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Il libro

Finite le superiori, Allyson parte dalla Pennsylvania per un tour in Europa, insieme alla migliore
amica Melanie.
Non sa ancora che lamore, quello che fa perdere la testa e sconvolge ogni sicurezza,
diventer il suo compagno di viaggio. A Stratford-upon-Avon, il paese di Shakespeare, conosce
infatti Willem, affascinante ragazzo olandese, che recita in una rappresentazione underground
della Dodicesima notte. Fra i due scocca la scintilla e Willem propone ad Allyson di seguirlo a
Parigi per trascorrere un giorno e una notte insieme. Lei, per la prima volta nella sua vita,
decide di seguire listinto e provare, finalmente, a scoprire unaltra se stessa. Ma il mattino
dopo si ritrova sola. Willem scomparso. Che fine ha fatto? Era amore o lennesima illusione
sul palcoscenico della vita?
La storia di Per un giorno damore continua nel romanzo Per un anno damore.

Lautore

GAYLE FORMAN
Giornalista freelance, si occupa da sempre di giovani e tematiche giovanilistiche. Con il
marito Nick ha compiuto un viaggio intorno al mondo, grazie al quale ha raccolto un
patrimonio di esperienze e informazioni che sono confluiti nei suoi libri. Ha vinto, fra gli altri, il
prestigioso premio NAIBA Book of the Year Awards e lIndie Choice Honor Award. La
scrittrice vive a Brooklyn con il marito e due figlie, di cui una adottiva. Il suo precedente
romanzo Resta anche domani diventer presto un film.

GAYLE FORMAN

traduzione di Alessandra Orcese

A Tamar, mia sorella, compagna di viaggio e amica


che, tra laltro, se n andata a sposarsi il suo olandese

Il mondo tutto un palcoscenico, e uomini e donne, tutti, sono attori;


hanno proprie uscite e proprie entrate;
nella vita un uomo interpreta pi parti
W. Shakespeare, Come vi piace, atto II, scena VII

Parte prima

UN GIORNO

CAPITOLO UNO

AGOSTO

Stratford-upon-Avon, Inghilterra
E se Shakespeare si fosse sbagliato?
Essere o non essere. il problema. il monologo pi famoso dellAmleto,
forse il pi noto di tutti i testi di Shakespeare. Ho dovuto imparare a memoria
lintero brano per il corso di letteratura inglese nel terzo anno delle superiori, e mi
ricordo ancora ogni singola parola. Allepoca, per, non ci avevo riflettuto molto.
Lunica cosa che mi interessava era imparare bene ogni battuta e prendere un
buon voto. E, tuttavia, se Shakespeare e Amleto si fossero posti la domanda
sbagliata? E se il vero dilemma non fosse essere ma come essere?
Il fatto che forse non mi sarei mai posta un simile problema quello di come
essere se non fosse stato per Amleto. Forse avrei continuato a essere la stessa

Allyson Healey di prima. Che faceva quello che si presumeva dovesse fare:
andare a vedere Amleto.
Oddio, fa cos caldo. Non pensavo che in Inghilterra potesse esserci un caldo
simile. La mia amica Melanie si arrotola i capelli biondi in una crocchia e si
sventola con le mani il collo sudato. E, in ogni caso, a che ora aprono?
Lancio unocchiata in direzione di Miss Foley, che Melanie e in pratica tutto il
resto del gruppo hanno battezzato, a sua insaputa, Il Nostro Impavido
Condottiero. Ma la signorina sta parlando con Todd, uno dei laureandi in storia
che guida il gruppo insieme a lei, probabilmente per sgridarlo a proposito di
qualche dettaglio. Nellopuscolo di Teen Tours! Esplorazioni Culturali che i miei
genitori mi hanno messo davanti dopo il diploma, due mesi fa, gli studenti
laureandi come Todd erano definiti consulenti storici e avevano il compito di
accrescere il valore educativo dei viaggi proposti. Finora, per, Todd stato pi
utile a incentivare sbronze e conseguenti mal di testa, portando tutti fuori a bere
quasi ogni sera. Sono sicura che stasera, poi, folleggeremo anche di pi. In fondo
la nostra ultima tappa, Stratford-upon-Avon, una citt impregnata di Cultura! Il
che pare tradursi in un numero sproporzionato di pub con nomi ispirati alle opere
di Shakespeare, frequentati da gente che ha ai piedi scarpe da ginnastica di un
bianco abbagliante.
Anche Miss Foley indossa il suo paio di scarpe da ginnastica bianche come la
neve, oltre ai jeans ben stirati e a una T-shirt di Teen Tours! , mentre fa la sua

ramanzina a Todd. A volte la sera, quando tutti gli altri gironzolano per la citt,
mi dice che dovrebbe lamentarsi di lui con la sede centrale dellagenzia. Per non
sembra che poi lo faccia davvero; secondo me perch, quando lei lo rimprovera,
lui le fa gli occhi dolci. Anche a Miss Foley. Soprattutto a Miss Foley.
Credo che inizi alle sette rispondo a Melanie. Guardo lorologio, altro
regalo ricevuto per il diploma. doro massiccio e ha inciso sul retro della cassa
Buon viaggio!. Pesa parecchio intorno al mio polso sudato. Ora sono le sei e
mezzo.
Accidenti, ai britannici piace proprio tanto mettersi in fila. Fare la coda. O
come lo vuoi chiamare. Dovrebbero prendere lezioni dagli italiani, che si
ammucchiano e sgomitano. O forse sono gli italiani che dovrebbero prender
lezioni dai britannici. Melanie si aggiusta la minigonna la chiama la sua
gonna-bendaggio e si sistema la camicetta. Dio, Roma! Mi sembra di
esserci stata un anno fa.
Roma? Era sei giorni fa? O sedici? Tutta lEuropa si trasformata in un vortice
indistinto di aeroporti, autobus, palazzi antichi e menu a prezzo fisso, composti di
pollo cucinato in salse di vario genere. Quando i miei mi hanno offerto questo
viaggio come regalone post-diploma sono stata un po riluttante allidea di
partire. Ma la mamma mi aveva assicurato che si era informata bene: la Teen
Tours! era molto quotata, famosa per la sua componente educativa di alto livello
cos come per lattenzione con cui si prendeva cura degli studenti durante il
viaggio. Si sarebbero ben presi cura di me. Non sarai mai sola mi avevano

promesso i miei. E poi, naturalmente, veniva anche Melanie.


Avevano ragione. So che tutti gli altri si lamentano del vigile occhio di falco che
Miss Foley ci tiene puntato addosso, ma io apprezzo il fatto che stia sempre l a
contarci, e anche che disapprovi le escursioni notturne nei bar del posto, sebbene
la maggior parte di noi abbia raggiunto let legale per bere alcolici in Europa.
Non che da queste parti qualcuno sembri preoccuparsi di questo dettaglio.
Io in giro per i bar non ci vado. Di solito torno nella camera dalbergo, che
Melanie e io condividiamo, e guardo la tele. Si trova quasi sempre uno di quei
film americani che, a casa, di solito vediamo insieme nei fine settimana, in
camera sua o nella mia, con la compagnia di un bel po di popcorn.
Mi sto arrostendo qua fuori geme Melanie. Fa ancora caldo come a
met pomeriggio.
Guardo in su. Il sole bollente e le nuvole attraversano il cielo in corsa. Mi
piace quando vanno cos veloci, senza alcun ostacolo che le trattenga. Si capisce
dal cielo che lInghilterra unisola. Almeno non diluvia come quando siamo
arrivate.
Hai un elastico? mi chiede Melanie. Ah, vero, certo che no.
Scommetto che i tuoi capelli adesso ti piacciono.
La mano mi va alla nuca che sento ancora strana, insolitamente esposta. Il
viaggio di Teen Tours! partito da Londra e, il secondo pomeriggio, ci hanno
lasciato un paio di ore libere per fare shopping, che suppongo si possa
considerare unattivit culturale. L Melanie mi ha convinta a tagliarmi i capelli a

caschetto. Faceva parte del progetto riconversione pre-universit, che mi aveva


illustrato durante il volo verso lEuropa: Nessuno alluniversit sapr che
eravamo automi a tecnologia avanzata. Voglio dire, siamo troppo carine per
essere apprezzate solo per il nostro cervello, e in pi alluniversit saranno tutti
piuttosto svegli. Perci noi saremo carine e intelligenti. Una delle due cose non
escluder laltra.
Per Melanie, a quanto pare, riconversione voleva dire far fuori met dei soldi
a sua disposizione in un nuovo guardaroba a basso prezzo da Topshop e
accorciarsi il nome da Melanie a Mel; cosa che non mi ricordo mai, per quanti
calci sotto il tavolo mi dia ogni volta. Quanto a me, si era trattato del taglio di
capelli che lei mi aveva convinto a fare.
Mi sono spaventata, quando mi sono vista. Da che ho memoria, i miei capelli
sono sempre stati neri e lunghi, a ciocche lisce, e quella ragazza che mi fissava
dallo specchio del parrucchiere non mi somigliava per niente. Allepoca eravamo
in viaggio solo da due giorni e io avevo lo stomaco stretto per la nostalgia di
casa. Volevo essere di nuovo nella mia stanzetta, con le familiari pareti color
pesca e la mia collezione di orologi vintage. Mi sono chiesta se sarei mai riuscita
ad affrontare luniversit, visto che non ero neppure in grado di affrontare questo.
Ora per mi sono abituata al nuovo taglio e la nostalgia di casa quasi
passata e, anche se cos non fosse, ormai il viaggio sta per finire. Domani quasi
tutti saliranno su un pullman che porta dritto allaeroporto, per imbarcarsi sul volo
di ritorno. Melanie e io invece prenderemo un treno fino a Londra per trascorrere

tre giorni con sua cugina. Lei vuole tornare dal parrucchiere che mi ha tagliato i
capelli per farsi tingere una ciocca di rosa, e poi andremo nel West End, la zona
dei teatri, a vedere il musical Let It Be. Domenica un volo ci riporter negli Stati
Uniti e, poco dopo, inizieremo luniversit, io vicino a Boston e Melanie a New
York.
Liberate Shakespeare!
Alzo gli occhi. Un gruppo composto da una decina di persone si sposta su e gi
lungo la coda, porgendo volantini dai colori fosforescenti. Si capisce subito che
non sono americani: niente scarpe da ginnastica bianche o pantaloncini con
tasche ovunque. Sono tutti incredibilmente alti e snelli: insomma, hanno un
aspetto diverso. Come se anche la loro struttura ossea fosse straniera.
Ecco, prendo uno di questi. Melanie allunga la mano per afferrare un
volantino e si sventola sul collo.
Cosa c scritto? le chiedo, osservando il gruppetto di persone. Qui, nella
turistica Stratford-upon-Avon, risaltano come papaveri rosso fuoco in un campo
verde.
Melanie getta uno sguardo al foglietto e arriccia il naso. Guerrilla Will?
Una ragazza con il tipo di ciocche color magenta, che Melanie vorrebbe farsi, ci
avvicina. Shakespeare per le masse.
Sbircio il volantino. C scritto: Guerrilla Will. Shakespeare senza confini.
Shakespeare senza freni. Shakespeare senza pagare. Shakespeare per tutti.
Shakespeare senza pagare? legge Melanie.

Gi ribatte la ragazza dai capelli color magenta con un forte accento


inglese. Fuori dalle logiche del profitto. Cos come avrebbe voluto il Maestro.
Secondo te non voleva vendere biglietti e ricavare un profitto dai suoi
spettacoli teatrali? Non sto cercando di provocare, ma mi viene in mente quel
film, Shakespeare in love, in cui lui aveva sempre debiti con qualcuno.
La ragazza alza gli occhi al cielo e io comincio a sentirmi stupida. Abbasso lo
sguardo. Unombra mi copre, bloccando momentaneamente il riverbero del sole.
Poi sento ridere. Guardo in su. Non riesco a distinguere la persona che ho di
fronte perch stagliata contro la luce ancora molto intensa del pomeriggio. Ma
ne sento la voce.
Credo che abbia ragione dice. Forse non molto romantico essere un
artista affamato, quando muori di fame per davvero.
Sbatto un po le palpebre. I miei occhi si abituano alla luce e vedo che il tipo
alto, forse una trentina di centimetri pi di me, e snello. I suoi capelli risplendono
di un centinaio di tonalit di biondo e gli occhi sono cos scuri che sembrano quasi
neri. Devo piegare la testa allindietro per vederlo bene e lui china la sua per
incrociare il mio sguardo.
Ma Shakespeare morto e dalla tomba non riscuote i diritti dautore. Mentre
noi, noi siamo vivi stende le braccia, come ad abbracciare luniverso intero.
Cosa vai a vedere?
Amleto rispondo.
Ah, Amleto. Ha un accento cos leggero da risultare quasi impercettibile.

Una serata come questa non si pu sprecare per una tragedia. Mi fissa,
come se la sua fosse una domanda. Poi sorride. E neppure seduti al chiuso. Noi
facciamo La dodicesima notte. Allaperto. Mi porge un volantino.
Ci penseremo ribatte Melanie con il tono di voce di quando fa la civetta.
Il tipo alza una spalla e inclina la testa di lato, cos che lorecchio va quasi a
toccare una clavicola molto spigolosa. Come preferite dice, anche se sta
fissando me. Poi se ne va a raggiungere il resto del suo gruppo.
Melanie li guarda allontanarsi. Ehi, perch non sono previsti nelle
esplorazioni culturali di Teen Tours ? Questa s che unesplorazione che farei
volentieri!
Li osservo anchio mentre vanno via e provo uno strano impulso. Senti, io
lho gi visto Amleto.
Lei mi scruta alzando le sopracciglia, depilate fino a disegnare una linea.
Anchio. Era in televisione. Per
Potremmo andare a vedere quello. Voglio dire, sarebbe unesperienza
diversa. Unesperienza culturale, che il motivo per il quale i nostri genitori ci
hanno mandate a fare questo viaggio.
Melanie ride. Ma guarda un po che mi diventi trasgressiva anche tu! E cosa
diciamo al Nostro Impavido Condottiero? Pare che si stia lanciando in uno dei suoi
conteggi.
Be, che soffrivi molto per il caldo inizio.
Mi fissa per un istante, poi in lei scatta qualcosa. Si passa la lingua sulle

labbra, sogghigna e fa gli occhi storti. Oh, certo. Ho una vera e propria
insolazione. Infine Melanie si rivolge a Paula, che del Maine e che sta
diligentemente studiando una guida turistica. Mi gira la testa.
Fa molto caldo risponde Paula, annuendo comprensiva. Dovresti bere.
Credo che sto per svenire. Vedo delle macchie nere.
Non esagerare le sussurro.
Creare un caso la cosa migliore mormora lei di rimando, perch ormai
si sta divertendo. Oh, mi sento svenire.
Miss Foley chiamo.
La signorina alza gli occhi dal foglio su cui sta controllando la sua lista di nomi.
Si avvicina, con unespressione cos preoccupata che mi sento in colpa per la
bugia. Credo che Melanie, voglio dire, Mel, abbia un colpo di calore.
Stai male? Non ci dovrebbe volere molto ormai. Dentro il teatro far fresco.
Miss Foley parla uno strano ibrido di anglicismi con accento del Midwest, che
tutti imitano e deridono perch lo trovano pretenzioso. Io invece credo che sia
solo perch lei vive nel Michigan, ma passa un mucchio di tempo in Europa.
Mi viene da vomitare insiste Melanie. E non ci tengo proprio a farlo
dentro lo Swan Theatre.
La faccia di Miss Foley si contorce dal disgusto, ma non capisco se per lidea
di Melanie che vomita dentro lo Swan o per il fatto che sia stata usata
lespressione vomitare in prossimit della Royal Shakespeare Company. Oh,
santo cielo. Sar meglio che ti riaccompagni in albergo.

Posso andarci io dico.


Davvero? Oh, no. Non potrei permetterlo. Tu devi vedere Amleto.
Davvero, va bene. Laccompagno io.
Niente da fare! Scortarla una mia responsabilit. Non posso imporre un
simile fardello sulle tue spalle. Dallespressione del suo viso teso intuisco che
sta lottando contro se stessa.
Non un problema, Miss Foley. Ho gi visto Amleto altre volte e lalbergo
solo dallaltro lato della piazza.
Davvero? Sarebbe gentile da parte tua. Non ci crederai, ma in tutti questi
anni non sono mai riuscita a vedere Amleto recitato dalla Royal Shakespeare
Company.
Melanie emette un piccolo gemito a effetto. Io le appioppo una lieve gomitata.
Sorrido alla signorina. Be, in tal caso non se lo deve perdere.
Lei annuisce solennemente, come se stessimo discutendo di affari seri, tipo
lordine di successione a un trono o cose del genere. Poi mi porge la mano.
stato un vero piacere viaggiare con te, Allyson. Mi mancherai. Se solo ci fossero
un po pi giovani uguali a te al giorno doggi. Sei davvero Fa una pausa per
cercare la parola giusta. Davvero una brava ragazza.
Grazie rispondo in automatico. Ma il suo complimento mi lascia un senso
di vuoto. Non so se perch sembra la cosa pi carina che poteva dire di me, o
perch in questo momento non mi sto esattamente comportando da brava
ragazza.

Brava ragazza mia nonna ride Melanie una volta che ci siamo allontanate
dalla coda e pu smettere di far finta di barcollare.
Sta zitta. Non mi piace raccontare balle.
Be, te la cavi bene per. Potresti avere anche tu una promettente carriera
di attrice, se vuoi il mio parere.
Al momento non voglio il tuo parere. Allora, dov questo posto? esamino
il volantino. Canal Basin. Che diavolo ?
Melanie tira fuori il cellulare che, al contrario del mio, funziona anche in
Europa. Apre il navigatore. A quanto pare un bacino sul canale.
Pochi minuti dopo arriviamo a una banchina su un canale. Sembra carnevale,
c un sacco di gente che gironzola. Chiatte ormeggiate lungo la riva e barche che
vendono di tutto, dai gelati ai quadri. Quello che non c affatto un teatro. N
un palcoscenico. N sedie. N attori. Guardo di nuovo il volantino.
Forse si trova sul ponte? si chiede Melanie.
Torniamo indietro fino allarcuato ponte medievale, ma lo scenario lo stesso:
turisti come noi, che girovagano nella calda serata.
Hanno detto che era stasera, no? domanda Melanie.
Ripenso a quel ragazzo dallo sguardo incredibilmente scuro, che dice che
questa serata troppo bella per una tragedia. Ma se mi guardo intorno qui non
c traccia di spettacolo, evidente. Probabilmente era uno scherzo. Voleva solo
prendere in giro i turisti sprovveduti.
Andiamo a comprarci un gelato, cos la serata non del tutto sprecata

propongo.
Siamo in coda per il gelato quando sentiamo un rumore: chitarre acustiche e
un riecheggiare ritmico di bonghi. Mi si rizzano le orecchie e il mio sonar si mette
in azione. Salgo in piedi su una panchina l accanto per dare unocchiata in giro.
Non come se dincanto fosse comparso un palco, ma c una folla, anche
piuttosto nutrita, che si appena materializzata sotto un gruppetto di alberi.
Credo stia per iniziare dico, afferrando la mano di Melanie.
Ma il gelato si lamenta lei.
Dopo la blocco, trascinandola verso lassembramento.
Se musica damore lalimento, oh, seguitate a suonare.
Il tipo che recita la parte del Duca Orsino non somiglia ad alcun attore
shakespeariano che abbia mai visto in vita mia, salvo forse a quelli della versione
cinematografica di Romeo+Giulietta con Leonardo DiCaprio. Alto, di colore e con i
dreadlock, vestito come una star del glam-rock, ovvero aderenti pantaloni in
vinile, scarpe a punta e una canotta di rete che ne fa risaltare il petto muscoloso.
Abbiamo proprio fatto la scelta giusta! mi sussurra allorecchio Melanie.
Mentre Orsino recita il suo monologo dapertura accompagnato dalla musica di
chitarre e bonghi sento un brivido strisciarmi su per la schiena.
Guardiamo tutto il primo atto, rincorrendo gli attori lungo la banchina del
canale. Quando si spostano ci spostiamo anche noi, cosa che ci fa sentire parte
dello spettacolo. Forse questo che lo rende tanto diverso. Shakespeare lho gi
visto altre volte. Rappresentazioni scolastiche e qualche allestimento del

Philadelphia Shakespeare Theatre. Ma mi ha sempre dato limpressione di sentir


recitare in una lingua straniera che non capivo bene. Dovevo sforzarmi per
seguire le battute e, la met delle volte, finivo per leggere e rileggere il
programma come se potesse trasmettermi una comprensione pi profonda del
testo.
Questa volta, invece, un attimo. come se le mie orecchie entrassero subito
in sintonia con lidioma desueto e mi sento assorbita completamente dalla storia,
come quando guardo un film, e mi faccio coinvolgere. Orsino langue per la gelida
Olivia, e io percepisco nelle viscere lo stesso spasimo che ho provato
innamorandomi di ragazzi per i quali ero invisibile. E quando Viola piange suo
fratello comprendo la sua solitudine. Quando poi sinnamora di Orsino, che la
crede un uomo, la situazione buffa, ma anche commovente.
Lui non compare fino al secondo atto. Recita il ruolo di Sebastiano, il fratello
gemello di Viola, che si pensava morto. E la cosa ha senso perch, quando
finalmente arriva, anchio sto cominciando a pensare che lui non sia mai esistito,
e che io lho in qualche modo evocato.
Mentre corre tra la boscaglia, inseguito dal suo fedele Antonio, anche noi lo
inseguiamo. Dopo un po mi faccio coraggio. Andiamo pi vicino dico a
Melanie. Lei mi afferra la mano e ci intrufoliamo in prima fila, proprio nel
momento in cui il buffone di Olivia va a cercare Sebastiano, i due litigano e di
conseguenza il giovane lo caccia via. Subito prima, sembra che per un attimo il
suo sguardo incroci il mio.

Mentre la calura della giornata si diluisce nel tramonto e io sono risucchiata nel
mondo illusorio di Illiria, mi pare di essere penetrata in uno strano spazio
ultraterreno dove tutto pu succedere, dove le identit possono essere cambiate
come fossero scarpe. Dove qualcuno che si credeva morto pu tornare in vita.
Dove tutti ottengono il loro lieto fine. Mi rendo conto che un po trito, ma laria
dolce e tiepida, gli alberi hanno chiome ricche e folte, i grilli cantano e, per una
volta, mi sembra che possa accadere.
Lo spettacolo finisce, anche troppo presto. Sebastiano e Viola si ritrovano.
Viola rivela a Orsino di essere una donna e, naturalmente, ora lui vuole sposarla.
Olivia si rende conto che Sebastiano non la persona che credeva di aver
sposato, ma non le importa: lo ama lo stesso. I musicisti attaccano di nuovo a
suonare mentre il buffone recita il monologo finale. Poi gli attori escono a
salutare, e ciascuno aggiunge una nota un po buffa al suo inchino. Uno fa una
capriola. Uno finge di suonare la chitarra. Quando sinchina Sebastiano, il suo
sguardo scandaglia il pubblico e si ferma proprio su di me. Fa il suo buffo mezzo
sorriso, pesca dalla tasca una delle monete di scena e me la lancia. piuttosto
buio e la moneta piccola, ma lacchiappo al volo e ora sembra che il pubblico
batta le mani anche a me.
Con la moneta in mano, applaudo. Applaudo fino a che non mi bruciano i
palmi. Applaudo come se cos potessi prolungare la serata, trasformare La
dodicesima notte nella Ventiquattresima notte. Applaudo per poter trattenere
quella sensazione. E perch so cosa accadr non appena smetto, la stessa cosa

che mi succede quando finisco di vedere un film che mi piaciuto molto e che mi
ha fatto dimenticare me stessa: mi sembra di essere ricacciata indietro nella mia
realt e provo un senso di vuoto allo stomaco. A volte guardo di nuovo il film
dallinizio, per illudermi che il mondo proiettato sullo schermo sia reale. Anche se
so bene che non ha alcun senso.
Ma stasera non c modo di ricominciare da capo. Il pubblico si disperde; gli
attori se ne vanno. Gli unici del gruppo rimasti sono un paio di musicisti che fanno
girare il cappello per raccogliere soldi. Pesco dal portafogli una banconota da
dieci sterline.
Melanie e io restiamo l una accanto allaltra, in silenzio. Uau fa lei.
Gi. Uau concordo io.
stato fantastico. Eppure io odio Shakespeare.
Annuisco.
una mia fantasia, oppure il tipo avvenente di quando eravamo in coda,
quello che faceva Sebastiano, ci stava provando con noi?
Con noi? Ma se la moneta lha lanciata a me. Oppure solo che lho presa io?
Perch non dovrebbe essere stata Melanie, con i suoi capelli biondi e la
canottiera di pizzo scollata, ad attirare la sua attenzione? Mel 2.0, come si
ribattezzata: molto pi attraente di Allyson 1.0.
Non saprei rispondo.
E ci ha anche lanciato la moneta! A proposito, bella presa. Forse dovremmo
andare a cercarli. Magari stare un po con loro.

Se ne sono andati.
S, ma quelli sono ancora qui. Fa un gesto verso i ragazzi che raccolgono i
soldi. Potremmo chiedergli dove si ritrovano dopo lo spettacolo.
Scuoto la testa. Dubito che gli interessi andare in giro con delle adolescenti
americane.
Non siamo mica stupide, e la maggior parte di loro non sembrava poi tanto
lontana dalladolescenza.
No. E poi Miss Foley potrebbe venire a controllare come va. Dobbiamo
tornare in albergo.
Melanie alza gli occhi al cielo. Ma perch fai sempre cos?
Cos come?
Dici sempre di no. Come se fossi contraria per principio allavventura.
Non dico sempre di no.
Nove volte su dieci. Stiamo per iniziare luniversit. Godiamoci un po la vita.
Io me la godo eccome ribatto asciutta. E finora non ti ha dato alcun
fastidio.
Melanie e io siamo amiche del cuore da quando la sua famiglia si trasferita
due case pi in gi della nostra, lestate prima della seconda elementare. Da
allora abbiamo sempre fatto tutto insieme: abbiamo cambiato i denti nello stesso
periodo, abbiamo avuto le mestruazioni nello stesso anno, addirittura i nostri
primi fidanzatini sono arrivati in tandem. Io ho iniziato a uscire con Evan qualche
settimana dopo che lei ha cominciato a stare con Alex (che era il migliore amico

di Evan), anche se lei e Alex si sono mollati a gennaio e, invece, io e Evan


abbiamo retto fino ad aprile.
Abbiamo trascorso cos tanto tempo insieme da sviluppare un linguaggio
segreto, fatto di battute e sguardi che capiamo solo noi due. Abbiamo litigato un
mucchio di volte, naturalmente. Siamo tutte e due figlie uniche, perci ogni tanto
ci comportiamo come fossimo sorelle. Una volta abbiamo addirittura rotto una
lampada durante una lite. Per non mai stato cos come ora. Non sono neppure
sicura di cosa voglia dire cos. So solo che, da quando siamo in viaggio, la
compagnia di Melanie mi fa sentire come se stessi perdendo una gara a cui non
mi ero neppure accorta di partecipare.
Per sono venuta qui, stasera sottolineo con tono teso e difensivo. E
ho mentito a Miss Foley.
Giusto? E ci siamo divertite un mondo! E allora perch non continuiamo?
Scuoto la testa.
Lei fruga nella borsa, tira fuori il telefono e scorre i messaggi. Anche Amleto
appena finito. Craig dice che Todd ha portato la banda in un pub che si chiama
Dirty Duck. Mi piace lidea. Uscite con noi dice. Ce la spassiamo.
Il fatto che ci sono gi andata con Melanie e tutto il gruppo una volta, circa
una settimana dopo la partenza. A quel punto, loro erano usciti insieme in un
paio di occasioni. E anche se lei conosceva gli altri solo da una settimana tanto
quanto me scambiava gi con loro battute allusive che io non capivo. Ero
rimasta l seduta al tavolo stipato, con un bicchiere tra le mani, sentendomi come

quel bambino sfortunato che deve cambiare scuola a met dellanno scolastico.
Guardo lorologio, che scivolato sulla mano. Lo ritiro su, a coprire la brutta
voglia rossastra che ho sul polso fin dalla nascita. Sono quasi le undici, e
domani dobbiamo svegliarci presto per prendere il treno. Quindi, se non ti
dispiace, io riporto la ragazza contraria allavventura nella sua stanza dalbergo.
Quando ho questo tono impettito sembro proprio mia madre.
Bene. Ti accompagno e poi vado al pub.
E se Miss Foley viene a controllare come stiamo?
Melanie ride. Dille che ho avuto un colpo di sole. Ma che ora il sole non c
pi. Si avvia lungo la banchina in direzione del ponte. Che c? Aspetti
qualcosa?
Mi volto a guardare lacqua, i barconi, che ora si svuotano della calca del
pomeriggio. Gli spazzini sono arrivati in forze. La giornata finita: non torner
pi.
No, non aspetto nulla.

CAPITOLO DUE

Il nostro treno per Londra alle otto e un quarto: idea di Melanie, cos
sfrutteremo al massimo il tempo per fare shopping. Ma alle sei, quando suona la
sveglia, lei si tira il cuscino sulla testa.
Prendiamo il treno dopo mugola.
No. gi tutto organizzato. Potrai dormire durante il viaggio. E poi hai
promesso di essere gi alle sei e mezzo per salutare gli altri. E io ho promesso
di salutare Miss Foley.
Trascino Melanie fuori dal letto e la ficco sotto la parvenza di doccia che c in
albergo. Le preparo un po di caff solubile e parlo brevemente con mia madre
che rimasta sveglia fino alluna di notte, lora pi adatta per comunicare con la
Pennsylvania. Alle sei e mezzo in punto scendiamo. Miss Foley, come sempre in
jeans e maglietta Teen Tours! , stringe la mano a Melanie. Poi avvolge me in un
abbraccio ossuto, mi porge il suo biglietto da visita e mi dice di non esitare a

chiamarla se ho bisogno di qualcosa mentre sono a Londra. Il suo prossimo giro


comincia domenica e, fino alla partenza, sar anche lei in citt. Quindi mi informa
che ha prenotato un taxi alle sette e mezzo per portarci alla stazione, domanda
una volta di pi se a Londra qualcuno ci verr a prendere (s, verr qualcuno), mi
ripete ancora che sono una brava ragazza e mi mette in guardia contro i
borseggiatori che potrei incontrare in metropolitana.
Concedo a Melanie di infilarsi di nuovo a letto per una mezzora, e ci significa
che salter lusuale maquillage e, alle sette e mezzo, carico entrambe sul taxi in
attesa. Quando arriva il treno trascino a bordo i bagagli e trovo un paio di posti
liberi. Melanie si accascia in quello vicino al finestrino. Svegliami quando
arriviamo a Londra.
La fisso per un attimo, ma lei si rannicchiata contro il vetro e ha gi chiuso
gli occhi. Sospiro, le sistemo la borsetta sotto i piedi e poso la mia felpa sul sedile
accanto al suo per scoraggiare ladri e vecchiacci concupiscenti. Poi mi dirigo verso
il vagone ristorante. Ho saltato la colazione dellalbergo e adesso mi brontola lo
stomaco. Le tempie mi cominciano a pulsare per le prime avvisaglie di un mal di
testa da fame.
Anche se lEuropa il continente dei treni, durante il viaggio non ne abbiamo
preso nemmeno uno: solo aerei per le tratte pi lunghe e pullman per spostarci
tra una tappa e laltra. Mentre passo da un vagone allaltro, le porte automatiche
si aprono con un fruscio appagante e il vagone ondeggia dolcemente sotto i miei
piedi. Fuori scorre veloce la campagna verde.

Nel vagone ristorante passo in rassegna le deprimenti opzioni e finisco per


ordinare un panino al formaggio, un t e le patatine allaceto, per le quali ormai
ho sviluppato una vera dipendenza. Prendo una lattina di Coca-Cola per Melanie.
Metto il tutto in uno di quei contenitori di cartone e sto per tornare al mio posto
quando uno dei tavolini accanto al finestrino si apre. Esito un istante. Dovrei
tornare dalla mia amica. In fondo, per, lei sta dormendo e non gliene importa
nulla; perci mi accomodo al tavolino e guardo il paesaggio. La campagna
sembra cos tipicamente inglese, tutta verde e ordinata, con le sue siepi di
recinzione, le pecore a batuffolo che somigliano a nuvole e rispecchiano quelle
perennemente presenti in cielo.
Una colazione molto confusa.
Quella voce. Dopo che, ieri sera, lho ascoltata per quattro atti, la riconosco
subito.
Alzo gli occhi e lui l, un sorrisetto indolente sul viso che d lidea che si sia
svegliato in questo preciso istante.
Confusa in che senso? domando. Dovrei essere sorpresa ma, per qualche
motivo, non lo sono. Devo soltanto mordermi il labbro per non sorridere troppo.
Lui non risponde. Va al banco e ordina un caff. Poi fa un cenno in direzione
del mio tavolo. Io annuisco.
In tanti sensi dice sedendosi di fronte a me. da espatriati
doltreoceano con il jet lag.
Guardo il panino, il t e le patatine. Un espatriato con il jet lag cos? Come

metti insieme le due cose?


Soffia sul suo caff. Semplice. Prima di tutto non sono ancora le nove del
mattino. Quindi, il t ha senso. Ma il panino e le patatine? Quella roba che si
mangia a pranzo. E non voglio nemmeno parlare della Coca-Cola. Picchietta
sulla lattina con un dito. Vedi? I tempi sono tutti rimescolati. La tua colazione
ha il jet lag.
A quel punto sono costretta a ridere. Le ciambelle avevano un aspetto
disgustoso mi giustifico indicando il bancone.
Decisamente. per questo che io mi porto la colazione. Fruga nella borsa
e comincia a tirar fuori qualcosa da un pezzo di carta oleata stropicciata.
Aspetta, anche quello ha tutta laria di essere un panino dico.
Non esattamente. pane con hagelslag.
Hac che?
Hach-el-slach. Apre il panino per farmi vedere. Dentro c del burro con
una specie di granella di cioccolato.
E dici che la mia colazione confusa? Tu stai mangiando il dessert per
colazione.
In Olanda a colazione si mangia questo. molto tipico. Questo, oppure
uitsmijter, che poi sarebbero uova fritte con il prosciutto.
Non me lo chiederanno allesame, vero? Perch non so nemmeno da che
parte cominciare per pronunciarlo.
Aut-smi-ter. Possiamo esercitarci un po, pi tardi. Questo tuttavia mi porta

al secondo punto: la tua una colazione da espatriata. Per, ti prego, mangia.


Posso parlare mentre mangi.
Grazie. Sono felice che tu sia multitasking dico. Poi mi metto a ridere.
stranissimo perch sta succedendo cos, in maniera del tutto naturale. A quanto
pare sto flirtando, a colazione. E parlando di colazioni. E poi, cosa intendi con
espatriata?
Una che vive fuori dal suo Paese natale. Vedi, tu hai preso un panino. Molto
americano. E il t. Molto inglese. Ma poi prendi le patate fritte, o patatine, e
quelle potrebbero andar bene in tutti e due i casi, per le prendi allaceto, cosa
molto inglese, e le mangi a colazione, che ha proprio un che di molto americano.
Pi la Coca-Cola a colazione. Coca e patatine: questo che mangiate a colazione
in America?
E come fai a sapere che sono americana? lo provoco.
Escludendo il fatto che eri in un gruppo di turisti americani e che parli con
un accento americano? D un morso al suo panino con lhach-che-so-io e beve
un altro sorso di caff.
Mi mordo di nuovo il labbro per non sorridere troppo. Esatto. Escluso quello.
Erano gli unici indizi, certo. In realt, non hai un aspetto particolarmente
americano.
Davvero? Apro il pacchetto di patatine e un acuto odore di aceto
artificiale si spande nellaria. Gliene offro una. La rifiuta e d un altro morso al
suo panino. Che aspetto ha unamericana?

Si stringe nelle spalle. Bionda dice. Grosse mima le tette.


Lineamenti dolci. Agita la mano davanti al viso. Carina. Come la tua amica.
E io non sono cos? Non so perch faccio una simile domanda. Il mio
aspetto lo conosco bene: capelli neri, occhi scuri, lineamenti marcati. Niente
curve e non molto in fatto di tette. La mia disinvoltura si spegne un po. Si sta
solo ingraziando me per poterci provare con Melanie?
No. Mi osserva con quei suoi occhi. Ieri mi sembravano scurissimi ma, ora
che sono pi vicina, vedo che possiedono varie tonalit: ci sono del grigio e del
marrone, e addirittura pagliuzze doro che danzano in quelloscurit. Sai a chi
assomigli? A Louise Brooks.
Lo fisso senza capire.
Non la conosci? La stella del cinema muto?
Scuoto la testa. Il cinema muto non mi ha mai appassionato.
Era famosissima negli anni Venti. Americana. Unattrice incredibile.
E non era bionda. Vorrebbe essere una battuta, ma non lo sembra.
Lui d un altro morso al panino. Un pezzettino di cioccolato gli resta attaccato
allangolo della bocca. Abbiamo un mucchio di bionde in Olanda. Vedo del
biondo quando mi guardo allo specchio. Louise Brooks era scura. Aveva questi
occhi incredibilmente tristi, lineamenti molto definiti e gli stessi capelli che hai tu.
Tocca i suoi capelli, scarmigliati come ieri sera. Le assomigli moltissimo. Ti
dovrei semplicemente chiamare Louise.
Louise. Mi piace.

No. Non Louise. Lul. Era il suo soprannome.


Lul. Mi piace ancora di pi.
Mi porge la mano. Ciao, Lul, io sono Willem.
Ha la mano calda e una stretta decisa. Felice di conoscerti, Willem. Anche
se potrei chiamarti Sebastiano, visto che stiamo adottando nuove identit.
Quando ride, piccole rughe gli fioriscono intorno agli occhi. No. Preferisco
Willem. Sebastiano un po come dire passivo, se ci pensi bene. Si sposa con
Olivia, che in realt vorrebbe rivedere sua sorella. Succede spesso in
Shakespeare. Le donne perseguono i loro scopi e gli uomini finiscono in balia
degli eventi.
Non so. Mi ha fatto piacere che tutti, ieri sera, abbiano avuto il loro lieto
fine.
Oh, una bella favola, ma solo questo: una bella favola. Daltronde,
immagino che Shakespeare debba concedere ai personaggi delle sue commedie il
lieto fine, visto che nelle tragedie tanto crudele. Voglio dire: pensa ad Amleto;
o a Romeo e Giulietta. quasi sadico. Scuote la testa. Sebastiano a posto,
ma non realmente padrone del suo destino. Shakespeare accorda questo
privilegio al personaggio di Viola.
E tu, invece, sei padrone del tuo destino? domando. E, di nuovo, mi
ascolto e quasi non riesco a crederci. Quando ero piccola frequentavo la pista per
il pattinaggio sul ghiaccio del quartiere. Nella mia immaginazione, mi sentivo
capace di fare salti e piroette, ma quando mi avventuravo sui pattini riuscivo a

malapena a tenere dritte le lame. Crescendo, la stessa cosa mi successa con le


persone: nella mia mente sono coraggiosa e diretta, ma quello che mi esce fuori
sembra sempre mite e compito. Anche con Evan, che stato il mio ragazzo per
quasi tutte le superiori, non sono mai riuscita a essere quella persona capace di
pattinare, saltare e piroettare come avrei tanto desiderato. Oggi, a quanto pare,
so pattinare.
Oh, no, no davvero. Io vado dove mi porta il vento. Fa una pausa per
rifletterci su. Forse c un motivo per cui recito Sebastiano.
E ora, dove ti porta il vento? chiedo, sperando che si trattenga a Londra.
Da Londra prendo un altro treno che mi porta in Olanda. Ieri sera stata la
fine della stagione per me.
Mi affloscio. Oh.
Non hai mangiato il tuo panino. Ti avverto che, qui, nei panini al formaggio
ci mettono il burro. Quello finto, voglio dire.
Lo so. Estraggo le fette di pomodoro ormai mollicce e tolgo un po del
burro/margarina in eccesso con il tovagliolo di carta.
Sarebbe pi buono con la maionese mi dice Willem.
Solo se ci fosse il tacchino.
No. Formaggio e maionese buonissimo.
Suona rivoltante.
Solo se non hai mai assaggiato una maionese come si deve. Ho sentito dire
che quella che c in America non la maionese giusta.

Rido cos tanto che mi esce il t dalle narici.


Che c? chiede Willem. Cosa?
La maionese come si deve spiego, tra un singulto e laltro. come se
ci fosse una maionese cattiva-ragazza, che civetta e rubacchia, e una maionese
brava-ragazza, che si comporta come si deve e tiene le gambe accavallate, e il
mio problema che non mi hanno mai presentato quella giusta.
assolutamente cos esclama. E inizia a ridere anche lui.
Ci stiamo scompisciando tutti e due quando Melanie fa il suo ingresso nel
vagone ristorante, portandosi dietro la sua roba e la mia felpa. Non ti trovavo
pi si lamenta immusonita.
Mi hai detto di svegliarti a Londra. E a quel punto mi volto verso il
finestrino. La graziosa campagna inglese ha ceduto il posto alla grigia periferia
della citt.
Melanie guarda Willem e spalanca gli occhi. Non hai fatto naufragio, allora
gli dice.
No risponde lui, guardando me. Non ti arrabbiare con Lul. colpa
mia. Sono stato io a trattenerla qui.
Lul?
S. Diminutivo di Louise. il mio nuovo alter ego, Mel. La fisso, e il mio
sguardo la implora di non smascherarmi. Mi piace essere Lul. Non sono pronta a
smettere.
Lei si strofina gli occhi, come se stesse ancora dormendo. Poi si stringe nelle

spalle e si lascia cadere nel sedile di fianco a Willem. Bene. Chiamati come
vuoi. Io vorrei solo avere una testa nuova.
Non ha ancora fatto il callo ai postumi della sbronza spiego a Willem.
Sta zitta scatta Melanie.
Perch? Preferisci che dica che per te una vecchia abitudine?
Sei davvero petulante stamattina.
Ecco. Willem fruga nello zaino, ne estrae un tubetto bianco e fa cadere
un paio di palline candide nel palmo di Melanie. Mettile sotto la lingua per farle
sciogliere. Tra poco ti sentirai meglio.
Che roba ? domanda lei sospettosa.
a base di erbe.
Sei sicuro che non sia una di quelle droghe pre-stupro?
Certo. Vuole farti perdere i sensi nel bel mezzo del treno commento.
Willem le mostra letichetta. Mia madre un medico naturopata. Le usa per
le emicranie. Di certo non per stuprarmi.
Ehi, anche mio padre un medico intervengo. Anche se lesatto
opposto di un naturopata: lui uno pneumologo. Medicina occidentale fino al
midollo.
Melanie esamina le pillole per un attimo e finalmente se le mette sotto la
lingua. Dieci minuti dopo, quando il treno entra sbuffando in stazione, il suo mal
di testa sta gi migliorando.
Come per un silenzioso accordo sbarchiamo insieme dal treno: Melanie e io

con i nostri trolley sovraccarichi e Willem con uno zaino di dimensioni contenute.
Ci facciamo strada lungo il binario nel sole gi cocente dellestate, e poi nel fresco
relativo di Marylebone Station.
Veronica ha mandato un messaggio per avvertire che in ritardo
minforma Melanie. Dice di incontrarci da WHSmith. Qualsiasi cosa sia.
una libreria spiega Willem indicando un punto dallaltra parte dellatrio.
Linterno della stazione grazioso e ricoperto di mattoni rossi, ma resto un po
delusa che non sia ledificio imponente che mi aspettavo di trovare, con il
pannello di arrivi e partenze a lettere scorrevoli. Al suo posto c solo un monitor
televisivo che segnala gli orari di partenza. Vado a guardarlo da vicino. Le
destinazioni sono tuttaltro che esotiche: posti come High Wycombe e Banbury,
che magari saranno anche molto carini, per quello che ne so. sciocco, in fondo.
Ho appena finito di fare il giro delle pi grandi citt europee Roma, Firenze,
Praga, Vienna, Budapest, Berlino, Edimburgo, e ora di nuovo Londra e, per
quasi tutto il viaggio, ho contato i giorni che mi separavano dal ritorno a casa.
Non so proprio perch, cos allimprovviso, dovrebbe prendermi il desiderio di
vagabondare.
Cosa c che non va? mi domanda Melanie.
Oh, speravo in uno di quei grandi pannelli delle partenze, come quelli che ci
sono in certi aeroporti.
Ce n uno alla stazione centrale di Amsterdam dice Willem. Mi piace
molto piazzarmi l davanti e immaginare di poter scegliere un posto a caso e

partire.
Davvero? In questo momento mi sta capitando la stessa cosa!
Cosa? domanda Melanie, studiando il monitor. Non ti piace lidea di
andare a Bicester Nord?
Non proprio eccitante quanto Parigi le rispondo.
Ma dai! Non starai mica ancora recriminando per quella storia? si rivolge
a Willem. Dopo Roma dovevamo andare a Parigi, ma i controllori di volo hanno
indetto uno sciopero, le partenze sono state cancellate, e la citt era troppo
lontana per arrivarci in pullman. ancora arrabbiata per quello.
Scioperano sempre per qualcosa, in Francia concorda Willem, con un
cenno del capo.
Hanno sostituito Parigi con Budapest spiego. Mi piaciuta, Budapest,
ma non posso credere di essere cos vicino a Parigi e di non andarci.
Lui mi fissa pensieroso. Arrotola una cinghia dello zaino intorno al dito.
Allora vacci dice.
Dove?
A Parigi.
Non posso. La tappa stata cancellata.
Vacci ora.
Il viaggio finito. E poi, probabilmente c ancora lo sciopero.
Puoi andarci in treno. Ci vogliono due ore, da Londra a Parigi. Guarda il
grande orologio sulla parete. Potresti arrivare a Parigi per lora di pranzo. A

proposito, laggi fanno dei panini molto pi buoni.


Ma non parlo francese. Non ho una guida. Non ho neppure denaro
francese. Usano gli euro l, vero? Accampo ragioni come se fossero quelle il
vero motivo per il quale non posso andare quando, in realt, come se Willem
mi suggerisse di salire su un razzo diretto sulla Luna. Lo so che lEuropa piccola
e c gente che fa cose del genere. Ma io no.
Mi sta ancora fissando, con la testa lievemente inclinata.
Non funzionerebbe concludo. Non so niente di Parigi.
Willem lancia uno sguardo allorologio sul muro della stazione. Poi, dopo una
breve pausa, si volta verso di me. Io la conosco bene, Parigi.
Il mio cuore comincia a fare assurdi sobbalzi ma la mia mente, sempre
razionale, continua a elencare le ragioni per cui la cosa non pu funzionare.
Non so se ho abbastanza soldi. Quanto costa il biglietto? Frugo nella borsa per
contare il denaro che mi rimasto. Ho qualche sterlina per superare il fine
settimana, una carta di credito per le emergenze, una banconota da cento dollari
che la mamma mi ha dato per le emergenze assolute, in caso la carta di credito
non funzioni. Ma questa proprio non si pu definire unemergenza. E se utilizzassi
la carta, i miei genitori lo verrebbero a sapere e si preoccuperebbero.
Lui infila una mano in tasca e ne estrae una manciata di valuta straniera. Di
questo non ti preoccupare. stata unestate proficua.
Fisso le banconote che stringe in mano. Davvero farebbe una cosa simile?
Portarmi a Parigi. E perch poi?

Abbiamo i biglietti per vedere Let it Be, domani sera dice Melanie,
assumendosi il ruolo di Voce della Ragione. E partiamo domenica. E tua madre
darebbe di matto. Davvero, ti ucciderebbe.
Guardo Willem, ma lui si stringe nelle spalle, come se non potesse negare che
sia vero.
E io sto per lasciar perdere e ringraziarlo dellofferta, poi per Lul a
prendere in mano la situazione, perch mi giro verso Melanie e le dico: Non
pu uccidermi se non lo scopre.
Lei fa un verso sprezzante: Tua madre? Lo scoprir di sicuro.
Non lo far, se tu mi copri.
Non dice nulla.
Per favore. Io ti ho coperto un sacco di volte in questo viaggio.
Melanie sospira drammatica. Ma io sono andata al pub. Non in unaltra
nazione.
Hai appena finito di criticarmi perch non faccio mai colpi di testa di questo
tipo.
A quel punto non sa cosa rispondermi. Cambia tattica. Come faccio a
coprirti, se chiama sul mio cellulare per parlare con te? E lo far di sicuro. Sai che
lo far.
La mamma si arrabbiata moltissimo perch qui il mio cellulare non
funzionava. Ci avevano detto che era tutto a posto e, quando si scoperto che
non era cos, lei andata su tutte le furie e ha chiamato la societ di telefonia

ma, a quanto pare, non cera nulla da fare, era un problema di banda non
compatibile. Non stato cos grave, in fondo. Lei aveva una copia del nostro
itinerario e sapeva a che ora poteva chiamarmi al telefono dellalbergo in cui
pernottavamo; e quando non ci riusciva chiamava sul cellulare di Melanie.
Potresti tenere il telefono spento, cos parte la segreteria suggerisco.
Guardo Willem che ha ancora la mano piena di banconote. Sei proprio sicuro di
volerlo fare? Credevo che dovessi tornare in Olanda.
Anchio. Ma forse i venti mi sospingono in unaltra direzione.
Mi volto verso Melanie. A questo punto, la cosa dipende da lei. Scruta Willem,
strizzando gli occhioni verdi. Se stupri o uccidi la mia amica io uccido te.
Lui fa un verso sprezzante. Voi americani siete cos violenti. Io sono
olandese. Il peggio che le posso fare investirla con la bicicletta.
Dopo esserti fumato una canna! aggiunge Melanie.
Daccordo, forse c anche questa possibilit ammette Willem. Poi mi
guarda e un fremito mi attraversa. Ho davvero il coraggio di farlo?
Allora, Lul? Cosa ne dici? Vuoi andare a Parigi? Per un giorno soltanto?
una follia. Non lo conosco neanche. Mi potrebbero scoprire. E quanto riuscir
a vedere di Parigi in un solo giorno? Potrebbe andare tutto storto, in tanti modi.
la verit. Lo so. Ma non modifica il fatto che ci voglio andare.
Cos, questa volta, invece di dire di no provo a fare una cosa diversa.
Dico di s.

CAPITOLO TRE

LEurostar un treno con il muso schiacciato, giallo e schizzato di fango e,


quando riusciamo a salirci, sono gi sudata e senza fiato. Da quando ho salutato
Melanie, scambiando rapide informazioni sui reciproci progetti e sul posto dove
incontrarci domani, Willem e io non abbiamo fatto altro che correre. Fuori da
Marylebone. Lungo le strade affollate di Londra e dentro la metropolitana, dove
ho litigato con il tornello dingresso che si rifiutato di aprirsi per ben tre volte e
quindi finalmente lo ha fatto, per poi richiudersi di scatto sulla mia valigia
facendo volare la targhetta di Teen Tours! sotto il distributore automatico dei
biglietti. Ora sono davvero clandestina ho detto scherzando a Willem.
Nella cavernosa stazione di St Pancras, Willem mi ha mostrato il pannello delle
partenze con le lettere scorrevoli, prima di sgomitare fino alla fila per i biglietti
Eurostar, dove ha esercitato tutto il suo fascino sulladdetta allo sportello per
cambiare il suo biglietto per lOlanda con uno per Parigi e poi ha usato troppe

delle sue sterline per comprare il mio. A quel punto siamo corsi a fare il check-in
mostrando i passaporti. Per un attimo mi sono preoccupata del fatto che Willem
vedesse il mio passaporto, che non appartiene a Lul, ma a Allyson, cio, non
semplicemente a Allyson, ma a una Allyson di quindici anni e in piena crisi
acneica. Ma non lo ha visto e siamo scesi in una sala daspetto futuristica, giusto
in tempo per risalire e imbarcarci sul treno.
Solo quando siamo finalmente seduti in treno, nei posti assegnati, riprendo
fiato e mi rendo conto di quel che ho fatto. Sto andando a Parigi. Con questo
sconosciuto.
Fingo di darmi da fare con la valigia mentre lo guardo di sottecchi. Ha un viso
che mi fa pensare a quegli accostamenti di vestiti con cui solo alcune ragazze
riescono a star bene: pezzi scompagnati che da soli non dicono niente, ma
insieme funzionano a meraviglia. I lineamenti spigolosi sono forti, quasi taglienti,
ma le labbra sono carnose e rosse, e le guance sono mele rosate abbastanza da
farci una torta. Ha unaria insieme giovane e adulta, ispida e delicata. Non bello
alla maniera di Brent Harper, eletto Il Pi Bello dellultimo anno di scuola, cio
in modo ovvio. Per non riesco a smettere di guardarlo.
A quanto pare non sono la sola. Un paio di ragazze con gli zaini in spalla
percorrono il corridoio, con quegli occhi scuri e un po appannati che sembrano
dire Noi mangiamo sesso a colazione. Nel passare, una di loro sorride a Willem
e gli lancia una battuta in francese. Lui risponde, in francese, e laiuta a issare la
valigia sul portabagagli. Le ragazze si siedono dallaltra parte del corridoio, nella

fila dietro di noi; la pi bassa dice qualcosa e tutti ridono. Vorrei chiedere cosha
detto ma, di colpo, mi sento tremendamente piccola e a disagio, come se fossi
stata confinata al tavolo dei bambini nel pranzo del Giorno del Ringraziamento.
Se solo alle superiori avessi studiato francese. Volevo farlo, a quattordici anni,
ma i miei genitori mi hanno convinta a scegliere il cinese. Questo sar il secolo
della Cina; avrai migliori possibilit di competere se parli la loro lingua mi aveva
detto la mamma. Competere per cosa? mi ero chiesta. Per studio il cinese
ormai da quattro anni e lo riprender il mese prossimo, quando inizier
luniversit.
Sto aspettando che Willem si sieda ma, invece, lui guarda prima me poi le
ragazze francesi che, sistemati i loro bagagli, si stanno allontanando disinvolte
lungo il corridoio.
I treni mi fanno venire fame. E tu non hai pi mangiato il tuo panino dice.
Andr al vagone ristorante a procurare provviste. Tu cosa vorresti, Lul?
Lul probabilmente vorrebbe qualcosa di esotico. Fragole ricoperte di
cioccolato. Ostriche. Allyson pi un tipo da panino con il burro di arachidi. Non
so cosa mi andrebbe.
Qualsiasi cosa va bene.
Lo guardo allontanarsi. Prendo una rivista dalla tasca del sedile e leggo un po
di notizie sul treno: il Tunnel della Manica lungo cinquanta chilometri. stato
aperto nel 1994 e ci sono voluti sei anni per completarlo. La velocit massima
dellEurostar di trecento chilometri allora, che equivale a centottantasei miglia

orarie. Se fossi ancora con Teen Tours! questo sarebbe il genere di nozioni stile
Trivial Pursuit che Miss Foley ci leggerebbe da una delle sue schede. Metto via la
rivista.
Il treno comincia a muoversi, anche se in modo cos dolce che solo quando
vedo il marciapiede allontanarsi mi rendo conto che siamo partiti. Sento il fischio
del locomotore. Fuori dal finestrino le imponenti arcate della stazione di St
Pancras salutano scintillando, poi ci tuffiamo in una galleria. Passo in rassegna il
vagone. Tutti hanno laria felicemente occupata: leggono riviste, scrivono sui loro
portatili, mandano messaggi con il cellulare, parlano al telefono oppure con i loro
compagni di viaggio. Sbircio oltre lo schienale, ma di Willem non c traccia.
Neppure le ragazze francesi sono ancora tornate.
Riprendo in mano la rivista e scorro la recensione di un ristorante senza capire
una parola. Trascorrono altri minuti. Adesso il treno va pi veloce e supera
arrogante i brutti fabbricati industriali di Londra. Il conducente annuncia la prima
fermata e un controllore viene a ispezionare il mio biglietto. C qualcuno qui?
chiede indicando il sedile vuoto di Willem.
S. Ma le sue cose non ci sono. Non c alcun indizio che sia mai stato
accanto a me.
Guardo lorologio. Sono le dieci e quarantatr: quasi un quarto dora da quando
abbiamo lasciato Londra. Pochi minuti dopo ci fermiamo a Ebbsfleet, una stazione
moderna ed elegante. Sale una folla di gente. Un uomo anziano con una valigetta
si ferma vicino al posto di Willem, come se avesse intenzione di sedersi, poi

controlla il suo biglietto e prosegue lungo il corridoio. Con un segnale di


avvertimento, le porte si chiudono e ripartiamo di nuovo. Il paesaggio urbano di
Londra lascia il posto al verde. In lontananza, distinguo un castello. Il treno
inghiotte golosamente la campagna; mi immagino che lasci dietro di s una scia
di terra smossa. Afferro i braccioli, conficcandoci le unghie come se fossi nella
prima e infinita discesa delle montagne russe da voltastomaco su cui Melanie
adora trascinarmi. Anche se il condizionatore al massimo, una fila di goccioline
di sudore mimperla la fronte.
Il nostro treno ne incrocia un altro che viene in direzione contraria, con un
fragore improvviso dovuto allo spostamento daria. Sobbalzo sul sedile. Un attimo
dopo il convoglio ci oltrepassa a tutta velocit. Ho lassurda sensazione che a
bordo ci sia Willem. Cosa impossibile. Avrebbe dovuto fare una specie di fastforward fino alla stazione successiva per poterci salire.
Ma non nemmeno detto che sia su questo treno.
Guardo lorologio. Sono venti minuti che andato al vagone ristorante. Il treno
non si era ancora staccato dal binario. Potrebbe essere sceso insieme a quelle
ragazze, prima della partenza. Oppure allultima stazione. Forse era questo che
gli stavano dicendo: Perch non molli quella pallosa ragazza americana e vieni
con noi?
Non su questo treno.
una certezza che minveste con lo stesso fragore del convoglio che passato.
Ha cambiato idea. Su Parigi. Su di me.

Quello di portarmi in viaggio stato un gesto impulsivo, come acquistare gli


oggettini inutili che i supermercati espongono proprio accanto alle casse, cos che
tu ti ritrovi fuori senza neanche esserti reso conto di aver appena comprato una
scemata.
Poi un altro pensiero mi assale: e se fosse tutto calcolato? Prendi lamericana
pi sempliciotta che trovi e attirala su un treno, poi mollala l e manda che so
dei malintenzionati a derubarla? La mamma ha registrato una cosa del genere da
un programma di giornalismo dinchiesta. E se fosse per questo motivo che mi
guardava ieri sera? E se mi avesse cercato apposta, stamattina, sul treno da
Stratford-upon-Avon? Non avrebbe potuto scegliere una preda pi facile. Ho visto
abbastanza documentari di Animal Planet per sapere che i leoni attaccano
sempre le gazzelle pi deboli.
Eppure, per quanto irreale appaia, questa ipotesi in un certo senso contiene un
fondamento rassicurante. Il mondo di nuovo coerente. Almeno, cos si
spiegherebbe il motivo per il quale mi trovo su questo treno.
Un oggetto non identificato mi cade sulla testa; soffice e crocchiante ma,
agitata come sono, mi fa sobbalzare.
Poi ne arriva un altro. Raccolgo il proiettile: un pacchetto di patatine allaceto.
Alzo gli occhi. Willem ha il ghigno colpevole di uno svaligiatore di banche, per
non parlare del bottino che gli colma le mani: una tavoletta di cioccolato, tre
contenitori di bevande calde assortite, una bottiglia di succo darancia, incastrata
sotto unascella, e una lattina di Coca-Cola, sotto laltra. Scusa se ti ho fatto

aspettare. Il vagone ristorante allaltro capo del treno, non lo hanno aperto
finch non siamo usciti dalla stazione e cera gi la coda. Poi non ero sicuro se
preferivi il t o il caff, perci te li ho presi tutti e due. Dopo mi sono ricordato
della Coca che stavi bevendo prima, e sono tornato indietro a prenderne una. In
pi, sulla via del ritorno, sono andato a sbattere contro un belga piuttosto
irritabile e mi sono versato il caff addosso, cos ho dovuto fare una deviazione
fino al bagno, ma credo di aver peggiorato le cose. Appoggia due delle tazze di
carta e la lattina di Coca sul tavolino del sedile aperto davanti a me. Indica i suoi
jeans, che sfoggiano unenorme macchia proprio sul davanti.
Non sono il tipo che ride alle barzellette spinte o alle battute sulle scoregge.
Quando Jonathan Spalicki ne ha mollata una alla lezione di fisiologia, lanno
scorso, e Mrs Huberman ha dovuto fare uscire la classe in anticipo perch tutti
ridevano come degli scemi, linsegnante mi ha addirittura ringraziato perch ero
stata lunica a mostrare un minimo di autocontrollo.
Perci non da me scompormi, solo per una macchia.
Eppure, quando apro la bocca per informare Willem che in realt non mi
piacciono le bevande gassate e che la Coca di prima era per curare Melanie dal
dopo sbronza, lunica cosa che ne esce un singulto. E una volta che attacco a
ridere partono i fuochi dartificio: rido a tal punto che mi manca il fiato. Le lacrime
di paura che minacciavano di sgorgare dai miei occhi ora hanno una buona scusa
per inondarmi la faccia.
Lui sospira e si guarda i pantaloni come a dire S, s, ho capito. Agguanta una

manciata di tovagliolini dal vassoio. Non credevo che fosse tanto grave si
tampona i jeans. Secondo te il caff macchia?
Le sue parole mi scatenano unaltra crisi di riso. Willem resta l in attesa, con
un paziente sorrisetto di sufficienza. abbastanza cresciuto da stare allo scherzo.
Scusa ansimo. Non ridevo per le tue braghe.
Braghe! Nella sua lezione sulle differenze tra inglese britannico e inglese
americano, Miss Foley ci aveva informato che gli inglesi definiscono braghe la
biancheria intima e pantaloni i calzoni, e che dovevamo stare attenti a parlare di
braghe onde evitare equivoci imbarazzanti. E mentre ce lo diceva era rossa come
un peperone.
Ora sono piegata in due. Appena riesco a raddrizzarmi vedo una delle ragazze
francesi che torna indietro lungo il corridoio. Quando passa dietro a Willem gli
posa una mano sul braccio e ce la lascia per un secondo. Poi dice qualcosa in
francese prima di infilarsi al suo posto.
Lui non la guarda neppure. Invece si volta di nuovo verso di me. Nei suoi occhi
scuri c unespressione interrogativa.
Credevo che fossi sceso dal treno la confessione scivola fuori con le bolle
di champagne del mio sollievo.
Oddio! Lho detto per davvero? La crisi di riso si blocca per la sorpresa. Ho
paura di guardarlo. Se prima non aveva intenzione di scendere dal treno e
lasciarmi qui, adesso di sicuro glielho fatto venire in mente.
Sento il sedile infossarsi quando Willem prende posto e, appena trovo il

coraggio di sbirciare nella sua direzione, mi stupisco di scoprire che non ha


unaria sorpresa o infastidita. Ha solo quel sorrisetto divertito e sornione sulle
labbra.
Comincia a spacchettare la roba da mangiare e tira fuori dallo zaino una
baguette un po storta. Dopo aver imbandito i tavolini dei sedili mi fissa dritto
negli occhi: E perch avrei dovuto scendere dal treno? domanda infine,
canzonandomi con voce scherzosa.
Potrei inventare una bugia: perch si era dimenticato qualcosa o perch si era
reso conto che in realt doveva proprio tornare in Olanda e non aveva il tempo di
spiegarmelo. Qualcosa di assurdo ma meno incriminante. Per non lo faccio.
Perch avevi cambiato idea. Mi aspetto disgusto, sorpresa, compassione;
invece ha ancora laria divertita, anzi, forse adesso anche un po incuriosita. E io
sento questa vampata inattesa, come se avessi preso una droga, un mio
personale siero della verit. Perci gli spiattello anche il resto: Per un attimo
ho anche pensato che questa storia fosse tutta una truffa e che mi avresti
venduto come schiava del sesso, o qualcosa del genere.
Lo scruto, chiedendomi se non ho esagerato un po. Ma lui sorride e si
accarezza il mento. E come avrei fatto? domanda.
Non so. Dovresti prima farmi perdere i sensi. Cos quella roba che usano?
Cloroformio? Ne impregnano un fazzoletto, te lo premono sul naso e tu ti
addormenti.
Credo che succeda solo nei film. Probabilmente sarebbe pi facile rifilarti

una bevanda drogata, come sospettava la tua amica.


Ma me ne hai portate tre, e una non neppure aperta. Prendo la lattina
di Coca. A proposito, non bevo Coca-Cola.
Allora il mio piano fallito. Fa un sospiro esagerato. Peccato. Avrei
potuto farmi un bel po di soldi, vendendoti al mercato nero.
Quanto credi che potrei valere? domando, stupita di quanto velocemente
la paura si trasformata in una buona scusa per flirtare.
Lui mi scruta da capo a piedi, come per soppesarmi. Be, dipende da vari
fattori.
Tipo?
Let. Quanti anni hai?
Diciotto.
Annuisce. Misure?
Cinque piedi e quattro. Centoquindici libbre. Non so com con il sistema
metrico decimale.
Qualche pezzo fuori posto, cicatrici o arti artificiali?
Ha importanza?
I feticisti. Pagano di pi.
No. Niente arti artificiali o altro. Poi mi ricordo della mia voglia, che
brutta quasi quanto una cicatrice, perci in genere la nascondo sotto lorologio.
La tentazione che ho, per, di mostrargliela, esponendo anche me stessa.
Sposto lorologio. Ho questa.

Lui la esamina, annuendo con il capo. Poi chiede, in tono casuale: E sei
vergine?
Il dettaglio aumenta o diminuisce il mio valore?
Dipende dal mercato.
Sembra che tu sia molto informato sulla faccenda.
Sono cresciuto ad Amsterdam dice, come se questo spiegasse tutto.
Quindi? Quanto valgo?
Non hai risposto a tutte le domande.
Ho una sensazione davvero strana a quel punto, come se stessi tenendo la
cintura di un accappatoio: posso stringerla di pi o lasciarlo cadere a terra.
No, non lo sono. Vergine.
Lui annuisce e mi fissa in un modo che mi spiazza.
Sono sicura che Boris rester deluso aggiungo.
Chi Boris?
Il malvivente ucraino che deve fare il lavoro sporco. Tu eri solo lesca.
Ora ride, inclinando il lungo collo allindietro. Quando riprende fiato, dice: In
genere lavoro con i bulgari.
Puoi prendermi in giro quanto vuoi, ma cera un programma in televisione su
questa faccenda. E non che ti conosco proprio bene.
Si blocca, mi fissa e poi attacca: Venti. Un metro e novanta. Settantacinque
chili, lultima volta che mi sono pesato. Questa indica una cicatrice a zig-zag
che ha sul piede. Poi mi guarda dritto negli occhi. E, no.

Mi ci vuole un minuto per capire che sta rispondendo alle stesse quattro
domande che ha fatto a me. Quando me ne rendo conto, sento una vampata di
calore salire dalla base del collo.
In pi, abbiamo fatto colazione insieme. Di solito, quelli con cui faccio
colazione li conosco bene.
Ora la vampata di calore diventata un rossore vero e proprio. Cerco di
pensare a qualcosa di spiritoso da ribattere. Ma difficile essere spiritosa quando
uno ti guarda a quel modo.
Credevi davvero che ti avrei mollato sul treno? mi chiede.
La domanda stranamente discordante dopo tutte quelle battute su mercato
nero del sesso. Ci penso un po. Credevo davvero che lo avrebbe fatto?
Non so rispondo. Forse stavo andando un po nel panico perch fare
una cosa impulsiva come questa non da me.
Ne sei proprio sicura? domanda. Dopo tutto, sei qui.
Sono qui ripeto. E lo sono. Qui. Su un treno per Parigi. Con lui. Lo guardo.
Ha di nuovo quel mezzo sorriso, come se in me ci fosse qualcosa che non smette
mai di divertirlo. E forse per quello, o per il movimento del treno che mi culla, o
per il fatto che non lo vedr mai pi dopo questo unico giorno che passiamo
insieme, oppure perch una volta che hai aperto la botola della sincerit non c
modo di richiuderla. O forse semplicemente perch ci che voglio. Ma lascio
cadere laccappatoio a terra. Ho pensato che fossi sceso dal treno perch
trovavo difficile credere che ci fossi sopra. Con me. Senza motivazioni nascoste.

Questa la verit. Avr solo diciotto anni, ma mi pare gi molto evidente che
il mondo diviso in due gruppi: quelli che agiscono e quelli che guardano. Quelli
ai quali le cose accadono e noialtri, che andiamo avanti accontentandoci di ci
che viene. Le Lul e le Allyson.
Non mi era mai venuto in mente che, fingendo di essere Lul, potevo
scavallare nellaltra colonna, anche se solo per un giorno.
Mi giro verso Willem, per scoprire cosa ha da dire in proposito ma, prima che
lui possa reagire, entriamo nel Tunnel della Manica e il treno piomba
nelloscurit. Secondo le notizie che ho letto, in meno di venti minuti saremo a
Calais e da l, unora dopo, a Parigi. Ma, in questo momento, ho la sensazione che
questo treno non stia solo portandomi a Parigi, bens in un posto completamente
nuovo.

CAPITOLO QUATTRO

Parigi
Ci sono immediatamente dei problemi. Il deposito bagagli nellatrio sotterraneo
della stazione chiuso: gli inservienti che devono passare le valigie ai raggi X
prima di metterle nel deposito sono in sciopero. Di conseguenza, tutte le cassette
di sicurezza automatiche abbastanza grandi da contenere la mia valigia sono
occupate. Willem dice che, non lontano da l, c unaltra stazione dove possiamo
provare a lasciarla, ma se gli addetti sono in sciopero potremmo incontrare lo
stesso problema.
Me la posso semplicemente trascinare dietro. O buttarla nella Senna. Sto
scherzando, anche se mi attira, lidea di abbandonare completamente le vestigia
di Allyson.
Ho unamica che lavora in un nightclub qui vicino Fruga nello zaino e ne

estrae un blocchetto di cuoio malconcio. Sto per fare una battuta chiedendo se
il suo libro nero, ma poi vedo i nomi, i numeri e gli indirizzi e-mail che ci sono
scarabocchiati sopra, lui prosegue: Tiene la contabilit, perci in genere il
pomeriggio l. E io mi rendo conto che , effettivamente, un libro nero.
Dopo aver trovato il numero che cercava tira fuori un cellulare antidiluviano e
schiaccia un paio di volte il tasto daccensione. Niente batteria. Il tuo funziona?
Scuoto la testa. inutilizzabile in Europa. Salvo che come macchina
fotografica.
Possiamo andarci a piedi. qui vicino.
Ritorniamo verso le scale mobili. Prima di arrivare alle porte automatiche
Willem si gira verso di me e chiede: Sei pronta per Parigi?
Con tutto quel problema del sistemare il bagaglio mi ero quasi dimenticata che
lo scopo della faccenda Parigi. Di colpo mi sento un po nervosa. Spero di s
rispondo in tono incerto.
Usciamo dallingresso principale della stazione ed entriamo nel caldo torrido.
Strizzo gli occhi, come per prepararmi a una delusione accecante. Perch la verit
che, in questo viaggio, praticamente tutti i posti che abbiamo visitato mi hanno
deluso. Forse ho visto troppi film. A Roma avrei tanto voluto unesperienza alla
Audrey Hepburn in Vacanze romane, invece la Fontana di Trevi era affollata di
turisti, cera un McDonalds alla base della scalinata di Piazza di Spagna e le
rovine puzzavano di pip di gatto per via di tutti i randagi che ci bazzicano. La
stessa cosa accaduta a Praga, dove avrei desiderato un po dellatmosfera

bohmienne dellInsostenibile leggerezza dellessere. Ma non cerano n artisti


leggendari n giovani che assomigliassero anche solo lontanamente a Daniel Day
Lewis. Ho visto un unico tipo dallaria misteriosa che leggeva Sartre in un caff,
ma poi gli squillato il cellulare e ha attaccato a parlare con un marcato accento
texano.
E Londra. Melanie e io ci siamo completamente perse nella metropolitana per
andare a visitare Notting Hill, ma lunica cosa che abbiamo trovato stata una
zona lussuosa e residenziale piena di negozi costosi. Niente piccole librerie
allantica n gruppi di amici affettuosi con cui fare cene intime. Pareva quasi che
ci fosse un collegamento diretto tra la quantit di film che avevo visto ambientati
in una determinata citt e il grado di delusione che mi provocava. E su Parigi ne
ho visti un sacco, di film.
La Parigi che mi accoglie fuori dalla Gare du Nord non quella del cinema. Non
ci sono n la Torre Eiffel n gli atelier di alta moda. C una strada qualsiasi, con
una serie di hotel e uffici di cambiavalute, intasata di taxi e autobus.
Mi guardo intorno. Noto file e file di vecchi palazzi di un color grigiomarroncino. Il loro stile uniforme e paiono fondersi luno nellaltro, con finestre
e poggioli aperti da cui sgorgano fiori. Proprio di fronte alla stazione, allangolo di
due strade, si fronteggiano due caff. Nessuno dei due ha unaria lussuosa, ma
sono entrambi affollatissimi: la gente ammassata intorno a tavolini rotondi con
il piano di vetro, sotto tende e ombrelloni. Sembra cos normale, eppure cos
totalmente diverso.

Willem e io cominciamo a camminare. Attraversiamo la strada e oltrepassiamo


uno dei caff. C una donna seduta da sola a uno dei tavolini: beve un vino
rosato e fuma una sigaretta, accucciato ai suoi piedi un piccolo bulldog ansante.
Quando le passiamo accanto il cane salta su e inizia ad annusare sotto la mia
gonna, attorcigliando se stesso e me nel guinzaglio.
La donna deve avere circa let di mia madre, ma indossa una gonna corta ed
espadrillas con la zeppa con i lacci avvolti intorno alle gambe ben tornite. Districa
il guinzaglio sgridando il cane. Io mi chino a dargli una grattatina dietro lorecchio
e la donna dice una battuta in francese che fa ridere Willem.
Cosha detto? chiedo, mentre ci allontaniamo.
Ha detto che il suo cane come un maiale da tartufi quando si tratta di
belle ragazze.
Davvero? Mi sento avvampare di piacere. Il che un po sciocco, visto
che si trattava di un cane e in pi non capisco bene cosa sia un maiale da tartufi.
Willem e io costeggiamo un caseggiato pieno di sex shop e agenzie di viaggio
per poi svoltare langolo di un boulevard dal nome impronunciabile, e per la prima
volta capisco che boulevard una parola francese e che a casa, negli Stati Uniti,
tutte le grandi vie chiamate cos sono soltanto strade affollate. Perch questo
un boulevard: un fiume di vita, ampio e grandioso, che fluisce incessante, con
una zona pedonale che corre al centro e, sopra la testa, alberi che si piegano
graziosamente gli uni verso gli altri.
A un semaforo rosso un ragazzo carino che indossa una tuta aderente e guida

un motorino lungo la pista ciclabile si ferma a guardarmi, esaminandomi dalla


testa ai piedi, finch quello dietro non gli suona per farlo spostare.
Okay, successo, diciamo, due volte in cinque minuti. vero che il primo era
un cane, ma leffetto che mi fa notevole. Nelle ultime tre settimane stata
Melanie loggetto di fischi e commenti, risultato dei suoi capelli biondi e
dellabbigliamento provocante mi son detta io, un po acida. Una volta o due ho
questionato sulle donne-oggetto, ma Melanie ha alzato gli occhi al cielo
dichiarando che non era quello il punto.
Mentre un senso di leggerezza mi fa fluttuare a un palmo da terra, mi chiedo
se forse non aveva ragione. Forse non questione di avere un aspetto
irresistibile per gli uomini, ma di sentirti come se un determinato posto ti
notasse, ti strizzasse locchio e ti accettasse. strano perch, fra tutti gli abitanti
di tutte le citt che ho visitato, avrei giurato che proprio per i parigini io sarei
risultata invisibile. A quanto pare, non cos. A quanto pare, a Parigi non solo
sono capace di pattinare, ma addirittura potrei partecipare alle Olimpiadi!
ufficiale! dichiaro. Adoro Parigi!
Hai fatto in fretta.
Quando lo sai, lo sai. appena diventata la citt che preferisco al mondo.
Tende a fare quelleffetto.
Dovrei aggiungere che non c stata molta competizione, visto che la
maggior parte dei posti che abbiamo visitato non mi sono piaciuti.
Di nuovo, mi esce spontaneo. A quanto pare, quando hai a disposizione un

solo giorno puoi dire qualsiasi cosa senza preoccuparti delle conseguenze. Questo
viaggio stato un disastro. Che bello poterlo finalmente dire a qualcuno. Perch
non potrei dirlo ai miei genitori, che hanno pagato per quello che, secondo loro,
doveva essere il viaggio pi importante della mia vita. E non potevo dirlo a
Melanie, perch per lei era davvero il viaggio pi importante della sua vita; e
tanto meno a Miss Foley, il cui compito era garantire che lo fosse. Ma cos. Ho
passato le ultime tre settimane a cercare di divertirmi e a non riuscirci.
Mi sa che, forse, viaggiare un talento, come fischiare o danzare
continuo. Alcuni ce lhanno, per esempio tu. Voglio dire, da quanto tempo
viaggi cos?
Due anni risponde.
Due anni con delle pause?
Scuote il capo. da due anni che non torno in Olanda.
Davvero? E dovevi tornarci proprio oggi? Dopo due anni?
Alza le braccia in aria. Che differenza fa un giorno in pi, dopo due anni?
Immagino che per lui ne faccia poca. Ma per me, forse, diverso. Questo
dimostra ci che ho appena detto. Hai un talento per viaggiare. Io non sono
sicura di averlo. Continuo a sentir parlare di come viaggiare ti apra nuovi
orizzonti. Non so nemmeno bene cosa voglia dire ma, per quanto mi riguarda,
non ha aperto proprio niente perch non sono capace di farlo.
Resta in silenzio per un po, mentre attraversiamo un lungo ponte istoriato di
graffiti che si allunga sopra una quantit di binari ferroviari. Poi dice: Viaggiare

non una cosa che uno sa fare. una cosa che uno fa. Come respirare.
Non credo. A respirare me la cavo bene.
Ne sei sicura? Ci hai mai pensato davvero?
Probabilmente pi di tanti altri. Mio padre pneumologo. Cura i polmoni.
Quel che intendo dire : hai mai pensato a come lo fai? Giorno e notte?
Mentre dormi. Mentre mangi. Mentre parli.
No, non tanto.
Pensaci ora.
Come si fa a pensare a come respirare? Eppure, dimprovviso lo faccio. Mi
perdo a considerare il respiro, il meccanismo che lo provoca, il motivo per cui il
mio corpo lo sa fare anche se sto dormendo, o piangendo oppure ho un attacco di
singhiozzo. Cosa succederebbe se allimprovviso il mio corpo se ne dimenticasse?
E, guarda caso, in questo preciso momento il mio respiro si fa pi affannoso,
come se stessi andando in salita, anche se sto camminando nella parte in discesa
del ponte.
In effetti, a pensarci strano.
Visto? dice Willem. Ci hai pensato troppo. La stessa cosa succede con i
viaggi. Non puoi rimuginarci troppo se no diventa un lavoro. Ti devi arrendere al
caos. Agli incidenti casuali.
Cio, devo buttarmi sotto un autobus per divertirmi?
Ridacchia. No, non quel genere dincidenti: le piccole cose che avvengono
per caso. A volte sono insignificanti; a volte cambiano tutto.

