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a cura di

Orlando Di Marino

introduzione di

Benedetto Gravagnuolo

Copyright 2009 CLEAN


via Diodato Lioy 19, 80134 Napoli
telefax 0815524419-5514309
www.cleanedizioni.it
info@cleanedizioni.it

Indice

Si ringrazia la professoressa Manuela M.


Morresi per la gentile concessione del
testo dellautobiografia a pp.106-107 e
delle foto a pp. 1, 6, 25, 52-53, 91, 104.

Tutti i diritti riservati


vietata ogni riproduzione

7
ISBN 978-888497-149-4

Decostruire, interpretare, pensare


Benedetto Gravagnuolo

Editing
Anna Maria Cafiero Cosenza

19

Grafica
Costanzo Marciano

27

Tafuri e la crisi, spiegati agli studenti del primo anno


Marco Biraghi

Il Rinascimento di Tafuri
Manuela M. Morresi

55

Levanescenza della trasgressione


Francesco Dal Co

69

Quid tum
Massimo Cacciari

Referenze fotografiche
Archivio Camillo Gubitosi p. 72
Elisabetta Catalano copyright p. 1, copertina
Elio Montanari p. 67
Paolo Morachiello pp. 52-53
Manuela M. Morresi pp. 6, 108
Vassiliki Petridou p. 25

74

Tafuri e Roberto Pane:


colloquio inedito sul destino del lavoro storiografico
Giulio Pane

78

Tafuri e larchitettura del manierismo


Francesco Starace

92

Lindispensabile inutilit della storia


Sandro Raffone

96

Storia e architettura
Fabrizio Spirito

102

Postfazione
Orlando Di Marino

in copertina
Manfredo Tafuri, 1980
(copyright Elisabetta Catalano)

106
109

Inediti
Autobiografia
Lettera di Manfredo Tafuri a Roberto Pane

110

Bibliografia degli scritti di Tafuri


Federico Rosa

Manfredo Tafuri oltre la storia

Manfredo Tafuri a Palazzo Te, Mantova, ottobre 1989


( foto Manuela M. Morresi, Venezia)

Decostruire, interpretare, pensare


Benedetto Gravagnuolo

Manfredo Tafuri stato qualcosa di pi di uno storico dellarchitettura. Al di l dei


confini nazionali, Tafuri stato un autentico maestro di pensiero che ha dischiuso
nuovi orizzonti mentali, travalicando i tradizionali confini dellesegesi storico-critica
sulle forme del costruire. Non fossaltro che per la latitudine dei suoi interessi culturali, sarebbe riduttivo incastonare i suoi scritti negli scaffali accademici della convenzionale specificit della storiografia architettonica.
Certo, i suoi libri ed i suoi saggi restano eloquenti esempi di una maniera diversa di
intendere le finalit, prima ancora che i metodi dellermeneutica delle cose edificate.
E sulla portata innovativa del suo progetto storico1 sono stati gi versati fiumi di
inchiostro. Potrebbe, pertanto, apparire superfluo aggiungere una nuova tessera ad
un puzzle gi pazientemente ricomposto2. Eppure, forse non inutile tornare ad
interrogarsi sul senso profondo della sua fatica intellettuale.
Questo libro raccoglie le relazioni tenute presso lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici a Napoli da Marco Biraghi, Francesco Dal Co e Manuela M. Morresi - rispettivamente il 16 e 25 gennaio e il 13 febbraio 2006 - con laggiunta del testo dellorazione funebre per Manfredo Tafuri tenuta a Venezia da Massimo Cacciari, nel cortile dei
Tolentini il 25 febbraio 1994, nonch gli apporti dialettici di Giulio Pane, Sandro
Raffone, Fabrizio Spirito e Francesco Starace. Linziativa fu promossa dal corso di
Storia dellArchitettura nella fase in cui ricoprivo anche il ruolo di Preside della
Facolt di Architettura dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II.
Se non andata dispersa leco di quei discorsi, si deve, soprattutto, allimpegno di
Orlando Di Marino, che ha curato con rigore questo volume, integrandolo con la
bibliografia redatta da Federico Rosa ed arricchendolo con due inediti, vale a dire
una lettera a Roberto Pane ed un breve profilo autobiografico stilato da Manfredo

