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FONDAMENTI STORICO EPISTEMOLOGICI

DELLA GEOGRAFIA

ALCUNE IPOTESI

Fabio Lando

Dispensa per la. a. 2011-2012

1
1 Linterpretazione paradigmatica.
Non si pu capire la scienza di nessun periodo senza conoscere i
princip esplicativi accettati dagli esperti.
Thomas Samuel Kuhn, 1974, La nozione di causalit in
fisica, p.14
A voi tutti noto come poche scienze sieno state concepite, nei
tempi diversi e dai diversi autori, in modo pi disparato della
geografia, poche diedero luogo a maggiori dispute sopra
contenuto, limiti, divisioni e perci posseggono una pi ricca
letteratura metodologica.
Olinto Marinelli, 1902, Alcune questioni p.218.
Throughout its history geography has been characterised by an
unceasing methodological debate upon its scope and content, a
debate that has occasionally scorched the pages of its varied
journals.
Wayne K.D. Davies, 1969, Theory, science and geography, p.44.
La gographie, comme toute science, sest adapte a lvolution de
son objet Cest en ce sens que lon peut parler d ancienne et
de nouvelle gographie. A un moment donne, une science, et
surtout une science dobservation (le terme nexcluant
videmment pas la recherche de lexplication) est conditionne la
fois par ltat de son objet e par les moyens dont elle dispose pour
ltudier.
Pierre George, 1981, Introduction, p. 9.

1.1 Premessa
La geografia un ramo della conoscenza presente sin dallantichit ed il suo carattere era
a dire di tutti lo studio e la descrizione della terra. Ne conseguiva che il suo campo dindagine
doveva comprendere sia la natura (conformazioni della terra, piante, rocce, mari, clima) sia
le societ umane (i gruppi sociali con la loro storia e la loro cultura spazialmente considerate)
sia i loro rapporti, relazioni, influenze, influssi Inoltre linteresse per problemi geografici e la
presenza di scritti di resoconti di viaggi e descrizioni di regioni apparvero molto prima che la
geografia fosse riconosciuta come disciplina scientifica. Come nota Arild Holt-Jensen,
difficile immaginare che non vi sia mai stato un qualsiasi popolo che non abbia
pensato geograficamente, che non abbia tenuto in considerazione le condizioni del
territorio in cui viveva e che non si sia mai domandato se altri popoli vivessero in
altri luoghi (Holt-Jensen, 1999, p.17).
Nel corso della sua storia la geografia, forse per la vastit del suo campo dindagine, ha
dovuto confrontarsi con due fondamentali problemi dordine epistemologico:

il primo, il pi vecchio e sicuramente il pi importante, riguarda la sua duplice valenza: la

disciplina poteva essere considerata o una scienza fisicomatematica (perch rivolta allo studio
della struttura fisica della terra), o una scienza storica (perch legata alla descrizione di luoghi
attraverso losservazione e lindagine).

il secondo, sviluppatesi pi recentemente nella seconda met del 1900, relativo al

problema della descrizione.

2
Ed questo ultimo che, probabilmente, rappresenta lelemento paradigmatico chiave: da
una parte definisce il campo dazione della geografia caratterizzando la sua valenza, dallaltra
esprime la sua ambiguit. Come nota Franco Farinelli (1987, p.8)1:
lambiguit fondamentale della parola geografia (e di conseguenza del sapere che
essa identifica) risiede prima di tutto nel duplice significato del secondo dei due
termini che la compongono. Geo viene dal greco antico e vuol dire Terra. Ma Grafia
vuol dire sia immagine che scrittura, sia disegno (carta geografica) che discorso
scritto, cio descrizione. La differenza fra i due significati cruciale. Il primo si
riferisce ad un sistema chiuso di modelizzazione del mondo, ad un codice apodittico
e normativo La seconda accezione del termine grafia rimanda alla presenza,
implicita in qualsiasi pagina scritta, di un codice aperto per la concettualizzazione
della realt.
La Geografia quindi, e fin dalla sua origine, sia disegno del mondo [termine con cui qui si
vuole evidenziare la sua capacit di sintetizzare e quindi ridurre il mondo, in quanto oggetto di
pensiero, ad una precisa carta] sia discorso sul mondo [termine con cui si vuole evidenziare
la sua capacit di essere una scienza capace sia di interpretare il mondo ed i suoi oggetti sia
di esprimere un sapere che supporti il loro possesso].
partendo da questultimo punto che possiamo affermare come, nella sua sostanza, la
geografia fornisca le varie strutture concettuali che informano i nostri atti territoriali e
permettono ai geografi di studiare, analizzare e descrivere dato il paradigma dominante quel
momento il processo secondo cui la superficie terrestre [luogo, territorio o paesaggio] si
forma e si evolve.
Nei capitoli che si susseguiranno cercheremo, nel ripercorrere alcune tappe comunemente
ritenute tra le pi significative nello sviluppo del pensiero geografico, di individuare i momenti
di continuit e i momenti di rottura che si sono alternati dal 1800 in poi, per meglio capire la
doppia natura fisica e antropica che caratterizza la geografia e che ancora oggi, assieme al
problema della descrizione, oggetto di discussione tra i geografi stessi.
Per fare questo ci avvarremo dellinterpretazione paradigmatica legata allo schema
interpretativo ideato da Thomas Samuel Kuhn, tenendo conto che questo tipo di approccio
stato adottato anche da numerosi geografi che hanno analizzato levoluzione della disciplina2.

1.2 Linterpretazione paradigmatica dello sviluppo della scienza.


Fino a non molto tempo fa tra ricercatori e scienziati, ma anche a livello di percezione
popolare, regnava la presunzione che esistesse una costante accumulazione di conoscenza e

Affermazione simile anche di A.Lorenzi, 1940, p.5: Com noto, la parola geografia di origine greca. Pare abbia
significato dapprima la sola carta geografica, come si trova presso Plutarco, poi signific anche descrizione scritta della
Terra, come si rileva da una lettera di Cicerone ad Attico Nellopera De Mundo, che per lungo tempo fu attribuita ad
Aristotele [non] chiaro se qui si voglia riferirsi al disegno o alla descrizione scritta. Di F.Farinelli si veda anche
lagile ed importante volume dal titolo Geografia. Unintroduzione ai modelli del mondo pubblicato nel 2004 per i tipi
Einaudi nella collana P.B.E. serie Filosofia.
2
Interessante al riguardo il bel articolo di A.Mair (1986) in cui effettua unampia analisi circa le modalit con cui
molti ed importanti geografi nordamericani hanno usato bene o male il modello kuhniano. Circa la geografia italiana
si vedano gli interventi alla Sezione III dellimportante Convegno di Varese del 1980 (G.Corna Pellegrini C.Brusa,
1980) ed in particolare gli interventi di A.Celant, G.Dematteis ed A.Turco.

3
cio che le teorie diventassero sempre pi precise e sempre meglio funzionali alla spiegazione
dei fatti. Tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso uno storico della scienza, Thomas
Samuel Kuhn (1922-1996), rigett questa visione elaborando uno schema interpretativo che
cambi il sentire comune a proposito delle comunit scientifiche e dei loro prodotti. Nel suo
testo base, The Structure of Scientific Revolutions, egli prese posizione contro alcune ipotesi
sulla scienza, allora ritenute valide, iniziando col rifiutare la comune concezione che la scienza
potesse sempre presentarsi come un processo di sviluppo lineare e cumulativo; confutando
cio quella:
persistente tendenza a fare apparire la storia della scienza come un processo
lineare o cumulativo, tendenza che influenza persino gli scienziati che si volgono
indietro a riconsiderare la loro stessa ricerca (Kuhn, 1978, p.169).
O meglio, per dirla con Imre Lakatos egli respinge lidea che la scienza cresca per
accumulazione di verit eterne (1984, p.165).
La scienza non poteva essere quella coerente e ben regolata attivit per mezzo della quale
ogni generazione di ricercatori costruiva automaticamente il proprio sapere sulla base dei
risultati ottenuti dai loro maestri: risultati certi ed incontrovertibili da cui partire per le proprie
ricerche e su cui innestare le proprie scoperte. Al contrario, secondo Thomas S. Kuhn, lintero
processo di sviluppo della scienza avviene:
senza laiuto di un insieme di finalit, o di una verit scientifica stabilita una volta
per tutte, della quale ciascuno stadio di sviluppo della conoscenza scientifica
costituisca una coppia migliore rispetto alla precedente (Kuhn, 1978, p.207).
Si tratta piuttosto di un processo che vede lalternanza di tranquilli periodi di scienza
normale, caratterizzati da uno stabile accrescimento della conoscenza, a momenti di crisi che
rappresentano una condizione preliminare necessaria allemergere di nuove teorie, durante i
quali si manifestano le rivoluzioni scientifiche episodi rivoluzionari centrali per il progresso
scientifico (Kuhn, 1985, p.246). O meglio, come suggerisce Paul Hoyningen-Huene,
La scienza normale si esaurisce quando la scoperta di anomalie significative rende
gradualmente sempre pi difficile, se non impossibile, la sua continuazione. Inizia
allora una fase di scienza straordinaria, nella quale si va in cerca di nuove teorie e
di nuovi strumenti di ricerca (2000, pp.XII-XIII).
Per spiegare il modo in cui le varie scienze si evolvono egli, a differenza dei precedenti
filosofi della scienza da Rudolf Carnap a Karl Raimund Popper, non analizza un corpo
strutturato di proposizioni o teorie ma analizza il modo con cui una comunit scientifica lavora
e trasforma la proprie credenze scientifiche3. Da questa serie di riflessioni egli ricav il
concetto di paradigma e di mutamento di paradigma.
Nelluso corrente per paradigma si intende un modello o uno schema accettato, e
questo aspetto del suo significato mi ha permesso qui, in mancanza di uno
migliore, di appropriarmi del termine paradigma In grammatica, ad esempio,
amo, amas, amat un paradigma, perch mostra lo schema da usare nel
coniugare numerosi altri verbi latini, ad esempio nellottenere laudo, laudas, laudat.
In questa applicazione convenzionale, la funzione del paradigma quella di
3

Per uninteressante interpretazione del suo modo di operare si veda T.S.Kuhn (2008)

4
permettere la riproduzione di esempi, ciascuno dei quali potrebbe servire in linea di
principio a sostituirlo. In una scienza, per, un paradigma raramente uno
strumento di riproduzione. Invece, analogamente ad un verdetto giuridico
accettato nel diritto comune, lo strumento per unulteriore articolazione e
determinazione sotto nuove o pi restrittive condizioni (Kuhn, 1978, p.43)4.
Con il termine di paradigma scientifico Thomas S. Kuhn vuole cos indicare una serie di:
conquiste scientifiche universalmente riconosciute, le quali, per un certo periodo,
forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili a coloro che praticano un
certo campo di ricerca5.
Il paradigma nei periodi di scienza normale risulta implicito in quanto la scienza stessa
parte dellordinamento entro il quale viene portata avanti. Ordinamento che non racchiude
solamente concetti e visioni del mondo, ma anche valori e modi dagire comprendendo tutti gli
impegni condivisi da un gruppo scientifico (Kuhn, 1985, p.322). In altre parole, tutta lattivit
scientifica fa parte del paradigma dominante, per cui inevitabilmente
la ricerca normale poggia saldamente su di un consenso permanente acquisito
per mezzo delleducazione scientifica e rafforzato dalla successiva attivit nella
professione scientifica (Kuhn, 1985, p.246).
chiaro quindi come la percezione dei ricercatori risulti fortemente condizionata dal proprio
paradigma tanto che la loro identificazione con esso
tale da produrre una sorta di attaccamento che, in generale, porta il ricercatore
ad opporsi sistematicamente allaggressione contro il paradigma che gli serve da
modello (Racine Cunha 1984, p.126).
Non solo ma ciascun gruppo usa il proprio paradigma per argomentare in difesa di quel
paradigma (Kuhn, 1985, p.121).
Per questo motivo estremamente difficile delineare il paradigma corrente, mostrare dove
sono i suoi limiti, dove corrono i suoi confini; soltanto nei periodi in cui il paradigma cambia se
ne vedono i limiti: anzi, se cambia proprio a causa dei suoi limiti. Quando linterpretazione di
un particolare problema scientifico presenta unanomalia che, permanendo, alcuni ricercatori
considerano non risolvibile entro il paradigma dominante, allora si verificano delle situazioni di
crisi che possono portare alle rivoluzioni scientifiche.
Le rivoluzioni scientifiche sono introdotte da una sensazione crescente che un
paradigma esistente ha cessato di funzionare adeguatamente nella esplorazione di
un aspetto della natura verso il quale quello stesso paradigma aveva
precedentemente spianato la strada. Sia nello sviluppo sociale che in quello

Affermazione analoga stata anche ripresa in T.S.Kuhn, 1985, p.XVIII.


Questa, occorre ricordare, la prima definizione di paradigma che appare alla p.10 della premessa del testo base di
T.S.Kuhn; definizione per me particolarmente pregnante. Circa unanalisi critica del concetto di paradigma, cos come
appare in The Structure of Scientific Revolution si veda M.Masterman, 1984, pp.129-163. Occorre per ricordare che il
concetto di paradigma, con il suo corollario mutamento di paradigma, non stato tranquillamente e normalmente
accettato come ricorda lo stesso T.S.Kuhn le reazioni sono state varie e talvolta rumorose (1985, p.321) dalle varie
comunit scientifiche. La discussione meglio conosciuta un colloquio del 1965, nel quale T.S.Kuhn difende se stesso
contro una serie di critiche filosofiche, confluito nel libro di I.Lakatos A.Musgrave, 1984. Non si vuole qui entrare nel
merito di queste discussioni; si vuol solo far notare che ormai, a quasi cinquantanni della sua prima esposizione (la
prima edizione del testo base di T.S.Kuhn The Structure of Scientific Revolution del 1962) lo schema interpretativo di
T.S.Kuhn sicuramente un dato comunemente (se non proprio tranquillamente) accettato.
5

5
scientifico, la sensazione di cattivo funzionamento che pu portare alla crisi un
requisito preliminare di ogni rivoluzione (Kuhn, 1978, pp.119-120)6.
Rivoluzioni scientifiche che provocando dei cambiamenti, negli strumenti ed attrezzature
concettuali delle discipline, romperanno la continuit dei periodi di scienza normale dando
origine a quello che egli definisce un riorientamento gestaltico dellintero dominio conoscitivo
della scienza7. Ci significa introdurre una radicale innovazione nel modo di vedere ed
interpretare un dato fenomeno; rimettere in discussione le premesse epistemologiche sulle
quali si fonda la struttura di ricerca di quella scienza e ridefinire i criteri in base ai quali si
giudica circa la validit e la scientificit dei risultati. Ovviamente, come nota Thomas S. Kuhn,
lassimilazione di un simile riorientamento gestaltico richiede:
la flessibilit e lapertura mentale che caratterizza, o in verit definisce, il
pensatore divergente non vi sarebbe alcuna rivoluzione scientifica e
lavanzamento delle scienze sarebbe molto piccolo se molti scienziati non
possedessero questa qualit in grado elevato (Kuhn, 1985, p.246).
chiaro, per, che agli inizi il nuovo paradigma potr essere accettato solamente da una parte
della comunit scientifica e che, per qualche tempo, coesister assieme al precedente. Non
potrebbe essere altrimenti, poich:
la nuova teoria implica un mutamento delle regole che governavano la precedente
prassi della scienza normale e perci, inevitabilmente, si ripercuote su gran parte
del lavoro scientifico che essi hanno gi compiuto con successo (Kuhn, 1978,
p.25).
per ovvio, secondo Thomas S. Kuhn, che: se le rivoluzioni comportano, alla fine, un
mutamento di paradigma e se la scienza non procede in modo lineare e cumulativo allora
impossibile sostenere che esse hanno portato a qualcosa di meglio e quindi non certamente
scontato che il nuovo paradigma sia migliore o pi perfetto sotto ogni aspetto di quelli
conosciuti prima (Feyerabend, 1984, p.283).
Quasi come corollario al suo concetto di paradigma Thomas S. Kuhn pone poi il fatto che la
scienza definita dalle comunit di ricercatori e non dai singoli ricercatori. pur vero che i
singoli ricercatori facendo ricerca producono conoscenza scientifica ma sono le comunit di

Interessante questa sua analogia tra sviluppo sociale e sviluppo scientifico: le rivoluzioni politiche mirano a mutare
le istituzioni politiche in forme che sono proibite da quelle stesse istituzioni Allinizio soltanto una crisi che
indebolisce il ruolo delle istituzioni politiche, allo stesso modo che -come abbiamo visto- indebolisce il ruolo dei
paradigmi. In numero sempre maggiore gli individui si allontanano sempre pi dalla vita politica ufficiale e si
comportano in modo sempre pi indipendente. Quindi, con lapprofondirsi della crisi, parecchi di questi individui si
riuniscono intorno a qualche proposta concreta per la ricostruzione della societ in una nuova struttura istituzionale. A
questo punto la societ divisa in campi o partiti avversi, luno impegnato nel tentativo di difendere la vecchia struttura
istituzionale, gli altri impegnati nel tentativo di istituirne una nuova (Kuhn, 1978, pp.120-121).
7
O meglio come nota T.S.Kuhn (1978, p.139): durante le rivoluzioni, gli scienziati vedono cose nuove e diverse anche
quando guardano con gli strumenti tradizionali nelle direzioni in cui avevano guardato prima. una posizione
probabilmente assimilabile al mutamento di contesto analizzata da A.Koyr (1967, 1970). Per uninterpretazione del
riorientamento gestaltico si veda T.S.Kuhn, 1978, pp.139-165. Come nota S.Toulmin, 1984, p.109: Il grande merito
dellinsistenza di Kuhn sul carattere rivoluzionario di alcuni mutamenti nelle teorie scientifiche sta nellaver costretto
molti studiosi ad affrontare fino in fondo e per la prima volta la profondit delle trasformazioni concettuali che hanno
caratterizzato talora lo sviluppo storico delle idee scientifiche.

6
ricercatori che, definendo i paradigmi, fanno della loro ricerca una scienza. Qualche anno dopo
la stesura del suo testo base nel rispondere ad alcuni suoi critici egli afferma:
il termine paradigma entra in stretta vicinanza sia fisica che logica con la frase
comunit scientifica. Un paradigma ci che i membri di una comunit scientifica,
ed essi soli, condividono. Inversamente il possesso di un paradigma comune che
fa di un gruppo di uomini, per altri versi disparati, una comunit scientifica (Kuhn,
1985, p.322) 8.
Per Thomas S. Kuhn la scienza non un fatto personale, legato a pochi ricercatori separati
e fra loro in contrasto, ma un fatto fondamentalmente e profondamente sociale:
una comunit scientifica consiste, secondo questa concezione, degli esperti di una
specialit scientifica. Vincolati luno allaltro da elementi comuni nella loro
educazione e nel loro apprendistato, essi si considerano e sono considerati dagli
altri, come coloro che sono responsabili del perseguimento di un insieme di
obiettivi condivisi, compreso laddestramento dei loro successori. Queste comunit
sono caratterizzate dalla relativa abbondanza delle comunicazioni allinterno del
gruppo e dalla relativa unanimit nel giudizio del gruppo in campo professionale.
Con una notevole ampiezza i membri di una data comunit avranno assimilato la
medesima letteratura e tratto da essa le medesime lezioni (Kuhn, 1985, p.324)9.
chiaro quindi che una comunit scientifica, che forse ora potremmo meglio definire scuola
di pensiero, lelemento chiave per la formulazione, accettazione ed eventualmente difesa di
quel insieme di tradizioni, risultati, conquiste, teorie, regole, schemi concettuali che formano
un paradigma scientifico.
Se un ricercatore particolarmente novativo (il pensatore divergente, cos come definito
prima) definisce una nuova scoperta, una migliore soluzione ai problemi che il paradigma
dominante non riesce a risolvere o risolve solo in parte, e dopo questo si distacca dalla
comunit di riferimento certo, secondo Thomas S. Kuhn, che da solo non dar mai origine ad
un nuovo paradigma:
se uno scienziato sceglie questa via, la sua azione si riflette non sul paradigma ma
su lui stesso. Sar inevitabile che i suoi colleghi lo considerino come il carpentiere
che d la colpa ai suoi strumenti (Kuhn, 1978, p.105)10.
Al contrario, la sua novazione solo quando sar fatta propria da una comunit di ricercatori
potr far parte del vecchio paradigma oppure, scardinandolo, ne dar origine ad uno nuovo. I
ripetuti insuccessi del vecchio paradigma e la dimostrata efficacia di una novazione possono far
cambiare lopinione ad un gruppo di ricercatori cos:
le soluzioni che soddisfano non possono essere puramente personali ma devono
essere accettate come tali da molti. Il gruppo che le condivide non pu tuttavia
essere ricavato a caso dalla societ nel suo complesso, ma deve essere, al
contrario, la comunit nettamente definita costituita dai colleghi della stessa
specializzazione scientifica (Kuhn, 1978, p.202).
8

Affermazione simile appare anche nel Poscritto della Struttura delle Rivoluzioni scientifiche (1978, p.213) si veda
anche quanto da lui affermato in Riflessione sui miei critici (1984, p.337).
9
Al riguardo si veda anche quanto da lui affermato nel Poscritto della Struttura delle Rivoluzioni scientifiche (1978,
pp.213-219)
10
Si veda anche C.G.Hempel (1975, p.66) che discutendo di nuove teorie o nuove ipotesi nota come la credibilit di
una certa [nuova] ipotesi apparir infirmata quando questa viene a trovarsi in conflitto con ipotesi o teorie che sono
accolte, in quel momento, come ampiamente confermate.

Non certamente il singolo scienziato che definisce (o muta) i contenuti della matrice
disciplinare del paradigma dominante la scienza normale di cui fa parte; tutti i cambiamenti o
le accettazioni hanno bisogno dellapprovazione della comunit dei suoi colleghi:
la scienza non la sola attivit i cui esperti possono essere raggruppati in una
comunit ma lunica in cui ogni comunit ha il suo pubblico ed il suo giudice
esclusivi (Kuhn, 1984, p.338).
E importante sottolineare come allinizio laccettazione del nuovo paradigma non sia un
processo completamente razionale ma avvenga, al contrario, soggettivamente. ben
difficile per ciascun ricercatore valutare obbiettivamente la supremazia di un paradigma
rispetto ad un altro dal momento che non possibile fare appello ad unautorit super partes
che possa definire quale teoria sia pi scientifica:
ci che differenziava le varie scuole non era questo o quel difetto di metodo tutte
erano scientifiche ma ci che chiameremo le loro incommensurabili maniere di
guardare al mondo e di praticare la scienza in esso (Kuhn, 1978, p.22).
Ne consegue che, non essendovi nessuna possibilit di una valutazione superiore e acritica,
solo una profonda persuasione pu far prevalere un paradigma sullaltro e colui che cambia:
deve aver fiducia che il nuovo paradigma riuscir in futuro a risolvere molti vasti
problemi che gli stanno davanti [e la sua accettazione] pu essere presa
soltanto sulla base della fede Kuhn, 1978, p.190)11.
O meglio e ben pi correttamente -come Thomas S. Kuhn in uno dei suoi ultimi interventi ha
spiegato- ci che gli scienziati concretamente debbono valutare:
non la convinzione tout court ma il cambiamento di convinzione [poich]
quello che la valutazione mira a selezionare non sono le convinzioni che
corrispondono al cosiddetto mondo esterno, concreto, ma semplicemente a un
migliore o al migliore complesso di convinzioni effettivamente esistente nel periodo
in cui chi valuta esprime il giudizio (Kuhn, 2000b, p.178) 12.
La transizione paradigmatica, in effetti, pu anche apparire come un preciso atto di fede,
ma tale atto dipende dal contesto in cui posto il ricercatore e riflette i vincoli posti dal
momento storico e dalle circostanze personali. Ogni svolta nella storia della scienza frutto,
infatti,

della

contemporanea

presenza

di

condizioni

sociali

favorevoli

di

proposte

dinnovazione convincenti. Da un lato , infatti, necessario che le risposte date da quella


scienza alle domande degli individui e della collettivit, fino a quel momento giudicate
adeguate e sufficienti, comincino a rilevarsi limitate o insoddisfacenti. Dallaltro occorre che,
quando si manifestano i sintomi di una crisi del genere, siano disponibili alternative concettuali
capaci di cogliere, al di sotto delle apparenze caotiche, quei nessi e quelle relazioni fra elementi
del mondo reale che hanno rilevanza per le nuove domande nate dallevoluzione della struttura

11

Questo un passo molto criticato, circa una sua difesa si veda sia T.S.Kuhn, 1984, p.344-351 sia P.Feyedabend,
1984, pp.291-295.
12
In modo analogo si esprime anche C.G.Hempel (1975, p.67) Una teoria molto generale che abbia avuto buon esito in
molti campi verr di solito abbandonata solo quando sia disponibile una teoria alternativa pi soddisfacente; e delle
buone teorie sono difficili ad ottenersi

8
sociale13. Comunque, qualsiasi sia il modo con cui un paradigma viene accettato e fatto
proprio:
la comunit degli scienziati si impegna, consapevolmente o meno, nei confronti
dellidea che i problemi fondamentali ivi risolti siano in realt stati risolti una volta
per sempre (Kuhn, 2000a, p.11).
Se vero quindi che la scelta di abbandonare il vecchio paradigma per il nuovo non
unimpresa facile ed indolore occorre ammettere che la transizione paradigmatica non potr
certamente essere n rapida n totale. Non certo razionalmente possibile pensare che la
comunit di ricercatori possa passare in toto ed immediatamente al nuovo. Nel presentare
queste difficolt Thomas S. Kuhn cita ironicamente un passo di Max Plank che afferma come
ogni nuova verit scientifica non venga, di solito, accettata facilmente dai suoi oppositori:
piuttosto essi, gradualmente, muoiono uno dopo laltro, e una nuova generazione
cresce familiarizzandosi con la verit fin dallinizio (Kuhn, 2000a, pp.4-5).
chiaro quindi che, fino a quando il nuovo paradigma non riuscir ad imporsi scalzando il
vecchio, possono coesistere pi paradigmi contemporaneamente:
durante il periodo di transizione, vi sar una sovrapposizione abbastanza ampia,
ma mai completa, tra i problemi che possono venir risolti col vecchio paradigma e
quelli che possono essere risolti col nuovo (Kuhn, 1978, p.111).
Per le scienze sociali, poi, questo discorso si complica ulteriormente. Se nelle scienze
esatte, dopo un periodo di assestamento, un paradigma finisce per prevalere sullaltro,
divenendo cos la matrice disciplinare della scienza normale adottata dallintera (o da buona
parte della) comunit scientifica, per le scienze sociali, al contrario, la situazione ben
diversa: diversi paradigmi possono convivere uno accanto all'altro, senza che nessuno riesca a
scalzare in toto gli altri.
Gli esempi che Thomas S. Kuhn presenta nei suoi lavori sono sempre tratti dalla fisica o
dalla matematica, comunque dalle scienze esatte, dove dopo periodi preparadigmatici o di
instabilit si definiscono lunghi periodi di scienza normale. Nelle scienze sociali, invece, i nuovi
paradigmi non riescono in genere a stabilizzarsi abbastanza bene da permettere un periodo
relativamente lungo di scienza normale e questo limite si traduce in una relativamente minore
chiarezza nella definizione della successione diacronica dei vari paradigmi. In questo caso non
certo possibile affermare che delle osservazioni o analisi territoriali possano essere
compatibili, interpretabili o spiegabili con paradigmi logicamente incompatibili tra loro
(incommensurabili) anche se, in relazioni a quelle osservazioni territoriali, questi possono
sembrare empiricamente equivalenti. Si tratta per sempre di spiegazioni o interpretazioni che,
appartenendo a paradigmi diversi e incommensurabili, non possono essere considerate
equivalenti14. Cos nei periodi caratterizzati dalla simultanea presenza di diverse matrici
disciplinari in concorrenza ci si trova sicuramente in difficolt sia a voler dare una precisa data
13

Si veda al riguardo M.Cini, 1994, pp.17-24.


Su posizione simile si veda anche W.V.Quine (1996, pp.103-156) nel discutere, dal punto di vista linguistico,
sullontogenesi del riferimento.
14

9
di inizio o di fine di ciascun paradigma sia, e principalmente, a ben precisare, constatare o
schematizzare le caratteristiche proprie di ciascuno. E questo potrebbe essere uno dei limiti
che il modello interpretativo kuhniano pone alla sua applicazione in geografia dove non quasi
mai esistito un preciso dominio di un singolo paradigma.
In questa prospettiva possibile applicare alla geografia lo schema interpretativo delineato
sopra? Sono convinto che ci sia possibile, tenendo presente che fin dai primi anni settanta
molti geografi in particolare nord americani15 hanno gi tentato, usando lo schema kuhniano
di individuare e definire alcuni paradigmi geografici. chiaro quindi che nei capitoli che
seguiranno daremo, analizzando il succedersi delle varie scuole di pensiero, unimpostazione
paradigmatica di stampo kuhniano. Ne deriver una struttura che appare come una
stratificazione di varie geografie succedutesi nel tempo. Una tale successione di strati non
implica necessariamente un progresso o un ordine gerarchico ma indice di un vario
avvicendarsi di diversi modi di vedere il mondo: vari modi che si sovrappongono e come le
foglie cadute quando termina la loro stagione, diventano humus per la stagione successiva.
Tutto questo ci permette di considerare la geografia una scienza matura nellaccezione che
ne d Paul Feyerabend (1984, p, 292):
la scienza matura una successione di periodi normali e rivoluzioni. I periodi
normali sono monistici; gli scienziati cercano di risolvere i rompicapo conseguenti ai
tentativi di vedere il mondo nei termini di un unico paradigma. Le rivoluzioni sono
pluralistiche finch emerge un nuovo paradigma, che ottiene sufficiente appoggio
da poter servire come base per un nuovo periodo normale.
Occorre per avere ben presente che quella di Thomas S. Kuhn non altro che una teoria,
ossia uninterpretazione della realt, con tutti i suoi limiti e proprio per questo motivo soggetta
a critiche e ad accese discussioni. Non solo, ma in quanto teoria (e la stessa interpretazione
kuhniana una teoria) soggiace ad una interpretazione di tipo paradigmatico: se essa ora
appare come linterpretazione pi efficace (rappresenta cio la scienza normale) pu essere
perfettamente scalzata da unaltra possibilit di interpretazione. Ma, a mio parere, a tuttoggi
essa rappresenta ancora il paradigma dominante, la scienza normale, atta ad interpretare
levoluzione dei vari pensieri scientifici.

15

Si veda al riguardo il bellarticolo di A.Mair (1986).

10
2 La fase preparadigmatica.
Cos la geografia coltiva e incivilisce nel medesimo tempo, ed
una parte assai importante della cognizione del mondo
Sarebbe inutile dire di pi sullutilit della geografia ciascun
capitolo lo prover abbastanza da s.
Immanuel Kant, Geografia Fisica, pp.XXXV-XXXVI

2.1 Premessa
Prima di prendere in considerazione i vari paradigmi della moderna geografia sar bene
fare un accenno a quella fase preliminare che Thomas S. Kuhn indica come preparadigmatica e
che per buona parte delle scienze si fa generalmente finire nella prima met del XVIII secolo.
quella fase che precede la formazione di un paradigma ed in cui ogni scienziato, non essendo
vincolato ad alcun corpo di teorie o matrici disciplinari e mancandogli un preciso insieme di
metodi e tecniche cui fare riferimento, si sente spinto a ricostruire il suo campo dalle
fondamenta (Kuhn, 1978, p.32).
2.2 La fase preparadigmatica ottocentesca della geografia europea.
Ovviamente

non

qui

mia

intenzione

funzione

analizzare

tutto

il

periodo

preparadigmatico della geografia europea ma solo accennare a quella che i comuni manuali di
Geografia Generale (Lorenzi, Toniolo, Almagi, Toschi) definivano geografia scientifica
ottocentesca. Periodo questo ultimo in cui le idee di tre grandi pensatori divergenti ne hanno
caratterizzato la sua fine preparando linizio, anche per la Geografia, del periodo paradigmatico
che caratterizza le scienze mature.
Immanuel Kant (1724-1804), conosciuto per le sue opere filosofiche, fu anche geografo16.
Nei suoi quarantanni dinsegnamento, dal 1756 al 1796, tenne ben 48 corsi di geografia a
fianco dei 54 di logica, 49 di metafisica e 20 di fisica e fu il primo ad insegnare stabilmente
geografia allUniversit prima che questa fosse definitivamente istituzionalizzata come corso
universitario. Il suo testo geografico pi importante e conosciuto il ponderoso Physische
Geographie17 in cui, nonostante il titolo, si discute non solo di geografia fisica ma anche
delluomo e delle sue attivit economiche in rapporto alle condizioni naturali18. Le pagine

16

Su I.Kant geografo si veda prima di tutto le importanti interpretazioni di J.A.Mayr (1970), di V.Berdoulay (1991,
pp.75-94) e di P.Richards (1974); poi D.L.Livingstone R.T.Harrison (1981a), A.L.Sanguin (1994) e F.Farinelli (2004b);
interessante anche il discorso di R.Hartshorne (1967).
17
In effetti, questo testo, non autografo ma ricavato dalle sue lezioni di geografia sulle basi degli appunti presi da alcuni
studenti, stato pubblicato agli inizi del 1800. Riguardo la storia, un po complessa, della sua pubblicazione di veda
F.Farinelli (2004b). Di questo testo ne esiste una traduzione italiana in tre volumi e sei tomi effettuata nel 1807/1811;
nel 2004, la casa editrice Leading ne ha prodotto una copia anastatica.
18
Per questo, il termine kantiano Geografia Fisica potrebbe essere meglio avvicinabile pur tenendo conto del secolo e
mezzo di differenza a quello di Geografia Generale cos com stato utilizzato dai geografi italiani negli anni 19401980; si veda anche A.L.Sanguin, 1994.

11
introduttive sono state spesso considerate la parte pi significativa mentre il resto, divulgativo,
appare di scarso interesse19.
Physische Geographie, ed in particolare la sua introduzione, sicuramente unopera
importante ma che ha avuto alterne vicende ( stata pi spesso ignorata) nellelaborazione del
pensiero geografico mentre il suo pensiero filosofico, sullopposizione tra natura e storia come
rifiuto al monismo positivista, ebbe una notevole importanza anche in campo geografico.
Physische Geographie fu ignorata dai geografi italiani, non appare mai citata in nessuna opera
di storia della geografia, nonostante la sua traduzione in lingua italiana effettuata gi nel 1807;
anche Richard Hartshorne (1967, p.85) nota come:
lopera di Kant ed il suo interesse per la geografia furono ampiamente ignorati per
quasi un secolo dopo la sua morte.
Solo recentemente, in particolare con la disputa fra Richard Hartshorne e Fred K. Schaefer, si
sempre pi fatto ricorso ad essa per linterpretazione della duplice valenza della geografia:
nomotetica o idiografica, fisica o umana20. Solo da questo punto di vista certamente possibile
accettare laffermazione di George Tatham (1957, p.38) secondo cui:
la definizione data nellintroduzione alle sue lezioni, descrive cos completamente
lo scopo della geografia che essa ha agito, direttamente o indirettamente, su tutte
le successive discussioni metodologiche21.
Immanuel Kant delinea anche due differenti modi per classificare i fenomeni empirici: uno
legato alla loro natura e laltro alla loro posizione nel tempo e nello spazio. Il primo definisce la
classificazione logica legata ai fondamenti delle scienze sistemiche, mentre il secondo per noi
pi importante- definisce la classificazione fisica e pone le basi scientifiche alla storia e alla
geografia: la storia (scienza cronologica) studia i fenomeni nel tempo mentre la geografia
(scienza corografica) studia i fenomeni che appartengono al medesimo luogo. O, meglio, per
dirla con le parole di Immanuel Kant:
La storia e la geografia potrebbero essere chiamate, per cos dire, una descrizione,
con la differenza che la prima una descrizione secondo il tempo e la seconda una
descrizione secondo lo spazio. La storia e la geografia aumentano la nostra
conoscenza rispetto il tempo e lo spazio. La storia riguarda quegli eventi che,
riguardo al tempo, sono accaduti uno dopo laltro. La geografia riguarda i fatti dal
punto di vista dello spazio e che accadono contemporaneamente La storia e la
geografia dunque differiscono solo rispetto il tempo e lo spazio La storia una
narrazione, la geografia una descrizione. Quindi possiamo avere una descrizione
della natura ma non una storia della natura Geografia il nome dato alla
descrizione della natura e al mondo nel suo complesso. La geografia e la storia

19

Sprezzante il giudizio che ne d F.Ratzel (1905/7, p.56) Kant nelle sue lezioni sopra la geografia fisica si mostr
affetto dalla comune tendenza a enunciare delle aride enumerazioni e cerc di ravviare mediante aneddoti la morta
materia. Uno scambio di concetti, un alternarsi di nomi, senza penetrar pi addentro nella cosa.
20
I primi a darle una certa considerazione sono sicuramente stati A.Hettner e P.Vidal de la Blache ma con i lavori di
R.Hartshorne che la sua premessa, in particolar negli Stati Uniti, venne conosciuta diventando un argomento di
discussione.
21
Su questo da notare limportante contributo V.Berdoulay, 1991, pp.75-94; si vedano anche A.Holt-Jensen, 1999,
p.24 e D.N.Livingstone, 1992, p.116.

12
occupano tutta larea della nostra percezione: la geografia quella dello spazio, la
storia quella del tempo22.
Cos la storia e la geografia permettono alluomo la razionalizzazione della sua esistenza23 ed
attraverso la geografia luomo apprende la capacit di orientarsi:
e questo nei due significati della parola: individuare il luogo e le coordinate
naturali della propria esistenza e posizionarsi nella buona direzione24.
Unaltra importante conquista kantiana fu la deteologizzazione dello studio scientifico. Egli
aveva, infatti, distinto i noumena dai phenomena. Noumena la realt come effettivamente ,
oggetto della conoscenza razionale pura, mentre phenomena il mondo della conoscenza
snsibile, il mondo dei sensi, il mondo colto dalla scienza:
la scienza, di conseguenza, opera solo nella sfera dei phenomena: relativa alle
osservazioni, alle relazioni causa-effetto, alle propriet spazio temporali. La scienza
non potr mai aprire una breccia nellirreale mondo dei noumena (Livingstone,
1992, p.116).
Ovviamente la geografia in quanto scienza opera solo nel regno dei phenomena ed ,
quindi, teleologicamente neutrale. Egli cos anticipa quanto avverr in seguito e cio il
progressivo allontanamento della posizione della geografia capace di descrivere la creazione
divina ed interpretare il piano di Dio nelluniverso, per arrivare alla geografia come scienza che,
pi semplicemente, permette alluomo di razionalizzare la sua esistenza nel mondo.
Per Immanuel Kant, quindi, la geografia in quanto scienza empirica teleologicamente
neutra e, avendo come fondamento lo spazio, la scienza delle relazioni spaziali che studia i
fenomeni che avvengono sulla superficie terrestre. una scienza che fornisce una visione
olistica del mondo dandone una conoscenza unificata ed solo da questo punto di vista che si
occupa delluomo.
Ma pi che Immanuel Kant bene ricordare le due figure che per certi aspetti possono
essere considerati sia gli ultimi rappresentanti della geografia classica, sia gli iniziatori della
geografia come disciplina scientifica: Alexander von Humboldt (1769-1859) e Karl Ritter
(1779-1859) le cui opere principali sono rispettivamente Kosmos e Erdkunde25. Il primo

22

La citazione dalla Introduzione del testo Physische Geographie di I.Kant, questa traduzione italiana stata fatta
sulla base della traduzione inglese effettuata da J.A.Mayr (1970, pp.255-264) i passi tradotti sono alle pp.261-262. Gli
stessi passi sono stati tradotti in inglese in modo analogo anche da F.K.Schaeffer, (1953, pp.232-233) di cui esiste una
parziale traduzione italiana in H.Capel (1987, p.185).
La traduzione di J.A.Mayr la seguente: We can call both history and geography, at the same time, a description, but
with the difference that the former is a description of time while the latter is a description of space. History and
geography enlarge our knowledge with respect to time and space. History concerns events which, under the aspect of
time, have occurred one after the other. Geography concerns appearances under the aspect of the space which occur
simultaneously History therefore differs from geography only in respect to space and time History is a narrative,
but geography is a description. Therefore we may have a description of nature, but not a history of nature The name
of geography therefore designates a description of nature, and that of the whole earth. Geography and history fill up the
total span of our knowledge, geography namely that of space, but history that of time.
23
Si veda anche linteressante analisi di J.M.Besse M.C.Robic, 1986.
24
Il riferimento di E.Weil, citato da J.M.Besse M.C.Robic, 1986, p.68: et cela dans le deux sens de ce mot: trouver le
ple et les coordonnes naturelles de son existence, et se placer dans la bonne direction.
25
I titoli per esteso sono rispettivamente: Kosmos. Entwurf einer physischen Weltbeschreibung, pubblicato in 5 volumi
dal 1845 al 1862; Die Erdkunde im Verhltnis zur Natur und zur Geschichte des Menschen oder allgemeine

13
ritenuto tra laltro il pi importante esploratore scientifico dellepoca moderna prima di
Darwin (Metken, 2000, p.33) mentre il secondo fu il primo geografo a delineare in modo
chiaro il suo metodo.
Questi due personaggi quasi coetanei, in relazione epistolare e deceduti nello stesso anno
pur essendo molto diversi fra loro hanno in comune la stessa visione del mondo: nella diversit
ricercarono lunit allo scopo di realizzare sintesi globali del Tutto terrestre (Capel, 1987,
p.24). Se prima lattivit del geografo era limitata allaccumulazione di dati, per poi disegnare o
far disegnare carte miranti a descrivere un determinato territorio, con loro quella stessa
attivit si fa molto pi attiva e comincia a diversificarsi: il geografo compara le varie regioni
indagate per scoprire caratteristiche simili e individuare le leggi che regolano la loro
organizzazione. La novazione consisteva appunto nelleffettuare una precisa strutturazione del
materiale raccolto e, attraverso una deliberata ricerca fra le similarit e le differenze dei vari
paesi e regioni, cercare di comparare fra loro le differenti parti del mondo.
Alexander von Humboldt filosofo, letterato, naturalista, geologo, astronomo e geografo
considerato assieme al fratello Karl Wilhelm ed a Johann Wolfgang Goethe uno dei grandi
savant dellilluminismo tedesco a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo26. stato anche un
valente esploratore scientifico soggiornando a lungo nellAmerica Meridionale, in Italia ed in
Siberia.

viaggi

di

esplorazione

erano

per

lui

una

necessit

scientifica

in

quanto

rappresentavano il momento di verifica e di prova della sua visione della natura intesa come
un unicum27.
Da buon illuminista incoraggi luso della ragione e cred profondamente nellutilit della
scienza volta ad interpretare le leggi generali che governano la natura nella sua totalit:
una semplice giustapposizione dei fatti non servirebbe allo scopo nellordine
stesso del progresso scientifico che i singoli fatti, rimasti a lungo senza legami con
linsieme, successivamente si ricolleghino con esso e si inquadrino in leggi generali.
Indico qui solo la strada dellosservazione e dellesperienza in attesa che si giunga
al momento in cui, come voleva Socrate (a quanto scrive Platone) la natura venga
interpretata secondo ragione28.
Ma non solo la scienza, per descrivere la natura in tutta la sua grandezza:
necessario descrivere anche il riflettersi della natura sulluomo e vedere come
essa, ora vi si esprima attraverso il mondo dei miti, che con suggestive e

vergleichende Geographie, als sichere Grundlage des Studium und Unterrichts in physikalischen und historischen
Wissenschaften, pubblicato in 19 tomi e 21 volumi tra il 1822 ed il 1859.
26
Riguardo la sua importanza interessante notare il passo tratto dallAutobiografia di C.Darwin (1964, p.49)
Nellultimo anno di Cambridge lessi con profondo interesse i Ricordi Personali di Humboldt. Questo libro e la
Introduzione allo studio della filosofia naturale di Sir J.Herschel accesero in me il desiderio ardente di portare un
contributo, anche il pi umile, al nobile edificio delle scienze naturali. Nessun altro libro ebbe su di me uninfluenza
simile a quella di queste due opere. Copiai dai Ricordi di Humboldt lunghi brani su Tenerifa che lessi poi al alta voce...
27
Come egli afferma, prima di partire per il viaggio nelle regioni equinoziali: Je collecterai des plantes et des fossiles
et me livrerai des observations dastronomie. Mais l nest pas le but premier de mon expdition. Je mefforcerai de
dcouvrir linteraction des forces de la nature et les influences quexerce lenvironnement gographique sur la vie
vgtale et animale. En dautres termes il me faut explorer lunit de la nature citato in J.P.Delage (1992, pp.39-40).
28
A.von Humboldt, 1975, p.221. E ancora ho sempre preferito alla conoscenza di fatti isolati, anche se nuovi, la
comprensione alla concatenazione di quelli noti da tempo, e la scoperta di una specie sconosciuta mi parsa meno
interessante dellosservazione sui rapporti geografici citato in M.Ciardi (2008, p.418).

14
fantasmagoriche immagini interpretano i fenomeni fisici, e ora faccia sbocciare il
nobile germe dellarte (von Humboldt, 1975, p.235).
Perch nel momento in cui si va oltre il mondo oggettivo degli scienziati:
si apre davanti a noi un mondo interiore che noi esploreremo in questo libro della
natura, non per distinguere come si richiede alla filosofia dellarte ci che, nelle
nostre impressioni estetiche, da riferirsi allazione delle forze esterne sui
sentimenti da ci che invece legato alle molteplici disposizioni dellattivit
spirituale, ma piuttosto, per descrivere in qual modo nel nostro spirito nasca uno
schietto senso della natura e per cercare le cause che, soprattutto nei tempi
moderni, hanno profondamente contribuito, attraverso il risveglio dellimmagine,
allimpegno per lo studio della natura e alla propensione per i viaggi in terre
lontane (von Humboldt, 1975, pp.234-235).
In realt Alexander von Humboldt, aspirando a comprendere il Kosmos29 parla anche di
senso della natura come emozione semplice e immediata e dedica decine di pagine a
discutere di descrizioni letterarie della natura, di sentimenti della natura a seconda dei
tempi e delle razze e di pittura paesaggistica. In questo modo egli, oltre a spingere verso
uninterpretazione scientifica, si fa contemporaneamente promotore di una concezione poetica
del mondo, che scaturisce proprio dalla sensibilit (e quindi dalla soggettivit) dellindividuo.
Lo scienziato che studia la natura assomma allosservatore distaccato, che si avvale
dellobbiettivit della scienza, il partecipante che la interpreta con spirito poetico: egli deve
studiare la natura sotto i due aspetti:
una volta in maniera obiettiva attraverso losservazione dei fenomeni reali e poi
attraverso il riflesso di essa sui sentimenti dellumanit (von Humboldt, 1975,
p.267).
Assommava,per dirla con David N. Livingstone (1992, p.134):
lempirismo baconiano del naturalista navigatore dello stampo di Cook, lideale
filosofico kantiano di una scienza universale, la passione di Gorge Forster per la
bellezza della natura e la ricerca idealistica goethiana per un principio coordinatore
trascendentale.
La sua cultura, i suoi viaggi ed i suoi studi lo portarono a sempre pi considerare luomo
come lelemento chiave del Kosmos parte integrante del quadro ambientale, al quale
soggetto in quanto essere vivente ma che modifica con la sua attivit di essere pensante, pur
essendone, complessivamente, condizionato (Milanesi, 1975, p.13) tanto che lo studio della
distribuzione delluomo sulla terra rappresentava per lui lultimo e pi nobile scopo di una
descrizione fisica del mondo (von Humboldt, 1975, p.220). Egli stato forse il primo ad
imprimere alla geografia quel impulso che tender a trasformarla da scienza corografica a
disciplina antropica. Importante sar poi la sua influenza sugli studi sullintegrazione
uomo/natura ed il riflesso che hanno sugli uomini i vari fenomeni naturali non tanto a livello
materiale quanto, e principalmente, a livello spirituale ed emotivo30.
29

Termine che, secondo F.Farinelli (1992, p.139) per lui non significa semplicemente mondo ma ordine nel mondo.
Non si vuole qui fare riferimento al determinismo ma a quegli studi che andavano sotto il nome di Geografia
Poetica o di Geopsiche, che saranno fortemente avversati dai geografi positivisti. Circa lidea di Geopsiche si veda
linteressante lavoro di W.Hellpach (1960).
30

15
Inoltre egli, nonostante consideri la carta geografica come lo strumento principe dei
geografi, ma arriva a sostenere che
le carte geografiche esprimono le opinioni e le conoscenze, pi o meno limitate, di
chi le ha costruite, sono anzi il luogo in cui pi evidente risulta come in geografia
fatti e opinioni interagiscono mutuamente e finiscono spesso per confondersi
(Farinelli, 1992, p.131).
Nuovo inoltre il concetto di studio della regione. Egli vede il mondo diviso in una serie di
regioni naturali, ciascuna con il proprio insieme di piante e animali, e questo si rivel terreno
estremamente fertile per la geografia successiva segnando un cambiamento radicale. Come,
infatti, nota David N. Livingstone:
la forte inclinazione di Humboldt nei confronti delle analisi regionali sulla
vegetazione pu essere vista con un cruciale ingrediente dello scivolamento da un
sistema analisi basato sulle evidenti caratteristiche morfologiche verso un nuovo
epistema che enfatizza lintera sottostante coesione ecologica (Livingstone, 1992,
p.138).
Fu molto attivo per quanto riguarda la diffusione della geografia e partecip attivamente
allorganizzazione delle prime societ geografiche intervenendo direttamente nella creazione
della Societ di Geografia di Parigi, la prima del tempo. Egli per,come giustamente nota Paul
Claval (1972, p.26):
non fu allorigine di una scuola, non ebbe discepoli diretti; la sua influenza si
manifest un poco per volta, via via che un ambiente geografico prendeva forma.
Karl Ritter (1779-1859) il primo geografo a coprire una cattedra ufficiale di geografia
alluniversit di Berlino cattedra che tenne per circa un quarantennio dal 1820 fino alla sua
morte stato anche il primo geografo a delineare in modo chiaro il suo metodo che espose in
un unico volume in cui riun tutti i suoi scritti teorici31. Come afferma nella prefazione del suo
lavoro vi un forte bisogno di una riflessione teorica in quanto si assistito, finora:
ad una proliferazione di opere geografiche ma il loro apporto teorico lascia molto a
desiderare lo scopo [di questa raccolta] di stimolare levoluzione del pensiero
geografico (Ritter, 1974, p.37).
Gli studi precedenti sempre secondo Carl Ritter si erano costantemente accontentati
di descrivere e classificare sommariamente le diverse parti del Tutto [la Terra] ed
per questo motivo che la geografia non ha potuto interessarsi delle relazioni e
delle leggi generali: le sole in grado di trasformarla in scienza e dargli ununit
(Ritter, 1974, p.166).
La moderna geografia quindi non pu pi accontentarsi di descrivere e classificare ma deve
andare oltre: deve comparare fra loro le varie parti della Terra. Per questo egli cerca di definire
un metodo determinando delle regole precise:
la regola fondamentale, che dovrebbe garantire la verit al Tutto, consiste nel
procedere da osservazione in osservazione e non da opinioni o ipotesi
allosservazione procedere dal semplice al complesso; dagli aspetti secondari del
problema a quelli essenziali e da ci arrivare alla sua verit; dalla regola alle
31

Di questo volume ne esiste una traduzione francese a cura di G.Nicolas-Obadia (Ritter, 1974) cui ci si riferir per
tutte le citazioni. Per uninteressante analisi del pensiero ritteriano si veda M.Korinman (1981).

16
eccezioni procedendo cos verso tutte quelle direzioni che rientrano nel campo delle
relazioni spaziali (Ritter, 1974, pp.57-58).
La Geografia Generale Comparata non dovr mai venir meno a simili regole generali ma se cos
non fosse
occorrer incriminare o la mancanza di dati ed informazioni o il geografo stesso
ma mai il carattere intrinseco del metodo che, nonostante le difficolt
dellapplicazione, sar sicuramente capace di tener fede a molte delle sue
promesse (Ritter, 1974, p.58).
Come nota Franco Farinelli, per Karl Ritter lo scopo della sua Geografia Generale
Comparata
innanzitutto quello della precisa individuazione degli oggetti naturali, per
arrivare a stabilire sulla base dellaccertamento di ogni forma autonoma e specifica,
i tipi fondamentali delle formazioni che costituiscono lo spazio riempito di cose
terrestri e la loro reciproca relazione (Farinelli, 1992, p.122).
Secondo Carl Ritter, infatti, la Geografia Generale Comparata giustamente definita da due
aggettivi:
Generale, non perch essa voglia dire tutto ma perch pur senza darsi uno scopo
ben definito essa si sforza di studiare, secondo la loro natura e con la medesima
attenzione, ogni parte della terra ed ognuna delle sue forme [in altri termini] solo
partendo dai tipi fondamentali sar possibile elaborare un sistema naturale.
Comparata, nel senso di quelle scienze che [prima della geografia] si sono
costituite come discipline istruttive, la nostra conoscenza dei vari luoghi
disseminati sulla superficie della terra arrivata a tal punto che possibile
auspicare la comparazione delle forme simili e comparare il loro modo dazione
(Ritter, 1974, pp.55-56)32.
Se per Immanuel Kant storia e geografia sono due discipline separate che assieme
permettono alluomo di razionalizzare la sua esistenza, per Carl Ritter il loro legame si cementa
e la geografia non pu certo fare a meno della storia
la scienza geografica non pu essere privata del fattore storico se vuole essere la
vera disciplina delle relazioni spaziali terrestri e non essere solamente
unaccozzaglia di astrazioni (Ritter, 1974, p.133).
Cos egli pone sulla superficie terrestre lelemento umano con la sua storia33 ma lo pone in
modo cos dominante da trasformare la geografia da scienza puramente corografica (cio
fisica) in disciplina antropica:
il sistema terrestre stato sottomesso [alle] forze meccaniche, fisiche ed
intellettuali in cui levoluzione s mescolata con la storia dellumanit labilit
delluomo [ha] trasformato la penuria in abbondanza ed ovunque la civilt ci ha
insegnato a resistere alla natura (Ritter, 1974, pp.139-140).

32

Per una prima analisi critica del termine comparata si vedano larticolo S.Mehedinti (1901) e la critica di F.Porena
(1901).
33
E sar la maggior critica che gli verr fatta dai geografi successivi di matrice positivista o che comunque
privilegeranno gli aspetti fisici: pesante lattacco di H.Wagner (1911, p.27) si diffuse il concetto che la geografia
fosse una scienza ausiliaria, priva di uno scopo a s. R.Almagi (1919, p.4) afferma i Ritteriani lasciaron
soverchiamente prevalere lelemento storico, astraendo troppo spesso dalla considerazione dellambiente naturale; si
veda anche A.R.Toniolo (1947, p.55) trascurando i fattori dellambiente e giungendo cos a conclusioni spesso fallaci
o ingenue; M.Ortolani (1983, p.145) linsegnamento di Ritter fece presa forse pi sugli storici che non sui geografi.

17
In questo modo, lo scopo della Geografia Generale Comparata diviene quello di studiare le
relazioni tra la Terra e luomo ma, pur nella reciprocit delle loro influenza, dando maggior
peso alluomo. Lo scopo della Terra, nella variet delle sue forme e regioni, quello di servire
luomo, soddisfare i suoi bisogni ed indirizzarne le aspettative verso il suo bene:
Dio ha donato a luomo la natura come compagna. Deve essere per lui come
unamica fedele, porsi sia consigliera sia confidente nella sua vita mortale. Per
lindividuo e per lumanit intera deve essere come langelo custode che aiuta a
trovare la pace interiore. Nello stesso modo, come pianeta, la Terra la madre che
sostiene lumanit intera, cos ogni cosa nella natura destinata a svegliare le
coscienze, guidarle e formarle. Autentico elemento organizzatore dellumanit essa
la prepara, destino pi nobile, a cogliere e comprendere linfinito entro ci che non
visibile (Ritter, 1974, pp.70-80).
In questo modo la Terra, nella sua diversit e nella sua unit, vista al servizio delluomo e
Karl Ritter giustific tale visione riconducendola a Dio: la diversit nellunit non casuale ma
voluta da unEntit Superiore34. La geografia divent cos studio delle leggi generali che
regolavano lunita del mondo apparentemente diversificato, opera suprema di Dio. Daltra
parte non bisogna neppure dimenticare che questo suo atteggiamento teleologico fu
influenzato dalla filosofia idealista hegeliana per il quale tutte le cose hanno senso in Dio,
nellAssoluto. Karl Ritter fece sua la visione dialettica di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, con la
convinzione che, al di l della diversit, c la razionalit dellAssoluto35. Come nota Franco
Farinelli:
la mira di Ritter quella di comprendere finalmente la storia degli uomini e dei
popoli anche da un lato meno considerato, dal punto di vista del teatro totale della
loro attivit, oppure ed la stessa cosa la Terra nel suo rapporto essenziale con
lumanit. E tutto ci con una dichiarata intenzione produttiva: predire, a partire
dai dati generali, la cadenza necessaria allevoluzione di un dato popolo in un dato
luogo, cadenza che dovrebbe essere fissata ed adottata dal popolo in questione per
accedere alla prosperit che il Destino eterno e giusto assegna ai popoli dotati di
fede (Farinelli, 1992, p.123).
Il tentativo di Alexander von Humboldt di conciliare le scienze naturali empiriche con lo
spirito del classicismo tedesco non ha seguaci, n sembra particolarmente recepita la sua
fondamentale esigenza dellunit del sapere rappresentata efficacemente dal Kosmos, quale
tentativo di conciliare le scienze naturali empiriche con lo spirito del classicismo tedesco
(Milanesi, 1975, p.22). Ma nemmeno il grande disegno dinterpretazione teleologica del mondo
di Karl Ritter avr un grande seguito e sar anche oggetto di forti critiche nello sforzo di
esorcizzare la sua aspirazione teleologica (Livingstone, 1992, p.262). Nonostante la loro
notevole importanza culturale ebbero per, come nota Friedrich Ratzel, una scarsa importanza
per il pensiero geografico sia perch:nelle universit e nelle accademie la scienza della
geografia come tale non era in niun luogo rappresentata sia, e principalmente, perch le loro

34

Lo stesso F.Ratzel (1914, p.72) nota come per K.Ritter lambiente fisico sia stato apprestato appositamente per
[luomo] affinch egli vi possa compiere il proprio sviluppo secondo il disegno del Creatore.
35
K.Ritter e G.W.F.Hegel furono colleghi allUniverst di Berlino. Circa linfluenza della geografia ritteriana su
G.W.F.Hegel si veda P.Rossi (1975, pp.24-46).

