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it - Universit degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale ISSN: 2240-9823

Data pubblicazione: 05.03.2014

Propriet e beni comuni, verso il bene comune?


di
Francesco Rinaldi1

Se fossi a conoscenza di qualcosa che mi fosse


utile e che fosse pregiudizievole alla mia
famiglia lo scaccerei dal mio spirito. Se sapessi
qualcosa che fosse utile alla mia famiglia ma
non alla mia patria, cercherei di dimenticarlo.
Se sapessi qualcosa di utile per la mia patria che
per fosse pregiudizievole allEuropa, o pure
che fosse utile allEuropa ma pregiudizievole per
il genere umano, lo considererei come un
crimine, perch sono uomo per necessit, mentre
non sono francese che per accidente
(Montesquieu)
SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Oggetto e beni della propriet. 3. Le declinazioni e le relazioni del
diritto di propriet: verso i beni comuni. 4. La propriet nel pensiero di Tocqueville,
Savigny, Windscheid, Marx e Pugliatti: la propriet, il grande campo di battaglia. 5. La
costituzionalizzazione della propriet attraverso la funzione sociale e laccessibilit a tutti (art. 42,
co. 2, Cost.) 6. Beni comuni o non proprietari: una questione di consapevolezza, di costi
e di concretizzazione del diritto al godimento. 7. Considerazioni conclusive.

1. La scelta, obbligata, di porre in relazione la propriet e i beni comuni, come


si vedr, appare irretrattabile al fine di potersi comprendere la non categoria dei beni
non proprietari, come , forse, possibile definire, al di l di ogni ulteriore e necessaria
valutazione, i beni comuni, la cui logica inclusiva2 opposta a quella che caratterizza il
diritto di propriet, ma che pu essere compresa, si ritiene, solo ove si comprenda a
fondo la logica proprietaria.

Il presente scritto costituisce la rivisitazione della Relazione tenuta in data 14.2.2014 presso
lUniversit degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale nellambito di un Seminario di Studi
organizzato dal Prof. Vincenzo Baldini allinterno delle attivit del corso di dottorato di ricerca
in Diritti Fondamentali.
2 Cfr. J. HABERMAS, Linclusione dellaltro, trad. it., Milano, 1998, 6 ss.
1

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Ebbene, la propriet, terribile, e forse non necessario diritto3. Dubbio, questo,


che Bentham defin sovversivo dellordine sociale4.
La propriet da considerare la misura di ogni rapporto (giuridico, sociale,
economico), di ogni diritto (specialmente di libert) e di ogni comportamento, assumendo
rilievo, in questultimo senso, il suo valore etico. Si consideri, ad esempio, la teoria
dellabuso del diritto, che muove dal divieto degli atti emulativi (v. art. 833 cod. civ.),
significativa disposizione dettata in materia di diritto di propriet5. La propriet
Scriveva C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, Livorno, 1764, XXII ss.
J. BENTHAM, Principles of the cvil code, I, Edinburg, 1843, IX ss. Le due citazioni sono tratte da
S. RODOTA, Il terribile diritto. Studi sulla propriet privata e i beni comuni, Bologna, 2013, le cui
riflessioni sono fondamentali in argomento ed al quale si fatto continuo riferimento.
5 Lart. 833 del cod. civ., rubricato Atti demulazione, stabilisce che il proprietario non pu fare
atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri. In materia
di abuso del diritto, storico precedente, al quale comunemente ricollegata lorigine del
relativo dibattito giurisprudenziale, CASS., 15.11.1960, n. 3040, in Foro it., 1961, I, 256 ss., con
commento di A. SCIALOJA, per la quale il mancato o negligente uso della facolt di agire in difesa
del diritto soggettivo per rimuovere una situazione dannosa non solo al titolare del diritto medesimo, ma
anche a terzi, costituisce uso anormale del diritto soggettivo, se il non uso si risolve nellinosservanza
dolosa o colposa di specifiche norme di condotta poste a tutela di diritti altrui. Il caso giunto allesame
della Corte aveva ad oggetto loccupazione abusiva, sine titulo, di alcuni appartamenti di
propriet di un Istituto Case Popolari che, anzich esercitare azione di sfratto nei confronti degli
occupanti, install, per migliorarne la fruibilit da parte dei medesimi, alcuni accessori (un
bagno e una fontana). Uno dei condomini assegnatari, non tollerando labusiva occupazione,
intent causa contro lIstituto per non aver esercitato lazione di sfratto, lamentando un
comportamento meramente emulativo, volto, cio, esclusivamente a nuocere o recare molestia
ad altri, secondo la previsione dellart. 833 cod. civ. La Corte, in quella sede, pur rigettando il
ricorso contro lIstituto, apr la strada allidentificazione di una possibile fattispecie di uso
anormale del diritto, che corrisponde alla figura dell abuso del diritto, quale elaborata dalla
dottrina. Il fondamento normativo di tale fenomeno viene, ad ogni modo, rintracciato nel citato
art. 833 cod. civ. e nellart. 1175 cod. civ. che, in materia di obbligazioni in generale, impone sia
la debitore che al creditore di comportarsi secondo le regole della correttezza. A tali norme
sono, poi, aggiunti lart. 840, co. 2, cod. civ., che vieta al proprietario del fondo di opporsi ad
attivit di terzi che si svolgano a tale profondit nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio
sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle; e lart. 1375 cod. civ., che, in fase di
esecuzione del rapporto obbligatorio, impone il dovere di comportarsi secondo buona fede.
Labuso del diritto viene, quindi, inteso come esercizio di un diritto, attribuito dalla legge o per
effetto di un contratto, per realizzare scopi diversi ed ulteriori, ai quali il diritto non
preordinato, al solo scopo di nuocere ad interessi altrui. In tale prospettiva, v. CASS., 16.10.2003,
n. 15482, in Foro it., 2004, I, 1845 ss., la quale esplicitamente individua la figura dell abuso del
diritto nel comportamento del contraente che esercita verso laltro i diritti che gli derivano dalla legge
o dal contratto per realizzare uno scopo diverso da quello cui questi diritti sono preordinati. Di grande
rilievo anche con specifico riferimento al tema dei beni comuni in indagine la possibilit di
intravedervi una nuova, peculiare, concezione del diritto soggettivo, nel senso, cio, che, attesa
la dinamicit dei valori di solidariet sociale di cui allart. 2 della Cost. e la complessit della
moderna societ politica, questo non sembra pi consistere in un potere individuale totalmente
2
3
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costituisce il calco per modellare la stessa nozione generale di diritto soggettivo6,


dunque, anche di natura fondamentale.
Dal modo di concepire il diritto di propriet, ed in particolare, i suoi limiti,
sembra dipendere, ancor oggi, lorganizzazione sociale ed economica, nonch il
regime politico7, di uno Stato, anche in termini di giustizia e carit8, nella
dichiarata prospettiva di assicurare protezione alle esistenziali altrui necessit. Una
libero nella funzione, ossia egoistico nel suo esercizio, bens quasi in analogia con la
concezione del potere pubblico (si consideri, ad esempio, il vizio sintomatico dellatto
amministrativo rappresentato dalleccesso di potere per sviamento) in un potere che tenuto
a sottostare alle regole fondanti dellordinamento che lo riconosce e lo attribuisce al singolo.
Quasi a voler significare che nella concezione del diritto soggettivo entri, come costituente, il
corretto uso sociale dello stesso. Ove tale carattere manchi o venga meno, quindi, alcun diritto
soggettivo nel senso di potere di agire potrebbe essere riconosciuto al singolo. Si potrebbe
essere tentati, quindi, di affermare che il diritto soggettivo esiste ed tale soltanto se utilmente
esercitato, secondo il consenso sociale. Sicch, ove il diritto venga esercitato in maniera
scorretta o anormale (e tale risulta anche il relativo mancato esercizio), non vi sarebbe pi
alcuna esigenza o situazione giuridica soggettiva meritevole di protezione. Insomma, una
concezione dellesercizio del diritto soggettivo strumentale rispetto all attuazione
dellordine giuridico, com stato autorevolmente affermato (v. R. VON JHERING, La lotta per
il diritto, 1891, trad. it. a cura di R. RACINARO, Milano, 1989, spec. 102 e 125, le cui riflessioni
sono fondamentali in argomento). Facendo nuovamente riferimento al pensiero di illustri
giuristi, se, da un lato, un diritto che non pu essere provato come se non esistesse; dallaltro,
si potrebbe aggiungere, un diritto che non viene esercitato (o, pi in generale, che viene
anormalmente esercitato), come se non fosse tale per lordinamento (in proposito, v.
JOSSERAND, De labus des droits, Paris, 1905; Id., De lesprit des droits et de leur relativit. Thorie
dite de labus des droits, Paris, 1939, spec. 201, 265, 320, 415; ed il celebre saggio di P. RESCIGNO,
Labuso del diritto, in Riv. dir. civ., I, 1965, 205; Id., Labuso del diritto, Bologna, 1998;
GIORGIANNI, Labuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano, 1963; KELSEN, Teoria
generale del diritto e dello Stato, 1945, rist. 2000, Milano, 78 ss.). In argomento, sia, altres,
consentito rinviare a F. RINALDI, Verwirkung, ritardato esercizio del diritto e giudizio di buona fede,
in Nuova Giur. civ. comm., 2005, 3, I, 444 ss.
6 RODOTA, op. ult. cit., 43.
7 Due recenti esempi, particolarmente significativi, possono essere proposti: laffermazione ed
elaborazione del diritto di propriet in Cina e la tutela costituzionale della propriet in India.
Quanto alla prima ipotesi comparativa, si fa riferimento agli emendamenti costituzionali del
2004, in materia di inviolabilit del diritto di propriet, di suoi limiti in termini di
espropriabilit, ed al rapporto tra propriet pubblica e privata. La propriet, dunque, nellambito
del diritto socialista cinese e delle tradizionali categorie proprietarie della propriet del popolo, della
propriet delle organizzazioni collettive delle masse lavoratrici e della propriet dei cittadini. In
argomento, v. A. SERAFINO, In tema di propriet in Cina (i progetti della legge sui diritti reali), in
Riv. dir. civ., 2006, 549 ss. Con riferimento alla tutela costituzionale della propriet in India, sulla
scia del modello sudafricano, si avvertita la difficolt di bilanciare la necessit di
redistribuzione della terra con la protezione dei diritti di propriet esistenti (v., in argomento,
F. BENATTI, La tutela costituzionale del diritto di propriet in India: storia e prospettive, in Rass. dir.
civ., 2012, 1164 ss., ma spec. 1184 ss.).
8 Cos, J. LOCKE, Primo Trattato sul Governo, 1690, par. 42.
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visione della propriet, questa, in termini di ricchezza anche a vantaggio di


determinate categorie di soggetti deboli, specialmente i poveri9.
Da queste constatazioni sembra possibile, sin da ora, cogliere alcuni tratti
caratterizzanti di quella funzione sociale che lart. 42, co. 2, Cost., nel costituzionalizzare la
propriet, attribuisce a questo eccellente diritto, inteso anche nel senso di dovere di
contribuzione al fine di assicurare la sopravvivenza dei pi deboli10. Questo della
debolezza sociale segna lemersione di un vero e proprio status, appunto, di soggetto
debole11, in una prospettiva di ampia tutela della persona e di profonda rimeditazione
della dottrina degli status12.

Cfr. H. ARENDT, Vita activa. La condizione umana (1958), trad. it. a cura di s. Finzi, Milano,
1991, spec. 89 ss.; e Z. BAUMANN, Danni collaterali, Roma-Bari, 2011, spec. XII ss. della
premessa, che ricorda: nel 2005, prima che luragano Katrina si abbattesse sulle coste della
Luisiana, gli abitanti di New Orleans e delle zone circostanti sapevano del suo imminente arrivo
ed ebbero il tempo di correre ai ripari. Non tutti per poterono agire di conseguenza e mettersi
in salvo. Taluni e non furono pochi non riuscirono a racimolare il denaro necessario ad
acquistare un biglietto aereo (). Inoltre, bench i beni di quei poveri che non riuscirono a
prendere un aereo o a trovare scampo in un motel fossero forse poca cosa rispetto a quelli dei
ricchi, e quindi non altrettanto degni di essere rimpianti, essi rappresentavano per loro tutto ci
che possedevano. Nessuno li avrebbe compensati per la perdita di quei beni, che una volta
perduti lo sarebbero stati per sempre, insieme a tutti i risparmi di una vita.
10 Cfr., L. BARASSI, Propriet e compropriet, Milano, 1951, 7 ss.
11 Sia consentito, in proposito, rinviare a F. RINALDI, Aspetti problematici di una tutela del
consumatore come contraente debole, in Civitas et civilitas. Studi in onore di Francesco Guizzi, a cura
di A. Palma, Torino, 2013, 778.
12 Argomento, questo degli status che meriterebbe maggiore approfondimento, anche al fine di
potersi cogliere le effettive derive, in materia, dellOrdinamento, tra status e anti-status. Per ci
che interessa direttamente la scienza giuridica, la dottrina degli status, comunemente,
segnala due tradizionali modi di atteggiarsi dello stato delle persone: il primo, tende a
definire, anche etimologicamente, il termine status nel senso di condizione, posizione,
situazione e, dunque, stato giuridico come posizione di un soggetto rispetto ad un determinato
gruppo sociale, che pu essere l'intera collettivit o un gruppo minore, dalla quale derivano
determinate situazioni giuridiche soggettive. Con maggiore precisione, questo status, definito
comunitario, si caratterizza come posizione () tendenzialmente stabile o addirittura
permanente, dellessere umano rispetto a una collettivit, onde esso trae la sua forza e quasi la
sua identit (). Il secondo, invece, esprime lo status come qualit essenziale che individua, o
concorre a individuare, un essere umano come soggetto, vale a dire come entit sempre identica
a s stessa al di l delle vicende che in relazione alla detta qualit possano ad essa riferirsi e
delle conseguenze che ad essa, per effetto di tali vicende, possano imputarsi sul piano
giuridico. Status, questo, che viene definito soggettivistico, individualistico o anche
personalistico. Cfr. A. CORASANITI, voce Stato delle persone, in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990,
p. 948 e ss., cui si rinvia anche per opportuni ed ulteriori approfondimenti di natura
bibliografica. In argomento, cfr., in particolare: P. RESCIGNO, voce Status (teoria generale), in
Enc. giur., XXXII, 1993, p. 1 e ss.; Id., Situazione e status nellesperienza del diritto, in Riv. dir. civ.,
4
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Lo statuto moderno della propriet pu dirsi determinato specialmente dai moti


rivoluzionari della Francia del 1789, culminati, per ci che qui direttamente interessa,
prima, nelladozione della Dichiarazione dei diritti dellUomo e del Cittadino, e,
successivamente, del Code civil del 1804, in ordine al quale pare utile ricordare la
reinterpretazione, ad opera di Napoleone, della triade fratellanza, eguaglianza,
libert, in libert, eguaglianza e propriet13. Nonch, dai moti rivoluzionari degli
Stati Uniti dAmerica, culminati nellapprovazione della Dichiarazione di Indipendenza
del 1776, pur non menzionando, questa, nellambito dei diritti fondamentali, il diritto
di propriet, bens, tra gli altri, il diritto al perseguimento della felicit: noi riteniamo che
tutti gli uomini sono creati uguali e che sono dotati dal loro Creatore di certi
inalienabili diritti, fra i quali quelli alla vita, alla libert e la perseguimento della
felicit.
Inoltre, non pu non osservarsi linfluenza esercitata dal modello socialista, con
particolare riferimento alla rivoluzione proletaria nella Russia del 1919 e nellambito di

1973, I, 209 ss.; A. CICU, Il concetto di status, 1917, ora in Scritti minori, I, 1, Milano, 1965, p 181;
A. DANGELO, Il concetto giuridico di status, Roma, 1938; V. PARLATO, voce Status (diritto
canonico), in Enc. giur., 1993; SARACENI, Il concetto di status e sua applicazione nel diritto
ecclesiastico, in Arch. giur., CXXXII, 1945, 107; D. COMPOSTA, Gli stati societari nella comunit
ecclesiale, in Jus, 1969, 250; A. VITALE, Diritto-Sacramenti, Freiburg-Roma, 1969; G. JELLINEK, La
dottrina generale dello Stato, trad. it., Milano, 1912, p. 23 e ss.; Id., Sistema dei diritti pubblici
soggettivi, trad. it., Milano, 1912, p. 60 e ss.; HBERLE, Grundrechte in Leistungsstaat, in
Verffentlichungen der Vereiningung der deutschen Staatsrechtslehrer, XXX, Berlino-New York, 1972,
p. 80 e ss.; GRAVESON, Status in the common law, Londra, 1953, spec. p. 2. FRIEDMANN, Some
reflection on Status and Freedom. Essays in Jurisprudence in honor of R. Pound, Indianapolis (New
York), 1962, p. 222 e ss.; M. REHBINDER, Status, contract and the Welfare-state, in Stanford law
review, 1971, XXIII, n. 5, p. 941 e ss., ma spec. 946. In proposito, E. QUADRI, in F. BOCCHINI e
E. QUADRI, Diritto privato, Torino, 2011, spec. in nota 8, p. 77, osserva, inoltre, che: il
riferimento al tipo di organizzazione della societ fino alla rivoluzione francese e al modello
di Stato da essa tenuto a battesimo fondato sulla diversificazione delle regole giuridiche
applicabili in base alla condizione sociale del soggetto (anche senza arrivare alla pi remota
contrapposizione tra liberi e schiavi, si pensi alla rilevanza accordata alla situazione di nobile,
ecclesiastico o mercante), con conseguente diversificazione dei diritti e degli obblighi di cui
ciascuno era (e poteva essere) titolare. Laffermazione dellunit del soggetto di diritto come
destinatario delle norme e, conseguentemente, potenziale titolare di situazioni giuridiche
risulta, in effetti, costituire il risultato, proprio quale reazione ai preesistenti assetti sociali (ed
alle relative giustificazioni), di una elaborazione concettuale che, attraverso le ideologie
giusnaturalistiche e razionalistiche del secolo XVIII, si pone alla base delle codificazioni civili (il
cui modello di riferimento il code civil del 1804).
13 In proposito, cfr. RODOTA, op. cit., 75 ss.
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unampia visione dello Stato come unico proprietario dei mezzi di produzione e,
dunque, di ricchezza.
Ed infine, occorre aggiungere il riferimento alla costituzionalizzazione della
propriet ad opera della Germania di Weimer del 1919 che, allart. 153, utilizzava la
formula, definita eretica14: la propriet obbliga. Formula, questa, sensibilmente
modificata nellambito del vigente art. 14, co. 2, della Costituzione tedesca nel senso,
cio, che: la propriet impone degli obblighi e, prosegue la disposizione, il suo uso
deve al tempo stesso servire al bene comune. La scelta del costituente tedesco sembra,
pur nella sua problematicit, espressione di una visione comunitarista del diritto
fondamentale di propriet, al fine di assicurare preminente protezione agli interessi
della comunit, in abbandono, pertanto, di una logica esclusivamente individualistica.
Rilievo, questo, destinato ad assumere particolare significato, ove si convenga con il
ritenere che il riconoscimento dei diritti fondamentali ad opera del legislatore tedesco
sembra continuare a svolgere, essenzialmente, quella funzione di protezione
dellindividuo, soprattutto, nei confronti del potere statuale e, dunque, di limite
allesercizio del potere pubblico, con ogni dovuta precisazione e distinzione. Postulato,
questo, dei noti e catastrofici eventi bellici della seconda guerra mondiale.
In Italia, come solo in parte sar possibile osservare, la costituzionalizzazione del
diritto di propriet, attraverso la sua funzione sociale, si manifesta come il prodotto del
compromesso tra le diverse forze politiche presenti nellAssemblea Costituente, da una
parte propulsive dei principi cardine dello Stato liberale di diritto, dallaltro, assertrici di
una lettura in chiave sociale delle disposizioni costituzionali, come accade sin dallart. 1
Cost., attraverso il riferimento al lavoro. Il riferimento alla funzione sociale del diritto di
propriet costituisce complessa e, ove si ritenga, anche ambigua sintesi tra la visione
liberista della propriet, anche in termini di diritto naturale dellindividuo, e la visione
socialista, in chiave marcatamente solidaristica ed egualitaria.

2. In tempi relativamente recenti, le problematiche scaturenti dal diritto di


propriet diritto reale per eccellenza, in quanto pieno ed esclusivo, secondo la

14

Cfr., RODOTA, op. cit., 11.


