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Opere e Libri

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il Saggiatore S.r.l., Milano 2013

Sommario

Nota introduttiva

15

Serie i. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

21

Le sfere della musica

24

Pitagora, Keplero, Stockhausen

100 Epitaffio

30

Seikilos

1000

Victimae paschali laudes

Vipone di Borgogna

1198

Sederunt principes

34
40

Protin

1230

Carmina Burana

Anonimi profani

1363

Messe de Nostre Dame

Guillaume de Machaut

1450

Missa LHomme arm

Guillaume Dufay

1461 Requiem

57
62
66

Heinrich Isaac

1562

Missa Papae Marcelli

Giovanni Pierluigi da Palestrina

1594 Ecco mormorar londe


51

Johannes Ockeghem

1500 Innsbruck, ich muss dich lassen


46

72
77

Claudio Monteverdi

1597

Sonata pian e forte

Giovanni Gabrieli

82

6 Offerta musicale

Serie ii. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

87

1607 LOrfeo

90

Claudio Monteverdi

1610

Vespero della Beata Vergine

Claudio Monteverdi

1624 Il combattimento di Tancredi e Clorinda


Fiori musicali

Girolamo Frescobaldi

1648 Jephte

Johann Jacob Froberger

1664

Oratorio di Natale

Heinrich Schtz

1670 Il borghese gentiluomo

118
124
128
132

Jean Baptiste Lully

1689

Didone ed Enea

Henry Purcell

1700

La follia

Arcangelo Corelli

1708 Passacaglia

113

Francesco Cavalli

1654 Lamento

107

Giacomo Carissimi

1649 Il Giasone

101

Claudio Monteverdi

1635

96

137
142
148

Johann Sebastian Bach

Serie iii. Il temperamento e larmonia

153

1711

Rinaldo

156

Georg Friedrich Hndel

1712

Lestro armonico

Antonio Vivaldi

1717

Musica sullacqua

Georg Friedrich Hndel

161
167

Sommario 7

1720

Ciaccona 172

Johann Sebastian Bach

1720

Concerto brandeburghese n. 5

Johann Sebastian Bach

1722

Il clavicembalo ben temperato, vol. 1

Johann Sebastian Bach

1727

La Passione secondo san Matteo

Johann Sebastian Bach

178
183
188

1734

LOlimpiade 194

Antonio Vivaldi

1736

Stabat Mater

Giovanni Battista Pergolesi

1739

Essercizi per gravicembalo

Domenico Scarlatti

1741

Variazioni Goldberg

Johann Sebastian Bach

1742

Il Messia

George Frideric Handel

199
204
210
214

Serie iv. Let classica

221

1744

6 Sonate per il duca di Wrttemberg

224

Carl Philipp Emanuel Bach

1749 Zoroastre

229

Jean-Philippe Rameau

1749

Larte della fuga

Johann Sebastian Bach

1762

Orfeo ed Euridice

Christoph Willibald Gluck

1762

Sinfonie Le Matin, Le Midi, Le Soir

Franz Joseph Haydn

1781

Quartetti op. 33

Franz Joseph Haydn

1783

Sonata per pianoforte K 331 Alla turca

Wolfgang Amadeus Mozart

234
239
245
251
256

8 Offerta musicale

1785

Quartetto K 465 Delle dissonanze

Wolfgang Amadeus Mozart

1786

Concerto per pianoforte K 466

Wolfgang Amadeus Mozart

1787

Don Giovanni

Wolfgang Amadeus Mozart

1788

Sinfonia K 551 Jupiter

Wolfgang Amadeus Mozart

1791 Il flauto magico


261
266
271
277
282

Wolfgang Amadeus Mozart

Serie v. Dialettica musicale

287

1795

Sinfonia n. 104

290

Franz Joseph Haydn

1797

Quartetto op. 76 n. 3 Imperatore

Franz Joseph Haydn

1798

La Creazione

Franz Joseph Haydn

1802

Sonata per pianoforte op. 27 n. 2 Al chiaro di luna

Ludwig van Beethoven

1803

Le creature di Prometeo

Ludwig van Beethoven

1803

Sonata per violino e pianoforte op. 47 A Kreutzer

Ludwig van Beethoven

1805

Sinfonia n. 3 op. 55 Eroica

Ludwig van Beethoven

1805

Sonata per pianoforte op. 57 Appassionata

Ludwig van Beethoven

1806

Quartetto op. 59 n. 1

Ludwig van Beethoven

1808

Sinfonia n. 5 op. 67

Ludwig van Beethoven

1808

Concerto per pianoforte n. 4 op. 58

Ludwig van Beethoven

295
302
307
312
317
323
328
333
340
346

Sommario 9

1814

Fidelio

Ludwig van Beethoven

351

Serie vi. Prima et romantica

357

1816 Il barbiere di Siviglia

360

Gioachino Rossini

1819

Sonata per pianoforte op. 106 Hammerklavier

Ludwig van Beethoven

1820

24 Capricci per violino solo

Niccol Paganini

1821 Il franco cacciatore


365
372
378

Carl Maria von Weber

1822

Fantasia per pianoforte D 760 Wanderer

Franz Schubert

1823

Missa solemnis op. 123

Ludwig van Beethoven

1823

Variazioni su un tema di Diabelli op. 120

Ludwig van Beethoven

1824

Sinfonia n. 9 op. 125

Ludwig van Beethoven

1824

Quartetto D 820 La morte e la fanciulla

Franz Schubert

1825

Quartetto op. 130

Ludwig van Beethoven

1826

Sinfonia D 944 n. 9 La grande

Franz Schubert

1827

Quintetto per violoncello e archi D 956

Franz Schubert

385
390
396
402
408
414
421
426

Serie vii. Seconda et romantica

433

1827

Die Winterreise

436

Franz Schubert

1829

Guglielmo Tell

Gioachino Rossini

442

10 Offerta musicale

1830

Symphonie fantastique

Hector Berlioz

1831

Norma

Vincenzo Bellini

1834

Carnaval op. 9

Robert Schumann

1839

24 Prludes op. 28

Fryderyk Chopin

1839

Annes de plerinage

Franz Liszt

1841

Sinfonia n. 3 Scozzese

Felix Mendelssohn

1846 Barcarola

448
453
458
464
470
476
482

Fryderyk Chopin

1850

Lohengrin

Richard Wagner

1853

La traviata

Giuseppe Verdi

1853

Sonata in si minore per pianoforte

Franz Liszt

488
493
499

Serie viii. Nazionalismi

505

1858

Concerto n. 1 per pianoforte op. 15

508

Johannes Brahms

1864

Quintetto per pianoforte e archi op. 34

Johannes Brahms

1865

Tristano e Isotta

Richard Wagner

1868 Requiem tedesco


515
521
527

Johannes Brahms

1874

Messa da Requiem

Giuseppe Verdi

1874

Sinfonia n. 4 Romantica

Anton Bruckner

532
538

Sommario 11

1874

La Moldava

543

Bedich Smetana

1874 Boris Godunov


Modest Musorgskij

1874

Quadri di unesposizione

Modest Musorgskij

1875

Carmen

Georges Bizet

1876

Lanello del nibelungo

Richard Wagner

1877 Il lago dei cigni


549
555
561
568
575

Ptr Ili ajkovskij

Serie ix. Le svolte di fine Ottocento

581

1878

Concerto per violino op. 77

584

Johannes Brahms

1885

Sinfonia n. 4 op. 98

Johannes Brahms

1887 Otello

596

Giuseppe Verdi

1889

Don Juan

Richard Strauss

1890

3 Corali per organo

Csar Franck

1893

Sinfonia n. 6 op. 74 Patetica

Ptr Ili ajkovskij

1893

Sinfonia n. 9 op. 95 Dal Nuovo mondo

Antonn Dvok

1896

La bohme

Giacomo Puccini

1901

Jeux deau

Maurice Ravel

1902 Pellas et Mlisande


590

Claude Debussy

601
606
612
618
624
631
637

12 Offerta musicale

1902

Sinfonia n. 5

Gustav Mahler

1903 Estampes per pianoforte


642
649

Claude Debussy

Serie x. Impressioni, espressioni, ritorni

655

1905

Salome

658

Richard Strauss

1905

La Mer

Claude Debussy

1908

Das Lied von der Erde

Gustav Mahler

1908

Quartetto n. 2 op. 10

Arnold Schnberg

1911

Allegro barbaro

Bla Bartk

1911 Il cavaliere della rosa


675
680
686
691

Arnold Schnberg

1913

La sagra della primavera

Igor Stravinskij

1914

Three Places in New England

Charles Ives

1920 Pulcinella

669

Richard Strauss

1912 Pierrot lunaire


663

696
703
709

Igor Stravinskij

1921

Concerto n. 3 per pianoforte op. 26

Sergej Prokofev

1923

5 Klavierstcke op. 23

Arnold Schnberg

715
721

Serie xi. Svolte a met Novecento

727

1925

Wozzeck

730

Alban Berg

Sommario 13

1928

Quartetto n. 4

Bla Bartk

1928 Bolro

Maurice Ravel

1930

Sinfonia di salmi

Igor Stravinskij

1935

Concerto per violino

Alban Berg

1935 Porgy and Bess


George Gershwin

1936

Variazioni op. 27

Anton Webern

1938

Aleksandr Nevskij

Sergej Prokofev

1942

Sinfonia n. 7 op. 60 Leningrado

Dmitrij ostakovi

1945 Peter Grimes


737
743
747
752
758
764
770
777
785

Benjamin Britten

1951

Music of Changes

John Cage

1954

Le Marteau sans matre

Pierre Boulez

790
796

Serie xii. Ritorno alle sfere celesti

801

1955

Variazioni Goldberg

804

Glenn Gould

1956

Gesang der Jnglinge

Karlheinz Stockhausen

1957

Agon

Igor Stravinskij

1960

Quartetto n. 8 op. 110

Dmitrij ostakovi

1962

War Requiem

Benjamin Britten

810
816
822
828

14 Offerta musicale

1968

Sinfonia

Luciano Berio

1976 Einstein on the Beach


Le Grand Macabre

Gyrgy Ligeti

1985 Prometeo

845
850

Luigi Nono

1992

clairs sur lAu-del...

Olivier Messiaen

2002 Sequenza xiv per violoncello solo


839

Philip Glass

1978

834

855
861

Luciano Berio

2007

Tierkreis

Karlheinz Stockhausen

866

Zibaldone di termini musicali critici e ricorrenti

871

Indice delle opere e dei nomi

885

Nota introduttiva

Nel 1747, dopo essere stato protagonista di uno storico incontro nella reggia
di Potsdam, Johann Sebastian Bach invia al re Federico ii di Prussia una sua
raccolta di musiche passate alla storia come Offerta musicale. Non solo un
omaggio allo squisito ospite e datore di lavoro del figlio Carl Philipp Emanuel, clavicembalista di corte. Vuole essere anche la testimonianza della propria bravura nello scrivere musica di ogni genere. Due fughe e nove canoni
alla maniera antica sono esempi di scienza della costruzione. La Sonata per
flauto, violino e clavicembalo si abbandona al piacere corrente dello stile galante. Le musiche sono molto diverse fra loro, ma stanno benissimo insieme,
perch hanno in comune la melodia che il re aveva proposto a Bach per improvvisare allistante musiche piacevoli e complesse. Quel tema (modesto,
anzi banale) permette a Bach di legare il passato e il presente. Col senno di
poi, sappiamo che Bach prevede anche il futuro. Perch la sua Offerta musicale tuttora viva e in repertorio. E contribuisce a suggerire nuova musica.
Non dimentichiamo che nel 1935, proprio orchestrando la fuga pi complessa, il Ricercare a sei voci, Anton Webern crea timbri che danno colore al bianco e nero della partitura originale, oltre che tutta la musica del Novecento.
Per laccostamento dei singoli brani curioso, per non dire bizzarro. Dimostra ancora una volta la forza della musica di sottrarsi al tempo che passa e
agli uomini che lo vivono. Forse perch spesso nasce per caso, con lautore
obbligato a inventare suoni sulla fantasia di un attimo, spremendo la sapienza
del suo artigianato. Inoltre, e a differenza delle altre arti, la musica non fissata per sempre allo sguardo o al tatto, ma lasciata libera di vibrare nellaria,
indirizzata allorgano delludito, il pi sensibile e selettivo. Pare ci sia unevoluzione biologica, darwiniana che permette alla musica di rinnovarsi di continuo, interagendo con se stessa e con quanto le sta accanto, la precede e la segue.
Il lungo amore per Bach e per ogni tipo di musica, il caso appena citato e
i tanti altri che troveremo hanno suggerito di compilare una storia che un
mosaico di 144 tessere, 144 composizioni distribuite dalla preistoria ai giorni nostri. Dalla descrizione di ciascuna tessera si ricavano discendenze e
ascendenze con altre musiche, disperdendosi dal particolare al generale.
Cio non si parte dalla sintesi per poi scoprire il dettaglio. Non una storia

16 Offerta musicale

della musica come corollario delle vicende economiche, sociali, ideali con
cui spesso si raccontano e sinterpretano le vicende passate. Concede poco
alla biografia degli autori, nella convinzione che il racconto delle vicende
personali non aiuti molto a comprendere i loro singoli capolavori. Preferisce
rispettare la naturale discontinuit che esiste fra lopera, il suo tempo e il suo
ideatore, come succede in tutte le arti, e nella musica in particolare.
Lordine cronologico serve come orientamento generico e non traccia un
percorso. Piuttosto segnala che la vicinanza anagrafica spesso distanza di
stile. Conferma la difficolt di adattare la musica e la sua storia a convenzioni
che funzionano bene in altre discipline, correnti di pensiero, eventi politici.
Perch la musica fatta di vibrazioni che vivono nellattimo. Non soltanto
una griglia di note tracciate su carta. diversa dalle immagini fissate per
sempre da pittori, scultori, architetti; dai testi di poeti e narratori. In musica
non basta che ci sia un autore che pensa e scrive. La sua scrittura difficile e
ambigua. I segni che locchio vede tracciati in partitura si devono sempre
trasformare in suoni per lorecchio che ascolta. C bisogno di interpreti,
strumenti, ambienti; ascoltatori competenti, in chiesa, a teatro, in sala da
concerto, nel salotto di casa; tanta pratica e tanta pazienza. Anche limprovvisazione, in musica, richiede abilit nel muovere le dita sullo strumento, uso
degli occhi per capire i colleghi, uso del cervello per inventare suoni non banali, senza perdersi nel tempo.
Infatti, la musica non unarte intuitiva e semplice. una scienza complessa e sfuggente, come dicono gli antichi, che cercano proprio nella musica
la chiave per sciogliere i misteri delle stelle e scoprire un ordine nel caos del
firmamento. E viceversa. I risultati sono quelli che sono. Per, anche per noi
moderni, la natura e lincerto percorso della Via Lattea restano analogie
perfette per capire la musica e la sua vita. Ci sono stelle di prima grandezza,
che aggregano uninfinit di astri minori e li riuniscono in costellazioni, dove
passano comete, ruotano pianeti, girano asteroidi, fra polveri galattiche e
nebulose lontane. Intorno, gli spazi vuoti diventano un tessuto connettivo
che definiamo silenzio. Con il tempo che scorre ripetitivo e incombente,
perch il Sole batte il ritmo dei giorni e lo Zodiaco scandisce i mesi dellanno
con i suoi dodici segni, che sono senza forma eppure in obbligatoria coincidenza con gli intervalli della musica dOccidente: sette note diatoniche pi
cinque note cromatiche, i sette tasti bianchi pi i cinque tasti neri della moderna tastiera meccanica o elettrica.
Inoltre, cercare percorsi nella Via Lattea siderea e nella Galassia musicale
come navigare nella rete informatica del terzo millennio. Si parte da un
qualsiasi nodo e si costruisce una storia a piacere, che ha le discontinuit del
mosaico piuttosto che le continuit dellaffresco, sapendo che le fratture fra le
singole tessere si accentuano o spariscono in funzione della distanza del pun-

Nota introduttiva 17

to dosservazione. Questa Offerta musicale diventa cos una rete di 144 nodi o
note o macchie, corrispondenti ad altrettante composizioni musicali. La scelta di ciascun nodo non del tutto arbitraria. Oltre agli amori personali, valgono alcuni criteri funzionali. Conta la numerologia, che in musica essenziale.
Comanda il numero 12, quante sono appunto le costellazioni dello Zodiaco e
quante sono le note della scala cromatica di Bach e della serie dodecafonica di
Schnberg. Moltiplicato per se stesso, 12 produce 144, cio musica al quadrato. Il nuovo numero diventa vincolo razionale e arbitrario per scegliere migliaia di nodi sonori sparsi su tre millenni, utili per formare legami, non serrati ma
fluidi. Pi che nodi, sono macchie di un presente che si sovrappongono alle
macchie del passato, interagendo e stravolgendosi a vicenda; pronte ad assorbire e cambiare le nuove macchie che arriveranno dal futuro.
Ognuna delle 144 composizioni scelta non solo perch vive nella sua
epoca e contribuisce a modificarla, ma perch supera lesame del tempo ed
tuttora in repertorio, disponibile a un ascolto libero e immediato, a casa, in
rete. parte di un sistema di stelle fisse e segna una tappa in un percorso,
per definizione, vago e confuso. Come la Via Lattea nella sfera celeste, questa
Offerta musicale raccoglie stelle vicine e lontane, con sfere gravitazionali
fatte di tanti oggetti sonori di peso diverso, su orbite regolari o casuali. Cos
basta solo un accenno per creare un mondo intero attorno a composizioni
altrimenti destinate allelenco delle opere minori nelle vaste biografie di
grandi autori; e per stimolare quel fantasioso e rapido divagare attorno a un
tema favorito che consente la moderna informazione diffusa. Il rapporto con
gli autori si ristabilisce nellindice, dal quale ripartire per ritrovare dove le
loro musiche vivono, prima e dopo lanagrafe certificata.
Per com pensata, Offerta musicale non pu dunque avere n capo n
coda. Inizia con Pitagora che guarda le stelle e finisce, anzi riprende, con
Stockhausen che si scioglie nello Zodiaco. Pi che tappe di un percorso in
fila indiana, o punti di una spirale, anzi scale di un frattale, le composizioni
scelte diventano poli di convergenza e diffusione di linee spezzate in un
campo dalle dimensioni illimitate. Si forma un groviglio geometrico, che ben
rappresenta le complessit dellarte musicale. Le composizioni sono autonome, per consentire letture discontinue. Sono da immaginare come tessere
squadrate di un antico mosaico bizantino e macchie diffuse di una moderna
tela di Jackson Pollock o di Robert Rauschenberg. Suggeriscono connessioni
con ci che sta intorno, ma non impongono mappe definitive. Si rivolgono a
chi ascolta e fa musica, in casa o fuori.
Offerta musicale raggiunge il suo scopo se la lettura sinterrompe per
iniziare un nuovo ascolto e per cercare verifiche immediate, su uno strumento musicale, su un disco, in rete. Sempre in rete, oltre ai suoni e ai video di
YouTube, si potr sostare per scovare notizie su biografie, correnti di pensie-

18 Offerta musicale

ro, eventi politici e sociali, composizioni che in questa storia mancano, per
volont o per caso. Alla fine di ciascuna delle 12x12 composizioni sono
proposti ascolti e letture, per approfondire e soprattutto per divagare. La
necessaria familiarit con un minimo di terminologia musicale specifica dovrebbe essere assimilabile direttamente dal testo, anche con laiuto dellelenco posto alla fine del volume. Gli indici servono per ritrovare personaggi e
autori, opere e termini musicali, ma sono anche bussole analogiche in una
navigazione che simmagina non finisca mai.
E.B.
Nota bibliografica
Per approfondire e divagare, alla fine di ciascuna delle 144 note sono proposti da due a
quattro ascolti e altrettante letture, di regola specifici e coerenti con le affermazioni, talvolta alternativi. Vanno a integrare la navigazione che al lettore si suggerisce di fare fra i
suoni e i testi reperibili nelluniverso Internet. La selezione privilegia opere recenti, meglio se uscite negli ultimi ventanni e tuttora facili da reperire in originale o ristampa. Le
registrazioni pi antiche e storiche sono segnalate nei moderni riversamenti in cd. Per i
testi scritti data la precedenza ai volumi in lingua italiana, originali o tradotti. Prevale
linglese se loriginale scritto in altre lingue. Sono tuttavia consigliati alcuni testi in tedesco, quando non sono disponibili in traduzione italiana o inglese. Testi di carattere pi
generale sono indicati nelle introduzioni alle dodici serie. Le maggiori enciclopedie e le
storie della musica utilizzate nella stesura delle singole note sono elencate di seguito.

Enciclopedie
Wikipedia Enciclopedia on line
Grove Music on line
A. Lanza (a cura di), Enciclopedia della Musica, Garzanti, Milano 2012
F. Finscher (a cura di), Die Musik in Geschichte und Gegenwart, 28 voll., BrenreiterMetzler, Kassel-Stuttgart 1994-2007
J.-J. Nattiez (a cura di), Enciclopedia della musica, Einaudi, Torino 2001-2005

Storie della musica


J.P. Burkholder, D.J. Grout, C.V. Palisca, A History of Western Music, W.W Norton &
Company, New York 2010
R. Taruskin, The Oxford History of Western Music, 5 voll., Oxford University Press, Oxford 2010
M.E. Bonds, A History of Music in Western Culture, Prentice Hall, Upper Saddle River 2010
H.E. Eggebrecht, Musik im Abendland, Piper, Mnchen 2008
P. Griffiths, Breve storia della musica occidentale, Einaudi, Torino 2007
A. Basso, Storia della musica dalle origini al XIX secolo, Utet, Torino 2006
C. Wright, B. Simms, Music in Western Civilization, Thompson-Schirmer, Belmont 2006
Societ Italiana di Musicologia, Storia della musica, 12 voll., edt, Torino 1991

OFFERTA MUSICALE

alla memoria di Sergio Dragoni e Silvestro Severgnini

Serie I.
Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

La musica parte della Natura e fiorisce in ogni civilt. ovunque arte magica di timbri e ritmi, soprattutto in Oriente. Diventa anche scienza associata ad aritmetica, fisica e geometria nel pensiero greco, e quindi nellintero
mondo occidentale, dove resta centrale il problema di organizzare in modo
razionale il flusso delle melodie e la loro armonica sovrapposizione. La difficolt di scrivere il canto ne rende incerta la trasmissione, affidata alla pratica
orale e appoggiata su testi religiosi. Attorno allanno Mille, linvenzione di
un metodo per intonare e annotare le melodie consente di moltiplicarle e di
inventare la polifonia. Accanto ai temi religiosi, fioriscono quelli profani del
divertimento e dellamore. Finalmente, nel Cinquecento lartigianato di fabbri e falegnami riesce a costruire strumenti intonati e affidabili, che si integrano con le voci, ma riescono anche a cantare da soli. La musica trova un
linguaggio tutto suo, senza essere obbligata a usare le parole.
0 Le sfere della musica Pitagora, Keplero, Stockhausen
100 Epitaffio Seikilos
1000 Victimae paschali laudes Vipone di Borgogna
1198 Sederunt principes Protin
1230 Carmina Burana Anonimi profani
1363 Messe de Nostre Dame Guillaume de Machaut
1450 Missa LHomme arm Guillaume Dufay
1461Requiem Johannes Ockeghem
1500 Innsbruck, ich muss dich lassen Heinrich Isaac
1562 Missa Papae Marcelli Giovanni Pierluigi da Palestrina
1594 Ecco mormorar londe Claudio Monteverdi
1597 Sonata pian e forte Giovanni Gabrieli

0 Le sfere della musica

Pitagora, Keplero, Stockhausen


Musica fra scienza e arte Musica e cosmo Timbri e
ritmi in Oriente Melodie e armonie in Occidente - Note
musicali e numeri interi La costruzione della scala naturale Consonanze e dissonanze Pitagora, Archita, Platone Tolomeo, Marziano, Boezio Keplero, Galileo,
Zarlino, Rameau Creatori e interpreti Stockhausen
nello zodiaco

Emotiva e misteriosa, com per sua natura, la musica da sempre considerata unarte superiore. Anzi: il vero punto dincontro fra arte e scienza.
Ancora nel ventesimo secolo, il musicista Karlheinz Stockhausen convinto assertore delle origini cosmiche del sistema sonoro, mentre il fisico Albert Einstein si diletta a produrre musica suonando il violino. Quattro secoli fa, nel pieno del razionalismo secentesco, Giovanni Keplero scopre le
leggi che regolano il moto dei pianeti e sviluppa in Harmonices mundi
(1619) un modello che, grazie alla musica, spiega lastronomia e laritmetica, le cosmologie degli antichi Pitagora e Tolomeo, le rivoluzioni dei moderni Copernico e Galileo. Fonte primaria di Keplero sono i testi scritti pi
di mille anni prima da Severino Boezio, a sua volta erede di Platone che,
quasi altri mille anni addietro, sposa le tesi di Pitagora, continuatore dei
primordi mesopotamici, egiziani, cinesi. Per tutti, la musica esprime le
leggi del cosmo e della matematica, il punto dincontro fra empirismo
sperimentale e speculazione numerica. Il non allineamento fra teoria e realt attribuito ai limiti della tecnologia e allinadeguatezza delle misurazioni. Quando serve, si ricorre alla potenza del mito, che tutto risolve.
Nessuno dubita delle fondamenta trascendenti della musica, tanto meno
del suo potere fisico e taumaturgico. La lira di Anfione costruisce le mura di
Tebe, le trombe di Giosu abbattono quelle di Gerico, il canto di Orfeo
vince la morte e quello delle sirene tenta (invano) di sedurre Ulisse. Tutti,
filosofi e musicanti, approfittano dellinsita ambiguit della musica per spiegare le contraddizioni fra carne e spirito, fra orgia e catarsi, fra apollineo e
dionisiaco. E ne traggono la morale che il flauto peccaminoso di Pan non
pu che perdere la sfida con larpa sublime di Apollo. Nella sua repubblica
ideale, il saggio Platone prescrive cautela nelluso della musica, arte sospetta
e scienza sfuggente. Il suo degno allievo Aristotele discetta di fisica e di aritmetica, e ricava indirizzi che per due millenni regolano e complicano levo-

0 Le sfere della musica 25

luzione della musica occidentale, dal canto gregoriano medioevale fino alla
dodecafonia nel Novecento.
Gli antichi sentono la musica come metafora della Creazione, perch rispetta le armoniose proporzioni con cui vedono muoversi le sfere nel cosmo.
Immaginano che esista un sistema di suoni puri, esprimibile con note musicali proporzionate fra loro e ordinabili in insiemi (scale) al contempo logici e segreti, in analogia con la meravigliosa serie degli aritmetici numeri
naturali. Anche in musica si parte con il numero 1, la lunghezza arbitraria di
una corda presa come riferimento. La vibrazione di quella corda ha una sua
frequenza e produce un suono ben definito, una nota, la nota fondamentale. Se si cambia la lunghezza della corda permutando i rapporti fra i primi
numeri interi, si generano le altre note critiche della scala musicale. Il numero
2 dimezza la lunghezza della corda, perci la nuova vibrazione ha frequenza
doppia (2:1) rispetto alla fondamentale e produce una nota molto pi acuta,
lottava. Fondamentale e ottava sono note perfettamente compatibili fra
loro, si possono eseguire insieme, possono cio formare un accordo senza
disturbare lorecchio perch sono consonanti.
Con il numero 3 si crea una nuova nota: la corda fondamentale, se vibra
per 2/3 della sua lunghezza, produce la quinta, meno acuta dellottava. Il
numero 4, associato al precedente 3, corrisponde alla frazione di corda 3/4
della corda intera e alla nuova nota detta quarta, poco pi bassa della
quinta. Nel magico intervallo dellottava, la fisica delle vibrazioni e i numeri
dellaritmetica inseriscono cos altre due note, naturali e consonanti. Se chiamiamo do la nota fondamentale, sono fa la quarta e sol la quinta.
Lottava, cio il seguente do acuto non solo il punto di arrivo della prima
serie di note in scala, ma anche il punto di partenza di un nuovo ciclo. Divisa per quattro, la corda di partenza ha una frequenza di vibrazione ancora
pi alta e produce una nuova ottava do, pi acuta, un altro spazio entro
il quale introdurre nuove quarte e nuove quinte.
Si potrebbe continuare allinfinito, ma la realt fisica non lo consente. La
voce umana spazia soltanto entro un paio di ottave, gli strumenti musicali
moderni ne coprono sette-otto, pi in l si entra negli ultrasuoni che lorecchio non percepisce pi. Inoltre, il suono reale si stacca presto dalla teoria
numerica: gi la nota estrema della terza ottava non consonante con la
fondamentale da cui tutto parte. Analoga situazione si ha con gli armonici,
le vibrazioni secondarie che accompagnano la vibrazione fondamentale, ne
fissano il carattere (colore o timbro) e consentono di riconoscere le
sorgenti sonore, cio i singoli strumenti. Gli armonici pi vicini rispettano le
proporzioni numeriche; gli altri se ne allontanano sempre pi.
Ma non basta mantenersi entro due o tre ottave per creare buona musica.
Ancora in epoca preistorica si capisce che, permutando le sole tre note per-

26 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

fette (do, fa, sol), non si ricavano vere melodie, cio note disposte non
pi in scala ma in successione variata e riconoscibile. Nellampio spazio di
ogni singola ottava vanno inserite altre note, cos da costruire scale con un
numero maggiore di intervalli (cio gradini, pioli, note). Il metodo numerico
di costruzione, per, si arresta a 4. I rapporti che nascono dalle permutazioni
con i numeri successivi (5, 6) producono suoni non pi perfetti, ma stonature e dissonanze. Le prime soluzioni empiriche si hanno nella Cina preistorica,
dove lintervallo fra nota fondamentale e ottava diviso in cinque subintervalli o toni compatibili e (quasi) uguali fra loro. Nasce cos una scala pentatonica, fatta di cinque note: do, re, mi, sol, la. Fra mi e sol
lintervallo assai pi largo, un tono e mezzo. Altrettanto ampio lo spazio
che separa il la finale dal nuovo do con cui inizia la scala superiore, scandita
allo stesso modo e altrettanto irregolare. Pur con infiniti aggiustamenti che
tengono conto della pratica esecutiva e trascurano la speculazione teorica, la
scala pentatonica si diffonde in tutto il mondo antico, dalla Cina al Mediterraneo e allAfrica. Permane in talune tradizioni popolari: tuttora vive in Europa, con estensione alla moderna musica di consumo e al jazz. Resta un
elemento peculiare della musica extra colta, extra occidentale, esotica.
Nella scala pentatonica tuttavia vistosa lassenza dellintervallo perfetto
di quarta, cio della nota fa. Lo inseriscono gli assiro-babilonesi, circa
nel terzo millennio avanti Cristo, inventando il concetto di semitono. Una
nuova nota, fa, inserita mezzo tono dopo il mi e un tono intero prima del
sol. Una settima nota, si, entra come tono intero dopo il la e mezzo tono
prima del do da cui parte la scala superiore. Nasce cos la scala eptatonica,
tuttora familiare, fatta di cinque toni interi pi due semitoni, sette note totali. Come se, in una comune scala a mano per uso domestico con cinque
pioli sinserissero altri due pioli alti la met, uno in quarta e laltro in ultima
(settima) posizione. Non a caso, nella teoria e nella pratica musicale moderna, lultimo piolo della scala (il si) diventa il passo (quasi) obbligato per salire in altezza sulla medesima scala o passare (modulare) in orizzontale su una
scala diversa e contigua. Secondo le regole della cosiddetta armonia tonale.
Si attribuisce a Pitagora, nel vi secolo avanti Cristo, laggiustamento e la
teorizzazione di un metodo per stabilire i gradini critici della scala musicale
eptatonica detta naturale. una forzata analogia con quanto succede nel
cosmo: il Sole, la Luna e i cinque pianeti allora conosciuti (Saturno, Giove,
Marte, Venere, Mercurio) ruotano attorno alla Terra in proporzione con gli
intervalli che separano le sette note. In un certo senso, la musica che stabilisce le distanze nel firmamento.
Pitagora tuttavia ben consapevole che quei gradini non sono regolari: gli
intervalli do-fa e sol-do sono diversi e ampi; quello fa-sol pure diverso dagli
altri e molto pi stretto. Sa che non c denominatore comune in grado di fis-

0 Le sfere della musica 27

sare rapporti perfetti. Quali note, e relativi rapporti (toni), inserire negli intervalli do-fa e sol-do resta il problema che accompagna la teoria della musica
fino ai nostri giorni, soprattutto in Occidente. Qui il fascino dei rapporti numerici, la geometria delle sequenze, le sovrapposizioni delle singole note focalizzano lattenzione su melodia e armonia. Il resto del mondo rimane invece
pentatonico e favorisce le altre caratteristiche della musica, cio il suono specifico di ciascuno strumento (gli armonici che determinano il timbro) e la sua
scansione (ritmo) da improvvisare nellattimo fuggente. Al contrario, lEuropa si occupa molto di pi della dimensione orizzontale e verticale del suono,
da riportare su assi cartesiani: durata delle note in ascissa (x) e loro altezza in
ordinata (y). Si stabiliscono regole per la disposizione delle note in orizzontale
(melodie) e delle loro sovrapposizioni in verticale (accordi), con risultati
(armonie) gradevoli (consonanze) o sgradevoli (dissonanze). Nascono
i modi gregoriani nel Medioevo, la polifonia nel Rinascimento, larmonia
tonale fra Settecento e Ottocento, la dodecafonia nel Novecento. Forse la
sintesi fra le musiche dOccidente e dOriente arriva nel crogiolo americano,
quando il sistema europeo portato dagli emigranti bianchi incontra le note blu
e i ritmi asimmetrici degli schiavi neri per diventare blues e jazz nel Novecento
e portare, forse, nel terzo millennio, alla fusione globale. Perch lorecchio
moderno, ben educato, sopporta meglio, anzi apprezza quella che un tempo
era considerata dissonanza e cacofonia o semplice banalit.
Dopo Pitagora, in Occidente, studiano soluzioni aritmetiche il poliedrico
Archita da Taranto, lastronomo Tolomeo e lenciclopedico Aristosseno, che
fissano princpi di teoria musicale senza molto badare alla pratica. Per avvicinarsi al reale occorre estendere il concetto di consonanze perfette e accogliere limperfezione, scendere al compromesso. Il suono assoluto delle sfere
celesti accetta le prime frange dimpurit, di rumore della Terra. In pieno xvi
secolo, Gioseffo Zarlino, direttore della musica (maestro di cappella) nella basilica di San Marco a Venezia, estende i numeri di Pitagora (e di Archita)
da 4 a 6 e con le relative frazioni completa la scala naturale. Accetta come
consonanti anche le note che hanno i rapporti 4:5 e 5:6, cio mi (terza
maggiore) e mi bemolle (terza minore) assieme a 3:5 che la (sesta). Le note re (seconda) e si (settima), che mancano alle fatidiche sette note, hanno con la fondamentale un rapporto pi complesso (8:9 e
8:15); incompatibile, dissonante. Due secoli dopo, Jean-Philippe Rameau
basa su princpi matematici la sua teoria della musica, che condiziona lultimo quarto del millennio appena concluso e che definiamo tonale perch
attribuisce a una specifica nota (tono), chiamata tonica, il valore di
cardine dellintera architettura musicale.
Restano dissonanti, nella teoria e nella pratica, le note fra loro adiacenti,
che formano lintervallo di seconda. Per quanto naturali e ricavati con arit-

28 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

metica perfetta, i gradini della scala musicale sono irregolari e pieni dinciampi, come la serie dei numeri interi dalla quale nascono. Nei 25 secoli che separano le geometrie musicali di Pitagora e di Rameau, i musici pratici danno il
loro contributo empirico alla soluzione del problema teorico di normalizzare
la scala, con la fantasia e la flessibilit che vedremo. Inventano gli aggiustamenti necessari, i temperamenti, ma il rapporto esoterico fra numeri interi e
note musicali rimane un classico esempio di biforcazione fra teoria e realt.
Tutti sono consapevoli del ruolo speciale che la musica riveste. Infatti,
lunica arte che non si contrappone alla scienza, proprio perch ne fa parte.
Nelle sette branche del sapere antico, Platone (e con lui il precursore Archita
e il successore tardo latino Marziano Capella) colloca la musica nel Quadrivium, assieme a geometria, aritmetica e astronomia, ben separata dal Trivium
di grammatica, retorica e dialettica. La musica vive sul tempo che scorre.
Misura il vuoto, cio il silenzio. larte che sfugge al tatto e poco concede
alla vista. Che d sostanza alla parola, al Verbo che il Vangelo di Giovanni
pone allinizio di tutte le cose. Che non si sa bene come classificare. Il metodico Severino Boezio, vissuto alla fine dellimpero romano, elabora il pensiero di filosofi e matematici greci per distinguere tre tipi di musiche: la instrumentalis, che produciamo con il nostro corpo e con strumenti artificiali, che
ha ben poco valore speculativo; la humana, che sta dentro di noi, a suo modo
misteriosa; la mundana, ossia il suono che accompagna il movimento delle
cose celesti, troppo lontano perch lo si possa percepire, ineffabile sfera
dellarmonia perfetta, della consonanza assoluta, della meccanica celeste.
In Occidente, musica sempre scienza e arte, da riservare a pochi sapienti, gelosi delle proprie speculazioni. Molto teorici, anzi teorizzatori, e poco
pratici, Pitagora, Platone e Boezio trovano seguaci per un altro buon millennio, anche oltre Keplero. I cui tempi, i primi decenni del Seicento, coincidono con la fine dei numeri e dellastronomia quali miti fondanti della musica.
I nuovi strumenti a tastiera e intonazione fissa impongono soluzioni (e compromessi) alleterno problema della scala naturale. La musica instrumentalis vince su tutti i fronti, vagamente legandosi alla musica humana. La musica mundana confinata alla filosofia. Come dire che la pratica prende il
sopravvento sulla grammatica, il sentimento sulla ragione. A fine Rinascimento, lespressivit del parlar cantando dissolve la geometria della polifonia. Il linguaggio del suono sbiadisce quello della parola. Il merito certo
dei progressi della scrittura, della stampa della musica su carta, e del fatto
che, finalmente, si riesce a misurare laltezza delle note e i tempi (durate,
ritmi, inflessioni) delle melodie. Con le nuove tecnologie artigianali che lavorano legni e metalli, si costruiscono strumenti musicali capaci di produrre
suoni sicuri per timbro, volume e intonazione. Finalmente la musica trova un
suo linguaggio e pu fare a meno della sintassi e della retorica delle parole.

0 Le sfere della musica 29

Persiste tuttavia la difficolt dellautore di scrivere e trasmettere la musica che ha in testa, e di conseguenza di farla leggere, eseguire, interpretare con
segni tracciati sulla carta. Da qui il ruolo essenziale e demiurgico lasciato
allesecutore, che trasforma in suono vero la musica pensata in astratto. Alle
prese con il problema di muovere bene labbra e dita senza perdere il passo
con chi canta e suona accanto a lui, lesecutore si arrangia, cambia, improvvisa, ricrea. Lautore comincia a non sopportarlo, perch si sente un architetto creatore in balia di muratori maldestri. La dialettica resta latente fintanto
che le due figure coincidono: chi compone un cantore, che scrive su misura per se stesso e per i suoi colleghi di coro. Oppure un organista o liutista
che improvvisa sullo strumento di cui maestro senza lasciare traccia scritta.
Quando per, nel Cinquecento, la diffusione della musica a mezzo stampa e
lo sviluppo del virtuosismo esecutivo tolgono al creatore il controllo sul risultato finale e gli impediscono lesecuzione diretta, il problema diventa non
solo pratico, ma anche teorico. Chi fa la musica? Cos la musica?
Dal Seicento in poi i teorici (filosofi, matematici, didatti, autori) provano
a limitare le libert degli esecutori (cantanti e strumentisti, cori e orchestre)
con sistemi di scrittura sempre pi analitici e vincolanti. I risultati sono modesti e di regola aumentano i gradi di libert. Soltanto nella seconda met del
Novecento la musica elettronica fissata su nastro dallautore non lascia spazio allalea dellinterpretazione. Ne mentore Stockhausen. Che per, per
tutta la vita, cerca un appassionato dialogo con le stelle dello zodiaco, osservando dal suo astro natale Sirio il cielo che si muove, nel trionfo del geocentrico Tolomeo sugli eliocentrici Keplero e Galileo e sul relativista Einstein.

Ascolti
12x12 A Musical Zodiac, Capilla Flamenca/Het Collectief, EtCetera 2012
G. Holst, The Planets, C. Dutoit, Orchestre Symphonique De Montral, Decca 1987

Letture
A. Di Benedetto, Allorigine fu vibrazione, Nexus, Due Carrare 2008
A. Frova, Armonia celeste e dodecafonia. Musica e scienza attraverso i secoli, Rizzoli, Milano 2006
J.J. Nattiez, Il combattimento di Crono e Orfeo, Einaudi, Torino 2004
L. Azzaroni, Canone infinito. Lineamenti di teoria della musica, clueb, Bologna 2001

100Epitaffio
Seikilos

Il testo musicale pi antico Il primo flauto Ur e Babilonia Rapporti fra vibrazioni Diesis e bemolle Diabolus
in musica Europa e resto del mondo I tetracordi di
Aristosseno La scala eptatonica I modi greci Il disinteresse dei romani Il canto delle comunit cristiane
Sono una lapide: Seikilos mi ha collocata qui come segno durevole di un
ricordo immortale. Cos recita liscrizione, in greco antico. Segue il testo di
un breve canto: Splendi, finch vivi / non esser triste / la vita davvero
troppo breve / e il tempo prende pegno. Alle parole si accompagna una
scritta musicale notata secondo i canoni dellantica teoria greca e trascrivibile senza ambiguit in notazione moderna. Si tratta di una quarantina di note
che resta nellambito del modo frigio, cui la tradizione greca attribuisce virt
consolatorie. La melodia rispetta il metro dei versi, articolata in quattro parti, due salti ascendenti e relative code discendenti, su intervalli di facile intonazione. Con eleganza schubertiana e ripetitivo minimalismo, trasmette un
senso di sereno congedo. Non previsto alcun accompagnamento e non
definita la durata assoluta, allora impossibile da scrivere.
Il cosiddetto Epitaffio di Seikilos il primo brano musicale completo che
ci resta e che riusciamo a trasformare in suono. inciso su una pietra trovata nel 1883, non lontano dallantica Efeso, in Turchia, e ora esposta nel
Museo nazionale di Copenaghen. La datazione incerta, circa lanno 100
d.C., retrodatabile di due o tre secoli. Sulla musica greca possediamo soltanto una quarantina di notazioni precedenti, che sono per frammenti indecifrabili. Un papiro del ii secolo prima di Cristo associa ad alcuni versi dellOreste di Euripide una parte strumentale accanto al testo per il coro. Non
sappiamo niente sulla dinamica. Nulla dei tempi e dei ritmi con cui gli aedi
intonano i loro versi accompagnandosi con lire e cetre. Di sicuro a teatro e
nei luoghi pubblici le grandi arpe integrano i numerosi strumenti a percussione e a fiato, ma non c modo per ricostruirne leffetto sonoro.
Infatti, sono muti i numerosi reperti che documentano antiche cerimonie
sacre e profane in cui cantano, suonano e ballano tutti i popoli antichi, perfino i romani, pur meno musicali degli altri. Il primo musicista di cui conosciamo il nome una donna: Enheduanna, sacerdotessa a Ur dei caldei attorno al 2300 a.C. Tante figure dipinte dagli egizi mostrano cantori e suonatori.
Ci sono vivaci musiche strumentali in Cina e India in millenni lontani. Il

100Epitaffio31

primo attrezzo musicale conosciuto un flauto rudimentale, un osso cavo


con fori artificiali trovato in Germania risalente a circa 40000 anni fa. Incisioni rupestri europee e oggetti cinesi databili almeno dieci millenni avanti
Cristo segnalano luso di corde vibranti. Le prime civilt mediterranee consentono di esporre nei musei gli antenati di oboi e flauti, assieme a trombe e
corni rudimentali, oggetti a percussione, strumenti a corde pizzicate. Bassorilievi su pietra e disegni su vasi suggeriscono come questi strumenti vengono impugnati e dove sono usati, ma serve molta fantasia per immaginarne il
suono. Si pu intuire il timbro, non certo la melodia.
Ignote sono le circostanze che portano alla nascita della melodia, una
successione ordinata dintervalli, la cui ampiezza fissata dalla distanza fra
le note. Il soffio del vento, il canto degli uccelli, la vibrazione delle corde, le
stesse voci dei nostri antenati suggeriscono gli intervalli che consentono di
distinguere un disegno sonoro da un rumore ambientale. Il suono nasce
quando una corda tesa vibra: pi corta la corda, pi alta la frequenza
della vibrazione, pi acuto il suono che arriva allorecchio. Cambiando la
lunghezza della corda, secondo i criteri numerici descritti nel capitolo precedente, si ricavano suoni che definiamo note e che riuniamo in insiemi coerenti denominati scale. Gli stessi risultati si ottengono soffiando dentro un
tubo vuoto, e poi in altri tubi lunghi la met, i due terzi, i tre quarti. Tubi che
si possono affiancare, per dare origine a un flauto di Pan, detto anche zufolo.
Oppure si pu usare un tubo unico, con fori distanziati nei rapporti giusti,
da tappare con le dita. Sempre di colonna daria si tratta, di vibrazione fisica,
di proporzioni matematiche governate dal principio della semplicit. Disponendo le note in sequenza si costruiscono le melodie. Sovrapponendole, si
hanno gli accordi e dunque le armonie. Come abbiamo detto, due note
suonate assieme sono sempre di ascolto piacevole (consonanze) se il rapporto delle loro frequenze 1:2 (ottava). Leffetto resta consonante se si aggiunge una terza nota in rapporto 2:3 (quinta) oppure 3:4 (quarta). Cio sono
consonanti gli accordi do-sol-do e do-fa-do. Tutte le altre combinazioni non sono perfette, quindi sono dissonanze.
Agli antichi teorici greci va il merito di aver forgiato la terminologia musicale europea dal Medioevo in poi, sia pure con infiniti errori e fraintendimenti da parte di trattatisti successivi, sempre alla ricerca di giustificazioni nel
passato per le loro speculazioni sul presente. Dopo Pitagora, lidea di musica
come figlia dei numeri interi e specchio del cosmo sviluppata dallallievo
Filolao, a sua volta maestro di Archita, signore di Taranto, uomo politico e
militare, liberatore di Platone dalle carceri siracusane, ma anche architetto e
scienziato, astronomo e musicista. Archita riconosce che gli intervalli perfetti
(consonanze) di ottava, quinta e quarta non sono divisibili in parti uguali senza provocare incompatibilit (dissonanze) fra le singole note. Infatti, la nota

32 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

che si ottiene dividendo lottava a met esatta produce la dissonanza pi dura


in assoluto, quel tritono (tre toni interi consecutivi) che i trattatisti medioevali definiscono diabolus in musica. La nota del tritono, inoltre, non cade
esattamente a met del tono intero che separa le note perfette fa e sol, ma un
po pi lontana dal fa e pi vicina al sol. Il corollario che salendo la scala
tritono la quarta maggiore do-fa diesis, scendendo tritono la quinta minore
do-sol bemolle. I termini diesis e bemolle nascono (anche) da queste
considerazioni, e tuttora ci ricordano che le distanze fra i gradini cambiano se
le scale si salgono o si scendono. Salendo sono diesis, scendendo sono bemolle. Archita sa che, dividendo per due anche gli altri intervalli naturali, si producono sempre dissonanze. Va meglio se, nella frammentazione, si accetta la
presenza di un resto. Lintervallo perfetto do-fa diviso nei due toni interi
uguali do-re e re-mi lascia il resto mi-fa; lintervallo sol-do si dimezza in sol-la
e la-si con altro resto si-do. I due resti non sono ovviamente uguali fra loro,
ma sono circa mezzi toni, semitoni. Si ottiene una scala di sette note. un
altro modo di intendere il compromesso degli assiro-babilonesi.
Un paio di generazioni dopo Archita e Platone, il prolifico Aristosseno,
allievo diretto di Aristotele, dedica alla musica un paio dei suoi 435 trattati
sullo scibile umano: nellincompleto Elementi di ritmica scrive che il tempo
della musica deve seguire quello della poesia. Nei due libri che ci sono rimasti
di Elementi di armonia espone i princpi della melodia intesa come successione
di note separate fra loro da un intervallo. Fra le due note che delimitano lintervallo consonante di quarta (do-fa), inserisce altre due note divise da intervalli variabili e ricava la successione di quattro note detta tetracordo (do-remi-fa). Costruisce un nuovo tetracordo sullultima nota del precedente, giunge
allottava (fa-sol-la-si) e torna cos la divisione dellintervallo di ottava in sette
parti. Emerge come preferita la cosiddetta scala diatonica, quella che troviamo sui tasti bianchi di una moderna tastiera di pianoforte. Come tutte le altre
possibili scale, la diatonica non divide lintervallo di ottava in sette parti perfettamente uguali. Le sue cinque parti intere (toni) pi le due loro met (semitoni) sono disposte in successione fissa. Due toni interi T (do-re-mi) stanno fra
due semitoni S (si-do e mi-fa) a loro volta preceduti (o seguiti) da tre toni interi T (fa-sol-la-si) in una catena infinita, discendente e ascendente: ...
ttstttsttstttstts... (...do-re-mi-fa-sol-la-si-do-re-mi-fa-sol-la-si...).
Da ciascuna delle sette note parte una scala particolare, distinta dalle altre per la posizione dei semitoni. Per gli antichi greci, ciascuna scala o modo ha un suo carattere, capace di influenzare chi ascolta. Al punto che i
nomi dei singoli modi sono legati a un territorio, come dire che la musica
esprime il carattere di una popolazione o lemozione di un momento. Il modo frigio va bene per il lamento di Seikilos, come si visto. Per con lavvertenza che i veri modi greci non corrispondono ai modi ecclesiastici o

100Epitaffio33

gregoriani in uso pratico nel Medioevo e teorizzati con molti malintesi


dallo svizzero Glareano in quella sorta di storia della musica da Boezio in poi
che il suo Dodekachordon (1547). Restano i nomi e le successioni degli intervalli, ma le note di partenza sono diverse, nellordine: do, re, mi, fa, sol,
la, si, che corrispondono ai modi moderni ionico o maggiore, dorico,
frigio, lidio, misolidio, eolio o minore, ipofrigio.
Il declino della civilt greca, il disinteresse dei romani e la permanente
difficolt di far uscire la musica dalla tradizione orale portano a una stasi
evolutiva, almeno in Occidente. Poco si sa del resto del mondo che favorisce
la concretezza del suono e della sua scansione, dove per cantare una melodia
basta una vaga e irregolare scala pentatonica, magari con una nota in pi che
la trasformi in esatonica. In Cina, India, Vietnam e Giappone si tiene gran
conto della qualit e dellindividualit del materiale che il singolo suono genera, cio del timbro. Meno ancora si conosce della musica in Africa, dove
comunque si bada alla sua distribuzione nel tempo, cio al ritmo. In Asia,
come in Africa, contano poco le relazioni reciproche (intonazione) fra le
singole note, critiche per il mondo occidentale. Nulla tramandato sulla
musica negli altri continenti.
Il canto cristiano, erede di quello delle sinagoghe ebraiche, a lungo nascosto nelle catacombe e finalmente uscito allaria aperta dopo leditto di
Costantino del 313 d.C., fa rifiorire larte della musica in tutto il Mediterraneo. Assieme alle nuove speculazioni teologiche che cercano radici nel pensiero greco, riprendono vigore le teorie musicali di Pitagora e Platone, di
Aristotele e Aristosseno. Ne discettano i dotti padri della Chiesa. Gli operativi vescovi delle comunit periferiche invitano a intonare soprattutto canti
nuovi, in segno di autonomia dal potere centrale. Nasce il canto gregoriano.
Si entra in un altro mondo.

Ascolti
Pugnate, Musica Romana, Emmuty Records 2009
Musique de lAntiquit grecque, Annie Blis, Ensemble Krylos, Krylos 1996

Letture
S. Hagel, Ancient Greek Music: a New Technical History, Cambridge University Press,
Cambridge 2010
T.J. Mathiesen, Apollos Lyre: Greek Music and Music Theory in Antiquity and the Middle
Ages, University of Nebraska Press, Lincoln 1999

1000 Victimae paschali laudes


Vipone di Borgogna

Le prime musiche dautore Inni cristiani Severino Boezio, Aristide Quintiliano, Venanzio Fortunato Canto
ambrosiano, gallicano, mozarabico, romano Canto gregoriano Intonare e scrivere la musica: Oddone da Cluny e
Guido dArezzo Tropo e sequenza Corruzione e rinascita del gregoriano
La pi antica melodia firmata tuttora in uso appartiene alla liturgia cristiana cattolica. Sintitola Victimae paschali laudes e si canta nelle cerimonie del
giorno di Pasqua. semplice e piana, come la sua origine gregoriana vuole.
Si articola per segmenti melodici ben distinti, seppur legati fra loro, e che
seguono lo svolgersi di un testo di otto strofe irregolari, con due o quattro
versi. I segmenti musicali sono cinque, disposti secondo lo schema abbcdcde: primo segmento, secondo subito ripetuto, terzo e quarto intersecati,
quinto che chiude. Si canta a una voce sola, oppure in maniera antifonale,
cio con due voci singole (o due cori allunisono, cio cantando le stesse
note) che intonano ciascuna un segmento, alternandosi. La melodia elementare, priva di accompagnamento. Il testo, in latino medioevale, invita a
lodare il sacrificio pasquale: Ges diventa agnello, Maria scopre il sepolcro
vuoto, il figlio pianto per morto invece risorto.
Per la prima volta nella storia, un brano musicale non pi anonimo ma
attribuito a un autore, sia pure non individuato con certezza. Un manoscritto dellxi secolo assegna il testo di Victimae paschali laudes a Wipo (latinizzato Vipone) di Borgogna, che attorno al 1030 chierico e istitutore alle corti
imperiali di Corrado ii il Salico e del successore Enrico iii. Altre fonti rimandano al cantore e teorico Notker Balbulus (ix secolo), monaco benedettino
nel convento svizzero di San Gallo, o al contemporaneo Adamo di San Vittore, canonico nellomonima abbazia di Parigi. Poco chiara anche lorigine
della melodia in s, forse di Wipo stesso, forse aggiunta alle parole attingendo a un repertorio consolidato e non frutto di personale creazione. Sono
questioni musicologiche serie, che nulla tolgono allimportanza di stabilire la
paternit di una musica.
Da sempre, infatti, la Chiesa scoraggia lindividualit a favore dellanonimato, allinterno di un disegno di centralizzazione e di controllo della diaspora dei riti scoperchiata dalleditto di Milano (313) col quale limperatore
Costantino concede libert di culto al cristianesimo. Fra le tante espressioni

1000 Victimae paschali laudes 35

di fede uscite dalla clandestinit, il canto sacro una commistione delle comuni radici ebraiche, greche e romane, con le varianti elaborate nei luoghi
di periferia e nei centri del potere. La libert favorisce lo sviluppo di nuovi
riti liturgici locali con i relativi canti, che prendono il nome di gallicani in
Gallia e mozarabici in Spagna, anglicani in Inghilterra, ambrosiani e romani
a Milano e Roma, bizantini, siriaci, copti a Costantinopoli, Antiochia, Alessandria. Si compongono anche nuovi testi poetici, a integrare quelli presi
dalle Scritture (i salmi): sono gli inni cristiani, ispirati ai modelli omerici,
delfici, pindarici, oltre che al canto dOriente. Li troviamo negli inni ebraici
riscritti in lingua siriaca (inizi del iv secolo), in quelli latini di santIlario di
Poitiers (prima met del iv secolo) e nei famosi Aeterne rerum conditor, Jam
surgit hora tertia, Deus creator optime, Veni redemptor gentium, i quattro inni
che santAgostino attribuisce a santAmbrogio vescovo di Milano (e forse
autore di altri nove inni).
SantAgostino autorevole e competente, non solo come padre della Chiesa e cerniera con la tradizione pitagorica e platonica. anche autore del diffuso trattato De musica (circa 390), molto influente sulla pratica del tempo e
successiva. Al suo pensiero si rif De institutione musicae (circa 500) di Severino Boezio che a sua volta, magari passando dal trattato Sulla musica (iii secolo) di Aristide Quintiliano, chiude il cerchio col passato greco e apre quello
col futuro gregoriano. La contemporanea scissione dellimpero romano fra
Occidente e Oriente, la scomparsa del primo sotto lazione delle grandi migrazioni (cio invasioni barbariche) e larroccamento del secondo in difesa
dellesistente portano ovvie conseguenze politiche, con forte impatto sui costumi, le arti, e la musica in particolare. In tutto il mondo cristiano, soprattutto nelle periferie libere e multietniche, nascono nuove forme di poesia religiosa con vocazione musicale, come gli inni latini Vexilla regis e Pange lingua
(569) di Venanzio Fortunato, un veneto passato in Gallia e diventato vescovo
della gallicana Poitiers. Nel vii secolo si diffonde la pratica di drammatizzare
le feste, in particolare quelle pasquali e natalizie, con cerimonie fastose in
chiesa e allaperto che mobilitano celebranti e monaci, chierici e cantori. Assai
diffusa pure la musica nei conventi, intesa come ausilio alla preghiera e come
alternativa al silenzio devozionale, con pratiche che di rado coincidono con
quelle diocesane, a loro volta non sempre coerenti con quelle romane.
Mentre la Chiesa di Costantinopoli lascia ampia autonomia alle proprie
comunit lontane, quella di Roma tenta subito di centralizzare. Non ne ha la
forza per almeno tre secoli, dalla caduta dellimpero romano dOccidente
(476) fino al raggiungimento di uno stabile rapporto di dare e avere con la
dinastia carolingia ormai consolidata in Gallia. Il robusto legame fra potere
temporale e spirituale nasce con la legittimazione di re Pipino il Breve nel
751 e si conferma quando Leone iii, a Roma, nella notte di Natale dellanno

36 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

800, incorona Carlo Magno imperatore. Il soglio pontificio riceve cos la


forza necessaria per iniziare lunificazione del culto cristiano e della sua appendice musicale. Servono comunque altri tre secoli per compiere limpresa.
Resistono a lungo in Italia il rito beneventano, abolito nel 1058 da papa
Stefano ix, e in Spagna quello mozarabico, soppresso nel 1067 da Alessandro ii. Con eccezione parziale per la potente diocesi di Milano e totale per le
Chiese dOriente ormai fuori dallorbita romana, sono definiti i testi per le
parti fisse e variabili della messa, per le cerimonie religiose di tutto lanno,
comprese le devozioni conventuali.
Si arriva allomogeneizzazione graduale della musica cristiana. Funge da
modello universale un tipo di canto che nasce nellviii secolo attorno alla
citt di Metz, nel nord della Francia e nel cuore dellimpero carolingio, incrociando il locale stile gallicano con quello centrale romano. Gli attribuito il
nome di canto gregoriano cercando un legame postumo fra san Benedetto,
padre del monachesimo centrifugo, e Gregorio i Magno (papa fra 590 e 604),
centripeto promotore di una profonda riforma liturgica che per con la musica non ha nulla a che fare. Soltanto durante il ix secolo si stabiliscono le
regole con cui comporre e intonare le melodie, nel rigoroso rispetto del senso
e del ritmo delle parole. Ai testi antichi salmi e scritture e quantaltro fissato da papi e padri conciliari si associano in modo empirico antiche melodie
appartenenti a uno degli otto modi gregoriani ispirati dalla teoria greca. Per
i testi nuovi (inni, tropi, sequenze) vengono ideate melodie nuove, sempre
nellambito di un modo gregoriano specifico, con autori di parole e di musica
che di rado coincidono, e quasi mai sono riportati. La diffusione assicurata
dalla creazione di scuole di canto in cattedrali e conventi collegati fra loro dai
trasferimenti di monaci e dalla capillare diffusione delle pergamene copiate
dagli amanuensi. Manca ancora un affidabile sistema di scrittura musicale e
le melodie possono essere imparate soltanto a memoria.
I rivolgimenti del tempo sono ben documentati dai manoscritti conservati nei maggiori monasteri. Molti sono solo testi teorici che poco considerano
la pratica e sempre rimandano al passato pitagorico come lEtymoligiae (630)
di Isidoro da Siviglia, Musica disciplina (850-77) di Aurelianus Reomensis,
De institutione harmonica (880) di Hucbald de Saint-Amand. Numerose altre pergamene consentono di intuire i sistemi con cui la periferia si difende
dalla volont centralizzatrice romana. Un manoscritto, proveniente dal monastero di San Marziale di Limoges (fine del ix secolo), segnala la presenza
di innovazioni importanti, quali il tropo Quem quaeritis, legato alla liturgia
della Pasqua. Il Liber hymnorum (circa 880), attribuito al gi citato Notker
Balbulus, tramanda sequenze per il tempo di Natale.
La voglia di innovazione nasce dalla necessit, tutta musicale, di rendere
meno monotona la salmodia del canto gregoriano, una nenia senza pause,

1000 Victimae paschali laudes 37

ritmi, scatti. I maestri cantori delle comunit centrali e periferiche aggiungono abbellimenti (vocalizzi, melismi) alla spoglia melodia, in particolare sulle
parole Amen e Alleluja, che sono le clausole finali dei testi liturgici. Il
vocalizzo diventa una via di fuga dalla schiavit del verbo, il giubilo allelujatico un grido liberatorio e senza parole. Per meglio ricordare queste fioriture decorative, sempre pi lunghe e articolate, necessario il supporto di
altri testi scritti, che prima sono soltanto parole isolate e poi diventano versi
poetici compiuti, a loro volta autonomi dalla tradizione biblica e dai precetti romani. Come dire che le parole nascono dalla musica. questa la forma
primitiva e pi semplice del nuovo genere chiamato tropo. A sua volta, il
tropo diventa sequenza quando allarticolata formulazione melodica si
aggiunge un testo poetico nuovo e importante. Com appunto il caso di
Victimae paschali laudes.
Ben presto il percorso melodico delle sequenze diventa tanto complicato
da non poter essere ricordato con il semplice aiuto delle parole dei testi vecchi e nuovi. Ai cantori non bastano pi gli infiniti esercizi di memorizzazione. Serve una scrittura musicale che integri la trasmissione orale. I primi
esempi si trovano su manoscritti dellviii secolo in cui segni chiamati neumi (in greco gesto, ossia il movimento della mano del maestro di canto
per scandire il tempo) e collocati sopra le parole da cantare indicano gli andamenti della melodia, verso lalto e verso il basso, senza specificare per gli
intervalli. Pi tardi i neumi vengono disposti su righi, per fissare le altezze
relative delle note. I righi aumentano di numero, fino a quattro nella pratica
liturgica gregoriana, fino a cinque nel sistema moderno. Nel x secolo Oddone da Cluny codifica luso delle lettere (c, d, e, f, g, a, h) per identificare le
sette note della scala musicale, un metodo ancora in uso nel mondo anglosassone. In Italia, il monaco Guido dArezzo suggerisce luso delle sillabe
iniziali dei sette versi del popolarissimo Inno di san Giovanni per intonare le
stesse sette note: ut (in seguito do), re, mi, fa, sol, la, si, tuttora in uso nei
paesi latini. Sempre Guido, autore degli scritti Micrologus de disciplina artis
musicae (circa 1026), Aliae regulae (1030) ed Epistola ad Michaelem de ignoto cantu (1030-33), inventa una tecnica, detta solmisazione, valido ausilio
mnemonico per passare da uno a un altro degli otto modi gregoriani. La linea
melodica pu cos essere scritta su pergamena e facilmente letta, ricordata,
cantata. Resta vaga la determinazione della durata e del ritmo, cio del fluire
del tempo, anche se lintroduzione dei neumi consente una ricostruzione
accettabile della pratica musicale in chiese e conventi allinizio del secondo
millennio. Quando poi, verso il xv secolo, la notazione moderna sostituisce
quella neumatica, si semplifica la lettura della musica, ma si perdono molte
sfumature legate alla pratica e alla trasmissione orale. Sfumature che molti
considerano essenziali e che sono perse per sempre.

38 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

La fortuna delle sequenze subito enorme, soprattutto nei conventi,


meno soggetti delle chiese diocesane al controllo centrale. Alla fine del Medioevo, nellOccidente cristiano, il numero delle sequenze in uso supera le
cinquemila unit, con gran variet di accenti e di contenuti. Hanno diffusione universale le sequenze Veni sancte Spiritus per la liturgia della Pentecoste,
scritta attorno allanno 1200 con testo attribuito a Stephen Langton, arcivescovo di Canterbury; Lauda Sion Salvatorem (1263) di san Tommaso dAquino per la festa del Corpus Domini; Dies irae (1260?) per la liturgia dei defunti, attribuita un tempo a Tommaso da Celano ma ora a san Bonaventura;
Stabat Mater (1300) per il Venerd Santo, forse di Jacopone da Todi, trasformata in monumento musicale da Josquin Desprs in pieno Cinquecento. La
pratica della sequenza si protrae fino a tutto il Rinascimento ed accolta
dalla riforma protestante. Lo stesso Lutero traduce e adatta un segmento di
melodia di Victimae paschali laudes nel corale Christ ist erstanden, ripreso
dallintera tradizione musicale luterana, da Schtz a Buxtehude, da Pachelbel a Bach, fino a Reger e Busoni e oltre. La popolarit di queste e di altre
sequenze spinge i polifonisti del tardo Medioevo e dellintero Rinascimento
a usare le ben note melodie come tema unificante delle loro complesse creazioni. appena il caso di anticipare che il testo di Stabat Mater ripreso dai
maggiori autori moderni di musica sacra, da Pergolesi a Rossini e Verdi, da
Szymanowski a Penderecki.
Dal tardo Medioevo, col passare del tempo, la sequenza liturgica sente il
richiamo della libera canzone profana. Il testo poetico si allontana dallortodossia e la musica prevale sulla parola. Il lassismo delle curie centrali fra
Trecento e Quattrocento permette che il genere della sequenza si snaturi.
Solo nel Cinquecento, stimolata dalla Riforma luterana, torna la volont
della Chiesa romana di mettere ordine. Il Concilio di Trento decide di escludere dalla liturgia tutte le sequenze in uso, tranne quattro delle cinque sopra
citate (solo nel 1727 riammesso lo Stabat Mater). Nel 1611, papa Paolo v
affida a Felice Anerio e Francesco Soriano, allievi di Palestrina, il compito di
ristabilire il repertorio gregoriano, ormai talmente decaduto e snaturato
dalle successive notazioni da essere irriconoscibile. I due redattori peggiorano le cose: adattano lantico canto ai gusti del tempo e compongono un
nuovo Graduale che ha poco (nulla) in comune con la tradizione ma che diventa ufficiale e resta in vigore fino al Concilio Vaticano ii. Soltanto nei nostri
giorni si sente in qualche chiesa un gregoriano accettabile, frutto della rinascita iniziata a met Ottocento in Francia, nellabbazia benedettina di Solesmes, grazie a dom Andr Mocquereau. I legami col passato restano comunque incerti perch il tenue filo della tradizione orale si interrompe per
svariati secoli e gli scritti su pergamena ci riportano solo indizi.

1000 Victimae paschali laudes 39

Ascolti
Chant ii, Monks of Santo Domingo de Silos, emi Angel 1995
50 Essential Gregorian Chants, Denon Records 2010

Letture
R.L. Crocker, An Introduction to Gregorian Chant, Yale University Press, New Haven
2000
J.W. McKinnon, The Advent Project: the Later-seventh-century Creation of the Roman
Mass Proper, University of California Press, Berkeley 2000

1198 Sederunt principes


Protin

Fonemi distribuiti su parole stirate Voci che si sovrappongono sul cantus firmus Le polifonie di Notre-Dame Vox
organalis, tenor, organum, duplum, triplum, quadruplum
Melismi e contrappunti Dialettica alternanza fra consonanza e dissonanza Fissit ripetitiva che ispira i minimalisti del Novecento
Che il disinteresse dei musici per i significati della parola abbia radici salde
e profonde ben documentato dallorganum quadruplum (a quattro voci)
Sederunt principes di magister Protin (Perotinus), composto a Parigi attorno
al 1198 e destinato alle cerimonie del 26 dicembre in onore di santo Stefano
nella cattedrale di Notre-Dame. Sono almeno una dozzina di minuti di musica assoluta, che pu durare ben oltre inserendo ulteriori segmenti (clausulae) o semplicemente rallentando la velocit di esecuzione. Per tutto
questo tempo, il breve testo (ventidue parole su due versetti del salmo 119)
stirato sulle note lunghissime del cantus firmus, la melodia principale
che tutto sostiene, affidata alla voce grave, mentre le altre tre voci cantano
fonemi asemantici. Lo sforzo di Protin tutto concentrato sul meccanismo
musicale. La durata abnorme (per quel tempo) di Sederunt principes viene
dallo sfruttamento della legge fisico-matematica che regola la presenza simultanea di suoni diversi. Muovendosi e cantando melodie differenti, le
quattro voci fanno sovrapporre note che producono dissonanze e consonanze. Ai tempi di Protin valgono ancora i criteri numerici descritti nel primo
capitolo (Le sfere della musica) e sono accettati come consonanti solo gli
intervalli di quinta, quarta e ottava. Sono dissonanti tutti gli altri. Proprio
perch sgradite allorecchio, le dissonanze trasmettono un senso di precariet che, pi a lungo persiste, pi genera voglia di tornare al tranquillo stato di
consonanza.
Protin costruisce il suo pezzo partendo con le quattro voci che intonano
note consonanti. Alla voce pi bassa affida il cantus firmus, sul quale ogni
altra voce si muove: una melodia desunta dal canto gregoriano ma resa irriconoscibile perch ciascuna nota tenuta per una durata abnorme. A ciascuna delle altre tre voci Protin fa cantare differenti segmenti melodici. Le
dissonanze che nascono dagli incroci e il nuovo artificio detto hoquetus
(singhiozzo, una pausa improvvisa) rendono dinamico un quadro musicale
comunque dominato dalle scansioni ritmiche che ogni voce deve rispettare.

1198 Sederunt principes 41

Si esprimono cos lansia per la partenza, i sussulti del percorso, il desiderio


della sosta. Emozioni risolte riportando tutte le voci su una consonanza che
diventa subito trampolino per un nuovo ciclo. Le soste possono durare un
attimo, solo per riprendere fiato; oppure lasciare spazio a una divagazione
monodica, prima di ripartire.
Non ci potrebbe essere esempio migliore per esprimere quel senso di
viaggio attraverso le note che il vero elemento distintivo fra la musica occidentale e tutte le musiche di altra cultura. Viaggio astratto, in cui il significato delle parole sfuma e il senso del testo si perde, anche perch non serve.
Lantico magister Protin sceglie con cura la durata di ciascun segmento e
linebriante gioco di permutazioni di note e registri vocali. Capisce che basta
poco per annoiarsi del riposo e che subito esplode la voglia di ripartire verso
un ignoto fascinoso proprio perch cacofonico. Protin valorizza la scansione ritmica appena introdotta da Lonin (Leoninus), suo predecessore alla
guida della musica a Notre-Dame. Lonin , infatti, il primo a sfruttare in
modo strutturale larmonia, a sua volta conseguenza degli sviluppi della
polifonia, cio del canto simultaneo di pi voci germinato almeno tre secoli
prima dalla monodia (e monotonia) del canto gregoriano a voce singola. Del
quale ora il caso di ripercorrere le tappe.
Sappiamo che, per animare la melodia di una voce sola, al massimo alternata con altre in forma di antifona o di responsorio, nel ix secolo entrano in
gioco tropi e sequenze di sempre maggiore complicazione, con necessit di
un testo di sostegno. Presto si registrano delle tendenze centrifughe. Nel
secolo successivo iniziano le sovrapposizioni di melodie diverse e i primi
esempi di polifonia. Alla voce principale se ne aggiunge una seconda, la vox
organalis, che canta la medesima melodia, separata da un intervallo consonante di quinta, quarta o ottava. In principio le due voci procedono in parallelo, nota contro nota (punctum contra punctum, da cui contrappunto); dopo
un po la nuova voce si distingue, cambia in maniera graduale la propria
melodia, e le nuove note creano frizioni con quelle originali. Arriva cos il
pepe della dissonanza, sia pure di passaggio e con garanzia di pronto rientro
sui binari della consonanza.
Passa un po di tempo e la seconda voce comincia a decorare la propria
melodia con melismi: aggiunge note che fanno accelerare la velocit di emissione e impongono lestensione della durata delle note nella sottostante
vox principalis. Nel giro di pochi decenni ci si ritrova con la vox organalis che si esibisce in un ininterrotto florilegio di melismi virtuosistici appoggiati sulle note lunghe e quasi immobili della vox principalis, ormai giustamente ribattezzata cantus firmus e affidata alla voce detta tenor (dal latino teneo, tenere). Ogni nota della melodia originale del cantus firmus passa
a quella successiva soltanto quando la vox organalis finisce la sua porzione

42 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

di divagazione e le si ricongiunge su un intervallo consonante. Da l il processo si replica fino a nuova consonanza. Questa tecnica prende il nome di
organum purum o duplum, perch le voci sono due. praticata fin
oltre il xii secolo e diventa triplum e quadruplum quando si aggiungono una terza (xi secolo) e una quarta voce (xii secolo), esaurendo la gamma
dei registri naturali di soprano, alto, tenore, basso. Nella pratica, stabilito il
tenor, si scrivono in successione prima il duplum, quindi il triplum e infine
il quadruplum per completare il quadro senza badare pi di tanto ai rapporti reciproci.
Si raffina nel tempo lornamentazione, cio linserimento di note di breve
durata. Nel duplum diventano centinaia le note melismatiche appoggiate su
ununica nota del cantus firmus. Quando il numero delle voci si moltiplica
fino a quattro, sorge la necessit di dare punti di riferimento ai singoli cantori. Una prima soluzione arriva con lintroduzione del rivoluzionario principio di misura del tempo musicale detto modo ritmico, introdotto verso
il 1150, descritto nel 1240 in De mensurabili musica di Johannes de Garlandia e rimasto in uso per quasi due secoli. Prende a modello la metrica quantitativa della poesia greca e stabilisce sei modi diversi per organizzare la durata del suono, permutando sequenze di due o tre note lunghe o brevi. Non
ovviamente il concetto di ritmo che abbiamo oggi. La misura del tempo
resta aperta perch le durate sono orientate pi dalle capacit tecniche dei
cantori che dagli accenti della frase, dalla quantit delle sillabe, dal senso
delle parole. Parole peraltro che la sovrapposizione alle altre rende incomprensibili. Poco importa ad autori e cantori, interessati solo agli incastri
musicali: vogliono stupire luditorio, formato dai potenti del clero e della
terra da una parte, dallaltra da semplici fedeli presenti alla cerimonia e stupiti dalla bravura dei solisti, che fermano il canto collettivo per dar spazio ai
loro virtuosismi canori. La musica sacra diventa spettacolo, non pi solo
un ausilio per la preghiera.
Non meno di 50 manoscritti diffusi nei maggiori centri monastici documentano la pratica polifonica fra il ix e il xiii secolo. Il termine organum
compare per la prima volta nellanonimo Musica enchiriadis (Manuale di
musica, circa 890) che insegna come improvvisare varianti al canto gregoriano. Cento anni dopo, con i suoi circa 150 organa a due voci, il Tropario di
Winchester (circa 1000) testimonia la nascita della scuola inglese. La scrittura su righi, secondo la notazione di Guido dArezzo, consente di leggere
laltezza delle note nelle composizioni a due voci contenute nel Codex calixtinus (1150) in uso a Santiago de Compostela. tuttavia la Scuola di NotreDame di Parigi, nata attorno al 1160 assieme alla costruzione della nuova
cattedrale, ad assumere presto un ruolo dominante rispetto agli altri centri
in Inghilterra, Aquitania e Spagna, con Italia e Germania ancora assenti. Il

1198 Sederunt principes 43

testo fondamentale della Scuola di Notre-Dame il Magnus liber organi, una


raccolta di canti da eseguire durante le celebrazioni liturgiche di tutto lanno.
Non ci pervenuto alcun originale del testo preparato attorno al 1190 da
Lonin e aggiornato attorno al 1200 dal successore Protin. Restano solo
alcune copie di amanuensi, la pi importante delle quali, databile 12451255, conservata nella Biblioteca medicea laurenziana di Firenze e contiene un migliaio di pezzi, molti introdotti in anni successivi. Prevalgono gli
organa a due voci nel cui filamento sono inseriti i segmenti definiti clausulae,
con una scrittura di tipo nuovo detta discantus. uninnovazione essenziale, introdotta da Lonin.
La voce bassa del tenor abbandona la fissit del cantus firmus e dialoga
quasi nota contro nota con la vox organalis. Le due voci si coordinano fra
loro perch ciascuna adotta un suo ben definito modo ritmico. La bravura
del compositore sta nel disegnare percorsi melodici originali entro modi
ritmici che esaltino lalternarsi di consonanza e dissonanza. La bravura dei
cantori sta nel coordinamento reciproco, in mezzo al pullulare dei segmenti melodici e ritmici. Il problema, per tutti, scandire il tempo e fissare le
durate, appoggiandosi su un testo scritto perch la sola memoria non basta
pi. Il cantore e compositore Lonin maestro in queste tecniche ed
anche linventore dellhoquetus, di cui fa grande uso in Viderunt omnes, il
suo lavoro pi famoso e ampio. Di lui ci sono pervenuti solo organa a due
voci. Il primo organum a tre voci che conosciamo Congaudeant catholici
(circa 1170) del suo predecessore magister Albertus, figura di rilievo nella
scuola polifonica parigina e probabile allievo del fondatore Adamo di San
Vittore.
Nella Scuola di Notre-Dame la figura di spicco resta comunque Protin, il primo a scrivere per quattro voci il rivoluzionario Sederunt principes
(1198) e lequivalente sua versione di Viderunt omnes (1199) per la festa
della Circoncisione. In entrambi i casi, sistematica lalternanza di moto e
riposo, ossia di sezioni in cui le quattro voci si muovono (creando dissonanze) e si fermano (su accordi consonanti). Sono i primi esempi di composizione musicale basata sulla dialettica dellarmonia, intesa come regolatore
verticale della dimensione orizzontale della melodia. Prevedono la possibilit di permutare segmenti e di inserire clausulae in cui il cantus firmus
che si muove, mentre le altre voci sono assorbite dai loro giochi iterativi.
Stupisce ancora oggi lintegrazione fra il pullulare dei dettagli e la grandezza dellarchitettura, perfetta traduzione musicale di una cattedrale gotica
anchessa concepita come ripetitivo aggregato di tasselli architettonici
elementari.
Nel Magnus liber organi compaiono pure i due nuovi generi conductus
e mothetus. Nato come canto processionale, forse derivato dal repertorio

44 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

dei contemporanei trovatori e trovieri, il conductus diventa un contenitore


alternativo nel quale sperimentare canti fermi meno rigidi, di origine profana. La condotta delle voci superiori accoglie nuovi ornamenti. Protin, nei
suoi organa a quattro voci, particolarmente abile nellapplicare con grandi
risultati la scrittura a singhiozzo. Fin dai primi conductus a due voci si attribuiscono parole alla vox organalis, poi alla terza voce e infine alla quarta.
Resta la volont di trovare soluzioni musicali per illustrare il significato del
testo e, comunque, millantare giustificazioni teoriche, ma il congegno compositivo tutto sovrasta. Col tempo, lorganum cede il passo al conductus, e
nel conductus alla scrittura musicale si accompagnano testi diversi fra loro,
anche nella lingua, con latino intrecciato a volgare e conseguente assoluta
incomprensibilit delle parole. Si perde anche il senso religioso quando sono inseriti versi profani, talvolta portatori di gravi testimonianze morali come in Christi veritas di Philippe de Nemours, teologo e poeta, forse anche
musicista, detto il Cancelliere per il suo ruolo nelluniversit. Altre volte,
come in Orientis partibus, sono i versi umoristici e sboccati delle feste dei
folli in voga nei giorni di capodanno e carnevale. Linnovazione storica del
conductus che per la prima volta il tenor abbandona il cantus firmus di
origine paragregoriana e trova una melodia autonoma che lo rende equivalente alle altre voci. Un altro passo verso la moderna scrittura a quattro voci
si ha con il mothetus (dal francese mot, parola) nel quale alla scrittura musicale si accompagnano versi poetici non correlati fra loro, anche in lingue
diverse e sempre su voci di peso equivalente. La diffusione immediata, in
tutta Europa, grazie allefficienza delle comunicazioni fra conventi benedettini, come testimoniano in Spagna la nascita e lo sviluppo delle Cantigas de
sancta Maria (xiii secolo).
Protin muta il genoma della musica e ne controlla i replicanti. Sia pure
in modo discreto e sotterraneo, emerge come fantasma improvviso e lontano, nel corso dei tanti secoli che seguono. Spinge il compositore filologo
austriaco Rudolf von Ficker a trascrivere Sederunt principes per tre cori
(maschile, femminile, voci bianche) e grande orchestra sinfonica nel 1929.
Le instancabili pulsazioni ritmiche di Protin si saldano con le iterazioni del
giovane Stravinskij nel primo Novecento (La sagra della primavera, 1913; Les
Noces, 1914-23). A fine millennio insegnano le frammentazioni minimaliste,
per esempio, a Philip Glass (Music in Fifths, 1969) e Steve Reich (Drumming,
1970-71) in America; a Louis Andriessen (Hoketus, 1976) e Harrison
Birtwistle (Hoquetus Peter, 1995) in Europa. In Unione Sovietica diventano
ieratiche e non meno ossessive quando ne rallenta la scansione Arvo Prt:
Tabula rasa (1977), Fratres (tante versioni, 1977-92), De profundis (1980), Te
Deum (1985). Nellinterscambiabilit di segmenti e registri vocali delle sue
pagine medioevali, Protin anticipa i concetti di organicit strutturale com-

1198 Sederunt principes 45

binata con aree lasciate allimprevedibilit del caso e allestro dellinterprete


(alea), con architetture non concluse (opera aperta). Sono i criteri imposti da Pierre Boulez e Karlheinz Stockhausen agli allievi dei corsi estivi di
Darmstadt, solo una sessantina di anni fa.

Ascolti
Perotin, The Hilliard Ensemble, ecm 1988
Lonin/Protin, Sacred Music from Notre-Dame Cathedral, Tonus Peregrinus, Naxos
2005

Letture
R. Flotzinger, Von Leonin zu Perotin: Der musikalische Paradigmenwechsel in Paris um
1210, Lang, Bern 2007
R. Flotzinger, Leoninus Musicus und der Magnus Liber Organi, Brenreiter, Kassel 2003

1230 Carmina Burana


Anonimi profani

Prima grande antologia di canti profani Chierici vaganti


Trovatori in lingua doc Trovieri in lingua doil Minnesnger in alto tedesco Hildegard von Bingen Adam
de la Halle Meistersnger nel Rinascimento a Magonza e
Norimberga
Da sempre, accanto al canto religioso, fiorisce il canto profano, meno conosciuto solo perch meno documentato. Non ci sono calendari liturgici che
impongono scadenze regolari e nemmeno amanuensi conventuali disposti a
copiare testi di regola condannati da vescovi e abati. Ci si deve limitare a
testimonianze di cronisti e letterati, perch sono davvero pochi i manoscritti
con notazione musicale arrivati fino a noi. Fra questi, il repertorio pi vasto
e vario di canto profano del Medioevo prende il nome di Carmina Burana,
dallantico convento di Bura Sancti Benedicti (oggi Beuren, vicino a Bad
Tlz, nella Baviera meridionale). un voluminoso fascicolo su pergamena,
integrato con altri sette fogli (Fragmenta Burana) scoperti nel 1901. In tutto
sono 112 fogli perfettamente conservati e decorati con otto miniature. Contiene 315 testi poetici, di cui 268 in latino e 47 in tedesco antico, ordinati per
argomento: Carmina moralia (1-55) satirico-morali; Carmina veris et amoris
(56-186) lirico-amorosi in latino e tedesco; Carmina lusorum et potatorum
(187-228) di bevuta e conviviali, preceduti da alcuni canti satirici e conclusi
da due drammi religiosi; Carmina divina (229-315) moralistici e sacrali, con
26 poesie in latino e le restanti in alto tedesco, aggiunte qualche decennio
dopo la redazione delle precedenti. Il manoscritto compilato in momenti
diversi, e da vari amanuensi, attorno al 1230 in una corte principesco-vescovile di un non meglio identificato centro dellattuale Austria, fra Tirolo e
Carinzia. Si tratta dunque di un documento periferico rispetto ai centri politici e culturali dominanti nel Medioevo, ma che ben rappresenta una tradizione diffusa e rigogliosa, sia pure con infinite varianti e ramificazioni stilistiche. Alcuni testi sono apertamente blasfemi, altri canzonatori o solo divertenti. Comune una visione positiva della vita, il gusto per il buon vino e per
le belle donne. Poco si pu dire della musica. Di una trentina di testi sono
riportate le note, senza righi. Dal confronto con altre fonti, conosciamo ora
landamento melodico di 47 canzoni. Lo stile di queste melodie profane
uguale a quello delle sequenze e degli inni sacri, con un rapporto di dare e
avere fra i due repertori che si mantiene sempre fluido, come dimostra la

1230 Carmina Burana 47

presenza, fra i Carmina moralia, di materiali appartenenti alla contemporanea scuola parigina di Notre-Dame.
I nomi degli autori non sono riportati. Si tratta di chierici vaganti che,
non sopportando il rigido insegnamento dei conventi e ancor meno la corruzione e lamoralit della chiesa ufficiale, passano da un luogo allaltro cercando maestri veri. Chiamati anche goliardi (perch inclini ai peccati di gola, o
perch seguaci del biblico Golia) sono condannati dalle gerarchie ecclesiastiche ma benvoluti dal popolino e dalle corti alternative. A loro si devono
molte innovazioni. Assieme a saltimbanchi, giocolieri, strumentisti, si presentano nelle feste in piazza delle crescenti comunit urbane per divertire e
commuovere i nuovi borghesi con tecniche collaudate da secoli in chiese e
castelli. I chierici vaganti sono comunque degli intellettuali. Conoscono aedi
e poeti classici. Come gli autori dei testi delle coeve sequenze chiesastiche, si
ispirano alla poesia antica. Il canto profano medioevale nasce da Omero e
Virgilio, Saffo e Orazio, Anacreonte e Catullo, magari con influssi arabi importati dalla moresca Spagna. Usano differenti accenti, per omaggiare i gusti
del pubblico che da sempre stanno alla base del successo. I cantori profani,
rispetto a quelli sacri, hanno il vantaggio della libert nella scelta dei testi e,
come gli antichi, possono usare strumenti per accompagnare la loro arte
vocale. Cetre, vielle, ghironde, flauti, zufoli, tamburi, campanelli sono supporti correnti, documentati da testi letterari e da iconografia dogni tipo,
graditi nei luoghi profani e proibiti in chiesa. Consentono dintuire il suono
che si ascolta nelle corti e negli spazi cittadini di tutta Europa.
Fra i Carmina Burana troviamo brani di molti trovieri francesi e Minnesnger tedeschi, ossia di allievi dei trovatori dOccitania e Provenza, i
primi e pi famosi cantori profani di cui ci sono stati tramandati opere e
nomi. I documenti pi antichi provengono dai circuiti aristocratici e raffinati della corte di Aquitania, che non a caso ha sede non lontano da Limoges,
dove prospera il convento di San Marziale. Qui nasce la tradizione dei trovatori, con i loro temi dellamor cortese, dellalba che divide gli amanti, del
lamento per la lontananza, assieme alle storie delle spedizioni in Terra Santa
e delle lotte contro i mori che pulsano nelle chansons de geste.
Le forme poetiche e musicali sono assai simili a sequenze e inni religiosi
del tempo, anche se si chiamano chanson, aube, sirventes, plant,
ballade, jeu parti. Fra le undici chanson attribuite al primo trovatore
noto come tale, Guglielmo ix, duca dAquitania e conte di Poitiers, lunica
che ci pervenuta con notazione musicale Pos de chantar (circa 1100).
Subito diffusa in tutta la Linguadoca, larte dei trovatori ha la massima fioritura nelle cinque generazioni che si susseguono fra 1080 e 1350, con lamore impossibile per la principessa di Tripoli di Juafr Rudel, le invettive di
Marcabru, le danze primaverili Calenda maya di Rambaud de Vaquyeras, il

48 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

Quand vola lalouette e le amorose conquiste morganatiche del fornaio


Bernardt de Ventadorn alla corte di Eleonora dAquitania. Uno dei pochi
esempi di trovatori al femminile la contessa Beatriz de Dia. Di lei sopravvivono parole e musica soltanto della canzone A chantar mer (1170), delicato lamento per il suo amore tradito, con melodia nel modo dorico gregoriano e costruzione rispettosa della forma strofica del testo poetico
(ababcdb): un formato costante nella musica profana del tempo, raro invece
nella musica sacra.
Lo stile trobadorico si espande nella Spagna riconquistata di Castiglia e
Catalogna e produce la bella antologia delle Cantigas de sancta Maria (xiii
secolo), singolare mistura di sacro e profano raccolta in un bel manoscritto
illustrato da miniature di musicanti con strumenti vari che probabilmente
accompagnano il canto. I trovatori percorrono anche lItalia, come testimonia Dante, che cita Sordello e Casella nella Commedia, e che incorona Folchetto da Marsiglia come il maggior poeta perch un verso senza musica
come un mulino senzacqua. Degli italiani abbiamo per pochi nomi e
nessuna musica, forse a causa della forza inibitoria dellautorit ecclesiastica.
Infatti in Italia fiorisce la lauda, non a caso dispirazione religiosa anche se
in lingua volgare, come testimonia il magnifico Laudario di Cortona (seconda
met del xiii secolo).
Nella regione dorigine, il Sud della Francia, il declino dei trovatori comincia quando la regina Maria installa la sua nuova corte a Troyes e vi trasferisce i suoi trovatori preferiti. Nasce il nuovo circolo dei trovieri, che abbandonano la lingua doc e adottano quella doil, il francese parlato a nord della
Loira. Mantengono le stesse formule musicali, adattate ai progressi delle
notazioni. Fioriscono nuovi generi: il puy, una gara di canto a imitazione
dei tornei cavallereschi; il jeu parti, dialogo cantato e improvvisato da
trovieri esperti; il danzabile virelais; lo strutturato rondeaux. Sinnestano sulla versione pi nobile del romanzo medioevale, Perceval le Gallois
(circa 1190) di Chrtien de Troyes, che d a Richard Wagner lo spunto per
Parsifal. Accolgono il Planctus David super Saul et Jonath (inizi del xii secolo)
dove il povero Abelardo racconta del suo amore per Eloisa. Diventano le
prime testimonianze di musica applicata alle rappresentazioni pubbliche di
drammi sacri e di giochi amorosi.
Alle origini del Lied spirituale tedesco stanno le composizioni poetiche
e musicali della beata Hildegard von Bingen, badessa del convento benedettino di Rupertsberg, sul medio Reno: la storia edificante con 82 melodie
originali Ordo virtutum (1151), e il ciclo di antifone, responsori, inni e sequenze Symphonia harmonie celestium revelationum. Nel Duecento francese, i 30 000 versi della raccolta di leggende mariane Les Miracles de NostreDame (circa 1218-1228) di Gautier de Coincy sono accompagnati da 40

1230 Carmina Burana 49

canzoni dispirazione popolaresca. Sul versante profano, Le Jeu de Robin et


Marion (circa 1283) di Adam de la Halle il primo esempio di commedia
pastorale in musica, in cui un cavaliere si fa sedurre da una pastorella, intrecciando una fitta schermaglia verbale con una delicata sequenza di canzoni
dotte e popolaresche. Va in scena nel 1280 a Napoli, dove lautore arriva con
la corte di Roberto dAngi, si integra nella fiorente vita musicale profana
della citt, coglie i frutti dellestinta Scuola poetica siciliana.
Lo stile dei trovieri attecchisce subito di l del Reno. Cambiano la lingua
e i titoli, ma i luoghi, gli artisti, il pubblico e soprattutto la sostanza poetica
e musicale restano uguali. Minne come amore e Sang come canto, dunque
Minnesnger come trovieri/trovatori tedeschi. Dal 1170 il pubblico raffinato della corte imperiale di Federico Barbarossa che apprezza Friedrich
von Husen quando intona Mn herze und mn lp, il suo pi famoso Lied in
forma strofica (Barform), versione tedesca della chanson francese, su accompagnamento di cetre, liuti, campanelli. Nel secolo successivo, Palstinalied e Rondkanzone di Walther von der Vogelweide hanno diffusione internazionale e trovano posto fra gli anonimi in Carmina Burana. Nella stessa
raccolta si riconoscono carmina dei protowagneriani Hermann von Thringen e Neidhart von Reuental. A fine Trecento emergono un prolifico frate
anonimo salisburghese (Mnch von Salzburg) e il nobile gardenese Oswald
von Wolkenstein.
Assieme al Trecento tramonta la grande stagione di trovatori, trovieri e
Minnesnger. I primi sono dispersi dalla crociata contro gli albigesi; i secondi dallappassire della corte di Troyes; i terzi dal declino del feudalesimo
germanico e dalla crescita della borghesia cittadina. Con listituzione di libere universit, non hanno pi ragion dessere i chierici vaganti. In Germania,
per, la ricchezza delle citt consente di mantenere a Magonza, Wrzburg e
Norimberga un dopolavorismo molto formalizzato, con precisi gradi gerarchici che da Schuler (allievo) arrivano a Meister (maestro), dopo lunghi
incontri settimanali di addestramento e pubbliche gare di canto. la tradizione dei Meistersnger (maestri cantori), dalla quale procede tutta la
musica corale tedesca, profana e sacra, cattolica e riformata, fino ai nostri
giorni. Rinomanza continentale hanno Heinrich von Meissen, detto Frauenlob, e i due cantori eletti da Wagner a protagonisti di opere famose: il cavaliere e poeta Wolfram von Eschenbach Wolfram in Tannhuser; nei Maestri
cantori di Norimberga se stesso il calzolaio e cantore Hans Sachs, autore di
oltre 4500 Lieder, pi di 2000 Spruche e almeno 200 Schauspiele. Il
tuttora famoso Silberweise di Sachs ha connessioni con la cattolica Salve
Regina e con il corale luterano.
Il manoscritto dei Carmina Burana, compilato probabilmente per ricordare le cose pi belle di un repertorio al tramonto, resta negli archivi del

50 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

convento di Beuren fino al 1803 e va poi alla biblioteca di Monaco di Baviera. Il filologo Johann Andreas Schmeller cura una prima edizione nel 1847,
appunto con il titolo tutto nuovo Carmina Burana. Gli studi e le edizioni si
susseguono, ma la vera fortuna viene nel 1937, quando esce Carmina Burana
di Carl Orff, che usa alcuni testi e li mette in musica seguendo unidea tutta
sua della tradizione e dello spirito nella Germania del Medioevo, con precise
e involontarie sintonie con i gusti e la politica del tempo.

Ascolti
Carmina Burana, Ren Clemencic, Clemencic Consort, Harmonia Mundi 1990
Proensa, P. Hillier, S. Stubbs, A. Lawrence-King, E. Headley, ecm 1989
A Feather of the Breath of God, Gothic Voices, Hyperion 1988
H. von Bingen, Canticles of Ecstasy, Sequentia, Deutsche Harmonia Mundi 1993

Letture
E. Aubrey, The Music of the Troubadours, Indiana University Press, Bloomington 1996
P. Rossi, Carmina Burana, Bompiani, Milano 1989
B. Bischoff, Carmina Burana: Faksimile-Ausgabe der Handschrift der Carmina Burana und
der Fragmenta Burana, Prestel, Mnchen 1967

1363 Messe de Nostre Dame


Guillaume de Machaut

Prima messa musicale completa firmata da un solo autore


Polifonia che si sviluppa dalla Scuola di Notre-Dame La
notazione del ritmo Ars antiqua e ars nova Philippe de
Vitry Guillaume de Machaut Polifonia sacra e profana
Francesco Landino Eredi del Novecento
La Messe de Nostre Dame di Guillaume de Machaut il primo caso di composizione musicale articolata in pi parti formalmente distinte (in questo
caso 5+1) fra loro, coordinate da una scrittura stilisticamente omogenea.
Larchitettura si fonda sullOrdinarium missae nella successione di Kyrie,
Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei fissata nel corso dellxi secolo
per servire alle funzioni di tutto lanno. Il Kyrie il testo pi antico, il
Gloria compare nel vi secolo, lAgnus Dei introdotto da papa Sergio
i (687-701), ultimo viene il Credo (1014-15), nella formulazione sancita
dal Concilio di Aquisgrana (798). Sanctus e Benedictus sono separati
per lasciare spazio alla consacrazione e allelevazione dellostia. Di suo,
Machaut aggiunge un conclusivo Ite missa est. Lunit dello stile musicale viene dallimpiego sistematico delle tecniche gi collaudate nella cattedrale di Notre-Dame e di quelle nuove teorizzate allUniversit di Parigi. Machaut mantiene la tecnica del cantus firmus, ma la melodia spesso di sua
invenzione e non sempre ripresa dal gregoriano. Fa cantare quattro voci nei
registri naturali di soprano e contralto (femminili, oppure voci bianche di
bambini o castrati), tenore e basso (maschili), ma sostituisce la voce pi
acuta (lorganum quadruplum di Protin) con una bassa, detta contratenor, che intreccia con il tenor per attenuare la fissit del registro grave e
aggiungere espressione. Kyrie, Sanctus e Agnus Dei adottano lormai centenaria formula del conductus. Negli Amen che chiudono Gloria e Credo, emerge la dinamica dellhoquetus, il singhiozzo musicale
introdotto da Lonin: la melodia di una voce si arresta per un attimo, spezza e incrocia il flusso delle altre voci, per riprendere subito slancio. Assieme
a guizzi popolareschi e danzanti, in apparenza improvvisati, che bene si
fondono con la seriosit religiosa del tutto, lhoquetus anima tutte le parti
della messa, compresi Gloria e Credo, scritti con la nuova tecnica del
mottetto isoritmico, in cui il tenor ripete la medesima formula ritmica per
lintera durata dalla composizione. Qui la precisa scansione metrica rende
le parole perfettamente intellegibili, ordina le (poche) ornamentazioni, pro-

52 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

cede spedita al servizio del significato teologico dei testi. Il finale e accessorio Ite missa est un nuovo e delizioso omaggio allo stile di mothetus che
dal Duecento in poi sostituisce lorganum e subito ottiene fortuna spettacolare, perch rinuncia alle funzioni liturgiche e si lancia sui temi profani e
amorosi.
La variet delle soluzioni, e della relativa terminologia, fa della Messe de
Nostre Dame un punto darrivo di oltre tre secoli di innovazioni nellarte del
canto polifonico, non solo da chiesa. Sul piano musicale, la novit importante limpiego della polifonia in un sistema integrato di armonia e ritmo che
tiene conto anche di quanto succede fuori da chiese e conventi. Resta la
scrittura a quattro voci inventata da Protin 150 anni prima, ma resa pi
varia da innovazioni ritmiche e inserzioni profane. Nel Duecento cresce
losmosi fra la musica per le cerimonie sacre e quella per lintrattenimento
nelle corti. In entrambi i casi, il livello intellettuale molto alto, inaccessibile ai normali ascoltatori, sia nobili sia popolani: le finezze della polifonia di
Notre-Dame sono riservate a chierici e cantori di chiese e conventi; come
chanson e sirventes sono destinate ai colti regnanti e ai loro coltissimi trovatori/trovieri. Nelle scritture post-gregoriane trovano sempre pi spazio elementi danzanti e popolareschi, testi e temi moderni, ritmi e rumori ripresi da
piazze e strade. Lintegrazione fra sacro e profano lenta, diffusa dalla trasmissione orale di un lungo lavorio sperimentale imperniato soprattutto sui
metodi per definire e notare le durate, i tempi, i ritmi, cio il respiro delle
melodie. La teoria segue e interpreta, con nuovi termini e nuove regole.
Nel xiii secolo, gli antichi neumi sono sostituiti da nuovi segni (note), la
cui durata divisibile allinfinito per tre o per due. Allunit di durata detta
longa se ne aggiunge una di durata maggiore (maxima o duplex longa) e una di durata minore (semibrevis). I rapporti reciproci possono
essere 1:3 (perfetti) o 1:2 (imperfetti). La stessa operazione, fatta sulle pause,
misura la durata del silenzio fra le note. Nella pratica moderna, le note pi
lunghe sono cadute in disuso. Come unit di base individuata la semibreve (1/1), la cui durata divisibile in minima (1/2), semiminima (1/4),
croma (1/8), semicroma (1/16), biscroma (1/32), semibiscroma
(1/64). Per dare variet alla scansione binaria possono essere introdotti elementi ternari, individuati da termini e segni grafici particolari: le secche note
col punto (puntate), le fluide terzine. Una sequenza di durate diventa
un ritmo. Si individuano sei ritmi di base: lunga-breve (trocheo), brevelunga (giambo), lunga-breve-breve (dattilo), breve-breve-lunga (anapesto), lunga-lunga (spondeo), breve-breve (pirrico). Si ha cos una
qualit di notazione ben superiore a quella dei precedenti modi ritmici.
Cambia anche il concetto di consonanza, che ammette lintervallo di terza,
mentre considerato ancora dissonante quello di sesta. quindi accettato

1363 Messe de Nostre Dame 53

come consonante un accordo in cui a fondamentale e quinta si aggiunge il


grado intermedio di terza: la triade, pronta per diventare punto di partenza e di arrivo di ogni composizione, discriminante fra modo maggiore e
modo minore, fondamento dellarmonia tonale moderna.
Le principali fonti che descrivono, non senza contraddizioni, quanto gi
producono i compositori del tempo sono De mensurabili musica, un trattato
anonimo databile circa al 1240 e riscritto a fine secolo dal francese Johannes
(Jehan) de Garlandia. Attorno al 1280 si diffonde Ars cantus mensurabilis del
tedesco Franco (Francone) da Colonia, insegnante a Parigi, forse egli stesso
compositore, considerato lultimo esponente di rilievo della Scuola di NotreDame. Il testo di Franco e il Tractatus de tonis con le relative applicazioni alla
scrittura dei mottetti del (forse) allievo Petrus de Cruce circolano per anni in
tutta Europa. Utili manuali pratici per istruire nuove leve, testimoniano ancora una volta la natura universale (e non locale) della musica medioevale.
Un altro salto arriva col trattato in latino Ars nova (1320) del diplomatico e compositore Philippe de Vitry, che sostiene limperfetta metrica binaria e propone un semplice metodo per passare alla metrica ternaria,
considerata invece perfetta perch immagine della Trinit. lo stesso
segno grafico della nota scritta che ne indica la durata. Di colpo si aprono
nuovi orizzonti e la scrittura pu registrare su carta musiche pi vivaci e
spontanee: fissato un impianto comune a tutte le voci, ciascuna pu seguire
senza briglie le proprie fantasie. Siamo ormai molto vicini al principio moderno della battuta come unit metrica: in ordinata laltezza delle note
fissate dai cinque righi (pentagramma), in ascissa la loro durata scandita
dalle stanghette delle battute. Pare proprio che la musica, in quanto scienza,
applichi il concetto degli assi cartesiani ben prima della teorizzazione di
Cartesio. Non a caso Vitry e il suo coetaneo Johannes de Muris (anche lui
autore di un trattato intitolato Ars nova musicae) sono astronomi e matematici, oltre che musici, insegnanti alla Sorbona nei tempi di san Tommaso e
altro ancora.
Lo stesso Vitry contribuisce con numerosi mottetti al Roman de Fauvel
(1316), storia didascalica sui vizi capitali con migliaia di versi del poeta Gervais du Bus arricchiti con centinaia di chanson, rondeaux, lai, virelai, nello
stile dei trovieri e firmate dai convertiti allars nova. Il suo mottetto In arboris
(circa 1320) un esempio perfetto di come la nuova tecnica isoritmica riesca
a rendere vivace una scrittura polifonica densa e multitestuale. Insorgono i
conservatori, capeggiati da Jacobus da Liegi, a difesa di quella che chiamano
retrospettivamente ars antiqua (da qui il nome, che ingloba anche la Scuola
di Notre-Dame) e inducono il papa avignonese Giovanni xxii a scrivere nel
1324 una bolla di condanna della nuova musica, che viene per ignorata.
Improvvisamente il potere ecclesiastico centrale si ritrova ininfluente sulla

54 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

musica. Lars nova trionfa in chiesa, a corte e in piazza, con Guillaume de


Machaut suo campione.
Musicista a tempo parziale e per il resto diplomatico al servizio di re di
Boemia, Francia, Cipro, oltre che canonico a Verdun, Arras e Reims, Machaut scrive nel doppio ruolo di poeta e musicista una gran quantit di pezzi
a pi voci e nei generi pi vari. Con la Messe de Nostre Dame passa alla storia.
La data di composizione non certa. Forse il 1363. Di sicuro appartiene
agli ultimi anni (quando Machaut canonico a Reims, la citt delle incoronazioni dei re di Francia) ed destinata alle celebrazioni nella cappella laterale della cattedrale dedicata alla Madonna. Di poco precedenti sono le cosiddette messe di Tournai, di Besanon, di Tolosa, di Barcellona, tutte a tre
voci, alcune complete e altre no, con le singole parti aggregate da fonti e
autori differenti, sempre anonimi. Prima ancora, i musici di Notre-Dame si
concentrano su graduali e antifone, cio sulle parti variabili (proprium) e
in certo senso trascurano quelle fisse (ordinarium) della messa.
Come detto allinizio, la partitura di Machaut ha il pregio dellunit di
concezione. Inutile (almeno finora) stato cercare in essa unit strutturale in
senso moderno. Non risulta ci sia uso ricorrente di materiali musicali comuni. Forse la permutazione di una serie di sei note serve da legante, come la
spigolosit di molte dissonanze e le costanti difficolt di esecuzione. Il frequente uso di contrappunto imitativo, in cui una voce riprende (imita) una
melodia che unaltra voce ha appena concluso, destinato a grandi sviluppi.
Ne deriva infatti il canone, esercizio sublime di scienza e fantasia, perch
la medesima melodia deve continuare allinfinito e sovrapporsi a se stessa per
tante volte quante sono le voci coinvolte, che entrano in tempi e registri diversi, ma sempre nel pieno rispetto delle regole armoniche e delle giuste relazioni fra consonanza e dissonanza.
Lessenza della Messe de Nostre Dame risiede, tuttavia, in quella dimensione indefinibile che lo spirito del tempo, nel quale Machaut peraltro
aleggia come pochi. Oltre che intellettuale di taglio rinascimentale, Machaut
il primo musicista completo, moderno e ben documentato (quasi niente si
sa della vita di Protin, per esempio). Non si occupa solo di musica sacra.
Religioso lo spirito di alcuni dei suoi 43 mottetti, ma di regola prevale il
profano anche quando un testo in latino combinato con uno in francese.
Linfluenza di trovatori e trovieri si sente bene nei suoi virelai, ballade, rondeaux che cantano i temi dellamor cortese, dellabbandono, della triste
lontananza, come nel celebre Dame je suis citz/Finse cuers doulx (il doppio
titolo viene dal doppio incipit dei due testi francesi). Machaut rispettato
anche come poeta e il suo Remde de fortune (circa 1342), arricchito di numerosi inserti musicali, trova posto nella storia della letteratura francese.
Grazie alla sua avventurosa vita di diplomatico, incarna bene la figura del

1363 Messe de Nostre Dame 55

musico errante che, con la sua arte cosmopolita, si fa apprezzare in tutte le


capitali che visita, getta semi per il futuro. Durante un soggiorno alla corte
del papa di Avignone, Machaut incontra Petrarca e stimola la diffusione
dellars nova anche in Italia. Emergono teorici italiani della nuova musica
come Marchetto da Padova, che nei suoi trattati Lucidarium (1317) e Pomerium in arte musicae (1321) si occupa di notazione e misura del tempo musicale, anticipando molte idee della scuola francese di Vitry. Ottengono fama
europea la canzone Ochi dolenti mie e la ballata Ecco la primavera del fiorentino Francesco Landino, il cieco degli organi, autore di oltre 140 ballate in
lingua volgare a due e tre voci, attente al significato delle parole su una musica dal ritmo tanto brioso quanto irregolare. Sono tramandate dal Codice
Squarcialupi, un bellissimo manoscritto realizzato a Firenze fra 1410 e 1415.
Comincia da qui la stagione doro del madrigale rinascimentale, definibile
come un mottetto con testo in volgare e argomento profano. Nella stessa
Avignone cresce unimportante scuola di musica profana e sperimentale
detta Ars subtilior, con la scrittura circolare (ronde) di Tout par compas di
Baude Cordier e la poliritmia criptica di Par les bons Gedeons di Filippo da
Caserta, primo teorico delle sincopi (variante di hoquetus) nel Tractatus de
diversis figuris (1385) che a lungo gli stato attribuito.
Linfluenza della Messe de Nostre Dame ha sviluppi diversi e non meno
fecondi a nord di Reims, nelle Fiandre e in Inghilterra, dove la tradizione
polifonica resta rigogliosa. molto apprezzato il gioco di proporzioni numeriche che Machaut applica alle sue musiche, in particolare a quelle profane.
celeberrimo il canone Mon fin est mon commencement et mon commencement cest ma fin, in cui nella seconda parte una voce riprende la melodia ma
partendo dallultima nota per tornare alla prima, cio al contrario, come i
cancri, canone cancrizzante, magnifica anticipazione dellArte della fuga
(1749) di Bach e di Musica per archi, celesta e percussione (1936) di Bartk.
Per non dire delle riconosciute influenze che Machaut esercita sulla Messa di
Stravinskij (1948) oltre che sulle scelte ritmiche di Olivier Messiaen (Mode
de valeurs et dintensit, 1950) e dei suoi allievi Jean Barraqu (il saggio
Rhythme et dvelopment, 1954), Gyrgy Kurtg (Trascrizioni da Machaut a
Bach, 1991), Harrison Birtwistle (Hoquetus David, 1969).

Ascolti
G. de Machaut, Messe de Nostre Dame, A. Parrott, Taverner Consort, Taverner Choir, emi
1984
Lancaster and Valois. French and English Music, c13501420, C. Page, Gothic Voices,
Hyperion 1992

56 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

The Art of Courtly Love, D. Munrow, The Early Music Consort of London, emi 1973
The Second Circle. Love Songs of Francesco Landini, Anonymous 4, Harmonia Mundi
2001

Letture
E.E. Leach, Guillaume de Machaut: Secretary, Poet, Musician, Cornell University Press,
Ithaca 2011
R. Strohm, The Rise of European Music, Cambridge University Press, Cambridge 1993
D. Leech-Wilkinson, Machauts Mass: an introduction, Oxford University Press, Oxford
1990

1450 Missa LHomme arm


Guillaume Dufay

Una melodia su misura per la fantasia polifonica Bordone


e falso bordone Canone La scuola inglese Fiamminghi e borgognoni Guillaume Dufay in Italia Musica e
architettura a Firenze
Nella notazione di oggi, sono 31 battute e 58 note, con impianto tonale (moderno) in affermativo modo maggiore. Il disegno in tre parti distinte. Apre
e chiude lesclamazione LHomme arm. La melodia centrale sta nel registro acuto per declamare un testo che afferma che luomo armato sar temuto
e che ciascuno si deve armare di corazza di ferro. I salti di quinta e di ottava
verso lalto, le discese graduali, le note ribattute, le pause che danno respiro,
fanno di LHomme arm un prototipo di canto militare, facile da cantare e da
suonare con trombe rudimentali su tempi scanditi da tamburi. La semplicit
della scrittura e la mancanza di una firma certa hanno favorito la tesi che si
tratti di un canto popolare. Pi probabile invece che la melodia sia stata pensata da un sapiente musico che, sul bellicoso testo, ha distribuito gli intervalli
e le pause che la rendono ottima per ogni manipolazione polifonica, perfetta
per i canoni pi arditi. Non a caso attribuita anche a uno dei massimi autori
del tempo, il francese Guillaume Dufay, o al pi giovane (e meno probabile)
fiammingo Antoine Busnois. Il titolo potrebbe venire dal nome di una popolare osteria vicino alla cattedrale di Cambrai. Luso come canto militare per la
progettata crociata contro i turchi del 1453 non documentato.
Circa a met Quattrocento, la melodia di LHomme arm si diffonde in
tutta Europa perch si rivela supporto ideale per due tecniche che arrivano
dal Nord della Francia: il canone e il falso bordone. Questultimo presuppone ovviamente lesistenza di un vero bordone, un modo di scrivere
derivato dagli antichi tenor e cantus firmus in cui una voce bassa (bordone)
sostiene il canto di due o pi voci superiori che si muovono in parallelo. Il
bordone si sviluppa nel xiii secolo e precede il falso bordone, in cui i ruoli
sinvertono: il bordone (gi voce grave) passa al registro acuto, in certo senso
diventa melodia, mentre le voci centrali restano un accompagnamento che un
altro basso sostiene. Il primo caso di faux bourdon conclamato si ha nel Communio della Missa Sancti Jacobi (1427-28) di Dufay, ma la pratica nasce almeno trentanni prima, in Inghilterra. Qui trova terreno fertile anche il canone.
Sumer is icumen di un anonimo inglese di met Duecento (1265?) un po il
precursore del gi citato canone Mon fin est mon commencement del francese

58 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

Machaut. La tecnica combinatoria del canone e la naturale dolcezza del falso


bordone sono la base del discanto inglese e danno immortalit alla canzone
O rosa bella (scritta prima del 1430) e al mottetto Quam pulchra es (prima del
1430) di John Dunstable (Dunstaple), matematico e astronomo, oltre che
musico e cantore. Il gusto tutto inglese per la polifonia e per i soavi accordi di
terza e sesta, assieme alla voglia di cantare a due o tre voci strofe e ritornelli di
song e carol arriva in America con i coloni emigranti e diventa lanima di
canzoni country, folk, pop. Nellavanguardia americana degli anni sessanta
del Novecento, al concetto di bordone si appoggia LaMonte Young nella sua
ricerca di un suono fisso che si confonda con il silenzio e tenda allinfinito per
sostenere il ripetersi ipnotico di formule elementari. Nasce il minimalismo,
anche con Compositions 1961 n. 1-28 (1961).
Le innovazioni inglesi arrivano nella Francia settentrionale grazie ai numerosi cantori (Dunstable compreso) calati oltre la Manica assieme allesercito di re Enrico v, vincitore ad Azincourt (1415) e iniziatore di unegemonia
sulla Normandia e sulla regione parigina che dura almeno fino al 1429. Sono
subito riprese dalla cosiddetta prima scuola franco-fiamminga, che prende il
nome da una vasta area a nord della Senna, estesa lungo la Manica fino allattuale Olanda con propaggini in Belgio e Lussemburgo a est, e in Borgogna a
sud. Gi cuore musicale dellimpero carolingio e culla del canto gregoriano,
la regione mantiene una grande tradizione di canto corale nelle chiese parrocchiali, mentre non ancora scomparso il ricordo dei trovieri. Dalle fila
del coro della cattedrale di Cambrai partono cantori e autori destinati a
primeggiare in Europa per almeno due secoli. Le prime figure importanti
sono Gilles Binchois e Guillaume Dufay. Binchois diventa maestro di musica
alla corte dei duchi di Borgogna a Digione e vi resta per tutta la vita. Crea
una scuola e uno stile il cui ideale di polifonia applicata allespressione di
sentimenti personali ben riflesso nella catena di ossimori di Tristre plaisir et
douloureuse joie (1420-1436), la pi famosa delle sue chanson. Non scrive
messe di grande respiro, ma solo pezzi brevi, nelle forme fisse di ballade,
virelai, chanson, con toni malinconici derivati dagli inglesi, su testi amorosi
(pur avendo lui preso i voti religiosi).
La diffusione in Italia assicurata dal (quasi) compaesano e collega Guillaume Dufay, nuova variante dei passati chierici vaganti. Anche Dufay debutta come cantore nella cattedrale di Cambrai e diciottenne segue la delegazione del suo vescovo al concilio di Costanza (1414) dove subito notato
e reclutato dai legati pontifici Carlo e Pandolfo Malatesta per la loro corte in
Romagna (1420-26). Torna in Francia (1426-28) e di nuovo in Italia, a capo
del coro (cappella musicale) del papa con soggiorni a Firenze, Bologna,
Padova e Torino. Il prestigio di Dufay in Italia testimoniato dalla qualit
delle commesse che riceve: la Missa Sancti Jacobi per la chiesa di San Giaco-

1450 Missa LHomme arm 59

mo Maggiore a Bologna e la Missa Sancti Antonii Viennensis (1430 circa) per


SantAntonio da Padova, i mottetti Apostolo glorioso (1426) per la nomina a
vescovo di Patrasso del protettore Pandolfo Malatesta, Ecclesia militans
(1431) per lelezione di papa Eugenio iv, Supremum est mortalibus (1433)
per lincoronazione dellimperatore Sigismondo.
Importantissimo il mottetto Nuper rosarum flores scritto per la consacrazione della basilica del Fiore con la nuova cupola di Filippo Brunelleschi
a Firenze, il 25 marzo 1436 alla presenza di papa Eugenio iv, dellarchitetto
e di tutte le autorit del tempo. Nuper rosarum flores uno dei primi casi
accertati di relazione diretta fra musica e architettura col tramite dellaritmetica. Fra le quattro parti in cui si articola la composizione, si pu stabilire la
sequenza numerica 6-4-2-3, che a sua volta pu avere relazione con le dimensioni architettoniche: quelle reali della basilica fiorentina (rapporto fra navata, transetto, abside e cupola) o quelle presunte del Tempio di Salomone a
Gerusalemme, peraltro non coincidenti. Sotto il profilo liturgico, Dufay incrocia due temi: lantica melodia gregoriana dellintroitus e la nuova implorazione che il popolo devoto della citt innalza alla Vergine. Assieme al coro
sono presenti strumenti a fiato e a corda.
Grande merito di Dufay di essere riuscito a innestare le tecniche anglofranco-fiamminghe sul fertile terreno italiano, assorbendo una leggerezza di
tono, un senso del gioco e del divertimento che nella sua regione manca. Il
rigore della polifonia nordica si stempera sui ritmi e sui canti che a Firenze
accompagnano le mascherate di carnevale e di calendimaggio. Sono, questi
canti carnascialeschi, assai popolari e poco raffinati ma vivaci nel ritmo e
spigliati nel canto, su testi di solito ammiccanti e lascivi, a loro modo affini ai
carmina degli scomparsi chierici vaganti. Il Codice Squarcialupi testimonia
una tradizione meno raffinata di quella francese, per semplice e bella, con
il nuovo genere denominato caccia (versione leggera del canone), la canzone a rivaleggiare con la chanson, la ballata per far volteggiare danze su
ritmi scanditi da tanti strumenti. I testi sono spesso rudimentali, ma non
manca la poesia vera di Petrarca, di cui Dufay mette in musica la celeberrima
Vergine bella che di sol vestita.
Dufay eccelle nella produzione profana, ma il suo sforzo maggiore resta
nel sacro, nella messa completa. Cerca di dare unit musicale, e non solo
liturgica. Inventa la messa ciclica, in cui lomogeneit assicurata dal ricorrere di una singola e specifica melodia in tutte le parti dellordinarium e
del proprium. Non importa che la melodia abbia origine sacra (gregoriana) o profana (chanson), che sia di propria o altrui invenzione. Importa che
sia riconoscibile da esecutori e ascoltatori. E che sia adatta a ogni sorta di
manipolazione polifonica. Ecco il giovane Dufay che, per primo, usa la propria chanson Resveillis vous et faites chiere lye come melodia fondante di

60 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

ogni parte della sua Missa sine nomine scritta nel 1423 per un matrimonio
in casa Malatesta. Identico principio (e diversa melodia) regge le messe italiane citate sopra e ancor pi quelle scritte dopo il rientro di Dufay a Cambrai. Un caso esemplare la ballata profana Se la face hay pale che anima la
messa con lo stesso titolo. ancora Dufay che per primo utilizza le possibilit combinatorie di LHomme arm nella nuova messa omonima (circa
1450): la melodia si trova una volta nel Kyrie, due nel Gloria, tre nel
Credo, due nel Sanctus, tre nellAgnus dove si presenta perfino a
rovescio. Che sia il nobile uomo armato tornato vittorioso dalla crociata?
Le potenzialit della melodia polifonica perfetta non sfuggono a Johannes Ockeghem, in giovent forse allievo, in maturit certo amico di Dufay,
che lo ospita in casa per alcune settimane nel 1449. La Missa LHomme arm
di Ockeghem databile al 1450 e ha notevoli affinit con quella di Dufay.
Luniformit di scrittura non solo questione di stile, ma deriva anche dalla corrispondenza fra i due autori amici. Scrive una Missa LHomme arm
anche Antoine Busnois, il contemporaneo di Ockeghem e con lui esponente di punta della cosiddetta seconda generazione di scuola franco-fiamminga (Binchois e Dufay fanno parte della prima).
La fortuna di LHomme arm come fonte di polifonie rinascimentali
clamorosa. Sono almeno 35 le messe conosciute che hanno LHomme arm
come proprio dna. Si ricordano i francesi Loyset Compre e Pierre de la
Rue, gli spagnoli Cristbal de Morales e Francisco Guerrero, il tedesco
Ludwig Senfl, il fiammingo Johannes Tinctoris, gli italiani Giovanni Pierluigi da Palestrina e Giacomo Carissimi (1611, in pieno Seicento, pur con
qualche dubbio di attribuzione). Il grande Josquin Desprs non solo compone una messa, ma usa LHomme arm per il canone profano a quattro
voci Et sic de singulis. Innumerevoli, poi, sono le versioni strumentali originali o trascritte per liuto, virginale, organo. Nel Novecento inoltrato, non
lo dimentica il tedesco Johann Nepomuk David nella sua Fantasia super
LHomme arm per organo (1929). Interviene in modo radicale Peter
Maxwell Davies in Missa super LHomme arm. Prima (1968) riprende la
melodia e la rielabora con vari specchi stilistici, compresi spunti di indeterminazione, parodie di dilettantesche esecuzioni moderne in stile antico con
eccesso di ornamentazione, accenni di fox-trot su pianoforte scordato. Poi
(1971) ne fa un lavoro teatrale, aggiungendo una voce maschile (in abito da
monaca) o femminile (in abito da monaco) che declama in latino lepisodio
evangelico di Pietro che rinnega Cristo ed accompagnata da un gruppo di
percussioni aggiunto allorganico strumentale identico a quello del Pierrot
lunaire di Schnberg. un tipico collage postmoderno, simbolo della gran
voglia di ritrovare il passato che anima molte correnti davanguardia di fine
Novecento.

