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INTERVISTA A

MARTINA PIGNATTI MORANO


presidente dellassociazione pacifista Un ponte per...

PIANETA TERRA.
NESSUN
ESSERE UMANO
ILLEGALE
di Monica Piccini
Piazza Vittorio, Roma. Sulle scale in ardesia nera (come solo i tetti di Parigi!) con lodore di curry
nellandrone di un decaduto palazzo sotto i portici, Roma sembra il centro del mondo. Capace di
attrarre unenergica ragazza di 36 anni che partita dal Friuli, dov nata, passando da Pisa (dove
ha frequentato luniversit SantAnna e tuttora vive con due figli e un marito), Siena e Oxford
(per il dottorato) e una serie di citt mediorientali, dal 2006 presiede lassociazione pacifista Un
ponte per che ha sede appunto nella Capitale. Unorganizzazione presente in Iraq da 25 anni
che, oltre ai progetti tipici delle Ong, si distingue per il sostegno agli attivisti locali. Che significa,
per esempio, pagare avvocati e cauzioni di chi finisce in carcere, studiare insieme proposte e
disegni di legge. Ma anche solo, semplicemente, esserci. Non lasciare sole le popolazioni colpite
dalle guerre. Perch un altro mondo possibile solo rafforzando i legami di fiducia tra i popoli.
Sei entrata in Un ponte per nel 2006. E
prima?
Come studentessa di dottorato in Economia
Politica facevo ricerca sulleconomia partecipativa1 in India. Nello stesso periodo co-dirigevo
la rivista di studi sul metodo nonviolento Quaderni Satyagraha. In quegli anni ho rinunciato
alla carriera accademica per fare la cooperante
e lavorare sui progetti di pace e solidariet in-

ternazionale. Nel 2005, insieme con lex presidente di Un ponte per Fabio Alberti, abbiamo organizzato un programma di formazione
sulla nonviolenza attiva per attivisti iracheni di
etnie diverse che, per la prima volta, si ritrovavano insieme ad Amman in Giordania, cio fuori dal loro paese in guerra (la seconda guerra
del Golfo era iniziata nel 2003), cercando innanzitutto di fidarsi luno dellaltro.

1) Leconomia partecipativa una visione sociale ed economica alternativa al capitalismo che mira a realizzare i valori della libert, della solidariet e dellequit (di reddito e di condizioni di lavoro) attraverso lautogestione partecipativa delle risorse e la remunerazione in base al criterio dellimpegno.

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Insieme (contemporaneamente qui)

Martina Pignatti Morano


Noi ci riteniamo prima di tutto unassociazione di volontariato spiega la presidente di
Un Ponte per che poi ha deciso di registrarsi anche come Ong e di pagare dei cooperanti per gestire in maniera professionale i progetti di cui ci occupiamo. Lassociazione,
che attualmente conta quattrocento collaboratori (la maggior parte dei quali siriani,
giordani, iracheni), considera imprescindibili gli interventi di solidariet a favore delle
popolazioni colpite dalle guerre, limpegno politico per incidere sulle cause scatenanti
dei conflitti e la costruzione di legami tra societ civili.
Martina Pignatti Morano anche referente nazionale del Tavolo Interventi Civili di
Pace ed attiva in Rete Italiana Disarmo, con cui organizza campagne per potenziare
il peacebuilding civile e sostenere politiche di disarmo. A livello internazionale gestisce
la segreteria dellIraqi Civil Society Solidarity Initiative e partecipa al processo del Forum
Sociale Mondiale. Fa parte del Board of Advisors di Novact (International Institute for Nonviolent Action) e partecipa ai lavori dello European Peacebuilding Liaison Office.

Secondo lo psicologo evoluzionista Steven


Pinker, autore de Il declino della violenza,
stiamo vivendo probabilmente lepoca pi pacifica della storia. Lessere umano ha perfezionato le regole della convivenza pacifica?
Personalmente non sono molto ottimista sulla capacit, oggi, dellumanit di gestire i conflitti con
modalit nonviolente. Credo anzi che le popolazioni continuino a essere vittime dei governi, delle
lobby dellindustria bellica e comunque dellincapacit di visione della classe politica, che non sa
immaginare un futuro di pace n mettere in piedi
un sistema di diplomazia internazionale allaltezza dei propri compiti. Inoltre, le istituzioni nutrono scarsa fiducia verso la societ civile nel costruire la pace. Da molto tempo Un ponte per sta
cercando invece di sostenere organizzazioni che
mirano a mettere in piedi eserciti di pace, che
Gandhi chiamava Shanti Sena, operatori che lavorano in zone di conflitto con modalit nonviolente. Noi lo facciamo con interventi umanitari,
campagne per i diritti umani e azioni di peacebuilding per la riconciliazione e la coesistenza.
Qual stata la lungimiranza di Gandhi?
Avere la certezza che semplicemente affermando
la verit e la giustizia con modalit nonviolente si
pu trasformare la situazione politica e la vita di
milioni di persone. Anche con gesti simbolici di
pochi persuasi dalla nonviolenza che possono