Suona molto Jedi. Puoi essere pi preciso?


Un ragazzo d un passaggio a una ragazza che fa lautostop in un Paese
lontano. Un anno dopo lei resta senza soldi e finisce per bussare alla sua porta.
Sei mesi dopo, si sposano. Incidenti casuali.
Per caso hai sposato unautostoppista?
Il suo sorriso si spiega come una vela. Ti sto facendo degli esempi.
Dimmene uno reale.
Come sai che non reale? mi stuzzica. Okay, questo mi successo
davvero: lanno scorso ero a Berlino. Ho perso il treno per Bucarest e al suo posto
ne ho preso uno per la Slovacchia. Mi sono trovato a viaggiare con un gruppo
teatrale; uno dei ragazzi si era appena rotto una caviglia e avevano bisogno di un
sostituto. Nelle sei ore del viaggio verso Bratislava ho imparato la sua parte.
Sono rimasto con il gruppo fino a che la caviglia non guarita e poi, qualche
tempo dopo, ho incontrato alcuni membri di Guerrilla Will. Cercavano
disperatamente qualcuno che fosse in grado di recitare Shakespeare in francese.
E tu eri in grado?
Annuisce.
Sei una specie di genio poliglotta?
Sono solo olandese. Cos sono entrato a far parte di Guerrilla Will
schiocca le dita e adesso faccio lattore.
Resto sorpresa. Avevi laria di farlo da parecchio tempo.
No, solo un caso, una faccenda temporanea. Finch il prossimo incidente

non mi spedir in una nuova direzione. cos che funziona la vita.


Nel mio petto qualcosa accelera. Sei proprio convinto che funzioni cos? Che
la vita possa cambiare di punto in bianco?
Sono convinto che accadano cose in continuazione, ma se non sei tu a
metterti nella loro traiettoria te le perdi. Quando viaggi ti esponi. Non sempre
piacevole. A volte terribile. Ma altre volte alza le spalle e fa un gesto a
indicare Parigi, poi mi lancia unocchiata di sbieco. Non affatto male.
Basta che non ti fai investire da un autobus concludo.
Ride. Poi mi d ragione. Basta che non ti fai investire da un autobus
ripete.

CAPITOLO CINQUE

Arriviamo al locale notturno dove lavora lamica di Willem; sembra deserto, ma


quando lui bussa alla porta ci apre un uomo alto, dalla pelle cos scura da
sembrare blu. Willem gli parla in francese e, un attimo dopo, lui ci fa entrare in
una grande stanza umida dove ci sono un piccolo palcoscenico, uno stretto
bancone e un gruppetto di tavolini con le sedie impilate sopra. Willem e il
Gigante conferiscono un altro po in francese; poi lui si volta verso di me.
A Cline non piacciono le sorprese. Forse meglio se prima scendo io da
solo.
Certo. Nella penombra silenziosa la mia voce ha un suono metallico e mi
accorgo di sentirmi di nuovo nervosa.
Willem si dirige a una scala sul fondo del locale. Il Gigante riprende il suo
lavoro, mettendosi a lustrare bottiglie dietro il bancone del bar. evidente che
non informato del fatto che Parigi mi adora. Io mi siedo su uno degli sgabelli al

banco. Ruotano tutto intorno, come quelli di Whipple, il gelataio da cui andavo
con i miei nonni. Il Gigante mi ignora, perci io giro un po in un verso un po
nellaltro. Poi, mi sa che prendo troppa velocit: comincio a vorticare e lo sgabello
si stacca dalla base.
Oh, merda! Ahi!
Il Gigante esce da dietro il bancone e si avvicina a me che sono spalmata per
terra. Ha in faccia unespressione di assoluta indifferenza. Tira su lo sgabello e lo
riavvita al suo posto, poi torna dietro al bar. Io rimango per un attimo sul
pavimento, chiedendomi se pi umiliante stare l o risalire sullo sgabello.
Americana?
Da cosa si capisce? Dal fatto che sono goffa? E i francesi non lo sono mai,
goffi? In verit io sono piuttosto aggraziata. Ho studiato danza per otto anni.
Dovrei dirgli di aggiustare quello sgabello prima che qualcuno gli faccia causa.
No, se dico una cosa del genere suoner davvero americana.
Da cosa lo capisci? Non so perch mi prendo la pena di chiederglielo. Dal
momento stesso in cui laereo atterrato a Londra come se avessi uninsegna
al neon che mi lampeggia sopra la testa: TURISTA, AMERICANA, FORESTIERA . Ormai,
dovrei averci fatto labitudine. Per, dallarrivo a Parigi mi sembrava che si fosse
un po attenuata. Evidentemente no.
Il tuo amico mi ha detto spiega. Mio fratello vive a Roch Estair.
Ah! E io dovrei sapere dove si trova? vicino a Parigi?
Ride, una profonda risata di pancia. No. a New York. Vicino al grande lago.

Roch Estair? Ah! Rochester.


S. Roch Estair ripete. molto freddo lass. Molta neve. Mio fratello si
chiama Aliou Mjodi. Magari lo conosci
Scuoto la testa. Io vivo in Pennsylvania, vicino a New York.
Molta neve in Pensivania?
Trattengo una risatina. S, ce n parecchia in Pennsylvania rispondo,
sottolineando la pronuncia. Ma non quanto a Rochester.
Rabbrividisce. Troppo freddo. Soprattutto per noi. Abbiamo sangue
senegalese nelle vene, anche se siamo nati tutti e due a Parigi. Ora per mio
fratello studia computer a Roch Estair, alluniversit. Il Gigante sembra
andarne molto fiero. Non gli piace la neve. E dice che, in estate, le zanzare
sono grandi come quelle del Senegal.
Rido.
La faccia del Gigante si apre in un sorriso da zucca di Halloween. Da quanto
sei a Parigi?
Guardo lorologio. Ci sono da unora e ci star per un giorno.
Un giorno? E perch sei qui? indica il locale.
Gli mostro la valigia. Ci serve un posto per depositare questa.
Portala di sotto. Non devi perdere il tuo unico giorno qui dentro. Quando il
sole splende, te lo lasci splendere addosso. La neve sempre l in agguato.
Willem mi ha detto di aspettare, perch Cline
Pfff. Minterrompe, sventolando una mano. Esce da dietro il bancone e si

carica con facilit la mia valigia su una spalla. Vieni, te la porto gi.
In fondo alla scala c un corridoio buio, zeppo di casse, amplificatori, cavi e
proiettori. Si sente qualcuno bussare alla porta di sopra e il Gigante torna su,
dicendomi di lasciare il bagaglio nellufficio.
Ci sono un paio di porte perci mi avvicino alla prima e busso. Si apre su una
stanzetta con una scrivania di metallo, un vecchio computer e una pila di carte.
C lo zaino di Willem, ma lui no. Torno nel corridoio e sento la voce di una donna
che parla velocemente in francese, e poi la voce di lui, che risponde languida.
Willem chiamo. Ci sei?
Lui risponde qualcosa che non capisco.
Come?
Dice qualcosaltro, ma non lo sento perci apro uno spiraglio di porta per
scoprire un piccolo magazzino pieno di scatole e, l dentro, Willem, in piedi
accanto a una ragazza, Cline, che, anche in quella mezza penombra, mi sembra
bella come io non potr mai neppure sperare di essere. Sta dicendo qualcosa a
Willem con voce bassa e calda mentre gli sfila la camicia dalla testa. Lui,
naturalmente, ride.
Chiudo la porta di scatto e batto in ritirata verso le scale, facendo crollare la
valigia nella fretta.
Sento qualcosa che raspa. Lul. Apri la porta. Si bloccata.
Mi volto. La mia valigia incastrata sotto la maniglia. Ritorno indietro, la
sposto con un calcio e mi giro di nuovo in direzione delle scale mentre la porta si

spalanca.
Che stai facendo? domanda Willem.
Me ne vado. Non che ci sia qualcosa tra me e lui, ma mi ha lasciato di
sopra per venire gi a farsi una sveltina?
Torna qui.
Ho sentito parlare dei francesi. Ho visto un sacco di film francesi. Molti sono
sexy, altri sono pervertiti. Minteressa essere Lul, ma non fino a quel punto.
Lul! La sua voce autoritaria. Cline si rifiuta di tenerti la valigia a
meno che io non mi cambi i vestiti spiega. Dice che sembro un vecchio
sporcaccione che sta uscendo da un sex shop indica linguine.
Mi ci vuole un attimo per afferrare a cosa si riferisce e, quando lo capisco,
divento rossa.
Cline dice a Willem qualcosa in francese e lui ride. Va bene, forse non come
ho creduto che fosse. Per piuttosto chiaro che ho interrotto qualcosa.
Si rivolge di nuovo a me. Ho accettato di cambiarmi i jeans ma tutte le altre
camicie che ho sono sporche quanto questa, quindi me ne sta cercando una.
Lei continua ad abbaiare in francese a Willem, come se io non esistessi.
Alla fine, trova quel che stava cercando: una maglietta color grigio-violetto con
un enorme SOS cucito sopra. Willem la prende e si toglie la sua. Cline dice
qualcosaltro e fa per slacciargli la cintura dei pantaloni. Lui alza le mani in segno
di resa e poi li sbottona da solo. I jeans cadono a terra e Willem resta l in piedi,
in tutta la sua lunghezza, vestito solo di un paio di boxer aderenti.

Excusez-moi dice mentre mi passa accanto, cos vicino che il suo torso
nudo mi sfiora il braccio. buio qua dentro, ma sono sicura che Cline riesce a
vedere che arrossisco e se lo segna come un punto a mio sfavore. Poco dopo,
Willem torna con il suo zaino. Ci fruga dentro e ne estrae un paio di jeans
stropicciati ma senza macchie. Cerco di non guardarlo mentre se li infila e fa
scorrere la cintura di logoro cuoio marrone nei passanti. Poi indossa la maglietta.
Cline mi vede sbirciare e io distolgo lo sguardo come se mi avesse colto in
flagrante. Che vero.
Guardarlo vestirsi sembra pi peccaminoso che vederlo mentre si spoglia.
Daccord? chiede a Cline. Lei approva, con le mani sui fianchi.
Mieux risponde, con un verso da gatto. Miao.
Lul? domanda a me.
Carino.
Finalmente Cline mi guarda. Dice qualcosa, gesticolando come una matta, poi
sinterrompe.
Quando non rispondo, uno dei suoi sopraccigli si solleva di scatto a disegnare
un arco perfetto mentre laltro resta neutrale. Ho visto donne di Firenze o di
Praga fare la medesima cosa. Deve essere un esercizio che insegnano nelle
scuole europee.
Ti ha chiesto se hai mai sentito parlare dei Sous ou Sur dice Willem
indicando la scritta SOS sulla maglietta. Sono un famoso gruppo punk-rap che
scrive testi molto forti, sulla giustizia.

Scuoto la testa, sentendomi due volte perdente per non aver mai sentito
parlare di quel gruppo figo e anarchico che parla di giustizia. Mi spiace, non
parlo francese.
Cline ha unaria sprezzante: unaltra americana stupida che non si sforza di
imparare altre lingue oltre la sua.
Parlo un po di cinese dico speranzosa, ma la cosa non pare
impressionarla un gran che.
Lei si degna di passare allinglese. Ma il tuo nome, Lul, francese, non?
C un breve silenzio. Come lo stacco tra una canzone e laltra a un concerto.
Un momento perfetto per ammettere, cos, casualmente: In effetti, il mio nome
Allyson.
Ma Willem risponde per me: labbreviazione di Louise. E mi strizza
locchio.
Cline indica la mia valigia con ununghia perfettamente curata e dallo smalto
violaceo. quella la borsa?
S. quella.
cos grossa.
Non tanto grossa. Penso alle valigie che alcune ragazze si sono portate
in viaggio, zeppe di asciugacapelli, adattatori e tre cambi di vestiti al giorno.
Guardo lei, con la sua tunica di garza a met coscia sopra una minuscola gonna
nera per cui Melanie spenderebbe un mucchio di soldi, e indovino che essere
informata di questo dettaglio non le interesserebbe affatto.

La puoi lasciare nel magazzino, ma non nel mio ufficio.


Va bene. Basta che possa riprenderla domani.
La donna delle pulizie sar qui alle dieci in punto. Ah, tieni: ne abbiamo cos
tante che ne puoi prendere una anche tu dice, porgendomi la stessa maglietta
che ha dato a Willem, solo che la mia almeno una misura pi grande della sua.
Sto per aprire la valigia e ficcarcela dentro, poi per visualizzo il contenuto:
gonne e magliette semplici e funzionali che la mamma ha scelto per me. Il diario
di viaggio, dove speravo di scrivere la relazione mozzafiato di chiss quali
avventure, che hanno finito per limitarsi a un telegrafico elenco: Oggi siamo
andati al Castello di Praga. Stop. Abbiamo visto Il flauto magico al Teatro
Nazionale dellOpera. Stop. Mangiato cotolette di pollo per cena. Stop. Le
cartoline delle Famose Citt Europee, in bianco perch dopo aver mandato quelle
obbligatorie ai miei genitori e alla nonna, non cera nessun altro a cui spedirle. E
poi c la busta di plastica Ziploc con dentro un unico foglio di carta. Prima del
viaggio, mia madre ha fatto un inventario di tutte le cose da portare e poi ne ha
fatto delle copie, una per ogni tappa, cos che ogni volta che rifacevo la valigia,
potessi spuntare ciascuna voce per assicurarmi di non aver dimenticato nulla. Ne
rimane ancora una per la presunta ultima tappa londinese.
Infilo la maglietta nella borsa a tracolla. La terr qui, per dormirci stanotte.
Il sopracciglio di Cline si solleva di nuovo. Probabilmente non si mette mai
una maglietta per dormire. Probabilmente lei dorme nuda anche nelle rigide notti
invernali. Ho unimmagine fugace di lei che dorme nuda accanto a Willem.

Grazie. Per la maglietta. E per la valigia le dico.


Merci ribatte lei, e mi sto chiedendo di cosa mi ringrazia quando mi rendo
conto che vuole che le dica grazie in francese. Lo dico, ma mi esce fuori come se
fosse mercy, piet.
Andiamo di sopra. Cline continua a chiacchierare con Willem. Comincio a
capire in che modo riuscito a imparare cos bene il francese. E, come se non
fosse gi abbastanza chiaro che lui territorio suo, quando arriviamo di sopra, lei
lo prende sottobraccio e lo accompagna lentamente alla porta del locale. Provo la
tentazione di agitare le braccia e strillare: Ehi! Vi ricordate di me?
Quando si sbaciucchiano sulle guance per salutarsi, sento scemare leccitazione
di qualche ora prima. Accanto a Cline, con i suoi vertiginosi tacchi a spillo, i
capelli neri con la crescita schiarita, il viso perfettamente simmetrico, allo stesso
tempo sfregiato ed esaltato da una quantit di piercing, mi sento bassa come una
nanerottola e banale come uno straccio da pavimento. Di nuovo mi chiedo perch
lui mi abbia portato qui. Poi mi viene in mente Shane Michaels.
Per tutto il secondo anno di superiori ho avuto una violenta cotta per Shane,
che frequentava lultimo anno. Ci vedevamo, lui mi corteggiava, mi invitava in un
sacco di posti, pagando addirittura per me, e mi confidava cose anche molto
personali, incluso, proprio cos, con quali ragazze stava uscendo. Le sue relazioni,
per, non duravano mai pi di un paio di settimane e io continuavo a dire a me
stessa che intanto noi due stavamo diventando sempre pi intimi e che alla fine
si sarebbe innamorato di me. Dopo mesi che la cosa andava avanti senza che tra

noi iniziasse nulla, Melanie decret che non sarebbe mai successo niente. Tu
soffri di Sindrome dellAssistente aveva dichiarato. L per l avevo pensato che
fosse gelosa ma, naturalmente, aveva ragione. Mi viene da pensare che,
tralasciando Evan, la mia potrebbe rivelarsi una malattia cronica.
Mi sento come avvizzire, sento che il segno di benvenuto che Parigi mi ha
dimostrato poco fa sta sbiadendosi, se mai esistito davvero. Che idiozia
pensare che un cane che mi annusa linguine e la rapida occhiata di uno
sconosciuto qualsiasi possano avere un significato. Parigi adora le ragazze come
Cline. Le vere Lul, non le imitazioni.
Proprio a quel punto, per, quando siamo ormai alla porta, il Gigante esce da
dietro il bancone, mi prende la mano e con uno scherzoso bientt mi bacia su
entrambe le guance.
Una sensazione di calore mi solletica il petto. la prima volta in tutto il viaggio
che una persona del posto si dimostra apertamente gentile con me: perch lo
vuole e non perch pago. E non mi sfugge il fatto che Willem non sta pi
guardando Cline, ma osserva me, mentre unespressione incuriosita gli illumina
il volto. Non so se per questo o per qualche altro motivo, ma quel bacio,
amichevole come una stretta di mano, mi sembra importantissimo. Come se a
baciarmi fosse la stessa Parigi.

CAPITOLO SEI

Lul, dobbiamo parlare di una cosa molto importante.


Willem mi fissa con aria solenne e io sento il mio stomaco stringersi per il
timore di unaltra sgradevole sorpresa.
Cosa c adesso? chiedo, cercando di non apparire nervosa.
Lui incrocia le braccia sul petto e si carezza il mento. Ha intenzione di
rimandarmi indietro? No! Per oggi lho gi vissuto quellattimo di panico.
Cosa? chiedo di nuovo, con la voce che si fa pi tesa nonostante i miei
sforzi.
Abbiamo perso unora arrivando in Francia, perci sono le due del
pomeriggio. Ora di pranzo. Questa Parigi e, in pi, abbiamo soltanto un giorno.
Quindi dobbiamo rifletterci con molta attenzione.
Oh. Tiro un respiro di sollievo. Sta cercando di confondermi adesso?
Non ha importanza. Andr bene tutto, tranne pane e cioccolato, ti prego. Sar

anche la base della tua alimentazione, ma non mi pare molto francese ribatto,
un po incerta sul motivo per cui sono tanto infastidita, eccetto che, anche se
ormai ci siamo allontanati parecchio dal locale di Cline, come se lei ci seguisse
ancora.
Willem finge di essere offeso. Pane e cioccolato non la base della mia
alimentazione dice. Poi sorride. O, almeno, non solo. E in pi molto
francese. Croissant al cioccolato? Li possiamo prendere domattina per colazione.
Colazione. Domattina. Dopo questa notte. Ora Cline comincia ad allontanarsi
un po.
A meno che tu non preferisca le patatine, a colazione continua. O i
pancake. Quella roba americana. O forse pancake alle patatine?
Non mangio mai patatine a colazione. A volte mangio i pancake a cena. Da
quel punto di vista sono una vera ribelle.
Crpes esclama, schioccando le dita. Mangeremo delle crpes. Molto
francese. E cos potrai essere una ribelle.
Ci avviamo, leggendo i menu dei caff finch, in un angolino tranquillo, non ne
troviamo uno che serve le crpes. Il menu scritto a mano, in francese, ma non
chiedo a Willem di tradurmelo. Dopo tutta quella manfrina con Cline la mia
incapacit di comunicare mi sembra sempre pi un problema. Perci mi arrabatto
a leggere il menu e scelgo citron, che sono abbastanza sicura voglia dire limone,
o arancia, o un agrume di qualche genere. Scelgo una crpe au citron e una
bevanda di citron press, sperando che sia una specie di limonata.

Tu cosa prendi? domando.


Lui si gratta il mento. Proprio in quel punto ha un ciuffetto di barba, cortissimo
e di un biondo dorato. Stavo pensando di prendere una crpe al cioccolato, ma
cos simile a pane e cioccolato che temo perderai ogni rispetto per me.
Sfodera uno dei suoi pigri, mezzi sorrisi.
Non mi agiterei tanto. Ho gi perso ogni rispetto per te quando ti ho trovato
a fare lo spogliarello per Cline nel suo ufficio scherzo.
Mi lancia unocchiata sorpresa e divertita. Non era il suo ufficio dice
lentamente, scegliendo le parole. E direi che, pi che altro, era lei che
spogliava me.
Oh, be, non importa. A ogni modo, ordina pure il cioccolato.
Lui mi fissa a lungo. No. Per fare penitenza la prender con la Nutella.
Non affatto una penitenza. La Nutella praticamente uguale al cioccolato.
fatta con le nocciole.
E il cioccolato! disgustosa.
Lo dici solo perch sei americana.
Non centra niente! Sembra che tu abbia una brama insaziabile di pane e
cioccolato, ma non per questo io dico che perch sei olandese.
E quale sarebbe il nesso?
Il cacao olandese? Non ne avete lesclusiva?
Willem ride. Mi sa che ci confondi con i belgi. E io sono goloso come mia
madre, che non neppure olandese. Dice che per tutta la gravidanza non ha

fatto che rimpinzarsi di cioccolato ed per quello che a me piace cos tanto.
Ovvio. sempre colpa delle donne.
E chi sta affibbiando colpe?
Arriva la cameriera con le nostre bevande.
Quindi, Cline attacco, consapevole che dovrei lasciar perdere, ma senza
riuscirci lei, tipo, cura la contabilit del locale?
S.
So che un atteggiamento da vecchia acida, ma sono felice che faccia un
lavoro cos noioso. Finch Willem non precisa: Cio, non cura la contabilit ma
i contatti. Si occupa dellorganizzazione dei concerti, per quello conosce tutti quei
musicisti. E, come se non fosse sufficiente, aggiunge: Cura anche la grafica
dei poster, a volte.
Oh. Mi affloscio. Deve essere molto in gamba. La conosci per via del
periodo in cui recitavi in francese?
No.
E come mai vi conoscete, allora?
Giocherella con la bustina della mia cannuccia.
Ho capito dico, chiedendomi perch mi prendo la briga di fare domande
quando cos dolorosamente ovvio. Stavate insieme, voi due.
No, non cos.
Oh Stupore. E sollievo.
Poi aggiunge, cos, con disinvoltura: Ci siamo solo innamorati, una volta.

Bevo un sorso del mio citron press e mi strozzo. Esce fuori che non
limonata ma succo di limone con un po dacqua. Willem mi porge un cubetto di
zucchero e un tovagliolino.
Una volta? dico, quando mi riprendo.
stato un po di tempo fa.
E ora?
Siamo buoni amici. Come hai potuto vedere.
Non sono sicura che sia proprio ci che ho visto.
Quindi non lami pi? Faccio scorrere le dita sullorlo del bicchiere.
Lui mi guarda. Non ho mai detto che lamavo.
Hai appena detto che eravate innamorati, una volta.
cos.
Lo fisso, confusa.
C un abisso, Lul, tra innamorarsi di qualcuno e amare davvero unaltra
persona.
Mi sento avvampare il viso, e non sono sicura del perch. Non una cosa
sequenziale tipo: dopo A viene B?
Devi prima innamorarti per amare, ma innamorarsi non lo stesso di
amare. Mi guarda di sottecchi. Tu ti sei mai innamorata?
Evan e io abbiamo rotto il giorno dopo che lui ha spedito lanticipo per la retta
delluniversit. Non che sia stata una decisione inaspettata. Per nulla. Eravamo
gi daccordo di lasciarci quando saremmo andati alluniversit, se non finivamo

nella stessa area geografica. Lui andava a St Louis. Io sarei andata a Boston.
Quello che non mi aspettavo erano i tempi. Evan ha deciso che aveva pi senso
strappare il cerotto e rompere non a giugno, quando ci saremmo diplomati, o
ad agosto, quando saremmo partiti, ma ad aprile.
Il fatto che, a parte sentirmi umiliata perch girava voce che fosse stato lui a
piantare me, ed essere scocciata di perdere il ballo di fine anno, non ero stata
particolarmente triste di perdere Evan. Rompere con il mio primo ragazzo mi
lasciava incredibilmente fredda. Era come se non fosse mai esistito. Non mi
mancava affatto e Melanie aveva subito colmato tutti gli eventuali vuoti che lui
poteva aver lasciato nella mia vita.
No rispondo. Non ho mai amato nessuno.
Proprio in quel momento, arriva la cameriera con le nostre crpes. La mia di
un colore dorato ed emana un profumo agrodolce di limone e zucchero. Mi
concentro su quella: ne taglio un pezzetto e lo metto in bocca. Si scioglie sulla
punta della lingua come un fiocco di neve tiepida e dolce.
Non quello che ho detto io insiste Willem. Ti ho chiesto se ti sei mai
innamorata.
La sua voce ha un tono scherzoso ed come un prurito che non posso
grattare. Lo scruto, domandandomi se ha labitudine di fare lanalisi semantica di
ogni frase come ora.
Lui posa forchetta e coltello. Innamorarsi questo. Con la punta del dito
raccoglie un po di Nutella da dentro la crpe e me la spalma sullinterno del

polso. calda e oleosa e si scioglie sulla mia pelle sudata, ma prima che possa
colare gi Willem si lecca il pollice, la raccoglie e se la mette in bocca. Il tutto
accade in un attimo, come quando una lucertola ingoia una mosca. Invece
amare questo. Mi prende laltro polso, quello dove porto lorologio, e sposta il
cinturino finch non trova quello che cerca. Di nuovo, si lecca il pollice. Solo che
questa volta lo strofina sulla mia voglia, con forza, come se cercasse di
cancellarla.
Amare come un segno sulla pelle? scherzo, e ritraggo il braccio. Per la
voce mi trema lievemente, e il punto della mia pelle dove si asciuga limpronta
del suo pollice umido come se bruciasse.
qualcosa che, per quanto ci provi, non puoi pi cancellare.
Stai paragonando lamore a una macchia?
Si appoggia allindietro, tanto che le gambe anteriori della sedia si staccano da
terra. Ha unaria soddisfatta, se della crpe o di se stesso non lo so.
Esattamente.
Penso alla macchia di caff sui suoi jeans. Ripenso a Lady Macbeth e al suo
Via, maledetta macchia!, un altro brano che ho dovuto imparare a memoria per
il corso di letteratura inglese.
Macchia sembra una brutta parola per descrivere lamore obietto.
Willem si stringe nelle spalle. Forse solo in inglese. In olandese vlek. In
francese tache scuote la testa e ride. No. brutta lo stesso.
In quante lingue ti sei macchiato?

Lui si lecca di nuovo il pollice e allunga la mano verso il mio polso, dove ha
lasciato un minuscolo sbaffo di Nutella. Questa volta lo/mi ripulisce per bene.
Nessuna. Viene sempre via. Si ficca in bocca quel che resta della sua crpe e
usa la parte non affilata del coltello per raschiare la Nutella dal piatto. Poi passa
un dito lungo il bordo, raccogliendo quel che rimasto.
Certo concludo. Perch macchiarsi e basta quando sporcarsi per bene
molto pi divertente? Percepisco di nuovo sul palato lagro dei limoni e mi
chiedo dov finita tutta la dolcezza.
Lui non dice nulla. Si limita a sorseggiare il caff.
Tre donne entrano nel locale. Sono tutte altissime, quasi quanto Willem, e
sottili, con gambe lunghe che paiono arrivare direttamente alle tette. Si direbbero
una strana razza di giraffe umane. Modelle. Finora non ne ho mai vista nessuna
nel suo ambiente naturale, ma quello che sono evidente. Una di loro indossa un
minuscolo paio di calzoncini e sandali con la zeppa; squadra Willem e lui le
rivolge quel suo sorrisetto, ma poi si riprende e torna a guardare me.
Sai qual la mia impressione? dico. Mi sembra che ti piaccia
rimorchiare un po tutte. E va benissimo. Ma almeno abbi il coraggio di
ammetterlo. Non inventare distinzioni assurde tra innamorarsi e amare.
Percepisco il tono della mia voce come se lo sentissi dal di fuori. Sembro una
santarellina tutta casa e chiesa. Molto lontana da Lul. E non capisco perch ci
sto male. Cosa me ne importa se lui pensa che innamorarsi sia meglio di amare,
o se crede che lamore sia qualcosa che il topino dei denti ti infila sotto il cuscino?

Quando alzo gli occhi, lui ha lo sguardo sornione e sorride, come se fossi il
buffone di corte che ha il compito di intrattenerlo. Mi fa sentire come una
bimbetta che sta per piantare un capriccio perch le hanno rifiutato una cosa
impossibile, tipo un pony qualcosa che sa che non potr avere.
Probabilmente non ci credi neppure, allamore dico in tono petulante.
S, invece risponde a voce bassa.
Davvero? Spiegami cosa intendi per amore. Come ti sentiresti se fossi
macchiato? faccio il segno delle virgolette e alzo gli occhi al cielo.
Non si ferma nemmeno un attimo a pensarci. Come Yael e Bram.
E chi sarebbero? Una coppia modello tipo Brad e Angelina in versione
olandese? Non vale: chi pu dire come si sentono davvero? Osservo il branco
di modelle sparire allinterno del locale, dove senza dubbio si rimpinzeranno di
caff e aria. Le immagino il giorno che diventeranno grasse e normali. Nulla di
cos bello dura per sempre.
Chi sarebbero Brad e Angelina? domanda Willem con aria assente. Infila
la mano in tasca per cercare una moneta e la mette in equilibrio sulle nocche,
facendola passare da un dito allaltro.
Io guardo la moneta e le sue mani. Sono grandi, ma ha le dita affusolate.
Non ha importanza.
Yael e Bram sono i miei genitori dice piano.
I tuoi genitori?
Completa un giro della moneta e poi la lancia in aria. Macchiati. Mi piace

la parola che hai usato. Yael e Bram. Macchiati da venticinque anni.


Lo dice con affetto e tristezza, e mi si chiude lo stomaco.
Anche i tuoi sono cos? chiede.
Dopo quasi venticinque anni sono ancora sposati ma macchiati? Non
posso fare a meno di ridere. Non so se lo siano mai stati. Li hanno fatti
incontrare con un appuntamento al buio quando erano alluniversit. E mi sono
sempre sembrati, pi che due piccioncini, due soci in affari, di cui io sono il solo
prodotto.
Solo. Quindi sei una figlia sola?
Sola? Credo che intenda dire figlia unica. E non sono mai sola, non con la
mamma e il suo calendario pieno di caselle colorate attaccato al frigo, che
garantisce che ogni momento libero della mia vita abbia un obiettivo accertato, e
che ogni aspetto della mia esistenza sia organizzato con successo. Tranne
quando mi fermo un attimo e penso a come mi sento: a casa, seduta a tavola con
mamma e pap che, pi che parlare con me, parlano a me; a scuola con un
gruppo di persone che non sono mai realmente diventate mie amiche. Senza
volere, ci ha visto giusto.
S rispondo.
Anchio.
I nostri genitori hanno mollato la gara quando erano in testa commento,
ripetendo una delle frasi che mamma e pap usano sempre quando gli si chiede
se sono figlia unica. Abbiamo mollato quando eravamo in testa.

Non capisco mai bene certi modi di dire inglesi commenta Willem. Se
sei in testa, perch dovresti mollare?
Credo che sia gergo da giocatori dazzardo.
Ma lui continua: Credo che sia insito nella natura umana seguitare ad
andare avanti quando si in testa, qualsiasi cosa accada. Si molla la gara quando
si ultimi. Poi mi guarda di nuovo e, come se capisse che potrebbe avermi
insultato, aggiunge svelto: Sono sicuro che nel tuo caso stato diverso.
Quando ero piccola, i miei genitori hanno provato ad avere altri figli. Prima con
i metodi naturali, poi con la procreazione assistita: la mamma si sottoposta a
una serie di procedure orribili che non hanno funzionato. A quel punto, hanno
considerato unadozione e stavano per cominciare a riempire moduli e presentare
documenti quando la mamma rimasta incinta. Era cos felice. Allepoca io ero in
prima elementare; lei aveva sempre lavorato, da quando io ero un beb, ma,
allarrivo del nuovo nato aveva in programma di prendere un periodo di
aspettativa dal suo impiego alla societ farmaceutica e poi, forse, tornare a fare
solo un part-time. Al quinto mese ha perso il bambino. stato allora che lei e
pap hanno deciso di mollare mentre erano in testa. Almeno quello che hanno
detto a me. Per, gi allora mi ero accorta che si trattava di una bugia. Volevano
altri figli, ma si sono dovuti accontentare di me, e io dovevo uscire al meglio cos
che potessimo tutti far finta che non fosse una rinuncia, ma una scelta.
Forse hai ragione dico a Willem. Forse nessuno molla quando in
testa. I miei genitori dicono cos, ma la verit che si sono fermati dopo aver

avuto me solo perch non potevano fare altri figli. Non perch gli bastavo io.
Sono sicuro che tu eri abbastanza per loro.
E tu? gli domando.
Forse pi che abbastanza risponde cripticamente. Suona quasi come se si
vantasse, anche se non ha laria di farlo.
Ricomincia a giocherellare con la moneta. Restiamo seduti in silenzio; io
guardo il cerchietto luccicante, mentre un senso di sospensione mi cresce nello
stomaco e mi chiedo se la lascer cadere. Non gli cade. Continua a farla girare.
Quando arriva in fondo, la fa roteare in aria e me la lancia, proprio come ieri
sera.
Posso chiederti una cosa? dico dopo un po.
S.
Faceva parte dello spettacolo?
Inclina la testa.
Voglio dire, lanci una moneta a una ragazza alla fine di ogni spettacolo,
oppure io ero speciale?
La notte scorsa, tornata in albergo, ho passato un sacco di tempo a esaminare
la moneta che mi aveva lanciato. Era una corona ceca, del valore di un nichelino.
Eppure, lho messa in uno scomparto separato del mio portafogli, lontana dalle
altre monete straniere. Ora la tiro fuori. Luccica nel sole brillante del pomeriggio.
Anche Willem la guarda. Non so se la sua risposta sincera o solo ambigua in
modo esasperante, o forse tutte e due le cose insieme. Perch esattamente

questo che mi dice: Forse tutte e due le cose insieme.

CAPITOLO SETTE

Andando via dal ristorante, Willem mi chiede che ore sono. Giro lorologio intorno
al polso. Sembra pi pesante che mai e la pelle sotto il cinturino irritata e
pallida perch stata sotto quella fascia di metallo spesso per le ultime tre
settimane Non lho tolto neppure una volta.
un regalo dei miei genitori, anche se stata la mamma a consegnarmelo la
sera del diploma, dopo aver festeggiato al ristorante italiano dove ci hanno detto
del viaggio, insieme alla famiglia di Melanie.
Cos questo? avevo domandato. Eravamo sedute al tavolo della cucina e ci
stavamo rilassando dopo la lunga giornata. Mi hai gi fatto il regalo per il
diploma.
Lei aveva sorriso: Te ne ho comprato un altro.
Avevo aperto la scatola, esaminato lorologio e tastato la pesante catena doro
del cinturino. Avevo letto la dedica incisa dietro.

troppo e lo era. In tutti sensi.


Il tempo non si ferma per nessuno aveva detto la mamma, con un sorriso un
po triste. Te lo meriti un buon orologio, per stargli dietro. Poi me lo aveva
infilato al polso, mi aveva mostrato che aveva fatto mettere un fermaglio di
sicurezza aggiuntivo e mi aveva informato che era addirittura impermeabile.
Non si sfiler mai: perci puoi portarlo con te in Europa.
Oh no. troppo di valore.
Va bene cos. assicurato. E poi, ho buttato via il tuo Swatch.
Davvero? Avevo portato al polso il mio Swatch zebrato per tutte le scuole
superiori.
Ormai sei adulta. Ti serve un orologio da persona adulta.
Lo guardo, adesso, il mio orologio. Sono quasi le quattro. Se stessi ancora
facendo il viaggio organizzato tirerei un respiro di sollievo, perch vorrebbe dire
che la parte impegnativa della giornata al termine. Di solito ci riposavamo un
po intorno alle cinque e, la maggior parte delle sere, intorno alle otto potevo
tornare in albergo a guardarmi un film.
Immagino che dovremmo cominciare a visitare qualcuno dei luoghi famosi
dice Willem. Sai gi quello che vuoi fare?
Alzo le spalle. Potremmo cominciare dalla Senna. Non l? Indico un
parapetto di cemento al di l del quale c una specie di fiume.
Ride. No. Quello un canale.
Camminiamo lungo la via lastricata e lui estrae una spessa guida dellEuropa.

La apre su una piccola mappa di Parigi e indica, pi o meno, il punto dove ci


troviamo: una zona chiamata Villette.
La Senna qui dice, tracciando una linea lungo la mappa.
Oh! Guardo un barcone fermo tra due spessi cancelli di metallo: lo spazio
intorno si sta riempiendo dacqua. Willem mi spiega che si tratta di una chiusa,
ovvero una sorta di ascensore che fa transitare le barche da un livello del canale
allaltro.
Come fai a sapere tante cose?
Ride di nuovo. Sono olandese.
Che vuol dire, che sei un genio?
Solo per quanto riguarda i canali. C un detto: Dio ha creato il mondo, ma
gli olandesi hanno creato lOlanda continua spiegandomi che una gran parte
del Paese stata bonificata dalle acque marine, e che si pu girare in bicicletta
lungo le basse banchine che trattengono il mare fuori dallOlanda. Dice che un
vero atto di fede girare in bici, con le dighe che ti sovrastano, coscienti del fatto
che, anche se si sotto il livello del mare, non si sottacqua. Quando ne parla
ha unaria cos fanciullesca che lo posso quasi vedere, da bambino, con gli occhi
sgranati a scrutare quelle infinite distese dacqua, a domandarsi dove porteranno.
Forse si pu salire su una di quelle barche? domando, indicando la chiatta
che abbiamo appena visto superare la chiusa.
Lo sguardo di Willem sillumina e, per un attimo, vedo di nuovo il bambino.
Non so consulta la guida. Non copre questo quartiere, in realt.

Perch non chiediamo?


Domanda a qualcuno in francese e riceve una risposta complicata da un tipo
che gesticola molto. Si gira verso di me, visibilmente eccitato. Hai ragione.
Dice che ci sono delle corse in battello che partono dalla darsena.
Seguiamo la strada lastricata finch si apre su un ampio lago, dove c gente
che pagaia in canoa. Su un lato, accanto a un molo di cemento, sono ormeggiate
un paio di barche. Purtroppo, quando arriviamo laggi scopriamo che sono
imbarcazioni private. Per oggi quelle turistiche se ne sono andate.
Possiamo prendere una delle chiatte che percorrono la Senna propone
Willem. Sono pi frequentate e quindi viaggiano per tutto il giorno. Ha lo
sguardo basso. Capisco che dispiaciuto, come se mi avesse deluso.
Oh, non grave. Non importa.
Ma sta fissando con aria malinconica lo specchio dacqua ed evidente che a
lui importa. So che non lo conosco abbastanza, ma potrei giurare che quel
ragazzo ha nostalgia di casa. Nostalgia di barche, canali e cose acquatiche. Per
un attimo immagino come deve essere: dopo due anni che sei via da casa,
rimandare il ritorno per un giorno in pi. Ha fatto questo. Per me.
C una fila di barche e chiatte legate al molo, che ondeggiano su e gi nella
brezza. Lo guardo; lespressione malinconica rende i tratti del suo viso pi affilati.
Mi volto di nuovo a osservare le imbarcazioni.
In verit mimporta dico. Infilo la mano nella borsa per prendere il
portafogli e la banconota da cento dollari ripiegata che c allinterno. La sventolo

in aria e grido: Cerco un passaggio lungo i canali. A pagamento.


Willem si volta di scatto verso di me. Lul, che stai facendo?
Ma io mi sto allontanando da lui. C qualcuno disposto a darci un passaggio
gi per i canali? grido. Possiedo dei bei dollaroni verdi, di ottima qualit.
Un tipo con una faccia butterata, lineamenti marcati e unispida barbetta da
capra sbuca dal fianco di una chiatta coperta da un telone blu. Quanti
dollaroni? chiede con un forte accento francese.
Tutti quelli che ho!
Lui prende la banconota da cento dollari e la esamina da vicino. Poi la annusa.
Deve odorare di legalit perch dice: Se i miei passeggeri sono daccordo vi
porter lungo il canale fino ad Arsenal, vicino alla Bastiglia. il posto dove
attracchiamo per la notte. Indica la poppa della barca dove un quartetto di
individui dai capelli grigi seduto intorno a un tavolino e gioca a bridge o roba
simile. Grida qualcosa a uno di loro.
Va bene, capitano Jack risponde luomo. Deve avere circa sessantanni.
Ha i capelli bianchi e il viso arrossato dal sole.
Abbiamo dei passeggeri che vogliono salire a bordo con noi.
Sanno giocare a poker? domanda una delle donne.
Ci giocavo sempre con mio nonno prima che morisse, puntando monetine.
Diceva che ero bravissima a bluffare.
E chi se ne importa. Tutti i soldi che ha li ha gi dati a me dice il capitano
Jack.

Quanto vi fa pagare? indaga uno degli uomini.


Gli ho offerto cento dollari rispondo.
Per andare dove?
Gi per i canali.
per questo che lo chiamiamo capitano Jack spiega laltro. Perch
un pirata.
No. perch mi chiamo Jacques e sono il vostro capitano.
Cento dollari, Jacques? commenta una delle donne, che ha i capelli
raccolti in una lunga treccia grigia e spettacolari occhi azzurri. Mi sembra un
po troppo, persino per te.
stata lei a darmeli. Il capitano si stringe nelle spalle. E poi, cos avr
pi soldi da perdere a poker.
Ah, ottima ragione concorda lei.
Partite adesso? domando.
Tra poco.
Quand tra poco? Sono gi le quattro passate. La giornata scorre veloce.
Non si pu avere fretta in queste cose. Fa un gesto in aria con la mano.
Il tempo come lacqua. Fluido.
A me il tempo non pare affatto fluido. Mi sembra reale e animato, e duro come
la roccia.
Quello che vuole dire interviene uno dei tipi, che ha i capelli legati in una
coda che il viaggio fino ad Arsenal porta via un po di tempo e noi stavamo

giusto per aprire una bottiglia di vinello. Su, capitano Jack, stacchiamo gli
ormeggi. Per cento dollari puoi berti il tuo vino pi tardi.
Continueremo con questo buon gin francese dice la donna con la treccia.
Jacques alza le spalle e sinfila in tasca la mia banconota. Io mi volto verso
Willem e sorrido. Poi faccio un segno di assenso al capitano. Lui mi prende per
mano e mi fa salire a bordo.
I quattro passeggeri si presentano. Sono danesi, ormai in pensione e, ogni
anno ci spiegano, affittano una chiatta per quattro settimane e visitano uno dei
Paesi europei. Agnethe quella con la treccia e Karin ha i capelli corti e dritti in
testa. Bert ha una folta chioma bianca e Gustav un po calvo e ha un codino da
topo, oltre a sfoggiare lintramontabile look sandali-con-le-calze. Willem dice il
suo nome e, quasi automaticamente, io mi presento come Lul. come se lo
fossi diventata per davvero. E forse cos. Allyson non avrebbe mai fatto quello
che ho appena fatto io, neppure in un milione di anni.
Il capitano Jack e Willem mollano gli ormeggi e io sto per commentare che, se
il mio amico assume il ruolo di primo ufficiale, forse dovrei riavere indietro un po
di soldi, ma vedo che lui saltella qua l divertendosi un mondo. chiaro che sa
come muoversi a bordo di una barca.
La chiatta esce tossicchiando dallampio bacino, scoprendo il panorama di un
edificio antico dal colonnato bianco e di uno moderno sovrastato da una cupola
argentea. I danesi tornano a giocare a poker.
Non perdete tutti i soldi grida loro il capitano. Se no non ne resteranno

pi da vincere per me.


Io minoltro fino alla prua della chiatta e osservo il paesaggio che ci scorre
accanto. pi fresco qui nei canali, sotto le strette arcate dei ponti. C anche un
odore diverso: pi antico e stantio, come se intere epoche storiche si fossero
depositate nelle pareti umide. Se questi muri potessero parlare, mi domando
quali segreti rivelerebbero.
Quando arriviamo alla prima chiusa Willem si arrampica sulla fiancata della
chiatta per mostrarmi come funziona il meccanismo. Vetuste paratoie di metallo,
a cui la ruggine dona lo stesso colore paludoso dellacqua, si serrano alle nostre
spalle, lacqua si abbassa sotto di noi e altri portelloni si riaprono lasciandoci
transitare in una parte pi bassa.
Questo punto dellalveo cos stretto che la chiatta ne occupa quasi lintera
larghezza. Ripidi argini portano alle strade sovrastanti e, ancor pi in alto, pioppi
e olmi, secondo quel che ci dice il capitano, formano una sorta di pergola,
piacevole riparo dal sole rovente del pomeriggio.
Una folata di vento agita gli alberi, proiettando un velo di ombre danzanti sul
ponte della barca. Verr a piovere sentenzia il capitano Jack, annusando
laria come un coniglio. Io guardo in alto e lancio unocchiata scettica a Willem. In
cielo non c una nuvola e in questa zona dEuropa non piove da dieci giorni.
Sopra di noi, Parigi va avanti con la sua vita. Le mamme sorseggiano caff
tenendo docchio i figli che corrono sui marciapiedi con il monopattino. Per strada
i venditori di frutta e verdura controllano con occhio di falco i loro banchetti. Gli

amanti camminano abbracciati nonostante il caldo. Un clarinettista si piazzato


su un ponte e suona una serenata per tutti loro.
Non ho quasi scattato fotografie nel corso del viaggio. Melanie mi stuzzicava
un po a questo proposito e io le rispondevo che preferivo godermi lesperienza
diretta, piuttosto che registrarla in maniera ossessiva. Anche se la verit che, al
contrario di lei che ci teneva a ricordarsi luomo del negozio di scarpe, il mimo o il
cameriere carino, oltre ai nostri compagni di viaggio, a me nulla interessava
davvero. Allinizio del viaggio avevo fatto qualche foto dei luoghi pi famosi. Il
Colosseo. Il Belvedere, a Vienna. Mozartplatz a Salisburgo. Poi ho smesso. Non
venivano mai bene e di quei posti si potevano comprare le cartoline.
Invece non esistono cartoline della vita.
Scatto una foto a un uomo calvo che porta a passeggio quattro cani
pelosissimi. A una ragazzina con una gonna incredibilmente carica di balze e
pizzi, che stacca i petali di un fiore. A una coppia che si bacia senza alcun pudore
sulla spiaggia finta che costeggia il canale. Ai danesi, che non si accorgono di
nulla, ma si divertono come pazzi a giocare a carte.
Ehi, lasciamene scattare una a voi due dice Agnethe, alzandosi, un po
barcollante, dal tavolo. Siete cos carini. Si volta verso il tavolo. Bert,
sono mai stata cos carina?
Lo sei ancora, amore mio.
Da quanto tempo siete sposati? chiedo.
Tredici anni risponde, e mentre io mi domando se sono macchiati

aggiunge: Naturalmente siamo divorziati da dieci.


Nota il mio sguardo confuso. Il nostro divorzio funziona meglio di molti
matrimoni.
Mi volto verso Willem. E questa che genere di macchia ? gli sussurro, e
lui ride, proprio mentre Agnethe scatta la foto.
Si sente suonare una campana in lontananza. Agnethe mi restituisce il
cellulare e io faccio una fotografia a lei e a Bert. Me la mandi? Anche le altre?
Certo. Appena riesco a riattivare il cellulare. Mi rivolgo a Willem. Le
mando anche a te, se mi dai il tuo numero.
Il mio telefono cos vecchio che non riceve le immagini.
Allora quando arrivo a casa le metto sul computer dico, anche se dovr
trovare un modo per nasconderle alla mamma; non sarebbe cos improbabile che
andasse a guardare nel mio cellulare o nel mio computer. Per quanto, realizzo in
quel preciso istante, accadr cos solo per un altro mese. Poi sar libera. Come lo
sono oggi. Cos te le posso spedire via e-mail.
Willem esamina a lungo una delle foto. Poi guarda me. Ti terr qui si
tocca la tempia con il dito. Dove non ti posso perdere.
Mi mordo il labbro per dissimulare un sorriso e faccio finta di mettere via il
cellulare ma, quando il capitano Jack chiama Willem perch regga il timone
mentre lui va a prua, lo tiro fuori di nuovo e riguardo le immagini, fermandomi su
quella di noi due scattata da Agnethe. Io sono di profilo, con la bocca aperta. Lui
ride. Ride sempre. Passo il pollice sul suo viso, quasi mi aspettassi che emanasse

una sorta di calore.


Metto via il telefono e osservo Parigi che scorre intorno a noi, sentendomi
rilassata, quasi ubriaca di una gioia sonnolenta.
Dopo un po, Willem torna da me. Restiamo seduti in silenzio, ascoltando lo
sciabordare dellacqua e le chiacchiere dei danesi. Lui tira fuori una moneta e
comincia a giocherellarci, facendola roteare tra un dito e laltro. Io lo guardo,
ipnotizzata dalla sua mano e dallondeggiare dolce dellacqua. Tutto tranquillo
finch i danesi non cominciano a bisticciare ad alta voce. Willem traduce: a
quanto pare in corso un acceso dibattito a proposito di una certa attrice
francese, se abbia mai fatto film pornografici o meno.
Parli anche danese? domando.
No, ma simile allolandese.
Ma quante lingue parli?
Correntemente?
Oddio, scusa se te lho chiesto.
Correntemente quattro. E me la cavo anche in tedesco e spagnolo.
Scuoto la testa, sconvolta.
S, ma tu hai detto che parli cinese.
Non direi che lo parlo, piuttosto lo massacro. Sono un po stonata e il cinese
tutto basato sullintonazione.
Fammi sentire.
Lo guardo. Ni zhen shuai.

Di qualcosaltro.
Wo xiang wen ni.
Ora s che lho sentito. Si copre la testa con le braccia. Basta! Mi
sanguinano le orecchie!
Piantala, o sanguinerai per davvero. Fingo di dargli uno spintone.
Che cos che hai detto? chiede.
Gli lancio unocchiata. Di sicuro non glielo traduco.
Facevi solo finta.
Alzo le spalle. Non lo saprai mai.
Cosa significa?
Sorrido. Dovrai andartelo a cercare.
Lo sai anche scrivere? Tira fuori la sua agenda nera e la apre in fondo, su
una pagina vuota. Rovista ancora nella borsa. Hai una penna?
Ho una di quelle biro fantastiche che ho trafugato a mio padre. Su questa c
scritto: RESPIRA MEGLIO CON PULMOCLEAR. Traccio gli ideogrammi di sole, luna e stelle.
Willem annuisce ammirato.
Guarda questo. Mi piace da pazzi. Vuol dire doppia felicit. Vedi come
sono simmetrici i segni?
Doppia felicit ripete Willem, facendo scorrere lindice sulle linee.
unespressione diffusa. Si vede spesso sulle insegne dei ristoranti e sugli
oggetti. Credo che abbia a che fare con la fortuna. In Cina, a quanto pare,
molto usato nei matrimoni. Probabilmente per via della leggenda che spiega la

sua origine.
E che sarebbe?
Un giovane intraprende un viaggio per affrontare un esame molto
importante e diventare ministro. Nel corso del viaggio si ammala e si ferma in un
paesino di montagna. Il dottore del villaggio lo cura e, mentre in
convalescenza, conosce la figlia del dottore. I due sinnamorano. Proprio prima
che riparta, la ragazza gli recita il verso di una poesia. Il ragazzo arriva alla
capitale per sottoporsi allesame, lo supera e lImperatore molto ben
impressionato da lui. Quindi, suppongo per metterlo ancora alla prova, gli recita
un brano di una poesia. Naturalmente, il giovane capisce subito che la frase
misteriosa il verso precedente a quello recitato dalla ragazza e cos ripete le
parole che lei gli ha detto. LImperatore ancor pi favorevolmente
impressionato e gli affida lincarico di ministro. A quel punto il ragazzo torna al
villaggio e sposa la fanciulla. Per questo doppia felicit, immagino: ottiene sia
il lavoro sia la ragazza. Sai, i cinesi credono moltissimo nella fortuna.
Willem scuote la testa. Secondo me doppia felicit vuol dire due met che
si ritrovano. Come i due versi della poesia.
Non ci avevo mai pensato ma, ovviamente, cos.
Ti ricordi come fa la poesia? domanda Willem.
Annuisco. Pioggia di primavera: verdi alberi contro il cielo che alloscurarsi fa
brillare le rigogliose chiome. Fiori rossi punteggiano il paesaggio nel rincorrersi
della brezza e la terra arrossisce dopo il bacio.

Il tratto finale del canale scorre sottoterra. Le pareti della galleria sono arcuate
e cos basse che allungandomi riesco a toccare i mattoni viscidi e bagnati.
strano l sotto: silenzioso, ma pieno di echi. Persino i chiassosi danesi sono
ammutoliti. Willem e io stiamo seduti con le gambe penzoloni fuori dal bordo
della barca e, quando ci arriviamo, allontaniamo a calci le pareti laterali del
tunnel.
Lui mi tocca la caviglia con il piede. Grazie.
Di cosa?
Di aver organizzato questo. Fa un gesto a indicare la chiatta.
stato un piacere. Grazie a te, per aver organizzato questo. Faccio segno
sopra le nostre teste dove, senza dubbio, Parigi procede con il suo tran tran
quotidiano.
Non c di che. Si guarda intorno. bello. Il canale Mi fissa. Tu.
Scommetto che lo dici a tutti i canali. Scherzo, ma arrossisco nelloscurit
dallintenso sentore di melma.
Restiamo l per il resto del viaggio, dondolando i piedi contro la fiancata della
chiatta e ascoltando brandelli di risate o di musica filtrare sottoterra da Parigi.
Come se, quaggi, la citt rivelasse segreti destinati solo a chi interessato ad
ascoltarli.

CAPITOLO OTTO

Port de lArsenal come un parcheggio per barche, strette una allaltra tra i moli
di cemento su entrambi i lati del bacino. Willem aiuta il capitano Jack a condurre
la chiatta nel suo stretto attracco, balzando a riva per fissare le cime con nodi
elaborati. Salutiamo i danesi, che ora sono davvero sbronzi, e io mi segno il
numero di cellulare di Agnethe e prometto di mandarle le foto appena mi
possibile.
Mentre sbarchiamo, il capitano ci stringe la mano. Mi sento un po in colpa a
prendere i soldi dice.
No. Non il caso. Ripenso allespressione sul volto di Willem, al
passaggio nel tunnel. Solo quello li valsi tutti, i cento dollari.
E in ogni caso te li sfileremo al pi presto gli grida Gustav.
Jacques fa spallucce. Sinchina per il baciamano prima di aiutarmi a scendere
dalla barca, e in pratica abbraccia Willem.

Mentre ci allontaniamo lui mi tocca una spalla: Hai visto il nome della
chiatta?
Non ci ho fatto caso. scritto a poppa, in lettere blu, accanto alle strisce
verticali rosse, bianche e blu della bandiera francese. Viola. Deauville.
Viola? Come la Viola di Shakespeare?
No. Jacques voleva battezzarla Voil, ma suo cugino si sbagliato a
dipingere la scritta, e a lui il nome piaciuto perci lha registrata come Viola.
Capisco ma lo stesso un po strano commento.
Come sempre, lui sorride.
Incidente casuale? Subito un lieve brivido mi percorre la spina dorsale.
Willem annuisce, quasi solennemente. Incidente casuale conferma.
Ma cosa significa? Che eravamo destinati a salire su quella barca? Vuol dire
che, se non ci fossimo saliti ci sarebbe potuto accadere qualcosa di meglio,
oppure di peggio? Prendere quella barca ha cambiato il corso delle nostre vite? La
vita davvero dominata dal caso fino a questo punto?
Lui si stringe nelle spalle.
O vuol dire che il cugino di Jacques non sa scrivere in francese? concludo.
Willem ride di nuovo. Il suono della sua risata chiaro e forte come una
campana e mi riempie di gioia; come se, per la prima volta nella mia vita,
capissi che questo il senso di una risata: diffondere felicit.
A volte non si pu sapere fino a che non lo si sa dice.
Sei di grande aiuto.

Ride e mi fissa per un lungo istante. Sai, credo che potresti essere brava a
viaggiare, in fondo.
Dici sul serio? Non lo sono. Oggi unassoluta anomalia. Durante questo
viaggio mi sono depressa e basta. Fidati di me, non ho fermato nessuna barca
per salirci. Neppure un taxi. O una bicicletta.
E prima di questo viaggio?
Non ho girato molto e il tipo di viaggi che ho fatto be non lasciava spazio
al caso.
Willem solleva un sopracciglio con aria interrogativa.
Ho visitato un po di posti. Sono stata in Florida. O a sciare. E in Messico, ma
suona pi esotico di quel che . Ogni anno andiamo in questo villaggio
residenziale a sud di Cancn. Vuole assomigliare a un tempio Maya formato
gigante, ma giuro che il solo indizio che non si negli Stati Uniti sono le
canzoncine di Natale in stile mariachi suonate con il flauto di Pan, lungo
lacquascivolo fatto a finta cascata. Prendiamo sempre lo stesso appartamento.
Andiamo alla solita spiaggia e mangiamo nel solito ristorante. A malapena
usciamo dal cancello principale del villaggio e, se lo facciamo, per visitare le
rovine, ma andiamo a vedere sempre le stesse. Lanno sul calendario cambia, ma
tutto il resto rimane uguale.
Sempre lo stesso ma diverso commenta.
Direi piuttosto: sempre lo stesso, ma uguale.
La prossima volta che vai a Cancn puoi provare a fare una puntatina nel

vero Messico suggerisce. Sfida la sorte e guarda cosa succede.


Forse concedo, figurandomi la reazione di mia madre se mai proponessi
di esplorare a casaccio.
Magari un giorno andr anchio in Messico dice Willem. Ti incontrer e
fuggiremo nella foresta.
Credi che potrebbe succedere? Che potremmo incontrarci cos per caso?
Willem alza le mani in aria. Dovrebbe accadere un altro incidente casuale.
Uno grosso.
Stai cercando di dirmi che io sono un incidente?
Il sorriso gli si distende come un filo di caramello. Assolutamente.
Strofino lalluce contro il marciapiede. Penso alla mia cartelletta di plastica.
Penso allo schema di tutte le mie attivit divise per colori che abbiamo attaccato
al frigo della cucina fin da quando avevo pi o meno otto anni. Penso alle
cartelline ordinate con i documenti per liscrizione alluniversit. Tutto in ordine.
Tutto pianificato. Guardo Willem, che proprio il contrario di questo, di me. E
anche oggi il contrario di tutto ci.
Forse uno dei pi bei complimenti che mi abbiano mai fatto rifletto.
Non so bene cosa dice di me, per.
Dice che non te ne hanno fatti abbastanza.
Mi inchino e accenno un gesto svolazzante come per dire: Prego, fai pure.
Si ferma, mi guarda e i suoi occhi mi esaminano come se mi passassero
attraverso. Ho la stessa sensazione che ho avuto prima in treno: che mi stia

soppesando. Solo che questa volta non per decidere il mio valore estetico sul
mercato nero, ma per un altro motivo.
Non ti dir che sei carina perch lo ha gi detto quel cane. E non ti dir che
sei buffa perch, da quando ti ho conosciuto, mi hai fatto ridere in continuazione.
Evan mi diceva che lui e io eravamo molto compatibili, come se essere
uguale a lui fosse la massima espressione di apprezzamento. Carina e buffa.
Willem potrebbe fermarsi qui e gi mi basterebbe.
Ma non si ferma. Secondo me sei il tipo di persona che, se trova dei soldi
per strada, li sventola in aria chiedendo se qualcuno li ha persi. Piangi guardando
film che non sono neppure tristi, perch hai il cuore tenero anche se non lo lasci
vedere. Secondo me fai certe cose anche se ti spaventano, e questo ti rende pi
coraggiosa di quei drogati di adrenalina che si buttano gi dai ponti con il bungee
jumping.
Si ferma. Apro la bocca per dire qualcosa, ma non esce niente: ho un groppo in
gola e, per un attimo, ho paura di mettermi a piangere.
Perch avevo sperato in parole frivole, frizzi e lazzi del tipo Hai un bel
sorriso, Hai delle belle gambe, Sei molto sexy.
Invece quello che ha detto Una volta sono effettivamente andata dalla
vigilanza di un centro commerciale a restituire quaranta dollari che avevo trovato
tra gli scaffali delle cibarie. Ho pianto a tutti i film della serie di Jason Bourne.
Lultima cosa che ha detto non so se vera. Ma spero tanto che lo sia.
Dovremmo muoverci, se vogliamo arrivare al Louvre dico, schiarendomi

la voce. Quanto dista da qui?


Forse un paio di chilometri. Ma in bicicletta si fa presto.
Vuoi che ne fermi una? scherzo.
No. Ne prenderemo una in affitto, una Vliby. Willem si guarda intorno e
si dirige verso una schiera di bici grigie. Hai mai sentito parlare della Bici
Bianca? mi chiede.
Scuoto la testa e lui comincia a spiegarmi che, per un breve periodo, negli anni
Sessanta ad Amsterdam cerano delle biciclette bianche che erano gratuite e
parcheggiate per tutta la citt. Se ti serviva una bici ne prendevi una e, quando
avevi finito, la lasciavi in strada. Ma non aveva funzionato perch non ce nerano
a sufficienza e la gente le rubava. A Parigi puoi prendere in prestito una bici
gratuitamente per mezzora, poi per la devi riportare in un parcheggio e
chiudere la sicura, se no scatta il pagamento.
Mi pare di aver letto che stanno per fare una cosa simile anche da noi.
Quindi gratis?
Lunica cosa che serve una carta di credito per la caparra.
Io non ho una carta di credito; o meglio, non ne ho una che non si colleghi
direttamente al conto dei miei genitori, ma Willem ha una pre-pagata della sua
banca, anche se dice di non essere sicuro di avere credito sufficiente. Quando la
passa attraverso il sensore una delle bici si sblocca, ma quando prova di nuovo
per prenderne una seconda la carta non funziona. Non sono del tutto dispiaciuta.
Pedalare per Parigi senza casco mi pare da suicidi.

Willem per non sta rimettendo a posto la bici. La sta portando verso di me e
sta alzando il sellino. Mi guarda. Poi d una pacca sul sedile.
Aspetta. Vuoi che la prenda io?
Annuisce.
E tu, cosa fai? Mi corri a fianco?
No. Io prendo te. Solleva le sopracciglia e io sento che sto arrossendo.
Porto te, sulla bici chiarisce.
Mi arrampico sul sellino. Willem si piazza davanti a me. Dove hai intenzione
di andare? chiedo.
Non ti preoccupare. Tu mettiti comoda dice, come se fosse possibile nella
situazione in cui sono, con la sua schiena a pochi centimetri dalla mia faccia, cos
vicina che sento il calore del suo corpo; cos vicina che sento di nuovo lodore
della sua maglietta che si mescola al lieve aroma di muschio del suo sudore.
Appoggia il piede sul pedale. Poi si volta, con un ghigno malizioso stampato sul
viso. Avvertimi se vedi la polizia. Non esattamente legale.
Aspetta! Che cosa non legale?
Ma gi partito. Chiudo gli occhi. Questa una pazzia. Moriremo di certo. E a
quel punto i miei mi uccideranno davvero.
Un isolato pi gi siamo ancora vivi. Provo ad aprire un occhio. Willem sta
appoggiato in avanti sul manubrio e si solleva senza sforzo sui pedali, mentre io,
sbilanciata allindietro, lascio penzolare le gambe ai lati della ruota posteriore.
Apro laltro occhio e allento la presa delle mie mani sudate sullorlo della sua

maglietta. Il bacino ormai lontano; siamo su una strada normale, sulla pista
ciclabile che percorriamo affiancati alle altre bici grigie.
Svoltiamo su una strada congestionata, piena di costruzioni, bloccata per met
da impalcature e ostacoli vari. Guardo i graffiti; c anche un SOS uguale a quello
della maglietta di quel gruppo, Sous ou Sur, scarabocchiato sul muro. Sto per
farlo notare a Willem, ma mi volto dallaltro lato e c la Senna. Ecco Parigi! La
Parigi delle cartoline! Quella di French Kiss, di Midnight in Paris, di Sciarada e di
tutti gli altri film ambientati in questa citt che ho visto nella mia vita. Resto a
bocca aperta a fissare la Senna, con le sue acque increspate dalla brezza che
scintillano nel sole del pomeriggio. Per tutta la sua estensione vedo una serie di
ponti ricurvi, come bracciali preziosi che ornano un polso elegante. Come se fosse
una cosa da nulla, Willem mi indica la cattedrale di Notre-Dame, che torreggia
nel bel mezzo di unisola al centro del fiume. Quasi fosse un giorno qualunque e
quella non fosse larcifamosa Notre-Dame! Passiamo accanto a un altro edificio,
una specie di torta di nozze che ha laria di una reggia. Ma no! solo lHtel de
Ville, la sede del municipio cittadino.
buffo: durante il viaggio abbiamo spesso visto edifici famosi come questi
passandoci accanto veloci con il pullman. Miss Foley stava in piedi in testa al bus
con un microfono in mano e ci snocciolava dettagli sulla tale cattedrale o il tal
teatro dellopera. A volte ci fermavamo e andavamo a visitarli ma, avendo a
disposizione solo uno o due giorni per ciascuna citt, per lo pi ci passavamo
accanto.

Anche adesso ci sto passando accanto, ma la sensazione diversa. Qui fuori,


sul sellino della bici, con i capelli che svolazzano al vento, i rumori che mi
risuonano nelle orecchie e la pavimentazione vecchia di secoli che fa vibrare il
sellino sotto il mio sedere, non perdo una virgola di ci che mi circonda. Anzi, lo
respiro, lo consumo, divento parte del tutto.
Non so bene come considerare il cambiamento, tutti i cambiamenti avvenuti
oggi. per via di Parigi? Lul? Oppure Willem? la sua vicinanza che rende
questa citt cos inebriante, oppure la citt che rende la sua vicinanza
irresistibile?
Un sonoro fischio interrompe il mio sogno a occhi aperti e la bici si ferma di
scatto.
Fine della corsa avverte Willem. Io salto gi, e lui comincia a spingere la
bici lungo la strada.
Un poliziotto dai baffi sottili e dallespressione costipata ci corre dietro. Attacca
a gridare addosso a Willem, gesticolando e agitando un dito verso di me. La
faccia gli si colora di un rosso paonazzo e, quando estrae il blocchetto e comincia
a puntare lindice prima su uno poi sullaltro, divento nervosa. Credevo che
Willem scherzasse, quando ha detto che era illegale.
Poi lui dice al poliziotto qualcosa che blocca di botto la tiritera.
Lagente comincia a chiacchierare e io non capisco una parola, ma sono sicura
che dice Shakespeare! sollevando il dito come a puntualizzare qualcosa. Willem
annuisce e il tono del poliziotto si fa pi dolce. Continua a sventolare lindice

verso di noi, ma il blocchetto torna nella tracolla. Si tocca il buffo cappellino e si


allontana.
Hai appena fatto una citazione di Shakespeare a un poliziotto? domando.
Annuisce.
Non so cosa pi folle. Che lo abbia fatto. Oppure che qui i poliziotti
conoscano Shakespeare.
Cosa gli hai detto?
La beaut est une enchanteresse, et la bonne foi qui sexpose ses
charmes se dissout en sang recita. Viene da Molto rumore per nulla.
Cosa significa?
Willem mi rivolge quel suo sguardo, si passa la lingua sulle labbra, sorride.
Dovrai scoprirlo da te.
Camminiamo lungo la Senna e svoltiamo su una strada principale piena di
ristoranti, gallerie darte e negozi di lusso. Willem parcheggia la bici in uno dei
punti di raccolta e ci avviamo a piedi sotto un lungo portico, poi giriamo un paio
di volte fino a entrare in quella che, a prima vista, sembra una residenza
presidenziale o un palazzo reale, tipo Versailles, tanto gli edifici sono imponenti e
grandiosi. Infine, avvisto la piramide di vetro in mezzo al cortile e capisco che
siamo arrivati al Louvre.
pieno zeppo di gente. Migliaia di persone sciamano fuori dalledificio, quasi lo
stessero evacuando, con in mano i tubi di cartone dei poster e borse di plastica
bianche. Alcuni sono esaltati e chiacchierano tra loro, ma la maggior parte ha

unaria stravolta, esausta e stordita, dopo aver trascorso la giornata a ingerire


mastodontiche porzioni di cultura! Conosco bene quellespressione. Il dpliant di
Teen Tours! si vantava di offrire ai giovani una immersione totale nella cultura
europea! In un periodo concentrato, visitando una gran quantit di luoghi ed
eventi culturali, metteremo i vostri ragazzi a contatto con la storia e larte, con
antiche tradizioni e idiomi e con sapori sconosciuti che amplieranno i loro
orizzonti. Doveva essere unesperienza illuminante ma, per lo pi, stata
massacrante.
Cos, quando scopriamo che il Louvre ha appena chiuso mi sento sollevata.
Mi dispiace dice Willem.
Oh, a me no. Non so se questo da considerare un incidente casuale o
meno, ma sono contenta lo stesso.
Facciamo dietrofront e attraversiamo un ponte passando dallaltro lato del
fiume. Sui marciapiedi che costeggiano gli argini ci sono banchetti di ogni genere,
che vendono libri e vecchie riviste, numeri originali di Paris Match con Jacqueline
Kennedy in copertina e romanzetti di bassa lega con copertine sgargianti, dai
titoli sia in francese sia in inglese. Uno dei banchi vende un mucchio di oggetti di
seconda mano: vecchi vasi, gioielli di scena e, in una scatola, una collezione di
sveglie antiche. Frugo e trovo una vecchia sveglia in bachelite. Venti euro
mi dice la commerciante che sfoggia un foulard sulla testa. Cerco di mantenere
unespressione impassibile. Venti euro sono circa trenta dollari. Quellorologio ne
vale almeno duecento.

Lo vuoi? mi chiede Willem.


Mia madre impazzirebbe se lo portassi a casa, e non sarei obbligata a
spiegarle da dove proviene. La donna d la corda allorologio per mostrarmi che
funziona ma, sentendone il ticchettio, mi torna in mente quello che ha detto
Jacques sul tempo che una cosa fluida. Guardo la Senna, che adesso ha una
lucentezza rosata e riflette il colore delle nuvole addensate in cielo. Rimetto
lorologio nella scatola.
Ci allontaniamo dal fiume per infilarci in un dedalo di stradine contorte. Willem
mi spiega che il Quartiere Latino, dove vivono gli studenti. diverso qui. Non ci
sono tanti vialoni e strade lussuose ma stradine, a malapena larghe a sufficienza
per le piccole e spaziali Smart a due posti che sfrecciano ovunque. Chiesette e
angolini nascosti, vicoletti. Una Parigi completamente diversa. E altrettanto
affascinante.
Ci prendiamo qualcosa da bere? propone Willem.
Annuisco.
Incrociamo una strada affollata, fitta di cinema e di caff con i tavolini fuori,
tutti occupati, oltre a una manciata di alberghetti non troppo costosi, a giudicare
dai prezzi proposti dalle insegne. Sulla maggior parte c anche scritto complet,
che sono sicura voglia dire esaurito, ma su alcune no e forse potremmo anche
permetterci una camera se dovessi cambiare quel che resta dei miei contanti,
circa quaranta sterline.
Non sono stata capace di affrontare largomento stanotte con Willem. Cio,

dove andremo a dormire. Lui non mi parso molto preoccupato in proposito, il


che preoccupa me perch non vorrei che il nostro punto dappoggio fosse Cline.
Passiamo accanto a un ufficio di cambio. Dico a Willem che vorrei cambiare dei
soldi.
Io ne ho ancora un po mi rassicura. E tu hai appena pagato la barca.
Ma non ho neppure un euro con me. E se volessi che so? Comprare una
cartolina? Mi fermo e faccio girare un espositore rotante. E poi ci sono le
bevande, la cena, e avremo bisogno di un posto per per Perdo il filo del
discorso prima di radunare il coraggio di finirlo. Stanotte. Sento che il collo
mi avvampa.
La parola sembra restare sospesa in aria e aspetto la reazione di Willem, un
indizio di quel che sta pensando. Ma lui sta guardando verso un caff, dove un
gruppo di ragazze sedute a un tavolino sembra fargli segnali di saluto.
Finalmente, si volta verso di me: Scusa, dicevi? mi chiede.
Le ragazze lo stanno ancora salutando. Una di loro gli fa segno di avvicinarsi.
Le conosci?
Lui si volta verso il caff, poi verso di me, poi guarda di nuovo il locale. Puoi
aspettarmi qui un attimo?
Lo stomaco mi si stringe. Certo, nessun problema.
Mi lascia in un negozio di souvenir, dove esamino le cartoline sugli espositori e
lo spio. Raggiunge il gruppo di ragazze, si scambiano baci sulle guance, tre volte,
per, non due come ha fatto con Cline. Si siede accanto alla ragazza che gli

faceva segno. chiaro che si conoscono: lei continua a mettergli una mano sul
ginocchio. Lui lancia occhiate verso di me e io mi aspetto che mi faccia segno di
raggiungerlo, ma non lo fa e, dopo cinque minuti che a me sembrano eterni, la
ragazza che continua a toccarlo scrive qualcosa su un pezzo di carta e glielo d.
Lui se lo ficca in fondo alla tasca. Poi si alza, si sbaciucchiano di nuovo e torna
verso di me, che fingo di essere estremamente interessata a una cartolina di
Toulouse-Lautrec.
Andiamo dice, prendendomi il gomito.
Amiche tue? domando, quasi correndo per tener dietro alle sue lunghe
falcate.
No.
Ma le conosci?
Le conoscevo, un tempo.
E le hai incontrate cos, per caso?
Si gira verso di me e, per la prima volta in tutta la giornata, ha unaria
scocciata. Siamo a Parigi, Lul, la citt pi turistica del mondo. Succede.
Incidenti casuali mi dico. Per mi sento gelosa, possessiva, non solo per via
di quella ragazza il cui numero ora nella tasca dei suoi pantaloni, se non lha
gi trascritto nel suo blocchetto nero ma per via di questi imprevisti. Perch
oggi sembrava che gli incidenti casuali dovessero riguardare soltanto noi due.
Willem si addolcisce. gente che ho conosciuto in Olanda.
Nel suo comportamento cambiato qualcosa, come quando la luce di una

lampadina si affievolisce prima che si bruci. In quel momento noto il tono


definitivo e sconfitto con cui pronuncia Olanda e mi rendo conto che, in tutto il
giorno, non ha detto neppure una volta che sta tornando a casa. Poi, un altro
pensiero mi colpisce. Oggi sarebbe tornato a casa in Olanda, il posto da cui
proviene per la prima volta dopo due anni.
Fra tre giorni anchio torner a casa e ci sar una folla ad accogliermi
allaeroporto. In casa mia trover un cartellone con scritto bentornata e una
cena di festeggiamento che non riuscir a godermi per colpa del jet lag. Dopo un
viaggio di sole tre settimane in cui mi hanno fatto girare in tondo come un pony
da competizione, ricever un benvenuto degno di un eroe.
Lui in giro da due anni: ricever unaccoglienza da eroe? Ci sar qualcuno ad
aspettarlo?
Quando eravamo da Cline gli chiedo allora hai chiamato qualcuno?
Si gira verso di me, accigliato e con unespressione confusa negli occhi scuri.
No. Perch?
E allora, come faranno a sapere che hai procrastinato il tuo arrivo? Come
potranno rimandare a domani il benvenuto alleroe?
Non c nessuno che ti aspetta? insisto.
Per un breve istante al suo viso accade qualcosa: la maschera spavalda scivola
via, e io non mi sono resa conto che un travestimento, ma ora vedo quanto
stanco e insicuro, quanto simile a me, sotto quella maschera.
Sai cosa penso? dice.