1450 Missa LHomme arm 61

Ascolti
G. Dufay, Missa LHomme arm. Motets, The Hilliard Ensemble, emi 1987
A. Busnois, Antoine Busnois: LHomme arm, Cantica Symphonia, Glossa 2009
J. Dunstable, Dunstable: Motets, P. Hillier, The Hilliard Ensemble, Virgin Veritas 2000

Letture
A. Kirkman, The Cultural Life of the Early Polyphonic Mass: Medieval Context to Modern
Revival, Cambridge University Press, Cambridge 2010
R.H. Hoppin, Medieval Music, W.W. Norton & Company, New York 1978

1461Requiem

Johannes Ockeghem
Nel Requiem la logica della musica anticipa la disposizione ecclesiastica Lunit del progetto polifonico Lenigmatico Ockeghem Josquin Desprs a Ferrara

Per la prima volta, circa a met Quattrocento, la successione dei testi di una
composizione dispirazione religiosa organizzata non dal dettato della liturgia ma dalla logica della musica. Quando Johannes Ockeghem compone
il primo Requiem, non esiste uno schema testuale consolidato dalluso e approvato dalla Chiesa. Lo definir il Concilio di Trento, un secolo dopo.
Ockeghem parte da una tradizione fiamminga che prevede la sequenza di
Introitus, Kyrie, Graduale, Tractus e Offertorium. Il testo Si
ambulem usato come graduale e il testo Sicut cervus come tractus, che i
padri conciliari sostituiranno con Requiem aeternam e Absolve me Domine. Non sappiamo se lesclusione dei successivi Agnus Dei, Benedictus, Lux aeterna, Libera me sia dovuta alla scelta di Ockeghem o alla
perdita del manoscritto. Di sicuro le parti musicate del Requiem hanno una
logica musicale interna che ne regola la disposizione. Non utilizzato nemmeno il principio della melodia portante introdotto da Guillaume Dufay
qualche decennio prima. Lo spostamento del cantus firmus gregoriano dalla
voce di tenor basso al superior acuto conferisce un colore omogeneo allintero ciclo. Non solo il suono diventa pi luminoso, ma le voci basse sono liberate dal ruolo di fondamento e possono muoversi con unautonomia altrimenti impensabile. La valorizzazione del basso ha il suo momento magico
nellOffertorium, in cui la voce del baritono emerge con la sua melodia
dolcissima sulla morbida fissit dellacuto. Altrove, soprattutto in Introitus e Kyrie, le voci alte si muovono in duetto, esaltando la tecnica del
canone mentre laggiunta di ornamentazioni attenua la fissit del cantus firmus. Duetti che diventano terzetti alla futura maniera teatrale e poi si trasferiscono alle due voci basse prima di fondersi in quartetto e poi spezzarsi
ancora. Magistrale la conoscenza che Ockeghem ha dellars nova e dellars
antiqua, ma ancor pi sorprendente luso della pi recente tecnica del canone e del falso bordone. Lintegrazione di procedure antiche e moderne
diventa il motore della costruzione musicale.
LIntroitus ha un che di arcaico, con melodia affidata alla voce superiore mentre altre due voci si limitano a sobrie imitazioni. Molto pi elaborato,
anzi avveniristico, il Kyrie, con i vuoti e i pieni dovuti alla rarefazione

1461Requiem63

delle voci e al loro cambio di registro, con grande attenzione per il fluire
delle dissonanze, dei canoni, delle doppie polifonie su due livelli distinti che
alla fine si sovrappongono in una sontuosa tessitura a quattro, mentre cresce
il ruolo per la parte del basso. Si percepisce una dinamica nuova, che nasce
dalla successione ordinata di dissonanze preparate con cautela e risolte con
opportune consonanze, prefigurazione della moderna armonia tonale. La
polifonia non pi lineare aggiunta di voci nuove a voci preesistenti, ma
progetto polifonico nella mente dellautore da cui discendono i dettagli di
melodie e armonie, indipendenti dalle parole, attenti a valori espressivi e
timbrici che appartengono soltanto alla sfera del suono.
Con questattenzione per il risultato sonoro della sua musica, Ockeghem
conquista anche i non musicisti del suo tempo: Erasmo da Rotterdam compiange la sua morte, e cos poeti come Guillaume Crtin e Jean Molinet. Il
testo che questultimo scrive, Nymphes des bois, invitando a piangere Ockeghem, subito messo in musica da Josquin Desprs in un breve pezzo a sei
voci, cinque delle quali intrecciano in polifonia il testo francese di Molinet
mentre la sesta voce, il tenor, sostiene le altre con il cantus firmus sulle parole latine del Requiem. Un canto ovviamente triste e malinconico, eppure
espressivo e dolce. La sua modernit splende nella trascrizione per voce sola
e strumenti del contemporaneo Giacomo Manzoni (Omaggio a Josquin,
1985). Come dire che il messaggio di Ockeghem non appassito. Nella sua
musica non c soltanto tecnica, ma anche cuore.
Eppure, ai suoi tempi e nei molti secoli a venire, Ockeghem esaltato
solo come un magistrale architetto che costruisce la sua musica con la scienza e lintelletto. Incredibile la variet stilistica della sua scrittura, al punto
che la pur misurata produzione, se non ci fosse la firma sul manoscritto,
potrebbe essere attribuita a non meno di quattro autori diversi. Gli si riconosce una straordinaria abilit nellinvenzione di complicatissimi contrappunti e diabolici canoni, in cui tutte le voci sono autonome ma dipendenti,
con una che fa da riferimento (cantus firmus su melodia sacra o profana) e le
altre che inseguono, integrano, prevalgono. Ockeghem inventa enigmi, si
impone vincoli, incastra intervalli, concede permutazioni, lascia ambiguit,
crea ossimori, e risolve tutto con eleganza suprema. Stupisce i contemporanei un suo mottetto a 36 voci, che per non ci pervenuto. La Missa prolationum una vera e propria antologia di scrittura a canone. La Missa cuiuvis
toni un esercizio di permutazione dei modi ecclesiastici, perch pu essere
cantata in ciascuno degli otto modi possibili. La Missa quarti toni procede
dallintervallo di quarta discendente mi-la.
Ockeghem scrive meno musica degli altri, perch impegnato in attivit
amministrative e diplomatiche per i reali di Francia. Le prime notizie sul suo
conto lo danno nel 1443 cantore adulto nella cattedrale di Anversa. Grazie

64 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

alla sua bellissima voce di basso reclutato (1446?) nella cappella della corte ducale dei Borbone a Moulins e quindi (dal 1451 alla morte) in quella
reale di Tours. Qui serve i re di Francia Carlo vii, Luigi xi e Carlo viii, che
gli affidano incarichi di crescente responsabilit. Diviene loro tesoriere,
ambasciatore, uomo di fiducia e dimmagine, impegni che lo portano in
Spagna, a Parigi e in varie citt francesi, a risolvere questioni legali e patrimoniali. Anche per questo accumularsi di attivit amministrative la sua
produzione musicale rimane limitata, almeno per le consuetudini del tempo:
una decina di messe, alcuni mottetti, pochi altri pezzi sacri fra cui il Requiem, una ventina di chanson profane. Le date esatte di composizione non
si conoscono, ma probabile che siano concentrate negli anni cinquanta e
sessanta. Restano inoltre molti dubbi di attribuzione. Lo stesso Requiem
non ha destinazione e forma ben definite. Solo la data sembra ormai fissata
al 1461 con probabile esecuzione al funerale di Carlo vii (e forse ripresa per
quello di Luigi xi nel 1483). dunque questa la prima trasposizione polifonica del rito dei defunti, e non quella (ora perduta) che Guillaume Dufay
scrive poco prima di morire, nel 1474.
in quegli anni che la fama di Ockeghem si diffonde in tutta Europa,
ben oltre la ristretta cerchia dei musicisti di professione. Le sue composizioni sono inserite in un numero sempre maggiore di manoscritti antologici di
composizioni polifoniche. Molte innovazioni sono presto adottate da contemporanei e successori. Il pi importante teorico della musica del Quattrocento, il fiammingo Johannes Tinctoris, studia a fondo la produzione di
Ockeghem e la porta a esempio nei suoi trattati. Tra le righe, esalta quello
che oggi si definisce approccio strutturale alla composizione, cio uno sfruttamento del materiale sonoro che permette di architettare edifici imponenti partendo da dettagli. Al musicista bastano un intervallo, un accordo, un
suono. Lapproccio subito ripreso ed elaborato dagli immediati successori. Jacob Obrecht, suo allievo, singegna a integrare numerose chanson di
diversi autori nella propria Missa diversorum tenorum; nella Missa Sub tuum
praesidium, ad aggiungere una voce a ogni sezione successiva: Kyrie a 3,
Gloria a 4, Credo a 5, Sanctus a 6, Agnus a 7 voci; in Missa Fortuna desperata elabora a modo suo una melodia gi utilizzata, a Ferrara, da
Josquin Desprs.
In tema di manipolazioni del materiale melodico di base, non ha rivali
Desprs, che addirittura sembra credere poco al valore intrinseco dellispirazione musicale e punta molto sul gioco combinatorio. Non si spiega altrimenti il suo gusto nel costruire le melodie in modo talmente meccanico da renderle casuali. Per esempio, la sua celebrata Missa Hercules Dux Ferrariae (circa
1480) costruita su una melodia le cui note sono desunte dalle vocali del
nome del dedicatario: e-u-e-u-e-a-i, e corrispondenti a re-ut-re-ut-re-fa-mi-re.

1461Requiem65

In un altro caso, la Missa LaSolFaReMi (1490?) traduce in musica il modo di


dire Lassa far a mi del committente cardinale Ascanio Sforza. Nella Missa
di dadi le durate sono stabilite dai numeri prodotti con dadi da gioco, a suo
modo anticipando la casualit guidata di John Cage nel Novecento.
Non manca lomaggio di Desprs alle tradizioni del tempo con una sua
versione di LHomme arm. Nella Missa super voces musicales il tenor compare ogni volta in diversa posizione. Come dire che Josquin ha poco interesse per la qualit melodica del materiale di base e ha fiducia assoluta nella
tecnica di elaborazione, nella scienza della musica e nella genialit dellartista
creatore. Alla musica di Josquin tutti riconoscono una dolcezza di suono e
uneleganza di tratto dalla spiccata sensibilit emotiva, superiore a quella di
predecessori e contemporanei. Pur usandolo molto, Josquin si discosta
dallartificio, sta pi attento al senso della parola, cerca una fusione tra Francia e Italia, cura leffetto timbrico, lavora per piccole cellule ripetute. In
fondo vuole la semplicit, la sola capace di creare momenti di grande afflizione, come nel declamatorio, progressivo addensamento del famoso Miserere (1503), scritto forse sullonda emotiva per il rogo di Savonarola.

Ascolti
Josquin, Missa Hercules Dux Ferrariae/Motets, P. Hillier, The Hilliard Ensemble, Virgin
Veritas 2004
J. Ockeghem, Requiem; Missa Mi-Mi, The Hilliard Ensemble, Virgin Veritas 2000
J. Desprez, Motets & Chansons, The Hilliard Ensemble, emi 1995

Letture
F. Fitch, Johannes Ockeghem: Masses and models, Honor Champion, Paris 1997
M. Picker, Johannes Ockeghem and Jacob Obrecht: A Guide to Research, Garland Pub.,
New York 1988

1500 Innsbruck, ich muss dich lassen


Heinrich Isaac

La pi famosa canzone del Cinquecento La stampa musicale Isaac alle corti di Lorenzo il Magnifico e dellimperatore Massimiliano Isaac, Senfl e il Lied luterano I
franco-fiamminghi Obrecht, Brumel, Willaert, de Rore, de
Wert a Milano, Venezia, Ferrara, Roma, Mantova Le
frottole degli italiani Cara e Tromboncino Polifonie spagnole Onomatopee francesi
Innsbruck ti devo lasciare / le mie strade portano / verso luoghi sconosciuti. / La mia felicit svanita / e non la so ritrovare / dal fondo della mia
disperazione. Questa la prima strofa. Nelle altre due sentiamo il lamento
per lamata che resta sola e la speranza del ritorno. Le parole poggiano su
una melodia che ha leleganza della semplicit popolare: un disegno che
sale e che subito scende e si sospende, prima di ripetere e variare per chiudere. Intervalli facili da intonare, nessuna scossa nel ritmo. Sembra un futuro Lied romantico, o una passata chanson di trovatore cortese con precisa radice gregoriana. Diventa la pi famosa canzone del Cinquecento e un
modello per i secoli futuri nella doppia versione a quattro voci: in un caso
la melodia affidata al tenor, nellaltro al soprano con tre voci che si limitano ad accompagnare con lievi imitazioni polifoniche e soffici armonie.
Nel primo caso si rinnova lo stile germanico del Tenorlied, nellaltro si
nobilita quello della frottola, una variante popolaresca della canzone
italiana.
La grande diffusione inizia nel 1520, grazie alla stampa. Il pioniere
Ottaviano Petrucci, che nel 1490 apre bottega a Venezia, e nel 1501 pubblica Harmonice Musices Odhecaton, il primo libro in cui le note sono stampate con caratteri mobili. Le fasi della produzione prevedono tre passate di
torchio: prima i righi musicali, poi le parole, infine le note. Petrucci pubblica una cinquantina di volumi, fra cui tre raccolte di messe di Josquin Desprs, oltre a lavori di Jacob Obrecht e Johannes Ockeghem. Il suo esempio
seguito da Andrea Antico, dai fratelli Scotto, dalla famiglia Gardano, che
fanno di Venezia una capitale della stampa musicale europea. A Parigi
attivissimo Pierre Attaingnant, che aumenta il numero dei caratteri per
stampare con una passata sola e risparmiare sui costi. Ad Amsterdam e in
vari centri tedeschi la concorrenza agguerrita. Cresce in modo esponenziale la disponibilit di testi musicali e il mercato si allarga a dismisura

1500 Innsbruck, ich muss dich lassen 67

grazie ai molti dilettanti che cantano con amici entro le mura di casa, nelle
capitali e nei centri minori. Gli stessi autori ne tengono conto, semplificano
la scrittura, tolgono le complessit ritmiche, esaltano la cantabilit delle
melodie.
Innsbruck, ich muss dich lassen diventa la canzone nazionale tedesca
quando accolta nellantologia Frische deutsche Liedlein, pubblicata nel
1539, a oltre ventanni dalla morte dellautore. La scrive il fiammingo Heinrich Isaac attorno al 1500 mentre al servizio dellimperatore errabondo
Massimiliano i dAsburgo che provvisoriamente stabilisce la sua corte appunto a Innsbruck. Nella capitale del Tirolo (e del Sacro Romano Impero),
il compositore giunge nel 1497 con il nome di Arrigo Tedesco, meritato
grazie alla dozzina danni trascorsi a Firenze. Nella capitale toscana era arrivato nel 1484, chiamato da Lorenzo il Magnifico. Assieme al principe rinascimentale e a tanti altri musici di minore fama, ha gi scritto una gran
quantit di canti carnascialeschi, frottole, villotte e ballate, continuando
lintegrazione fra rigore fiammingo e leggerezza italiana inventata da Guillaume Dufay mezzo secolo prima. Sua la musica per Quis dabit capiti meo
aquam?, il lamento in morte di Lorenzo (1492) in cui il canto si scioglie nel
silenzio, sulle parole di Angelo Poliziano che invocano la pace. Dopo
Innsbruck, Isaac serve la diocesi di Costanza, che lo incarica di compilare un
repertorio di mottetti polifonici per tutto lanno liturgico, il Choralis Constantinus impostato nel 1508 e lasciato incompleto alle cure dellallievo
Ludwig Senfl: gli oltre 300 brani distribuiti in tre volumi, forti della loro
vena schietta e popolaresca, avranno un ruolo enorme nella prossima nascita della musica luterana e del futuro Lied tedesco. Vi troviamo anche la
melodia Christ ist erstanden, popolare in tutta la Baviera, diffusa nella Germania protestante, e amata da Lutero. Sappiamo che non di Isaac, ma che
una nuova versione di Victimae paschali laudes. Nel 1906 Anton Webern
pubblica unedizione moderna del Choralis Constantinus come parte della
sua tesi di dottorato in musicologia allUniversit di Vienna. La melodia di
Innsbruck, ich muss dich lassen resta nella memoria collettiva, tanto che Bach
la riprende in varie occasioni, compresa la cantata sacra In allen meinen
Taten bwv 97 del 1732.
Nel 1512 Isaac torna nellamata Firenze e chiude una carriera esemplare,
possibile solo grazie alla straordinaria crescita delleconomia italiana e ai
suoi ricchi banchieri, trasformati in signori regnanti. Ma non solo Firenze
che ospita una corte sfarzosa. Non inferiore quella dei papi a Roma, degli
Este a Ferrara, degli Sforza a Milano, dei Gonzaga a Mantova, dei dogi a
Venezia. Aumenta la competizione fra i signori italiani per sfoggiare il proprio complesso musicale (corale e strumentale) di corte (la cappella).
Mancano cantori locali, perci sono costretti a rivolgersi allestero. Imitan-

68 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

do i Malatesta, che nel 1414 scoprono a Costanza la maestria di Dufay, ora


altri cercatori di talenti vanno a Nord, dove tradizione e scuola restano una
miniera inesauribile di cantori e autori. Merito loro se, dalla seconda met
del Quattrocento e per quasi tutto il Cinquecento, lItalia musicale dominata da musicisti francofiamminghi. Gli Sforza di Milano ereditano dai Visconti una bella cappella organizzata nel 1402 da Matteo da Perugia, ma
non si accontentano. Conquistata la citt nel 1450, prima Francesco i e poi
Galeazzo Maria Sforza lanciano una campagna acquisti di musici francesi e
fiamminghi. Cercano invano di ingaggiare Johannes Ockeghem, ci riescono
con Josquin Desprs, che arriva da Parigi e si ferma a Milano nel 1478. La
vita musicale splendida, coordinata dal maestro di cappella, compositore
e teorico Franchino Gaffurio (Theorica musice, 1496; De harmonia musicorum instrumentorum, 1500), mentre Leonardo da Vinci disegna e costruisce
macchine per spettacoli di ogni genere, oltre a scrivere musica in proprio.
Pure larchitetto Bramante si diletta con la musica.
Altro grande musicista sempre con la valigia in mano, Desprs si trasferisce nel 1479 a Roma al seguito del milanese cardinale Ascanio Sforza.
Torna a Parigi. Di nuovo a Roma, nel 1489-95 fa della cappella pontificia
un centro di eccellenza. Torna per poco a Milano. Diventa la punta di diamante della corte di Ercole dEste a Ferrara (1499-1504), quindi rimpatria.
Il fulgore musicale di Ferrara esplode a fine Quattrocento, grazie a due
soggiorni (1487 e 1504) di Jacob Obrecht, allievo di Ockeghem, campione
della nuova polifonia imitativa che vuole pi volte ripetuta la stessa frase su
voci diverse. La rotazione dei maestri franco-fiamminghi a Ferrara non si
ferma. Da Milano arriva il francese Antoine Brumel, che dirige (1504-13)
un coro di 12 cantori comprendente il giovane fiammingo Adrian Willaert,
che gli succede fra vicissitudini varie fino al 1527, quando assunto
come maestro della cappella di San Marco a Venezia. Un suo (presunto)
allievo, Cipriano de Rore, pure fiammingo, dirige la cappella di Ferrara
(1546-59) e diventa uno dei rinomati autori di polifonie sacre e profane
della generazione successiva a Josquin Desprs. Lo stile severo e allo stesso
tempo mosso dei suoi madrigali, la cura del rapporto fra valori musicali e
significato delle parole avr uninfluenza decisiva nella formazione di Claudio Monteverdi. Fra gli oltre 120 madrigali pubblicati fra 1542 e 1565, Da
le belle contrade dOriente esemplare per eleganza melodica e finezza di
costruzione.
Nella vicina Mantova, signoria dei Gonzaga dal 1328 e gi allora famosa
per i suoi pifferi e trombetti, il Quattrocento porta il fiorire di polifonia
vocale profana popolaresca (strambotti, frottole) firmata da Bartolomeo
Tromboncino e Marchetto Cara, entrambi nati a Verona e attivi presso le
maggiori citt padane. Nel 1510 il duca Francesco ii Gonzaga istituisce una

1500 Innsbruck, ich muss dich lassen 69

stabile cappella di corte animata dal 1534 dallaffermato francese Jachet de


Mantua (!). Sempre a Mantova, attorno al 1565, arriva da Ferrara il fiammingo Giaches de Wert, allievo di Cipriano de Rore e maestro di Monteverdi. Trionfa il nuovo genere del madrigale, si fanno i primi esperimenti di
teatro con musica.
Venezia vive la sua stagione magica di ricchezza e potere. Il fasto delle
cerimonie pubbliche e private non teme confronti. Nel primo Cinquecento
capitale della stampa musicale. Nel 1523 esce il primo trattato di teoria
musicale in lingua italiana, intitolato Thoscanello de la musica, firmato dal
fiorentino emigrato Pietro Aaron. La cappella della basilica di San Marco
diventa una delle migliori al mondo quando ne assume la guida Adrian Willaert, educato a Parigi e collaudato a Roma, Ferrara e Milano, eccellente
musicista, ottimo teorico e grande organizzatore, padre nobile della scuola
veneziana destinata a dominare lintera Europa nei due secoli successivi.
Willaert il primo a sfruttare in modo sistematico le due cantorie e i relativi
due organi disposti sui lati della navata centrale della basilica di San Marco.
La sua raccolta Salmi spezzati (1560) gi nel titolo menziona la tecnica di
dividere (spezzare) il coro in due insiemi che si alternano secondo il principio medioevale dellantifona, per con scrittura arricchita da polifonie rinascimentali debitamente semplificate per favorire la comprensione delle
parole. Uno dei primi a cogliere linnovazione, a Roma, Giovanni Pierluigi
da Palestrina. Willaert muore nel 1562. Gli succedono per poco tempo Cipriano de Rore e a lungo (1565-90) lallievo Gioseffo Zarlino, teorico insigne
e maestro di Andrea e Giovanni Gabrieli.
DallItalia settentrionale, la scuola musicale franco-fiamminga si diffonde
nella Germania meridionale, creando un avamposto a Monaco di Baviera
con Ludwig Senfl, allievo e continuatore di Isaac e iniziatore del Lied popolaresco germanico e luterano. La penisola iberica infiltrata dapprima dalla
Francia. Sappiamo di un soggiorno di Ockeghem a met Quattrocento. Il
passo pi importante invece diretto. Nel 1518 Carlo v dAsburgo, imperatore di Germania e signore dei Paesi Bassi, arriva a Madrid come re di Spagna portandosi da Bruxelles la sua cappella musicale diretta da Nicolas
Gombert, seminatore di una polifonia conservatrice e formale. In Salve Regina di Gombert ciascuna delle quattro voci canta un testo diverso in superbo stile imitativo. Subito germoglia una tradizione polifonica spagnola attorno al genere autoctono detto villancico, variante della chanson francese e
della frottola italiana, sviluppato da Juan del Encina prima di trasferirsi in
Vaticano e iniziare una tradizione di allievi iberici nella cappella vaticana.
Lespansione al Nuovo Mondo naturale. Pedro de Gante (un francescano
di Gand) porta a Citt del Messico le messe e i mottetti fiamminghi e italiani
con parole latine e castigliane di Gombert e di Willaert. A Mantova, nel

70 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

1619, Monteverdi rende omaggio a Gombert utilizzando il suo mottetto In


illo tempore per la propria messa omonima.
Di tanto movimento di musici, Parigi resta il motore principale. la citt
pi popolosa dEuropa. La sua universit produce teorici, la cattedrale educa cantori e autori. Assorbe e ridistribuisce idee e tendenze. Dilaga la voglia
di danza e divertimento. Ma sono anche tempi bellicosi. In musica risuonano
canti e urla, suoni e furori di battaglia in La Guerre (1529) di Clment Janequin, anticipato a Firenze da Isaac (A la battaglia, 1487) e imitato, fra i tanti,
a Venezia da Andrea Gabrieli (Battaglia a otto, 1587) e Monteverdi (Il combattimento di Tancredi e Clorinda, 1624). In Spagna portano la guerra in
chiesa il severo Francisco Guerrero (Missa de la batalla, 1582) e lorganista
Juan Cabanilles (Tiento de batailla, circa 1700). Perfino il mite liuto trova
toni bellici in Bataglia francese (1546) di Francesco da Milano. Agli estremi
dellOttocento sono imperdibili Beethoven (La vittoria di Wellington, 1813)
e Richard Strauss (Una vita deroe, 1899).
centrale anche lamore per la natura. Il canto degli uccelli interessa Janequin (Le Chant des oiseaux, 1537) e tanti francesi a seguire. In Spagna, Juan
del Encina forse anticipa tutti con il suo villancico Cuc cuc dinizio Cinquecento. Ancora Francesco da Milano trasferisce al liuto La canzon de li uccelli
(1546). Non stupisce se, quattro secoli dopo, la ricerca musical-ornitologica
continua con Olivier Messiaen. E nel jazz spuntano le esperienze di Charlie
Parker con Ornithology (1946). Sono stanziali e conservatori i musici inglesi,
stretti alla loro antica tradizione polifonica ben presente nelle ultime messe
cattoliche prima della riforma anglicana. Si sente bene in quella che lo scozzese John Taverner costruisce sul canto popolare Western Wynde.
A met Cinquecento in tutta Europa esplode lo stile profano, con madrigali amorosi desunti da mottetti sacri, a loro volta resi pi espressivi e vivaci.
In Germania germoglia il Lied e in Francia nascono le air serieux, tendre, a
boire che finiranno nel teatro di vaudeville. In Inghilterra i song sono sempre
pi diffusi e stampati in popolari songbooks, nei quali capita di incontrare il
famoso Pastime with Good Company, attribuito a re Enrico viii. Emergono
tendenze di lungo periodo, che sono le radici del folk nellOttocento e del
pop nel Novecento.

Ascolti
Music at the Court of Emperor Maximilian i, N. Harnoncourt, Concentus Musicus Wien,
Archiv 2003
N. Gombert, Nicolas Gombert: Magnificats 1-4, P. Phillips, The Tallis Scholars, Gimell
2002

1500 Innsbruck, ich muss dich lassen 71

C. Janequin, Les cris de Paris. Chansons de Janequin & Sermisy, Ensemble Clment
Janequin/D. Visse, Harmonia Mundi 2005

Letture
M. Picker, Henricus Isaac: A Guide to Research, Garland Pub., New York 1991
A.W. Atlas, Renaissance Music: Music in Western Europe, 1400-1600, W.W. Norton &
Company, New York 1998

1562 Missa Papae Marcelli

Giovanni Pierluigi da Palestrina


Capire le parole sacre nel groviglio delle polifonie La
Cappella Sistina Arcadelt e Lasso Lutero e la musica
Il Concilio di Trento e la polifonia Palestrina Gli allievi diretti La lezione che persiste Il movimento ceciliano
nellOttocento

Nessuna evidenza storica capace di distruggere una bella leggenda. E, per


come raccontata, la vicenda della Missa Papae Marcelli di Giovanni Pierluigi da Palestrina una leggenda bellissima. Si narra che, in obbedienza
alle indicazioni del Concilio di Trento (la musica deve illuminare la parola
sacra, non renderla incomprensibile), nel 1565 si riunisca a Roma una
commissione cardinalizia pronta a disporre il bando della musica polifonica
alle cerimonie della Chiesa cattolica romana. Palestrina compone velocemente una messa in cui, senza rinunciare alla scrittura a pi voci, gli ascoltatori capiscono le parole del testo sacro. Il risultato, la Missa Papae Marcelli, un capolavoro di equilibrio fra ardita polifonia e semplice monodia.
Gloria e Credo procedono per blocchi sonori declamanti, con le voci
che si alternano in eco e riducono al minimo il loro intrecciarsi. Nelle altre
parti della messa, la tessitura pi varia e rispetta la lezione franco-fiamminga. Il disegno melodico che divarica le note non tocca le parole, comprensibili perch non sono sovrapposte luna allaltra. Inoltre traspare il peso
della nuova strategia armonica che si sta imponendo: non pi il moto
delle melodie e delle voci che scandisce la pulsazione del brano, ma il passaggio fra la tensione provocata dalle dissonanze e la distensione che viene
dalle consonanze. Insomma, c novit allinsegna della continuit: lars antiqua di Protin con lars nova di Guillaume de Machaut, i canoni di Johannes Ockeghem con le imitazioni di Guillaume Dufay, assieme allespressiva
semplicit della melodia di Heinrich Isaac e Josquin Desprs.
Sono le mutazioni genetiche che plasmano la cappella papale romana
nella sua lunghissima evoluzione, frammentata dai balzi della scrittura e
impastata dalla trasmissione orale. La cappella nasce come schola cantorum
ai tempi di Gregorio Magno (590-604) e per secoli modello di tradizione
gregoriana. riservata alle voci maschili e sono esclusi pure gli strumenti (da
qui il termine a cappella per individuare il canto corale non accompagnato). Negli anni dellesilio (1309-77), decade a Roma ma trova nuova linfa ad
Avignone. In Vaticano la cappella riprende in modo graduale agli inizi del

1562 Missa Papae Marcelli 73

Quattrocento, anche grazie a Dufay, che la dirige in due riprese (1428-33 e


1435-37) e ne allinea la tecnica alla rinnovata polifonia franco-fiamminga.
Rafforzata e stabilizzata nellorganico di 24 cantori, spesso utilizzata anche
per occasioni mondane, diventa una delle migliori cappelle musicali del
tempo sotto la direzione di Desprs, portato a Roma nel 1490 dal cardinale
milanese Ascanio Sforza. Prende il nome di Cappella Giulia (1513) in onore
di papa Giulio ii e poi di Cappella Sistina, quando si trasferisce nella nuova
sede allinterno del palazzo vaticano. Il francese Jacques Arcadelt la dirige
dal 1539 al 1550. Palestrina diventa maestro della cappella nel 1551, dopo
essersi fatto le ossa a Santa Maria Maggiore come fanciullo cantore e organista. Licenziato nel 1555 perch sposato, assume il posto di maestro in San
Giovanni in Laterano liberato dal fiammingo Orlando di Lasso. Il quale
Lasso, dopo essere stato al servizio di Ferdinando Gonzaga in Francia e
Italia, quindi a Napoli (1549-52) e per due anni a Roma (1553-55), si sposta
a nord, entra alla corte dei duchi di Baviera e completa una carriera che lo
pone fra i grandi della musica nel Cinquecento con uno smisurato catalogo
di 58 messe, 547 mottetti, 101 magnificat, tantissimo altro sacro e profano.
Immensa la sua influenza, soprattutto nella Germania di Seicento e Settecento, e in particolare su Schtz e su Bach.
A Roma, il vorticoso avvicendarsi di grandi nomi garantisce la fertilit del
terreno. Palestrina maestro di cappella a Santa Maria Maggiore al tempo
della leggenda e della fatidica audizione del 28 aprile 1565. I commissari
conciliari sono estasiati dalla nuova Missa Papae Marcelli e cos la musica non
viene cacciata dalla Chiesa. Gli autorevoli musicisti teorici e praticanti Agazzari (1607) e Banchieri (1609) sono tra i primi ad avallare questa versione,
ripresa poi con nuovi particolari da Giuseppe Baini nella biografia di Palestrina scritta nel 1828 e subito diventata notissima grazie alla traduzione tedesca (1834) che ne garantisce la diffusione in tutta Europa. Ora sappiamo
che ben poco vero e nulla documentato. Gi nel 1892 il musicologo Franz
Xaver Haberl smonta puntualmente i fatti citati da Baini. Ecco riassunti i
punti principali fissati dalla moderna musicologia.
La famosa commissione cardinalizia non espressione del Concilio di
Trento ma della curia romana. Ha il compito di vigilare super executione et
observantia Sacrii Concilii Tridentini. Si occupa soprattutto di disciplina e
di morale. Di musica sinteressa solo in occasione dellaudizione del 1565,
organizzata non a caso dal cardinale Vitellozzo Vitelli, un finissimo intenditore di musica polifonica, in particolare franco-fiamminga. Un altro commissario, Carlo Borromeo, mobilita Vincenzo Ruffo, suo maestro di cappella nel
duomo di Milano. Gli fa scrivere, con urgenza, alcune messe nelle quali
riformasse il canto in modo che le parole fossero pi intellegibili che si
potesse (20 gennaio 1565) e componesse una messa che fosse pi chiara

74 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

che si potesse et la mi mandasse qu (10 marzo). Il 13 marzo, Carlo Borromeo, in attesa delle nuove messe di Ruffo, ne commissiona unaltra a Nicola
Vicentino, pure attivo a Milano. I documenti si fermano qui. Non sappiamo
quali musiche siano eseguite in quel 28 aprile. Palestrina non mai citato,
tanto meno con la Papae Marcelli o altre messe.
Gli studiosi moderni collocano la Missa Papae Marcelli nel periodo 156263 o addirittura prima, senza per giungere allanno 1555, quello del brevissimo pontificato di Marcello ii, durato ventidue giorni, dal 9 al 30 aprile.
Venerd Santo 12 aprile, papa Marcello ha per occasione di rimproverare
ai cantori della Cappella Sistina (e fra questi Palestrina) il contegno poco
dignitoso e il fatto che non si riesce a capire le parole del loro canto. probabile che sia stato quellammonimento a indurre Palestrina a scrivere
qualche anno dopo (magari in concomitanza con il dibattito sulla musica al
Concilio di Trento, nel 1562) la famosa messa. Col che cade la tesi di una
composizione affrettata perch stesa su misura per laudizione decisiva.
Dagli indizi prima esposti risulta che i cardinali ascoltano almeno una messa
di Ruffo e forse una di Vicentino. Ai due milanesi sarebbe dunque da attribuire il merito di aver salvato la musica sacra. Ma non pare proprio che
quellaudizione sia decisiva. Nelle varie sessioni in cui si articola il concilio
tridentino, mai si mette in dubbio la presenza dalla musica in chiesa. Circolano tante raccomandazioni, per rimediare al lassismo ecclesiale del Quattrocento: far capire le parole, evitare contaminazioni profane, ridurre e
unificare il repertorio, tornare allantico canto gregoriano, bandire esibizioni virtuosistiche, separare liturgia da ornamentazione. Mancano le imposizioni tassative, difficili da far rispettare. I padri conciliari cercano piuttosto
una risposta efficace a Martin Lutero, che incoraggia il canto dei fedeli
nella chiesa riformata.
Appassionato di musica, grande estimatore di Josquin, ottimo cantore e
buon flautista, Lutero considera la musica come la pi preziosa fra le arti e,
per la sua posizione nel Quadrivium, in vitale relazione con la teologia. Fin
dallinizio della sua Riforma vuole che in chiesa cantino sia una cappella
musicale ben addestrata sia lintero pubblico dei fedeli. Usa melodie in parte antiche e in parte create da lui stesso o dai suoi seguaci musicisti (Hans
Leo Hassler, Ludwig Senfl) applicate a testi biblici o moderni per rigorosamente in lingua tedesca. Crea un repertorio popolare e coinvolgente. Sua la
melodia cardine della Riforma, Ein feste Burg ist unser Gott, composta attorno al 1526, lanno in cui esce la Deutsche Messe, il messale tedesco in cui i
Lieder sostituiscono i canti latini della liturgia romana. Il Kirchenlied, ossia
corale luterano, sempre a quattro voci, non polifonico in senso stretto ma
armonico in senso nuovo; in esso le voci si muovono per sostenere il canto
della melodia, subordinate al pulsare alternato di dissonanza e consonanza.

1562 Missa Papae Marcelli 75

Ne sono antesignani Desprs e Isaac. Il successo popolare premia il tedesco


Lutero e sconfessa i riformatori svizzeri, il pi restrittivo Giovanni Calvino a
Ginevra e lancor pi rigido Huldrych Zwingli a Zurigo, fieri avversari di
ogni musica in chiesa. Le edizioni delle melodie di Lutero e di altri (quella
del 1526 e quella del 1544) stimolano il canto corale di tutte le comunit
germaniche. I protestanti ugonotti francesi hanno il loro campione musicale
in Claude Goudimel, che mette in musica il Salterio tradotto in lingua francese da Clment Marot, prima di morire nella tragica notte di San Bartolomeo (1572). Favoriscono il canto e la partecipazione popolare anche le musiche nella riforma anglicana, con Verse Anthem e Full Anthem che semplificano la polifonia dei mottetti latini nelle musiche di John Taverner (Dum
transisset, circa 1520), Christopher Tye (Laudate nomen Domini, 1553),
Thomas Tallis (Spem in alium, 1570), William Byrd (Terra tremuit, 1607),
Thomas Morley, Gilles Farnaby, Orlando Gibbons.
Prima ancora della gerarchia controriformista tridentina, il valore espressivo della nuova semplicit chiaro ai musicisti italiani estranei alla riforma,
Palestrina compreso, assieme ai gi citati Ruffo e Vicentino. La Missa Papae
Marcelli ridiventa cos protagonista, non pi come causa immediata di un
evento storico definito, ma come momento riassuntivo di quella vasta trasformazione di stile e di gusto che (contro)riforma la musica sacra cattolica.
Prima ancora che lo decida il Concilio di Trento. E finisce che storia e musicologia confermano, nella sostanza, letteratura e leggenda. Non leggenda
invece linflusso della Missa Papae Marcelli sulle generazioni successive.
Come vedremo, il passaggio dalla polifonia alla monodia avviene appunto a
cavallo fra Cinquecento e Seicento, ma non netto. Tanto che non facile
rintracciare un percorso evolutivo fra le oltre 100 messe scritte da Palestrina
fra 1544 e 1597, raccolte in quattro libri a stampa con dediche altisonanti a
papi e re (Filippo ii di Spagna in primis). Si trovano cose alla maniera di
Guillaume Dufay e Josquin Desprs, cantus firmus su melodie proprie e altrui, sacre e profane (perfino un paio di LHomme arm), canoni e sequenze,
falsi bordoni. Il contrappunto rigoroso domina nelle cose pi antiche. Ampie chiazze monodiche irrompono spesso nelle messe della maturit, ma
senza regole precise. Non mancano contaminazioni con il profano stile madrigalistico. Si sospetta che alcune parti vocali siano pensate per alternative
strumentali. Si afferma il concetto moderno di tonalit maggiore e minore e
si allontanano i modi gregoriani. Le melodie che procedono con severo distacco, il passo senza scosse, e la trasparenza del timbro completano quel
senso di arcaica classicit che da sempre si associa a Palestrina. La polifonia
vocale perde il sapore fiammingo e diventa italiana.
Sulle messe di Palestrina si formano gli allievi e successori diretti: Orazio
Benevoli, Gregorio Allegri, Alessandro Scarlatti, Niccol Jommelli. Lo stile

76 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

si afferma in tutta Italia e subito in Europa: in Spagna con una frotta di musicisti educati a Roma; in Inghilterra a mezzo stampa; in Germania grazie
alla fucina veneziana. Il successo tale che il modello, rinominato stile antico, passa diritto sui testi di scuola. Il pi importante dei quali Gradus ad
Parnassum dellaustriaco Johann Joseph Fux pubblicato nel 1725 e rimasto
in uso fino a Ottocento inoltrato , studiato da Bach, Haydn, Mozart, Beethoven. Fux disegna tuttavia una prospettiva limitativa (in senso conservatore, formalistico) del reale contenuto innovativo e rivoluzionario della polifonia di Palestrina. Da qui (nellOttocento) il distorto ritorno allantico dei
circoli reazionari ceciliani organizzati dal bavarese Franz Xaver Witt con il
supporto di Pio ix e (nel Novecento) la reazione antimodernista che si coagula nellopera teatrale Palestrina (1917) di Hans Pfitzner.

Ascolti
L. Senfl, Ludwig Senfl: Werke fr Martin Luther und die Reformation, Ensemble Officium, Cristophorus 2009
G. da Palestrina, Palestrina: Masses and Motets, P. Ledger/D. Wilkocks, Choir of Kings
College, emi 2008
O. di Lasso, Lassus: Requiem, Magnificat, Motets, B. Turner, Pro Cantione Antiqua,
Deutsche Harmonia Mundi 1992

Letture
M. Della Sciucca, Giovanni Pierluigi da Palestrina, LEpos, Palermo 2009
L. Garbini, Breve storia della musica sacra. Dal canto sinagogale a Stockhausen, il Saggiatore, Milano 2012

1594 Ecco mormorar londe


Claudio Monteverdi

Poesia per musica Nascita del madrigale DallItalia al


resto dEuropa Festa, Palestrina, Marenzio insegnano a
fiamminghi, tedeschi, spagnoli, inglesi Monteverdi Gesualdo La commedia harmonica Madrigale a voce sola
Le parole di Torquato Tasso si comprendono bene quando una sola voce
inizia a cantare il primo verso, intonando una melodia semplice con taglio
lievemente asimmetrico. Subito si aggiungono una voce acuta e una grave,
sulle stesse parole e su analogo disegno musicale, per lasciare che sia la prima
voce a cantare il secondo verso e la terza voce ad accennare il terzo. I due
primi versi sono ripetuti su un tessuto musicale lineare: serve a far cogliere
le parole ma anche a stabilire un contrasto con la precedente condotta polifonica. Col terzo verso torna la scrittura musicale polifonica e la sovrapposizione di parole diverse comincia a farne perdere il significato. Claudio
Monteverdi non se ne preoccupa. Anzi, continua a lavorare sulle tecniche
musicali, lascia emergere la voce principale, la riassorbe, bilancia lormai
matura polifonia con lincombente monodia. Ecco mormorar londe il diciottesimo brano in una raccolta di 19, pubblicata nel 1594 come secondo
libro di madrigali del ventiduenne Monteverdi, nato a Cremona, allievo di
uno dei maggiori madrigalisti ferraresi, destinato a una folgorante carriera
prima a Mantova e poi a Venezia. Il giovane Monteverdi gi autore di una
raccolta di Canzonette (1587), di varia musica sacra e di un libro di madrigali (1593). Come nel primo, nel secondo libro di madrigali riassume lo stato
dellarte e traccia solide indicazioni per il futuro.
Lintreccio delle voci rimanda alle origini del madrigale, che sono lontane e articolate. Perch si chiami cos, non si sa. Forse viene da matricale,
cio appartenente alla lingua madre. Il termine si rintraccia nel Trecento
italiano, nella Firenze di Francesco Landino, come variante raffinata di canzone, ballata, caccia. Sfuma nel Quattrocento per fiorire, in nuova veste, agli
inizi del Cinquecento. un mottetto in cui il testo profano (in volgare) sostituisce quello sacro (in latino). Non usa pi le rime popolaresche e talvolta
dozzinali delle canzonette, delle frottole, dei canti carnascialeschi ma versi di
poeti raffinati: Pietro Bembo, segretario di Leone x e cardinale dal 1539;
Giovan Battista Guarini, Ottavio Rinuccini, Gabriello Chiabrera e Torquato
Tasso, letterati a tempo pieno; gli ormai immancabili Petrarca e Ariosto. Per
il madrigale si conia la definizione di musica riservata, perch destinata a

78 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

circoli dintellettuali e appassionati, capaci di cantare e intendere le allusioni


nascoste. Fin dallinizio la musica prova a trasferire il senso delle parole, ora
serie ora scherzose. Si forma un metalinguaggio, che critici arcigni bollano
come madrigalismo: pianto e riso, dolore e amore, urlo e sospiro trovano un
corrispettivo in melodie ascendenti e discendenti, alternano consonanze e
dissonanze, ritmi regolari e sghembi, assoli e insiemi. Di regola conta di pi
la parte superiore del soprano, tanto che per le altre parti diventa normale la
sostituzione della voce con uno strumento. Alle sette note della scala diatonica si aggiungono sempre pi spesso note estranee scelte fra le residue cinque cromatiche (i tasti neri del moderno pianoforte) per suscitare instabilit e inquietudine, inventare nuove dissonanze. Cresce il ruolo delle voci
inferiori come sostegno armonico (verticale) a discapito dellequilibrio polifonico (orizzontale). In un certo senso nasce la musica tonale assieme al
concetto moderno di espressione musicale.
Il successo del madrigale immediato perch cresce a dismisura il numero di quanti si dilettano a cantare in casa assieme a colti amici. Favorito dalle
nuove tecniche di stampa musicale, il numero dei madrigali pubblicati nel
Cinquecento cresce in modo esponenziale. Si stima che siano oltre 40000.
Tutti i maggiori autori del tempo vi si cimentano con entusiasmo. Una prima
generazione emerge nel 1530, quando leditore Valerio Dorico pubblica a
Roma la raccolta Madrigali di diversi Musici. Il precursore Philippe Verdelot,
francese di formazione ma attivo a Firenze, ne scrive 135 fra il 1530 e il 1537
con titoli che sono un programma: Ultimi miei sospiri, Divini occhi sereni,
Fuggi fuggi cuor mio. Diventa popolarissimo Il bianco e dolce cigno, il pi
famoso fra i 200 firmati da Jacques Arcadelt, pure francese, attivo a Firenze,
Roma, Venezia e il cui primo libro di madrigali vede ben 36 ristampe fra 1539
e 1664. La fama resiste ancora in pieno Ottocento, con Liszt che trascrive per
pianoforte una sua Ave Maria in Harmonies potiques et religieuses.
I musicisti attivi nella seconda met del Cinquecento fanno parte della
cosiddetta seconda generazione di madrigalisti. LItalia diventa una fucina di
madrigali. A Roma, laltrimenti seriosissimo autore di musica sacra Costanzo
Festa firma Si come sete bella, uno dei suoi 141 madrigali. Anche Palestrina
scrive una novantina di madrigali (due libri, 1554 e 1594), con lo stesso stile
con cui produce mottetti sacri e messe liturgiche. Durante il soggiorno romano, il fiammingo Orlando di Lasso dedica a papa Clemente vii i suoi 20
madrigali spirituali Lacrime di San Pietro, uno dei casi pi felici di ritorno al
sacro transitando dal profano. Nella capitale, il madrigalista maggiore il
bresciano Luca Marenzio, proveniente da Firenze, dove contribuisce ai primi passi del nuovo modo di cantare monodico. Marenzio rifornisce i suoi
nobili protettori Orsini e Aldobrandini con madrigali meravigliosi per scrittura e trattamento della parola. Firma 13 libri in otto anni (1578-86). Solo e

1594 Ecco mormorar londe 79

pensoso, su testo di Petrarca una perfetta traduzione musicale delle emozioni letterarie: note lente per linizio assorto, la tensione che sale con le
note cromatiche, la voglia di fuga con i passi che accelerano, il furore interno
e la calma esterna grazie alla sovrapposizione di un ritmo lento a uno vivace.
Tutte le corti italiane ne sono contagiate: Ferrara, Bologna, Milano; soprattutto Mantova, che Guglielmo Gonzaga trasforma in un laboratorio
musicale ospitando Nicola Vicentino, Jaches de Wert, Alessandro Striggio,
Vincenzo Galilei, Francisco Guerrero, Claudio Merulo. Venezia il centro
di stampa dei madrigali italiani e il luogo di residenza di insigni autori. Emerge il maestro di cappella Adrian Willaert, che in Musica nova (1559) unisce
il sacro e il profano (mottetto e madrigale) in una scrittura che non ammette
complicazioni polifoniche e punta sugli intrecci melodici animati da unarmonia che abbandona il gregoriano per oscillare fra due soli modi, il minore
e il maggiore. Con questi principi scrivono gli allievi Cipriano de Rore, Andrea Gabrieli e, soprattutto, Gioseffo Zarlino. La diffusione e la popolarit
del genere madrigale sono tali da consentire alla cantante e liutista Maddalena Casulana di essere la prima donna a pubblicare a stampa musiche proprie: Il primo libro di madrigali (Venezia, 1568).
La velocit delle comunicazioni musicali del Cinquecento trasferisce subito nel resto dEuropa lamore italiano per il madrigale. Da Venezia si
espande a nord. Alla corte imperiale di Monaco di Baviera chiude la sua
carriera Orlando di Lasso, autore di circa 800 madrigali. Hans Leo Hassler,
uno dei cantori della Riforma di Lutero, studia a Venezia con Gabrieli e
scrive madrigali in tedesco ad Augusta, Norimberga, Ulm, Dresda. Sono
oltre 1100 i madrigali di Philippe de Monte, fiammingo a lungo attivo in
Italia prima di diventare maestro di cappella di Massimiliano ii e Rodolfo ii
a Vienna e Praga. In Polonia soggiorna per qualche tempo anche Marenzio.
Terreno fertilissimo trova il madrigale in Inghilterra. Nella seconda met del
Cinquecento, Londra supera Parigi come numero di abitanti, ha una classe
borghese ricca, colta e con una lunga tradizione di canto polifonico di gioie
e pene damore. Quando nel 1562 vi arriva il bolognese Alfonso Ferrabosco,
il tempo maturo per la fioritura del madrigale inglese. Il suo allievo Thomas
Morley traduce Marenzio, stabilisce un metodo didattico, crea una scuola,
compone di suo pugno. Ha enorme successo lantologia Musica transalpina
(1589) con madrigali di Ferrabosco e Marenzio su testi inglesi. La raccolta
The Triumph of Oriana (1602) presenta i pi bei nomi della scuola locale: 25
pezzi di 23 autori, fra cui John Wilbye, Thomas Weelkes, Thomas Tomkins
assieme al curatore Morley. AllItalia guarda John Dowland quando affida le
struggenti malinconie di Flow my Tears e di Lacrimae al canto, allo strumento, alla danza. Siamo allapice della musica elisabettiana, nel tempo di Shakespeare. Anche Parigi ha un vasto mercato per la musica stampata, ma il

80 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

madrigale allitaliana attecchisce poco, perch continua la fortuna della


chanson rinascimentale. Il circuito pubblico in Spagna non ancora sviluppato e la musica resta confinata allambito ecclesiastico e alle cerchie nobiliari. Non sorprende se ha fortuna il solo madrigale spirituale, importato
dagli allievi della scuola romana assieme alla grande polifonia religiosa del
Cinquecento.
A fine secolo, e non a caso in corrispondenza con il secondo e il terzo libro di madrigali di Monteverdi, il genere si ritrova a un trivio. Quello che
mantiene continuit con il passato ha il suo campione nel napoletano Carlo
Gesualdo principe di Venosa, passato alla storia anche per aver ucciso nel
1590 la moglie adultera assieme allamante. Il che lo costringe a scappare da
Napoli e rifugiarsi a Ferrara, dove sposa nel 1594 Eleonora dEste e con
lamico Torquato Tasso partecipa allintensa vita artistica di corte. Gesualdo
scrive soprattutto per se stesso e per una piccola cerchia di amici. I suoi circa
110 madrigali a cinque voci, pubblicati in sei libri fra 1594 e 1611, vivono dei
fantasmi che gli turbano la mente: il senso della morte, la cognizione del
dolore, lo smarrimento della fede. Forza le consuete scale diatoniche inserendo sempre pi note cromatiche nelle melodie, accosta le dissonanze in
modo casuale, spesso declama, talvolta sussurra, per senza distensioni.
Procede con frasi brevi, di regola trascura il senso della singola parola e della stessa frase per cercare un significato trascendente. Per molti versi sono
pi asciutte e lineari le sue composizioni religiose (Tenebrae responsoria,
1611), affini a quelle degli antecedenti spagnoli di scuola romana Cristbal
de Morales (Officium defunctorum, 1544), Toms Luis de Victoria (Tenebrae,
1585), Francisco Guerrero (Sacrae cantiones, 1589). Si tratta di musiche angosciate ma almeno assolte dallobbligo di cercare lamore. Non potrebbe
essere diverso lartista che mette il punto finale alla breve vita del madrigale.
A modo suo, in pieno Novecento postbellico, Stravinskij rende a Gesualdo
lomaggio estremo e forse pi bello. Si libera delle parole, sostituisce le voci
con ottoni, legni e archi, trascrive tre madrigali di Gesualdo per una moderna orchestra sinfonica e ne fa Monumentum pro Gesualdo di Venosa ad cd
annum (1960). I tre madrigali sono Asciugate i begli occhi (Libro v, n. 15),
Ma tu cagion di quella (v, 18), Belt poi che tassenti (vi, 2). Non peccato
segnalare un altro fiore stupendo, Dolcissima mia vita (v, 4) dal giardino
sofferente del principe pi triste.
Nel trivio di fine Cinquecento, la seconda via trova il madrigale associato
a una virtuale azione scenica e a una sicura connessione con i sempre presenti canti di carnevale. Apre il mantovano Alessandro Striggio con Il cicalamento delle donne al bucato (1567) con numero variabile di voci, frequenti onomatopee, chiare derivazioni dalla chanson francese. Seguono Triacca musicale (1597) del chiozzotto Giovanni Croce e LAmfiparnaso (1597) del mode-

1594 Ecco mormorar londe 81

nese Orazio Vecchi, due esempi di comedia harmonica che versione musicale (madrigalesca) della commedia dellarte, zeppa dinflessioni dialettali,
con maschere e canzonature. Il breve ciclo della commedia madrigalesca si
chiude con La pazzia senile (1598) e La prudenza giovanile (1628) del bolognese Adriano Banchieri. Riapre subito, in altra forma, nel teatro vero, nei
vertiginosi pezzi dassieme (concertati) dellopera buffa dei secoli successivi, fino al tempo nostro, fino a Dario Fo.
La terza via va tutta verso la rappresentazione. La traccia Monteverdi,
che abbandona quasi di colpo la sua iniziale pratica polifonica per seguire
quella monodica. Le voci si riducono a quella che canta, le altre si coagulano
in un accompagnamento fatto soltanto di accordi, diventato una stenografia
chiamata basso continuo o basso numerato perch semplici cifre suggeriscono le armonie senza entrare nel dettaglio delle connessioni melodiche.
La pratica semplice e si diffonde tanto in fretta che gi nel 1607 il trattato
Del sonare sopra l basso di Agostino Agazzari detta regole che restano valide
per almeno 150 anni. Per un momento pare che la parola riprenda a sovrastare la musica, che per trova spazi altrove, lontano dalla parola e dalla
voce, nella ormai matura famiglia degli strumenti musicali.

Ascolti
C. Monteverdi, Madrigali, A. Rooley, E. Kirby, The Consort of Musicke, Virgin 2004
C. Gesualdo, O dolorosa gioia, R. Alessandrini, Concerto Italiano, Opus 111 2000
O. Vecchi, LAmfiparnaso (Madrigal Comedy), S. Vartolo, Cappella Musicale di S. Petronio di Bologna, Naxos 1996

Letture
I. Fenlon, Music and Culture in Late Renaissance in Italy, Oxford University Press, Oxford 2002
P. Fabbri, Monteverdi, edt, Torino 1985

1597 Sonata pian e forte


Giovanni Gabrieli

Antifona strumentale Il doppio coro di San Marco Willaert a Venezia I cori spezzati Zarlino maestro di cappella e teorico Le scale diatoniche in modo maggiore e minore Andrea Gabrieli Giovanni Gabrieli Cori concertanti Gli eredi Stravinskij, Maderna e Nono
La meritata fama riservata alla Sonata a otto in duodecimi toni alla quarta
bassa di Giovanni Gabrieli nasce dai due aggettivi piano e forte. Per la
prima volta troviamo stampate quelle indicazioni agogiche che diventano
parte della storia della musica occidentale moderna. In verit, scorrendo la
partitura, i due aggettivi sono ininfluenti per una corretta esecuzione. Pi
che una causa, sono una conseguenza della scrittura. Come accade spesso
nella musica di Gabrieli, sono previsti due cori distinti di soli strumenti. Un
coro espone la prima parte, in puro stile di mottetto o madrigale, a quattro
voci. Gli subentra laltro coro, pure a quattro voci, che elabora il materiale
appena esposto e ne aggiunge di nuovo. Quando i cori sono separati, Gabrieli prescrive il piano. Il forte si ha quando i due cori si uniscono, le voci diventano otto, e la sonorit naturalmente raddoppia. Quando i due cori si separano ancora per lelaborazione successiva, torna il piano. Una nuova sovrapposizione ricostruisce il forte. Schematizzando la sequenza p-p-f-p-p-f-...
Curiosa anche la distribuzione numerica: il piano compare nove volte
con il primo coro e otto volte con il secondo; sette sono le sezioni combinate
in forte. Variabili sono le durate dei singoli segmenti, con tendenza a diminuire. Dopo lampia proposta del primo coro (13 battute) seguono la proporzionata risposta del secondo coro (12 battute) e lincontro sul forte (6
battute). Inizia un serrato dialogo in eco sempre pi ravvicinato, che da tre
battute passa a due fino allemozionante sequenza 1 contro 1 che precede
la solenne sintesi finale.
Meglio non si potrebbe fare per valorizzare la naturale stereofonia che
nasce dalle due cantorie sopraelevate che, nella basilica di San Marco, affiancano i celebranti da un lato e le autorit civili dallaltro, con gli spettatori diluiti nella navata centrale. un vantaggio architettonico che Adrian Willaert,
predecessore dei Gabrieli, ha ben presente quando diventa maestro di cappella a Venezia nel 1527 e scrive i suoi mottetti e madrigali a cori divisi,
spezzati (o battenti). In s la tecnica non nuova, perch gi nel 1474 il
pittore Zanobi Machiavelli, fra le figure della sua Incoronazione della Vergine,

1597 Sonata pian e forte 83

dipinge due gruppi di musici contrapposti, uno robusto con fiati e percussioni, laltro lieve con liuti e violini. Si conoscono anche esperimenti policorali
alla corte di Ferrara, ma di sicuro Willaert il vero padre della policoralit
veneziana, stile che subito si diffonde in tutta Europa. Willaert propone una
musica a blocchi contrapposti, fatta per essere ascoltata dal vivo piuttosto che
letta in privato, adatta a celebrare la Serenissima Repubblica di Venezia nel
momento del suo fasto maggiore. Funzionale alla strategia compositiva di
Willaert anche la scelta di semplificare il linguaggio, riducendo i modi della
tradizione gregoriana e rinascimentale al solo modo diatonico, nella variante
di maggiore e minore teorizzata poi da Gioseffo Zarlino. Nella storia della
musica un punto di svolta. La dialettica fra modo maggiore e modo minore
ha una forza elementare che scardina gli equilibri formali dellantica polifonia e che subito conquista gli ascoltatori: non pi imitazioni sottili, ma echi
stentorei.
Sperimentato come sappiamo nel laboratorio del madrigale, questo modo di scrivere passa alla musica cerimoniale su larga scala appunto grazie a
Venezia e agli eredi di Willaert. Tre sono questi eredi, il secondo anello della
catena che rende la scuola veneziana dominante dal Seicento fino ai giorni
nostri, fino a Luigi Nono e a Bruno Maderna. Il pi anziano Andrea Gabrieli, veneziano per nascita e cosmopolita per spirito, organista in San
Marco ai tempi di Willaert, viaggiatore in Baviera, Austria e Boemia con
Orlando di Lasso, attento a quanto accade nel resto dEuropa, maestro che
chiama nella sua citt allievi (soprattutto tedeschi) destinati a memorabili
carriere. La sua Battaglia polifonica mostra la familiarit con il francese
Clment Janequin. I suoi Psalmi davidici (1583) reggono bene il confronto
con i celebri omonimi di Lasso. Mottetti e madrigali, con la loro elegante
semplicit e la costante vocazione strumentale, esaltano la tecnica dei cori
spezzati e assorbono la linfa dei circoli musicali che contano.
Il secondo erede di Willaert il frate Gioseffo Zarlino, che gli succede
come maestro di cappella a San Marco dopo la parentesi di Cipriano de
Rore. Anche Zarlino prolifico autore di musiche nei generi canonici, ma
ancora pi importante come teorizzatore della rivoluzione musicale in corso.
I suoi trattati Istituzioni harmoniche (1558), Dimostrationi harmoniche
(1571) e Supplementi musicali (1588) costruiscono su basi strettamente matematiche (e non pi cosmologiche) i modi maggiore e minore, anticipando le scoperte della fisica acustica e della teoria armonica che, dal Settecento in poi, diventeranno il fondamento dellarmonia tonale moderna. Il
punto di partenza di Zarlino sono le scale naturali attribuite a Pitagora e ad
Archita. Accetta i suoni impuri di terza e sesta. Aggiunge le note che mancano e fissa la moderna scala diatonica nei suoi due modi. Nel modo maggiore la scala delle sette note colloca due semitoni (s) in terza e settima posizio-

84 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

ne, dopo due e tre toni interi (t): ttsttts. Nel modo minore la sequenza
tsttstt. Ossia: se la nota di partenza (fondamentale) do, il corrispondente
modo maggiore la scala do-re-mi-fa-sol-la-si- do. Se la nota fondamentale
la, si ha il relativo modo minore con la scala la-si-do-re-mi-fa-sol-la. Con
questo criterio si possono costruire scale maggiori e minori partendo da una
nota qualsiasi, purch sia rispettata la relativa sequenza di toni e semitoni.
Basta inserire semitoni nei punti opportuni e sono pronte nuove scale, maggiori e minori. Si pu passare da una scala allaltra utilizzando la posizione
dominante (per ragioni acustiche e fisiche) della quinta nota sol e quella sensibile della settima nota si che, grazie al semitono, scivola verso
lottava superiore. Diventa quindi pi facile modulare da una tonalit
allaltra. Il discorso musicale si arricchisce in modo esponenziale. Con molte
avvertenze, per, che ancora una volta ci ricordano la contigua distanza, in
musica, fra scienza e arte, fra pratica e speculazione. Neppure Zarlino riesce
a sciogliere il nodo di sempre. Come osserva gi due millenni prima Archita,
la fisica acustica e lorecchio sensibile (suo naturale strumento di misura)
non permettono la produzione di un semitono per aritmetica divisione in
due parti uguali di un tono intero. In una scala ascendente suona bene un
intervallo di semitono pi ampio (diesis) della met esatta. Un semitono pi
corto (bemolle) suona bene in una scala discendente. Il problema resta
soltanto teorico fin tanto che la musica si esegue con voci e strumenti a intonazione variabile (archi, ottoni), perch basta un minimo aggiustamento
dellintervallo da parte dellesecutore e tutto va a posto. Esplode e crea nuove dispute teorico-pratiche quando si ha a che fare con gli emergenti strumenti a intonazione fissa, organi, clavicembali, virginali, spinette, arpe. il
problema del temperamento, fonte di diatribe lungo tutto il Seicento. Risolto empiricamente sul piano artistico con Il clavicembalo ben temperato
(1722-42) di Bach, resta latente sul piano teorico fino al Novecento, quando
riesplode con la dodecafonia di Schnberg.
Completa la terna veneziana Giovanni Gabrieli, nipote di Andrea e organista al servizio della cappella di San Marco. Cura la pubblicazione postuma
dei capolavori vocali dello zio e nel 1597 fa stampare dal concittadino Bartolomeo Magni la rivoluzionaria collezione Sacrae symphonie nella quale,
accanto a mottetti concertati per voci e strumenti, inserisce 14 canzoni e due
sonate (una a Pian e forte) per soli strumenti. linizio della musica orchestrale. Non si tratta di una novit in assoluto. Non mancano precedenti testimonianze dirette e sono abbondanti quelle indirette, come nel gi citato dipinto di Machiavelli. Famosa anche lincisione che mostra il gran numero
di strumentisti che fanno parte della cappella musicale di Orlando di Lasso
a Monaco di Baviera, nella seconda met del Cinquecento. Sappiamo che
attorno al 1520 sono attivi gruppi di fiati nelle cattedrali spagnole. Gi nel

1597 Sonata pian e forte 85

Quattrocento suonano in Germania gli Stadtpfeifer (pifferai di citt) e nel


1420 risulta che trombettisti e pifferai siano impiegati in pianta stabile a
Ferrara. Non mancano formazioni analoghe in Boemia e Francia. E si pu
continuare a ritroso fino allalto Medioevo, sapendo che le feste danzanti
descritte e dipinte sono accompagnate dagli strumenti pi vari.
Per secoli mancano testi musicali specifici, per tante ragioni. I copisti
conventuali si occupano di musiche vocali, meglio se sacre. Gli esecutori
talvolta si limitano a trasferire sui loro strumenti, e senza parole, le chanson
e i madrigali pi popolari; spesso sono tanto gelosi dei propri segreti tecnici
da non permettere riproduzioni; oppure preferiscono improvvisare senza
lasciare traccia scritta. Inoltre, fino a tutto il Cinquecento, la musica strumentale presenta problemi di scrittura su carta, manuale o a stampa. A differenza della musica vocale, allinizio della sua storia, la musica strumentale
non usa scrivere le note sui righi del pentagramma, ma segna la posizione che
le dita devono avere sullo strumento per ottenere il suono desiderato: non
sono moderni spartiti, ma intavolature, di regola difficili da decifrare.
soltanto dal Cinquecento che la selezione di materiali adatti (legni,
metalli) e lappropriata tecnologia artigiana consentono di fabbricare strumenti maneggevoli e intonati. Il progresso della metallurgia consente la
produzione di eccellente ottone (lega di rame e zinco) per trombe, tromboni,
corni, cornetti. Da abete stagionato esperti liutai, soprattutto italiani, trasformano la primitiva viola arrivata dallArabia (via Spagna moresca) e ricavano
una grande famiglia di strumenti a corda pizzicata (liuti, chitarre, mandolini)
o sfiorata (violini, tanti tipi di viole, pi tardi violoncelli e contrabbassi).
Sempre di legno, ma con diversa formazione del suono, sono fatti i progenitori dei moderni strumenti a fiato detti strumentini: flauto, oboe, fagotto,
clarinetto. Un discorso a parte meritano gli strumenti a tastiera che irrompono sul mercato sempre nel Cinquecento: clavicembali, virginali, clavicordi,
organi. Il tedesco Michael Praetorius documenta i progressi nella costruzione degli strumenti in De organographia (1619), secondo dei tre grandi volumi
di teoria musicale, raccolta intitolata Syntagma musicum (1615-19).
Giovanni Gabrieli conosce tutti questi aspetti pratici, ha come maestri
Zarlino e lo zio Andrea, innovativo e fantasioso di natura. I risultati sono
lampanti nella Sonata pian e forte, della quale non vanno dimenticate le
sottigliezze timbriche: entrambi i cori hanno in organico tre tromboni, ma il
primo usa un cornetto come voce acuta e il secondo una viola, quanto basta
per distinguerli non solo nella posizione fisica, ma anche in quella del suono.
Interessante il percorso armonico, sempre oscillante fra il minore con cui
inizia sottovoce e il maggiore con cui chiude trionfante, con la nota sol fondamentale e passaggi intermedi su re (quinta) e do (quarta). Come nellantico Protin e nei moderni minimalisti.

86 I. Inventare la scrittura, liberarsi dalle parole

Nella seconda raccolta di Sacrae symphonie, uscita postuma nel 1615,


Giovanni Gabrieli continua le sue esplorazioni del suono strumentale, in
particolare lalternanza fra soli e tutti presente in molte canzoni della
raccolta precedente. Il caso esemplare In ecclesiis benedicite Deo Domino,
dove al doppio complesso di fiati si aggiunge un doppio coro con interventi
di solisti di canto. Ne esce una stereofonia che combina la disposizione spaziale con la diversa intensit della fonte sonora in uninebriante turbinare di
timbri. La funzione liturgica delle parole del salmo 27 si perde e gli spazi di
San Marco diventano un moderno auditorium. Laddio alla polifonia dei secoli passati non potrebbe essere pi completo. Lapertura al nuovo totale,
va ben oltre i rimescolamenti del primo Seicento. Non a caso Bruno Maderna, uno dei teorici della fonologia moderna e del divisionismo in musica, nel
1960 trasforma In ecclesiis in un affresco per grande orchestra sinfonica (e
senza voci). Mentre un altro veneziano, Luigi Nono, riprende il principio dei
cori spezzati nelle sue architetture dodecafoniche con inserti di elettronica
registrata o realizzata dal vivo, dai primi Cori di Didone (1958) allestremo
Prometeo (1988). Lultimo Stravinskij rende omaggio a San Marco con la
polifonia antica e la serialit moderna di Canticum sacrum (1955).
Da subito nasce, con Gabrieli, il nuovo stile corale in cui la scrittura
per voci si trasferisce a uno o pi strumenti.

Ascolti
G. Gabrieli, The Glory of Gabrieli, V. Negri, The Texas Boys Choir of Fort Worth/E.
Power Biggs/Gregg Smith Singers/The Edward Tarr Brass Ensemble, Sony 2006
G. Gabrieli, Music for San Rocco, Paul McCreesh, Gabrieli Consort & Players, Archiv
1996

Letture
E. Selfridge-Field, Venetian Instrumental Music from Gabrieli to Vivaldi, Dover Publ.,
Mineola 1994
M. Praetorius, Syntagma musicum 1615-1619, anastatica, Brenreiter, Kassel 2001

Serie II.
Il teatro dopera e lo strumento da concerto

Nasce il teatro musicale, grazie al contemporaneo sviluppo del canto a voce


sola accompagnato e integrato dai pochi strumenti che assicurano il basso
continuo e dai tanti strumenti raggruppati in orchestre sempre pi folte. Si
creano spazi adeguati. Entrano scene e costumi, imperversano le primedonne, trafficano gli impresari perch gli spettacoli sono pubblici e a pagamento.
La drammaturgia musicale irrompe anche nella musica sacra, con laustero
oratorio che rinuncia allo sfarzo del teatro profano, ma utilizza per intero il
nuovo stile musicale per i propri fini catechistici. Resta privilegio delle corti
il genere del balletto, che tuttavia trova la sua formalizzazione moderna.
Cresce in modo esponenziale lo sviluppo degli strumenti. La famiglia degli
archi, e il violino in particolare, raggiunge la perfezione. Fra gli strumenti a
tastiera, lorgano acquista dimensioni imponenti e diventa punto di orgoglio
per le grandi cattedrali. Il pi maneggevole clavicembalo il motore del
basso continuo e guadagna spazio nei salotti di casa per lesercitazione di
professionisti e dilettanti. Ogni strumento genera un repertorio coerente,
che continua la polifonia abbandonata dalla voce e individua un nuovo contenitore nel tema con variazioni.
1607LOrfeo Claudio Monteverdi
1610 Vespero della Beata Vergine Claudio Monteverdi
1624 Il combattimento di Tancredi e Clorinda Claudio Monteverdi
1635 Fiori musicali Girolamo Frescobaldi
1648Jephte Giacomo Carissimi
1649 Il Giasone Francesco Cavalli
1654Lamento Johann Jacob Froberger
1664 Oratorio di Natale Heinrich Schtz
1670 Il borghese gentiluomo Jean Baptiste Lully
1689 Didone ed Enea Henry Purcell
1700 La follia Arcangelo Corelli
1708Passacaglia Johann Sebastian Bach

1607LOrfeo

Claudio Monteverdi
Linizio del teatro musicale Ritorno al mito fondante Il
recitar cantando della Camerata fiorentina Radici medioevali e rinascimentali LArianna e altre opere perdute a
Mantova e Venezia Dafne di Schtz in Germania Il
modello viene da Roma Il ritorno di Monteverdi allopera
Nuove musiche per Orfeo

una favola pastorale in un prologo e cinque atti lopera che tutti consideriamo linizio del teatro musicale. Sparge semi che permettono una fioritura
immediata. In primo luogo ci sono i semi musicali, con ben allineati i numeri canonici. Apre un pezzo strumentale, per creare silenzio in sala con la
forza di una fanfara e poi sedurre il pubblico con i colori di tanti strumenti.
Claudio Monteverdi lo definisce Toccata, ed un omaggio al genere organistico che allora fiorisce. Lorganico impegnato vasto, dettagliato con
cura: arpe, fiati, ottoni, archi, liuti, chitarroni. Assieme allazione ha inizio
il nuovo stile di canto monodico, dove ciascun protagonista canta da solo,
su discreto accompagnamento strumentale, cos che le parole si capiscono
bene, e con loro gli eventi e le emozioni. Il canto si distingue subito in due
tipi: il primo tipo (recitativo) un parlato intonato, un recitar cantando
che racconta lo svolgersi dellazione; gli sinnesta il secondo tipo (arioso),
assai pi melodico, che di regola commenta la situazione ed esprime le
emozioni.
Troveremo il binomio recitativo e aria in tutto il teatro dopera successivo, fino ai nostri giorni, con parziale esclusione di Richard Wagner e dei
suoi seguaci. Talvolta il canto di uno sintreccia con quello di un altro, e abbiamo i primi casi di duetti operistici, come quando al tragico annuncio
della messaggera si sovrappongono i singhiozzi di Orfeo. La polifonia madrigalesca appena accennata nei cori di pastori, ninfe e spiriti infernali. Tanti
intermezzi strumentali danzati diluiscono la presenza delle voci singole o
associate in coro.
Il soggetto assicura la partecipazione di un uditorio colto. Il librettista
Alessandro Striggio (figlio dellomonimo compositore) cesella i suoi versi
sulleterno mito di Orfeo ripreso dalle Metamorfosi di Ovidio: lamore che
prova a vincere la morte, il canto che scioglie i cuori delle divinit infernali,
la debolezza umana che tutto vanifica. Orfeo non si fida delle promesse divine e si volta. Euridice ripiomba nellAde.

1607LOrfeo91

Le regole del tempo impongono il lieto fine. Rispetto alloriginale di Ovidio, Orfeo non sbranato dalle furie ma sale allOlimpo, sia pure condannato alla malinconia. Tornare alla Grecia antica e ideale, al mondo del mito che
sublima il mondo vero, un auspicio della pi avanzata cultura del tempo.
La voglia di finezza intellettuale si unisce alla ricerca di nuova semplicit. In
molti circoli cresce il fastidio per le astruserie polifoniche in musica, con le
note che infrangono le parole. Riprende la voglia di ornare le parole con la
musica, e non il contrario. Sono i temi dibattuti dagli intellettuali che a fine
Cinquecento si riuniscono nei saloni nobili del conte Giovanni Bardi a Firenze. La mente Vincenzo Galilei, teorico di musica, liutista e compositore,
oltre che padre di Galileo. Nel suo Dialogo della musica antica e della moderna (1581), in polemica con il veneziano e suo maestro Gioseffo Zarlino, sostiene la necessit di tornare alla purezza classica della Grecia antica, alla
superiorit della parola e del sentimento sulla scienza dellarmonia, con la
melodia che vince la polifonia. Non crede che il suono fisico sia riducibile a
rapporto fra numeri interi. Abbina la sperimentazione alla speculazione,
come insegna a fare al famoso figlio.
Accanto al polivalente Galilei e al poeta Ottavio Rinuccini stanno anche
Jacopo Peri, Giulio Caccini, Emilio de Cavalieri, compositori e cantori.
Sono gli artisti che passano alla storia come Camerata fiorentina. Auspicano il ritorno al passato musicale, ma i loro princpi nascono da errori e forzature generate dal mentore grecista Girolamo Mei. Sanno poco di monodie
(monos od) e di ritmi della Grecia antica. Puntano tutto sulla declamazione
di una sola voce appoggiata su accordi elementari che garantiscono un funzionale binario armonico. Nasce cos quella specie di stenografia musicale
che gi Caccini, il suo inventore, denomina basso continuo e che per
quasi due secoli si incontra in ogni tipo di composizione, vocale e strumentale, sacra e profana, in tutta Europa. solo una linea di basso, affidata di
regola al liuto, con aggiunte alcune cifre arabe a suggerire, a eventuali altri
strumenti, gli intervalli da usare. Laccompagnamento si riduce a una serie di
accordi, connessi fra loro in maniera flessibile e discontinua, che permettono
rapidi passaggi (modulazioni) da una tonalit a unaltra, cio bruschi cambiamenti di umore, fatti di salti da un tono allaltro con semplice inserimento di dissonanze, cromatismi, abbellimenti, improvvisazioni. Il bilanciato
rapporto fra le voci, che lanima della polifonia, cede il passo alla discontinuit dellarmonia e allimmediatezza dellemozione.
Il primo risultato un recitare intonato, appunto un recitar cantando,
salmodiante alla maniera gregoriana che rispetta gli alti ideali di chi scrive e
canta, ma che di rado scalda i cuori di chi ascolta. Per evitare la sublime
noia servono scene, costumi, dramma, quindi azione. In verit, nella stessa
Firenze e nello stesso tempo, la quadratura esiste. Il 6 ottobre 1600, per le

92 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

feste nuziali di Maria de Medici con re Enrico iv di Francia, si rappresenta


a Palazzo Pitti il dramma pastorale Euridice, su testi di Rinuccini e musiche
che Peri compone collaborando con Caccini e de Cavalieri. Due anni prima,
negli stessi luoghi, era andata in scena Dafne, con vicenda scritta da Rinuccini ispirandosi alle Metamorfosi di Ovidio e musiche (perdute) di Peri. Prima
ancora, nel 1589, alla corte medicea, per le nozze di Ferdinando de Medici
con Cristina di Lorena, la commedia La pellegrina chiedeva la presenza di
stelle, pianeti, sirene, voci e 13 musicanti. un grande spettacolo nel quale i
versi del commediografo Girolamo Bargagli si alternano agli intermedi musicali cantati e suonati di Peri, Caccini, de Cavalieri. Ci sono anche balli, le
cui coreografie si possono ormai soltanto immaginare.
LOrfeo di Monteverdi non dunque una novit assoluta. Sempre procedendo a ritroso, sincontra nel 1480 il dramma pastorale La fabula di Orfeo,
di cui si conoscono i versi di Angelo Poliziano ma non la musica associata.
Pi indietro ancora, con Le Jeu de Robin et Marion (circa 1283) del troviere
Adam de la Halle, arriviamo ai confini conosciuti del teatro musicale profano. Precedenti concreti sono le sacre rappresentazioni, con il testo pi antico
nellOrdo virtutum di Hildegard von Bingen, nel dodicesimo secolo. Monteverdi, grazie al suo importante incarico di maestro di cappella dei Gonzaga
a Mantova, conosce bene i fermenti che circolano in quel tempo, compreso
il teatro di strada di cui si persa la memoria. probabile che, stimolato dal
suo signore Vincenzo Gonzaga, Monteverdi si rechi a Firenze per capire e
assimilare i principi della Camerata fiorentina. La sua sintesi folgorante. Il
prologo dellOrfeo, con il personaggio allegorico La Musica che spiega le sue
ragioni, e i cinque atti in cui si articola lazione hanno un testo elegante e
conciso. La musica non perde un colpo. Allimprovviso le lungaggini sono
potate e il recitar cantando diventa formidabile tecnica per spingere lazione
e spiegare il sentimento. Le arie sono animate da rapidi cambiamenti di tono,
pause espressive e frequenti ornamenti, per esaltare la bravura del cantante.
Laccompagnamento acquista colore grazie ai tanti strumenti: vezzosi archi
per ninfe e pastori, cetre per Orfeo, trombe e tromboni per le deit infernali. I numerosi cori sono polifonici, alla madrigalesca, perch tante sono le
voci dei protagonisti. I balli sono sostenuti da rutilanti insiemi strumentali.
Il successo della prima rappresentazione (Mantova, 24 febbraio 1607)
trionfale, replicato lanno seguente con un nuovo lavoro, LArianna, su testo
di Rinuccini, la cui musica in massima parte perduta. Ci resta solo il celeberrimo Lamento dArianna, nella versione cameristica presente nella raccolta Madrigali guerrieri e amorosi (1638). Sempre di Monteverdi e pure perduta la partitura del Ballo delle ingrate, opera rappresentata a Mantova nel
1609. Si giunge cos alla fine dello splendore musicale alla corte dei Gonzaga.
Dopo la morte del duca Vincenzo il clima cambia. Forse cambiano anche le

1607LOrfeo93

condizioni economiche. Monteverdi accetta nel 1613 la proposta di dirigere


la cappella di San Marco a Venezia e per molti anni riduce il suo impegno nel
teatro musicale.
I tempi non sono ancora maturi. Dopo il successo immediato a Mantova,
LOrfeo viene rappresentato anche a Milano e Firenze, ma il nuovo modello
di teatro musicale non subito ripreso e imitato da altri. Tanta rivoluzione
lascia perplessi e sgomenti. Non ci sono neppure le condizioni logistiche e
sociali per sviluppare le nuove idee. Cala la ricchezza delle corti. Mancano i
teatri e il pubblico borghese chiamato a riempirli non ancora pronto a pagare il biglietto. Mancano i cantanti adatti, quelli che incantano le folle con i
loro virtuosismi e le loro bizze. Non a caso, il lungimirante Monteverdi aveva portato da Firenze a Mantova il tenore Francesco Rasi, primo interprete
di Orfeo. A Firenze infatti sempre ben viva la tradizione della Camerata,
tanto che i signori di Mantova affidano al suo esponente Marco da Gagliano
una nuova opera per celebrare un fastoso matrimonio: La Dafne (1608), sul
libretto di Rinuccini gi usato da Peri, una favola musicale che riprende lo
stile e i modi della Pellegrina, peraltro con unefficace Sinfonia dintroduzione (ripresa poi come autonomo Ballo di donne turche, 1615) e frequenti interventi del coro ad animare il lungo recitar cantando. Ventanni dopo, per
Firenze, Marco da Gagliano compone una nuova favola in musica, La Flora
(1628), a suo modo un ponte fra linaridita sorgente mantovana e le prossime
esondazioni operistiche romane e veneziane.
Lesempio monteverdiano arriva in Germania grazie a Heinrich Schtz,
che rientra in patria nel 1617 dopo un soggiorno di studio a Venezia con
Giovanni Gabrieli e con lo stesso Monteverdi. Schtz il primo a mettere
in scena rappresentazioni allegoriche in stile fiorentino a Dresda e attinge
alle Metamorfosi di Ovidio per il pionieristico spettacolo teatrale Dafne
(1627). La Guerra dei trentanni tarpa ogni sviluppo. La vera svolta si ha a
Roma. Per le feste private dei nobili romani, Domenico Mazzocchi propone
un nuovo e agile modello di teatro musicale con La catena di Adone (1626):
resta la storia mitologica, ma la monotonia del recitar cantando della scuola
fiorentina e dello stesso Orfeo si attenua perch sono ancor pi distinte
parti narrative e parti melodiche. Si cristallizza labbinamento recitativoaria che far la fortuna del melodramma allitaliana nei secoli successivi.
Sempre per dare variet, Mazzocchi anche il primo a introdurre nel canto
le indicazioni di crescere e diminuire, di cantare piano e forte. Con Fiammetta (1636), suo fratello Virgilio fa altrettanto, ma su un testo non pi aulico,
e inventa lopera buffa.
Luscita dai palazzi nobiliari e il radicale passaggio di scala avviene nel
1632 con linaugurazione di una sala capace di oltre tremila posti a palazzo
Barberini. Nasce il teatro musicale destinato al grande pubblico fatto sempre

94 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

pi di mercanti e borghesi, e sempre meno di aristocratici e intellettuali.


linizio di unepoca nuova, che coinvolge lEuropa intera e che ritrova in
Venezia la sua capitale naturale. Qui Monteverdi impegnato a San Marco
ma non dimentica il teatro musicale. Di lui ci restano, oltre allOrfeo, soltanto Il ritorno di Ulisse in patria (1640) e Lincoronazione di Poppea (1642).
Vanno tuttavia aggiunte almeno sette altre opere, la cui musica andata
perduta. Quattro sono sicuramente rappresentate. Alla corte di Mantova
vanno in scena, oltre alla gi citata LArianna (1608), anche Le nozze di Tetide (1617) e Andromeda (1619), mentre restano incompiuti i progetti della
Finta pazza Licori e Armida abbandonata (1627-28). Per Venezia, Monteverdi scrive altre opere. La Proserpina rapita (1630) una commissione del
cardinale Girolamo Mocenigo, nel cui palazzo rappresentata nel 1630.
Perduta la musica delle Nozze dEnea con Lavinia (1641), che con le due
superstiti forma il trittico estremo. A settantanni, Monteverdi si converte al
teatro musicale che viene da Roma e al modello prontamente elaborato
dallallievo Francesco Cavalli. Tuttavia nessuno nega la primogenitura al suo
Orfeo, che chiude lepoca in cui il teatro musicale riservato a pochi e confinato nei palazzi del potere. Almeno in Italia.
Le innovazioni dellOrfeo, se tardano a svilupparsi sulle scene, proliferano nella musica, sostenute da una tradizione orale che entra nellinsegnamento e nella pratica di ogni luogo. Si ritrovano subito nello stesso Monteverdi del Vespero della Beata Vergine (1610), negli oratori seicenteschi romani, nei melodrammi classici di tutta Europa dallOrfeo ed Euridice (1762) di
Gluck in poi. Inutile dire che il soggetto resta immortale. NellOttocento
sono indimenticabili il serioso poema sinfonico Orpheus (1854) di Liszt, e la
burlesca operetta Orphe aux Enfers (1858) di Offenbach. La linfa che viene
da lontano fa vivere nel Novecento anche Orfeide (1925) di Gian Francesco
Malipiero, Orpheus und Eurydike (1926) di Ernst Krenek, La favola di Orfeo
(1932) di Alfredo Casella, Orpheus (1947) di Stravinskij, e ancora Vincius de
Moraes e Antnio Carlos Jobim nel film Orfeu negro (1956), pi la visitazione al rovescio fatta in Jackie O (1995) dallamericano Michael Daugherty, con
la protagonista Jacqueline Lee Bouvier/Euridice che sprofonda nellAde
assieme ad Aristotele Onassis/Plutone e torna alla vita voltandosi indietro
per ritrovare il marito defunto John Fitzgerald Kennedy/Orfeo.

Ascolti
C. Monteverdi, LOrfeo, J.E. Gardiner, The Monteverdi Choir, Archiv 1987
C. Monteverdi, Il lamento dArianna, M. Bernard, R. Jacobs/H. Mller-Molinari/Concerto Vocale, Harmonia Mundi 2007

1607LOrfeo95

Letture
J. Whenham, Claudio Monteverdi: Orfeo, Cambridge University Press, Cambridge 1986
N. Pirrotta, Scelte poetiche di musicisti. Teatro, poesia e musica da Willaert a Malipiero,
Marsilio, Venezia 1987
C. Gallico, Monteverdi. Poesia musicale, teatro e musica sacra, Einaudi, Torino 1979
N. Pirrotta, E. Povoledo, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Einaudi, Torino 1975

1610 Vespero della Beata Vergine


Claudio Monteverdi

Fusione di stili sacri e profani Cori, voci soliste, strumenti Omaggio alla polifonia rinascimentale Largo impiego
del basso continuo Sonata sopra Sancta Maria Culto mariano Magnificat Policoralit romana di Benevoli e Allegri Da Mantova allEuropa Influssi su Pergolesi, Bach, Schubert, Bruckner, Petrassi, Berio, Penderecki
Il coro che canta le parole sante Domine ad adjuvandum me, la prima delle dieci sezioni in cui articolata la prima parte del Vespero della Beata
Vergine di Claudio Monteverdi, sostenuto dagli squilli di ottoni della
Toccata con cui apre lopera profana Orfeo. Il terzo numero (Nigra sum)
unaria per voce sola (tenore) accompagnata da basso continuo in schietto
stile operistico. Il quinto numero (Pulchra es) un duetto per due soprani,
il settimo (Duo Seraphim) un terzetto per alto e due tenori, il nono (Audi Caelum) un lungo duetto fra un primo e un secondo tenore in eco che
alla fine sintegra con coro a sei voci e strumenti, sempre con basso continuo
e sempre alla maniera teatrale. Dunque nelle parti con numeri dispari (i, iii,
v, vii, ix), il linguaggio dellantica musica sacra assorbe il meglio di quello
della nuova musica profana, a suo modo continuando quel rapporto di dare
e avere che esiste da sempre. Anzi il rapporto ancora pi intimo. Il testo
in latino, ma la scrittura quella del madrigale a una, due, tre, sei voci che si
afferma agli inizi del Seicento, quando di colpo tramonta la polifonia e la
nuova poetica del recitar cantando comporta il declamato di voci sole. il
frutto della lunga sperimentazione, che Monteverdi inizia gi nei primi tre
libri di madrigali (1587, 1590, 1592), consolida con il Quarto (1603) e il Quinto (1605), e trasferisce al teatro dellOrfeo (1607).
Nel Vespero, se le parti con numeri dispari rappresentano il presente (profano e monodico), le parti pari (ii, iv, vi, viii, x) riassumono al meglio il passato (sacro e polifonico) su testo di salmi famosi. La serie inizia con il salmo 109,
Dixit Dominus, per coro a sei parti vocali (due soprani, contralto, due tenori, basso) e sei parti strumentali affidate a fiati o archi o entrambi. il modello
pi arcaico, con il coro che procede per imitazioni e gli strumenti che si limitano a raddoppiare le sei parti vocali. Ben pi articolata la scrittura del quarto numero, il salmo 112, Laudate, pueri, Dominum. Otto voci si dividono
in due cori di quattro con sontuoso sostegno strumentale. Nel dialogo fra i due
cori si inseriscono passaggi a voce sola che alleggeriscono la tessitura e intro-

1610 Vespero della Beata Vergine 97

ducono un gradevole complemento ornamentale e virtuosistico. Ancora pi


frequente lalternanza fra soli e tutti che garantisce una forte dinamica
al salmo 121, Laetatus sum (vi), scritto a sei voci in coro semplice (cio non
spezzato in due). Le voci salgono a dieci nel salmo 126, Nisi Dominus (viii),
suddivise in due cori, senza interventi solistici, con inizio in rigorosa polifonia
e sviluppo su alternanze in eco di vasti segmenti omofonici che sembrano un
esercizio di adeguamento ai principi conciliari tridentini, tanto le singole parole emergono chiare dalla trasparente scrittura musicale. Infine, il salmo 147,
Lauda, Jerusalem, Dominum (x), un magnifico omaggio alla tecnica dei
cori spezzati: due cori di tre voci sintrecciano e contrappongono senza sosta, ma una voce centrale (a suo modo un terzo coro) garantisce la continuit
del tutto, quasi variante moderna dellantico cantus firmus.
Gli antecedenti della scrittura vocale del Vespero sono facili da rintracciare. Dove sincrociano solisti, cori e strumenti con alternanze di ritornelli
senza parole si riconoscono i modelli di In ecclesiis e delle Cantiones sacrae di
Giovanni Gabrieli. La sobria policoralit di molte pagine rimanda ai precursori Psalmi davidici di Andrea Gabrieli e Adrian Willaert, entrambi utilizzatori di testi dei salmi. Non manca lomaggio alla polifonia romana, di Palestrina e anche di Lasso. Questultimo, fra laltro, autore delle pregevolissime
raccolte Salmi penitenziali (1584) e 50 Salmi davidici (1597), collocandosi
cos come punto di sintesi cinquecentesca della pratica plurisecolare, anzi
millenaria, di mettere in musica i testi che la Bibbia attribuisce a re Davide.
una consuetudine che esiste da sempre nelle cerimonie ebraiche e si trasferisce subito nel canto gregoriano. Gran parte degli organa anonimi del Medioevo usa testi ripresi dal salterio. Nella musica dautore, dal tempo di Lonin
in poi, il testo sacro si adatta alle nuove tecniche musicali: il falso bordone, il
mottetto, la cantata sacra cattolica e il Lied monodico luterano. Proprio sul
salterio, in parallelo alla diatriba sulla traduzione in volgare della Bibbia, si
accende la competizione fra i musicisti legati alle riforme protestanti e quelli
della controriforma romana. Martin Lutero trasforma Ein feste Burg ist unser
Gott, versione tedesca del salmo 46, nellinno del protestantesimo e avvia una
tradizione che giunge ininterrotta fino a noi. Il severo Calvino ammette in
chiesa soltanto i salmi, da cantare senza strumenti e in lingua francese secondo il testo che pubblica nel 1539 a Strasburgo utilizzando in parte le traduzioni di Clment Marot. Sono le parole che Claude Goudimel, convinto
ugonotto e vittima della notte di San Bartolomeo, usa per i suoi Psaumes en
form de motets (1551) e Les 150 Psaumes de David (1564), semplici e lineari,
adatti al canto dei fedeli. In Inghilterra la traduzione dei salmi in volgare
ancora pi antica, voluta dalleretico John Wycliffe e completata nel 1388.
Uno dei cardini della controriforma lenfasi sul culto della Madonna,
trascurato da Lutero. Monteverdi ne tiene il dovuto conto e, coerente con il

98 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

titolo, imposta lintera seconda parte del Vespero su temi mariani. Per segnare il distacco con la prima parte, ne rovescia la prospettiva. Non inizia con il
consueto brano vocale con raddoppio strumentale, ma con il suo inverso,
cio con un brano strumentale cui si sovrappone la voce. Il titolo dice tutto:
Sonata sopra Sancta Maria (xi). In quegli anni, il termine sonata ha gi una
connotazione strumentale, sonar come alternativa a cantar. Il repertorio
consolidato, come dimostrano la Sonata pian e forte (1597) di Giovanni
Gabrieli e i tanti casi di pezzi per strumenti a fiato, corda e tastiera distribuiti in tutti i Paesi e lungo il Seicento. La sonata non invece una forma ancora ben codificata. In genere riproduce la struttura delle composizioni vocali,
soprattutto madrigalesche. Infatti, la Sonata sopra Sancta Maria di Monteverdi assai libera nella forma, procede per brevi sezioni distinte in cui le nove
parti strumentali (sullormai immancabile basso continuo) alternano passaggi di solida polifonia a decorativi esercizi di bravura, gli ottoni sono costretti a imitare lagilit dei violini e tutti sono obbligati a non perdersi nellintrico ritmico. Quasi allimprovviso, proprio perch tanto ben preparata, sbuca
la voce acuta del soprano con le parole Sancta Maria ora pro nobis. Il
canto torna altre dieci volte, come un antico falso bordone per indirizzare e
animare lindipendente tessuto strumentale.
Dopo la Sonata, il Vespero presenta due nuovi pezzi vocali, su testi non
pi del salterio, ma della tradizione cristiana dellUfficio della beata Vergine
Maria. Il primo linno Ave maris stella (XII), attribuito a Venanzio Fortunato o a Paolo Diacono (vi secolo) cantato su melodie gregoriane prima del
ix secolo. Monteverdi rispetta la divisione del testo in sette versi, per ogni
volta altera la scrittura musicale: primo e ultimo verso sono in polifonia
classica; gli altri usano varie combinazioni di voci soliste e strumenti. Con il
suo consueto amore per la simmetria, fra secondo, terzo, quarto e quinto
verso, Monteverdi inserisce quattro ritornelli solo strumentali, il primo
esempio conosciuto di tema con tre variazioni per orchestra.
Il Magnificat (XIII) finale la sintesi non solo del Vespero ma dellintero
cosmo monteverdiano. Le parole con cui Maria, nel Vangelo di Luca, ringrazia lOnnipotente, sono distribuite su 13 numeri musicali. Monteverdi non
solo sublima le soluzioni tecniche dei brani precedenti ma, con il termine
concertante, che definisce il Vespero, indica ora una scrittura che prevede
cori doppi e semplici, assoli di voci e di strumenti, intrecci di ogni sorta.
Inserisce anche citazioni dirette dallopera LOrfeo e da raccolte di madrigali, a testimoniare il superamento (in musica) della separazione fra sacro e
profano. Comunque, non si propone di fare del suo Vespero un lavoro di uso
corrente, anche se rispetta in buona misura le regole della liturgia delle ore.
Monteverdi vuole mostrare la sua bravura, raccogliere il meglio di s per
dedicarlo a papa Paolo v, nella speranza di ricevere un importante incarico

1610 Vespero della Beata Vergine 99

a Roma e uscire da una Mantova che comincia a stargli stretta. Nel 1613 gli
arriva invece la chiamata a San Marco a Venezia.
Pubblicato nel 1610, il Vespero di Monteverdi ha un impatto immediato
e indelebile. La fusione fra la tradizione polifonica romana di Palestrina e
quella policorale veneziana dei Gabrieli e di Willaert diventa il modello per
le generazioni future. Lo stesso Monteverdi elabora lo stile concertante del
Magnificat in nuove versioni del testo mariano nella raccolta Selva morale e
spirituale del 1638. A Venezia trova devoti seguaci nei suoi successori a San
Marco, entrambi autori operistici di grande successo: Francesco Cavalli
scrive un Vespero a otto voci (1656) e il prolifico Giovanni Legrenzi ne sviluppa la dimensione grandiosa con Te Deum per la conquista di Patrasso
(1687) e la Messa da Requiem (1688). La tradizione continua nel Settecento,
con Vivaldi che firma un famoso Magnificat (1715) accanto a un gran volume
di musica sacra.
A Roma lo stile concertante trova terreno fertilissimo. Le messe di Gregorio Allegri e Orazio Benevoli, di scuola palestriniana, vi prendono spunto
per mobilitare risorse sempre pi grandiose, disposte nei punti pi disparati
di chiese e luoghi per celebrare i fasti del papa. Per secoli stata attribuita a
Benevoli la Missa salisburgensis, eseguita nel 1682 per celebrare i 1100 anni
della diocesi di Salisburgo e considerata la messa che chiede il maggior numero di esecutori della storia intera. Ha 53 parti vocali e strumentali, riunite
in sei cori diversi dai quali spuntano solisti, con trombe e timpani distribuiti
nella cattedrale per garantire una vera stereofonia. Di recente (1976) la Missa salisburgensis stata per attribuita al boemo Heinrich Ignaz von Biber, o
allassistente Andreas Hofer. Come in tutti i maggiori centri cattolici dEuropa, la tradizione del vespero resta viva a Salisburgo fino ai nostri giorni.
Non a caso fra i capolavori del giovane Mozart troviamo i Vesperae de Dominica K 321 e i Vesperae solemnes de confessore K 339.
Da Roma, la monumentalit policorale monteverdiana passa a Firenze e
da qui a Parigi grazie a Jean Baptiste Lully, autore di una mirabile serie di
Grands motets per soli, coro e orchestra e iniziatore di una scuola che a fine
Seicento porta al trionfale Te Deum di Marc-Antoine Charpentier. In Germania lo stile arriva direttamente da Venezia. Cos come fa con il teatro
dellOrfeo, il tedesco Heinrich Schtz porta a Dresda lintera bottega tecnica
veneta, scrive subito una collezione di Salmi davidici (1619) e fonda una
tradizione che attraverso Bach arriva a oggi, con tappe critiche in Sinfonia di
salmi (1930) di Stravinskij e Chichester Psalms (1964) di Bernstein.
Fra i testi sacri, il Magnificat ha particolare fortuna, per il doppio legame
che mantiene fra Nuovo e Antico Testamento, fra gli inni cristiani alla Madonna e i salmi ebraici di re Davide. Lo musicano, prima di Bach, il fiammingo Josquin Desprs, gli spagnoli Antonio de Cabezn e Toms Luis de Vic-

100 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

toria, il francese Jehan Titelouze, litaliano Palestrina. NellOttocento tocca


anche a Felix Mendelssohn, Franz Schubert, Anton Bruckner, Franz Liszt,
Antonn Dvok; nel Novecento a Goffredo Petrassi, Heitor Villa Lobos,
Luciano Berio, Krzysztof Penderecki. Nella storia della musica il salmo pi
popolare comunque il 51, il Miserere, recitato nella Settimana Santa,
nellufficio dei defunti, nella Pentecoste ambrosiana. Josquin Desprs ne
scrive uno nel 1503. Famoso quello di Gregorio Allegri composto a inizio
Seicento, subito segretato come monopolio della Cappella Sistina ma copiato a memoria dal giovane Mozart durante il suo primo viaggio italiano
(1772). A Parigi, Lully ne fa uno spettacolare grand motet. A Lipsia, Bach usa
quel testo per un mottetto (Tilge, Hchster, meiner Snden), la cui musica
proviene interamente dallo Stabat Mater di Pergolesi. Fra gli operisti di scuola napoletana del Settecento eccellono il Miserere di Niccol Jommelli e
quello di Leonardo Leo nel repertorio della cappella del duomo di Berlino
diretta da Zelter, il maestro musicale di Goethe. In Italia, loperista Gaetano
Donizetti dedica il suo a Gregorio xvi.

Ascolti
C. Monteverdi, Vespero della Beata Vergine 1610, A. Parrott, Taverner Consort, Choir &
Players, emi 2000
C. Monteverdi, Selva morale e spirituale, 3 Voll., H. Christophers, The Sixteen, Coro
2010-2012

Letture
J. Whenham, Monteverdi. Vespers (1610), Cambridge University Press, Cambridge 1997
J. Roche, North Italian Church Music in the Age of Monteverdi, Oxford University Press,
Oxford 1984

1624 Il combattimento di Tancredi e Clorinda


Claudio Monteverdi

Le onomatopee del violino Liuteria cremonese Madrigale rappresentativo Prima e seconda pratica Canto
solistico e canto polifonico Teatro da camera Cantata
sacra e profana Aria con da capo Ultimi madrigali inglesi Madrigali del Novecento
Scalpitare di cavalli, urla di battaglia, concitazione di duello, mulinare darmi, cozzare di acciai. E poi: odio che si scopre amore, furia che diventa dolore, dolcezza delladdio, mentre la vita di lei se ne va e a lui resta il pianto.
lepisodio forse pi famoso della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso.
Chiusi nelle loro armature, Tancredi e Clorinda non si riconoscono, si sfidano. Lei si converte in punto di morte, sussurrando: Sapre il cielo; io vado
in pace. Perfetta per una rappresentazione dopera con scene adeguate e
grande orchestra, la vicenda suggerisce invece a Claudio Monteverdi unassoluta economia di mezzi: un narratore, un soprano, un tenore, archi e basso
continuo. Il risultato mirabile, proprio perch frutto dintuizione e di padronanza dei mezzi musicali.
Stupiscono gli effetti che Monteverdi spreme dai violini. Li tratta come
uno sperimentatore davanguardia dellultimo Novecento. Accordi veementi, pizzicati furiosi, percussioni col legno dellarchetto si alternano a note
legate e sprazzi melodici, a improvvisi silenzi. Monteverdi conosce bene le
risorse degli strumenti ad arco nel momento in cui larte dei liutai cremonesi raggiunge la perfezione. Viole da gamba e da braccio, violini, liuti e chitarroni sono ormai fonti sonore solide e affidabili. Gli artigiani italiani lavorano
per secoli nel selezionare legni, vernici e proporzioni per irrobustire e stabilizzare le incerte emissioni dellantica viella usata da giullari e intrattenitori
nelle corti europee del Medioevo e le varianti di origine araba arrivate attraverso la Spagna moresca e la Francia rinascimentale.
A met Cinquecento il bresciano Gasparo da Sal fissa i primi parametri
dei moderni strumenti ad arco. Nel Seicento, a Cremona risponde Andrea
Amati che, assieme a figli e nipoti, porta la liuteria cittadina a livelli di eccellenza mantenuti per tutto il secolo successivo, anche grazie agli allievi e
concorrenti della famiglia Guarneri, alla bottega del solitario Antonio Stradivari. Monteverdi, nato e cresciuto a Cremona, respira fin da bambino quel
fervore artigianale e non a caso si afferma giovanissimo come eccellente
violista. Fin dai suoi primi lavori vocali presta grande attenzione allaccom-

102 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

pagnamento strumentale, nel genere sacro come nel profano. Ma molto


cauto nel prescrivere luso di uno strumento specifico, lasciando la scelta a
esecutori e circostanze. Con il Combattimento di Tancredi e Clorinda le cose
cambiano. Quasi violentando il corpo dei violini, Monteverdi cerca scalpitar
di zoccoli e sferragliare di armature. Accarezzando le corde, cava emozioni
e dolcezze inaudite. Tremoli e pizzicati di violini diventano modi di esprimere ansie ed emozioni.
Rivoluzionario luso del canto. Il ritmo levigato dei versi del Tasso
travolto dallirruzione delle note musicali. Non ci sono le ampie melodie
dellOrfeo, del Vespero, dei primi libri di madrigali. Tutto subordinato
alla passione. Troviamo solo segmenti spezzati che gli scarti di armonie tipici del basso continuo rendono ancora pi ruvidi. Le tre parti vocali si distinguono in modo netto. Il tenore narrante il pi incisivo: non un osservatore esterno, ma partecipa direttamente allazione, frena, accelera, alza la
voce, sussurra. Tancredi urla e inorridisce. Clorinda ha un ruolo relativamente minore, per i suoi sospiri finali restano scolpiti nel cuore. Lideale
drammatico di Monteverdi si compie in venti minuti scarsi, senza scena, in
un teatro virtuale.
Il combattimento di Tancredi e Clorinda parte dellOttavo libro di madrigali di Monteverdi, pubblicato nel 1638 ma composto nel 1624 su richiesta
del cardinale Girolamo Mocenigo e rappresentato a carnevale nel suo palazzo veneziano. Non dunque un madrigale in senso stretto, ma una nuova
forma di dramma musicale, un teatro da camera derivato da una scelta ben
definita gi nella prefazione del Quinto libro di madrigali, composto a Mantova nel 1605. Rispondendo alle polemiche osservazioni del teorico conservatore Giovanni Maria Artusi (Delle imperfezioni della musica moderna,
1603) Monteverdi scrive che ormai la musica si deve distinguere in due
pratiche: nella prima, si rispettano le regole del Cinquecento che vogliono
parit fra le voci, contrappunto rigoroso, dissonanze preparate e risolte in
modo lineare; nella seconda prevalgono invece i soprani e i bassi, domina il
canto monodico, le frizioni armoniche servono a esaltare il contenuto drammatico piuttosto che ad assicurare la continuit del discorso musicale.
In altri termini, Monteverdi vuole che sia il significato delle parole a guidare la costruzione musicale, e non il contrario come in passato. Perfettamente in linea con le teorie della Camerata fiorentina, assicura la comprensibilit delle parole, semplifica la scrittura, usa in modo sistematico la tecnica
del basso continuo, che lascia agli accordi di pochi strumenti il compito di
sostenere la declamazione di una voce sola. Di fatto, Monteverdi teorizza la
fine della polifonia vocale e linizio dellaria solistica, di taglio teatrale. Nelle
due raccolte successive di madrigali Sesto (1614) e Settimo libro (1619)
Monteverdi affina la tecnica dello stile concitato e raggiunge la perfezione

1624 Il combattimento di Tancredi e Clorinda 103

appunto nellOttavo libro (1638) che riunisce, sotto il titolo Madrigali guerrieri et amorosi, ricerche stilistiche durate un ventennio. Il vertice espressivo
della raccolta ovviamente Il combattimento di Tancredi e Clorinda, con ripartizione dei ruoli: i due contendenti duellano da una parte, gli strumenti
accompagnano con pizzicati e tremoli dallaltra, il narratore in centro partecipa da cronista.
Nei sette madrigali che precedono, con testi anche di Petrarca e Rinuccini,
si accentua il messaggio che solo la fiera lotta permette di conquistare lamore.
Lamore, tuttavia, porta dolore e malinconia, non soltanto quando lamato
muore. la tesi dei nove madrigali amorosi che formano la seconda parte
dellottavo libro, su parole di anonimi, di Guarini, Marino e nuovamente di
Petrarca. Corona la raccolta Il ballo delle ingrate, scritto nel 1608 a Mantova
per il matrimonio di Francesco Gonzaga e ripreso a Vienna nel 1628.
chiaro il costante interesse di Monteverdi per il teatro musicale. Gli oltre
trentanni che passano fra LOrfeo (1607) e Il ritorno di Ulisse in patria (1640)
vedono Monteverdi impegnato in almeno altri sei progetti per Mantova e
Venezia, la cui musica per perduta. Sia Il combattimento di Tancredi e Clorinda sia il Lamento dArianna (recuperato dallArianna) aprono le porte al
genere tutto nuovo della cantata da camera o da concerto, con voce accompagnata soltanto da basso continuo o da variabile complesso strumentale, comunque teatrale e drammatica nello spirito e nella forma. Il primo che
pubblica una raccolta di Cantade et arie a solo con basso continuo (1610)
Alessandro Grandi, oggi dimenticato ma allievo di Giovanni Gabrieli e assistente di Monteverdi a San Marco. La fortuna immediata, in particolare a
Roma, dove Giacomo Carissimi sforna cantate a centinaia, in parallelo alla
vasta produzione nel nuovo genere delloratorio. Il testo pu essere sacro o
profano, legato a una storia biblica o a una vicenda mitologica. Lo stacco assicurato dai recitativi consente di variare la qualit emotiva delle arie, creare
contrasti, catturare lattenzione degli ascoltatori, durare per tempi considerevoli, anche fuori dalle scene teatrali. La formula musicale prevede una sequenza di arie intervallate da brevi recitativi e sostenute da un elementare
basso continuo.
Al napoletano Alessandro Scarlatti, allievo di Carissimi a Roma e autore
di non meno di 800 cantate a voce sola, si deve linvenzione dellaria col da
capo, che far la fortuna del teatro musicale allitaliana nei secoli a venire.
Il principio semplice: una melodia esposta ed elaborata in forma lineare
nella prima parte; nella seconda compare una nuova melodia; nella terza
torna la prima melodia, per lasciando al cantante la libert di improvvisare
e aggiungere le varianti ornamentali che pi gli aggradano. Si soddisfa cos
la voglia di primedonne (femmine) e castrati (maschi) di esibire, appunto nel
da capo, la loro bravura a un pubblico sempre pi ricettivo. Scarlatti e

104 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

tutti i suoi contemporanei impiegano sistematicamente il principio del da


capo nelle opere teatrali e nelle cantate da eseguire a palazzo, in privato.
Presto denominate cantate da camera, conquistano il favore di nobili e borghesi, creano un repertorio vastissimo, alimentato dai massimi autori del
tempo, da Vivaldi a Venezia a Hndel a Roma. interprete e autrice di cantate, nella Venezia di met Seicento, Barbara Strozzi (Arie a voce sola op. 8,
1664), una delle poche compositrici del suo tempo rimaste nel repertorio
moderno.
La diffusione nel resto dEuropa immediata. In Germania la cantata
arriva con Heinrich Schtz, diretta evoluzione del madrigale veneziano
drammatico e spirituale. Trova una nuova dimensione nella pratica religiosa
protestante, che prevede lesecuzione in chiesa e lintroduzione sistematica
del coro in alternanza con il canto di uno o pi solisti. Nasce la cantata sacra luterana, sviluppata da Dietrich Buxtehude e perfezionata da Georg
Philipp Telemann e soprattutto da Johann Sebastian Bach. Il rapporto fra
cantata dispirazione sacra e profana si riequilibra nei paesi di lingua tedesca
da met Settecento in poi. Si va verso la cantata sinfonica, come il finale
della Nona sinfonia di Beethoven, lintera Seconda sinfonia Lobgesang di
Mendelssohn, la sinfonia drammatica Romeo e Giulietta di Berlioz, il quasi
oratorio Il paradiso e la peri di Schumann, fino al Mahler dellOttava sinfonia,
con il quale si arriva al Novecento.
Particolare la storia della cantata nelle isole britanniche, molto influenzata dalla presenza di Hndel (ribattezzato Handel), che compone le
prime cantate (sacre) nella nativa Halle, un centinaio di altre (profane, anche in forma di duetto e di terzetto) durante il soggiorno italiano (1707-10)
e dopo essersi trasferito a Londra, dove trova una forte tradizione locale,
anchessa derivata dal madrigale allitaliana. Infatti, in Inghilterra la pratica
del madrigale continua ben oltre la fine decretata ai primi del Seicento da
Monteverdi in Italia. Lattivit alla corte londinese di Alfonso Ferrabosco e
la grande popolarit della raccolta Musica transalpina (1588), con madrigali suoi e di Luca Marenzio, stimolano i maggiori autori inglesi del tempo a
replicare il modello. Thomas Morley, il primo a usare testi di William Shakespeare, rende omaggio alla regina Elisabetta pubblicando la raccolta The
Triumphs of Oriana (1601), 25 madrigali di 23 diversi autori inglesi. Il
canto triste di The Silver Swann (1620) di Orlando Gibbons tuttora considerato un lamento per la decadenza della musica inglese. Non meno tristi
sono i song accompagnati da liuto di John Dowland (Flow my Tears, In
Darkness Let me Dwell, Come Heavy Sleep), variante inglese del madrigale
italiano a voce sola.
La dittatura puritana di Cromwell riduce drasticamente la pratica musicale in Inghilterra, ma non ne estirpa le radici. In numerosi club si continua

1624 Il combattimento di Tancredi e Clorinda 105

a cantare polifonie vocali senza accompagnamento, sia il raffinato madrigale sia i popolareschi glee, carol e catch destinati a esecuzioni familiari e
conviviali. La restaurazione monarchica permette lemergere di Henry
Purcell, autore di oltre 500 fra song, catch, ode, anthem per le pi varie
occasioni civili e private, sacre e profane, comunque ben radicate nella tradizione madrigalistica inglese. Hndel ne tiene conto nei lavori che dedica
al suo protettore duca di Chandos, in particolare nella grande Ode a santa
Cecilia. Purtroppo, agisce anche come un ciclone che scardina e sommerge,
unico caso (dopo la conquista romana e quella vichinga) di riuscita invasione dal continente delle isole britanniche. Pur travolta dalle pratiche italiane
e tedesche, larte inglese del canto non sparisce, tanto che la Madrigal Society, fondata nel 1741, tuttora in vita. Sebbene autori locali di rilievo europeo compaiono soltanto a inizio Novecento, con le numerose festival cantatas di Vaughan Williams e, pi tardi, con le finezze di Britten.
Il Novecento continentale continua a innestare nuovi rami al tronco originale della cantata seicentesca, mantenendo tuttavia lo spirito iniziale dellazione drammatica senza scene e fatta di sola musica. Nascono grandi affreschi come i Gurrelieder (1911) di Schnberg, profumi popolari nei Cervi fatati (1930) di Bartk, recuperi medioevali nei Carmina Burana (1935) di
Orff, origini cinematografiche in Aleksandr Nevskij (1938) di Prokofev,
concentrazione nelle due estreme cantate (1939, 1943) di Webern, assunti
patriottici nel Canto delle foreste (1948) di ostakovi, impegno civile nel
Canto sospeso (1957) di Nono, sperimentalismo in Momente (1968) di
Stockhausen. Levoluzione della cantata non si arresta, anche se talvolta ritrova il piacere del madrigale da cui tutto parte, con Nonsense Madrigals
(1993) di Gyrgy Ligeti e Madrigals, Books i-iv (1965-1969), di Georg
Crumb, per citare autori e lavori tanto diversi fra loro per stile e organico,
ma che hanno in comune il fascino del nome antico.

Ascolti
C. Monteverdi, Il combattimento di Tancredi e Clorinda, R. Alessandrini, Concerto italiano, Naive 1998
C. Monteverdi, Madrigali guerrieri et amorosi, A. Rooley, The Consort of Musicke, Virgin
1999
A. Scarlatti, Cantatas, vol. iii, N. McGegan, Arcadian Academy, B. Asawa, Deutsche
Harmonia Mundi 2000
J. Dowland, Sweet Stay Awhile, C. Daniels, D. Miller, emi 2000

106 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

Letture
G. Tomlinson, Monteverdi and the End of the Renaissance, University of California Press,
Berkeley 1987
M. Talbot (a cura di), Aspects of the Secular Cantata in Late Baroque Italy, Ashgate, Farnham
2009
C. Johnson, R. Courtnall, The Art of Violin Making, Robert Hale, London 1999
P. Mioli, A voce sola. Studio sulla cantata italiana del xvii secolo, spes, Firenze 1988

1635 Fiori musicali

Girolamo Frescobaldi
Messe per organo Lo strumento della chiesa Eccelso
artigianato organario Tastiera unica in Italia Tastiere
multiple e pedaliera estesa oltralpe Maestri dellimprovvisazione Cabezn Cavazzoni Frescobaldi Froberger

Per capire il ruolo dellorgano nella chiesa cattolica controriformata basta


sfogliare, anzi studiare, la raccolta Fiori musicali di Girolamo Frescobaldi,
pubblicata nel 1635 a Venezia e destinata alluso pratico nelle correnti liturgie della messa. Contiene 62 composizioni ripartite in tre serie distinte di
brani musicali per solo organo, spesso con nomi originali per definire nuovi
generi solo strumentali e non pi legati al canto e alla parola. Prevede luso
in tre tipi distinti di messa. La normale Messa della domenica si articola in 22
brani. La Messa degli Apostoli, per le festivit maggiori, ne ha 21. Sono 18
quelli per la Messa della Madonna, riservata alle festivit mariane. Il criterio
con cui le tre collezioni sono ordinate il medesimo.
Apre sempre una toccata, libera e improvvisatoria, Avanti la Messa.
Seguono alcune intonazioni di Kyrie e Christe, in alternativa o a integrazione del canto delle voci. Una melodiosa canzone collocata prima o dopo
lEpistola, un contrappuntistico ricercare sta dopo il Credo, una toccata durante lElevazione. La canzone dopo la Comunione, che chiude le
prime due messe, sostituita da due brani dispirazione popolaresca (Bergamasca e Capriccio sopra la Girolmeta) nella Messa degli Apostoli, che ha anche
un elaborato secondo ricercare, forse per dare maggiore solennit allinsieme. Di regola i singoli brani durano meno di due minuti, con leccezione
delle toccate per lElevazione, attente a sublimare la contemplazione, e
i ricercari che per definizione sono complessi esercizi di polifonia strumentale, speculari alla teologia del Credo.
La musica di Frescobaldi sinserisce nella liturgia con la discrezione richiesta dai padri conciliari tridentini, non disturba i celebranti e aiuta la concentrazione dei fedeli. Rispetta una tradizione secolare, che ha un primo vertice
assoluto in Intabolatura dorgano cio Misse Himni Magnificati ... libro secondo
(1543) di Girolamo Cavazzoni e si consolida con le tre messe e le raccolte di
ricercari, toccate e canzoni alla francese (1567-1604) con cui Claudio Merulo
apre la via a Frescobaldi. Non mancano i contributi teorico-pratici. Adriano
Banchieri pubblica il suo rinomato trattato Lorgano suonarino nel 1605 e nel
1610 esce laltrettanto importante Il transilvano di Girolamo Diruta.

108 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

Ai tempi di Frescobaldi lorgano uno strumento particolarmente evoluto. La sua origine si perde nella notte dei tempi. Il principio quello della
colonna daria che produce il suono vibrando in un tubo. Il progenitore lo
zufolo di Pan, con canne intonate e ordinate per altezza. Nel caso dellorgano, lafflusso dellaria nelle singole canne comandato da una tastiera.
cos gi nei primitivi strumenti degli antichi greci e romani. Cose pi elaborate si trovano in Cina, Corea, Giappone e Arabia nel corso del primo millennio d.C. Ben noto il caso dellimperatore di Bisanzio che nel 767 dona
un organo al re carolingio Pipino il Breve. Nell807, dallArabia arriva un
organo anche a Carlo Magno (che non lo sa suonare).
Nei primi organi completi, costruiti dopo lanno Mille, una serie di canne in grado di produrre tutte le note comprese in un intervallo di quattro
ottave. Gi nel xiv secolo, alla serie principale si affiancano numerose altre
serie di canne, fra loro proporzionate in altezza (1:2, 2:3, 3:4 ecc.) in modo
da accordarsi per ottave, quinte, quarte e altri intervalli consonanti, superiori e inferiori. Sono i registri, cio gruppi di canne che possono suonare
insieme o separate, variando cos la forza e la qualit del suono. Ai registri a
canne classiche (ad anima), dette labiali perch il suono nasce dallimpatto dellaria sul labbro superiore delle fenditure, si aggiungono i registri
ad ancia (in cui vibra una lametta metallica) e tanti altri modi di produzione del suono entro i contenitori pi vari. Negli organi semplici, una sola
tastiera pu comandare numerosi registri e consentire una gran tavolozza di
timbri. Aumentando il numero dei registri (dunque delle canne), cresce la
voglia di effetti pi emozionanti, e si aggiungono altre tastiere indipendenti
per le due mani e pedaliere da muovere con i piedi. Nato come strumento
profano, dal secondo millennio in poi lorgano diventa sempre pi monopolio delle chiese, probabilmente per questioni economiche. I costi di costruzione si moltiplicano e solo le comunit pi ricche li possono sostenere,
tanto che la magnificenza dellorgano certifica la ricchezza dei parrocchiani.
Si capisce che Venezia benestante anche dal fatto che, a fine Cinquecento,
sono censiti non meno di cento organi nelle chiese dei vari sestieri.
Gli artigiani del Medioevo risolvono man mano i problemi tecnologici
legati alla costruzione delle canne, alla loro intonazione, alla fluidica dellaria, al controllo tramite tastiere, pedaliera, selettore di registri. Si scelgono i
materiali migliori, legni e metalli nobili, dallargento al piombo al rame e
loro leghe. Lo sviluppo tumultuoso. Nascono scuole organarie in tutta
Europa, spesso molto diverse fra loro. La sistemazione dellorgano allinterno delle chiese e la necessit di avere le botteghe vicine selezionano i costruttori per aree geografiche, per cui, per la prima volta in musica, si pu parlare
di scuole musicali nazionali. Gli organari dei Paesi nordici puntano su ampiezza e variet, danno spazio a ogni tipo e numero di canne e ance. Gi a

1635 Fiori musicali 109

fine Trecento, nella cattedrale di Rouen, segnalato un organo a due tastiere.


Nel 1439 lorgano della cattedrale di Amiens conta oltre 2000 canne. Poco
dopo, a Strasburgo, viene installato un organo a tre tastiere con ampia pedaliera. Nel 1489 arrivano a Dresda il suono vibrato e il registro di cromorno, che unancia con involucro di legno, a imitazione di un analogo strumento a fiato diffuso in quel tempo. Nella penisola iberica spuntano le caratteristiche trombe orizzontali.
In Italia si preferisce la purezza del timbro originario dellorgano, ottenuto con le canne ad anima. Sono maestri insuperati i bresciani Antegnati, attivi fra la fine del xv secolo e la fine del xvii. I loro strumenti hanno una sola
tastiera e una pedaliera piccola, poche canne e nessuna ancia. Su di essi nasce
la prima grande scuola organistica europea, a Venezia e dintorni, grazie ai
polivalenti Willaert, ai due Gabrieli, agli specialisti Cavazzoni e Merulo. Di
loro si decanta la grande abilit nellimprovvisazione, che poi la coincidenza da tutti cercata fra autore ed esecutore, cio la musica perfetta. Per resta
difficile la trasmissibilit, perch il passaggio dallimprovvisazione al testo
scritto, che merito della scuola veneziana, assai lento.
In parallelo ai progressi della costruzione cresce il repertorio di musiche
dedicate. Ci sono testimonianze di uso dellorgano in celebrazioni religiose
e civili fin dal ix secolo, a integrazione e in alternanza col coro, ma i primi
brani specifici per tastiera sono i frammenti a due voci trovati nel convento
inglese di Robertsbridge in un manoscritto databile 1320. Si riconosce come
doppia origine la danza (profana) e la sequenza (sacra). Nel codice di Faenza
(met Trecento) sono presenti 52 trascrizioni per tastiera di composizioni
vocali profane a tre voci, fra gli altri di Francesco Landino, Jacopo da Bologna, Guillaume de Machaut. Sono ben 256 le composizioni a tre voci raccolte nel Buxheimer Orgelbuch, compilato fra 1450 e 1470 nella certosa di
Buxheim, in Svevia. Ancora una volta si tratta di trascrizioni da musiche
polifoniche dei grandi maestri del Quattrocento, quali Guillaume Dufay,
Gilles Binchois, John Dunstable, Johannes Ockeghem. Tuttavia non mancano lavori originali. Aiuta a capire il prezioso metodo pratico Fundamentum
organisandi (1452) di Konrad Paumann, organista alla corte di Baviera a
Monaco, cieco come il fiorentino Landino, il cieco degli organi.
Prima nei manoscritti e poi nelle pagine a stampa, la musica per strumenti non notata su righi, come la musica vocale, ma su intavolature, dove la
posizione delle dita indicata con cifre, lettere e segni vari. Il metodo, gi
presente in Oriente nel primo millennio, utilizzato in Europa non solo per
lorgano, ma per tutti gli strumenti a tastiera sviluppati nei vari paesi (clavicembalo, spinetta, clavicordo, virginale) e per le opzioni pi economiche che
sono gli strumenti a pizzico (liuto, tiorba, chitarrone, vihuela, chitarra). Ogni
regione ha un suo tipo dintavolatura, che pu essere francese, spagnola,

110 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

tedesca, italiana. Pur nella babele della scrittura e nelle varianti locali dellorganaria, il linguaggio della musica strumentale nellEuropa del Cinquecento
assai omogeneo. Nazionale resta soltanto (e non sempre) la terminologia. I
tiento (pubblicati nel 1557 e 1578) dello spagnolo Antonio de Cabezn, organista di Carlo v e di Filippo ii, non sono diversi dai ricercari sviluppati in
Italia dallinventore Cavazzoni nei due libri (1542 e 1543) che hanno ispirato
i tre (1567-1608) di Merulo e i due (1593 e 1605) di Andrea Gabrieli: sono
sempre varianti di mottetti e madrigali in stile imitativo e severo, in cui le
parti vocali diventano strumentali. Lo spirito dei pezzi raccolti dallo stampatore francese Jacques Moderne in Musicque de joye (1550) non lontano da
quello dellinglese Mullimer Book (1545-70) compilato da Thomas Mullimer, nel quale spicca lintenso In nomine di John Taverner, assieme a 18
pezzi di Thomas Tallis, due di Christopher Tye e un centinaio di altri scritti
da autori minori o anonimi. Toccate allitaliana e chanson alla francese sono
ovunque utili contenitori scritti per musica improvvisata. Simile la musica
raccolta nei volumi El maestro (1536) di Luis de Miln e Los seys libros del
Delphin (1538) di Luys de Narvez, che nel Cinquecento spagnolo sono i
due massimi virtuosi nella breve stagione della vihuela, uno strumento simile allantico liuto e alla moderna chitarra.
Comuni sono anche i nuovi generi che nascono dalla specificit dei mezzi strumentali. La pratica di ripetere e rinforzare le note con trilli e disegni
ornamentali, che viene dalla necessit di sostituire con uno sciame di notine
le note lunghe che gli strumenti a pizzico non riescono a sostenere, subito
adottata sulle tastiere. Lintroduzione di note veloci allontana dalla melodia
originale (gregoriana) e scatena la voglia di virtuosismo, dimprovvisazione,
di variazione. La libert dellartista si esprime nelle toccate, termine che ha
doppia etimologia: litaliano toccare (lo strumento), lo spagnolo tocar (suonare). Il desiderio di modificare e arricchire una bella melodia porta alla
nascita di un genere nuovo e destinato a rivoluzionare la musica strumentale:
il tema con variazioni. Il meccanismo semplice ed efficace. Si sceglie una
melodia nota e comunque facile da ricordare, si ripete una volta per aiutare
la memoria, si comincia a variare. Di regola le prime variazioni si limitano ad
aggiungere fili ornamentali al tema, che resta ben riconoscibile. Procedendo,
i fili ornamentali diventano tessuto pi fitto, assorbono il tema, che nel frattempo pure in parte cambiato. I veloci passi di bravura possono alternarsi
con rallentamenti espressivi. Dopo un certo numero di variazioni torna riconoscibile la melodia iniziale, con un finale virtuosistico o contrappuntistico,
a conferma della bravura dellinterprete improvvisatore prima ancora che
compositore. Uno dei primi casi si ha in Spagna dove Narvez dedica alla
vihuela la prima serie di variazioni a stampa, sulla melodia popolare Guardme
las vacas.

