: predice la Passione e Resurrezione per la 2a volt a 9,4648: il "discorso ecclesiastico" 46-48: chi sia il maggiore nella
Comunit 49-50: non respinto l'esorcista estraneo
C. LA SALITA A GERUSALEMME: 9,51 - 19,27

a) In viaggio, e la missione dei discepoli: 9,51 - 10,24 9,5156: i Samaritani lo respingono perch va a Gerusalemme

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

57-62: la sequela del Signore esigente 10,1-12:


sceglie ed invia i 72 discepoli 13-15: minaccia le
citt di Galilea 16: "chi accoglie voi, accoglie Me"
17-20: i 72 tornano a Lui 21-22: il "Giubilo
messianico" 23-24: "beati gli occhi... beate le
orecchie..."
b) Per ereditare la Vita eterna: 10,25 - 11,13
10,25-28: per ereditare la Vita eterna
29-37: parabola del Buon Samaritano
38-42: accolto da Marta e da Maria
11,1-13: "catechesi sulla preghiera"
1-4: il "Padre nostro"
5-8: parabola dell'amico importuno ma esaudito
9-12: "chiedete, e vi sar donato" dal Padre
13: chiedere dunque lo Spirito Santo dal Padre
e) Ges e la sua dottrina dalle sue opere: 11,14-54
11,14: guarisce il sordomuto posseduto dal demonio
15-23: dunque espelle i demoni con il^Dito di Dio", lo Spirito
24-26: lo spirito impuro torna e vince
27-28: "Beata la Madre... Piuttosto, chi ascolta e osserva la Parola!"
29-32: il "segno del Figlio dell'uomo"
33-36: la lampada sul lampadario
37-54: polemica sul puro e sull'impuro
d) La dottrina ai discepoli: 12,1-53 12,19: guardarsi dal lievito dell'ipocrisia
10: la bestemmia contro lo Spirito Santo
11-12: lo Spirito Santo assister i discepoli
12,13-34: "catechesi sulla rinuncia e la povert"
13-15: contro l'avidit, radice del male
16-21: parabola del "ricco scemo"
22-31 : fiduciosi in Dio che provvede
32: il "piccolo gregge" che non deve temere
33-34: il Tesoro nei cieli 12,35-53:
"catechesi sul Ritorno del Signore"
35-39: vigilanza pronta, parabola del padrone che torna dalle nozze
40: stare sempre preparati!
41-48: parabola del servo fedele e di quello impreparato
49-50: detto sul Fuoco sulla terra, e sul Battesimo da subire
51-53: porta la spada, non la pace sulla terra
223

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

e) La dottrina alle folle: 12,54 - 13,35


12,54-56: riconoscere il tempo
57-59: riconciliarsi prima del processo
13,1-5: "Convenitevi!"
6-9: parabola del fico sterile
10-17: guarisce di sabato la donna rattrappita
18-19: parabola del grano di senapa
20-21 : parabola del lievito
22-28a: la porta stretta e gli eletti
28b-30: la chiamata dei pagani
31-33: Erode ostile a Ges
34-35: lamentazione di Ges su Gerusalemme
f) Parabole del Convito: 14,1-24
14,1-6: guarisce di sabato un idropico
7-11 : come scegliere il posto al convito 1214: invitare solo i poveri 15-24: parabola
della Cena grande
g) I discepoli veri e la misericordia: 14,25 - 17,10
14,25-35: i discepoli veri
28-30: parabola della costruzione della torre
31-33: parabola della guerra da preparare bene
34-35: il detto sul sale buono o scipito
15,1-32: parabole della divina Misericordia
1-2: prologo
3-7: la pecora perduta e ritrovata
8-10: la dracma perduta e ritrovata
11-32: il figlio prodigo 16,1-31: "catechesi sulla
ricchezza e la povert"
1-9: parabola del fattore disonesto ma lodato
10-12: essere fedeli in tutto
13: servire Dio, oppure il Mammona
14-15: i farisei e il denaro
16-17: la Legge e i Profeti, e Giovanni il Battista
18: il divorzio proibito da Dio
19-31: parabola del povero Lazzaro e del ricco epulone
17,l-3a: lo scandalo
3b-4: la correzione fraterna
5-6: la fede potente
7-10: "servi inutili siamo!"
h) Ultimo insegnamento nella salita a Geusalemme: 17,11- 18,14
17,11-19: i 10 lebbrosi, e il Samaritano riconoscente 20-21 : il
Regno di Dio viene
224

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

17,22-37: il "discorso escatologico", il Figlio dell'uomo e i suoi giorni


18,1-8: parabola della vedova importuna e del giudice iniquo 9-14:
parabola del fariseo e del pubblicano al tempio (finisce qui il
"grande inciso"; il resto dallo schema di Matte)
i) Ministero in Giudea: 18,15 - 19,27
18,15-17: Ges ed i bambini
18-27: il giovane ricco e triste
28-30: ai discepoli, il centuplo di ricompensa
31-34: predice la Passione e Resurrezione per la 3a volt a
35-43: guarisce a Gerico il cieco Bartimeo 19,110: incontra a Gerico Zaccheo il pubblicano
11-27: parabola delle dieci mine
D. Ministero a Gerusalemme: 19,28 - 21,38
a) A Gerusalemme; insegna: 19,28 - 21,4
19,28-38: entra come Re messianico a Gerusalemme
39-44: piange su Gerusalemme
45-48: espelle i mercanti dal tempio
20,1-8: la sua autorit e quella del Battista
9-19: parabola dei vignaioli omicidi
20-26: il tributo a Cesare
27-40: i sadducei e la resurrezione
41-44: il Messia Figlio di David ma suo Signore
45-47: mette in guardia sugli scribi 21,1-4: la
vedova povera dona tutto il suo obolo
b) II "discorso escatologico": 21,5-36
21,5-7: il tempio distrutto
8-11 : si iniziano i dolori messianici
12-19: i discepoli saranno perseguitati
20-24: la "tribolazione grande", Gerusalemme distrutta
25-28: il Figlio dell'uomo viene, i suoi "segni"
29-31 : parabola del fico germogliante
32-33: in questa generazione, la Parola non passer mai
34-36: vigilare e pregare
37-38: Ges seguita ad insegnare
E. PASSIONE MORTE SEPOLTURA: 22,1 - 23,56

a) La congiura: 22,1-6
22,1-6: Giuda congiura con il sinedrio
225

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

b) La Cena: 22,7-38
7-13: i discepoli preparano la Gena
14-20: il Signore istituisce l Gena, il Convito del Regno
21-23: annuncia che Giuda lo tradir
24-27: i discepoli questionano di nuovo sul pi grande
28-30: i discepoli saranno ricompensati
31-34: preannuncia che Pietro lo rinnegher
35-38: viene l'ora della lotta finale
e) Al Getsemani: 22,39-53
39-46: la preghiera al Getsemani
47-53: Ges catturato
d) Dal sommo sacerdote: 22,54a
54a: tradotto dal sommo sacerdote
e)Pietro lo rinnega: 22,54b-62
54b-62: Pietro lo rinnega tre volte
f) Al Sinedrio: 22,63-71
63-65: deriso colpito insultato
66-71 : processato e condannato dal sinedrio
g) Da Pilato: 23,1-25
23,1-25: processato, condannato e messo all'esecuzione da Pilato
h) La Croce: 23,26-49
26-32: verso il Calvario, incontra le pie donne di Gerusalemme
33: crocifisso
34a: "Padre, perdona ad essi...!"
34b: le vesti tirate a sorte
35-37: gli ultimi scherni, tentazione escatologica
38: il cartiglio della Croce
39-43: i due ladroni: "Oggi con me in paradiso!"
44-46a: agonizza, "Padre, nelle Mani tue..."
46b: GES MUORE

47: il centurione romano confessa "l'Uomo giusto"


48: la folla sconvolta e contrita
49: presenti "i conosciuti suoi" e le Donne fedeli
i) La sepoltura: 23,50-56
23,50-56: la sepoltura
50-54: Ges sepolto
55-56: le Donne fedeli presenti anche alla sepoltura
226

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

F. RESURREZIONE APPARIZIONI DEL RISORTO PROMESSA DELLO SPIRITO


SANTO: 24,1-53

a) La Resurrezione: 24,1-12
24,1-4: risorto, appare alle Donne fedeli
5-10: le invia a portare l'annuncio ai discepoli
11: i discepoli increduli
12: Pietro corre al sepolcro e resta stupito
b) II Risorto appare ai discepoli: 24,13-43
24,13-32: appare ai due di Emmaus
33-35: i due tornano a Gerusalemme per portare l'annuncio ai discepoli, gi informati alle Donne fedeli 36-43: Ges appare anche ai
discepoli riuniti insieme 44-49: spiega le Scritture sul suo Evento, e
promette lo Spirito Santo
e) II Risorto benedice i discepoli ed ascende al cielo: 24,50-51
24,50: sul Monte li benedice 51: assunto al cielo
CONCLUSIONE: 24,52-53

24,52: i discepoli a Gerusalemme nella gioia grande


53: sempre nel tempio lodando Dio.
3. Teologia di Luca
Attento alla Tradizione, attento soprattutto alle preziose Parole del
Signore, Luca, seguendo lo schema di Matteo, l'Evangelo tipico, sa
portare la sua riflessione teologica in modo originale, incentrata sulla
Persona divina del Figlio di Dio, il portatore dello Spirito Santo agli
uomini nella storia della salvezza che dalle origini, attraverso Israele,
giunge adesso "da Gerusalemme a tutte le nazioni" (Le 24,47). In queste poche espressioni stanno i grandi temi che saranno esposti qui di seguito. evidente che si tratta di una schematizzazione artificiale nostra,
la quale ha il solo scopo di poter tornare a leggere i testi con maggiore
preparazione; a loro volta, i testi possono conferire ancora pi ricchezza ai temi che saranno adesso presentati.
Per altre questioni generali sulla teologia di un "Evangelo", si rimanda sopra.
227

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

a) Dio Padre ed il Regno suo


Luca mostra come il Signore Ges sia animato totalmente dal vivo
senso di Dio, e conserva, in questo, parole altamente significative. Cristo riporta tutti al teocentrismo, al Padre mediante lui nello Spirito,
ma al Padre. Vive per la gloria di Dio. Chiama se stesso Figlio, Figlio
dell'uomo, e rivela che lo scopo della sua stessa esistenza il Padre
con lo Spirito. Annuncia il Regno del Padre. Fa costante rinvio alla
Volont paterna, ed alla propria volontarietfiliale. Infine, nei momenti
decisivi della sua vita fa appello esclusivamente al Padre.
Questa Gloria rifulge fin dall'inizio, dalla Nascita (2,9), inneggiata
dagli Angeli (2,14). In essa il Figlio dell'uomo torner alla fine dei
tempi creati (9,26; 21,27). Di essa sfolgora il Figlio nella Trasfigurazione (9,31-32). Quando il Signore entra come Re messianico a Gerusalemme, accolto dalle folle osannanti, ancora una volta acclamata la
gloria del Padre (19,38, cf. 2,14!). E finalmente, lo scopo finale della
vita stessa del Signore "entrare nella Gloria sud", che il Padre, dopo
la Resurrezione (24,26).
Come Figlio unico e vero del Padre, Cristo riafferma la sua filiazione
con due titoli, "il Figlio", e soprattutto "Figlio dell'uomo", e d'altra
parte con il Nome del Padre stesso sulle labbra, nei principali momenti
della sua esistenza umana. Quando si ritrova nel tempio a colloquio
con i dottori della Legge santa del Signore, ai genitori che angosciati lo
cercano da una risposta che appare dura: "Si deve che io stia nelle
Realt del Padre mio" (2,49).
Quando i 72 discepoli tornano dalla missione, spinto dalla gioia dello
Spirito, Cristo erompe nell'inno di lode che si usa chiamare "Giubilo
messianico", le cui parole iniziali sono: "Io confesso Te, Padre, Signore
del cielo e della terra" (10,21), e prosegue: "Tutto fu donato a me dal
Padre mio, e nessuno conosce chi il Figlio se non il Padre, n chi il
Padre se non il Figlio" (10,22). Il testo comune, con varianti, anche a
Matteo (11,25-27), ma scelto appositamente per far risaltare la relazione singolare, dunque unica, che esiste tra Dio Padre ed il Figlio suo,
che quindi Dio egli stesso. Al Getsemani, in quella che si deve chiamare un'agonia spirituale vera, la sua unica invocazione semplicemente: "Padre!" (22,42). Infine, sulla Croce, l'ultimo grido che sale
dalla sua anima ancora e sempre: "Padre, nelle Mani tue io affido lo
spirito mio!" (23,46), piamente pregando qui un Salmo (Sai 30,6).
Un altro tipico modo per nominare il Padre senza per farne il Nome, secondo il santo uso ebraico che dovremmo riscoprire, quello
di usare il "passivo della Divinit" dovunque possibile: cos "Beati
voi che adesso siete affamati, perch sarete saziati" (Le 6,2lab), ossia: "perch Dio vi sazier". Altro modo, ricorrere a perifrasi o a figurazioni.
228

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

Ma neirannunciare il Padre, il Signore pone al centro "il Regno


di Dio", formula invariabile. Esso dei poveri (6,20), il minore vi
il maggiore (7,28). Deve essere evangelizzato (8,1) per essere donato
ai discepoli (8,10), a loro volta inviati ad evangelizzarlo (9,2). Il Signore ne parla alle folle (9,11). Esso sar visto dai presenti (9,27).
Ma, lasciando che i morti seppelliscano i morti, occorre annunciarlo
(9,60), senza volgersi indietro (9,62). una realt che "si avvicin"
ormai, sta qui (10,9.11; 17,21; 21,31), ma va chiesta nel "Padre nostro" (11,2). Infatti il Regno sono Cristo e lo Spirito Santo (11,20).
Va cercato con ogni priorit (12,31). L'insegnamento sul Regno avviene anche in parabole (13,18.20). Previsto gi dai Patriarchi e dai
Profeti, il Regno consiste nel Convito glorioso universale (13,2829), inaugurato dalla Resurrezione (22,16.18.29.30). Viene tuttavia
con il Figlio dell'uomo all'ultimo dei tempi (17,20-21), nei "segni"
terribili. E realt per i bambini, e per chi si fa come loro (18,16).
dunque da accogliere apertamente (18,17), operando drastiche rinunce
(18,26), per cui non sar facilmente per i ricchi (18,24-25). Infine,
esso il Convito, la Cena per il Figlio (14,15; cf. Mt 22,1-14, pi
esplicito). il paradiso promesso al Ladrone buono, che lo implora
(Le 23,42).
Il Signore annuncia anche in modo diverso la Realt divina che il
Padre suo. Fin dall'inizio della sua vita proclama che "si deve che io
stia nelle Realt del Padre mio" (2,49). Le fa chiedere nel "Padre nostro" (11,2-5). Esse consistono nel dono dello Spirito agli uomini
(11,13), ai discepoli del Signore (12,12), ed la suprema Promessa del
Padre (24,49). Per comprenderlo, occorre essere misericordiosi come
Lui (6,36), e pregarlo sempre (18,1). Verso il Figlio, come questi rivela,
il Donante per eccellenza: gli dona il Regno (22,29), la Gloria eterna
(9,26), anzitutto (9,42). Ed in specie la Coppa amara, dell'ira per il peccato (22,42, al Getsemani), e gli concede il perdono universale per i
peccatori che Lo crocifiggono (23,34), nel supremo atto di affidamento
nelle Mani sue sante ( 23,46, sulla Croce).
Come si vede, un perenne, insistito rinvio al Padre, Unico Termine
come Unico Principio dell'esistenza del Figlio.
Ma questo rinvio per essere pi chiaro deve passare nel richiamo, altrettanto costante, alla Volont paterna. un 'motivo continuo, impressionante. I Padri (cf. qui S. Massimo il Confessore, + 662) sanno che il
Figlio, la cui Volont in quanto Dio comune con il Padre e con lo Spirito, in quanto Uomo vero fa dono per intero della sua volont creaturale al Padre, adeguandovisi, per recuperarla libera, santa ed intatta, divinizzata, vero motivo della nostra salvezza. I termini riferiti al Padre sono molteplici: volont, consiglio, disposizione, pre-disposizione del divino Disegno, il richiamo delle Scritture divine che si compiono, il ver229

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

bo teologico di, "si deve (da parte di Dio)", YEudokia, il Beneplacito


paterno. Il culmine, naturalmente, la scena del Getsemani e la Croce.
In specie il di significativo. Gi dall'Infanzia, il Signore sa che
"deve stare nelle Realt del Padre" suo (2,29). Egli "deve" evangelizzare il Regno (4,43). Nei preannunci della Passione e Resurrezione,
manifesta che "deve molto soffrire il Figlio dell'uomo" (9,22; 17,25),
ma ancora "deve" molto camminare per i tre giorni simbolici, e morire
in Gerusalemme (13,33). A Zaccheo annuncia che "deve" dimorare a
casa sua (19,5). Insiste ancora che le Scritture "si deve che si adempiano" (22,37), quelle sul Servo che sar annoverato tra i malfattori (Is
53,12). Ed ancora, che il Figlio dell'uomo avrebbe dovuto soffrire, essere consegnato alla morte (24,7, alla Resurrezione; 24,26, ad Emmaus), perch le Scritture "si deve" che si adempiano comunque (ai discepoli nel cenacolo, 24,44).
Anche YEudokia, ed il verbo eudok, occupano posti importanti
nella proclamzione del Signore. Essa intanto gi si manifesta al suo
Natale (2,14, nell'inno angelico). Torna nel "Giubilo messianico", poich il Padre si compiaciuto di rivelare le sue Realt solo ai piccoli
(10,21). Il verbo sta nel Battesimo al Giordano, come aoristo che dunque mostra il Beneplacito gi completo del Padre, l'Evento di Cristo
perci visto come gi avvenuto (3,22); ed infine il Padre si compiace di
donare il Regno ai discepoli del Figlio (12,32).
Ma alla Volont paterna corrisponde appunto, e perfettamente, quella
filiale, espressa in molti modi. Anzitutto per il fatto stesso che il Figlio
venuto sulla terra per svolgere per intero il Disegno divino. Il Signore
in effetti sa ed accetta di essere "il Servo" (22,27). Di sua volont
espressa fa preparare la Cena (22,7-13). Conosce ed accetta il tradimento di Giuda (22,21) e, peggio ancora, il rinnegamento di Pietro
(22,34): insomma, "l'ora" sua (22,53). E si presenta alla morte spontaneamente, non permettendo l'uso della spada in sua difesa (22,38),
sconfessandone il tentativo che porta alla recisione dell'orecchio del
servo del sommo sacerdote (22,51). Davanti al sinedrio resta indifeso
volontariamente (22,66-71), e cos, finalmente, davanti al processo decisivo di Pilato (23,1-25). Ma tutto era stato anticipato nell'accettazione libera e volontaria della Coppa al Getsemani (22,42b).
Sotto altra prospettiva, come si accennato, nei momenti decisivi
Cristo appella solo al Padre: da giovane ragazzo nel tempio, nel "Giubilo messianico", al Getsemani, alla Croce.
La prospettiva si pu chiudere con il Dono supremo dello Spirito,
che spetta al Padre: il Padre Lo promette (24,46; cf. At 1,1-8). Il Padre
Lo dona anzitutto al Figlio nella Resurrezione {At 2,32-33). E da Lui
(ancora At 2,33) Lo riversa, come "Fuoco procedente da Fuoco", sui
discepoli del Risorto (At 2,1-4).
230

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

b) Lo Spirito Santo

Si deve qui tenere presente il grande testo diAt 10,34-43. Cf. l'analisi del Battesimo del Signore, 6 Gennaio.
Lo Spirito riceve diversi nomi, indicato anche attraverso metafore,
come il Dito onnipotente di Dio con cui il Signore espelle i demoni (Le
11,20; cf. Mt 12,28, che esplicita "lo Spirito di Dio"). Il solo termine
pnuma da le seguenti presenze, 12, sufficienti ad avere una ricca dottrina sullo Spirito Santo in Luca, in rapporto a Cristo (altre 9 volte invece sta in rapporto ad altri personaggi del N.T., in specie neh""Evangelo dell'Infanzia"):
- 1,35: la Dynams di Dio, lo Spirito, nell'annuncio dell'Angelo a Ma
ria Vergine, fa nascere da lei il Figlio di Dio;
- 3,16: Giovanni il Precursore annuncia che Colui che viene battezzer
con Spirito Santo e Fuoco;
- 3,22: al Battesimo, lo Spirito discende per restare su Ges; testo fon
damentale;
-4,1: Ges "pieno di Spirito Santo"; l'aggettivoplrs indica non la
passivit di chi riempito, ma la condizione naturale, attiva, di chi
possiede la Pienezza dello Spirito Santo, che da Dio Lo permea per
intero, e ne fa l'unico Portatore dello Spirito gi prima della Resurrezione beata;
- 4,1: nel medesimo versetto si annota che Ges "era condotto dallo
Spirito nel deserto", per esservi tentato, e testimoniare cos la veridi
cit del Padre, la fedelt assoluta a Lui, la realt del suo programma
battesimale che Lo conduce nello Spirito alla Croce; il diavolo, con
sapevole, vuole impedirglielo;
- 4,14: dalla tentazione, e vittorioso, "torn Ges nella Dynamis dello
Spirito Santo in Galilea", per iniziare la sua missione messianica;
- 4,18: Ges dichiara la sua messianit in sinagoga, citando il testo di
Is 61,1-3 (con 58,1-11; 35,1-3): lo Spirito di Dio Lo unse per la sua
missione evangelizzatrice;
- 10,21: il Signore esulta nello Spirito Santo e proclama il "Giubilo
messianico";
- 11,13: nel contesto del "Padre nostro", con la "catechesi sulla pre
ghiera", il Signore invita a chiedere lo Spirito Santo, bench si sia
malvagi, come unico Dono del Padre;
- 12,10: la bestemmia contro lo Spirito Santo, al contrario di quella
contro il Figlio dell'uomo, non sar perdonata;
- 12,12: il Padre dar sempre lo Spirito Santo, unico Maestro per i di
scepoli del Figlio.
231