Cosa?
Che ci dovremmo perdere.
Devo precisare che tutto il giorno che io mi sono persa.
Ma intendo in un altro modo. Perdersi intenzionalmente. una cosa che
faccio quando arrivo in una nuova citt. Salgo sulla metropolitana o su un
autobus, scelgo una fermata a caso e vado l.
So cosa sta cercando di fare. Sta cambiando scena, cambiando argomento.
Capisco che, per qualche motivo, ha bisogno di farlo. E glielo concedo. Come il
gioco in cui si attacca la coda allasino con la benda sugli occhi? chiedo.
Willem mi lancia unocchiata interrogativa. La sua padronanza dellinglese
cos buona che mi dimentico della possibilit che non colga proprio tutto.
di nuovo una questione di incidenti casuali?
Mi guarda e per una frazione di secondo la maschera scivola di nuovo gi.
Come se niente fosse, per, torna subito a posto. Non importa. scivolata e ho
visto cosa c sotto. E ho capito. Willem solo, come lo sono io. Adesso,
unangoscia che non so distinguere se sia mia o sua mi sbocciata nellanimo.
sempre questione di incidenti casuali dice.

CAPITOLO NOVE

Faccio una cosa bizzarra.


Usando il sistema del gioco dellasino chiudo gli occhi, faccio una giravolta
davanti alla cartina del metr e punto il dito a casaccio sul nome Chteau Rouge,
che suona di buon augurio.
Quando usciamo dalla metropolitana ci ritroviamo in una Parigi ancora diversa,
e non c nessun castello in vista, n rosso n di altri colori.
Le strade sono strette come nel Quartiere Latino, ma pi sconnesse. Musiche
vibranti di percussioni erompono dalle vetrine dei negozi, e c una tale
accozzaglia di odori che il mio naso non sa quale annusare per primo: laroma del
curry che emana dai forni, lodore ferroso di sangue delle gigantesche carcasse di
animali trasportate attraverso le strade, il profumo dolce ed esotico del fumo di
incenso, i gas di scarico di auto e moto, lonnipresente fragranza del caff; anche
se qui non ci sono molti di quei grandi caff che occupano un intero angolo di

strada, bens locali pi piccoli con i tavolini sparsi lungo i marciapiedi. Sono tutti
stipati di uomini che fumano e bevono caff. Le donne entrano ed escono dai
negozi: alcune portano il velo integrale che lascia scoperti solo gli occhi e altre
indossano vesti variopinte e portano in giro i loro bimbi legandoseli con lunghe
sciarpe sulla schiena. Siamo i soli turisti della zona e la gente ci guarda, non
minacciosa ma incuriosita, come se ci fossimo persi. Che vero. Ed
esattamente il motivo per il quale, se fossi da sola, non farei mai una cosa del
genere neppure in un milione di anni.
Willem per adora questo posto. Perci lo seguo e mi rilasso, limitandomi a
osservare sbalordita come qui Parigi si mescoli con il Medio Oriente che si
mescola con lAfrica.
Superiamo prima una moschea, poi una chiesa imponente tutta guglie e
contrafforti, che sembra essere approdata in questo quartiere per caso, proprio
come abbiamo fatto noi. Girovaghiamo fino ad arrivare in una specie di parco: un
rettangolo di erba, sentieri e campetti da pallamano strizzato tra blocchi di
appartamenti. gremito di ragazzine, il capo coperto da sciarpe, che giocano a
una specie di gioco della campana e di ragazzi che corrono nei campi di
pallamano; c gente che porta a passeggio il cane, gioca a scacchi o sta seduta a
fumarsi una sigaretta allaria aperta nel pomeriggio estivo.
Hai idea di dove siamo? chiedo a Willem.
Sono perso quanto te.
Allora ci troviamo proprio nei guai dico, e rido. bello esserci persi,

insieme.
Ci lasciamo cadere sotto un gruppetto di alberi in un angolino tranquillo del
parco, accanto a un murale di bambini che giocano tra le nuvole. Mi sfilo i
sandali. Ho delle strisce di abbronzatura, sporco e sudore. Mi sa che i miei
piedi non ce la fanno pi.
Willem calcia via le sue ciabatte di gomma. Vedo la cicatrice a zig-zag che
corre lungo il suo piede sinistro. Neanche i miei.
Ci sdraiamo, mentre il sole proietta ombre attraverso le nuvole che stanno
davvero cominciando ad addensarsi, spinte da una brezza fresca che porta con s
lodore elettrico della pioggia. Forse, alla fine, Jacques aveva ragione.
Che ore sono? domanda Willem.
Chiudo gli occhi e allungo il braccio verso di lui perch guardi da solo. Non
me lo dire. Non lo voglio sapere.
Mi prende il polso e controlla lora. Poi per non lo lascia. Lo esamina,
ruotandolo da una parte e dallaltra come se fosse un oggetto raro: il primo polso
che gli sia mai capitato di vedere.
Un gran bellorologio commenta infine.
Grazie rispondo doverosamente.
A te non piace?
No. Non quello. Voglio dire, stato un dono molto generoso da parte dei
miei genitori, che mi avevano gi regalato il viaggio. In pi un oggetto molto
costoso. Mi blocco. Lui Willem e qualcosa mi costringe a dirgli la verit.

No, in realt non mi piace.


Perch no?
Non so. pesante. Mi fa sudare il polso. E ha un ticchettio rumorosissimo,
come se fosse sempre l a ricordarmi che il tempo passa. Come se non potessi
mai scordarmi del tempo.
Allora perch lo porti?
una domanda cos semplice. Perch porto un orologio che odio? Anche qui, a
mille miglia da casa, dove nessuno pu vedere se lo uso, per quale motivo lo
porto lo stesso? Perch i miei genitori lo hanno comprato per me, con le migliori
intenzioni. Perch non posso deluderli.
Sento di nuovo la pressione gentile delle sue dita sul polso. La fibbia si apre e
lorologio si sfila, lasciando una spettrale impronta bianca. La brezza rinfrescante
mi solletica la pelle nel punto dove ho la mia voglia.
Willem esamina lorologio, lincisione che dice Buon viaggio! E dov che
dovresti andare, di preciso?
Oh, be. In Europa. Alluniversit. A studiare medicina.
A studiare medicina? La sua voce tradisce la sorpresa.
Annuisco. Questo il progetto, fin da quando avevo dodici anni e ho eseguito
la manovra di Heimlich su un tipo al tavolo vicino che stava soffocando perch gli
era andato di traverso lo stinco di agnello. Pap era fuori, a rispondere a una
chiamata di servizio, quando ho visto quel tizio diventare tutto rosso. Allora mi
sono alzata e, con la massima calma, gli ho messo le braccia intorno al

diaframma e ho spinto fino a che il pezzo di carne non schizzato fuori. La


mamma rimasta davvero impressionata. Ha cominciato a parlare della
possibilit che io facessi il medico, come pap. E, dopo un po, ho iniziato a
parlarne anchio.
Vuoi dire che ti prenderai cura di me?
La sua voce ha il solito tono da presa in giro e so che sta scherzando, ma mi
sento come travolta da unonda. Chi si prende cura di lui, adesso? Lo guardo. Fa
sembrare tutto facile, ma ricordo la sensazione, anzi la certezza, che ho avuto
poco fa: che sia solo.
Chi che si prende cura di te, adesso?
Dapprima non sono sicura di averlo detto ad alta voce e, se mai lho detto, che
lui mi abbia sentito, perch per un po non mi risponde. Poi, alla fine, dice:
Sono io che mi prendo cura di me stesso.
E quando non sei in grado? Quando ti ammali?
Io non mi ammalo.
Tutti si ammalano. Cosa succede quando sei in giro e ti viene linfluenza, o
qualcosaltro?
Sto male. Guarisco ribatte secco, liquidando la faccenda con un gesto
della mano.
Mi sollevo su un gomito. Uno strano abisso di sensazioni mi si spalancato nel
petto: ho il respiro affannato e le mie parole tremano come foglie disperse dal
vento. Continuo a pensare a quella leggenda della doppia felicit. Il ragazzo

viaggia da solo e si ammala, ma qualcuno si prende cura di lui. Succede anche a


te, quando stai male? O ti ritrovi da solo in una squallida stanza dalbergo?
Provo a figurarmi nella mente Willem in un villaggio di montagna, ma tutto quel
che mi viene limmagine di lui in una stanza sudicia. Penso a come mi sento
quando sono malata: lavvilimento, il senso di solitudine eppure io ho una
madre che si prende cura di me. E lui? C qualcuno che gli porta una minestrina?
Che gli racconta degli alberi che si stagliano contro il cielo nella pioggia
primaverile?
Willem non risponde. In lontananza, sento il tonfo della palla che colpisce il
muro. Penso a Cline. Alle ragazze del treno. Alle modelle nel caff. Al pezzetto
di carta che ha in tasca. Probabilmente ce ne sono parecchie di ragazze, che
vorrebbero giocare allinfermiera con lui. Ho una strana sensazione nello
stomaco. Ho preso una direzione sbagliata, come se, sciando, avessi
accidentalmente svoltato nella pista nera finendo in mezzo a un gruppo di
espertoni.
Scusa dico. Probabilmente solo il medico che in me. Oppure la
mamma ebrea.
Lui mi lancia unocchiata strana. Unaltra svolta sbagliata. Continuo a
dimenticarmi che, in Europa, le famiglie ebree sono relativamente poche e le
battute di questo genere sono incomprensibili.
Io sono ebrea perci, a quanto pare, quando diventer vecchia, il mio
destino sar di star sempre l a preoccuparmi della salute di tutti quelli che ho

intorno spiego frettolosamente. questo che vuol dire mamma ebrea.


Willem si stende sulla schiena ed esamina il mio orologio da vicino.
Strano che tu abbia citato la storia della doppia felicit. vero, a volte mi
ammalo e finisco a vomitare in cessi di fortuna, il che non molto piacevole.
Lo immagino e faccio una smorfia di disgusto.
Per, una volta viaggiavo in pullman dal Marocco allAlgeria e mi venuta la
dissenteria: un attacco molto forte, tanto che non ho potuto far altro che
scendere dal pullman nel bel mezzo del nulla. Era una citt ai margini del Sahara,
e non era segnata in nessuna guida. Io ero disidratato, avevo quasi le
allucinazioni, e mi trascinavo in giro cercando un posto dove stare quando ho
visto un albergo con ristorante che si chiamava Saba. Saba era il modo in cui
chiamavo mio nonno. Mi sembrato un segno, come se fosse lui a dirmi Vai l.
Il ristorante era vuoto. Mi sono infilato direttamente in bagno per vomitare.
Quando sono uscito mi sono trovato davanti un uomo con una corta barbetta
grigia, che indossava una lunga gellaba. Gli ho chiesto del t con lo zenzero, che
quel che usa mia madre per il mal di stomaco. Lui ha fatto segno di no con la
testa e ha detto che ero nel deserto e dovevo usare le medicine del deserto.
sparito in cucina ed tornato con un limone arrostito sulla griglia e tagliato a
met. Ci ha spruzzato sopra del sale e mi ha detto di spremermi il succo
direttamente in bocca. Credevo di attaccare di nuovo a vomitare ma, in venti
minuti circa, lo stomaco andato a posto. Mi ha dato del t orrendo, che sapeva
di corteccia, e mi ha spedito di sopra, dove ho dormito per circa diciotto ore. Da l

in poi, ogni giorno, scendevo gi, lui mi chiedeva come mi sentivo e mi preparava
da mangiare secondo i miei sintomi. Poi chiacchieravamo, proprio come facevo
con Saba da bambino. Sono rimasto l per una settimana, in quella citt al
margine della cartina che non sono neppure certo esista davvero. Assomiglia
molto alla tua storia di prima.
Salvo che lui non aveva una figlia gli faccio notare. Se no, ormai
saresti sposato.
Siamo sdraiati entrambi sul fianco, uno di fronte allaltro, cos vicini che sento il
calore che emana dal suo corpo; cos vicini che come se respirassimo la stessa
aria.
Fai la parte della figlia: recitami di nuovo quei versi mi prega.
Pioggia di primavera: verdi alberi contro il cielo che alloscurarsi fa brillare le
rigogliose chiome. Fiori rossi punteggiano il paesaggio nel rincorrersi della brezza
e la terra arrossisce dopo il bacio.
Lultima parola, bacio, resta come sospesa nellaria.
La prossima volta che sto male me li puoi recitare. Sarai la mia fanciulla
della montagna.
Sorride, come se fosse unaltra battuta scherzosa, unaltra vole nella gara di
seduzione che stiamo giocando, e io ricambio il sorriso, anche se non sto affatto
scherzando.
In cambio, io ti sollever dal fardello del tempo. Si allaccia il mio orologio
al polso dinoccolato, dove ha meno laspetto di una manetta da carcerato. Per

ora, il tempo non esiste. come ha detto Jacques? Fluido?


Fluido ripeto, come una parola magica. Perch, se il tempo pu essere
fluido, allora forse questunico giorno durer allinfinito.

CAPITOLO DIECI

Mi addormento. E, al mio risveglio, tutto appare diverso. Il parco silenzioso,


ora. Il suono di risa e leco dei colpi della palla sono svaniti nel lungo e fosco
crepuscolo. Grossi nuvoloni, grigi e carichi di pioggia, hanno invaso il cielo che si
fa cupo.
Eppure qualcosaltro cambiato, meno definibile ma in qualche modo
fondamentale. Lo percepisco appena mi sveglio: atomi e molecole si sono
riorganizzati, modificando il mondo in modo irreversibile.
allora che noto la mano di Willem.
Anche lui si addormentato: il suo lungo corpo sincurva come un punto
interrogativo nello spazio intorno al mio. Non ci tocchiamo affatto eccetto che per
quella mano, appoggiata sulla curva del mio fianco come per caso, come una
sciarpa caduta a terra, come se ci fosse arrivata spinta dalla dolce brezza del
sonno. Eppure, ora che l, mi sembra ci sia sempre stata. Come se fosse il posto

perfetto per lei.


Resto assolutamente immobile, ad ascoltare il vento che agita le chiome degli
alberi e il rumore leggero del respiro di Willem. Mi concentro su quella mano che
pare emanare una corrente elettrica direttamente dalla punta delle sue dita a
una parte intima di me che non sapevo neppure esistesse fino a questo
momento.
Si muove nel sonno, e mi chiedo se la sente anche lui. Come pu non sentirla?
unelettricit cos reale, cos palpabile che se qualcuno ci accostasse un
rilevatore lago schizzerebbe fuori dal quadrante.
Si muove di nuovo, e le sue dita affondano nella carne tenera dellincavo del
mio fianco, provocandomi una sensazione cos improvvisa, intensa e deliziosa che
mi contraggo dando un calcio alla sua gamba dietro di me.
Giuro che, non so come, riesco a percepire le sue ciglia che fremono mentre
apre gli occhi e, subito dopo, sento il suo fiato caldo contro il mio collo.
Goeiemorgen dice, con la voce ancora impastata dal sonno.
Mi giro per guardarlo in faccia, felice che la sua mano rimanga sul mio fianco.
Le sue guance arrossate sono piene delle piccole impronte lasciate dallerba, che
sembrano le cicatrici di un rito tribale di iniziazione. Vorrei toccarle, sfiorarne i
solchi sulla sua pelle liscia. Vorrei toccare ogni parte di lui. come se il suo corpo
fosse un sole gigante ed emettesse una sua forza gravitazionale.
Immagino che voglia dire buongiorno, anche se, tecnicamente, ancora
sera. Le parole escono come se fossi affannata. Non so pi come si fa a

respirare e parlare allo stesso tempo.


Ti dimentichi che il tempo non esiste pi. Lo hai dato a me.
Lho dato a te ripeto. C una dolce resa in quelle parole, e mi sento
come se stessi scivolando in suo potere. Una piccola parte di me mi mette in
guardia. un giorno solo. Sono solo una ragazza. Ma, della parte di me che riesce
a resistere, che sarebbe in grado di resistere, mi sono liberata definitivamente al
mio risveglio.
Willem mi guarda sbattendo le palpebre sugli occhi scuri, pigri e sensuali.
Sento che ci stiamo gi baciando. Sento le sue labbra che mi esplorano. Sento la
spinta delle sue anche sporgenti contro di me. Il parco quasi deserto. Ci sono
un paio di ragazzine in jeans e con sciarpe avvolte sul capo che parlano con
alcuni ragazzi. Ma sono lontane, in un angolo, per conto loro. E a me non importa
nulla del decoro.
I miei pensieri devono essere come un film proiettato su uno schermo. Lui li
vede tutti. Lo capisco dal suo sorriso ammiccante. Ci avviciniamo sempre di pi.
Sotto il frinire delle cicale, posso sentir vibrare lenergia che fluisce tra noi, come
il ronzio di quei cavi elettrici che vibrano a mezzaria nella campagna.
Poi sento qualcosaltro. L per l non so come interpretarlo, tanto discorda con i
suoni di questa bolla di energia che stiamo generando. Ma lo sento di nuovo,
freddo, spezzato e chiaro, e so esattamente di che si tratta. Perch la paura non
ha bisogno di traduzioni. Un grido suona lo stesso in ogni lingua.
Willem balza in piedi. Io balzo in piedi. Resta qui! mi ordina. E prima che

io abbia il tempo di capire che cosa sta succedendo si allontana a passi svelti, con
quelle sue gambe lunghe, lasciandomi l agitata, a met tra desiderio e terrore.
Si sente un altro grido. Il grido di una ragazza. A quel punto tutto sembra
rallentare, come la sequenza in slow motion di un film. Vedo le due ragazzine,
quelle con il capo coperto: ce ne sono due, ma una non ha pi la sciarpa sulla
testa. Le caduta a terra, scoprendo una massa di capelli neri, scarmigliata e
carica di elettricit, come se fosse anchessa terrorizzata. Si stringe contro
lamica: come se cercasse di nascondersi dai ragazzi. Per, quelli che vedo ora
non sono ragazzi ma uomini, del tipo che sfoggia teste rasate e pantaloni militari
con pesanti scarponi neri. Laccostamento incongruo di quegli uomini e di quelle
ragazze nel parco ormai vuoto e tranquillo mi colpisce subito. Afferro lo zaino che
Willem ha mollato l, e mi avvicino senza farmi vedere.
Sento il pianto sommesso di una delle ragazze e le risate gutturali degli
uomini. Poi dicono qualche parola. Non sapevo che il francese potesse suonare
cos sgradevole.
Proprio mentre mi chiedo dove si cacciato, Willem si mette tra gli uomini e le
ragazze e comincia a dire qualcosa. Parla a bassa voce, ma lo sento fin da qui:
deve essere un trucco da attore. Purtroppo parla in francese e non ho idea di
cosa stia dicendo. Qualsiasi cosa sia, ha attirato lattenzione degli skinhead. Gli
rispondono, con voci scandite e alte che riecheggiano nei campi da pallamano
deserti. Willem ribatte con una voce calma e tranquilla come una brezza, e io
aguzzo lorecchio per capire qualcosa, ma non ci riesco.

Parlando si spostano avanti e indietro e, nel mentre, le ragazze approfittano


della distrazione, come era nelle intenzioni, e sgusciano via. Gli skinhead non se
ne accorgono neppure. O forse non gli importa. Ora Willem che gli interessa.
Allinizio, penso che il suo potere di seduzione non abbia limiti. riuscito
addirittura a fare amicizia con quei brutti ceffi. Poi, le mie orecchie cominciano a
prestare attenzione al tono di quel che dice, invece che alle parole. E riconosco
quel tono perch glielho sentito usare per tutta la giornata. Li sta stuzzicando. Li
prende in giro alla sua maniera e non sono neppure sicura che loro se ne
accorgano. Perch loro sono in tre e lui solo, e se capissero cosa sta facendo
non sarebbero ancora l a parlare.
Sento lodore dolciastro e nauseante dellalcol e il tanfo acido delladrenalina, e
posso percepire quel che stanno per fare a Willem. Lo sento come se stessero per
farlo a me. Dovrei essere paralizzata dalla paura. Non cos. Mi riempie di una
sensazione calda, tenera e cattiva.
Chi si prende cura di te?
Senza quasi rendermene conto, frugo nello zaino di Willem, afferro la cosa pi
pesante che trovo la guida turistica e mi dirigo verso di loro. Nessuno mi vede
arrivare, neppure Willem, perci ho lelemento sorpresa a mio vantaggio. Oltre,
pare, a una notevole energia risvegliata dalla situazione estrema. Perch quando
lancio la guida sulla testa del tipo pi vicino a Willem, che ha in mano una birra,
lo colpisco con una tale forza che gli cade la bottiglia. E quando alza le dita per
tastarsi la fronte, trova un rivolo di sangue che si allarga come un fiore scarlatto.

So che dovrei essere terrorizzata, ma non lo sono. Mi sento stranamente


calma, felice di ritrovarmi accanto a Willem dopo quegli interminabili secondi in
cui siamo rimasti separati. Lui, al contrario, mi fissa con gli occhi spalancati e la
bocca aperta. Gli skinhead guardano dietro di me, ispezionando il parco, come se
non riuscissero a credere che io possa essere la fonte dellattacco.
Il loro attimo di confusione ci salva. Perch, proprio allora, la mano di Willem
trova la mia. E scappiamo via.
Fuori dal parco, oltre la chiesa e di nuovo in quel folle guazzabuglio di
quartiere, oltre le botteghe di t e i caff e le carcasse di animali. Superiamo di
un balzo i tombini intasati e gli agglomerati di moto e bici parcheggiate,
schivando furgoni che scaricano file di vestiti pesantemente decorati con perle e
lustrini.
I residenti del quartiere si fermano a guardarci, spostandosi per lasciarci
passare, quasi fossimo un evento sportivo, una gara olimpionica: la Folle Caccia
allUomo Bianco.
Dovrei aver paura. Un gruppo di skinhead imbufaliti mi sta inseguendo: lunica
persona che mi sia mai corsa dietro stato mio padre quando andavamo a fare
jogging. Sento il tonfo pesante dei loro scarponi, a tempo con il battito del cuore
che mi rimbomba in testa. Ma non ho paura. Sento le gambe che si allungano
come per magia permettendomi di seguire le lunghe falcate di Willem. Sento il
terreno che si curva sotto i nostri piedi, come se anche lui fosse dalla nostra
parte. Mi sembra che sfioriamo appena la terra, come se potessimo decollare

verso il cielo e correre in cima ai tetti di Parigi, dove nessuno ci pu pi toccare.


Gridano dietro di noi. Un rumore di vetri rotti. Poi, qualcosa che mi fischia
vicino allorecchio e qualcosa di umido sul collo, come se le mie ghiandole
sudoripare si fossero spalancate tutte insieme. Poi altre risate e gli scarponi si
fermano di colpo.
Ma Willem continua a correre. Mi trascina attraverso le stradine contorte fino a
che non si aprono su un ampio viale. Attraversiamo di corsa, con il semaforo che
sta per scattare, e superando una macchina della polizia. Ora c pi gente. Sono
sicura che non cinseguono pi. Siamo salvi. E tuttavia, lui continua a correre,
trascinandomi di qui e di l, gi per una serie di strade pi tranquille finch, quasi
fosse uno scaffale di libri che rivela una porta segreta, nella serie di vie compare
uninterruzione. lingresso di uno di quei grossi comprensori residenziali, chiuso
da un portone con il citofono numerico. Un vecchio con un carrello per la spesa
sta uscendo dal cortile interno proprio quando Willem sinfila nellandrone con me
al traino. La velocit della corsa passa da sessanta a zero: finiamo tutti e due per
frenare contro un muro di pietra proprio mentre il portone si chiude alle nostre
spalle.
Restiamo l, i corpi schiacciati uno contro laltro, a mala pena un paio di
centimetri tra noi. Sento il battito rapido e costante del suo cuore, il suo respiro
che entra ed esce affannato. Vedo il rivolo di sudore che gli scende lungo il collo.
Sento il mio sangue scorrere turbolento come un fiume che sta per superare gli
argini. come se il mio corpo non fosse pi in grado di contenermi: come se

fossi diventata troppo grande per lui.


Willem inizio. Ci sono tante cose che ho bisogno di dirgli.
Lui mi posa un dito sul collo e io ammutolisco: il suo tocco insieme calmante
ed elettrizzante. Poi allontana il dito, che rosso di sangue. Alzo la mano e mi
tasto il collo. Il sangue mio.
Godverdomme! impreca sotto voce. Con una mano fruga dentro lo zaino
e ne estrae una bandana; laltra la porta alla bocca e si ripulisce il dito con la
lingua.
Mi preme la bandana sul collo. In effetti, sanguino, ma non molto. Non so
nemmeno bene cos successo.
Ti hanno tirato una bottiglia rotta. Il suo tono carico di rabbia.
Ma non mi fa male. Non ho niente. solo un graffio.
Ora vicinissimo a me e mi preme dolcemente la bandana sul collo. E il taglio
che ho sul collo non pi il punto di uscita del sangue, ma quello di ingresso di
questa strana corrente elettrica che cresce tra di noi.
Lo desidero, desidero tutto di lui. Voglio assaggiare la sua bocca, quella bocca
che ha appena assaggiato il mio sangue. Mi appoggio contro il suo corpo.
Ma lui mi respinge e si ritrae. La mano si stacca dal mio collo. La bandana, ora
impregnata di sangue, resta l penzolante.
Alzo lo sguardo e lo fisso negli occhi. Tutto il colore si prosciugato: sono solo
neri. Ma la cosa pi sconcertante quello che intravedo nel loro fondo. Una cosa
immediatamente riconoscibile: la paura.

E, pi che mai, desidero fare di tutto per cancellarla. Perch dovrei essere
spaventata. Ma oggi non lo sono.
Va tutto bene lo rassicuro. Sto bene.
Cosa credevi di fare? minterrompe, con un tono gelido, come quella di un
estraneo. Forse per quello, forse per il sollievo, ma mi viene voglia di
piangere.
Ti volevano fare del male dico. Mi sincrina la voce. Lo fisso per vedere se
capisce, ma la sua espressione si solo fatta pi dura e la paura stata
raggiunta dalla sua sorella gemella: la rabbia. E poi, lho giurato.
Giurato cosa?
Ripercorro laccaduto nella mia mente: non era volato nessun pugno. Non
avevo neppure capito cosa si stavano dicendo. Per avevano intenzione di fargli
del male. Me lo sentivo nelle ossa.
Che mi sarei presa cura di te. La voce mi si affievolisce mentre svanisce
la certezza.
Prenderti cura di me? E che modo questo di prendersi cura di me? Apre
la mano, sporca del mio sangue.
Fa un passo indietro allontanandosi da me e, con il crepuscolo che sinsinua tra
di noi, capisco di colpo che mi sono sbagliata di grosso. Non sono solo finita sulla
pista nera: sono volata gi dal precipizio. Voleva essere solo uno scherzo, la sua
richiesta di prendermi cura di lui. Quando mai mi sono presa cura di qualcuno? E
lui di certo non ha mai detto di aver bisogno di aiuto.

Restiamo l e il silenzio si raggruma intorno a noi. Gli ultimi residui di sole


scivolano via e a quel punto, quasi aspettasse la copertura delle tenebre per
giungere di soppiatto, la pioggia comincia a cadere. Willem guarda il cielo e poi
lorologio, il mio orologio, che ha ancora allacciato al polso.
Penso alle quaranta sterline che mi rimangono. Immagino una stanza
dalbergo, tranquilla e pulita. Penso a noi, l dentro, non come lo immaginavo
unora fa, in quel parco parigino, ma in silenzio, ad ascoltare la pioggia. Per
favore lancio una muta preghiera, andiamo da qualche parte dove possiamo
stare meglio.
Ma Willem sta infilando una mano nella borsa per cercare gli orari
dellEurostar. E si sta togliendo il mio orologio. E a quel punto realizzo che mi sta
restituendo il tempo. Che in realt vuol dire che me lo porta via.

CAPITOLO UNDICI

Ci sono ancora due treni in partenza per Londra stasera. Willem mi dice che sono
le nove passate, quindi probabilmente non ho il tempo necessario per cambiare il
biglietto e prendere il prossimo che parte, ma dovrei sicuramente farcela a
prendere lultimo della giornata. Visto che tornando in Inghilterra guadagno
unora, dovrei riuscire a essere in citt prima che chiuda la metropolitana. Mi
comunica tutto questo in tono amichevole, per aiutarmi, quasi fossi uno straniero
che lo ha fermato per strada per chiedere uninformazione. E io annuisco, come
se fossi una che prende la metropolitana da sola, di giorno o di notte.
stranamente formale mentre apre la porta dellatrio per farmi passare, quasi
facesse uscire il cane che va a fare la sua pisciatina notturna. tardi; il lungo
tramonto estivo quasi al margine della notte e la Parigi in cui esco mi appare
completamente cambiata rispetto a quella che ho lasciato mezzora fa, anche se,
una volta di pi, so che non per via della pioggia o delle luci che si sono accese.

Qualcosa si spostato. O forse tornato dove era prima. Oppure non si mai
mosso e io mi sono solo illusa.
Eppure, vedere questa nuova Parigi mi fa venire le lacrime agli occhi e tutte
quelle luci diventano una grande cicatrice rossastra. Mi asciugo la faccia con la
felpa che si sta bagnando, stringendo ancora nella mano lorologio che mi ha
restituito. Chiss perch, non riesco a sopportare di rimetterlo al polso. Mi
sembra che mi possa far male, molto pi della ferita che ho sul collo. Cerco di
camminare davanti a Willem per mettere dello spazio tra di noi.
Lul mi chiama.
Non rispondo. Non sono lei. Non lo sono mai stata.
Lui corre per raggiungermi. Credo che la Gare du Nord sia da quella parte.
Mi prende un gomito e io mi preparo ad affrontare il turbamento, ma come
irrigidirsi quando il medico ti fa uniniezione: provoca solo pi dolore.
Spiegami come arrivarci.
Credo che basti seguire questa strada per un paio disolati e poi girare a
sinistra. Ma prima dobbiamo andare da Cline.
Certo. Cline. Si comporta in modo cos normale, ora. Cio, non normale come
Willem, ma normale in confronto a comera venti minuti fa: la paura sparita dai
suoi occhi, sostituita da una specie di sollievo. Il sollievo di liberarsi di me. Mi
chiedo se non stato il suo piano fin dallinizio. Mollare me e tornare da Cline
per il turno serale; o forse dallaltra ragazza, quella di cui ha il numero serbato al
sicuro in fondo alla tasca. Con tutte quelle opzioni, perch dovrebbe scegliere

me?
Sei una brava ragazza. Era cos che il tipo di cui mi ero innamorata persa,
Shane Michaels, mi aveva detto quando ero quasi riuscita a confessargli cosa
provavo per lui. Sei una brava ragazza. Ecco quello che sono io. Shane mi
teneva la mano e mi diceva parole dolci e seduttrici. Avevo sempre creduto che
significasse qualcosa. Poi, per, si messo con unaltra e con lei ha fatto cose
che avevano davvero un significato.
Percorriamo un ampio viale che riporta verso la stazione ma, dopo un paio di
isolati, svoltiamo in strade pi strette. Cerco di riconoscere il club, ma questo non
un quartiere industriale. residenziale, pieno di appartamenti con vasi di fiori
che si imbevono di pioggia e gatti grassi che dormono placidi dietro le finestre
chiuse. Su un angolo c un ristorante: le sue vetrine appannate diffondono luce.
Riesco a sentire il suono di risate e di posate dargento che tintinnano contro i
piatti fin dallaltro lato della strada. Gente che sta al caldo e allasciutto a godersi
una cena fuori, un gioved sera a Parigi.
Ora la pioggia cade pi fitta. La mia felpa zuppa e mi sto bagnando anche la
T-shirt. Tiro gi le maniche a coprirmi le mani. Comincio a battere i denti; stringo
la mascella per non farlo vedere, ma la cosa non fa che estendere il tremito al
resto del corpo. Mi tolgo la bandana dal collo. Il flusso si fermato, ma ora ho il
collo incrostato di sangue e sudore.
Willem mi guarda con aria desolata, o forse schifata. Dobbiamo darti una
ripulita.

Ho dei vestiti in valigia.


Lui mi esamina il collo e fa una smorfia. Poi mi prende un gomito, attraversa la
strada e apre la porta del ristorante. Allinterno, la luce tremula delle candele
illumina le bottiglie di vino, allineate contro un bancone di zinco, e i menu scritti
con il gesso su piccole lavagne. Mi fermo sulla soglia. Non centriamo niente con
questo posto.
Possiamo ripulire la tua ferita qui. Vedere se hanno una cassetta del pronto
soccorso.
Lo far in treno. Naturalmente la mamma mi ha messo in valigia tutto il
necessario.
Restiamo l uno di fronte allaltro, senza metterci daccordo. Compare un
cameriere. Mi aspetto che ci sgridi per aver fatto entrare il freddo o perch
abbiamo laspetto di due vagabondi sporchi e insanguinati. Invece, mi fa strada
dentro il locale come se ci avesse invitato a casa sua e io fossi lospite donore.
Vede il mio collo e sgrana gli occhi. Willem dice qualcosa in francese e subito lui
annuisce indicando un tavolino in un angolo.
Nel ristorante c un bel tepore, laria ha laroma pungente delle cipolle e
quello dolce della vaniglia, e io sono troppo abbattuta per opporre resistenza. Mi
accascio su una sedia coprendo la ferita con la mano. Laltra mano si rilassa e
abbandona lorologio sulla tovaglia candida, dove ticchetta malevolo.
Il cameriere torna con una cassetta del pronto soccorso e una lavagnetta con il
menu. Willem apre la scatola e ne estrae una salvietta disinfettante, ma io gliela

strappo di mano.
Posso farlo da sola! dico.
Tampono la ferita con il disinfettante e la ricopro con una benda enorme. Il
cameriere torna per controllare il mio lavoro. Approva con un segno del capo. Mi
dice qualcosa in francese. Ti sta chiedendo se vuoi appendere la felpa in
cucina per farla asciugare traduce Willem.
Trattengo limpulso di affondare il viso nel lungo grembiule bianco e ben
stirato, e piangere di gratitudine per la sua gentilezza. Invece, porgo al cameriere
la felpa fradicia. Sotto, la T-shirt bagnata mi si appiccica al corpo; sul colletto ci
sono macchie di sangue. Ho la maglietta che mi ha dato Cline, quella delloscuro
gruppo musicale, troppo esclusivo per essere noto ai pi, che ha indosso Willem,
ma piuttosto che mettermela andrei in giro in reggiseno. Willem chiede
qualcosaltro in francese e, un secondo dopo, al nostro tavolo arriva una grossa
caraffa di vino rosso.
Credevo di dover prendere un treno.
Hai il tempo di mangiare qualcosina. Riempie un bicchiere di vino e me lo
porge.
Tecnicamente ho let legale per bere in tutta Europa, ma non lho fatto,
neanche quando, in alcuni dei pranzi convenzionati, il vino era compreso nel
prezzo e alcuni dei ragazzi lo bevevano di nascosto da Miss Foley. Stasera, per,
non ho esitazioni. Il vino riluce di sfumature rosso sangue nel lume di candela e
berlo come ricevere una trasfusione. Il calore scende dalla gola nello stomaco,

prima di cominciare ad agire sul gelo che mi si installato nelle ossa. Mando gi
mezzo bicchiere in un solo sorso.
Vacci piano mi avverte Willem.
Ingollo laltra met e porgo il bicchiere come se allungassi il dito medio per
mandarlo al diavolo. Lui mi studia per un attimo, poi lo riempie fino allorlo.
Il cameriere riappare e ci consegna con gesto formale la lavagnetta del menu
e un cestino di pane con un piattino dargento.
Et pour vous, le pt.
Grazie dico. Cio, merci.
Sorride. De rien.
Willem stacca un pezzo di pane e ci spalma sopra la pasta marroncina, poi me
lo offre. Lo guardo con astio.
meglio della Nutella mi stuzzica, con un tono quasi cantilenante.
Forse il vino o la prospettiva di liberarsi di me, ma Willem, il Willem con cui
ho trascorso tutta la giornata, tornato. E la cosa mi rende furiosa. Non ho
fame dico, anche se in realt ho una fame da lupo. Non ho mangiato pi nulla
dopo quella crpe. E poi, sembra cibo per cani aggiungo, per rincarare la
dose.
Provalo. Mi accosta alla bocca il pane con il pt. Glielo strappo di mano
e ne prendo un morsetto. Il gusto insieme delicato e intenso, come un burro
fatto di carne. Ma mi rifiuto di dargli la soddisfazione di vedere che mi piace.
Mastico e faccio una smorfia. Poi rimetto gi il pezzo di pane.

Il cameriere arriva, vede la caraffa di vino vuota e la indica. Willem annuisce.


Lui torna con una caraffa piena. La sogliola finie dice in inglese,
cancellando la scritta dalla lavagna. Poi mi guarda. Lei ha freddo e ha perso
sangue dice, come se avessi avuto unemorragia. Le raccomanderei
qualcosa che d force. Stringe il pugno. Il boeuf bourguignon eccellente.
Abbiamo anche un pot-au-feu di pesce, ottimo.
Basta che ci sia questo dico, indicando il vino.
Il cameriere si acciglia leggermente e guarda prima me, poi Willem, come se
fossi sotto la loro responsabilit congiunta. Potrei suggerire, per iniziare,
uninsalata di asparagi e salmone affumicato?
Quel traditore del mio stomaco gorgoglia. Willem annuisce e ordina per
entrambi i due piatti che il cameriere ci ha consigliato. Non si prende neppure la
briga di chiedermi cosa voglio. Che va bene perch, al momento, lunica cosa che
voglio il vino. Allungo la mano per versarmene un altro bicchiere, ma lui mette
il palmo sulla bocca della caraffa. Prima devi mangiare qualcosa dice. di
anatra, non di maiale.
E con ci? Minfilo un pezzo di baguette e pt in bocca e mastico
rumorosamente, con aria di sfida, mascherando la soddisfazione che mi d. Poi
allungo il bicchiere.
Willem mi fissa per un lungo istante, ma mi riempie il bicchiere, quindi sfodera
il suo mezzo sorriso indolente. In un solo giorno ho imparato ad amare quel
sorriso. Adesso per lo ammazzerei.

Restiamo seduti in silenzio finch il cameriere torna per portarci linsalata con
un inchino, che fa onore allelegante presentazione del piatto: una natura morta
di salmone rosato, asparagi verdi, senape gialla e triangolini di pane tostato,
disposti sul bordo del piatto come petali di un fiore. Mi viene lacquolina in bocca
ed come se il mio corpo sventolasse bandiera bianca e mi dicesse di
arrendermi, di mollare finch sono in testa, di accettare la bella giornata che ho
trascorso e che stata molto pi di quel che avevo il diritto di aspettarmi. Ma c
unaltra parte di me che ha ancora fame, non solo di cibo, ma di tutto quello che
oggi mi stato sciorinato davanti agli occhi. per conto di quella ragazza che
rifiuto di mangiare linsalata.
Sei ancora sconvolta dice lui. Ma la ferita non grave come pensavo.
Non ti rester nemmeno la cicatrice.
S, invece. Anche se la settimana prossima sar guarita, la cicatrice rimarr,
per non nel senso che intende lui. Credi che sia sconvolta per questo?
tocco la benda che ho sul collo.
Lui non mi guarda. Sa benissimo che il motivo non quello. Mangiamo
qualcosa, okay?
Rispediscimi pure indietro. Fai quel che devi fare, ma non mi chiedere di
esserne contenta.
Al di l della luce danzante delle candele vedo i sentimenti espressi dal suo
viso mutare come rapide nubi: sorpresa, divertimento, frustrazione, tenerezza; o
forse compassione. Saresti partita domattina, perci che differenza fa? con

la mano spazza via alcune briciole dalla tovaglia.


Che differenza fa, Willem? La differenza la notte.
Lasciamo perdere la mia geniale risposta.
Lasciar perdere? domanda Willem. Fa scorrere il dito lungo il bordo del
bicchiere, che emette un suono acuto, come una sirena da nebbia. Ti sei
chiesta cosa sarebbe successo?
Non ho fatto altro che pensare a quello, pur sforzandomi di non pensarci. A
cosa sarebbe successo stanotte.
Ma, una volta di pi, ho frainteso. Hai pensato a cosa sarebbe successo se ci
avessero raggiunto? continua.
Ho percepito quel che volevano fare a lui. Sentivo il gusto della loro violenza
sulla lingua. per questo che gli ho tirato il libro: volevano farti del male
dico. Che cosa gli hai detto per farli infuriare tanto?
Erano gi furiosi ribatte, evadendo la domanda. Gli ho solo fornito un
motivo diverso per esserlo. Ma, dalla sua risposta e dallespressione del suo
viso, capisco che non mi sono sbagliata. Stavano per fargli del male. Almeno quel
che ho percepito era vero.
Ti immagini cosavrebbero fatto se ci avessero preso? Se ti avessero preso?
Parla a voce cos bassa che devo sporgermi in avanti per sentire. Guarda
cosa ti hanno fatto. Allunga la mano come per sfiorarmi il collo, ma poi la
ritira.
Nelladrenalina della caccia e nella strana euforia che lha seguita, non ho

pensato che potessero prendere me. Forse perch non mi era parso possibile. Ma
ora, qui, con Willem seduto davanti a me con quellespressione strana e cupa,
con la bandana insanguinata appallottolata in un angolo del tavolo, sento gli
scarponi avvicinarsi, sento i passi pesanti e un rumore di ossa spezzate.
Ma non ci hanno preso. Mando gi il tremito che mincrina la voce con un
altro sorso di vino.
Lui finisce il suo e fissa il bicchiere vuoto per un momento. Non per questo
che ti ho portato qui.
E per cosa mi hai portato qui? Non ha mai risposto a questa domanda.
Non ha mai detto perch mi ha portato con s a Parigi per un giorno.
Si strofina gli occhi con il palmo delle mani. Quando le abbassa, ha un aspetto
differente. Spogliato di ogni maschera. Non perch le cose andassero storte.
Be, un po tardi per dirlo. Cerco di mostrarmi disinvolta, sciolta, di tirar
fuori i residui della Lul che c in me. Mentre lo dico, per, la verit come un
pugno in pieno stomaco. Abbiamo, o almeno io ho, superato il punto di non
ritorno.
Lo guardo di nuovo. Il suo sguardo sostiene il mio. La corrente elettrica si
riaccende tra noi.
Suppongo di s dice Willem.

CAPITOLO DODICI

Forse Jacques aveva ragione e il tempo davvero fluido. Perch mentre ceniamo
il mio orologio, l sul tavolo, sembra piegarsi e distorcersi come quello di un
dipinto di Salvador Dal. Poi, a un certo punto, tra il boeuf bourguignon e la crme
brle Willem allunga la mano, lo prende e mi fissa per un attimo prima di
rimetterlo al polso. Sento un profondo sollievo. Non soltanto perch non mi
rispedisce a Londra stasera. Ma perch riprende il controllo del tempo. Ormai la
mia resa completa.
notte quando usciamo in strada, e Parigi diventata una fotografia dai toni
color seppia. Si fatto troppo tardi per cercare un albergo o un ostello e, in ogni
caso, non abbiamo pi soldi. Ho dato quel che restava dei miei contanti le
quaranta sterline a Willem per contribuire a saldare il conto del ristorante. Il
cameriere ha protestato quando abbiamo pagato, non perch gli abbiamo
consegnato un misto di euro e sterline, ma perch gli abbiamo lasciato una

mancia che ammontava allequivalente di venticinque dollari. Troppo ha


detto. Assolutamente insufficiente, ho pensato io.
E ora, eccomi qui. Niente soldi. Nessun posto dove passare la notte. Dovrebbe
essere un incubo dei peggiori. Invece non me ne importa nulla. Buffo: sono tante
le cose di cui pensi di aver paura. Poi ti succedono, e scopri che paura non ne hai.
Cos camminiamo. Le strade sono silenziose. Sembra che ci siamo solo noi e gli
spazzini, con le loro tute verdoline e le scope di plastica verde fosforescente che
sembrano rami presi in una foresta incantata. Le luci lampeggianti di automobili e
taxi attraversano, sollevando spruzzi, le pozzanghere lasciate dallo scroscio di
poco fa, che ormai si addolcito in unumidit nebbiosa.
Costeggiamo i canali silenziosi e il parco, con il lago dove nel pomeriggio
abbiamo chiesto il passaggio alla chiatta. Passiamo sotto i binari sospesi della
ferrovia.
Alla fine ci troviamo in una sorta di piccola Chinatown. Essendo notte tutto
chiuso, ma le insegne sono illuminate.
Guarda dico a Willem, indicandone una. il segno di doppia felicit.
Lui si ferma e contempla linsegna. Il suo viso bellissimo anche nel riflesso
delle luci al neon.
Doppia felicit sorride. Poi mi prende la mano.
Il mio cuore fa un salto mortale. Dove andiamo?
Non hai visto neanche un po di arte.
Ma luna del mattino.

Siamo a Parigi!
Ci avventuriamo nella Chinatown, infilandoci in varie strade e stradine, finch
Willem trova quello che stava cercando: una serie di edifici alti e fatiscenti, con le
finestre sbarrate da assi di legno. Hanno tutti lo stesso aspetto eccetto quello
allestrema destra, ricoperto di impalcature rosse da cui pendono una serie di
ritratti distorti, dipinti in uno stile molto moderno. La porta dingresso
completamente ricoperta di graffiti e volantini variopinti.
Che cos questo posto?
Uno squat di artisti.
E sarebbe?
Willem mi spiega cosa sono gli squat: edifici abbandonati che vengono
occupati da artisti, musicisti, punk o attivisti. Di solito danno ospitalit per la
notte. Qui non ho mai dormito, ma una volta ci sono entrato e sono stati molto
gentili.
Quando per cerca di aprire la pesante porta dingresso in metallo, vediamo
che chiusa e ha un lucchetto allesterno. Willem si allontana un po per guardare
su, verso le finestre, ma la casa, come tutto il quartiere circostante, sembra
dormire gi.
Mi rivolge uno sguardo di scuse. Credevo che ci sarebbe stato qualcuno
stanotte sospira. Potremo andare da Cline. Ma anche lui non sembra
molto entusiasta della prospettiva.
Faccio segno di no, scuotendo il capo. Preferirei camminare tutta la notte nella

pioggia pi fitta. E, in ogni caso, ha smesso di piovere. Una sottile falce di luna fa
capolino tra le nuvole che corrono. Ha unaria cos essenzialmente parigina, nel
modo in cui si staglia al di sopra dei tetti obliqui, che difficile credere che sia la
stessa luna che stanotte risplender attraverso la finestra della mia stanza, a
casa. Willem segue la direzione del mio sguardo, su in cielo. I suoi occhi si
bloccano su un punto.
Ritorna verso ledificio e io lo seguo. Su un angolo, una parte dellimpalcatura
arriva a un cornicione che porta a una finestra aperta. Una tenda svolazza nella
brezza.
Willem guarda la finestra. Poi guarda me. Sei capace di arrampicarti?
Ieri avrei risposto di no. Troppo alto. Troppo pericoloso. Ma oggi dico: Ci
posso provare.
Metto la borsa a tracolla e appoggio il piede sulle mani di Willem incrociate a
mo di sostegno. Lui mi solleva a met altezza e io trovo un appiglio per il piede
in una scanalatura dellintonaco e mi aggrappo allimpalcatura per issarmi sul
cornicione. Scivolo sullo stomaco e afferro la ringhiera a spirali, tirandomi su e
attraversando la finestra a testa avanti.
Io ci sono chiamo. Tutto bene
Mi affaccio. Willem l sotto. Ha di nuovo il suo sorrisetto sornione. Poi, senza
sforzo, si arrampica su come uno scoiattolo, si mette in piedi sul cornicione, lo
percorre tenendo le braccia in fuori come un funambolo sulla corda e scivola
allinterno della finestra.

Ci vuole un minuto perch i miei occhi si abituino alloscurit, poi per vedo
bianco dappertutto: pareti bianche, scaffali bianchi, una scrivania bianca e
bianche sculture di creta.
Qualcuno ci ha lasciato una chiave dice Willem.
Restiamo tutte due in silenzio. Mi piace pensare che sia un momento di
raccoglimento per rendere grazie agli incidenti casuali
Poi lui estrae una piccola torcia. Andiamo a esplorare?
Annuisco. Ci muoviamo, esaminando una scultura che sembra fatta di
marshmallow, una serie di foto in bianco e nero di ragazze grasse e nude, alcuni
dipinti a olio che ritraggono ragazze magre e nude. Willem fa scorrere la luce
della torcia sulla superficie di una scultura gigantesca e molto futurista, tutta di
tubi di metallo contorti e avvoltolati: linterpretazione artistica di una stazione
spaziale.
Scendiamo furtivi una scala che scricchiola fino a una stanza con pareti nere ed
enormi fotografie di gente che fluttua in profonde acque blu. Resto l a osservarle
e riesco quasi a percepire la dolcezza dellacqua, il modo in cui le onde mi
accarezzano quando a volte, in Messico, vado a fare il bagno di notte per sfuggire
alla folla.
Che ne pensi? mi chiede Willem.
Meglio del Louvre.
Torniamo di sopra. Lui spegne la torcia.
Sai? Un giorno una di queste potrebbe finire dentro il Louvre dice. Sfiora

una scultura ellittica e bianca che sembra risplendere nel buio. Pensi che
Shakespeare abbia mai immaginato che, quattrocento anni dopo, Guerrilla Will
avrebbe recitato le sue commedie? Ride un po, poi la sua voce assume un
tono quasi reverenziale. Non si pu sapere cosa resister al tempo.
Lo ha detto anche prima, parlando di incidenti casuali, a proposito del fatto
che non si sa mai quale solo una curva della strada e quale sar un bivio, e non
si pu dire se la tua vita sta cambiando finch non gi cambiata.
Secondo me, a volte lo sai osservo, con la voce che trabocca di
emozione.
Willem si volta verso di me, traffica con la tracolla della mia borsa. Per un
attimo non riesco a muovermi. Non riesco a respirare. Solleva la borsa e la lascia
cadere a terra. Una nuvoletta di polvere si alza in aria facendomi pizzicare il
naso. Starnutisco.
Gezondheid dice lui.
Hagelslag rispondo.
Te lo ricordi?
Mi ricordo tutto di oggi. Mi viene un groppo in gola, quando capisco
quanto vero quello che ho detto.
Cosa ti ricorderai? Lascia cadere il suo zaino accanto alla mia borsa. Si
appoggiano luno allaltra come vecchi compagni di battaglia.
Mi accosto al banco da lavoro. La giornata mi scorre davanti agli occhi: la voce
scherzosa di Willem che commenta la mia colazione sul primo treno e leffetto

liberatorio della confessione che gli ho fatto sul treno successivo; il bacio
affettuoso del Gigante al club; la sensazione appiccicosa e fresca della saliva di
Willem sul mio polso al caff; gli echi segreti sotto il suolo di Parigi e il senso di
liberazione quando lorologio sparito dal mio polso; la scossa elettrica che ho
sentito quando la mano di lui mi ha trovata, il terrore nel grido di quella ragazza,
la reazione pronta e coraggiosa di Willem e la nostra volata, in fuga attraverso
Parigi, che mi ha dato proprio la sensazione di un volo; i suoi occhi: il modo in cui
mi scrutano, mi prendono in giro, mi mettono alla prova eppure, in qualche
modo, mi capiscono.
Ecco cosa scorre davanti ai miei, di occhi, quando ripenso a questa giornata.
E ha a che fare con Parigi ma, soprattutto, ha a che fare con la persona che mi
ha portato qui. E con la persona che lui mi ha dato la possibilit di diventare, una
volta qui. Sono troppo sopraffatta per spiegare tutto questo, perci dico lunica
parola che lo riassume. Tu.
E questo? sfiora la benda che ho sul collo. Provo un fremito che non ha
nulla a che fare con la ferita.
Non me ne importa nulla mormoro.
A me s mi risponde sussurrando anche lui.
Willem non sa, non pu sapere, perch non mi conosceva prima dora, che
nulla di tutto questo ha importanza. Non sono stata in pericolo, oggi gli dico
con voce soffocata. Oggi sono sfuggita al pericolo. cos. E non tanto la
fuga dagli skinhead: ho la sensazione che tutta la giornata sia stata una continua

scossa elettrica, con gli elettrodi attaccati direttamente al mio cuore, che mi ha
strappato a un torpore lungo una vita di cui non sapevo neppure di essere preda.
Mi sono salvata dico.
Ti sei salvata. Si avvicina e torreggia sopra di me.
Ho la schiena contro il tavolo e il cuore comincia a battermi forte, perch non
c modo di salvarsi da questo. E non voglio farlo.
Come se fosse scollegata dal resto del corpo, la mia mano si solleva per aria e
va a sfiorargli la guancia. Ma, prima che sia arrivata, la sua mano scatta e mi
blocca. In un attimo di confusione, temo di aver di nuovo frainteso la situazione:
sto per ricevere un rifiuto.
Willem mi stringe il polso per un lungo istante, esaminando la mia voglia. Poi
se lo porta alla bocca. E anche se le sue labbra sono morbide e il suo bacio
dolce, leffetto quello di un coltello infilato in una presa elettrica. Sento una
scossa che mi percorre.
Willem mi bacia il polso, poi sale pi su, lungo linterno del braccio e lincavo
del gomito, fino allascella e a punti che non sembrano aver mai meritato di
essere baciati. Il mio respiro si fa affannoso mentre le sue labbra mi sfiorano la
scapola, fermandosi a dissetarsi nellincavo della clavicola, prima di dedicare la
loro attenzione ai tendini del collo: larea intorno alla benda e, con delicatezza, la
parte coperta dalla benda. Zone del mio corpo che non avevo mai neanche
saputo esistessero si svegliano, man mano che il circuito elettrico si accende.
Quando, finalmente, mi bacia le labbra, tutto diventa stranamente quieto,

come lattimo di silenzio tra il fulmine e il tuono. Milleuno. Milledue. Milletre.


Millequattro. Millecinque.
Bang.
Ci baciamo di nuovo. Il bacio successivo del tipo che fa spalancare il cielo. Mi
toglie il fiato e poi me lo restituisce. Mi dimostra che tutti gli altri baci che ho
ricevuto nella vita erano sbagliati.
Gli infilo le dita tra i capelli e lo attiro verso di me. Willem mi posa una mano
sulla nuca, fa scorrere le dita lungo le sommit delle mie vertebre. Zing, zing,
zing, fanno le scosse elettriche.
Le sue braccia mi circondano la vita e mi solleva sul piano del tavolo: ora
siamo faccia a faccia e ci baciamo con passione. La mia felpa finisce a terra. Poi
la maglietta. Poi la sua. Ha il petto morbido e muscoloso e io ci affondo il viso e
lo bacio sulla linea di giuntura dei pettorali. Gli apro la cintura e gli sfilo i jeans
con una frenesia che non ho mai conosciuto.
Le mie gambe gli circondano i fianchi. Le sue mani mi toccano dappertutto, e
si spostano verso la curva delle anche dove hanno riposato durante la nostra
siesta. Emetto un suono che non sembra poter uscire dalla mia gola.
Si materializza un preservativo. I miei slip sono scivolati fino ai piedi calzati dai
sandali, e la gonna ammucchiata come una sottoveste di crinolina intorno alla
vita. I boxer di Willem cadono a terra. Poi mi solleva dal tavolo. E mi rendo conto
che prima mi sbagliavo. Solo adesso la mia resa completa.
Dopo, ci accasciamo a terra, Willem allungato sulla schiena e io distesa contro

di lui. Le sue dita accarezzano la mia voglia, che sembra emanare calore, e le
mie gli solleticano il polso, i suoi peli cos morbidi contro il metallo spesso del
cinturino dellorologio.
Quindi, cos che ti prendi cura di me? scherza, indicando un segno rosso
sul collo dove credo di averlo morso.
Come fa con tutto il resto, ha trasformato la mia promessa in una cosa buffa,
di cui prendermi in giro. Ma non mi sento di ridere, non adesso, non su questo,
non dopo quello che stato.
No dico. Non cos. Una parte di me vorrebbe rimangiarsi lintera
faccenda. Ma non lo far. Perch mi ha chiesto di prendermi cura di lui e, anche
se era uno scherzo, glielho promesso, e non scherzavo. Quando ho detto che
sarei stata per lui come la fanciulla della montagna, sapevo che non lo avrei mai
pi visto. Ma non era quello il punto. Volevo che sapesse che, se si fosse sentito
solo al mondo in quel mondo cero anchio.
Questo per era ieri. Con una stretta al cuore, che mi fa davvero capire perch
si dice cuore spezzato, mi domando se la sua solitudine che mi preoccupa.
Willem passa il dito sul sottile strato di polvere di creta bianca che mi ricopre il
corpo. Sembri un fantasma dice. Tra poco svanirai. Ha un tono
scherzoso ma, quando cerco i suoi occhi, distoglie lo sguardo.
Lo so. Ho un nodo in gola. Se continuiamo a parlare, si trasformer in un
singhiozzo.
Willem ripulisce un po della polvere e la mia pelle, scura e abbronzata dal

viaggio, riemerge. Ma altre cose, me ne rendo conto ora, non verranno via con
altrettanta facilit. Gli prendo il mento tra le dita e gli giro il viso verso di me.
Nella luminosit irregolare dei lampioni accesi in strada, i piani e gli angoli del
suo volto formano ombre e luci. Poi mi fissa, con uno sguardo intenso, e la sua
espressione triste e malinconica, tenera e piena di desiderio, e mi dice tutto
quel che mi serve sapere.
Mi trema la mano mentre la porto alla bocca. Mi lecco il pollice e lo strofino
contro il polso, contro la mia voglia. Lo faccio ancora. Alzo lo sguardo e lo fisso
negli occhi, che sono neri come questa notte che vorrei non finisse mai.
Il volto di Willem si scompone per un istante, poi assume unespressione
solenne, come alla fine della nostra fuga. Allunga la mano e strofina anche lui la
macchia. Non si cancella, quello che mi sta dicendo.
Ma domani te ne vai aggiunge.
Sento il battito del mio cuore rimbombarmi nelle tempie.
Non devo andare per forza.
Per un attimo ha unaria confusa.
Posso restare un giorno in pi spiego.
Un giorno in pi. tutto quello che chiedo. Soltanto un giorno in pi. Non
riesco ad andare oltre con il pensiero. Oltre, le cose si complicano. I voli vengono
rimandati. I genitori vanno nel panico. Per, un giorno in pi. Un giorno lo posso
conquistare con uno sforzo minimo, senza mettere in agitazione nessuno eccetto
Melanie. Che capir. Alla fine.

Una parte di me sa che un giorno in pi non servir ad altro che a rimandare la


sofferenza. Ma unaltra parte la pensa in un modo diverso. Nasciamo in un giorno.
Moriamo in un giorno. Possiamo cambiare in un giorno. E possiamo innamorarci in
un giorno. Tutto pu accadere in un giorno soltanto.
Cosa ne pensi? gli chiedo. Un giorno in pi?
Non mi risponde. Invece, mi fa scivolare sotto di lui. Scivolo sul pavimento di
cemento, sottomettendomi al peso del suo corpo. Finch qualcosa di aguzzo mi
preme sulle costole.
Ahi!
Willem infila una mano sotto di me e tira fuori un piccolo scalpello di metallo.
Dovremmo trovare un altro posto dove stare dico. Ma non da Cline.
Sssh mi zittisce posando le labbra sulle mie.
Pi tardi, dopo che ce la siamo presa comoda e abbiamo esplorato ogni
recondito angolo luno dellaltra, dopo che ci siamo baciati, leccati, e che abbiamo
sussurrato e riso fino ad avere le membra pesanti e finch il cielo fuori dalle
finestre ha cominciato a tingersi del colore violetto dellalba nascente, Willem ci
drappeggia addosso un pezzo di stoffa.
Goeienacht, Lul dice, con le palpebre che si chiudono per la stanchezza.
Sfioro i sottili solchi del suo viso con la punta delle dita. Goeienacht, Willem
rispondo. Poi mi avvicino al suo orecchio, sposto il groviglio spettinato di
capelli da una parte e sussurro: Allyson. Mi chiamo Allyson. Ma ormai si
addormentato. Appoggio la testa nellincavo della sua spalla, tracciando le lettere

del mio vero nome sul suo avambraccio dove immagino che il loro contorno
rimarr fino al mattino.

CAPITOLO TREDICI

Dopo unondata di calura della durata di dieci giorni, mi ero abituata a svegliarmi
in un bagno di sudore. Al contrario mi sveglio con la brezzolina fresca che entra
da una finestra aperta. Cerco la coperta, ma invece di trovare una cosa calda e
soffice mi imbatto in una cosa dura e spiegazzata. Una tela di cotone grezzo. E, in
quello spazio confuso tra il sonno e la veglia, tutto mi torna in mente. Dove sono.
Con chi sono. La gioia emana dal profondo del mio essere e mi scalda.
Allungo la mano verso Willem, ma non c. Apro gli occhi, strizzandoli per la
luce grigiastra riflessa dalle pareti candide dello studio.
Distinto guardo lorologio, ma il mio polso nudo. Zampetto fino alla finestra
coprendomi il seno nudo con la gonna. Le strade sono silenziose e negozi e caff
sono ancora chiusi. presto.
Vorrei chiamarlo, ma il silenzio come quello di una chiesa e disturbarlo
sembra sbagliato. Sar al piano di sotto, o forse in bagno. Avrei anchio bisogno

di andarci. Mi rivesto e scendo le scale in punta di piedi. Ma Willem non


neppure nel bagno. Faccio pip, mi sciacquo il viso, e bevo un po dacqua per
cercare di mandar via linizio del mal di testa da dopo sbronza.
Star esplorando lo studio alla luce del giorno. O, forse, tornato su per la
scala. Calmati mi dico. Probabilmente ora di sopra.
Willem? chiamo.
Nessuna risposta.
Corro su nello studio dove abbiamo dormito. in disordine. Sul pavimento c
la mia borsa, con tutta la roba che sbuca fuori. Ma la sua, la sua roba, sparita.
Il cuore comincia a battermi allimpazzata. Mi precipito sulla borsa, la apro e
controllo che ci siano il portafogli, il passaporto e quei pochi contanti.
Immediatamente mi sento stupida. Mi ha pagato lui il biglietto per venire qui. Di
certo non mi deruber. Ricordo la crisi dansia che mi sono provocata da sola, ieri
in treno.
Ora corro su e gi per la scale, chiamando il suo nome. Ma solo leco mi
risponde Willem! Willem! come se i muri ridessero di me.
Il panico mi sta invadendo. Cerco di allontanarlo con la logica. andato fuori a
prendere qualcosa da mangiare. A cercarci un posto dove dormire.
Mi metto vicino alla finestra e aspetto.
Parigi comincia a svegliarsi. Si alzano le serrande dei negozi, i netturbini
spazzano i marciapiedi. I clacson prendono a suonare, le biciclette a
scampanellare, il rumore di passi sul selciato si moltiplica.

Se i negozi sono aperti, saranno le nove del mattino? Le dieci? Tra non molto
arriveranno gli artisti, e cosa faranno quando mi troveranno accampata qui nello
squat come Riccioli dOro?
Decido di aspettarlo fuori. Minfilo le scarpe, metto la borsa a tracolla e mi
dirigo verso la finestra aperta. Nella fredda luce diurna, per, senza il vino a
darmi coraggio o Willem ad aiutarmi, quella tra il secondo piano e la strada mi
sembra una distanza lunghissima per lasciarsi cadere.
Se sei salita sei in grado di scendere mi rimprovero. Ma quando mi arrampico
sul davanzale e mi sporgo verso limpalcatura la mano mi scivola e mi gira la
testa. Immagino i miei genitori che ricevono la notizia della mia morte:
precipitata da un palazzo a Parigi. Ricado dentro lo studio, le mani a coppa
davanti al naso per cercare di respirare a fondo.
Dov? Dove diavolo ? La mia mente rimbalza tra i motivi plausibili di un suo
ritardo come fosse la pallina di un flipper. andato a prendere dei soldi. andato
a recuperare la mia valigia. E se, uscendo dalla finestra, fosse precipitato? Balzo
in piedi, invasa da un ottimismo malato che spera di trovarlo spiaccicato ai piedi
del tubo della grondaia, ferito ma vivo, e di poter cos mettere in pratica la
promessa di prendermi cura di lui. Ma sotto la finestra non c nientaltro che una
pozzanghera di acqua sporca.
Mi accascio di nuovo sul pavimento dello studio, senza fiato per la paura, che
ormai su una Scala Richter completamente diversa dal lieve spavento del treno.
Il tempo scorre. Mi abbraccio le ginocchia, rabbrividendo nellumidit del

mattino. Scendo furtivamente di sotto. Provo ad aprire la porta dingresso, ma


chiusa a chiave dallesterno. Ho la sensazione che rester per sempre qui, in
trappola: che invecchier, avvizzir e finir per morire qui, prigioniera di questo
squat.
Fino a che ora dormiranno gli artisti? Che ore sono? Eppure, non ho bisogno di
un orologio che mi dica che Willem andato via da troppo tempo. A ogni minuto
che passa le spiegazioni che cerco di escogitare mi paiono sempre pi
inconsistenti.
Finalmente sento il rumore della catena e il tintinnare di chiavi infilate nella
toppa. Quando la porta si apre appare una donna con due lunghe trecce che
trasporta alcune tele arrotolate. Mi guarda e comincia a parlarmi in francese, ma
io la oltrepasso e corro fuori.
In strada mi guardo intorno cercando Willem, ma non c. E non potrebbe mai
essere qui, in mezzo a questa squallida infilata di ristoranti cinesi da quattro
soldi, garage e blocchi di appartamenti, grigi nella pioggia grigia. Come ho fatto a
pensare che questo posto fosse bello?
Corro in mezzo alla strada. Le macchine si attaccano ai clacson, che suonano
diversi ed estranei, come se anche loro parlassero unaltra lingua. Giro su me
stessa, senza avere la pi pallida idea di dove sono o di dove potrei andare,
desiderando disperatamente di essere a casa. A casa, nel mio letto. Al sicuro.
Le lacrime mi offuscano la vista, ma in qualche modo riesco, incespicando, ad
attraversare la strada e a seguire il marciapiede, rimbalzando da un isolato

allaltro. Questa volta non c nessuno che minsegue. Ma questa volta ho paura.
Corro per diversi isolati, su per una serie di scale e in una specie di piazza,
dove ci sono un parcheggio di quelle biciclette grigie e bianche, unagenzia
immobiliare, una farmacia e un caff con davanti una cabina telefonica. Melanie!
Posso chiamare Melanie. Faccio un paio di respiri profondi, ricaccio indietro i
singhiozzi e seguo le istruzioni per connettermi alloperatore internazionale. Ma la
chiamata va dritta alla segreteria telefonica. Certo! Ha spento il telefono per
evitare le telefonate di mia madre.
Unoperatrice prende la linea per informarmi che non posso lasciare messaggi
perch la chiamata a carico del destinatario. Mi metto a piangere. Loperatrice
mi chiede se mi deve passare la polizia. Singhiozzando rispondo di no e lei mi
chiede se voglio chiamare qualcun altro. a quel punto che mi ricordo del
biglietto da visita di Miss Foley.
Lei risponde con un brusco Pat Foley. Loperatrice le deve chiedere se accetta
la chiamata per ben tre volte perch, quando la sento, io mi metto a piangere
ancora pi forte, e quindi lei non riesce a capire la domanda.
Allyson. Allyson. Cosa succede? Stai male, sei ferita? mi chiede allaltro
capo della linea.
Sono troppo spaventata, troppo intontita per stare male. Arriver dopo.
No rispondo con un filo di voce. Ho bisogno di aiuto.
Miss Foley riesce a cavarmi di bocca le informazioni essenziali. Sono andata a
Parigi con un ragazzo che ho incontrato in treno. Sono bloccata qui, sperduta e

senza soldi, senza sapere dove mi trovo.


Per favore la imploro. Voglio solo tornare a casa.
Occupiamoci prima di riportarti in Inghilterra, va bene? dice calma. Hai
il biglietto di ritorno?
Willem mi ha comprato un biglietto di andata e ritorno, mi dico. Frugo nella
borsa e tiro fuori il passaporto. Il biglietto ancora l, ripiegato per bene in mezzo
alle pagine. Credo di s dico a Miss Foley con voce tremolante.
Per quando prenotato il ritorno?
Lo guardo. Numeri e date mi ondeggiano davanti agli occhi. Non riesco a
capire.
Nellangolo in alto a sinistra. Sar scritto come nellorario che usa lesercito.
Basato sulle ventiquattrore.
Ora lo vedo. Tredici e trenta.
Tredici e trenta ripete Miss Foley con quella sua voce efficiente e
consolante. Ottimo. Vuol dire luna e mezzo. appena passato mezzogiorno,
perci hai tutto il tempo per prendere quel treno. Sei in grado di arrivare alla
stazione? O a una stazione della metropolitana?
Non saprei proprio come. E non ho soldi. No.
E con un taxi? Se prendi un taxi fino alla Gare du Nord?
Scuoto la testa. Non ho neppure un euro per pagare la corsa. Lo dico a Miss
Foley. Nel silenzio che segue percepisco un moto di disapprovazione. Quasi che
nulla di quel che le ho detto finora mi avesse fatto crollare nella sua stima quanto

il fatto di venire a Parigi senza i fondi sufficienti. Sospira. Ti posso chiamare un


taxi da qui e pagarlo in anticipo, per portarti alla stazione.
Davvero, pu farlo?
Dimmi solo dove sei.
Non so dove sono urlo. Non ho fatto assolutamente caso a dove Willem
mi ha portato ieri. Mi sono arresa a lui.
Allyson! La sua voce come uno schiaffo in pieno viso e ottiene leffetto
voluto. Blocca il mio piagnisteo. Calmati. Metti gi il telefono per un attimo, vai
allincrocio pi vicino e segnati il nome delle strade.
Frugo nella borsa per prendere la penna, ma non c. Metto gi il telefono e
memorizzo i nomi delle strade. Sono tra Avenue Simon Bolivar e Rue de
LEquerre. Massacro la pronuncia. Davanti a una farmacia.
Miss Foley ripete linformazione e poi mi dice di non muovermi, che un taxi
sar l tra mezzora e di richiamarla se non arriva. Se non mi sente, vorr dire che
sono sul treno delluna e mezzo e arrivo alla stazione di St Pancras, e lei verr a
prendermi a Londra, in testa al binario, alle due e quarantacinque. Non devo
assolutamente lasciare la stazione senza di lei.
Un quarto dora pi tardi una Mercedes nera si avvicina lentamente allincrocio.
Lautista regge un cartello e, vedendo il mio nome, Allyson Healey, mi sento
contemporaneamente sollevata e privata di qualcosa. A questo punto Lul,
qualsiasi fosse la sua origine, davvero sparita.
Mi lascio scivolare nel sedile posteriore e partiamo per quello che si rivela un

viaggio di circa dieci minuti fino alla stazione. Miss Foley si messa daccordo con
lautista perch mi accompagni dentro e mi faccia vedere su quale binario andare.
Sono in stato confusionale mentre ci facciamo strada attraverso la stazione, ed
solo quando mi accascio al mio posto e vedo la gente che trascina bagagli lungo i
binari che mi rendo conto di aver lasciato la valigia al club. Tutti i miei vestiti e
tutti i souvenir del viaggio sono l dentro. Ma non me ne importa niente. Ho
perduto qualcosa di molto pi prezioso, a Parigi.
Mantengo un contegno fino a che il treno non entra nel Tunnel. Poi, forse per
la protezione del buio o forse per il ricordo del tragitto sotto la Manica fatto
soltanto ieri, si aprono le cataratte: come ci allontaniamo da Calais e dietro il
finestrino scende il buio, riattacco a singhiozzare, e le mie lacrime sono salate e
senza fine come il mare che sto attraversando.
A St Pancras Miss Foley mi scorta fino a un caff, mi parcheggia in un tavolino
dangolo e mi ordina un t che si raffredda nella tazza. A quel punto le racconto
tutto: lo spettacolo della compagnia teatrale underground di Shakespeare a
Stratford-upon-Avon. Lincontro con Willem sul treno. Il viaggio a Parigi. Quella
giornata perfetta. La misteriosa sparizione della mattina, di cui ancora non
capisco il motivo. Il mio attacco di panico.
Mi aspetto che sia severa, che mi disapprovi perch lho ingannata, perch non
sono affatto una brava ragazza, invece comprensiva.
Oh, Allyson dice.
Non so proprio cosa gli possa essere accaduto. Lho aspettato tanto, almeno

un paio dore, e mi sono spaventata sempre di pi. Mi sono fatta prendere dal
panico. Non so, forse avrei dovuto aspettare ancora.
Potevi aspettare fino a Natale e non credo che avrebbe fatto un briciolo di
differenza dice Miss Foley.
La fisso. Sento che i miei occhi la implorano.
Era un attore, Allyson. Un attore. Sono i peggiori di tutti.
Pensa che sia stata tutta una commedia? Che abbia finto? Scuoto la
testa. Ieri non fingeva ribatto con veemenza, anche se non sono pi sicura
di chi sto cercando di convincere.
Oserei dire che sul momento era sincero ribatte, misurando le parole.
Ma gli uomini sono diversi dalle donne. Le loro emozioni seguono il capriccio del
momento. E gli attori sono in grado di accenderle e spegnerle a piacimento.
Non stata una recita ripeto, ma la mia argomentazione sta perdendo
forza.
Hai dormito con lui?
Per un attimo lo sento ancora addosso a me. Scaccio il pensiero, guardo Miss
Foley, annuisco.
Allora ha avuto quel che voleva. Le sue parole sono crude, ma
pronunciate senza cattiveria. Immagino che non abbia mai cercato altro che
una storia di un giorno. Ed esattamente quello che ti aveva proposto, in fondo.
Era cos. Fino a che non lo pi stato. La notte scorsa ci siamo dichiarati
quello che provavamo luno per laltra. Sto per spiegarlo a Miss Foley. Poi mi

blocco di colpo: ci siamo detti qualcosa? Oppure ho solo spalmato un po del mio
sputo su me stessa?
Penso a Willem. Lo valuto attentamente. Cosa so realmente di lui? Solo una
manciata di dati: quanti anni ha, quanto alto, quanto pesa, la sua nazionalit,
anche se non so neanche quella perch ha detto che sua madre non olandese.
un viaggiatore. Un vagabondo in realt. Gli incidenti casuali sono il motore della
sua vita.
Non so quando compie gli anni; n il colore che preferisce, il suo libro del cuore
o il genere di musica che gli piace di pi. Se da bambino ha mai avuto un cane o
un gatto. Non so se si mai rotto qualche osso. Come si fatto quella cicatrice
sul piede e perch via da casa da tanto tempo. Non so neanche come si chiama
di cognome! Ed molto di pi di quello che lui sa di me. Lui non sa neppure il
mio nome di battesimo!
In questo squallido e angusto caff, senza laura romantica di Parigi che
imbellisce tutto tingendolo di rosa, inizio a vedere le cose per quello che sono.
Willem mi ha invitata a Parigi per una giornata. Non mi ha mai promesso nulla di
pi. Ieri notte ha addirittura cercato di rispedirmi a casa. Sapeva che Lul non era
il mio vero nome e non ha fatto alcuno sforzo per scoprire chi sono davvero.
Quando ho parlato di mandargli la foto di noi due via sms o e-mail, ha trovato un
modo astuto per evitare di darmi i suoi recapiti.
E non che abbia mentito. Mi ha detto di essersi innamorato molte volte, ma
di non aver mai amato nessuna. stato chiaro riguardo a se stesso. Ripenso alle

ragazze incontrate sul treno, a Cline, alle modelle, alla tipa seduta al caff. E
tutte in un solo giorno trascorso insieme. Quante altre ce ne sono, l fuori?
Invece di accettare la situazione, godermi la mia giornata e andare oltre, io ho
puntato i piedi. Gli ho detto che lo amavo. Che volevo prendermi cura di lui. Lho
pregato di concedermi un altro giorno, convinta che lo volesse anche lui. Ma non
mi ha mai risposto. Non ha mai detto apertamente di s.
Oddio! Ora tutto acquista un senso. Come ho potuto essere cos ingenua?
Amarlo? In un giorno solo? Tutto quello che successo ieri stato una finzione.
Unillusione. Man mano che la verit si cristallizza nella sua forma reale, la
vergogna e lumiliazione mi fanno stare cos male che provo una vertigine.
Affondo il viso nel palmo delle mani.
Miss Foley mi accarezza la testa. Su, su, cara. Sfogati. Prevedibile, ma
ugualmente crudele. Avrebbe potuto almeno accompagnarti alla stazione,
salutarti e non farsi vivo mai pi. Sarebbe stato un po pi civile. Mi stringe la
mano. Passer anche questa. Fa una pausa, si avvicina un poco. Cosa ti
successo al collo, cara?
La mia mano scatta a toccare il punto. La benda venuta via e sulla ferita, la
crosta sta cominciando a pizzicare. Niente dico. stato un sto per
dire incidente, ma mi blocco. Un albero.
E che fine ha fatto il tuo bellorologio? domanda ancora.
Mi guardo il polso. Vedo la mia voglia: brutta, denudata, vivida come uno
squillo di tromba. Tiro gi la manica del golf per coprirla. Ce lha lui.