1635 Fiori musicali 111

A met Cinquecento, il genere nuovo sviluppato da un altro spagnolo,


Cabezn, le cui diferencias (variazioni) su El cante llano del caballero e su
Guardme las vacas, su La galliarda milanesa e La pavana italiana fanno scuola in tutta Europa. Pur essendo cieco, Cabezn viaggia in Francia, Germania,
Paesi Bassi, Inghilterra e Italia, stupisce per la sua abilit dimprovvisatore,
per lascia anche una documentazione a stampa della sua genialit di compositore allinterno di una scuola davvero europea, non solo spagnola. Tutto
nasce dalla polifonia fiamminga che invade lItalia nel Quattrocento e si
rinnova a Roma, dove addestra i cantori spagnoli che se la trapiantano in
patria. Qui si ricongiunge con londata fiamminga che arriva a Madrid al
seguito dellimperatore Carlo v, alla cui corte si forma lorganista Cabezn,
che la riesporta nel resto dEuropa, nella nuova veste strumentale e non pi
in quella vocale. In Italia si integra con la scuola di Cavazzoni, che influisce
su Frescobaldi, il quale cresce nella polifonica Ferrara di fine Cinquecento
e, giovanissimo, si fa notare come straordinario improvvisatore e inventore
di ornamentazioni sia sul cembalo sia sullorgano. Quanto tramandato a
stampa rende oggi solo una vaga idea delle (si dice) insuperabili prestazioni
di Frescobaldi. Comunque, anche i testi scritti delle sue libere toccate e fantasie, strutturate polifonie e variazioni, pubblicati in Ricercari e canzoni
franzese (1615) e nei due libri di Toccate e Partite (1615 e 1627), irti come
sono di complessit ritmiche e di supersonici guizzi ornamentali, non sono
facili da eseguire neppure per i tastieristi moderni.
Lesuberanza giovanile di Frescobaldi si tempera nella maturit. Complice il ruolo di organista principale in San Pietro a Roma (1608-43), negli ultimi anni prevalgono in lui la riflessione e il senso della fede. Prende forma
appunto lestrema raccolta dei Fiori musicali. Si diluiscono le difficolt tecniche, per non imbarazzare gli organisti di parrocchia destinatari della raccolta. Si recupera lantica austerit gregoriana. I ricercari inseriti in ogni
messa hanno il passo severo della polifonia palestriniana, pur non mancando
il moderno. I sofferti cromatismi dei brani destinati allElevazione ricordano le torsioni emotive di Gesualdo da Venosa. In ogni pagina si sente la
ricerca degli affetti, secondo la regola che Monteverdi impone a inizio
Seicento e che condiziona la scrittura musicale per almeno un altro secolo,
anzi oltre. Le toccate che precedono i ricercari anticipano i preludi alle fughe
di Bach. Quelle che accompagnano la fine della celebrazione sono sempre
leggere e festose, e nella Messa della Madonna diventano capricci e variazioni su temi popolari.
Limpatto dei Fiori musicali subito immenso. Le numerose ristampe
arrivano ai pi remoti leggii e vi restano fino ai nostri giorni. Ne tengono
conto gli allievi diretti di Frescobaldi, in primo luogo il tedesco Froberger
nei suoi tanti preludi e ricercari, toccate e danze, fantasie e capricci, spesso

112 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

riuniti in suite di quattro-sei unit e con variabile composizione. Bach li ricopia di proprio pugno, per studiare, capire, imitare. Ne troviamo tracce
chiare nel Clavicembalo ben temperato, ma lomaggio pi evidente al gran
maestro Frescobaldi sta nel Ricercare a sei voci dellOfferta musicale. Che
non a caso strumentato da Anton Webern, altro grande ammiratore dellascetica concisione di molti Fiori musicali. In pieno Novecento, Musica ricercata xi (1953) sintitola lomaggio a Frescobaldi di Gyrgy Ligeti. Un altro
ungherese, Gyrgy Kurtg, trascrive sue toccate per pianoforte a pi mani
(1988), come prima di lui (1930) fa Bla Bartk.

Ascolti
G. Frescobaldi, Complete Edition, R. Loreggian, Ensemble ConSerto Musico, Modo
Antiquo, B. Hoffmann, Brilliant 2011
The Organ in the Renaissance and the Baroque, G. Leonhardt, Sony 2012
A. de Cabezn, Complete tientos and Variations, G. Wilson, Naxos 2012
Das Buxheimer Orgelbuch, J. Payne, Naxos 2009

Letture
P.F. Williams, A New History of the Organ from the Greeks to the Present Day, Indiana
University Press, Bloomington 1980
C. Gallico, Girolamo Frescobaldi. Laffetto, lordito, le metamorfosi, Sansoni, Firenze 1986
W. Apel, Storia della musica per organo e altri strumenti da tasto fino al 1700, 3 voll., Sansoni, Firenze 1985

1648Jephte

Giacomo Carissimi
Dramma spirituale in musica senza azione e senza scena
Stile monteverdiano Sacre rappresentazioni medioevali
La scuola fiorentina di Corteccia e de Cavalieri Loratorio di Filippo Neri Carissimi Diffusione a Venezia e
Napoli Kerll in Germania Charpentier in Francia

Leroe esiliato Jephte richiamato dai suoi concittadini per respingere i nemici che sono alle porte. Per vincere, Jephte promette di sacrificare a Dio la
prima persona che gli verr incontro uscendo dalla sua casa quando rientrer vittorioso. Tocca allunica figlia, colpevole di buttarglisi festante fra le
braccia. Non c piet. Lasciati alla figlia due mesi per piangere un fato
crudele, il voto sar adempiuto. Questo lepisodio che la Bibbia narra nel
libro dei Giudici e che ispira il primo grande oratorio della musica occidentale, composto da Giacomo Carissimi probabilmente prima del 1649 e destinato alle funzioni dei venerd di Quaresima della Compagnia del Crocefisso
che si svolgono presso la chiesa di San Marcello al Corso a Roma.
La partitura breve. Circa 25 minuti di musica scandita in 18 numeri, con
interventi di narratori, popolani in coro e protagonisti a solo, che in media
durano meno di un minuto ciascuno. Fanno eccezione lo sconvolgimento di
Jephte quando incontra la figlia e la rassegnazione della figlia allinsipienza
del padre e allindifferenza di Dio. Sono urla che si tramutano in pianto,
sono due volte tre minuti che entrano nella storia del dolore in musica nei
primi anni del melodramma. A Jephte e alla figlia sono riservate le emozioni
individuali, che si esprimono nelle melodie e nel lamento. Protagonista il
narratore, che usa la tecnica del recitativo accompagnato da basso continuo.
Rallenta e accelera, alza e abbassa il tono della voce, secondo la situazione
che racconta. Su un altro livello il coro, pensato alla maniera dellantico
teatro greco: osserva dallesterno e commenta, e trova nel complesso intreccio policorale conclusivo una perfetta traduzione tascabile della grandiosa
polifonia romana degli eredi di Palestrina.
chiara la lezione di Claudio Monteverdi. I cantabili di padre e figlia
sono paralleli a quelli degli sfortunati amanti dellOrfeo. Analoghi sono gli
eloqui dei narratori, in Jephte come nel Combattimento di Tancredi e Clorinda, di cui Carissimi mantiene la sobria ambientazione cameristica. Costanti
restano i riferimenti ai numerosi casi di drammatizzazione, in pieno Medioevo, di storie mirabili riprese dallAntico e dal Nuovo Testamento, dallagio-

114 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

grafia. Sempre vivo lo spirito delle laudi drammatiche e delle sacre rappresentazioni, anche se non si possono pretendere legami specifici con gli antecedenti diffusi in tutta Europa: linglese Quem quaeritis testimoniato dal
vescovo di Winchester (970), il tedesco Ordo virtutum (1151) di Hildegard
von Bingen, il francese Ludus Danielis (xii secolo), litaliano Il pianto di Maria (xiv secolo) di Jacopone da Todi. Accanto a queste forme pie, fioriscono
anche le varianti satiriche, se non apertamente blasfeme, gradite a un pubblico popolare, tollerate (e talvolta organizzate) dalle autorit religiose: le
oscene ftes des fous in tutta la Francia, in Inghilterra e nellEuropa del Nord
e la corrispondente italiana asinaria festa sono manifestazioni spontanee che
hanno luogo nel tempo di Natale in chiesa e in piazza, con danze e canti su
ritmi fissi e melodie ripetitive di regola decorate da fioriture improvvisate. Si
tramandano per tradizione orale, perch nessuno osa scriverle e pubblicarle.
Pi raffinate e ormai ben documentate sono le storie delle Passioni secondo Giovanni (1527) e Matteo (1532) musicate a Firenze dallaretino Francesco Corteccia. Il passo decisivo si ha nel febbraio del 1600, quando alloratorio di Santa Maria in Vallicella a Roma va in scena La rappresentazione di
anima e di corpo, primo caso di applicazione del canto monodico in un ambito sacro ancora dominato dalla polifonia. La scrive Emilio de Cavalieri,
romano di formazione ma a lungo (1588-99) al servizio dei Medici a Firenze,
dove frequenta la Camerata dei Bardi, partecipa alla stesura dello spettacolo
La pellegrina, contribuisce alla nascita della monodia e del teatro musicale,
definisce oratorio la propria Ascensione di Nostro Signore, cura le coreografie
dei suoi balli e non manca di scrivere madrigali e lamentazioni di Geremia.
Nella Rappresentazione di anima e di corpo mantiene pagine in stile di mottetto/madrigale, ma elabora lunghe parti a voci sole in cui numerose figure
allegoriche espongono verit di fede con canto fiorito e risposte in eco su
accompagnamento strumentale. Con le tecniche genialmente elaborate da
Monteverdi sia nellOrfeo (1607) che nel Vespero (1610).
I 35 cardinali che a Roma assistono soddisfatti alle due esecuzioni della
Rappresentazione di anima e di corpo, comprendono limportanza dellevento e assicurano il consenso al canto monodico e al suo accompagnamento
strumentale. Si apre unepoca tutta nuova per la musica sacra. In chiesa
come nel chiostro o nella piazza antistante, si potranno cantare e mettere in
scena liturgie e sacre scritture alternando solisti e cori, organi e strumenti.
Cose che gi succedono nella Venezia dei Gabrieli ma che con il sigillo romano si diffondono in tutta Europa. Roma si rivela terreno sempre pi
fertile. Non solo diventa lincubatore del melodramma, avvizzito nellarea
veneto-lombarda dopo il botto dellOrfeo, ma fa anche nascere il genere
tutto nuovo delloratorio. Il nome viene dalliniziativa del sacerdote fiorentino Filippo Neri che, a met Cinquecento, d nuova vita alla consuetu-

1648Jephte115

dine, iniziata gi nel 1517 nelloratorio della Vallicella, di riunire periodicamente laici e religiosi per ascoltare sermoni e cantare laudi. Partecipano e
contribuiscono al successo anche i maggiori musicisti del tempo, compresi
i maestri cantori Palestrina e Animuccia, che scrivono laudi e dialoghi su
testi biblici, applicando il nuovo stile monodico fiorentino, di cui appunto
de Cavalieri campione. Il processo lento, ma in circa cinquantanni
nelloratorio scompare la polifonia, si accentua il dramma, il narratore (detto anche storico) descrive la scena, il canto dei protagonisti sempre pi
fiorito, il coro commenta e trae la morale. Si cristallizza una struttura musicale in due parti, da eseguire prima e dopo il sermone centrale. Varia la
destinazione: se il pubblico popolare, come nei circoli di Filippo Neri, si
canta in italiano; se ad assistere il patriziato, come nel concorrente oratorio
del Crocefisso, le parole sono latine. Comune la vocazione di uscire dalle
rigide liturgie della chiesa ufficiale ed esprimere la propria religiosit in
ambienti annessi (appunto gli oratori, i chiostri) e in palazzi privati. Il dramma musicale in lingua volgare SantAlessio di Stefano Landi, rappresentato
a palazzo Barberini nel 1631, segna un progresso decisivo nella storia sia
delloratorio sia del teatro musicale.
Attorno al 1639, la Confraternita del Crocefisso accoglie come collaboratore Giacomo Carissimi, che dal 1630 insegnante al pontificio Collegio
Germanico-Ungaro dei gesuiti. Non conosciamo i particolari del suo agire.
Non ha lasciato scritti teorici. Non siamo sicuri di quanti oratori abbia scritto. Soltanto 14 hanno accettabile autenticit; diventano 33 latini e 2 italiani,
forse pi, se sincludono le attribuzioni incerte, disperse in un immenso catalogo che include oltre 200 mottetti, un numero ancor maggiore di cantate
italiane, otto messe complete. Impossibile una datazione precisa, perch i
manoscritti originali spariscono con lo scioglimento dellordine dei gesuiti
nel 1773 e mancano edizioni a stampa, proibite da una strana disposizione
di papa Clemente x. La fama solida, diffusa dagli allievi, dai manoscritti,
dai passaparola. Venezia offre a Carissimi, che non accetta, lonore di succedere a Monteverdi alla direzione della cappella di San Marco nel 1643. Il
teorico Athanasius Kircher include nel suo monumentale trattato Musurgia
universalis (1650) il coro finale di Jephte come modello di nuovo stile.
Carissimi non un innovatore, ma un geniale architetto del materiale
elaborato da predecessori e contemporanei. Attento alla scelta degli episodi,
mantiene alta la tensione attribuendo un ruolo epico alla narrazione, che
spesso affidata non a uno storico ben identificato ma ai protagonisti stessi e
agli interventi del coro. Arricchisce le parti dei solisti di canto con duetti,
terzetti, spunti concertanti strumentali. Talvolta introduce un brano orchestrale che chiama sinfonia. Riesce sempre a esprimere affetti e passioni.
Rende emozionanti le storie di Abramo e Isacco, di Baldassarre, Job, Giona,

116 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

Ezechia, Daniele, Salomone, Jephte, gli episodi del diluvio universale. Scatena limmaginario dellascoltatore con il ritmo del racconto e la variet
della musica, trasformando in vantaggio la mancanza di scene e di movimenti. Converte una modesta pratica locale in un genere praticato in tutta Europa, destinato a durare fino ai nostri giorni.
Il successo dello stile oratoriale di Carissimi immediato. La fama
dellautore tale che da Roma si diffonde nelle citt italiane: Venezia, Bologna, Napoli. Loratorio diventa un genere musicale a s stante. Si affianca al
melodramma teatrale, col quale stabilisce un proficuo rapporto di dare e
avere. Tutti gli operisti da allora in poi alternano la produzione per le scene
teatrali a quella degli oratori in forma di concerto. Soprattutto allestero,
dove la fama di Carissimi arriva direttamente dal suo insegnamento al Collegio Germanico-Ungaro. Fra gli allievi, figura di spicco il tedesco Johann
Kaspar Kerll, che perfeziona la sua abilit di organista con Frescobaldi e poi
attivo a Monaco di Baviera (1656-74) e a Vienna (1674-93) soprattutto
come autore di messe e Magnificat. Kerll indirizza la nascente scuola tedesca
meridionale anche perch ha fra i suoi allievi lorganista Johann Pachelbel
e il teorico compositore Johann Joseph Fux, entrambi destinati a influire
sullarte di Johann Sebastian Bach. La vasta produzione di Kerll si innesta
bene sul terreno preparato pi a Nord da Heinrich Schtz ma bruciato dai
disastri della Guerra dei trentanni (1618-48). A fine Seicento la tradizione
pronta per il salto decisivo di Bach e Hndel.
Altro importante allievo diretto di Carissimi il francese Marc Antoine
Charpentier che vive a Roma fra 1650 e 1652. Tornato a Parigi, ha la sfortuna di trovare le sue ambizioni operistiche bloccate dal monopolista Lully. Si
concentra sulla musica sacra, integra gli spartani organici romani con lopulenza di quelli francesi e ottiene un duraturo successo con il suo famoso Te
Deum. Allo stile italofrancese di Charpentier si convertono lo stesso Lully,
con la serie dei Grands motets, e gli altri musicisti attivi alla corte del Re Sole:
Michel Richard Delalande con il suo Te Deum e Franois Couperin, la cui
Messe de morts un modello per tutto il Settecento, fino al romanticismo
monumentale di Hector Berlioz nellOttocento. Per il genere oratorio non
attecchisce in Francia. addirittura assente in Inghilterra, tarpato anche
dalla rivoluzione repubblicana.
Continua invece la fortuna delloratorio in Italia, soprattutto a Roma e
Napoli, dove domina Alessandro Scarlatti, che ne scrive almeno 35 sui soggetti tradizionali ma applicando i principi drammatici e le tecniche vocali
che garantiscono il successo dei suoi 65 melodrammi per il teatro. A fine
Seicento, loratorio un genere consolidato, soprattutto nella versione con
testo in volgare, pi adatto del latino a essere compreso dal pubblico cui
destinato. La lingua del testo il solo elemento nazionale di una forma mu-

1648Jephte117

sicale davvero internazionale, fissa nella scelta dei soggetti e dei protagonisti,
nelle alternanze di recitativi, arie e cori. In pieno Settecento, tutti gli operisti
italiani scrivono oratori, con punte di eccellenza in Caldara (Maddalena ai
piedi di Cristo, 1700 circa), Vivaldi (Juditha triumphans, 1716) e Hasse (I
pellegrini al sepolcro di Nostro Signore, 1742). Trasferito in Inghilterra, Hndel reinventa lintero genere e ne assicura la continuit nei secoli a venire.

Ascolti
G. Carissimi, Jephthah/The Judgement Of Solomon/Jonah, P. McCreesh, Gabrieli Consort and Players, Meridian 1995
E. de Cavalieri, Rappresentazione di anima e di corpo, H.M. Linde, Linde-Consort, emi
1993
M.A. Charpentier, Te Deum, W. Christie, Les Arts Florissants, Harmonia Mundi 1989

Letture
G. Dixon, Carissimi, Oxford University Press, Oxford 1986
H.E. Smither, A History of the Oratorio, 3 voll., unc Press, Chapel Hill 1973-1987

1649 Il Giasone

Francesco Cavalli
Lopera veneziana del Seicento Il castrato come primadonna I teatri di Venezia Facile diffusione in Italia
Resistenza in Francia Pronta accettazione in Germania
Il pomo doro a Vienna Loblio nel Settecento La
rinascita nel Novecento

Sono tante e tutte buone le ragioni che fanno del Giasone di Francesco Cavalli, rappresentato per la prima volta al teatro San Cassiano di Venezia il 5
gennaio 1649, il pi popolare e diffuso melodramma dellintero Seicento,
con propaggini nel Settecento e rinascita a fine Novecento. Vincente la sua
natura di patchwork, di gran miscuglio in cui tutto si regge alla perfezione. Si
potrebbe definire opera eroicomica, fusione di tragedia greca e commedia
veneziana, con lesotica Tauride trasferita fra le calli di Venezia. Il sublime
librettista Giacinto Andrea Cicognini riesce a combinare almeno tre piani
narrativi differenti. Il primo, ma solo un pretesto, crea il contorno dellimpresa di Giasone che, assieme al compare Ercole e ai suoi argonauti, viaggia
verso lignoto alla ricerca del vello doro. Il secondo piano, quello che conta,
occupato dalle disavventure amorose delleroe, costretto dal fato ad abbandonare la fidanzata (e madre di due suoi figli) Isifile, presto irretito dalla
maga Medea che lui alla fine abbandona (con due gemelli) per tornare dal
primo amore, non senza essersi impadronito en passant del vello doro. Sul
terzo piano si muove una nutrita serie di comprimari che alleggerisce eroismi
e drammi con i lazzi e i frizzi della commedia dellarte.
Il Giasone lopera che afferma Venezia come capitale del melodramma,
dopo che il percorso, avviato a Firenze dalle due Euridice (1600) di Caccini e
Peri, e continuato a Mantova con LOrfeo (1607) di Monteverdi, matura con
ibride commistioni di favole boscherecce e oratori sacri. Lutilizzo a Roma,
nel 1632, di una grande sala annessa al nuovo palazzo Barberini, capace di
oltre tremila posti, inizia la nuova epoca del teatro musicale aperto al pubblico. Per loccasione ripreso con grande sfarzo il dramma sacro SantAlessio
di Stefano Landi, il cui librettista il prelato Giulio Rospigliosi, animatore
della vita musicale romana di quegli anni, promosso cardinale e infine (1667)
eletto papa con il nome di Clemente ix. Almeno per la nuova esecuzione del
1634, larchitetto Lorenzo Bernini firma lallestimento scenico.
Anche se il soggetto sacro, alla maniera delloratorio, il SantAlessio
un moderno melodramma, diviso in tre atti, ciascuno preceduto da una sin-

1649 Il Giasone 119

fonia strumentale. Come nellOrfeo di Monteverdi, lazione procede con una


successione di recitativi, arie, cori, balli accompagnati da basso continuo di
clavicembalo e tiorba, ammorbiditi da violini e violoncelli. La parte del protagonista chiede la voce maschile forte e acuta di un castrato o musico, un
tipo di cantante che si diffonde nelle cappelle vaticane del secondo Cinquecento, perch la sempre pi complessa scrittura polifonica del tempo richiede un equilibrio sonoro fra parti corali basse e parti acute, che le esili voci
bianche dei bambini non riescono a sostenere. Per di pi, una disposizione
dello Stato Pontificio del 1588 proibisce limpiego di voci femminili nei teatri, a integrazione della pratica che, interpretando san Paolo, fin dal iv secolo non le ammette in chiesa. La soluzione, accettata da tutti e benedetta
perfino da papa Clemente viii, consiste nellevirare i ragazzi che hanno la
voce pi bella. Si mantiene cos il registro acuto, mentre lo sviluppo fisico
estende quello grave e aumenta la forza dellemissione. Svettante e bellissima, educata da faticosi esercizi, subito adottata dal nascente teatro musicale,
la voce del castrato domina per almeno due secoli le scene di tutta Europa.
Da allora in poi, le parti maschili eroiche e melodrammatiche saranno di
regola affidate a castrati, che diventano una categoria speciale di primedonne in acerba competizione fra loro e con le rivali femmine, per la delizia di
due nuove categorie: gli spettatori borghesi e paganti; gli impresari cinici e
vogliosi di denaro.
Il successo del nuovo genere tale che a Venezia si decide subito di puntare sul teatro musicale. Ci sono tutte le condizioni. La citt ricca e gaudente, animata da feste che culminano nella stagione di carnevale con lafflusso
di commercianti e visitatori foresti. La vita teatrale intensa e girano per la
citt numerose compagnie di teatro dellarte, con maschere e stereotipi che
mescolano felici i drammi classici con le farse popolari. Mettere a disposizione di un uditorio pagante un luogo dove convivano parole e musica, scene e
costumi, diventa obbligo civico e scatena frenesie. Il risultato che, a fine
Seicento, la citt ha ben sedici teatri pubblici attivi (anche se, di solito soltanto due, al massimo quattro, si fanno concorrenza diretta e contemporanea).
Cresciuti alla gran scuola palladiana, gli architetti veneziani inventano il cosiddetto teatro allitaliana. Non pi il capannone romano dei Barberini,
con panche per il pubblico portate dalle chiese vicine, ma un luogo confortevole, con spazio per scene, palco per cantanti, posto per orchestrali. Gli
spettatori sono ben separati e a loro volta distinti fra quelli di passaggio in
platea (su scanni a noleggio o in piedi) e quelli stanziali (seduti) nei palchetti disposti tuttintorno, su pi file, a ferro di cavallo. Tutti devono pagare il
biglietto dingresso. I ricchi palchettisti versano una quota di abbonamento
per lintera stagione. La capienza va da qualche centinaio di posti nei teatri
pi piccoli a oltre il migliaio nel grande San Mois. Il funzionale taglio archi-

120 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

tettonico, che sviluppa in altezza le profondit dellanfiteatro greco-romano,


ne assicura la diffusione in Italia e allestero, in metropoli e paesi.
Il teatro San Cassiano il primo al mondo che si apre al nuovo dramma
in musica. Nato per la commedia dellarte, posseduto dalla famiglia Ton,
viene affittato nel 1635 da una compagnia di giro romana guidata da Francesco Manelli e Benedetto Ferrari, autori di musica e libretto del fortunato
melodramma Andromeda. Non si fa attendere la concorrenza della potente
famiglia Grimani, che trasforma in fretta la sala dei Santi Giovanni e Paolo
in teatro dopera. Presto i musicisti darea veneta simpossessano del nuovo
genere, producono melodrammi a ritmi industriali e li rappresentano trasformando in canterini i teatranti della locale commedia dellarte. Perfino il
settantenne Monteverdi segue londa e ritrova interesse per il dramma musicale. Il ritorno di Ulisse in patria (1641) e Lincoronazione di Poppea (1643)
sono entrambi per il San Cassiano. andata perduta una terza sua opera di
quegli anni estremi, Le nozze dEnea e Lavinia, che nella stagione del 1641 va
in scena al teatro Novissimo accanto a La finta pazza, altro melodramma di
grande fortuna, firmato dallemergente Francesco Paolo Sacrati.
Il 24 gennaio 1639, al San Cassiano con il melodramma Le nozze di Teti e
Peleo, debutta Francesco Cavalli, cremasco di nascita, veneziano di adozione, allievo di Monteverdi e autore di ogni genere di musiche sacre e profane.
A fine carriera (1667) ha un catalogo di 35 melodrammi, molti dei quali sono
tornati nel repertorio corrente. Oggi il pi fortunato La Calisto, rappresentato per la prima volta al teatro SantApollinare il 28 novembre 1651, riscoperto nel 1970 e da allora proposto in una sessantina di nuovi allestimenti nei
maggiori teatri del mondo intero. Intriga la storia boccaccesca della bellissima ninfa Calisto, contesa per amore dalleterosessuale Giove e dallomosessuale Artemide, trasformata in orso dalla gelosa Giunone e da tutti premiata
con lascesa allempireo in forma di stella dellOrsa Maggiore (per, nelluniverso reale, Calisto un satellite del pianeta Giove). La girandola dei personaggi, la loro totale promiscuit di appetiti, gli infiniti travestimenti creano
situazioni surreali, dove non si distingue fra seduttore e sedotto, pastorello e
dio, uomo e donna. Anche perch soprani veri si mischiano a sopranisti castrati in un cast che prevede solo tre voci maschili di tenore e basso (Giove,
Mercurio e il pastore Silvano) e ben otto femminili, autentiche o artificiali.
Taglio veloce dei recitativi, arie brevi, fantasiosi interventi strumentali, frequenti episodi ballati, rapidi cambiamenti di scena rendono La Calisto un
melodramma tuttora godibile. Unico problema lodierna mancanza di
castrati e la necessit di surrogarli con donne.
Ai suoi tempi, Cavalli seduce i veneziani e i tanti stranieri che affollano le
stagioni di carnevale e dautunno soprattutto con Il Giasone. Precede di due
anni La Calisto e contiene tutti gli ingredienti del nuovo stile teatrale vene-

1649 Il Giasone 121

ziano. Gli originali teatranti della commedia dellarte sono ormai compagnie
di cantanti bravissimi, che con i loro gorgheggi estasiano il pubblico e riempiono le sale. Il ginepraio della vicenda valorizza macchine teatrali sempre
pi efficaci. Al teatro Novissimo, larchitetto Giacomo Torelli inventa marchingegni che permettono cambi di scena in pochi secondi. Si consolidano i
clich del teatro dopera di tutti i tempi successivi: il lamento (di Giasone, di
Medea, di Isifile), laria del furore e quella dellamore, il dramma che diventa farsa, linverosimile come specchio della realt. Si consolida anche un
modo di operare del tutto nuovo. Il melodramma unimpresa che fa profitti con la vendita di biglietti e abbonamenti a pubblici dogni sorta. Assecondare i gusti correnti per riempire le sale la regola del gioco: innovare per
sorprendere, sbracare per invitare, strapagare primedonne, allestire con
sfarzo ma con locchio al numero delle repliche per ammortizzare i costi,
scene belle ma facili da smontare e rimontare altrove. Le economie delloperazione sono chiare: guadagnano sempre i proprietari dei teatri, spesso e
molto i cantanti, poco ma sempre gli orchestrali, gli autori, le maestranze.
Tutti i rischi sono a carico degli impresari, che di regola vanno in bancarotta,
di solito non pagano e si trasferiscono altrove. la logica mercantile di Cavalli e di tutte le sue opere, di Giasone in particolare. Per questo corretto
affermare che la pi importante rivoluzione musicale del Seicento, lopera in
musica, nasce a Venezia, nel 1635.
Ormai solida nelle sue strutture, lopera veneziana pronta per lesportazione. Che funziona bene nella penisola italiana, soprattutto negli stati in
cui meno presente il controllo principesco e pi morbido il governo locale.
Dove vige il principio del libero mercato e della concorrenza, con pi compagnie di canto gestite da impresari che si battono per conquistare pubblico
e denaro in cambio di musica e spettacolo. Funziona a intermittenza nelle
citt pontificie (Bologna e Roma), dove chi comanda un papa elettivo, per
cui a un Barberini amico dellopera pu seguire un Colonna che allopera
(oltre che ai Barberini) ostile. Funziona a Napoli, Palermo e Milano, dove
comanda il re di Spagna, che lontano. Va bene in Toscana, in Emilia, in
Piemonte, dove regnano principi che non hanno risorse per mantenere un
teatro di corte e si rivolgono agli impresari per organizzare una stagione locale nei tempi lasciati liberi dal carnevale di Venezia e dalle stagioni dei
centri maggiori.
Pi difficile attraversare le Alpi, conquistare le capitali Parigi e Vienna,
Londra e Madrid, i grandi centri di lingua tedesca. La prima opera veneziana
che arriva a Parigi, nel 1645, La finta pazza di Sacrati, portata da una compagnia italiana invitata dal cardinale Mazarino, nellambito del suo progetto
di italianizzare la vita culturale francese. Non ha successo cos come, lanno
dopo, non piace LEgisto di Cavalli, gi trionfante dal 1643 prima a Venezia

122 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

e poi in tutta Italia. I francesi non capiscono la lingua italiana, si perdono


nelle trame, inorridiscono allidea dei castrati, si annoiano se mancano i balli. Non attecchisce neppure Ercole amante che Mazarino commissiona direttamente a Cavalli per festeggiare le nozze del giovane re Luigi xiv. Rappresentata alle Tuileries il 7 febbraio 1762, nonostante lo sfarzo delle scene e i
tentativi di adattamento ai gusti francesi, la nuova opera tediosa. Dura sei
ore e sconta linserimento di ben 18 scene di balletto firmate dal nascente
astro locale, il musico ballerino Jean Baptiste Lully. La scomparsa di Mazarino poco prima del debutto toglie lappoggio politico. Prima di contare
davvero in Francia, lopera italiana deve aspettare, per quasi centanni, il ciclone della Serva padrona di Pergolesi.
Va meglio lesportazione nei Paesi di lingua tedesca, grazie ai collaudati
legami commerciali e artistici con Venezia. I mercanti di Amburgo fondano
un loro teatro (allitaliana) e commissionano opere a misura dei propri gusti
a un genio del teatro come Reinhard Keiser. A Dresda, dopo il prematuro
caso della Dafne (1627) di Schtz, la tradizione melodrammatica veneziana
arriva con Il Paride (1662) di Giovanni Andrea Angelini Bontempi, gi cantore in San Marco. Scritto per i festeggiamenti del matrimonio dellimperatore Leopoldo i, a Vienna ha esito trionfale Il pomo doro (1668) di Antonio
Cesti. Il quale, nato a Volterra e cresciuto a Roma (forse alla scuola di Carissimi), si afferma a Venezia con Alessandro vincitor di se stesso (1651) e alla
corte imperiale di Innsbruck con Orontea (1656), uno dei pi popolari melodrammi del Seicento. Rispetto alla tradizione veneziana, la partitura del
Pomo doro presenta unorchestra pi robusta e numerosi cori a sostegno
delle spettacolari arie vocali. Prologo e atti (cinque) sono sostenuti dal lineare libretto del poeta di corte Francesco Sbarra ispirato alla nota leggenda del
giudizio di Paride. Non disturbano le oltre otto ore della sua durata, anche
perch distribuite su due serate. Soprattutto viene mobilitato un apparato
scenico che ha fatto storia, grazie alle macchine teatrali che mostrano incendio di citt, crollo di torri, allagamento della scena con barca di Caronte che
passa, e finale discesa salvifica degli di dal cielo.
Il pomo doro rappresentato a Vienna tuttavia una delle ultime volte in
cui il teatro musicale inteso come evento speciale, finanziato da potenti per
celebrare una propria festa nella propria casa, invitando amici (prima pochi,
ora tanti). Sono cos anche i primi melodrammi italiani alla corte parigina del
Re Sole, mentre Londra soffocata dal puritanesimo e la Spagna (come la
Germania) bloccata da crisi economiche e militari. Qui comandano regnanti e monopolisti, rimasti fedeli al modello fiorentino di fine Cinquecento.
Non dipendono dal pubblico pagante e dal libero mercato, continuano a
volere un prodotto esclusivo, non uno commerciale. Ogni situazione merita
un discorso a parte, ma nel giro di pochi decenni la mancanza di concorren-

1649 Il Giasone 123

za e la scarsa innovazione fa avvizzire la tradizione locale e trionfare il melodramma italiano. In Italia, a Venezia come a Milano, Roma, Napoli, Palermo,
il melodramma gi tuttaltra cosa, diviso fra serio e buffo, rodato dalle repliche, pronto a conquistare il mondo grazie a formule sempre nuove, fino
ai nostri giorni. Al punto che Il Giasone di Cavalli levento della stagione
2010 dellopera di Chicago e la sua protagonista Medea non solo ispira compositori di Settecento e Ottocento, ma anche del Novecento inoltrato, come
Lamia (1974) di Jacob Druckman. Mentre il mito della citt natale del teatro
dopera continua con Le streghe di Venezia (2006) di Philip Glass.

Ascolti
F. Cavalli, La Calisto, R. Jacobs, Concerto Vocale, Harmonia Mundi 2006 (dvd)
C. Monteverdi, Lincoronazione di Poppea, J.E. Gardiner, The English Baroque Soloists,
Archiv 1996

Letture
L. Arruga, Il teatro dopera italiano. Una storia, Feltrinelli, Milano 2009
E. Rosand, Opera in Seventeenth Century Venice: The Creation of a Genre, University of
California Press, Berkeley 1991

1654Lamento

Johann Jacob Froberger


Singhiozzo espressivo su corde pizzicate Froberger, musicista errante Suite per clavicembalo Descrittivismo
strumentale Allievi del tardo Seicento: Buxtehude, Pachelbel Il canto degli uccelli e gli allievi francesi di Janequin, da Couperin a Messiaen Continuatori nel Settecento, Kuhnau e Bach padre e figlio

Lantico hoquetus (singhiozzo), introdotto dalla Scuola di Notre-Dame nel xii


secolo, domina gran parte del Lamento sopra la dolorosa perdita della Real
Maest di Ferdinando iv re dei Romani (1654) per clavicembalo di Johann
Jakob Froberger. Lartificio musicale si chiama ormai in un altro modo (sincopato), ma ha la stessa funzione di interrompere le regolarit del ritmo e di
animare le emozioni della melodia. In questo caso serve ad accentuare le
tante dissonanze, e quindi ad aumentare la tensione, come si conviene a un
brano scritto in memoria di una persona cara. Luso delle note estranee alla
scala (cromatismi), alla maniera di Girolamo Frescobaldi e prima ancora di
Carlo Gesualdo e Claudio Monteverdi, disorienta il contorno armonico e
genera nuovi turbamenti. Non si placa il dolore per tutta la prima parte della
composizione, anzi si accentua nella ripetizione che la forma impone, trova
lacme allinizio della seconda parte, si stempera in una discesa che non sembra avere fine. Allimprovviso le ambiguit del modo minore svaniscono. Irrompe un solare do maggiore. Una limpida folata di notine risale tutta la tastiera. Sul manoscritto autografo, un disegno di nembi serve da punto fermo
conclusivo: re Ferdinando asceso in paradiso. Il senso metamusicale ribadito nella ripetizione della seconda parte, pure prescritta dallautore.
Il nuovo schema melodrammatico dellaria con da capo, i meccanismi
degli affetti inventati per le voci da Monteverdi, funzionano perfettamente
sulla tastiera di Froberger e mostrano quanto contino gli anni (circa 1635-41)
trascorsi alla scuola di Frescobaldi. Si sente dal modo con cui Froberger costruisce i suoi tanti lavori strumentali, sempre attento al guizzo della fantasia
improvvisatoria della toccata come alla disciplina polifonica del ricercare.
Pu darsi che Froberger, a Roma, segua anche le lezioni di Giacomo Carissimi. Di sicuro diviene amico del gesuita Athanasius Kircher, lautore di quella
summa di cose musicali che la Musurgia universalis (1650). Finito lapprendistato, Froberger organista alla corte imperiale di Ferdinando iii a Vienna
e attorno al 1645 inizia una lunga serie di viaggi nelle principali capitali dEu-

1654Lamento125

ropa, che fanno di lui il maggiore ambasciatore della musica strumentale del
Seicento. I tempi e i modi dei viaggi non sono chiari, ma i risultati artistici s.
Nei Paesi Bassi, Froberger viene in contatto con la fiorente organaria
nordica, assai diversa da quella italiana perch punta sulla grandiosit della
struttura e sulla ricchezza dei colori. Accanto alle tradizionali canne ad anima ci sono tanti registri ad ancia (cromorni, trombe, dulciane), tubi chiusi e
carillon, controllati da tastiere multiple e ampie pedaliere. A fine Cinquecento, tutte le maggiori citt olandesi hanno organi grandiosi, a cominciare da
Amsterdam, dove esercita il maggiore improvvisatore e autore del tempo, Jan
Pieterszoon Sweelinck, allievo di Gioseffo Zarlino a Venezia, ultimo esponente della grande tradizione polifonica fiamminga, fedele interprete delle
indicazioni luterane per una musica che accompagni il canto dei fedeli e ne
allieti lo spirito. Ancora oggi, le armonizzazioni di corale di Sweelinck sono
di uso corrente e le celeberrime variazioni su Mein junges Leben hat ein End
sono un modello per la fortunata Partita auff die Mayerin dello stesso Froberger e per tante successive generazioni di organisti, Bach compreso.
Nelle Fiandre, Froberger si trova nel cuore dellarte di costruire il clavicembalo. Lo strumento segnalato per la prima volta nel 1397 e attorno al
1440 in uso alla corte dei duchi di Borgogna in una configurazione assai
simile a quella dei secoli successivi: un bel mobile decorato che racchiude
una tavola armonica sulla quale sono tese le corde da pizzicare con becchi
azionati da tasti. Lo sviluppo rapido e, come nel caso dellorgano, prende
vie nazionali. In Italia, il clavicembalo resta leggero nel peso, cerca timbri
raffinati, si limita a una sola tastiera. Nelle Fiandre e in tutto il Nord, assume
dimensioni, peso e sonorit maggiori, con seconda tastiera e vasta scelta di
registri. Da Amsterdam, i cembalari industriali Ruckers esportano in tutta
Europa, in concorrenza con i tanti artigiani italiani.
Passato a Parigi, il musicista errante Froberger conosce la recente scuola
cembalistica locale, che nasce sempre dalla polifonia delle voci (come in
Italia e nelle Fiandre) per molto attenta al repertorio per liuto, strumento
che nella Francia del Cinquecento ha grande fortuna nellaccompagnamento
delle danze popolari e di corte: allemande, sarabande, gagliarde, correnti,
gighe. Tipico dei parigini Couperin, Clerambault, DAnglebert e Champion
de Chambonnires lordinamento in sequenza codificata (ordre o suite) di danze diverse per ritmo e passo. Da loro, Froberger apprende anche
luso di ricordare un amico scomparso con un lamento funebre (tombeau),
come fa Desprs per Ockeghem a fine Quattrocento. Ne scrive subito uno,
in memoria dellamico liutista Fleury detto Blancheroche caduto ubriaco
dalle scale di casa sua. Arrivato a Londra, assieme a un compianto per far
passare la propria malinconia, Froberger compone una lamentazione per
essere stato rapinato dai pirati durante lattraversamento della Manica. Il

126 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

soggiorno londinese lo mette in contatto con unaltra tradizione locale, legata a uno strumento a tastiera ancora diverso. Il virginale una variante di
cembalo di dimensioni minori, in forma quadrata e di facile uso, destinato
alladdestramento delle fanciulle di buona famiglia (da qui lorigine del nome, che per altri fanno derivare dal latino virga, il saltarello che regge il
plettro che pizzica la corda). uno strumento che ha fortuna solo in Inghilterra e per il quale, fra met Cinquecento e inizio Seicento, nasce un ricco
repertorio di danze e fantasie raccolte nella magnifica antologia Fitzwilliam
Virginal Book con firme di Byrd, Farnaby, Morley, Bull, Gibbons.
Lesperienza dei tanti viaggi e dei tanti contatti di Froberger riunita in
sei libri a stampa, i pi importanti dei quali pubblicati postumi. Vi troviamo
numerosi contributi ai generi antichi del ricercare e della toccata alla maniera di Frescobaldi. Quel che conta la collezione di una trentina di suite
nelle quali codifica la sequenza di danze (allemanda, corrente, sarabanda,
giga) immediatamente ripresa da tutti i compositori di musica clavicembalistica per lintero secolo a venire. I casi pi noti sono ovviamente Bach e
Hndel, oltre al francese Franois Couperin (che le chiama ordre). Le fantasie di Froberger diventano un modello per i maggiori organisti dellultimo
Seicento, da Dietrich Buxtehude a Johann Pachelbel. Ne riprende il taglio
libero Carl Philipp Emanuel Bach, figlio di Johann Sebastian, quando a
met Settecento vuole staccarsi dalle gabbie del passato e aprire nuove strade per esprimere gli eterni affetti. Linflusso arriva diretto fino a Mozart, che
copia di proprio pugno molte pagine di Froberger.
Grande futuro ha anche il gusto di Froberger per il descrittivismo musicale, inventando onomatopee e accorgimenti strumentali e vocali a imitazione di
suoni della natura e di storie umane. Si sente nelle Biblische Historien (1700)
in cui Johann Kuhnau, predecessore di Bach a Lipsia, simpegna a tradurre in
note per tastiera sei episodi dellAntico Testamento raccontati da un narratore,
mentre il clavicembalista suona. un primo caso di melologo, genere adottato nel Settecento da Jean-Jacques Rousseau (Pygmalion, 1770), Georg Benda
(Medea, 1775), Gaetano Pugnani (Werther, 1796). NellOttocento troviamo
Beethoven (Fidelio, 1814) seguito da Schumann (Manfred, 1852), Liszt (Leonore, 1858) e Richard Strauss (Enoch Arden, 1897). Nel Novecento, a modo
loro, applicano il principio del melologo anche Schnberg (Pierrot lunaire,
1912; A Survivor from Warsaw, 1947) e Stravinskij (Persphone, 1934).
Il passaggio di Froberger in Francia rinforza lautonoma e la persistente
tradizione francese di mettere in musica i suoni della natura, in particolare
degli uccelli. La linea parte dal rinascimentale Clment Janequin con le sue
deliziose imitazioni in polifonia Le Chant des oiseaux, Le Chant du rossignol
e in tante altre chanson pubblicate nella prima met del Cinquecento. Il
canto dei volatili ispira Couperin (Les Abeilles, 1713) e Rameau (Le Rappel

1654Lamento127

des oiseaux, 1724; La Poule, 1727). Diventa vera ornitologia in pieno Novecento con Olivier Messiaen, da Quatuor pour la fin du temps (1941) a Catalogue doiseaux (1955) a clairs sur lAu-del (1991). Tutti questi autori tendono ad attribuire alle loro composizioni musicali titoli che rimandano a
eventi e figure esterne. Le corrispondenze sono talvolta esplicite, grazie a
onomatopee. Pi spesso sono vaghe analogie emotive e concettuali. Comunque stabiliscono la solida base sulla quale si erger la tradizione squisitamente francese della musica a programma. Ci sar lo sviluppo clamoroso della
Symphonie fantastique di Berlioz, verranno i poemi sinfonici di Liszt, Smetana, Richard Strauss, le impressioni paesaggistiche di Debussy e Ravel, equamente divise fra solitario pianoforte e grande orchestra sinfonica.
Nei paesi di lingua tedesca, la suite alla maniera di Froberger si sviluppa
come sequenza ordinata di forme astratte, di regola danze dal diverso carattere, alternando passi vivaci a passi lenti senza altre intenzioni descrittive
extra musicali. Sono cos le suite (circa 1683) per clavicembalo di Johann
Pachelbel. Nello stesso periodo, nascono la ventina di suite e i tanti pezzi
singoli per clavicembalo di Dietrich Buxtehude. Lievita la produzione per
clavicembalo (e organo) di tanti autori minori. Maturano i tempi per la sintesi finale del genere, con lesperienza universale di Bach.

Ascolti
J.J. Froberger, Works For Harpsichord, G. Leonhardt, Deutsche Harmonia Mundi 2009
Fitzwilliam Virginal Book, J. Marville, Aeon 2008
J. Kuhnau, Musicalische Vorstellung einiger biblischer Historien, G. Leonhardt, Das Alte
Werk 1998

Letture
C. Hogwood (a cura di), The Keyboard in Baroque Europe, Cambridge University Press,
Cambridge 2003
D. Morrier (a cura di), J.J. Froberger: musicien europen. Colloque organis par la ville et
lEcole Nationale de Musique de Montbliar, Montbliar, 2-4 novembre 1990, Klincksieck,
Paris 1998
J. Dehmel, Toccata und Praeludium in der Orgelmusik von Merulo bis Bach, Brenreiter,
Kassel 1989
H. Siedentopf, Johann Jakob Froberger: Leben und Werk, Stuttgarter Verlagskontor,
Stuttgart 1977

1664 Oratorio di Natale


Heinrich Schtz

Oratorio di Natale in lingua tedesca Echi veneziani


Disputa sul concetto di stile musicale La scienza di Keplero, Cartesio, Galileo, Huygens La Guerra dei trentanni
Adattarsi alle risorse disponibili Soltanto musica sacra
Lorigine italiana evidente fin dalle prime battute. Il suono veneziano dei
Gabrieli prescritto nel coro iniziale, quando un concerto di ottoni si aggiunge alle tante voci del coro che intonano il testo evangelico. Le cadenze
romane, alla maniera di Giacomo Carissimi, si colgono quando levangelista
comincia a raccontare gli eventi, declamando le parole di Marco e di Luca su
un ascetico basso continuo. Intercalando la narrazione, otto Intermedium
commentano i singoli momenti della Nativit. Nel primo, un coro di angeli,
cantando su un soffice ritmo di ninna nanna, avvisa i pastori che nato Ges.
Nel secondo, sono sempre gli angeli che esaltano la gloria del Signore con un
sontuoso coro concertato. Due flauti diritti, a imitazione degli zufoli dei
pastori, portano lomaggio della gente umile. I tre re magi, invece, si esprimono in una sapiente polifonia a tre voci in dialogo con altrettanti strumenti. I grandi sacerdoti e gli scribi del tempio sono quattro voci di basso unite
a quattro tromboni. Erode (Intermedium vi) canta da solo, con la voce di
tenore nel registro estremo e accompagnato da due trombe a simboleggiare
la regalit. Infine un angelo sveglia Giuseppe per convincerlo prima a fuggire in Egitto (vii) e poi (viii) a tornare in Palestina.
Il coro conclusivo ha il medesimo organico di quello di apertura, e la
medesima stenografia musicale. Infatti, preparando ledizione a stampa nel
1664, Schtz scrive dettagliatamente la parte dellEvangelista, fissa lorganico delle altre sezioni, ma lascia volutamente aperte molte opzioni pratiche,
sapendo che le risorse della metropoli Dresda non sono quelle delle comunit minori. Cede ai suoi colleghi maestri di cappella la scelta dei modi con
cui realizzare le indicazioni strumentali negli Intermedium. Soprattutto i
cori di apertura e chiusura appaiono, sulla carta, stranamente spogli mentre,
nella realt, sono quelli che devono avere il peso maggiore. Se dalledizione
a stampa si passa ai segni incerti e contraddittori sparsi sui manoscritti usati
per le esecuzioni di allora, la differenza abissale, tanti sono gli echi e gli
intrecci fra voci e strumenti, i piano e i forte, i soli e i tutti. Il che dimostra come, in pieno Seicento, la pratica della musica sia ancora estremamente dipendente dalla trasmissione orale, dalle tradizioni locali, dagli organici

1664 Oratorio di Natale 129

disponibili. E che, nelle moderne riprese di musica antica, la fedelt al testo


indica sicuro travisamento. Vale, come sempre, il principio che la musica
ci che risuona nellaria grazie allarte di chi scrive le note e di chi le rende
vive. E che unesecuzione moderna pu avvicinarsi molto alloriginale antico
solo quando si ricorre con giudizio alle conoscenze che oggi si hanno dei
tempi passati, in particolare sullo stile di unepoca, di un luogo, di un autore.
Fra laltro il concetto di stile in musica nasce proprio nel Seicento,
allinterno di uno stimolo generale a classificare le cose e le idee di questo
mondo. Sappiamo che il musicista Claudio Monteverdi nel 1605 separa
prima da seconda pratica, ossia stylus antiquus da stylus modernus e ne
discute con lamico Schtz nel 1628. Lo stesso Schtz conosce bene il teorico Marco Scacchi che, nel Cribrum musicum (1643), distingue fra stylus ecclesiasticus, cubicularis, theatralis, ossia fra musica da chiesa, da camera, da
teatro. Il gesuita Athanasius Kircher, grande estimatore di Carissimi, nel suo
Musurgia universalis (1650) individua otto stili specifici della composizione
musicale e quattro propri dellascoltatore e del luogo (clima) in cui si svolge.
I quattro fluidi organici (sangue, bile gialla, bile nera, flegma) che fanno
prevalere nelluomo i quattro temperamenti (sanguigno, collerico, moderato, flemmatico) sono a loro volta soggetti alla furia degli elementi (terra, acqua, aria, fuoco) e alle congiunzioni astrali, al ritmo vitale che lega il microcosmo terreno al macrocosmo uranico. Pur nella sua fantasiosa mancanza di
coerenza, spinto dallentusiasmo per il pensiero greco, Kircher esprime la
voglia di trovare un punto dincontro fra speculazione matematica, scienza
fisica e arte musicale.
Siamo nel secolo di Galileo Galilei e di Giovanni Keplero, figli di musicisti e anche fisici puri, nel senso di consapevoli cultori di ragione astratta e
di realt empirica. Con loro torna il concetto di armonia delle sfere, per
rovesciato nei rapporti fra cause ed effetti. Il primo, inventando il cannocchiale, fa pensare al filosofo Tommaso Campanella che basta un opportuno
(e galileiano) cornetto acustico per ascoltare lineffabile musica celeste. Nel
gi citato Harmonices mundi (1619), Keplero sostiene non solo che la musica a muovere le sfere e che il suono generato normale conseguenza del
moto; ma che quel suono si pu udire soltanto se si sta nel Sole, cio nel
centro delluniverso, non nella periferica Terra. Il Seicento il tempo di
Cartesio, che trova nei correnti sistemi di notazione musicale unanticipazione dei suoi piani (cartesiani), con le altezze delle note disposte sullasse delle
ascisse e i tempi di esecuzione sullasse delle ordinate. Non a caso Cartesio
uno dei primi a occuparsi del concetto di ritmo, inteso come respiro della
frase musicale, staccato sia dalla scansione del testo sia da quella delle note,
negli anni in cui Galileo studia lisocronia delle oscillazioni del pendolo e
Christiaan Huygens inventa lorologio. Il tutto serve per esprimere e misura-

130 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

re i moti dellanima e gli affetti del cuore, senza perdere il lume dellintelletto e il senso delle cose.
Meglio di ogni altro, il percorso dello stile del pratico Schtz esprime lo
spirito del tempo in unEuropa travagliata come non mai. Ciascuna sua tappa
sinserisce negli anni in cui nasce. Su base stilistica, quindi abbastanza facile ricostruire il suono che nei cori dellOratorio di Natale (Weihnachtshistoria)
il solo testo stampato nel 1664 si limita a suggerire. Sappiamo che la composizione eseguita nel Natale del 1660, cio una dozzina di anni dopo la firma
della pace di Vestfalia che mette fine alla tremenda Guerra dei trentanni. La
corte di Dresda ha modo di recuperare risorse e concedere pi voci e pi
strumenti al suo maestro di cappella Schtz. Il primo risultato sono i tre libri
di Symphonie sacrae (1650) in cui il musicista riprende i sontuosi organici
conosciuti nel triennio di studio (1609-12) con Giovanni Gabrieli a Venezia
e collaudati nei preziosi Salmi davidici (1619), che sono il primo e pi importante risultato riportato a Dresda dopo lapprendistato italiano. Pur separate
da trentanni, le due raccolte hanno in comune lo stile concertante veneziano:
cori spezzati e dialoganti, interventi di solisti, echi e sovrapposizioni strumentali, alternanza fra blocchi sonori di diversa consistenza, polifonia subordinata a una dinamica armonica che gravita fra modi maggiori e minori, abbandono definitivo del gregoriano, monodia appoggiata su moderno basso
continuo. La formula coerente con la voglia dei signori di Dresda di imitare
lo sfarzo dei dogi e con il ruolo di maestro di musica di una comunit civile
(e non religiosa) che a Schtz affidato. In questo senso si capisce anche il
tentativo del musicista di importare la tradizione fiorentino-mantovana della
rappresentazione musicale, scrivendo per la corte di Dresda, nel 1627, una
sua versione della Dafne sul testo originale di Rinuccini tradotto in tedesco.
Lesperimento non ha seguito, non per difetti musicali (la musica comunque
perduta) ma per ristrettezze da tempo di guerra.
In quei cruciali trentanni, lo stile di Schtz si asciuga. Lobbligo di economizzare risorse lo porta a lavorare sui fondamentali della musica per trovare i valori espressivi che vuole. Cerca di nuovo idee in Italia. Nel 1628
torna a Venezia per incontrare lamico Monteverdi. Nel 1632 chiede di ricevere mottetti e madrigali di Gesualdo da Venosa. Il sofferto cromatismo, il
secco melodizzare nello stile concitato a voce sola, lintricata eppur trasparente polifonia dei 150 salmi a cappella (1628), i 40 mottetti (1625), i Kleine
geistliche Konzerte (1636, 1639) ne sono puntuale testimonianza. Schtz
conosce lattivit romana anche grazie agli studenti tedeschi che rimpatriano
dopo gli studi con Carissimi al Collegio Germanico. Capisce che la formula
delloratorio si adatta meglio del teatro alla Germania devastata di allora, sia
nelle metropoli Dresda, Amburgo, Lipsia, Monaco sia nei tanti centri minori visitati nei viaggi che punteggiano la sua lunga vita. Scene e costumi pos-

1664 Oratorio di Natale 131

sono essere sostituiti dallimmaginazione e dalla suggestione del discorso


musicale appoggiato su testi adeguati e storie note. Per molti versi Schtz
anticipa gli oratori romani di Carissimi, perch gi nel 1623 firma una Storia
della resurrezione, cui seguono le passioni secondo Giovanni, Matteo, Luca,
le Sette parole di Cristo e, infine, lOratorio di Natale, appunto del 1660. Sa
che la comprensione del testo essenziale, perci usa solo parole tedesche.
Schtz compone quasi soltanto musica dispirazione religiosa, ma con
logica laica, non confessionale. Rispetta le regole della chiesa luterana cui
appartiene, ma non si appiattisce sulla formula del corale e scrive melodie
che anche i fedeli possono cantare. Musica semplice, ma non banale, che usa
le gravitazioni tonali senza dimenticare le origini modali, come gli hanno
insegnato a San Marco. Mantiene salde le sue radici italiane e, puntando
sullautonomia del discorso musicale, consolida a nord delle Alpi uno stile
destinato a cambiare il corso della musica. Le sue composizioni per organici
modesti si diffondono in tutte le comunit tedesche e vi restano per sempre.
Delle opere maggiori ci sono arrivati i manoscritti duso per le grandi cattedrali e soprattutto la memoria, anzi il mito che permane ben pi a lungo
della carta. Forse non c rapporto diretto fra le reciproche passioni di
Schtz e Bach. I legami sono pi sottili, sotterranei, stilistici. la musica di
Schtz che cambia il terreno su cui germoglia quella di Bach, imponendo una
rotazione della cultura e una diversificazione del raccolto. Poco importa che
Bach non abbia mai sentito o letto le partiture di Schtz. Conta il risultato,
cio la nascita di una via tutta musicale allespressione di valori universali.
Perci limitativo dire che Schtz il padre della musica tedesca, quando
invece appare come uno dei fondatori della moderna musica europea.

Ascolti
Heinrich Schtz Edition, Brilliant 2012
H. Schtz, Christmas Vespers, P. McCreesh, Gabrieli Consort & Players, Archiv 1999

Letture
E. Rothmund, Heinrich Schtz (1585-1672): Kulturpatriotismus und deutsche weltliche
Vokalmusik, P. Lang, Bern 2004
B. Smallman, Schtz, Oxford University Press, Oxford 2000
M. Heinemann, Heinrich Schtz, Rowohlt, Berlin 1994

1670 Il borghese gentiluomo


Jean Baptiste Lully

Musica per un ballerino re di Francia Caterina de Medici introduce le coreografie fiorentine a Parigi Baltazarini
porta Monteverdi Arbeau formalizza la danza Il cardinale Mazarino prova a importare lopera veneziana
Trionfa Lully con lopra-ballet Nasce lopra-lyrique
Inizia il genere delle musiche di scena
Manca pi di un secolo alla Rivoluzione francese, ma le tensioni fra borghesia e nobilt sono forti gi ai tempi del Re Sole Luigi xiv, a fine Seicento. Le capisce bene un commediografo accorto come Molire. Ne approfitta al volo un ballerino ambizioso come Lully. Dalla collaborazione fra i
due nasce una pietra miliare nella storia della musica, e del balletto in
particolare. Il borghese gentiluomo (Le Bourgeois gentilhomme), commedia
con musica e ballo, va in scena nel castello di Chambord il 14 ottobre 1670.
Il suo protagonista, il mercante Jourdain, crede ancora che esista unaristocrazia e ne vuole far parte, commettendo gaffe immaginabili. Finisce beffato con una falsa festa per il matrimonio della figlia con un finto principe
turco che invece il vero innamorato, piccolo borghese e povero in canna.
Le musiche di Jean Baptiste Lully sono in realt preludi e intermezzi ballabili secondo la tradizione fiorentina di fine Cinquecento, quella della Camerata, con Galilei, Caccini e Peri che scrivono musiche interpolando i
testi delle favole pastorali di Rinuccini e Tasso. Peraltro Lully nasce a Firenze col nome di Giovanni Battista Lulli e si trasferisce a Parigi a 14 anni,
nel 1652. Sa ballare e capisce subito che il nuovo re Luigi xiv ama la danza
e lo spettacolo.
Quello che per lunga tradizione la corte parigina apprezza non il balletto greco dei testi antichi e tanto meno quello delle origini sciamaniche
studiate dagli antropologi moderni. invece un distillato del ballo popolare da sempre praticato in piazze e cortili, e descritto da cronache che si
perdono nel Medioevo. Si danza a palazzo, fra una portata e laltra nei
banchetti importanti; si danza a teatro, fra le scene di una rappresentazione;
per strada, assieme ai lazzi e frizzi di una festa di carnevale. Entrando nei
castelli dei principi rinascimentali, lallegra anarchia della danza paesana
trova canovacci che variano di luogo in luogo. NellItalia del Quattrocento
si hanno le prime forme di balletto inteso come successione ordinata di
danze diverse. Il salto di qualit avviene per in Francia, grazie al lombardo

1670 Il borghese gentiluomo 133

Baldassarre Baltazarini di Belgioioso, violinista e coreografo ante litteram,


che arriva a Parigi attorno al 1557. subito apprezzato come compositore
di musica per le feste di corte, dove Caterina de Medici, madre del re Enrico iii, importa i fasti della Firenze rinascimentale. Si devono a Baltazarini
il concetto di corpo di ballo e la definizione di alcuni passi di base. Il primo
caso di vera coreografia il suo Le Ballet des polonais (1573), che inizia una
serie culminata con il Ballet comique de la Reine, messo in scena il 15 ottobre 1581 e considerato il fondamento del balletto moderno. Lo organizza
la regina Louise di Lorena (nuora di Caterina), nellambito delle feste (durate vari anni) per il matrimonio della sorella Margherita di Lorena con il
duca Anne di Joyeuse, uno dei tragici protagonisti delle guerre di religione
di allora. Il mito della Circe di Omero serve da canovaccio per una cosmogonia in cui il moto delle sfere celesti, spinto dal suono della musica e dal
gesto della danza, esalta la grandezza delluomo e di chi lo governa (appunto il re di Francia). Ci sono versi da recitare, immagini da guardare e soprattutto musiche da ballare. In tutto 12 pezzi fra arie e danze strumentali.
Lo spettacolo di sei ore, ideato e coordinato da Balthazar de Beaujoyeulx
(nome francesizzato di Baltazarini) ha immediato successo. Il modello replicato in tutta Europa, rimbalza in Italia e ha un momento di particolare
importanza nel famoso Ballo delle ingrate di Monteverdi, rappresentato a
Mantova nel 1608. Il centro di riferimento del teatro danzato rimane Parigi,
dove nel 1588 Thoinot Arbeau, nel suo Orchsographie, imposta i fondamenti del balletto moderno. Nella prima met del Seicento si rafforza il gusto
francese per uno spettacolo teatral-musicale in cui ammirare il fasto dellallestimento scenico, la semplicit del canto solistico e corale, ma soprattutto
leleganza, la qualit e la quantit delle parti danzate. Si capisce anche il fallimento del cardinale Mazarino, che nel 1647-50 prova a importare alla
corte di Luigi xiii lopera veneziana: troppi gorgheggi di castrati, nessun
volteggio di gambe, nessun ruolo per il re, ormai abituato a ballare anche lui.
La tendenza si rafforza quando sinsedia Luigi xiv, che anche ottimo attore e ballerino. Infatti, passa alla storia come Re Sole perch, vestito da sole
fiammante, emerge al centro del palcoscenico nel Ballet de la nuit (1653),
uno dei primi cui collabora il ventenne Lully. Fra re ballerino e musicista
teatrale sistaura subito unintesa che porta al trionfo del balletto di corte.
Il borghese gentiluomo un caso esemplare della cinquantina fra musiche
di scena e balletti che Lully, da solo o assieme ad altri, scrive fra 1653 e 1686
per integrare con musica commedie di Molire, tragedie di Corneille e di
Racine. Poco alla volta la musica per danza, per canto solistico e corale finisce
col prevalere sulle parti recitate e il ballet de cour si trasforma in tragdielyrique, ossia nella variante francese dellopera italiana. Succede nel corso
degli anni Settanta, con apice nel decennio successivo. Il motore della transi-

134 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

zione Lully, al quale lamico Re Sole concede il diritto in esclusiva di rappresentare opere liriche in Francia. Le sedici tragdie-lyrique che Lully
mette in scena fra 1672 e 1688, lanno della morte, sono una pi ricercata
dellaltra e fondano il teatro musicale francese che troviamo nei secoli successivi, fieramente nazionale e ostile ai tentativi di colonizzazione da parte di
italiani e tedeschi. Lully si appoggia a una tradizione teatrale e letteraria
molto evoluta, che il suo librettista di fiducia Philippe Quinault riesce a tradurre in magnifici versi per musica. Sono soggetti classici e cavallereschi,
linguisticamente eleganti, rigorosi nella scansione drammatica, fantasiosi
negli intrecci amorosi, con improvvisi colpi di scena e fughe nel meraviglioso.
Inoltre Lully inventa nuove forme musicali. Fanno subito scuola le ouverture. La loro struttura tripartita si apre con una sezione pomposa e ben
ritmata, come per annunciare: Silenzio in sala, arriva il re, comincia lo spettacolo. Louverture prosegue con un vivace episodio contrappuntistico;
chiude riprendendo la sezione iniziale. Lazione teatrale suggerisce i modi
con cui si articolano le arie solistiche, i recitativi di rado sono secchi (accompagnati dal solo clavicembalo) e di regola diventano ariosi (con strumenti dellorchestra), linterazione con il coro che talvolta partecipa, talaltra commenta dallesterno continua. Intermezzi strumentali fatti di variazioni (ciaccone) e di ritmi ballabili garantiscono ampi spazi alla danza.
Lesigente pubblico di Parigi e Versailles sedotto da Cadmus et Hermione
(1673), Alceste (1674), Thse (1675), Roland (1685) e soprattutto da Armide
(1686). Titoli che sono tutto un programma.
Dispotico quanto il suo re, Lully approfitta del suo monopolio e non
concede spazio a concorrenti. Di fatto tarpa le ali alle ambizioni teatrali di
Marc Antoine Charpentier: il valente allievo di Carissimi ripiega sulla musica
sacra e compone quel Te Deum diventato famoso come sigla dei programmi
televisivi in Eurovisione. Un altro talento del tempo, Michel Richard Delalande, resta lontano dal teatro, scrive musica sacra ma si fa accettare a Versailles per le sue sontuose musiche strumentali di accompagnamento ai ricevimenti di corte, rifornendo con musiche da ballo e divertimenti il complesso dei 24 Violons du roi appositamente creato fin dal 1618, embrione
dellorchestra moderna. Le sue Symphonies pour les soupers du Roi, cio
colonne sonore per occasioni conviviali, sono gli antecedenti francesi delle
Tafelmusik in cui, nel Settecento, eccelle in Germania Georg Philipp Telemann. Cose che scrive anche Lully, per non essere da meno alle orecchie
del re. Peraltro con risultati eccellenti.
Rallenta (anche per mancanza di nuovi testi importanti) ma non si interrompe la produzione di musiche per il teatro di parola, che poi laltro aspetto del Borghese gentiluomo di Lully. In s non una novit: la Camerata lavora sulle musiche di scena. Gi nel 1585, Andrea Gabrieli compone quattro

1670 Il borghese gentiluomo 135

grandi cori per Edipo tiranno di Sofocle in occasione dellinaugurazione del


palladiano teatro Olimpico di Vicenza. Musiche ora perdute o forse mai scritte accompagnano il teatro e la sacra rappresentazione di Medioevo e Rinascimento. La pratica, diffusa nel teatro elisabettiano, ripresa con vigore nella
Londra di fine Seicento da un Purcell ben consapevole dellesperienza di
Lully. Nella pausa che il genere ha nel Settecento, emerge Mozart con Thamos, re dEgitto (1772-79). C per una forte rivitalizzazione nellOttocento:
Egmont (1810) di Beethoven per Goethe, Manfred (1848) di Schumann per
Byron, Sogno di una notte di mezzestate (1826 e 1843) di Mendelssohn per
Shakespeare, Peer Gynt (1867) di Grieg per Ibsen, LArlesiana (1872) di Bizet
per Daudet sono i casi pi noti. Nel Novecento si registrano laffettuoso
omaggio a Lully del tedesco Richard Strauss con la riscrittura del Borghese
gentiluomo (1916) e il modernismo con cui Kurt Weill accompagna il teatro
di Bertolt Brecht, in particolare in Die Dreigroschenoper (1929).
Quanto al teatro dopera a Parigi, la scomparsa di Lully nel 1687 in un
certo senso sblocca la musica di corte francese. Con Cphale et Procris
(1694) cerca un suo spazio nella tragdie-lyrique lisabeth Jacquet de la
Guerre, che merita di essere segnalata anche perch una delle poche donne compositrici fra Seicento e Settecento, clavicembalista personale di Luigi
xiv e autrice di due deliziosi libri di suite per tastiera (1687, 1707). La musica per teatro trova nuovi orizzonti grazie a LEurope galante (1697) di
Andr Campra e Iss (1701) di Andr-Cardinal Destouches. E il liberato
Delalande corona il suo sogno doperista scrivendo una lunga serie di lavori
teatrali che culmina nel 1725 con Les lmens. Quindi il testimone passa a
Jean-Philippe Rameau. A sua volta, la danza inizia un suo percorso che la
porta alla completa autonomia dallopra-lyrique nel giro di pochi decenni.
Nel 1680 Pierre Beauchamp codifica le cinque posizioni di base dei piedi
tuttora in uso nel balletto classico, che applica sistematicamente dal 1687 in
poi, quando succede a Lully alla direzione dellAcademie Royal de Danse.
Gi ai primi del Settecento il mondo della danza ha un suo pubblico di affezionati e una costellazione di stelle (toiles) del palcoscenico che incantano
con gesti delicati e guizzi da saltimbanco su musiche funzionali e coreografie
specializzate.

Ascolti
J.B. Lully, Lully-Molire: Comdies-ballets, M. Minkowski, Les musiciens du Louvre,
Erato 2002
J.B. Lully, Lorchestre du Roi Soleil, J. Savall, Le Concert des Nations, Alia Vox 1999

136 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

Letture
A. Testa, Storia della danza e del balletto, Gremese Editore, Roma 2005
M. Spitzer, N. Zaslaw, The Birth of the Orchestra: History of an Institution, 1650-1815,
Oxford University Press, Oxford 2004
B. Louvat-Molozay, Thtre et musique. Dramaturgie de linsertion musicale dans le
thtre franais (1550-1680), Champion, Paris 2002

1689 Didone ed Enea


Henry Purcell

Operina da camera per un collegio di fanciulle Masque


inglese Shakespeare, Ford, Jonson, Campion Locke e
Blow Purcell Musiche di scena e doccasione Lunga
siccit creativa inglese Il recupero a fine Ottocento Britten e la generazione del secondo Novecento
Dura soltanto unora, chiede poche risorse vocali e strumentali, fatta su
misura per le piccole scene di un collegio di fanciulle del sobborgo londinese di Chelsea in cui (si dice, ma non sicuro) rappresentata per la prima
volta nel 1689. Eppure Didone ed Enea (Dido and Aeneas) di Henry Purcell
una sintesi perfetta dello spirito del melodramma nel cruciale passaggio
fra quando viene inventato (nel Seicento) e quando esplode (nel Settecento). Non solo un gioiello della musica inglese, ma ben rappresenta lEuropa intera, lo stile italiano e il gusto francese, le forme germaniche con le
tradizioni locali. Le grandi arie (che per durano pochi minuti) della protagonista Didone hanno la purezza della scuola italiana, madrigalistica prima
ancora che teatrale. La forza propulsiva viene dal basso ostinato, che sostiene il canto come nelle ciaccone delle opere mature di Lully, nei ground dei
maestri elisabettiani inglesi, nelle passacaglie strumentali italiane assorbite
dallo spagnolo Cabezn. Si sentono le lacrymae di Dowland, quando attacca la scala discendente cromatica nel registro basso che accompagna inesorabile il dolore di Didone nella tragica scena finale. I tanti intermezzi danzati, i cori che commentano come in una tragedia greca, hanno la sobria
purezza delle cose popolari. Appartengono al masque (maske), un genere
misto assai diffuso nellInghilterra dinizio Seicento, fatto di ampie parti
dialogiche, alternate con intermezzi da cantare e ballare su una scena al
chiuso e allaperto, colorata da costumi sgargianti e mossa da macchine
sempre pi complesse, come ci ricorda anche Shakespeare nel suo Sogno di
una notte di mezzestate (1595).
Il masque nasce in Inghilterra agli inizi del Seicento. Come in Francia,
una forma di spettacolo in cui canti e balli farciscono vicende teatrali pi o
meno seriose, nel solco di una tradizione che ha i suoi referenti nel teatro
elisabettiano di William Shakespeare, John Ford, Ben Jonson. Dobbligo
lomaggio ai regnanti, per con fasto moderato, per committenti comunque
consapevoli della difficolt dei tempi e controllati da un parlamento vero. Al
poeta Thomas Campion attribuito il primo masque ben documentato,

138 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

Masque of Lord Hayes (1607), ma il campione il commediografo Ben Jonson, lautore di Volpone (1607) e di Lalchimista (1610), che firma anche
Masque of the Queen (1609), diventato riferimento obbligato per tutto il secolo, compresi gli altri 24 che di lui sono accertati, spesso con scene e costumi di Inigo Jones, sempre per il diletto di cortigiani, nobili e borghesi. Il
masque ha il suo apogeo nel 1634 con la rappresentazione, alla presenza di
re Carlo i e con un gran corteo preparatorio e la mobilitazione di 61 esecutori, del Trionfo della pace, musiche dellora dimenticato William Lawes. La
guerra civile scoppiata nel 1642 cambia lo scenario vero, politico e sociale. Il
re viene decapitato (1649), i puritani, guidati da Oliver Cromwell, intervengono anche in campo musicale. Soffre soprattutto la musica da chiesa, privata del gusto polifonico e madrigalistico di taglio italiano felicemente importato nel Cinquecento. In et elisabettiana scompaiono lamore per il virginale e il suo repertorio fiorito. I teatri vengono chiusi. C tolleranza solo per la
musica profana, meglio se praticata in privato.
La restaurazione del 1660 conta fra i sopravvissuti (musicali) il solo Matthew Locke, che riesce comunque a prefigurare, nel difficile 1653, il teatro
musicale inglese con il masque mitologico Cupid and Death, rappresentato in
privato in occasione della visita dellambasciatore del Portogallo; e a consolidarlo, due anni dopo, partecipando alla stesura di The Siege of Rhodes, la
cui musica perduta. Locke sispira a Shakespeare (riscritto) per Macbeth
(1663) e La tempesta (1674), torna alla mitologia classica con The Masque of
Orpheus (1673) mentre chiarissimo linflusso della tragdie-lyrique di Lully
nel suo capolavoro Psych (1675). Lo stile di vita alla corte di Versailles viene
importato a Londra dal re restaurato Carlo ii, sovrano gaudente e amante
della musica, gi ospite di Luigi xiv negli anni dellesilio puritano. Per la sua
corte nasce Venere e Adone (Venus and Adonis), melodramma a pieno titolo
(ha solo parti musicali) e non pi masque (non ci sono parti recitate), firmato
da John Blow e rappresentato nel 1683. il primo caso di adattamento al
gusto inglese del teatro musicale che ormai da decenni diffuso in Europa.
Il soggetto mitologico, la struttura rispetta il modello italiano con arie solistiche, cori, intermezzi alla maniera di Lully pi gli indispensabili tocchi locali nella scelta dei passi di danza. Il successo enorme. Ovviamente non
sfugge a Purcell, ventiquattrenne e gi sulla cresta dellonda.
Didone ed Enea segue il modello di Venere e Adone di Blow nellimpostazione generale, nel taglio di molte scene, nella concisione. Poco si pu dire
della sua strumentazione, perch il manoscritto originale andato perduto e
la partitura pi antica che conosciamo databile a Settecento inoltrato, un
paio di decenni dopo la morte dellautore. Probabile che anche Didone sia
pensata per una rappresentazione a corte, magari anche avvenuta, ma di cui
non abbiamo traccia. Di sicuro non ripresa subito dopo lassaggio nel col-

1689 Didone ed Enea 139

legio delle fanciulle di Chelsea. La corte ha altri problemi: nuova rivoluzione


(1788-89) con defenestrazione di Giacomo ii (successore del francofilo Carlo ii) e ascesa al trono della scozzese Maria ii assieme al consorte Guglielmo
dOrange, di casato olandese. In attesa della sistemazione definitiva (1714)
con lavvento dei tedeschi di Hannover.
Contano (di sicuro) i tanti impegni che Purcell ha accumulato: organista
a Westminster dal 1679 (succede a Blow) e della Royal Chapel (dal 1683),
cantore e soprattutto autore di riferimento della famiglia reale per le musiche
di circostanza civili e religiose. anche impegnato a scrivere per la Band of
Twenty Four Violins, costituita da Carlo ii nel 1666 a imitazione dei 24 violons du roi di Luigi xiv a Versailles. Sono vicende che portano Purcell a
scrivere gli altri capolavori che fioriscono nella sua breve vita. Muore a 36
anni, come Mozart, ma pi prolifico di lui: 871 numeri dopera accertati,
non considerando le tante odi distrutte dallincendio del palazzo di Whitehall nel 1698. Scrive soprattutto musica di circostanza, come le odi per
onomastici, nascite, funerali, pubbliche festivit. A Purcell affidata la composizione dellode Welcome to All Pleasures con cui si inaugura la tradizione
di celebrare ogni anno il giorno di santa Cecilia, patrona della musica (22
novembre 1683). Ancora pi importante e complessa Hail, bright Cecilia,
scritta per la festa del 1693: pomposa symphony in apertura seguita da 15
numeri affidati a sei solisti vocali, coro a sei voci, grande orchestra con fiati
e percussioni. Dura circa 50 minuti, ha un successo clamoroso, replicata
pi volte, ne tiene gran conto Hndel.
Oltre che nella pregevole musica strumentale, che riallaccia i rapporti
allentati con la tradizione strumentale elisabettiana (i consorts of viols) e
guarda alla sonata italiana (22 sonate a tre), la fama di Purcell autore di
musica strumentale poggia sulla giustamente famosa Chacony e ancor pi
sulla Fantasia upon One Note, un esercizio di stile in cui quattro voci di
viole intrecciano contrappunti mentre unaltra viola tiene ferma una sola
nota, come in un bordone medioevale. Per, fin dalle prime esperienze,
Purcell si concentra sulla musica per il teatro in prosa e produce non meno
di 50 titoli, di varia articolazione e complessit, fra i quali si distinguono
quattro semiopere. Dioclesian (1690) esalta il pubblico con i suoi artifici
scenici. King Arthur (1691) traduce in suoni le vicende di re Art e chiude
con lemozionante serie dinvenzioni musicali della straordinaria passacaglia
con 59 variazioni. The Fairy Queen (1692) una favolosa farcitura per il
Sogno di una notte di mezzestate, magnifica anticipazione di Mendelssohn.
Il poeta John Dryden firma i testi per The Indian Queen (1695), ambientata
nei tempi e luoghi dellimperatore azteco Montezuma. Fra le tante altre
musiche di scena, quelle per Abdelazer or The Moors Revenge (1695) passano alla storia perch uno dei suoi intermezzi utilizzato da Benjamin Britten

140 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

per la sua fortunatissima Guida allorchestra per i giovani, variazioni e fuga


su un tema di Purcell (1946).
Gli spettacoli teatral-musicali cui collabora Purcell ricevono ottima accoglienza in una Londra in piena espansione. Con il suo mezzo milione circa di
abitanti, a fine Seicento, supera Parigi come citt pi popolata dEuropa, con
una ricchezza diffusa in gran parte del ceto medio, non concentrata sullaristocrazia come accade nelle capitali del continente. Ha una vivace vita di
corte, ma non il fasto di Parigi. La famiglia reale per sua natura sobria,
controllata com da un potente sistema parlamentare e resa cauta dallappena trascorsa parentesi repubblicana. La domanda di spettacolo e dintrattenimento forte, stimolata da un pubblico ormai prevalentemente borghese,
ricco ma non al punto di potersi permettere una propria orchestra o addirittura un proprio teatro. Non a caso nasce a Londra, nel 1672 la prima stagione di concerti pubblici a pagamento, su iniziativa di John Banister. Il successo tale che sei anni dopo viene costruita e inaugurata unapposita sala da
concerto a Charing Cross. La competenza musicale resta alta e generalizzata.
In casa si canta e si suona. Una vivace attivit editoriale fornisce song e glee
per piccoli insiemi vocali e consort strumentali. Generi in cui Purcell si distingue, forte di una formazione impeccabile e di un incredibile talento.
Didone ed Enea resta tuttavia opera a s stante, non solo perch Purcell
ha altro da fare, ma anche perch non sono ancora mature le condizioni per
la nascita di unautonoma opera inglese. Non esiste il sistema teatrale che
consente allopera italiana di proliferare per tutto il Seicento a Venezia, Roma, Milano, Napoli, Firenze. Pur metropolitana, Londra capitale isolata e
non ci sono centri alternativi che possono accettare e alimentare le compagnie teatrali di giro, con i loro cantanti, compositori, librettisti e soprattutto
impresari. Parigi non diversa. Scomparso Lully nel 1687, finisce anche lo
speciale rapporto con il Re Sole, di fatto impresario e finanziatore del teatro
dopera. Nonostante limpegno di Delalande, Campra e Destouches, lo sviluppo della tragdie-lyrique rallenta. In Spagna una corte centralizzata a
Madrid e un mercato borghese inesistente permettono soltanto un modesto
sviluppo della zarzuela, variante locale del masque francese e inglese.
Nellimpero asburgico, la capitale Vienna soffre che sia lo stesso imperatore Leopoldo a voler scrivere musica, e dunque imponga regole ferree ai suoi
amanuensi Giovanni Bertati (parole) e MarcAntonio Ziani (musica). Progressi veri si hanno in Germania, nella borghese e commerciale citt di Amburgo, con il sempre attivo teatro retto da Reinhard Keiser. A Venezia lopera
continua ad avere fortuna. Le stagioni dei vari teatri restano di moda e trovano nuova linfa anche grazie ad Antonio Vivaldi. Attivissima infine Napoli,
con la frenetica produttivit di Alessandro Scarlatti, gi allievo a Roma di
Giacomo Carissimi, inventore della cantata allitaliana, dellaria da concerto

1689 Didone ed Enea 141

e di una nuova formula di teatro dopera, pi agile e vivace pur mantenendo


temi e modi della tragedia e della commedia. Su questo terreno si appoggia
Hndel, formatosi ad Amburgo, Napoli e Roma, pronto a salpare, nel 1711,
alla volta dellInghilterra e cambiare per sempre la musica inglese.
Didone ed Enea una delle vittime del ciclone handeliano. Di fatto non
entra nel repertorio, non fa scuola e resta per decenni confinata al secondario
ruolo di musica di scena nelle rappresentazioni di Misura per misura di
Shakespeare. La prima edizione a stampa del 1841. Il successo arriva in
occasione del bicentenario della morte di Purcell, nel 1895, quando rappresentata da una compagnia di dilettanti e studenti, come successo al collegio femminile di Chelsea. La recensione di George Bernard Shaw ne certifica il valore e avvia la rinascita. La voglia inglese di trovare proprie radici
dopo quasi due secoli di subalternit a italiani e tedeschi trasforma Didone
ed Enea in unicona del Novecento. Non solo Britten a guardare con interesse quel modello di teatro musicale tascabile, ma anche numerosi autori
britannici della generazione successiva: Harrison Birtwistle con Punch and
Judy (1965) e Gawain (1991); Peter Maxwell Davies con Eight Songs for a
Mad King (1969), The Lighthouse (1980), Mr Emmet Takes a Walk (2000);
Thomas Ads con Powder Her Face (1995).

Ascolti
H. Purcell, Dido and Aeneas, C. Hogwood, The Academy of Ancient Music, LOiseauLyre, Paris 1992
H. Purcell, Theatre Music, C. Hogwood, The Academy of Ancient Music, Decca 2004
The Complete Odes and Welcome Songs of Henry Purcell, R. King, New College Choir
Oxford, Hyperion 1993

Letture
P. Holman, Henry Purcell, Oxford University Press, Oxford 1994
M. Burden (a cura di), The Purcell Companion, Amadeus Press, Portland 1995
C. Price (a cura di), Purcell Studies, Cambridge University Press, Cambridge 1995

1700 La follia

Arcangelo Corelli
Ornare per variare un tema popolaresco Improvvisazioni
Sonate a tre e a due, da camera e da chiesa Corelli La
scuola violinistica romana Geminiani Locatelli Somis
Leclair La scuola veneta Vivaldi Tartini Le follie
di Bach, Salieri, Beethoven, Rachmaninov, Henze

Pi che una melodia una formula: 22 note in tutto, con la fondamentale (re)
ripetuta otto volte, lultima delle quali tenuta per una durata tripla, a dare
senso di conclusione e arrivare al numero perfetto di 24, cio 3 note per
ciascuna delle 8 battute. Il piano ritmo ternario di ogni battuta di regola
animato da una sincope. Limportanza della fondamentale accentuata dalle
altre note, tutte come aggrappate a essa, perch si allontanano e si avvicinano
per semitoni e toni interi, senza salti, con una densit cromatica che accentua
il carattere drammatico della tonalit di re minore. Com nella natura della
follia musicale, la formula si ripete. Nella celeberrima applicazione di
Arcangelo Corelli, ritroviamo la follia per 24 volte, la prima nella versione di
base, le successive in fantasiose varianti che ne alterano laspetto ma non la
sostanza. La melodia, ossia il tema, emerge fra i disegni ornamentali sempre
pi fitti del violino solista, che si stagliano sul sostegno discreto del basso
continuo. Il tema si trasforma presto in eco fra due parti distanti. E quando
il violino si svincola, per seguire propri percorsi espressivi o avventure acrobatiche, la formula affermata dal basso con vigore ancora maggiore. Fra
tema e ornamentazione i ruoli si scambiano spesso. Nasce una primordiale
dialettica, che porta alla naturale sintesi finale, cio riconduce lintera costruzione alla formula di avvio. Il risultato una straordinaria coincidenza fra
unit e diversit. Che poi principio della variazione, il genere musicale
nato nel Cinquecento in parallelo allo sviluppo della tecnologia costruttiva
degli strumenti musicali. In musica, variare non significa togliere per strutturare, ma aggiungere per abbellire, per fare del superfluo decorativo il fulcro dellordine supremo.
Aggiungere abbellimenti alle melodie pi diffuse da sempre un motore
dello sviluppo della musica occidentale. Lo troviamo nei melismi dellAlto
Medioevo e in tutte le varianti vocali che seguono. Quando finalmente, appunto a fine Quattrocento, la musica pu abbandonare la parola e affidarsi
alle note neutre degli strumenti, linserimento di note accessorie e brevi fra
quelle fondamentali diventa unesigenza strutturale, non solo ornamentale.

1700 La follia 143

Nel caso degli strumenti a pizzico (liuto, chitarra, clavicembalo) la durata del
suono dipende dalla natura fisica della corda vibrante. Non pu essere prolungata se non ripetendo la stessa nota per il tempo necessario, oppure aggiungendo note vicine che la sostengano. Si diffonde la pratica dellarpeggio,
che trasforma un accordo statico in una dinamica e ripetuta sequenza delle
sue note: ottimo sistema per accompagnare in modo variato una melodia
cantata o suonata. Il problema fisico diventa subito opportunit artistica,
perch il compositore/esecutore scopre quanto gli inserimenti di note di
passaggio consentano di variare e rendere pi interessante una base melodica banalizzata dalluso. Infatti, la tecnica della diminuzione (trasformazione di una nota lunga in uno sciame di notine) e della variazione (uso di un
canovaccio melodico per costruire unarchitettura molto pi vasta e del
tutto nuova) conquista subito anche uno strumento come lorgano, che non
ha problemi meccanici nel tenere le note lunghe.
Il genere della variazione cresce vertiginosamente nel Cinquecento, soprattutto grazie alla diffusa pratica dellimprovvisazione, che funziona
cos: allo strumentista virtuoso si suggerisce una melodia conosciuta da tutti
e lui inventa seduta stante un percorso musicale che esibisce le sue abilit di
compositore e di esecutore. Fin dallinizio, sono grandi improvvisatori i liutisti e i tastieristi. Echi delle celebri invenzioni estemporanee di Girolamo
Frescobaldi si rintracciano nei testi stampati, nelle toccate e soprattutto
nelle variazioni su melodie popolari, come La monacha, La Girolmeta, appunto La follia (nel Primo libro di toccate, 1615). La follia una melodia che
nasce in Portogallo come danza popolaresca sul ritmo lento della sarabanda,
unaltra danza dalla curiosa origine centroamericana, diffusasi in Europa a
partire dal 1539. In Spagna, il teorico Diego Ortiz nel 1553 la prende a modello nel suo Trattato delle variazioni e il grande organista Antonio de Cabezn la impiega in un suo capolavoro, con lo strano titolo di Diferencias
sobre la pavana italiana (1557). La versione classica per chitarra compare nel
trattato Instruccin de msica sobre la guitarra espaola (1675) di Gaspar
Sanz. In Francia arriva come Folies dEspagne: Lully la inserisce nelle sue
omonime musiche di scena (1672) e il virtuoso di viola da gamba Marin
Marais nel suo secondo libro di Pices de viole (1701).
In Italia il successo immediato e non si contano le elaborazioni che
nascono lungo lintero Seicento. Il punto di arrivo comunque la versione
firmata da Arcangelo Corelli, non solo per la genialit delle soluzioni tecniche ma anche per il ruolo che lautore le attribuisce. La follia la dodicesima e ultima composizione che troviamo nellunica raccolta di sonate a
due per violino e basso continuo di Corelli, lop. v, pubblicata nel 1700. La
quale op. v uno snodo essenziale nella storia della sonata strumentale,
poich sancisce il passaggio dallantica sonata a tre per due strumenti me-

144 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

lodici e basso continuo alla moderna sonata a due. il caso di fare qualche
passo indietro.
Le precedenti sonate di Corelli sono raccolte in quattro volumi, ciascuno
con 12 pezzi (op. i-iv, 1681-1691). Sono tutte sonate a tre e sono il punto
di arrivo di un genere cresciuto lungo tutto il Seicento attorno alla rivoluzione tecnica del basso continuo, sviluppata ai primi del secolo anche da Claudio Monteverdi. Allinizio il basso continuo accompagna la voce. Subito
entrano gli strumenti melodici ad arco, ormai efficienti e agili: violini e viole,
sostenuti da un organo o da un clavicembalo. Nella culla veneziana nasce la
sonata, strumentale per definizione, estensione del principio cinquecentesco del sonare collaudato dai Gabrieli. La sonata si distingue dal non
meno nuovo genere concerto, che mobilita un folto gruppo di archi solisti e
accompagnanti, perch riferita a lavori per piccole formazioni di uno o due
violini, pi basso continuo accompagnante. Se destinata alle funzioni pubbliche in chiesa, deve essere seriosa e riservata, accompagnata dallorgano.
Diventa allegra e danzante, sostenuta dal cembalo, se pensata per i divertimenti nelle camere private. La prima raccolta importante di sonate strumentali sintitola Canzoni, overo Sonate concertate per chiesa e camera a 2, et a 3,
op. 12 (1635), ed firmata dal cremonese Tarquinio Merula. La struttura in
quattro movimenti (Largo-Allegro-Lento-Allegro) delle sonate da chiesa,
oppure in tre movimenti (Allegro-Lento-Allegro) delle sonate da camera si
cristallizza nelle raccolte di sonate op. 2 (1655) e op. 4 (1656) di Giovanni
Legrenzi, di scuola veneta, collaboratore e successore di Monteverdi a San
Marco. La tradizione strumentale veneta prolifera anche a Bologna, grazie
alle sonate e ai concerti grossi del veronese Giuseppe Torelli, attivo per qualche anno ad Anstadt, Berlino e Vienna (1696-1701). DallEmilia alla Romagna il passo breve.
Imbevuto di cultura musicale bolognese e ferrarese, insediandosi a Roma
nel 1675, il romagnolo Corelli trapianta la grande tradizione violinistica
padana su un terreno di grande fertilit musicale. in piena fioritura la
stagione delloratorio di Carissimi e cos quella dellopera teatrale. La scuola policorale vaticana mantiene intatto il suo prestigio. Nobili e cardinali
sono generosi mecenati. Prima violinista, poi maestro della cappella di corte
della regina Cristina di Svezia in esilio, Corelli fonda una scuola destinata a
dominare la scena musicale europea per tutto il Settecento. Scrive soltanto
musica strumentale. La solidit formale delle sue sonate a tre da chiesa (op.
i e op. iv) e da camera (op. ii e op. iii) trova la sintesi nelle 12 sonate a due
(op. v). Di queste, le prime sei sono da chiesa perch hanno quattro severi
movimenti nella consolidata successione Largo-Allegro-Adagio-Allegro.
Seguono cinque sonate da camera, in cui la medesima sequenza dinamica
prende nomi diversi: un Preludio in apertura precede tre danze che alter-

1700 La follia 145

nano scansioni veloci e lente. In fondo ci sono cinque suite, secondo il modello codificato dal tedesco Froberger. Il posto della dodicesima sonata
lasciato alle variazioni sul tema della Follia, un gesto di rottura che nello
stesso tempo porta continuit con il passato e apre porte verso il futuro.
Sonata e variazione sono certificate ormai come genere caratteristico della
musica strumentale.
La fortuna della Follia e dellintera op. v di Corelli, ossia della formula
della sonata a due, immediata e internazionale. Lasciato libero di muoversi sul discreto accompagnamento del basso, il violino solista pu esibire
tutte le sue qualit espressive e soprattutto virtuosistiche, imitando e amplificando vocalizzi e gorgheggi che, nel teatro dopera, fanno trionfare primedonne e castrati. La qualit della costruzione dei liutai cremonesi raggiunge
vertici assoluti. Sono i tempi di Stradivari, di Guarneri del Ges, dellantica
famiglia Amati. Corelli inventa nuovi colpi darco e contenitori formali adeguati. Addestra allievi che partono per il mondo.
Francesco Geminiani sinsedia a Londra dal 1714 e vi rimane per il resto
della vita, pur con lunghi viaggi e soggiorni nei Paesi Bassi, a Parigi, a Dublino: ottiene grandi onori come virtuoso di violino, con uno stile aggressivo e
teatrale che il collega Giuseppe Tartini definisce addirittura furibondo. Il
rispetto per il gran maestro Corelli si legge nella sua trascrizione (1726) per
orchestra della parte accompagnante delle ormai mitiche sonate op. v, con
La follia preminente. Soprattutto nelle sonate da camera e nei concerti orchestrali, Geminiani rimane legato (come lamico Hndel) al modello secentesco, e non a quello veneziano e pi moderno di Vivaldi e del suo degno
allievo Tartini. Negli ultimi anni si dedica allinsegnamento e alla teoria. Il
suo trattato The Art of Playing on the Violin (1751) studiato in tutta Europa. Assieme a quello di Leopold Mozart (1756) e ai Principes de violon (1761)
di Joseph-Barnab Saint-Sevin detto LAbb le fils, completa il trittico su cui
si formano gli stili violinistici del Settecento in Italia, Francia, Germania.
Un altro allievo di Corelli, il bergamasco Pietro Antonio Locatelli, si
stabilisce nel 1729 ad Amsterdam dopo aver girato lEuropa come concertista. Nella capitale olandese fa faville, scrive una memorabile serie di concerti fra cui spicca Il pianto di Arianna (op. 7 n. 6, 1741), notevole per lapplicazione al violino delle tecniche (recitativo, arioso, aria) applicate nelle
cantate vocali. Si dice che Locatelli suoni come un demonio. I 24 capricci ad
libitum per violino solo annessi ai 12 concerti intitolati Larte del violino op.
3 (1733), espandono in maniera straordinaria i registri e sono la naturale
anticipazione delle follie virtuosistiche di Niccol Paganini nel secolo successivo. Da Corelli impara il torinese Giovanni Battista Somis. Tornato da
Roma, Somis fonda una sua scuola nella citt natale dove, fra gli altri, educa
il francese Jean Marie Leclair che, vox populi, pare suoni come un angelo.

146 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

Tornato a Parigi (1722), Leclair si esibisce a corte assieme allamico Locatelli, scrive concerti e sonate fra cui un Tombeau per Luigi xiii tuttora in repertorio, d vita a una scuola violinistica che ha nellAbb le fils il suo teorico.
A suo modo autonoma rispetto a quella romana la scuola violinistica
veneziana, che ha ovviamente in Vivaldi il suo campione. Meno portata al
virtuosismo puro e al fronzolo decorativo, punta sui valori strutturali e sui
segni nitidi. Il tema della Follia continua a pervadere il mondo musicale,
anche a Venezia, dove appena cinque anni dopo la pubblicazione dellop. v
di Corelli, Antonio Vivaldi porta un contributo decisivo. Infatti, chiude la
sua prima raccolta a stampa, la dozzina di Sonate a due op. 1 per violino e
basso continuo, con una serie di variazioni sulla Follia che imitazione e
sviluppo a un tempo. Con due varianti della Follia (1713 e 1723) contribuisce Alessandro Scarlatti, napoletano di scuola romana. Forte della lezione
italiana, ma trasferita in Inghilterra, la versione di Hndel diventa quarto
tempo, Sarabanda, nella suite n. 7 in sol minore per clavicembalo (1720),
la stessa che ha come finale lancor pi famosa Passacaglia: concisa, solenne
eppure malinconica, trova fortuna, in una gonfiata versione orchestrale, come colonna sonora del film Barry Lyndon (1975) di Stanley Kubrick.
Non si sottrae Johann Sebastian Bach, che inserisce La follia assieme ad
altri temi popolari nella burlesca Cantata paesana bwv 212 (1742). Ricava
una serie di dodici variazioni per pianoforte il figlio Carl Philipp Emanuel
(1778). Luigi Boccherini ne fa un trio nel Quintetto op. 40 n. 1 (1785). Mozart la cita nel Don Giovanni nellaria Fin chhan del vino calda la testa e
Antonio Salieri elabora la sua nemesi in 26 variazioni per orchestra nel 1815.
In teatro, Luigi Cherubini la inserisce nellouverture di LHtellerie portugaise (1798) e nel balletto di Gli Abenceragi (1813). Non cala linteresse
nellOttocento. Berlioz ne fa tema di variazioni per chitarra (1820) assieme
ai chitarristi di professione Mauro Giuliani (1811) e Fernando Sor (1822).
Liszt la varia sul pianoforte nella Rapsodia spagnola (1863), libera e fantasiosa, come suggerisce il titolo. Nel Novecento, ecco Sergej Rachmaninov (Variazioni su un tema di Corelli per pianoforte, 1931) e Hans Werner Henze
(Aria de la folia espaola per orchestra, 1977). Fra le tante citazioni criptate,
imperdibile lAndante della Quinta sinfonia di Beethoven.

Ascolti
A. Corelli, Opera omnia, P.J. Belder, Musica Amphion, Brilliant 2005
La Folia 1490-1701, J. Savall, Alia Vox 1999
P.A. Locatelli, Larte del violino, N. Kraemer, E. Wallfisch/The Raglan Baroque Players,
Hyperion 2010

1700 La follia 147

Letture
P. Allsop, Arcangelo Corelli: New Orpheus of Our Times, Oxford University Press, Oxford 1999
D. Schoenbaum, The Violin: A Social History of the Worlds Most Versatile Instrument,
W.W. Norton & Company, New York 2012
R. Hudson, Passacaglio Passacaglia and Ciaccona: From Guitar Music to Italian Keyboard
Variations in the 17th Century, umi Research Press, Ann Arbor 1981
D.D. Boyden, The History of Violin Playing from Its Origins to 1761, Clarendon Press,
Oxford 1990

1708Passacaglia

Johann Sebastian Bach


Altra formula per variazioni Basso ostinato Fuga Origini rinascimentali Scuole organistiche germaniche
Buxtehude Pachelbel Il giovane Bach La variante del
preludio e fuga

Il lavoro pi ambizioso e complesso che il giovane Johann Sebastian Bach


dedica allorgano una passacaglia. Unico a portare quel nome nel catalogo
bachiano, ha struttura monumentale ed concepito per uno strumento imponente: un organo con almeno tre tastiere per le due mani e una grande
pedaliera per i due piedi. Si articola in due sezioni ben distinte, scomponibili in diversi segmenti connessi, che a loro volta hanno in comune la stessa
unit metrica (otto battute) in cui inserito il tema che ricorre per tutto il
tempo, semplice e preciso quanto ostinato e riconoscibile. Come nella Follia
di Arcangelo Corelli (che appunto una passacaglia), allesposizione del tema segue una serie di (venti) variazioni. Ritmo e armonia sono fissati dalla
melodia di base, che resta inalterata al basso nelle prime dieci variazioni e
serve da trama per gli orditi pi fitti delle voci superiori. Il tessuto diventa
sempre pi denso, la tensione cresce, fino a quando il tema passa allacuto,
alla maniera della transizione da tenor a falso bordone del tardo Medioevo.
Per sette variazioni la nuova disposizione obbliga i piedi a uno straordinario
esercizio di virtuosismo, in modo da equilibrare il fluido scorrere delle note
affidate alla mano sinistra. Il tema si frammenta quindi in un gioco di scale
ascendenti (variazione xviii) e torna al pedale lasciando alle due mani la ricapitolazione per accordi e passaggi volanti che porta al grandioso finale
della prima parte.
La Passacaglia classificata come bwv 582 (dove bwv sta per Bach Werke
Verzeichnis, il catalogo delle opere di Bach predisposto nel 1950 da Wolfgang Schmieder) potrebbe finire qui, come in Corelli. Per subito attacca
una nuova sezione, chiamata Thema fugatum a introdurre un genere
nuovo, appunto la fuga, che avr un ruolo essenziale in tutta la successiva
produzione di Bach. una polifonia di tipo nuovo, anche se figlia delle
cacce e dei canoni medioevali, delle imitazioni e dei ricercari rinascimentali.
Nella fuga il tema iniziale come inseguito (appunto alla maniera della caccia) da un se stesso, che gli si sovrappone mentre sopraggiungono un altro
clone e poi un altro ancora. Succede cos anche nellantico canone, ma nel
caso della fuga le singole voci possono elaborare la comune melodia iniziale

1708Passacaglia149

(il tema, o soggetto) in modo autonomo. E quando tutte le voci (da due a
cinque) sono comparse, inizia il divertimento, ossia il momento del libero
gioco fra il tema stesso e le sue varianti. Si pu continuare sul tema in versione originale o modificata: rovesciata, invertita, accelerata, rallentata secondo
tecniche di manipolazione combinatoria di note e di ritmi limitate solo dalla
fantasia dellautore. Possono entrare nuovi temi, magari gi anticipati nellesposizione. Possono intervenire altre sezioni di divertimento prima dellelaborazione conclusiva e prima dellinevitabile stretta finale. Sono cose che
puntualmente troviamo nel Thema fugatum della Passacaglia di Bach. Il
tema originale riesposto su un nuovo disegno di accompagnamento, che fa
da controsoggetto. Arriva la seconda voce. Riprende la polifonia e c un
nuovo divertimento prima della conclusione. Il costante, ostinato ricorrere del tema fondamentale mantiene stretto il legame con la prima parte e
consente alla Passacaglia una straordinaria unit nella diversit.
La sezione fugata ancora abbastanza acerba, lontana dalla fantasiosa
geometria che verr. In s, il genere fuga non ancora ben definito. Il termine compare nel Medioevo e nel Rinascimento. Scrivono messe ad fugam,
basate su imitazioni vocali e ricercari strumentali, sia Desprs (1514) sia
Palestrina (1563). La fuga assume una sua fisionomia nel Seicento, legandosi sempre pi allorgano. Ha pi fortuna oltralpe che in Italia. Il francese
Jehan Titelouze inserisce fughe e ricercari nel suo Hymnes de lglise (1623)
e inizia una tradizione che arriva fino al Premier livre dorgue (1699) di Nicholas de Grigny. In Germania, Samuel Scheidt inserisce una fuga nella sua
Tabulatura nova (1624) e nel Nord scrivono polifonie organistiche gli allievi
tedeschi dellolandese Jan Pieterszoon Sweelinck, Heinrich Scheidemann e
Nicolaus Bruhns (quello che suona il violino con le mani e si accompagna
pigiando con i piedi i pedali dellorgano). Johann Krieger teorizza il ruolo di
ricercari, preludi e fughe in Anmutige Clavier-bung (1699), trattato che
culmina nellillustrazione di una fuga quadrupla in cui quattro temi sono
elaborati in modo autonomo e quindi riuniti in una quinta fuga, che tutto
accoglie. A Lubecca, Dietrich Buxtehude non scrive esplicitamente fughe,
ma lavori in cui sono liberamente combinati i princpi della toccata e della
variazione, riuniti in un agglomerato complesso e fantasioso. Nella meridionale Norimberga, Johann Pachelbel scrive un centinaio di fughe sul Magnificat e dispone le sue suite per clavicembalo (1683) in modi che anticipano il
Clavicembalo ben temperato di Bach. Nel 1775 Carl Philipp Emanuel Bach
testimonia che suo padre aveva studiato Froberger, Kerll, Pachelbel e soprattutto Johann Caspar Ferdinand Fischer, lautore di Ariadne Musica (1702),
una serie di preludi e fughe in 20 delle 24 tonalit maggiori e minori.
La Passacaglia comunque una composizione giovanile. Sembra la matura sintesi di una lunga tradizione, ma in realt il frutto della scoperta im-

150 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

provvisa di un ventenne, a conclusione di una complessa formazione musicale. Uno schizzo biografico pu aiutare a capire. Bach nasce a Eisenach,
nella Germania centrale, e porta un cognome che da tre secoli domina la
vita musicale in Turingia e Sassonia. Per i legami artistici con la famiglia
sono esili, quasi inesistenti. Ben altri sono i maestri. Figlio di un violinista,
Bach rimane orfano a dieci anni e dal 1694 ospitato nella vicina cittadina
di Ohrdruf dal fratello maggiore Johann Christoph, organista e allievo di
Pachelbel. Per il giovane Bach il primo contatto con la scuola organistica
della Germania meridionale (e cattolica), dove appunto Pachelbel, titolare
dellorgano della chiesa di San Sebaldo a Norimberga, assorbe lo stile italiano appreso dagli allievi di Girolamo Frescobaldi. Bach copia di proprio
pugno vari testi di Pachelbel, forse anche la bella Passacaglia in re maggiore
che, con il titolo (non corretto) di Canone, gli d immortalit. Scrive elaborazioni di corali e partite per due violini. Cerca la semplicit armonica e la
dolcezza melodica della scuola italiana. Impara da piccolo a leggere e aggiornarsi sulla musica di tutti i Paesi.
Attorno al 1700 Bach lascia la povera casa del fratello perch accolto
come cantore nella chiesa di San Michele di Lneburg, cittadina lontana da
casa, nel profondo Nord tedesco, di fede e tradizione luterana. Canta nel
coro e simpadronisce dello stile organistico della cosiddetta scuola settentrionale, di Sweelinck e allievi. Rispetto alla scuola meridionale di Pachelbel,
quella nordica presta maggiore attenzione alle elaborazioni polifoniche e
alla variet dei timbri, favorita dalla disponibilit di strumenti pi grandi e
complessi. Mentre gli organari di scuola meridionale (cio italiana) nel Seicento puntano pi sulla purezza dei timbri di poche canne labiali, di regola
gestite da una sola tastiera e da una pedaliera ridotta, quelli di scuola nordica creano strumenti con migliaia di canne, centinaia di registri distribuiti su
almeno due tastiere che spesso diventano tre e talvolta perfino quattro, pi
un estesissimo pedale. Aumenta a dismisura la variet dei timbri, perch alle
canne tradizionali si aggiungono tante ance che imitano vari strumenti a
fiato allora in uso. Nascono pure registri che imitano gli archi, viole soprattutto. La disposizione spaziale consente effetti stereofonici e di piano e forte.
Gli organisti sfruttano tante risorse elaborando sempre pi complessi modi
per introdurre la funzione religiosa (preludi) e per terminarla in grande
polifonia (fughe). Nel corso della funzione, lorgano anticipa (preludio
corale) e accompagna il coro dei fedeli, fiorisce e varia la piana melodia
originale.
Il quindicenne Bach simpadronisce delle nuove tecniche, guidato forse
da Georg Bhm, organista a Lneburg dal 1698, a sua volta sensibile agli
stili francesi e italiani appresi durante un suo precedente soggiorno nella
vicina e cosmopolita Amburgo. Bach dunque ben preparato quando, un

1708Passacaglia151

paio di anni dopo, rientra nei luoghi natali nella Germania centrale. Infatti,
trova subito un posto ben remunerato come organista ad Arnstadt. Ma non
gli basta. Chiede e ottiene il permesso di recarsi ancora a Nord, per visitare
Dietrich Buxtehude, lorganista e compositore che ha trasformato la citt
portuale di Lubecca in un centro di eccellenza musicale. Famose sono le sue
Abendmusik, incontri vespertini in chiesa in cui sintonano cantate sacre
nello stile italiano alternate a brani per organo e strumenti vari alla maniera
nordica. Bach studia a fondo lo stile di Buxtehude, in particolare lo affascina
la sua Passacaglia in re minore, che procede secondo uno schema rigido e
ripetitivo, eppure inventa in ogni pagina una scrittura nuova.
Il soggiorno a Lubecca dura tre mesi pi del consentito. Di ritorno ad
Arnstadt, Bach mette a frutto le esperienze maturate. In pochi anni nasce la
stragrande maggioranza delle sue composizioni libere per organo, una ventina di preludi (fantasie) e fughe. Sono lavori ancora oggi famosi, come la
Toccata, Adagio e Fuga in do maggiore bwv 564, quel formidabile esercizio di
pedale che il Preludio e fuga in la minore bwv 543, il ritorno alla modalit
medioevale della Toccata e fuga in re minore Dorica bwv 538. Forse non
autentica, ma di allora la celeberrima Toccata e fuga in re minore bwv 565.
Reclutato nel 1708 come organista dal duca Wilhelm Ernst della vicina e
importante citt di Weimar, Bach abbandona i pezzi liberi e si concentra sui
pezzi organistici funzionali alle celebrazioni in chiesa, cio sullelaborazione
dei corali luterani, il sottile esercizio di mantenere riconoscibile la melodia
cambiando per i connotati dellarmonia con arditi accostamenti di dissonanze e consonanze. Nasce la raccolta di piccoli corali (Orgelbchlein, incompiuta: solo 46 dei 164 brani programmati sono completati). Lidea di
replicare i Fiori musicali di Frescobaldi, scrivendo corali per ogni festivit
religiosa, usando melodie popolari facili da suonare da ogni organista su ogni
organo, buoni per comunit piccole e grandi. Sgorgano senza freni anche
corali di lunga durata e grandi ambizioni, figli della tradizione nordica: Bach
li metter in ordine ventanni dopo, alcuni come terza parte del colossale
progetto didattico intitolato Clavierbung (1739), altri nel codice manoscritto denominato Autografo di Lipsia (1744-47).
A Weimar, Bach si distingue e fa carriera. Il duca gli chiede di scrivere
cantate complete, non solo farciture dorgano. Lui si adegua di buon grado.
Il nucleo originale delle sue oltre duecento cantate sacre e profane nasce
appunto dal 1708. Come sempre vorace lettore delle partiture che il mercato
musicale del Settecento mette a disposizione in tutta Europa, Bach studia
musiche italiane e francesi, per archi soli e gruppi orchestrali. Evapora linteresse per lorgano. Bach se ne occupa solo di passaggio nel resto della vita,
con la straordinaria eccezione del Preludio e (tripla) fuga in mi bemolle maggiore bwv 552, composto attorno al 1739 per incastonare i corali della Cla-

152 II. Il teatro dopera e lo strumento da concerto

vierbung recuperati fra le carte giovanili e organizzati in due serie: 10 grandi corali per le funzioni solenni del calendario liturgico, 11 piccoli corali per
quelle normali. Modelli evidenti sono ancora una volta i Fiori musicali dellitaliano Frescobaldi e le due messe per organo (per le parrocchie e per i conventi, 1691) del francese Franois Couperin.
Rispetto al corale per organo, a suo modo pi stabile il rapporto di Bach
con la formula individuata nella Passacaglia. Che di sicuro un (abnorme)
preludio con (embrionale) fuga a cinque voci. Ma anche un fecondo ibrido
di variazioni e contrappunti, destinato a sviluppi impensati nella maturit
dello stesso Bach, con le Variazioni Goldberg per clavicembalo, le Variazioni
canoniche per organo, lArte della fuga per strumenti virtuali. Il principio
continua a vivere per tutto lOttocento: basta pensare alle Variazioni Diabelli di Beethoven, alle variazioni e fuga di Schumann, al finale della Quarta
sinfonia di Brahms. E nel Novecento, Anton Webern esordisce proprio con
una Passacaglia op. 1.

Ascolti
J.S. Bach, The Organ Works, H. Walcha, Archiv 2001
Organ Masters Before Bach, H. Walcha, dg 2002

Letture
C. Wolff, M. Zepf, The Organs of J.S. Bach, University of Illinois Press, Champaign 2012
C. Wolff, Johann Sebastian Bach. La scienza della musica, Bompiani, Milano 2004
A. Basso, Frau Musika. La vita e le opere di J.S. Bach, 2 voll., edt, Torino 1979-1983
H. Keller, The Organ Works of Bach: A contribution to Their History, Form, Interpretation
and Performance, C.F. Peters, New York 1967

Serie III.
Il temperamento e larmonia

La diffusione degli strumenti a tastiera e il perfezionamento di quelli a fiato


impongono unaccurata definizione degli intervalli delle scale musicali. Abbandonati i modi ecclesiastici medioevali, si trova un compromesso con la
scala diatonica temperata, applicata da inizio Settecento e tuttora in uso.
Diventa possibile scrivere in tutte le dodici tonalit maggiori e in tutte le
dodici minori, passando dalluna allaltra secondo le efficienti regole dellarmonia tonale. La musica strumentale trova nuove forme di espressione nel
genere del concerto solistico per violino e per clavicembalo e orchestra. La
moderna sonata soppianta progressivamente la seicentesca suite, mentre
continua la tradizione del tema con variazioni. Si costituiscono le prime orchestre stabili finanziate da privati sottoscrittori. Anche la musica sacra diventa sempre pi concertante e meno legata alle celebrazioni liturgiche. Al
dilagare in tutta Europa dellopera teatrale italiana, resiste parzialmente solo
il modello francese di opra-ballet, peraltro di origine cisalpina.
1711Rinaldo Georg Friedrich Hndel
1712 Lestro armonico Antonio Vivaldi
1717 Musica sullacqua Georg Friedrich Hndel
1720Ciaccona Johann Sebastian Bach
1720 Concerto brandeburghese n. 5 Johann Sebastian Bach
1722 Il clavicembalo ben temperato, vol. i Johann Sebastian Bach
1727 La Passione secondo san Matteo Johann Sebastian Bach
1734LOlimpiade Antonio Vivaldi
1736 Stabat Mater Giovanni Battista Pergolesi
1739 Essercizi per gravicembalo Domenico Scarlatti
1741 Variazioni Goldberg Johann Sebastian Bach
1742 Il Messia George Frideric Handel

1711 Rinaldo

Georg Friedrich Hndel


Il pasticcio operistico Lopera italiana a Londra Keiser
ad Amburgo Hendel in Italia Alessandro Scarlatti
Handel a Londra The Beggars Opera Il secondo ciclo operistico di Handel a Londra

Rinaldo un pasticcio. Ovvero un centone, stando al gergo del mondo


operistico. Oggi lo definiremmo collage. Il senso non cambia. Si chiamano
cos le opere assemblate con pezzi ricavati da altri lavori, dello stesso e di un
altro autore, talvolta per coprire un buco nel cartellone di stagione, spesso
per accondiscendere alle pretese di cantanti primedonne, sempre per richiamare pubblico pagante. La pratica del riciclo di pagine precedenti famose o
solo funzionali comunque assai comune, a teatro come in chiesa o a palazzo. Per rimanere a cavallo fra Seicento e Settecento, troviamo ampie testimonianze in Henry Purcell e Johann Sebastian Bach, Jean Baptiste Lully e
Alessandro Scarlatti. Nellopera del tempo, poi, la struttura formale bloccata nel binomio recitativo-aria consente (quasi) ogni tipo dinterpolazione e
sostituzione musicale. I canovacci assai fungibili e lesperienza dei librettisti
permettono il rapido adattamento delle parole e delle azioni alla nuova situazione. Tutti ne sono felici.
Lopera con cui Hndel inaugura nel 1711 la sua lunga avventura a Londra, quasi per met fatta di pezzi ripresi da almeno sei lavori precedenti,
opere teatrali e oratori didascalici, cantate sacre e cantate profane. Hndel
scrive con i giorni contati dal direttore del Queens Theatre di Haymarket,
ansioso di sfruttare la passione per lopera italiana da poco esplosa anche in
Inghilterra. Sa di non correre rischi, perch recupera musiche scritte in Germania e in Italia, dunque sconosciute al pubblico londinese. Per definizione,
lopera italiana di allora, con radice veneziana e ramificazione romano-napoletana, ha una struttura a mosaico, con ciascuna tessera formata proprio da
variopinte coppie recitativo-aria. Il recitativo, detto secco perch accompagnato dal solo clavicembalo, racconta lazione. Laria, sostenuta dallorchestra, commenta gli eventi e ne esprime le emozioni, alternando gioie e
dolori, furori e lamenti. La regola vuole che la melodia sia prima esposta in
modo semplice e naturale, quindi ripresa con le variazioni e gli abbellimenti
che il cantante improvvisa, dando fondo al suo repertorio di bravura, per la
delizia degli ascoltatori. laria con da capo inventata da Alessandro Scarlatti. Recitativi e arie sono sistemati entro un vago canovaccio narrativo in cui

1711 Rinaldo 157

si muovono eroi ed eroine della mitologia classica e delle saghe cavalleresche


medioevali con nuove parole di valenti librettisti. Nel caso di Hndel, le
parole delle opere sono sempre italiane (a differenza di quelle degli oratori
che, dal 1731, sono sempre inglesi).
Il libretto di Rinaldo predisposto in tutta fretta dallinsegnante ditaliano Giacomo Rossi, residente a Londra. Si rif alla Gerusalemme liberata di
Torquato Tasso, con il cristiano Rinaldo che ama Almirena ma irretito
dalla maga saracena Armida negli anni della Prima crociata. Hndel ha ottimi cantanti (ben tre sono castrati), e offre loro una bellissima serie di melodie, in schietto stile italiano, fra le quali emerge il lamento di Almirena Lascia chio pianga, destinato allimmortalit. Rinforza lesile organico
dellorchestra allitaliana attingendo alla stentorea tradizione francese: nella
marcia e nella scena della battaglia, trombe, oboi e timpani si aggiungono ad
archi e cembalo. Anticipa (nel senso che la recupera in seguito) unaria famosa del Messia con il curioso duetto fra voce e trombe Or la tromba in
suon festante. Oltre a distinguersi nellouverture (alla maniera francese di
Lully), gli assoli di oboe e fagotto animano il dolore di Armida. Non ci sono
ancora balli e cori, ma completano lo spettacolo una serie di effetti scenici
ripresi dalla tradizione delle semiopere inglesi The Fairy Queen e King Arthur di Purcell: volo di colombe in teatro sullaria Augelletti che cantate;
drago fiammeggiante che cala in scena; prodigi della maga Armida e dello
speculare mago cristiano.
Il successo subito clamoroso. Il ventiseienne Hndel diventa il compositore alla moda in una Londra sempre pi cosmopolita, eletta a sua residenza per i 48 anni che gli restano da vivere. Assume nel 1728 la nazionalit inglese e cambia nome per la terza volta: in Germania nasce Georg Friedrich
Hndel, Giorgio Federico Hendel o Endel in Italia, si ribattezza George
Frideric Handel nella nuova patria. Nella capitale inglese arriva dopo un
formidabile apprendistato. Le sue prime esperienze sono ad Amburgo, dove
si trasferisce nel 1698 dalla nativa Halle per studiare legge alluniversit. Sinnamora invece del teatro musicale, entra come violinista nellorchestra del
Gnsenmarkt Theater, aperto al pubblico nel 1678 a imitazione dei teatri
veneziani e da allora attivissimo per borghesi stanziali e commercianti di
passo. Come Venezia, Amburgo citt di porto e di commercio. Tre sono gli
elementi che piacciono: Lied tedesco, aria allitaliana, balletto alla francese.
Nellorchestra gradita la presenza di ottoni e timpani. Forte il gusto per
lesotico. Lautore di maggiore prestigio il prolifico (circa 80 opere) Reinhard Keiser, che a buon diritto considerato uno dei padri dellopera nazionale tedesca e che dal 1695 dirige il teatro, presenta molte cose sue e dellamico Johann Mattheson, lascia ampio spazio ad altri autori, italiani in primo
luogo ma anche tedeschi e non pochi francesi, fra cui Lully e Campra.

158 III. Il temperamento e larmonia

Abbandonati gli studi di legge alluniversit, lancora tedesco Hndel si


dedica soltanto alla musica e comincia a comporre. Almira (1705), la sua
prima opera, scritta su misura per Amburgo: libretto tedesco da soggetto
italiano e ambientazione nella Castiglia esotica, scene dincoronazione con
grandi cori, arie e ciaccone, trombe e tamburi, danze di asiatici e di mori. Si
sente che il ventenne Hndel ha preso nota del teatro musicale francese di
fine Seicento. Per Amburgo scrive altre tre opere, ma nel 1706 parte per
lItalia. Passa (forse) da Venezia, sosta (poco) a Firenze, dal gennaio 1707
vive a Roma. Si distingue come cembalista, diventa pupillo dellaristocrazia
papale, studia con Arcangelo Corelli, conosce gli operisti Antonio Caldara
e Domenico Scarlatti. Si esercita nel genere delloratorio sviluppato da
Giacomo Carissimi e Alessandro Scarlatti. Ottiene memorabili successi con
La Resurrezione (1708) che segue Il trionfo del tempo e del disinganno
(1707), nel quale troviamo laria Lascia la spina, che aggiunge parole
italiane alla sarabanda triste Danse des Asiatiques dellopera amburghese
Almira, e diventa la prima versione della celeberrima Lascia chio pianga
del Rinaldo londinese.
A Roma, Hndel scopre anche il genere della cantata da camera, sviluppato dal napoletano Alessandro Scarlatti, padre di Domenico e allievo di
Carissimi a Roma. Destinata ai saloni patrizi e senza scene, la cantata un
melodramma in miniatura in cui una breve vicenda mitologica o pastorale
lesile filo che lega una serie di recitativi e arie alla maniera del melodramma
teatrale, per senza scene e con ridotto accompagnamento strumentale. Le
cantate che litalianizzato Hendel scrive a Roma per il cardinale Ottoboni
sono una trentina, molte pagine delle quali finiranno in Rinaldo e in opere
successive. Pi volte ripresa e modificata in Inghilterra la cantata profana
da eseguire allaperto denominata serenata Aci, Galatea e Polifemo (Napoli, 1708). Sempre da Scarlatti padre, Hndel apprende larte dellopera napoletana, leggera e frizzante, tutta giocata sullarte del canto e della melodia,
sui virtuosismi di primedonne, femmine e castrati. Ne ricava la nuova opera
Agrippina, enorme successo a Venezia nel 1709 e fonte di altro materiale per
Rinaldo. La nomina a maestro della cappella del principe di Hannover nel
1710 chiude la parentesi italiana e riporta Hndel in Germania. Nello stesso
anno giunge linvito per Londra, che gli cambia la vita.
Nella metropoli inglese, lamore per lopera italiana nasce nel 1705,
prima dellarrivo di Hndel, con la rappresentazione di Arsinoe, unOpera
After the Italian Manner che linglese Thomas Clayton si attribuisce riscrivendo musiche altrui. Un anno dopo sbarcano le vere compagnie italiane,
forti del loro patrimonio di cantanti. A differenza dei francesi, gli inglesi
vanno in estasi ascoltando i gorgheggi dei castrati. Il trionfo di Camilla di
Giovanni Bononcini ha 63 repliche fra 1706 e 1709, e torna in scena altre

1711 Rinaldo 159

43 volte fino al fatale collasso del sistema nel 1728. Il teatro di Haymarket
trova spazio per tutti gli italiani, maggiori e minori. Hndel arriva al momento giusto e con Rinaldo propone il prodotto vincente. Il successo si ripete con la pastorale arcadica Il pastor fido (1712), il dramma mitologico
Teseo (1713) e quello storico Lucio Cornelio Silla (1713), lepica cavalleresca
di Amadigi di Gaula (1715). Il favore londinese per lopera italiana continua
e nel 1719 alcuni nobili e benestanti fondano la Royal Academy of Music
che si occupa della gestione del teatro. Hndel ne diventa direttore artistico. Per quasi un decennio recluta cantanti e organizza spettacoli, con fare
frenetico e piglio dittatoriale. Scrive 14 opere, fra novit e pasticci. Sono
lavori molto omogenei fra loro, perch non cambia la formula generale fissata in Rinaldo: ouverture pi qualche altro brano strumentale talvolta
ballabile, una trentina di arie con relativi recitativi, da tre a cinque pezzi
dassieme (duetti, terzetti, quartetti). Fra i titoli: Radamisto (1720), Floridante (1721), Giulio Cesare in Egitto (1724), Tamerlano (1724), Rodelinda
(1725), Alessandro (1726), Tolomeo (1728).
La sequenza di successi artistici e di catastrofi finanziarie di quegli anni
storia fra le pi affascinanti dellimpresariato operistico di tutti i tempi. Ricchissima laneddotica sulle omeriche liti fra cantanti maschi e femmine, fra i
soprani naturali Faustina Bordoni e Francesca Cuzzoni, fra i castrati Senesino e Farinelli. Acerrima la rivalit con le compagnie italiane guidate prima
da Giovanni Bononcini e poi da Nicola Porpora. Le polemiche e le ripicche
arrivano al ridicolo. Se ne rende conto il poeta satirico John Gay che mette
in scena The Beggars Opera (1728), con musiche dellaltrimenti seriosissimo
Johann Christoph Pepusch, tedesco immigrato e pure lui autore di opere
allitaliana. Lo spettacolo satira esilarante dellopera seria: non pi palazzi
popolati da divinit ed eroi ma taverne e suburre frequentate da furfanti e
donnine, personaggi loschi per simpatici. Il teatro aulico e il gorgheggio
delle voci bianche sono sommersi dalle risate. Messo alla gogna, il pubblico
nobile e borghese dellopera italiana si dissolve. LAcademy presto smantellata. Hndel scioglie la sua compagnia.
Passata la buriana, anche perch The Beggars Opera non ha seguito, una
rinnovata Academy riprende lattivit nel dicembre del 1729. Hndel, diventato Handel, scrive sette nuove opere, pi sobrie rispetto alle precedenti,
non certo innovative nella formula. Fra queste: Lotario (1729), Ezio (1731),
Orlando (1733). Una nuova crisi finanziaria (1733) porta alla ristrutturazione dellAcademy per meglio competere con la rivale Opera of the Nobility,
che ha unottima compagnia di canto guidata dal napoletano Porpora. Col
risultato che entrambe le istituzioni falliscono nel 1738. Sono sei le nuove
opere scritte da Handel per queste ultime stagioni, fra le quali Ariodante
(1735), Alcina (1735), Berenice (1737). Caparbiamente convinto della bont

160 III. Il temperamento e larmonia

del progetto, nel 1738 Handel diventa impresario in proprio, rappresenta


altre opere (fra cui Serse, con la sua celeberrima aria Ombra mai fu, 1738)
ma deve rassegnarsi a chiudere nel 1741, sommerso dai debiti. Nel frattempo ha per inventato un genere alternativo, meno costoso, assai pi popolare: loratorio allinglese, tanto diverso da quello allitaliana perch incline
alla drammatizzazione e assai pi ricco dinterventi corali. Sar loratorio a
conservarne la fama anche dopo la morte, nel 1759, nove anni dopo Bach.
Come succede alle cantate sacre del suo grande coetaneo e compatriota
di nascita Bach, la parte pi corposa dellimmensa produzione di Handel,
lopera teatrale, subito dimenticata. Non esce da Haymarket, non trova
spazio a Parigi o Vienna o Dresda e men che meno a Venezia e Napoli. Isolandosi a Londra, Handel fuori dal suo tempo. Il teatro musicale, gi nei
primi decenni del Settecento, va per altre strade. A Parigi, Rameau sia degno erede di Lully sia grande innovatore. In Italia, le radici veneziane e il
magnifico tronco dellopera napoletana seria e buffa ramificano in tutta larea germanica. La stessa opera di Amburgo esporta il suo modello di teatro
pubblico a Hannover (1687), Brunswick (1690), Lipsia (1692) e getta i semi
della prossima opera tedesca, che inizialmente si distingue dallitaliana solo
per la lingua. Il teatro musicale di Handel rinasce solo a met Novecento,
quando il tempo diluisce il fattore moda ed esalta la dolcezza espressiva,
seicentesca, di tutte le grandi melodie di Rinaldo, Giulio Cesare, Serse.