Manfredo Tafuri oltre la storia

Tafuri a Venezia, nel dicembre 1993, poco prima di spegnersi per una crisi cardiaca
il 23 febbraio 1994, allet di 59 anni.
Da parte mia provo a ridurre in estrema sintesi alcune personali considerazioni sulla
straordinaria valenza metodologica della ricerca storiografica di Manfredo Tafuri - al
quale resto legato da sentimenti di profonda stima, bench non ne sia stato un diretto allievo - rinviando lapprofondimento tematico alla lettura dei pi sistematici saggi raccolti in questo libro.
Ho letto per la prima volta un libro di Tafuri da studente, iscritto al primo anno della
Facolt di Architettura nellormai lontano 1968, e da allora ho continuato a seguire
con costante interesse levoluzione del suo pensiero critico. Ma, non solo per la mia
generazione, Teoria e storia dellarchitettura (1968) e Progetto e utopia (1973) restano due pietre miliari nel cammino verso un modo inedito di indagare ab imis lessenza delle architetture scavando dati latenti sotto la coltre del passato.
Riletti a distanza di anni, quei testi mostrano pour cause i tratti distintintivi del rovente clima culturale in cui furono scritti. Daltronde anche lo storico sta nel tempo, interroga il passato a partire dalle domande del presente. Anche se le interpretazioni storiografiche, laddove comprovate con rigore analitico, non appartengono ai pregiudizi del tempo. Soprattutto le prefazioni rivelano, per, unenfasi assertoria su questioni epistemologicamente complesse, attraversando diagonalmente eterogenei campi disciplinari. Nel crepuscolo di quei giorni eversivi, tali assiomi si stagliano in lontananza come stelle polari per le lunghe rotte esplorative sul ruolo dellarchitettura nel
corso dei secoli. Sarebbe tuttavia fuorviante attribuire il notevole (bench controverso) successo di quei veri e propri cult-books al timbro di manifesti di un punto di
vista politicamente datato.
Si pensi al tono tranchant di alcuni postulati. Come non possibile fondare unEconomia Politica di classe, ma solo una critica di classe dellEconomia Politica - si
legge in Teorie e storia dellarchitettura - cos non dato anticipare unarchitettura
di classe (unarchitettura per una societ liberata), ma solo possibile introdurre
una critica di classe allarchitettura3. Rincarando la dose, in Progetto e utopia Tafuri enuncia una ancor pi drastica tesi. Ci che ci interessa, in questa sede, precisare quali siano i compiti che lo sviluppo capitalistico ha tolto allarchitettura: che
come dire, che esso ha tolto, in generale alle prefigurazioni ideologiche. Con la qual
cosa, si condotti quasi automaticamente a scoprire quello che pu apparire il
dramma dellarchitettura, oggi: quello, cio, di vedersi obbligata a tornare pura
architettura, istanza di forma priva di utopia, nei casi migliore, sublime inutilit.
Ma ai mistificanti tentativi di rivestire con panni ideologici larchitettura, preferiremo
sempre la sincerit di chi ha il coraggio di parlare di quella silenziosa e inattuale
purezza. Anche se essa nasconde ancora un afflato ideologico, patetico per il suo
anacronismo4.
Lestremismo concettuale non va confuso con unadesione ortodossa al marxismo
di maniera. Anzi. esplicita la presa di distanza dalla teoretica e non solo dalle tesi
allora egemoni nella cultura di sinistra di Gyrgy Lukcs e Galvano Della Volpe, ma
anche dal dernier cri della scuola di Herbert Marcuse (da Mitscherlich ad altri epigoni), nonch dal sociologismo definito volgare di Arnold Hauser. La radicale decostruzione delle impalcature ideologiche mira a ben riflettere verso due opposti

Benedetto Gravagnuolo Decostruire, intrpretare, pensare

fronti: da un lato strappare le maschere dei mistificanti proclami dellarchitettura


sedicente progressista, dallaltro - e con ancor pi fermezza - demistificare lingenuit degli stereotipi analitici del gauchisme accademico. La ricerca deliberatamente protesa verso uninterpretazione non pregiudiziale degli eventi e dei documenti del
passato, storiograficamente indagati alla luce della ragione induttiva, conduce il pensiero critico di Manfredo Tafuri se non proprio sul terreno del nichilismo di ascendenza nietzschiana, di certo ai confini del puro scetticismo logico, scevro dallansia di
rasserenanti certezze. Ne deriva il peso enorme che assume fin dallinizio nel progetto storico di Manfredo Tafuri la filologia come strumento ermeneutico privilegiato,
da intendere nellaccezione etimologica di autentica passione per il logos. Per quanto possa apparire paradossale, sostenere che larchitettura - nel migliore dei casi
- una sublime inutilit, resta, al di l del contesto polemico in cui fu asserita, una
chiave di lettura incontrovertibilmente sensata. Larchitettura al di l dellutile. Solo
una piccola parte dellimmensa produzione edilizia pu essere riconosciuta come
tale, laddove il costruire sublima il mero scopo pratico nella poiesis culturale.
Per meglio intendere il senso di questa considerazione, bisogna fare un passo indietro. Bisogna risalire al ruolo che la storiografia dellarchitettura ha assunto in Italia nel
secondo dopoguerra come disciplina critica estesa ad un campo culturale cos
ampio da includere nei propri confini alcuni ineludibili fondamenti di filosofia, di estetica e di politica. Tali consapevoli sconfinamenti muovono dal ruolo pionieristico di
opinion-maker di una visione democratica dellarchitettura giocato da Bruno Zevi5
- a partire dal suo ritorno dagli Stati Uniti dAmerica, in aperta antitesi con la tradizione tardopositivistica della scuola romana dascendenza giovannoniana - proseguendo non solo sulle tracce del maestro delezione Frank Lloyd Wright, ma anche
di Benedetto Croce, Franco Venturi, Carlo Rosselli ed altri. Verso unarchitettura
organica (1945) resta un testo di rottura che prelude alla rilettura partigiana della
Storia dellArchitettura Moderna (1948), inequivocabilmente finalizzata ad orientare
le tendenze del gusto contemporanee, come lo stesso autore dichiarer nel saggio
La storia come metodologia del fare architettura (prolusione dellanno accademico
1963-64 nellUniversit di Roma).
Sta di fatto che linterpretazione della vicenda del Movimento Moderno - introdotta nellimmediato dopoguerra tra epici scontri accademici come questione nodale
non solo nel dibattito culturale, ma anche (bench gradualmente) nei corsi universitari - divenne la palestra dialettica per antonomasia di un aspro confronto tra antitetiche esegesi critiche. in questa fase che furono tradotte le storie canoniche del
movimento - da Pevsner a Giedion6 - alle quali si aggiungensero, in una vorticosa
miscela di pensieri diversi, le prese di posizioni di critici ed architetti militanti, quali
Ernesto Nathan Rogers, Giuseppe Samon e Ludovico Quaroni; le acute incursioni
di storici dellarte, quali Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi e Maurizio Calvesi; nonch le nuove narrazioni scritte da storici dellarchitettura, tra i quali, oltre a Bruno
Zevi, Leonardo Benevolo, Renato De Fusco, Paolo Portoghesi7 ed altri.
In tale agone dialettico Manfredo Tafuri si ciment da par suo in Teorie e storia dellarchitettura, non solo stilando nel primo capitolo una lucida diagnosi su Larchitettura moderna e leclissi della storia, quandanche e soprattutto nel quarto capitolo
dichiarando il suo netto contrasto verso La critica operativa, ovvero mettendo in

