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il nuovo vocabolario della moda italiana il vocabolario

Lidentit della moda italiana.


Evoluzione di unindustria
culturale
Simona Segre Reinach

1| Gilbert 2015.

2| Breward, Gilbert 2006.

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Uno sguardo sulla storia della moda italiana del ventesimo secolo rivela un percorso
fatto di continuit, ma anche e soprattutto
di discontinuit. Fino alla prima met del
Novecento difficile parlare di una moda
italiana vera e propria, ma di esecuzione
di modelli di ispirazione francese, soprattutto per ci che riguarda la moda femminile. Solo a partire dagli anni Cinquanta si
afferma, con le sfilate di Firenze, una moda
italiana riconosciuta internazionalmente. I Cinquanta sono anche il decennio del
decollo industriale italiano, che costituisce
tanto il presupposto quanto la conseguenza
di una crescita di interesse da parte americana per la moda italiana. Sui successi fiorentini si creano le basi e si sviluppano le
possibilit di ci che avvenne pienamente
solo negli anni Ottanta, quando con linvenzione di un nuovo prt--porter degli
stilisti cio di una moda pronta ma attraente dal punto di vista estetico, autonoma stilisticamente e strutturalmente
dallalta moda e dalla Francia lItalia sancisce lingresso della moda come linguaggio
della cultura di massa.
Il periodo attuale si configura come
unulteriore soluzione di continuit. Da un
lato, per la moda italiana, si consolidano gli
attributi di sempre, come la qualit del prodotto, lartigianalit e la sapienza di mercato. Dallaltro sono in atto sostanziali ridefinizioni dellintero comparto del tessile e
moda. In particolare il rinnovamento delle

potenzialit produttive e stilistiche che


vanno a inserirsi in uno scenario pi ampio
in conseguenza delle nuove regole create
dalla globalizzazione dei mercati e dei consumi. Lespressione di una moda nazionale
si rende necessaria sia come conseguenza
del fatto che le rotte della globalizzazione
hanno interrotto lunicit pi idealizzata
che reale del processo ideativo e manifatturiero, sia come espressione delle pluralit
locali delle manifestazioni che compongono
la progettazione della moda globale. Una
forma di ri-localizzazione del pensiero, e
non solo delle pratiche. Moda e identit nazionale, anche da un punto di vista simbolico, assumono inoltre inediti significati, in
un contesto di policentrismo delle capitali
della moda1. Il nazionalismo della moda in
epoca globale, diversamente dal passato in
cui era inteso in modo ristretto, pu essere
considerato oggi come unespressione della creolizzazione del mondo, cio di quella
mescolanza culturale, dai confini fluidi e
caratterizzata dallincrocio di diverse competenze e dalla variet di incontri. I sempre
pi numerosi centri della moda, intesi come
punti di intersezione delle forze, rilanciano
in modo nuovo la relazione tra stile e citt2.
Milano, il cui ruolo di capitale della moda
stato messo in discussione dalla perdita di
attualit del sistema degli stilisti, sta daltro canto richiamando a s competenze ed
esperimenti presenti anche in altri luoghi
in Italia, come la Puglia, lEmilia-Romagna,

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il Veneto, e fuori dallItalia. Milano sta di


fatto riproponendo la sua competenza di
citt della moda, seppure con unidentit diversa da quella degli anni doro dello
stilismo, che comporta la ricerca e la promozione di una nuova moda italiana, pi
inclusiva e aperta. La moda oggi determinata da sottili quanto complesse traiettorie
globalizzate. Il progetto architettonico di
Porta Nuova (di propriet di un fondo del
Qatar), per esempio, si snoda lungo una
passeggiata allinsegna del display del patrimonio della moda italiana su cui si ricollegano iniziative volte a valorizzare il
ruolo della moda stessa quale comparto in
grado di coniugare e mettere in relazione,
meglio di altri, industria manifatturiera
e industria creativa. Si potrebbe obiettare
che proprio questo legame stato uno dei
fattori di successo del made in Italy degli
stilisti durante gli anni Ottanta. Ma oggi il
suo senso pu essere ravvisato in modo pi
diffuso e al tempo stesso molto pi efficace
nel trasmettere unidea di nuova cultura
italiana della moda e, insieme, di nuova
cultura della moda italiana. Unidentit
rinnovata che ha origine non tanto nella
ripetizione del suo glorioso prt--porter o
nellidealizzazione dellartigianato, quanto
nellaver metabolizzato la lezione di pi di
mezzo secolo di industria di moda3. Crisi e
rinascita, dunque, con una costante evoluzione4. La nuova moda italiana affonda le
proprie radici non tanto nellormai abusata
bottega rinascimentale, pi consona a una

