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Responsabilit civile
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2007), non essendo configurabile la responsabilit del preponente ex art. 2049 c.c., se manchi ogni legame tra latto produttivo del danno
e lo scopo in vista del raggiungimento del quale il datore di lavoro abbia affidato al dipendente le mansioni in occasione delle quali
lillecito sia stato compiuto.
Le ulteriori considerazioni dei ricorrenti in
ordine al mancato allontanamento del P.M.
impingono in valutazioni di fatto, riservate al
giudice del merito e nella specie adeguatamente motivate.
4. Il secondo motivo inammissibile in
quanto:
a) nellillustrazione del motivo non chiarito
se la motivazione si assuma insufficiente oppure contraddittoria, o luna e laltra cosa insieme, sicch lindividuazione del tipo di vizio denunciato viene inammissibilmente rimessa alla
stessa corte di legittimit;
b) lillustrazione (pagg. da 13 a 18 del ricorso) non reca la bench minima spiegazione
delle ragioni per le quali la sentenza sarebbe
viziata per aver ritenuto del tutto pacifico
che lomicida avesse agito per finalit proprie
e concerne, invece, aspetti relativi alla responsabilit oggettiva prevista dal pi volte
citato art. 2049 c.c. (pagg. 14 del ricorso, penultimo capoverso) ed alla nota inimicizia tra
omicida e vittima, che si assume nota al datore di lavoro, come gi affermato nel primo
motivo;
c) i rilievi relativi al carattere del P.M., che
renderebbero evidente la culpa in vigilando
dellIlvi, sono del tutto estranei al vizio denunciato.
5. Il ricorso respinto. (Omissis)
[Di Nanni Presidente Amatucci Estensore Marinelli P.M. (concl. conf.). P.A., A.M., P.P.,
P.G., P.L., D.M.N. (avv.ti Marrapese, Ferrero e Testa) Sicuritalia, Ilvi & Argus s.p.a (avv.ti Mariani e
Monza)]
gilanza davanti ad una banca, uccide con cinque colpi di pistola un uomo nei confronti del quale prova
una risalente e personale inimicizia, e viene dunque
condannata per omicidio.
I parenti della vittima agiscono giudizialmente
per il risarcimento del danno anche nei confronti
della societ di cui il vigilante era dipendente, assumendo la responsabilit indiretta ex art. 2049 cod.
civ. del datore di lavoro, per essere il fatto avvenuto
mentre lomicida svolgeva le proprie mansioni.
La sentenza del Tribunale, che accoglie la domanda dei parenti della vittima anche nei confronti del
committente, viene riformata in sede di appello sulla
base del rilievo che non configurabile un rapporto
di occasionalit necessaria tra lesercizio delle
mansioni cui la guardia giurata era adibita e lomicidio dalla stessa commesso, avendo lomicida agito
per finalit proprie, assolutamente estranee al rapporto di lavoro.
La Cassazione, nella sentenza in commento, conferma la pronuncia dei giudici di secondo grado, affermando che non configurabile la responsabilit
del preponente ex art. 2049 cod. civ. qualora manchi ogni legame tra latto produttivo del danno e lo
scopo in vista del raggiungimento del quale il datore
di lavoro abbia affidato al dipendente le mansioni
in occasione delle quali lillecito sia stato compiuto.
La pronuncia de qua consente di fare il punto in
tema di responsabilit del datore di lavoro per
il fatto illecito dei propri dipendenti e, in particolare, relativamente al presupposto maggiormente controverso in dottrina e giurisprudenza del rapporto che deve sussistere tra il comportamento illecito del dipendente e le mansioni cui
adibito.
II. Le questioni
1. Il rapporto di occasionalit necessaria. Lart. 2049 cod. civ. statuisce che i padroni e i
committenti sono responsabili per i fatti illeciti compiuti dai loro domestici e commessi nellesercizio
delle incombenze cui essi sono adibiti. cos prevista accanto alla responsabilit dellautore dellillecito, la responsabilit del datore di lavoro, che viene
ad essere obbligato solidalmente con quello nei confronti del terzo vittima dellillecito. Il fatto che il legislatore non abbia previsto, per il preponente, la
possibilit di scagionarsi con la prova di non aver
potuto impedire il fatto, ha consentito alla dottrina
di inquadrare la norma nellambito della responsabilit oggettiva (cfr., per tutti, Bianca, 729, infra,
sez. IV).