Manfredo Tafuri oltre la storia

guardia non solo gli architetti dalluso ingenuo della storia sul tavolo da disegno,
ma, soprattutto, gli storici dalla tentazione di deformare linterpretazione del passato per orientare le poetiche del presente.
Ci che comunemente si intende - puntualizza Tafuri - per critica operativa unanalisi dellarchitettura (o delle arti in generale), che abbia come suo obiettivo non un
astratto rilevamento, bens la progettazione di un preciso indirizzo poetico, anticipato nelle sue strutture, e fatto scaturire da analisi storiche programmaticamente
finalizzate e deformate. In tale accezione la critica operativa rappresenta il punto di
incontro fra la storia e la progettazione. Anzi, si pu ben dire che la critica operativa
progetta la storia passata proiettandola nel futuro8.
Questo enunciato di metodo ha il valore di un postulato teoretico basilare, concettualmente esteso alla storiografia di ogni tempo e di ogni cultura e, in quanto tale,
non limitato alla demistificazione del racconto eroico del movimento moderno - da
Pevsner a Zevi - che verr liquidato come una favola consolatoria nel successivo
e poderoso volume sulla Architettura contemporanea, redatto in collaborazione con
Francesco Dal Co9.
Per altri versi, Teorie e storia racchiude in nuce un lungimirante programma di ricerca, pazientemente declinato nel corso dei saggi succesivi, attraverso approfondimenti specifici, puntuali verifiche microtematiche e talvolta ripensamenti interpretativi conseguenziali ad inediti dati indagati.
Tuttaltro che scontata resta la tesi che indica le profonde e latenti radici dellantistoricismo delle avanguardie novecentesche nel gesto simbolico di de-storicizzazione
varato da Brunelleschi, rompendo gli schemi costruttivi della tradizione gotica per
gettare un ponte soprastorico con il passato mitico dellantichit. La storia non
quindi rappresentabile - chiosa Tafuri - in tale concezione, secondo una linea continua. Essa piuttosto una spezzata, determinata da un criterio di scelta arbitrario
che ne fonda, volta per volta, valori e disvalori. Su tale eroica cesura compiuta nel
tempo storico, si basano quattro secoli circa di ricerche architettoniche: ed in buona parte le attuali esperienze ne vengono condizionate10. Da tale assunto discendono come corollari i lunghi anni di studi dedicati agli eventi ed ai protagonisti di
quellavvincente avventura intellettuale; studi costantemente oscillanti - fino alle ultime fatiche della sua laboriosa esistenza - tra i poli storici apparentemente incomparabili delle avanguardie e dellumanesimo, ovvero tra La sfera e il labirinto (1980) e la
Ricerca del Rinascimento (1992), come suonano i titoli di due dei suoi pi celebri
libri11. In questo cerchio di gesso, tracciato con nitore sulla lavagna teoretica, si
inscrivono le variegate ed apparentemente eterogenee indagini12 su casi e temi
distinti e distanti nello spazio e nel tempo. Basti pensare che nello stesso 1973,
anno nel quale viene data alle stampe la densa sintesi sullampio arco storico di Progetto e utopia - dirompente dissertazione tesa a stigmatizzare larchitettura e lurbanistica contemporanee come derivazioni ideologiche dello sviluppo capitalistico - lo
stesso autore punta la lente dellingrandimento filologico su Via Giulia, assumendo
quel segmento della renovatio urbis della Roma del Cinquecento come elemento da
analizzare - con la distaccata freddezza di un chimico nel laboratorio storiografico,
peraltro condiviso con studiosi di diversa provenienza disciplinare quali Salerno e
Spezzafierro - al fine di dipanare lintreccio complesso, ma rintracciabile, tra il lin-

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Benedetto Gravagnuolo Decostruire, intrpretare, pensare

guaggio architettonico e le attese rappresentative, tra gli indirizzi teologici epocali e


le pi pragmatiche ragioni sottese dalleconomia politica della committenza papale.
Il caso dello studio sul frammento di Via Giulia, analizzato per cos dire al microscopio, pu valere come esemplificazione del metodo ermeneutico di Manfredo
Tafuri che mira a coniugare, in una circolarit interpretativa a doppio senso, la disamina del dettaglio minimo alla ricognizione critica sui massimi sistemi delle diverse
mentalit epocali. Senza una visione storiografica di ampio respiro sarebbe difficile
comprendere il senso dei particolari; e viceversa. Non fossaltro che per questa
opzione di principio, nel lavoro di filologia critica Manfredo Tafuri persegue finalit ed
adotta strumenti consapevolmente diversi e ben pi complessi di quelli collaudati
dalla filologia positivistica di Leopold von Ranke13 che ambiva a limitare lesegesi storiografica solo ai fatti ed ai documenti comprovati, analizzando le cose che sono,
come sono. Come acutamente sottolinea Manuela M. Morresi nel saggio pubblicato in questo stesso volume, lanalisi critica di Tafuri protesa oltre il documento,
indicando come compito ineludibile dello storico il porsi domande sul senso del passato mettendo in relazione dialettica i fatti con le idee, strappando il velo di velleit
nascoste o sottaciute, sapendo che finanche i documenti possono tacere o ingannare. Vorremmo sapere - annota Tafuri in Venezia e il Rinascimento (1985) - ci che
nessun documento potr riferirci. Quale sar stata la reazione di Sansovino alla notizia che il suo amico Vergerio, vescovo di Capodistria, era passato nelle file dei protestanti? E quale la ripercussione interiore, nello stesso Jacopo o in Tiziano, alla constatazione che lIndice di Paolo IV (1599) aveva condannato in blocco lopera del
sodale Pietro Aretino?14.
Questo brano comprova indirettamente un altro criterio metodologico basilare, vale
a dire il principio di non confondere la contemporaneit della ricerca storiografica
con lequivoco della attualizzazione del passato. Se vero che il passato immutabile, resta altres innegabile che linterpretazione di ci che accaduto interminabile. Tant che le letture storiografiche mutano nel corso del tempo in relazione al
mutare degli interrogativi che lo storico di volta in volta si pone, muovendo da criteri metodologici adottati in relazione ai fondamenti epistemologici della propria epoca, dai quali consegue la stessa selezione dei dati da analizzare. Il che tuttavia non
pu giustificare il vezzo diffuso dalla critica operativa di attualizzare il passato
adottando terminologie la page, tanto seduttive quanto inesatte. Linterpretazione
ha dei limiti. Le ipotesi cognitive vanno comprovate attenendosi meticolosamente
alle coordinate storiche nelle quali gli eventi documentati si sono manifestati. E le
parole dellesegesi vanno scritte con la stessa precisione con la quale il matematico
adopera i numeri.
Fin qui un accenno a questioni di metodologia storiografica. Pur avendo conseguito in et giovanile la cattedra di Storia dellArchitettura presso lIUAV di Venezia nel
1966, Manfredo Tafuri aveva seguito un percorso formativo per vari versi anomalo.
Ancor prima di laurearsi aveva partecipato a dispute culturali rivelando una notevole autorevolezza critica. Da studente - si legge nel profilo autobiografico - aveva fatto parte di gruppi radicali di protesta contro larretratezza e la pessima qualit della
didattica, promuovendo occupazioni da registrare tra le prime nelle Universit italiane del dopoguerra. Polemicamente, egli presentava alla Commissione di laurea, for-

