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GRAVIDANZA E RIPRODUZIONE ASSISTITA

P.L. Venturini (1) (3) P. Anserini (2) (3) C. Belosi (4) F. Leoni (4) A. Lanzone (4)
(1) UO di Ostetricia e Ginecologia, Istituto "G. Gaslini"; (2) Clinica Ostetrica e Ginecologia, Ospedale "San
Martino";
(3) Dipartimento di Ginecologia (DIGiO), Universit di Genova;
(4) Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita nascente, Universit Cattolica del "Sacro
Cuore" di Roma

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Bibliografia
Tabelle

Gravidanza
I meccanismi che regolano la riproduzione umana sono caratterizzati da un curioso paradosso:
sebbene siano cruciali per la sopravvivenza della specie sono relativamente poco efficienti. La
probabilit che una fecondazione giunga a buon fine durante un singolo ciclo mestruale solo del
30% (1) e solo il 50-60% di tutti i concepimenti supera le 20 settimane di gestazione (2).
Di tutte le gravidanze che esitano in aborto, circa il 75% dovuto ad un inefficace funzionamento
dei meccanismi che sottendono all'impianto della blastocisti (2). Il mancato impianto anche il
maggior fattore limitante le tecniche di riproduzione assistita (3).
Considerando che tra prodotto del concepimento ed ambiente materno c' una relazione biunivoca
di continui scambi metabolici ed in cui difficile individuare il regista e gli attori, vediamo che di
volta in volta diversi elementi e compartimenti dominano la scena: la madre che con il suo apporto
di metaboliti svolge sicuramente un ruolo primario; il prodotto del concepimento (blastocisti o
embrione che sia), che inviando continui segnali all'organismo materno ne provoca frequenti
riadattamenti, l'utero con i suoi cambiamenti cito-istologici, il corpo luteo e successivamente la
placenta con le loro produzioni ormonali indispensabili al mantenimento della gravidanza ed allo
sviluppo fetale.
Diversi sono i fattori che regolano lo sviluppo della blastocisti e le modificazioni dell'utero: ormoni
(E2, P, human chorionic gonadotropin - hCG), citochine (Leukemia Inhibiting Factor - LIF), fattori
di crescita (Vascular Endothelial Growth Factor - VEGF), fattori immunologici (interleuchina-10),
molecole di adesione, proteinasi ed altri ancora come la cicloossigenasi-2 (4) (Figg. 1, 2). Tra
questi, sicuramente i pi conosciuti sono, almeno per quanto riguarda il loro meccanismo di azione
e gli effetti, gli ormoni steroidei, i cui profondi cambiamenti sono conosciuti da tempo nella storia
della medicina. L'impianto, infatti, richiede da una parte il progressivo aumento fino al picco
preovulatorio di 17b-estradiolo, che stimola la proliferazione e la differenziazione delle cellule
endometriali epiteliali, dall'altra la produzione continua del P ad opera del corpo luteo, che stimola,
invece, la proliferazione e la differenziazione delle cellule endometriali stromali.
stato osservato, tuttavia, che gli estrogeni, non hanno un ruolo essenziale nel mantenimento
delle gravidanza in fase precoce. Non cos per il P la cui presenza sembra essere fondamentale,
tanto che la rimozione chirurgica del corpo luteo esita sempre in un aborto dal momento che la
principale fonte di produzione del P nelle prime fasi di gestazione (5). Infatti, fino alla 10a
settimana di gestazione, quando la placenta assume completamente la funzione steroidogenetica,
il P viene prodotto quasi totalmente dal corpo luteo. Il range di variabilit dei livelli del P in
gravidanza particolarmente ampio e cos anche le oscillazioni tra donne diverse, sia che si tratti
di gravidanza spontanea sia che sia ottenuta con tecniche di riproduzione assistita (Fig. 3) (6).
In particolare, nell'unit feto-placentare la steroidogenesi non segue i meccanismi tipici. I prodotti
ormonali finali dipendono da interazioni critiche di sistemi organici separati che presi
singolarmente non possiedono tutte le caratteristiche enzimatiche necessarie: le unit fetale e