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

La documentazione interessante, ma vista da vicino anche impressionante. Il suo significato si pu riassumere cos:
a) lo Spirito precede Cristo: dall'A.T. all'annuncio a Maria;
b) accompagna sempre Cristo, in specie dal Battesimo alla Croce, e lo
resuscita dalla morte;
e) lo Spirito segue e sostituisce Cristo nella vita della Comunit nuova;
.le specificazioni abbondanti stanno negli Afri.
e) II Signore Ges Cristo
Le poche linee che seguono, anche tenendo conto di quanto precede, non possono dare se non una minima parvenza della ricchezza di
Luca, che incentra la sua narrazione sulla Persona del Signore, come
si detto.
Intanto numerosi e ricchi di senso sono i nomi che Luca tributa a
Lui. Si sa che nella sua Vita il Signore si riservato il solo nome di
"Figlio" e "Figlio dell'uomo". Gli altri nomi e titoli sono stati a lui attribuiti o dai genitori: Ges; oppure dalla Comunit che rifletteva sulla
Persona e sugli eventi a cui aveva assistito: il Kyrios, il Risorto e glorificato, la Gloria d'Israele, la Luce delle nazioni, il Figlio di David, il
Nuovo Adamo, l'Uomo vero, il Re, il Salvatore, il Servo, l'Orante, il
Profeta dello Spirito, il Maestro, e cos avanti.
Luca riporta tutti questi nomi, ed altri. Se ne da qui appena un
sentore.
Il titolo divino Kyrios, che traduce alla lettera il JHVH, il Signore il
Dio Vivente dell'A.T., il principale; ricorre ben 103 volte. Luca lo usa
di continuo, ma tipicamente lo riporta come riferito al Signore gi prima della Resurrezione, nella quale per s sola si ha la manifestazione
piena, da parte del Padre, della Sovranit divina del Figlio. Cos, gi all'annuncio a Maria Vergine: 1,35; ed alla Nascita: 2,11. pi che naturale ritrovare il titolo alla Resurrezione: 24,3.
La Gloria d'Israele e la Luce delle nazioni pagane sta nel Nyn
apolyeis di Simeone (2,32). Il secondo citazione del Servo (Is 42,6;
49,6), per cui si rimanda anche a questo titolo. Teso alla Gloria del Padre, il Signore tuttavia riceve a sua volta la gloria degli uomini (il Samaritano lebbroso: 17,18), e poi dalla sua Comunit per sempre.
Sul "Figlio" e "Figlio di Dio" si gi visto, in rapporto al Padre. Invece con il titolo misterioso di Figlio dell'uomo, che riconduce a Dan
7,13-14, colui che sta tutto sotto la Volont paterna (vedi anche sopra),
si fa risaltare il divino Disegno. Il Signore lo usa spesso, ma in modo
pi evidenziato nei preannunci della Croce e della Resurrezione (9,22;
9,43b-45; 18,31-34). I Profeti parlarono di Lui, infatti. Egli oggetto
del tradimento degli uomini, che Lo consegnano alla morte (22,22), ma
232

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

morte accettata volontariamente e liberamente. Il Figlio dell'uomo che


visse sulla terra con i suoi discepoli, il medesimo che risorge dalla
morte (24,7), e che verr nella Gloria sua e del Padre quale Sovrano e
Giudice onnipotente (17,24-25).
Un titolo alquanto implicito, sia pure chiaro da percepire, quello del
Nuovo Adamo, connesso con la regalit universale salvifica. Il tema
enunciato, tuttavia non poi sviluppato, nella "genealogia": (3,23-28).
Matteo (1,2-17) fa discendere Ges da Abramo per David. Luca invece
10 fa risalire da Giuseppe, suo padre vero, ma non naturale, per David e
Abramo fino ad Adamo, e da Adamo a Dio, connotando cos che Egli
11 nuovo Capo e responsabile dell'umanit da redimere secondo l'unico
divino Disegno. Il teologo del Nuovo Adamo, punto nodale della sua
cristologia, Paolo (cf. Rom 5; \ Cor15,45-49; Efes 5,23-33).
Luca si preoccupa, contro ogni negazione, di far risaltare Ges come
Uomo vero. Certo, al contrario di Marco ne sfuma alcuni lati, come la
collera, le parole dure, le impazienze sante, i dolori e le angosce. Il Cristo di Luca anzitutto un Uomo animato da sovrani sentimenti di bont
e di tenerezza. pieno di grazia divina (4,1, cf. v. 14) dello Spirito
Santo, e la riversa sugli uomini (4,18-19). tenero con il lebbroso; si
preoccupa che la figlia di Giairo, che ha resuscitato, sia debitamente
nutrita; tenerissimo con i bambini (9,47-48; 18,15-17). Partecipa
qui sta anche la nota del Servo sofferente a tutta la vita degli uomini, povero con i poveri, sollecito con i malati, preoccupato sommamente
con i morti, per cui Luca riporta ben due resurrezioni, quella della figlia
di Giairo, e quella del figlio della vedova di Nain. L'ansia pi acuta per
per i peccatori, che perdona e riammette alla vita.
Questa grazia dunque si espande ai pi poveri, i peccatori, in misura
stracolma. Essa si esprime di frequente con la formula del perdono dei
peccati: al paralitico (5,20), alla peccatrice che si pente (7,34), ai peccatori venuto a chiamare (5,32), in specie gli orribili pubblicani (ivi;
poi 18,14; 19,10, Zaccheo). Il culmine il perdono sulla Croce (23,34),
e, con divina generosit, l'accoglienza del Buon Ladrone in Paradiso
quel giorno stesso (23,43). Poi Luca esprime questo anche con le parabole della divina Misericordia: la pecora perduta e ritrovata, il figlio
prodigo (15,3-5.11-32).
Il titolo di Re viene a Cristo in considerazione della sua predicazione del Regno del Padre. Re nella dottrina biblica vuoi dire niente altro
che "Salvatore", e regno vuoi dire "condizione di salvezza totale". Ora
"il Figlio" porta il Regno del Padre con lo Spirito, con lo Spirito il
Regno del Padre, il Padre prepara per lui il Convito del Regno, e con il
Padre regna per sempre.
In conseguenza viene il titolo di Salvatore. Antico e bramato titolo
dei re ellenistici, poi di Augusto stesso, str, salvatore, era insieme ti233

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

tolo divino, ed insegna della divinit usurpata. Luca usa spesso sia queto titolo, sia il verbo sz, salvare, sia il sostantivo seteria e strion,
strumento di salvezza. La dottrina della salvezza portata per Disegno
divino dal Signore con lo Spirito, con accentuazioni diverse, comune
a tutto il N.T. Luca sottolinea l'aspetto dell'universalit.
Se da una parte il Signore nella sua Vita narrata da Luca limita i suoi
rapporti con i pagani, e non esce dai confini della Palestina (al contrario per Marco), tuttavia la salvezza che deve giungere fino alle nazioni
pagane come l'apertura dell'Evangelo: 1,47.69.71.77; 2,11.30; 3,6, e
si apre nello scenario della storia universale con la genealogia (3,2338), dove con Adamo si abbraccia tutto il genere umano quale unico
"figlio di Dio" da riportare al Padre. Non solo. Luca riporta il detto del
Signore, che verranno le nazioni pagane dai quattro punti cardinali per
partecipare al Convito del Regno con Abramo, Isacco e Giacobbe
(13,29-30). E finalmente, la Promessa dello Spirito, che dona la conversione e la penitenza dai peccati, dopo la Resurrezione, consegnata
ai discepoli affinch la realizzino fino ai confini della terra (24,46-48).
Negli Atti poi Luca descriver singolari sviluppi del tema.
Ma la salvezza divina regale non opera pacifica e indolore, al contrario sar necessaria l'opera del Servo sofferente, altro titolo importante. Gi Simeone, additando nel Bambino la Luce delle nazioni, rimanda
al Servo: Is 42,6; 49,6. Al Giordano ed alla Trasfigurazione, il dono
dello Spirito e il titolo Eletto-Diletto rimandano ancora al Servo: Is
42,1. Nella Cena (22,37) Ges stesso cita Is 53,12, il Servo che deve
essere annoverato con i malfattori, confermato dall'abbandono alla
morte insieme ai due ladroni (23,25.33.39-43).
Tutto questo, per non avviene senza molto pregare. Il Signore la
figura perfetta dell'Orante. Tutta la sua vita non che una immensa, tesa, insistente preghiera al Padre nello Spirito: quando sale al tempio tre
volte l'anno nella vita nascosta; al Battesimo (3,21); quando sfugge alla
presa della folla per raccogliersi a pregare (4,42); cos ancora quando la
fama sua si diffonde (5,16); quando sceglie i Dodici (6,12); per la fede
di Pietro (9,18); alla Trasfigurazione (9,28 e 29); quando insegna il
"Padre nostro" (11,1); al Getsemani (22,32), sulla Croce (23,40-46). E
si potrebbe ancora ricordare la preghiera in sinagoga di sabato "come
era suo uso" (4,16), e la moltiplicazione dei pani e dei pesci (9,16), e di
nuovo il "Giubilo messianico" (10,21-22), e la Cena, e lo spezzare il
pane ad Emmaus.
Una particolare insistenza pone Luca nel presentare il Signore come
Profeta dello Spirito Santo. Con questo si raggiungono e si completano
la comprensione della figura e dell'opera del Signore. Se nella sinagoga di Nazaret proclamando Is 61,1, come si detto, egli si manifesta
come il Re messianico "unto dallo Spirito di Dio", in tale contesto il
234

CAP. 8 - VEVANGELO TETRAMORFO - LUCA

primo dei doveri della missione divina "evangelizzare i poveri". Ora


l'evangelizzatore per eccellenza, nell'A.T. proprio il Profeta, il mediatore della Parola tra il Signore che l'invia ed il suo popolo, o anche
le nazioni pagane. Cos il secondo esodo si presenta come provocato
dall'annuncio dell'euagglion, il "fausto Annuncio", portato dal corriere
di Dio al suo popolo in esilio; cf. quiIs 52,1-12, sopra.
Nel medesimo contesto, il Signore si proclama esplicitamente "profeta" anche se non accetto in patria (v. 24). il Profeta grande, atteso,
quello che annuncia il Regno di Dio (4,43; 8,1), l'Evangelo (9,6), che
la medesima realt.
La comparazione con le grandi figure profetiche d'obbligo, ed il
Signore umilmente ma duramente la dichiara: infatti egli , misteriosamente ma certamente, pi di Elia resuscitatore (4,25-26), pi di Eliseo
guaritore (4,27), pi di Giona suscitante alla conversione i pagani di
Ninive (11,32). Anzi di pi del maggiore tra i Profeti dell'A.T., Mos,
perch precisamente Mos ha parlato di lui (24,27 e 44), gli presente
nella Trasfigurazione (9,33), e le stesse parole del Padre: "Questi il
Figlio mio l'Eletto ascoltatelo!" (9,35), in questo imperativo rivolto ai discepoli, indicano precisamente "il Profeta" grande simile a
Mos, che Mos promette, che operer segni veridici, che deve essere
ascoltato perch viene da Dio e porta la salvezza (Dt 18,15-18). E finalmente, Ges stesso si proclama Profeta quando delinea il suo "destino di Profeta": morire a Gerusalemme, luogo deputato alla morte dei
Profeti di Dio (13,33).
Ma allora, secondo la "lettura Omega", Cristo "il Profeta". Le altre
grandi figure sono tipologiche, una prefigurazione incoativa, bench
reale ed efficace, dell'attuazione nel Figlio di Dio di tutto il Disegno divino portato dalla Parola divina profetica.
Qui si inserisce un altro tema caro a Luca, connesso con quello della
profezia. Luca infatti, come si detto, sta molto attento alle Parole del
Signore, e quantitativamente rispetto agli altri evangelisti ne riporta di
pi. Egli insiste sui verbi del "parlare", di cui presenta un ricco vocabolario. Il Signore anzitutto porta la "Parola di Dio", in senso pieno e tecnico: alle folle sul lago (5,2), per quanti l'ascoltano e praticandola diventano "Madre sua e fratelli suoi" (8,21), e saranno beati pi della
Madre sua (11,28). anche la "Parola del Signore", e queste espressioni
diverranno poi canoniche negli Atti. Come tale il Signore la dona
"con autorit" (4,32), espressa dalle tipiche formule del N.T., comuni
agli Evangelisti, ma su cui Luca insiste particolarmente: "Amen, io parlo
a voi" (4,24; 12,37; 18,17.29, ed altri passi), che nell'asseverazione
forte deWamen ebraico contiene la "consistenza", secondo il termine,
ma che rinvia discretamente al "Dio Amen", il Fedele-Consistente (cf.
Is 65,16; Ger4,2; Sai 72,17; 1 Cor 14,16; 2 Cor 1,18-22, reso con pi235

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

sts, fedele; Ap 3,14). Vi corrisponde l'altra formula: "sopra verit" o


"in verit io parlo a voi" (Le 4,25; 9,27; 12,44); ed anche il "s" forte
(11,51; 12,5).
Questa Parola, il divino Parlare potente, oggetto di insegnamento
per parabole: del seme della Parola si mostra come cresca per dare frutto abbondante se ascoltata e recepita (8,5-15); di lunghe spiegazioni,
nei discorsi e detti. Ma anche Parola efficace per se stessa, che opera
quanto annuncia: sulla Parola di Ges avviene la pesca miracolosa
(5,5), la guarigione del servo del centurione (7,7), anzi la stessa resurrezione dai morti (7,14, il figlio della vedova di Nain; 8,54, la figlia del
capo della sinagoga, Giairo). Per questo suscita tanta meraviglia: la
Parola del Profeta divino che visita il popolo di Dio (7,16). E del Maestro che porta il divino insegnamento.
la manifestazione della missione del Signore, la cui pienezza sar
rivelata solo nella Resurrezione dello Spirito Santo.
d) Gli uomini nuovi: i discepoli del Signore
Come negli altri Sinottici ed in Giovanni, anche in Luca il Signore
si preoccupa fin dall'inizio di scegliere e chiamare i suoi discepoli. Vi
sono diversi gruppi, distinti nella vocazione e nella missione, ma tutti
cooperanti alla missione del Signore: i Dodici; i Settantadue, come richiamo alle 12 trib d'Isrele ed ai 72 Anziani che pieni di Spirito Santo
collaborano con Mos (Num 11,16-30; sono 70 + 2); vi sono anche la
Madre del Signore, e le Donne fedeli, pi volte chiamate per nome
(8,1-3; 23,49, alla Croce; 23,55-56, alla sepoltura; 24,1-10, alla Resurrezione). A tutti il Signore chiede la conversione, la fede, la rinuncia, la
povert, la sofferenza, insieme con Lui.
E tuttavia, un tratto tipico di Luca, la prima nota con cui i discepoli debbono essere uomini nuovi, la gioia, che con verbi e sostantivi risuona decine di volte nel testo, pi di ogni altro autore del N.T. La
gioia risuona molto nell'Evangelo dell'Infanzia (1,14.28.44.47; 2,10, la
"gioia grande" della Nascita). il distintivo dei poveri e dei sofferenti
(6,23). E l'accoglienza della Parola (13,17). l'accoglienza di Zaccheo
(19,6). l'accoglienza delle folle alle Palme (19,37).
E si comprende bene: un Dono dello Spirito, gi goduto da Cristo
stesso nel "Giubilo messianico (10,21). la Gioia divina per i peccatori
convcrtiti (15,7.10), per il figlio prodigo ritrovato (15,32). infine la
Gioia divina che ha come fonte la Resurrezione del Figlio di Dio
(24,32, il fuoco nel cuore ad Emmaus; 24,41, i discepoli gioiscono vedendo il Risorto; 24,52, la gioia permanente dei discepoli dopo l'Ascensione).
D'altra parte, la Parola del Signore, e gi la sua presenza stessa tra i
discepoli e tra le folle, produce e vuole produrre la conversione e la fe236

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - LUCA

de. L'insistenza sulla fede che sola salva: essa guarisce (5,12.20; 7,9,
un centurione pagano!; 8,48; 17,19; 18,42), toglie i peccati (7,50, la
peccatrice che ama), perfino resuscita (8,40-56, la figlia di Giairo). Insomnia, crea l'uomo nuovo.
Ma la vocazione che dona il Signore pone i discepoli in situazione al
limite delle possibilit umane, in condizioni di ripugnanza umana: la rinuncia per la sequela difficile (9,23-25), il cui distintivo la Croce
"ogni giorno" (9,23), perdere la propria anima per ritrovarla (17,33).
Rinuncia totale, fino ad odiare i propri parenti (14,26-27; l'espressione,
non avendo l'ebraico il termine che esprime "preferire di meno", va
spiegata) a causa del Regno di Dio. la stessa spoliazione totale del
Figlio di Dio e Dio da Dio, che si fa Uomo e Servo.
La povert uno dei temi principali che interessano Luca. Gi in
apertura, Cristo stesso quando nasce povero (2,6-18), riscattato con
il sacrificio dei poveri, tortore e colombi (2,24). povero totalmente
nella nudit della Croce. Nella sua vita non ha dove posare il capo
(9,58). E addita come esempio la povert del Battista (elogio: 7,24-30).
Nella predicazione del Signore, la povert il "segno" supremo.
L'Evangelo per i poveri (4,18; 7,22). I poveri sono beati (6,20, cf. vv.
24-25). Il Signore da una serie di "catechesi" sulla povert: a) come distacco: 12,13-15.16-21.22-31.33-34; b) come contrapposizione alla ricchezza: 16,10-12.13.14-15.19-31; e) come supremo elogio della vedova che dona tutto quello che possiede (21,1-4).
E tuttavia, paradossalmente, il Signore chiede ai suoi poveri di essere
larghi nella carit, nell'elemosina: l'appello nel deciso "Donate, e
sar (dal Padre, passivo della Divinit) donato a voi" (6,38). La radicalit del dono significata dalla radicalit dello spossessamento: "Vendete quanto possedete, e donatelo in elemosina" (2,33). questo anche
il segno della redenzione dei ricchi, peccatori per definizione, e cos
Zaccheo spontaneamente "restituisce" la met dei beni ai poveri, il
quadruplo a chi ha truffato, ed essendo titolare di una sudicia impresa,
quelle che oggi si chiamano "finanziarie" con altri aggettivi pittoreschi
e sigle barbariche, restituisce il quadruplo (ivi). Ma la vita della carit,
che dono e scambio con il fratello, vista dal Signore come un "convito" permanente, al quale invitare in permanenza i poveri (14,12-14).
Questo sta sotto il segno del "servire", diakon, come fa l'umile,
anonimo personaggio che la suocera di Pietro guarita dal Signore
(4,39), e cos le Donne fedeli che seguono Ges (8,3), la stessa Marta
(10,40). L'esempio della diakonia dato dal Signore stesso, nella parabola del ritorno del Padrone che servir i suoi servi buoni (12,7), e nell'insegnamento dall'esempio suo stesso, che "sta in mezzo ad essi come inserviente, diakonn", e vuole che chi nella Comunit comanda sia
solo un inserviente, diakonn (22,26-27, durante la Cena).
237