18
dottrine rimasero, luna accanto allaltra, due organismi a s, autonomi, rispecchiando
entrambe due concezioni troppo originali per poter fare scuola nel consueto senso della parola
(Ratzel, 1905/7, vol.I, pp.56 e 58).
Ci che comunque accomuna i due geografi pur nella loro diversit Alexander von
Humboldt lesploratore e Karl Ritter il geografo da tavolino la volont di individuare lunit
nella diversit, ununit che trova giustificazione nel Volere Divino (Ritter) o nel Destino della
Natura (von Humboldt). Erano pensatori di transizione che cercarono di mettere assieme, in
grado diverso, la filosofia romantica della natura ed il misticismo religioso premoderno con le
nascenti teorie scientifiche moderne. Un tipo di concezione basato sulla teologia naturale che
non potr reggere nei confronti dellempirismo scientifico di stampo positivista e non sar in
grado di fornire i presupposti necessari per una legittimazione scientifica della geografia. Sar
proprio la mancanza di tali presupposti a giustificare lo spostamento delle basi concettuali del
pensiero geografico verso la biologia evoluzionistica, dando vita a quello che chiameremo
paradigma determinista.
2.3 Listituzionalizzazione della geografia in Europa.
La seconda met del 1800 rappresenta un momento molto importante perch, segnando il
passaggio dallepisteme classica a quella moderna, definisce linizio della nostra modernit36.
Lobiettivo della scienza non era pi quello di essere il testimone del Volere Divino o del
Destino della Natura e di dover trovare nel Grande Progetto la Causa Finale: la scienza
moderna cercava di determinare la legge della natura come la causa primaria quale possibile
spiegazione della realt osservata. Come nota Michel Foucault (2006, p.12):
non che la ragione abbia fatto progressi; il modo dessere delle cose che stato
profondamente alterato: delle cose e dellordine che, ripartendole, le offre al
sapere.
In questo periodo la spinta allo sviluppo della geografia inoltre legata a tre importanti
motivazioni: il diffondersi dellidea di nazionalismo, con la definitiva formazione degli stati
nazionali37,

lespansione

del

colonialismo

europeo,

forse

la

pi

importante

la

riorganizzazione dellintera struttura scolastica, in particolare delle universit, con la connessa


istituzionalizzazione delle varie discipline.
Il nazionalismo, con la relativa formazione degli stati nazionali38, richiedeva studi sempre
pi precisi sulla struttura geologica del territorio connessi alla ricerca di materie prime, alla
canalizzazione dei fiumi, alla costruzione della rete ferroviaria, alle analisi climatico
pedologiche per favorire lagricoltura. Limperialismo, con la stabilizzazione dei vari imperi
coloniali, aveva bisogno di studi volti ad aumentare la conoscenza delle colonie sia in vista
della loro possibilit popolamento sia per la conoscenza delle loro ricchezze naturali da

36

Per unapprofondita analisi della transizione epistemica si veda limportante lavoro di M.Focault (2006, la citazione
a p.12).
37
Al riguardo si veda C.Tilly (1984).
38
Sullimportanza degli tats civiliss si veda E.De Martonne (1925, pp.19-20).

19
utilizzare nella crescente produzione industriale. Significative sono le parole che Friedrich
Ratzel pone allinizio dei suoi volumi divulgativi:
la politica e la strategia devono conoscere il terreno sul quale vogliono avanzare;
per conoscerlo devono studiarlo geograficamente; e nel mentre determinano la
posizione dei luoghi, aprono strade e disegnano le carte, rendono pi sicura
loccupazione... quando maggiore la potenza e pi imperioso il bisogno di una
espansione politica ed economica, affluiscono in copia le novit geografiche ed
pi sentita la necessit di allargare in questo campo le proprie cognizioni (Ratzel,
1905/7, vol.I, p.2).
Tuttavia, stando alle tesi di Horacio Capel e di Paul Claval39, soprattutto levoluzione dei
sistemi educativi dei paesi europei a favorire il decollo della geografia universitaria. La
borghesia, infatti, sia per dar vita al nuovo stato nazionale sia per conquistare, controllare
ed organizzare le colonie aveva bisogno di migliorare ristrutturando, fra laltro, tutta la vecchia
struttura scolastica e quindi anche linsegnamento universitario delle discipline geografiche40.
Ristrutturazione che, avvenuta nella seconda met del 1800, port al diffondersi in particolare
in Germania e Francia dellinsegnamento delle materie geografiche in tutti i tipi di scuola ed al
definirsi di cattedre universitarie di geografia. In questo modo gi nel 1890, tutte le universit
tedesche e francesi disponevano di insegnamenti specializzati di geografia41.
Il notevole ampliarsi dellinsegnamento della geografia offriva, tra laltro, nuove e importanti
possibilit professionali. Tutto ci ha sicuramente spinto molti ad aderire alla disciplina che,
forse anche per questo, riuscita a rinnovarsi pi facilmente: i nuovi geografi erano, per la
maggior parte, quasi autodidatti:
non hanno imparato la geografia sui banchi di una universit, vi sono pervenuti
per strade diverse. La vocazione di alcuni stata dai viaggi. Per altri, proviene da
qualche ragione di opportunit: hanno visto un nuovo ambito, nel quale avrebbero
potuto ritagliarsi senza difficolt uno spazio culturale (Claval, 1972, p.32)42.
A fianco ci vi stata anche una sempre maggior richiesta di testi di geografia e di atlanti
proveniente, non solo dalla nuova e crescente domanda scolastica, ma anche dallinteresse del
grande pubblico per la descrizione di paesi. Tutto questo ha poi agito come stimolo per lo
sviluppo di collane di pubblicazioni geografiche e per la nascita di istituti cartografici
specializzati. In questo modo si era venuto a creare un sostrato sia culturale sia editoriale
capace di sostenere la geografia quando, dopo i primi passi, inizier a diffondersi
nellinsegnamento superiore.

39

P.Claval ed H.Capel sono, a mio parere, i due pi importanti storici del pensiero geografico europeo e le loro analisi
sulla sua evoluzione sono a tuttora insostituibili.
40
Come nota F.Ratzel, 1905/7, vol.II, p.818: non sono pi i tempi in cui il mercante commerciava per mezzo
dellinterprete.
41
Come nota H.Capel, 1987, p.33: In Germania al 1870 esistevano tre sole cattedre universitarie di geografia (Berlino,
Gottinga e Breslavia) nel 1890 in pratica tutte le universit tedesche possedevano insegnamenti di geografia. Per
quanto riguarda la Francia P.Claval (1972, p.31) giustamente annota: Negli anni successivi alla sconfitta del 1870
coscientemente ci si sforz di imitare linsegnamento superiore tedesco, di cui improvvisamente si comprendeva
lefficacia.
42
Su posizioni analoghe anche H.Wagner, 1911, p.27.

20
Se questo rappresenta lhumus sociale e culturale che permetter, dalla seconda met del
1800, lo svilupparsi della disciplina, il seme , nella sua sostanza, rappresentato
dallistituzionalizzazione universitaria e dallo sviluppo dellinsegnamento superiore43. E questo
perch, seguendo il ragionamento di Paul Claval,
il corso universitario viene subto maggiormente dallascoltatore di quanto lo sia
ci che scritto, dal lettore; ha una continuit, una presenza che rende pi
percepibile le opinioni fondamentali dellinsegnante. Molto spesso il lettore pu
rimanere completamente estraneo ad un autore che vuole utilizzare. Il corso invece
spesso intercalato da considerazioni che, pur essendo equivalenti alle note di un
lavoro, sono tuttavia molto pi efficaci perch costituiscono unintegrazione
organica dellesposizione. Il corso trasmette in diverse maniere linespresso che la
parola scritta ignora. Le intonazioni del professore possono informare sul suo
scetticismo riguardo ad una teoria mentre il testo scritto pu apparire a volte
completamente neutrale e senza un partito preso (Claval, 1972, p.33).
In questo modo la creazione di cattedre istituzionalizzate allinterno di una struttura
universitaria ben definita ed organizzata ha consentito la nascita di vere e proprie scuole di
pensiero caratterizzate dal raggruppamento di discepoli intorno ad un maestro. Si avuto cos
un cambiamento notevole rispetto alla formazione dei geografi della generazione precedente,
spesso solitari e per la maggior parte autodidatti: casi isolati, senza grande influenza diretta,
nonostante il prestigio che li accompagn in vita (Capel, 1987, p.23). E questo pu
sicuramente spiegare la sostanziale discontinuit che si venne a creare tra il sapere geografico
di prima del 1800 e quello successivo: la mancanza di un insegnamento continuativo e definito
non fa certo nascere scuole di pensiero44.
Nei tre pi importanti stati nazionali europei, pur con delle sostanziali differenze nella
filosofia delle relative scuole di pensiero, la logica dellistituzionalizzazione molto simile.
In Germania, nel corso del XIX secolo, vi stato un evidente e costante tentativo di
migliorare il grado di scolarizzazione della popolazione come mezzo per rafforzare il sentimento
di unit nazionale, al di l delle differenze proprie delle regioni del Reich45. In questo contesto
la geografia viene vista come disciplina adatta per eccellenza a rafforzare tale sentimento.
Come nota Franco Farinelli (1992, p.121):
nella Prussia tra riforma e rivoluzione della prima met dellottocento gi si
registrano i primi segni dellistituzionalizzazione delle espressioni della societ nello
Stato di diritto in via di formazione: come nel caso dellintroduzione a Berlino, nel
1820, della geografia borghese allUniversit e allAccademie militare.
In Francia il processo di istituzionalizzazione della geografia ha inizio a partire dagli anni 70
dellOttocento e ricalca grosso modo quello tedesco46. La sconfitta nella guerra francoprussiana ha grandi ripercussioni ed induce i francesi a promuovere un ampio rinnovamento
43

Si mre que ft la science gographique, elle ne commena porter des fruits que du jour o elle eut pris racine dans
le sol universitaire, en contact intime avec les sciences au dveloppement desquelles elle doit tre associe: E.De
Martonne, 1925, p.20.
44
Emblematico il caso di Immanuel Kant che come notato prima ha insegnato a lungo geografia e raramente, nei
vari manuali di storia o filosofia, viene ricordato il suo ponderoso trattato di Geografia Fisica; in ogni caso, anche se i
manuali accennano a ci, non viene mai data nessuna spiegazione al riguardo.
45
Sullistituzionalizzazione della geografia in Germania si veda: H.Capel (1987, pp.23-38.
46
Sullistituzionalizzazione della geografia in Francia si veda: H.Capel (1987, pp.39-56).

21
sociale che si traduce tra laltro in una revisione degli studi e in una ristrutturazione delle
facolt universitarie sul modello di quelle tedesche. La presenza della geografia in ogni ordine e
grado della scuola induce anche qui un aumento delle cattedre universitarie e una conversione
a questo campo del sapere soprattutto degli storici.
Infine, il caso della Gran Bretagna offre unulteriore conferma dello stretto rapporto
esistente in questa fase fra istituzionalizzazione e insegnamento primario e secondario47.
Infatti, qui il ritardo nello sviluppo della scolarizzazione della geografia si riflette nel suo
mancato decollo nelle universit. Questo ultimo risulta alquanto lento e difficile anche dopo la
prima guerra mondiale nonostante lInghilterra si presentasse come la potenza coloniale per
eccellenza. La geografia qui legata essenzialmente ai viaggi e alle esplorazioni e la sua
presenza nella scuola di base serve come mezzo di controllo sociale per far conoscere ai
giovani la potenza del loro Stato, i luoghi verso cui si dirige lemigrazione, o ancora le colonie
dove sono deportati i detenuti. La crisi , evidentemente, soprattutto a livello universitario
dove la geografia viene considerata parte delle discipline naturali e insegnata da naturalisti.
Sar solamente con il 1887 che, a seguito di un contributo elargito dalla Royal Geographical
Society di Londra, luniversit di Oxford istituir il primo insegnamento di geografia e Halford
John Mackinder ne fu il primo Reader in Geography; la stessa operazione venne effettuata
lanno seguente anche con Cambridge48.

Unulteriore forte spinta allo sviluppo della Geografia venne anche data sia dalle Societ
Geografiche sia dai Congressi Geografici49.
La prima fu la Socit de Gographie de Paris, istituita nel 1821, a cui segu nel 1828 la
Gesellschaft fr Erdkunde zu Berlin e, due anni dopo, la Royal Geographical Society di Londra;
ma gi nel 1885 ne esistevano 94 che raccoglievano complessivamente 50.000 soci; di esse 80
erano europee (26 ubicate in Francia con 18.000 membri e 34 riviste; 24 in Germania con
9.300 membri e 28 riviste). Nel 1986 erano salite a 107 e di queste 48 si trovavano in Francia,
42 in Germania e 15 in Gran Bretagna. Allinizio i loro membri erano principalmente militari,
naturalisti, naviganti, commercianti, uomini politici e missionari e solo nel 1900, a mano a
mano che la geografia si istituzionalizza, diviene significativo il numero dei geografi, insegnanti
e docenti universitari.
Gli obiettivi delle varie societ appaiono complessi ma i pi importanti riguardavano
lorganizzazione dei viaggi e delle esplorazioni che rappresentava una importante costante
degli scopi di tutte le societ assieme alla salvaguardia del commercio, la divulgazione dei
progressi nelle Scienze Geografiche assieme alle notizie relative a viaggi ed a esplorazioni.

47

Sullistituzionalizzazione della geografia nel Regno Unito si veda H.Capel (1987, pp.57-70).
Si veda al riguardo D.I.Scargill (1976), D.R.Stoddart (1975), P.Gribaudi (1902) e L.Gallois (1906);
uninterpretazione pi generale ne d T.R.Slater (1988). Nel 1989 la rivista The Geographical Journal dedica un intero
fascicolo monografico dal significativo titolo Hundred Years of Geography at Oxford and Cambridge.
49
Sul ruolo delle Societ Geografiche e dei congressi si veda H.Capel, 1987, pp.99-142.
48

22
Oltre ci, ed in vario modo, le varie societ si interessano dellimpianto di stazioni
meteorologiche, delleffettuazione di osservazioni astronomiche e di studi etnografici.
Per quanto riguarda i fondi disponibili essi sono costituiti essenzialmente dalle quote dei soci
ma la buona presenza di uomini politici (ministri, senatori...) garantisce un efficace canale per
conseguire aiuti economici che, spesso, giungono per vie indirette sotto forma di contributi per
le pubblicazioni, di sottoscrizioni a riviste, o come finanziamenti per progetti di viaggi ed
esplorazioni.

I Congressi Geografici hanno, da sempre, costituito un momento irrinunciabile per lincontro


di studiosi interessati alla disciplina in quanto capaci di stimolare collaborazione e confronti fra
vari studiosi e diverse scuole di pensiero. Inoltre, occorre tener presente la notevole quantit
di documenti, pubblicazioni varie ed atti finali che accompagnano normalmente ogni
congresso. Il loro valore stato universalmente riconosciuto, tanto vero che gi dal sesto
congresso, quello di Londra del 1885, assumono un carattere periodico. Ospitare un congresso
divenne, per ogni comunit nazionale, un fatto importante sia perch agiva da stimolo sulle
attivit di ricerca, dando luogo a studi sulla geografia del proprio paese, sia -e principalmenteperch permetteva di presentare sul piano internazionale i propri progressi in ambito
scientifico.
Il primo congresso geografico internazionale vero e proprio ha avuto luogo ad Anversa il 14
agosto del 1871, alla presenza di oltre 600 partecipanti, e ben altri dieci si susseguirono, a
scadenza abbastanza regolare, fino al 1913. Generalmente essi hanno avuto luogo in Europa
tenendo conto della preminente posizione dei paesi europei nel campo scientifico; il congresso
di Washington (1904) rappresenta la prima eccezione a questa regola.
I primi congressi sono caratterizzati da una grande variet di partecipanti sotto il profilo
professionale (diplomatici, militari, giudici, avvocati, uomini di Stato, medici, ingegneri,
studiosi, uomini daffari, giornalisti, nobili) mentre coloro che si dichiaravano geografi tout
court erano una minoranza: questi ultimi rappresentavano appena il 22% dei partecipanti al
primo congresso di Anversa del 1871 per salire al 85% al ventesimo di Londra del 1964. Molto
probabilmente tutto questo da attribuire al fatto che la loro organizzazione spettava (almeno
fino al 1922 anno di fondazione dellUnione Geografica Internazionale50) alle societ
geografiche che ovviamente lasciavano molto spazio ai propri soci. Fra questi ultimi, come
visto prima, i geografi veri e propri erano in netta minoranza data, appunto, lancora incerta
istituzionalizzazione della disciplina nelle universit.
I vari congressi furono strutturati fin dallinizio in sessioni di lavoro riguardanti temi
particolari. Interessante la curiosa associazione, riproposta in alcuni dei primi congressi, fra
geografia, glottologia e filologia che si spiega con linteresse allora esistente per i problemi
attinenti la nomenclatura. Nel corso del XIX secolo una delle motivazioni fondamentali per
50

LU.G.I. rappresenta lassociazione dei geografi universitari che, appunto dal 1922, gestisce i congressi internazionali
assieme a molte altre riunioni scientifiche.

23
organizzare congressi scientifici era proprio la necessit di unificare la terminologia ed
introdurre alcune convenzioni in campi specifici della scienza. In geografia essa venne avvertita
anzitutto per quanto concerne i toponimi, che occorreva unificare e poi spiegare (Capel, 1987,
p.125).

24

3 Il determinismo geografico e la scuola tedesca.


anzitutto da notare, che tutto quanto si riferisce alla natura,
allambiente, immutabile in confronto a ci che si riferisce
alluomo
soltanto la scienza naturale progredisce come scienza ricercatrice
di leggi, ma la storia non muove un passo innanzi.
Friedrich Ratzel, Geografia delluomo, pp.13-15.

3.1 Premessa
Il riconoscimento della geografia in quanto disciplina universitaria, come accennato
precedentemente, stato abbastanza lento e questo sia per suo impianto sostanzialmente
cosmografico e teleologico sia per lopinione che la geografia fosse complementare alla storia.
Per contro, gli elementi che giocarono a suo favore furono, come visto, il diffondersi delle
Societ Geografiche e lo svilupparsi del nazionalismo. Le Societ Geografiche permisero alla
geografia di radicarsi nella borghesia quale conoscenza che poteva favorire lespansionismo
coloniale e lo sfruttamento di nuove terre. Il nazionalismo ne favor lo studio come punto
chiave per rinforzare il sentimento nazionale diffondendo nozioni sulleconomia, sulle possibilit
di commercio ed espansione. Alla geografia mancavano soltanto delle solide basi scientifiche
per potersi affermare ed istituzionalizzare: basi che vennero trovate nel positivismo comtiano e
nellevoluzionismo darwiniano.
3.2 Il positivismo e levoluzionismo: le basi della geografia determinista.
Il positivismo comtiano, per lo meno nel periodo in esame, non pu certo essere inteso
solamente come una filosofia ma deve essere considerato sia un metodo scientifico sia una
concezione del mondo e delluomo. Dal nostro punto di vista fondamentale il metodo
scientifico positivo che quali unici criteri di scientificit applicabili a qualsiasi disciplina
presupponeva la valorizzazione della ragione, lutilizzo del metodo empirico-induttivo, il
modello delle scienze della natura e laffermazione di una posizione monista e materialista.
Dal punto di vista del metodo scientifico positivo, secondo Walter M. Simon, per le scienze
delluomo era fondamentale che
il presupposto che i fenomeni del pensiero umano e della vita sociale siano
collegati ai fenomeni del mondo inorganico e organico della natura e siano perci
suscettibili dindagine con metodi analoghi, in grado di produrre risultati
comparativamente attendibili (Simon, 1980, p.14).
In questo modo il metodo scientifico positivo portava ad eliminare dalle varie scienze [della
natura o delluomo] tutte quelle interpretazioni non legate allosservazione diretta dei fatti
reali che avrebbero portato a valutazioni metafisiche, vale a dire non direttamente derivate da
quei fatti reali. Questo perch le scienze debbono:
subordinare sempre le concezioni scientifiche ai fatti dei quali esse sono destinate
soltanto a manifestare il legame reale (Comte, 1979, p.203).

25
Cos qualsiasi disciplina:
se vuole assumere un effettivo carattere scientifico dovr limitarsi, nel modo pi
scrupoloso, a cercare le leggi: quelle mediante cui i rapporti fenomenici particolari
vengono inseriti in rapporti generali. Dovr infine respingere con la massima
decisione qualsiasi riferimento allassoluto, dato che lassoluto trascende per
definizione il mondo dellesperienza: una scienza fondata sullesperienza non pu
essere altro che scienza del relativo (Geymonat, 1971, p.439).
Solo cos quelle leggi generali avranno valore scientifico universale e, attraverso esse, si
potranno in seguito definire delle spiegazioni universalmente valide da cui derivare delle
previsioni attendibili. In altri termini, secondo Auguste Comte:
teorie direttamente connesse con le leggi dei fenomeni e destinate a fornire
previsioni reali, sono oggi valutate come le sole in grado di regolarizzare la nostra
azione spontanea sul mondo esterno. Per questa ragione lo spirito positivo potuto
divenire sempre pi teorico e tendere ad impadronirsi a poco a poco di tutto il
campo speculativo (Comte, citato in Ferrarotti, 1977, p.43).
Inoltre, la base irrinunciabile per ogni scienza rappresentata dallesperienza del reale cio
dallosservazione dei fatti:
la filosofia positiva innanzitutto profondamente caratterizzata, in qualsiasi
soggetto, da questa subordinazione necessaria e permanente dellimmaginazione
allosservazione, il che consiste soprattutto lo spirito scientifico propriamente detto,
in opposizione allo spirito teologico e metafisico (Comte, 1979, p.202).
Solo in questo modo sar possibile scoprire o perfezionare lesatto coordinamento
dellinsieme dei fatti osservati e cos ottenere i mezzi per intraprendere nuove indagini che
permetteranno di risalire a quelle asserzioni generali che rappresentano le relazioni costanti
che esistono tra quei fatti. Avendo posto quale postulato base che la vera conoscenza deriva e
si basa sullosservazione di fatti concreti, chiaro che qualsiasi scienza che poggi su
interpretazioni metafisiche e cerchi di dare spiegazioni finali inconsistente appunto perch
inesistente il suo contenuto o il suo oggetto, in quanto non legato ai fatti. O meglio, come
nota Ludovico Geymonat:
i concetti, le proposizioni, le teorie che non ammettono in ultima istanza una
verifica empirica debbono venir considerati essenzialmente metafisici e perci non
possono trovare cittadinanza entro la scienza (Geymonat, 1971, p.439).
Tali relazioni costanti non sono altro che quelle leggi di natura51 atte a governare i fatti concreti
e quindi permettere una previsione attendibile:
lo scopo dellindagine scientifica nota appunto Nicola Abbagnano la
formulazione delle leggi perch la legge permette la previsione: e la previsione
dirige o guida lazione delluomo sulla natura (Abbagnano 1969, pp.282-283).
Qualsiasi scienza non pu essere fine a s stessa, ma deve essere utile alla societ ed il suo
livello pi alto di utilit consiste, non tanto, nel dare spiegazioni razionali ma nel prevedere:
il principio fondamentale della sana filosofia consiste necessariamente
nellassoggettamento continuo di tutti i fenomeni inorganici e organici, fisici o
51

Per unanalisi epistemica dei concetti di Legge


sovrapposizione/contrapposizione, si veda M.Casamonti (2006).

di

Natura

Legge

Scientifica

la

loro

26
morali, individuali o sociali, a leggi rigorosamente invariabili, senza le quali,
essendo impossibile ogni previsione razionale, la scienza sarebbe ridotta a sterile
erudizione (Comte, citato in W.Tega, 1982, p.56).
Ma quelle leggi di natura cos definite non possono essere considerate un dato assoluto
sarebbe metafisica in quanto la loro ricerca
assolutamente relativa, poich presuppone immediatamente un progresso
continuo
della
speculazione
subordinata
al
perfezionamento
graduale
dellosservazione, senza che lesatta realt possa essere mai, in alcun campo,
perfettamente rivelata (Comte, 1979, pp.204-205).
La scienza positiva quindi sempre attiva e sempre in grado di osservare senza
prevenzioni fatti reali da cui derivare leggi definite, procedendo sempre con quello spirito
francamente positivo che devono oggi sviluppare i sani studi scientifici (Comte, 1979, p.201).
Le scienze naturali divennero il modello scientifico cui riferirsi: solo attraverso losservazione e
comparazione dei fatti della natura era possibile dimostrare come ovunque si potessero
individuare delle relazioni costanti che rispondevano a leggi generali utilizzabili per previsioni
certe. Persino la societ divent analizzabile con il procedimento delle scienze naturali in
quanto, come nota Lewis A. Coser (1983, p.23):
lobiettivo che Comte si propose fu quello di creare una scienza della societ, che,
costruita sul modello delle scienze naturali, fosse in grado di spiegare il precedente
sviluppo dellumanit e di prevederne il corso futuro.52
Dal punto di vista generale, il metodo scientifico positivo richiedeva, per la legittimazione
scientifica delle varie branche del sapere, cinque punti fondamentali53:
1) Le dichiarazioni scientifiche devono basarsi su unesperienza del mondo diretta, immediata
ed accessibile empiricamente, quindi le dichiarazioni basate sullosservazione vanno
privilegiate rispetto a quelle basate sulla teoria. E losservazione, infatti, a guidare
lindagine scientifica; essa pu essere condotta indipendentemente da qualsiasi
dichiarazione teorica: questultima che verr costruita sulla base dellosservazione.
2) Le osservazioni scientifiche devono essere ripetibili, e la loro generalit devessere garantita
da un metodo scientifico unitario accettato e definito correntemente dalla comunit
scientifica come un tutto.
3) La scienza dovr poi avanzare attraverso la costruzione formale di teorie che, se verificate
empiricamente, assumeranno lo statuto di Leggi Scientifiche.
4) Queste Leggi Scientifiche avranno una funzione puramente tecnica, nel senso che
riveleranno lefficacia o persino la necessit di specifiche congiunzioni di eventi; in altre
parole, dovranno avere la seguente forma: Se A, allora B.
5) Le leggi scientifiche dovranno venire progressivamente unificate e integrate in un unico e
incontestabile sistema di conoscenza e verit.

chiaro

che

tutto

ci

rappresentava,

dal

punto

di

vista

geografico,

la

strada

dellindividuazione delle costanti alle quali ubbidivano o si uniformavano i fenomeni naturali: si

52

Sotto questo aspetto Auguste Comte viene ampiamente riconosciuto quale fondatore della sociologia o almeno
della sua denominazione, come suggerisce A.Akoun (1975, p.77). Al riguardo, secondo N.Abbagnano (1969, p.281)
per A.Comte la scienza alla quale tutte le scienze sono subordinate, come al loro fine ultimo, la sociologia; si
vedano anche W.M.Simon (1980) e F.Ferrarotti (1962, 1968; 1974, pp.33-58); sul rapporto tra il positivismo comtiano e
le scienze delluomo si vedano M.Harris (1971, pp.80-90) ed i vari interventi nel volume collettaneo di A.Cantucci
(1982).
53
Su questo si veda il lavoro di R.J.Johnston D.Gregory D.M.Smith (1998, pp.358-361)

27
veniva cos a definire ed a costituire un sapere scientifico che finiva per coincidere con lidea
stessa di natura che fungeva da sfondo unitario sul quale la geografia trovava la sua ragione di
essere come scienza.
Assieme al positivismo nel XIX secolo si svilupp unaltra grande rivoluzione scientifica:
levoluzionismo che scardin il concetto di un universo statico, immutato dalla Creazione Divina
in poi, il cui caposaldo scientifico poggiava sulle teorie naturalistiche della fissit o
dellimmutabilit della specie espresse dalla fondamentale opera di Carlo Linneo Sistema
Naturae in cui categoricamente affermava specie tot numeramus quot a principio creavit
infinitum Ens54.
Il primo progresso nel senso evoluzionistico venne da Jean-Baptiste Lamarck con la sua
opera Philosophie zoologique in cui sostiene che tutte le specie viventi subiscono continue
mutazioni legate alle influenze ambientali:
la natura, producendo successivamente tutte le specie di animali, e iniziando dai
pi imperfetti ha complicato gradualmente la loro organizzazione ogni specie ha
ricevuto dallinfluenza delle circostanze nelle quali si imbattuta le abitudini che le
conosciamo e le modificazioni nelle proprie parti che losservazione ci mostra in
essa (Lamarck, 1976, p.173).
Sostanzialmente la necessit di adattarsi ai diversi ambienti faceva s che gli organi si
sviluppassero o si atrofizzassero a seconda che fossero usati o diventassero inutili. Quindi, la
diversit delle circostanze che il globo terrestre offriva agli esseri viventi alterava loriginaria
uniformit dando origine ad esseri e specie diverse.
Un passo ben pi importante, dal nostro punto di vista, fu quello connesso alle conquiste nel
campo della geologia con la dottrina delluniformismo legata ai lavori di Charles Lyell55 e della
sua scuola attualista56. Essa contribu a dimostrare che vi erano basi storicoscientifiche
accurate per dichiarare che la terra si era evoluta nel corso di milioni di anni ed era giunta
allattuale conformazione dopo una lunghissima serie di lente trasformazioni.
Ma levento che, rivoluzionando la concezione delluniverso terrestre, meglio di tutti defin il
paradigma evoluzionista legato alla fondamentale opera di Charles Darwin Lorigine delle
specie pubblicata nel 1859. Basandosi strettamente sullosservazione della realt procedendo
quindi con metodo scientifico positivo Charles Darwin spieg la dinamica dellevoluzione in
termini di selezione naturale. Questa ultima, per dirla con le sue parole:
una forza sempre pronta allazione, immensamente superiore ai deboli sforzi
delluomo, cos come le opere della natura sono superiori a quelle delluomo
(Darwin, 1967, p.131).

54

Citato da G.Montalenti, 1967, p.10.


Che definisce la geologia come the science which investigates the successive changes that have place in the organic
and inorganic kingdoms of nature: it inquires into the causes of these changes, and the influence which they have
exerted in modifying the surface and external structure of our planet, C.Lyell, 1847, p.1.
56
Si vedano P.F.Federici, (1987, pp.324-325); R.C.Lewontin R.Levino, (1978, p.1011). Sul legame fra C.Lyell e
C.Darwin, F.Mondella (1982, p.315) afferma: unopera [Principles of geology] che ebbe una grande influenza anche
sul giovane Darwin; su questo anche D.R.Stoddart (1966, pp.684-686) e G.Montalenti (1967).
55

28
Come gli allevatori o gli agricoltori praticano una sorta di selezione artificiale per ottenere
individui migliori fra il bestiame e le piante, cos la natura pratica una selezione naturale
favorendo la sopravvivenza e lo sviluppo degli individui che si sanno maggiormente adattare
alle difficolt dellambiente. La selezione si attua come conseguenza
della lotta per la vita. In virt di questa lotta, le variazioni, per lievi chesse siano
e da qualsiasi causa provengano, purch siano utili in qualche modo agli individui di
una specie nei loro rapporti infinitamente complessi con gli altri organismi e con le
condizioni fisiche della vita, tendono alla conservazione di questi individui, e a
trasmettersi ai loro discendenti Questo principio per il quale ogni lieve variazione,
se utile, si mantiene, stato da me denominato selezione naturale, per indicare
la sua analogia con la selezione operata dalluomo. Ma lespressione sopravvivenza
del pi adatto, spesso usata da Herbert Spencer, pi idonea, e talvolta
ugualmente conveniente (Darwin, 1967, p.131).
Si tratta di interazioni competitive che generano piccole variazioni fortuite, che favoriscono
alcuni individui, il cui accumularsi in una direzione costante conduce al graduale differenziarsi
delle specie57. In questo modo i caratteri posseduti dagli individui pi forti e pi competitivi,
quindi meglio atti ad imporsi sugli altri, vengono trasmessi ereditariamente: la selezione
naturale la chiave di volta della teoria darviniana.
Dal punto di vista evoluzionistico la terra nella sua totalit rocce, piante e animali,
umanit compresa divent interpretabile come un unico organismo vivente le cui diverse
parti, svolgendo differenti funzioni collegate al tutto, si sviluppano ed evolvono interagendo
con lintero sistema di riferimento. Ne consegue che le concezioni cartesiana e kantiana che
vedevano il mondo diviso in due quello fisico e quello morale non avevano pi senso: i due
mondi sono soltanto due aspetti diversi della medesima realt, interpretabili con la stessa
logica. Di pi:
la filosofia evoluzionista consentiva di prescindere da ogni principio sovrannaturale
per spiegare linsieme di tutti i fatti osservati, ivi compreso il pensiero umano e
schiudeva cos alla scienza lultimo ambito sino a quel momento inaccessibile Il
pensiero, in rapporto al resto del mondo diveniva un fenomeno tra i fenomeni.
Faceva parte del mondo e doveva essere spiegato come il mondo (Claval, 1972,
p.52).
Cos levoluzionismo, avvolgendo il mondo in una concezione globale e dinamica, permise di
interpretarlo come un unico grande organismo e di spiegarlo con il medesimo schema teorico
privo di qualsiasi idea teologica a priori58.
In questo modo lambiente, cio la natura in generale, divent lelemento pi importante
attorno al quale ruotavano luomo e tutti gli esseri viventi. Un ambiente, una natura non pi
statica, eterna ed immutabile casa delluomo dalla quale luomo, essere superiore, ne era
escluso ma una natura dinamica in cui elementi e fatti nuovi, se empiricamente accertati, non
dovevano essere visti come eccezioni ma elementi normali da interpretare e nella quale luomo

57

Proprio questo il punto, nella dottrina darwiniana, che caus gli scontri maggiori: laleatoriet delle mutazioni
rovesciava limmagine di una natura armonicamente finalizzata secondo il disegno Divino.
58
O meglio, come nota D.R.Stoddart, 1966, p.697: Darwin established a sphere of scientific enquirity free from a
priori theological ideas, and freed natural science from the arguments of natural theology.

29
occupava il posto che gli competeva. Un posto importante e privilegiato ma non cos diverso al
punto da sovvertire i criteri dindagine. Cos le teorie evoluzioniste, nate e sviluppate allinterno
delle scienze della natura, poterono essere estese anche alle scienze sociali tramite luso di
analogie organiche fondate sui concetti biologici di organizzazione e competizione. E ci che fa
ad esempio Herbert Spencer59 parlando dello stesso progresso scientifico sostenendo che,
come qualsiasi conoscenza:
anche la scienza e la tecnica dovevano considerarsi uno strumento di adattamento
della specie allambiente, e il loro progresso era quindi determinato in ultima
istanza dalla pressione demografica e dalla conseguente competizione (Pancaldi,
1982, p.204).
Fu questo particolare rilievo dato allambiente, inteso come causa prima delladattamento e
del cambiamento di tutti gli esseri viventi uomo compreso, che permise alla geografia di
trovare quel forte fondamento perch potesse essere ritenuta una dottrina scientifica. Questo
almeno per due ordini di motivi:
--da una parte proprio la geografia, in quanto disciplina, aveva come uno dei suoi principali
campi di studio la struttura fisica della terra, intesa come lambiente darwiniano;
--dallaltro perch i geografi stessi si convinsero a concentrare le ricerche sulle relazioni tra
lambiente fisico e luomo e a ritenere che gli stessi canoni evoluzionisti, con cui era
interpretata la natura, potessero essere utilizzati per spiegare come le comunit si insedino sul
territorio e ne sfruttino le risorse (Vallega, 1989, p.68).
Come infatti nota Ronald J. Johnston (1988, p.36) i geografi
anzich presentare semplicemente linformazione in maniera organizzata, per
argomento o per area, cercavano spiegazioni per i modelli dellattivit umana sulla
superficie della Terra. La loro principale fonte per queste spiegazioni era lambiente
fisico, per cui si venne a creare una posizione teorica in base alla quale la natura
dellattivit umana era controllata dai parametri del mondo fisico.

3.3 Laccettazione del positivismo e dellevoluzionismo in geografia.


Il positivismo non rappresent una completa ed assoluta rottura con le principali idee sulle
quali poggiava la geografia di Immanuel Kant, Alexander von Humboldt e Karl Ritter. Lo studio
diacronico, e cio limportanza dellanalisi storica per capire e descrivere i fatti territoriali,
proprio di quei tre grandi precursori era ritenuto basilare anche in ambito positivista: la rottura
fu su come interpretare le forze che definendo levoluzione fornivano la possibilit di formulare
previsioni60. I positivisti rifiutavano infatti qualsiasi conoscenza metafisica che pretendesse di
comprendere e spiegare tramite posizioni assunte a-priori, non verificabili scientificamente. Di
qui il continuo sforzo di comprendere le leggi che controllavano la natura, ossia le relazioni
costanti che esistono tra i fenomeni osservati, adottando un approccio alla scienza di tipo
nomotetico. E in questo contesto che si assiste allo sforzo, a livello accademico, di trasformare
la geografia da disciplina puramente descrittiva capace solo di catalogare ed ordinare dati ed
59
60

Sul suo pensiero si vedano L.A.Coser (1983, pp.141-192) e F.Ferrarotti (1968, pp.79-92).
Si veda al riguardo A.Holt-Jensen (1999, pp.26-28).

30
informazioni in una disciplina nomotetica in modo da conferirle credibilit e renderla
accettabile come scienza empirica.
Se in questo modo possiamo capire e interpretare limpatto del positivismo sulla geografia
ottocentesca, un po pi complesso spiegare linserimento dellevoluzionismo darwiniano61.
Qui occorre tener presente il tradizionale dualismo tra geografia fisica e geografia umana.
La geografia fisica essendo relativa a fenomeni fisici (clima, acque, vulcani, pedologia,
morfologia) chiaramente legata alle scienze naturali e quindi per sua natura una
scienza empirica interpretabile con i canoni del positivismo. In altri termini, per la geografia
fisica possibile partire dalle osservazioni, analizzare i fatti, individuarne le relazioni costanti e
cos formulare quelle leggi di natura, generali ed astratte, con cui definire delle previsioni
scientificamente coerenti. A differenza dei geografi fisici, per, i geografi umani non sono in
grado di verificare le loro ipotesi attraverso prove ripetibili in laboratorio e i metodi statistici
dellepoca non erano ancora abbastanza sviluppati da offrirsi come appropriati strumenti nei
casi pi complessi. Per la geografia umana il problema , infatti, molto pi arduo: come fa lo
scienziato umano ad osservare, analizzare e definire per prevedere, se lesperimento
(lindividuo o la societ) non da lui totalmente sperimentabile in quanto la durata
dellesperimento spesso pi lunga della vita dello scienziato stesso? In mancanza di
possibilit di sperimentare prima e verificare poi, la geografia umana, al pari della storia e della
filosofia, non pu essere considerata una scienza empirica ma pu solo far parte delle
scienze umane, delle humanities. La geografia umana potr diventare scienza empirica solo
facendo riferimento allevoluzionismo darwiniano
la geografia delluomo non potr avere una solida base scientifica, se non quando
avr posto come pietre angolari delle sue fondamenta le leggi generali che
regolano la diffusione di tutta quanta la vita organica sulla Terra (Ratzel, 1914,
p.9).
levoluzionismo, quindi, che assume il ruolo di banco di prova dello scienziato, di punto di
riferimento che, dopo aver analizzato i fatti (relativi al comportamento delluomo ed alla storia
della sua societ sulla superficie terrestre), permette di individuare quelle relazioni costanti
(delluomo in quanto animale) attraverso cui formulare le leggi di natura con cui definire
previsioni scientificamente coerenti: la geografia umana
si vale degli stessi metodi delle scienze naturali [ma] non pu avvantaggiarsi
dello sperimento che in piccola misura. A questa deficienza essa trova compenso
valendosi ampliamente della comparazione (Ratzel (1905/7, vol.I, p.60).
Comparazione che, basandosi sullanalisi dello sviluppo storico dei vari popoli o Stati ed
essendo utilizzata allinterno delle basi teoriche dellevoluzionismo, rappresenta lesperimento
richiesto dal metodo scientifico positivo.
In questo modo la geografia, sia fisica che umana, della seconda met del 1800 trov la sua
base filosofica nel metodo scientifico positivo e la sua base scientifica nellevoluzionismo
darwiniano: due strutture concettuali che permisero ai geografi ottocenteschi di interpretare
61

Circa il problematico impatto di Darwin sulla geografia si veda D.R.Stoddartt (1966).

31
quel collegamento tra natura ed uomo, o meglio tra ambiente e cultura, e dare un forte
contenuto scientifico alla disciplina. Friedrich Ratzel (1844-1904) il geografo cui usualmente
si fa riferimento quale fondatore del primo grande paradigma geografico denominato geografia
determinista62.

3.4 La geografia determinista tedesca: il metodo e linfluenza di Friedrich Ratzel.


Nel corso della prima met del 1800 in tutti gli Stati tedeschi formanti la Confederazione
Germanica venne razionalizzata lorganizzazione scolastica tanto che intorno al 1840 soltanto
il 10% delle reclute prussiane non sapeva scrivere ed al momento della formazione
dellImpero lobbligo scolastico poteva dirsi ormai consolidato (Cipolla, 1971, p. 87). La
geografia, in particolare in Prussia63, era insegnata in ogni ordine di scuola ed il suo
insegnamento universitario venne diffuso ed organizzato ben prima che negli altri paesi
europei tanto che verso il 1890 in tutte le universit tedesche vi erano insegnamenti
specializzati in geografia64.
In questambito estremamente favorevole la geografia umana comincia a definirsi come un
preciso ramo scientifico alla scuola di Friedrich Ratzel (1844-1904) considerato il fondatore
della moderna geografia ed il capofila di quella geografia politica che ha permeato gran parte
della scuola germanica e profondamente influenzato i geografi americani e italiani (Pecora,
1986, p.38)65. Egli, dopo un primo diploma come farmacista, siscrisse al Politecnico di
Karlsruhe segu corsi di scienze naturali; si trasfer infine a Heidelberg dove, sotto la guida di
Ernst Haeckel, complet i suoi studi66. Fervente nazionalista si arruol nella guerra del 1870 e
fu decorato con la Croce di Guerra. In seguito, come giornalista, viaggi molto in Europa e

62

Sul pensiero ratzeliano si vedano gli interessanti lavori di: F.Farinelli (1992, pp.133-145); C.Minca L.Blialasiewicz
(2004, pp.137-151) e C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur (1995, pp.29-75).
63
Circa il ruolo trainante, se non egemone, della scuola prussiana nei confronti dellintera Germania si veda: P.Schiera
(1986). Sullimportanza della geografia per una politica espansiva della Prussia si veda P.Lorot, 1997, pp.7-8.
64
Secondo E.De Martonne (1925, p.20): lenseignement gographique universitaire a t organis plus tt que dans
les autres pays. Si veda anche N.Broc (1977, p.73): En 1890, pratiquement toutes les universits allemandes ont un
enseignement spcialis de gographie. Circa la sequenza delle varie cattedre di geografia ed i rispettivi titolari si veda
G.Sandner (1994, p.73). Sullimportanza delle Universit nella Germania ottocentesca si vedano A.Missiroli (1986),
P.Schiera (1986) e H.Capel (1987, pp.26-30).
65
Come afferma A.Demangeon (1932, p.22): Avant Ratzel, ltude de la gographie politique navait jamais form
une discipline systmatique; si veda al riguardo anche B.Nice (1943a, p.149). Circa la sua influenza sula geografia
italiana occorre ricordare che i suoi scritti pi importanti sono stati prontamente tradotti anche in italiano: fra il 1891 ed
il 1896 vennero pubblicati, col titolo Razze Umane, i tre volumi di Vlkerkunde, nel 1909 se ne tradusse la seconda
edizione; nei due anni 1901/1902 vennero pubblicati a dispense i due volumi La terra e la vita; nel 1906 venne tradotto
Il Mare. La traduzione dellAntropogheographie del 1914 e si basa sulla 3 edizione. Di Politische Geographie ne
venne iniziata una traduzione (probabilmente basandosi sulla seconda edizione) da Cesare Battisti che, sfortunatamente
mai completata, stata data alle stampe solo nel 1988 quando stato pubblicato il suo carteggio.
66
Molte sono le biografie di Friedrich Ratzel: fra tutte molto interessante quella di M.Korinman (1990, pp.33-50). Fra
quelle in italiano si suggeriscono anche se molto limitate quelle presenti nei testi di P.Lorot (1997) di O.Marinelli
(1905) e di J.OLoughlin (2000). Fu un prolifico scrittore e, come nota O.Marinelli, la sua produzione scientifica stata
straordinariamente abbondante, abbracciando quasi tutto il vasto dominio della geografia; oltre allinteressante analisi
dei suoi principali scritti che ne fa O.Marinelli (1905, la citazione a p.10) si veda limportante necrologio che ne fa
J.Brunhes (1904, p.104) che enumera ben 24 libri ed oltre 100 articoli.

32
negli Stati Uniti67. Al ritorno dal suo viaggio negli Stati Uniti ottenne, nel 1875, la cattedra di
Geografia allUniversit di Monaco e nel 1886 pass allUniversit di Lipsia, dove insegn
Geografia fino alla sua morte avvenuta nel 1904.
Egli vede nel metodo sperimentale la migliore delle procedure dindagine ma, poich la
geografia non pu operare applicandolo letteralmente, occorre prima di tutto procedere ad una
classificazione e poi utilizzare lanalisi comparativa68. Il geografo in quanto scienziato positivo:
non deve limitarsi semplicemente a far un elenco dei fatti geografici, ma deve
altres studiarne gli effetti sopra i sensi e la mente delluomo [poich] la
comparazione dei numerosi casi che si trovano dispersi sulla terra nelle pi diverse
condizioni uno strumento indispensabile per afferrarne e comprenderne le leggi
che li governano (Ratzel, 1905/7, vol.I, p.VI).
Il geografo deve cio esporre le reciproche relazioni che intercedono fra i fenomeni della
superficie terrestre (Ratzel, 1905/7, vol.I, p.V) osservando e confrontando tra loro i molti
esempi storici che, la panoramica dei secoli passati e la casistica del suo tempo, riescono ad
offrire69.
Allievo di Ernst Haeckel70 fu certamente un profondo conoscitore delle teorie evoluzioniste
ed innegabile il peso che le idee di Charles Darwin71 hanno avuto sulla sua geografia ed
ancora di pi su quella della sua scuola. La sua posizione nei confronti dellevoluzionismo
darwiniano sempre chiaramente espressa:
La geografia delluomo non potr avere una solida base scientifica, se non quando
avr posto come pietre angolari delle sue fondamenta le leggi generali che
regolano la diffusione di tutta quanta la vita organica sulla Terra Se noi
consideriamo luomo dentro il quadro generale della vita terrestre, non sar
possibile comprendere il posto chegli occupa sulla Terra se non seguendo quello
stesso metodo di cui ci serviamo per studiare la diffusione delle piante e degli
animali Tutta la storia dellumanit una continua evoluzione sulla Terra e colla
Terra; e non questa una semplice coesistenza, ma umanit e Terra vivono,
soffrono, progrediscono ed invecchiano insieme. Basta pensare quali profondi
legami debbano nascere da un tal genere di coesistenza, per rendersi subito conto
quanto sia superflua ogni domanda dubitativa circa lesistenza o meno di un nesso
fra la Terra e luomo, circa linfluenza o meno che il territorio e tutto quanto

67

Circa limportanza del suo viaggio negli USA si vedano le interessanti analisi che ne fanno C.O.Sauer (1971) e
M.Bassin (1984).
68
F.Ratzel, 1914, pp.89, 90 e 91: Classificazione [che] necessario stabilire prima di procedere innanzi nello studio
scientifico. questa una necessit, di cui non si rendono conto coloro i quali, affrontano una scienza descrittiva,
pretendono ristabilire senzaltro delle leggi naturali [sotto questo aspetto] la classificazione rappresenta il primo
passo del metodo induttivo [mentre] il processo di comparazione si rende gi manifesto in tutto il lavoro di
classificazione Se per la geografia la possibilit dello studio sperimentale fosse cos vasta com per altre scienze, la
necessit del procedimento comparativo sarebbe meno grande.
69
F.Ratzel, 1914, p.91: per lo studio di questi fenomeni pu solo servire lesperimento che ci presenta la natura stessa
mediante il ripetersi di processi analoghi in condizioni diverse Dal che si deduce come la geografia debba compiere
un vasto lavoro di comparazione, senza lasciar inosservato neppure un angolo della terra (corsivo dellautore).
70
Circa i profondi legami di F.Ratzel con E.Haeckel si veda lanalisi che ne fanno C.Raffestin D.Lopreno I.Pasteur
(1995, pp.36-53). Sulla fondamentale importanza delle idee e dellinsegnamento di E.Haeckel riguardo alla diffusione
del pensiero darwiniano si veda F.Mondella (1971, pp.258-270); per G.Landucci (1977, p.81) con Haeckel, il
darwinismo divent una vera e propria metafisica monistica e si sald definitivamente con una certa visione della
societ; come nota P.Acot (1989, p.42) il termine ecologia stato coniato nel 1866, da uno dei pi ferventi discepoli
di Charles Darwin: Ernst Haeckel.
71
Che definisce il pi grande dei pensatori (Ratzel, 1914, p.47).

33
lambiente fisico esercitano sulla storia, sui popoli, sugli Stati, sulle societ umane
(Ratzel, 1914, pp.9; 75 e 95).
chiara anche linfluenza haeckeliana nella sua concezione organica della Terra. Friedrich
Ratzel considera infatti il pianeta come un unicum:
noi dobbiamo per prima cosa considerare e studiare linsieme come un tutto
inscindibile, collegato dalla storia e da reciproche e ininterrotte azioni, noi la
chiamiamo concezione organica della terra e la contrapponiamo a quella che tiene
disgiunte le parti del globo terrestre, quasi ritrovassero accidentalmente insieme
riunite (Ratzel, 1905/7, vol.II, pp.1 e 2).
Questo lo porta ad una netta opposizione ad una visione e ad uno studio che consideri
separatamente

la

lAnthropogeographie

geografia
72

fisica

da

quella

umana.

Il

suo

lavoro

pi

noto

si apre con:

La vita terrestre una nella materia e nello spazio. La nostra terra costituisce in
s un unico complesso tutte le cose sulla Terra trovansi legate ed unite in un
tutto unico da una legge di cos profonda necessit (Ratzel, 1914, p.1).
Alla base delle sue idee c quindi la profonda convinzione nella concezione organica73: le
parti del tutto svolgono funzioni diverse ma sono tutte collegate fra loro, per cui impossibile
studiare un fenomeno separatamente dallintero contesto in cui inserito. La geografia:
deve studiare la Terra unita, come essa , insieme colluomo, epper non pu
disgiungere tale studio da quello della vita vegetale ed animale. Le scambievoli
relazioni esistenti fra la Terra e la vita, che sopra di essa si produce e si sviluppa,
costituiscono appunto il nesso fra luna e laltra e pertanto debbono essere
particolarmente considerate (Ratzel, 1914, p.13)74.
Rispetto alluomo, continua Friedrich Ratzel, lambiente, la natura immutabile e perci
naturale che determinate condizioni naturali assegnino al movimento della vita sempre
72

La prima edizione del primo volume di Anthropogeographie del 1891, cui segui una seconda, riveduta e corretta,
nel 1899. Una prima ampia recensione ne fa G.Cora (1892/93); E.Durkheim (1898/9, p.550) la definisce: luvre
fondamentale de M.Ratzel, celle o se trouvent exposs les principes essentiels de la science quil a entrepris de
fonder. Ne segu terza, una semplice ristampa, nel 1909 a cinque anni dalla sua morte; ledizione italiana del 1914 -il
cui titolo Geografia dellUomo (Antropogeografia). Principi dapplicazione della scienza geografica alla storia- si
basa proprio su questultima edizione.
73
Nellarticolo scritto ad oc per la Rivista Italiana di Sociologia F.Ratzel arriva ad affermare secondo il nostro
concetto geografico, non v soltanto luogo ad un paragone tra societ ed organismo, ma si tratta invece di un fatto
(Ratzel, 1898, p.147). ben vero che le posizioni critiche pi recenti attenuano di molto il fatto di considerarlo
semplicemente come un organicista: C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur (1995, pp.34-36), ma anche G.Dijkink (2001),
F.Farinelli (1992, pp. 133-145), C.Minca L.Bialasievicz (2004, pp.137-151); posizione che C.Raffestin ha sostenuto in
modo molto forte nelle sue quattro pagine della postfazione (1988). A parer mio, per, tutti i lavori e tutto il costrutto
teorico ratzeliano sono cos profondamente intrisi da metafore organiciste che non possibile interpretarli senza
considerare il suo radicato organicismo. Lo stesso V.Berdoulay (1982, p.582) afferma: Ratzel dont le discours est
maill de mtaphores organicistes sur lEtat. Sicuramente pi interessante la posizione di M. Korinman secondo cui:
Comparer ltat un organisme ne signifiait pas, dans lesprit de Ratzel, assimiler lun lautre, ctait indiquer au
lecteur quon pouvait, en gographie comme en biologie, avancer la possibilit de grandes constructions
explicatives[in questo modo] les gographes se rendraient capables dnoncer des rgles gnrales susceptibles de
clarifier lHistoire (Korinman, 1990, p.43) ; vicini a questa interpretazione sono anche D.Lopreno Y.Pasteur
G.P.Torricelli (1994).
74
Qui ben si sente linfluenza di E.Haeckel che definisce lecologia la scienza dellinsieme dei rapporti degli
organismi col mondo esterno in generale, con le condizioni organiche ed inorganiche dellesistenza; ci che abbiamo
chiamato leconomia della natura, le mutue relazioni di tutti gli organismi che vivono in un solo medesimo luogo, il loro
adattamento allambiente che le circonda, le trasformazioni prodotte dalla lotta per lesistenza (citato in P.Acot, 1989,
p.43).

34
identiche vie e, rinnovandosi perennemente, vi pongano sempre e nello stesso senso ostacolo
o limitazione (Ratzel, 1914, p.13). La geografia umana deve studiare le varie influenze che la
natura esercita sugli esseri viventi cercando di ricondurre queste a leggi generali rigettando la
tradizione geografica precedente che si basava esclusivamente su descrizioni e generalizzazioni
prescientifiche che portavano solo a confutare parole con altre parole n lasciarsi trascinare
dallamore

della

costruzione

stilistica

respingerebbe (Ratzel, 1914, pp.39 e 40)

coordinamenti

che

la

loro

fredda

ragione

75

. Il geografo secondo Friedrich Ratzel, che in

questo modo fa proprie alcune posizioni del positivismo comtiamo76, prima di affrontare lo
studio complessivo, che concerne linfluenza della natura sui destini dellumanit doveva
analizzare specificatamente le particolari forme dellinfluenza della natura sulluomo:
uninfluenza che si esercita sugli individui e produce in questi una modificazione intima e
durevole ma soltanto se estesa ad un intero popolo questa potr diventare materia della
geografia e della storia;
uninfluenza che indirizza, accelera od ostacola lespansione delle masse dei popoli e questa
riguardando il problema spaziale basilare materia della geografia;
uninfluenza mediata sullintima essenza di ciascun popolo, la quale si esercita assegnando
ad esso delle condizioni geografiche che favoriscono il suo isolamento e in questo caso il
popolo mantiene le proprie caratteristiche, oppure facilitano la mescolanza con altri popoli e
quindi la perdita delle caratteristiche stesse favorendo cos la formazione di un nuovo popolo,
elementi basilari della sua Antropogeografia;
infine uninfluenza che agisce sulla costituzione sociale di ciascun popolo e si esercita
colloffrirgli maggiore o minore ricchezza di doni naturali e quindi indirizza un popolo nei suoi
costumi e mentalit, influenza che forma la struttura della sua Politische Geographie (Ratzel,
1914, pp.45-46)77.
Questi influssi appaiono molto netti quando, cercando di trovare delle giustificazioni per i
cambiamenti che avvengono allinterno di un popolo, ricorre ai concetti di variabilit ed
ereditariet specificando che la prima produce delle modificazioni e la seconda le trasmette
poscia alla discendenza. Inoltre egli volontariamente sostituisce il concetto darwiniano di
selezione naturale con quello pi compatibile nel campo della geografia di migrazione e
isolamento78. La migrazione, infatti, favorisce il mescolamento delle caratteristiche dei popoli
che si spostano con quelle dei popoli residenti, mentre lisolamento preserva le caratteristiche
uniche di quei popoli.

