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Alfonso Mele
Riassunto
E. Lepore analizza la leggenda di Epeo in Magna Grecia, mostrando la congruenza tra la vicenda focese dell'eroe e quella
precoloniale magno-greca, egualmente legate ad un mondo di boschi e di tecniche di lavorazione del legno. A. Mele riprende la
leggenda dell'eroe di Temesa e attraverso una analisi delle tradizioni relative ne rileva i fondamenti economici, storici, religiosi e
ne ricostruisce la storia come di un luogo di commercio ausone originariamente sotto controllo ionico, evolutosi attraverso il
rapporto con Sibari e Crotone, dissoltosi in seguito alla conquista locrese con la piena assunzione entro un contesto agricolocittadino.
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1Rend. Line, ci. se. mor., XXIII, 1968, p. 249 ss; Atti M. Grecia, 1968-69, p. 7 ss.;
Rend. Nap., XLIV, 1969, p. 11 ss. ; Almanacco calabrese, 1970-1971, p. 75 ss.
2 P.P. CXLVI, 1972, p. 331 ss.
3 Temesa e il suo territorio, Atti del Colloquio Perugia-Trevi, 1981, Taranto, 1982. Ques
tiatti ho potuto leggere solo quando questo lavoro era ormai compiuto.
4 Chor., II, 69.
5Geogr., Ili, 1, 9.
6 Alex., 1067-1072.
7 N.H., III, 72.
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8 Alex, 1071.
9 Paus., VI, 6, 11. vedi sotto p. 863 ss.; 881 ss.
10 Liv., XXXIV, 45, 4-5.
11 Aristot., Poi. VII, 1329 b, 10 ss. : golfo Lametico, in un passo che appare dedotto
da Antioco. Nei fr. 3 e 5 Jac. dello stesso il golfo in questione detto , che
denominazione evidentemente da connettere a (Steph. Byz., s.v.), anche se non
si vuole ritenere corruzione di quest'ultimo etnico. Cf. S. Calderone, Messana, IV, 1956,
p. 85 n. 2; R. Spadea, Klearchos, 1979, p. 5 ss.
12Strabo, VI, 1, 5, 253 C.
Thuc, VI, 104; Plin., N.H., HI, 72. Cf. Spadea, art. cit., p. 21 ss.
14Cic, Ad Ait., XVI, 6; Strabo, VI, 1, 4, 255; Plin., N.H., III, 72. Cf. Spadea, art. cit.,
p. 24 s.
15 Strabo, VI, 1, 5, 253 C; Plin., N.H., III, 72-73.
16 Cf. Maddoli, art. cit., p. 339 ss.
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conto subito dopo di aver raggiunto sulla costa la zona in cui Temesa
sorgeva.
Infine la distanza tra Temesa e il fiume detto erroneamente Tanno
nella Tabula non pu essere immediatamente utilizzata. Se vero,
infatti, che, come vuole il Maddoli, quel nome si applica di fatto al
Savuto17, altrettanto vero che il nome Tanno mal si spiega come cor
ruzione
di Sabutus e meglio invece come corruzione di un Lamatus/Amatus. Nella Tabula, quindi, abbiamo una probabile confusione
tra Savuto e Amato, distanti tra di loro circa 20 km ; la distanza da cui
partiva il Maddoli per collegare Temesa a Fiumefreddo, potrebbe, in
altri termini, essersi riferita originariamente all'Amato, col che la posi
zione di Temesa andrebbe allora cercata una ventina di chilometri pi
a sud di Fiumefreddo.
Allo stato attuale della nostra documentazione bisogner, dunque,
accontentarsi di una generica collocazione sulla costa e nella parte se
ttentrionale
del golfo di Hipponio golfo di S. Eufemia.
C' un dato, tuttavia, su cui i due filoni di ricerca ora ricordati con
cordano.
L'antica Brettia nella zona a ridosso della piana di Sibari, a
occidente e a sud, possedeva risorse minerarie di rame e queste consen
tono
alle necropoli dell'et del ferro sulle alture che circondano la pia
na di Sibari e fiancheggiano la valle del Crati di esibire una quantit
rilevante di oggetti enei: segno evidente che quelle risorse non solo es
istevano
ma erano gi sfruttate in et molto antica (IX-VIII sec. a.C.)18.
D'altro canto, gli stretti legami che uniscono Sicilia orientale e Calabria
nello XI sec, lo sviluppo di una metallurgia locale di Molino della
Badia-Madonna del Piano in quest'epoca in una con la perdita dei cont
atti con le zone minerarie dell'Italia centrale, inducono a supporre che
lo sfruttamento delle risorse minerarie della Calabria sia iniziato gi in
quest'epoca 19.
Questa constatazione da, cos, sufficiente certezza che la Temesa
omerica, a cui si va in cerca di rame, sia appunto la Temesa brettia.
L'erudizione antica, infatti, non era del tutto sicura di tale identit. La
presenza di una - a Cipro, con ricche risorse di
minerale, dava origine ad una lezione in Od. I 184 e ad una
851
20Schoi Od. I, 184; Strabo, VI, 1, 5, 253; Steph. Byz. s.v. ; Eustath., ad. Od.
I, 185.
21 Strabo, Le.
22 Lycophr., Alex., 1067 ss.
23 Strabo, Le.
24 IL, XXIII, 664 ss.; 838 ss.; Od., Vili, 492 s.; XI, 523. Cf. Strabo VI 1, 13, 263 e il
rapporto con Panopeus, citt focidese.
25 Lycophr., Alex, 948; Ps. Ar., Mir., 116; Strabo, Le; Steph. Byz. s.v. .
26 Troc-Justin., XX, 2.
27Ephor., fr. 141 Jac. = Strabo, VI, 1, 15, 265.
28 Vedi sotto p. 878 ss. Contro : E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia, I, Napoli, 1928,
p. 258 ss.
29 Fr. 85, 10 Pf.
30 Fr. 98 Pf .
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Temesa, della prima met del V sec, epoca cui appunto risale l'attivit
dei due olimpionici, in relazione a Temesa da lui citati31.