quella placentare sono complementari ed utilizzano il compartimento materno come risorsa per le
materie prime oltre che per la clearance steroidea. Il flusso sanguigno materno fornisce colesterolo
e pregnenolone per la sintesi del P, il contributo fetale, in questo caso, assolutamente
trascurabile, tanto che i livelli del P possono rimanere elevati anche dopo la morte fetale. La
steroidogenesi placentare viene assicurata dal colesterolo materno che dal flusso sanguigno entra
nelle cellule trofoblastiche sotto forma di LDL grazie ad un processo di endocitosi ad opera di
recettori specifici di membrana presenti sulle cellule del trofoblasto (7). A partire da questo
precursore viene sintetizzato il P grazie all'aiuto dell'hCG, ma su questo tema c' ancora oggi una
discreta discordanza tra i diversi Autori. Il meccanismo attraverso il quale il P esplica la sua
funzione a livello uterino sembra legato a una proteina di trasporto denominata Insulin-like
Growth Factor-Binding Protein-1 (IGFBP-1). Alla fase di preimpianto la produzione locale di IGFBP1 da parte dell'endometrio, in presenza del P, sembra stimolare la differenziazione e la funzione
secretoria dell'endometrio. Dopo l'impianto, l'IGFBP-1 immunoistochimicamente localizzato sia
nell'endometrio decidualizzato nelle gravidanze intrauterine che nelle cellule stromali
decidualizzate a livello della sede di impianto nelle gravidanze ovariche (8). Il P, ai fini della
gravidanza, sembra importante anche nel sopprimere la risposta immunologica materna nei
confronti degli antigeni fetali, impedendo cos il rigetto del trofoblasto. Nella fattispecie il P sembra
sia in grado di modulare la risposta della citochina T helper 1 e dell'interleuchina 10 al trofoblasto,
oltre che incrementare mediante up-regulation la produzione di TGFP sempre sul trofoblasto (9).
Su queste osservazioni nasce il razionale per un trattamento progestinico dapprima come supporto
della fase luteale nei protocolli di procreazione assistita (10) e come terapia della minaccia
d'aborto successivamente.
Le vie di somministrazione utilizzabili nella terapia con il P sono tre: la via orale, la via vaginale e
la via intramuscolare (11). La somministrazione per via orale garantisce evidentemente un'ottima
compliance per la paziente, ma presenta evidenti svantaggi, primo fra tutti l'estrema variabilit di
livelli plasmatici raggiunti, dovuta a fattori individuali di riempimento gastrico ed al passaggio
enteroepatico, responsabile sembra degli effetti collaterali quali cefalea, sonnolenza, nausea, ecc.
La via vaginale ha una distribuzione preferenziale a livello uterino, ma non consente di raggiungere
elevati e/o costanti livelli plasmatici del P. La somministrazione intramuscolare gravata da una
scarsa compliance della paziente per il dolore che provoca, a volte accompagnato da formazione di
ponfi e, in casi rarissimi, di ascessi non settici; tuttavia l'unica a garantire adeguati livelli
plasmatici del P. evidente come possa essere "sopportata", ed anche proposta quindi, nelle
situazioni in cui la paziente sia fortemente motivata, come la riproduzione assistita, la minaccia
d'aborto o anche la minaccia di parto pretermine. Anche in questa situazione, il supporto
progestinico sembra assumere un certo ruolo. Infatti alcuni Autori hanno dimostrato come gi la
somministrazione del P micronizzato per via orale combinata alla terapia betamimetica endovena,
bench non modifichi l'intervallo di durata della gravidanza, dimostra un tempo e un dosaggio di
betamimetici significativamente pi bassi, riducendo conseguentemente i costi e soprattutto i
rischi e gli effetti collaterali dell'infusione di betamimetici, cos come la durata del ricovero in
ospedale. Inoltre il meccanismo tocolitico dei due farmaci diverso e sinergico, in quanto agiscono
su recettori diversi ed infine il P in grado di ridurre i recettori per l'ossitocina contribuendo
ulteriormente all'azione tocolitica (12).
Nonostante quanto detto, il principale utilizzo della terapia progestinica sicuramente, sebbene
oggetto di dibattito, nella prevenzione dell'aborto ricorrente e nel trattamento della minaccia
d'aborto.
In particolare, l'evidenza che molte gravidanze spontanee o indotte giungano a termine
nonostante i bassi livelli serici del P ha generato notevoli perplessit riguardo l'uso dei progestinici
nel trattamento della minaccia d'aborto ed anche se tale considerazione accettata dalla maggior
parte degli Autori (13), la consuetudine clinica appare tutt'oggi difficile da eradicare. Inoltre
stata riportata una certa incidenza di difficolt respiratorie, anche se non tale da raggiungere
significativit statistica, in neonati di donne trattate con P rispetto ai gruppi di controllo. Va,
inoltre, sempre ricordato il possibile effetto teratogeno assunto dal P, oggetto di numerosi studi
negli anni '70-'80. Gli attuali preparati farmaceutici vengono comunemente considerati privi di
rischio embriopatico alcuno (13) (14).
L'aborto ricorrente ha un'incidenza di circa l'1% fra tutte le donne in et riproduttiva ( 15). Se ne