75

O, meglio, come afferma qualche pagina prima: fu merito della geografia laver trasportato la teoria delle influenze
dellambiente sul terreno prettamente scientifico dellindagine particolare (Ratzel, 1914, p.29).
76
Circa laccettazione critica del positivismo comtiano si veda lintera parte prima della sua Antropogeografia ed in
particolare alle pp.25-30.
77
Influenze, o meglio influssi, che saranno oggetto degli strali pi violenti da parte di L.Febvre, 1980, p.421: la parola
influssi non appartiene al linguaggio scientifico, bens a quello astrologico. Lasciamola dunque una buona volta ad
astrologi e ad altri ciarlatani.
78
A cui dedica lintera seconda parte del suo Antropogeografia (pp.111-208).

35
Possiamo cos sintetizzare la posizione della geografia determinista ratzelina: lambiente, in
quanto dato attivo, agisce sulluomo, lo plasma e ne determina il suo comportamento, ed il
risultato una determinata societ che, con la sua cultura, vive su di un preciso suolo.
Concetto questo ben recepito da molti suoi continuatori divenendo per lungo tempo il principio
guida della geografia determinista.
Sua principale divulgatrice in ambiente nordamericano fu Ellen Churcill Semple (1863-1932)
il

cui

pi

importante

lavoro

significativamente

sintitola

Influences

of

Geographical

79

Environment ; il suo incipit estremamente significativo:


Luomo un prodotto della superficie terrestre. Questo non significa
semplicemente che figlio della terra, polvere della sua polvere; ma che la terra gli
ha dato la vita, lha nutrito, gli ha assegnato i suoi compiti, ha diretto i suoi
pensieri, lha messo di fronte a difficolt che hanno rafforzato il suo corpo e
aguzzato il suo ingegno
Nelle valli fluviali lo vincola al suolo fertile, circoscrive le sue idee e le sue ambizioni
in un cerchio opaco di doveri tranquilli ma esigenti, restringe la sua prospettiva
allorizzonte limitato della sua fattoria. Sugli altopiani spazzati dal vento, nelle
distese sconfinate delle praterie e nelle regioni aride del deserto, dove erra con le
sue greggi da pascolo a pascolo e da oasi a oasi, dove la vita conosce molte
privazioni ma sfugge alla monotonia opprimente di un lavoro faticoso, dove la
sorveglianza del gregge al pascolo gli lascia il tempo per la contemplazione e la vita
errabonda gli concede un vasto orizzonte, le sue idee assumono una semplicit
quasi sovrumana: la religione diventa monoteismo, Dio si fa uno, impareggiabile
come la sabbia del deserto e lerba della steppa, che si estende ampiamente senza
interruzioni o cambiamenti80.
Dal passo qui sopra appare chiaro come le civilt agricole non possano essere altro che
animiste e politeiste mentre, ed quello che pi evidente, solo nelle trib nomadiche delle
steppe asiatiche potevano avere origine le grandi religioni monoteiste. Lambiente per Ellen
Churcill Semple cos attivo nella sua azione sulluomo che non solo plasma i suoi muscoli ma
gli fornisce anche gli strumenti per le sue idee ed il suo Credo: lo stesso concetto di Dio
frutto delle idee nate dal condizionamento ambientale.
Molto meno impegnativa, ma sempre significativa nel confronti del determinismo,
laffermazione di Roberto Almagi (1968, II, p.72):
La maggior parte delle forme, che si ritengono inferiori, dellumanit attuale sono
raccolte nelle regioni tropicali ed australi dellEcumene, in spiccato contrasto con
lEurasia, che larea occupata dalle forme pi evolute (neoforme). Queste forme
superiori, dotate di grandi possibilit di espansione, sono quelle che nel periodo
storico (ultimi millenni) si sono pi affermate, imponendosi spesso alle inferiori81.

79

Il cui sottotitolo On the basis of Ratzels system of Anthropo-geography definisce in modo netto la posizione
dellautrice. stato un testo fondamentale per la divulgazione delle idee ratzeliane la cui basilare importanza per la
geografia anglofona rimarcata dal fatto che J.K.Wright (1966), affermando che Books are not unlike people, and
some books, like some people, deserve biographies, gli dedica appunto una bibliobiografia. Su questo si veda anche
N.Broc (1981). Per una biografia di E.Churcill Semple si veda C.C.Colby (1933; 1976).
80
La citazione tratta da A.Pecora (1986, pp.40-41) che ha tradotto alcune pagine del libro di E.Curcill Semple (1911).
81
Il testo cui tale citazione si riferisce si intitola Fondamenti di Geografia Generale ed stato utilizzato per lungo
tempo quale testo base nelle universit italiane; la prima edizione del 1945, lultima del 1961, a cui seguirono
numerose ristampe.

36
3.5 Lo Stato come popolo e suolo, nella concezione ratzeliana.
Lo Stato inteso non tanto come unistituzione giuridico-formale ma, sostanzialmente, come
il risultato finale del processo che trasforma un popolo, una societ, in un potente organismo
vivo e vitale82 lelemento principe dei suoi studi. NellAnthropogeographie le ha riservato
solo il terzo capitolo, ma pi facile comprendere il suo pensiero se i termini popolo e societ,
da lui frequentemente usati, vengono sostituiti dal pi congruente termine Stato; mentre un
concetto che informa tutto il suo Politische Geographie. Un lavoro, questo ultimo, che lo stesso
Emile Durkhein definisce un testo base il cui scopo quello di proporre la Geografia Politica
come scienza sociale83.
Le due opere, che rappresentano lespressione della sua teoria, sono in ogni caso
abbastanza simili nella struttura e si completano a vicenda nei contenuti84.
Allorch pi genti si collegano fra loro a scopo di offesa o di difesa, la nuova unit
che si forma non altro che uno Stato. Questo ha cos sormontato prima lunit
economica, poscia lunit affinitaria, e si eleva al di sopra di esse comprendendole
entrambe (A, p.68) 85.
Questa la prima definizione di Stato che appare nellAntropogeografia e come si vede
viene presentato come la forma ultima derivante dallo sviluppo dellaggregazione di un popolo.
Molto probabilmente questa definizione gli derivava dalla conoscenza sia il pensiero hegeliano
sia di quello di Herbert Spencer86. Molto pi interessante da punto di vista evoluzionista e pi
precisa da quello territoriale la definizione che ne d nel suo Politische Geographie Jeder
Stadt ist ein Stck Menschheit und ein Stck Boden: cio ogni Stato formato da una

82

Su questo concetto di Stato si veda anche C.Hussy (1988, p.IV).


E.Durkhein (1898, pp.522-523) che afferma: a pour objet de constituer la gographie politique ltat de science et
mme, plus spcialement, de science sociale; qualche riga dopo egli poi critica loggetto di questa nuova scienza
tudier ltat dans ses rapports avec le sol definendolo come expression bien vague [qui] dlimite mal un champ de
recherches pi avanti per, afferma che se lo scopo di di questa nuova scienza quello di studiare levoluzione
territoriale di uno Stato in modo di individuare les lois de cette volution, les conditions dont dpendent les divers
lments di facteur territorial et les fonctions quil remplissent dans la socit [cos, ed in questo caso] le systme
de recherches quon dsigne par ce mot cesse dtre un simple inventaire descriptif de divisions politiques ou
administratives, pour devenir une vritable science explicative.
84
I riferimenti per le analisi sono i due testi Antropogeografia (Ratzel, 1914) e Politiche Geographie (Ratzel, 1923);
tutte le citazioni, se non indicato differentemente, si riferiscono a questi due lavori: la sigla A riferita al primo e
PG al secondo.
85
E poi prosegue: raggiunto in tal modo lo stadio nel quale lo Stato soltanto capace di un incremento territoriale
compatto. Dopo essersi cos formata, questunit si venuta via via accrescendo, fino a raggiungere lampiezza
deglimperi mondiali (corsivo dellautore).
86
Alla fine del 1800 ben certo che i pensatori tedeschi dovessero ben conoscere questi due autori ed utilizzassero
talune loro definizioni; sui rapporti del pensiero ratzeliano con quello di G.W.F.Hegel ed H.Spencer si vedano
D.Lopreno Y.Pasteur G.P.Torricelli (1994) ed in particolare i primi due capitoli dellinteressante lavoro di C.Raffestin
D.Lopreno Y.Pasteur (1995). La definizione di cui sopra ricalca molto quella di G.W.F.Hegel (1972, p.22): Una
moltitudine di uomini pu darsi il nome di Stato soltanto se unita per la comune difesa di tutto ci che sua
propriet Onde una moltitudine formi uno Stato si esige che essa costituisca un comune apparato militare e un potere
statale. Anche H. Spencer (1881, pp. 161 e 180), nellanalizzare laspetto sociologico della condotta, afferma: La vita
dellorganismo sociale deve essere, come un fine, collocata innanzi alla vita delle sue unit Appena lo stato sociale si
stabilisce, la conservazione della societ diviene un mezzo di preservazione delle sue unit Donde la conservazione
sociale diventa un fine prossimo che acquista precedenza sullo scopo finale, la conservazione dellindividuo [e
conclude] il pi elevato grado di vita essendo raggiunto solamente quando, oltre laiuto scambievole della vita per
mutui favori specifici, gli uomini in altra guisa saiutano a completare la loro vita
83

37
frazione di umanit e da una porzione di suolo87. In questa sua affermazione popolo e suolo
sono i soli due elementi costituenti lo Stato che, cos, non pi legato a problemi dinastici
ma divenuto unentit con vita propria dipendente dalla profonda interazione che viene a
stabilirsi fra i suoi due elementi. Egli, infatti, continua:
Lo Stato un organismo legato ad una determinata parte della superficie terrestre
e le sue caratteristiche risultano dalla stretta associazione tra quelle del popolo e
del suo suolo88.
Subito dopo per aggiunge:
ma quando si parla di nostro paese a questa base naturale vi si aggiunge tutto
ci che luomo ha creato ed i ricordi che vi sono radicati89.
In questo modo il termine unserem Land (nostro paese) acquista un significato non solamente
politico-amministrativo ma esprime anche un legame spirituale ed affettivo90, tramite la
storia, fra il popolo ed il suolo. Ed per questo che:
lo Stato ci appare come un organismo non solamente perch sul suo immutabile
suolo si sviluppa la vita di un popolo, ma anche perch questo legame si rafforza
reciprocamente al punto che se ne forma uno solo ed i suoi due elementi [popolo e
suolo] non possono essere pensati luno senza laltro. Il suolo ed il popolo
contribuiscono a questo risultato in quanto posseggono le propriet necessarie per
agire uno sullaltro91.
La posizione ratzeliana, con lanalogia Stato-organismo, sembra qui in perfetta sintonia con
linterpretazione ecologista/evoluzionista: in questo modo le problematiche concernenti la
geografia politica appaiono ben connesse al banco di prova haeckeliano/darwiniano. Di fatto
per simili enunciati sembrano poco congruenti con lo spirito scientifico positivo: la
connessione spirituale e sentimentale, che fa da perfetto collante fra popolo e suolo
allinterno dello Stato, appare molto vicina ad un enunciato metafisico individuante un
finalismo statale mancante di verifica empirica e quindi non funzionale per unanalisi scientifica
che osservi, senza prevenzioni, fatti reali.
87

Questo il titolo del secondo paragrafo: qualche riga dopo (PG, p.2) tale definizione viene un po ampliata; una
frazione di umanit o unopera umana e, nello stesso tempo, una porzione di suolo terrestre (ein Stck Menschheit
oder ein menschliches Werk und zugleich ein Stck Erdboden). Egli usa sempre, a questo riguardo il termine Boden,
traducibile con il termine Suolo ed i suoi traduttori si attengono a questo significato utilizzando parole analoghe: C.
Battisti (Ratzel, 1987c) usa sempre suolo, P. Rusch (Ratzel, 1988) e F. Ewald (Ratzel, 1987a) nelle loro due
traduzioni francesi utilizzano sempre il termine sol mentre U. Cavallero nella traduzione italiana
dellAnthropogeographie utilizza i due termini suolo e territorio come sinonimi.
88
PG, p.4: der Staat zu einem Organismus wird, in den ein bestimmter Teil der Erdoberflche so mit eingeht, da sich
die Eigenschaften des Staates aus denen des Volkes und des Bodens zusammensetzen. Sul legame suolo-Stato egli
afferma anche (Ratzel, 1987b, p.203): le rle du sol apparat avec plus dvidence dans lhistoire des tats que dans
lhistorie des socits.
89
PG, p.4: Sprechen wir aber non von unserem Land, so verbindet sich in unserer Vorstellung mit dieser
natrlichen Grundlage alles, was der Mensch darin und darauf geschaffen und von Erinnerungen gleichsam
hineingegraben hat.
90
PG, p.4: er geht eine geistige und gemtliche Verbindung mit uns, seinen Bewohnern, und mit unserer ganzen
Geschichte ein.
91
PG, p.4: Der Staat ist uns nicht ein Organismus blo weil er eine Verbindung des lebendigen Volkes mit dem starren
Boden ist, sondern weil diese Verbindung sich durch Wechselwirkung so sehr befestigt, da beide eins werden und
nicht mehr auseinandergelst gedacht werden knnen, ohne da das Leben entfliehet. Boden und Volk tragen beide zu
diesem Resultate in den Mae bei, als sie die Eigenschaften besitzen, die notwendig sind zum Wirken des einem auf das
andere.

38
Di fatto, per, egli si muove sempre nellambito ecologico di Ernst Haeckel in quanto, subito
dopo quella definizione, afferma Lo Stato vive necessariamente del suolo92. La sua , in
effetti, una posizione che si fonda su di una condizione biologica dello Stato:
dappertutto si riconoscono somiglianze di forma fra tutti gli esseri viventi, in
quanto essi traggono dal loro legame al suolo la loro vitalit. Questo legame, in
effetti, costituisce per tutti loro che siano licheni, coralli o uomini- la caratteristica
universale, una caratteristica vitale in quanto costituisce la loro stessa condizione
di esistenza93.
Inoltre

quellenunciato,

di

sapore

metafisico,

viene

sempre

attenuato

spostando

continuamente il ragionamento sul suolo:


un suolo inabitabile non nutre nessuno Stato un suolo abitabile, soprattutto se
dotato di confini naturali, favorisce lo sviluppo degli Stati qualsiasi sviluppo di uno
Stato legato allorganizzazione progressiva del suolo attraverso una connessione
sempre pi stretta col popolo94.
Affermazioni ribadite, ancora prima, nel suo Antropogeografia95:
Il suolo rappresenta lunico legame materiale esistente nellinterno di ciascun
aggregato etnico lo Stato pi semplice non si pu concepire senza il suo
territorio la considerazione del suolo si impone pi nella storia dello Stato che non
in quella della societ (A, pp. 2 e 63).
Non solo ma l la sua affermazione si fa ancora pi decisa:
sia grande o piccola la societ che consideriamo, essa vorr pur sempre e
soprattutto mantenere il possesso del territorio, sul quale e grazie al quale essa
vive. Allorch questa societ si organizza per tale scopo, essa si trasforma in Stato
(A, p.67).
Tutte le comunit, dalla famiglia alle trib, hanno bisogno di un territorio di stretta pertinenza
ma solo lo Stato capace ottenere un incrementi territoriali stabili. Inoltre i vari stadi di
sviluppo di uno Stato sono strettamente legati alle modalit di controllo del territorio in
quanto:
il territorio, essendo un fattore costante fra mezzo al variare degli avvenimenti
umani, rappresenta in s e per s un elemento universale96.
92

PG, p.3: Der Staat mu von Boden leben. E ancora: Nella politica, come nella storiografia, se si dimentica il
suolo, si studiano i sintomi invece delle cause (Ratzel, 1898, p.150). Sul radicamento dello Stato nel suolo si veda
C.Raffestin D.Lopreno I.Pasteur (1995, pp.59-63).
93
PG, p.2: berall erkennt man die Formhnlichkeiten aller zusammengesetzten Lebensgebilde, die aus ihrer
Verbindung mit dem Boden herauswirken. Ist doch fr sie alle, ob Flechte, Koralle oder Mensch, diese Verbindung
allgemeine Eigenschaft, Lebenseigenschaft weil Lebensbedingung.
94
PG, p.4: Ein unbewohnbar Boden nhrt keinen Staaten Ein bewohnbar Boden begnstigt dagegen die
Staatenentwickelung, besonders wenn er natrlich umgrenzt ist So ist denn auch die Entwicklung jedes Staates eine
fortschreitende Organisierung des Bodens durch immer engere Verbindung mit dem Volk.
95
Occorre tener presente che, se F.Ratzel usa sempre il termine Boden, U.Cavallero il traduttore italiano
dellAnthropogeographie utilizza i due termini suolo e territorio come sinonimi.
96
Le due citazioni sono di A, pp.68 e 71. In qualche punto, per, egli si lascia un po prendere la mano e sembrerebbe
inevitabile accusarlo di un pesante determinismo: Invero il suolo ci appare come la sorgente pi profonda dellumana
soggezione in quanto esso permane rigido, immobile ed immutato e si erge dominatore ogniqualvolta luomo scordi
la sua presenza, per ammonirlo severamente come nel suolo sia unicamente la radice della vita non solo ma ben pi
pesantemente poi afferma dal suolo trae alimento legoismo della condotta politica dei popoli, costretti ad agire
secondo che impongano le condizioni del loro territorio (A, p.74). Ed ancora: La questione del suolo, che anchoggi
commuove le societ umane, stata sempre un problema fondamentale della creazione non potendo mai aver fine
limportanza del suolo per la vita. Il suolo preserva la vita dal ristagno, costringendola a lottare per lo spazio; e questo

39

Chiaro quindi che suolo rappresenta il fattore costante, invariante ed invariabile di fronte a
tutti i possibili cambiamenti umani.
Nel Politische Geographie procede poi ad una precisa interpretazione, dal punto di vista
biologico, dellinterazione tra organismo Stato e quel un po troppo metafisico legame
spirituale:
Nel regno animale e vegetale lorganismo pi perfetto quello in cui le parti
sacrificano interamente la loro indipendenza al servizio del tutto. Da questo punto
di vista lo Stato un organismo estremamente imperfetto. I suoi membri
mantengono una indipendenza che non esiste fra le piante e gli animali inferiori
Ma il fatto che si tratta di un organismo spirituale e morale che lo rende cos
produttivo e potente: un legame spirituale unisce ci che materialmente
separato. Da questo punto di vista non possibile nessuna comparazione biologica,
gli altri organismi non conoscono affatto ci che governa lorganismo Stato 97.
Quel legame spirituale quindi direttamente connesso alla vitalit di una specifica comunit
e solo se tale comunit esiste sar possibile pensare allesistenza di uno Stato: allorch
questa societ si organizza essa si trasforma in Stato (A, p.67).
Nel secondo capitolo, interamente dedicato alla funzione del suolo nello sviluppo dello Stato,
egli attenua molto lanalogia Stato/organismo affermando: che se vero che lo sviluppo dello
Stato un fatto spaziale98 altrettanto vero che la connessione tra Stato e suolo:
non sempre la stessa pi o meno forte a seconda del livello di sviluppo: un
basso livello culturale del popolo strettamente legato ad uno scarso senso
territoriale99
Ne consegue che lo sviluppo territoriale:
legato assai strettamente alla maturazione politica dei popoli, nella misura in cui
essa comporta a sua volta unestensione ed una intensificazione dei rapporti con il
suolo100.

limitato dal suolo in guisa, che la lotta per lo spazio non altro che una lotta per il suolo (1898, p.140). Determinismo
che appare pi evidente nei due volumi La terra e la vita dove, fra laltro, afferma: Nato sulla terra e formato dalle
sostanze di questa, sviluppatosi da una lunga serie di predecessori aventi lo stesso legame colla terra, luomo non pu
essere concepito altrimenti come un essere vincolato alla terra (1905/7, vol.II, p.762).
97
PG, p.8: Unter Tieren und Pflanzen ist der Organismus am vollkommensten, in dem die Glieder dem Dienst des
Ganzen die grten Opfer an Selbstndigkeit zu bringen haben. Mit diesem Mae gemessen, ist der Staat der Menschen
ein uerst unvollkommener Organismus; denn seine Glieder bewahren sich eine Selbstndigkeit, wie sie schon bei
niederen Pflanzen und Tieren nicht mehr vorkommt Was nun diese als Organismus unvollkommene Vereinigung von
Menschen, die wir Staat nennen, zu so gewaltigen, einzigen Leistungen befhigt, das ist, da es ein geistiger und
sittlicher Organismus ist. Der geistige Zusammenhang verbindet das krperlich Getrennte, und darauf pat allerdings
dann kein biologischer Vergleich mehr. Anche qui si risente un po del pensiero hegeliano Per patriottismo, sintende
frequentemente soltanto la disposizione a sacrifici ed azioni straordinarie, Ma, essenzialmente, esso il sentimento che,
nella situazione consueta e nei rapporti della vita, avvezzo a conoscere la cosa pubblica come ragione e fine
sostanziale (Hegel, 1965, p.223).
98
PG, p.19: Die Entwickelung des Staates ist also eine rumliche Tatsache.
99
PG, pp.19-20: So wenig die Menschen, die das Volk des Staates ausmachen, sich ber den Boden erheben knnen,
so wenig vermag es ihr Staat; wohl aber hngt er nicht auf allen Stufen der Entwickelung gleich innig mit dem Boden
zusammen end Kulturarmut ist immer auch rumlich arm, beschrnkt.
100
PG, p.19: Und diese Entwickelung hngt mit der politischen Entfaltung der Vlker auf das engste zusammen, und
zwar so, da diese sich ber immer weitere Rume ausgebreitet und sich dabei immer inniger mit dem Boden
verflochten hat.

40
Egli cos, partendo dal postulato base ogni Stato formato da una frazione di umanit e da
una porzione di suolo, spiega i profondi legami fra i due elementi e, interpretandoli sulla base
delle scienze naturali, ne dimostra la congruit allinterno della logica heckeliano/darwiniana.
Privilegiando poi il dato suolo e connettendo il legame spirituale alla sola evoluzione storica
dello Stato riconduce il tutto nel filone sperimentale positivista:
levoluzione degli Stati permette di osservare, prima di tutto, che il radicamento al
suolo comune legato al lavoro degli individui e della collettivit, solo poi si forma
quel legame spirituale, riferito al suolo, che lega gli abitanti alla loro terra in
funzione di uno scopo comune101.
Lidea fondante dunque la linfluenza del suolo che, gestito dal popolo che lo vive,
manifesta le sue influenze sulla struttura della societ che lo organizza102. Una simile
struttura teorica di base, eminentemente semplice ed utilizzabile103, viene interpretata,
analizzata e discussa con abbondanti riferimenti ad analisi storico/geografiche. In ogni
paragrafo, con continuit ed uninsistenza a volte ossessiva104, Friedrich Ratzel analizza dal
punto di vista storico quegli eventi sociali, politici o economici che mettono in evidenza il ruolo
del suolo nello sviluppo o nel declino di uno Stato: egli, attraverso questi confronti ed analisi.
d allo Stato il suo significato spaziale, lo teorizza geograficamente (Raffestin, 1983c, p.29).

3.6 Posizione, Spazio, Confini.


Tre sono poi gli elementi fondamentali, sufficienti per articolare un simile costrutto teorico:
la posizione (die Lage) che permette di porre in relazione gli elementi locali del suolo con la
situazione generale della Terra, lo spazio (der Raum) con la sua influenza legata alla
dimensione, forma e struttura ed infine i confini (die Grenze) che regolano i rapporti con i
popoli confinanti.
Situazione, spazio e confini dellumanit e dei popoli sono iscritti nella superficie
terrestre (Ratzel, 1905, vol.II, p.762) 105
Si tratta delle strutture chiave di un potente costrutto teorico che, come nota Charles Hussy
(1988, p.IV), sono riconducibili alla triade euclidea di punto, superficie, linea.
La posizione (die Lage) , nella sua sostanza, un concetto intuitivo: rappresenta il posto
che uno Stato occupa sulla superficie terrestre106. La sua importanza legata al fatto che essa,
con tutti i suoi elementi, lega una determinata societ o Stato ad un preciso territorio
favorendo o meno il suo rapportarsi al resto del mondo:
101

PG, p.8: Sehen wir die Entwickelung des Staates, so ist da einmal die Einwurzelung durch die Arbeit der Einzelnen
und der Gesamtheit auf dem gemeinsamen Boden, und dann haben wir die Herausbildung der geistigen
Zusammenfassung aller Bewohner mit dem Boden auf ein gemeinsames Ziel hin.
102
Si veda al riguardo il suo interessante studio sulla Corsica (Ratzel, 1899).
103
C. Hussy, 1988, p.IV: une thorie minemment simple et utilisable.
104
I riferimenti storico-territoriali che F. Ratzel utilizza appaiono, a volte, un po forzati tanto che C. Battisti annota, a
margine della sua traduzione: Sembra metafisica! Per Dio! (Ratzel, 1987c).
105
Si veda anche O.Marinelli (1903, pp.275-276) che a questi tre elementi aggiunge anche un quarto le forme del suolo
(die Bodenformen), a parer mio concetto incluso nella posizione.
106
Si veda PG (pp.180-249), A (pp.209-227), ma anche J.Gottmann (1952, pp.78-120, citazione di p.119) secondo cui
de tous les caractres du territoire, il semble que le plus important soit la position.

41
la posizione una profonda costante del suolo terrestre che influenza tutti i
movimenti della storia107.
In essa cio incluso il concetto duna reciprocit dinfluenze in quanto non rappresenta una
mera giustapposizione di entit (clima, pedologia, vicinanza ad altri Stati) ma una relazione
viva e ricca di influenze reciproche fra lo Stato e il pi vasto quadro in cui esso si inserisce (A,
p. 209). Essa trasmette molte caratteristiche peculiari al popolo che la occupa, il quale
fintantoch conserva la sua posizione conserva la propria identit108. Per questo la posizione
che determina linfluenza e le linee dello sviluppo dei vari Stati:
la Gran Bretagna deve oggi la sua potenza sia alla dimensione che alla felice
posizione dei suoi possedimenti la Russia, al contrario, nonostante la sua
dimensione ha una posizione poco vantaggiosa in quanto delimitata allovest, a sud
ed a nord da mari chiusi109.
Viceversa un paese che occupi una posizione centrale ed il caso della Germania potr
esercitare, e al tempo stesso subire, molte pressioni. In particolare questa posizione centrale:
cos potente da essere minacciata, quando debole; essa incita un paese tanto
alloffensiva quanto alla resistenza110
e, conclude nel caso concreto,
la Germania pu esistere solo se forte111.
Effettivamente il discorso molto congruente considerando che per Friedrich Ratzel la guerra
scuola di spazio112: valutando il problema militare anche solo da un punto di vista difensivo,
un paese completamente circondato da altri Stati potenzialmente nemici, svilupper un
carattere pi diffidente rispetto ad un altro che abbia posizioni marginali113.

107

PG, p.180: Die geographische Lage bezeichnet ein dem Erdboden angehriges Bestndige in der geschichtlichen
Bewehrung.
108
PG, p.180: Indem ein Volk seine Lage und damit sein Land erhlt, erhlt es sich selbst. Ovviamente pero, non si
tratta di una caratteristica completamente fissa, ma di un ambito nel quale il paese situato: uno Stato pu anche
cambiare di forma allinterno della medesima posizione, senza modificare il suo contenuto politico [ein Staat mag in
ihr die Formen wechseln, ohne dass der politische Gehalt entsprechende Vernderungen erfhre (PG, p.181)].
109
PG, p.188: Grobritannien ist heute gro durch den Raum einiger und die glckliche Lage anderer seiner
Besitzungen Ruland hat dagegen im Verhltnis zu seiner Raumgroe zu wenig Vorteile der Lage, da es im Westen,
Sden und Norden nur an geschlossene Meere grenzt; si veda anche di PG il paragrafo 169 Le potenze mondiali [die
Weltmchte].
110
PG, p.218: Die zentrale oder Mittellage ist in der Strke ebenso gewaltig wie in der Schwche bedroht, fordert zum
Angriff und zum Widerstand heraus.
111
PG, p.220: Deutschland ist nur, wenn es stark ist. Lossessione dellaccerchiamento era sicuramente ancorata in
modo molto forte nelle idee del popolo tedesco se Martin Heidegger nel 1935 affermava: Siamo presi nella morsa. Il
mostro popolo, il popolo tedesco, in quanto collocato nel mezzo, subisce la pressione pi forte della morsa; esso, che
il popolo pi ricco di vicini e per conseguenza il pi esposto, insieme il popolo metafisico per eccellenza. ben
chiaro per che la frase heideggeriana si colloca in un contesto ben diverso di quello ratzeliano: Questa Europa si
trova oggi nella morsa della Russia da un lato e dellAmerica dallaltro. Russia e America rappresentano entrambe, da
un punto di vista metafisico, la stessa cosa: la medesima desolante frenesia della tecnica scatenata e dellorganizzazione
senza radici delluomo massificato. (Heidegger, 1968, pp.48-49).
112
PG, p.264: Der Krieg als die Schule des Raumes. Ma si veda comunque tutto il capitolo 13 (pp.261-276).
113
Si veda al riguardo PG (pp.205-223).

42
Lo spazio (der Raum), inteso come estensione superficiale a cui legata la vita e
levoluzione, il secondo elemento chiave che, ispirando i progetti e le politiche, definisce le
ambizioni territoriali dei popoli e degli Stati114:
Ogni declino politico la risultante di una regressione del pensiero spaziale uno
Stato che sta ingrandendosi apparir sempre pi grande di uno Stato, pur della
stessa dimensione, in fase stagnante e questo perch la sua grandezza attuale
viene aumentata, agli occhi di un osservatore, di una parte della sua grandezza
futura115.
certo per che lo spazio di pertinenza di ciascuna specie non lintero orbe terracqueo ma
solo una parte di esso: lEcumene, inteso come, lo spazio che [una specie] occupa sulla terra
e dalla cui forma e grandezza dipende una parte della sua capacit di vita (Ratzel, 1905/7,
vol.II, p.722). In altri termini lecumene rappresenta quellhorbis habitatus che definisce larea
della vita di una singola specie. Per la specie umana costituisce una grande zona sita
frammezzo ai due poli (A, p.231) a cui, ovviamente, occorre levare le aree considerate
inabitabili (mari, oceani, poli, deserti, alte cime)116. A scala geologica variabile, ma ed
quello che conta per la specie umana a scala storica stabile e immutato117. Il fatto che sia
stabile e immutato ha un peso determinante nei rapporti fra i popoli e gli Stati in quanto la
specie umana, estremamente mobile ed adattabile, ha occupato interamente nel corso della
sua esistenza tutto il proprio ecumene dividendosi in popoli e Stati: non esiste nessuna parte
dellecumene che non sia di stretta pertinenza di un popolo o Stato118. In questo modo ciascun
gruppo, sia popolo che Stato, occupa una precisa posizione con una determinata estensione
superficiale che viene definita Spazio Vitale (Lebensraum)119. Una nozione estremamente
malleabile, una sorta di ossessione politica120, che sar uno dei principi base della successiva
geopolitica tedesca attraverso la quale il termine assunse un significato esclusivamente
ideologico. Non facile trovare una sua precisa definizione e la pi pertinente potrebbe essere
quella definita da Umberto Toschi (1943, p.113) lo spazio in cui un popolo vive, o meglio che
esso occupa in continuit121.

114

Si veda PG (pp.249-388), A (pp.228-256).


PG, pp.262-263: Jeder Zerfall ist der Ausflu einer zurckgegangenen Raunauffassung da ein waschender Staat
bei gleichen Dimensionen immer grer erscheinen wird als ein im Stillstand begriffener, denn ein Stck von der erst
kommenden Gre fgt sich vor unserem geistigen Auge der Gre an, die wir heute fassen und greifen knnen.
116
ben vero che egli annota come nessun clima terrestre sia di per s intollerabile per luomo in quanto organismo fra
i pi adattabili (Dem Menschen ist keines der Klimate unserer Erde unertrglich PG, p. 196), ma in tutte le sue analisi
degli spazi occupati fa spesso riferimento a degli spazi anecumenici per luomo. Sullinfluenza del clima si vedano le
ultime due parti delAntropogeografia (pp.469-578) ed in particolare lintero secondo volume del suo La terra e la vita.
117
Si veda al riguardo A (pp.228-254).
118
PG, p.29: Lumanit, che cresce al ritmo della sua cultura, ha occupato tutte le zone abitabili della Terra, cos le
zone inabitate sono diventate sempre pi rare. Ora non si pu pi parlare di aree inabitate se non dal punto di vista
storico o per pura astrazione [Da die Menschheit in ihrem mit der Kultur immer zunehmenden Wachstum auch immer
weiter auf dem bewohnbaren Boden der Erde gegriffen hat, ist vollklossen Land immer seltener gewonden. Fr uns
gehrt es innerhalb der kumene der Geschichte oder dem Reich der Gedanken an.]
119
Per una sua critica si vedano C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur (1995, pp.31-34) e W.D.Smith (1980); una buona
analisi del concetto contrapposto a grande spazio si trova in B.Nice (1943b).
120
C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur, 1995, p.31 : Le Lebensraum: aux sources dune obsession politique.
121
Circa la non precisa definizione si veda anche C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur (1995, p.33).
115

43
Se ciascuno Stato si comporta come organismo vivente chiaro che fin dalla nascita egli
deve costantemente crescere: quando lorganismo smette di crescere comincia il suo declino
fisico un popolo decade allorch subisce perdite territoriali (A, p.64)122. certo quindi che
nella loro fase vitale gli Stati sono obbligati ad espandere il loro spazio vitale. Questa
espansione si scontra per con due grosse limitazioni, proprie dellecumene stesso: da una
parte gi interamente occupato da vari Stati, ciascuno con il proprio spazio vitale in
espansione, e dallaltra fisso e limitato in quanto non estensibile a scala storica. Ne consegue
che ciascuno Stato, per poter ampliare il proprio spazio vitale, deve per forza scontrarsi con
altri: una legge biologica, si tratta della lotta per lesistenza, la stessa che Darwin pone come
legge naturale di selezione:
lespressione tanto abusata e ancora pi fraintesa di lotta per lesistenza vuol
significare anzitutto la lotta per lo spazio (Ratzel, 1905/7, vol.II, p.718).
La forza dello spazio, inteso come estensione di superficie, tale che Friedrich Ratzel,
nellanalizzare e descrivere gli effetti politici dello spazio, utilizza, a volte, sia il concetto scuola
dello spazio sia di concezioni dello spazio123:
la grandezza degli spazi sui quali noi proiettiamo le nostre idee ed i nostri progetti
politici subordinata alla superficie sulla quale ci muoviamo. Per questo esistono
delle grandi e delle piccole concezioni dello spazio e queste concezioni aumentano o
diminuiscono al variare della superficie su cui si vive124.
Elementi cos importanti che Jean Gottmann ha immaginato pensasse allesistenza di una sorta
di un Raumsinn: un senso dello spazio che i popoli posseggono in gradi diversi e che li rende
pi o meno atti a politiche despansione125.
I confini (die Grenzen) sono lelemento pi potente della triade in quanto rappresentano il
luogo in cui si manifestano, nella loro interezza, gli effetti e le forze definite dai primi due126.
Sempre legato alla concezione organicista, Friedrich Ratzel, afferma: il confine, considerato
come periferia di un popolo, un elemento costitutivo del popolo stesso (A, p.259). Come la
pelle parte integrante e, nello stesso tempo, organo periferico di qualsiasi essere vivente,
esso appartiene al corpo vitale di cui rappresenta la periferia (A, p.260)127. Il confine poi

122

Posizione che verr poi rafforzata (Ratzel, 1987b, p.204): Un peuple rgresse en tant quil perd du terrain. Il peut
compter moins de citoyens et tenir encore assez solidement au territoire o rsident les sources de sa vie. Mais que son
territoire se resserre, cest, dune manire gnrale, le commencement de la fin.
123
Si veda in particolare PG pp.262-266.
124
PG p.261: Die Gre der Rume in die hinein wir politisch denken und planen, hngt von dem Raume ab, in dem
wir leben. Deswegen gibt es kleine und groe Raumfassungen, und wchst die Raumfassung oder geht mit dem Raum
zurck, in dem wir leben.
125
Si veda J.Gottmann (1952, p.41; 1966, p.1757). A mio parere J.Gottmann con il suo sens de lespace enfatizza un
po troppo il concetto ratzeliano di die Schule des Raumes. In ogni caso J.Gottmann lunico studioso che utilizza un
simile concetto; un riferimento si trova anche in E.Migliorini (1966) che riporta, per, integralmente le parole di
J.Gottmann.
126
Si veda PG (pp.384-446), A (pp.259-313). Sullimportanza del concetto di confine e sullanalisi che ne fa F.Ratzel si
veda laffermazione di B.Zientara (1979, p.403) Anche oggi, a distanza di un secolo, ce poco da aggiungere.
127
Si veda di PG lintero capitolo 19 che si intitola appunto Die Grenze als peripherisches Organ. Ancora, in PG (p.
434) afferma il confine la periferia dello Stato, della sua economia, della sua popolazione [Die Grenze ist die
Peripherie des Staats-, Wirtschafts- Vlkergebietes] si veda anche PG (pp.387-388).

44
per sua essenza mobile128 in quanto legato a popoli e Stati che storicamente non sono mai
fissi ma soggetti a migrazioni, ampliamenti o perdite129:
la precisa determinazione dei confini trova ragion dessere solo in taluni
momentanei arresti e nella miopia del nostro intelletto (A, p.259).
O ancora di pi, in quanto, per tutti:
i fenomeni della natura organica o inorganica il confine si ferma solo quando
cessa il movimento e tale arresto corrisponde allirrigidimento della morte (A,
p.260).
Per questo:
La zona di frontiera rappresenta il fatto reale, la linea di frontiera la sua
astrazione130
e, attraverso una simile astrazione, si presenta una situazione transitoria un istante
sospeso131.
Ovviamente la linea si forma solo in quanto esiste una zona di confine ma, anche in questo
caso, resta sempre e comunque una membrana periferica che si deforma in funzione
dellespansione (o ripiegamento) dello Stato132. Confine, quindi, mai visto come limite rigido,
simbolo tradizionale di stabilit, ma sempre segno di dinamismo, di superficie fluida, molto
vicino al concetto turneriano di frontiera133.
Il confine quindi sia lorgano che definisce popoli e Stati, sia espressione del loro
movimento134. un organo molto complesso la cui forma (zona o linea) varia in funzione della
capacit di espansione della forza dei vari popoli. Non infatti possibile definire i confini negli
stadi inferiori della civilt[quando i popoli] non hanno ancora sentito il bisogno di dare ai loro
concetti politici una forma ben definita sar soltanto quando quel popolo arriver ad
128

PG, p.387: Die Grenze ist immer ihrem Wesen nach vernderlich; si veda anche quanto affermato in A (pp.259260): lorigine di tutte queste aree la stessa, e risiede nel movimento ch proprio di ogni cosa vivente e che si
arresta, o pel mancare delle condizioni necessarie alla vita, come la foresta ad una certa altitudine nelle nostre
montagne, come luomo nelle aree ricoperte di nevi e di ghiacci delle regioni polari o sub polari, oppure per la
resistenza oppostagli da un movimento proveniente da altra direzione col quale esso sia venuto ad incontrasi Per
questo il confine per sua essenza mutevole. E ancora: Territorial growth is effected on the periphery of the state by
the displacement of the frontier (Ratzel, 1896, p.356).
129
Nessun popolo della terra risponde al mitico postulato di essersi generato sul suolo che esso occupa; ne consegue
che esso debba essere migrato e cresciuto Una propriet essenziale della vita dei popoli la mobilit ci che noi
chiamiamo movimento storico ci che gi Carlo Ritter ha riassunto nel concetto di vita storica e di evoluzione dei
popoli (Ratzel, 1905/7, pp.762 e 764). Sulla mobilit dei popoli e i rapporti con le zone di frontiera di veda anche
quanto affermato in A (pp.111-206).
130
PG, p.385: Der Grenzsaum ist das Wirkliche, die Grenzlinie die Abstraktion davon.
131
PG, p.385: die eine ruhende Bewegung abzeichnet, als ob sie einen Augenblick stehen geblieben wre.
132
Si vedano al riguardo PG, pp.398-402 e lanalisi che ne fanno P.Giuchonnet C.Raffestin (1974, pp.9, 21 e 29-38).
133
Un accenno ad una possibile influenza delle idee di F.J.Turner ne fa solo M.Foucher (1988, p.30). Influenza che
presumo non probabile in quanto il viaggio di F.Ratzel nel Nord America avvenne negli anni 1873-75 mentre
F.J.Turner lesse la sua relazione sulla frontiera americana al Congresso dellAmerican Historical Association solo nel
1893 e la pubblic in un volume nel 1920.
134
A, p.261: Immediatamente al di fuori della grande compatta area linguistica delle genti germaniche stanno le isole
linguistiche maggiori, pi oltre alcuni comuni tedeschi, e pi innanzi ancora si trovano soltanto degli sparsi individui
isolati Anche le incursioni dei popoli nomadi hanno la loro zona di confine, costituita allinterno dal limite della
massa compatta, allesterno da quello delle sue propaggini. E per per rappresentare tali confini non mai sufficiente
una linea unica, ma si richiedono un paio di linee, le quali vengono cos a racchiudere una striscia di confine; si veda
anche PG (pp.390-391).

45
organizzarsi in ente politico, o Stato, che riuscir a determinare e a difendere il proprio
confine135. Gli Stati poi hanno la tendenza a semplificare la zona di frontiera appoggiandosi ad
una linea di confine molto pi funzionale agli scopi pratici della politica: facile da
determinare, rappresentare e difendere ed tipica delle civilt pi evolute136.
Interessante anche la sua opinione nei confronti dei confini naturali che, non potendo
essere considerati una buona frontiera137, non possono assolvere la funzione di confini
politici. I confini naturali pongono solo il limite allecumene:
questo limite assoluto e separa le zone abitate dalluomo dagli spazi inabitati
[in quanto] la specie umana mostra che nulla, entro i limiti dellecumene, ha mai
potuto separare durevolmente i popoli138.
Nonostante la categorica chiarezza di simili posizioni molto spesso egli ne attenua la portata
in considerazione dellevoluzione della vita di un popolo associata alle caratteristiche dei suoi
confini naturali139. Da questo punto di vista essi hanno una fondamentale importanza per i
popoli non completamente sviluppati o, meglio, per gli Stati in via di formazione e questo
perch:
il confine unicamente lespressione del movimento esterno ossia dellincremento
etnico, il quale trae vigore dalla stessa sorgente di energia etnica che lincremento
interno (A, p.262)140.
In altri termini un popolo per formarsi ed uno Stato per svilupparsi producono una sorta di
energia etnica141 che viene utilizzata secondo due finalit. La prima, la pi importante, volta
verso linterno e consente di definire la struttura etnico-culturale che, tenendo in vita popolo o
Stato, e permette loro di esistere, prendere coscienza di s e definire il proprio spazio vitale.
un lavoro importante e vitale senza il quale il popolo o lo Stato non esistono. La seconda,
volta verso lesterno, sostiene quello sforzo politico-culturale-economico che permette di
mantenere prima ed ampliare poi lo spazio vitale, cos:

135

Le citazioni sono da A, pp.260 e 261.


PG, p.392: Die mathematische scharfe Bestimmung der Grenze gehrt nur der hchsten Kultur; si veda anche A
(pp.264-267).
137
PG, p.420: Die natrliche Grenze ist also nicht ohne weiteres auch eine gute Grenze. Di Gte einer Grenze hngt
ebenso wohl von der Art des Landes und von seinem Volke, als von seiner Lage ab. Ed anche A (pp.349-354 corsivo
dellautore): I fiumi non adempiono la funzione di confini [se non quando] costituiscono le linee di suddivisione di
vasti territori privi di limiti definiti [in ogni caso] posseggono una grande importanza nella storia delle guerre.
Solo le montagne ed il mare sono elementi di separazione abbastanza spiccati da poter costituire dei confini veri e
proprii. Ed ancora in F.Ratzel (1905/7, p.740: La geografia politica ha rinunziato allopinione che i fiumi siano
confini maturali; in realt essi sono pi importanti come vie.
138
PG, p.407: Diese Grenze ist absolut; sie sondert den Menschen vom zusammenhngend Menschenleeren Die
Menschheit zeigt, da nichts innerhalb der kumene die Vlker dauernd trennen konnte.
139
Si veda tutto il capitolo 18 di PG (pp.404-427) significativamente intitolato Die natrlichen Grenzen; sui confini si
veda lintera parte quarta di A (pp.259-313) mentre sulla funzione dei fiumi come confini si veda A (pp.349-352).
140
Posizione analoga viene espressa anche in PG, p.419: Irgendeine natrliche Grenze, die zugleicht eine nationalgleichartige Bevlkerung umschliet, wird dadurch wirksamer, da sie in dieser Einheitlichkeit eine Quelle von
politischer Kraft hervortreibt, die wieder der Grenze zugute kommt.
141
Nella sua sostanza questa energia etnica pu essere assimilabile a quel legame spirituale ed affettivo che lega
abitanti e suolo che egli utilizza nello spiegare la formazione di uno Stato; sotto questa forma forse possibile
comprendere il concetto di Raunsinn nellaccezione che ne fa J.Gottmann.
136

46
quanto maggiore il consumo che [dellenergia etnica] si fa pel primo dei due
movimenti, tanto meno ne resta disponibile pel secondo; e quanto pi il primo
perdura, tanto lentamente il secondo si compie (A, pp.262-263).
chiaro quindi che lesistenza di importanti confini naturali di estrema importanza per
definire lesistenza di un popolo, fortificare la posizione di uno Stato e favorire poi la lotta per
lo spazio142.
3.7 Conclusione.
Lopera

di

Ratzel

un

monumento

epistemologico,

sia

che

si

tratti

della

sua

Antropogeografia o della sua Geografia Politica143 e tutto il suo discorso sottende una
fortissima concezione nomotetica mirante a dare base teorica -con lAntropogeografia- agli
studi sui popoli ed ai loro movimenti/migrazioni e -con il suo Politische Geographie- al rapporto
tra il nascente Stato-Nazione ed il suolo/territorio. Inoltre mettendo luomo al centro della sua
antropogeografia riesce a ricostruire lunit della disciplina, che lo sviluppo delle scienze
sembrava aver compromesso, dimostrando come il geografo non sia legato solo alla
conoscenza naturalistica ma debba possedere anche unottima cultura storica, economica e
filosofica144.
Seguendo il pensiero darwiniano ed haeckeliano fu certamente un evoluzionistaorganicista:
sotto questo aspetto fu anche un determinista ma le sue posizioni non definiscono mai degli
a-priori ed i suoi testi sono sovrabbondati di esempi atti a spiegare come lo spazio (Raum) e la
posizione (Laghe) influenzino (non determinino) il destino storico dei popoli. Per lui, inoltre, il
genere umano rimane unico, non esistono razze pure stabilmente definite da elementi
genetici ereditari ed immutabili: fatto per lui inaccettabile data la sua posizione evoluzionista
organicista. vero che gli esseri umani evolvono differenziandosi sotto linflusso dellambiente
ma tutte le migrazioni, i traffici, i commerci e le conquiste, che si sono succedute nel corso
della storia, hanno mescolato i vari caratteri culturali e genetici145. Egli non ha mai affermato in
modo esplicito che lambiente determina automaticamente i vari popoli, Stati o civilt
sostenendo anzi che gli elementi culturali, materiali o spirituali, migrano compenetrandosi fra i

142

Interessante lesempio Riportato in A, p.263 (corsivo dellautore): I popoli isolani e peninsulari sogliono giungere
presto ad acquistare un carattere etnico e politico ben definito; ed questo uno dei dati di fatto fondamentali della storia
antica e moderna soprattutto della Grecia ed anche della Gran Bretagna, si suole troppo facilmente trascurare questo
concetto, del risparmio del lavoro esterno a profitto di quello interno.
143
C.Raffestin, 1983c, p.26. O.Marinelli (1905, p.126) cos concludeva il suo lungo articolo sulle opere di F.Ratzel: Lo
ripeto, il Ratzel piuttosto che imitato, deve essere seguito Lopera del Ratzel, per rifulgere in tutto il suo splendore,
non richiede che numerosi continuatori.
144
L.Raveneau (1891, p.347) nella sua prima lunga recensione nota come Son principal mrite est davoir rintgr
dans la gographie llment humaine. Par l il a donn cette science une orientation et une impulsion nouvelles. Si
vedano i necrologi di P.Vidal de la Blache (1904, p.467) in cui afferma: Rtablir dans la gographie llment
humainet reconstituer lunit de la science gographique e di J.Brunhes (1904, p.104) : Il est impossible de faire de
la bonne gographie humaine sans une forte culture historique, conomique et philosophique. chiaro che si tratta di
due necrologi sono per convinto che rispecchiano pienamente non solo il pensiero dei due autori ma anche, ed quello
che qui conta, il modo con cui veniva unanimemente considerato il fondamentale apporto di F.Ratzel alla fondazione
della moderna geografia. Si veda anche P.Claval, 1972, pp.55-57.
145
Come nota M.Korinman, 1990, p.40: lavance culturelle serait elle-mme fonction de lintensit et du brassage
dans les migrations.

47
vari popoli nel momento in cui questi vengono a contatto: una sorta di diffusionismo culturale
legato al succedersi delle incessanti migrazioni146. Solo il dato culturale trasforma un popolo in
una societ e poi in uno Stato permettendogli cos di diventare pi forte e pi grande. Lo
stesso dato culturale permette ai popoli non tanto di affrancarsi dalla natura ma di ridurre le
sue influenze accidentali:
si pu pertanto accettare come regola, che una gran parte dei progressi della
civilt sono ottenuti mediante un pi accorto sfruttamento delle condizioni
naturali La civilt indipendente dalla natura non nel senso di completo
affrancamento, bens nel senso di un collegamento pi molteplice, pi vasto e
meno imperioso [la cultura ci rende] pi indipendenti da talune sue [della natura]
manifestazioni o influenze accidentali perch sappiamo meglio trarne vantaggio
(A, pp.61-62).
Il testo pi noto e pi studiato stato sicuramente il suo Politische Geographie a cui deve la
sua fama di fondatore della moderna Geografia Politica. Un testo non indirizzato solamente ai
geografi ma pensato anche per gli uomini di governo147 che voleva dotati di quel senso
geografico che non dovrebbe mai fare difetto:
agli uomini di Stato prammatici e che caratterizza nazioni intere, a volte
dissimulato sotto il concetto di istinto despansione, di vocazione coloniale, o senso
innato di potere [che] potrebbe essere, se non appreso, almeno sviluppato e che
potrebbe dare un grande contributo alla comprensione ed alla giusta
interpretazione dei fatti e degli sviluppi storici e politici148.
Nel suo lavoro egli propone una teorica semplice e facilmente utilizzabile. Semplice in
quanto basata sullidea di Stato inteso come principio di convergenza interna del popolonazione e poi elemento di formidabile affermazione verso lesterno; facilmente utilizzabile
anche dal punto di vista politico in quanto fondata sui tre elementi territoriali di base:
posizione, dimensione e confini. Linnovazione radicale della sua analisi risiede non tanto nella
sua concezione dello Stato come organismo biologico vivente, che nasce si ingrandisce e
declina, ma nel fatto che analizza la vitalit di tale organismo dal punto di vista dellinterazione
tra un popolo (Volk) ed uno specifico suolo (Boden) visto, questultimo, nei suoi tre elementi
territoriali di base149. Concezioni queste assolutamente novative se raffrontate alla staticit
delle descrizioni di altri geografi o geografi-statistici.
146

Sullimportanza di F.Ratzel nel campo delletnologia si veda U.Bianchi (1971, pp.128-132) che evidenzia il suo
fondamentale contributo nellaver individuato il concetto di zone marginali utile per rendersi conto di come certe
civilt molto arcaiche abbiano potuto sopravvivere in certe parti periferiche o estreme dei continenti, fuori dalle grandi
vie seguite e conquistate dalle civilt pi giovani, pi dinamiche e demograficamente pi ricche (Bianchi, 1971,
p.131).
147
Su questa posizione si veda O.Marinelli (1903, p.272) e M.Korinman (1987, p.12); nella premessa (PG, p.IV)
F.Ratzel afferma infatti: questo libro non interesser solamente i geografi [dieses Buch werde nicht blo Geographen
interessieren].
148
PG, p.IV: ein geographischer Sinn den praktischen Staatsmnner nie gefehlt und zeichnet auch ganze Nationen
aus. Bei ihnen verbirgt er sich unter Namen wie Expansionstrieb, Kolonisationsgabe, angeborener Herrschergeist so
doch entwickelt werden kann, und da er viel zum Verstndnis und zur gerechten Beurteilung geschichtlicher und
politischer Verhltnisse und Entwicklungen beitragen wird.
149
Come nota lo stesso P.Vidal de la Blache (1898, pp.98-99): Il cherche grouper des faits et dgager des lois, afin
de mettre disposition de la gographie politique un fond dides sur lesquelles elle puisse vivre [vi sono certo]
quelques hsitations en prsence de propositions qui paraissent affecter une forme dogmatique [certamente per si]
admire ce trsor dobservations et de faits.

48
Certamente tutta la sua teorica era figlia del suo tempo il peso dello Zeitgeist, come nota
Claude Raffestin (1983c,p.29), non deve essere sottovalutato e risentiva non solo delle
influenze spenceriane, darwiniane ed hegeliane, ma anche del suo essere un tedesco della fine
dellOttocento150. Friedrich Ratzel era chiaramente filogermanico e probabilmente voleva anche
trovare una giustificazione teorica alla nascita, crescita ed affermazione del nuovo Stato
tedesco. In tutti i suoi lavori i riferimenti alla Germania non sono certo privi della [supposta]
neutralit del ricercatore151 e non sorprende certo il fatto che questo lavoro abbia segnato, per
molti autori dellinizio del Novecento e sicuramente contro la sua stessa volont, il principale
punto di partenza della nascita della Geopolitica, non solo tedesca.

150

Molto interessante , al riguardo, larticolo di M.Korinman (1983); sul ruolo di F.Ratzel e, in particolare, della
geografia tedesca nella definizione del nazionalismo tedesco di veda G.Sandner (1994).
151
Circa la posizione centrale della Germania, difficile da difendere perch priva di confini naturali contornata da
Stati avversi, afferma (PG, pp.219-220, corsivo mio): Gli Stati in questa posizione, come la Germania e lAustria
molto avvantaggiati dal punto di vista politico e poco da quello geografico, devono sovente rinunciare ad espandersi in
una direzione in quanto non sufficientemente coperti dallaltra Cos assalito da tutte le parti un popolo pu
conservarsi [libero] solo con una solida organizzazione, una profonda coscienza di s, con il suo lavoro, la sua
perseveranza, la sua vigilanza, la sua capacit e la sua rapidit di risposta. Ancora una simile posizione contribuir a
rendere agguerrito un popolo capace di mobilitarsi, mentre un popolo debole destinato a soccombere. La Germania
pu esistere solo se forte [Staaten von dieser Lage, wie Deutschland, viel mehr nur politische als geographische
Begriffe, oder sterreich, mssen in vielen Fllen ein Ausgreifen nach einer Seite hin unterlassen, weil die Deckung
nach der andern zu fehlte in diesem Andrngen von allen Seiten hlt nur eine starke Organisation, ein starkes
Bewutsein seine selbst, Arbeit, Ausdauer, Wachsamkeit, Schlagfertigkeit ein Volk sthlend, whrend ein schwaches
ihren Anforderungen Erliegt. Deutschland ist nur, wenn es stark ist].

49
4 La Geopolitica classica: le Concezioni Strategiche Globali.
Per la prima volta possiamo percepire qualcosa della reale
proporzione delle caratteristiche e degli avvenimenti sulla
scena mondiale, cercando una formula che esprima almeno
alcuni aspetti della causalit geografica nella storia universale.
Se saremo fortunati, tale formula avr un valore pratico,
poich permetter di vedere in prospettiva alcune delle forze
antagoniste nellattuale politica internazionale.
Halford John Mackinder, The Geographical Pivot of History,
p.299.