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Manfredo Tafuri oltre la storia

mata ancora da vecchi accademici a suo tempo compromessi con il regime fascista, una tesi di Storia dellArchitettura, e non, come era prassi comune, un elaborato progettuale15. La tesi, incentrata sullarchitettura di et sveva in Sicilia, fu poi pubblicata nei Quaderni dellIstituto di Storia dellArchitettura di Roma con il titolo Problemi di critica e problemi di datazione in due monumenti taorminesi: il Palazzo dei
Duchi di S. Stefano e la Badia Vecchia16.
Dunque, fin dallesordio la perizia nello scavo critico-archivistico su puntuali temi di
microstoria si coniug con un appassionato impegno politico. Questa apparente
dualit rappresenter a ben vedere il tratto distintivo dellintera sua opera. Fondatore dellAssociazione Studenti e Architetti (ASEA), membro dellINU e di Italia Nostra,
opinionista di Paese Sera, Tafuri partecip nei primi anni Sessanta con notevole vis
polemica al dibattito sulle trasformazione urbane di Roma e di altre citt italiane17.
Tra i maestri prescelti nella fase formativa si stagliano Giulio Carlo Argan, che lo introdusse alla lettura della storia dellarte come storia della cultura in senso lato; Ernesto Nathan Rogers, che gli apr le porte di quella sorta di scuola di pensiero critico
che stata la redazione di Casabella-Continuit; e, non ultimo, Ludovico Quaroni,
straordinario caposcuola del dubbio socratico, al quale dedic la metonimica monografia data alle stampe nel 1964 per le olivettiane Edizioni di Comunit, con il titolo Ludovico Quaroni e la cultura architettonica italiana. In quello stesso anno pubblic il saggio su Larchitettura moderna in Giappone, estendendo lo sguardo critico sulle tendenze contemporanee ben oltre i confini nazionali. Non meno variegate
furono le esperienze didattiche percorse attraversando diagonalmente anche il campo disciplinare delle Teorie della Progettazione, dapprima come assistente ordinario
di Quaroni a Roma nel 1965, poi, come supplente di Rogers a Milano nel 1966, ed
ancora, coprendo il ruolo di professore incaricato a Palermo come libero docente di
Urbanistica.
Non deve sorprendere se il definitivo conseguimento della cattedra di Storia dellarchitettura, nel concorso del 1966, sia dovuto anche (e forse soprattutto) allappoggio convinto di Bruno Zevi, dal quale, come si accennato, Manfredo Tafuri prese
di l a poco distanze metodologiche siderali sulla questione della critica operativa.
Tafuri aveva in quella fase pubblicato unoriginale ricognizione su Larchitettura del
Manierismo nel Cinquecento europeo, nonch gettato alcuni illuminanti squarci di
luce su Michelangelo, Borromini ed altri dirompenti protagonisti dellavventura anticlassica tra XVI e XVII secolo. Laffinit elettiva va stanata, tuttavia, non tanto sulle
tematiche affrontate, quandanche e soprattutto sulla statura critica che Zevi seppe
riconoscere nellallora giovane studioso, potenziale antagonista dialettico, ma accomunato dalla visione non convenzionale della ricerca storiografica.
Una data spartiacque nella biografia di Tafuri resta per altri aspetti il 1968, anno in
cui fu chiamato a Venezia a coprire la Cattedra di Storia presso lIUAV e contestualmente venne eletto a dirigere lIstituto (poi ridenominato Dipartimento) di Storia dellArchitettura (fino al 1980)18. Non una mera coincidenza se lanno successivo pubblicher il saggio su Jacopo Sansovino e larchitettura del 500 a Venezia.
Roma e Venezia rappresenteranno non solo due campi prevalenti di reiterate ricerche storiografiche, ma anche due metaforiche citt-patrie. Decisivo fu lincontro a
Venezia con il nucleo di intellettuali raccolto intorno alla rivista Contropiano19, for-

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Benedetto Gravagnuolo Decostruire, intrpretare, pensare