Ascolti
G.F. Hndel, Rinaldo, C. Hogwood, The Academy of Ancient Music, Decca 2000
G.F. Hndel, Ariodante, M. Minkowski, Les Musiciens du Louvre, Archiv 1999
R. Keiser, Croesus, R. Jacobs, Akademie fr alte Musik, Harmonia Mundi 2000

Letture
R. Strohm, Essay on Hndel and Italian Opera, Cambridge University Press, Cambridge
2008
W. Dean, Hndels Operas 1726-1741, The Boydell Press, Woodbridge 2006

1712 Lestro armonico


Antonio Vivaldi

Variet di solisti in concerto Tutti e concertino Concerto grosso di Corelli Le quattro stagioni Musica descrittiva Il conservatorio della Piet di Venezia I conservatori di Napoli I concerti per violino solista e orchestra
Il recupero di Vivaldi nel Novecento
Senso dellordine e spirito di geometria regolano la disposizione dei dodici
concerti strumentali pubblicati ad Amsterdam nel 1712 col titolo Lestro armonico op. 3 e con la firma del veneziano Antonio Vivaldi. Il magico numero
dodici come scomposto nei suoi fattori primi. Diviso per due, distingue i
concerti in due gruppi (simmetrici) di sei. Diviso per tre individua quattro
terne di concerti con numero decrescente di solisti: i violini che si staccano
dalla massa orchestrale sono tre volte quattro, tre volte tre, tre volte due, e
tre volte uno. Il rigore della disposizione trova una variante nel decimo concerto, perch ai quattro violini si aggiunge un violoncello, per dare forza e
autonomia nel registro basso al suono dei solisti. La variet nasce anche
dalla disposizione e dal numero delle singole parti (movimenti) di ciascun
concerto. Otto volte i movimenti sono tre, nella tradizionale disposizione
Allegro-Adagio-Allegro. Due volte sono quattro, con uno lento che introduce. Diventano cinque in due casi: nel primo un ulteriore movimento lento
divide gli Allegro finali, e nel secondo, un aggiunto Allegro tutto precede. Allinterno dei singoli movimenti, siano essi veloci o lenti, vige una sola
regola: creare echi, dialoghi, contrasti. Il resto esercizio di fantasia, in totale libert. Ci possono essere sezioni di grande complessit polifonica, come
nella celeberrima fuga del decimo concerto (quello con quattro violini e
violoncello solisti) oppure ubriacante virtuosismo di un unico violino nei
tanti momenti veloci. O ancora un delicato dialogo a due, sostenuto dal discreto basso continuo, a imitazione dei duetti vocali che si ascoltano allopera. Innumerevoli sono i trucchi teatrali disseminati in partitura, le sospensioni drammatiche, i vocalizzi esasperati, le melodie lacrimevoli, il dialogo
concitato.
Quello che pi conta e stupisce, nellEstro armonico, tuttavia la variet
delle tecniche strumentali. Mai prima stata stampata unantologia tanto
completa delle magie violinistiche praticate allinizio del Settecento. Vivaldi
riesce a riassumere larte dellItalia intera. Sono ben presenti le scuole dei
precursori, il veneziano Giovanni Legrenzi e il bolognese Giuseppe Torelli.

162 III. Il temperamento e larmonia

Ancora pi evidente la lezione di Arcangelo Corelli, che Vivaldi non conosce di persona ma benissimo attraverso la capillare rete di comunicazione
che la musica intesse da sempre, nel Medioevo come nel Settecento. Le
prime composizioni stampate di Vivaldi, le Sonate a tre op. 1 (1709) e Sonate a due op. 2 (1712), sono impostate sul modello delle sonate op. i-v di
Corelli. Lestro armonico ha come piattaforma i dodici concerti grossi di
Corelli, pubblicati solo nel 1714 come op. vi, per ampiamente diffusi gi a
fine Seicento, grazie ai manoscritti e ai musici itineranti, oltre che alla fama
delle esecuzioni romane.
Negli ultimi decenni del Seicento, al servizio di nobili e prelati, Corelli
dirige un complesso orchestrale formato da una ventina di strumenti, che
nelle occasioni importanti supera gli 80 elementi, con 39 violini, 10 viole, 17
violoni (violoncelli), 10 contrabbassi, 2 trombe, un liuto, almeno un clavicembalo e un organo. Si capisce limpatto sonoro che nasce quando un
gruppo di quattro violini, due viole, un violone, due contrabbassi e una tastiera (il concertino) si stacca dallinsieme (tutti) per creare eco, dialogo
e contrasto. Il principio del concerto grosso era stato fissato attorno al 1670
dal romano Alessandro Stradella. Corelli contribuisce portando i modelli
della scuola bolognese e la sua superiore tecnica violinistica. La forma resta
quella della sonata, da quattro a sei movimenti, alternando seriosit religiose
a divertimenti profani, con vario impiego di motivi popolari quali imitazioni
di pifferi e cornamuse. Ignote sono le date di composizione di ciascuno di
questi concerti grossi di Corelli. Pochi indizi suggeriscono che il pi famoso
della serie, il concerto n. 8 Per la notte di Natale sia scritto per il cardinale
Ottoboni nel 1690.
NellEstro armonico, Vivaldi continuatore e innovatore a un tempo.
Rispetta lo stile di Corelli nei concerti a quattro violini, quando i solisti si
raggruppano nel concertino che si stacca dal tutti per buttarsi nel gioco
concertante. I due concerti per due violini rimandano alla sonata a tre di
scuola romana, con basso continuo arricchito dal passaggio allorchestra.
Molto pi innovativi nella forma sono per i quattro concerti con un solo
violino, perch i differenti piani sonori sono esaltati e i ruoli meglio definiti.
Segnano linizio di una nuova era. Non a caso i dodici concerti della raccolta successiva, La stravaganza op. 4 (1712-13), sono tutti per un violino solista. Ed cos nella dozzina raccolta nel Cimento dellarmonia e dellinvenzione op. 8 (1725), che ha in prima posizione i celebrati concerti delle
Quattro stagioni, la cui fortuna poggia tanto sulla magnificenza della scrittura musicale quanto sulla suggestione della componente descrittiva. La
relazione fra note e situazioni esplicita. Ogni parte di ogni movimento di
ciascun concerto associata a quanto puntualmente descritto nei quattro
sonetti allegati alla partitura. Il passo festoso, il cinguettare del violino soli-

1712 Lestro armonico 163

sta, il fluire dellorchestra, la svolta drammatica e il ritorno dellordine illustrano larrivo della primavera con gli uccelli che volano, lacqua che scorre,
i lampi e i tuoni dellimprovviso temporale che si scioglie nel sereno. Seguono sonno di pastore, latrato di cane, zufolo di zampogna, danza di ninfe. In
estate scalda il sole, cantano cuc e cardellino, piange il pastorello, ronzano
mosconi, grandina dal cielo. In autunno la vendemmia fa ubriacare e cantare, la caccia terrorizza la selvaggina con schioppi e cani. Dinverno neve e
gelo fan battere denti e piedi, ci si scalda attorno al fuoco e si pattina sul
ghiaccio mentre i venti freddi si battono fra loro. Meno dettagliate (manca
il corrispondente sonetto esplicativo) sono le situazioni descritte nei concerti che, nellop. 8, seguono il quartetto delle stagioni: La tempesta di mare
(n. 5), Il piacere (n. 6), La caccia (n. 10). Associati a concerti non pubblicati
in raccolte dellepoca sono anche titoli di tipo pi emotivo: Lamoroso, Alla
rustica, Madrigalesco, Sinfonia al Santo Sepolcro, Linquietudine, Il sospetto,
Il riposo.
Vivaldi non di sicuro il primo ad associare note musicali a suoni della
natura e a tentare una sintesi fra udito e vista, magari con il tramite della
poesia. In Francia fanno scuola Le Chant des oiseaux e La Chasse au cerf
(oltre che La Guerre) del polifonista cinquecentesco Clment Janequin, e si
consolida una tradizione che nel Seicento coinvolge Lully e Charpentier, nel
Settecento anche Couperin e Rameau e arriva a noi con Ravel, Debussy,
Messiaen. In Italia, le buffe polifonie di Banchieri, il Capriccio sopra il Cucho
di Frescobaldi, i lamenti di Arianna e della ninfa, il cozzare delle armi nel
Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi sono subito ripresi a
teatro, assieme a tutti gli artifici strumentali che consentono di portare in
scena lampi e tuoni di temporali, eruzioni e terremoti della terra, ardori e
passioni del cuore. In Inghilterra, Henry Purcell fa (musicalmente) battere i
denti dal freddo e ubriacare i protagonisti di King Arthur e The Fairy Queen.
In Germania, fantasiose onomatopee strumentali illustrano le sonate del
violinista Heinrich von Biber e le storie bibliche del cembalista Johann
Kuhnau, predecessore di Bach al cantorato di Lipsia. Lo stesso Bach non si
sottrae, con il terremoto della Passione secondo san Matteo, i suoni della natura nella Contesa fra Febo e Pan, le onomatopee nella Cantata per il nuovo
borgomastro.
Sorprende sempre la quantit di effetti speciali che, nelle Quattro stagioni, Vivaldi riesce a realizzare con le uniche risorse di un violino principale
sostenuto da pochi altri archi (violini, viole, violoncelli) con basso continuo
affidato al clavicembalo. Solo in pochi altri casi Vivaldi inserisce un flauto,
con o senza lausilio di altri fiati (oboe, fagotto) in concerti dotati di titolo
illustrativo: unaltra Tempesta di mare (op. 10 n. 1), La notte (op. 11 n. 2), Il
gardellino (op. 10 n. 3). Anche se fortunata, la musica descrittiva tuttavia

164 III. Il temperamento e larmonia

piccola cosa nel complesso della produzione orchestrale di Vivaldi, una


decina di concerti su un totale che supera le 450 unit. Linteresse massimo
la valorizzazione degli specifici strumenti. Il violino fa la parte del leone,
187 volte da solo e 11 con altri archi. Al violoncello sono dedicati 19 concerti e 6 alla viola (nella variante ricca di risonanze detta damore). Fra i
fiati, favorito il fagotto (ben 37 concerti), seguito da oboe (13), flauto (12),
corno (2), tromba (uno soltanto, per magnifico, per due trombe soliste). E
ancora due per due mandolini, uno per tromba marina (un curioso strumento ad arco).
Quando scrive un concerto, Vivaldi ha ben in mente ciascun solista. Nel
1703, infatti, subito dopo essere stato ordinato prete (il Prete rosso, dal
colore dei capelli) inizia il suo servizio allOspedale della Piet, pubblico
ospizio per giovani ragazze, orfane, abbandonate, male in arnese. Le pi
dotate sono avviate al mestiere musicale: imparano a cantare e suonare strumenti, sperando di trovare posto nelle compagnie di giro richieste dal fiorente teatro dopera. Il conservatorio della Piet una delle tre scuole di
musica di Venezia, forte di una tradizione iniziata nel Quattrocento, uguagliata solo da Napoli, con i suoi quattro istituti. Proprio grazie allinsegnamento impartito in questi conservatori, la musica italiana domina il mondo
occidentale fino a buona parte dellOttocento. Mentre a Napoli prevale listruzione al canto, a Venezia si va sullo strumentale. Il merito anche di
Vivaldi, che al conservatorio dedica oltre trentanni, sia pure con interruzioni e attivit collaterali a lui pi gradite, come il teatro dopera. Suo compito
scrivere musica e dirigerne lesecuzione. Le ragazze suonano dietro una
grata. Il pubblico in sala intravede volteggiare solo ombre bianche. Leffetto
visivo magico, quello sonoro non da meno. I resoconti che i facoltosi
visitatori stranieri riportano in patria sono il viatico definitivo alla diffusione
del concerto veneziano (e del canto napoletano) in tutta Europa. Non sorprende che gi nel primo decennio del Settecento, prima ancora che escano
le edizioni a stampa, i concerti di Vivaldi e dei suoi colleghi (Benedetto e
Alessandro Marcello, Tommaso Albinoni, Francesco Bonporti) siano ben
conosciuti in Germania, e che il giovane Bach trascriva per clavicembalo o
organo, per studio e per amore, almeno sei concerti dellEstro armonico. A
Londra la variet dei timbri influenza la scrittura della Musica sullacqua di
Hndel (1717).
Il modello in tre soli movimenti/tempi (Allegro-Adagio-Allegro) diventa
regola universale, applicata subito dallo stesso Bach nei suoi Concerti brandeburghesi (1720). Il primo movimento di regola il pi articolato, con alternanza di cinque-sei sezioni affidate al tutti orchestrale e di quattro-cinque
passaggi del solista, al quale concesso uno spazio autonomo, spesso lasciato allimprovvisazione (cadenza) prima della stretta finale. Il secondo

1712 Lestro armonico 165

movimento, pi breve, cantabile e meditativo. Lultimo tempo, sempre di


passo vivace, spesso ha struttura polifonica (in Bach sono fugati) ma prende sempre pi piede la soluzione del rondeaux (rond) alla francese; cio
ripetizioni di una sezione principale (ritornello) alternate a inserti melodicamente differenti (strofe), secondo lo schema abacada, prolungato a
piacere e senza fissa distribuzione di ruoli fra solista e orchestra. Questo tipo
di organizzazione del materiale musicale diventa subito la norma, qualunque
siano lo strumento solista e lorganico orchestrale. Il violino, come in Vivaldi,
fa la parte del leone per tutto il Settecento, insidiato e alla fine superato (in
volume se non sempre in qualit) dagli strumenti a tastiera, che Vivaldi ignora come solisti.
Clavicembalo, fortepiano, pianoforte sono amati nellordine da Bach, dai
suoi figli e discepoli, dai primi classici viennesi, da Haydn e soprattutto da
Mozart. Fra questi nuovi autori, quanti abbiano riconosciuto a Vivaldi il
merito di aver inventato il contenitore del concerto moderno difficile da
stabilire. Con leccezione di Bach padre, forse nessuno. Per non del tutto
vero che Vivaldi stato subito dimenticato e che il recupero della sua memoria e il riconoscimento del suo ruolo sono avvenuti soltanto a met Novecento. La pubblicazione del Cimento dellarmonia e dellinvenzione op. 8 con le
sue Quattro stagioni ha eco in Francia, da sempre sensibilissima alla musica
descrittiva. Fra 1746 e 1763 sono documentate numerose riprese della Primavera nel prestigioso e pubblico Concert Spirituel di Parigi. Sono diffuse
trascrizioni della Primavera e dellAutunno per ghironda, cornamusa,
flauto. Perfino Jean-Jacques Rousseau pubblica nel 1775 una sua versione
della Primavera per flauto solo. per vero che per tutto lOttocento cala
il sipario non solo sulla tanta produzione operistica e vocale, ma su tutta
quella strumentale di Vivaldi. Soltanto la rinascita bachiana riporta linteresse degli specialisti sul Prete rosso.
Il successo vero arriva a Novecento inoltrato. Il compositore veneziano
Gian Francesco Malipiero pubblica nel 1920, sotto legida di Gabriele
DAnnunzio, una versione delle Quattro stagioni per pianoforte a quattro
mani e nel 1924 viene stampata la partitura completa, dopo due secoli di
abbandono. Un altro grande direttore dellepoca, Bernardino Molinari, cura
una nuova edizione nel 1927. Ancora grazie a Malipiero, negli anni trenta
viene avviato il grandioso progetto di pubblicazione di tutte le opere strumentali di Vivaldi, iniziando dal cosiddetto fondo Fo-Giordano riunito
nella Biblioteca nazionale di Torino e che contiene i manoscritti autografi di
non meno di 450 concerti. Che sono integrati con le decine che emergono da
altri archivi, compresi quelli di Dresda, per la cui associazione concertistica
Vivaldi fa da consulente. Qui era stata essenziale lintermediazione di Johann
Georg Pisendel, importante violinista stimato da Bach, direttore dellorche-

166 III. Il temperamento e larmonia

stra di Dresda, autore di revisioni dei concerti di Vivaldi in cui ai soli archi si
aggiunge una fitta schiera di altri strumenti, soprattutto a fiato. Anche cos
nasce la moderna orchestra sinfonica. Fondata nel 1548, la Staatskapelle di
Dresda comunque la pi antica istituzione sinfonica tuttora in attivit.

Ascolti
A. Vivaldi, Lestro armonico, C. Hogwood, Larte dellarco, Chandos 2002
A. Vivaldi, Concertos & sonatas op. 1-12, I Musici, Newton Classics 2011
A. Vivaldi, Ultimate Vivaldi: The Essential Masterpieces, Decca 2007
A. Vivaldi, Concerti con molti istromenti, R. King, Kings Consort, Hyperion 1998

Letture
H.C. Robbins Landon, Vivaldi: Voice of the Baroque, University of Chicago Press, Chicago 1996
C. Fertonani, Antonio Vivaldi. La simbologia musicale nei concerti a programma, Studio
Tesi, Pordenone 1992
H.C. Robbins Landon, J.J. Norwich, Five Centuries of Music in Venice, Thames and
Hudson, London 1991

1717 Musica sullacqua

Georg Friedrich Hndel


Capolavoro senza progetto Musica per feste e banchetti
Limprobabile festa sul Tamigi Musica per i reali fuochi dartificio Concerti per organo e orchestra Concerti grossi alla maniera antica Trascrittori moderni

Un caso esemplare di come una composizione musicale, e unopera darte in


genere, possa prendere vie proprie, indipendenti dai piani del suo autore
Musica sullacqua (Water Music). Hndel si considera sempre un uomo di
teatro musicale: impresario, organizzatore e ovviamente autore. Ritiene che
la sua arte stia nella capacit di gestire le voci in scena e scrivere le parti
adatte. Il resto del suo straordinario catalogo subordinato al progetto principale. cos per la sua immensa (per qualit e per valore) produzione vocale non teatrale, sacra e profana. Ancor pi per la sua copiosa musica strumentale, in particolare per orchestra, cio quella che sempre gli porta il
consenso entusiasta di pubblici colti e plebei, ai tempi suoi come ai nostri,
senza soluzione di continuit.
Tutto lascia intendere che Hndel scriva Water Music senza un progetto
musicale preciso. In fondo fa cos anche quando crea opere teatrali di grande
impegno, adattando il suo genio alle pretese del pubblico e dei cantanti. Si
sa per certo che i tempi di composizione, anzi di raggruppamento delle singole parti di Water Music, la sua principale composizione orchestrale, si
protraggono per un paio di decenni. La prima partitura completa, ma non
autografa, risale al 1719: ritrovata nel 2004, conferma la sequenza di 22 brani della tradizione ottocentesca e sconfessa la ripartizione in tre suite formulata a met Novecento. Gli ultimi interventi dellautore sono per del 1739,
quando rivede una ristampa predisposta dalleditore Walsh perch la prima
edizione (1734, con molte varianti rispetto ai manoscritti) subito esaurita.
Sotto il titolo Water Music sono riuniti 22 brani assai diversi fra loro e che
non si riescono a ordinare in modo funzionale. Non solo questione di stile.
Cambia molto lorganico. Talvolta si chiedono pochi archi e pochi fiati. Altrove servono rinforzi di ottoni e percussioni. Stando agli usi del tempo, ci
sono brani per ambienti chiusi e altri per aria aperta. Denominatore comune
la destinazione: musica da tavola.
Accompagnare con musica i banchetti dei potenti una pratica antichissima, con unampia tradizione letteraria da Omero ai giorni nostri. musica
di regola improvvisata su schemi semplici e ripetitivi, solitamente non scritta.

168 III. Il temperamento e larmonia

Almeno fino a quando non vengono mobilitati organici strumentali importanti. Fra i primi casi ben documentati leggiamo di liuti e arpe, talvolta assieme a pifferi e cornetti, che allietano le corti italiane del Cinquecento. In
Germania hanno fortuna Il banchetto musicale (1613) di Johann Hermann
Schein e la copiosa produzione di Heinrich von Biber per la mensa del principe arcivescovo di Salisburgo. Necessario preludio alla gloriosa e immensa
terna delle Tafelmusik di Georg Philipp Telemann, la cui prima edizione a
stampa (1733) sottoscritta anche da Hndel. A met Seicento, in Francia,
il Re Sole apprezza la bella serie di dodici Symphonies pour les soupers du Roi
che Michel-Richard Delalande (rivale e successore di Lully) gli propone recuperando pagine da precedenti lavori teatrali riordinate in forma di suiteouverture di pronto consumo.
Assai diffusa nella Londra del tempo, la pratica della musica per convivio
ben nota a Hndel anche dalle sue precedenti esperienze in Italia e Germania. Si capisce da ogni foglio della partitura di Water Music. In molti casi si
scoprono autentici plagi, perfino in pagine amatissime e che la tradizione fa
rientrare nello stile personale di Hndel. Certo, la pratica di riutilizzare proprie musiche precedenti e quella di attingere a produzioni altrui non nuova: lestetica di allora la ammette e addirittura la incoraggia, perch la interpreta come omaggio ai maestri del presente e del passato. Alle pagine manifestamente copiate si affiancano quelle che appartengono allo spirito del
tempo, al linguaggio comune, ai riverberi della memoria. La corsa spigliata
(veneziana, vivaldiana) degli archi nei passaggi veloci e lespressivit (romana, corelliana) in quelli lenti, i dialoghi in eco con flauti e oboi (alla tedesca,
come in Keiser e Telemann), gli squilli di tromba e i rulli di tamburi (francesi, alla Lully e Delalande) sono nella penna di tutti i musicisti del tempo. In
pi, Hndel mostra un perfetto senso del colore. In ciascuna tessera di quel
mosaico policromo e casuale che Water Music riesce a inventare il dettaglio
che lo rende indimenticabile.
Quale sia la circostanza specifica, a questo punto, ha minore interesse. Di
sicuro Water Music non nasce per la festa sul Tamigi del 17 luglio 1717 (ripetuta due giorni dopo), descritta dallunica fonte diretta che ci stata tramandata. Su di essa costruita la leggenda ripresa dai biografi successivi: si racconta di una festa fluviale organizzata per onorare il nuovo re e offrire allamico Hndel loccasione di riguadagnare le simpatie perse sei anni prima.
Infatti, nel 1711, Hndel aveva promesso al suo datore di lavoro di allora, il
principe di Hannover, di tornare presto dalla gita a Londra ma non si fece
pi vedere. Solo che nel 1716 il principe tedesco divenne re dInghilterra,
dando vita a una dinastia che annovera fra i suoi discendenti gli attuali regnanti. La pace fra sovrano e musicista sarebbe stata siglata appunto, secondo lopinione comune, in occasione di quella festa sul Tamigi in cui, alla

1717 Musica sullacqua 169

barca del re e della sua corte, se ne sarebbe affiancata una con 50 musicisti
impegnati a suonare musiche composte in onore del nuovo sovrano. La festa
si sarebbe poi completata con una lunga cena a palazzo (fino alla quattro del
mattino), sempre allietata dalla musica.
Nulla di tutto ci ben documentato, neppure la presenza del re. Forse
nemmeno quella di Hndel. Messa cos, la storia spiega la corrente distinzione fra brani scritti per laria aperta, da suonare sullacqua con gran dispiego
di trombe e corni, e brani da suonare nel chiuso del palazzo, con organico
pi moderato e sonorit meno assordanti. Infatti, nelle esecuzioni moderne
si segue il principio di articolare Water Music in tre sequenze (suite) diverse,
secondo la lezione novecentesca: quella in fa maggiore, con corni e ottoni,
per leffetto esterno; le altre due (una con fiati in legno, laltra per soli archi)
come musica da tappezzeria per la sala del banchetto. Ogni combinazione
funziona, anche perch lautore per tanti anni continua ad aggiungere, togliere e cambiare.
Funziona almeno fino al 1748, quando Hndel accetta (malvolentieri) la
proposta di scrivere nuove musiche per laccompagnamento dei fuochi artificiali programmati dalla corte inglese per celebrare la firma della pace di
Aix-la-Chapelle (Aquisgrana) che pone fine alla sfortunata guerra di successione austriaca. Ne esce una nuova suite, Musica per i reali fuochi dartificio (Music for the Royal Fireworks), in soli cinque brani, pi compatta e
omogenea (per ovvie ragioni) di Water Music e ancora pi grandiosa. La
corte chiede pompa e Hndel non lesina. Mobilita 9 trombe, 9 corni, 24
oboi, 12 fagotti, 3 coppie di timpani, tanti tamburi, archi a volont. Costruisce la sua pi ampia ouverture alla francese e trasferisce sugli strumenti
tutte le tecniche di moderna polifonia che collauda nei cori degli oratori, in
particolare nel gi allora celeberrimo Halleluja del Messia: tanti piani
diversi (ottoni, strumentini, archi) che si sovrappongono come fossero orchestre distinte e creano combinazioni timbriche che temperano (ed esaltano) i voluti incontri dissonanti. un altro trionfo clamoroso e intramontabile della musica strumentale di Hndel, cui per egli non d seguito. Preferisce concentrarsi sulla prediletta musica vocale, che non pi lopera
italiana del Seicento, ma il nuovo genere che gli sta dando uninsperata fama, loratorio allinglese.
Proprio per attirare ancor pi il popolino, negli anni quaranta Hndel
scrive una serie di concerti per organo e orchestra da inserire fra un atto e
laltro degli oratori. Sono altri lavori di enorme successo, pubblicati in due
serie di sei: subito (1738) come op. 4, postumi (1761) come op. 7, tuttora
godibilissimi anche se ci sono pervenuti completi solo nelle sezioni orchestrali. La parte del solista presenta ampie sezioni aperte, spazi che Hndel
lascia a se stesso, per improvvisare, com abituato a fare fin da bambino e

170 III. Il temperamento e larmonia

come, in fondo, continua a fare per il resto della vita. Nelle stesse rappresentazioni teatrali che Hndel dirige dal cembalo accompagnando le voci con il
basso continuo, spesso si lancia in lunghe improvvisazioni, per far riposare i
cantanti, per deliziare il pubblico.
La maestria di Hndel sulla tastiera ben documentata dalla sua enorme
produzione dei pezzi pi vari, per virtuosismi e per didattica, spesso raggruppati in serie di suite pubblicate fra 1720 e 1750 e poi a lungo ristampate. Il finale della quarta suite ha un successo folgorante, con il sottotitolo
apocrifo Il fabbro armonioso. Tutte le suite rispettano i principi codificati da
Froberger nel Seicento e mostrano straordinaria bravura nel cesellare i dettagli. Ma altrove la letteratura per tastiera scopre nuove vie. Bach, in Germania, ha gi in mente le Variazioni Goldberg. In Francia la scuola dei Couperin
trova un degno erede in Jean-Philippe Rameau. Perfino nellisolata corte di
Madrid, si afferma un nuovo modo di suonare grazie a Domenico Scarlatti,
lo stesso che Hndel incontra trentanni prima a Napoli, a casa del padre
Alessandro, operista.
Pure fuori dal tempo sono i concerti grossi per soli archi op. 6 che Hndel
allestisce in velocit (la leggenda dice in sole quattro settimane) nel 1739 cedendo alle forti pressioni delleditore Walsh, gratificato dal successo dei
precedenti, lop. 3 del 1734. I diciotto nuovi lavori rimandano nel titolo e
nella scrittura ai primi del Settecento e alla scuola romana di Arcangelo Corelli: concertino di solisti in assetto variabile che dialoga col tutti orchestrale
cui appartengono. Ancora una volta meravigliano linvenzione di echi e di
dettagli nella scrittura violinistica, gli ammiccamenti popolareggianti mescolati a episodi di alta polifonia. Emerge pure la nostalgia per il passato che fa
coppia con la pigrizia di chi non vuol buttare vecchi appunti giovanili. Chiuso nel suo mondo, Hndel non si cura del nuovo stile di concerto che dilaga
in tutta Europa inventato da Vivaldi e ben presente anche a Londra grazie a
Francesco Geminiani, allievo diretto di Corelli, violinista di primordine,
autore in proprio e anche trascrittore di spartiti handeliani in una bella serie
di concerti per (un) violino solista e archi. Pure linglese Thomas Augustin
Arne (ricordato soprattutto per aver firmato linno patriottico Rule, Britannia! del 1740) trasferisce allorchestra e a un solista molti pezzi per cembalo
di Hndel, con levidente obiettivo di utilizzare il nome del riverito maestro
per assicurare le proprie fortune. A Londra, infatti, la piazza del concertismo
strumentale sempre pi attiva, mentre conosce inesorabile declino lopera
italiana, con i suoi costi stratosferici e le infinite bizze dei cantanti. Una piazza che riserva sempre un posto donore a quella Water Music il cui valore
lautore non ha mai davvero capito.
Anche il concetto di musica da tappezzeria non si adatta alluomo Hndel
e a tanti altri che vengono dopo di lui. Bisogna aspettare il Novecento di

1717 Musica sullacqua 171

Satie perch sia nobilitato con tutta lironia del caso. E che si trasformi addirittura in un genere a parte, serioso e meditativo: la musica dambiente che
trionfa con Music for Airports (1978) di Brian Eno e permette alla gente che
passa di trovare sintonia con lambiente che resta.

Ascolti
G.F. Hndel, Orchestral Work, T. Pinnock, English Concert, Archiv 1999
G.F. Hndel, Organ Concertos, R. Egarr, Academy of Ancient Music, Harmonia Mundi
2009
Telemann Edition, P.J. Belder, Amphion, Brilliant 2011

Letture
C. Hogwood, Handel, Thames and Hudson, London 2007
C .Hogwood, Water Music and Music for the Royal Fireworks, Cambridge University
Press, Cambridge 2005
C. Hogwood, R. Luckett (a cura di), Music in Eighteenth Century England, Cambridge
University Press, Cambridge 1983

1720 Ciaccona

Johann Sebastian Bach


Polifonia virtuale per violino solo Tre sezioni asimmetriche Trascrizioni per pianoforte Tre partite libere Tre
sonate severe Fughe per violino Tradizione violinistica
tedesca Pisendel Tartini Verso la classicit

Tutto si gioca sui confini fra il reale e il virtuale, fra finta geometria e concreta fantasia, nella grande Ciaccona che conclude la Seconda partita per
violino solo di Johann Sebastian Bach. Lanalisi minuziosa non conferma
limpressione di magistrale architettura su rigorose geometrie che d il
semplice ascolto. La forma incredibilmente libera. In primo luogo, non
rispetta il principio che vuole la ciaccona come una serie di variazioni su
un tema che continua ad apparire, di solito inalterato e al basso, per tutta
la durata del pezzo, fissando lo schema armonico. Bach subito modifica gli
intervalli del tema e usa armonie differenti quasi in ogni tornata di variazioni, tant che la sua Ciaccona si articola in tre sezioni ( a-b-a): la
centrale in tonalit maggiore e le laterali in minore. Le tre sezioni non sono
simmetriche. La prima conta 131 unit di misura (battute), la seconda 76,
la terza 49. Ogni sezione si apre con il tema fondamentale, che per ogni
volta suona diverso: forte e affermativo allinizio, dolcemente lirico al
centro, quindi pi ornato, ancora modificato nelle otto battute che concludono.
Il tema si riconosce altre volte, nella lunga composizione, ma arduo
trovare una formula che ne razionalizzi la presenza: spesso compare rovesciato, altre volte con scansione pi lenta (aumentato) e altre pi veloce
(diminuito), oltre che di regola alterato. Non poi lunico tema. Ce ne sono
almeno altri tre, secondari e distribuiti con criteri funzionali non predeterminabili. Non meno liberi sono i princpi con cui Bach cambia ritmo, introduce arpeggi, modifica velocit, improvvisa cadenze. Pi che unantica
ciaccona, un moderno tema con (34) variazioni. Chi cerca comunque
coerenza e geometria pu trovare elementi validi (mai definitivi) per sostenere la propria tesi. Senza dimenticare che le limitate risorse polifoniche del
violino non consentono di rispettare le regole canoniche della ciaccona.
Nelle trascrizioni e con gli accompagnamenti a firma di artisti illustri (Schumann, Brahms) la Ciaccona di Bach pare pi equilibrata, pi coerente.
Ma perde la vera grandezza, che le viene dallessere pensata per violino
solo, senza basso; perde il fascino della sua forma, che illusione di geome-

1720Ciaccona173

tria, perch lordine perfetto del segno si confonde continuamente col disordine dello sfondo, e viceversa. Fa eccezione Ferruccio Busoni, che nella
sua elaborazione non cerca completamenti, ma estende al pianoforte moderno la ricerca timbrica che fa vivere il violino di Bach.
La Ciaccona rompe ovviamente ogni equilibrio della partita cui appartiene perch pesa (per durata e quantit di note) pi dei precedenti
quattro movimenti messi assieme, che sono come schiacciati dal confronto,
inevitabile, col finale. Eppure, presi come subunit, gli altri quattro movimenti sono pi che pregevoli, tali da formare una partita a suo modo autonoma, almeno sulla carta. Hanno tutti ritmi di danza. LAllemanda dapertura ha piglio deciso, ma il suo fisiologico ritmo puntato ammorbidito
da terzine e cromatismi che le fanno perdere loriginale passo teutonico e
assumere una cosmopolita eleganza classica. Altre sequenze di terzine ingentiliscono i ritmi di una Corrente alla francese intesa come fusione fra
metri diversi. La Sarabanda, nobile danza di origine spagnola, ha un inconsueto tono affermativo, rifugge da patetismi e si sviluppa in forma regolare: prima parte di otto battute, seconda di otto pi otto, epilogo di quattro. La Giga paneuropea, vivace e scritta in punta di penna, potrebbe
chiudere la partita. Ma solo ipotesi teorica. Non col senno di poi che ci
aspettiamo, a questo punto, la vera conclusione. E non soltanto lautografo in bella grafia che Bach ci ha lasciato che impedisce la vita autonoma del
resto della partita dalla monumentale Ciaccona. Ci sono obiettive ragioni
di natura musicale. Il quarto tempo si collega ritmicamente al secondo e al
primo, porta la tensione a un livello ancora pi alto, si guarda bene dal risolverla e pertanto introduce un forte senso di attesa. La Sarabanda si
rivela un vero e proprio studio preparatorio della Ciaccona: il tema
quasi identico. Cos bene introdotta, la Ciaccona effettivamente corona
lintera Seconda partita e stabilisce una pietra miliare nella storia della musica per violino. Come unaltra Follia chiude in gloria la raccolta fondante
di Arcangelo Corelli.
La Seconda partita inserita in un bellissimo autografo di Bach che porta il titolo Sei Solo a Violino senza Basso accompagnato. Oggi la raccolta
diventata popolare come Sei sonate e partite per violino solo. La denominazione moderna, che peraltro riprende quanto lo stesso Bach scrive come
intestazione di ciascun pezzo, pi chiara e funzionale. Stabilisce subito
che esistono due precisi modelli ispiratori e che entrambi sono italiani.
Scrivendo questi lavori, attorno al 1718-20, Bach ha bene presente la sonata violinistica seicentesca di Corelli, nelle sue note varianti da chiesa (seriosa e complessa, nella sequenza Adagio-Allegro-Adagio-Allegro) e da camera (libera successione di danze brillanti e profane). Tiene conto anche dello
stile violinistico di Vivaldi, pi moderno. Tratta entrambi i maestri italiani

174 III. Il temperamento e larmonia

con lumilt e la deferenza dellallievo che vuole imparare. Ma non si limita


a copiare. Di suo introduce una novit rivoluzionaria. Elimina il basso accompagnante, il supporto che, nel secolo precedente, consente lemancipazione della musica dalla parola e la nascita della melodia strumentale. Anzi:
Bach simpegna a fondere la melodia con il basso. Cerca una specie di
quadratura del cerchio in musica, uno spazio geometrico in cui la verticale
delle armonie si scambia continuamente con lorizzontale delle melodie. Il
tutto applicato al violino, che per sua natura sciolto nel canto e affannato
negli accordi. I limiti fisici dello strumento diventano occasioni per rendere
gli effimeri suoni armonici di una corda appena sfiorata solidi come accordi
organistici; per sviluppare luoghi musicali virtuali, dove il silenzio non
uno spazio vuoto, ma il naturale complemento del suono pieno. Ci sono
meno note sulla carta e molte pi nellaria, cio nella fantasia di chi suona e
nella mente di chi ascolta.
Seguiamo da vicino unaltra partita, la terza, forse la pi eterea (e popolare) dellintera serie, con un profumo francese che compensa in parte lonnipresente tocco italiano. Inizia con un vivace Preludio in cui tutto costruito sullalternanza fra battute in forte e battute in piano, sulla variazione
continua di registrazioni e legature, con lillusione che a suonare non sia un
solo violino ma tanti, diversi e in eco. In altre parole, il Preludio ha la
freschezza di scrittura del miglior Vivaldi e unarticolazione da concerto con
tanto di alternanza fra tutti (cio forte) e soli (cio piano). C ancora
effetto di dialogo nel secondo movimento, la danza francese loure, a suo
modo polifonico, per attento a mantenere una cantabilit di tipo vocale,
sempre confondendo melodia con accompagnamento. La Gavotte en
rondeau propone una delle pi popolari melodie di Bach e affianca varianti del motivo principale a brevi segmenti nuovi. Due moderni minuetti
connessi melodicamente fra loro sostituiscono lantica sarabanda. un segno dei tempi. Bach vuole modernizzare la formula della suite inventata nel
Seicento da Froberger facendo prevalere le danze nuove sulle antiche. Lo
dimostra anche negli ultimi due movimenti della Terza partita. Le maniere
seicentesche e arcaiche sono spazzate via, saltano gli orpelli, lo stile lineare.
Le tecniche del moderno (e vivaldiano) concerto solistico anticipano lo stile
asciutto dei grandi classici di fine Settecento, di Mozart in primo luogo.
Se le tre partite sono libere e danzanti, le tre sonate vivono di astrazione
e severit. Tutte e tre sono articolate in quattro movimenti disposti secondo
una formula fissa con il baricentro sul secondo, che sempre una fuga a pi
voci. In particolare, nella Seconda sonata, la Fuga ha una dimensione e una
complessit che gi nel 1756 entusiasma il teorico tedesco Johann Mattheson, stimato autore di un trattato su come si dirige una cappella musicale
(1739). Il merito del tema molto secco e incisivo non solo nella forma ori-

1720Ciaccona175

ginale, ma anche nelle sue mutazioni e inversioni contrappuntistiche. Sembra scritta per i tanti tasti dellorgano. Suona perfetta sulle quattro corde del
violino. Il primo tempo, Grave, con melodia assai ornamentata e poggiata
su salde basi armoniche, ha funzioni di preludio alla Fuga.Il terzo movimento un tipico Adagio di concerto solistico allitaliana, con tanto di
accompagnamento per note ribattute e geniale effetto di secondo violino.
LAllegro, con i suoi forte e piano, richiama ancora una volta i princpi del
concerto grosso.
Bach non il primo a scrivere ampi lavori per violino solo. Nel primo
Seicento si segnalano il Capriccio stravagante (1624) di Carlo Farina e nellultimo le impegnative sonate (1696) del tedesco Johann Paul von Westhoff.
Sono parallele e indipendenti le Invenzioni a violino solo di Francesco Bonporti. Di sicuro lesperienza bachiana con il violino senza accompagnamento
ha impatto immediato sulla didattica e sulla produzione artistica nei secoli a
seguire, con punte di eccellenza nei 24 Capricci (1820) di Paganini, nelle 6
Sonate (1923) di Ysae, nella monumentale Sonata (1944) che Bartk scrive
su commissione del celebre virtuoso Yehudi Menuhin.
Negli stessi anni passati alla direzione della cappella musicale di Kthen,
Bach applica lesperienza del violino senza basso anche al violoncello, componendo una sestina di suite che combinano in un solo modello il principio
della sonata (da chiesa) e della partita (da camera). La natura fisica del violoncello non permette fughe e nemmeno contrappunti di ampio respiro,
tuttavia i preludi che aprono ciascuna suite hanno unarchitettura elaborata
e le danze che seguono alternano vivacit e meditazione. Bach valorizza ogni
risorsa tecnica ed espressiva del violoncello e di fatto lo designa come moderno sostituto della gloriosa antenata viola da gamba. Della quale non
mancano i cultori, attivi almeno fino alla Rivoluzione francese. Alla corte di
Versailles la tradizione ancora vivissima, anzi trova nei cinque libri di Pices
de viole (1686-1725) di Marin Marais il punto di arrivo di un percorso che
ha tappe importanti in Monsieur de Saint-Colombe e Antoine Forqueray,
oltre che in Lully e Rameau. Lo stesso Bach impiega numerose volte la viola
da gamba nellaccompagnamento di arie vocali in cantate e passioni, le dedica tre eccellenti sonate accompagnate da basso continuo. Qualche interprete prova a utilizzarla nelle suite bachiane, in alternativa al violoncello, magari in unaltra variante della viola, detta pomposa. Ma il suono ricco di armonici, fortemente colorato della viola da gamba sfuma le sottigliezze della
scrittura, che invece il suono secco del violoncello esalta. Che il motivo del
successo di questultimo strumento negli anni successivi, soprattutto come
membro della moderna compagine orchestrale.
Il contributo di Bach alla musica strumentale da camera si completa con
la serie di 6 Sonate per violino accompagnato. Anche qui i segni dellevolu-

176 III. Il temperamento e larmonia

zione sono evidenti. I movimenti sono sempre tre, nella sequenza ormai
classica Allegro-Adagio-Allegro, senza espliciti riferimenti a danze. Nelle
prime quattro sonate, laccompagnamento un tipico basso continuo. Nelle
ultime due il clavicembalo diventa concertante, ossia interlocutore vero di
un violino che resta protagonista ma non pi dominante come un tempo.
Nasce cos la sonata moderna e sparisce lantica idea della suite. La mutazione epocale. Bach assorbe lo spirito del tempo e lo rilancia verso il futuro. Il
tastierista Bach dimostra di conoscere benissimo la tecnica degli strumenti
ad arco, e del violino in particolare; non solo quella italiana e francese, ma
anche quella tedesca, non meno vivace.
Illuminante lincontro di Bach a Weimar con il coetaneo violinista Johann Georg Pisendel, gi allievo in Italia di Giuseppe Torelli e poi (1712) di
Vivaldi. Pisendel uno dei primi a scrivere sonate per violino solo, compresa una complessa ciaccona, ispirandosi al pioniere Heinrich Ignaz Franz von
Biber, attivo a Salisburgo, eclettico autore del ciclo violinistico Rosenkranz
Sonaten ispirato alle stazioni del Calvario (circa 1674), di una curiosa Battalia
(1673) per vari archi e basso continuo, e (forse) della colossale Missa salisburgensis gi attribuita a Orazio Benevoli (1682?). Contemporaneo di Biber il
gi citato Westhoff, concertista di grido, presente fino al 1705 alla corte di
Weimar, dove forse incontra il giovane Bach. Esiste insomma in Germania
una scuola violinistica, se non proprio alternativa, certamente integrativa
rispetto alla dominante italiana.
A sua volta, diventato prima violinista e poi maestro di cappella alla corte di Dresda (1712-55), Pisendel trasforma la capitale della Sassonia in un
centro di diffusione della musica italiana in Germania. Ha modo di rivaleggiare con il fiorentino Francesco Maria Veracini, altro e inquieto virtuoso
itinerante nelle capitali dEuropa, autore di concerti e sonate. Pisendel chiede e ottiene da Vivaldi e da Albinoni un buon numero di concerti solistici a
propria misura. Importa anche i moderni concerti di Giuseppe Tartini, ma
soprattutto diffonde i modelli di Bach, con il quale mantiene saldi contatti
durante tutti gli anni di Lipsia. Dallincontro fra Bach e Pisendel nasce, appunto negli anni venti, quello stile concertistico galante e classico che dalla
Germania dilagher in tutta lEuropa del Settecento, grazie ai concerti per
violino e per lalternativo flauto firmati dagli allievi di Pisendel: Johann Joachim Quantz, i fratelli Benda e i tanti della famiglia Graun. Grazie a loro e a
Carl Philipp Emanuel e Johann Christian, figli del grande Bach, germina
anche un nuovo modo di intendere la musica da camera, valorizzando il
clavicembalo che, nella nuova sonata, diventa il motore del discorso musicale, decretando la scomparsa della stenografia del basso continuo.

1720Ciaccona177

Ascolti
J.S. Bach, Sonatas & Partitas for Violin, H. Szeryng, dg 1997
J.S. Bach, Chamber Music, Musica Antiqua Kln, Archiv 2010
Bach Edition, Brilliant Classics 2006

Letture
M. Boyd (a cura di), J.S. Bach Companion, Oxford University Press, Oxford 1999
H.T. David, A. Mendel, C. Wolff, The New Bach Reader, W.W. Norton & Company, New
York 1998
H. Vogt, Johann Sebastian Bachs Kammermusik, Amadeus Press, Portland 1989
A. Ross, Listen to This, Farrar, Strass and Giroux, New York 2010

1720 Concerto brandeburghese n. 5


Johann Sebastian Bach

Il primo concerto per clavicembalo e orchestra Bach a


Kthen Omaggio al concerto grosso di Corelli Tromba
solista alla maniera di Torelli e Vivaldi Tanti solisti come
nella Francia di Lully Il Collegium Musicum e le quattro
Suite-Ouverture Trascrizioni da Vivaldi La didattica
che porta al classicismo dei figli, di Haydn, di Mozart
Alla fine del primo movimento il clavicembalo si lancia in un forsennato assolo. Tacciono gli altri strumenti solisti, violino e flauto. Si fermano gli archi
dellorchestra. Il clavicembalo recupera i motivi che fino a quel momento si
sono civilmente confrontati fra loro, rimbalzando fra solisti e tutti. Li trasforma in uno sciame di note che sinseguono frenetiche e si confondono in un
esercizio di prestigio in cui la precisione dei movimenti delle dita assicura
limprevedibilit del risultato sonoro. il primo caso di cadenza nel primo
importante concerto per tastiera e orchestra che conosciamo. Accade nel
concerto in re maggiore per clavicembalo, flauto, violino, archi e basso continuo, quinto dei sei passati alla storia come Concerti brandeburghesi. Del
gruppo il pi originale, proprio perch ribalta il ruolo della tastiera: da
integratore multivalente del basso continuo si trasforma in protagonista
principe, in fiera opposizione agli archi e ai fiati fino allora dominanti. Per
tutto lAllegro iniziale, infatti, il clavicembalo dialoga alla pari con i colleghi flauto e violino, assieme a loro si confronta con il tutti. E quando il discorso chiede di serrare i ranghi, non ha problemi a ricongiungersi al basso
continuo. Il suo ruolo cresce in ogni battuta e, alla fine, la sua esplosiva cadenza appare perfino naturale. Il successivo Adagio un dialogo con
violino e flauto in cui il clavicembalo ha la doppia funzione di parte melodica e di basso accompagnante. Il finale un nuovo esercizio di bravura, per
tutti naturalmente, col cembalo che finge di essere primus inter pares ma che
in realt comanda un gioco condotto con le regole della fuga.
Nasce cos il moderno concerto per clavicembalo (pianoforte) e orchestra, grazie a un innesto improvviso (la cadenza) su un tronco consolidato.
In verit c anche limportante fatto timbrico di portare il clavicembalo in
primo piano. La struttura formale non cambia. Restano i tre movimenti del
concerto vivaldiano e il costante alternarsi di concertino e tutti codificato
dalla scuola romana di Corelli. Sono le stesse regole che Bach simpone
anche per gli altri cinque Concerti brandeburghesi. Il pi severo e arcaico

1720 Concerto brandeburghese n. 5 179

(dunque corelliano) il Sesto, giocato sugli archi bassi, con viole e violoncelli ma senza violini. Pure in stile corelliano il Terzo, con parti distinte per
tre gruppi di violini, tre di viole e tre di violoncelli. Un violino solo impazza
nel Quarto, cui due amabili flauti diritti danno un magico tocco pastorale.
La tromba trionfa nello stentoreo Secondo, che ci ricorda le prime sperimentazioni di Giuseppe Torelli a Bologna e gli entusiasmi di Antonio Vivaldi a Venezia. Senza dimenticare il Primo dei sei Concerti brandeburghesi
che, con il suo organico variegato di archi e fiati e con i suoi passi danzanti,
ci segnala quanto Bach conosca bene non solo la scuola italiana (in Italia)
ma anche le sue evoluzioni oltre confine, in Francia con Lully, in Inghilterra con Hndel.
Lomaggio allo stile francese ancora pi evidente in unaltra raccolta
bachiana di quegli anni, le quattro Suite-Ouverture per orchestra. La struttura formale comune. Apre una robusta ouverture in stile operistico francese
(appunto alla maniera prima di Lully e poi di Rameau), con pomposo incedere puntato allinizio, fugato centrale, ripresa della pompa cerimoniale alla
fine. Segue una serie di danze, alla maniera delle suite per cembalo inventata
dal tedesco cosmopolita Froberger nel secolo precedente, la cui sequenza
sempre diversa. La bourre presente in tutte le quattro Suite-Ouverture.
Cambiano le altre danze, tutte galanti: minuetti, gighe, musette, correnti,
gavotte. Resta il principio dellalternanza fra episodio lento ed episodio veloce. Pure assai variata la composizione dei gruppi solisti che contrastano
e integrano il tutti. Nella Prima ouverture, come nel Primo concerto brandeburghese, il concertino una robusta miscela di archi e fiati. La Seconda un
bellesempio di concerto moderno per flauto e orchestra. Nella Terza il forte
impatto di trombe e timpani equilibra la sublime elegia, per soli archi e su
letto dinaudite dissonanze, che ha reso immortale lAir (secondo movimento). Nella Quarta, le stesse danze sono sempre ripetute, ma con timbri
diversi e dunque contrastanti.
Con questi lavori orchestrali, Bach perfettamente inserito nel suo tempo. Tutte le corti tedesche fanno a gara nel far eseguire dalle proprie cappelle musicali suite di danze alla maniera francese composte espressamente
dai loro maestri: sopravvivono almeno 153 delle oltre 600 suite che Georg
Philipp Telemann scrive per Amburgo, e se ne contano a dozzine di quelle
di Johann Friedrich Fasch (a Lipsia), Gottfried Heinrich Stlzel (a Praga e
Gotha), Johann Christian Graupner (a Darmstadt). La superiorit dei lavori di Bach, e dunque la loro permanenza nel repertorio odierno, scaturisce
ovviamente dalla genialit dellartista, ma anche dalla minuziosa preparazione dellartigiano. Fin dai primi anni trascorsi al servizio del principe di
Weimar, Bach studia con grande attenzione la musica dei predecessori e dei
contemporanei. Lo dimostrano le trascrizioni per clavicembalo realizzate

180 III. Il temperamento e larmonia

fra 1708 e 1713 di tutta una serie di concerti di autori della scuola veneziana:
Giovanni Legrenzi, Alessandro e Benedetto Marcello, ovviamente Antonio
Vivaldi. Le limitazioni funzionali dello strumento a tastiera obbligano Bach
a studiare i meccanismi del concerto allitaliana, i rapporti di sonorit fra
concertino e tutti, gli incastri dei ritmi e gli artifici delle armonie.
Passato al servizio del principe di Kthen nel 1717, Bach mette a frutto
la sua esperienza e scrive una serie di concerti originali (in buona parte
perduti) che prevede come solisti soprattutto flauti, oboi e violini, dai quali attinge nel 1721 quando ha loccasione di farsi notare dal principe elettore del Brandeburgo. Inviati alla maniera di curricula e con la malcelata
speranza di ricavarne unofferta dimpiego, non risulta che i sei Concerti
brandeburghesi siano stati apprezzati dal dedicatario. Quando, due anni
dopo, riesce a farsi assumere come Kantor dalla comunit di Lipsia, Bach
porta con s anche un nutrito pacco di concerti orchestrali manoscritti e
continua a comporne di nuovi. Fin dallinizio della sua presenza nella nuova citt direttore del Collegium Musicum, una formazione strumentale
fondata nel 1703 da Telemann che si riunisce in una birreria di Lipsia per
eseguire musiche strumentali. Sappiamo poco della sua attivit in tale veste
nei primi anni (1723-28): soltanto che la prima delle quattro Suite-Ouverture di allora. Probabilmente perch impegnato a scrivere le cantate sacre
per tutte le festivit cittadine religiose e civili dellanno, Bach non ha tempo
per dedicarsi a nuova musica strumentale. Completato nel 1728 il ciclo
delle cantate, Bach torna al repertorio concertistico: inizia nel 1729 a scrivere le altre tre Ouverture per orchestra assieme a non meno di 24 concerti
per solisti e orchestra.
Con rinnovata lena, Bach rinfresca cose precedenti, compone tre nuovi
concerti per violino (celeberrimi e destinati a servire da modello per tutto il
Settecento, compreso quelli per due violini) e soprattutto un gran numero di
pezzi in cui solista il clavicembalo. Il concerto per quattro clavicembali
una trascrizione di quello per quattro violini di Vivaldi, decimo della collezione Lestro armonico. Gli altri sono originali oppure trascrizioni da diversi
organici: tre per tre clavicembali, tre per due, undici per uno. Di questi ultimi, tre (in re minore, mi maggiore, re maggiore) hanno successo immediato.
I figli e i numerosi allievi li portano con s nelle corti in cui lavorano, Berlino,
Amburgo, Dresda. Ne riproducono e innovano limpianto di base in funzione dei gusti locali e delle proprie idee. Li trasformano in un genere europeo
e universale. Si scrivono concerti per clavicembalo e orchestra a Parigi, a
Londra, perfino a Milano. Da Carl Philipp Emanuel e Johann Christian Bach
il testimone passa a Haydn e Mozart. Da questi arriva a Beethoven e a tutta
la generazione romantica, fino a Novecento inoltrato, con il Concerto per
pianoforte e orchestra di Witold Lutosawski a chiudere il secondo millennio.

1720 Concerto brandeburghese n. 5 181

A suo modo, Philip Glass, gi sacerdote del minimalismo ripetitivo e ormai


convertito alla nuova classicit, apre il terzo millennio con un suo Concerto
per clavicembalo (2002).
Va segnalato il brillante momento di discontinuit introdotto da Igor
Stravinskij. In pieno clima di restaurazione neoclassica, nel 1924 torna direttamente a Bach per il suo Concerto per pianoforte e strumenti a fiato. Un
complesso strumentale privo degli archi classici (solo contrabbassi), con
percussioni e ottoni ben distinti dagli strumentini, si confronta con il solista
in modo netto, cercando la sintesi tramite il contrasto, non con il dialogo.
Prevale la scansione netta di ritmi e timbri indipendenti, con melodie di
regola ridotte a brevi incisi e che spesso sembrano recuperare frammenti
bachiani. Ogni concessione ai velluti romantici bandito, in un primo movimento che accetta le regole formali del settecentesco concerto grosso. La
frenesia motoria si ripresenta nel breve finale, dopo una lunga parentesi lirica del movimento centrale, dove Stravinskij inizia ad allontanarsi dallossessione percussiva e cubista della sua prima stagione parigina e si avvicina
al neoromanticismo del balletto Le Baiser de la fe (1928), per esempio.
Mentre continua il recupero del passato con la severa introduzione che
precede lo scatto del solista, e che prelude anche allultimo scarto stilistico
di Stravinskij, la conversione seriale (e neomedioevale) degli anni cinquanta e sessanta.
Forse lunico concerto bachiano a non produrre frutti immediati uno
dei suoi pi popolari, il Secondo brandeburghese, quello con tromba solista.
Succede per un fatto puramente tecnico. La tromba naturale allora disponibile non in grado di produrre tutte le note della scala cromatica e ha anche
forti limitazioni in quella diatonica. Infatti Bach non riesce a utilizzarla nel
movimento lento del suo concerto. Leopold Mozart uno dei pochi a dare
un contributo, nel 1762. I tentativi di rimediare alle carenze procedono per
lintero Settecento e hanno un primo risultato decente a fine secolo quando
Anton Weidinger realizza la prima tromba cromatica, per la quale scrivono
concerti diventati famosi gli amici Haydn (1796) e Hummel (1802). La moderna tromba a pistoni nasce soltanto nel 1827, trova subito ampio impiego
in orchestra ma non riesce a decollare come solista in concerto. Anche nel
Novecento il repertorio solistico classico resta magro, con la limitata eccezione del Concerto per pianoforte, tromba e orchestra (1933) di ostakovi.
Esploder invece nella musica jazz, con Louis Armstrong, Dizzy Gillespie,
Miles Davis.

182 III. Il temperamento e larmonia

Ascolti
J.S. Bach, Brandenburg Concertos, Suites, T. Pinnock, English Concert, Archive 2001
J.S. Bach, Concertos, T. Pinnock, English Concert, Archive 2001

Letture
P. Schleuning, Die Brandenburghischen Konzerte, Brenreiter, Kassel 2003
S. Rampe, Bachs Orchestermusik, Brenreiter, Kassel 2000
M. Boyd, Bach: Brandenburg Concertos, Cambridge University Press, Cambridge 1993

1722 Il clavicembalo ben temperato, vol. 1


Johann Sebastian Bach

Temperamento come razionalizzazione degli intervalli


Imprevedibilit del risultato Teorici e precursori La
prima circumnavigazione del sistema tonale Diffusione
immediata Influsso su Mozart, Haydn, Beethoven, Liszt,
Chopin Busoni, Hindemith e ostakovi nel Novecento
Si contano 48 unit, corrispondenti a 24x2 binomi disposti come 12x2
tessere ordinate lungo una scala fissa di mezzi toni. Aritmetica perfetta, geometria assoluta, simmetria totale. Cos appare larchitettura del Clavicembalo
ben temperato di Johann Sebastian Bach. Sono 24 preludi e 24 fughe nelle 12
tonalit maggiori e minori che si ottengono assumendo come nota fondamentale (tonica) di ciascun brano ognuna delle 12 note della scala musicale:
le 7 note della scala diatonica (tasti bianchi del pianoforte) pi le 5 note
cromatiche (tasti neri) del moderno sistema temperato. Partendo dalliniziale do si arriva al conclusivo si, alternando il relativo modo maggiore e minore, passando di semitono in semitono.
Visto cos, sulla carta, pi che unopera darte, il Clavicembalo ben temperato appare un esercizio di razionalizzazione, scientifico appunto, alla
maniera del naturalista Carl Linnaeus e del chimico Dmitrij Mendeleev.
Tuttavia lascolto, cio la sua dimensione fisica, dice altro. Dice che non
alternativo ma complementare. Ci rivela la sua natura di musica assoluta,
che prescinde dalle tecniche e dalle ragioni con cui costruita. Scopriamo
che la geometria originaria soltanto lo sfondo sul quale si staglia la fantasia
del dettaglio, del segno ornamentale. La griglia dellordine che tutto inchioda diventa stimolo per il libero arbitrio. Lanalisi di ogni singola tessera
produce solo un inventario di risorse, con grande valore conoscitivo ma
nessuno predittivo. Non ci sono formule che consentano di andare oltre i
titoli generici di preludio o di fuga. Le durate sono imprevedibili, da due a
sei minuti per ciascun segmento, comunque lasciate allesecutore. Incerto
il taglio emotivo. Non sempre i preludi in modo maggiore sono vivaci o sono
riflessivi quelli in modo minore. Manca una regola che ne stabilisca larchitettura: in tre parti alla maniera del concerto allitaliana, in due come nella
danza francese, capricciosi come una fantasia inglese, estroversi alla tiento
spagnolo.
Come imprevedibile la condotta delle fughe. Resta solo un tema che
insegue se stesso una o pi volte, a una distanza certa, che sinviluppa e si

184 III. Il temperamento e larmonia

stacca, si allarga e si stringe, per ricongiungersi alla fine. Abbiamo una fuga
a 2 sole voci, 11 fughe a 3 voci, 10 a 4, 2 a 5. Alcune fughe scoppiettano
energia e altre distillano espressione, talvolta guardano al ricercare dellantico Frescobaldi, pi spesso anticipano la dialettica del futuro Beethoven.
In tutte emergono lattenzione per il risultato e il rispetto per lascolto e per
lesecuzione, oltre che per le regole della scrittura. Bach conosce bene il suo
ruolo. Deve capire il presente e non disconoscere il passato. Infatti, padroneggia la formula del preludio e fuga per averla addomesticata nei suoi
anni giovanili di organista, con i mirabolanti 26 esempi scritti negli anni di
Weimar e prima ancora, fra 1708 e 1717, codificando una tradizione incerta che risale ai nordici Buxtehude e Bruhns e al bavarese Pachelbel, col
tramite di Froberger in tutta Europa e, sullo sfondo, i maestri Sweelinck ad
Amsterdam e Frescobaldi a Roma. Il principio resta far precedere un brano
musicale libero a uno strutturato, appunto un fantasioso preludio a una
fuga con regole stabilite. Regole che peraltro Bach il primo a fissare, ma
senza elencare princpi astratti, proponendo piuttosto una libreria di esercizi svolti.
La mancanza di sistematicit risalta anche nel legame musicale flebile,
per non dire inesistente, fra preludio e fuga. Affinit di ritmi e melodie appaiono pi casuali che volute. Pure la contiguit fra le singole coppie segue
solo il principio dellalternanza fra modo maggiore e minore. Il concetto di
maggiore e minore in s un fatto rivoluzionario, elaborato nel corso del
Seicento. Supera il sistema antico degli otto modi ecclesiastici usato fino a
tutto il Cinquecento con la (errata) convinzione di rispettare i modi degli
antichi greci. Per unarticolata serie di ragioni, di ordine pratico, linteresse
dei compositori si concentra sui modi ionio ed eolio, ridefiniti do maggiore
e la minore, dalla nota con cui inizia la scala di sette note prescelta. La polarizzazione fra maggiore e minore ha vari vantaggi tecnici (e dunque espressivi), fra cui la facilit con cui si pu passare (modulare) da una scala (tonalit) allaltra utilizzando i semitoni (diesis e bemolle). La modulazione da una
tonalit allaltra arricchisce in modo esponenziale il bagaglio delle risorse
disponibili al musicista per stupire e commuovere lascoltatore. Consente di
navigare lungo lintero spettro armonico, con percorsi regolati dai caratteri
comuni di ciascuna scala: un centro di gravit (la fondamentale o tonica, il
do, nella scala/tonalit di do maggiore), un secondo polo di attrazione (la
quinta o dominante, il sol), e un terzo (la quarta o sottodominante, il fa), con
la punta estrema (la settima o sensibile, il si) a favorire il passaggio (appunto
la modulazione) da una scala a unaltra. Il Trait de lharmonie che il francese Jean-Philippe Rameau pubblica nel 1722 ben riassume i progressi dellarmonia del tempo, ne stabilisce le gerarchie e fissa le basi di quella futura,
valida anche nei nostri giorni.

1722 Il clavicembalo ben temperato, vol. 1 185

Manca solo la quadratura del cerchio, invano cercata da Pitagora e Archita, da Aristosseno e Zarlino. Sappiamo che gli armonici della scala naturale
non seguono una progressione lineare, aritmetica; anzi che la loro sequenza
irrazionale. Nel secolo della ragione, di Keplero e Galileo, di Cartesio e
Newton, lo sforzo dei teorici musicali addomesticare gli intervalli e inventare un sistema ricorsivo in cui su ogni ottava se ne possa innestare unaltra
identica, pi in alto o pi in basso. Cercano uninfinita, e dunque perfetta,
ghirlanda di cerchi adiacenti che si chiude in un cerchio pi grande che tutto comprende. Per far questo diventa indispensabile dividere lottava in
parti uguali, rendere omogenei i diversissimi dodici semitoni. il problema
del temperamento, che non pu ovviamente avere soluzioni matematiche ma
solo di compromesso e di buon senso. Bach, consapevole come pochi della
natura del problema, nella sua avventurosa navigazione fra tutte le tonalit
maggiori e minori delle dodici tonalit, tempera il titolo con laggettivo
ben, che ovviamente esclude ogni scelta assoluta e lascia aperta la via allorecchio dellesecutore (e dellaccordatore).
La gradinata ascendente per semitoni delle dodici tonalit, evidente al
lettore, sfugge (di solito) allascoltatore e allo stesso esecutore. Com giusto
che sia, perch scrivere in tutte le 24 tonalit maggiori e minori una precisa
scelta di omogeneit. Bach dimostra che si pu scrivere ottima musica tenendo conto, ma non facendosi condizionare, della tecnica e della teoria. Considera la griglia del Clavicembalo ben temperato un gioco divertente, anzi una
sfida intellettuale. Lidea gli viene attorno al 1715 quando vede la ristampa
della raccolta Ariadne Musica pubblicata nel 1702 dalloggi dimenticato Johann Caspar Ferdinand Fischer. Si tratta di 19 piccoli preludi e fughe in altrettante tonalit maggiori e minori destinate a una tastiera accordata secondo le pi recenti regole di temperamento. Quali siano quelle regole, non lo
sappiamo. In tanti, a fine Seicento, propongono formule per temperare la
fisica della natura con la ragione del calcolo. Si cerca la soluzione al problema di ripartire in modo razionale gli intervalli fra le sette note in cui si divide
lottava musicale, e ancor pi trovare un modo per regolare il semitono, per
trovare un equilibrio fra il diesis che cresce (un semitono pi della nota precedente) e il bemolle che cala (un semitono meno della nota seguente). Il
tedesco Andreas Werckmeister, nel 1691 propone nel suo trattato Musikalische Temperatur di rendere equivalenti diesis e bemolle, aggiustando in modo empirico (eufonico, a orecchio) i relativi intervalli. un modo, uno dei
tanti, per affrontare lannosa questione degli strumenti a suono fisso (a tastiera), cui non basta un lieve aggiustamento della posizione del dito sulla corda
(come negli strumenti ad arco) per risolvere nella pratica concreta il problema (teorico) dei rapporti aritmetici fra suoni consonanti. Il perfezionamento
delle tecniche costruttive di organo e, soprattutto, di clavicembalo, proprio

186 III. Il temperamento e larmonia

nel Seicento, rende cruciale il problema del temperamento. Perch inserire


fra due tasti bianchi non uno, ma due tasti neri (uno per il diesis e uno per il
bemolle) complica in modo assurdo la tecnica di esecuzione sulla tastiera e
moltiplica a dismisura il numero di canne e corde da aggiungere a strumenti
gi complessi.
I sagaci organari del tempo risolvono il problema ben prima dei teorici
(Werckmeister compreso): consentono a bravi accordatori di intonare le
canne dellorgano (o le corde del clavicembalo) in modo da permettere a
improvvisatori e compositori alla tastiera di passare (modulare) verso tonalit sempre pi lontane da quelle di partenza, creando prodigi e meraviglie
che incantano gli ascoltatori in chiesa o a palazzo. Bach il primo, alla maniera di Magellano, che compie la circumnavigazione completa. Fischer si
ferma a cinque passi dalla meta. Bach, appunto con il Clavicembalo ben
temperato, ritrova il do di partenza dopo aver toccato tutte le note intermedie, diesis e bemolli compresi, mantenendo inalterato lo stile e la sostanza
della tecnica (della musica) usata per navigare.
La realizzazione del progetto non breve. Come per limpresa di Magellano, richiede almeno cinque anni, fra 1715 e 1720, anzi quasi un trentennio,
se si considera il secondo volume, completato nel 1742 e revisionato nel
1744. Lidea prende corpo appunto attorno al 1715. Bach amplia undici
brevi preludi scritti come esercizio per il figlio Wilhelm Friedemann, ne aggiunge nuovi, inventa fughette che si trasformano in fughe a tutto tondo.
Una prima versione pronta attorno al 1720. Unaltra del 1722. Il bel
manoscritto definitivo risale ai primi anni di Lipsia, 1722-23. Non mancano
varianti di pugno dellautore che arrivano al 1750, lanno della morte.
Nello stesso tempo, negli anni trascorsi a Weimar e a Kthen (1708-22),
nascono anche le altre raccolte che fanno parte del temerario progetto bachiano di fissare una via per lapprendimento dellarte della tastiera: le sestine di Invenzioni a due e tre voci, di Suite francesi e Suite inglesi che Bach ritiene necessari e progressivi esercizi preparatori al gran libro del Clavicembalo ben temperato. Pure a quel periodo risalgono molti schizzi che entreranno a far parte del secondo libro, terminato e messo in bella copia nel 1744:
sempre 24 binomi, con i preludi pi ampi e articolati, e con le fughe ancor
pi complesse perch si avventurano nel pi lontano passato rinascimentale
e immaginano un futuro assai pi incerto di quanto non esprima lo stile
galante di met Settecento.
Non esagerato dire che i due volumi del Clavicembalo ben temperato
sono il fondamento della musica moderna. Lo testimonia la storia stessa.
Poco importa che le prime edizioni a stampa arrivino ben ottantanni dopo
la composizione, nel 1802, a Parigi e Bonn, Zurigo e Vienna. Importa invece
assai che molte copie manoscritte circolino per tutto il Settecento, usate

1722 Il clavicembalo ben temperato, vol. 1 187

dagli allievi e dai figli di Bach per far lavorare altri studenti e per stimolare la
propria fantasia. Mozart scopre il Clavicembalo ben temperato nel 1782,
grazie allamico barone Gottfried van Swieten e se ne entusiasma, al punto
da trascrivere sei preludi e fughe per quartetto darchi. Haydn ha una copia
personale e Muzio Clementi possiede lautografo del secondo volume. Beethoven lo impara a Bonn con il suo primo maestro Christian Gottlob Neefe
e a Vienna con Johann Georg Albrechtsberger. Il resto storia, moltiplicata
dalle infinite edizioni a stampa. Carl Czerny, allievo diretto di Beethoven e a
sua volta attivissimo didatta, obbliga tutti i suoi allievi, Liszt compreso, a
studiare a fondo il Clavicembalo ben temperato, del quale cura nel 1834 unedizione a stampa, integrata con sue innumerevoli osservazioni. Fryderyk
Chopin conosce quelle pagine fin da ragazzo e le porta con s (unico testo
musicale) nel triste inverno di Palma di Maiorca in cui completa i suoi 24
preludi (senza fughe) in ogni tonalit maggiore e minore. Tutto il pianismo
ottocentesco lo reinventa, da Liszt a Schumann a Brahms a Busoni. E ha
nuova vita nel Novecento, con due raccolte che ne riprendono il triplo connotato di gioco combinatorio, esercizio didattico, palestra di fantasia: gli
interludi che connettono dodici fughe in Ludus tonalis (1942) di Paul Hindemith e la serie completa di 24 Preludi e fughe (1951) di Dmitrij ostakovi.
Rovescia la prospettiva il minimalista americano La Monte Young: in The
Well-Tuned Piano (1961) accorda il pianoforte in modo particolare per consentire improvvisazioni in un sistema non pi temperato. Loriginale resta
comunque nel repertorio di chi, per professione o diletto, sulle tastiere di un
antico cembalo o di un pianoforte moderno, di un delicato clavicordo o di
un possente organo, lo suona in parte o per intero, rispettando lordine originale o permutando i binomi a piacere.

Ascolti
Gustav Leonhardt Plays Bach, G. Leonhardt, Sony 2010
J.S. Bach, The Well Tempered Clavier, S. Richter, rca 1992
J.S. Bach, Das Wohltemperierte Klavier, R. Kirkpatrick, Archiv 2001
The Complete 1950s Bach Recordings on Archiv, R. Kirkpatrick, Archiv 2004

Letture
A. Drr, Johann Sebastian Bach das Wohltemperierte Klavier, Brenreiter, Kassel 1998
R.W. Duffin, How Equal Temperament Ruined Harmony, W.W. Norton & Company,
New York 2007

1727 La Passione secondo san Matteo


Johann Sebastian Bach

Tre vite per una Passione Loriginale ritardata Telemann, Keiser, Kuhnau Le cantate sacre di Bach Oratorio di Natale La Passione secondo san Giovanni
Luscita dal repertorio La riscoperta di Mendelssohn La
ricerca del suono settecentesco nel secondo Novecento
Sono almeno tre le vite della Passione secondo san Matteo (Matthuspassion)
di Bach. La prima appartiene al passato e nasce nel Settecento. La seconda
quella moderna, figlia dellOttocento. La terza quella ri-passata da met
Novecento in poi. Sono vite assai diverse. Nessuna quella vera, tutte sono
legittime. Sono fatte della sostanza della musica, vibrazioni che si muovono
nel vento. Hanno in comune solo il testo. Un testo, per inciso, che fissa soltanto una delle versioni pensate dallautore, che non la prima. una traccia
utile per ricordare e capire, ma che non dice tutto. Il primo manoscritto che
ci tramandato quello predisposto per una ripresa della Passione nel 1736
e utilizzato almeno unaltra volta attorno al 1742. Sono andate perdute le
carte della prima esecuzione assoluta, che probabilmente ha luogo il Venerd
Santo (11 aprile) del 1727. Smarrite sono anche quelle della nuova esecuzione del 1729. Il confronto con altri manoscritti del tempo mostra numerose
varianti e conferma la pratica di Bach di non considerare mai concluse le sue
opere. Limpianto generale resta tuttavia inalterato.
La partitura che conosciamo presenta oltre cento numeri musicali, disposti in modo da alternare e integrare recitativi, arie per voci sole bianche e
adulte, corali semplici e cori complessi con presenza di orchestra, ripartiti in
due gruppi ora distinti ora integrati. La storia della Passione narrata da un
evangelista. Cristo e altri personaggi intervengono come individui o sono
rappresentati dal coro. Il testo evangelico serve da trama. I singoli passi sono
scelti dal librettista, che di suo aggiunge una serie dinterventi poetici che
spiegano e commentano gli episodi e le loro conseguenze. La musica ha il
compito di espandere i valori drammatici ed espressivi. Il modello diffuso
e collaudato. Lo stesso Bach lo adotta nel 1724, appena insediato come direttore della musica sacra a Lipsia, nella Passione secondo san Giovanni (Johannespassion) consolidando una pratica da poco introdotta dal suo predecessore Johann Kuhnau.
Nel 1721, con la sua Passione secondo san Marco (Markuspassion), Kuhnau
inaugura la pratica di eseguire una Passione in musica su grande scala in oc-

1727 La Passione secondo san Matteo 189

casione dei vespri del Venerd Santo a Lipsia, ogni anno, alternando le due
chiese principali della citt. una consuetudine in uso da qualche tempo in
numerose altre citt tedesche, che la conservatrice municipalit di Lipsia accoglie invece con un certo ritardo. Serve tempo per accettare in chiesa la
commistione di testi sacri e profani, cio la compresenza di antiche scritture
e nuova poesia, che la vera innovazione della moderna Passione in musica.
Inizia nel 1700 ad Amburgo, la capitale tedesca dellopera lirica, in Germania, grazie al teologo e poeta Erdmann Neumeister, ed accolta con entusiasmo nella capitale dellopera lirica. La vita musicale in citt guidata da
Reinhard Keiser (il demiurgo di Hndel), che combina nella sua Passione
secondo san Marco (1700 circa) il modulo delloperistica aria con da capo alla
severa struttura del Lied spirituale impostato nel Seicento da Heinrich
Schtz. Il quale Schtz, con le sue passioni secondo Matteo, Luca e Giovanni (1623-66), innova la scrittura polifonica esclusivamente vocale della Riforma luterana cinquecentesca aggiungendo la variet di colori orchestrali con
cui i (controriformisti cattolici) veneziani Gabrieli e Monteverdi adornano i
loro cori vivaci e spezzati, sacri e profani.
Da Amburgo la formula si diffonde in tutta la Germania. Inizia a scrivere
le sue 49 passioni il prolifico Telemann che, dopo fruttuosi soggiorni a Lipsia,
Eisenach, Francoforte, sinsedia ad Amburgo nel 1721 come maestro di cappella a tutto campo. Lo stesso Bach copia, attorno al 1711, a Weimar, La
Passione secondo san Marco di Keiser e aggiunge parti di suo pugno in vista di
unesecuzione che non documentata. Succedendo a Kuhnau al cantorato di
Lipsia, Bach simpegna a organizzare tutte le attivit musicali pubbliche, religiose e civili, a comporre le musiche necessarie, a dirigere e educare gli esecutori. La vocazione innata di Bach per linsegnamento e lesperienza accumulata gli consentono di migliorare il gi efficiente complesso vocale e strumentale lasciato da Telemann prima e da Kuhnau dopo. Abbandona, per oltre un
quinquennio, la musica strumentale (orchestra, clavicembalo, organo) e si
dedica alla musica vocale. Secondo testimoni del tempo (non del tutto attendibili) completa ben cinque cicli di cantate per tutte le feste religiose dellanno, calibrate in funzione della solennit: dunque organici ampi e durate
estese per gli appuntamenti importanti, mezzi spartani per le domeniche
correnti. Ogni cantata ha un testo personalizzato alla ricorrenza, appunto con
il metodo Neumeister di intervallare passi biblici a poesia moderna. Dallormai classica collezione poetica Geistliche Kantaten (cinque annate, 1700-52)
proprio di Neumeister, Bach ricava il testo di almeno cinque cantate.
Ci sono tramandate circa 200 cantate sacre bachiane, alcune sono state
ritrovate di recente, altre (non molte) tuttora perdute. Il totale stimato in
300, comunque non si arriva alle 1800 firmate dallamico Telemann soprattutto per Amburgo, o alle 2000 di Johann Gottlieb Graun per Berlino. Le

190 III. Il temperamento e larmonia

cantate di Bach sono tutte assai diverse fra loro, anche se losservazione attenta rivela i comuni modelli ispiratori. Accanto al moderno troviamo lantico, cio quello che si rif alle prime esperienze della chiesa luterana, con
le letture bibliche alternate a semplici corali a quattro voci su melodie della
tradizione medioevale o di nuova composizione, facili da intonare e sempre
in lingua tedesca. Il primo musico di Lutero Johann Walter; da lui il testimone passa nel Seicento a Heinrich Schtz e Samuel Scheidt, quindi a Johann Pachelbel. Nella Lubecca di fine secolo, Dietrich Buxtehude organizza le Abendmusik, incontri vespertini in cui il sermone del pastore inserito fra il canto dei fedeli e il suono dellorgano. Dalla visita a Lubecca nel
1704 sappiamo che Bach riceve unemozione indimenticabile, che puntualmente troviamo in tutta la sua produzione vocale. Con la breve eccezione
degli anni di Kthen (1717-23), Bach scrive cantate sacre senza soluzione di
continuit dagli inizi della sua carriera fino agli anni trenta, per mestiere pi
che per vocazione. Anche nelle cantate, come nelle composizioni strumentali (predilette perch astratte, razionali, libere), Bach assorbe lo spirito del
suo tempo, cio il canto italiano, il timbro francese, il rigore tedesco. Le
cantate sono un costante diario di studio, apprendimento, invenzione. Che
porta alla sintesi finale della Messa in si minore, anchessa tante volte riveduta, con gli ultimi aggiustamenti introdotti un anno prima della morte.
La numerazione corrente delle cantate, che non tiene conto della cronologia, non aiuta a capire lorigine e levoluzione dellintera collezione. Complica tutto la frequenza con cui Bach introduce revisioni e recupera molte, se
non tutte, delle cose scritte in giovent, nel periodo di Weimar e anche prima. Solo un recente e certosino lavoro di scienza musicologica ha messo
ordine, ma il caleidoscopio rimane. Forse la sintesi del mondo delle cantate
si trova nellOratorio di Natale (Weihnachtsoratorium), un ciclo di sei cantate
per le sei festivit del periodo natalizio. Ciascuna rappresenta il diverso carattere delle sei giornate, dal trionfale giorno della nascita allepifania del
Signore. Forse la prospettiva migliore di quel mondo si ha osservando le
passioni, le due principali. La prima, appoggiata sul Vangelo di san Giovanni ed eseguita il 7 aprile 1725, opera pi misurata, si direbbe teologica se
ci non fosse ovvia conseguenza della scelta del testo (libretto di autore
sconosciuto). Di sicuro molto ponderata la musica, disposta su un piano di
simmetrie speculari che comunque trasmettono lidea di un ordine superiore. Non che la pi famosa (e pi intensa) Passione secondo san Matteo sia
meno ordinata. solo resa pi complessa dalle relazioni multiple che emergono dallanalisi sulla carta. Inoltre la melodia del corale fondante, O Lamm
Gottes, unschuldig (si sente come cantus firmus nel gran coro iniziale, poi
torna altre cinque volte in diverse situazioni), porta quel senso di unit che
labbondanza didee e materiali potrebbe far perdere.

1727 La Passione secondo san Matteo 191

Il fascino e la forza della Passione secondo san Matteo stanno appunto


nella variet delle invenzioni musicali, frutto di una gestazione durata almeno due anni, e di una meditazione decennale. La composizione inizia nel
1725, subito dopo il completamento della Passione secondo san Giovanni
(replicata in quellanno). Continua intensa nel 1726, che vede La Passione
secondo san Marco di Keiser eseguita nel Venerd Santo con la direzione di
Bach, che di suo rallenta la produzione di cantate settimanali per concentrarsi sul progetto principale. Quel che si sente il Venerd di Passione del 1727
un immenso affresco musicale che dura oltre tre ore. Levangelista narratore
declama con efficacia recitativi secchi, cio sostenuti dal solo basso continuo. Cristo si esprime con ariosi, accompagnato anche dagli archi. Il peso
maggiore affidato a voci fuori campo che commentano i tragici avvenimenti con le parole predisposte dal venticinquenne librettista Picander. Ruolo
essenziale ha il coro, che accoglie la tradizione luterana del corale semplice
e la (pi cattolica) pratica del dialogo concertante, alla maniera dei cori spezzati dei veneziani Gabrieli, delle polifonie romane di Palestrina, ancor pi
dei grandi mottetti che Jean Baptiste Lully e Marc-Antoine Charpentier
producono per lo sfarzo delle crisi mistiche del Re Sole a Versailles. Le arie
cantate dai quattro solisti (soprano, alto, tenore, basso) mostrano una perfetta conoscenza delle pratiche in uso nel teatro dopera, compresi passaggi di
bravura e abbellimenti, ovviamente escludendo gli eccessi di virtuosismo da
primedonne e castrati. Spesso la melodia del canto ha eco strumentale: sono
il violino (nellaria pi famosa Erbarme dich, mein Gott), la viola da gamba, loboe damore. Sono richieste due orchestre, che suonano insieme per
raddoppiare le parti vocali nei corali semplici in stile luterano che interpolano la storia. Nelle sezioni corali di maggiore impegno, lorchestra assume un
ruolo concertante, alla maniera veneziana e romana.
Non si conoscono le reazioni del pubblico. La Passione secondo san Matteo replicata due anni dopo, in quel Venerd Santo del 1729 che a lungo si
creduto giorno della prima esecuzione. Seguono due passioni di minore
impegno: secondo san Luca (1730), con musica di altro autore anonimo e
con piccole inserzioni di Bach; secondo san Marco (1731) tutta di Bach, ma
adattata da precedenti cantate. Nel 1732 viene ripresa per la terza volta la
Passione secondo san Giovanni, che ritroviamo anche nel 1749. Pure la Passione secondo san Matteo torna un paio di altre volte, attorno al 1736 e negli
anni quaranta, in versioni sempre diverse. Con la morte di Bach, le sue passioni originali scompaiono dal repertorio. Il successore (ed ex allievo) Johann Friedrich Doles afferma che la musica di Bach fuori moda e che la
gente vuole cose pi semplici, come le sue. Doles continua per a proporre
musiche del maestro e nel 1789 suscita una grande impressione in Mozart la
sua direzione del mottetto Singet dem Herrn ein neues Lied. Mancano le ri-

192 III. Il temperamento e larmonia

prese integrali, ma restano in uso parti della Passione secondo san Matteo,
anche fuori Lipsia. Molte pagine sono nel repertorio della Sing-Akademie di
Berlino, diretta per oltre trentanni da Carl Friedrich Zelter, appassionato
collezionista di manoscritti bachiani e mentore musicale di Goethe. Grazie
a Zelter cresce lentusiasmo per Bach dellallievo Mendelssohn, che decide
di festeggiare il (falso) centenario della prima esecuzione della Passione secondo san Matteo dirigendo la famosa ripresa di Berlino, l11 marzo 1829.
questa ripresa che d alla Passione una nuova vita, la seconda, e che
cristallizza la leggenda del Bach dimenticato per un secolo. Il recupero di
popolarit immediato. NellOttocento, la Passione secondo san Matteo rivaleggia con il mai tramontato Messia di Hndel. In sinergia con questo, induce un possente sviluppo della musica corale sacra, che coinvolge Schumann, Brahms, Liszt, Franck. Le nuove interpretazioni aggiustano certo i
timbri alle voci e alle orchestre moderne, tendono a valorizzare lespressivit
delle arie e la forza drammatica dei cori, cio pi la filigrana (operistica) che
linchiostro (sacro) della partitura. La nuova vita rinasce perch cambia il
contesto. La Passione non pi musica da chiesa, ma da sala da concerto,
con pubblico diverso e concezione stilistica del tutto nuova. Cambiano un
po i timbri, perch le voci e gli strumenti dellorchestra moderna sono diversi da quelli originali. Resta invariato il testo, che gi Bach modifica tante
volte senza lasciarne uno veramente definitivo. Ormai la musica conta ben
pi delle parole.
Esiste anche una terza vita per la grande Passione rinata a met Novecento, in (apparente) reazione ai cambiamenti timbrici che gli organici e gli
strumenti moderni inevitabilmente comportano. Si vuole riscoprire il suono
e lo spirito delle esecuzioni originali e settecentesche, recuperare lantico e
sfuggire il progresso. Tornano voci bianche, piccoli cori e orchestre ridotte,
strumenti dantiquariato. Pi delle rivendicazioni di autenticit, seducono i
colori eterei e gli accenti surreali di queste nuove letture, che hanno il fascino
delleterna ricerca del tempo perduto, pur essendo ben radicate nel presente,
non meno delle parallele interpretazioni con i modi e i mezzi della modernit.
Cercano il tempo perduto anche gli autori davanguardia che nellultimo
secolo rendono omaggio alla lezione del grande Bach. Il polacco Penderecki
si affida allunico evangelista non presente nel catalogo di Bach, con la sua
Passio secundum Lucam (1966). Su frammenti del testo di Luca, integrato
dalla poesia Tenebrae di Paul Celan, si appoggia anche il tedesco Wolfgang
Rihm rivisitando una tradizione che scende al Settecento passando attraverso Novecento e Ottocento: Deus Passus per soli, coro e orchestra, composto nel 2000 per ricordare il 250 anniversario della morte di Bach.

1727 La Passione secondo san Matteo 193

Ascolti
J.S. Bach, Matthus Passion, N. Harnoncourt, Warner 2008
J.S. Bach, St. John Passion, M. Suzuki, Bach Collegium Japan, Bis 1999
J.S. Bach, Kantatenwerk, H. Rilling, Bachakademie, Hanssler 2011

Letture
D.R. Melamed, Hearing Bachs Passions, Oxford University Press, Oxford 2005
J. Butt, Bachs Dialogue with Modernity, Cambridge University Press, Cambridge 2012
A. Drr, The Cantatas of J.S. Bach, Oxford University Press, Oxford 2006
L. Prautzsch, Die verborgene Symbolsprache Johann Sebastian Bachs, Merseburger, Berlin
2004
W. Mellers, Bach and the Dance of God, Travis & Emery, London 2007

1734 LOlimpiade

Antonio Vivaldi
Sinfonie dopera Alessandro Scarlatti operista Recitativo che racconta Aria che esprime Lo spettacolo veneziano ridimensionato La vivacit napoletana che vince
Vivaldi non solo a Venezia Bononcini e Porpora a Londra
Hasse, Caldara e Lotti negli imperi centrali I libretti di
Metastasio Il terreno pronto per Mozart e Haydn

Ha il taglio del concerto strumentale alla veneziana la sinfonia che apre il


melodramma LOlimpiade. il taglio che lautore ha ben collaudato nel
mezzo migliaio di concerti prodotti nei suoi quasi quarantanni di attivit al
conservatorio della Piet. Pu darsi persino che Vivaldi abbia preso uno dei
tanti concerti per archi gi pronti e lo abbia allegato alla partitura vocale.
Cos suggerisce il bellautografo dellOlimpiade conservato alla Biblioteca
nazionale di Torino, assieme a tanta parte della produzione vocale e strumentale di Vivaldi. Si tratta di una breve (circa sette minuti) composizione
nei tre movimenti canonici Allegro-Andante-Allegro, in cui ai giochi in eco
e alle scariche ritmiche del primo seguono il bel melodizzare delloboe nel
secondo e la spigliata scorribanda nel terzo.
La sinfonia dellOlimpiade non uneccezione. Anche nelle altre sinfonie dopera, Vivaldi si appoggia alla sua esperienza nel concerto strumentale, con tutte le variet del caso. Ci sono sinfonie brevissime, in un tempo
solo, come in Farnace (1726). Altre sono molto articolate e arricchite da
assoli di violini e riflessi in eco. In Giustino (1724) la sinfonia un vero
concerto in tre sezioni distinte, con un emotivo e intenso Adagio centrale, prima di un danzante finale, adatto a un grandioso balletto alla maniera
di Versailles. Il celeberrimo attacco della Primavera delle Quattro stagioni serve per chiudere la sinfonia di Dorilla in Tempe (1726). Assieme agli
spunti di fiati, torna la tecnica a pi violini del contemporaneo Estro armonico nella sinfonia di Ottone in villa (1713), pure tripartita con il canto di
oboe nellAdagio centrale trasferito al fulgore degli archi nel gran finale.
Griselda (1735) ha tre parti simmetriche, aba con lAdagio b racchiuso
fra liniziale a e la sua variante a. In Bajazet (1735) ecco la sinfonia pi
ampia, con la prima parte mossa da ottoni e senso di mistero, con echi e
contrasti di acuti e bassi, grandioso effetto di doppia, se non tripla orchestra, in ritornello. Senza trascurare i passi solistici del violino in Arsilda
(1716).

1734LOlimpiade195

Anche se allorigine del genere sta la sontuosa Toccata dellOrfeo di


Claudio Monteverdi, lintroduzione sistematica di una sinfonia avanti lopera per fare silenzio in sala e preparare il canto si deve ad Alessandro
Scarlatti, il padre della cosiddetta scuola napoletana. autore fra i pi prolifici di musiche sacre e di cantate profane, oltre che di melodrammi: non
meno di 67 opere, di cui ci sono pervenute 36 partiture complete. Lo troviamo a Roma dal 1679, dove fa rappresentare 13 melodrammi sul modello del
veneziano Francesco Cavalli e dei romani Alessandro Stradella e Bernardo
Pasquini. Stabilitosi a Napoli (1684-1702), approfitta dei semi lanciati gi
nel 1651 con limportazione da Venezia dellIncoronazione di Poppea di
Monteverdi e delle opere di Cavalli. Con le sue 46 opere napoletane, Scarlatti fissa i canoni di riferimento validi in tutta Europa e per tutto il Settecento, e anche oltre.
Arricchisce le parti orchestrali, ma soprattutto organizza limpiego del
canto. Limita gli interventi del coro e si affida ai solisti. Distingue bene la
narrazione piana da quella espressiva, cio fra recitativo secco intonato da
una voce sostenuta da accordi secchi del solo cembalo, e recitativo accompagnato, un cantabile vocale sostenuto da pi strumenti. La componente
emotiva affidata alla nuova forma detta aria con da capo, che ha struttura tripartita aba: una melodia prima esposta in modo lineare, fatta seguire
da unaria complementare, e quindi ripresa. Lultima parte, sappiamo,
aperta a varianti e gorgheggi (colorature) improvvisabili dai cantanti, che
ne arricchiscono il colore ed esibiscono la propria bravura. questa terza
parte che il pubblico pi gradisce. Fra i cantanti, Scarlatti favorisce i castrati,
che lentroterra pontificio e borbonico fornisce in quantit. Alla forza e alla
tenuta dellet matura, i castrati uniscono lagilit e la dolcezza timbrica
dellet infantile. Sono le voci ideali per gli eroi androgini che i librettisti
sfornano ispirandosi allet classica e allarcadia neopagana.
I risultati sono dirompenti, spinti anche dal dinamismo di Scarlatti, che
soggiorna a Firenze col figlio Domenico (1702), torna a Roma (1703), si reca
a Venezia, si ristabilisce a Napoli (1708), risiede ancora a Roma (1717), si
ferma definitivamente a Napoli (1722-25). Il melodramma scarlattiano, che
riduttivo definire alla napoletana, conquista prima lItalia e dilaga poi in
Europa, in particolare a Londra con Hndel (che visita Scarlatti a Napoli nel
1710). Trova terreno fertilissimo anche a Venezia, dove evidente la voglia
di cambiamento. I costi di allestimento rendono improponibili i fasti seicenteschi culminati nel grandioso Giustino (1683) di Giovanni Legrenzi, con in
scena elefanti e destrieri, macchine e figuranti per simulare battaglie navali.
Il teatro dopera veneziano appare convenzionale e inerte, dominato da autori oggi dimenticati, escluso il solo Albinoni, ricordato per i suoi meriti
strumentali: la cinquantina di sue opere teatrali, rappresentate fra 1694 e

196 III. Il temperamento e larmonia

1741 con discreto successo anche in altri centri italiani e tedeschi, sparita
durante la Seconda guerra mondiale. Al pubblico borghese piacciono opere
pi leggere e cantanti pi vivaci, appunto alla maniera di Scarlatti e dei suoi
allievi/emuli Giovanni Bononcini e Nicola Porpora (rispettivamente socio e
rivale di Hndel a Londra), che fanno del teatro veneziano San Giovanni
Grisostomo un formidabile polo di attrazione e di profitto. I vizi e gli eccessi di quel mondo sono ben descritti nel libello satirico Il teatro alla moda che
Benedetto Marcello pubblica nel 1720, prendendosi gioco anche di se stesso.
Chi a Venezia affronta la concorrenza napoletana Vivaldi. Debutta
come operista nel 1713 e per il resto della vita, un po come Hndel a Londra, si occupa di teatro a tutto campo: compositore, direttore artistico, impresario. La produzione e i risultati sono alterni, per Vivaldi si fa conoscere
con una trentina di opere non solo a Venezia e nei principali centri della
Serenissima, ma anche a Firenze, Ferrara, Milano, Torino e Napoli con frequenti puntate nelle vicine capitali Vienna e Monaco. Ha un rapporto speciale con il piccolo teatro veneziano di SantAngelo, del quale (ri)diventa
impresario. Nella stagione 1733-34 organizza una linea di resistenza veneziana allegemonia forestiera, che ha appunto nellOlimpiade la punta di diamante. Di fatto, LOlimpiade un melodramma alla Scarlatti. Alla sinfonia
seguono tre atti con 35 (10+15+10) brevi scene, ciascuna con un recitativo
che connette le parti cantate: 21 arie, 1 duetto, 2 cori. Sono le consuetudini
del tempo, che permettono di dare la necessaria visibilit alle primedonne,
affidando loro tre-quattro arie importanti. In confronto alle opere precedenti, Vivaldi concede maggiore attenzione ai castrati, per i quali scrive almeno
quattro arie aperte al virtuosismo sfrenato. Sono contralti (cio castrati) i due
eroi, amici quando c da competere con gli avversari (di regola in guerra,
qui ai giochi ginnici) e rivali quando in mezzo c la donna. Lintreccio
ovviamente assai articolato, con scambio di persone e precipitare verso il
dramma, prima del lieto fine intonato dal coro Viva il figlio delinquente,
a esaltare nello stesso tempo la magnanimit del padre truffato che salva la
testa dellerede e la dabbenaggine di questo che trionfa da impostore.
Ai meriti del musicista vanno comunque aggiunti quelli del librettista
Pietro Trapasso, detto Metastasio. Il quale assorbe da ragazzo il meglio della
cultura classica ed esordisce diciottenne, nel 1717, con una raccolta di poesie. subito reclutato come paroliere dai maggiori compositori del tempo,
Scarlatti fra i primi. Piacciono i suoi versi brevi e scorrevoli, la scelta raffinata di parole di uso comune, il ritmo vario ma sciolto, le rime sicure ma non
banali, i temi di sempre ambientati in luoghi classici ma con i modi moderni.
Metastasio conosce la musica perch allievo di Porpora (dice di mettere lui
stesso in musica i suoi versi, prima di pubblicarli). Accanto alla tragedia antica ama la drammaturgia seicentesca, soprattutto dei francesi Racine e

1734LOlimpiade197

Corneille e dello spagnolo Caldern de la Barca. Scruta il tempo con gli


storici Erodoto e Polibio, cammina con i geografi Strabone e Pausania, sogna con i poeti Torquato Tasso e Giovan Battista Guarini. Nello scrivere i
versi dei suoi melodrammi o drammi per musica tiene conto dei maestri del
passato, in particolare del severo veneziano Apostolo Zeno, del quale si considera allievo. A cavallo del secolo, a Venezia, Zeno riforma intrecci e parole
del libretto delle origini, semplifica le trame, riduce la macchinosit delle
scene, punta sui caratteri dei personaggi e sulla sostanza dei contrasti drammatici. Mettono in musica le parole di Zeno non solo i suoi contemporanei
Benedetto Marcello e Antonio Caldara, Vivaldi e Pergolesi, Alessandro e
Domenico Scarlatti, ma anche autori di pieno Ottocento, come Luigi Cherubini e Saverio Mercadante. La stima reciproca: quando nel 1728 lascia il
suo prestigioso incarico di poeta cesareo alla corte di Vienna, Zeno indica
come successore Metastasio, che accetta felice e vi resta fino alla fine (1782),
con straordinari influssi sul Classicismo viennese di Gluck, Haydn, Mozart,
Salieri, Beethoven.
Di suo, Metastasio lima il tono aulico, smussa il moralismo, esalta gli affetti, cerca sempre leleganza. Vuole soprattutto la spontaneit, che ottiene con
un duro e faticoso lavoro su ogni singola frase. I suoi melodrammi sono soltanto 26 (pi 36 pastorali, intermezzi e cose minori), ma fra 1723 e 1843
vengono messi in musica almeno un migliaio di volte, con primatisti Artaserse (94 volte), La clemenza di Tito (80), Alessandro nellIndie (80), Demofoonte
(74), Adriano in Siria (68), Didone abbandonata (60), LOlimpiade (57). I
musicisti superano il centinaio, e sono i maggiori del tempo. Johann Adolph
Hasse usa tutti i libretti tranne due. Per Caldara sono il viatico per la sua
lunga stagione viennese. Vivaldi scopre Metastasio nel 1727 per una perduta
Siroe destinata a Reggio Emilia e ancora nel 1732 per una (sempre perduta)
Semiramide per Mantova. Ci resta LOlimpiade, che testimonia la difficile
convivenza fra poesia e musica: come fanno tutti i musicisti (esempio preclaro Giuseppe Verdi con il povero librettista Francesco Maria Piave), Vivaldi
taglia, aggiunge e cuce il testo di Metastasio per piegarlo alle sue esigenze. E
ne ricava un pezzo di teatro che regge le scene dei nostri giorni. Nonostante
manchino i castrati, che invece al tempo sono la carta vincente.
Come succede per tutto il Settecento e per buona parte dellOttocento,
appena finiscono leffetto curiosit e il breve giro di repliche e riprese, i melodrammi di Vivaldi vengono presto sostituiti dalle novit incalzanti, e dunque dimenticati. Succede cos ai trionfanti napoletani, a Caldara a Vienna, a
Lotti a Dresda, perfino a Hndel a Londra. Nessuna sorpresa che il teatro di
Vivaldi torni in scena solo a fine Novecento; e che i moderni mezzi di rappresentazione con i surrogati maschi e femmine degli estinti castrati ridiano
vita a un teatro che si temeva perso per sempre.

198 III. Il temperamento e larmonia

Ascolti
A. Vivaldi, LOlimpiade, R. Alessandrini, Concerto Italiano, Naive 2006
The Vivaldi Album, C. Bartoli, G. Antonini, Il Giardino Armonico, Decca 1999
A. Vivaldi, Opera Ouvertures, F.M. Sardelli, Modo Antiquo, Brilliant 2010

Letture
M. Talbot, The Vivaldi Compendium, Boydell Press, Woodbridge 2011
M.T. Muraro (a cura di), Metastasio e il mondo musicale, Olschki, Firenze 1986

1736 Stabat Mater

Giovanni Battista Pergolesi


Due sole voci femminili, pochi archi e basso continuo
Pergolesi con Scarlatti padre e figlio Stabat Mater dai
tempi di Desprs e Lasso Sequenza estromessa dal Concilio di Trento Ispira per Palestrina e Charpentier Nel
Settecento anche Vivaldi, Bach, Boccherini, Haydn Schubert e Liszt, Rossini e Verdi, Gounod e Dvok nellOttocento Szymanowski, Poulenc, Penderecki, Klebe, Bacalov nel Novecento

Due melodie di violini si sovrappongono dissonanti su un basso discendente


e ostinato che scandisce un tempo solenne. Preparano un duetto fra soprano
e contralto, una voce femminile e unaltra mascolina, adatta al timbro dei
castrati. Pause vocali e frizioni strumentali sono intervallate con perfetta
scelta di tempi e modi nel mettere in musica le antiche parole attribuite a
Jacopone da Todi. Inizia cos lo Stabat Mater pi famoso, scritto nel marzo
del 1736, nel ricovero di Pozzuoli, dal ventiseienne Giovanni Battista Pergolesi, ormai alla fine della sua brevissima vita. Continua con lo stesso stile nei
successivi undici numeri della geniale partitura che chiede solo le due voci,
pochi archi e il consueto basso continuo. Soprano e contralto si alternano in
brevi segmenti solistici che comunque confluiscono in duetto. Duetto che
pu essere drammatico, come nel polifonico Fac ut ardeat cor meum (n.
8), oppure meditativo, come nel Sancta Mater (n. 9). Sempre intenso, con
vertice assoluto in Quando corpus morietur (n. 12) che precede lAmen
conclusivo. Gli strumenti intervengono con raccordi brevi ma essenziali, che
segnalano quanto le asperit armoniche servano a sostenere la limpidezza del
canto. Manca il coro, forse escluso dalla non ricca confraternita dei Cavalieri della Vergine dei dolori. La confraternita chiede al giovanissimo ma gi
affermato Pergolesi uno Stabat Mater in sostituzione di quello scritto, sempre per loro, da Alessandro Scarlatti undici anni prima sempre in estrema
economia di mezzi: soprano, contralto, due violini e continuo.
La confraternita usa impiegare lo Stabat Mater per la celebrazione della
festivit della Madonna dei sette dolori, il venerd prima della domenica
delle Palme o dopo quella di Pasqua. Fin dallinizio, nel xiii secolo, i versi
attribuiti a Jacopone da Todi (o a san Bonaventura o a papa Innocenzo iii)
sono cantati come sequenza monodica durante le processioni e la Via Crucis
della Settimana Santa. Nel Quattrocento fioriscono le versioni polifoniche e

200 III. Il temperamento e larmonia

nel Cinquecento si registrano i contributi di Josquin Desprs (cinque voci,


1480) e Orlando di Lasso (otto voci in due cori, 1585). Due le versioni di
Palestrina: una a tre cori, unaltra a otto voci e due cori che inclina verso una
vocalit di nuovo omofona e mantiene fama fin oltre lOttocento, anche
grazie a un arrangiamento di Richard Wagner (1848). Lestromissione della
sequenza dalla liturgia ufficiale decretata dal Concilio di Trento (1545-63)
distoglie linteresse dallantico testo. Nel Seicento c poco: contano solo una
versione parziale (1611) del teorico del basso continuo Agostino Agazzari e
unaffrettata (unica voce con unica melodia, buona per tutte le strofe) del
francese Marc-Antoine Charpentier a fine secolo.
Ma la tradizione popolare continua. I gesuiti incoraggiano il culto mariano
e lo Stabat Mater diventa la sequenza ufficiale della mobile festa della Madonna dei sette dolori. A inizio Settecento, la preghiera medioevale cattura linteresse dei maggiori compositori. Alla corte imperiale di Vienna, Johann Joseph
Fux, MarcAntonio Ziani e Antonio Caldara lo impiegano per grandi affreschi
con voci sole, coro e orchestra. Antonio Vivaldi ha minori risorse nella chiesa
di Santa Maria della pace di Brescia per il suo frugale Stabat Mater del 1712:
pur scritto in velocit, mostra uninventiva melodica resa ancora pi espressiva dalla prevalenza del modo minore e dei movimenti lenti. A Napoli, Domenico Scarlatti precede il padre Alessandro con uno Stabat Mater dal consistente organico di solisti, doppio coro a cinque voci e organo (circa 1719). Quando nel 1727 papa Benedetto xiii riammette lo Stabat Mater fra le sequenze
ufficiali della liturgia, il recupero completo e dura fino ai nostri giorni.
Il capolavoro di Pergolesi nasce appunto in questo clima, accanto alle sue
altre e non banali composizioni dispirazione religiosa: gli oratori La conversione di san Guglielmo (1731) e La Fenice sul rogo, due messe, due Salve
Regina, cose minori. Nello Stabat Mater la musica cerca sempre un rapporto
emotivo con la parola. Meno attenzione va alla struttura della lauda, le cui
originali dieci strofe di sei versi ciascuna raggruppate in tre sezioni (1-4 racconto, 5-8 compassione, 9-10 redenzione) diventano dodici numeri musicali, di solito costruiti su tre versi o loro multipli: 3x3 nel quinto numero, 3x5
nel nono, 3x2 in decimo e undicesimo. Pi evidenti sono i riferimenti allo
stile teatrale in uso nella Napoli del tempo. Non ci sono i gorgheggi virtuosistici allora comuni, ma molte arie e duetti dello Stabat Mater ripercorrono
stilemi adottati dallo stesso Pergolesi nelle contemporanee opere serie o
buffe, compreso il celeberrimo intermezzo La serva padrona (1733). Sono
cose che fanno parte delle convenzioni del tempo, perch tutti gli autori di
musica sacra sono anche prolifici compositori di opere teatrali di ogni genere. Come dimostrano Scarlatti e Vivaldi.
Grazie alla compattezza dellorganico e alla genialit melodica, alla magica capacit di esprimere il dolore senza mai alzare la voce, lo Stabat Mater di

1736 Stabat Mater 201

Pergolesi ha diffusione immediata. Linformatissimo Johann Sebastian Bach


presto in possesso di un manoscritto, che attorno al 1747 rielabora nella
cantata autonoma Tilge, Hchster, meine Snden bwv 1083: mantiene con
poche varianti la musica originale ma sostituisce le parole con quelle del
Miserere, il salmo 51, in unanonima versione in lingua tedesca. Usa il testo
latino Franz Joseph Haydn nella sua versione (1767, rivista nel 1781) per un
importante organico in cui le consuete arie bipartite di solisti e orchestra
sono integrate da cori di taglio handeliano. E si rif direttamente a Pergolesi
la versione che Luigi Boccherini scrive nel 1781 durante il suo lungo soggiorno alla corte spagnola e che diventa la sua pi importante composizione
corale. La bella traduzione di Friedrich Klopstock usata da numerosi autori tedeschi di fine Settecento e pieno Ottocento, anche dal giovane Franz
Schubert nel suo Stabat Mater D 383 (1816), chiaramente ispirato da Pergolesi (stessa tonalit di fa minore, stessi dodici numeri, stessa disposizione
delle arie) ma arricchito da preludio orchestrale, coro che sostituisce i duetti, sottolineature di strumentini, drammatizzazione di ottoni, complessa fuga
sullAmen.
In unItalia concentrata sul melodramma, lo Stabat Mater di Pergolesi
resta un mito. Giovanni Paisiello ritiene troppo esile lorchestrazione originale e nel 1810 aggiunge un coro maschile e strumenti a fiato. Gioachino
Rossini lo ascolta in giovent e lo giudica perfetto, inarrivabile. Per, lasciate le scene per cercare nuovi repertori, nel 1831 cede alle insistenze di un
ricco prelato spagnolo che gli chiede un nuovo lavoro sacro. Sceglie il testo
dello Stabat Mater, compone fino a met e lascia il resto al fidato Giovanni
Tadolini. Lo Stabat Mater viene eseguito per la prima volta a Madrid nel 1832
e subito dimenticato. Dopo essere uscito da una depressione durata un decennio, Rossini sostituisce le parti di Tadolini e ne prepara una nuova versione, presentata al Thtre Italien di Parigi il 7 gennaio 1842 e ripresa il 18
marzo a Bologna. Qui la direzione affidata a Gaetano Donizetti perch
Rossini non si sente in grado di controllare lemozione e la fatica. Il successo
immediato, giustificato dalla straordinaria qualit del lavoro. Che un
sontuoso affresco in dieci parti distinte, sbalzato da una scrittura che combina il contrappunto corale in stile antico, appreso alla scuola bolognese di
padre Martini, con arie e duetti alla maniera dellopera moderna. Stupisce la
qualit delle parti soliste, che alle due voci femminili aggiunge un tenore e un
basso, spesso in dialogo con il coro e sempre sostenuti da unorchestra di
discreta consistenza. A differenza di Pergolesi, Rossini accentua i toni drammatici e non schiva i virtuosismi canori, con un acrobatico salto nel registro
sopracuto in Cujus animam, pensato per la voce del tenore lirico moderno.
Ci sono ora due riferimenti, Pergolesi e Rossini, che incoraggiano altri
autori. Franz Liszt, nel pieno della sua crisi mistica e negli anni romani tra-

202 III. Il temperamento e larmonia

scorsi come abate dellordine dei frati minori, inserisce lo Stabat Mater in
due suoi lavori maggiori. Nelloratorio Christus (1862-67, revisione 1873)
opta per una versione corale a grande orchestra sinfonica con citazione finale che rimanda a Palestrina. Nella Via Crucis per soli, coro e organo (187879), la melodia della lauda antica risuona tre volte sulle parole dei primi
versi e una quarta volta viene affidata al solo organo (o pianoforte), in quello stile arcaico e processionale che sta alle radici della preghiera. Ancora pi
lontano dallintimit di Pergolesi lo Stabat Mater che Charles Gounod
scrive nel 1867: coro a sei voci, grande orchestra sinfonica e grande organo.
Non da meno Antonn Dvok che nella sua op. 58 non trascura solisti e
orchestra, ma lascia grande spazio al coro e ricompone il testo (sempre latino) in modo originale. Giuseppe Verdi inserisce con grande consapevolezza
stilistica uno Stabat Mater nei suoi estremi Quattro pezzi sacri (1888): un affresco per coro e orchestra che guarda al rigore rinascimentale, non alla
scena ottocentesca.
Nel Novecento, il mito di Pergolesi resta vivissimo (Pulcinella di Stravinskij, 1920) e non si perde il fascino dello Stabat Mater. Ne fa uno dei
propri capolavori Karol Szymanowski (1926), in lingua polacca, con musica
che unisce i modi gregoriani e il canto popolare, sempre con profluvio di
mezzi vocali e strumentali. Lo spirito ironico ai limiti dellirriverenza, combinato a una fede profonda, anima lo Stabat Mater per soprano, coro e orchestra di Francis Poulenc (1950). Sia lamericano Lennox Berkeley (op. 28 per
sei voci e orchestra da camera, 1949) che il tedesco Giselher Klebe (op.46
per soli, coro, grande orchestra, 1964) mantengono i timbri tradizionali,
mentre il polacco Krzysztof Penderecki (1962) scatena folate materiche e
lestone Arvo Prt (1986) si ferma estatico sulle risonanze acute del campanello piccolo, il tintinnabulum.
Inizia il secondo millennio largentino Luis Bacalov, di religione ebraica,
che ottiene notoriet come autore di canzonette, di colonne sonore (Il Vangelo secondo Matteo, Le mani sulla citt, Quin sabe?, La citt delle donne, Il
postino premio Oscar 1995), della curiosa Misa tango (2000) con inserti di
tango e milonga accanto a canzoni pop e ricordi gregoriani nella scrittura
della messa cattolica. Ma che anche autore di un emozionante oratorio
laico in cui la Madonna, che piange il figlio crocifisso della tradizione cristiana, rinasce moltiplicata nelle tante madri argentine che, in lacrime nella
Plaza de Mayo di Buenos Aires, chiedono giustizia per i loro figli massacrati
dalla dittatura. Sintitola Estaba la Madre, scritto su commissione dellOpera
di Roma nel 2004 e subito ripreso in tutto il mondo. E di sicuro Bacalov non
sar lultimo ad aggiungersi alla serie degli oltre 400 musicisti che nei secoli
hanno legato il loro nome allo Stabat Mater e il cui elenco si pu trovare sul
sito www.stabatmater.info/composers.html.

1736 Stabat Mater 203

Ascolti
Pergolesi Collection, C. Abbado, Orchestra Mozart, Archiv 2009
A. Scarlatti, Messa per il SS. Natale, R. Alessandrini, Concerto Italiano, Naive 2008
G. Rossini, Stabat Mater, A. Pappano, Santa Cecilia, emi 2010

Letture
F. Degrada (a cura di), Studi pergolesiani i, La Nuova Italia, Scandicci 1986
F. Degrada (a cura di), Studi pergolesiani ii, La Nuova Italia, Scandicci 1988

1739 Essercizi per gravicembalo


Domenico Scarlatti

Sonata monotematica e bipartita Domenico Scarlatti


Estremi armonici fissi: tonica-dominante, dominante-tonica Percorsi flessibili in espressione e velocit Couperin
Rameau Bach Voglia di pianoforte
Monotematica e bipartita: la formula che va bene per qualificare (quasi)
tutte le circa 555 sonate per clavicembalo di Domenico Scarlatti. Significa
che ciascun lavoro si basa su un solo tema (motivo, melodia, inciso) sviluppato in due parti distinte, secondo un percorso armonico fisso. Si parte
dalla tonalit fondamentale e si giunge a quella di dominante. Dopo aver
ripetuto il percorso per fissarlo nella memoria, dalla dominante si torna alla
tonalit fondamentale, ripetendo anche questo rientro. La formula aabb ben
esprime uno schema che non certo la novit, anzi la regola che troviamo
nei movimenti di danza della musica strumentale, spesso nel Cinquecento,
sempre in Seicento e Settecento. Sono organizzati cos i movimenti che, da
Froberger in poi, formano le suite di danze, nellItalia di Corelli e Vivaldi,
nella Francia di Couperin e Rameau, come nella Germania di Bach e nellInghilterra di Hndel.
Lo stesso Domenico Scarlatti ne ben consapevole. Infatti, apprende la
musica alla scuola del padre Alessandro, lallievo di Carissimi che fonda la
scuola operistica napoletana, inventa la cantata da camera, ed pure un ottimo clavicembalista e autore di una bella serie di toccate e magnifiche variazioni sulla Follia (1715). Domenico esordisce diciottenne come operista nel
1703, a Napoli. Soggiorna col padre a Firenze, completa gli studi a Venezia,
dove conosce Vivaldi. Nel 1709 si stabilisce a Roma. Vi resta dieci anni. A
palazzo Ottoboni ha modo di confrontarsi, su cembalo e organo, con il coetaneo Hndel (risultato di parit). Mette in scena numerose opere teatrali. Fa
il maestro di cappella prima della regina (in esilio romano) di Polonia, poi
della basilica di San Pietro. Programma una visita a Londra nel 1719, dove
lanno seguente viene rappresentato, con il titolo Narciso, il rifacimento di
una sua opera del 1713. A fine 1719 arriva a Lisbona: lascia il teatro, si dedica alla musica sacra e alloratorio, diventa maestro di clavicembalo della futura regina di Spagna. spesso assente dalla sede per viaggi vari, fra cui una
lunga permanenza in Italia (1724-28?). Dal 1729 trova il suo buon ritiro in
Spagna, prima a Siviglia, poi (dal 1733) a Madrid, sempre al servizio della
corte reale senza altre incombenze che insegnare il clavicembalo alla figlia

1739 Essercizi per gravicembalo 205

del re. Nella capitale ritrova anche Carlo Broschi detto Farinelli, il castrato
per il quale lintera Europa (compresa la Londra di Hndel) ha fatto follie e
che, ritiratosi dalle scene, per undici anni (1735-46) ha il compito di alleviare le malinconie del re Filippo v cantandogli ogni sera quattro arie con la
dolcezza ammirata in teatro tanto tempo prima.
Con questa biografia, difficile sostenere che Domenico Scarlatti sia un
esiliato a Madrid. Emerge invece come uno degli autori pi eclettici e cosmopoliti del suo tempo, attento osservatore e assimilatore del tanto che si ritrova intorno. Soffre, come tutti, il rapido tramonto della produzione teatrale e
la scarsa circolazione di quella sacra. Ma la sua musica per clavicembalo,
appunto le sonate, ha eco vasta e crescente. Merito della sua curiosit, che
diventa variet di fonti dispirazione. Si sente lorigine italiana, non solo nel
rigore formale che gli trasmette il padre, ma anche nelleccentrica invenzione
del precursore romano Bernardo Pasquini, lautore della Toccata con lo
scherzo del cucco (1698 circa) che tuttora piace. La tradizione tedesca gli arriva dalla familiarit con Hndel, ottimo cembalista addestrato a Halle e
Amburgo. Forse a Londra, ma non solo, conosce la tradizione virginalistica
inglese. Mancano molti riscontri biografici, ma evidente che Scarlatti padroneggia lo stile clavicembalistico dei francesi del suo tempo. Dalle residenze degli ultimi decenni, Portogallo prima, Spagna dopo, assimila pizzicati di
chitarre e schiocchi di nacchere, che si aggiungono alle cadenze del flamenco
e al melodizzare arabo moresco.
Sono gli elementi di dettaglio quelli con cui Scarlatti anima il percorso
fra i due poli gravitazionali del sistema tonale moderno codificato da Rameau solo nel 1722, ma da decenni adottato nella cultura materiale dei
musicisti di professione. Il discorso musicale viaggia per sua natura dal
polo fissato dalla nota fondamentale della scala musicale prescelta (la tonica, quella che determina la tonalit dellimpianto) verso il quinto grado (la
dominante, la nota acusticamente pi compatibile con la fondamentale). Si
parte dal riposo della consonanza fondamentale per arrivare al riposo provvisorio della dominante, spinti dalle dissonanze dei passaggi intermedi, di
regola generati dallintervallo estremo del settimo grado. Il teorico che
conia i nuovi termini (fondamentale-quinta-settima, cio tonica-dominante-sensibile) appunto Rameau, aggiornando (e ampliando) princpi inventati fin dal xii secolo da Protin alla Scuola di Notre-Dame e applicati dai
tanti successori. Come tutti i suoi grandi contemporanei, Domenico Scarlatti sa bene che quello che conta il percorso, non la linea di partenza e di
arrivo. Esprime la sua fantasia inventando rotte sempre pi rischiose e
raffinate per evitare lovvio dei passaggi diretti e stupire lascoltatore con
eleganti virate (modulazioni) che indicano mete inconsuete per poi, con
non minore disinvoltura, tornare sulla retta via, subito smarrita, salvo tro-

206 III. Il temperamento e larmonia

varsi improvvisamente allarrivo avendo percorso strade ancora diverse.