D'altra parte sia la dieghesis a'Aition callimacheo relativo ad
Euthymos, 11. 5 ss., sia lo scolio a Pausania VI, 6, 4 si riferiscono alla
storia di Polites, che fa violenza a una fanciulla, viene lapidato dagli
indigeni, diviene apportatore di morte e si vede quindi riconosciuto da
Apollo un culto eroico. Se ci vero qualche altra precisazione si rende
possibile. La storia di Polites presenta infatti caratteristiche proprie e
alla storia di Palinuro e a quella dei prigionieri focei dopo la battaglia
di Alalia. Palinuro viene ucciso dagli indigeni di Velia; ne derivano
pestilenza e prodigi e, per intervento di Apollo, onori eroici per il
defunto compagno di Enea32. I prigionieri focei, rei di pirateria ai dan
ni
dei , sono (come Polites) lapidati ; ne derivano invalidit fis
iche per bestiame ed abitanti e il riconoscimento, per intervento di Apoll
o
delfico, di onori eroici ai defunti33. Queste tre storie sembrano, dun
que, obbedire a un modello unico, i cui punti di riferimento sono la
battaglia di Alalia e la fondazione di Elea. Col che la storia di Polites, in
questa fase della sua elaborazione, risulta databile almeno alla seconda
met del VI secolo.
In conclusione l'identificazione della Temesa brettia con quella
omerica, anche per quest'altro versante della tradizione, risale ad et
arcaica, ad ambienti locali, prossimi alla stessa Temesa e interessati al
controllo di questa localit34.
A proposito di quest'ultima tradizione, che fa risalire Temesa
all'et dei , ma ne fa solo una tappa del ritorno di Odisseo, qual
che altra osservazione , per possibile. Essa faceva della Temesa eroi
cauna preesistente realt indigena e in questo modo da un lato rispet
tavail dato omerico, secondo cui nell'andare a Temesa il re dei Tafii si
recava ' , tra gente d'altra lingua35; dall'altro
recuperava la tradizione di un'origine ausone del centro brettio, quale
Strabone esplicitamente attesta36. D'altra parte questa stessa tradizione
se attribuiva alla Temesa brettia ricchezze minerarie, da Locri utilizzat
e,
si mostrava disposta ad accettare il dato omerico di una Temesa bar31 L. Moretti, Olympionikai, Roma, 1957, n. 180.
32 Virg., Aen., VI, 337 ss. ; Serv., ad he.
"Hdt., I, 166-167.
34 Vedi sotto p. 878 ss.
35 Od., I, 183.
36Strabo, VI, 1, 5, 253.
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37 Cf. A. Mele, // commercio greco arcaico. Prexis ed emporte, Napoli, 1979 p. 71 ss.
38 Callim., fr. 98 Pf.; Strabo, VI, 1, 5, 253; Paus., VI, 6, 7.
39 Sud., s.v. .
40 Callim., fr. 98 Pf .
41 Strabo, Le.
42Ael., V.H., 8, 18.
43Paus., VI, 6, 11.
44 Paus., le.
45 Steph. Byz., s.v. .
46 Paus., VI, 6, 10.
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64 Fr. 98 Pf .
65 Plin., N.H., VII, 152 = Callim., fr. 99 Pf.
859
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) e la netta discrepan
za
colla tradizione timaica, che il mito delle cicale e il confine col regino connetteva non al Kaikinos ma all'Halex70. Alla conformit dello
schema corrisponde d'altro canto un richiamo esplicito alla tradizione
locrese e locale. La tradizione, insomma, per questo verso unitaria.
Una prima conclusione ne deriva. La vicenda dello scontro di Euthymos coH'eroe-daimon di Temesa nella misura in cui si inserisce in
una trama pi complessa, si inserisce in un contesto la cui unit sta nel
riconoscimento delle doti atletiche e insieme della natura fluviale e
sovrumana del pugile locrese. E la cosa non casuale. Per vincere un
eroe-daimon non occorrevano soltanto straordinarie doti fisiche, ma
una qualificazione adeguata sul piano mitico-cultuale ed Euthymos ne
viene in possesso per volere di Zeus ed Apollo e in forza del suo legame
col Kaikinos.
Tutto ci permette qualche ulteriore precisazione a proposito del
momento in cui questa vicenda dello scontro con l'eroe di Temesa ven
nedefinita. Le vittorie atletiche di Euthymos, che Callimaco, Pausania
e la Suda mostrano di considerare come una premessa all'episodio,
cadono rispettivamente nel 484, 476, 472 a.C.71. La statua offerta ad
Olimpia, di cui si conserva l'iscrizione72, venne eretta a vittorie ottenut
e:
dunque dopo il 472 a.C. Sopravvenne poi, l'episodio del fulmine, da
cui prese le mosse il processo di divinizzazione del pugile, il quale per
altro ebbe, secondo Pausania73, vita lunghissima. Le nostre fonti su
Euthymos, dunque, hanno perfettamente ragione a considerare come
due blocchi cronologicamente successivi le vittorie olimpiche e lo scon
trocon l'eroe; e lo scontro stesso, per le forme che assume, va datato in
epoca non troppo vicina al 472 a.C. Conclusione questa che l'analisi del
ladocumentazione numismatica conferma, facendo cessare il rapporto
di Temesa con Crotone intorno alla met del V sec.74.
3 - La leggenda dell'eroe di Temesa ci pervenuta oltre che nelle
fonti interessate alla carriera di Euthymos, anche in altre, come Strabone ed Eustazio, unicamente interessate alla storia di Temesa e alla
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storia dell'eroe la riduce alle esazioni ai danni dei locali, che l'eroe
compiva, e alla liberazione operata da Euthymos affrontando e vincen
do
l'eroe. Se egli dipenda anche nei particolari da Callimaco non pu
dirsi : in ogni caso non da notizie contrastanti colle sue ed esplicito,
come si vide, in lui il richiamo diretto ai locresi.