4.1 Premessa.
La base teorica delle varie Geopolitiche fortemente ancorata al pensiero di Friedrich
Ratzel. NellAntropogeografia si

propone di

spiegare le ragioni

della diffusione degli

insediamenti umani sulla Terra, interpretando le migrazioni dei popoli nellecumene e


laggregazione degli stessi in varie entit, dalla trib allo Stato, definenti i relativi spazi vitali.
Nel suo Politische Geographie restringe lattenzione al condizionamento territoriale degli Stati
le pi importanti organizzazioni umane sulla terra spostando lanalisi sui macrorapporti
esistenti tra questi ultimi ed i tre fondamentali elementi (posizione, spazio, confini) del loro
suolo. Loggetto di studio della geografia politica ratzeliana quindi lo Stato: non lo Stato
dinastico pre-moderno ma gli Stati-Nazione cui la geografia politica poteva/doveva fornire
strumenti di interpretazione per la loro politica territoriale152.
Il periodo entro cui tale teorica viene formulata e trova facile diffusione posto a cavallo tra
il XIX ed il XX secolo: un momento storico in cui gli Stati-Nazione cominciano ad esprimere la
loro aggressivit politica imponendo i loro valori153. Aggressivit che non viene pi motivata da
situazioni dinastiche ma sostanzialmente legata a forme sempre pi spinte di nazionalismo:
unideologia di massa di straordinaria potenza capace di veicolare, attraverso lidea di nazione
e di nazionalit, forme di egoismo nazionale sempre pi prevaricatrici154. Inoltre, nel 1871,
sulla scena europea si era affacciata una nuova e grande potenza politica, militare ed
economica: limpero tedesco. Per il quale, come nota Gino Luzzatto,
le vittorie del 70 e dopo di esse il progresso industriale hanno aperto dun tratto
lorizzonte della piccola Germania prussiana del 66 e han diffuso in strati sempre

152

Su questo si veda F.Farinelli (2000).


Un periodo in cui, come nota Z.Bauman (2007, p.141): la gerarchia di valori imposta al mondo governato
dallestremit nordoccidentale della penisola europea era cos salda e sostenuta da potenze cos smisuratamente
dominanti che per un paio di secoli essa rimase lorizzonte della visione del mondo. Sulla presa di coscienza politica
degli Stati europei si veda anche il saggio di D.Groh (1980).
154
Come nota E.J.Hobsbawm (1987, p.163). nel periodo che va dal 1880 al 1914 il nazionalismo ebbe un fortissimo
sviluppo, e il suo contenuto ideologico e politico si trasform a favore di quella espansione aggressiva del proprio
stato; sempre E.J.Hobsbawm (1991, pp.125-126) il nazionalismo etnico fu enormemente rafforzato Razza e
lingua venivano facilmente confuse e scambiate [cos per] razza e nazione labitudine di usarle pressoch come
sinonimi. Sul concetto di Nazione e Nazionalismi si vedano anche: G.Hermet (2000, in particolare alle pp.119-168);
E.J.Hobsbawm (1991, pp.119-153) e linteressante volumetto di F.Tuccari (2000).
153

50
pi larghi della popolazione un senso di terrore per la ristrettezza dei propri confini
nazionali155.
Le grandi trasformazioni industriali abbinate allo sviluppo tecnologico dei trasporti,
determinate dallutilizzo del vapore come forza motrice con la conseguente diffusione della
ferrovia e lavvento dei piroscafi ad elica, mutano i rapporti nei confronti dei grandi spazi
amplificando il ruolo delle materie prime accentuando cos le spinte colonialistiche. Stati Uniti e
Russia, i due grandi stati continentali, potevano facilmente espandersi -con la ferrovia- nei loro
enormi spazi interni vuoti. Per le potenze europee, prive di quei grandi spazi, lapertura del
Canale di Suez nel 1869 ed il sempre pi importante utilizzo del vapore per la navigazione
accentuarono quelle spinte colonialistiche mettendo le basi per una riorganizzazione del
controllo dei mari. Riorganizzazione sempre meno legata ai problemi del vento e sempre pi al
controllo dei punti chiave: isole e strozzature lungo le linee di comunicazioni marittime e
approdi connessi allo stoccaggio del combustibile. Dal punto di vista sociale la rivoluzione
industriale port da un lato il diffondersi di un relativo benessere e dallaltro accentu i conflitti
sociali spingendo i ceti proletari e le campagne verso un vasto movimento migratorio, complice
anche una diminuzione della mortalit legata alle migliorate pratiche igenico-sanitarie.
Stante queste situazioni abbastanza chiaro che gli intellettuali e le elite economicopolitiche cominciassero a farsi interpreti156 dellautocoscienza nazionale dei vari Stati157
interpretando la teorica ratzelliana sotto una luce funzionale allo spirito di potenza dello Statonazione. Ne nasce una nuova dottrina sulla valutazione dei rapporti Stato-territorio che va
sotto il nome di geopolitica. Questultima, fra le varie discipline nate a cavallo del XIX e XX
secolo che:
hanno avanzato la pretesa di essere riconosciute come scienza, forse quella che
si regge sulle basi pi malsicure (Portinaro, 1982, p.1).
4.2 Il termine Geopolitica.
Il termine Geopolitica venne coniato agli inizi del Novecento da Rudolf Kjelln (1846-1922),
un professore svedese di storia e scienze politiche, sicuramente conoscitore dei lavori di
Friedrich Ratzel, cui fa sempre riferimento per lelaborazione del suo pensiero158. Il suo
pensiero politico e la sua idea di geopolitica prendono forma, sostanzialmente, nei primi anni
del Novecento: il fatto che il suo concetto di geopolitica assuma un ruolo importante, per
linfluenza che esercita, solo nel 1914-1918 rivelatore del ruolo catalizzatore giocato dalla
guerra e dellinteresse che questa disciplina ha sempre assunto nelle guerre e nei periodi di

155

unaffermazione che G.Luzzatto (1918/19, p.VI) fa nella prefazione del libro di F.Naumann Mitteleuropa, un testo
base per la comprensione dellespansionismo tedesco. Sulla nascita della ideologia tedesca si veda N.Merker (1977).
Sul pangermanismo a cavallo fra il 1800 ed il 1900 si veda M.Korinman (1999).
156
Si usa qui in concetto di intellettuale interprete nellaccezione che ne fa Z.Bauman (2007).
157
Come nota E.J.Hobsbawm (1987, p.173): la nazione fu la nuova religione civica degli Stati un contrappeso a
coloro che facevano appello a vincoli di solidariet che scavalcavano la solidariet verso lo Stato: alla religione, alla
nazionalit o eticit non identificate con lo Stato.
158
Per unanalisi del pensiero e delle opere di R.Kjelln si rimanda C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur (1995, pp.77-102);
una sintesi ne fa J.OLoughlin (2000a, pp.179-183); si veda anche L.K.D.Kristof (1960, pp.22-26).

51
crisi internazionali159. Nel suo lavoro base Staten som lifsform (Lo stato come forma di vita),
uscito nel 1916 in Svezia e subito tradotto in tedesco160, egli la definisce come:
lo studio dello Stato considerato come organismo geografico o fenomeno spaziale,
cio come una regione, un territorio, uno spazio o, ancora pi esattamente, un
Reich161.
Una definizione un po neutra se non fosse per lultima parola Reich interpretabile come
impero, regno, dominio territoriale sul quale tutta la geopolitica ha basato il suo ambito di
riferimento.
La Geopolitica, pur derivando dalla Geografia Politica ratzeliana ed avendo lo stesso
oggetto di studio (lo Stato), se ne differenzia per le finalit. La Geografia Politica ratzeliana,
mirando a comprendere le leggi che governano lo sviluppo territoriale degli Stati, ha fornito un
preciso arsenale di concetti che la Geopolitica, ponendosi come supporto e motivazione
dellimperio di uno Stato, ha utilizzato per dare giustificazione teorica alle conquiste territoriali
e allesercizio del dominio sul territorio162. Il discorso geopolitico, cos come si venuto a porre
dalla fine del 1800 ai giorni nostri, divisibile in tre grandi articolazioni: la Geopolitica Classica,
la Geopolitica Critica e la Geopolitica Realista163. La prima, che prende origine sul finire del
1800 e si conclude con la fine della Seconda Guerra Mondiale, influenzata dalla logica di
conquista che ha permeato le due guerre mondiali mentre le altre due emergono nellultimo
ventennio del 1900, dopo un declino quasi un rifiuto della prima. La Geopolitica Critica nasce
negli ambienti accademici ed legata, in ambito nordamericano, alla Critical Geopolitics e, per
quanto riguarda lEuropa, alla sua riarticolazione da parte di Yves Lacoste e di Claude Raffestin
mentre la Geopolitica Realista legata allazione delle grandi Segreterie di Stato.
Nella geopolitica classica possibile individuare due grandi filoni: le Concezioni
Strategiche Globali e la Geopolitica di Propaganda. Per le prime si pu parlare di una sorta di
Geografia Politica Applicata prodotta da alcuni autori164 che, cercando di legittimare le politiche
di potenza nazionali connesse a ipotetiche condizioni geografiche effettive abbinate a
presunte opportunit o necessit storiche, gettarono le basi (pi o meno) concettuali della
Geopolitica di Propaganda, assolutamente a-scientifica mirante a dare un supporto alla volont
di conquista dei regimi nazi-fascisti.
159

Come in effetti notano C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur, 1995, p.79: mais quelle ne prend de limportance, par
linfluence exerce, quen 1914-1918, est rvlateur du rle de catalyseur de la guerre.
160
Limportanza di questo lavoro in ambito tedesco documentata dalle quattro edizioni che si susseguirono tra il 1917
ed il 1924.
161
R.Kjelln, 1917, p.46: Die Geopolitik ist die Lehre ber den Stadt als geographischen Organismus oder
Erscheinung in Raum: also der Staat als Land, Territorium, Gebiet oder, am ausgeprgtesten, als Reich.
162
Si vedano anche C.Raffestin (1989) e lanalisi che ne fa L.K.D.Kristof (1960, pp.33-37).
163
Si preferito avvicinarci alla terminologia usata da J.OLoughlin (2000b, pp. 15-16) in quanto la sua periodizzazione
apparsa meglio proposta nei termini dellevoluzione del pensiero geopolitico; quella definita da G.Tuathail (1998, p.
5) sembrata meno adatto in quanto molto pi connessa ai soli rapporti politici della disciplina. J.OLoughlin lega,
per, il termine geopolitica classica ad un periodo pi ristretto: fino la fine della I Guerra Mondiale. Qui invece lo si
estende fino alla II Guerra Mondiale in quanto, pur in un contesto storico diverso, i suoi concetti base [Stato-organismo,
Spazio Vitale, Heartland, opposizione tra potenze marittime e continentali] permangono sempre gli stessi. Occorre
ricordare per che le fasi individuate da J.OLoughlin (2000a) sono solo accennate nellintroduzione al suo Dizionario
ma non utilizzate allinterno del testo, dove si preferisce unanalisi delle varie geopolitiche nazionali.
164
Che C.Raffestin D.Lopreno I.Pasteur (1995, p.102) li collocano A la lisire de la gopolitique.

52
Le Concezioni Strategiche Globali si possono, a loro volta, articolare nella Geopolitica del
Mare, elaborata da Alfred Tayer Mahan (1840-1914) e dallo stesso Friedrich Ratzel165, e nei
Modelli Geopolitici Formali elaborati dallinglese Halford John Mackinder (1861-1947) e dallo
statunitense Nicholas John Spykman (1893-1943). Due concezioni che, abbandonando lo
scientismo dei primi dellOttocento, accampavano solo marginalmente delle velleit scientifiche
presentandosi sempre come dei progetti politici in grado di suggerire un concreto aiuto politico
alle decisioni dei vari Stati.

4.3 Le Concezioni Strategiche Globali.


Gli anni che vanno dalla seconda met del 1800 agli inizi del 1900 segnarono un periodo
storico in cui la prosperit economica, il progresso tecnico e la potenza militare dei grandi Stati
Nazione appariva pienamente definita e nelle elite al potere si faceva strada, con la voglia di
potenza e di conquista, un nuovo e forte desiderio di espansione coloniale166. La navigazione
non si presentava pi come unavventura per pochi ed il mare, stante lavvento del vapore e le
migliorate tecniche di navigazione, veniva sempre pi considerato unimportante via di
comunicazione da difendere o conquistare. Sulla scena mondiale si erano affacciate due nuove
potenze, gli Stati Uniti e la Germania, ed Alfred T. Mahan e Friedrich Ratzel si ponevano come
due intellettuali interpreti al servizio delle rispettive elite di governo offrendo loro una
riflessione sul ruolo e funzione della marina da guerra per il controllo del mare e del suo
dominio.
4.3.1 Il potere marittimo di Alfred Tayer Mahan.
Probabilmente il primo lavoro, basato sui legami tra le situazioni geografiche ed i problemi
politico-militari, che attir lattenzione del mondo politico e militare europeo di fine Ottocento
fu The Influence of Sea Power upon History 1660-1783 di Alfred T. Mahan167: lavoro
generalmente considerato uno dei punti di partenza della riflessione geografico-politica168. In
esso lautore, basandosi sullinterpretazione della storia navale, si muove dallanalisi della
posizione dello Stato e linterconnette con un notevole pragmatismo operativo al ruolo
dellazione combinata della Marina Commerciale e Militare nel garantire, con lespansione
coloniale ed il controllo delle vie di commercio marittime, la sicurezza politico-economica dello
Stato-Nazione. La sua preoccupazione principale riguardava la possibilit degli Stati Uniti,
stante la loro potenzialit in quanto si affacciano su due oceani ed hanno risorse di dimensione

165

A.T.Mahan e F.Ratzel non sono certamente etichettabili come geopolitici, nellaccezione che ne fanno sia C. Jean
(1995) che Y. Lacoste (1993/4), anche se, in particolare per A.T.Mahan si parlato di un suo forte ruolo come
precursore: si veda in particolare linteressante analisi che ne fa J.Sumida (1999).
166
Si veda E.J Hobsbawm (1987; 1991).
167
Ammiraglio della Marina Militare statunitense, insegn Storia e Tattica Navale al U.S. Naval War College di
Newport di cui divenne presidente.
168
Su questa posizione si vedano: L.Bonante (1979, p.410), P.P.Portinaro (1982, p.11), P.Moreau Defarges (1996,
p.34); C.Raffestin D.Lopreno L.Pasteur (1995, p.103). Come nota A.Flamigni (1994, p.5): Egli trov la storia navale
come un elenco di battaglie e la trasform in un argomento che era intimamente collegato con la politica estera e la
storia generale della nazione-stato.

53
continentale, di assumere il ruolo di potenza mondiale169 organizzando una forte flotta che
permettesse il domino del mare

170

. Ruolo che era allora limitato dallisolazionismo, dalla

mancanza di una forte flotta militare e dallo scarso coinvolgimento nella politica mondiale171.
Per il suo paese non si trattava di proporre mire espansionistiche ma di reali necessit legate,
come minimo, alla semplice difesa della sua influenza nellarea americana, derivante
dallapplicazione della Dottrina Monroe172. Se la Dottrina Monroe implicava lopposizione a
qualsiasi intervento europeo sul Nuovo Continente chiaro che per Alfred T. Mahan la
protezione del territorio americano passava per il controllo dei mari173. Questo richiedeva,
come strumento primario della difesa ed espressione del Sea Power degli Stati Uniti, lesistenza
di una forte marina da guerra.
Tutti i suoi lavori vogliono dimostrare come il Sea Power, dalle guerre puniche alle moderne
battaglie combattute con le navi a vapore, sia stato dimportanza fondamentale per qualsiasi
Stato che volesse mantenere integra la sua indipendenza politica ed economica. Di fatto per
egli non d mai una precisa definizione di potere marittimo174 anche se nel primo capitolo del
suo testo fondamentale175 ne definisce gli elementi base e le caratteristiche principali. Gli
elementi base su cui uno Stato deve poggiare il suo potere marittimo sono sostanzialmente
legati allesistenza di un commercio marittimo con una buona flotta mercantile, alla sua

169

Gli Stati Uniti nonostante una notevole superiorit originaria che deriva dalla loro compattezza geografica e dalle
immense risorse non sono preparati n intenzionati a far valere nel Mare Caraibico e nellAmerica Centrale
uninfluenza proporzionata allimportanza dei loro interessi. Non abbiamo unarmata e, quel ch peggio, non vogliamo
averla non abbiamo n ci curiamo molto davere difese le coste non abbiamo, come hanno le altre Potenze, stazioni
nel Mare Caraibico di pi non abbiamo nel golfo del Messico neppure una larva darsenale che possa servire come
base alle nostre operazioni (Mahan, 1904, p. 9).
170
Egli usa il termine Sea Power: interpretabile sia come dominio del mare sia come potere marittimo. Le due
traduzioni verranno qui utilizzate secondo il contesto di riferimento.
171
Lo Stato non pu, come non pu luomo, vivere da solo; non pu cio vivere [nell] isolamento politico, simile
allisolamento fisico (Mahan, 1904, p.107).
172
Negli anni in cui egli scrive si discute del taglio dellIstmo di Panama ed egli vede in ci un ritorno dellinfluenza
europea nellAmerica Centrale. Per questo, appoggiandosi alla Dottrina Monroe, considera di fondamentale importanza
il controllo dellIstmo e delleventuale canale ovunque venga fatto: si vedano il primo ed il terzo capitolo della sua
opera (1904, pp.1-19 e 41-72) significativamente titolati Gli Stati Uniti e la politica estera e lIstmo e il dominio
marittimo. Circa una sua interpretazione della Dottrina Monroe in senso interventista si veda A.T.Mahan (1904,
pp.100-107) in cui afferma Per la sicurezza duno Stato, ogni principio nazionale chiaramente affermato e fermamente
mantenuto deve non solo volersi, ma potersi sostenere efficacemente (p.105).
173
noi abbiano una lunga costa indifesa (Mahan, 1904, p.6).
174
Lunico accenno ad una definizione probabilmente questa: Domino del mare, col relativo commercio marittimo e
colla relativa supremazia navale, vuol dire vuol dire influenza predominante nel mondo, perch il mare il gran
medium di comunicazione della natura (Mahan, 1904, p.84). Egli era un marinaio e non certamente uno studioso
teoricamente impegnato: da qui il suo scarso interesse per lapprofondimento metodologico dei problemi sollevati dalla
ricerca. A questo riguardo occorre ribadire che il suo scopo principale, oltre a quello strategico legato alla sua funzione
di docente al U.S. Naval War College di Newport, era quello di spingere il Governo degli Stati Uniti a dotarsi di
unefficiente marina da guerra con funzioni non solo difensive. Compito questultimo svolto con molta efficacia:
bisogna pur convenire che, tanto in commercio quanto in guerra, la difesa passiva pure una gran povera politica
Gli Stati Uniti sono disposti a veder occupate da una Potenza rivale quelle numerose ed importanti posizioni nelle isole
e sul continente [da intendersi il Nord America] che ora sono tenute da stati deboli o instabili? Ma quale ragione
possono addurre essi contro un tale cambiamento di padrone? Una sola, quella di una ragionevole politica sostenuta
dalla forza. (Mahan, 1904, pp.12 e 14-15).
175
lunico capitolo a forte contenuto teorico di tutti i suoi lavori, titolato Discussione sugli elementi del potere
marittimo (Mahan, 1994, pp.61-121).

54
protezione mediante una potente flotta militare ed alla disponibilit di punti di controllo delle
rotte che, posti in posizione strategica, permettano il rifornimento e la difesa delle flotte176.
Stante questi elementi base che definiscono lesistenza stessa del potere marittimo egli
individua poi sei caratteristiche principali che ne condizionano lo sviluppo e le peculiarit: tre
relative ai dati fisici del territorio (la posizione geografica dello stato177; la conformazione fisica
della linea di costa178; lestensione del territorio statale179) e tre connesse alla situazione
demografico-politica (la numerosit della popolazione180; il carattere nazionale181; la volont
del Governo182). Le prime tre, legate alla struttura fisica dello Stato, diventano efficaci solo se
vi un interesse nel mare e un intelligente apprezzamento da parte della classe politica e
una certa quantit di popolazione abituata al mare183. una sorta di possibilismo ante
litteram in quanto per Alfred T. Mahan la struttura fisico-naturale di uno Stato pu esprimere
soltanto delle possibilit che vengono attivate solo ed esclusivamente quando vi una forte
volont politica mantenuta a lungo nella direzione del Sea Power.
Alfred T. Mahan sicuramente influenzato dal peso dello Zeitgeist del suo tempo184
connesso ad un forte eurocentrismo, se non proprio razzismo, da cui fa derivare la missione
176

A.T.Mahan, 1994, pp.61-64 : Il mare si presenta [come] una grande via di comunicazione [in cui i traffici] sono
sempre stati pi facili e meno costosi Ed aspirazione di ogni nazione che questi trasporti siano effettuati con proprie
navi. Queste devono avere porti sicuri ai quali fare ritorno e devono essere, per quanto possibile, protette dal loro paese
per tutto il viaggio La necessit di una marina militare nasce pertanto dallesistenza di un pacifico naviglio
mercantile [Inoltre] nel momento in cui una nazione si spinge con le sue navi mercantili e militari oltre le proprie
coste, avverte subito la necessit di punti dappoggio per rifugio e per rifornimento. [Cos per lInghilterra] nacque il
bisogno di basi lungo la rotta, come Capo di Buona Speranza, SantElena e le Mauritius, non principalmente per il
commercio, bens per la difesa e la guerra; nacque la necessit del possesso di luoghi come Gibilterra, Malta,
Louisburg, allingresso del golfo di San Lorenzo, luoghi il cui valore era principalmente strategico
177
Che corrisponde sostanzialmente allo stesso concetto espresso in modo pi generale da F.Ratzel. Per F Ratzel (1923,
pp.180-249; 1914, pp.209-227) la posizione (die Lage) , nella sua sostanza, un concetto intuitivo: rappresenta il
posto che uno Stato occupa sulla superficie terrestre. La sua importanza legata al fatto che essa, con tutti i suoi
elementi, lega una determinata societ o Stato ad un preciso territorio favorendo o meno il suo rapportarsi al resto del
mondo: la posizione una profonda costante del suolo terrestre che influenza tutti i movimenti della storia (Die
geographische Lage bezeichnet ein dem Erdboden angehriges Bestndige in der geschichtlichen Bewehrung 1923,
p.180). La sua importanza, per A.T.Mahan (1994, pp.64-70), legata al fatto che essa detta ad uno Stato delle precise
condizioni: vie dacqua interne ben connesse al mare, apertura verso pi mari con la possibilit di controllare rotte e
basi strategiche.
178
un paese con una estesa linea di costa, ma interamente priva di porti non avrebbe, di per s, alcun commercio
marittimo, n naviglio n Marina Militare [al contrario] porti numerosi e con buoni fondali sono fonte di forza e
ricchezza ma ci non conta nulla se non vi linteresse nel mare e un intelligente apprezzamento da parte della
classe politica (Mahan, 1994, pp.70 e 74).
179
Che corrisponde non solo alla lunghezza della sua linea di costa e alle caratteristiche dei suoi porti ma anche
allentit di una popolazione abituata al mare (Mahan, 1994, p.77).
180
Sostanzialmente il numero di gente che prende il mare o, per lo meno, che immediatamente disponibile per
limbarco e per la costruzione e la manutenzione del materiale navale (Mahan, 1994, pp.79-80).
181
In particolare la disposizione al commercio la caratteristica nazionale pi importante nello sviluppo del potere
marittimo (Mahan, 1994, p.87).
182
In pace: il governo, con la sua politica, pu favorire la crescita delle industrie e la tendenza del popolo a ricercare
avventura e profitto per mezzo del mare Per la guerra: linfluenza del governo sar sentita nel mantenere una
Marina da guerra di dimensioni adeguate alla crescita della Marina mercantile e allimportanza degli interessi ad essa
connessi (Mahan, 1994, p.115).
183
Sono affermazioni che, quasi unossessione, vengono spesso ripetute con pesanti critiche ai governi di Spagna,
Portogallo, Olanda e Francia nellanalizzare la loro posizione nei confronti della gestione del potere marittimo mentre
fa sostanziali apprezzamenti alla politica del Regno Unito ed auspica che gli Stati Uniti abbiano una volont politica
simile a quella inglese.
184
Si veda anche C.Raffestin D.Lopreno L.Pasteur (1995, pp.103-108).

55
civilizzatrice delloccidente185, ovviamente connessa al colonialismo apportatore di civilt e
ricchezza. Significativa la sua enfatizzazione del ruolo del Sea Power nel garantire non solo la
sicurezza di ciascuno Stato ma anche la sua prosperit economica connessa al sostegno
dellespansione coloniale e al conseguente svilupparsi del commercio: sicurezza e prosperit
che potevano essere garantite solo da una forte Marina Commerciale ben sostenuta da
unaltrettanto forte Marina Militare186.
Ma pi che questo egli fondamentalmente americano, marinaio e stratega che,
insegnando storia e tattica navale al U.S. Naval War College di Newport di Rhode Island, mira
a favorire la nascita di una potente marina da guerra statunitense187. Per questo egli mostra la
forte volont politica del Regno Unito volta al dominio dei mari e la contrappone
allinadeguatezza di Olanda, Spagna e, principalmente, della Francia di Luigi XIV e di
Napoleone188. Secondo il suo pensiero, il dominio degli oceani da parte degli inglesi costituisce
un modello da imitare e superare: il controllo dei fondamentali punti marittimi di passaggio
(Gibilterra, S. Elena, Citt del Capo, Cipro, Suez, Aden, Singapore) rappresenta il modo per
garantire la sicurezza dei collegamenti tra la Madre Patria e il suo impero coloniale189. Lintera
opera di Alfred T. Mahan , infatti, impregnata di ammirazione ed esaltazione nei riguardi dello
Sea Power inglese. Il suo scopo quello di tracciare un legame tra il passato, i fondamenti del
dominio mondiale britannico, ed il presente, gli Stati Uniti con le loro grandi potenzialit. Agli
Stati Uniti spettava il compito e la possibilit di mantenere e consolidare il dominio inglese sui
mari reincarnando i principi e il fondamento dellimpero marittimo anglosassone190.

185

La civilt della moderna Europa cresciuta allombra della Croce, e ci che vha di meglio in essa respira ancora lo
spirito del Crocefisso Molti popoli sono spinti a cercare nuove terre da occupare, nuovi spazi per espandersi e vivere.
Come ogni altra forza naturalesempre si visto una razza inferiore essere sospinta e scomparire innanzi allurto
persistente di una razza superiore Ogni popolo non ha il diritto inalienabile al possesso duna regione, quando esso
riesce di danno al mondo in generale, dei popoli vicini in particolare e talora anche dei suoi stessi membri Tutto
attorno a noi lotta: la lotta per la vita, la gara per la vita sono frasi cos familiari che il loro significato si presenta
evidente Qualsiasi episodio della lotta per il progresso umano si basa tuttora sullesercizio e sul continuato
mantenimento della forza fisica organizzata (Mahan, 1904, pp.155; 111; 112; 12;173; il corsivo dellautore).
186
Cos A.Flamigni sintetizza lo schema che definisce mercantilista di A.T.Mahan le colonie forniscono le materie
prime, la Marina mercantile le trasporta nella madrepatria, che le trasforma in prodotti finiti; la stessa Marina mercantile
li riesporta in altri paesi, producendo cos la ricchezza; il tutto dipende dalla Marina militare che ha bisogno di basi
oltremare, possibilmente nelle stesse colonie per difendere il traffico commerciale cos istaurato [e la Marina militare
lelemento chiave perch] senza di essa il ciclo pu essere interrotto ed il flusso di ricchezza passa al nuovo
dominatore del mare (Flamigni,1994, pp.6-7). Pi che di mercantilismo in senso stretto per A.T.Mahan si deve parlare,
a parer mio, di colbertismo data lenfasi che egli pone sul fatto che le materie prime non debbano essere lavorate nelle
colonie ma sul suolo nazionale.
187
Poich lobiettivo di questo studio di ricavare dalle lezioni della storia, considerazioni applicabili al proprio Paese
e alla propria Marina, opportuno domandarci fino a che punto la situazione degli Stati Uniti richieda lazione
governativa per la ricostruzione del loro potere marittimo (Mahan, 1994, p.116).
188
Buona parte della sua riflessione teorico-pratica legata allo studio degli antagonismi marittimi e coloniali tra
Francia e Regno Unito: si veda in particolare A.T.Mahan (1892), ma anche buona parte del suo The Influence of Sea
Power centrata sulla discussione delle battaglie navali inglesi e francesi.
189
Cos per gli Stati Uniti lo il controllo del Canale di Panama: Se questo fosse realizzato il Mar dei Caraibi
diventerebbe una delle maggiori linee di comunicazione mondiale Lubicazione degli Stati Uniti, relativamente a
questa rotta, assomiglier a quella dellInghilterra nei confronti della Manica e a quella dei Paesi del Mediterraneo nei
confronti di Suez (Mahan, 1994, p.69).
190
Il tutto inteso come una sorta di patriottismo di razza connesso alla famiglia che parla inglese come appunto
afferma A.T.Mahan: Quando cominceremo realmente a guardar fuori, e aver cura dei nostri doveri stenderemo le

56
Probabilmente per queste sue posizioni, ed in particolare per la sua accentuazione della
centralit del mare, che il suo testo teorico pi importante, The Influence of Sea Power upon
History, diventato la bibbia marinara di Tirpitz191 ed il punto di partenza delle riflessioni di
geografia-politica applicata sia di Friedrich Ratzel che di Halford J. Mackinder.

4.3.2 Friedrich Ratzel ed il controllo del mare.


La Germania non aveva grandi tradizioni marinare ma verso la fine del 1800,
probabilmente a motivo della sua espansione coloniale da cui prese avvio un considerevole
traffico marittimo, si dovette porre il problema della flotta da guerra192. Problema che tent
di risolvere lammiraglio Alfred von Tirpitz quando, nominato nel 1897 Segretario di Stato per
la Marina, present una prima legge che prevedeva cospicui finanziamenti per la costruzione di
una moderna e potente flotta da guerra. Per far approvare la legge egli mise in campo,
coadiuvato da influenti gruppi di pressione193, unintensa propaganda mirante a dimostrare
lassoluta necessit di quel tipo di flotta. Per questo reclut molti intellettuali194 fra i quali una
cospicua quota di professori universitari, i cosiddetti Flottenprofessoren195, che, con il prestigio
della loro posizione, si impegnarono a far accettare il programma di costruzione della flotta e,
indirettamente, a spingere verso la guerra con lInghilterra.
Con il libro Das Meer als Quelle der Vlkergrsse196 Friedrich Ratzel stato un importante
sostenitore della politica di Alfred von Tirpitz ed uno dei mentori dei Flottenprofessoren197. In

mani alla Gran Bretagna, provando che nellunit di sentimento fra le razze che parlano inglese, consiste la migliore
speranza dellumanit (Mahan, 1904, pp.174 e 175).
191
Sullimportanza di questo lavoro per la politica navale tedesca voluta dallAmmiraglio A. von Tirpitz si vedano:
J.R.Holmes (2004); U.H.Wheler (1981, p.173) che afferma: I libri di Mahan divennero, anche per espresso desiderio di
Guglielmo II, lettura obbligatoria per gli ufficiali di marina tedeschi. La Influence of Sea Power fu la bibbia marinara
di Tirpitz; mentre per E.Geoff (1980, p.71) per aiutare the announcement of Tirpitzs ambitious Navvy Bill, an
impressive campaign unfolded during the winter months of 1897-8: the Colonial Society held 173 lectures and
distributed 140.000 leaflets and pamphlets, including 2.000 copies of Mahan The Influence of Sea Power upon History.
192
Si vedano al riguardo P.Schiera (1987, pp.301-303) e G.Corni (1995, pp.116-124). Llite guglielmina riteneva che
una flotta dalle elevate capacit offensive avrebbe potuto fungere da leva nei confronti di Londra e indurla a
concessioni sul piano coloniale (Bordonaro, 2009, p.14)
193
Come nota G.Corni oltre al Kolonialgesellachaft e ai pangermanisti dellAlldeutscher Verband venne fondata la
Flottenverein unassociazione a cui aderirono decine di migliaia di cittadini, anche di modeste condizioni, convinti
dalla bont delle argomentazioni della propaganda (Corni, 1995, p.120).
194
Lo stesso M.Weber, come nota W.J.Momsen (1993, p.232), approv di tutto cuore, perlomeno nei suoi inizi, la
politica della flotta di Tirpitz, in cui vedeva uno strumento per far valere la politica del Reich.
195
Secondo T.Nipperdey (1993, p.599): an der von Tirpitz initiierten Flottenagitation haben sich 270
Flottenprofessoren beteiligt; inoltre, come aggiunge J.A.Moses (1969, p.51) quella lista does not include those who
took part indirectly, especially those who where members of the German Colonial Society. Sui rapporti tra i professori
universitari e la politica tedesca si vedano T.Nipperdey (1993, pp.590-601) e J.A.Moses (1969).
196
Libro prontamente tradotto in italiano nel 1906 col titolo Il mare origine e grandezza dei popoli. Sostanzialmente si
tratta di un rifacimento, in funzione della propaganda per la Kriegsmarine, di alcuni capitoli dellottava sezione del suo
Politische Geographie ed in particolare il capitolo XXII Das Meer und die Seevlker [Il mare ed i popoli marittimi].
Occorre considerare che il problema dei rapporti mare/terra sempre stato considerato importante da F.Ratzel che gli
dedica ben due sezioni del Politische Geographie la settima bergnge zwischen Land und Meer [La fascia di
contatto tra i continenti ed il mare] e lottava Die Welt des Wassers [Il mondo marittimo] per un totale di ben 96
pagine quasi un ottavo (16,1%) del totale.
197
Nella breve prefazione egli afferma: Le idee, qui espresse, sono state sviluppate pi minutamente in diversi luoghi
della mia Politische Geographie quando non vera ancora alcuna ardente questione per la flotta. Esse appaiono ora
opportune di guisa che il lettore sar costretto, alla fine, a condividere la mia convinzione ben fondata: dover la

57
quel testo Friedrich Ratzel sottolinea la grande differenza esistente fra il mare e la terra circa
i problemi connessi al controllo del territorio198. Gli spazi oceanici non sono facilmente
controllabili nel mare non vi sono n separazioni, n confini naturali199 ed attraverso questa
formidabile apertura che il mare d il vantaggio immenso di dominare la terra200. pur vero
che luomo una creatura terrestre che deve adattarsi al mare ma dagli infiniti orizzonti [del
mare che] si sviluppa il grande ardimento201.
Se sulla terra la conquista segue di solito la bandiera del commercio per il mare la
conquista ed il commercio vanno di pari passo e la forzatura del mercato giapponese ne la
prova lampante202. Lo stesso concetto di mare territoriale legato alla portata delle batterie
costiere non pi attuale in quanto, seguendo il pensiero di Alfred T. Mahan, prende sempre
pi importanza il controllo dei passaggi oceanici: il mancato controllo di questi comporta il
blocco del traffico203. La Germania corre questo rischio perch i passaggi dal Mare del Nord
verso lAtlantico sono controllati dagli inglesi cos soltanto una flotta da battaglia, che regga e
mantenga libero il Mare del Nord, assicurer i passaggi (F.Ratzel, 1906, p.34). Il controllo dei
passaggi, dei piccoli punti, anche lelemento chiave per lespansione coloniale. Questultima
passa, per sua natura, per il mare e per questo ha bisogno di una potente flotta il cui scopo
iniziale il controllo dei passaggi e dei punti di approdo. Se allinizio sufficiente solo un buon

Germania, cio, esser forte anche sul mare, per adempiere alla sua missione nel mondo. Nel suo Anthropogeographie
egli esclude nettamente il mare dallEcumene delluomo e nella sua Politische Geographie appare solo come uno spazio
da percorrere o attraversare: chiaro quindi lo scopo politico del testo scritto in esclusivo appoggio della politica in
favore della flotta. Sulle problematiche relative alla Politica del mare di F.Ratzel si vedano gli importanti lavori di
M.Korinman (1984; 1987, pp.40-45; 1990, pp.76-85; 1999, pp.185-202).
198
Uso qui lenunciato problemi connessi al controllo del territorio in quanto, a parer mio, per F.Ratzel, come per
A.T.Mahan, non possibile utilizzare lenunciato problemi geopolitici.
199
F.Ratzel, 1906, p.57; poi continua la grande unit del mare cancella le tendenze separatiste poich il mare uno
solo, anche il suo dominio tende al dominio della totalit ed il commercio marittimo ne segue lesempio, con tendenze
monopolizzatrici. Concetti che riprendono ed ampliano di molto laffermazione In der Natur des Meeres liegt weder
Absonderung noch Grenze (Ratzel, 1923, p.490).
200
F.Ratzel, 1906, p.11; pi avanti poi continua il mare, come massima manifestazione unificatrice, esprime i rapporti
dello spazio, molto pi nettamente che la terra il mare acuisce, e dilata nel tempo stesso, lo sguardo politico ed
economico. Sono affermazioni queste che ritroviamo, ampliate, anche nel suo Politische Geographie, pp.489-490: Un
grande Stato non si pu concepire senza una sua potenza marittima. Il controllo del mare implica la dominazione di
numerosi paesi anche se esso deriva da uno territorio poco esteso e debole per questo resta dipendente dalle vie
marittime. Da ci la sua grandezza e la sua debolezza [Ein wahrer Grostaat ohne Seemacht nicht mehr zu denken. Die
Beherrschung der See fhrt zur Herrschaft ber viele Lnder, wenn sie auch von einem engen und schwachen Lande
ausgegangen sein sollte; sie ist aber immer von dem Verkehr ber die Salzflut abhngig. Darin liegt ihre Gre und ihre
Gefahr].
201
E poi continua la preveggenza nello spirito e nel carattere dei popoli marittimi che nno essenzialmente contribuito
allingrandimento delle misure politiche Soltanto il mare pu allevare vere forze mondiali (Ratzel, 1906, p.39). Frasi
che sostanzialmente ricalcano laffermazione: con i suoi orizzonti infiniti conferisce, ai caratteri politici dei popoli
marittimi, audacia, resistenza e visione prospettica: tutto ci contribuisce enormemente allampliamento della scala
politica [Die Beherrschung des Meers trgt aus den endlosen Horizonten einen groen Zug von Khnheit, Ausdauer
und Fernblick in den politischen Charakter der Seevlker hinein. Sie haben am wesentlichsten beitragen zur
Vergrerung der politischen Mastbe. Die enge territoriale Politik ist ihrem Wesen nach kurzsichtig; das weite Meer
erweitert den Blick nicht blo des Kaufmanns, sonder auch des Staatsmannes] (Ratzel, 1923, p.510).
202
Il commercio non segue la bandiera e la bandiera non segue lui, esso va con la bandiera. Il primo bastimento di
commercio deve essere armatocome nel 1854 e nel 1864 nel Giappone (Ratzel, 1906, p.43).
203
Angusti passaggi, ove larrivo e la partenza delle navi possono essere sorvegliati da cannoni costieri: qui cessa
totalmente la libert dei mari ogni perturbazione alla stabilit del suo possesso nel Canale di Suez o nello stretto di
Gibilterra quasi cos sensibile per lo stato britannico, come una perdita nello stesso Canale della Manica.

58
fondo per lancoraggio od un pezzo di terra asciutto per depositi di carbone e di provvigioni e
per le cisterne 204 poi chiaro che questo si trasforma in conquista di ampi territori in quanto
sono le potenze che dominano il mare che monopolizzano il commercio oltremarino e
guadagnano prestamente in estensione (F.Ratzel, 1906, p.72).
Il mare, stante lo sviluppo della moderna flotta i cui movimenti non sono pi legati alle sole
forze della natura, sar sempre pi importante per il dominio mondiale: flotta ed esercito
dovranno sempre pi integrarsi205. il mare che d una visione panoramica globale in quanto
il suo dominio che porta, pena la decadenza, a considerare il mondo intero: soltanto il mare
pu allevare vere forze mondiali206.
pur vero che sono sempre esistiti grandi Stati senza dominio marittimo207 ed altri con una
forte potenza marittima208 ma ora solo lazione combinata del domino marittimo e di quello
terrestre che definisce una vera potenza:
se si chiedono degli effetti duraturi, questi poggiano soltanto sulla supremazia in
terra, supremazia che stata acquistata e mantenuta mediante la potenza
marittima209.
4.4.

I Modelli Geopolitici Formali.

Il suolo considerato come ambiente le cui influenze indirizzano lo sviluppo di un popolo o


di uno Stato o il territorio considerato come struttura complessa erano sempre stati pensati
come delle precise entit concrete che presentavano delle inequivocabili caratteristiche storicomateriali riferibili alloperato delle societ umane e ai dati naturali presenti. La loro
trasformazione, come nota Raimond Aron, a mero teatro delle azioni politiche con una
fortissima semplificazione dei loro contenuti materiali per diventare un ambito astratto allo

204

F.Ratzel, 1906, p.59, e poi prosegue: da ci ecco limpercettibile e semplice fatto del primo annidarsi su una costa
straniera, e lo stupire del mondo per il rapido estendersi, qualora divenga visibile la rete che lega i piccoli punti isolati
in quanto (p.60) il dominio del mare si pu assomigliare ad un albero che, da un debole germoglio, si propagato
sempre maggiore e pi robusto e questo perch (p.64) il possesso della terra tocca necessariamente ad una Potenza
marittima, che abbia proseguito costantemente le sue vie.
205
F.Ratzel, 1906, p.73: Dacch un grande stato senza interessi mondiali divenuto inconcepibile, non pi da
pensarsi un vero e grande Stato, senza potenza marittima. Le flotte diverranno altrettanto necessarie come gli eserciti.
206
F.Ratzel, 1906, p.39; che, qualche riga prima, afferma: Dagli infiniti orizzonti si sviluppa il grande ardimento, la
preveggenza nello spirito e nel carattere dei popoli marittimi che nno essenzialmente contribuito allingrandimento
delle misure politiche. Interessante notare che proprio con questo argomento, lestensione planetaria della logica
marittima (commercio, guerra o conquista), motiva la caduta di Venezia, arroccata e chiusa nel Mediterraneo: sulla
decadenza di Venezia ag pi profondamente la scarsa conoscenza della navigazione oceanica, cosicch naturalmente
essa rest troppo indietro dei popoli atlantici nellarte di costruir le navi (Ratzel, 1906, p.19).
207
Non mancano popoli, che vivono lontani dal mare, che hanno creato civilt e costituito Stati, La storia dellEgitto e
della Cina non in alcun modo senza glorie. Ma al suo monotono corso mancano i contrasti viventi e presto questo
sarena; quasi due anni prima della sconfitta dei Boeri afferma E sar ora considerato dappertutto, come argomento di
unanormale e forse fatale miopia politica, il non aver saputo le due Repubbliche dei Boeri assicurarsi alcuna costa
marittima; la stessa Francia rimase tuttavia Potenza troppo terrestre per diventare Potenza Marittima (Ratzel, 1906,
pp.51; 62 e 63).
208
Questo si pu agevolmente comprendere dalla grandezza del domino di Roma, della Spagna, dellInghilterra
(Ratzel, 1906, p.56).
209
F.Ratzel, 1906, p.56. Qualche pagina prima afferma: la Potenza terrestre si sviluppa lentamente; al contrario, la
Potenza marittima si sottomette mezzo mondo, mentre quella allunga la mano soltanto ad una provincia confinante
lunghe guerre terrestri saranno evitate e si ricercher il successo piuttosto nella pronta occupazione di importanti punti
costieri (Ratzel, 1906, pp.53 e 54).

59
scopo di trarre previsioni o ideologie da una lettura geografica della storia universale
(R.Aron, 1970, pp.232 e 240, corsivo dellautore) sicuramente legato al pensiero di Halford
John Mackinder e successivamente a quello di Nicholas John Spykman.
4.4.1. Gli schemi di Halford John Mackinder.
Halford J. Mackinder210 importante e complessa figura di intellettuale inglese geografo,
economista, esploratore, diplomatico e uomo politico stato uno dei migliori figli dellera
vittoriana: di quellInghilterra al culmine della sua potenza, padrona dei mari e signora di un
vastissimo impero coloniale, quando sembrava che fosse nellordine naturale delle cose che il
Regno Unito dovesse dominare i mari211. Egli, sebbene considerasse tutto ci un indiscutibile
assioma, fu sicuramente anche uno dei primi a scorgere i pericoli per limpero inglese. Pericoli
legati non tanto agli sviluppi della marineria statunitense212 quanto alla politica della Germania
guglielmina213 con loperato dellammiraglio Alfred von Tirpitz214 ed il progetto della ferrovia
Berlino-Bagdad215 visto come un preciso disegno mirante ad interferire con la politica inglese
nel Golfo Persico e quindi nellOceano Indiano216.
La sua concezione della geografia come scienza unitaria stata chiaramente definita nella
relazione esposta nel 1887, lanno stesso in cui divenne il primo Reader in Geography ad

210

Nel 1887 divenne professore ufficiale di Geografia ad Oxford e due anni dopo fond la Oxford School of
Geography; dal 1903 al 1908 fu rettore della London School of Economics and Political Science; sua la prima ascesa
del 1899 sul Monte Kenya; fu Alto Commissario britannico in Russia nel 1919/20; deputato alla Camera dei Comuni
dal 1910 al 1922; presiedette molti Comitati Imperiali. Per una sua approfondita biografia si veda B.W.Blouet (1987) e
R.E.Dickinson (1976b). In italiano si possono consultare P.Mareau Defarges (1996, pp.36-38) e J.OLoughlin (2000a,
pp.193-195).
211
Come H.J.Mackinder (1962a, p.56) affermava, in modo pi esteso: It vas a proud and lucrative position, and
seemed so secure that the mid-Victorian folk thought it almost in the natural order of things that insular Britain should
rule the seas.
212
Un accenno si trova H.J.Mackinder (1994, p.173) Anche gli Stati Uniti stavano rapidamente assurgendo al rango di
grande potenza. Un riferimento allo schema di A.T. Mahan si trova in H.J. Mackinder (1904, pp.432-433) quando ne
riassume brevemente il pensiero chiave, adattandolo alle sue concezioni: The one and continuous ocean enveloping the
divided and insular lands is, of course, the geographical condition of ultimate unity in the command of the sea, and of
whole theory of modern naval strategy and policy as expounded by such writers as Captain Mahan. Una seconda
analisi si trova in H.J.Mackinder (1962a, pp.28-30).
213
Problemi che nascono con Bismark definito the Napoleon of the Prussian ma continuano con the Kaiser
Wilhelm: si veda H.J.Mackinder (1962a, pp.16-27)
214
Una chiara indicazione si ha in H.J.Mackinder (1994, p.173) trentanni dopo, alla fine del secolo, von Tirpitz
intraprese la costruzione di una flotta dalto mare tedesca la mossa intrapresa dalla Germania significava che la
nazione che gi disponeva della superiorit militare terrestre e che occupava la posizione strategica centrale in Europa
stava per dotarsi anche di una potenza navale sufficientemente forte da neutralizzare quella britannica. Come nota
G.Corni (1995, p.121) la minaccia di una grande flotta da guerra tedesca suscit in Gran Bretagna forti
preoccupazioni; una ventata di nazionalismo radicale si diffuse e la politica britannica fu spinta anche per questa
ragione a uscire dal suo isolamento.
215
Progetto, mai completato, che la Gran Bretagna vedeva come una minaccia per la via alle Indie (Corni, 1995,
p.122) si veda anche E.Obst (1927, pp.94-95). Come nota H.J.Mackinder (1962a, p.21) Berlin-Bagdad, Berlin-Herat,
Berlin-Pekin not heard as mere words, but visualized on the mental relief map- involve for most Anglo-Saxons a new
mode of thought, lately and imperfectly introduced among us by the rough maps of the newspapers. Circa i programmi
ferroviari della Germania guglielmina riguardanti la ferrovia Berlino-Bagdad, con le relative problematiche
diplomatiche e finanziarie, si veda linteressante analisi che ne fa M.Korinman (1999, pp. 78-184).
216
Circa il contesto politico-diplomatico in cui si pone lopera di H.J.Mackinder si veda P.Venier (2005).

60
Oxford, alla Royal Geographical Society217. Secondo il suo pensiero la geografia, pur essendo
una scienza unitaria, si presentava come un sapere complesso, articolato in pi branche, in
grado di rispondere a vari quesiti: il perch di un dato territoriale sarebbe stato spiegato
dalla fisiografia, il dove dalla topografia, il perch li dalla geografia fisica e come
interagisce con luomo nella societ dalla geografia politica218. Fra le varie branche quella pi
importante, quella su cui egli basa buona parte dei suoi lavori pi autorevoli, era la geografia
politica che, appoggiandosi alla geografia fisica, aveva la capacit di individuare e dimostrare le
relazioni esistenti tra luomo, membro di una societ, e il proprio ambiente219.
Halford J. Mackinder per conosciuto soprattutto per teoria dellHertland, la teoria del
nucleo centrale, probabilmente il pi famoso prodotto intellettuale della geografia politica poi
fatto proprio da tutti i geopolitici220. Il valore geopolitico di questa teoria legato al fatto che
con essa possibile interpretare il territorio non pi come una struttura concreta e complessa
ma come un ambito astratto analizzabile sotto un duplice aspetto: da un lato rappresenta lo
scacchiere su cui si impostano le operazioni diplomatico-strategiche miranti alla sua conquista
o controllo e dallaltro diventa, contemporaneamente, la posta in gioco da conquistare.
Discussa per la prima volta nel 1904 (casualmente anche lanno della morte di Friedrich Ratzel)
con il saggio The geographical pivot of history221, stata sostanzialmente definita nel 1919,
alla fine della Prima Guerra Mondiale, nel libro Democratic Ideals and Reality e rilanciata in The
Round World and the Winning of the Peace, pubblicato nel 1943 alla fine della Seconda,
considerato il testamento delle sue riflessioni geopolitiche. Si tratta di uno schema teorico
elaborato e perfezionato nellarco di un quarantennio che, pur rispondendo a un preciso intento
di salvaguardia e conservazione dellImpero Britannico, venne sicuramente utilizzato anche da
Karl E. Haushofer e probabilmente forn la base teorica alla logica della Guerra Fredda di
questo secondo dopo guerra.
Lefficienza delle argomentazioni di Halford J. Mackinder era legata alla sua capacit di
associare al territorio/scacchiere alcuni semplici schemi interpretativi che, correlando e

217

Are physical and political geography two stages of one investigation, or are they separate subjects to be studied by
different methods, the one an appendix of geology, the other of history? In effetti continua: Physical geography has
usually been-undertaken by those already burdened with geology political geography by those laden with history. We
have yet to see the man who taking up the central, the geographical position, shall look equally on such parts of science
and such parts of history as are pertinent to his inquiry. Knowledge is, after all, one, but the extreme specialism of the
present day seems to hide the fact from a certain class of minds Per questo secondo lui la geografia : the science
whose main function is to trace the interaction of man in society and so much of his environment as varies locally. O
meglio, come precisa nella discussione finale: It is science of distribution, the science, that is, which traces the
arrangement of things in general on the earths surface (H.J.Mackinder, 1887, pp.142-145 e 160).
218
Physiography asks of a given feature, Why is it? Topography, Where is it? Physical geography, Why is it
there? Political geography, How does it act on man in society, and how does he react on it? (H.J.Mackinder, 1887,
p.147).
219
The function of political geography is to detect and demonstrate the relations subsisting between man in society and
so much of his environment as varies locally (H.J.Mackinder, 1887, p.144).
220
Uninteressante analisi del pensiero di H.J.Mackinder si trova in R.Aron (1970).
221
Il saggio, prima di essere pubblicato sul Geographical Journal, stato presentato e discusso il primo gennaio 1904
nella prestigiosa sede della Royal Geographical Society ed in quelloccasione H.J.Mackinder pronuncia uno dei pi
famosi discorsi geografici che la storia ricordi (C.Minca L.Bialasiewicz, 2004, p.152).

61
combinando situazioni storiche con dati territoriali basilari222, fossero capaci di interpretare e
spiegare le logiche di conquista storicamente definite e quindi atti a far vedere in prospettiva
alcune delle forze antagoniste nellattuale politica internazionale223. In altri termini egli,
tracciando una correlazione tra le pi grandi generalizzazioni geografiche e storiche, voleva
definire una formula che esprimesse alcuni aspetti della causalit geografica nella storia
universale224. Una formula molto semplice e facilmente utilizzabile, che potesse dare delle
precise soluzioni politicamente gestibili: una formula geografica nella quale possa trovar
spazio qualunque equilibrio politico225. O meglio, come afferma nel suo ultimo lavoro, una
struttura interpretativa dimpostazione nettamente realista capace di:
tracciare una linea di demarcazione ben netta tra disegni idealistici e, invece,
mappe realistiche ed erudite che presentino concetti politici, economici, strategici
e cos via basati sul riconoscimento di realt che non si possono modificare (H.J.
Mackinder, 1994, p.179).
Il punto di partenza delle schematizzazioni di Halford J. Mackinder era rappresentato da
due concetti geografici chiave: lesistenza, sempre pi importante e marcata, di un unico
sistema mondo e del dualismo terra/mare. Linterazione del sistema mondo e lopposizione
tra le potenze continentali e marittime era fortemente connessa, nella sua evoluzione, ad un
elemento storico: lo sviluppo della tecnologia, in particolare quella legata alla mobilit, fattore
di mutamento nei rapporti fra le potenze continentali e quelle marittime per il controllo del
sistema mondo226.
Il Pianeta sostanzialmente composto di spazi marittimi che ne coprono i nove dodicesimi
e costituiscono il grande Oceano Mondiale227. Gli altri tre dodicesimi sono le terre emerse: due
di questi sono definiti dal Vecchio Continente formato da Europa, Asia e Africa, mentre lultimo
dato dalle Americhe con lAustralia e le isole minori. In questo quadro egli collocava la sua
Pivot Area (regione perno) meglio precisata, nei suoi scritti successivi, come Heartland (cuore

222

H.J.Mackinder, 1904, p.422: I propose describing those physical features of the world which I believe to have
been most coercive of human action, and presenting some of the chief phases of history as organically connected with
them, even in the ages when they were unknown to geography. My aim will not be to discuss the influence of this or
that kind of feature, or yet to make a study in regional geography, but rather to exhibit human history as part of the life
of the world organism. I recognize that I can only arrive at one aspect of the truth, and I have no wish to stray into
excessive materialism. Man and not nature initiates, but nature in large measure controls.
223
H.J.Mackinder, 1904, p.422 as setting into perspective some of the competing forces in current international
politics.
224
H.J.Mackinder, 1904, p.422, It appears to me, therefore, that in the present decade we are for the first time in a
position to attempt, with some degree of completeness, a correlation between the larger geographical and the larger
historical generalizations. For the first time we can perceive something of the real proportion of features and events on
the stage of the whole world, and may seek a formula which shall express certain aspects, at any rate, of geographical
causation in universal history.
225
H.J.Mackinder, 1904, p.443, My aim is not to predict a great future for this or that country, but to make a
geographical formula into which you could fit any political balance. Il termine formula viene sempre usato nel testo
ogni qualvolta egli fa riferimento alla sua interpretazione della causalit geografica nella storia universale e ricorre
per ben 4 volte nelle due pagine del suo intervento conclusivo il dibattito finale (Mackinder, 1904, p.442-443).
226
Si vedano P.J.Hugill (2005) e F.Bordonaro (2009, pp. 52-60).
227
H.J.Mackinder, 1904, pp.432-433: The one and continuous ocean enveloping the divided and insular lands is, of
course, the geographical condition of ultimate unity in the command of the sea, and of the whole theory of modern
naval strategy and policy as expounded by such writers as Captain Mahan and Mr. Spencer Wilkinson.

62
della terra). Questo cuore della terra, dominato dalle forze terrestri, circondato nella sua
parte meridionale da una sorta di struttura cuscinetto la mezzaluna interna (inner or marginal
crescent), composta dagli stati della vecchia Europa con la Turchia lIndia e la Cina, che si
frappone alla mezzaluna esterna (outer or insular crescent) che raggruppa la Gran Bretagna,
gli USA, il Canad, lAustralia ed il Giappone, stati dove domina la forza marittima.