riconosce la causa soltanto nel 50% dei casi, sebbene ci siano posizioni controverse sull'effettivo
ruolo di alcuni fattori. Per questo necessario cercare di stabilire lo stato dell'arte per un
approccio razionale ed efficace a questo problema.
Fra le cause dobbiamo ricordare: le anomalie genetiche (2-4%); i disordini ormonali e metabolici
(30-50%); le anomalie della cavit uterina (10-15%); i disordini autoimmuni (15-20%); infine le
anomalie dei fattori trombofilici, i fattori ambientali, legati anche allo stile di vita personale e le
cause infettive (15).
Fra i disordini ormonali e metabolici consideriamo, in particolare, i difetti della fase luteale ( luteal
phase defects - LPD), la sindrome dell'ovaio policistico, il diabete, le disfunzioni tiroidee e
l'iperomocisteinemia.
Si ipotizza che gli LPD, causa di aborto ricorrente stimata nel circa 20-25% dei casi, siano dovuti o
alla mancata trasformazione endometriale o ad insufficiente produzione del P da parte del corpo
luteo, legata per lo pi ad un'alterata maturazione follicolare e conseguente inadeguata produzione
estrogenica, oppure ad eccessiva secrezione di LH, oppure a stati iperandrogenici, come si osserva
nella sindrome dell'ovaio policistico (15). La diagnosi si presume su livelli del P < 10 ng/ml in tre
dosaggi successivi eseguiti il 18, 21, e 24 giorno del ciclo mestruale e sulla biopsia
endometriale eseguita per lo studio istologico che evidenzi un ritardo-discrepanza di almeno 2
giorni fra il dato istologico e il giorno del ciclo. Ma questa definizione comporta numerosi limiti in
quanto da una parte il dosaggio del P non una metodica adeguata per evidenziare o escludere
una LPD, dall'altra per lo studio istologico ci sono notevoli variazioni interosservatore ed inoltre si
trovano quadri endometriali alterati rispetto alla fase del ciclo anche in donne normali. Per questo
la diagnosi degli LPD si basa sul riscontro di fase alterata in due biopsie consecutive (16).
Il trattamento di questo difetto ancora pi controverso. Vari studi prospettici randomizzati sono
stati eseguiti a partire dagli anni '80 in seguito all'innovativa produzione del P sintetico. Nessuno di
questi trial, tuttavia, ha una significativit statistica tale da validare la terapia progestinica come
trattamento degli LPD. Questo sembra dovuto da una parte per il fatto che nei gruppi studiati alle
donne con aborto ricorrente dagli LPD associato un ampio numero di pazienti con aborto
sporadico, nel quale il supporto progestinico potrebbe non sortire alcun effetto, dall'altra per
raggiungere un potere statistico dell'80%, osservando un miglioramento del tasso di gravidanza di
almeno il 25%, sarebbe necessaria una popolazione pi ampia numericamente (almeno 88
pazienti vs. le 15-20 di ogni trial). Solo in un'accurata metanalisi (17), dove vengono combinate le
osservazioni di 3 studi selezionati su 34 attraverso precisi criteri di inclusione, pu essere
dimostrata l'efficacia del P nel ridurre il tasso di abortivit (Fig. 4, Tab. I). Infatti la
somministrazione del P fino al primo trimestre in donne con aborto ricorrente sembra migliorare
significativamente le chance per proseguire la gravidanza oltre la 20a settimana. Quest'efficacia
sembra legata al supporto di un corpo luteo insufficiente, dal momento che nelle donne affette da
poliabortivit sono molto frequenti gli LPD e che il trattamento con P sembra possa correggere il
ritardo della trasformazione endometriale.
Anche in un recente studio, Check et al. (18) osservano come le donne affette dagli LPD
rispondano meglio alla supplementazione del P piuttosto che alla terapia di induzione
dell'ovulazione per migliorare la maturazione follicolare, forse per il fatto che in alcuni casi i
farmaci utilizzati nell'induzione dell'ovulazione, promuovendo una prematura invasione
trofoblastica, possono creare un ambiente uterino non sincrono con la stimolazione endocrina
ovarica. Altre indagini (19) hanno evidenziato come in una popolazione di donne affette da aborto
ricorrente, confrontando il tasso di abortivit del gruppo (19 donne) trattato con P 100 mg/die
somministrato per via vaginale dal 18 giorno del ciclo fino alla fine del primo trimestre rispetto al
gruppo di controllo (15 donne), ci sia una riduzione della prevalenza di aborto spontaneo (21 vs.
46%).
Altri studi, invece, escludono il ruolo della terapia progestinica in gravidanza iniziale nella
prevenzione dell'aborto ricorrente. Goldstein (20) sosteneva, in una metanalisi di 15 trial
randomizzati sulla valutazione dell'uso dei progestinici per mantenere la gravidanza, come
l'associazione fra LPD e aborto ricorrente fosse soltanto speculativa in quanto l'istologia
endometriale suggestiva per LPD si riscontra in donne normali nel 50% dei cicli, ed in particolare