Lei schiocca la lingua. Lo fanno, a volte. Prendono qualcosa, come se fosse


una specie di trofeo. Come dei serial killer. Beve un ultimo sorso di t. Bene,
ti riportiamo da Melanie?
Consegno a Miss Foley il foglietto con lindirizzo di Veronica e lei tira fuori uno
stradario di Londra per pianificare il percorso. Mi addormento sulla metropolitana:
dopo aver versato tutte le mie lacrime il vuoto della stanchezza lunica
consolazione che mi resta. Alla fermata vicino a casa di Veronica, Miss Foley mi
scuote per svegliarmi e mi accompagna fino alledificio vittoriano in mattoni rossi
in cui si trova lappartamento.
Melanie scende ad aprirci, gi pronta per la serata a teatro che avevamo in
programma oggi. Ha il viso acceso, ansiosa di sentirsi raccontare una storia
interessante. Poi, per, vede Miss Foley e la sua espressione cambia di colpo.
Senza sapere nulla, sa gi tutto: ieri ha salutato Lul alla stazione e oggi
Allyson che le viene riconsegnata come un pacco danneggiato. Fa un leggero
segno di assenso con la testa, come se la cosa non la sorprendesse. Poi scalcia
via le scarpe con il tacco e apre le braccia per accogliermi; mi lascio abbracciare e
lumiliazione e il dolore mi fanno cadere in ginocchio. Melanie si accascia al suolo
insieme a me, tenendomi stretta tra le braccia. Alle mie spalle, sento i passi di
Miss Foley che si allontanano. La lascio andar via senza dirle una parola. Non la
ringrazio. E so gi che non lo far mai, anche se sbagliato, considerando
limmensa gentilezza che ha mostrato nei miei confronti. Ma, se devo
sopravvivere, non potr tornare a pensare a questo giorno. Mai pi.

Parte seconda

UN ANNO

CAPITOLO QUATTORDICI

SETTEMBRE

Universit
Allyson. Allyson. Sei l?
Mi tiro il cuscino sulla testa e chiudo bene gli occhi, fingendo di dormire.
La chiave gira nella serratura e la mia compagna di stanza, Kali, apre la porta.
Preferirei che non chiudessi a chiave, quando sei in camera. E lo so che non
stai dormendo. Stai soltanto facendo finta. Come Buster.
Buster il cane di Kali. Un Lhasa Apso. Ci sono anche le sue foto tra le tante
che ha attaccato al muro. Mi ha raccontato tutto del suo cane lo scorso luglio,
quando abbiamo cominciato a scambiarci telefonate per familiarizzare tra future
compagne di stanza. Allepoca mi sembrava che Buster fosse un tesoro, trovavo
curioso che Kali fosse stata chiamata come il posto dove nata, la California, e il

modo in cui parla come se sottolineasse alcune parole mi pareva carino.


Okay, Allyson. Va bene. Non mi rispondere ma, ascolta, potresti richiamare i
tuoi genitori? Tua madre ha telefonato sul mio cellulare cercando te.
Da sotto il cuscino, apro gli occhi. Mi ero chiesta per quanto avrei potuto
tenere il telefono scarico prima che succedesse qualcosa. Gi c stata una
misteriosa consegna da parte del corriere. Mi aspettavo quasi che giungesse un
piccione viaggiatore. Ma arrivare a chiamare la mia compagna di stanza, non un
po troppo?
Mi nascondo sotto il cuscino mentre Kali si cambia e si prepara per uscire,
truccandosi e spruzzandosi addosso un profumo alla vaniglia che impregna tutto
quello che c intorno. Dopo che se n andata mi tolgo il cuscino dalla testa e mi
metto a sedere sul letto. Spingo da una parte il libro di chimica, con
levidenziatore infilato tra le pagine, senza tappo, che spera ancora di essere
usato prima di seccare per la mia trascuratezza. Localizzo il telefono ormai
defunto nel cassetto dei calzini e sposto a calci i vestiti da lavare ammucchiati in
fondo al mio armadio, cercando il caricatore. La corrente elettrica riporta in vita il
cellulare e la segreteria telefonica mi comunica che ho ventidue nuovi messaggi.
Scorro le chiamate perse. Diciotto sono dei miei genitori. Due di mia nonna. Una
di Melanie e una della segreteria.
Ciao, Allyson, sono la mamma. Volevo solo sapere come stai e se va tutto
bene. Richiamami.
Ciao, Allyson. La mamma. Mi arrivato il nuovo catalogo della Boden e ci

sono delle gonne proprio carine. E dei pantaloni di velluto belli pesanti. Ti ordino
qualcosa e te lo porto per il fine settimana delle visite. Richiamami!
Poi ce n una di mio padre.
Tua madre vuole sapere dove possiamo prenotare per cena per il weekend di
visita. Un ristorante italiano, o francese o magari un giapponese. Le ho detto
che tu sarai contenta in ogni caso. Non credo che il rancio della mensa
universitaria sia molto migliorato negli ultimi venticinque anni.
Torniamo alla mamma.
Allyson, ma il tuo telefono rotto? Per favore, non mi dire che hai perso
anche questo! Potresti farti viva, per favore? Sto cercando di organizzare la
nostra visita. Pensavo che potrei venire a lezione con te
Ciao, Ally. la nonna. Adesso sono su Facebook. Non so bene come funziona,
ma potresti darmi lamicizia. Potresti anche telefonarmi. Ma preferisco fare come
fate voi ragazzi.
Allyson, sono pap. Chiama tua madre. Tra laltro, stiamo cercando di
prenotare da Prezzo
Allyson, stai male? Perch proprio non trovo unaltra spiegazione per il tuo
silenzio radio
Da qui in poi i messaggi peggiorano e la mamma si comporta come se fossero
trascorsi tre mesi, anzich tre giorni, dalla nostra ultima telefonata. Finisco per
cancellare gli ultimi senza neppure ascoltarli, fermandomi solo per sentire quello
di Melanie che sproloquia sulla sua scuola, su quanto sono fichi i ragazzi a New

York e su come la pizza sia meglio di qualsiasi altro cibo.


Guardo lora sul telefono. Le sei. Se chiamo casa forse la mamma sar fuori e
beccher la segreteria telefonica. Non so bene che cosa faccia tutto il giorno
adesso. Quando avevo sette anni ha deciso di lasciare il lavoro, anche se non
aveva mai chiesto il periodo di maternit. Il suo progetto era quello di rimettersi
a lavorare una volta che io fossi andata alluniversit, ma non ancora decollato.
Alza il ricevitore al secondo squillo. Allyson, dove sei finita? Il tono della
mamma dispotico e un po impaziente.
Sono scappata per unirmi a una setta religiosa. Segue una breve pausa,
come se stesse effettivamente prendendo in considerazione la possibilit. Sono
alluniversit, mamma. Ho da fare. Sto cercando di abituarmi al carico di lavoro.
Se pensi che questo sia troppo, aspetta di arrivare alla specializzazione in
medicina. E vedrai quando arriverai al praticantato! Tuo padre lo vedevo a
malapena.
Perci dovresti essere abituata.
La mamma tace. Questo tono irriverente una novit da parte mia. Pap dice
che da quando sono tornata dallEuropa mi venuto un attacco ritardato di turbe
adolescenziali. Non mi sono mai comportata cos prima dora ma, a quanto pare,
adesso ho dei modi antipatici, un brutto taglio di capelli e una vena di
irresponsabilit, come dimostra il fatto che non solo ho perduto la valigia e tutto
il suo contenuto, ma anche lorologio avuto in dono per il diploma, sebbene,
stando alla storia che io e Melanie abbiamo raccontato, la valigia con lorologio

dentro stata rubata in treno. Il che, in teoria, dovrebbe scagionarmi da ogni


colpa. Ma non funziona. Forse perch la colpa, in effetti, mia.
La mamma cambia argomento. Hai ricevuto il pacco? Non importa se non
rispondi a me, ma a tua nonna farebbe molto piacere un biglietto di
ringraziamento.
Sposto a calci i vestiti ammucchiati e sporchi cercando il pacco. Avvolte nella
plastica da imballaggio ci sono una sveglia di modernariato con Betty Boop e una
scatola di biscotti panna e cioccolato di Shriner, la pasticceria della nostra
cittadina. Il biglietto appiccicoso che c dentro la scatola recita: Questi sono da
parte della nonna.
Mi sembrava che quellorologio fosse perfetto per la tua collezione.
Gi Guardo le scatole che contengono la mia collezione di orologi e
tutte le cose inutili portate da casa, che sono ancora chiuse dentro le scatole in
fondo allarmadio.
E ti ho ordinato un po di vestiti nuovi. Cosa faccio? Te li spedisco o li porto
io?
Portali tu, direi.
A proposito del weekend di visita, stiamo definendo il programma. Per
sabato sera cercheremo di prenotare una cena da Prezzo. Domenica c il brunch
e poi, prima del volo di ritorno, tuo padre ha un incontro con i suoi vecchi
compagni, perci pensavo che io e te potremmo andare a trattarci bene in
qualche sauna con piscina. Oh, e sabato mattina, prima di pranzo, prender un

caff insieme alla mamma di Kali, Lynn. Ci siamo scambiate qualche e-mail.
Perch mandi e-mail alla madre della mia compagna di stanza?
Perch no? La voce della mamma irritata, come se non avessi ragione
di domandarlo, come se non ci fosse ragione per cui lei non dovrebbe essere
presente in ogni singola parte della mia vita.
Be, potresti evitare di chiamare sul cellulare di Kali? un po strano.
un po strano avere una figlia che si rende irreperibile per una settimana
intera.
Tre giorni, mamma.
Allora li hai contati anche tu. Fa una pausa per segnare il punto a suo
favore. E se tu mi lasciassi chiedere di installare un telefono fisso non
avremmo questo problema.
Nessuno usa pi il telefono fisso. Abbiamo tutti i cellulari. Con i nostri
numeri personali. Per favore non mi chiamare sul suo.
Allora rispondi alle mie chiamate, Allyson.
Lo far. Ho solo perduto il caricatore mento.
Il suo sospiro affranto allaltro capo della linea mi fa capire che ho scelto la
bugia sbagliata. Ti dobbiamo legare le cose addosso con una cordicella,
adesso? domanda.
Lho prestato alla mia compagna di stanza e lo ha messo in mezzo alla sua
roba.
Vuoi dire Kali?

Kali e io non abbiamo mai condiviso neppure un pezzo di sapone. Esatto.


Non vedo lora dincontrare lei e la sua famiglia. Sembrano molto carini. Ci
hanno invitato a La Jolla.
Sto quasi per chiedere a mia madre se davvero vuole fare amicizia con gente
che ha battezzato la figlia Kali, per via della California.
La mamma ha unidiosincrasia per i nomi: odia i diminutivi. Quando io ero
bambina sembrava quasi dittatoriale su questo punto, e cercava in tutti i modi di
evitare che mi chiamassero Ally o Al. La nonna faceva finta di niente, ma tutti gli
altri, anche gli insegnanti di scuola, le davano retta. Non ho mai capito perch,
visto che la irrita tanto, non mi ha semplicemente dato un nome che non potesse
essere abbreviato, anche se Allyson un nome di famiglia. Ma non dico niente
riguardo a Kali perch, se comincio a litigare, render palese il mio bluff di
Studentessa Universitaria Soddisfatta. Ed soprattutto mia madre i cui genitori
non si sono potuti permettere di mandarla alluniversit che avrebbe voluto e che
ha dovuto lavorare per pagarsi gli studi e poi per mantenere pap durante il
corso di medicina a tenerci molto che io sia una Studentessa Universitaria
Soddisfatta.
Devo lasciarti le dico. Esco con le mie compagne di dormitorio stasera.
Oh, che bello. Dove andate?
A una festa.
Una festa della birra?
O forse al cinema.

Ho appena visto un bellissimo film con Kate Winslet. Dovresti andare a


vedere quello.
Okay, ci andr.
Chiamami domani. E lascia acceso il cellulare.
I professori si scocciano, sai, se uno riceve chiamate durante le lezioni.
Rispunta il tono irriverente.
Domani sabato. E gli orari delle tue lezioni li so a memoria, Allyson. Sono
tutte di mattina.
Ovvio, che li sa a memoria. In pratica le ha scelte lei. Tutte lezioni mattutine
perch ha detto che saranno meno frequentate, quindi ricever maggiore
attenzione dai professori, e in pi avr il resto della giornata per studiare.
Oppure, come in realt succede, per dormire.
Dopo aver riattaccato ficco la sveglia in una scatola dentro larmadio e prendo i
biscotti per portarli nella stanza comune, dove le altre ragazze hanno attaccato
una confezione da sei pacchi. Sono tutte agghindate e pronte per uscire.
Quando iniziata la scuola erano cos eccitate. Loro erano davvero
Studentesse Universitarie Soddisfatte. Jenn faceva dolcetti al cioccolato biologici
e Kendra aveva disegnato una piccola targa sulla porta con i nostri nomi
sovrastati da un titolo, le Fantastiche Quattro. Kali, da parte sua, ci aveva
regalato ingressi a un salone di lampade abbronzanti per tenere a bada
linevitabile disturbo affettivo stagionale.
Ora, a un mese di distanza, loro tre sono diventate un corpo unico. E io sono

come unescrescenza anomala. Tanto che vorrei dire a Kendra che per me va
bene se toglie la targa, o la rimpiazza con una che dice qualcosa tipo Il Temibile
Trio e Allyson.
Mi trascino nella stanza. Ecco qui dico allungando i biscotti a Kali, anche
se so che tiene sotto controllo i carboidrati e anche se i biscotti panna e
cioccolato sono i miei preferiti. Mi dispiace davvero che mia madre ti abbia
chiamato.
Kendra e Jenn mugolano suoni di comprensione, ma Kali mi fissa con gli occhi
socchiusi. Non voglio fare la stronza, ma gi abbastanza faticoso tenere a
bada i miei di genitori, okay?
Ha la sindrome del nido vuoto o qualcosa cosa del genere. quello che
continua a ripetermi pap. Non lo far pi aggiungo con pi sicurezza di
quella che possiedo.
Mia madre ha trasformato la mia stanza in un laboratorio due giorni dopo
che me ne sono andata commenta Jenn. Almeno, alla tua manchi.
Gi
Che biscotti sono? chiede Kendra.
Panna e cioccolato.
Proprio come noi scherza. di colore, afroamericana; non so mai qual il
modo giusto di dirlo e lei li usa entrambi.
Larmonia razziale applicata ai biscotti.
Jenn e Kendra ridono. Dovresti venire con noi stasera dice Jenn.

Andiamo a una festa da Henderson, e poi c un bar gi a Central che a


quanto pare ha una politica molto elastica riguardo agli ingressi e allet per bere
spiega Kendra, arrotolando i capelli appena stirati in una crocchia; poi ci
ripensa e li lascia sciolti. Un sacco di esemplari maschili interessanti.
E anche di esemplari femminili, se dovessi preferirli aggiunge Jenn.
Non li preferisco. Voglio dire, non preferisco nessuno dei due.
Kali mi rivolge una smorfia acida. Credo che tu ti sia iscritta alla scuola
sbagliata. Mi pare che ci sia un convento a Boston.
Mi sento stringere lo stomaco. Non accettano gli ebrei.
Piantatela voi due interviene Kendra, sempre diplomatica. Si rivolge a
me. Perch non esci, solo per un paio dore?
Chimica. Fisica. La stanza si fa silenziosa. Loro sono tutte iscritte a
facolt umanistiche o a economia, perci appellarsi alla scienza le zittisce subito.
Be, sar meglio che torni in camera. Ho un appuntamento con la terza
legge della termodinamica.
Che sballo commenta Jenn.
Sorrido per far capire che sto allo scherzo, poi mi trascino di nuovo nella mia
stanza, dove prendo diligentemente in mano Fondamenti di chimica, ma quando
il Temibile Trio in procinto di uscire dalla porta di casa le mie palpebre sono gi
pesanti. Mi addormento sotto una montagna di scienza non letta. E cos nella vita
della Studentessa Universitaria Soddisfatta ha inizio un altro fine settimana.

CAPITOLO QUINDICI

OTTOBRE

Universit
Finch mi possibile rimando il pensiero del weekend di visita dei miei genitori;
poi, il gioved prima del loro arrivo, guardo la mia stanza e la vedo non con i miei
occhi quattro pareti, un letto, una scrivania, un armadio ma come apparir
loro. Questa non la stanza di una Studentessa Universitaria Soddifatta. Ci sono
vestiti sporchi che spuntano da ogni cassetto e fogli di appunti sparsi ovunque.
Mia madre detesta il disordine. Salto le lezioni e passo la giornata a pulire. Carico
tutta la roba sporca nella lavatrice del piano inferiore e sto l ad aspettare,
mentre gira e rigira. Tolgo la polvere dai mobili. Nellarmadio, nascondo tutte le
carte di scuola: gli appunti di cinese, che si impilano come giornali non letti, i test
di chimica e di fisica con i loro brutti voti scarabocchiati in rosso; i risultati della

classe di laboratorio costellati di commenti tipo: Devi essere pi accurata e


Controlla i tuoi calcoli! oltre al temuto Vieni a colloquio. Al posto loro metto
una serie di annotazioni e grafici dellinizio del trimestre, prima che cominciassi a
mollare in modo evidente. Spacchetto il copripiumino che abbiamo comprato in
un negozio di grido lestate scorsa e cinfilo il piumino sfoderato sotto il quale ho
dormito finora. Agguanto qualche foto da dentro le scatole e le spargo per la
stanza. Mi spingo addirittura fino allo spaccio delluniversit, compro uno di quegli
stupidi festoni con il nome della scuola e lo appendo sopra il letto. Voil. Spirito
scolastico.
Per mi dimentico gli orologi. E questo mi tradisce.
Quando la mamma entra in camera, dopo aver commentato sulla saletta
angusta che ci serve da stanza comune, esprime la sua approvazione vedendo le
foto di Buster che ha appeso Kali, poi guarda la parete dalla mia parte,
relativamente spoglia, e rimane senza fiato. Dalla sua espressione inorridita, si
direbbe che labbia decorata con foto di scene criminali. Dov la tua
collezione?
Indico le scatole nellarmadio, ancora chiuse.
E perch sono l dentro?
Fanno troppo rumore mi affretto a mentire. Non voglio disturbare Kali
con tutto quel ticchettio. Anche se lei spara la radio a tutto volume alle sette
del mattino.
Li puoi tirar fuori senza caricarli dice lei. Quegli orologi sono una parte

di te.
Davvero? Non mi ricordo quando ho iniziato a collezionarli. Alla mamma
piaceva andare ai mercatini delle pulci nei fine settimana, cos un giorno mi ero
ritrovata collezionista di orologi. Per un po mi ero appassionata davvero, ma non
ricordo la prima volta in cui avevo visto una vecchia sveglia e avevo pensato
Voglio collezionare proprio queste.
La tua met della stanza ha unaria terribilmente spoglia in confronto a
quella di Kali dice la mamma.
Avresti dovuto vedere la mia interviene pap, perso nella sua nebbia
nostalgica. Il mio compagno di stanza aveva appiccicato delle strisce di
alluminio alle finestre. Pareva unastronave. Laveva battezzata: il Dormitorio del
Futuro.
Io stavo provando il Dormitorio Minimalista.
Di sicuro ha un suo fascino da cella di penitenziario commenta lui.
Sembra il prima-e-dopo di una di quelle trasmissioni televisive
sullarredamento dinterni. La mamma indica la parte della stanza occupata da
Kali, dove ogni centimetro di spazio coperto di manifesti, stampe o fotografie.
Tu sei il prima chiarisce. Come se non lo avessi gi capito.
Ci dirigiamo a uno dei seminari speciali, una cosa noiosa fino alla follia sul
cambiamento della tecnologia utilizzata nelle lezioni. La mamma prende
addirittura appunti. Pap sottolinea ogni minima cosa che si ricorda e tutto ci
che costituisce una novit. Ha fatto cos anche lanno scorso, quando abbiamo

visitato la scuola: sia lui sia la mamma erano emozionatissimi alla prospettiva
che studiassi qui. Significava creare un legame con il passato. Allepoca, ero un
po eccitata anche io.
Dopo il seminario pap incontra alcuni genitori che hanno studiato anche loro
qui e la mamma va a prendere un caff con Lynn, la madre di Kali. A quanto pare
vanno molto daccordo. O Kali non ha rivelato a sua madre che delusione sono o,
se glielha detto, lei ha la buona grazia di non farne menzione.
Prima del pranzo ufficiale con il rettore delluniversit le Fantastiche Quattro e
le loro rispettive famiglie si ritrovano nella sala, si presentano e chiacchierano
amabilmente, scambiando commenti su quanto sono anguste le nostre camere,
ammirando il modo in cui siamo riuscite a sistemare il piccolo soggiorno e
scattando foto del festone che dice Le Fantastiche Quattro danno il benvenuto ai
Fantastici Otto, preparato dalle altre. Poi ci facciamo tutti una passeggiata fino
al cortile interno e visitiamo il campus seguendo il percorso pi lungo, per vedere
gli edifici pi antichi e maestosi, di vecchi mattoni ricoperti dalledera rossa. Visti
in gruppo abbiamo tutti un aspetto piacevole: con gonne di flanella e alti stivali
neri, golfini di cashmere e giacche di montone, camminiamo sollevando le foglie
cadute dellautunno. Abbiamo davvero laspetto delle Studentesse Soddisfatte
nella brochure delluniversit.
Il pranzo perfetto e noioso, in un ampio salone freddo e pieno di echi, con
pollo di gomma e discorsi anchessi di gomma. Solo dopo pranzo il mito delle
Fantastiche Quattro comincia a sfaldarsi. Senza farlo notare troppo le famiglie di

Kendra, Jenn e Kali si allontanano insieme. Sono sicura che stanno parlando delle
vacanze di Natale e del Giorno del Ringraziamento, di pause estive e cene
improvvisate, o cose del genere. Mia madre le guarda, ma non dice nulla.
Lei e pap tornano in albergo a prepararsi per cena. La mamma mi avverte
che un ristorante di lusso e mi suggerisce di indossare labito rosso e nero con il
collo a vestaglia. E di lavarmi i capelli, che hanno un aspetto un po unto.
Vengono a prendermi, e c un momento dimbarazzo quando la mia famiglia
incrocia le altre Fantastiche Quattro e le loro Fantastiche Famiglie che vanno
insieme a una grande cena di gruppo in un noto ristorante di pesce nel centro di
Boston. I miei fronteggiano gli altri genitori con una certa freddezza. Le mie
compagne di dormitorio, arrossendo gradualmente, paiono affascinate dalla
moquette grigio metallo. Alla fine, il pap di Jenn si fa avanti e ci propone, con un
invito tardivo, di unirci al gruppo per cena. Sono sicuro che troveranno posto
per tre persone in pi.
Oh, non necessario ribatte la mamma in tono altezzoso. Abbiamo
prenotato da Prezzo, a Back Bay.
Uau! E come ci siete riusciti? domanda Lynn. Noi ci abbiamo provato,
ma non avevano posto fino al mese prossimo. Prezzo, secondo la mamma, il
ristorante pi in voga della citt.
La mamma le rivolge un sorriso imperscrutabile. Non ha alcuna intenzione di
rivelarlo, anche se pap mi ha detto che uno dei suoi compagni del golf ha un
amico nella dirigenza di un ospedale a Boston, che ha mosso alcune sue

conoscenze per procurarci un tavolo. La mamma era felicissima, ora per capisco
che la sua vittoria smorzata.
Godetevi la vostra zuppa di vongole dice. Solo io e pap registriamo la
sua aria di sufficienza.
La cena una sofferenza. Anche solo a stare seduti in questo locale
pretenzioso accanto alla gente pi snob di Boston la mamma e, di conseguenza,
pap si sentono rifiuti della societ. Non cos. Ma il mio rifiuto che
percepiscono.
Mi domandano delle lezioni e io racconto doverosamente cosa abbiamo fatto in
chimica, fisica, biologia e cinese, evitando per di dirgli quanto sia duro stare
sveglia in classe, a qualsiasi ora sia andata a letto la sera prima, o che pessimi
voti prenda in materie in cui alle superiori ero bravissima. Parlarne, o meglio non
parlarne, mi stanca al punto che vorrei crollare con la testa nella ciotola della mia
insalata da tredici dollari.
Con gli antipasti la mamma ordina un bicchiere di Chardonnay e pap uno di
Shiraz. Cerco di non guardare la fiamma della candela riflessa nel colore del vino.
Basta solo quello a farmi soffrire. Fisso il piatto di ravioli. Hanno un profumo
delizioso, ma non ho nessuna voglia di mangiarli.
Non che ti stai ammalando? chiede la mamma.
Per una frazione di secondo mi domando cosa succederebbe se dicessi la
verit: che luniversit molto diversa da quello che immaginavo; che non sono
affatto come la ragazza nella brochure. Non sono una Studentessa Soddisfatta.

Non so chi sono. O, forse, lo so e non voglio pi esserlo.


Ma non possibile. La mamma si addolorerebbe e sarebbe delusa come se la
mia infelicit fosse un affronto diretto alle sue capacit genitoriali. Poi mi farebbe
sentire in colpa facendomi notare quanto sono fortunata. Questa luniversit!
Luniversit che lei non ha potuto frequentare. Che uno dei motivi per cui ha
passato tutto il periodo della mia scuola superiore a pianificare le mie attivit
extrascolastiche, organizzando ripetizioni nelle materie in cui ero pi debole e
iscrivendomi a corsi per prepararmi allammissione.
Sono semplicemente stanca dico. Almeno, questa non una bugia.
Probabilmente stai troppo in biblioteca sintromette pap. Passi
sufficiente tempo allaria aperta? Alla luce del sole? Se non lo fai i tuoi ritmi
circadiani si possono scombinare seriamente.
Scuoto la testa. Anche questo vero.
Vai a correre? Ci sono delle belle piste da queste parti. E non lontano dal
fiume.
Lultima volta che sono andata a correre stato con lui, credo, un paio di
giorni prima di partire per il viaggio.
Domattina prima del brunch ci andiamo. Cos smaltiamo la cena e facciamo
entrare un po daria in quei polmoni.
Il solo pensiero mi stanca, ma non un invito quanto una proposta che non si
pu rifiutare, e come sempre i piani sono stabiliti prima ancora che io abbia dato
il mio consenso.

Il mattino seguente, le altre ragazze sono sedute nel soggiorno a bere caff e
commentano allegramente la cena, durante la quale c stato un incidente tra un
cameriere carino e una mazzuola da aragoste che si gi trasformato in un
aneddoto leggendario battezzato La mazza e il moretto. Rimangono sorprese
nel vedermi in tuta, mentre cerco le scarpe da ginnastica. Il nostro dormitorio ha
una palestra attrezzata per la quale Kendra e Kali hanno unautentica dipendenza
e dove Jenn viene trascinata suo malgrado, ma io non ci ho mai messo piede.
Aspettavo solo pap, invece c anche la mamma, tutta impettita, in pantaloni
di lana neri e gilet di cashmere. Credevo che ci saremmo viste a pranzo le
dico.
Oh, volevo solo passare un po di tempo nella tua stanza. Mi aiuter a
visualizzare il posto dove ti trovi quando non sono con te. Si rivolge a Kali.
Se per voi va bene. Ha un tono cos gentile che Kali potrebbe non cogliere
affatto quanto in realt sia acido.
Mi sembra unidea carina risponde lei.
Sei pronta, Allyson? chiede pap.
Quasi. Non trovo le scarpe da jogging.
La mamma mi lancia uno sguardo: a questo punto evidente che ormai non
faccio altro che perdere i pezzi.
Qual lultimo posto dove le hai lasciate? chiede pap. Cerca di
visualizzarlo. il modo migliore di ritrovare le cose. il suo solito consiglio
banale ma, in genere, funziona. Infatti, quando visualizzo le scarpe, l che le

trovo: sotto il letto, ancora impacchettate in valigia.


Una volta gi, pap accenna un paio di esercizi dallungamento. Vediamo se
mi ricordo ancora come si fa scherza. Non un gran corridore, ma predica
sempre ai suoi pazienti di fare esercizio fisico, perci cerca di mettere in pratica
quello che raccomanda.
Prendiamo un sentiero che conduce al fiume. una perfetta giornata
autunnale, chiara e tersa, con il morso gelido dellinverno nellaria. Non mi piace
correre, non subito, ma di solito dopo circa dieci minuti mi abituo e mi astraggo
dimenticando quello che sto facendo. Oggi, per, tutte le volte che comincio ad
astrarmi da me stessa come se la mente tornasse per inerzia allaltra corsa, la
migliore, lunica vera corsa della mia vita: quella per salvarmela, la vita. E allora
le mie gambe si trasformano in tronchi impregnati di acqua e le meravigliose
tinte autunnali sbiadiscono in un grigio indefinito.
Dopo appena un paio di chilometri sono costretta a fermarmi. Dico di avere un
crampo. Vorrei tornare indietro, ma pap ha voglia di andare a vedere cos
cambiato nel centro della citt e cos ci dirigiamo l. Ci fermiamo in un caff per
prendere un cappuccino e lui mi chiede come vanno le lezioni e si lascia andare a
ricordi nostalgici dei giorni in cui studiava chimica organica. Poi mi racconta che
stato impegnatissimo e che la mamma sta facendo molta fatica e quindi dovrei
essere indulgente con lei.
Ma non doveva rimettersi a lavorare? domando.
Pap guarda lorologio. ora di andare dice.

Mi lascia al dormitorio, a cambiarmi prima del brunch. Appena entro mi rendo


conto che c qualcosa che non va. Sento un ticchettio. Poi mi guardo intorno, e
per un attimo mi sento confusa, perch la stanza non ha pi laspetto che aveva
prima, ma somiglia a camera mia, quella di casa. La mamma ha tirato fuori tutti i
poster dallarmadio e li ha appesi esattamente nello stesso modo in cui erano l.
Ha spostato le foto in modo che anche quelle riproducano esattamente la mia
stanza di prima. Ha rifatto il letto buttandoci sopra una montagna di cuscini
colorati quei cuscini che non avevo voluto portare perch non li sopporto:
bisogna toglierli e rimetterli a posto tutti i giorni. Sopra il letto ci sono mucchietti
di vestiti che la mamma sta piegando in pile ordinate, preparandoli per me come
faceva quando avevo dieci anni.
Lungo il davanzale e sugli scaffali sono sistemati i miei orologi. Tutti caricati e
ticchettanti.
La mamma alza gli occhi, staccando il cartellino da un paio di pantaloni che
non mi sono neppure provata. Mi sembravi cos abbattuta ieri sera. Ho pensato
che ti saresti tirata un po su se questa stanza avesse avuto unaria di casa. Cos
molto pi allegra dichiara.
Sto per cominciare a protestare. Ma non so bene a proposito di cosa.
In pi, ho parlato con Kali e lei trova che il suono degli orologi sia rilassante.
Come se aiutasse a isolarsi dai rumori esterni.
A me non pare affatto rilassante. Mi sembra il suono di cento bombe a
orologeria pronte a esplodere.

CAPITOLO SEDICI

NOVEMBRE

New York
Lultima volta che ho visto Melanie aveva una ciocca di capelli tinta di rosa, che si
stava sbiadendo, e indossava la sua striminzita uniforme Topshop insieme a un
paio sandali dal vertiginoso tacco a zeppa che aveva scovato nei saldi di fine
stagione di Macy. Perci, quando scendo da un autobus traboccante di gente, e
lei mi salta addosso allangolo di una strada affollata di Chinatown, a New York,
la riconosco a fatica. La ciocca rosa sparita e i capelli sono tinti di un castano
scuro dai riflessi rossastri; una frangetta corta le ricade sulla fronte e il resto
raccolto in una crocchia fissata con un paio di bacchette davorio. Indossa un
insolito ed eccentrico vestitino a fiori e un paio di stivali da cowboy molto vissuti,
e inforca occhiali da nonna con la montatura allungata. Sulle labbra ha un

rossetto rosso sangue. Ha un aspetto strepitoso, anche se non somiglia affatto


alla mia Melanie.
Se non altro, quando mi abbraccia, ha ancora lodore di Melanie: balsamo per
capelli e borotalco. Dio come sei dimagrita dice. Dicono che al primo
anno di universit si prende peso, non che si perde.
Hai mai mangiato in mensa?
Gi. Ma i gelati sono gratis, no? Solo quello vale tutta la retta!
Mi allontano un po. La osservo ancora. tutto nuovo. Inclusi gli occhiali.
Non ci vedi pi bene?
Sono finti. Vedi? Niente lenti. Si tocca con il dito locchio destro attraverso
la montatura per dimostrarmelo. Fa parte del mio nuovo look da bibliotecaria
punk-rock. I musicisti lo trovano irresistibile! Si toglie gli occhiali e scioglie la
crocchia. Ride.
E niente pi capelli biondi.
Voglio che la gente mi prenda sul serio. Inforca di nuovo gli occhiali e
afferra la maniglia della mia valigia. Allora? Come va a quasi-Boston?
Quando ho scelto luniversit Melanie mi ha presa in giro per il fatto che si
trovava a cinque miglia da Boston, come la citt in cui siamo cresciute che a
venti miglia da Filadelfia. Ha detto che aggiravo la vita cittadina. Lei, invece, ci si
tuffata in mezzo. La sua scuola in piena Manhattan.
Quasi-bene ribatto. E come si sta a New York?
Pi che bene! Un mucchio di cose da fare! Per esempio, stasera abbiamo un

sacco di possibilit: c una festa al dormitorio, un club decente che fa una serata
dai-diciotto-in-su sulla Lafayette, oppure lamico di un amico ci ha invitato a una
festa in un loft a Greenpoint, dove suona una band fantastica. Oppure possiamo
andare alla biglietteria last minute che sta a Times Square e prenderci due posti
per uno show di Broadway.
Per me lo stesso. Sono qui per vedere te.
Sento una lieve stretta allo stomaco mentre lo dico. Anche se in teoria vero
che sono qui per vedere lei, non lunico motivo. Lavrei vista in ogni caso per il
Giorno del Ringraziamento. Per quando i miei genitori mi hanno prenotato il
biglietto per andare a casa hanno detto che i voli erano troppo inaffidabili e
costosi nei fine settimana di festa, e che quindi avrei dovuto prendere il treno.
Ho immaginato sei ore in treno e mi sono quasi sentita male. Sei ore a tentare
di ricacciare indietro i ricordi. Poi Melanie ha detto che i suoi sarebbero andati a
trovarla in auto il marted prima del Ringraziamento, per fare un po di spese, e
che lavrebbero portata a casa con loro. Cos, mi venuta la brillante idea di
prendere il pullman a basso costo che da Boston-Chinatown porta a New York e
scroccare un passaggio fino a casa con loro. Far in pullman anche il ritorno.
Oh, anchio sono felice di vederti. Siamo mai state lontane per cos tanto
tempo?
Scuoto la testa. Da quando ci conosciamo, no.
Okay, allora: festa al dormitorio, spettacolo a Broadway, club o gruppo da
urlo a Brooklyn?

Quello che vorrei davvero andare nella sua stanza, guardare un film e stare
un po insieme come ai vecchi tempi, ma ho il sospetto che, se lo suggerissi,
Melanie mi accuserebbe di essere contraria allavventura. La festa a Brooklyn mi
sembra la cosa meno attraente, anche se probabilmente quello che lei
preferirebbe, perci quella che dovrei scegliere. La scelgo.
come se avessi dato la risposta giusta a un esame, a giudicare da come le si
illuminano gli occhi. Ottimo! Ci vanno anche alcuni miei amici di scuola. Prima
mangiamo qualcosa, poi andiamo a mollare la tua roba, ci prepariamo e usciamo
a divertirci. Che ne dici?
Grande!
Siamo gi a Chinatown, e il mio ristorante vietnamita preferito proprio qui
accanto.
Mentre cinoltriamo nelle strade contorte e affollate, piene di lanterne rosse,
ombrellini di carta e finte pagode mi sforzo di tenere gli occhi puntati sul
marciapiede. Ci sono ideogrammi ovunque. Uno di loro sar per forza quello di
doppia felicit. Parigi a pi di tremila miglia di distanza ma i ricordi Uno
emerge, e lo ricaccio indietro. Poi ne arriva un altro. Non so mai quando sta per
saltare fuori il successivo. Sono sepolti dappertutto, come mine sparse nel
terreno.
Entriamo in un ristorante minuscolo, tutto luci fluorescenti e tavoli di formica, e
ci sistemiamo a un tavolino dangolo. Melanie ordina involtini primavera, pollo e
t, poi si sfila gli occhiali e li ripone in un astuccio (per meglio proteggere le lenti

immaginarie?). Infine versa a ciascuna una tazza di t, mi guarda e dice:


Allora, stai meglio?
Non tanto una domanda quanto un ordine.
Melanie mi ha visto nel momento peggiore. Quando sono tornata da Parigi e
sono andata completamente fuori di testa, lei mi ha lasciato piangere tutta la
notte, maledicendo Willem perch era una losca canaglia cos come lei aveva
sospettato fin dallinizio. Sul volo di rientro, visto che ho continuato a piangere
per tutte le otto ore del viaggio lanciava sguardi sprezzanti a chiunque mi
guardasse in modo strano. Quando, pi o meno sopra la Groenlandia, ho
cominciato a respirare affannosamente chiedendomi se non avevo commesso un
errore madornale, perch magari gli era successo qualcosa o qualcuno gli aveva
fatto qualcosa, Melanie mi ha schiarito le idee.
Gi, sicuro! Ma fatto cosa? stato lui a farsi te, per poi mandarti al diavolo e
sparire!
E se avevo cominciato.
Allyson, dai! In un giorno solo lo hai visto farsi spogliare da una ragazza,
prendere un foglietto misterioso da unaltra e Dio solo sa cos successo con
quelle sul treno. Come pensi che se la sia procurata quella macchia sui
pantaloni?
Non ci avevo nemmeno pensato.
Mi aveva trascinato nel minuscolo bagno dellaereo e aveva buttato la
maglietta dei Sous ou Sur nella spazzatura. Poi avevamo gettato la moneta che

Willem mi aveva dato nel gabinetto e tirato lacqua, e io lavevo immaginata


cadere per migliaia di chilometri e sprofondare nelloceano sotto di noi.
Ecco, abbiamo distrutto ogni prova della sua esistenza aveva concluso
Melanie.
Be, quasi. Non le avevo detto della foto nel mio cellulare, quella che ci aveva
scattato Agnethe. Non lho ancora cancellata, anche se non lho mai pi guardata,
nemmeno una volta.
Non appena a casa, Melanie era pronta a lasciarsi alle spalle il viaggio e
rivolgere la sua attenzione al capitolo successivo della nostra vita: luniversit. La
capivo. Avrei dovuto essere anchio eccitata e piena di aspettativa. Ma non lo ero.
Ogni giorno ci recavamo con le nostre madri in pellegrinaggio allIkea o in altri
negozi di mobili. Ma io mi sentivo come se fossi affetta da un jet lag permanente:
avevo soltanto voglia di sonnecchiare sui letti in esposizione. Quando Melanie
partita per luniversit, due giorni prima di me, sono scoppiata a piangere. Tutti
hanno pensato che piangessi perch mi separavo dalla mia migliore amica, ma lei
ha compreso il vero motivo, e forse per quello era un po infastidita quando mi ha
abbracciata e mi ha sussurrato allorecchio: durata solo un giorno, Allyson. Ti
passer.
Cos, quando mi chiede se va meglio non posso deluderla. S le rispondo.
Sto alla grande.
Bene. Batte le mani e tira fuori il cellulare. Manda un messaggio. Viene
un ragazzo stasera: un amico del mio amico Trevor. Credo proprio che ti piacer.

Oh, no. Io non credo.


Hai appena detto che ti sei liberata di quello stronzo olandese.
cos.
Mi scruta. Si suppone che i primi tre mesi di universit siano il periodo pi
movimentato di tutta la vita. Hai fatto almeno locchiolino a un ragazzo?
Ho tenuto quasi sempre gli occhi chiusi, durante le mie orge folli.
Ah! Non ci provare. Dimentichi che ti conosco meglio di chiunque altro.
Scommetto che non hai nemmeno baciato qualcuno.
Tolgo dallinvoltino primavera i pezzettini dallaria dubbia che ci sono dentro,
ripulendo lunto in eccesso con un tovagliolino di carta. E allora?
Allora c questo ragazzo che voglio farti incontrare stasera. Lui un tipo
molto pi adatto a te.
Come sarebbe a dire? Anche se lo so benissimo, come sarebbe a dire. Era
assurdo pensare che lui fosse il mio tipo. O io il suo.
Carino. Normale. Gli ho fatto vedere la tua foto e ha detto che hai unaria da
bruna misteriosa. Allunga la mano a toccarmi i capelli. Per dovresti di
nuovo tagliarti i capelli a caschetto. In questo momento sembrano una massa
informe.
Non me li sono pi tagliati dopo quella volta a Londra, e mi ricadono sulle
spalle in una sorta di disordinata cortina.
proprio il look che sto cercando di ottenere.
Be, ci stai riuscendo. In ogni caso, lui proprio carino, Mason

Mason? Ma che razza di nome ?


Ti fissi cos su un nome? Sembri proprio tua madre.
Resisto allimpulso di ficcarle una bacchetta in un occhio.
Comunque, che importa? Magari si chiama Jason e ha deciso che preferisce
Mason continua Melanie. A proposito, nessuno mi chiama Melanie qui. Mi
chiamano Mel o Lainie.
Due nomi al prezzo di uno.
Siamo alluniversit, Allyson. Nessuno sa comeri prima. Non c momento
migliore per inventarsi una nuova personalit. Dovresti provarci anche tu. Mi
lancia unocchiata eloquente.
Vorrei dirle che ci ho provato. Ma non ha funzionato.
Salta fuori che Mason non poi tanto male. brillante e un po saputello, viene
dal Sud cosa che spiega il suo nome, credo e parla con un accento
cantilenante su cui lui il primo a scherzare. Quando arriviamo alla festa, in una
strada desolata e sferzata dal vento lontanissima dalla stazione della
metropolitana, lui ride dicendo che della polizia alternativa e mi chiede se ho
abbastanza tatuaggi per essere ammessa in questa zona della citt. A quel
punto, Trevor mostra il tatuaggio tribale che ha intorno al braccio e Melanie
attacca a parlare di quello che pensa di farsi sulla caviglia o sul fondoschiena o in
uno degli altri punti dove se li fanno le ragazze, e allora Mason mi lancia
unocchiata alzando gli occhi al cielo.

Alla festa lascensore si apre direttamente dentro il loft, che allo stesso
tempo enorme e decrepito, con vaste tele appese alle pareti e odore di pittura a
olio e acquaragia. Lo stesso odore che cera nello squat. Unaltra mina. La
allontano con un calcio prima che esploda.
Trevor e Melanie continuano a raccontare di questo gruppo fantastico e lei mi
mostra un video sgranato sul suo cellulare. Si fanno le congratulazioni a vicenda
perch potremo vederlo suonare in un posto come questo, prima che il resto del
mondo li scopra. Quando la band attacca Melanie Mel, Lainie o quello che e
Trevor si mettono davanti e cominciano a ballare come pazzi. Mason rimane con
me. C troppo frastuono per tentare una conversazione, e io ne sono felice, ma
mi fa anche piacere che qualcuno sia rimasto insieme a me. Sento accendersi la
luce intermittente che avverte turista in territorio indigeno.
Dopo circa uneternit il gruppo finalmente fa una pausa; mi fischiano le
orecchie cos tanto che come se suonassero ancora.
Che ne dici di bere qualcosa? propone Mason.
Eh? Sono ancora mezza rintronata.
Mima il gesto di bere.
Oh, no grazie.
Torno subito dice, esagerando le parole come fossimo sordomuti che
leggono le labbra.
Intanto anche Melanie e Trevor si stanno leggendo le labbra, in un certo
senso. Sono su un divano in un angolo e si baciano. Per loro come se nella

stanza non ci fosse nessun altro. Non voglio fissarli, ma non riesco a trattenermi.
Vederli cos mi provoca un malessere fisico. difficile ricacciare indietro quel
ricordo. il pi duro. Per questo lo tengo sepolto in fondo allanima.
Mason torna con una birra per s e dellacqua per me. Vede Melanie e Trevor.
Doveva succedere mi dice. Quei due si girano intorno come cani in calore
da settimane. Mi chiedevo cosa avrebbe fatto esplodere la scintilla.
Alcol e musica tosta ribatto, facendo il segno delle virgolette.
Vacanze. Pi facile iniziare qualcosa, quando sai che non ti vedrai per un
po. La pressione minore. Lancia unocchiata ai due. Gli do al massimo due
settimane.
Due settimane? Generoso. Alcuni non gli darebbero pi di una notte.
Anche sopra il frastuono riesco a sentire il mio tono amaro. Lo sento in bocca.
A te, darei pi di una notte dice Mason.
di sicuro la cosa giusta da dire. E chiss? Forse addirittura sincero, anche
se ormai so che non ci si pu fidare di me quando si tratta di distinguere la
sincerit dalla falsit.
Eppure, voglio superare la cosa. Voglio che quei ricordi svaniscano o siano
soppiantati da altro, e smettano di ossessionarmi. Perci quando Mason si china
per baciarmi, chiudo gli occhi e glielo lascio fare. Cerco di lasciarmi andare, di non
preoccuparmi se lamaro che ho sentito in bocca difficile da digerire. Cerco di
lasciarmi baciare da un altro, di essere unaltra.
Poi, per, Mason mi tocca il collo, nel punto dove la ferita di quella notte

ormai guarita, e io mi ritraggo.


In fondo, aveva ragione lui: non rimasta una cicatrice, anche se una parte di
me lo vorrebbe. Almeno avrei una prova, una giustificazione di questa
permanenza. Le macchie sono ancora peggiori, quando le puoi vedere solo tu.

CAPITOLO DICIASSETTE

DICEMBRE

Cancn, Messico
Ormai diventata una tradizione: quando arriviamo a Cancn, appena siamo al
villaggio, Melanie e io ci infiliamo il costume e ci precipitiamo in spiaggia per una
nuotata inaugurale. Per noi il modo di battezzare la vacanza. Lo abbiamo fatto
ogni anno degli ultimi nove in cui siamo venute qui.
Invece, questa volta, mentre Melanie fruga nella valigia per tirare fuori il bikini,
io mi siedo alla piccola scrivania accanto alla cucina su cui di solito ci sono solo i
manuali per cucinare e apro i miei libri di scuola. Ogni giorno, dalle quattro alle
sei, dovr studiare. Avr il permesso di fare una pausa per Capodanno, ma niente
di pi. Sono i termini dei miei arresti domiciliari.
Ho tenuto segreti i miei voti per lintero semestre, quindi, quando alla fine

sono usciti i risultati, stato una specie di choc. Ci ho provato. Davvero. Dopo
aver visto che i punteggi ottenuti nei primi mesi erano cos scarsi, mi sono
impegnata di pi, ma non che i miei brutti voti fossero dovuti alla pigrizia. O
che saltassi le lezioni e passassi il tempo a fare festa e divertirmi.
Per quanto, a giudicare da quanto mi sentivo perennemente stanca, avrei
anche potuto passare le notti in allegri festini. Non faceva alcuna differenza se la
notte prima avevo dormito dieci ore: una volta che mettevo piede nellaula e il
professore iniziava a spiegare con voce monotona il movimento delle onde,
scrivendo equazioni sulla lavagna elettronica, i numeri cominciavano a ballarmi
davanti agli occhi, sentivo le palpebre pesanti e mi risvegliavo quando gli altri
studenti inciampavano nelle mie gambe per spostarsi alla lezione successiva.
Durante la Settimana della Lettura mi sono fatta cos tanti caff che non ho
dormito pi del tutto, come se avessi consumato tutti i crediti delle lezioni di
pennichella. Ho sgobbato il pi possibile, ma a quel punto ero talmente indietro
che non cera pi speranza di recuperare.
Tutto considerato, mi sembrava miracoloso aver finito il semestre con la pi
che sufficienza
Inutile dire che i miei genitori non lhanno presa cos.
La settimana scorsa sono usciti i risultati e i miei sono andati fuori di testa. E
quando i miei vanno fuori non strillano: ammutoliscono. Ma la loro rabbia e la
delusione hanno un effetto assordante.
Cosa pensi che dovremmo fare in proposito, Allyson? mi hanno chiesto

quando ci siamo seduti a cena, come se stessero realmente sollecitando la mia


opinione. Mi hanno presentato una lista di opzioni. Potevamo cancellare il
viaggio, cosa che sarebbe stata assolutamente ingiusta nei loro confronti, o
potevo andare ma a certe condizioni.
Melanie mi lancia sguardi compassionevoli mentre sparisce per infilarsi il
costume. Una parte di me vorrebbe che boicottasse anche lei la spiaggia in segno
di solidariet e, anche se so che un pensiero egoista, mi pare una cosa che la
mia amica di un tempo avrebbe fatto.
Ma questa la nuova Melanie. O, meglio, la nuovissima Melanie. Nel mese che
passato dal Giorno del Ringraziamento cambiata completamente. Di nuovo. Si
tagliata i capelli in uno stile asimmetrico e irregolare, si messa un anellino a
una narice, anche se i suoi genitori lhanno ostacolata in tutti i modi finch lei non
li ha messi davanti la scelta tra quello e un tatuaggio. Ora che ha indossato il
bikini vedo che si lasciata crescere i peli sotto le ascelle, anche se sono cos fini
e biondi che si vedono appena.
Ciao mi sussurra sgusciando fuori dalla porta principale mentre sua
madre le ficca in mano un flacone di protezione solare 40. Mia madre sta
frugando dentro la valigia per cercare la lente dingrandimento speciale con cui
controlla tutti i materassi per vedere che non ci siano pulci. Quando lha trovata
mi passa accanto e finge di guardare il mio manuale di chimica attraverso la
lente. Chiudo il libro di scatto. Mi lancia unocchiata irritata.
Credi che voglia farti da carceriere? Pensavo che avrei avuto un sacco di

tempo libero, ora che sei alluniversit, ma a quanto pare tenerti in riga un
lavoro a tempo pieno.
E chi ti ha chiesto di tenermi in riga? dico tra me e me, fumando di rabbia. Mi
mordo la lingua, apro il libro di chimica e rileggo diligentemente i primi capitoli,
come la mamma mi ha detto di fare per rimettermi in pari. Non ci capisco nulla di
pi di quanto ci abbia capito la prima volta che ci ho provato.
La sera andiamo tutti e sei, io, i miei genitori, Melanie e i suoi genitori, a cena
al ristorante messicano, uno degli otto convenzionati con il villaggio turistico. Ci
andiamo ogni anno per la nostra serata inaugurale. I camerieri indossano
sombreri giganti e c un gruppo di mariachi che gira tra i tavoli, ma il cibo ha lo
stesso gusto di quello di El Torrito, il ristorante messicano vicino a casa. Quando
il cameriere viene a prendere le ordinazioni per le bevande, Melanie chiede una
birra.
I suoi genitori la guardano inebetiti.
Abbiamo let legale per bere alcolici, qui butta l con noncuranza.
Mia madre lancia unocchiata a Susan. Non credo che sia una cosa saggia
dice.
Perch no? la sfido io.
Se vuoi la mia opinione, la cosa ha meno a che fare con let che con le
aspettative. Voi siete cresciute con un limite det di ventun anni, perci non
detto che siate ancora pronte per bere alcolici la risposta da terapeuta di
Susan.

Scusami, ma non sei andata alluniversit? domando. Non credo che


sia cambiata tanto. Non ti ricordi che non si fa altro che bere alcolici?
I miei genitori si guardano, poi guardano Susan e Steve.
questo che ti sta succedendo? Stai bevendo troppo a scuola? mi chiede
pap.
Melanie ride cos forte che lacqua imbottigliata portata appositamente dalla
mamma le spruzza fuori dalle narici. Scusa, Frank, ma non la conosci tua figlia?
Loro continuano a fissarci. Lestate scorsa, in viaggio, tutti hanno bevuto
alcolici. Segue una pausa di silenzio stupefatto. Oh, per favore! In Europa
let legale per bere diciotto anni! E, a ogni modo, bevevano tutti eccetto
Allyson. assolutamente virtuosa e irreprensibile. E tu le chiedi se si sbronza
alluniversit? ridicolo.
Mio padre fissa prima me, poi lei. Stiamo solo cercando di capire cosa le sta
succedendo. Perch ha avuto un punteggio appena sufficiente.
Ora Melanie a fissarmi inebetita. Hai preso sufficiente? Si copre la
bocca con le mani. Scusami. Lo sguardo che mi rivolge a met tra
sorpresa e rispetto.
Melanie ha avuto un punteggio buono la loda mia madre.
Gi, Melanie un genio e io unidiota. ufficiale.
Melanie pare prenderla male. Io vado alla Gallatin. Tutti prendono buoni
voti l dice in tono di scuse.
E Melanie probabilmente beve alcolici aggiungo, sapendo benissimo che

lo fa.
Per un attimo lei si innervosisce. Certo che bevo alcolici. Non mi sbronzo n
perdo i sensi. Ma siamo alluniversit. Bevono tutti e bevo anchio.
Io no ribatto. Eppure Melanie ha una media alta e io ce lho
bassissima, quindi forse dovrei bermi un bicchierino ogni tanto, cos saremmo
pari. Magari una tecnica migliore che costringermi a questo studio forzato.
Mi sono proprio lasciata prendere la mano, a questo punto, il che assurdo
perch non ho la minima voglia di bere una birra. Una delle poche cose che mi
piacciono in questo ristorante il Margarita della Vergine, che fatto solo di
frutta fresca.
La mamma si gira verso di me con la bocca aperta, pronta a ingoiare mosche.
Hai un problema di alcolismo, Allyson?
Mi do una manata sulla fronte. Hai un problema di udito, mamma? Perch
mi sembra che non hai sentito una parola di quel che ho detto.
Credo che intenda dire che potresti rilassarti un po e permettere loro di
ordinare una birra per cena interviene Susan.
Grazie! le dico.
Mia madre guarda pap. Lascia che le ragazze prendano una birra dice in
tono espansivo, mentre fa segno al cameriere di tornare e ordina un paio di
Tecate.
una specie di vittoria. Peccato che, in realt, a me la birra non piaccia, perci
alla fine devo far finta di sorseggiarla, diventa calda sul tavolo e non ordino pi il

Margarita della Vergine che avrei davvero voluto.


Il giorno dopo Melanie e io siamo sedute ai bordi della piscina gigante. la prima
volta che riusciamo a stare per conto nostro, da quando siamo arrivate qui.
Io credo che dovremmo fare qualcosa di diverso dice.
Anchio concordo. Ogni anno veniamo qui e facciamo sempre le stesse
cose. Andiamo addirittura a visitare le medesime dannate rovine. Tulum bella,
ma pensavo che potremmo variare un po. Convincere i nostri genitori a visitare
un posto nuovo.
Tipo andare a nuotare con i delfini? propone Melanie.
Nuotare con i delfini una cosa diversa, ma non quello che vorrei. Ieri,
nellatrio del villaggio, stavo studiando la mappa della penisola dello Yucatn;
alcuni siti archeologici si trovano nellinterno, fuori dai percorsi pi battuti. Forse l
potremmo trovare un Messico pi autentico. Stavo pensando che potremmo
andare a Cob, o a Chichn Itz. Visitare rovine diverse.
Ma come sei trasgressiva mi prende in giro Melanie. Beve una sorsata di
t freddo. Comunque, mi riferisco alla sera di Capodanno.
Ah. Vuoi dire che non intendi ballare la macarena con Johnny Maximo?
Johnny Maximo questa sbiadita celebrit del cinema messicano che adesso
lavora per il villaggio turistico. Le madri lo adorano perch macho e
affascinante e finge sempre di credere che siano nostre sorelle.
Qualsiasi cosa, ma non la macarena! Melanie mette gi il libro che sta

leggendo, qualcosa di Rita Mae Brown che ha tutta laria di essere stato
assegnato dalluniversit, anche se lei lo nega. Uno dei baristi mi ha detto che
c una grande festa sulla spiaggia a Puerto Morelos. una cosa locale, anche se
dice che ci vanno un sacco di turisti, ma gente come noi. Giovani. Ci sar un
gruppo messicano di reggae. Che suona strano, ma in senso buono.
Cerchi solo un maschio sotto i sessanta con cui pomiciare quando arriva
mezzanotte.
Lei alza le spalle. Sotto i sessanta s. Un maschio, forse no mi lancia
unocchiata.
Che vuoi dire?
Ho, diciamo, intrapreso un percorso al femminile.
Cosa? mi esce a voce troppo alta. Scusa. Da quando?
Da subito dopo il Ringraziamento. Cera questa ragazza, ci siamo incontrate
alla lezione di teoria cinematografica e siamo diventate amiche, e poi una sera
siamo uscite insieme ed successo. Cos.
Esamino il suo nuovo taglio di capelli, lanellino al naso, le ascelle non rasate.
Tutto torna. Quindi, ora sei lesbica?
Preferisco non affibbiare etichette dice, un po ipocritamente, come se
implicasse che sono io che ho bisogno di categorizzare tutto. Proprio lei, che le
etichette se le appiccica costantemente addosso: Mel, Mel 2.0, la bibliotecaria
punk-rock. Le chiedo come si chiama la sua ragazza. Mi dice che non le piace
definirla in quel modo, ma che si chiama Zanne.

Con la Z?
S. Labbreviazione di Suzanne.
C qualcuno che usa ancora il suo vero nome?
Non dire niente ai miei genitori, okay? Conosci mia madre. Ci costringerebbe
ad analizzare la cosa e ne parlerebbe come se fosse una fase nello sviluppo della
mia personalit. Voglio essere sicura che sia di pi di una storiella passeggera,
prima di sottopormi a una cosa del genere.
Ti prego, non mi devi spiegare niente sui genitori che analizzano troppo.
Spinge gli occhiali sul naso e si gira verso di me. Gi, e allora com la
storia?
Che intendi dire? Li conosci i miei. C forse una parte della mia vita in cui
anche loro non siano coinvolti? Credo che stiano impazzendo allidea di non avere
le mani in pasta in ogni singolo aspetto della mia esistenza.
Lo so. E quando ho sentito che ti costringevano a ore di studio ho
immaginato che il motivo fosse quello. Ho pensato che forse avevi una media un
po bassina. Ma cos bassa! Pi che sufficiente. Dici sul serio?
Non incominciare anche tu.
Non lo faccio. Sono solo stupita. Sei sempre stata una studentessa modello.
Non capisco. Prende una sonora sorsata dal suo t freddo, con il ghiaccio ormai
sciolto. La Terapista diagnostica dice che sei depressa.
Tua madre? Ti ha detto cos?
Ho sentito mentre lo accennava alla tua.

E lei cosha risposto?


Che non sei depressa. Che tieni il muso perch non sei abituata alle
punizioni. A volte vorrei proprio tirarle un pugno sul naso, a tua madre.
Anchio.
In ogni caso, pi tardi mia madre mi ha chiesto se io pensavo che tu fossi
depressa.
E tu che le hai detto?
Che un sacco di gente ha difficolt al primo anno di universit. Mi lancia
uno sguardo penetrante da dietro gli occhiali scuri. Mica potevo dirle la verit,
no? Che pensavo che stavi ancora struggendoti per un tipo con cui hai passato
una notte a Parigi?
Faccio una pausa e ascolto gli strilli dei bambini che si lanciano dal trampolino
pi alto. Quando io e Melanie eravamo piccole ci tenevamo per mano e
saltavamo insieme, a ripetizione.
Ma se non fosse per lui? Se non fosse per Willem? strano pronunciare il
suo nome ad alta voce. Qui. Dopo un embargo cos lungo. Willem. A malapena mi
concedo di pronunciarlo nella mia mente.
Non mi dire che qualcun altro ti ha usata ed sparito!
No! Sto parlando di me stessa.
Di te?
Della me stessa che sono stata quel giorno. Era diversa, in un certo senso.
Diversa? In che senso?

Ero Lul.
Ma era solo un nome. Una finzione.
Forse cos. Per, quella giornata essere con Willem, essere Lul mi ha
fatto capire che per tutta la vita ho vissuto in una stanzetta quadrata, senza
porte e finestre. Mi ci trovavo bene. Ero addirittura felice. O cos pensavo. Poi,
qualcuno arrivato e mi ha mostrato che nella stanza cera una porta, una porta
che non avevo mai notato prima. Lha aperta per me. Mi ha tenuto per mano
mentre uscivo. E, per una giornata perfetta, mi sono trovata dallaltra parte. Da
unaltra parte. Sono stata unaltra. Poi lui sparito e io mi sono sentita ricacciata
nella mia stanzetta. E ora, per quanti sforzi faccia, non trovo pi la porta.
Non mi sembrata una finzione dico a Melanie.
Lei assume unaria compassionevole. Oh, tesoro. perch eri drogata dai
fumi dellinfatuazione. E da Parigi. Ma le persone non cambiano in una sola notte.
Soprattutto tu. Tu sei Allyson. Sei cos solida. Una delle cose che adoro di te
che sei sempre invariabilmente tu.
Vorrei protestare. E allora, i cambiamenti? E il reinventarsi di cui blatera
sempre? riservato solo a lei? Per me i parametri sono altri?
Sai di cosa hai bisogno? Di sentire un po di Ani DiFranco. Tira fuori
liPhone e mi ficca gli auricolari nelle orecchie, e mentre Ani sta dicendo di trovare
la tua voce e farla sentire, io mi sento sempre pi frustrata con me stessa. Come
se volessi squarciarmi la pelle dalla testa ai piedi e uscirne fuori. Strofino i piedi
sul pavimento di cemento rovente e sospiro, desiderando di avere qualcuno a cui

poterlo spiegare. Qualcuno che possa capire quello che provo.


E, per una frazione di secondo, immagino la persona con cui potrei parlarne, di
quella porta che ho trovato e poi perso. Lui capirebbe.
Ma proprio quella la porta che deve restare chiusa.

CAPITOLO DICIOTTO

Usando la stessa strategia dellormai siamo adulte e ci dovete trattare da


adulte della sera della birra, e promettendo inoltre di affittare uno dei taxi
raccomandati dagli alberghi per lintera serata, Melanie e io riusciamo a ottenere
lautorizzazione dei genitori per andare a quella festa di Capodanno. Si svolge su
una stretta lingua di sabbia, tutta illuminata da torce di canna, e alle dieci gi
in pieno vigore. C un basso palco su cui suoner il richiestissimo gruppo reggae
messicano, anche se, al momento, un dj sta mettendo della musica tecno.
Ci sono diversi mucchi giganti di scarpe sfilate e abbandonate. Melanie calcia
via i suoi infradito arancioni. Io esito prima di togliermi i meno appariscenti
sandali di pelle neri: spero di ritrovarli, perch se perdo qualcosaltro giuro che i
miei non mi daranno pi pace.
Un vero baccanale commenta soddisfatta Melanie, indicando col capo dei
tizi in costume da bagno che reggono per il collo bottiglie di tequila, e ragazze in

sarong con i capelli acconciati in treccine minute. Ci sono anche dei veri
messicani: ragazzi che indossano eleganti camicie bianche, i capelli lisciati
allindietro, mentre le ragazze portano vistosi abiti da festa, corti, che lasciano
fuori gambe lunghe e abbronzate.
Prima beviamo o prima balliamo?
Non ho voglia di ballare. Perci scelgo di bere. Ci mettiamo in fila al bar
affollato. Dietro di noi, un gruppo di persone che parlano francese mi fa
sobbalzare. Ci sono quasi solo americani nel nostro villaggio residenziale, ma
naturalmente in Messico arriva gente da tutto il mondo.
Ecco qui. Melanie mi mette una bibita in mano. servita dentro mezzo
ananas svuotato. La annuso. Sa di lozione abbronzante. dolce, riscalda e brucia
un po la gola quando va gi. Bevi, da brava bambina.
Penso a Miss Foley. Non mi chiamare cos.
Cattiva bambina.
Non sono neppure quello.
Fa una faccia irritata. Bambina e basta.
Beviamo in silenzio, osservando la festa che inizia a scaldarsi. Andiamo a
ballare dice Melanie, trascinandomi verso il cerchio di sabbia che stato
preparato come pista.
Scuoto la testa. Pi tardi, magari.
Sospira di nuovo. Hai intenzione di fare cos tutta la sera?
Cos come? Ripenso allappellativo che mi ha affibbiato quando eravamo

in viaggio, contraria allavventura, e a quello che ha detto in piscina. Mi


sembrava che avessi dichiarato che era quello che adoravi di me.
Che problema hai? Sei stata rigida come un palo per tutto il viaggio! Non
colpa mia se tua madre una nazista e ti costringe a fare le ore di ripasso!
No, ma colpa tua se mi fai sentire una merda perch non ho voglia di
ballare. Odio la tecno. Ho sempre odiato la tecno e lo dovresti sapere bene, se
sono tanto invariabilmente me.
Daccordo. Allora sii invariabilmente te e resta qui seduta nelle retrovie
mentre io vado a ballare
Bene.
Mi lascia ai margini della pista, si allontana e comincia a ballare con della
gente a caso. Prima con un tipo con i dreadlock, poi si gira e balla con una
ragazza dai capelli cortissimi. Sembra che si diverta l in mezzo, a piroettare e
roteare, e mi viene da pensare che, se non la conoscessi gi, non sarebbe pi
una di quelle persone con cui potrei fare conoscenza.
La osservo per almeno venti minuti. Tra uno e laltro dei monotoni pezzi di
musica tecno chiacchiera con gli altri e ride. Dopo mezzora mi sta venendo mal
di testa. Per un po cerco di attirare la sua attenzione, poi, alla fine, lascio
perdere e mi allontano.
La festa si estende fino al limite del bagnasciuga e oltre, visto che alcuni si
sono tuffati a fare il bagno nel mare illuminato dalla luna. Poco pi gi, la
situazione abbastanza tranquilla: c un fal con intorno delle persone che

suonano la chitarra. Mi piazzo a poca distanza dal fuoco, abbastanza vicino da


sentirne il calore e udire il crepitio dei ciocchi di legno. Affondo i piedi nella
sabbia; lo strato superficiale fresco, ma sotto ancora calda di sole.
In fondo alla spiaggia la tecno sinterrompe e il gruppo reggae sale sul palco. Il
ritmo pi dolce della musica piacevole. In mare, una ragazza comincia a ballare
sulle spalle di un tipo, si toglie il pezzo di sopra del bikini e resta l, mezza nuda
come una sirena lunare, prima di tuffarsi con un tonfo silenzioso. Dietro di me, il
tipo alla chitarra inizia a suonare Stairway to Heaven. Si fonde stranamente
bene con il reggae.
Mi stendo sulla sabbia e osservo il cielo sopra la mia testa. Da questa
posizione di vantaggio, come se avessi la spiaggia tutta per me. Il gruppo
termina una canzone e il cantante annuncia che manca mezzora alla fine
dellanno. Capodanno. Ao nuevo. Si fa tabula rasa. Ora di hacer borrn y
cuenta nueva cantilena. Gi, cancellare tutto e ripartire da capo.
Unoccasione per cancellare la lavagna una volta per tutte.
Ci si riesce davvero? A cancellare la lavagna? E vorrei davvero farlo?
Cancellerei lanno passato, se potessi?
Tabula rasa ripete il cantante. La possibilit di ricominciare. Riparti da
zero, bambola. Rifai i conti. Cambia tutto. Per essere chi vuoi essere. Allo
scoccare della mezzanotte, prima di baciare il tuo amor concediti un beso para t.
Chiudi gli occhi, pensa allanno che hai davanti. Questa la tua chance. Proprio
oggi tutto potrebbe cambiare.

Davvero? unidea attraente, ma perch proprio il primo di gennaio? Si


potrebbe anche dire che sia il diciannove di aprile la data in cui tutto cambia. Un
giorno vale laltro. Non significa nulla.
Allo scoccare della mezzanotte esprimi il tuo desiderio. Cul es tu deseo?
Per te stesso. Per il mondo.
Capodanno. Non c la torta di compleanno. E non ho pi otto anni. Non
credo pi che i desideri si avverino. Ma se lo credessi, quale desiderio esprimerei?
Di cancellare quel giorno? Di poter rivedere lui?
Di solito, ho molta forza di volont. Come uno che a dieta e resiste alla
tentazione di mangiare un biscotto, non mi concedo neppure di pensarla questa
cosa. Eppure, per una frazione di secondo lo faccio. Lo immagino qui, che
cammina lungo la spiaggia con i capelli che riflettono la luce del fuoco, quegli
occhi scuri e chiari allo stesso tempo, allegri, pieni dironia e di tante altre cose.
Per una frazione di secondo quasi lo vedo.
Mi lascio andare alla fantasticheria e aspetto lo spasimo di sofferenza che in
genere laccompagna. Ma non arriva. Invece, il respiro rallenta e dentro di me
qualcosa si scalda. Abbandono ogni cautela e ogni buon senso e mi lascio
avvolgere dal pensiero di lui. Le mie mani mi abbracciano il petto, come se fosse
lui a tenermi stretta. Per un breve istante, tutto sembra perfetto.
Credevo che non ti avrei pi trovata!
Guardo su. Melanie si sta avvicinando a grandi passi.
Sono qui.

Ti ho cercata per almeno mezzora. Su e gi per la spiaggia. Non avevo idea


di dove fossi.
Ero qui.
Ti ho cercata ovunque. La festa sta diventando un casino: c una situazione
stile sedativi nella sangria. Una ragazza ha appena vomitato a dieci centimetri
dai miei piedi e ci sono un sacco di brutti ceffi che provano a rimorchiarmi con le
peggiori battute del mondo. Mi hanno pizzicato il culo un migliaio di volte e un
tipo molto raffinato mi ha chiesto se volevo dare un morso al suo panino e non
stava certo parlando di cibo! Scuote la testa come se cercasse di scacciar via il
ricordo. Lidea era di coprirsi le spalle a vicenda!
Mi dispiace. Tu ti stavi divertendo e io credo di aver perduto il senso del
tempo.
Hai perso il senso del tempo?
Penso di s. Mi dispiace se ti sei preoccupata. Ma sto bene. Vuoi tornare alla
festa?
No! Ne ho avuto abbastanza. Andiamocene.
Non dobbiamo andarcene per forza. Guardo verso il fal. Le fiamme
danzano e mi rendono difficile distogliere lo sguardo. A me non dispiace
restare. Per la prima volta da chiss quanto, sto passando un buon momento,
sto bene dove sono.
Be, a me s. Ho passato lultima mezzora nel panico e ora sono sobria e ne
ho avuto abbastanza di questo posto. Sembra una festa di beneficenza di

Telemundo.
Oh, va bene. Andiamo allora.
La seguo fino alla montagna di scarpe, dove le ci vogliono secoli per ritrovare
le ciabatte di gomma, e poi cinfiliamo nel taxi che ci sta aspettando. Quando mi
viene in mente di guardare lorologio sul cruscotto gi mezzanotte e venti. Non
credo davvero a quello che ha detto il cantante, a proposito di esprimere un
desiderio a mezzanotte, ma ora che ho perso il momento sento che avrei dovuto
provarci, prima che la finestra della possibilit si chiudesse definitivamente.
Il viaggio di ritorno trascorre in silenzio; solo il tassista canticchia sottovoce
seguendo la radio. Quando arriviamo allingresso del villaggio Melanie gli allunga
alcune banconote e, per un attimo, mi viene unidea.
E se prenotassimo il tipo, tra un paio di giorni, per farci portare da qualche
parte, lontano dai turisti?
Perch mai dovremmo?
Non so. Per vedere cosa succederebbe se provassimo a fare qualcosa di
diverso. Scusi, seor, quanto costerebbe affittare il taxi per una giornata intera?
Lo siento. No hablo ingls.
Melanie mi guarda, alzando gli occhi al cielo. Immagino che dovrai
accontentarti della tua grande avventura.
Dapprima penso che si riferisca alla festa di stasera. Poi capisco che sta
parlando del sito archeologico. Perch sono effettivamente riuscita a portare i
nostri genitori a visitare delle rovine diverse. Siamo andati a Cob, invece che a

Tulum. Proprio come speravo, ci siamo fermati in un piccolo villaggio sulla strada
e, per un momento, mi sono emozionata pensando che finalmente ce lavevo
fatta: ero riuscita a fuggire nel vero Messico. Okay, avevo tutta la famiglia al
traino, ma era un villaggio Maya. Peccato che poi mia madre e Susan siano
impazzite dietro alle collane di perle colorate, che gli abitanti del villaggio siano
venuti a suonare i tamburi per noi e siamo stati tutti invitati a danzare in cerchio,
e infine ci sia stato addirittura una specie di tradizionale rito purificatorio. Ma tutti
registravano video su tutto e, dopo il rito, pap ha donato dieci dollari
mettendoli in un cappello che ci stato visibilmente piazzato davanti al naso, e io
mi sono resa conto che la cosa non era diversa dal solito viaggio organizzato.
Lappartamento nel villaggio silenzioso. I genitori sono gi tutti a letto,
anche se, appena la porta si chiude, la mamma sbuca dalla sua camera. Siete
in anticipo dice.
Ero stanca mente Melanie. Buonanotte. Buon anno nuovo. Sinfila in
camera nostra e la mamma mi d un bacio di augurio e torna nella sua.
Io non sono affatto stanca, perci mi siedo fuori sul balcone e ascolto il rumore
della festa dellhotel che si spegne gradualmente. Allorizzonte si sta preparando
una tempesta di lampi. Cerco nella borsa il mio telefono e, per la prima volta da
mesi, apro la galleria delle foto.
Lui ha un viso cos bello che mi si stringe lo stomaco. Ma sembra irreale, non
una persona che potrebbe mai fare parte delle mie conoscenze. Poi guardo la me
stessa della foto e riconosco a malapena anche lei: non solo perch i capelli

hanno un taglio diverso, ma perch sembro diversa. Quella non sono io. Quella
Lul. Ed sparita, cos come lui.
Tabula rasa. Cos ha detto il cantante di reggae. Forse non sono pi in tempo
per esprimere un desiderio, ma posso cercare lo stesso di cancellare la lavagna,
di superare questa storia.
Mi concedo di guardare la foto di Willem e Lul per un lungo minuto.
Buon anno nuovo gli auguro.
Poi li cancello.