mato da Alberto Asor Rosa, Mario Tronti, Toni Negri (allontanatosi dopo il primo
numero), Massimo Cacciari e Francesco Dal Co (suo primo allievo e nel 1976 coautore della gi citata storia della Architettura Contemporanea). La meta verso cui tendeva la rivista, il cui primo numero fu pubblicato nel luglio 1968, era una rivisitazione critica del marxismo, aggiornandolo alla luce delle successive acquisizioni filosofiche, economiche e scientifiche, nonch confrontandolo dialetticamente con pensieri diversi e non di rado antitetici. Manfredo Tafuri - gi appassionato alle tematiche culturali di ampio respiro agitate in quegli anni da Alberto Asor Rosa, Franco
Fortini, Enzo Paci, Michelangelo Antonioni ed altri alfieri dellinnovazione noetica ader con entusiasmo al programma teoretico di quel laboratorio politico. Per una
critica dellideologia architettonica fu il saggio pubblicato a mo di postulato nel 1969
su Contropiano, in seguito rielaborato e notevolmente ampliato nella versione data
alle stampe per i tipi della Laterza con il titolo arganiano Progetto e utopia. Seguirono sulla stessa rivista, con una concatenata sequenza logica, le trattazioni su Lavoro intellettuale e sviluppo capitalistico (1970, n.2); Socialdemocrazia e citt nella
Repubblica di Weimar (1971, n.1) e Austromarxismo e citt. Das rote Wien (1971,
n.2), saggi a tesi rivelatisi a loro volta semiconcettuali di successivi volumi. Un parallelo laboratorio di ricerca fu da lui stesso allestito presso lIstituto di Storia dellIUAV,
nel Seminario di studi i cui esiti furono raccolti nel volume di autori vari Socialismo,
citt, architettura. URSS 1917-1937 (Officina, 1971). Lo scandaglio su La citt americana dalla guerra civile al New Deal (Laterza, 1973) - elaborato in un coeso gruppo di studio con Mario Manieri Elia, Francesco Dal Co e Giorgio Ciucci - aggiunse
unulteriore tessera al puzzle esplorativo sulle complesse e contraddittorie interrelazioni tra architettura, pianificazione, economia e politica, mirando lo sguardo critico
sulla terra dei grattacieli, l dove il capitalismo aveva raggiunto le pi elevate vette
dello sviluppo nellet contemporanea.
La questione metodologicamente fondamentale resta per la critica dellideologia
architettonica, eletta a principio-guida per lindagine storiografica non solo dellet
contemporanea, ma di ogni epoca.
Preferiamo piuttosto chiarire - si legge nellAvvertenza alla seconda edizione di Teorie e storia dellarchitettura - una volta per tutte, la corretta chiave interpretativa con
cui seguire le articolazioni del nostro discorso, e avvertire che consideriamo questo
libro solo una primissima tappa di avvicinamento ad una lettura rigorosa della storia
dellarchitettura che coinvolga questultima per intero, in tutto il suo carattere ideologico. (Non forse superfluo ribadire che il termine ideologia da noi usato nel suo
significato specifico: come struttura, quindi, della falsa coscienza offerta dagli intellettuali ai sistemi dominanti). Architettura come ideologia, come istituzione che realizza lideologia, come disciplina messa in crisi dalle nuove tecniche delluniverso
della produzione e di pianificazione anticiclica20.
Risuona in queste asserzioni leco delle tesi di Karl Marx formulate in Die deutsche
Ideologie (Bruxelles 1846, ed. postuma Mosca 1932) e Zur Kritik der Politischen
Oekonomie, Berlino 1859). Si badi per: leredit marxiana viene decantata dalle
istanze utopiche per ricondurla al lucido realismo diagnostico del materialismo
scientifico. Nellesegesi di Tafuri sembra insomma riaffiorare il gramsciano pessimismo dellintelligenza, predominando per sullottimismo della volont. Rinviando

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Benedetto Gravagnuolo Decostruire, intrpretare, pensare

Manfredo Tafuri oltre la storia

allagire politico la (futura quanto improbabile) palingenesi rivoluzionaria, Manfredo


Tafuri limita rigorosamente il logos storiografico allanalisi delle realt illusorie delle
impalcature ideologiche erette dagli architetti nel corso del tempo come sovrastrutture culturali fondate sulla pi solida struttura economico-sociale dei rapporti di produzione. Ne deriva la necessit di indagare a fondo sulla volont di forma dei committenti, che giocano - anche nei programmi iconici - un ruolo tuttaltro che marginale. Il sistema sovrastrutturale della rappresentazione architettonica non viene dunque liquidato come irrilevante mistificazione, ma valutato nella sua ineludile dialettica con la struttura sociale, capovolgendone, tuttavia, la bilancia dei pesi, per svelare i moventi ideologici intrinseci delle scelte formali nascosti dietro paraventi tatuati.
Nellalveo di tale rivisitazione del ruolo dellideologia confluiscono e si diluiscono in
uninedita miscela i torrenti teoretici di molti altri autori (sia postmarxiani che antimarxiani) attentamente riletti da Tafuri nel disincanto accentuato dalla frequentazione delleresia di Contropiano: da Friederich Nietzsche, a Walter Benjamin, Edmund
Husserlfino a Roland Barthes, Claude Lvi-Strauss, Michel Foucault ed altri matres penser contemporanei.
Va da s che in tale rinnovato progetto teoretico limmersione nelle ideologie architettoniche del passato dischiuda una visione antitetica a quella delle grandi narrazioni Otto-Novecentesche sulla storia degli stili. Alla ricerca dei significati latenti racchiusi nelle radici delle forme, Manfredo Tafuri - senza ricalcare pedissequamente le
orme delle analisi iconologiche di Cassirer, Panofsky e Wittkover - si inoltra lungo
un sentiero ermeneutico inesplorato, intersecando non irrilevanti punti di tangenza
con la foucaultiana demistificazione dei regimi di verit. Il passato ci ha trasmesso
notizie filtrate dai dispositivi di potere, pietre e parole selezionate con cura e trasmesse con sagacia a futura memoria; insomma dati manipolati che, in quanto tali, vanno verificati con razionale scetticismo. In tale ottica la filologia assume a maggior
ragione un senso radicalmente diverso dalla mera ricerca della certezza del documento. Menomata dallinterpretazione critica delle ideologie architettoniche la filologia resterebbe zoppa, riducendosi nel migliore dei casi alla ricognizione descrittiva o
alla periodizzazione cronologica della narrative history. Non era questa lambizione
gnoseologica che ha sotteso lincessante ricerca di Manfredo Tafuri, ritmata da interrogativi tesi ad oltrepassare la fenomenologia della res aedificata per carpire, tramite lindagine storica sullarchitettura, le mitologie epocali.
Ancor pi delle ultime grandi mostre monografiche sui linguaggi, le mentalit ed i
committenti di Giulio Romano (1989) e Francesco di Giorgio (1993)21, il testamento
spirituale del razionale nihilismus metodologico di Manfredo Tafuri - scevro da paradigmi pregiudiziali - resta il monumentale volume einaudiano: Ricerca del Rinascimento. Principi, citt, architetti 22, dato alle stampe nel 1992. Con un andamento
labirintico, il filo discorsivo inizia a Firenze con la Novella del Grasso legnaiolo - vale
a dire con la beffa architettata da Filippo Brunelleschi, intorno al 1409, ai danni dellintarsiatore Matteo Ammannantini - e si conclude nellEpilogo lagunare di Jacopo
Sansovino a Venezia, passando attraverso la Roma di Nicol V e Leon Battista
Alberti, il Mito e architettura nellet di Leone X, il Sacco del 1527 e la Granda di Carlo V. Deliberatamente lautore non scioglie didascalicamente i dubbi che assalgono
il lettore sospinto in una foresta di dilemmi. Anche se ragionevole desumere che la