Pausania, al contrario, da la storia in tutti i suoi dettagli80. Odisseo
nel corso del suo capit in Italia e in Sicilia e insieme alle navi
giunse anche a Temesa. Qui uno dei suoi compagni ubriaco fece violen
za
a una vergine e per questa colpa venne lapidato dai locali. Odisseo
non si diede pensiero della sua perdita e ripart. Il daimon dell'uomo
lapidato non trascur alcuna occasione per uccidere quanti erano
capitassero a Temesa, qualunque et avessero, fino a che la Pizia a
quelli che si accingevano ad abbandonare del tutto l'Italia, non permise
che partissero e ordin di placare l'eroe, di ritagliargli un temenos,
costruirgli un sacrario ed offrirgli annualmente la pi bella delle vergi
ni
di Temesa perch ne facesse una donna. Dopo che quelli ebbero ese
guito
gli ordini del dio, non ebbero pi nulla a temere da parte del da
imon Euthymos, giunto a Temesa nel momento in cui veniva fatta la
consueta offerta, si inform del perch ed espresse il desiderio di
entrar nel tempio e vedere la vergine. Vistala, ne ebbe prima piet e poi
se ne innammor. La fanciulla gli giur che se fosse stata salvata
l'avrebbe sposato ed Euthymos, armatosi, attese l'arrivo del daimon. Lo
vinse in battaglia e lo scacci dalla terra; l'eroe scomparve sprofondan
do
nel mare, Euthymos celebr splendide nozze e i locali per sempre
furono liberati dal daimon.
La Suda sostanzialmente si attiene a questo racconto81 : il
di Odisseo in Italia e Sicilia; l'ubriachezza, la violenza e la lapidazione
del compagno; la partenza incurante di Odisseo; la reazione del da
imon,
la tentata fuga degli abitanti, l'intervento della Pizia, il temenos,
l'offerta annuale della pi bella vergine, perch il daimon si unisse a
lei, l'arrivo di Euthymos che apprende dell'uso durato gi molti anni,
l'entrata nel temenos; la vista della fanciulla; la piet, l'amore, l'arma
mento, lo scontro notturno; la vittoria e la cacciata del daimon; la sua
scomparsa definitiva, le nozze con la vergine. Non c' nulla che non sia
in Pausania. Unica differenza l'accenno esplicito al fatto che il daimon
80 VI, 6, 7-10.
81 5. . .
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veniva fuori di notte : ma Pausania aveva pur detto che il pugile entrato
nel tempio dovette poi attendere l'uscita del daimon e questo, ad un
orecchio accorto, doveva suonare significativo del suo notturno arrivo.
Per di pi Pausania aveva subito dopo descritto il demone come
e questo di nuovo confermava la natura notturna del
demone. Le coincidenze anche verbali con Pausania sono, comunque
troppe per non ammettere un rapporto stretto del testo della Suda con
quello dato dal Periegeta.
Si deve per aggiungere che la sostanza ancora quella di Callimaco, cos come dalla parte restante della dieghesis si viene a capire.
L'eroe di Temesa un compagno di Odisseo e la sua storia conse
guenza della permanenza della sua nave a Temesa; l'eroe riceveva un
tributo da locali e vicini, consistente in un letto e una fanciulla da marit
o
che veniva lasciata nel tempio e ritirata al mattino defiorata. Euthymos pose fine al tributo. L'accenno al compagno di Odisseo restato nel
posto allude alla storia di Polites e alla noncuranza di Odisseo verso di
lui, che poi la causa dell'ira del demone e di tutto quel che segue.
L'accenno in Pausania e nella Suda al fatto che l'eroe dovette attendere
lo arrivo del demone e che il combattimento fu notturno conferma che
anche per costoro il rito si compiva durante la notte. L'accenno al fatto
che la veniva offerta come oppure all'eroe
lascia intendere che anche queste fonti concepivano il rito nei termini
descritti nella dieghesis. Se a questo si aggiunge la gi notata identit
dello schema, locrese-callimacheo, seguito da queste fonti e la notizia
dello scolio, che attribuisce a Callimaco un racconto analogo a quello di
Pausania, il cerchio del ragionamento si chiude e la conclusione obbli
gata che anche quegli elementi che la dieghesis non riferisce detta
gliatamente,
ma solo parte essenziale della storia del compagno di
Odisseo (il nome Polites, la vicenda della morte, l'ira, l'intervento di
Delfi) rientrano nella stessa tradizione.
Insomma tutto questo racconto su Euthymos e sull'eroe di Temesa
nelle sue diverse articolazioni rientra in una unitaria tradizione elea e
delfica, ma soprattutto locrese, che in tutto in larga parte si giova
della mediazione callimachea, ma che deve, per le ragioni prima accen
nate, essersi compiutamente definita intorno alla met del V secolo
a.C.
4 - Pausania, tuttavia, da ancora una notizia su Temesa e il suo
daimon, riferendoci di una di un'altra che egli
avrebbe direttamente vista. La fonte ora mutata e mutate sono anche
864
IX.
82 Cf. Pausanias, Graeciae descriptio, ed. M.H. Rocha Pereira, I, Lipsia, 1973 p. VIII-
83 G. Giannelli, Culti e miti della Magna Grecia, Firenze, 1963, p. 135 ss. Cf. P. Orsi,
Not. Se, 1911, Suppl., p. 62 ss.; G. Spadea, Klearchos, 1974, p. 5.
84 Giannelli, cit., p. 101 ss.
85 Giannelli, cit., p. 69. Cf. Tempio (D. Mertens, Atti XIII Conv. di studi sulla
M. Grecia, Taranto 1973, Napoli 1974, p. 201 ss.) e quello extramurario delle Tavole Pala
tine {ibid., p. 212 ss.).