Solo la fantasia e lardire del momento suggeriscono come passare (modulare) da un territorio (tonalit) allaltro, ferme restando le tappe iniziali,
intermedie e finali.
Scarlatti capisce che la dissonanza il motore che spinge il discorso musicale. Pi insistita, pi faranno effetto le consonanze dei punti di partenza
e di arrivo. Leggendo il testo, stupisce la quantit delle dissonanze disseminate in ogni battuta. Che invece sono naturali allascolto, tanto sono integrate e funzionali a un disegno che mette sullo stesso piano tutti i parametri
musicali. Il timbro, cio il colore del suono, sta in primo luogo. Scarlatti ottiene effetti magici volando sulla tastiera, con glissandi e arpeggi, picchiettare di note ribattute, salti dei polsi e incrocio delle mani, note doppie e accordi fragorosi. E quando la velocit cede il passo al canto, le spezie dissonanti
restano e danno sapore, stemperate per dalla sapiente disposizione delle
parti, dagli intrecci fra melodie e accompagnamento, dalla densit dei grumi
di note.
Bastano gli accorgimenti e le invenzioni nella tecnica esecutiva per mantenere tensione nella struttura. Tutte (quasi tutte) le 555 sonate sono semplici, brevi, monotematiche e bipartite. Ciascuna indipendente dallaltra,
nessuna raggruppata come suite di danze, alla maniera inventata da Froberger nel secolo passato. Non servono le architetture di grande respiro di
Bach. C un fine didattico, ovviamente, ma non sistematico e non neppure il pi importante. Scarlatti vuole soprattutto stupire gli ascoltatori e
compiacersi della propria bravura. Diffida dei sentimentalismi e non crede
nel ruolo demiurgico della musica. Non abbozza messaggi universali. Evita
ogni aggancio con le sfere esterne dei drammi e delle emozioni, con le astrazioni teoriche e le leggi naturali cos gradite ai francesi, dal pi anziano
Couperin al coetaneo Rameau.
Intitolando ogni suo pezzo per cembalo semplicemente sonata o essercizio, limitandosi a qualche vaga indicazione agogica (allegro, presto, adagio ecc.) Domenico Scarlatti si distingue subito e bene da
Franois Couperin, lesponente di maggior spicco di una famiglia di musicisti francesi attiva fra Seicento e Settecento, seconda per importanza solo a
quella dei Bach in Germania.
Couperin anche erede della tradizione strumentale francese del Seicento. Lui stesso organista (e autore delle messe alluso delle parrocchie e
dei conventi, alla maniera di Frescobaldi), sviluppa le idee dei maestri Jehan
Titelouze e Louis Marchand (che nel 1717, di passaggio a Dresda, fugge per
evitare un confronto diretto con Bach). Conosce bene il repertorio dei liutisti, la voglia di espressione e di colore dei virtuosi di viola da gamba. Come
a loro, la terminologia musicale astratta non gli basta. A ciascun brano

1739 Essercizi per gravicembalo 207

della sua favolosa produzione clavicembalistica attribuisce un titoletto che


suggerisce un contenuto, anche se di rado lo spiega: Le Carillon de Cythre,
Le Coucou, Les Barricades mystrieuses, Soeur Monique... Nei suoi quattro
Livres de pices de clavecin, pubblicati fra 1713 e 1730, Couperin raccoglie
un totale di oltre 200 brani, suddivisi in 27 ordre (che poi sono suite), ciascuno con un minimo di 4 e un massimo di 22 pezzi distinti.
Non ci potrebbe essere sintesi migliore di una tradizione francese che da
secoli vede la musica come imitazione della natura e che dellonomatopea fa
una ragione di vita, dal canto degli uccelli al frusciare dei venti, con invasioni prefreudiane nellambito dei sentimenti e dei costumi sociali. I titoli danno il sapore dei futuri, ottocenteschi pezzi di genere e servono a colorare
una sostanza fatta con le formule consuete delle suite di allora, danze bipartite aabb, in forma di rond con inserimenti di episodi nuovi (abacad e relative varianti), tema con variazioni che talvolta diventa rivisitazione di
ciaccone e passacaglie. Il tutto arricchito dalla molteplicit degli ornamenti, stimolati dalla crescente agilit delle dita sulle leggere tastiere del cembalo
e dallinveterata tradizione francese, meravigliosa sorgente di timbri per
Maurice Ravel e Claude Debussy.
Molta cura allornamentazione delle sue composizioni per cembalo dedica anche limmediato successore di Couperin, Jean-Philippe Rameau, che
pubblica ventiquattrenne un Premier livre de pices de clavecin (1706) gi
zeppo di abbellimenti e di arabeschi: otto pezzi con un Prlude libero da
scansioni di tempo, una serie di danze (allemanda, corrente, giga, sarabanda,
gavotta, minuetto), pi un bozzetto intitolato Vnitienne, omaggio a una
Venezia ammirata nel 1702 e mai pi rivista. Per quasi ventanni, Rameau si
dedica alla professione di organista a Digione, Avignone, Parigi, e alla speculazione teorica, pubblicando nel 1722 il famoso Trait de lharmonie
rduit ses principes naturels che razionalizza i fondamenti dellarmonia
moderna. Soltanto nel 1726 esce a stampa la sua nuova raccolta di pezzi per
clavicembalo, con dichiarati fini didattici e una preziosa Table pour les
agrments che espone in dettaglio i modi in cui si devono realizzare le ornamentazioni per le musiche sue (e altrui). Alle sette danze tradizionali, si aggiungono 13 pezzi caratteristici con titolazioni bizzarre. Hanno fortuna
immediata e durevole Tambourin, Les Soupirs, Les Cyclopes, Les Tourbillons.
Le Rappel des oiseaux una tappa fondamentale nel percorso di ornitologia
musicale francese che dal Cinquecento polifonico di Janequin porta al Novecento pianistico e orchestrale di Messiaen. Testimonianza dellinternazionalit della musica in quel tempo Les Niais de Sologne (dal significato
criptico), una serie di variazioni su un tema di gavotta tanto vicino a quella
che troviamo nella Suite in re minore di Hndel (pubblicata nel 1720) da
sembrare un plagio.

208 III. Il temperamento e larmonia

Grande fortuna ha anche la terza e ultima collezione per cembalo di Rameau, pubblicata nel 1728, ancora pi orientata verso il lato descrittivo, con
inclusa la celeberrima La Poule, assieme ai ritratti esotici Les Sauvages e
LEgiptienne, alle ironie di LIndifferante, alle acrobazie tecniche di Les Triolets e alla ripetuta prova di forza delle variazioni alla maniera di ciaccona di
Gavotte avec doubles. Nella nuova raccolta Rameau sembra pi che mai impegnato ad applicare le sue teorie armoniche. Sono pi frequenti le progressioni, le modulazioni, le dissonanze. Un brano specifico (LEnharmonique)
sperimenta una conseguenza inevitabile della sua teoria, lenarmonia, ossia
la doppia lettura (e dunque funzione) di un singolo accordo, lequivalenza
acustica di diesis e bemolle. In un certo senso il buco nero nel sistema razionale, lambiguit delle certezze. Linventore il primo a coglierne la portata. Spetter a Wagner e successori, oltre un secolo dopo, spingere alle
estreme conseguenze e dichiarare defunto il sistema tonale.
Speculare rispetto a Domenico Scarlatti, il cinquantenne Rameau abbandona il clavicembalo e si dedica interamente al teatro dopera. Forse
non crede pi nello strumento. Comunque i suoi pi famosi lavori per tastiera hanno un fondo teatrale, che lui non manca di sfruttare, trasformandone molti in inserti orchestrali e addirittura scene complete del suo teatro
delle meraviglie. Scarlatti, invece, nei suoi ultimi anni resta fedele al clavicembalo, anche se probabilmente gran parte delle sue produzioni realizzata in giovent e solo riordinata e integrata nel trentennio madrileno.
Mancano gli autografi e i tentativi di stabilire una cronologia hanno dato
risultati incerti. Pu anche darsi che Scarlatti abbia gi ben presenti le qualit del fortepiano inventato da Bartolomeo Cristofori nella Firenze di fine
Seicento, probabilmente collaudato durante lapprendistato fiorentino e
ritrovato a Madrid. Lanalisi stilistica e il senno di poi rendono lipotesi
credibile. Lassoluta adattabilit di ogni sonata al pianoforte moderno ne
prova ulteriore. Sicuro che la prima raccolta a stampa esce a Londra nel
1739, con titolo italiano (Essercizi per gravicembalo), pubblicata da quel
Thomas Roseingrave che Scarlatti incontra a Venezia nel 1709 e forse di
nuovo a Londra nel 1719. Ben preparata da una precedente e ampia circolazione dei manoscritti, ledizione londinese ha immediato successo. ristampata a Parigi. Lo stile di Scarlatti si diffonde in tutta Europa. Influenza
il Bach del secondo Clavicembalo ben temperato e delle Variazioni Goldberg.
Ispira Carl Philipp Emanuel Bach e Muzio Clementi. Arriva a Mozart e
Beethoven. Il bravissimo didatta Carl Czerny lo trasmette a Liszt. Incanta
Chopin, Schumann, Brahms. Escono nuove edizioni di altre sonate. Dal
gioioso zibaldone di mezzo migliaio di frammenti musicali uguali nella
forma ma diversi nel dettaglio, nasce la moderna musica per pianoforte.

1739 Essercizi per gravicembalo 209

Ascolti
D. Scarlatti, Lintegral de clavecin i-xii, S. Ross, Erato 2005
D. Scarlatti, Sonatas, W. Horowitz, Sony 2003
J.P. Rameau, Pices de clavecin, C. Rousset, LOiseau Lyre 1991
F. Couperin, Ordres de clavecin, M. Borgstede, Brilliant 2006

Letture
R. Pagano, Scarlatti: Alessandro e Domenico, due vite in una, Mondadori, Milano 1981
R. Kirkpatrick, Domenico Scarlatti, Princeton University Press, Princeton 1983

1741 Variazioni Goldberg


Johann Sebastian Bach

Il canone ordinatore Bach e le variazioni Omaggi a


Lully Stile clavicembalistico a met Settecento Bach
galante ed espressivo LOfferta musicale Simbolismi
numerici Influsso su Beethoven e Brahms, sul Novecento
storico
Come nel Clavicembalo ben temperato precedente (volume i, 1722) e contemporaneo (volume ii, 1742), una gradinata musicale ascendente a incardinare lAria con 30 variazioni, comunemente nota come Variazioni Goldberg
di Johann Sebastian Bach. In questo caso, per, non si tratta di una sequenza di semitoni, ma di canoni. Ne troviamo nove, nei 32 numeri dello spartito,
ordinati per gli intervalli da cui parte la risposta alla melodia fondamentale.
Nel primo canone, sulla melodia iniziale (antecedente) la riposta (conseguente) parte con la medesima nota, cio allunisono. Nel secondo canone
la risposta parte su un intervallo di seconda, nel terzo di terza, poi di quarta,
di quinta fino alla nona. Prima e dopo ciascun canone sono collocate due
libere variazioni. I nove canoni pi le dieci coppie di variazioni danno un
totale di 29 brani, cui va aggiunta una variazione finale intitolata Quodlibet. Si arriva cos al numero 30, cui vanno aggiunti il tema (Aria) da cui
tutto prende avvio e la sua ripetizione alla fine, che chiude il cerchio. Il
quale tema un mero pretesto. Non la melodia dellAria che serve da
base per le variazioni e men che meno la sua sovrabbondante ornamentazione. Contano il movimento del basso e la conseguente progressione armonica. A ben vedere, ciascuna variazione potrebbe essere considerata il punto
di partenza (tema) sia di quelle che seguono che di quelle che precedono.
Ciascuna permutabile e fungibile. Come succede nelle antiche passacaglie
e ciaccone, che sono le fondamenta della musica strumentale per tastiera.
Solo i canoni sono bloccati dal senso di ordine che lautore si imposto.
Blocco che in ogni caso sfugge allascoltatore, la cui attenzione rapita assai
pi dalle invenzioni sonore che dalla disposizione del testo scritto (che invece affascina il lettore).
Ludito percepisce invece assai bene la netta distinzione delle variazioni
in due blocchi. Appena conclusa la Variazione xv (che un canone alla
quinta) compare una grandiosa ouverture alla francese, inconfondibile per
lincedere solenne e ritmato delle sezioni laterali e per il denso fugato di
quella centrale. il nuovo, ennesimo omaggio di Bach a Lully e alla scuola

1741 Variazioni Goldberg 211

cembalistica francese, in questo caso esplicita, ma implicita in quasi tutti i


segmenti che precedono e seguono. Perfino laria di partenza ha un netto
taglio alla francese che viene dalla ricchezza degli abbellimenti. Appartiene allo stile del tempo, di cui Bach ben consapevole e che lui stesso contribuisce a creare, educando alla tastiera moderna i numerosi figli e discepoli.
Primo fra tutti il secondogenito Carl Philipp Emanuel, cui si attribuisce la
paternit dello stile espressivo in assurdo contrasto con il malinteso stile
compunto del padre. La leggerezza del tocco di tante variazioni mostra
amore, oltre che conoscenza, per le invenzioni della scuola parigina di
Couperin estesa fino a Rameau. Molte tecniche (come lincrocio delle mani)
fanno pensare a familiarit perfino con Domenico Scarlatti, nella lontana
Madrid.
Le Variazioni Goldberg nascono da una lunga tradizione. In giovent
(1704) Bach scrive un Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo
che ha una bella sezione di dodici variazioni su un basso di ciaccona e termina con una turbinosa fuga a imitazione del corno del postiglione. Il ricorso
alle onomatopee e lelemento descrittivo sono ispirati dalle contemporanee
Sonate bibliche di Johann Kuhnau. LAria variata alla maniera italiana (prima
del 1710) svela lorigine nel titolo, con ovvio riferimento alla lezione di Pachelbel, di Frescobaldi e di Cabezn. Le giovanili Partite diverse (circa 1700)
rimandano ai testi dei nordici Bhm e soprattutto Buxtehude, che a loro
volta riportano alle fondanti variazioni su Mein junges Leben hat ein End
dellolandese Sweelinck, nel primo Seicento.
Riprendendo il genere delle variazioni negli anni maturi, Bach vuole farne il compendio del suo mondo musicale. Con le Variazioni Goldberg chiude
il suo maggiore progetto di didattica clavicembalistica, iniziato dopo che,
con il primo volume del Clavicembalo ben temperato si completa il primo
ciclo, fatto di Invenzioni e Sinfonie, di Suite francesi e Suite inglesi. Nel 1727,
con Sei partite per clavicembalo, si apre un nuovo ciclo, con diversi lavori
disposti in quattro raccolte che hanno in comune il titolo Clavierbung (Esercizio per tastiera). La seconda parte pronta nel 1735 e consiste in unOuverture francese e in un Concerto secondo il gusto italiano. Nella terza parte
(1738-39), lesercizio si trasferisce allorgano, con una serie di corali grandi
e piccoli incastonati fra il monumentale Preludio e una ancor pi impegnativa Fuga in mi bemolle maggiore bwv 552. La quarta e ultima parte consiste
appunto nelle Variazioni, il cui nome viene dallallievo Johann Gottlieb
Goldberg, reclutato a Dresda dal conte Hermann Karl von Keyserling con il
compito di distrarlo nelle sue frequenti notti insonni. Il tono dintrattenimento galante di gran parte della raccolta viene probabilmente dal curioso
obiettivo di essere un sonnifero musicale, anche se la variet delle soluzioni
non porta certo allassopimento per monotonia.

212 III. Il temperamento e larmonia

La data di completamento il 1741, ma evidente che Bach raccoglie


segmenti e idee elaborate lungo un periodo pi lungo. Esistono anche numerosi brani che non sono inseriti nella stesura redatta con i criteri geometrici che sappiamo. Come per tutte le opere di Bach, la formulazione non
definitiva. Nel 1744 compare una nuova versione, con varianti introdotte
fino allestremo 1750. Le Variazioni Goldberg restano dunque unopera
aperta, come Larte della fuga che le contemporanea. Testimoniano quella
voglia di variazione continua che troviamo in tutta la produzione bachiana
dellultimo decennio. NellOfferta musicale, per esempio, che altro non se
non una serie di variazioni su un tema proposto da Federico ii re di Prussia
in una memorabile serata del 7 maggio 1747 nella residenza di Potsdam. Il
re flautista e compositore invita il famoso padre del suo clavicembalista Carl
Philipp Emanuel. Propone un tema e subito Bach padre improvvisa una
fuga che lascia tutti sbalorditi.
Tornato a casa, Bach simpegna a meglio valorizzare il tema regio, ricavandone variazioni che possiamo davvero definire globali. Non cambiano solo la
melodia e larmonia che laccompagna, ma tutti i parametri musicali, dal
timbro alla forma allo stile, in perfetta sintesi dello stato dellarte musicale a
met Settecento. Lo stile galante che allora di moda ben rappresentato da
una Sonata a tre per flauto, violino e clavicembalo. Lovvio omaggio al re flautista si combina con la consapevolezza del ruolo che lo strumento, nella sua
moderna versione, si conquistato. Lantico flauto diritto (o a becco), diffuso
fin dal Medioevo e prescritto anche da Bach in numerose cantate oltre che nel
famoso quarto Concerto brandeburghese proprio in quegli anni, ormai sostituito dal pi moderno e sonoro flauto traverso. Bach ne fa il solista nella
seconda Suite-Ouverture, lo affianca al violino in numerosi concerti solistici
degli anni trenta, riprendendo la lezione di Vivaldi che al flauto traverso dedica non meno di dodici concerti. Fa scuola il sassone Johann Joachim
Quantz, virtuoso insigne e maestro dello stesso Federico ii, oltre che autore
di un magistrale trattato sullarte di suonare il flauto traverso (1752). Come ci
si aspetta, nella Sonata a tre la parte del flauto tiene conto delle capacit (moderate) del re, mentre le altre parti richiedono professionisti, soprattutto il
cembalo (forte della presenza del bravissimo Carl Philipp Emanuel). Le due
fughe, denominate ricercari alla maniera antica (di Frescobaldi), guardano
in buona parte al passato. Pi moderna, forse, quella a tre voci che appare
legata alla famosa improvvisazione. Provocatoria e ibrida quella a sei voci, il
cui contrappunto lineare da un lato richiama i fiamminghi Ockeghem e Desprs, dallaltro ispira lultimo Beethoven, quello della sonata Hammerklavier
e della Grande fuga per quartetto di archi, assieme a tanta musica che, dissoltasi larmonia tonale a fine Ottocento, cerca nella polifonia le fondamenta per
ricostruire nel Novecento un discorso musicale assieme razionale ed emotivo.

1741 Variazioni Goldberg 213

Completano lOfferta musicale nove canoni che si potrebbero dire fuori


dal tempo. Nel senso che utilizzano una forma che non si mai persa dalle
sue origini inglesi duecentesche, non importa se con i necessari ammodernamenti (si veda librido canone fugato n. 4). Per nascono anche dalleterna voglia di trovare fra gli intervalli musicali valori trascendenti la musica
stessa. Simboli numerici, che portano implicazioni teologiche o suggestioni
esoteriche. Canoni perpetui, intesi come eterni ritorni di una stessa idea, che
rinasce sovrapponendosi su se stessa in tempi e livelli diversi. Esercizio della mente trasposto sulla carta e che suona bene allorecchio che non ne coglie
il senso. Non a caso, proprio in quegli anni Bach lavora allArte della fuga e
resta affascinato dal circolo misterico matematico di Lorenz Christoph
Mizler, per il quale scrive le Variazioni canoniche su un canto di Natale
(1747), 14 canoni in forma di variazione sul corale Vom Himmel hoch da
komm ich her. un altro mirabile gioco di simmetrie e tromp-loeil, che ben
esprime la fantasiosa razionalit del secolo dei lumi e la natura profonda
della musica stessa.
Immenso limpatto di questo modo globale di intendere la tecnica soltanto strumentale della variazione. Sfugge solo alla generazione successiva di
Haydn e Mozart. Non a Beethoven che ne ricava, fra laltro, le monumentali Variazioni Diabelli per pianoforte (1824). Non a Schumann. Tanto meno a
Brahms. E poi a Reger, Busoni, Schnberg. Con Webern che rilegge nei
timbri il Ricercare a sei voci, e Stravinskij che trasporta in orchestra le Variazioni canoniche.

Ascolti
J.S. Bach, Goldberg Variations, T.D. Pinnock, Archiv 1985
J.S. Bach, Goldberg Variations, M. Perahia, Sony 2000
J.S. Bach, Musical Offering, G. Leonhardt Ensemble, Sony 1997

Letture
J. Ldtke, Bach und die Nachwelt, 4 voll., Laaber Verlag, Laaber 2005
P. Williams, Goldberg Variations, Cambridge University Press, Cambridge 2001
R.G. Gaines, Evening in the Palace of Reason, Harper, New York 2005

1742 Il Messia

George Frideric Handel


Le mutazioni di un capolavoro Libero collage Organico spartano Oratorio come alternativa economica allopera teatrale Il successo britannico Passaggio della
Manica Rielaborazione di Mozart Loratorio nellOttocento Le versioni monumentali Il ritorno alle misure
settecentesche

Cresce e si trasforma come un vero organismo biologico Il Messia di Handel


(ormai senza dieresi). Sembra perfino seguire i princpi evolutivi di JeanBaptiste Lamarck non meno di quelli genetici di Charles Darwin, nel senso
che le sue mutazioni nel tempo dipendono dallambiente in cui vive, oltre
che dal codice che ha in s. Di sicuro il genitore Hndel si limita a fornire le
cellule staminali che, come sappiamo, poco predicono sullaspetto finale
dellindividuo maturo. A sua volta il figlio Messia mantiene il suo corredo
genetico, si adatta ai condizionamenti del suo ambiente, che per riesce anche a piegare alla propria misura: condiziona i grandi musicisti venuti dopo;
impone nuovi modi di intendere la grande musica; in assoluto il primo
caso di un lavoro musicale di vaste proporzioni la cui popolarit non tramonta nel corso di quasi tre secoli. Quello del Messia un percorso miracoloso,
che possiamo seguire bene perch la sua vita ben documentata, dal concepimento alla nascita, allinfanzia, alla giovinezza, fino a una maturit che
tuttora evolve.
Non certo il percorso che si aspetta Handel, quando nellagosto del
1741 lamico e mecenate Lord William Cavendish, ambasciatore inglese a
Dublino, lo invita a raggiungerlo portando con s un lavoro da eseguire in
pubblico per fini caritatevoli. Accetta e sceglie un libretto scritto dal fidato
Charles Jennens, letterato e straricco gentiluomo di campagna. Il testo
dedicato alla figura di Ges, articolato per non nella tradizionale forma
narrativa delloratorio allitaliana, ma come libero collage di passi tratti
dallAntico e Nuovo Testamento. Sul piano musicale non si notano innovazioni strutturali. Resta fisso il modello di oratorio-passione elaborato nel
Seicento dallitaliano Carissimi, importato in Germania da Schtz e perfezionato da Telemann e soprattutto da Bach. Cio una successione ordinata
di arie solistiche e di cori polifonici, nella quale si narrano e commentano
vicende di santi e profeti della Chiesa, con particolare attenzione alla vita del
Redentore. In verit, nei suoi oratori inglesi precedenti (e successivi) Handel

1742 Il Messia 215

pi interessato a raccontare le gesta di personaggi biblici intesi come eroi


piuttosto che come anime pie e profeti del paradiso. Vede loratorio come
opzione pi economica (dunque finanziariamente meno rischiosa) rispetto
allopera lirica.
Il Messia, per concezione, il pi spartano di tutti gli oratori di Handel,
passati e futuri. ridotto al minimo lorganico strumentale, che allinizio
chiede solo due parti di violino, una di viola e qualche raro intervento di
tromba, oltre al consueto basso continuo. Handel sa bene che a Dublino pu
contare solo su magre risorse tanto vocali che strumentali. Al solito, per
guadagnare tempo prezioso, non disdegna di riciclare pagine dai lavori precedenti, meno da lontane composizioni tedesche o italiane, pi da recenti
pezzi sacri e profani inglesi. Non mancano citazioni di motivi altrui. Troviamo perfino una piva di zampognari, ricordo di lontane feste natalizie romane. La carta vincente sta nel coro che spiega e commenta, alla maniera del
teatro greco, voce del popolo, voce di Dio. Handel d il meglio di s nella
scrittura delle parti corali, dove alterna spezzoni di antica polifonia con lampi melodici di taglio teatrale. Sulliterazione e sulla sovrapposizione di segmenti elementari costruisce un senso di attesa alimentata dallespansione del
volume sonoro e spinta verso la trionfale conclusione dalla forza della moderna armonia tonale. Come succede appunto nel celeberrimo Halleluja
che chiude la seconda delle tre parti in cui disposto il lavoro.
La velocit di composizione della musica si rivela un formidabile elemento unificante. Le risorse limitate fanno di necessit virt. Sapendo di non
avere virtuosi a disposizione, Handel scrive arie semplici e quasi popolaresche. Molte melodie trovano, si direbbe per incanto, la via per scolpirsi nella
memoria. Il coro, in pratica assente nelle opere teatrali allitaliana, ha un
ruolo trainante. una scoperta che Handel fa una quindicina di anni prima,
scrivendo musica doccasione, che lo interessa poco ma che gli garantisce
lauti compensi e sicura fama. Infatti, sono del 1717-19 le cantate celebrative
(Chandos Anthems) destinate ai palazzi londinesi (Mayfair) e di campagna
(Cannons) del magnate James Brydges, duca di Chandos. Il modello viene
dalla tradizione inglese di Purcell, ma anche da quella francese sacra e profana prodotta a fine Seicento da Lully, Charpentier, Delalande; oltre che dai
tedeschi del primo Settecento, ritrovati nel corso dei ritorni in patria del
1711 e 1717.
Gli impegni teatrali degli anni venti e trenta tengono Handel lontano
dal coro e dalle composizioni doccasione, ma la crisi finanziaria e artistica
legata al collasso dellattivit teatrale gli fa reinventare il dimenticato genere delloratorio. Gi la cantata Acis and Galatea (1718) anticipa la scoperta
del 1732, quando entra nella stagione operistica del teatro di Haymarket un
nuovo genere musicale: Handel definisce Esther oratorio in lingua inglese

216 III. Il temperamento e larmonia

e lo ricava trasformando una specie di masque sacro scritto nel 1718 per il
duca di Chandos. Laccoglienza eccellente. Il successo si ripete anche
nella stagione successiva, con due nuovi oratori, Deborah e Athalia. Per
Handel continua a credere nellopera italiana e non sfrutta subito la nuova
opportunit. Lo bloccano anche problemi di salute. Quattro anni dopo, il
deteriorarsi dellinteresse del pubblico per lopera e la conseguente crisi
finanziaria fanno capire a Handel che lo spettacolo oratoriale, senza scene
e costumi, senza cantanti primedonne, costa meno e richiama pi pubblico
pagante. In parallelo al tramonto dellopera, la grande stagione delloratorio allinglese inizia con The Triumph of Time and Truth (1737), rifacimento
dellitaliano Il trionfo del Tempo e della Verit scritto per Roma trentanni
prima.
Nel 1739 segue Saul, presentato al Covent Garden con intenti ambiziosi e ancora un po operistici, evidenti nella grande orchestra mobilitata e nel
mantenimento dellaria solistica con da capo. Il nuovo stile si manifesta
appieno per in Israel in Egypt. Come al solito, Handel si affida al suo archivio e non ha scrupoli a utilizzare musiche altrui: non solo pagine del
noto Alessandro Stradella, ma anche un Magnificat di Dionigi Erba e un Te
Deum di Francesco Urio, entrambi autori minori (e dunque poco identificabili) del Seicento italiano. Si ingegna anche a integrare lofferta mettendosi a disposizione come solista in concerti per organo e orchestra inseriti
negli intervalli delle rappresentazioni. Oltre che il soggetto (di regola biblico) e la lingua inglese, piacciono i grandi cori, assenti nelle opere italiane.
Il sagace Handel si affretta a inserirli in gran numero nei nuovi lavori, a
partire appunto da Israel in Egypt. Il coro spesso protagonista, talvolta
antagonista dei personaggi individuali, di regola presenza immanente e risolutiva.
I due nuovi oratori non hanno per il successo sperato. Per un paio danni Handel si dedica ad altro. Riscrive concerti grossi alla maniera seicentesca
di Corelli e abbozza i concerti per organo. Si concede alla musica doccasione con lOde for St. Cecilias Day su testo di John Dryden gi usato da Purcell.
Nel 1741, anno in cui scrive, di corsa e senza molta convinzione, il Messia che
gli garantisce limmortalit, consuma il suo ultimo atto damore per lopera
italiana, Deidamia, subito dimenticata e mai pi davvero riscoperta. Invece
ha un successo clamoroso il nuovo oratorio, presentato per la prima volta il
13 aprile 1742 a Dublino con 7 solisti di canto reclutati sul posto, un coro di
16 ragazzi e 16 adulti, una piccola orchestra. La ripresa londinese, con scrittura vocale aggiornata e quella strumentale ampliata, va tanto bene da convincere Handel a concentrarsi sulloratorio e a comporne altri undici, circa
uno allanno fino al 1751. Samson (1743) e Solomon (1749) hanno la maggiore fortuna.

1742 Il Messia 217

Il decollo del Messia non per immediato. Ci sono solo sette riprese
fino a quando, nel 1750, Handel simpegna a dirigerlo per beneficenza ogni
anno. Quando muore, nel 1759, le riprese sono ben 56 e comincia la diffusione fuori dallarea inglese. Prima opera importante di Handel che riesce
ad attraversare la Manica, Il Messia esordisce in Germania nel 1772 ad
Amburgo, prima in lingua inglese e poco dopo nella traduzione tedesca del
locale direttore musicale Carl Philipp Emanuel Bach. Mozart lo ascolta nel
1777 a Mannheim, sulla via per Parigi, ma non ci fa molto caso. Invece
Goethe impressionato da unesecuzione a Weimar nel 1780. La vera
esplosione della sua fortuna si ha a Londra il 29 maggio del 1784 quando
nella cattedrale di Westminster, con il patrocinio del re, si festeggia (erroneamente) il centenario della nascita di Handel con una cerimonia che
prevede unesecuzione monumentale del Messia, mobilitando ben 276 coristi e almeno 250 strumentisti. Seguono due repliche imposte a furor di
popolo. Continua e si diffonde la tradizione dellesecuzione annuale (di
regola a Natale, anche se Pasqua sarebbe pi indicata), nasce la Handel
Society, vengono avviati progetti di edizione completa di tutte le opere,
escono le prime biografie.
Dallinterazione fra tradizione corale inglese e adottiva passione handeliana si sviluppano i periodici incontri semicompetitivi fra formazioni semiprofessionali che durano secoli. Il pi famoso il Three Choirs Festival, che
tuttora si tiene ogni anno a rotazione nelle cattedrali di Hereford, Gloucester, Worcester. Dalla fondazione (1719), tempio della tradizione handeliana e polo di attrazione delle maggiori opere corali di Haydn e Beethoven,
Bach (sia pure solo dal 1870), Mozart e Mendelssohn (il cui Elijah fino al
1930 eseguito ogni anno). Nel Novecento anche autori britannici emergono con lavori sinfonico-corali fra il sacro e il profano, spesso innovativi: la
nostalgia per i valori del cattolicesimo in Edward Elgar (The Dream of Gerontius, 1900), il laicismo multiconfessionale di Frederick Delius (Requiem,
1922), il modernismo arricchito con inserti jazz di William Walton (Belshazzars Feast, 1931), la sintesi di una lunga vita artistica di Ralph Vaughan
Williams (The Pilgrims Progress, 1951) e infine Benjamin Britten (War Requiem, 1962) che merita un discorso a parte.
Da sempre convinti di aver a che fare con la musica di un connazionale,
i tedeschi hanno grande ammirazione per Il Messia, ma non puntano tanto
sul volume sonoro, quanto sulla sostanza della partitura. Fioccano gli aggiornamenti di altri autori, mossi dallintento di dare un robusto sostegno
strumentale alla dirompente scrittura vocale. Nella sola Germania, Il Messia
eseguito almeno quattro volte nella versione di Johann Adam Hiller: Berlino 1786 su testo italiano per oltre 500 esecutori fra voci e strumenti; Lipsia
1786 e 1788; Breslavia 1788. Le ascolta il barone olandese Gottfried van

218 III. Il temperamento e larmonia

Swieten, gi contagiato dalla passione handeliana durante il suo servizio diplomatico a Londra. Stabilitosi a Vienna, Swieten fonda unassociazione per
il recupero e la diffusione di musiche antiche. Condivide lopinione di Hiller
che la musica di Handel debba essere aggiornata ai gusti del tempo. Attorno
al 1787 convince Mozart a dirigere i concerti in casa sua e a riorchestrare
prima la cantata Acis and Galatea (1788) e poi il Messia (1789).
Gli interventi di Mozart non sono mai radicali. Qualche taglio, permutazione di poche arie, ridistribuzione di alcune parti. Mozart riserva maggiore
attenzione ai timbri: concede altro spazio agli oboi, introduce i flauti e i
suoni profondi di clarinetti, fagotti e ottoni, sostituisce la tromba con il corno
(ma solo perch non ha buoni trombettisti a disposizione); raddoppia le
parti vocali dei bassi con i sonori tromboni per rendere ancor pi drammatici e possenti i cori. Ne esce un suono molto pi denso, anzi pastoso, cos vicino a quello delle ultime composizioni mozartiane: lestrema terna sinfonica, Il flauto magico, naturalmente il Requiem. Un suono morbido, mai roboante, che piace moltissimo al raffinato pubblico viennese presente alla prima
esecuzione il 6 marzo 1790. Pur con innumerevoli varianti, la versione di
Mozart diventa un riferimento costante per le esecuzioni del Messia nei paesi di lingua tedesca, e pi in generale nellEuropa continentale. Si sente bene
negli oratori La Creazione (1789) e Le stagioni (1799) di Haydn, nel Cristo al
monte degli ulivi (1803) di Beethoven, perfino in Paulus (1836) ed Elijah
(1846) di Mendelssohn, nel Requiem tedesco (1868) di Brahms, per citare i
casi pi famosi.
I britannici e i cugini americani preferiscono competere sui volumi. Da
loro viene la voglia di fare di ogni nuova esecuzione del Messia una prova di
forza mobilitando il maggior numero di partecipanti allannuale rito handeliano. Nel 1869 la Handel and Haydn Society di Boston fa cantare lHalleluja
da almeno 10000 voci accompagnate da 500 strumenti, mentre nel 1881 a
New York, Walter Damrosch dirige lintero oratorio con un coro di 1200
adulti, 1300 ragazze e 250 ragazzi sostenuti da unorchestra di 250 strumenti. Le due guerre del Novecento e il depresso intervallo che le separa, riducono ogni voglia di gigantismo. Lo mostrano i documenti fonografici lasciati da interpreti specializzati come Thomas Beecham e Malcolm Sargent,
fatti baronetti (anche) per meriti handeliani, o i sempre tradizionali ma ancora pi sobri Georg Solti e Colin Davis. Si capisce pure la voglia di tornare
alle origini che, come nel caso della bachiana Passione secondo san Matteo,
porta nellultimo mezzo secolo al recupero degli organici e degli (immaginari) timbri originali. Quello che nella scienza della biologia un assurdo tentativo di trascrizione inversa di un organismo vivente, nellarte della musica
un miracolo che funziona, purch non alteri il piacere dellascolto e il mistero del messaggio che trasmette.

1742 Il Messia 219

Ascolti
G.F. Handel, Messiah, T. Pinnock, Academy of Ancient Music, Archiv 1990
G.F. Handel, Oratorios, C. Hogwood, Academy of Ancient Music, Decca 2005

Letture
R. Smith, Handels Oratorios, Cambridge University Press, Cambridge 1995
D. Burrows, Messiah, Cambridge University Press, Cambridge 1991

Serie IV.
Let classica

Il clavicembalo a corde pizzicate sostituito dal fortepiano a corde percosse.


La nuova tecnologia consente il controllo della dinamica ed subito sviluppata in senso espressivo. Una didattica migliorata e diffusa fa crescere in
modo esponenziale il numero dei dilettanti capaci di destreggiarsi sulla tastiera. Cresce anche il repertorio di musica facile scritta per loro: fantasie e
sonate, variazioni su melodie favorite tratte da opere di successo. La diatriba
fra la grandiosa tragdie-lyrique alla francese e la freschezza dellopera napoletana induce la querelle des bouffons. Nella seconda met del Settecento,
una riforma in senso classico tenta di riportare il melodramma alla presunta
sobriet dellantico teatro greco. Non sono comunque intaccati lo strapotere
dei cantanti e il predominio dellopera italiana in Germania, Austria e Francia, con estensione anche in Russia. Nello stesso periodo nascono i moderni
generi della sinfonia e del quartetto per archi. Luno destinato alla grande
sala da concerto, per orchestre stabili; laltro allintimit dei salotti domestici, per bravi amatori di musica da camera. Vienna diventa la culla dellopera
teatrale in lingua tedesca, prima come Singspiel, in cui alla semplice recitazione si aggiungono canti per voci sole e per coro, poi come evoluzione di
modelli italiani e francesi.
1744 6 Sonate per il duca di Wrttemberg Carl Philipp Emanuel Bach
1749Zoroastre Jean-Philippe Rameau
1749 Larte della fuga Johann Sebastian Bach
1762 Orfeo ed Euridice Christoph Willibald Gluck
1762 Sinfonie Le Matin, Le Midi, Le Soir Franz Joseph Haydn
1781 Quartetti op. 33 Franz Joseph Haydn
1783 Sonata per pianoforte K 331 Alla turca Wolfgang Amadeus Mozart
1785 Quartetto K 465 Delle dissonanze Wolfgang Amadeus Mozart
1786 Concerto per pianoforte K 466 Wolfgang Amadeus Mozart
1787 Don Giovanni Wolfgang Amadeus Mozart
1788 Sinfonia K 551 Jupiter Wolfgang Amadeus Mozart
1791 Il flauto magico Wolfgang Amadeus Mozart

1744 6 Sonate per il duca di Wrttemberg


Carl Philipp Emanuel Bach

Sonata-Fantasia Dialettica musicale Carl Philipp Emanuel Bach Musica da camera Clavicordo e fortepiano
Larte di suonare la tastiera Storie della musica Riviste
e istituzioni Musica dellIlluminismo
Capita, anche spesso, che le rivoluzioni pi incisive abbiano un aspetto di
normale continuit col passato che sconvolgono. Tutto sembra regolare e
invece tutto cambia. Come succede nella raccolta stampata nel 1744 a Norimberga con il titolo Sei Sonate per clavicembalo dedicate da Carl Philipp
Emanuel Bach a Carlo Eugenio duca del Wrttemberg (Wrttembergische
Sonaten), suo allievo. Non sono innovativi n il titolo n il numero (sei) delle
composizioni, ciascuna articolata in tre movimenti ben distinti, di regola
disposti nella sequenza Allegro moderato-Adagio-Allegro. Le irregolarit si
scoprono osservando le sequenze con maggiore attenzione. Non tanto nei
movimenti conclusivi, che scorrono su veloci e spigliati ritmi di danza. Molto di pi nei movimenti centrali, che sono sempre lenti e cercano nuovi
modi per esprimere emozioni e affetti. Non una novit, ma di rado la ricerca di espressione in una musica destinata a un solo strumento, senza supporto di parole, stata perseguita con altrettanta convinzione, negli anni e nei
secoli passati. Neppure nei movimenti centrali, tuttavia, le tecniche musicali
sono nuove: tonalit minori, melodie discendenti che si intrecciano su un
letto di dissonanze, sincopi che scuotono, fermate estatiche, sussulti improvvisi, bassi severi. Le vere sorprese si hanno nei primi movimenti. Nella loro
semplicit celano unirrefrenabile voglia di liberazione. Salta il meccanismo
della sonata bipartita (aabb) in voga fin dal Seicento, perch lunghi arpeggi
e fantasiose fioriture inducono modulazioni verso tonalit lontane, rompono
simmetrie consolidate e ordini precostituiti. Si fanno strada altre melodie,
alternative, concorrenti, conflittuali. Spuntano ritmi, idee balzane, raccoglimenti e schiamazzi. Succede con mezzi tecnici elementari, perch manca
quella ricerca di virtuosismo esecutivo che invece ben presente nelle fantasie e nelle improvvisazioni di liutisti, virginalisti, organisti, clavicembalisti
delle stagioni passate. Si sente che la musica cambiata.
Perfino il nome sonata, tanto familiare, diventa ora un contenitore di
cose diverse. Intanto non si riferisce a una cosa unica, alla maniera allora
usata da Domenico Scarlatti. Il concetto secentesco da camera e da chiesa
della sonata romana di Corelli superato, come sparisce quello di suite di

1744 6 Sonate per il duca di Wrttemberg 225

quattro-sei danze inventato dal cosmopolita Froberger. La nuova sonata


denominata classica ha tre movimenti distinti, alla maniera del concerto
solistico di Vivaldi (primo Settecento) e dei lavori per violino e per viola accompagnati dal clavicembalo di Bach padre (attorno al 1720). Il pi importante dei tre movimenti sempre il primo, assai libero nella forma ma con
una chiara tendenza a seguire almeno due indirizzi diversi.
Un indirizzo continua lantica libert della fantasia, d voce allestro
del momento, si fa guidare da suggestioni armoniche e timbriche. Coltivata
nel secolo precedente dagli organisti italiani e tedeschi, dai virginalisti inglesi, dai liutisti francesi, la fantasia non dimenticata nei secoli a venire: si
pensi alle meravigliose Fantasie K 396 e K 475 di Mozart, allop. 108 di
Schubert, alla Kreisleriana op. 16 e alla grande Fantasia in do maggiore op.
17 di Schumann, allop. 116 di Brahms nellOttocento, e poi alle fantasie di
Busoni, Britten, Berio nel Novecento. Laltro indirizzo tende a ordinare il
discorso musicale in modo diverso, innovativo. Come in Domenico Scarlatti, lesposizione del materiale di base accompagnata da nuovi elementi,
non pi lasciati liberi ma inseriti in un preciso ambito armonico. Le prime
battute definiscono il tema (motivo, melodia) principale e la tonalit
dellimpianto. Dopo un breve raccordo (ponte modulante) arriva il secondo tema. Primo e secondo tema stabiliscono due poli dialettici, di armonie prima ancora che di melodie: se il primo tema in modo maggiore, il
secondo sta nellambito della nota dominante (quinta); se il primo tema in
minore, il secondo tema nellambito della mediante (terza). Ossia: in modo
maggiore, da do si passa a sol; in modo minore, da la si va a do. Non una
regola fissa, ovviamente. Per ora una formula efficace che si fortifica grazie
alle sue infinite eccezioni. Nasce a Settecento inoltrato, non ha data, luogo
e padre ben identificati. Di sicuro Carl Philipp Emanuel Bach uno dei
genitori: crea quella sintassi musicale che, col nome postumo di forma sonata, sar la struttura della grande musica strumentale classica, romantica,
moderna.
La raccolta detta Wrttembergische Sonaten porta appunto la firma del
ventottenne Carl Philipp Emanuel Bach, da un paio danni insediato alla
corte prussiana con il compito di accompagnare le esibizioni del re flautista
Federico ii e di insegnare alle dame di corte larte di suonare il clavicembalo.
il secondo figlio di Johann Sebastian e si forma alla sua scuola, come testimonia ogni battuta della musica che scrive, in et giovanile o matura. La lezione del padre si sente nel brio dei finali, nelle curate melodie dei movimenti lenti, nella fantasiosa libert formale dei movimenti iniziali. Contano lo
studio dei preludi del Clavicembalo ben temperato e il lavoro sulle Suite inglesi e francesi, sulle Invenzioni e Sinfonie, sulle Partite, insomma su quel
monumento allarte di muovere le dita sulla tastiera cui il padre dedica tanta

226 IV. Let classica

parte della propria vita. Manca del tutto lapplicazione della scienza polifonica necessaria a padroneggiare le complessit del contrappunto in generale
e delle fughe in particolare. Ci sono ragioni di spicciola tecnica esecutiva,
prima ancora che di estetica o di stile. Anche il figlio un ottimo insegnante,
ma il mutare dei tempi gli porta differenti allievi. Che non sono pi (e soltanto) aspiranti musicisti di professione, ma (soprattutto) nobili amatori
desiderosi di esprimersi con larte del suono, poco propensi a districare i
nodi del contrappunto e invece ansiosi di seguire il battito del proprio cuore
(o di scandire i passi dei balli altrui). Scrivere musica espressiva diventa la
nuova regola del gioco, del quale Carl Philipp Emanuel subito maestro,
anche a rischio di essere accusato di banalit e di tradimento del padre. Il
quale padre peraltro ben consapevole delloperazione, di cui senza dubbio pioniere. Basta ricordare le sue continue raccomandazioni di suonare
sempre con grande espressione. E basta risentire, sotto questa prospettiva, anche e soltanto la celeberrima Air della terza Suite-Ouverture per
orchestra.
I nuovi allievi vengono da ceti sociali in forte espansione, grazie ai cambiamenti politici ed economici maturati nel primo Settecento. La pace di
Vestfalia (1648) mette fine alla Guerra dei trentanni, per frammenta la
Germania in un centinaio di stati e staterelli, ciascuno con la propria corte e
aristocrazia. Nel corso di un cinquantennio, leconomia di pace arricchisce
la borghesia mercantile e cittadina, e alimenta la voglia di arte e di musica.
Fioriscono istituzioni musicali attorno a gruppi strumentali che diventano
orchestre, al servizio delle corti e delle comunit cittadine. Lo stesso Johann
Sebastian Bach dirige a Lipsia, negli anni trenta, il Collegium Musicum che
propone concerti solistici riservati a un pubblico borghese. Cresce pertanto
la domanda di musici di professione e si amplia a dismisura il numero di
dilettanti nobili o borghesi che vogliono imparare a suonare, per conto proprio e assieme ad amici. Nasce la musica strumentale da camera, con lo
stesso spirito con cui, nel Rinascimento, ci si riuniva nelle case private per
cantare frottole e madrigali.
Accanto al sonoro e impegnativo clavicembalo, ha un breve momento di
fortuna il clavicordo. uno strumento di piccole dimensioni e di suono flebile, le cui corde non sono pizzicate da becchi come nel clavicembalo e
neppure percosse da martelli come nellemergente fortepiano, ma sono
sfiorate da tangenti, piccole lamine metalliche poste al capo interno dei tasti
e capaci di variare lintensit del suono in funzione del tocco delle dita sul
capo esterno, cio sulla tastiera. Variante tedesca dellantico virginale inglese, strumento intimo, destinato a pochi uditori, adatto a esprimere le emozioni di chi suona. Sul clavicordo Carl Philipp Emanuel Bach inventa lintimismo musicale, fase estrema dello stile galante e primo passo verso il Ro-

1744 6 Sonate per il duca di Wrttemberg 227

manticismo. Gi nel 1770, quattro anni prima di quel manifesto letterario


che I dolori del giovane Werther di Goethe, Carl Philipp Emanuel raccomanda per iscritto che la musica deve muovere il cuore in modo romantico. Cede con dolore il suo clavicordo negli anni ottanta, arrendendosi al
suono forte del fortepiano, che nel frattempo si afferma e del quale comunque uno dei primi campioni. Famoso tuttora il suo Concerto per clavicembalo, fortepiano e orchestra, scritto nel 1788 proprio per segnalare le differenze timbriche fra i due strumenti a tastiera. Fa parte di una nutrita serie di
sessanta concerti per clavicembalo o (meglio) fortepiano, con vario grado di
difficolt esecutiva, dunque destinata sia a dilettanti sia a professionisti.
Carl Philipp Emanuel anche autore di uno dei pi importanti trattati di
tecnica esecutiva del Settecento, Versuch ber die wahre Art das Clavier zu
spielen (Saggio sulla vera arte di suonare sulla tastiera, 1754), degno corrispondente del metodo per violino (1756) di Leopold Mozart e di quello per flauto
(1752) di Johann Joachim Quantz. Educare e ricordare scrivendo trattati
peraltro nello spirito del Settecento. Sono i tempi del pedagogo svizzero Johann Heinrich Pestalozzi e dello storico dellarte classica tedesco Johann
Joachim Winckelmann. Si cerca la bellezza della natura nella semplicit delle
sue forme, che lo svedese Carl Linnaeus prova a classificare e il tedesco Johann Gottfried Herder a tradurre in poesia popolare. Compaiono i primi
romanzi di formazione. La voglia di ordine nella conoscenza porta
allEncyclopdie di Denis Diderot, con Jean-Jacques Rousseau che redige le
voci musicali e Jean-Baptiste dAlembert che scrive il trattato pratico lments
de musique (1752). Prima ancora viene il Dictionnaire de musique di Sbastien
de Brossard (Parigi 1701).
Il ritrovato rispetto per il passato porta alla stesura delle prime storie
della musica (Jacques Bonnet, Histoire de la musique et de ses effets depuis
son origine jusqu present, Parigi 1715; padre Giovanni Battista Martini,
Storia della musica, tre voll., Bologna 1757, 1770, 1781) e delle prime biografie di autori del passato: Bach, Palestrina, Hndel, Schtz. Con linglese
Charles Burney e i resoconti dei suoi viaggi musicali in Italia e Germania, ha
inizio una bella tradizione di cronache e critiche musicali. A Londra viene
fondata lAcademy of Ancient Music e si ristampano edizioni moderne di
musiche antiche, come la raccolta Cathedral Music pubblicata fra 1760 e
1763 da William Boyce. In Germania, Martin Gerbert riscopre i trattati
medioevali (1784) e si diffondono le riviste musicali di largo consumo, come
lAllgemeine musikalische Zeitung (1789). La circolazione della musica e dei
musicisti in tutta Europa sempre vivacissima, con giro vorticoso di cantanti dopera e di strumentisti virtuosi, di spartiti manoscritti e stampati.
Siamo nel pieno dellIlluminismo e del Classicismo. Forte della sua formazione specifica di musicista e dintellettuale in generale, Carl Philipp

228 IV. Let classica

Emanuel Bach ben consapevole dello spirito del tempo. La corte di Berlino
gli va stretta, non sopporta che Federico ii lo consideri un banale accompagnatore e gli preferisca il flautista Quantz. Accetta il posto di direttore della
musica ad Amburgo succedendo al suo padrino di battesimo Telemann. Il
nuovo ruolo gli impone di tornare allantico, di scrivere cantate per le festivit civili e passioni per quelle religiose, oltre che musiche strumentali per
pubblici concerti. Sforna una gran quantit di concerti per fortepiano e orchestra, sulle orme del padre al Collegium Musicum lipsiense. Spiana la
strada al fratello minore Johann Christian e soprattutto ai suoi grandi ammiratori Haydn e Mozart. Continua a scrivere senza sosta anche musica per
sola tastiera, sempre affettiva e sentimentale, sempre dedicata a competenti
e amatori, in forma sia di libera fantasia sia di formale sonata. Osserva il
mondo che cambia. Conosce bene la generazione di fortepianisti che, inaspettata, nasce in unItalia dominata dallopera e ormai refrattaria alla pratica strumentale, anche perch gli fa visita ad Amburgo uno dei suoi maggiori
esponenti, Baldassarre Galuppi. Gli sono familiari le sonate di Domenico
Scarlatti. Segue le evoluzioni della musica a Parigi grazie ai rapporti epistolari con Diderot. in Carl Philipp Emanuel Bach che troviamo il vero anello di congiunzione fra le due anime del Settecento, la musica della ragione e
quella del sentimento.

Ascolti
C.P.E. Bach, Preussische und Wrttembergische Sonaten, P.J. Belder, Brilliant 2012
C.P.E. Bach, Sonatas & Rondos, M. Pletnev, dg 2010

Letture
P.G. Downs, Classical Music, W.W. Norton & Company, New York 1992
P. Rattalino, Storia del pianoforte, il Saggiatore, Milano 1982

1749Zoroastre

Jean-Philippe Rameau
Catastrofi teatrali Rameau operista Armonia e orchestra Simboli massoni Querelle des bouffons La serva
padrona Rousseau e Le Devin du village Influssi su
Gluck, Cherubini, Mozart

Nel primo atto il terremoto squassa la citt. Nel secondo crollano le mura
delle carceri. Nel terzo un altro terremoto fa incendiare la capitale. Nel quarto si piomba nel regno delle tenebre. Nel quinto una folgore distrugge i seguaci del male e il bene appare su una nube dorata. In scena brulicano
masse di cittadini e montanari, guerrieri e sacerdoti. Questi, e molti altri,
sono gli eventi chiesti dal libretto che il fido Louis de Cahusac predispone
per la musica di Jean-Philippe Rameau nella tragdie-lyrique Zoroastre, rappresentata per la prima volta allOpra di Parigi il 5 dicembre 1749. Non
sono una novit, perch le meraviglie in scena da sempre fanno parte del
teatro musicale francese. Ne fa largo uso Jean Baptiste Lully, a fine Seicento.
Non sono da meno i suoi successori. Il prolifico Andr Campra, oggi meglio
ricordato come autore di musica sacra, impressiona debuttando con LEurope galante (1697), unopra-ballet che porta in scena musiche e costumi di
Francia, Italia, Spagna e Turchia (!). Campra scrive una ventina di altre
opere distribuite con regolarit fino al 1735, sui comuni temi classici che
sfruttano ogni occasione per impressionare nobili e borghesi, come le grandi
tempeste e i naufragi che punteggiano lIdomne del 1712, revisionato nel
1732. Ottiene la massima fortuna con Les Ftes vnitiennes (1710), tipica
opera aperta ante litteram: scene e arie sono inserite o tagliate in funzione del
gradimento del pubblico in sala. A loro volta, nei primi decenni del Settecento, Andr-Cardinal Destouches (Omphale, 1701; Callirho, 1712) e MichelRichard Delalande scrivono luno 11 laltro 19 lavori teatrali, e fanno ballare
Luigi xv nella loro comune opra-ballet Les lments (1721) dove si rappresenta come dal caos nascano terra e acqua, aria e fuoco, con accompagnamento di minuetti e siciliane, capricci e ciaccone, cinguettio di usignoli e
canto di nereidi. In questa tradizione di grande spettacolo di musica, balletto e scenografia sinserisce perfettamente il cinquantenne Rameau quando
corona il sogno di approdare al teatro musicale, dopo trentanni passati a
fare lorganista in chiese di Digione e Parigi, a dirigere lorchestra privata di
un notabile, a scrivere musica per clavicembalo, a stabilire le regole della
composizione nel fondamentale Trait de lharmonie rduit ses principes

230 IV. Let classica

naturels (1722). Nellopera desordio, Hippolyte et Aricie (1732), dal mare


spunta un mostro. In Les Indes galantes (1735) erutta un vulcano. In Dardanus (1739) va in scena uneclisse di sole e dal mare arriva un drago. In Castor
et Pollux (1737) nasce il firmamento. Les Borades (1763) vive nel regno dei
venti. Animano Plate (1745) tempeste, magie, apparizioni e metamorfosi
divine, disseminate in vario modo anche in tutti gli altri lavori. In Zoroastre
le meraviglie hanno origine dai poteri soprannaturali del protagonista, che
ancora giovane e alle prese con vicende amorose, e ha davanti a s un percorso diniziazione per maturare nel carattere e distinguere fra il bene e il male,
fra le tenebre e la luce.
Per realizzare tanti effetti, Rameau utilizza a fondo il suo gusto per le
onomatopee e i descrittivismi ben collaudati nella precedente produzione
per clavicembalo. Talvolta trasferisce direttamente le note dalla tastiera
allorchestra: Les Sauvages che troviamo in Nouvelles suites de pices de clavecin (1728) per clavicembalo passa in Les Indes galantes e un minuetto finisce
in Castor et Pollux; da Pices de clavecin (1724) i celeberrimi Musette en rondeau, Tambourin, LEntretien des muses trovano posto nellopra-ballet Les
Ftes dHb (1739), mentre Les Niais de Sologne finisce in Dardanus. Il delicato Les Tendre plaintes diventa unaire tendre per flauto e archi in Zoroastre
che accoglie anche, come danza nel terzo atto, la Sarabande della raccolta del
1728. Vale anche il viceversa: dalle parti strumentali di Zoroastre e Les Indes
galantes Rameau ricava una suite per cembalo.
Rispetto ai contemporanei Campra, Delalande e Destouches, ma soprattutto al riconosciuto maestro di tutti Lully, Rameau riserva nelle sue opere
un ruolo innovativo allorchestra. Non aumenta soltanto la quantit degli
organici, sempre importanti, ma cura la qualit della scrittura e degli interventi solistici di archi, fiati, ottoni, percussioni. Innovativo il rapporto fra
strumenti e voci, a loro volta distinte fra soli e cori, individui e folle. Non ci
sono compiacimenti per la bravura dei cantanti. I cambiamenti di scena e i
movimenti delle masse hanno tempi rapidissimi. Addirittura rivoluzionaria
larmonia. Rameau applica le sue teorie, che vogliono la dinamica della
musica legata alla velocit e qualit delle modulazioni da una regione tonale
allaltra, attraverso un razionale movimento del basso e un aggressivo alternarsi di consonanza e dissonanza. In Zoroastre non mancano i momenti di
canto virtuosistico, come nella grande scena del secondo atto, ma due ampi
interludi solo strumentali, destinati alla danza, isolata dal decorso dellazione. Di regola, lo stile del canto supera la distinzione (tipicamente italiana)
fra recitativo e aria, per costruire un articolato arioso in cui la narrazione si
lega allespressione del sentimento, cercando quella naturalezza che di solito sfugge quando recitativo secco e aria sono numeri chiusi, ben distinti
fra loro.

1749Zoroastre231

Rameau dice e scrive di perseguire la semplicit di personaggi e affetti, di


ammirare la spontaneit e la naturalezza, ma in realt sviluppa intrecci complessi e illustra situazioni sempre pi raffinate, allineandosi ai temi cari al
tempo e allambiente che gli garantisce il successo. Ammiratore di Cartesio
e amico del matematico Eulero, Rameau fa parte del circolo dellEncyclopdie
e frequenta dAlembert e Diderot (al quale ispira il curioso dialogo Le Neveu
de Rameau, Il nipote di Rameau, 1762-73). Nel 1745 Voltaire gli scrive i libretti per lopra-ballet Le Temple de la Gloire e per la comdie-ballet La
Princesse de Navarre. Giacomo Casanova cura la traduzione in italiano con
cui Zoroastre rappresentato nel 1752 a Dresda. I soggetti che Rameau mette in musica sono spesso metafore di temi attuali con ricercato valore universale. In Zoroastre, Rameau evita addirittura i temi mitologici e medioevali, e
cerca nel mondo magico dellantica Persia gli spunti per mettere in scena
leterno conflitto fra le tenebre e la luce, con evidenti implicazioni massoniche. In mezzo ai cataclismi naturali e alle asettiche vicende amorose dei
protagonisti, prende corpo il messaggio che i poteri magici dellapprendista
stregone Zoroastre non sono altro che forza della sua volont, temprata dal
superamento delle prove iniziatiche che portano alla maturit. Il libro della
vita che a Zoroastre regalano gli spiriti del bene la chiave che apre le porte
alla luce.
Allimprovviso le catastrofi (musicali) passano dalle scene teatrali alla vita
reale e buttano allaria la placida consapevolezza di Rameau di essere ormai
al vertice della musica non solo parigina ma europea. Scoppia la famosa querelle des bouffons che divide i parigini fra sostenitori dellopera seria francese
e quelli dellopera buffa italiana. I conservatori difendono il serioso Rameau,
gli innovatori promuovono la semplicit e la naturalezza, anzi il puro divertimento di Giovanni Battista Pergolesi. Tutto nasce sullonda del clamoroso
successo che, dallagosto 1752, riscuote lintermezzo in due atti La serva padrona di Pergolesi, portato a Parigi dalla compagnia di giro guidata dallimpresario Eustachio Bambini. Non una novit in assoluto. La data di composizione dellintermezzo risale al 1734, frutto meraviglioso della brevissima
vita di Pergolesi e dellambiente napoletano nel quale si forma.
Nativo di Jesi, nel regno pontificio, Pergolesi studia al conservatorio dei
poveri di Ges Cristo di Napoli sotto la guida di Francesco Durante, gi allievo di Alessandro Scarlatti. Impara a scrivere opere serie: Salustia (1732),
Il prigionier superbo (1733), Adriano in Siria (1734) e LOlimpiade (1735),
queste ultime su libretto dellormai onnipresente Metastasio. I suoi primi
successi sono tuttavia nel genere buffo, con Lo frate nnamorato (1732) e Il
Flaminio (1735). Subito trionfale laccoglienza della Serva padrona, pensata come intermezzo comico da inserire fra gli atti del serissimo Il prigionier
superbo. Lopera principale un paludato dramma classico. Lintermezzo

232 IV. Let classica

diverte con i suoi due personaggi tratti dalla vita di tutti i giorni: una servetta petulante riesce a farsi sposare dal ricco signore inventandosi un pretendente militare. musica briosa e leggera, ricca di melodia, essenziale nella
strumentazione, vivace nel ritmo, tutta giocata su veloce alternanza di parlato e di cantato (arie e duetti) con le parole chiare ed eleganti del librettista
Gennaro Antonio Federico, specializzato nel nuovo genere dellopera buffa
napoletana che ha in Li zite ngalera (1722) di Leonardo Vinci il suo modello
perfetto.
Da Napoli, il successo della Serva padrona dilaga in tutta Italia, arriva in
Germania e, ormai ben collaudato, approda a Parigi. La semplicit della
trama, la finezza delle melodie, limmediatezza della comunicazione conquistano la frazione del pubblico parigino saturo dei lambiccamenti e delle
farraginosit dellopra-lyrique. Nasce una vivace polemica, la querelle des
bouffons appunto, che vede schierata dalla parte italiana unaccesa fazione
capitanata dal filosofo Jean-Jacques Rousseau, partigiano del ritorno alla
semplicit primitiva e della teoria del buon selvaggio, anche autore di un
intermezzo comico didascalico, Le Devin du village (1752), scritto di getto
sul modello pergolesiano. Lanno dopo, sempre Rousseau attacca Rameau
con il pamphlet Lettre sur la musique franaise e rimane fedele allo spirito
filoitaliano redigendo le voci musicali dellEncyclopdie. Sono con lui altri
enciclopedisti, fra cui Diderot e dAlembert, la regina di Francia, molti borghesi. Rameau sostenuto dal re in persona oltre che dallaristocrazia conservatrice. La querelle dura un paio danni, poi si sgonfia. Lanziano Rameau,
sia pur amareggiato, non smette di scrivere nuove opere e ritoccare le precedenti. Non riesce a completare Les Borades, che sar messa in scena per la
prima volta soltanto nel 1982. Una nuova versione di Zoroastre ottiene nel
1753 un grande successo ed quella che ricompare nel repertorio moderno.
Il teatro di Rameau sopravvive fino alla fine del Settecento e ha profondo
influsso sugli autori delle generazioni successive, da Gluck a Cherubini. Lo
stesso giovane Mozart, che passa a Parigi col padre nel 1772 e vi risiede per
mesi assieme alla madre nel 1778, ha modo di assistere alla rappresentazione
di Castor et Pollux. Non si sa se conosca Zoroastre, ma lassonanza col nome
Sarastro, il mito delliniziazione, il conflitto fra bene e male, fra tenebra e
luce, insomma le tematiche massoniche fanno sospettare un legame neanche
tanto sotterraneo con Il flauto magico (1791). A sua volta, La serva padrona
continua il suo percorso trionfale. lunica opera mai dimenticata nel teatro
musicale di tutti i tempi. Nel Settecento fa germinare il teatro buffo di Piccinni, Paisiello, Cimarosa, ovviamente di Mozart e Rossini. Resta viva anche
quando lopera napoletana sfiorisce nellOttocento. Si rinnova e ispira nuovi
autori nel revival neoclassico del Novecento, Stravinskij per Pulcinella
(1920), ad esempio.

1749Zoroastre233

Ascolti
J.-P. Rameau, Zoroastre, C. Rousset, Les Talens Lyriques, Opus Arte 2008
J.-P. Rameau, Ouvertures from Operas, C. Rousset, Les Talens Lyriques 1997

Letture
A. DelDonna, P. Polzonetti (a cura di), The Cambridge Companion to Eighteenth Century
Opera, Cambridge University Press, Cambridge 2009
G. Morelli, Il morbo di Rameau, il Mulino, Bologna 1989
C. Girdlestone, Jean-Philippe Rameau: His Life and Work, Cassel & Co., London 1957

1749 Larte della fuga

Johann Sebastian Bach


Enigma musicale Partitura incompiuta Tributo alla
polifonia rinascimentale Contrappunti e canoni Mizler
e la scienza della musica Ultimo Bach Eredit per Clementi, Beethoven, Brahms, Busoni, Stravinskij

Fin quando non svelato, un enigma resta soltanto un groviglio di confusione e oscurit. E Larte della fuga (Die Kunst der Fuge) di Bach tuttora un
enigma irrisolto, nonostante un quarto di millennio di esegesi e interpretazioni. Non ne conosciamo il suono, cio la sostanza fisica, perch lautore
non lha mai voluto definire. Non destinata a esecuzione vocale, perch
manca qualsiasi testo dappoggio. Non pu che essere strumentale, per
aperta alle scelte dellinterprete: organo con pedale, doppia tastiera e quattro
mani, cinque archi solisti, complesso strumentale, orchestra piccola (o grande)? Vaghissima la costruzione: aggregato di tessere policrome in un mosaico casuale e non ragionato, cartone di un affresco incompiuto. Non un
testamento abbozzato a fine vita ma un insieme di appunti raccolti lungo un
decennio, anzi fin dalla fanciullezza, meditati a lungo e annotati con cura.
Comunque non c un testo definitivo, perch Larte della fuga incompiuta
per definizione.
Esiste un primo manoscritto, databile circa al 1742, con dieci fughe
(denominate contrappunti) e due canoni. Ledizione a stampa del 1751,
postuma, presenta varie modifiche allautografo e aggiunge due canoni, una
fuga completa e una incompleta, pi una variante del Contrappunto x e
una trascrizione per due strumenti a tastiera del Contrappunto a specchio
xiii. In pi troviamo una fantasia sul corale Wenn wir in hchsten Nten
sein. In mancanza di specifiche indicazioni di Bach, probabile che questi
inserimenti siano scelte autonome del curatore editoriale, linsegne teorico
e intellettuale illuminista Friedrich Wilhelm Marpurg. Lidea originale,
immaginiamo, un graduale passaggio dal semplice al complesso, ma la
coerente disposizione dei numeri iniziali porta al labirinto didee di quelli
finali. Bach parte da un omaggio al passato. Il tema che serve da fondamento per lintera Arte della fuga ha il passo severo dello stile antico, come in
Palestrina. Le tecniche polifoniche dei primi contrappunti rendono omaggio a Frescobaldi e Froberger: sono elaborazioni lineari del tema (i, ii) e del
suo rovescio (iii, iv). Con il Contrappunto v il tema cambia, anche se
resta ben riconoscibile e la tecnica di elaborazione accoglie artifici che ri-

1749 Larte della fuga 235

mandano ai fiamminghi Ockeghem e Desprs: al tema originale si aggiungono e si sovrappongono sue varianti di diritto e di rovescio, distorte e
speculari, con durate aumentate e diminuite. Bach non dimentica il presente e rende un esplicito omaggio allo stile francese delle ouverture teatrali
alla maniera di Lully, con ritmo puntato e incedere pomposo (vi). La sezione centrale dellArte della fuga comunque un omaggio allo stile galante e
al gusto del divertimento, oltre che al virtuosismo spinto. Vezzosi e brillanti sono quasi tutti i contrappunti, con un momento magico nel ix, tanto
gaio e spumeggiante da parere una danza sullaia. La logica si aggroviglia
quando entrano nuovi soggetti e pi complicati artifici. I contrappunti-fughe a specchio (x, xii) possono essere eseguiti sia dallinizio alla fine sia
dalla fine allinizio, senza perdere sostanza e interesse. Ne esistono (nella
versione stampata) varianti per due tastiere, per con simmetrie distorte per
far posto al divertimento degli esecutori.
Sempre nella sezione centrale stanno i canoni, che sono quattro: due
nellautografo del 1742 pi due nello stampato del 1751. Nessuno studioso
stato in grado di assegnare loro un posto ragionevole nellimpianto dellArte della fuga. Perfino il loro ruolo funzionale incerto. Mentre quello ideale
(forse) pi chiaro. Il canone uno dei generi polifonici pi antichi e severi.
Bach lo sa bene e non perde occasione per ricordarlo. Luso che ne fa nelle
contemporanee Variazioni Goldberg ne testimonianza evidente. Ancora
pi esplicite sono le Variazioni canoniche sul corale Vom Himmel hoch, da
komm ich her, che meritano un discorso a parte. Perch si tratta dellultima
composizione per organo di Bach e lultima completata, in assoluto. La scrive nel 1747 come saggio di ammissione allassociazione fondata nel 1738 dal
medico, matematico, scrittore e teorico musicale Lorenz Christoph Mizler
con lo scopo di riunire personalit interessate a studiare la scienza della
musica. Durata fino al 1754, la societ conta fra i suoi membri musicisti del
calibro di Hndel e Telemann, di Gottfried Heinrich Stlzel e di Carl Heinrich Graun.
Mizler conosce Bach a Lipsia negli anni trenta e forse ne allievo. probabile che la latente passione di Bach per i numeri, e dunque lidea delle
pratiche combinatorie dellArte della fuga, sia esplosa proprio grazie ai contatti con Mizler. Si spiega cos la frequenza con cui il canone compare fra le
ultime composizioni di Bach: il Canon triplex del 1747 (sempre per Mizler)
accanto alla serie inserita nelle Variazioni Goldberg, agli infiniti passaggi canonici che troviamo nelle grandiose rielaborazioni dei corali giovanili riuniti
(in vista di pubblicazione) nel cosiddetto Autografo di Lipsia (dopo il 1740)
e nella terza parte del Clavierbung (1739). Per questultimo, Bach torna
dopo una lunga pausa al genere del preludio e fuga per organo, e lo fa con il
disegno architettonico pi ambizioso mai concepito: un ampio preludio

236 IV. Let classica

allintera raccolta, sul modello dellouverture teatrale francese con tanto di


pomposa introduzione, sezione centrale in grande polifonia, ripresa imponente. Chiude la raccolta una gigantesca fuga tripla, cio con tre soggetti
diversi: in stile antico il primo, concertante (e dunque moderno) il secondo,
etereo e futuribile il terzo, sintesi nel gran finale che riunisce e sovrappone i
tre soggetti. Ovvia linterpretazione teologica (trinitaria) di questa fuga.
Evidente lorigine numerologica e combinatoria, alla maniera dei fiamminghi formalisti e astratti (astrusi). Non casuale lammirazione, fra gli altri, di
Arnold Schnberg, che nel 1928 ne prepara una trascrizione per orchestra
sinfonica.
Una fuga del genere, a tre soggetti, forse pi, compare nella versione a
stampa dellArte della fuga, ma si arresta nel momento in cui esposto il
terzo soggetto, costruito sulle note che nel sistema tedesco corrispondono
al nome bach. Per la prima volta, coscientemente, Bach diventa autoreferenziale. E come vogliono le leggi della fisica, quando soggetto e oggetto
sono in risonanza, la struttura collassa. Prima che entri linevitabile tema
fondamentale dellArte della fuga (mai comparso nellamplissimo Contrappunto ultimo e incompiuto), Bach muore e lascia il suo progetto estremo
sospeso per sempre. Pu darsi per che questo progetto non rientri in
quello immaginato molti anni prima per lArte della fuga. E che sia il lavoro previsto per il 1749 in ossequio alle regole della societ di Mizler, che
chiede ai propri aderenti di cimentarsi ogni anno in un nuovo sforzo di
scienza musicale. Non a caso, come contributo per il 1748, Bach invia a
Mizler lOfferta musicale, la raccolta compilata a seguito della visita fatta a
Federico ii, re di Prussia, il 7 maggio 1747. Semplificando, nellOfferta
musicale tutto si riduce a canoni e fughe, compresa la Sonata a tre che figura come omaggio allo stile galante in voga a met Settecento. Il pezzo forte
comunque una spettacolare fuga a sei voci, nominata Ricercare a 6, alla
maniera di Frescobaldi.
Tanto i contrappunti dellArte della fuga che quelli dellOfferta musicale
reggono benissimo la prova dellascolto, con il loro sapiente alternarsi di
severit e leggerezza, di studio e di gioco. Non sono solo una gioia per gli
occhi e per la mente. Restano una palestra di enigmistica, dinvenzione e di
logica; un intreccio fra arte e scienza possibile solo con la musica, come ben
sapevano gli antichi. Basta rinunciare alla pretesa di individuare un unico
disegno, ossia lordine assoluto, e lenigma dellArte della fuga si scioglie. La
raccolta ci appare come un diario intimo dellultimo decennio di vita di
Bach, un brogliaccio di visioni e dinquietudini tradotte in figure astratte in
cui la misteriosa forza che regge larchitettura traspare dallaccuratezza del
dettaglio. Come in un moderno frattale. Come in un disegno di Maurits
Escher. Come in unarchitettura di Antoni Gaud.

1749 Larte della fuga 237

Bach il solo, fra i musicisti maggiori e minori di met Settecento, a occuparsi di musica in questo modo. Conosce benissimo il suo tempo perch
pi di ogni altro aggiornato su quanto succede in tutta Europa. Sa di Domenico Scarlatti a Madrid, di Pergolesi a Napoli, di Fux e Caldara a Vienna,
di Hasse a Dresda, di Rameau a Parigi, perfino di Hndel a Londra. Continua a fare il suo mestiere di Kantor a Lipsia e, libero da obblighi contingenti, ragiona sulla struttura della musica e sperimenta lungo la linea dombra
che separa larte dalla scienza. Ritrova nella polifonia il fondamento del linguaggio musicale e imposta un futuro: le speculazioni del Medioevo, le ragioni del Seicento, le luci del Settecento generano un impasto che lievita fra
gli individui dellOttocento e fiorisce nel Novecento irrazionale.
Limpatto dellArte della fuga subito forte. Non (ancora) sul grande
pubblico e neppure fra i partigiani dellinnocenza creativa, ma fra i grandi
della musica s. Subito ne viene stampata una nuova edizione, perch la
prima esaurita. Le tirature non sono alte, vero. Manca limmediato successo commerciale. Tuttavia le copie si diffondono nei maggiori centri
musicali e sono naturale oggetto di studio. A fine Settecento, a Londra,
Larte della fuga ispira Muzio Clementi. A Bonn e a Vienna, guidato da
Neefe e da Albrechtsberger, la studia Beethoven, ricavandone idee per i
suoi tanti contrappunti, in particolare quelli degli ultimi quartetti. A Parigi,
nel 1801 esce a stampa una nuova edizione, assieme al Clavicembalo ben
temperato. Ancora a Vienna, Carl Czerny, allievo di Beethoven e maestro di
Franz Liszt, ne prepara una versione per pianoforte. In Germania, Johannes Brahms si ispira al Contrappunto xiii per costruire il finale della sua
prima sonata per violoncello e pianoforte (1865). In Francia, Saint-Sans
tiene nel suo repertorio di concertista una versione (da lui completata)
dellultima fuga.
Nel Novecento arriva perfino il successo di pubblico, in sala da concerto,
grazie alla versione per orchestra di Wolfgang Graeser e alle varianti praticate da famosi direttori, cembalisti, organisti, complessi da camera. A Ferruccio Busoni si deve il pi ambizioso tentativo di completare lultima fuga,
la Fantasia contrappuntistica (1910) per due pianoforti. Igor Stravinskij rielabora per orchestra le Variazioni canoniche. Anton Webern frammenta in
microsegmenti, cio a modo suo, il Ricercare a 6 dellOfferta musicale. Bastano questi casi a illustrare il ruolo che le riflessioni dellultimo Bach, nellapparente isolamento di Lipsia, hanno avuto nella costruzione della musica del
futuro.

238 IV. Let classica

Ascolti
J.S. Bach, The Art of Fugue, Emerson Quartet, dg 2003
F. Busoni, Fantasia contrappuntistica, J. Ogdon, Continuum 1992

Letture
H.E. Dentler, LArte della fuga di Johann Sebastian Bach, Skira, Milano 2000
P. Schleuning, Johann Sebastian Bachs Kunst der Fuge, dtv-Brenreiter, MnchenKassel 1993
H.H. Eggebrecht, Bachs Kunst der Fuge, Piper, Mnchen 1983

1762 Orfeo ed Euridice

Christoph Willibald Gluck


Trionfa il lieto fine Gluck operista allitaliana Hasse
Il librettista Calzabigi La riforma del canto Alceste
Iphignie Italiani in Germania, Francia e Russia
Mozart Lorchestrazione di Berlioz

Grazie alla musica rinasce la vita, racconta il mito di Orfeo. Solo la debolezza umana riporta lamore nellAde e condanna al tormento chi sopravvive. Il
finale tragico nellantica versione greca, fatta soltanto di parole e trasmessa
dal matematico e astronomo Eratostene: Euridice torna da Plutone, Orfeo
sbranato dalle Baccanti. Quando nel 1608 fonda il teatro musicale aggiungendo musica alle parole del mito di Orfeo, Claudio Monteverdi sceglie la
soluzione addolcita che il suo librettista Alessandro Striggio riprende da
Ovidio e Virgilio: rispedisce anche lui Euridice agli inferi, ma dona la vita al
musicista, portandolo sul monte Olimpo a consolarsi con il canto e a insegnare ai ragazzi (non alle ragazze) larte della musica. A met Settecento,
quand il momento di riformare un teatro musicale che perde lo spirito
originario, il mito esemplare resta, ma il finale diventa ancora pi dolce e la
musica compie un doppio miracolo: Euridice rinasce una seconda volta,
Orfeo viene perdonato, la coppia contenta si gode la vita. La ricerca della
felicit tanto cara agli illuministi trova il suo coronamento sulle scene dopera e un nuovo capitolo pu cominciare.
Nel libretto di Ranieri de Calzabigi la scelta del lieto fine funziona benissimo come trama narrativa che passa dalle tenebre alla luce. Quando si alza
il sipario, Euridice gi morta e tutti piangono assieme a Orfeo. Intermezzi
per danza separano le scene in cui il musico prima si lamenta, poi agisce:
incontra Caronte, si infila nellAde, affronta le Furie, convince Plutone, trova Euridice, la guida verso la luce, getta linfelice sguardo allindietro, perde
lamata, canta laria pi famosa (Che far senza Euridice), commuove gli
di con una musica nuova, ritrova Euridice, assieme tornano alla luce e alla
felicit. La musica si adegua al meccanismo drammatico: apre una pomposa
quanto generica ouverture, al balletto si aggiunge un coro sempre pi presente, inizia la serie di arie per Orfeo inteso come eroe del melodramma
settecentesco, dunque castrato. Si sente che il suo canto attento al senso
delle parole, che labuso dei gorgheggi limitato, che le improvvisazioni
sono abolite. Conta di pi il rapporto col coro: fa scuola il dialogo drammatico nel secondo atto fra il coro delle Furie sostenuto dagli ottoni e la flebile

240 IV. Let classica

voce di Orfeo appoggiata sulla sola arpa. Il numero minimo di cantanti solisti accelera i tempi narrativi. Il perfezionamento delle tecniche costruttive
degli strumenti consente maggiore controllo su intonazione e valorizzazione
dei timbri. Pertanto il canto trova uneco concertante con flauti, clarinetti,
oboi, perfino ottoni.
In fondo, anche nel suo lavoro pi famoso, Gluck si mantiene fedele alle
proprie origini di operista allitaliana, nel senso cosmopolita che vale per i
decenni centrali del Settecento. Scrive, infatti, una trentina di melodrammi
prima di quel fatidico 1762 in cui a Vienna debutta Orfeo ed Euridice. Nato
nella provincia tedesca, autodidatta in musica e studente di filosofia allUniversit di Praga, musico da camera del principe Lobkowitz a Vienna, nel
1735 Gluck trova la strada di operista alla scuola di Giovanni Battista Sammartini a Milano. La sua prima opera (Artaserse, 1741) nasce su libretto di
Metastasio. Nei quattro anni successivi scrive per i teatri di Torino e Venezia,
alla maniera degli ammirati Vivaldi e Caldara. A Londra dal 1745, conosce
Hndel e ne riprende lo stile operistico, ma le condizioni di mercato sono
cambiate e i suoi due melodrammi non hanno successo. Si aggrega a una
compagnia operistica di giro, con la quale attraversa la Germania. Tenta la
fortuna a Dresda, allora dominata dal divino sassone Johann Adolf Hasse.
Il quale Hasse, nativo di Amburgo e allievo del locale operista impresario
Keiser, dal 1724 apprende larte dellopera napoletana da Porpora e da Alessandro Scarlatti. Quattro anni dopo fa parte della compagnia che conquista
la piazza di Venezia, diventa direttore del conservatorio degli Incurabili e
costringe lo stesso Vivaldi ad aggiornare il suo linguaggio. Sposa la celebre
cantante Faustina Bordoni, gi stella di Hndel a Londra e nel 1733 si stabilisce alla corte di Dresda, dove resta trentanni e impone il melodramma
italiano, che promuove anche in tutta Europa grazie ai frequenti soggiorni a
Londra, Monaco, Parigi, oltre che nelle capitali italiane. Nel 1764 si trasferisce a Vienna e diventa compositore ufficiale della corte imperiale, della
quale Metastasio poeta cesareo. Il tedesco Hasse si afferma come il pi
famoso esponente della scuola operistica italiana a met Settecento, degno
erede dei napoletani Scarlatti, Porpora e Pergolesi, dei veneziani Legrenzi e
Vivaldi, del londinese Hndel. Vero cosmopolita, sa cogliere i cambiamenti
di umore del pubblico, semplifica le trame, alleggerisce le forzature virtuosistiche, si appoggia ai versi classici di Metastasio, del quale mette in musica
ben 26 dei suoi 28 libretti. La straordinaria fortuna di allora tramonta presto
ma Didone abbandonata (1742) e Piramo e Tisbe (1768) si rappresentano
tuttora e non mancano registrazioni integrali o parziali di Artaserse (tre versioni: 1730, 1740, 1760), Cleofide (1731), LOlimpiade (1756). Hasse non si
limita al teatro: ai suoi circa 100 melodrammi va aggiunta una gran quantit
di lavori sacri nei generi pi vari, dagli oratori alle messe ai salmi e ai vesperi.

1762 Orfeo ed Euridice 241

La sosta di Gluck nella Dresda occupata da Hasse e dai suoi allievi


breve. Dal 1747 procede verso Vienna e ne fa la base per viaggi a Nord (Amburgo, Copenaghen), Est (Praga), Sud (Napoli) da solo o assieme a compagnie operistiche. Si stabilizza a Vienna nel 1752, dove trova prima posto
come direttore musicale presso un maresciallo imperiale, poi conquista la
stima del genovese conte Giacomo Durazzo, appena incaricato da Maria
Teresa di mettere ordine nel dissestato sistema teatrale viennese. Durazzo
guarda a Parigi per sprovincializzare il teatro musicale e individua in Gluck
il musicista giusto per adattare gli spettacoli importati e per scriverne di
nuovi. I libretti italiani di Metastasio, fino allora dominanti nelle opere di
Gluck (16 su 21, 1741-55), sono sostituiti da libretti francesi (7 su 8, 175660). La struttura adotta i principi di opra-lyrique e comique. Per migliorare
anche il balletto, Durazzo chiama il coreografo Gasparo Angiolini, fiorentino, figlio darte e ben collaudato nei teatri veneziani. Nella cerchia di Durazzo entra nel 1761 anche Ranieri de Calzabigi, livornese, poeta e libertino,
amico di Giacomo Casanova. Arriva da Parigi dopo un decennio vissuto in
contatto con gli enciclopedisti e con esperienza diretta della querelle des
bouffons scatenata dalla Serva padrona di Pergolesi. Durazzo che propone
a Gluck, Angiolini e Calzabigi il progetto di un balletto innovativo ispirato
alla figura di Don Giovanni. Il successo clamoroso e il gruppo si mette
subito al lavoro sullOrfeo.
Poco si sa delle coreografie pensate da Angiolini, ma sono chiare le scelte
librettistiche di Calzabigi. Subito rompe con i versi levigati di Metastasio e
propone frasi secche. Vuole che emozioni e contenuto arrivino diretti allascoltatore, che lazione teatrale sia il pi veloce possibile. Il soggetto non pu
che essere aulico, perch situazioni e personaggi appartengono ai miti della
Grecia antica. Come nelle contemporanee teorie classiciste alla Winckelmann, la rappresentazione deve riflettere la realt della vita. Niente metafore
intellettualistiche, nessun orpello. Cose semplici e chiare, come dice la Natura. Meglio se riequilibrate a favore della parola, come teorizza gi nel 1755
il veneziano Francesco Algarotti nel Saggio sopra lopera in musica; o in
connubio con tutte le arti, come scrive il polemista Esteban de Arteaga (Le
rivoluzioni del teatro musicale italiano, 1785). Ancor meglio se la storia finisce bene. Per ottenere lopera musicale moderna, Calzabigi (ispirato da
Durazzo) perfino disposto a discutere le sue parole con le note della musica. Non gli va bene lipocrisia corrente che vuole la musica al servizio della
poesia, quando basta scorrere qualunque spartito operistico del tempo per
scoprire che le melodie (e relativi gorgheggi di bravura) si appoggiano a
versi e parole soltanto per iniziare percorsi autonomi. E che i libretti di Metastasio sono canovacci polivalenti su cui ogni musicista (compositore, cantante) inventa la musica che gli pare. Infatti, il librettista Calzabigi e il musi-

242 IV. Let classica

cista Gluck discutono in dettaglio il rapporto fra parole e note, fra azione
drammatica e dimensione sonora.
Gluck capisce la portata del progetto e si adegua volentieri, forte dellesperienza maturata nei luoghi che contano. Prosciuga la scrittura e fa tesoro
dei luoghi comuni che sanno arrivare al cuore degli ascoltatori. Sa che leccesso di virtuosismo stanca il pubblico, come verifica nella Londra posthandeliana. Valorizza gli strumenti a fiato che in quegli anni vengono perfezionati e resi affidabili. Salta il recitativo secco, per voce sola e clavicembalo, e
lo sostituisce con quello accompagnato dallorchestra. Larpa suggerisce la
cetra di Orfeo. Resta comunque una buona continuit col passato. Laria di
Amore del primo atto non manca di ripetizioni e fioriture. Il protagonista
ancora un castrato, nello specifico leccellente Gaetano Guadagni specializzatosi a Londra anche nel teatro di Shakespeare.
Le tante innovazioni non hanno effetto immediato e tutto continua come
prima. Gluck parte per Bologna, dove si rappresenta una sua nuova opera su
libretto di Metastasio. Visita Venezia, va a Parma per ascoltare Catone in
Utica ancora di Metastasio e musica di Johann Christian Bach. Salta il viaggio
a Parigi per nuovi progetti. Torna a Vienna per una ripresa di Orfeo e per una
nuova opera, che solo in parte assorbe la riforma: La Rencontre imprvue
(1764) un curioso collage di arie che diventa (anche nella versione parigina
intitolata I pellegrini alla Mecca) il lavoro pi popolare di Gluck, fiero concorrente sulle scene europee di fine Settecento del mozartiano Ratto dal
serraglio che a esso sispira, non ultimo per le turcherie di ambientazione e
di musica. A Vienna continua il dominio dellopera allitaliana e proprio nel
1764 soffia vento di restaurazione. Cambiano i poteri a corte, si riducono le
risorse, Durazzo deve dimettersi, da Dresda arriva il vecchio Hasse. Gluck
non ha successo con il nuovo balletto Semiramide (1765) con coreografie di
Angiolini. Non vanno bene le nuove cose dimpianto metastasiano e lui viaggia per alcune riprese estere di Orfeo.
Soltanto attorno al 1766 Gluck riallaccia la collaborazione con Calzabigi
e nasce Alceste, lopera che riprende in modo deciso lo spirito della riforma.
Le scelte sono pi radicali che in Orfeo. In una celebre prefazione alla partitura a stampa, Gluck (ma il testo probabilmente scritto da Calzabigi) teorizza la necessit di unouverture che anticipi i contenuti del dramma, condanna i capricci dei cantanti e la debolezza degli autori, auspica emozioni
forti ma sobrie, vuole rispetto per forme e simmetrie, esige integrazione fra
voci e orchestra, soprattutto coerenza fra musica e poesia. Sono i princpi
che applica in Alceste: grande ouverture, cori tanto efficaci quanto elementari, melodie pulite al punto da sembrare popolari, tanti colori per lorchestra. La prima rappresentazione (Vienna, 1767) accolta bene, ma non tanto
da stimolare repliche immediate. Passano altri tre anni prima che Gluck e

1762 Orfeo ed Euridice 243

Calzabigi producano un nuovo capolavoro, il loro ultimo, Paride ed Elena


(1770). Siamo per agli sgoccioli del rapporto fra i due e la corte viennese.
Limperatrice Maria Teresa impone la cacciata di Calzabigi a seguito di uno
scandalo. Gluck non resiste alle sirene di Parigi, dove diventata regina la
sua allieva Maria Antonietta.
Per la capitale francese, Gluck scrive i suoi capolavori maturi, tutti su
temi classici, secondo le nuove regole e su testi francesi: Iphignie en Aulide
(1774), Armide (1777), Iphignie en Tauride (1779). Fa tradurre in francese
le parole di Calzabigi e adatta ai gusti locali la partitura di Orfeo: cambia alcune parti strumentali, aggiunge balletti e sostituisce la non gradita voce di
castrato con quella di tenore. A suo modo ritrova i legami con lopra-lyrique
di Rameau, con il teatro tragico di Racine. Gluck accolto bene, ma non
come riformatore rivoluzionario. Si ritrova invece alfiere di un passato parruccone, sbeffeggiato dai fautori dellopera buffa italiana. Che non pi
rappresentata dal giovane Pergolesi ma dal raffinato pugliese di scuola napoletana Niccol Piccinni, arrivato a Parigi nel 1770 grazie al successo europeo
dellopera buffa La buona figliola (1760), su libretto di Carlo Goldoni. La
non sopita querelle des bouffons riprende. Non c un vincitore netto, ma la
nuova generazione di operisti italiani dilaga in tutta Europa, grazie appunto
a Piccinni (Parigi), Traetta (Vienna), Jommelli (Mannheim). Galuppi, Paisiello e Cimarosa dominano la corte di Caterina ii a San Pietroburgo. Per
tutti leccellente teatrante Goldoni scrive libretti briosi che sostituiscono
quelli aulici e ormai stinti di Metastasio.
Gluck non sopporta linsuccesso della sua ultima opera, Echo et Narcisse
(1779), torna a Vienna, smette di comporre e trova il suo continuatore in
Mozart, gi incrociato pi volte nel reciproco girovagare. A Parigi, la sua
riforma sinnesta alla classicit francese e resta viva con Andr Grtry, il cui
capolavoro Richard Cur-de-Lion (1784) getta le basi dellopra-comique.
Il modello assorbito e sviluppato dagli italiani arrivati attorno alla Rivoluzione: prima il fiorentino Luigi Cherubini (Lodoska, 1791) e poi il marchigiano Gaspare Spontini (La vestale, 1807), i veri precursori di Beethoven
operista. In pieno Ottocento, il romantico Berlioz diventa acceso sostenitore del neoclassico Gluck, non solo nelle sue opere (Benvenuto Cellini, Les
Troyens, 1856, 1858) ma nel rifacimento di Orfeo ed Euridice, con nuova
strumentazione e trasferimento della parte del protagonista alla voce femminile della famosa Pauline Viardot (1859). Mitizzata ormai come fondazione del teatro musicale moderno, assieme alla Serva padrona di Pergolesi,
Orfeo ed Euridice di Gluck lunica opera precedente quelle di Mozart che
rimane ininterrottamente in repertorio, nelle sue varie versioni e rivisitazioni, perfetta congiunzione fra LOrfeo di Monteverdi e lOrfeo (negro) di
Moraes e Jobim.

244 IV. Let classica

Ascolti
C.W. Gluck, Orfeo ed Euridice, J.E. Gardiner, Monteverdi Choir, Philips 1991
C.W. Gluck, Alceste, Gardiner, Monteverdi Choir, Philips 2002
C.W. Gluck, Les Plerins de la Mecque, J.E. Gardiner, Lyon Opera, Erato 1991

Letture
P. Howard, Gluck, Oxford University Press, Oxford 1995
P. Gallarati, Gluck e Mozart, Einaudi, Torino 1975

1762 Sinfonie Le Matin, Le Midi, Le Soir


Franz Joseph Haydn

Descrittivismo orchestrale Nascita della sinfonia Sammartini a Milano Mannheim Stamitz Il Concert Spirituel di Parigi C.P.E. Bach ad Amburgo J.C. Bach a
Londra Haydn ad Eisenstadt Sturm und Drang Stagioni dopera
Un breve crescendo (sei battute), nellAdagio che precede il primo movimento, suggerisce il sorgere del sole nella Sinfonia n. 6 detta Le Matin. Nella
successiva Sinfonia n. 7, il sottotitolo Le Midi viene dal passaggio posto fra
primo e secondo movimento, affidato al violino solo in dialogo col resto
dellorchestra, memore dei modi con cui Vivaldi rappresenta la canicola
dellestate nellomonimo concerto delle Quattro stagioni. Il picchiettare degli archi, le fulminee discese del violino solo, il tuono degli ottoni e il titolo
autografo La tempesta portano un nubifragio serale nel finale della Sinfonia n. 8 Le Soir. Probabile che sia lo stesso Haydn a dare i titoli alla terna
sinfonica con la quale esordisce nel 1761 da direttore delleccellente orchestra personale del ricchissimo principe Anton Esterhzy nella sua residenza
di campagna di Eisenstadt, a sud di Vienna.
La pratica di dare un titolo descrittivo a un lavoro strumentale di uso
frequente da quando, nel Seicento, la musica in grado di comunicare con
il suo linguaggio autonomo, rinunciando al supporto delle parole. Di rado
per, anzi quasi mai, il solo ascolto riesce a cogliere il senso extramusicale
che pu aver ispirato il compositore. Non succede nel Vivaldi delle Quattro
stagioni per esempio: senza i sonetti disposti nei punti critici, sfuggirebbero
le implicazioni descrittive, ma rimarrebbe gradevolissimo lascolto. Succede
ancor meno con i titoli che accompagnano (30 volte su 104) le sinfonie di
Haydn. Sono invece evidenti, gi in questa terna giovanile, le soluzioni musicali che portano alla nascita del linguaggio sinfonico moderno e al distacco
dalle forme del passato. Distacco che molto graduale. Nella sinfonia Le
Matin si nota ancora la distinzione fra il tutti e concertino, alla maniera del
concerto grosso secentesco di Corelli: violino, violoncello e violone (contrabbasso) fanno da concertino di solisti; il tutti dellorchestra sostenuto
dal basso continuo del clavicembalo. Funziona cos nei movimenti veloci
posti agli estremi, e anche nel cantabile secondo movimento. Il Minuetto
diventa una presenza stabile, in terza posizione. Nella sinfonia Le Midi pesa
il modello sviluppato da Vivaldi a inizio Settecento, con due violini solisti nel

246 IV. Let classica

primo movimento che si riducono a uno nel secondo e si fondono con il


tutti nello spiritato finale. Nella terza sinfonia, Le Soir, la tempesta conclusiva porta il piacere tutto settecentesco di esprimere in musica le voci della
Natura. Tutto il resto gi sinfonia, nel significato originale di musica per un
insieme di strumenti. In particolare, nel primo movimento, si riconoscono
bene le due differenti aree armoniche (la tonica e la dominante) in cui si
collocano i due temi differenti proposti nellesposizione e che dialogano nel
corso del successivo sviluppo, per poi riallinearsi nella finale ripresa.
Quando il venticinquenne Haydn scrive il Trittico della giornata nel
1762, il genere sinfonia ha gi una trentina di anni di storia alle spalle. Nasce
poco prima del 1730 in una Milano diventata centro europeo di sviluppo
musicale grazie a Giovanni Battista Sammartini, maestro di cappella in
SantAmbrogio e in almeno altre sette chiese, organista, compositore di corte, didatta. Alla sua scuola si formano Christoph Willibald Gluck e Johann
Christian Bach. in rapporti col bolognese padre Martini. Ladolescente
Mozart lo frequenta e lo stima. Il giovane Luigi Boccherini suona il violoncello nellorchestra da lui diretta. Sammartini inventa la sinfonia come evoluzione dellintroduzione orchestrale (sinfonia) che, gi alla fine del Seicento, la scuola napoletana di Alessandro Scarlatti fa suonare in teatro prima che
inizino il melodramma e il relativo canto. Una delle prime sinfonie di Sammartini, scelta e diretta da Vivaldi durante i festeggiamenti per il centenario
del teatro di Amsterdam nel 1738, una rielaborazione dellintroduzione
strumentale al primo dei suoi tre melodrammi, Memet (Lodi, 1732): in tre
movimenti (Vivace-Largo-Allegro), mantiene la struttura del concerto grosso
e chiede un organico di soli archi con basso continuo per clavicembalo.
Sammartini scrive unottantina di sinfonie, che la cronologia divide in tre
gruppi, in funzione dellorganico strumentale impiegato. Dal primo gruppo
per soli archi si passa (circa 1740) al secondo con forte presenza di corni e
trombe e progressiva riduzione del ruolo del clavicembalo. Dal 1760 in poi
entrano altri strumenti a fiato e si cristallizza larchitettura in quattro movimenti, con il primo che anticipa il principio dialettico della futura forma
sonata e si giova di episodi concertanti e di frequenti passaggi da una tonalit allaltra. Dopo un tempo lento cantabile, come terzo movimento arriva un
Minuetto. Nel quarto (e finale) dominano brio e velocit. Le sinfonie
hanno fortuna perch eseguite non solo a corte, ma anche in concerti pubblici allaperto, con lautore che dirige unorchestra sempre pi numerosa.
La sinfonia alla maniera milanese ha immediato successo nel circuito
europeo. Sinfonie di Sammartini sono eseguite gi nel 1742 a Parigi, a Londra, alla corte di Vienna, nei principali centri tedeschi. Trovano terreno fertile soprattutto a Mannheim, dove il principe elettore Karl Theodor, buon
flautista e violoncellista, finanzia unorchestra di corte che, sotto la direzione

1762 Sinfonie Le Matin, Le Midi, Le Soir 247

del boemo Johann Stamitz, diventa il punto di riferimento della nuova musica strumentale. Forte di una cinquantina di elementi scritturati da tutta
Europa e con eccellenti strumentisti nella crescente sezione dei fiati, ha tecnica e disciplina incomparabile ed alimentata da un gruppo di autori di
grande rilievo. Lo stesso direttore Stamitz scrive su misura per la propria
orchestra ben 67 sinfonie in cui il modello milanese si cristallizza nella struttura classica che conosciamo. In particolare, il primo movimento organizzato in tre parti (a-b-a). La sempre pi articolata sezione centrale di sviluppo (b) viene dopo lesposizione (a) di un materiale contrastante e prima
del riepilogo (b, riesposizione o ripresa) che chiude. I timbri caratteristici dei tanti strumenti, i crescendi che spaziano da impalpabili pianissimo a
fragorosi fortissimo, le continue modulazioni a tonalit lontane, il ritmo veloce, la precisione dellesecuzione incantano il pubblico del luogo e i tanti
visitatori richiamati dalleccezionalit degli eventi. Si forma un repertorio
sterminato di sinfonie scritte dagli stessi strumentisti dellorchestra: Ignaz
Holzbauer (almeno 160 sinfonie), Franz Xaver Richter (pi di 100), Karl
Joseph Toeschi (circa 90), Christian Cannabich (circa 80). Mozart abbagliato dalla bravura dellinsieme quando, ragazzo, nel 1763 e quando ventenne, passa per Mannheim e vi si ferma per quattro mesi, nellinverno 1777-78.
Spera di aggregarsi, non trova spazio, deve continuare verso Parigi.
Stamitz e Sammartini sono attivi pure a Parigi, omogenei alla tradizione
del Concert Spirituel, una stagione di concerti inaugurata nel 1725 con lidea
di offrire musica a pagamento a un pubblico di piccola aristocrazia e facoltosa borghesia, senza dipendere dalla corte. La formula della sinfonia funziona. Porta al successo immediato anche quella rivisitazione del concerto
grosso che la sinfonia concertante, un ibrido che mette in luce sia labilit dei singoli esecutori sia la forza dellinsieme. Fra i solisti cominciano a
prevalere gli strumenti a fiato, forti dei recenti miglioramenti costruttivi:
flauto, oboe, fagotto, corno si aggiungono in modo stabile ai tradizionali
violini, viola, violoncello. Proveniente da Milano, Johann Christian Bach
introduce i nuovi generi a Londra (scrive una sessantina di sinfonie, una
dozzina per doppia orchestra, 15 concertanti) inserendoli nei programmi
delle stagioni di concerti pubblici a pagamento che, fra 1765 e 1781, organizza con il collega tedesco Karl Friedrich Abel. Ancora una volta incantando il giovane Mozart, per quindici mesi residente a Londra col padre fra il
1765 e il 1766, dopo essere stato conquistato a Parigi dal Concert Spirituel.
Trasferito da Berlino ad Amburgo, scrive sinfonie pure Carl Philipp
Emanuel Bach, il fratello maggiore di Johann Christian. A Vienna il modello
italiano arriva attorno agli anni cinquanta, in forma di manoscritti dallItalia
o di parti stampate a Parigi. Lo adottano in tanti, compreso il giovane
Haydn, che tuttavia sempre negher di aver imparato da Sammartini, salvo

248 IV. Let classica

rendere onore al Bach di Amburgo (indicato come il mio vero maestro).


La sua prima sinfonia datata 1757 e quando, quattro anni dopo, entra al
servizio del principe Paul Anton Esterhzy, ne ha gi scritte 17, di cui 7 in 4
movimenti perch un Presto si aggiunge al Minuetto, che di regola
chiude quelle che hanno solo tre movimenti. Sono lavori che poco si distinguono da quelli dei contemporanei viennesi Georg Christoph Wagenseil e
Mathias Georg Monn, come lui imitatori dello stile milanese.
Con larrivo nei castelli dei principi Esterhzy ad Eisenstadt prima e
Esterhza poi, nella parte nordoccidentale dellattuale Ungheria, Haydn
inizia un decennio di intensa ricerca sul linguaggio sinfonico. La disponibilit di una buona orchestra di circa 24 elementi, la concentrazione che gli
viene dallisolamento nella residenza di campagna, la benevolenza e lo stimolo del principe gli consentono di sperimentare e sviluppare la sinfonia fino a
darle la forma classica che conosciamo. Fra 1762 e 1772 nascono le sue prime
sinfonie importanti. Sono una quarantina e non facile trovare un denominatore comune, tanta la molteplicit delle soluzioni. Solo quattro mantengono la forma in tre movimenti (n. 12, 16, 17, 19, 1761). La disposizione
interna preferisce la sequenza Allegro-Adagio-Minuetto-Presto, per le varianti sono numerose. frequente luso di un breve Adagio per introdurre il primo movimento. Invece raro trovare un movimento lento in apertura: nellanonima Sinfonia n. 21 (1764), nella n. 22 (1764) cui linizio meditativo ha meritato il titolo Il filosofo, nella n. 49 (1768) non a caso denominata La passione. Un finale lento capita invece nella celeberrima n. 45 Degli
addii (1772). Qui il brioso Presto con cui attacca il finale sinterrompe di
colpo e si trasforma in un Adagio in cui gli strumentisti smettono progressivamente di suonare ed escono di scena, finch restano attivi solo due violinisti. un messaggio per il principe: la stagione nellisolato castello di campagna deve finire, gli strumentisti vogliono tornare a casa!
I movimenti lenti puntano su melodie di taglio popolaresco. Sono di regola articolati in tre parti: la terza riprende la prima mentre la parte centrale
ha espressione diversa. Pure in tre parti sono i minuetti, che spesso fanno da
terzo e di rado da secondo movimento. I finali, salvo eccezioni, sono veloci
forme di rond denominati Presto. I movimenti pi ampi e articolati sono
sempre i primi Allegro, ancora ben lontani dalla forma sonata inventata
dai teorizzatori, da met Ottocento in poi. Sono per chiari i piani delle armonie, che chiedono il passaggio dalla tonica iniziale alla dominante centrale, con ritorno costellato di deviazioni e sorprese per tener desta lattenzione
degli ascoltatori e vivo lestro dellautore. Pi che sul contrasto fra due temi
distinti, i primi movimenti vivono di alternanza di forte e piano, di giochi
concertanti. Lintera partitura brilla per le combinazioni timbriche di archi e
fiati con i quali Haydn inventa i colori dellorchestra moderna.

1762 Sinfonie Le Matin, Le Midi, Le Soir 249

Lorchestra di Haydn ha una base con due oboi, un fagotto e due corni
oltre a quattro sezioni di archi (due di violini, una di viole, una di violoncelli e bassi). Talvolta ha un flauto e magari altri due corni (n. 31 e n. 72, 1767)
da spingere verso lacuto per imitare squilli di tromba, come quando celebra
la visita dellimperatrice Maria Teresa (n. 48, 1773). Di rado chiede una
tromba vera, ma ce ne sono due nella sinfonia n. 56 (1774). Gran fortuna ha
subito la sinfonia Imperiale (n. 53, 1775) con ampio organico sostenuto dai
timpani. Gli altri fiati in legno sono sostituiti con due corni inglesi per dare
severit alla sinfonia detta Il filosofo (n. 22, 1764). Il laboratorio sinfonico
continua con la sperimentazione sulle tonalit, che si spingono oltre quelle
normali (do, re, fa, sol) per toccare il lontano fa diesis minore della Sinfonia
degli addii. Particolare importanza ha la scelta del modo minore, applicato
tutte le volte che Haydn cerca di forzare le emozioni. Contiamo sette sinfonie
in tonalit minore scritte in quel periodo, fra le quali appunto la Sinfonia
degli addii (n. 45), la Funebre (n. 44, 1772), La Passione (n. 49, 1768).
Le drammatiche sinfonie in modo minore collocano Haydn, assieme a
Carl Philipp Emanuel Bach, fra i primi artisti che hanno lo spirito dello
Sturm und Drang. Infatti, sono i musicisti che anticipano lomonima corrente preromantica, non i letterati Johann Wolfgang Goethe (I dolori del giovane
Werther, 1774), Maximilian Klinger (Wirrwarr, 1776), Friedrich Schiller (I
masnadieri, 1781). Lattenzione di Haydn per la sinfonia, tuttavia, sfuma nel
1773, quando esplode la passione per il teatro musicale del suo signore Anton Esterhzy. Un nuovo teatro per marionette si aggiunge a quello dopera,
attivo nel nuovo castello di Esterhza da ormai cinque anni con stabile compagnia di canto e regolari rappresentazioni dirette da Haydn di lavori di
Gluck, Cimarosa, Piccinni, Paisiello. Forse spinto dal principe, forse seguendo il suo estro, Haydn si dedica allopera italiana, compone lavori di eccellente fattura su libretti di Goldoni. Continuano la sua produzione da camera
e la sacra, ma soffre quella sinfonica. Anzi, le successive sinfonie di Haydn
nascono per altre orchestre (tedesche, francesi, inglesi) ingolosite dal successo di pubblico ottenuto eseguendo i lavori precedenti, arrivati manoscritti o
a stampa fin dai primi anni settanta.
Pur essendo solo putativo, Haydn ormai considerato il padre della sinfonia classica. Suggerisce innovazioni alla formula praticata dalla seconda
generazione di compositori della scuola di Mannheim, capitanata da Karl
Ditters von Dittersdorf. Spiana la via allallievo e poi suo concorrente Ignaz
Pleyel. Ispira Boccherini, violoncellista a Madrid dopo essersi fatto le ossa
con Sammartini, che in trentanni (1769-99) scrive una trentina di sinfonie,
fra le quali ha gran successo La casa del diavolo, nella tragica tonalit di re
minore e con finale in forma di ciaccona alla maniera di Gluck. soprattutto Haydn a diventare successore di se stesso con le nove sinfonie scritte per

250 IV. Let classica

Parigi negli anni ottanta e le dodici per Londra, negli anni novanta. La ricaduta su Mozart e Beethoven immediata, con influenza decisiva che attraversa lOttocento e arriva fino a tutto il Novecento, con gli omaggi della
sinfonia desordio (Classica) di Sergej Prokofev.

Ascolti
F.J. Haydn, Symphonies 6-8, R. Goodman, The Hanover Band, Helios 1991
F.J. Haydn, Symphonies, A. Dorati, Philharmonia Hungarica, Decca 2009
K. Ditters von Dittersdorf, 6 Symphonies after Ovidios, Shepherd, Cantilena, Condos
1992
Haydn Edition, Brilliant 2008

Letture
C. Rosen, Le forme sonata, Feltrinelli, Milano 1986
H.C. Robbins Landon, Haydn. Vita e opere, Rusconi, Milano 1988

1781 Quartetti op. 33

Franz Joseph Haydn


Un solo tema regge il primo movimento Lo scherzo sostituisce il minuetto Nascita del quartetto per archi Serenate, divertimenti e cassazioni per salotti borghesi e piazze
cittadine Fughe e variazioni Il giovane Mozart e la
scuola milanese Parigi e Vienna Boccherini Ancora
Haydn

Il primo movimento del Quartetto in si minore op. 33 n. 1 di Haydn costruito su un unico motivo, che non neppure una vera e propria melodia.
Il secondo motivo, cio laltro polo dialogico, soltanto una sua variante,
che rischiara lambiguit dellattacco in si minore passando a un conclamato re maggiore. Non arrivano altri motivi. Per lintera durata di questo
Allegro moderato, il discorso musicale procede attorno al suo unico tema, si muove da un ambito armonico a un altro, cambia registri e strumenti,
gioca sui dettagli e mantiene una rotta sicura. Si riconoscono bene le tre
sezioni ormai canoniche di un primo movimento esposizione, sviluppo,
ripresa (aba) ma la scrittura di Haydn talmente agile e variata che la
conclusione arriva quasi allimprovviso. Il secondo movimento sintitola
Scherzo, con lidea di vivacizzare il manierato minuetto con il piglio deciso di una danza rusticana. Seguono un movimento lento Andante e un
vivacissimo Presto. Sembra un normale quartetto per archi, scritto secondo modelli allora popolari. Invece le innovazioni sono tante, proposte e
sviluppate negli altri cinque quartetti che Haydn fa pubblicare a due diversi editori nella primavera del 1782. Il compositore ha ragione quando offre
i nuovi lavori sostenendo che sono scritti in un modo alquanto nuovo e
assai speciale.
Nei Quartetti op. 33, il primo tempo costruito su una sola idea e sulle
sue potenzialit armoniche e ritmiche, non melodiche. Come succede in
parte nella serie di quartetti precedenti, pubblicata nel 1772 come op. 20.
Inoltre, e per la prima volta in quartetto, il minuetto tradizionale sostituito
da uno scherzo, secondo una pratica che Haydn gi sperimenta in altra musica da camera e per orchestra. Da qui il sottotitolo Gli scherzi che di regola
accompagna lop. 33. I movimenti lenti hanno cantabilit distesa ma di rado
scadono nel patetico. Sono frequenti gli accenti di provenienza operistica,
per ricordare che in quegli anni Haydn scrive molte opere buffe, alla maniera italiana, per il teatro del castello del principe Anton Esterhzy. Vivaci e

252 IV. Let classica

pieni di brio sono i finali, esempi concreti del carattere umoristico che si attribuisce a tutta la musica di Haydn.
Ancora pi radicali sono le innovazioni rispetto alle prime esperienze,
risalenti al 1757, quando Haydn fa stampare come op. 1 una serie di sei lavori per due violini, viola e violoncello, che non chiama ancora quartetti ma
divertimenti. Il successo immediato e subito esce una nuova serie (op. 2)
e unaltra (op. 4) che per sono riduzioni per i soli quattro strumenti del
quartetto di cinque sinfonie e un divertimento per orchestra, sempre di
Haydn. Diversa la vicenda dellop. 3, ora attribuita al monaco Romanus
Hoffstetter, vero autore del celebre Quartetto della serenata, a lungo creduto
il primo capolavoro della letteratura quartettistica, con firma di Haydn.
Qualche diritto alla paternit del genere quartetto pu essere rivendicato da
Franz Xaver Richter: un suo quartetto sarebbe stato eseguito nellinverno
1756-57, stando alla testimonianza di un altro quartettista della prima ora
come Karl Ditters von Dittersdorf. Nellattivissimo ambiente editoriale parigino escono, fra 1761 e 1770, sempre in gruppi di sei, i quartetti op. 2, op.
8 e op. 9 di Luigi Boccherini.
In quei tempi la terminologia confusa e poco distingue fra le musiche
con strumento a fiato per laria aperta di giorno (divertimento e cassazione) e di notte (serenata e notturno), e quelle per soli archi fra le mura
domestiche (appunto quartetto). Il genere quartetto ha subito maggiore
prestigio e fortuna perch la sua combinazione strumentale efficace: i quattro archi sono molto diffusi e coprono per intero le parti di soprano, contralto, tenore e basso della scrittura a quattro voci teorizzata da Rameau e praticata da Johann Sebastian Bach. I quattro archi riassumono tutte le possibilit armoniche e melodiche (mancano soltanto quelle timbriche) della musica
strumentale e permettono cos, a met Settecento, la nascita della moderna
musica da camera. Diventa possibile adattare, e portare dentro un salotto
borghese, le sinfonie scritte per le orchestre dei saloni aristocratici e dei
grandi spazi pubblici. Aggiungendo pochi altri archi, integrando con qualche strumento a fiato (flauto, oboe, fagotto, corno, clarinetto) secondo la
disponibilit, si arricchisce il timbro. Si formano quintetti, sestetti, ottetti
con gli organici pi vari, maggiore numero (da cinque a dieci) di movimenti,
fantasiosa nomenclatura. Sono serenate e divertimenti per archi e fiati da
suonare in casa; cassazioni per soli fiati destinate a piazze, strade e cortili,
feste, cerimonie e banchetti. Si sviluppa velocissimo un mercato di musica
per complessi di dilettanti pi o meno bravi, residenti non solo nelle capitali dotate dimportanti orchestre stabili, ma anche in periferia, per la gioia
degli stampatori di musica parigini, londinesi, olandesi, tedeschi (con gli
italiani ormai marginali). Si tratta spesso di trascrizioni di brani favoriti di
opere teatrali, ma anche di lavori originali, talvolta di notevole valore.

1781 Quartetti op. 33 253

Haydn appunto uno dei primi a cogliere loccasione nascente. Accanto


a 22 quartetti e a circa 50 sinfonie, scrive fra 1756 e 1772 pi di 30 fra cassazioni, divertimenti e partite per complessi di archi e fiati, escludendo le
centinaia di lavori dincerta attribuzione per mancanza di autografi, pirateria editoriale, adattamenti apocrifi. Anche se non ha ragioni specifiche per
scrivere quartetti per la corte degli Esterhzy, Haydn ha un occhio di riguardo per la forma classica del quartetto. Pi che nelle due serie di sei quartetti pubblicati, sempre con il titolo di divertimenti, come op. 9 (1770) e come
op. 17 (1772), lo sforzo di innovare si manifesta nei sei dellop. 20 (1772). Si
riduce il predominio del primo violino e spuntano controcanti anche nel
registro pi grave di viola e violoncello. Il minuetto prova a scrollarsi le
movenze manierate della danza di corte e cerca contrasti pi decisi, toni
rustici o esotici, come nel Menuet alla zingarese (n. 4). La scrittura a tre voci
rende pi compatti i primi movimenti. In tre casi (n. 2, 5, 6) il finale porta i
quattro strumenti sullo stesso piano con altrettante fughe rese pi complesse dal crescere dei soggetti: un soggetto nel n. 2, due nel n. 5, tre nel n. 6.
Non solo un omaggio a Johann Sebastian Bach, che Haydn conosce col
tramite dello stimatissimo figlio Carl Philipp Emanuel. piuttosto uno
strumento di ricerca sul linguaggio del quartetto che Haydn condivide con
molti suoi contemporanei ora dimenticati, fra i quali si segnala Johann Georg Albrechtsberger, passato alla storia come principale maestro di contrappunto di Beethoven. Il quale Beethoven, durante gli studi, nel 1793-94, copia di suo pugno proprio i quartetti op. 20 di Haydn e ne tiene ampio conto.
Non subito per, ma nella sua estrema produzione per quartetto (Grande
fuga op. 133), per pianoforte (Variazioni Diabelli e Sonate op. 101, Hammerklavier op. 107, op. 110, op. 111), sonate per violoncello e pianoforte (op.
102 n. 2).
Forse precedendo Haydn, a Milano scrive per lo stesso organico, e sempre col nome di divertimento, un altro padre putativo della sinfonia come
Giovanni Battista Sammartini. Fornisce i primi modelli per il giovane Mozart, che firma il suo primo quartetto a Lodi nel 1770 e nel 1772. Durante il
secondo soggiorno milanese ne compone altri sei (K 155-160), denominati
divertimenti, in soli tre movimenti. Nel corso del terzo e ultimo viaggio in
Italia (1772-73), scrive tre divertimenti (K 136-138) e sei quartetti milanesi
(K 168-173), che sono lavori di limitate proporzioni e in tre movimenti con
i tipici caratteri della musica da camera prehaydniana: dominio della melodia, rinuncia alla polifonia, prevalenza del primo violino, forma elementare,
armonia primitiva, elaborazione modesta. Timide anticipazioni del Mozart
futuro si scorgono, per esempio, nellAllegro centrale del Quartetto K 159.
uno dei casi di adesione del diciassettenne Mozart allo spirito preromantico dello Sturm und Drang. Il discorso musicale procede per frammenti, con

254 IV. Let classica

modulazioni ardite, slanci appassionati, dinamiche febbrili. Il sol minore si


qualifica come la tonalit demonica di Mozart, anticipando la famosa
Sinfonia K 183 dellanno successivo. Tornato a Salisburgo e di nuovo a Vienna nel 1773 per un ultimo e sfortunato tentativo di essere assunto alla corte
di Maria Teresa, Mozart conosce i primi quartetti di Haydn e cambia subito
registro. La serie K 168-173 accoglie la struttura in quattro movimenti e diventa vero quartetto, anche se manca linnovazione e se ladesione alla routine del tempo totale.
Dopo lop. 20 (1772), per quasi dieci anni Haydn non scrive quartetti.
Mancano gli stimoli immediati e non gliene offre il principe Esterhzy che
invece vuole pezzi per baryton, una variante a sei corde della viola da gamba
tradizionale, di cui egli ghiotto esecutore. Haydn lo soddisfa con 175 fra
trii e sonate per questo strumento singolare e poco diffuso. Quasi a insaputa
di Haydn, cresce a dismisura il mercato europeo della nuova musica da camera e del quartetto in particolare. Florida la piazza parigina, sfruttata da
tanti nuovi autori, oggi quasi dimenticati: Jan Ladislav Dussek, FranoisJoseph Gossec, Andr Grtry, Johann Baptist Vanhal. Si costituisce nel 1765
anche il primo quartetto darchi stabile, formato da esecutori professionisti,
tutti italiani, con Pietro Nardini (allievo di Giuseppe Tartini e considerato il
maggior virtuoso del tempo) e Filippo Manfredi violini, Giuseppe Cambini
viola, Luigi Boccherini violoncello. Tutti scrivono quartetti. Il pi prolifico
Cambini (circa 170), stimatissimo da Mozart. Il pi importante Boccherini,
autore non solo di 85 quartetti (pi altri trascritti o di dubbia attribuzione,
1761-1804) ma anche di un centinaio di quintetti con secondo violoncello,
sestetti con aggiunta di unaltra viola, tanti quintetti con flauto e con pianoforte, 9 magnifici quintetti con chitarra, omaggio alla Spagna e a Madrid,
dove si stabilisce definitivamente nel 1768.
Stimolato e lusingato dalla crescente richiesta che la circolazione a stampa o manoscritta della sua produzione ormai genera in tutta Europa, nel
1781 Haydn scrive una nuova serie di quartetti, appunto la fondamentale op.
33, in cui applica i risultati della sperimentazione sinfonica. I movimenti di
apertura seguono il principio monotematico, basato sullelaborazione armonica di un unico tema. Che il modo alternativo di concepire la nascente
forma sonata, rispetto a quello bitematico in cui lo sviluppo centrale si
regge sul dialogo fra due distinte melodie (pur sempre collocate luna su
tonica e laltra su dominante). Nei secondi movimenti lenti raro il canto
spiegato del primo violino con tutti gli altri che accompagnano (n. 5); prevale la distribuzione della melodia su tutti i registri, con un bel duetto fra viola
e violoncello (Largo, n. 2) e un momento magico in quel vero e proprio
inno che lAdagio ma non troppo (n. 3), reso famoso anche dal bel sottotitolo Degli uccelli. Rimane la struttura tripartita (aba) per il terzo movi-

1781 Quartetti op. 33 255

mento, che non pi un minuetto: il ritmo pi marcato, un minimo di accelerazione, la maggiore escursione dinamica suggeriscono il nuovo titolo
Scherzo e inaugurano una tradizione che andr da Beethoven ad Anton
Bruckner. Varia e funzionale la scelta dei finali, sempre vivacissimi e costruiti ora come rond in cinque sezioni abaca (n. 2, 3, 4), ora come tema con
variazioni (n. 5 e 6), oltre che come sonata tripartita aba (n. 1).
La nuova veste del quartetto piace anche allarciduca russo Paolo
Petrovi, destinato a diventare zar, in visita a Vienna (1782). Haydn gli gira
la dedica dellop. 33 e inizia una serie di commissioni russe che non solo
coinvolger lui stesso ma anche il miglior Beethoven. Sul piano artistico,
dallop. 33 Mozart a ricevere limpatto pi forte. Gli si aprono orizzonti
sconosciuti. Decide di riprendere un genere che anche lui trascura da quasi
dieci anni e di rinnovare il proprio linguaggio proprio sulla piattaforma stilistica di Haydn. Limpresa si rivela molto pi ardua del previsto e Mozart
impiega almeno tre anni per portarla a termine. Pubblicher i suoi primi
veri quartetti nel 1785, giustamente dedicandoli al demiurgo Haydn.