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ricerca del Rinascimento - e non sul Rinascimento - non pu avere termine, n prove documentali incontrovertibili, restando, se non proprio una beffa o una finzione,
di fatto nella verifica del redde rationem la meta lontana di unimmaginazione mitica
epocale che ha orientato pensieri e prassi del costruire con esiti eterogenei. Tant
che, nonostante la dichiarata stima per Rudolf Wittkower, la rilettura dellopera di
Leon Battista Alberti lascia trasparire in controluce un profilo culturale antitetico a
quello dellapostolo della harmonia mundi forgiato negli Architectural Principles in
the Age of Humanism (1949)23.
Linedita esegesi critica del Momus - commedia letteraria composta fra il 1443 e il
1450, scavata tra le carte dimenticate e posta accanto al De re aedificatoria - strappa a Leon Battista Alberti la maschera apollinea dellortodosso teologo della instauratio dellantichit nella Roma di Nicol V, rivelando linganno come tecnica di resistenza cortigiana nei confronti del potere. Momo - rimarca Manfredo Tafuri - porta
al limite temi propri della cultura di Leon Battista. Il suo scetticismo, il suo vagabondaggio, il suo opporsi alla tirannia, la sua stessa arte della simulazione, sembrano
rappresentare, per lautore, autoironiche estremizzazioni delle proprie idee.
solo un esempio per comprovare il ricorso tuttaltro che ingenuo alla filologia, adoperata anzi come un tagliente bisturi critico. Cos come limmagine dello occhio alato prescelta come copertina del volume - raffigurata nella medaglia bronzea eseguita da Matteo de Pasti come unicona racchiusa nel cerchio allegorico di una ghirlanda dalloro e sospesa sopra il lapidario enigma QUID TUM - pu suggerire lelegante supposizione che leresia panteista di Leon Battista Alberti - metaforicamente stanata nellavventura umana (troppo umana) del dionisiaco dio etrusco - vada
analogicamente associata alla speculare Ricerca introspettiva e ascetica dello stesso Manfredo Tafuri. Il che indimostrabile.

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Il progetto storico di Manfredo Tafuri il titolo del fascicolo monografico della rivista Casabella, nn. 619-620, gennaio-febbraio 1995, dedicato ad una ricognizione delle sue ricerche, con
scritti di Vittorio Gregotti, Giorgio Ciucci, Alberto Asor Rosa, Franoise Very, Jean-Louis Cohen,
Joan Ockman, Hlne Lipstadt, Harvey Mendelsohn, Richard Ingersoll, Francesco Paolo Fiore, Howard Burns, Andrea Guerra, Cristiano Tessari, Jos Rafael Moneo, Piero Corsi, oltre a
documenti di Yve-Alain Bois, Joseph Connors, James S. Ackerman, Massimo Cacciari e una
prima bibliografia a cura di Anna Bendon, Guido Beltramini e Pierre-Alain Croset.
Si veda inoltre, Marco Biraghi, Progetto di crisi. Manfredo Tafuri e larchitettura contemporanea,
Christian Marinotti Edizioni, Milano 2005.
Manfredo Tafuri, Avvertenza alla seconda edizione, in Teorie e storia dellarchitettura, Laterza
Roma-Bari, 1970, p. 3 (prima edizione 1968).
Manfredo Tafuri, Premessa, in Progetto e utopia, Laterza, Roma-Bari 1973, p. 3 (saggio riedito con unacuta introduzione di Franco Purini nel 2007).
Sulla consapevolezza del ruolo politico-filosofico della storiografia architettonica si veda Bruno Zevi, Zevi su Zevi, Magda editrice, Milano 1977.
Nicolaus Pevsner, Pioneers of the Modern Movement from William Morris to Walter Gropius,
London 1936, trad. it. I pionieri del Movimento Moderno, da William Morris a Walter Gropius,
Rosa e Ballo, Milano 1945; Siegfried Giedion, Space, Time and Architecture, New York 1941,
trad. it. Spazio, tempo e architettura, Hoepli, Milano 1954. Per un inquadramento critico sul
senso del plot concepito per narrare la vicenda del movimento moderno, si veda Maria Luisa Scalvini, Maria Grazia Sandri, Limmagine storiografica dellarchitettura contemporanea da
Platz a Giedion, Officina, Roma 1984.