nel 25% di cicli consecutivi.


Li, pi recentemente, sostiene che nelle pazienti con aborto ricorrente sine causa (50% dei casi)
non necessario alcun tipo di terapia se non il riposo ed un adeguato approccio psicologico alla
coppia per indurre atteggiamenti positivi per la prosecuzione della gravidanza ("tender loving
care"). Ancora nella gestione della minaccia d'aborto e della poliabortivit, lo stesso Autore reputa
che la somministrazione del P non sia giustificata da dati scientifici oggettivi e che tutt'oggi
manchino studi epidemiologici attendibili in tal senso (21).
In conclusione, la correlazione fra gli LPD e l'aborto ricorrente rimane motivo di discussione. Non
stato dimostrato, inoltre, che il trattamento progestinico influenzi significativamente l'esito della
gravidanza nelle donne affette da poliabortivit.
Tenuto conto di quanto detto, evidente come siano necessari ulteriori studi per definire e
convalidare il reale ed eventualmente efficace ruolo del P in particolari situazioni a rischio del
periodo gestazionale.
Riproduzione assistita
Un'adeguata trasformazione secretiva dell'endometrio essenziale per l'impianto. stato
dimostrato che la qualit endometriale dipende dalla durata dell'esposizione ad adeguate
concentrazioni del P dopo un priming estrogenico sufficiente durante la fase follicolare. Sebbene
siano passati molti anni dalla nascita della prima bambina con tecniche di riproduzione assistita, le
percentuali di impianto che seguono il trasferimento di embrioni sono solo di poco migliorate. Allo
scopo di migliorare i risultati delle tecniche di riproduzione assistita, la ricerca si focalizzata sullo
studio della fase luteale e della morfologia endometriale nei cicli stimolati con farmaci induttori
dell'ovulazione, mentre nella pratica clinica stato introdotto l'uso routinario della
supplementazione con P o hCG. Le varie ipotesi che sono state chiamate in causa per sostenere
l'esistenza di un difetto della fase luteale nei cicli stimolati con gonadotropine per riproduzione
assistita si possono cos schematizzare:

alterazione del rapporto P/E2 con relativa influenza negativa sul processo di maturazione
endometriale;
alterazione della secrezione di gonadotropine endogene con relativa alterata funzionalit
del corpo luteo;
alterata funzionalit del corpo luteo in conseguenza della sottrazione di cellule della
granulosa durante il prelievo ovocitario.