trascinare processi molto potenti. Tante trasformazioni politiche, tanti momenti di svolta, dipendono da singole persone decise a cambiare punti
di vista, atteggiamenti e quindi interessi.
E raramente queste persone sono i governanti
Alcune volte sono anche i politici. Credo nella
necessit di spingere parlamentari e membri
del governo a modificare i loro atteggiamenti.
Sicuramente devono rispondere a logiche di
pressione dei propri elettori e finanziatori molto pi potenti delle nostre; per anche vero
che, come esseri umani, possono decidere di
agire per fini di giustizia. Inoltre, spesso non
hanno accesso a uninformazione imparziale e
sul campo. Penso quindi che sia responsabilit dei gruppi della societ civile continuare ad
avere fiducia nel dialogo con le istituzioni.
Suona molto simile con quanto scrive Daisaku
Ikeda: Solo dal dialogo, che non segue mai
schemi prestabiliti e va oltre le definizioni arbitrarie e superficiali, pu nascere il nuovo. E
pi avanti aggiunge: Il filosofo Gabriel Marcel
utilizza il termine spirito di astrazione. Secondo il suo pensiero si pu fare la guerra solo se
prima si nega il carattere umano dellavversario
e lo si riduce a un concetto astratto, come il fascista, il comunista, il sionista, il fondamentalista islamico.... Sei daccordo?

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Assolutamente s, la prima immagine che mi viene in mente il soldato che controlla un drone
o unarma micidiale a distanza. Chi li pilota viene indotto a pensare di star giocando a un videogioco. E anche se sa benissimo che dallaltra
parte ci sono esseri umani in carne e ossa, per
proteggere la sua incolumit psicologica tenta di
astrarsi dal contesto. Questo uno dei rischi delle nuove guerre, uno dei motivi per cui dicevo
non sono cos ottimista. Pensavo anche a unaltra astrazione, quella del fondamentalista che
vede il diverso come una persona che non ha
diritto di vivere. Non parlo solo del fondamentalista islamico ma anche del razzista xenofobo,
una tipologia di persona che si sta diffondendo
anche da noi in Italia. Mi fanno paura entrambe.
A proposito di razzismo xenofobo, su La Stampa ho letto che ci sono persone che organizzano banglatour, azioni punitive nei confronti
di negozianti del Bangladesh. Lincitamento
allodio scrive ancora Ikeda (BS, 170) sta
diventando un serio problema sociale in molte nazioni. [] Nessuno giudicherebbe accettabile la violenza o loppressione sulla base di
un pregiudizio verso qualche persona o la sua
famiglia. Ma quando sono dirette verso altre
etnie o popolazioni, non insolito che le persone le considerino giustificate in base a qualche
difetto o mancanza da parte delle vittime.
anche conseguenza di processi storici, non solo
di attitudini individuali. In Iraq per esempio lavoriamo contro quello che si chiama hate speech,
il linguaggio dellodio. Organizziamo conferenze
e festival sulle minoranze per superare i pregiudizi tra le persone, ma anche per convincere i
media a stare pi attenti al linguaggio. In Iraq
lodio o il desiderio di vendetta che esiste tra comunit sciita e sunnita stato costruito dal 2003
in poi, da errori delloccupazione americana e
dai successivi governi locali. Secondo gli americani infatti fomentare questa divisione doveva
servire a gestire meglio il potere assegnandone
una quota a ogni fazione e invece ha causato il
disastro. Dopo la seconda guerra del Golfo il potere stato messo in mano a partiti sciiti islamisti
che hanno negato ogni diritto alla minoranza

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sunnita, che era quella che faceva capo prima


a Saddam. Questultima, assistendo a tutta una
serie dingiustizie come luso della pena di morte
da parte del governo per motivi politici, un po
alla volta si rivolta alle milizie fondamentaliste
come Daesh. Che il nome con cui preferiamo
chiamare lo stato islamico, al posto del pi conosciuto Isis (Islamic State of Iraq and Syria) per
non innescare lislamofobia. Perch quando la
gente sente dire stato islamico pensa allIslam.
Invece Daesh (adattamento di Daiish, acronimo dellarabo Al Dawla Al Islamiya fi al Iraq wal
Sham) il termine usato nel mondo arabo, in
realt in senso dispregiativo (i miliziani di Daesh
usano il termine arabo al-Dawla, ossia lo stato,
ndr). Parole arabe come Al Qaeda o Boko Haram non sono mai state tradotte. Perche Daesh
invece s? Titoli di giornale tipo Le guerre islamiche fanno pensare che tutti gli islamici siano
l pronti ad attaccarci. terribile.
Presenti in Iraq da un quarto di secolo, potevate prevedere lavvento del Califfato?
Quando nel febbraio di 25 anni fa nata la nostra campagna di solidariet per la popolazione
irachena Un ponte per Bagdad lIraq era uno
stato laico. Le ragazze alluniversit andavano tutte senza velo e con le gonne al ginocchio. Adesso
sono quasi tutte coperte fino ai piedi. Il processo
dislamizzazione stato molto rapido dal 2003
in poi. Lo immaginavano solo gli analisti della
Cia che dal tempo dei talebani avevano deciso
di appoggiare gruppi fondamentalisti jihadisti
per combattere i loro avversari sul campo. Con
lamministrazione Obama non c stato un cambiamento significativo e i bombardamenti aerei
continuano a seminare odio, perch dovunque si
colpisca dallalto si fanno vittime civili senza riuscire a sconfiggere la forza militare presente sul
territorio (14 anni di Afghanistan lo dimostrano!).
Che tu sappia, il governo americano si rivolge
mai a consulenti di pace o non ne tengono minimamente conto?
Di solito tengono conto dei centri di alti studi
della difesa che per offrono il punto di vista
di chi ha sempre studiato strategia militare. Ci