86 Giannelli, cit., p. 125 s. Cf. P. Zancani - U. Zanotti Bianco, Heraion alla foce del
Sele, HI, Roma, 1951-54; P. Zancani e altri, Atti M. Grecia, 1964, p. 57 ss.; 1966, p. 23 ss.
per l'Heraion del Sele; ad Hera erano ancora dedicata la principale area sacra della citt,
con il ed. Tempio di Nettuno e la Basilica: P. Zancani Montuoro, EAA, V, Roma 1963,
p. 833 ss.
87 Ap. Soph., Lex., 24, 18; Schol. Od. XXIV, 304; Steph. Byz., s.v. ; Hesych., s.v.
; Eustath., ad Od., XXIV, 304.
88 Et. M., s.v. .
865
89 Cato, fr. 62 P.; Virg., Aen., XI, 535 ss.; Serv., Aen., VII, 803; XI, 567.
9<> Ael., V.H. II, 33.
91 V. sopra n. 67.
" Paus., VI, 6, 4.
Ael., V.H., Vili, 18.
94 Questo ruolo del Sybaris nella tradizione confluita nella era stato gi, in epo
caanteriore alla scoperta dell'ex-voto fittile di Locri, individuato da : G. De Sanctis,
L'eroe di Temesa. Scritti minori, I, Roma, 1970 p. 28 s.
866
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per immaginare che tradizioni sibarite, non locresi, n crotoniati terinee, venissero per Temesa polemicamente richiamate. E il richiamo
non era solo possibile ai difensori dell'autonomia di Temesa, ma anche
ai negatori della stessa, almeno nella misura in cui potevano presentars
i
come legittimi eredi di Sibari : si pensi in particolare al tentativo di
Turi di riprendere le posizioni sibarite sul Tirreno, lottando con Terina
e i Lucani, ma anche alle lotte di Turi contro i Brettii all'epoca della
spedizione di Alessandro il Molosso 103.
Insomma, le tradizioni sibarite su Temesa che risalivano a prima
del 511/10 hanno avuto pi di un motivo della met del VI sec. fino alla
conquista brettia e oltre per essere tenute in vita e costituire cos l'am
biente adatto alla nascita e/o conservazione della di cui Pausania
constatava gli ultimi effetti. La tradizione neoclassicista di II-I a.C. di
cui si invocato il ruolo a proposito della nel recente convegno
su Temesa e il suo territorio, cronologicamente parlando non pu esse
re
altro, quindi, che l'ultimo motivo atto a spiegare la conservazione del
quadro.
5 - L'analisi della vicenda mitica e cultuale dell'eroe di Temesa
cosa su cui gi si provarono il Maas104, il Pais105, il De Sanctis106, il
Giannelli 107, che ha anche il merito di aver riassunto e criticamente
discusso le tesi dei suoi predecessori. Ad essi tutti, anche se in una
misura diversa, si pu obiettare col Gernet 108, che le loro analisi appaio
no
pi interessate al sostrato storico della leggenda che al tema mitico
in s. I due aspetti vanno invece tenuti costantemente presenti se rea
lmente
il sostrato storico del mito si intende chiarire ed quanto ora ci
accingiamo a fare, partendo, ovviamente, dalla versione meglio docu
mentata
: quella locrese callimachea.
103 Cf. Plut., TimoL, 16, 3-4; 19, 2 con Trog.-Justin. XII, 2, 15 e Strabo, VI, 3, 4, 280.
Per le mire di Alessandro il Molosso su Temesa, vedi sotto p. 883.
104 Der Kampf um Temesa, 1dl, XXII, 1907, p. 18 ss.
105 La leggenda di Eutimo di Locri e dell'Heroon di Temesa, in Italia antica, II, Bolo
gna, 1922, p. 79 ss.; Nuove osservazioni sulla lotta di Eutimo di Locri a Temesa, ibid., p. 93
ss.
106 L'eroe di Temesa, in Atti Tor., XLV, 1909-10, p. 164 ss. = Scritti minori, I, Roma,
1970, p. 21 ss.
107 Culti e miti, cit., p. 223 ss. Cf. anche E. Ciaceri, Storia, cit., p. 258 ss.
108 Anthropologie del Grce antique, Parigi, 1968, p. 168 n. 79.
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di Sibari in Solino113, per il quale Sagari fonda Sibari assieme ai Trezeni : quei Trezeni che, secondo Aristotele, prima degli Achei a
Sibari, poi divennero vittime della loro hybris e ne furono espulsi114. La
notizia particolarmente interessante, in quanto concede ai Locresi il
diritto di rivendicare l'eredit di Sibari, nell'ambito della quale si ponev
a,
come vedemmo, anche Temesa.
E che la vicenda delfica venga concepita in funzione delle pretese
locresi su Temesa pi che evidente, per la molteplicit analogie tra le
due storie di Eurybatos ed Euthymos che fanno della storia delfica in
un certo modo commento di quella temesana e viceversa. Il demone di
Temesa era rivestito di una pelle di lupo115 assaliva chiunque vivesse
venisse in rapporto con Temesa116; ebbe la sua dimora definitiva in un
nei pressi della citt ricoperto di olivi selvatici117. Comportamento,
collocazione, ambiente ed aspetto ricordano da vicino la fiera di Delfi,
che uccide uomini e bestie e vive in un covo rupestre, in montagna. La
comunit delfica vittima della fiera vuole emigrare e cos vuoi fare la
comunit di Temesa vittima del demone. In entrambi i casi l'oracolo
interviene ad impedire la partenza e impone un'offerta118. In entrambi
i casi si tratta di una offerta umana in giovane et : una 119, 120 e 121 nel caso di Temesa; un che un
122 nel caso di Delfi. La ragazza era la pi bella di Temesa123, il
ragazzo era bello d'aspetto e per costumi124. Salvatore nel primo caso
era Euthymos locrese, figlio del fiume , che giungeva al mo
mento
dell'offerta, s'informava del fatto e entrava nel tempio, vedeva la
fanciulla se ne innamorava125; nell'altro il salvatore era Eurybatos,
locrese, discendente del fiume Axios, che giungeva al momento dell'of-
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128
129
130
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131 Eurip. TGF, fr. 922; Duris, fr. 17 Jac; Diod. XX, 41; Strabo, I, 2, 19; Schol. Ar.