Ascolti
F.J. Haydn, String Quartets op. 33, Quatuor Mosaiques, Nave Astree 2000
F.J. Haydn, Complete String Quartets, Angeles Quartet, Decca 2012
G. Boccherini, Quartets op. 32, Esterhzy Quartet, Warner 2006

Letture
P. Griffiths, The String Quartet: A History, Thames and Hudson, London 1985
R. Stowell, Companion to the String Quartet, Cambridge University Press, Cambridge
2003
J. Keller, Chamber Music, Oxford University Press, Oxford 2010

1783 Sonata per pianoforte K 331 Alla turca


Wolfgang Amadeus Mozart

Turcherie musicali La dinamica del pianoforte Cristofori Un secolo di sviluppo tecnologico Mozart pianista
Sonate Il confronto con Clementi Pianoforte e orchestra Primi concerti pubblici a Vienna Preludio a
Beethoven
Sfilano con passo cadenzato, come vuole la regola militare. Accentuano la
scansione con colpi di tamburo e di grancassa. Alleggeriscono il rigore con
squilli di fanfara, trilli di ottavini, assoli di flauti. Provocano frizioni metalliche di alabarde e scimitarre, tintinnare di campanelli e sonagliere. Hanno un
suono inconfondibile, i giannizzeri: militari dellimpero ottomano scelti per
scortare le autorit e assicurare lordine pubblico nelle citt occupate. Quando passano, fanno un rumore che nellEuropa del Settecento familiare,
anzi gradevole dopo che il pericolo reale dinvasione turca sventato in
modo definitivo con il fallimento dellassedio di Vienna nel 1683. Da cento
anni c coesistenza. Le turcherie fanno parte dello spettacolo, portano
quel tocco di esotismo che affascina la cultura razionale dellet dei lumi, da
Vienna a Parigi, da Berlino a Londra. Danno sapore ai formalismi che il
tempo delle galanterie e del ritorno alla classicit tende a cristallizzare.
La pi bella traduzione musicale di quel suono fra lesotico e il cosmopolita sta nellouverture per Il ratto dal serraglio, lopera teatrale che d immediato successo a Mozart impiantato come libero artista a Vienna, capitale di
frontiera con limpero turco. Pur senza la variopinta tavolozza dellorchestra, quel suono risplende anche sulla tastiera bianconera del nuovo strumento col forte e col piano, che sta vincendo la sua cinquantennale guerra
con il vecchio clavicembalo. Succede nel celeberrimo finale della Sonata in
la maggiore K 331 che Mozart scrive a Vienna nel 1783 (e non a Parigi nel
1778 come a lungo si pensato). Gi il sottotitolo (originale) Rond alla
turca segnala la fonte dispirazione. La musica ne traduce perfettamente lo
spirito, con quel tanto dironia che distingue una banale trascrizione da una
fine reinvenzione. A un primo episodio leggero (pifferi?) ne segue un secondo pi robusto (ottoni?). Dopo la ripetizione di entrambi gli episodi, ecco il
terzo: una vivace doppia improvvisazione per solista (ottavino?) su un basso
che si limita a scandire il passo. Tornano i due episodi iniziali e una festosa
coda a colpi di tamburo congeda la banda. Il costume turco serve a dare
colore al classico modello del rond, fissato in musica fin dal Seicento e

1783 Sonata per pianoforte K 331 Alla turca 257

articolato appunto in una sequenza in cui un motivo principale (ritornello)


intercalato da diversi episodi (strofe) in parte connessi fra loro. Il ritornello
garantisce la continuit, le strofe danno variet. Compongono rond Lully e
Rameau, Hndel e Bach, ma la formula trova la sua sistemazione definitiva,
a met Settecento, come tipico finale dei nuovi generi di musica strumentale
che stanno nascendo per gli organici pi vari: sonata, sinfonia, concerto,
quartetto.
Lesotismo del suono turco colora la classica forma del rond e conferma
la sensibilit per i timbri del giovane Mozart, la sua capacit di valorizzarli
anche quando appaiono virtuali, pensati per orchestra e trasferiti sulla tastiera. Che appunto non pi la tastiera dello storico clavicembalo ma quella del
nuovo fortepiano. Laspetto identico, la funzione assai diversa. Nel clavicembalo, qualunque sia la forza esercitata dalle dita, i tasti muovono un sistema di plettri (becchi) che pizzicano le corde in modo uniforme. Per
cambiare intensit e timbro del suono si ricorre a una seconda tastiera e a
(pochi) registri aggiuntivi. La tastiera dellorgano si comporta in modo analogo, fa vibrare non corde ma colonne daria. Anche nellorgano lintensit
del suono fissa, mentre il maggior numero dei registri permette di variare
il timbro. Nel nuovo strumento fortepiano lesecutore riesce a variare lintensit del suono regolando la forza con cui le sue dita toccano i tasti. Inventato attorno al 1700 nella bottega fiorentina del cembalaro Bartolomeo Cristofori, padovano di nascita e formazione, il gravicembalo col piano e col
forte non pizzica le corde ma le percuote con una serie di martelletti comandati da una regolare tastiera. Graduando, tramite il tasto, la forza con cui il
martelletto colpisce e fa risuonare la corda, lesecutore ha uno spettro continuo di volume sonoro, dal piano al forte. Un meccanismo (detto scappamento), inventato da Cristofori nel 1720, consente di riportare alla base il
martelletto appena fatta la percussione e di controllare la durata del suono
perch un sistema di smorzatori ferma la vibrazione della corda solo quando
il dito si solleva dal tasto.
Il superamento dei problemi tecnologici richiede oltre mezzo secolo.
Cristofori costruisce il primo strumento efficiente attorno al 1720, poi lo
sviluppo passa in Germania e solo cinquantanni dopo si riesce a organizzare una produzione in serie industriale in Inghilterra e Francia. Non riescono
a competere i costruttori italiani. Attorno al 1740 il nuovo strumento tuttavia diffuso in tutta Europa. Domenico Scarlatti dispone di almeno cinque
esemplari a Madrid. A Lipsia, Johann Sebastian Bach collauda un modello
costruito dal suo organaro di fiducia Andreas Silbermann. A Berlino, Carl
Philipp Emanuel Bach fra i primi a comprenderne le potenzialit. Assieme
allo strumento fortepiano, emigra e si diffonde in tutta Europa una nuova
generazione di esecutori e compositori italiani che per primi ne colgono le

258 IV. Let classica

potenzialit tecniche ed espressive. Il veneto Giovanni Benedetto Platti, fra


1723 e 1765, allieta la corte di Wrzburg e pubblica nel 1742 sei Sonates pour
le clavecin sur le got italien. Il napoletano Pietro Domenico Paradisi, allievo
delloperista Porpora, a Londra dal 1746 al 1770 e firma una fortunata
serie di dodici sonate per fortepiano (1764). Il veneziano Domenico Alberti,
cantante e clavicembalista, con le sue sonate pubblicate a Londra e Parigi,
inventa una formula di accompagnamento (basso albertino) diffusissima
fino ai tempi di Beethoven: gli accordi secchi del vecchio basso continuo
sono frammentati in un flusso costante di note su cui si appoggia la linea del
canto, comunque prevalente. Il fiorentino Giovanni Marco Rutini, educato
a Napoli, attivo in tutta Europa al seguito di compagnie dopera itineranti.
Soggiorna a Dresda, Praga, Berlino e soprattutto a San Pietroburgo (175661) come maestro di clavicembalo della futura imperatrice Caterina ii.
autore di sonate che Mozart conosce grazie al bolognese padre Martini, che
di Rutini amico e corrispondente. Baldassarre Galuppi, detto Buranello
perch nato a Burano, presso Venezia, giustamente famoso per una produzione operistica che incanta Caterina ii di Russia a San Pietroburgo (176568) e padroneggia il fortepiano: visita Carl Philipp Emanuel Bach a Berlino
nel 1765 e pubblica 85 sonate che sono il ponte ideale fra quelle ancora
clavicembalistiche di Domenico Scarlatti e quelle protopianistiche di Mozart e di Clementi.
In questo percorso di macchine e di persone sinserisce alla perfezione il
giovane Mozart, che inizia la sua carriera di fanciullo prodigio proprio sulla
tastiera del fortepiano. Ancora bambino, con la sorella Nannerl e guidato dal
padre violinista Leopold, parte dalla nativa Salisburgo e si esibisce in faticose tourne, prima (1761) nella capitale Vienna poi, e per ben tre anni (176163), nei maggiori centri di Germania, Francia, Inghilterra, Olanda. Resta per
cinque mesi a Parigi, dove la musica per tastiera ancora ibrida fra clavicembalo dei francesi e fortepiano degli italiani. Apprezza molto la fusione con lo
stile austrotedesco delle sonate di Johann Schobert, immigrato dalla Slesia,
celebrato virtuoso e morto giovane (1767) per avvelenamento da funghi. Per
Mozart sono ancora pi importanti i quindici mesi successivi trascorsi a
Londra, a contatto diretto con Johann Christian Bach, a sua volta figura
chiave nel Settecento musicale europeo. Ultimo dei ventidue figli di Johann
Sebastian, alla morte del padre (1750) continua il tirocinio musicale a Berlino presso il fratello Carl Philipp Emanuel e dal 1754 vive otto anni intensi a
Milano, nel momento in cui (ri)nasce la musica strumentale italiana (solistica, sinfonica, da camera) sotto la guida di Giovanni Battista Sammartini. Nel
1762, Johann Christian si stabilisce a Londra come musico di corte e, assieme a un altro gran cosmopolita, il sassone Karl Friedrich Abel, proveniente
da Dresda con destinazione Parigi, organizza una popolare serie di concerti

1783 Sonata per pianoforte K 331 Alla turca 259

in abbonamento (1765-82 circa) per la quale scrive e dirige molte sinfonie e


concerti per gli strumenti pi vari, con fortepiano che prevale. Il Bach pi
giovane ha successo anche come autore di opere teatrali e di oratori, di tanta
musica da camera per gli organici pi vari, comprese sonate per fortepiano
e violino, in cui curiosamente il ruolo di solista sinverte, passa alla tastiera e
relega larco a un ruolo secondario. Non a caso le prime sonate di Mozart (K
10-15), pubblicate a Londra nel 1765, sono per fortepiano con violino (o
flauto) ad libitum, alla maniera di Bach jr.
Mozart apprezza ancor pi il modello di Johann Christian Bach quando,
dopo un breve rientro a Salisburgo nel dicembre 1769 assieme allimmancabile padre, punta a sud e inizia una frequentazione diretta con lItalia che
dura fino al 1773. Nella Milano di Sammartini e nella Bologna di padre
Martini (che sappiamo in corrispondenza con Carl Philipp Emanuel), conosce la nuova scuola strumentale che accompagna quella consueta operistica
e sacra. Nei successivi tre anni resta a Salisburgo e ha forse modo di studiare
le sei sonate per fortepiano (1773) di Franz Joseph Haydn, che servono da
modello per la sua prima serie di sei (K 279-284) che scrive nel 1775 a Monaco di Baviera per farsi un repertorio da concertista.
Il rapporto speciale con il fortepiano fa un salto quando, nellottobre del
1777, sulla via per Mannheim e con destinazione finale Parigi, Mozart visita
la fabbrica di Johann Andreas Stein, ad Augsburg. Apprezza la precisione
della meccanica, la flessibilit della dinamica, la morbidezza del suono. Intuisce che sulla tastiera si possono evocare i timbri di altri strumenti, anzi di
unorchestra intera. una rivelazione che illumina la sua intera produzione
pianistica matura. Mentre scopre le meraviglie dellorchestra di Mannheim,
scrive due sonate K 309 e K 311 dal suono ormai sinfonico (novembre
1777). Nellestate successiva, a Parigi, crea la Sonata K 310 che la pi aggressiva e moderna fra le sue sonate giovanili. Il primo movimento ha accenti beethoveniani nella furia del tema principale con secca risposta e conseguenti frizioni dissonanti che scuotono lo sviluppo, esaltate dai passaggi alla
mano sinistra e da un geniale contrappunto virtuale. Lo stesso Adagio non
si appoggia sui morbidi bassi ma spazia su incontri a due voci fra melodia e
accompagnamento in stile operistico, con divagazioni in regioni armoniche
lontane e gran voglia di dissonanza alla mano destra, mentre canta quella
sinistra, cio il basso. La spiritata frivolezza del finale nasconde le tante frizioni di armonie nelle eteree leggerezze che gi anticipano Mendelssohn.
A Parigi, Mozart cerca lavoro come autore teatrale e sinfonico, si fa conoscere come fortepianista nel repertorio delle variazioni su melodie riprese
da opere teatrali di successo, trascura il genere della sonata. Che riprende
quando (1781) si trasferisce definitivamente a Vienna dove, il 24 dicembre
1782, ha luogo un mitico confronto diretto con Clementi, alla presenza del

260 IV. Let classica

re, finito in parit incerta: Mozart sembra faticare ad ammettere che la tecnica esecutiva del rivale migliore della sua. Attorno al 1783 nasce la famosa
quaterna K 330-333. A spiccare appunto la K 331, che per non una sonata classica. Mantiene i tre movimenti, con rond finale e minuetto centrale. Il primo movimento per un tema con variazioni, che riassume lesperienza maturata nel genere, vive di contrasti fra modo maggiore e minore, ma
ancor pi di mutazioni timbriche che fanno pensare al suono delle varie famiglie orchestrali. Come appunto succede nel festoso finale alla turca.
Le altre tre sonate hanno un primo movimento di tipo tradizionale, ancora galante e classico, con due temi disposti sui poli della scala musicale moderna, secondo la teoria armonica elaborata da Rameau e la pratica musicale
messa a punto da Carl Philipp Emanuel Bach. In quel 1783 Mozart scopre
che si pu far fortuna organizzando concerti pubblici in cui esibirsi come
solista e direttore. Riduce il suo impegno sul fortepiano solo, anche se le sue
ultime cinque sonate (K 457, 533, 545, 570, 576) e quattro serie di variazioni
(K 455, 500, 573, 613), disposte fra 1784 e 1791, mostrano una ricerca sulla
timbrica e sullarmonia del nuovo strumento che scavalcano il futuro immediato (Haydn, Beethoven) e portano direttamente a Schubert e, pi in l, agli
impressionisti francesi di primo Novecento. Nello stesso tempo c come un
ritorno al passato polifonico per superare la formula che vuole la mano destra che canta e quella sinistra che accompagna (K 533/494 e K 576). Levoluzione della sonata segue invece altri percorsi, grazie al pianista/musicista
Haydn, al pianista/affarista Clementi e ai loro tanti e variegati allievi. Fra i
quali giganteggia Beethoven.

Ascolti
W.A. Mozart, Piano sonatas, M. Perahia, Sony 1992
W.A. Mozart, Complete Piano Sonatas, M. Uchida, Philips 1991
M. Clementi, Piano Sonatas, N. Demidenko, Hyperion 2010

Letture
H.C. Robbins Landon, The Mozart Compendium, Schirmer, London 1990
S. Sadie, Mozart. Gli anni salisburghesi. 1756-1781, Bompiani, Milano 2006
R. Gutman, Mozart, Secker and Marburg, Harvest Book, London 1999
P. Rattalino, Da Clementi a Pollini, Ricordi-Giunti, Milano-Firenze 1983

1785 Quartetto K 465 Delle dissonanze


Wolfgang Amadeus Mozart

Dissonanze striscianti Dedica a Haydn Sei pezzi sperimentali e differenti Frutto di una lunga, e laboriosa fatica Difficolt a trovare nuovi sviluppi I quartetti per
il re violoncellista Eredit per Haydn e Beethoven
I quattro strumenti entrano nellordine che va dal basso allacuto. Il violoncello ribatte un do grave. Si sovrappone prima la viola, poi il secondo violino,
infine il primo violino, ciascuno con note tenute, diverse fra loro e che comunque non appartengono alla scala di do maggiore che dovrebbe fare da
impianto a tutto il movimento. Sono note che suggeriscono altre scale, altri
modi. Si aggiungono nuove note e nuovi accordi, nessuno dei quali risolutivo. Il disegno si complica quando anche il violoncello esce dalla sua fissit
ripetitiva e si unisce agli altri strumenti nel sofferto arrampicarsi su una
strada in salita. Si procede a tentoni, con movimenti lenti e incerti, con urti
continui, cio dissonanze che generano altre dissonanze, mentre non si vede
la meta, cio la luce tranquillizzante della consonanza. Non sono per dissonanze secche che fanno sobbalzare lascoltatore e ne destano lattenzione,
alla maniera di Haydn. Sono dissonanze striscianti, a loro modo ovattate da
una dinamica che preferisce il piano, cresce fino al forte, evita il fortissimo;
dissonanze ammorbidite da una scrittura che quasi nasconde le note stridenti in registri strumentali distanti. Ne esce quel senso di sospensione emotiva
che segna tutta la produzione del Mozart viennese.
Il nirvana informale dura 22 battute, da un minuto e mezzo a poco pi
di due minuti, secondo gli interpreti. Si arresta su una pausa senza tempo,
su unaltra ancora. Finalmente scatta il primo movimento vero e proprio, un
Allegro, in affermativo do maggiore, che ha lormai consueta articolazione in tre sezioni distinte, cio esposizione-sviluppo-ripresa con una breve
coda aggiunta. Per lintroduzione lenta non passata invano. Seguendo
linsegnamento di Haydn, il materiale dellAdagio serve come base per la
costruzione dellAllegro, che monotematico perch le sue due melodie
principali hanno origine comune. Gli incisi cromatici che prima circolano
esitanti, ora sono affermativi e generano nuove melodie. Le note basse e ribattute del violoncello scorrono in tutti i registri dei quattro strumenti. Sono la cellula che unifica lintero organismo. Troviamo quella cellula anche
nei movimenti successivi, a rendere la struttura pi compatta, anzi circolare,
alla maniera di future architetture ottocentesche. La cura del timbro sem-

262 IV. Let classica

pre assoluta, certificata dal gioco in eco fra primo violino e violoncello di un
Andante cantabile costruito con il principio opposto rispetto allAllegro: disegno semplice, senza sviluppi, con materiale melodico perfino sovrabbondante. Il Minuetto riprende le tensioni armoniche del
primo tempo e il trio introduce accenti di passione. Il finale non ha la sfrenata allegria di Haydn, ma una gaiezza trattenuta. Mozart si mantiene fedele al sottile filo di ambiguit che mette in ogni sua produzione matura, non
solo nel quartetto.
Il Quartetto in do maggiore K 465 corona la serie dei sei quartetti di Mozart pubblicati a Vienna nel 1785 come op. 10. Sono il frutto di una lunga,
e laboriosa fatica, ammette lautore nella famosa dedica a Haydn, maestro
riconosciuto. Prima di imbattersi nei sei quartetti che Haydn pubblica nel
1782 come op. 33, Mozart non mostra particolare interesse per il genere. Gli
undici divertimenti/quartetti che scrive fra 1770 e 1773 seguono gli esempi
pionieristici della scuola milanese prima e di quella viennese poi. Sfogliando
le nuove pagine dellop. 33 di Haydn, Mozart scopre che melodie, ritmi e
timbri possono scorrere sui quattro strumenti trattati alla pari, secondo un
disegno che insieme fantasioso e razionale. Inizia subito a prendere appunti. Non sa ancora che la realizzazione del progetto richieder ben tre anni,
anche se la sua intenzione non innovare ma solo capire. I sei quartetti sono,
infatti, ottime imitazioni, perch architettura complessiva, articolazione
interna, scrittura e durata sono haydniane in senso assoluto. La mano di Mozart si riconosce nel modo con cui sono trattati melodia, armonia e timbro,
cio gli elementi del materiale sonoro che hanno maggiori implicazioni sui
contenuti emotivi. Infatti, molto pi che nella forma, i sei quartetti si differenziano fra loro nel carattere. Ciascuno merita infatti una lettura speciale.
Proprio perch il pi vicino nel tempo ai modelli di Haydn, il primo
quartetto (K 387) il pi attento ai valori formali. Le 3+3 note con cui parte
lAllegro vivace assai sono la cellula base dellintero quartetto. Generano
il secondo tema, le relazioni armoniche, gli incisi utili per la densa elaborazione del primo movimento. Servono a costruire un Minuetto, che gi
uno Scherzo. Fanno dellAndante cantabile una ricca serie di variazioni
su una melodia principale che associa controcanti sparsi fra le voci medie e
basse. Rendono il Molto allegro finale una delle pi geniali costruzioni
polifoniche di Mozart, che per spirito e tecnica anticipa il finale della Sinfonia Jupiter K 551.
Il secondo quartetto della serie (K 421), lunico in tonalit minore, uno
dei lavori pi dolorosi di Mozart, anche se concede pochi appigli a chi
cerca contenuti extramusicali. Lartista si esprime con un pudore che filtra
appena dallarchitettura classica. Il pathos del primo movimento, breve e
intenso, viene dai salti del primo tema e dallagitazione del secondo. un

1785 Quartetto K 465 Delle dissonanze 263

motto di tre note ripetute che risuona anche nei movimenti successivi. Quelle tre note diventano il ritmo che rende inquieta la vena preromantica dellAndante. Il motto incombente fa del Minuetto quasi uno Scherzo
romantico-beethoveniano. Chiude un tema con quattro variazioni e coda, su
una melodia malinconica al ritmo di siciliana, una danza dolce e triste. Lemozione culmina con tre ripetizioni finali, in un tragico re minore. evidente lanalogia con il Quartetto La morte e la fanciulla (1824) di Franz Schubert, pure in re minore e percorso dal suo inciso famoso, il Tema della
morte.
Il terzo quartetto (K 428) ha il pregio della concisione e della linearit,
con qualche presagio romantico nella melodia piccola e sognante del movimento lento, i cui quieti cromatismi sono leggibili come anticipazione/legittimazione di Tristano e Isotta di Wagner. il quartetto pi leggero della
serie, senza la carica drammatica del precedente o la complessit strutturale
dei successivi. Contano (forse) i tempi di realizzazione: poche settimane
dopo il K 421, comunque prima del luglio 1783. Tanta velocit subito
compensata dalla straordinaria lentezza di elaborazione del quartetto successivo (K 458), che ha una storia di abbozzi, varianti e limature distribuita
su ben due anni. La stesura inizia nella primavera o nellestate del 1783 e finisce solo nella seconda met del 1784, dopo vari tentativi andati a vuoto.
tuttavia il quartetto pi popolare, forse solo per il bel sottotitolo (apocrifo)
La caccia, tradizionale corollario della fanfara con cui attaccano i violini e del
generale clima di aria aperta che si respira nel primo movimento. Il Menuetto, a differenza degli altri della serie, ha una regolare frase di otto battute con accenti che gli danno una gustosa asimmetria (5+3); il trio centrale
ancora pi lieve, immaginato per i salotti e non per le aie. La melodia, risparmiata nel primo tempo, dilaga negli ultimi due. Lampio Adagio torna
allantico, con il primo violino che canta una melodia sentimentale, mentre
gli altri strumenti lo accompagnano quieti. Il finale Allegro assai ha ben
tre temi distinti: i primi due, popolareschi, sono appannaggio dei violini; il
terzo, melodico, si distribuisce su tutti gli strumenti. Lo sviluppo breve, la
coda succinta, il carattere gaio e festoso. I lunghi tempi di composizione
sono tanto ben dissimulati che solo la moderna musicologia, analizzando la
carta dellautografo, riuscita a portarli allo scoperto.
Le cose non vanno meglio con il quinto quartetto (K 464), finito il 10
gennaio 1785, il pi duro in assoluto, almeno a giudicare dalla massa di correzioni e varianti. forse il meno popolare della serie ma anche quello che
Beethoven ama di pi: copia di proprio pugno lintero finale e varie volte ne
riprende la tecnica di costruzione. A destare la sua ammirazione forse il
finale monotematico, fondato su un breve motivo cromatico discendente e
su una sua permutazione; non c melodia e lesposizione diventa subito

264 IV. Let classica

sviluppo. Il motivo passa in tutti i registri di tutti gli strumenti, con varianti
e metamorfosi continue. il principio che Beethoven adotter in molti suoi
lavori maturi, compresa la Quinta sinfonia. Nella costruzione musicale il
tocco mozartiano ben presente anche negli altri movimenti. LAllegro
iniziale un dialogo continuo fra gli strumenti, con un geniale sviluppo in
polifonia a quattro voci che ammorbidisce le spigolature armoniche. Il contrappunto regge pure il successivo Menuetto, il cui trio ha laustera cantabilit che troveremo spesso in Beethoven. LAndante lunico movimento
lento costruito in forma di variazioni tradizionali, su un tema cantabile e
sempre riconoscibile, pur con armonie diverse e timbri che mutano passando da uno strumento allaltro fino a chiudere col piglio militaresco del violoncello che suona come un tamburo.
Il sesto e ultimo quartetto (K 465) Delle dissonanze viene completato
quattro giorni dopo il quinto, il 14 gennaio 1785, ma il lavoro preparatorio
inizia lanno precedente. Mozart si convince di aver imparato i segreti della
scrittura quartettistica. Ogni pagina trasmette un senso di soddisfazione per
il magistero raggiunto. I risultati di tanta fatica gratificano tutti. Mozart per
primo, che dimostra di essere capace di grande umilt e di lunga concentrazione su un progetto ostico. Ma anche Haydn, consacrato maestro di un
genio che non suo allievo diretto. E anche il padre Leopold, lusingato da
Haydn che afferma, dopo aver eseguito i tre ultimi quartetti assieme a Johann Baptist Vanhal, Karl Ditters von Dittersdorf e lautore alla viola, in una
memorabile serata in casa Mozart, il 12 febbraio 1785: Le dico, davanti a
Dio, da uomo onesto, che Suo figlio il pi grande compositore che io conosca di persona e di nome; ha gusto e unenorme tecnica compositiva.
Infine rende felici gli esecutori e gli ascoltatori contemporanei e posteri che
hanno fatto di questi sei quartetti altrettanti capisaldi della letteratura cameristica di ogni tempo.
La sperimentazione davvero finita. Mozart decide di non andare oltre.
Dopo il K 465, troviamo solo un quartetto isolato (K 499) scritto per un
editore nel 1786 e tre (K 575, 579, 580) fatti su misura per Federico Guglielmo ii, re di Prussia e violoncellista dilettante, unico e dubbio frutto della
sfortunata visita alla corte di Berlino nel 1789. Probabile che la commissione
regale e il relativo compenso siano stati inventati e che Mozart non abbia mai
incontrato il re. Tuttavia questultima terna, pur bella e interessante, un
passo indietro, con la facile parte di violoncello che sovrasta quella degli altri
strumenti e mina il principio stesso del quartetto. Nettamente migliore
Luigi Boccherini, che da ottimo violoncellista scrive lavori assai equilibrati.
Inoltre, solo il Quartetto K 575 originale, gli altri sono adattamenti di appunti assai precedenti. Pi che nel quartetto, la miglior musica da camera del
Mozart maturo si trova nei due quintetti con seconda viola K 593 e K 614

1785 Quartetto K 465 Delle dissonanze 265

scritti nella primavera del 1791, poco prima di iniziare Il flauto magico K 620,
oltre che nel Quintetto per clarinetto e archi K 581 ispirato dallamico Anton
Stadler.
Continua invece a scrivere quartetti Haydn, perch cresce la domanda di
mecenati, esecutori, editori. Non gli sfugge la qualit dei lavori del suo allievo putativo e amico carissimo, tanto che riserva maggiore attenzione al timbro e alla melodia. Nota che le dissonanze dapertura del K 465, i minimi
incisi melodici stratificati su un fondo ritmico ostinato e misterioso generano
un colore sonoro mai udito prima. Limpatto si sente nel Caos orchestrale
che apre il suo oratorio La Creazione (1798). Pi tardi, Beethoven finisce col
riprendere in funzione espressiva, nei suoi grandi ultimi quartetti, proprio
quel tipo di sovrapposizione di materiali spigolosi. E quando si parla di preromanticismo in Mozart, una delle prime pagine strumentali che vengono in
mente proprio questo Adagio.

Ascolti
W.A. Mozart, Haydn Quartets, Guarneri, dg 2001
W.A. Mozart, Complete Quartets, Quartetto Italiano, Philips 1991
W.A. Mozart, Complete String Quintets, Grumiaux Trio, A. Gerecz, M. Lesueur, Philips
2002

Letture
M. Geck, Mozart, Rowohlt, Hamburg 2005
M. Solomon, Mozart, Harper Perennial, New York 1995
S. Cappelletto, La notte delle dissonanze, edt, Torino 2006
M. Mila, I quartetti di Mozart, Einaudi, Torino 2009
A. Tyson, Mozart Studies of the Autograph Score, Harvard University Press, Cambridge
1987

1786 Concerto per pianoforte K 466


Wolfgang Amadeus Mozart

Pianoforte solista distinto dallorchestra Tonalit minore


Ruolo di C.P.E. e J.C. Bach Primi concerti di Mozart
Concerti per violino e altri strumenti Societ di concerti
in abbonamento nelle capitali europee Fine delle accademie mozartiane a Vienna Riflessi nellOttocento
Lingresso del pianoforte solista preparato a lungo e con molta cura. La
nota fondamentale re ribattuta dagli archi bassi, scossa da un triplice singhiozzo ascendente, cromatico e inquietante. Entrano flauti e oboi, prima
con note tenute per accentuare le dissonanze e consolidare il modo minore.
Come succeder cinque anni dopo nel meraviglioso attacco del Requiem,
pure in re minore. La prima vera melodia affidata ai violini. La tensione
cresce fino a esplodere con il fortissimo sostenuto dagli ottoni. Il ciclo si ripete e finalmente tocca al pianoforte, che arriva quando ormai tutto il materiale musicale pronto per la complessa elaborazione. Non c contrasto
fra solista e orchestra, soltanto integrazione e dialogo, pi spesso con i fiati.
Si distinguono varie melodie, ma tutte hanno radici comuni che permettono
intrecci naturali. Sono il passaggio dei timbri e le sfumature armoniche che
rapiscono lattenzione, in un movimento che vive di tensione costante, con
quellinquietudine che sempre anima le migliori composizioni di Mozart.
Contribuisce molto allemozione la scelta della tonalit in modo minore,
rara nel genere concerto e adottata da Mozart solo in un altro caso, sui 23
totali: nel Concerto in do minore K 491, scritto un anno dopo, nel giugno del
1786. Il modello di riferimento del K 466 chiaro, confessato dallo stesso
Mozart. Si tratta del Concerto in re minore K 420 che Carl Philipp Emanuel
Bach scrive nel 1745 quando ancora al servizio del re di Prussia a Berlino.
Che forse il pi inquieto e tormentato fra i 50 scritti dal figlio di Johann
Sebastian, vero punto di partenza dello stile Sturm und Drang, anzi precursore di quasi ventanni dello spirito romantico che in letteratura si fa nascere nel 1774 con I dolori del giovane Werther di Goethe. Mozart di sicuro
pi riservato, meno incline allurgenza dei sentimenti. Non cede neppure
alle lusinghe del virtuosismo, perch il testo del primo movimento sobrio,
senza i decorativismi che guastano la forza dellespressione. Mozart lavora
molto sulla dinamica, inserendo numerose indicazioni di forte e piano a
certificare che la destinazione per il moderno fortepiano a martelli e non
per il tradizionale clavicembalo a pizzico. Il primo movimento (Allegro)

1786 Concerto per pianoforte K 466 267

vive di dettagli e di emozioni, ma rispetta larchitettura consueta: dopo lesposizione delle struggenti melodie e la loro lunga elaborazione, torna la
ripresa del materiale dinizio, si crea spazio per una libera improvvisazione
del solista (cadenza) prima della coda che chiude. Tradizionale pure la
cantabile Romanze che serve da secondo movimento, per con inattesa
accelerazione centrale. Il rond finale (Allegro assai) schiarisce lintroversione dellintero lavoro.
In tre movimenti sono pure gli altri concerti che Mozart scrive per pianoforte e orchestra. Inizia presto, fra i nove e i quindici anni, fra Londra e
Salisburgo (1765-71), quando aggiunge parti orchestrali a sonate per fortepiano degli autori che pi lo impressionano: Johann Schobert a Parigi (K
39), Carl Philipp Emanuel Bach ad Amburgo (K 40), Johann Christian
Bach a Londra (K 107). Scrive il suo primo concerto originale (K 175, 1773)
quando rientra a Salisburgo dal secondo viaggio in Italia: la scuola milanese traspare nel taglio operistico delle melodie e nella sciolta scrittura strumentale, con la parte del solista che brillante, ma ben attenta ai valori
espressivi e drammatici. Forse perch il suo primo concerto, Mozart lo
esegue spesso in pubblico, anche a Mannheim nel 1778 e pi volte a Vienna. Nei successivi dieci anni scrive solo tre nuovi concerti per pianoforte, il
primo per s (K 238, 1776), il secondo per la contessa Antonia Ltzow (K
246, 1776), il terzo per la virtuosa francese Jeunehomme (K 271, 1777).
Riserva a s e alla sorella Nannerl lunico concerto per due pianoforti K 365
(1779), che poi esegue pi volte a Vienna con lallieva Barbara Auernhammer. Ha tuttavia ben presente i successi che in tutta Europa riscuotono i
concerti solistici per gli strumenti pi vari, con il violino che domina assieme al flauto.
Anche sotto la pressione del padre, negli anni salisburghesi Mozart compone una serie di concerti per violino destinati al virtuoso Antonio Brunetti,
e magari a se stesso. Datato aprile 1773, il K 207 il suo primo concerto solistico in assoluto (precede quello per pianoforte classificato come K 175).
Altri quattro seguono nel 1775, tutti scritti in modo magistrale, avendo a
modello i lavori dei maestri italiani, sia i consolidati Tartini e Geminiani, sia
i contemporanei Nardini e Boccherini. Il secondo (K 211) e il terzo (K 216),
pur brillanti, sono meno noti degli ultimi due. Il K 218 ha un delizioso tono
galante con indimenticabile melodia infinita nel secondo movimento. Il
K219 celeberrimo per il finale Alla turca, spiritato e fantasioso primo
assaggio delle turcherie mozartiane che hanno il culmine, a Vienna, nellopera Il ratto dal serraglio e nella Sonata per pianoforte K 331. Pi che nel curioso Concertone per due violini, oboe e violoncello (K190, 1774), lomaggio di
Mozart al genere favorito da Johann Christian Bach si ha con la Sinfonia
concertante per violino e viola (K 364, 1779), che alla meraviglia delle melo-

268 IV. Let classica

die e degli incontri timbrici aggiunge la malinconica dolcezza delladdio.


Mozart non scrive altri concerti per archi solisti. A differenza di Johann
Joachim Quantz, Johann Christian Bach e Franz Danzi, Mozart non ama il
suono del flauto, per accontenta un ricco dilettante olandese a Mannheim,
nel 1778, con tre concerti (K 313, 314, 315) pi due quartetti (K 285, 285a)
con flauto solista. A Parigi, dedica un delizioso concerto (K 299, 1778) al
bravo flautista dilettante duca de Gunes e alla meno brava figlia arpista.
Salisburghese e di un anno precedente lunico concerto per oboe, composto nel 1777, eseguito almeno cinque volte a Mannheim dal virtuoso Friedrich Ramm e poi trasformato nel Concerto per flauto K 314. Almeno altri
tre sono perduti, ma tramandato un prezioso Concerto per fagotto (K 191,
1774) che, assieme ai sette di Carl Philipp Stamitz, rende solista uno strumento altrimenti confinato a far da oscuro basso in orchestra.
La forte richiesta di nuovi concerti alimentata dalla diffusione delle
societ che offrono musica in abbonamento. A Londra sono attive The Academy of Ancient Music (1710-92) e le stagioni Bach-Abel (1765-82). A Parigi, il Concert Spirituel (1725-91) compete con il Concert des Amateurs
(1769-81). A Lipsia opera il Gewandhaus (dal 1743 e ancora oggi attivo) e a
Berlino sono almeno tre le societ di concerto: la Musikausbende Gesellschaft (1749), i Concert Spirituel di Johann Friedrich Reichardt e il Concert
fr Kenner und Liebhaber di Johann Carl Friedrich Rellstab. Carl Philipp
Emanuel Bach dirige la vita musicale di Amburgo. Lorchestra di Mannheim
al massimo del suo splendore. Vienna in ritardo, con lattivit musicale
riservata alla corte e dominata dallopera italiana; dunque terreno fertile
per linnovazione e Mozart uno dei primi a scoprirlo. Trasferitosi nella capitale nel 1781, ha successo immediato come pianista, esce bene da una
pubblica sfida alla presenza dellimperatore con il celebre virtuoso Clementi (24 dicembre 1782) e diventa impresario di se stesso. Tiene numerose
accademie private in palazzi nobiliari e il 26 maggio 1783 inaugura la sua
personale stagione in abbonamento: cinque serate allAugarten in cui dirige
dal pianoforte un piccolo gruppo di strumentisti formato da quattro parti di
archi pi fiati secondo disponibilit. Oltre ai lavori composti a Salisburgo ne
propone tre nuovi (K 413, 414, 415) che si possono eseguire anche con accompagnamento soltanto di quartetto darchi. Questi concerti mantengono
la tradizionale formula dei tre movimenti Allegro-Adagio-Allegro, in gradevole stile galante, pi costruito il primo, dolce il secondo, brillante il terzo,
sempre rispettosi dei gusti di un pubblico misto, di borghesi e nobili.
Mozart elenca orgoglioso, in una lettera al padre, i 174 illustri personaggi
che sottoscrivono la stagione di primavera del 1784 e si compiace di avere,
da solo, pi abbonati dei due principali concorrenti presi assieme. Mette in
cartellone ben sei nuovi concerti (K 449, 450, 451, 453, 456, 459). I capola-

1786 Concerto per pianoforte K 466 269

vori assoluti nascono per le due stagioni successive, 1785 (K 466, 467, 482)
e 1786 (K 488, 491, 503), pi ambiziosi nella forma e pi ricchi nella sostanza. Gli organici orchestrali si rafforzano, perch agli archi, oboi e corni si
aggiungono stabilmente flauti, trombe e timpani, come nel celeberrimo
Concerto in do maggiore K 467 nel quale la serenit dei movimenti laterali
inquadra la cantabilit dellAdagio e bilancia i rovelli del gemello in re
minore (K 466). Innovazione importante, forse inconsapevole, lintroduzione: alcuni minuti riservati alla sola orchestra, senza pianoforte. Segna uno
spartiacque importante la nascita del concerto per pianoforte e orchestra
alla maniera romantica e ottocentesca. Certifica che il pianoforte, lo strumento a tastiera, non fa parte dallorganico orchestrale. Il pubblico accorre
numeroso e Mozart sembra diventare ricco.
Per, quasi allimprovviso, lincantesimo svanisce. I sottoscrittori si dileguano e nel 1787 Mozart non riesce a organizzare la stagione. Le ragioni
sono tante. La guerra con la Turchia riduce le risorse disponibili per larte.
Le provocazioni antiaristocratiche dellopera Le nozze di Figaro irritano i
nobili sottoscrittori viennesi. Anche le innovazioni che Mozart introduce nel
suo modo di scrivere concerti hanno un ruolo. Le inquietudini del modo
minore (K 466, K 491), lintimismo cameristico dellAndante del K 482 e
dellintero K 488, le complessit sinfoniche estese al solista nel K 503 sconcertano il pubblico pagante, ormai abituato alle acrobazie dei nuovi virtuosi
della tastiera; acrobazie che Mozart non ama e forse non sa fare, a differenza
del suo allievo Johann Nepomuk Hummel, per esempio. Il lavoro successivo
(K 537), impostato nel 1787, presentato lanno seguente a Francoforte in
occasione delle celebrazioni per lincoronazione a imperatore di Leopoldo
ii. Lultimo (K 595), iniziato forse nel 1788, eseguito a Vienna solo il 4
marzo 1791. Nello stesso 1791 Mozart compone i suoi ultimi concerti, ma
per altri strumenti. Per il fratello massone Anton Stadler scrive in ottobre,
dopo Il flauto magico, il suo canto del cigno, quel Concerto in la maggiore K
622 che ha reso immortale il suono velato e profondo del clarinetto. Per
lamico dei tempi di Salisburgo, il virtuoso Joseph Leutgeb, mette mano a un
concerto per corno (K 412) forse gi impostato nel decennio precedente,
accanto alla terna K 417 (1783), K 447 (1787), K 495 (1786). Lo lascia per
incompiuto. Assieme al Requiem, sar completato nel 1792 dallallievo Franz
Xaver Sssmayr.
I grandi concerti per pianoforte di Mozart non escono tuttavia dal repertorio. Soprattutto il demonico K 466 diventa cavallo di battaglia del giovane
Beethoven nei suoi primi anni viennesi, quando fa il concertista a tempo
pieno e non ancora bloccato dalla sordit. Le cadenze che Beethoven scrive per il concerto sono ancora praticate dai solisti moderni. E Beethoven il
pi importante continuatore della pratica di far precedere lingresso del so-

270 IV. Let classica

lista da unimportante introduzione orchestrale. Si osservino i suoi Primo e


Secondo concerto, e soprattutto il Terzo, pure in modo minore e scritto sulla
falsariga del K 466. Chopin fa lo stesso nei suoi due concerti giovanili. Ancora pi importante lintroduzione con cui Brahms inizia il suo Primo
concerto, in re minore, turgido e corrusco. Mentre le volte in cui attacca per
primo il pianoforte (Quarto e Quinto di Beethoven, Primo di Liszt, unico di
Schumann, Secondo di Brahms) sono soluzioni speculari, in cui cambia lordine delle presentazioni ma non il significato: una cosa il pianoforte solista,
unaltra cosa la massa dellorchestra.

Ascolti
W.A. Mozart, Piano Concertos K 466 and 491, A. Brendel, Mackerras, Philips 1999
W.A. Mozart, Complete Piano Concertos, M. Bilson, J.E. Gardiner, English Baroque,
Archiv 1984
C.P.E. Bach, 6 Concerti, A. Staier, Freiburger Barockorchester, Harmonia Mundi 2011

Letture
A. Poggi, E. Vallora, Mozart. Signori, il catalogo questo!, Einaudi, Torino 1991
P. Rattalino, Il concerto per pianoforte e orchestra, Ricordi-Giunti, Milano-Firenze 1988

1787 Don Giovanni

Wolfgang Amadeus Mozart


Opera delle ambiguit La formazione teatrale di Mozart
Idomeneo Il ratto dal serraglio Da Ponte Le
nozze di Figaro Don Giovanni Astigmatismo musicale Cos fan tutte Opera italiana e Singspiel tedesco
nella Vienna di fine Settecento

Dramma giocoso in due atti: Mozart intitola cos lopera teatrale cui lavora con maggiore intensit. Consapevole di tentare la sintesi degli estremi,
cio dellopera buffa con lopera seria, gioca tutto sullambiguit di vicende
e personaggi. Disegna un protagonista del tutto nuovo nella storia dellopera. Il suo Don Giovanni cambia carattere quasi in ogni scena. Esordisce come assassino del padre (il Commendatore) della donna che vuol violentare
(Donna Anna). Procede come aristocratico seduttore di servette (Zerlina).
Diventa burlone della propria vecchia amante (Donna Elvira) facendosi sostituire dal servo (Leporello). perfetto padrone di casa quando organizza
il ricevimento in onore della statua del defunto commendatore. Chiude come eroe tragico nel momento in cui non si pente e sprofonda allinferno.
Attorno a Don Giovanni si muove una carnevalesca ruota di giochi e dinganni che porterebbe alla tragedia se la scena finale non rovesciasse il tavolo,
allinsegna del che bello, la vita continua. Punito il peccatore, ai superstiti
resta un triste destino: la vedova Elvira finisce in convento, Anna e Zerlina si
rassegnano al matrimonio con gli insipidi fidanzati Ottavio e Masetto, il
servo Leporello si cerca un nuovo padrone allosteria.
Facile individuare nei maschi i caratteri dellopera buffa e nelle femmine
quelli dellopera seria, con i miscugli sentimentali che danno variet. Mozart
bravissimo in entrambi i generi dopera, perch da un quarto di secolo li
divora la passione per ogni sorta di teatro. Esordisce a undici anni con lintermezzo serio in lingua latina Apollo et Hyacinthus K 38 (1767) e continua
due anni dopo con lopera buffa italiana La finta semplice K 51. Mozart affronta anche il nuovo genere del Singspiel tedesco, nel quale una serie di
numeri musicali cantati e suonati sinserisce fra i dialoghi parlati dei protagonisti in scena: Bastien und Bastienne K 50 (1768), con trama ripresa da
una storia francese. Dai viaggi in Italia ricava lopera seria Mitridate, re di
Ponto K 87 (Milano 1770), la festa teatrale Ascanio in Alba K 111 (Milano
1771) e soprattutto il dramma per musica Lucio Silla K 135 (1772), che ha un
imprevisto successo (26 rappresentazioni), al punto di ritardare il debutto

272 IV. Let classica

della nuova opera Sismano nel Mongol del quotatissimo Paisiello. Il diciottenne Mozart dimostra di aver assimilato lo stile italiano dei successori di
Hasse e Vivaldi, e di competere alla pari con la nuova generazione di operisti
italiani, dal napoletano Paisiello al milanesizzato Johann Christian Bach, al
buranese cosmopolita Galuppi.
Rientrato dallItalia, Mozart prova a ingraziarsi il nuovo arcivescovo di
Salisburgo con il dramma per musica Il re pastore, che passa quasi inosservato, ma la sua ouverture accoglie arie e cori e diventa Sinfonia K 102. Ha
successo volatile a Monaco di Baviera lopera buffa La finta giardiniera K 196
(1775), trasformata in Singspiel in lingua tedesca. Non gli va bene la ricerca
dimpiego a Parigi, nella primavera-estate del 1778: ottiene un isolato successo sinfonico (K 297), scrive un balletto (Les Petit riens, K 299b), una bella
sonata per fortepiano (K 310) e un brillante Concerto per flauto e arpa
(K299), ma non riceve commissioni teatrali. Ha comunque occasione di seguire da vicino la nuova diatriba fra i partigiani di Gluck e quelli di Piccinni,
cio fra il teatro musicale severo del primo e quello buffo del secondo. Riscopre la tragdie-lyrique di Rameau, conosciuta da bambino. Assiste alle rappresentazioni di Iphignie en Tauride di Gluck e Amadis de Gaule di Johann
Christian Bach. Frequenta anche il gran mondo della cultura parigina, in
pieno fermento illuministico e prerivoluzionario, con i risultati artistici che
matureranno fra meno di dieci anni a Vienna con Le nozze di Figaro e Don
Giovanni. Torna deluso alla routine di Salisburgo, passando per da Monaco
di Baviera dove si da poco trasferita la corte (e lorchestra) di Mannheim.
Rinnova i buoni rapporti con i regnanti e dedica loro limportante serie di
sonate per violino e fortepiano K 301-306. Non gli arrivano offerte di lavoro.
Gli investimenti sulla corte bavarese danno finalmente i frutti nel 1780,
con la commissione di una nuova opera, il dramma per musica in tre atti
Idomeneo, re di Creta, che va in scena con grande successo il 29 gennaio
1781. La storia metastasiana, anche se il libretto firmato da Giambattista
Varesco. Con i suoi protagonisti regali in un ambiente di antica mitologia,
lopera costruita alla maniera italiana, secondo i canoni fissati da Hasse e
rinnovati da Galuppi e Paisiello. una successione di recitativi e arie con
caratteri e umori ben definiti: amore, dolore, gelosia, furore. Sono pochi i
duetti. Le scene dassieme sono riservate ai finali datto. ben presente la
recente esperienza parigina, con balletti e colpi di teatro alla maniera di Rameau: lapparizione del mostro marino, lintervento della divinit dal cielo.
La riforma di Gluck si sente nel melodizzare sobrio e con pochi fronzoli
virtuosistici. Non mancano le innovazioni: dallouverture che anticipa i segmenti musicali che contano nel resto dellazione, alla caratterizzazione del
mondo marino, alla tensione drammatica che rompe le simmetrie di molte
arie, alla geniale conduzione del quartetto in cui ciascun personaggio si sen-

1787 Don Giovanni 273

te smarrito per ragioni diverse e contrastanti, a met dellultimo atto, prima


che il deus ex machina (in senso letterale) sciolga tutti i nodi.
Nel giugno 1781 Mozart si trasferisce a Vienna a seguito del vescovo di
Salisburgo, ma poco dopo rompe con lui e diventa libero professionista.
Impartisce lezioni private, tiene concerti, scrive musica strumentale ma soprattutto si getta a capofitto nella composizione di una nuova opera, Il ratto
dal serraglio (Die Entfhrung aus dem Serail K 384). Che non pi unopera
italofrancese, ma un Singspiel turcotedesco, capostipite di un genere nuovo
(o quasi) che trover la sua naturale continuazione dieci anni dopo nel Flauto magico e in tutto il teatro musicale tedesco dallOttocento in poi. Il successo clamoroso del Ratto incita Mozart a nuovi progetti. Molti non vanno
in porto. Sul versante italiano abbozza le opere buffe Loca del Cairo K 422 e
Lo sposo deluso K 430; su quello del Singspiel Limpresario teatrale K 486.
Altri impegni, soprattutto le accademie in abbonamento di concerti per
pianoforte, lo distraggono. Ha per occasione di conoscere Lorenzo Da
Ponte, religioso, letterato e uomo di mondo, arrivato a Vienna dalla nativa
Vittorio Veneto e attivissimo autore di libretti dopera sul modello veneziano
dellantico Pietro Pariati e del moderno Carlo Goldoni, oltre che del sempiterno Metastasio, ora poeta cesareo alla locale corte imperiale. Da Ponte ha
gi scritto versi per le opere Il ricco di un giorno di Antonio Salieri e Larbore
di Diana di Vicente Martn y Soler, oltre che per Il finto cieco di Giuseppe
Gazzaniga e Il Demogorgone di Vincenzo Righini, cio per i dominatori del
teatro musicale nella Vienna di allora, oggi dimenticati. Fra questi autori
emerge Salieri, per meriti suoi, e non solo per la leggenda che lo vuole avvelenatore di Mozart. Studia a Venezia, scrive lopera inaugurale del Teatro
alla Scala di Milano (Europa riconosciuta, 1778) quando gi dal 1774 musico principale dellimperatore a Vienna rimanendovi fino alla morte, producendo una trentina di opere (Tarare, 1787; Axur, Re dOrmus, 1788; Falstaff,
1799) e dando lezioni di canto a Beethoven e Schubert.
Con il ben collaudato librettista Da Ponte, Mozart imposta il progetto di
mettere in musica uno dei lavori teatrali di Pierre-Augustin de Beaumarchais che furoreggiano a Parigi e in Europa, dal 1776 perfino a Vienna. La
commedia pi famosa, Il barbiere di Siviglia, gi musicata da Paisiello e
subito portata con enorme successo a Vienna: sono ben 61 le rappresentazioni fra 1783 e 1788. Resta disponibile la commedia-seguito, Le nozze di
Figaro, nella quale il conte dAlmaviva pretende di esercitare lo jus primae
noctis sulla servetta Susanna, promessa sposa del servo Figaro. Dopo tre ore
di esilaranti e turbinose vicende che coinvolgono tanti personaggi in un
continuo gioco di travestimenti e colpi di scena, la strana alleanza fra la fidanzata del servo e la moglie dellaristocratico obbliga il conte a chiedere
pubblicamente scusa e a rinunciare ai suoi privilegi, in un finale di democra-

274 IV. Let classica

tica riconciliazione. Proprio per lirriverente frammischiarsi di aristocrazia e


popolino, per la satira dei nobili al potere e per le evidenti simpatie verso i
proletari furbi, limperatore dAustria esita non poco prima di autorizzare la
rappresentazione dellopera. La prima (1 maggio 1787) ha un successo
strepitoso. Piacciono non solo le bellissime arie distribuite su tutti i personaggi, ma incantano anche i grandi finali, costruiti con mirabile senso dei
tempi teatrali. Nel finale del secondo atto, per esempio, il primo duetto si
trasforma in terzetto, quartetto, quintetto, sestetto, interviene il coro, il volume dellorchestra cresce, tutti cantano e suonano: oltre mezzora di musica
continua, mai interrotta da recitativi. Non si capiscono per intero le frasi e
solo in parte si colgono le parole; ma non servono spiegazioni, bastano armonie, ritmi, melodie.
Sulle scene viennesi, Le nozze di Figaro ha solo sei repliche. Sul favore
popolare vince lostracismo della nobilt offesa. Pochi mesi dopo, a Praga
un vero trionfo. Al punto che arriva subito la richiesta di una nuova opera
per la prossima stagione. Forse suggerita dellimpresario, la scelta cade su
Don Giovanni, tema antico, pi volte portato a teatro. Dal Burlador de Sevilla, attribuito a Tirso de Molina, Molire ricava Don Giovanni, o Il convitato
di pietra (1665) che Gluck trasforma nel balletto Don Juan (1761). La commedia Don Giovanni Tenorio (1736) di Carlo Goldoni serve da spunto per la
musica del Convitato di pietra (1776) di Vincenzo Righini, bolognese ma attivo a Vienna, successore di Salieri. Lo stimolo finale viene per dallenorme
successo a Vienna nel 1787 di Don Giovanni Tenorio del veronese Giuseppe
Gazzaniga, presentato a Venezia nel febbraio 1787 e subito esportato con
enorme successo a Vienna. Da Ponte attinge a queste fonti e prepara in velocit un nuovo testo per Mozart. Il 29 ottobre dello stesso anno, a Praga, va in
scena Il dissoluto punito, ossia il Don Giovanni, dramma giocoso in due atti.
Resta lambientazione nellesotica Siviglia. La commistione fra plebe e
nobilt ormai scontata. Nuova invece la figura del protagonista. Le parole di Da Ponte e ancor pi la musica di Mozart disegnano un Don Giovanni
a fine carriera, non pi semplice seduttore ma raffinato burlone, cinico il
giusto e fiero di s, libertino e libertario come si conviene a un intellettuale
illuminista alla vigilia della Rivoluzione: quello che si trova nella grande letteratura del tempo, dal francese Voltaire allinglese Sterne, accanto al veneziano Casanova e con buona pace del ginevrino Rousseau. un tipo che non
si perde in lunghe spiegazioni. Lascia agli altri le arie espressive e zuccherose,
assieme agli sbotti emotivi. Sprizza energia, accelera e rovescia ogni situazione che inventa, trascina tutti alle feste che fanno da finale. Carnevalesca
quella del primo atto, dove tutto si frantuma e sovrappone, con nobili che
danzano il minuetto e contadini che ballano alla rustica, ognuno su ritmi
diversi, scanditi dalle due orchestre in scena, mentre lorchestra in buca ac-

1787 Don Giovanni 275

compagna tutti quelli che cantano e vanno di corsa. puro astigmatismo


musicale, ripreso infinite volte nella musica che verr, ben oltre lOttocento,
nel Novecento di Three Places in New England di Ives e Petruka di Stravinskij, fino a Un re in ascolto di Berio e Die Soldaten di Zimmermann. Nitida e implacabile procede invece la festa dellatto secondo e ultimo: vino,
donne e canti si dissolvono quando bussa alla porta il Commendatore trasformato in convitato di pietra. Don Giovanni accetta di seguirlo neglinferi,
non si sa se per suprema coerenza o per ennesima burla. Ai sopravvissuti non
resta che tirare una morale consolatoria con un coretto che pi surreale che
sincero.
Per la ripresa viennese (7 maggio 1788), Mozart aggiunge un paio di arie
e soprattutto toglie la giaculatoria conclusiva. Cos lopera finisce con lurlo
di Don Giovanni che sprofonda. Sparisce il gioco e resta solo il dramma; si
perde il geniale astigmatismo. Le repliche sono poche. Mozart sente che
Vienna, come prima Salisburgo, si allontana sempre pi da lui. Entra in
depressione, cerca vie di fuga. A Berlino, Lipsia, Dresda trova porte chiuse.
Non va a Parigi, sconvolta dalla Rivoluzione; neppure a Londra, troppo
lontana. Di ritorno a Vienna, lavora a una nuova opera, sempre su libretto
di Da Ponte. Che storia di inganni e di cinismi, condotta da un redivivo
Don Giovanni, reso saggio dallesperienza e dallet. In una Napoli luminosa, il vecchio filosofo don Alfonso vince la scommessa con gli ufficialetti
Ferrando e Guglielmo che credono nelleterna fedelt delle loro fidanzatine
Fiordiligi e Dorabella. Mentre Le nozze di Figaro e Don Giovanni sono cinetica pura, Cos fan tutte vive di sospensioni: melodie meravigliose, duetti
indimenticabili, pochi cori, nessun turbine collettivo, tanti sospiri di singoli
cuori. un altro Mozart, non pi scatenato, nemmeno sulfureo, ma come
sempre commovente.
I viennesi apprezzano pi le opere degli italiani Salieri, Cimarosa e Sarti
(Fra i due litiganti il terzo gode, 1782), siano esse serie o buffe, purch tranquille, non provocatorie come Le nozze e tanto meno inquietanti come Don
Giovanni, o crepuscolari come Cos fan tutte. I numeri sono chiari. Fra 1781
e 1791 nei teatri viennesi le opere di Mozart sono rappresentate 105 volte: 45
Il flauto magico (in soli 2 mesi), 38 Il ratto dal serraglio (in 9 anni), 38 Le
nozze di Figaro (in 3 anni), 15 Don Giovanni e 10 Cos fan tutte (nellanno
della prima rappresentazione). Meglio fanno Martn y Soler (309, di cui 55
Una cosa rara), Paisiello (304, fra cui 61 Il barbiere di Siviglia), Cimarosa
(124), Salieri (201), Guglielmi (112), Sarti (108). Al secondo posto, si colloca
Grtry (100) seguito da Ditters von Dittersdorf (72) e Ignaz Umlauf (70),
due esponenti del nuovo genere Singspiel. Quasi scomparso il classico
Gluck, presente con I pellegrini alla Mecca, un Singspiel riciclato che surclassa (65 volte) tutte le altre sue opere serie e buffe messe insieme (28). Il suc-

276 IV. Let classica

cesso dellopera mozartiana non pu che ripartire dallestero. Da Parigi,


dove solo nel 1812 approdano Le nozze di Figaro. Dal Pantheon di Londra,
lunica capitale rimasta fuori dai campi di battaglia della Rivoluzione e di
Napoleone, dove lamore per Mozart operista arriva nel 1806 (Clemenza di
Tito), continua nel 1811 (Cos fan tutte e Flauto magico), culmina nel 1816
(Don Giovanni) e prosegue ininterrotto fino ai nostri giorni.

Ascolti
W.A. Mozart, Don Giovanni, C.M. Giulini, Philharmonia, emi 1997
W.A. Mozart, Complete Operas, Various Artists, Decca 2009

Letture
S. Kunze, Il teatro di Mozart, Marsilio, Venezia 1990
M. Mila, Lettura delle Nozze di Figaro, Einaudi, Torino 1979
M. Mila, Lettura del Don Giovanni, Rizzoli, Milano 2011
W. Mann, The Operas of Mozart, Cassell, London 1977
D. Heartz, Mozarts Operas, University of California Press, Berkeley 1992

1788 Sinfonia K 551 Jupiter

Wolfgang Amadeus Mozart

Fuga come finale monumentale Mozart e la sinfonia


Serenate salisburghesi Sturm und Drang Delusione a
Parigi Serenate viennesi Ultime sinfonie, senza destinazione apparente Lascito per Haydn e Beethoven, ma
soprattutto per Schubert e Mendelssohn, ajkovskij e
Bruckner
Il baricentro una fuga a quattro voci, alla maniera di Johann Sebastian
Bach. Attorno scorrono libere polifonie rinascimentali, ovvero canoni medioevali, melodie sovrapposte a se stesse in tempi diversi per creare incontri consonanti e dissonanti, con la certezza che la forza del movimento
vince ogni attrito statico. Unifica, perch ricorre ossessivo e ben riconoscibile, un motivo di quattro sole note (do-re-fa-mi) che Wolfgang Amadeus
Mozart usa non meno di una dozzina di altre volte in suoi lavori, riprendendolo da una tradizione antica cui attingono anche Haydn (Sinfonia n. 13),
Bach (Il clavicembalo ben temperato, vol. ii, Fuga in mi minore), Hndel
(Judas Maccabaeus).
Il rispetto per il passato si fonde con la fiducia nel presente, perch questo monumentale finale si attiene in pieno alle regole del tempo, che lo vogliono in forma di rond e con passo brioso di presto. La magia della
scrittura mozartiana sta nella leggerezza del tratto che scioglie gli intrichi di
contrappunti e armonie in trasparenza di timbri e naturale avvicendarsi di
strumenti, siano essi archi o fiati. Infatti, il ruvido segnale di sole quattro
note si addolcisce senza dispersioni e forzature. Rimanda al primo motivo
del primo tempo, e cos inaugura il principio della sinfonia ciclica che troveremo tante volte in lavori sinfonici di Ottocento e Novecento, da Berlioz a
Franck, da Mahler a ostakovi. Ciclico anche limpiego del contrappunto,
tanto che in forma di fuga la sezione di sviluppo nellAllegro iniziale.
Anche la consueta distinzione fra melodia e accompagnamento si stempera
in vera polifonia sia nellAdagio sia nel Minuetto.
Il piglio affermativo e la chiarezza della scrittura ispirano a un anonimo
stampatore il sottotitolo Jupiter che resta attaccato alla Sinfonia in do maggiore n. 41 K 551, composta quasi di getto nellagosto del 1788. La forza e la
suggestione dellultima sinfonia di Mozart nascono, anche se non soprattutto, dalla storia che la precede e di cui sintesi perfetta. la storia della sinfonia classica che sintreccia con i percorsi del Mozart giovane nelle capitali

278 IV. Let classica

della musica europea e con le letture del Mozart maturo nel meraviglioso
decennio finale vissuto a Vienna. Assieme al teatro musicale, la sinfonia il
genere che segna ogni anno del suo cammino artistico giovanile. Merita di
essere rivisitato dalle origini, quasi trentanni prima.
Mozart inizia molto presto lesperienza sinfonica, come sempre frutto
del suo girovagare. Scrive le sue prime due sinfonie (K 16, 19) a otto anni, a
Londra, nel 1764, ispirandosi ai modelli di Johann Christian Bach e di Karl
Friedrich Abel (del quale copia una sinfonia che a lungo gli stata attribuita,
K 18). Analoga la terza (K 22), composta per un concerto tenuto allAja
durante il viaggio di ritorno, assieme a una sinfonia in miniatura tuttora
eseguita e intitolata Galimathias Musicum, curioso aggregato di piccoli pezzi
farseschi, da eseguire in ordine casuale, in cui si sente la mano del padre
Leopold, presunto autore della contemporanea Kindersinfonie (la celeberrima Sinfonia dei giocattoli). Un anno dopo, a Vienna, Mozart scrive tre nuove
sinfonie (K 43, 51, 48) e dalla seconda ricava louverture per la sua prima
opera teatrale, La finta semplice (1768). Origine e destinazione teatrali hanno
anche le sinfonie scritte durante i tre viaggi in Italia, assimilando lo stile milanese di Sammartini: la K 74 in parte louverture dellopera Mitridate, re
di Ponto; la K 120 louverture della festa teatrale Ascanio in Alba (K 111,
1771) con aggiunta di un finale.
Altre sinfonie dello stesso periodo sono frammentarie e dincerta attribuzione, mentre sono sicure e davvero importanti le otto (K 114, 124, 128, 129,
130, 132, 133, 134) scritte nel 1772 per ingraziarsi il nuovo principe arcivescovo di Salisburgo. Forte linflusso del collega Michael Haydn, pure attivo
in citt fra 1766 e 1800, autore di 46 sinfonie, oltre che di buona musica sacra
e teatrale, in contatto con la scuola sinfonica viennese e col fratello maggiore
Franz Joseph. La scoperta del nuovo modello di Haydn senior si avverte
nellarchitettura dei primi tempi e nella sperimentazione timbrica di Mozart:
dialogano archi e fiati, crescono il numero (fino a quattro) e il ruolo dei corni. La bella scrittura per corno acuto su misura per leccellente Joseph
Leutgeb: per lui Mozart scrive pi tardi (1782-91) anche i magnifici concerti K 417, 447, 495, 412 per corno e orchestra, e il quintetto K 407.
Nei tre anni di stabile residenza a Salisburgo (1773-76) Mozart, oltre che
alla musica da chiesa e da camera, si dedica a serenate e divertimenti per
cerimonie e occasioni varie, generi alla moda che assorbono il principio
dellormai vetusta suite strumentale. Accanto a quattro altre serenate (K 185,
189, 203, 204) emerge la meravigliosa K 250, datata 1776 e detta Haffner
perch scritta in occasione del matrimonio del ricco commerciante omonimo: i suoi sette movimenti hanno la scrittura trasparente del Mozart maturo,
con una memorabile parte per violino solo. Da ciascuna di queste serenate,
Mozart ricava una sinfonia, riducendole alla dimensione magica dei quattro

1788 Sinfonia K 551 Jupiter 279

movimenti. La Sinfonia K 184 diventa ouverture per le importanti musiche


di scena di Thamos, re dEgitto (K 345 con revisioni e integrazioni del 1776
e 1779-80). Nascono anche due capolavori originali. La Sinfonia in sol minore K 183 (1773), detta la Piccola per distinguerla dalla Grande K 550, il
primo contributo di Mozart alla poetica dello Sturm und Drang inventato da
Haydn e Carl Philipp Emanuel Bach: musica come turbinare di accordi
dissonanti, segmenti spezzati, demonismo sfrenato. Memorabile anche la
Sinfonia in la maggiore K 201 (1774) con il magico attacco su un verticale
salto di ottava discendente subito bilanciato da un orizzontale picchiettio
che d slancio e agilit alla risalita.
La commistione sinfonico-operistica prosegue con louverture per La
finta giardiniera che Mozart destina a Monaco (1775) e sinfonia in tre movimenti per il Il re pastore (1775), che porta con s sulla via di Parigi ed esegue
in casa dellamico Christian Cannabich a Mannheim nel 1778. In giugno,
prova a farsi conoscere al parigino Concert Spirituel, dove gi trionfa il sinfonismo di Haydn. Il suo nuovo lavoro (K 297) ha successo. Mozart accoglie
la richiesta dellimpresario di cambiare il movimento lento, ma non ci sono
nuove commissioni. Deve tornare sconsolato a Salisburgo. Qui scrive tre
nuove sinfonie, molto diverse fra loro: la robusta K 318 con quattro corni,
due trombe e timpani; la cameristica K 319, simile alla n. 43 Mercurio di
Haydn. Alla maniera dello Sturm und Drang haydniano limponente K 338,
con finale spiritato e caratteristico ritmo puntato che anima il primo movimento e che troviamo tante volte nellultimo Mozart, anche in concerti,
quartetti e sonate. Del 1779 pure lultima e pi importante serenata salisburghese, la K 320 Posthorn trasformata in sinfonia riducendo i sette movimenti originali ai normali quattro. In quellanno Mozart scrive pure la sua
ultima sinfonia concertante, per violino e viola (ma con oboi in grande evidenza) K 364, delicato e malinconico saluto al maestro londinese Johann
Christian Bach.
Nel decennio vissuto a Vienna, Mozart riduce il suo impegno sinfonico,
anche perch gli mancano le occasioni. Solo la costituzione di una Harmoniemusik (una banda di fiati) a corte gli suggerisce fra 1781 e 1782 una serie
di lavori per soli fiati che ha il suo vertice nelle serenate K 361 Gran Partita,
K 375 e K 388, pi una gustosa trascrizione di brani famosi dallopera Il
ratto dal serraglio. Mozart spende molte energie nel teatro, obbligandosi a
scrivere musica da camera. Scopre che molto pi remunerativo tenere concerti pubblici in sottoscrizione esibendosi come pianista e direttore. Comunque non ha a disposizione, come Haydn a Esterhza, unorchestra stabile da
dirigere e alimentare. E non esiste a Vienna unistituzione che proponga
concerti sinfonici pubblici. Pertanto Mozart scrive solo sei sinfonie, forse
tutte destinate ad altri luoghi. La Sinfonia K 385 (1782) gli viene commissio-

280 IV. Let classica

nata dal padre per contribuire ai festeggiamenti per lelevazione a rango nobiliare degli amici commercianti Haffner a Salisburgo. Per una successiva
esecuzione a Vienna, Mozart aggiunge flauti e clarinetti e ricava la partitura
che oggi familiare. Sulla via del ritorno dallultimo viaggio a Salisburgo, per
un concerto estemporaneo nella citt di Linz inventa una nuova grande sinfonia, la K 425, che si distingue per il suo ampio adagio introduttivo.
Per un concerto a Praga (19 gennaio 1787) mette insieme velocemente la
Sinfonia K 504, senza minuetto, in soli tre movimenti, lultimo ripreso da un
progetto precedente. Nello stesso anno, accanto allopera Don Giovanni,
Mozart scrive una delle sue composizioni pi famose, la serenata Eine kleine
Nachtmusik K 525, senza destinazione conosciuta, per soli cinque archi
espandibili a piccola orchestra, indimenticabile in ogni sua parte, favolosa
miniatura di sinfonia classica in quattro tempi. Non hanno committenti noti
neppure le ultime tre sinfonie (K 543, 550, 551). Mozart le scrive in poco pi
di sei settimane, fra il luglio e lagosto del 1788, forse pensando a un ritorno
a Parigi o allemigrazione a Londra, magari assieme a Haydn.
Delle tre ultime sinfonie, la prima (K 543) lunica ad avere unintroduzione lenta: drammatica, scura, con rintocchi e passaggi di ottoni che suggeriscono cerimonie massoniche. Ovunque evidente lomaggio a Haydn:
larchitettura del primo movimento, il fantasioso tema con variazioni che il
secondo, la forza del minuetto, la vivacit del finale. Il tratto mozartiano
emerge nella ricchezza delle armonie e ancor pi nella fantasia con cui archi
e fiati si fondono e si confondono, con i clarinetti a dare quel tono caldo che
segna la sua ultima produzione. Sullonda della celeberrima melodia con cui
attacca il primo movimento della seconda sinfonia della terna (K 550) si
scatena il demonico mozartiano, nella fatale tonalit di sol minore e con
drammatico contrappunto sia nellesposizione sia nello sviluppo del primo
movimento. Ancor pi aggressivo luso delle dissonanze, strutturale nel
severissimo minuetto e addirittura rivoluzionario nel finale. Si sfiora lanarchia armonica con passaggi in cui stravolto il principio stesso di tonalit: la
presenza contemporanea di tutte le dodici note della scala cromatica anticipa il rifiuto della tonalit (atonalit) di Arnold Schnberg nei primi decenni del Novecento.
Distinte per scelte tonali (oscuro sol minore contro luminoso do maggiore) ma con il contrappunto in comune, le ultime due sinfonie di Mozart,
gemelle e divergenti, aprono orizzonti distinti per il futuro del linguaggio
sinfonico. Ne tiene conto subito Haydn, orientato dalla chiarezza e dai colori della K 551 Jupiter in molte delle dodici sinfonie scritte per la piazza di
Londra (1793-96). Poco dopo Beethoven si butta con foga su entrambi i
fronti, generando quella curiosa alternanza di caratteri che allinea da una
parte le sinfonie con numero pari e dallaltra quelle con numero dispari. Il

1788 Sinfonia K 551 Jupiter 281

gioco delle coppie con diverso umore seguito da Schubert (Incompiuta in


si minore, La grande in do maggiore) e poi da tutta la generazione romantica:
Mendelssohn (Scozzese e Italiana), Schumann (Primavera e Renana), Brahms
(Prima e Seconda, Terza e Quarta), con ajkovskij, Bruckner, Mahler pi
sensibili alle inquietudini della K 550 che alla solidit della K 551.
Di sicuro la coppia finale di Mozart stabilisce nuove regole e ha risonanza immediata in tutta Europa. Sembra infondata laffermazione che Mozart
non abbia mai ascoltato queste sinfonie. Probabilmente ne dirige una o pi
a Vienna nellautunno del 1788, a Lipsia (1789), a Francoforte (1790), ancora a Vienna (1791), quando rivede la partitura della K 550 per aggiungere
allorganico una coppia di clarinetti. il tempo del legame stretto con il
clarinettista Anton Stadler, il destinatario del suono meraviglioso del Quintetto K 581 e del Concerto K 622, oltre che gioco concertante di voce e clarinetti nellopera La clemenza di Tito.

Ascolti
W.A. Mozart, Symphonies nos. 40 & 41, L. Bernstein, Vienna Philharmonic, dg 1990
W.A. Mozart, The Symphonies, T. Pinnock, English Concert, Archiv 2002

Letture
H.C. Robbins Landon, Mozart. Gli anni doro, Garzanti, Milano 1989
M. Mila, Mozart. Saggi 1941-1987, Einaudi, Torino 2006
V. Andreoli, Mozarterapia. La musica, la mente, la felicit, Metamorfosi, Milano 2010

1791 Il flauto magico

Wolfgang Amadeus Mozart


Opera iniziatica Linganno delle apparenze Le vie della
saggezza Mozart massone Van Swieten Schikaneder
Singspiel e Zauberoper Il ratto dal serraglio Il
flauto magico La clemenza di Tito Fidelio e Il
franco cacciatore

Aiuto, aiuto implora il principe Tamino braccato da un mostruoso serpente in una landa desolata di un improbabile Egitto senza tempo. Lo salvano tre damigelle, si presenta il buffo uccellatore Papageno, appare la Regina
della notte Astrifiammante, che racconta la triste situazione della figlia Pamina sequestrata dal cattivo Sarastro. Tamino parte per la missione di salvataggio, con un flauto doro donato dalle damigelle, assieme a Papageno che
ha ricevuto un carillon. Entra nel tempio della Sapienza e scopre che Sarastro buono e protegge Pamina dalla madre che invece malvagia. Procede
nel bosco e con il suono di flauto magico e carillon richiama animali di tutti
i generi. Trova Pamina, sfuggita alle insidie del moro Monostato, ma per
coronare la sua felicit deve raggiungere la saggezza, superando tre prove
iniziatiche. La prima mantenere il silenzio, perfino quando lo invoca la fidanzata Pamina. Poi deve oltrepassare la barriera del fuoco, quindi quella
dellacqua della cascata. Nelle ultime due prove Pamina gli sta accanto e lo
aiuta il flauto magico. A sua volta Papageno incontra la sua Papagena. Un
ultimo tentativo di rivincita di Astrifiammante con Monostato respinto e
tutto finisce in gloria.
Un libretto del genere non ha precedenti nella grande tradizione operistica italofrancese. Il testo (in tedesco), lontano dallaulico, sceglie un tono
popolaresco perfino imbarazzante. Lo firma lamico impresario Emanuel
Schikaneder, forse vi collabora Mozart. I personaggi non sono gli eroi del
mondo classico-mitologico dellopera seria di Metastasio e nemmeno i popolani contemporanei dellopera buffa. Appartengono alla sfera onirica della
fiaba. La vicenda si muove su almeno due piani diversi. Quanto succede in
scena diventa anche unesplicita storia diniziazione secondo le regole della
comunit massonica, di cui Mozart fa parte dal 1784, associato a Zur
Wohlttigkeit, una delle tante logge fiorite a Vienna negli anni ottanta
sullonda delle riforme in senso illuministico volute dal nuovo imperatore
Giuseppe ii. Il rapporto di Mozart con la massoneria risale per a molto
prima. Forse i contatti risalgono ai viaggi giovanili a Parigi e Londra nel

1791 Il flauto magico 283

1763-65. Di chiara ispirazione massonica sono le musiche di scena per Thamos, re dEgitto, iniziate nel 1772 e completate nel 1779. Linteresse per la
massoneria cresce durante i soggiorni a Mannheim e a Parigi (1778). Stabilitosi a Vienna, Mozart ha subito legami con gli ambienti massonici, le cui
prime implicazioni musicali si scoprono nellandante con moto del Quartetto K 428 (1783) e ancor pi negli ultimi tre quartetti della sestina dedicata
a Haydn (1784-85), che ritraggono due delle tre fasi della carriera massonica:
lAndante del K 464, la cerimonia diniziazione; il K 465, la promozione al
secondo grado. Del 1785 sono il Concerto per pianoforte K 467 il cui Andante celebra il conseguimento del terzo grado, un Lied (K 468) che festeggia lavvenuta iscrizione alla massoneria del padre e la cantata Die Maurerfreude K 471 per onorare il gran maestro di unaltra loggia viennese e la
marcia Maurerische Trauermusik K 477 che ricorda due fratelli deceduti.
Oltre al barone van Swieten e al collega Haydn, nellambiente della massoneria viennese Mozart incontra anche Emanuel Schikaneder, suo amico
dai tempi di Salisburgo e ora factotum del Theater auf der Wieden, nella
periferia viennese. Oggi definiremmo Schikaneder uno spirito alternativo
rispetto allufficialit del teatro di corte, capace per di allestire drammi di
Shakespeare e Goethe, e di mettere a segno travolgenti rappresentazioni del
Barbiere di Siviglia di Paisiello e di Una cosa rara di Martn y Soler. A lui e al
suo gruppo di autori e teatranti si deve la nascita del nuovo genere della
Zauberoper, fatto di opere fantastiche basate sulla voglia di mistero e di
esotismo portata a Vienna dal poeta alla moda Christian Martin Wieland
saccheggiando la traduzione in francese delle persiane Mille e una notte. Il
poeta e mineralogista Karl Ludwig Giesecke firma il testo di Oberon, re degli
elfi (1789). Lo stesso Schikaneder scrive quelli per La pietra filosofale e Il
derviscio benevolo, entrambe del 1790. Le relative musiche ci restano per
frammenti, senza indicazione dellautore, che certo non uno solo, anche se
molti tratti rimandano a Mozart.
Tutta di Mozart, completa e in un bel manoscritto, ci arrivata la partitura di Die Zauberflte (Il flauto magico). Lidea della nuova opera nasce nel
novembre 1790 grazie a Schikaneder. Mozart accetta volentieri la proposta
perch, dopo Cos fan tutte, non ha nuove commissioni dai teatri di corte di
Vienna e Praga. E perch verifica di persona, durante la sconsolata scorribanda del 1789, che in Germania sta trionfando il suo Il ratto dal serraglio,
presentato a Vienna quasi dieci anni prima. Il flauto magico un Singspiel,
un genere di teatro musicale che si diffonde proprio allora come risposta al
melodramma italiano. Nasce come versione tedesca delle ballad operas inglesi e ha il suo punto di partenza in The Devil to Pay (1731) di Charles Coffey,
derivato da The Beggars Opera che tre anni prima affonda a Londra lopera
italiana di Georg Friedrich Hndel, e rappresentato ad Amburgo nel 1740.

284 IV. Let classica

Rifatto con nuove musiche e in lingua tedesca come Der Teufel ist los (Lipsia
1766), diventa il primo di una serie di 14 Singspiel che fanno del compositore Johann Adam Hiller il vero padre del genere. Pu essere buffo o sentimentale, mai davvero drammatico. Non ha i recitativi secchi seguiti da arie con
da capo e gorgheggi improvvisati dellopera italiana. Invece, nel Singspiel,
brevi momenti parlati raccordano melodie strofiche e senza gorgheggi, facili da intonare e ricordare, un po come succede nei corali luterani. Chiede
organici leggeri e non pretende virtuosi di canto. adatto alle compagnie di
giro piuttosto che a quelle stanziali dei grandi teatri.
Dopo il giovanile Bastien und Bastienne (1768), Mozart prova il genere
del Singspiel con Zaide, impostato nel 1780 a Salisburgo, ma non completato perch la priorit diventa il melodramma italiano Idomeneo. Appena
stabilitosi a Vienna (1781), scrive Il ratto dal serraglio ed subito un grande
trionfo. uno dei pochi successi del genere, perch lidea di un teatro musicale tedesco a Vienna, sostenuta dallimperatore Giuseppe ii con listituzione nel 1778 di un teatro di Singspiel, tarda a decollare, anzi si spegne
nove anni dopo. Della settantina di lavori messi in scena, funzionano bene
solo le traduzioni da italiano, inglese e francese. La maggior fortuna tocca
a Zemire und Azor del francese Andr Grtry che, con 56 rappresentazioni
complessive, supera le 51 di Die Pilgrime von Mekka, traduzione tedesca
dal francese La Rencontre imprvue di Gluck, rappresentata in originale a
Vienna nel 1764 e subito ripresa nei maggiori centri europei. Scarso peso
hanno i Singspiel di autori locali, con leccezione di Doktor und Apotheker
di Ditters von Dittersdorf e del Ratto dal serraglio di Mozart, ripreso a
Vienna ogni anno da una a dodici volte per stagione, in totale 30 volte con
Mozart in vita.
La vicenda del Ratto perfetta per il genere, calibrata sui gusti viennesi e
sul corrente successo del Singspiel di Gluck. Il nobile Belmonte, assistito dal
servo Pedrillo, cerca di liberare la fidanzata Costanza, detenuta in un harem
turco. Grazie alle resistenze di Osmino, sovrintendente dellharem, il piano
fallisce. Il magnanimo pasci Selim rinuncia per alle sue mire su Costanza
e concede la libert al trio di infedeli pasticcioni. Funzionano lambientazione esotica, il gioco dei malintesi, la musica, che combina il colorismo delle
turcherie, la bellezza delle melodie, la forza di cori e dei pezzi dassieme.
Curiosa e a suo modo vincente la parte del pasci Selim, che si limita a
parlare e non canta mai, neppure nel gran finale del primo atto. In fondo
con lui, impedito al canto, che si confronta Costanza, cui invece spetta una
parte di grande impegno virtuosistico, allineato con lo stile dellopera seria
italiana, finora mai tentato da Mozart, neppure in Idomeneo. Le parti degli
altri personaggi sono quelle tipiche del Singspiel, semplici nella struttura,
facili da cantare, melodiose al punto giusto per conquistare il favore di un

1791 Il flauto magico 285

pubblico popolare. Anche la musica si muove su due piani diversi: quello


nobile-eroico di Costanza-Belmonte, con il carismatico pasci Selim a sciogliere i conflitti, e quello buffo-farsesco di Osmino-Pedrillo-Blonde (la serva
di Costanza) per far ridere la sala.
Si notano, nel Ratto, le analogie con i personaggi del Flauto magico,
dove per i simboli hanno un ruolo pi importante. La Regina della notte
canta alla maniera di Costanza, con i ghirigori vocali nel registro acuto che
sono passati alla storia. Per, nel Flauto magico, quei vocalizzi non sono
funzionali alla vicenda e non sono neppure ricerca di visibilit virtuosistica.
Sono una simpatica presa in giro delle convenzioni dellopera seria italiana,
vista come belletto che cela linganno. il buio della notte che nasconde
una verit svelabile solo alla luce del sole, cio il canto spiegato di Sarastro
il buono. Non un caso che Sarastro sia quasi lanagramma di Zoroastro, il
mago della luce nellomonima opera del fratello massone Rameau. Il percorso verso la luce e la sequenza degli ostacoli cui si sottopone Tamino,
dunque i collanti massonici, danno al Flauto magico quella compenetrazione dei due distinti piani (buffo e serio, anzi didascalico) che manca nel
Ratto.
Numerosi sono poi i traslati musicali della fede massonica che rendono
coerente questultima partitura operistica di Mozart, pur nellassurdit della
trama. Il numero tre, in primo luogo, da sempre simbolo di magia e di forza:
tre sono le damigelle, i templi, i fanciulli, le prove da superare; tre sono i
rintocchi che fanno scattare louverture. Netti sono i contrasti fra menzogna
e verit, fra notte e giorno, fra donna e uomo. Con lavvertenza che non bisogna mai fidarsi delle apparenze e che solo lo studio conduce alla verit.
Nelle cerimonie massoniche, i fratelli cantano in coro, accompagnandosi con
ottoni gravi, come nel finale del primo atto del Flauto magico, oltre che nella
Maurerische Trauermusik. In piena semplicit massonica sono le melodie
spiegate che intonano i personaggi maschili, ormai vicine allo spirito del Lied
romantico. Perfette sono lattribuzione della falsit femminile alla Regina
della notte e della dabbenaggine maschile alleroe innamorato Tamino. Delizioso il contropiano popolaresco della coppia Papageno e Papagena. E
sono azzeccati il trombonesco buonismo di Sarastro e la levit androgina di
Pamina, una novella Beatrice dantesca che affianca Tamino nel momento
della verit.
La stesura del Flauto magico impegna molto Mozart nella primavera del
1791, ma interrotta da una nuova commissione arrivata da Praga, dove si
organizzano i festeggiamenti per lincoronazione di Leopoldo ii a re di Boemia. Serve unopera seria da inserire in un enorme pacchetto di eventi musicali. C poco pi di un mese a disposizione. Il librettista Catterino Mazzol
ammoderna La clemenza di Tito, un libretto di Metastasio gi messo in mu-

286 IV. Let classica

sica (fra i tanti altri) anche da Gluck. una vicenda di amori e tradimenti
alla corte imperiale dellantica Roma vicina allassurdo, ma che la musica di
Mozart rende a suo modo surreale, soprattutto nella straordinaria scena finale in cui il raggirato imperatore Tito clemente perch non punisce le
nefandezze di chi gli sta intorno, consapevole di essere davvero solo. Sono
sentimenti che la musica infuocata di Mozart ci trasferisce ben oltre il bavaglio delle parole auliche.
La clemenza di Tito ha scarso seguito. Limperatrice la definisce una
porcheria tedesca in lingua italiana. Mozart trova il tempo per visitare la
loggia massonica di Praga ed eseguirvi la cantata Die Maurerfreude, prima di
rientrare in tutta fretta a Vienna per completare Il flauto magico, che va in
scena il 30 settembre, con successo clamoroso. Ci sono repliche quasi quotidiane, almeno 45 volte nella sessantina di sere che precedono la scomparsa
di Mozart. Il trionfo si diffonde in tutta larea germanica, in tutta Europa:
non solo laffermazione di un nuovo genere, ma la consacrazione del teatro
musicale tedesco. Il flauto magico influenza profondamente sia Fidelio di
Beethoven sia Il franco cacciatore e Oberon di Carl Maria von Weber, quindi
gli autori maggiori e minori dellOttocento tedesco fino a Richard Wagner e
Richard Strauss. Mentre non si arresta la fortuna dellopera italiana in tutta
Europa: a Vienna spopola Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, come
a Parigi e Londra, Amburgo e Berlino, San Pietroburgo e Mosca.

Ascolti
W.A. Mozart, Die Zauberflte, C. Abbado, Mahler Chamber Orchestra, dg 2006
W.A. Mozart, La clemenza di Tito, J.E. Gardiner, English Baroque, Archiv 1992

Letture
J. Asmann, Die Zauberflte, Carl Hanser Verlag, Mnchen 2005
L. Bramani, Mozart massone e rivoluzionario, Bruno Mondadori, Milano 2005
H.C. Robbins Landon, 1791 Mozarts Last Year, Thames and Hudson, London 1988
G. Gruber, La fortuna di Mozart, Einaudi, Torino 1987

Serie V.
Dialettica musicale

Vienna diventa la capitale della musica europea. Ospita la stagione doro


della sinfonia e del quartetto per archi. Nasce il primo balletto in senso moderno, grazie alla stretta collaborazione fra coreografo e musicista. La musica non pi semplice intrattenimento, ma sviluppa i princpi dialettici che
percorrono quel tempo. Sia nei lavori sinfonici che in quelli da camera, il
primo movimento diventa il principale, costruito secondo la formula che in
seguito sar definita forma sonata: due temi contrastanti sono prima esposti, poi sviluppati, infine ripresi e conclusi. Con le loro attive societ di concerti e le orchestre stabili, le capitali tedesche (Berlino, Amburgo, Dresda,
Francoforte) e soprattutto Londra assorbono e diffondono quanto a Vienna
si crea. Passata la Rivoluzione, anche la Parigi napoleonica riprende il suo
ruolo prestigioso di centro dellopera lirica e della musica orchestrale.
1795
1797
1798
1802

Sinfonia n. 104 Franz Joseph Haydn


Quartetto op. 76 n. 3 Imperatore Franz Joseph Haydn
La Creazione Franz Joseph Haydn
Sonata per pianoforte op. 27 n. 2 Al chiaro di luna Ludwig van Beethoven
1803 Le creature di Prometeo Ludwig van Beethoven
1803 Sonata per violino e pianoforte op. 47 A Kreutzer Ludwig van Beethoven
1805 Sinfonia n. 3 op. 55 Eroica Ludwig van Beethoven
1805 Sonata per pianoforte op. 57 Appassionata Ludwig van Beethoven
1806 Quartetto op. 59 n. 1 Ludwig van Beethoven
1808 Sinfonia n. 5 op. 67 Ludwig van Beethoven
1808 Concerto per pianoforte n. 4 op. 58 Ludwig van Beethoven
1814Fidelio Ludwig van Beethoven

1795 Sinfonia n. 104

Franz Joseph Haydn


Triplo sottotitolo Johann Peter Salomon Sinfonie di
Haydn per Parigi Sinfonie di Haydn per Londra Prima
serie Seconda serie Il seguito di Beethoven e Cherubini,
Schubert e Mahler nellOttocento Gli omaggi di Mahler,
Prokofev, ostakovi nel Novecento

I sottotitoli, apocrifi, con cui nota la Sinfonia n. 104 di Franz Joseph Haydn
sono tutti legittimi e appropriati alla sostanza musicale. Il meno conosciuto,
e pi diretto dal punto di vista musicale, La zampogna: viene dal suono
basso e tenuto che unifica i numerosi episodi del popolaresco rond finale,
dove una melodia di origine croata (!) si accoppia con una sonorit tipicamente scozzese. Il sottotitolo pi popolare, London, un omaggio alla citt
che pi di ogni altra celebra Haydn vivente. probabile che, quando scrive
il magnifico Adagio introduttivo a questa sua ultima sinfonia, Haydn abbia in mente il taglio con cui Hndel imposta, mezzo secolo prima, lapertura dei suoi maggiori melodrammi londinesi: incedere misterioso, frizioni
dissonanti, alternanza di pianissimo e fortissimo, rulli di timpani e fanfare di
ottoni accanto a sussurri di archi. Cos ben preparato, lAllegro che segue
un perfetto (alla maniera britannica) primo movimento di sinfonia classica.
La massima sofisticazione si ha nel secondo movimento Andante, che un
ibrido fra rond e tema con variazioni. I soli archi espongono il tema, gli
strumentini lo riespongono in modo minore, entra lintera orchestra in fortissimo, e poi: pausa generale, tema con altro timbro, nuova sospensione,
ancora scarto di volume sonoro, assoli di violini, ghirigori di fiati, crescendi e
diminuendi, conclusione radiosa. uno dei pi fantasiosi movimenti sinfonici di Haydn. Il Minuetto che segue apre la strada ai bruschi scherzi di
Beethoven, con il trio centrale che rimbalza i timbri fra archi e fiati. Il Finale: Allegro spiritoso associa i passi danzanti dei contadini croati con i soffi
nasali delle zampogne celtiche.
Merita rispetto anche Salomon, il terzo sottotitolo, attribuito a questa
sinfonia (che chiude al meglio la serie di dodici scritte da Haydn per i suoi
due soggiorni londinesi). Il violinista tedesco Johann Peter Salomon ha il
merito di aver voluto e organizzato la permanenza londinese di Haydn. Salomon nasce a Bonn, fa il concertista di violino in varie citt tedesche. Tramite Carl Philipp Emanuel conosce la musica di Johann Sebastian Bach e
diventa eccellente interprete delle sonate e partite per violino solo quando

1795 Sinfonia n. 104 291

da Parigi si stabilisce a Londra nel 1781. Coglie al volo la disponibilit dei


londinesi per le stagioni concertistiche pubbliche e nel 1783 succede a Johann Christian Bach alla guida dellassociazione dei concerti da lui fondata
nel 1765. Dirige unottima orchestra di una quarantina di elementi, chiede
nuove musiche ai maggiori autori del tempo. Dopo vari tentativi falliti, riesce
a portare Haydn in persona a Londra. Nel 1790, venuto a sapere che il principe Nikolaus Esterhzy morto e che il figlio sta smantellando la sua costosa organizzazione musicale e mandando Haydn in pensione, si precipita a
Vienna e convince il compositore a varcare la Manica.
Per seguire Salomon, Haydn rinuncia allinvito a recarsi alla corte di Napoli, dove lo aspetta re Ferdinando iv, entusiasta per i quattro concerti scritti su misura per le sue (modeste) capacit di suonatore del curioso strumento
a tastiera detto lyra organizzata. Rinuncia anche a un programmato soggiorno a Parigi, per la buona ragione che infuria la Rivoluzione. Con il Concert Spirituel della capitale francese, Haydn in rapporto fin dagli anni settanta, e negli anni ottanta scrive quasi tutte le sue nuove sinfonie proprio per
i francesi: a Esterhza, infatti, il principe, suo datore di lavoro, si stancato
della musica strumentale, ama solo il teatro dopera e, per il suo castello di
campagna, chiede a Haydn la direzione di stagioni dopera che rivaleggiano
con quelle del Burgtheater imperiale di Vienna. Decade lobbligo di esclusiva
della musica strumentale per il principe e Haydn libero di comporre anche
per altri committenti: dal 1784 in poi, per Esterhzy scrive ormai solo cinque
nuove sinfonie (n. 73, 70, 81, 79, 80); le altre 19 sono per lestero.
Il primo mercato appunto Parigi, dove la ricezione magnifica, forte di
una conoscenza che risale al 1778, quando il nome di Haydn compare per la
prima volta nel cartellone del Concert Spirituel, e che torna puntuale negli
anni seguenti. Nel 1778, durante il suo infelice soggiorno a Parigi, anche
Mozart prova a inserirsi nel repertorio, ottiene un buon successo con la Sinfonia K 297 ma non riesce a sfondare davvero. Rivale del Concert Spirituel
il Concert des Amateurs, che per nel 1781 si scioglie. Gli subentra il Concert de la Loge Olympique, di fede massonica e da poco costituito per approfittare del mercato favorevole. Il successo immediato, tanto che gi nel
1786 i concerti si svolgono nella grande Sala delle guardie alle Tuileries. C
una buona orchestra e funziona la strategia che prevede la commissione di
nuovi lavori ai maggiori autori del tempo. Uno di questi appunto Haydn,
che fra 1784 e 1786 scrive per i confratelli massoni parigini sei nuove sinfonie: in ordine di composizione n. 83, 87, 85, 82, 84, 86. Eseguite a partire dal
1787, sono sempre accolte con entusiasmo, replicate, stampate, diffuse.
Le cosiddette sinfonie parigine di Haydn sono pi impegnative nellorganico strumentale rispetto alle precedenti per lorchestra di Esterhza e cristallizzate nella forma che ormai definiamo classica, in quattro movimenti.

292 V. Dialettica musicale

Il primo, spesso preceduto da unintroduzione lenta, di regola organizzato


nella forma sonata: unesposizione in cui un tema nella tonalit fondamentale o dimpianto si trasforma in un nuovo inciso passando alla tonalit di
dominante (un intervallo di quinta) se in modo maggiore, di sottodominante
(intervallo di quarta) se in minore. Si crea una tensione armonica da elaborare nella centrale sezione di sviluppo e infine risolvere riprendendo lesposizione in modo variato (ripresa). Segue un secondo movimento lento
e melodico, di solito in forma strofica (abacada), dove a la frase principale e b, c, d sono inserti correlati o contrastanti; oppure in forma di tema con
variazioni, che di solito sono sei. In terza posizione sta un ibrido fra minuetto e scherzo, non pi omaggio alla danza da salotto nobiliare, ma non ancora
irruento sfogo ritmico beethoveniano. Il minuetto ha struttura tripartita
(aba) con un momento di pausa al centro in tonalit diversa e su passo leggero, denominato trio (b). Il finale ha forme varie: sonata per chiudere il
cerchio col primo movimento; tema con variazioni; rond strofico; altre
combinazioni fantasiose purch spigliate.
Fissato lo schema di base, Haydn cerca sempre vie di fuga per mantenere
desto linteresse dellascoltatore (e dellesecutore). Ciascuna sinfonia parte
da unidea originale. I sottotitoli, al solito apocrifi, aiutano a capire. Una
delle sinfonie pi famose, la n. 82, detta Lorso perch il finale ha un basso
sghembo che rammenta i passi goffi di un orso che balla al suono di violino
di musicanti da circo. Nella n. 83, La gallina, un coccod con la voce
delloboe circola nel primo tempo. La n. 85 porta sul frontespizio della prima stampa il titolo La regina di Francia: pare che Maria Antonietta ami i sonori fortissimo con trombe e timpani dellintroduzione lenta. Sono meno
cerimoniali le altre due introduzioni lente: in quella per la n. 86 si sente il
respiro delle prossime sinfonie londinesi; il Largo che introduce la n. 84
anticipa la melodia su cui, nel secondo movimento, si sviluppano tre variazioni molto elaborate. Pure tema con variazioni il secondo movimento
della n. 85, costruito sulla melodia popolare francese La gentile et jeune Lisette. Composte nellestate-autunno 1786, le sinfonie n. 86 e 87 aggiungono
alla coerenza costruttiva lattenzione per il timbro e larmonia di matrice
mozartiana. Ancora pi evidenti sono i rapporti nellaltra direzione. Mozart
conosce bene la musica di Haydn gi quando si trova a Salisburgo, grazie ai
rapporti con Michael Haydn, fratello di Joseph. Quando nel 1781 si stabilisce a Vienna, diventa subito amico del pi anziano maestro, che spesso viene
in citt da Esterhza: frequentano i circoli massonici del barone Gottfried
van Swieten, assieme studiano Hndel e Bach (sia Johann Sebastian sia Carl
Philipp Emanuel), assieme suonano quartetti e quintetti.
Pensando a Parigi, Haydn scrive due nuove sinfonie (n. 88 e 89) nel 1787,
destinate a un editore, e altre tre (n. 90, 91, 92) nel 1789 con dedica a un

1795 Sinfonia n. 104 293

nobile esponente della Loge Olympique. Superbi esempi di sinfonia classica,


in particolare la n. 88 per la sua carica drammatica. Oltre che per il sottotitolo Oxford in omaggio alla laurea ad honorem presso luniversit inglese
ottenuta dal dedicatario, la n. 92 si distingue per la bella transizione da Adagio introduttivo ad Allegro iniziale, e per la dolce cantabilit del secondo
movimento. Lo scoppio della grande Rivoluzione (1789) e la morte del principe Esterhzy (1790) cambiano gli scenari. Il mercato parigino scompare e
finisce la vita musicale a Esterhza. Lintraprendente Salomon ha buon gioco
nel prospettare una nuova avventura a Londra, dove la musica per orchestra
vive il suo momento di massimo splendore. Fatto laccordo ai primi di dicembre del 1790, il 2 gennaio 1791 Haydn nella capitale inglese.
Per i primi due mesi Haydn studia le risorse disponibili e i gusti del pubblico. Presenta con successo la sinfonia n. 92 Oxford e in marzo ne sono
pronte altre due, la n. 96 e n. 95. Lo stile allineato a quello della precedente serie parigina, ormai ben nota al pubblico londinese, ma gi si percepiscono le prime innovazioni. Nellampio organico dellorchestra di Salomon sono stabili i timpani e le trombe. La n. 96 inizia con un Adagio pensato per
catturare lattenzione: attacco pomposo, ripiegamento su un sofferto modo
minore, assolo di oboe, sbocco nel vigoroso Allegro. Verso la fine del
primo movimento, ecco una delle sempre pi frequenti pause che Haydn
distribuisce in partitura per accendere la curiosit sugli sviluppi successivi.
Capita cos pure nellAndante, mentre il ritorno delloboe nel terzo movimento un segnale di continuit con lAdagio introduttivo. I sempre efficaci accenti marziali spingono il veloce finale al fortissimo che precede la
conclusione. Laltra sinfonia (n. 95) lunica fra le dodici londinesi senza
introduzione lenta e in tonalit minore. Qui Haydn sfrutta le ambiguit e i
contrasti fra modi maggiore e minore nella tonalit chiave di do. Beethoven,
quindici anni dopo, ne tiene buon conto nella propria Quinta sinfonia, pure
in do minore con conclusione in do maggiore.
Le altre quattro sinfonie sono scritte con calma perch destinate alla stagione 1792. La n. 93 si distingue per la bella serie di variazioni come movimento
lento. La n. 94 diventer famosa con il sottotitolo La sorpresa che le viene da un
ben assestato colpo di timpano posto al centro dellidilliaco (e potenzialmente
soporifero) movimento centrale. A rendere la n. 98 una delle sinfonie pi affascinanti di Haydn sono il legame tematico fra introduzione lenta e primo movimento, le pause di sospensione, la citazione dellinno nazionale inglese God
Save the King e un assolo di violino accompagnato da clavicembalo nel finale.
La n. 97 chiude il primo soggiorno londinese il 3 (o 4) maggio 1793 con un
mirabile finale a piena orchestra, teatrale, sotto un uragano di applausi.
Haydn torna a Vienna per nove mesi e lavora per la successiva trasferta
londinese. Scrive sei quartetti e due sinfonie, la prima (n. 99) destinata ad

294 V. Dialettica musicale

aprire la nuova stagione di Salomon (10 febbraio 1794) e dunque impostata


con grandiosit di mezzi, squilli di fanfare e melodie di archi, contrasti ruvidi e spunti cantabili, cose che per noi posteri anticipano sia Beethoven sia
Schubert. Sempre a Vienna, Haydn compone la n. 100, chiamata Militare per
il suo piglio marziale, intonato al clima di guerra, polemico sia nei confronti
della neonata Repubblica francese sia in quelli dellallievo Ignaz Pleyel, appena reclutato a Londra dai concorrenti di Salomon. Il nomignolo Lorologio
attribuito alla n. 101 viene dal ticchettio che accompagna la melodia dellAndante, mentre con il Rullo di timpano attacca lAdagio della n. 103.
Alla prima esecuzione della n. 102, il lampadario centrale cade sulla platea,
messo in risonanza dalle acclamazioni del pubblico. Nessuno si fa male,
perch sono tutti accalcati davanti al palcoscenico. un miracolo, ma il nomignolo passa (non si sa perch) allinnocente Sinfonia n. 96. Infine la n. 104,
detta Zampogna, London o Salomon chiude la serie e anche lintera carriera
sinfonica di Haydn.
Con linasprirsi della guerra nel continente crescono le difficolt economiche e artistiche di Salomon. Il terzo giro di Haydn a Londra cancellato,
il musicista torna a Vienna e non trova pi stimoli per continuare nel genere
che ha fatto nascere, crescere, maturare. Lascia il testimone allallievo diretto Beethoven, a Cherubini, ai tanti imitatori, al giovane Schubert e attraverso lui ai grandi romantici. Con Mahler, che a inizio Novecento attacca la sua
sinfonia pi famosa, la Quinta, con un assolo di tromba ripreso dalla Sinfonia
n. 100 Militare. Prokofev pensa a Haydn nella sua Prima sinfonia Classica.
E ancora Stravinskij, Poulenc, ostakovi.

Ascolti
F.J. Haydn, Symphonies 103 und 104, H. von Karajan, Berliner Philharmoniker, dg 1990
F.J. Haydn, London Symphonies, N. Harnoncourt, Concertgebouw Amsterdam, Warner
2008
La prise de la Bastille, W. Ehrhardt, Concerto Kln, Capriccio 2002
Revolution franaise, M. Plasson, M. Seminara, Capitol Toulouse, emi 1990

Letture
H.C. Robbins Landon, Haydn in England 1791-1795, Thames and Hudson, London
1978
M. Boyd (a cura di), Music and the French Revolution, Cambridge University Press, Cambridge 1992

1797 Quartetto op. 76 n. 3 Imperatore


Franz Joseph Haydn

Inno dellimperatore Francesco Inno nazionale tedesco


Al centro di un classico quartetto La lezione di Mozart
Gli ultimi quartetti di Haydn Il passaggio a Beethoven,
ai romantici, ai moderni
La fortuna e la popolarit del Quartetto op. 76 n. 3 di Haydn vengono dalla
celebre melodia che serve come tema per le variazioni del secondo movimento. Che non sono variazioni in senso strutturale, come spesso succede in
Haydn, per esempio nelle continue mutazioni melodiche della Sinfonia n.
101 Lorologio (1794); o nellelaborata alternanza di modi maggiore e minore
su doppio tema nelle Variazioni per pianoforte del 1793. piuttosto una variazione di timbri, perch a Haydn la melodia pare talmente bella che neppure osa toccarla. Si limita a proporla in sequenza, alla maniera dellantico
cantus firmus. Cambia il timbro perch cambia lo strumento che la canta.
Lesposizione ne aumenta soltanto lo spessore sonoro. Nella prima variazione la melodia diventa esile perch il primo violino dialoga soltanto con il
secondo. Nella seconda variazione canta il baritonale violoncello; nella terza
tocca alla tenorile viola; nella quarta torna al violino, per nel registro pi
acuto. Le variazioni di timbri si estendono alla ricapitolazione finale, chiusa
da una dolce coda di poche battute. Proprio la sua semplicit d alla melodia
quel carattere solenne che la rende immortale, pi delle parole che hanno
provato a legarsi alle sue note.
La lunga vicenda inizia nel gennaio del 1797, quando Haydn scrive un
Volkslied (canto popolare) ispirato alla tradizione inglese. Nei suoi soggiorni londinesi ascolta pi volte linno nazionale God Save the King e, impressionato dalla forza della melodia, appena rientrato a Vienna scrive un
equivalente per limperatore dAustria sulle parole Gott erhalte Franz, den
Kaiser (Dio salvi limperatore Franz). Le affinit fra le due melodie sono
evidenti, la fortuna immediata. Cantato per la prima volta nel gennaio del
1797, in versione per coro e orchestra, il nuovo inno di Haydn subito
adottato a corte. Diventa presto il tema per le variazioni del Quartetto op.
76 n. 3. Nel 1841 il poeta e linguista August Heinrich Hoffmann von Fallersleben attacca alla melodia le parole Deutschland, Deutschland ber
alles, primo verso di quattro strofe a eterna gloria della civilt di lingua
tedesca, dal Reno al Memel, dallAdige al Baltico. Resta inno asburgico fino
alla dissoluzione dellimpero nel 1918 e nel 1922 se ne impossessa la tedesca

296 V. Dialettica musicale

repubblica di Weimar. Con Hitler al potere, diventa introduzione allufficiale canto nazista Das Horst-Wesse-Lied che mette nuove parole su una
melodia del lisztiano Peter Cornelius, a sua volta affine a unaria di Joseph
(1807) del compositore napoleonico Mhul. Nel 1945 gli alleati vincitori
della Seconda guerra mondiale ne proibiscono luso, ma nel 1952 il cancelliere Konrad Adenauer lo riprende per la democratica repubblica federale,
sia pure con le parole della terza strofa Einigkeit und Recht und Freiheit
(Unit, diritto, libert), buone anche per la Germania riunificata dopo la
caduta del muro nel 1989.
Se la popolarit e il sottotitolo Imperatore dellop. 76 n. 3 sono legati al
secondo movimento, gli altri tre ne costituiscono un degno contorno.
LAllegro iniziale uno dei pi ampi e complessi mai scritti da Haydn, con
respiro quasi sinfonico che viene da un forte e unico motivo, esposto in presa diretta, generatore di materiali sufficienti per organizzare ben due sezioni
di sviluppo nelle quali convivono episodi in contrappunto severo e momenti di festosit rustica. Il Minuetto punta sulleleganza della danza di palazzo. Il finale Presto ha funzione di sintesi dei movimenti precedenti, perch
ne riprende alcuni spunti e li ingloba in un turbine di note reso pi incisivo
dal prevalere del modo minore, in preparazione dellinevitabile apoteosi
conclusiva.
Assieme ad altri cinque, il quartetto Imperatore appartiene alla raccolta
op. 76, pubblicata nel 1797. la quarta e ultima serie di sei quartetti che
Haydn scrive nei dieci anni successivi allesperienza, anche per lui folgorante,
dei sei che Mozart gli dedica nel 1784. Haydn stesso presente allesecuzione
degli ultimi tre (K 458, 464, 465) in una mitica serata musicale in casa Mozart,
il 12 febbraio 1785. Serate del genere sono frequenti nelle capitali europee di
fine Settecento. Ci si riunisce fra amici nei palazzi di antichi nobili e di facoltosi borghesi per fare e ascoltare musica. La musica deve essere possibilmente nuova e firmata da un autore di prestigio scelto con cura e remunerato
bene. Spesso lautore partecipa allesecuzione, assieme al padrone di casa,
che nel caso del palazzo di Sanssouci a Potsdam il re di Prussia Federico
Guglielmo ii, violoncellista comera flautista il suo predecessore Federico ii.
Con poche eccezioni, non circolano formazioni stabili, professionali. La
scrittura ne tiene conto, e di norma non chiede virtuosismo. Come appunto
accade nel Quartetto dellImperatore. Di regola lautore concede al committente unesclusiva di sei mesi, prima di vendere i diritti a uno o pi editori che
poi diffondono il testo stampato al libero mercato. Mozart fa eccezione:
scrive i suoi sei quartetti senza avere un committente, per interesse astratto a
cimentarsi in un genere complesso.
Nei suoi ultimi anni, Haydn compone invece soltanto su commissione,
con il duplice obiettivo di ricevere denaro da un mecenate aristocratico (o

1797 Quartetto op. 76 n. 3 Imperatore 297

alto borghese) in cambio della dedica, e altro denaro da un editore (o pi di


uno) in cambio dei diritti di stampa. Con le varianti del caso. Per esempio,
la raccolta op. 50 pubblicata nel 1787 porta il sottotitolo Quartetti prussiani
perch leditore viennese Artaria, di sua iniziativa, la dedica a Federico Guglielmo ii, anche se in nessuno dei sei lavori linconsapevole Haydn prevede
per il violoncello una parte di spicco, oltre che di facile esecuzione. Le due
raccolte successive, op. 54-55 (1788) e op. 64 (1790), sono affidate allamico
violinista Johann Tost, editore improvvisato, che millanta entrature sul mercato parigino. Il sagace Haydn si premura per di cedere i diritti di stampa
anche ad altri e ben pi quotati editori a Parigi, Vienna, Londra. I successivi
sei quartetti (tre op. 71 e tre op. 74) scritti a Vienna nel 1793, fra i due viaggi
in Inghilterra, sono dedicati al conte Apponyi, ma pensati per la piazza londinese, cio per quartetto di Johann Peter Salomon. Lultima e pi importante serie di sei, lop. 76 che appunto contiene il Quartetto dellimperatore,
dedicata al conte Jozsef Erddy. Spinto dal principe Joseph Franz von
Lobkowitz, nel 1799 Haydn imposta una nuova serie, arenatasi per dopo
soli due numeri, pubblicati nel 1802 come op. 77. Incompiuto resta il terzo
quartetto, abbandonato da Haydn nel 1803 con la triste ammissione di non
avere pi forze per andare avanti. Esce a stampa nel 1806 come op. 103. Nel
frattempo, i nobili amatori di quartetti Apponyi e Lobkowitz, integrati dal
russo Rasumovskji, trovano in Beethoven, allievo diretto di Haydn, lalternativa giovane al vecchio maestro.
Sul piano stilistico, Haydn assorbe il linguaggio di Mozart in modo selettivo. In alcuni suoi movimenti lenti si sentono le ambiguit armoniche e
le sfumature timbriche che rendono dolci e malinconiche le pagine mozartiane. Per Haydn tende a evitare lintimismo e sa bene che il presente e il
futuro del genere quartetto sono sempre pi in sala da concerto, e molto
meno nel salotto privato. Capisce che si sta formando un pubblico (pagante)
che si riunisce per ascoltare esecutori (pagati), e che quel pubblico cerca di
sicuro elevazione spirituale ma ancor pi divertimento, e mai noia. A Londra, nel 1794, alcuni quartetti recenti (op. 64, 71, 74) sono eseguiti da eccellenti solisti guidati dallottimo violinista Salomon davanti a circa ottocento
spettatori, nella stessa sala in cui si tengono i concerti con grande orchestra.
Il successo assicurato da una scrittura sinfonica, anche se suonano soltanto quattro strumenti ad arco. La struttura dei quattro movimenti resta
inalterata, ma si nota in tutti gli ultimi quartetti di Haydn, dallop. 33 (1781)
in poi, una crescente richiesta di tecnica individuale e di capacit di amalgama che pu venire solo da lunghe prove. Altrimenti non possibile graduare i passaggi da pianissimo a fortissimo, scandire ritmi incisivi, spostare
melodie da un registro allaltro. Melodie che devono essere semplici e inquadrate in geometrie regolari, dunque riconoscibili, vocali prima ancora

298 V. Dialettica musicale

che strumentali. Come appunto nellInno dellimperatore dellop. 76 n. 3.


Sono artifici di bottega e colpi di genio che incantano il pubblico e non lo
fanno addormentare.
Levoluzione della scrittura progressiva, cos come la voglia di Haydn
di rompere le regole che egli stesso si dato e di mettere variet in ogni lavoro. Nellop. 50 n. 1, si nota il curioso attacco del violoncello solo, un
basso che accompagna una melodia che (ancora) non c. Il Vivace, primo movimento del n. 2, increspa la solare tonalit di do maggiore con
capziosi cromatismi. Un motto, cio una melodia appena accennata rende
unitario il n. 3 perch ricorre in primo, terzo e quarto movimento, con una
logica che tiene conto dellesempio mozartiano del Quartetto K 387 (il primo della serie dedicata a Haydn) e anticipa il principio della sonata ciclica
di fine Ottocento. Il n. 4 uno dei pi interessanti: per il tempestoso modo
con cui il primo tempo passa dal modo minore iniziale al modo maggiore
finale nella tonalit lontana e inconsueta di fa diesis; nel successivo Andante per il lirismo delle doppie variazioni in modo maggiore/minore; per il
recupero della fuga nel finale, come nellormai lontana serie op. 20. Linconsueto (per Haydn) intimismo del movimento lento ha procurato al n. 5
il sottotitolo Il sogno. Il sottotitolo La rana viene invece dal tema principale
del finale del n. 6, altro quartetto di gran qualit, grazie alla drammatizzazione del primo tempo e alle venature del Minuetto, tematicamente vicino al mozartiano K 589.
La memoria del Quartetto delle dissonanze K 465 di Mozart si percepisce
anche nelle magiche evoluzioni armoniche del secondo movimento del quartetto op. 54 n. 1 che apre la successiva serie haydniana, fatta di sei lavori
suddivisi in due gruppi di tre con numeri dopera diversi (54 e 55) per ragioni di convenienza editoriale. Per stile, anzi, andrebbero uniti ai sei dellop.64,
perch contemporanei (circa 1790) e scritti su misura per il violinista Johann
Tost, rimasto disoccupato dopo lo smantellamento dellorchestra Esterhzy
e pronto a cercare fortuna a Parigi come editore. Si osserva in tutti questi
dodici lavori un rilevante aumento del grado di virtuosismo, in particolare
nella parte del primo violino. Tuttavia ci sono anche alcuni fra i pi intensi
movimenti lenti di Haydn, come (nellop. 54 n. 2) il doloroso Adagio in do
minore che addirittura ricompare nel Minuetto, prepara il Finale e ne
tempera lo slancio. Dellop. 54 n. 3 si ammirano nel primo tempo i dialoghi
fra secondo violino e viola su interpunzioni di primo violino e di violoncello.
Della terna op. 55 il pi famoso il n. 2: porta il titolo (apocrifo) Il rasoio
perch Haydn avrebbe offerto lautografo del lavoro a un visitatore inglese
in cambio di un buon rasoio. Sul piano musicale lunico che inizia con un
tema con variazioni, ancora una volta oscillanti fra modo maggiore e minore,
in tutto analoghe (anche nella tonalit di fa maggiore) alle famose Variazioni

1797 Quartetto op. 76 n. 3 Imperatore 299

per pianoforte del 1793. Le varianti formali sono numerose anche nellop. 64.
Per esempio, le variazioni dellAdagio ma non troppo del n. 2, da un lato
si ispirano allantica passacaglia e dallaltro saranno riprese nel finale della
Quarta sinfonia di Brahms. Lo sviluppo del primo movimento del n. 6 si
appoggia allantico contrappunto, il minuetto riprende un motivo del Quartetto K 575 di Mozart e un altro tema, nel finale, vicino al Quintetto K 614.
Non c da stupirsi e nemmeno da cercare primogeniture: i due musicisti,
proprio in quel tempo, suonano spesso assieme le loro pi recenti creazioni.
Il grazioso sottotitolo Lallodola ha reso famoso il n. 5: viene dal motivo principale del primo movimento, che un capolavoro di scrittura per quartetto
e che culmina in uno spiritato moto perpetuo finale degno del miglior
Paganini.
Haydn scrive nel 1793 i sei quartetti op. 71 e op. 74 conoscendo le eccezionali qualit tecniche del violinista Salomon, i colori dellorchestra, la
quantit di pubblico nelle sale da concerto cui sono destinati. Cerca sonorit forti, sorprese appariscenti, come nelle sinfonie. Fa sempre precedere il
primo movimento da unintroduzione lenta, di solito breve, per dare slancio: sei accordi in fortissimo (op. 71 n. 1), quattro battute melodiche (op. 71
n. 2), colpo secco seguito da una pausa (op. 71 n. 3), due accordi per accennare il motto seguente (op. 74 n.1), unampia fanfara (op. 74 n. 2), unisono
dei quattro strumenti (op. 74 n. 3). Fiducioso nella tenuta formale dei primi
tempi, Haydn introduce novit nei secondi movimenti lenti. Ottiene risultati importanti nellAdagio cantabile dellop. 71 n. 2, grazie alla bella
melodia animata dai cambi di volume e speziata da dissonanze; e nel Largo
assai dellop. 74 n. 3, un inno metafisico con attriti armonici e modulazioni
lontane, con una densit di scrittura che affasciner Brahms un secolo dopo
e che Haydn riconosce subito, ricavandone una bella trascrizione per pianoforte. Il minuetto diventa stabilmente scherzo, conciso e spesso con accenti popolareschi. Sempre allinsegna della velocit, con grandi richieste di
virtuosismo individuale e di affiatamento collettivo sono i finali, molto ampi, ricchi di spunti melodici talvolta ripresi da movimenti precedenti (op. 74
n. 1 e n. 3).
Lultima sestina (op. 76, 1797) lapogeo del quartetto classico. Ciascun
quartetto ha il suo carattere, le sue bizzarrie. Il n. 1 attacca con un assolo di
violoncello seguito da quattro battute per viola sempre sola, poi da un duetto di secondo violino e violoncello e infine fra viola e primo violino. Nel
finale propone uno spericolato viaggio in lontane tonalit minori e maggiori, ispirando Schubert. Raro esempio di strutturalismo musicale il severo
n. 2, il cui primo movimento ruota attorno a un intervallo di quinta discendente (da cui il fortunato sottotitolo Delle quinte) sviluppato in polifonia e
con una severit dimpianto che ricorda il K 421 di Mozart, pure in re mi-

300 V. Dialettica musicale

nore. Liniziale quinta discendente diventa ascendente nel sulfureo pseudominuetto costruito sul tema del precedente Andante. I misteri del re
minore si sciolgono solo nel finale, che passa in maggiore su ritmi ungheresi. Dopo lImperatore (n. 3), ecco il magnifico crescendo del primo movimento che d al n. 4 il sottotitolo Laurora, versione cameristica del mastodontico levar del sole nella Sinfonia delle Alpi (1915) di Richard Strauss.
subito bilanciato dal raro intimismo dellAdagio, dalle danze danubiane
del Minuetto, dalla frenesia motoria del Finale che elabora un canto
popolare inglese. Ha pure accenti ungheresi il finale del n. 5, ma il momento magico sta nel commovente Largo cantabile e mesto. Il n. 6 inizia con
un inaspettato tema con quattro variazioni, lultima delle quali in forma di
fuga, principio che sar presto raccolto da Beethoven e pi in l da Liszt,
Brahms, Reger. Continua con un Adagio in totale libert, un Menuetto
che ha la forza delle cose semplici, un Allegro spiritoso che una festa di
permutazioni e instabilit ritmiche, come nei novecenteschi Stravinskij e
Bartk.
Limpatto dellop. 76 tale che subito il mecenate principe Karl Alois
Lichnowski commissiona a Haydn una nuova serie di quartetti. Il compositore accetta, nonostante gli impegni nel genere sacro con il nuovo oratorio La
Creazione e con le messe. I tempi di composizione per si dilatano, perch il
successo della Creazione convince Haydn a scrivere il nuovo oratorio Le
stagioni. O forse perch lesperienza insegna che la sua opera cameristica,
appunto il quartetto per archi, giunta alla fine del ciclo di vita. I concorrenti Pleyel, Vanhal e Boccherini continuano a produrre quartetti in quantit
industriale, ma i clienti preferiscono andare a un concerto e sentire ottime
esecuzioni di musiche ormai fuori dalla loro portata di esecutori dilettanti.
Clienti che colgono la genialit della creazione di Haydn cos come la sentono realizzata da professionisti; e poco sopportano la modestia della routine
che i piccoli autori impongono loro, con la scusa di scrivere parti di facile
esecuzione.
Haydn intuisce che i suoi ultimi quartetti non sono pi musica da camera,
ma da concerto. Ne tiene conto nella nuova op. 77, ma non riesce ad andare
lontano. Completa solo due lavori (pubblicati nel 1802) che hanno la perfezione delle cose passate e la trasgressione che guarda al futuro: nel n. 1 la
marcia iniziale ripresa da Gustav Mahler cento anni dopo come attacco
della Sesta sinfonia, il minuetto-scherzo che modello per Beethoven, il
kolo croato che anticipa Bartk. E quella sintesi perfetta di quartetto
haydniano che lop. 77 n. 2, con impeccabile primo movimento monotematico; Minuetto che torna in seconda posizione alla maniera antica; Andante circolare e ripetitivo che riassume sonata, rond, variazione; vivace
Finale allungherese, capace di ispirare lormai contemporaneo Beetho-

1797 Quartetto op. 76 n. 3 Imperatore 301

ven, il prossimo Schubert, lancora lontano Schnberg. Anziano e stanco,


Haydn riesce soltanto a scrivere due movimenti del terzo quartetto, un
Adagio e un Minuetto pubblicati nel 1806 come op. 103, prima di posare definitivamente una penna che il giovane pseudoallievo Beethoven ha
peraltro gi preso in mano per scrivere la sua op. 18.

Ascolti
F.J. Haydn, Kaiserquartett, Emerson String Quartet, dg 1989
F.J. Haydn, Piano Variations, J. Jand, Naxos 2006

Letture
J. Zeichner, Einigkeit und Recht und Freiheit, PapyRossa, Kln 2008

1798 La Creazione

Franz Joseph Haydn


Iniziare col caos e finire nellordine Londra e il Messia
Haydn e loratorio Cristianesimo e massoneria Diffusione in Germania, Francia, Inghilterra Beethoven e
Mendelssohn

Dal caos allordine. Sono pochi i capolavori della musica sinfonico-corale


che ci appaiono privi di misteri quanto loratorio La Creazione (Die Schpfung)
di Haydn. Occasione, ispirazione, modelli, fonti, influenze, critiche e commenti: tutto ben descritto, come si conviene al lavoro maggiore di un grande maestro giunto allapice della stima dei contemporanei qual Haydn
nella Vienna di fine Settecento. Pure sui significati e le implicazioni extra
musicali, la documentazione imponente. Limportanza concessa al testo
(una parafrasi della biblica Genesi e del Paradiso perduto, 1667 dellinglese
John Milton) e alla pur evidente ideologia massonica porta a uninterpretazione solare della Creazione, in linea con la vecchia immagine di un buon
pap Haydn, soddisfatto e ottimista. Eppure la musica spesso dice altro: c
luce abbagliante, ma anche impressionanti zone dombra, infiniti chiaroscuri. Non cos ovvio che dal caos si passi allordine. Talvolta Haydn teme
addirittura il contrario, e si rifugia nella fede, nella lode infinita (questa s
indiscutibile) per il Padre dellUniverso.
Tutto inizia in Inghilterra. Invitato dal violinista impresario Johann Peter Salomon, Haydn arriva a Londra per la prima volta nel gennaio 1791 e
vi rimane diciotto mesi, attivo come direttore dorchestra, compositore,
turista, personaggio da salotto. Non si occupa solo di sinfonie. Compone
anche una nuova opera teatrale, Lanima del filosofo, basata sul mito di
Orfeo e chiaramente debitrice di Orfeo ed Euridice di Gluck, ben noto a
Londra e che lui stesso mette in scena a Esterhza nel 1776. Riprende a
scrivere musica per pianoforte, stimolato dalle caratteristiche sonorit dello
strumento inglese e dallincontro con Teresa Jansen Bartolozzi (gi dedicataria di sonate di Muzio Clementi e Jan Ladislav Dussek), la cui eccellente
tecnica gli suggerisce le sue ultime, difficili sonate (n. 60, 61, 62). Segue con
molta attenzione la vita musicale londinese e non manca di rilevare la grande fortuna che continuano ad avere gli oratori di Hndel. In particolare
unesecuzione del Messia nellabbazia di Westminster gli lascia unimpressione profonda. Tant che quando, durante il secondo soggiorno londinese
(febbraio 1794-agosto 1795), Salomon gli propone di scrivere un grande

1798 La Creazione 303

oratorio per la piazza inglese passandogli un libretto gi pronto, Haydn


accetta.
Appena rientrato a Vienna, Haydn si rivolge per consiglio e aiuto al barone Gottfried van Swieten. Che un nobile mecenate fiammingo e dilettante di musica trapiantato a Vienna dopo anni da diplomatico a Bruxelles,
Francoforte, Parigi, Londra e infine alla corte berlinese di Federico ii (177077). A Berlino, van Swieten studia musica con maestri importanti, entra in
contatto con Carl Philipp Emanuel Bach, che a sua volta gli fa conoscere e
amare la musica del padre Johann Sebastian. Tornato a Vienna come prefetto della biblioteca di corte e presidente della commissione di censura, van
Swieten diviene figura importante nella vita musicale. A casa sua si eseguono
lavori di Bach padre e di Hndel. Fonda la Gesellschaft der Assoziierten,
costituita da 25 aristocratici amanti della musica corale di Bach, Hndel e
Johann Adolf Hasse. Protegge Mozart e il giovane Beethoven (che gli dedica
la Prima sinfonia). Diventa amico e sostenitore di Haydn.
Loratorio non genere sconosciuto a Haydn. Lo studia in giovent e ne
scrive uno, Il ritorno di Tobia, nel 1774. Poi segue la moda del tempo e si
dedica allopera (oltre che alla musica strumentale). Tornato a Vienna nel
1790 dopo il trentennale esilio a Esterhza, il castello di campagna del principe Esterhzy, Haydn frequenta il circolo musicale di van Swieten, dove
riscopre la musica corale del secolo passato, in particolare il genere oratorio.
I soggiorni inglesi, la vocalit di Hndel, una certa stanchezza per i generi
strumentali sinfonia e quartetto, magari una nuova propensione verso il
trascendente lo portano a dedicare gli ultimi anni della sua prodigiosa vita
artistica alle musiche sinfonico-corali dispirazione religiosa. C da aggiungere che la composizione di un congruo numero di messe un corrispettivo
richiesto in modo esplicito dallaccordo di pensionamento stipulato con
Anton Esterhzy, liquidatore della costosa orchestra di corte voluta e mantenuta per trentanni dal defunto padre Nikolaus.
I primi risultati dellattenzione per il sacro si vedono gi nel 1796. Vengono completate le prime due grandi messe, Missa Sancti Bernardi von Offida
e Missa in tempore belli. La collaborazione artistica con van Swieten collaudata dalla trasformazione in oratorio delle Sette ultime parole del Redentore
sulla croce con laggiunta di una parte per solisti vocali e coro al lavoro in
origine (1785) scritto per soli archi su commissione del vescovo di Cadice.
Vengono anche abbozzati gli schizzi preparatori per il nuovo oratorio. Mentre Haydn raccoglie idee per lintroduzione strumentale, van Swieten sincarica di adattare e migliorare il libretto, oltre che di tradurlo dallinglese al
tedesco. Loriginale inglese che Salomon d a Haydn va subito perso. Per
qualche tempo si sospetta che van Swieten ne sia lunico autore. Ora prevale
lattribuzione a un certo Thomas Linley senior il cui nome storpiato (Lidley,

304 V. Dialettica musicale

Lindley) compare in documenti del tempo. escluso che si tratti di Dryden


o di altri librettisti handeliani, anche perch la qualit della poesia modesta.
Di sicuro la fonte primaria il Paradiso perduto, con versione di van Swieten
assai libera, in un tedesco illuministico e un po demod. Anche i passi biblici originali sono tradotti dallinglese e non ripresi da versioni tedesche autentiche. Dallinsieme esce chiara una concezione panteistica delluniverso, Dio
come architetto e fabbro, luomo come momento ultimo e sublime della
Creazione.
Lidea della Creazione come attuazione in sequenza razionale del progetto di un Divino Architetto massone evidente dalla struttura delloratorio,
articolata nelle canoniche tre parti. La prima copre i primi tre giorni; la seconda gli altri tre; la terza riservata alla contemplazione del Creato da
parte di Adamo (voce di basso) e di Eva (soprano). Lazione termina prima
del peccato originale, cio prima che inizi un nuovo caos. Gli angeli Gabriele (soprano), Uriel (tenore) e Raffaele (basso) si scambiano liberamente i
ruoli di narratori e commentatori. Il coro integra e sostiene. La grande orchestra partecipa alla narrazione con descrittivismi sorprendenti. Il rapporto
musica-testo curato, ma non va sopravvalutato. Nello stesso tempo necessaria qualche cautela nella valutazione delle simbologie massoniche sparse
nella partitura, a cominciare dallinsistenza sul numero tre e suoi derivati.
Haydn certamente massone, e cos van Swieten, per il loro coinvolgimento con lideale non arriva al punto di scrivere La Creazione in sua funzione.
Che Haydn intenda la Creazione non come nascita della materia ma come trasformazione del caos primordiale nel presente ordine razionale (e illuminato) stabilito in modo esplicito dallIntroduzione. Per Haydn lordine coincide con larmonia tonale e il disordine con la mancanza di regole.
Cos le note sparse cercano una difficile sintonia e generano una serie inaudita di dissonanze. Il sofferto processo di aggregazione produce aree tonali
sempre pi definite e finalmente cristallizza in un clamoroso do maggiore.
Dio ha appena detto: Fiat lux. Dopo questa prova di forza e professione
dintenti, il discorso musicale procede su un percorso molto libero, con passaggi armonici collaudati e talvolta inattesi. Larmonia d saldatura perfetta
ai numeri musicali che si succedono. Il resto fantasia di melodia e di timbri.
Le citazioni del passato prossimo e remoto si sposano con le innovazioni che
determinano il corso della musica futura. Nasce una sequenza stupefacente
di numeri musicali del tipo pi vario. Laria popolaresca di Uriel seguita
da un fugato per coro in stile bachiano (n. 2). La descrizione musicale di
lampi e tuoni, di pioggia e neve (n. 3) contemplata da angeli osannanti (n.
4). Laria di Gabriele (n. 8), dal taglio ornato ma cristallino, prepara un energico coro handeliano che glorifica il Signore (n. 10). La prima parte finisce
con un pezzo diventato leggendario perch pi degli altri utilizza la carta

1798 La Creazione 305

vincente di tutto loratorio, cio la fusione/alternanza di solisti e coro su un


accompagnamento orchestrale spumeggiante.
La seconda parte inizia con un omaggio al Mozart del Flauto magico e
della Regina della notte, con unaria di bravura che descrive lavvento delle
creature dellaria, degli uccelli pacifici e di quelli rapaci (n. 14, 15). Poi viene
la creazione dei pesci (n. 16, 17) e degli animali terrestri, leoni, tigri, cervi,
buoi (n. 20, 21) in un esilarante crescendo di onomatopee strumentali. La
fanfara dellaria di Raffaele che canta le glorie del Creatore (n. 22) porta alla
creazione dellUomo e della Donna. Capolavoro di vocalit haydniana laria di Uriel (n. 24), seguita dallenorme ritornello in cui solisti, coro e strumenti testimoniano il compimento della Creazione (n. 26, 27, 28). Leccellente integrazione fra coro e solisti esaltata dal gran finale, ancora una
volta fugato e scandito dai maestosi rulli dei timpani. Allinizio della terza
parte, i flauti che annunciano il mattino delluomo (n. 29) introducono il
duetto fra Adamo ed Eva (n. 30). Mentre laccompagnamento non cambia,
entra il coro, c addizione di risorse strumentali, arriva un altro e grandioso
coro di lode a Dio. Potrebbe essere la conclusione delloratorio. Invece ci
sono altri quattro numeri, fra cui un nuovo duetto Adamo-Eva e un magnifico finale con soli, coro e grande orchestra.
La prima esecuzione della Creazione avviene il 29 aprile 1798 a Vienna, a
palazzo Schwarzenberg. Antonio Salieri suona il fortepiano, Haydn dirige.
Il mondo musicale viennese presente al gran completo. Laffluenza tale
che il servizio dordine rischia di essere travolto. Lapparizione della luce
dopo il caos lascia tutti sgomenti. Il resto suscita un crescendo di entusiasmi
che si risolve in trionfo. Sono subito programmate repliche. Van Swieten
prepara una rapida versione inglese ritradotta dal tedesco e loratorio varca
la Manica per mietere nuovi successi. Arriva naturalmente anche in Germania. A Parigi, alla vigilia di Natale del 1800, Napoleone scampa a un attentato proprio mentre si reca ad ascoltare lattesa prima francese. La fortuna
della Creazione continua per tutto lOttocento, conosce un declino nei primi
anni del secolo scorso ma si riprende subito dopo la Seconda guerra mondiale e ora pi viva che mai.
Lesito trionfale della Creazione incoraggia Haydn a proseguire nel genere corale con grande orchestra. Nel 1798 presenta anche la Missa in Angustiis (Nelsonmesse) seguita da Theresienmesse (1799), Missa solemnis (1801,
detta anche Della Creazione, perch delloratorio riprende alcune melodie),
Harmoniemesse (1802). Il 1801 lanno del nuovo oratorio Le stagioni,
sempre su testo di van Swieten e pure accolto con entusiasmo. A questo
punto Haydn smette di scrivere musica, soddisfatto del suo straordinario
percorso creativo. Il suo insegnamento, anche nel genere delloratorio, non
passa inosservato. Beethoven scrive il suo oratorio Cristo al monte degli

306 V. Dialettica musicale

ulivi nel 1801 avendo Haydn come esempio. Scrive oratori anche Felix
Mendelssohn (Paulus, 1836; Elijah, 1846), accanto a tanti altri autori minori. Per lantico genere musicale, inventato in Italia quasi tre secoli prima,
una luminosa estate di San Martino. Quello che mantiene vivo, ancora oggi,
linteresse per la Creazione la modernit delle sue scelte musicali, quelle
straordinarie pagine poste in apertura come Rappresentazione del caos e
che davvero generano i numeri successivi. Non con logica ordinatoria, come
vorrebbero il testo e lideologia e linterpretazione corrente; ma con libera
associazione dintuizioni musicali e con evidente orrore per le simmetrie.
Non ci sono strutture e forme che si ripetono, nella Creazione. Il caos continua anche nei numeri successivi al primo. Come nella serie dei numeri
naturali, lordine solo apparenza, sostenuta dalle parole e negata dalla sostanza musicale. E comunque sono le note in libert del caos che creano la
grande musica dellOttocento, e che sappiamo pi caotica ancora: i furori
beethoveniani, le ambiguit wagneriane, la dissoluzione tonale di fine secolo e poi la disgregazione formale che segna il Novecento. Con buona pace
dei suoi mentori letterari e filosofici, razionali e illuministi, forse anche di se
stesso, il musicista Haydn sembra dirci che dal caos primordiale non si giunge allOrdine; e che ogni fenomeno organizzato che ne discende solo effimero e aumenta la confusione.