CAPITOLO DICIANNOVE

GENNAIO

Universit
Mentre io sono in Messico, a Boston cadono sessanta centimetri di neve e la
temperatura non supera mai lo zero, perci al mio ritorno, due settimane dopo, il
campus ha laspetto di una deprimente tundra grigia. Arrivo qualche giorno prima
dellinizio delle lezioni, con la scusa di prepararmi per il nuovo semestre. Ma la
verit che non riesco a sopportare di stare a casa, sotto locchio vigile del
secondino, neppure un giorno di pi. Se gi a Cancn stata abbastanza dura, a
casa latmosfera insopportabile senza Melanie a distrarmi. Lei ripartita per
New York il giorno dopo che siamo tornati, prima che avessimo la possibilit di
ripianare la strana discordia che si era creata tra noi.
Il Temibile Trio torna dalle vacanze traboccante di aneddoti e battutine. Hanno

passato tutte e tre il Capodanno insieme alla famiglia di Kendra, in un


appartamento in condominio a Virgina Beach, e sono andate a nuotare con la
neve, quindi adesso si sono ordinate delle magliette con gli orsi polari. Sono
abbastanza gentili da chiedermi come andato il mio viaggio, ma tutta quella
finta cordialit mi soffoca, perci minfilo a cipolla qualche maglione e il parka e
me ne vado alla libreria delluniversit per prendere un nuovo volume di cinese.
Sono nella sezione delle lingue straniere quando mi suona il telefono. Non ho
neppure bisogno di leggere il nome. La mamma mi chiama almeno due volte al
giorno da quando sono tornata.
Ciao, mamma.
Allyson Healey? la voce allaltro capo della linea chiara e cortese,
lesatto opposto della mamma.
S, sono Allyson.
Salve, Allyson. Sono Gretchen Price, dellufficio di orientamento scolastico.
Faccio una pausa e cerco di respirare per alleviare il senso di nausea che mi
stringe lo stomaco. S?
Mi chiedevo se potresti fare un salto nel mio ufficio. A salutarmi.
Ora mi sento come se stessi direttamente per vomitare sulle pile di Buongiorno
Italiano. Lha chiamata mia madre?
Tua madre? Non direi proprio. Si sente il rumore di qualcosa che cade.
Accidenti! Un attimo solo C un po di trambusto, poi torna al telefono.
Senti, mi dispiace chiedertelo cos, allultimo momento, ma pare che ultimamente

sia lunico modo in cui riesco a lavorare. Mi piacerebbe se venissi a trovarmi


prima che inizi il semestre.
Ehm ma inizia dopodomani.
Infatti. Che ne dici di venire oggi, allora?
Mi sbattono fuori. Me la sono giocata in un solo semestre. Sanno che non sono
una Studentessa Soddisfatta. Non sono adatta a stare nella loro brochure. O, in
generale, in questo posto. C qualche problema che mi riguarda?
Di nuovo la risata argentina. Non con me. Perch non vieni aspetta
Rumore di carte spostate. Che ne dici delle quattro?
sicura che non labbia chiamata mia madre?
S, Allyson, sicurissima. Allora, alle quattro?
Di che si tratta?
Oh solo di fare conoscenza. Ci vediamo alle quattro.
Lufficio di Gretchen Price in un angolo trafficato delledificio amministrativo,
ricoperto di edera. Pile di libri, documenti e riviste sono sparsi ovunque, sul tavolo
rotondo, su alcune sedie vicino alla finestra, sul divanetto, sulla scrivania
disordinata.
Quando mi fanno passare, lei al telefono perci resto in piedi sulla soglia. Mi
fa segno di entrare. Tu devi essere Allyson. Togli pure quella pila di roba dalla
sedia e accomodati. Un attimo e sono da te.
Sposto una bambola di pezza, sporca e con una treccia staccata, e una pila di
cartelline da una sedia. Su alcune cartelle sono attaccati bigliettini adesivi: S. No.

Forse. Da una scivola fuori un documento. la copia di una domanda di


ammissione, come quella che ho mandato io un anno fa. La infilo di nuovo nella
cartellina, che poso su una sedia l accanto.
Gretchen riaggancia il telefono. Allora, Allyson, come va?
Bene. Lancio unocchiata alle domande di ammissione di tutti quelli che
vorrebbero un posto come il mio. Anzi, benissimo.
Davvero? Tira su una cartellina e ho la netta impressione che sappia gi
tutto.
Certo dico, con la finta allegria che riesco a sfoderare.
Vedi, il fatto che ho esaminato i tuoi voti del primo semestre.
Sento che gli occhi mi si riempiono di lacrime. Mi ha attirato qui con linganno.
Ha detto che non cerano problemi, che era solo un incontro per fare conoscenza.
E poi non che non ho superato i test. Ho solo avuto dei voti bassi!
Scruta la mia faccia sconvolta e mi fa segno con le mani di calmarmi.
Rilassati, Allyson dice con voce dolce. Non sono qui per massacrarti. Voglio
solo capire se hai bisogno di aiuto, e offrirtelo, se il caso.
il mio primo semestre. Ho dovuto prendere un po le misure. Ho usato
questa scusa cos tante volte che quasi ci credo anchio.
Lei si appoggia allo schienale della sedia. Sai, la gente tende a credere che
lammissione alluniversit sia una cosa intrinsecamente ingiusta; che non si
possano giudicare le persone basandosi su pezzi di carta. Il fatto , per, che
quei pezzi di carta possono rivelare molte cose. Prende un sorso da una di

quelle tazze da colorare che si regalano ai bambini. La sua ricoperta di


impronte digitali e sbaffi di pastello. Non ti ho mai incontrato prima, ma, a
giudicare da quel che vedo sulla carta, ho il sospetto che tu stia facendo un po
fatica.
Non mi sta chiedendo se faccio fatica. Non mi sta chiedendo perch faccio
fatica. Lo sa. Le lacrime sgorgano e io non le trattengo. Il sollievo pi forte
della vergogna.
Lascia che sia chiara continua Gretchen, allungandomi una scatola di
fazzoletti di carta. Non me ne importa nulla della tua media. Nel primo
semestre, incontrare difficolt normale quanto mettere su peso. Avresti dovuto
vedere la mia di media, nel primo semestre. Scuote la testa e ride. In
genere, qui gli studenti che hanno difficolt appartengono a due categorie: quelli
che si stanno abituando alla libert, e magari passano troppo tempo alle feste dei
dormitori e troppo poco in biblioteca. In linea di massima si rimettono in riga
dopo uno o due semestri. Mi scruta. Stai buttando gi troppi bicchierini di
Jgermeister, Allyson?
Faccio segno di no con la testa anche se, dal tono della domanda, sembra
conoscere gi la risposta.
Annuisce. Laltro tipo di comportamento un po pi insidioso. Ed quello
che spesso fa abbandonare gli studi. Per questo ho voluto incontrarti.
Pensa che abbandoner gli studi?
Mi fissa seria. No. Ma guardando i tuoi risultati scolastici alle superiori e i

voti di questo semestre, corrispondi alla categoria. Agita una cartella che
evidentemente contiene il mio curriculum scolastico completo. Studenti come
te, in particolare le giovani donne, hanno risultati eccellenti alle superiori. Guarda
i tuoi voti. Eccellenti in tutte le materie. Sia scientifiche sia umanistiche: voti alti
in tutto. Ottimo risultato nellesame di ammissione universitaria. Poi entri qui, che
si suppone sia il motivo per cui ti sei data tanto da fare, no?
Annuisco.
Be, arrivi qui e crolli. Ti stupirebbe sapere quanti dei miei studenti modello
finiscono per mollare. Scuote il capo demoralizzata. Odio quando succede.
Io partecipo alla selezione di quelli che vengono ammessi. Si riflette
negativamente anche su di me, se ci sbattono il muso e mollano.
Come un dottore a cui muore il paziente.
Ottima analogia. Vedi quanto sei sveglia?
Le concedo un mesto sorriso.
Il fatto , Allyson, che luniversit dovrebbe essere
Il periodo migliore della mia vita?
Stavo per dire una cosa che ti nutre. Unavventura. Unesplorazione. Ti
guardo e non mi sembra che tu ne tragga nutrimento. Se esamino il tuo piano di
studi allunga uno sguardo verso lo schermo del computer. Biologia,
chimica, fisica. Cinese. Laboratorio. molto ambizioso per il primo anno.
Sto facendo la propedeutica a medicina spiego. Sono obbligata a fare
quei corsi.

Non commenta. Prende un altro sorso di caff. Poi dice: Sono proprio i corsi
che desideri seguire?
Mi fermo a riflettere. Nessuno me lo ha mai chiesto. Quando abbiamo ricevuto
per posta la brochure dei corsi semplicemente stato dato per scontato che avrei
attaccato tutte le materie di preparazione a medicina. La mamma sapeva gi
esattamente cosa dovevo fare e quando. Io avevo guardato alcuni corsi
facoltativi e commentato che ceramica pareva interessante, ma avrei anche
potuto dire che avevo intenzione di laurearmi in tecniche subacquee di
fabbricazione ceste.
Non so cosa mi piacerebbe fare.
Perch non dai unocchiata e cerchi di modificare un po la situazione? Le
iscrizioni sono ancora in corso e potrei riuscire a favorirti in qualche modo. Si
ferma e allunga la brochure verso di me attraverso la scrivania. Anche se
decidi per la propedeutica a medicina, hai comunque quattro anni per completare
i corsi necessari e ci sono anche un sacco di requisiti di tipo umanistico. Non c
bisogno che concentri tutto nello stesso periodo. Questa non medicina.
E i miei genitori?
Che vuol dire e i miei genitori?
Non posso scontentarli.
Anche se significa scontentare te stessa? Dubito vogliano questo per te.
Le lacrime riprendono a sgorgare. Mi porge un altro fazzoletto di carta.
Capisco che tu voglia compiacere i tuoi genitori e renderli orgogliosi di te.

una motivazione nobile e meritevole. Ma, alla fine della fiera, si tratta del tuo
percorso di studi, Allyson. Deve essere tuo. E te lo devi godere. Sinterrompe,
beve un altro po di caff. E ho come lidea che i tuoi genitori saranno pi felici,
se vedono salire la tua media.
Su questo ha ragione. Annuisco. Volta lo schermo del pc verso di me. Allora,
proviamo a rimescolare un po il piano di studi. Qualche idea di quello che ti
piacerebbe seguire?
Scuoto la testa.
Agguanta la brochure dei corsi e ne sfoglia le pagine. Andiamo. come
avere davanti un buffet di proposte intellettuali. Archeologia. Ballo latinoamericano. Pedagogia. Pittura. Introduzione alla finanza. Giornalismo.
Antropologia. Ceramica.
Che vuol dire modellare la terracotta? la interrompo.
S. Sgrana gli occhi e batte sulla tastiera. Ceramica corso base,
marted alle undici. C posto. Ma va in conflitto con il tuo laboratorio di fisica.
Non potremmo rimandare il laboratorio, e forse anche fisica, per un altro
semestre?
Li tolga. Dirlo meraviglioso, come se lasciassi andare un pallone pieno
di elio e lo guardassi scomparire in cielo.
Vedi? Hai gi capito come funziona dice Gretchen. Che ne pensi di
qualche materia umanistica per bilanciare il tuo piano di studi? Serviranno anche
quelle nel curriculum, per laurearti. Ti interessa di pi storia antica o storia

moderna? C una fantastica serie di lezioni sullEuropa. Un seminario sulla


Rivoluzione russa. Anche un affascinante seminario sulla Storia americana prerivoluzione che sfrutta molto bene il fatto che ci troviamo vicino a Boston.
Oppure, potresti iniziare con qualche lezione di letteratura. Vediamo. Lesame di
ammissione ha stabilito che possiedi i requisiti base di scrittura di testi.
Potremmo fare un colpo diabolico e infilarti in uno dei seminari pi interessanti
consulta la lista sullo schermo. Poesia beat. Letteratura dellOlocausto. Politica
in prosa. Versi del Medioevo. Shakespeare ad Alta Voce.
Sento una scossa percorrermi la spina dorsale. Un vecchio circuito elettrico
dimenticato da tempo che viene riacceso e da cui scaturiscono scintille che
brillano al buio.
Gretchen deve cogliere la mia espressione, perch attacca a spiegare che non
si tratta di una serie di lezioni qualsiasi: il professor Glenny ha idee molto precise
su come si dovrebbe insegnare Shakespeare e ha un gruppo di accaniti
sostenitori nel campus.
Non posso fare a meno di pensare a lui. Poi penso alla tabula rasa. Alla
decisione presa a Capodanno. Al fatto che sto facendo la propedeutica a
medicina. Non credo che dovrei fare quel corso.
La mia frase la fa sorridere. A volte il modo migliore di scoprire cosa
dovresti fare fare quello che non dovresti fare. Digita qualcosa sulla tastiera.
pieno, come sempre, perci ti metto in lista dattesa e dovrai lottare per
guadagnarti un posto. Perch non ci provi? Lascia che sia il fato a decidere.

Il fato. Credo che sia un altro modo per definire un incidente casuale.
A cui non credo pi.
Ma lascio ugualmente che mi iscriva al corso.

CAPITOLO VENTI

Entrare nella classe dove si tiene il corso Shakespeare ad Alta Voce come
mettere piede in una scuola completamente diversa da quella che ho frequentato
negli ultimi quattro mesi. Invece di unenorme sala conferenze, del genere in cui
si sono finora tenuti i miei corsi di materie scientifiche, o di una grande aula come
quella di cinese, questa una classe piccola e intima, tipo quelle in cui
studiavamo alle superiori. Ci saranno forse venticinque banchi sistemati a
semicerchio intorno a un leggio posto al centro. Anche gli studenti seduti nei
banchi hanno unaria diversa. Piercing alle labbra e capelli di colori che non si
trovano in natura su una testa umana. un mare di alienazione ben curata. Il
gruppo artistoide, immagino. Quando entro e cerco un posto per sedermi sono
tutti occupati nessuno si gira a guardarmi.
Mi siedo sul pavimento, accanto alla porta per poter fuggire pi facilmente.
Non sono molto a mio agio a chimica, ma neppure qui mi sento al mio posto.

Quando il professor Glenny entra in aula, con un ritardo di cinque minuti e unaria
da rockstar capelli incolti e brizzolati, vissuti stivali di cuoio e addirittura le
labbra imbronciate di Mick Jagger mi cammina addosso. Nel senso che mi pesta
letteralmente una mano. Per quanto terribili siano state le altre lezioni, nessuno
mi ha mai calpestato. Non un buon auspicio per iniziare e quasi me ne vado sui
due piedi ma, ormai, luscita bloccata da altri studenti che entrano.
Per alzata di mano attacca il professore dopo aver lasciato cadere la sua
tracolla di cuoio consumato ad arte sopra il leggio. Quanti di voi hanno mai
letto unopera di Shakespeare per il puro piacere di farlo? Ha un accento
britannico, ma non da rappresentazione teatrale vista in televisione.
Circa la met delle mani della classe si alzano. Prendo in considerazione la
possibilit di alzare anche la mia, ma una bugia troppo grossa e non ha senso
farsi belli se poi non ho intenzione di restare.
Ottimo. Domanda accessoria: quanti di voi si sono addormentati mentre
cercavano di leggere unopera di Shakespeare da soli?
La classe ammutolisce. Nessuno alza la mano. Il professor Glenny guarda
dritto verso di me e mi chiedo come ha fatto a indovinare, poi per mi rendo
conto che non sta fissando me, ma un ragazzo alle mie spalle, che lunico ad
aver alzato la mano. Come tutti gli altri, mi volto anchio a guardarlo. uno dei
due studenti afroamericani presenti nella stanza, ma lunico a sfoggiare
unenorme aureola di ricci trattenuta da forcine a brillantini e un rossetto color
rosa-gomma-da-masticare sulle labbra. Per il resto, vestito come una di quelle

madri fissate che portano in continuazione i figli a fare sport: tuta e stivali
scamosciati rosa. In quel campo di atteggiamenti eccentrici coltivati con cura, lui
un fiore selvatico, o forse unerbaccia.
Qual lopera che ti ha annoiato al punto da farti dormire? domanda il
professore.
Scelga lei: Amleto. Macbeth. Otello. Ho sonnecchiato sopra il meglio.
La classe ridacchia, come se addormentarsi studiando fosse poco fine.
Il professor Glenny annuisce. Allora perch scusa, come ti chiami?
DAngelo Harrison, ma gli amici mi chiamano Dee.
Allora sar presuntuoso e ti chiamer anchio Dee. Dee, perch hai scelto
questo corso? A meno che tu non sia qui per recuperare un po di sonno.
Di nuovo, la classe ride.
Secondo i miei calcoli, questo corso costa circa cinquemila dollari al
semestre ribatte Dee. Dormire non costa niente.
Provo a fare due conti. Un corso costa cos tanto?
Molto assennato commenta Glenny. Allora, torno a chiederti, perch
segui questo corso, considerati il costo e lesperienza soporifera che hai finora
avuto con Shakespeare?
Be, non sto ancora frequentando il corso. Sono in lista dattesa.
A questo punto, non so pi se sta prendendo tempo o battendosi a duello con
il professore ma, in entrambi i casi, ne sono colpita. Tutti qui sembrano ansiosi di
dare la risposta giusta e invece questo tipo sta rigirandosi il professore come

vuole. E, bisogna dire a suo favore, Glenny pare pi divertito che irritato.
Il punto , Dee, perch provarci, allora?
C una lunga pausa. Si sentono ronzare le luci al neon e un paio di studenti si
schiariscono la gola, come se fossero pronti a rispondere alla domanda. Poi Dee
dice: Perch il film Romeo+Giulietta mi fa piangere pi di qualsiasi altra cosa
al mondo. Ogni accidente di volta che lo guardo.
La classe scoppia di nuovo a ridere. E non una risata gentile. Il professor
Glenny torna verso il leggio e tira fuori dalla tracolla un foglio e una penna. una
lista. La scruta minacciosamente e poi traccia un segno su un nome e io mi
chiedo se Dee stato appena sbattuto fuori dalla lista dattesa. In che razza di
corso mi ha messo Gretchen Price? Shakespeare per Gladiatori?
Poi Glenny si volta verso una ragazza che ha degli strani boccoloni rosa e tiene
il naso ficcato in una copia dellopera omnia di Shakespeare, una tipa che
probabilmente non si mai degnata di guardare la versione di Romeo+Giulietta
con Leo DiCaprio e Claire Danes e neppure addormentata leggendo Macbeth.
Pare meditare un attimo su di lei. La ragazza alza gli occhi e sorride imbarazzata,
tipo Oh, mi ha beccato a leggere mentre parlava. Lui le rivolge un sorriso da
mille watt. Poi le chiude di scatto il libro. un libro grosso. Fa un sacco di rumore.
Il professor Glenny torna al leggio. Shakespeare un personaggio
misterioso. Si scritto molto su questuomo, di cui in verit sappiamo pochissimo.
A volte penso che solo Ges Cristo abbia scatenato altrettanti fiumi dinchiostro
dal risultato cos infruttuoso. Perci, mi rifiuto di affibbiare alluomo una

qualsivoglia personalit. Tuttavia mi sbilancer fino al punto di affermare questo:


Shakespeare non ha scritto le sue opere perch voi le possiate leggere seduti in
silenzio al tavolo di una biblioteca. Fa una pausa per permetterci di assorbire
le sue parole, poi continua: I drammaturghi non sono romanzieri. Creano opere
che devono essere messe in scena e interpretate. Riprese pi volte, nel corso dei
secoli. Il genio di Shakespeare ha il grande merito di averci fornito materiale
grezzo di una qualit cos alta da sopravvivere nel tempo e reggere alle miriadi di
interpretazioni che gli possiamo imporre. E nondimeno, per apprezzare davvero
Shakespeare, per capire perch ha resistito, lo dovete sentire letto ad alta voce
o, meglio ancora, lo dovete vedere recitato in scena, che sia con costumi depoca
o declamato da attori nudi, un dubbio piacere di cui io ho goduto. Anche una
buona produzione cinematografica pu funzionare, come il nostro amico Dee ci
ha chiaramente dimostrato. E, Mr Harrison si rivolge di nuovo a Dee grazie
per lonest. Anche a me capitato di addormentarmi leggendo Shakespeare. Il
mio libro di scuola porta ancora qualche traccia di bava. Sei ammesso al corso.
Avvicinatosi a grandi passi alla lavagna il professor Glenny ci scrive sopra
Inglese 317. Shakespeare ad Alta Voce . Il nome di questo corso non casuale,
anzi piuttosto letterale. Perch qui non leggiamo Shakespeare in silenzio,
ognuno per conto suo, nellatmosfera intima della nostra stanza o della
biblioteca. Qui lo interpretiamo. Lo vediamo interpretato. Lo leggiamo ad alta
voce, in questaula o con un compagno. Durante questo corso ognuno di noi
diventer un attore, un interprete, per gli altri, di fronte agli altri. A chi di voi non

disposto a farlo o preferisce un approccio pi convenzionale, questottimo


istituto scolastico offre unabbondanza di corsi tradizionali su Shakespeare e io
suggerisco di ripiegare su uno di quelli.
Si ferma, come per dare a chi lo voglia la possibilit di andarsene. Questo
sarebbe il momento di fuggire, ma qualcosa mi tiene ancorata l dove sto.
Se gi ne sapete un po di queste lezioni, che io coordino le nostre letture
con qualsiasi opera di Shakespeare venga rappresentata a teatro durante il
semestre, che sia recitata da un gruppo di dilettanti o da una compagnia
professionale. Mi aspetto che andiate ad assistere alle rappresentazioni e riesco a
ottenere biglietti a prezzi molto buoni per i gruppi. In particolare, per
questinverno e per la prossima primavera in previsione uneccellente selezione
di opere.
Comincia a distribuire il programma e, prima che me ne arrivi uno e che lui
abbia finito di scrivere alla lavagna lelenco delle rappresentazioni previste, anche
se Shakespeare ha scritto pi di trenta opere teatrali, lo so gi: so che quella a
cui sto pensando sar nella lista.
Infatti a met del programma, dopo Enrico V e Il racconto dinverno e prima
d i Come vi piace, di Cimbelino e Misura per misura. Scritta l, sulla pagina,
sembra balzarmi agli occhi come se fosse un cartellone. La dodicesima notte. E, a
quel punto, che io voglia o no seguire questo corso irrilevante. Non posso stare
l e leggere quel testo. il contrario di fare tabula rasa.
Il professor Glenny va avanti per un po a parlare delle opere teatrali,

indicandone il nome con la mano e sbafando le scritte nellentusiasmo. La cosa


che preferisco di questo corso che, di fatto, lasciando che le opere ci scelgano,
lasciamo anche che le tematiche ci scelgano. Allinizio il rettore era scettico su
queste scelte accademiche dettate dal caso, ma pare che funzioni sempre.
Considerate questesempio. Indica di nuovo la lista. Qualcuno riesce a
indovinare quale sia il tema del semestre basandosi su questa specifica
selezione?
Sono tutte commedie? tenta la ragazza in prima fila con i boccoli rosa.
Ottimo tentativo. Ma Il racconto dinverno, Misura per misura e Cimbelino,
anche se sono molto umoristiche, non sono considerate commedie, bens drammi
a tema, una categoria di cui tratteremo pi in l. Ed Enrico V, anche se ha delle
parti comiche, piuttosto drammatico. Qualcun altro?
Silenzio.
Vi dar un indizio. pi evidente nella Dodicesima notte e in Come vi piace,
che sono commedie; il che non significa che non siano anche piuttosto
commoventi.
Ancora silenzio.
Andiamo. Qualcuno di voi eruditi studiosi deve aver assistito a una di queste
commedie. Chi di voi ha visto Come vi piace o La dodicesima notte?
Non mi rendo conto di aver alzato la mano finch non gi troppo tardi. Il
professore mi ha visto e annuisce, con quei suoi occhi vivaci e curiosi. Vorrei dire
che mi sono sbagliata, che quella era unaltra versione di Allyson, quella che

alzava la mano in classe e che temporaneamente ricomparsa. Ma non posso,


perci balbetto che ho visto La dodicesima notte durante lestate.
Glenny resta l, come ad aspettare che io concluda il pensiero. Ma non ho altro
da dire. Segue un silenzio imbarazzato, come se avessi appena dichiarato di
essere alcolizzata a una Riunione delle Figlie della Rivoluzione Americana.
Il professor Glenny, per, rifiuta di lasciarmi perdere: E qual la principale
fonte di tensione e comicit in quella specifica commedia?
Per una frazione di secondo non sono pi in quellaula surriscaldata, in una
mattinata dinverno. una tiepida serata inglese, sul canale di Stratford-uponAvon. E poi, sono in un parco parigino. E infine di nuovo qui. In tutti e tre i luoghi
la risposta la stessa. Nessuno realmente quello che finge di essere.
Grazie?
Allyson rispondo. Allyson Healey.
Allyson. Forse una lieve generalizzazione ma, per quel che ci riguarda,
coglie precisamente il punto. Si gira verso la lavagna e scrive Identit alterate,
realt alterata. Poi controlla unaltra cosa sul suo foglio.
Glenny continua: E, prima che le nostre strade si dividano, unultima
comunicazione di servizio. In classe non avremo il tempo di leggere ogni opera da
cima a fondo, anche se ne vedremo parecchie. Credo di aver chiarito quello che
penso riguardo al farlo da soli, perci mi piacerebbe che leggeste il resto a voce
alta insieme a un compagno. Non unopzione ma un obbligo. Per favore,
formate subito le coppie. Se siete in lista dattesa, trovate un compagno che sia

nella stessa situazione. Allyson, tu non sei pi in lista dattesa. Come vedete, qui
la partecipazione premiata.
C un po di trambusto mentre si formano le coppie. Mi guardo intorno.
Accanto a me c una ragazza con unaria normale e gli occhiali con la montatura
allungata. Potrei chiedere a lei.
Oppure potrei alzarmi e andarmene. Anche se non sono pi in lista dattesa,
potrei mollare il corso e lasciare il posto a qualcun altro.
Non faccio nessuna delle due cose. Mi allontano dalla ragazza con gli occhiali e
guardo alle mie spalle. Quel tipo, Dee, seduto l come il ragazzino solitario e
poco atletico che resta sempre fuori quando, alle elementari, si scelgono le
squadre per giocare a palla. Ha unespressione divertita, come se sapesse gi che
nessuno andr da lui e volesse risparmiare a tutti il disturbo di farlo. Cos, quando
gli chiedo se vuole fare coppia con me, la sua aria furbetta scompare per un
attimo e sembra sinceramente sorpreso.
Incidentalmente, il mio carnet di ballo non molto gremito al momento.
Equivale a un s?
Annuisce.
Bene. Devo porre una condizione, per. In effetti, si tratta pi di un favore.
Anzi, di due favori.
Per un attimo aggrotta le sopracciglia rasate, poi le inarca al punto che
spariscono dietro la sua aureola di ricci.
Non voglio leggere La dodicesima notte ad alta voce. Se vuoi, puoi fare tu

tutte le parti e io ti ascolter e poi ti legger una delle altre commedie. Oppure
possiamo affittare una versione cinematografica e leggerci sopra. Ma non la
voglio declamare a voce alta. Neppure una parola.
Come te la caverai in classe?
Trover un sistema.
Coshai contro La dodicesima notte?
Questa laltra condizione: non ne voglio parlare.
Sospira, come se ci stesse meditando su. Sei una fregatura o una diva? Con
le dive me la posso cavare, ma non ho tempo da perdere con le fregature.
Non credo di essere nessuna delle due. Dee fa una faccia scettica.
Sar solo per quella commedia, lo giuro. E sono sicura che ne esiste una versione
in DVD.
Mi fissa per un minuto, come se stesse cercando di analizzare ai raggi X la mia
vera natura. Poi deve decidere che sono a posto, o forse capisce di non avere
unaltra opzione: alza gli occhi al cielo e sospira rumorosamente. A dire il vero,
esistono diverse versioni della Dodicesima notte. Di colpo la sua voce e il suo
accento sono completamente cambiati. Addirittura lespressione del viso quella
di un professore. C una versione cinematografica con Helena Bonham Carter
che meravigliosa. Ma se proprio dobbiamo barare, dovremmo almeno affittare
una versione teatrale.
Lo fisso per un attimo, stupefatta. Lui ricambia lo sguardo, poi le sue labbra
sincrespano in un lieve sorriso. E capisco che quello che ho detto poco fa

giusto: nessuno realmente quello che finge di essere.

CAPITOLO VENTUNO

FEBBRAIO

Universit
Per le prime settimane del corso Dee e io cerchiamo di incontrarci in biblioteca,
ma gli altri ci guardano male, specialmente quando lui comincia a tirar fuori le
sue voci diverse. E ne tira fuori un sacco, di voci: un solenne accento britannico
quando impersona Enrico, una strana cadenza irlandese il suo tentativo di
imitare il gallese, suppongo quando Fluellen, oltre a esagerati birignao alla
francese quando interpreta personaggi che vengono dalla Francia. Io non mi
preoccupo di sperimentare accenti: gi tanto se non sbaglio le parole.
Dopo lennesima volta che ci zittiscono in biblioteca ci spostiamo nei locali del
comitato studentesco, ma Dee non riesce a sentirmi perch c troppo casino. Lui
cos bravo a proiettare la voce che si direbbe che studi recitazione. Invece

credo stia facendo storia o scienze politiche. Non che me labbia detto; non
parliamo di nulla, al di fuori dalle letture. Per ho sbirciato i suoi libri, e sono tutti
tomi che riguardano la storia del movimento dei lavoratori o trattati sulle
strutture di governo.
Cos, prima di iniziare a leggere la seconda commedia, Il racconto dinverno,
suggerisco di trasferirci nel mio dormitorio dove, in genere, nel pomeriggio non
c nessuno. Dee mi fissa a lungo e poi dice che va bene. Gli dico di venire alle
quattro.
Il pomeriggio dispongo in un piatto i biscotti che la nonna continua a
mandarmi e preparo il t. Non so cosa si aspetti lui, ma questa la prima volta
che intrattengo ospiti nella mia stanza, anche se non so se questo si pu definire
intrattenere e se Dee si pu definire un ospite.
Quando vede i biscotti, per, mi rivolge un buffo sorrisetto. Poi si toglie la
giacca e lappende nellarmadio, anche se la mia buttata su una sedia. Si sfila
gli stivali. Esamina la stanza.
Hai un orologio? domanda. Il mio cellulare morto.
Mi alzo e gli mostro la scatola piena di orologi, che ho rimesso dentro
larmadio. Scegli quello che vuoi.
Ci mette un po a scegliere, ma alla fine ne tira fuori uno anni 40, art dco, in
mogano. Gli faccio vedere come caricarlo. Mi chiede come impostare la sveglia.
Glielo mostro. La punta alle cinque e cinquanta, spiegando che deve essere al
lavoro alle sei. In genere le letture non portano via pi di mezzora, perci non

sono sicura del perch metta la sveglia. Per non dico nulla. N di quello n del
suo lavoro, anche se sono curiosa.
Si sistema sulla sedia del mio scrittoio. Io mi siedo sul letto. Prende una
provetta piena di moscerini della frutta dal tavolo e la esamina con aria divertita.
Sono drosofile spiego. Le sto allevando per una lezione.
Scuote la testa. Se ti finiscono puoi venire a prenderne altre nella cucina di
mia mamma.
Vorrei chiedergli dove si trova quella cucina. Da dove viene. Ma sembra
riservato a proposito di questi dettagli. O forse colpa mia. Forse farsi degli amici
richiede una competenza specifica e io a quella lezione non cero. Okay, ora di
iniziare. Ci vediamo dopo, drusofille dice ai moschini. Non lo correggo.
Leggiamo una bella scena allinizio del Racconto dinverno, in cui Leonte va su
tutte le furie e crede che Ermione lo tradisca. Quando arriviamo alla fine, Dee
raduna i libri e io penso che stia per andarsene, invece tira fuori un testo di un
tipo che si chiama Marcuse. Mi lancia uno sguardo fugace.
Faccio un altro po di t dico.
Studiamo insieme, in silenzio. piacevole. Alle cinque e cinquanta suona la
sveglia e Dee si prepara per andare al lavoro.
Mercoled? dice.
Sicuro.
Due giorni dopo ripercorriamo la stessa routine: biscotti, t, saluto alle
drusofille, Shakespeare ad alta voce e studio in silenzio. Non parliamo. Studiamo

solo. Venerd, Kali entra nella stanza. la prima volta che vede Dee, o che vede
qualcuno in camera con me, e lo esamina per un bel po. Li presento.
Ciao, Dee. Piacere di conoscerti dice lei con voce stranamente seduttrice.
Oh, il piacere tutto mio risponde lui, con un tono esageratamente
brillante.
Kali lo guarda e poi sorride. Si avvicina al suo armadio e tira fuori un cappotto
di cammello e un paio di stivali scamosciati color tabacco. Dee, posso chiederti
una cosa? Che ne dici di questi stivali con questo cappotto? Troppo simili?
Guardo Dee. Indossa una felpa blu e una maglietta con una scritta di brillantini
che dice Io credo. Non capisco proprio come Kali possa ritenerlo un esperto di
moda.
Ma lui reagisce subito. Oh, cara, gli stivali vanno benissimo. Forse dovr
fregarteli.
Lo fisso, stupefatta. Cio, ho immaginato che Dee fosse gay, ma non lho mai
sentito parlare come una checca prima dora.
No, no, non te li freghi risponde Kali, e il suo strano modo di sottolineare
le parole prende una sfumatura da californiana ricca. Mi sono costati almeno
quattrocento dollari. Li puoi prendere in prestito.
Oh, sei un angelo, cara. Ma tu hai dei piedini da Cenerentola e il vecchio
Dee come una di quelle brutte sorellastre.
Lei ride e continuano cos per un po, a discutere di moda. Ci rimango quasi
male. Non mi ero mai accorta che Dee fosse tanto interessato a quel tipo di cose.

Kali lo ha capito subito. come se avesse una sorta di radar, che ti indica come
scegliere argomenti che interessano le altre persone per farci amicizia. A me la
moda non interessa affatto ma, quel pomeriggio, quando suona la sveglia e Dee
si prepara per andarsene gli mostro lultima gonna che mi ha spedito mia madre
e gli chiedo se pensa che sia troppo da brava bambina. Le getta a malapena uno
sguardo. okay.
Da l in avanti, Kali comincia a farsi vedere pi spesso; lei e Dee paiono un
programma televisivo sulla moda, e lui tira sempre fuori quella voce e quel modo
di parlare. La liquido come una cosa legata, appunto, alla moda. Qualche giorno
dopo, per, stiamo per uscire quando arriva Kendra. Li presento. Kendra squadra
Dee, come fa con tutti, e sfodera il suo sorriso da hostess, chiedendogli da dove
proviene.
New York risponde lui. Prendo nota. Lo conosco da quasi tre settimane e
solo ora vengo a sapere i dettagli basilari.
Dove, New York?
In citt.
Dove?
Bronx.
Il sorriso da hostess svanito, rimpiazzato da una linea sottile che pare
tracciata con la matita.
Oh, vuoi dire il South Bronx? Be, deve essere bello vivere l.
Adesso Dee che squadra Kendra da capo a piedi. Si guardano come cani e mi

chiedo se perch sono entrambi di colore. Poi, lui cambia tipo di voce rispetto a
quello che usa con Kali o con me. Tu vieni dal South Bronx?
Lei arretra un po. No! Vengo da Washington.
Vuoi dire dove c tutto quello schifo di piogge?
Quello schifo di piogge?
No. Non lo Stato di Washington. Washington la citt.
Ah. Ho dei cugini a Washington. Gi ad Anacostia. Cavolo, quelli s che sono
quartieri popolari di merda. Anche peggio di quelli in cui sono cresciuto io. Nella
loro scuola si sparano praticamente ogni settimana.
Kendra ha unaria inorridita. Non ci sono mai stata, ad Anacostia. Io vivo a
Georgetown. E sono andata a scuola alla Sidwell Friends, dove vanno le figlie di
Obama.
Io sono andato alla South Bronx High. La scuola pi orrenda di tutti gli Stati
Uniti. Lhai mai sentita nominare?
No, temo proprio di no. Kendra mi lancia una rapida occhiata. Be,
devo andare. Ho un appuntamento con Jeb, tra poco. Jeb il suo nuovo
ragazzo.
Ci becchiamo dopo, bella le grida dietro Dee, mentre Kendra sparisce
nella sua stanza. Poi prende il suo zaino per andarsene, piegato in due dal ridere.
Decido di accompagnarlo fino al locale dove lavora e forse cenare l, giusto per
cambiare un po. Mangiare da soli deprimente, ma lo stomaco di una ragazza
pu reggere solo una certa quantit di burrito riscaldati al microonde. Quando

arriviamo in strada gli chiedo se ha davvero fatto le superiori nel South Bronx.
Apre bocca e ha di nuovo il tono del solito Dee. O, meglio, del Dee che
conosco io. Non so neppure se esistono le scuole superiori nel South Bronx. Io
ho frequentato una scuola privata sovvenzionata dallo Stato. Poi ho avuto
qualche problema nella preparazione allammissione con borsa di studio a una
scuola che ancora pi costosa della Sidwell Friends. Alla faccia tua, Miss Thang.
Perch non le hai semplicemente detto che scuola hai frequentato?
Mi guarda e poi, tornando a usare la voce che ha usato con Kendra, risponde:
Se queste brave ragazze mi vogliono vedere come feccia uscita dal ghetto si
blocca e assume il suo tono sfacciato e cantilenante o come una checca scema
poi tira fuori il basso profondo con cui legge Shakespeare non sar mia cura
disilluderle.
Quando arriviamo al ristorante mi sento come se dovessi dirgli qualcosa. Ma
non so bene cosa. Alla fine gli chiedo solo se la prossima volta preferisce i biscotti
con le gocce di cioccolato o quelli al burro. La nonna me li ha spediti entrambi.
Li porto io i biscotti. Mia madre me ne ha mandato un po alla melassa e
spezie, fatti in casa.
Che carina.
Non c niente di carino. Ha gettato il guanto della sfida. Non ha intenzione
di lasciarsi battere da una nonna qualsiasi.
Rido. Esce un suono strano, come quello di unautomobile rimessa in moto
dopo che stata per un bel po di tempo ferma in garage. Non lo diremo a mia

nonna. Se accetta la sfida e si mette a fare personalmente i biscotti, potremmo


finire avvelenati. la peggior cuoca del mondo.
Diventa una routine. Ogni luned, mercoled e venerd: biscotti, t, sveglia,
Shakespeare, studio. Non parliamo molto di noi ma qualcosina filtra. Sua madre
lavora in ospedale. Non ha fratelli o sorelle ma un milione di cugini. Riceve una
borsa di studio che copre tutte le spese universitarie. perdutamente innamorato
del professor Glenny. Sta studiando per laurearsi sia in storia sia in letteratura e
forse far anche scienze politiche. Quando annoiato canticchia e quando si
concentra molto nella lettura si arrotola una ciocca di capelli intorno al dito
indice, cos stretta che il dito diventa rosso. In pi, proprio come ho sospettato
quel primo giorno di lezione, intelligentissimo. Questo lui non lo dice, ma
evidente. lunico di tutto il corso a prendere il massimo dei voti nel primo
compito assegnato da Glenny su Enrico V. Il professore lo annuncia alla classe e
legge alcuni brani del saggio, come esempio di quello che noialtri dovremmo
cercare di ottenere. Dee ha unaria mortificata e mi sento male per lui, ma i fan
di Glenny gli lanciano tali sguardi di palese invidia che, quasi quasi, ne vale la
pena. Io, intanto, prendo un solido buono con il mio saggio su Perdita e sul tema
della perdita e del ritrovamento.
Anchio racconto a Dee qualcosina di me, per la maggior parte delle volte mi
ritrovo a censurare quello che dico. Mi simpatico. Davvero. Ma sto cercando di
attenermi alla promessa di fare tabula rasa. Eppure, mi piacerebbe potergli

chiedere il suo parere su Melanie. Le ho inviato il primo tentativo fatto al corso di


ceramica, insieme a una lettera in cui le raccontavo come avevo completamente
ribaltato il mio piano di studi. Ho spedito il pacco con la posta prioritaria; una
settimana dopo, non avevo ancora avuto notizie. Allora lho chiamata per
accertarmi che lavesse ricevuto si trattava solo di una goffa ciotola modellata a
mano, ma aveva una bellissima colorazione a venature turchesi e lei si
scusata per non aver risposto, dicendo che era stata molto impegnata.
Le ho raccontato tutto dei nuovi corsi e degli sforzi che sto facendo perch i
miei non se ne accorgano: gli mando esami di biologia con voti migliori di prima
(le lunghe sessioni di studio in compagnia di Dee stanno dando i loro risultati),
ma anche alcuni vecchi test di un compagno del laboratorio di chimica,
sostituendo il suo nome con il mio. Pensavo che si sarebbe fatta una bella risata
invece, con voce inespressiva, mi ha avvertito che se mi beccavano sarei finita
nei pasticci. Come se non lo sapessi gi! Poi ho cambiato argomento,
raccontandole del professor Glenny e di Dee, e delle letture ad alta voce e di
come pensavo che sarebbe stato imbarazzante leggere di fronte allintera classe,
per lo fanno tutti e alla fine non cos terribile. Mi aspettavo che fosse felice per
me, ma la sua voce rimasta uguale e io mi sono ritrovata a irritarmi sempre di
pi. Ormai sono due settimane che non ci parliamo n mandiamo e-mail e, se da
una parte mi dispiace, dallaltra mi sento quasi sollevata.
Mi piacerebbe potermi confidare con Dee, ma non so bene come farlo. A parte
Melanie, non ho mai avuto amici intimi e non sono sicura di quale sia il

procedimento per farsene uno. sciocco, lo so. Lho visto fare dagli altri. Per loro
sembra cos facile: ci si diverte insieme, ci si confida, si condivide la propria
storia. Ma come devo fare, se lunica storia che vorrei davvero raccontare quella
che dovrei cancellare dalla mia vita? In pi, lultima volta che ho aperto il mio
cuore a qualcuno be, proprio il motivo per cui ora ho bisogno di cancellare
ogni cosa. Sembra pi rassicurante lasciare tutto com adesso: cordiale,
amichevole, piacevole e semplice.
Alla fine di febbraio i miei genitori vengono per il weekend del compleanno di
Washington, detto anche Giorno dei Presidenti. la prima volta che tornano, dal
weekend delle visite, e dato che ho imparato la lezione faccio sforzi elaborati per
corrispondere allimmagine di me che si aspettano. Tiro fuori gli orologi.
Sottolineo con levidenziatore le pagine intonse del libro di chimica e copio gli
appunti di laboratorio dei miei ex compagni. Organizzo un sacco di escursioni a
Boston per tenerci alla larga dal campus, lontani da indizi incriminanti e dal
Temibile Trio (che ormai diventato il Dinamico Duo perch Kendra sta sempre
insieme al suo ragazzo). E dico a Dee, con cui ora ogni tanto studio anche
durante il fine settimana, che non ci sar e che venerd e luned non ci possiamo
vedere.
Mi lasci per Drew? Dopo di lui, Drew quello che, al corso, legge meglio.
No, certo che no lo rassicuro, con voce tesa e agitata. solo che
venerd c unescursione con la classe di ceramica. Non del tutto falso. La
classe di ceramica organizza delle escursioni in campagna, di tanto in tanto.

Stiamo facendo esperimenti con la smaltatura, mettendo diversi tipi di materiali


organici nella fornace e, a volte, cuociamo i vasi allaperto in forni costruiti con la
terra. Le facciamo davvero, le escursioni, ma non ce ne sono in programma nei
prossimi giorni.
E probabilmente avr da scrivere un saggio questo fine settimana. Altra
bugia: lunico corso per cui scrivo saggi quello su Shakespeare. incredibile
quanto sono diventata brava a mentire. Ci vediamo mercoled, okay? Porto io i
biscotti.
Di a tua nonna di mandare di nuovo quelli arrotolati, con i semi di
papavero.
Rugelach, si chiamano.
Non lo so pronunciare. Mi basta mangiarli.
Glielo dir.
Il fine settimana con i miei genitori trascorre in modo passabile. Visitiamo il
Museo di Belle Arti e quello della Scienza. Pattiniamo sul ghiaccio (non riesco a
tenere dritte le lame dei pattini). Andiamo al cinema. Scattiamo una tonnellata di
fotografie. Ci sono uno o due momenti imbarazzanti, in cui la mamma tira fuori
lelenco dei corsi del prossimo anno e comincia a scorrerlo insieme a me e a
chiedermi quali progetti ho per lestate, ma io mi limito ad ascoltare i suoi
suggerimenti, come ho sempre fatto, e non dico niente. Alla fine del weekend mi
sento svuotata come dopo una maratona di lettura di Shakespeare ad alta voce,
quando ci si sforza di interpretare tutti quei personaggi differenti.

Domenica pomeriggio siamo tornati al mio dormitorio prima di cena quando


passa Dee. Anche se non gli ho mai detto nulla dei miei, neppure che sarebbero
venuti, figuriamoci quello che credono io faccia e cosa si aspettano da me, lui
arriva con un normalissimo paio di jeans e un maglione, abiti che non gli ho mai
visto indossare prima. Ha i capelli raccolti in un berretto e non si messo il
lucidalabbra. Quasi non lo riconosco.
Allora, come vi siete conosciuti voi due? chiede la mamma dopo che li ho
nervosamente presentati.
Mi blocco, presa dal panico.
Siamo compagni nel laboratorio di biologia risponde Dee senza fare una
piega. Stiamo allevando le drosofile insieme. la prima volta che glielo
sento pronunciare correttamente. Prende la provetta di vetro. Qui si allevano
anomalie genetiche di ogni tipo.
Mio padre ride. Avevano fatto fare lo stesso esperimento anche a noi,
quando venivo a scuola qui. Lo guarda. Anche tu ti prepari per medicina?
Le sopracciglia di Dee si arcuano in un lievissimo accenno di sorpresa. Non
lho ancora dichiarato apertamente.
Be, non c fretta dice la mamma. Cosa che mi fa quasi scoppiare a
ridere.
Pap rimette la provetta accanto a un cilindro di terracotta che mi sono
dimenticata di nascondere. E questo cos?
Oh, lho fatto io dice Dee, prendendolo in mano. Poi comincia a spiegare

che sta facendo lezioni di ceramica e che il corso di questanno fa esperimenti con
diversi tipi di smaltatura e cottura e, nello specifico, questi pezzi sono stati cotti
in un forno costruito con la terra e acceso con letame di vacca.
Letame di vacca? chiede la mamma. Intendi le feci?
Lui annuisce. S. Siamo andati dagli allevatori locali e abbiamo chiesto se
potevamo raccogliere il letame delle loro vacche. Non ha un odore cos tremendo,
in realt. Sono vacche che mangiano solo erba.
Di colpo mi rendo conto che Dee sta usando unaltra voce ma, questa volta, la
persona che sta interpretando sono io. Gli ho raccontato tutto del letame di
vacca, dellodore di terra, del fatto di andarlo a raccogliere nelle fattorie anche
se, in quel momento, aveva riso come un matto pensando a noi: a questi ragazzi
ricchi che frequentano una scuola da quarantamila dollari allanno e pagano un
corso in cui gironzolano per fattorie a raccogliere la cacca delle mucche.
Suppongo di avergli raccontato pi cose di quante mi sia resa conto. E lui mi ha
ascoltato. Ha prestato attenzione e assorbito un pezzetto di me. E adesso lo sta
usando per salvarmi la pelle.
Feci bovine. Affascinante gli dice mia madre.
Il giorno dopo i miei se ne vanno e, mercoled, al corso di Shakespeare
cominciamo a leggere La dodicesima notte. Dee ha trovato alla videoteca due
versioni che possiamo guardare. Dice che, visto che non facciamo i compiti a
casa, come punizione dobbiamo almeno guardarne pi di una. Mentre accendo il

portatile mi porge la versione teatrale.


Grazie per averle cercate dico. Lo potevo anche fare io.
Ero gi in videoteca.
Be, grazie. E grazie anche per come sei stato incredibile con i miei genitori.
Minterrompo per un attimo, piuttosto imbarazzata. Come hai fatto a sapere
che venivano?
La mia amica Kali. Me lo ha detto lei. Lei mi dice tutto perch siamo
amichette del cuore. Socchiude gli occhi. Visto? Non c bisogno di
nascondere Miss Dee alla famiglia. Mi sono dato una bella ripulita, no?
Gi. Mi dispiace.
Dee mi scruta, aspettandosi altro.
Davvero. solo che i miei genitori Ci sono un sacco di Be, complicato.
Non tanto complicato. Lo capisco bene. Miss Dee va bene per frequentare
postacci, ma occhio allargenteria!
No! Non hai capito niente! esclamo io. Non questione di postacci. Io
ci sto benissimo con te.
Incrocia le braccia sul petto e mi guarda fisso. Com andata la tua
escursione campestre? mi chiede in tono acido.
Vorrei spiegargli, davvero. Ma come faccio? Come posso farlo senza
confessargli tutto? Perch ci sto provando. Sto provando a essere unaltra
persona, a essere diversa, una tabula rasa. Ma se gli racconto dei miei genitori, di
Melanie, di Willem, se gli rivelo chi sono realmente, non torno forse al punto di

partenza?
Mi dispiace di averti mentito. Ma, te lo giuro, non una cosa che riguarda
te. Non so dirti quanto apprezzo quello che hai fatto.
Non c di che.
No, dico sul serio. Sei stato fantastico. Ai miei genitori sei piaciuto
tantissimo. E sei stato cos perfetto, su tutto. Non hanno sospettato nulla.
Estrae il lucidalabbra dalla tasca e, con una precisione maniacale, lo applica
prima al labbro superiore e poi a quello inferiore. Poi li unisce con uno schiocco
sonoro, a mo di rimprovero. Che sospetti e sospetti? Non so niente di nessuno,
io. Io voglio solo collaborare.
Mi preme chiarire la faccenda. Voglio che sappia che ci tengo alla sua amicizia.
Che non mi vergogno di lui. Che con me al sicuro. Sai comincio non devi
fare cos con me. Quella cosa delle voci Puoi essere te stesso.
La mia intenzione fargli un complimento, cos che sappia che lo apprezzo per
quello che . Ma lui non la prende in quel modo. Stringe le labbra e scuote la
testa. Io sono cos, baby. Sono tutte me stesso. E sono tutte mie, tutte quante.
So chi sto facendo finta di essere e so chi sono veramente. Mi rivolge uno
sguardo raggelante. E tu?
Ho provato a nascondergli tutto, ma Dee, lintelligente e acuto Dee, ha capito
lo stesso. Ha intuito la farsa. Sa bene quanto sono finta e ipocrita. Mi vergogno
cos tanto che non so pi cosa dire. Dopo un po, infila il DVD della Dodicesima
notte dentro il computer. Lo guardiamo in silenzio, niente voci, niente commenti,

niente risate: solo quattro pupille che fissano lo schermo. Ed cos che capisco
che tra me e Dee finita.
E ci sto cos male che mi dimentico di stare male per Willem.

CAPITOLO VENTIDUE

MARZO

Universit
Linverno si trascina, malgrado le tradizionali previsioni del giorno della
marmotta. Dee smette di venire da me nel pomeriggio; il motivo apparente che
non leggiamo La dodicesima notte ad alta voce ma, in realt, so che non per
quello. I biscotti della nonna si accumulano. Prendo un brutto raffreddore da cui
non riesco a liberarmi, anche se ha leffetto positivo di esonerarmi dal dover
leggere brani della Dodicesima notte in classe. Il professor Glenny, anche lui
raffreddato, mi d una scatola di una roba che si chiama Lemsip e mi dice di
rimettermi in forma cos potr fare un doppio turno interpretando la Rosalinda di
Come vi piace, una delle sue commedie preferite.
Finiamo La dodicesima notte. Pensavo che avrei provato un certo sollievo,

come se avessi scansato una pallottola. Ma non cos. Anche se non ho dovuto
leggere la commedia, senza Dee nella mia vita mi sento come se la pallottola mi
avesse presa in pieno. Tabula rasa era la mossa giusta. Iscrivermi a questo corso
stata una mossa sbagliata. Ora devo tenere duro. Mi ci sto abituando.
Passiamo a Come vi piace. Nel suo discorso introduttivo il professor Glenny
parla a lungo del fatto che questa una delle commedie pi romantiche del
Bardo e quella pi sensuale, cosa che fa trasecolare tutte le fan della prima fila.
Prendo distrattamente appunti mentre ci racconta a grandi linee la trama: la
figlia di un duca deposto, di nome Rosalinda, e un gentiluomo chiamato Orlando
sincontrano e sinnamorano a prima vista. Poi, per, lo zio di Rosalinda la sbatte
fuori di casa e lei fugge con sua cugina Celia nella Foresta di Arden. L, Rosalinda
assume lidentit di un ragazzo che si chiama Ganimede. Orlando, che a sua
volta fuggito ad Arden, incontra Ganimede e i due diventano amici. Rosalinda
sfrutta il suo travestimento e lamicizia che si instaurata per mettere alla prova
lamore che Orlando dichiara di provare per lei. Nel frattempo, altri personaggi
mutano didentit e sinnamorano. Come sempre il professor Glenny ci consiglia di
prestare particolare attenzione ad alcuni temi e passaggi, nello specifico a quanto
pi ardita e coraggiosa diventi Rosalinda quando Ganimede e a come la cosa
faccia cambiare sia lei sia il corteggiamento da parte di Orlando. Il tutto ricorda
un po una sit-com e devo impegnarmi per non perdere il filo della storia.
Dee e io ricominciamo a leggere insieme, ma ora lo facciamo nei locali del
comitato studentesco e, appena finiamo il brano assegnato, lui prende la sua

roba e se ne va. Ha smesso di fare tutte quelle voci e caratterizzazioni, cosa che
mi fa capire quanto aiutavano a interpretare il testo perch, adesso che tutti e
due leggiamo con voce monotona, le parole restano l, a galleggiare sopra la mia
testa come se fossero in una lingua straniera. La faccenda diventata cos noiosa
che potremmo anche leggere ognuno per conto suo. La sola occasione in cui Dee
tira fuori le sue voci, ormai, quando si deve rivolgere a me. Me ne arriva una
diversa, anche due o tre, ogni giorno. Il messaggio chiaro: sono scesa di rango.
Vorrei tornare indietro. Raddrizzare le cose. Ma non so come. Sembra che io
non sappia aprirmi agli altri senza farmi sbattere la porta in faccia. Perci, non
faccio nulla.
Oggi leggeremo una delle mie scene preferite di Come vi piace: linizio del
quarto atto dice il professor Glenny in una gelida giornata di marzo che fa
pensare che ci stiamo avvicinando allinverno piuttosto che uscirne. Orlando e
Ganimede/Rosalinda sincontrano di nuovo nella Foresta di Arden e lattrazione
che c tra loro raggiunge il livello di guardia. Visto che Orlando crede di parlare
con Ganimede, che maschio, la situazione intrigante e divertente. Ma anche
Rosalinda ne confusa e patisce un delizioso struggimento, scissa com tra due
identit, maschile e femminile, e due aspirazioni: quella di proteggersi e rimanere
pari a Orlando e il dolce desiderio di sottomettersi semplicemente a lui.
Dalle prime file della classe le fan sembrano sospirare allunisono. Se Dee e io
fossimo ancora amici, sarebbe il genere di situazione che ci farebbe scambiare

unocchiata di sufficienza. Ma non lo siamo pi, perci non lo guardo neppure.


Cos, Orlando raggiunge Ganimede nella foresta; i due fanno una specie di
scena da teatro kabuki e, intanto, sinnamorano ancora di pi, anche se non
sanno bene di chi si stanno innamorando prosegue il professor Glenny. Il
confine tra il s autentico e quello simulato incerto, sotto tutti gli aspetti. E
questa, a mio parere, una bella metafora dellinnamorarsi. Bene, unottima
giornata per leggere. Chi si offre? scruta la classe. C gente che sta alzando la
mano. Drew, tu potresti leggere Orlando. Si sente qualche applauso sparso
mentre Drew si sposta sul davanti della stanza. Della classe, lui uno di quelli
che leggono meglio. Normalmente Glenny lo mette insieme a Nell o a Kaitlin, due
fra le ragazze migliori. Ma non oggi. Allyson, mi sembrava che mi dovessi una
Rosalinda.
Mi trascino in prima fila, insieme agli altri prescelti. Non mi mai piaciuto
trovarmi in questa parte della classe, ma se non altro prima sapevo che Dee
faceva il tifo per me. Una volta che ci siamo raggruppati, il professore si
trasforma in regista, che a quanto pare era il suo lavoro prima di diventare
docente. Ci porge degli appunti. Drew, in queste scene Orlando ardente e
deciso, totalmente innamorato. Allyson, il tuo Ganimede combattuto:
infatuato di Orlando per gioca con lui come il gatto col topo. Quel che rende la
scena affascinante, a mio parere, che mentre mette Orlando alla prova
sfidandolo a dimostrare il suo amore si percepisce che la linea di confine tra
Rosalinda e Ganimede sta cedendo. un momento che adoro nelle commedie di

Shakespeare: quando le identit vere e quelle false si trasformano in una sorta di


pantano emotivo. Qui la cosa accade a entrambi i personaggi. La scena diventa
molto intensa. Vediamo come ve la cavate, voi due.
La scena si apre con Rosalinda/Ganimede/Allyson, che chiede a Orlando/Drew
dov stato e perch ci ha messo cos tanto ad andare a trovarla. Io fingo di
essere Rosalinda. Questo il trucco. Rosalinda ha finto di essere Ganimede, il
quale ora deve fingere di essere Rosalinda. E deve cercare di convincere Orlando
a non amare Rosalinda, anche se Rosalinda lei stessa e ricambia il suo amore.
Tenere il filo di tutta questa finzione mi fa girare la testa.
Drew/Orlando replica di essere arrivato neppure unora pi tardi di quel che
aveva promesso. Io insisto che ritardare anche solo di unora quando hai
promesso in nome dellamore mette in dubbio la sincerit del tuo sentimento. Lui
mi chiede perdono. Battibecchiamo ancora un po poi io, come Rosalinda che
finge di essere Ganimede che finge di essere Rosalinda, chiedo: Cosa mi
diresti, ora, se io fossi davvero la tua vera Rosalinda?
Drew fa una pausa e io mi ritrovo a trattenere addirittura il respiro, in attesa
della risposta.
Poi replica: Prima di parlare, bacerei.
Ha occhi azzurri, che non assomigliano ai suoi ma, per un attimo, il suo
sguardo scuro che vedo: elettrico e intenso, appena prima che mi baci.
Sono un po scossa quando leggo la battuta successiva e consiglio a Orlando di
parlare prima di baciare. La scaramuccia continua e arriviamo al punto in cui

Orlando dichiara che mi sposer che la sposer e non so come si senta


Rosalinda, ma io sono davvero confusa. Per fortuna ha pi fegato di me. Lei,
come Ganimede, dice: Bene, per conto di lei io dico che non ti voglio.
E Drew risponde: E io, per conto mio, muoio.
A quel punto qualcosa in me va a pezzi. Non trovo pi n la battuta n la
pagina. E pare che abbia perduto anche qualcosaltro. Il controllo di me, la
percezione di dove mi trovo. Del tempo. Non so bene quanto ne trascorre mentre
resto l impalata. Sento Drew che si schiarisce la voce e aspetta la mia prossima
battuta. Sento il professor Glenny che si agita sulla sedia. Drew mi sussurra la
battuta, la ripeto e riesco pi o meno a riprendermi. Continuo a interrogare
Orlando. Continuo a chiedergli di dimostrare il suo amore, ma non sto pi
recitando, non fingo pi.
Ora dimmi, per quanto tempo te la vorresti tenere dopo averla posseduta?
domando come Rosalinda. La mia voce non sembra pi mia. intensa e carica
di emozione: trabocca di quelle domande che avrei dovuto fare quando ne avevo
la possibilit.
Risponde: Per sempre, pi un giorno ancora.
Resto senza fiato, come svuotata da un turbine. Questa la risposta di cui ho
bisogno. Anche se non vera.
Cerco di leggere la battuta seguente, ma non riesco a parlare. Non riesco a
respirare. Sento uno strepito di vento nelle orecchie e devo sbattere le palpebre
per fermare le parole che ballano sulla pagina. Dopo qualche istante, riesco a

pronunciare con voce strozzata la battuta seguente: Di un giorno senza il


per sempre. Prima che mi si spezzi la voce.
Perch Rosalinda ha capito Di un giorno senza il per sempre che dopo
quellunico giorno ha inizio un dolore che spezza il cuore. Non c da stupirsi che
non gli riveli la sua vera identit.
Sento lacrime calde riempirmi gli occhi e, attraverso il loro velo, vedo la classe
che mi fissa a bocca aperta. Lascio cadere a terra il libro e schizzo verso la porta.
Corro fuori nel corridoio, oltre le aule e nella toilette delle signore. Accasciata in
un cubicolo dangolo, respiro a fondo e ascolto il ronzio delle luci al neon,
cercando disperatamente di ricacciare indietro questo vuoto che minaccia di
inghiottirmi viva.
Ho una vita piena. Com possibile che mi senta cos vuota? Tutto per colpa di
un ragazzo? Per colpa di un giorno? Mentre trattengo le lacrime, per, vedo i miei
giorni prima di Willem. Mi vedo a scuola insieme a Melanie, protette e
compiaciute di noi stesse, a sparlare di ragazzine che neppure ci prendevamo la
briga di conoscere; o, pi tardi, durante il famoso viaggio, a fingere unamicizia
che perdeva colpi. Mi vedo a cena con i miei genitori: la mamma, con il suo
onnipresente calendario, che programma corsi di danza o di preparazione agli
esami o qualche altra attivit che dovrebbe arricchirmi, e che sfoglia cataloghi
per comprarmi un paio di stivali da neve nuovi, mentre parliamo luna allaltra
senza comunicare davvero. Mi vedo con Evan, dopo che abbiamo dormito insieme
per la prima volta e lui ha detto che questo ci rendeva pi vicini e intimi che con

chiunque altro; era una cosa carina, ma sembrava lavesse presa da un libro. O
forse mi era sembrato cos perch cominciavo a sospettare che stesse con me
solo perch Melanie si era messa con il suo migliore amico. Avevo cominciato a
piangere, e lui aveva pensato che piangessi di gioia, peggiorando la situazione.
Eppure, ero rimasta con lui.
Sono stata vuota per tanto tempo. Da molto prima che Willem entrasse nella
mia vita per poi uscirne cos allimprovviso.
Non so da quanto tempo sono l quando sento il cigolio della porta dei bagni.
Vedo gli stivali rosa di Dee apparire fuori dal cubicolo.
Sei l? domanda a bassa voce.
No.
Posso entrare?
Apro il chiavistello. Ed ecco Dee, con in mano tutta la mia roba.
Mi dispiace gli dico.
Ti dispiace? Sei stata stupenda. Si sono alzati tutti ad applaudire.
Mi dispiace di non averti detto che venivano i miei. Mi dispiace di averti
mentito. E di aver mandato tutto al diavolo. Non sono capace di tenere un amico.
Non sono capace di fare niente.
Sei capace di interpretare Rosalinda dice.
Perch a fingere sono unesperta. Mi asciugo una lacrima con le dita.
Sono cos brava che non mi rendo neppure conto di farlo.
Oh, tesoro! Ma non hai imparato nulla da queste commedie? Non c una

gran differenza tra fingere ed essere. Apre le braccia e io mi ci butto dentro.


Dispiace anche a me mi dice. Forse ho esagerato un pelino. Posso essere
molto drammatica, se non te ne fossi accorta.
Davvero?
Dee mi regge il cappotto e io mi ci infilo. Non amo che mi si raccontino
bugie, ma ho apprezzato quello che hai cercato di dirmi. La gente non sa mai
cosa pensare di me, n nel mio quartiere n a scuola n qui, perci cercano
sempre di farsi unidea e di dirmi quello che sono.
Gi, ne so qualcosa.
Ci guardiamo per un lungo minuto. E, con quel silenzio, ci diciamo un mucchio
di cose. Poi Dee mi chiede: Vuoi spiegarmi cosa significava la reazione di
prima?
Lo faccio. Ci sono tante cose che mi opprimono il petto. Sono settimane,
ormai, che voglio dirgliele, raccontargli tutto di me. Annuisco.
Dee mi offre il braccio, io cinfilo il mio e lasciamo la toilette mentre una coppia
di ragazze entra lanciandoci strane occhiate.
Be, c stato questo ragazzo comincio.
Scuote la testa e fa un lieve suono con la lingua, come una nonna che ti
rimprovera dolcemente. C sempre di mezzo un ragazzo
Porto Dee al dormitorio. Gli offro tutti gli arretrati dei biscotti. E gli racconto
ogni cosa. Quando arrivo in fondo, ci siamo spazzolati sia i biscotti panna e
cioccolato sia quelli alle arachidi. Si toglie le briciole dal grembo e mi chiede se

ho mai riflettuto su Romeo e Giulietta.


Non che proprio tutto abbia a che fare con Shakespeare.
S, invece. Ti sei mai chiesta cosa sarebbe successo se non fossero stati cos
impazienti? Se Romeo si fosse fermato un momento e avesse cercato un medico,
oppure aspettato che Giulietta si svegliasse? Se non fosse saltato alle conclusioni
e non si fosse avvelenato credendola morta quando era solo addormentata?
Vedo che tu ci hai pensato molto. E si vede davvero. tutto agitato.
Ho visto quel film un mucchio di volte, e ogni volta come quando ti viene
da gridare per avvertire la solita ragazza del film dellorrore: Fermati! Non
andare in cantina! Lassassino l sotto! Quando guardo Romeo+Giulietta grido:
Non prendere decisioni affrettate! E, secondo te, quegli scemi mi stanno a
sentire? Scuote la testa, demoralizzato. Immagino sempre cosa sarebbe
potuto succedere se avessero aspettato. Giulietta si sarebbe svegliata. Erano gi
sposati. Potevano andarsene lontano dai Montecchi e dai Capuleti e trovarsi un
bel castello tutto per loro. Arredarselo tutto carino. Forse sarebbe andata come
nel Racconto dinverno. Credendo che Ermione sia morta, Leonte ha il tempo di
smettere di comportarsi da stupido e poi ben contento di scoprire che lei
ancora viva. E magari pi tardi i Montecchi e i Capuleti, scoprendo che i loro
amati bambini non erano morti, avrebbero capito che la loro faida era unidiozia e
tutti sarebbero stati contenti. Forse la tragedia si sarebbe trasformata in una
commedia.
Il racconto dinverno non propriamente una commedia: una

composizione a tema.
Oh, sta zitta. Lo sai benissimo dove voglio andare a parare.
Ed vero. Forse non lo avevo pensato nel caso di Romeo e Giulietta ma,
riguardo a me e Willem, anchio avevo per un attimo esplorato la via del: E se
invece Sul treno, tornando in Gran Bretagna, e sullaereo che mi portava a
casa, lo avevo pensato: E se gli fosse accaduto qualcosa? In entrambi i casi
avevo espresso i miei dubbi ad alta voce, prima a Miss Foley e poi a Melanie, ed
ero stata ricondotta alla ragione. Willem non era Romeo. Era un Romeo. E io
proprio non sono Giulietta. Lo dico a Dee. Gli elenco tutti gli esempi che mi hanno
convinto che per lui era solo un gioco, a partire dal fatto che aveva avvicinato
una ragazza qualsiasi su un treno e, unora dopo, laveva gi invitata a
trascorrere un giorno a Parigi.
Le persone normali non fanno cose del genere commento.
Cosa vuol dire normali? E poi, forse non eri una qualsiasi. Forse anche per
lui significavi qualcosa.
Ma non ha conosciuto me. Ero una persona diversa quel giorno. Ero Lul.
Era lei che gli piaceva. E poi, facciamo finta che qualcosa sia successo davvero,
che non mi abbia semplicemente mollato. Io so solo il suo nome di battesimo. E
lui di me non sa neppure quello. Vive in un altro continente. irrimediabilmente
perduto. In una situazione cos, come fai a ritrovare una persona?
Dee mi guarda, come se la risposta fosse ovvia: La cerchi.

CAPITOLO VENTITR

NOME:

Willem

NAZIONALIT :
ET :

olandese

20 anni lo scorso agosto.

Cresciuto ad AMSTERDAM
GENITORI:
ALTEZZA :
PESO :

Yeal e Bram. La madre non olandese. La madre una naturopata.


m 1,90

75 kg

Ha recitato con il gruppo teatrale Guerrilla Will, lestate scorsa.

Questa la lista completa dei dati anagrafici e biografici basilari che posseggo su
Willem. Riempie a malapena un terzo di un foglio del mio trascurato blocco per
gli appunti di laboratorio. Quando finisco di compilarla come se la lista stessa

mi deridesse e la realt uno schiaffo in piena faccia. Credi di amare tanto


qualcuno e questo tutto quello che sai di lui? Otto cose? E come posso riuscire a
trovarlo con queste otto cose? Non parliamo di trovare un ago in un pagliaio.
Sarebbe pi facile. Almeno si potrebbe riconoscere. Io sto cercando un ago
specifico in mezzo a unintera fabbrica di aghi.
Otto cose. umiliante. Fisso il foglio e sono sul punto di strapparlo dal blocco e
appallottolarlo.
Invece giro pagina e comincio a scrivere una lista diversa. Elementi a caso. Per
esempio, il suo sguardo divertito quando ho ammesso di aver pensato che fosse
un rapitore; lespressione del suo viso, al caff, quando ha scoperto che ero figlia
unica e mi ha chiesto se ero sola; la sua goffa contentezza quando saltellava su e
gi lungo la chiatta insieme al capitano Jack e la soddisfazione di sapere che era
per merito mio che si sentiva cos. I rumori di Parigi nel canale sotterraneo e
come appariva dal sellino della bicicletta. La sensazione della sua mano sul mio
fianco. Laggressivit nei suoi occhi quando si alzato di colpo per andare in
aiuto di quelle ragazze, nel parco. La sicurezza che mi dava la sua mano, quando
stringeva la mia mentre correvamo attraverso le strade di Parigi. Lespressione
senza maschere del suo volto quando gli ho chiesto perch mi avesse portata l. E
dopo, nello squat, il modo in cui mi ha guardata, facendomi sentire grande, forte,
capace e coraggiosa.
Lascio che i ricordi scorrano dentro di me e riempio una pagina. Poi unaltra.
Alla fine non scrivo pi di lui. Scrivo di me. Dei sentimenti che ho provato quel

giorno, inclusi panico e gelosia, ma soprattutto della sensazione che il mondo non
offrisse altro che possibilit.
Riempio tre pagine. Nulla di quello che sto scrivendo mi aiuter a trovare lui.
Ma scrivere mi fa sentire bene. No, non semplicemente bene. Mi fa sentire
appagata: a posto, in qualche maniera. una sensazione che non provo da
molto, molto tempo ed pi che altro questo che mi convince a tentare di
rintracciarlo.
La cosa pi concreta della mia lista Guerrilla Will, perci parto da l. Hanno
uno scarno sito web, che mi scatena molte emozioni finch non mi rendo conto
che non per niente aggiornato. Pubblicizza spettacoli che risalgono a due estati
fa. Per c un contatto con un indirizzo e-mail. Mi dedico per ore a comporre
dieci messaggi diversi e alla fine li cancello tutti in favore di uno molto semplice:
Salve,
sto cercando di rintracciare un olandese di ventanni di nome Willem che recitava con voi nella
produzione della Dodicesima notte da voi messa in scena lestate scorsa. Lho conosciuto a
Stratford-upon-Avon, e siamo andati insieme a Parigi. Se qualcuno di voi sa dove si trova adesso,
gli pu per favore dire che Lul, che si chiama anche Allyson Healey, vorrebbe che si mettesse in
contatto con lei? molto importante.

Elenco tutte le informazioni per contattarmi e poi mi fermo un momento a


immaginare le miriadi di sequenze di uno e zero, o quello che sono, di cui

composta una e-mail, che attraversano oceani e montagne e approdano nella


casella di posta di qualcuno. Chiss? Forse addirittura la sua.
Poi seleziono invia.
Trenta secondi dopo la mia casella di posta manda un suono. Sar la risposta?
Possibile che sia cos veloce? Cos facile? Qualcuno sa dove si trova. O, forse, per
tutto questo tempo anche lui mi ha cercata.
Mi tremano le mani mentre apro la posta in entrata. Ma lunica cosa che trovo
il messaggio che ho mandato e che tornato indietro. Controllo lindirizzo. Lo
invio di nuovo. Ritorna di nuovo indietro.
Zero a uno dico a Dee prima della lezione, il giorno dopo. Gli spiego
delle-mail rimbalzata.
Non ho familiarit con le metafore sportive, ma mi sembra che una partita
duri parecchio di pi.
Cio?
Cio, giocala fino alla fine.
Il professor Glenny entra con passo deciso, comincia a parlarci di Cimbelino, la
commedia che stiamo per affrontare, e ci annuncia che lultima occasione per
assicurarsi i biglietti per Come vi piace, per poi avvertirci di cominciare a pensare
a una dimostrazione orale alla fine dellanno. Potete lavorare da soli o con il
vostro compagno e fare unesposizione classica o qualcosa di pi teatrale.
Noi la facciamo teatrale sussurra Dee.
lo stile Glenny.

Poi ci scambiamo uno sguardo, come se avessimo avuto la stessa idea. Dopo
la lezione ci avviciniamo al leggio circondato dalle solite fan che fanno le
smorfiose.
Bene, Rosalinda, sei qui per comprare il biglietto per Come vi piace?
Arrossisco. Lho gi comprato. Sto cercando di mettermi in contatto con
qualcuno che ho perso di vista. Non ho molti indizi, ma uno si riferisce a una
compagnia che recita Shakespeare e che ho visto lanno scorso a Stratford-uponAvon. Hanno un sito Internet, ma la mia e-mail tornata indietro. Eppure, la
rappresentazione lho vista meno di un anno fa
A Stratford-upon-Avon?
S. Ma non in un teatro. Era una specie di gruppo sperimentale. Si chiamava
Guerrilla Will. Hanno recitato sul bacino del canale. Erano molto bravi. Ho
disertato la produzione di Amleto della Royal Shakespeare Company per vederli
recitare La dodicesima notte.
Al professor Glenny la cosa piace. Capisco. E hai perduto il tuo Sebastiano,
vero? Arrossisco sorpresa, ma poi mi rendo conto che si riferisce solo alla
commedia. Ho un vecchio amico allufficio informazioni turistiche, laggi.
Guerrilla Will, hai detto?
Annuisco.
Vedr cosa riesco a scoprire.
La settimana dopo, subito prima della pausa estiva, Glenny mi consegna un
indirizzo: Ecco quello che ha trovato il mio amico. Proviene da un rapporto

della polizia. A quanto pare i tuoi amici di Guerrilla Will hanno labitudine di
recitare senza permessi, e questo indirizzo registrato in un vecchio stato di
fermo. Non so quanto sia aggiornato. Lo guardo. di una citt inglese che si
chiama Leeds.
Grazie dico.
Di nulla. Fammi sapere come va a finire.
Quella sera stampo la copia delle-mail che ho mandato al Guerrilla Will, poi
per cambio idea e scrivo una lettera a mano, indirizzata a Willem.
Caro Willem,
sono ormai nove mesi che cerco di dimenticare te e il nostro giorno a Parigi ma, come vedi,
non ho ottenuto grandi risultati. Credo che, pi di ogni altra cosa, mi piacerebbe sapere se te ne
sei semplicemente andato. Se lo hai fatto, non importa. Voglio dire, importa ma, sapendo la
verit, sono in grado di superare la cosa. Se invece non te ne sei andato per tua volont, non so
cosa dire. Salvo che mi dispiace di averlo fatto io.
Non so quale sar la tua reazione quando riceverai questa lettera, come se un fantasma
sbucasse dal passato. Per, comunque sia, mi auguro che tu stia bene.

