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2008/

2009

La geometria
analitica in breve III
Di Giacomo Bergami
Funzioni, Limiti, Integrali e Derivate.

Giacomo
Bergami
2008/2009

Attenzione:
Lautore non si assume nessuna responsabilit delluso che verr fatto del seguente libro, n per le
conseguenze dellutilizzo dei contenuti. Questi sono appunti e non hanno lintento di essere un testo
formalmente corretto.
Lautore
Giacomo Bergami

Funzioni, topologia della


retta e teoria dei limiti

1. Lindagine sullinfinito. La funzione.pag.


2. Topologia della retta..pag.
3. I limiti concetto e verifica del limite...pag.
4. Teoremi sui limiti...pag.
5. Esempi di dimostrazione di limiti e studi di funzione...pag.
6. Il calcolo del limite (in breve)pag.
7. Operazioni con i limitipag.
8. Le forme indeterminate..pag.
9. Limiti fondamentali e derivatipag.
10. Risoluzione partocolare di alcuni limiti..pag.
11. Ultime considerazioni finali...pag.
12. Asintoti...pag.
13. Teoremi per la ricerca degli zeri.pag.
14. Ed ora cerchiamo gli zeri: il metodo di bisezione o dicotomicopag.

Appendici:
a.
b.
c.
d.

Il grafico del reciproco di una funzione


Il grafico di      ; il grafico di   
Limite destro, sinistro, per eccesso, per difetto
Equazioni e disequazioni son valore assoluto

(App. 1)
(App. 2)
(App. 3)
(App. 5)

1
7
9
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32
33
35

Giacomo Bergami V H

Lindagine sullinfinito. La funzione


I primi problemi di analisi matematica si possono far risalire allet prima di Cristo, quando si tent
di calcolare larea delle figure plastilinee con metodi di approssimazione, come per esempio larea
del cerchio. Questa sar ottenuta solo successivamente con i limiti, chiamati metodo di esaustione,
vedi quello di Newton e di Leibniz, definendo il come elemento separatore di classi contigue.

Altro problema risolto fu quello dellarea del segmento parabolico, pari ai dellarea del rettangolo

costruito su di esso (vedi nel primo volume la sezione relativa alla parabola). Questa risoluzione
degli integrali (per calcolare larea sotto una curva) si deve alla scoperta delloperatore inverso della
derivata, che a sua volta serviva per scoprire le tangenti ad una curva qualsiasi, e in fisica per
calcolare la velocit (pendenza di una curva) e lintensit di corrente (si scriver che la velocit la
derivata sul tempo). Il calcolo delle derivate verr a sua volta semplificato con i limiti, che prima
non si conoscevano. Successivamente si risolse il problema della topologia della retta reale,
problema in apparenza semplice.
Che differenza c tra RELAZIONE TRA DUE INSIEMI e una FUNZIONE? Non forse una
funzione una relazione tra due insiemi, o meglio, una particolare relazione fra due insiemi?
Abbiamo gi definito nel volume II che una funzione  tale se per un valore di x corrisponde
un solo valore di y. per questo che abbiamo definito le parabole simmetriche rispetto lasse y delle
funzioni, mentre le circonferenze semmai come linsieme di due funzioni. Ne segue che una
relazione tra due insiemi una definizione pi generale, esprimendo soltanto un collegamento tra
due insiemi.
FUNZIONE:
Dati due insiemi A e B non vuoti, definiamo funzione definita in A a valori in B una relazione che fa
corrispondere 1 solo oggetto di A (x, gli elementi del dominio) con un solo oggetto di B (y, gli
elementi del codominio). La funzione pu essere chiamata anche applicazione. Si pu scrivere:

!   |   ,    

Che si traduce come per tutti gli x appartenenti ad A esiste ed unico lelemento y appartenente a
B tale che x in relazione con y. Esempio, unequazione del tipo   ,   una funzione in
quanto ad infiniti valori di x corrisponde un solo valore di y. Non potrebbe quindi essere una
funzione il contrario:

Giacomo Bergami V H

  , esempio di funzuione

DOMINIO E CODOMINIO:
Il dominio linsieme A dei valori x che sono accettati dalla funzione.
Il codominio linsieme delle immagini di A tramite la funzione f:  

Mentre con le condizioni di esistenza si trova il dominio di una funzione, difficile scoprire quale
sia il codominio: finora riusciamo a sapere con limposizione  0 la parte del grafico delle y
positive e quello delle y negative.
FUNZIONE INIETTIVA, SURIETTIVA E BIUNIVOCA O BIIETTIVA:
La funzione si dice iniettiva se esiste una sola x da cui y proviene. Ne segue che    non
iniettiva:
 
 ! 
|   

La funzione si dice suriettiva se B contiene tutto il codominio:



  

La funzione biunivoca o biiettiva include limposizione di suriettivit e infettivit:


  ! 
|   

Esempio:
La parabola     una funzione, ma non iniettiva (per una y esistono infatti due x) e non
suriettiva. Rivelando per dal suo grafico il codominio ( 0) possiamo dire che suriettiva per
:  $0; &$ . Ogni funzione pu essere suriettiva allinterno del suo codominio, ovvero
prendendo come insieme B non  ma .

Giacomo Bergami V H
Per le FUNZIONI PARI E DISPARI vedere pagina II;17
Una funzione definita a tratti una funzione che sono definite da espressioni analitiche diverse (es.

  ) a seconda dei valori assunti dalla variabile indipendente x (si chiama variabile dipendente la
(
y). Esempi di funzioni definite a tratti sono, oltre la gi nota valore assoluto:
-

Funzione segno,   )*+,

  )*+,  -

1  01
/1  0 0

Funzione parte intera:   $2


4
4
La y restituisce il pi grande intero inferiore ad y (ad esempio 3 6  7 e 3/ 6  /5 )
5
5
,
, 9 0,&1 1
  $2  8
/, & 1 /, & 1: 9  0 /,

INVERTIBILIT:
Una funzione invertibile se biunivoca

:

;<

oppure

:
>?@ 

E quindi si potr scrivere che se biunivoca =7 : 

7=7

FUNZIONI MONOTONE:
Esistono quattro tipi di funzioni monotone:
- Crescente (o crescente in senso stretto)
se 7 , 5
| 7 0 5 7  0 5 . Esempio   2
-

Non decrescente
se 7 , 5
| 7 0 5 7  9 5 .

Decrescente (o crescente in senso stretto)


D
se 7 , 5
| 7 0 5 7  C 5 . Esempio    

Non crescente
se 7 , 5
| 7 0 5 7 

5 .

Si pu dimostrare che ogni funzione monotona in senso stretto invertibile, essendo questa
biunivoca, essa anche invertibile. Esempio:
  E(
  ln 

 G
F
G
F 

Come gi spiegato a pagina II;22 e seguenti, le funzioni arcoseno, arcocoseno, arcotangente e


arcocotangente, per rispettare la biunivocit, non sono interamente le simmetriche rispetto la
bisettrice del I e III quadrante, ma si ristretta la funzione originaria di un certo intervallo per
poterla poi invertire.

Giacomo Bergami V H
Vedere pagina I;52 e seguenti per le traslazioni e simmetrie e del volume II Le trasformazioni
geometriche del piano. Vedi App;1 e 2 per il grafico del reciproco di una funzione e la funzione
 e J.
FUNZIONI COMPOSTE:

Prendiamo in esame una funzione :   ed una +: K L, dove, ben ricordiamo, non detto che
B sia il codominio della funzione. Per poter comporre f e g C deve contenere le immagini di A
interne a B ma pu essere anche esterno a B. Nelle situazioni visualizzate sotto, invece, le funzioni
non sono componibili, o perch, come nel primo caso, lelemento  non appartiene a C o, come
nel secondo caso, non appartiene nemmeno a .

Guardando nellimmagine sottostante successiva, non posso comporre la funzione se comprendo


tutto il dominio A, ma lo devo restringere in A.

Particolareggiamo ora lesempio sopra proposto:

Giacomo Bergami V H

Come gi detto, la prima funzione :


; si restringe il dominio da A a A: seppure i due
elementi di partenza da A confluiscano nel codominio  contenuto in B, un elemento non
contenuto in C, dominio della seconda funzione M: N O. La restrizione degli elementi di A si
basa sugli elementi che appartengono allintersezione  K, in modo che 
Q   
 N. A
linsieme degli elementi che si possono trasformare. Ne segue che per essere valida la
composizione +  deve essere che:
 K S

Se quindi la funzione composta +  ha un dominio non valido, le due funzioni non sono
componibili. Ne segue che + : Q K dove il K L e che il dominio della funzione
composta non lo stesso della funzione di partenza. Consideriamo ora un esempio pratico.
Esempio:
:    8

VWX*,*W:  Y1
ZWVWX*,*W: G

M:   log  KVWX*,*W:  C 0 G


Y

Si nota che mentre per : 0 0, e quindi   0 un valore compreso nel dominio di f, ma   0


non un valore accettabile per il dominio C di +, e quindi viene escluso il valore   0
dallinsieme A. Escluso questo elemento x(A) e il corrispettivo y(A). Considerando quindi il
dominio C di g, allora si riuscir a costruire K contenuta in D.

Il dominio della funzione +  non A ma bens A, ovvero Q  YG . Componiamo quindi la
funzione:

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Procedimento 1
A  10000
B   J 100
C +    J 100
D +  log +  log   log J 2

Procedimento 2

]

  log 

+   log 

Infatti il dominio di questa funzione  C 0  C 0, che quindi C. Nota per che in questo
caso il dominio della nuova funzione C in quanto K   K e quindi poich K .
Ricordiamo che la funzione inversa si ottiene facendo la simmetria rispetto alla bisettrice del I e III
quadrante, ovvero   , ovvero applicando la trasformazione:

Per la funzione   ^

D=(
(


-  1

si avr un dominio 0 0  9 1, e avr un codominio G (ovvero

0) poich la funzione radice non restituisce valori negativi. La funzione inversa:


 =D  

1
1 & 

Avr, per la simmetria rispetto lasse    codominio e dominio invertito:


: 20; 12 G
 =D : G 20; 12

NOTA: +  pu essere scritto anche come +$2.

FUNZIONI PARI E DISPARI:


Una funzione pari se /    O, ad esempio   cos  o    
Una funzione dispari se /  /  O, ad esempio   sin 

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Topologia della retta


ESTREMO SUPERIORE e MASSIMO:
Dato un insieme   superiormente limitato (altrimenti esso illimitato poich lestremo
superiore &) L lestremo superiore (;<b
  c) se:

1. d  eEf  , L un maggiorante1
2. g C 0   |  C d / g, il pi piccolo dei maggioranti
ovvero, Per ogni g infinitamente piccolo esiste almeno uno elemento x appartenente ad A
tale che sia maggiore ad L diminuito di g.

Linsieme : 20; 1$ ha come estremo superiore 1 e soddisfa i criteri sopra detti, in quanto gli  h 
sono  9 1. Infatti:

Al diminuire progressivo di e, esistono sempre infiniti elementi pi grandi di 1 / g. Se lestremo


superiore appartiene allinsieme A, si definisce anche MASSIMO di un insieme.
d h  d  i  i:

ESTREMO INFERIORE e MINIMO:


Dato un insieme   inferiormente limitato L lestremo superiore (jk
  l) se:
1. 9  eEf  , L un minorante2
2. g C 0   |  0 n / g, il pi grande dei minoranti

Considerando sempre : 20; 1$, avr per estremo inferiore 0.

Se lestremo inferiore appartiene allinsieme A, si definisce anche MINIMO di un insieme.


n h  n  X  X*,

1
2

un maggiorante di un insieme qualsiasi elemento che maggiore o uguale di tutti gli elementi dell'insieme.
un minorante di un insieme qualsiasi elemento che minore o uguale di tutti gli elementi dell'insieme.

Giacomo Bergami V H
INTORNO:
Si definisce un intorno I di un punto F h  (oY  ) un qualunque intervallo aperto di  che
contiene F . Con questa definizione si considera quella pi generale possibile, comprendendo sia un
intervallo aperto, sia un intervallo chiuso. La definizione di intorno fondamentale per il calcolo
del limite.

Si definisce intorno destro di F un intorno che ha F come estremo inferiore. (vedi img. sopra)
Si definisce intorno inferiore di F un intorno che ha F come estremo superiore. (vedi img. sotto)

PUNTO ISOLATO:
Si definisce punto isolato F h  ed anche allinsieme A se esiste almeno un intorno oY  che non
contiene elementi di A tranne F . Esempio: linsieme   p0q ha 0 come punto isolato.

PUNTO DI ACCUMULAZIONE:
Considerando linsieme di riferimento, F h  un punto di accumulazione di A se ogni intorno
rF  completo contiene infiniti punti h  a parte F . (si pu anche dire che nellintorno esiste un
punto e quindi per dimostrazione ne pu contenere infiniti)
Esempio:

  p1,2,3q

Nellinsieme di cardinalit 33, esistono sup  i  max  3 e inf  X  min  1.


Si possono trovare estremi, massimi e minimi anche in un insieme limitato (ovvero con un limitato
numero di elementi) in quanto:
-

Esistono estremi superiori o inferiori poich esistono infiniti elementi di  superiori o


inferiori agli elementi di A, e quindi ne segue che esistono infiniti maggioranti o infiniti
minoranti. Quindi 3 l elemento pi grande o appartenete di A, per  definizione di
estremo superiore, e esiste un  C d / g tale che   3, per  definizione di estremo
superiore: infatti g non appartiene allinsieme A ma appartiene a quello dei numeri reali. La
 dice che ci deve essere almeno un elemento appartenente ad A tale che  C 3 / g, e
questo appunto lunico   3, mentre per   $1; 32 esistono infiniti  C 3 / g.
Esistono massimi poich: lestremo superiore appartiene ad A, per definizione di massimo

Si pu anche dedurre che un insieme di punti isolati. Ma se fosse rappresentato come:

Allora non isolato, infatti lintorno


fatta per alcuni intorni quali .
3

contiene altri elementi fuori dal punto, eccezion


.

La cardinalit di un insieme il numero dei suoi elementi

Giacomo Bergami V H
Si possono definire anche matematicamente:
- Punto di accumulazione:  rF  S F | 
- Punto isolato:  rF   F
Devono questi punti appartenere sempre allinsieme di riferimento
Esempi:
-  20; 1$ avr come punti di accumulazione 0 e 1; linsieme dei punti di accumulazione
detto derivato di un insieme e in questo caso   $0; 12, in quanto  S .
{
D
, , }q avr come derivato   - ~ poich lunico punto di
-   p | 
|{G

accumulazione appunto , che si ottiene per n che tende allinfinito. Questo insieme
|
limitato sia inferiormente sia superiormente, avendo come estremo inferiore e minimo 0 e
D
come estremo superiore e massimo |, ma un insieme non finito in quanto non contiene un
numero finito di numeri (es.   p1,2,3,4,5q ) in quanto appunto , .
Linsieme dei numeri razionali un insieme di punti isolati perch tra due numeri fratti
  perch i
esiste sempre un numero di  che li divide: si dice che denso in .
punti di  possono essere considerati come i punti di accumulazione di .

  p | 

{ GD
{

,&
{
, , }F q Avr per  
1 con , ,  . Questo insieme
D

sar quindi illimitato superiormente poich conterr gli elementi   p2,  , q fino ad
, ma limitato inferiormente, avendo come minimo e estremo inferiore 2 incluso
nellinsieme: quindi un intervallo aperto a destra e chiuso a sinistra.

1.   E (

I limiti concetto e verifica del limite


si pu definire landamento della funzione esponenziale
  E ( nel suo dominio e nel suo codominio nel modo che
segue: :  FG . Si pu intendere facilmente che:
1. G   &
Ovvero per x che tende allinfinito per numeri
positivi, anche il valore della funzione, ovvero le sue
y, tende a valori positivi.
2. =   Y

Invece per il limite 7    sufficiente calcolare


1  E. inutile quindi dimostrarlo se la funzione
continua, come in questo caso. Se altrimenti bisogna agire
tramite una dimostrazione come vedremo successivamente.

10

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2.   ln 

: G
F  in quanto funzione inversa della precedente.
- lim(G ln   &
- lim(F ln   /
dove con 0G si intende lintorno destro di 0,
ovvero procedendo da & verso zero o, in altre
parole, procedendo verso zero da valori positivi.
inutile parlare di limite per valori di x per 0= , in
quanto per i valori inferiori a zero, la funzione non
esiste.

3.   tan 

:  - & , h~ 
inoltre inutile parlare di limite per una funzione periodica
per  poich, continuando a procedere verso infinito
per valori, es., sempre maggiori di x, questi non si
stabilizzeranno verso un valore ben definito (come nel caso di
un eventuale asintoto) o tendono a valori sempre maggiori o
minori, ma variano con continuit. Si possono invece notare i
seguenti limiti:

lim(   &


lim

4.   acot 

  /

:  20; $

lim(G   0
lim(=  

La funzione non ha n massimi n minimi.


Ricordiamo che dove la funzione tenda allo stesso da numero F sia per r = F  o intorno sinistro
sia per r G F  o intorno destro, si pu scrivere semplicemente lim(( . Ricordiamo che nel
calcolo del limite (vedi esempio punto elenco 3 a pagina 9) si pu dividere per ragioni di brevit
senza commettere errori matematici denominatore e numeratori per variabili indipendenti. Ovvero
calcolare il limite di

(
(

analogo a calcolare il limite di , ricordando che   0 escluso.

11

Giacomo Bergami V H

- LIMITE FINITO PER x CHE TENDE AD UN NUMERO FINITO x0:   
Formalmente il limite definito come
g C 0 r F |hrF   / pF q: | / | 0 g

Per tutti gli epsilon maggiori di zero ma infinitamente piccolo (piccolo quanto voglio) esiste in
corrispondenza al variare di epsilon un intorno di Y tale che per tutti gli x appartenenti a detto
intorno intersecato il dominio elscluso eventualmente Y , la funzione differisce dal suo limite in
valore assoluto per meno di epsilon.