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definizione legislativa di cui allart. 832 del cod. civ., che riprende la definizione
dellart. 544 del Code civil del 1804 si dipanano e si moltiplicano in relazione
alloggetto del diritto ed alle diverse e nuove categorie di beni sui quali il potere di
disposizione pu essere esercitato, ponendo frequenti e vivaci tensioni, a cominciare
dallesercizio dei poteri di disposizione sul corpo15, proprio ed altrui, sino alla
disposizione della vita, propria o altrui16, dal suo inizio alla sua fine17.
Si considerino, inoltre, i servizi e, pi in generale, i beni immateriali, ipotesi, queste
destinate ad assumere peculiare interesse, atteso che, come da pi parti osservato, il
diritto privato, oggi, al centro di una vera e propria rifondazione concettuale, numerosi
essendo i nuovi diritti, i nuovi istituti e le nuove categorie che investono tale
ordinamento, dando luogo spesso ad asimmetrie sistematiche, specialmente con
riferimento alla pretesa dei diritti umani fondamentali. Sotto questo profilo, il tema del
diritto di propriet e dei beni comuni ne esempio significativo, vi , difatti, una sottile,
sfuggente e fluida linea di unione tra questi, talvolta imperscrutabili, fenomeni, prima,
ed istituti giuridici, poi, i quali, insieme, contribuiscono ad adeguare metodologia e
sistema normativi al mutare della realt fenomenologia. E, nei casi specifici, la realt
risulta mutata grandemente, basti considerare la nozione giuridica negativa e residuale
di immaterialit e di servizi. Il Codice civile del 1865 stato, difatti, al riguardo
considerato il Codice della propriet; quello del 1942, il Codice delle obbligazioni.
Sicuramente entrambi i Codici possono, ragionevolmente, essere considerati i Codici
della fisicit e della materialit o, ove si preferisca, della ricchezza materiale.
Le numerose leggi complementari al Codice Civile del 1942, rappresentazione di
diverse

nuove

realt

fenomenologiche,

che

rendono

necessarie

ulteriori

regolamentazioni, consentono di riflettere sullesistenza di un nuovo integrato codice


Sino a potersi parlare di giuridificazione del corpo (v. RODOTA, Tecnologie e diritti, Bologna,
1995, 179 ss.
16 Il riferimento non solo allart. 5 del cod. civ., in materia di atti di disposizione del proprio corpo,
ma anche ai diritti sulla vita nascente, ad esempio: diritto a nascere e a non nascere; potere di
interruzione della gravidanza; potere di disposizione su gameti ed embrioni (si consideri il caso
della crioconservazione e della fecondazione, specialmente post mortem). In argomento, v. F.
RINALDI, La problematica soggettivit giuridica del nascituro, con particolare riguardo al diritto a
nascer sani: bioetica di un recente diritto, in questa Rivista, luglio 2013, spec. 1 ss.
17 Si consideri il tema delleutanasia, attiva o passiva (v. RINALDI, La dignit umana e la vita:
tra volont e rappresentazione. Note minime, in questa Rivista, gennaio 2014, spec. 23 ss.).
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civile, oggi vigente. In questa direzione, sembra porsi la spinta operata dalla
dematerializzazione della ricchezza, da un lato, e dalla servilizzazione delleconomia,
dallaltro. Tanto che, ci si chiede, se sia in atto, o solo in potenza, una transizione del
Codice civile dal diritto delle cose al diritto dei servizi; ed in una pi ampia
prospettiva, se si vada in direzione di una societ dei servizi e di un diritto privato
del mercato, ed il caso di aggiungere, dei beni immateriali18. Valgano i seguenti

La problematica dei beni immateriali meriterebbe ben altro approfondimento. La semantica


dei beni immateriali muove dal concetto generale di bene giuridico, inteso come ogni cosa che
pu formare oggetto di diritto. Una nozione ampia e non esclusiva, sotto il profilo ontologico,
sicch pu il bene giuridico essere individuato in qualsiasi entit materiale o ideale
giuridicamente rilevante (cos, B. BIONDI, I beni, Torino, 1956, spec. 9 ss.). Senza neppure
doversi dimenticare che il bene, nel senso di res, pur sempre loggetto del diritto
soggettivo (cos, C.M. BIANCA, Diritto civile, 6, La propriet, Milano, 2004, spec. 50 ss.; la.
osserva, a tal riguardo, che linteresse infatti bisogno di un bene, e linteresse tutelato dal
diritto si concreta in relazione al bene idoneo a soddisfare tale interesse. La disciplina dei beni
concorre quindi a disciplinare i diritti, e a segnarne la natura e il contenuto). Inoltre, una
nozione che, si ritiene, rifletta quella di bene in senso economico, pur manifestandosi, tuttavia,
diversa, la seguente: la scienza economica () considera i beni in rapporto alla loro utilit e
utilizzabilit da parte degli uomini; la scienza giuridica li considera sotto il profilo della tutela
da parte dellordinamento (cos, S. PUGLIATTI, voce Beni (teoria generale), in Enc. dir., V, 164
ss., ma spec. 169; della., si cfr. anche voce Cosa (teoria generale), in Enc. dir., XI, 19 ss.; in
argomento, rileva BIANCA, op. cit., 50: secondo lopinione che lega la nozione di bene
giuridico a quella di bene economico, non sarebbero beni le cose disponibili liberamente in
natura (le res communes omnium delle fonti romane). Tali cose non avrebbero il requisito della
limitatezza). In linea generale, e seppure con le dovute precisazioni e distinzioni, pu, quindi,
rilevarsi che i beni acquisiscono rilevanza giuridica ove siano utili, accessibili e limitati. E non
possono, invece, essere considerati beni giuridici quei beni che il legislatore vieta possano essere
oggetto di diritti, non ritenendo meritevole di tutela un eventuale rapporto di appartenenza:
si considerino, ad esempio, le spoglie umane ex art. 5 del cod. civ., e, pi in generale, i diritti
fondamentali, seppure con le dovute precisazioni e distinzioni, cui si , nelle pagine che
precedono, fatto cenno. Alla luce di queste brevi considerazioni pu, dunque concludersi nel
senso della piena ammissibilit, nellambito del novero dei beni giuridici, anche dei beni
immateriali, la cui rilevanza giuridica come di ogni altra categoria di bene pur sempre il
risultato di una qualificazione formale, nel senso, cio, che la stessa entit (ad esempio la
cosa nella sua individualit oggettiva) pu essere lelemento materiale di diverse categorie di
beni (cos, MESSINETTI, Oggettivit giuridica delle cose incorporali, Milano 1970, spec. 103 ss.; Id.,
voce Oggetto dei diritti, in Enc. dir., XXIX, 808 ss.). I beni immateriali al pari della nozione di
servizio e, si osservi, di consumatore , sembra costituire una categoria di bene giuridico negativa
e residuale, nel senso, cio, che sono beni immateriali quei beni che non sono materiali o
corporali, ma pur sempre cose. Questa precisazione parsa utile, atteso che secondo una
diversa elaborazione del concetto di bene giuridico, meritevole di massima considerazione, il
riferimento al concetto di cosa nellambito dellart. 810 del cod. civ. avrebbe impedito di
includervi anche le res incorporales, appunto in quanto non materiali o corporali. In una simile
prospettiva, si consideri anche il concetto di diritto personale o di credito, appunto, diritto non
reale; e si aggiunga la problematica della riconducibilit del software al concetto di cosa, in tal
8
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esempi: la legge sul diritto dautore19, morale e patrimoniale; il Codice della propriet
industriale20; il riferimento a beni e valori immateriali, quali lambiente ed il paesaggio,
beni comuni, questi, oggetto di significative evoluzioni soprattutto sotto il profilo
concettuale21.

modo ricollegandocisi anche al tema del Commercio elettronico. Dunque, il bene immateriale
cosa suscettibile di essere oggetto di diritto (art. 810 del cod. civ.), non in senso materiale,
ossia come parte della realt fisicamente determinata; ma lo in senso di cosa incorporale, ossia
pur non essendo caratterizzata da una individualit in senso fisico, tuttavia esistente come
dato della realt naturale (cos, BIANCA, op. cit., 51). Il bene immateriale , dunque, una
entit che ha una sua realt oggettiva che conferisce al bene rilevanza economica e
giuridica (BIANCA, op. ult. cit., 51). Nellambito dellOrdinamento, sono considerati beni
immateriali, appunto, le invenzioni e le opere dellingegno, le quali hanno assunto una
rilevanza tale da rendere necessario lintervento legislativo (legge sul diritto dautore, l. n. 633
del 1941, cit.). Inoltre, oggetto di discussione , ad esempio, se, nellambito della propriet
industriale e, segnatamente, nellambito della categoria dei beni immateriali, possa essere
ricompreso il know-howw. Pi che attuale che mai risulta, quindi, la nozione di bene giuridico
proposta da Pugliatti, op. ult. cit., 169, secondo il quale il bene giuridico ogni entit materiale
o ideale, nel senso cui si fatto cenno. Non dato, per ovvie ragioni di brevit, soffermarsi in
ordine ad altre fattispecie problematiche in materia di beni immateriali, come, ad esempio,
sempre nellambito del codice della propriet industriale, in materia di azione di contraffazione
del marchio registrato e azione di concorrenza sleale. Una propriet, inoltre, che comunque
apparirebbe diversa rispetto al concetto di propriet tradizionale, incentrato appunto sulle res
corporalis (si considerino i modi di acquisto della propriet, specialmente a titolo originario).
19 Legge 22.4.1941, n. 633, e s. m. e i.
20 D.lgs. 24.2.1998, n. 58, e s. m. e i.
21 La tutela paesistica sembra essere andata ben oltre la tradizionale concezione c. d. statica del
paesaggio, cio, riconducibile al concetto di bellezza naturale , in direzione di una concezione
dinamica, costituendo il paesaggio costituisce la forma del paese (in argomento, v. L. R.
PERFETTI, Premesse alle nozioni giuridiche di ambiente e paesaggio. Cose, beni, diritti e simboli, in Riv.
giur. ambiente, 2009, 1 ss.). Al riguardo, sembra utile richiamare la discussa natura di bene
materiale dellenergia elettrica, in ragione della possibilit di un suo sfruttamento economico,
arg. ex art. 814 cod. civ. In proposito, osserva PUGLIATTI, voce Beni (teoria generale), cit., 164 ss.,
che la cosa, dunque, anche se prodotta dalla natura, a disposizione dell'uomo. la dinamica
appropriativa dell'uomo sulla cosa a rendere quest'ultima tale in senso giuridico. Ed ecco,
allora, che il paesaggio viene facilmente attratto nella sfera della cosa, perch iscritto in realt
materiali suscettibili d'appropriazione, mentre non si pu certo - troppo ovvio - considerare
come cosa la realt naturale (anche nel suo aspetto materiale) nella sua totalit; essa infatti non
potrebbe formare oggetto di (un) diritto per nessun soggetto e nemmeno per tutti i soggetti
esistenti (Pugliatti, op. ult. cit., 164 ss.). E si ricordi anche la soluzione data da CARNELUTTI,
Teoria generale del diritto, Roma, 1946, 358 ss. alla natura dell'energia elettrica che sar cosa per
l'ordinamento giuridico in quanto oggetto di godimento da parte dell'uomo,
indipendentemente dalla sua qualificazione nella scienza fisica. Non solo la natura, ma anche le
forze diffuse in natura, finch sono di generale utilizzazione restano delle res communes
omnium, sicch non sono cose o beni, perch non possono formare oggetto di diritti, ed
operano egualmente per tutti e sono a disposizione di tutti, il che significa che non sono
tecnicamente beni (cos, Biondi, I beni, cit., 9 ss.).
9

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La complessit delle questioni di teoria generale sottese, rendono opportuno un


richiamo alla prudenza ed al massimo rigore nel condurre ogni relativa indagine, a
cominciare dalla nozione di servizio (privato e pubblico)22, oggi, da considerarsi a tutti gli
effetti bene giuridico. Largomento meriterebbe ulteriore approfondimento anche in
relazione alla complessa e discussa figura del consumatore di servizi o utente, di
particolare interesse con riferimento al tema dei beni comuni, ove si consideri che questa
nozione modellata nellambito della tutela dei diritti fondamentali del consumatore-

In proposito, da rilevare come complessa e controversa sia, in realt, la delimitazione della


nozione di servizio pubblico, manifestandosi, da un lato, una tendenza a limitare, in linea
generale, lambito di una concezione pubblica del servizio rivolto ai cittadini, e rilanciandosi
una concezione di tali servizi in chiave marcatamente privatistica, avendosi, cio, riguardo alla
relativa natura di contratto di diritto privato, nellambito del quale le parti contraenti si trovano
in posizione paritetica. In tal senso, sembra intervenire CASS., SEZ. UN., 27.11.2002, n. 16831, in
Urb. e app., 2003, 529, con commento di DE GIOIA, Le Sezioni Unite rilanciano la concezione cd.
Soggettiva di servizio pubblico?, secondo cui, con riferimento al servizio di smaltimento dei rifiuti
di cui al D.P.R. 10.9.1992, n. 915, soltanto lo smaltimento di quelli urbani, in quanto
obbligatoriamente riservato ai comuni in privativa, espressamente definito servizio
pubblico, mentre tale natura non pu riconoscersi stante la concezione c.d. soggettiva di
servizio pubblico seguita da detto D.P.R. allattivit di smaltimento dei rifiuti speciali
nellipotesi in cui essi siano dai produttori conferiti ai soggetti esercenti il servizio pubblico
relativo ai rifiuti urbani, sicch la convenzione al riguardo stipulata, ad onta della
denominazione di concessione attribuita dalle parti, deve essere riguardata come un contratto
di diritto privato, nel quale le parti stesse sono poste su un piano paritetico. Il concetto di
servizio pubblico meriterebbe di essere approfondito, in considerazione della pronunzia della
CORTE COST., 5.7.2004, n. 204, in Riv. giur. edil., 2004, I, 1211. A questa tendenza si
accompagna, sotto altro profilo, una dubbia ed ambigua concezione in senso soggettivo o in
senso oggettivo di servizio pubblico. Nel primo senso, comunemente inteso come attivit
produttiva di utilit sociale, di carattere prestazionale, rivolta ai cittadini (cfr. VOLPE, La
giurisdizione esclusiva. I servizi pubblici, in AA.VV., Verso il nuovo processo amministrativo a cura di
Cerulli Irelli, Torino, 2000, 94 ss.), ed in quanto attivit non autoritativa esercitata da un
pubblico potere, pu essere assunto sia dalla Pubblica amministrazione sia da un privato
attraverso un provvedimento concessorio; in senso oggettivo, invece, dovrebbe aversi
riguardo al fine di interesse pubblico perseguito di volta in volta, in relazione al quale
riconoscere come pubblico il servizio assunto. In questa diversa direzione, v., in particolare,
PROTOTSCHING, I servizi pubblici, Padova, 1964, 37. Concezione oggettiva, questa, adottata
dallAD. PLEN. CONS. STATO, con il parere n. 30 del 1998, in relazione allart. 33 del D. lgs. n.
80/98, secondo cui il servizio pubblico comprenderebbe tutte le attivit svolte da qualsiasi
soggetto, riconducibili ad un ordinamento di settore, sottoposte cio a controllo, vigilanza o a
mera autorizzazione da parte di una amministrazione pubblica. Ed in favore della quale
propende parte della giurisprudenza: CASS., Sez. Un., 30.3.2000, n. 71, in Urb. e app., 2000, 602,
con nota di GAROFOLI, per la quale il servizio pubblico caratterizzato da un elemento
funzionale (soddisfacimento diretto dei bisogni di interesse sociale) che non si rinviene
nellattivit imprenditoriale, anche se indirizzata e coordinata a fini sociali.
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utente23, tradizionale categoria di soggetto debole; ed ove si rifletta sulla circostanza che la
stessa tutela del consumatore sembra avere origine nellambito di un pi generale
diritto alla conoscenza, che assume il complesso significato di diritto alla sicurezza24.

3. In una prospettiva pure di tipo comparativo25, levoluzione che si registra in


materia di oggetto del diritto di propriet, determinata dalla diversit delle categorie di
beni sui quali, pi o meno intensamente, il potere di disposizione proprietario pu
Ci si riferisce alla legge n. 281 del 1998, il cui contenuto oggi confluito nel Codice del consumo
(d.lgs. n. 206 del 2005), spec. art. 2, co. 2: ai consumatori e agli utenti sono riconosciuti come
fondamentali i diritti di: a) alla tutela della salute; b) alla sicurezza e alla qualit dei prodotti e
dei servizi; c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicit; c-bis) allesercizio
delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealt; d)
alleducazione al consumo; e) alla correttezza, alla trasparenza ed allequit nei rapporti
contrattuali; f) alla promozione e allo sviluppo dellassociazionismo libero, volontario e
democratico tra i consumatori e gli utenti; g) allerogazione di servizi pubblici secondo
standard di qualit ed efficienza. Approfondendo il concetto di servizio, ci si accorge, come
in parte accennato, sin da subito dellassenza di una definizione di servizio, sia nellambito
della normativa speciale sul consumatore, se si eccettua il citata riferimento della legge
281/1998, oggi spec. art. 2, co. 2, Codice del consumo, sia nellambito della parte generale del
codice civile. Pu, in proposito, venire in soccorso la collaudata definizione di servizio in
materia di appalti sia pubblici che privati, alla quale si fatto cenno. Colpisce, a tal riguardo,
che, sia in ambito privatistico (artt. 1655 ss. c. c.), sia in quello pubblicistico (oggi, il Codice dei
contratti pubblici; prima il d.lgs. 157/1995 e succ. modif.), il concetto di servizio, al pari della
nozione di consumatore, risulti una nozione negativa e residuale, nel senso, cio, che
servizio ci che non pu essere qualificato opera: i servizi sono costituiti da attivit (utili
in senso economico) diverse dalle opere. Secondo una nota definizione, la quale prosegue: per
opera deve intendersi una modificazione dello stato materiale di cose esistenti. Gli appalti di
opere si distinguono in appalti di costruzione, riparazione, modificazione (in senso stretto),
demolizione, manutenzione etc. (v. RUBINO, voce Appalto, in Enc. giur., III, 1999, 4; nonch,
RUBINO-IUDICA, voce Appalto, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Torino, 1992, 106
ss.). Tradizionali esempi di appalti di servizi sono considerati: il trasporto; le prestazioni
sanitarie; il contratto di somministrazione di energia elettrica, prevalendo in esso lattivit
necessaria alla produzione di energia sullobbligo di dare energia allutente/consumatore; le
prestazioni in materia di sicurezza e vigilanza; il servizio di pulizia in generale e di smaltimento
dei rifiuti in particolare. E, nellambito di questa categoria di consumatori-utenti, particolare
debolezza si riscontra nellambito dei consumatori di servizi sanitari (cfr., in proposito,
GALGANO, op. ult. cit., 75 ss; ed inoltre, particolarmente significativa la ricostruzione sia della
nozione di consumatore di simili servizi che la responsabilit degli operatori e delle strutture
sanitarie effettuata da A. LEPRE, La responsabilit civile delle strutture sanitarie. Ospedali pubblici,
case di cura private e attivit intramuraria, Milano, 2011, spec. 21 e 130 ss., cui si rinvia anche per
ogni opportuno approfondimento di natura bibliografica). In argomento, v. RINALDI, Aspetti
problematici di una tutela del consumatore come contraente debole, cit., 778 ss.
24 In argomento, v. F. RINALDI, La sicurezza nellinformazione del consumatore, in Sicurezza e stato
di diritto: problematiche costituzionali, a cura di V. Baldini, Cassino, 2005, 335 ss.
25 Con particolare attenzione ai sistemi di Common law.
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essere esercitato, ha determinato lemersione di diverse forme di dominio, tanto da


consentire di affermare lesistenza non di ununica forma di propriet, bens di
diverse forme di propriet e, di conseguenza, di diversi statuti proprietari26.
Dalle brevi riflessioni sin qui svolte , tuttavia, possibile trarre una
considerazione di carattere generale, ovvero le declinazioni della propriet sono
illimitate, come infinite sono le prospettive di ricerca e le angolazioni di analisi, a
cominciare dallanalisi politica, da quella giuridica, economica, sociale, storica e
filosofica. A titolo indicativo, possibile proporre alcuni esempi: propriet umana e
propriet economica; propriet e societ o propriet sociale, che pare evocare direttamente la
problematica dei beni comuni, come effetto della costituzionalizzazione della propriet e
della persona sociale e degna, in carne et corpore27, che soddisfa bisogni essenziali di vita e
che sembra segnare la definitiva affermazione di uno status personae universale, in
chiave egualitaria e solidaristica ed in quanto appartenenza al genus umanit.
In una simile direzione, la propriet , dunque, deputata a confrontarsi e
relazionarsi con beni, principi e valori fondamentali ed ordinanti quali: dignit,
eguaglianza, libert e solidariet.
Profonda si manifesta, dunque, la diversit tra propriet pubblica o privata e beni
comuni, logica inclusiva e non di mercato nel senso di una propriet o, meglio, di una
non propriet individuale, bens accessibile a tutti , questultima, opposta a quella
esclusiva e di mercato, che caratterizza, invece, il diritto di propriet, almeno
tradizionalmente inteso28. I beni comuni, beni non proprietari, sembrano superare
confini territoriali e gabbie degli status29, quale, ad esempio, lo status civitatis,
evocando, cos, la relazione tra propriet e sovranit, essendo, al riguardo, la propriet
da considerare una forma di sovranit del singolo verso laltro singolo30. Il
Citando S. PUGLIATTI, La propriet e le propriet (con riguardo particolare alla propriet terriera),
in La propriet nel nuovo diritto, Milano, 1954, 145 ss., le cui riflessioni restano fondamentali in
argomento.
27 Cfr., specialmente, A. BALDASSARRE, Diritti della persona e valori costituzionali, Torino, 1997, 3
ss.; e S. RODOTA, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, 2012, spec. 140 ss.
28 Almeno nellambito delle legislazioni pi moderne e liberali. Si ricordi la definizione del
diritto di propriet nellambito dellart. 832 del cod. civ. e nellambito del suo antecedente
storico, ovvero art. 544 del Code civil del 1804.
29 Lespressione gabbia degli status di RODOTA, Il diritto di avere diritti, cit., 144.
30 Cfr. RODOTA, Il terribile diritto, cit., 21.
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superamento dei confini nazionali, con riferimento alla pretesa inclusiva dei beni
comuni, sembra rendere possibile ledificazione di una cittadinanza e di una
personalit umana universale, al fine di assicurare completa ed effettiva
soddisfazione della pretesa dei diritti umani fondamentali31.
In una simile direzione, un ruolo indiscutibilmente significativo stato svolto
dallemersione di nuovi interessi non riconducibili esclusivamente al modello
proprietario, in termini di gestione e godimento. Si considerino, in tal senso beni comuni
fondamentali quali: lacqua; il cibo; la conoscenza, con particolare attenzione
allistruzione; lambiente e laria; la salute ed il diritto di curarsi; le risorse energetiche;
e, si potrebbe aggiungere, il genoma umano, in questultimo caso, con ogni
comprensibile reazione e dovuta precisazione.
Nellambito di questi nuovi interessi, per effetto specialmente della rivoluzione
industriale, ha assunto un ruolo decisivo la valorizzazione del lavoro, da un lato, come
strumento di produzione della ricchezza e, dallaltro, di accesso dellindividuo a
sempre pi ampie categorie di beni, e, cos, strumento di affermazione della dignit
della persona, tanto da rendere, addirittura, insopportabile la logica proprietaria,
sicuramente con riferimento alla propriet, come definirla, statica, troppe volte
rivelatrice di disparit di trattamento e di diseguaglianze sociali, dando, cos, impulso
a noti e diffusi fenomeni rivoluzionari. Valga un esempio per tutti: il riconoscimento, in
origine, dei diritti di elettorato attivo e passivo solo in favore dei proprietari della casa
di abitazione, presupposto anche della cittadinanza, in tempi non troppo lontani e con
ogni dovuta precisazione.