giare le difficolt sorte con linternazionalizzazione dei mercati. Il successo riguarda


due marchi italiani in particolare: Prada e
Gucci. Il decennio, tuttavia, segna anche
linizio di una profonda crisi. Si pu dire
che il prt--porter e il made in Italy a esso
collegato, dopo i trionfi degli anni Ottanta, comincino a declinare. Diverse sono le
cause della perdita di egemonia del prt-porter. La crescita del potere dei brand del
lusso tende a offuscare la figura dello stilista-imprenditore e lideale diffusione della
moda in tutti gli strati del sociale. Il prt-porter italiano, nato come democratizzazione del lusso, cio come superamento
di una visione prevalentemente borghese
della moda, che ha prodotto il pluralismo
degli stili, viene sostituito dalla cultura dei
grandi brand che tendono invece alla lussificazione dellabbigliamento e allomologazione dei contenuti comunicazionali
sulla semiosi del lusso5. Il lusso non una
categoria a se stante, ma piuttosto un registro del consumo6 che ora coinvolge tutti

i settori. Lincrocio tra arte, moda, celebrities, caratterizzante lattuale registro del
lusso, costituisce la piattaforma comune di
ogni iniziativa commerciale. Il desiderio
di consumo di ci che, in modo diverso per
diversi target, considerato lusso, ormai
riconosciuto come pratica di appartenenza, spesso di upgrading sociale, come gi
avevano ipotizzato, in un periodo storico
dominato dalle dinamiche di classe, i primi
sociologi (come Georg Simmel e Thorstein
Veblen) e come, successivamente, Jean Baudrillard ha compiutamente analizzato7. Su
un altro fronte la competizione con i Paesi
a minore costo del lavoro, la presenza nel
mondo di molte mode altrettanto attraenti
e pi sperimentali di quella italiana pensiamo al successo della radical fashion, dalla rivoluzione giapponese fino alla scuola
belga mettono in discussione, per motivi
diversi e talvolta opposti, il modello commerciale del made in Italy. Paradossalmente il prezzo accessibile non pi segno di
democratizzazione del lusso come era sta-

3| Merlo 2003.
4| Segre Reinach 2013.
5| Calefato 2003.
6| Appadurai 2011;
Douglas, Isherwood 2013.
7| Segre Reinach 2010.

Il prezzo accessibile non pi


segno di democratizzazione del lusso
ma di mimesi del lusso
saga turistica che non allindustria della
moda, quanto nellaver superato con successo e grazie a strategie di rinnovamento
puntuali e organizzate, la crisi specifica
che lha colpita negli anni Novanta. Questo
decennio, come noto, stato quello della
formazione dei grandi gruppi del lusso che
riuniscono diversi marchi, nati sia per cogliere le nuove opportunit di diffusione
di prodotti di alta gamma, sia per fronteg-

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il nuovo vocabolario della moda italiana il vocabolario

to per il prt--porter industriale rispetto


alla moda-boutique o allalta moda ma di
mimesi del lusso. Bench dunque i grandi
marchi degli stilisti italiani siano venduti
con successo nei nuovi mercati come Cina,
Russia, Indonesia, Turchia e Brasile, il prt-porter non pi il sistema dominante
nella moda, se inteso con le caratteristiche
consolidate negli anni Ottanta: la filiera
integrata verticalmente, cio il controllo
di tutte le fasi, dalla produzione alla distribuzione; le collezioni stagionali e le sfilate;
una segmentazione di prodotto incentrata
sul concetto di diffusione e correlata a un
sistema altrettanto articolato di licenze;
la comunicazione basata sugli stili di vita,
quale modello con cui identificarsi. La figura stessa dello stilista cambiata e non
solo perch molti di loro sono ormai scomparsi, come Enrico Coveri (1952-1990), Franco Moschino (1950-1994), Gianni Versace
(1946-1997), Nicola Trussardi (1942-1999),
Gianfranco Ferr (1944-2007), ma anche
perch la nuova generazione che disegna e
produce ha una formazione professionale
e culturale del tutto diversa. Su un diver8| Frisa 2013.