Tutte queste ipotesi sono state messe in discussione e non possono considerarsi confermate.
D'altra parte, anche i risultati degli studi istologici e clinici che hanno confrontato i risultati ottenuti
con o senza supplementazione luteale nei cicli indotti con gonadotropine o gonadotropine e citrato
di clomifene sono ampiamente discordanti. Secondo una Meta-analisi condotta da Daya nel 1988
non ci sarebbe alcun beneficio ad utilizzare una terapia di supporto luteale nei cicli di riproduzione
assistita nei quali non si utilizzano gli analoghi (22). Tuttavia da quando sono stati introdotti nella
pratica clinica gli analoghi del GnRH nei programmi FIVET/ICSI non si utilizzano pi protocolli di
stimolazione con sole gonadotropine.
L'impiego degli analoghi del GnRH ha reso necessaria la terapia di supporto luteale (23). Il
principale meccanismo che determina un'inadeguata fase luteale legato al protrarsi della
desensibilizzazione ipofisaria per circa 10 giorni dopo la sospensione dell'analogo, con conseguente
alterata secrezione di gonadotropine ipofisarie e alterata funzionalit del corpo luteo. Sebbene
l'hCG, stimolando la produzione di estrogeni del P, sia il farmaco pi indicato a correggere
l'alterata funzione luteale indotta dagli analoghi, il suo impiego limitato dal maggior rischio di
iperstimolazione che questo farmaco comporta (24). Pertanto allo stato attuale, si pu affermare
che nei cicli in cui vengono impiegati analoghi, il supporto luteale utile e necessario e il farmaco
di scelta il P.