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Discepoli cos formati, anche se saranno permanentemente tentati


da satana (22,31, detto durante la Cena), saranno assistiti dallo Spirito
Santo (12,11-12), e cos esplicheranno la missione a cui il Signore li
invia.
e) La Comunit verso la storia della salvezza
Luca ha scrutato a lungo gli eventi storici della salvezza divina disposti dal divino Disegno, operati da Cristo con lo Spirito. In quella
specie di febbre che aveva invaso la prima generazione cristiana per almeno 30 anni, nell'attesa spasmodica e del resto ben motivata
del Signore che doveva tornare subito, egli scorge i segni della durata
della salvezza: la salvezza deve giungere ai confini della terra, a tutte le
nazioni pagane. I discepoli del Signore non sono un gruppo sporadico,
che termina con se stesso, ma hanno altri discepoli che ne debbono perpetuare la missione. I primi, e solo essi, sono i testimoni autorizzati di
Cristo, i secondi sono motivati dai primi, e si fondano su essi. Queste
persone, ma in una "successione" precisa, formano la Comunit della
salvezza. Negli Atti Luca mostrer la sua struttura, la sua composizione
anche dal basso, il suo spirito, le sue opere, la sua concordia nel vivere
insieme possedendo tutto in comune (cf. ad es. At 2,41-47; 4,32-37).
Nell'Evangelo ne mostra solo i primordi.
Intanto la Comunit radunata dalla divina Parola e dallo "spezzare il
Pane", come ne dava l'esempio il Signore (9,12-17, moltiplicazione del
pane e dei pesci; Convito: 14,15-24, la parabola, 22,14-20, la Cena,
24,29-32, Emmaus). Propriamente, Comunit inaugurata e funzionante a
causa solo del Convito del Regno, dove il Signore "mangia e beve con"
essi, a partire dalla Resurrezione (testo ecclesiale importante: 22,14-20).
Questo ne fa una Comunit "della Presenza divina", dunque un tempio permanente. Il vocabolario cultuale di Luca, che egli assume dall'A.T., perci stesso ricco e denso di significato: lodare, magnificare,
benedire, glorificare, rendere grazie, fare memoriale, pregare, intercedere, sono verbi che si succedono meravigliosamente. Proprio all'inizio
Zaccaria si trova in un'azione cultuale importante: offrire l'incenso, dopo di che benedicendo il popolo il sacrificio era terminato (1,5-25); ed
a lui nel culto annunciata la gioia (v. 14). E proprio alla fine, quando
il Signore, terminato il suo culto al Padre, pu benedire i discepoli,
questi tornano nella gioia (24,52), al tempio, come Comunit laudante
(v. 53). Tra questi due estremi si pu leggere tutto l'evangelo di Luca.
E spingendo il discorso a fondo, la Comunit laudante composta dagli Angeli, dalla Madre di Dio, da Elisabetta e Zaccaria, da Simeone ed
Anna, da tutti quelli che incontrano il Signore e ne sono beneficati e
rendono grazie al Signore (un esempio per tutti: il Samaritano lebbroso
guarito: 17,11-19).
238

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

Si tratta di Ebrei fedeli (il Samaritano ne un "cugino" scomodo). Il


loro culto prolunga meravigliosamente quello dell'A.T. Poich per Luca
tra l'Israele di Dio e la Comunit nuova non pu esistere interruzione: il
Disegno divino contempla un unico piano, un unico svolgimento, per un
unico popolo da inviare a tutti i popoli. Perci la Comunit e non pu
essere altro che Israele. Solo negli Atti si comincer a delineare il
dramma amaro, di un unico popolo santo del Dio Vivente, Israele,
alienato e diviso in due assemblee cultuali che rendono la medesima lode al loro Signore, l'Israele della sinagoga e della Chiesa.
Perci per Luca Gerusalemme, con il Signore, sta al centro della sua
visuale salvifica: perch il luogo visibile dell'unit del popolo di Dio,
significata dal tempio e dal culto che in esso si deve svolgere. E quando Gerusalemme sar distrutta, la "tribolazione grande" per tutto il
mondo, per tutti i popoli, per tutta la storia che verr (21,20-25). Il ritorno dei discepoli al tempio dopo l'Ascensione (24,52-53) vuole dunque significare questa unit che non deve essere distrutta: la Casa del
Padre (2,41-50 e 51) che attende tutti i suoi figli.
Quando la Comunit, seguendo la missione assegnatagli dal Signore, si diffonde nel mondo, in ogni luogo dovr essere essa stessa questa
"Casa del Padre", la Chiesa visibile, la Chiesa locale. Una Casa di preghiera. E per questo il Signore, l'Orante per eccellenza, ha speso molte
energie, volendo formare una Comunit orante. Nell'Evangelo, Luca
riporta insistentemente l'esortazione del Signore a pregare senza mai
smettere: pregare per chi ci perseguita (6,28), come massima opera di
carit; pregare affinch il Signore Dio e Padre invii gli operai per la
"messe sua" (10,2); pregare il "Padre nostro" (11,2-4), ma solo nello
Spirito Santo (11,13); pregare per stare sempre vigilanti contro l'ora
imminente (21,36); pregare per non entrare in tentazione (22,40, al
Getsemani). Unirsi insomma al Signore, che ha fatto della sua vita una
unica prolungata preghiera.
In questa Comunit, santurio vivente, i capi, in specie i Dodici, dovranno operare solo come servi veri, affinch si realizzi la loro missione salvifica della carit, dell'Evangelo, della santificazione. All'inizio
stesso, gliAtti ne mostrano gli episodi stupendi.
C. MARCO
Dopo Matteo e dopo Luca, cronologicamente viene Marco. Non si
esagera molto se si dice che di Marco gli studi moderni hanno operato
una vera riscoperta. Lo scritto rivela non un puro schematizzatore n
un alacre compilatore di materiale preesistente, due fatti che pure l'Autore ha operato, ma la vera tempra di un teologo.
239

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Anche nell'uso della Tradizione delle Chiese, Marco stato abbastanza accantonato, non facendo mai parte dei grandi "cicli di lettura"
liturgica, riservati agli altri 3 Evangeli. Il motivo abbastanza scoperto.
Al contrario di Matteo e di Luca, Marco non ha i grandi discorsi del Signore (ne ha qualche spunto), n ha molte parabole (solo 7, concentrate
nei cap. 4, 12 e 13), dunque sembrava non offrire materiale per una vasta omiletica. I criteri moderni sono del tutto diversi, Marco ha una
grande narrazione.
stato detto acutamente che Marco seguendo il maestro Pietro, ha
come unico criterio redazionale la Resurrezione del Signore come seguito della sua Passione, alla luce delle quali legge il resto dell'Evento.
Perci il suo Evangelo ha una "grande testa", i cap. 11-16, dedicati alla
Passione e Resurrezione, ed un "piccolo corpo", i cap. 1-10, dedicati
alla Vita storica del Signore.
Il vantaggio che Marco offre il suo schema semplificato, che comincia dal Battesimo del Signore, ha come cerniera molto evidente la
Trasfigurazione, e termina con l'Intronizzazione del Signore Risorto, e
dunque pu essere sempre un utile punto di riferimento per la contestualizzazione di molti episodi evangelici.
D'altra parte, quanto alla pi antica Tradizione, Marco mostra come
dopo la "generazione apostolica", la "seconda generazione" come
Luca godesse di prestigio pari, e di una singolare libert di scelta e
di elaborazione del materiale per comporre una memoria evangelica. Il
prestigio di Marco fu grande, oltre che a Roma, anche ad Alessandria
(Eusebio di Cesarea riferisce l'antica tradizione della predicazione di
Marco in quella metropoli, e del suo martirio glorioso nel "Campo del
toro"); in Occidente, ad Aquileia, da cui 1'"impresa di Marco", patronato e simboli, passarono a Venezia.
1. Generalit su Marco
Come la tradizione gi affermava all'inizio del sec. 2, "Marco" non
un "Apostolo", ma un "personaggio apostolico", indicato come discepolo di Paolo e poi di Pietro, e come colui che ha redatto il testo di
Marco nella forma finale. Ma per procedere a questo, come si visto,
egli disponeva di materiale a lui precedente, derivato sia dalla Tradizione
orale, ossia la predicazione del krygma apostolico a viva voce, sia da
altri testimoni visivi ed auricolari dei fatti della Vita storica del Signore:
Pietro, altri Apostoli e discepoli del Signore, in scritti a lui presenti,
ossia il duplice "Evangelo di Antiochia" ed "Evangelo paolino"; sia,
infine, il materiale da lui raccolto di persona, in specie se l'autore il
Marco-Giovanni attestato in diversi contesti del N.T.: At 12,12.25:
Giovanni detto Marco, la cui madre ha la casa in Gerusalemme; cos
240

CAP. 8 - VEVANGELO TETRAMORFO - MARCO

15,37; in 15,39, dopo incomprensioni con Paolo, Barnaba lo ^orta nei


suoi viaggi apostolici; in Col 4,10 Paolo lo introduce a salutare, dunque
sta insieme a lui; in 2 Tim 4,11 chiede a Timoteo di portarlo a Cesarea,
dove l'Apostolo sta nella sua seconda prigionia; in Filem 24 saluta insieme a Paolo; in 1 Pt 5,13 saluta insieme a Pietro. Infine si dice probabile che il giovane che nel Getsemani sfugge alla cattura abbandonando
"il lenzuolo", sua sola veste, e che "seguiva Lui (Ges)", sia l'autore
stesso, Marco {Me 14,51-52).
Sul materiale di cui cos disponeva Marco ha operato scelte precise
nell'abbondanza e nella variet che gli si presentava. Tenendo presenti
Matteo e Luca, per la situazione di cristiani venuti dal paganesimo, ha
apportato una schematizzazione, molte riduzioni, e anche diverse inserzioni esplicative. Cos non conosce le Genealogie del Signore. Di certo
teneva anzitutto presente il complesso letterario antico, formato dalla
narrazione della Resurrezione e della Passione, comprendente l'invio
finale dei discepoli in missione. Si sa che anche Paolo aveva ricevuto
molto materiale preesistente, sia "dal Signore" (1 Cor 15,1-8, sulla
Morte e Resurrezione; 11,23, sulla Cena del Signore), sia dalla Chiesa
aramaica {FU 2,6-11, l'inno cristologico preesistente; Rom 1,1-4, testo
antichissimo; Col 1,15-20, altro inno preesistente), sia dal controllo
dottrinale con Pietro e i Dodici (cf. At 9-15; Gal 1).
Lo stile pesante di Marco serve a conservare accuratamente la forma
semitica, alcuni vocaboli aramaici, oltre a molti latinismi, residui della
fonte originale, Pietro, con i segni della sua predicazione a Roma.
La preoccupazione principale di Marco come autore fu per quella
di comporre un euagglion, "l'Evangelo", la Buona Notizia, il Gioioso
Annuncio. Perci classico di Marco il v. 1,1: "Inizio dell'Evangelo di
Ges Cristo Figlio di Dio". il titolo generale, che indica contenuto e
scopo. Il versetto forma "inclusione letteraria" con 16,19-20, dove nella
manifestazione ultima, gloriosa di Figlio di Dio, il Risorto e glorificato,
Ges chiamato "il Signore Ges", e in assoluto "il Signore". Dunque
questo "inizio" non solo un sostantivo inerte. Esso si pu leggere sia
"L'Inizio dell'Evangelo Ges Cristo il Figlio di Dio", sia "Ges Cristo
il Figlio di Dio VEvangelo ed il suo Inizio", essendo la Fonte vera,
che porta alla conclusione tutta la narrazione che segue.
Secondo la mente di Marco, e dei tre Evangelisti che lo precedettero, Matteo e Luca, e lo seguirono, Giovanni, "l'Evangelo" si sostanzia
di "parole e fatti" del Signore, i detti e le opere di lui che vanno annunciati sempre. Allora si ha idealmente questa disposizione:
a) le parole: si tratta sia di molte parole isolate, i "detti" o lgia, sia anche di discorsi strutturati, bench 2 soli: il "discorso delle parabole"
(4,1-34), e il "discorso escatologico" (13,1-37). Sono presenti anche le
241

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

discussioni, o dispute di Ges; in Galilea: 2,1-12, per il paralitico e la


remissione dei peccati; 2,18-22, sul digiuno e lo Sposo; 2,23-28, sul Signore del sabato; 3,20-30, sull'accusa di possessione diabolica; 7,1-23,
sul "comandamento di Dio" e le tradizioni umane; in Giudea e Gerusa lemme: 10,1-12, sul matrimonio; 11,27-33, sull'autorit di Giovanni "il
Battista"; 12,13-17, sul tributo a Cesare; 12,18-27, con i sadducei sulla
resurrezione finale; 12,28-34, sul "primo dei comandamenti"; 12,3537, sul Figlio di David e Signore.
Le parabole di Marco, paragonate con quelle di Matteo e di Luca,
formano un patrimonio ristretto, sia pure significante. Esse sono in tut to
7: 4,1-20, sul seme della Parola; 4,21-22, sulla lucerna; 4,26-29, sul la
semina e la crescita spontanea; 4,30-32, sul granello di senapa, "e
molte altre" (vv. 33-34) non narrate da Marco; 12,1-12, sui vignaioli in fedeli, protervi ed omicidi; 13,28, sul fico quando fiorisce; 13,34-37,
sul portinaio che vigila;
b) i fatti operati dal Signore formano una narrazione singolarmente tes suta, compatta; essi si distinguono in operazioni di vario genere, come
ad esempio la vocazione dei discepoli, i viaggi, le preghiere del Signo re,
il Battesimo, le tentazioni, la Trasfigurazione, la Morte e la Resurre zione
con tutti gli episodi connessi; e, in massiccia presenza e scansio ne, i
miracoli, il cui solo elenco, che oltre tutto occupa ben 160 versetti circa,
d 661 di tutto l'Evangelo, realmente impressiona:
1) l'ossesso di Cafarnao: 1,23-28;
2) la suocera di Pietro: 1,29-31 ;
3) al termine della "giornata ideale", la sera, "molti": 1,32-34;
4) il lebbroso: 1,40-45;
5) il paralitico di Cafarnao: 2,1-4.10b-12;
6) la mano inaridita: 3,1-6;
7) seda la tempesta: 4,35-41;
8) l'indemoniato di Gerasa: 5,1-20;
9) resuscita la figlia di Giairo: 5,21-24.35-43;
10) l'emorroissa: 5,25-34 .
. , ,, ..
;
1
am
10)l'emorroissa:5,25-34;1 ) la l oltiplicazione dei pani e dei pesci: 6,35-44;
12) cammina sulle acque: 6,45-52;
13) molte guarigioni a Genesaret: 6,53-56;
14) guarisce la figlia della Sirofenicia: 7,24-30;
15) il sordomuto: 7,31-37; .
.
.
a m
16) la 2 ltiplicazione dei pani e dei pesci: 8,1-10;
17) il cieco di Betsaida: 8,22-26;
18) il giovane epilettico: 9,14-29;
19) il cieco di Gerico, Bartimeo: 10,46-52;
20) inaridisce il fico sterile: 11,12-14.20-22.
242

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

Marco quindi procede in forma autonoma ed originale. Matteo e Luca


invece introducono molto pi materiale di "parole", sia parabole, sia
discorsi, sia insegnamenti dottrinali e morali vari. Giovanni intervalla i
grandi discorsi dottrinali con la serie dei 7 "segni" miracolosi.
Vista come un tutto, la narrazione marciana, secondo l'immagine di
qualche moderno, come accennato, sembra un corpo piuttosto esile, "le
parole ed i fatti", con una testa molto pi ingente, la narrazione della
Passione e della Resurrezione.
E proprio per avere presentato poco materiale discorsivo, di insegnamento, sul quale esercitare le spiegazioni dottrinali e le stesse omelie, Marco nei secoli ha conosciuto poca fortuna. stato non solo poco
commentato dai Padri d'Oriente, anche siri, e d'Occidente, ma neppure
stato usato, se non raramente, nelle liturgie d'Oriente e d'Occidente.
una strana ingiustizia verso uno straordinario documento apostolico.
Per questo oggi si parla di riscoperta moderna di Marco. E per fortuna la letteratura esegetica su lui molto vasta ed approfondita. Perci,
tenendo conto della trascuranza teologica e pastorale di Marco nella
Tradizione, e presso gli stessi teologi nei secoli, quasi fino a noi, si deve dire che il recupero teologico di Marco va salutato come un avvenimento: vero e felice, ecclesiale, teologico, spirituale, storico, pastorale.
Qui poi si tratter della lettura celebrativa di Marco, secondo le
leggi e le tecniche descritte sopra. Tale lettura per natura sua punta
anzitutto al concreto, ai contenuti; essa solo remotamente, di sfondo,
pu tenere conto del lavorio storico, critico e letterario. Ogni contributo di sana esegesi accolto, ma le questioni e le ipotesi sotto discussione sono lasciate ai competenti. Infatti la Chiesa credente ed
orante procede cos, che usa il Testo sacro come Realt salvifica globale, secondo come la Tradizione ininterrotta ha sempre fatto con la
Scrittura. Ed usa il Testo attuale, che l'originale, con tutte le "virtualit" di cui si trattato sopra, quelle che generazione dopo generazione risultano dalla lettura attenta, di fede e di amore, "della Bibbia
letta con la Bibbia" nella Tradizione.
2. Lo schema di Marco
La migliore esegesi moderna scopre che in Marco in quanto "Evangelo" si ha come una duplice disposizione ordinata di dati, desunta da
Matteo e Luca che lo precedono e da cui desume il "modo".
Il suo autore infatti organizza il materiale a lui noto sulla Vita del Signore secondo uno schema anzitutto teologico: dopo la Resurrezione, a
causa della Resurrezione, a partire dalla Resurrezione. Perci posta in
atto la "lettura Omega", tale che dalla Fine si postuli, si illumini e si
spieghi il suo Alfa, il suo Inizio, e questo corra verso l'Omega. Ora,
243

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

questo Omega il materiale essenziale, nucleare, il krygma della tradizione pi antica: la Resurrezione e la Croce, con i fatti attinenti. Si
scopre allora uno schema singolare, che si pu delineare cos:
A) la Resurrezione: 16,1-8; 9-20, aggiunta finale;
la Croce: 14,1-15,47;
B) il discorso escatologico: 13,1-37;
C) l'ultimo ministero a Gerusalemme: 11,1 - 12,44;
D)la "cerniera": il ministero dalla Galilea a Gerusalemme: 8,27 10,52; al centro, la Trasfigurazione;
E) il primo ministero messianico in Galilea: 1,14 - 8,26;
nucleo propulsivo, il Battesimo, 1,9-11;
F) il titolo ed il "prologo": 1,1 e 2-15.
Il questo schema cos apparentemente semplice sta tutto il Mistero
divino rivelato, "donato" (4,11) nella sua pienezza agli autentici discepoli del Signore, a partire dal suo culmine, la Resurrezione del Crocifisso, e ripercorrendo l'adempimento delle Scritture, l'A.T., e postulando anche, di necessit, la lettura del resto del N.T. come totalit costitutiva con l'A.T. chiaro che Marco, membro integrante e vivente della
"Chiesa degli Apostoli", della quale conosceva a fondo la vita e la missione, rimanda silenziosamente, allusivamente al resto di tutti i fatti
della Vita del Signore: "quelli (gli Apostoli) usciti proclamarono il
krygma dappertutto, il Signore collaborante (con essi) e la Parola confermante attraverso i 'segni' accompagnanti" (16,20). Marco li vide e
ascolt e interrog. Allora ogni fedele lungo le generazioni deve informarsi, ed anzi essere informato dovutamente dagli Apostoli, sul krygma, sulla sua diffusione "dappertutto", a "tutta la creazione", sulla
"collaborazione" del Signore Risorto, sulla "confermazione" causata
dalla Parola rispetto ai "segni" prodigiosi che il Signore con la Parola
sua produce, e dona quale necessaria compagnia agli Apostoli. questa
la vita della comunit cristiana del N.T., e dopo.
La seconda ordinanza dei "fatti e detti" della Vita del Signore, correlativa alla prima, disposta secondo la visuale teologica che implica di
necessit una narrazione storica. Anche qui Marco segue Matteo e Luca. Gli eventi reali che nello Spirito il Signore ha vissuto e provocato,
sono narrati nell'ordine cronologico in cui si sono effettivamente svolti,
bench sempre con la teologia che guida la visuale: dal Battesimo nello
244

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

Spirito alla "confermazione" nello Spirito Santo in occasione della Trasfigurazione, fino alla Gloria dell'Ascensione ed alla Presenza parusiaca indefettibile ai discepoli inviati in missione. I discepoli di allora hanno "visto ed ascoltato" i "fatti e detti" del Signore in quell'ordine preciso. Allora si scopre anche l'altro dato decisivo, che il Signore con lo
Spirito Santo ha operato una unica e medesima rivelazione ai discepoli
di allora, ed a quelli che sono vissuti dopo di essi fino a noi, per in due
aspetti: uno "catechetico" e preparatorio, che corre dalla prima predicazione del Regno alla Croce, e l'altro "mistagogico" e definitivo, che
consiste nella visione della Resurrezione come "il Fatto" che da senso a
tutti gli altri Fatti.
Su questo si rimanda a quanto detto in proposito trattando di Matteo,
sopra.
Questa la Manifestazione divina completa.
Cos la narrazione evangelica come si ha adesso, e resta quale valida forma di "catechesi" per i catecumeni. Ma i battezzati sanno e debbono leggerla dalla sua pienezza. Tuttavia, sia i catecumeni, sia i battezzati debbono farsi e restare per sempre discepoli del loro Signore, ed
esercitarsi di continuo a seguirlo lungo la sua Vita storica, come gli
Apostoli di allora adesso, nel "continuo celebrativo" con tutte le sue
leggi. Di questo si gi parlato, tuttavia se ne dovr ancora parlare in
seguito.
Adesso va presentato lo schema di Marco secondo il testo attuale.
SCHEMA GLOBALE DI MARCO
1,1-15: PROLOGO
1,16 - 8,26: MINISTERO MESSIANICO IN GALILEA
8,27 - 9,50: INTORNO ALLA TRASFIGURAZIONE
10,1 - 15,47: MINISTERO DELLA CROCE
16,1 - 20: RESURREZIONE, GLORIFICAZIONE, INVIO IN MISSIONE
SCHEMA PARTICOLARE
PROLOGO: 1,1-15

1,1: Titolo: Evangelo e il Figlio di Dio


1,2-8: la prodrome, precorsa di Giovanni il Battista
2-3: la profezia su lui
4-8: la predicazione su Colui che viene
9-11: il Battesimo del Signore
12-13: le tentazioni
14-15: predica l'vangelo del Regno, la conversione e la fede
245