Pax, 758. Cf. Schwenn, RE, XII, 1, 1924, col. 545 e Jacoby nel comm. a 76 F 17.
132 Choerob., in An. Ox. 2, 239; Et. M., s.v.
133 Aristot., HA, 540bl8; Gal., 6, 727; Plin., N.H., IX, 78.
134 Philostr., V.Ap., IV, 25; Vili, 7, 9. Cf. M. Delcourt, SMSR, 37, 1966, p. 139 s.
135 F. Vian, RA, 39, 1952, p. 143, 152 ss.
136Poph., Abst., 2, 10 e 28-30; da Teofrasto, cf. W. Burkert, Homo necans, BerlinoNew York, 1972, trad. it. Torino, 1981, p. 110, . 6-7.
137 M. Dtienne, Archiv, de soc. des religions, 29, 1970, p. 157 ss. insiste sul carattere
drammatico del sacrificio, sull'equivalenza che in esso si realizza tra sacrificio ed omicid
io,sulla necessit di un tale atto ai fini della salvezza della citt e dell'agricoltura.
138 Apd., Ili, 9, 1 ; Paus., Vili, 4, 1.
139 Bekker, Anecd. I, 273; Phot., s.v. . La cornice atticizzante della vicenda di
Alcioneo e la coerenza del legame di Meganeira con Diomos con quelli di Meganeira con
872
Arkas assicurano l'identit di questa Meganeira con la figlia di Krokon citata da Apollodoro anche se collo Hercher bisognasse identificarla con la Metaneira citata da Paus., I,
14, 2.
ho il riferimento alla Locride occidentale, generico nell'accenno ai come fon
datori
di Sibari in Italia (Ant. Lib., Met., Vili, 7), si fa pi preciso ove si tiene conto col
Papathomopoulos (Antoninus Liberalis, Les Mtamorphoses, Parigi, 1968, p. 87, n. 9) del
fatto che un demiurgo omonimo del padre di Eurybatos, torna in una iscrizione
da Galaxidi (IG IX, I1, 335) e che ancora alla Locride occidentale rimanda la menzione
della , dal momento che i Cureti erano tradizionalmente localizzati in Etolia (II.
IX 529, 532, 549, 551, 589; Daimachos, F 1 Jac; Ephoros, fr. 122 Jac; Strabo X, 3, 1,
462/3; 3, 6, 465; 3, 8, 466-467) tra Pleurone e Calidone. Infine proprio della Locride
occidentale il recupero di tradizione etoliche (Oldfather, RE XII, 1, col. 1179-81).
141 Questa funzione quella dei Cureti etolici, zii materni di Meleagro e suoi collabo
ratorinella caccia al cinghiale, tipica prova iniziatica a carattere probatorio : M. Dtienn
e,
in Problmes de la terre en Grce ancienne, Parigi, 1973, p. 303. Cf. in generale
M. liade, Forgerons et alchimistes, Parigi, 1977, p. 85 ss.
142 P. Vidal-Naquet, // cacciatore nero e l'origine dell'efebia ateniese, in // mito. Guida
storica e critica, a cura di M. Dtienne, Bari, 1975, p. 66 s. e n. 58.
143 Ant. Lib., Met., Vili, 4.
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una fiera, ma da una pelle di fiera solo rivestito; che non vive in
una grotta, ma ricompare una volta l'anno nel suo tempio ; che alla fine
scompare inabissandosi per sempre nel mare come a sottolineare che
la normale vita della comunit e dei suoi passa attraverso l'annu
llamento definitivo del demone.
Ora se noi rivolgiamo l'attenzione a quanto la storia di Poltes
intende sottolineare, il senso di questa correzione appare perfettamente
chiaro. Le analogie gi sottolineate con la vicenda dei prigionieri di
Alalia e con quella di Palinuro servono a far intendere che al fondo del
rito instaurato a Temesa in nome di Polites, v' l'esigenza del rispetto
dei diritti dello straniero-greco. Nei casi citati per questa l'esigenza
valorizzata sotto la specie del rispetto per i prigionieri e per i naufraghi
indifesi. Nel caso di Polites c' invece dell'altro. La punizione inflitta
alla comunit indigena si realizza nell'offerta annuale entro il di
una e di una all'eroe-daimon, lapidato per aver, da
ubriaco, preso colla forza una locale. Quel che, dunque, si
vuoi vedere riconosciuto da questa comunit indigena il diritto del
al vino e alla donna : quel diritto appunto che nell'ambito
dell'emporio, antica veniva assicurato attraverso e 154,
ma che in et arcaica veniva realizzato con l'opportuna valorizzazione
di culti e riti nei quali la prostituzione aveva un suo posto155.
L'offerta annuale di una e una a colui che in
maniera privilegiata rappresentava il con le sue esigenze ha da
questo punto di vista una sua perfetta giustificazione. La quale si com
prende
ancor meglio se si tiene presente che, compiuta l'identificazione
della Temesa brttia con quella omerica, questa veniva considerata un
luogo di commercio. N va trascurato, infine, che la cerimonia in que
stione
avveniva nell'ambito di un rito di rifondazione Capodanno, i
quali di regola cadevano tra l'epoca del raccolto e quello della semin
a156, epoca in cui appunto cadeva la cerimonia compiuta da quel Diomos che, come si visto, viene richiamato nel rituale delfico. Ora que
sto appunto il periodo migliore per la navigazione, secondo Esiodo157,
ss).
876
877
878
Kuretide che viene ad agire entro un contesto delfico-focidese. Strabone, infine, ricorda questa colonizzazione etolica di Temesa subito dopo
la fondazione ausone e conclude il racconto con la notizia della conquis
ta
locrese e della liberazione della citt ad opera di Eythymos168 : e
come l'unico a citare questa colonizzazione etolica e solo questa,
anche l'unico a connettere l'azione di Euthymos alla conquista locrese.