Tale orientamento stato accolto anche dalla giurisprudenza che, dopo aver individuato per lungo
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datore di lavoro laddove queste si rivelino non estranee al suo interesse o quantomeno coerenti con le
mansioni affidate.
Risulta tuttavia di immediata evidenza che il riferimento allinteresse del preponente non sta altro a
significare se non che il preposto ha esercitato (sia
pure esorbitando dai limiti dellincarico conferitogli) unattivit connessa con quella oggetto dellimpresa. In tal senso si esprime anche una pronuncia
della Cassazione, che operando uninterpretazione
autentica della ricorrente massima secondo cui il dipendente non deve perseguire finalit proprie alle
quali il preponente non sia neppure mediatamente
interessato o compartecipe afferma che il concetto di interesse mediato correlato alle finalit perseguite dal commesso, nientaltro esprime, evidentemente,
se non lesigenza della riferibilit del comportamento
del preposto (determinativo del danno) allambito
delle mansioni a lui affidate (Cass., 22.5.2001, n.
6970, in questa Rivista, 2002, I, 871, con nota di
Boeri).
La relazione tra fatto dannoso e finalit coerenti poi ben chiarita da autorevole dottrina che sottolinea come essa consista nel fatto che in realt lattivit compiuta dal preposto per giovare allimpresa
rientra normalmente nel rischio di impresa, anche
ove non sia stata espressamente autorizzata, e ci in
quanto la stessa rappresenta o una deviazione nel
modo di svolgere lattivit autorizzata, oppure una
attivit compiuta per eccesso di zelo (Trimarchi,
164).
Sempre con riguardo alla seconda massima citata
in cui viene data rilevanza alla circostanza soggettiva
delle finalit dellagire del preposto, particolare attenzione va riservata anche alle pronunce che utilizzano il riferimento allo scopo di privata autonomia dellattivit del commesso al fine di delimitare
la nozione di occasionalit necessaria, escludendo la
responsabilit del datore di lavoro tutte le volte in
cui il comportamento del commesso, anche se posto
in essere nellambito dellesercizio delle mansioni,
non sia riferibile alle esigenze e agli scopi per cui il
lavoro viene svolto (Cass., 17.3.1990, n. 2226, in
Giur. it., 1991, I, 1, 355, con nota di Carusi).
Tale indirizzo non univoco, in quanto contrasta
con lorientamento espresso dalle nostre corti nella
terza massima sopra riportata, secondo cui, ad integrare il rapporto di occasionalit necessaria, sufficiente la circostanza che le funzioni esercitate abbiano agevolato levento lesivo, restando irrilevante il
fine personale perseguito dal commesso.
Il contrasto giurisprudenziale risulta ben evidente
dallesame delle opposte conclusioni cui sono pervenute le nostre corti con riguardo a due fattispecie
analoghe, in quanto entrambe relative ad uno scherzo tra dipendenti poi risoltosi tragicamente. Cos
NGCC 2010 - Parte prima
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III. I precedenti
1. Il rapporto di occasionalit necessaria. La formula della c.d. occasionalit necessaria costantemente e pedissequamente ribadita
dalla giurisprudenza al fine di indicare il rapporto
tra fatto illecito del commesso e svolgimento dellincarico (cfr., recentemente, Cass., 12.3.2008, n.
6632, in Danno e resp., 2008, 1219, con nota di Bartolini; Cass., 6.3.2008, n. 6033, in Dir. ed econ.
ass., 2009, I, 261; Cass., 24.1.2007, n. 1516, in Mass.
Foro it., 2007; Cass., 18.10.2006, n. 22343, in Lav.
nella giur., 2007, 787, con nota di Graziani; Trib.
Venezia, 16.2.2006, in Giur. merito, 2006, 1932).
Giurisprudenza risalente ha affermato che lart.
2049 cod. civ. stabilisce una presunzione iuris et de
iure di responsabilit fondata sulla culpa in eligendo
e in vigilando (Cass., 29.10.1970, n. 2256, in Mass.
Foro it., 1970; Cass., 21.5.1971, n. 1515, in Foro it.,
1971, I, 1895). Tale indirizzo stato criticato dalle
sentenze che hanno ravvisato la ragione della responsabilit del padrone e del committente nel criterio della inscindibilit degli effetti dannosi da quelli
utili (principio del cuius commoda eius incommoda) (Cass., 16.5.1968, n. 1541, ivi, 1968, I, 1792).