Progesterone per via intramuscolare


La modalit di somministrazione del P pi comunemente usata nei cicli di riproduzione assistita
quella intramuscolare. Tuttavia questa via di somministrazione scomoda, perch richiede
iniezioni giornaliere che spesso sono dolorose e in alcuni casi possono determinare reazioni
infiammatorie e anche ascessi sterili. In alternativa all'uso del P, recentemente due lavori hanno
evidenziato l'efficacia del 17a-idrossiprogesterone caproato che, per la pi lunga durata d'azione,
permette una somministrazione pi distanziata e, quindi, una migliore tollerabilit (25) (26).
Il P nei cicli di riproduzione assistita viene utilizzato a dosi variabili da 25 a 100 mg al giorno.
Esistono pochi studi di confronto fra questi dosaggi (24). Cos come il dosaggio, anche il momento
di inizio e di fine della supplementazione in letteratura sono molto variabili (Tab. II). Recentemente
stato pubblicato uno studio prospettico per stabilire gli effetti del momento di inizio della
supplementazione. 25 mg del P im sono stati somministrati a 143 pazienti iniziando 12 ore prima
del prelievo ovocitario e a 142 iniziando 12 ore dopo il prelievo ovocitario. Il tasso di gravidanze
risultato significativamente inferiore quando la supplementazione veniva iniziata prima del prelievo
ovocitario (27). L'unico altro studio randomizzato per valutare il momento di inizio della
somministrazione del P ha utilizzato la via vaginale confrontando un'inizio molto tardivo (6 giorni
dopo il prelievo ovocitario) con l'inizio tre giorni dopo il prelievo ovocitario (28). Ovviamente da
questo studio risulta che iniziare la supplementazione dopo il transfer comporta risultati molto
peggiori. L'indicazione pi convincente del momento in cui iniziare il supporto luteale non viene da
studi randomizzati ma da uno studio sulla cinetica miometriale. Fanchin et al. hanno dimostrato
che la somministrazione del P (in questo studio somministrato per via vaginale) dal giorno del
prelievo ovocitario riduce la frequenza delle contrazioni uterine nel giorno del transfer (29). La
riduzione delle contrazioni uterine il giorno del transfer ridurrebbe l'espulsione embrionale
facilitando l'impianto. In caso di gravidanza, la somministrazione del P, viene proseguita nella
maggior parte dei Centri fino all'8a settimana, cio fino al momento dello shift luteo-placentare,
tuttavia recentemente due studi hanno suggerito di sospendere il trattamento pi precocemente.
Stovall et al. (30) hanno studiato 188 donne che avevano concepito con riproduzione assistita
dosando il P plasmatico: quando i livelli del P erano > 60 ng/ml il giorno del test di gravidanza, la
supplementazione veniva sospesa e non veniva pi ripresa se i livelli del P si mantenevano sopra i
30 ng/ml. La sospensione del trattamento non ha influito negativamente sul tasso di parti a
termine. Andersen et al. hanno fatto uno studio randomizzato su 303 pazienti gravide dopo
riproduzione assistita. In un gruppo la supplementazione (600 mg del P vaginale) stata sospesa
al test di gravidanza, mentre nell'altro gruppo proseguita per altre 3 settimane. Gli Autori non
hanno rilevato differenze significative n nei tassi di abortivit prima della 7a settimana, n nei
tassi di parti fra i due gruppi e concludono che la supplementazione pu essere sospesa al test di
gravidanza (31).
Progesterone per via orale
La via orale, sebbene molto pi comoda per le pazienti, poco affidabile per lo scarso
assorbimento e la rapida metabolizzazione. Il P somministrato per via orale viene assorbito a
livello intestinale e mediante la vena porta raggiunge il fegato, dove viene rapidamente convertito
in metaboliti. Ne consegue che per ottenere concentrazioni plasmatiche adeguate per un'azione
terapeutica efficace necessario somministrare dosi elevate e ravvicinate; inoltre la produzione di
metaboliti che deriva dalla rapida degradazione di questi dosaggi elevati responsabile di
un'elevata incidenza di effetti collaterali quali capogiri, sedazione, nausea e ritenzione idrica, ecc.
Allo scopo di migliorare la biodisponibilit dei farmaci somministrati per via orale stata messa a
punto la micronizzazione. Tuttavia anche con il P micronizzato l'assorbimento intestinale limitato,
sono necessarie dosi elevate e ravvicinate e, nei cicli di riproduzione assistita, non sono stati
ottenuti gli stessi risultati in termini di impianto rispetto ad altre vie di somministrazione (32).
Progesterone per via vaginale
Nei primi anni novanta, stato dimostrato che con la somministrazione del P per via vaginale si
poteva ottenere lo sviluppo di un endometrio recettivo, anche con livelli ematici inferiori a quelli
osservati nella fase luteale grazie all'effetto diretto sull'endometrio, indicato come "first-pass