Sembra logico dedurne che questa tradizione etolica era l'unica che,
dati i rapporti tra Etolia e Locride occidentale, poteva essere recepita
da una tradizione locrese, sia pure entro i limiti di un precedent
e
la rifondazione locrese vera e propria e pur sempre condizionato
dalla compresenza dei al demone. Evidentemente le tradizioni
vinicole di Temesa non dispiacevano ai Locresi, sottolineavano tra
l'altro i limiti della colonizzazione focidese-cerealicola , ma non ba
stavano
a dare a Temesa la piena autonomia e dignit di polis : il vino
poteva anche servire ad inebriare qualche altro Polites o, come a Sibari, poteva servire ad alimentare le esportazioni169.
6 - La possibilit di verifica della versione forzosamente tenden
ziosadella tradizione locrese offerta dalla restante documentazione,
non locrese, relativa al rapporto Crotone-Temesa. Si tratta della serie
delle monete crotoniati interessanti Temesa; dalle notizie, che, indire
ttamente,
la tradizione pitagorica fornisce circa la posizione di Temesa
nell'ambito dell'organizzazione pitagorica dell'impero crotoniate; e na
turalmente,
dalla tradizione sulla colonizzazione focidese da Licofrone
connessa in maniera privilegiata a Crotone.
La documentazione pi ricca e dettagliata quella numismatica 170.
Essa particolarmente significativa circa la posizione di Temesa rispet
to
a Crotone. Temesa costantemente oggetto di una monetazione di
impero, che a partire dalla vittoria di Crotone su Sibari e fino alla met
del V sec, vede la leggenda TE e/o il tipo dell'elmo sempre
accompagnati dal simbolo del tripode e, per tutta la serie degli incusi,
anche dalla leggenda 9PO. A questo dato se ne aggiungono altri che
vedono Crotone particolarmente interessata al ruolo di Temesa nell'am-
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880
175Polyb. X, 1, 6.
176 Aristox., fr. 23 W.
177 Sud., s.v. .
178 Cf. A. Mele, La Megale Hellas pitagorica, in Atti XXI Conv. M. Grecia Taranto 1981,
Napoli, 1982, p. 76 ss.
179 Ibid., p. 71 ss.
180 Ibid., p. 75 ss.
181 R. Spadea, Klearchos, 1979, p. 22 ss.
182 Stazio tipo i = Parise tipo f.
183 Cf. Stazio tipi a, b = Parise tipi i, 1.
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184 A. Mele, Megale Hellas, cit., p. 76, che tiene conto anche dei rilievi di N. Parise.
185 Stazio tipo a = Parise tipo i.
186 Stazio tipo b = Parise tipo 1.
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l'altro trova un aggancio nella comune origine etolica dei due centri189.
Si aggiunga che, nell'ambito della spedizione del Molosso, che combatt
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885
203 P. Zancani Montuoro, PP 154-155, 1974, p. 70; cf. Atti M.G. 1968-69, p. 15 s.
204Diod., XII, 9, 2. Ma cf. A. Mele, in Storia della societ italiana, I, 1, Milano, 1981,
p. 277.
205 vedi sopra p. 864 s.
886
206 Od., XXIV, 304. Cf. Schol. ad he. e Apoll., Lex., 24, 18.
207 C. Lawson, C/. R., 1926, 52 ss.; G. Pugliese Carratelli, Archiv. Glott. ital, XXXIX,
1954, p. 78 ss.; G. Roux, REA, 1960 p. 5 ss.
208 Od., X, 135 ss.; 203 ss. 251 ss.
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888
pastorale di matrice ionico-focea, in quanto achea e in quanto valorizzatrice anche della funzione degli .
8 - La conclusione cui siamo ora pervenuti , quindi, quella di una
Temesa legata all'eroe-daimon Poltes e quindi ad una sua condizione
emporico-pastorale in ambito ionico, calcidese e foceo. Su questo punto
qualche ulteriore osservazione per possibile.
La funzione e l'organizzazione di Temesa in rapporto 3
deve essere stata precedente all'epoca in cui cominciano ad organizzars
i
i cos detti emporii : l'ultimo quarto del VII e gli inizi del VI sec.216.
Tutto ci per un motivo preciso, che quando in tali empori si sviluppa
no
culti e rituali connessi alla prostituzione, questo avvenne di regola
nel nome di Afrodite217. A Temesa, invece, 'aition del rito si riporta a
un eroe-daimon locale. Questo sar un altro modo per dire che Temesa
non fu vera polis, perch tutta incentrata nella sua storia sul culto di
un eroe e non di una divinit. Ma questo vorr anche dire che la prati
ca
e il rito in questione non poterono qui organizzarsi ex-novo, liber
amente, ma vennero condizionati da una preesistente realt locale che
gi prevedeva qualcosa del genere. Insomma le pratiche documentate
tra fine VI e inizi V sec. a Temesa rappresentavano una realt pi anti
caed era quanto la tradizione, fin dall'et arcaica, voleva, come si vide,
sottolineare connettendole al mondo dei , ai barbari Ausoni e ad
una comunit di tipo pastorale-commerciale, la cui esistenza ed attivit
risaliva ad epoca anteriore alla colonizzazione greca dell'Italia meridio
nale
tirrenica. E se poi si riflette al ruolo che il lupo ha in ambito itali
co, mitico, culturale, pastorale; se si riflette all'importanza che dovette
avere il ambito enotrio, se Oinotros era tra l'altro connesso a Lykaon218,
questa conclusione si rafforza e con essa la conclusione che, considerat
a
in tutte le sue implicazioni, la storia dell'eroe di Temesa un p la
storia di questo centro dall'et precoloniale alla classica in altri ter
mini
la lunga storia dell'ellenizzazione di un centro indigeno.
A.M.
216 A. Mele, // commercio greco arcaico. Prexis ed emporte, Napoli, 1979 p. 97 ss.;
M. Torelli, // commercio greco in Etruria tra Vili e il VI sec. a.C, in Atti del seminario II
commercio greco nel Tirreno in et arcaica, Salerno 1977, Salerno, 1981, p. 77 s.