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

A. IL MINISTERO MESSIANICO IN GALILEA: 1,16 - 8,26

1,16-20: chiama i primi discepoli


1,21-2,12: a Cafarnao
21-22: insegna con exousia, l'autorit
23-26: guarisce l'indemoniato
27-28: la fama che "insegna con exousia"
29-31 : guarisce la suocera di Pietro
32-33: guarisce molti dopo il tramonto: la giornata simbolica
35: prega nel deserto
36-38: lo cercano
38-39: predica per la Galilea ed espelle i demoni
40-45: guarisce il lebbroso
2,1-12: guarisce il paralitico
2,13-14: chiama Levi
15-16: convito in casa di Levi; Ges il Medico dei malati
18-20: il digiuno per lo Sposo: allusione alla Passione
21-22: vino nuovo ed otri vecchi
23-28: le spighe di sabato e il Signore del sabato
3,1-6: guarisce la mano inaridita 3,7-10: presso il
mare; guarisce molti
11-12: i demoni lo riconoscono
3,13-19: sul monte: chiama "i Dodici", li istituisce e li invia 3,20-27: i
suoi cercano di riprenderselo, accusato di satanismo; disputa
28-30: la bestemmia contro lo Spirito Santo
31-35: i suoi Lo cercano, la vera famiglia di Ges
4,1-34: presso il mare, le parabole
1,2: insegna molto in parabole
3-12: la parabola del seme della Parola
13-20: la sua spiegazione
21-25: aggiunta alla spiegazione: la lampada e il moggio
26-29: la parabola della semina e del raccolto
30-32: la parabola del granello di senapa
33-34: insegnamento normale in parabole, e spiegazione ai discepoli
4,35-41: seda la tempesta del lago 5,1-20: a Gerasa, guarisce
l'indemoniato 5,21-42: presso il mare
21-24.35-42: resuscita la figlia di Giairo
25-34: guarisce l'emorroissa
6,1-2: aNazaret, insegna
3,6a: i suoi lo rigettano; opera pochi miracoli
6,6b: insegna dovunque 6,7 - 8,26: la "sezione dei
pani"
246

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

6,7-13: invia i Dodici


14-16: Erode e Ges
17-29: Erode fa assassinare Giovanni il Battista 3032: i Dodici tornano, Ges li raduna 33: la folla si
raduna per lui 34: insegna a lungo alla folla 35-44:
moltiplica i pani e i pesci la la volt a 45-52: cammina
sul lago 53-56: guarisce molti
7,1-23: il "comandamento di Dio" e la "tradizione degli uomini"; disputa
7,24-8,26: il Fenicia e Dodecapoli 7,24-30:
guarisce la figlia della Sirofenicia 31-37: guarisce
il sordomuto: Ejfata! 8,1-9: moltiplica i pani e i
pesci la 2a volt a 10-13: aDalmanuta: nega il "segno
dal cielo" 14-15: mette in guardia dal "lievito dei
farisei" 16-21: i discepoli "dimenticano di prendere
i pani" 22-26: guarisce il cieco di Betsaida
B. INTORNO ALLA TRASFIGURAZIONE: 8,27 - 9,50

8,27-30: Pietro confessa la fede messianica 31 : Ges predice la


Passione e Resurrezione per la la volt a 32-33: Pietro "satana" 3437: il vero discepolo del Signore 38: il Figlio dell'uomo viene
nella gloria 9,1: con lui viene il Regno
9,2-8: GES TRASFIGURATO 9: il Figlio
dell'uomo risorge dai morti 10-13: Elia
tornato 14-27: la fede nel padre
dell'epilettico
Ges ne guarisce il figlio 2829: la fede dei discepoli
30-32: Ges predice la Passione e Resurrezione per la 2a volt a 3350: istituisce gli Apostoli
C. IL MINISTERO DELLA CROCE: 10,1 - 15,47

10,1: Ges sale a Gerusalemme, ed insegna sempre alla folla


2-12: disputa sul matrimonio indissolubile
247

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

13-16: benedice i bambini del Regno


17-22: chiama il giovane ricco
23-27: difficile che i ricchi entrino nel Regno
28-31 : la ricompensa per i discepoli che abbandonarono tutto
32-34: Ges predice la Passione e Resurrezione per la 3a volt a
35-40: i figli di Zebedeo, la Coppa e il Battesimo di Ges
41-45: il Figlio dell'uomo venuto per servire, non per essere servito
48-52: guarisce il cieco di Gerico, Bartimeo
11,1-13,37: a Gerusalemme
11,1-11: Ges entra come Re messianico a Gerusalemme
12-14: inaridisce il fico sterile
15-19: purifica il tempio
20-26: la fede di Dio e la preghiera efficaci
27-33: disputa sul suo operare "con autorit"
12,1-9: parabola dei vignaili protervi e omicidi
10-12: parabola sulla "pietra d'angolo" rigettata
13-17: disputa sul "date a Cesare"
18-27: disputa con i sadducei sulla resurrezione
28-34: disputa sui due comandamenti principali
35-37: il Figlio di David Signore di David
38-40: messa in guardia contro i farisei
41-44: la vedova e tutto il suo obolo
13,1-37: il "discorso escatologico"
1-2: distruzione del tempio
3-8: il principio dei dolori finali
9-13: la persecuzione a causa dell'Evangelo
14-15: la tribolazione finale in Giudea
16-23: la tribolazione grande universale
24-27: la Parousia, Presenza-Venuta del Figlio dell'uomo
28: la parabola del fico e l'estate vicina
29-30: l'imminenza di tutti questi fatti
31 : la Parola non passa mai
32: nessuno conosce "il giorno e l'ora", solo il Padre
33-36: la parabola del portinaio vigilante
37: imperativo finale: "Vigilate!"
LA PASSIONE: 14,1 - 15,47

14,1-2: il sinedrio congiura


3-9: Ges unto a Betania
10-11: Giuda tradisce il Signore
14,12-26: la Cena Prima
12-16: preparata dai discepoli
248

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

17-21 : Ges preannuncia il traditore


22-25: istituisce l'Alleanza nel suo Sangue e nel suo Corpo
26: escono dalla Cena cantando "l'inno"
27-31: Ges predice l'abbandono di tutti e che Pietro rinnegher
14,32-42: al Getsemani
43-52: Ges catturato 14,53-65:
processato dal sinedrio
66-72: Pietro lo rinnega 3' volte
15,1-14: processato da Pilato
LA MORTE: 15,15-41

15,15: flagellato
16-18: coronato di spine e rivestito di porpora
19: percosso, sputacchiato, schernito
20-22: verso il Golgota
23-25: crocifisso
26: il cartiglio della Croce
27-28: i due ladroni
29-32: la triplice tentazione escatologica
33-36: l'agonia "Eli, Elil", l'aceto
37: MUORE

38: il velo del tempio si squarcia


39: il centurione professa la fede nel "Figlio di Dio", cf. 1,1
40-41: le Donne fedeli presenti alla Croce
LA SEPOLTURA: 15,42-46

42-46: sepolto
47: le Donne presenti alla sepoltura
D. LA RESURREZIONE, LA MISSIONE DEI DISCEPOLI, L'ASCENSIONE E LA
PRESENZA PERENNE AI DISCEPOLI: 16,1-20

16,1-8: Ges risorge, appare alle Donne fedeli e le invia ai discepoli 911: appare alla Maddalena 12-13: appare a due discepoli, cf.
Emmaus 14: appare agli Undici a mensa 15-18: invia i discepoli a
predicare l'Evangelo "dovunque a tutta la
creazione"
19: ascende alla Destra di Dio
20: promette la presenza perenne ai discepoli in missione: con la Parola, le opere, i "segni"
249

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

3. Teologia di Marco
Si possono qui suggerire solo alcuni spunti teologici su Marco, utili
ad illustrare poi il testo nella sua collocazione specifica lungo il Lezionario. chiaro che quanto segue deve essere riscontrato, e controllato,
sul testo integrale di Marco, specialmente, per chi in grado, sull'insostituibile originale greco. Avanzando, si tiene naturalmente conto di
tutto quello che stato esposto in precedenza.
Il primo punto che deve interessare, intanto, lo scopo di Marco
quando scrive, per tutto il mondo, il suo "Evangelo di Ges Cristo Figlio di Dio" (Me 1,1 titolo): tale scopo molteplice, e si rivolge anzitutto agli uomini. Si possono cos indicare 4 direttrici principali, ma
convergenti:
a) la celebrazione della comunit. Per la quale
-l'Evangelo proprio in quanto scritto, proviene suppone ed esige dopo
di s una rigorosa oralit. Esso certamente "uno scritto da leggere",
oggetto dunque di lettura e di letture diverse tra esse (fede, devozione, studio, interesse storico, interesse culturale, interesse letterario...),
ma destinato primariamente ad essere proclamato insieme alle
"Sante Scritture", ossia l'A.T., nella comunit credente, orante, operante nel mondo;
- infatti l'"Evangelo del Figlio di Dio", dunque Evangelo di Dio e della
sua grazia, anzitutto il krygma apostolico, la predicazione o annuncio che per definizione deve essere comunicato a viva voce: da
persona a persone. L'Evangelo riporta il krygma cristologico, e
questo, come si deve ripetere sempre, implica di rigore che si tenga
sempre in mano l'A.T., al quale fatto costante e sostanziale rinvio, e
che si conosca e si viva la vita della comunit apostolica, alla quale
sfocia;
- proclamato nella celebrazione della comunit, l'Evangelo deve essere
oggetto di necessaria omelia mistagogica celebrativa; questo si nota
gi nelle strutture globali del N.T.;
- esso deve provocare la comunit credente alla homologia, la confessione-professione di fede che riaffermazione continua del credere
vivo;
- e deve portare all'adorazione del Dio Vivente, il cui "segno" il Convito del Regno a cui partecipa il Signore Risorto, e alla dossologia
gioiosa al Padre mediante il Figlio pronunciata nello Spirito parlante
nei fedeli;
b) la mistagogia battesimale: bench non sia terminologia marciana:
- dairEvangelo i battezzati debbono essere istruiti nelle Realt che
hanno ricevuto con il battesimo nella fede, e tale istruzione la dida250

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

che, didaskalia, l'insegnamento dottrinale ricco, quello che poi i Padri chiameranno mystaggia, "condurre i mystai, gli iniziati" al Mistero. Il Mistero del Regno, ed portato sempre dall'Evangelo;
- ancora dall'Evangelo va tratta la continua esortazione alla vita di fe
de, laparklsis, ed alla vita in Cristo nello Spirito che "edifica", per
usare l'espressione paolina, la parinesisper la oikodom;
- da esso va tratta anche la apologia, la difesa della verit sul Signore e
le Realt che porta agli uomini, da esporre ai credenti, da opporre ai
meno credenti ed ai nemici della fede;
e) la catechesi battesimale, che prosegue quella ricevuta dai discepoli
di allora:
- 1'Evangelo materia immediata di istruzione e meditazione e preghie
ra, condotte sulla Vita terrena di Cristo battezzato e trasfigurato dallo
Spirito, morto e resuscitato ad opera dello Spirito; cos per mano della
comunit degli Apostoli del Signore, ma ad opera del medesimo Spi
rito, ogni credente e convertito sar battezzato, e preparato alle Realt
divine trasfiguranti del Regno. chiaro che tale catechesi deve com
prendere, nel suo ordine proprio, tutti i punti finora considerati;
d) la recezione-tradizione nella comunit dei discepoli del Signore:
- l'Evangelo sono le "parole e fatti", che nello Spirito il Signore ha
parlato ed operato, rivelando il Regno, manifestando la Volont del
Padre, e che seguita a donare ai suoi discepoli;
- il Signore dunque ha consegnato queste Realt, gr. paradidmi, da
cuipardosis, consegna, "tradizione";
- ed il suoi discepoli da lui hanno ricevuto, gr. paralambn, da cui
parlpsis, accettazione grata;
- dal Padre mediante il Figlio nell'opera dello Spirito, si forma cos per
il "comandamento di Dio" la catena "tradente", dalla quale i primi
discepoli, insieme, sono resi "accettanti" ed a loro volta "tradenti", e
cos per il futuro gi previsto. Marco conosce bene questa "tradizio
ne" del "comandamento di Dio", che oppone alle semplici "tradizioni
degli uomini" (7,8).
Tenendo presente tale quadro, si pu schematizzare qualche punto di
teologia.
a) Dio, il Padre
Nel pi rigoroso monoteismo dell'A.T., quello biblico ed ebraico,
che il Signore stesso ha insegnato esclusivamente, ed perci anche
cristiano ed apostolico il Simbolo battesimale di Nicea-Costantinopoli nell'originale greco dtta cos: "Io credo neffl Unico Dio, che il
251

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Padre Onnitenente, Fattore del cielo e della terra, di tutte le realt visibili ed invisibili"; si confrontino qui eventualmente le inesatte, versioni
correnti... , Marco racchiude la Persona del Dio Invisibile gi dal v.
1,1: "Inizio dell'Evangelo di Ges Cristo Figlio di Dio" in corrispondenza con il v. 16,19, il penultimo dello scritto: "II Signore Ges, dopo
parlato ad essi (i discepoli), fu assunto al cielo e fu intronizzato alla
Destra di Dio"; i due ultimi passivi sono modi di dire per attribuire l'operazione a Dio con lo Spirito, tuttavia per sommo rispetto non nominandolo, tipico uso ebraico.
Ora, i vv. 1,1 e 16,19 formano l'imponente "inclusione letteraria"
che racchiude tutta la narrazione, ed esprime plasticamente che tutto
viene da Dio, anzitutto il Figlio con lo Spirito, e tutto torna a Lui, anzitutto il Figlio con lo Spirito.
Il Dio Unico adesso invia "il Figlio suo", l'Unico, "il Diletto". Con
questi titoli Lo battezza nello Spirito Santo, e Lo "conferma" nello Spirito Santo trasfigurandolo con la Luce eterna divina increata nella sua
Umanit, conferendogli e "confermandogli" cos la specifica missione
messianica e salvifica. Il contenuto di questo "l'Evangelo", che porta
in Cristo con lo Spirito "i tempi compiuti, il Regno venuto", ed esige la
conversione e la fede (1,14-15), quindi le opere del Regno. Per ristabilire i diritti di Dio, il Figlio con lo Spirito annuncia l'Evangelo ed attua
le opere dell'Evangelo. Dunque chiama i discepoli, li forma, li istituisce, insegna che ad essi il Padre "dona il Mistero del Regno" (4,11), li
invia. Prende possesso delle realt create del Regno (miracoli come sedare la tempesta, camminare sulle acque), espellendone l'Avversario
del Regno, il Nemico di Dio e degli uomini, il Maligno, guarendo ogni
male fisico e spirituale, dando cibo, resuscitando i morti. Rivela il Disegno antico di Dio per gli uomini suoi figli (ad esempio sul matrimonio: 10,1-12); che ha preparato il Regno per essi (i posti di onore:
10,40), l'Eredit divina che ormai trasmessa (12,1-12).
Rivela che Dio Dio dei viventi (12,18-27), l'Invisibile manifestatosi a Mos nel Roveto (ivi; cf. Es 3,1-14), e adesso nel Figlio Unico,
il Diletto, ultimamente e definitivamente. Egli va amato al di sopra di
ogni realt (12,28-30), ma insieme, e per cos dire, attraverso il prossimo (12,31-34).
E unicamente di Dio, il Figlio ristabilisce i diritti. Drasticamente. Fino alla predisposizione del Disegno eterno, imperscrutabile per chiunque, ignorata dal Figlio stesso (nel "discorso escatologico", 13,1-37, cf.
il v. 32); testo difficile gi per la prima generazione, per i Padri, per noi
moderni; che subisce diverse interpretazioni possibili, ma resta paradossale perch tale il Figlio vuole che resti.
A Dio rende il culto il Figlio, pregando sempre, solitario, ma anche
nella comunit sinagogale, di sabato. Lui "benedice" nella Cena, sui
252

CAP. 8 - L'EV ANGELO TETRAMORFO - MARCO

"segni" santi del pane e della coppa, posti cos in comunione con il Padre, che li riempie dello Spirito Santo suo e ne fa il Corpo e il Sangue
della sua Alleanza nel Figlio (14,22-25). Lui supplica epicleticamente
al Getsemani per l'allontanamento della Coppa fatale (14,39-42), con il
termine supremo, 'Abb'!, propriamente "Papa!" (14,36), che indica
l'amore totale e l'abbandono illimitato alla Volont paterna. A Lui si
affida come Oblazione integrale sulla Croce, ancora pregandolo, con il
Salmo della gioiosa speranza finale e del Convito futuro (15,24-39, al
v. 34, Sai 21,2, di cui non pronuncia solo le prime e laceranti parole
"Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato?", ma tutto il testo
cos i Padri antichi, cos la migliore esegesi moderna, come riscoperta
fondamentale).
Da Dio questo Figlio Unico, straziato dalla morte e sepolto, "fu resuscitato" (16,6: grth, da egir, risvegliare: "passivo della Divinit", indica Dio senza nominarlo).
A Dio, il Padre suo, finalmente torna, da Lui "assunto" per intronizzarsi nella Gloria del Regno (16,19).
Per il Padre, il Dio suo e Dio nostro, il Figlio Dio nello Spirito Santo
ha compiuto dunque per intero l'indicibile Economia della Grazia e
della Bont a favore di tutti gli uomini.
E per il Signore Ges, Dio Padre resta la fonte unica, il Centro totale, il Termine immancabile. E questo predica agli uomini. E questo noi
da Lui "riceviamo" e viviamo.
b) Lo Spirito Santo
Alcuni critici, pi reticenti, sono restii ad attribuire una pneumatologia vera e propria a Marco; tra gli altri argomenti, sta la relativa esiguit delle citazioni sullo Spirito Santo; tanto meno da Marco si potrebbe dedurre una dottrina trinitaria, sia pure in abbozzo.
Vediamo anzitutto le citazioni certe sullo "Spirito" in Marco":
-1,8 : Giovanni annuncia il futuro "battesimo nello Spirito Santo" portato da Cristo;
-1,10: "lo Spirito" discende su Ges al Battesimo del Giordano;
-1,12: "lo Spirito spinge subito" Ges nel deserto, in cui tentato;
- 3,29: irremissibile la "bestemmia contro lo Spirito Santo";
- 12,36: lo Spirito Santo ispira David a comporre il Sai 109;
- 13,11: nei fedeli perseguitati parla lo Spirito Santo;
- 9,7: va aggiunto di necessit, sulla base di paralleli, che la Nube della
divina Gloria, che "adombra" (episkiz, medesimo in Le 1,35 per lo
Spirito Santo che "adombra" Maria) Ges stesso e i discepoli alla
Trasfigurazione.
253

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Sembra laconismo; si amerebbe una esplicitazione pi diffusa. E tuttavia, da questo "relativamente poco" marciano sullo Spirito Santo, si
pu dedurre facilmente la serie completa, imponente di fatti, che sulla
base di tutte le Scritture i Padri hanno solo codificato, ma felicemente,
cos: "Lo Spirito precede, accompagna e segue Cristo" (S. Gregorio il
Teologo):
a) precede Ges: ispira gli Autori sacri (qui: David) che nelle Scritture
Sante parlarono di Cristo;
b) accompagna Ges:
- Ges battezzato dallo Spirito nella Voce del Padre, e riceve titoli e
funzioni della sua investitura messianica, e la sua missione; la dimora
dello Spirito in lui permanente (esplicito: Gv 1,29-34);
- nello Spirito vince le tentazioni nel deserto;
- nello Spirito annuncia l'Evangelo (1,14-15) e opera le "opere del Regno" (1,16ss);
- dalla Nube dello Spirito, con la Luce e la Voce del Padre, "confer
mato", nell'investitura battesimale che conduce alla Croce imminen
te, al momento della Trasfigurazione;
- nello Spirito annuncia e manifesta l'Evangelo supremo, l'Opera su
prema del Regno: la Croce;
e) segue Ges:
- Cristo Risorto battezzer i discepoli "nello Spirito Santo", 1,7 che ri
chiama 16,16, dopo la Resurrezione, quando i discepoli battezzati di
ventano a loro volta annunciatori dell'E vangelo e battezzatoli per la
fede che susciteranno;
- da Cristo Risorto lo Spirito inabiter nei fedeli battezzati, e "parla in
essi" (cf. anche Gai 4,4-6; Rom 8,14-18, spec. 15, e 26-27), quando
inevitabilmente saranno perseguitati "a causa di lui e dell'E vangelo".
Cos Cristo appare anche come l'unico Pneumatoforo, Portatore dello Spirito del Padre, ed unico Battezzatore con lo Spirito.
Questi punti sono sufficienti per conoscere almeno l'opera determinante dello Spirito Santo nella Vita storica del Signore, e poi nella vita
dei suoi fedeli. Ma del resto buona norma in teologia biblica di non
fermarsi mai ad un solo testo, sia pure importante, poich "la Scrittura
si legge con la Scrittura", regola d'oro, completando cos tutto il quadro esegetico. Marco va letto con tutto il resto della Scrittura, senza apportare al suo testo violenza, ma avvertendo sempre l'esplicitazione ricavata da paralleli e da altri testi.
254