In argomento, cfr. B. CONFORTI, Protezione internazionale dei diritti umani, in Sviluppo dei diritti
delluomo e protezione giuridica a cura di L. DAvack, Napoli, 2003, 21 ss., il quale osserva che:
() il rapporto tra lo Stato e il suddito era considerato un rapporto di cui il diritto
internazionale si disinteressava e che rientrava nel dominio riservato dello Stato: una specie di
riserva di caccia. E ci in quanto lo Stato poteva fare del proprio suddito ci che voleva: poteva
impiccarlo, processarlo, metterlo in prigione senza processo, poteva torturarlo (). Lunico
rispetto per lindividuo derivava dalle norme sul trattamento degli stranieri; ma la protezione
dello straniero non era tanto frutto di un dovere verso la persona, bens verso lo Stato a cui la
persona apparteneva, perch si considerava che lindividuo fosse una cosa, oggetto di un vero e
proprio diritto di propriet dello Stato nazionale. La. pone, altres, lattenzione sul controverso
tema della personalit internazionale dellindividuo (spec. p. 26).
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Le possibili declinazioni della propriet non si esauriscono affatto nelle ipotesi, per
quanto di ampia dimensione, qui riassuntivamente proposte, molte altre potendo
essere effettuate: a cominciare dalla diversificazione tra propriet pubblica non statale,
propriet capitalistica, propriet collettiva ed impresa, che evoca il complesso rapporto
tra propriet e controllo32.
Le infinite relazioni, che riconducono alla propriet, la rendono, in effetti, il
cuore dellordinamento, specialmente nel momento in cui ci si accorge della
Costituzione33.

4. Pi attuale che mai, dunque, si manifesta il pensiero di Tocqueville34, che pu


essere riassunto nella nota espressione: la propriet, il grande campo di battaglia tra
chi possiede e chi non possiede, in continuit con lantico brocardo rivoluzionario
francese, dove c propriet c guerra35, specialmente ideologica. Riflessione, questa,
che pare utile porre in relazione al diverso pensiero di Marx36, che, cos, efficacemente
riassume le diverse problematiche scaturenti dal diritto di propriet in epoca
successiva: nessun soggetto viene liberato dalla propriet.
Per quanto la logica proprietaria dellesclusivit, come dianzi accennato, abbia
subito un ridimensionamento, tuttavia, il perenne conflitto tra logiche proprietarie e
non proprietarie sembra mantenere intatto il suo vigore. Un esempio di tendenza
restauratrice della logica proprietaria, che passa attraverso la valorizzazione del
requisito dellesclusivit, pu essere ritrovato nellambito della tutela del diritto
fondamentale della persona alla riservatezza o intimit. Al riguardo, il diritto di
propriet diventa utile strumento attraverso il quale proteggere la solitudine della

In proposito, v. RODOTA, Il terribile diritto, cit., 32 ss.


Cfr. RODOTA, op. ult. cit., 477 ss.
34 A. DE TOCQUEVILLE, Souvenirs, Paris, 1893, p. 32: bientt ce sera entre ceux qui possdent et
ceux qui ne possdent pas que stablira la lutte politique; le grand champ de bataille sera la proprit (la
traduzione italiana reca il titolo Ricordi, a cura di A. Salmon Vivanti, Roma, 1991, 14 ss.). La
citazione tratta da RODOTA, Il terribile diritto, cit., spec. 14 e 76.
35 Cf. RODOTA, op. ult. cit., 101.
36 K. MARX, La questione ebraica (1844), trad. it. a cura di R. PANZIERI, Roma, 1969, 77 ss. La
citazione tratta da RODOTA, Il terribile diritto, cit., 36.
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persona, intesa quale intimo spazio materiale e immateriale dellindividuo,


coinvolgendo anche la problematica tutela della dignit della persona umana37.
Il diritto di propriet rappresenta il fulcro di una costellazione dinteressi38,
oggetto di protezione giuridica, molto spesso in conflitto tra di loro. Il conflitto tra
interessi proprietari e non proprietari, oltre a rendere necessaria lindividuazione di un
fondamento etico e di una giustificazione economica del diritto di propriet, sembra
aver determinato lingresso nellordinamento di una pluralit di statuti proprietari,
come dianzi accennato, a seconda della funzione concreta e delloggetto del diritto.
Scrive, in proposito, Salvatore Pugliatti: la parola propriet non ha oggi, se mai ha
avuto, un significato univoco. Anzi troppe cose essa designa perch possa essere
adoperata con la pretesa di essere facilmente intesi. In ogni caso, luso di essa, con le
cautele e i chiarimenti necessari, anche se si protrarr ancora nel prossimo futuro, non
pu ormai mantenere lillusione che allunicit del termine corrisponda la reale unit di
un saldo e compatto istituto39.
La propriet, dunque, piuttosto che astratto concetto giuridico, sembra da
considerare un , intorno al quale una stratificazione secolare venuta
raccogliendo problemi, i cui nessi, per, non possono essere arbitrariamente recisi40. A
voler

imporre

allinterprete

di tenere

sempre

in

debita considerazione

la

fenomenologia concreta e la dinamica storica dellistituto, stante la sua funzione di


rappresentazione e protezione anche di interessi non proprietari, come accade proprio
con riferimento alla fenomenologia dei beni comuni. Si considerino alcuni esempi: la
complessa ed articolata tutela dellambiente e del paesaggio41; pi in generale, la
disciplina urbanistica ed edilizia, con particolare riferimento alla tutela del territorio ed
alle espropriazioni, ablative e non ablative42, ed alle occupazioni, usurpative, acquisitive e
sananti43.

Cfr. RODOTA, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto, Milano, 2012, spec. 102.
Lespressione tratta da RODOTA, Il terribile diritto, cit., 41.
39 Cos, PUGLIATTI, La propriet e le propriet, cit., 309.
40 Cos, RODOTA, op. ult. cit., 56.
41 Cfr. il precedente 2, e spec. nt. 21.
42 Ad esempio, attraverso limposizione, attraverso gli strumenti urbanistici, di vincoli di in
edificabilit, anche ricorrendo allo strumento negoziale o convenzionale (ad es., cessioni di cubatura,
atti dobbligo o di asservimento). Si consideri anche la complessa disciplina dei parcheggi,
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Nellambito delloceano di opinioni44 intorno al diritto di propriet, sembra qui


utile ricordare unaltra definizione della propriet proveniente da una diversa
angolatura, e intesa come linsieme dei rapporti economici e sociali che definiscono la
posizione di ciascuno rispetto allutilizzazione di risorse scarse45. Questa definizione
appare particolarmente significativa in quanto, da un lato, sembra porre lattenzione
sulla concretezza del diritto di propriet, dallaltro, sembra rilanciare la questione
relativa alla natura del diritto di propriet in termini di diritto naturale dellindividuo46.
Lingresso della propriet nellambito dellarchetipo costituzionale radicalizza il
dibattito sulla sua funzione sociale (art. 42, co. 2, Cost.), ed il risultato del periodo
storico che va dalla rivoluzione francese del 1789 alla codificazione napoleonica del
1804, che meriterebbe ben altro approfondimento al fine di potersi comprendere il
verificarsi di un radicale mutamento di tendenza sociale: dalla preoccupazione per la

particolarmente diversificata e tale da modificare lo stesso concetto unitario di pertinenza, sia in


ambito privatistico che urbanistico. In materia di parcheggi, particolarmente significative le
riflessioni di L. MAIONE, Considerazioni sul regime delle eccedenze in materia di parcheggi alla luce
delle innovazioni legislative, in Nuova giur. civ. comm., 2012, I, 721 ss., in commento a CASS.,
3.2.2012, n. 1664, secondo cui: i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo
richiesto dallart. 2 l. 24.3.1989, n. 122, non sono soggetti a vicolo pertinenziale a favore delle
unit immobiliari del fabbricato, conseguentemente loriginario proprietario-costruttore
delledificio pu legittimamente riservarsi o cedere a terzi la propriet di tali parcheggi, purch
nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto dobbligo.
43 Si ricordino le vicende dellart. 43 del D.P.R. 8.6.2001, n. 327, meglio noto come Testo unico
sulle espropriazioni, dichiarato incostituzionale da CORTE COST., 8.10.2010, n. 293 (in seguito
anche ad alcune significative decisioni della Corte Europea dei Diritti dellUomo). La disciplina
delle acquisizioni sine titulo d pare della P.A. rifluita nellart. 42-bis del citato Testo unico. In
argomento, per una attenta e significativa ricostruzione, cfr. G. CERISANO, La procedura di
espropriazione per pubblica utilit, Padova, 2013, spec. 459 e 472 ss.
44 Gi nel 1828, P. LIBERATORE, Osservazioni sul titolo secondo di C.E. Delvincourt, Corso di diritto
civile, trad. it., Napoli, 1828, spec. 177, registrava un oceano di opinioni intorno al diritto di
propriet, come disciplinato nellambito dellart. 544 del Code civil.
45 Cos, E. FURUTBON - S. PEJOVICH, Property Rights and Economic Theory: A Survey of Recent
Literature, in Jour. Econ. Liter., 10, 1972, 1137 ss., ma spec. 1139. La citazione tratta da
RODOTA, op. ult. cit., 61. In argomento, cfr. M. S. GIANNINI, Ambiente, in Riv. trim. pubbl.,
1973, 15 ss.
46 In argomento, si ricordi la storica decisione di CORTE COST. n. 55 del 1968, annotata da
RODOTA, in Il terribile diritto, cit., 68, il quale cos ne sintetizza il contenuto: abbandono della
nozione unitaria e formale della propriet; sua scomposizione nella molteplicit degli statuti
delle varie categorie di beni; ricomposizione del nesso tra aspettative economiche e tutela
proprietaria.
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libert alla preoccupazione per leguaglianza sociale47. Si spiega meglio, in tal senso, il
perch la Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo e del Cittadino del 1789 non solo
annoveri il diritto di propriet nellambito dei diritti fondamentali, al pari, dunque, dei
diritti di libert e di eguaglianza, ma, in quanto strumento di concreta attuazione di
questi, lo definisca espressamente diritto inviolabile e sacro48.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo e del Cittadino del 1789, antecedente
storico dellart. 42, co. 2, Cost.,introduce, cos, un primo rilevante riferimento alla
funzione sociale della propriet, soprattutto nella dichiarata prospettiva delleguaglianza
sociale, in considerazione del contesto storico di riferimento. Non pi, dunque, una
logica esclusivamente individualistica, nel senso, cio, che senza propriet non potrebbe
esserci libert, perch non vi sarebbe negozialit nel senso privatistico, di autonomia ,
ammettendosi, gi nel Diritto delle Pandette di Windscheid, restrizioni al diritto di
propriet49; ed osservando, con straordinaria efficacia, Savigny, che la propriet
lillimitato ed esclusivo dominio di una persona sopra una cosa, ma ha per effetto la
possibilit della ricchezza e della povert entrambe senza limiti50.
Il pensiero di Savigny sembra introdurre nellambito della ricostruzione dello
statuto proprietario un elemento di assoluta modernit, ossia il riferimento alla
responsabilit, che sembra trascendere il singolo, per assumere dimensione sociale51.
Attraverso il passaggio dallesprit philosophique allesprit juridique; ma soprattutto
attraverso un redistribuzione della propriet da una classe allaltra, osserva RODOTA, op.
ult. cit., 91, nel fare riferimento anche al pensiero di Sagnac, Solari e Garaud.
48 Cos, lart. 17.
49 La propriet come tale illimitata; ma ammette restrizioni (cos, B. WINDSCHEID, Diritto
delle Pandette, trad. it. a cura di C. Fadda e P.E. Bensa, I, Torino, 1930, 591 ss.).
50 Cos, F. K. SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, trad. it. di a cura di V. Scialoja, I,
Torino, 1886, 368.
51 Ad esempio, si consideri il complesso fenomeno dei rifiuti, nellambito della responsabilit
civile ed ambientale, e conseguenti principi e doveri della propriet e dellindustria. In argomento,
utile punto di riferimento pu essere considerata la disciplina delle immissioni, appunto, dettata
in materia di diritto di propriet, di cui allart. 844 del cod. civ., oggetto di interpretazioni
evolutive ad opera di alcune decisioni particolarmente significative della Corte Costituzionale,
ed in applicazione del principio di ragionevolezza. In argomento, cfr. E. QUADRI, Problemi di
diritto privato, Napoli, 2002, 75 ss., ove sono riportate anche alcune significative decisioni della
Corte, ad esempio: CORTE COST., 23.7.1974, n. 247, nellambito della quale la tutela viene
estesa a dispetto della lettera normativa non solo al proprietario ma anche a chi titolare di
diritti personali di godimento sul bene, in considerazione di una corretta individuazione del
bene protetto dalla disciplina giuridica, che non esclusivamente la propriet, bens la salute e,
quindi, anche il diritto di vivere in un ambiente salubre.
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Questo elemento determinato specialmente dalla rivoluzione industriale del XIX secolo
ha, indubbiamente, prodotto un ulteriore mutamento di direzione e di funzione delle
logiche proprietarie dellesclusivit, unitamente alla valorizzazione dei beni produttivi,
del lavoro e delle energie creative52.

5. Concetto giuridico, pi di ogni altro, storicamente relativo, la propriet


dimostra una straordinaria capacit di autoderminazione in maniera davvero innovativa
e in aperta rottura con il passato. Ci si verifica specialmente attraverso la sua
costituzonalizzazione, che avviene per effetto dellattribuzione della funzione sociale, al
fine di renderla accessibile a tutti. Scrive, al riguardo, Jemolo: alla vera linea di
frattura si arriva quando, abbandonata lidea del godimento pro se, si entra nel concetto
di funzione di carattere sociale53, in attuazione di doveri di solidariet sociale ed
imponendo un uso sociale del diritto54.
Il concetto giuridico della funzione sociale o anche utilit sociale di particolare
complessit, registrando opposte opinioni e, spesso, violente reazioni55: dalla
considerazione di carattere generale per cui lattributo della socialit pu essere inteso
dal potere pubblico in senso concretamente vario56, al rilievo che dalla Costituzione
sarebbe possibile desumere solo ci che socialmente giusto, e non gi ci che

52

Un significativo esempio, in tal senso, pu essere riscontrato nellambito della propriet


enfiteutica, di origine medievale. Sin dalla sua origine, sino ad oggi, oggetto di discussione la
sussistenza sul medesimo bene, sostanzialmente, di due forme di propriet. Ci si chiede, cio,
se, in considerazione delle prerogative accordategli, il proprietario in senso sostanziale (in
quanto titolare della situazione soggettiva preminente sul bene) possa essere identificato nel
concedente o nellenfiteuta, non a caso ambedue definiti come titolari di un vero e proprio
dominio sulla cosa (dominio diretto il proprietario concedente, denominato anche direttario,
dominio utile lenfiteuta, denominato anche utilista) (cos, E. QUADRI, in F. BOCCHINI e E.
QUADRI, Diritto privato, Torino, 2011, 457). Si considerino, in tal senso, gli artt. 971 e 972 del
cod. civ. rispettivamente in materia di diritto di affrancazione e di devoluzione, con prevalenza
accordata al primo.
53 Cos, A. C. JEMOLO, Intervento, in Atti del III Congresso nazionale di diritto agrario, Milano, 1954,
230 ss.
54 Nelle pagine che precedono si fatto riferimento alla teoria dellabuso del diritto (cfr. il
precedente 1, e nt. 5).
55 Per una ricostruzione particolarmente significativa, v. RODOTA, Il terribile diritto, cit., spec.
195 e 273 ss.
56 In tal senso, G. MIELE, Esperienze e prospettive giuridiche della pianificazione, in Justitia, 1955, 271
ss.
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socialmente utile57; dallaffermazione della indeterminabilit del concetto di utilit o


funzione sociale58, ad una sua possibile identificazione in termini di benessere sociale,
caro agli economisti, pure di difficile definizione59; dallaffermazione di una piena
rivincita liberista60, allaffermazione che le disposizioni costituzionali sulla propriet
sarebbero, addirittura, povere di contenuto61; ed infine, alla considerazione di una
diversa identit socialista, attraverso una sorta di degradazione del diritto di
propriet ed una opposta valorizzazione della dignit del lavoro62.
In ogni caso, sembra possibile, anche con riguardo a questa categoria ordinante
della funzione o utilit sociale, cogliere la presenza di quelle due anime ideologiche
viventi in Costituzione, espressione di quel compromesso politico che caratterizza e
pervade la nostra straordinaria Carta costituzionale: da un lato, la visione socialista, nel
caso specifico, attraverso la rappresentazione e la volont di giustizia sociale, dallaltro,
quella che , forse, preferibile definire non semplicemente liberale, bens cattolica,
affermazione del bene comune63, con ogni dovuta precisazione e distinzione e, sia
consentito osservare, incertezza, anche di natura descrittiva.
Con le premesse difficolt, , forse, da preferirsi il tentativo di definizione
dellinteresse sociale che caratterizza questa funzione o utilit come la risultante degli
interessi degli appartenenti ad una categoria o ad un gruppo sociale. Si tratta di un

Cos, M. MAZZIOTTI, Il diritto al lavoro, Milano, 1956, 154 ss.