Lorientamento pi recente ritiene che detta norma
preveda una forma di responsabilit oggettiva
(Cass., 16.5.2006, n. 11375, ivi, 2006, I, 2014; Cass.,
7.1.2002, n. 89, in Mass. giur. lav., 2002, 248, con
nota di Ruggiero; in Notiz. giur. lav., 2002, 290),
che trova la propria giustificazione nella teoria del
rischio di impresa (Cass., 11.1.2010, n. 215, in Guida al dir., 2010, n. 6, 34, con nota di Tatarelli;
Cass., 14.6.1999, n. 5880, in Danno e resp., 1999,
1022, con nota di Pedrazzi; in Studium iuris, 1999,
1286; Cass., 26.6.1998, n. 6341, in Danno e resp.,
1999, 429, con nota di Pizzetti; Cass., 27.3.1987,
n. 2994, in Giur. it., 1988, I, 1, 1833, con nota di
Verzoni). Non mancano tuttavia pronunce che in
mero ossequio verbale al tradizionale principio della
colpa quale fondamento della responsabilit (Visintini, 623) fanno tuttora riferimento alla presunzione iuris et de iure di responsabilit (Cass.,
22.3.1994, n. 2734, in Mass. Giust. civ., 1994).
La Cassazione ritiene sussistente il nesso di occasionalit necessaria allorquando il lavoratore abbia
operato oltre i limiti dellincarico, purch nellambito delle sue mansioni: cos, nel caso del dipendente
che, guidando un trattore per espletare un servizio
del quale era incaricato, aveva consentito ad un altro
dipendente di collocarsi come passeggero sul parafango del mezzo e ne aveva cagionato la morte a seguito di manovra errata (Cass., 7.1.2002, n. 89, cit.).
Parimenti la Cassazione ha ritenuto una societ che
gestiva unarea portuale responsabile per lormeggio
di imbarcazioni dello scoppio di un gommone in esiNGCC 2010 - Parte prima
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30.10.1981, n. 5724, in Mass. Giust. civ., 1981, laddebito di responsabilit al datore di lavoro per litigi
tra dipendenti era stato invece negato da Cass.,
4.1.1980, n. 20, in Riv. infort. e mal. profess., 1980,
II, 207). Infine, la Cassazione ha riconosciuto la responsabilit del datore di lavoro quando il commesso, pur eccedendo i limiti dellincarico, abbia perseguito finalit coerenti con quelle in vista delle quali
le mansioni gli furono affidate: cos nel caso di un sinistro stradale causato da un motocarro affidato da
un imprenditore ad un proprio dipendente per il
trasporto di materiale, era rimasto leso un altro dipendente della stessa impresa che il primo trasportava sul veicolo per fargli raggiungere il posto di lavoro (Cass., 27.3.1987, n. 2994, cit.).
Per una panoramica giurisprudenziale v. Gaudino, La responsabilit di padroni e committenti nella
casistica giurisprudenziale, in Contr. e impr., 1987,
915.
IV. La dottrina
1. Il rapporto di occasionalit necessaria. In dottrina opinione prevalente che la responsabilit dei preponenti sia responsabilit oggettiva (cfr., per tutti, Bianca, Diritto civile, 5, La responsabilit, Giuffr, 1994, 729; Visintini, Trattato
breve della responsabilit civile, Cedam, 1996, 619).
Con riguardo al fondamento teorico della responsabilit di padroni e committenti, ampio comunque il panorama dottrinale, cfr. Scognamiglio, voce Responsabilit per fatto altrui, nel Noviss. Digesto it., XV, Utet, 1968, 691; Bonvicini, La responsabilit civile per fatto altrui, Giuffr, 1976, 66
ss.; De Cupis, Il danno: teoria generale della responsabilit civile, Giuffr, 1970, 144 ss.; Rodot, Il problema della responsabilit civile, Giuffr, 1964, 148;
Trimarchi, Rischio e responsabilit oggettiva, Giuffr, 1961, 70 ss.; Galgano, Diritto civile e commerciale, II, 2, Le obbligazioni e i contratti, Cedam,
1990, 322. Per un esame del fondamento dellart.
2049 cod. civ., in prospettiva storica, cfr. Galoppi-
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