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Manfredo Tafuri oltre la storia

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Bruno Zevi, Storia dellarchitettura moderna, Einaudi, Torino 1950; Leonardo Benevolo, Storia
dellarchitettura moderna, Laterza, Roma-Bari 1960; Renato De Fusco, Storia dellarchitettura
contemporanea, Laterza, Roma-Bari 1974; Paolo Portoghesi, Le inibizioni dellarchitettura
moderna, Laterza, Roma Bari 1976, Id. Dopo larchitettura moderna, Laterza, Roma Bari 1980.
Manfredo Tafuri, Teorie e storia..., cit., p. 165.
Manfredo Tafuri, Francesco Dal Co, Architettura contemporanea, Electa, Milano 1976.
Manfredo Tafuri, Teorie e storie, cit., p. 26.
Manfredo Tafuri, La sfera e il labirinto. Avanguardie e architettura da Piranesi agli anni 70,
Einaudi, Torino 1980; Id., Ricerca del Rinascimento, Einaudi, Torino 1992.
Per le referenze bibliografiche dellampia produzione saggistica di Manfredo Tafuri, che sarebbe lungo elencare nei limiti di questa nota, rinviamo il lettore alla Bibliografia allegata al presente volume, a cura di Federico Rosa.
In antitesi con lallora predominante teoria teleologica hegheliana della filosofia della storia,
Leopold von Ranke - ispirandosi al principio di aderenza alla nuda verit sostenuto da Tommaso DAquino nel manifestare ea quae sunt sicut sunt (mostrare le cose che sono come sono)
- In Epochen der neueren Geschichte (Lipsia, 1888) sostenne che il passato andava semplicemente descritto wie es eigenthlich Gewesen ist (cos come veramente ).
Manfredo Tafuri, Venezia e il Rinascimento. Religione, scienza, architettura, Einaudi, Torino
1985, p. 113.
Manfredo Tafuri, Profilo autobiografico, in appendice al presente volume.
Manfredo Tafuri, Problemi di critica e problemi di datazione in due monumenti taorminesi: il
Palazzo dei Duchi di S. Stefano e la Badia Vecchia, in Quaderni dellIstituto di Storia dellArchitettura di Roma, n. 51, 1962.
Cfr. Giorgio Ciucci, Gli anni della formazione, in Casabella, nn. 619-620, pp. 12 sgg.
Sulla direzione di lavoro data da Manfredo Tafuri alla formazione di quella sorta di scuola di
Venezia che stato lIstituto di Storia dellIUAV si veda Jean-Louis Cohen, Ceci nest pas une
histoire, in Casabella, nn. 619-620, pp. 48 sgg.
Cfr. Alberto Asor Rosa, Critica dellideologia ed esercizio storico, in Casabella, nn. 619-620,
pp. 28 sgg.
Manfredo Tafuri, op.cit., pp. 4-5.
Per lapprofondimento di tale tematica si vedano gli acuti saggi di Francesco Paolo Fiore, Autonomia della storia, e Howard Burns, Tafuri e il Rinascimento in Casabella, nn. 619-620.
Manfredo Tafuri, Ricerca del Rinascimento. Principi, citt, architetti, Einaudi Torino 1992; volume tradotto in varie lingue, dedicato a Manuela M. Morresi e da lei stessa commentato con articolate e profonde riflessioni nel saggio pubblicato in questo stesso libro.
Rudolf Wittkower, Architectural Principles in the Age of Humanism, London,1949; trad. it. Principi architettonici nellet dellumanesimo, Einaudi, Torino 1964.

Tafuri e la crisi, spiegati agli studenti


del primo anno
Marco Biraghi

Il Rinascimento di Tafuri
Manuela M. Morresi

Levanescenza della trasgressione


Francesco Dal Co

Quid tum
Massimo Cacciari

Manfredo Tafuri oltre la storia

Tafuri e la crisi, spiegati agli studenti del primo anno


Marco Biraghi

Manfredo Tafuri, pur non essendo un filosofo, ha molto a che vedere con la filosofia, non intesa come teoria del pensiero, quanto piuttosto come agire del pensiero. Attraverso di lui la storia dellarchitettura diventata, o ha ribadito ulteriormente
di essere, unattivit del pensiero, e non semplicemente il riflesso naturale di una
serie di avvenimenti.
Si potrebbe partire proprio da qui: dallidea che la storia non semplicemente il
rispecchiamento di eventi accaduti, che un qualche oggettivo apparecchio storico
pu registrare e raccontare, traducendo automaticamente gli avvenimenti in parole.
Al contrario, il passaggio dallavvenimento alla parola sempre un passaggio altamente critico.
Passare dalla realt dei fatti alla loro storicizzazione un passaggio stretto, difficile e pericoloso; pericoloso perch non essendovi possibilit di rispecchiamento di
presunte verit, o di presunte realt, si va sempre soggetti al rischio dinvenzione, o di deformazione. Un passaggio che spinge a compiere delle operazioni delicate, difficili: operazioni che Tafuri denomina infatti progettuali.
La storia, in questo senso, non si ricostruisce: non un puzzle di cui si posseggono i pezzi e che pazientemente si ricompone. La storia ha un carattere progettuale:
levento storico, cio, viene costruito.
Lo storico ha il suo materiale, i suoi pezzi, a disposizione: gli eventi, i documenti e,
nel caso dello storico dellarchitettura, i progetti e gli edifici. Ma tutto questo, di per
s, non costituisce ancora una trama sufficientemente stretta, e non solo perch
alcuni pezzi mancano sempre, ma anche perch - come afferma Tafuri, riprendendo una linea di pensiero che da Nietzsche passa attraverso Benjamin - un simile

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Manfredo Tafuri oltre la storia