In tal senso, G. MINERVINI, Contro la funzionalizzazione dellimpresa privata, in Riv. dir. civ.,
1958, I, 622 ss.
59 Cfr. F. CAFFE, voce Benessere (Economia del), in Dizionario di economia politica, a cura di
Napoleoni, Milano, 1956, 65 ss.
60 In questa direzione, specialmente: V. CASTRONOVO, La storia economica, in La storia dItalia a
cura di Aa. Vv., IV, Dallunit ad oggi, I, Torino, 1975, 375 ss.; P. CAFFE, Recensione a P. Saraceno,
in Critica economica, 1946, 95 ss.; P. CRAVERI, Sindacato e istituzioni nel dopoguerra, Bologna, 1977,
119 ss.
61 Cos, R. SACCO, La propriet. Lezioni , Torino, 1968, 72 ss., il quale aggiunge che: sarebbe
fuori di luogo dire che i redattori degli artt. 42 e ss. della Costituzione si siano resi conto della
complessit dei problemi della propriet.
62 Cfr., in particolare: C. MORTATI, Ispirazione democratica della Costituzione, in Il secondo
Risorgimento a cura di Aa. Vv., Roma, 1955, 415 ss.; U. NATOLI, La propriet, I, Milano, 1965, 27
ss.; C. LAVAGNA, Costituzione e socialismo, Bologna, 1977, 73 ss. Per ogni ulteriore e necessario
approfondimento, sia consentito rinviare, anche per ragioni di sintesi, ai lavori della I e III
Sottocommissione dellAssemblea Costituente.
63 In argomento, v. RODOTA, op. ult. cit., 198, cui si rinvia per opportuni riferimenti
bibliografici (v. spec. nt. 67).
19
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interesse collettivo, ma non generale: che, quindi, pur essendo particolaristico, si


distingue dagli interessi individuali, ma che, ciononostante, non si confonde con
linteresse dellintera collettivit, impersonificata nello Stato64.
Senza alcuna pretesa di completezza, n tanto meno di assicurare definizioni
soddisfacenti e, soprattutto, univoche, tuttavia, pu risultare utile, in chiave euristica e
ricostruttiva del concetto di funzione o utilit sociale, indicare le principali disposizioni
costituzionali nellambito delle quali questa categoria ordinante viene utilizzata, ebbene:
lart. 2 Cost., che fa riferimento alle formazioni sociali ed alla solidariet sociale;
lart. 3 Cost., in materia di dignit sociale, di condizioni sociali e di ostacoli di
ordine sociale; lart. 4 Cost., che menziona il progresso della societ; lart. 29 Cost.,
che definisce la famiglia societ naturale, oggetto di recenti e significative
reinterpretazioni65; lart. 30, in materia di tutela sociale; lart. 38, in materia di

Cos, U. NATOLI, Limiti costituzionali allautonomia privata nel rapporto di lavoro, I, Milano, 1955,
87 ss.
65 Il riferimento , in particolare, al complesso e conflittuale dialogo tra famiglia legittima e
unioni solidali tra eterosessuali ed omosessuali. In proposito, basti rinviare a E. QUADRI, Il
diritto di famiglia: evoluzione storica e prospettive di riforma, in Studi in onore di G. Benedetti, RomaBari, 2002, p. 1511 e ss. Si ricordi il Pacte civil de solidariet (l. n. 99-924 del 15.11.1999) che, in
Francia, rappresenta un primo riconoscimento significativo delle coppie di fatto eterosessuali;
ed il noto e fortemente dibattuto modello olandese che ha aperto laccesso al matrimonio anche
alle coppie omosessuali; e la recente legge tedesca in materia di convivenza (Lebenspartnerschaft
del 16.2.2001). Modelli, specialmente quello francese, ai quali si fatto riferimento in Italia nei
diversi tentativi di regolamentazione del fenomeno della convivenza. (da ultimo, la proposta di
legge sui Pacs). La diversit di situazioni soggettive consiglierebbe, forse, quanto meno un
intervento legislativo separato, ad hoc, per ciascun fenomeno di convivenza, dovendosi pure
considerare la diversa funzione svolta dalle diverse ipotesi di convivenza: i conviventi
eterosessuali, difatti, almeno tendenzialmente, scelgono questo modello al fine proprio di
sottrarsi al vincolo matrimoniale; quelli omosessuali, al contrario, almeno comunemente,
aspirano, invece, al massimo riconoscimento del vincolo al pari dei coniugi. In argomento, cfr.
QUADRI, op. cit., spec. p. 1521. Linvito alla diversificazione sembra, peraltro, trovare riscontro
nellambito della Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea che, allart. 9, distingue il
diritto di sposarsi da quello di costituire una famiglia. In argomento, intervenuta la
recente, controversa decisione di CASS., 15.3.2012, n. 4184, in Riv. it. costituzionalisti, 2012, 1 ss.,
che, rigettando il ricorso di due cittadini italiani dello stesso sesso, che avevano contratto
matrimonio allestero (in Olanda) ed i quali ne chiedevano la trascrizione nellatto dei registri
dello stato civile, ha affermato, sulla scorta della giurisprudenza costituzionale ed europea, che
un simile matrimonio non , tuttavia, da considerarsi inesistente per lordinamento italiano,
ma soltanto inidoneo a produrre effetti giuridici rilevanti; ed ha, altres, affermato che le coppie
omosessuali, stabilmente conviventi, sono titolari del diritto alla vita familiare ed hanno, di
conseguenza, il diritto ad agire per la tutela di specifiche situazioni al fine di poter ottenere
un trattamento omogeneo rispetto ai conviventi matrimoniali. Si cfr., inoltre, CASS.,
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assistenza sociale; lart. 41 Cost., che prende in considerazione liniziativa economica,


nella prospettiva della utilit sociale e dei fini sociali; lart. 42 Cost., qui annotato,
in materia di propriet e funzione sociale; lart. 44, che fa riferimento ad equi rapporti
sociali; lart. 45, che valorizza la funzione sociale della cooperazione; lart. 46, in
materia di elevazione sociale; lart. 99, che fa riferimento alla legislazione sociale; si
aggiunga, inoltre, lutilizzazione negli artt. 35, 42 e 43 Cost., del riferimento all
utilit e allinteresse generale; lart. 32 Cost., che collega il diritto alla salute
allinteresse della collettivit; ed il riferimento al pubblico interesse nellambito
dellart. 82 Cost.66.
Una utilizzazione, dunque, non univoca del riferimento alla funzione o utilit
sociale per le indicate ragioni, sinonimo di benessere o interesse o fine sociale, e con
diverse possibili letture67 , che, riferita alla propriet, sembra, per, confermare il venir
meno di quella logica esclusivamente individualistica, cio, del godimento pro s, per
favorire, in chiave solidaristica ed egualitaria, interessi umani comuni e generali. In tal
senso, si usa discorrere anche di propriet funzionalizzata, a voler sottolineare che lart.
42, co. 2, Cost., attraverso la funzione sociale, ha introdotto una riserva di legge in
favore del legislatore futuro, nel senso, cio, di imporre dei limiti allintervento
legislativo in materia di diritto di propriet, legittimando solo interventi legislativi che

11.1.2013, n. 601, in Federalismi.it, che, rigettando il ricorso di un genitore avverso la decisione


della Corte di Appello di Brescia che disponeva laffido esclusivo del minore alla madre
convivente con altra donna , ha condiviso quella impostazione (formatasi negli ultimi anni) per
la quale, in materia di affidamento di figli, appare irrilevante lorientamento sessuale del
genitore al fine della valutazione dellidoneit dello stesso a prendersi cura della prole, seppure
con ogni dovuta distinzione e precisazione.
66 Per questa sintesi, v. RODOTA, op. ult. cit., spec. 202, il quale osserva che: appare
immediatamente evidente che luso del qualificativo sociale, senza essere contraddittorio, non
per univoco.
67 Si osserva: una prima lettura descrittiva, nel senso, cio, di essere finalizzata alla
individuazione di alcuni dati obiettivi (in tal senso, si indicano, ad esempio, gli artt. 2, 3 e 29
Cost.); una seconda lettura si ritiene comprensiva, nel senso, cio, del riconoscimento della
necessit e, dunque, del diritto, ad una effettiva integrazione dellindividuo nella societ,
attraverso ladozione di determinate misure in presenza di determinate condizioni (si indicano,
in tal senso, gli artt. 2, 3, 4, 30, 38, 46); una terza lettura, infine, definita in termini di criterio di
valutazione di situazioni giuridiche connesse a determinate attivit economiche, delle quali
sono indicate ambito ed eventuali forme di coordinamento (si indicano gli artt. 41, 42, 44 e 45
Cost.). nellambito di questultima lettura rientrerebbe, dunque, la problematica della propriet.
In proposito, v. RODOTA, op. ult. cit., 207 ss.
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rispettino detta funzione sociale, con conseguente sindacato sullattivit legislativa al


riguardo68.
La possibilit di funzionalizzare la propriet non sembra sollevare particolari
questioni, atteso che, a differenza di altre esperienze normative, la Costituzione
annovera il diritto di propriet nellambito dei diritti fondamentali69, ma senza
affermarne linviolabilit70. Circostanza, questa, che non deve destare incertezze, in
quanto, al pari di ogni altro diritto fondamentale, anche la propriet un diritto
limitabile, naturalmente a determinate condizioni, ma che, per volont del
Costituente non pu essere cancellato. Al riguardo assume, altres, rilievo la ritenuta
possibile esistenza di due modelli di propriet costituzionale: uno, di cui in Costituzione,
ed un altro, ad opera della Corte Costituzionale, in applicazione degli artt. 3 e 42
Cost.71.

Al riguardo, cfr. RODOTA, op. ult. cit., 315 ss., il quale osserva come la funzione sociale
costituisca, nel senso di cui nel testo, lo strumento concettuale offerto alla Corte
Costituzionale per sindacare gli interventi legislativi in materia di propriet. La. pone, per, la
questione relativa allindividuazione dei parametri da utilizzare a tal fine e riporta un brano
particolarmente significativo della sentenza della Corte Costituzionale n. 14, del 7.3.1964 (v. p.
319), rilevando che, affinch possa affermarsi lillegittimit costituzionale di una legge di
funzionalizzazione della propriet privata, sembra necessario che: lorgano legislativo non
abbia compiuto un apprezzamento di tali fini (di utilit generale) e dei mezzi per raggiungerli o
che questo apprezzamento sia stato inficiato da criteri illogici, arbitrari o contraddittori ovvero
che lapprezzamento stesso si manifesti in palese contrasto con i presupposti di fatto. Ci sarebbe
anche vizio di legittimit se si accertasse che la legge abbia predisposto mezzi assolutamente
inidonei o contrastanti con lo scopo che essa doveva conseguire ovvero se risultasse che gli
organi legislativi si siano serviti della legge per realizzare una finalit diversa da quella di
utilit generale che la norma costituzionale addita. In proposito, si consideri anche lesempio
dellacquisizione sanante (ex 43 TUE, ora 42 bis), di cui si detto in precedenza (v. 4, e nt. 42).
69 In tal senso, specialmente CORTE COST., 22.12.1977, n. 153, in Giur. costituz., 1977, 1469 ss.,
secondo cui: la legge riconosce e garantisce la propriet privata e in particolare aiuta la piccola
e media propriet terriera, alla quale pu bens imporre obblighi e vincoli, ma per il duplice fine
del razionale sfruttamento del suolo e del conseguimento di equi rapporti sociali, senza incidere
eccessivamente sulla sostanza del diritto di propriet, a beneficio di altri soggetti privati, pur
meritevoli di particolare tutela.
70 Ci si riferisce, in particolare, alla Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo e del Cittadino del
1789 che, come indicato, espressamente affermava che il diritto di propriet era inviolabile e
sacro; nonch allart. 29 dello Statuto Albertino, che attribuiva al diritto di propriet
prevalenza anche sul diritto di libert (v. Rodot, op. ult. cit., spec. 331).
71 Ci si riferisce alla citata decisione n. 55 del 1968 della Corte Costituzionale, dalla quale
sembra, in effetti, risultare un rinvigorimento della tutela proprietaria. La decisione annotata
da RODOTA, op. ult. cit., spec. 336: a) estensione della garanzia prevista dallart. 42, comma 2,
della Costituzione alle cosiddette espropriazioni di valore; b) utilizzazione di (sia pur generici)
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Le istanze egualitarie e solidaristiche presenti nellOrdinamento sembrano


svolgere un ruolo significativo nelledificazione del diritto di propriet in termini di
diritto fondamentale della persona, attraverso il quale si manifesta la personalit
dellindividuo (v. artt. 2 e 3 Cost.) ed possibile accedere a determinate forme di
propriet c.d. favorite. Ci si riferisce, specialmente, allabitazione ed alla propriet
coltivatrice diretta, che soddisfano necessarie esigenze di vita72. Senza neppure doversi
omettere il riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea, che, pare il
caso di ricordare, colloca il diritto di propriet nellambito dei diritti fondamentali di
libert73.
Le difficolt esegetiche per linterprete, nel conferire adeguato contenuto, di volta
in volta e di epoca in epoca, a questa complessa e delicata funzione sociale, si
manifestano anche in considerazione del fatto che essa sconta, al pari di altre c.d.
clausole generali dellordinamento quali sono, ad esempio, la buona fede, il buon
costume e lordine pubblico , un alto grado di indeterminatezza, a cominciare dalla
lettera stessa del comma 2 dellart. 42 Cost., secondo cui: la propriet ha e non
una funzione sociale74.
Naturalmente non mancano neppure concezioni negazioniste dellammissibilit di
una funzione sociale con riguardo alla propriet, ripugnando lidea stessa di funzione in

criteri economici per identificare le specifiche espropriazioni di valore a cui la ricordata


garanzia sarebbe applicabile; c) utilizzazione della teoria delle pi propriet, attraverso il
riferimento ad una nozione di categoria di beni individuata sostanzialmente in base ad una
comune funzione economica, per circoscrivere formalmente i casa di applicabilit della nuova
garanzia apprestata per le espropriazioni di valore; d) controllo della legittimit costituzionale
degli interventi legislativi riguardanti il diritto di propriet alla luce del principio di
eguaglianza affermato dallart. 3 della Costituzione; e) irrigidimento del rapporto tra attivit
legislativa e attivit amministrativa, con evidenti riflessi sulla portata della riserva di legge in
materia proprietaria.
72 Cfr. gli artt. 42 e 47 Cost.
73 Cfr. lart. 17, per il quale. ogni persona ha il diritto di godere della propriet dei beni che ha
acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredit. Nessuna persona pu essere
privata della propriet se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla
legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennit per la perdita della stessa.
Luso dei beni pu essere regolato dalla legge nei limiti imposti dallinteresse generale,
prosegue, il comma 2, la propriet intellettuale protetta.
74 Cfr., al riguardo, RODOTA, op. ult. cit., 217, cui si rinvia anche per opportuni riferimenti
bibliografici.
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termini di vincolo alla propriet intesa, appunto, come diritto di libert75. Discutendosi,
poi, su quale sia la propriet chiamata ad assolvere la funzione sociale, che potrebbe
non essere la propriet-diritto soggettivo, ossia in quanto diritto soggettivo, bens la
propriet come istituto giuridico76. Termine, questo, pure di difficile definizione,
indicando entit diverse: ora un complesso di fattispecie, ora un complesso di materie,
ora un complesso di norme, ora un complesso di rapporti giuridici77. La distinzione
tra la funzione sociale del diritto soggettivo di propriet e la funzione sociale dellistituto,
espone, per, al rischio di introdurre una duplicazione assai pericolosa, gi palese in
quegli autori che ritengono di salvaguardare la purezza del concetto tradizionale
contrapponendo una propriet effettiva ad una giuridica78. E con laggiunta, pare il
caso di precisare, della funzione sociale dei singoli beni, determinante della relativa
categoria (ad esempio, beni privati, pubblici, del patrimonio disponibile, indisponibile,
demaniale)79.
La funzionalizzazione sociale della propriet ha, indubbiamente, determinato, come
pure significativamente osservato, da un lato, lerosione del diritto di propriet, per
quanto riguarda il contenuto, attraverso, cio, una riduzione dei poteri riconosciuti
al proprietario; dallaltro, lerosione della sfera riservata alla propriet individuale
e, dunque, la riduzione degli oggetti sui quali ammettesi il diritto di propriet nei
privati80.
Con una ulteriore riflessione in relazione al dogma del numerus clausus dei diritti
reali, oggetto, com noto, di vivace discussione, potendosi in questa sede solo
osservare come si tratti di un limite allesercizio dellautonomia privata (arg. ex art.

In argomento, cfr., in particolare, R. ORESTANO, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, in Jus,
1960, 150 ss., ma spec. 172 ss.
76 In tal senso, v. F. SANTORO PASSARELLI, Propriet e lavoro in agricoltura, in Libert economica
e propriet fondiaria, Atti del IV Convegno dellUnione dei giuristi cattolici italiani, Roma, 1953, 64 ss.;
nonch MAZZIOTTI, Il diritto del lavoro, cit., 198 ss.
77 Cos, P. VIRGA, Libert giuridica e diritti fondamentali, Milano, 1947, 218 ss.
78 In tal senso, RODOTA, Il terribile diritto, cit., 247 e nt. 227, il quale prosegue: si tornerebbe,
cos, nella polemica che divise la dottrina tedesca della met dell800 e che oggi appare tanto
lontana ().
79 Cfr. lart. 42 Cost. e gli artt. 810 e ss. e, con riferimento ai beni pubblici, artt. 822 e ss. del cod.
civ.
80 Cos, F. VASSALLI, Il diritto di propriet, in Studi giuridici, II, Milano, 1960, 417 ss.
24
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1372 cod. civ., dal principio di relativit degli effetti del contratto81), ma non per il
legislatore, in potere, dunque, di ampliare il catalogo dei diritti reali82, dunque, non
immodificabile, ma solo storicamente condizionato83.

6. Dalle fugaci indicazioni proposte, la dimensione della propriet accessibile a


tutti dunque, una non propriet individuale sembra destinata a svolgere un ruolo di
assoluta centralit al fine di dare attuazione a quella funzione sociale, in chiave
solidaristica ed egualitaria, destinata ad assicurare la soddisfazione di necessit umane
essenziali di vita, adempimento di imperative esigenze di sicurezza e dignit della
persona umana e sociale di cui in Costituzione, che trascende ogni possibile confine
geografico e di mercato, immaginario od effettivo. Irrilevanti, pertanto, sembrano da
doversi considerare forme di appartenenza individuali relative alla pretesa del
godimento di simili beni, appunto, comuni, che si caratterizzano per logiche inclusive e
non di mercato, ma, soprattutto, non proprietarie, pur determinando in favore degli aventi
diritto al godimento le medesime prerogative della propriet in termini di accesso e tutela
al bene. Ed indifferenti possono risultare le modalit organizzative del godimento dei
beni comuni o non proprietari, costituendo una terza dimensione, rispetto alla
propriet pubblica o privata, proprio in quanto accesso e propriet agiscono, in tal
caso, come categorie autonome84.

In argomento, sia consentito rinviare a F. RINALDI, La donazione di beni altrui, Napoli-Roma,


2012, spec. 78 ss.
82 Si considerino, tra le diverse discusse ipotesi di diritti reali atipici, le seguenti: la multipropriet
(oggi disciplinata nellambito del Codice del Consumo, d.lgs. n. 205 del 2006, artt. 69-81-bis); la
fattispecie del super condominio; il trust. E, si possono aggiungere le controverse ipotesi delle
propriet risolubili (ad esempio, la vendita con patto di riscatto, artt. 1500 e ss. del cod. civ.); la
vendita con riserva di propriet (artt. 1523 ss. del cod. civ.); e le altrettanto discusse ipotesi di
servit atipiche.
83 In argomento, cfr., in particolare: L. BARASSI, Diritti reali limitati, Milano, 1937, spec. 50 ss.; F.
MESSINEO, Tratt. dir. civ. e comm., Milano, 1966, spec. 567 ss.; M. GIORGIANNI, voce Diritti
reali (diritto civile), in Noviss. dig. it., 1971, 752 ss.; U. MORELLO, Multipropriet e autonomia
privata, Milano, 1984, spec. 71 ss.; G. ALPA - M. BESSONE A. FUSARO, Tipicit e numero chiuso
dei diritti reali. Posizioni della dottrina, orientamenti giurisprudenziali, in Poteri dei privati e statuto
della propriet a cura di A. Fusaro, Roma, 2004, 5 ss.; QUADRI, Diritto privato, cit., spec. 453 ss.
84 Cfr. RODOTA, op. ult. cit., 462. La. indica, come riferimento normativo per la categoria dei
beni comuni, lart. 43 Cost., laddove prevede anche la possibilit di affidare a comunit di
lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi
pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio che abbiano carattere di
25
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Laccesso, difatti, trova il suo presupposto nellumana ed universale necessit,


che caratterizza il bene comune, sottraendolo, dunque, non solo a logiche di appartenenza
proprietarie, ma anche a logiche di appartenenza statuali, in una prospettiva di
superamento dello status civitatis, tradizionalmente inteso in senso identitario e di
appartenenza alla Nazione.
La non categoria dei beni comuni destinata a produrre effetti dirompenti su
tradizionali forme concettuali e categoriche, divenendo strumento di affermazione
della dignit della persona in opposizione a logiche foriere di diseguaglianze sociali85,
favorendo laffermarsi di uno status personae, non riducibile nellambito di angusti
confini territoriali, se si vuole, in una logica anti status ed egualitaria, non potendo
risultare ammissibile la negazione di beni primari ed essenziali dellumanit a persone
in ragione di una diversa appartenenza geografica.
Senza lassicurazione di beni primari quali: acqua, cibo, aria, conoscenza non
sembra, difatti, poter esservi alcun effettivo riconoscimento di diritti fondamentali ed
umani, destinati, altrimenti, a restare un catalogo di buone intenzioni, piuttosto che di
conquiste effettive86, come diffusamente sostenuto. I beni comuni, preziosissimi, sono
beni primari che appartengono o, meglio dovrebbe dirsi, non appartengono a tutti in
quanto appartengono al genus umanit. In questa definizione dei beni comuni in termini di
diritti umani e fondamentali dellindividuo, si manifesta la necessit della edificazione di
una cittadinanza umana globale ed universale, ricordando le straordinarie parole di
Montesquieu, poste ad epigrafe di questo lavoro, il quale ci ricorda, inoltre che: la
societ lunione degli uomini, non gli uomini: il cittadino pu perire, e luomo
sopravvivere87.
Al riguardo, pure da considerare limpulso delle Istituzioni comunitarie, ed in
particolare, della Corte dei Diritti dellUomo di Strasburgo, che riconducono allart. 3

preminente interesse generale. In argomento, particolarmente significative le riflessioni di: J.