LHeartland, la regione perno, lelemento centrale del suo schematismo ed formato


dalla:
parte settentrionale e interna dellEurasia. Essa si estense dalla costa dellArtico
fino ai deserti centrali, e ha come confine occidentale lampio istmo tra il Baltico e il
Mar Nero. Questo concetto non ammette una definizione precisa sulla carta, poich
esso si basa su tre diversi aspetti della geografia fisica (H.J. Mackinder, 1994,
p.178).
LHeartland, questa cittadella della potenza terrestre nella parte continentale del mondo
quindi caratterizzata da tre dati fisici che si combinano senza coincidere con esattezza: la pi
vasta pianura dellintero pianeta che comprende il grande bassopiano settentrionale dellAsia
con le steppe russe per poi continuare nel cuore agricolo dellOccidente attraverso Germania,
Olanda, Belgio e Francia; pianura attraversata da alcuni grandi fiumi navigabili ma privi di
sbocco sul mare aperto e, per ultimo, unimmensa zona di pascolo che ha permesso ai

63
nomadi una perfetta mobilit228. In conclusione una grande struttura fisica sostanzialmente
omogenea che, senza sbocco nei mari aperti e preclusa agli interventi delle potenze marittime,
non ha permesso ai popoli che la abitano di avere una mobilit marittima e quindi di dare
origine ad una potenza marittima. Ha favorito per un altro tipo di mobilit: il nomadismo con
la possibilit di dar origine ad una potenza terrestre.
La schematizzazione iniziale di Halford J. Mackinder, che parte dalla contrapposizione tra la
vecchia Europa agricolo-stanziale e la grande mobilit delle orde nomadi delle steppe
euroasiatiche, sintetizzabile nella precisa formula geografica:
lEuropa e la sua storia[debbono essere considerate] come dipendenti dallAsia
e dalla storia di questo grande continente, poich la civilt europea , in senso
letterale, il risultato della secolare lotta contro linvasione asiatica (Mackinder,
1904, p.423).
Roma aveva arginato le invasioni con la funzione unificante della sua potente organizzazione
politico-miltare rendendo mobile la potenza delle sue legioni per mezzo delle strade. Crollato il
suo sistema di potere una serie di popolazioni a cavallo irruppe dallAsia attraverso lampio
passaggio tra i Monti Urali e il Mar Caspio229. il grande martello asiatico che, attraverso un
branco di spietati uomini a cavallo, si abbattuto come un maglio sulle popolazioni europee
influenzandone la storia e la civilt e questo non solo per i popoli della Vecchia Europa perch
Russia, Persia, India e Cina furono rette da dinastie mongole o ne divennero tributarie230.
La velocit di spostamento e la capacit di controllo del vasto territorio steppico da parte
dei nomadi, legati agli spostamenti a cavallo e su cammello, era molto limitata dalla mancanza
di strade ed aveva un preciso confine nella foresta e nelle montagne. Ora, per, con la
costruzione della ferrovia Transiberiana le strade ferrate transcontinentali stanno mutando le
condizioni della potenza terrestre (Mackinder, 1904, p.434). Nella vasta steppa euroasiatica le
ferrovie, data la loro velocit, diventeranno estremamente efficaci nel controllo e conquista del
territorio se abbinate ad una potenza statale con una struttura politico-miltare efficiente.
La sua formula geografica lo porta a concludere che se il cuore della terra viene controllato
da una forte potenza terrestre con mire oceaniche (la Germania si allea o conquista la Russia
oppure il Giappone si allea o conquista la Cina) ci sarebbe una rottura dellequilibrio di potere a
favore di questa nuova potenza terrestre-marittima. Questo si risolverebbe nella sua
espansione sulle terre periferiche dellEurasia e permetterebbe limpiego di vaste risorse

228

Le citazioni sono tutte prese da H.J.Mackinder, 1994, pp.178 e 175.


H.J.Mackinder, 1904, p.427: For a thousand years a series of horse-riding peoples emerged from Asia through the
broad interval between the Ural mountains and the Caspian sea, rode through the open spaces of southern Russia, and
struck home into Hungary in the very heart of the European peninsula, shaping by the necessity of opposing them the
history of each of the great peoples around-the Russians, the Germans, the French, the Italians, and the Byzantine
Greeks.
230
H.J.Mackinder, 1904, p.427: Such was the harvest of results produced by a cloud of ruthless and idealess horsemen
sweeping over the unimpeded plain -a blow, as it were, from the great Asiatic hammer striking freely through the vacant
space. E poi continua (p.430): Thus it happened that in this typical and well-recorded instance, all the settled margins
of the Old World sooner or later felt the expansive force of mobile power originating in the steppe. Russia, Persia,
India, and China were either made tributary, or received Mongol dynasties. Even the incipient power of the Turks in
Asia Minor was struck down for half a century.
229

64
continentali per la costruzione di flotte, con la conseguente possibilit di conquistare il dominio
del mondo231. In altri termini se la grande potenza economica, industriale e politica della
Germania potesse controllare gli spazi siberiani e le ricchezze della Russia Europea potrebbe
conquistare alcune regioni periferiche della mezzaluna interna: tutto ci le permetterebbe di
dotarsi di una forte flotta oceanica necessaria al dominio del mondo. Per evitare questo la Gran
Bretagna dovr agire sulla regione periferica mantenendovi lequilibrio di potenza rispetto alle
forze interne espansive (Mackinder, 1904, p.443). Ovviamente il futuro del mondo dipender
dal mantenimento di questo equilibrio. Ne consegue che nel lungo periodo:
sar inevitabile lesistenza di due domin economici differenti, uno basato
principalmente sul mare e laltro sul cuore del continente e sulle ferrovie
(Mackinder, 1904, p.442).
Nel suo lavoro Democratic Ideals and Reality. A Study in the Politics of Reconstruction232
pubblicato nel 1919, alla fine della I Guerra Mondiale, egli riprende lo schema dellHeartland e
lo completa ampliandolo con il concetto della World Island (lisola mondiale). LEuropa, lAsia e
lAfrica formano un unico blocco continentale che definisce appunto World Island233: unisola
mondiale contornata dalloceano e circondata da potenze marittime. Una potenza continentale
che possedesse una base continentale cos grande e ricca come lisola mondiale e controllasse
tutte le sue basi marittime, potrebbe dotarsi di una flotta capace di escludere dal proprio
territorio le potenze marittime e cos dominare lintero pianeta: sarebbe lultima minaccia per
la libert del mondo234. La contrapposizione, suggerisce Halford J. Mackinder, sempre stata
tra le potenze marittime portatrici di libert e le potenze continentali portatrici di oppressione:
questo il senso preciso delle sue schematizzazioni cos ben espresso dal motto che, pensato
come uno slogan235, chiaro, preciso e facile da ricordare:
Chi governa lEuropa Orientale, domina lHeartland
Chi governa lHeartland, domina la World Island
Chi governa la World Island, domina il mondo.236

231

H.J.Mackinder, 1904, p.436: The oversetting of the balance of power in favour of the pivot state, resulting in its
expansion over the marginal lands of Euro-Asia, would permit of the use of vast continental resources for fleet-building,
and the empire of the world would then be in sight.
232
Il testo stato poi ristampato nel 1962 col titolo Democratic Ideals and Reality. With additional papers.
233
H.J.Mackinder, 1962, p.62: The joint continent of Europe, Asia, and Africa, is now effectively, and not merely
theoretically, an island. Now and again, lest we forget, let us call it the World-Island in what follows.
234
H.J.Mackinder, 1962, p.70: What if the Great Continent, the whole World-Island or a large part of it, were at some
future time to become a single and united base of sea-power? ... Ought we not to recognize that, that is the great
ultimate threat to the worlds liberty so far as strategy is concerned, and to provide against it in our new political
system?
235
Che sia pensata come uno slogan chiaramente espresso dalle righe che la precedono: A victorious Roman general,
when he entered the city, amid all the heat-turning splendour of a Triumph, ha behind him on the chariot a slave who
whispered into his ear that he was mortal. When our some airy cherub should whisper to them from time to time this
saving (Mackinder, 1962, p.150).
236
H.J.Mackinder, 1962, p.150: Who rules East Europe commands the Heartland; Who rules Heartland commands the
World Island; Who rules World Island commands the World. Come notano C.Minca LBialasiewicz: dietro questo
slogan si celava una raccomandazione strategica chiara e semplice: bisognava impedire lespansionismo Tedesco in
Europa orientale e, soprattutto, lalleanza tra i tedeschi e quello che un tempo era stato lImpero Zarista, destinato a
divenire lUnione Sovietica nel corso degli anni Venti (2004, p.161).

65
La sua interpretazione basata su di un preciso schematismo territoriale dato dalla
contrapposizione, mirante al controllo del sistema mondo, tra potenze marittime e potenze
continentali237.

Contrapposizione

connessa

allo

sviluppo

della

tecnologia

legata

sia

allevoluzione della mobilit terrestre o marittima sia alla possibilit di sfruttamento delle
risorse utilizzabili. ben vero che egli auspica lesistenza di un ideale giustizia e libert fra le
nazioni ma, poi afferma che in ogni caso luguaglianza fra i vari stati naturalmente
impossibile in quanto la diversa distribuzione fra terra e mare, la diversa fertilit, la diversa
ricchezza della terra porter per sua natura lespansione degli imperi ed infine lesistenza di
un unico impero238.
Di fatto il messaggio che egli trasmette connesso ad una precisa ideologia geografica
legata alla storia universale: geographical causation in universal history 239. Ne consegue che
la conoscenza della geografia, in quanto elemento condizionante i fatti storici, un formidabile
aiuto per i governanti240. I fatti storici sono vincolati al quadro geografico e la mobilit stata il
miglior modo per adattarsi agli ambienti e conquistare territori: una volta cavalieri e velieri ora
ferrovie e navi a motore. La storia scorre, plasma o modifica gli attori, mentre la geografia
rappresenta la realt che non si pu modificare: la base (il quadro geografico) rimane
sempre la stessa cambiano solo i popoli e le condizioni storiche di riferimento. Cos per
mantenere lequilibrio mondiale e la libert dei popoli si trattato di impedire, alla Germania
prima ed ora nel 1943 allUnione Sovietica241, lunificazione dellHeartland.
abbastanza facile concludere come questo suo schema, basato sostanzialmente sul
controllo dell Heartland, sia diventato larchitrave di tutte le concezioni geopolitiche del XIX
secolo e fatto proprio non solo dalla Geopolitick tedesca ma anche dagli ideologi della guerra
fredda, come Nicholas John Spykman.
4.4.2. Lo schema di Nicholas John Spykman.
Nicholas John Spykman (1893 - 1943), nato in Olanda e trasferitosi nel 1920 negli Stati
Uniti, stato, dal 1935 al 1940, direttore dellimportante Istituto di Studi Internazionali
dellUniversit di Yale242. considerato il capofila della scuola realista della geopolitica
237

Nel suo articolo scritto sul finire della II Guerra Mondiale (H.J.Mackinder, 1994, p.179), presenta solo un accenno ai
problemi dellaviazione Sembra che alcuni oggi sognino una potenza aerea mondiale che liquider sia le flotte che
gli eserciti.
238
H.J.Mackinder, 1962a, a p.3 afferma: It is our ideal that justice should be done between nations, whether they be
great or small, mentre alla pagina precedente (p.2) nota come there is in nature no such thing as equality of
opportunity for the nations the grouping of lands and seas, and of fertility and natural pathways, is such as to lend
itself to the growth of empires, and in the end of a single world-empire
239
Per uninteressante analisi dellideologia geografica di H.J.Mackinder si veda il lavoro di R.Aron (1970, pp.239253).
240
Elemento condizionante, non determinante: Man and not nature initiates, but nature in large measure controls
(Mackinder, 1904, p.422).
241
H.J.Mackinder, 1994, p.178: Tutto considerato, si deve concludere che, se lUnione Sovietica uscisse da questa
guerra come vincitrice della Germania, essa risulterebbe inevitabilmente la maggior potenza terrestre del mondo
dotata della posizione difensiva strategicamente pi forte. Il nucleo centrale la pi vasta fortezza naturale della terra.
Per la prima volta nella storia, essa presidiata da una guarnigione numericamente e qualitativamente adeguata.
242
Di lui si veda P.Moreau Defarges (1996, p.44), J.OLoughlin (2000a, pp.257-259), F.Bordonaro (2009, pp.94-98) e
larticolo un po apologetico di O.Sevaistre (1988) e la stroncatura che ne fa J.Gottmann (1952, p.62) Il ny a pas l

66
americana che ha ispirato la politica estera e la dottrina militare statunitense dalla fine della
Seconda Guerra Mondiale.243.
Negli anni 1938 e 1939 pubblica due importanti articoli sui rapporti tra la geografia e la
politica estera degli stati. Partendo dallaffermazione di Napoleone la politique de toutes les
puissances est dans leur gographie egli nota come la geografia sia effettivamente il
principale fattore condizionante la politica nazionale degli stati244. Questo perch le
caratteristiche geografiche degli stati sono relativamente stabili e immutabili e le loro
aspirazioni geografiche restano le stesse nel corso dei secoli non solo, ma ci che conta che
mentre i governi e le dinastie si succedono, alla geografia sono ascrivibili le lotte che si
perpetuano

attraverso

la

storia245.

Quelle

caratteristiche

geografiche

degli

Stati

comprendono linsieme delle risorse, la localizzazione ed i confini. Le risorse del territorio, pur
influenzate dalla topografia e dal clima, definiscono direttamente la struttura economica e
quindi la forza dello Stato246. La localizzazione, sia assoluta (come posizione nel mondo) sia
relativa (come riferimento agli altri Stati), pur essendo immutabile cambia di valore al variare
della tecnologia e, determinando nemici e potenziali alleati, definisce il ruolo dello Stato nello
scacchiere mondiale247. I confini appaiono come lelemento pi critico in quanto non esiste una
frontiera naturale o politica ideale, ma essi sono definiti da strutture artificiali e temporanee,
frutto di mutevoli equilibri di potenza248 ed appaiono stabili solo during the temporary
armistice called peace249.

une vue nouvelle des choses, mai uniquement une rptition de Mackinder en laccommodant une cartographie
centre sur lAmrique.
243
C.Raffestin DLopreno Y.Pasteur: On ne peut sempcher de voir dan luvre de Spykman un modle thorique de
la politique trangre amricaine daprs-guerre (1995, p.282).
244
Conzionante, mai determinante (Spykman, 1938a, pp.29 e 30): It is the most fundamentally conditioning factor in
the formulation of national policy because it is the most permanent It should be emphasized, however, that geography
has been described as a conditioning rather than as a determining factor.
245
Because the geographic characteristics of states are relatively unchanging and unchangeable, the geographic
demands of those states will remain the same for centuries, and because the world has not yet reached that happy state
where the wants of no man conflict with those of another, those demands will cause friction. Thus at the door of
geography may be laid the blame for many of the age-long struggles which run persistently through history while
governments and dynasties rise and fall (Spykman, 1938a, p.29); e ancora pi incisivo: Geography is the most
fundamental factor in the foreign policy of states because it is the most permanent. Ministers come and ministers go,
even dictators die, but mountain ranges stand unperturbed (Spykman, 1942a, p.41).
246
Size affects the relative strength of a state in the struggle for power. Natural resources influence population density
and economic structure, which in themselves are factors in the formulation of policy [occorre per considerare] the
modifying effects of topography and climate. Topography affects strength because of its influence on unity and internal
coherence. Climate, affecting transportation and setting limits to the possibility of agricultural production, conditions
the economic structure of the state, and thus, indirectly but unmistakably, foreign policy (Spykman, 1938a, pp.29 e
30).
247
The location of a state may be described from the point of view of world-location, that is, with reference to the land
masses and oceans of the world as a whole, or from the point of view of regional location, that is, with reference to the
territory of other states and immediate surroundings. It conditions and influences all other factors for the reason that
world location defines climatic zones and thereby economic structure, and regional location defines potential enemies
and thereby the problem of territorial security and potential allies, and perhaps even the limits of a states rle as a
participant in a system of collective security (Spykman, 1938a, p.40).
248
Ogni Stato vive su di un territorio whose limits are defined by an imaginary line called a boundary the position
of that line may become an index to the power relations of the contending forces. Stability then suggests an
approximation to balanced power, and shifts indicate changes in the relative strength of the neighbors, either through

67
La sua una visione sicuramente influenzata dal quadro politico internazionale, ancora
fortemente condizionato dalle vicende belliche, che lo pone abbastanza vicino ad un darvinismo
sociale250 in cui la vita stessa una serie di lotte per lesistenza:
un mondo senza lotta un mondo in cui la vita ha cessato desistere. Un mondo
ordinato non vuol dire che sia privo di conflitti [ma che] questi si sono trasferiti
dal campo di battaglia ai parlamenti ed ai tribunali 251.
Per la sua analisi si rif direttamente alla geopolitica intesa come il campo dazione della
politica estera, rifiutando le concezioni metafisiche della Geopolitick tedesca252. Sotto
questaspetto egli combin le idee di Alfred T. Mahan, il World Ocean come elemento chiave,
con quelle di Halford J. Mackinder, con lHeartland di assoluta importanza, delineando dei
concreti disegni strategici per il ruolo degli Stati Uniti nel dopoguerra.
Se per Halford J. Mackinder lelemento centrale del suo discorso geopolitico era lHeartland,
per Nicholas J. Spykman la zona perno il Rimland che corrisponde alla mackinderiana
mezzaluna interna (inner or marginal crescent)253. Questarea composta di quellampia fascia
di stati o territori che, dallEuropa atlantica passando per il Mediterraneo, il Golfo Persico,
loceano Indiano ed il sud-est asiatico, circondano lHeartland. Fascia che non possibile
considerare come una struttura unitaria dal punto di vista territoriale, culturale, storico o
politico ma solo da quello strategico-spaziale. disomogenea dal punto di vista climatico e
morfologico; frammentata oltremisura in vari stati ciascuno con lingua e cultura diversa;
storicamente qui sono nate differenziandosi le grandi civilt e religioni occidentali ed qui che
si sono combattute le principali guerre degli ultimi secoli. La sua unicit, come struttura
territoriale, da considerarsi ragionevole solo dal punto di vista strategico: la sua
the accretion of power by one or through a decline in the resistance of the other (Spykman, 1942b, p.40). Sulla sua idea
di confine si veda anche N.J.Spykman (1939a)
249
the temporary armistice called peace una frase che N.J.Spykman riprende in quasi tutti i suoi lavori (1938a, p.29;
1939, p.395; 1942a, pp.41 e 447; 1942b, p.437).
250
Si veda linterpretazione che ne d C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur (1995, pp.279-282).
251
A world without struggle would be a world in which life has ceased to exist. An orderly world is not a world in
which there is a no conflict, but one in which strife and struggle are led into political and legal channels away from the
class of arms; are transferred from the battlefield to the council chamber and the court room (Spykman, 1942a, p.12).
Brotherly love would no automatically replace conflict, and the struggle for power would continue. Diplomacy would
become lobbying and log-rolling, and international wars would become civil wars and insurrections (Spykman, 1942a,
p.458). Ancora pi grave laffermazione: The International community is a world in which war is an instrument of
national policy and the national domain is the military base from which the state fights and prepares for war during the
temporary armistice called peace (Spykman, 1942a, p.447). Ed ancora, riferendosi implicitamente agli Stati Uniti:
neither the self-evident truth of our principles nor the divine basis of our moral values is in itself enough to assure a
world built in the image of our aspiration. Force is manifestly an indispensable instrument both for national survival and
for the creation of better world (Spykman, 1944, p.3).
252
The specific field of geopolitics is, however, the field of foreign policy, and its particular type of analysis uses
geographic factors to help in the formulation of adequate policies for the achievement of certain justifiable ends[ma
che comunque era] something completely different from the geographical metaphysics which is so characteristic of
the German school of Geopolitics. Haushofer has managed to give to particular types of frontier a mystical, moral
sanctity magic concept space divine purposes. Such metaphysical nonsense has no place here [questo perch
secondo il suo concetto di geopolitica] In any case, the objectives of peace and security for state and for the world as
a whole must inspire the final choice of policy (Spykman, 1944, pp.6 e 7).
253
Sostanzialmente traducibile come fascia esterna. The rimland of the Eurasian land mass must be viewed as an
intermediate region, situated as it between the heartland and the marginal seas. It functions as a vast buffer zone of
conflict between sea power and land power. Looking in both directions, it must function amphibiously and defend itself
on land and sea Its amphibious nature lies at the basis of its security problems (Spykman, 1944, p.41).

68
frammentazione e disomogeneit la rendono facilmente controllabile o dalla potenza
continentale o da quella marittima ed il suo controllo funzionale al governo dei destini del
mondo.
Da qui parte la sua critica a Halford J. Mackinder: questultimo era assolutamente convinto
che ogni confitto in Europa doveva seguire lo schema che opponeva il potere terrestre a quello
marittimo uno schema cos semplificato non teneva conto che:
non vi mai stata una semplice opposizione tra la potenza terrestre e quella
marittima. Storicamente si sono visti alcuni membri del Rimland alleati con la Gran
Bretagna in lotta con altri membri del Rimland a fianco della Russia, oppure, Gran
Bretagna e Russia alleate contro una potenza dominante del Rimland254.
Per questo il Rimland non rappresentava solo il territorio intermedio tra lHertland ed il mare,
funzionante come zona cuscinetto dei conflitti tra la potenza marittima e quella continentale,
ma era il fattore determinante per una politica di potenza poich, parafrasando lo slogan di
Halford J. Mackinder:
chi controlla il Rimland controlla lEurasia; chi controlla lEurasia controlla i destini
del mondo255.
In altri termini sul Rimland che si svolge lo scontro, che sempre riemerge dopo i periodi di
stasi, tra le potenze marittime e quelle continentali per cui chi controlla il Rimland controlla
quella fascia cerniera del mondo che permette, se dominata, legemonia delluna sullaltra. Ed
su questa posizione che si basa la sua visione realista della politica estera statunitense256.
Per Nicholas J. Spykman il controllo, o comunque il condizionamento, del Rimland fattore
determinante per la strategia e la politica estera statunitense. Ne consegue che vi dovr essere
un rafforzamento degli stati del Rimland sotto lovvio controllo degli Stati Uniti. Cos lEuropa
dovr essere organizzata sotto forma di una societ regionale delle Nazioni con gli Stati Uniti
come membro non europeo257 in modo da contrastare la potenza economico-militare
dellUnione Sovietica258. Allo stesso modo gli Stati Uniti dovranno appoggiarsi al Giappone per il
controllo del Rimland asiatico e questo lo scrive nel 1942 ben prima che finisca la guerra in

254

So convinced was Mackinder of the fact that any conflict in Europe must follow the pattern of land power-sea
power opposition This interpretation would seem to be a little hard on the role of France as a land power, and it is
strange to ignore the three years of Russian resistance on the eastern front there as never really been a simple land
power-sea power opposition. The historical alignment has always been in terms of some members of the rimland with
Great Britain against some members of the rimland with Russia, or Great Britain and Russia together against a
dominating rimland power (Spykman, 1944, pp.40-43).
255
Who controls the rimland rules Eurasia; who rules Eurasia controls the destinies of the world (Spykman, 1944,
pp.43).
256
La chiusura dellIntroduzione del suo testo Americas Strategy and World Politics. The Unites States and the
Balance of Power molto chiara al riguardo offers an analysis of the position of our country in terms of geography and
power politics. It represents a geo-political study of the most basic issue of American foreign policy, one that is as old
the republic and that will remain a topic for discussion as long as the United States remains a free and independent
country (Spykman, 1942, p.8)
257
It is to be hoped that this European power zone can be organized in the form of a regional League of Nations with
the United States as an extra-regional member (Spykman, 1942a, p.468).
258
In case of Allied victory, the Soviet Union will come out of the war as one the great industrial nation of the world
with an enormous war potential (Spykman, 1942, p.466). in fact, it may be that pressure of Russia outward toward the
rimland will constitute one important aspect of the post-war settlement (Spykman, 1944, p.53)

69
modo da controllare leventuale espansionismo cinese259. chiaro che per Nicholas J.
Spykman, il cui pensiero volto alla politica estera statunitense, non tanto il carattere
ideologico della potenza terrestre dellEurasia che conta per gli Stati Uniti, quanto lunificazione
dellintero territorio eurasiatico sotto una sola autorit: nazista, marxista-leninista, nazionalista
o maoista che sia.
Linflusso di Nicholas J. Spykman sul pensiero politico e strategico statunitense stato
certamente rilevante. Probabilmente stato il lontano ispiratore della dottrina di Harry Spencer
Truman sul containment ed ha certamente influenzato lazione di autorevoli Segretari di
Stato quali Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski260. In ogni caso le sue pubblicazioni hanno
certamente contribuito allabbandono del tradizionale isolazionismo a favore di un diretto
intervento negli affari mondiali e, sicuramente, hanno influito sulla militarizzazione della
politica degli Stati Uniti261.

4.5 Conclusioni.
Le riflessioni di Alfred T. Mahan e di Friedrich Ratzel avevano come punto di riferimento
(nettamente esplicito per il primo ed implicito per il secondo) la potenza economico-politica
inglese e la relativa espansione imperiale. LInghilterra, che doveva la capacit difensiva alla
sua natura insulare, ha impegnato le forze per la realizzazione della supremazia marittimomilitare, per il controllo dei punti di traffico e la conseguente espansione coloniale: le ricchezze
(popolazione e risorse naturali) le capacit (relative alla sua dotazione militare) la posizione
(essere isola in un mare aperto) e la conoscenza territoriale (il controllo dei punti di passaggio)
sono state mobilitate dallo Stato in vista della sicurezza e dellespansione. La loro era una
riflessione che, spiegando lazione politica dellInghilterra, voleva supportare e spingere
lazione politica dei loro governi con una logica molto precisa: la struttura diplomatico-militare
di uno Stato, date le responsabilit e il ruolo che svolge, deve saper interpretare le proficue
relazioni tra le opportunit storiche (la tecnologia disponibile, gli interessi e il sistema di valori
di riferimento) e le condizioni geografiche determinando, in questo modo, la potenza e la
capacit di conquista della nazione.
Le riflessioni di Halford J. Mackinder e di Nicholas J. Spykman avevano come punto di
riferimento lintero pianeta considerato come teatro su cui si svolge lazione delle grandi
potenze. Pianeta che non era pi considerato come un territorio concreto ma uno spazio

259

The United States has been interested in the preservation as an Asiatic power Twice in one generation we have
come to the aid of Great Britain in order that the small off-shore island might not have a single gigantic military state in
control of the opposite coast of the mainland. If the balance of power in the Far East is to be preserved in the future as
well as in the present, the United States will have to adopt a similar protective policy toward Japan, (Spykman, 1942,
pp.468 e 470). Si veda anche N.J.Spykman (1944, p.58).
260
Su N.J.Spykman ispiratore della dottrina del containment si veda A.L.Sanguin (1975, p.280), P.Lorot (1997, p.43),
O.Sevaistre (1988, p.131) e N.J.G.Pounds (1978, p.233); su fatto invece che the idea behind containment have totally
ignored Spykman mentre abbia influenzato la politica realista post Truman si veda M.P.Gerace (1991, la citazione
di p.348).
261
Si vedano al riguardo: P.Moreau Defarges (1996, pp.42-54), O.Sevaistre (1988), D.Wilkinson (1985), C.Jean (1995,
pp.39-41) e G.Sloan (1999).

70
astratto, semplificato, schematizzato, sintetizzato nelle sue linee principali in alcune carte a
piccola scala, dei mappamondi disegnati ad oc su delle proiezioni di tipo Mercatore, la pi
importante delle quali appare centrata sul Vecchio Continente. Una cartografia che non il
tradizionale prodotto cartesiano, nel quale la mappa la rappresentazione in scala della realt,
ma una cartografia magica, delle schematiche mappe di propaganda262, vista come una
sorta di Mappamundi T-in-O il cui centro non pi Gerusalemme o Roma ma corrisponde
allintero Heartland. Su queste basi cartografiche a piccola scala essi sovrappongono due
postulati base: il concetto ratzeliano dellineluttabile e fatale tendenza alla crescita degli
Stati263 e lidea che i vari Stati possano essere definiti da due tipologie: le potenze continentali,
basate su uno spirito chiuso e possessivo legato alla conquista, e le potenze marittime, basate
su uno spirito aperto e avventuroso connesso agli scambi ed al commercio.
Secondo queste due scuole di pensiero il territorio perde la sua complessit diventa uno
spazio: la scacchiera su cui sono localizzati gli Stati, lo spazio schematico delle relazioni
diplomatico-strategiche della politica internazionale. Una scacchiera che definisce tutte le
qualit che, in quel momento storico, gli attori, i vari Stati-nazione con le loro diplomazie ed i
loro Stati Maggiori, devono tener conto per le loro politiche di conquista o di difesa. Uno spazio
(non un territorio) destinato ad essere, per la sua estensione o per le sue qualit, la posta in
gioco delle lotte tra le collettivit umane (le orde barbariche prima e gli Stati oggi). Queste due
teorizzazioni, pur nella loro diversit, offrono una prospettiva interpretativa originale ed
affascinante per gli Stati Nazione agli inizi del XX secolo: una visione geografica della storia
universale funzionale ai loro disegni di espansione. Una teorizzazione che, pur parziale e
schematica, fa emergere un dato importante: la lettura geografico-determinista della storia
universale o meglio, per dirla con le parole di Halford J. Mackinder, the geographical causation
in universal history. Secondo questa prospettiva i fatti politico-militari sono, infatti, sempre e
fortemente condizionati dal quadro geografico in quanto la scacchiera ed il suo controllo che
vincola e determina lo svolgimento del gioco politico-militare.
La Geopolitica non certo una scienza; una disciplina dellazione, non della riflessione,
che interpreta la realt geografica e lo sviluppo storico attraverso un rigido punto di vista,
una prospettiva pesantemente deterministica: the geographical causation in universal history.
Con essa le differenze tra scienza e politica, o meglio tra riflessioni scientifiche e scelte
politiche, scompaiono e le sue interpretazioni, le prospettive geopolitiche, assumono il rango di
ineluttabili verit. Cos dato il contesto storico la disciplina con le sue prospettive geopolitiche
si degrada facilmente in ideologia giustificatrice. Disciplina (la Geopolitica) e prospettive (le sue
interpretazioni) che troveranno ampio spazio in Germania tanto che nel 1933, dopo lascesa di
Hitler al potere, la dipendenza della geopolitica dal governo fu definitiva e divenne uno
strumento di propaganda del regime che pretendeva di trovare giustificazioni scientifiche su
262

Si usano qui i termini cartografia magica e mappe di propaganda nellaccezione che ne fanno J.Pickles (1992);
L.O.Quam (1943); H.Speier (1941) e J.K.Wright (1942).
263
Probabilmente non conoscevano il lavoro di F.Ratzel (1886a) sulle leggi di crescita degli Stati mentre sicuramente ne
conoscevano la traduzione/riassunto apparsa lo stesso anno su Scottish Geographical Magazine F.Ratzel (1886b)

71
base geografica per il suo operato di repressione e conquista264. Nel 1939 anche in Italia,
accettando linterpretazione tedesca della geopolitica, nacque a Trieste una scuola di
geopolitica che ne d questa interessante definizione:
La geopolitica estende la sua valutazione su pi vaste basi, che considerano anche
i fattori culturali e spirituali, la volont di potenza e impero La Geopolitica italiana
si propone perci di esprimere nel modo pi completo la coscienza geografica,
politica ed imperiale del Popolo Italiano (G. Roletto E Massi, 1939, pp.10-11).

264

Si veda al riguardo M.P.Pagnini (1987); C.Raffestin D.Lopreno Y.Pasteur (1995) e M.Antonsich (1994).

72

La Geografia Regionale tedesco-statunitense;


Possibilista e la scuola francese.

la

Geografia

Loggetto di ricerca della geografia non costituito dagli influssi:


siano essi della Natura sullUomo, come si dice, o del Suolo sulla
Storia. Sogni. Tutte queste maiuscole non hanno niente a che
vedere con un lavoro serio. E, la parola influssi non appartiene al
linguaggio scientifico, bens a quello astrologico. Lasciamola
dunque una buona volta ad astrologi e ad altri ciarlatani
Lucien Febvre, La terra e levoluzione umana, p.421.

5.1 Premessa
Negli ultimi due decenni del XIX secolo si svilupparono, come reazione al Positivismo e al
Naturalismo, varie correnti di pensiero che si rifacevano al criticismo kantiano e allidealismo.
Lobiettivo della critica nei confronti del Positivismo fu il suo materialismo deterministico,
capace di ridurre luomo, i fenomeni sociali e storici, ad oggetti indagabili con lo stesso metodo
usato per le scienze naturali. La metodologia riduzionistica del Positivismo fu fortemente
criticata poich luomo una realt complessa, comprendente non solo la sua fisicit, ma
anche la volont e il sentimento; per questo motivo ogni essere umano, e con lui le scienze
sociali, sono uniche ed individuali.
chiaro per che risulta molto complicato operare nette categorizzazioni, tracciare dei
confini precisi se di confini si pu veramente parlare tra un paradigma e laltro. Molti aspetti
caratteristici di un certo paradigma spesso, infatti, sopravvivono anche nel paradigma
successivo, per questo si viene a creare una certa confusione nel momento in cui, avvertendo
la legittima e umana esigenza di ordinare i concetti, spesso inconsciamente, si cerca ad ogni
costo di schematizzare il proprio oggetto di analisi, e si rischia di confidare in eccessive
semplificazioni o in rassicuranti generalizzazioni. Per questa ragione, come detto nel primo
capitolo, tracciare una netta e precisa distinzione tra i vari paradigmi nelle scienze sociali,
unoperazione assai rischiosa e, in effetti, taluni studiosi o uomini di scienza comunemente
considerati come figure emblematiche di un paradigma, in realt possono occupare una
posizione pi sfumata e ambivalente di quella a loro in genere attribuita.

5.2 Laffermazione dello Storicismo in geografia: il caso di Alfred Hettner e la


geografia regionale.
Numerosi furono gli studi che, in Germania verso la fine del 1800, si posero in
contrapposizione allimperante positivismo scientifico. In questo contesto va inserita la figura di
Wilhelm Dilthey (1833-1911), il principale rappresentante dello Storicismo in Germania, che
nellopera Introduzione alle scienze dello spirito (1883) distingue le scienze dello spirito da
quelle della natura. Differenziazione legata alloggetto indagato: le scienze della natura
indagano gli oggetti esterni alluomo, mentre quelle dello spirito studiano il mondo interno cio

73
lesperienza vissuta che ogni uomo fa delle sue condizioni sociali, dei suoi sentimenti, dei suoi
desideri.
Il pensiero delluomo viene concretizzato attraverso opere, azioni e istituzioni. Lo storico
analizza questi aspetti esterni della societ cercando di riviverli in s. Ma necessaria
lintuizione per cogliere lessenza di queste espressioni. Lintuizione diventa cos una sorta di
comprensione dellaltrui esperienza, un rivivere in s la cosa. Soltanto attraverso questo atto
intuitivo, che d fondamento alle scienze dello spirito, possibile comprendere le opere e le
azioni dei popoli passati e in esso la storia trova senso. Le scienze dello spirito cos non hanno
loggettivit delle scienze della natura, ma sono solo dei tentativi di avvicinarsi alla realt: nella
storia non esistono perci verit assolute in quanto essa in perenne divenire, e questo vale
per tutte le scienze che indagano sul comportamento delluomo e delle societ. Si capisce cos
che lobbiettivo dei positivisti (e delle scienze della natura) la ricerca della generalit, mentre
per gli storicisti (e le scienze delluomo) diventa la particolarit. Secondo Wilhelm Dilthey il fine
delle scienze umane consisterebbe nel:
cogliere il singolare, lindividuale della realt storico sociale, conoscere le realt
agenti nel configurarsi di questo individuale, stabilire obiettivi e norme per la sua
configurazione futura (Dilthey, 1974, p.44).
Il cambiamento dunque anche metodologico: si accettano facolt umane come lintuizione, il
sentimento poetico e la sensibilit che, con il positivismo, erano rifiutate in quanto
esprimevano attitudini non scientifiche.
Se Wilhelm Dilthey aveva promosso la divisione delle scienze in base alloggetto Wilhelm
Windelband (1848-1915), professore alluniversit di Heidelberg, ha rafforzato questa
distinzione considerando anche il metodo di studio. Le scienze della natura hanno come
caratteristica luniformit e la ripetitivit ed egli le definisce scienze nomotetiche, perch
ricercano le leggi che mirano al generale ed esprimono la regolarit dei fenomeni. Le scienze
umane o dello spirito invece si occupano del singolo, del particolare, tenendo presente tutte le
implicazioni spaziali e temporali per cui un fenomeno si rivela unico ed irripetibile, per questo
vengono definite scienze idiografiche. Egli cio propugna il recupero del criticismo kantiano,
come opposizione al positivismo, secondo cui le scienze della natura riguardano la ricerca e lo
studio dei fatti mentre le scienze delluomo riguardano la ricerca e lo studio delle consuetudini,
delle tradizioni, della storia. In effetti, come nota Immanuel Kant:
possiamo far riferimento alle nostre percezioni empiriche o sulla base di concetti
oppure secondo il tempo e lo spazio nei quali in realt si trovano. La classificazioni
delle percezioni secondo i concetti logica, mentre quella realizzata secondo il
tempo e lo spazio fisica. Stando alla prima otterremo un sistema della Natura,
come quello di Linneo, stando alla seconda una descrizione della natura.265
Inoltre, Wilhelm Windelband non solo distingue fra scienze nomotetiche (delle leggi, del
costante) e scienze idiografiche (delle condizioni circostanziali nel tempo e nello spazio) ma
afferma ulteriormente che un oggetto poteva essere analizzato sia tenendo presente gli aspetti
265

Il passo citato di I.Kant (Geografia Fisica) tratto da F.K.Schaeffer (1953, p.232)

74
comuni, ricorrendo alle leggi generali, sia come oggetto particolare ed unico, facendo ricorso
perci ad unanalisi storica che implicava lintuizione, la sensibilit e il senso poetico. In altri
termini:
una realt pu essere considerata o da una prospettiva generalizzante, in base
alla quale si ritiene quanto comune a oggetti diversi, o da una prospettiva
individualizzante concependo loggetto nella sua singolarit, in quello che lo
distingue dagli altri (Capel, 1987, p. 184).
Questo dualismo delle scienze venne subito visto come una potente minaccia per la
geografia appena istituzionalizzata, tenendo conto che la geografia veniva definita come la
scienza della Terra. Il problema era che lo stesso oggetto (la Terra come campo di studio della
geografia) poteva essere studiato da due diverse prospettive e quindi da due diverse scienze:
la natura, secondo una prospettiva nomotetica, dalla geografia fisica e luomo, secondo una
prospettiva idiografica, dalla geografia umana. Lintera geografia, appena istituzionalizzata e
precisata nei suoi compiti, rischiava di spaccarsi in due: da una parte la geografia della natura
o fisica e dallaltra la geografia umana.
Una prima soluzione a questo problema venne data da Alfred Hettner (1859-1941),
anchegli delluniversit di Heidelberg assieme a Wilhelm Windelband266, e consistette nella
geografia regionale. Egli tent di tener lontano il pericolo del dualismo geografico ricorrendo ai
concetti di Erdkunde (Conoscenza della terra) campo di studio della Geografia Generale e
Lnderkunde (Conoscenza delle regioni) campo di studio della Geografia Regionale o, come
allora veniva detta, Corologica. Egli, appunto, afferma:
La geografia non la disciplina generale del pianeta terra lo studio della
superficie della terra come un tuttuno, quale senza riferimento al suo spazio
differenziato, non realizza pienamente lo statuto della geografia, che piuttosto la
disciplina della superficie della terra secondo i sui continenti, stati, regioni e
localit. Il termine Lnderkunde (geografia regionale) esprime meglio il
concetto della disciplina che non il termine Erdkunde (geografia generale), al
quale Ritter ha voluto dare una definizione non facilmente interpretabile, che ha
spinto gli autori moderni verso una sistematica che produce false formulazioni
teoriche sulla natura della geografia. Tuttavia necessario andare oltre la
descrizione della individualit di stati e regioni ed interessarsi della geografia
regionale comparata267.
La Geografia Generale, che parte da una visione dinsieme della terra, si occupa dei
fenomeni generali e cerca di individuarne le relative leggi (climi, mari, morfologia...). La
Geografia Regionale si occupa invece degli aspetti unici e particolari di una regione, la quale
comprende sia luomo sia la natura e prende in esame unarea tenendo conto di tutti i
fenomeni che agiscono e che fanno s che questa sia unica. I due punti di vista sono
indispensabili luno allaltro: soltanto attraverso lunione dei due aspetti della geografia si pu
avere unidea chiara e completa del mondo. Deve essere per chiaro, precisa Alfred Hettner,
che:
266

Sullimportanza del neokantismo tedesco della scuola di Heidelberg (o del Baden) si veda anche V.Berdoulay
(1991, pp.75-89)
267
La citazione di A.Hettner (1927, pp.122-123), ripresa da T.H.Elkins (1989, p.22)

75
la pi importante caratteristica dellapproccio geografico che esso corologico in
natura, e da ci deriva la sua unit. La corologia, comunque, non un metodo da
essere annoverato fra gli altri metodi di descrizione o spiegazione. Un metodo, se
il significato della parola non estensibile, fornisce la strada a un obiettivo; la
corologia in s obiettivo e soggetto base della geografia. Essa implica una visione
della realt della terra da un punto di vista della distribuzione spaziale, come
opposizione alla scienza sistematica, che vede la realt nei termini di sua materia
indifferenziata, e alla scienza storica, che vede nei termini di sequenze temporali.
Lapproccio geografico non pu che essere corologico268.
Centrale alla corologia il concetto della totalit delle relazionali causali di tutto linsieme di
fenomeni di un determinato luogo della superficie terrestre; ovviamente i fenomeni generali, la
cui spazialit non varia, interessano la geografia solo se interagiscono con fenomeni localmente
determinati oppure, se presentano varianti locali significative. Infatti, riprende Alfred Hettner,
gli interessi del geografo non possono altro che essere relativi a:
ogni fenomeno della superficie della terra che varia da luogo a luogo le cui
variazioni spaziali sono significative per altri gruppi di fenomeni che sono
geograficamente significativi. Lobiettivo della interpretazione corologica sia il
riconoscimento del carattere di paesi e regioni ottenuto tramite la comprensione
dellinsieme delle interrelazioni fra i vari regni esistenti della realt e le loro varie
manifestazioni, sia la comprensione della superficie della terra come un tutto nella
sua naturale divisione in continenti, stati, regioni e luoghi269.
La visione corologica era, per Alfred Hettner, lessenza della geografia perch consentiva di
descrivere e di interpretare i diversi caratteri della superficie terrestre (Capel, 1987, p.186). Il
compito della geografia dunque quello di analizzare le differenze nelle diverse regioni e
compararle fra di loro.
La visione hettneriana, se da un lato permette di ricompattare la geografia, non pi
geografia fisica ed umana separate come oggetto e metodo ma geografia regionale (corologia)
sintesi delle conoscenze di una precisa area, dallaltro lato pone altri due problemi. Il primo
quello di capire quali, fra gli infiniti fenomeni che caratterizzano una regione, sono quelli da
prendere in considerazione per descrivere ed interpretare il carattere mutevole delle varie
regioni. Mentre il secondo, ben pi importante e fondamentale, individuare e definire la
regione.
Uninteressante soluzione ai due problemi viene data da Richard Hartshorne270 (1899-1992).
Circa il primo egli afferma che ci che interessa la geografia
qualsiasi fenomeno, sia relativo alla natura, sia alluomo nella misura in cui le
sue interconnessioni con altri fenomeni dello stesso luogo, oppure con altri
fenomeni di altri luoghi, determinano i dinamismi spaziali di tutti quei fenomeni la
cui globalit ha valore per la vita delluomo (Hartshorne, 1972, p. 58).

268

La citazione di A.Hettner (1927, pp.122-123), ripresa da T.H.Elkins (1989, pp.22-23).


La citazione di A.Hettner (1927, p.130), ripresa da T.H.Elkins (1989, p.23)
270
Richard Hartshorne, geografo nord americano, stato un formidabile propugnatore del pensiero hettneriano ed il
fondatore della scuola regionalista negli Stati Uniti; circa i suoi rapporti con K. Hettner e con il neokantismo tedesco
della scuola di Heidelberg (o del Baden) si veda il volume collettaneo curato da J.N. Entrikin S.D. Brunn (1989) ed in
particolare gli interventi di K.W. Butzer (1989) e di N. Smith (1989).
269

76
La conoscenza e lo studio di qualsiasi fenomeno una chiara e forte spinta verso
lenciclopedismo. Riguardo il concetto di regione, egli riprendendo una definizione hetteriana
afferma
una regione uno spazio di specifica localizzazione che in qualche modo si
distingue da altri spazi e che si estende nella misura di questo distinguersi
(Hartshorne, 1972, p.149).
chiaro che una definizione del genere, che potremmo semplificare in ogni regione si
differenzia dalle altre in ragione della sua diversit pone grossi problemi di natura tautologica.

5.3 Lo Spiritualismo: Paul Vidal de la Blache e la nascita della Geografia


Possibilista.
Un altro movimento che, dal nostro punto di vista, mette in discussione in modo molto pi
significativo alcune idee fondamentali del Positivismo fu lo Spiritualismo a cui si fanno
significativamente risalire le basi filosofiche della geografia possibilista della scuola francese.
Luomo per gli spiritualisti non poteva essere ridotto a natura perch composto di materia e
pensiero; ed il pensiero non certo parte della materia. Luomo in quanto essere pensante ,
contrariamente a tutte le altre attivit materiali che vengono causate, attivit causante ed
agente. Il punto fondamentale quindi per questo movimento il recupero della libert
delluomo, incapace di essere spiegato soltanto attraverso le leggi meccanicistiche della natura,
perch dotato di volont, intenzionalit e coscienza.
In questo contesto si inserisce la figura di Emile Boutroux (1845-1921), il quale rivolse una
critica serrata al determinismo:
Crediamo che tutto sia necessariamente determinato, perch crediamo che tutto
sia, in fondo, matematico. Questa opinione il movente, manifesto o segreto, della
ricerca scientifica... La scienza prova o si limita soltanto a supporre che lessenza
delle cose sia esclusivamente matematica? (Boutroux, 1925, p.123).
Questa la domanda alla quale egli cerc di trovare una soluzione.
Emile Boutroux accett la classificazione comptiana delle scienze, insistendo per sul fatto
che ogni scienza rivela particolari aspetti della realt e non possibile arrivare ad una scienza
unica:
la scienza non una, ma multipla. La scienza, concepita come insieme di tutte le
scienze, di cui ciascuna, oltre ad avere relazione con le altre, ha una fisionomia sua
propria, una sua evidenza. A misura che dallo studio dei movimenti dei corpi
celesti, la realt pi esteriore che conosciamo, ci innalziamo verso lo studio della
vita e del pensiero, i postulati richiesti divengono pi numerosi e pi impenetrabili
(Boutroux, 1925, p.124).
Ogni ordine di scienza presenta quindi elementi nuovi, irriducibili alla matematica, in quanto
questa porta a delle astrazioni che per lessere vivente ad esempio non sono valide. Emile
Boutroux (1925, p.124) dice infatti che contrariamente alle scienze fisiche, dove il ricorso alla
matematica lecito, per le scienze biologiche bisogna contentarsi di fare osservazioni ed
induzioni.

77
Il tentativo positivistico di spiegare tutto attraverso le leggi causali viene disilluso; prende il
suo posto il Contingentismo, che nega il legame di necessit assoluta tra i fenomeni. I diversi
ordini della realt e quindi delle scienze sono contingenti rispetto a quelli inferiori perch
presentano caratteristiche nuove ed originali. Mano a mano che si procede verso i livelli
superiori, maggiore sar la libert, allapice dei quali vi il pensiero e sopra questo Dio. La
caratteristica fondamentale delluniverso quella di essere in continuo mutamento, per cui
risulta impossibile cogliere la realt attraverso costruzioni intellettuali. Lunica via possibile
quindi per fare ci risulta il ricorso alla storia.
Secondo Horacio Capel il pensiero di Paul Vidal De la Blache (1845-1918) fu fortemente
influenzato da questo filosofo, suo collega alla Scuola Normale Superiore di Parigi271. In primo
luogo lidea comune pi evidente la sfiducia nelle leggi positivistiche. Ed qui che prende
valore il Convenzionalismo o Neokantismo come viene chiamato da Vincent Berdoulay272.
Infatti non possibile conoscere la natura vera delle cose poich la realt contingente.
Lunica cosa che la scienza conosce sono i rapporti fra le cose. E, come nota Henri Poincar:
Si dir che una scienza non che una classificazione e che una classificazione non
pu essere vera, ma comoda. Ma vero che comoda, ed vero che essa lo non
solamente per me, ma per tutti gli uomini; ed vero che rester comoda per i
nostri discendenti; ed infine vero che tutto ci non pu essere dovuto al caso273.
In altri termini le scienze e le teorie scientifiche a loro connesse (perch esistono vari tipi di
scienza e diversi modi di percepire la realt) sono strumenti tanto pi utili e comodi quanto pi
semplici ed efficaci:
La sola realt oggettiva sono i rapporti fra le cose dai quali risulta larmonia
universale e senza dubbio questi rapporti, questa armonia, non potranno essere
conosciuti allinfuori dello spirito che li capisce o che li sente (Berdoulay, 1981,
p.202).
Paul Vidal De la Blache non parla di leggi, ma di sries de phnomnes o enchainement. Ogni
disciplina si occupa di una diversa serie di fenomeni e concatenazioni. Per questo motivo il
metodo non la spiegazione bens la descrizione in quanto questultima rappresenta
il solo metodo empirico, che permette di rispettare la diversit dei luoghi, di
rivelare i rapporti fra i fenomeni e sfocia nella spiegazione (Berdoulay, 1981,
p.213).
Il suo obiettivo dunque quello di analizzare le relazioni fra gli oggetti esistenti nei luoghi
rifiutando le teorie come sole capaci di rendere conto della realt. Di fronte allimpossibilit di
dimostrare la realt tramite teorie ricorre a delle convenzioni che si possono rivelare comode
nella pratica scientifica e fra queste egli individua la regione:
un concetto che gli permetteva di cogliere quelle relazioni che altrimenti avrebbero
potuto sfuggire allattenzione dellosservatore (Berdoulay, 1981, p.206).

271

Su questo punto si veda anche V.Berdoulay (1981, pp.93-96; e 1991, pp.75-82).


V.Berdoulay, 1981, pp.201-204.
273
Citato in V.Berdoulay, 1981, p.202.
272

78
Un altro punto in cui Paul Vidal De la Blache viene influenzato da Emile Boutroux e dallo
Spiritualismo la rivendicazione della libert delluomo di fronte allambiente la libert de
lhomme vis--vis de lenvironnement. Concetto questo, come nota Vincent Berdoulay, che pi
che di Paul Vidal De la Blache sar lidea base dei vidaliani274. Questo implica principalmente
che luomo considerato un agente geografico capace di modificare lambiente. Ci si allontana
perci dal determinismo ambientalistico ratzeliano per recuperare la libert umana: luomo non
pu subire linfluenza dellambiente perch dotato di intenzionalit e di volont. Ma ancora pi
importante i vidaliani riconobbero che questa libert variava
soprattutto grazie al progresso tecnologico ed insistettero pure sullimportanza
dellidea e della conoscenza che i differenti popoli si facevano del loro ambiente,
idea e conoscenza, che concedeva loro una relativa autonomia dazione sempre nei
confronti dellambiente (Berdoulay, 1981, p.217).
E la rappresentazione soggettiva dellambiente, chiamata anche fattore psicologico dai
vidaliani, quella che rende originale il modo di subirlo e di agire su di esso. Luomo dunque non
ha un ruolo passivo nella natura, ma joue le role de cause (Berdoulay, 1981, p.224).
Luomo,

ovviamente

in

quanto

societ,

agisce

sullambiente

perch

guidato

da

intenzionalit: lambiente offre delle possibilit che luomo utilizza, secondo necessit, a
seguito di decisioni libere coscientemente adottate. Paul Claval sintetizza perfettamente questa
espressione:
ridotto allessenziale, il possibilismo si riassume in una frase: la natura permette,
luomo dispone (Claval, 1972, p.73).
Luomo s libero, ma limitato dallambiente:
luomo in quanto agente geografico fa una propria scelta fra le diverse possibilit
che la natura gli offre. Lutilizzazione che ne fa non n quella ottima n la sola
possibile in quanto dipende dal proprio modello culturale (comprendendovi pure le
conoscenze tecnologiche) (Berdoulay, 1981, p.224).
Per i possibilisti quindi esiste sia il fattore natura, lambiente, che rappresenta lelemento attivo
di base che si offre alle societ umane, sia il fattore uomo, la societ, che con le sue
conoscenze tecniche e culturali ne lelemento attivante. Cos Max Sorre, alla conclusione del
suo monumentale275 Les Fondements de la gographie humaine, afferma
le condizioni naturali non sono assenti ma le manifestazioni dellattivit umana
restano sempre in primo piano. Assieme alla coordinazione pi o meno stretta delle
tecniche. Le condizioni fisiche sono sempre davanti ai nostri occhi ma non a causa
del loro interesse intrinseco, ma in ragione del loro significato per la forza del
gruppo (Sorre, III, 1952, p.449).
In altri termini il fattore uomo che, con le sue conoscenze tecniche, rende attivo il fattore
natura scoprendone le possibilit, per questo il rapporto uomo/ambiente presenta esisti non

274

un termine utilizzato da V.Berdoulay (1981, pp.214-221) per indicare genericamente tutti i seguaci di P.Vidal De
la Blache che ovviamente, poi si differenziarono fra loro anche in modo notevole.
275
Monumentale non solo per la ricchezza dei contenuti in cui esprime tutti i canoni del possibilismo ma anche per la
sua ponderosit, si tratta di quattro volumi per complessive due mila pagine.

79
predeterminabili e d origine ad una variet di mondi possibili. Lucien Febvre al riguardo
afferma:
i grandi quadri climaticobotanici [lambiente, il clima, la natura] nulla hanno
di tirannico, nulla di determinante: necessario ripeterlo senza stancarsi,
mostrarlo in tutti i modi nellinsieme delle condizioni fisiche che essi
rappresentano, non scorgiamo se non possibilit dazione. E aggiungiamo subito,
per prevenire unobiezione che si presenta da s: queste possibilit dazione non
costituiscono una specie di sistema vincolato: non rappresentano in ogni regione
un tutto indissociabile: se sono afferrabili, non sono afferrate dagli uomini tutte
insieme con la stessa forza e contemporaneamente in effetti, in questo campo
come altrove utile ricordare la vecchia formula leibnitziana: tutti i possibili non
sono possibili contemporaneamente (Febvre, 1980, pp.205-206).
Lidea di fondo dellinterpretazione possibilista che luomo non sottoposto alla natura, la
civilt non un prodotto dellambiente: luomo, inserito in un dato ambiente, interferisce con
la natura che lo circonda, ne utilizza le possibilit secondo le tecniche di cui dispone, ne
individua e valorizza altre in rapporto allarricchimento delle sue tecniche, e d un valore via
via diverso nel corso del tempo alla regione in cui vive, adattandosi allambiente con un
processo di creazione che frutto soprattutto delle sue scelte e del suo lavoro. In questo modo
tutto viene perci demitizzato: nessun ambiente ha o pu avere un valore immutabile per
luomo; lui che gli conferisce un valore determinato, in base alle sue capacit di plasmarlo,
modellarlo e organizzarlo ai propri fini. Non esistono, pertanto, regioni favorite o regioni ostili
dal momento che questi attributi variano nel tempo per le stesse regioni276.
Anche Lucio Gambi (1956, pp.19 e 23-24) discutendo del concetto di valore in geografia
afferma:
qualunque cosa di questo mondo e quindi anche gli oggetti che la geografia
studia non ha continuativamente un medesimo valore, ma lo muta secondo dei
tempi e le circostanze, e in particolare secondo gli uomini i quali la prendono in
considerazione non si pu certo affermare che il valore pu aversi solo se la cosa
esiste nella astratta realt fenomenica: cio la cosa o il fenomeno sono un prius
riguardo al valore. Non la cosa a condizionare il valore. La cosa pu esistere e
non avere valore perch non la conosciamo ma avr valore come per le
discipline naturali o il valore di realt umana come per le discipline storiche
solo perch luomo esiste e quando luomo ne ha conoscenza. luomo, quindi,
lorigine del valore.
5.4 La Geografia Possibilista: regione e paesaggio.
Questo nuovo paradigma ipotizza quindi un rapporto bidirezionale, composto da impulsi
generati dallambiente e da altri generati dalle comunit: impulsi che interagiscono e che
mutano nel tempo. Pi precisamente, come detto prima, lambiente offre delle possibilit che
luomo e la societ utilizzano secondo necessit, a seguito di decisioni libere e coscientemente
adottate. chiaro quindi che il grado di libert della risposta umana allambiente fisico e la
considerevole ampiezza delle possibilit a discrezione delluomo giustifica pienamente il
termine possibilismo con il quale si definisce questa nuova concezione del rapporto uomo-

276

Si veda al riguardo A.Pecora, 1986, pp.65-68.

80
ambiente. Secondo Adalberto Vallega (2004, p.19) la concezione possibilista pu venire
riassunta nei seguenti assunti:
a) la natura non esprime soltanto vincoli, ma offre anche alle comunit umane un campo di
possibilit per occupare il territorio e utilizzare le risorse naturali;
b) le comunit umane, sia pure allinterno di evidenti condizionamenti, esercitano una scelta
tra le possibilit loro offerte dallambiente fisico.
c) la scelta, che presuppone lesistenza di gradi di libert, compiuta in base alla cultura delle
comunit e alle tecnologie di intervento sul territorio di cui esse dispongono;
d) in questo quadro la comunit umana si comporta come un fattore geografico, nel senso che
in grado di influire sullevoluzione della natura.