effect" (33).
Sulla base dei riscontri istologici positivi, l'impiego della via vaginale nei cicli di riproduzione
assistita ha suscitato un grande interesse (Tab. III). I vantaggi clinici della somministrazione
vaginale sono legati soprattutto a una migliore compliance per la minor incidenza di effetti
collaterali sistemici e per la completa eliminazione del dolore e del rischio di ascessualizzazione
della somministrazione intra-muscolare.
Negli ultimi anni sono state pubblicate numerose autorevoli review che sostengono l'efficacia e, in
alcuni casi, la superiorit della via vaginale nel supporto luteale dei cicli di riproduzione assistita
(34)-(38). Tuttavia dagli studi clinici emergono risultati controversi in termini di tassi di impianto e
gravidanza (Tab. III). Inoltre alcuni Autori hanno segnalato con la via vaginale una maggiore
incidenza di sanguinamenti intempestivi, che potrebbero ridurre la compliance delle pazienti a
questa via di somministrazione. Questo effetto potrebbe essere dovuto a dosaggi insufficienti o a
problemi di assorbimento transvaginale dopo un certo periodo di trattamento. Esistono varie
preparazione del P che possono essere somministrate per via vaginale: la crema e gli ovuli per
esclusivo uso vaginale, le stesse capsule del P micronizzato che si utilizzano anche per via orale, i
pessari (non ancora disponibili in Italia) e un gel bioaderente messo a punto allo scopo di
migliorare la compliance delle pazienti riducendo il numero di somministrazioni giornaliere. Il gel
un'emulsione di olio in acqua su una base policarbofilica mentre le altre preparazioni per via
vaginale sono emulsioni in olio. La base policarbofilica permette una migliore aderenza alle pareti
vaginali e l'emulsione in olio garantisce un rilascio continuo del P dalla fase acquosa. Non ci sono
ancora dati sufficienti per definire se ci siano differenze significative nell'efficacia o nella
tollerabilit delle varie formulazioni a disposizione per la somministrazione vaginale (Tab. IV). In
uno studio randomizzato di confronto fra Crinone 8 (1 applicazione/die) e Utrogestan endovaginale
(2 cps tid) non sono state evidenziate differenze significative in termini di gravidanza ma il gel
risultato meglio tollerato per minori difficolt di applicazione e perdite vaginali.
Contemporaneamente alla pubblicazione dei primi studi di confronto fra le varie formulazioni
vaginali, apparsa su Human Reproduction una meta-analisi sul supporto luteale nei cicli di
riproduzione assistita che mette in discussione l'efficacia della via vaginale (35). In questa metaanalisi, sono stati inclusi 5 studi prospettici e randomizzati di confronto fra la via vaginale e quella
intramuscolare (Tab. V). Complessivamente nei 5 studi vengono riportati i risultati di 891 pazienti.
Due dei quattro endpoint valutati nella meta-analisi, cio il tasso di gravidanze cliniche e di parti,
sono risultati significativamente pi elevati nelle pazienti che avevano ricevuto il P intra-muscolo.
Nessuna differenza significativa risultata per gli altri due parametri, tasso di gravidanza evolutiva
e tasso di aborto. In due dei cinque studi analizzati i dosaggi del P micronizzato somministrati per
via vaginale potrebbero essere stati troppo bassi (Artini e Perino); i casi trattati con P nello studio
di Artini sono in realt solo 88 e non 176 come riportato nella meta-analisi perch il lavoro
comprendeva anche un gruppo trattato con hCG; uno degli studi presi in considerazione un
abstract pubblicato nel 2001 che non ha ancora avuto seguito in una pubblicazione, due studi
provengono dallo stesso gruppo. La valutazione dei risultati di questa meta-analisi, inoltre, non
pu prescindere dalle evidenze istologiche e dalle teorie farmacocinetiche (first-pass) che hanno
indotto molti ricercatori ha sostenere che la via vaginale potesse essere un'alternativa a quella
intra-muscolare, pi invasiva e "fastidiosa" per le pazienti.
Comunque allo stato attuale il "gold-standard" del supporto luteale nei cicli di riproduzione
assistita rimane il P naturale in olio somministrato per via intramuscolare tutti i giorni a dosaggi
variabili fra 25 e 100 mg.
Il supporto luteale nei protocolli di stimolazione con analoghi antagonisti del GnRH
L'introduzione degli antagonisti nei cicli di riproduzione assistita relativamente recente e il loro
effetto sulla fase luteale ancora poco conosciuto. Sia in vitro che in studi animali stato
dimostrato che gli antagonisti hanno un effetto inibente sulla steroidogenesi ovarica. Gli studi su
umani sono pochi e riportano risultati controversi. In studi su donne normoovulatorie volontarie la
somministrazione dell'antagonista non ha determinato alterazioni della fase luteale, n per la
durata, n per le concentrazioni del P. Tuttavia in uno studio su candidate a FIVET/ICSI, stimolate
con HMG cui era stato somministrato un antagonista dal giorno 6 fino al giorno dell'hCG, la fase
luteale risultata corta con bassi livelli di estrogeni e P in 3 su sei pazienti (39). Questi sei casi