RIFKIN, Let dellaccesso. La rivoluzione della New Economy, trad it. a cura di P. Canton, Milano,
2000; e di D. BOLLIER - S. HELFRICH, The Wealth of the Commons. A World beyond Market &
State, Amherst, Mass., 2012.
85 Cfr., in particolare, BAUMANN, Danni collaterali, cit., 6 ss.
86 Cos, F. SAVATER, Etica per un figlio, Roma-Bari, 2000, spec. 105. La. fa particolare riferimento
a libert, giustizia, assistenza.
87 MOSTESQUIEU, Lo spirito delle leggi, Ginevra, 1748, trad. it., Milano, 1999, p. 293.
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del Trattato di Lisbona, per il quale: lUnione combatte lesclusione sociale e le


discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociale, la parit tra uomini e
donne, la solidariet tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Con
riferimento a questi ultimi, i rifletta sulla sorte di milioni di minori sfollati e rifugiati a
causa dei gravi disordini nei loro Paesi, sorte, questa, che, in caso di default di uno
Stato, potrebbe toccare a tutti ed ai figli di tutti88.
Il catalogo dei beni comuni ampio, a titolo semplicemente indicativo: acqua;
cibo; assistenza, specialmente sanitaria89 e, dunque, salute; giustizia; libert;
conoscenza, con particolare attenzione allistruzione ed agli strumenti tecnologici di
informazione (quali, ad esempio, internet90); la casa di abitazione, con particolare
riferimento allabitazione familiare; il lavoro; il genoma umano, con ogni comprensibile ed
opposta reazione e dovuta precisazione; laria e, dunque, lambiente, il paesaggio e la
Terra (nel senso di pianeta). Con riferimento alla Terra, bene comune, Hanna Arendt
osserva, in maniera particolarmente efficace, che: non lUomo ma gli esseri umani
abitano questo pianeta. La pluralit la legge della terra91. Un invito, dunque, alla
prudenza, a non saccheggiare, depredare, inquinare le risorse di questo pianeta,
potendo risultare difficile per lumanit, almeno per adesso, immaginare una vita
altrove92.
In effetti, la questione non sembra tanto dover essere quella di fornire un catalogo
di beni comuni, quanto, piuttosto, quella di acquisire consapevolezza in relazione ad una
situazione che riguarda la sopravvivenza stessa dellumanit93 e, di conseguenza,
quella di assicurare effettiva attuazione e concretizzazione del diritto al godimento dei

In argomento, cfr. G. CHIAPPETTA, Gli status personae e familae nella giurisprudenza delle
Corti sovranazionali, Napoli, 2012, spec. 74 ss.
89 Si consideri lassistenza sanitaria gratuita o, comunque, a costi ragionevoli.
90 In proposito, si ricordi la proposta di modifica dellart. 21 della Costituzione, nel senso di:
tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizioni di parit, con modalit
tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.
Proposta, questa, formulata dal RODOTA, Il terribile diritto, cit., spec. 468 e nt. 18.
91 Cfr. H. ARENDT, La vita della mente, Bologna, 1987, 7 ss.
92 Fin troppo ovvio il riferimento al sistema di gestione di rifiuti pericolosi specialmente in
alcune regioni.
93 Si considerino le guerre per lacqua, in diversi continenti (con particolare riferimento allAfrica,
lAsia, lAmerica Latina).
27
88

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beni comuni, attraverso il riconoscimento di livelli prestazionali essenziali, altrimenti,


correndo il rischio di un mero e poco significativo riconoscimento formale.
Si consideri, ad esempio, lacqua, potendo risultare significativa, sotto il profilo
della consapevolezza, la necessit di una recente Risoluzione dellAssemblea Generale
delle Nazioni Unite del 28.7.2010, che afferma limportanza di unequa disponibilit
di acqua potabile sicura e pulita e di servizi igienici come parte integrante della
realizzazione di tutti i diritti umani94. Non, dunque, un livello congruo di
disponibilit di acqua, ma un livello minimo di sopravvivenza per gran parte del
genere umano95. Ed inoltre, il cibo e, dunque, la lotta alla fame nel mondo, che pu
essere attuata attraverso diversi strumenti anche di ordine legislativo. Pare, in
proposito, il caso di ricordare la proposta di introdurre nella Costituzione indiana una
misura concreta di cosa sia il diritto al cibo (una quantit mensile di riso) 96. Ed infine,
la conoscenza, in tal caso, ricordando la straordinaria efficacia dellart. 5, co. 1, della
Costituzione tedesca, secondo cui: ognuno ha il diritto di () informarsi senza
impedimenti da fonti accessibili a tutti.
Dunque, il campo di battaglia dei beni comuni la loro concretizzazione, da
intendersi come pratica quotidiana garantita da una precisa strategia e un effettivo
impegno anche economico degli Stati, del mondo produttivo (delle imprese
multinazionali in particolare) e della generalit dei cittadini. Ci che colpisce di pi
che al continuo discorso sui diritti non corrisponde spesso lindispensabile accento sui
doveri sia degli Stati, che dei singoli cittadini, mentre evidente che, per uneffettiva
tutela e direi promozione dei diritti umani, oltre allimpegno culturale (nel senso
delleducazione alla pace e al rispetto della vita e dei diritti inviolabili della persona)

Si tratta della Risoluzione A/64/L.63/Rev. 1, dellAssemblea Generale delle Nazioni Unite, del
28.7.2010.
95 In proposito, sarebbero da discutere sia i meccanismi di gestione di questo preziosissimo
bene, sia le tariffe, forse, eccessive per un bene primario, che andrebbero graduate in relazione
al reddito (sino allesenzione per determinate fasce reddituali), sia gli sprechi. Ci si riferisce
anche ai Referendum contro la privatizzazione del servizio; nonch alla complessit della disciplina
normativa di settore che, in numerose ipotesi, sembra essere caratterizzata da una
sovrapposizione di enti e discipline.
96 Lesempio tratto da RODOTA, Il terribile diritto, cit., 485.
28
94

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assolutamente irrinunciabile una concreta strategia sia istituzionale che economica e


sociale97.

7. I beni comuni sono, dunque, destinati a svolgere unessenziale funzione di


concretizzazione dei diritti umani fondamentali e, al pari della dignit umana, non
sembrano costituire una categoria giuridica, trattandosi, piuttosto, di un concetto
aspecifico ed anfibologico.
Essi si caratterizzano in quanto non tollerano discriminazioni o diseguaglianze
sociali nellaccesso e nel godimento del bene, se non a prezzo di una drammatica
caduta in divisioni che disegnano davvero una societ castale, dove ritorna la
cittadinanza censitaria, visto che beni fondamentali per la vita, come la stessa salute,
stanno divenendo, o rimangono, pi o meno accessibili a seconda delle disponibilit
finanziarie di ciascuno. Intorno ai beni comuni si propone cos la questione della
democrazia e della dotazione di diritti dogni persona98.
Un dilemma sociale99, quindi, tra libert e solidariet, il cui valore pare poter
essere meglio compreso attraverso il riferimento al drammatico diario di un ebreo e
del suo fortunato ritorno dal campo di annientamento di Auschwitz. Questi ricorda la
scritta presente sul poco invitante lavatoio del campo, in dubbio francese ma in
caratteri gotici: La propriet, cest la sant; e, prosegue, dobbiamo, quindi,
certamente, lavarci la faccia senza sapone, nellacqua sporca, e asciugarci nella giacca.
Dobbiamo dare il nero alle scarpe, non perch cos prescrive il regolamento, ma per
dignit e per propriet. Dobbiamo camminare diritti, senza strascicare gli zoccoli, non

Cos, C. AMIRANTE, I diritti umani tra dimensione normativa e dimensione giurisdizionale?, in


Sviluppo dei diritti delluomo e protezione giuridica a cura di L. DAvack, Napoli, 2003, spec. 30 ss.
In una simile prospettiva, la. ricorda anche limportanza degli Enti del Terzo settore (del
Volontariato), che, a livello internazionale ed interno, possono svolgere in materia un ruolo
decisivo. Inoltre, si osserva, si potrebbe destinare una % del PIL al fine di soddisfare
determinate categorie di beni comuni in favore di determinate categorie di persone sprovviste di
sufficienti risorse finanziarie. La. ricorda, altres, la Tassa sullEuropa, per assicurare lingresso in
Europa del nostro Paese.
98 Cos, RODOTA, op. ult. cit., 474 ss.
99 Lespressione di RODOTA, op. ult. cit., 498.
29
97

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gi in omaggio alla disciplina prussiana, ma per restare vivi, per non cominciare a
morire100.

100

Cos, P. LEVI, Se questo un uomo (1958), rist. 2005, Torino, spec. pp. 34 e 36.
30

NOTE SUL DIRITTO FONDAMENTALE ALLACQUA.


PROPRIET DEL BENE, GESTIONE DEL SERVIZIO, IDEOLOGIE DELLA
PRIVATIZZAZIONE

di

Sandro Staiano
(Professore ordinario di Diritto costituzionale
nellUniversit di Napoli Federico II)

9 marzo 2011

SOMMARIO: 1. Diritto allacqua e previsioni costituzionali. 2. Lacqua come bene non


sostituibile. 3. Il diritto allacqua come nuovo diritto. 4. Il diritto allacqua come diritto
fondamentale. 5. Il diritto allacqua nel contesto internazionale. 6. Il diritto allacqua nel
contesto europeo. 7. Il caso italiano. 7.1. Gli oscillanti orientamenti legislativi. 7.2.
Lideologia della privatizzazione. 7.3. Liniziativa referendaria. 7.4. Regolazione e
vigilanza.

1. Diritto allacqua e previsioni costituzionali. Il diritto allacqua il suo riproporsi come


problema, per la negazione di cui soffre in forza degli stati di crisi e di conflitto armato, mai
sopiti ovunque e del tutto, e per essere la sua violazione lindicatore di perduranti
federalismi.it n. 5/2011

diseguaglianze tra singoli o gruppi sociali e tra parti del mondo lo scandalo, la pietra
dinciampo in ogni percorso, teorico o dogmatico, rivolto a costruire ordinate tassonomie dei
diritti fondamentali. Uno scandalo rimosso, sembrerebbe: la Costituzione italiana, come altre
Costituzioni, non contiene alcun autonomo riferimento al diritto allacqua; n formule
normative intese a qualificare un diritto soggettivo o collettivo allacqua si rinvengono nei
testi del diritto internazionale .
Il tema del diritto allacqua viene, dunque, quasi naturalmente attratto nel contesto del
dibattito non risolto e forse, in qualche caso, un po consunto sulla lettura dellart. 2 Cost.
come norma a fattispecie aperta o, allopposto, a fattispecie chiusa; o anche essendo
pressoch inevitabile che, nel sedimentarsi del confronto, si creino posizioni terze come
norma, per cos dire, a fattispecie semipermeabile al processo storico di espansione delle
garanzie dei diritti (un modo per richiamare lopportunit di non pervenire ad eccessi, nella
ricostruzione del tessuto dei diritti costituzionalmente protetti).
Sono noti i problemi e le posizioni sottese a questi diversi approcci: inutilit di nuove
previsioni (i nuovi diritti potrebbero senza soverchio sforzo interpretativo essere
rinvenuti in norme costituzionali esistenti); rischi di irrigidimento (meglio lasciare che il
legislatore ordinario contemperi opportunamente le posizioni implicate, senza che occorra, e
anzi essendo controindicata, ogni pietrificazione normativa); eccesso di capacit deontica dei
nuovi diritti, coinvolti in una valutazione di bilanciamento con diritti espressi o anche
specificamente disciplinati dalla Costituzione, che ne risulterebbero necessariamente
diminuiti.
Ora, la mancata espressa previsione, a livello costituzionale, del diritto allacqua condurrebbe
tuttavia a desumerlo agevolmente dalla tutela del diritto alla vita, come prima e fondamentale
garanzia della persona (dallart. 2 Cost., anzitutto, ma anche dallassolutezza del ripudio della
pena di morte, in forza dellart. 27, c. 4, nel testo risultante dalla legge di revisione
costituzionale 2 ottobre 2007, n. 2); e dal diritto alla salute, che fondamentale diritto
dellindividuo e interesse della collettivit, secondo lart. 32. E, quanto alle Carte
internazionali, si potrebbe ricavare dalla Dichiarazione universale dei diritti delluomo del
1948, che, allart. 3, enuncia il diritto alla vita, e, allart. 25, il diritto alla salute. Potrebbe non
ritenersi, dunque, utile discostarsi dalle consuete linee di ricerca del fondamento di un diritto
non espressamente previsto, cos come esse si dispongono nellalternativa fattispecie
aperte/chiuse (e terze vie).
Ma ricostruzioni siffatte sarebbero troppo riduttive, innanzi alle peculiari modalit secondo le
quali laccesso allacqua si manifesta come nuovo diritto.
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2. Lacqua come bene non sostituibile. Che lacqua fosse un bene non sostituibile era nel
novero delle conoscenze possibili anche al costituente italiano del 1947:

la mancata

considerazione di questo dato, proprio della scienza economica, potrebbe essere, dunque, la
manifestazione di una certa scarsa apertura della cultura del diritto e delle istituzioni in quel
tempo a concetti propri di contesti disciplinari diversi da quello giuridico.
Ma non si tratta di un difetto di percezione del costituente italiano. Il diritto allacqua, nella
sua configurazione attuale, un dato recente nella intera esperienza costituzionale, nei singoli
Paesi e nei processi sovranazionali come nel diritto internazionale. Si potrebbe ritenere che
nuova sia la scarsit del bene, anche in forza delle vulnerazioni crescenti inferte agli
equilibri naturali. Tuttavia, tale scarsit bens cresciuta, tanto da indurre taluni a prospettare
esiti catastrofici, ma non esperienza nuova: la scarsit dacqua un dato consolidato in
molte parti del mondo e in parti di singoli Paesi, anche nellOccidente maturo, anche in
Europa (si pensi alle condizioni di tante parti del Mezzogiorno dItalia).
La domanda che ha maggiore fondamento , allora, quella intorno alle ragioni per le quali,
bench lesperienza della non sostituibilit e della scarsit non sia nuova, solo in questo
tempo congiunturale si affermi la necessit di concepire un diritto allacqua come fattispecie
autonoma, e si affermi cos intensamente da spingere a richiederne la codificazione
costituzionale.
3. Il diritto allacqua come nuovo diritto. La definizione normativa di un nuovo diritto,
nellosservazione che se ne potuta compiere, deriva dalla pressione del processo storico,
quando in esso assumano rilievo posizioni soggettive ritenute corrispondenti a valori
meritevoli di tutela. La novit pu consistere nella imprevedibilit, o comunque nella mancata
previsione, nelle Carte dei diritti, di una fattispecie della quale si riveli poi necessaria la
regolazione; ovvero nella diversa valutazione nel tempo di una posizione che non si era
ritenuto di garantire e della quale maturi una diversa considerazione assiologia, tale da
fondarne la disciplina costituzionale. Sul versante del modo di produzione normativa:
estensione delle previsioni vigenti a fattispecie non disciplinate; nuova disciplina
costituzionale. Nel primo caso, si fa assegnamento sullelasticit delle disposizioni
costituzionali, dando soprattutto campo allinterpretazione giudiziale; nel secondo, si segue la
via dellinnovazione conformativa. In entrambi, le implicazioni sistematiche delle nuove
norme si formino esse come diritto giurisprudenziale o come prodotto nelle sedi della
decisione politica conducono a nuove architetture interpretative, e a nuovi equilibri
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nellimpiego delle tecniche di bilanciamento e nella definizione dei limiti dei diritti
preesistenti.
In questo scenario di possibili profili ricostruttivi, il diritto allacqua presenta una sua non
riducibile specificit, proponendo in termini nuovi le ragioni della propria genesi: quello
allacqua non un diritto nuovo in ragione del mutare delle condizioni fattuali al cospetto
della situazione originariamente presente ai costituenti, ai legislatori costituzionali e agli
stipulatori dei trattati internazionali, ai quali tutti, nellambito delle democrazie occidentali del
secondo dopoguerra nellarea euro-americana, erano ben presenti i caratteri di non
sostituibilit e di scarsit dellacqua (e, invero, la menzione di un diritto allacqua non si
rinviene nelle costituzioni europee pi recenti). Il diritto allacqua come problema irrisolto si
manifesta, invece, per i connotati di quella che stata definita terza globalizzazione (dopo
la prima, tra lultima parte dellOttocento e la prima guerra mondiale, e la seconda, nel
quarantennio successivo alla seconda guerra mondiale: periodizzazione utile, bench
convenzionale, e riferita, ovviamente, alle globalizzazioni della modernit, poich di quelle
antiche, probabili e pi difficili da ricostruire, non dato far conto nel discorso presente).
Anche questa globalizzazione, come quelle che lhanno preceduta, segnata da una
rivoluzione tecnologica, stavolta nel campo delle comunicazioni: e allora il problema della
scarsit e della non sostituibilit, acuito dal degrado dellambiente, che induce timori
escatologici, entra nellimmediata percezione generale; la necessit di garantire il diritto
allacqua diviene un valore globale condiviso.
Soprattutto, nella terza globalizzazione si rivelano non lievi disparit tra attori economici,
allinterno di ciascun Paese e tra Paesi; aumentano asimmetrie di reddito, di ricchezza, di
istruzione, di capacit di investimento; si aggravano le esternalit, anche con lo
stravolgimento degli equilibri ecologici (al caso americano, si aggiungono quello cinese e
quelli di altri Paesi usciti di minorit e interessati da una crescita economica tumultuosa).
Lacqua diviene, allora, un elemento di disparit uno dei maggiori, certo il pi eclatante, il
pi scandaloso allinterno dei singoli Paesi e tra Paesi: tra chi la possiede e chi non la
possiede, tra chi vi pu accedere e chi non vi pu accedere, tra chi ha diritti di acquisizione
e chi non li ha. Il grado della sua disponibilit conseguenza e fattore di asimmetrie
economiche; unesternalit di rilievo crescente.
E matura la consapevolezza che lequa distribuzione dellacqua non pu essere affidata alle
logiche di un mercato concorrenziale perfetto, poich, proprio con riferimento allo
scandalo dellacqua negata o ingiustamente distribuita, di quel mercato che si conferma
esistere solo come astrazione ideologica risultano alterate le regole naturali.
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Affinch vi sia equa distribuzione e vi siano conservazione e uso razionale della risorsa acqua,
necessaria regolazione. Anzitutto occorre disciplina costituzionale in senso proprio:
limitazione del potere e del libero dispiegarsi dei rapporti di forza attraverso laffermazione di
un diritto; attuazione di questo diritto anche con la garanzia di prestazioni da parte degli Stati.
4. Il diritto allacqua come diritto fondamentale. Si proposta lopportunit di stabilire
preliminarmente di quale tipo di diritto si tratti, per poter valutare le modalit della tutela e il
grado delle norme che la assicurino. E si escluso che si tratti di un diritto naturale,
adducendo che lacqua non un bene naturale e tantomeno un bene universale, ma un
prodotto scarso, conteso e vulnerabile

(vulnerabilit potrebbe intendersi come

particolare esposizione alla degradazione, alla contaminazione, dunque allulteriore scarsit).


Tuttavia, la coppia concettuale bene naturale-diritto naturale non sembra perfettamente
simmetrica, poich il carattere naturale di un diritto non pu essere fatto derivare dal carattere
naturale del suo oggetto, ma solo dal contesto etico e giuridico in cui il diritto si svolge, ben
potendo esso avere a oggetto un bene-prodotto piuttosto che un bene naturale (peraltro,
sarebbe ancora pi difficile porre a fondamento della connessione tra tipo di bene e tipo di
diritto, il riconoscimento della qualit del bene naturale/artificiale; pubblica/privata
ritenendo che lattribuzione di questa sia sottratta al legislatore in ragione della natura delle
cose : resterebbe, infatti, da stabilire quali possano essere i modi di accertamento della
natura delle cose).
Forse conduce, allora, a migliori risultati teorici e dogmatici considerare che, se il diritto
allacqua chiama in causa molto direttamente il diritto alla vita, se ne deve ritenere la natura
fondamentale, cio lappartenenza a una sfera sottratta ai detentori della forza, intangibile
dalla pura decisione politica. Per un diritto siffatto, come per tutti i diritti dello stesso ambito,
occorre apprestare garanzie di effettivit e di giustiziabilit: ci che pu avvenire solo con la
positivizzazione costituzionale. La sua radice originaria il carattere naturale, nella
indissolubilit con il naturale diritto alla vita, o anche, se si vuole adottare altro angolo
visuale, la corrispondenza a valori storicamente ed eticamente condivisi lo riconduce al
novero di quelle norme intangibili nella loro essenza, in cui consiste lidentit di ogni singola
Costituzione.
Fino a questo punto, il percorso ricostruttivo si pu muovere entro uno scenario noto,
utilizzando strumenti concettuali consolidati: si tratta di un modo di produzione (in sede di
decisione politica, anche per la via della revisione del testo della Costituzione, o in sede di
interpretazione costituzionale) di una norma a garanzia di un nuovo diritto fondamentale;
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nuovo in quanto non emerso o non percepito come diritto fondamentale fino a una
determinata scansione nel processo storico.
Le letture di tale fenomeno di produzione giuridica saranno diverse in ragione dei diversi
approcci di metodo.
Lapproccio positivista porr in luce la rilevanza dominante del processo politico di
produzione della norma che incorpora il nuovo diritto fondamentale e inviter a interpretarla
secondo neutralit, escludendo di assumere un punto di vista morale, anche quando la norma
manifesti un valore, poich anche il valore deve essere considerato dallinterprete da un
punto di vista solo conoscitivo . E incontrer, vedendo cos messi in gioco i propri capisaldi,
lapparato concettuale del costituzionalismo, incentrato sulla limitazione del potere politico di
decisione proprio quando si tratti di produzione normativa nei piani alti del sistema, ove
incontrer, senza poterla incorporare, lirriducibile non neutralit del costituzionalismo
quanto ai valori.
Ma questi punti di tensione si collocano pur sempre allinterno dei moduli logici delle
tradizioni e delle scuole giuridiche.
N diversamente quanto a siffatta linea di continuit pu dirsi della qualificazione del
diritto allacqua come posizione soggettiva che legittima una richiesta, da parte dei suoi
titolari, di prestazioni a carico dello Stato e che obbliga questultimo a erogarle. Vale, invero,
la solida categoria dei diritti fondamentali sociali: lacqua devessere resa fruibile,
trasportata, distribuita, in condizioni di scarsit crescente; a tanto tenuto lo Stato, affinch il
diritto non sia compromesso e negato dalla riduzione del suo oggetto a semplice merce, con il
libero dispiegarsi di una pura legge della domanda e dellofferta nella sua forma pi brutale e
deregolata .
Anche da questo punto di vista, il diritto allacqua si potrebbe definire in conformit ai tratti
dei pi generali processi di positivizzazione che lesperienza rende disponibili. In presenza di
fattori di crisi dei sistemi nazionali di welfare, nel processo costituente europeo si afferma il
principio di indivisibilit dei diritti fondamentali: non vi pu essere tutela effettiva dei diritti
civili e politici se non vi contestuale garanzia dei diritti sociali. Gi il Trattato
costituzionale, che non ha superato la fase delle ratifiche, qualificava entrambe le categorie di
diritti come fondamentali e prospettava unaffermazione del principio di indivisibilit
attraverso lincorporazione della Carta di Nizza: un modo di valorizzazione delle tradizioni
costituzionali comuni (nel senso proprio di traduzione in valori affermati attraverso la
scrittura in un testo costituzionale). Poi, a Lisbona, nel 2007, stato riconosciuto alla Carta di
Nizza e dunque al principio di indivisibilit in essa contenuto lo stesso valore giuridico del
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Trattato . E proprio la Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea prevede, al Titolo
IV, tra i doveri di solidariet (cui corrispondono tipicamente diritti sociali), laccesso ai
servizi di interesse economico generale (art. 36), categoria alla quale deve ritenersi ascritto il
servizio idrico. Tale previsione non pu che conferire a rendere pi stringenti gli interventi
regolativi di livello europeo, per assicurare leffettivit del diritto quanto ai criteri di
erogazione del servizio (universalit, qualit, accessibilit) e alla tutela degli utenti.
Si apre, dunque, una nuova fase nei modi di garanzia dei diritti sociali, e, tra essi, del nuovo
diritto sociale allacqua.
Tuttavia, da una parte, la migliore garanzia giuridica del diritto allacqua in Europa rende
ancora pi evidente la diseguaglianza con altre parti del mondo, rivelando unasimmetria
tanto poco tollerabile da aprire o rendere pi aspri tensioni e conflitti regionali.
Dallaltra, proprio in ordine a questa potenzialit conflittuale che configura pienamente il
diritto allacqua come lobiettivo di un faticoso processo acquisitivo e come oggetto di
necessaria tutela intesa a conservarlo si

