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propria mentalit.
La cantata da camera, che si svilupp a partire dagli anni venti nel ristretto ambiente
dell'aristocrazia nobiliare, venne a configurarsi, dopo alcuni decenni di complessa gestazione, come
una forma stilisticamente stabile fino al primo '800 (Rossini).
Gli inizi di questo genere risiedono nell'elaborazione del genere madrigalesco, che come abbiamo
detto si era evoluto, nella sue breve vita, verso tendenze spesso monodiche, accompagnate da un
basso continuo: il caso di Monteverdi ed anche di Luzzasco Luzzaschi con il suo libro di
madrigali (da 1 a tre voci) pubblicato nel 1601.
Nell'anno seguente il fiorentino Giulio Caccini pubblic altres "Le nuove musiche", contenenti una
serie di madrigali quasi interamente monodici, a volte espressamente nominati come "arie" quando
la struttura era strofica.
Bisogna per arrivare al 1620 per vedere espressamente indicata la parola "cantata". Il palermitano
Alessandro Grandi pubblic infatti "Cantate ed arie", nelle quali le cantate seguivano in realt la
forma della variazione strofica, ossia una melodia variante di strofa in strofa su un basso continuo
costante.
La nascita vera e propria della cantata awenne per a Roma, dove il liutista, tenore e compositore
romano Luigi Rossi, attivo anche all'estero, e soprattutto il maestro di cappella Carissimi forgiarono
questo genere. La struttura della cantata prevedeva il modello Aria (con da capo) - Recitativo - Aria
(con da capo), schematizzato in A-R-A, a cui alle volte veniva aggiunto un recitativo in testa, in
modo da ottenere R-A-R-A. Tale modello, che come gi detto rimase grossomodo stabile sino a
Rossini, sub nel tempo semmai la dilatazione mediante ripetizione della struttura, secondo uno
schema R-A-R-A-R-A...
L'organico della cantata prevedeva una o pi voci soliste ed un accompagnamento di basso continuo
svolto sovente da violone, violoncello o clavicembalo; i soggetti prescelti come base poetica erano
invece similari a quelli gi impiegati con successo nel nascente genere melodrammatico. Mitologici
e amorosi erano i pi largamente utilizzati.
Durante la seconda met del secolo, superata la crisi economica che impose il taglio dei costi e non
fece stampare molte opere teatrali, si ricominci la prassi della stampa anche per il neonato genere
della cantata, facendoci pervenire alcune partiture che attestavano il crescente gusto per il
medesimo genere con soggetto religioso, chiamato pi correttamente "morale o spirituale", come
nel caso de "Il giudizio universale" di Carissimi.
15.2 - L'oratorio Una delle espressioni pi importanti della monodia del '600 era il neonato genere
dell'oratorio. Le origini di questa forma musicale, sviluppatasi nell'ambiente omonimo dell'oratorio,
risiedono da un lato nell'evoluzione della lauda polifonica cinquecentesca (gi basata su una
polifonia molto semplice, di carattere omofonico), verso un genere pi diretto e quindi monodico, e
dall'altro dallo sviluppo della struttura dialogica che alcune laude gi possedevano. Le prime
testimonianze della nascita dell'oratorio sono alquanto scarne, in quanto risalgono allo stesso
periodo della nascita della cantata, caratterizzato da una crisi economica che non permise la stampa
musicale per alcuni anni. E' certo invece che gli iniziatori del genere dell'oratorio furono Rossi (che
compose anche numerose cantate e musica teatrale profana) e soprattutto Carissimi. Giacomo
Carissimi (1604-1674) nacque a Roma e l oper per tutta la sua vita.
Le sue opere ci sono giunte manoscritte per la volont di mantenere una sorta di esclusiva nella
cappella musicale di S.Apollinare, dove il compositore romano oper lungamente come maestro di
cappella; la sua produzione comprendeva 14 oratori tutti in lingua latina (il pi famoso "Jephte")
tranne il "Daniele", scritto in volgare, che narrava la tragica fine del profeta dato in pasto ai leoni.
In realt la disputa dialogica tra latino e in volgare era ben testimoniata da alcune aperte prese di
posizione, come quella dell'"Oratorio del Crocifisso", nel quale si rappresentavano Oratori del
primo tipo, e l'Oratorio della Chiesa Nuova, che proponeva Oratori nell'altra lingua; tale disputa si
risolse nel tardo '600 a favore del volgare italiano nonostante l'eccezione settecentesca del "Giuditta
trionfante" di Vivaldi.
La struttura dell'Oratorio era alquanto affine a quella del neonato genere del melodramma, ossia
formata da una sequenza di arie e recitativi, con andamento dialogico, sempre per suddivisi in 2
parti (corrispondenti agli atti); mentre l'azione scenica era assente visto che i cantanti, raramente
vestiti con costumi di scena, restavano in piedi immobili e non compivano alcun gesto. Il compito di
aiutare la comprensione delle vicende era affidato ad una voce recitante con ruolo di "narratore" (in
una prima fase interpretato da un vero e proprio coro), sempre presente, che interveniva tra un
dialogo e l'altro dei personaggi.
Altri autori di oratori furono Stradella, che vantava 6 partiture una delle quali, intitolata "S.Giovanni
Battista", portava gi le prime tracce che preludevano alla nascita del genere del "concerto grosso";
e A.Scarlatti, la cui produzione dei 37 oratori in italiano ed in latino ci giunta solamente in
minima parte.