9| Kaiser 2010.

so fronte anche il fast fashion, con le sue


proposte stilistiche veloci e rispondenti
allo spirito del tempo, attua un marketing
e una comunicazione del tutto diversa da
quella del prt--porter. Il fast fashion non
si basa su un sistema di produzione verticale e integrato: i capi possono essere fatti
ovunque, dove conviene, in Cina o nellEst
europeo, in Europa o completamente in Italia secondo diverse strategie aziendali. Su
modello delle internazionali Zara e H&M,
molte nuove aziende italiane di fast fashion
costituiscono una parte significativa della
nuova moda italiana, come i marchi Imperial Fashion, Patrizia Pepe, Pinko, Celyn B,
Carpisa, Liu Jo, per citarne solo alcuni.
Gli incentivi per i giovani creativi indipendenti sono tuttavia stati finora pochi
e la moda in Italia stata ancora dominata
dai grandi brand. Uno dei rischi che ad
avvantaggiarsi delleccellenza creativa delle aziende italiane, laddove ancora esiste,
siano solo i grandi gruppi internazionali.
LItalia non deve limitarsi a essere un luogo di produzione per lalta qualit dopo
aver abbandonato la competizione sul medio-basso a Paesi con un minore costo del
lavoro ma affermarsi come luogo di innovazione. La grande capacit italiana di progettare moda non pu essere ridotta a pura
abilit tecnica. Per quanto fondamentale
essa sia, alla lunga, pu rigenerarsi solo se
abbinata a un progetto innovativo. Se fino
agli anni Novanta la moda italiana aveva
rappresentato lestetica della modernit
occidentale, con linizio del nuovo millennio il confronto si impone in un contesto
pi ampio. qui che troviamo le tracce di
un nuovo percorso. Ed proprio attraverso
la complessit del profilo degli attori di oggi

ni perch ritengono che solo qui si possano


trovare aziende in grado di interpretare al
meglio il loro progetto8. Allo stesso tempo
talenti italiani sono a capo di aziende straniere. In entrambi i casi ci che emerge la
compenetrazione dei due ambiti, ideazione
e produzione, e non pi una loro opposizione. Non si pu produrre essendo meramente esecutori, e non si pu ideare se non
si conosce a fondo il prodotto e la cultura di
progetto. Il potere della moda transnazionale sta nel fatto che rappresenta e al tempo
stesso sfida legemonia capitalista9, portandoci a rivedere le opposizioni tra ideazione
e produzione per assumere una visione pi
fluida, costituita da una rete di interconnessione. Questa la nuova moda italiana.
I creatori di moda della nuova generazione
preferiscono definirsi fashion designer e
non stilisti, come Antonio Marras, Albino,
Tommaso Aquilano e Roberto Rimondi,
Sara Lanzi, Pierluigi Fucci e Giambattista
Valli, Gabriele Colangelo, per citare i pi
noti, quasi a segnalare la soluzione di continuit con il modello degli anni Ottanta e
Novanta. Questi fashion designer si rifan-

Levoluzione del rapporto tra manifattura,


design, creativit dunque linizio
di una nuova cultura della moda
che si vede una ripresa di valore rispetto
allinnovazione e alla qualit che storicamente caratterizzano la filiera italiana. Un
designer o un brand straniero scelgono di
venire in Italia a produrre le loro collezio-

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no esplicitamente a una sartorialit concettuale e a una costruzione del prodotto pi


vicina al modello della moda-boutique degli anni Cinquanta a cui molti di essi fanno
esplicito riferimento come loro radici culturali. Storicizzare per rilanciare uno stile
adeguato ai tempi attuali. La moda italiana
oggi raccoglie selettivamente un passato di
artigianalit, gusto per il bello, attenzione
alla fabbricazione del prodotto, capacit organizzativa, qualit produttiva, ma soprattutto rilancia nuove modalit di rappresentare, vendere e comunicare il prodotto.
I nuovi progetti valorizzano quindi unimportante tendenza: rivalutare in modo originale le capacit italiane, inserendole non
tanto in un desueto made in, quanto in un
pi articolato concetto di made in Italy. La
nuova moda italiana si declina come uno
stile di ricerca, come una modalit creativa,
come un saper fare e un saper raccontare10.
Levoluzione del rapporto tra manifattura,
design e creativit dunque linizio di una
nuova cultura della moda11. Allidea nazionalista, del tutto superata, di un made in
Italy che evoca esclusivamente protezione
e confini geografici, barriere e sanzioni, si
sostituisce una modalit di considerare un
prodotto italiano complessa, in grado cio
di identificarsi allinterno di un circuito internazionale dove lo scambio creativo pu
essere motore di sviluppo.
Secondo Elda Danese la moda italiana da
sempre rappresenta unanomalia rispetto al
modello moderno ipotizzato da Benjamin e
da Simmel12, in quanto caratterizzata da una
dimensione diffusa sul territorio rispetto
alla concentrazione nelle metropoli tipica
della moda europea. Oggi questa anomalia
si rivela particolarmente feconda: il modello
italiano di moda diffusa, arricchito dallesperienza milanese, riaffiora per ricomporsi in una progettualit site specific, per cos
dire, ma sempre risonante di confronti a
diversi livelli. Per quanto linnovazione sia
per definizione difficile da categorizzare,
segnali di questo nuovo percorso sono gi
molto visibili presso i designer indipendenti. Designer e marchi di nicchia Francesca
Liberatore, Maison Happiness di Licia Florio
e LF Shoes, scarpe unisex realizzate insieme
a Francio Ferrari, e come Never Enough di