Mi firmo Lul e Allyson e includo tutti i miei vari contatti e indirizzi. La metto in
una busta e ci scrivo Per Willem, presso Guerrila Will. La sera prima di partire per
le vacanze di primavera la spedisco.

Trascorro una noiosa pausa a casa. Le vacanze di Melanie non coincidono con le
mie; da una parte mi manca, ma dallaltra mi sento sollevata di non doverla
incontrare. Mi chiudo nella mia stanza, piazzo i vecchi libri di scienze intorno al
computer e passo il tempo a fare ricerche su Facebook, Twitter e tutti i possibili e
immaginabili social network. A quanto pare, per, avere solo un nome di
battesimo un problema, soprattutto perch Willem un nome molto comune in
Olanda. Scorro ugualmente centinaia di pagine esaminando le foto di vari Willem,
ma nessuno lui.
Creo una pagina Facebook come Lul, con foto di Louise Brooks e mie. Cambio
lo stato ogni giorno, scrivendo frasi che solo lui potrebbe capire: Credi negli
incidenti casuali? La Nutella cioccolato? Innamorarsi la stessa cosa di amare?
Mi arrivano richieste di amicizia da fanatici della New Age. Mi arrivano proposte
da pervertiti. Un club di fanatici della Nutella si mette in contatto con me dal
Minnesota (va a sapere!). Da lui, niente.
Provo a cercare i suoi genitori. Faccio ricerche incrociate dei nomi Willem,
Bram, Yael, e poi solo di Bram e Yael. Senza un cognome, per, non ottengo
nulla. Cerco una Yael in tutti i siti di naturopati olandesi che riesco a scovare, ma
non esce niente. Provo a scrivere su Google il nome Yael e scopro che ebraico.
Sua madre ebrea? Israeliana? Perch non mi venuto in mente di chiedergli
queste cose quando ne avevo la possibilit? Eppure lo so il perch. Perch
quando ero con lui mi sembrava di conoscerlo da sempre.

CAPITOLO VENTIQUATTRO

Le vacanze di primavera finiscono e, al corso su Shakespeare, cominciamo a


leggere Cimbelino. Io e Dee siamo a met, alla parte pi intrigante, dove
Postumo, marito di Imogene, vede Iachimo indossare il bracciale segreto che lui
ha regalato alla moglie e decide che questo costituisce la prova del tradimento di
lei. Naturalmente, Iachimo il bracciale lo ha rubato proprio per poter vincere la
scommessa fatta con Postumo che sarebbe riuscito a rendere Imogene infedele.
Unaltra conclusione affrettata commenta Dee, guardandomi con una
smorfia espressiva.
Be, aveva i suoi buoni motivi per sospettare di lei dico. Iachimo
sapeva un sacco di cose su di lei: comera fatta la sua stanza da letto, che aveva
un neo sul seno
Perch lha spiata mentre dormiva ribatte lui. Una spiegazione cera.
Lo so. Lo so. Come quando dici che ci potrebbe essere una valida

spiegazione alla sparizione di Willem. Ma, sai, a volte bisogna accettare


levidenza di quello che hai davanti agli occhi. In un giorno solo ho visto Willem
flirtare, farsi svestire e scambiare numeri di telefono con almeno tre ragazze,
senza contare me. Molto probabilmente significa che per lui era un gioco. E ha
giocato anche con me.
Per uno che giocava, il ragazzo ha parlato un po troppo di innamorarsi.
Di innamorarsi, appunto, non di amare sottolineo e di Cline. Anche
se mi torna in mente lespressione che aveva sul viso quando parlava dei suoi
genitori, del restare macchiati, che era di genuino desiderio. In quel momento
sento un calore sul polso, come se la sua saliva fosse ancora l a inumidirlo.
Cline dice Dee schioccando le dita laffascinante ragazza francese.
Non era poi cos affascinante.
Lui alza gli occhi al cielo. Perch non ci abbiamo pensato prima? Qual il
nome del locale dove lavorava? Quello dove hai lasciato la valigia?
Non ne ho idea.
Okay. Dove si trovava?
Vicino alla stazione ferroviaria.
Quale stazione ferroviaria?
Mi stringo nelle spalle. Ho rimosso tutto.
Dee agguanta il mio portatile. Ora stai solo facendo le bizze batte sulla
tastiera. Se venivi da Londra sei arrivata alla Gare du Nord. Lo pronuncia
Gary du Nord.

Perspicace, il ragazzo.
Va su Google Maps e scrive qualcosa nella casella della ricerca. Sullo schermo
compare un grappolo di bandierine rosse. Ecco.
Cosa?
Questi sono i locali notturni nei pressi della Gare du Nord. Chiamali.
Presumibilmente Cline lavora in uno di questi. Se trovi lei, trovi lui.
Gi, magari nello stesso letto.
Allyson, hai appena detto che bisogna accettare quello che si ha davanti.
Lo so. Ma Cline non la voglio vedere mai pi.
Vuoi davvero trovarlo? mi chiede Dee.
Non so. Pi che altro credo di voler scoprire cos successo.
Ragione di pi per chiamare questa Cline.
Perci dovrei telefonare a tutti questi locali e chiedere di lei? Ti dimentichi
che non parlo francese.
Sar poi cos difficile? Si ferma e atteggia le labbra a un piccolo broncio,
assumendo unaria tutta sussiegosa. Bon lacroix monsieur, oui, tres, chic chic
croissant la franaise poi fa un ghigno. Visto? Facilissi-missi-missimo.
francese anche questo?
No, latino. E puoi chiedere anche di quellaltro tipo, lafricano.
Il Gigante. Con lui non mi dispiacerebbe parlarci ma, naturalmente, non so
nemmeno come si chiama.
Fallo tu. Sei pi bravo di me in queste cose.

Che vai dicendo? Io ho studiato spagnolo.


Voglio dire che sei pi bravo a fare le voci, a fingere.
Anche tu. Ti ho visto imitare Rosalinda; hai passato un giorno intero a
recitare la parte di Lul, e in pi, al momento, ti fingi futura studentessa di
medicina con i tuoi genitori.
Abbasso gli occhi, tormentandomi le unghie. Che fa di me soltanto una
bugiarda.
No, non vero. Stai solo provando varie identit, come fanno tutti nelle
commedie di Shakespeare. E le persone che fingiamo di essere sono gi parte di
noi stessi. per quello che fingiamo di essere proprio quelle.
Kali sta frequentando il primo anno di francese, perci le chiedo, cos, in modo
casuale, cosa si deve dire per chiedere di una ragazza di nome Cline o di un
barista senegalese che ha un fratello che vive a Rochester. L per l mi fissa
stupefatta. Probabilmente, da quando iniziata la scuola la prima volta che le
chiedo qualcosa di pi complesso di: Sono tuoi questi calzini?
Be, dipende da tanti fattori risponde. Chi sono queste persone? In che
relazione sei con loro? Il francese una lingua con tante sfumature.
Mmm, non potrebbero semplicemente essere persone con cui vorrei parlare
al telefono?
Lei socchiude gli occhi con aria irritata e si rimette a studiare. Prova con un
programma di traduzione su Internet.

Faccio un profondo respiro e soffio fuori laria. Daccordo. Si tratta,


rispettivamente, di una bella ragazza molto antipatica e di un tipo molto gentile
che ho incontrato una volta. Lavorano entrambi in un locale notturno di Parigi, e
ho limpressione che potrebbero avere la chiave della mia felicit. Ti aiuta a
collocare le tue sfumature?
Kali chiude il libro e si volta verso di me. S e no. Afferra un foglio di carta
e se lo batte contro il mento. Per caso sai come si chiama il fratello di
Rochester?
Scuoto la testa. Me lo ha solo accennato. Perch?
Si stringe nelle spalle. Mi pare che, se lo sapessi, potresti provare a
rintracciare lui, a Rochester, e attraverso lui trovare suo fratello.
Oddio, non ci avevo nemmeno pensato. Forse posso cercare di ricordarmelo
e provare anche quella strada. Grazie.
Avvengono cose sorprendenti quando si chiede aiuto. Assume
unespressione significativa.
Vuoi sapere tutta la storia?
Le sue sopracciglia alzate paiono dire: Secondo te ai maiali piace il fango?
Cos racconto proprio a Kali, la pi improbabile delle confidenti, una versione
ridotta della saga.
Omioddio. Questo spiega tutto.
Spiega cosa?
Il motivo per il quale ti sei tanto isolata e ci hai sempre detto di no. Noi

pensavamo che tu ci odiassi.


Cosa? No! Io non odio nessuno. Mi sono sempre sentita uno schifo e mi
dispiaceva che foste rimaste incastrate con una come me.
Lei alza gli occhi al cielo. Io ho rotto con il mio ragazzo proprio prima di
venire qui e Jenn si mollata con la sua ragazza. Perch credi che abbia tutte
quelle foto di Buster? Tutte qui ci sentivamo tristi e avevamo nostalgia di casa.
Per questo uscivamo cos spesso.
Scuoto la testa incredula. Non lo sapevo. Non ho nemmeno provato a saperlo.
Poi rido: Ho la stessa amica del cuore da quando avevo sette anni. lunica
amica che abbia mai avuto, perci credo di essermi persa gli anni basilari del
corso su Come farsi degli amici.
Non ti sei persa niente. A meno che tu non ti sia persa anche lasilo
infantile.
La fisso senza capire. Ci sono andata allasilo.
Se sei andata allasilo hai gi imparato come farti degli amici. la prima
cosa che tinsegnano. Mi guarda con aria ammiccante. Per farti unamica
comincia.
devi essere unamica finisco la frase, ricordandomi quello che ci
ripeteva Miss Finn quando ero nella sua classe. O forse lho imparato dalla serie
per bambini Barney & Friends.
Kali sorride e prende in mano la penna. Penso che sarebbe pi semplice
chiedere solo di questa Cline e del barista senegalese, lasciando da parte suo

fratello: non ci saranno tanti baristi senegalesi in giro, no? E se trovi il barista
puoi domandargli se ha un fratello a Rochester.
Roch Estair la correggo. Che come lo pronunciava lui.
Capisco il perch: suona molto pi elegante. Ecco. mi porge un foglio di
carta. Je voudrais parler Cline ou au barman qui vient du Sngal, sil vous
plat. Ha scritto sia la versione in francese che la trascrizione fonetica. Questo
il modo di chiederlo in francese. Se vuoi che ti aiuti a fare le telefonate
dimmelo. Gli amici le fanno queste cose.
Je voudrais parler Cline ou au barman qui vient du Sngal, sil vous plat.
Una settimana dopo ho ripetuto la frase cos tante volte prima per fare pratica,
poi in una serie di telefonate sempre pi deprimenti che giuro di recitarla anche
nel sonno. Faccio ventitr telefonate. Dico: Je voudrais parler Cline ou au
barman qui vient du Sngal, sil vous plat. E poi succede sempre una di queste
tre cose. Uno: mi attaccano il telefono in faccia. Due: mi dicono qualche genere
di non e mi attaccano il telefono in faccia. In questo caso li cancello dalla lista
come no definitivi. Ma il tre quando la gente si lancia a velocit supersonica in
un francese a cui non sono in grado di rispondere. Cline? Barman? Sngal?
ripeto nella cornetta, e le parole affondano come zattere difettose. Non ho idea di
cosa mi stia dicendo quella gente. Forse dicono che Cline e il Gigante sono
andati a pranzo e torneranno tra poco. O forse mi informano che Cline c, ma
gi di sotto a fare sesso con un olandese molto alto.
Accetto lofferta di aiuto di Kali e a volte lei riesce a indovinare che non c

nessuna Cline e nessun barista senegalese, ma pi spesso resta interdetta tanto


quanto me. Intanto lei e Dee cominciano a cercare su Google tutti i potenziali
nomi senegalesi di Rochester. Facciamo un paio di chiamate imbarazzanti, ma
non otteniamo nulla.
Dopo la ventiquattresima, deprimente telefonata finisco la lista di locali
notturni nei dintorni della Gare du Nord. A quel punto mi ricordo il nome del
gruppo stampato sulle magliette che Cline aveva nel locale, quelle che ha dato
a Willem e a me. Cerco su Google Sous ou Sur e controllo le date dei loro
concerti. Per, se hanno suonato al club di Cline deve essere stato parecchio
tempo fa, perch ora sono molto famosi e suonano in grandi teatri e stadi, non
pi nei locali notturni.
A questo punto sono passate pi di tre settimane da quando ho spedito la
lettera, perci sto perdendo le speranze anche su quel fronte. Le chance di
trovarlo, gi pallide, stanno sbiadendo sempre di pi. La cosa pi strana, per,
che la sensazione che cercarlo sia giusto non svanisce. Anzi, se possibile si fa
pi intensa.
Come sta andando la ricerca del tuo Sebastiano? mi chiede un giorno il
professor Glenny dopo la lezione, mentre siamo in fila per riprendere i nostri
saggi su Cimbelino. Le fan mi scrutano tutte con invidia. Da quando gli ho detto
di Guerrilla Will ha un nuovo atteggiamento di rispetto nei miei confronti. E,
naturalmente, ha sempre adorato Dee.

Si un po arenata gli dico. Non ho pi tracce da seguire.


Sorride. Si trovano sempre delle nuove tracce. Cos che dicono in genere gli
investigatori nei film? Bisogna pensare fuori dagli schemi. Pronuncia lultima
frase con un terribile accento newyorkese. Mi porge il tema. Bel lavoro.
Guardo la grande e rossa lettera, una A meno, tracciata sul foglio e provo
unimmensa vampata di orgoglio. Mentre Dee e io ci dirigiamo alla lezione
successiva continuo a sbirciarla per assicurarmi che non si trasformi in una C,
anche se so che non accadr. Eppure, non riesco a smettere di guardarla. E di
sorridere. Dee mi becca in flagrante e ride.
Per alcuni di noi questi bei voti sono una novit dico.
Oh, piantala di lamentarti! Ci vediamo alle quattro?
Conter i minuti.
Quando alle quattro Dee arriva da me in pratica cammina sui muri per
leccitazione. Altro che pensare fuori degli schemi: qui bisogna attenersi ai
fatti. Ha in mano due DVD che ha preso alla mediateca. Il titolo del primo
Lul - Il vaso di Pandora e, sotto, c limmagine di una bellissima donna con tristi
occhi scuri e un caschetto di capelli neri e lisci. So subito di chi si tratta.
E questi come ci possono aiutare?
Non lo so, ma quando si apre il vaso di Pandora non si sa mai cosa ne
sbucher fuori. Li possiamo guardare stasera. Quando esco dal lavoro.
Annuisco. Preparo dei popcorn.
E io porto un po della torta avanzata al ristorante.

Noi due s, che sappiamo davvero come divertirci il venerd sera.


Pi tardi, mentre mi preparo per accogliere Dee, incrocio Kali nel soggiorno.
Occhieggia i popcorn. Hai un attacco di fame?
Dee e io ci guardiamo un paio di film. Non lho mai invitata a fare
qualcosa insieme. Lei esce quasi sempre la sera, nei fine settimana. Ma penso
allaiuto che mi ha dato e a quello che ha detto a proposito dellessere amici,
perci le propongo di unirsi a noi. Siamo in missione per scovare altri indizi. Il
tuo aiuto potrebbe essere prezioso. Lidea di cercare il fratello a Rochester era
molto brillante.
Lei sgrana gli occhi. Mi piacerebbe tantissimo darvi una mano. Non ne posso
pi delle feste studentesche. Jenn, ti va di guardare un film con Allyson e Dee?
Prima di dire di s, vi avviso che sono film muti.
Fantastico dice Jenn. Non ne ho mai visto uno.
Neppure io, e scopro che un po come guardare Shakespeare. Ti ci devi
abituare, devi prendere il ritmo. Non c parlato, ma non neanche come un film
in una lingua straniera, dove i dialoghi sono sottotitolati per intero. Solo le parti
pi importanti del dialogo sono trascritte come testo. Il resto te lo devi un po
inventare a partire dalle espressioni degli attori e dal contesto, o dal crescendo
della musica daccompagnamento. Ti ci devi impegnare un po, insomma.
Guardiamo tutto Lul - Il vaso di Pandora: racconta di una bellissima ragazza
di vita di nome Lul, che passa da un uomo allaltro. Prima decide di sposare il
suo amante, poi, la sera del matrimonio, gli spara. Processata per omicidio,

scampa alla prigione e fugge in esilio con il figlio del marito assassinato. Finisce
per essere venduta e diventare una prostituta. Alla fine viene assassinata, la
vigilia di Natale, niente meno che da Jack lo Squartatore. Guardiamo il film come
se assistessimo al deragliare di un treno visto al rallentatore.
Quando finito, Dee tira fuori il secondo: Diario di una donna perduta.
Questa una commedia scherza.
Non tremendo quanto il primo. Lul, anche se qui non si chiama cos, non
muore. Per viene sedotta, ha un bambino illegittimo che le viene tolto, finisce
svergognata e spedita in un orribile riformatorio. Anche lei sguazza nella
prostituzione.
Sono quasi le due del mattino quando riaccendiamo la luce. Ci guardiamo lun
laltro con gli occhi arrossati.
Allora? chiede Jenn.
Ha dei vestiti stupendi commenta Kali.
I vestiti erano davvero straordinari, ma non ci hanno illuminato su nulla.
Dee si rivolge a me. Qualche indizio?
Mi guardo intorno. Non ne ho cavato niente. Ed davvero cos. Per tutto
questo tempo ho pensato di assomigliare a Lul. Ma non sono affatto come la
ragazza di quei film. E non vorrei neppure esserlo.
Jenn sbadiglia, tira fuori un portatile e trova una pagina web su Louise Brooks,
che a quanto pare ebbe una vita tumultuosa quanto quella di Lul, passando da
star del cinema tra le pi famose a commessa da Saks, per finire mantenuta dai

suoi uomini e poi solitaria e reclusa. Ma qui dice che sempre stata una
ribelle. Ha sempre fatto le cose a modo suo. E ha avuto una storia lesbica con
Greta Garbo! Leggendolo, Jenn sorride.
Kali agguanta il computer e legge ad alta voce: anche stata la prima ad
adottare il taglio a caschetto con la frangia.
Io avevo i capelli tagliati cos quando ci siamo incontrati. Probabilmente
avrei dovuto dirvelo.
Kali mette gi il pc, mi chiede di sciogliermi i capelli e li raccoglie in modo da
ripiegarli allaltezza del mento. Mmm. Con i capelli a caschetto, in effetti, le
assomigli un po.
S, quello che ha detto anche lui. Che le assomigliavo.
Se ti ha vista in quel modo commenta Jenn vuol dire che ti trovava
molto bella.
Gi. Forse. O forse era solo un gioco per lui. Chiamarmi Lul era un modo
per tenermi a distanza, cos non aveva bisogno di sapere nulla di me. Eppure,
mentre dipingo questo scenario molto meno romantico ma, a dire il vero, molto
pi realistico, non sento il solito spasmo di vergogna e umiliazione. Con questi
amici a coprirmi le spalle, nulla appare pi cos spaventoso.
Kendra rimasta a dormire da Jeb, perci Kali offre a Dee il suo letto e lei si
sistema in quello di Kendra. Ci rannicchiamo tutti sotto le coperte, ci diamo la
buonanotte, come se fossimo a un campo estivo, e provo pi forte che mai
limpressione di star facendo la cosa giusta.

Dee comincia subito a russare, ma a me ci vuole un bel po prima di lasciarmi


andare al sonno, perch sto ancora rimuginando su Lul. Forse era solo un nome.
Forse era una finzione. Per, a un certo punto, aveva anche smesso di esserlo.
Quel giorno sono davvero diventata Lul. Magari non la Lul dei film o la vera
Louise Brooks, ma la mia idea di quello che Lul rappresenta. Libert. Coraggio.
Avventura. Dire s alla vita.
Mi rendo conto che non solo Willem che sto cercando. Cerco anche Lul.

CAPITOLO VENTICINQUE

APRILE

Miami Beach
Allaeroporto di Miami trovo i miei genitori ad aspettarmi alluscita del volo, visto
che mia madre ha organizzato tutto in modo che il loro arrivasse mezzora prima
del mio. Questanno avevo sperato di riuscire a scampare il Seder, il pranzo di
celebrazione rituale di Pesach, la Pasqua ebraica. Ho appena visto i miei per le
vacanze primaverili, e venire fin qui vuole dire prendersi un altro giorno di pausa
da scuola. Ma non ho avuto fortuna. La tradizione sacra e Pesach lunica
occasione dellanno in cui andiamo a trovare la nonna.
Adoro la nonna, e anche se tutta la faccenda di una noia mortale e a
mangiare tutta quella roba cucinata da lei si rischia la vita, non questo il motivo
per cui mi pesa tanto.

La nonna rende la mamma isterica, di conseguenza ogni volta che andiamo a


trovarla la mamma fa impazzire noi. Quando la nonna a venire da noi la cosa
sopportabile. La mamma pu uscire un po, sfogarsi con Susan, giocare a tennis,
organizzare il solito calendario di impegni, andare al centro commerciale a
comprarmi un intero guardaroba nuovo di cui non ho alcun bisogno. Ma quando
siamo noi ad andare alla residenza per anziani a Miami Beach come essere
intrappolati in unisola geriatrica.
La mamma comincia a tormentarmi gi mentre recuperiamo i bagagli,
tartassandomi perch non ho mandato i biglietti di ringraziamento per i regali del
compleanno. Deve aver chiesto alla nonna e a Susan se li hanno ricevuti perch,
a parte Jenn e Kali che mi hanno fatto una torta e Dee, che mi ha portato a cena
a Boston dal suo rosticciere ambulante preferito, al di fuori di mamma e pap non
c nessun altro a cui dovrei mandare biglietti di ringraziamento questanno.
Melanie non mi ha spedito nulla. Si limitata a mandare un messaggio di auguri
sulla mia pagina Facebook.
Saliti su un taxi (il secondo, visto che mia madre ha liquidato il primo perch
laria condizionata non era abbastanza forte: quando in traiettoria
avvicinamento-alla-nonna non si salva nessuno) comincia a tampinarmi sui miei
progetti per le vacanze estive.
In febbraio, non appena ha tirato fuori largomento per la prima volta
chiedendomi cosa avevo intenzione di fare le avevo detto che non ne avevo idea.
Qualche settimana dopo, alla fine della pausa primaverile, aveva annunciato di

aver fatto un po di indagini per me, sfruttando alcuni suoi contatti, e ne erano
uscite fuori due offerte promettenti. Una era lavorare in laboratorio in una delle
societ farmaceutiche vicine a Filadelfia. Laltra, fare lassistente nellufficio di uno
degli amici medici di pap, un proctologo di nome dottor Gardaret (Melanie lo
aveva soprannominato Guarda-retto). Nessuno dei due sarebbe stato un lavoro
pagato, mi spiega, ma lei e pap ne avevano discusso, decidendo che avrebbero
compensato la perdita con un finanziamento generoso. Aveva unaria cos
compiaciuta. Entrambi i lavori avrebbero fatto un figurone nel mio curriculum, e
avrebbero contribuito a compensare quella che aveva definito la mia dbcle del
primo semestre.
Ero cos irritata che ero stata sul punto di dirle che non potevo fare quel tipo di
tirocinio perch non ne avevo le qualifiche: non stavo facendo la preparazione a
medicina. Solo per dispetto. Solo per vedere lespressione della sua faccia. Poi ho
avuto paura. Avevo un ottimo voto nel corso di Shakespeare ad Alta Voce; una A
meno in cinese, che per me era una conquista; una bella B sia nel corso teorico
sia nel laboratorio di biologia e una A in ceramica. In realt, ero fiera di me per i
buoni risultati che stavo ottenendo e non volevo che linevitabile e perenne
disappunto della mamma mi guastasse la festa. Sarebbe successo in ogni caso,
prima o poi, ma continuavo a seguire il mio Piano A, cio quello di farle vedere i
voti alla fine dellanno, quando le avrei confessato le modifiche del corso di studi.
Purtroppo, anche se mancano tre settimane alla fine dellanno la mamma mi
alita gi sul collo a proposito dei lavori estivi. Perci, mentre entriamo nel cortile

della residenza della nonna le dico che ci sto ancora riflettendo e fuggo dal taxi
per aiutare pap con le valigie.
cos strano. La mamma la persona pi tosta che conosca, ma quando la
nonna apre la porta come se si ritraesse, quasi che la nonna fosse un orco
invece di una bionda tinta alta un metro e sessanta con addosso una tuta gialla e
un grembiule che dice BACIA QUELLA PAZZA DELLA CUOCA. La nonna mi stringe in un
abbraccio stritolante che odora di Shalimar e unto di cucina. Ally! Lascia che ti
guardi! Hai fatto qualcosa ai capelli! Ho visto le foto su Facebook!
Sei su Facebook? mi chiede la mamma.
Ally e io siamo amiche, vero? La nonna mi fa locchiolino.
Vedo la mamma fare una smorfia. Non so se perch io e la nonna siamo
amiche su Facebook o perch lei insiste ad abbreviarmi il nome.
Entriamo in casa. Il fidanzato di nonna, Phil, pisola sul grande sof a fiori. Una
partita di basket sbraita dal televisore gigante.
La nonna mi sfiora i capelli. Mi arrivano alle spalle, ormai. Non li taglio
dallestate scorsa. Prima erano pi corti le dico. Ora sono una via di
mezzo.
Meglio di prima. Quel caschetto era orribile! commenta la mamma.
Era un caschetto, mamma, non una cresta da mohicano.
Lo so benissimo cosera. Ma ti faceva sembrare un ragazzo.
Mi rivolgo alla nonna: Da bambina ha per caso subito un trauma per un
brutto taglio di capelli? A quanto pare non riesce a superarlo.

La nonna giunge le mani. Sai, Ally, potresti avere ragione. A dieci anni ha
visto Rosmarys Baby e mi ha implorato di portarla al salone per bambini. Ha
continuato a dire alla parrucchiera di tagliare finch ha tolto tutto e, mentre
uscivamo dal negozio, unaltra mamma lha indicata al figlio e ha detto: Perch
non te li fai tagliare come quel bel ragazzino? Guarda la mamma e sorride.
Non mi ero resa conto che ti potesse ancora turbare, Ellie.
Non mi turba perch non mai successo, mamma. Non ho mai visto
Rosemarys Baby. E se, oltre tutto, lavessi visto a dieci anni quello non era
davvero un film adatto a una bambina.
Ti mostro le foto!
Non ce n bisogno.
La nonna esamina i capelli della mamma. Potresti provare adesso, a
riprendere quello stile. Mi sa che hai i capelli tagliati nello stesso modo da
quando Bill Clinton era presidente. Le lancia un altro sorriso perfido.
La mamma ha laria di contrarsi ancora di pi mentre si tocca i capelli, lisci,
castani, legati a coda di cavallo. La nonna la lascia l a soffrire e mi trascina verso
la cucina. Vuoi dei biscotti? Ho qualche macaroon.
I macaroons non sono biscotti, nonna. Sono surrogati dei biscotti al cocco. E
sono disgustosi. Durante Pesach la nonna non tiene nulla in casa che contenga
farina.
Vediamo cosaltro posso darti. La seguo in cucina. Mi versa un bicchiere di
limonata ipocalorica. Tua madre sta facendo molta fatica dice. Quando la

mamma non a tiro, molto comprensiva e quasi la difende, come se fossi io


quella che lha fatta arrabbiare.
Non vedo perch. Ha una vita facile e protetta.
Buffo. la stessa cosa che lei dice di te quando le sembra che ti dimostri
ingrata. Apre lo sportello del forno per controllare qualcosa. Fatica ad
abituarsi, ora che tu non ci sei pi. Sei tutto quello che ha.
Mi si stringe lo stomaco. Un altro modo in cui ho tradito la mamma.
La nonna tira fuori un piatto di quei tremendi dolcetti tipo gelatine a cui non
riesco a resistere. Le ho detto che dovrebbe fare un altro bambino: la terrebbe
occupata.
Sputo fuori la limonata. Ha quarantasette anni.
Potrebbe adottarne uno. La nonna sventola la mano. Uno di quegli
orfani cinesi. Lucy Rosenbaum ne ha una carinissima per nipote.
Nonna! Non sono mica cani!
Lo so. Per potrebbe adottarne uno pi grandicello. Cos sarebbe davvero
un mitzvah, una buona azione.
Lo hai detto alla mamma?
Certo che glielho detto.
La nonna tira sempre fuori argomenti che noialtri non osiamo affrontare. Per
esempio accende una candela in memoria del giorno in cui la mamma ha perso il
bambino, tanti anni fa. Anche questo manda mia madre su tutte le furie.
Deve fare qualcosa, se non ha intenzione di tornare al lavoro. Butta

unocchiata verso il soggiorno. So che loro due litigano su questa faccenda del
lavoro. Una volta la nonna le ha spedito un articolo ritagliato da una rivista che
descriveva le pessime garanzie finanziarie delle ex mogli di medici in caso di
divorzio. Non si sono pi rivolte la parola per mesi.
La mamma entra in cucina. Vede i dolci. Mamma, non potresti darle del cibo
sano, per favore?
Ehi, non partire in quarta. in grado di nutrirsi da sola. Ormai ha diciannove
anni. Mi strizza locchio, poi si rivolge alla mamma. Perch non tiri fuori un
po di carne fredda?
La mamma infila il naso nel frigo. Dov larrosto? Sono quasi le due. Sar
da mettere in forno.
Oh, sta gi cuocendo dice la nonna.
A che ora lhai messo su?
Tu non ti preoccupare. Ho preso una bella ricetta da una rivista.
Da quanto dentro? La mamma sbircia nel forno. Non molto grosso.
Non dovrebbe starci pi di tre ore. Lo devi avvolgere nellalluminio e poi hai
impostato una temperatura altissima. Larrosto dovrebbe cuocere lentamente.
Cominciamo la cena alle cinque? Quando lhai messo su?
Non ti preoccupare.
Sar secco come cuoio.
Io ti dico come cucinare, a casa tua?
S, in continuazione, ma io non ti do retta. E ho evitato un bel po di casi di

avvelenamento, cos.
Basta con quella linguaccia.
Penso che andr a cambiarmi annuncio. Ma nessuna delle due si
interessa pi a me.
Vado nella stanza degli ospiti e ci trovo nascosto pap, che guarda malinconico
una camicia da golf. Quante possibilit ho di scappare a fare una partita?
Dovrai prima invocare qualche piaga dEgitto e scatenarla contro il faraone.
Guardo, fuori dalla finestra, la striscia azzurro argento del mare.
Pap ripone la camicia da golf nella valigia. Le cediamo tutti cos rapidamente.
Il Seder per lui non significa nulla. Pap non ebreo, anche se celebra tutte le
festivit insieme alla mamma. Pare che la nonna si fosse arrabbiata, quando si
sono fidanzati; per dopo la morte del nonno ha iniziato a vedere Phil, che non
ebreo neppure lui.
Stavo scherzando dico, anche se non vero. Perch non vai e basta?
Lui scuote la testa. Tua madre ha bisogno di supporto morale.
Faccio una faccia incredula: come se la mamma avesse mai bisogno di
qualcosa o qualcuno.
Pap cambia argomento. Abbiamo visto Melanie, lo scorso fine settimana.
Ah, davvero?
Il suo gruppo suonava a Filadelfia, e cos ha fatto una delle sue rare
apparizioni.
Suona in un gruppo, adesso? Quindi lei pu diventare Mel 4.0, invece io devo

continuare a essere quella affidabile? Rivolgo a pap un sorriso forzato, fingendo


di esserne al corrente.
Frank, non trovo il piatto di portata per larrosto di Seder chiama la
nonna. Lavevo tirato fuori per lucidarlo.
Cerca di visualizzare lultimo posto dove lo hai visto consiglia lui. Poi si
stringe nelle spalle e va ad aiutarla. Dopo che il piatto stato rintracciato, aiuta
la nonna a tirare gi dal mobile il resto delle stoviglie e poi sento che la mamma
lo spedisce a tenere compagnia a Phil, cos si siede e guarda il basket accanto al
fidanzato della nonna che sonnecchia. Fine della partita a golf. Io esco sul
balcone e ascolto il vociare della mamma e della nonna che battibeccano e il
rumore della partita in TV. Questa vita mi sta cos stretta che mi pizzica
dappertutto, come un maglione di lana troppo aderente.
Vado a fare una passeggiata annuncio, anche se non c nessuno sul
balcone oltre a me. Mi metto le scarpe e scivolo fuori dalla porta, dirigendomi
verso la spiaggia. L, mi tolgo le scarpe e corro su e gi per la riva. Il rumore
ritmico dei miei piedi sulla sabbia umida sembra scalfire e spezzettare qualcosa
dentro di me, per poi spingerlo fuori insieme al sudore che mimperla la pelle
appiccicosa. Dopo un po mi fermo e mi siedo a guardare il mare. Dallaltra parte
c lEuropa. L, in qualche posto, c lui. E l c anche una versione diversa di
me.
Al mio rientro la mamma mi dice di farmi una doccia e apparecchiare la tavola.

Alle cinque ci sediamo, preparandoci per la lunga serata in cui si ripercorrer la


fuga dalla schiavit degli ebrei nellantico Egitto, che si suppone sia un evento
liberatorio, ma con la mamma e la nonna che si scambiano sguardi irritati finisce
sempre per generare un senso di oppressione. Almeno gli adulti si possono
ubriacare. Bisogna bere circa quattro bicchieri di vino nel corso della serata. A
me, ovviamente, viene servito succo duva nella mia personale caraffa di cristallo.
O almeno, in genere cos. Questa volta per, quando dopo la prima benedizione
prendo il primo sorso di succo, quasi soffoco. vino. Penso che sia uno sbaglio
finch la nonna non incrocia il mio sguardo e mi strizza locchio.
La cena di Seder procede come al solito. La mamma, che in tutti gli altri
aspetti della sua vita rispettosissima, qui assume il ruolo delladolescente
ribelle. Quando la nonna legge il brano che narra degli ebrei che vagano nel
deserto per quaranta giorni, la mamma scherza, dicendo che perch Mos era
uno che non voleva mai chiedere informazioni. Quando si parla di Israele la
mamma attacca sulle questioni politiche, anche se sa che mander la nonna su
tutte le furie. Quando mangiamo la minestra con le polpettine matzo le due
litigano sul contenuto di colesterolo delle polpette.
Pap abbastanza saggio da starsene zitto. Phil giocherella con il suo
apparecchio acustico e di tanto in tanto si appisola. Io riempio ripetutamente il
mio bicchiere di succo duva.
Dopo due ore arriviamo allarrosto: per un po possiamo smettere di parlare
dellEsodo ed un sollievo, anche se larrosto non lo affatto. cos asciutto che

sembra carne secca, e sa di bruciato. Lo muovo qua e l nel piatto mentre la


nonna chiacchiera del suo club di bridge e della crociera che lei e Phil hanno
intenzione di fare. Poi sinforma sul nostro annuale viaggio a Rehoboth Beach,
dove in genere ci raggiunge per un periodo.
Cosaltro hai in programma per lestate? mi chiede in tono casuale.
una domanda di cortesia, in realt, un po tipo Come va? o Che novit ci
sono? ma la mamma sintromette per dire che lavorer in un laboratorio. Poi
spiega tutta la faccenda alla nonna. Sar il laboratorio di una societ
farmaceutica. A quanto pare, ho accettato il lavoro proprio oggi.
Non che non sapessi gi che lo avrebbe fatto. Non che non lo abbia gi
fatto per tutta la mia vita. E non neppure che io non glielo abbia permesso.
La furia che mi riempie calda e gelida, liquida e metallica, e mi crea una
corazza dallinterno, come un secondo scheletro, pi forte del mio. Forse quello
che mi permette di dire: Non ho intenzione di lavorare in un laboratorio
questestate.
Be, troppo tardi incalza brusca la mamma. Ho gi chiamato il dottor
Gardaret per rifiutare la sua offerta. Se avevi qualche preferenza, hai avuto tre
settimane per comunicarla.
Non avevo neppure intenzione di lavorare dal dottor Gardaret.
Hai avuto qualche altra offerta? domanda pap.
La mamma fa un verso sprezzante, come se fosse impensabile. E forse lo .
Non ho mai avuto un lavoro. Non ho mai avuto bisogno di averlo. Mai dovuto fare

qualcosa per conto mio. Sono unincapace. Una nullit. Una delusione. La mia
incapacit, la mia dipendenza, la passivit, le sento vorticare fino a formare una
piccola palla di fuoco, che io imbriglio chiedendomi come pu una cosa fatta di
debolezze sembrare cos forte. Ma la palla diventa sempre pi calda, rovente e
lunica cosa che posso fare lanciarla. Contro di lei.
Non credo che il tuo laboratorio mi vorr pi, visto che ho mollato quasi tutti
i corsi di scienze e moller anche gli altri il prossimo autunno dico, con lastio
che mi gronda dalla voce. Vedi, non faccio pi la propedeutica a medicina. Mi
spiace tanto se ti ho deluso.
La mia battuta sarcastica resta sospesa nellaria umida. Poi, come fosse
vapore, fluttua via, mentre io capisco che, per la prima volta in vita mia, non mi
dispiace affatto di averla delusa. Forse per pura sfida, forse per il vino, che la
nonna mi ha propinato in segreto, ma ne sono quasi contenta. Sono stufa di
dover evitare linevitabile e, intanto, da troppo tempo che mi sento una
delusione per lei.
Hai mollato la propedeutica a medicina? Ha un tono trattenuto, insieme
furioso e ferito: un misto letale che mi ha sempre fatto leffetto di una pallottola
dritta al cuore.
Quello sempre stato il tuo sogno, Ellie sottolinea la nonna, ergendosi a
scudo. Si rivolge a me. Non hai ancora risposto alla mia domanda, Ally. Cosa
hai intenzione di fare tu questestate?
La mamma ha unaria fragile ma furiosa e sento che la mia volont vacilla,

sento che sto per cedere. Poi per, una voce, la mia voce, annuncia: Torno a
Parigi.
Lo dico come se lidea fosse completamente formata e articolata, pianificata
da mesi, anche se, in verit, mi uscita fuori adesso, proprio come tutte le
confessioni fatte a Willem. Dopo che uscita, per, mi sento pi leggera di
almeno una tonnellata e la mia rabbia si del tutto dileguata, rimpiazzata da
uneuforia che fluisce in me come luce del sole e aria.
cos che mi sentivo quel giorno a Parigi, con Willem. Ed per questo che so
che la cosa giusta da fare.
In pi, sto studiando il francese aggiungo. E, chiss perch, lannuncio fa
s che a tavola scoppi un pandemonio. La mamma inizia a gridare che le ho
mentito e che sto buttando via il mio futuro. Pap urla che non dovevo cambiare
corso di studi e chi pagher per quello e per il viaggio a Parigi? La nonna sgrida la
mamma perch le ha rovinato anche stavolta la cena di Seder.
Con tutto quel trambusto, perci, strano che qualcuno riesca a sentire Phil,
che ha a malapena proferito verbo dalla minestra fino a ora, quando dice:
Torni a Parigi, Ally? Mi sembrava che Helen avesse detto che la tappa era stata
cancellata per via di uno sciopero. Scuote il capo. A quanto pare sono
sempre in sciopero, da quelle parti.
Sulla tavola piomba il silenzio. Lui prende un boccone di matzo e comincia a
masticare. La mamma, pap e la nonna mi fissano tutti e tre.
Potrei dissimulare facilmente. Dire a Phil che il suo auricolare era basso e non

ha sentito bene. Potrei dire che voglio andare a Parigi proprio perch non sono
riuscita ad andarci la volta scorsa. Ho detto tante bugie. Una in pi, che
differenza fa?
Ma non voglio mentire. Non voglio nascondere. Non voglio pi fingere. Perch
quel giorno, con Willem, avr anche finto di essere una ragazza di nome Lul, ma
non ero mai stata pi sincera in tutta la mia vita.
Forse questo il succo del liberarsi. Si deve pagare un prezzo per farlo. Vagare
in un deserto per quarantanni. Oppure incorrere nelle ire di due genitori molto
arrabbiati.
Prendo fiato. Mi faccio coraggio.
Torno a Parigi confermo.

CAPITOLO VENTISEI

MAGGIO

Casa
Faccio una nuova lista.
Volo a Parigi: $1200
Corso serale di francese a una scuola locale: $400
Soldi per vivere due settimane in Europa: $1000
In tutto fanno duemilaseicento dollari. la cifra che devo risparmiare per
andare in Europa. I miei, ovviamente, non mi aiutano e si rifiutano di lasciarmi
usare il denaro ricevuto in regalo nel corso dellanno, depositato in un libretto di
risparmio, perch quello dovrebbe essere destinato a fini educativi. Sono i garanti
del conto, perci non posso oppormi. Inoltre, solo per lintercessione della

nonna, associata alla minaccia di trasferirmi da Dee per tutta lestate, che la
mamma mi ha concesso di restare a vivere in casa. arrabbiata fino a questo
punto. E senza neanche sapere tutta la storia. Ho raccontato ai miei che sono
andata a Parigi. Ma non ho spiegato perch. O con chi. O il motivo per cui devo
tornarci, salvo che ci ho lasciato qualcosa di molto importante; loro credono si
tratti della valigia.
Non so cosa la fa infuriare di pi: che lestate scorsa lho imbrogliata o che non
le racconto la faccenda per intero. Dalla cena di Seder si rifiuta di parlare con me,
ormai sono quattro settimane che mi rivolge a malapena la parola. Ora che sono
a casa per linizio delle vacanze estive in pratica mi evita, il che allo stesso
tempo un sollievo e un po inquietante, perch non ha mai fatto una cosa simile
prima dora.
Dee sostiene che duemilaseicento dollari sono una cifra notevole da tirar su in
due mesi, ma che non impossibile. Lui suggerisce di lasciar perdere le lezioni di
francese. Ma io ho la sensazione di averne bisogno. Ho sempre desiderato
imparare il francese. E non ho intenzione di andare a Parigi e di affrontare Cline
senza saperlo.
Dunque, duemilaseicento verdoni. Fattibile. Se mi trovo un lavoro. Il fatto ,
per, che finora non ho mai avuto un lavoro. Nulla di vagamente somigliante a un
impiego, a parte fare la baby-sitter e mettere in ordine cartelle nellufficio di
pap, due lavori che non riempiono molto il nuovo curriculum che ho
elegantemente stampato su bellissimi cartoncini. Forse questo spiega perch, pur

avendoli lasciati in ogni azienda della citt che offrisse posti di lavoro, non ho
ricevuto risposta.
Decido di vendere la collezione di orologi. Li porto da un antiquario di
Filadelfia. Mi offre cinquecento dollari per lintera partita. Nellarco degli anni ho
sicuramente speso almeno il doppio per comprare quegli orologi, ma lui si limita
a guardarmi e dice che forse ne ricaver di pi vendendoli su eBay. Questo mi
porterebbe via mesi, per, e io voglio soprattutto liberarmene. Cos glieli
consegno tutti, eccetto quello di Betty Boop che spedisco a Dee.
Quando la mamma scopre quello che ho fatto scuote la testa con
unespressione di profondo disgusto, come se avessi appena venduto il mio corpo
invece che i miei orologi. La disapprovazione sintensifica. Si diffonde per la casa
come una nuvola radioattiva. Non c pi un posto sicuro dove nascondersi.
Devo trovare un lavoro. Non soltanto per guadagnare i soldi per il viaggio, ma
per uscire da questa casa. Fuggire da Melanie non unopzione praticabile.
Primo: non ci parliamo. Secondo: lei a fare un seminario di musica nel Maine
per la prima met dellestate, o almeno cos dice mio padre.
Devi solo continuare a tentare mi consiglia Dee, quando lo chiamo dal
telefono fisso per avere un suo parere. Come parte della punizione, il mio numero
di cellulare stato bloccato e la password di famiglia criptata, cos per accedere a
Internet devo chiedere ai miei oppure andare alla biblioteca pubblica. Lascia il
curriculum in tutti i locali e uffici della citt, non solo in quelli che dicono di offrire
un impiego. In genere i posti che sono tanto disperati da prendere una come te

non hanno il tempo di pubblicare annunci.


Grazie per la considerazione.
Vuoi un lavoro? Metti da parte lorgoglio. E molla curricula ovunque.
Anche allautolavaggio? scherzo.
Certo. Anche l. Dee, invece, serissimo. Chiedi di parlare al
responsabile dellautolavaggio e trattalo come se fosse il Re degli Autolavaggio.
Mimmagino l, a strofinare cerchioni. Poi penso a Dee, che questestate
lavorer in una fabbrica di cuscini e che al ristorante sciacqua i piatti da mettere
nella lavastoviglie. Fa quello che deve fare. Cos, il giorno seguente stampo
cinquanta nuovi curricula e vado di porta in porta, dalla libreria alla merceria al
fruttivendolo, da un ufficio di commercialista a un negozio di liquori, e persino
allautolavaggio. E non mi limito a lasciare il curriculum. Chiedo di parlare ai
responsabili. A volte escono per incontrarmi. Mi chiedono che genere di
esperienza ho e per quanto tempo voglio lavorare. Ascolto anchio le mie
risposte. Nessuna vera esperienza di lavoro. Un paio di mesi. Lo credo che
nessuno vuole assumermi.
Ho quasi finito i curricula quando passo accanto al Caf Finlay. un piccolo
ristorante ai margini della citt, tutto arredato in stile anni Cinquanta, con il
pavimento a scacchi bianchi e neri e una accozzaglia di tavoli in formica. Le altre
volte in cui sono passata aveva laria di essere chiuso.
Oggi invece c musica che erompe dallinterno, a un volume cos alto da far
vibrare le finestre. Spingo la porta e si apre. Grido un Salve. Nessuna risposta.

Le sedie sono accatastate sui tavoli. C una pila di tovaglie pulite in uno degli
scomparti. Le specialit del giorno prima sono scritte su una lavagna attaccata al
muro. Cose tipo: halibut in salsa di burro, tequila orange, peperoncino verde e
kiwi. La mamma definisce i piatti che fanno qui eclettici, che la sua parola in
codice per dire strani e che il motivo per cui non siamo mai venuti a mangiare
qui. Non conosco nessuno che viene a mangiare qui.
Hai portato il pane?
Mi giro. C una donna, alta come unamazzone e altrettanto ben piazzata, con
una selvaggia chioma rossa che spunta da una bandana blu.
No rispondo.
Pezzo di merda! Scuote la testa. Cosa vuoi? Le porgo un curriculum.
Agita la mano per rifiutarlo. Hai mai lavorato in una cucina? Faccio segno di
no con la testa.
Mi dispiace, allora. No dice.
Lancia uno sguardo allorologio di Marilyn Monroe appeso al muro. Io ti
ammazzo, Jonas! esclama agitando il pugno in direzione della porta.
Mi volto per andarmene, poi mi fermo. Dov lordinazione per il pane? le
domando. Faccio io un salto a prenderglielo.
Guarda di nuovo lorologio e sospira in tono drammatico. Da Grimaldi. Mi
servono diciotto baguette francesi, sei pagnotte di integrale e un paio di brioche
di quelle di ieri. Hai capito tutto?
Credo di s.

Credo di s non ci porter da nessuna parte, tesoro.


Diciotto baguette, sei pagnotte di integrale e un paio brioche di ieri.
Accertati che le brioche siano di ieri. Non si pu fare il dolce di pane con il
pane fresco. E chiedi di Jonas. Digli che per Babs e che pu anche darmi le
brioche gratis e togliere il venti per cento dal resto, dato che il suo dannato
fattorino non si visto nemmeno questa volta. In pi, assicurati che non mi diano
pane fatto con la limpasto prelievitato. Non la sopporto quella roba.
Agguanta un rotolo di banconote dalla cassa vintage. Le prendo e corro dal
fornaio il pi velocemente possibile; trovo Jonas, gli abbaio lordine e mi affretto
a tornare indietro con il pane, il che pi difficile di quel che sembra, con tutti
quei filoni di pane.
Aspetto senza fiato che Babs controlli lordinazione. Sei capace di lavare i
piatti?
Annuisco. Fin l ci arrivo.
Scuote la testa rassegnata. Vai nel retro e chiedi a Nathaniel di presentarti
Hobart.
Hobart?
Gi. Voi due diventerete ottime amiche.
Si scopre che Hobart il nome della lavastoviglie versione professionale e,
quando il ristorante apre, ci passo ore intere con lei, a sciacquare i piatti con una
gigantesca bocchetta da doccia caricandoli dentro, estraendoli quando sono
ancora bollenti e ripetendo daccapo tutta la procedura. Per miracolo, riesco a

restare a galla in quellinterminabile flusso di piatti senza far cadere nulla o


bruciarmi le dita troppo malamente. Quando c un attimo di calma, Babs mi
ordina di tagliare il pane, montare la panna a mano (sostiene che cos viene
meglio), lavare il pavimento o tirar fuori il filetto da una delle celle frigorifere.
Passo una serata adrenalinica, in preda al panico, pensando continuamente di
combinare qualche pasticcio.
Nathaniel, lassistente cuoco, mi aiuta come pu, indicandomi dove sono le
cose e dandomi una mano a strofinare le padelle dei saut quando sono troppo
distrutta. Aspetta che arrivi il fine settimana mi avverte.
Pensavo che non ci venisse mai nessuno qui. Mi metto la mano sulla
bocca, capendo distinto che Babs andrebbe su tutte le furie se mi sentisse dire
una cosa del genere.
Nathaniel, per, si limita a ridere. Stai scherzando? I fanatici della buona
cucina di Filadelfia adorano Babs. Fanno il viaggio fin qui solo per venire da lei.
Lei farebbe molti pi soldi se decidesse di trasferirsi in citt, ma dice che i suoi
cani non lo sopporterebbero. E per cani secondo me intende noi.
Quando lultimo dei clienti se ne va, il personale di cucina e i camerieri
sembrano tirare allunisono un sospiro di sollievo. Qualcuno mette un vecchio
disco dei Rolling Stones a tutto volume. Si accosta un gruppetto di tavoli e tutti si
siedono. mezzanotte passata e mi devo fare una bella camminata per tornare a
casa. Comincio a radunare le mie cose, ma Nathaniel fa segno di unirmi al
gruppo. Mi siedo a uno di tavoli, intimidita anche se ho trascorso tutta la sera

fianco a fianco con questa gente.


Vuoi una birra? mi chiede. Dobbiamo pagarle, ma a prezzo dingrosso.
Oppure puoi bere un bicchiere del vino di scarto che portano i grossisti
dice una cameriera di nome Gillian.
Prendo un po di vino.
Sei conciata che sembra che ti sia morto uno addosso commenta un altro
dei camerieri. Guardo in basso. La mia gonna elegante e la camicetta, messe
apposta per andare a cercare lavoro, sono coperte di salse che hanno laspetto di
liquami corporei.
Mi sento come se fossi io quella che morta ribatto. Non credo di
essermi mai sentita cos stanca. Mi fanno male tutti i muscoli. Ho le mani rosse
per via dellacqua semi-ustionante. E i piedi? Non ne parliamo neppure.
Gillian ride. Parole di un autentico schiavo di cucina.
Babs compare con una grande ciotola di pasta bollente e qualche avanzo di
pesce e carne. Il mio stomaco gorgoglia. Si fanno passare i piatti. Non so dire se
la sua cucina sia eclettica, ma il cibo buonissimo: la salsa di burro, tequila
orange e peperoncino verde sa lievemente di arancia ed affumicata pi che
piccante. Ripulisco il piatto e poi tiro su il sughetto che rimane con un pezzo del
pane di Jonas, quello senza impasto prelievitato.
Allora? mi chiede Babs quando ho finito.
Tutti gli occhi si girano verso di me. il secondo miglior piatto che abbia
mai assaggiato dico. Che la verit.

Tutti fanno Ooooh come se lavessi appena insultata. Ma lei si limita a fare
una smorfia. Scommetto che il primo in classifica lhai assaggiato con un tuo
amante dice, e io divento rossa come i suoi capelli.
Babs mi dice di tornare il giorno dopo alle cinque e la routine ricomincia.
Lavoro come non ho mai fatto in vita mia, gusto una cena meravigliosa e crollo
nel mio letto. Non ho capito se sto sostituendo qualcuno o se una specie di
provino. Babs mi urla dietro continuamente: perch ho usato il sapone da piatti
per lavare la sua padella di ferro, perch non ho tolto il rossetto dalle tazzine da
caff prima di metterle nella lavastoviglie, perch la panna che ho montato era
troppo soda o non lo era abbastanza o non ci ho messo la giusta quantit di
estratto di vaniglia. Alla quarta sera, ho gi imparato a non offendermi troppo.
La quinta sera, prima che arrivi la folla di clienti, Babs mi chiama nel retro,
vicino alle celle frigorifere. Sta ciucciando della vodka direttamente dalla
bottiglia, cosa che fa sempre prima che parta il putiferio. Il suo rossetto lascia
tracce sullorlo. Per un attimo penso che sia finita l, che voglia licenziarmi. Invece
mi porge un fascio di documenti.
Moduli per il fisco mi spiega. Pago il salario minimo, ma ci saranno le
mance. A proposito, continui a dimenticarti di ritirare la tua parte. Allunga la
mano sotto il bancone e prende una busta con scritto il mio nome.
La apro. Dentro c un mucchietto di contanti. Almeno cento dollari. Sono
miei?
Annuisce. Dividiamo le mance. Ognuno ne riceve una parte.

Sfioro il denaro. Le banconote mi si impigliano nelle pellicine indurite delle


dita. Ho le mani distrutte, ma non mimporta, perch sono distrutte dal lavoro che
mi ha fatto guadagnare questi soldi. Sento crescermi dentro unemozione che non
ha niente a che fare con biglietti aerei e viaggi a Parigi, o con il denaro in genere,
per la verit.
Aumenter in autunno dice Babs. Lestate il nostro periodo morto.
Esito. Fantastico. Per, in autunno io non ci sar.
Aggrotta la sopracciglia fulve. Ma ho appena iniziato ad addestrarti.
Mi sento male, in colpa, ma cera scritto nel mio curriculum, alla prima riga.
Obbiettivo: un impiego a breve termine. Naturalmente Babs non ha mai letto il
curriculum.
Frequento luniversit le spiego.
Ci organizzeremo intorno al tuo piano di studi. Anche Gillian una
studentessa. E pure Nathaniel, anche se un po discontinuo.
Io sto a Boston.
Ah fa una pausa. Oh, be. Credo che Gordon torner dopo il primo
settembre.
Io spero di partire alla fine di luglio. Ma solo se riesco a mettere insieme
duemila dollari. E mentre lo dico faccio un po di calcoli. Pi di cento dollari a
settimana di mance oltre la paga: potrei davvero farcela.
Metti da parte i soldi per comprarti la macchina? mi domanda con aria
indifferente. Beve un altro sorso di vodka. Ti vendo la mia. Quella brutta

bestiaccia mi far morire. Babs guida una Thunderbird antidiluviana.


No. per Parigi.
Parigi?
Annuisco.
E cosa c a Parigi?
La guardo. Ripenso a lui per la prima volta da un po di tempo. Nel manicomio
della cucina diventato quasi astratto.
Risposte.
Scuote la testa con tale veemenza che i suoi riccioli rossi sfuggono dalla
bandana. Non puoi andare a Parigi a cercare risposte. Devi andarci per cercare
domande; o al massimo macarons.
Macaroons? Quella roba al cocco? Ripenso ai pessimi dolci di Pesach che
mangiamo al posto dei biscotti.
Non macaroons. Macarons. Sono dolcetti fatti di meringa colorata. Sono baci
dangelo in versione commestibile. Mi guarda. Quindi, per quando ti servono
i duemila dollari?
Agosto.
Socchiude gli occhi e mi scruta. Sono sempre un po iniettati di sangue anche
se, stranamente, lo sembrano di pi allinizio del turno che alla fine, quando
prendono una sorta di bagliore folle.
Facciamo un patto. Se non ti scoccia fare qualche doppio turno per i brunch
del fine settimana far in modo che guadagni i tuoi duemila dollari per il

venticinque di luglio, che la data in cui chiudo per due settimane per le mie
vacanze estive. A una condizione.
Che sarebbe?
Che a Parigi ogni giorno assaggi un macaron. Devono essere freschi, perci
non puoi comprarne una confezione e mangiarne uno al giorno. Fa una pausa e
chiude gli occhi. Ho assaggiato il mio primo macaron a Parigi durante la luna di
miele. Ho divorziato, ormai, ma ci sono passioni che durano per sempre.
Soprattutto se hanno inizio a Parigi.
Un piccolo brivido mi risale il collo. Lo credi davvero? le chiedo.
Babs ingolla un altro sorso di vodka, con gli occhi che brillano. Ah, sono
queste le risposte che cerchi, allora. Be, in quel senso non ti posso aiutare, ma
se entri nella cella frigorifera e trovi il siero di latte e la panna ti posso fornire una
risposta allannosa questione di come preparare una perfetta crme frache.

CAPITOLO VENTISETTE

GIUGNO

Casa
Introduzione al francese tre giorni alla settimana per sei settimane, dalle
undici e mezzo alle tredici, e mi da un motivo in pi per tenermi fuori dalla Casa
della Riprovazione. Anche se in questo periodo sono al Caf Finlay tutto il giorno
di sabato e domenica, e poi cinque sere alla settimana, non ci vado prima delle
cinque. E il ristorante chiuso luned e marted, perci restano un sacco di tempi
morti in cui io e la mamma ci sforziamo di evitarci.
Il primo giorno di lezione arrivo con mezzora danticipo, prendo un t freddo
dal piccolo chiosco, cerco laula e comincio a sfogliare il libro di testo. Ci sono un
mucchio di foto della Francia, parecchie di Parigi.
Gli altri studenti entrano un po alla volta. Mi aspettavo fossero ragazzi in et

universitaria, invece tutti, salvo me, hanno let dei miei genitori. Una donna con
i capelli di un biondo quasi bianco si accascia nel banco accanto al mio e si
presenta come Carol, offrendomi una gomma da masticare. Accetto di buon
grado la sua stretta di mano, ma rifiuto la gomma: non mi sembra molto francese
masticare in classe.
Una donna dallaspetto di un uccello e con i capelli grigi tagliati cortissimi entra
a passi decisi. Ha laria di essere uscita da una rivista di moda, con la sua stretta
gonna di lino e la camiciola di seta, entrambe perfettamente stirate, cosa che
pare impossibile visto il novanta per cento dumidit che c fuori. Inoltre indossa
una sciarpa, cosa altrettanto strana considerando la percentuale di umidit.
Chiaramente francese. E se la sciarpa non costituiva gi un chiaro indizio c
anche il fatto che si piazza in fondo alla stanza e comincia a parlare. In francese.
Siamo nellaula sbagliata? mi sussurra Carol. Poi linsegnante si dirige alla
lavagna e scrive il suo nome, Madame Lambert, e il nome di questo corso
Introduzione al francese. Lo scrive anche in francese. Oh, no. Che sfortuna
commenta Carol.
Madame Lambert si rivolge a noi e, con laccento pi marcato che si possa
immaginare, ci dice in inglese che questo il corso di francese per principianti,
ma che il modo migliore di impararlo parlare e sentirlo parlare. Ed il solo
inglese che sento per lora e mezzo successiva.
Je mappelle Thrse Lambert dice, pronunciandolo come Teh-rez Lombber. Comment vous appelez-vous?

La classe la fissa attonita. Ripete la domanda, indicando se stessa e poi noi.


Nessuno risponde. Alza gli occhi al cielo e fa uno strano rumore con i denti. Indica
me. Emette di nuovo quel suono e mi fa capire a gesti di alzarmi in piedi. Je
mapelle Thrse Lambert ripete, pronunciando lentamente e toccandosi il
petto con il dito. Comment tappelle-tu?
Resto l raggelata per un attimo, sentendomi come se fosse di nuovo Cline ad
apostrofarmi con aria sprezzante. Madame Lambert ripete la domanda. Capisco
che mi sta chiedendo come mi chiamo. Ma non parlo francese. Se lo parlassi non
sarei qui. A Introduzione al francese.
Lei sta aspettando. Non mi permette di sedermi.
Je mappelle Allyson tento.
Le sillumina il volto, come se avessi appena spiegato le origini della
Rivoluzione francese in francese. Bravo! Enchante Allyson.
Gira per il resto della classe chiedendo a tutti il loro nome in questo modo.
Questo era il primo round. Adesso viene il secondo. Pourquoi voulez-vous
apprendre le franais?
Ripete la domanda trascrivendola sulla lavagna, tracciando cerchi su alcune
parole e scrivendone la traduzione in inglese. Pourquoi: perch. Apprendre:
imparare. Voulez-vous: voi volete. Ah, ho capito. Ci sta chiedendo perch
vogliamo imparare il francese.
Non so proprio da che parte cominciare per rispondere. per questo che sono
qui.

Poi lei continua.


Je veux apprendre le franais parce que sottolinea Je veux: io voglio.
Parce que: perch. Lo ripete tre volte. Poi indica noi.
Questa la so. Ho imparato la parola da un film sussurra Carol. Alza la
mano. Je veux apprendre le franais parce que incespica sulle parole e
laccento terribile, ma Madame la fissa piena di aspettativa. Parce que le
divorce!
Excellent dice Madame Lambert, per lo dice con un accento francese che
lo fa sembrare ancor pi eccellente. Le divorce, scrive sulla lavagna. Divorzio.
La mme dice. Simile, scrive. Poi scrive le mariage e spiega che il concetto
contrario.
Carol si sporge verso di me. Quando ho divorziato da mio marito mi sono
detta che mi sarei concessa di ingrassare e avrei imparato il francese. Se ottengo
con il francese gli stessi risultati che ho ottenuto con la ciccia, a settembre dovrei
parlare alla perfezione!
Madame Lambert gira per laula e gli allievi si sforzano di spiegare perch
vogliono imparare il francese. Due di loro stanno per andare in vacanza in
Francia. Uno inizier a studiare storia dellarte e ha bisogno di sapere un po di
francese. Uno trova che sia una bella lingua. In ciascuno dei casi, Madame scrive
le parole, la traduzione e il loro contrario. Vacanze: vacances. Lavoro: travail.
Se ero stata la prima, adesso sono lultima a rispondere. A quel punto mi un
po preso il panico, cercando di pensare a cosa rispondere. Come si dice

incidente casuale in francese. O Romeo e Giulietta. O trovare una cosa


perduta. Oppure: Non voglio sentirmi in competizione e voglio parlare
francese. Non so come dirlo in francese. Se lo sapessi non sarei qui.
Poi ripenso a Willem. La Nutella. Innamorarsi e amare. Com che lo ha detto?
Macchia in francese. Sash? Tache?
Allyson mi chiede. Pourquoi veux-tu apprendre le franais?
Je veux apprendre le franais comincio, imitando quello che ho sentito
dire dagli altri. Questa parte a posto. Parce que mi interrompo e ci
penso. Le tache dico infine.
una cosa cos strana da dire, se quel che ho effettivamente detto. La
macchia. Non ha alcun senso. Ma Madame Lambert annuisce decisa e scrive la
tche sulla lavagna. Poi ci scrive accanto: il compito. Mi chiedo se mi sono
ricordata la parola sbagliata. Guarda la mia espressione confusa. Poi scrive
unaltra parola sulla lavagna: la tache, la macchia.
Annuisco. S, quella. Non scrive nessun contrario. La parola macchia non ha
un contrario.
Quando tutti abbiamo risposto, Madame sorride e batte le mani. Cest
courageux daller dans linconnu dice, scrivendolo sulla lavagna. Lo fa scrivere
anche a noi e lo scomponiamo con laiuto del dizionario. Scopriamo che
courageux vuol dire coraggioso. Dans equivale a in. Linconnu vuol dire
lignoto. Daller. Ci mettiamo venti minuti, ma alla fine lo scopriamo:
coraggioso andare verso lignoto. Quando finalmente lo capiamo, la classe

orgogliosa tanto quanto Madame.


Malgrado ci, per la prima settimana del corso vivo nel terrore di essere
chiamata a rispondere, perch tutti veniamo interpellati continuamente. Siamo
solo in sei e Madame una grande sostenitrice del partecipare in classe. Quando
facciamo i timidi ci rammenta la sua massima: Cest courageux daller dans
linconnu.
Alla fine riesco a superare le paure. Tentenno ogni volta che apro bocca, sono
consapevole di massacrare la grammatica e la mia pronuncia fa spavento ma, in
fondo, siamo tutti nella stessa barca. Pi lo faccio meno mi sento timida e
diventa pi facile provarci.
Mi sento come se fossi totalmente scema, ma forse sta funzionando
commenta Carol un pomeriggio, alla fine della lezione.
Io, lei e alcuni altri studenti abbiamo cominciato a bere un caff o cenare
insieme dopo il corso per fare pratica, per riprenderci dai bombardamenti a
tappeto verbali di Madame Lambert e per sviscerare quello che intende dire
quando fa pfff e soffia laria attraverso le labbra. C unintera gamma di
significati nei suoi pfff.
Credo di aver sognato in francese dichiara Carol. Stavo dicendo al mio
ex una sfilza di cose terribili in perfetto francese. Sogghigna nel ripensarci.
Non so se il mio livello tanto avanzato, ma mi pare di aver cominciato a
fare labitudine a parlarlo ribatto. O forse mi sto solo abituando a sentirmi
unidiota.

Une idiote ripete Carol in francese. Spesso basta che gli aggiungi un
accento francese e funziona. Ma smettere di sentirsi une idiote vuol dire aver
vinto met della battaglia.
Immagino me stessa, sola, a Parigi. Sono tante le battaglie da combattere:
viaggiare da sola, affrontare Cline, parlare francese: cos scoraggiante che a
volte mi stupisco anche solo del fatto che ci sto provando. Ma Carol potrebbe
avere ragione: pi faccio errori e li supero a lezione, pi mi sento pronta ad
affrontare il viaggio. Non solo per quanto riguarda il francese. Per tutto linsieme.
Cest courageux daller dans linconnu.
Al ristorante Babs spiattella a tutto il personale che sto mettendo via i soldi per
andare a Parigi a incontrare il mio amante e che studio il francese perch lui non
parla inglese, cos ora Gillian e Nathaniel si sono assunti il compito di istruirmi.
Babs fa anche lei la sua parte, aggiungendo una serie di piatti francesi al menu,
compresi i macarons. A quanto pare per prepararli ci vogliono ore, ma quando li
assaggio omioddio, capisco il motivo di tutte quelle sceneggiate. Rosa pallido,
duri esternamente ma spugnosi, leggeri e delicati allinterno, con una delizia di
lampone per ripieno.
Tra una lezione e laltra, uscendo con i compagni e al lavoro trascorro un bel
po di tempo se non a parlare a pensare al francese. Quando Gillian passa i piatti
in cucina mi fa ripassare i verbi: Mangiare mi urla. Je mange, tu manges,
il mange, nous mangeons, vous mangez, ils mangent le rispondo. Nathaniel,

che non parla francese, ma stato con una ragazza francese, minsegna le
parolacce. Nello specifico, quelle utili a litigare con la tua ragazza.
Tes toujours aussi salope? Sei sempre cos stronza?
Tas tes rgles ou quoi? Hai le mestruazioni o cosa?
E ferme ta gueule! che secondo lui vuol dire: Chiudi il becco!
Non possibile che dicano chiudi il becco in Francia dico.
Be, forse non una traduzione letterale ma abbastanza fedele ribatte
lui.
Ma cos rude! I francesi sono gente di classe.
Carina, quelli l hanno santificato uno come Jerry Lewis. Sono umani proprio
come me e te fa una pausa, poi sorride. Salvo le donne. Loro sono
superumane.
Penso a Cline e mi si stringe lo stomaco.
Un altro cameriere mi presta i sui CD del corso di francese di Rosetta Stone e
comincio a fare pratica anche con quelli. Dopo qualche settimana noto che sto
migliorando, e che quando Madame Lambert mi chiama per descrivere cosa
manger a pranzo me la cavo dignitosamente. Comincio a usare frasi brevi, poi
pi lunghe; frasi di cui non ho bisogno di disegnarmi prima uno schema, come
con il cinese. In qualche modo sta accadendo. Ce la faccio.
Una mattina, verso la fine del mese, scendo al piano di sotto e trovo la mamma
seduta al tavolo della cucina. Di fronte a lei ci sono la brochure della scuola locale

e un libretto degli assegni. Le do il buongiorno e mi dirigo al frigo per prendere


un po di succo darancia. La mamma mi segue con lo sguardo. Sto per portarmi il
succo fuori, nel patio sul retro, come facciamo ultimamente quando non c pap
a fare da ammortizzatore se lei in una stanza io vado in unaltra quando mi
dice di sedermi.
Tuo padre e io abbiamo deciso di rimborsarti le lezioni di francese dice,
staccando un assegno. Non vuol dire che accettiamo lidea di questo viaggio. O
la tua doppiezza. Assolutamente no. Ma il corso di francese fa parte della tua
istruzione ed evidente che lo stai prendendo con seriet, perci non giusto
che lo paghi di tasca tua.
Mi consegna lassegno. di quattrocento dollari. Sono un sacco di soldi. Ma ho
messo da parte quasi mille dollari, tolti quelli spesi per il corso, cos ho appena
pagato lacconto per il biglietto aereo per Parigi e Babs mi anticiper il prossimo
stipendio in modo che possa saldarlo definitivamente nella settimana entrante.
Ho ancora un mese per risparmiare. I quattrocento dollari mi farebbero stare pi
tranquilla. Il fatto che, forse, non voglio stare tranquilla.
gi tutto a posto dico alla mamma, restituendole lassegno. Grazie lo
stesso.
Come, non lo vuoi?
Non quello. Non ne ho bisogno.
Certo che ne hai bisogno ribatte. Parigi costosa.
Lo so, ma questestate, con il lavoro, sto mettendo da parte un bel po di

soldi e non sto spendendo nulla. Non devo neppure pagare la benzina. Cerco di
buttarla sullo scherzo.
Infatti, c unaltra cosa: se la sera devi lavorare fino a tardi, dovresti
prendere la macchina.
Non ha importanza. Non voglio lasciarti a piedi.
Be, puoi chiamarmi per venirti a prendere.
Finisco tardi. E c sempre qualcuno che mi d un passaggio.
Si riprende lassegno e, con una violenza che mi stupisce, lo strappa in due.
Non posso fare pi niente per te, vero?
Che vuoi dire?
Non vuoi n i miei soldi n la mia automobile n un passaggio da me. Ho
cercato di aiutarti a trovare un lavoro e non hai bisogno di me neppure per
quello.
Ho diciannove anni le faccio notare.
Lo so bene quanti anni hai, Allyson. Ti ho messo io al mondo! La sua
voce secca come uno schiocco di frusta e pare sorprendere anche lei.
A volte puoi capire le cose solo sentendone la mancanza; vedendo lo spazio
vuoto che si lasciano dietro. Mentre guardo la mamma, irritata e tesa, capisco
finalmente che non solo arrabbiata. ferita. Un moto di compassione minvade,
aprendo una breccia nella mia rabbia. Quando si richiude, capisco quanto sono
furiosa con lei. Quanta rabbia provo nei suoi confronti. E lho provata per tutto
lanno che trascorso. Forse anche da prima.

Lo so che mi hai messo tu al mondo rispondo.


Ho passato diciannove anni ad allevarti e adesso mi estrometti dalla tua
vita. Non posso sapere pi niente di te. Non so che cosa studi. Non so pi chi
sono i tuoi amici. Non so perch vuoi andare a Parigi. Emette un suono che sta
tra il singhiozzo e il sospiro.
Ma lo so io le dico. Non ti pu bastare questo, per ora?
No, non mi pu bastare ribatte secca.
Be, ti dovr bastare incalzo, altrettanto secca.
Cos, adesso sei tu a dettare le regole, vero?
Non c nessuna regola. Non sto dettando niente. Sto solo dicendo che devi
fidarti del lavoro che hai fatto, delleducazione che mi hai dato.
Che mi hai dato. Passato prossimo. Vorrei che smettessi di parlare come
se mi stessi licenziando dal mio lavoro.
La cosa mi sorprende, non tanto il fatto che pensi a me come al suo lavoro,
ma perch come se implicasse che io sono nella posizione di licenziarla.
Credevo che avessi intenzione di trovarti un altro impiego come PR.
Certo, dovevo farlo, vero? Fa una risata forzata. Ho detto che lo avrei
fatto quando iniziavi le scuole medie. Poi le superiori. Poi quando avresti preso la
patente. Si sfrega gli occhi con il palmo delle mani. Non credi che, se avessi
voluto riprendere a lavorare lo avrei gi fatto, ormai?
E perch non lo hai fatto?
Non era quello che volevo.

E cos che vuoi?


Voglio che le cose tornino comerano prima.
In qualche modo, la sua risposta mi manda in bestia. Perch la verit mi
vuole tenere qui fossilizzata e pure una colossale bugia. Anche quando le
cose erano comerano prima non ti bastava mai. Io non ero mai abbastanza.
La mamma alza gli occhi, con uno sguardo insieme stanco e sorpreso. Certo
che lo eri dice. Che lo sei.
Sai cos che mi d fastidio? Tu e pap avete sempre detto che avete
mollato mentre eravate in testa alla gara. Una cosa del genere non esiste: non si
molla se si in testa. Voi avete mollato perch eravate indietro. Ecco perch!
La mamma aggrotta la fronte esasperata; una faccia che dice: Ho a che fare
con unadolescente folle, una faccia che ho imparato a conoscere bene in
questultimo anno, a tutti gli effetti lultimo della mia adolescenza. Stranamente,
in passato non ha dovuto rivolgermi spesso quellespressione. E ora capisco che
forse era parte del problema.
Volevi degli altri bambini continuo e ti sei dovuta accontentare di
avere solo me. Cos hai passato tutta la mia vita a cercare di fare in modo che io
ti bastassi.
La cosa risveglia la sua attenzione. Di che stai parlando? Tu sei abbastanza
per me.
No, non lo sono. E come potrei esserlo? Io sono lunico colpo che hai
sparato, la legittima erede e tutto ci che rester di te, e tu devi essere pi che

sicura che il tuo unico investimento renda perch non ce ne sono altri.
ridicolo. Tu non sei un investimento.
Mi tratti come se lo fossi. Hai riversato su di me tutte le tue aspettative.
come se io dovessi portare sulle spalle lintero carico di sogni e speranze per tutti
i figli che non hai avuto.
Scuote la testa. Non sai quello che stai dicendo ribatte con voce flebile.
Davvero? Ho scelto medicina a tredici anni. Andiamo! Ma quale ragazzina di
quellet vuole andare a fare il medico?
Per un attimo la mamma ha laria di aver ricevuto un pugno in pieno stomaco.
Poi si mette la mano sulla pancia, come a coprire il punto dellimpatto. Questa
tredicenne.
Cosa? Ora sono del tutto confusa. Poi mi ricordo di come, alle superiori,
pap mi mandava sempre dalla mamma quando avevo bisogno di aiuto per
studiare chimica o biologia, anche se il medico era lui. E, quando arrivata la
brochure delluniversit, sento come se fosse ora la mamma che recita a memoria
i requisiti necessari per entrare. Ripenso al lavoro che faceva, relazioni pubbliche
per una societ farmaceutica. Poi mi viene in mente quello che le ha detto la
nonna in quella disastrosa cena di Seder: sempre stato il tuo sogno.
Tu? domando. Tu volevi fare il medico.
Annuisce. Stavo studiando per fare lesame di ammissione quando ho
incontrato tuo padre. Lui era al primo anno di medicina, ma riusciva a dare lezioni
nel tempo libero. Ho fatto lesame, provato a iscrivermi a dieci scuole, e non sono

riuscita a entrare neppure in una. Tuo padre ha detto che era perch non avevo
esperienza di laboratorio. Allora sono andata a lavorare alla Glaxo pensando di
riprovare a iscrivermi in seguito, per nel frattempo io e tuo padre ci siamo
sposati e sono passata alle relazioni pubbliche. trascorso qualche anno,
abbiamo deciso di mettere su famiglia e io non volevo che ci ritrovassimo tutti e
due in mezzo a corsi di studio e tirocinio con un bimbo piccolo, e alla fine sono
arrivati tutti quei problemi di fertilit. Quando abbiamo deciso di abbandonare
lidea di avere un altro bambino, ho smesso di lavorare: ormai potevamo
permetterci di vivere con quello che guadagnava tuo padre. Ho pensato di
iscrivermi di nuovo a medicina, ma ho scoperto che mi piaceva passare il tempo
con te. Non volevo starti lontana.
Hai sempre detto che vi avevano fatto incontrare con un appuntamento al
buio, a te e a pap.
cos: ci ha messo in contatto lufficio del campus. Non ti ho mai raccontato
tutto perch non volevo che pensassi che avevo mollato per colpa tua.
Non volevi che sapessi che hai mollato quando eri indietro rettifico.
Perch non esattamente questo, che ha fatto?
La mamma allunga una mano ad afferrarmi il polso. No! Allyson ti sbagli
sulla questione di mollare quando si in testa. Vuol dire essere grati per ci che
si ha. Fermarsi quando ci si rende conto che si soddisfatti cos.
Non le credo del tutto. Se vero, forse dovresti mollare mentre sei in testa
anche adesso prima che le cose tra noi diventino davvero complicate.