Quel /pF q, ovvero elscluso eventualmente Y , significa che la funzione pu anche non contenere
quel valore di x, ma tenderci unicamente. Si pu osservare che se per lim   F  la funzione
continua. Ne segue che per il grafico tracciato sotto, il limite per  5 lim(  non sar 4
ma 2, mentre la funzione assumer per   5 il valore di 4.

12

Giacomo Bergami V H
-

LIMITE INFINITO PER x CHE TENDE AD UN NUMERO FINITO x0:   

1) lim((   &


i C 0 r F  | hrF  /  / pF q:  C i

2) lim((   /
i C 0 r F  | hrF  /  / pF q:  0 /
Da questi si deduce quella pi generale, nei grafici tracciati a mano la numero 3:
3) lim((  
i C 0 r F  | hrF  /  / pF q: || C i

Con questa discussione si cerca di trovare per quale valore di x la funzione supera la barriera fissata
M. comunque il valore assoluto di M avr un valore di M infinitamente grande.
-

LIMITE FINITO PER x CHE TENDE ALLINFINITO:   

Una funzione come larcotangente a pagina 10 rientra nellintersezione dei due primi casi definiti
nei grafici soprastanti, e quindi rientra comunque in questo caso di limite. Non rientra invece nei
casi evidenziati dai grafici soprastanti, in quanto la curva in evidenza non una funzione, poich
per un valore di x, la funzione ne assume due.

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Giacomo Bergami V H

In questo caso inoltre indispensabile studiare insieme i due casi sotto illustrati in figura, non
potendo conoscere leffettivo andamento della funzione; si utilizzer la formula analoga del
LIMITE FINITO PER x CHE TENDE A UN NUMERO FINITO, ovvero:
g C 0 r F |hrF   / pF q: | / | 0 g

LIMITE INFINITO PER x CHE TENDE ALLINFINITO:   

Per la trattazione analoga al limite precedente, possiamo assumere la verifica di questo limite
analoga a quella LIMITE INFINITO PER x CHE TENDE AD UN NUMERO FINITO x0, ovvero:
i C 0 Z | || C Z : || C i

Dove Z esprime il valore a cui tende x (in questo caso infinito) mentre la funzione tende anchessa
allinfinito. Per uno stesso caso  C i, si pu ottenere sia uno  C Z, sia uno  0 /Z, sia uno
|| C , come nella funzione parabolica.

Teoremi sui limiti


- DELLUNICITA DEL LIMITE
Se una funzione ha un limite, il suo limite unico. Non si possono avverare dunque le seguenti
situazioni:

14

Giacomo Bergami V H
DIM: Per esempio pongo la condizione di un limite finito per x che tende ad un numero finito.
Pongo quindi    . Volendolo dimostrare PER ASSURDO, pongo che
   , dove n S n, e quindi:
8

| / n| 0 g 1
| / n| 0 g

|n / n Q |  n / n Q & 
/ 

 | / n Q & n / |


{{{

Siccome per la diseguaglianza triangolare | & | 9 || & ||, allora, assieme alla considerazione
del sistema precedente, si pu dire che:
| / n Q & n / | 9 | / n Q | & |n / | 0 g & g

Siccome |n / n Q |  | / n Q & n / |, anche vero che |n / n Q | 0 2g, ovvero |n / n Q | 0 0


essendo epsilon un numero piccolissimo. Allora si cade in un assurdo, arrivando ad asserire che
n  n.
- DELLA PERMANENZA DEL SEGNO.
In un intorno di x0 la funzione mantiene lo stesso segno del suo limite. quindi impossibile la
situazione:

lim   n, n S 0

((

n C 0 rF |  C 0
n 0 0 rF |  0 0

DIM: Considerando g  |n| e ponendo il caso | / n| 0 g, si ottiene n / |n| 0  0 n & |n|
C 0 0 0  0 2n  C 0
0 0 2n 0  0 0  0 0

VICEVERSA DELLA PERMANENZA DEL SEGNO

Se la funzione ammette un limite l non nullo e se esiste un rF  , se:




0 lim   n ,W, ,E+:*W n


((

0

 0 0 lim   n ,W, eW)**W n 9 0


((

15

Giacomo Bergami V H
-

DEL CONFRONTO (o dei due carabinieri)

Se in rF  sono definite le funzioni , + ed  tali che  9 + 9 , si pu
dimostrare che se lim((   lim((   n, allora segue che lim(( +  n.
Questo teorema viene di solito impiegato per calcolare i limiti per funzioni per le quali non si
conosce il limite.

Esempi di dimostrazione di limiti e studi di funzione


1) lim(F   / 2 & 1  7

In questo caso potremmo anche risolvere semplicemente lim(F   / 2 & 1  0  1, in


quanto il detto valore x rientra nel dominio. Tuttavia per chiarezza lo dimostreremo:
| / 7| 0 g
|  / 2| 0 g
/g 0   / 2 0 g


D,  1 1 & h 1
8  / 2 / g 0 01
 & 2 & g C 0 ,|  1 1 / g

 00
- 0D   C 1

|

In questo caso si pu considerare che D  0= ,   2G (Considerando epsilon un numero


piccolissimo, es. 10=, otterremo D,  1 1.000005)   0G , |  2= . Possiamo
rappresentarlo graficamente come:

Osserviamo dunque che abbiamo ottenuto i seguenti intorni, r0 ed r2.

16

Giacomo Bergami V H

2) lim(F   &
5

 C i  C i

=({

C 0. Dallo studio dei segni si ottiene quindi:

Questo possibile in quanto la funzione esponenziale sempre positiva. Risolvendo la


disequazione si ottiene:

Tendendo M ad un valore molto grande (&), anche la funzione logaritmica tende a &; di
conseguenza, allaumentare del divisore, il risultato della divisione con 2 diminuisce sempre di pi,

fino a tendere a zero: si pu far corrispondere { ~0G . Si ottiene quindi un r G 0.
3) Studia dominio e segno della funzione   ln   / 1. Inoltre studiare i seguenti limiti:
o lim(D   /
o lim(=   &

Il dominio L:   / 1 C 0, allora L:  0 /1  C 1
Ora studiamo il segno ( 0):
ln  / 1

o lim(D   /

0

5  9 /5

ln  / 1 0 /i
  / 1 0 E =

1
1
/ & 1 0  0 & 1
E
E

17

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Eliminando opportunamente dal risultato anche il dominio, notiamo di aver ottenuto un r = /1
oppure un r G 1
o lim(=   &

 C i  C J & 7  0 /J & 7

Come si pu notare dal grafico tracciato della funzione nella pagina precedente, sono verificati sia
r&, sia r/.

Ora cerchiamo di valutare il grafico della funzione inversa. Notiamo che dalla funzione otteniamo
due  =D   E ( & 1, ma non possiamo sceglierle entrambe: la funzione non invertibile
completamente in quanto non monotona. Consideriamo quindi solo un intervallo per ciascuna
semifunzione inversa:
  E ( & 1 eEf  C 1
  /E ( & 1 eEf  0 /1

18

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Il calcolo del limite (in breve)


Per poter calcolare i limiti dobbiamo prima definire quando una funzione continua. Si definisce
funzione continua in F. : L  se:
lim   F 

((.

che comprende le seguenti imposizioni:


- Esistono limiti destri e sinistri finiti e coincidono:
coincidono Y   Y  
-

Esiste la funzione in F : 

Y
I due limiti coincidono con F :  Y 

Questa pu essere anche definita come:


come Y.  / Y   Y oppure pu essere definito
come kY Y &  / Y   Y:

Questo possibile perch h un numero qualsiasi che pu essere positivo o negativo, delimitando
quindi un intorno di F ; questo metodo usato particolarmente nelle regole di derivazione. Quando
la funzione non continua nellintervallo considerato rF ,, la funzione si dice discontinua. I punti
di discontinuit possono essere di diverse tipologie dette specie; le discontinuit possono essere di:
1. PRIMA SPECIE
In questa specie i due limiti per r G F  e r = F  non coincidono e sono finiti, ovvero:
  ,   Q k S

Y .

Y

2. SECONDA SPECIE
Almeno uno dei due limiti non esiste p infinito
3. TERZA SPECIE o ELIMINABILE
I limiti per r G F  e r = F  coincidono ma o F escluso dal dominio della funzione o non
coincide con il valore dei due limiti.
Y 
    k: S Y  WeefE 


Y.

Y

Esempi:

Questa funzione non discontinua poich esiste il limite destro, mentre del sinistro non ne posso
parlare in quanto non esiste, ma esistendo F , allora la funzione

19

Giacomo Bergami V H

In questo caso in F non si pu parlare di limite, ma eventualmente solo del valore assunto dalla
funzione in quel punto, non esistendo n il limite destro n quello sinistro.

Questi casi sopra disegnati invece rientrano della discontinuit di prima specie, invece quello
sottostante di terza specie, in quanto sufficiente aggiungere il punto 0; 0.

Tra i grafici in basso, quello a sinistra continua in   0 perch in quel punto la funzione
continua, mentre il secondo considerabile come uneliminabile, in quanto sufficiente riempire la
lacuna del grafico, e non si considera quindi in 0 una discontinuit di prima specie.

   / 1,  9 0

   / 1,  0 0

20

Giacomo Bergami V H

Esempio di espressione analitica di una funzione con discontinuit di prima specie in   5 la


funzione segno   )*+, / 5, mentre esempio di una espressione analitica con discontinuit di
D
seconda specie per lim , pu essere la funzione   sin
(

Operazioni con i limiti


- SOMMA
Unicamente per questa operazione coi limiti valuteremo il relativo teorema e per il caso n, X S 0 e
di valori finiti. Gli altri casi non verranno dimostrati ma visualizzati nelle tavole.
TEOREMA DELLA SOMMA
lim   n

lim  & +  n & X

Hp:

Th:

0

0

lim +  X

0

Dim:
La dimostrazione procede analogamente al teorema dellunicit del limite
g C 0 r F |hrF   / pF q: | / | 0 g
g C 0 r F |hrF   / pF q: |M / | 0 g

Devo fare in modo che le due funzioni abbiano lo stesso dominio in comune:  h rF  rF 
| & + / n & X|  | / n & + / X| 9 | / n| & |+ / X| 0 g & g
| & + / n & X| 0 g & g

La funzione differisce del suo epsilon per meno di epsilon. Siccome 2g un numero infinitamente

piccolo, lo si pu assumere come epsilon, oppure si pu porre sin dallinizio  al posto di g, in modo
che alla fine non risulti2g ma epsilon. La scelta di tale valore risulta quindi arbitraria.
Si quindi giunti a dimostrare che 5 C 0 | & M /  & | 0 2 oY 

21

Giacomo Bergami V H
Con F.I. si identificano le forme indeterminate: queste forme non sono, ovvero, determinabili a
priori senza riconoscere le due funzioni di partenza; come vedremo, diverse funzioni che portano
alla stesso tipo di forma indeterminata possono portare a valori differenti.
& l
m
n&X
& &
/ /

&
&
&
F.I.

/
/
F.I.
/

. o. VEnn: )WXX:: & /


-

PRODOTTO

Si pu dimostrare che, detti l e m valori finiti diversi da zero:


per }:

 

 

Y

Y

M 

Y

 

Y

m
&
/
0

M  

Y

&
/
;jMk ;jMk
nX
;jMk
&
/
;jMk
/
&
0
F.I.
F.I.
l

0
0
F.I.
F.I.
0

. o. VEn efWVWW: 0

Con :n )*+,X si intende che il segno dellinfinito dipende direttamente dal segno del termine,
ivi m, se esso positivo, sar &, altrimenti /.
-

QUOZIENTE

Detti l e m valori finiti non contemporaneamente zero, e particolarmente X S 0:


 

Y

M 

Y

:
m
&
/
0

M


Y 

&
/
;jMk
;jMk
0
F.I.
F.I.
0
F.I.
F.I.
;jMk, Y ;jMk&, Y ;jMk/, Y
l

n X

Il termine in orizzontale viene diviso per quello in verticale, in senso antiorario.

0
0
0
0
F.I.

22

Giacomo Bergami V H

0
. o. VEn efWVWW: ,
0

Dobbiamo prima ricordare alcune funzioni continue fondamentali:


1.   
 ; g C 0 | / | 0 g, 0 0 g
Y

2.   
  Y ; g C 0 | / F | 0 g, rF 
Y

Le funzione trigonometriche ed esponenziale sono tutte continue in  (nota che nella funzione
tan  ed anche cot  ci sono punti di discontinuit di II specie), e quella logaritmica per G . Da
notare che se due funzioni singolarmente sono continue, allora anche nella loro somma o nel loro
prodotto sono continue: es,     il prodotto di tre funzioni   .
Esempi:

lim    3  9

(

1

(
/3
lim

Infatti questa funzione una iperbole con un asintoto verticale in   3

1
 /
(  / 3
Infatti al denominatore sarebbe come operare 2.9 / 3  /0.1
lim

lim E (=  &

(

Infatti se  / 2 tende a 0G , lesponente


Analogamente:
D

lim E (=  0

(

tende a & e la funzione esponenziale a &.

Le forme indeterminate
Ivi analizzeremo le forme identificate che abbiamo analizzato.
-

FORMA INDETERMINATA: lim( (  n 


(

Definiamo come grado di una funzione k   il massimo esponente che ha lespressione
nella sua variabile indipendente x. Se si pone  :
- :{ C { n 
- :{ 0 { n  0
:
- :{  { n 
{ {

{

23

Giacomo Bergami V H
Tali polinomi infatti si possono definire come:
  :{ , & :{=D ,
{

{=D

& & :F  : ,
F

  { ,{ & {=D ,{=D & & F  ,


F

Ne segue che  equivale a:

:{=D :{=
:

{ {F {=D
 { :{ &  &   &. . .



:
{=D {=

 
&. . .  F  =D
{ &  &



Si pu notare la dimostrazione nel seguente esercizio:


3 / 6 & 1
 lim
(= 2 | & 5 
(=
lim

 3 /

6
1
&
|



 | 2 &

Ci che stato riquadrato, per  / tendono a zero.


-

3
  /
(= 2

 lim

FORMA INDETERMINATA: & /


lim   /   & 1  lim 

/1
& 1  &
(G

G
G

(G

Prendendo il caso di questo polinomio, si trasforma il tutto come prodotto per cercare di togliere
lindeterminazione. Siccome il prodotto non una forma indeterminata ed &, si riesce
ad ottenere il risultato &. Si pu oppure considerare che il segno di   prevale su quello di   in
quanto tende per prima allinfinito, e quindi sommando un & di   e un / di   prevale il &,
in questo caso si potrebbe determinare che & /  &. Esistono altri esempi con le radici:
lim  /   lim   / 1  &

(G

(G

Questo prevede invece una sorta di fattorizzazione:


lim J  & 1 / J  / 4  lim J  & 1 / J  / 4

(G

(G

 lim

 & 1 /  & 4

(G
  & 1 &   / 4
G

0

  & 1 &   / 4
  & 1 &   / 4

24

Giacomo Bergami V H
-

FORMA INDETERMINATA:

F
F

 & 5 / 2 { 7
  & 3 / 10
lim

lim
>???????@ 10
(
(  & 5 / 5
  / 25
Di solito tale forma indeterminata costituita da un rapporto di polinomi che contengono una radice
comune.

Limiti fondamentali e derivati


1. lim(F

(
(

1

Questa una forma fondamentale che si pu dimostrare con il teorema del confronto.

DIM
(
(
Si dimostra che sia per lim(F (  1, sia per lim(F (  1. Data una circonferenza
0 2. Si pu inoltre verificare
goniometrica come in figura, si pu ben trovare che 2 0 2
  (in quanto una circonferenza goniometrica) e   tan . Si ottiene:
che  )*, , 
sin  9  9 tan 

- Caso lim(F (  1
Considerando lintorno destro di 0 (r G 0), posso dividere per sin  senza cambiare segno poich x
assume valori positivi; indi per cui:
(

19


1
sin 
9
cos  9
91
sin  cos 


Considerando che il limite della costante per  0 pari alla costante (p. 22) e per il coseno 1, si
(
(
otterr 1 9 ( 9 1. Tale funzione, essendo costretta tra questi due valori, allora lim(F (  1.

25

Giacomo Bergami V H

- Caso lim(F
1
(
Si dimostra analogamente, soltanto che bisogna invertire i segni:
(


sin 

1
sin 
sin 
1 9
9 cos  1 9
91
cos 



Si pu anche dimostrarlo che, essendo una funzione pari



, essendo la funzione
=(
(
simmetrica rispetto lasse y, quello dimostrato prima pu valere anche per questo caso,
(
analogamente quindi lim(F
 1.
=(

Siccome i due limiti destro e sinistro coincidono, si ottiene che Y   7

Osserva che essendo lim(F

 lim(F

(
(

1

Esempi:
lim
(F

sin 2
F
 . r. F 
(F


lim


2 sin  cos  
sin 
 lim
2 cos   4
(F


1

lim

(F


sin 5 2 
5
 lim
2  4
(F

5
5

Il secondo caso possibile perch se  0, anche 2 0. Analogamente si pu fare anche per


sostituzione ponendo 2  . Per lo stesso motivo se  0, anche 0. Esempi pi concreti della
sostituzione:
1.1. lim(F

D= (
(

0

1 / cos 
1 / cos 
sin 
sin  sin 
lim
 lim
 lim
 lim

 lim1 0  0
(F
(F 1 & cos 
(F 2
(F
(F


2

Esempi:


sin  / 1
sin 
sin 
  & 1    lim
 lim /
 lim /
 /
=7  & 7
F
F
F

Il cambio della tendenza del limite dovuto al fatto che se  /1, 0 per la sostituzione
operata.
1.2. lim(F

D= (
(


D

1
1
1 / cos 
1 / cos 
5 

lim

lim
7



5
(F
(F  1 & cos 
(F  1 & cos 
2
2

lim

26

Giacomo Bergami V H
2.