Ascolti
F.J. Haydn, Die Schpfung, F.J. Karajan, Berliner Philharmoniker, dg 1992
F.J. Haydn, The Seasons, T. Beecham, Royal Philharmonic, emi 2005
F.J. Haydn, The Complete Mass, R. Hickox, Collegium Musicum 90, Chandos 2007

Letture
G. Feder, Die Schpfung, Brenreiter, Kassel 1999
H.C. Robbins Landon, Haydn: The Years of Creation, Thames and Hudson, London 1978

1802 Sonata per pianoforte op. 27 n. 2 Al chiaro di luna


Ludwig van Beethoven

Senza sordino Pianoforte che canta Le sonate di Haydn


Le promozioni di Clementi Gli allievi Le prime sonate di Beethoven Patetica Le fantasie di Carl Philipp
Emanuel Bach e di Mozart Le fantasie romantiche
La mano sinistra spiega dolcemente larghi accordi di un carattere solennemente triste, la cui durata permette alle vibrazioni del pianoforte di spegnersi, su ciascuno di essi, mentre, arpeggiando un disegno ostinato daccompagnamento la cui forma non varia quasi dalla prima battuta allultima, la mano
destra fa sentire una specie di lamento: fioritura melodica di questa oscura
armonia. Non scrive cos un esegeta qualunque ma Hector Berlioz, qui in
veste di critico militante e apostolo di Beethoven nel primo Ottocento romantico. Interpreta bene il primo movimento della sonata op. 27 n. 2, che
sequenza stupenda non di melodie ma di timbri e di armonie, non di costruzione ma di sensazione. invece il poeta, sempre romantico, Ludwig Rellstab a darle il fortunato sottotitolo Al chiaro di luna (Mondscheinsonate),
talmente azzeccato che nessuno mai riuscito a cancellarlo. Lautore si limita a intitolarlo Adagio sostenuto, ma prescrive che si deve suonare tutto
delicatissimamente e senza sordino, cio senza usare il meccanismo automatico che ferma le vibrazioni delle corde, non appena il dito ha lasciato il
tasto. Beethoven vuole che le vibrazioni continuino, creando una nebulosa
di suoni armonici e di timbri, un effetto notte che sfuma anche il ritmo marcato di una pallida melodia. Effetto possibile solo sul pianoforte che martella, non sul clavicembalo che pizzica.
Quando Beethoven scrive questa sonata, il fortepiano diventato pianoforte. Resta il principio che i tasti spingono martelletti che percuotono le
corde, ma ci sono miglioramenti tecnologici essenziali. La costruzione pi
robusta e la meccanica pi efficiente danno maggiore controllo su timbro e
dinamica, cio sulla qualit del suono e sul carattere espressivo. Lideale
settecentesco, illuministico, anzi preromantico, di un flusso continuo (analogico) di emozioni sonore prevale sulla geometria differenziale (digitale)
seicentesca. Il continuo flessibile del pianoforte, garantito dal tocco dellinterprete-artista, prevale sui salti imposti dai costruttori-artigiani alle tastiere
di clavicembalo (e organo). Il sordino, cio il meccanismo che, con un
semplice tocco di pedale (o ginocchio), toglie tutti gli smorzatori e lascia libere le risonanze, piace a Beethoven, che non ama il suono secco di origine

308 V. Dialettica musicale

clavicembalistica. Beethoven fa largo uso anche del pedale una corda, che
consente di alleggerire il suono colpendo col martelletto una sola delle tre
corde che danno il suono pieno di ciascuna nota. Al suono pi forte che ottiene la meccanica pesante dei costruttori rard (francese) e Broadwood
(inglese), Beethoven preferisce quello flebile ma pi duttile della meccanica
leggera degli austrotedeschi Stein e Streicher. Vuole che lo strumento canti
come una voce umana e che sia linterprete a dosare le emozioni. Non diversamente pensano i virginalisti inglesi del Rinascimento e ancor pi il settecentesco clavicordista Carl Philipp Emanuel Bach, in questo degno erede del
sommo padre Johann Sebastian. Anche Mozart pensa cos, ma non dispone
ancora dello strumento adatto.
proprio la straordinaria capacit di far cantare il pianoforte che consente al giovane Beethoven di affermarsi nel gran mondo viennese. Scopre
questarte da solo, esercitandosi sulla tastiera nella nativa e semiprovinciale
Bonn. Lo guida un poco il padre cornista e di pi il modesto quanto competente cembalista e direttore dellorchestra di corte, Christian Gottlob
Neefe, formatosi alla scuola di Lipsia. Neefe gli fa studiare il Clavicembalo
ben temperato di Johann Sebastian e le sonate dellammiratissimo Carl Philipp Emanuel Bach. Beethoven si fa notare subito come autore, oltre che
come esecutore. A dodici anni pubblica le sue prime variazioni su un tema
dopera e a tredici tre sonate alla maniera di Bach figlio. Non gli riesce il
tentativo di perfezionarsi con Mozart a Vienna nel 1787. Rientra a Bonn,
suona la viola nellorchestra di corte e familiarizza con il corrente repertorio
operistico. Continua a scrivere variazioni per pianoforte fino a quando,
trasferito a Vienna nel novembre 1792, prende regolari lezioni da Franz
Joseph Haydn.
Haydn non pianista, ma al pianoforte dedica una serie di almeno 70 fra
sonate, variazioni e fantasie in cui applica i principi formali da lui stesso
sviluppati per quartetti e sinfonie. I movimenti delle sonate sono di regola
tre, senza minuetto (che talvolta sostituisce il pi frequente adagio nella
posizione centrale). Il primo in forma sonata monotematica e il terzo alla
rond, con il polifunzionale tema con variazioni che tutti pu sostituire. Il
taglio complessivo e la scrittura non virtuosistica sono ispirati dal modello di
Carl Philipp Emanuel Bach, peraltro sempre riconosciuto. Si distingue la
Sonata n. 33, composta nel 1771, nella quale la critica tonalit di re minore
esaltata da salti dinamici tra piano e forte che certificano il distacco dal suono
del clavicembalo. Una prima svolta stilistica si ha alla fine degli anni ottanta,
quando Haydn abbandona il clavicembalo, compra un pianoforte, incontra
signore abilissime anche a suonare il nuovo strumento. La seconda e ancor
pi importante svolta avviene durante il primo soggiorno londinese, frutto
di una doppia combinazione: laffettuosa e matura amicizia con Teresa Jan-

1802 Sonata per pianoforte op. 27 n. 2 Al chiaro di luna 309

sen Bartolozzi, vera virtuosa della tastiera, e la scoperta del pianismo di


Muzio Clementi.
Romano di nascita e trasferito a Londra nel 1766, Clementi si distingue
prima come insegnante e poi come compositore, pubblicando due raccolte
di sonate (op. 1, 1771, e op. 2, 1779) esplicitamente destinate al pianoforte,
che tengono in gran conto i perfezionamenti introdotti dal geniale costruttore Broadwood: casse pi ampie e robuste per dare maggiore tensione alle
corde e dunque pi suono, meccanica silenziosa, tastiera pi ampia, pedale
di risonanza per non smorzare le vibrazioni. Suonare un Broadwood richiede dita con muscoli pi forti rispetto alle tastiere leggere dei costruttori
austrotedeschi. Clementi rimedia imponendo a se stesso e ai suoi allievi un
faticoso e sistematico programma di esercizi in forma di studi che culminer
nella celebrata raccolta Gradus ad Parnassum (tre volumi, 1817, 1819, 1826).
Il rischio che la prestazione atletica diventi fine a se stessa, cio ricerca di
bravura meccanica e di virtuosismo puro. Grazie appunto alla sistematicit
della sua tecnica, Clementi regge il confronto con Mozart nella famosa disfida a Vienna il 24 dicembre 1781. Lincontro avviene durante il primo grande
viaggio (1780-83) che porta Clementi nei maggiori centri del continente per
incoraggiare le vendite dei pianoforti. Un nuovo e pi esteso (1802-10) giro
di promozione e addestramento in Francia, Italia, Germania, Boemia consolida la sua fama di uomo daffari, didatta e musicista. Sono suoi allievi
Friedrich Kalkbrenner, Ignaz Moscheles, Carl Czerny, Johann Baptist Cramer, che diventano i leoni del concertismo pianistico e della didattica di
inizio Ottocento. Alla scuola londinese di Clementi si formano anche Jan
Ladislav Dussek, Ferdinand Ries e soprattutto John Field, destinato a iniziare la grande scuola pianistica russa e a influenzare in modo decisivo lo
stile di Chopin.
Della Londra che toglie a Parigi il ruolo di traino della musica pianistica,
Haydn da subito osservatore attento. Ne tiene conto nelle sue nuove (e
ultime) tre sonate per pianoforte, scritte nel 1794-95. La variet delle dinamiche segnala la destinazione definitiva al pianoforte e non manca, nellintroduzione alla sonata n. 60, la richiesta di lasciar vibrare le corde con limpiego del pedale di risonanza, per ottenere quel suono soffice che Beethoven
cerca per lintero primo movimento della sonata Al chiaro di luna. Tornato a
Vienna, Haydn trasmette al suo giovane allievo non solo le tecniche di costruzione di sonate (e sinfonie e quartetti), ma anche una nuova attenzione
alla qualit del suono. Un anno dopo, e in parallelo allapprendistato di
contrappunto con Albrechtsberger, Beethoven comincia a pubblicare le sue
prime opere importanti. Lopera prima (op. 1), dedicata a Haydn, fatta di
tre trii, con violino e violoncello che temperano lirruenza del pianoforte.
Lop. 2 una terna per solo pianoforte di sonate vere, nei tre o quattro mo-

310 V. Dialettica musicale

vimenti canonici con un minuetto o uno scherzo che si sommano alliniziale


Allegro di solito bitematico, seguito da un Adagio cantante e completato da vivace rond finale. Con la quarta sonata (op. 7, 1797) si espandono
dimensioni ed espressioni, come nella terna op. 10 (1798) o nella Marcia
funebre dellop. 26 (1802). Ai meccanismi haydniani dei movimenti iniziali, Beethoven aggiunge spesso sperimentazioni timbriche nel registro grave,
canto spiegato in quelli centrali, passaggi di bravura e di resistenza alla maniera di Clementi nei finali.
Davvero diversa, in questo primo gruppo di sonate, lop. 13 (1799), ben
nota col sottotitolo (apocrifo) di Patetica. Il suo primo movimento sembra
quello pi legato al passato. Unica fra le prime sonate beethoveniane, lop.
13 inizia, infatti, con la misteriosa introduzione lenta Grave. Undici battute di accordi a piene mani accentuano perentorie esclamazioni sincopate,
presto dissolte da folate di arpeggi prima che uno scatto ascendente lanci
lAllegro di molto e con brio in una tumultuosa girandola di spezzoni
melodici. Ricorda tanto Carl Philipp Emanuel Bach lartificio di interrompere il veloce flusso dellAllegro con limprovviso inserimento di echi del
Grave introduttivo. Succede due volte, per meglio distinguere lesposizione dallo sviluppo, per preparare la fulminea coda. Anche grazie a questa
drammatica preparazione, il secondo movimento ha quellidilliaca serenit
cantabile che lha reso tanto popolare. E il rond conclusivo trova la leggerezza mozartiana che Beethoven spesso cerca nei suoi finali. il moderno
pianoforte che fa la differenza e consente al Grave iniziale di aprire le
porte a un futuro musicale diverso e affascinante. Un sapiente uso del pedale e il dosaggio della forza sul tasto consentono un magico confondersi dei
timbri e delle armonie. Sfumano i contorni, si perdono le forme, la realt
diventa sogno, vince la fantasia. Secondo un perfetto ideale romantico.
Passano due anni e Beethoven inventa lAdagio sostenuto dellop. 27
n. 2 dove lillusionismo timbrico dura circa sette minuti, anche di pi se
linterprete vuole valorizzare la frizione armonica e lestenuato lirismo del
canto appoggiato sullo scorrere implacabile dellarpeggio che accompagna.
La chiarezza cristallina del secondo movimento (un minuetto camuffato)
dissolve il romanticismo notturno dellAdagio sostenuto. Mentre il finale,
pura invenzione di timbri, ne limmagine speculare. Il frenetico borbottio
che irrompe dai tuoni del basso genera lampi accordali e si frantuma in
schegge sparse sullintera tastiera; d a questo Presto agitato un sulfureo
aspetto faustiano. Beethoven sa di aver scritto una cosa che ha poco a che
fare con la sonata classica, haydniana in senso stretto. Ammorbidisce il titolo
aggiungendo la precisazione Quasi una fantasia, regredendo cos al Settecento appena trascorso. Ha in mente il Mozart delle fantasie K 397 (1782) e
K 475 (1785), che ricordano le fantasie oniriche e improvvisatorie di Carl

1802 Sonata per pianoforte op. 27 n. 2 Al chiaro di luna 311

Philipp Emanuel Bach e di suo padre; pi indietro, richiamano le invenzioni


dei clavicembalisti e organisti tedeschi e italiani del Seicento, dei virginalisti
inglesi del Rinascimento. Sono autori che Beethoven conosce, stima, copia
sulla carta e imita nella sostanza.
Beethoven resta legato al concetto di fantasia per tutta la vita, come dimostrano le sue insofferenze per ogni costrizione formale, polifonia e sonata
comprese. per attento a non abusare del nome. Lo ritroviamo nel curioso
lavoro per pianoforte, coro e orchestra (op. 80, 1807) che anticipa la Nona
sinfonia. Legittima comunque i discepoli romantici: Schubert, Schumann,
Chopin, Liszt, Mendelssohn, Brahms. E resta, a Beethoven, la voglia di confondere il suono del pianoforte lasciando le corde libere di vibrare, per creare
quelle macchie che rendono magici lattacco del secondo tempo del Terzo
concerto per pianoforte op. 37 (1803), le battute che intagliano il primo tempo
della Sonata op. 31 n. 2 detta La tempesta (1802), il rumore con cui inizia e
liridescenza con cui finisce la Sonata op. 53 Waldstein, detta anche Laurora
(1804). Pi difficili da incastonare, queste intuizioni sul colore del pianoforte
devono aspettare uno strumento pi completo e la sensibilit timbrica degli
impressionisti francesi Ravel e Debussy.

Ascolti
L. van Beethoven, Sonatas op. 27, 31.2, 53, M. Pollini, dg 2003
L. van Beethoven, Complete Piano Sonatas, W. Backhaus, Decca 1999
F.J. Haydn, 11 Piano Sonatas, A. Brendel, Philips 1996

Letture
M. Solomon, Beethoven, Marsilio, Venezia 1988
G. Stanley, Companion to Beethoven, Cambridge University Press, Cambridge 1999
G. Carli Ballola, Beethoven, Rusconi, Milano 1985
A. Werner Jensen, Ludwig van Beethoven, Musikfhrer, Reclam, Leipzig 2001
W. Kinderman, Beethoven, University of California Press, Berkeley 1995
B. Cooper, Beethoven and the Creative Process, Clarendon Press, Oxford 1992
L. Plantinga, Clementi, Feltrinelli, Milano 1980

1803 Le creature di Prometeo


Ludwig van Beethoven

Musiche per una coreografica neoclassica Noverre Angiolini Vigan Beethoven e il balletto Linguaggio
sinfonico Chi Prometeo: Napoleone o Beethoven? Vigan alla Scala di Milano Beethoven e le musiche di scena
In una notte buia e tempestosa, inseguito dai fulmini di Giove, il trafelato titano Prometeo riesce a raggiungere le due creature di argilla che ha da poco
modellato e a portare loro il fuoco della vita. Luomo e la donna che cos nascono non hanno per sentimenti. Prometeo allora conduce le creature
senzanima sul Parnaso, dove Apollo e le sue muse le educano alle rispettive
arti. Va tutto bene fino a quando Melpomene, musa della tragedia, in un eccesso di zelo, uccide Prometeo. Arriva Pan, che risuscita leroe con la sua
musica pastorale. Seguono scene di giubilo e di danza che coinvolgono tutti.
Chiude un articolato finale, con melodia che diventer tema per le variazioni
nel finale della sinfonia Eroica. questo il canovaccio per il quale Beethoven
scrive la sua prima musica per teatro. Non unopera ma un balletto-pantomima, in cui raccontano una storia soltanto le musiche e i gesti senza parole di
ballerini e attori. Queste regole sono applicate con enorme successo dal ballerino e coreografo Salvatore Vigan, appena diventato maestro di ballo alla
corte imperiale di Vienna e campione del nuovo modo di intendere la danza
elaborato circa mezzo secolo prima dal francese Jean-Georges Noverre.
Gi danzatore nelle fastose messe in scena operistiche di Rameau, Noverre si rende conto che, in unepoca di profondi cambiamenti stilistici e sociali com il secondo Settecento, non ha futuro la danza subordinata ai meccanismi farraginosi della tragdie-lyrique. Pensa che vada svincolata dalla parola e dal canto, che basti affidarsi al gesto e alla musica strumentale per
raccontare storie ed esprimere emozioni. Elabora il principio della danza
come azione, con un suo linguaggio teatrale fatto di movimenti sobri, sempre
eleganti e mai artificiosi. Ragiona in termini di anatomia e di geometria, non
di frammentate piroette. Chiede ai ballerini di non essere saltimbanchi ma
attori completi, che non parlano e sanno mimare la realt. Crea la pantomima e il balletto moderno, che diffonde nelle capitali europee. Dopo Parigi,
Strasburgo e Lione, Noverre vive a lungo a Londra e Stoccarda, nel 1776
diventa maestro di danza alla corte di Vienna. Torna a Parigi al seguito di
Maria Antonietta (1775), di nuovo a Londra (1785-93), si ritira nel 1795.
Le sue Lettres sur la danse et sur les ballets (Lione, 1760) diventano la Bibbia

1803 Le creature di Prometeo 313

della nuova arte coreutica, sono subito tradotte in inglese e tedesco, diffuse
fino in Russia, tuttora lette e ristampate. Del 2006 una nuova edizione, con
prefazione di Maurice Bjart.
Noverre fa parte del movimento riformatore del teatro musicale, che nelle
medesime citt di Parigi e Vienna ha come protagonista il musicista Gluck.
La collaborazione fra i due produce Alceste (Vienna 1767) e Ifigenia in Tauride (Parigi 1779). Le coreografie di Orfeo ed Euridice sono tuttavia firmate non
da Noverre, ma dallitaliano Gasparo Angiolini, suo storico rivale. Angiolini che organizza anche la messa in scena di Don Juan, ou Le Festin de pierre
(Vienna 1761), il primo balletto dazione del Settecento: senza proferire parole, va in scena lintera storia di Don Giovanni, come impostata da Molire
(in seguito ripresa da Da Ponte per Mozart), dallassassinio del commendatore allo sprofondare nellinferno con una serie di episodi intermedi distribuiti
su quattro atti. Mirabolanti effetti scenici accompagnano le recitazioni fatte
soltanto di gesti e danze, senza parole (pantomime), con il sostegno dei 31
numeri musicali scritti da Gluck, di un paio di minuti ciascuno, che diventano
tanto popolari da essere eseguiti a Vienna per oltre 40 anni, influenzando in
maniera decisiva sia Mozart sia Beethoven. Angiolini allievo e delfino del
viennese Franz Hilverding, impegnato a sua volta a diffondere il balletto
moderno a San Pietroburgo e Mosca (1758-64) prima di tornare nella nativa
Vienna per dirigere i balletti di corte. Quando Hilverding si ritira (1767),
Noverre ottiene il suo posto, con Angiolini che gli contesta la paternit del
balletto dazione. Inizia una nuova diatriba artistica fra italiani e francesi.
Di tutti erede Salvatore Vigan, che, tredicenne, entra in scena come
ballerino a Genova nel 1782. Nato a Napoli da famiglia di danzatori, studia
con il famoso violoncellista Boccherini (suo zio, perch fratello della madre), scrive poesie, recita in teatro di prosa. Dopo aver danzato anche a
Roma e Venezia, nel 1788 approda a Madrid e si perfeziona con Jean Dauberval, gi allievo di Noverre. Sposa una fascinosa danzatrice spagnola e con
lei si esibisce a Bordeaux, Londra, Venezia. Conquista Vienna anche grazie
alla sensualit della moglie (1793-95), quindi Praga, Dresda, Berlino, Amburgo e ancora Venezia. Nel 1799 diventa maestro di balletto al teatro di
corte viennese. Una delle sue prime decisioni lallestimento di un nuovo
balletto di cui egli stesso scrive il libretto ispirandosi alla tragedia Prometeo
incatenato di Eschilo rivisitata da illuministi francesi e anche dal neoclassico
italiano Vincenzo Monti (1797). Affida il compito di scrivere la musica al
trentenne Beethoven, che al momento si sta affermando come concertista,
ma ha scritto soltanto musica da camera e per pianoforte, e nulla per il teatro, salvo una dimenticata Musica per un balletto di cavalieri rappresentata a
Bonn nel 1791 nel palazzo del conte Ferdinand von Waldstein. Vigan dimostra coraggio e acume, Beethoven risponde benissimo alla sfida. In pochi

314 V. Dialettica musicale

mesi, sulla scia dellappena completata Prima sinfonia, prepara un balletto


completo avendo in mente la formula del sempre fortunato Don Juan di
Gluck e dei tanti compositori minori che scrivono note per i piedi dei danzatori su ritmi che non disturbano le idee dei coreografi. Beethoven apprezza come sempre il tema classico, capisce i vincoli teatrali, evita le sperimentazioni ma non rinuncia a far circolare sangue di passione fra le marmoree
geometrie del quadro generale.
Louverture, che il pezzo pi noto, attacca con robusti e dissonanti accordi a piena orchestra che subito attraggono lattenzione e aprono a una
sezione lirica in cui sensibile la lezione del sinfonismo di Haydn. LAllegro
molto e con brio che si innesta, un bel primo tempo di sinfonia del giovane Beethoven, quello della Prima e (meno) della Seconda: struttura snella,
dinamica incessante, fiati che si oppongono agli archi, finale a grande effetto.
La bravura del Beethoven orchestratore si nota nellintroduzione allazione
vera e propria, intitolata La tempesta: tuoni e lampi escono da timpani e
archi con successivi rinforzi di strumentini e ottoni in una specie di prova
generale della bufera della Sesta sinfonia Pastorale. Laffinit, sia pure lontana, con la sinfonia, si conferma nel decimo numero del balletto, pure intitolato Pastorale, con quel tipico timbro delloboe e il suo gioviale spirito
allaria aperta. Ci sono sorprese musicali anche negli altri quindici pezzi
che accompagnano lazione coreografica con alti e bassi nellinvenzione ma
con risultati sempre efficaci e piacevoli. Il quinto pezzo ha un bellassolo di
violoncello e arpa. Il sesto ricorda e concentra i temi drammatici dellouverture. Il settimo tocca la corda del patetico. Lottavo una vera e propria
scena militare, dal piglio eroico e con una struttura ampia, in cui diversi
episodi si succedono fino a una trionfale conclusione, che a sua volta anticipa le fanfare di Fidelio e di Egmont.
Proprio questo episodio, un poco arruffato e dincerto equilibrio ma
pieno didee timbriche e dilluminazioni armoniche, smentisce la semplicistica lettura in chiave solo neoclassica delle Creature di Prometeo (Die Geschpfe des Prometheus). Il balletto invece un importante momento nella
dinamica pendolare fra lirismo e dramma che segna tutta la musica di Beethoven. Larticolato finale famoso perch il suo motivo principale sar ripreso pochi mesi dopo come tema per le variazioni che coronano la Terza
sinfonia Eroica. E ci sono tanti altri elementi musicali e non musicali che
rendono importante il ruolo del balletto Le creature di Prometeo nellevoluzione della musica e del pensiero di Beethoven. Anzi, tutta una serie dindizi porta a una conclusione inattesa. Sia Beethoven sia Vigan simpegnano
a fondo nel balletto. Entrambi inseguono il mito della classicit ma sono
fautori decisi del rinnovamento artistico e civile, dello spirito di rivoluzione
che arriva dalla Francia. Una delle fonti del lavoro, Il Prometeo di Monti,

1803 Le creature di Prometeo 315

dedicata al cittadino Napoleone Bonaparte. Il balletto definito eroicoallegorico. Lazione descrive un eroe-demiurgo che rischia la vita per animare pupazzi di argilla. La musica classica nella forma ma attenta alle
nuove maniere (marce militari con timpani e fanfare), esportate fino a
Vienna dalla Francia rivoluzionaria. E c il finale, che pare una prova generale della monumentale sinfonia Eroica in origine dedicata al repubblicano
Primo console, subito diseredato quando si trasforma in imperatore e re.
Non dovrebbero esserci dubbi: Napoleone il Prometeo di Beethoven e di
Vigan.
Il coreografo italiano resta a Vienna altri due anni, torna in Italia, diventa
direttore del ballo alla Scala di Milano inanellando fra 1813 e 1821 una memorabile serie di successi, spesso su musiche sue, ma anche di Paisiello e
Rossini: Gli strelizzi (1809), Il noce di Benevento (1812), Otello (1818), La
vestale (1818), I titani (1819), Giovanna dArco (1821). Diventa cos il maestro della danza italiana, che trasforma il ballet daction di Noverre in una
sintesi fra pantomima dei singoli e movimento dellintero corpo di ballo,
integrando solisti e pas de deux con le evoluzioni di massa. Assieme allo scenografo Alessandro Sanquirico, Vigan realizza a Milano spettacoli che
competono con quelli di Parigi e fanno dire a Stendhal: La pi bella tragedia di Shakespeare produce su di me la met delleffetto di un balletto di
Vigan. Non ha successori immediati a Milano, ma i suoi spettacoli reggono
ancora per mezzo secolo e trasmettono allestero una tradizione che influenza lintero Ottocento, comprese Parigi e la lontana Russia, dove la presenza
di Hilverding e del suo allievo Angiolini e la fama di Noverre e di Vigan
nutrono una tradizione che avr il suo culmine nel ballet blanc di ajkovskij
e in quello fauve di Stravinskij, con tutti i passaggi intermedi e successivi che
vedremo.
Beethoven, invece, non torna sul balletto come genere specifico. A differenza di Mozart che scrive molta musica da ballo nel corso di tutta la sua
breve vita, le danze e controdanze che Beethoven confeziona per lintrattenimento in palazzi nobiliari si concentrano nellet giovanile e certo non
contribuiscono alla sua fama di autore. Non gli interessa la musica da ballo,
neppure stilizzata. Accenni di valzer, la danza di moda nei palazzi assieme
alla sua variante campagnola, Lndler, sincontrano spesso in sinfonie,
sonate, quartetti, trii, ma sono funzionali a disegni diversi. Pi importanti e
costanti sono i suoi interessi per la musica in teatro, ma senza parole. Beethoven studia con attenzione i tragici greci, conosce i francesi e gli spagnoli del
secolo doro, adora Shakespeare, ama Goethe, Schiller, assieme a tanti minori. Gli viene spontaneo dare il suo contributo, con la musica che conosce di
pi, quella per orchestra, e nella forma che ha imparato a padroneggiare
meglio, la sonata dialettica. Per il dramma Coriolano di Heinrich Joseph

316 V. Dialettica musicale

von Collin scrive nel 1807 unouverture dalla forza inaudita, che nasce dai
violenti colpi di maglio iniziali e procede come primo movimento di sinfonia.
Per la tragedia Egmont di Goethe, Beethoven compone nel 1810 unaltra
ouverture, che sinfonica come poche, e la fa seguire da una pregevole sequenza di otto numeri musicali che illustrano le scene cruciali, con due
emozionanti Lieder, un Melodram (melologo) per voce recitante e orchestra. Corona e conclude una Sinfonia di vittoria che riporta alla fondante
ouverture iniziale, perch coincide con la sua stretta finale.
Le altre musiche di scena che Beethoven scrive negli ultimi anni non sono
capolavori. Vivono della sola ouverture le musiche per Le rovine di Atene op.
113 e Re Stefano op. 117 (entrambe del 1811), due drammi del prolifico,
reazionario e cosmopolita August von Kotzebue, cui Beethoven si rivolge nel
1812 chiedendo il libretto per unopera sulle gesta di Attila mai andata in
porto. Il genere della musica di scena continua tuttavia per tutto lOttocento
e ha il suo sbocco naturale nel Novecento quando diventa musica da film,
fissata dalla colonna sonora. A sua volta, il balletto trova nellOttocento la
sua stagione doro, anche per indiscusso merito della strana coppia Beethoven-Vigan.

Ascolti
L. van Beethoven, Le creature di Prometeo, Orpheus Chamber Orchestra, dg 1998
L. van Beethoven, Eroica Variations, A. Brendel, Decca 1985
C.W. Gluck, Don Juan, J.E. Gardiner, London Baroque Soloists, Apex 2006

Letture
M. Solomon, Beethoven Essays, Harvard University Press, Cambridge 1988
W. Riezler, Beethoven, Rusconi, Milano 1978
R. Martin, Beethovens Hair, Russell Martin, London 2000
L. Bottoni, Il teatro, il pantomimo e la rivoluzione, Olschki, Firenze 1990

1803 Sonata per violino e pianoforte op. 47 A Kreutzer


Ludwig van Beethoven

Il violino delle passioni uxoricide Tolstoj Beethoven e


il violino Le prime sonate Bridgetower Il concerto
op.61 Clement Viotti, Baillot e la scuola parigina
Kreutzer Rode Beethoven e il violoncello
Si pu forse suonare in un salotto, in mezzo alle signore scollate, questo
presto afferma il disperato uxoricida Vasja Pozdnyshev del romanzo breve
La sonata a Kreutzer (1891) di Lev Tolstoj. la musica che gli arma la mano,
quando sente la moglie accompagnare al pianoforte il presunto amante violinista proprio nel pi famoso duo strumentale di Beethoven. La musica diventa il motore dellazione, scatena forze misteriose e magiche, capaci di
sedurre e di plagiare, di indurre alle grandi imprese come alle pi inconfessabili tentazioni. Utilizzando al meglio le possibilit dialettiche che nascono
dai suoni tanto differenti di corde percosse (nel pianoforte) e sfiorate (sul
violino), il primo movimento della Sonata in la maggiore op. 47 A Kreutzer
(Kreutzersonate) riesce a evocare tensioni spasmodiche e conflitti elementari,
oppure attimi di stupefatta distensione. Unintroduzione lenta ha quasi la
funzione di presentare i protagonisti, prima il violino, poi il pianoforte. Dopo un assaggio dialogante, attacca subito il Presto, che tutto travolge con
i suoi bagliori e misteri, i temi ora perentori ora espressivi, le brusche impennate di ritmo e di armonia. Nuovo il trattamento dei due strumenti. Sparisce il ruolo tradizionale di canto e di accompagnamento. Di regola violino e
pianoforte procedono con disegni simili, sia quando corrono sia quando si
arrestano per un attimo di respiro. I contrasti, anzi le frizioni, nascono dalle
sovrapposizioni di timbri e dissonanze, dal peso degli accordi del pianoforte
e dallaggressivit di quelli del violino.
Siamo ben lontani dalla tradizione che fa della sonata per violino e tastiera uno di generi favoriti dei salotti aristocratici e borghesi per tutto il Settecento. Che poi lo stile cui si adegua lo stesso Beethoven nelle sue otto sonate precedenti, la giovanile triade op. 12 (1797) dedicata al suo maestro di
canto Antonio Salieri, i due pezzi singoli op. 23 e op. 24, la nuova terna op.
30 (1802). Sono tutte ispirate al modello di Mozart, in particolare la luminosa op. 24, popolare con il sottotitolo La primavera, che pone laccento sul suo
carattere aereo e sereno. Rispetto a Mozart, Beethoven concede al violino
qualche spazio in pi, rendendolo partecipe quasi paritetico del dialogo con
una tastiera sempre molto presente. Mozart, invece, nella trentina di sue

318 V. Dialettica musicale

sonate, non esita ad aggiungere lindicazione ad libitum alla parte del violino,
a segnalare il dominio del pianoforte. Sono passati i tempi in cui, su un cembalo confinato a basso continuo, svetta il violino di Corelli, Vivaldi, Locatelli, Tartini, Geminiani. Laffermazione del cembalo nella sonata per violino
inizia con Johann Sebastian Bach, attorno al 1720, e continua con i suoi figli
Carl Philipp Emanuel e, soprattutto, Johann Christian, il pi giovane e ai
suoi tempi il pi famoso, che passa alla storia come il Bach inglese per la
sua nota attivit a Londra. Direttamente da lui, fra gli otto e i dieci anni
(1764-66), Mozart apprende larte della sonata per violino accompagnato.
La sonata op. 47 segna la rottura di Beethoven con la tradizione classica,
ma appare pi un frutto del caso che una scelta meditata. Nasce come tipica
musica doccasione, composta in tutta fretta per un concerto viennese programmato per il 24 maggio del 1803 e con protagonisti lo stesso Beethoven
(al pianoforte) e il ventiquattrenne violinista George August Polgreen Bridgetower. Questultimo, di madre polacca e padre caraibico, esordisce come
violinista a dieci anni e presto conquista i favori del principe di Galles. I suoi
concerti parigini scatenano entusiasmi. Cos le sue esibizioni nel resto dEuropa. A Vienna incontra subito Beethoven e ne diventa amico e collaboratore. Bridgetower che ispira la grande sonata e la dedica (non proprio elegante) di Beethoven che si legge sul manoscritto: Sonata mulattica. Composta per il Mulatto Brischdauer, gran pazzo e compositore mulattico. A pochi
giorni dalla data del concerto, Beethoven non ha ancora scritto una nota.
Decide di utilizzare come finale quello della sonata op. 30 n. 1. Stende rapidamente lintera parte del violino. Imbastisce quella del pianoforte per il
solo primo movimento, mentre non ha il tempo di scrivere quella del secondo, che letteralmente improvvisa durante il concerto. Quella sera sono proprio le improvvisate variazioni del secondo movimento ad avere successo.
Suscitano invece sconcerto e perplessit le furie del primo movimento, in
linea con lo stile di un Beethoven che in quegli anni completa la Terza sinfonia Eroica e affronta la Quinta, la sonata Appassionata per pianoforte, i tre
quartetti per archi op. 59. Dopo tanto primo movimento, qualunque pagina
successiva avrebbe avuto difficolt a reggere, non solo il serafico Andante
con variazioni o la brillante tarantella che serve da finale alla Sonata a
Kreutzer. Per Beethoven, come suggeriscono i materiali comuni, scrive il
primo movimento basandosi sul terzo, che precedente, e d al tutto una
struttura circolare che va oltre le contingenze spicciole. E giustifica quel
senso di unitariet che la sonata comunque trasmette allascoltatore, segno
dei capolavori assoluti.
Bridgetower lascia Vienna, continua la sua vita bohmienne e muore dimenticato nel 1860, alla periferia di Londra. Beethoven resta, ma continua
ad accarezzare il mito di Parigi. Lo affascinano il gran mondo della capitale

1803 Sonata per violino e pianoforte op. 47 A Kreutzer 319

francese, il teatro musicale, la vita concertistica, la scuola di violino e lammirazione sconfinata per il caposcuola Giovanni Battista Viotti. Piemontese di
nascita e formazione, Viotti allievo delleccellente concertista e autore di
pregevoli sonate Gaetano Pugnani, torinese e importatore della scuola violinistica italiana nella Parigi di met Settecento: infatti a sua volta allievo di
Tartini e di Giovanni Battista Somis, che impara da Corelli. Con il maestro
Pugnani, Viotti tiene concerti in tutta Europa, Russia compresa. Da solo,
stabile a Parigi fra 1784 e1792, trionfa al Concert Spirituel, impartisce lezioni e fonda un teatro, salvo fuggire a Londra in piena Rivoluzione. Muore in
miseria, rovinato dal vino, perch lo commercia, non perch lo beve. Resta il
massimo violinista del suo tempo, insigne compositore (29 concerti per violino, 1782-1824) e didatta, maestro di alcuni fra i maggiori virtuosi dellOttocento. Haydn e Salomon collaborano con lui a Londra. anche autore
(1781) di una melodia che Rouget de Lisle plagia nel 1792 trasformandola
nellinno guerresco diventato inno nazionale francese col nome La Marseillaise. Mozart ne trascrive un concerto dal violino al pianoforte, regolarmente catalogato come K 470a. Beethoven non conosce Viotti di persona ma ne
studia lo stile, impressionato dalla forza e dallampiezza delle melodie, dalla
naturale eleganza delle fioriture virtuosistiche; sente nella cantabilit strumentale, nelle vibrazioni delle corde sfiorate del suo violino il naturale complemento al martellato del proprio pianoforte. Scopre lo spiraglio verso il
sublime in musica da coniugare con il titanico che conosce bene. Un
primo risultato la Romanza op. 40 scritta nel 1800: una melodia, lunga,
cantabile, perfetta per una scena dopera neoclassica italofrancese alla maniera di Spontini o di Cherubini. Non affidata alla voce umana, ma al violino, lo strumento che meglio canta. Che anzi sembra riprodurre le magie di
un duetto, appunto, dopera. Attacca dolcissimo in assolo, con le corde
doppie che espandono e ammorbidiscono il canto, che lorchestra riprende
con colori diversi, ma sempre sottovoce, attenta a non disturbare. lirismo
puro, che raggiunge il pathos senza ricorrere alla dialettica degli opposti o
alla mediazione della parola.
Per violino e orchestra, il capolavoro assoluto di Beethoven il Concerto
op. 61, tanto limpido e sereno allascolto da far dubitare della reale consistenza dei drammi personali e delle pulsioni eroiche dellautore nei primi
anni dellOttocento. Rendono magico il primo movimento, i famosi colpi
del timpano allinizio, la bella preparazione orchestrale, lattacco straordinario del violino, le evoluzioni nei registri sopracuti, gli intarsi con gli strumenti a fiato, mentre continuano le discrete pulsazioni del timpano e dei
bassi. Il successivo Larghetto un tema con variazioni, con melodia
esposta dai soli archi e poi variata dolcemente dal violino solista mentre
clarinetto, corni, fagotti e resto degli archi ricordano il motivo originale.

320 V. Dialettica musicale

Una breve cadenza porta, dalla distesa ambientazione bucolica, al passo


festoso e danzante del Rond finale. La piacevolezza dellascolto nasconde bene la fatica e i tormenti della composizione, una delle pi tormentate
di Beethoven.
La partitura terminata due soli giorni prima dellesecuzione in pubblico, il 23 dicembre 1806. Esistono almeno due distinte versioni autografe
della parte solistica, diverse da quella stampata un paio di anni dopo e diventata di corrente repertorio: segno delle tante incertezze dellautore alle prese
con uno strumento che non domina, condizionato dalle contingenze. Oltre
che rendere omaggio a Viotti, Beethoven cerca di accontentare le richieste
del ventiseienne violinista Franz Clement, che gli commissiona il concerto e
che ne segue da vicino la stesura per piegarla ai propri fini. Clement, gi
fanciullo prodigio e in quei tempi primo violino e direttore al Theater an der
Wien, ha fama di gran funambolo e si esibisce in numeri da baraccone. Non
sorprende che, alla prima presentazione, il Concerto di Beethoven sia accolto
con freddezza. Si capisce perch Beethoven decide di rivedere ancora una
volta il testo, ma anche di non azzardarsi pi a scrivere concerti per strumenti di cui non abbia la totale padronanza tecnica, oltre che espressiva. Anzi,
completato il quinto per pianoforte, al genere concerto non torna pi.
Risultato dellesecuzione di Clement il disamoramento dellautore e del
pubblico. Il concerto rimane nel limbo per decenni. Lo recupera Pierre
Baillot in una memorabile esecuzione parigina del 26 marzo 1828, nel primo
anniversario della morte di Beethoven. Baillot non un semplice virtuoso.
un grande interprete e soprattutto un allievo di Viotti. Capisce, forse per
primo e meglio del suo autore, la grandezza del concerto e la svela al mondo,
che da allora non ha mai smesso di amarlo. Lo interpretano i grandi violinisti
dellOttocento, primo fra tutti Joseph Joachim che, assieme a Mendelssohn,
lo riscopre nel 1844 e regala il modello a Brahms, Vieuxtemps, Wieniawski,
Bruch, Lalo, ajkovskij.
Diverso il punto di vista di Rodolphe Kreutzer, un altro allievo di Viotti che arriva a Vienna nella primavera del 1798 al seguito del nuovo ambasciatore francese, il maresciallo napoleonico Jean-Baptiste Bernadotte. Beethoven subito affascinato dal suo stile, in cui legge i valori del maestro.
Possibile che sia stato proprio Kreutzer a ispirare i suoi primi lavori violinistici. Saltata lamicizia con Bridgetower, Beethoven decide di rendere omaggio a Kreutzer girandogli la dedica della Sonata op. 47 sulledizione a stampa
(1805). Il francese, per, non sopporta in generale la musica di Beethoven, e
la sonata in particolare. Non si degna di eseguire il lavoro che gli dar una
gratuita e immeritata immortalit di riflesso, mentre loblio cade non solo
sulle sue 44 opere teatrali e sulla tanta musica strumentale da camera, ma
anche sui 19 concerti per violino.

1803 Sonata per violino e pianoforte op. 47 A Kreutzer 321

Il fascino del violinismo alla francese continua ad ammaliare Beethoven.


Sette anni dopo, nel 1812, si fa convincere a scrivere una nuova sonata da
Jacques Pierre Joseph Rode, pure lui allievo di Viotti, concertista, didatta,
compositore (13 concerti, pi studi e pezzi vari per violino). Beethoven si
prende il tempo necessario, completa una sonata in quattro movimenti di
raro equilibrio, con un lirismo che non lascia spazio al dramma. Il baricentro
si sposta sul secondo movimento, un Adagio espressivo costruito sul dialogo (non sul conflitto) fra violino e pianoforte. Il finale tema con variazioni
anticipa quella voglia di rifugio nel contrappunto che troviamo in tutta lultima produzione di Beethoven.
Rode fiero di tenere a battesimo il nuovo lavoro, accompagnato al pianoforte dallarciduca Rodolfo, fratello dellimperatore e allievo di Beethoven. Per lautore che non apprezza lesecutore. Dopo questa sonata, la
decima, op. 96, Beethoven non scrive altro per violino solo. Ne continuano
invece il doppio spirito, quello drammatico dellop. 47 e quello lirico
dellop.96, tanti grandi autori che vengono dopo. Schubert il primo, con
le Sonatine op. 137 (1816) e con la grande Fantasia op. 159 (1827). Nei suoi
ultimi anni, Schumann pare ribaltare i ruoli di violino e pianoforte nella
coppia di sonate op. 105 e op. 120 (1851-52). Brahms annoda le trame dei
romantici tedeschi sullordito beethoveniano con la terna op. 78, 100, 108
(1878, 1886, 1888). Il modello beethoveniano per violino giunge finalmente
anche a Parigi, con le sonate di Saint-Sans (1885, 1896) e soprattutto quella
di Franck (1886) che recupera dalla Sonata a Kreutzer la costruzione regressiva, cio partire dal fondo per inventare linizio, completando quel percorso
ciclico che d unit al discorso musicale.
Fra i violinisti, lultimo Beethoven si fida di Ignaz Schuppanzigh, ma per
lui scrive solo quartetti. pi generoso con Joseph Linke, violoncellista nel
quartetto di Schuppanzigh, per il quale nel 1815 compone le due Sonate op.
102. Sono passati quasi dieci anni dalla precedente op. 69, irruente quanto
la Kreutzer per violino e lAppassionata per pianoforte. Ancora pi lontani
sono gli esordi, del 1796, quando scrive le due sonate op. 5 per Jean-Pierre
Duport, il violoncellista della corte berlinese di Federico Guglielmo ii, sempre di scuola francese, gi ostile a Mozart. La coppia di sonate op. 102 guarda ancora pi lontano, salta il modello della sonata haydniana per riprendere quello della fantasia alla maniera di Carl Philipp Emanuel Bach. Con un
lirismo surreale e, nel finale della prima (op. 102 n. 1), con la prepotente
voglia di scrivere fughe e di contrappunti che per lultimo Beethoven quasi unossessione. Lo imita Brahms, che chiude la sua Prima sonata per violoncello e pianoforte (op. 38, 1862-65) con un travolgente finale che rende
omaggio al Bach estremo dellArte della fuga.

322 V. Dialettica musicale

Ascolti
L. van Beethoven, Violin Sonatas n. 9 & 10, G. Kremer, M. Argerich, dg 1994
L. van Beethoven, Complete Violin Sonaten, Perlman, Ashkenazy, Decca 2002
W. A. Mozart, Complete Violin Sonaten, Mutter, Orkis, dg 2006

Letture
H.C. Lahee, Famous Violinists of Today and Yesterday, The Echo Library, Teddington
2006
W.E. Studwell, The French Violin School, Lyre of Orpheus Press, Kingwill 2002
A. Poggi, E. Vallora, Beethoven. Signori, il catalogo questo!, Einaudi, Torino 1995
B. Cooper, The Beethoven Compendium, Thames and Hudson, London 1991
Z. Silvela, A New History of Violin Playing: The Vibrato and Lambert Massarts Revolutionary Discovery, Universal Publishers, Boca Raton 2001

1805 Sinfonia n. 3 op. 55 Eroica


Ludwig van Beethoven

Faville del maglio Marcia funebre Variazioni su un


basso ostinato Le prime sinfonie di Beethoven Eroica
per dimensione e per organico Napoleone Il sogno di
Parigi Beethoven come Prometeo Dopo lEroica
Due mazzate accordali per fare silenzio in sala, seguite da un motivo indimenticabile perch semplicissimo, quasi banale. Subito pullulano altri motivi, che per quasi venti minuti si scontrano fra loro con violenza inaudita. Nel
ciclopico primo movimento Allegro con brio mancano le melodie, almeno
nel senso comune del termine. Sono sostituite da segnali che emergono da
mischie incessanti. Non si pu nemmeno parlare al plurale, perch tutti i
temi (o incisi) rimandano alliniziale sequenza di otto note. Strutturalismo
musicale, conflitto di forze elementari, faville del maglio, scariche elettriche,
interazioni digitali: un continuo inseguirsi di cellule antitetiche perch affini,
un accumulo di tensione e fino allo scatenarsi delluragano dissonante che
sta al centro dello sviluppo e che riporta al familiare approdo della ripresa e
alle ritrovate energie della coda.
Il secondo movimento sintitola Marcia funebre, con il misterioso attacco dei violini sulle loro note pi gravi, i contrabbassi che suggeriscono il
rullo dei tamburi coperti. Si alza il canto delloboe, sostenuto dagli altri
strumentini mentre tutti gli archi scandiscono il ritmo lugubre. Le infinite
varianti fanno avvicinare il corteo, cambiare il registro, intonare unaltra
melodia, squillare fanfare, accennare un discorso a pi voci prima di allontanarsi con nuovi fragori e altre consolazioni, a perdersi nel silenzio. Lo
scherzo un inno alla leggerezza, fatto di fremiti e di soffi. In centro, nel trio,
ecco lo stupefacente assolo di corno.
Il finale un tema con variazioni in forma tuttaltro che scontata. Un
veloce disegno discendente fa da introduzione. Segue un breve inciso, in cui
le corde degli archi non sono sfiorate dallarchetto ma pizzicate dalle dita:
il basso del tema, non il vero tema. Attacca subito una variazione, senza
che sia esposto il tema completo, che si riconosce perch appare, con luce
diversa, nel segmento successivo, prima di essere esposto (forse) in forma
originale nella terza variazione. Ora, sul basso del tema, inizia un importante
fugato che dovrebbe preludere alla conclusione. Invece si inseriscono tre
nuove varianti, in cui il passo di danza diventa esplicito e adotta perfino ritmi
zigani, in cui qualcuno riconosce una csrdas. Entra una nuova fuga, pi

324 V. Dialettica musicale

complessa ancora. Introduce la terna delle variazioni finali che questa volta
ancorata alla bella melodia che Beethoven ha gi accarezzato e utilizzato
tante volte: in una giovanile controdanza, poi nel balletto Le creature di Prometeo (1801) e ancora in unimpegnativa serie di variazioni per pianoforte
(1802).
In apparenza lEroica nasce allinsegna della continuit, nei primi anni
dellOttocento, con le sinfonie di Haydn e di Mozart, impostata solo qualche
mese dopo il completamento delle prime due sinfonie di Beethoven, che
sembrano semplici eppure sono costruite con gran fatica. Il lungo tempo di
gestazione della Prima sinfonia un caso esemplare. Risalgono agli anni di
Bonn, prima dellarrivo a Vienna, gli abbozzi per una sinfonia in do maggiore
mai portata a termine. Il nuovo tentativo inizia attorno al 1795 e procede a
sbalzi per quattro anni. Nel frattempo Beethoven si crea una reputazione
invidiabile come esecutore, improvvisatore e compositore di musica per pianoforte. Qui il suo talento innato e linvenzione dilaga sotto le dita, su uno
strumento dalle risorse tecnico-artistiche ancora in massima parte inesplorate. Invece, quando scrive per strumenti e repertori consolidati, Beethoven
soffre il confronto con le grandi figure che lo precedono, Haydn e Mozart,
maestri di quartetti e sinfonie. I sei quartetti dellop. 18 hanno una gestazione
di oltre due anni, ma iniziata dopo e finita prima della sinfonia. Va ancor
meglio al Settimino per archi e fiati op. 20, imbastito in poco tempo nel 1799,
subito presentato in pubblico con successo travolgente. Tuttora molti critici
considerano il Settimino pi interessante e originale della Prima sinfonia.
Solo nel 1799 Beethoven affronta di petto il genere sinfonia e termina la
partitura della Prima, appunto in do maggiore. Non rivoluzionaria. Sono
escluse le stravaganze e le provocazioni che spesso si trovano nelle sonate per
pianoforte. La Prima segue di buon grado le regole dedotte da Haydn e da
Mozart. Di arrischiato c solo la dissonanza che cattura lattenzione creando
incertezza e attesa nellAdagio molto che introduce il primo tempo: levoluzione maestosa, appoggia su accordi solenni, prepara bene lo scatto folgorante del seguente Allegro con brio che assume perfino unurgenza
drammatica degna dellormai prossimo sinfonismo eroico. Si noti il rimbalzare su vari strumenti di un serrato gioco di proposte e risposte di brevi
cellule, spesso ridotte a un inciso ritmico o a una semplice macchia timbrica.
Dopo il lirismo di taglio bucolico del secondo tempo, nel Minuetto gi
pulsa il ritmo degli scherzi beethoveniani. Una nuova introduzione lenta
prepara lo slancio di un Allegro molto e vivace che porta allapoteosi finale, giovanile manifestazione della fiducia totale nelle virt catartiche della
musica che segna sempre larte di Beethoven.
La Seconda sinfonia cresce accanto alla Prima, in modo complementare,
assorbendo i caratteri lirici che non trovano posto nellimpianto serioso

1805 Sinfonia n. 3 op. 55 Eroica 325

dellaltra. Ovunque chiara la doppia lezione dei maestri. Da Mozart ripreso il gran materiale del primo tempo, animato dalla bella valorizzazione
degli impasti strumentali fra archi e fiati. A Haydn rimandano lintroduzione
lenta e il vivace scorrere di un finale che riassume i principali motivi dei
movimenti che precedono. Non manca il tocco originale di Beethoven,
nellefficace squadratura dello Scherzo e nel tono campagnolo del suo
trio, nella cantabilit alleggerita e ironica del tempo lento. Nulla lascia prevedere la svolta dellormai prossima Eroica, che pure rispetta i canonici
quattro movimenti, nella sequenza e nella forma tradizionali.
Aver saldi legami col passato non impedisce alla Terza di essere, questa
volta s, rivoluzionaria, anzi il capolavoro che segna la transizione fra Settecento e Ottocento, fra Illuminismo e Romanticismo. Sempre restando sul
piano puramente musicale, la Terza segna una rottura totale col passato anche prossimo. La sua durata sconvolge i contemporanei e sconcerta anche
noi: quasi unora, il doppio delle pi ampie sinfonie di Haydn e Mozart. E
ciascun movimento d il suo contributo alla monumentalit dellinsieme. Fra
laltro, gli schizzi che ci sono stati tramandati ritraggono un Beethoven deciso ad anteporre al primo movimento un ampio Adagio introduttivo, sostituito dai celeberrimi due accordi che subito zittiscono luditorio e portano
diretti al cuore della sinfonia. Non poca cosa linserimento di tre tromboni
nellorganico, che implica quasi un raddoppio degli archi per equilibrare gli
ottoni (ci sono anche quattro corni e due trombe).
Tanto impegno da parte dellartista ha una doppia motivazione, etica e
pratica. LEroica concepita come omaggio a Napoleone, che Beethoven
ammira come campione di libert, allinsegna della luce e del progresso contro
loscurantismo e la conservazione dei ceti aristocratici che dominano lEuropa
di allora. Ma non ci sono soltanto valori nobili e astratti. Si sa che Beethoven
spera di trasferirsi a Parigi, che considera (non a torto) capitale della cultura
mondiale. Tenta di farsi assumere dalla corte di Napoleone. Si muove su due
piani. Da un lato cerca supporto di diplomatici e militari francesi oltre che di
amici viennesi, in vista di un soggiorno parigino a lungo termine. Dallaltro
prepara un pacchetto musicale in grado di carpire linteresse imperiale. Ne
fanno parte la Sonata a Kreutzer, lopera Leonore, poi Fidelio, e soprattutto la
sinfonia Eroica, nella struttura musicale come nella tormentata vicenda di
dediche e di edizioni. Fra laltro, nessun dubbio sussiste sul fatto che per la
Marcia funebre Beethoven si ispiri alle musiche celebrative in voga nella
Parigi dei tempi della Rivoluzione e del Consolato, firmate da autori come
tienne-Nicolas Mhul (Chant du dpart) e Franois-Joseph Gossec (Marche
lugubre, Hymne ltre suprme, Le Chant du 14 juillet).
Fin dallinizio, Beethoven si premura di diffondere la voce che la nuova
sinfonia ispirata e dedicata a Bonaparte, anche se mantiene ottimi rapporti

326 V. Dialettica musicale

con il principe Lobkowitz, antibonapartista convinto, e fedelissimo al suo


imperatore Francesco ii. I maligni suggeriscono che lostentata ammirazione
per Napoleone sia unastuta manovra per convincere il mecenate Lobkowitz
a mettere mano al portafoglio prima che tanto capolavoro passi in mano
francese. Se vero, lepisodio di Beethoven che straccia la dedica a Napoleone
alla notizia che questi si far nominare imperatore accade a fine maggio
1804. Per per molti altri mesi il musicista continua a dire a editori e amici
che la sinfonia sarebbe intitolata Bonaparte. Certo che nel novembre del
1804 Beethoven riesce a depositare sul suo conto corrente viennese un bel
gruzzolo passatogli da Lobkowitz in cambio dei diritti e della dedica della
Terza sinfonia, che sar pubblicata nel 1806 con la dicitura: Sinfonia Eroica... composta per festeggiare il sovvenire di un GrandUomo.
La prima esecuzione ha luogo in una serata privata a casa di mecenati
banchieri il 20 gennaio 1805 con replica tre giorni dopo in un concerto pubblico a palazzo Lobkowitz. Per comporre la sinfonia Beethoven impiega
dunque almeno cinque anni e per almeno altri cinque, anzi qualcuno in pi,
continua a sperare di lavorare per Napoleone. Si rassegna e rinuncia al sogno
soltanto nel 1813, quando passa al nemico austrobritannico con un curioso
pezzo orchestrale intitolato La vittoria di Wellington, ovvero La battaglia di
Vitoria op. 91. Che per numero dopera casualmente precede la Settima sinfonia e che di sicuro non ha nulla a che vedere con lEroica, il cui fascino immortale viene soprattutto (se non solo) dalla forza delle sue invenzioni musicali.
Se non Napoleone, il GrandUomo chi ? La risposta viene sovrapponendo la storia del balletto Le creature di Prometeo alla sostanza musicale
dellEroica. Nella sinfonia, il basso del tema nasce dal padre di tutti i temi, che deriva dal balletto e che nelliniziale Andante con brio genera
ogni turbolenza. Nel balletto, Prometeo assassinato e si capisce il ruolo
della marcia funebre come secondo movimento della sinfonia. Si d ragione
a Berlioz che nello scherzo vede giochi atletici sulla tomba del guerriero,
come succede nellIliade. Nel finale dellEroica ecco il lento recupero delleroe (il basso del tema), la melodia che si disvela fra giubili (le tante danze)
e nobili intenti (i grandi fugati), la conclusione gaudiosa. Anche la domanda
pi ovvia (chi il Prometeo dellEroica?) ha ormai una risposta netta, con la
moderna musicologia che conferma i miti metropolitani dei tempi andati.
Beethoven che sidentifica con Prometeo, leroe che col fuoco magico sottrae
agli di pagani il privilegio del calore e della luce, della forza e dellintelletto,
per liberare lUomo dalla schiavit e dallignoranza. Leroe lartista, anzi il
musicista, il solo che sa superare gli affanni della vita e mantenere un ponte
fra Divino e Umano.
Leggere lEroica come musica a programma dunque possibile, ma tenendo conto che, pochi anni dopo, la Sesta sinfonia chiamata Pastorale dal

1805 Sinfonia n. 3 op. 55 Eroica 327

suo stesso autore, che attribuisce a ciascun movimento un preciso fine descrittivo, dalle emozioni per la nascita della primavera, alla pace fra campi e
ruscelli, al rombo del temporale e alla riconciliazione fra terra e cielo. Con
mezzi solo strumentali, senza parole. Si comprende bene perch lEroica
tarda a trovare seguaci fra quanti continuano a scrivere sinfonie nel ventennio successivo, da Franz Berwald a Carl Maria von Weber, da Ludwig Spohr
a Franz Schubert, compreso tal Sigismund (von) Neukomm, autore nel 1818
di una Symphonie heroique op. 19. Per trovare un vero erede bisogna aspettare il francese Berlioz, e la sua Symphonie fantastique, un quarto di secolo
dopo, in un mondo culturale e sociale tutto differente, e non senza importanti fraintendimenti. Enorme poi limpatto della marcia funebre, non solo
su Berlioz, ma anche su Chopin, su Mahler. Mentre la tecnica strumentale,
dallespansione dellorganico alle invenzioni timbriche, lievita fino a noi. In
fondo ancor oggi alcuni contorni del capolavoro sono sfumati dalla vastit
delle implicazioni che nascono dalla sua natura e dalla sua storia.

Ascolti
L. van Beethoven, Eroica, O. Klemperer, Philharmonia Orchestra (1955), emi 1998
L. van Beethoven, Complete Symphonies, H. von Karajan, Berliner Philharmoniker
(1963), dg 1999

Letture
M. Geck, P. Schleuning, Geschrieben auf Bonaparte. Beethovens Eroica: Revolution,
Reaktion, Rezeption, Rowohlt, Hamburg 1989
T. Sipe, Beethoven: Eroica Symphony, Cambridge University Press, Cambridge 1998

1805 Sonata per pianoforte op. 57 Appassionata


Ludwig van Beethoven

Fissione musicale Beethoven eroico La tempesta


Laurora Appassionata Gli addii La cesura
beethoveniana Il seguito romantico Alkan, Schumann,
Liszt, Brahms
Il corrispondente pianistico dellorchestrale Sinfonia LEroica la Sonata op.
57, famosa con il sottotitolo Appassionata, quella che spazza via tutte le norme di buona condotta dello stile classico per affidarsi alla furia delle passioni e al dramma dei contrasti. Il concetto di sonata cos come maturato
nellet classica ormai inadeguato. Basta ascoltare il primo tempo dellAppassionata per rendersene conto. Si possono ancora riconoscere due temi
antitetici, prima esposti separati, poi sviluppati in modo dialettico, infine
ripresi per la composizione finale. La realt per diversa. Non sono temi
musicali, ma urla, fanfare, lamenti. Lo sviluppo non ordinato sovrapporsi
di piani complementari, ma tempestoso avvinghiarsi di segmenti e di segnali riconoscibili solo perch elementari. La sintesi ultima non acquisizione
di equilibrio ma ribollente magma che viene da un processo di fissione musicale. Cos succede anche nel terzo movimento, che soltanto una mania
classificatoria pu definire rond, e che invece martellare di accordi dissonanti, lampi di semicrome, brandelli di melodie, pause angosciose, incisi
beffardi. E tutto resta sempre in tonalit minore, per cui i passaggi nel grave
sono sempre cupi e quelli nellacuto sempre lancinanti; mentre dissonanze
che non lasciano tregua portano il sistema armonico tonale a un passo dalla
dissoluzione.
Andare oltre vuol dire davvero rompere tutto e subito, ma ancora troppo presto. Con molte incertezze lo far Schnberg, pi di un secolo dopo.
Nel 1805, anno di completamento dellAppassionata, Beethoven non pu
farlo, perch gi andato troppo avanti rispetto al suo tempo. Si ferma a riflettere, magari riconsiderando il suo recente passato, in particolare la produzione pianistica successiva allop. 27 n. 2 Al chiaro di luna: la Sonata op.
28 accantona le ricerche formali, si articola nei quattro tempi canonici e
aggiunge un sano colore campestre agli equilibri settecenteschi. Pi interessante la terna successiva, in cui la data di composizione delle singole sonate non corrisponde alla loro numerazione nel fascicolo pubblicato nel 1803 come op. 31. La prima a essere composta, nella primavera
del 1802, quella che troviamo al terzo posto, mentre lultima sta al

1805 Sonata per pianoforte op. 57 Appassionata 329

primo. Si ripete una situazione che per Beethoven quasi una regola,
cio iniziare una serie di lavori con il pezzo pi attuale e regredire verso
la tradizione con gli altri, preoccupato di aver fatto passi troppo lunghi.
cos nella sestina di quartetti per archi op. 18 e nella terna, sempre di
quartetti, op. 59. Come non mancano altri esempi nel ciclo delle sonate,
nelle tre dellop. 2, nelle tre dellop. 10, nelle due dellop. 14 che seguono linnovativa Patetica op. 13.
Lop. 31 n. 3 punto fermo nellevoluzione dello stile beethoveniano, riassuntiva come poche altre e autentico zibaldone di idee musicali.
Il primo movimento attacca accumulando materiali, in un modo che
appare casuale e invece serve a costruire un primo nucleo tematico
senza melodia, su un ritmo elementare da variare e modificare secondo
criteri che oggi definiremmo strutturali. Il secondo tema arriva
allimprovviso, ed una melodia ampia, lineare, con una simmetria
tanto classica da apparire provocatoria. sostenuta da un galante basso albertino, la formula ripetitiva introdotta a met Settecento da
Domenico Alberti e adottata anche dai grandi Mozart e Haydn, oltre
che da tutti i minori. Il contrasto sconcertante, certo non drammatico,
non eroico-beethoveniano; piuttosto grottesco, umoristico, ironico.
Lo sviluppo regala visionarie catene di trilli, scatti nervosi, ricami decorativi, disimpegnato melodizzare. La natura sperimentale della sonata,
il suo voler essere quasi una parodia, trova conferma nello Scherzo
posto come inconsueto secondo movimento. Ha metro binario, linea
melodica e accompagnamento concepiti per trarre in inganno lascoltatore, che alla fine crede di ascoltare una marcia funebre a velocit doppia del normale. Il terzo movimento un Minuetto, la cui candida
eleganza ricorda la trascrizione pianistica di una musica pensata per
carillon. Nel Trio lo stile cambia, diventa quello di un Beethoven
proteso verso il futuro, intento ad esplorare il suono, a sperimentare
timbri: le potenzialit di queste poche battute saranno ben comprese da
Camille Saint-Sans, che ne ricaver le Variazioni su un tema di Beethoven op. 35 per due pianoforti (1874), opera fra le sue pi ironiche ed
efficaci. Chiude un Presto con fuoco, dalla dinamica travolgente, su
un ritmo di tarantella.
Nella Sonata in sol minore op. 31 n. 1, il movimento centrale sembra appartenere al passato, con melodia disposta su accompagnamento dinoccolato e fiorito. I tarli cromatici, linsistenza dei trilli, i tentativi di forzare i limiti
fisici del pianoforte confondono armonie e timbri. Si stabilisce un ponte
ideale con le ornamentazioni strutturali, caratteristiche delle ultime sonate di Beethoven. LAdagio grazioso perde tutti i suoi connotati settecenteschi per diventare inattesa illuminazione del futuro. Nel primo movimento

330 V. Dialettica musicale

linnovazione timbrica evidente nel botta e risposta fra un segmento lineare e uno frastagliato. Nel terzo e ultimo, le fantasiose varianti di disposizione
e registrazione sono una prova generale delliridescente finale dellormai
prossima Sonata op. 53 Waldstein e su un impianto generale che, ventanni
dopo, far da modello per tanti finali di Schubert.
La Sonata in re minore op. 31 n. 2 celeberrima anche per il sottotitolo
La tempesta, che nasce da un episodio curioso. Leggiti La tempesta di Shakespeare! sibila Beethoven ad Anton Schindler che gli chiede che significato si nasconda in questa rivoluzionaria sonata. Non sapremo mai se la risposta di Beethoven abbia un senso profondo o sia solo una battuta infastidita
per zittire uno scocciatore. Forse non vera. Schindler, come biografo di
Beethoven, inaffidabile, anzi falso. Si millanta amico intimo e invece nefasto. Un paio di esempi per tutti: distrugge la maggior parte dei quaderni di
conversazione sui quali deve scrivere chi vuole comunicare con il sordo
Beethoven perch li giudica politicamente compromettenti e privi dinteresse; contraff molti dei pochi che restano con lunico scopo di esaltare il suo
ruolo di confidente e appunto di amico.
Lopinabile testimonianza di Schindler porta lattenzione sulle letture di
Beethoven, profondo conoscitore e ammiratore di Shakespeare, al punto di
progettare unopera tratta da Macbeth. Confessa (a un vero amico, Carl Friedrich Amenda) di essersi ispirato alla scena della cripta di Romeo e Giulietta
per scrivere il movimento lento del Quartetto op. 18 n. 1. Consiglia Shakespeare anche allamica Teresa Malfatti e nei suoi diari lo segnala pi volte fra
i suoi autori preferiti, assieme a Schiller e Goethe, Omero e Plutarco, Ovidio
e Plinio, Pedro Caldern de la Barca e Vittorio Alfieri, oltre a Ossian, Klopstock, Schlegel. Cita anche alcuni (pochi) minori tedeschi di fine Settecento,
ora dimenticati, ma chiaro che Beethoven non tipo da letteratura di consumo e che la sua concezione prometeica, eroica dellopera darte travalica
la dimensione musicale e ha una portata universale. Molte delle testimonianze citate risalgono agli ultimi anni di vita di Beethoven (lincontro con
Schindler avviene non prima del 1822), nel pieno della grande maturit (la
cosiddetta terza maniera, 1817-27), quando le intemperanze giovanili
(prima maniera, 1790-1802) e le tensioni del periodo eroico (seconda
maniera, 1803-15) si sciolgono in una sintesi astratta e smaterializzata.
Proprio per questo, lepisodio riferito da Schindler, sia pure falso, suggerisce di ascoltare la Sonata in re minore op. 31 n. 2 immaginandosi in unisola di suoni misteriosi e di strumenti irreali, popolata da personaggi fantastici
che sbucano allimprovviso, imprimono brusche svolte allazione, dissipano
la sublime informalit con la loro logica apparente. Siamo nel primo movimento: le ambiguit di poche armonie confuse dal pedale di un Largo, che
introduce e ritorna, sono frantumate dalla perentoriet percussiva e dai fre-

1805 Sonata per pianoforte op. 57 Appassionata 331

miti ossessivi dellAllegro, che il corpo principale. La suggestione continua nellAdagio, con evocazione di corni e campane lontane, a preparare
un canto che ha la forza e la soavit di una ballata antica. E infine, nellAllegretto, la formula astrattamente musicale del rond alla moto perpetuo fa sognare a occhi aperti passi vellutati di elfi, galoppi vertiginosi di spiriti, scie lucenti di magiche entit celesti.
La Sonata op. 31 n. 2, scritta nel 1802, apre il periodo eroico del pianismo beethoveniano che continua con la citata op. 53 Waldstein (1803-04),
altro cantiere di sperimentazione dei timbri del pianoforte. Qui arriviamo
alla linea dombra che divide il suono dal rumore. Inizia in pianissimo e sul
martellare costante della mano sinistra si appoggia la gragnuola di note ribattute della mano destra, appena interrotta da un paio di squilli nellacuto. Si
direbbe sovrapposizione di grancassa, tamburello e ottavino, quasi una
musica turca. Il volume cresce fino al forte, scende fino al piano, si ferma.
Riprende allo stesso modo, percussivo e furioso, con diversa disposizione
pianistica. Sviluppa linciso acuto (quello dellottavino), si arresta di nuovo
e allimprovviso spunta un breve corale, subito spazzato via dallossessione
del rumore. Via cos fino alla fine. Resta il principio tripartito della sonata
(esposizione, sviluppo, ripresa) ma il turbinare di timbri e di armonie tale
da non lasciare spazio agli equilibri classici di Haydn e tanto meno alla melodia di Mozart. Beethoven sente sotto le dita un nuovo strumento e ne vuol
cavare musica nuova. Non c secondo movimento lento e neppure scherzominuetto. Una breve introduzione, che suggerisce richiami di corni e ancora
rulli di tamburo, porta a una nuova sperimentazione timbrica, questa volta
non sulla percussione ma sulla melodia e sui mille modi di adornarla. Ritroviamo la melodia nel registro grave e in quello acuto, semplice e raddoppiata, in pianissimo e fortissimo, ripetuta tante volte, accompagnata da arpeggi
e trilli che talvolta la intersecano per sminuzzare frammenti pi sottili. Un
inno alla leggerezza, un ponte verso il futuro, che permette laltro e bellissimo sottotitolo di Aurora.
Dopo il ritorno haydniano con la Sonata op. 54, gli equilibri classici sono
scardinati di nuovo dallAppassionata (1804-05), con il conseguente problema di darle un seguito. Beethoven prende tempo. Lascia calare la tensione e
prova a recuperare il passato classico, a rifugiarsi nel privato. I lavori per
pianoforte sono pi rarefatti e intimi. La forma incerta. La svolta stilistica
decisa. La Sonata op. 78 (1809) ha due brevi movimenti e i caratteri della
fantasia. Lop. 79 (1809) una sonatina, gradevolmente classica e di facile
esecuzione. Pi impegnativa lop. 81a, conosciuta come Gli addii, scritta
come saluto per lamico mecenate arciduca Rodolfo che deve partire. La
musica descrive: il corno del postiglione che annuncia la partenza (Adagio), le emozioni del distacco (Allegro), la struggente lontananza (An-

332 V. Dialettica musicale

dante espressivo), la gioia del ritorno (Vivacissimamente). Il tutto si


mantiene nel pieno rispetto delle regole formali dellultima et classica.
In nessuna di queste sonate c rottura completa con lAppassionata, ma
solo sviluppo di una delle sue gemme pi belle, quella che spesso si trascura,
cio il secondo movimento. Che una serie di variazioni su un tema originale, in forma di corale semplice e dolce. Variazione dopo variazione, quel tema
si diffrange e si scioglie in frammenti sempre pi minuti e luminosi. Non ci
sono strappi, non c dialettica. La visionaria astrazione dellultima stagione
creativa di Beethoven, quella delle op. 101, 106, 109, 110, 111, 120 per pianoforte, quella dei quartetti estremi, incomincia qui, nellAndante con
moto della sonata Appassionata. Per molti autori posteriori, i bagliori
dellAppassionata sono una sfida. Non tanto per Schubert, che ha radici
(pianistiche) molto classiche. Neppure per Carl Maria von Weber, che diffida di ogni tipo di rivoluzione, soprattutto beethoveniana. Le tre sonate di
Mendelssohn sono giovanili. Fiere, aggressive e cariche di passione sono le
tre sonate (1832-39) di Schumann; e anche quelle di Chopin, che nella seconda (1839) e ancor pi nella terza (1844), si lascia trascinare dai sentimenti.
Della carica emotiva dellAppassionata tiene gran conto Charles Henry Valentin Alkan nella Grande sonate Les quatre ges op. 33 (1847). Liszt sempre un campione del pianismo beethoveniano e ha appunto lAppassionata
(da esecutore) come cavallo di battaglia e (da autore) come modello espressivo per la propria Sonata in si minore. Senza dimenticare le uniche tre sonate giovanili di Brahms, con la prima che ha come movimento lento un pudico tema con variazioni sul motto della Quinta beethoveniana.

Ascolti
L. van Beethoven, Sonata op. 57, S. Richter, rca 1993
C.H.V. Alkan, Grande sonate Les quatre ges. Sonatine. Le festin dEsope, M.A. Hamelin,
Hyperion 1995

Letture
A. Schiff, Le sonate per pianoforte di Beethoven e il loro significato, il Saggiatore, Milano
2012
C. Rosen, Beethovens Piano Sonatas, Yale University Press, New Haven 2002
K. Drake, The Beethoven Sonatas and the Creative Experience, Indiana University Press,
Bloomington 1994
J. Kaiser, Beethovens 32 Klaviersonaten und ihre Interpreten, Fischer, Frankfurt 1979

1806 Quartetto op. 59 n. 1


Ludwig van Beethoven

Sonata stravolta Thme russe Rasumovskij I primi


quartetti di Beethoven Lop. 18 fra Mozart e Haydn La
malinconia Fugato op. 59 n. 3 Fioriture romantiche
Schuppanzigh e il suo primo quartetto di professionisti
Con il Quartetto op. 59 n. 1 di Ludwig van Beethoven si apre davvero, e
bruscamente, una nuova epoca per la musica da camera, quella darte, non
quella di consumo. la musica stessa che cambia, nel profondo. Si veda il
primo movimento di questo quartetto in fa maggiore, il primo dellop. 59 e
il primo in ordine di composizione (fine 1804 primavera 1806). Il tono
allapparenza lirico, ma in realt non ci sono momenti di reale distensione.
Cos come non c vera esposizione: lo sviluppo inizia subito, prima ancora
che la melodia di base sia presentata in forma completa; non c tempo per
riproposte e neppure per rifiniture. Le varianti si accavallano, nascono nuovi incisi, ritmi, intervalli, timbri, rumori, accenni di contrappunto. Per aggregazione successiva, esce ben riconoscibile il nucleo tematico sul quale lintera architettura si basa, ma lancor giovane logica della sonata classica
(haydniana) ne esce stravolta. Si capisce lo sconcerto di esecutori e pubblico,
ancora turbati dalle caute innovazioni dellop. 18, proposte soltanto sei anni
prima.
A suo modo ancor pi difficile da centrare il taglio del secondo movimento. Qui la tecnica di costruzione per frammenti radicale, il discorso
procede quasi a scatti, nervoso, distribuito sui quattro strumenti perch ridotto a semplice scambio di segnali. Per questo i pochi squarci lirici hanno
esiti folgoranti. La dinamica del secondo movimento d spessore emotivo
allassorto contemplare del successivo Adagio e molto maestoso, con il
suo tema che esce dal vuoto, sfida dissonanze, si circonda di tremoli e pizzicati, porta il canto nei registri estremi. Un thme russe, affidato al violoncello, conduce direttamente al vivace e leggero ultimo movimento, che si potrebbe definire un rond con licenze ma che meglio considerare un
nuovo esempio di elaborazione totale di un unico soggetto.
Il thme russe un omaggio al conte Andrej Kyrillovi Rasumovskji, arrivato a Vienna nel 1790 come ambasciatore russo. Ama la musica ed un
buon violinista. Attorno al 1803 chiede a Beethoven alcuni quartetti contenenti temi russi. La richiesta rimane inevasa per almeno tre anni. Beethoven fresco autore della sua prima serie di sei quartetti, pubblicata nel 1801

334 V. Dialettica musicale

come op. 18, frutto di una gestazione durata almeno cinque anni. Nel 1795
il primo a chiedere quartetti a Beethoven infatti un altro nobile, il conte
ungherese Anton Georg Apponyi, gi committente dei quartetti op. 76 e op.
77 di Franz Joseph Haydn. Offre un compenso generoso, senza il consueto
diritto esclusivo di esecuzione, rinunciando alla dedica. Per due volte Beethoven rifiuta e accontenta Apponyi dedicandogli prima un gran trio (op. 3)
e poi un quintetto (op. 4), entrambi per archi. Le resistenze di Beethoven
sono comprensibili. Arrivato a Vienna un anno dopo la morte di Mozart,
comincia a farsi notare proprio negli anni in cui escono i grandi capolavori
per orchestra e per quartetto di Haydn. Pur consapevole dei propri mezzi,
perfino arrogante, il giovane Beethoven prova un po di timore nellaffrontare i generi strumentali pi nobili, sinfonia e appunto quartetto. Prende
tempo. Consolida la sua fama di pianista pubblicando una serie di sonate per
pianoforte. Si cimenta in generi di minor prestigio come trii, quintetti, sonate per violino e pianoforte. Studia contrappunto, schizza fughe per quartetto
darchi.
Tre anni dopo Apponyi, il principe Joseph Franz von Lobkowitz a
chiedere quartetti. Beethoven accetta e per un paio di anni (1798-1800) si
concentra sul nuovo progetto. Siccome due anni sono un periodo lungo, non
stupisce che siano diversi il taglio e lo stile dei singoli lavori, che pure sono
riuniti dallunico numero dopera 18, pubblicati per in due distinti quaderni di tre. Semmai sorprende che nella prima terna dellop. 18 la linea stilistica non sia evolutiva ma involutiva, cio che il primo quartetto in ordine di
composizione (n. 3, 1798) sia il pi originale e avanzato. La solida piattaforma tematica del suo primo movimento nasce da Haydn e il lirismo del secondo rivela la familiarit con Mozart. Lestro del giovane Beethoven si rivela
nelle asimmetrie del terzo tempo, che non pi un Minuetto e non ancora
uno Scherzo. Ed esplode nel finale, che scatta velocissimo, sul ritmo danzante di giga e propone una serie inaspettata di contrasti dinamici, di timbri
inediti, di moderno contrappunto, chiudendo con un pianissimo che lascia a
bocca aperta. Ecco perch Haydn o Mozart non potrebbero aver scritto
questo quartetto mentre gli altri dellop. 18 forse s. La prova si ha nel cauto
Quartetto in sol maggiore op. 18 n. 2, composto assieme allop. 18 n. 1 e
terminato qualche tempo dopo, nellautunno del 1799. Qui lomaggio a
Haydn evidente nel primo movimento (incisi melodici brevi, simmetrici,
intervallati da accenti o da pause), nello scherzo e nel finale; mentre il secondo movimento cerca duetti operistici mozartiani. Non meno rispettoso della
tradizione il Primo quartetto dellop. 18, completato nel giugno 1799. Beethoven lo rivede poco prima della stampa: lima le asperit pi evidenti, attenua gli slanci ritmici, addolcisce i timbri. E cos assicura la totale continuit
col passato.

1806 Quartetto op. 59 n. 1 335

La seconda serie di tre quartetti op. 18 pubblicata nellottobre 1801,


circa quattro mesi dopo la stampa della prima serie. Lo stacco temporale
accentua un evidente salto stilistico. Dopo aver trovato lequilibrio fra tradizione classica e stile personale nei primi tre, allimprovviso mancano a
Beethoven modelli e idee per andare oltre. La disparit ben evidente nel
Quarto, arrangiato allultimo momento ricorrendo a materiali giovanili,
costruito su principi prehaydniani, nobilitato dalla sempre emotiva tonalit
di do minore e reso popolare dallallegria del Prestissimo finale. Il primo
a non stimare il Quarto lo stesso Beethoven: Non altro che merda, buona per il porco pubblico. Per il pubblico continua ad apprezzare questo
quartetto pi di ogni altro dellop. 18. Con gli ultimi due quartetti (Quinto
e Sesto) inizia una nuova fase di ricerca, soprattutto formale. Il risultato pi
evidente si ha nel Quartetto in si bemolle maggiore, il penultimo per tempo
di scrittura ma classificato come n. 6 ancora una volta per ragioni editoriali.
Il movimento finale ha una struttura molto particolare: un Adagio prima
introduce e poi interrompe a met un Allegretto quasi Allegro. Lo schema non nuovo, perch gi sperimentato nel celebre primo movimento
della Sonata per pianoforte op. 13 Patetica. Sono invece innovativi la scrittura e il rapporto con il suono. LAdagio (che Beethoven stesso denomina
La malinconia) un esercizio sul timbro e sulle masse sonore, cio sulla dinamica dellimmobile.
Non c movimento di polifonie e tanto meno di melodie. Larmonia
ferma, centrata sullaccordo di settima diminuita, il pi stridente e ambiguo
dellintero sistema tonale. laccordo pi simmetrico, perch fatto sovrapponendo tre intervalli uguali fra loro (tre terze minori, tre volte tre semitoni).
Ma anche il pi dissonante allorecchio, dunque quello che esprime la
massima necessit di trasformarsi in consonanza. Per le combinazioni asimmetriche di toni e semitoni di tutti gli altri accordi dissonanti individuano
subito gli sbocchi futuri, mentre la regolarit della settima diminuita lascia
aperta ogni via di risoluzione consonante, anche nelle tonalit pi lontane. Il
massimo dellequilibrio comporta il massimo dellincertezza; il massimo del
disturbo auditivo coincide col massimo del dubbio sulla consonanza che
verr. Pi a lungo quellaccordo resta sospeso, pi cresce lansia di sapere
come sparir.
Da sempre i compositori conoscono le capacit camaleontiche del magico accordo settima diminuita. Beethoven stesso ne fa tante volte buon uso,
ancor pi nel caso esemplare di questa Malinconia. Si muovono solo le intensit sonore e i blocchi di note distribuiti su diversi registri strumentali. Eppure c evoluzione, perch si succedono episodi ben scanditi. Alla perfetta
preparazione segue la cruciale sezione con cinque accordi di settima diminuita in piano e forte alternati e appena addolciti da disegni ornamentali. Una

336 V. Dialettica musicale

breve sospensione induce un aggiustamento armonico, un accenno di contrappunto, un nuovo alternarsi di piano e di forte, antifonale. Poi lo sforzato
del violoncello impone chiarezza e modula verso il luminoso si bemolle
maggiore dellAllegretto quasi allegro, che il finale vero e proprio. La
transizione dalla Malinconia allAllegretto perfetta, tanto naturale da
sembrare obbligata. Eppure si passa da un allucinato sperimentalismo a una
danza popolaresca, un po gioviale e quasi banale, ma tanto struggente ed
espressiva.
Sono passaggi come questo che rendono unici e indimenticabili molti
quartetti di Beethoven, soprattutto gli ultimi. Qui, nel giovanile Quartetto
op. 18 n. 6, per m una folgorante anticipazione che coglie un po tutti
impreparati, compreso lautore. Lintuizione ha poco seguito. Ununica breve riapparizione della Malinconia interrompe il moto perpetuo dellAllegretto finale, che ha il primo violino come protagonista e che chiude
con un virtuosistico Prestissimo. Gli altri movimenti restano nellambito
della tradizione. Il problema di trovare un soddisfacente equilibrio complessivo fra le quattro parti del genere quartetto resta invece irrisolto nel Quartetto op. 18 n. 5, lultimo in ordine di composizione. Beethoven esita ad accettare nuove commissioni di quartetto per altri quattro anni e accontenta il
conte russo Rasumovskji solo nel 1805, con le scelte radicali dellop. 59.
Beethoven inserisce nel classico linguaggio della musica da camera lo stile
eroico che in quel tempo sperimenta con orchestra e pianoforte. Il risultato il Quartetto op. 59 n. 1.
Anche il secondo quartetto dellop. 59 allineato con lo stile del Beethoven eroico o di seconda maniera. Liniziale Allegro gi fuori
dalla logica stretta della forma sonata classica. Non ci sono vere e proprie
melodie, ma pulsazioni, incisi, frammenti, sfoghi lirici presto dissolti,
drammatizzati da pause e scatti dinamici. La contestazione della tradizione
ancora pi esplicita nellultimo movimento, che trae la sua forza dallambiguit studiata delle relazioni armoniche, pur mantenendo la consueta
forma di rond, con una brillante coda in chiusura. Meno aggressivi sono i
movimenti centrali. Il secondo, Molto adagio, nella sua meravigliosa
semplicit rientra nellineffabile beethoveniano; un pezzo scritto contemplando le stelle del firmamento, come avrebbe confessato Beethoven
a Karl Holz, violinista del quartetto Schuppanzigh e dunque primo interprete in pubblico del Quartetto nel gennaio del 1809. Il testimone dubbio: Beethoven non ama parlare delle proprie fonti dispirazione e spesso
risponde stizzito alle domande dirette. Probabilmente non c alcun rapporto con le stelle. Il terzo tempo un robusto ma lineare Scherzo tripartito con il bel trio sul tema russo come sezione centrale: il canto tradizionale Gloria a Dio nei cieli, gloria affidato alla voce chiara del violino, priva-

1806 Quartetto op. 59 n. 1 337

to di ogni connotazione cerimoniale e trasformato in spunto leggero, svettante sul rapido disegno di accompagnamento. proprio lopposto di
quanto far Modest Musorgskij oltre mezzo secolo dopo utilizzando lo
stesso motivo per costruire la grandiosa scena dellincoronazione della sua
opera Boris Godunov. Altre concessioni alle richieste e ai gusti (certamente
classici e non rivoluzionari) del conte russo Rasumovskji non ci sono.
Il terzo e ultimo quartetto della terna op. 59 termina con un grandioso
fugato. Non una fuga vera e propria: talvolta lintenzione sopravanza la
capacit di realizzazione. Si vede bene linfluenza del Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach, frequentato e amato da Beethoven per
tutta la vita. Lequilibrio formale migliorabile. Il Quartetto op. 59 n. 3
solo un esperimento, per cruciale. Per la prima volta Beethoven scopre che
il contrappunto ha sostanza drammatica e liberatoria a un tempo; e che pu
scaricare le tensioni accumulate nei movimenti precedenti con i meccanismi
della forma sonata. I frutti di questa intuizione matureranno molto pi tardi,
e saranno dirompenti: nel finale della Sonata per pianoforte op. 106 Hammerklavier, nella Grande fuga per quartetto darchi op. 133, nelle Variazioni
su un tema di Diabelli op. 120.
Soluzioni che troveremo nei lavori dellultima maturit beethoveniana
abbondano anche nei tre movimenti precedenti dellop. 59 n. 3. La catena di
dissonanze che precede il primo movimento pu essere vista come un embrione della monumentale introduzione alla Sonata per pianoforte op. 111,
lultima dellintera serie. Le correlazioni fra diversi princpi melodici, che
rendono difficile distinguere fra primo e secondo (e terzo, e quarto...) tema,
si ritrovano in molti quartetti dellultima stagione. Un pizzicato di violoncello che coordina ma anche separa, incisi collaterali ora immobili o visionari o
perfino prolissi danno a melodia e timbro del secondo movimento un sapore
avveniristico, preschubertiano. Il terzo movimento non un aspro Scherzo, come succede negli altri lavori della terna op. 59, ma un Minuetto
visionario e fuori dal tempo, certo non classico.
Hanno ragione i critici che vedono nel Quartetto in do maggiore op. 59 n.
3 una minore chiarezza formale e una visibile polivalenza di contenuto. Chi
invece ama le situazioni ambigue, in cui le certezze del passato sono confuse
dalle nebbie del futuro, trova il lavoro affascinante. E lo considera il vero
ponte fra la seconda e la terza maniera di Beethoven (sempre che a tale
distinzione si riconosca un senso reale). La terna op. 59 anche la piattaforma per il futuro, non immediato per. Servono vari decenni alle nuove generazioni per assimilare il linguaggio di questo Beethoven. Schubert scrive i
suoi capolavori negli anni venti, Mendelssohn e Schumann negli anni quaranta, Brahms e Dvok nella seconda met dellOttocento. E per riprendere i fili dei quartetti di Beethoven che verranno negli anni venti dellOttocen-

338 V. Dialettica musicale

to, ci sar da attendere il pieno Novecento di Bartk e di ostakovi. Con


una curiosa appendice negli anni settanta, sempre del Novecento. Convinto
che serialit e dodecafonia non lascino spazio allespressione, lamericano
George Rochberg si riconverte alla tonalit e nel suo Terzo quartetto (1972)
costruisce un ponte retrospettivo fra il gruppo centrale e quello finale dei
quartetti di Beethoven. La scelta si conferma nei suoi altri quattro quartetti
(1977-78), nelle sinfonie (n. 3-6, 1966-87), e nei concerti per violino (1974),
oboe (1983), clarinetto (1996), nel fortunato Music for the Magic Theater per
piccola orchestra (1969). Restano suoni e colori di primo Ottocento combinati con logiche di composizione numerica di postavanguardia novecentesca. Alla fine del secondo millennio, si afferma il filone del neoromanticismo.
Con lop. 59 si assiste anche alla formazione fisica del quartetto per archi
come lo conosciamo oggi: un organismo stabile, con eccellenti strumentisti
e interpreti, non pi occasionale incontro fra bravi dilettanti e buoni orchestrali come capita nel Settecento di Haydn, di Mozart e del giovane Beethoven. Il primo moderno quartetto darchi della storia della musica, il quartetto Schuppanzigh, nasce proprio sotto lo stimolo dellop. 59. Ne promotore
il committente Rasumovskji che, quando riceve le tre partiture, si convince
che per ascoltare degnamente quanto Beethoven ha scritto per lui serve un
grande quartetto. Si rivolge a Ignaz Schuppanzigh, il violinista che conosce
Beethoven fin dal 1794, quando al servizio del principe Karl Alois
Lichnowski come primo violino del quartetto che gi allora porta il suo nome. Con Beethoven al pianoforte suona le Sonate per violino op. 12. lui che
suggerisce di collocare il Quartetto in fa maggiore in apertura del volume a
stampa che contiene i primi tre quartetti dellop. 18. Passa alla storia come
mentore e primo interprete dei massimi capolavori di Beethoven per quartetto darchi.

Ascolti
L. van Beethoven, The Middle Quartets, The Budapest String Quartet (1940-60), Bridge
2000
L. van Beethoven, Complete Quartets, Quartetto Italiano (1967-75), Philips 1996

Letture
L. Magnani, Goethe, Beethoven e il demonico, Einaudi, Torino 1976
J. Kerman, The Beethoven Quartets, Oxford University Press, Oxford 1978
L. Lockwood, Beethoven: The Music and the Life, W.W. Norton & Company, New York
2003

1806 Quartetto op. 59 n. 1 339

B. Cooper, Beethoven, Oxford University Press, Oxford 2000


G. Indorf, Beethovens Streichquartette: Kulturgeschichtliche Aspekte und Werkinterpretation, Rombarch Verlag, Freiburg im Breisgau 2004
S. Hiemke, Beethoven Handbuch, Brenreiter-Metzler, Kassel-Stuttgart 2009

1808 Sinfonia n. 5 op. 67

Ludwig van Beethoven


Coincidenza di esposizione e sviluppo Concisione nella
ripetizione La Quarta mozartiana La Sesta bucolica In mezzo la Quinta ossessiva LAllegretto
della Settima Lapoteosi della danza Le scansioni
dellOttava

Sol, sol, sol, mi bemolle: tre note veloci ripetute, la quarta nota invece lunga,
tenuta, pi bassa, seguita da una pausa; un ritmo secco, aggressivo, attorno
al quale tutto nasce e cresce. il celeberrimo attacco della Quinta sinfonia
di Beethoven. Non c la tradizionale introduzione lenta, neppure i due colpi secchi che aprono la Terza sinfonia Eroica. A ben vedere non c neppure
la normale esposizione di una consolidata forma sonata. Siamo gi al centro
dello sviluppo, cio dellazione sinfonica. Il segnale che subito esplode
non ha bisogno di preparazione, perch una forza elementare, unonda di
suono che travolge e assimila quanto trova sulla strada. Spazza gli argini e
non consente respiro. Le melodie che ne potrebbero addolcire lurto sono a
loro volta sbriciolate. La sua onnipresenza, nelle regioni acute di flauti e
violini come in quelle gravi di violoncelli e contrabbassi, oltre che in quelle
centrali di tutti gli strumenti dellorchestra, fa saltare limpianto formale di
questo straordinario primo tempo. Impianto che in verit esiste, ben tracciato, in partitura.
LAllegro con brio si articola nelle consuete quattro parti (3+1), in pratica uguali per durata, circa due minuti ciascuna. La prima parte, appunto
lesposizione, ha 124 battute e va ripetuta, come in ogni primo movimento di
sinfonia classica. Le seconda (sviluppo, appunto) porta direttamente alla
terza, che la ripresa variata della prima parte. Equivalente alle sezioni precedenti (128 battute) ma pi estesa della consuetudine classica la quarta
sezione, la coda. Si pu parlare di sonata bitematica, perch si sente presto un
embrione di melodia in netto contrasto con lazione ritmica del motto iniziale, che comunque resta ben presente nel basso. Quella melodia, che torna
spesso nel corso di tutte le sezioni del primo movimento, proprio per la sua
concisione derivata dal motto. Cos lintero movimento diventa monotematico, alla maniera di Haydn. Tanta concentrazione tematica non si trova in
nessuna delle 104 sinfonie del maestro riconosciuto, anzi non si trova in
nessun lavoro precedente, sinfonico e non. Se si vuole cercare nel passato, gli
unici antecedenti si rintracciano nei giochi combinatori del Clavicembalo ben

1808 Sinfonia n. 5 op. 67 341

temperato di Bach, quando un tema secco e appena accennato basta per costruire unarchitettura tutta nuova. Leggere il primo movimento della Quinta
sinfonia come una fuga di ritmi e di armonie, alla fine, aiuta quindi a capire.
Il rispetto per il passato ben evidente nel secondo movimento, tanto
dolce e sereno quanto il primo veemente. Lo garantiscono la formula del
tema con variazioni che rimanda prima a Haydn, poi a Bach e infine ai virginalisti inglesi e al Rinascimento, le evoluzioni ornamentali sul sempre ben
riconoscibile tema e le increspature sincopate, che a loro volta nascondono
lorigine antica nella cinquecentesca Follia. Il tema emerge chiaramente in
tutte le sei variazioni, che non sono soltanto melodiche ma timbriche e dinamiche: iniziano viole e violoncelli, seguono flauti e clarinetti, esplodono
fortissimi di ottoni, tornano i pianissimi di tutti, in un flusso di emozioni che
evita ogni rischio di sublime noia. Si coglie bene il fatto che Beethoven sta
sviluppando tecniche di scrittura orchestrale per il movimento lento, elaborate in quegli anni (1804-07) e applicate nelle contigue sinfonie Quarta e
Sesta, che sono tanto diverse nellapparenza quanto vicine nella sostanza.
Non a caso la Quarta sinfonia impostata e completata nellautunno del
1806, quando da due anni Beethoven sta lavorando alla Quinta, che termina
un anno dopo, nellautunno del 1807. C una ragione pratica: la Quarta gli
richiesta da uno dei suoi mecenati e, per incassare la commissione, Beethoven accantona il progetto principale e scrive una sinfonia che, attraverso la
Seconda pi che la Prima, riallaccia i rapporti con Haydn e forse ancor pi
con Mozart. La Quarta ha una magnifica, espressiva e forse dolente introduzione lenta che pare aprire a un dramma sinfonico. Invece schizza via un
Allegro vivace, omaggio spudorato alla scrittura orchestrale dei maestri di
fine Settecento. La contiguit con la Quinta si nota perch nellAdagio
lampia melodia sostenuta da una nervosa e ripetuta cellula ritmica affidata
a fiati e timpani. Lacquisita familiarit con il genere sinfonia si esprime al
meglio con il tradizionale Scherzo e con lumorismo haydniano del finale
Allegro ma non troppo.
Contemporanea e tutta diversa la Sesta sinfonia Pastorale, composta
subito dopo la Quarta e completata nel maggio del 1808, assieme alla Quinta.
I movimenti non sono pi quattro, ma cinque, tutti estranei alle consuetudini del tempo. Per la prima e ultima volta Beethoven si consegna alla musica
descrittiva, porta la vita campestre in partitura, simmerge nella Natura, ritrova i fili di una tradizione antica e quelli del recente oratorio Le stagioni di
Haydn. In verit le onomatopee sono poche: imitazioni di quaglia, cuc e
usignolo nel secondo movimento intitolato Scena al ruscello; lampi, tuoni
e folate di vento nel Temporale che fa da quarto. Il resto pura sperimentazione sui timbri orchestrali e sulle trame che permettono lintegrazione fra
melodie senza che si accendano contrasti. Infatti, manca la dialettica di for-

342 V. Dialettica musicale

ma sonata nel primo movimento, che vuole esprimere la felicit dellarrivo in


campagna. Una riunione di contadini che ballano su ritmi popolareschi
sostituisce lo Scherzo in terza posizione. Segue il gran temporale che sfuma nellestasiata cantabilit del finale Sentimenti di benevolenza e ringraziamento alla Divinit dopo la tempesta, sul cullante e pastorale ritmo di
6/8. il Beethoven che si abbandona al canto con gli occhi rivolti al cielo,
quello che conosciamo nel Concerto per violino, nei movimenti lenti dei
quartetti dellop. 59.
Per tutto il 1807 Beethoven continua a lavorare alla Quinta. La cellula
ritmica che imperversa nel primo movimento e che si percepisce anche
nellallentata tensione del successivo Andante con moto riesplode nel
terzo movimento, intitolato Allegro e non Scherzo, anche se tale a
tutti gli effetti. Le fatali quattro note entrano dopo una misteriosa preparazione che dal basso si arrampica verso lalto. Con la forza delle fanfare, ancora una volta travolgono tutto, salvo una sezione (il trio centrale) in cui un
episodio costruito alla maniera dellantica fuga fa da argine temporaneo.
Alla fine si scopre che il terzo tempo tuttuno con il quarto, perch non c
soluzione di continuit. Il nuovo Allegro attacca senza interruzione ed
una transizione naturale, anche se cambia il volume del suono e dunque il
suo colore. Soprattutto cambia il modo armonico: dal tragico do minore del
primo movimento si passa al luminoso do maggiore del finale. Sono proprio
il percorso armonico (dalle inquietudini del minore alle certezze del maggiore) e le ossessive ripetizioni ritmiche delle quattro note a rendere cos compatta la Quinta sinfonia, la pi a lungo meditata (almeno quattro anni) e
nello stesso tempo la pi concisa (meno di mezzora) mai scritta da Beethoven, figlia maggiore di una voglia di sperimentare tecniche musicali che,
nella storia della musica, ha paragoni solo in Bach.
il destino che bussa alla porta avrebbe detto Beethoven al petulante
Anton Schindler che gli chiede cos il tema che imperversa nella Quinta
sinfonia. una battuta infastidita, presa sul serio da tanti commentatori
successivi, alla ricerca di connessioni fra lopera darte e la biografia del suo
autore. Certo, fra 1802 e 1808 Beethoven si accorge che sta diventando sordo, deve rinunciare a suonare in pubblico, cerca inutilmente la donna della
sua vita, soffre le conseguenze economiche delle guerre di Napoleone, sente
svanire il sogno di avere successo a Parigi. Continua a credere negli ideali che
da sempre lo accompagnano, nella poesia di Schiller e di Goethe, nella classicit di Omero e di Sofocle, nel pensiero di Kant e nei principi educativi di
Rousseau, nella libert di sperimentazione che lanima dellarte, della sua
musica. Valori che trascendono le contingenze del quotidiano. Nei lunghi
anni di rovelli attorno alla Quinta, Beethoven spazia su infiniti orizzonti,
tutti possibili. Ritorna allantico haydniano con la Quarta sinfonia e trova

1808 Sinfonia n. 5 op. 67 343

magicamente un intervallo fra le dimensioni abnormi della Terza e quelle


spartane della Quinta. E crea gli incanti della Sesta, la Pastorale, in cui il
dramma scompare e le uniche esplosioni sonore sono una simpatica mimesi
di un temporale estivo, che passa presto e si scioglie in canto. Non si riesce a
spiegare lassoluta contiguit di Quinta e Sesta (oltre che Quarta) se non in
termini di puro gusto sperimentale, di musica assoluta.
Dopo il trionfale successo del concerto del 22 dicembre 1808 in cui per
la prima volta vengono eseguite in pubblico le sinfonie Quinta e Sesta, assieme al Quarto concerto per pianoforte e alla Fantasia op. 80, Beethoven
fatica a concepire un nuovo disegno sperimentale per il genere sinfonia.
Impiega cinque anni, ma il successo ancora una volta memorabile. Due
concerti tenuti l8 e il 12 dicembre 1813 nellaula magna dellUniversit di
Vienna, organizzati per raccogliere fondi per i feriti della recente battaglia
antinapoleonica di Hanau, hanno in programma due nuove sinfonie di
Beethoven con la direzione dellautore e con unorchestra formata dai migliori strumentisti viennesi. Piace molto lOttava sinfonia, assai gradito il
pasticcio patriottico intitolato La vittoria di Wellington, ovvero La battaglia
di Vitoria, riceve unaccoglienza trionfale la Settima, il cui Allegretto deve
essere replicato subito. Tutti si accorgono della grandezza della nuova opera, con buona pace di chi continua a coltivare il mito di un Beethoven solo
e incompreso nella Vienna ingrata. A differenza delle altre grandi sinfonie,
dalla Terza alla Quinta alla Sesta, nella Settima tutte le regole della sinfonia
classica sono rispettate. A cominciare dallintroduzione lenta Poco sostenuto che prepara un primo tempo modulato con dialettica fra soggetti
distinti e contrapposti, ma che pur sempre si appoggia (come in Haydn) a
una cellula principale che costituisce le fondamenta dellintera costruzione.
Il celebre Allegretto (secondo movimento) un classico tema variato e
con interpolazioni polifoniche. Che un robusto Scherzo sostituisca il
Minuetto gi considerato normale e cos naturale che un tripudiante
Allegro con brio chiuda in gloria unimportante sinfonia. In questa scatola, allapparenza normale, Beethoven riesce a inserire una quantit incredibile dinnovazioni, tutte a loro modo tanto rivoluzionarie quanto necessarie: il ritmo che pervade ogni segmento; le note ribattute che pulsano in
tutte le sezioni orchestrali e in tutti i registri; i timbri che nascono dagli incontri fra archi e ottoni; gli impasti di oboi, clarinetti, corni, flauti. Poi le
meraviglie di un insieme che procede sempre per linee interne, si allarga
senza gonfiarsi, trova ogni volta il giusto equilibrio anche quando i ritmi
incalzano, le sonorit esplodono, la velocit scuote le fondamenta e la complessit della scrittura tocca vertici mai raggiunti. musica davvero assoluta, che si spiega da sola, che non ha bisogno di parole, di storie o dimmagini che la descrivano.

344 V. Dialettica musicale

In quei due concerti viennesi di fine 1813 confluisce anche la sinfonia


classica. Non a caso Settima e Ottava sinfonia sono eseguite insieme. LOttava lavoro finissimo, tutto rivolto alle trasparenze classiche ormai date
per disperse. Meglio di qualunque altro lavoro dimostra il cammino che
Beethoven percorre per arrivare alla Settima. Dopo la Settima non c evoluzione possibile, se si vogliono mantenere le forme e gli equilibri di un
genere nato nel Settecento. Lo scopre lo stesso Beethoven, che impiegher
dieci difficili anni per scrivere una nuova sinfonia, la Nona, cos lontana
dalla tradizione settecentesca. Anche i successori di Beethoven hanno difficolt a procedere. Non ci sono sinfonie di altri autori scritte nel primo
ventennio dellOttocento e rimaste nel repertorio corrente. A malapena si
ricorda la Sinfonia in re maggiore composta da Cherubini nel 1815 per Londra, persa e ritrovata solo nel 1935. Le sinfonie giovanili di Schubert (n. 1-6,
1813-18) guardano pi a Mozart e al gusto teatrale italiano di Gioachino
Rossini che alla severit di Beethoven. Bisogna aspettare la Symphonie fantastique (1830) di Berlioz per avere un nuovo stimolo, anche perch nessuno conosce ancora lultimo Schubert: la grande Sinfonia in do maggiore
(1825) viene scoperta solo nel 1839 da Schumann; lIncompiuta, lOttava,
eseguita per la prima volta solo nel 1865.
La passione popolare per le grandi sinfonie di Beethoven cresce in tutto il mondo con la Sinfonia del destino, che per efficacia e concisione supera tutte le altre. Il romanziere e musicista E.T.A. Hoffmann la descrive con
parole rimaste nella storia della letteratura tedesca. Franois-Antoine
Habeneck il primo che dirige, a Parigi, il ciclo completo delle nove sinfonie alla Socit des Concerts du Conservatoire, infiammando il giovane
critico Berlioz. La Quinta il pezzo forte del concerto inaugurale della
New York Philharmonic nel 1842. Non ci sono eredi immediati, soltanto
citazioni occulte e rispettose, come nelle pianistiche Terza sonata (1853) di
Brahms e Concord Sonata (1915) di Ives. Bisogna aspettare gli ultimi decenni del Novecento per ritrovare le martellanti urgenze del Tema del
destino inteso come valore strutturale che tiene insieme le infinite iterazioni con infinitesime variazioni dei ripetitivi americani Philip Glass e
Steve Reich.

Ascolti
L. van Beethoven, Symphonies nr. 5 & 7, Kleiber, C. Wiener Philharmoniker, dg 1995
P.I. Tchaikovsky, 1812, Dorati, London/Minneapolis Symphony Orchestra, Decca 2007

1808 Sinfonia n. 5 op. 67 345

Letture
R. Layton (a cura di), A Companion to the Symphony, Simon and Schuster, London 1993
M. Geck, Von Beethoven bis Mahler: die Musik des deutschen Idealismus, J.B. Metzler,
Stuttgart 1993
S. Kunze (a cura di), Ludwig van Beethoven: Die Werke im Spiegel seiner Zeit, Laaber,
Kln 1987

1808 Concerto per pianoforte n. 4 op. 58


Ludwig van Beethoven

Composizione idealistica dei contrasti Lirismo raffinato


Equilibrio fra passato classico e futuro romantico Primo e Secondo concerto Il modo minore del Terzo
La luce di Mozart Limperiale Quinto La rinuncia
al concertismo attivo Steibelt, Weber, Hummel, Field,
Chopin, Schumann, Liszt, Brahms
La dinamica pendolare della musica di Beethoven, quel suo continuo oscillare fra serenit e dramma, fra la nostalgia per la classicit passata e labbraccio entusiasta di ogni innovazione trova nel Quarto concerto per pianoforte e
orchestra op. 58 un momento esemplare. Beethoven lo compone fra il 1805
e la fine del 1806, in un periodo di contraddizioni stilistiche che esprimono
anche i Quartetti op. 59 e la Sonata per pianoforte Appassionata op. 57, il
Concerto per violino e orchestra op. 61 e la Quinta sinfonia op. 67. In quelloscillare, il Quarto concerto per pianoforte si colloca nel punto intermedio, che
anche quello pi dinamico. Non cerca la coerenza interna a tutti i costi.
Riprende i modi classicheggianti di Primo e Secondo concerto, ma consolida
anche le conquiste espressive e romantiche del Terzo, per senza svilupparle
troppo. Non prova ad anticipare gli eroici, furiosi scontri fra pianoforte e
orchestra che esplodono nel Quinto concerto, di pochi anni successivo. In
tutti i suoi tre movimenti, con modi differenti, il Quarto cerca la composizione idealistica dei contrasti. Cerca il dialogo fra solista e orchestra, non la
contrapposizione. I risultati sono sbalorditivi, fin dalla prima esecuzione in
unaccademia privata tenuta a palazzo Lobkowitz a Vienna nel marzo del
1807, con lautore solista. La prima esecuzione pubblica avviene il 22 dicembre 1808 al Theater an der Wien nel famoso concerto in cui vengono presentate per la prima volta anche Quinta e Sesta sinfonia assieme alla Fantasia op.
80. La dedica per lamico e allievo arciduca Rodolfo.
Con ci non si vuole stabilire una graduatoria di valore fra i concerti
beethoveniani, ma solo fare una distinzione. Il Quarto alla fine il pi equilibrato, lirico, raffinato e pudico. Nel primo tempo mancano i contrasti, non
si accumulano tensioni, la stessa orchestra rinuncia alle voci forti di trombe
e timpani. Il solista attacca quasi esitante e in sordina, come se improvvisasse
per pochi amici e non per il pubblico di una grande sala. Anche lorchestra,
nel suo lungo intervento preparatorio, espone un motivo di marcia ma ne
attenua le durezze ritmiche, si esprime sottovoce, si compiace dei propri

1808 Concerto per pianoforte n. 4 op. 58 347

timbri. Lo sviluppo lineare, la ripresa equilibrata. La tensione emotiva, che


pure fortissima, traspare solo dai dettagli e dalle proporzioni di questarchitettura aerea e grandiosa. Carattere assai differente ha il movimento
centrale. Solista e orchestra (soli archi) si oppongono con insospettato vigore, pur mantenendo il discorso sottovoce e la dinamica nellambito di un
Andante con moto. Secondo unaccreditata interpretazione poetica si
tratta della traduzione musicale, in chiave romantica e profondamente evocativa, del mito di Orfeo: il leggendario poeta-cantore (il pianoforte) scende
negli inferi e col suo canto placa la violenza delle Furie (lunisono degli archi). Chiude il concerto un festoso Rond che scorre via con entusiasmo
contagioso sullabbrivio di un tema tipicamente beethoveniano, ben squadrato nel ritmo e pieno di travolgente vigore. Lorchestra, completa di trombe e timpani, accompagna con gusto le evoluzioni di un pianoforte ora libero di sfoggiare ogni sorta di bravura tecnica.
La sublime eleganza del Quarto concerto nasce in un momento in cui sono
sbolliti i furori del primo periodo eroico di Beethoven e almeno cinque
anni dopo aver terminato la prima terna di concerti, che ha origini ancora pi
lontane. Il primo a essere impostato quello classificato come Secondo concerto, con numero dopera 19, per iniziato gi nel 1787 a Bonn, completato
nella primavera del 1795 e forse eseguito per la prima volta il 29 marzo 1795
al Burgtheater di Vienna, con nuova revisione nellautunno 1798. Contano gli
esempi di Mozart e ancor pi quelli di Carl Philipp Emanuel Bach, anche se
nellAdagio centrale affiorano emozioni del Beethoven maturo. Il Primo
concerto, scritto nel 1798 ed eseguito dallo stesso Beethoven a Vienna, Berlino, Budapest, Praga, Dresda nella sua unica tourne importante, rispetta
sempre Mozart e Haydn ma ha un taglio pi brillante e personale sia nel
primo movimento sia nel Rond finale. davvero folgorante lattacco: incisiva proposizione degli archi, rinforzo immediato dei fiati, vigorosi squilli di
trombe e forti rulli di timpano, deciso passo militare. Tecnicamente non si
tratta di una novit assoluta. Complice la tonalit di do maggiore, cose simili
sono firmate tante altre volte sia da Mozart sia da Haydn. Per Beethoven
mette quel tocco di aggressivit, quel senso di urgenza che sappiamo essere il
sigillo del suo stile eroico, rivoluzionario, romantico. Ci si aspetta dunque
uno sviluppo pieno di drammi e di contrasti, con il pianoforte impegnato in
un impervio ruolo di uno contro tutti. Invece non cos. Dopo le (poche)
battute iniziali, quasi per magia dal tema principale scaturisce la melodia secondaria, che dolce e incantata, esempio perfetto di quel lirismo sognante
che Beethoven apprende dallamatissimo Mozart e fa proprio fin dagli anni
della giovinezza. Su questo tema lirico lorchestra indugia a lungo, inventa
timbri preziosi che nascono dai dialoghi fra archi e fiati. Il motivo iniziale
torna solo alla fine dellesposizione, in una variante che ha il suono di una

348 V. Dialettica musicale

banda militare. Del tema lirico simpossessa subito il solista, che rinuncia a
ogni contrasto con lorchestra; semmai ne ammorbidisce i toni marziali con
scintillanti giochi di arpeggi e trilli ogni volta che torna il motivo dapertura.
Non c vera dialettica neppure nellampia sezione di sviluppo, ma solo severa integrazione di timbri in un intenso passaggio in tonalit minore. La riesposizione segue le simmetrie classiche e soltanto nella lunga coda ritroviamo
un minimo di piglio eroico che la cadenza lasciata allimprovvisazione del
solista pu esaltare o temperare.
Il solista tiene in pugno il materiale espressivo anche nel Largo centrale e lo dispiega con la forza interiore che soltanto una preghiera possiede.
Lorchestra accompagna sottovoce, spesso lascia emergere la voce scura del
clarinetto per integrare i timbri gravi del pianoforte, altre volte si riserva il
ruolo di incidere con inaspettati fortissimi la trasfigurata staticit del canto.
Ancora una volta non c dialettica vera, ma solamente sequenza di stati danimo, che una coda di ampie proporzioni, ripetitiva, ipnotica riassume. La
tensione si scioglie nel terzo movimento, concepito come classico Rond,
incentrato su un vivace tema di danza che coordina una serie di strofe ora
vivaci ora riservate, comunque rese brillanti dallinsuperabile (in quei tempi)
qualit dellinventiva pianistica di Beethoven. Non a caso, la parte del pianoforte fissata sulla carta soltanto pochi giorni prima della pubblicazione. Di
regola, infatti, Beethoven scrive nel dettaglio le parti da distribuire agli strumentisti dellorchestra, mentre si concede il diritto di improvvisare la sua
parte di solista. Cos succede le numerose volte che suona in pubblico, sempre con grande successo, questo suo concerto impostato gi nel 1795 e pubblicato solo nel 1800, dopo vari collaudi a Vienna e altre citt dellimpero.
Negli stessi mesi, anche se sembra passare un tempo infinito, fra 1798 e
1800, Beethoven realizza il suo Terzo concerto, che presenta per la prima
volta soltanto nel 1803, a Vienna. il primo vero concerto romantico per
pianoforte e orchestra. Si sente dallampia introduzione per sola orchestra
che prepara, come nel Concerto K 466 di Mozart, lingresso del solista. La
scelta di un impianto tonale di do minore accentua la carica emotiva delle
ampie melodie, cos diverse dal carattere affermativo di quelle del Primo
concerto (in do maggiore, solare per antica tradizione). Nellampio sviluppo
del primo tempo, il dialogo fra pianoforte e orchestra diventa presto dialettica vera, appena attenuata da improvvisi squarci lirici. Nel Largo centrale domina il lirismo, con il canto che si distribuisce fra le carezze del solista
sulle corde del pianoforte e i timbri sfiorati o soffiati nellorchestra, con una
fantasia che avr imitatori per tutto lOttocento. Il festoso Rond finale
compensa la sofferta drammaticit delliniziale Allegro con brio, anche
perch cambia la tonalit: dal do minore si passa al do maggiore, come nella
Quinta sinfonia.

1808 Concerto per pianoforte n. 4 op. 58 349

Dopo il Terzo, il nuovo concerto segna un punto di arrivo e, per Beethoven, di non ritorno. Il Classicismo della prima terna viene archiviato. E laristocratica eleganza del Quarto cede il passo al vigore del Quinto, non a caso
conosciuto come Imperatore. Si percepisce fin dal riscaldamento delle dita
del pianista nellampia cadenza che, invece di chiudere, apre; fin dallimponente preparazione dellorchestra che subito segue; dal confronto violento
fra la tastiera dellindividuo e la massa che si scatena nellimmenso primo
movimento. Lintensit dialettica esaltata dalla timidezza quasi spaurita
con cui si affaccia il tema secondario, salvo trasformarsi in possente marcia
trionfale quando trova la voce dei corni. il movimento di concerto pi
ampio di Beethoven, quasi 20 minuti. Chiede uno sforzo enorme non solo al
solista, ma allorchestra tutta. Si capisce perch il secondo tempo si adagi
nella dimensione estatica, nella pura contemplazione, senza scosse, senza
gerarchie fra solista e orchestra. Anzi: il momento magico si ha nella seconda
parte, quando gli strumenti dellorchestra cantano e dialogano fra loro mentre il pianoforte trasforma un banale disegno di accompagnamento in una
fissit sognante che ripete le stesse note, argentine, morbide, minimaliste. Il
risveglio improvviso, ma non brutale. Senza interruzione, si passa al Rond finale, inno trionfale al virtuosismo del solista che ora lorchestra sostiene e non contrasta.
Il Quinto concerto composto nel 1809, nel pieno della nuova guerra
napoleonica che porta le truppe francesi a occupare Vienna e i nobili protettori di Beethoven a fuggire, lasciando il musicista solo, barricato nella cantina del fratello, a comporre proteggendo con dei cuscini le orecchie malate
dal rombo dei cannoni. il momento in cui tramonta il suo sogno di trasferirsi a Parigi, alla corte dellimperatore, in cui matura la decisione di restare
a Vienna. Finisce la stagione eroica di Beethoven, si direbbe proprio con
il primo movimento del Quinto concerto. Finisce definitivamente anche la
carriera di Beethoven pianista. A differenza dei primi quattro concerti, qui
non Beethoven a sedere al pianoforte per la prima esecuzione. Al Gewandhaus di Lipsia, il 28 novembre 1811, tocca al virtuoso locale Friedrich
Schneider, mentre la prima viennese (12 febbraio 1812) affidata allallievo
Carl Czerny. Non solo il progredire della sordit che ferma Beethoven.
anche la concorrenza di pianisti tecnicamente ormai pi agguerriti di lui e
anche pi attenti ai gusti del pubblico.
Il rivale Daniel Steibelt sfrutta la sua abilit nelleseguire tremoli e la
suggestione di titoli extramusicali: Lorage (Terzo concerto, 1799), la chasse
(Quinto, 1802), Grand concerto militaire dans le genre grec (Settimo, 1816)
con aggregata banda che risponde da fondo sala. Lultimo concerto di Steibelt (Ottavo, 1820) prevede un Coro bacchico finale, a imitazione (forse)
della Fantasia in do minore op. 80 (1808) di Beethoven, scritta per pianofor-

350 V. Dialettica musicale

te e orchestra con aggiunta del coro che canta la melodia della futura Nona
sinfonia. Questo inconsueto organico vocale e strumentale sar ripreso nel
monumentale Concerto per pianoforte, orchestra e coro maschile di Ferruccio
Busoni (1904).
Sempre a programma il Konzertstck op. 79 (1821) di Carl Maria von
Weber, ispirato dalle palpitazioni di una castellana per lamato partito per le
crociate. Di Weber sono tuttora in repertorio pure i due precedenti concerti
per pianoforte (1810 e 1812) mentre sono scomparsi gli otto concerti (180533) di Johann Nepomuk Hummel, allievo diretto di Mozart. I sette (17991822) di John Field interessano solo perch anticipano Chopin. Assieme a
Schumann e al poeta Heinrich Heine, Chopin ha grande stima di Friedrich
Kalkbrenner (cinque concerti, 1823-35), considerato il miglior concertista
europeo nel tempo beethoveniano e prima dellavvento di Liszt. Altri leoni
della tastiera del tempo sono Ignaz Moscheles e Sigismond Thalberg, che per
tutta la prima met dellOttocento fissano lo standard del concerto per pianoforte e orchestra, fino a quando londa lunga di Beethoven sommerge tutti.
Dopo il Quinto, Beethoven non scrive altri concerti per pianoforte e, non
essendo pi concertista lui stesso, non ne assicura la circolazione per almeno
un ventennio. Trova il suo campione in Liszt, che trionfa in tutta Europa
proprio con lImperatore. Tuttavia leleganza sublime del Quarto a ispirare
i massimi capolavori che seguiranno: il Concerto in la minore di Schumann,
i due di Brahms, anche quelli di ajkovskij, di Grieg, di Rachmaninov, con
le naturali propaggini nel Novecento.