217 M. Torelli, Storia degli Etruschi, Bari, 1981, p. 148 s.
218 Paus. Vili, 3, 5. Per la trasformazione in lupi dei figli di Lycaon cf. G. Piccaluga,
Lykaon, Roma, 1968 p. 55.
889
219 Cfr. P. Zancani Montuoro, La leggenda di Epeo, in Atti e memorie della Societ
Magna Grecia, NS XV-XVII (1974-75), p. 93-106, spec. p. 99-102, 102-104.
220 Cfr. fig. 21 a p. 101 e tav. XLI. La Zancani ha dubitato anch'essa inizialmente trat
tarsi di altro strumento; e ritiene anche ora che nell'esemplare della T. 87 sia da ricono
scereun'arma simile con qualche variante. Per quell'esemplare, P. Zancani Montuoro,
Necropoli. I Tre notabili enotrii dell'VIII sec. a.C, ibidem, p. 69-71 con fig. 17 e
tav. XXVIII, a ; XXXIII, e ; XXXI, a-b.
890
891
892
mostra bene la Frontisi, con altre risorse e materie prime, che non sono
solamente il legno, ma predominantemente il legno.
Ora, se noi continuiamo ad esaminare la tradizione su Epeo, ci tr
oviamo
immediatamente di fronte al brano di Licofrone (Alex. vv. 93050), a quello dello Pseudo-Aristotele (Mir. ause, 108) su una citt in Ita
lia chiamata Gargaria (= Lagaria) presso Metaponto, in cui egli ha
dedicato nel santuario di Atena Eilenia (ovvero Ellenia dove la lezione
dei codici facilior) gli arnesi di lavoro, con un mito che qui non ci
interessa, per l'epiteto. E Epeo, oltre che in questi due passi fondament
ali
poi torna, come tutti voi sapete, sia nella tradizione sulla fondazio
ne
di Lagaria, sia in un'altra pi tarda ancora su Metaponto, che pro
babilmente
da porsi in rapporto con la conquista di Lagaria da parte di
Metaponto e con l'ascrizione di tradizioni mitiche e cultuali originarie
di Lagaria a Metaponto225.
Chi Epeo quando noi lo andiamo a considerare, a prescindere
dallo statuto artigiano che si delineato? Epeo soprattutto l'eroe focidese per eccellenza, il tekton focidese che appartenuto alla spedizione
troiana (anche se i tardi libri dell'Iliade lo dipingono, come tutti sanno,
vigliacco, non atleta e non aristocratico, e quindi sono gi segnati dal
deterioramento dello statuto dell'artigiano), ma egli direttamente il
figlio di Panopeo, che noi troviamo appunto connesso alla citt di
Panopea e alle altre nel Catalogo delle navi dell'Iliade, alle altre dico
dei Focidesi a Troia, e quindi va a inquadrarsi nel quadro della Focide, il cui nome risalirebbe appunto a Foco, padre di Panopeo e di Criso,
e quindi indicherebbe la vecchia zona che andava collocata tra il Par
naso e la costa, ad un certo stadio. Come ci dicono le fonti, della terra
focidese, quanta di questa intorno a Titorea e a Delfi, noto che prese
nome da un uomo di Corinto, Foco figlio di Ornitio, e quindi c' tutta
una genealogia che ci riconduce da Epeo al blocco focidese226.
In Occidente questo blocco focidese lo troviamo poi allargato fino
alla Sicilia, a Segesta con Aigesto il Troiano delle fonti di Strabone227,
225 Cfr. Trogo in Giust., Hist, phil, XX, 2, 1 con Strab. VI, 1, 14 C 263 su Lagaria; e
Vell. Pat. I, 1 su Epeo a Metaponto.
226 Tutta la genealogia mitica di Epeo mette l'accento sulla Focide, nei suoi diversi
stadi di estensione. Hom. //. XXIII, 665; Asio fr. 5 Kinkel (= Paus. , 29, 3-4); . anche
HoM. //. II, 517 ss. spec. 520 con Schol. gr. ad Hom. IL, II, 520; Eusth., Comm. ad Hom. Il,
520; e Paus. II, 4, 3; X, 1, 1.
227 Cfr. Apollod. 244 fr. 167 Jacoby e Timeo in Strab. VI, 1, 3 C 254 (cfr. anche
893
ma forse gi nel brano di Tucidide (VI, 2, 3) su Troiani e alcuni Focidesi all'origine degli Elimi di Erice e Segesta, che si spesso letto in un
altro modo, ma che stato anche letto e si pu leggere in quest'altra
maniera. Tutta questa tradizione focidese, che a Metaponto noi trovi
amo
in et tardiva, come attestato attraverso la leggenda di Epeo, noi
la ritroviamo nella stessa Metaponto in un'et forse meno tardiva,
quando andiamo a leggere il brano di Strabone sulla sua
ne 228
Dopo le varie proposte di Timeo e di Antioco, noi troviamo l'att
estazione
di Eforo che non necessariamente troppo tarda, se si tien
conto anche di certe filiazioni di fonti che potrebbero in Eforo stesso
portarci addirittura attraverso Filisto, fino a Ellanico delle Sacerdot
esse
di Era e quindi alla tradizione del santuario di Hera Argiva. Non
dimentichiamo che con i Sibariti ci sono i Trezeni dell'Argolide che
vengono in Occidente, e quindi possono essersi radicate nell'ambito
acheo tradizioni argoliche note. Noi troviamo in Eforo che il fondatore
di Metaponto fu Daulio, il tiranno di Crisa presso Delfi229. Ora, questa
tradizione guasta, in un certo senso, che ha subito un processo omeo-
Lycophr. Alex., 911 ss.; Ps. Arist. Mir. ause, 107) che, accanto alle tradizioni su Filottete
in Italia meridionale, contengono la notizia sulla spedizione da lui inviata in Sicilia con
Aigestos. Non escluso che la tradizione tucididea (da Antioco?, il quale potrebbe essere
la fonte di Timeo : cfr. F. Lasserre, in Strabon, Gographie, t. Ill, Paris 1967, p. 128 . 4)
che ha (molto vicina all'omerico del Catalogo) che
potrebbe far scartare l'identificazione con i Focei, pi comune presso i moderni (cfr.