D (

lim( 1 & (  E

Questo limite notevole fondamentale si pu far risalire tra le forme indeterminate dellelevamento
a potenza, che in questa sede non analizzeremo (1 , 0F e F ). Questa non ancora dimostrabile,
ma lo sono le derivate, come esempio:
2.1. lim(F

DG(
(

1

D
ln1 & 
7
 lim ln 1 & (    1   lim ln 7 &  ln   1
(F
(F

lim

2.2. lim(F
1
(
(
Si pone  E / 1. Ne segue che E (  & 1    & 7.
=D

 & 7
e / 1

lim
 lim
 lim

(F
F ln & 1
F

In quanto si conosce gi lim(F

DG(
(

=D

1

 1, e quindi si riesce ad ottenere tale risultato.

Risoluzione particolare di alcuni limiti


1. lim(= (
Siccome la funzione esponenziale tende a zero e x tende a /, non trattandosi questa di una forma
indeterminata, esso limite risulta 0. In questo caso abbiamo operato ad un confronto di infiniti ed
infinitesimi. Si dice in questo caso che E ( di un infinito di ordine superiore rispetto ad x. Che si
scrive:

Ne segue che lim(G  0


(

E (  

2. Analisi di lim( (  0
Si pu anche pensare questo limite come confronto di infinitesimi come prima. Pensando che
comunque la funzione seno si mantiene su valori compresi tra i valori || 9 1 mentre x tende a &,
la funzione complessivamente tende a zero.
(

3. lim(G (
Siccome la funzione esponenziale tende a & come x ma siccome E ( tende per prima a &
rispetto a x, si pu dire quindi che essa prevalga su questultima al tendere a &. Il risultato
quindi &

27

Giacomo Bergami V H

4. lim(F

=
 (

1
D
E ( / E(
1
(

=
(

(

E
/
 /

E (  lim E / 1 1  lim 5 E / 1 1  5

 lim
 lim

Y 4 
(F
(F  3 7
(F

3E ( (F
5
3 E( 4
3

D
5. lim(=

=(G( =
(G

/ &   / 8
/ & J  1 / 8 
 lim

(=
(=
6 & 7
6 & 7
lim

Consideriamo ora il fatto che portando   fuori radice si ottiene ||, poich tale valore si deve
mantenere positivo e non pu assumere valori negativi. Ricordiamo che   || sign:
|| J1 / 8  / sign
/ & ||J1 / 8 
 lim
(=
(=
6 & 7 
6 & 7 
J1 / 8  / sign
1&1
1
 lim sign
 /1
/
(=
6
3
6 & 7 

 lim

6. lim(F

(GD
(

Come si pu notare, questa forma non contempla un limite fondamentale, ma si pu valutare


semplicemente in questo modo:
D

2
&
1
lim
 /
(F
sin

F

In quanto se si tende da valori negativi, es., 2/0.00001 & 1  1= , che comunque positivo.

28

Giacomo Bergami V H
Ora analizzeremo le funzioni contenenti dei parametri letterali che devono essere posti con dei
valori tali che la funzione risulti continua in . Vediamo questi esempi:
7.   

1
atan    0




0
 

Come si pu osservare, la prima parte della funzione definita per gli x minori di zero sempre
continua in , ed inoltre la funzione definita in zero, quindi il limite sinistro coincide con il valore
della funzione in quel punto, ovvero:
0  1
atan 0  1

Facendo le imposizioni del dominio della seconda parte della funzione, si nota che se a assume un
valore positivo la funzione non sempre continua, in quanto si otterrebbe una discontinuit di
seconda specie; questo rischio non si correrebbe se assumesse un valore negativo: in questo caso
non si avrebbe ma i per x che assumesse un valore uguale al quadrato il valore assoluto di a, infatti
per l'imposizione delle condizioni di esistenza:
      

Ma, siccome dall'imposizione che rende uguale il limite destro e sinistro della funzione per  0
risulta che il valore di a negativo, e precisamente:


2
 1  


In questo caso si alcun problema perch invece funzione risulta sempre continua.
8.   

 ! 


 " 0 

 #  # $  % 0

In questo caso invece,


sarebbe stata discontinua solo in  0, ma evitando questo punto si
*
evita anche la discontinuit; mentre la seconda sempre continua in +, . analogamente si ricaver
da quest'ultima il valore della funzione nel punto zero, e si proceder a fare il confronto con il limite
sinistro della funzione:
&'( )*

lim0

*+

9.  

2)* 3 4
5** 3

sin 
  


2 # 1    
$

, con lim*,6  


1 ed anche lim*4  

In questo caso si vuole invece sapere a quando la funzione assume i valori sopra definiti: ne segue
che il numeratore non deve tenere a zero, mentre lo deve il denominatore: una facilitazione ci arriva
dal fatto che il numeratore non dipende da b. la prima imposizione equivale a dire che la funzione
presenta un asintoto orizzontale per 8 
1; siccome si hanno numeratore e denominatore di pari
grado, allora la prima condizione verificata ponendo uguale a
1 il rapporto tra i termini di grado
massimo che pari a (vedi pag. 23):

29

Giacomo Bergami V H

3 
1   1:3

Ponendo ora numeratore diverso dal zero, si ottiene che   


1, il quale sempre vero: accertatici
infine definitivamente che numeratore non andr mai a zero, imponiamo ora la condizione
dell'asintoto verticale per   1, ottenendo quindi: ;
1  0 ;  1. Se invece la condizione di
partenza fosse stata la seguente:
 

3  # 1<

<
;
1:2

Non sarebbe stata accettabile la soluzione ;  1 (ci sarebbe ottenuta una discontinuit di seconda
specie), pertanto si sarebbe dovuto sempre porre la condizione tale che il denominatore vada zero,
ottenendo cos anche il risultato ;  12.
10. lim*,6 ),5*,5*3 
2
>*,)

Siccome la funzione tende a


2 per  #, si in presenza di un asintoto orizzontale, allora b
deve essere uguale a zero (<  ?), in quanto altrimenti si farebbe tendere il denominatore a pi
infinito e quindi complessivamente l'intera funzione a zero. In questo modo numeratore e
denominatore sono di pari grado e sufficiente soddisfare che i coefficienti di grado massimo siano
pari a meno due. svolgiamo quindi ora l'intero limite:


 C4 #  D 4
 A4 #  B
4 # 
lim
 lim
;  0  lim
 
2
*,6  # ; # ; 
*,6   # ;
*,6


 A
# ;B

4 
2  


11. lim*2 C2F0G # D , HIJ


E

Ricordiamo in primis che J il insieme dei numeri interi. Come prima considerazione possiamo
valutare quando H  0; in questo caso dobbiamo per valutare chi e se la funzione suddetta tende a
 3, per una funzione esponenziale analogo che tenda a  3, oppure a  3 , in quanto si
ottiene sempre 1, infatti:
+

lim C2*2 # D  4
+
*2
 0
*2 # D  4
L

lim
C2
+
*2
limK C2*2 # D  4
*2

Mentre se H  0, allora bisogna valutare anche gli intorni destri sinistri di 3, ovvero:
3
 3
,

H0 H"0
3
#
3
#

30

Giacomo Bergami V H
12. lim*6

N* 3 4
*,>

, H I 

Si pu notare che nello studio della funzione inutile studiare il caso H  2 che si ricava da:
4

2H 
1 2H A
O12H B A # O12H B O12H  4
in quanto sarebbe stato necessario soltanto se si fosse dovuto studiare il limite per  4, invece in
questo caso non si al pericolo che il numeratore e il denominatore s'annullino, e quindi questo caso
pu rientrare nel pi generico H  0. Si pu quindi evidenziare che:
H0 H"0


#

Ora studieremo alcuni casi di discontinuit:


13. 8  4QR& *
>* 3

Mentre si riesce a riconoscere un limite noto per lim*+  

>
S
3

 8, con la quale si osserva una

discontinuit di terza specie, per analizzare l'altra discontinuit necessario imporre le condizioni di
esistenza: in questo caso non avendo il coseno alcuna discontinuit, bisogner porre cos   1,
ottenendo quindi che   2WX, WIJ
Y0Z: in questo caso, siccome la funzione al denominatore
assume il valore zero, la funzione tender o a pi infinito o a meno infinito, di conseguenza si
noter una discontinuit di seconda specie.
14. lim*+

[(N,*
*

Ora elencheremo per punti le discussioni necessarie allo studio del limite:



H  1 lim*+ ln1 # F 1


[( *
H  0 lim*+0 * 

Come si certamente notato, in questo caso si considerato soltanto un intorno destro di zero, in
quanto il limite nellintorno sinistro non esiste, in quanto per gli negativi della funzione logaritmica
non definita. Di conseguenza si potr valutare soltanto il limite destro.


4 ]

H  0 lim*6 ln AH # ] B 
4 ]

Come ben si pu notare infatti, questa non la forma del limite notevole ben conosciuta

lim*6 ln A1 # ] B , in quanto una semplice somma di numeri tendente all'infinito, che quindi
uguale all'infinito. i fatti e si possono studiare separatamente i due casi
 H  0 ^_`.
Si pu invece notare che in questo caso il limite impossibile, in quanto non sono accettabili dalla
funzione logaritmo naturale valori negativi di k.

31

Giacomo Bergami V H

15. lim*6 Yaln # 1


ln bZ

Voglio inoltre far notare che se sono presenti due funzioni logaritmiche separate in un limite, le
condizioni di esistenza iniziali devono essere rispettate: ci vuol dire che se si compone la funzione,
devono essere rispettate: ovvero se si considera la funzione risultante si ha, nella discussione di
segno, che sono compresi anche i valori tendenti a
, mentre in quell'originaria sono concessi
solo i valori positivi, zero escluso; componendo le due funzioni quindi, sia ha una che risoluzione
errata di limite, il limite cos scritto in realt non ha alcun significato.
FKc
c

[(

16. lim*+
*
Quest'ultimo esempio, pu essere utile per notare come uno stesso limite pu essere risolte maniere
differenti. Analizzeremo questo limite operando una sostituzione o riconducendoci alla conoscenza
pregressa del limite fondamentale.
a.

b.

lim

*+

ln


#5
ln A # 1B
lnf # 1 1
5
5  lim
 x  t5  lim

*+
*+ f # 5


5
$

]
ln # 5
ln 5
$
#5 h
1
1
8
lim
 lim ln gC
D i  C  tD  lim ln C # 1D  A  fB
*+
*+ 
]6

5
x
f5
5
j

4
k
1
1
 lim ln C # 1D  ln l k 
j6
8
5

Ultime considerazioni finali

Dall'esempio n. 2 e 14, si pu notare come il limite del quoziente di due funzioni esiste anche se
non esiste il limite di una di queste funzioni. inoltre inutile notare che le costanti possono
essere portati all'esterno del limite, o possono essere portate all'esterno di esso parti di limite delle
quali si conosce gi il risultato, meglio ancora se questo determinato da un valore numerico. Di
conseguenza se all'interno del limite presente una somma, questa pu essere portata al suo esterno
come somma di due limiti; analogamente si pu fare lo stesso discorso per tutte le operazioni
algebriche, come moltiplicazione e divisione.

32

Giacomo Bergami V H

Asintoti
In generale un asintoto una retta, alla quale la funzione tenda senza mai toccarla. Esistono asintoti
orizzontali, verticali ed obliqui:

Mentre per lasintoto verticale   + si pu esprimere come:


E quello verticale 8  H come:

lim |
+ |  0

**m

lim |
H|  0

*6

Lasintoto obliquo necessariamente deve essere espresso come:


lim rrrr
pq  0

o6

Dove ps, t il punto sulla funzione  e q la proiezione di detto punto sullasintoto di
coordinate generiche 8  _ # u. Si pu dimostrare come ottenere dalla funzione i parametri m e q

DIM
Considerando limo6 rrrr
pq  0, si pu esprimere lasintoto nella forma _
8 # u  0 e,
utilizzando la formula della distanza della geometria analitica:
rrrrr 
vw

|x
y # z|
$ # x

lim

*6

|x
y # z|
$ # x

0

rrrr andare a zero al numeratore, il


Inoltre si pu omettere il denominatore perch, dovendo pq
denominatore deve rimanere comunque un numero (non pari a zero).
lim |x
y # z|  0

*6

Inoltre, poich vale il teorema che per lim**m ||  0 allora analogo lim**m   0, si
pu omettere da sopra il valore assoluto. Inoltre ora, se dobbiamo ottenere un infinitesimo,
dividendo il termine per x otterremo a maggiore un infinitesimo, in quando 1 0 per  ,
andandovi ancora prima.

33

Giacomo Bergami V H

_
 # u
lim
0
*6


lim _

*6

 u
# 0
{


+


0
*6 

_
lim

y
6 

x|}

Mentre tra il primo e il secondo passaggio si diviso0 semplicemente per x, in seguito si analizza il
limite: sapendo che il limite di una costante la costante stessa e che per  , u  0, allora si
riesce ad ottenere quanto vale la pendenza nel punto per detta curva. Ora troviamo quanto vale il
parametro q. Ripartendo da | }6 x
y # z  ?, si pu facilmente ottenere:
u  lim 
_
*6

NOTA BENE: affinch esista un asintoto obliquo, deve essere valida la seguenti ipotesi:
lim  

*6

una CONDIZIONE NECESSARIA MA NON SUFFICIENTE poich, per esempio, anche per la parabola
verificata la condizione soprastante, ma non per questo ha un andamento asintotico.

Teoremi per la ricerca degli zeri


- Teorema di Weierstrass
Se una funzione continua in un intervallo chiuso a, ;b (la funzione ammette quindi massimo e
minimi, come anche il codominio), anche il suo codominio ammette minimo e massimo assoluto.
Precede il terorema che dichiara:
a, ;b  a~, b,  funzione continua
Esempi:

1) y b, <a

2) y:  ! , a?, b

In questo caso la funzione avr solamente lestremo


inferiore e superiore, ma non massimo e minimo.

In questo caso si presenta una discontinuit in   X2.


Non si potranno quindi avere n massimo n minimo e
non si pu concludere niente sul codominio.

34

Giacomo Bergami V H
3)
qui, invece, si hanno massimi e minimi assoluti,
sebbene nellintervallo considerato si abbia una
discontinuit per   2. Questo contro esempio
dimostra come, in questo caso, pur contemplando la
funzione la discontinuit prevista dal teorema in
questione, essa nel suo codominio presenta
comunque un massimo ed un minimo. LA
NEGAZIONE DELLIPOTESI NON IMPLICA LA
NEGAZIONE DELLA TESI

4) y:   , a$, #a
$

In questo caso invece, si considera un intervallo


superiormente illimitato: il codominio un
intervallo inferiormente e superiormente limitato
ma ammette solo il massimo 8  1.

- SECONDO TEOREMA:
Nelle condizioni del teorema di Weierstrass, la funzione assume ogni valore compreso tra m e M.
Nel terzo esempio si nota come, mancando questo presupposto, questo teorema convalida
losservazione precedente.
- TEOREMA DEGLI ZERI:
Con questo teorema si vuole conoscere dove la funzione possa ammettere una soluzione, ovvero
quando la funzione interseca lasse x o assume per   + il valore 0. Se la funzione f definita in
un intervallo a, ;b e assume valori discordi agli estremi di quegli intervalli, allora
~ Ib, ;a | ~  0
1) :  
1

Questa funzione pu essere presa come contro esempio


se si considera lintervallo a
2, 2b, in quanto esso
contiene le soluzioni   1, ma per quegli estremi la
funzione assume solo valori positivi.
invece di esempio lintervallo a0, 2b, in quanto in
esso si verifica il teorema, comprendendo detto
intervallo il risultato   1e essendo 0 2 " 0

35

Giacomo Bergami V H

Ed ora cerchiamo gli zeri:


il metodo di bisezione o dicotomico
Il fine dei teoremi precedenti avere le basi con le quali poter cercare le soluzioni approssimate di
espressioni che non ci permettono, con una semplice equazione o procedimento, di ottenere un
risultato esatto. Per esempio, non si riuscir in alcun modo di raccogliere la radice nella funzione
y  
 . Innanzitutto dobbiamo conoscere se questa funzione si possa intersecare e , se s,
dove: lunico metodo di cui disponiamo la rappresentazione delle funzioni:

  l * 
   

Sapendo che quando   , allora y  


  ?, e quindi abbiamo ottenuto il
risultato: la posizione esatta del risultato sar data dallintersezione delle due funzioni  e
. Come possiamo vedere dal loro grafico:

Si nota che lunico risultato possibile lavremo per un valore compreso tra a
1, 0b, in quanto, come
possiamo notare dal grafico sottostante, tendendo verso valori positivi sempre maggiori, le due
funzioni divergono sensibilmente: pertanto in questo intervallo si ha lunica convergenza di queste
due funzioni ad un medesimo valore.