Luomo, qui sempre inteso come societ umana, il principale agente della modificazione
terrestre. Ed su questultimo aspetto, luomo fattore geografico, che si rivolge lattenzione del
geografo possibilista, che comunque deve essere sensibile a cogliere il substrato fisico
dellorganizzazione del territorio. Lambiente presenta senza dubbio diversi ostacoli
montagne, boschi, paludi, deserti, mari ma luomo riesce a superare e vincere questi
ostacoli dando luogo ad un ambiente umanizzato: una regione unica ed irripetibile nella sua
sostanza. Il compito del geografo possibilista sta quindi nellindagare come, in particolari
luoghi, lambiente abbia costituito la piattaforma su cui la societ umana ha organizzato s
stessa.
Nonostante ci la problematica geografia fisica/umana sempre presente perch come
scrive Paul Vidal De la Blache:
la geografia tenuta far riferimento agli stessi fatti come la geologia, la fisica, le
scienze naturali e, sotto certi aspetti, la sociologia [e questo perch la
geografia] ha come compito particolare di indagare come le leggi fisiche e
biologiche che reggono il globo si combinino e si modifichino quando vengono
applicate alle diverse parti della superficie terrestre [ma deve anche sforzarsi] a
caratterizzare i vari paesi, di dipingerli anche, poich il pittoresco non gli escluso
(Vidal De la Blache, 1922, passim).
Lambivalenza fisico/umana viene superata nellanalisi della regione intesa come quel fatto
geografico in cui
i rapporti fra le condizioni geografiche ed i fatti sociali possono essere esaminati
da vicino, su di un campo ben scelto e ristretto (Vidal De la Blache, 1902, p.23).
Tutto ci porta i vidaliani ad interessarsi sempre pi degli studi regionali (le cosiddette
Monografie Regionali) e cio, come sempre suggeriva Paul Vidal De la Blache, studiare:
quellambiente composito dotato di una potenza capace di raggruppare e
mantenere uniti esseri eterogenei in coabitazione e correlazione reciproca. Questa
sembra essere la legge stessa che regge la geografia degli esseri viventi.
Questarea rappresenta un luogo dove si sono artificialmente riuniti esseri disparati
che si sono adattati ad una vita comune (Vidal De la Blache, 1922, p.7).
Le varie monografie regionali, permettendo di cogliere quelle relazioni tra i vari fenomeni
(ambientali ed umani) di una medesima area, altrimenti slegati perch appartenenti a due

81
sfere diverse, aiutano sia a risolvere il problema della spaccatura tra geografia fisica e
geografia umana sia, ma ancora pi importante, consentono di elaborare le sintesi regionali.
Se vero, come detto prima, che il rapporto uomo/ambiente presenta esiti non
predeterminabili ma d origine a mondi possibili occorre considerare che la regione, fra tutti
quei mondi possibili, quello attuato in quanto rappresenta leffettiva perch lunica
realizzata sintesi del rapporto uomo/ambiente. La regione un organismo con personalit e
carattere propri in quanto espressione del contatto, del rapporto, fra quellambiente e quella
societ: cos le monografie regionali (cio gli studi delle varie regioni) permetteranno di
verificare i rapporti e studiare le interrelazioni. In altre parole permetteranno di individuare le
varie sintesi regionali.
Rimangono per due problemi cos una regione e che cosa effettivamente rappresenta la
sintesi regionale: il primo, che i regionalisti tedeschi e nord americani avevano tentato di
risolvere con una tautologia, viene risolto indirettamente tramite linterpretazione del secondo.
Il ragionamento di Max Sorre277 abbastanza lineare. La determinazione di una regione
un fatto relativo alla geografia umana generale e, nella sua individuazione, non bisogna
riferirsi alle scienze naturali in quanto lo scopo del geografo di:
determinare delle unit territoriali entro i cui limiti vivono dei gruppi umani che
possiedono delle caratteristiche comuni. dunque dalla geografia umana che
dobbiamo attingere i criteri.
Inoltre esse presentano dei caratteri estremamente diversi fra loro per cui occorrer, anche,
evitare
di delimitare regioni di dimensioni sensibilmente uguali.
Si potr cos individuare una gerarchia fra le regioni:
si parler di grandi regioni umane (la Cina, lIndia, il mondo mediterraneo), di
regioni umane di secondo ordine o intermedie (nella grande regione umana
dellEuropa Centrale, il bacino di Parigi, la regione industriale renana), delle regioni
umane elementari (i paesi).
Il problema, di l dalla individuazione delle dimensioni o la possibilit di varie classificazioni,
comunque rimane: come possiamo riconosce lindividualit della regione umana? La risposta
abbastanza evidente:
Luomo ha coordinato la sua capacit con il suolo, da cui ha estratto tutte le
possibilit, stabilendo [nella regione] una sorta di simbiosi cos impossibile
individuare nettamente ci che spetta alla natura e ci che spetta al gruppo
umano. Ma questultimo ha unazione rivelatrice, o meglio unazione creatrice con
laiuto di materiali e di elementi presi dallambiente naturale [il gruppo umano]
riuscito non tutto di un colpo, ma attraverso una trasmissione ereditaria di
processi, schemi ed invenzioni, a costituire un qualche cosa di metodico
producendo un milieu a suo uso e consumo e con ci si introduce un nuovo
principio di differenziazione Non mi sembra che vi sia bisogno di andare oltre,
nelle nostre ricerche se la comprensione diretta, intuitiva, del complesso geografico
attraverso il paesaggio ci rivela, prima di tutte le analisi, lindividualit della regione
geografica.
277

Tutte le citazioni seguenti sono tratte del terzo volume del trattato di M.Sorre, pp.445-450.

82
chiaro, quindi, che la soluzione di tutto sta, come afferma Paul Claval (1972, p.68), nella
stupefacente scoperta del paesaggio inteso, questultimo, come la proiezione delle tecniche e
delle pratiche organizzatrici del sistema sociale [la cosiddetta cultura materiale del gruppo] sul
sistema ecologico [lambiente naturale], una proiezione attiva che lo costruisce in conformit
con lo scopo da raggiungere.
Il paesaggio la manifestazione reale e visibile di quel mondo possibile la regione che
rappresenta il progetto attuato da quella societ su quel territorio: un oggetto reale che si
vede, si studia e nel cartografare i suoi tratti caratteristici se ne tracciano i confini e si
individua la regione.

Questo nuovo paradigma influenzer in modo determinante (nellaccezione vidaliana) la


geografia

francese

(nellaccezione

hettneriana-hartshorniana)

dallinizio del 1900 soppiantando (o quasi) quello determinista.

quella

nord

americana

83

6 Il Neopositivismo
quantitativa.

e lo

sviluppo

della

geografia teoretico

La geografia deve essere concepita come una scienza interessata


alla formulazione delle leggi che governano la distribuzione
spaziale di certe caratteristiche della superficie terrestre.
Fred K. Schaefer, Exceptionalism in geography: a methodological
examination, p.227.
ogni branca della geografia che pretende dessere scientifica
necessita dello sviluppo della teoria e ogni branca della geografia
che ha bisogno della teoria ha bisogno delle tecniche quantitative.
Ian Burton, The quantitative revolution and theoretical geography,
p.162.

6.1 Premessa.
Come si sottolineato allinizio del capitolo precedente non facile, allinterno delle scienze
sociali, individuare in modo netto i confini fra i vari paradigmi. Cos, in effetti, allinterno dello
stesso paradigma storicista-possibilista continuano a permanere tratti e atteggiamenti di
impronta decisamente naturalista ed evoluzionista, tanto che, secondo Horacio Capel (1972,
p.68) di fatto si pu affermare che la corrente positivista non si interruppe mai.
Inoltre nel secondo Dopoguerra il paradigma storicistapossiblista cominci ad essere
messo in crisi sia per i suoi problemi intrinseci, connessi al suo evidente enciclopedismo, sia
per lo svilupparsi di filosofie neo-positiviste anche allinterno delle scuole geografiche che lo
contestarono perch, volendo descrivere le regioni come organismi unici ed irripetibili, rifiutava
lelaborazione teorica.

6.2 Il Neopositivismo e la nascita della geografia teoreticoquantitativa.


A partire dalla met degli anni venti ci fu una ripresa dellideale positivistico. Questa
tendenza prese il nome di Neopositivismo o Positivismo Critico o Empirismo logico e si svilupp
nel Circolo di Vienna, fondato nel 1924 da Moritz Schlick (1882-1936) e nel gruppo di Berlino
attorno a Hans Reichenbach (1891-1953); di questi due gruppi fecero parte numerosi
matematici e filosofi quali Rudolph Carnap, Richard von Mises, Carl G. Hempel, Olef Helmer,
Kurt Gdel, Otto Neurath e altri. Lavvento del Nazismo e lannessione dellAustria segnarono
una svolta per i neopositivisti del circolo di Vienna che, oggetto di persecuzione politica, si
trasferirono in Gran Bretagna o negli Stati Uniti dove continuarono lo sviluppo delle loro idee e
contribuirono alla diffusione di questa filosofia.
Riprendendo lideale del Positivismo ottocentesco anche per i neopositivisti il modello della
scienza era unico rifiutando cos il dualismo degli storicisti. Per raggiungere lunit della scienza
cera bisogno di un linguaggio preciso, n confuso n pretenzioso. Per questo motivo si fece
ricorso al metodo logico-matematico che doveva controllare rigorosamente il procedimento
scientifico per evitare di cadere nelle imprecisioni. Per distinguere le proposizioni sensate da
quelle non sensate i neopositivisti adottarono il principio di verificazione attraverso il quale una

84
proposizione si rivela vera solo se si appoggia ai dati dellesperienza, altrimenti uno
pseudoconcetto. In tal modo la metafisica venne eliminata, perch costituita da concetti e
proposizioni non verificabili attraverso i fatti e quindi considerata uno pseudoconcetto.
I due gruppi, quello di Vienna e di Berlino, oltre allimpostazione antimetafisica e un marcato
atteggiamento empiristico, adottarono la logica nellanalisi del linguaggio scientifico. Soltanto
attraverso il simbolismo matematico si poteva raggiungere il controllo pieno del linguaggio,
causa talvolta di deviazioni o di problematiche inutili: il linguaggio base delle scienze doveva
avvicinarsi sempre di pi agli enunciati matematici. Qui si trova una delle differenze
fondamentali tra positivismo ottocentesco, che riteneva la scienza essere lunico sapere
definitivo ed incontrovertibile atto a comprendere la realt, ed il neo-positivismo che non ha
mai avuto la pretesa di cogliere totalmente la realt, ma di affinare gli strumenti per
avvicinarvisi attraverso la coerenza degli enunciati.
In una posizione un po diversa, ma forse pi influente per la geografia, si colloca Karl
Raimund Popper (1902-1994) che, pur non facendo parte del Circolo di Vienna, ne riprese
alcune tematiche fondamentali sostituendo per il principio di verificazione con il criterio di
falsificabilit e la teoria dellinduzione con il metodo deduttivo della prova. Egli attacc i
neopositivisti e la loro preoccupazione basata sulla correttezza del linguaggio, portando
lattenzione sulle teorie criticabili, sui ragionamenti e sulla loro validit.
Egli parte dal principio che linduzione non esiste. Elimina linduzione per enumerazione
perch impossibile anche attraverso un numero infinito di osservazioni concordanti arrivare
ad una legge universale, per cui assurdo arrivare a una teoria scientifica basandosi su un
numero di esperimenti. Non valida neppure linduzione per eliminazione, perch per un
problema esistono tante soluzioni e anche se si eliminano le teorie false non resta la teoria
vera. In altre parole il principio dellinduzione un principio che non si pu accettare perch
impossibile giustificarlo logicamente, ed impossibile attraverso di esso affermare principi
assoluti.
Ma allora la scienza da che cosa parte? La conoscenza sempre guidata da unipotesi. Se
queste ipotesi o aspettazioni non si verificano nasce il problema. Lorigine della conoscenza
scientifica nasce da queste aspettazioni rimaste deluse. Entra in campo la creativit che deve
formulare delle ipotesi per la soluzione dei problemi. Lorigine della conoscenza scientifica
costituita da problemi, che per essere risolti implicano la creativit dello scienziato. Le ipotesi
formulate dovranno in seguito venire controllate dallesperienza ed questo il momento della
scoperta. Karl R. Popper in altre parole non rigetta lintuizione. La creativit diventa una
costituente molto importante per la formulazione di ipotesi e quindi per la risoluzione dei
problemi, perch soltanto attraverso idee azzardate che si costruiscono le grandi scoperte
scientifiche; non rigetta perci neppure i non-sensi legati al mondo dellimmaginazione, e non
della logica, che, spianando la strada allintuizione, possono aiutarci nellelaborazione delle
teorie. Queste ultime rappresentano lelemento chiave della sua impostazione:

85
sono qualcosa di pi che non semplici esercizi, e ci si pu vedere dal fatto che le
sottoponiamo a severi controlli tentando di dedurre da esse alcune regolarit del
mondo, a noi noto, dellesperienza comune; tentando, cio, di spiegare queste
regolarit. E questi tentativi di spiegare il noto mediante lignoto... hanno esteso
smisuratamente il regno di ci che noto (Popper, 1969, p.19).
Una volta formulate le ipotesi si passer al controllo attraverso lesperienza. Le teorie sono
potenzialmente falsificabili. Il procedimento scientifico quello di scoprire che si nellerrore
per eliminarlo. Una teoria scientifica che viene sostituita da unaltra un passo in avanti verso
la verit; la scienza perci non descrive la realt in termini definitivi, ma ha soltanto valore
regolativo.
A fianco di queste grandi operazioni di revisione/ricostruzione degli apparati filosofici del
pensiero scientifico si assiste anche al rapido sviluppo di nuove tecnologie: con comparsa degli
elaboratori si vede la concreta possibilit di sottoporre ad analisi scientifica una grande
molteplicit di dati relativi a problematiche sociali e territoriali, tanto che
leuforia quantitativa raggiunge il massimo apogeo negli anni Cinquanta, allorch
tutte le scienze sociali provano ad introdurre questi metodi come apparente
panacea per risolvere i propri problemi (Capel, 1987, p.211).
Gli anni del secondo dopoguerra sono poi segnati da grandi e radicali cambiamenti sociali ed
economici che portano alcuni geografi a rimettere in discussione il ruolo della loro disciplina.
Da una parte inizia il confronto fra le due forti ideologie (socialista e capitalista) che si
scontreranno per lintera seconda met del secolo e dallaltra vi sono reali e crescenti problemi
urbani e regionali interpretati diversamente a seconda dellapproccio ideologico legati sia alla
necessit della ricostruzione postbellica sia alla necessit di far fronte in qualche modo al
nuovo problema del sottosviluppo, venutosi a creare in seguito al processo di decolonizzazione.
Cos molti studiosi di scienze sociali (e ai primi posti i geografi) si sentono in obbligo di fornire
risposte concrete tenendo anche conto che, secondo lapproccio neopositivista, le scienze sono
tali non quando descrivono ma solo quando, attraverso una precisione di concetti e
proposizioni, riescono a dare risposte efficaci ai vari problemi (non solo scientifici ma anche
sociali) che sorgono. In questo senso, il paradigma storicista non appare pi in grado di venire
in soccorso: descrive non risolve e le sue approssimazioni vengono messe da parte in nome
della precisione scientifica necessaria per attuare efficaci progetti e forme di pianificazione a
livello regionale, per elaborare, in altre parole, veri e propri strumenti di in grado di avere un
effetto sul territorio.
In questo quadro:
lasserzione che la sintesi regionale costituisse lidentit essenziale della geografia
conferiva alla disciplina unimmagine dilettantistica. Dopo la Seconda Guerra
Mondiale si esigeva che le universit del Nord America formassero persone in grado
di risolvere problemi, o tecnici sociali in grado di gestire la sempre pi complessa
struttura dei processi economici. I geografi non tardarono ad adottare costruzioni
teoriche e modelli in grado di promuovere lo status della loro scienza e giustificare
la loro posizione accademica (Holt-Jensen, 1999, p.76).

86
E cos che, negli anni Cinquanta sullonda di queste serie di rivoluzioni, nel mondo
anglosassone nasce quella che verr chiamata nuova geografia o meglio geografia teoretica.
Nuova perch non si accontenta pi di descrizioni, ma pretende di dare risposte, risposte che
solo una geografia intesa come scienza operativa in grado di fornire attraverso la
formulazione di leggi generali, di teorie scientifiche, da qui il termine teoretica. Lo sviluppo di
questa nuova geografia procede di pari passo con il successo di altre nuove branche
disciplinari, come la geografia economica e la scienza regionale. A differenza dei geografi
storicisti, i geografi neopositivisti credono in un ordine soggiacente allapparente caos, ordine
al quale seguendo limpostazione deduttivistica popperiana si pu arrivare solo disponendo
di teorie in grado di scoprirlo e spiegarlo. E cos che
losservazione, il lavoro empirico appaiono alla fine e non allinizio come accadeva
con i metodi induttivi fino ad allora dominanti (Capel, 1987, p.216).
6.3 La geografia teoreticoquantitativa
Il primo legame della geografia nordamericana inizialmente e dalla fine degli anni 70
anche europea con la filosofia neopositivista da ricercarsi nella figura di Fred Kurt Schaefer
(1904-1953)278. La pubblicazione, nel 1953, del suo famoso articolo Exceptionalism in
Geography: a methodological examination sulla rivista ufficiale dei geografi nordamericani
segna linizio dellaffermazione della geografia teoretica legata, appunto, alle idee neopositiviste.
Larticolo un formidabile attacco contro la visione idiografica e regionalista della geografia
della scuola nordamericana guidata da Richard Hartshorne. Quello che Fred K. Schaefer
propone una geografia pi scientifica, cio monista in quanto legata alle teorie, poich:
la geografia deve essere concepita come una scienza interessata alla formulazione
delle leggi che governano la distribuzione spaziale di certe caratteristiche della
superficie terrestre (Schaefer, 1953, p.227).
La scienza non pu ricercare il particolare ma il generale per questo deve scoprire leggi
generali e teoriche.
Egli non rigetta le analisi regionali: le considera soltanto il laboratorio della geografia
teoretica in quanto dallanalisi regionale che questultima trae i dati su cui lavorare. La
visione corologica solo mera descrizione perch si limita alla classificazione di fenomeni e
caratteristiche uniche di unarea; la geografia teoretica invece:
deve prestare attenzione alla disposizione spaziale dei fenomeni di unarea non ai
fenomeni in quanto tali. Le relazioni spaziali sono largomento pi importante per la
geografia e nessun altro (Schaefer, 1953, p.228).
Per ottenere leggi generali necessario che:
le relazioni spaziali fra due o pi classi di fenomeni debbono essere studiate su
tutta la superficie terrestre (Schaefer, 1953, p.229).

278

F.K.Schaefer era tedesco, collegato al circolo di Vienna tramite G. Bergmann, con lavvento del nazismo si rifugi
prima in Inghilterra e poi negli USA dove insegn geografia allUniversit dello Iowa (Bunge, 1979).

87
Soltanto cos possibile arrivare alla generalizzazione o legge, la quale non potr andare
completamente bene per ogni situazione concreta (Schaefer, 1953, p.230), ma si rivela uno
strumento necessario per ottenere situazioni ideali, e quindi progredire nella conoscenza.
Quello che egli rifiuta la visione eccezionale della geografia che fa dellunicit di una regione il
suo campo dindagine, e questo perch lunico e lirripetibile si pu solo ammirare e descrivere
e non certamente studiare secondo leggi generali ed astratte.
Unaltra opera estremamente importante e che testimoni linflusso di questa corrente
filosofica fu Theoretical Geography (1962) di William Bunge. Il suo pensiero, legato
allimpostazione schaeferiana, stato fortemente influenzato dalle idee popperiane della
scienza:
necessario disporre in partenza di teorie che poi verranno confrontate con la
realt poich le teorie scientifiche rappresentano la chiave interpretativa dei
puzzle della realt (Bunge, 1962, p.2).
Difende

poi

la

geografia

descrittiva

riprendendo

un

discorso

tipicamente

popperiano

sullintuizione:
siamo circondati da uninfinit di fatti e ciascuna descrizione di essi altamente
selettiva. Questa selezione pu essere fatta a caso, ma i geografi si pongono
spesso alla ricerca dei fatti che giudicano significativi. La loro significativit pu
essere giudicata solo in relazione a molti altri fenomeni e lo stabilire queste
relazioni implica la formulazione di una teoria. Quella che viene chiamata mera
descrizione non pu uscire da geografi con la testa vuota. Questi conoscono molto
bene larea sulla quale hanno sviluppato unottima intuizione spaziale; ci
significa che posseggono una teoria (Bunge, 1962, p.6).
Come, appunto, aveva detto lo stesso Karl Popper la teoria che precede losservazione.
William Bunge contro la scienza passiva, quella che si fonda su sterili classificazioni. Ci di
cui la scienza ha bisogno invece sono idee e immaginazione:
Lo scienziato concentra i suoi sforzi sulle idee e sullimmaginazione. Le teorie
devono poi venire incontro a precisi standard che includono chiarezza, semplicit,
generalit ed accuratezza (Bunge, 1962, p.2).
Ci significa che le teorie sono chiare quando fanno ricorso al linguaggio della matematica,
semplici, perch devono rendere minimo il numero delle variabili, generali perch devono
avere un alto grado di astrazione, accurate in quanto contenenti precise informazioni e quindi,
implicitamente, essere esatte.
Le scienze, e fra queste la geografia, si devono occupare del generale non dellunico e del
particolare, come invece fa la geografia regionale:
la scienza diametralmente opposta alla dottrina dellunico. Se si vuole ottener
lefficienza della generalizzazione occorrer sacrificare laccuratezza del punto di
vista dellunicit (Bunge, 1962, p.9).
Questo perch soltanto se i fenomeni indagati sono generali, e non unici, possibile la
previsione. Non pu esistere perci nessuna teoria dellunico, mentre:
se siamo stati capaci di costruire una teoria che implica quel fenomeno, il
fenomeno sar generale (Bunge, 1962, p.10).

88
Naturalmente il linguaggio con il quale la scienza si esprime quello della matematica,
perch soltanto attraverso di esso si giunge alla chiarezza evitando le contraddizioni interne.
William Bunge, continuando le idee di Fred K. Schaefer, afferma che la geometria dovr essere
il linguaggio della geografia in quanto:
la geometria, con lalgebra e lanalisi, sono le tre storiche divisioni della
matematica. Lalgebra e lanalisi sono di provato uso per la geografia in particolare
per la soluzione di problemi connessi alla localizzazione degli oggetti sulla superficie
terrestre... Ma, delle tre classiche aree della matematica, la geometria si presenta
essere la pi promettente per la geografia. Dopo tutto, sarei molto sorpreso se la
genialit e lenergia che stata messa nelle analisi astratte dello spazio non
dessero prova di grande utilit nellaiutare i geografi in relazione alla comprensione
spaziale dei fenomeni umanamente significanti di cui piena la superficie terrestre
(Bunge, 1962, pp.222-223).
Quindi, se vero che la geografia la scienza delle relazioni e delle interrelazioni spaziali e che
la geometria la matematica dello spazio, allora, questultima, dovr il linguaggio della
geografia.
La regione (e lanalisi regionale) non viene rifiutata dalla rivoluzione teoreticoquantitativa
ma si passa da una sua concezione assoluta ad una relativa. La visione assoluta la vedeva
come unentit indipendente da ci di cui era composta e da tutte le altre regioni. Ci che la
nuova geografia vuol fare, invece, :
pervenire ad asserzioni astratte di validit generale indipendentemente dalla
posizione geografica assoluta dei fenomeni considerati (Vagaggini Dematteis,
1976, p.119).
Questo pu essere fatto soltanto solo accettando la regione come entit relativa. In altri
termini, come afferma Giuseppe Dematteis:
lapproccio analitico quantitativo presuppone che ogni classe di fenomeni, avente
propriet intrinseche omogenee, ha un diverso comportamento spaziale, in base al
quale esso definisce le propriet geometriche e/o topologiche di un certo tipo di
spazio. Tali propriet permettono di descrivere le configurazioni spaziali dei
fenomeni che le hanno generate (Vagaggini Dematteis, 1976, p.120).
In questo modo secondo Vincenzo Vagaggini e Giuseppe Dematteis (1976, p.120): lo schema
logico in cui si generano le forme spaziali dei fenomeni, sarebbe il seguente:
Pf > Cf > Sf > Ff
Pf = propriet intrinseche della classe dei fenomeni f
Cf = comportamento nello spazio dei fenomeni f
Sf = tipo di spazio corrispondente alla classe dei fenomeni f
Ff = configurazioni (forme) spaziali dei fenomeni f

Come si vede, una simile sequenza molto vicina a quella classica elaborata da Karl R. Popper
(1994, p.688):
P1

>

TT > EE > P2

dove P1 il problema da cui partiamo, TT sono le teorie provvisorie (tentative theories) con
cui tentiamo di risolvere il problema, EE il processo di eliminazione dellerrore cui sono

89
esposte le nostre teorie (la selezione naturale a livello pre-scientifico; lindagine critica,
compreso

lesperimento,

livello

scientifico)

P2

il

nuovo

problema

emergente

dallesposizione degli errori delle teorie che abbiamo proposto.


Lo schema nel suo complesso mostra che la scienza parte dai problemi e conduce a nuovi
problemi; essa si accresce mediante laudace invenzione di teorie e la critica delle diverse
teorie concorrenti.

6.4 La teoresi geograficoquantitativa.


Gli anni 70 80 rappresentano il ventennio pi fertile per questa nuova geografia:
sempre pi numerosi sono i giovani geografi che lasciano decisamente da parte
quella geografia sviluppatasi nel corso degli ultimi ottanta o cento anni, e che non
vogliono neppure pi sentirne parlare. Tale , almeno, limpressione che scaturisce
dagli studi realizzati da tutta una nuova generazione di geografi che si pongono su
di una nuova frontiera (Racine Reymond, 1983, p.3).
Lo sviluppo di questo modo nuovo di fare geografia fu, almeno presso i giovani studiosi di
quegli anni, effettivamente notevole: a suo supporto si pubblicarono molti manuali relativi
allapplicazione di metodi statisticomatematici per le analisi territoriali; i computer ed i relativi
programmi

applicativi divennero sempre pi potenti, flessibili e -fatto estremamente

importante- sempre pi diffusi; oltre ad elaborare nuove teorie e nuovi modelli, si recuper o si
adatt al nuovo paradigma ci che di teorico era stato fatto in precedenza anche in aree
marginali alla disciplina.
Laccelerazione del lavoro teorico era particolarmente marcata nellambito di
quelle istituzioni guidate da geografi di formazione scientifica, specialmente
scienze naturali e statistica, e/o dove verano buoni contatti con gli sviluppi nella
letteratura delleconomia teorica. Durante gli anni Cinquanta in numerose
universit la commistione tra economia e geografia aveva dato luogo a una fiorente
produzione di nuove idee e tecniche (Holt-Jensen, 1999, p.79).
In particolare negli USA due furono le Universit che per prime divennero centri dirradiazione
del paradigma: il Dipartimento di Geografia dellUniversit di Washington a Seattle guidato da
William L. Garrison e quello dellUniversit di Chicago guidato da Brian J.L. Berry

279

La prima grande teoria ad essere stata utilizzata fu La Teoria delle Localit Centrali
elaborata da Walter Christaller (18931969) con il suo famoso lavoro Le localit centrali nella
Germania meridionale pubblicato nel 1933. Con questo lavoro Walter Christaller intendeva
spiegare come i servizi tendano a disporsi sul territorio, secondo un ipotetico ordine; un ordine
del tutto razionale, basato su una divisione del territorio (che per semplicit egli ipotizza
essere uno spazio isotropo ed isomorfo) in maglie uniformi e gerarchizzate, allinterno delle
quali si muovono degli attori (il consumatore, il produttore ed il venditore) altrettanto
razionali e perfettamente informati sulle caratteristiche del sistema economico della regione.
Sostanzialmente egli inserisce la teoria economica della concorrenza perfetta, nata in ambito

279

Su questo sviluppo si veda lanalisi che ne fa R. J.Johnston (1987, pp.54-90)

90
a-spaziale, allinterno di una regione definendo le modalit con cui questultima si dota di una
struttura urbana e come questa possa variare.
Nella premessa Walter Christaller ci suggerisce che:
indipendentemente da come appare la realt, la teoria ha una sua validit in virt
solamente della propria logica e della propria coerenza. Confrontando poi questa
teoria con la realt, potremo stabilire da un lato fino a che punto la realt
corrisponde alla teoria e possa quindi venir chiarita da questa, e dallaltro in che
cosa se ne discosti (Christaller, 1980, p.30).
Questopera, estremamente anticipatrice rispetto il paradigma dominante negli anni 30 in
Germania, ebbe uno scarso impatto ed anzi, come nota Peter Haggett, non le fu nemmeno
molto propizia al suo autore in quanto:
egli non riusc a ottenere una cattedra universitaria. Solo negli anni Cinquanta le
idee di Christaller ricevettero ampi riconoscimenti nel mondo anglosassone
(Haggett, 1988, p.321).
Detto in termini kuhniani: il tentativo di spiegare la distribuzione e la gerarchia delle localit
centrali attraverso un modello teorico generale non era accettabile allinterno del paradigma
allora dominante che, allora, era la tradizione storicista-regionale europea e nord americana
legata alle idee di Alfred Hettner e di Richard Hartshorne. Solo in seguito alla rivoluzione
teoreticoquantitativa (che conduce al cambio di paradigma) la Teoria di Christaller (come
viene comunemente chiamata) viene rivalutata trovando, anzi, molte applicazioni pratiche in
particolare negli Stati Uniti dove rappresent unimportantissima fonte dispirazione per quei
geografi impegnati nellelaborazione di modelli teorici di strutture urbane ed a risolvere casi di
pianificazione urbana e regionale.
In Europa unaltra figura emblematica Torsten Hgerstrand280 che indirizza le sue ricerche
verso i processi di innovazione e di diffusione: nel concentrarsi sui processi, piuttosto che su
una realt statica, egli rompe definitivamente con la tradizione storicista-regionale europea e
nord americana. Lincipit del suo lavoro estremamente significativo:
questo studio non riguarda lanalisi di una specifica area geografica; il suo oggetto
legato allo studio della diffusione delle innovazioni intese come processo spaziale
(Hgerstrand, 1967, p.1).
Il suoi modelli sono basati sul calcolo delle probabilit, seguiti poi da prove empiriche, facendo
guadagnare grande popolarit al suo Dipartimento, a Lund nella Svezia meridionale, che in
pochi anni diventa un altro centro di fama mondiale. partendo dai suoi lavori che i modelli
probabilistici e le analisi stocastiche diventano gli strumenti base della nuova geografia tanto
che, nota Horacio Capel:
la teoria della probabilit si applica da questo momento in geografia con una tale
intensit che David Harvey non ha dubbi sullo scrivere che se dovessimo
selezionare un linguaggio matematico come dominante nellattuale ricerca
accademica, questo sarebbe probabilmente quello della teoria della probabilit; nel
1969 dichiara poi che luso del linguaggio probabilistico abituale in geografia. Le
280

Il lavoro fondamentale di T.Hgerstrand viene pubblicato nel 1953 in norvegese, ma diviene basilare dopo la sua
traduzione in inglese del 1967.

91
leggi, si afferma, non necessariamente devono essere causali: dalla scoperta
dellindeterminatezza da parte di Heisenberg noto che possono essere anche
stocastiche; la legge causale sarebbe una legge stocastica con un alto grado di
certezza (Capel, 1987, p.220).
Lidea della scienza unificata e la concezione monista del mondo comporta anche la
possibilit, per una disciplina, di adottare e fare proprie teorie appartenenti ad altre dottrine
scientifiche. Cos la fisica si presta a nuove soluzioni geografiche nel campo sociale: ad
esempio:
la teoria newtoniana della gravitazione, che OReilly aveva gi applicato nel 1930
per descrivere la configurazione delle aree di attrazione dei grandi centri
commerciali, viene ampiamente usata in geografia urbana (Capel, 1987, p.219).
Dalla teoria di gravitazione universale viene poi sviluppato il concetto di potenziale, che
rappresenta la:
somma di tutte le attrazioni esercitate su un punto dalle masse presenti in un
campo [uno strumento statistico utile] in grado di fornire particolari
quantificazioni sulla distribuzione di un fenomeno (Zanetto, 1979, p.314).
Continuando gli esempi degli studi della fisica applicati alla geografia si deve ricordare che:
il decrescere dellemigrazione a partire da un centro viene paragonato
allemissione di un raggio luminoso la cui luce gradualmente assorbita
dallambiente in cui circola e diminuisce con la distanza del fuoco che la emette; si
studia il traffico autostradale utilizzando la teoria dei fluidi e quello commerciale a
partire da teorie elettriche (Capel, 1981, p.219).
Queste soluzioni non hanno la pretesa di descrivere la realt, ma funzionano da modelli, ed
il modello altro non che
uno strumento di analisi della realt empirica, atto a ricondurre una certa parte di
essa entro uno schema logico generale ed astratto (Vagaggini Dematteis, 1976,
p.77).
In altri termini il passaggio da una geografia idiografica (cio descrittiva) ad una nomotetica
(cio teoretica) ha significato passare da un concetto di spazio assoluto a quello di spazio
relativo e cio:
pervenire ad asserzioni astratte di validit generale indipendentemente dalla
posizione geografica assoluta dei fenomeni considerati. Nelle intenzioni di
Christaller e dei suoi successori il modello delle localit centrali valido in
Germania come negli Stati Uniti, come altrove. Esso valido tutte le volte che
esiste un certo fenomeno [e questo ovviamente vale per qualsiasi modello
definito] se poi montagne, fiumi, differenze storiche, culturali, ecc. impediscono
allo spazio di strutturarsi secondo le forme geometriche perfette, previste dal
modello, si tratta di circostanze accidentali, che non invalidano il modello in quanto
tale, anzi ne confermano la validit in relazione a certe peculiarit locali. Come si
vede il passaggio da uno spazio assoluto allo spazio relativo comporta veramente
una rivoluzione sul piano concettuale: lo studio delle peculiarit locali (lunicit),
che era oggetto principale della geografia tradizionale diventa qui un aspetto
secondario, di cui il geografo in quanto scienziato non dovrebbe neppure occuparsi,
mentre il suo interesse deve prima fissarsi sulle propriet intrinseche dei fenomeni,
per derivare da esse le strutture spaziali relative, conseguenti... estrarre propriet
generali dallo spazio, relative a certi fenomeni, eliminando, in quanto irrilevanti, le
particolarit uniche dei vari luoghi (Vagaggini Dematteis, 1976, pp.119-120).

92

Occorre per tener presente che questa geografia teoreticoquantitativa si svilupp dopo gli
anni 50, con notevole ritardo rispetto allaffermarsi delle idee neopositiviste ed in un periodo in
cui la geografia regionale era fortemente in crisi. La sua affermazione segn la riscossa di una
scientificit legata al formalismo e a mezzi tecnici sempre pi sofisticati a scapito per della
storicit.

93
7 La crisi del Neopositivismo e la nascita della geografia radicale e
della geografica umanista.
In altre parole, ritengo che la nostra conoscenza della realt sia
mediata dai concetti con cui la penso. Pertanto, il solo contatto che
io possa stabilire con alcunch avviene attraverso i concetti che io
estraggo e poi impongo alla cosa
tutti i concetti sono convenzioni inventate, che andrebbero usate
con la dovuta cautela e per scopi specifici.
Gunnar Olsson, Uccelli nelluovo, pp. 36 e 40.

7.1 Premessa.
La seconda met degli anni 60 segna la crisi delle idee neopositiviste, vacillano le certezze
matematiche e sincrinano i modelli statistici mentre inizia a svilupparsi una nuova corrente
critica. un nuovo mutamento paradigmatico nelle scienze sociali, riflesso della condizione di
sconcerto in cui si venuta a trovare la societ, sottoposta ad una serie di sconvolgimenti e
disillusioni legate al susseguirsi di alcune crisi economiche, alla decolonizzazione con la
conseguente crisi del sistema di dominazione occidentale e allinsoddisfazione delle soluzioni
scientifiche.
Il sistema economico internazionale nei primi anni 70 vede scalfire profondamente antiche
certezze. Nel 1971 gli Stati Uniti decretano la fine della convertibilit del dollaro e cos nel
1973 il sistema dei cambi stabili, sostanzialmente basato sugli accordi definiti nel 1944 alla
conferenza di Bretton Woods, venne via via sostituito da un sistema di cambi flessibili.
Nellautunno del 1973 i paesi produttori di petrolio, aderenti allOPEC, decisero una
quadruplicazione del prezzo che sal a 12 dollari al barile; a questo primo shock petrolifero
segu poi un secondo nel 1979 quando il suo prezzo simpenn fino a 30/32 dollari il barile.
Segu la perdita della posizione predominante degli Stati Uniti e lemergere di due nuovi poli: il
Giappone nellarea del Pacifico e, in Europa, la Repubblica Federale di Germania. Si tratta di
una profonda crisi che riguarda non solo leconomia mondiale ma anche la scienza
economica che comincia a ripensare alcuni dei suoi postulati281.
La decolonizzazione di molti paesi ha portato, come conseguenza, un cambiamento radicale
delle relazioni internazionali: il sottosviluppo divenne un problema ampiamente affrontato282 e
diffuso, e si aprirono nuove ed importanti questioni sulla distribuzione ineguale del capitale nel
mondo:
Finita lultima guerra gli occidentali furono costretti a riconoscere il fallimento
di questa famosa missione civilizzatrice, alibi ideologico della colonizzazione
(Lacoste, 1968, p.15).
Come conseguenza di tutto ci anche nei paesi industrializzati si verificarono dei
cambiamenti significativi: si avvert la condizione di alienazione in cui si era venuto a trovare
luomo moderno con il degrado dellambiente e delle citt. Nascono movimenti ecologici come
281
282

Si vedano per tutti i lavori di K.Robinson (1966); P.A.Baran P.M.Sweezy, (1968) e R.L.Meek (1969)
Estremamente importante , al riguardo, lanalisi di G.Myrdal (1971) sul Dramma dellAsia.

94
conseguenza della presa di coscienza che il progresso ha portato una trasformazione negativa
dellambiente

ed

emblematiche,

fra

le

analisi

del

rapporto

uomo/ambiente,

sono

le

interpretazioni catastrofistiche fatte, agli inizi degli anni 70, dal MIT per conto del Club di
Roma283.
Si diffonde una conseguente sfiducia nel progresso: crolla il mito dellinfallibilit di una
scienza oggettiva in grado di risolvere i problemi che affliggono la societ; inoltre, ci si rende
conto che le pianificazioni basate sulle teorie spaziali neopositiviste, nelle quali un tempo si era
nutrita una cos grande fiducia, dimostrano tutta la loro debolezza. Come afferma Gunnar
Myrdal:
nessuna scienza sociale e nessun ramo particolare della scienza sociale pu
pretendere di qualificarsi come amorale o apolitica. Nessuna scienza pu mai
essere neutrale o semplicemente fattuale vale a dire oggettiva nel senso
tradizionale di questi termini. La ricerca sempre per sua logica necessit fondata
su valutazioni di ordine morale e politico, e il ricercatore sar sempre tenuto a
rendere conto di esse in modo esplicito (Myrdal, 1973, pp.60-61).
In termini ancora pi radicali:
Una scienza sociale disinteressata non mai esistita, e logicamente non potr mai
esistere (Myrdal, 1973, p.44).
In risposta a questa situazione di disillusione generale e in seguito alla presa di coscienza
delle carenze del paradigma neo-positivista, si sviluppano una serie di correnti critiche (o
radicali). E cos che la visione meccanicistica del mondo, propria del paradigma neopositivista e, pi in generale, delle scienze empiriche, viene affiancata da altre due metafore284
facenti parte di un unico paradigma in formazione che potremmo definire anti-neopositivista.
La prima, quella realista, adottata dalle scienze critiche, propone una lettura del mondo in
chiave marxista, lettura che sar, appunto, alla base della geografia radicale, impegnata sul
piano sociale e quindi incentrata sullanalisi di fenomeni come la povert, lemarginazione
sociale, le condizioni di vita urbana, i conflitti sociali. La seconda, quella umanista, propria
delle scienze ermeneutiche che saranno alla base della geografia umanista, invita invece a
considerare il mondo in chiave soggettiva, demolendo cos il mito positivista della realt
oggettiva e della neutralit dellosservatore.

283

Si vedano i due testi base: AA.VV., 1972 e 1973.


Non mi sento di dover qui usare il termine paradigma essendo, forse, eccessivo applicarlo alle due interpretazioni;
probabilmente il termine metafora seguendo le interpretazioni che ne da Umberto Eco nellEnciclopedia Einaudi
pi appropriato.
284

95
7.2 La geografia radicale.
Lo spazio sociale non neutro. Il gioco sociale si svolge,
dallindividuo al gruppo o fra gruppi, secondo rapporti che si
chiamano tensione, opposizione, lotta oppure solidariet,
collaborazione, compromesso. E sono le opposizioni fra le classi a
fornire la regola di questo gioco, al quale danno origine gli interessi
materiali.
Armand Frmont, La regione uno spazio per vivere, p. 40.

Nella seconda met degli anni 60 si assiste alla nascita di movimenti di contestazione che
hanno come loro culla le Universit americane ed europee: si tratta di quei movimenti di
protesta che, comunemente, vengono ricordatati come la contestazione del 68. Questi
movimenti di lotta, oltre a rifiutare la neutralit della scienza, denunciano la situazione sociale
affermando che necessaria unazione concreta da parte delle scienze sociali avendo come
scopo il miglioramento della societ, attraverso cambiamenti che possano risolvere i problemi
alla radice.
Una delle fonti dispirazione del radicalismo da ricercarsi nella cosiddetta Scuola di
Francoforte negli anni 30. Le idee fondamentali di questa scuola, apertamente antipositivista,
vengono espresse da Max Horkheimer nel famoso articolo Traditionelle und Kritische Theorie
del 1937. Egli afferma che lo scienziato sociale non svolge un lavoro oggettivo: egli parte di
un oggetto indagato e quindi influenzato dai propri valori e da quelli culturali. Cos suggerisce
Joan Violet Robinson (1966, p.49), una delle pi importanti studiose di economia politica degli
anni 60:
non possibile descrivere un sistema senza che i giudizi morali si inseriscano nella
descrizione. Guardare un sistema dallesterno implica, infatti, che esso non il solo
sistema possibile; nel descriverlo lo confrontiamo, tacitamente o in modo esplicito,
con altri sistemi reali o immaginari. Le differenze implicano delle scelte, e le scelte
implicano un giudizio.
Le critiche al metodo positivista nelle scienze sociali vengono ulteriormente portate avanti
da Theodor Wiesengrund Adorno, altro rappresentante della Scuola di Francoforte, il quale
attacca la pretesa del Positivismo di analizzare la societ con gli stessi mezzi delle scienze
naturali. Queste idee influenzarono il mondo culturale fino a portare alla nascita del movimento
radicale negli anni 70. Risulta cos naturale il ricorso al Marxismo e alle tradizioni liberali o
anarchiche come alternative per un nuovo modo di affrontare lo studio sociale (Capel, 1987,
p.234). Molti geografi quantitativi, tra cui ricordiamo William Bunge, David Harvey e Gunnar
Olsson, riconobbero i limiti della geografia neopositivista e si accostarono alle idee marxiste
per trovare soluzioni diverse ai problemi della societ americana.
La geografia radicale risulta cos essere fortemente storico materialista ed orientata a
sinistra (Bird, 1989, p.91). Lobiettivo di questa geografia come ha affermato lo stesso David
Harvey non quello di descrivere e capire il mondo ma di cambiarlo (Harvey, 1981, p.209).
Il mondo in cui siamo inseriti un mondo in crisi i cui problemi possono essere risolti anche
con laiuto della geografia. La geografia viene intesa come una scienza sociale che,

96
contrariamente a quella teoreticoquantitativa, ha un ruolo attivo: deve stimolare cambiamenti
per migliorare la societ e le sue strutture. Uno dei temi pi trattati dalla geografia radicale
lineguale accumulazione del capitale che conduce alla segregazione spaziale fra le classi e,
come nota James Bird Bird (1989, p.93):
ci porta rapidamente allidea di un diseguale sviluppo spaziale a tutte le scale: il
centro urbano e le periferie, le differenziazioni regionali ed i loro differenti gradi di
sviluppo, il mondo capitalistico avanzato ed il mondo del sottosviluppo. Lesistenza
di questa ultima contrapposizione dar origine allidea del neo-colonialismo, degli
sfruttatori e degli sfruttati.
una geografia molto impegnata socialmente e culturalmente. Le sue analisi ed i suoi studi
riguarderanno, principalmente, gli effetti territoriali del capitalismo, il problema razziale, le
minoranze e le disuguaglianze sociali e lattivit del geografo radicale consister nel contribuire
a vincere le differenziazioni spaziali delle attivit umane. A suo supporto nacquero tre
importanti riviste come Antipode, negli Stati Uniti, Hrodote, in Francia e International Journal
of Urban and Regional Research, nel Regno Unito.

97
7.3 La geografia umanista.
Il luogo incarna lesperienza e laspirazione di un popolo. Il luogo
non solamente un fatto da spiegare nella pi ampia struttura
dello spazio, ma pure una realt che deve essere chiarita e
compresa dalle prospettive delle persone che gli hanno dato
significato.
Yi-Fu Tuan, Spazio e luogo, una prospettiva umanistica, p.92.
Il territorio portatore di segni, ma per interpretare i valori ad essi
legati, secondo tutte le finezze che la percezione lega il soggetto
alloggetto, la letteratura e la pittura sono degli intermediari di
eccezionale ricchezza.
Armand Frmont, Vingt ans despace vcu, p.19.

7.3.1 Premessa.
Unaltra reazione al paradigma neopositivista ci viene fornita dalla geografia umanista il cui
obiettivo il recupero delluomo sociale reificato dalla geografia teoreticoquantitativa. Luomo
non pu essere ridotto ad una marionetta, perfettamente prevedibile e quantificabile e la
geografia non pu essere solo una geometria dello spazio, alla stregua di una scienza astratta
che studia le relazioni spaziali degli oggetti (Ley, 1980, p.6) e che ha eclissato anche la figura
delluomo, molto cara alla scuola vidaliana, agente attivo dotato di volont e intenzionalit.
David Ley, in una delle prime analisi sulla nascente geografia umanista, affermava infatti
come essa rappresentasse una reazione contro lanalisi spaziale cos come si era sviluppata
negli anni 60:
Il determinismo, leconomicismo e lastrazione insiti negli studi quantitativi
sembravano voler abolire lintenzionalit umana, luomo e la sua cultura. Al
massimo lincostanza, lincoerenza e la volubilit umana erano viste, alla guisa di
un moto browniano, come sporadiche e casuali perturbazioni attorno ad uno
schema di base (Ley, 1981, p.250).
Definita in termini kuhniani: la geografia teoretico-quantitativa non riuscendo, per i
geografi

umanisti,

ad

interpretare

risolvere

problemi

legati

alla

valutazione

dellintenzionalit umana doveva essere accantonata e sostituita da una nuova geografia


focalizzata sulla soggettivit dellazione culturale umana.

7.3.2. Il termine Geografia Umanista.


Laggettivo umanista stato utilizzato in modo sistematico da alcuni geografi nord americani
solo a partire dai primi anni 70 probabilmente perch gli altri due aggettivi umana e culturale
avevano precedentemente assunto significati ben precisi, non congrui con il nuovo approccio.
Geografia umana indicava sia il paradigma possibilista della scuola vidaliana sia quello
storicista

nordamericano

della

scuola

di

HettnerHartshorne.

Due

scuole

carattere

idiografico, indirizzate alle analisi regionali che, nelle loro descrizioni, facevano riferimento alle
tecniche proprie della cultura materiale285 definendo cos paesaggi agrari e generi di vita e
285

Per Hartshorne (1972), lo scopo della geografia lo studio di combinazioni spaziali di fenomeni in unarea (p.42)
o meglio losservazione e lanalisi degli elementi terrestri costituiti dalle mutue interconnessioni di diversi fenomeni

98
descrivendo con un taglio sempre pi enciclopedico singole regioni. Due scuole di pensiero
accusate di descrittivismo o, meglio, di fare solamente della mera descrizione.
Il rifiuto pi deciso era per legato allaggettivo culturale e questo perch il termine
Geografia Culturale, in ambito nordamericano, si riferiva alla Cultural Geography della scuola
capeggiata da Carl Ortwin Sauer dellUniversit di Berkeley, California. Questultima scuola di
pensiero era legata allidea di cultura connessa al concetto di Superorganico, cio allautonomia
della cultura dallindividuo e dalla societ. Concetto che, introdotto da Herbert Spencer286,
stato sostanzialmente teorizzato dallantropologo Alfred L. Kroeber287, anchesso attivo
nelluniversit di Berkeley. Secondo questa impostazione la cultura, una volta originatasi,
diventa extra-organica: una sorta di forza mistica che da sola determina il destino storico
umano, una forza che pu farsi e svilupparsi da sola e che gli individui [sono] soltanto i suoi
veicoli o i suoi strumenti passivi288. Assumendo capacit proprie cio obbedendo a proprie
leggi indipendenti da quelle che governano i suoi vettori umani essa genera le proprie forme
territoriali nel nostro caso indipendentemente dagli uomini stessi289. Carl O. Sauer aveva
cos chiaramente definito gli scopi della Cultural Geography:
al contrario della psicologia e della storia, una scienza che non ha niente a che
fare con gli individui ma solo con le istituzioni umane, o le culture (Sauer, 1941,
p.7)290.
Trentanni dopo Wilbur Zelinsky (1973, pp. 40-41), uno dei pi importanti esponenti della
scuola di Berkeley, nel suo testo The cultural geography of the United States affermava:
noi stiamo descrivendo una cultura, non gli individui che sono parte di essa.
Ovviamente una cultura non pu esistere senza i corpi e le menti che la creano, ma
anche qualcosa che va ben oltre a coloro che vi partecipano per sua natura
superorganica e superindividuale: unentit con una propria struttura, con
processi e momenti propri, e che in ogni modo non minimamente toccata n dagli
eventi storici n alle condizioni socio-economiche... [] del tutto estranea alle
persone singole ed alle loro decisioni, come una specie di macro-idea, una
astrazione con speciali modalit di esistenza ed un particolare insieme di regole.

(p.95): fenomeni che sono inanimati, biologici e sociali (p.46). Se gli inanimati (che sono i fenomeni fisici) ed i
biologici (relativi a piante ed animali) sono intuitivamente definiti, il problema sono i sociali che non definisce
chiaramente ma che classifica come i trasporti, lagricoltura, linsediamento delle industrie urbane (p.92) cio tutti
quei fenomeni relativi alla cultura materiale. Ancora meglio di lui si veda Hartshorne (1961, pp.120-144).
Per quanto riguarda la scuola vidaliana il riferimento dobbligo sono i quattro ponderosi tomi di Sorre (1951-52) due dei
quali sono dedicati ai fondements techniques che sostanzialmente lui riferisce al progresso tecnico relativo a qualsiasi
civilisation. Infatti une structure sociale dtermine est inintelligible si lon fait abstraction des conditions et des
techniques de la production [per questo] au cours de cet ouvrage, nous aurons des occasions de prciser les
origines, la nature et la marche des progrs techniques (II, p.8) cio sempre e solo elementi della cultura materiale.
286
Che nel suo Principi di Sociologia definisce come tutti i processi ed i prodotti, che implicano azioni coordinate di
molti individui, le quali pervengono a risultati superiori in estensione e in complessit rispetto a quelli conseguibili
mediante azioni individuali (Spencer, 1988, vol.I, p.80).
287
Su questo concetto di cultura e di Superorganico veda Kroeber (1917, 1944 e 1974) e Kluckhohn Kroeber (1972).
288
Per uninterpretazione e critica di questo errore culturalistico, cos definito da Bidney (1970), si vedano: Bendict
(1970); Leach (1978) e Remoti (1974); le citazioni sono di Benedict (ibidem, p.230) e di Bidney (ibidem, pp.257 e
258).
289
Per unanalisi critica della Cultural Geography del gruppo dei geografi di Berkeley si vedano Duncan (1980);
Agnew Duncan (1981); Lando (1995) e la dura disputa tra Symansky (1981) e Duncan (1981).
290
Si veda anche Sauer (1931).

99
E chiaro che con questo concetto si abbandonava completamente la libert dellindividuo
(in qualsiasi modo la si consideri) e si sosteneva la sua completa subordinazione a quella
cosa: la cultura, la sostanza sociale, il Superorganico. In questo modo si cadeva in una sorta
di determinismo culturale in cui i vari paesaggi, regioni, territori o luoghi venivano
rappresentati come un processo di adattamento, non dellindividuo o della societ, ma della
cultura allambiente.
Appariva quindi ovvio come questa nuova geografia non potesse riferirsi n alla Geografia
Umana, che nei rapporti uomo/ambiente considerava determinante la cultura materiale n,
tanto meno, alla saueriana Cultural Geography con il suo pesante determinismo291. In altri
termini per i geografi umanisti era necessario un ritorno ad una geografia autenticamente
antropocentrica in cui luomo potesse essere recuperato nella sua integrit, nel suo ruolo attivo
non solo nei confronti dellambiente ma anche, se non principalmente, nel suo potere di
prendere decisioni. Solamente cos si ovviava al problema di qualsiasi determinismo:
il riconoscimento dellassenza delloperato delluomo che porta i geografi
[umanisti] a studiare a fondo le possibilit di una geografia umana studiando
luomo e non semplicemente i suoi manufatti (Pickles, 1986, p.16).
Cercando di considerare come contrapposizione allo storicismo-possibilismo ed al determinismo
culturale:
luomo con tutti i pezzi al loro posto, incluso un cuore ed unanima, con sentimenti
e pensieri e con alcune parvenze di quella sua secolare e forse trascendentale
conoscenza (Ley Samuels, 1978b, pp.2-3).
7.3.3. Le origini della Geografia Umanista.
Il momento iniziale in cui far partire la prospettiva umanista della geografia viene
comunemente fissato con la pubblicazione nel 1961 del famoso articolo di David Lowenthal
Geography, experience and imagination: towards a geographical epistemology292. Nellarticolo
egli auspicava che i geografi considerassero con grande cura
le relazioni tra il mondo esterno e le sue immagini contenute entro le nostre teste
(Lowenthal, 1961, p.241).
Aggiungendo che la conoscenza geografica del singolo e della societ si sempre fondata su
geografie personali fatte di esperienze diverse, ricordi, circostanze presenti e progetti futuri.
Cos concludeva il suo articolo:
ogni immagine e idea del mondo composta da esperienze personali,
apprendimento, immaginazione, e memoria. I luoghi nei quali viviamo, quelli che
visitiamo e attraverso cui viaggiamo, i mondi di cui leggiamo e che vediamo in
opere darte, e i regni dellimmaginazione e della fantasia, tutto ci contribuisce alle
nostre immagini della natura e delluomo. Tutti i tipi di esperienza da quelli legati
pi strettamente al nostro mondo quotidiano a quelli che sembrano spinti pi
lontano, si uniscono per creare la nostra immagine individuale della realt. La
291

Per uninteressante riflessione sui rapporti tra cultura e paesaggio si veda Cosgrove (2000, pp.42-48).
A questo primo articolo ne seguirono altri, forse pi importanti per definire la sua posizione culturale, che scrisse
assieme a Prince: due (1964, 1965) relativi al paesaggio inglese ed un terzo (1976), sicuramente uno dei pi
significativi, riguardante il significato ed il valore nella valutazione dei paesaggi delle esperienze trascendentali.
292

100
superficie della terra data, per ogni persona, dalla rifrazione, passata attraverso
lenti culturali e personali, dellabitudine e dellimmaginazione. Siamo tutti artisti e
architetti paesaggisti nel creare lordine e nellorganizzare lo spazio, il tempo, la
causalit in accordo con le nostre percezioni e preferenze. La geografia del mondo
unificata solo dalla logica ed ottica umana, dalla luce dal colore dellartificio, dalla
sistemazione decorativa e dalle idee del bene, del vero, e del bello (Lowenthal,
1961, p. 260).
In questo modo egli sperava riuscendoci di innescare fra i geografi il bisogno di
uninterpretazione dei vari paesaggi, territori o luoghi, che non fosse solo oggettiva ma
avesse anche un contenuto profondamente culturale, soggettivo o, meglio, psicologico293.
Voleva, cio arrivare ad una psicologia dellambiente a supporto della psicologia umana che
permettesse di meglio comprendere:
perch si preferiscono alcuni paesaggi ad altri? come pu limmaginazione
trasformare luoghi esteticamente appaganti? in che modo lambiente, lumore e le
circostanze influenzano la nostra percezione del territorio che sta attorno a noi?
(Lowenthal Prince, 1976, p.118).
In altri termini egli, effettivamente, sperava che nella geografia anglosassone si potesse
dar vita ad un nuovo approccio alla visione del mondo che ci potesse guidasse attraverso
quelle terrae incognitae che giacciono nelle menti e nei cuori degli uomini. Queste ultime
sono le parole con cui egli apre il suo lavoro richiamandosi alla chiusa294 di un altrettanto
famoso articolo che John Kirtland Wright scrisse nel 1947. Con questarticolo un Presidential
Addess295 John K. Wright invitava ad esplorare quei settori sconosciuti e di difficile
penetrazione che costituiscono la sfera della soggettivit individuale relativa a vari gruppi
sociali. Una sorta di geografia mentale che battezz geosofia296, cio:
lo studio della conoscenza geografica da qualsiasi punto di vista... sia vera che
falsa, di qualsiasi genere di persona non solo geografi, ma contadini e pescatori,
uomini daffari e poeti, romanzieri e pittori, Beduini ed Ottentotti e per questa
ragione deve necessariamente essere in pieno accordo con le concezioni
soggettive (Wright, 1947, p.12)297.
Come nota Maria de Fanis il suo un forte invito a:
puntare lobiettivo sulluomo che, proiettando sul territorio un bagaglio di
emozioni, motivazioni e valori, ne opera la trasformazione. Sebbene Wright
293

Si veda al riguardo linterpretazione che di questo suo messaggio ne danno Livingstone (1994) e Powell (1994) e
la risposta che ne d Lowenthal (1994).
294
Si vedano: Lowenthal, 1961, p.241, e Wright, 1947, p.15: the most fascinating terrae incognitae of all are those
that lie within the minds and hearts of men. Per uninteressante interpretazione del rapporto fra questi due scritti si
vedano Fiorentini (2003) e Livingstone (1992, p.336).
295
Il Presidential Address un articolo che lAssociazione dei Geografi Americani pubblica, come primo articolo di
ogni anno, nella sua rivista Annals of the Association of American Geographers. Lautore, generalmente un noto
geografo nord americano, riceve lincarico un anno prima, non ha nessun vincolo, larticolo non soggetto a referees, e
generalmente non vi sono critiche nei confronti dei contenuti esposti. Per questo viene visto come unimportantissima
occasione di notevole spessore per proporre prospettive scientifiche davanguardia o trasmettere riflessioni critiche
significative.
296
Wright d una prima definizione di geosofia nel 1947 che poi riprende ed allarga sensibilmente nel suo Notes on
Early American Geopiety (1966c). Sul concetto di geosofia si vedano anche Handley (1993), e linteressante
rielaborazione che ne fa Tuan (1976c).
297
Definizione che ventanni dopo (1966b, p.7) precisa con: as distinguished from geography, or the study of the
realities with which geographical knowledge has to do.