erano i primi di uno studio di fase II per la ricerca della dose adeguata di antagonista: dopo questi
risultati la fase luteale di tutti i casi seguenti stata supplementata. Il primo studio randomizzato
sull'effetto degli antagonisti sulla fase luteale di cicli stimolati si deve a un gruppo italiano (40).
Sono state reclutate per questo studio 41 donne infertili che dovevano sottoporsi a cicli di
inseminazione intrauterina; tutti i cicli sono stati stimolati con FSH ricombinante, in 21 casi stato
somministrato anche l'antagonista Cetrorelix alla dose di 0,25 mg al giorno da quando il follicolo
dominante misurava 14 mm, l'ovulazione stata indotta in entrambi i gruppi con hCG, la fase
luteale non stata supplementata in alcun caso. L'aumento delle concentrazioni del P durante la
fase luteale risultato sovrapponibile nei due gruppi. Sebbene nel gruppo non trattato con
Cetrorelix il livello di estrogeni a met della fase luteale fosse pi elevato, il rapporto estrogeni/P
era simile e la percentuale di gravidanze ottenute non risultata differente.
Il razionale secondo il quale le fasi luteali dei cicli soppressi con antagonista dovrebbero essere
adeguate a differenza di quelle che seguono l'impiego degli analoghi agonisti starebbe nella
dimostrazione che l'antagonista, a differenza dell'agonista, non induce una desensibilizzazione
ipofisaria, pertanto la secrezione di gonadotropine endogene dovrebbe riprendere immediatamente
dopo la sospensione del farmaco. D'altro canto un'eventuale effetto negativo degli antagonisti sulla
fase luteale potrebbe essere giustificato da un'azione diretta sulle cellule della granulosa ove sono
stati dimostrati recettori specifici.
Conclusioni
stato dimostrato che nei cicli di riproduzione assistita in cui non vengono utilizzati gli analoghi la
supplementazione luteale non necessaria. Tali conclusioni risalgono ad una meta-analisi del 1988
di cicli di FIVET e ICSI. Tuttavia, l'opportunit o meno di supplementare cicli stimolati con sole
gonadotropine ancora in discussione per ci che riguarda le tecniche minori, come
l'inseminazione intrauterina; in questi cicli molti Centri adottano una terapia di supporto della fase
luteale come profilassi di un'eventuale difetto della fase luteale, sebbene non esistano evidenze,
n cliniche, n fisiopatologiche che giustifichino tale pratica.
Nei cicli in cui si utilizzano analoghi agonisti del GnRH la fase luteale inadeguata e la
supplementazione necessaria. Il P il farmaco di scelta perch l'hCG presenta, a parit di
risultati, un maggior rischio di iperstimolazione. Il giorno di inizio della somministrazione del P
molto variabile; sulla base di studi di cinetica miometriale sembra ragionevole indicare il giorno del
prelievo ovocitario come momento migliore per iniziare la somministrazione del P. stato
recentemente suggerito di sospendere il P il giorno del test di gravidanza in caso di positivit
dell'hCG, ma fino a che non saranno disponibili ulteriori evidenze preferibile proseguire la
supplementazione fino alla 7a-8a settimana di gravidanza. Negli ultimi 10 anni la
somministrazione vaginale, pi comoda e meglio tollerata, stata proposta come alternativa alla
somministrazione intramuscolare. Tuttavia ad oggi non si pu ancora affermare con sicurezza una
pari efficacia in termini di tassi di gravidanza fra la via vaginale e quella intra-muscolare, che
rimane la via di somministrazione di riferimento.
ancora presto per dire se nei cicli in cui si utilizzano gli antagonisti sia veramente indispensabile
supplementare la fase luteale. Per il momento, sebbene una fase luteale sia adeguata anche senza
supplementazione, nella pratica clinica viene somministrato il P.

GRAVIDANZA E RIPRODUZIONE ASSISTITA


P.L. Venturini (1) (3) P. Anserini (2) (3) C. Belosi (4) F. Leoni (4) A. Lanzone (4)
(1) UO di Ostetricia e Ginecologia, Istituto "G. Gaslini"; (2) Clinica Ostetrica e Ginecologia, Ospedale "San
Martino";

(3) Dipartimento di Ginecologia (DIGiO), Universit di Genova;


(4) Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita nascente, Universit Cattolica del "Sacro
Cuore" di Roma

Testo articolo
Bibliografia
Tabelle

Fig. 1
Ruolo del corpo luteo e del progesterone

Fig.
Fattori associati con limpianto ed il mantenimento della gravidanza

Fig.
Livelli del progesterone nel corso della gravidanza

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