36

Giacomo Bergami V H

Losservazione fatta precedentemente


precedentemente in realt necessaria, in quanto una funzione potrebbe avere
pi di uno zero, anche per valori di x infinitamente grandi in valore assoluto, e quindi non
immediatamente percepibili con la rappresentazione grafica. Ad un certo punto noi potremmo
assisteree alla sovrapposizione di due funzioni, ovvero mentre inizialmente quella in blu (la
chiameremo <)) assumer a parit di ascissa un valore minore rispetto a quella rossa
(analogamente la chiameremo ),
), successivamente ci accorgeremo che, dopo una certa serie di
valori, queste due funzioni invertono le loro caratteristiche: questo vuol quindi dire che esse, in un
punto misterioso ?,, evidentemente si sono sovrapposte. Per maggiore chiarezza doteremo queste
que
due funzioni di un sistema di coordinate grossolano, dopo aver stabilito che:
4 "  , 84 " 8 " 82 " 8>

Ad esempio, consideriamo la funzione W  ;


,, essa assumer valore negativo in 4 in
quanto ;4  " 4  e valori positivi in  perch ;    .. Si verifica pertanto, come gi
successo per la precedente funzione, il teorema degli zeri. Ma ora si vuole osservare una cosa che
pu sembrare pi sottile: nellequazione (supponiamo) W  2*
 2 , tracciando le funzioni:

;  2* 
  3*

osserviamo immediatamente un risultato + a1,2b.. Apparentemente, sembrerebbe dal grafico che,


le due funzioni divergano al procedere verso valori positivi sempre maggiori e che quindi esista

37

Giacomo Bergami V H

solo quel + ma, unattenta analisi, ci permette di notare come questa nostra certezza sia del tutto
infondata; infatti quando la funzione assume un valore compreso tra a9, 10b essa effettui uno
scambio come analizzato precedentemente, o meglio:

Si osservi il risultato compreso tra i valori a1,2b

Si noti lo scambio dei colori delle due funzioni

quindi consigliabile verificare comunque, in prospettiva di un Esame di Stato, provare per numeri
sempre maggiori leffettivo andamento delle dette funzioni, per certificare eventuali scambi di
funzione imprevisti: ad esempio se i valori delle due funzioni progressivamente tendono ad
avvicinarsi, questo significa che ben presto arriveranno molto probabilmente ad un punto con un
valore in comune. Questo , al momento, lunico modo di separazione delle radici.
Dopo avere operato alla separazione delle radici, si vuole calcolare con una certa approssimazione il
valore dellespressione. Riutilizzeremo la funzione y  
 di pagina 35. Ecco un estratto
del procedimento che poi commenteremo:
xm

f(a)

f(b)

f(xm)

err

sx?

dx?

f(xm)=0

Risultato:

-1

-0,5

-0,632120559

0,356531

0,5

No

-1

-0,75

-0,5

-0,632120559

0,356531

-0,09013

0,25

No

-0,75

-0,625

-0,5

-0,090133447

0,356531

0,144636

0,125

No

-0,75

-0,6875

-0,625

-0,090133447

0,144636

0,030175

0,0625

No

-0,75

-0,71875

-0,6875

-0,090133447

0,030175

-0,02924

0,03125

No

-0,71875

-0,70313

-0,6875

-0,029240486

0,030175

0,000651

0,015625

No

-0,71875

-0,71094

-0,70313

-0,029240486

0,000651

-0,01425

0,007813

No

-0,710938

-0,70703

-0,70313

-0,014248632

0,000651

-0,00679

0,003906

No

-0,707031

-0,70508

-0,70313

-0,006787254

0,000651

-0,00307

0,001953

No

-0,705078

-0,7041

-0,70313

-0,003065189

0,000651

-0,00121

0,000977

-0,704102

-0,70361

-0,70313

-0,001206311

0,000651

-0,00028

0,000488

f(xm)=

-0,703613

-0,70337

-0,70313

-0,00027741

0,000651

0,000187

0,000244

f(xm)=

-0,703613

-0,70349

-0,70337

-0,00027741

0,000187

-4,5E-05

0,000122

f(xm)=

-0,703491

-0,70343

-0,70337

-4,52413E-05

0,000187

7,08E-05

6,1E-05

f(xm)=

0,00097656

f(xm)=

-0,704102

38

Giacomo Bergami V H

Abbiamo voluto cercare il risultato nellintervallo a


1, 0b con una precisione del 0.001. Assunti i
due valori iniziali a e b come gli estremi dellintervallo, operiamo nel seguente modo:

Dati a, b, e
errore
Calcolo

Estremi dellintervallo a e b
Calcolo del
punto medio 

Valori della funzione


, ;,  

Calcolo dellerrore come


distanza dei punti: l  rrr
;

IL RISULTATO
A SINISTRA?
yyx  " 0

NO

IL RISULTATO
A DESTRA?
yx y< " 0
S

Se l  rrr
;: l " ll allora restituisci il risultato delloperazione:
Altrimenti

x ;

NO

Se il
risultato
non il
punto
medio
allora NON
c risultato.

;;
x 

x

39

Giacomo Bergami V H
xm

a
-1

f(a)

f(b)

f(xm)

-0,5

-0,632120559

0,356531

err
0,5

sx?

dx?

f(xm)=0

Risultato:
No

-1

-0,75

-0,5

-0,632120559

0,356531

-0,09013

0,25

No

-0,75

-0,625

-0,5

-0,090133447

0,356531

0,144636

0,125

No

-0,75

-0,6875

-0,625

-0,090133447

0,144636

0,030175

0,0625

No

-0,75

-0,71875

-0,6875

-0,090133447

0,030175

-0,02924

0,03125

No

-0,71875

-0,70313

-0,6875

-0,029240486

0,030175

0,000651

0,015625

No

-0,71875

-0,71094

-0,70313

-0,029240486

0,000651

-0,01425

0,007813

No

-0,710938

-0,70703

-0,70313

-0,014248632

0,000651

-0,00679

0,003906

No

-0,707031

-0,70508

-0,70313

-0,006787254

0,000651

-0,00307

0,001953

No

-0,705078

-0,7041

-0,70313

-0,003065189

0,000651

-0,00121

0,000977

f(xm)=

-0,704102

-0,70361

-0,70313

-0,001206311

0,000651

-0,00028

0,000488

f(xm)=

-0,703613

-0,70337

-0,70313

-0,00027741

0,000651

0,000187

0,000244

f(xm)=

-0,703613

-0,70349

-0,70337

-0,00027741

0,000187

-4,5E-05

0,000122

f(xm)=

-0,703491

-0,70343

-0,70337

-4,52413E-05

0,000187

7,08E-05

6,1E-05

f(xm)=

0,00097656

-0,704102

continua
Da notare che in verde sono stati evidenziati i cambiamenti e le scelte dovute alla scelta del
segmento di sinistra, mentre in azzurro la selezione della parte destra del segmento. Questo metodo
fa in modo di avvicinarsi sempre di pi al valore desiderato, selezionando sempre il segmento che
contiene estremi con valori di segno opposti (e quindi, secondo il teorema dello zero, contenenti
probabilmente lo zero). Il meccanismo, in riferimento ad un'altra generica funzione (ma nella stessa
posizione di )

da Wikipedia

Le derivate

1. Derivazione .. pag 40
2. Punti di non derivabilit pag 42
3. Derivate di alcune funzioni elementari. pag 44
4. Teoremi delle operazioni di derivate .. pag 45
5. Esempi di utilizzo della derivazione pag 50
6. Criteri di derivabilit. pag 52
7. I teoremi del calcolo differenziale pag 53
8. Esempi di studi di funzione (senza la derivata seconda).. pag 59
9. Massimi e minimi Assoluti e relativi pag 61
10. I flessi pag 67

40

Giacomo Bergami V H

Derivazione
Definiamo la retta tangente t ad una curva in un punto P come posizione limite, se esiste, della
secante PQ (intersezione della retta t con la curva) al tendere, sia da destra che da sinistra, di Q a
P (che pu essere espresso come: al tendere comunque di Q a P).

Questa tangente ad una curva    definita in un intervallo od intorno, in quanto in un altro
pu essere non per forza tangente ma secante. P definito come  ;   e PQ iniziale
secante a detta curva: in seguito man mano che Q si avvicina a P, la retta diventa sempre
maggiormente tangente. Definita le secanti iniziali  e la tangente ottenuta dal detto tenere
(limite) :
  lim 


Si definisce rapporto incrementale di una funzione    definita in un intervallo ;  relativo
al punto  ;  e allincremento h della variabile indipendente come:
      




Ricordiamo come avevamo definito il coefficiente angolare di una retta nel primo volume: il
rapporto tra la lunghezza la proiezione (in questo caso) del segmento PQ su una retta parallela
allasse delle y passante per Q ed quella su una retta parallela allasse x passante per P. In questo

41

Giacomo Bergami V H

caso, considerando  la proiezione di P sullasse x e h la distanza di questa proiezione da quella sul


medesimo asse del punto Q, la distanza di queste due proiezioni sar:
            

E di conseguenza, per quanto riguarda le ordinate:

           

Ne risulta dal loro rapporto la definizione data precedentemente. Come abbiamo gi notato abbiamo
calcolato il coefficiente angolare della retta, dalla quale seguono le definizioni geometriche gi
note.

Si definisce la derivata di una funzione come il limite del rapporto incrementale per  0, ovvero
facendo tendere la distanza di P da Q a zero (e quindi anche la distanza delle loro proiezioni
sullasse x). Come abbiamo gi visto una retta secante in P e Q una curva, diventa, tramite questa
operazione, essa tangente nel punto P e  .
#

     
 lim
 lim
$
# $ 


(
La derivata
pu essere espressa anche come %' , *' , +' ed anche ,' , come   ,
%'
-'.'( La definizione data inizialmente fa riferimento al rapporto di due differenziali.
Siccome abbiamo gi definito il rapporto differenziale come coefficiente angolare della retta,
possiamo anche scrivere, analogamente a *:

%&' 

%)

*)

+)

,)

/0  lim /1


Ora quindi possiamo determinare la tangente a qualsiasi curva e quindi, per quanto riguarda le
coniche, non pi necessario il metodo del  0. Ora per la curva    2  3 possiamo calcolare
la sua derivata per   1:

5  2  3  5 2  3
lim
  lim 25    25'( .8  2
$
$


TEOREMA di derivabilit/continuit

Se una funzione derivabile in un intervallo, allora in questo punto anche continua. NON VALE
PER IL VICEVERSA, ovvero la condizione di derivabilit sufficiente per la continuit, ma non
viceversa.
DIM:
Siccome si vuole provare la continuit della funzione, allora definiamo:
lim    

''(

Che equivale a provare, come abbiamo gi definito a pag. 18, che lim$        0.
Da questa affermazione segue che:

42

Giacomo Bergami V H
0  lim 
$

     
     
#
 lim  lim
 0
0
$
$


#

Punti di non derivabilit


Sono detti punti di non derivabilit quei punti dove la funzione non derivabile.
1) PUNTI ANGOLOSI

#
 =8
$ #
:
, =8 A =2 B
#
 >    lim?
 =2
$ #


   lim<
;

Ovvero nel punto angoloso la curva avr due tangenti. Un esempio dato dalla funzione  
|| nel punto   0, ottenendo un ;    1 e >    1.

2) PUNTI CUSPIDALI
E

;    FB
>   

Questo si verifica quando la retta tangente parallela o coincidente con lasse y: infatti in questo
caso non si ha un coefficiente definito per il termine m legato alla variabile indipendente x. Nel
caso, per esempio, di   I|| per   0, mentre una derivata sar in crescenza, laltra sar in
decrescenza.

43

Giacomo Bergami V H
3) PUNTI SINGOLARI A TANGENTE VERICALE o PUNTO DI FLESSO A TANGENTE
VERTICALE
Si dicono anche punti di flesso in quanto cambia la curvatura della curva, prima verso lalto e poi
verso il basso o viceversa. In questo caso in particolare per, non come nel caso della tangente, si ha
una tangenza di una retta con coefficiente angolare infinito ma, differentemente per i punti
cuspidali, questi sono di stesso segno, ovvero gli infiniti sono concordi:
E

;    FB
>    F

J :   L

,  N 0 B
,  O 0

4) ALTRI PUNTI NON DERIVABILI


Punti non derivabili possono essere quando (almeno) uno dei due coeff. ang. infinito e laltro
limitato:
    /=B
E ;
>    =/

J :   E ,  N 0 B
,  O 0

44

Giacomo Bergami V H

Ad esempio, non nemmeno derivabile in   0 come negli esempi precedenti la funzione   ,


in quanto per lintorno sinistro di zero non definito alcun valore. Non per tanto un flesso, in
quanto non presente un'altra sporgenza, ma sola una per i valori positivi di x.

Derivate di alcune funzioni elementari




Q

sin 
cos 
tan 
cot 
'
J'

log  
ln 

asin 

acos 
atan 
acot 

#

#
0
1
cos 
 sin 
1  tan2 
1  cot 2 
 ' ln 
J'
1
logY 

1

1
1   2
1

1   2
1
1  2
1

1  2

Per facilitare il calcolo delle derivate, si proceduto allanalisi del valore assunto da alcune funzioni
elementari dalle quali si possono ricavare altre pi generali. Di seguito mostreremo solo le
dimostrazioni:

1) %' Q  0
Come si pu ben immaginare la derivata di una costante zero in quanto   Q, e quindi il suo
coefficiente angolare zero. In termini matematici:
%

      Q  Q


0




 lim 0  0
$ 
$
lim

2) %'   1
Anche qui si pu fare riferimento alla geometria analitica, essendo il coefficiente angolare della
retta bisettrice del I e III quadrante. Anche qui matematicamente:
%

45

Giacomo Bergami V H

3)

%'

sin   cos 

          


1




 lim 1  1
$ 
$
lim

 sin    sin


$ 


   lim

E per le regole di prostaferesi:

     ^_`a$2b
 lim [ cos \
] $  cos 
$
2
cde
[
8

4)
tan   1  tan2 
%'
Per la comprensione di questa dimostrazione vedi p. 46 punto elenco 6.
#
# sin  cos2  sin2 
1
tan  


 1  tan2 
2
#
cos 
# cos 
cos2 
%

5)

%'

cot   1  cot 2 


#
# cos  cos 2   sin2 
1
cot  

  2  1  cot 2 
2
#
# sin 
sin 
sin 

Teoremi delle operazioni di derivate (Parte I)


Mentre come abbiamo viso precedentemente la somma algebrica, il prodotto o il rapporto di un
limite corrispondevano alla somma algebrica, al prodotto o al rapporto di un limite, per le derivate
differente. Per questo necessario almeno enunciare alcuni teoremi sulle operazioni elementari.
1) fg hi  g h i
j
Esempio: ji 2 sin   2 cos 

2) Somma algebrica delle derivate: fhi  ki  h i  k i


DIM:

      l    l
lim
 lim
    l 
$ 
$

Esempio: ji 3 cos   J '   3 sin   J '
j

46

Giacomo Bergami V H

3) Prodotto delle derivate:fhi ki  h iki  hik i


DIM:

  l    l
lim
 lim
$ 
$

hi  mki  m  l  l    ki  mhi
 lim
$

ki  mhi  m  hi  l  l  
 lim
$

  l  l 

Esempio:

ji

sin 2 

+'

2 sin  cos   2cos  cos   sin  sin   2 cos 2

sin  J '   - sin  J '   sin  -J '   n- sin    -sin oJ '  
sin  J '  nsin    cos oJ '  J '  sin   J ' sin    cos    sin  
J ' sin   cos   sin 
j

ji

4) Derivata di una funzione elevata potenza: fhp i  p hp>q i h i
DIM:
w>8 
- 
     
     
 php>q ih i
cssssssdsssssse
csssdssse
csdse
` tuv0Y

`>8

w>8

DIM PER INDUZIONE DI  w :


Questo tipo di dimostrazione garantisce che ci che si dimostra sia valido sempre. Per le
dimostrazioni per induzione si procede in questo modo:
w : x y z x N 1
  |J - B
{|: } 8
w>8 

Se si dimostra che w vera, allora laffermazione vera per tutti gli n

Ora quindi si proceder:

- w   x  w>8
Per x  1 1 ed vero dal limite del rapporto incrementale
Supposto vero - w>8   x  1 w>2

- w  -  w>8   - w>8   - w>8    w>8  x  1 w>2
  w>8   w>8 x  1  1  x  1 w>8  x w>8
E infatti laffermazione risulta vera.

Esempio: ji i  i   4  3 2
j

ji

i  3 sin2  cos 

47

Giacomo Bergami V H
5) Teorema della derivata reciproca: f

hi

  h[

h i

i

DIM:

1
1 1
    
 
lim
 lim }

 lim
 2
$ 
$   
  $   
 
DALLA POTENZA:
1
h i
-}
 - >8   1   >2    [

h i

DIM

Esempio: -sec   

u1'

^_` '



'
^_` '

6) Derivata del rapporto di due funzioni: f ki 


hi

h iki>hik i
k[ i

DIM:
hi
f
 - l>8   - l>8    -l>8 
ki
h iki  hik i
-  -l




l
l2 
k[ i
Per gli esempi vedi pagina 45 punto paragrafo 4 e 5

7) Derivazione delle funzioni composte h ki  h ki ki

Evidentemente condizione necessaria che la funzione g sia derivabile in x ed f sia derivabile in


l. Come esempi di queste regole di derivazione portiamo solo quelli di funzioni composte da
pi di due funzioni originarie, dato che la realizzazione delle derivate di due funzioni composte pu
essere facilmente dedotto dalla formula nel punto elenco.
2
#
sin ln   3sin ln  f i  3sin ln  i f i
#
2
2
3sin ln  cos ln 
1 1
-ln  
 3sin ln  cos ln 
2 ln 
2ln 

48

Giacomo Bergami V H
8) Teorema di derivazione delle funzioni inverse

Data una funzione    definita nellintervallo in I ed invertibile nello stesso intervallo
INVERTIBILE1 e DERIVABILE in 0 y e deve essere tale che    A 0:

si dimostra che:
fh>q   

q
h i 

Allo stesso modo si pu applicare questo teorema per la dimostrazione del valore della derivata
degli esponenziali e dei logaritmi, non gi dimostrati a pag. 44/45. Dimostriamo, presupponendo di
conoscere la derivata di   J ' , il valore della derivata del logaritmo naturale.

DIM:

-ln 

1
1
1
 )
)
-J  J


Siccome la funzione   ln , allora la sua corrispondente funzione inversa sar   J ) e, si pu


quindi sostituire J ) con x.