Mi stai chiedendo di smettere di essere tua madre?


Dapprima penso che sia una domanda retorica, poi vedo che mi fissa con occhi
sgranati e spaventati e il cuore mi si spezza un poco, a immaginare che lo possa
prendere in considerazione per davvero.
No dico a voce bassa. C una pausa di silenzio mentre mi preparo a dirle
la frase dopo. La mamma sirrigidisce, forse anche lei si prepara al colpo. Ma ti
sto chiedendo di essere un altro tipo di madre.
Si accascia allindietro sulla sedia, e non capisco se per il sollievo o per il
senso di sconfitta. E cosa ci guadagno io?
Per un breve istante ci immagino, un giorno, a bere un t insieme mentre le
racconto quello che successo a Parigi lestate scorsa e cosa accadr in questo
viaggio che sto per intraprendere. Un giorno. Ma non ancora.
Un altro tipo di figlia rispondo.

CAPITOLO VENTOTTO

LUGLIO

Casa
Ho comprato il biglietto aereo. Ho pagato le lezioni di francese eppure, anche con
queste due uscite, mi restano ancora cinquecento dollari, messi da parte dopo un
weekend del Quattro Luglio incredibilmente indaffarato e lucroso. Il Caf Finlay
chiude il venticinque di luglio, e a meno che le cose non vadano in maniera
disastrosa nelle prossime tre settimane per quella data dovrei avere risparmiato
a sufficienza.
Subito dopo il Quattro Luglio Melanie torna a casa dal campeggio. I miei mi
avevano detto che sarebbe venuta per una settimana prima di ripartire per un
giro in canoa in Colorado. Quando torner dal viaggio, io sar gi partita. E
quando io torner dallEuropa sar ora di ricominciare luniversit. Mi chiedo se

lestate passer nello stesso modo degli ultimi sei mesi: come se la nostra
amicizia non fosse mai esistita. Quando vedo lauto di Melanie davanti a casa sua
non dico nulla. E neppure la mamma, cosa che mi fa capire che lei e Susan
devono aver parlato del fatto che non ci sentiamo pi.
Le lezioni di francese finiscono. Nellultima settimana ciascuno di noi deve
presentare una relazione orale su qualcosa di tipicamente francese. Io la faccio
s u i macarons, spiegandone le origini e come si preparano. Indosso uno dei
grembiuli da chef di Babs e un baschetto alla francese; quando ho finito, offro i
macarons che Babs ha preparato apposta per la classe accompagnati da cartoline
del Caf Finlay.
Torno a casa dalla lezione con la macchina della mamma, che ho preso in
prestito per caricarci il materiale della presentazione, quando avvisto Melanie
sulla rampa del suo garage. Mi vede anche lei e per un attimo i nostri sguardi
sincrociano. come se ci stessimo chiedendo a vicenda: Fingeremo tutte e due
che laltra non esista? Che noi non esistiamo?
Invece esistiamo. O almeno cos stato. Perci le faccio un cenno di saluto con
la mano. Poi vado verso il territorio neutrale del marciapiede. Melanie fa lo
stesso. Man mano che si avvicina spalanca gli occhi. Guardo il mio travestimento
un po sciocco.
Lezione di francese spiego. Tieni, vuoi un macaron? Tiro fuori uno
degli avanzi che stavo portando a casa per mamma e pap.
Oh, grazie. Ne prende un morso e sgrana gli occhi. Vorrei dirle: Lo so.

Eppure, dopo tutti questi mesi, non lo faccio. Perch forse non lo so. Non pi.
Allora, studi il francese? chiede. Siamo andate a scuola tutte e due
questestate, vero?
Gi, tu eri a Portland. A un seminario di musica?
Le si illuminano gli occhi. S. Una cosa forte. Non si suonava soltanto, ma si
componeva e si analizzavano i diversi aspetti dellindustria musicale. Cerano dei
professionisti a lavorare con noi. Ho composto un pezzo sperimentale che ho
intenzione di mettere in scena a scuola lanno prossimo. Ha il viso raggiante di
eccitazione. Credo che prender una laurea in teoria musicale. E tu?
Scuoto la testa. Non sono sicura. Lingue, credo. Oltre al cinese il
prossimo autunno studier francese e seguir un altro corso su Shakespeare con
il professor Glenny. Poi introduzione alla semiotica. E danza africana.
Alza lo sguardo, esita per un attimo. Quindi niente Rehoboth Beach,
questestate?
Abbiamo passato le estati in quella casa da quando avevo cinque anni. Ma
questanno no. Pap stato invitato a un congresso nelle Hawaii e ha convinto
la mamma ad accompagnarlo. Per fare un favore personale a me, credo.
Perch tu vai a Parigi.
Gi. Vado a Parigi.
Facciamo una pausa. Sullo sfondo sento i ragazzini dei vicini che sguazzano
sotto lirrigatore del prato. Proprio come facevamo sempre io e Melanie.
A cercare lui.

Devo sapere. Se successo qualcosa, ho bisogno di scoprirlo.


Mi preparo ad affrontare il suo scherno, pensando che mi prender in giro e
rider di me. Ma lei si limita a riflettere su quello che ho detto. E quando riapre
bocca non per deridermi ma per commentare realisticamente: Anche se non
ti ha lasciato intenzionalmente, non corrisponder mai allimmagine che ti sei
creata di lui.
Non che non ci abbia pensato anchio. So che le possibilit di trovarlo sono
minime, e quelle di ritrovarlo come me lo ricordo sono ancor pi minime. Per
continuo a ripetermi quello che mi ha sempre detto pap: quando perdi qualcosa,
devi visualizzare lultimo posto in cui lo avevi ancora. E io ho trovato, e perduto,
cos tante cose a Parigi.
Lo so dico a Melanie. Ed strano perch non mi sento sulla difensiva.
Anzi, sono un po sollevata perch sembra quasi che lei si preoccupi di nuovo per
me. E anche perch invece io non mi preoccupo per me. Non riguardo a questo,
in ogni caso. Non credo che abbia importanza.
Nel sentirmelo dire spalanca gli occhi. Poi li socchiude e mi scruta da capo a
piedi. Hai unaria diversa.
Rido. No. Sono sempre io. solo questo costume.
Non il costume insiste lei, in tono quasi duro. Sembri diversa e basta.
Oh, be grazie?
Osservo Melanie e, per la prima volta, mi accorgo dellaspetto che ha lei. Che
mi del tutto familiare. di nuovo Melanie. I capelli le stanno ricrescendo con il

loro colore naturale. Indossa calzoncini tagliati sopra il ginocchio e una graziosa
maglietta ricamata. Non ha anelli al naso. Non ha tatuaggi, n capelli variopinti.
Non porta abiti in stile sexy-trasandato. Naturalmente, il fatto che abbia laspetto
di prima non significa che sia effettivamente la stessa di prima. Mi viene da
pensare che, probabilmente, lanno di Melanie stato tumultuoso quanto il mio, e
neppure io ho cercato di capire in che modo.
Lei mi sta ancora fissando. Mi dispiace dice infine.
Per cosa? chiedo.
Per averti costretto a tagliarti i capelli a Londra, quando non eri pronta.
Sono stata malissimo a vederti piangere in quel modo.
Non importa. E sono felice di averlo fatto. Lo sono davvero. Magari lui
non mi avrebbe mai fermata, se non avessi avuto quel taglio alla Louise Brooks.
O, forse, lo avrebbe fatto lo stesso e ci saremmo chiamati con il nostro vero
nome. Non lo sapr mai. Una volta che gli incidenti accadono, non si pu tornare
indietro.
Restiamo tutte e due l in piedi sul marciapiede, le mani intorno ai fianchi,
incerte su cosaltro dire. Sento i bambini del vicinato strillare sotto lirrigatore.
Penso a me e a Melanie bambine, in Messico, sul trampolino pi alto della
piscina. Ci tenevamo sempre per mano per tuffarci ma, per risalire in superficie,
eravamo costrette a lasciare la presa. Per quanto provassimo a tenerci, una volta
che cominciavamo a nuotare per venire su ci lasciavamo la mano. Appena tornate
a galla, per, uscivamo dalla piscina, ci arrampicavamo su per la scala del

trampolino, ci riprendevamo per mano e ricominciavamo daccapo.


Adesso stiamo nuotando separate. Lo capisco. Forse bisogna fare cos per
tenersi a galla. E tuttavia, chiss Magari, un giorno, usciremo fuori, ci
riprenderemo per mano e ci tufferemo di nuovo insieme.

CAPITOLO VENTINOVE

New York
I miei genitori vorrebbero accompagnarmi in macchina allaeroporto, ma io ho
preso accordi per passare la giornata con Dee prima di partire, perci mi lasciano
alla stazione ferroviaria, a Filadelfia. Prender il treno il primo treno dallanno
scorso per Manhattan e Dee mi verr incontro a Penn Station. Domani sera
mimbarcher sullaereo per Londra e poi proseguir per Parigi.
Quando annunciano il treno ci dirigiamo verso il binario. Pap batte impaziente
il piede perch gli danzano nella mente visioni dei campi da golf di Maui. Loro
partiranno luned. La mamma si limita ad andare nervosamente su e gi per il
marciapiede. Poi, quando si scorgono in lontananza le luci del treno, tira fuori una
scatola dalla borsa.
Pensavo che questa volta non ci fossero regali. Lanno scorso cerano stati

una cena fuori e un sacco di regalini dellultimo minuto. Ieri sera la cosa stata
pi contenuta. Lasagne fatte in casa, consumate in sala da pranzo. Sia io sia la
mamma le abbiamo lasciate quasi tutte nel piatto.
pi per me che per te.
Apro la scatola. Contiene un piccolo telefono cellulare, con il caricatore e un
adattatore per la corrente.
Mi hai comprato un cellulare nuovo?
No. Cio, s. Voglio dire, il tuo vecchio telefono lo riattiveremo quando torni.
Ma questo uno speciale telefono quadriband. Funziona di sicuro in Europa. Devi
solo comprare una come si chiama? chiede a pap.
Una carta SIM.
Ecco. Traffica per aprire il dorso. A quanto pare costano pochissimo.
Cos potrai avere un numero di telefono del posto dove sei e un telefono se ti
dovesse servire e, in caso di emergenza, ci puoi chiamare o mandare un
messaggio; ma solo se lo vuoi. per te, cos che tu abbia modo di metterti in
contatto con noi. Se ne hai bisogno. Ma non devi per forza
Mamma la interrompo. Va bene. Ti scriver degli sms.
Davvero?
Certo! E tu mi potrai rispondere dalle Hawaii. Questaggeggio ha una
funzione per fare le foto? Sbircio la lente della telecamera. Ti mander
qualche foto.
Lo farai?

Certo che lo far.


Dallespressione della sua faccia si direbbe che il regalo glielo abbia fatto io.
Penn Station gremita di gente ma, sotto il tabellone delle partenze, trovo subito
Dee che indossa un paio di pantaloncini con le pince di nylon giallo lime, e una
canottiera con una scritta che dice GLI UNICORNI ESISTONO. Mi avvolge in un caldo
abbraccio.
Dov il tuo bagaglio? domanda.
Mi giro e gli mostro lo zaino verde oliva acquistato allo spaccio dellEsercito e
della Marina, a Filadelfia.
Dee lascia uscire un fischio. Come hai fatto a farci entrare il vestito da
ballo?
Si piega e diventa piccolissimo.
Credevo che avresti avuto una valigia pi grande e ho detto alla mamma
che saremmo passati da casa prima di uscire in esplorazione, cos ci ha preparato
il pranzo.
Mi piacciono i pranzi.
Lui alza le mani. In realt la mamma ti ha preparato una festa a sorpresa.
Non dirle che te lho detto.
Una festa? Ma se non mi conosce neanche?
Secondo lei s, perch parlo sempre di te, e in pi tutte le scuse sono buone
per mettersi a cucinare. Verr tutta la famiglia, compresa mia cugina Tanya. Ti

ho mai parlato di lei?


Quella che taglia i capelli?
Dee annuisce. Le ho chiesto se te li pu tagliare. Fa anche le ragazze
bianche perch lavora da un grande parrucchiere di Manhattan. Ho pensato che,
forse, potresti rifarti il caschetto e diventare come Louise Brooks. Avere lo stesso
aspetto che avevi quando lhai incontrato. Devi fare qualcosa con quella massa
incolta. Mi passa le dita tra i capelli che sono, come al solito, raccolti con un
fermaglio.
Prendiamo la metropolitana fino allultima fermata, in direzione uptown.
Scendiamo e ci trasferiamo su un bus. Guardo fuori dal finestrino, aspettandomi
le strade disastrate del South Bronx, ma lautobus supera una serie di graziosi
edifici di mattoni, ombreggiati da grandi alberi.
Sarebbe questo il South Bronx? chiedo a Dee.
Non ho mai detto che vivo nel South Bronx.
Lo fisso. Dici sul serio? Te lho sentito ripetere un sacco di volte, che sei del
South Bronx.
Ho detto solo che sono del Bronx. Tecnicamente, questo il Bronx. Siamo a
Riverdale.
Ma hai detto a Kendra che eri del South Bronx. Le hai detto che sei andato a
scuola l Mi fermo, ricordandomi di quella loro prima conversazione. In un
posto che non esiste nemmeno.
Le ho lasciato credere quello che voleva credere. Mi rivolge una smorfia

dintesa. Preme il campanello per scendere dal bus. Sbuchiamo in una strada
movimentata, gremita di alti condomini. Non elegante ma piacevole.
Sei un grande illusionista, DAngelo Harrison.
Conosco i miei polli. Io sono del Bronx. E sono povero. Se qualcuno vuole
tradurlo con ragazzo del ghetto una scelta sua. Sorride. Soprattutto se
disposto ad assegnarmi una borsa di studio.
Arriviamo a un grazioso edificio di mattoni, con gargolle piene di crepe che
sporgono al di sopra del portone dingresso. Dee suona il citofono cos sanno che
stiamo arrivando e poi saliamo in uno di quegli antichi ascensori a gabbia fino al
quinto piano. Fuori dalla porta, mi guarda e mi sistema qualche ciocca ribelle di
capelli dietro lorecchio.
Fai la faccia sorpresa sussurra, e apre la porta.
Entriamo nel bel mezzo di una festa: circa dodici persone stipate nel piccolo
soggiorno, dove c un cartello con scritto Bon voyage, Allyson appeso sopra un
tavolo carico di vivande. Guardo Dee con gli occhi sgranati per lo stupore.
Sorpresa! dice, agitando le dita.
La mamma di Dee, Sandra, si avvicina e mi avvolge in un abbraccio profumato
di gardenia. Te lo ha detto, vero? Quella stata la peggiore faccia sorpresa
che abbia mai visto. Il mio bambino non potrebbe tenere un segreto neppure se
glielo attaccassero addosso con la spillatrice. Be, adesso vieni a conoscere gli
altri e a mangiare qualcosa.
Sandra mi presenta a vari zii, zie e cugini, mi mette in mano un piatto di pollo

alla griglia, maccheroni al formaggio e verdure e mi fa sedere a tavola. Ora


raccontaci.
Dee ha spiattellato pi o meno a tutti di Willem, perci tutti sono prodighi di
consigli su come fare a rintracciarlo. Poi cominciano a farmi domande a raffica sul
viaggio. Come arriver a destinazione un volo da New York a Londra, e poi da l
a Parigi dove andr ad alloggiare un ostello nella zona della Villette dove
siamo stati Willem e io, venticinque dollari a notte per una stanza comune e
come mi sposter per la citt con laiuto di una mappa e affrontando il metr.
Poi mi chiedono di Parigi, e gli racconto quello che ho visto lanno scorso. Sono
molto interessati quando descrivo la variet dei luoghi e le zone abitate da
africani, e la cosa d lavvio a un acceso dibattito su quali Paesi africani furono
colonizzati dalla Francia, finch qualcuno non va a prendere una cartina
geografica per controllare.
Mentre tutti studiano latlante, Sandra arriva con un piatto di torta di pesche.
Ti ho preso una cosina mi dice, porgendomi un pacchetto sottile.
Oh, ma non dovevi
Agita la mano per allontanare le mie obiezioni come se mandasse via laria
stantia. Apro il pacchetto. Dentro c una mappa di Parigi plastificata. Il tipo
del negozio ha detto che era indispensabile. Ci sono tutte le fermate della
metropolitana e un indice delle vie principali. Apre la cartina per mostrarmeli.
DAngelo e io abbiamo passato tanto di quel tempo a studiarla che
impregnata di tutti i nostri auguri e benedizioni.

Allora non mi perder mai pi.


Ripiega la cartina e me la mette tra le mani. Ha gli stessi occhi di Dee.
Voglio ringraziarti per aver aiutato il mio ragazzo questanno.
Io aiutare Dee? Scuoto la testa. Mi sa che il contrario.
So benissimo com dice.
No, sul serio. Dee non ha fatto altro che aiutarmi. quasi imbarazzante.
Smettila di dire sciocchezze. DAngelo un ragazzo brillante e anche
fortunato per la direzione che ha preso la sua vita. Ma non stato facile per lui.
Nei quattro anni di scuola superiore e in questo anno di universit sei la prima
amica di scuola di cui ci abbia mai parlato lunica che ci abbia fatto conoscere.
Voi due state parlando di me, vero? chiede Dee. Mette un braccio sulla
spalla a tutte e due. State celebrando la mia genialit?
Celebrando qualcosa di te rispondo vaga.
Che nessuna di voi due creda a una sola parola! Si gira per presentarmi
una ragazza alta e dal portamento regale, con la testa carica di riccioli intricati.
Ti ho parlato di Tanya.
Ci salutiamo e Sandra va a prendere dellaltra torta di pesche. Tanya allunga
una mano e mi libera i capelli dal fermaglio. Tocca le punte e scuote la testa
emettendo un verso di disapprovazione con la lingua, come fa spesso anche Dee.
Lo so. Lo so. da un anno mi giustifico. E mi rendo conto che proprio
cos. un anno.
Erano corti o lunghi? chiede Dee. Si gira verso Tanya. Devi farla uguale

identica. Per quando lo trova.


Se lo trovo specifico. Erano pi o meno fin qui. Indico la base del
cranio, la lunghezza a cui il parrucchiere di Londra mi aveva tagliato i capelli
lanno scorso. Ma poi lascio ricadere la mano. Per, sai, non credo di volere di
nuovo il caschetto.
Non ti vuoi tagliare i capelli? mi chiede Tanya.
S, mi piacerebbe tantissimo tagliarli le dico ma non a caschetto. Vorrei
provare qualcosa di completamente nuovo.

CAPITOLO TRENTA

Parigi
Mi ci vogliono allincirca tredici ore e sei fusi orari prima di andare nel pallone.
Succede quando sbuco incerta nellatrio degli arrivi allaeroporto Charles De
Gaulle. Tutto intorno a me gli altri passeggeri sono accolti da autisti con cartelli o
da parenti che li abbracciano. Nessuno venuto a prendere me. Nessuno mi sta
aspettando. Nessuno mi cerca. So che al mondo qualcuno che mi vuole bene c,
ma non mi sono mai sentita tanto sola come in questo momento. Sento quella
specie di insegna lampeggiante accendersi sopra la mia testa, quella con scritto
TURISTA. Solo che adesso c scritto anche MA COSHAI FATTO?
Stringo le cinghie dello zaino intorno al petto, come se loro potessero
abbracciarmi. Faccio un respiro profondo. Metto un piede davanti allaltro. Un
passo. Poi un altro. E un altro. Tiro fuori la lista di cose da fare che ho compilato

sullaereo. Numero uno: cambiare dei soldi.


Mi dirigo a uno dei tanti uffici di cambiavalute e, in un francese zoppicante,
chiedo se posso cambiare dei dollari. Certo. Questo uno sportello bancario
mi risponde in francese limpiegato dietro il bancone. Gli consegno cento dollari e
sono cos sollevata che non conto neppure gli euro che ricevo in cambio.
Prossima voce della lista: trovare lostello della giovent. Ho pianificato il
percorso: un treno fino in citt, poi la metropolitana fino alla fermata di Jaurs.
Seguo le indicazioni per la stazione della RER, i treni che portano al centro di
Parigi, ma vado dalla parte sbagliata, finisco in un altro terminal e devo tornare
sui miei passi, perci mi ci vuole quasi unora per andare dallaeroporto alla
stazione ferroviaria.
Quando arrivo al distributore automatico dei biglietti come affrontare un
nemico. Anche selezionando linglese come lingua, le istruzioni sono spiazzanti.
Mi serve un biglietto per il metr? O un biglietto del treno? Devo farne due? Sento
linsegna al neon sopra la mia testa lampeggiare pi intensamente. Ora dice COSA
DIAVOLO HAI FATTO?
Apro la guida alla sezione che spiega come arrivare a Parigi. Okay, un unico
biglietto mi porter in citt e mi permetter di prendere il metr. Studio la mappa
della metropolitana. Le linee sintrecciano come serpenti. Finalmente localizzo la
mia fermata: Jaurs. Seguo la linea che corrisponde alla RER dallaeroporto fino
al punto di scambio e mi rendo conto, sorpresa, che la Gare du Nord. Un luogo
familiare, che mi ricollega a quel giorno.

Okay, Allyson, ce la possiamo fare mi dico, e affronto la biglietteria


automatica a petto in fuori, come se ci fossimo sfidate a duello. Tocco i tasti sullo
schermo, ci inserisco una banconota da dieci euro e alla fine mi sputa fuori alcune
monete di resto e un minuscolo biglietto. Una piccola vittoria contro un
oppositore impassibile, ma mi sento travolta da unondata di soddisfazione.
Seguo la folla verso i tornelli dingresso, che funzionano come quelli della
metropolitana inglese, anche se scopro che molto pi facile passarci attraverso
quando non ti stai trascinando una valigia gigante. Ah! Un altro nemico sconfitto.
Nel corridoio che collega la ferrovia e la metropolitana, sotto la Gare du Nord,
mi perdo di nuovo cercando la linea giusta, poi sbaglio a inserire il minuscolo
biglietto, che serve non solo per uscire dalla RER, ma anche per entrare nel
metr. Per poco non prendo il treno nella direzione sbagliata: lo capisco appena
prima che si chiudano le porte e salto gi. Quando, finalmente, arrivo alla mia
fermata sono del tutto esausta e disorientata. Passo quasi un quarto dora a
studiare la cartina per capire dove sono. Sbaglio strada almeno altre dieci volte
prima di raggiungere i canali, primo segno che mi trovo nella zona giusta.
Per non ho ancora idea di dove sia lostello e sono esausta, frustrata e
prossima alle lacrime. Non sono nemmeno capace di trovare lostello! E ho un
indirizzo e una cartina. Cosa mi fa pensare che riuscir a trovare lui?
Sono proprio sul punto di crollare quando mi fermo, guardo i canali e respiro a
fondo. Il panico si calma. Perch questo posto ha unaria familiare. familiare,
perch ci sono gi stata.

Ripiego la mappa e la metto via. Respiro a fondo un altro po. Mi guardo


intorno. Ci sono le stesse biciclette grigie; le stesse donne eleganti che
percorrono lacciottolato traballando sui tacchi alti; i caff, stipati di gente come
se nessuno dovesse mai andare al lavoro. Faccio un altro respiro profondo e una
specie di memoria istintiva prende il sopravvento. Allimprovviso, capisco dove mi
trovo. A sinistra c il parco con il lago dove abbiamo incontrato Jacques e i
danesi. A destra, qualche isolato pi gi, c il caff dove abbiamo mangiato le
crpes. Tiro di nuovo fuori la cartina. Mi oriento. Cinque minuti dopo, sono
allostello della giovent.
La mia stanza al sesto piano e lascensore non funziona, perci minerpico su
per una scala a chiocciola. Un tipo con il tatuaggio di una specie di dio greco sul
braccio mi indica la sala della colazione, il bagno comune (misto), e poi la mia
stanza, con sette letti. Mi consegna un lucchetto e mi fa vedere dove posso
mettere la mia roba quando esco. Poi se ne va con un bonne chance, che vuol
dire buona fortuna. Mi chiedo se lo dice a tutti o se ha limpressione che io ne
avr bisogno.
Seduta sul letto, sgancio il sacco a pelo dalla sommit dello zaino e, crollando
sul materasso pieno di molle sporgenti, mi domando se Willem mai stato qui.
Se magari ha dormito in questo stesso letto. Non probabile, ma neppure
impossibile. Questo il quartiere in cui mi ha portata lui. E, in questo momento,
tutto pare possibile: la sensazione di essere nella direzione giusta pulsa insieme
al mio cuore e mi culla verso il sonno.

Mi sveglio qualche ora pi tardi con la bava sul cuscino e i capelli elettrici.
Faccio una doccia tiepida e uno shampoo per lavare via il jet lag dai capelli. Poi li
strofino con lasciugamano e applico il gel come mi ha insegnato Tanya: nessun
bisogno di asciugacapelli, mi ha detto. Il taglio molto diverso da prima, tutto
stratificato e irregolare, e mi piace molto.
Di sotto, lorologio sulla parete dellatrio segna le sette; non ho mangiato pi
nulla dopo il panino e lo yogurt che mi hanno servito sullaereo da Londra, e sono
stordita dalla fame. Il piccolo caff allingresso serve solo bevande. So bene che
uno degli aspetti del viaggiare da sola che dovr mangiare da sola e ordinare in
francese, cos ho fatto molta pratica insieme a Madame Lambert. E mi sono di
certo ritrovata a mangiare da sola un sacco di volte, in mensa, nellanno passato.
Per mi dico che, per il primo giorno, ho affrontato e vinto anche troppe
battaglie. Stasera posso prendermi un panino e mangiarlo in camera.
Fuori dallostello c un gruppo di persone che chiacchiera in piedi nella
pioggerella fine. Parlano inglese con quello che a me sembra un accento
australiano. Prendo fiato, mi avvicino e gli chiedo se sanno dove si pu prendere
un buon panino l nei paraggi.
Una ragazza muscolosa con capelli castani striati di biondo e un viso rubicondo
si volta verso di me e sorride allegramente. Oh, c un posto dallaltra parte del
canale che fa dei buonissimi panini al salmone mi dice. Indica la strada e poi
ricomincia a parlare con il suo amico di un bistr che a quanto pare offre un menu
a prezzo fisso per dodici euro, quindici con un bicchiere di vino.

Al solo pensiero mi viene lacquolina in bocca: il cibo, la compagnia. Pare un


po sfacciato autoinvitarmi: il genere di cosa che non farei mai.
Daltronde, sono sola a Parigi, perci in fondo territorio inesplorato. Sfioro la
spalla abbronzata della ragazza australiana e le chiedo se posso unirmi a loro per
cena. il primo giorno che sono in viaggio e non so bene dove andare
spiego.
Buon per te ribatte. Noi siamo in giro da un sacco di tempo. Stiamo
facendo la nostra AO.
AO?
Avventura dOltreoceano. cos costoso uscire dallAustralia che, una volta
fuori, ci rimani per un po. A proposito, io sono Kelly. Questo Mick, quello Nick,
lei Nico, abbreviazione di Nicola, e lei Shazzer. inglese, ma le vogliamo
bene lo stesso.
Shazzer fa una liguaccia a Kelly e sorride a me.
Io sono Allyson.
Lo stesso nome di mia mamma! esclama Kelly. E stavo giusto dicendo
quanto mi manca la mamma! Non vero? Questo karma!
Vuoi dire kismet, destino la corregge Nico.
Anche quello.
Kelly mi guarda e, per una frazione di secondo, resto l in sospeso perch non
mi ha detto di s e, se mi dice di no, mi sentir unidiota. Eppure, sar per via di
tutte quelle lezioni di francese ma lidea di sentirmi unidiota non mi disturba. Il

gruppo comincia ad avviarsi e io sto per dirigermi al posto dei panini. Ma Kelly si
gira verso di me.
Andiamo, su mi dice. Non so tu, ma io potrei mangiare un cavallo.
Be, lo puoi fare se vuoi. Qui li mangiano commenta Shazzer.
No, non vero sintromette uno dei ragazzi. Mick o Nick. Non sono sicura
di quale sia.
In Giappone lo fanno dice Nico. L una prelibatezza.
Camminiamo. Io li ascolto dibattere chiedendosi se i francesi mangiano o
meno la carne di cavallo, e di botto quello che sto facendo mi colpisce: sto
andando a cena, a Parigi. Con gente che ho conosciuto cinque minuti fa. E
questo, pi di tutto quello che successo nellarco dellultimo anno, mi sconvolge.
Durante il tragitto verso il ristorante ci fermiamo perch io possa comprare una
carta SIM per il telefono. Poi, dopo esserci un po persi, troviamo il locale e
aspettiamo che si liberi un tavolo abbastanza grande da contenerci tutti. Il menu
in francese, ma ormai lo capisco. Ordino una deliziosa insalata con le
barbabietole, cos bella che le faccio una foto per mandarla a mia madre. Lei mi
risponde immediatamente con il meno artistico loco moco che pap ha preso per
colazione. Come entre ordino un misterioso pesce con una salsa pepata. Mi sto
divertendo cos tanto, soprattutto ad ascoltare gli stravaganti aneddoti di viaggio,
che solo al momento del dessert mi ricordo della promessa fatta a Babs. Scorro il
menu, ma non ci sono macarons. Sono gi le dieci di sera e i negozi sono chiusi.
Solo il primo giorno, e ho gi mancato alla mia promessa.

Merda! esclamo. O meglio, merde!


Che succede? chiede Mick/Nick.
Gli spiego dei macarons e tutti mi ascoltano rapiti.
Dovresti chiedere al cameriere suggerisce Nico. Io lavoravo in un
locale a Sidney e cerano un sacco di cose che non comparivano nel menu: erano
per i VIP. Le lanciamo tutti uno sguardo. Chiedere non fa mai male.
Lo faccio. Spiego, in un francese di cui Madame Lambert sarebbe orgogliosa,
ma promesse du manger des macarons tous les jours. Il cameriere ascolta
attentamente, come se fosse una faccenda serissima, e poi si reca in cucina.
Torna con i dessert di tutti gli altri crmes brles e mousses au chocolat e,
miracolosamente, un perfetto e cremoso macaron apposta per me. Linterno
farcito con una pasta dolce, marrone scuro e un po rugosa: fichi, credo.
spolverato di zucchero con una tale arte che sembra un dipinto. Faccio unaltra
foto. Poi lo mangio.
Alle undici mi sto addormentando sul piatto. Il resto della compagnia mi
conduce allostello prima di andare a sentire un gruppo musicale francese di sole
ragazze. Piombo in un sonno profondo e quando mi sveglio la mattina dopo
scopro che Kelly, Nico e Shazzer sono mie compagne di stanza.
Che ore sono? chiedo.
Tardi! Le dieci risponde Kelly. Hai dormito per uneternit. Nonostante
il rumore assordante. C una ragazza russa che si asciuga i capelli con il phon
per unora, ogni giorno. Ti ho aspettato per vedere se volevi venire con noi.

Andiamo al cimitero del Pre-Lachaise oggi. Facciamo un picnic l. Che a me


sembra una cosa macabra ma, a quanto pare, i francesi lo fanno in
continuazione.
unofferta allettante: potrei andare con Kelly e i suoi amici e passare le mie
due settimane a Parigi a fare la turista e divertirmi. Non dovrei infilarmi dentro
umidi e cupi nightclub. Non dovrei affrontare Cline. Non dovrei rischiare di farmi
spezzare il cuore unaltra volta.
Forse vi raggiungo pi tardi le dico. Ho una cosa da fare oggi.
Gi. Sei alla ricerca del macaron perduto.
Ecco confermo. Proprio quello.
A colazione passo un po di tempo sulla mia cartina, a studiare il percorso
dallostello alla Gare du Nord. Ci si pu arrivare a piedi, perci mi avvio. La strada
mi sembra familiare, lampio boulevard con la pista ciclabile e il marciapiede al
centro. Ma, via via che mi avvicino alla stazione, comincio ad avere mal di
stomaco e il gusto del t che ho bevuto a colazione mi torna in bocca, inacidito
dalla paura.
Alla Gare du Nord faccio una pausa. Entro nella stazione. Vago fino ai binari
dellEurostar. Ce n uno l in attesa, come un cavallo che aspetta di partire dalla
sua postazione. Ripenso a un anno fa, quando ero qui, distrutta e spaventata, e
tornavo di corsa da Miss Foley.
Mi costringo ad andar via dalla stazione, lasciandomi di nuovo guidare dalla
memoria. Mi giro. Mi giro di nuovo. Mi giro ancora una volta. Oltrepasso i binari

della ferrovia e mi avventuro nella zona industriale. Ed eccolo l. Dopo aver fatto
tante ricerche in Internet quasi sconvolgente la facilit con cui lho trovato. Mi
chiedo se cera davvero nella lista di Google e, in caso ci fosse, se il mio francese
era cos storpiato che, quando ho telefonato, nessuno mi ha capito.
Magari, per, non cos. Forse mi avevano capito perfettamente, ma Cline e
il Gigante non lavorano pi qui. Un anno lungo. Tante cose possono cambiare!
Quando apro la porta e vedo dietro il bancone un giovanotto con una coda di
cavallo, quasi mi sfugge un grido di disappunto. Dov il Gigante? E se non c? E
se non c lei?
Excusez-moi, je cherche Cline ou un barman qui vient du Sngal.
Il giovanotto non dice nulla. Non reagisce neppure. Si limita a continuare a
lavare i bicchieri nellacqua insaponata.
Ho detto qualcosa? In francese? Ci riprovo: questa volta aggiungo: Sil vous
plat. Lui mi lancia una rapida occhiata, tira fuori il cellulare, scrive un messaggio
e poi torna alle sue stoviglie.
Con mormoro in francese, un altro degli insegnamenti di Nathaniel.
Spalanco la porta con ladrenalina che mi pompa dentro. Sono furiosa per via di
quellidiota dietro il bancone che non si degna neppure di rispondermi e anche
con me stessa, perch sono venuta fin qui per niente.
Sei tornata!
Alzo gli occhi. lui.
Lo sapevo che saresti tornata. Il Gigante mi prende una mano e mi bacia

su entrambe le guance, proprio come la volta scorsa. Per la valigia, non?


Sono senza parole. Faccio solo di s con la testa. Poi gli getto le braccia al
collo. Sono cos contenta di rivederlo. E glielo dico.
Anchio. E sono contento di averti tenuto da parte la valigia. Cline insisteva
per portarla via, ma io ho detto: No. Torner a Parigi e vorr recuperare le sue
cose.
Ritrovo la voce. Ma, aspetta, come facevi a sapere che ero qui? Voglio dire,
oggi?
Marco mi ha appena mandato un messaggio per dire che cera una ragazza
americana che mi cercava. Sapevo che dovevi essere tu. Vieni.
Lo seguo allinterno del club, dove ora questo Marco sta lavando il pavimento e
si rifiuta di guardarmi in faccia. Anchio faccio fatica a guardare lui, dopo avergli
dato dellidiota in francese.
Je suis trs dsol mi scuso passandogli accanto.
Lui lettone. Parla poco il francese, perci un po timido spiega il
Gigante. Fa le pulizie. Vieni gi. La tua valigia l. Lancio unocchiata al
giovanotto e penso a Dee e a Shakespeare, rammentando a me stessa che
raramente le cose sono come appaiono. Spero tanto che non abbia capito i miei
insulti in francese. Mi scuso di nuovo. Il Gigante mi fa segno di seguirlo di sotto,
nel magazzino. In un angolo, dietro una pila di scatole, c la mia valigia.
tutto come lho lasciato. I souvenir. La busta Ziploc con la lista di mia madre.
Il diario di viaggio con la busta di cartoline infilata tra le pagine. Quasi mi aspetto

che ogni oggetto sia ricoperto da uno strato di polvere. Sfoglio il diario. Prendo i
ricordini di viaggio dellanno scorso. Non sono questi i ricordi importanti, quelli
che sono rimasti.
una valigia molto bella dice il Gigante.
La vuoi? gli chiedo. Non ho intenzione di trascinarmela in giro. Posso
spedire i souvenir a casa. La valigia un bagaglio in pi.
Oh, no, no, no. per te.
Non la posso prendere. Predo le cose pi importanti, ma non posso portare
con me tutta questa roba.
Mi scruta con espressione seria. Ma lho tenuta da parte per te.
Ed la cosa pi bella che tu potessi fare ma, davvero, non mi serve pi.
Sorride, e i suoi denti bianchissimi risplendono. Andr a Roche Estair in
primavera, per festeggiare la laurea di mio fratello.
Pesco fuori le cose pi importanti: il diario, la mia maglietta preferita, degli
orecchini che mi sono mancati tanto, e li infilo nella borsa. Metto i souvenir e le
cartoline in una scatola di cartone, per spedirle a casa. Usa questa per andare
a Roche Estair per la laurea gli dico. Mi faresti davvero felice.
Lui annuisce con aria solenne. Non sei tornata per la valigia.
Scuoto la testa. Lo hai visto? chiedo.
Mi fissa per un lungo istante. Annuisce di nuovo. Una volta. Il giorno dopo
averti conosciuto.
Sai dove potrei trovarlo?

Si accarezza la barbetta da capra che ha sul mento e mi guarda con unaria di


compassione di cui potrei fare a meno. Dopo un po mi dice: Forse meglio
che parli con Cline.
Il modo in cui lo dice, implica quello che so gi: che tra Willem e Cline c
qualcosa. Che forse ho avuto ragione a dubitare di lui fin dallinizio. Ma, se il
Gigante sa qualcosa, non lo dice. Oggi non di turno, ma a volte viene lo
stesso per gli spettacoli serali. Suona in un gruppo che si chiama Androgynie.
Sono suoi amici. Vedr se viene e ti far sapere. Cos scoprirai quello che vuoi
conoscere. Mi puoi chiamare pi tardi e ti dir se stasera ci sar.
Okay. Tiro fuori il mio telefono francese e ci scambiamo i numeri. A
proposito, non mi hai mai detto come ti chiami.
Ride. No, hai ragione. Sono Modou Mjodi. E neanchio ho mai saputo il tuo
nome. Ho guardato sulla valigia ma non cera scritto nulla.
Lo so. Il mio nome Allyson, ma Cline mi conoscer come Lul.
Fa una faccia perplessa. E qual quello giusto?
Sto cominciando a pensare che lo siano tutti e due.
Si stringe nelle spalle, mi prende la mano, mi bacia su entrambe le guance e
poi mi dice adieu.
solo ora di pranzo quando lascio Modou e, senza unidea di quando vedr
Cline, mi sento stranamente sollevata, come se avessi avuto una proroga. Fare
la turista a Parigi non era nei miei programmi, ma decido di concedermelo.

Affronto il metr, scendo nel quartiere del Marais e mi accomodo in uno dei caff
che circondano la splendida place des Vosges, dove ordino uninsalata e un citron
press, questa volta mettendoci un bel po di zucchero. Resto seduta l per ore, in
attesa che il cameriere mi mandi via a calci, invece mi lascia stare finch non
chiedo il conto. In una pasticceria mi compro un macaron costosissimo, color
mandarino pallido come gli ultimi sussurri di un tramonto. Lo mangio
passeggiando per gli stretti vicoli, attraversando un vivace quartiere ebraico
pieno di uomini vestiti secondo il costume ortodosso, con cappelli neri ed eleganti
abiti attillati. Scatto qualche foto per mia madre e gliela spedisco dicendole di
mandarle anche alla nonna, che ne sar entusiasta. Poi gironzolo, guardando le
boutique e rimirando abiti che a malapena potrei permettermi di toccare. Quando
le commesse mi chiedono in francese se ho bisogno di aiuto, rispondo in francese
che sto solo dando unocchiata.
Compro qualche cartolina, poi torno a place des Vosges e mi siedo nel parco al
centro della piazza. Tra le mamme che giocano con i bambini e i vecchietti che
leggono il giornale fumandosi una sigaretta, scrivo le cartoline: una per i miei
genitori, una per la nonna, una per Dee, una a Kali e una a Jenn, una al Caf
Finlay. Poi, allultimo momento, decido di scrivere anche a Melanie.
una specie di giornata perfetta. Mi sento del tutto a mio agio e, anche se
sono indubbiamente una turista, mi sento un po parigina. Sono quasi contenta di
non aver ricevuto notizie da Modou. Kelly mi manda un messaggio per incontrarci
a cena e mi sto quasi avviando per tornare allostello quando il telefono emette

un suono. Modou. Cline sar al club stasera dopo le dieci.


Mi sembra che la vibrazione dolce e rilassante del pomeriggio sparisca dietro
una nube di tempesta. Sono solo le sette. Il tempo da ingannare tanto e potrei
andare a cena con il gruppo australiano, ma sono troppo nervosa. Perci,
nellagitazione, vado a zonzo per la citt. Arrivo al club alle nove e mezzo e mi
fermo allesterno: il rimbombare basso di un concerto dal vivo mi fa battere pi
forte il cuore. Probabilmente lei gi l, ma ho la sensazione che arrivare in
anticipo sia poco appropriato. Perci mi attardo fuori dal club, osservando i
parigini, eleganti e nervosi, con capelli rasati e abiti dalle linee nette e angolose
che sinfilano allinterno del locale. Mi guardo: gonna kaki, maglietta nera,
infradito di cuoio. Perch non mi sono messa gi da guerra?
Alle dieci e un quarto pago il mio biglietto (dieci euro) ed entro. Il locale
gremito di gente e sul palco c il gruppo: corpose chitarre elettriche, un violino
che stride un controcanto, e una minuscola ragazza asiatica che canta con voce
alta e stridula. Tutta sola e circondata da questa gente alla moda, non credo di
essermi mai sentita tanto fuori posto e ogni particella del mio essere mi dice di
andarmene prima di ritrovarmi a fare la figura della scema. Ma non lo faccio. Non
sono arrivata fin qui per battermela alla prima difficolt. Sgomitando mi faccio
strada fino al bancone e, quando avvisto Modou, lo saluto come se fosse un
fratello che non vedo da secoli. Lui mi sorride e mi versa un bicchiere di vino.
Quando cerco di pagare allontana i soldi con un gesto della mano e mi sento
subito meglio.

Ah, Cline l dice, indicando un tavolo sotto il palco. sola e osserva il


gruppo con una strana intensit mentre il fumo di una sigaretta si avvolge intorno
a lei come fosse una strega.
Mi avvicino al tavolo. Lei non mi nota, ma non so se perch mi snobba o
perch concentrata sul concerto. Sto in piedi accanto alla sedia vuota
aspettando che mi inviti a sedere, poi per lascio perdere. Scosto la sedia dal
tavolino e mi ci siedo. Mi fa un lieve cenno con la testa, fa un tiro di sigaretta e
mi soffia il fumo addosso, cosa che immagino equivalga a un saluto. Poi torna a
guardare il concerto.
Restiamo l sedute ad ascoltare. Siamo proprio attaccate alle casse, perci il
rumore pi che assordante; cominciano gi a ronzarmi le orecchie. difficile
dire se la musica le piace. Non tiene il tempo con il piede, non ondeggia: niente
di tutto ci. Osserva e fuma.
Finalmente, quando il gruppo fa una pausa, mi guarda. Il tuo nome
Allyson. Lo pronuncia Aliisisioohn, cosa che lo fa suonare ridicolo, una sorta di
SUV di nome americano, con un eccesso di sillabe.
Annuisco.
Per niente francese, quindi?
Scuoto la testa. Non ho mai detto che lo fosse.
Ci fissiamo, e mi rendo conto che non mi conceder nulla. Quello che voglio,
devo prendermelo. Cerco Willem. Sai dove posso trovarlo? Avevo intenzione
di venire qui ad armi spianate, sputando fuori frasi in francese, ma lagitazione mi

ha fatto correre a rintanarmi nel conforto della mia lingua materna.


Lei si accende unaltra sigaretta e mi soffia ancora il fumo addosso. No.
Ma lui ha detto che eravate grandi amici.
Ha detto cos? No. Sono esattamente come te.
Non riesco a immaginare in che modo potrebbe essere anche solo
lontanamente come me, a parte che possediamo entrambe due cromosomi X.
E in che senso saremmo uguali, io e te?
Sono solo una delle tante ragazze. Siamo molte.
Non che non lo sappia gi. E neppure che lui me lo abbia nascosto. Per
sentirlo dire ad alta voce da lei mi distrugge e il jet lag mi piomba addosso come
un ascensore che precipita.
Allora non sai dov?
Scuote la testa.
E non sai dove potrei trovarlo?
No.
E se lo sapessi, me lo diresti?
Le sue sopracciglia si sollevano a formare quellarco perfetto, mentre una
spirale di fumo le esce dalla bocca.
Puoi almeno dirmi come si chiama di cognome? Almeno questo?
E, allora, sorride. Perch in questa piccola partita che stiamo giocando che
giochiamo dallestate scorsa ho appena scoperto le carte che ho in mano. E
Cline ha visto che pessime carte sono. Prende una penna e un pezzo di carta e

ci scrive sopra qualcosa. Poi lo fa scivolare verso di me. Sopra c il suo nome. Il
nome e il cognome! Ma non le dar la soddisfazione di vedere quanto sono
ansiosa di scoprirlo, perci lo infilo in tasca senza neanche dargli unocchiata.
Hai bisogno di qualcosaltro? Il suo tono altezzoso e autocompiaciuto
riesce a sovrastare il rumore del gruppo che ha ricominciato a suonare. Mi
sembra gi di sentire quanto rider di me con i suoi amichetti alla moda.
No. Hai gi fatto molto.
Mi osserva per un lungo istante. I suoi occhi sono violetti pi che azzurri. E
ora cosa farai?
Spremo un sorrisetto acido, che immagino abbia unaria pi costipata che
ostile. Oh sai com. Me ne andr un po in giro a visitare i posti.
Mi soffia altro fumo addosso. Gi, puoi fare la touriste dice, quasi che la
parola fosse un insulto. Poi comincia a elencare tutti i posti dove alla gente
qualunque come noi piace tanto andare: la Torre Eiffel, il Sacr-Coeur, il Louvre.
Scruto il suo viso per cogliervi unintenzione nascosta. Lui le avr raccontato
cosa abbiamo fatto quel giorno? Li immagino ridere di me che tiro un libro allo
skinhead dicendo a Willem che voglio prendermi cura di lui.
Cline sta continuando a elencare le cose che potrei fare a Parigi. Puoi fare
shopping sta dicendo. Comprare una borsetta nuova. Dei gioielli. Un altro
orologio. Un paio di scarpe. Non riesco a capire come si possano distribuire
consigli alla Miss Foley con una tale aria di superiorit.
Grazie per avermi dedicato il tuo tempo le dico. In francese. Lirritazione

mi ha reso bilingue.

CAPITOLO TRENTUNO

Willem de Ruiter.
Si chiama Willem de Ruiter. Corro a un Internet Caf e lo cerco su Google. Ma
si scopre che Willem de Ruiter un nome diffuso in Olanda. C addirittura un
regista olandese che si chiama cos. C un famoso diplomatico con lo stesso
nome. E centinaia di altri che non sono famosi ma, per un motivo o per laltro,
sono su Internet. Scorro centinaia di pagine, in inglese e in olandese, e non trovo
nessun collegamento con lui, nessun indizio che esista davvero. Cerco il nome dei
suoi genitori: Bram de Ruiter, Yael de Ruiter. Naturopata. Attore. Qualsiasi cosa
mi venga in mente. In tutte le combinazioni possibili. Mi eccito un po al
comparire di uno strano link di teatro ma, quando tento di entrarci, il sito non
esiste pi.
Come pu essere tanto difficile rintracciare qualcuno? Mi viene da pensare che
Cline mi abbia dato apposta un nome sbagliato.

Poi, per cerco me stessa su Google, Allyson Healey e non compare nulla
neanche su di me. Bisogna aggiungere il nome della mia universit per ottenere
la mia pagina Facebook.
Mi rendo conto che non basta sapere come si chiama una persona.
Bisogna anche sapere chi .

CAPITOLO TRENTADUE

Il mattino dopo Kelly e i suoi amici mi chiedono se voglio andare con loro a
visitare il Museo Rodin e poi a fare un po di shopping. Sto quasi per dire s.
Perch mi piacerebbe. Ma c unaltra tappa. Non che pensi davvero di trovare
qualcosa, solo che, se devo affrontare i demoni, bisogna che vada anche l.
Non so dove si trovi esattamente, ma mi ricordo lincrocio in cui Miss Foley mi
ha fatto recuperare. Ce lho impresso nella mente come fosse marchiato a fuoco:
Avenue Simon Bolivar e Rue de lEquerre, il crocevia di Umiliazione e Sconfitta.
Quando esco dal metr, nulla mi appare familiare. Forse perch lultima volta
che sono stata qui schizzavo avanti e indietro in preda al panico. So solo che non
ho fatto tanta strada prima di trovare la cabina telefonica, perci lo squat non
pu essere lontano. Metodicamente, risalgo un isolato e torno gi lungo un altro.
Su e gi. Ma non c nulla che abbia un aspetto conosciuto. Tento di chiedere
informazioni, ma come si dice squat di artisti in francese? Un vecchio edificio

con degli artisti dentro? Non funziona. Mi ricordo dei ristoranti cinesi che si
trovavano l intorno e provo a domandare di quelli. Un ragazzo, con molto
entusiasmo, mi raccomanda un posto dove a quanto pare si mangia benissimo
dallaltra parte, su Rue de Belleville. Lo trovo. E da l, trovo linsegna con
lideogramma di doppia felicit. Potrebbe essere uno dei tanti, ma ho la
sensazione che sia proprio quello giusto.
Gironzolo per un altro quarto dora e finalmente, in un tranquillo triangolo di
strade, trovo lo squat. Ha le stesse impalcature, gli stessi ritratti distorti, forse un
po pi scrostati dalle intemperie. Busso al portone di metallo. Nessuno risponde,
ma evidente che dentro c qualcuno. Dalle finestre aperte esce della musica.
Spingo il portone. Si schiude cigolando. Spingo ancora. Entro. Non mi nota
nessuno. Salgo la scala scricchiolante verso il luogo dove tutto accaduto.
Prima vedo la creta, di un bianco luminoso eppure, al tempo stesso, calda e
dorata. Dentro la stanza c un uomo che lavora. minuto, asiatico, uno studio in
bianco e nero: capelli candidi con radici scure, abiti neri e stranamente antiquati,
come fosse uscito da un romanzo di Dickens, il tutto ricoperto della stessa
polvere bianca che quella notte aveva coperto me.
Sbozza un blocco di creta con uno scalpello, e la sua attenzione cos
concentrata che temo che, al minimo rumore, sobbalzer. Mi schiarisco la voce e
busso piano alla porta.
Lui alza lo sguardo e si sfrega gli occhi, annebbiati dalla concentrazione.
Oui.

Bonjour esordisco. Poi attacco a farfugliare. Il mio francese limitato non


sufficiente per dire quello che avrei bisogno di spiegargli. Mi sono infilata nel suo
studio, insieme a un ragazzo. Ho avuto la notte pi passionale della mia vita e mi
sono risvegliata sola come un cane. Mmm, sto cercando un amico che forse lei
potrebbe conoscere. Oh, mi scusi: parlez-vous anglais?
Lui alza la testa e annuisce, leggermente, con la delicatezza e il controllo di un
ballerino. S risponde.
Sto cercando un amico, e mi chiedo se lei potrebbe conoscerlo. Si chiama
Willem de Ruiter. olandese. Scruto il suo viso per cogliervi un barlume di
riconoscimento, ma rimane impassibile, liscio come le sculture di creta che ci
circondano.
No? Be, io e lui siamo stati qui una notte. Non proprio stati qui Non
finisco la frase, ma guardo intorno nello studio e tutto mi torna alla mente:
lodore della pioggia sul marciapiede assetato, il vortice di polvere, il legno liscio
del suo tavolo da lavoro che mi preme la schiena. Willem che torreggia su di me.
Come hai detto che ti chiami?
Allyson mi sento rispondere, come in lontananza.
Van dice, presentandosi mentre giocherella con un vecchio orologio da
tasca appeso a una catena.
Fisso il tavolo e rievoco il margine netto contro la mia schiena, la facilit con
cui Willem mi aveva sollevata sul suo piano. Il tavolo meticolosamente pulito,
comera allora: una pila ordinata di carte; i pezzi completati a met radunati in un

angolo; un contenitore pieno di gessetti e penne. Un momento! Cosa? Afferro il


contenitore.
Questa la mia penna!
Scusa? mi dice Van.
Allungo la mano e pesco una penna dal contenitore: la biro con scritto RESPIRA
MEGLIO CON PULMOCLEAR. Questa penna mia! Viene dallo studio di mio padre.
Van mi fissa perplesso. Non capisce. La penna era nella mia borsa. Non lho
mai tirata fuori. semplicemente andata perduta. Sulla chiatta ce lavevo. Lho
usata per scrivere lideogramma di doppia felicit. Eppure, il giorno dopo,
quando ero al telefono con Miss Foley, era sparita.
Lestate scorsa io e il mio amico Willem, be, siamo venuti qui sperando che
qualcuno ci potesse dare ospitalit per la notte. Lui diceva che negli squat lo
fanno. Mi fermo. Van fa un lieve cenno di assenso. Qui non cera nessuno,
per una finestra era aperta. Cos abbiamo dormito nel tuo studio e, quando mi
sono svegliata il mattino dopo, il mio amico Willem non cera pi.
Mi aspetto che Van vada su tutte le furie perch gli abbiamo invaso la casa,
ma lui mi guarda, cercando ancora di capire perch stringo in mano la penna
come se fosse una spada. Questa era nella mia borsa e poi sparita; adesso
qui e mi chiedevo se, magari, insieme alla penna cera un messaggio o qualcosa
del genere
La faccia di lui rimane impassibile e io sto per profondermi in scuse per essergli
entrata in casa senza permesso, quella volta cos come adesso; poi colgo

qualcosa, come un lieve barlume di luce che anticipa lalba, come se una specie
di memoria gli illuminasse il viso. Si batte con il dito lattaccatura del naso.
Ho trovato qualcosa. Credevo che fosse una lista della spesa.
Una lista della spesa?
Cera scritto qualcosa su su non ricordo, forse cera scritto pane e
cioccolato?
Pane e cioccolato? Il cibo preferito di Willem. Il cuore comincia a battermi
allimpazzata.
Non ricordo. Credevo che fosse un foglietto uscito dal secchio della
spazzatura. Ero stato in vacanza e quando sono tornato era tutto in disordine.
Lho buttato via. Mi spiace tanto. Mi sembra affranto.
Ci siamo intrufolati nel suo studio, lo abbiamo ridotto un casino e lui si sente in
colpa.
No, non il caso. Mi sei di grande aiuto. Ci sarebbe stato qualche motivo
perch una lista del genere fosse qui? Cio, potresti averla scritta tu?
No. E anche se lo avessi fatto non ci sarebbero stati scritti pane e
cioccolato.
Sorrido. La lista poteva essere, diciamo, un appunto?
possibile.
Avevamo intenzione di fare colazione con pane e cioccolato. E la mia penna
qui.
Per favore, riprendila.

No, puoi tenerla tu dico, e mi sfugge una risatina. Un appunto. Forse mi


aveva lasciato un messaggio?
Getto le braccia al collo di Van che sirrigidisce per un attimo, ma poi si rilassa
e ricambia labbraccio. Mi fa piacere e lui ha un buon profumo, di pittura a olio e
acquaragia, polvere e legno antico; aromi che, come tutto quello che ricorda quel
giorno, sono ormai intrecciati nella trama del mio essere. E, per la prima volta da
tanto tempo, la cosa non mi sembra una sventura.
Quando lascio Van gi met pomeriggio. Probabilmente il gruppo australiano
ancora al Museo Rodin: potrei raggiungerli. Invece, decido di fare un altro
tentativo. Vado alla stazione del metr pi vicina, chiudo gli occhi, giro su me
stessa e punto il dito su una fermata a caso. Arrivo su Jules Joffrin e, a quel
punto, studio la combinazione di treni che mi condurr l.
Finisco in una zona dallaspetto tipicamente parigino, con un sacco di stradine
in salita e normali botteghe: negozi di scarpe, barbieri, piccoli bar di quartiere.
Girovago qui e l, senza aver idea di dove mi trovo, ma godendomi come non mai
la sensazione di essermi persa. Alla fine, arrivo a unampia scalinata intagliata in
una ripida collina, che forma una sorta di piccolo canyon in mezzo ai palazzi e al
fogliame verde che pende da entrambi i lati. Non so proprio dove possa portare
quella scala, e quasi riesco a sentire la voce di Willem che mi dice: Ragione in
pi per scenderla.
Lo faccio. Scendo i gradini e poi ancora altri. Appena arrivo a un punto

pianeggiante, ecco unaltra scalinata. In cima, attraverso una stradina medievale


di ciottoli e, di colpo, mi ritrovo nel mondo dei viaggi turistici. Ci sono pullman in
attesa, caff zeppi come scatole di sardine e fisarmoniche che suonano canzoni di
Edith Piaf.
Seguo la folla, svoltando langolo di una strada, e in fondo a una via gremita di
bistrot che propongono menu in inglese, spagnolo, francese e tedesco c
unenorme cattedrale sovrastata da una cupola bianca.
Excusez-moi, quest-ce que cest? chiedo a un uomo in piedi fuori da un
caff.
Alza gli occhi al cielo. Cest le Sacr-Coeur!
Oh, il Sacr-Coeur. Ma certo! Mi avvicino e noto tre cupole, due piccole che
affiancano la pi grande, centrale, che domina regalmente i tetti di Parigi. Di
fronte alla cattedrale, che risplende dorata nel sole del pomeriggio, c una
spianata con un declivio erboso, tagliata in due da una scalinata di marmo che
scende dallaltra parte della collina. C gente ovunque: turisti con le videocamere
in funzione, ragazzi con zaini che si crogiolano al sole, artisti con i cavalletti in
posizione, giovani coppie allacciate che si sussurrano segreti. Parigi! La vita!
Alla fine del viaggio in Europa avevo giurato che non avrei mai pi messo
piede in unaltra vecchia chiesa fatiscente. Chiss perch, invece, mi accodo alla
folla che sta entrando nella cattedrale. Anche con i suoi mosaici dorati, le statue
che incombono e le moltitudini che la invadono, d ancora la sensazione di
essere una chiesa di quartiere, con gente raccolta in silenziosa preghiera o persa

nei suoi pensieri, che sgrana il rosario tra le dita.


C un portacandele e, pagando qualche euro, se ne pu accendere una. Non
sono cattolica e non so bene come funziona il rituale, ma sento che in qualche
modo devo celebrare questo momento. Porgo qualche moneta, ricevo una
candela e, quando laccendo, mi viene in mente che dovrei recitare una
preghiera. Dovrei pregare per qualcuno che morto, come mio nonno? O per
Dee? Per mia madre? O dovrei pregare per riuscire a trovare Willem?
Nessuna delle opzioni mi pare quella giusta. Quello che sembra pi giusto
proprio questo. Essere qui. Di nuovo. Per conto mio, questa volta. Non sono
sicura di come definire questo, ma gli dedico lo stesso una preghiera.
Mi sta venendo fame e il lungo crepuscolo sta iniziando. Decido di scendere
dalla scalinata sul retro della chiesa e inoltrarmi in quel quartiere tipico in cerca
di un bistr economico in cui cenare. Innanzi tutto per, prima che le pasticcerie
chiudano, devo trovare un macaron.
Ai piedi della scalinata gironzolo per un paio di isolati prima di imbattermi in
una pasticceria. L per l penso che sia chiusa, perch c una tendina abbassata
sul vetro della porta, ma sento delle voci provenire dallinterno, cos dopo un
istante di esitazione spingo per aprire.
A quanto pare c una festa. Laria umida per via della quantit di gente
ammassata insieme e ci sono bottiglie di roba da bere e mazzi di fiori. Sto per
richiudere la porta, ma da dentro si leva un coro di protesta, cos apro di nuovo e
mi fanno segno di entrare. Allinterno ci saranno forse una decina di persone,

alcune con ancora indosso il grembiule da fornaio, altri vestiti normalmente.


Hanno tutti dei bicchieri in mano e i volti accesi per leccitazione.
In un francese zoppicante, chiedo se sarebbe possibile comprare un macaron.
C un po di trambusto e il pasticcino spunta fuori. Faccio per prendere il
portafoglio, ma il denaro viene rifiutato. Comincio a farmi strada verso la porta
ma, prima che riesca ad arrivarci, qualcuno mi mette in mano un bicchiere di
carta colmo di champagne. Levo il bicchiere e tutti brindano insieme a me. Poi un
tipo robusto con il baffo a manubrio comincia a piangere e tutti gli danno gran
pacche sulle spalle.
Non capisco proprio cosa stia succedendo. Mi guardo intorno con aria
interrogativa e una delle donne comincia a parlarmi velocissima, con un accento
molto forte, perci non capisco un granch, ma afferro la parola bb.
Un bimbo? domando in inglese.
Il tipo con il baffo a manubrio mi allunga il suo cellulare. Sullo schermo c
limmagine di una cosetta con un faccino rosso e raggrinzito e un berrettino
azzurro. Remy! dichiara.
Suo figlio? domando. Votre fils?
Baffi a manubrio annuisce e gli si riempiono gli occhi di lacrime.
Flicitations! esclamo. A quel punto, Baffi a manubrio mi avvolge in un
abbraccio da orso e la folla applaude ed esulta.
Una bottiglia di liquore dal colore ambrato viene passata in giro. Quando tutti i
bicchieri di plastica sono colmi, i presenti li alzano e pronunciano frasi augurali o

qualche altra esclamazione gioiosa. A turno, ciascuno brinda e, quando arriva il


mio, grido quello che gli ebrei dicono in queste occasioni: Lchaim!
Vuol dire: Alla vita spiego. E, mentre lo dico, penso che forse proprio
a questo che ho innalzato una preghiera nella cattedrale. Alla vita.
Lchaim! mi fanno eco i chiassosi pasticcieri. E vuotiamo i bicchieri.

CAPITOLO TRENTATR

Il giorno dopo accetto linvito di Kelly a unirmi al gruppo australiano. Oggi hanno
intenzione di visitare il Louvre. Domani andranno a Versailles. Dopodomani
simbarcheranno su un treno per Nizza. Sono invitata ad andare con loro per tutto
il percorso. Mancano dieci giorni alla data del biglietto di ritorno e ho
limpressione di avere scoperto tutto quello che si poteva scoprire. So che lui mi
aveva lasciato un messaggio. Ed molto pi di quello che potevo sperare. Sto
considerando la possibilit di andare a Nizza con loro. Oppure, dopo la
meravigliosa giornata trascorsa ieri, sto pensando di andarmene da qualche parte
per conto mio.
Consumata la colazione ci infiliamo tutti nel metr in direzione Louvre. Nico e
Shazzer sfoggiano alcuni abiti nuovi acquistati in un mercatino e Kelly le prende
in giro perch sono venute fino a Parigi per comprare vestiti fatti in Cina.
Almeno io ho preso qualcosa di locale. Allunga il polso per mostrare il suo

orologio digitale high tech di fabbricazione francese. C un negozio enorme


vicino a place Vendme che vende solo orologi.
Che bisogno hai di un orologio quando sei in viaggio?
Quanti dannati treni abbiamo perso perch la sveglia di qualcuno non ha
suonato?
Nick le d ragione.
Dovreste vederlo quel posto. assolutamente gigantesco. Hanno orologi
prodotti in tutto il mondo. Alcuni costano centinaia di migliaia di euro. Pensate un
po, spendere una cifra simile per un orologio. Kelly continua, ma io non
lascolto pi perch, di colpo, mi venuta in mente Cline. Quello che ha detto:
che potevo comprarmi un altro orologio. Un altro. Come se sapesse che ho
perduto quello che avevo.
Il metr si sta fermando in una stazione. Scusatemi dico a Kelly e agli
altri. Devo andare.
Dov il mio orologio e dov Willem?
Trovo Cline nellufficio del club, circondata da pile di documenti, con indosso
un paio di spessi occhiali da vista che in qualche modo la rendono meno
intimorente.
Alza gli occhi dalle sue carte, lo sguardo annebbiato, e, cosa che mi manda su
tutte le furie, per nulla sorpresa.
Hai detto che potevo comprarmi un altro orologio. Vuol dire che sapevi che

Willem aveva il mio continuo.


Mi aspetto che neghi, che mi smonti. Invece, lei alza le spalle, indifferente.
Perch avresti fatto una cosa simile? Regalargli un orologio cos costoso, quando
lo conoscevi da un giorno solo? Sembra un gesto un po disperato, no?
Disperato quanto il mentirmi?
Si stringe di nuovo nelle spalle e batte pigramente sulla tastiera del computer.
Non ho mentito. Tu mi hai chiesto se sapevo dove trovarlo. Non lo so.
Non mi hai detto tutto, per. Tu lo hai visto dopo dopo che mi ha lasciata.
Fa uno strano movimento con la testa che non n un segno di assenso n di
disapprovazione: una via di mezzo. Una perfetta manifestazione di ambiguit. Un
muro di pietra incrostato di diamanti.
Proprio in quel preciso momento, mi torna in mente una delle lezioni di
francese di Nathaniel: Tes toujours aussi salope? le domando.
Solleva un sopracciglio, ma la sigaretta finisce nel posacenere. Parli
francese adesso? mi chiede, in francese.
Un petit peu. Un poco.
Sposta i fogli, spegne il mozzicone fumante. Il faut mieux tre salope que
lche ribatte.
Non ho idea di cosa mi abbia detto. Faccio del mio meglio per mantenere
unespressione neutra mentre cerco di riconoscere le parole chiave per scoprire il
significato della frase, come ci ha insegnato Madame: salope, stronza; mieux,
meglio. Lche. Latte? No, quello lait. Poi per mi viene in mente il suo

tormentone su quanto coraggioso avventurarsi in mondo sconosciuti, e che ci


aveva insegnato il contrario di courageux: lche.
Cline mi ha appena dato della vigliacca? Sento lindignazione salire dalla
nuca, su verso le orecchie e fino alla sommit del cranio. Non puoi dirmi cos
ribatto in inglese. Non osare chiamarmi cos! Non sai neppure chi sono!
Ne so abbastanza risponde in inglese. So che hai battuto in ritirata.
In ritirata? Mi vedo agitare una bandiera bianca.
In che senso, ho battuto in ritirata?
Sei scappata.
Cosa diceva quel messaggio? In pratica, ormai sto urlando. Ma pi mi
agito, pi lei diventa gelida e distaccata.
Non ne so niente.
Ma qualcosa sai.
Si accende unaltra sigaretta e mi soffia il fumo addosso. Agito la mano per
disperderlo. Per favore, Cline. Per un anno intero ho immaginato il peggio e
ora mi chiedo se non ho immaginato il peggio sbagliato.
Ancora silenzio. Poi: Aveva delle come lo dite sue-tour
Sue-tour?
Cuciture sulla pelle. Si indica la guancia.
Suture. Punti di sutura? Aveva dei punti di sutura?
S. E la faccia tutta gonfia, e un occhio nero.
Cos successo?

Non me lha voluto dire.


E perch ieri non me lhai detto?
Ieri non me lo hai chiesto.
Vorrei essere arrabbiata con lei. Non soltanto per questo; anche perch stata
tanto antipatica con me quel mio primo giorno a Parigi e per avermi accusato di
vigliaccheria. Ma mi rendo conto finalmente che tutta questa storia non ha nulla a
che fare con Cline: lei non c mai entrata per niente. Sono io quella che ha
detto a Willem che lo amava, che ha detto che si sarebbe presa cura di lui. Sono
io quella che se l filata.
La osservo: mi sta osservando con lespressione guardinga di un gatto che
controlla un cane che dorme. Je suis dsole mi scuso. Poi tiro fuori un
macaron dalla borsa e glielo porgo. al lampone e me lo stavo tenendo come
premio, proprio per aver affrontato lei. Sto infrangendo la regola di Babs nel darlo
a qualcun altro ma, in qualche modo, so che approverebbe.
Lei gli lancia unocchiata sospettosa, poi lo prende, reggendolo con la punta
delle dita, quasi che fosse contagioso. Lo appoggia cautamente su una pila di CD.
Allora, cos successo? domando. tornato qui tutto pesto?
Annuisce a malapena.
Perch?
Si acciglia. Non lha voluto dire.
Silenzio. Guarda in basso, poi mi lancia unocchiata. Ha cercato nella tua
valigia.

Cosa cera l dentro? Una lista di roba da riporre. Vestiti. Souvenir. Cartoline.
La targhetta del bagaglio? No, si era staccata nella stazione della metropolitana
di Londra. Il mio diario? Ora ce lho io. Lo tiro fuori dalla borsa, sfoglio qualche
pagina. Ci sono scritte poche righe su Roma e i gatti selvatici. Su Vienna e il
Castello di Schnbrunn. Il Teatro dellOpera a Praga. Ma non c nulla, nulla che
riguardi me. N il mio nome n il mio indirizzo. Neppure le-mail. Nessun indirizzo
di persone incontrate in viaggio. Non abbiamo nemmeno fatto finta di volerci
tenere in contatto. Ficco il diario nella borsa. Cline mi sbircia attraverso gli occhi
socchiusi, facendo finta di niente.
Ha preso qualcosa dalla mia valigia? Trovato qualcosa?
No. Aveva solo un odore si ferma, come se provasse dolore.
Aveva un odore?
Un odore terribile conclude solennemente. Ha preso il tuo orologio. Gli
ho detto di lasciarlo. Mio zio gioielliere, perci sapevo che era costoso. Ma lui si
rifiutato.
Sospiro. Dove posso trovarlo, Cline? Per favore. Mi puoi aiutare almeno in
questo.
Almeno in questo? Ti ho gi aiutato moltissimo dice stizzita e piena
dindignazione. E non so dove trovarlo. Io non mento. Mi fissa con
espressione dura. Ti ho detto la verit, ed che Willem il tipo di uomo che
arriva quando arriva. E per lo pi non arriva.
Vorrei poterle dire che si sbaglia. Che tra di noi stato diverso. Ma se non ha

continuato ad amare Cline cosa mi fa pensare che, dopo un solo giorno, anche
se gli piacevo, io non sia stata completamente cancellata, come la famosa
macchia?
Allora non hai avuto fortuna? Con Internet? mi domanda.
Comincio a radunare le mie cose. No.
Willem de Ruiter un nome molto comune, nest-ce pas? dice. Poi fa
qualcosa di cui non lavrei mai creduta capace. Arrossisce. Cos capisco che anche
lei lo ha cercato. E non lha trovato neppure lei. Di colpo mi chiedo se non ho
sbagliato a giudicarla, almeno un pochino.
Prendo una delle cartoline di Parigi che mi avanza. Ci scrivo il mio nome, il mio
indirizzo e tutti i miei dati e gliela porgo. Se vedi Willem o se per caso passi
da Boston e hai bisogno di un punto dappoggio o vuoi lasciare i bagagli.
Prende la cartolina e la guarda. Poi la butta in un cassetto. Boss-ton. Penso
che preferirei New York commenta con sufficienza. Sono quasi felice che abbia
ripreso la sua aria arrogante.
Penso a Dee. Lui la rimetterebbe al suo posto. Anche quello si pu
organizzare.
Sono ormai alla porta, quando Cline mi chiama. Mi giro. Vedo che ha dato un
morso al macaron, e il biscotto ormai una mezza luna.
Mi dispiace di averti dato della vigliacca dice.
Non importa rispondo. A volte lo sono. Ma sto cercando di diventare
pi coraggiosa.

Bon fa una pausa. Se non la conoscessi, penserei che stia quasi


considerando la possibilit di sorridermi. Se ritrovi Willem, di coraggio ne avrai
bisogno.
Vado a sedermi sul bordo di una fontana per riflettere su quello che mi ha detto
Cline. Non riesco a capire se intendeva darmi supporto morale o un
avvertimento o forse entrambe le cose. In ogni caso una speculazione astratta,
perch sono a un punto morto. Lei non sa dove si trova. Posso riprovare a fare
qualche ricerca in Internet e spedire unaltra lettera a Guerrilla Will ma, a parte
quello, sono bloccata.
Di coraggio ne avrai bisogno.
Forse meglio cos. Forse la cosa finisce qui. Domani andr a Versailles con gli
australiani. E mi va benissimo. Tiro fuori la cartina che mi hanno regalato Dee e
Sandra per pianificare il ritorno allostello. Non lontano. Posso arrivarci a piedi.
Traccio il percorso con la punta di un dito. Facendolo, il dito passa non su uno,
ma su ben due quadrati rosa. I quadrati rosa sulla mappa sono ospedali. Sposto il
dito fino allo squat. Ci sono diversi ospedali che distano meno della larghezza di
un pollice dallo squat.
Se Willem rimasto ferito l vicino e gli hanno messo dei punti di sutura, ci
sono ottime probabilit che la cosa sia avvenuta in uno di questi ospedali.
Grazie, Dee! grido nel pomeriggio parigino. E grazie, Cline
aggiungo a voce pi bassa. Poi mi alzo e mi avvio.

Il giorno seguente Kelly mi saluta con freddezza, cosa che le viene molto
innaturale. Mi scuso per essere sparita nel nulla ieri.
Non importa dice ma ci vieni con noi a Versailles oggi?
Faccio una smorfia. Non posso.
Il suo viso sindurisce in unespressione offesa. Se non vuoi stare insieme a
noi va bene, ma non fare finta per non urtare i nostri sentimenti.
Non sono sicura del perch non le ho raccontato tutto. Sembra un po sciocco,
essere qui a fare tutta questa fatica per un ragazzo che ho conosciuto per un solo
giorno. Tuttavia, mentre racconto a Kelly una versione ridotta della mia lunga
storia, inclusa la folle ricerca di oggi, la sua espressione si fa seria. Alla fine, si
limita a fare un piccolo cenno con la testa. Capisco dice solennemente. Ci
vediamo gi a colazione.
Quando scendo nella sala della colazione, Kelly e il resto del gruppo sono
radunati intorno a uno dei grandi tavoli rotondi, con delle mappe dispiegate
davanti. Prendo un t, un croissant e uno yogurt e mi siedo con loro.
Veniamo con te mi comunica. Tutti.
Cosa? Perch?
Perch per questa missione ti serve un esercito. Ognuno fa uno
scomposto saluto militare, poi comincia a parlare in contemporanea. A tutto
volume. La gente ci guarda, ma questi ragazzi sono incontenibili. Solo la
ragazzina pallida e minuta seduta allestremit del tavolo ci ignora, il naso ficcato
nel suo libro.

Siete sicuri di voler rinunciare a Versailles?