riproducono alcuni possibili equivoci nella

definizione del contenuto di tali diritti sociali e nella ricostruzione del rapporto con altre
posizioni soggettive nel pi complessivo tessuto di diritti costituzionalmente protetti. Il
processo stesso di positivizzazione osservato talvolta sovrapponendo concetti sociologici a
concetti giuridici. Si riprende, epigonalmente, la classica ripartizione di Thomas H. Marshall,
che, distinguendo tre parti o elementi della cittadinanza il civile, il politico e il sociale
intende per elemento sociale tutta la gamma che va da un minimo di benessere e sicurezza
economica fino al diritto a partecipare pienamente al retaggio sociale e a vivere la vita di
persona civile, secondo i canoni vigenti nella societ . Ma nella visione di Marshall
appunto tendenzialmente assente la percezione del conflitto nel processo di sviluppo dei diritti
(ci che ha attratto sulla sua costruzione critiche radicali, specie quella di Anthony Giddens,
dal punto di vista di una teoria della globalizzazione ). E il diritto allacqua o, pi
esattamente, la lotta per il riconoscimento del diritto allacqua e per la sua conservazione
dimostra quanto sia, invece, fondata una visione secondo la quale nessun diritto fondamentale
si afferma senza conflitto sociale .
Anche da questo punto di vista, tuttavia, il quadro problematico in cui si inscrive il diritto
allacqua non , nella sostanza, diverso da quello che ha segnato e segna laffermarsi di tutti i
diritti fondamentali.
Altra, dunque, potrebbe essere la peculiarit di questo nuovo diritto, la pietra dinciampo
che il processo di emersione in cui si colloca oppone ai consueti itinerari di ricostruzione
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teorica e dommatica dei diritti: esso un diritto del singolo, in continuit con la tradizione del
costituzionalismo, ma si propone altres come diritto di intere comunit ; e non solo diritto
fatto valere collettivamente nellambito di un ordinamento nazionale verso lo Stato, ma altres
diritto che deve poter essere fatto valere da una comunit verso unaltra comunit e
nellambito dei rapporti tra ordinamenti. La ragione per la quale il diritto allacqua tende ad
assumere questa dimensione nellevidenza dei modi della sua negazione e dunque del
conflitto aperto per il suo riconoscimento: il diritto allacqua viene precluso anzitutto a intere
comunit, talvolta a interi popoli, sicch prevederne esclusivamente la tutela per il singolo,
nei confronti del potere di decisione politica in un determinato ordinamento, sarebbe
fuorviante e, in molti casi, condurrebbe a previsioni prive di oggetto.
Tuttavia, se si accetta questa nozione di diritto sociale collettivo per il diritto allacqua in
tal modo dando conto della qualificazione di nuovo diritto, nuovo per struttura e per
dimensione, non solo per ordine temporale di introduzione nellordinamento occorre
affrontare problemi inediti quanto alle implicazioni nel rapporto con i diritti individuali; e
occorre meglio precisare la sede e il livello della garanzia giuridica.
Quanto al rapporto con il complessivo quadro dei diritti, se il carattere collettivo del diritto
allacqua implica il riconoscimento di esso a una collettivit come tale, e la possibilit di farlo
valere ai rappresentanti di questa, la sua previsione normativa conduce a una espansione
della sfera di garanzia dei diritti e a una riduzione della diseguaglianza, se essi sono riguardati
dal punto di vista del rapporto tra comunit e gruppi sociali; ma tale previsione entra in
naturale tensione con la garanzia del diritto allacqua come diritto individuale. Infatti, una
volta riconosciuta una collettivit come titolare del diritto, senza riferimento al modo in cui
tale collettivit organizzata e al rapporto tra i suoi organi e i singoli che la compongono
quanto allesercizio del diritto riconosciuto, si sottraggono al campo della disciplina le
garanzie dei singoli nei rapporti di potere allinterno della collettivit medesima. Irragionevoli
diversit nellaccesso al bene che oggetto del diritto sociale collettivo possono riprodursi
allinterno della collettivit; e anzi la circostanza che il diritto ascritto in astratto alla
collettivit sia in concreto esercitato dai rappresentanti o dagli esponenti di questa, senza
alcuna influenza sulla spettanza collettiva del modo in cui tali rappresentanti ed esponenti
sono designati e rispondono ai singoli componenti della collettivit medesima, non pu non
rafforzare i rapporti di dominio in atto, per quanto essi possano essere ingiusti. Lattribuzione
del diritto collettivo pu, allora, condurre allaffievolimento o allirrilevanza del diritto
individuale.

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Si rende, dunque, necessaria una doppia tutela del diritto allacqua come diritto sociale
collettivo e come diritto sociale individuale e ci conduce al secondo problema qui
segnalato, quello della sede e del livello della garanzia: il diritto allacqua come diritto sociale
collettivo, infatti, chiama in causa la sovranit esterna degli Stati, quando esso sia
riconosciuto a comunit statali, di tale sovranit costituendo una limitazione; chiama in causa
la sovranit interna degli Stati, quando la garanzia riguardi collettivit infrastatali; chiama
egualmente in causa tale sovranit interna, limitandola, il diritto allacqua come diritto
sociale individuale.
Da ci si inferisce il tipo e il livello della norma a garanzia del diritto.
5. Il diritto allacqua nel contesto internazionale. Non sembra dubbia la necessit di norme
internazionali di tipo pattizio, rivolte a garantire il diritto allacqua a intere comunit nazionali
in condizioni di debolezza nelluso della risorsa idrica: debolezza che pu derivare da
posizioni dominanti di singoli Stati nellaccesso allacqua, tali da precluderlo o da limitarlo
nei confronti di popolazioni limitrofe o variamente interagenti con lo Stato dominante ; ma
pu anche derivare dalla condizione di particolare svantaggio economico di comunit statali,
non dotate degli strumenti necessari alluso dellacqua, pur potenzialmente accessibile o
almeno suscettibile di essere impiegata pi efficacemente e meglio distribuita. In questa
seconda ipotesi, dovrebbe essere riconosciuto un diritto sociale collettivo allacqua, cui
dovrebbero corrispondere obblighi di prestazione a carico della comunit internazionale: in
concreto, lobbligo a carico dei Paesi pi favoriti di dislocare risorse verso i Paesi meno
favoriti per correggere unasimmetria tra quelle che possono produrre i pi gravi effetti di
destabilizzazione nei rapporti economici globali.
Queste stesse norme pattizie dovrebbero prevedere anche garanzie per le collettivit
infrastatali e per i singoli cittadini quanto allequa distribuzione della risorsa idrica, poich
non sembra eludibile, a nessun livello di normazione, la richiamata necessit di una doppia
garanzia del diritto allacqua: garanzia delle collettivit e garanzia dei singoli nelle
collettivit.
Ora, nello scenario internazionale, si sono venute stratificando iniziative di notevole rilevanza
culturale e politica, che hanno posto laccento sui fattori che suggeriscono un compiuto e
specifico riconoscimento del diritto allacqua. Non breve pu esserne lelenco . Ma occorre
rilevare come, bench in sedi siffatte si producano documenti privi di efficacia normativa
diretta, quando si trascorra dalle generiche dichiarazioni di largo principio alla pi
impegnativa definizione degli strumenti necessari a contrastare in modo pi specifico le
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iniquit nella distribuzione dellacqua, lintesa diviene molto difficile, ed frequente il


ripiegamento su formule vaghe e dilatorie.
La difficolt a stabilire regole conformative dimostrata anche dal mancato conseguimento
dellobiettivo di tradurre in norme convenzionali, in tal modo imponendole allosservanza
degli Stati, princip enunciati in documenti elaborati in sedi di studio e di ricerca, meritorie,
ma al pi idonee a produrre proposte interpretative o raccolte private di diritto
consuetudinario: cos, le Regole di Helsinki, dichiarate dallILA , associazione di diritto
internazionale avente per scopo sociale the study, clarification and development of
international law, both public and private, and the furtherence of international understanding
and respect for International law, sono state bens riprodotte nella Convenzione ONU del
1997 sul diritto duso dei corsi dacqua internazionali a fini diversi dalla navigazione , ma poi
questa non ha ottenuto il numero di ratifiche necessario a renderla vincolante. E alla mancata
ratifica non sembra estranea la potenziale, temuta, attitudine del Trattato a determinare con un
rimarchevole grado di specificazione, e dunque di efficacia, i comportamenti degli Stati,
nonostante una certa, non riducibile elasticit delle direttive enunciate in applicazione del
principio di equa e ragionevole utilizzazione , che ispira, nel suo complesso, la
Convenzione.
La proposta, poi, di far approvare una Convenzione globale per il diritto allacqua in sede
ONU, per attribuire a esso la qualificazione di diritto umano fondamentale, stata accolta
con molto scetticismo, con largomento, invero di tono generale, di un eccesso di
politicizzazione troppo unilaterale della questione dei diritti umani, usati selettivamente
come unarma; e si ritenuto che essa possa avere assai difficilmente sbocco .
venuta, perci, maturando lidea che la protezione del diritto allacqua nei trattati, per
quanto indiretta e non pienamente definita, si possa considerare adeguata, o almeno si possa
ritenere unacquisizione non ulteriormente migliorabile, e che, semmai, il vero problema
innanzi alla comunit internazionale sia quello di dare corso a politiche corrispondenti a tali
indicazioni di principio, politiche che invece mancano o sono molto carenti e lontane dal
corrispondere alle necessit del momento storico, mentre il problema della carenza di acqua si
aggrava secondo unallarmante progressione .
In questo ambito, dunque, non sembra realistico attendersi un nuovo quadro normativo
internazionale.
6. Il diritto allacqua nel contesto europeo. Nellambito dellUnione Europea, il diritto
allacqua trova anzitutto garanzia indiretta nelle norme della Carta dei diritti fondamentali
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dellUnione europea : nellart. 2, che tutela il diritto alla vita; nellart. 35, specie ove
stabilito che nella definizione e nellattuazione di tutte le politiche e attivit dellUnione
garantito un livello elevato di protezione delle salute umana; nellart. 36, secondo il quale
lUnione riconosce e rispetta laccesso ai servizi di interesse economico generale quale
previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente ai trattati; nellart. 37, ove
affermato che un livello elevato di tutela dellambiente e il miglioramento della sua qualit
devono essere integrati nelle politiche dellUnione e garantiti conformemente al principio
dello sviluppo sostenibile; nellart. 38, secondo cui nelle politiche dellUnione garantito
un livello elevato di protezione dei consumatori.
Quanto alla produzione normativa degli organi dellUnione, essa si muove lungo due linee,
distinte ma segnate da punti di intersezione: da una parte, perseguito lobiettivo di tutelare
lacqua concepita non come prodotto commerciale al pari degli altri, bens come
patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale verso i fattori di degradazione e
contaminazione derivanti da abusi e sfruttamento abnorme, nel quadro pi generale del
deterioramento degli ecosistemi; dallaltra, rileva la disciplina in materia di servizi pubblici,
che tocca in modo concreto e diretto lesercizio del diritto allacqua da parte di comunit e di
singoli, e rileva la giurisprudenza della Corte di giustizia che si formata in tema.
Sotto questo secondo profilo, i princip a garanzia della concorrenza e del mercato che
sostanziano il complessivo assetto dellUnione Europea, e ne segnano la genesi e il
consolidamento sono bilanciati, mediante il riconoscimento del principio di autonomia
istituzionale, con lesigenza di porre in essere particolari forme di gestione di servizi, tra i
quali il servizio idrico, in cui si possa ritenere di far prevalere la presenza di soggetti
pubblici, a miglior tutela di beni e di diritti ritenuti fondamentali: possono dunque prevedersi
deroghe alla regola generale delle procedure di aggiudicazione a evidenza pubblica; e le
amministrazioni pubbliche possono produrre direttamente il servizio o anche affidarlo a
soggetti diversi, ma sottoponendo gli affidatari a controlli cos penetranti da essere assimilati
a quelli che il soggetto pubblico esercita su propri organi o articolazioni organizzative
(controllo analogo).
7. Il caso italiano. In tale quadro normativo europeo che tanto aperto da offrire la scelta
tra diversi modelli nazionali di gestione della risorsa idrica il caso italiano si venuto
caratterizzando per rimarchevoli oscillazioni nelle soluzioni legislative, orientate talvolta da
assunti ideologici e da compromessi provvisori.

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LItalia appartiene al novero dei Paesi dotati di disponibilit di acqua (per connotazioni
fisiche e geografiche) e caratterizzati da elevato consumo (come nellintero Nord del mondo).
Anche in Italia, dunque, si propongono i problemi della competizione tra i diversi impieghi
delle risorse idriche (agricolo, industriale, civile), ciascuno dei quali ha effetti diversi sulla
dotazione complessiva di acqua e sulla sua qualit; e dellefficienza nellimpiego di esse, se si
considera che lo spreco di acqua, cio il rapporto tra acqua che residua e viene dismessa dopo
i processi di consumo e acqua prelevata, sempre molto alto, nei vari impieghi, arrivando
fino a punte del novantacinque per cento. Problemi che debbono essere affrontati con
meccanismi regolativi e di controllo pi severi e consapevoli.
Ma, in Italia, v anche un problema molto specifico: le asimmetrie economiche e sociali
specie lungo la linea di demarcazione Nord-Sud si manifestano anche nella gestione delle
risorse idriche.
Il controllo dellacqua , storicamente, un fattore genetico e di consolidamento della mafia in
Sicilia, regione assai ricca di risorse idriche, tuttavia sottratte, dapprima specie nellimpiego
agricolo, poi anche negli usi civili, al controllo pubblico, attraverso la propriet privata dei
pozzi, la speculazione fondiaria in vista della realizzazione di infrastrutture e il
condizionamento degli appalti dei lavori, la presenza distorsiva nel mercato dei servizi
idrici . Considerazioni analoghe possono valere per altre regioni interessate da fenomeni
assimilabili alla mafia. In tali casi chiamata in causa la sovranit interna dello Stato, al
cospetto di ordinamenti antistatali, per i quali il controllo dellacqua un fattore di dominio
del territorio.
Anche questi caratteri peculiari lorientamento ad agire su di essi con scelte normative forti,
idonee a contrastarli, rimodellando il sistema delle relazioni tra i titolari del diritto allacqua e
i soggetti che ne governano luso danno conto dellaffermarsi del principio della propriet
pubblica dellacqua, bene identificato con la maggiore latitudine: appartengono al demanio
dello Stato tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch non estratte dal sottosuolo,
afferma ora lart. 144, c. 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 (ma, gi oltre un decennio innanzi, lart.
1, c. 1, l. 5 gennaio 1994, n. 36 poi abrogata con lart. 175, lett. u, di tale d.lgs. n. 152 del
2006 aveva stabilito che tutte le acque superficiali e sotterranee, anche non estratte dal
sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che salvaguardata e utilizzata secondo
criteri di solidariet). E anche tutte le infrastrutture idriche, a qualsiasi soggetto pubblico
appartengano, sono qualificate come demaniali, e dunque assoggettate a un regime di ristretta
alienabilit, nei limiti fissati dalla legge (art. 143, c. 1, d.lgs. n. 152 del 2006).

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Tuttavia, siffatte previsioni di principio non sembrano offrire soluzioni nuove o stabili alla
questione maggiore innanzi al legislatore, che nella ricerca di un modello di gestione delle
risorse idriche in cui trovino contemperamento: efficienza, anche secondo logica di impresa,
nel quadro dei vincoli europei; garanzia degli utenti, che sono titolari di un diritto
fondamentale; irrinunciabile universalit del servizio, e dunque tutela delle posizioni deboli a
rischio di esclusione sociale, esclusione di cui la preclusione del pieno accesso allacqua
sarebbe forse lindicatore di maggior rilievo.
7.1. Gli oscillanti orientamenti legislativi. Nella legislazione, il tema dellimpiego razionale
delle risorse idriche trova una prima declinazione nel concetto di servizio pubblico
integrato, che, introdotto con la legge n. 36 del 1994, improntato allesigenza di porre fine
alla frammentazione del servizio idrico tra captazione, adduzione e distribuzione di acqua a
usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue. E, se, in coerenza con lobbligo
costituzionalmente fondato di promuovere le autonomie locali, alla gestione del demanio
idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorio (art. 86, d.lgs. 31
marzo 1998, n. 112), sono tuttavia perseguiti obiettivi di razionalizzazione funzionale e
dimensionale. In un quadro ispirato al principio di sussidiariet, invero, anche la gestione
delle acque chiamer in causa competenze esclusive dello Stato, nella determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, c. 2, lett. m, Cost.); e non potr essere
escluso lesercizio dei poteri sostitutivi previsti dallart. 120, c. 2, Cost.
A fini di efficienza dimensionale sono intese anche la definizione di ambiti territoriali ottimali
e la costituzione, in ciascuno di essi, di unAutorit dambito, struttura dotata di personalit
giuridica alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente e alla quale trasferito
lesercizio delle competenze a essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche
(art. 148, c. 1, d.lgs. n. 152 del 2006). Il motore della costruzione della gestione unica del
servizio idrico integrato la Regione, che delimita lambito territoriale ottimale, e cui
commesso, al pari delle Province autonome, il potere di disciplinare le forme e i modi della
cooperazione tra gli enti locali nellambito; alle Autorit dambito demandata
lorganizzazione, laffidamento e il controllo della gestione del servizio in discorso (art. 148,
c. 2, d.lgs. n. 152 del 2006) .
Ma il tema forte che chiama in causa il pi difficile contemperamento tra rilevanza sociale
dei servizi idrici ed efficienza imprenditoriale nella erogazione di essi nellosservanza dei
vincoli europei quello del modello di gestione. E, infatti, su questo versante si sono
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manifestate le maggiori oscillazioni nelle scelte legislative; e il sovraccarico ideologico del


processo di integrazione politica che a esse ha condotto provoca un elevato conflitto sociale e
unaccentuata tensione tra sedi della rappresentanza e iniziativa popolare, fino alla
presentazione di una proposta di referendum abrogativo nellintendimento di ridefinire,
intaccandone radicalmente le basi, lattuale assetto normativo.
Il modello di gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica tra i quali compreso il
servizio idrico contenuto originariamente nellart. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142,
poi nellart. 113 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sullordinamento
degli enti locali), che ne riprende i contenuti, e si incentra sulla scelta, commessa alla
discrezionalit delle amministrazioni competenti, tra gestione in economia, concessione a
terzi mediante procedura concorsuale, affidamento diretto ad azienda speciale o a societ per
azioni a prevalente capitale pubblico.
Ma gi a poco pi di un anno dallemanazione del Testo Unico ed questa la prima
oscillazione del legislatore quanto allaffermarsi della logica di impresa nella gestione dei
servizi, sia pure nel contemperamento con la natura pubblica di essi lart. 35, cc. 8 e 9, legge
28 dicembre 2001, n. 448 impone agli enti locali di trasformare le aziende speciali in societ
di capitale, e di scorporare le reti e le infrastrutture, conferendole a societ a capitale pubblico
non cedibile, ove di esse siano proprietarie societ per la gestione dei servizi pubblici a
prevalente partecipazione degli stessi enti locali. Il nuovo assetto, segnato dalla soppressione
del modo di gestione attraverso aziende speciali, non resiste a lungo: il d.l. 30 settembre 2003,
n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326, modifica nuovamente il richiamato
art. 113 del Testo Unico, consentendo tre modelli: concessione a societ di capitali scelta
attraverso procedura concorsuale (lett. a); societ mista pubblica-privata, con scelta del socio
privato attraverso gara (lett. b); societ a totale capitale pubblico, che nella sua ragione sociale
abbia lo svolgimento prevalente delle sue attivit a favore degli enti pubblici soci (societ in
house). Poi il citato d.lgs. n. 152 del 2006, quanto alla gestione del servizio idrico integrato,
stabilisce una graduazione tra i modelli di gestione previsti dal novellato art. 113 del Testo
Unico, affermando la preferenza per la concessione a societ di capitali. Ancora, per tutti i
servizi pubblici a rilevanza economica, di nuovo a breve distanza di tempo, interviene la
norma che impone agli enti locali la scelta tra due soli modelli: concessione a imprese
individuate con procedura concorsuale, oppure societ miste con gara sia per la scelta del
socio privato sia per lattribuzione a esso delle attivit; mentre lin house diventa una
soluzione eccettiva (art. 23 bis, inserito nel d.l. 25 giugno 2008, n. 112 dalla legge di