Con questo teorema si possono dimostrare il valore della derivata delle funzioni inverse
goniometriche, quali larcoseno, larcocoseno, larcotangente e larcocotangente. Ne daremo sotto
la dimostrazione:
 f i 

Iq>i[

Ponendo   asin , ovvero la funzione da derivare, si pu ottenere la funzione della funzione


inversa   sin . Dobbiamo fare necessariamente riferimento alle funzioni inverse trattate da
pagina 22 a 25 e del loro rispettivo intervallo di invertibilit. Inizialmente procediamo come per la
funzione esponenziale precedente:
1
1
-asin  

-sin  cos 
1

Nota Bene: quando una funzione sia invertibile gi stato trattato nella unit riguardante la Goniometria e la
Trigonometria a pagina 26 del II volume e pag. 2 e 3 del volume stesso. Ripetiamo la definizione gi ivi trattata: una
funzione per essere invertibile deve essere biunivoca o biiettiva (dovranno quindi essere monotone, ovvero funzioni
solo crescenti o decrescenti)
In particolare una funzione si dice suriettiva se detto   , B contiene tutto il codominio; si dice iniettiva se
esiste una sola x da cui y proviene. Un esempio presente nella stessa pagina che   Q non pu essere iniettiva.

49

Giacomo Bergami V H

Ricordando che per la formula di Pappo si ottiene   FI1  sin2  e non potendo esprimere per
eleganza formale sia il segno positivo sia quello negativo, allora adottiamo unicamente il segno

positivo in quanto la funzione coseno per lintervallo  ; assume sempre valori positivi. Questi
2 2
valori non sono assunti arbitrariamente ma a prescindere dal codominio della funzione arcoseno.
Inoltre   sin2  in quanto formulazione della funzione inversa   asin  espressa in x. Ne
segue che:

 f i  

-asin   
q

Iq>i[

1
1
1


cos  I1  sin2  1   2

Analogamente a prima si procede per calcolare la derivata del arcocoseno.


-acos  

  acos    cos 

1
1
1
1



 -asin 
-cos 
x  I1  cos2 
1   2

 f i  q;i[
q

-atan  

 f i   q;i[
q

  atan    tan 

1
1
1


2
-tan  1  tan  1   2

Si pu dimostrare in modo analogo alla tangente, come sopra.

50

Giacomo Bergami V H

9) Derivata del valore assoluto: f|hi|  i h i

-||    F1
Dove il segno da affidare dal numero 1 dipende dal segno della funzione, quindi sar meglio
scrivere:
-||  sign  
10) Derivata di una funzione hiki

In questo caso si dovrebbe ricordare una lunghissima formula a memoria. In questo caso conviene
trattare la funzione in questo modo:
 '  J `&'



 J ' ` &'

Ed utilizzare il teorema delle funzioni composte (vedi punto 7)

Esempi di utilizzo della derivazione


-

Per definizione, col metodo si trova la pendenza m di una curva in un dato punto. Esempio:
 ,   y  h i  

Gli estremi relativi J si calcolano dalla ricerca degli zeri della funzione derivata. Esempio:
   0   J

Esempio di punto angoloso e di calcolo col metodo differenziale:   |   2  2|


|2  2  22  |  0
|||  2|
 2  lim
 lim
 lim lx  2 
$
$
$


lim<

2
 2


lim?

2
 2


Data       1   x , posto   1 si vuole ottenere il valore di l   


- >8  .

Siccome si pu ottenere il valore x per il quale la funzione assume il valore y. In questo caso
si ottiene   atan   0, da dove lintersezione dei grafici    atan  sempre zero in
quanto lunico punto di intersezione dei due grafici. Quindi si ottengono i valori 0; 1
propri dellintersezione. Per ottenere l   basta sostituire il valore   0 alla
- >8  .

51

Giacomo Bergami V H
-

Scrivi una funzione con dominio coincidente con linsieme dei numeri reali, con asintoto
orrizontale lasse x, con la funzione per valori positivi ( N 0) per  N 1 e intersecante
lasse y nel punto 0; 1. Visualizziamo graficamente la situazione:

Immaginando che questa possa essere una equazione polinomiale di questo tipo   '
'

tale che -Jl -Jl tale che  A 0, in quanto esso non si deve annullare
mai (es: O 0). Considerando che se una funzione di primo grado essa si annuller
sempre ma se del tipo  2   0 con  0 essa non si annuller mai. Inoltre  non
pu essere un numero; per esempio ponendola   1 la funzione sar sempre positiva per
 1. Conoscendo che:
allora si ottiene:   1  ' ;
'>8

'.

0  1B
1  0

1    1. Ne segue che   ' ;8. Ora


8

'>8

dobbiamo verificare che questa sia derivabile.

  2  2  1

 2  12


Si pu notare che  2  12 A 0 sempre vero. I punti che si ottengono da  2  2  1


sono punti stazionari, come si potr notare dalle analisi permesse dai teoremi fondamentali
del calcolo differenziale che verranno analizzati successivamente.

Si pu notare come il dominio della derivata di una radice escluder gli zeri della funzione
originaria, e questi dovranno essere oggetti di analisi. Non detto infatti che diventino,
come per la derivata della radice cubica, punti singolari a tangente verticale.
# 2
2  3
I 1    
2/
#
3 2 1  

52

Giacomo Bergami V H
lim

'

2  3

3 2 1  

2/

 lim

'

2  3

3||   1

  F

In questo caso si nota infatti un punto cuspidale.

Criteri di derivabilit

CRITERIO DI DERIVABILIT: Se la funzione  continua in un intervallo ,  derivabile


in ,  n o, dove in  non derivabile, allora se:
lim       =

''(

la funzione derivabile nel punto    , essendo la derivata continua in quel punto.


Esempio:
E

8
J >'

0
B
0

Bisogna verificare che la funzione sia continua e derivabile anche in   0 e per questo si deve

calcolare il valore di lim' < J >  0. Ora, invece di scoprire la derivabilit eseguendo il limite del
rapporto incrementale, si pu semplicemente valutare il limite destro e sinistro della derivata della
funzione da analizzare

lim - }J

' <

>

8
'

J >'
 lim< 2  0
' 

Osservando landamento delle curve tende pi velocemente a zero  2 rispetto a J > e quindi il
limite corrisponde a zero. In questo modo si dimostrata la derivabilit della funzione, in quanto la
derivata di una costante sempre zero e questa funzione assume al tendere a zero il valore zero, e
quindi risulta derivabile.

53

Giacomo Bergami V H

I teoremi del calcolo differenziale


- TEOREMA DI ROLLE
Questo teorema da ritenersi un caso particolare del teorema di Lagrange, dal quale si pu dedurre
anche questo teorema.
Hp:
  : continua ; 
derivabile ; 
  

Th:

,  | h  

SIGNIFICATO GEOMETRICO:
Questo teorema permette di dire che esistono nella funzione punti di massimo e minimo relativi ma
non assoluti, ed in particolare punti stazionari. Possono essere per anche punti a tangente
orizzontale2.

Si pu distinguere il teorema in due casi:


a. /  la funzione costante

Dato che    per ipotesi ne segue che     /  . Allora deriva che
    Q, da cui segue ulteriormente che  0  0  y

b. / A / O

Se infatti deve essere   ed inoltre   si ritorna al caso a., in quanto secondo
il nostro teorema la funzione agli estremi deve essere uguale. Allora detti valori devono
essere per forza diversi.

Un punto di flesso orizzontale per una curva o funzione un punto in cui si manifesta
un cambiamento di curvatura o di convessit. [...] La condizione che f''(x0) = 0
necessaria ma non sufficiente a garantire l'esistenza di un flesso in x0, perch la
derivata seconda potrebbe non cambiare segno intorno a x0:

In questo esempio il punto 58 un punto di flesso a tangente orizzontale, mentre 52


un punto di massimo: sono comunque due punti stazionari. Condizioni sufficienti
affinch un punto sia di flesso orizzontale sono lessere punto stazionario in  ed
avere una crescenza o una decrescenza sia nellintorno sinistro, sia in quello destro.

54

Giacomo Bergami V H
Ora analizzeremo degli esempi che contraddicano le ipotesi del teorema.

In questo caso raffigurato a fianco negando lipotesi,


sebbene questo non comporti negare la tesi come gi
visto, non garantisce la validit del teorema. Infatti in
questo caso h A h

In questo contro esempio invece non verificatala


condizione h  h ma comunque sono presenti

punti stazionari.

Possiamo supporre che la funzione assuma il massimo o il minimo allinterno dellintervallo ; .
Per esempio il massimo potr essere unisco se esso agli estremi, ma il minimo sar comunque
allinterno dellintervallo. Per studiare i massimi e i minimi correttamente dovr visualizzare tutti i
valori della funzione che essa assume nei punti stazionari, dalla cui analisi stabilir i punti di
massimo e minimo assoluti.

Enunciato: data una funzione  continua in un intervallo ;  e derivabile nei suoi punti
interni, se   , allora esiste almeno un punto interno allintervallo per il quale
risulta  5  0
Dimostrazione (del teorema):

La funzione continua per ;  per Weierstrass ammette anche massimo M e minimo m nello
stesso intervallo. Ossia esisteranno dei punti c, d appartenenti allo stesso intervallo tali che 5 
/ e #  . Da notare che i massimi e i minimi sono esclusivamente dei valori delle y, mentre i
punti di massimo e minimo sono punti appartenenti al dominio.

55

Giacomo Bergami V H

 ;
5    5
]

,
 '.


0

 >
5    5
]

,
 '.


O0

In questo caso il numeratore sar positivo come Anche qui il numeratore risulter positivo, ma
anche il valore h, in quanto 5   5 in questo caso il denominatore sar negativo.
dato che 5 un punto di minimo.
5    5
5    5
0
N0


Per il teorema della permanenza del segno3 si Per il teorema della permanenza del segno si
pu passare al limite facendo:
pu passare al limite facendo:


lim \

5

lim \

N0

5

Ne segue che se  derivabile nei punti interni come c i due limiti rappresentino rispettivamente
la derivata destra e sinistra di , ed essi in particolar modo, coincidendo, devono essere per forza
uguali, devono essere pari a zero.
 ;
 >
lim \ ]
 0  lim \ ]
$  '.
$  '.
; 5  > 5  0   5

IL TEOREMA DI LAGRANGE

Hp:
  : continua ; 
derivabile ; 

SIGNIFICATO GEOMETRICO:

Th:

,  | h  

h  h


Questo teorema sar utile perch permette di garantire, se sono verificate le condizioni dette sopra,
che esiste un punto per il quale una retta tangente assume la stessa pendenza della retta passante per
i punti ; .
3

In un intorno di x0 la funzione mantiene lo stesso segno del suo limite. Vedi pag. 14

56

Giacomo Bergami V H

Come abbiamo gi molte volte visto, siccome la tangente dellangolo corrisponte al coefficiente
angolare m della retta AB. Questo garantisce inoltre in fisica che, in un grafico vt, ci sia almeno un
punto dove la velocit media pari a quella istantanea.
Enunciato: data una funzione  continua in un intervallo ;  e derivabile nei suoi punti
interni, allora esiste almeno un punto interno allintervallo per il quale vale la
h>h
relazione h  
>

Dimostrazione (del teorema):


Si utilizza una funzione ausiliaria che soddisfi il teorema di Rolle:
l   

  
  


quanto  continua,


pari ad una costante e le rette    sono sempre continue, e
>
per i teoremi di continuit delle funzioni. Analogamente queste sono le stesse motivazioni perch
 sia derivabile nellintervallo ; 
Si pu dimostrare che tale funzione sia continua per la continuit delle funzioni elementari, in
&>&

  
l   
   k  h

l   

  
   k  h


Ne segue che   l  l e quindi si dimostrato che essa soddisfa Rolle. Esiste quindi
sicuramente un punto c per il quale l 5  0. Sostituendo a x il valore c ed eguagliando a zero si
ottiene:
l     

l 5   5 
h  

  


  
0


h  h


Per la l quindi il punto c un punto stazionario mentre per  non lo , mentre per questa
un punto per il quale vale Lagrange. Da questo teorema ne derivano altri tre, strettamente
dipendenti da questi, e per questo vengono definiti insieme come corollario di Lagrange.

57

Giacomo Bergami V H
1) Se una funzione ha derivata nulla, allora questa funzione una costante. La funzione per
deve essere continua e derivabile4 in un intervallo , 

Considerando lintervallo ,  applico il teorema di Lagrange in ,  con  A ,   ed allora


sono rispettate le ipotesi di Lagrange in , ; ne segue che esister sicuramente un c in
quellintervallo tale che:
 5 

  
0


Allora segue che     Q e quindi la funzione costante per tutto lintervallo.
2) Se due funzioni sono continue e derivabili in uno stesso intervallo ,  e se le loro derivate
sono sempre uguali, allora esse differiscono almeno di una costante. Questo teorema sar
molto utile nel calcolo integrale.

Definisco una funzione ausiliaria     l, e quindi la funzione sar continua
nellintervallo ,  in quanto si utilizza una differenza di funzioni gi per ipotesi continue e quindi
la funzione sar anche derivabile allinterno di detto intervallo, dove esister anche un punto c tale
che:
5   5  l 5

In quanto derivata della differenza di funzioni derivabili. In quanto per definizione    l ,
ne segue che   0  y , , ed allora secondo il primo teorema del corollario   Q per
;  e quindi anche   l  Q
3) Se una funzione derivabile e continua in uno stesso intervallo , , se   0 allora
la funzione sar crescente, altrimenti sar decrescente.
Questo si pu ben immaginare in quanto se la funzione decresce, la retta tangente alla curva avr
una m negativo, inclinandosi sempre di pi verso una verticale, mentre avr andamento opposto e m
positiva se crescente. Questo teorema trova applicazione soprattutto negli studi di funzione. Per la
definizione di crescenza e decrescenza si veda pagina 3.
Qui dimostrer solo quello che riguarda la crescenza della funzione:   0  y ,  

Considero un nuovo intervallo 8 , 2  , , 8 O 2 , che a maggior ragione soddisfa Lagrange.
Allora esister un punto c ad esso interno tale che:
 5 

2   8 
0
2  8

Infatti 2  8  e 2 8 per ipotesi. Per la decrescenza   O 0 in quanto in questo caso
invece il numeratore sar negativo.

Si intende sempre per brevit continue in ,  e derivabili in , 

58

Giacomo Bergami V H
- IL TEOREMA DI DE LHOSPITAL
Dette  e l le due funzioni definite e derivabili in un intorno  n5o tale che l  A 0 per
tutti i valori di x nellintervallo, se queste al tendere al punto c sono entrambe pari a zero o infinito
ed esiste il limite lim'
verr dimostrato

& '
,
'

allora esiste anche i

hi

ki

 i

h i
.
k i

Questo teorema non

Ora vedremo alcune applicazioni di questi teoremi.


a. Dimostra che dato   atan   atan

Calcolando la derivata si ottiene:


  

1

1  2

2 

1
1  a  1b

'>8
';8

, allora una costante.

2
1
2
1
1




0
2
2
2
2
2

 1
1
  1   1
1
1  2

Allora per il teorema del corollario di Lagrange si ottiene che la funzione una costante.
Attenzione: anche dalla la funzione segno si pu ottenere il valore zero: -sign  0. Questo
pu essere spiegato dal fatto che, seppure non assuma essa un valore costante, due valori sono
sempre comunque costanti; in questo caso per sapere il valore che la funzione assume non
sufficiente calcolare un qualsiasi   per stabilire che la funzione sia sempre   Q. Infatti il
grafico di questa funzione molto simile ad una funzione segno traslata:

Si pu comunque calcolare che per 0  0  atan 1 

b. Ecco un esempio nel calcolo del limite con il teorema di De lHospital


J '  5
J'  5

lim
lim J ' 2  
';  2  3
'; 2  3
';
lim

59

Giacomo Bergami V H

Esempi di studi di funzione (senza la derivata seconda)


1. 

i[ >i

C.E.:  A 2

i;[

Ricerca degli asintoti:


lim

'F

 2  3
 
2

/  lim
'F

 2  3
1
 2  2

B  |i  |

  3
5

    lim
 5
 lim 2
'F   2
'F   2

Altro asintoto sar   2

Studio del segno:

    3 N 0B
 2

Studio della derivata:


 2  3 - 2  3  2  -  2 2  3
#  2  3

 sign


  22
#   2
2
 2  3  2  4  6
 sign

  22
2
2
  4  6 N 0B

 2

In questo caso necessario anche studiare il segno della funzione segno per capire la crescenza
della funzione:
 O 2 0  3 hi  qB
L
2 O  O 0  N 3 hi  q

60

Giacomo Bergami V H

La decrescenza quindi verificata per i [  q [ O  0 2  q i .

Sapendo che i massimi ed i minimi assoluti si possono cercare tra:


- Stazionari
- Non derivabili
- Estremi delle funzioni

Tra i punti stazionari si possono trovare i punti di massimo relativo in   2  10 e di minimo


relativo in   2  10. Ma bisogna pur considerare che sono presenti dei punti di non
derivabilit, e questi, in questo caso, sono presenti quando opera il valore assoluto, facendo la
simmetria rispetto allasse x dei valori negativi della funzione; questi punti, che possono essere
inoltre gli zeri della funzione, possono essere quindi ora visti anche come punti angolosi e quindi di
non derivabilit e quindi minimi assoluti. Questi punti sono   0,   3.

2. 

i[ ;gi;[g
i[ >q

Di questa funzione vogliamo trovare ora il punto che questo fascio di curve ha in comune.
Consiglio di operare in questo modo:


 2  Q  2
2  1

Q0

2
 2
 1

Facendo il confronto tra le due equazioni, si ottiene:

2
 2  Q  2

  2
2  1
2  1

E operando 2  si ottiene il punto che si stava cercando, ovvero a2; b

61

Giacomo Bergami V H

In questa immagine ho voluto rappresentare come di fatto, tutte queste curve, possiedono un unico
punto in comune, dal quale sembrano dipartirsi tutte le funzioni.
Poi ora vogliamo studiare per quali valori si ottiene un numero variabile di estremanti5. Procediamo
al calcolo della derivata della funzione.
#
Q 2  21  2Q  Q

 2  12
#

1
 1  2Q2  Q 2  1  Q1  3Q N 0 Q 1 Q N 
4
3

In questo caso si avranno due risultati distinti o, per  0, tuttalpi coincidenti. Unaltra
condizione che bisogna porre che Q  0; dato che il coefficiente del termine di secondo grato la
'
stessa k, per Q  0 il numeratore si abbassa di grado diventando di primo grado: ' >8  0.