101
puntualizzi che tale ricognizione dellelemento umano sia da utilizzare in modo che
essa risulti funzionale ad una determinazione oggettiva dei fatti, s che in geografia
il soggettivo dovrebbe essere usato per meglio evidenziare loggettivo (de Fanis,
2001, pp.18-19)298.
Invito che non lasci, nellimmediato, grandi segni anche perch arrivato in un contesto ben
poco favorevole. Allora la geografia umana statunitense era, da una parte, profondamente
divisa tra il culturalismo saueriano e la corologia funzionalista di R. Hartshorne e, dallaltra, in
profonda crisi dimmagine accademica data la cessazione299 nel 1949 dellinsegnamento di
geografia alluniversit di Harvard, sostanzialmente legato ad una caduta dei contenuti della
disciplina considerata non oggetto di studi universitari in quanto definita nientaltro che
descrittiva, frammentaria e facile300. Pensiero che fu rilanciato e con successo una
quindicina di anni dopo da David Lowenthal e, in parte, anche da Clarence James Glacken301
con il suo monumentale lavoro significativamente titolato Tracce sulla spiaggia di Rodi
relativo allanalisi delle modalit attraverso cui il pensiero occidentale, nella sua storia, si
rapportato alla natura e di come ha variamente interpretato i suoi rapporti uomo/natura.
Se questi tre autori (John K Wright, David Lowenthal e Clarence J. Glacken) sono
generalmente considerati come i precursori, per meglio comprendere la nascita della geografia
umanista occorre anche far riferimento alla temperie storicoculturale degli anni 60-80. Anni,
questi, interessati dalle discussioni sui rapporti tra discipline scientifiche e discipline umaniste
e, di conseguenza, sulla natura del metodo scientifico; discussioni in buona parte legate ai
lavori di Charles Percy Snow Le due culture e di Aldous Huxley Letteratura e scienza. Le due
culture del libro di Charles P. Snow sono totalmente separate e non in rapporto fra loro:
letterati ad un polo e scienziati dallaltro gli uni hanno unimmagine stranamente
distorta dagli altri. Gli atteggiamenti sono cos diversi che non c un terreno
comune neppure per quanto riguarda le emozioni (Snow, 1964, p.6)302.
Anche per Aldous Huxley le due posizioni sono estremamente distanti:
lo scienziato labitante di un universo radicalmente diverso non luniverso di
aspetti dati, ma il mondo delle strutture pure dedotte, non il mondo vissuto di
eventi unici e diverse qualit, ma il mondo delle regolarit quantificate (Huxley,
1963, p.8).
Mentre le discipline scientifiche trattano di esperienze intersoggettivamente accessibili e si
esprimono con linguaggi formalizzati come la matematica e la logica, le discipline umanistiche
298

Le ultime parole della citazione sono tratte da Wright, 1947, p.9: in geography the subjective should be used only to
point up the objective.
299
O meglio, come dice Livingstone, 1992, p.312: the assassination of geography at Harvard.
300
Si veda al riguardo linteressante analisi di Smith (1987), con la relativa discussione fra Martin (1988) e lo stesso
Smith (1988); e la messa a punto di Livingstone (1992, pp.311-313). Le citazioni sono da Smith, (1987, pp.311-312):
geography is not a university subject human geography could never be anything but descriptive, fragmentary and
easy.
301
Glachen, uno dei pi importanti geografi della scuola di Berkeley se n in buona parte distaccato avvicinandosi le
posizioni di Wright e di Lowenthal.
302
Anche se ottimisticamente conclude Possiamo per, per fortuna, educare un buon numero delle nostre menti
migliori in modo che non ignorino lesperienza immaginativa, sia delle arti che delle scienze, e neanche ignorino le
dotazioni della scienza applicata, le sofferenze rimediabili della maggior parte degli uomini loro compagni, e le
responsabilit che, una volte che se ne sia presa coscienza, non possono pi venir negate (p.102).

102
trattano principalmente di esperienze private, essenzialmente uniche ed irripetibili, e si
esprimono, attraverso la descrizione evocativa di casi concreti, nel linguaggio quotidiano.
Per la geografia data la sua duplice valenza: naturalistico-fisica o storico-culturale
simili interventi, con le discussioni che ne sono derivate, sono stati molto pi sentiti che non in
altre discipline. Da una parte la geografia si sempre interessata di creare una nuova
conoscenza formalizzando le relazioni tra i vari fenomeni che si manifestano sulla superficie
terrestre: sia dal punto di vista idiografico nella ricerca sistematica delle differenze tra regione
e regione, sia dal punto di vista nomotetico nella ricerca delle leggi e delle regolarit nella
natura e nel comportamento umano. Ed questultima posizione paradigmatica che, con la
geografia teoretica, cominciava, in quegli anni, ad avere il sopravvento. Dallaltra parte, la
disciplina si era anche interessata, seppur marginalmente, di chiarire come le funzioni
dellesistenza influenzano la nostra vita quotidiana: cio del modo con cui la cultura o le
tradizioni attribuiscono significati e valori ai molteplici elementi di cui i vari luoghi, territori o
paesaggi sono formati. Questa posizione, seppur sopita ma mai abbandonata, si rafforzata
dando origine a discussioni allinterno della disciplina con un importante ripensamento delle
sue funzioni, generando nuove fratture e radicalizzando talune posizioni303. Cos questa nuova
geografia ha preso piede, si autodefinita umanista nellorientamento ed ha iniziato a
considerare il modo con cui cultura e tradizioni attribuiscono significato e valore ai luoghi,
territori o paesaggi.

7.3.4. I fondamenti fenomenologici della geografia umanista.


Il cambiamento fondamentale che ha riguardato la geografia umanista stato dunque un
mutamento di prospettiva: dallo studio dello spazio neutro cartesiano (della geografia
teoretico-quantitativa) o dalla descrizione della regione (della geografia storicista-possibilista)
si passati allo studio dello spazio vissuto, dei territori del soggettivo. Ci comportava il
rinnovamento della metodologia304. Non pi una geografia obiettiva, scientifica, disinteressata
tipica dello scienziato, delloutsider, che osservando definisce le regole formali che organizzano
i processi oggettivi oppure descrive lorganizzazione regionale ed i paesaggi agrari. Al contrario
lo studioso deve calarsi completamente nel vissuto che analizza, deve essere partecipe di
303

In ambiente anglosassone si vedano gli importanti lavori di Gregory (1978), Gale Olsson (1979) e Gould Olsson
(1982); per la geografia italiana il caso di ricordare il fondamentale convegno di Varese del 1980 i cui atti sono stati
pubblicati da Corna Pellegrini Brusa (1980), solo pochi mesi dopo.
304
Diverse sono state le gamme di risposte presentate e discusse ma quello che le univa era ci che volevano contrastare
e non, data leterogenea mescolanza di stili filosofici, i loro riferimenti culturali. Interessante la presentazione che ne
fa Entrikin, 1991, p.18: Humanistic geography developed in the 1970s as a mlange of epistemological positions and
thematic interests. Per rendersi conto della vastit dellambito culturale si rinvia a: Bird (1989, pp.64-86); Capel (1987,
pp.256-257); Gregory (1986); Holt-Jensen (1999, pp.117-122); Livingstone (1992, pp.336-345). Fra queste una delle
pi significative era legata alle analisi, facenti riferimento al materialismo storico, iniziate nel Regno Unito da Cosgrove
sullidea di paesaggio; approccio anche questo confluito poi parzialmente nel grande filone umanistico nordamericano a
base fenomenologia che, dagli anni 80 con Tuan ed Buttimer, si imporr e diverr dominante. Cosgrove, in alcuni dei
suoi primi lavori (1978, 1983), ha riassunto le idee lungo le quali, secondo lui, potrebbe muoversi un incontro critico fra
umanesimo e materialismo storico allinterno della geografia. Non si tratta certo di un colloquio tra materialismo storico
e fenomenologia ma di un avvicinamento delle posizioni di Cosgrove con quelle della geografia umanista che alcuni
geografi nord americani stavano allora sviluppando.

103
questo perch soltanto attraverso lempatia dellinsider305, lidentit del partecipante, che si
arriva alla comprensione del mondo della vita:
lapproccio umanistico mira a studiare non soltanto luomo raziocinante, ma anche
luomo che prova dei sentimenti, che riflette, che crea descrivere e comprendere,
insistendo sullempatia con gli uomini: ecco gli obiettivi principali della geografia
umanista (Pocock, 1989, p.186).
In altri termini, la geografia umanista non cercava di capire il mondo attraverso la visione
obiettiva dello scienziato, ma voleva interpretare lazione delluomo abitante, con i suoi
sentimenti, le sue idee, le sue speranze. Il centro della sua analisi scientifica era il
comportamento delluomo nel suo territorio: luomo con i suoi pensieri, dubbi, paure, con tutti
quegli aspetti aleatori non riconducibili alla logica306. quelluomo che, come spesso accade:
non si comporta sempre razionalmente [ed i cui] cambiamenti, capovolgimenti di
tendenze, valori e scopi sono raramente prevedibili (Parsons, 1969, p.188).
ovvio, per, che cos venga precluso uno degli obiettivi perseguiti dalla scienza positiva: la
previsione, poich:
comprendere qualcosa implica anche comprendere la possibilit del suo opposto,
per cui nelle previsioni che dobbiamo fare sul comportamento umano occorre
anzitutto accettare la possibilit di ottenere risultati contrari a quelli previsti
(Capel, 1987, p. 238).
Si valorizza la dimensione soggettiva delluomo inserito nellambiente riproponendo
ancora il problema del dualismo che non per proposto nei termini del vecchio rapporto
uomo/ambiente, ma di quello tra luomo (vivente in una societ) e il territorio (prodotto della
societ). Si vuole cio:
interpretare lesperienza umana nella sua ambiguit, ambivalenza e complessit
chiarire il significato dei concetti, dei simboli e delle aspirazioni nella loro
appartenenza al territorio e ai luoghi (Tuan, 1976a, p.275)307.
Nel complesso i suoi metodi sono liberamente basati su quelli delle dottrine umanistiche, che
erano stati eliminati dal positivismo: il senso poetico, la prospettiva storica, lintuizione
diltheiana attraverso la quale possibile la comprensione dellesperienza altrui, lesegesi
testuale, linterpretazione delle immagini di particolari luoghi e paesaggi, la valutazione dei
comportamenti
Se questi sono in sintesi i punti di partenza della corrente umanista, il suo riferimento
filosofico prevalente non pu che essere quella parte della fenomenologia husserliana che si
basa sullindagine e sulla descrizione del mondo cosi come lo sperimentiamo originariamente,
305

Interessante al riguardo lanalisi che fa Cosgrove (1990, pp.33-53) nei confronti dellidea di paesaggio.
Sono gli stessi anni in cui Simon definisce luomo limitatamente razionale (bounded rational man) che,
contrariamente allhomo oeconomicus obiettivamente razionale che tra le alternative a disposizione [sceglie
sempre] quella che comportava la massima utilit, non in grado di trovare lalternativa migliore in assoluto, ma
pu cercare di soddisfare i suoi bisogni solamente in modo soddisfacente. O meglio, di fronte ad una situazione di
scelta nella quale impossibile ottimizzare, o dove il costo in termini di calcolo per farlo sembra oneroso, il soggetto di
decisione pu cercare unalternativa soddisfacente anzich ottimale. Si veda Simon (1957; 1982/97; 2000, pp.3 e 33).
307
Stimolanti sono, al riguardo, le proposte di Frmont (1978) e di Isnard (1981); due geografi che, pur non potendo
essere definiti umanisti a pieno titolo, presentano delle interessanti valutazioni circa i rapporti uomo/luogo e
societ/territorio.
306

104
direttamente e immediatamente, lasciando a parte pregiudizi e presupposizioni308. La
fenomenologia cerca, infatti, di dare le basi alla relazione tra lo scientifico ed il pre-scientifico,
il teoretico ed il quotidiano ed il suo metodo, come nota Martin Heidegger, non comporta:
lassunzione n di un punto di vista n di una direzione, perch la fenomenologia
non nessuna di queste cose e non pu divenirlo almeno finch sia consapevole di
s stessa Fenomenologia non indica n loggetto delle sue ricerche n la sua
pura presenzialit. La parola si riferisce esclusivamente al come del processo
mostrante ed al modo di trattazione di ci che in questa scienza deve essere
trattato (Heidegger, 1953, pp.38 e 45).
Il suo scopo era chiarire il modo di essere delle esperienze originarie per rendere esplicite
quelle strutture di significato su cui le scienze costruiscono le loro particolari teorie sul mondo.
Strutture di significato che sono, in qualche modo, gi implicite nel mondo dellesperienza
quotidiana, cui le intuizioni della scienza devono in linea di principio essere ricondotte e da cui
esse originariamente sono derivate.
La sua intuizione fondamentale che la coscienza non in nessun modo una sfera
chiusa in s, nella quale le sue rappresentazioni sono incluse come in un mondo interno
proprio: al contrario, essa , in base alla propria struttura essenziale, gi da sempre presso le
cose (Gadamer, 1994, p.7). La sua missione intellettuale:
volta al recupero della sfera soggettiva della coscienza, detta mondo-della-vita
(Lebenswelt), un ambito pre-categoriale e a-prioristico, luogo delle attivit
intenzionali (psichiche) del soggetto (de Fanis, 2001, p.19).
Se interpretiamo la coscienza/conoscenza come un modo particolare con cui luomo vive
e si orienta nel mondo, non ha senso concepirla come un processo attraverso cui il soggetto
crea per ed in se stesso una rappresentazione di qualcosa che fuori del soggetto
conoscente. Allo stesso modo non ha senso chiedere come queste rappresentazioni possano
armonizzarsi con la realt esterna alla coscienza. Come appunto afferma E. Usserl:
Il mondo-della-vita il regno delle evidenze originarie. Ci che dato in modo
evidente , a seconda dei casi, esso stesso dato nella percezione, e cio esperito
nella sua presenza immediata, oppure ricordato nella memoria qualsiasi modo
di induzione ha il senso di uninduzione di qualcosa che intuibile, di qualcosa che
possibile percepire in persona o ricordare in quanto gi-stato-percepito Il
sapere scientifico-obiettivo si fonda sullevidenza del mondo-della-vita Il mondo in
quanto mondo-della-vita ha gi in via pre-scientifica le stesse strutture che le
scienze obiettive presuppongono (Husserl, 1961, pp.156, 159 e 167).
Da ci che stato detto, si pu intuire che questa base fenomenologica non costituita
dalla ricerca geografica, ma rivelata e recuperata da questa: i geografi amano non solo

308

dai primi anni 70 che alcuni geografi nordamericani cominciarono a riferirsi esplicitamente alla fenomenologia.
Sulla rivista Canadian Geographer sono apparsi i due articoli a firma di Relph (1970) e Tuan (1971) che per primi
lanciarono lidea di un possibile utilizzo dellapproccio fenomenologico in ambito geografico. Questi due primi accenni
ed indipendentemente da loro sono seguiti nel 1972 dal lavoro di Mercer Powell, due australiani, a cui si deve il
primo ed importante trattato che lega i modo sistematico i due termini. Nel 1976, sulla rivista ufficiale dei geografi
statunitensi sono apparsi, assieme sul medesimo fascicolo, i due basilari lavori di Tuan (1976) e di Buttimer (1976) cui
seguita la discussione a tre, tra Relph (1977), Tuan (1977), e Buttimer (1977), con cui generalmente si fa datare il
sistematico riferimento della Umanistic Geography alla fenomenologia.

105
scoprire dove certe cose o luoghi sono localizzati, ma amano anche scoprire come ci si sente in
particolari circostanze (Tuan, 1989a, p.233).
Gli oggetti dellindagine del geografo umanista il senso e la sacralit del luogo, la
territorialit, il genuis loci sono quelle esperienze fondamentali, che derivano da una
conoscenza/coscienza geografica prescientifica. Una conoscenza geografica che: si trova nelle
esperienze dirette e nella conoscenza che noi abbiamo del mondo in cui viviamo (Relph, 1976,
p.4). In quanto, come gi ricordava David Lowenthal (1961, p.242): chiunque esamini il
mondo intorno a s in qualche misura un geografo. Di conseguenza, la geografia
accademica, scientifica diventa uno specchio per questesperienza umana fondamentale309.
Questo

perch

attraverso

la

fenomenologia

geografi

umanisti

vogliono

sottolineare

limportanza di una costante critica nei confronti del positivismo dogmatico, come pure di ogni
apriorismo razionalistico idealistico:
il messaggio della filosofia husserliana che si deve sviluppare una prospettiva
veramente critica; dobbiamo esaminare incisivamente i processi e le assunzioni dei
nostri stessi pensieri circa particolari fenomeni, ed imparare ed identificare e
rendere espliciti i differenti modi nei quali i vari fatti del mondo oggettivo possono
essere interpretati (Mercer Powell, 1972, p.14).
Ed ancora, la geografia umanista riguarda i fenomeni che non possono essere meramente
osservati, misurati, catalogati ma che devono essere vissuti per essere colti come essi sono
veramente:
Quale il ruolo del sentimento e del pensiero per quanto concerne lattaccamento
al luogo? in che modo la qualit dellemozione umana e dei pensieri dia al luogo
una serie di significarti umani, inimmaginabili nel mondo animale il ruolo dei
concetti e dei simboli nella creazione dellidentit del luogo (Tuan, 1976a, p.269).
In questo modo il compito della geografia umanista attraverso il suo principale approccio
la fenomenologia310 diviene quello di investigare sugli strati reconditi del comportamento
umano connettendosi, per rivelare lesperienza geografica quotidiana, a quelle forme
dellespressione umana che colgono lesperienza nella sua immediatezza: larte e la letteratura.
Cos, usando le parole di Edward Relph (1981b, pp.109-110), uno dei capifila della geografia
umanista:
la geografia [umanista] come corpo formale della conoscenza presuppone le
nostre esperienze geografiche del mondo. In altre parole, la geografia [umanista]
ha un fondamento sperimentale o fenomenologico. Concetti come spazio,
paesaggio, citt, regione, hanno per noi un significato in quanto li possiamo
rapportare alle nostre esperienze dirette di questi fenomeni. Viviamo in un mondo
fatto di edifici, strade, giorni di sole o di pioggia e di altre persone con le loro gioie
e i loro problemi e siamo intersoggettivamente a conoscenza di cosa significhino
queste cose e questi avvenimenti. Questo mondo preintellettuale, o mondo-divita, oggetto della nostra esperienza vissuta non come un insieme di oggetti in
qualche modo distinti da noi e fissato nel tempo e nello spazio, ma come un
insieme di relazioni dinamiche e altamente significative. Vale a dire che gli altri, gli
oggetti, i diversi tipi di scenari, larchitettura e i luoghi ci importano tutti in modo
309

Si vedano, al riguardo, le riflessioni di Relph (1976, pp.3-7).


Circa i modi in cui i geografi hanno inteso o frainteso il rapporto tra fenomenologia e scienza si veda linteressante
volume di Pickles (1985).
310

106
pi o meno rilevante; siamo interessati ad essi e per noi contano E il mondo
stesso esperito come scenografia, unonnipresente fondale delle nostre vite; ma
nel frattempo il contesto costante e inevitabile delle nostre vite che condiziona le
nostre attivit e sintrufola in innumerevoli modi nei nostri pensieri.
7.3.5. Gli strumenti della Geografia Umanista311.
La sfida, proposta dalla geografia umanista, sta quindi nellindividuare i modi con cui ai
territori, ai luoghi o ai paesaggi che ci circondano e fanno parte della nostra esistenza vengono
attribuiti nomi, valori e significati e cos, definiti e fatti emergere dalla complessit fisica
originaria dello spazio terrestre, diventano, a pieno titolo, parte integrante della nostra vita e
della nostra esistenza.
Le antiche societ tradizionali (nomadiche o sedentarie, legate per usare un concetto
dardelliano312 alla geografia mitica e profetica) fondavano il loro sapere territoriale, le
proprie pratiche territorializzanti con i valori ad esse connessi, nel mito, nel magico o nella
religione e costruivano i loro territori radicando per usare un termine wrightiano313 una vera
e propria geo-pietas. Ora la moderna societ occidentale, da tempo secolarizzata e sempre pi
atomizzata, fonda i propri valori principalmente sullimmaginazione che, probabilmente,
rappresenta il principale se non lunico potere della natura umana capace non solo di
mediare tra i paesaggi interiori i paesaggi dellanima e quelli esteriori legati allartificio
umano, ma anche di farli coincidere e di produrne di nuovi.
Per interpretare il moderno sapere territoriale, la nostra geo-pietas, vi sono due
importanti strumenti di studio che, con questo filone di pensiero, hanno riaffermato la loro
forza e capacit: la descrizione e la narrazione.
La descrizione, ed in particolare quella scritta, ha sofferto di una pessima nomea con le
critiche

derivanti

dalla

geografia

teoretico-quantitativa:

veniva

giustamente

spregiativamente definita semplice descrizione. Con la Geografia Umanista comincia invece ed


essere vista come un metodo pi potente, pi sottile, pi analitico di quanto presumevano i
suoi critici e la metafora spaziale pi importante non pi quella di modello o di sistema ma
quella di testo. Cos alle frasi paesaggio come testo e leggere un paesaggio si comincia a
dare un significato sempre pi preciso, chiaro e scientifico.
Dallespressione semplice descrizione ci si per spostati verso quella di densa
descrizione, thick description. Termine questo utilizzato dalletnografo Clifford Geertz, come

311

Il significato che qui si vuole dare al termine strumento inteso come una creazione del pensiero scientifico,o, meglio
ancora, la realizzazione cosciente di una teoria derivato da Koyr (1967, pp.100-111, la citazione di p. 106); si veda
anche Betti (1981).
312
Dardel (1986, pp.47-80) definisce uninteressante Storia della Geografia la cui periodizzazione legata al risveglio
di una coscienza geografica, attraverso le diverse angolazioni nelle quali alluomo apparso il volto della Terra... Una
storia di questo tipo ha senso soltanto se si compreso che la Terra non un dato bruto da prendere come si da, ma
che da sempre tra lUomo e la Terra si inserisce uninterpretazione, una struttura ed un orizzonte del mondo, una
illuminazione che mostra il reale, una base a partire da cui la coscienza si sviluppa (p.47).
313
Geopiet (geo-pietas) un termine coniato come geosofia da Wright (1966c), per indicare quel complesso di
relazioni e legami emotivi -attaccamento, reverenza, amore- che si stabiliscono tra luomo, o meglio un gruppo definito,
ed il suo territorio. Estremamente interessante e significativa la ripresa che ne fa Tuan (1976c).

107
tentativo di dare senso ai complessi strati di significato dei riti culturali descrivendoli in
dettaglio da diversi punti di vista: situando cio i loro testi nei termini di diversi contesti314.
Secondo Clifford Geertz il conferimento di significato nel nostro caso ad un territorio ad un
tipo di luogo o paesaggio il fatto primario dellazione sociale, pur se compiuta da singoli, e
deriva dalla stessa organizzazione sociale. Il significato di quellazione legato alla cultura del
gruppo e questa ultima consiste in strutture di significato socialmente stabilite, nei cui termini
le persone fanno cose: nel nostro caso producono un preciso territorio, organizzano un luogo o
definiscono un paesaggio. Per questo, sempre secondo Cliffort Geertz (1987, p.67), il compito
dello scienziato sociale:
di scoprire le strutture concettuali che informano gli atti dei nostri soggetti, il
detto del discorso sociale, e costruire un sistema di analisi nei cui termini (ci che
pertinente a quelle strutture, ci che appartiene loro perch sono quello che
sono) risalter sullo sfondo di altre determinanti del comportamento umano.
In questo modo, dal punto di vista del geografo, non lunicit315 delle strutture
concettuali intese come rapporto societ/territorio, uomo/luogo, cultura/paesaggio ad
essere studiata e discussa ma la loro specificit, cio la loro singolarit, definita nel contesto di
un sistema di riferimento generale. Nello specificare il profondo, ma nello stesso tempo
ambiguo, significato di tali strutture concettuali le dense descrizioni spesso equivalgono alle
narrazioni. In questo modo la narrativa, come descrizione, stata recuperata quale ottimo
strumento per la comprensione di quelle strutture concettuali geografiche rappresentate dai
legami societ/territorio, uomo/luogo, cultura/paesaggio. Da ci facile intuire le ragioni
dellaccettazione dellartista, dello scrittore nel ruolo di abile intermediario capace di decifrare
le complesse simbologie umane insite nei territori, nei luoghi o nei paesaggi che,
metaforicamente paragonati ad un testo, si rivelano unintricata massa di soggetto e oggetto,
personale e sociale (Cosgrove, 1990, p.34).
La narrativa, e pi in generale la letteratura, offre infatti un valido punto di ancoraggio
per la comprensione dei processi di terriorializzazione situandosi fra il punto di vista obiettivo,
cio quello delloutsider (spazio come localizzazione o studio delle pratiche sociali), e quello
soggettivo, cio quello dellinsider (spazio come conoscenza o coscienza di far parte di un
gruppo)316. Narrare il luogo implica configurare, evidenziare, gli oggetti e gli eventi rilevanti,
tracciando, nel senso temporale, il loro profondo, radicato, significato territoriale: le humanae
litterae con la loro capacit di dilatare lesperienza, riassumere preferenze, modi di

314

E questa una terminologia che Daniels e Cosgrove attingono -credo per primi in campo geografico- dalletnografo
Geertz (1987, pp.39-71), che identifica un procedimento descrittivo molto approfondito, atto a chiarificare le pi
complesse stratificazioni del significato dei riti culturali dei gruppi sociali. Si veda, oltre lintroduzione, i vari saggi che
compongono il testo di Cosgrove Daniels (1988).
315
Di quei tanto deprecati mondi possibili, unici ad irripetibili della Scuola Possibilista di Vidal de La Blache, ma anche
delle aree culturali o dei paesaggi culturali della Scuola Culturalista di Berkeley di Sauer.
316
Circa i rapporti Geografia-Letteratura esiste ormai una cospicua bibliografia ben analizzata da Lando (1993; 1996).
Si vedano anche: Brosseau (1994); Pocock (1979; 1981a; 1981b; 1988); Porteous (1985); Salter Lloyd (1977); Salter
(1978); Tuan (1974; 1976b; 1978); Vallerani (1996).

108
organizzazione e conoscenze ambientali permettono di vedere pi a fondo le complesse
relazioni dellesperienza ambientale317.
Cos, secondo i geografi umanisti, larte in genere e la letteratura in particolare, con la
loro possibilit di rappresentare in modo suggestivo le geografie personali, hanno la capacit di
porre ordine nel nostro caotico modo di vedere e percepire la realt:
la letteratura come le altre forme dellarte, ha il potere di rendere vivide le
immagini, dei nostri sentimenti e delle nostre percezioni, che normalmente
appaiono confuse La letteratura apre su altre esperienze intensamente umane e
presenta differenti prospettive della struttura della realt. Pu far sorgere delle
domande e portare a formulare nuove ipotesi (Tuan, 1976b, pp.268 e 272).
La letteratura, quale strumento per elaborare una densa descrizione della relazione tra
gli uomini e i luoghi (territori o paesaggi), non si esaurisce quindi in una semplice riproduzione
della realt, bens si configura in una costruzione logico-concettuale che ne identifica le
relazioni pi occulte e quelle che, pur palesi, passano inosservate perch sempre sotto gli
occhi. Riordinando con gran sensibilit ci che del mondo ci appare confuso, il testo letterario
svela un ulteriore portentoso potere generativo, individuato da tutti quegli inediti nessi
concettuali e relazioni che un tale nuovo ordine pu condurci a decifrare e carpire tra gli
innumerevoli eventi del reale318.
Sar cos possibile trasporre lesperienza artistica sul piano scientifico per utilizzarla come
fonte inestinguibile di dati concreti e vissuti dellesperienza umana sul territorio.

7.3.6. Paesaggio e luogo nellinterpretazione della geografia umanista.


Paesaggio e luogo, landscape e place, paysage e lieu rappresentano i termini chiave, gli
elementi base della geografia umanista.
Il Paesaggio stato ripreso ed analizzato cercando di interpretarlo non tanto in funzione
della sua capacit descrittiva quanto in base allideologia di cui permeato con i valori e
significati ad essa pertinenti. Alcuni studiosi, geografi umanisti di scuola prevalentemente
inglese319, hanno ripreso il vecchio concetto del Paesaggio Culturale della scuola saueriana
caricandolo di nuovi significati320. Per Denis Cosgrove, il capofila del gruppo, il paesaggio si
presenta come un sofisticato concetto ideologico in quanto capace di rappresentare:
un modo in cui certe classi di persone hanno significato s stesse ed il loro mondo
attraverso la loro relazione immaginata con la natura, e attraverso cui hanno
sottolineato e comunicato il loro ruolo sociale e quello degli altri rispetto alla natura
esterna (Cosgrove 1990, p.35).

317

Si veda al riguardo il divertente intervento di Lowenthal (1976).


Una messa a punto delle metodologie utilizzanti la letteratura per interpretare fatti territoriali si pu trovare in Lando
(1993; 1996) e de Fanis (2001); per una loro applicazione dal punto di vista didattico si vedano i saggi raccolti in Lando
Voltolina (2005).
319
Questi fanno prevalente riferimento al materialismo storico pi che alla fenomenologia husserliana; si vedano i
lavori di Daniels (1985; 1989).
320
Circa la ripresa del Paesaggio Culturale attribuendole nuovi valori si veda: Cosgrove (1978; 1983; 1987; 1989;
1990; 2000); Daniels (1985; 1989) e Cosgrove Jackson (1987). Per uninterpretazione dei mancati rapporti fra la scuola
di Berkeley e la geografia inglese si veda larticolo di Jackson (1980).
318

109
Cos questidea di paesaggio, emersa come dimensione della coscienza di una precisa
formazione sociale, ha espresso e sostenuto una serie di assunzioni politiche, sociali e morali
ed stata accettata come un aspetto importante del gusto del paesaggio321. Da ci deriva
che non sufficiente analizzare il paesaggio solo nei suoi aspetti visivi, quelli cio legati alle
componenti naturali (le condizioni ambientali, climatiche, morfologiche) ed alle attivit
economiche322 (la cultura materiale del gruppo che lha formato), sono invece i valori, le
rappresentazioni, i significati ed i vari processi sociali che li ricoprono e si sovrappongono che
assumono una considerazione sempre pi importante:
Nellodierna geografia culturale, il paesaggio si affermato come espressione di
significati umani. La scena visibile e le sue varie rappresentazioni sono ritenute
elementi portanti dei complessi processi individuali e sociali per cui gli uomini
trasformano continuamente il mondo naturale in regni culturali intessuti di
significati ed esperienze vissute (Cosgrove 2000, p.40).
Eloquente al riguardo la definizione di paesaggio che ne d lo stesso Denis Cosgrove:
composto di tre elementi: i caratteri fisici e tangibili di unarea... le attivit
misurabili delluomo; i significati o simboli impressi nella coscienza umana323.
E appunto la terza dimensione, il significato simbolico, che questo gruppo di studiosi
cercher sempre di analizzare in quanto essa che d al paesaggio una precisa connotazione
sia ideologica sia artistica. Quella artistica , poi, la seconda connotazione -dopo lideologicache essi analizzeranno nel paesaggio:
un paesaggio unimmagine culturale, un modo figurato di rappresentazione, una
strutturazione o simbolizzazione di ambienti... un parco s pi tangibile ma non
n pi reale, n meno immaginario di un paesaggio dipinto o presente in unopera
letteraria (Daniels Cosgrove, 1988, p.1).
La definizione di paesaggio come composta di tre elementi, che Denis Cosgrove fa sua,
stata prima elaborata da Edward Relph324 e da lui in seguito usata esclusivamente per definire
il luogo: il place dei geografi umanisti di indirizzo fenomenologico che hanno quasi totalmente
abbandonato lutilizzo del termine landscape. Termine che estremamente raro trovarlo citato
nei loro lavori: molto probabilmente perch visto come indissolubilmente connesso al cultural
landscape, elaborato dalla scuola di Berkeley, modellato sul concetto kroeberiano di
superorganico. Si ha quasi la sensazione che questo gruppo di studiosi abbia proceduto ad una

321

Sul significato del termine gusto del paesaggio si veda Lowenthal Prince (1964; 1965).
Sono i due elementi fondamentali sia dei paesaggi agrari degli storici del paesaggio sia dei paesaggi umani della
scuola vidaliana sia dei paesaggi culturali di quella saueriana.
323
Questa definizione appare, a p.86, nel terzo capitolo delledizione italiana di un libro di Gold (1985); un capitolo la
cui stesura, nelledizione originale inglese (1980), chiaramente attribuito a Cosgrove. Per una sua interpretazione si
veda Lando (2003; 2005).
324
Secondo Cosgrove questa definizione di paesaggio presa dalla Tesi di Ph.D. di Relph, si veda il riferimento
bibliografico a p.86 del testo di Gold (1985). Occorre per ricordare che una definizione analoga Relph nel suo Place
and Placelessness (1976), il libro legato sostanzialmente alla sua Tesi di Ph.D., la riferisce -pi congruamente con il suo
approccio fenomenologico- al concetto di place: si veda alle pp.46-49. E ben vero che egli, uno dei pochi geografi
umanisti ad indirizzo fenomenologico, si interessa anche di paesaggio ma si riferisce, quasi sempre, allurban landscape
cercando di interpretarlo, secondo lapproccio fenomenologico, studiando le eventuali placelessness (Relph 1981a;
1987) o considerando che landscapes and places are the contexts of daily life (Relph 1989, p.149).
322

110
sorta di rimozione del vocabolo landscape attuando poi un ritorno del rimosso attraverso
il vocabolo place.
Luogo quindi il secondo termine utilizzato da queste scuole di pensiero. Di per s, una
parola molto usata nella lingua corrente, nel linguaggio della quotidianit. In questo contesto
non ha un significato particolare in quanto rappresenta tutto ci entro cui siamo inseriti:
lambiente in cui ciascuno vive la propria quotidianit o meglio, per dirla in termini
fenomenologici,

rappresenta il nostro mondo-della-vita il nostro regno delle evidenze

originarie. Ad esso non mai stato attribuito un preciso valore scientifico, assimilabile al
vocabolo cosa: ogni luogo un luogo allo stesso modo in cui ogni cosa una cosa. Ma, come
nota Armand Frmont325 facendo del lieu la trama elementare del nostro spazio vissuto, i
letterati:
la caricano di una banalit che sappiamo poter essere, ai nostri giorni, la pi
preziosa delle raffinatezze (Frmont 1978, p.99).
Il luogo, nota poi Yi-Fu Tuan (1978b, p.92):
ha un contenuto pi profondo di quanto suggerisca la parola localizzazione;
unentit unica, un insieme speciale, ha storia e significato.
E un elemento essenziale della strutturazione dello spazio della nostra quotidianit:
concerne uno spazio ridotto, ma ben definito e non senza qualche estensione: la
casa, il campo, la via, la piazza... Esso associa gruppi di piccole dimensioni ma di
forte coesione: stessa famiglia, stesso mestiere o stesse frequentazioni quotidiane.
Esso implica una grandissima personalizzazione delle percezioni spontanee, con
nette delimitazioni, con confini senza equivoci (Frmont 1978, p.95).
Su di esso fissata lesperienza e laspirazione di un gruppo fortemente solidale e strettamente
coeso ed formato da tratti fisici ed elementi cultuali:
[come] una personalit umana una fusione di disposizione naturale e tratti
acquisiti... [cos]... la personalit del luogo composta da propriet naturali (la
struttura fisica del suolo) e dalle modificazioni prodotte dalle successive generazioni
degli esseri umani (Tuan 1978b, p.117).
Di fatto, pur nella diversit dei loro orientamenti filosofici, questi due indirizzi della
Geografia Umanista sono legati dal desiderio di interpretare e capire i diversi valori, simboli e
significati che le varie societ hanno dato o impresso sul luogo/paesaggio.
Ne consegue, quindi, che il luogo/paesaggio viene considerato la struttura territoriale
fondamentale da interpretare, secondo la definizione di Relph-Cosgrove, come composto di tre
elementi: una base naturale (lo statico scenario) su cui organizzata una struttura socio-

325

Frmont il capofila di quel filone del pensiero geografico francese che, studiando le geografie della quotidianit,
si riferito allo spazio vissuto. I termini che loro comunemente usao sono stati lieu espace gographique e
rgion e, quasi mai, paysage. Si tratta di un tipo di interpretazione per molti versi estremamente vicino pur non
avendo riferimenti filosofici comuni alle due posizioni dominanti della geografia umanista anglofona. Di lui si veda
limportante lavoro La rgion espace vcu, titolo impropriamente tradotto in italiano con La regione uno spazio per
vivere; importanti sono anche i suoi due interventi (1980; 1990) ed il volume collettaneo Frmont Gallais Chevalier
Bertrand Metton 1982.

111
economica (le molteplici attivit umane) ed un insieme di significati e simboli (il genuis loci ed i
simboli ad esso connessi) impressi dalla cultura della societ che ivi opera326.
Il primo di questi esprime lo statico scenario naturale327 su cui ogni societ opera.
formato dai caratteri fisici e tangibili di unarea e comprende tutte le propriet naturali (tipi di
suoli, clima...) di un determinato luogo/paesaggio; propriet che dipendono dalla sua posizione
in un ambito ben preciso. Rappresenta, cio, la complessit originaria propria di quella parte
della superficie terrestre328.
Il secondo riguarda le attivit delluomo, cio le molteplici attivit umane legate alla
cultura materiale329, che appaiono come una struttura unitaria. Essendo relative alle capacit
tecnico-organizzative del gruppo ed ai bisogni di sopravvivenza e di riproduzione, sono
sostanzialmente sintetizzabili nella referenzialit originaria e nel processo di reificazione330.
Nei confronti di una qualsiasi alterit questi due primi elementi appaiono come una
complessa struttura coerente avente valore per lunitariet di funzionamento conferita. La loro
intima connessione il luogo/paesaggio risultante definisce non solo il risultato esteriore e
tangibile dellagire collettivo di un gruppo sociale coeso ma rappresenta anche la basilare
condizione riproduttiva di quellagire, in quanto possiede le caratteristiche sostanziali della
logica

sociale

-il

processo

di

territorializzazione-

che

lha

formato

ne

garantisce

331

levoluzione

. Fondamentalmente si tratta dei due indispensabili ed unici elementi su cui si

basavano gli studi dei Paesaggi agrari sia della geografia possibilista332 sia dei tradizionali
storici del paesaggio da Marc Bloch (1973) ad Emilio Sereni (1976).
Ma con il terzo elemento, i significati ed i simboli (che la cultura non materiale ha
impresso sui due precedenti), che si raggiunge la piena dominanza politico-culturale:
sintetizzabile nella referenzialit riflessa e nel processo di strutturazione333. Sono i significati ed
simboli che rendono i due elementi precedenti interpretabili attraverso il pensiero e quindi
326

Si tratta di the static physical setting, the activities, and the meanings cos come sono stati definiti da Relph (1976,
p.47); si vedano al riguardo anche Gold (1985) e Lando (2001).
327
Richiamandoci alla Teoria geografica della Complessit elaborata da Turco: allenunciato statico scenario
naturale non qui si vuol certo dare il significato di immutabilit intrinseca dellambiente ma si vuole significare come
quellambiente sottomesso alle procedure di ogni oggettivazione umana e si d quindi un contenuto aleatorio e non
causale a quella particolare relazione che lega il comportamento collettivo alla naturalit della superficie terrestre
(Turco, 1988, p.58). Non voglio qui attribuire alla Teoria Geografica della Complessit unimpropria etichetta
umanista dimpianto fenomenologico. Mi interessa solo utilizzare, data la sua solidit e completezza, alcuni dei suoi
strumenti interpretativi allo scopo di far meglio comprendere la struttura delle connessioni esistenti tra i tre elementi
relativi alla definizione di paesaggio di Relph-Cosgrove.
328
Sulla valenza e sul significato degli elementi fisici per il processo di territorializzazione si veda Turco 1988, pp.5766.
329
Circa il termine cultura materiale si veda il lemma dellEnciclopedia Einaudi curato da Bucaille Pesez 1978.
330
Referenzialit originaria e processo di reificazione cos come sono stati definiti da Turco 1988, pp.79-105; 1994.
331
Ed sotto questaspetto che, nonostante i differenti approcci filosofici, possibile qui far riferimento allaTeoria
geografica della Complessit elaborata da Turco.
332
Questi due primi elementi (ambiente naturale e cultura materiale) sono stati a lungo studiati, nella loro unitariet,
dalla disciplina in quanto rappresentano la struttura fondamentale dei lavori legati al pensiero geografico vidaliano, si
veda al riguardo lottimo e monumentale lavoro di Sorre (1951-52), e la precisa analisi dellopera vidaliana fatta da
Buttimer 1971 e Berdoulay 1981. E bene ricordare che la scuola possibilista, negli studi relativi alle regioni ai paesaggi
o ai generi di vita, si sempre riferita alle pratiche agricole tanto che M.Sorre (1951-52, vol.3, p.13) afferma nettamente
che Les lments spirituels comptent ct des lments matriels, plus accessibles.
333
Per referenzialit riflessa e processo di strutturazione si veda Turco (1988, pp.84-93 e 106-134; 1993).

112
attribuibili ad un preciso processo di territorializzazione: la mia personalit appare dallinsieme
unitario della mia casa che rappresenta il mio luogo; la gamma delle relazioni economicopolitiche definiscono i vincoli di appartenenza fra la societ ed il proprio territorio; linscape, il
genuis loci ed i significati propri della cultura non materiale radicati nel paesaggio ne danno
una precisa valenza estetico-culturale. Si tratta cio di elementi che non appartengono alla
parte esteriore, visiva del luogo/paesaggio ma alla sua espressione simbolico-culturale
attraverso la quale si manifesta lo spirito, il senso, la sacralit. attraverso essi che si pu
definire e spiegare il radicamento territoriale: quellidentit collettiva che rende esplicita una
precisa volont di possesso, con tutte le azioni e rivendicazioni territoriali ad essa collegate,
con cui facile definire lidea di Nazione, il concetto di Heimat e di Patria.
chiaro per che questi tre elementi lo scenario fisico, le attivit ed i significati sono
considerati inseparabilmente intrecciati nelle nostre esperienze. Sono sempre pensati in stretta
relazione tra loro in quanto esprimono, ma anche sono espressione, sia del palinsesto dei
valori passati sia del dispiegarsi di quelli attuali. Per questo possibile, nota Edward Relph
(1976, p.48) che essi costituiscano una serie di processi dialettici formanti una struttura
comune e che siano quindi questi dialectics che definiscono e costituiscono, nel loro vario
combinarsi, lidentit di quel luogo o paesaggio. Poich:
il paesaggio la geografia compresa come ci che intorno alluomo... piuttosto
che essere un contrappunto referenzialit riflessa e nel processo di strutturazione
di dettagli pittoreschi, il paesaggio un insieme: una convergenza, un momento
vissuto (Dardel 1986, p.33).
Nella sua sostanza il luogo/paesaggio rappresenta linserirsi delluomo e della societ, con
il suo agire e pensare, nel mondo: rappresenta la base della lotta per la vita, la
territorializzazione del suo essere sociale, la manifestazione del suo rapportarsi agli altri. Ma
ancora di pi, appunto per la pluralit delle sue valenze, esso continuando poi il discorso con
Eric Dardel (1986, p.35) presuppone:
una presenza delluomo, anche l dove essa prende la forma dellassenza. Essa
parla di un mondo in cui luomo realizzava la propria presenza come esistenza
circospetta e indaffarata.
Non si guardano i vari luoghi/paesaggi -sia naturali sia agrari sia culturali come il Grand
Canyon o le Dolomiti, gli openfield o le enclosures, Stonehenge o Venezia- per quello che sono
in quanto composti di materialit o definiti da manufatti ma per i significati ed i valori che sono
stati ad essi attribuiti.

113
8 Il concetto di regione.
Quando si cerca di dare un senso preciso alla parola regione, o
ancor pi al concetto regione, il conflitto tra il linguaggio
scientifico e quello comune si esaspera.
Pierre Gorge, Dictionnaire de Gographie, p. 360
Ben pochi concetti sono cos equivoci come quello di regione
Jean Labasse, Lorganisation de lespace. lments de Gographie
Volontaire, p. 397.

8.1 Premessa.
Cosa sintende esattamente per regione? E unentit che esiste gi di per s sul
territorio, oppure semplicemente una categoria descrittiva? Perch ha da sempre occupato (e
non cessa di occupare) un ruolo cos importante nella geografia? Possiamo ora parlare di
regione, e qual il suo significato? A queste domande tenteremo di dare risposta in questo
capitolo, cercando di definire il concetto di regione, o meglio di capire prima che cosa evoca
comunemente questo termine, per analizzare in che modo esso si sia evoluto nella storia del
pensiero geografico ed infine analizzare il caso delle regioni amministrative italiane.

8.2 Lambiguit del concetto di regione.


Elaborare una definizione precisa del concetto di regione non cosa facile:
chi si avvicina allampia letteratura prodotta su questi argomenti soprattutto
allinizio del secolo deve districarsi tra una terminologia estremamente varia,
anche per le qualificazioni attribuite alla regione (regione naturale ed umana,
regione storica, regione economica, urbana, omogenea, uniforme, semplice,
funzionale, e cos via) e non tarda a constatare che stessi termini assumono
significati diversi e talora anche sostanzialmente divergenti non solo con il
volger delle epoche, ma anche a seconda degli autori di una stessa epoca, e che
tutto ci riflette spesso confusione concettuale (Vallega, 1983, p.7).
Lambiguit che accompagna il concetto di regione ha dunque come causa principale una
certa polisemia, accentuatasi nel corso dei decenni con lo sviluppo del pensiero geografico, in
seguito alle esigenze che di volta in volta portavano a modificare il concetto stesso di regione,
tanto che Angelo Turco (1984, p.9) la definisce come:
un recettore spugnoso della riflessione scientifica contemporanea, un luogo
polimorfo in cui speranze degli uomini ed ambizioni del potere, viver minuto e
prospezioni sofisticate, senso comune e sapere scientifico assai differentemente
qualificato, sincrociano e convivono spesso nel segno duna insidiosa ambiguit.
Ancora, Roger Brunet (1984, p.47), sottolineando la confusione generata dalla polisemia
intrinseca al termine regione, scrive:
il significato stesso delle parole cambiato molto e quindi gli strumenti del
linguaggio esigono una nuova definizione. Ma vi qualcosa di pi grave: anche i
concetti sono confusi. Spazio, regione, territorio sono oggetto di variazioni
polifoniche, dove il rumore ha la meglio sullarmonia; il termine classe, dal canto
suo, aggiunge nuove discordanze. La regione diventa classe, struttura, holon,
sistema o illusione? Allorigine dei numerosi dibattiti vi sono forse confusioni

114
involontarie dovute alla polisemia di queste parole, oppure confusioni meno
innocenti?.
Questa confusione concettuale lamentata dai vari autori, credo sia concretamente
sperimentabile su ciascuno di noi; basta provare a pensare, nel modo pi banale, a ci che il
termine regione evoca comunemente nel nostro immaginario. La prima immagine che la
maggior parte di noi richiamer alla propria mente sar probabilmente una colorata carta
geografica del nostro Paese la stessa che spesso si soliti vedere appesa in classe ove
campeggiano le sagome ben definite delle regioni istituzionali, come tante variopinte tesserine
di un puzzle a noi ormai piuttosto familiare: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli VeneziaGiulia, Toscana, Lazio Se riproponessimo la stessa domanda ad uno studente straniero
statunitense poniamo sicuramente non si troverebbe daccordo noi: ci parlerebbe, pensando
al suo Nord America, di regione dei Laghi, di regione delle Grandi Pianure, di regione
Mormone, di regione cotoniera o ancora, rifacendosi ad atlanti e testi scolastici, di regione
artica, regione tropicale, e cos via tutto cio tranne che la nostra cara e familiare
regione amministrativa. E certamente non gli potremmo dare torto: in fondo diremmo anche
lui ha ragione. Pensandoci bene, infatti, pure noi siamo soliti parlare di regioni montuose, di
regioni pianeggianti, di regione mediterranea ma anche di regioni agrarie, di regioni
industriali.
Non solo: la geografia classica (determinista o possibilista) parlava di regioni naturali,
quando la parte della superficie terreste veniva analizzata dal punto di vista dellomogeneit
dei caratteri fisici, e di regioni geografiche, o meglio regioni umanizzate, quando veniva data
importanza alle attivit delluomo. Distinzione questa che poteva generare non poca confusione
se il termine regione veniva confuso con quello di paesaggio:
comune, per es., laffermazione che lItalia, chiusa con le sue isole tra le Alpi ed
il mare , costituisca una ottima regione naturale. Ma bench essa abbia su quasi
tutto il suo perimetro, buoni confini naturali, segnati cio dalla natura, e bench
su tutto il suo territorio si verifichi la preminenza di taluni elementi strutturali e
morfologici, climatici, idrografici, ecc., nessuno potrebbe sostenere che il paesaggio
naturale dellItalia sia uniforme Gli elementi comuni, come si detto, non
mancano, ma essi non sono tanto numerosi o tanto marcati da conferire alla
regione italiana il valore di una unit paesistica: si pu aggiungere che appaiono in
essa molto pi decisamente gli elementi comuni dovuti alluomo e alla sua storia. E
in questo senso la regione italiana pu essere considerata con fondamento una
buona regione geografica; non pu ambire invece alla qualifica di regione naturale
(Biasutti, 1962, pp.13-14).
Ancora, se apriamo il libro Diario Dogon delletnologo Marco Aime, la prima immagine che
incontriamo una mappa della regione dei Dogon. Se la guardiamo con attenzione, ci
accorgiamo per che mancano i confini regionali; si tratta piuttosto di un insieme di villaggi
uniti da strade e piste disposte lungo la Falaise di Bandiagara. Non scorgiamo alcun tipo di
confine amministrativo proprio perch letnologo intende indicarci il territorio dove vive la trib
dei Dogon, e non un dipartimento amministrativo del Mali!

115
Se da una parte questi esempi ai quali, senza difficolt, potremmo aggiungerne molti
altri altro non fanno che accentuare in noi la sensazione di sconcerto derivante dallambiguit
del termine regione, usato a seconda degli autori e dei contesti teorici con significati diversi,
che avevamo preannunciato allinizio del paragrafo, dallaltra ci offrono tuttavia lo spunto per
ragionare su due importanti questioni:
1)

innanzitutto viene spontaneo chiederci quale sia il tratto che accomuna tipi di regione cos
diversi, che ci porter a riflettere sulla definizione del termine che si tende a dare
comunemente.

2)

probabilmente ci siamo resi conto di quanto noi italiani siamo, anche se inconsciamente,
legati ad un certo tipo di regione quello istituzionale che tuttavia un concetto estraneo
a molti altri ambiti culturali.
Cerchiamo di rispondere al primo quesito: che cosa pu accomunare, ad esempio, la

regione Mediterranea e la regione dei Laghi del Michigan? Potremmo, innanzitutto, sottolineare
la presenza particolarmente massiccia rispetto il territorio delle due regione dei due elementi
che le denominano: Mare Mediterraneo ed i grandi laghi del Nord America. E lo stesso vale per
regione agraria e regione industriale: sono precisamente diversificate dai due elementi,
agricoltura ed industria, che le caratterizzano. Ed questa unidea molto diffusa di regione,
ossia ci di che si intende comunemente con questo termine: una partizione territoriale avente
determinate caratteristiche che la distinguono da unaltra. A ben vedere tutto questo
corrisponde alla definizione tautologica di regione formulata da Richard Hartshorne (1972,
p.149), accennata nel quinto capitolo:
la regione uno spazio di specifica localizzazione che in qualche modo si distingue
da altri spazi e che si estende nella misura di questo distinguersi.
8.3 Le regioni formali.
Fino a qui abbiamo cercato di definire quale significato viene comunemente attribuito al
concetto di regione. Si pu notare, inoltre, come una regione venga generalmente distinta
dalle altre in virt di una sua certa omogeneit, dovuta alla predominanza di uno o pi
elementi che, in un certo modo, la caratterizzano rispetto il suo esterno. In altre parole,
laspetto, o meglio, la forma che si sostanzia nella coerenza interna dettata dal principio di
uniformit a caratterizzare questo tipo di regione, che stata, per lappunto, battezzato
regione formale. E cos che
ora come territorio caratterizzato da una certa uniformit naturale, etnica o
economica, ora come distretto ereditato dalla storia e che non rispecchia nessuna
realt attuale, la regione concepita come una specie di dato di cui ci si sforza,
allinizio degli studi, di giustificare i limiti (Juillard 1978, p.25).
Sorge ora spontaneo chiederci dove e quando sia nata questa idea di regione, ma anche quali
mutamenti abbia subito allinterno dei vari paradigmi che si sono succeduti nellevoluzione del
pensiero geografico.