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conversione 6 agosto 2008, n. 113, poi modificato dallart. 15 d.l. 25 settembre 2009, n. 135,
convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 2009, n. 166).
7.2. Lideologia della privatizzazione. Lirresolutezza del legislatore nel tentativo di
aggredire i nodi del sistema di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica,
individuabili nellopacit dei procedimenti e nellinefficienza degli apparati, specie per la
pressione del contesto politico, incidente anche sugli operatori privati concessionari ha
dunque posto in essere un quadro normativo stratificato e contraddittorio, segnato da
ripensamenti e dallalternarsi di soluzioni estreme o non necessitate dai vincoli europei e da
attenuazioni, a ciascuna delle quali non dato il tempo di consolidarsi nellorganicit
dellapplicazione e in compiuti orientamenti giurisprudenziali.
A tale incertezza si sovrapposto, per poi collidere con le soluzioni normative, un approccio
ideologizzante al tema della gestione delle risorse idriche, nellambito del quale
largomentazione giuridica si venuta intrecciando con la difesa militante del diritto
fondamentale allacqua, fino a prospettare il pericolo di una privatizzazione della risorsa.
Del concetto di privatizzazione formula assai efficace sul piano della mobilitazione
politica andrebbero forse meglio definiti i contorni.
Invero, come si notato, la tendenza che si rivela come univoca alla non reversibile
pubblicizzazione dellacqua, con lascrizione di essa al demanio. Discorrere di
privatizzazione dellacqua, in senso stretto, con riferimento al bene, dunque improprio.
Tuttavia, si assume che, guardando alla sostanza delle cose, si dovrebbe ritenere che il
proprietario reale sia chi gestisce il bene ed eroga il servizio . Ed dunque laffidamento,
totale o parziale, della gestione a privati che dovrebbe essere precluso per poter contrastare la
privatizzazione sostanziale dellacqua .
7.3. Liniziativa referendaria. Su tale fondamento che pu essere sottoposto a critica
stata condotta uniniziativa referendaria intesa a destrutturare il quadro normativo, nellintento
esplicitato di escludere in ogni caso i tre modelli di gestione previsti dalloriginario art. 113
del Testo unico delle leggi sullordinamento degli enti locali, ritenuti due dichiaratamente
privatistici e il terzo falsamente pubblicistico , lasciando in campo soltanto la possibilit di
gestione attraverso un soggetto di diritto pubblico . Lobiettivo stato perseguito
proponendo labrogazione dellart. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 e, con separato quesito,
dellart. 150 del d.lgs. n. 152 del 2006: la cancellazione del primo sarebbe orientata a
sopprimere i modelli di gestione ritenuti tutti di tipo privatistico; espungendo il secondo si
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vorrebbe impedire la paventata ipotesi della reviviscenza, in conseguenza di tale abrogazione,


del vecchio art. 113 del richiamato Testo unico o, in alternativa, il medesimo effetto di
conservazione di modelli di gestione in ragione della prevalenza di norma speciale, sia pure
precedente . Leffetto di rimodulazione del sistema, anche nei suoi fondamenti di principio,
sarebbe pieno con labrogazione proposta con un terzo quesito della parte del primo
comma dellart. 1 d.lgs. n. 152 del 2006, secondo la quale la tariffa costituisce il corrispettivo
del servizio idrico ed determinata tenendo conto delladeguatezza della remunerazione del
capitale investito, con ci volendo rafforzare il modello pubblicistico estraneo alle logiche
mercantili, in modo da impedire al gestore di fare profitti sulla tariffa e quindi sulla
bolletta .
La condizione affinch tali conseguenze sistematiche si producessero era che i tre quesiti si
tenessero in un quadro unitario, sostenuto dal tessuto connettivo dellintento complessivo dei
promotori, enunciabile come volont di impedire la privatizzazione dellacqua o di produrre
la sua ripubblicizzazione, ove la privatizzazione si debba ritenere gi compiuta. Ma proprio
siffatto approccio stato disatteso dalla Corte costituzionale in sede di giudizio di
ammissibilit.
La Corte si attestata, infatti, su due capisaldi, enunciati con formule pressoch identiche in
tre sentenze sullammissibilit delle richieste referendarie : ciascuno dei quesiti referendari
proposti deve essere valutato indipendentemente dagli altri e, in particolare dagli effetti che
lesito degli altri referendum potrebbe avere sulla cosiddetta normativa di risulta. In altri
termini, esula dallesame della Corte ogni valutazione circa la complessiva coerenza dei
diversi quesiti incidenti sulla stessa materia e, quindi, non ha alcun rilievo neppure
leventualit che essi siano stati proposti (in tutto o in parte) dai medesimi promotori;
lobiettivo dei sottoscrittori del referendum va desunto non dalle dichiarazioni eventualmente
rese dai promotori , ma esclusivamente dalla finalit incorporata nel quesito, cio dalla
finalit obiettivamente ricavabile in base alla sua formulazione e allincidenza del referendum
nel quadro normativo di riferimento, essendo dunque irrilevanti, o comunque non decisive,
le eventuali dichiarazioni rese dai promotori.
In forza di queste premesse di metodo, bench due quesiti referendari sui tre proposti nel
richiamato quadro organico siano stati dichiarati ammissibili, lobiettivo politico dei
promotori e dei sostenitori (o, almeno, lobiettivo che si evince dalla richiamata Relazione
introduttiva) risulter in ogni caso disatteso. Dallesito positivo della consultazione
deriverebbe, infatti, non la soppressione dei modelli di gestione oggi consentiti dallart. 23-bis
del d.l. n. 112 del 2008, ma, senza necessit di chiamare in causa una paventata ma assai
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difficilmente prospettabile reviviscenza della normativa preesistente, lapplicazione


immediata nellordinamento italiano della normativa comunitaria relativa alle regole
concorrenziali minime in tema di gara a evidenza pubblica per laffidamento della gestione di
servizi pubblici di rilevanza economica, con la conseguente ammissione di ipotesi di
affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoch tutti i servizi
pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico). Esito, dunque, assai
distante dai quei fini politici, non componibili, secondo la Corte, con lobiettiva ratio del
quesito .
In coerenza con tale approccio, la Corte ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum
per labrogazione dellart. 150 del d.lgs. n. 152 del 2006, essendo essa inidonea a conseguire
la finalit incorporata nel quesito, individuata dalla Corte nellobiettivo di rendere
inapplicabile al servizio idrico integrato la disciplina concernente le modalit di affidamento
della gestione dei servizi pubblici locali (ivi compreso il servizio idrico integrato) dallart. 23bis del d.l. n. 112 del 2008, norma, questultima, oggetto della separata richiesta di
referendum dichiarata invece ammissibile. La Corte, infatti, ferma nella posizione di
considerare ciascun quesito referendario indipendentemente dagli altri, ha ritenuto di non
potere compiere un giudizio anticipato e ipotetico, cio riferito al caso dellabrogazione
referendaria di tale disposizione .
Nel complesso, gli scopi politici maggiori dei promotori della complessiva vicenda
referendaria concernente il diritto allacqua, si sono mostrati impossibili da conseguire.
Tanto pi perch la stessa Corte ha dichiarato inammissibile un quarto quesito referendario ,
inteso a intaccare lart. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 per la via laterale della soppressione di
frammenti di disposizioni, dalla quale forse si pensava conseguisse linapplicabilit, per
alcuni profili, della norma generale sui servizi pubblici di rilevanza economica al solo servizio
idrico integrato (che non tra i settori esclusi dalla medesima legge). Ma la Corte rileva che
leffetto sarebbe distante da tale intendimento soggettivo, poich consisterebbe nellostacolare
larmonica applicazione al servizio idrico della normativa generale concernente
laffidamento mediante gara pubblica della gestione dei servizi in discorso; e in due
conseguenze contraddittorie: da una parte la soppressione dellobbligo a carico dellente
pubblico locale di conformarsi al principio di autonomia del soggetto gestore del servizio
idrico integrato, dallaltra lesclusione, per tale servizio, della operativit dei principi della
piena ed esclusiva propriet pubblica delle risorse idriche, nonch della riserva esclusiva alle
istituzioni pubbliche del governo di tali risorse. Un effetto questultimo perfettamente
opposto allo scopo dichiarato dai proponenti.
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Ma le modalit della guerra per lacqua sul fronte nazionale interno, e i contenuti a essa
ascritti, hanno ingenerato alcuni equivoci concettuali, oscurando i termini di un problema che
invece dovrebbe impegnare severamente il legislatore a introdurre nel sistema soluzioni
stabili e coerenti.
Per comprenderlo, occorre anzitutto superare il convincimento, diffuso quanto privo di saldo
fondamento, secondo il quale gestione delle risorse idriche da parte di imprese private
equivalga a privatizzazione dellacqua come bene e come risorsa: lacqua rimane in ogni caso
bene pubblico, cos qualificato dalla legge, e ci non pu non produrre conseguenza sui modi
della gestione, chiunque sia il gestore, pubblico o privato . Occorre, poi, considerare che la
gestione pubblica quale che ne sia la forma: diretta in economia, o mediante azienda
speciale non pu essere ritenuta affatto garanzia, in termini generali e assoluti, come pure si
assume, della migliore tutela e della maggiore estensione del diritto fondamentale allacqua:
le amministrazioni locali sono connotate spesso da inefficienze pronunciate, di tipo funzionale
e dimensionale (non sempre facilmente correggibili queste seconde attraverso le forme di
aggregazione incentivate dalla legge; n possono essere ritenute certe considerata la fase
genetica e in mancanza di dati di esperienza ricavabili da unapplicazione sufficientemente
protratta nel tempo le virt razionalizzanti degli ambiti territoriali ottimali); le aziende
locali sono conformate assai di frequente secondo esigenze di presenza politica e da modalit
delle nomine che a tali esigenze strettamente corrispondono. E le scelte secondo logica di
impresa sono impedite o limitate da vincoli pubblicistici, con riferimento sia al regime
giuridico dei bilanci, sia allassunzione del personale. Nulla assicura, dunque, che il gestore
pubblico sia in grado di conseguire qualit delle prestazioni ed economie di scala, e di mettere
conseguentemente in opera piani di investimento improntati allinnovazione tecnologica, di
cui vi urgente necessit, data la situazione in cui versano le retri idriche in Italia, con gli
sprechi non pi tollerabili che ne derivano. Ancora, non affatto detto che laffidamento della
gestione a un soggetto pubblico locale assicuri lequit delle tariffe, poich anche le aziende
pubbliche possono tendere (e spesso tendono, come la vicenda delle imprese di Stato o
locali in Italia si incaricata di dimostrare) a lucrare rendite dalle entrate tariffarie, per
impieghi diversi, non necessariamente legittimi, data la permeabilit al contesto politico, che,
nei casi pi gravi, segnato dalla presenza pervasiva della criminalit organizzata.
Naturalmente, non si potrebbe sostenere, con opposto ideologismo, che la privatizzazione sia
soluzione automatica e generalizzabile a questi problemi. La gestione dei servizi idrici ,
infatti, segnata dalla circostanza, non eludibile, che il gestore opera in regime di monopolio
naturale nel rapporto con lutente, ci che non incentiva, sotto il profilo strettamente
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economico, n interventi di manutenzione degli impianti n investimenti. E non sembra sicura


lefficacia di vincoli a tali fini derivanti dai capitolati e dai regolamenti connessi, vincoli che,
ammessa la possibilit di stabilire adeguate clausole nei bandi in un mercato ormai dominato
da poche grandi imprese, potrebbe conseguire solo dalla perfetta trasparenza del rapporto tra
stazioni appaltanti e privato gestore, sia nella fase di scelta del contraente, sia, soprattutto, in
quella di messa in opera dei controlli.
Ancora, se si riguardano i problemi in chiave dinamica, senza troppo indulgere nel raffronto
modellistico, sono da considerare le conseguenze del passaggio dalla gestione pubblica a
quella privata, cio dal soggetto pubblico erogatore al soggetto pubblico regolatore e
controllore, passaggio che non affatto agevole, poich esso avviene in condizioni di
debolezza dei meccanismi giuridici secondo i quali la regolazione e la vigilanza possano
avvenire. Ma sono appunto questi, controllo e vigilanza, i problemi maggiori. Essi sono o
dovrebbe essere, se ve ne fosse adeguata consapevolezza innanzi al legislatore. Ma la loro
centralit oscurata dalla grande nuvola sollevata dallo scontro ideologico, per molti versi
fuorviante, tra fautori della gestione pubblica a ogni costo dei servizi idrici e fautori della
gestione privata sempre e in ogni luogo.
7.4. Regolazione e vigilanza. In realt, il tema sempre quello della regolazione e della
vigilanza, sia che si tratti di gestione pubblica sia che si tratti di gestione privata, in un
universo in cui entrambe possono, e forse debbono, poter coesistere, affinch il modello
prescelto sia conformato su specifiche esigenze di contesto politico, economico, territoriale,
perfino culturale: il sistema istituzionale italiano segnato da forti cesure, differenze,
asimmetrie, che producono rimarchevoli diversit di rendimento della legislazione per ambiti,
in particolare quando sia in gioco limpiego di ingenti risorse e a essere chiamati in causa
siano, direttamente o indirettamente, i poteri locali. E questa diversit richiede
differenziazione; che criterio per conformare lesercizio delle funzioni amministrative
secondo sussidiariet.
Ora, proprio questo tema, la regolazione e la vigilanza in materia di gestione delle risorse
idriche, stato sempre sostanzialmente eluso, in Italia ; e il convincimento di poter tagliare il
nodo aggredendo la legislazione che si assume sarebbe intesa alla privatizzazione
dellacqua rischia di rendere ancora pi opaco lo scenario dei fatti e dunque non chiara la
prospettiva degli interventi necessari. E, tra gli interventi in ogni caso necessari, v di certo la
definizione di efficienti meccanismi regolativi e di vigilanza.

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Nellesperienza, il sistema di regolazione dei servizi idrici nato debole, ed stato


ulteriormente indebolito nel tempo.
Debole anzitutto lintero quadro delle funzioni regolative: quelle normative statali e
regionali, poich la legislazione si mostrata ondivaga e contraddittoria, segnata da
ravvicinati ripensamenti, trascinando in una spirale di incertezza anche il livello
regolamentare statale, e quello legislativo e regolamentare regionale; quelle normative e
pianificatorie di livello locale, poich le Autorit di ambito hanno subito la pressoch
generalizzata cattura da parte degli enti territoriali di riferimento, specie da parte dei
Comuni, perdendo autonoma capacit di decisione; quelle giurisdizionali, poich, incerto il
quadro legislativo, difficilmente possono consolidarsi corpi di giurisprudenza stabili e
conformativi.
Debole stato ed il tentativo di istituire soggetti di regolazione e vigilanza esterni al
rapporto tra ente concedente e gestore.
La legge n. 36 del 1994 istitu il Comitato di vigilanza sulle risorse idriche, che ha avuto vita
asfittica, per la scarsit delle risorse di cui ha potuto fruire, per la flebilit dei poteri e per la
sudditanza ai soggetti della decisione politica; e ha concluso la sua parabola con la
soppressione, disorganica e piuttosto inconsulta, in forza del d.l. 28 aprile 2009, n. 39,
Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione
Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile, convertito
nella legge 24 giugno 2009, n. 77, che lo ha sostituito con una Commissione nazionale di
vigilanza sulle risorse idriche, alla quale sono state ascritte anche le funzioni
dellOsservatorio sui servizi idrici: se possibile, la prospettiva quella di un indebolimento
ulteriore di indipendenti funzioni regolative e di vigilanza .
Allo stato dei fatti, dunque, la regolazione rimane un problema aperto.
In ragione della marcata articolazione territoriale del sistema italiano, e dunque della necessit
di soluzioni diverse, conformemente al principio di differenziazione, una volta acquisita
lopportunit di consentire scelte autonome, soprattutto tra gestione diretta e attribuzione in
varia forma a privati (scelte che potrebbero essere contenute in una griglia conformativa,
specie con riferimento al criterio dimensionale, sembrando poco accorto formare piccole o
piccolissime aziende pubbliche, destinate a vita grama, per lincapacit di conseguire
economie di scala), una parte della regolazione dovrebbe svolgersi a livello locale,
tipicamente attraverso il contratto di servizio, e il controllo sulla sua osservanza. Il soggetto
titolare di questo potere di regolazione sarebbe lAutorit dambito territoriale, o il soggetto
che ne prender il posto, che certo dovr avere dimensione adeguata. Sembra, invece,
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problematico laffidamento a questo stesso soggetto di altri compiti di regolazione , diversi


da quelli contrattuali, poich non sono facilmente superabili le obiezioni mosse a una tale
soluzione: la regolazione locale non si esaurisce nella regolazione contrattuale, poich, una
volta definite in termini necessariamente non troppo conformativi ma sufficientemente aperti
le clausole contrattuali, poi occorre stabilire chi compia il controllo nella fase applicativa; i
due strumenti di regolazione il contratto e la statuizione di regole da altra fonte sono
antitetici, nel primo essendo il soggetto pubblico una controparte, nel secondo un arbitro
super partes .
Peraltro, lopzione per la regolazione centralizzata ancora preliminare rispetto alla scelta tra
modelli. Non sembra, in proposito, che si possa puntare con certezza a unAutorit
indipendente di livello nazionale, specificamente preposta ai servizi idrici , senza prima
considerare adeguatamente la pi generale esperienza italiana di questo tipo di soggetti e aver
valutato esperienze analoghe in chiave comparata. Infatti, da una parte, in Italia, il rendimento
di queste istituzioni presenta un quadro disomogeneo quanto, in ispecie, allefficacia
dellopera di vigilanza e ai pericoli di cattura da parte dei regolati; dallaltra, la regolazione
del settore idrico attraverso Autorit indipendenti in senso proprio opzione molto limitata
nel panorama internazionale, e sembra assai legata alle peculiarit ordinamentali complessive
di ciascun Paese, e alla storia e ai connotati specifici della gestione di questo tipo di servizi .
Sembra, invece, certo che i temi del dibattito italiano sulla privatizzazione dellacqua siano
eccentrici dalle questioni in campo; e che lo strumento referendario potrebbe valere al pi
come stimolo a un legislatore finora contraddittorio e irresoluto. Lopera di razionalizzazione
da parte della Corte costituzionale, in sede di giudizio di ammissibilit dei referendum, pare
rivolta in questo senso.