Lunico punto che pu essere estremante   0, per il quale si ha un unico punto stazionario.
Queste caratteristiche che abbiamo proceduto ad individuare sono state riportate nel grafico
soprastante.

Massimi e minimi Assoluti e relativi


Riprendiamo le definizioni di PUNTO DI MASSIMO E MINIMO ASSOLUTO x0 di pagina 3:
Minimo:  y -:  N  
Massimo:  y -:   
5

Estremanti, massimi e minimi assoluti verranno spiegati successivamente.

62

Giacomo Bergami V H
Il valore che assume il punto di massimo assoluto detto massimo (della funzione), mentre il
valore assunto dal punto di minimo assoluto detto minimo (della funzione). Inoltre i massimi e i
minimi di una funzione, se esistono, sono unici, in quanto la funzione solo un punto assumer un
valore massimo o minimo (questo se per quellintorno la funzione monotona). Inoltre una
funzione pu non essere dotata di un massimo o un minimo assoluti (2). Riportiamo alcuni esempi:
1. In questa funzione definita a tratti il
codominio, non iniettiva, - 
1,3 n4o, con valori di massimo 
e di minimo  q, corrispondenti nei
punti di massimo   0 e di minimo   4

2. Questa funzione ha come dominio


-: 0;  e codominio - 1  , e
quindi n esiste massimo, in quanto
illimitata superiormente, n esiste il minimo
in quanto non compreso nel dominio della
funzione definita a tratti. Ricordiamo infatti
che il teorema di Weierstrass (pag. 33) ci
assicura leasistenza di massimi e di
minimi per funzioni continue su intevalli
chiusi e limitati. In questo caso la funzione
n chiusa, n essa limitata, ed infatti
questo teorema non verificato. Ma
comunque, negando questa ipotesi, nulla si
pu dire a priori, in quanto non si nega la
tesi: potrebbe benissimo esistere una
funzione, quindi,m che non rispetti le
caratteristiche di questo teorema ma
ammetta massimo o minimo.

Ora definiremo i PUNTI DI MASSIMO O MINIMO RELATIVO: essi sono analoghi a quelli di
massimo o minimo assoluto, ma questi lo sono relativamente ad un intervallo (si ha per tanto un
riferimento locale) e non estesi a tutta una funzione: bisogner quindi imporre una restrizione nelle
condizioni iniziali:
Minimo:  |    -:  N  
Massimo:  |    -:   

63

Giacomo Bergami V H
Tuttavia se questo punto di minimo/massimo relativo (che possono essere anche detti estremanti)
coincide con lestremo, si considerer un solo intorno destro o sinistro di detto punto, e non
lintorno completo. Per riconoscere massimi/minimi assoluti sar sufficiente la condizione esposta a
pagina 53 come nota a margine.
- TEOREMA DI FERMAT
Ricordiamo che di questa funzione non vale il viceversa: presa una funzione continua in un
intervallo ,  e derivabile al suo interno, se  ;  un punto di minimo o massimo relativo,
allora     0, ovvero un punto stazionario.
Hp:
  : continua ; 
derivabile ; 
5 ;  e punto di massimo o minimo relativo

Th:

h  

DIM per assurdo:

Siccome la funzione anche continua, allora si deve comunque considerare che, per definizione di
derivata:
5    5
   0
$

lim

 0
Se si considera 5 , allora deve essere positivo il
denominatore (il denominatore sar 0; ), mentre per
5> deve essere negativo, poich il denominatore
sar invece 0> . Ma in questo caso si avr una
funzione crescente per quellintervallo.
;

 ' O 0
Se si considera 5 , allora deve essere negativo il
denominatore (il denominatore sar 0; ), mentre per
5> deve essere positivo, poich il denominatore
sar invece 0> . Ma in questo caso si avr una
funzione decrescente per quellintervallo.
;

Ma poich sia per una funzione crescente, sia per una funzione decrescente non sono presenti n
massimi n minimi, allora non si avranno questi punti richiesti dal teorema. Si dimostra quindi che
assurda la condizione   0 perch sia presente un punto di massimo o di minimo.
- TEOREMA DI CAUCHY
detto anche teorema del valor medio (in quanto permette anche di calcolare la velocit media).

Hp:
  : continua ; 
derivabile ; 
l  A 0  ; 

Th:
; :

h  h  h

k  k  k

Si pu vedere come esso discenda da Lagrange ed, essendo vero Lagrange, vero anche questo

teorema ak   k>k>b e come per l  , ottengo lo stesso L., e quindi si pu dire
h 

h>h>

che da questo discende L. inoltre impossibile che il denominatore si annulli siccome l  A 0, e
quindi per la negazione del teorema di Rolle, l A l

64

Giacomo Bergami V H
Per la definizione di pagina 60 i punti di massimo/minimo o sono punti stazionari, e quindi
derivabili con derivata pari a zero, o non derivabili. In questo caso non possono essere altro che
punti stazionari in quanto abbiamo escluso i punti non derivabili. Non vale per il viceversa: un
punto stazionario non necessariamente un estremante.
3. In questo caso nella funzione   
il punto stazionario   0, (questo un
particolare punto stazionario, ovvero,
secondo le indicazioni di pag. 53, un
flesso a tangente orizzontale) non un
estremante, in quanto la funzione,
monotona in senso stretto, tende a
crescere, e quindi non assumer mai un
massimo od un minimo assoluto.

4. Nota come se elimino lipotesi che tale


punto

stia
esclusivamente
allinterno dellintervallo, pu non
essere stazionario, pur essendo massimi
o minimi relativi

5. Si nota anche come se tolgo lipotesi di


derivabilit del punto non posso essere
certo che esso sia un estremante e punto
stazionario: infatti in questo caso si ottiene
un punto angoloso di non derivabilit.

Da queste osservazioni si evince come la condizione     0 necessaria ma non sufficiente6


affinch il punto sia un estremante. Condizioni sufficienti sono invece:
6

In queste pagine si fa spesso riferimento alle condizioni necessarie e a quelle sufficienti: queste si possono ritrovare
nelle pagine App 6, 7 e 8. Ci sembra comunque utile fare una ulteriore precisazione a riguardo le espressioni verbali
utilizzate per esprimere questo concetto. [segue nella pagina successiva]

65

Giacomo Bergami V H
a. Se nellintorno destro di un punto appartenente alla funzione la cui derivata di segno
opposto a quello dellintorno sinistro, allora la funzione, continua e derivabile nellintorno
completo   di quel punto (destro e sinistro), allora  un punto estremante, e in
particolare un punto stazionario.
1. Si pu notare come questa funzione non
continua, e men che meno derivabile, nel punto
  0, nel quale si osserva una inversione del
segno della derivata: in questo caso non si avr
infatti un estremante, n un punto di flesso
orizzontale, ma uno a tangente verticale
(discontinuit di II specie)

2. Si pu notare come se il segno della derivata in


tutto   rimane lo stesso, ovvero se la
funzione in quellintorno definibile come
monotona, allora questo non un punto
estremante, in quanto la funzione, per
definizione, non raggiunger mai un massimo o
un minimo. Si pu fare sempre riferimento alla
funzione dellesempio 3 (qui a lato).

b. Sia    una funzione definita in un intervallo ; , tale che nei punti interni
dellintervallo esistano le sue derivate fino alla n-esima, continue in ; . Sia  un punto
interno allintervallo in cui:
              '>8    0

x 2
Massimo relativo:  w   O 0
Minimo relativo:  w   0

 w   A 0

x 2  1
Flesso discendente  w   O 0
Flesso ascendente  w   0

Prima bisogna comprendere che la   derivabile in tutto un intervallo, allora   nello
stesso intervallo continua, ma nulla si conosce sulla funzione  originaria. Infatti si pu
derivare una funzione non continua, ma non render possibile lapplicazione di quel teorema per
tutta la funzione.
Per comprendere meglio queste condizioni troppo generalizzate, dimostreremo alcuni casi specifici:
- : D implica C
C.N. affinch sia D che sia C; C necessario per D
C.S. affinch sia C che sia D; D sufficiente per C

66

Giacomo Bergami V H

DIM: h i  , h i 0


Essendo continua lim'     5 0 e per linverso del teorema della permanenza del
segno, si ha  5| 5:   N 0. Consideriamo ora la funzione:

Essendo   positiva, allora la derivata prima sar crescente ma, essendo  5  0, allora una
parte sar negativa (in quanto crescente quella a sinistra di c) e laltra positiva. Inoltre questo punto
di minimo in quanto il segno della derivata seconda positivo.
DIM: h i  h i  , h i
La prima parte detta sopra per la derivata seconda della funzione, ora pu essere detto per la  .
Guardiamo ora la funzione:

Il passaggio da   a   analogo al passaggio dalla derivata seconda alla prima
nellesempio precedente. Si nota quindi un minimo della funzione fino al punto    0, per poi
aumentare: la funzione sar quindi sempre positiva. Il punto sar quindi un punto di flesso a
tangente orizzontale crescente poich il segno della derivata terza positivo.
Ora parleremo pi dettagliatamente su i flessi.

67

Giacomo Bergami V H

I flessi

Facendo riferimento a p. 40, lequazione di una retta tangente  ad una curva  derivabile in
un punto 5 ,  pu essere resa come:
i  h  h i  

in quanto si pu definire      5   5  5. Ora daremo alcune definizioni:

La funzione ha la CONCAVIT verso lalto o verso il basso, ossia CONVESSA() o


se derivabile in un punto 5 , , per:

CONCAVA(),

  no|i   no: hi i

Nelle stesse ipotesi precedenti, una funzione presenta un PUNTO DI FLESSO se, esistendo un
intorno di c, escluso eventualmente c:
i ; : hi iB
E
i ; : hi i

In questo caso si considera sempre una tangente al punto di flesso. Questultima definizione la
stessa sia per i punti di flesso orizzontale (quelli per cui    0), sia per quelli obliqui   A
0), mentre non si riferisce ai punti di flesso a tangente verticale, in quanto questi sono punti di non
derivabilit (p. 43).
TEOREMA SULLE CONDIZIONI SUFFICIENTI DI CONCAVIT, CONVESSIT E FLESSI:
definita una funzione    derivabile quanto occorre (in questo caso almeno fino alla derivata
seconda), considerando un punto  , :
-

   0 la funzione volge la concavit verso lalto, CONVESSA.


   O 0 la funzione volge la concavit verso il basso, CONCAVA.
    0 una condizione necessaria perch ci sia un punto di flesso (bisogner studiare
o il segno della derivata seconda o il segno della derivata terza). Ma se    A 0, la
funzione presenta un punto di flesso.

I primi due punti sono facilmente deducibili alla luce della condizione sufficiente (anchesso pu
essere considerato un teorema) b a p. 65: infatti dove la funzione presenta una concavit verso il

68

Giacomo Bergami V H
basso, essa conterr un punto di minimo relativo, mentre se la concavit sar rivolta verso il basso,
essa presenter un punto di massimo relativo: questo pu essere palesato confrontando le tesi dei
due teoremi.
Come gi espresso dal terzo punto, il punto di flesso pu essere desunto anche dallo studio della
derivata seconda, dove il calcolo di una ulteriore derivata risulti eccessivo: se si verifica un cambio
di concavit, ovvio che sia presente un flesso:
Flesso ascendente

Flesso discendente

i  |i F i : h i

i  |i F i : h i

Ora illustriamo una tabella riassuntiva:

 

   0
Questo un punto stazionario (massimo, minimo o
flesso).  
   0

Se   A 0, allora questo un punto di flesso a


tangente obliqua.  
 

   0

  A 0
Dall ANDAMNENTO DELLA FUNZIONE si
riconoscono massimi, minimi e flessi a tangente
orrizzontale, oppure si studia la derivata seconda.

 

  0 la funzione cresce


  O 0 la funzione decresce

  0 minimo/concavit v. alto


  O 0 massimo/concavit v. basso

  A 0
DallANDAMENTO DELLA FUNZIONE si
riconoscono i flessi, oppure si studia la derivata
terza.

 

  A 0
  0 flesso ascendente
  O 0 flesso discendente

Dopo questa tabella riassuntiva, ecco un esempio svolto che mette in luce i due metodi possibili di
analisi di una funzione, sia lo studio dei segni, sia lo studio delle derivate.
Per quanto riguarda lanalisi semplice dei segni delle derivate, proponiamo qua sotto un prospetto
riassuntivo:

Gli integrali

1. Il differenziale di una funzione .. pag. 69


2. Integrali indefinitipag. 71
3. Propriet degli integrali calcolo integrale pag. 72
Integrazione di funzioni razionali fratte pag. 76
4. Esempi di calcolo integrale pag. 78
5. Alcuni esempi notevoli .. pag. 84
6. Il problema del calcolo delle aree Il trapezoide ..... pag. 87
7. Teorema fondamentale del calcolo integrale ..pag. 89
8. Propriet degli integrali definiti . pag. 92
9. Altre applicazioni dellintegrali . pag. 93

69

Giacomo Bergami V H

Il differenziale di una funzione

Data una funzione    derivabile in un intervallo chiuso ,


, dato un  ,
 si
definisce incremento della variabile    ,
, che il termine      . Questa NON
la definizione ancora di differenziale di una funzione. La definizione di differenziale invece:

Si chiama differenziale di una funzione  relativo al punto  e allincremento , il prodotto


della derivata della funzione, calcolata in , per lincremento . Il differenziale indicato come
 o :     
Si scrive il differenziale della funzione  in  come:

 

Questo differenziale associa ad x    . Dire inoltre  come dire, essendo   , .
Inoltre sapendo che per la definizione di derivata

 

    lim

Allora si pu arrivare ad ingiungere che       . Questo pu essere definito anche


calcolando il differenziale della funzione    . Calcolandone il differenziale secondo la
definizione, si ottiene che   1    e quindi per una retta il differenziale della variabile
indipendente pari allincremento della variabile stessa.
Per meglio descrivere cosa sia il differenziale, ritengo utile darne prima il suo significato
geometrico:

Il nostro obiettivo quello di calcolare il valore di ! a partire dalla retta la tangente alla curva nel
suo punto A di intersezione con lasse y. Come si pu notare, allavvicinarsi di B sulla retta sempre
pi verso A, sar sempre migliore lapprossimazione ! ~ # . Si pu dare inoltre la definizione

70

Giacomo Bergami V H

)  #*. E siccome la tangente dellangolo in A pari al coefficiente angolare


dellangolo $: &'(
++++
,*
della retta e conseguentemente alla   , , si pu scrivere:
++++

++++ tan $  '(


++++    
++++
(&  '(

++++ e, per la
Siccome abbiamo definito  il nostro , , in questo caso il   *  ,  '(
definizione di differenziale:
++++
(&        

Come possiamo vedere dal grafico il differenziale non esprime quanto valga la funzione ad un
intervallo  da  , ma la variazione del valore assunto: si ricorda infatti che nella definizione di
tangente, i segmenti paralleli agli assi vengono presi come segmenti orientati.
Esempio:

Consideriamo la funzione ln  . Sapendo che ln 2.66~0.978 vogliamo conoscere il valore


assunto dalla funzione in   2.67. Lincremento della variabile x sar pari a   2.67  2.66 
0.01 e quindi calcoliamo il differenziale della funzione per   2.66:
 ln   7.88       

1
0.01 ~ 0.00376
2.66

Siccome appunto abbiamo trovato di quanto variato il valore dellordinata, in questo caso
aumentato, si dovr sommare il valore conosciuto della funzione per ottenere quello incognito,
ovvero:
2.67~ ln   7.88  ln 2.66  0.00376  0.978 ~ 0.98208
           

Se lo paragoniamo al valore vero, lo si trover in questo caso di poco differente (ln2.67 


0.38207 .). Ma se noi ora andiamo a considerare un intervallo  pi ampio, troveremo la misura
affetta da un errore ancora maggiore, fintanto che esso non sar pi accettabile come
approssimazione del valore vero della funzione. Questo si palesa alla sola osservazione del seguente
grafico:

71

Giacomo Bergami V H
Come si pu notare, questa grossolana discrepanza dovuta al fatto che la retta tangente non tiene
conto in alcun modo delleffettivo andamento della funzione, ma pu essere affidabile solo per
intervalli molto piccoli: pi grande , pilerrore aumenta.

Integrali indefiniti
Il problema dellintegrazione deriva direttamente dalla ricerca dellarea di figure mistilinee.
Archimede, come si parlato nel primo volume, aveva gi trovato larea della parabola, mentre altri
nel mondo greco avevano trovato quella di ellisse e cerchio. Ora interpreteremo lintegrale come
operatore matematico come funzione inversa della derivata. Il simbolo di integrale una s
stilizzata, che si dice derivi dalla stilizzazione della sigma greca simbolo di sommatoria:
;

<

Poniamo un caso concreto: vogliamo derivare la funzione    7  3.    sar quindi pari a
    2. Dobbiamo prima notare che:

Si verificato un abbassamento di grado della funzione ed comparso un coefficiente in x


Il termine costante sparito

Dobbiamo anche notare che =   7  80 da come risultato     2 . Possiamo dunque
generalizzare che una qualsiasi    avr come funzione primitiva una >  ?. Una funzione si
dice primitiva di una funzione  se > derivabile in un intervallo chiuso ,
e se
>    . Potremmo eventualmente calcolare la primitiva di una funzione semplice scrivendo
in questo modo:
<    >  ?