sono pochissimi paesi che si avvalgono di ricercatori che studiano la trasformazione dei conflitti con mezzi pacifici.
Mi viene in mente il sociologo norvegese Johan Galtung, fondatore dellInternational
Peace Research Institute, che con Daisaku
Ikeda ha scritto il libro Scegliere la pace
Lo conosco. Spesso sono gli enti locali che trovandosi a gestire i conflitti tra comunit ascoltano
persone come Galtung. Ad esempio in Iraq ora
stiamo collaborando con il Consiglio del governatorato di Ninive, la prima area occupata dai miliziani di Daesh. Con loro, esperti di peacebuilding
stanno immaginando come superare le vendette
tra le comunit per far rientrare gli sfollati, perch chi rientra accusa le comunit sunnite locali
di aver appoggiato Daesh. A livello istituzionale,
paesi come la Norvegia e la Svezia finanziano
studi sulla pace, utilizzando poi i ricercatori per
formare il proprio corpo diplomatico. ci che
abbiamo chiesto alle istituzioni italiane con una
proposta di legge per la quale abbiamo gi consegnato alla Camera pi di 50 mila firme. La proposta prevede listituzione di un Dipartimento di
difesa civile non armata e nonviolenta e di un Istituto nazionale di ricerche sulla pace e sul disarmo
e corpi civili di pace.
Composti da chi?
Da professionisti volontari che si recano nelle
zone di conflitto a sostegno degli attori locali che
sanno come trasformare i loro conflitti. Quindi
portando non soluzioni bens idee creative,
esempi di buone pratiche da altri paesi, protezione e visibilit. La nostra mission principale
infatti rafforzare le associazioni locali.
Qualche esempio pratico?
Ne faccio tre. Nella provincia di Ninive, in Iraq,
abbiamo appena terminato una formazione alle
attiviste, giornaliste e funzionarie pubbliche sul
ruolo delle donne nella gestione della pace e della sicurezza. Spesso in materia di sicurezza non si
chiede il loro parere. Mentre nelliconografia dei
media le donne di Mosul sono le schiave di Daesh, che una realt tristissima, nessuno andato

a chiedere alle altre donne della provincia: come


sconfiggiamo Daesh? Dopo un training iniziale su
come le donne in Irlanda o in Ruanda abbiano
svolto un ruolo chiave per la trasformazione dei
loro conflitti, stiamo finanziando dei miniprogetti
di coesistenza pacifica, come un centro giovanile gestito da ragazzi e ragazze in uno dei distretti
appena liberato da Daesh. Il secondo esempio
in Palestina dove inviamo corpi civili di pace a
sostegno dei comitati di resistenza popolare nonviolenta palestinesi contro la presenza del muro
dellapartheid che Israele ha costruito per l85
per cento dentro il territorio palestinese. Spesso
quando i contadini vanno a raccogliere le olive
nei propri campi a ridosso del muro vengono minacciati e picchiati dai coloni israeliani degli insediamenti vicini. La presenza di volontari internazionali quindi fa s che diminuisca drasticamente
il livello di violenza. Un altro gruppo di volontari,
poi terzo esempio allinizio di gennaio andato nellisola di Lesbo, in Grecia, a fare accoglienza
ai migranti che arrivano sui gommoni.
Con il progredire della globalizzazione
scrive Ikeda nella proposta di pace 2015 un
numero sempre maggiore di persone si sposta oltre frontiera e molti sono stati costretti
a riconoscere quel tipo di sguardo discriminatorio che avevano gettato inconsapevolmente
su altri gruppi quando vivevano nel loro paese
di origine. Questo rende ancora pi importante che le persone si allenino a comprendere gli
altri e a vedere le cose attraverso i loro occhi.
Che cosa dire a chi ritiene le migrazioni in atto
una pericolosa minaccia?
Io credo che solo chi ha vissuto vicino a persone
che provengono da culture differenti pu sentire il fascino di stare, per esempio, su un autobus
con gente di tutto il mondo. E invece c chi si
sente minacciato. un peccato, frutto dellignoranza e della povert. responsabilit dei nostri
governanti che non dedicano abbastanza risorse
al benessere della popolazione. Se la gente fosse un po meno affogata dalle difficolt probabilmente avrebbe anche pi voglia di guardarsi
intorno e capire che i migranti sono compagni di
un destino comune che si pu cambiare insieme.

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