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DARE UN DIRITTO AGLI ASSETATI*


Tommaso Edoardo Frosini
1. Premessa. Chiare, fresche e giuridiche acque
Lacqua vita. E il brodo primordiale delle nostre origini, il sistema
circolatorio del mondo, il precario composto di molecole che ci consente di
sopravvivere. Il nostro corpo fatto per due terzi di acqua, come la terra; i
nostri fluidi vitali sono salini, come loceano. A volere declinare questa
affermazione in punto di diritto, non pu non riconoscersi che lacqua un
diritto umano, anzi un diritto naturale fondamentale. Il diritto allacqua
come diritto naturale scaturisce da un dato contesto ecologico dellesistenza
umana: essendo un dono della natura, lacqua pu essere oggetto di un
diritto naturale del quale sono titolari tutti i membri dellumanit.
Ogni individuo ha diritto ad avere lacqua: da bere, e quindi potabile;
per soddisfare bisogni elementari come lavarsi, cucinare, pulire le
abitazioni; per irrigare i campi, abbeverare gli animali e anche come mezzo
di produzione; poi, quale materia prima da usare per produrre energia, e
assicurare cos sviluppo e benessere. Fonte del diritto alla vita, quindi; ma
anche flagello biblico, che si abbatte sulla terra sotto forma di uragani,
inondazioni, tempeste, maremoti, portando morte e distruzione.
Lacqua di tutti. Chiunque pu prenderla dal mare, dai fiumi, dai
torrenti, dalle fontane. E un bene comune, ovvero una propriet collettiva
tutelata dallo stato. E cos in ogni parte del mondo. Ovunque ci troviamo
possiamo prendere lacqua senza che nessuno ce lo possa vietare. Nessun
bene, insieme allaria, gode di questa fruibilit gratuita globale.
Certo: c lacqua per la vita, ovvero per la sopravvivenza sia agli
esseri umani che a tutti gli altri esseri viventi in natura, e quindi deve essere
garantita efficacemente dal punto di vista dei diritti umani; c lacqua per
*

Destinato alla pubblicazione sulla rivista Analisi Giuridica dellEconomia (n.1, 2010, ed. il
Mulino, fascicolo monografico dedicato allacqua)
1

scopi di interesse generale, ovvero per preservare la salute e la coesione


sociale, e quindi deve essere affidata a una gestione responsabile e
socialmente efficiente, in relazione ai diritti sociali dei cittadini e
allinteresse generale della societ; c lacqua per la crescita economica,
ovvero per sviluppo economico in relazione alla produzione e allinteresse
privato, in connessione con il diritto individuale di tutti di migliorare la
propria qualit di vita, e deve essere gestita efficacemente secondo principi
di razionalit economica.
Questa triplice distinzione e classificazione metodologicamente
utile. Ma pu valere in assoluto? Cio pu valere anche per la maggioranza
dei paesi in via di sviluppo dove lacqua, oltre a scarseggiare, diventata il
principale vettore di malattie?
Altra questione: se vero che lacqua di tutti, chi ha diritto di
appropriarsi dei benefici economici che essa genera? E giusto che un
privato possa impossessarsi di un bene comune per venderlo e ricavarci un
profitto?
A queste domande prover a dare risposta; prima, voglio svolgere
una riflessione sullacqua come diritto fondamentale, che propedeutica a
ogni questione.
2. Costituzionalizzare due atomi di idrogeno e uno di ossigeno?
Lacqua un diritto fondamentale; ma se lo cerchiamo nel catalogo
dei diritti costituzionali non lo troviamo. N in Italia n in nessuna carta
costituzionale europea. E nemmeno nella pi recente carta dei diritti
fondamentali europei, varata a Nizza e ora codificata nel Trattato di
Lisbona. Per cercare e trovare lacqua nella fonte del diritto costituzionale
occorre rifarsi al ragionamento interpretativo, attraverso il quale possiamo
estrapolare diritti dalle norme costituzionali a fattispecie aperta.
Prendiamo la Costituzione italiana, e vediamo quali articoli ci permettono
2

di far emergere un diritto fondamentale allacqua: innanzitutto lart. 2 sui


diritti inviolabili delluomo; lart. 3 sulla dignit sociale; lart. 9 sulla tutela
del paesaggio; lart. 33 sulla tutela della salute come fondamentale diritto
dellindividuo e interesse della collettivit; lart. 44 sulla legge che
promuove e impone la bonifica delle terre; lart. 117 sulla tutela
dellambiente e dellecosistema (quale materia esclusiva statale). Insomma,
una messe di norme costituzionali che, in combinato disposto fra loro,
farebbe emergere un diritto allacqua come diritto fondamentale,
enunciabile

sulla

base

di

uninterpretazione

evolutiva

dellordito

costituzionale. A sostegno di una siffatta ricostruzione pu citarsi anche


una sentenza della Corte costituzionale, la n. 259 del 2006, nella quale
lacqua viene definita bene primario della vita delluomo [] in quadro
complessivo caratterizzato dalla natura di diritto fondamentale a mantenere
integro il patrimonio ambientale; e poi, ancora risorsa salvaguardata ed
utilizzata secondo criteri di solidariet [] riconnessa al diritto
fondamentale delluomo (e delle generazioni future) allintegrit del
patrimonio ambientale, nel quale devono essere inseriti gli usi delle risorse
idriche. Ma, evidentemente, il ragionamento interpretativo costituzionale
e le affermazioni della Corte non devono essere stati ritenuti
sufficientemente validi a quel legislatore che, il 22 luglio 2008, ha
presentato una proposta di legge costituzionale intitolata: Modifica
allarticolo 2 della Costituzione, concernente il riconoscimento del diritto
allacqua, e consistente nellaggiunta di un comma finale allart. 2 Cost.,
che dovrebbe cos recitare: La Repubblica riconosce, tra i diritti inviolabili
delluomo, il diritto allacqua. Debbo dire che il limite proprio di questa
proposta in ci che propone, perch chiedendo che venga codificato
costituzionalmente il diritto allacqua ne disconosce la sua intrinseca
costituzionalizzazione. Perch vuole imporre la letteralit in luogo
delleffettivit.

Direi

che

invece
3

si

pu

prescindere

dalla

sua

formalizzazione testuale perch il diritto allacqua , innanzitutto e


soprattutto, una declinazione del diritto alla vita, che trova in svariate
norme costituzionali un suo naturale svolgimento, come prima riferito.
Se il livello costituzionale nazionale riconosce sostanzialmente ma
non formalmente il diritto fondamentale allacqua, alcune dichiarazioni
sovranazionali lo affissano nelle loro carte. Faccio solo lesempio per
quanto riguarda laccesso allacqua potabile e alle misure igieniche, che
stato

riconosciuto

esplicitamente

come

diritto

fondamentale

nel

Commentario Generale no.15 del Comitato dei Diritti Economici, Sociali e


Culturali delle Nazioni Unite (2002), che chiarisce o rafforza precedenti
considerazioni apparse su: il Piano dAzione del Mar del Plata (1977); La
Convenzione delle Nazioni Unite per lEliminazione di tutte le Forme di
Discriminazione contro la Donna (1979); La Convenzione sui Diritti dei
Bambini (1989); e La Dichiarazione di Dublino sullAcqua e lo Sviluppo
Sostenibile (1992). Questi principi hanno ispirato il proponimento degli
Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite di dimezzare la
popolazione mondiale senzacqua e misure igieniche per il 2015. Certo, il
diritto allacqua non riconosciuto e protetto dallordinamento
internazionale come diritto delluomo: n come diritto soggettivo da
rivendicare allinterno di una comunit politica, n come diritto collettivo
da far valere nei rapporti internazionali.
Altri documenti internazionali da ricordare, in tema di acqua sia pure
non strettamente intese come diritto, sono la Convenzione di Helsinki del
1992 sui fiumi e laghi internazionali, e la Convenzione di New York del
1997 sui corsi dacqua internazionali, che ha recepito i principi della prima
trasformandoli in un trattato internazionale. Su questultima, in particolare,
merita citare lart. 6, che parla di equa e ragionevole utilizzazione
dellacqua.

Se volgiamo lo sguardo al continente latinoamericano, allora,


troviamo, in alcune carte costituzionali, lespresso riconoscimento
costituzionale del diritto allacqua come diritto fondamentale. La nuova
Costituzione della Bolivia (approvata nel 2009) quella che meglio di altre
lo scrive e lo afferma allart. 20: Ciascuna persona ha diritto allaccesso
universale e uguale al servizio di acqua potabile []. Laccesso allacqua
costituisce un diritto umano e non pu essere oggetto di concessione e
privatizzazione []. Certo, appare ragionevole supporre che il contributo
a codificare il diritto allacqua sia venuto anche a seguito della rivolta di
Cochabamba, avvenuta nel 2000, nella quale la popolazione locale aveva
reclamato il diritto allo sfruttamento delle risorse idriche del territorio. Si
possono altres ricordare, con declinazioni diverse, anche la Costituzione
del Guatemala (art. 128), del Panama (art.118), dellEcuador (art. 23) e del
Messico, il cui lungo art. 27 richiama pi volte e in pi occasioni lacqua e
il suo utilizzo equo e garantito; vale la pena citare almeno questa
disposizione (comma terzo): I nuclei di popolazione che mancano di terre
e di acque, o che non ne hanno in quantit sufficiente per soddisfare i loro
bisogni, hanno il diritto di esserne dotate prendendole dalle propriet
circostanti, nel rispetto, comunque, della piccola propriet rurale in
sfruttamento. Pi in generale, la prospettiva del costituzionalismo
latinoamericano quella di tutelare i diritti della natura: fiumi e foreste
(si pensi, tra laltro, allAmazzonia) non sono semplici propriet ma
hanno diritto a prosperare, anche per garantire lequilibrio dellecosistema.
Da ci ne discende che un cittadino pu promuovere un recurso de amparo
contro lamministrazione e a difesa dei propri diritti nel caso, per esempio,
di un bacino idrico danneggiato, perch le sue condizioni sono
fondamentali per il bene di tutti.

3. Liscia, gassata o privatizzata?


Allora, lacqua un diritto fondamentale sostanzialmente e/o
formalmente sia di qua che di l del globo. Subito una notazione: lo
dovrebbe essere anche di gi del globo, nelle zone sud del mondo: ma
questa, per adesso, unaltra storia, che chiama in causa drammatici
problemi sulla povert e il sottosviluppo; valga un solo, tristissimo dato:
secondo lOnu 3.900 bambini, prevalentemente africani, muoiono ogni
giorno per mancanza dacqua.
I diritti, anche e forse soprattutto quelli fondamentali, costano. E per
goderne della piena tutela ci vuole qualcuno che li paghi. Bench sgorghi
naturalmente dalla terra, lacqua deve essere ricondotta attraverso
condutture e pompe al fine di essere utilizzata e distribuita. E i macchinari
costano. A chi spetta organizzare e gestire la distribuzione? A chi compete
costruire acquedotti e garantirne lefficienza? A chi tocca la governance
della societ idraulica (per dirla con il filosofo Wittfogel)?
Sulle questioni pocanzi sollevate, che richiamano le domande
inizialmente

poste,

conviene

provare

raggomitolarsi

intorno

allesperienza italiana per vedere, dal nostro piccolo mondo antico, come
stanno andando le cose. Inizio con un breve excursus storico. In base al
codice civile del 1865, le acque venivano distinte tra pubbliche e private: le
prime erano i fiumi e i torrenti, mentre le altre acque appartenevano ai
privati. La limitata pubblicizzazione era dovuta allo scarso interesse per
lacqua come bene pubblico: linteresse alla fruizione collettiva era limitato
solamente ai trasporti fluviali e alla fluitazione. Durante il fascismo, invece
si assiste a una crescita di interesse: dapprima, con il t.u. sulle acque (R.d.
n. 1775 del 1933) e, poi, con il nuovo codice civile, perch viene stabilito
che appartengono al demanio dello stato i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre
acque definite pubbliche dalle leggi in materia (art. 822, comma primo,
c.c.). E soprattutto venne individuato il criterio per la distinzione tra acque
6

pubbliche e private, che viene a essere fondato sullattinenza del bene al


pubblico generale interesse. Luso estensivo di questa clausola, come ha
fatto nel tempo la giurisprudenza, ha portato nei fatti a un ampliamento
delle acque pubbliche, riducendo le private a quelle con scarsa portata o di
minima importanza idrografica, rientrando in tali fattispecie, per esempio,
un lago non pescoso o lacqua di un pozzo. Nella prima met degli anni
Novanta, e in particolare a seguito della legge Galli (n. 36 del 1994) si
accentua la pubblicizzazione della acque, allorch si afferma e si dispone
che tutte le acque superficiali e sotterranee, anche non estratte dal
sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che salvaguardata
ed utilizzata secondo criteri di solidariet (art. 1, comma primo). Viene
meno, cio, la distinzione tra acque pubbliche e private, con la definitiva
acquisizione del patrimonio idrico alla sfera pubblica. Va detto per che
nella legge si utilizza la definizione di servizio idrico integrato in luogo
di acquedotti, e si apre cos per il tramite di una scelta affidata agli
Ambiti territoriali ottimali (Ato) alla gestione in affidamento in favore
di una spa a totale capitale pubblico, oppure attraverso una gara aperta a
concorrenti europei, per scegliere un partner privato da affiancare al
gestore pubblico. Inoltre, la legge definisce le modalit per determinare le
tariffe del servizio idrico integrato, allart. 13, comma secondo: La tariffa
determinata tenendo conto della qualit della risorsa idrica e del servizio
fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dellentit dei costi di
gestione delle opere, delladeguatezza della remunerazione del capitale
investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia
assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
Con il codice ambientale (d.lgs. n. 152 del 2006), infine, si
proceduto a includere le acque nel demanio idrico statale, stabilendo che
tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorch non estratte dal
sottosuolo, appartengono al demanio dello stato (art. 144, comma primo).
7

Il riferimento alla demanialit vuole segnalare la centralit dellacqua


nellambito delle propriet pubbliche. Nonostante sia riservato in capo allo
stato lappartenenza del bene, il legislatore ha tuttavia lasciato uno spazio
di libert ai privati, consentendogli la libera fruizione sia delle acque
piovane raccolte in invasi o cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli
edifici (art. 167, comma terzo), che lutilizzazione delle acque sotterranee
per usi domestici, purch non comprometta lequilibrio del bilancio idrico
(art. 167, comma quinto). Ancora: sono altres sottratte dal regime di
riserva le acque piovane non ancora convogliate in un corso dacqua,
ovvero non ancora raccolte in un invaso o cisterne (v. art. 1, comma
secondo, d.P.R. n. 238 del 1999). In tutte le altre ipotesi lutilizzazione
delle acque da parte dei privati deve essere previamente autorizzata o
concessa. Infine, va altres detto, che limputazione in via esclusiva al
demanio idrico statale va ora coordinata, sul piano delle competenze
legislative e delle funzioni amministrative, con le Regioni e le autonomie
territoriali, a seguito della riforma del titolo quinto della Costituzione. Che
rappresenta una sorta di rompicapo costituzionale la cui soluzione
affidata, caso per caso, alla giurisprudenza della Corte costituzionale (vedi
da ultimo, proprio con riferimento a un giudizio su una legge regionale sul
sistema idrico integrato, Corte cost., sent. n.142 del 2010).
La novit pi recente quella dovuta allapprovazione del decreto
Ronchi: la legge (che converte un decreto) n. 166 del 2009, e in
particolare lart. 15 intitolato Adeguamento alla disciplina comunitaria in
materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica. Questo articolo,
per, introduce alcune modificazioni allart. 23 bis della legge n.133 del
2008, che sostanzialmente rimane quello che disciplina la materia. Sono
dodici commi nei quali si stabilisce come modalit ordinarie di gestione del
servizio idrico laffidamento a soggetti privati attraverso gara o
laffidamento a soggetti a capitale misto pubblico-privato, allinterno delle
8

quali il privato sia scelto attraverso gara e detenga almeno il 40 per cento
delle quote societarie. Le societ a capitale pubblico cessano di esistere
entro il dicembre del 2011, ovvero possono trasformarsi in societ miste
con capitale privato al 40 per cento.
Di privatizzazione dellacqua si tratta? Lacqua non pi bene
pubblico, o meglio come oggi usa dire bene comune, il cui utilizzo e
approvvigionamento un diritto fondamentale? Sul punto, mi limito a
evidenziare la distinzione fra bene e servizio: il primo rimane pubblico, il
secondo pu essere dato in affidamento a una spa controllata dal pubblico o
dal privato, ovvero mista; comunque la parte pubblica che stabilisce le
condizioni dellaffidamento e fissa le tariffe. Il privato, laddove dovesse
esserci, prende il servizio in affidamento, operando in nome e per conto del
pubblico e, soprattutto, alle condizioni stabilite dal pubblico. Si possono,
secondo una schematica ricostruzione comparatistica, individuare tre
diversi modelli gestionali: a) quello del monopolio territoriale vitalizio,
privatizzato e regolato (Gran Bretagna); b) quello della titolarit pubblica
con affidamento temporaneo a privati attraverso meccanismi di gara
(Francia); c) quello della titolarit e gestione pubblica, con acquisizione del
mercato di beni, servizi e input necessari alla produzione del servizio
(Germania e Usa).
Lacqua e rimane un diritto fondamentale saldamente nelle mani
della collettivit; ci che (pu)cambia(re) la gestione dei servizi idrici,
ovvero la gestione delle infrastrutture fisiche necessarie per utilizzare (al
meglio) lacqua, che pu essere affidata a unimpresa pubblica o a
unimpresa privata attraverso combinazioni contrattuali. Sia chiaro: la
natura di diritto fondamentale non sottrae allacqua la possibilit di essere
gestita da privati. Lo stesso vale per la salute e per listruzione. Anzi, oggi
il principio costituzionale di sussidiariet favorisce lautonoma iniziativa
dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivit di interesse
9

generale (art. 118 Cost.). Si potrebbe altres richiamare la teoria della


sostituzione, laddove cio unattivit di pertinenza dello stato viene
affidata a un altro soggetto, dove il primo titolare della funzione, mentre
il secondo ne ha in cura lesercizio. Certo, lacqua quale diritto
fondamentale deve essere erogata a prezzi sostenibili, ovvero con tariffe
eque e ragionevoli, magari stabilendo una quantit massima di utilizzo oltre
il quale vi potrebbe essere un aumento crescente del prezzo. Certo, la
stabilit del quadro regolatorio dovrebbe essere affidata a un organismo di
controllo, in grado di vigilare sulla corretta applicazione dei livelli di
servizio (penso a un organismo snello e competente, non alla solita
Authority di derivazione politica).
Nei confronti del modello italiano elaborato dal decreto Ronchi si
appuntata una critica radicale, senza se e senza ma. Che sfociata da
ultimo nella promozione di un referendum abrogativo ex art. 75 Cost. per
eliminare, chirurgicamente, una serie di norme, e consentire che la
cosiddetta normativa di risulta mantenga in vita la legge asciugata nella
sua parte propositiva di governo societario del servizio idrico. Un gruppo di
giuristi ha elaborato i quesiti e ha motivato analiticamente la finalit e
lammissibilit dei (tre) referendum, in un manifesto intitolato Invertire la
rotta. Per un governo pubblico dellacqua. Non entro nel merito come per
esempio la questione delle leggi comunitariamente necessarie sottratte a
giudizio referendario (Corte cost., sent. nn. 31, 41, 45 del 2000) mi limito
per a osservare come la sovrana arma del referendum oggi, ahim,
appare spuntata, anche per luso e labuso che stato fatto negli ultimi anni
(lultimo referendum tenutosi in Italia ha raggiunto solo il 23,31 per cento
dei votanti). Lastensionismo e la disaffezione militano contro la
democrazia referendaria, che impone la regola costituzionale del quorum
maggioritario per la sua validit.

10

La richiesta referendaria, inoltre e a prescindere dagli esiti di


ammissibilit e poi di validit del quorum, radicalizza e ideologicizza la
questione. Spostare il dibattito su pubblico contro privato nel settore
dellacqua rischia di indebolire una delle maggiori preoccupazioni, e cio le
prestazioni inadeguate dei fornitori idrici ai fini del superamento della
carenza idrica. Un dato, su tutti: gli acquedotti italiani perdono fino a 60
litri ogni 100 distribuiti, e servono circa 60 miliardi di euro per riparare la
rete. Lattuazione del diritto allacqua passa attraverso una sua piena tutela
e garanzia, che consiste, innanzitutto, nellaccesso a tutti dellacqua e del
suo uso equo e ragionevole.
4. Conclusioni, senza lavarsene le mani
Al diritto fondamentale allacqua corrisponde il dovere, direi
altrettanto fondamentale, di farci carico dei costi necessari. In termini di
spesa ma soprattutto in termini di impegno solidale a favore dei pi deboli,
dei pi bisognosi. In un contesto internazionale, allora, ci vorrebbe
unazione strategia e un piano concreto dei governi nazionali per affrontare
la crisi idrica e igienico-sanitaria. Per rendere veramente lacqua un diritto
fondamentale bisognerebbe che, come livello minimo, tutti i cittadini
avessero almeno 20 litri di acqua pulita al giorno e i poveri potessero
riceverla gratuitamente. Si calcola che l1 per cento degli attuali bilanci
militari sarebbe sufficiente per finanziare il progetto di acqua potabile per
tutti. La distribuzione di acqua pulita, lo smaltimento delle acque reflue e la
fornitura di impianti igienico-sanitari sono tre elementi cardine per il
progresso umano. E inaccettabile che al mondo ci sono persone che non
hanno diritto allacqua. E scandaloso che ci sono interi popoli che non
hanno accesso allacqua pulita e vivono in una situazione di privazione
radicale. E una vergogna per lumanit che ci sono bambini che muoiono
di sete.
11

E allora, insieme al messaggio cristiano misericordioso dare da bere


agli assetati, bisogna sostenere quello laico, costituzionale e globale dare
un diritto agli assetati.

NOTA BIBLIOGRAFICA
La lettura di alcuni testi mi hanno aiutato nella riflessione critica, e
voglio perci qui citarli. Tra i libri, V. SHIVA, Le guerre dellacqua, tr. it.,
Feltrinelli, Milano, 2004; A. MASSARUTTO, Lacqua, il Mulino,
Bologna, 2008; G. MARINO, La casta dellacqua, Nuovi Mondi, Modena,
2010; ma va senzaltro ricordato anche il numero monografico sullacqua
della rivista Parole Chiave, n. 27, 2002. Tra gli articoli, sul piano giuridico,
A. BARTOLINI, Le acque tra beni pubblici e pubblici servizi, in
www.giustamm.it; sul piano giusfilosofico: D. ZOLO, Il diritto allacqua
come diritto sociale e come diritto collettivo, in Diritto pubblico, 2005, 125
ss.; M. VARANO, Il diritto allacqua, in Ragion pratica, 2009, 491 ss.
Interessantissimo, poi, il fascicolo speciale dedicato allacqua di National
Geographic Italia, aprile 2010.

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