Essendo loperatore che permette di risalire alla primitiva proprio lintegrale, derivata ed integrale
sono funzioni inverse; scrivendo quindi:
(>  ?  >    

Perch sono funzioni inverse si pu ottenere:

( @<   A  


Bisogna per osservare che non tutte le funzioni sono integrabili con i metodi semplici che ivi
CDE 
analizzeremo, come ad esempio B  . Ora seguono le propriet degli integrali e svolgimenti di
integrali immediati e di funzione composta.
Ricordando la forma differenziale, possiamo osservare che     []

72

Giacomo Bergami V H

Propriet degli integrali Calcolo integrale


PROPRIET DEGLI INTEGRALI

1) B F   F B  

DIM:
(B G   G 
(B G   G(B   G 

per definizione di integrale


per la propriet delle derivate

Integrali e derivate hanno lo stesso comportamento nei confronti delle costanti


2) BH  IJ   B    B I 

DIM:
(B  =     =
per def. di integrale
(B  =   (B    (B =     = per la prop. delle derivate
3) Integrale di una combinazione lineare di funzioni: B L FL L    L B FL L  

Si definiscono le combinazioni lineari di funzione una serie di somma di funzione come la


seguente:
O

GM M    GO O   ; GP P 


PM

Questo punto si pu far derivare dai due punti precedenti ed ulteriormente generalizzati. Ogni
funzione    derivabile e continua nellintervallo ,
, allora esiste lintegrale, ovvero
ammessa la primitiva. Una funzione quindi integrabile anche se presenta una discontinuit, nella
sua parte continua.
<HGM M    GO O J   < GM M     < GO O    ; < FL L  
L

IN TEGRALI INDEFINITI IMMEDIATI


Questi integrali sono detti indefiniti in quanto non permettono direttamente di calcolare larea del
grafico. Successivamente, quando proveremo a calcolare le aree delle curve, parleremo di integrali
indefiniti.
4) B    R
Q

Q S T

QUT
QVT

 W [

Q  T XY||  W

La prima stata osservata gi allinizio dellargomento degli integrali. Ora li verificheremo:


( @<  \ A  ( ]

$  1 \
 \VM
 ?^ 
  \
$1
$1

73

Giacomo Bergami V H
(ln||  ? 

1
1 || 1
 (|| 

||
|| 


Gli altri non verranno verificati, ma possiamo osservare come essi siano direttamente memorizzabili
dalle derivate gi osservate, che verranno incolonnate a fianco (tra quadre sono rinchiude le derivate
o/e integrali non elementari]:
5) Integrali immediati con relative derivate


<    W

tan 

 XY abc 

cot 

XY cfY 

asin 

m icfY  nT  g o

acos 

m iabc  nT  g o

sin 
cos 

 abc 
cfY 

1
cos 7 

hiY 

1
sin7 

abh 

icfY   iabc 

1   7

icfY   iabc 

1   7

atan 

] ihiY  

acot 

] iabh 

1
1  7

q 

6) B 

7

ihiY   iabh 

1
1

  

XYHg  TJ
^
g

R

q S T

XYg  T
^
g

iabh   ihiY 
qUT 
qVT

 W [

_

abc 
 cfY 
T
abc g 
g cfY 
@
A
Wjkl 
T

cfYg 
gabc 
@
A
cfYl 
T
T  g

T  g

T
T  g
g
@ g
A
  Tg
T
 g
 T
g
@ g
A
  Tg

q  T XY||  W

Per   1 si pu anche scrivere B

r s 
r

. Questa si pu ritenere una generalizzazione della 4)

7) Integrale delle funzioni composte: B  HIJI    HIJ


Questa funzione generale vale per tutti i casi descritti sopra in 5) e per quelli successivi.

74

Giacomo Bergami V H
8) Calcolo per sostituzione
<


?
2  t u

In questa forma non notiamo alcun modo per riuscire a risolvere lintegrale: possiamo provare ad
effettuare la sostituzione w  t u . Bisogna ora per esprimere il differenziale di x in funzione di t. si
xE y
ottiene quindi che 3  ln w   u ricordandoci che:
Dove    ( m
<

xE y
u

o

uy

   

e   w

1 w 1
w
1
w
1
1
w
T
l

 <
  {<  <
w|  ln }
}  XY 

g  l
2  w 3w 3 w2  w
6
w
2w
6 2w
~

Esempio: B

TV


1
&
1
'
&
'w  &w  0 [
2[
 

1
2'  1
w2  w w 2  w
'
2



  w   w 7

Osservo che per dalla x ricavata, t potrebbe assumere un valore sia positivo sia negativo. Per gli
integrali definiti meglio porre  0.
  2ww

1  ty
<
2ww  2w  t y  ?  2  2t   ?
w

9) Sostituzione per B qg  g    q cfY


Esempio:
w  asin

  2 cos w w

< ng  g    < n2  2 sin7 w 2 cos w w  2 < cos7 w w  <1  cos ww


 w  < cos 2w w  w 

 asin

sin 2w

 ?  asin
 sin w cos w  ?
w
2

g



 n1  sin7 w  icfY
 T   W
g
2 2
g g


Perch in 1  sin7 w non siamo costretti a considerare anche cos  ma sufficiente cos  ?

Bisogna ricordare che si applica una funzione inversa (larcoseno) che ha un dominio in m 7 , 7 o

75

Giacomo Bergami V H
dove la funzione coseno sempre positiva: si ha quindi invertito la funzione solo nella parte
positiva, e quindi siamo giunti ad un risultato corretto.
10) Sostituzione per    ng qg
Questa sostituzione opportuna per i seguenti casi:
-

ng qg

B ng qg

11) Calcolo per parti: B  I    I  B  I 

Si pu dimostrare nel seguente modo:

< (=   =  <   =  < = 


Questo procedimento pu esserci molto utile quando non riusciamo a ritrovare la forma degli
integrali delle funzioni composte. L applicazione di questa regola in modo diverso in un integrale
pu farci trovare una soluzione pi semplice o pu complicarci ulteriormente la vita:
Esempio:

- B ln  
Indiscutibilmente meglio considerare =   1 =  , cos risulter:

 ln    <   ?   ln     ?


- B t  
In questo caso meglio calcolare nel seguente modo, =   =  t  :
12) B q 
Esempio:

 t   < t    t   t   ?

q
q

<

1  3 7

  <

1  H3J

 

asin 3
3

?

76

Giacomo Bergami V H

Integrazione di funzioni razionali fratte

Si potrebbero considerare i seguenti casi, che sono tuttavia riconducibili a funzioni gi osservate in
precedenza. Considerando il punto 6) B T      XY||  W, pu anchessa essere

fratta, in quanto pu essere scritta nella forma B


B q     
I.

qUT 
qVT

. Nel medesimo punto 6) per la forma  1,

r s 
r

 W pu essere vista come B r . [Vedi pag. 73].


r s 

B  , deg  deg 




In questo caso conviene fare una divisione tra polinomi, [Vedi esempio g. / h. pag. ##]: da questa
divisione possono generarsi alti casi pi semplici che ora andremo ad indagare. Essi sono:

II.

B  , deg  deg  con  radici semplici


In questo caso si riesce a scomporre il denominatore in un prodotto di soluzioni nella seguente


forma:
    P 
P

E la frazione si scompone come una somma di diverse frazioni come nel seguente modo:

'P
;
  P 

P

Lespressione abbreviata in sommatoria dovr essere sviluppata e il risultato al numeratore, una


volta raccolte le x, dovr essere posto uguale a , ovvero bisogner porre in modo che i
coefficienti di  siano uguali a quelli espressi con i termini 'P .
III.

B  , deg  deg  con  radici reali multiple


Per radici multiple si intende quando una stessa radice, al numeratore, presente pi volte e quindi
si ripete e, in forma raccolta, si presenta come   P  . Pi di mille spiegazioni generali vale di
pi un esempio pi concreto.
Esempio:


'M
'7
'u ' '



 7 u
  17  u   1   17 



In questo caso la radice   1 che elevata alla seconda, viene ripetuta due volte e, dal primo
grado, va aumentando di volta in volta il grado fino a raggiungere il secondo. Cos per  che
elevato alla terza, verr ripetuto tre volte dove ogni volta aumenta il grado fino a raggiungere il
terzo. Come nel punto due, dallo svolgimento della riduzione, il numeratore risultante deve essere
poi uguale a quello di partenza, imponendo una condizione per i coefficienti.

77

Giacomo Bergami V H

deg  deg  , deg   0 con  radici complesse
B   ,
 semplici
Al denominatore si avr un polinomio non scomponibile come radici successive. In questo caso si
consiglia di raccogliere al denominatore in una forma composta da un monomio elevata al quadrato
sommato ad una costante, che andr poi raccolta. In questo modo si potr ricavare una forma di
arcotangente. Es: (in grassetto nel penultimo passaggiovsono presenti i contributi per ottenere la
forma 6)


IV.

<

V.

7

1
  <
1

4
1
  <

7
3
3
1
1
2
   4
   1
2
2
3
g
1
g
g
T
4 l
l
<
 
ihiY {   |  W

7
3 g
l
l
l
2
1
  2  1
3
7

B  , deg  deg  , deg  1 con  radici complesse 


Bisogna cercare di ridurre il grado del numeratore, avendo sopra una sola parte della derivata del
numeratore.
1
2  6
1
2  4
1
2
< 7
  < 7
  < 7

2   4  5
2   4  5
2   4  5
1
1
 ln 7  4  5  <

  27  1
2
T
 XYg      ihiY  g  W
g

VI.

B  , con radici semplici e complesse




In questo caso bisogner utilizzare un modo simile a quello gi spiegato in II/III, ma in questo caso
bisogner introdurre una nuova forma, in quanto altrimenti non si riesce a eliminare completamente.
T
Es: B g VT 
1
' &  ' 7  '  & 7  
 

 7  1   7  1
 7  1

'& 0
'1
[
Limposizione per il numeratore dovr essere R  0 R&  1[
'1
0

1
1
2
<   < 7
  ln ||  ln| 7  1| c

2  1

78

Giacomo Bergami V H
Nome categoria
Condizioni iniziali
6) a. Integrali delle funzioni
<       ,
elevate ad esponente
6) b.

7) Integrale
composte

delle

funzioni

<       ,

<

10) Sostit.    ng qg

I.

III.  con radici multiple

IV.  con radici sempl.

V.  con radici sempl.

< n7   7 



< n 7 7 

n 7 7
deg  deg 
deg  deg 
deg  deg 

deg  deg  , deg   0


deg  deg  , deg  1

VI. Radici sempl. e compl.

a. B
n

l

T



ln||  ?

 VM 
?
1

 S 1

<   H=J=  

9) Sostituzione   q cfY
II.  con radici semplici

  1

Svolgimento

H=J

   cos w ,

w  sin




7  w 7
2w
Divisione con quoziente e resto
'P
;
  P 
 
P

Per ogni radice: PM  


,

Riduzione a forma dellarctan


 

<
  G <


ln||  atan  P   ?
' & 

 7  1

Esempi di calcolo integrale

Si deve trattare questo integrale nel modo che segue:


<

3

1  

  3 <

3
2
3
1
  <
  < 2
 
2 n1   7 7
2
n1   7 7
n1   7 7

In questo modo abbiamo evidenziato nella funzione la =   7 e la sua derivata =   2. In
M
questo modo, conoscendo la regola 7), con H=J  M , avendo cos la funzione integranda
nella modalit voluta.


Si pu verificare calcolandone la derivata:

l
icfY g  W
g

3
3
1
3
( @ asin  7 A 
2 
2
2 1  
1  

b. B cfYg  abc  
Ora possiamo distinguere in    sin7  ed in     cos . Abbiamo cos ottenuto la forma
cercata per 7) e quindi:
< sin7  cos   

Si pu verificare calcolandone la derivata:

sinu 
?
3

79

Giacomo Bergami V H
1
1
( @ sinu A  sin7  cos 
3
3

Analogo risolvere il seguente integrale:

< cos7  sin     < cos7   sin    

abc l 
W
l

c. B gg  Tl 
Qui si identifica in     2 e  M    7  1, ed allora si pu integrare secondo la 7):
g  T
< 2  1  
W

d. B {TVg 
n
Tg

Tg

| 

In questo caso conviene non trovare il m.c.m. tra le due funzioni ma trattarle separatamente:
<{

12
4
12
4

|


<


<
  Tg ihiY   iabc   W
1   7 1   7
1  7
1   7

Come si pu notare dalle regole scritte sopra e dai grafici, il risultato poteva essere scritto anche
sotto la forma 12 atan   4 asin   ? perch, al variare di c, queste due formule possono anche
coincidere, in quanto entrambe sono delle traslazioni e quindi possono essere perfettamente
sovrapponibili.
12

10

6
-6

-4

-2

-2

-4

e. B   T 
Negli integrali, si presuppone gi come imposizione iniziale che sia 4  1 0 , dovendo
comunque risultare sempre positivo. La formula soprastante pu essere resa anche secondo la forma
-6

-4

-2

-6

4  1 . Possiamo fare le seguenti considerazioni

4B  4


7

(4 

17 7
M

l
1
12
2
T
< 4  1   < 44  1  
< 4 4  1     Tg  W
4
43
3
~

f. B hiY  

80

Giacomo Bergami V H
< tan     < 

sin 
   XY | abc  |  W
cos 

g. B

T
Questo integrale pu essere risolto in vari modi:


Si pu scrivere il tutto come B


<

TVT
T



  10  10
1
  < 1   10 <
   10 ln |  10|  ?
  10
  10


h. B
g Vl
Con la divisione di polinomi:
gl Vg Vg

2 u  7 7  2  9
9
<
  < 2  1   < 7
 
7
  3
  3

Ora vediamo in pratica come si ottenuta:

Questa, se si ricostruiscono i passaggi, analoga ad una normalissima divisione con resto numerica.
Detto il dividendo  e il divisore , il resto  e il quoziente , si ottiene:


  



2 7
9
1 2  18
1 2  3  15

< 7
   7    < 7
   7    <
 
2
  3
2   3
2
 7  3

Si moltiplicato e diviso per due in quanto, volendo rendere la frazione nella forma 6),
( 7  2
Si deve scomporre il 18  3  15, in quanto    7  3     2  3
1 2  3
1
15
 7    < 7
  < 7
 
2   3
2   3

Qui bisogna utilizzare un altro trucco, che pi avanti analizzeremo:

81

Giacomo Bergami V H

15
'
&
'  3  &
 

  3    3
  3

Siccome deve risultare 15  '  3  &, si deve avere:


'  &  0[

,
3'  15

i. B MV


'5 [

&  5

1
1 5
1
5
  7    ln | 7  3|  <   <

2
2 
2 3
T

 g    XY |g  l|  XY||  XY |  l|


g
g
g

Si pu osservare che (atan   MV e che si sia applicata una trasformazione del tipo: atan 2 7 .
M

Proviamo ora a calcolarne la derivata: (atan 2  MV 4. Allora segue:


j. B

TWjk
cfY 

1
4
T
<
 ihiY gg

4 1  4

T
1  cos 7
 <1 

 gT  abc g  W
1
2
Osserviamo come apparentemente questi integrali ci sembrerebbero simili
M
cos 7 sin  

k. B

T
T

l. B
n

g T



 g  T  W


1
2
<
 n g  T  W
2  7  1

m. B

T
Verr utilizzato il metodo di sostituzione, che verr spiegato nel punto 8. Come si pu notare, il
numeratore non pu essere la derivata del denominatore:


<

w    1   w 7  1
  2ww

u
w7  1
2
2
T
2ww  w u  2w  ?    17  2  1  g  T {
 T|  W
w
3
3
l

82

Giacomo Bergami V H
n. B g

 gVT
Dopo aver fatto la divisione e aver considerato: (  ( 7  2  1  2  2
g VT

<   <

7

o. B g Vg 

g


11
1
1
    < 7
    <
  < 7

  2  1
1
  2  1
 2  1
   XY |  T|    TT

p. B

gVgg
T

q. B

Hg VgJ



<

2 

7
1
2 { |  1
2

atan


2  ?