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Salvatore Nigordi producono tutto in Italia, con una forte attenzione alla ricerca e
alla progettualit di stampo internazionale.
Questi marchi, insieme ad altri invece gi
consolidati come Massimo Alba, Silvia Bisconti con Raptus & Roses e Rosa Aiuto con
Roses Roses, di ricerca come Irene Silvestri
con White Mouths, o di successo globale
come Arthur Arbesser, viennese formatosi
alla scuola di Giorgio Armani, oggi stilista
che produce in Italia il proprio marchio ed
anche direttore creativo di Iceberg si
caratterizzano per lapproccio unico e personale al made in Italy che va ben oltre la
dimensione nazionale. Anche Stella Jean,
Vivetta (Ponti), Andrea Incontri, Massimo
Giorgetti, Daniele Calcaterra, Andrea Pompilio, Fausto Puglisi, CO|TE, MSGM e molti
altri (vedi linteressante elenco di Pizzadigitale13) costituiscono esempi di inedite
interpretazioni di moda italiana come officina creativa, come influsso reciproco di
mentalit contrastanti e non come perpetuatrice di sistemi desueti. Una nuova moda
italiana in grado di suscitare interesse proprio perch riesce a comunicare, ancora una
volta, una promessa di differenza, anzi una
promessa di molte differenze. Tra i nuovi mercati di sbocco per la moda italiana
troviamo gli Stati Uniti, Paese cui si rivolge uno specifico fashion plan per incrementare la gi notevolissima esportazione di
moda14. Come dichiara il nuovo presidente
della Camera della Moda Carlo Capasa: La
moda italiana in una fase di rinascita ed
espansione prima di tutto culturale15. Non
un ritorno al passato, ma un modo nuovo
di valorizzare lantropologia vestimentaria,
la competenza e la competitivit italiane.
Collegata a questa tendenza la valorizzazione dei grandi archivi della moda. Molte
universit e istituzioni si stanno attivando
per far s che venga studiata la documentazione, quegli oggetti e quelle immagini che
costituiscono il patrimonio storico della
moda italiana. La ricerca in questo senso va
di pari passo con una necessit di mostrare
per esempio attraverso mostre che siano
tanto didattiche quanto di intrattenimento
e di storicizzare i momenti significativi di
un percorso che merita di essere analizzato
in tutta la sua complessit16. Mostre in cui

la moda si manifesta in quanto prodotto collettivo, culturalmente codificato e storicamente costruito. solo attribuendo il giusto
valore ai cambiamenti e alle costanti della
moda italiana, al suo rinnovarsi allinterno
di unidentit ben delineata e storicamente
fondata, seppure composita e fatta di molti
aspetti diversi, che si pu offrire ai giovani designer e alle aziende oggi presenti con
una proposta significativa sui mercati globalizzati, il supporto e il senso di continuit
storica necessari per procedere sulla strada
dellinnovazione e del riconoscimento.
10| Fortunati, Danese 2005;
Bertola 2008; Mora 2009;
Cavalli, Colombo, Mora 2013;
Colaiacomo 2006.
11| Frisa 2011.

12| Matteucci 2012; Lehman 2000.

13| http://www.pizzadigitale.it/
main/i-nuovi-designer-italiani/

14| Friedman 2015.

15| www.cameradellamoda.it

16| Steele 2003; Stanfill 2014;


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