L. Braccesi, in Storia della Sicilia I (Napoli, 1979), pp. 78 ss. e note a p. 84 ss. spec. n. 74,
che seguendo I'interpretazione di Tucidide che lega ai Troiani i Focei ne svaluta la test
imonianza
come atticizzante e tardiva, eliminando ogni relazione con Antioco, ex silentio).
228 Cfr. Strab, VI, 1, 15 C 264-265.
229 La tradizione sui Pilii a Metaponto probabilmente timaica (cfr. F. Lasserre, cit.,
p. 227, n. 7 ad 1.) e non risale affatto ad Antioco, come non risale a costui la notizia su
una distruzione (cos vorrebbe, ma a torto, G. F. Maddoli, / Sanniti a Metaponto. Un capitolo di storia lucana arcaica, in La parola del passato, XXIX, 1974, p. 237243 ; v. contra E. Lepore, Problemi di storia metapontina, in Metaponto. Atti del XIII Conv.
di St. sulla Magna Grecia (Napoli, 1974), p. 307-308 : buona analogia Strab. VI, 1, 6 C 258
sull'etimo di Reggio, che risale a Timeo). Ad Antioco invece chiaramente tutto il resto,
fino alla citazione di Eforo : 555 F 12 Jacoby. Per Eforo, 70 F 41 Jacoby. Per la linea
storiografica Eforo-Filisto-Ellanico, cfr. J. A. De Waele, Acragas Graeca I. Historischer
Teil ('s-Gravenhage, 1971), p. 69 ss., 85 ss.
894
statico di incomprensione e trasformazione sfociata nella interpretazione facile di Daulios (o Daulieus, come abbiamo in altre tradizioni),
come tiranno di Crisa. In realt c' una genealogia che lo fa figlio di
Tiranno, accanto a Criso anch'egli figlio di Tiranno, genealogia concor
rentecon quella di Foco, Panopeo e Criso. E questo Daulio, che secon
do
una tradizione avrebbe appunto fondato Metaponto, come Panopeo
per Panopea, come Criso per Crisa, l'eponimo della citt Daulide230.
Ora, la cosa interessante che la Volksetymologie che noi troviamo
in uno scolio ad Omero dell'Iliade231 , e che quindi non interessa in
quanto realt ma in quanto struttura mentale dell'etimologia stessa, e
del mito etimologico ad essa legato, ci dice: Crisa, pianura della
Locride, come dicono i pi nella zona di Delfi chiamata cos da Criso,
figlio di Tiranno e di Asterodea, figlia di Dioneo. Daulide invece citt
della Focide e fu chiamata cos da Daulieo, figlio di Tiranno e di Crestone, perch piena di alberi, infatti gli antichi chiamavano daulon,
folto, un paese boscoso.
singolare che ai due poli di queste genealogie della tradizione
mitica di fondazione, noi troviamo i boschi. I boschi di Daulide focidesi, i boschi della Sila (p.es. in Dionigi di Alicarnasso, nei Dialoghi di
Seneca, addirittura nella Volksetymologie dei Lucani nella tradizione
antica, dai boschi e dalla creta)232. E siamo arrivati alla cultura mater
iale che sottende tutto questo e alla esportazione di tecnologie : p.es. la
tecnologia del legno che i nostri maestri, storici dell'architettura, Or
landos,
Roland Martin ed altri, ci insegnano poggiare su due elementi
fortemente compenetrati, e che nel rituale funebre abbiamo gi visti
895
896
anche nelle zone interne) sembra legato alla tecnologia del legno per
ch i vecchi abitanti come i nuovi arrivati avevano bisogno e si serviva
no
di materiali lignei. Certo il legno non aveva la rilevanza che poi ebbe
nella polis greca, anche coloniale, perch legato alla tektosyne, perch
legato alla espansione edilizia e urbana, alle grandi costruzioni archi
tettoniche,
ma indubbiamente c', se non altro, un parallelismo tra i
due mondi che andr discusso e stretto pi da vicino, anche sulla base
del rapporto tra emporta, colonizzazione e clientele artigiane.
E. L.
Universit di Napoli
Ettore Lepore
Alfonso Mele
INTERVENTIONS
Pier Giovanni Guzzo :
Le relazioni Lepore e Mele riaprono il problema del modo di rapporto tra
Grecia ed Italia nel periodo intermedio tra la fine dell'et del Bronzo e la colo
nizzazione
storica : in quest'ultima farei rientrare, come segni archeologici, i
ritrovamenti pi antichi delle date tramandate per le diverse ktiseis.
Per questo periodo oscuro per definizione, vedrei due generi di proble
mi.
Il primo quello, gi ampiamente dibattuto e sul quale non mi fermer
oltre, dell'effettivo rapporto tra tradizione e realt dei fatti. Il secondo genere
di problemi quello archeologico. Dato per scontato che nei secoli bui si ebbe
una continuit, pur se allentata, di rapporti tra Grecia ed Italia l'identificazione
di questi nella particolare classe della lavorazione del legno e dell'approvvigi
onamento
di metalli la logica conseguenza. Tanto pi che all'assenza, necessar
ia,
archeologica fa riscontro la critica, e la collocazione cronologica, dei miti e
delle tradizioni.
Da quanto conosco dell'evidenza archeologica italiana, il repertorio di
attrezzi da lavoro per il legno, altro, non affatto ampio. Oltre a quelli di
Francavilla, citati da Lepore, ci sono probabilmente scalpelli, in bronzo e ferro,
a Sala Consilina e a Roggiano-Prunetta, in contesto della prima et del Ferro
avanzata.
Costruzioni in legno, cio in assi simili, non sono conosciute. L'uso di
pali, a sezione circolare, attestato in capanne a Torre Mordillo (scavi america-
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