rispecchiamento tra realt degli eventi e loro storicizzazione non possibile comunque. La difficolt, o addirittura limpossibilit di questo passaggio, di natura concettuale, non pratico, e dunque prescinde del tutto dalla completezza della documentazione in possesso dello storico. Si tratta di un limite trascendentale, di un limite a-priori della storia.
La storia progetto, afferma Tafuri nelle pagine dellintroduzione a uno dei suoi libri
pi importanti, La sfera e il labirinto, intitolata appunto Il progetto storico: la storia
un progetto, e il progetto storico ha una sua specificit accanto al progetto architettonico o a qualunque altra attivit progettuale. Facendo attenzione naturalmente
a non fare confusioni: il progetto storico di Tafuri non ha nulla a che fare con la storia operativa, cos come la intendeva Zevi; il progetto storico di Tafuri il tentativo
di conferire unautonomia alla storia, al pari di quella che possiede larchitettura, non
di attuare indebite invasioni di campo nella disciplina progettuale, facendo architettura attraverso le analisi storiche.
Ma non soltanto la storia un progetto: ancor di pi, per Tafuri essa un progetto
di crisi. Porre la storia sotto la tonalit della crisi rischia di generare un equivoco:
quella di Tafuri potrebbe infatti essere scambiata per una visione negativa della storia, o per una sorta di fatalismo storico. E invece non il modo comune di intendere la crisi quello a cui egli si riferisce. La crisi tafuriana piuttosto una necessit
della storia, un ulteriore a-priori di questultima, o meglio ancora, una necessit di un
ordine pi vasto del pensiero di cui a tutti gli effetti fa parte anche la storia.
Crisi dal punto di vista etimologico viene dal greco krnein, che vuol dire separare,
distinguere, discernere. La crisi dunque parla dello spezzarsi di qualcosa: anche
nellaccezione pi comune, la crisi fa riferimento a qualcosa che non funziona pi
come prima, qualcosa che si rotto. Quando comunemente diciamo che siamo
in crisi o che c una crisi in corso, significa che vi stata una rottura. Il momento di rottura sempre un momento di svolta: in quel momento qualcosa finisce ma
proprio perci qualcosa daltro incomincia ad essere. Quello della crisi sempre un
momento decisivo.
La storia, secondo Tafuri, fatta di questi momenti decisivi: momenti in cui le cose
precipitano, per ricostruirsi secondo un ordine differente. Differenza e crisi: la differenza una sospensione della continuit, ovvero esattamente il contrario dellaccettazione della crisi come condizione normale. Nettamente distinta da questultima
maniera dintendere la crisi quella concepita da Tafuri. Laccettazione della normalit della crisi corrisponde a una posizione pessimista; nel pensiero della crisi di
Tafuri, al contrario, non vi alcun banale pessimismo. Al modo dintendere la crisi
come qualcosa in cui si immersi, rispetto alla quale non vi mai soluzione della
continuit e che quindi finisce col divenire normale, Tafuri contrappone un concetto di crisi come rottura della normalit. levento, lavvenire di qualcosa; e levento,
in quanto tale, nella sua accezione etimologica, qualche cosa che e-viene, un
avvenimento che tiene dentro di s un futuro che diviene presente.
Che cos lavvenimento nellambito storico? Nella storia dellarchitettura, ad esempio, gli avvenimenti sono gli edifici; potremmo intendere cos anche la crisi, per cercare di dare consistenza a questo concetto che altrimenti potrebbe risultare oscuro
e sfuggente. Il precipitare della crisi non ha per forza quel carattere negativo a cui si

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Marco Biraghi Tafuri e la crisi, spiegati agli studenti del primo anno

accennava pocanzi; la crisi storica, piuttosto, potrebbe essere legata allevento (o


allavvento) di unopera: qualunque opera di architettura crea una differenza. Lo spazio fisico che fino a quel momento era connotato in un certo modo, differisce dallo
stato precedente in seguito allevenire di un nuovo edificio.
E ancor di pi, la grande opera architettonica, il grande capolavoro, se si vuol dirlo in termini idealistici, proprio quellevento che mette in crisi lordine precedente,
e che ha addirittura la capacit di ribaltarlo, di scombussolare quellordine che sembrava costituito. Questa, a ben vedere, la caratteristica dei grandi eventi architettonici: non quella di occupare tranquillamente un centro che lasciano assolutamente immutato, a riposo, bens la capacit di rompere quegli equilibri che sembravano costituiti, e che proprio con quellevento straordinario si rimettono in gioco.
Tutti i grandi capolavori della storia dellarchitettura hanno esattamente questo tratto
comune, e in questo senso si potrebbe recuperare la nozione idealistica di capolavoro dando ad esso invece una connotazione molto concreta. Il capolavoro non
quellopera che sta in una sorta di sovrano isolamento, perfetta nella propria purezza, ma invece qualcosa che si sporca e che sporca, che mette in crisi lambiente
in cui sorge. Quindi, quanto pi unopera riesce a disordinare - in senso profondo, e
non superficialmente - il modo di pensare larchitettura di una certa epoca, e tanto
pi potrebbe essere valutata come capolavoro. (Non Tafuri stesso a formulare
questo concetto. E tuttavia, il suo pensiero sulla crisi in qualche modo lo presuppone. La produttivit di un pensiero, daltra parte, si misura - oltrech sulla propria
capacit dinterpretare qualcosa - su quella di provocare conseguenze ulteriori).
La crisi dunque quel momento in cui le cose precipitano; e in quel precipitare lo
storico inizia a indagare per mettere insieme i frammenti, che per Tafuri sempre
rimangono tali, non riuscendo mai a ricostituire un intero; frammenti che per vanno anche misurati nelle loro differenze, nella loro distanza, nel differire dei loro linguaggi.
Un problema metodologico sul quale Tafuri ritorna continuamente proprio quello
del differire del linguaggio, ovvero della specificit del linguaggio storico, che un
linguaggio critico. Il termine critico deriva in linea diretta dal termine crisi: la critica ci che mette in azione una crisi, una crisi in azione. Esiste una profonda differenza tra il linguaggio dellarchitettura che fatto di segni e di oggetti, e il linguaggio della critica architettonica che fatto di parole. Come conciliare questi due diversi universi?
Questi temi occupano molte pagine tafuriane, da Teorie e storia dellarchitettura, a
Progetto e utopia e La sfera e il labirinto, dove si cerca di mettere a fuoco il compito dello storico che, a suo avviso, non quello di rispecchiare presunte verit preesistenti, ma di cercare di costruire dei percorsi analitici che pur avendo per forza di
cose carattere incerto e provvisorio, operano tuttavia delle sezioni nel corpo del
passato, con il preciso fine di farne esplodere le contraddizioni, di metterne in crisi la presunta stabilit e continuit. Correndo per il costante pericolo di fare di tali
analisi dei monumenti impenetrabili, anzich di rompere le parole eternizzate e
dure come sassi (per usare lespressione di Nietzsche ripresa da Tafuri) che lo stesso linguaggio storico-critico impiega.
questo il demone dello storico, il quale deve continuamente confrontarsi con tale

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