Versailles una reliquia insiste Kelly. Non se ne andr da nessuna
parte. Invece, questa vita vera. Unautentica storia damore. Pi francese di
cos!
Veniamo con te, che ti piaccia o no. Anche se dovessimo seguirti in tutti gli
ospedali da qui a Nizza aggiunge Shazzer.
Non credo che sar necessario dico. Ho studiato la cartina. E ho
ristretto la ricerca a tre ospedali possibili.
La ragazza con il viso da elfo alza gli occhi. Sono cos chiari che sembrano fatti
di acqua. Scusate, stavate dicendo che andate in un ospedale? chiede.
Guardo gli australiani, il mio improvvisato esercito di entusiasti. A quanto
pare s.
Lei mi fissa con una strana intensit. Io li conosco bene gli ospedali dice
con voce sommessa.
Ricambio lo sguardo. Non posso davvero immaginare una cosa pi noiosa di
questa, salvo forse visitare un ufficio di collocamento francese. Non riesco a
indovinare il motivo per cui potrebbe voler venir con noi. Tranne forse che sola.
E quello lo capisco bene.
Vuoi venire con noi? le domando.
Non in maniera particolare risponde. Ma credo che dovrei.
Il primo ospedale della mappa si rivela essere una sorta di clinica privata dove,
dopo essere stati spediti da un ufficio allaltro per unora, scopriamo che il Pronto

Soccorso c, ma non si occupa dei casi che si rivolgono direttamente


allaccettazione, bens li dirotta su altri ospedali. Ci mandano allHpital
Lariboisire. Ci dirigiamo subito alle urgences, la versione francese del Pronto
Soccorso, e dopo che ci hanno consegnato un numero e invitato ad aspettare
restiamo seduti su sedie scomode per uneternit, insieme a gente con braccia
rotte e accessi di una brutta tosse che ha tutta laria di essere contagiosa.
Lentusiasmo iniziale del gruppo comincia a venir meno quando si rendono
conto che andare a un Pronto Soccorso noioso in Francia tanto quanto in ogni
altro Paese. Finiscono per ammazzare il tempo con lanci di palline di carta e
giochi di carte, cosa che non ci ingrazia le infermiere. Wren, la strana ragazza
pallida con il viso da elfo, non partecipa ai giochini scemi. Continua a leggere il
suo libro.
Quando finalmente ci convocano al bancone le infermiere ci odiano gi, e il
sentimento ricambiato. Shazzer, che a quanto pare con il francese se la cava
meglio di tutti, viene nominata ambasciatrice e, non so se per via delle sue
capacit linguistiche o per le sue doti diplomatiche, dopo cinque minuti sta gi
litigando con linfermiera. Dopo dieci veniamo scortati in strada.
Sono le tre del pomeriggio. Met della giornata se n andata. Vedo che il
gruppo irrequieto, stanco, affamato e che vorrebbero essere andati a Versailles.
In pi, ora che ci penso, mi rendo conto di quanto assurdo. Laccettazione nello
studio di mio padre gestita da uninfermiera di nome Leona, che non permette
neppure a me di entrare nellufficio a meno che mio padre non sia presente e non

mi stia aspettando. Leona non mi darebbe mai informazioni su qualcuno


neppure a me, la figlia del suo capo, che parla la sua stessa lingua figuriamoci
se arrivasse un forestiero sconosciuto.
Un vero fallimento dico agli altri quando usciamo in strada. Lo strato di
nubi che negli ultimi giorni aveva coperto Parigi si finalmente dissipato mentre
eravamo dentro ad aspettare e la giornata divenuta calda e limpida. Almeno
potete salvare il resto del pomeriggio. Prendervi qualcosa da mangiare e andare
a fare un pic-nic nei Giardini del Lussemburgo.
Vedo che lidea allettante. Nessuno la rifiuta. Ma abbiamo promesso di
farti da scorta dice Kelly. Non possiamo lasciarti ad affrontare la cosa da
sola.
Alzo le mani in segno di resa. Non cos. Anchio ne ho abbastanza. Questa
una causa persa.
Si tirano fuori cartine. Si dibattono percorsi in metropolitana. Si discute di cosa
prendere per il picnic.
La gente fa confusione con i santi patroni, sai? alzo gli occhi. Wren, la
fatina degli elfi che ci ha seguito in silenzio per tutto il giorno, ha finalmente
detto qualcosa.
Davvero?
Annuisce. SantAntonio il patrono delle cose perse, ma San Giuda quello
delle cause perse. Devi essere sicura di aver chiesto aiuto al santo giusto.
Per un attimo tutti fissano Wren. Sar una di quelle pazze fanatiche religiose?

E quale si occupa delle persone perdute? le chiedo.


Wren si ferma a riflettere. Dipende. Perdute in che modo?
Non so. Non so neppure se lo , perduto. Magari si trova esattamente dove
vuole essere. Forse sono io quella che si perduta, a caccia di uno che non ha
affatto voglia di essere trovato. Non sono sicura.
Wren fa girare il bracciale che porta al polso, da cui pendono dei ciondoli
portafortuna. Magari dovresti rivolgere una preghiera a tutti e due. Mi
mostra i pendenti dove sono ritratti i due santi. Ce ne sono altri: una data, un
quadrifoglio, un uccellino.
Ma io sono ebrea.
Oh, a loro non importa. Wren mi guarda. I suoi occhi non sembrano tanto
azzurri quanto unassenza di azzurro. Come il cielo subito prima dellalba.
Dovresti chiedere aiuto ai santi. E dovresti andare a quel terzo ospedale.
Hpital Saint-Louis si rivela un ospedale fondato quattrocento anni fa. Wren e io
ci facciamo strada verso lala moderna che si erge accanto al corpo pi antico. Ho
spedito gli altri ai Giardini del Lussemburgo, senza troppe discussioni. La luce del
sole filtra attraverso le vetrate dellatrio, proiettando prismi di luce sul pavimento.
Il Pronto Soccorso tranquillo, ci sono poche persone sedute tra file di sedie
vuote. Wren va direttamente dai due infermieri al di l del bancone e, con la sua
strana voce melodiosa, attacca a parlare in perfetto francese. Io resto alle sue
spalle e afferro abbastanza di quello che dice per capire che sta spiegando la mia

storia e sta cercando di coinvolgerli. Anche la gente seduta nelle file di sedie si
protende per ascoltare la sua voce sommessa. Non so nemmeno come faccia a
sapere tutta la storia. Io non glielho raccontata. Forse lha sentita a colazione o
dagli altri. Finisce di raccontare e c una pausa di silenzio. Gli infermieri la
fissano, poi abbassano gli occhi e cominciano a digitare sulla loro tastiera.
Come mai parli il francese cos bene? le sussurro.
Sono del Qubec.
E perch non hai tradotto tu, nellaltro ospedale?
Perch non era quello giusto.
Gli infermieri mi chiedono il suo nome. Lo dico e lo ripeto lettera per lettera.
Sento il ticchettio dei tasti mentre lo inseriscono nel terminale.
Non dice uno dei due. Pas ici scuote la testa.
Attendez interviene laltro. Aspetta.
Scrive qualcosaltro. Dice una serie di cose a Wren e io perdo il filo poi, per,
una parola emerge dal flusso: una data. Il giorno seguente a quello che io e
William abbiamo trascorso insieme. Il giorno in cui siamo stati separati.
Mi si blocca il respiro. Lui alza gli occhi, mi ripete la data.
S dico. Sarebbe stato quello il giorno. Oui.
Linfermiere aggiunge qualcosa e poi altro che non capisco. Mi giro verso Wren.
Ci possono dire come trovarlo?
Lei chiede qualcosa poi mi traduce: I registri sono segreti.
Ma non ci devono dare niente di scritto. Devono per forza avere qualche

informazione su di lui.
Dicono che ormai tutto archiviato in amministrazione. Che non tengono
molto qui.
Ci deve pur essere qualcosa. Adesso il momento di chiedere aiuto a san
Giuda.
Wren accarezza il ciondolo che pende dal braccialetto. Un paio di dottori in
camice da laboratorio attraversano la porta doppia con in mano tazze di caff. Io
e lei ci scambiamo uno sguardo: san Giuda ha evidentemente deciso di inviarci
unispirazione gemella.
Potrei parlare con un dottore? chiedo allinfermiere nel mio orrendo
francese. Forse il Mi rivolgo a Wren. come si dice il medico di turno
in francese? O il dottore che ha curato Willem?
Linfermiere deve capire un po dinglese perch si sfrega il mento e torna al
computer. Ah, dottor Robinet dice e prende la cornetta del telefono.
Qualche minuto dopo si aprono le doppie ante di una porta ed come se, questa
volta, san Giuda ci avesse regalato un bonus, perch il dottore pare una star della
TV: capelli ricci e brizzolati e un viso che allo stesso tempo fine e vissuto. Wren
comincia a spiegargli la situazione, ma io mi rendo conto che, causa persa o
meno, devo perorarla da sola. Nel francese pi contorto che si possa immaginare,
cerco di spiegare: Amico ferito. In questo ospedale. Amico perduto. Lo devo
trovare. Sono spossata e con quelle frasi cos elementari devo sembrargli una
donna delle caverne.

Il dottor Robinet mi squadra per un po. Poi mi fa segno di seguirlo attraverso


la doppia porta e dentro uno studio vuoto, dove ci indica di sederci sul tavolo
mentre lui si sistema su uno sgabello.
Capisco il vostro problema mi risponde in un inglese perfetto, con accento
britannico ma non posso dare informazioni sui nostri pazienti come niente
fosse. Si rivolge direttamente a me. Ha gli occhi di un verde brillante, acuti e
gentili. Capisco che sei venuta fin qui dagli Stati Uniti, ma mi dispiace.
Mi pu almeno dire cosa gli successo? Senza guardare la cartella clinica?
Anche questo vorrebbe dire infrangere le procedure?
Il dottor Robinet sorride paziente. Vedo decine di pazienti al giorno. E
questo stato, hai detto, un anno fa?
Annuisco. S. Mi nascondo il viso tra le mani. La follia della cosa mi
colpisce di nuovo. Un giorno. Un anno.
Forse se me lo descrivi. Il dottore mi lancia un appiglio.
Io mi ci afferro. Era olandese. Molto alto: un metro e novanta.
Settantacinque chili. Aveva i capelli molto chiari, quasi come paglia, ma gli occhi
scurissimi, come il carbone. Era magro. Aveva le mani lunghe. Una cicatrice a zigzag proprio allattaccatura del piede. Man mano che lo descrivo mi vengono in
mente dettagli che credevo di aver dimenticato, e la sua immagine affiora.
Il dottor Robinet, tuttavia, non la riesce a vedere. Ha unaria perplessa e mi
rendo conto che, per lui, io sto solo descrivendo un ragazzo alto e biondo, una
persona come tante.

Forse se avessi una fotografia?


A me sembra che limmagine di Willem che ho creato si sia materializzata nella
stanza. Aveva ragione sul non aver bisogno di macchine fotografiche per
registrare le cose importanti. Lui rimasto dentro di me per tutto questo tempo.
Non ce lho dico ma gli hanno dato dei punti di sutura. E aveva un
occhio pesto.
La descrizione si adatta alla maggioranza delle persone che curiamo dice
il dottore. Mi spiace molto. Si alza dallo sgabello; qualcosa cade tintinnando
sul pavimento. Wren raccoglie una moneta da un euro da terra e sta per
restituirgliela.
Aspetti! Giocherellava con le monete, in questo modo dico. Era capace
di farle rimanere in equilibrio sulle nocche. Cos. Posso? Allungo la mano a
prendere la moneta e gli mostro come la faceva girare sulle dita.
Restituisco leuro al dottor Robinet e lui lo tiene nella mano, esaminandolo
come se fosse una moneta rara. Poi la lancia in aria e la riprende. Commotion
crbrale! esclama.
Cosa?
Commozione cerebrale traduce Wren.
Commozione cerebrale?
Tira su il dito indice e lo ruota lentamente, come se stesse srotolando le
informazioni da un profondo pozzo. Aveva una commozione cerebrale. E, se
ricordo bene, una lesione al volto. Volevamo trattenerlo qui in osservazione il

trauma cranico pu essere una cosa seria e fare rapporto alla polizia perch era
stato assalito.
Assalito? Perch? Da chi?
Non lo sappiamo. normale procedura sporgere denuncia alla polizia, ma
lui ha rifiutato. Era molto agitato. Ora ricordo! Non voleva restare pi di qualche
ora. Voleva andarsene immediatamente, ma abbiamo insistito che rimanesse per
fargli una TAC. Per, appena lo abbiamo cucito e abbiamo visto che non cera
emorragia cerebrale, ha insistito che doveva andarsene. Ha detto che era molto
importante. Che avrebbe perduto qualcuno. Si volta verso di me, spalancando
gli occhi. Tu?
Tu fa eco Wren.
Io dico. Macchie nere mi ondeggiano davanti agli occhi e mi sento la
testa come fosse piena di liquido.
Credo che stia per svenire avvisa Wren.
Metti la testa tra le gambe mi consiglia il dottor Robinet. Chiama
qualcuno nellatrio e un infermiere mi porta un bicchiere dacqua. Bevo. Il mondo
smette di vorticare. Lentamente mi drizzo a sedere. Ora il dottore mi sta
guardando ed come se la sua maschera di professionalit fosse caduta.
Ma successo un anno fa dice con una voce che calda come una
coperta. Vi siete persi un anno fa?
Annuisco.
E tu lhai cercato per tutto questo tempo?

Annuisco di nuovo. In un certo senso cos.


E pensi che lui ti abbia cercata?
Non lo so. la verit. Soltanto perch ha tentato di rintracciarmi un anno
fa non significa che mi voglia ancora trovare adesso. O che voglia essere trovato
da me.
Ma devi scoprirlo dice il dottore. Per un attimo penso che mi stia
sgridando perch dovrei saperlo, ma lui prende il telefono e fa una chiamata.
Quando ha finito, si gira verso di me. Lo devi scoprire ripete. Vai allo
sportello numero due nellufficio dellamministrazione. Non possono farti vedere la
cartella clinica, ma gli ho detto di darti il suo indirizzo.
Ce lhanno? Hanno il suo indirizzo?
Hanno un indirizzo. Vai a prenderlo, adesso. E trovalo. Mi guarda di
nuovo. Non importa cosa scopri, ma devi sapere.
Esco dallospedale, oltrepassando le sale dove i malati di cancro ricevono la
loro chemioterapia nel sole del tardo pomeriggio. Il foglio su cui stampato
lindirizzo di Willem lo tengo stretto nel pugno. Dico a Wren che ho bisogno di
stare un attimo da sola e mi dirigo verso le mura del vecchio ospedale.
Mi siedo su una panchina lungo laiuola erbosa, in mezzo agli antichi edifici di
mattoni. Le api danzano tra i cespugli e i bambini giocano c cos tanta vita tra
queste vecchie mura. Guardo il foglio che ho in mano. Potrebbe esserci scritto
qualsiasi indirizzo. Potrebbe essere ovunque nel mondo. Fino a che punto sono
disposta a spingermi?

Penso a Willem che stato assalito e picchiato picchiato! eppure tornato


a cercarmi. Faccio un respiro profondo. Il profumo dellerba appena tagliata si
mescola ai pollini e agli scarichi dei furgoni che percorrono pigramente la via.
Guardo la voglia che ho sul polso.
Apro il foglio, incerta su dove sto per andare, ma sicura che ci andr.

CAPITOLO TRENTAQUATTRO

AGOSTO

Utrecht, Olanda
La mia guida ha solo due pagine su Utrecht, perci mi aspetto che sia una citt
piccola, oppure brutta o, ancora, industriale. Invece, si rivela essere una
bellissima citt medievale piena di strade strette e tortuose costeggiate da file di
case con i spioventi, di canali su cui galleggiano chiatte abitate, e di minuscoli
vicoletti dove potrebbero vivere sia esseri umani sia bambole. Non ci sono molti
ostelli della giovent ma, quando arrivo allunico che abbia un prezzo accessibile
per me, scopro che prima di diventare un ostello era uno squat. E provo di nuovo
quella sensazione, come se un radar comunicasse solo con me da qualche luogo
segreto della terra dicendomi: S, proprio qui che devi essere.
I tipi dellostello sono amichevoli e gentili e parlano inglese alla perfezione,

proprio come Willem. Uno di loro gli assomiglia addirittura: gli stessi lineamenti
spigolosi, le labbra carnose. Gli chiedo se per caso lo conosce; mi risponde di no
e, quando gli spiego che somiglia a un ragazzo che sto cercando, ride e mi dice
che allora gli assomiglia mezza Olanda. Mi consegna una mappa di Utrecht e mi
mostra come arrivare allindirizzo che mi ha fornito lospedale, a pochi chilometri
da qui, suggerendomi di affittare una bicicletta.
Opto per lautobus. Labitazione si trova fuori dal centro, in una zona piena di
negozi di dischi, ristoranti etnici con pezzi di carne che girano sugli spiedi e
graffiti. Dopo aver svoltato un paio di volte nella direzione sbagliata, scovo la via
al di l di una linea di binari su cui fermo un carro merci abbandonato, quasi
completamente ricoperto di graffiti. Sullaltro lato della strada c una casa alta e
stretta che, secondo la mia stampata, lultimo indirizzo conosciuto di Willem de
Ruiter.
Devo intrufolarmi tra sei biciclette legate alla ringhiera davanti allingresso per
riuscire ad arrivare alla porta, pitturata di un blu elettrico. Esito prima di premere
un campanello che ha laspetto di un bulbo oculare. Ma, quando lo premo, mi
sento stranamente calma. Sento il suono allinterno. Poi un pesante rumore di
passi. Ho conosciuto Willem solo per un giorno, ma capisco subito che non sono i
suoi. I suoi sarebbero pi leggeri. Una ragazza alta e carina, con una lunga
treccia castana, apre la porta.
Ciao. Parli inglese? le chiedo.
S, certo risponde.

Sto cercando Willem de Ruiter. Mi hanno detto che vive qui. Le mostro il
pezzo di carta come prova.
In qualche modo, sapevo gi che non ci sarebbe stato. Forse perch non mi
sentivo abbastanza nervosa. Perci, quando lespressione della ragazza non
cambia non ne sono affatto sorpresa. Non lo conosco. Ho solo preso in affitto
la casa per questestate dice. Mi spiace. Fa per chiudere la porta.
Ormai, per, ho imparato che No, Mi dispiace o Non ti posso aiutare sono
offerte indirette di aiuto. C qualcun altro che potrebbe conoscerlo, qui?
Saskia chiama lei. Dalla sommit di una scala, cos stretta che sembra a
pioli, sbuca una ragazza. Scende. Ha i capelli biondi, le guance rosee e gli occhi
azzurri, e c una sorta di freschezza campestre in lei, come se avesse appena
finito di cavalcare un pony o di arare un campo, anche se ha i capelli tagliati in
modo irregolare e dritti sulla testa e indossa una maglia di lana nera che ha
tuttaltro che una foggia classica.
Spiego di nuovo che sto cercando Willem de Ruiter. A quel punto, anche se non
mi conosce, Saskia mi invita a entrare e mi offre una tazza di t o di caff.
Ci sediamo tutte e tre intorno a un tavolo disordinato, dove sono appoggiate
alla rinfusa pile di posta e riviste. Ci sono vestiti sparsi ovunque. chiaro che qui
ci vive un sacco di gente. Ma, a quanto pare, Willem non ci abita.
Non ci ha mai realmente abitato spiega Saskia dopo avermi servito t e
cioccolata.
Ma tu lo conosci? domando.

Lho incontrato qualche volta. Ero amica di Lien, che era la ragazza di uno
degli amici di Robert-Jan. Per non lo conosco bene, Willem. Cos come Anamiek,
mi sono trasferita qui solo questestate.
Ma sai perch avrebbe usato questindirizzo?
Probabilmente per via di Robert-Jan dice.
Chi Robert-Jan?
Frequenta lUniversit di Utrecht, come me. Prima viveva qui mi spiega
ma ha traslocato. La sua stanza lho affittata io.
Certo borbotto tra me e me.
Nelle case degli studenti la gente va e viene in continuazione. Robert-Jan,
per, dovrebbe essere tornato a Utrecht. Non qui, in un appartamento nuovo.
Purtroppo non so dove potrebbe essere. Ho solo preso la sua stanza si stringe
nelle spalle, come per dire: Tutto qui.
Tamburello con le dita sul vecchio tavolo di legno. Guardo il mucchio della
posta. Credi che potrei dare unocchiata a quelle lettere? Vedere se c qualche
indizio.
Fai pure mi autorizza.
Scorro le pile di buste. Sono per lo pi bollette, riviste e cataloghi, indirizzati a
varia gente che vive o ha vissuto a questo recapito. Conto almeno una mezza
dozzina di nomi, compreso Robert-Jan. Ma a Willem non arrivata nemmeno una
lettera.
mai arrivata posta per Willem qui?

Qualcosa era arrivato replica Saskia ma qualcuno ha riorganizzato il


mucchio proprio pochi giorni fa e forse lha buttato via. Come ti ho detto, sono
mesi che lui non passa da queste parti.
Aspetta interviene Anamiek. Credo di aver visto una busta con il suo
nome sopra. ancora nella cassetta accanto alla porta.
Torna con un rettangolino bianco. Questa non pubblicit. una lettera con
lindirizzo scritto a mano. I francobolli sono olandesi. Lo voglio trovare, s, ma non
al punto da aprire la sua corrispondenza personale. Poso la busta in cima alla
pila, poi torno a guardarla. Lindirizzo del mittente, scritto nellangolo in alto a
destra, in una grafia sconosciuta e piena di ghirigori, il mio.
Tiro su la busta e la esamino controluce. Dentro c unaltra lettera. Apro la
busta esterna e ne sbuca fuori la mia lettera, quella che ho spedito a Guerrilla
Will in Gran Bretagna, cercando Willem. A giudicare dai francobolli, dallindirizzo
cancellato e dal nastro adesivo che sigilla il tutto, stata spedita almeno un altro
paio di volte. Apro la missiva originale per vedere se qualcuno ha aggiunto del
testo, ma non cos. stata soltanto letta e passata oltre.
Eppure la cosa mi riempie di gioia. Per tutto questo tempo la mia letterina
messa insieme alla meglio ha cercato anche lei di rintracciarlo. Mi viene voglia di
baciarla per la sua tenacia.
Mostro la lettera a Saskia e ad Anamiek. La leggono e mi guardano confuse.
Questa lho scritta io gli spiego. Cinque mesi fa, quando ho cominciato a
cercarlo. Lho spedita a un indirizzo inglese e, in qualche modo, arrivata fin qui.

Proprio come me. Mentre lo dico provo di nuovo la sensazione di essere sulla
strada giusta. La mia lettera e io siamo arrivate nello stesso posto, anche se il
posto sbagliato.
Loro si scambiano unocchiata.
Facciamo qualche telefonata dice Saskia. Di sicuro possiamo aiutarti a
rintracciare Robert-Jan.
Le ragazze spariscono al piano di sopra. Sento un computer che si accende.
Sento il suono di conversazioni a una sola voce: Saskia al telefono. Circa venti
minuti pi tardi, scendono di nuovo. agosto, perci sono quasi tutti via, ma
sono sicura di poter trovare il modo di metterti in contatto con Robert-Jan, tra
uno o due giorni.
Grazie le dico.
Alza lo sguardo di scatto. Non mi piace il modo in cui mi fissa. Anche se
potrei aver scovato un modo pi rapido per rintracciare Willem.
Davvero? E quale?
Esita. La sua ragazza.

CAPITOLO TRENTACINQUE

Ana Lucia Aureliano. Si chiama cos. La ragazza di Willem. Frequenta un qualche


istituto privato collegato allUniversit di Utrecht.
Per tutto il tempo della mia ricerca, non ho mai pensato di arrivare cos
lontano. Perci non mi sono mai permessa di credere che lo avrei trovato per
davvero. E, pur immaginando che avesse un mucchio di ragazze, non ho mai
pensato che potesse averne una sola. A ripensarci, sembra tremendamente
stupido.
Non che sia venuta per rimettermi insieme a lui. Non siamo mai stati
insieme, quindi non ci si pu rimettere insieme. Ma essere arrivata fin qui per poi,
semplicemente, mollare una cosa che credo rimpiangerei per il resto della mia
vita.
Ironicamente, sono le parole di Cline che mi convincono a cercare la sua
ragazza: Di coraggio ne avrai bisogno.

Il campus dellUniversity College piccolo e compatto, al contrario


dellUniversit di Utrecht che si estende per tutto il centro cittadino come mi ha
spiegato Saskia. Si trova ai margini della citt e, mentre pedalo fin laggi sulla
bicicletta rosa che lei ha insistito per prestarmi, faccio le prove di quello che le
dir se la trovo. O se trovo lui.
La scuola ha pochi studenti e vivono tutti nel campus; inoltre una scuola
internazionale che attira ragazzi da tutto il mondo e le lezioni si tengono in
inglese. Il che significa che mi basta chiedere solo a due persone di Ana Lucia per
avere indicazioni su dove sia il suo alloggio.
Alloggio che sembra pi una zona espositiva dellIkea che una residenza
universitaria. Sbircio oltre una porta scorrevole di cristallo: tutto legno levigato
e mobili moderni, lontano mille miglia dallo schifo industriale della stanza che
condivido con Kali. Le luci sono spente e, quando busso, non risponde nessuno.
C un piccolo pianerottolo di cemento fuori dalla porta con alcuni puff ricamati,
perci mi siedo l e aspetto.
Probabilmente mi appisolo perch mi sveglio di colpo sentendomi cadere
allindietro. Qualcuno ha aperto la porta alle mie spalle. Guardo in su. La ragazza
Ana Lucia, deduco bellissima, con lunghi capelli castani e ondulati e labbra
a bocciolo di rosa, accentuate da un rossetto scarlatto. Considerate lei e Cline,
dovrei essere lusingata di trovarmi in simile compagnia, ma non cos che mi
sento al momento.
Posso fare qualcosa per te? domanda, torreggiando sopra di me e

squadrandomi come si potrebbe fare con un vagabondo pescato a dormire sul


gradino di casa.
Il sole sbucato da dietro le nuvole e rimbalza sul vetro della finestra creando
un riverbero. Mi schermo gli occhi con la mano e mi alzo in piedi. Scusa. Devo
essermi addormentata. Sto cercando Ana Lucia Aureliano.
Sono io Ana Lucia dice, sottolineando la pronuncia corretta con il suo
accento spagnolo: Ana Lu-zi-a. Socchiude gli occhi e mi studia. Ci siamo gi
incontrate?
Oh, no. Mi chiamo Allyson Healey. Sono scusami una cosa un po
strana. Sono americana e sto cercando di rintracciare una persona.
il tuo primo semestre qui? C un archivio online degli studenti.
Come? Oh, no. Non frequento questa scuola. Studio a Boston.
Chi stai cercando?
Quasi non me la sento di pronunciare il suo nome. Potrei inventarne uno, e per
lei non farebbe alcuna differenza. Non vorrei sentirmi chiedere, con quel suo
accento adorabile, perch voglio sapere dove si trova il suo ragazzo. In quel caso
per, pur essendo venuta fin qui tornerei a casa senza aver scoperto nulla. Perci
lo dico.
Willem de Ruiter.
Mi fissa per un lungo istante, poi il suo bel visino sindurisce e le sue labbra da
pubblicit di cosmetici si aprono. E, fuori da quella bocca perfetta, erompe un
fiotto di quelli che presumo siano insulti. In spagnolo. Agita le braccia, parla a

una velocit supersonica ed diventata tutta rossa in viso. Vate! Djame!


Puta! Poi mi prende per le spalle e mi spinge gi dal pianerottolo, come un
buttafuori che allontana un ubriacone. Mi lancia dietro il mio zaino, da cui esce
tutto. Infine, chiude la porta sbattendola, nei limiti in cui si pu sbattere una
porta scorrevole di vetro. La chiude a chiave e tira gi le tende.
Per un attimo resto l seduta, a bocca aperta. Poi, stordita, comincio a
rimettere le mie cose nello zaino. Mi esamino il gomito, scorticato perch ci sono
atterrata sopra, e il braccio, su cui sono impresse le mezzelune delle sue unghie.
Tutto bene? Alzo gli occhi e vedo una graziosa ragazza con i dreadlock
che si china verso di me porgendomi gli occhiali da sole.
Annuisco.
Ti serve del ghiaccio o qualcosaltro? Ne ho un po nella mia stanza. Si
avvia verso il suo pianerottolo.
Mi tocco la testa. Anche l c un bernoccolo, ma nulla di serio. Credo di
stare bene. Grazie.
Mi guarda e scuote la testa. Le stavi per caso chiedendo di Willem?
Lo conosci? domando. Conosci Willem? Mi avvicino alla sua porta. Ci
sono un portatile e un libro appoggiati sul gradino. un libro di fisica, aperto ai
capitoli che riguardano le relazioni dei quanti.
Lho visto in giro. Questo solo il mio secondo anno, perci non lo
conoscevo quando veniva qui. Ma c soltanto una persona che ha il potere di fare
impazzire a quel modo Ana Lucia.

Aspetta. Qui? stato a scuola qui? Cerco di conciliare il Willem che ho


incontrato, lattore di un teatro itinerante, con lo studente di un istituto privato, e
di nuovo mi colpisce quanto poco so di questa persona.
Per un anno. Prima che arrivassi io. Studiava economia, credo.
E poi cos successo? Intendo dire con la scuola, ma lei comincia a
raccontarmi di Ana Lucia. Di come, lanno scorso, lei e Willem fossero tornati
insieme, poi per lei ha scoperto che, per tutto il tempo, lui la tradiva con una
ragazza francese. Lo dice in tono indifferente, come se non ci fosse nulla di cui
stupirsi.
A me, invece, gira la testa. Willem stato a scuola qui. Ha studiato economia.
Cos mi ci vuole almeno un minuto per digerire lultima parte. La parte in cui lui
tradisce Ana Lucia con una ragazza francese.
Una ragazza francese? ripeto.
S. A quanto pare Willem aveva un appuntamento segreto con lei, credo in
Spagna. Ana Lucia ha visto che stava prenotando un volo sul suo computer e ha
pensato che avesse intenzione di farle una sorpresa e portacela, visto che lei ha
dei parenti laggi. Cos ha cancellato la sua vacanza in Svizzera e raccontato
tutto alla sua famiglia, e loro hanno preparato una grande festa per accoglierli.
Solo che, poi, si scoperto che il biglietto non era per lei: era per questa ragazza
francese. Lei ha dato di matto, lo ha affrontato nel bel mezzo del campus:
unautentica scenata. Da allora lui non si pi fatto vedere, ovviamente. Sei
sicura che non vuoi un po di ghiaccio da mettere sulla testa?

Mi accascio sul gradino accanto a lei. Cline? Ma se ha detto che dallanno


scorso non lo ha pi visto! Per di cose ne ha dette un sacco; incluso che siamo
tutte e due solo dei porti che Willem ha visitato. Forse ce ne sono parecchie di
noi, l fuori. Una ragazza francese. Forse due o tre. Una spagnola. Unamericana.
Unintera rappresentanza delle Nazioni Unite, composta da ragazze che salutano
dal loro rispettivo porto. Ripenso alle parole con cui mi ha congedata Cline e che
ora sembrano di malaugurio.
Ho sempre saputo che Willem era un giocatore, e che io ero una tra tante.
Per, adesso so anche che quel giorno non mi ha mollato e basta. Ha lasciato un
messaggio. Ha cercato, anche se con poca convinzione, di rintracciarmi.
Ripenso a quello che mi ha detto mia madre sullessere riconoscenti per quello
che si ha, invece di anelare a qualcosa che si crede di volere. Trovandomi qui, in
questo campus dove stato anche lui, mi pare alla fine di comprendere cosa
intendeva. Finalmente, credo di capire cosa significa mollare quando si in testa.

CAPITOLO TRENTASEI

Amsterdam
Spinta in avanti. il mio nuovo motto. Nessun rimpianto. E non si torna indietro.
Cancello la tappa Parigi-Londra del mio ritorno a casa per poter partire
direttamente da Londra. Non voglio tornare a Parigi. Voglio andare da unaltra
parte. Ho ancora cinque giorni in Europa e ci sono un sacco di voli a basso costo.
Potrei andare in Irlanda. O in Romania. Potrei prendere un treno fino a Nizza e
raggiungere la truppa australiana. Potrei andare ovunque.
Tuttavia, per arrivare in ognuno di questi posti devo prima andare ad
Amsterdam. Ed l che mi dirigo per ora. Con la bicicletta rosa.
Quando torno per riportare a Saskia la bicicletta accompagnata da una scatola
di cioccolatini in segno di ringraziamento, le dico che non c bisogno che mi
procuri il modo per mettermi in contatto con Robert-Jan.

Hai trovato quello che ti serviva? chiede.


S e no.
Pare capire. Prende i cioccolatini, ma mi dice di tenere la bicicletta. Non di
nessuno e mi servir, se vado ad Amsterdam: la posso caricare in treno con me o
regalarla a qualcun altro.
La Bici Bianca e Rosa commento.
Sorride. Conosci la storia della Bici Bianca?
Annuisco.
Mi piacerebbe che esistesse ancora.
Penso ai miei viaggi, a tutte le cose che le persone incontrate mi hanno
regalato: amicizia, aiuto, idee, incoraggiamento, macarons. Secondo me esiste
ancora le dico.
Anamiek mi ha scritto le istruzioni su come andare in bici da Utrecht ad
Amsterdam. Sono solo quaranta chilometri e ci sono piste ciclabili lungo lintero
percorso, che in pianura. Una volta entrata nella zona est della citt devo
seguire la linea del tram numero nove, e cos arriver alla stazione centrale che
il posto dove si trovano la maggior parte degli ostelli della giovent pi
economici.
Uscendo da Utrecht, il paesaggio diventa dapprima industriale per poi lasciare
il posto alle fattorie. Mucche che ciondolano in mezzo a campi verdeggianti,
grandi mulini a vento in pietra, vedo addirittura un fattore con gli zoccoli tipici ai
piedi. Ma non ci vuole molto perch il paesaggio bucolico si mescoli di nuovo con

grossi edifici adibiti a uffici e, di l a poco, entro nella periferia di Amsterdam.


Supero un enorme stadio con scritto Ajax, poi la pista ciclabile sbuca sulla
carreggiata e le cose diventano un po pi confuse. Sento il tintinnare del
campanello di un tram. il numero nove, proprio come mi ha anticipato Anamiek.
Lo seguo per i lunghi viali che costeggiano lOosterpark e quello che presumo sia
lo zoo uno stormo di fenicotteri nel bel mezzo della citt finch la situazione
si fa di nuovo confusa e, allincrocio con un grande mercato delle pulci, perdo le
tracce del tram. Dietro di me, le moto suonano i clacson e il traffico di biciclette
pare due volte quello delle automobili; continuo a cercare di rintracciare il tram,
ma i canali hanno laria di girare in tondo e ognuno sembra uguale al primo, con
le alte sponde e ogni genere dimbarcazione a fenderne le acque salmastre: dalle
chiatte abitate, alle barche a remi, ai vaporetti turistici con il tetto trasparente.
Passo accanto a villette a schiera dai tetti improbabilmente aguzzi e a graziosi
piccoli caff, con le porte spalancate a mostrare pareti annerite dal passare dei
secoli. Svolto a destra e sbuco in un mercato dei fiori, con le loro corolle
variopinte che esplodono nella luce grigia del mattino.
Estraggo la mappa e la ruoto in ogni verso. Questa citt sembra girare in
tondo e i nomi delle strade sono scritti come se tutte le lettere dellalfabeto
avessero subito un incidente stradale: Oudezijds Voorburgwal. Nieuwebrugsteeg.
Completamente smarrita, pedalo fino a un tipo alto con una giacca di pelle che
sta legando un bimbetto biondo sul sedile di una bici. Quando lo vedo in faccia
rimango sconvolta perch, anche se pi vecchio, un altro clone di Willem.

Gli chiedo informazioni e lui mi invita a seguirlo fino alla piazza Dam e da l, in
mezzo al traffico frastornante della rotonda, mi indica la Warmoesstraat. Pedalo
lungo una strada piena di sexy shop che sfoggiano in vetrina i loro sgargianti
articoli. Alla fine dellisolato c uno degli ostelli della giovent pi economici.
Latrio ferve di unattivit chiassosa e turbolenta: c gente che gioca a biliardo
o a ping-pong, un gruppo immerso in una partita a carte, e tutti sembrano
avere in mano una birra anche se non neppure ora di pranzo. Chiedo un posto
in una camerata e, senza pronunciare verbo, la ragazza dagli occhi scuri al banco
dellaccettazione prende i dati del mio passaporto e i soldi. Su in camera, in barba
al cartello che recita PROIBITO LUSO DI DROGHE NEI DORMITORI , laria spessa per il
fumo di hashish e un tipo con lo sguardo annebbiato aspira attraverso un tubo
qualcosa che brucia su un pezzo di carta stagnola, che sono sicura non sia n
hashish n tanto meno legale. Chiudo a chiave lo zaino nellarmadietto, torno gi
ed esco in strada, dirigendomi a un affollato Internet Caf.
Pago per mezzora e vado a vedere i voli aerei a basso costo. Oggi gioved. Il
mio ritorno da Londra verso casa luned. C un volo per Lisbona a quarantasei
euro. Uno per Milano e uno per un posto che sta in Croazia! Digito su Google
Croazia e studio le foto di spiagge sassose e vecchi fari. Ci sono addirittura
degli alberghetti abbordabili allinterno dei fari. Potrei soggiornare in un faro.
Potrei fare qualsiasi cosa!
Non so quasi nulla della Croazia, perci decido di andare l. Tiro fuori la carta
di credito per pagare il biglietto, ma noto che nellaltra finestra che ho aperto

comparsa una nuova e-mail. La controllo. di Wren. Lintestazione dice: DOVE SEI?
Le rispondo rapidamente che sono ad Amsterdam. Quando, la settimana
scorsa, a Parigi, ho detto addio alla truppa australiana, lei aveva in progetto di
prendere un treno per Madrid; Kelly e gli altri si sarebbero diretti a Nizza, cos
parlavano di provare a incontrarsi a Barcellona. Perci rimango un po sorpresa
quando, trenta secondi dopo, ricevo una risposta che dice Ma dai! Anchio! Nel
messaggio c il suo numero di cellulare.
Sorrido da sola mentre le telefono. Lo sapevo che eri qui mi dice. Me lo
sentivo! Dove sei?
In un Internet Caf sulla Warmoesstraat. E tu? Pensavo che andassi in
Spagna!
Ho cambiato programma. Winston, quanto lontana la Warmoesstraat?
grida. Winston un ragazzo carino che lavora qui mi sussurra. Sento una
voce maschile in sottofondo. Poi Wren strilla: Siamo, tipo, a cinque minuti di
distanza. Incontriamoci in piazza Dam, davanti a quella torre bianca che sembra
un pene.
Chiudo il browser e, dieci minuti dopo, sto abbracciando Wren come se fosse
una parente che non vedo da secoli.
Ragazzi, quel SantAntonio velocissimo! esclama.
Davvero!
Allora, cos successo?
Le faccio un rapido riassunto di come ho trovato Ana Lucia, ho quasi trovato

Willem e ho deciso che meglio non trovarlo. Perci, adesso vado in Croazia.
Fa una faccia delusa. Davvero? Quando?
Avrei intenzione di prendere un volo domani mattina. Stavo proprio
prenotando il biglietto quando mi hai chiamato.
Oh, resta ancora qualche giorno. Possiamo esplorare la citt insieme.
Magari affittare delle biciclette. Oppure, affittarne una sola e andarci in due,
come fanno le ragazze olandesi.
Io ce lho una bicicletta dico. rosa.
Ha un portabagagli sul retro dove mi posso sedere?
Il suo sorriso troppo contagioso per resistere. S.
Oh. Allora devi restare. Sono in un ostello vicino al Jordaan. La mia stanza
grande come una vasca da bagno, ma carina e il letto matrimoniale. Vieni a
dividerla con me.
Guardo il cielo. Minaccia pioggia ed freddissimo per essere agosto; invece
Internet diceva che in Croazia caldo e soleggiato. Ma qui c Wren, e quante
possibilit cerano di incontrarsi? Lei crede nei santi. Io credo negli incidenti
casuali. Mi sa che in fondo crediamo alla stessa cosa.
Porto via la mia roba dalla stanza dellostello, dove il tipo ormai
praticamente svenuto, e la sposto nel suo. molto pi accogliente dellaltro,
soprattutto visto che c Winston, alto, bruno e sorridente, a registrarci. Di sopra,
il letto cosparso di guide, non solo dellEuropa, ma di tutto il mondo.
Cos tutta questa roba?

Me le ha prestate Winston. Sono per la mia lista definitiva.


Lista definitiva?
Di tutte le cose che voglio fare prima di morire.
Mi torna in mente la frase bizzarra e criptica che mi ha detto quando ci siamo
viste a Parigi per la prima volta: Io li conosco bene gli ospedali. Ho frequentato
Wren solo per un giorno e mezzo, ma sufficiente per rendere il pensiero di
perderla inconcepibile. Deve leggermi qualcosa in faccia perch mi sfiora
dolcemente un braccio. Non ti preoccupare. Ho intenzione di vivere a lungo.
E perch fai una lista definitiva allora?
Perch se aspetti fino a che stai davvero per morire, troppo tardi.
La guardo. Io li conosco bene gli ospedali. I santi. Chi? le chiedo con
dolcezza.
Mia sorella, Francesca. Tira fuori un pezzo di carta. Sopra c scritta una
serie di titoli e luoghi: La bella Angle (Parigi), La lezione di musica (Londra), La
resurrezione (Madrid). E cos via.
Non capisco le restituisco il foglietto.
Francesca non ha avuto la possibilit di approfondire molte cose, ma era
unartista convinta e dedicata. Quando si trovava in ospedale, in un braccio aveva
lago della chemio e appoggiato allaltro un blocco da disegno. Ha fatto centinaia
di dipinti e disegni: la sua eredit, le piaceva definirli, perch almeno quando lei
sarebbe morta loro avrebbero continuato a vivere, anche se, magari, solo in
soffitta.

Non si sa mai dico pensando ai dipinti e alle sculture nello studio dello
squat, che forse un giorno finiranno al Louvre.
Be, proprio cos. Lei trovava molta consolazione nel fatto che artisti come
Van Gogh o Vermeer fossero misconosciuti in vita e siano diventati famosi dopo
la morte. E voleva ammirare i loro lavori di persona, cos lultima volta che la
malattia era in fase regressiva abbiamo fatto un pellegrinaggio a Toronto e a
New York per vederne qualcuno. Dopodich, lei ha compilato una lista pi ampia.
Scorro di nuovo la lista. Quindi? Qual il dipinto che si trova qui? Un Van
Gogh?
Cera un Van Gogh nella sua lista: Notte stellata, che abbiamo visto insieme
a New York. Qui ci sono alcuni Vermeer, anche se quello che lei amava di pi a
Londra. Ma questa la sua lista, che dopo Parigi passata in secondo piano.
Non capisco.
Amo Francesca e ci andr, a vedere quei dipinti per lei un giorno. Ma ho
trascorso molta parte della mia vita allombra della sua. Doveva essere cos.
Per, ora che se n andata come se vivessi ancora nella sua ombra, capisci?
Stranamente, capisco. Faccio segno di s.
successo qualcosa, quando ti ho incontrata a Parigi. Sei una ragazza
normale che sta facendo una cosa abbastanza folle. Mi hai ispirato. Ho cambiato
programma. E ho cominciato a chiedermi se la vera ragione per cui ho intrapreso
questo viaggio non sia stata incontrare te. Forse Francesca e i santi volevano che
ci incontrassimo.

La cosa mi fa rabbrividire. Lo pensi davvero?


Credo di s. Non ti preoccupare, non dir ai miei genitori che sei tu la
ragione per cui torno a casa con un mese di ritardo. Sono un tantino agitati.
Rido. Capisco anche questo. E quindi, che c nella tua lista?
molto meno nobile di quella di Francesca. Cerca nel suo diario di
viaggio e ne estrae un foglio di carta spiegazzato. Baciare un ragazzo sulla Torre
Eiffel. Rotolarsi in un campo di tulipani. Nuotare con i delfini. Vedere laurora
boreale. Arrampicarsi su un vulcano. Cantare in un gruppo rock. Farmi un paio di
stivali da sola. Cucinare un banchetto per venticinque amici. Farmi venticinque
amici.
un processo in corso. Continuo ad aggiungere cose e ho gi preso qualche
cantonata. Sono venuta qui per i tulipani, che per fioriscono solo in primavera.
Cos ora dovr escogitare qualcosaltro. Oh, be. Credo che dovrei riuscire a
vedere laurora boreale in un posto che si chiama Bod, in Norvegia.
Sei riuscita a baciare un ragazzo sulla Torre Eiffel?
Arriccia le labbra in un malizioso sorrisetto da fatina degli elfi. S. Ci sono
andata la mattina che sei partita. Cera un gruppo di italiani. Sanno essere molto
cortesi, quegli italiani. Abbassa la voce fino a un sussurro. Non sapevo
neppure il suo nome.
A volte non serve le sussurro di rimando.

CAPITOLO TRENTASETTE

Ce ne andiamo a fare un pranzo tardivo in un ristorante indonesiano che serve un


sostanzioso rijsttafel, ovvero un pasto a base di riso cucinato in pi di dodici
maniere diverse, e ci ingozziamo fino alla nausea. Poi, mentre pedaliamo
ondeggiando sulla bicicletta, mi viene unidea. Non proprio la stessa cosa di un
campo di fiori al Keukenhof, ma forse andr bene lo stesso. Giro un po a casaccio
per una ventina di minuti finch, finalmente, trovo il mercato dei fiori che ho visto
stamattina. I fiorai stanno chiudendo i chioschi e abbandonando un bel po di
avanzi da buttare. Wren e io ne rubiamo qualche mazzo e li stendiamo sul
sentiero tortuoso che corre lungo la sponda del canale. Lei ci si rotola sopra,
contenta come una pasqua. Io rido e scatto qualche foto con la sua macchina
fotografica e qualcunaltra con il mio telefono, per mandarla a mia madre.
I fiorai la osservano leggermente divertiti, come se questo genere di cose
avvenisse almeno due volte alla settimana. Un tipo grosso e barbuto, che indossa

un paio di bretelle sopra la collinetta della sua pancia, si avvicina con della
lavanda appassita. Le puoi dare anche questa.
Tieni, Wren. Le lancio i fiorellini violetti e profumati.
Grazie dico rivolta al tipo. Poi gli racconto di Wren e della sua lista
definitiva e spiego che, visto che per il campo di tulipani non era pi stagione,
abbiamo dovuto accontentarci di questo.
Lui guarda Wren, che sta cercando di togliersi foglie e petali dal maglione.
Infila la mano in tasca e tira fuori un biglietto da visita. I tulipani ad agosto
non sono facili da trovare. Ma se a te e alla tua amica non pesa svegliarvi presto,
forse ve ne posso procurare un piccolo campo.
Il mattino seguente Wren e io puntiamo la sveglia alle quattro e, un quarto dora
dopo, scendiamo gi nella strada deserta per incontrare Wolfgang, che ci aspetta
con il suo furgoncino. Mi tornano in mente gli avvertimenti dei miei genitori
riguardo al non andare mai in auto con degli sconosciuti, ma mi rendo conto che,
per quanto sembri improbabile, Wolfgang non uno sconosciuto. Ci strizziamo
tutti e tre nel sedile anteriore e viaggiamo con calma in direzione di una serra ad
Aalsmeer. In pratica, Wren non riesce a star ferma per leccitazione, il che sembra
innaturale alle quattro e un quarto del mattino, eppure per ora non ha neanche
bevuto un caff, anche se il previdente Wolfgang ne ha portato un thermos pieno,
insieme a qualche uovo sodo e a un po di pane.
Passiamo il viaggio ascoltando della sdolcinata musica pop europea e

Wolfgang che ci racconta aneddoti dei trentanni che ha trascorso nella marina
mercantile, prima di trasferirsi nel quartiere del Jordaan, ad Amsterdam. Sono
tedesco di nascita, ma morir cittadino di Amsterdam dice facendo un gran
sorriso pieno di denti.
Alle cinque entriamo al Bioflor, che non assomiglia molto alle immagini del
parco di Keukenhof, con i suoi tappeti di fiori variopinti, ma sembra invece una
sorta di stabilimento agricolo. Guardo Wren e mi stringo nelle spalle. Wolfgang
entra e si ferma accanto a una serra delle dimensioni di un campo da calcio,
sovrastata da una sfilza di pannelli solari. Un tipo dalla faccia rosea di nome Jos
ci viene ad accogliere. Poi apre la porta, e Wren e io restiamo senza fiato.
Ci sono file e file di fiori di ogni colore. Ettari interi. Percorriamo gli stretti
passaggi tra unaiuola e laltra, nellaria spessa per lumidit e lodore di concime,
finch Wolfgang non ci indica una sezione di tulipani color fucsia, screziati, e un
misto esplosivo dalle tinte di agrumi che ricorda unarancia sanguigna. Mi
allontano, lasciando Wren ai suoi fiori.
Lei sta l in piedi per un po. Poi la sento che grida: incredibile! Lo vedi
anche tu? Wolfgang mi guarda, ma io non rispondo: non credo che stia
parlando a noi.
Wren corre tutto intorno a questa serra e poi a unaltra piena di fresie
profumate e io le faccio una serie di fotografie. Poi, per Wolfgang ora di
tornare. Sbraitiamo canzoni degli Abba per tutta la strada del ritorno e lui
sostiene che in esperanto Abba vuol dire felicit e che le Nazioni Unite

dovrebbero suonare le loro canzoni alle assemblee generali.


Solo quando arriviamo a un magazzino fuori Amsterdam noto che il retro del
furgone di Wolfgang ancora vuoto. Non hai comprato fiori per il tuo chiosco?
Scuote la testa. Oh, io non compro direttamente dalle serre. Compro
allasta, dai grossisti che li consegnano qui. Indica un punto in cui c gente che
sta caricando fiori nei camion.
E quindi sei venuto fin l solo per noi? domando.
Alza le spalle, come a dire: Certo. E perch, se no? A questo punto non ho
pi il diritto di stupirmi della capacit che possiede la gente di dimostrarsi gentile
e generosa, ma mi sorprendo lo stesso. Mi sbalordisce ogni volta.
Possiamo invitarti a cena, stasera? propongo.
Scuote la testa. Non stasera. Vado a vedere una commedia al Vondelpark.
Ci guarda. Dovreste venire anche voi. in inglese.
E perch una commedia olandese dovrebbe essere in inglese? domanda
Wren.
Questa la differenza tra i tedeschi e gli olandesi replica Wolfgang. I
tedeschi traducono Shakespeare. Gli olandesi lo lasciano in inglese.
Shakespeare? ripeto, sentendomi rizzare ogni pelo del corpo. Che
commedia ?
E prima che lui abbia finito di pronunciarne il titolo, comincio a ridere. Perch
semplicemente impossibile. pi impossibile che trovare un ago in un pagliaio.
Pi improbabile che trovare una stella solitaria nelluniverso. Meno probabile che

trovare quellunica persona tra mille che potresti amare.


Perch, stasera, la commedia che va in scena al Vondelpark Come vi piace. E
io so, con una certezza che non sono in grado di spiegare, ma su cui potrei
scommettere la vita, che lui reciter l.

CAPITOLO TRENTOTTO

Cos, dopo un anno, lo ritrovo nello stesso modo in cui lho trovato la prima volta:
in un parco, nel crepuscolo afoso, che declama le parole di William Shakespeare.
Anche se stasera, al termine di questanno, tutto diverso. Siamo ben lontani
da Guerrilla Will: questa una vera produzione, con un palcoscenico, dei posti a
sedere, luci e una folla di spettatori. Una folla nutrita. Tanto che, quando
arriviamo sul posto, ci ritroviamo spinti dalla ressa verso un basso muro ai
margini del piccolo anfiteatro.
Questanno, lui non ha pi una parte secondaria. Questanno una star.
Orlando, come immaginavo. il primo degli attori a entrare in scena e, da l in
avanti, il palcoscenico suo. Rapisce lattenzione. E non solo la mia. Quella di
tutti. Appena attacca il primo monologo, la folla ammutolisce e cos rimane per
tutta la sua esibizione. Il cielo si scurisce e falene e zanzare danzano nei riflettori:
il Vondelpark di Amsterdam si trasforma nella Foresta di Arden, un luogo magico

dove ci che stato perduto pu essere ritrovato.


Lo guardo, ed come se ci fossimo solo noi due. Willem e io. Tutto il resto
svanisce. Svanisce il suono dei campanelli delle bici. Svaniscono le zanzare che
ronzano intorno alla fontana dello stagno. Svanisce il gruppo di ragazzi chiassosi
seduto accanto a noi. Gli altri attori svaniscono. Svanisce lanno appena passato.
E svaniscono tutti i miei dubbi. La sensazione di essere sulla strada giusta invade
tutto il mio essere. Lho trovato. Qui. Come Orlando. Tutto mi ha condotta qui.
Il suo Orlando diverso da quello che abbiamo interpretato in classe o da
come lo ha recitato lattore di Boston. Il suo sensuale e vulnerabile, il desiderio
per Rosalinda cos palpabile che diventa fisico, una sostanza chimica che emana
dal suo essere e, trasportata dalla luce vorticante dei proiettori, viene a fermarsi
sulla mia pelle umida e accogliente. Sento passione, desiderio e s il mio
amore sprigionarsi pulsando dal mio essere e nuotare verso il palcoscenico dove
mimmagino che lui li assorba come flussi di corrente elettrica.
Lui non pu sapere che sono qui. Eppure, per quanto sembri assurdo, mi sento
come se lo sapesse. Ho limpressione che percepisca in qualche modo che io sono
nelle parole che pronuncia, cos come io ho percepito lui la prima volta che le ho
pronunciate nella classe del professor Glenny.
Mi ricordo cos tante delle battute di Rosalinda, e anche di Orlando, che le
ripeto tra me e me insieme agli attori. Sembra un botta e risposta privato tra me
e Willem.

Quella poca forza che ho, vorrei che fosse per voi.
Buona fortuna a voi. Prego il cielo che mi smentisca per quanto vi riguarda.
Amami, Rosalinda.
E mi vorrai?
Perch, non sei buono, tu?
Lo spero bene.
Ora dimmi, per quanto te la vorresti tenere dopo averla posseduta?
Per sempre, pi un giorno ancora.

Per sempre e un giorno ancora.


Tengo stretta da una parte la mano di Wren e dallaltra quella di Wolfgang.
Formiamo una catena, noi tre. L in piedi, cos, fino alla fine dello spettacolo.
Finch ciascuno riesce ad avere il suo lieto fine: Rosalinda sposa Orlando, Celia
sposa Oliver, che si riconcilia con il fratello, Febe sposa Silvio, il cattivo duca
redento e il duca esiliato torna a casa.
Rosalinda pronuncia il suo monologo finale. La commedia finita e il pubblico
letteralmente impazzisce, applaudendo e gridando; io mi volto e getto le braccia
prima al collo di Wren e poi di Wolfgang, schiacciando la guancia contro la stoffa
della sua camicia di cotone e inalando laroma di tabacco mescolato a nettare di
fiori e terra. Poi qualcun altro mi abbraccia: i ragazzi chiassosi accanto a noi.
Quello il mio migliore amico! grida uno di loro. Ha occhi azzurri e ammiccanti
ed pi basso degli altri di tutta la testa: uno Hobbit pi che un olandese.

Quale? chiede Wren. Ora lei che viene abbracciata a turno dal gruppo
allegro e, si direbbe, piuttosto brillo dei ragazzi olandesi.
Orlando! risponde lo Hobbit.
Oh! esclama Wren, e spalanca gli occhi chiari tanto che risplendono come
perle. Oh! ripete, rivolta a me.
Non che, per caso, tu sei Robert-Jan? domando.
Per un attimo lo Hobbit fa una faccia sorpresa. Poi sorride. Broodje per gli
amici.
Broodje ridacchia Wolfgang. Si gira verso di me. un tipo di panino.
Che Broodje adora mangiare aggiunge uno dei suoi amici dandogli una
pacca sullo stomaco.
Broodje/Robert-Jan spinge via la mano. Dovreste venire alla nostra festa
stasera. Sar la festa pi sensazionale di tutte le feste. stato fantastico, no?
Wren e io annuiamo entrambe. Broodje/Robert-Jan va avanti a commentare
quanto stato grande Willem, poi il suo amico gli dice qualcosa in olandese, che
credo riguardi sempre Willem.
Cosha detto? sussurro a Wolfgang.
Ha detto che non lo ha visto, Orlando credo, cos felice dallepoca di non
ho sentito tutto, qualcosa su suo padre.
Estrae un pacchetto di tabacco da una tasca di cuoio e comincia ad arrotolarsi
una sigaretta. Senza guardarmi, dice con la sua voce profonda: Credo che
luscita degli attori sia laggi. Mi mostra un cancelletto di metallo a

unestremit del palco.


Accende la sigaretta. Gli silluminano gli occhi. Indica di nuovo il cancello.
Il mio corpo non mi sembra pi materia solida. un agglomerato di particelle.
Elettricit pura. Mi fa danzare attraverso il teatro, verso il lato del palco. C una
folla di gente che aspetta per congratularsi con gli attori. Alcuni reggono mazzi di
fiori o bottiglie di champagne. Lattrice che ha interpretato Celia esce accolta da
grida e abbracci. Poi arriva Jacques, e poi Rosalinda, che riceve una montagna di
mazzi di fiori. Il mio cuore comincia a tuonare. Possibile che sia arrivata fin qui
per non riuscire a incontrarlo?
Poi, per, sento la sua voce. Come al solito, sta ridendo per una battuta che
qualcuno ha detto. Poi noto i suoi capelli, pi corti di prima; i suoi occhi, scuri e
luminosi a un tempo; il suo viso, una piccola cicatrice sulla guancia, che lo rende
ancora pi attraente.
Il respiro mi si blocca nel petto. Credevo di essermelo dipinto pi bello nel
ricordo. Invece, vero il contrario. Mi ero scordata di quanto sia davvero bello. Di
quanto sia intrinsecamente Willem.
Willem. Il suo nome si forma nella mia gola.
Willem! Il suo nome risuona forte e chiaro.
Ma non mia la voce che lo ha pronunciato.
Mi tocco la gola con le dita per esserne sicura.
Willem!
Sento di nuovo quella voce. Poi colgo un movimento indistinto. Una ragazza

sbuca di corsa dalla folla. I fiori che regge tra le mani cadono a terra mentre gli si
getta al collo. E lui laccoglie. La solleva da terra e la stringe. Le sue braccia
affondano nei capelli biondo miele e ride per qualcosa che lei gli sussurra
allorecchio. Roteano su se stessi, abbracciati, un groviglio di felicit. Damore.
Io resto l come se avessi messo radici, ad assistere a quella dimostrazione
pubblica di sentimenti privati. Infine, qualcuno si avvicina a Willem e gli tocca una
spalla, e la ragazza scivola a terra. Raccoglie il mazzo di fiori girasoli,
esattamente quelli che io avrei scelto per lui e lo spolvera. Willem le mette con
disinvoltura un braccio intorno alle spalle, baciandole una mano. Lei infila il suo a
circondare la vita di lui. E capisco che non mi sbagliavo riguardo allamore che
emanava da lui durante la rappresentazione. Mi sbagliavo solo sulla persona a cui
era diretto.
Si allontanano, camminando cos rasente a me che sento laria spostarsi al suo
passaggio. Siamo vicinissimi, ma lui sta guardando lei perci non mi vede affatto.
Se ne vanno, mano nella mano, verso un gazebo, lontano dalla mischia. Io resto
l.
Sento un tocco gentile sulla spalla. Wolfgang. Mi guarda e inclina la testa da
un lato Finito? domanda.
Guardo di nuovo Willem e la ragazza. Forse lei la francese. Oppure una
completamente nuova. Sono seduti uno di fronte allaltra, con le ginocchia che si
sfiorano, e parlano tenendosi per mano. come se il resto del mondo non
esistesse. Mi sentivo cos quando ero con lui, lanno scorso. Forse se un estraneo

ci avesse visto gli saremmo apparsi esattamente cos. Ma ora sono io lestranea.
Li guardo di nuovo. Persino da qui riesco a capire che per lui quella ragazza
speciale. Qualcuno che ama.
Aspetto il pugno allo stomaco che devasta, il tracollo di un anno di speranze, il
fragore della tristezza. E lo sento: il dolore di perderlo, o di perdere lidea che ho
di lui. Insieme a quel dolore c qualcosaltro, per. Allinizio fievole, perci devo
sforzarmi per udirlo. Ma, quando ci riesco, odo il rumore di una porta che si
chiude silenziosamente. E poi succede una cosa sorprendente: la serata calma,
ma sento una raffica di vento, come se mille altre porte si fossero spalancate
simultaneamente.
Lancio un ultimo sguardo a Willem e alla ragazza. Poi mi giro verso Wolfgang.
Finito dico.
Ma ho il sospetto che sia vero il contrario. In realt sto appena cominciando.

CAPITOLO TRENTANOVE

Mi sveglio sbattendo le palpebre nel bagliore del sole. Strizzo gli occhi per
guardare la sveglia da viaggio. quasi mezzogiorno. Tra quattro ore parto. Wren
ha deciso di rimanere ancora qualche giorno. C una serie di strani musei di cui
ha appena scoperto lesistenza e che vuole visitare: uno dedicato alle torture
medievali, un altro specializzato in borse e borsette. In pi, Winston le ha detto
che conosce qualcuno che pu insegnarle a fabbricare scarpe, e questo potrebbe
trattenerla qui per unaltra settimana. Ma a me rimangono tre giorni e ho deciso
di andare in Croazia.
Non ci arriver fino a stasera e dovr ripartire luned mattina presto per
riuscire a prendere il volo che mi riporter a casa. Perci, ci star soltanto una
giornata. Ma so bene cosa pu succedere in un giorno. Assolutamente tutto.
Secondo Wren sto facendo un errore. Lei non ha visto Willem insieme alla
ragazza e continua a sostenere che potrebbe essere chiunque, per esempio sua

sorella. Non le rivelo che Willem, come me e come ormai anche lei, figlio unico.
Ieri per tutta la sera mi ha implorato di andare alla festa per vedere cosa
succedeva. Io lo so dov. Robert-Jan me lo ha spiegato. a oh, non mi
ricordo il nome della strada, ma lui ha detto che in olandese vuol dire cintura.
Numero centottantanove.
Alzo la mano. Basta! Non ci voglio andare.
Ma prova a immaginare ha insistito. E se tu non avessi mai incontrato
Willem in vita tua, e Broodje ci avesse invitato alla festa, e noi ci fossimo andate
e voi due vi foste visti l per la prima volta e vi foste innamorati? Forse cos che
poteva accadere
una bella teoria. E non posso fare a meno di chiedermi se questo sarebbe
veramente accaduto. Ci innamoreremmo, se ci incontrassimo oggi? Mi ero
davvero innamorata di lui, quella prima volta? O era solo uninfatuazione
alimentata dal mistero?
Per comincio a chiedermi anche unaltra cosa. Se lo scopo di questa folle
ricerca fosse davvero ritrovare Willem. Forse, invece, era aiutarmi a ritrovare
qualcun altro.
Mi sto vestendo quando Wren apre la porta stringendo in mano un sacchetto di
carta. Ciao, dormigliona. Ti ho preparato un po di colazione. O meglio, lo ha
fatto Winston. Ha detto che una cosa molto olandese.
Prendo il sacchetto. Grazie. Squadro la mia amica che sta ghignando

come una pazza. Winston, eh?


Ha appena staccato dal lavoro e ha detto che, appena sei partita, mi
porter a fare un giro in bici e mi presenter al suo amico calzolaio sostiene,
con il sorriso che ora minaccia di dividerle il viso in due parti. E dice che
domani devo andare a una partita dellAjax insieme a lui. Fa una pausa di
riflessione. Non era nella mia lista ma non si sa mai.
No, vero. Be, tra poco me ne vado e ti lascio al tuo giro dal calzolaio.
Ma c ancora un sacco di tempo prima del tuo volo.
Va bene lo stesso. Voglio andare con calma e dicono che laeroporto sia
bellissimo.
Finisco di mettere via le mie cose e scendo con lei. Winston mi mostra la
strada per la stazione ferroviaria.
Sei sicura che non vuoi che ti accompagni alla stazione o allaeroporto?
mi chiede Wren.
Scuoto la testa. Voglio guardarla allontanarsi sulla bici rosa come se dovessi
vederla di nuovo domani. Mi abbraccia forte e poi mi bacia tre volte alla maniera
olandese. Tot ziens. In olandese vuol dire Ci vediamo pi tardi. Perch non ci
stiamo dicendo addio mi grida. Mando gi il groppo che mi blocca la gola. Poi
Winston inforca la sua grande bicicletta nera, Wren sale su quella piccola e rosa e
vanno via pedalando.
Mi carico lo zaino sulle spalle e percorro a piedi il breve tratto di strada che
porta alla stazione. Per laeroporto di Schiphol c un treno allincirca ogni quindici

minuti; compro il biglietto e una tazza di t e vado a sedermi sotto il pannello


delle partenze per godermi la mia colazione. Quando vedo quello che c dentro
al sacchetto devo ridere per forza: Winston mi ha preparato un hagelslag. A
dispetto di quanto ne abbiamo parlato, alla fine non ero ancora riuscita ad
assaggiare questa speciale leccornia.
Do un morso. Lhagelslag croccante, ma dentro ha la morbidezza del burro e
del pane ancora caldo. E il resto ha proprio il sapore di lui.
In un lampo capisco cosa significa che il tempo fluido: di colpo lanno appena
trascorso mi scorre davanti agli occhi, condensandosi ed espandendosi. Cos sono
qui ad Amsterdam a mangiare lhagelslag e nello stesso tempo sono a Parigi con
la sua mano abbandonata sul mio fianco, sono su quel treno per Londra, a
guardare il paesaggio campestre che fugge veloce oltre il finestrino, e sono in fila
per vedere Amleto. Vedo Willem. Al bacino sul canale, che ricambia il mio
sguardo. E sul treno, con i jeans ancora puliti. E nel viaggio per Parigi, le mille
sfumature della sua risata.
Il pannello delle partenze cambia; io alzo gli occhi a guardarlo e, intanto,
immagino una diversa versione del tempo. In cui Willem molla quando in testa:
in cui non fa quel commento sulla mia colazione; in cui si limita a dirmi addio sul
binario invece di invitarmi ad andare a Parigi. In cui non si ferma a parlare con
me a Stratford-upon-Avon.
Ed allora che capisco che sono rimasta macchiata. Che lo ami ancora
oppure no, che lui mi abbia mai amata o no, e a prescindere da chi ama adesso,

Willem ha cambiato la mia vita. Mi ha fatto vedere come perdersi e, poi, io ho


trovato da sola il modo in cui ritrovarmi.
Forse, dopotutto, incidente non la parola pi appropriata. Forse
miracolo.
O, forse, non un miracolo. Forse solo la vita. Quando ti apri a essa. Quando
ti fai avanti per andarle incontro. Quando dici di s.
Dopo essere arrivata fin qui, come posso non dirgli proprio a lui che lo
capirebbe cos bene che dandomi quel volantino, invitandomi a disertare
Amleto, mi ha aiutato a capire che la questione non essere ma come essere.
Come posso essere arrivata fin qui e non averne il coraggio?
Scusi dico a una donna con un vestito a pois e una cintura da cowboy.
C una strada di Amsterdam che si chiama come una cintura?
Ceintuurbaan mi risponde. Tram numero venticinque. Proprio davanti
alla stazione.
Corro fuori dalla stazione ferroviaria e salto sul tram, chiedendo allautista
dove devo scendere per arrivare al numero centottantanove di Ceintuurbaan.
Vicino a Sarphatipark risponde. La avverto io.
Venti minuti dopo scendo accanto a un parco. Allinterno c una piccola area
giochi con una vasca di sabbia, e mi vado a sedere sotto un albero per radunare
tutto il mio coraggio. Due bambini stanno dando i tocchi finali a un elaborato
castello di sabbia, molto alto e ricco di torri, torrette e fossati.
Mi alzo e mi dirigo verso ledificio. Non sono nemmeno sicura che lui viva qui,

ma la sensazione di essere sulla strada giusta non mai stata cos forte. Ci sono
tre campanelli. Suono quello pi in basso. Una voce femminile starnazza
attraverso il citofono.
Salve esordisco. Prima che riesca a dire altro la porta si apre con un
piccolo scatto.
Entro in un atrio buio, dallodore di chiuso. Una porta si apre e il mio cuore
salta un battito. Ma non lui. una signora anziana con un cagnolino che abbaia
appiccicato alle sue caviglie.
Willem? chiedo. Indica in alto con il pollice e richiude la porta.
Salgo le scale fino al secondo piano. Ci sono altri due appartamenti
nelledificio, perci il suo potrebbe essere questo o quello al piano superiore. Mi
trattengo un attimo davanti alla porta per cercare di cogliere i rumori allinterno.
C silenzio, a parte il fievole eco di una musica. Ma il mio cuore batte forte e
rapido, come un radar che lanci un segnale: s, s, s.
Mi trema un poco la mano quando busso, e allinizio il rumore lieve come se
picchiassi su un tronco cavo. Poi, per, indurisco il pugno e busso di nuovo. Sento
i suoi passi. Ripenso alla cicatrice sul suo piede. Era sul destro o sul sinistro? I
passi si avvicinano. Sento il cuore che accelera, raddoppiando il ritmo di quei
passi.
Poi la porta si apre e lui l.
Willem.
La sua alta statura proietta unombra su di me, proprio come quel primo

giorno, lunico altro giorno in verit, in cui ci siamo incontrati. I suoi occhi, quegli
occhi scurissimi, che nascondono un infinito spettro di sensazioni nascoste, si
spalancano e la bocca si apre. Sento il respiro che gli si blocca e la sorpresa che
prova.
Resta l, in piedi; il suo corpo riempie il vano della porta e mi fissa quasi fossi
un fantasma, cosa che suppongo di essere. Daltronde, se conosce Shakespeare
di certo sa che i fantasmi tornano a perseguitarti.
Lo osservo, mentre domande e risposte cozzano sul suo viso. Sono tante le
cose che vorrei dirgli. Da dove posso incominciare?
Ciao, Willem dico. Mi chiamo Allyson.
Lui non risponde nulla. Resta l per un minuto a fissarmi. Poi si fa da parte e
apre di pi la porta, per farmi entrare.
E io entro.

Scopri le emozioni provate da Willem in

24 ore per amare, 365 giorni per ritrovarsi.

Nel giro di 24 ore Willem e Allyson si sono trovati, innamorati e poi persi.
La loro avventura folle e romantica a Parigi finita prima del previsto. Nulla
rimane di quella notte, tranne un orologio. E la borsetta di Allyson, in cui Willem
spera di trovare un indirizzo, una speranza, un appiglio che lo riporti sulla strada
verso la sua Lul, soprannominata cos per via della somiglianza con lattrice
Louise Brooks. Ma il tempo, come spesso capita, scorre veloce e la vita fa il suo
corso. La passione per il teatro porta Willem in giro per il mondo, dove far tanti
incontri, stringer nuove amicizie, prover a dimenticare. Ma una domanda lo
segue a ogni passo: quellorologio, unico ricordo di un amore durato solo una
notte, scandir il tempo per ritrovarsi?

Inizia a leggere...

AGOSTO

Parigi
un sogno che faccio spesso: sono in aeroplano, sorvolo le nubi. Il velivolo
comincia a scendere e un panico improvviso mi prende: ho appena scoperto di
essere sullaereo sbagliato, di viaggiare verso un luogo che non quello in cui
devo andare. Non mai chiaro dove sto per atterrare in una zona di guerra, nel
bel mezzo di unepidemia, in un altro secolo so solo che un posto in cui non
dovrei trovarmi. A volte provo a chiedere al passeggero al mio fianco dove siamo
diretti, ma non riesco a vederne la faccia, non comprendo mai la risposta. Mi
sveglio per il cigolio del carrello che scende e per il battito impazzito del mio
cuore, e mi ritrovo spaesato, sconvolto, madido di sudore. Di solito, mi ci
vogliono alcuni istanti prima di raccapezzarmi e capire dove sono in un

appartamento a Praga, in un albergo del Cairo ma, anche quando lho


individuato, il senso di smarrimento rimane.
Adesso mi sembra di fare quel sogno. Come sempre, sollevo la tendina per
scrutare le nuvole. Sento il rollio dei motori, la spinta in avanti, la pressione nelle
orecchie, la scintilla del panico che scocca. Mi giro verso la persona senza volto
seduta al mio fianco ma, questa volta, ho limpressione che non sia un estraneo.
Si tratta di qualcuno che conosco, della persona con cui sto viaggiando. E questa
consapevolezza mi riempie di un intenso sollievo: non possibile che siamo saliti
entrambi sullaereo sbagliato.
Sai dove stiamo andando? domando. Mi avvicino. Sono a pochi centimetri,
sto per vedere il suo volto, per ottenere la risposta, per scoprire dove sono
diretto
Poi sento lululato delle sirene.
La prima volta che ho fatto caso al suono delle sirene mi trovavo a Dubrovnik.
Stavo viaggiando con un ragazzo incontrato in Albania e abbiamo sentito passare
una sirena. Somigliava a quelle che si sentono nei film di azione americani e il
mio compagno di strada aveva sottolineato quanto sono diverse nei vari paesi.
comodo perch cos non ti dimentichi dove sei; puoi anche tenere gli occhi chiusi
e lasciare che sia il suono a rivelartelo aveva detto. A quel tempo ero in viaggio
ormai da un anno e ci avevo messo qualche istante a ricordare il suono delle
sirene di casa mia. Era abbastanza melodico, un su-gi-su-gi la, la, la, la,

come se qualcuno modulasse un motivetto sovrappensiero, con allegria.


Ma questa sirena non cos: monotona, meee-meee, meee-meee, simile al
belato di una pecora elettrica. Non aumenta n diminuisce di volume,
avvicinandosi o allontanandosi: fa pensare piuttosto a un muro di lamenti. Per
quanto mi sforzi, non riesco a collocarne il suono; non so dove mi trovo.
So soltanto che non sono a casa.
Apro gli occhi. Luce intensa dappertutto, che scende dallalto, ma che sembra
addirittura scaturire dai miei stessi occhi: minuscole esplosioni simili a punte di
spillo che provocano un dolore terribile. Serro immediatamente le palpebre.
Kai. Il ragazzo con cui ho viaggiato da Tirana a Dubrovnik si chiamava Kai.
Avevamo bevuto una birra chiara croata sui bastioni della citt e poi riso come
pazzi pisciando nellAdriatico. Il suo nome era Kai e veniva dalla Finlandia.
Le sirene urlano a tutta forza. Continuo a non sapere dove sono.
Il suono delle sirene sinterrompe. Rumore di una porta che si apre, sensazione di
acqua sulla pelle. Il mio corpo viene spostato. Ho limpressione che sia meglio
continuare a tenere gli occhi chiusi. Non voglio assistere a niente di ci che sta
accadendo.
Poi, per, mi aprono gli occhi a forza e vedo unaltra luce, penetrante e
lancinante: mi ricordo di quella volta in cui avevo fissato troppo a lungo uneclissi
di sole. Saba mi aveva avvertito di non farlo, ma ci sono cose dalle quali non si
riesce a staccare lo sguardo. Dopo, avevo sofferto di mal di testa per ore.

Emicrania da eclissi. Cos lavevano definita al telegiornale. Un sacco di gente


laveva avuta dopo aver fissato il sole. Mi ricordo anche questo. Ma ancora non so
dove mi trovo.
Ora sento delle voci che sembrano riecheggiare in una galleria. Riesco a udirle,
ma non capisco quello che dicono.
Comment vous appelez-vous? mi domanda qualcuno in una lingua che so
non essere la mia ma che, per qualche motivo, capisco. Come ti chiami?
Puoi dirci il tuo nome? La stessa domanda in unaltra lingua ma, di nuovo,
non nella mia.
Willem de Ruiter.
Questa volta la mia voce il mio nome.
Bene fa eco unaltra voce maschile. Poi torna a esprimersi nella lingua di
prima. Francese. Sta dicendo che il mio nome lho pronunciato giusto e mi
domando come faccia a saperlo. Per un istante, mi sembra che sia Bram a parlare
ma, nonostante mi senta la mente confusa, realizzo subito che non possibile.
Bram non ha mai imparato il francese.

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Legge 633/1941 e successive modifiche.

Indice

Il libro
Lautore
Per un giorno d'amore
Parte Prima - Un giorno
Capitolo uno - Agosto, Stratford-upon-Avon, Inghilterra
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro - Parigi
Capitolo cinque
Capitolo sei
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
Capitolo undici
Capitolo dodici
Capitolo tredici
Parte Seconda - Un anno
Capitolo quattordici - Settembre, Universit
Capitolo quindici - Ottobre, Universit
Capitolo sedici - Novembre, New York
Capitolo diciassette - Dicembre, Cancun, Messico

Capitolo diciotto
Capitolo diciannove - Gennaio, Universit
Capitolo venti
Capitolo ventuno - Febbraio, Universit
Capitolo ventidue - Marzo, Universit
Capitolo ventitr
Capitolo ventiquattro
Capitolo venticinque - Aprile, Miami Beach
Capitolo ventisei - Maggio, Casa
Capitolo ventisette - Giugno, Casa
Capitolo ventotto - Luglio, Casa
Capitolo ventinove - New York
Capitolo trenta - Parigi
Capitolo trentuno
Capitolo trentadue
Capitolo trentatr
Capitolo trentaquattro - Agosto, Utrecht, Olanda
Capitolo trentacinque
Capitolo trentasei - Amsterdam
Capitolo trentasette
Capitolo trentotto
Capitolo trentanove
24 ore per amare, 365 giorni per ritrovarsi
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