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

c) Cristo "Inizio dell'Evangelo", suo Contenuto e Fine


Marco di Cristo annuncia e predica e narra che Egli il Figlio di
Dio, che adempie in pienezza il Disegno di Dio rivelato nell'A.T., e
porta nello Spirito la Manifestazione totale di Dio Padre. La visuale,
per usare la terminologia dei Padri, sempre triadica, ed "economica"
(nel senso che tratta della "storia della salvezza", e non della Triade divina in s).
Dal Battesimo di Cristo, con il Dono dello Spirito del Padre, si conoscono e si comprendono anche i suoi nomi e titoli, indicanti realt e
funzioni, divine ed umane: Ges, Ges Cristo, Ges di Nazaret (dall'inizio, 1,9, fino alla Resurrezione, 16,6), l'Uomo, il fabbro, il Figlio di
Maria, il fratello di Giacomo, di Joset, di Giuda e Simeone, con le sue
"sorelle" (6,3; si tratta di cugini o "fratelli-cugini"), il Maestro e Profeta, il Sapiente con autorit e potenza (exousia, dynamis), il Rabb, Rabbun. E Dio: il Figlio di Dio, l'Unico, il Diletto del Padre (1,11), "il Signore" (7,28; 11,3; 16,20, versetto finale!), "il Signore Ges" assunto
nella Gloria divina (16,19), "il Signore del sabato" come Figlio dell'uomo (2,28).
Come Figlio dell'uomo, nell'umilt della condizione umana assunta,
portatore unico della funzione messianica, il solo titolo del resto da
lui rivendicato (2,10.28; 8,31; 9,9.12.31; 10,33.45; 13,26; 14,21 (2volte).41.61).
Come Servo di Dio venuto per servire e non per essere servito, e
porre la sua vita per i molti (10,45; cf. Is 52,13 - 53,12), il Figlio dell'uomo deputato divinamente ad essere disconosciuto, abbandonato
dai suoi, a soffrire, a morire. rivelato Servo fin dal Battesimo con lo
Spirito (1,11, nell'espressione "in lui Mi compiacqui", che rimanda aIs
42,1, il 1 "carme del Servo sofferente"). E proclama questa sua deputazione, funzione e missione: nelle 3 predizioni della Morte e Resurrezione (8,31; 9,31; 10,33-34); essendone "confermato" alla Trasfigurazione (9,9.12); e ribadendole nella volont di "servire e non essere servito" (10,45, sopra); e poi nella Cena a proposito della sua morte imminente (14,21), con la dura allusione a chi tradisce il Figlio dell'uomo
(14,21); e finalmente nell'annunciare che la sua sorte si compie gi nel
Getsemani, alla cattura (14,41). Infine, con chiarezza audace, e citando
insieme Sai 109,1 e Dan 7,13 (passo originante della figura del "Figlio
dell'uomo"), davanti al sinedrio, dietro preciso interpello del sommo
sacerdote (14,62) mostra che il Figlio dell'uomo anche Esistenza divina, e destinato come tale, compiendo le Realt divine, alla Gloria finale (13,26, discorso escatologico; 14,62, la sua Venuta nella Gloria divina), "la Gloria del Padre suo" (8,38).
L'insistenza della rivelazione di Cristo sul compimento finale del
Disegno divino per gli uomini, contenuto nelle "Scritture", l'A.T: 9,12;
255

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

10,38; 10,45 (su Is 53,10-13); "secondo quanto fu scritto (= da Dio,


passivo della Divinit) di lui": 14,21.49; 14,62 (su Sai 109,1; Dan
7,13); 14,65 e 15,15-20 (suIs 50,6); 15,27 (suIs 53,12); 15,34 (su Sai
21,2); nelle 3 predizioni della Morte e Resurrezione gi richiamate
(8,31; 9,31; 10,33-34).
Il Signore annuncia questo Disegno salutare, di cui totalmente
consapevole, gi quasi all'inizio della sua Vita pubblica, nel lgion
sullo "Sposo che sar tolto" via ai discepoli (2,19-20, eccezionale accordo con i sinottici: Mt 9,15; Le 5,34-35, e con Gv 3,29, il che indica
la singolare importanza del fatto). Questo compimento del Disegno
non affatto casuale, eventuale, perch la riaffermazione costante
che Dio e il Figlio suo nello Spirito non solo lo predissero (cf. qui ad
es. 14,8.27), bens anche lo vollero (cf. al Getsemani l'adesione incondizionata alla Volont del Padre, 14,36, per cui alla Volont divina del
Padre e del Figlio, che unica, si associa e coopera la volont umana
del Figlio stesso).
Ges Cristo porta l'Evangelo di Dio ed il Regno di Dio. E tuttavia,
come avevano bene compreso gi i Padri della tradizione greca, fino a
S. Massimo il Confessore (+ 662), Egli con lo Spirito Santo insieme
"l'Evangelo" ed il suo contenuto, "il Regno". Cos che in 1,1 il titolo
dell'evangelo di Marco va letto in modo che si comprenda come T'Inizio dell'Evangelo" sia Ges Cristo il Figlio di Dio; e, formando la figura
della "inclusione letteraria" (per cui due estremi ripetuti indicano che
quanto comprendono sia da leggere come una totalit compatta), in
16,15 il Signore Risorto invia i discepoli a proseguire la sua medesima
opera (cf. qui 1,14-15): "Usciti verso il mondo intero, predicate (keryss, come in 1,14) l'Evangelo" con tutto il suo contenuto, che Cristo
stesso. Che egli sia l'Evangelo, e che l'Evangelo sia Lui, si evince anche da altri testi inconfondibili, come 8,35 e 10,39, in cui il Signore
chiede ai discepoli la rinuncia totale ad ogni diritto ed illusione umana
"a causa di me ed a causa dell'Evangelo", parallelismo che endiadi
per indicare la medesimezza.
Egli, l'Evangelo sono "il Regno di Dio", poich "i tempi furono
compiuti (= da Dio, passivo della Divinit), il Regno di Dio si avvicin", ossia "sta qui". Perci l'appello supremo consegue: "Convertitevi e credete nell'Evangelo" (l,15a e 15b), che l'appello a "convergere" verso Lui, a "credere" in Lui. Quanto era atteso da sempre, ormai
sta qui. Comincia adesso l'operazione ultima dell'Evangelo e del Regno, e i convelliti e credenti, i discepoli del Signore, dovranno proseguirla "nel mondo intero", predicando "a tutta la creazione" (16,15).
Ma presente come Evangelo e come Regno adesso Lui stesso, che
opera dietro impulso e sotto la guida dello Spirito battesimale, e rende
efficaci quelle due Realt divine per la potenza dello Spirito annuncian256

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

do l'Evangelo ed insegnandone i fatti, ed operando con potenza le mirabili opere del Regno.
Dietro l'apparente scarna severit di Marco, emerge invece riccamente e gioiosamente un ottimismo fondamentale. Nello Spirito gi il
Signore vince le tentazioni di satana (1,12-13), dove Adamo, gli uomini
erano caduti rovinosamente. La lotta in cui dopo la caduta fatale Dio ha
impegnato addirittura se stesso fino alla fine per il pieno recupero degli
uomini nel suo Regno di salvezza, raggiunge adesso la sua fase decisiva,
e viene il "parossismo", il culmine della Potenza divina, ma anche della
potenza del Male: la Prima affrontando la seconda e vincendola, perch
il Male, il Maligno impedirebbe lo stabilirsi del Regno, solo se lo
potesse. Ma proprio uno dei "segni" che "il Regno di Dio sta qui" (cf. i
paralleli Mt 12,28; Le 11,20), questa lotta serrata del Signore contro
ogni forma di male degli uomini, presente anche nella creazione: il
Male personificato nel Maligno, le malattie, la fame, la morte, gli
elementi creaturali violenti, ribelli, dannosi (la tempesta, come segno),
dove sta in azione il demonio, i demoni. Ma non solo i demoni riconoscono per primi il Figlio di Dio, il Santo di Dio (1,24.32-34; 3,712; 5,6-7), bens sono anche costretti, pur essendo come "l'uomo forte", a farsi depredare da lui (3,22-28). In Cristo i demoni conoscono solo
la loro impotenza intrinseca, e solo sconfitte definitive (1,21-28;
3,15; 5,1-20; 6,7-13; 7,24-30; 9,14-29.38). Cos il Risorto dalla morte
pu affidare ai discepoli, per sempre, la missione di proseguire la "sua"
vittoria: 16,17.
Nel "discorso escatologico" (13,1-37) tuttavia ogni discepolo
preavvertito e messo in guardia. Se in Cristo si avuto quel "parossismo", un altro dovranno subire i discepoli, per conformarsi con il loro
Signore. Il Male allora assumer anche la figura e la funzione dei "seduttori" (13,6), e dei pi temuti tra essi, "i falsi messia ed i falsi profeti" (13,21-22).
Nella vittoria del Signore, e poi in quella dei suoi discepoli, tuttavia
il Regno liberato da ogni impedimento, recuperato in tutti i suoi effetti, definitivamente possesso inalienabile "di Dio" e degli uomini.
la Realt, insomma, che finalmente con il Signore e lo Spirito Santo ha
riunito il Cielo di Dio e il mondo delle sue creature.
d) Gli uomini nuovi: la conversione, lafede, le opere
Marco presenta come dono divino primordiale, gratuito e trasformante la conversione e la fede, le quali provengono dall'ascolto della
Parola divina e dalla sua pratica operosa, in sostanza "seguire Ges".
L'origine e la base la stessa predicazione del Signore, che chiama
alla definitivit della conversione e della fede (1,14-15), gi predicazione di Giovanni il Battista, "il Precursore" (1,4). Per questo, come si
257

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

pi volte detto, il Signore invia a predicarle anche i discepoli fedeli che


si scelto (6,12; 16,15-20).
Marco presenta qui per un quadro impressionante di resistenza alla
conversione ed alla fede. Le espressioni sono "il cuore oscurato", "non
comprendere", dubitare, problematizzare. I discepoli stessi, anzitutto,
non comprendono la parabola del seme della Parola (4,13); non hanno
fede e fiducia nella tempesta, poi sedata (4,40); non comprendono la
moltiplicazione dei pani e dei pesci (6,52); sono turbati quando il Signore cammina sulle acque (6,49-51); non comprendono l'applicazione
della parabola del seme della Parola; non comprendono il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci (8,17-21; si notino qui le citazioni
di Is 6,9-10; Ger 5,21; Ez 12,2); non comprendono il fatto che inquina
l'uomo non quando entra il cibo in lui, ma quanto di malizia esce da lui
(7,17-18a). Non comprendono, anzi non accettano le 3 predizioni della
Morte e Resurrezione (8,31, e 32-33, Pietro "satana"; 9,31, e 32,
"ignoravano 'la parola' e temevano di interrogarlo"; 10,33-34, e 31:
"ed erano meravigliati e gli accompagnatori avevano paura"). Non
comprendono la Cena. Anzi Giuda lo tradisce. Non comprendono il
dramma del Getsemani, anzi dormono, come non avevano compreso e
dormivano alla Trasfigurazione. Alla cattura, tutti abbandonano il Signore fuggendo (14,50). Pietro presto lo rinnega 3 volte (14,66-72).
Perfino la Resurrezione non accolta con la conversione e la fede.
Le Donne fedeli hanno terrore, e non corrono ad annunciare il fatto ai
discepoli, bench il Resuscitato glielo abbia comandato (16,8 e 6,7).
Poi lo annunciano, ma i discepoli "non credettero" (16,11). N credono
ai due discepoli a cui il Risorto appare (16,12-13; cf. Emmaus). Il Risorto stesso appare ad essi, e rimprovera la loro "non fede", la loro "durezza di cuore", pur avendolo visto (16,14). Anzi, il Signore prevede
anche l'eventuale, futura "non fede" tra quanti ascolteranno l'Evangelo
annunciato dai discepoli inviati, per cui afferma che solo chi crede e
sar stato battezzato si salver (16,16b).
Tuttavia chi crede avr a disposizione "segni" potenti: espellere i demoni, parlare lingue nuove, prendere in mano serpenti, bere senza danno
veleni, imporre le mani sui malati e guarirli (16,17). E tutto questo per la
"collaborazione" del Signore presente ai credenti, per la Parola, e Parola
"confermata", resa efficace nella sua veridicit, dai "segni" (16,20).
La conversione e la fede vengono dall'ascolto dell'Evangelo. Per
esse senza mettere in pratica l'Evangelo sono vane (4,1-20, la parabola
del seme della Parola; 3,34-35, la famiglia di Ges solo chi fa la Volont di Dio). La conversione e la fede, a cui il Signore esorta, rimosso
ogni timore (5,36, Giairo), ottengono la "remissione dei peccati"
(2,5.7.9-10, il paralitico; 11,25, parallelo breve del "Padre nostro"). Esse
insomma introducono al Signore.
258

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - MARCO

Infatti sono "conoscere", "comprendere", avere il cuore aperto, illuminato, disposto, accettare in pienezza l'Evangelo ed il Regno (1,15),
la parabola primordiale, base di ogni comprensione, quella del seme
della Parola (4,13), la luce della fede da porre sul candelabro (4,23-24),
il "comandamento di Dio" e non le "tradizioni degli uomini" (7,14).
Il Signore insiste nel proporre che la fede autentica unitiva, e si attua nella sequela fedele di Lui. Si sviluppa cos il grande tema dello
"stare con", oggetto di interessanti lavori moderni: del Signore con i
suoi, di questi con Lui (6,31). La fede cos pura grazia, gratuita e non
meritabile mai, della divina Presenza. Infatti solo il Signore chiama e
dona la vocazione (1,16-20, i primi discepoli; 2,14, Levi), a chi Egli
vuole, e come Egli vuole (3,13; cf. il parallelo di Gv 15,16!). Cos chi
riceve il dono di grazia deve seguirlo lasciando subito tutto (1,16-20;
2,14), irreversibilmente, "a causa di lui e dell'Evangelo" (cf. 10,28-31).
Non altrimenti anche le Donne fedeli (15,41).
La fede perci trasformante. Essa si mostra all'opera nell'uomo
nuovo, nell'insegnamento del Signore e nei fatti che compie. La fede anzitutto salva (2,5, il paralitico; 5,34, l'emorroissa; 10,52, il cieco di Gerico), e dopo la Resurrezione salva nel sigillo battesimale (16,16). Essa,
segno della santit totale e finale, intanto guarisce anche il corpo (2,5, il
paralitico; 5,29.34, l'emorroissa). Per la fede che trasforma il padre
(9,23-27), guarito il figlio epilettico (9,26), e con i verbi della resurrezione: il giovane "apthanen/, mor!", avevano detto i circostanti, ma il
Signore "geiren autri hai onste, lo risvegli e (lui) resuscit". La fede
ricostituisce l'uomo, gli infonde nuovo coraggio (5,28, alla emorroissa,
di toccare almeno il mantello di Ges che passa; 10,49, al cieco di Gerico, Bartimeo, di gridare ancora e pi forte a "Ges, Figlio di David!").
Ancora di pi. La fede onnipotente per chi crede, proclama il Signore (9,23, al padre dell'epilettico; 11,22-24, per gli stessi discepoli
nell'episodio del fico inaridito dal Signore), in quanto essa "la fede di
Dio" (11,22). Ecco perch occorre molto amore e rispetto verso "i piccoli
che credono", ai quali mai deve essere usata la violenza dello scandalo
(9,42). E della fede divina tessuto l'elogio, sia a parole, sia compensandola con un "segno" miracoloso (2,5, la fede dei barellieri del paralitico;
5,34, la fede dell'emorroissa; 10,52, la fede del cieco di Gerico). Anche
se non nominato il termine, come nella guarigione della figlia della Sirofenicia, che avviene "per questa parola (di fede) tua!" (7,29).
Tuttavia, occorre molto pregare per ottenere lafede da Dio (9,24; cf.
il parallelo Le 17,5: "accresci la fede nostra!"). E "pregare Dio nellafede di Dio" (11,22-24), tutto rimettendo a Lui, senza mai tentarlo chiedendogli prove, che non conceder mai (15,32).
La fede e la conversione, in sostanza, sono il supporto irremovibile
per l'Evangelo e per il Regno, il segno che "i tempi furono compiuti"
da Dio (1,14-15).
259

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

Esse trasformano dunque l'uomo vecchio nell'uomo "nuovo", dove questo aggettivo da intendersi come "ultimo", non esister altra
e maggiore qualit. il medesimo uomo, non "un altro", ma lui medesimo rigenerato, trasformato. La figura completa dell'uomo nuovo
in questo senso il "discepolo povero" del Signore. Povero in quanto
occorre lasciarsi fare poveri dall'Alto, e diventarlo cos per definizione. Poich il Signore invia per la sua missione esclusivamente discepoli poveri-impoveriti (6,8-9), quelli che da Dio si sono lasciati
spogliare volontariamente (8,34-37), e per il solo "servire" i fratelli
nel Regno (9,33-36; 10,41-45). Perci, cos nullificati agli occhi del
mondo, i discepoli riceveranno da Dio molta ricompensa, la vita
eterna, ma prima "con cento di persecuzioni" rispetto ai beni rinunciati (10,28-31). Si comprende solo qui la dura, irreformabile e irrimediabile condanna dei ricchi, i quali come tali, e finch siano tali,
"difficilmente" (semitismo, per dire "mai") entreranno nel Regno
(10,24-25).
Per tutti questi discepoli, il Signore pone in atto una cura particolare, una formazione specifica. Anzitutto mostra l'operazione primordiale, "stare con essi" (6,31, cf. sopra), formula ricorrente sotto vari
termini. Non trascurando gli altri discepoli, Egli in specie si occupa
dei "Dodici", ossia "quelli che Egli volle" (3,13), indicandosi cos
l'imperscrutabile scelta del Disegno divino; e "li fece Dodici", istituzione irreversibile del collegio apostolico, dove ciascuno e tutti insieme portano tutti i poteri del Signore (3,14-19), e li invia poi in missione (ivi); alla moltiplicazione dei pani e dei pesci fa raccogliere 12
ceste del "Pane spezzato", per indicare la prosecuzione di questo
grande miracolo moltiplicare "il Pane": della Parola, del nutrimento
del corpo, della Cena divina nella sua comunit futura, per ma- no
dei Dodici (6,43), davanti ai quali e mediante i quali opera il "segno".
Dopo la Resurrezione li convoca di nuovo. Senza alcun loro merito,
anzi (16,7). Li ritrova (16,14, gli Undici, perch Giuda mancato), e,
se saranno sempre credenti, inviandoli in forma definitiva (16,15-20),
li accompagna con la sua Presenza onnipotente ed indefettibile:
collaborazione, Parola, confermazione con i "segni" potenti (16,17.20).
L'istituzione dei Dodici contempla il futuro, anche lontano, non descritto di pi, ma accennato esplicitamente. I Dodici porteranno l'Evangelo, l'ascolto di conversione, la fede, le opere del Signore, per chiamare e formare altri ed altri discepoli fedeli, affinch "dappertutto,
pantacho", "tutta la creazione, psa ktisis" (16,15) abbia la Vita del
Padre mediante il Risorto con lo Spirito.
e) La Comunit del Signore
Marco non nomina mai la Ekklsia, la Chiesa; n il las, il popolo di
260

CAP. 8 - L' VANGELO TETRAMORFO - MARCO

Dio; n il nas, il tempio dello Spirito Santo; n il sma, il corpo di


Cristo. Lo far Paolo. Marco per designare la comunit del Signore usa
un linguaggio per cos dire germinale, fontale, non "primitivo" per.
Egli parla attraverso le azioni concrete, simboliche, efficaci, le Realt
divine ormai portate al mondo.
La comunit, i discepoli del Signore, hanno come unica realt e
fine, intanto, il Regno di Dio, del quale sono nucleo germinale (vedi
sopra, sul Regno). Questo significa, come si visto, aderire, fare comunione, "stare con" Cristo, seguirlo come il Portatore unico dello
Spirito. E significa essere e restare i bambini che possiedono il Re gno (10,14-15), propriamente, lasciarsi fare bambini dal Padre di
Bont. Anche i lontani, fuori della Promessa antica ed efficace sempre, sono chiamati a far parte del Regno, il quale la loro Eredit divina per Grazia gratuita (12,1-12, la parabola dei vignaioli protervi e
poi omicidi).
La comunit del Signore stabilita quindi nello "stare del Signore
con" i suoi, e di questi con lui (vedi sopra), nel condurre una vita ormai
indivisa, il cui "segno" supremo il "mangiare la Pasqua con i discepoli" da parte del Signore (14,14), evento che significa che ormai il Regno inaugurato con potenza, dalla Resurrezione.
Si ha qui la via maestra per essere introdotti al tema dell'"Alleanza
nel sangue", quello "versato per i molti" (semitismo per indicare "tutti"; l'ebraico pu esprimere "tutti" solo in due modi: con il collettivo
indifferenziato kol, tutto, ad es. kol basar, "tutta la carne" = tutti gli
uomini; oppure con rabbm, molti) (14,24). Ma questa Alleanza, unica operazione che unisce il Cielo e la terra, si concreta e parte dal "segno" storico, il pi efficace, del "bere il frutto nuovo (= ultimo) della
vite" nel Regno. Azione di singolarit eccezionale, in quanto operata
dal Signore stesso con i suoi discepoli, secondo la promessa, quando
con la Resurrezione il Regno inaugurato (14,24b). Tant', che il
parallelo, Le 22,14-20, aggiunge "mangiare questa Pasqua con voi...
io non la manger pi, finch essa non sia compiuta (= da Dio, passivo della Divinit) con il Regno di Dio" (v. 16). Dunque il Signore seguita nel Regno suo e del Padre il suo Convito della gioia, e quando
risorge inaugura il Regno nella celebrazione comunitaria, poich "il
Regno viene con potenza {Me 9,1), la potenza inarrestabile della Resurrezione del Crocifisso.
Va ancora aggiunto che Marco si preoccupa di riportare, dal materiale dottrinale del Signore, anche l'insegnamento morale: la santit
(9,42-48; 7,20-23, al negativo); i due comandamenti divini principali,
l'amore verso Dio e verso il prossimo (12,30-34, da Dt 6,4-5, e Lev
19,18); il perdono fraterno (11,25); la santit del e nel matrimonio, gi
dall'origine voluto indissolubile da Dio (10,1-12, su Gen 1.,26-27; 5,7;
261