1
2

1

1
1
  <



?
  27
2
2 2

Dobbiamo evidenziare il fatto che questa non pu derivare dalla derivata di ln 7  27 , in quanto

derivando essa risulta

 xEH V 7J
^7 V 7

: infatti dovrebbe apparire anche ln 7  27M come secondo

regola di derivazione; come per il punto p esso integrale pu derivare unicamente da un  7  2M.

r. B Vgg 


1
 <  7  27     7  2M  ?
2

Questo integrale meglio suddividerlo nelle due parti B V7   B V7  , in modo da
ottenere una forma presente anche negli esercizi precedentemente visti.
V7

 ln |  2| 

2
?
2

s. B ihiY g 
Questa pu essere utilizzata con una risoluzione per parti:


1
12


2

  atan  < 
    atan  < 7
   ihiY  XYg    W
7

2
2
 4
g
2  1
t. B g V~ 
T

83

Giacomo Bergami V H
Questa frazione ha un denominatore con un delta negativo, e quindi si dovr utilizzare il metodo
dellarcotangente.
<



1
23
  
2
4
7

4
<
23



2
1

   1
2
23

4
23

atan

2
1
  2
23
?
2
23

u. B g

 ~V~
Questa forma sembra simile alla precedente, ma in questo caso sono presenti delle radici reali: la
frazione pu essere quindi scomposta come:
T

'

  3  3



3
6

<

&

  3  3

'  &  'H3  3J  &H3  3J


 7  6  6

'   6
'& 0
[
[

 'H3  3J  &H3  3J  1
3
&
6

 

<

6
  3  3
  3  3


l

l
l


XY 
W
~
  l  l

 

3
6

 ln  3  3  ln  3  3  ?

abc 

v. B

TVabc 
Per risolvere in un modo migliore questo integrale, occorre moltiplicare numeratore e denominatore per
1  cos :
cos  1  cos 
cos 
1  sin7 
T
<


<


<
  
 abhg     W
7
2
2
sin 
cfY 
sin 
sin 
XYg 

w. B g 
Questo integrale pu essere risolto agevolmente per parti:
< ln7 

1
1
1
1
1
1
1
2 ln  2
   ln7   2 < ln  7   ln7   2 ln   2 <  7    ln7  
 ?
7









T
  HXYg   g XY   gJ  W


x. B cfY  g  abc  

u
l

3
g
2  cos 7   sin  2  cos   ?   g  abc g  W

2
l

84

Giacomo Bergami V H

Alcuni esempi notevoli


Riportiamo qui sotto alcuni casi notevoli che, seppure rientrano parzialmente nei casi sopra
descritti, contengono delle peculiarit molto interessanti degne di nota per semplificare il calcolo
integrale. Saranno aggiunte delle osservazioni su perch sia meglio seguire quella data strada.
A. Funzione seno o coseno elevata ad una potenza pari
Questa formula pu essere ridotta nel seguente modo (ad esempio per il seno):
< sin7O    < {

1  cos 2 O
1 O
|   { | <1  cos 2O 
2
2

Se n pari, allora si consiglia di svolgerlo, utilizzando le formule di bisezioni per eventuali altri
quadrati che compariranno. Ora, per semplicit tratteremo il caso  2
1
1
1  cos 4
<1  cos7 2  2 cos 2  < {1 
 2 cos 2|  
4
4
2
l
T
T
1
 <3  cos 4  4 cos 2    
cfY   cfY g  W

lg
g
8
cos 4


sin 4  cos 4 4


B. Funzione seno o coseno elevata ad esponente dispari (es. 3)


Qui per brevit analizzeremo il caso del seno elevato a potenza tre. In questo caso bisogna ricorrere
alla sostituzione.
< sinu   
<

wu

1  w 7

w  <

1  w 7

w  sin    asin w
M
  My w

w 7 w 

In questo caso useremo il metodo per parti. Non conviene infatti scomporre lintegrale di cui sopra
in coseno, in quanto non sono tuttavia presenti i termini    per ricondurla alla primitiva.
2
3
 w 7 n1  w 7  < n1  w 7 2w w  w 7 n1  w 7  < n1  w 7 2w w 
3
2

In questo caso abbiamo considerato 1  w 7 come derivato da ( m1  w 7  o   7 2w1  w 7

2
2
 w 7 n1  w 7  n1  w 7 u  ?   {sin7  cos   cosu |  ?
3
3
2
T
  cos  {1  cos7   cos7 |  ?   abc  {T  abcg |  W
3
l

85

Giacomo Bergami V H
ATTENZIONE: Questo sembrerebbe il metodo migliore, ma cos non ! Quando sono presenti
delle funzioni seno o coseno elevate a potenza dispari, meglio ridurle come prodotto di una parte
elevata ad esponente pari per una elevata ad esponente dispari. In questo esempio:
sinu   sin  sin7  

La potenza pari poi pu essere ridotta nella forma derivata dal teorema di Pappo. In questo caso:
 sin  1  cos7   sin   sin  cos7 

In questa forma possiamo riconoscere le varie    ed . Si potr quindi scrivere:
T
< sinu     abc   abc l   W
l

sempre meglio dunque evitare la forma per sostituzione ed utilizzarla solo per casi nei quali essa
si ritenga necessaria.

C. Caso di sostituzione w    n 7 7 ma con numeratore non   


Consideriamo un caso specifico (vedi sotto). Ora ci conviene spezzare in due la frazione:
<

4  1

 7  5

  4 <

 7  5

  <

 7  5



ATTENZIONE!!: si potrebbe ora pensare che il primo integrale possa derivare da un


M

(ln  7  5 ma in questo caso si avrebbe un    7  5 , ma in questo caso il


V
denominatore diventerebbe pari a  7  5. Non un arcoseno in quanto non non riconducibile
alla forma 1   7 . La si pu invece considerare come una derivata della radice:
2

n 7  5 

2 7  5

Abbiamo quindi gi un integrale scritto nella forma voluta. Il secondo integrale invece dovr essere
svolto con la sostituzione w    n 7 7 .
w     7  5
y

w 7  2w  5   7  7y
  7  7y w  7y w
M

y V

1
w7  5
2w
w7  5
1
<
  <

w

<


<
w  ln   n 7  5
w   2w 7
w 7  5 2w 7
w
 7  5

Possiamo semplificare tutta la vicenda della sostituzione per concludere che nei casi in cui valida
la sostituzione semplice w    n 7 7 , si pu considerare che la funzione primitiva sar
ln |  n 7 7 |. Concludendo, il risultato finale sar, mettendo insieme i due integrali:
 ng   XY   ng   W

86

Giacomo Bergami V H
D. Integrali nella forma (asin  M
ATTENZIONE: In questo caso verrebbe subito spontaneo fare una sostituzione in modo da
M
rendere la derivata pari a quella dellarcoseno con una sostituzione del tipo w 
oppure
*CDE 

razionalizzare la frazione, soprattutto dopo aver visto il caso precedente, razionalizzando in modo
da portare al denominatore la radice, ma allora al numeratore era presente una x, non una  7 :
mentre la x poteva benissimo derivare da una derivata della  7 , molto pi ostico considerarla
come una x da dover trattare come in B. per parti. In questo caso il metodo pi opportuno
sostituire a 7 
7  7 in modo da renderlo nella forma 1  sin7 w. Considerando dunque un
caso specifico, bisogna attuare la seguente sostituzione:
< n4  3 7  

 < 2n1  sin7 w




3
g

cos w w  <

w

icfY

cos7 w w 

2 sin w cos w  ? 


l
  n  lg  W
g
g

asin

<



3 7  4 sin7 w

sin w w  asin

1  cos 2w
w
2

 

cos w w

2 3
3
3

 1   7  ?
2
4
3 2

u

u

7

87

Giacomo Bergami V H

Il problema del calcolo delle aree Il trapezoide

Alcuni numeri come ed e sono il risultato del problema del calcolo delle aree di particolari grafici,
e sono particolari numeri irrazionali. Inizialmente veniva utilizzato il metodo di esaustione per
ottenere il valore dellarea approssimato 1 . Sappiamo che per calcolare un area la dobbiamo
rapportare ad un altro oggetto preso come unit di misura. In genere si utilizza il metro quadrato,
ovvero si rapporta larea ad un quadrato di lato un metro: questo possibile perch si dimostrato
che, ritagliando un poligono in modo opportuno, esso pu formare un quadrato se riassemblato in
altro modo: in questo modo si possono pi facilmente rapportare delle misure di aree. Alcuni
problemi invece come la quadratura del cerchio sono possibili algebricamente, ma non risolubili
con riga e compasso.

Come ipotesi iniziali consideriamo sempre una funzione sempre continua e derivabile
nellintervallo ,
(in questo caso sempre integrabile secondo Riemann). Chiamiamo
TRAPEZOIDE linsieme dei punti del piano delimitati dalla curva e dallasse x e compresi
nellintervallo considerato.
wtt  ,  7 | 
, 0  

Per calcolare larea del trapezoide si utilizzano i plurirettangoli inscritti e circoscritti che
approssimano per eccesso o per difetto larea del grafico considerato:

Un esempio pu essere larea calcolata per approssimare larea della circonferenza. I poligoni
circoscritti la approssimeranno per eccesso e quelli inscritti per difetto. Allaumentare del numero
dei lati, otterremmo un valore della circonferenza dotato via via di un minor errore. Possiamo cos
rappresentare:
1

Consiste nella costruzione di una successione di poligoni che convergono alla figura data. L'area della figura risulta
essere quindi il limite delle aree dei poligoni. [...]In questo modo all'aumentare del numero dei lati dei poligoni le figure
tenderanno ad avvicinarsi alla forma del cerchio, tanto che egli ottenne una misura abbastanza precisa del . Il metodo
di esaustione venne descritto all'interno del Metodo, un libro di Archimede in cui spiega questo procedimento. Esso
alla base del concetto di limite di una funzione sviluppato nel Seicento da Newton. Da Wikipedia

88

Giacomo Bergami V H

Chiamiamo come O come il poligono inscritto di lati n e quello circoscritto O . Si pu notare come
la circonferenza sia lelemento separatore di classi contigue, costituite da questi due tipologie di
poligoni per .. Definiamo larea della circonferenza .. Di conseguenza si pu scrivere:
u u

 lim O  lim O
O

Analogamente per approssimare larea di una curva:

Considerando due divisioni dellarea del sottografico e valutando che tutti i rettangoli hanno stessa

base 
dove n il numero delle suddivisioni, possiamo scrivere:
O

Dove:

M  7 wtt M  7
7 wtt 7

; O wtt ; O
O

Sapendo che un teorema dichiara che se queste due classi o successioni sono limitate, allora esse
convergono,, in quanto la minima area sar M 
  e la massima 7 
  e non potr
superare questi valori:
O O

allora si dimostra che prendendo una suddivisione sempre pi fine, si otterr analogamente per la
circonferenza che:
wtt  lim O  lim O
O

89

Giacomo Bergami V H

Definiamo larea del trapezoide per  0 come:

wtt  <  

Dove a e b sono rispettivamente gli estremi inferiori e superiori della funzione. Dobbiamo
ricordare che lerrore dellarea ottenuta con il metodo dei plurirettangoli si calcola nel seguente
modo:



 7
|  |
2

Dove |  | il massimo della derivata della funzione di cui calcolare larea nellintervallo
considerato.

Teorema fondamentale del calcolo integrale


Prima di spiegare questo teorema, necessario introdurre il teorema della media (da non confondere
con il teorema del valor medio, ovvero il teorema di Lagrange, vedi p. 55)
TEOREMA DELLA MEDIA:
Considerata una funzione continua in un intervallo chiuso ,
, esiste un valore c allinterno di
quellintervallo tale che

1
? 
<  



Dove ? il valore medio della funzione, ovvero laltezza di un rettangolo equivalente al
trapezoide di stessa base 
 .

DIM:
Secondo Weierstrass (p. 33) esistono per una funzione continua nellintervallo chiuso ,

esistono i massimi M e i mninimi m della funzione e, per il secondo teorema (detto dei valori
intermedi, p. 34) anche dei valori intermedi compresi M . Possiamo poi moltiplicare per il valore
  :
M

; ; M ;
O

; M
O

Per le considerazioni precedenti si pu dedurre che il valore intermedio la pluriarea del


plurirettangolo inscritto nella curva:

90

Giacomo Bergami V H

; M  M 
   <  
O

FUNZIONE INTEGRALE:

1
?  M 
<  



Chiamiamo funzione integrale relativa al punto a ed alla funzione  continua in ,
:


  < w w

Per ora non sappiamo che  una particolare >  ?. In questo caso t la nostra variabile
muta, in quanto non importa se la funzione sia B   oppure B w w, mentre x la nostra
variabile indipendente. Secondo a quanto detto prima,  corrisponde allarea del sottografico di
un intervallo compreso tra ,  . Dobbiamo per considerare che larea del grafico potrebbe essere
negativa, in quanto per  0 le altezze, considerate come segmento orientato, hanno valore
negativo. Definiamo il dominio e il suo codominio:

TEOREMA:
se    continua in ,
, allora  derivabile e    

DIM:
 quindi una delle tante primitive della funzione. Con la definizione di derivata come limite
del rapporto incrementale (p. 40 e segg.) abbiamo (per affinit con la dim. di pagina 40 chiameremo
l h)

91

Giacomo Bergami V H
V

V

     1
1

 < w w  < w w  < w w


Questultima per il teorema della media pu essere anche scritta come ? per il teorema della
media. Siccome per  0 0, si pu anche scrivere:

 lim ?  




lim

in quanto il valore di c si avviciner sempre di pi al valore x. Ne segue che    , ed


allora   >  ?.

TEOREMA:
Ora volgiamo sapere come si associa la primitiva allintegrale della funzione:

<    >


  >

DIM:
Sappiamo che la funzione integrale una particolare funzione primitiva tale che:


>    ?  < w w  ?

Possiamo quindi calcolare il valore della primitiva per ogni estremo:


q

q  <    W  W,


q

  <  
q

Facendo la differenza di questi due termini otteniamo la tesi del teorema QED. Segue quindi per i
 
teoremi precedenti     Bq       

Ecco alcuni esempi sullutilizzo della funzione integrale.




Bg XY 

a. Xfg g
Ora vedremo anche come si opera in questo caso particolare la sostituzione. Osserviamo che nel

numeratore per  2 Bg XY  per la propriet 1. nel punto elenco del paragrafo successivo.
In questo caso sia il numeratore sia il denominatore al tendere di x a 2, tendono a zero. Possiamo
quindi applicare il teorema di de lHospital [pag. 58]. Per poter rendere la funzione al numeratore
riconducibile alla funzione integrale, dobbiamo applicare una sostituzione:  t    ln .


w
B ln w w

7
t
lim
   lim ln  lim

1
 ln  2

 ln
2

In questo caso t 7 non va sostituito in quanto non dipenda da x.

 2 t 7

92

Giacomo Bergami V H

b. ?   B   abc 


Siccome la  integranda la derivata della funzione primitiva > , allora derivandola e
sostituendo ad x il valore 4 otterremo il risultato cercato, ovvero zero.


>       7 sin  4  0

c. l BT   ? BT  
g
g

In questo caso possiamo osservare anche un caso di sostituzione, dove in questo caso la sostituzione
va ad interessare anche gli estremi di integrazione.

l <   6 < ww  6 9  54
M
g
T
g

 w   2w
2
2 w1
1
1 w
2
  2 w

Propriet degli integrali definiti


Gli integrali comprensivi di estremi di integrazione sono detti integrali definiti e sono definiti
come il limite a cui tende una successione limitata. Secondo la definizione di funzione integrale, per
calcolare larea di una regione compresa tra due funzioni  = si pu operare nel seguente
modo:

'  <   = 

In questo modo, specificando gli estremi di integrazione, abbiamo introdotto gli integrali definiti.
utile prima conoscere alcune propriet:
1. B    0

2. B G   G B  

3. B    B    B  

4. B     B  

5. Integrali generalizzati od impropri


Il concetto di integrale [pu] essere ampliato considerando funzioni con un numero dinito di punti
di discontinuit in un intervallo limitato o [illimitato]. 2 In generale se si considera una funzione
con un estremo coincidente con un punto di discontinuit o con un , allora si potr scrivere:

<   lim <   lim >w  >

Se lintegrale calcolato ammette un valore allora lintegrale detto convergente. Se il limite


considerato non esisto oppure infinito, si dice che [...] lintegrale indeterminato oppure
2

Dal Manuale blu di matematica di Bergamini, Tifone, Barozzi. Ed. Zanichelli

93

Giacomo Bergami V H
divergente. Se allinterno dellintervallo considerato sono presenti degli altri punti di discontinuit,
allora conviene spezzare lintegrale in quante parti tali da agevolare il calcolo.

Altre applicazioni dellintegrale


1. VOLUMI DEI SOLIDI DI ROTAZIONE

Si vuole determinare il volume di un solido di rotazione di una curva generica attorno allasse x.
Come ottenere questo valore dallintegrale? Possiamo considerare larea al di sotto della curva
come costituita da tanti cilindretti (come primo ci siamo riferiti al pluri-rettangolo) la cui altezza
lungo lasse x tende sempre di pi a zero, mentre il raggio del cilindro non altro che il valore
assoluto dellordinata della funzione.

lim ;  7 P 

PM

 lim ;  7 P 

PM



Come abbiamo gi detto lintegrale pu essere paragonato a questa sommatoria di elementi sempre
pi fini in un dato intervallo. Conoscendo dalla fisica che w 0 e quindi quantit infinitesima
pu essere scritto come w, questa quantit infinitesima sar h e il valore che deve essere sommato
infinite volte  7 P . Possiamo quindi concludere, (confrontandolo con lanalogo dellarea della

regione di piano delimitata tra asse x e curva lim


PM P   B ) che:

 lim ;  7 P 

PM


 < g L  

94

Giacomo Bergami V H
Questo concetto di limite di una somma che tende allinfinito ed allinfinitesimo pu essere
riscontrato anche in alcuni problemi dellesame di stato.
a. Un solido ha per base un cerchio di raggio 1. Ogni sezione del solido ottenuto tagliando
trasversalmente il solido un triangolo equilatero. Si calcoli larea del solido.

Troviamo che larea di un triangolo equilatero ' 

77

3 

u 7

e lequazione della

circonferenza  7   7  1   1   7 , dove lordinata rappresenta la met del lato. Si ottiene


quindi, partendo dal punto di ascissa 1 a quello di 1, considerando cos lintera circonferenza>
M

 3 < 1   7   

2. LUNGHEZZA DELLA CURVA

43
3

 < T  H J ,  t. ,



g

3. AREA DELIMITATA DA DUE CURVE


Data una curva  = per tutto lintervallo considerato ,
, larea delimitata dalle due
curve sar

'  <   = 

Dallarea racchiusa da  si sottrae il contributo della funzione sottostante = . Se anche
trasliamo le curve di uno stesso valore a, nellintegrale il contributo della traslazione delluna si
annuller con la differenza con il contributo dellaltra. Non importa quindi che le due funzioni siano
tutte  0 o = 0, bisogna studiare invece se questo rapporto  = delle funzioni
rimane sempre costante nellintervallo considerato e, se cos non fosse, spezzare lintegrale secondo
le opportune variazioni incontrate.
4. METODO DI APPROSSIMAZIONE DEL CALCOLO DELLE AREE
METODO DEI RETTANGOLI
Come abbiamo visto precedentemente, si pu approssimare lintegrale ad una sommatoria dei pluri
rettangoli di base O dove n il numero delle divisioni in un intervallo considerato ,
, dove
ogni rettangolo ha altezza $. Si pu tradurre questo come:

95

Giacomo Bergami V H


OM





; P  
;  {  |

Lerrore relativo al calcolo dato da:

Allora si pu riassumere tutto come:

P

P


 7

max|  |
,
2

  qg
q
q

;  {q 
L|
i| |
q,
g

T
L

Se al posto di  T; L  si sostituisce ; L  T non si ha lapprossimazione per difetto ma


per eccesso.

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