116
chiaro che vi sono, ad esempio, delle sostanziali differenze tra la regione alpina e la
regione dei Dogon o, meglio, tra i criteri teorici per definire queste due regioni: la prima viene
definita da unomogeneit fisica mentre la seconda lo in riferimento alla organizzazione
territoriale di un popolo.
Diciamo subito che il primo caso: regione definita da unomogeneit fisica, anche oggi
largamente utilizzato, affonda le sue radici nel XVIII secolo, ossia in quel periodo che nel
secondo capitolo avevamo definito come fase preparadigmatica del pensiero geografico:
La data di nascita del concetto di regione naturale da collocarsi nel 1752. In
quellanno, infatti, Philippe Buache pubblic un saggio nel quale suddivise il
territorio francese in bacini fluviali, sostenendo che essi erano regioni naturali, in
quanto il fiume e la sua valle costituiscono una sede che determina in modo
naturale le forme di insediamento, di agricoltura e di allevamento. Unidea
semplice, quindi affascinante e destinata al successo. Nel corso del secolo
successivo il concetto si avvalse di notevoli progressi, poich il substrato fisico della
regione naturale venne identificato nelle strutture geologiche, di cui il bacino
idrografico unespressione. Ad esempio, un bacino sedimentario di origine
quaternaria, unarea a rilievi di origine ercinica come gli Appalachi (340 milioni di
anni or sono), oppure uno scudo archeozoico, possono essere considerati regioni
naturali (Vallega, 1995, p.21).
Questo concetto di regione intesa esclusivamente come regione naturale incontra
grande favore anche allinterno del paradigma determinista in quanto si presta perfettamente
allapproccio nomotetico. Come sintetizza Adalberto Vallega (1983, p.26) nella geografia
umana di tutte le scuole deterministe, infatti:
i rapporti tra consorzi umani e lambiente sono visti in chiave ecologica, ma il
protagonista primo resta sempre lambiente fisico: linsediamento e i fatti umani
vivono di luce riflessa, subiscono effetti ed, entro certi limiti, reagiscono. In questo
clima matura il concetto di regione naturale, che veniva gi intesa dal Ritter come
un grande individuo geografico, ben definito e chiaramente rilevabile, tanto per i
confini che per i propri caratteri essenziali. Il rigore scientifico e la tendenza a
sistemare risultati acquisiti dallesperienza e dalla speculazione, tipici aspetti della
cultura positivista, inducono tosto a stabilire oggettivamente queste grandi unit, a
definire criteri per la loro determinazione e delimitazione.
Come si visto, infatti, lapproccio determinista applicato al rapporto uomo-natura viene a
considerare lambiente fisico come la causa, e le forme duso del territorio come leffetto,
concezione riflessa, appunto, dal concetto di regione naturale:
si riteneva che lestensione di una certa struttura fisica, come un bacino fluviale,
fosse anche quella della regione, perch la struttura fisica era la causa e
lorganizzazione del territorio leffetto (Vallega, 1995, p.23).
Agli inizi del Novecento la concezione determinista viene messa in crisi e scalzata, anche
se lentamente e forse non completamente, dalla concezione possibilista secondo la quale
luomo svincolato dallambiente e lazione umana assume un ruolo protagonista, allinterno
delle possibilit offerte dalla natura.
lambiente naturale offre una gamma, pi o meno ampia, di risorse, da cui deriva
una serie di opportunit di utilizzazione. I gruppi umani, di fronte a questo
ventaglio, compiono scelte, che si traducono in tipi di organizzazione territoriale;

117
godono, insomma per usare una terminologia corrente di certi gradi di libert
(Vallega, 1983, pp.38-40).
E cos che al concetto di regione naturale i possibilisti contrappongono quello di regione
umanizzata, cio:
uno spazio in cui una comunit umana, dotata di una propria cultura (genere di
vita), organizzava un territorio, costituito da un solo ambiente fisico, o da pi
ambienti fisici contigui. La circostanza secondo cui era considerato regionale
anche un territorio composto da pi ambienti fisici dava luogo alla confutazione del
concetto di regione naturale, secondo il quale una regione necessariamente
costituita da un solo ambiente fisico. Di qui il rifiuto del principio di causalit
unidirezionale, in base al quale lambiente era la causa della regione. Infatti, se una
regione si stende su pi ambienti fisici si deve dedurre che a determinarla siano
anche altre cause: quelle umane, appunto. Un esempio ricorrente di regioni basate
su substrati fisici offerto dalla regione costiera con coste alte e rocciose: la
compongono due ambienti naturali, la striscia che costituisce linterfaccia tra mare
e costa e i versanti dei rilievi retrostanti. Due individualit fisiche ben distinte,
come si vede, eppure associate in un unico disegno organizzativo, frutto della
cultura e della tecnologia delle comunit locali (Vallega, 1995, p.24).
chiaro che la soluzione di tutto sta, nel paesaggio inteso, questultimo, come la proiezione
delle tecniche e delle pratiche organizzatrici del sistema sociale [la cosiddetta cultura materiale
del gruppo] sul sistema ecologico [lambiente naturale], una proiezione attiva che lo costruisce
in conformit con lo scopo da raggiungere. Il paesaggio la manifestazione reale e visibile di
quel mondo possibile la regione che rappresenta il progetto attuato da quella societ su quel
territorio: un oggetto reale che si vede, si studia e nel cartografare i suoi tratti caratteristici
se ne tracciano i confini e si individua la regione. Il concetto di paesaggio, nella sua sostanza
gi in parte implicitamente presente nella regione naturale, viene ripreso e riformulato dai
possibilisti che:
ne ampliano, appunto, la portata, riferendola anche alle forme di insediamento,
alla copertura umana, ai modi di utilizzazione del territorio: dallidea di paesaggio
naturale si passa a quella di paesaggio umanizzato, cio di paesaggio tout court
(Vallega, 1983, p.38).
In questo modo il concetto (o lidea) di regione si confonde con il concetto (o lidea) di
paesaggio: i due termini appaiono come dei sinonimi? Senza dubbio, nota Etienne Juillard
(1978, p.28):
nel paesaggio c una forma di regionalizzazione, e la ricerca dei paesaggi
permette su un dato territorio di scoprire e di delimitare, per esempio, delle regioni
agricole, caratterizzata ognuna da una certa omogeneit di organizzazione dello
spazio rurale; delle agglomerazioni urbane, anchesse paesaggi suddivisi in zone
pi o meno omogenee, quartieri, periferie.
Questo tipo di approccio in realt alquanto problematico, se non altro per la difficolt a
individuare, nella realt, regioni assolutamente omogenee:
due insiemi naturali molto simili e anche molto vicini possono veder nascere due
paesaggi differenti, cos, per esempio, i contrasti agrari dei Vosgi e della Foresta
Nera, per il gioco contrastato delle pressioni demografiche delle forme
dindustrializzazione, ecc. A fortiori molti paesaggi possono sovrapporsi nel tempo

118
sullo stesso spazio: pensiamo ai mutamenti agricoli nelle contrade mediterranee,
allurbanizzazione dei bacini minerari, ecc. (Juillard, 1978, pp.27-28).
Ne consegue che territori morfologicamente simili abitati da popolazioni culturalmente simili
possono dar origine a diverse regioni umanizzate oppure nella stessa regione umanizzata la
forma del paesaggio pu differenziarsi, per differenti sviluppi storicoeconomici, dando origine
a nuove regioni. In altri termini: evidente che lomogeneit interna di ciascuna regione che,
ricordiamo, rappresenta lelemento chiave pu essere tale solo in apparenza e pu
mascherare un tessuto funzionale diversificato. La definizione della regione oggetto
immanente e concreto dellindagine dipende dunque solo dallesistenza di un paesaggio
definito genericamente come il tratto visibile della superficie terrestre; la stessa esistenza della
regione umanizzata quindi legata solo a ci che appare. Il paesaggio quindi la regione s
una realt essenzialmente visibile ma:
non si pu spiegare senza fare appello a dei fattori che sfuggono alla vista o non
sono riportabili alla materialit topografica come, per esempio, lidrologia
sotterranea, la natalit, il regime fondiario, la circolazione dei capitali, la pratica
religiosa (Juillard, 1978, p.28).
La regione naturale e la regione umanizzata (entrambe abbiamo visto definibili
attraverso una variet di criteri del tutto soggettivi) rientrano in una visione idiografica dello
spazio, basata cio sullomogeneit dei paesaggi. Esiste per anche un altro tipo di approccio
alla regione formale: quello tassonomico, spesso associato a una visione quantitativa che offre
infinite possibilit di definire una regione, pur allinterno di un rigore logicomatematico.

8.4 La regione funzionale.


Il criterio di uniformit sul quale si fonda il concetto di regione formale sicuramente il pi
antico e conosciuto, ma non lunico. La geografia teoretico quantitativa rifiutando sia la
staticit della regione naturale sia lindeterminatezza della regione umanizzata propone nuovi
modelli regionali influenzati dal potere accentratore esercitato dai poli industriali e dalle
metropoli. Le regioni derivate dalla geografia teoretico quantitativa non sono certo legate al
principio di uniformit, che garantisce la coerenza interna delle regioni formali, ma a quello
della coesione spaziale esercitata da una metropoli, con forti valenze industriali e terziarie, sul
territorio circostante. La base teorica che spiega la formazione di tali regioni risiede nella
Teoria di Christaller che come brevemente accennata nel sesto capitolo mostra la
formazione delle aree di mercato. Tali aree di mercato, la cui ampiezza funzionale alla
dimensione economica della citt, rappresentano delle vere e proprie regioni che esistono solo
in funzione dellazione coordinatrice (capacit di attrazione) esercitata dalle varie citt. In altri
termini, per Walter Christaller lo sviluppo economico e sociale determina una gerarchia degli
spazi organizzati coordinati da una gerarchia di citt ciascuna con proprie funzioni e propria
regione di pertinenza. Alla base di questa teoria non viene posta lindustria genericamente
intesa, ma lindustria motrice, cio quella particolare industria capace di influenzare sia
lorganizzazione del luogo in cui sorge, sia quella del territorio circostante, fino a plasmare

119
lorganizzazione della regione, a determinarne lestensione e levoluzione. Lindustria motrice
quando risponde a tre requisiti:
a) possiede grandi dimensioni, non soltanto in termini di produzione, ma anche in rapporto
alloccupazione, poich questultima a influenzare lo sviluppo regionale;
b) esercita notevole capacit di innovare tecnologie e processi produttivi, in modo da rivestire
una funzione di leadership nel settore di appartenenza;
c) intrattiene intense relazioni con attivit che si dispongono a monte e a valle del processo
produttivo.
Sono sufficienti queste note per comprendere come il polo industriale venga considerato
soprattutto in rapporto agli effetti propulsivi cui d luogo sul territorio. Lindustria motrice,
infatti, attrae nel polo non soltanto attivit che si dispongono sia a monte (ad esempio, servizi
di manutenzione), sia a valle (ad esempio, servizi di trasporto dei prodotti finali) del processo
produttivo, ma anche attivit che si dispongono lateralmente (ad esempio, imprese di
assicurazione e sedi bancarie). Inoltre, le convenienze locali possono crescere fino al punto da
attrarre nel polo anche produzioni e servizi non collegati al procedimento produttivo
nellindustria motrice, ma che qui trovano utile localizzarsi per usufruire dei servizi esistenti.
I geografi teoreticoquantitativi puntano sullo studio di una realt regionale non pi
sezionabile in compartimenti omogenei e fissi, ma costruita piuttosto sulla base di relazioni e
processi. Non si parla pi di natura o paesaggi ma di polarizzazione, potenza dattrazione,
forza dinerzia, nodalit, gerarchie di centri, flussi
Il punto debole dellapproccio funzionalista, legato alla geografia teoretico quantitativa, sta
nel suo riduzionismo:
la geografia regionale funzionalista non fu capace di formulare una teoria generale
sulla regione perch non riusc a inquadrare in ununica immagine dassieme la
globalit delle funzioni esistenti sul territorio (Vallega, 1995, p.34).
Una visione parziale, ricordiamo che la Teoria di Christaller esclusivamente legata alle attivit
terziarie, che fornisce immagini unidirezionali della regione.
I concetti di regione naturale e di regione umanizzata erano fondati sia pure su terreni
molto diversi sulle relazioni tra comunit umana e ambiente fisico. Il concetto di regione
funzionale, invece, stato riferito soltanto alle attivit economiche, senza attribuire alcuna
rilevanza alle relazioni con lambiente.

8.5 La critica attuale al concetto di regione.


Vogliamo concludere questa sommaria analisi con qualche riflessione sul ruolo e la
legittimit del concetto di regione ai giorni nostri.
Ci si pu chiedere a questo punto in che modo possa venire rappresentata una realt
(territoriale) quale quella attuale, in cui lo sviluppo tecnologico e la globalizzazione, che ha
condotto a una compressione spazio-temporale, hanno fatto, in un certo senso, saltare i
tradizionali riferimenti e hanno imposto nuove ed inedite logiche di organizzazione spaziale.

120
In un mondo dominato e controllato da reti di interiezioni e di flussi globali in cui sono
venuti meno molti dei presupposti su cui fin verso la met del nostro secolo si fondava lidea di
regione come base territoriale stabile di una comunit, ha veramente ancora senso parlare di
regione? Secondo Giuseppe Dematteis (1997):
non possiamo pi credere, come faceva la vecchia geografia umana regionale, che
le regioni si possano definire a partire dalle loro dotazioni ambientali naturali e
storico-culturali. Neppure possiamo pensare con la (anchessa ormai vecchia)
geografia funzionalista, che per definirle basti lautocontenimento dei flussi. E non
solo perch i circuiti dei flussi che contano tendono oggi ad assumere la forma di
reti globali, ma soprattutto perch alla regione geografica non pu mancare la
corposit della terra, su cui si sedimenta la componente essenziale del milieu".
La rivoluzione telematica (pensiamo a internet) e le nuove logiche di mercato (pensiamo
alle multinazionali e alla divisione internazionale del lavoro che porta ad una segmentazione
delle varie fasi produttive, spesso localizzate in Paesi diversi) hanno introdotto nuove
coordinate spaziali, mettendo in crisi il concetto di distanza e contribuendo alla nascita di nuovi
paesaggi estremamente frammentari, non pi descrivibili ed interpretabili

secondo i metodi

tradizionali. Nellambito della rappresentazione regionale, Giuseppe Dematteis (1997) individua


la vera rottura con il passato nel fatto che se:
prima la regione era pensata come un dato, un'entit primaria e tendenzialmente
invariante (non importa se di origine divina, naturale, costituzionale, storica,
economica ecc.), ora pu solo essere pensata come una costruzione intenzionale:
un ordine geografico locale che nasce dalla turbolenza dei flussi globali e che deve
interagire con essi per continuare ad esistere.
Il quadro attuale del mondo, a detta di Agelo Turco (2000), infatti caratterizzato non
pi da uno spazio paratattico (ossia una messa in sequenza di aree in qualche modo
sensate), ma ipotattico, dove trionfa la giustapposizione sulla connessione e spazi di varia
natura (quali quello territoriale e quello della rete informatica, ad esempio) convivono
allinsegna della frammentariet, dei sincretismi e degli intrecci. La geografia regionale
tradizionale riduceva la rappresentazione delle complesse relazioni tra societ, culture,
economie e poteri a un unico tipo di spazio di derivazione euclidea, interiorizzato attraverso
pratiche

cartografiche,

che

portano

pensarlo

come

unentit

oggettiva.

Questa

rappresentazione semplificata e ingenua della regionalit pu tuttora assolvere a compiti


elementari, di tipo essenzialmente tassonomico, ma a patto di essere ben conscia dei suoi
limiti e non voler trattare aspetti complessi della realt con modalit inadeguate e in definitiva
mistificanti. Per uscire da questi limiti occorrer uno sforzo al tempo stesso di immaginazione
creativa e di analisi, quale ogni impresa scientifica daltronde richiede. Occorrer anzitutto far
riferimento a modelli concettuali capaci di trattare i sistemi complessi. Con essi bisogner
riuscire

rappresentare

le

dinamiche

regionali

come

interazioni

che

si

svolgono

contemporaneamente nello spazio-ambiente-locale, nello spazio delle relazioni di prossimit e


in

quello

delle

reti

virtuali

non

condizionate

dalla

distanza

fisica.

Bisogner

anche

rappresentare alle diverse scale (senza mai dimenticare quella basilare dei vissuti quotidiani)
spazi relazionali molteplici, corrispondenti alle multi-appartenenze (e sovente multi-identit)

121
dei soggetti locali e ricostruire le geometrie variabili delle reti e dei sistemi territoriali a cui
essi appartengono ed entro cui agiscono. Occorrer, infine, evitare i determinismi (naturali,
economici, storici), in modo da rappresentare la regionalit nel suo divenire ricco di
contraddizioni e di potenziali conflitti, perci aperto a differenti proposte, progetti, soluzioni.
8.3 Il caso italiano.
La nostra idea di regione legata alla colorata carta geografica dellItalia cos ben
cristallizzata nel nostro immaginario ha conferito alla regione istituzionale un potere
straordinario, corroborato tra laltro dal tipo dinsegnamento della geografia nelle scuole del
nostro Paese che, non a caso, partiva tradizionalmente proprio dallo studio delle Regioni
dItalia. Ed stato cos che, attraverso un curioso processo di naturalizzazione, partito proprio
dal nostro primo impatto scolastico con la regione amministrativa, ci siamo appropriati non
solo del concetto di regione intesa fondamentalmente in questo senso, come fosse unentit
naturale, presente sul territorio a priori e non una costruzione politico-culturale, ma anche di
tutta una particolare logica che ci fa accettare la partizione territoriale cui siamo abituati come
fosse la pi giusta e naturale. Contemporaneamente importante ricordare che si tratta di una
situazione che non condivisa da tutti gli altri Paesi334.
Il caso italiano si rivela poi particolarmente emblematico, oltre che per questa ambiguit
linguistica, anche per un altro motivo: lattuale suddivisione regionale del nostro territorio, che
tendiamo spesso a concepire come la pi naturale (tanto da non riuscire ad immaginarne altre
e provare un certo disagio e sconcerto dinanzi a proposte alternative), in realt non come
forse saremmo portati a credere il frutto di un attento e scrupoloso studio da parte di geografi
ed esperti, bens una soluzione operata sulla base di scelte politiche. Di solito il territorio viene
suddiviso sulla base di elementi contingenti, metascientifici, cui si cerca di conferire una
patente di obbiettivit scientifica. In Italia la circostanza ricorsa nei lavori preparatori per la
Costituzione della Repubblica. Dopo aver convenuto di creare uno Stato articolato su regioni, i
costituenti decisero di elencare le regioni [articolo 116 regioni a statuto speciale; articolo 131
regioni a statuto ordinario] in cui il territorio dello Stato si sarebbe articolato. A quel punto non
seppero far meglio che dare veste di regioni a quelle circoscrizioni statistiche che, nel secolo
scorso, appena costituita lunit dItalia, furono delimitate per raccogliere e raggruppare i dati
censuari. certo per che i Costituenti nel 1948 avevano ben altri problemi da risolvere che
non pensare al come suddividere scientificamente lo Stato italiano in regioni e cos accettarono
quella divisione che, tramite la scuola, era diventata un dato naturalmente accettato.
8.6.1. - Le Regioni italiane: loro nascita ed affossamento.
Il primo ad articolare il territorio italiano in Regioni, disegnate in modo preciso sulla carta
ed intese come parti funzionali dello Stato, derivanti da unioni di Province assommate per
334

Questa coincidenza di termini (regione = regione istituzionale), infatti, si riscontra in italiano ma non in inglese, ad
esempio, dove il termine region non corrisponde affatto alla regione istituzionale (negli Stati Uniti ci sono, infatti, gli
states e le counties, mentre in Inghilterra le counties.

122
vicinanza, struttura ambientale, struttura economica e comunit sociale, stato Piero
Maestri335. Un passato patriottico con una parte molto attiva alle 5 Giornate di Milano del 1848,
espulso anche dal Piemonte and esule a Ginevra ed a Parigi336. Il suo esilio in Francia gli ha
permesso di conoscere le vicissitudini politico-amministrative di quel paese descritte attraverso
alcuni articoli apparsi sulla rivista Il Politecnico, in buona parte poi ripresi in un volume nel
1863. Collabor con Cesare Correnti alla stesura dei primi annuari statistici diventati poi gli
archetipi di tutti i successivi. Nel 1861 venne chiamato a dirigere lUfficio Centrale di
Statistica337, mentre Cesare Correnti diveniva presidente della Giunta di Statistica. La loro
funzione era quella di ricostruire dopo la soppressione degli uffici preunitari una statistica
nazionale, funzionale al nuovo ed unificato Regno dItalia, organizzando ed uniformando i
criteri di rilevazione ed elaborazione dei dati338. stato un importante statistico con una
notevole capacit organizzativa: sua lorganizzazione e la gestione del primo censimento del
1861, preso a modello anche per i successivi339.
Dal nostro punto vista appaiono molto importanti le sue idee sul dicentramento
amministrativo. Idee che pubblica, la prima volta, in un articolo apparso su Il Politecnico nel
1861: lo stesso anno in cui, chiamato da Camillo Benso di Cavour, divenne direttore dellUfficio
Centrale di Statistica e contemporaneamente viene bocciato il progetto di ordinamento
regionale. Interessante notare questa triplice coincidenza temporale.
Il 1861 lanno in cui Piero Maestri viene chiamato da Camillo di Cavour a dirigere lUfficio
Centrale di Statistica: una struttura, questultima, assolutamente fondamentale per la
riorganizzazione amministrativa del nuovo Stato340. Fondato lo Stato Nazionale a Camillo di
Cavour cominciavano ad imporsi anche problemi di natura amministrativa legati non tanto a
scelte di politica internazionale quanto a quelli, non tanto banali, dellorganizzazione e gestione
della farragine organizzativa e territoriale del nuovo Stato la cui conoscenza era abbastanza
limitata e legata a delle parziali statistiche corografiche del Settecento. Probabilmente sono
questi i motivi lo hanno spinto a chiamare alla direzione dellUfficio Centrale di Statistica Piero
Maestri: era forse un po distante dal suo pensiero politico ma aveva dimostrato di ben
conoscere la Statistica, di saperne interpretare i risultati, era un organizzatore, un personaggio
che aveva molto a cuore le sorti del nuovo Stato e probabilmente per questo era disposto a
soprassedere alle sue idee giovanili di rivoluzionario mazziniano.

335

Una breve biografia si trova in A.Monti (1949); un accenno ne fa G.Favero (2001, pp.41 e 60); uninteressante
analisi sul suo pensiero e sulla sua posizione politica si trova in F.Della Peruta (1958).
336
Durante il suo esilio mantenne sempre contatti con lambiente patriottico milanese scrivendo articoli di matrice
statistica per gli Annali Universali di Statistica e politico-amministrativa per Il Politecnico.
337
Sulle motivazioni che spinsero Cavour, una volta formato il nuovo stato le cui parti avevano a lungo vissuto
staccate le une dalle altre, a potenziare gli studi di statistica creando ex novo una Direzione Generale di Statistica (tale
era il nome dellattuale ISTAT) si veda A.Caracciolo (1960, pp.47-48).
338
Si veda G.Favero (2001, pp.59-69) e S.Patriarca (1996, pp.178-184).
339
Sulle sue capacit di direzione ed organizzazione si veda R.Fracassi (1957, pp.103-105) e ISTAT (n.d., pp.45-77).
340
Come nota P.Villani (1978, p.884) Misurare, quantificare, conoscere anche statisticamente, si rivelava una funzione
indispensabile del nuovo Stato. In tal senso assumeva essa stessa una dimensione latamente politica. Sullimporatnza
delle statistiche per la politica del nuovo Stato si veda S.Patriarca (1996) e G.Favero (2001).

123
Il 1861 lanno in cui Piero Maestri, direttore dellUfficio Centrale di Statistica, pubblica sul
Politecnico un importante articolo dal significativo titolo Del dicentramento amministrativo in
Francia in cui esplicita in modo netto ed inequivocabile le sue idee sullorganizzazione politicoamministrativa di un moderno Stato democratico. In questo articolo341 inneggia alla
democrazia francese attuata attraverso una legislazione che definisce il principio duguaglianza
dei cittadini ottenuto attraverso due elementi: il suffragio universale ed il dicentramento
amministrativo.
342

dispotico

Articolo

di

spirito

mazziniano

, esalta sia i sacrosanti diritti delluomo

in
343

cui,

contrastando

laccentramento

sia gli importanti doveri del singolo

verso la famiglia il commune e la nazione. Il riferimento la Francia del 1860 ma appare


chiaro che il tutto rapportabile a qualsiasi Stato Nazionale. In ogni caso questa forma di
dicentramento, secondo Pietro Maestri, non minerebbe lunitariet dello Stato344 n sarebbe
legata a forme particolari di governo345 in quanto lo Stato Nazionale democratico di per s346.
Larticolo si riferisce sempre al caso francese ma le due pagine della conclusione finale sono in
toto riferite alla situazione italiana in cui egli depreca la piemontesizzazione:
imporre leggi piemontesi alla Lombardia... la Toscana non pu lungamente
resistere a codesta improvvida violenza anche la pregevole legislazione civile
delle Due Sicilie minacciata dalle meschine lucubrazioni dei giuristi piemontesi
347
.
Non era certo questo il pensiero di Camillo di Cavour che, pur propenso a pensare ad uno
Stato Nazionale unito in cui potessero coesistere delle forti autonomie locali, dovette gestire,
negli anni 60, il succedersi dei plebisciti e la discussa campagna garibaldina del Regno delle
Due Sicilie trovandosi cos nella necessit di accelerare il processo di omogeneizzazione delle
diverse parti del regno348. Per questo egli ha certamente dovuto mettere da parte le sue idee
sulle autonomie locali a favore di una vera e propria campagna di accentramento349.

341

Articolo che viene ripreso ed ampliato nel suo libro del 1863 La Francia Contemporanea in cui interessante notare
come gli ultimi due capitoli abbiano come titolo: la Rivoluzione ed il principio delleguaglianza e Il principio di
libert e il dicentramento amministrativo.
342
Tipico dell aristocrazia britannica, spezzatrice della plebe; la Germania, sempre feudale; lAustria, nemica dogni
diritto; la Russia, che numera ancora a milioni li schiavi (P.Maestri, 1861, p.289).
343
Libert di possesso, di lavoro, dassociazione, di coscienza, di pensieri (P.Maestri, 1861, p.297).
344
Nessuno in Francia pensa a contestare la necessit dun potere supremo e nazionale, in cui mano gi da tempo si
riposero lunit di legislazione, il comando della forza armata, la rappresentanza diplomatica, il diritto di guerra e di
pace; e ad esso si vorrebbe pur sempre riservato il diritto di determinare in via legislativa le norme comuni a cui
dovrebbero uniformarsi le aziende provinciali, dipartimentali e municipali; nonch un diritto di suprema vigilanza, per
impedire li abusi e le deviazioni (P.Maestri, 1861, pp.300-301).
345
Indifferente che la forma del governo sia piuttosto repubblicana con capo elettivo e mutabile, o monarchia con capo
ereditario (P.Maestri, 1861, p.301).
346
Perch lo Stato il tutore della societ, non padrone (P.Maestri, 1861, p.301).
347
Continuando poi con: per impedire che questa confusione legislativa inondi tutta lItalia sarebbe necessaria la
convocazione dunAssemblea Costituente (P.Maestri, 1861, p.305). Il testo finisce con una nota a firma La Redazione
in cui dichiarandosi daccordo con lautore, sia per il caso francese sia per i riferimenti italiani, pone un freno allafflato
di P.Maestri chiedendosi come procedere nellimmediato, nellattesa della riorganizzazione: e frattanto, chi ha
lincarico di riparare, in modo costituzionale e legittimo e valido alla pi necessarie urgenze delle legislazioni e
amministrazioni locali?.
348
Come nota A.Caracciolo (1960, p.68): Va forse sottolineato il posto che ebbe, nella definitiva scelta di un sistema
politico-amministrativo fortemente centralizzato, lesperienza della conquista meridionale. Ci si trovava di fronte,
nellItalia inferiore, a una realt che il moderatismo piemontese e padano non riusciva a comprendere, sapeva solo

124
Inoltre, terza coincidenza temporale, nel 1861 viene definitivamente affossato il progetto di
ordinamento regionale portato avanti, nel biennio 1860-1861, da Luigi Carlo Farini e Marco
Minghetti che sostituirono Camillo di Cavour al Ministero per gli Affari dellInterno350. Progetto
su cui Camillo di Cavour non era, almeno inizialmente, daccordo ma che alla fine appoggi in
modo abbastanza sostenuto351. Occorre per notare come lappoggio dei due ministri ai
progetti di legge regionale, nella Commissione Temporanea per listituzione delle Regioni, fosse
abbastanza tiepido con ricorsi a grandi affermazioni di principio e poche argomentazioni ben
precise. La discussione in Commissione non ebbe risultati favorevoli tanto che Sebastiano
Tecchia352, nella relazione finale della Commissione presentata alla Camera il 22 giugno 1861,
illustrando le ragioni che avevano portato la commissione ad essere contraria alle Regioni
affermava:
a chi ben consideri le origini del nostro movimento verso lunit italiana verr fatto
scoprire la causa prima di quelle obbiezioni
causa prima che risiedeva solo ed esclusivamente nellidea dellUnit dItalia
troppe erano le tradizioni gloriose dei comuni italianiprofonde e dolorose
vivevano le memorie di male spente rivalit di provincia ogni terra contava con
santa superbia le tombe de suoi grandi
secondo la Commissione il concetto di Regione, data la storia delle singole parti del nuovo
Regno ed il recente processo di unificazione render sicuramente
men ferma la fede nella unit [perch] senza unit impossibile la
indipendenza
per cui
nulla pi conferisce alla unit nazionale, ed alla sintesi di uno stato, che la
colleganza immediata tra il potere centrale e i suoi naturali aiuti, le provincie e i
comuni.
Le Regioni quindi, sotto qualsiasi forma intese, non ebbero lappoggio della Commissione
Temporanea che propose invece di estendere a tutto il Regno la legge amministrativa
piemontese del 1859: portando di fatto ad una piemontesizzazione amministrativa dellItalia.

disprezzareAlla esteriore dittatura garibaldina si vedeva la necessit di far seguire una pi sostanziale dittatura
amministrativa, in ogni settore della cosa pubblica meridionale. Si veda anche quanto riportato da E.Ragionieri (1967,
pp.87-97).
349
A.Petracchi, 1962, vol.I, p.288: Il Cavour mirava ormai consapevolmente ad una concentrazione dei poteri e delle
decisioni che permettessero di unificare realmente sotto un governo forte, le regioni da poco conquistate, pi che
realmente unite per volont di popolo; sullambiguit del Cavour nei confronti delle autonomie locali si veda lintera
Parte Terza del volume di A.Petracchi (1962).
350
Come nota E.Ragionieri (1967, pp.152-153): nonostante tutto il moderatismo italiano[si professasse
favorevole] ad un tipo di Stato fondato sulle pi ampie autonomie locali e ispirato a larghi criteri di decentranto
amministrativo [vari furono i motivi che] fralestate del 1860 e lottobre del 1861 portarono allattenuazione prima,
poi allinsabbiamento ed infine al definitivo affossamento dei disegni di legge del Farini e del Minghetti. Si veda anche
A.Petracchi, 1962, vol.I, pp.297-298.
351
Sulla tardiva difesa del Cavour si veda A.Petracchi, 1962, vol.I, pp.343-357.
352
Le citazioni della Relazione di S.Tecchia sono referibili a A.Petracchi, 1962, pp.409-411, corsivo del testo
originario.

125
8.6.2. - I Compartimenti Statistici e la delimitazione territoriale delle Regioni.
Come visto sopra il progetto di legge istitutivo delle Regioni amministrative italiane non
stato mai approvato e la divisione dellItalia in Regioni territorialmente delimitate venne
definitivamente, almeno fino alla Costituzione del 1946, abbandonata.
Di fatto lidea della partizione regionale del Paese quelle Regioni in cui a tuttoggi lItalia
divisa continu sotto altra forma: i Compartimenti Statistici ideati ed utilizzati da Piero
Maestri per le pubblicazioni ufficiali dellUfficio Centrale di Statistica che, occorre ricordare, era
ed un organo alle dirette dipendenze dello Stato.
Piero Maestri pubblica nel 1864, tre anni dopo il definitivo affossamento del progetto di
ordinamento regionale, due importanti lavori di statistica. Il primo l Annuario Statistico
Italiano, un testo non ufficiale che firma assieme a Cesare Correnti, in cui ripropone le
Regioni mentre il secondo la Statistica del Regno dItalia, una pubblicazione ufficiale
dellUfficio Centrale di Statistica, in cui utilizza i Compartimenti Statistici -una suddivisione del
Regno in strutture territoriali di grado superiore alle province- per ripartire i dati del
Censimento del 1861, il primo dellItalia unita. Anche qui interessante notare la coincidenza
temporale: nello stesso anno firma due volumi di contenuto quasi analogo. Il primo, un testo
non ufficiale, in cui ritorna sullidea delle Regioni ed il secondo, una pubblicazione ufficiale, in
cui definisce i Compartimenti Statistici, un altro modo per dire Regioni.
LAnnuario Statistico Italiano (Correnti Maestri, 1864), che firma assieme a Cesare
Correnti, appare come volume secondo di cui il primo era stato pubblicato nel 1858, ben
quattro anni prima, con la sola firma di Cesare Correnti. Il primo volume appariva come un
classico esempio di Statistica Patriottica353 in quanto conteneva un articolo dal titolo
Popolazione dellItalia in cui gi nel 1858 Piero Maestri, firmatario dellarticolo, mostrava una
tabella che preconizzava unItalia unificata dai numeri: questo ben due anni prima delle
annessioni del 1860, tre anni prima della nascita del Regno dItalia e dodici dalla presa di
Roma354. Il secondo volume del 1864, oltre alla premessa, riportava un interessante e lungo
saggio in cui venivano descritte le problematiche relative al decentramento amministrativo:
un intervento a firma di Tullo Massarani noto esponente del patriottismo lombardo, fervente
regionalista e deputato dal 1860 al 1867. uno scritto, questultimo, molto complesso in cui,
fra laltro si discute di teoria del dicentramento, delle fasi dellidea regionale, di
regionalismo definito questultimo come:

353

Per Statistica Patriottica si intende quella descrizione economica della nazione che avesse anche un forte valore
critico nei confronti del sistema politico pre-unitario; si veda linteressante analisi che ne fa S.Patriarca (1996, pp.122154) e F.Lando (2009). Interessante la considerazione sulla Statistica Patriottica, quasi una definizione, che ne fa
F.Lampertico (1870, pp.154-155) allorch i Borboni ci davano delle cifre si faceva atto di patriottismo credendole
false; corpi franchi di economisti insorgevano contro la statistica ufficiale: si iniziava una statistica patriottica, che
studiando la penisola intera associasse nelle cifre le provincie del nord alle meridionali rovesciando cos le barriere
che cessavano desistere sulla carta ricostituisse lunit nazionale; concetto ripetuto, con pochi cambiamenti, nel 1879
(F.Lampertico, 1879, p.168). Una piena accettazione questa della tabella di P.Maestri che viene indirettamente indicata
come esempio concreto di Statistica Patriottica.
354
La tabella in P.Maestri, 1858, p.383. stata ripresa e commentata in F.Lando (2009, pp.320-322) e citata anche in
S.Patriarca (1996, pp.122-154) che per, erroneamente, la attribuisce a C.Correnti.

126
la teorica pura dellamministrazione negli ordini liberi (Massarani, 1864, p.174).
Interessante notare come Cesare Correnti e Piero Maestri, importanti e autorevoli commis
dtat, abbiano recuperato un vecchio scritto di Statistica Patriottica pubblicandone, dopo ben
quattro anni, una continuazione come volume secondo in cui sottoscrivono indirettamente
essendo i firmatari del volume il lungo e complesso pamphlet di Tullo Massarani a difesa del
regionalismo.
Se in quel testo, lAnnuario Statistico Italiano a carattere non ufficiale, poteva far affermare
a Tullo Massarani che le Regioni erano funzionali al decentramento amministrativo, chiaro
che una pubblicazione ufficiale uscita dallUfficio Centrale di Statistica non poteva usare il
termine Regione n far evidente riferimento al decentramento: come visto nelle pagine
precedenti, nel 1861 era miseramente fallito lo schema di organizzazione amministrativa.
Pietro Maestri, nella sua funzione uficiale di Direttore dellUfficio Centrale di Statistica
emanazione diretta del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, non poteva far
riferimento

alle

Regioni

ma

solo

ipotizzare

una

struttura

territoriale,

che

definisce

Compartimento Statistico, pensata esclusivamente per la pubblicazione dei dati censuari.


Compartimenti Statistici che appaiono chiaramente come delle strutture regionali mascherate
descritte per come lo strumento meglio appropriato per le analisi statistiche:
ci riusciva disagevole procedere per raffronti tra Provincie e Provincie senza un
intermediario punto dappoggio intorno a cui venissero a coordinarsi le naturali
relazioni delle Provincie tra loro sia per vicinit di luogo, sia per conformit di
costituzione fisica, sia per analogia di complessione economica, sia infine per
comunanza di tradizioni civili355.
veramente interessante la sequenza delle motivazioni: vicinanza, struttura ambientale,
struttura economica e comunit sociale. Motivazioni che vanno ben di l di una mera volont
classificatoria funzionale al solo scopo statistico: la pubblicazione dei dati del primo censimento
dellItalia unita.
Ovviamente, egli cerca subito di eliminare un qualsiasi riferimento, anche velato, alle
Regioni del decentramento e cos quei raggruppamenti di province li chiamer Compartimenti
Statistici:
i nostri compartimenti sono topografici, o per dir tutto in una parola statistici: essi
non fanno che riprodurre le divisioni territoriali fondate sulla natura del suolo e
sulle leggi della convenienza economica.
un continuo insistere sulle affinit territoriali ed economiche con accenni sulle caratteristiche
morali senza per mai un riferimento a valutazioni politico-amministrative e con un preciso
richiamo sulla loro provvisoriet:
N con ci vogliamo dire che i compartimenti, quali da noi vennero adottati,
rispondano ad una divisione scientifica e definitiva del territorio nazionale anche dal
solo punto di vista statistico ed economico [e questo perch] gli studi della
topografia italiana non sono ancora stati portati al desiderabile grado di perfezione
355

Interessante la sequenza di motivazioni: vicinanza, struttura ambientale, struttura economica e comunit sociale
che vanno ben al di l di una mera volont classificatoria.

127
[e nemmeno] la statistica agraria, appena sul nascere fra noi, non ha ancora
potuto determinare le varie zone [ quindi ovvia la loro provvisoriet tanto che]
la determinazione definitiva dei compartimenti economici e statistici non potr
essere condotta a termine se non quando gli studi topografici, meteorologici ed
agronomici non saranno meglio avviati.
Nonostante questo ribadire la loro provvisoriet, Pietro Maestri convinto della loro bont
tanto che subito dopo afferma che col passare del tempo ed il mutare delle condizioni
economiche sono le province che dovranno essere riorganizzate e ridisegnate e non i
Compartimenti che, in questo caso, potrebbero avere anche una funzione politica:
Laccorciamento delle distanze, cui si dee giungere per mezzo delle ferrovie potr
forse persuadere pi tardi il legislatore a diminuire il numero delle Provincie,
assegnando a ciascuna una distesa di superficie maggiore dellattuale. Nel qual
caso le circoscrizioni, che noi consigliamo come una opportunit statistica,
potrebbero essere forse utilmente meditate dal punto di vista della convenienza
politica e amministrativa, anche perch di questa guisa lItalia finirebbe
colladagiarsi in unomogenea e proporzionata ripartizione di superficie e
popolazione, la quale, nella moltiplicit delle parti, anzich offendere, rispetterebbe
e conserverebbe lintegrit del territorio nazionale. La Patria nostra infatti uscirebbe
da siffatto rimaneggiamento di circoscrizioni migliorata nella sua membratura,
emendata quasi dallimperfezione delleccessiva lunghezza, e quasi direbbesi
arrotondata, con regioni che si verrebbero raggruppando intorno a Roma, antico
suo centro naturale e tradizionale356.
Tre anni dopo, nel 1867, pubblica per lEsposizione Universale di Parigi un interessante
volume sulleconomia italiana: una pubblicazione voluta dalla Commissione Nazionale per
lEsposizione per presentare ufficialmente leconomia del nuovo Regno357. Commissione che,
bene ricordare, era una emanazione diretta del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio
da cui dipendeva lUfficio Centrale di Statistica diretto da Piero Maestri. Nelle prime pagine di
questo volume, che doveva presentare i traguardi raggiunti dal nuovo Stato in campo
economico, egli tratteggia delle nozioni geografiche dellItalia con un paragrafo sulle tradition
et aspect des diverses rgions dove ciascuna Regione viene definita come una precisa unit
sia dal punto di vista fisico sia da quello umano:
la Rgion, cest--dire une grande subdivision du territoire italien, qui, par son
aspect naturel, diffre des autres, et qui depuis longtemps habite par la mme
race. Les grandes rgions que prsente lItalie, considre dans sa physionomie
physique, historique, statistique et conomique, sont au nombre de 20; savoir le
Pimont, la Ligurie, la Lombardie, la Vntie, lEmilie, lOmbrie, les Marches, la
Toscane, les Abruces et Molise, la Campanie, les Pouilles, la Basilicate, les
Calabres, la Sicile, la Sardaigne, le Latium, la Rhtie, les valles Juliennes et
lIstrie, la Corse et Malte. Chacune de ces rgions a pour ainsi dire un horizon qui
lui est propre. Chacune a visiblement un trait daffinit avec les rgions surs,
auxquelles elle se relie. Chaque rgion a tellement son caractre que vous
pourrez dire le nom du pays crit sur les montagnes ou dans le cours des eaux.
Chaque rgion naturelle concide en grande partie avec lune des divisions

356

Le citazioni sono tutte tratte da P.Maestri, 1864b, pp.VI-VII. Un pi facile reperimento di queste, riportate per intero,
si pu trovare in ISTAT (n.d., pp.62-65) e in O.Marinelli (1923, nella nota 2 di pp.840-841) che ne riporta un
amplissimo stralcio.
357
Che giustamente M.Carazzi (1972, p.4) definisce il primo tentativo di descrizione complessiva del giovane Regno.

128
historiques de lItalie, avec un des centres intellectuels et conomiques du pays
(P.Maestri, 1867, p.7 )358.
Lanno seguente nelledizione italiana359 riporta in modo un po pi articolato la descrizione
delle Regioni che definisce in diciotto non citando la Corsica e Malta. Ha ormai abbandonato i
Compartimenti Statistici e per suddividere il territorio del Regno si avvale sempre del termine
Regione intendendo cos come i due termini siano perfettamente equivalenti360:

8.6.3. - La decisiva accettazione delluso statistico della partizione regionale di


Piero Maestri.
Il superamento dellambiguit avviene nel 1912, quando La Direzione Generale di
Statistica361 adotta definitivamente il termine Regione per indicare in tutte le sue pubblicazioni
quei raggruppamenti di province individuati e definiti in precedenza da Piero Maestri362.
Laccettazione ufficiale, netta e precisa, avviene nellAnnuario Statistico Italiano del 1912
nella cui prima tabella viene riportata una nota un cui si afferma:
Le Regioni sono circoscrizioni che non hanno alcun carattere legale: corrispondono
generalmente alle antiche divisioni politiche dItalia o si riattaccano a tradizioni
storiche. Nelle pubblicazioni statistiche esse vengono di solito chiamate
Compartimenti, e con tale denominazione furono anche indicate, il pi delle volte,
negli Annuari statistici precedenti. In questo abbiamo creduto conveniente
attenerci costantemente alla denominazione di Regione allorch non trattasi di
circoscrizioni compartimentali propriamente dette, quali, ad esempio, i
Compartimenti ferroviari, telegrafici, telefonici, marittimi, catastali, ecc. (ISTAT,
1913, p.11).
Come si vede, da questo momento, le Regioni italiane entrano definitivamente, anche se
dalla porta di servizio in sordina con tutte le cautele possibili e solo dal punto di vista operativo
statistico, nella vita dello Stato. Da quel momento, e fino a quello del 1917/1918, tutti gli
Annuari Statistici Italiani riporteranno sia la nota sia la divisione in Regioni.
In questo modo quella divisione territoriale divenne di uso comune tanto che al Congresso
Geografico Italiano del 1924 Olinto Marinelli ne consacra laccettazione anche da parte dei
geografi:
358

Queste venti regioni comprendono quelle sedici del Regno dItalia mentre le ultime quattro la Rhtie, les valles
Juliennes et lIstrie, la Corse et Malte sono quelle non ancora redente.
359
G.Sacchi (1871, p.83) afferma: Lesito di quellopera fu tale e tanto, che dovette lautore farne tosto unedizione
italiana. Liniziativa dellItalie Economique continu, in effetti, negli anni successivi con degli annuari dal titolo
lItalia Economica nel che firm fino a quello relativo al 1870 stampato nel 1871, anno della sua morte, e che in
seguito vennero continuati dal suo successore L.Bodio.
360
Il primo fra i geografi a parlare della relazione tra Compartimenti Statistici e Regioni stato O.Marinelli (1923;
1925) Lanalisi di O.Marinelli stata rivista da A.Sestini (1949), seguita, una diecina danni dopo da B.Nice (1958).
Una approfondita ripresa, con valutazioni politiche, ne fa L.Gambi (1964) nei primi anni del dibattito regionalistico
italiano del secondo dopoguerra; valutazioni riprese da F.Compagna (1968, pp.86-108) ed approfondite da C. Muscar
(1968). Sul significato e valore dei Compartimenti Statistici si veda anche S.Patriarca (1996, pp.176-209).
361
Tale era allora il nome dellattuale ISTAT.
362
Per quanto riguarda i censimenti: nel 1871 (effettuato pochi mesi dopo la morte di P.Maestri) in alcune tabelle
appare la suddivisione dellItalia per Compartimenti; in quello del 1881 la suddivisione eliminata per riapparire in
quelli del 1901 (nel riepilogo) e del 1911 (nelle tabelle riassuntive); nel 1921 e nel 1936, durante il ventennio, le
province vengono raggruppate nei Compartimenti; dal 1951 in poi i Compartimenti sono definitivamente sostituiti con
le Regioni.

129
Nel 1863 Pietro Maestri introdusse nelluso della statistica ufficiale, e quindi poi dei
geografi, quegli aggruppamenti delle provincie del Regno, che si dissero per un
pezzo compartimenti poi, pi modernamente, regioni (O.Marinelli, 1925, p.252,
corsivo dellautore) 363.
Lo stesso Roberto Almagi nel 1933 sullEnciclopedia Treccani alla voce Italia afferma
acriticamente: la divisione attuale, ufficiale, dellItalia in regioni o compartimenti (AA.VV,
1933, p.738). Una accettazione questa, fatta da Olinto Marinelli e Roberto Almagi due
importanti ed ascoltati maestri della geografia italiana, cos, probabilmente anche per questo il
termine divenne cos di uso comune che lo studio delle Regioni entr da allora in tutti i
programmi ed i testi di Geografia in uso nelle varie scuole. Inoltre questa suddivisione venne
consacrata come simbolo del Paese tanto che nelle varie aule delle scuole di ogni ordine e
grado sulla parete alle spalle della cattedra e quindi di fronte agli alunni era quasi sempre
presente la carta geografica dellItalia divisa nelle sue Regioni.
Anche dal punto di vista politico la questione regionale perme il dibattito dalla fine
dellOttocento allavvento del Fascismo364. In ogni caso la divisione del Paese in Regioni, dato il
pericolo di una deriva verso forme pi o meno mascherate di decentramento, non riusc mai a
concretizzarsi rimanendo costantemente allo stadio di discussione. Nella sostanza prevalse
sempre la necessit di un forte potere centrale che potesse far fronte ai contrasti fra le varie
parti e forze economico-politiche della penisola.
Data la particolare concezione che il regime fascista aveva dello Stato il suo atteggiamento
nei confronti del problema regionale non poteva che essere negativo. Questo sia per il grande
pericolo che poteva portare allunit sia, e principalmente, per rafforzare la posizione del
partito appena salito al potere365. Lo stesso Giacomo Acerbo nel suo discorso sul primo anno di
governo del Fascismo definisce chiaramente come il principio unitario debba prevalere sulla
concezione regionalista: qualsiasi forma di regionalismo sarebbe contrastante con uno Stato
Nazionale forte nello spirito e nel corpo366. Per questo lISTAT fa sparire il termine Regione367
dalle sue pubblicazioni: mantiene per la ripartizione regionale attribuendovi la denominazione
pi neutra di Compartimento, cos come aveva fatto Piero Maestri in condizioni analoghe
sessantanni prima.
363

O.Marinelli fa poi approvare dallo stesso Congresso Geografico Italiano (Vol.I, p.261) un Ordine del Giorno in cui si
afferma Il IX Congresso Geografico Italiano, mentre plaude alliniziativa del Comitato Geografico di avviare la
considerazione geografica dellintero problema della divisione dellItalia in regioni e ciascuna di queste in provincie
ma, probabilmente non se ne fece nulla; non ne ho trovato mai nessuna traccia.
364
Non qui il caso di ripercorrere i vari interventi e prese di posizione. Per un approfondimento su questa tematica si
veda laccenno che ne fa E.Ragionieri (pp.1668-2483), linteressante lavoro di R.Ruffilli (1971) ed il dossier raccolto da
E.Santarelli (1970).
365
Si veda R.Ruffilli (1971, pp.389-400) e M.Monaco (s.d., pp.62-64). Da notare che nello stesso periodo il termine
Regione sparisce anche dagli Annuari di Statistica dove viene sostituito con il termine neutro di Compartimenti.
366
Il discorso di G.Acerbo molto semplice: listituzione della Regione sarebbe una iattura perch potrebbe condurre
alla disgregazione, prima dellunit morale, poi di quella territoriale della Patria, con tanti sforzi e sacrifici raggiunta. Il
governo nazionale, informato ai principi essenzialmente unitari, la cui finalit ultima quella dello Stato forte nello
spirito e nel corpo, non pu aderire ad alcuna forma di ordinamento politico-amministrativo che costituisca un pericolo
o una minaccia della composizione politica dello Stato (Acerbo, 1923, p.25-26).
367
Come nota S.Ardy (1948, p.209) lIstituto Centrale di Statistica era tornato per ordine superiore a chiamarle
compartimenti.

130

8.6.4. La definitiva accettazione delle Regioni.


Finita la Seconda Guerra Mondiale, con la redazione della Costituzione, viene pienamente
accettata la partizione dello Stato nelle Regioni e lart. 131 recita:
Sono costituite le seguenti regioni: Piemonte, Valle dAosta, Lombardia; TrentinoAlto Adige; Veneto; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Emilia-Romagna; Toscana;
Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi; Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria;
Sicilia; Sardegna368.
Questa partizione scatur da una lunga discussione in seno al Comitato per le Autonomie
Locali, composto da dieci deputati e presieduto dallOn. Ambrosini, che aveva il compito di
definire laffidamento dellordinamento regionale369. Lo scopo principale di questo Comitato fu
appunto quello di impostare la soluzione di due ordini di problemi: uno relativo ai poteri da
attribuire al nuovo ente territoriale e laltro, ben pi importante per noi, riguardava la precisa
delimitazione dei suoi confini.
Nella prima relazione, di carattere generale, presentata alla Seconda Sottocommissione370
lon. Ambrosini, relatore per il Comitato, d per scontato il riferimento al criterio storico e la
questione del territorio regionale, cio la concreta possibilit di identificare le singole regioni e
di conseguenza poterle istituire, viene quasi esclusivamente vista come una precisa esigenza
di dare unidentit politico-istituzionale alle tradizionali comunit territoriali della realt storicogeografica italiana371. In effetti, lo Stato con la Costituzione non poteva creare le Regioni ma
solo riconoscere lesistenza articolandone i poteri. Lon. Mannironi esplicitamente afferma:
Qualcuno ha parlato di creazione della Regione. un termine erroneo: lo Stato, la
legge, non crea la Regione, la riconosce, perch le Regioni esistono come realt
economiche, storiche, geografiche, linguistiche ecc. (Camera dei Deputati, vol.VII,
p.846).
Prima di arrivare allAssemblea Costituente il nuovo progetto venne discusso nellassemblea
plenaria della Commissione dei 75 nella quale lon. Einaudi fa un interessante richiamo in cui
precisa cosa si debba intendere per tradizionale ripartizione geografica dellItalia affermando
come effettivamente questa tradizione si rif esclusivamente ad una tradizione puramente
statistica:

368

Lart. 1 della legge costituzionale 27 dicembre 1963 n.3, ha modificato il numero delle regioni, portandolo dalle
originarie 19 alle attuali 20, scindendo il Molise dagli Abruzzi, prima considerati assieme come Abruzzi e Molise.
369
Per redigere il Progetto della Costituzione lAssemblea Costituente (formata da 556 eletti) nomin tra i suoi membri
una speciale commissione, composta da 75 membri (la Commissione dei 75). Questa si suddivise in tre
sottocommissioni. La seconda di queste, che doveva discutere dellordinamento costituzionale, vista la mole e la
complessit dei problemi, si suddivise in due sezioni la prima delle quali, relativa al potere esecutivo, oper una
ulteriore suddivisione con laffidamento dellordinamento regionale ad un Comitato Ristretto di dieci membri
(Ambrosini G., 1975, p.XVI).
370
Dellattivit del comitato per le autonomie locali non venne redatto nessun processo verbale per cui occorre rifarsi
alle discussioni nellambito sia della Seconda Sottocommissione sia della Commissione dei 75.
371
Su questo si veda linteressante analisi che ne fa M.Pedrazza Gorliero (1979, pp.14-27). Anche G.P.Dolso (1999,
p.20) nota come le regioni, pur essendo, dal punto di vista strettamente giuridico, estranee allordinamento dello Stato
italiano, appartenevano sicuramente alla radicata tradizione storico e geografica del Paese.

131
dal 1860 in poi le regioni non sono esistite, se non negli annuari statistici, ma non
hanno mai avuto alcun significato giuridico (Camera dei Deputati, vol.VI, pp.285286).
Si

arriva

poi,

dopo

lunghe

discussioni,

allapprovazione

dellart.131

Costituzione in cui sono elencate le Regioni, cos come le abbiamo ora

372

della

nostra

ma che corrispondono

alle Regioni/Dipartimenti cos come le aveva pensate e disegnate Piero Maestri.

Fonte: F.Compagna, 1968, p.106.

Solo ventanni dopo nel 1968, in piena discussione sullattuazione dellordinamento


regionale, esce un importante lavoro di Francesco Compagna che, primo e ultimo, propone una
nuova riorganizzazione delle Regioni Italiane portandole da 20 a 13 mediante lannessione al
Veneto del Friuli-Venezia Giulia e della Provincia di Trento, lo smembramento e lannessione ad
altre della Liguria, Umbria, Basilicata e Molise mentre La Valle dAosta e la Provincia di Bolzano
potrebbero, se non proprio fondersi, almeno consorziarsi con il Piemonte e con il Veneto. In
modo tale che la ripartizione regionale italiana possa risultare:
conforme alle esigenze della politica di piano, e tale da rendere le regioni italiane
altrettanto funzionali delle grandi regioni europee (Compagna, 1968, p.105).
Una riorganizzazione questa che riceve il plauso solo da Calogero Muscar e da Pasquale
Saraceno ma che rimane solo sulla carta qui riportata373.

372

Occorre per tener presente che lart. 1 della legge costituzionale 27 dicembre 1963 n.3, ha modificato il numero
delle regioni, portandolo dalle originarie 19 alle attuali 20, scindendo il Molise dagli Abruzzi, prima considerati
assieme.

132

8.6.5. Conclusioni.
Piero Maestri aveva in mente le Regioni quali strumenti del decentramento amministrativo
ma, bocciata dal parlamento quella idea, propose i Compartimenti come utensile di
configurazione statistica di un territorio374. Per il suo pensiero i Compartimenti legati alla
statistica e le Regioni legate al decentramento coincidevano. Ne fa fede anche lambiguit
che egli fa del loro utilizzo quando passa dalluno allaltra per designare sempre lo stesso
concetto: una suddivisione del territorio nazionale. In questo modo attraverso la neutralit
duso del mero utensile statistico che la suddivisione territoriale delle Regioni amministrative
(uguali a quelle attuali e non altre) viene mantenuta viva e vitale e quando si tratter di
dividere effettivamente lItalia in Regioni, durante i dibattiti della Commissione di 75 e le
discussioni allAssemblea Costituente, a quelle che si fa riferimento.
Lidea di Piero Maestri fu cos forte che i suoi Compartimenti/Regioni, passando indenni
attraverso i vari mutamenti politici intervenuti in Italia, furono tranquillamente trasformati
nelle attuali regioni amministrative italiane. Fu certamente merito anche della loro tacita
accettazione da parte degli stessi geografi, come degli statistici, della scuola, del pubblico in
genere, e la rapida diffusione nei libri e nelle carte375 ma certo che non furono una banale
improvvisazione statistica.
Furono disegnate, nella loro forma attuale, nella seconda met del 1800, unepoca in cui la
mobilit delle persone cominciava a passare dalla carrozza alla ferrovia: forse, continuando
lidea di Francesco Compagna, sarebbe ora di ridisegnarle, di dar loro nuovi confini, di dar loro
una dimensione europea.

373

Per C.Muscar si veda il volume (1968) alle pp.163-184; mentre P.Saraceno in un intervento su la Voce
Repubblicana afferma e la regione, nelle nuove dimensioni, nei diversi confini che, avverte Compagna, la odierna
realt impone ma che vanno ancora accertati, costituisce lunit elementare, elementare, vorrei dire il modo di
esperienza pi vitale su cui pu essere fondato il nuovo tipo di azione pubblica che oggi urgentemente si impone
(questintervento stato ripreso poi in un volume del 1970, la citazione alle pp.487-488)374
Si usano qui i termini utensile e strumento nellaccezione che ne fa A.Koyr, 1967, pp.101-111 si veda in particolare
la sua definizione di strumento a p.106.
375
A.Sestini, 1949, p.132. Circa laccettazione da parte dei geografi, oltre allaffermazione di O.Marinelli ricordata
prima, R.Almagi nel 1933 sullEnciclopedia Treccani alla voce Italia afferma la divisione attuale, ufficiale, dellItalia
in regioni o compartimenti (AA.VV, 1933, p.738);

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