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

2,23-24; cf. anche Efes 5,31). Ed infine, la vita cristiana presentata


quale preghiera perenne, anzi quale offerta sacrificale permanente e totale, "nel Fuoco", che lo Spirito sacrificale (9,49-50, su Lev 2,13).
Questa comunit, cos delineata a tratti, anche se non descritta nei
particolari (altri lo faranno: anzitutto Paolo; poi Matteo, Luca, Atti;
Ebrei), affidata come eredit preziosa ai Dodici. Essa in certo senso
consiste nel permanente "annuncio dell'Evangelo nel mondo intero a
tutta la creazione" (16,15, pi volte richiamato), che raccoglie uomini
nuovi, i credenti, da ogni parte. ovvio, bench resti nell'implicito
proprio di Marco, che i Dodici e la comunit del Signore siano come
proiettati verso il futuro di Dio, nelle generazioni. E generazioni di fede
e di grazia salvifiche.
Ma infine, e soprattutto, questa comunit ha un unico ed autentico
Capo: Dio Padre, il Dio Unico, e da Lui Ges Cristo, il Figlio Unico
di Dio, il Diletto, il Figlio di David, il Signore Ges che nello Spirito
risorto e glorificato (16,19), il Re della gloria, il Figlio dell'uomo venuto con potenza, l'immutabilmente presente ai suoi. Egli solo nella
storia concreta degli uomini, adempiendo il Disegno del Padre, raduna
tutti gli "eletti" dispersi prima da ogni angolo del mondo: "dai confini
della terra ai confini del cielo" (13,26-27). Cos i suoi saranno introdotti ad intronizzarsi anche essi "alla destra ed alla sinistra" di Dio
(10,40). Poich cos Dio ha disposto, ha preparato, ha attuato nella sua
Volont paterna.
questo il significato dell'"Inizio dell'Evangelo di Ges Cristo Figlio di Dio" (1,1).
Dietro l'intenzione di questo Evangelo, se si rilegge con la teolo gia e la cura pastorale delle Epistole dell'Apostolo e maestro di Marco, Pietro, si riscopre anche la preoccupazione tipicamente petrina,
che la cristianit romana proveniente dal paganesimo, e poi altre Comunit della stessa derivazione, crescano nella fede e nella conoscenza del Signore. Un capitolo poco scritto dagli studiosi quello che ci
descriverebbe il piccolo popolo dei cristiani sotto le persecuzioni dei
primi 3 secoli. Che credevano, che speravano, che temevano, che
amavano, di che gioivano quei padri nostri? Come attuavano la lettura ansiosa dell'Evangelo di Marco che prometteva "cento di beni
met diogmn, con persecuzioni" inevitabili {Me 10,30), con la clausola finale: "e poi la Vita eterna" (ivi)? Nella letteratura quasi sommersa, come gli Oracoli sibillini, data di rivedere in traluce questa
lettura. la situazione medesima dei fratelli nostri sotto i regimi religiosi che li strangolano in Oriente, e fu quella degli altri fratelli sotto
i regimi politici spariti.
262

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - GIOVANNI

D. GIOVANNI
Dalla Tradizione, l'autore dell'Evangelo di Giovanni fu detto "ho
Theolgos, il Teologo" per eccellenza, non per diminuire gli altri Apostoli e gli altri Autori del N.T. o perfino dell'A.T., ma perch la sua
contemplazione del Dio Verbo Sapienza Luce Vita Creatore aveva portato ad altezze singolari del Mistero divino. Come tale, attraverso i secoli il suo Evangelo fu chiamato "spirituale", ossia massimamente trascendente, anche se la Tradizione pi antica, espressa da S. Ireneo di
Smirne (circa anno 180) dava a Marco il contrassegno di "Evangelo
spirituale" (vedi il testo all'inizio del Capitolo).
La Chiesa scelse Giovanni (Gv 1,1-17) per celebrare la Divina Liturgia che conclude la Veglia santa e grande della Resurrezione, folgorante Evangelo mattutino, riconoscendo a quell'Evangelo il singolare
prestigio.
Data la ricchezza e la complessit di questo testo, qui ci si limita a
presentare in generale, non strutturato, l'Evangelo di Giovanni, e ad indicare alcuni grandi temi teologici del medesimo, nella consapevolezza
di non poterne dare nessuna completezza.
1. Lo schema di Giovanni
Si preferisce qui dare una struttura indifferenziata, per i motivi che
saranno esposti subito dopo.
A. Il prologo: 1,1-18
B. La Vita pubblica: 1,19- 11,57
1,19-34: Giovanni il Battista precorre, profetizza, testimonia il Figlio
di Dio
- 1,35-51: Ges, l'Agnello di Dio (Is 53,7-8) e i discepoli del Precurso
re, che diventano discepoli di Lui
- 2,1-12: Ges e la Madre alle Nozze di Cana con i discepoli
- 2,13-25: Ges purificato il tempio, presenta se stesso quale Tempio
nuovo
- 3,1-21: l'incontro di notte con Nicodemo
- 3,22-30: l'ultima testimonianza del Precursore su Ges
- 3,31-36: riflessione dell'Evangelista sul Figlio di Dio
- 4,1-30: l'incontro a Sichar con la Samaritana; i Samaritani scendono
da Ges;
- 4,31-42: spiegazioni ai discepoli;
_ 4,43-45: Ges in Galilea;
- 4,46-54: Ges guarisce il figlio dell'ufficiale regio
-

263

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

- 5,1-9: guarisce il paralitico alla piscina probatica


- 5,10-47: discorso di spiegazione ai farisei
- 6,1-15: Ges moltiplica i pani ed i pesci
- 6,16-21: e cammina sulle acque
- 6,22-59: il "discorso sul Pane della Vita disceso dal cielo", detto "discorso eucaristico"
- 6,60-71: l'abbandono di alcuni discepoli e la fede di Pietro e degli al
tri
- 7,1-39: alla festa delle Capanne, Ges promette lo Spirito
- 7,40-53: polemiche sul "Cristo" e su Ges
- 8,1-11: Ges assolve l'adultera
- 8,12-59: discorso di Ges "la Luce del mondo"
- 9,1-41: guarisce il cieco nato, e discorso di spiegazione
- 10,1-21: il Pastore Buono, e i dissensi
- 10,22-42: alla festa della dedicazione, Ges "Unica Realt" con il Pa
dre che sussiste in Lui, come Egli nel Padre
- 11,1-45: resuscita Lazzaro, e polemiche successive
- 11,46-57: complotto contro Ges
C. A Gerusalemme: 12,1-50
-

12,1-11: l'unzione a Betania


12,12-19: l'ingresso messianico a Gerusalemme
12,20-36: l'incontro con i Greci
12,37-50: l'incomprensione contro Ges

D. La Cena: 13,1-17,26
- 13,1-20: lava i piedi ai discepoli e lo spiega
- 13,21-30: predice che Giuda Lo tradir
- 13,31-35: dona il "Comandamento nuovo" della carit fraterna
- 13,36-38: predice che Pietro Lo rinnegher
- 14,1-14: la Dimora nel Padre e del Padre
- 14,15-31: le prime 2 promesse dello Spirito Santo
-15,1-8: la Vite vera
- 15,9-17: il Comandamento della carit fraterna
- 15,18-25: l'odio del mondo
- 15,26-27: la terza promessa dello Spirito Santo
- 16,1-4: le persecuzioni per i discepoli
- 16,5-15: la quarta e quinta promessa dello Spirito Santo
- 16,16-23: il suo Ritorno e la gioia
- 16,24-25: la fiducia dei discepoli e la vittoria sul mondo
264

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - GIOVANNI

- 17,1-26: la "Preghiera sacerdotale" al Padre per s e per i discepoli di


allora e di tutti i tempi
E. La Passione e la Croce: 18,1- 19,42
-

18,1-10: Ges catturato al Getsemani


18,11: il lgion sulla Coppa
18,12-14 e 19,24: Ges processato dal sinedrio
18,15-18 e 25-27: rinnegato da Pietro 3 volte
18,28-19,16: processato da Piiate: "Ecco l'Uomo!", e "Ecco il Re vo
stro!"
-19,17-24: la Croce
- 19,25-27: alla Madre: "Ecco il Figlio tuo !"
- 19,28-37: la riconsegna dello Spirito al Padre, il Sangue e l'Acqua, la
testimonianza veridica del discepolo che vide
- 19,38-42: la sepoltura nell'orto, nel sepolcreto, nella tomba
F. La Resurrezione: 20,1-29
- 20,1-10: Maria Maddalena scopre il sepolcro vuoto; la corsa dei due
discepoli
- 20,11-18: Ges appare alla Maddalena e la invia ai discepoli
- 20,19-23: la sera il Signore dona la Pace e lo Spirito Santo ai Dieci
- 20,24-29: l'incontro con Tommaso reso credente
G. La conclusione originale: 20,30-31
- 20,30-31: la fede nel Figlio di Dio e la Vita
H. La conclusione aggiunta: 21,1 -25
- 21,1-14: la terza apparizione sul lago, la pesca, il Convito con sette
discepoli
- 21,15-19: la triplice domanda a Pietro sull'amore, e l'affidamento a
lui del gregge
- 21,20-23: la sorte del discepolo amato
- 21,24-25: la testimonianza del discepolo veridico.
Ora, su questo tessuto narrativo le proposte di divisione, ossia di
schematizzazione generale e di sottodivisione delle eventuali parti, so265

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

no numerose e molto diverse, ciascuna seguendo il criterio abbastanza


ingenuo della logica moderna. Per fare un .unico esempio, la struttura di
Gv 17,1-26, la "Preghiera sacerdotale", titolo negato dalla critica moderna, bench bene affermato dai Padri (ad es., S. Cirillo di Alessandria
nel suo Commento a Giovanni), cos variamente divisa, e su questa
base sono tratti cos diversi procedimenti esegetici, che la scelta resta
sempre difficile; la stessa lavanda dei piedi ha una complessit estrema.
Comunque, lo schema generale abbastanza simile a quello primario
di Matteo: dal Battesimo (non narrato) alla Croce, alla Resurrezione
con il Dono dello Spirito Santo, alla continua Presenza ai discepoli,
mediata dallo Spirito Santo. Ovviamente Giovanni che conosce bene i
Sinottici e con ciascuno di essi ha molti contatti, ha una scelta sovrana
di materiali originali della Tradizione primitiva.
A titolo di esemplificazione si riporta lo schema generale proposto
da un compianto autore (H. van den Bussche):
-Libro dei segni: 1,1 - 4,54
-Libro delle opere: 5,1 - 12,50
-Libro degli addii: 13,1 - 17,26
-Libro della Passione: 18,1 - 21,25.
2. Alcuni grandi temi giovannei
Qui si danno solo cenni, data l'immane ricchezza del testo, da nessuno padroneggiabile per intero. Per pi ampie trattazioni si rimanda a
commenti moderni di grande mole, e a trattazioni specifiche.
a) "IITeologo"
Giovanni ho Theolgos fu individuato dalla grande Tradizione,
quella greca, come l'autore dell'Evangelo (e delle 3 Epistole, con l'Apocalisse, ma questa ultima nella tradizione liturgica e teologica greca
non si legge mai): "il Teologo" per eccellenza, titolo ricorrente solo per
altri due personaggi, S. Gregorio il Teologo, e S. Simeone Nuovo Teologo. Ora giustamente la semantica originaria di "teologo", oggi perdutasi quasi del tutto per le ideologie teologico-religiose, : colui che contempla la theologia, il "discorso di Dio", la Rivelazione, e poi, se e come pu ne fa il "discorso su Dio", la mistagogia su Dio. Giovanni
stato ritenuto come colui che tra gli autori del N.T. ha condotto questo
"discorso" duplice ma unitario fino ai limiti umani. stato detto anche
dalla Tradizione che egli ha composto 1'"Evangelo spirituale" per le altre
sue speculazioni teologiche, dove l'autore riflette sui maggiori momenti
della Dottrina divina ascoltata dal Signore. La pi antica Tradizione
conosciuta era certa che l'autore fosse stato testimone autorevole,
266

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - GIOVANNI

un discepolo presente ai fatti, e identificava il misterioso "discepolo


che Ges amava" con l'Apostolo Giovanni, uno dei Dodici. E si sa che
Pietro ed i figli di Zebedeo, Giacomo il Maggiore e Giovanni erano tra
i principali discepoli del Signore, nell'unanimit del N.T. Si deve pur
dire che gli argomenti avanzati regolarmente dalla critica moderna
sempre sospettosa delle testimonianze antiche, non sono decisivi per
negare questa antica tradizione.
Invece noi, dovutamente valutando Giovanni, dobbiamo rivalutare
urgentemente gli altri 3 Evangeli, egualmente preziosi e insostituibili, e
negare alla figura retorica, tardiva, attribuita a Giovanni, "che sovra li
altri com'aquila vola", un valore assoluto: in questo senso "aquila", e
che aquila!, sono il rabbino Paolo Apostolo, e l'autore di Ebrei. In pi,
rispetto a Giovanni, Paolo eccelle nel linguaggio ricco, mentre il primo
si fa notare per una lingua singolarmente povera, volutamente povera o
no, non si sa. Ma la ricchezza di Giovanni resta sublime anche cos.
Un "Evangelo spirituale" per un Ebreo come Giovanni poteva tuttavia essere fondato unicamente nella storia, nella realt salvifica di Dio
con gli uomini. L'autore afferma insistentemente che vide, contempl,
ascolt fatti e parole, insieme con gli altri suoi condiscepoli: Gv 1,14;
cf. qui anche 1 Gv 1,1-4. E che di essi "testimone veridico", il che significa ebraicamente e modernamente! "controllabile" da tutti:
19,35; e pone il sigillo finale dell'Evangelo, 21,24. E tali fatti e parole,
come oggi ci rendiamo conto in pieno, egli sent bene che doveva
esporti secondo una visuale e dunque uno schema storico, che essenzialmente il gi collaudato schema di Matteo, che quello originale:
dal Battesimo dello Spirito attraverso la Croce alla Resurrezione, all'Ascensione, al Dono dello Spirito, alla Presenza del Signore ai suoi; e
con materiale originale, e modifiche, aggiunte ed eventuali correzioni a
tale schema sinottico, integrando e precisando dove era sembrato necessario all'autore.
Cos quando Giovanni riporta l'insegnamento del Signore e le opere
sue, non chiamate "del Regno" (termine da lui mai usato, bench usi
largamente il vocabolario della regalit di Cristo Signore) ma "del Padre", egli sta molto attento, vigile ed acuto. Per i "fatti", pi dei Sinottici, si preoccupa di precisare il quadro della narrazione: cronologico e
topografico, dunque storico, nelle cui coordinate colloca gli avvenimenti. E cos, ad esempio, solo da lui si sa che il ministero messianico
del Signore durato circa 3 anni e mezzo, mentre dai Sinottici si ricava
l'impressione, del resto non preclusiva, che tutto si sia concluso dentro
1 anno e mezzo in approssimazione. Solo Giovanni narra che Ges si
rec, o "sal" (in ebraico 'lh, salire, da cui 'lijjh, salita, in greco
anabdin e anabasis, ma anche altri termini, significa 1'"ingresso" nella
patria come scopo dell' esodo, e Gerusalemme termine finale perch
267

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

centro della patria) almeno 5 volte a Gerusalemme (2,13; 5,1; 7,10;


10,22-23; 12,12), mentre i Sinottici narrano di una sola grande "salita",
fino alla Croce. Inoltre, di queste 5 salite Giovanni precisa che si pongono 3 pasque annuali; come i Sinottici, Giovanni vuole mostrare che
Ges obbedisce da buon vero Israelita al precetto centrale della Legge
santa, la quale gi nei pi antichi documenti prescriveva rigorosamente,
pena l'esclusione dall'alleanza, che ogni Israelita maschio, ma dunque
con la famiglia, doveva salire a Gerusalemme 3 volte l'anno, a Pasqua,
a Pentecoste ed alle Capanne, "le tre volte" o feste (ad es. Es 23,14.17,
in genere; precisazioni nell'antichissimo calendario festale, Lev 23,47.15-21.33-36). Se in Gv 5,1 poi si allude alla pasqua, si avrebbero 4
pasque in cui Ges avrebbe celebrato con il popolo "suo" la festa ebraica primaverile durante il suo ministero messianico. Giovanni nomina
anche le feste delle Capanne e della Dedicazione del tempio (7,10;
10,22-23).
Non solo, ma si preoccupa anche di annotare i giorni di alcuni eventi (1,29.34.43; 2,1; 4,43...), e perfino l'ora (1,39, T'ora decima", le 16
p.m., quando incontra i primi discepoli; 3,2: "di notte", dopo le 18
quando Nicodemo si reca da lui; 4,6: "circa l'ora 6a", le 12, qu
stanco si siede sul pozzo di Giacobbe a Sichar echiede da bere alla Samaritana; 4,52-53, "l'ora T\ ossia1e ^' ^umdo ^Tl^10 aetfuTficiafe regio
guarito da Ges. Altre precisazioni qua e l, in specie alla Passione
(18,1- 19,42).
Giovanni un Ebreo, del posto, conosce le persone ed i luoghi. E
soprattutto le persone della storia di Ges che passa; e tra esse, in specie, gli altri discepoli, fedeli e meno fedeli, dei quali riporta le parole, i
colloqui, i dialoghi, le domande tra loro e con Ges, e le azioni e reazioni davanti al Signore.
E riporta particolari ed interi episodi che i Sinottici non hanno narrato. Cos, per fare alcuni esempi, ben 5 "segni" miracolosi che si conoscono solo da lui (vedi dopo); e Cana, Nicodemo, la Samaritana; la lavanda dei piedi, i discorsi, tra cui quelli preziosi della Cena, la Promessa 5 volte ripetuta dello Spirito, la "Preghiera sacerdotale", T'Ecco
l'Uomo!" di Pilato (19,5), la tunica non cucita (19,23-24), la Madre
con il discepolo sotto la Croce (19,25-27), lo Spirito riconsegnato al
Padre morendo (19,30), l'effusione di "Sangue ed Acqua subito" del
suo costato trafitto (19,34), la "mirra per il sepolcro" (19,39: solo qui e
in Mt 2,11, il terzo dono dei Magi, in tutto ilN.T.: teologia simbolica!).
b) La teologia simbolica
la pi ricca, di fronte in specie a quella "speculativa", che riduttiva. Essa sta presente in tutta la Scrittura, di cui anzi una delle pi
notevoli forme mentali. Giovanni la pone in opera sempre, nell'Evan268

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - GIOVANNI

gelo, nelle 3 Epistole, e in forma irta di figure in specie ntYApocalisse


(comunque vada risolto il problema dell'attribuzione a lui di questo
scritto straordinario). Il suo vocabolario simbolico ingente, in lui "tutto
simbolo": il tempo, l'acqua il battesimo, Cana, la lavanda dei
piedi, dal costato , il vino, il sangue, la carne, la Croce, per s l'infamia, come Gloria divina, lo Sposo, l'Agnello di Dio, l'unzione e l'aroma che pervade, la Luce, la Vita, la Via, il Buon Pastore, la Porta, le
pecore e l'ovile, la Vite, il Figlio dell'uomo, l'Ortolano, il cenacolo, la
pesca, il carbone ardente, il pane, "il pesce", il serpente di bronzo.
Inoltre, gioca molto sulle "dualit" (non "dualismo" di tipo gnostico, rigettato a priori nel forte realismo della "carne", e della sua Economia storica), che sono coppie antitetiche, comuni del resto nel N.T., in
specie in S. Paolo. Tali dualit risuonano come ad esempio Luce-tenebra, Verit-menzogna, Vita-morte, Gloria-ignominia, Dio-carne (in
quanto opposta a Dio), Spirito-carne, Grazia-"mondo" (in quanto opposto a Dio), celeste-terreno, Alto-basso, sanit-peccato, purificazionecontaminazione, Amore-odio, "opere di Dio"-"opere del demonio",
Gioia divina-tristezza del "mondo", Comunione-scisma mortale, vedere-essere ciechi, fede-incredulit, certezza-dubbio, venire a Lui - allontanarsi da Lui, bere e dissetarsi - sete mortale, mangiare e saziarsi - fame mortale.
La tecnica espositiva giovannea dei fatti e delle parole del Signore
a sua volta inconfondibile, senza paragoni nel N.T. Giovanni in specie
redige i grandi discorsi del Signore, stesi in modo tematico e sistematico, da una parte riportando l'insegnamento autentico, genuino, originale di Lui, ma dall'altra, scrivendo ormai lontano nel tempo dagli avvenimento del Signore (a. 30 la Resurrezione; a. 96-98 l'Evangelo di Giovanni), li espone attraverso un'interpretazione personale abile, profonda, serrata, organica. Cos che si ha quasi una riflessione dell'Apostolo,
in cui la sua propria meditazione sulla "teologia" nel senso visto sopra,
si intesse come un tutto: la Dottrina divina.
e) Parole ed opere del Signore
Sono viste come le due forme principali dell'azione del Signore. Il
solo elenco dei principali discorsi giovannei impressionante:
- 3,1-21, nell'incontro con Nicodemo;
- 4,1-26 e 31-38, nell'incontro con la Samaritana e nella successiva
spiegazione ai discepoli;
- 5,1-16 e 17-46, nella guarigione del paralitico;
- 6,22-69, il "discorso eucaristico" dopo la moltiplicazione dei pani e
dei pesci, ed il cammino sulle acque, 6,1-15 e 16-21;
- 7,14-39, alla festa delle Capanne, concluso con la promessa dello
Spirito Santo;
269

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

- 8,12-30 e 31-59, sulla "Luce del mondo", Lui;


- 9,1-41, nella guarigione del cieco nato;
- 10,1-18, sul "Buon Pastore";
- 10,22-38, alla festa della Dedicazione, sulla sua Unit con Dio e sulla
Inabitazione reciproca con Dio;
- 12,20-36, nell'incontro con i Greci;
- 13,1 - 16,33, i discorsi della Cena.
E non meno impressionanti sono i smia, i "segni". Si tratta comunque di segni concreti, efficaci, storici, che sono in conclusione le
"opere del Padre" nel Figlio con lo Spirito dimorante in Lui, finalizzati
a diversi scopi: a) "manifestare la Gloria" del Padre (2,11; 11,4.40;
17,24); b) glorificare il Padre (13,31.32; 14,13; 15,8; 7,1.4; 2,19); e)
glorificare il Figlio (11,4.23.28; 13,31.32; 16,14: dallo Spirito Santo!;
17,1.5.10); d) mostrare le "opere del Padre" (9,3); infine e) per la fede
dei discepoli, su cui si parler tra poco.
I "segni" sono scelti secondo la "teologia simbolica", e per questo
simbolicamente limitati a 7, quale prefigurazione del massimo "Segno"
dell'Evangelo di Giovanni: la Resurrezione del Crocifisso. Essi sono:
l)Cana: 2,1-12;
2) la guarigione del figlio dell'ufficiale regio: 4,46-54;
3) la guarigione del paralitico alla piscina probatica: 5,1-9;
4) la moltiplicazione dei pani e dei pesci: 6,1-15;
5) il cammino sulle acque: 6,16-21;
6) la guarigione del cieco nato: 9,1-41;
7) la resurrezione di Lazzaro: 11,1-45.
Si nota a colpo d'occhio che Giovanni narra solo 2 di essi in comune con i Sinottici: 1) la moltiplicazione dei pani e dei pesci, e solo la
prima (come Le 9,12-17); 2) il cammino sulle acque. E come Mt 14,1321 e 22,33; Me 6,34-44 e 45-52, unisce questi due fatti in narrazione
continua.
d) II Dio Invisibile, visibile nel Verbo suo
il centro giovanneo, anche se si deve dire che in Giovanni si ha solo
"alta teologia", tutto vi "alta teologia". Poich in lui anzitutto viene la
continua insistenza sulla trascendenza divina, e qui caratteristica questa
visuale: l'Eternit discende nella storia degli uomini, il Verbo eterno vive
questa storia con gli uomini, dalla storia riporta gli uomini all'Eternit.
Perci l'Evangelista interessato a quello che poi sar il problema
centrale della cristologia ortodossa della Chiesa Una Santa: "le due nature
di Cristo ed in Cristo". Egli sottolinea il divino nel Signore, ma coestensivamente l'umano in Lui. Testi emblematici sono quelli come 1,18:
270

CAP. 8 - VEVANGELO TETRAMORFO - GIOVANNI

del Dio Invisibile, il Verbo Monogenito fattosi carne (1,14) l'unico


Esegeta; 14,9: la risposta a Filippo che chiede la manifestazione del Padre: "Da tanto tempo io sto con voi (dunque: nella visibilit dell'Uomo,
percepibile da tutti normalmente), e tu non mi conoscesti, Filippo? Chi
ha visto me (nella visibilit dell'Uomo percepibile da tutti normalmente), ha visto il Padre. E come tu parli: Mostra a noi il Padre?". Proprio
qui, mostrando la "visibilit", Giovanni tiene il continuo discorso sulla
trascendenza del Dio Invisibile per sua natura ed in eterno (1,18), che
tuttavia vuole essere "esegetizzato" dal Figlio. E in questo l'Alto, disceso
fino al basso estremo, progressivamente vuole rivelarsi come Realt
divina ma essenzialmente "triadica", che via via apre spiragli, rari, rapidi
e tuttavia illuminanti, sui rapporti indicibili che in eterno esistono tra Padre e Figlio, e tra Padre e Figlio con lo Spirito. Il Figlio Monogenito
infatti il Verbo eterno, la Luce degli uomini (1,4), la Luce del mondo
(8,12), l'Eterno, che preesiste prima di Abramo (8,58), contemplato da
Abramo, ma anche da Isaia (12,41), che ne parlarono profeticamente,
nella gioia. H Verbo filialmente divinamente ascolta e contempla il Padre, la Realt divina, che possiede per intero come la possiede il Padre.
Per questo precisamente pu essere l'unico Esegeta del Padre (1,18, testo gi richiamato per la sua importanza), ma nell'opera storica svolta tra
gli uomini: "tra i suoi" (1,11). Con il Padre, il Verbo "Unica Realt"
(10,30; non "una sola cos" come nelle versioni ufficiali), nella reciproca indicibile Inabitazione o Dimora reciproca (10,38). Nella cui Dimora
reciproca, di necessit il Padre ama il Figlio Unico (15,9), come il Figlio
Unico ama il Padre (14,31), Amore divino unico, "poich Dio Amore"
(1 Gv 4,8.16), e si manifesta come Amore al mondo nella Gloria eterna
(17,1-26), e Amore triadico, poich sempre discretamente alluso lo
Spirito Santo (17,1-26). Si tratta pur sempre di sprazzi trinitari, non di
dottrina elaborata, che si avanzano restando spunto vivace attraverso numerose "formule binarie" di tipo trinitario, molto frequenti: il Figlio e il
Padre, Cristo e lo Spirito, il Padre e lo Spirito.
Il Verbo Dio e Luce a sua volta esprime se stesso in inaudite in
bocca ad un Uomo visibile! "formule della Divinit", come il ripetuto, insistente "Io sono", in assoluto, e con predicati nominali, incidente soprattutto quando, per decine di volte, risuona nei discorsi dottrinali
(3,28; 4,26; 6,20.35.41.48.51; 8,12.18.23.24.28.58; 9,9; 10,7.9.11.14;
11,25; 3,19; 14,6; 15,1.5; 18,5.6.8). Y"Io sono Colui che sono", che
rinvia fortemente a Es 3,14, al Signore, il Vivente, che al Roveto si rivela una volta per sempre a tutti gli uomini per la mediazione necessaria di Mos. Il Verbo dunque proclama di "essere" il Signore dell'A.T.;
come tale, anche la Sapienza divina (tipico svolgimento in 6,22-69, il
Convito della Sapienza spiegato dal "discorso eucaristico"), la Via
unica, la Verit che salva, la Vita eterna (14,6).
271

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

E si manifesta tale, perch in quanto tale dona lo Spirito Santo. Che


promette (cap. 14,16, ma gi 7,37-39), e poi "soffia" sui discepoli dopo
la Resurrezione (20,19-23). E non appare mai senza lo Spirito.
Incarnato, battezzato, inabitato dallo Spirito (1,1-18, e 1,29-34), il
Verbo Dio, il Figlio Monogenito inviato dal Padre agli uomini, ed a
questi annuncia fedelmente il Padre, e la Gloria di Lui. Giovanni connota la singolare insistenza sul "Padre", con ben 118 usi del termine.
Ma il Figlio possedeva con il Padre la medesima Gloria che lo
Spirito Santo in eterno , e tuttavia deve accettarla come "di nuovo",
nell'abbassamento totale che la "esaltazione" che avverr per Lui sulla Croce (3,14-15, simbolo del serpente di bronzo; 8,28, e 12,32, promessa di attirare poi tutti a s); e sulla Croce esplicher la sua funzione
sacerdotale e sacrificale (vedi il senso di 17,1-26).
Egli risorge, come aveva proclamato: "Io sono la Resurrezione e la
Vita" (11,25; cf. 5,28; 6,40.44; e molti altri contesti). E dona l'Economia nuova dello Spirito Santo (20,19-23: la "remissione dei peccati"
con la Pace, la base di tutto), e gi dalla Croce (19,30), nei "Segni" divini del Sangue e dell'Acqua (19,34), con i quali seguita ad operare,
nello Spirito resosi indefettibilmente presente ai suoi (cap. 14,16), a
partire dal battesimo fino al Convito, ed in altri aspetti misterici. Per la
Vita eterna.
e) II Verbo incarnato e gli uomini
Se la prevalenza assoluta nel testo giovanneo sono i contenuti "teologici", "su Dio", essi per sono esposti perch investono gli uomini,
interessano gli uomini. Tutto lo sconfinato quadro giovanneo tracciato
in vista dell'esperienza storica, concreta, spirituale degli uomini, resi finalmente discepoli del Signore. Si nota allora a colpo d'occhio la scarsit delle parabole, e che la stessa vita morale non riceve impulso tanto
dall'insegnamento astratto, ma da una dottrina che concentrazione
progressiva della vita nuova dei discepoli nell'"unico Comandamento
nuovo", la carit reciproca, quella rivelata come sussistente in eterno tra
il Padre ed il Figlio nello Spirito, in infinita reciprocit. La quale, vissuta dagli uomini al modo degli uomini, si trova ad essere anche il compendio di tutta la Legge santa del Signore (13,34). Tale esperienza deve
essere chiamata mistica, come aveva ben compreso tutta la Tradizione:
poich l'esperienza di Cristo stesso in rapporto al Padre nello Spirito,
l'Indicibile Inaccessibile Mistero (termine mai usato da Giovanni) dell'eternit, il medesimo Verbo che a partire dalla sua Umanit sperimenta
anche la storia, e poi finalmente manifestato, spiegato, riproposto in
forma visibile a tutto il mondo degli uomini, affinch questi "abbiano la
Vita e abbondantemente abbiano" (10,10). Le formule su questo sono
diverse, sostanzialmente parallele a quelle paoline compendiate come
272

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - GIOVANNI

motivo della "vita di Cristo vita nello Spirito" (cf. ad es. Rom 5,5 e
8,9). La formulazione giovannea espressa in termini come "Io in voi e
voi in Me come Io nel Padre ed il Padre in Me", ad esempio nel
gruppo dei discorsi della Cena: 14,9-11 e 20; 15,1-11; 17,20-24. Cos i
discepoli dal Padre sono "perfezionati nell'unit" (17,23; grande motivo
ecclesiale ed ecumenico). Ed il risultato, anche da questa parte la
Dimora di Dio negli uomini e degli uomini in Dio, procurata dallo Spirito Santo, Operatore ed Ospite che precede il Figlio che porta il Padre
(oltre i testi citati per ultimi qui sopra, cf. in specie 14,15-21).
Questa Vita divina eterna sussistente si consegue gi nell'esistenza
terrena in forza del dono dello Spirito, che opera negli uomini la loro
adesione fedele al Verbo incarnato, Sapienza incarnata (vedi poi il grande
tema nuziale). I verbi che denotano questa operazione molto complessa
sono tra i principali: venire a Lui, ascoltare Lui, vedere-contemplare Lui,
credere in Lui, dimorare in Lui; parte del vocabolario della fede. Si aggiungono evidentemente verbi e sostantivi dell'amore di carit. E poi il
"mangiare e bere" la Carne di lui ed il Sangue di lui. E porre in attuazione il Comandamento di lui, dunque le "opere di lui" (cf. di nuovo 9,3).
L'aspetto "credere" per avere la Vita cos importante per Giovanni, che
scrive verso il 96-98 d.C, in epoca di evidente indebolimento della fede
(anche a causa della quasi fatale persecuzione di Domiziano, e. anno 96),
che egli come autore di straordinaria efficacia delinea i tipi del credente:
l'incipiente, il dubbioso, il sicuro e fermo, il desideroso, il fedele, l'apostata. Non male, per un controllo anche sulla situazione che oggi viviamo come fedeli del Signore, avere una lista di tali figure:
- Cana serve per la Gloria e per la fede nascitura dei fedeli: 2,1 -11 ;
- a Gerusalemme Nicodemo cerca la fede, di notte: 3,1-21
- al pozzo di Giacobbe la Samaritana esitante chiede e dubita: 4,1-26;
- ivi, i Samaritani vengono a Lui nella fede: 4,39-42;
- a Cana, l'ufficiale regio crede "con tutta la casa sua": 4,46-54;
- a Cafarnao, i discepoli abbandonano: 6,59-61.66;
- a Cafarnao, Pietro resta nella fede piena: 6,67-69;
- a Gerusalemme, il cieco nato crede subito: 9,37-38;
- a Betania Marta crede e vuole il Signore: 11,21-27;
- ivi, cos anche Maria: 11,28-32;
- ivi, di nuovo Maria nella fede unge il Signore: 12,1-8;
- a Gerusalemme i Greci "vengono per vedere" Ges: 12,26-36;
- nella Cena, Giuda tradisce: 13,21-30;
- nella Cena, gli altri discepoli sono dubbiosi, timorosi, ansiosi, deside
rosi: 13,1-16,33;
- nell'Orto, tutti abbandonano il Signore: 18,1-11, per allusione;
- nell'Orto, Pietro usa sfiduciato la spada: 18,10-11;
- nella corte del sinedrio, Pietro rinnega il Signore: 18,12-18.25-27;
273

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

- alla Croce stanno solo la Madre, le Donne fedeli e il discepolo:


19,25-27;
- solo il discepolo "che vide" credette subito: 19,35-37 e da lui par
te "la testimonianza" che l'Evangelo di Giovanni;
- alla Resurrezione la Maddalena e Pietro non comprendono, il disce
polo "vide e credette": 20,1-7 e 8;
- Maria Maddalena cerca nella fede il Signore, Lo vede e Lo adora:
20,11-18;
- nel cenacolo i discepoli "videro e gioirono" per il Signore Risorto:
20,19-20;
- ivi, S. Tommaso non crede se non quando "vede": 20,24-29;
- ivi, sono proclamati beati quanti crederanno senza avere visto:
20,29b;
- sul lago, il discepolo amato riconosce il Signore nella fede: 21,7.
Infine, l'Evangelista codifica la fede:
"Questi (segni) sono scritti
affinch voi crediate che Ges il Cristo, il Figlio di Dio,
e affinch, credendo, abbiate la Vita nel Nome di lui" (20,31),
e tale versetto l'antica finale dell'Evangelo, il cap. 21 essendo la seconda finale aggiunta per spiegare il Convito e la sorte di Pietro.
Tutto ci ha un profondo significato: leggendo bene i testi, in fondo,
il vocabolario della "fede" in Giovanni vocabolario dell'"amore".
Avere fede amare. La carit reciproca operata dallo Spirito Santo
Dimorante, il quale produce nei fedeli l'unica risposta all'Amore divino triadico reciproco (3,16; 13,24; 14,23; 17,1-26). E questo si deve
diffondere e deve essere vissuto come amore fraterno tra i fedeli.
Infine, chiudendo queste povere note, tutto ci altro non che la Vita
eterna, il Dono divino inconsumabile. Il suo luogo naturale tra gli
uomini la comunit deifedeli. In Giovanni la comunit appare quasi
chiusa in se stessa, a prima lettura. Tuttavia la parola terribile: "Da questo tutti conosceranno che siete discepoli di Me: se avrete Vagape
(amore, carit) gli uni per gli altri" (13,35), apre la visuale apostolica
missionaria, e la fissa sul suo mezzo diffusivo pi potente ed efficace.

E. GLIATTI
Si ritiene utile presentare qui di seguito anche lo schema generale degli Atti, considerando la sua importanza di libro che inaugura la lettura
annuale dlV Apstolos lungo il periodo privilegiato che corre dalla Domenica della Resurrezione fino alla Domenica della Santa Pentecoste.
274

CAP. 8 - L'EVANGELO TETRAMORFO - GLI ATTI

La comprensione di questo libro del N.T. va inquadrata nel fatto


programmatico dell'autore, Luca, il quale ha concepito una grande
"teologia della Storia sacra" in due pannelli specularmente riscontrabili,
l'Evangelo, che narra del Signore durante la sua Vita storica fino alla
Croce e Resurrezione ed Ascensione, e gli Atti, che narrano della Chiesa nella sua vita nella storia fino ai confini della terra, da Gerusalemme
a Roma, inviata dal Signore assunto al cielo e guidata ogni momento
dallo Spirito della Pentecoste.
Prologo: 1,1-2
L'ASCENSIONE: 1,3-11
A. GLI "ATTI" DI PIETRO: 1,12 - 12,25

1. Nel cenacolo, l'elezione del 12 apostolo: 1,12-26


2. La Pentecoste: 2,1-47
a) Lo Spirito Santo Fuoco sugli Apostoli: 2,1-13
b)II primo discorso di Pietro: 2,14-36
2,14-15: l'esordio
16-21: lapa
22-36: 2aparte
37-41: gli effetti del discorso
42-47: sommario della Comunit
3. La lapersecuzine: 3,1 - 4 ,31
a) guarigione del paralitico: 3,1-11
b)discorsoaparte
di Pietro: 3,12-26
3,12-16: l
17-26:2a
parte
e) gli Apostoli davanti al sinedrio: 4,1-22
d) rendimento di grazie per la liberazione, e nuova Pentecoste: 4,23-31
4. Vita della Comunit: 4,32 - 5,11
a) comunit e comunanza di beni: 4,32-35
b) generosit di Barnaba: 4,36-37
e) Anania e Saffira: 5,1-11
. persecuzione:
a) la Chiesa si espande: 5,12-16
b) la cattura degli Apostoli: 5,17-33
e) l'intervento di Gamaliele: 5,34-42
5 La2a

275

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

6. L'elezione, dei 7 diaconi: 6,1-7


7. Stefano in azione, suo martirio: 6,8 - 8,3
a) la controversia con gli Ebrei ellenisti: 6,8-10
b) la cattura: 6,11-15
e) il suo discorso al sinedrio: 7,1-53
d) la sua morte: 7,54-60
e) la persecuzione e la sepoltura di Stefano: 8,1-3
8. L'Evangelo a Samaria: 8,4-39
a) la predicazione del diacono Filippo: 8,4-13
b) la missione di Pietro e Giovanni, e lo Spirito, nuova Pentecoste:
8,14-25
e) Filippo battezza l'eunuco etiopico: 8,15-39
9. La conversione di Paolo e gli inizi del suo apostolato: 9,1-30
a) Paolo a Damasco: 9,l-19a
b) prima predicazione di Paolo: 9,19b-22
e) Paolo fugge da Damasco: 9,23-25
d) Paolo a Gerusalemme con Barnaba: 9,26-30
10. Pietro e le prime conversioni dei pagani: 9,31 - 11,30
a) sommario della Comunit: 9,31
b) Pietro a Lidda ed a loppe: 9,32-43
e) la conversione di Cornelio: 10,1 - 11,18
10,1-8: la visione di Cornelio
9,23: la visione di Pietro 24-48: Pietro da Cornelio,
nuova Pentecoste 11,1-18: reazioni nella Comunit
di Gerusalemme
d)il "cristianesimo" ad Antiochia: 11,19-26
e) la carestia a Gerusalemme: 11,27-30
11. La persecuzione d'Erode Agrippa: 12,1-24
a) Pietro catturato, ma liberato dall'Angelo: 12,1-19
b) morte d'Erode Agrippa: 12,20-23
e) "la Parola cresceva": 12,24-25
B. GLI "ATTI" DI PAOLO: 13,1 - 28,31

1.1 viaggi missionari di Paolo: 13,1 -21,14


a) il1 viaggio: 13,1-14,28
13,1-3: la missione da Antiochia di Siria
4-12: a Cipro 13,1314,20: in Galazia
276

CAP. 8 - L'EVANGELOTETRAMORFO - GLI A TTI

13,14-15: a Perge e Antiochia di Pisidia


16-41: discorso di Paolo ad Antiochia di Pisidia
42-43: le reazioni al discorso
44-45: la persecuzione
14,1-7: ad lconio
8,20: a Listre
21-28: ad Antiochia di Siria
b) il Concilio di Gerusalemme: 15,1-35
15,1-3: l'occasione ed il motivo
4-6: i preparativi
21: l'assemblea
7-11: discorso di Pietro
12: interventi di Paolo e Barnaba
13-21: discorso di Giacomo il minore
22-29: il documento finale
30-35: promulgazione del documento ad Antiochia
e) il 2 viaggio missionario di Paolo: 15,36 - 18,22
15,36-41: Paolo e Barnaba si separano 16,1-10:
Paolo in Asia minore
11-40: Paolo a Filippi
17,1-9: aTessalonica
10-15:aBerea
17,16-34: ad Atene
22-31: il discorso di Paolo sull'Areopago
32-34: reazioni al discorso
18,1-17: Paolo a Corinto
18-22: pellegrinaggio a Gerusalemme
d) il 3 viaggio missionario: 18,23 - 21,14
18,23: verso Efeso
24,28: incontro con Apollo
19,1-41: Paolo ad Efeso
1-7: i discepoli del Battista, nuova Pentecoste
8-12: Paolo predica ad Efeso
13-20: gli esorcisti ebrei
21-22: il progetto per Gerusalemme e Roma
23-41 : la rivolta di Demetrio l'argentiere
e) verso Gerusalemme: 20,1 - 21,14
20,1-6: in Macedonia e Grecia
7-12: aTroade
277

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

13-38:aMileto
21,1-7: verso Cesarea
8-14: a Cesarea
2. La prigionia di Paolo: 21, 15 - 28,31
a) a Gerusalemme: 21,15 - 23,35
21,15-16: Paolo accolto dalla Chiesa
27-40: la cattura
22,1-29: il discorso di Paolo nel tempio
22,30-23,11: Paolo davanti al sinedrio
12-35: il complotto dei sicari
b) Paolo a Cesarea: 24,1 - 26,32
24,1-9: azione giudiziaria di Felice contro Paolo
10-21: difesa di Paolo
22-23: decisione di Felice
24-27: Paolo a colloquio con Felice e Drusilla
25,1-12: procedura di Festo
12: Paolo appella a Cesare
13-27: Festo consulta il re Agrippa
26,1-23: discorso di Paolo
24-32: reazioni di Festo e di Agrippa
e) verso Roma: 27,1 - 28,15
27,1-12: da Cesarea a Creta
13-26: la tempesta
27-44: il naufragio 28,1-10: a
Malta, lo svernamento
11-15: da Malta a Siracusa, Reggio e Pozzuoli
16-31: a Roma
16: l'arrivo
17-29: i primi contatti con gli Ebrei di Roma
30-31 : la prima predicazione ai pagani.

278

CAP. 9
STRUTTURE DEL "LEZIONARIO" BIZANTINO
DELLA DIVINA LITURGIA
1. Generalit
I Tesori della Santa Scrittura che largamente dispone la Divina Li
turgia provengono dall'A.T., limitatamente a qualche grande celebra
zione, dai 4 Evangeli e dall'Apstolos (esclusa YApocalisse). Si con
viene qui, come accennato, di chiamare "Lezionario" non un libro che
contenga i testi ordinati in pericope per tutto l'Anno liturgico, bens il
sistema di tali testi, che si possono comodamente racchiudere in tabel
le. In antico si preferiva mantenere integro il testo dell'A.T. e del N.T.,
annotando ai margini dei codici le pericope da leggere.
In pratica, si hanno due distinti Libri liturgici per le letture: il
Thion hai hiern Euagglion, il divino e sacro E vangelo, e VApstolos, che contiene anche i canti salmici interlezionari, ossia i
Prokimena e gli Alleluia ali'Evangelo, nonch gli altri canti salmici
che sono le Antifone.
II sistema delle Letture bibliche del Rito bizantino ha una storia lun
ga e complessa. Le sue strutture sono esemplate sul modo di proclama
re la Parola divina a Gerusalemme, a partire dalla fine del sec. 4, con
sviluppi diversi fino alla sistemazione finale, che si pu fissare intorno
al sec. 7, dove ebbero molto influsso gli ambienti monastici.
Nel sec. 7 S. Massimo il Confessore nella sua Mystaggia ancora
cita la lettura dell'A.T. nella Divina Liturgia. Non molto dopo l'A.T.
scompare, relegato alla celebrazione delle Ore sante. Si perdeva cos
un'inenarrabile ricchezza, che il popolo non avrebbe pi ascoltato.
Come sta in uso, il "Lezionario" bizantino va esaminato secondo
strutture molteplici. Anzitutto, in diacronia ed in sincronia:
a) struttura diacronica: come riportano V Euagglion e VApstolos, per
s la lettura ordinata si inizia nella Veglia del Sabato santo e grande,
con l'Evangelo della Resurrezione: Mt 28,1-20, per proseguire nella
Notte, dove nella Divina Liturgia si comincia a leggere, secondo l'una
nime tradizione delle Chiese, il libro degli Atti. Nella medesima Notte
si comincia a leggere Giovanni, fino alla Pentecoste. Dopo si leggono
Matteo e Luca; Marco interposto in alcuni periodi, ed presente nella
Quaresima. Il sistema degli Evangeli termina con il Venerd delle Sof
ferenze;
b) struttura sincronica: questa pone come su un piano, per una perce279

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

zione sintetica, tutti i testi di una celebrazione di una Divina Liturgia,


sia biblici sia di composizione ecclesiastica, che pur sempre sono una
"rilettura" di temi biblici del giorno. Il metodo ottimo per cogliere tutti
i temi del giorno di esplorare "da Vespro a Vespro" tutta l'ufficiatura
del giorno, ponendo al centro la Divina Liturgia, ed al centro di questa
l'Evangelo che porta i contenuti tematici della celebrazione in atto. Per
quanto riguarda l'esplorazione e il commento dei testi, il materiale
principale sar:
- le Antifone: versetti salmici cantanti in forme "antifonali", con la risposta di un'acclamazione;
YEisodikn:
il canto variabile che durante la "piccola isodos" o in
gresso, accoglie e saluta l'Evangelo portato in processione solenne;
- i Tropari, canti che rileggono testi ed eventi del giorno e fanno me
moria dei personaggi che vi prendono parte, anzitutto per Cristo Ri
sorto e la Theotkos;
- il Prokimenon: versetti responsoriali dopo la lettura delFA.T., quan
do si aveva; questi suppongono l'esecuzione di un Salmo come nel
l'antica tradizione; adesso introducono ?XY Apstolos;
- VApstolos, lettura degli Atti e dell'epistolario apostolico (ne resta
esclusa YApocalisse);
- l'Alleluia: versetti responsoriali, residuo del Salmo che acclamava
l'Evangelo nella sua processione;
- l'EVANGELO, il centro della "Liturgia della Parola divina"; v
a
canta- il Megalinario, in genere il Heirms dell'Ode 9 deYrthros,
to dal popolo che acclama la Theotkos durante la grande Interces
sione della santa Anafora;
il
Koinnikn: canto salmico durante la comunione (in genere, dei celebranti), residuo antifonico di un Salmo.
Di volta in volta per la loro importanza di contenuto possono essere
considerati anche altri testi della celebrazione.
2. La struttura diacronica
Utile strumento di analisi della struttura diacronica, il corso delle pericope bibliche durante l'anno, il Pinax, la tabella acclusa alle edizioni dell'Evangelo e z\VApstolos. come un'avventura spirituale scorrere le liste avanti e indietro, per impadronirsi del flusso dinamico e dei
rispettivi contenuti dalle pericope stesse. Dovrebbe essere un compito
costante anzitutto dell'omileta, il quale se deve considerare la "sincronia" di una celebrazione, deve tuttavia ricollocarla sempre nella "dia280

CAP. 9 - STRUTTURE DEL "LEZIONARIO" BIZANTINO

cronia", che il "continuo celebrativo" mai interrotto, n durante l'anno, n durante la storia della Chiesa, dalla Pentecoste alla Parousia.
Si danno qui alcune linee generali del "corso" delle Letture domenicali.
A) GliEvangeli
Come si accennato, i 4 Evangeli sono distribuiti ad iniziare dalla
principale celebrazione della Chiesa, la Domenica della Resurrezione,
che per s segna anche l'inizio vero dell'Anno liturgico. Il quale gi
nell'A.T. cominciava dall'inaugurazione del ciclo annuale delle letture
della Trh (cf. qui Dt 31,9-13, in occasione della grande festa delle
Capanne, in autunno).
1)Giovanni Si proclama dalla Domenica santa e grande della Pasqua
lungo le 8
Domeniche che portano alla Pentecoste, con l'eccezione della Domeni
ca 3"
Mirofore" (che proclama Matte). Questo periodo privile
giato tra tutti considera la Domenica come capo della settimana.
Giovanni inoltre si proclama: , ,
- la Domenica 1* & Quaresima, "dell Ortodossia ;
- la Domenica della Palme;
- nel rito della lavanda dei piedi, il Gioved santo e grande;
- alla festa della S. Croce e la Domenica che la precede;
- come 1, 2, 4, 9, 11 Evangelo "delle sante Sofferenze", il Venerd
delle Sofferenze;

-come 7, 8, 9, 10, 11 degli Euagglia hethin anastsima


e\Y rthros domenicale.

2)Matteo

La sua proclamazione si estende dalla settimana 1" P a Pen teco-ste


fino alla Croce, per 17 settimane (ma vedi le rubriche). Da adesso alla
grande Veglia del Sabato santo e grande esclusa, si considera la
Domenica come giorno conclusiafirdg&lSPlfegusii ptaigfe Marco dal
Tra la settimana lla e la 16a luned al venerd,
mentre il sabato ha Matteo.
L'Evangelo di Matteo ricorre nella Settimana santa e grande nella
celebrazione del mercoled e gioved. Poi come 3, 5, 7, 12 Evangelo
"delle sante Sofferenze".
Ricorre come il 1 degli 11 Euagglia hethin anastsima ali'
rthros domenicale.
Matteo ha il privilegio in fondo di offrire la pericope principale dell'anno durante la Divina Liturgia, quella della Veglia del Sabato santo e
grande, che narra la Resurrezione del Signore: Mt 28,1-20.
281

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

3) Luca
.
Si proclama dal luned che segue la Domenica l a dopo 1 taitazlone della
Croce per 15 settimane (ma anche qui, vedi rubriche), la 16ae s-sendo
sostituita secondo la data pasquale dalla Domenica IT 1 a ' teo, o
"della Cananea".
Il Periodo del Tridion prosegue con Luca nelle Domeniche del
Pubblicano e del Fariseo, e del Figlio dissoluto, mentre le successive
Domeniche di Carnevale e dei Latticini hanno Matteo.
. , , _ ,.
Dal luned della settimana 12a iLuca fino *& Domenica del Figlio
dissoluto, nelle ferie si legge Marco, ma il sabato ancora Luca.
L'Evangelo di Luca ricorre come 4, 5, 6 degli Euagglia
hethnd anastsima durante Vrthros domenicale.
Ricorre come 8 ed unico Evangelo del Venerd santo e grande.
4) Marco
Oltre le ricorrenzequisoprap resentate, Marco si proclama nelle
Domeniche 2\ 3a e 4a
il 6 e 10 degli Evangeli del Venerd santo e grande. E il
2 e 3 degli Euagglia hedthin anastsima.
Occorre qui una buona conoscenza delle rubriche, e la costante consultazione del Typikn. Infatti le tabelle evangeliche subiscono variazioni secondo diversi criteri: la data pasquale, e l'incontro con le feste
con le loro 5 classi. Inoltre, esistono anche legittimi usi locali.
Le tabelle evangeliche per le Feste vanno desunte dai Mnolgia.
Esistono anche elenchi delle celebrazioni "per circostanze varie".
B) L'Apstolos
La lettura de\YApstolos per le Domeniche non in genere raccordata "tematicamente" con l'Evangelo corrispondente, bens segue il
suo corso, ordinato dalle sue norme. Sono posti in successione gli Atti e
le Epistole.
a) Atti degli Apostoli
Si leggono dalla Domenica santa e grande di Pasqua fino a Pentecoste, anche durante le ferie settimanali.
b) Epistole apostoliche
Si leggono dal luned dopo la Pentecoste fino al Sabato santo e grande, distribuite in 5 "periodi":
menica IO &^a Pentecoste; 1 apertura data dall 'epistola mani;
Periodo 1: dal
luned dopo la Pentecoste alsabato prima
della Do- IO la Pentecoste; 1 apertura data dall ' epistola
aiRo282

CAP. 9 - STRUTTURE DEL "LEZIONARIO" BIZANTINO

-Periodo 2: dalla Domenica iO= ^ sabato prima della Domenica 18


-Periodo 3: dalla Domenica 18- al,sabat Pnma ^la Domenica 2&.
-Periodo 4: dalla Domenica 26 al sabat0 Pnma della Domenica 34% o "del
Figlio dissoluto";
- Periodo 5: dalla Domenica del Figlio dissoluto fino al Sabato santo e
grande.
UApstolo s come Libro liturgico contiene dunque gli Atti e le Epistole di Paolo, Giacomo, Pietro, Giovanni, Giuda, con la nota esclusione &W Apocalisse (che gi i Padri usavano come contenuto, senza per
citarla, come invece per tutto il resto delle Sante Scritture).
Occorre qui ovviamente conoscere anche gli Apstoloi dei Mnolgia per le Feste, oltre a quelli disposti "per varie circostanze" celebrative.
Il libro deWApstolos contiene anche i testi salmici in uso durante
l'Anno liturgico, e che bene conoscere in quanto arricchiscono la celebrazione della Chiesa. Tali testi sono tratti da antichi libri liturgici
una volta indipendenti, come l'Antifonario, l'Alleluiario, e cos via. La
principale distribuzione contempla:
-le Antifone: per le Domeniche, le feste, le ferie;
-i Prokimena: idem;
-gli Alleluia: idem;
-i Koinnik: idem.
Se si ha davanti il quadro dei riferimenti salmici, si percorre in pratica l'intero Salterio, che trova nella Divina Liturgia il suo "sigillo" e la
sua "fonte" del significato totale.
3. L'"iconologizzazione" delle Domeniche
II calendario delle ricorrenze liturgiche delle Chiese si completa tra
il sec. 3 ed il sec. 5, con qualche inserzione anche pi tardiva. probabile che per prime abbiano ricevuto un titolo le Feste intorno alla Resurrezione ed intorno alla Nascita del Signore. Comunque, tutte le feste
hanno un titolo, che deriva dal contenuto dell'Evangelo del giorno, come l'Ascensione, o dall'idea teologica che spinge a festeggiare, come
"l'universale Esaltazione della preziosa e vivificante Croce".
Fu sempre preoccupazione della Chiesa dei Padri, di fronte alla
pressione "festale", di "salvare la Domenica". Uno dei modi precisamente identificare la Domenica con il titolo, che in genere deriva dall'episodio portato dall'Evangelo del giorno. Ora, dare un titolo significa "iconologizzare" la realt cos titolata, ossia indicare il riferimento
in modo quasi visuale ed auricolare ali'Evangelo del giorno, o all'idea
teologica come detto sopra. questo, oltre che un'utile forma mnemo283

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

tecnica, anche una possibilit di facilitare la mistagogia al popolo cristiano, posto subito di fronte al tema ed al periodo liturgico. Per tale
comprensione, l'iconologizzazione delle Domeniche nel Rito etiopico
resta un esempio preclaro.
Per il Rito bizantino, nelle edizioni dell'Evangeliario in genere si offrono le tabelle complete dall'uso dei 4 Evangeli, e ciascuna pericope
evangelica individuata dalle Hypothseis, i titoli contenutistici. Essi
sono talvolta molto sintetici. In questo volume, nell'Indice apposito, si
troveranno elencate le Domeniche piuttosto con il numero di serie,
quando occorra, per comodo di consultazione. Qui si elenca invece l'iconologizzazione delle Domeniche.
-

Sabato santo e grande;


Domenica santa e grande di Pasqua;
Domenica dell'Antipdscha (o di S. Tommaso, anche con altri titoli);
Domenica 3a delle Mirofore;
Domenica 4* del Paralitico;
Domenica4adelParalitico;-Domenica 5a della Samaritana;
Domenica5adellaSamaritana;-Domenica 6 a del Cieco dalla nascita;
Domenica 7a de S^ti Padri;
Domenica7adeiSantiPadri;-Domenica 8 a della santa Pentecoste.

(Periodo di Matted)
Domenica 1 \ di Tutti i Santi; , . . . ,.
Domenica1\diTuttiiSanti;-Domenica 2a Sulla vocazione dei primi discepoli;
Domenica 3 a Su l D is cor so della montagna;
Domenica 4\ Sul Centurione;
Domenica 5\ Sui due indemoniati;
Domenica 6% Sul Paralitico;
Domenica 7 \ Sui due Ciechi;
Domenica 8 \ Sui cinque pani;
Domenica 9 \ Sul cammino sulle acque;
Domenica 10a, SulLunatico;
Domenica 11 \ Parabola sul debitore di 10.000 talenti;
Domenica 12% Sul ricco;
Domenica 13", Sulla vigna;
Domenica 14 \ Sugli Invitati alle Nozze;
Domenica 15 \ Sull'Espertodella Legge;
Domenica 16 a , Su i Recettor i dei talenti ;
Domenica 17 \ Sulla Cananea.
-

(Periodo di Luca)
- Domenica l a , S u lla ca ttu r a
284

,.
dei

es ci;

CAP. 9 - STRUTTURE DEL "LEZIONARIO" BIZANTINO

- Domenica 2" (Sul Discorsodella pianura);


- Domenica 3% ^ 10 delta Te>
- Domenica 4a, Parabola d a semina
ncco e
- Domenica 5 a ,
P o v e r o Lazzaro;
- Domenica5a,SulriccoedilpoveroLazzaro;-Domenica6a, Su colui che conteneva la legione;
Domenica 7 a , S u l l a f e d e d e l c a p o d e l l a s i n a gg a ;
- Domenica 8% Sull Scriba interrogante il Signore;
- Domenica 9\ Sul ricco a cui la terra prosper;
-Domenica 10\ Sulla Donna con lo spirito di debolezza;
-Domenica 11\ Sui Convocati alla Cena;
-Domenica 12\ Sui Dieci Lebbrosi;
-Domenica 13\ Sul ricco interrogante Ges;
-Domenica 14", SulCieco;
-Domenica 15a, Su Zaccheo.
(Tridion)
- Domenica 16% Sul Pubblicano ed il Fariseo in preghiera;
- Domenica 17\ Parabola sul Figlio dissoluto emigrato in regione lon
tana;
- Psychosbbaton;
- Domenica deVApkreos, Sulla Venuta di Cristo;
- Domenica della Tyrin (Sul Discorso della montagna).
(Quaresima Santa e grande)
- Domenica dell'Ortodossia;
- Domenica 2a dei Digiuni, di S. Gregorio Palamas, Sul Paralitico;
- Domenica 3a dei Digiuni, dell'Adorazione della Croce;
- Domenica 4a dei Digiuni, di S. Giovanni Climaco, Sul Lunatico;
- Domenica4adeiDigiuni,diS.GiovanniClimaco,SulLunatico;-Domenica5a deiDigiuni,diS.MariaEgiziaca,SuiFiglidiZebedeo;
- Sabato prima delle Palme, Su Lazzaro;
- Domenica delle Palme;
- Settimana santa e grande.
Altre Domeniche durante l'anno interrompono il corso dei Periodi
di Matteo e di Luca, inserendosi per la loro solennit significante, e per
s sono annoverate nel Hertodrmion (Ciclo dei Mnia). Esse sono:
- Domenica prima del 14 Settembre (dal 7 al 13 Settembre);
- Domenicadopo il 14 Settembre (dal 15 al 21 Settembre; cf. la DomeniCu. J

- Domenica deiSanti Padri di Nicea II (dall'I 1 al 17 Ottobre; cf. la


Domenica 4a 1 uca>>
- Domenica dei Progenitori del Signore (dall' 11 al 17 Dicembre);
- Domenica di Tutti i Padri o della Genealogia (dal 18 al 24 Dicembre);
285

CELEBRARE CRISTO NELLA SUA PAROLA

- Domenica dopo la Nascita del Signore (cf. 26 Dicembre);


- Domenica prima della Teofania (dal 30 Dicembre al 5 Gennaio);
- Domenica dopo la Teofania (dal 7 al 13 Dicembre), Sull'insegnamento di Cristo;
- Domenica dei Padri delle prime 6 Sinodi (dal 13 al 19 Luglio).
Tutti i testi su cui condotto il presente lavoro, sono stati tradotti direttamente, alla lettera, sugli "originali" greci delle Edizioni ortodosse
e dell'Edizione romana.
L'A.T. ovviamente quello della versione dei Settanta, per di volta
in volta controllato anche sul testo ebraico.
Il N.T. altrettanto ovviamente quello dell'edizione chiamata Lectionarium byzantinum (che in realt ha una folta messe di manoscritti),
usata di norma nella Divina Liturgia. Anche qui stato sempre condotto
un controllo sull'edizione critica di A. Merk.
Le traduzioni dei testi dei Padri sono condotte sugli originali.
Si sempre cercato di procedere kat tn lxin, secondo la lettera, in
modo da evitare il pi possibile di essere "traduttore traditore".
Quanto av versetti salmici, si ritenuto utile porvi accanto il "genere
letterario" moderno del Salmo da cui sono tratti; con ci si vuole dare
qualche elemento di avvio alla considerazione che il Salterio, come
splendidamente sapevano i Padri, un fiorente Giardino, dove la
straordinaria vegetazione nata sotto il segno dell'impressionante variet di forme espressive, i "generi letterali", con il sussidio dei quali
siamo chiamati ad attingere il Tesoro della preghiera della Chiesa (S.
Basilio il Grande).

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