Ascolti
L. van Beethoven, Concerto n. 4, Triplo concerto, H. von Karajan, Berliner Philharmoniker, emi 2005
L. van Beethoven, Klavierkonzerte, M. Pollini, C. Abbado, Berliner Philharmoniker, dg
1995

Letture
L. Plantinga, Beethovens Concertos: History, Style, Performances, W.W. Norton & Company, New York 1999
C. Rosen, Music and Sentiment, Yale University Press, New Haven 2010

1814Fidelio

Ludwig van Beethoven


Ouverture narrante Beethoven violista al teatro di Bonn
Paisiello, Cimarosa e il dominio operistico italiano Il
Singspiel aggiornato Lopra de sauvetage francese Cherubini Leonore Fidelio La nuova opera tedesca

La vocazione di Beethoven a esprimere i drammi con i soli strumenti dellorchestra si capisce bene ascoltando, a teatro, un brano sinfonico ovviamente
fuori contesto. Capita spesso che, prima della scena finale del secondo e ultimo atto dellopera Fidelio, sia eseguita louverture Leonora. La pratica
introdotta a fine Ottocento da Gustav Mahler, con lobiettivo primario di
sfruttare uno dei brani sinfonici pi efficaci mai scritti da Beethoven. vero
che toglie ritmo allazione perch ripete gli squilli delle trombe che annunciano larrivo del liberatore e ritarda il doveroso lieto fine. Per ricapitola il
senso etico, e non solo musicale, che sta alla base dellopera tutta. Louverture Leonora n. 3 articolata in due parti. Lampia introduzione esprime perfettamente loppressione fisica e morale dellinnocente prigioniero Florestano, con il suo canto disperato che troviamo alla fine del primo atto. Nel
successivo Allegro, un bellissimo motivo emerge dal nulla, ascende vigoroso e si scontra con il tema del dolore del prigioniero per costruire una
delle pi forti dialettiche musicali mai concepite. Il segnale che la lotta finita e che il bene trionfa sul male giunge quando, da lontano, fuori scena,
squilla la fanfara che prelude allesplodere della gioia per la vita riconquistata. Leonora dunque la sintesi stessa dellopera e della sua travagliata gestazione, durata almeno dieci anni, e anche di pi se si considera nel suo insieme
il rapporto che Beethoven ha con il teatro musicale.
Sappiamo che, per un paio di stagioni (1790-92), Beethoven suona la
viola nellorchestra del teatro di corte di Bonn e familiarizza con il repertorio corrente, che in massima parte quello italiano nella versione moderna
di Paisiello e Cimarosa, i due autori che pi contano nel melodramma di
fine Settecento. Entrambi si formano alla scuola napoletana di Durante e
Piccinni, assimilano lo stile veneziano di Vivaldi e Hasse, si affermano con
opere serie e buffe su libretti di Metastasio e di Goldoni, prima in Italia e
subito dopo in Europa. Il pugliese Paisiello chiamato nel 1775 da Caterina ii a San Pietroburgo, dove scrive fra laltro una nuova Serva padrona
(1781) ampliando il testo e lorganico orchestrale di Pergolesi, Il barbiere di
Siviglia (1782) da Beaumarchais che apre la strada a Mozart e Rossini, Il

352 V. Dialettica musicale

mondo della luna (1782) sul libretto di Goldoni musicato da Galuppi nel
1750 e da Haydn nel 1777. Sulla via del ritorno, Paisiello soggiorna a Vienna (1784) e, una volta a Napoli, scrive il suo capolavoro Nina, ossia La
pazza per amore (1789) subito diffuso in tutta Europa e rimasto sempre in
repertorio grazie alle sue morbide melodie e alla delicatezza della trama.
Chiamato a Parigi, con Proserpine (1803, sul testo di Quinault gi usato da
Lully) assorbe lo stile dellopra-lyrique e diventa uno dei favoriti della
corte napoleonica, salvo pagarne lo scotto al tempo della restaurazione
borbonica e morire in disgrazia a Napoli. A sua volta, il campano Cimarosa
si afferma a Roma nel 1779 con Litaliana in Londra e a Napoli nel 1786 con
Limpresario in angustie. Nel 1787 parte per San Pietroburgo e, al rientro,
si ferma a Vienna, dove compone nel 1792 il suo capolavoro, Il matrimonio
segreto. Le opere di Cimarosa e Paisiello sono la base dellormai prossimo
fenomeno Rossini.
Nei ranghi dellorchestra, Beethoven impara anche a conoscere il teatro
di Mozart, apprezza quello italiano (giudica immorale il libretto di Don Giovanni, per ne sente la lezione musicale nel quartetto del secondo atto di
Fidelio) e ancor pi quello tedesco del Ratto dal serraglio e del Flauto magico.
Arrivato a Vienna, pensa subito di scrivere opere e si rivolge a Emanuel
Schikaneder, il demiurgo del Flauto magico mozartiano, per avere un libretto. Ottiene Il fuoco di Vesta (Vestas Feuer), un soggetto classico mitologico
coerente con lo spirito del tempo e con il recente impegno sul balletto Le
creature di Prometeo. Per sei mesi prende appunti, scrive qualche frammento
(1803), chiede variazioni al testo, abbandona perch scopre un filone meno
affettato e pi drammatico. Infatti, proprio in quel tempo approda a Vienna
linnovativo stile operistico parigino del quale, come gi Lully due secoli
prima, il fiorentino Cherubini la figura preminente. Fra laltro allievo a
Bologna di quel Giuseppe Sarti che ha successo a Vienna ai tempi di Mozart
e Haydn, oltre che a San Pietroburgo. Dopo una stagione a Londra, nel 1788
Cherubini si stabilisce a Parigi su suggerimento dellamico Viotti. Si presenta con Dmophoon, adattando lo stile dellopera italiana al teatro musicale
francotedesco riformato da Gluck. Il vero successo arriva con Lodoska
(1791), concepita nello stile dellopra-comique in cui i numeri musicali
(arie, duetti, cori) sono connessi da dialoghi parlati che consentono di raccapezzarsi fra gli intrecci e le situazioni pi farraginose. In Lodoska il valoroso
Floreski si traveste da donna per salvare lamata Lodoska sequestrata dal
cattivo Durlisky. Quando tutto sembra perduto, sopraggiunge il salvifico
intervento dei tartari. Addirittura trionfale laccoglienza di Medea (1797),
perfetto esempio di opera neoclassica in cui la purezza delle strutture formali esalta lintensit delle passioni dei protagonisti, come succede nella mozartiana Clemenza di Tito (1791).

1814 Fidelio 353

Napoleone e la sua corte preferiscono per la tradizionale opera italiana


rinnovata da Paisiello e Cimarosa, meglio se francesizzata da tienne-Nicolas Mhul e Andr Grtry. Cherubini si trasferisce a Vienna, dove conosce
Haydn e incanta Beethoven con la collaudata Lodoska e le nuove opere Le
due giornate (1800) e Anacreonte (1803). Oltre alla forte componente sinfonica che accompagna il canto di singoli e di cori, e pur nella variet delle vicende, in tutte le opere di Cherubini presente un deus ex machina di antica
memoria che salva i protagonisti da un finale tragico e porta allimmancabile
lieto fine. Da allora il termine opra de sauvetage identifica un genere che
avr ampi sviluppi nella stagione romantica. Lo stile di Cherubini ispira la
prima vera opera teatrale a un Beethoven sempre pi convinto che Parigi sia
la destinazione finale della sua arte musicale. Sceglie il dramma Lonore, ou
LAmour conjugal del francese Jean-Nicolas Bouilly. Nelladattamento in tedesco dellavvocato Joseph Sonnleithner, la storia racconta dellinnocente
Florestano imprigionato dal malvagio don Pizarro allinsaputa del governatore buono don Fernando. La moglie Leonora, pur di salvarlo, si traveste da
garzone Fidelio, diventa assistente del carceriere bravuomo Rocco, si schernisce dellamore di sua figlia Marcellina. Finalmente raggiunge il marito
nelle segrete del palazzo. Don Pizarro se ne accorge e si appresta a uccidere
Florestano. Arriva il liberatore don Fernando e lincubo finisce.
Con il titolo Leonore, lopera va in scena il 20 novembre 1805 in un Burgtheater semivuoto. La nobilt viennese fuggita allarrivo delle armate napoleoniche e il pubblico composto da ufficiali francesi che si preparano
per la battaglia decisiva (due settimane dopo, ad Austerlitz, in Moravia).
Laccoglienza tiepida. Beethoven si convince della necessit di un rifacimento radicale. Riduce gli atti da tre a due, taglia intere scene, aggiusta la
scrittura vocale, tiene conto, una volta tanto, delle rimostranze del tenore
per una parte pensata pi per uno strumento che per una voce. Riscrive
louverture originale (oggi classificata come Leonora n. 2), che gi segue il
principio, teorizzato da Gluck e adottato da Cherubini, di anticipare i temi
principali delle trame future. Vuole trasformare louverture in sintesi strumentale dellintera azione teatrale e del suo valore morale.
Nella nuova versione (Leonora n. 3), louverture mantiene la struttura
formale con il consueto (anche in Cherubini) Adagio iniziale seguito da un
vivace Allegro, arricchito con una vigorosa sezione centrale di sviluppo
che lo rende un perfetto primo movimento di sinfonia. Allungata di 108
battute, dura circa 15 minuti (invece di 12), dunque pi di tutti i primi movimenti di sinfonia beethoveniana, esclusi quelli di Terza e Nona. Riproposta
il 29 marzo 1806, lopera Leonore non convince ancora. Viene replicata un
paio di volte, per poi scomparire dal cartellone. Il progetto per una nuova
versione destinata a Praga non va in porto e ci resta solo una diversa, pi

354 V. Dialettica musicale

leggera, variante dellouverture (Leonora n. 1). Per quasi otto anni Beethoven non ha progetti teatrali. Mancano le occasioni, perch il costante stato
di guerra prosciuga le casse imperiali e distrugge fortune di nobili e borghesi. I gusti del pubblico cercano evasione nellopera buffa. I grandi ideali
sfumano sotto la pressione delle contingenze spicciole. Beethoven deve fare
i conti con la crescente sordit, le finanze in sofferenza, la delusione per il
crollo degli ideali rivoluzionari e per limpraticabilit del trasferimento a
Parigi.
La caduta di Napoleone in Russia (1812) e a Lipsia (1814) porta nuove
speranze e risorse a Vienna. Beethoven rimette mano alla partitura di Leonore, ancora una volta in modo radicale, per ridurre e concentrare. Cambia
il titolo, che diventa Fidelio. Nei due nuovi atti, delloriginale intreccio
parlato/cantato di opra-comique francese e Singspiel tedesco resta ben
poco, e confinato al primo atto. Quasi sparisce il gioco dei travestimenti
sullequivoco che spinge Marcellina a corteggiare Leonore travestita da Fidelio. Con lingresso del truce don Pizarro (fine del primo atto), il tono comico scompare e lascia il passo al dramma totale. Il canto virtuosistico in
stile italiano diventa integrazione vocale ai disegni strumentali. Non mancano le melodie spiegate, a cui seguono i modelli del Flauto magico di Mozart,
piuttosto che quelli di Cimarosa e Paisiello, e dello stesso Cherubini. Asciutta espressione germanica si direbbe, non sentimentalismo francoitaliano. Il
coro compare solo due volte, a dar voce ai prigionieri nel primo atto e alla
gioia di tutti nel finale. Nuova anche louverture, slegata sia dalle tre precedenti sia dallazione teatrale: molto pi breve (circa otto minuti), con altro
titolo, in una tonalit diversa (mi maggiore) per far s che ancor pi risalti la
luce del do maggiore con cui lopera finisce. Inoltre, mentre entrambe le
precedenti stesure dellopera intera (Leonore) ambientano il finale nel sotterraneo, la nuova versione (Fidelio) porta tutti a gioire allaria aperta, nel
cortile del palazzo. Si crea cos un problema serio, per la tecnologia teatrale
di allora: il cambio di scene, ovviamente macchinoso. Anche per questo
motivo Mahler concede un quarto dora di tempo agli attrezzisti e altrettanto di ottima musica agli spettatori inserendo come bonus, prima dellultima
scena di Fidelio, louverture Leonora n. 3. Poco importa se interrompe unazione, che in verit comunque scarsa, per non dire inesistente. un colpo
di genio, una sintesi a priori inserita a posteriori, allinsaputa dellautore,
come giusto che sia.
Rappresentata per la prima volta al Krntnertortheater il 23 maggio
1814, Fidelio ha finalmente un grande successo e da allora sempre in repertorio, sia pure con articolate valutazioni critiche. Di sicuro non unopera
teatrale in senso stretto, coerente nello stile musicale e nellazione drammatica. La storia quella che . Il parlato alla Singspiel del primo atto diverso

1814 Fidelio 355

dai recitativi accompagnati che precedono le grandi arie e i duetti del secondo. Il canto fiorito di Fidelio (non ancora Leonore) ben diverso da quello
emozionato di Leonore (non pi Fidelio). Cos come linerzia sconsolata di
Florestano mal si concilia con il suo ruolo di eroe positivo. la musica che
risolve tutto, dipingendo le emozioni e i drammi senza necessit di parole,
con le sole forze del suo linguaggio emotivo e misterioso. Se ne accorgono
subito non solo il pubblico in sala, ma anche i compositori delle generazioni
successive: Berlioz in primo luogo, ma anche Weber, Schumann, Wagner.
Ovviamente ne tiene conto Mahler, che pure non scrive opere teatrali, per
la sua Ottava sinfonia la scena finale del Faust di Goethe. E lo stesso Beethoven, che riprende a pensare al teatro musicale, progetta un Macbeth, un
Faust. A sua volta, Mendelssohn il primo che capisce il ruolo delle ouverture di Leonore/Fidelio e per primo le dirige tutte e quattro insieme, in
concerto, nel 1840.

Ascolti
L. van Beethoven, Fidelio, L. Bernstein, Wiener Philharmoniker/Wiener Staatsopernchor, dg 1990
L. van Beethoven, Leonore, J.E. Gardiner, Orchestre Rvolutionnaire et Romantique, dg
1997
L. van Beethoven, Ouvertren: Overtures, H. von Karajan, Berliner Philharmoniker, dg
1989

Letture
M. Wassermair, Es sucht der Bruder seine Brder, Optimus Verlag, Wien 2010
J. Herdman, Beethoven, Werk und Wirkung, Bhler, Kln 2003
P. Robinson (a cura di), Ludwig van Beethoven: Fidelio, Cambridge University Press,
Cambridge 1996

Serie VI.
Prima et romantica

Lopera buffa italiana trionfa in tutta Europa, lopra-comique diverte Parigi


e il Singspiel tedesco si trasforma in teatro di meraviglie e di magie. Le forme
classiche della sinfonia e della sonata espandono le loro dimensioni, diluiscono la dialettica, frammentano la struttura e cercano incanti melodici. Il fortepiano si perfeziona nella meccanica, aumenta il volume e diventa pianoforte: verticale per gli ambienti domestici, gran coda per le sale da concerto. Ha
diffusione immensa, con parallelo sviluppo della didattica e del concertismo
virtuosistico. Si rinnova anche la tecnica del violino. La musica da camera si
affida sempre pi ai professionisti e meno ai dilettanti, concede sempre pi
spazio al pianoforte, aggiunge fiati e inventa il linguaggio dellorchestra in
miniatura.
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1827

Il barbiere di Siviglia Gioachino Rossini


Sonata per pianoforte op. 106 Hammerklavier Ludwig van Beethoven
24 Capricci per violino solo Niccol Paganini
Il franco cacciatore Carl Maria von Weber
Fantasia per pianoforte D 760 Wanderer Franz Schubert
Missa solemnis op. 123 Ludwig van Beethoven
Variazioni su un tema di Diabelli op. 120 Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 9 op. 125 Ludwig van Beethoven
Quartetto D 820 La morte e la fanciulla Franz Schubert
Quartetto op. 130 Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 9 D 944 La grande Franz Schubert
Quintetto per violoncello e archi D 956 Franz Schubert

1816 Il barbiere di Siviglia


Gioachino Rossini

Crescendo rossiniano Il giovane Rossini Litaliana in


Algeri Paisiello Cimarosa Lopera italiana in Russia
Nuovi librettisti: Romani, Sterbini, Ferretti Auber e
lopra-comique Commedia lirica italiana e operetta
francese
Largo al factotum della citt. Laria di presentazione (cavatina) di Figaro
il manifesto dellopera buffa italiana nel suo momento di massimo splendore.
Il barbiere ha la voce di baritono, che intermedia fra quella squillante del
tenore e quella profonda del basso. Entra in scena baldanzoso, felice di essere
al mondo e utile a tutti, alla donnetta e al cavaliere, a ragazzi, vecchi e fanciulle. Immagine positiva dei vizi del Don Giovanni mozartiano, Figaro dice di
essere bravo, bravissimo. Canta in tutti i registri della sua voce, accelera, incespica, costruisce un crescendo che basterebbe da solo a dare immortalit allautore Gioachino Rossini, appena venticinquenne. Non meno importante la
precedente cavatina Ecco ridente in cielo del Conte dAlmaviva, pensata per
definire al meglio la grazia amorosa di un tenore allitaliana. un innamorato
vero, non un cinico nobilastro contro il quale un Figaro furioso impreca per i
torti che dovr sopportare per le sue nozze, gi messe in musica da Mozart.
Con il duetto Allidea di quel metallo si stabilisce fra i due il piano per conquistare la bella Rosina, che si presenta come consapevole donna moderna e
padrona delle sue emozioni con la cavatina Una voce poco fa conclusa dalle
mitiche affermazioni: Ma se mi toccano / dov il mio debole / sar una vipera / e cento trappole / prima di cedere / far giocar.
La coppia dei contendenti maschili formata dal vecchio dottor Bartolo,
tutore e spasimante frustrato di Rosina, e dal maestro di musica don Basilio,
cui affidata unaltra aria celeberrima, lesaltazione della calunnia che da
venticello si trasforma in fragoroso colpo di cannone alla fine di un altro
crescendo vocale che fa il pari con Largo al factotum. Entrano altri personaggi e un piccolo coro. Insieme costruiscono una sempre pi divertente
commedia degli equivoci. Ciascuno ha il suo momento di gloria con unaria,
un duetto, un pezzo dassieme. La sintesi arriva in quel crescendo di crescendi che il meraviglioso finale del primo atto. Tutto un perfetto esempio di
concertato buffo allitaliana. Compare prima il Conte travestito, seguito
nellordine da don Bartolo stupito, Rosina maliziosa, don Basilio stupefatto
come la serva Berta, Figaro sornione, un plotone di soldati, un ufficiale sba-

1816 Il barbiere di Siviglia 361

lordito. Il crescere della confusione scandito dal passo di marcia dellorchestra, dalle pause che punteggiano dialoghi surreali, con Figaro che finge di
mettere ordine e la tecnica musicale del canone che tutto sospende prima che
la gazzarra riesploda per far calare il sipario. Il secondo atto, pi breve, si
sviluppa sullo stesso schema, incorpora un sontuoso temporale per sola orchestra e culmina con un nuovo e magnifico pezzo dassieme in cui tutto si
aggiusta: i giovani Rosina e Almaviva coronano il loro amore, i vecchi Bartolo e Basilio restano scornati, Figaro emerge come il vero factotum dellopera.
Si sente che Rossini ha studiato a fondo lo stile operistico di Mozart, in
particolare il finale del secondo atto delle Nozze di Figaro. Se si va oltre il pur
magnifico schermo del libretto, si scopre che i meccanismi musicali hanno la
solidit e lefficienza delle migliori pagine polifoniche, esaltate dalle velocissime scansioni ritmiche con i colori della (piccola) orchestra a dare ulteriore
vivacit, compreso il canone usato al contrario, cio per creare sospensione
e non movimento.
Rossini arriva al suo capolavoro a venticinque anni, collaudato da una
memorabile serie di successi. Ha dodici anni quando scrive le Sei sonate per
violini, viola e contrabbasso sul modello di Haydn, tuttora in repertorio. Lesordio in scena, al teatro San Mois di Venezia, a soli diciotto con la farsa
La cambiale di matrimonio seguita, nel biennio 1811-12, da una serie di piccoli gioielli che gi nel titolo suggeriscono farsa e burla: Lequivoco stravagante, Linganno felice, La scala di seta, La pietra del paragone, Loccasione fa il
ladro, Il signor Bruschino. Nel 1813, a 21 anni, Rossini scrive i suoi primi capolavori. Litaliana in Algeri trionfa al teatro San Benedetto di Venezia grazie
a unarchitettura complessiva e a una variet di soluzioni di dettaglio che
anticipano la sintesi perfetta del Barbiere. unopera buffa, ambientata in un
luogo esotico, in unAlgeri che ancora appartiene allaltro mondo, covo di
pirati e di sequestratori di cristiani, per popolata di buontemponi e creduloni. Qui la scaltra Isabella, assistita dal fido Taddeo, fa buon gioco a prendere per la gola il sultano Mustaf, a convincerlo a giocare a pappataci, cio
a banchettar tacendo mentre lei salpa portandosi appresso lamato Lindoro.
NellItaliana in Algeri sono impagabili le arie (Languir per una bella,
Cruda sorte, Per lui che adoro, Le femmine dItalia) e le combinazioni di solisti (il duetto O che muso, che figura, il quintetto Ti presento la
mia man), i cori ( un boccon per Mustaf, Viva il grande kaimankan,
De pappataci savanza il coro). Per i suoi punti di forza sono i due finali
datto. Pi che la situazione in s e le parole che la descrivono, entusiasma
luso del suono. Le voci diventano strumenti e il loro canto onomatopee:
din, din / bum, bum / cra cra in Nella testa ho un campanello (finale i);
mangia e taci / pappataci (finale ii). Sono chiare le analogie con Il ratto dal
serraglio di Mozart non solo sul piano narrativo, anche su quello musicale.

362 VI. Prima et romantica

Le turcherie sono esplicite, tanto che in partitura Rossini chiede una gran
banda turca, cio triangoli, tamburelli, grancassa, piatti, campanelli oltre ai
fiati (pifferi) dordinanza. Ancora pi sensibile la lezione mozartiana
nellimpiego di flauti, oboi, clarinetti, ottoni con sostanziale rivoluzione del
suono orchestrale a sostegno e integrazione delle voci. Tecniche che Rossini,
da sempre attento alla scrittura mozartiana e al Classicismo viennese, impara
nel suo fondamentale periodo di studio al conservatorio di Bologna.
A suo modo, Rossini compie unoperazione inversa rispetto a quella che
Mozart fa con lopera italiana del Settecento: porta Mozart allinterno dellopera italiana come si evoluta nel frattempo, cio nel ventennio a cavallo fra
Settecento e Ottocento. Come sappiamo, in quel tempo le scene europee sono
dominate da due italiani di scuola napoletana che esercitano un influsso decisivo sulla triade viennese Mozart-Haydn-Beethoven e, appunto, sullastro nascente Rossini. Il primo Paisiello, acclamato alle corti di Caterina di Russia e
di Vienna, autore di un centinaio di opere fra buffe e serie. Il suo Barbiere di
Siviglia (1782) non solo anticipa Mozart ma ancora in repertorio quando
Rossini si affaccia al teatro. In pi trionfano Nina, ossia La pazza per amore
(1795) e soprattutto La molinara (1790), la cui aria pi famosa Nel cuor pi
non mi sento immortale grazie anche alle variazioni di Beethoven per pianoforte e di Paganini per violino. Laltro Cimarosa, le cui opere sono rappresentate in tutta Europa, con trionfi a San Pietroburgo. Resta da sempre in repertorio Il matrimonio segreto (Vienna 1792), assieme a un altro grande classico Limpresario in angustie, che esordisce a Napoli (1786) e che a Weimar
(1791) si fregia della traduzione di Goethe. Lintermezzo Il maestro di cappella
(1786-93) una gradevolissima parodia, ancora attuale, dei vezzi del direttore
dorchestra. Gli Orazi e Curiazi (Venezia 1796) diventa lopera seria pi rappresentata in Europa nei primi trentanni dellOttocento. Altri suoi titoli mettono in musica situazioni che piaceranno a Rossini: Litaliana in Londra (intermezzo, Roma 1779); Le astuzie femminili (Napoli 1794), Semiramide (1799).
Paisiello e Cimarosa propongono un teatro musicale molto diverso da
quello che imperversa per i primi tre quarti del Settecento. Sia nelle loro
opere serie sia in quelle buffe continua a dominare la voce, ma si riducono
gli eccessi virtuosistici dei cantanti a vantaggio della fluidit del canto e dei
pezzi dassieme (duetti, terzetti, concertati con e senza coro). Si ammorbidiscono anche i caratteri: non soltanto eroi della mitologia e della storia classica (nel repertorio serio) e neppure popolani caciaroni (in quello buffo), ma
anche rappresentazioni del mondo reale, nel quale si mescolano aristocratici
e borghesi, filosofi e commercianti. Vincono le storie damore, meglio se
ostacolate da (finte) barriere sociali, che si sciolgono in lieto fine dopo lacrime e languori inframmezzati da siparietti comici e da drammatici colpi di
scena. Il matrimonio segreto di Cimarosa, dove le patetiche infelicit amoro-

1816 Il barbiere di Siviglia 363

se di due giovani si stemperano in una colorita ambientazione popolaresca,


diventa un modello per tutto il melodramma leggero dellOttocento europeo. Ben consapevole di tutto questo e senza far rivoluzioni, Rossini aggiunge eleganza e ironia, non cede alla volgarit e le risate che provoca in sala
sono sempre divertite, mai sguaiate. Le sue innovazioni musicali non sono
radicali, per la linea del canto abbandona gli eccessi e si appoggia sulla
bravura dei cantanti quando il senso e i tempi dellazione lo consentono.
Rossini sfrutta ma non inventa il principio del crescendo, che sappiamo nato
nellorchestra di corte di Mannheim diretta da Carl Stamitz a met Settecento e subito ripreso da Haydn e Mozart. Semmai innova perch si ferma
allapice, scarta il conseguente diminuendo e crea cos il senso di attesa per
una sicura sorpresa in arrivo. Tutta sua invece la meccanica implacabile di
piccoli frammenti di poche battute che si ripetono senza sosta, con ritmi
sempre pi vivaci e perfetta scelta delle progressioni timbriche provenienti
dal magnifico utilizzo degli strumenti a fiato.
Rossini di regola non interviene sui singoli versi e si sforza di far capire le
parole. Sa che la patinata scrittura di Metastasio meglio sostituita da quella
incisiva di Carlo Goldoni e Lorenzo Da Ponte, a loro volta riferimenti per
nuovi librettisti, che Rossini sceglie molto bene: Angelo Anelli per Litaliana
in Algeri, Felice Romani per lo speculare Il turco in Italia (1814), Cesare
Sterbini per Il barbiere di Siviglia, Jacopo Ferretti per La cenerentola (1817).
In questultimo capolavoro compare un importante mutamento. Si perfeziona lo stile della commedia sentimentale gi impostato da Paisiello e Cimarosa, col prevalere di eleganza lirica sia nella scrittura dellorchestra sia nello
stile del canto. Restano i momenti divertenti, non mancano i passaggi di
canto fiorito, ma in fondo Rossini abbandona per sempre lopera buffa che
gli d i trionfi del quinquennio 1813-17. Scritturato dallimpresario Lorenzo
Barbaja e trasferitosi a Napoli, si dedica al melodramma serio, che merita un
discorso a parte.
Quando nel 1823 si stabilisce a Parigi dopo soggiorni a Vienna e Londra,
Rossini rinfresca opere serie del periodo napoletano e cerca una nuova via
nel teatro leggero. Il primo risultato la cantata scenica Il viaggio a Reims
(1825), un florilegio di pezzi di bravura accostati con tanta ironia e senza una
vera storia. La partitura resta negli archivi fino al 1984 quando ripresa con
esiti trionfali. Rossini la ricicla in parte in una nuova commedia, Le Comte
Ory (1828), che tiene conto del quasi nuovo genere dellopra-comique e
che, come risposta francese al Singspiel tedesco, alterna scene parlate a segmenti musicali di varia natura. Lopra-comique nasce in Francia nei primi
del Settecento e giunge a perfezione con La Dame blanche di FranoisAdrien Boeldieu, rappresentata oltre 150 volte nel solo anno di esordio
(1825). Autore del libretto Eugne Scribe, che sfrutta il suo grande istinto

364 VI. Prima et romantica

teatrale per dare forza e variet alle ampie sezioni parlate. Scribe diventa
subito il tramite assoluto per chiunque voglia aver successo a Parigi: per oltre
50 anni fornir testi per i massimi musicisti del tempo, cominciando da Rossini, per il quale scrive proprio il libretto del Comte Ory (1828). Il successo
buono, ma non tale da invogliare il pigro compositore a procedere su
quella strada. Convinto che il suo futuro sia nel genere serio e drammatico,
prova a rinnovarsi con Guglielmo Tell.
Lopra-comique parigina prosegue invece il suo cammino trionfale, facendo tesoro degli accorgimenti messi a punto da Rossini, soprattutto nel
canto comico e ancor pi nella strumentazione. I maggiori successi sono Fra
Diavolo (1830) e Le Domino noir (1837) di Daniel Auber, che gi nel 1822
collabora con Scribe e fin dalle sue prime opere fa largo uso di soluzioni
rossiniane. Il successo garantito dai gusti del nuovo pubblico borghese che
affolla i teatri dopera di tutta Europa e gradisce bel canto e storie semplici
legate alla vita quotidiana, commedie con lieto fine accanto a drammi truculenti. Come sempre, la circolazione immediata e ogni novit di Parigi arriva
subito a Milano, Napoli, Londra, Vienna, San Pietroburgo. Cambia naturalmente anche lopera italiana. Nasce il nuovo genere della commedia lirica,
che ha i suoi primi capolavori in Lelisir damore (Milano, 1832) e Don Pasquale (Parigi, 1843) del bergamasco Gaetano Donizetti, in La sonnambula
(Milano, 1832) del catanese Vincenzo Bellini. A Parigi continua a chiamarsi
opra-lyrique e trova i suoi nuovi momenti magici prima con Faust (1859) di
Charles Gounod, quindi con Manon (1884) e Werther (Vienna 1892) di Jules
Massenet; con le gustose devianze fra serio e faceto delle operette Orphe
aux Enfers (1858) e La belle Hlne (1864) di Jacques Offenbach.

Ascolti
G. Rossini, Il barbiere di Siviglia, C. Abbado, London Symphony Orchestra (1972), dg
1998
G. Rossini, Litaliana in Algeri, C. Abbado, Wiener Philharmoniker, dg 1989
G. Paisiello, La molinara, F. Caracciolo, Archipel 2012

Letture
H. Weinstock, Rossini: A Biography, Limelight Editions, New York 1987
R. Osborne, Rossini, Dent, London 1986
J. Rosselli, The Opera Industry in Italy from Cimarosa to Verdi: The Role of the Impresario,
Cambridge University Press, Cambridge 1984
L. Rognoni, Gioacchino Rossini, Einaudi, Torino 1977

1819 Sonata per pianoforte op. 106 Hammerklavier


Ludwig van Beethoven

Il contrappunto come finale della sonata pi complessa I


pianoforti di Beethoven Il metronomo Mlzel Le ultime tre sonate di Beethoven Piccole bagatelle e colossali
variazioni La sonata per pianoforte dopo Beethoven:
Chopin, Brahms, Liszt
Fuga a tre voci con alcune licenze lindicazione che Beethoven scrive per
il movimento finale della pi ampia (dura oltre mezzora) fra le sue 32 sonate per pianoforte. Le licenze sono il suo contributo a una forma musicale
antica, che ha in Johann Sebastian Bach il suo fulcro. Sappiamo che Beethoven studia le fughe del Clavicembalo ben temperato ancora a Bonn, sotto la
guida del primo maestro Neefe, e quelle dellArte della fuga a Vienna con
Albrechtsberger. Dunque non sorprendono i tanti artifici storici che pullulano in questa fuga: tre voci strumentali si inseguono su un solo tema,
nervoso e veloce, che attacca acuto e finisce borbottando nel basso. Il tema
subisce le classiche trasformazioni: aumentato (si allunga la durata delle
singole note), cancrizzato (si procede al contrario, con lultima nota che diventa la prima), rovesciato, combinato con le sue metamorfosi. Le fasi di
elaborazione contrappuntistica del tema si succedono senza interruzione.
Solo un breve interludio, in piano, in forma di canone, diventa locchio
stupefatto del ciclone di note che squassa lintera tastiera.
La fuga conclusiva lo sbocco necessario di un organismo musicale smisurato, disposto in quattro movimenti che non hanno nulla di classico. Nel
primo, la tradizionale forma sonata appena accennata, perch non c
dialettica fra la cellula ritmica iniziale sostenuta da accordi a piene mani e il
flebile elemento melodico che le consegue. Finita la breve esposizione, si
innesta immediato uno sviluppo che procede per pagine e pagine su piste
incredibilmente complesse e si placa solo quando finiscono le possibilit di
elaborazione. Lo Scherzo che segue breve ma fulminante. Serve per
staccare di netto il primo dal terzo movimento, che un immenso Adagio
sostenuto. La cantabilit quasi vocale si frantuma in particelle sempre pi
sottili e sfumate, fa germinare altre cellule che si perdono nellinformale e nei
misteri di una confessione interiore. La libert completa. Il tempo fermo.
Come succeder nellormai prossima Nona sinfonia, indispensabile la concentrazione assoluta di esecutori e ascoltatori. Dopo un Adagio sostenuto
di simile respiro, Beethoven si rende conto di non poter chiudere in modo

366 VI. Prima et romantica

tradizionale. Pertanto scrive un breve collegamento (Largo) che richiama


le fantasie improvvisatorie di Carl Philipp Emanuel Bach e che culmina in
unallucinante catena di trilli in tutti i registri del pianoforte. Allora attacca
la spettacolare fuga. La tensione accumulata nellAdagio si scarica attraverso unoperazione artistica eccezionale: lantico (la fuga) si unisce al nuovo
(la dialettica della sonata) per arrivare alla fusione risolutiva.
questa voglia di sintesi musicale che risveglia Beethoven dal torpore in
cui lo gettano, fra 1814 e 1816, le vicende personali (lamore che si allontana,
la sordit che avanza, il difficile rapporto con il nipote) e sociali (le atrocit
delle guerre napoleoniche, la durezza della Restaurazione). Il primo segnale
si trova appunto nel pianoforte, fermo da almeno tre anni alle divagazioni
delle sonate op. 78, 79 e 90, e alle retrospettive dellop. 81a Les Adieux. La
sperimentazione pianistica di Beethoven resta sospesa sui furori dellancor
precedente sonata op. 57 Appassionata. Dopo due anni di silenzio quasi assoluto, nel 1816 Beethoven completa una nuova sonata, lop. 101, dalla forma tutta nuova. I tempi restano quattro, riconducibili allo schema classico
Allegro-Scherzo-Adagio-Finale, ma il primo tempo, Allegretto ma non
troppo, un libero fantasticare su una sola melodia, sognante, intrecciata
con accordi, accenni ritmici, congiunzioni per le riapparizioni variate della
melodia principale. Il successivo Vivace alla marcia ha il passo degli scherzi beethoveniani, ma lincisivit del ritmo assume un che di spettrale, per la
registrazione pianistica spostata nelle regioni estreme, acute e gravi, della
tastiera. Pertanto il terzo tempo, Adagio sostenuto, un intenso preludio
alla fuga conclusiva, lungamente preparata da figure ornamentali, echi del
primo movimento, secche cadenze, isolati accenni di contrappunto. Quando, alla mano sinistra, appare perentorio il tema della fuga, la tensione
espressiva si trasferisce nel gioco complesso e faticoso delle quattro voci,
nelle asperit di una scrittura pianistica fra le pi difficili mai immaginate da
Beethoven.
Lattrazione verso lantica polifonia continua e si consolida in un altro
genere, nella seconda delle due sonate per violoncello e pianoforte op. 102
scritte nel 1816 per Joseph Linke, ottimo strumentista, elemento di spicco
del quartetto Schuppanzigh. Il violoncello non pu, come il violino, distinguersi dal pianoforte grazie a uno svettante registro acuto, anzi si muove nei
registri medio-gravi, dov concreto il rischio di essere sopraffatto sul piano
timbrico (come in parte succede nelle due sonate giovanili dellop. 5).
Nellop. 102, Beethoven sviluppa la tecnica utilizzata nella Sonata op. 69
(1808), intermedia e pi popolare dellintera serie, e inventa un tipo di scrittura fatta di frammenti che rimbalzano da uno strumento allaltro, che si
integrano in un tessuto unico eppure salvaguardano ed esaltano le singole
individualit. Ne scaturisce una voglia di contrappunto che, nella Sonata op.

1819 Sonata per pianoforte op. 106 Hammerklavier 367

102 n. 2, si sente fin dalle prime battute, nellattacco del pianoforte, nella
risposta del violoncello, in quasi ogni momento dello sviluppo. La provocano gli incisi brevi e guizzanti, che sembrano inconciliabili, come in una toccata clavicembalistica di et bachiana. Con lAdagio con molto sentimento
daffetto che segue, inizia la serie dei grandi adagio dellultimo Beethoven. fatto da una melodia lunga che sembra breve perch frastagliata da
ornamentazioni arcaiche, che invece suonano modernissime. Non si sviluppa, non ha poli dialettici; cambia solo perch modula con armonie dissonanti e dolorose. Sembra svanire. Allora attacca un tema di fuga, prima timido e
incerto, poi sicuro, infine aspro. Le parti si muovono indipendenti, incuranti delle regole armoniche e del contrappunto classico. Nasce cos il fugato
beethoveniano, che da un lato ha le radici nella polifonia lineare del lontano
Rinascimento e dallaltro scavalca lOttocento romantico per anticipare lo
sperimentalismo delle avanguardie novecentesche.
Il superamento della forma musicale, intesa come logica di architetture
prestabilite e di modernizzazione del contrappunto, arriva al culmine nella
Sonata per pianoforte op. 106, che ha il respiro di una sinfonia per grande
orchestra e che tuttavia si mantiene pianistica, al punto da essere lunica a
portare lindicazione autografa fr das Hammerklavier, per pianoforte a
martelli. Perch Beethoven scriva questa precisazione non si sa. Certo non
per evitare esecuzioni sul clavicembalo, fisicamente impossibili. Neppure
sullesile fortepiano, ormai soppiantato dal ben pi robusto pianoforte. Forse Beethoven, notoriamente distratto e disordinato, non si pone neppure il
problema. Possibile che abbia in mente uno strumento specifico. In quel
tempo non ci sono pianoforti standard. Levoluzione della tecnica costruttiva
velocissima. Muzio Clementi promuove in tutta Europa il modello del suo
socio, il costruttore Broadwood, di base a Londra. A Parigi operano rard e
Pleyel, entrambi famosi costruttori di arpe. In Germania lautoctono Anton
Walter trasferito a Vienna e diventa Streicher. Ciascun pianoforte ha caratteristiche diverse. Gli rard, integrati dalla meccanica inglese, hanno suono
forte e rotondo: vanno bene per saloni grandi e sale da concerto, esigono
forza nelle dita e nelle braccia. I pianoforti Walter modificati da Streicher
sono pi agili, hanno suono pi delicato, richiedono agilit e non potenza.
Beethoven inizia con un Walter, passa (dal 1803) a un rard e torna (circa
1809) al nuovo Walter-Streicher. Le tre maniere creative di Beethoven
potrebbero cos ridursi ad altrettante maniere tecnologiche, con enfasi particolare sullultima, forse la pi importante.
Un altro indizio complica il quadro e non offre soluzioni. Nel 1816 il
geniale e bizzarro Johann Nepomuk Mlzel inventa il metronomo, congegno che serve per stabilire la velocit con cui si suonano le note, dando un
senso preciso alle vaghe indicazioni agogiche in uso allora (e ancora ora) con

368 VI. Prima et romantica

la terminologia italiana adagio, moderato, allegro, vivace, presto, prestissimo. Con il suo tic-tac, il metronomo stabilisce quante note
si devono suonare nella prescelta unit di tempo. Beethoven ne presto
entusiasta e comincia a scrivere sui suoi testi i numeri di Mlzel. Uno dei
primi casi appunto la sonata Hammerklavier, composta fra il novembre
del 1817 e il marzo del 1819. Solo che le indicazioni autografe prescrivono
una velocit di esecuzione ai limiti dellimpossibile e obbligano gli interpreti a compromessi importanti in termini di forza e qualit del suono. Gi
difficili sulle meccaniche leggere dei pianoforti Walter-Streicher, i tempi
metronomici di Beethoven sono impraticabili sui robusti strumenti rard
dove, per, basta rallentare un poco per ottenere dosaggi di timbri e dinamiche capaci di rendere sinfoniche le corde della tastiera. una scelta che
fanno molti interpreti di ieri e di oggi, con risultati straordinari con il solo
limite di attribuire a Beethoven un errore materiale nel destreggiarsi con un
attrezzo nuovo. E che finiscono col riconoscere al prodotto artistico finito
una consistenza propria, indipendente (in buona parte) dalla volont del
suo autore.
La voglia di sperimentare su nuovi strumenti in un certo senso spiega la
disomogeneit dellultimo pianismo beethoveniano. Lo spessore orchestrale
e la spartizione di ruoli espressivi fra singoli movimenti della Hammerklavier
non compaiono in nessuno dei tre altri lavori che Beethoven definisce sonate, classificati con tre numeri dopera consecutivi e completati con singolare
regolarit, uno dopo laltro fra 1819 e 1822, in parallelo con la faticosa elaborazione di Missa solemnis e Nona sinfonia. Sono tre lavori brevi, assai diversi ma complementari. Pare, anzi, che sulle ceneri della sonata di stampo
classico prevalga lo spirito della bagatella, che associa fra loro pannelli di
diversa consistenza e variabile spessore musicale, spesso senza apparente o
reale legame unificante. Come succede nelle contemporanee Variazioni su un
tema di Diabelli, per esempio. Certo, nessuna delle tre ha la struttura in tre/
quattro movimenti di stampo classico cui Beethoven rimane fedele nelle 29
sonate per pianoforte composte in precedenza. Nella prima sonata della
terna, lop. 109, che anche lunico lavoro che riesce a terminare nel 1820,
linarrestabile urgenza espressiva dellop. 106 sembra del tutto svanita. La
voce del pianoforte muta registro. Mancano le brucianti tensioni, le impennate della seconda maniera; c invece tanta dolcezza, i sentimenti sono
espressi con candore e semplicit. Ritmi, procedimenti a corale, disegni di
accompagnamento portano diritto ai grandi romantici, a Schumann soprattutto, ma anche a Chopin, a Brahms. Nel secondo movimento un tema semplice variato quattro volte con antica sapienza polifonica piena di profezie
romantiche. Nelle ultime due variazioni diventa pulviscolo, sospeso su arpeggi e trilli, con una tecnica che contraddistingue lultimo pianismo di Be-

1819 Sonata per pianoforte op. 106 Hammerklavier 369

ethoven. Finisce con una breve ripresa del tema originale, modificato quel
tanto che basta a conferirgli una malinconia infinita.
La seconda delle tre sonate (op. 110, terminata il giorno di Natale del
1821) si allontana ancor pi dallarchitettura di tante sonate precedenti. Nel
primo movimento non c dialettica, anzi manca un vero e proprio secondo
tema, come manca la sezione di sviluppo, sostituita da semplici riproposte
dellunico soggetto. Pare una lunga e astratta meditazione, a bassa voce,
senza contrasti, senza polifonia, con accompagnamenti convenzionali pi
nellapparenza che nella sostanza, frammentata da arpeggi che ammorbidiscono transizioni armoniche ardite e nuove. Segue una specie di scherzo con
le parti laterali secche e perentorie (e con possibile citazione di un motivo
popolaresco dei sobborghi viennesi) e un trio centrale dalla scrittura rarefatta: due sole voci, un insieme di linee e di punti che spaziano sullintera tastiera. Pochi e robusti stacchi accordali portano ad alcune fra le pagine pi intense dellultimo Beethoven.
In questo Adagio ma non troppo la forma perde tutti i valori di simmetria voluti dal Classicismo, ripristina il preludiare improvvisatorio di antichi
lavori strumentali, i compositi recitativi che precedono nel Settecento le arie
vocali. Preparata da unampia introduzione che culmina con una serie di
singoli imploranti e intensi, appoggiata sulla mesta pulsazione degli accordi
ribattuti, la semplice melodia dellArioso dolente trasmette valori musicali che riassumono il senso vero dellultima stagione beethoveniana. Come gi
in altri lavori di quei tempi (op. 101, 102, 106), le solide regole della fuga
paiono a Beethoven il naturale tampone a tanta tensione espressiva. Qui
per, e in coerenza con lo spirito proprio della sonata tutta, la fuga non ha
contorni aspri e drammatici, ma si mantiene intima, perfino lirica. Le angosce dellArioso dolente si sciolgono a contatto con i razionali (e perci
certi, incorruttibili) valori dellantico contrappunto. Conclusa la prima elaborazione della fuga, il meditativo Arioso si riaffaccia per poche battute.
Perdendo le forze, dolente, scrive Beethoven subito dopo lindicazione
agogica Listesso tempo di Arioso. Ancora una volta risponde, e in modo
definitivo (lo confermano se non altro i 13 rintocchi che servono da transizione), una fuga, costruita sul tema precedente, per rovesciato. La nuova
fuga non dura molto. Con graduale accelerazione di passo e di emozione si
passa al crescendo finale, dove lidealistica fede di Beethoven nel trionfo dei
valori positivi sulle miserie e sui dolori del contingente trova in musica, sul
pianoforte, per lultima volta traduzione perfetta.
Lultima sonata per pianoforte in assoluto di Beethoven, lop. 111, sceglie unaltra struttura ancora, del tutto inedita. Non chiude, ma inizia con
una fuga. Anzi, attacca con un impressionante Maestoso che annuncia la
fuga sotto il profilo tematico, non solo emozionale. La dissonanza estrema

370 VI. Prima et romantica

e pi ambigua, la settima diminuita, esplode tre volte in altrettante, diverse disposizioni. Ogni rintocco prolungato pi del precedente e la tensione
dellultimo si amplifica su un lungo ponte sincopato senza che mai si chiarisca la regione tonale di approdo. Finalmente appare la tonalit di do minore, dopo che il tessuto musicale si dissolve in rumore; ma lapprodo ha il
profilo rude di un tema di fuga, una fuga che per tarda a materializzarsi,
perch attraversata da altri incisi e segmenti, da velleit sonatistiche, da divagazioni e variazioni. Si giunge alla fine dellesposizione (o presunta tale)
senza che si capisca bene se e quando la fuga cominciata. La parte di sviluppo attacca ancora come una fuga, utilizzando pressappoco lo stesso tema, per con valori aumentati e intervalli modificati. A complicare le cose
interviene (e si sarebbe in fase di ricapitolazione sonatistica) di nuovo il tema nella versione originale, sovrapponendosi a quello aumentato, a fare una
doppia fuga, come nel finale dellop. 106. La forma a questo punto scoppia.
Beethoven si rifugia nel suono puro, inventa grumi di note e armonie, trova
spazi lirici, rievoca le settime diminuite dellintroduzione, risolve e termina
in pianissimo, in miracoloso, sereno, inaspettato do maggiore. Come nella
Quinta sinfonia.
Se il primo movimento dellop. 111 ricorda i sussulti titanici dellop. 106,
il secondo ricalca il finale dolcissimo dellop. 109. in forma di tema con
variazioni e c affinit fra i due temi. Anche i primi sviluppi sono simili.
Dalla terza variazione, per, si comincia a cogliere la sostanziale differenza e
il disegno astratto, strutturale che Beethoven ha in mente. La piccola sincope
del tema che sfugge al primo ascolto si rivela cellula generatrice di un processo di dissolvimento che investe ogni parametro del tessuto musicale. Le
sincopi diventano arabeschi evanescenti e questi si trasformano in trilli semplici, doppi, tripli, nel grave, nellacuto, nel sopracuto. Ancora una volta il
linguaggio musicale sparirebbe in una nebbia di polvere argentina e informe,
non fosse per quel tema timidissimo, per inconfondibile, che d continuit
e sicurezza, e chiude. Non c terzo (e quarto) tempo. Beethoven non prosegue. Si direbbe per scelta, come Schubert con lIncompiuta. Considera terminato il suo lungo rapporto non solo con il genere, ma con il nome stesso
di sonata.
Nei suoi ultimi cinque anni di vita scrive ancora musica per pianoforte,
ma si tratta del gran mosaico delle Variazioni su un tema di Diabelli (op. 120)
e di due raccolte di bagatelle (op. 119 e op. 126), frammenti di un ciclo senza bussola apparente. Anticipazione dei mosaici dei prossimi romantici, ancora con Schubert in prima fila, seguito da Schumann e Brahms, da Mendelssohn e da Chopin, oltre che dagli infiniti minori che trasformano le meditazioni interiori di Beethoven in lacrime e sospiri da salotto Biedermeier.
Non ci sono pi sonate. Anzi lultima vera sonata che scrive Beethoven non

1819 Sonata per pianoforte op. 106 Hammerklavier 371

lop. 111. Forse lop. 106 Hammerklavier, di sicuro lop. 57 Appassionata,


quasi ventanni prima.
Hanno problemi a scrivere sonate per pianoforte anche i suoi contemporanei e successori. Non contano le dieci sonate di Ferdinand Ries, le nove di
Johann Nepomuk Hummel, le quattro di Ignaz Moscheles, autori che allora
vanno per la maggiore e oggi sono dimenticati. Non sopravvivono neppure
le undici sonate di Carl Czerny, condizionate dal fine didattico. Fra i grandi,
il pur prolifico Schubert (venti sonate complete pi almeno dieci incompiute) tenta altre strade, abbandona subito la dialettica della forma classica per
affidarsi al lirismo e allarmonia. Chopin, insofferente alle costrizioni, innova
introducendo una Marcia funebre (iii movimento) e un Enigma (iv)
nella sua Seconda sonata op. 35; un Cantabile alla Bellini (iii) e un Esercizio pirotecnico (iv) nella sua Terza sonata op. 14. Schumann prova a rispettare le tradizioni in quelle che definisce sonate (op. 11 e op. 22), ma
cerca velocit impossibili e perfino un accompagnamento virtuale nel Concerto senza orchestra op. 14. Brahms pubblica tre sonate, ma solo in et giovanile (op. 1, 2, 5, 1852-53) e poi, per lamato pianoforte, scrive solo variazioni e piccoli pezzi. Toccher a Liszt rivoluzionare il genere con la sua Sonata in si minore (1853).

Ascolti
L. van Beethoven, Piano Sonatas, E. Gilels, dg 2006, disc 9
L. van Beethoven, Die Spten Klaviersonaten, M. Pollini, dg 1997

Letture
S. Rumph, Beethoven after Napoleon: Political Romanticism in the Late Works, University
of California Press, Berkeley 2004
M. Cooper, Beethoven: The Last Decade 1817-1827, Oxford University Press, New York
1985

1820 24 Capricci per violino solo


Niccol Paganini

Le pi famose variazioni per violino solo Campionario di


tecniche nuove Corelli e la scuola romana Tartini e la
scuola veneta Paganini in Italia e in Europa Dal violino
al pianoforte: Liszt, Schumann, Chopin, Brahms Gli
eredi di Paganini
Nel genere del tema con variazioni, il primato della popolarit spetta allultimo dei Ventiquattro capricci op. 1 di Niccol Paganini. Lo conquista in primo
luogo per la concisione, circa quattro minuti di musica nei quali inserire tema, undici variazioni, stretta finale. Mirabile leconomia dei mezzi impiegati: un violino solo. Straordinaria la variet dei contenuti, disposti su un impianto tanto elementare quanto efficace. Probabile lispirazione allo spirito
della passacaglia o della ciaccona di rinascimentale memoria. Quasi tutte le
variazioni seguono, infatti, il principio metrico stabilito dal tema: 4+4 = 8,
cio un inciso di quattro battute esposto e ripetuto, quindi trasformato in una
variante di durata doppia che chiude i conti dellarmonia. In sole 16 battute
si compie il classico percorso tonale della settecentesca sonata bipartita (di
Johann Sebastian Bach e Domenico Scarlatti, ma anche di Mozart e Haydn),
che prevede il percorso dalla tonica (in questo caso la) alla dominante (mi)
nella prima parte e, nella seconda, il ritorno al punto di partenza, con perfetta simmetria. In nessuna variazione si perde il filo melodico del tema, proprio
perch elementare. La variet assicurata dalla fantasia della tecnica. Ogni
variazione presenta lo strumento violino in una prospettiva sonora diversa.
Arpeggi discendenti e ascendenti (1), semplice accelerazione (2), accordi su
terza e quarta corda (3), volate nel registro acuto (4), balzi dallacuto al grave
(5), esercizio di terze e di ottave (6), gioco di domande e risposte fra corde
diverse (7), corda che canta accompagnata da altre due, dunque con tre corde su quattro sempre impegnate (8), tutto con corde pizzicate dalle dita anzich sfiorate con larchetto (9), gran cantabilit nellacuto (10), accordi alternati a scale da prendere con forza (11) e preparare il pirotecnico finale (12).
Rivoluzionario e geniale nella scrittura quanto rispettoso del passato
nellarchitettura, il Capriccio n. 24 segna un punto di arrivo e apre un nuovo
mondo allarte del violino. il vertice dellintera collezione alla quale il quasi
quarantenne Niccol Paganini assegna lonore di opera prima; e proprio perch collocato a fine raccolta, assolve in modo egregio il suo ruolo di riassumere e rappresentare i 23 numeri che lo precedono. Nessuno di questi raggiunge

1820 24 Capricci per violino solo 373

la sua complessit, ma tutti contribuiscono alla sintesi finale. Ciascuna tecnica


ripresa o solo accennata nellultimo capriccio esplorata in dettaglio altrettante volte, con le prospettive pi varie e le situazioni pi diverse. Sempre, alla
vertigine dei salti e delle corse si alterna il canto malinconico e sentimentale,
spesso fiorito con le ornamentazioni, agile e leggero, come nella tradizione del
belcanto allitaliana, che si richiama allopera del contemporaneo Rossini. Par
di udire risate e corni da caccia. Spesso la normale struttura in tre parti si
frammenta in disegni a geometria variabile. Gli accordi rompono un canto
che spazia in ogni possibile registro. Le quattro corde vibrano su ogni lunghezza compresa fra ponticello e capotasto, anche variando il volume del
suono (tremolo) o la sua intonazione (vibrato).
Tutti i Capricci, per, non si limitano allesercizio puro. Ognuno ha la sua
qualit di suono, che diventa variet di espressione grazie a tecniche diverse
e conseguenti scelte formali. Nel disporre la successione e gli accostamenti,
Paganini non segue i criteri tonali dellantecedente Bach (Clavicembalo ben
temperato) o del successivo Chopin (Studi e Preludi). Non cerca di toccare
tutte le 24 tonalit, ma favorisce quelle fisiologicamente adatte al suo strumento. Pi che sistematicit, cerca fantasia. Pensa ai suoi Capricci come oggetto di studio privato ma anche come opportunit di esecuzione pubblica,
avendo ben presente latteggiamento dellascoltatore potenziale, in salotto
come in sala da concerto. Non pretende che si suoni lintegrale in una sola
serata e organizza ogni Capriccio in modo che linterprete possa accostarlo
ad altri, in gruppi di tre, quattro, cinque, meglio se lultimo fa da ultimo.
Cos si comporta lui stesso, imitato dai tanti che lo prendono ad esempio per
scrivere musica per violino, o trascrivono per pianoforte e altri strumenti.
Per quanto rivoluzionario in s, il principio paganiniano del capriccio e
dello sviluppo del repertorio per violino solo non manca di precedenti illustri. Rodolphe Kreutzer, allievo di Viotti a Parigi e dedicatario della famosa
sonata di Beethoven, nel 1807 pubblica una raccolta di 40 Studi o capricci per
violino solo, tuttora in uso. Nel 1815 si stampano anche i 24 capricci in forma
di studio di Pierre Rode, altro allievo di Viotti e ammirato da Beethoven, che
per lui scrive la sua ultima sonata per violino e pianoforte (op. 96, 1812). Se
si risale nei secoli, sincontra il Capriccio stravagante (1627) nel quale Carlo
Farina, modenese trapiantato a Dresda, imita sul solo violino i versi di cane,
gatto, gallina e gallo. Hndel e Bach scrivono capricci per tastiera, ma il genere mantiene una connotazione violinistica. Gran merito va al bergamasco
Pietro Antonio Locatelli, allievo di Corelli a Roma e concertista di violino
emigrato ad Amsterdam. Nella sua raccolta Larte del violino (1733), ai rituali 12 concerti con orchestra, aggiunge 24 Capricci ad libitum per violino solo
che sperimentano registri estremi, note doppie, nuovi colpi darco, velocit
ubriacanti.

374 VI. Prima et romantica

Ancor pi importante per la formazione di Paganini Giuseppe Tartini.


Istriano di nascita e residente a Padova, Tartini scrive non meno di 130 concerti con orchestra nei quali, dopo liniziale adesione alle formule di Corelli
e di Vivaldi, dal 1730 elabora la struttura del concerto moderno, con il solista
ben separato dal complesso orchestrale. Ancora pi evidente la ricerca di
bravura nelle sue oltre 200 sonate per violino accompagnato da basso, ricche
di melodie e valori espressivi, come la famosa Didone abbandonata, patetica
e drammatica, quasi romantica. Tartini anche didatta di raro successo e
teorico insigne. Nel 1714 segnala il fenomeno del terzo suono: linterazione fra due suoni pi acuti produce una nuova nota nel registro grave utile
come ulteriore basso armonico. I suoi testi Trattato di musica secondo la vera
scienza dellarmonia (1754), De principi dellarmonia musicale (1767), il prezioso Trattato degli abbellimenti (pubblicato nel 1771 a Parigi ma redatto in
italiano nel 1740) si basano su princpi fisico-matematici ripresi dal cinquecentista Gioseffo Zarlino e danno indirizzi pratici su come utilizzare i suoni
armonici (terzo suono compreso), aprendo la via alla moderna tecnica del
violino. Non a caso con Tartini si consolida la leggenda che associa larte del
violino al patto con il demonio: una sua sonata in sol minore, con i suoi eleganti esercizi di prestidigitazione, tuttora un caposaldo del repertorio di
ogni violinista e ha come titolo Il trillo del diavolo.
E alla figura del diavolo da sempre si lascia associare Paganini, in modo
di sicuro consapevole. Veste palandrane nere, con le sottostanti immacolate
camicie bianche a esaltare il pallore del viso. Le fa svolazzare mulinando
braccia lunghissime innervate su un corpo scheletrico scosso dal frenetico
roteare delle gambe, pure infinite. Larchetto impugnato dalla destra sfiora e
percuote le corde. Le dita abnormi, affusolate, aracnoidi della sinistra sanno
colpire con precisione assoluta ogni punto della tastiera e garantiscono intonazione perfetta. La medicina moderna ha in parte spiegato la particolare
conformazione del fisico di Paganini, affetto dalla sindrome di Marfan, una
particolare degenerazione congenita che allunga a dismisura le dimensioni
ossee. Nel caso di Paganini, non solo levoluzione fisica non infausta, ma si
combina con una naturale predisposizione alla musica e con uninfaticabile
capacit di esercizio e di lavoro. Per sostenere il mito del suo demonismo,
Paganini non spiega lorigine della sua superiore tecnica violinistica, ma la
biografia segnala un precoce studio intenso a Parma e poi a Genova, pi un
decennio di lavoro in orchestra a Lucca e Firenze. Solo attorno al 1810, a
quasi trentanni, inizia una stabile attivit di concertista e si costruisce un
repertorio su misura, che comprende appunto i Capricci e le fantasie su melodie famose: non solo da opere dellamico Rossini (Di tanti palpiti da
Tancredi, Non pi mesta da La cenerentola, Dal tuo stellato soglio da
Mos), ma anche da Sssmayr (Le streghe), Paisiello (Nel cuor pi non mi

1820 24 Capricci per violino solo 375

sento da La molinara), Weigl (Pria chio limpegno da Lamor marinaro).


In seguito si aggiungono variazioni sul repertorio popolare (Il carnevale di
Venezia, God Save the King), i concerti con orchestra, le sonatine per e con
chitarra, strumento di cui pure virtuoso.
Paganini mantiene la regola di circondarsi di mistero e di non svelare le
proprie tecniche a potenziali rivali. Permette la pubblicazione delle sue creazioni solo quando finalmente si convince della sua inimitabilit. Escono
cos i 24 Capricci op. 1, stampati nel 1820 da Ricordi, con la famosa dedica
agli artisti perch possano imparare (e apprezzare). Mantiene manoscritti
per i suoi sei concerti con orchestra, che compone fra 1817 e 1830: viaggia
con appresso le parti orchestrali che distribuisce poco prima del concerto e
raccoglie alla fine, senza che ci sia possibilit di copiarle. Non servono prove,
perch laccompagnamento fa solo da sfondo alle invenzioni solistiche e rientra nel pieno delle tradizioni operistiche di scuola italiana, leggibili a prima vista da chiunque abbia un minimo di esperienza. Non valica ancora le
Alpi e gira la sola Italia, tante volte alla Scala di Milano, ma anche a Roma,
Napoli, Bologna, Venezia. Ha 46 anni quando, nel 1828, debutta a Vienna,
e fa sensazione. Tiene ben 20 concerti. In mezzo a una folla in delirio, Schubert ascolta entusiasta, ma non gli resta il tempo per tradurre lemozione in
musica sua.
Dopo centinaia di concerti trionfali in citt come Praga, Dresda, Berlino,
Varsavia, poi Breslavia, ancora Berlino e Francoforte, Paganini approda a
Parigi nel marzo del 1831 e sbalordisce tutti i grandi che vivono nella capitale della musica europea. Prosegue subito per Londra, poi Dublino, quindi
Manchester, di nuovo a Parigi con numerose tappe intermedie e frenetiche
incursioni in altre citt di Francia e Belgio. Unaltra volta a Londra, nel maggio del 1833 suona accompagnato al pianoforte da Mendelssohn. Nel settembre del 1834 rientra in Italia e chiude una galoppata europea durata sei
anni, convulsa e senza soste. Non ci sar una seconda occasione. Nel pubblico cala la curiosit per il fenomeno e peggiorano notevolmente le condizioni
di salute dellartista. Paganini tiene i suoi ultimi concerti a Torino, esce rovinato da unavventura in cui attrazione e azionista di una casa da gioco a
Parigi, si ritira a Nizza e muore nel 1840, solo, ma lasciando uneredit artistica impagabile.
A Parigi, il demonismo di Paganini esalta il non violinista Berlioz, che
gi di suo cerca il soprannaturale in orchestra con la Symphonie fantastique
(1830). Ne esce Aroldo in Italia, una sinfonia a programma ispirata dal
poema di Byron scritta per grande orchestra con una parte per viola solista
destinata a Paganini, che per non la suona perch troppo facile, troppo
piccola. A loro volta, i nuovi virtuosi del pianoforte, che imperversano a
Parigi e nel resto dEuropa, sono colti di sorpresa dal ritorno del vecchio

376 VI. Prima et romantica

violino. Il pi veloce a capire Liszt. Non ancora ventenne ma gi entrato


nel mito del virtuosismo pianistico, prova subito a trasferire sul suo strumento a corde percosse le tecniche portate da Paganini sulle corde sfiorate.
Nascono i primi Studi di esecuzione trascendentale sui Capricci di Paganini.
Il pezzo pi famoso per la rivisitazione del finale del secondo concerto
con orchestra, intitolato La campanella per la diabolica ribattitura che squilla nel turbinare di braccia e dita.
Il fenomeno Paganini non sfugge a Chopin, che fra i primi grandi autori ad ascoltarlo, a Varsavia, nel 1829. Gli ispira un Souvenir de Paganini fatto
di artifici violinistici (doppie corde, pizzicati, arpeggi) trasferiti alla tastiera
e applicati alla famosa melodia Il carnevale di Venezia (che poi la canzone
popolare napoletana O mamma, mamma cara). Abbaglia subito Schumann,
sia come osservatore della vita musicale europea dalle colonne della sua rivista Neue Zeitschrift fr Musik sia come compositore in proprio. Gli capita di
ascoltare Paganini durante le scorribande in Germania nel 1830. Trasforma
lesperienza elettrizzante nei 6 Studi da Paganini op. 3, uno dei suoi primi
lavori importanti. La ripete nei nuovi esercizi op. 10. Rende un affettuosissimo omaggio a Paganini disegnandone un ritratto perfetto nella galleria di
caratteri Carnaval op. 9: una vertigine di salti sulla tastiera, un esercizio di
mira e di leggerezza, con i martelli del pianoforte da sfiorare come le corde
del violino. Perfino il serioso Brahms si fa sedurre dallistrionismo di Paganini. Per anagrafe non riesce ad ascoltarlo dal vivo. Sono per sufficienti le
testimonianze del mentore Schumann e la lettura dei testi originali. Nascono
le Variazioni su un tema di Paganini op. 35 (1863) per pianoforte. Il tema
quello del Capriccio n. 24, sul quale Brahms costruisce due serie di dodici
variazioni, indipendenti ma integrate, con studiata alternanza di concitazione e contemplazione. La difficolt sempre estrema, intesa pi come assunzione di rischio che come problema meccanico. Non conta solo lagilit
delle dita, ma la forza dei polsi e delle braccia, il controllo dellescursione, la
resistenza alla fatica, il mantenimento della leggerezza, cio della vera cifra
del virtuosismo paganiniano.
Sui pianisti, il fascino dellultimo capriccio continua nel xx secolo. Il caso
pi famoso forse la Rapsodia su un tema di Paganini per pianoforte e orchestra op. 43 di Sergej Rachmaninov, altro musicista cui la natura regala una
mano dallincredibile estensione, altro artista sospettato di commerci col
demonio. Non a caso, circa a met lavoro, risuona il tema solenne del Dies
irae gregoriano, proprio mentre le variazioni procedono con il tema principale voltato al contrario. Meno seriose, anzi scanzonate, sono le variazioni
che su quel tema scrive, per due pianoforti, il polacco Witold Lutosawski,
prima di dedicarsi interamente alla sperimentazione e allavanguardia. La
lista ufficiale dei variatori del capriccio estremo presenta non meno di 200

1820 24 Capricci per violino solo 377

nomi ed in continua ascesa, con utilizzo degli strumenti e delle formazioni


pi varie, violino compreso.
Anche sui violinisti, limpatto del caso Paganini enorme, sia pure limitato da naturali vincoli fisiologici e da ovvie resistenze stilistiche. Nessuno ha
le dita abnormi di Paganini e per assumere le posizioni prescritte bisogna
allargare la mano con nuovi esercizi o scendere a compromessi. Inoltre, i
presunti atteggiamenti ciarlataneschi del sulfureo virtuoso non piacciono a
chi cresciuto alla scuola olimpica di Viotti e dei suoi allievi francesi
Kreutzer e Baillot, che sono i maestri dei violinisti di secondo Ottocento
douard Lalo, Henri Vieuxtemps, Eugne Ysae. Ancora pi conservatore
laustroungarico Joseph Joachim, il violinista di Brahms, figlio della tradizione classica di Ludwig Spohr e Ignaz Schuppanzigh, figura dominante del
suo tempo. pi sullo stile di questi grandi solisti che si forma il repertorio
violinistico del Romanticismo maturo, dal Concerto op. 64 di Mendelssohn
allop. 77 di Brahms, dallop. 35 di ajkovskij fino allop. 47 di Sibelius. In
tutti questi casi, comanda il lirismo spinto e la difficolt sta nel far svettare il
canto sopra i volumi dellorchestra. Invece la voglia di giocare col violino e
di godersi il dettaglio intrigante, che propria del miglior Paganini, si ritrova
in parte nel polacco Henryk Wieniawski, nel tedesco Max Bruch, nei tre
concerti del non violinista (e invece ottimo pianista) Camille Saint-Sans.
Sullespressione e sulla velocit delle dita si concentra il brevilineo spagnolo
Pablo de Sarasate, il maggior virtuoso dellultimo Ottocento. Per sentire lo
zolfo del diavolo bisogna per aspettare il pieno Novecento, grazie ai due
concerti di Bartk e allunico di Stravinskij, che sono autori antitetici e complementari, oltre che non violinisti.

Ascolti
N. Paganini, 24 Capricci (op. 1) per violino solo, S. Mintz, dg 1982
N. Paganini, Paganini by Accardo: Complete Recordings, C. Dutoit, S. Accardo, London
Philharmonic Orchestra, dg 2000

Letture
E. Neill, Niccol Paganini, il cavaliere filarmonico, De Ferrari, Genova, 1990
B. Schwartz, Great Masters of the Violin, Simon and Schuster, New York, 1983

1821 Il franco cacciatore

Carl Maria von Weber


Il patto col demonio Le fiabe dei fratelli Grimm Lopera tedesca da Mozart a Weber Il teatro musicale di Schubert Oberon Influssi: Berlioz, Mendelssohn, Wagner,
Glinka

A mezzanotte, nellorrida gola del lupo, nella fitta foresta boema, un sinistro
coro di spettri anticipa i dodici rintocchi di una campana lontana. Linfame
Caspar stringe un patto con il demone Samiel, accoglie lo spaurito Max e gli
prepara le palle magiche da sparare al mattino nella gara di tiro a segno che
decider del suo amore. Mentre il numero delle palle cresce fino al fatidico
sette che il demone consente, attorno sibilano strumentini, soffiano ottoni,
rullano timpani sul frusciare degli archi e il pulsare dei bassi. Il variare dei
timbri e il crescendo dintensit segnano una svolta storica nel teatro musicale germanico. Frammentata e ricombinata con le voci di solisti e cori, la
grande orchestra protagonista assoluta nella scena madre che fa da finale
del secondo dei tre atti del Franco cacciatore (Der Freischtz) di Carl Maria
von Weber. La stessa orchestra, fin dallesordio, da sola, nella famosa ouverture, presenta i temi cruciali che illustrano ambienti e personaggi: il mormorio della foresta che sostiene il canto dei quattro corni, gli slanci appassionati dei violini, i morbidi colori dei fiati, i movimenti tellurici dei bassi, i passi
di danza e le melodie. Ossia: nel villaggio ai bordi della foresta, vince lamore di due anime semplici ostacolato dalle forze del male, fra balli in piazza e
cori di popolani e cacciatori. Lui (Max) ama lei (Agathe) ma per averla deve
vincere una gara di tiro a segno. Si fa convincere dal malvagio (Caspar) a rivolgersi al demone (Samiel) per sparare pallottole magiche. Il giorno della
gara sta per uccidere Agathe, ma lo salva il demone che dirige la palla sul
malvagio. Interviene leremita che assolve e consente il matrimonio nel tripudio generale.
Realt e fantasia, naturale e soprannaturale si mescolano in ogni scena,
con le cadenze di una fiaba dei fratelli Grimm o di un racconto di E.T.A.
Hoffmann, il poeta, filosofo e musicista al quale si deve la glorificazione
di Beethoven nel primo Ottocento e la teorizzazione del concetto di Romanticismo in musica. Poco importa che il libretto sia firmato da un mediocre epigono e sia tanto farraginoso da sfiorare lassurdo. Conta lemozione che la musica riesce a trasmettere e che coglie alla perfezione lo spirito del tempo. Piacciono le storie dincantesimi e di magie, ambientate in un

1821 Il franco cacciatore 379

Medioevo mitico, con protagonisti semplici che vivono di passioni irrazionali e che vengono salvati nel momento fatale da interventi di potenti della terra
o di sacerdoti del cielo. Sono i temi del primo Romanticismo che hanno terreno fertile in una Germania protesa a trovare una sua identit nazionale e
superare la frammentazione ereditata dallormai lontana Guerra dei trentanni e dai recenti sconvolgimenti napoleonici. La letteratura cerca radici nel
passato contadino e feudale, riscrivendo testi popolari con la fantasia di
Achim von Arnim e Clemens Brentano (Des Knaben Wunderhorn, Il corno
magico del fanciullo, 1805-08), di Jacob e Wilhelm Grimm (Kinder und Hausmrchen, Le fiabe del focolare, 1812-22). Mentre Goethe non prova nemmeno
a contrabbandare come folklore le sue invenzioni narrative (Das Mrchen,
Fiaba, 1795). A sua volta, il poliedrico Hoffmann affianca ai suoi racconti
fiabeschi ben 13 fra opere e Singspiel. Ha subito estimatori e continuatori
della sua Undine (1814), su testo ricavato dal romanzo di Friedrich de la
Motte Fouqu, figlio del militarismo prussiano, arrivato alla letteratura e
allamore per le antiche saghe dei nibelunghi sotto il patrocinio di un antesignano del Romanticismo tedesco come Friedrich Schlegel. Soprattutto a
Berlino, eletta capitale morale di una Germania ancora virtuale, il nuovo patriottismo cresce attorno alla lingua, il tedesco. Non a caso, si deve ai fratelli
Grimm limpostazione del colossale lavoro linguistico sul vocabolario tedesco iniziato nel 1838 e terminato solo nel 1961. Ci si vuole sottrarre allegemonia letteraria e filosofica francese, a quella artistica e musicale italiana.
Weber fa parte dei circoli nazionalisti berlinesi e sincarica di contribuire
allo sviluppo di una musica tedesca ancora adolescente. vero che esiste e
fiorisce gi un teatro dopera in lingua tedesca, con capolavori come Il ratto
dal serraglio (1782) e Il flauto magico (1791) di Mozart ampiamente diffusi e
inquadrati nel genere Singspiel, con canto e recitazione integrati cos da
semplificare il rapporto col pubblico. Lo stesso Fidelio (1808-14) di Beethoven si muove nella medesima direzione, con le difficolt di decollo che conosciamo. Ma con Il franco cacciatore di Weber che si giunge alla maturit.
Presentato per la prima volta a Berlino il 18 giugno 1821, con il sottotitolo
di Opera romantica, ottiene un successo clamoroso ed subito replicato
nellintera Europa di lingua tedesca. La fortuna non viene solo dal luogo in
cui si svolge lazione e dalle parole che si dicono. Viene anche dal suono. I
quattro corni che cantano allinizio dellouverture, i colori gravi e pastosi
degli ottoni (e dei clarinetti) che assorbono i guizzi degli altri fiati e degli
archi rendono lorchestra di Weber assai diversa da quella ben pi leggera
delle opere italiane e francesi. Sono i timbri che si sentono nelle orchestre
sinfoniche beethoveniane e in quelle mature di Mozart e Haydn, che Weber
conosce bene, anche per averne applicato il principio nelle sue due sinfonie
giovanili, belle e dimenticate (1810, 1812). Complessi e pastosi, oltre che

380 VI. Prima et romantica

numerosi, sono i cori, che si rifanno alla tradizione chiesastica luterana. Semplici e lineari, senza gorgheggi e fioriture, a imitazione del nascente canto
popolare, sono quasi tutte le arie cantate dai protagonisti, buoni o cattivi.
Con qualche eccezione, come la parte della cuginetta nnchen, che volentieri cede alle lusinghe del bel canto. Anche la vivacit degli strumentini ha
evidenti radici rossiniane. Cose che si spiegano bene con la familiarit che
Weber ha con lopera italiana, maturata facendo il direttore dei teatri di
Stoccarda, Praga, Berlino, Dresda.
Il franco cacciatore non la prima opera teatrale di Weber. A 14 anni scrive Das stumme Waldmdchen (La fanciulla muta del bosco, 1800) poi trasformata in Silvana (Francoforte, 1810), a 16 ha successo con Peter Schmoll
(1803). Sono lavori sempre in lingua tedesca e con la formula recitato-cantato del Singspiel, ma ancora privi di quel sapore gotico che ne assicurer il
trionfo ventanni dopo. Infatti, il dotatissimo Weber si dedica alla musica
strumentale, contribuendo alla diffusione del repertorio per clarinetto e alla
valorizzazione del personale talento di pianista: due concerti e un celebrato
Konzertstck con orchestra, quattro sonate e soprattutto un indimenticabile
Invito alla danza per pianoforte solo. Si crea una fama come direttore dorchestra sinfonico e teatrale in tutta la Germania. Fa il critico musicale. Torna
al teatro nel 1811 con lopera comica Abu Hassan, ripresa dalle Mille e una
notte, ma lesito incerto. Dieci anni dopo, il trionfo del Franco cacciatore
cambia la vita a lui e a tanti altri che gli stanno accanto e che gli succedono.
Domenico Barbaja, il mitico impresario della Scala di Milano e del San Carlo
di Napoli, arrivato a Vienna nel 1821 per dirigere anche il locale teatro della
Porta di Carinzia, individua in Weber lautore capace di rinvigorire il fiacco
repertorio dellopera tedesca. Gli commissiona una nuova grande opera,
Euryanthe, che trionfa alla prima, declina nelle poche repliche, esce dal repertorio. Ha troppe ambizioni e sconta tempi poco favorevoli.
A Vienna ormai comanda il solo Rossini, presente di persona al seguito di
Barbaja. Le diffidenze del pubblico aristocratico nei confronti dellopera
tedesca sono ancora forti. Il libretto di Euryanthe dellinesperta Helmina
von Chzy, autrice nel 1823 dellinfelice dramma Rosamunde, per il quale
Schubert, lo stesso anno, scrive bellissime musiche di scena. La storia un
assurdo intreccio di eventi, ambientati in un Medioevo lontano alla corte di
Francia, dove una coppia di cattivi mette in dubbio la fedelt coniugale
della protagonista, ma alla fine vince la verit. Le innovazioni musicali sono
premature. Weber abbandona il parlato del Singspiel e recupera i recitativi
accompagnati allitaliana, come gi fa il suo concorrente Louis Spohr (Jessonda, 1822). Usa per la prima volta, in modo sistematico e non ancora
equilibrato, il Leitmotiv, un segnale musicale che ricorre in orchestra ogni
volta che in scena compaiono un personaggio, unemozione, una situazione.

1821 Il franco cacciatore 381

il principio di cui simpossessa Richard Wagner in tutte le sue opere, iniziando con Lohengrin (1850, quasi trentanni dopo), peraltro basato su una
storia molto simile a quella di Euryanthe.
Legato da fili multipli a Euryanthe Fierrabras, lultimo e sfortunato
tentativo teatrale di Franz Schubert. Comuni sono lambientazione medioevale e il soggetto cavalleresco. Comuni sono le dimensioni (oltre tre ore di
musica), il taglio delle scene, la tecnica del canto, il colore e la forza del
suono orchestrale, la voglia di svincolarsi dal modello rossiniano. Identica
la motivazione di inventare lopera tedesca e di seguire le indicazioni del
committente, il solito Barbaja, bravissimo a scoprire nuovi talenti non solo
in Italia (Rossini, Donizetti, Bellini, lemigrato Meyerbeer) ma anche allestero, appunto il giovane Schubert. Il quale Schubert ha gi una considerevole esperienza teatrale, frutto di una vocazione giovanile. A 14 anni, nel
1811, entusiasmato dalla Famiglia Schweizer, un Singspiel di Joseph Weigl
allora assai popolare, scrive il primo dei tre atti di Der Spiegelritter su un
racconto epico-fantastico di August von Kotzebue, un poeta e drammaturgo per il quale nel 1811 anche Beethoven compone musiche di scena. Due
anni dopo, guidato da Salieri e sempre su un testo di Kotzebue, Schubert
completa Il castello del diavolo, altro Singspiel fitto di prove iniziatiche in
luoghi improbabili a certificazione della fedelt in amore, animato dalla
purezza del canto e dalla classica trasparenza dellaccompagnamento
dellorchestra. Fra i quattro Singspiel del 1815, si nota Claudine von Villa
Bella, su testo di Goethe, gi messo in musica fra gli altri da Reichardt, la cui
opera uno dei pochi casi in cui il parlato conta pi del cantato. Con leccezione della Claudine di Schubert, naturalmente, anche se gran parte della
partitura andata distrutta nel 1848. Fra 1816 e 1819, Schubert si cimenta
con temi classici alla maniera di Gluck e Cherubini, salvo abbandonare il
recitato e organizzare una musica continua e solenne con lincompiuto oratorio scenico Lazarus (1820), prima testimonianza della sua capacit di costruire ampie strutture musicali, e non solo le brevi dimensioni del Lied e
dei pezzi staccati del Singspiel.
Il primo lavoro teatrale di Schubert che va in scena , nel 1820, Die Zwillingsbrder (I gemelli), una farsa sentimentale che ha discreto successo e
procura la commissione di un nuovo lavoro per il Theater an der Wien. Lo
stesso anno, in poche settimane, Schubert imbastisce Die Zauberharfe (Larpa magica), altra storia di magie e apparizioni, molto recitata e poco cantata,
forte nella bella ouverture, nei finali, in qualche coro e alcune arie, fiacca
nelle tante parti parlate, talvolta con incerto accompagnamento strumentale, alla maniera del melologo. Linsuccesso palese. Schubert non si rassegna. Scrive poche note per Sakuntala, affascinato dallesotismo della poesia
indiana di Klidsa, ma lentusiasmo per la ripresa di Fidelio e la novit del

382 VI. Prima et romantica

Franco cacciatore stimolano due progetti ambiziosi. Il primo unopera a


pieno titolo, Alfonso und Estrella, tre atti in lingua tedesca, ambiente spagnolo, stile italiano mutuato dal Rossini serio. La termina nella primavera
del 1822 e spera di portarla in scena a Vienna o a Dresda, grazie al supporto
di Weber. Non ci riesce. Il debutto si avr solo nel 1854, a Weimar, per merito di Liszt. Il secondo progetto nasce da Barbaja che gli commissiona
unopera nuova, da affiancare a quella chiesta a Weber per la stagione del
1823. Sintitola Fierrabras ed ambientata ai tempi di Carlo Magno, con
cristiani che combattono mori che si convertono spinti dallonore e dallamore su una griglia musicale che combina parti soltanto recitate del
Singspiel con altre accompagnate dallorchestra: melologhi, duetti, trii e
quartetti concertati allitaliana con (poche) effusioni liederistiche di taglio
tedesco. Lopera non va neppure in scena. Preoccupato dallo scarso successo di Euryanthe, Barbaja cancella Fierrabras, che ha unesecuzione parziale
e concertistica solo nel 1858, arriva in teatro tagliata nel 1897 e completa
solo nel 1987 grazie al patrocinio di Claudio Abbado, senza peraltro entrare
in repertorio.
A Schubert non va meglio con Rosamunde, principessa di Cipro di Helmina von Chzy, la librettista di Euryanthe di Weber. Per una trama assurda,
Schubert scrive uneccellente serie di musiche di scena, compreso un intermezzo diventato famoso come tema con variazioni per pianoforte solo (Improvviso op. 142 n. 1) e per quartetto darchi (op. 29 n. 1). Ma il dramma
della Chzy esce dalle scene dopo la seconda rappresentazione. Il fallimentare rapporto di Schubert con il teatro si chiude qui. Il doppio insuccesso
delle opere e un suo commento negativo su Euryanthe (non ci sono melodie) guastano lamicizia con Weber, che allimprovviso tronca ogni contatto, dopo aver seguito e apprezzato nel suo soggiorno viennese la personalit
e larte del giovane collega. lo stesso Weber che, con il suo ciclo Die Temperamente beim Verluste der Geliebten (Le emozioni per la perdita dellamata), suggerisce a Schubert lidea di riunire Lieder sparsi in un ciclo omogeneo. Il primo risultato Die schne Mllerin (La bella molinara), che nasce
appunto nel 1823, su testo di Wilhelm Mller, il poeta berlinese che Weber
conosce benissimo perch padrino di battesimo di suo figlio. A sua volta
Mller dedica a Weber il ciclo poetico che Schubert metter in musica nel
1827 col titolo Die Winterreise (Viaggio dinverno).
Lentusiasmo per Il franco cacciatore contagia Londra e il teatro Covent
Garden commissiona direttamente a Weber una nuova opera. La ricerca del
soggetto faticosa. Il successo ottenuto nel 1816 dirigendo a Praga il Faust
di Ludwig Spohr gli fa considerare il testo di Goethe. La scelta cade sul
Sogno di una notte di mezzestate di Shakespeare, per intrecciato con il
poema Oberon del prolifico letterato tedesco Christoph Martin Wieland, a

1821 Il franco cacciatore 383

sua volta ripreso da un poema cavalleresco medioevale e destinato a influenzare Schiller (Don Carlos), Mozart (Il flauto magico), Goethe (Faust). Il libretto originale in tedesco e per la prima londinese (1826) viene tradotto
in inglese, lingua che Weber non conosce. Il successo di Oberon trionfale.
Il ritorno allo stile originale del Singspiel (soltanto recitazione, non melologo) d risalto al valore dei singoli pezzi musicali, soprattutto alle finezze di
unorchestrazione smagliante nella famosa ouverture e con vertici di trasparenza in tutto il resto della partitura: le danze eteree di fate e folletti, la
tempesta, il lirismo degli amanti, la foga degli eroi. Senza dimenticare i colori del Flauto magico e le invenzioni melodiche degli italiani Cimarosa,
Paisiello e Rossini.
Weber si spegne a quarantanni, poche settimane dopo la prima di Oberon, ma il suo impatto sulla musica del tempo subito immenso. Il giovanissimo Felix Mendelssohn trova in Oberon molte idee per la sua non meno
straordinaria ouverture Sogno di una notte di mezzestate (1826). A Parigi e
con ricca orchestrazione, Berlioz trasforma in cantati i parlati del Franco
cacciatore (1841), volge in un caleidoscopio di timbri il bianconero pianistico di Invito alla danza e attinge a piene mani dalla tecnica di Weber la sua
produzione sinfonica. Ancora Berlioz riprende (sia pur con alterna fortuna) le impostazioni teatrali di Weber nella sua Damnation de Faust (1846),
che quasi un Singspiel, e nel grande affresco Les Troyens (con una weberiana tempesta,1858). In teatro, rendono omaggio a Weber lamico Meyerbeer e tutto il grand-opra francese che ne consegue. In Germania il
grand-opra arriva con Agnes von Hohenstaufen dellitaliano Spontini trasferito a Berlino. Ma lopera tedesca trova lerede naturale di Weber nel
rivale Heinrich Marschner con le opere romantiche Der Vampyr (1828),
Der Templer und die Jdin (1829), Hans Heiling (1833). Pi tardi, Wagner
assorbe tutto lassorbibile, in particolare da Hans Heiling, la cui storia
simile a quella di Lohengrin. Lo stesso melodramma italiano, da Donizetti
a Verdi e oltre, tiene conto dei suoni e dei panorami nordici evocati dal
Franco cacciatore e da Oberon. Ancora Weber fornisce al cosmopolita Michail Glinka gli strumenti per inventare lopera nazionale russa con Una
vita per lo zar (1836) e Russlan e Ludmilla (1842).
Declina invece il genere Singspiel, che si trasforma in una specie di dramma sentimentale-giocoso. Ne campione il berlinese Albert Lortzing: Zar
und Zimmermann (Zar e carpentiere, 1837), Der Wildschtz (1842), Undine
(1845). A suo modo una risposta alla Sonnambula di Bellini (1831), allElisir damore (1832) e a Don Pasquale (1843) di Donizetti. E un preludio alloperetta francese di Offenbach (Orphe aux Enfers, 1858) e allevoluzione
viennese di Franz von Supp (Cavalleria leggera, 1866; Boccaccio, 1879) e di
Johann Strauss jr (Il pipistrello, 1874; Una notte a Venezia, 1883).

384 VI. Prima et romantica

Ascolti
C.M. von Weber, Der Freischtz, C. Kleiber, Staatskapelle Dresden, dg 1998
C.M. von Weber, Piano Concertos, Symphonies, Overtures, Brilliant 2002
F. Schubert, Fierrabras, C. Abbado, Chamber Orchestra of Europe, dg 1991

Letture
J. Warrack, German Opera from the Beginnings to Wagner, Cambridge University Press,
Cambridge 2006
D. Hartwig, Carl Maria von Weber, Bibliographisches Institut, Leipzig 1989
J. Warrack, Carl Maria von Weber, H. Hamilton, London 1968

1822 Fantasia per pianoforte D 760 Wanderer


Franz Schubert

Varianti pianistiche di una melodia vocale I primi Lieder


di Schubert Schubert e il pianoforte: valzer e ballabili
Rapporti con Mozart e Beethoven Improvvisi, momenti
musicali Sonate Miniature romantiche Klavierstcke da Schumann a Brahms, da Schnberg a Stockhausen
Pur con tutte le caratteristiche della tradizionale sonata, la pi beethoveniana fra le composizioni per pianoforte di Schubert sintitola Fantasia.
Infatti, articolata nei quattro movimenti canonici. Il primo, curiosamente
definito Allegro con fuoco, ma non troppo, sulliniziale motivo per note
martellate e sul seguente momento cantabile impernia una dialettica furiosa che trova momenti dinsolita violenza nella sezione centrale. La ripresa
serve a ricomporre e sfuma nel pianissimo che porta direttamente al secondo movimento, un tema con cinque variazioni condotto alla maniera classica, cio costruendo ornamentazioni e modulazioni attorno a una melodia
che sempre si riconosce. Nella terza e nella quarta variazione chiarissimo
lomaggio al Beethoven del secondo movimento della sua ultima sonata,
lop. 111, quando le sonorit si sminuzzano in un luccicare cristallino e il
tempo sembra di nuovo fermarsi. Torna il momento eroico nelle folate di
notine e nel rombo degli accordi del terzo movimento, uno Scherzo nella forma e un pezzo di bravura nella sostanza. La lezione delle ultime sonate di Beethoven esplode nellattacco del finale, una robusta fuga sviluppata
con molta convinzione fino a quando prende il sopravvento la voglia di
stupire con la velocit delle dita e la forza delle braccia. Il finale rivela che
la vera innovazione della Fantasia (Wanderer) sta nellunit della sua architettura. Impiegato come base ritmica nello Scherzo, il tema che regge la
fuga conclusiva una semplice variante del motivo martellato con cui inizia
lAllegro con fuoco, ma non troppo. Emerge nelle sconsolate ripetizioni
in pianissimo che portano a una nuova metamorfosi che il tema delle variazioni (secondo movimento) nella sua stesura originale, come la troviamo
nel centro di Der Wanderer (Il viandante), un Lied composto nel 1816 su
testo di Georg Philipp Schmidt von Lbeck che parla di solitudine, di
freddo, di amore.
Sono i temi della poesia romantica che Schubert, figlio di un maestro di
scuola in un sobborgo viennese e destinato a succedere al padre, conosce fin
da ragazzo e che gli segnano la vita. La sua adolescenza, accanto alla pratica

386 VI. Prima et romantica

di musica nel prestigioso liceo-convitto che frequenta e nella modesta casa


che abita, punteggiata dalla lettura di romanzi e poesie. Fra i poeti troneggia Johann Wolfgang Goethe: non a caso la sua ballata Erlknig, trasformata
in un Lied per canto e pianoforte scritto a 16 anni (1814), ha il privilegio di
essere classificata da Schubert come opera prima quando esce a stampa
nel 1821. I versi di Goethe si legano anche ai numeri che subito seguono
(Gretchen am Spinnrade op. 2 e Schfers Klagelied op. 3) e ispirano non meno
di altri 70 Lieder composti lungo lintero arco creativo del musicista, bellamente ignorati dal poeta. A sua volta, Schubert ha nei confronti della poesia
un atteggiamento per lo meno ambiguo, non proprio selettivo. Sono ben 85
gli autori di versi che gli ispirano musica. Affianca a Goethe i classici Shakespeare, Schiller, Klopstock, Herder, Walter Scott, ma lavora anche su testi di
contemporanei di cui nessuno, allora, nemmeno Schubert, pu predire le
fortune future: Friedrich Rckert, Franz Grillparzer, Friedrich von Matthisson, Johann Gaudenz von Salis, Heinrich von Collin, Matthias Claudius,
Wilhelm Mller. E ci sono amici di evidente modestia (Johann Mayrhofer,
Franz von Schober) che portano tuttavia a risultati artistici ed espressivi tali
da rendere la musica indipendente dal testo. Caso unico nella storia della
musica, sarebbero bastati questi Lieder di Goethe come di Schober ad
assicurare limmortalit a uno Schubert non ancora ventenne. Che comunque ben consapevole del valore delle sue melodie giovanili. Oltre a Der
Wanderer nella Fantasia, Schubert riprende Der Tod und das Mdchen (La
morte e la fanciulla) nel Quartetto in re minore del 1824, Die Forelle (La trota)
nel Quintetto omonimo per pianoforte del 1822, assieme alle infinite citazioni liederistiche diffuse nella grande musica per orchestra e forse ancor pi in
quella per pianoforte solo.
Il pianoforte il vero strumento di Schubert. Pi del violino e della viola,
studiati in giovent e praticati a lungo nelle domestiche formazioni da camera e in quelle semipubbliche orchestrali. Pi della voce, perch il pianoforte
non si limita ad accompagnare, anzi sostiene, integra, sviluppa, crea. Schubert un ottimo pianista senza essere un concertista virtuoso. Nelle serate
musicali in casa di amici, passate alla storia come schubertiadi, siede alla
tastiera e qualcuno canta. Spesso il baritono Johann Michael Vogl, di una
generazione precedente, gi primo Pizarro in Fidelio (1814) di Beethoven.
Capita di cantare anche al soprano Anna Milder, protagonista come Fidelio/
Leonora di quella mitica prima rappresentazione. Schubert suona per gli
amici molti ballabili, anchessi nuovi: Lndler, valzer, scozzese, galop, cotillon. Sono le cose che chiede il mercato musicale, con il pianoforte che diventa un mobile indispensabile nelle case borghesi e le figlie che
prendono lezioni per esibirsi in famiglia. Lo strumento si perfeziona sempre
pi e trova nuova clientela quando, nel 1812, a Boston introdotta la versio-

1822 Fantasia per pianoforte D 760 Wanderer 387

ne verticale, meno ingombrante e meno costosa. Infatti, quando decide di


lasciare il mestiere di maestro elementare e di vivere di musica, Schubert si
mantiene vendendo agli editori le sue danze per pianoforte, che hanno subito successo nella Vienna improvvisamente diventata provinciale e di bocca
buona. Sa scrivere cose eleganti su ritmi sicuri e melodie leggere, senza pretendere grande tecnica dallesecutore. I titoli delle prime edizioni confermano questa tendenza: 36 Original Tnze op. 9 (1821), 12 Valzer op. 18 (1823),
34 Valses sentimentales op. 50 (1825), 12 Ecossaises op. 33 (1825), 16 Lndler
op. 67 (1826), 12 Valses nobles op. 77 (1827), 12 Grazer Walzer op. 91 (1828).
Gli editori pagano bene: non lo rendono ricco ma non nemmeno povero.
Negli ultimi anni (1827-28), accanto alle collezioni di danze, compaiono
due titoli passati alla storia: Improvvisi e Momenti musicali. Non sono novit
assolute. Al boemo Jan Vclav Voiek, ben noto a Schubert, si deve la definizione impromptu, ossia improvvisazione da fare alla presenza di amici,
nel salotto di casa (di palazzo) per mostrare la propria bravura e cogliere lo
spirito della serata. Cosa che Schubert conosce benissimo e applica alle sue
schubertiadi degli anni venti. La sintesi viene appunto nelle due raccolte di
4 + 4 Improvvisi op. 90 e op. 142 del 1828 e nellunica collezione di Momenti musicali op. 94 con titolo scelto dalleditore per raccogliere sei pezzi che
nascono separati, fra 1823 e 1827. Allo stesso spirito appartengono anche 3
Klavierstcke, sempre di quellestremo 1828. Sono riflessioni a bassa voce,
frammenti di sonata, sospensioni liriche incorniciate da passi dagilit, scherzi lievi inventati in tempi e luoghi diversi, frutto dimprovvisazione ma figli
di una strategia compositiva che della rottura con le convenzioni ha fatto la
propria ragione dessere. Restano le radici col proprio passato: il pi famoso
Momento musicale, il n. 4, pubblicato gi nel 1826 come Air cossaise;
lImprovviso op. 142 n. 3 unampia serie di variazioni su un tema delle
musiche di scena per Rosamunde, principessa di Cipro (1823) ripreso anche
nel Quartetto in la minore. Ognuno sta bene accanto allaltro, un po come
le singole Variazioni su un tema di Diabelli o le ultime Bagatelle di Beethoven.
Improvvisi e Momenti musicali sono pezzi pi brillanti delle danze, per
meno virtuosistici di quelli sciorinati dai leoni della tastiera che circolano in
tutte le capitali dEuropa, addestrati dai metodi di Clementi e dalle invenzioni di Beethoven. Uno di questi Johann Nepomuk Hummel, gi allievo di
Mozart e stimato da Haydn, considerato il maggior pianista del primo Ottocento, concertista in tutta Europa e didatta a Vienna. su commissione di
un allievo di Hummel che Schubert scrive quello straordinario esercizio di
bravura esecutiva che la Fantasia Wanderer. Pubblicata subito come op. 15
nel 1823, ha grande successo e convince Schubert a continuare a scrivere
sonate impegnative e a non limitarsi ad accontentare editori e pubblico con
pezzi facili e ballabili.

388 VI. Prima et romantica

Al tempo della Wanderer, Schubert ha gi impostato oltre una dozzina di


sonate per pianoforte ma ne ha terminate solo met. La pi bella e famosa,
in la maggiore, op. 120, non databile con sicurezza (1819 o 1825, prima o
dopo la Wanderer?) e nasce direttamente dalla cantabilit mozartiana, ignorando la dialettica di Beethoven. Di sicuro ha un ruolo importante il modello di sonata proposto da Carl Maria von Weber. Schubert frequenta e ammira Weber nel 1823, quando il famoso Barbaja, diventato impresario dei teatri
viennesi, commissiona a entrambi una nuova opera. Weber ottimo concertista di pianoforte, estimatore fervente di Mozart e tiepido di Beethoven.
Nelle sue quattro sonate (1812-24) evita i contrasti e cerca le invenzioni coloristiche, con in mente le sonorit dellorchestra romantica. Come capita in
tutte le grandi sonate di Schubert, le sette complete e le due incompiute, ben
distribuite nellultimo triennio 1825-28. Laspetto quello tradizionale in
quattro movimenti, con due tempi vivaci laterali e al centro un Adagio e
uno Scherzo. I finali sono sempre brillanti, spesso dal piglio popolaresco
e zigano, solitamente secondo lo schema del rond.
Ben diversi sono i primi movimenti delle sonate schubertiane, rispetto
alla tradizione e anche fra loro. La dialettica della sonata beethoveniana
scompare, anzi si stempera nelle dilatate dimensioni di unarchitettura sempre libera. Schubert rispetta a grandi linee la distinzione in tre parti nelle op.
42 e 53 (stampate nel 1826 sullonda del successo della Wanderer e dei Valzer), ma rimane antidialettico e filolirico. Fantasia sintitola il primo tempo
della Sonata in sol maggiore op. 78 (1827), intimo come nessun altro, fin dai
lunghi primi accordi e dagli accenni di valzer che vengono dopo, come secondo motivo, quando inizia il lungo giro armonico che porta alla lontana tonalit di si bemolle minore e al volume sonoro che si alza al doppio fortissimo,
prima di ripiegare verso il silenzio. Qualche omaggio al nume Beethoven
forse si nota nellAllegro iniziale della Sonata in do minore D 958, primo
affresco di un monumentale trittico composto quasi con frenesia nel settembre 1828. Di regola manca il contrasto; prevale lintegrazione fra melodie che
spesso hanno la medesima origine. Il ritmo si mantiene soffice. Il discorso,
anzi la poesia, procede grazie alle continue fluttuazioni armoniche che esaltano la continuit della melodia. Schubert evita la consueta polarizzazione
tonica-dominante e cerca aperture ambigue in percorsi meno diretti che
passano dalle tappe intermedie di sottodominante e mediante. Un tipico
movimento che inizia in do maggiore (tonica) non punta subito alla regione
del sol (dominante), ma indugia sul fa (sottodominante), ancor pi sul mi
(mediante), e da l si avventura in percorsi nuovi. Sbuca in regioni tonali
lontane e inattese, con modi che sfumano continuamente fra maggiore e minore, senza sussulti apparenti, in un infinito virtuale che pu troncarsi allistante. La forma si dilata, la durata va oltre i 10 minuti, pu arrivare e supe-

1822 Fantasia per pianoforte D 760 Wanderer 389

rare i 20 se si rispetta la ripetizione della prima parte prescritta nellimmenso


Allegro moderato che apre la Sonata in si bemolle maggiore D 960, lultima
in assoluto, giustamente famosa, lunica rimasta in repertorio fin dallOttocento. La tensione regge perch le sottili mutazioni dellarmonia esaltano la
continuit della melodia. Come capita nelle sinfonie estreme e contemporanee, lIncompiuta del 1824 e La grande del 1826. Peraltro vero che il pianismo di Schubert da sempre sinfonico e mai davvero virtuosistico.
Queste ultime sonate non hanno successo immediato, neppure dopo la
pubblicazione postuma. Sono difficili per i dilettanti, facili per i professionisti, lunghe per gli ascoltatori. Solo a Novecento avanzato entrano nel repertorio corrente, grazie a interpreti che sanno esprimere la fantasia delle armonie e sostenere le melodie infinite, senza dover alzare la voce. Solo la Wanderer resta sempre popolare, grazie alla dedizione di Liszt, che la suona spesso,
aggiunge un accompagnamento orchestrale per esaltarne la drammaticit, la
trascrive per due pianoforti, cura unedizione originale e unaltra con integrazioni sue, in particolare al finale. Sensibile e pervasiva invece la persistenza
delle altre cose pianistiche di Schubert, apparentemente piccole ma con la
sottile coerenza interna di un mosaico. Si pensi ai cicli di valzer, per esempio,
che trovano un continuatore eccelso in Chopin, passato nel 1829 per una
Vienna piena di ricordi schubertiani; ai cicli di frammenti di musica assoluta
inventati da Schumann; a Brahms con i Valzer op. 39 e le estreme raccolte di
Klavierstcke op. 116, 117, 118, 119. E si pensi alle diramazioni che giungono
fino a noi con i percorsi pi strani, dalle Visions fugitives (1917) di Prokofev
ai Klavierstcke op. 19 (1911) e op. 23 (1923) di Schnberg, perfino ai Klavierstcke i-xix (1952-2004) di Stockhausen.

Ascolti
F. Schubert, Trout Quintet/Wanderer Fantasy, S. Richter, emi 2010
F. Schubert, 9 Piano Sonatas/Moments Musicaux, R. Lupu, Decca 2006
F. Schubert, Tnze fr Klavier, M. Endres, Capriccio 2007

Letture
W. Drr, A. Krause (a cura di), Schubert-Handbuch, Brenreiter-Metzler, Kassel-Stuttgart
1997
B. Newbould, Schubert: The Music and the Man, Victor Gollancz, London 1997
W. Drr, A. Feil, W. Litschauer, Franz Schubert: Musikfhrer, Reclam, Leipzig 2002

1823 Missa solemnis op. 123


Ludwig van Beethoven

Violino come Spirito santo Distanza dalla funzione liturgica Recupero della polifonia rinascimentale Le messe
di Mozart Le messe di Haydn La prima messa di Beethoven Messe e Requiem di Cherubini Schubert sacro
Allimprovviso, quasi in fondo alla partitura, dopo che per oltre due ore si
sono ascoltate tante voci da sole e in coro, accompagnate da grande orchestra, compare un violino solo. Viene dopo un breve praeludium strumentale,
quasi organistico alla maniera di Frescobaldi, destinato ad accompagnare il
momento dellElevazione nella liturgia della messa cattolica. Il suo canto
scende lentamente dal registro acuto, trova il parlato del baritono sulle parole Benedictus qui venit in nomine Domini, prosegue in un libero fantasticare sostenuto da intrecci di fiati e pizzicati di archi, sovrasta il progressivo
inserirsi degli altri solisti di canto, si concede nuovo spazio individuale prima
che entri il coro. Il violino mantiene il suo soffice volteggio quando tutte le
voci, rinforzate dalladdensamento orchestrale, sono assorte nella ripetizione estatica di in nomine Domini. La stessa parte del violino, proprio per
la sua vaporosa leggerezza, sembra voler fermare il tempo e perdersi nella
contemplazione dellassoluto.
uno dei momenti magici della Missa solemnis, non solo sul piano espressivo e sonoro ma anche su quello interpretativo e formale. Che i volteggi del
violino rappresentino la colomba dello Spirito santo chiaro. Beethoven
conosce bene i valori simbolici che ciascuna parte, frase, parola della messa
cattolica porta con s, dal momento della formalizzazione al Concilio di
Trento, dellistituzione nellalto Medioevo, dellideazione nella Chiesa dei
padri. Lintera Missa pervasa di traduzioni musicali di dottrina e teologia,
che Beethoven rilegge per a modo suo. La maest di Dio si manifesta nei
tanti passaggi in fortissimo a piena orchestra, gi nel Kyrie, soprattutto nel
Gloria. La sofferenza di Cristo sta in quelli di ascetico raccoglimento: nel
Credo, Et incarnatus trova la trasparenza madrigalistica di quattro voci
soliste sostenute dal fruscio degli strumentini; poco dopo, la dissolvenza in
pianissimo di et sepultus est si ferma su una pausa che apre alla vertiginosa
ascesa dalle voci corali senza accompagnamento (Et resurrexit) ed esplode
nel fortissimo di tutti (Et ascendit in caelum). Abbagliato al cospetto della
Divinit, luomo comune emerge nel finale, con la supplica intensa dellAgnus, quando cerca remissione dei peccati e, soprattutto, pace.

1823 Missa solemnis op. 123 391

Nel testo sacro, come far con Schiller nella Nona sinfonia, Beethoven
isola, ferma, ripete le parole, cio i concetti, che fanno da fulcro alle sue leve
musicali. Insiste su Pater omnipotens, esalta Tu solus altissimus, amplifica Deo vero. Lascia scorrere le verit di fede, ma le accompagna ripetendo tante volte Credo. Quasi non si percepisce il valore semantico, tanta
la forza del discorso musicale, fatto di volumi sonori, fenomeni timbrici,
frizioni armoniche. Beethoven sa che non c narrazione nellordinarium e
accosta fra loro blocchi sonori non consecutivi, emozioni che nascono dal
dettaglio e crescono senza adiacenze. Inutili sono state, finora, le ricerche di
fili conduttori che leghino limmensa partitura.
Il lungo intervento del violino solo evoca per molti altri valori, lontani
dalla liturgia. Dura una dozzina di minuti, quanto un primo movimento di
concerto per violino e orchestra di taglio classico. Rispetto alle voci, il violino
si pone in posizione dominante pi che concertante. Vive di estasi liriche ma
anche di slanci melodici e di compiacimenti virtuosistici come unaria dopera teatrale. Non , come nel corrispondente modello della Messa in si minore
di Johann Sebastian Bach, unintegrazione che accompagna il canto; il
canto stesso, che non ha bisogno di parole, che anzi anima la stupefatta fissit ripetitiva delle voci. Segnala il distacco della musica rispetto alle esigenze della celebrazione. Non certo la prima volta. Anche la Messa in si minore di Bach ha una dimensione musicale inadatta al servizio religioso. Non
solo questione di durata (oltre due ore) o di organico dilatato. Come Beethoven, Bach vede nella messa un fondamento per mettere alla prova la propria
fantasia, per rendere un omaggio al Signore piuttosto che un servizio al celebrante e al fedele. Proprio perch tramonta presto la speranza di assunzione
alla corte della cattolica Dresda e abbandona il servizio nella luterana Lipsia,
Bach lavora pi di 15 anni (1733-49) al perfezionamento di un progetto che
non ha pi valenza pratica ma solo personale.
Sia Bach sia Beethoven si rifanno alla tradizione polifonica del Cinquecento di Giovanni da Palestrina, con radici in Rinascimento e Medioevo.
Non mancano le propaggini nella magniloquenza seicentesca romana di
Orazio Benevoli o salisburghese di Heinrich von Biber, nei calchi operistici
diffusi in tutta Europa dalla scuola napoletana di Alessandro Scarlatti e veneziana di Antonio Vivaldi. Fra i grandi di fine Settecento, solo Mozart tiene
conto delle esigenze pratiche, perch il suo vescovo, a Salisburgo, gli impone
una durata massima di 45 minuti in modo che la forza della musica non
scardini il senso della celebrazione. Infatti, la quindicina di messe che Mozart compone a Salisburgo fra 1768 e 1780 un capolavoro di sintesi e dinvenzione. Molte sintitolano appunto Missa brevis, altre hanno titolo accattivante, come la Messa dei passeri K 220 (1775-76) per i voli di violini nel
Sanctus, o la Piccolomini K 258 (1775). Non confondano i titoli Missa

392 VI. Prima et romantica

longa della K 262 (1775), Dellincoronazione K 317 (1779) e Missa solemnis


K 337 (1780): nessuna supera la fatidica durata di tre quarti dora. La pi
famosa e matura, appunto la Missa solemnis, anche lultima composizione
sacra che Mozart riesce a completare. Trasferitosi a Vienna nel 1781 e non
pi obbligato a scrivere per committenti ecclesiastici, Mozart si dedica ad
altro. Per motivi che non conosciamo, nel 1783 non riesce a completare una
Messa in do minore K 427 destinata a Salisburgo e impostata con grande
impiego di voci e strumenti. Nei mesi estremi del fatale 1791 lavora a un
Requiem commissionato da un nobile dilettante, ma privilegia le due opere
La clemenza di Tito e Il flauto magico. Nel Requiem sono interamente suoi
soltanto lindimenticabile Introit: Requiem aeternam e buona parte del
Kyrie, una ventina di pagine in tutto. Delle altre parti restano alcuni schizzi, dai quali lallievo Franz Xaver Sssmayr ha ricavato le rimanenti centinaia di pagine della partitura che entrata in repertorio. Quanto Sssmayr
abbia appreso dalla voce del maestro e da carte ora scomparse, e quanto invece abbia messo del suo, non si sa. Di sicuro c un abisso fra le sublimi
prime pagine e tutte le altre, anche se la leggenda che vuole questo Requiem
scritto da Mozart per se stesso assicura limmortalit anche agli artigianali
rattoppi di Sssmayr. Mentre lultima, vera e completa pagina sacra di Mozart il celestiale Ave verum corpus K 618 del luglio 1791.
Anche Haydn si mostra rispettoso del servizio liturgico, per il taglio
sinfonico delle sue grandi messe, concentrate negli ultimi anni, guarda pi
alla sala da concerto che alla cattedrale. Il committente non la Chiesa, ma
la famiglia Esterhzy, per la quale lavora dal 1761. Morto nel 1790 Nikolaus
i, il principale e pi munifico datore di lavoro, lerede Anton riduce i costi,
smantella lorchestra stabile e concede una pensione a Haydn, lasciato libero
di trasferirsi a Vienna e a Londra. Nel 1796, il nuovo principe Nikolaus ii
riprende ad affidare musiche a un Haydn ormai libero professionista, chiedendogli una messa lanno, di taglio solenne. Haydn risponde con sei capolavori, tutti rimasti in repertorio e gratificati da titoli adeguati: Sancti Bernardi de Offida detta anche Heiligmesse (1796); In tempore belli o Paukenmesse
(1796); In angustiis ossia Nelsonmesse (1798), Theresienmesse (1799),
Schpfungsmesse (1801), Harmoniemesse (1802).
Tutte le messe di Haydn risentono del forte impatto dei contemporanei
oratori La Creazione e Le stagioni, dellovvia lezione di Hndel appresa nei
soggiorni londinesi, delle ansie politiche e militari portate nella patria austriaca dalla Rivoluzione francese e dalle successive campagne napoleoniche. Sulla solida e tradizionale base vocale di quattro solisti e coro, secondo
le disponibilit contingenti, Haydn aggiunge ai consueti archi una gran variet di fiati: sempre doppi oboi, clarinetti, corni, trombe, in caso integrati
da flauto e altra tromba. I risultati sono eccellenti, con una vena malinconi-

1823 Missa solemnis op. 123 393

ca ed espressiva che ricorda quanto il vecchio Haydn comprenda la nuova


sensibilit romantica. Tuttavia, il taglio sinfonico e spettacolare mostra la
progressiva trasformazione della musica darte sacra: da supporto alla funzione religiosa in chiesa diventa trasmissione di emozioni universali in sala
da concerto. Quando il vecchio Haydn smette di comporre, il principe
Nikolaus ii Esterhzy chiede la messa annuale al giovane Beethoven, che
accetta nella speranza di ottenere un impiego stabile. Il risultato la Messa
in do maggiore op. 86 (1807), che tiene conto della tradizione corale di Hndel e Bach, lascia spazio ai solisti di canto, valorizza lorchestra, resta pur
sempre musica di Beethoven, ma piace poco al principe e al grande pubblico di allora e di oggi.
Per 15 anni, Beethoven abbandona completamente la musica sacra. I
tempi non sono favorevoli. I costi delle guerre in tempi di rivoluzione e dimperialismo napoleonico prosciugano le casse di corti nobiliari e comunit
religiose. Fra i grandi, il solo Cherubini riceve commissioni importanti.
Perfino Nikolaus ii Esterhzy gli propone nel 1809 di succedere al defunto
Haydn e nel 1811 ottiene una messa solenne, la pi ampia e solenne che il
prolifico fiorentino diventato parigino scrive nella sua lunga vita, con solisti
vocali che si uniscono al coro e alla grande orchestra. Le messe precedenti di
Cherubini sono pi spartane, spesso escludono i soli e si legano alla tradizione italiana elaborata dagli operisti Cimarosa e Paisiello, a loro volta eredi di
Alessandro Scarlatti e di Pergolesi. Con il ritorno del vecchio regime, Cherubini raggiunge lapice della sua fama e, su commissione reale, compone fra
1816 e 1821 ben cinque messe, tutte solenni, compresa quella del 1819 per
lincoronazione di Luigi xviii. Ha modo di comporre anche un Requiem in
do minore (1816), in suffragio di Luigi xvi. Un suo altro e importante Requiem, in re minore, datato 1836.
Beethoven, in piena crisi creativa, studia il Requiem del 1816 e coglie
loccasione per ripensare il genere sacro quando larciduca Rodolfo, fratello
cadetto dellimperatore Francesco, suo allievo e mecenate, nella primavera
del 1819 gli suggerisce di scrivere una messa per la cerimonia del suo insediamento a vescovo di Olmtz, prevista per il 9 marzo 1820. Beethoven accetta di buon grado. Spera perfino di ottenere un posto fisso quale maestro
di cappella alla nuova corte vescovile. Lavora con molta intensit, ma non
riesce a rispettare i tempi. Completa Kyrie, Gloria e Credo fra aprile
1819 e luglio 1820. Mancato lobiettivo originale, Beethoven scrive con calma le sezioni mancanti: Sanctus, Benedictus e parti dellAgnus Dei
fra novembre 1820 e luglio 1821; Dona nobis pacem fra aprile e agosto
con revisione finale nellottobre 1822. Le frequenti interruzioni e i dilatati
tempi di composizione sono anche dovuti al contemporaneo lavoro su progetti molto diversi: le ultime due sonate op. 110 e 111, le Variazioni Diabelli

394 VI. Prima et romantica

op. 120 per pianoforte e la Nona sinfonia. Ne consegue un certo travaso stilistico fra composizioni per organici tanto diversi e anche frammentazione
nellimpianto della messa stessa. Lo stacco evidente fra la relativa omogeneit delle prime tre parti e la meravigliosa disomogeneit delle ultime.
Fin dallinizio Beethoven vuole innovare limpianto della messa e, pi che
in altre circostanze, si rivolge al passato. Studia di nuovo non solo Palestrina
e Bach, ma anche il teorico Zarlino e lammiratissimo Hndel. I risultati si
sentono nella fitta coralit dellultima parte della messa, nella scrittura a
cappella, nel recupero dei modi medioevali, nei frequenti passaggi in contrappunto stretto e in particolare nelle grandi fughe che chiudono Gloria
e Credo. Non c spazio per sfoggi di bravura individuale e i solisti sono
di regola impegnati come coro leggero. Assume invece enorme importanza
lorchestra, che ha sempre respiro sinfonico e spesso tende a sommergere le
voci. Rappresenta la modernit e talvolta la rivoluzione della partitura. Acquista progressivamente peso ed esplode nel finale Agnus Dei. Linvocazione alla pace diventa un grido, mentre gli inattesi interventi di timpano e
di trombe ricordano i sempre incombenti spettri della guerra.
La prima esecuzione ha luogo a San Pietroburgo il 7 aprile 1824 su iniziativa del principe Galitzin, che di l a poco commissiona a Beethoven una
nuova serie di quartetti per archi. Un mese dopo, a Vienna, lesecuzione
solo parziale, nel famoso concerto del 7 maggio che vede la prima assoluta
della Nona sinfonia. Poich la censura proibisce lesecuzione di musica su
testi sacri fuori dalle chiese, la Missa solemnis presentata come terna di
inni distinti. Il successo grande, trainato da quello della Nona. Non sono
frequenti tuttavia le riprese, almeno fino allesecuzione completa nel 1844,
al sedicesimo festival musicale del Reno, a Colonia. Tanto che Clara Schumann e Johannes Brahms si recano a Colonia il 1 aprile 1855 per ascoltarla,
con grande impressione per entrambi. Nei primi decenni prevalgono le
esecuzioni parziali. Per un concerto a Berlino, Spontini associa il Credo di
Bach con Kyrie e Gloria di Beethoven. Un raro caso di esecuzione durante una celebrazione eucaristica si ha nel 1870 a San Francisco, quando
sono gi innumerevoli le esecuzioni in sala da concerto. La tendenza della
musica dispirazione sacra a uscire dalla chiesa ormai un fatto acquisito. Si
costruiscono nuove sale da concerto con lo stesso scrupolo con cui, nel Medioevo, si edificano cattedrali.
Lo stesso Schubert si adegua. La sua Messa in mi bemolle maggiore D 950,
scritta a met 1828 su richiesta di un amico direttore di coro, segue il principio della Missa solemnis beethoveniana di adattare il testo alla musica, favorendo i valori emotivi e spirituali dellindividuo creatore e trascurando le
necessit pratiche della cerimonia collettiva. Cos larticolazione delle masse
corali e strumentali nel Kyrie segue la logica di un primo movimento di

1823 Missa solemnis op. 123 395

sinfonia. La crescita di tensione del Gloria, che si scioglie in una grandiosa fuga, ha i caratteri di un Lied strofico e drammatico. Nel Credo, rulli di
timpano e squilli di trombe, sussulti di armonie e di volumi agitano una
scrittura musicale tormentata, anche da incertezze confessionali: Schubert
scarta, infatti, le frasi Et in unam sanctam et apostolicam Ecclesiam e Et
expecto resurrectionem. Del Sanctus si ammira la potenza del Cielo e
lumilt della Terra, tradotte in contrasto fra ottoni e archi, fra coro e solisti,
fra Osanna e Benedictus. Nel finale Agnus Dei, lomaggio alla musica
si esprime nella citazione di un soggetto ripreso dal Clavicembalo ben temperato di Bach e di un altro inciso dal proprio Lied Der Doppelgnger (l sta
anche un uomo e ha lo sguardo fisso in alto e si torce le mani in preda al
dolore). La musica chiude estatica e rassegnata con linvocazione del peccatore: Dona nobis pacem.
Il concetto di solenne continua a legarsi alle messe darte, che non sono
per mai liturgiche. Ha spesso a che vedere con eventi politici, come nella
nuova Missa solemnis scritta nel 1825 da Cherubini per lincoronazione di
Carlo x. Oppure con ragioni intime, come nella Petite messe solennelle scritta nel 1863 dallanziano Rossini come per congedarsi dalla propria vita, e la
cui rivoluzionaria scrittura cameristica (12 voci di cui 4 soliste, 2 pianoforti
e armonium) scavalca le dolcezze romantiche e irrompe nel ruvido Novecento. Sono mistiche e sentite, ma non liturgiche, le messe solenni che Franz
Liszt scrive durante la parentesi vaticana del 1864-68, e forse anche le tre che
Anton Bruckner compone fra 1864 e 1868, prima di immergersi nella monomania sinfonica.

Ascolti
L. van Beethoven, Missa solemnis, op. 123, N. Harnoncourt, Chamber Orchestra Europe, Teldec 1993
L. van Beethoven, Large Choral Works, dg 1997
L. Cherubini, Masses, Overtures, Motets, R. Muti, Bayerischer Rundfunk Orchester, emi
2010

Letture
W. Drabkin, Beethoven: Missa solemnis, Cambridge University Press, Cambridge 1991
G. Pestelli (a cura di), Beethoven, il Mulino, Bologna 1995

1823 Variazioni su un tema di Diabelli op. 120


Ludwig van Beethoven

Variazioni globali Il marketing di Anton Diabelli Le


precedenti variazioni di Beethoven La sintesi delle Diabelli Legami con Bach e memorie di Mozart Fantasie
su temi dopera e variazioni brillanti: Liszt Variazioni
serie e variazioni sinfoniche: Mendelssohn, Schumann,
Brahms Modelli per il Novecento Bagatelle
Il ritmo e la melodia del grazioso valzer di Anton Diabelli si perdono subito
e non si ritrovano mai pi. Gi sono impercettibili alla prima variazione, in
tutte le altre spariscono. Servono solo da pretesto per un campionario di
esperimenti pianistici. Lapproccio di Beethoven non si limita a organizzare
piccole varianti, aggiunte e integrazioni successive. globale, investe cio
ogni valore musicale nello stesso momento. Dal valzer di Diabelli sono isolate alcune (poche) microstrutture e assunte come materiali di base: la relazione armonica tonica-dominante con frequente, anzi strutturale, apporto
delle ambigue settime diminuite; il ritmo iterativo; lomaggio al passato
(Bach, Mozart), la caricatura del presente (leditore Diabelli, il didatta Johann Baptist Cramer). Associando questi materiali con criteri flessibili, su
disegni gi collaudati (minuetto, scherzo, fuga, marcia ecc.) oppure del tutto
nuovi, nascono le singole variazioni, che sono pannelli musicali differenti per
colore, spessore, forma. Proprio per il modo con cui sono realizzate, le variazioni superano le insidie dei luoghi comuni ed esprimono un carattere compiuto nonostante la brevit aforistica (la stragrande maggioranza dei pezzi
non dura pi di un minuto). Tutti i pannelli si aggregano e si distribuiscono
secondo una logica combinatoria che non si conosce, ma che simmagina
geometrica, perfetta. Succede anche perch Beethoven, occupato dalla composizione della Missa solemnis, lascia decantare la prima serie di 23 variazioni composte attorno al 1819 e le integra con altre 10 scritte nel 1823, distribuite fra le precedenti con criteri che nessuno (finora) riuscito davvero a
spiegare. Qualcuna ritrova legami con il valzer di Diabelli, qualcuna porta
ancora pi lontano.
Lanalisi di questo stupefacente universo musicale ha impegnato i maggiori studiosi beethoveniani, che ne hanno rivelato la profondit di concezione, la modernit di approccio strutturale, le affinit con gli esperimenti di
alcune avanguardie musicali del Novecento, le correlazioni con un passato
rinascimentale. Non c univocit dinterpretazione e restano tanti problemi

1823 Variazioni su un tema di Diabelli op. 120 397

irrisolti. Su un punto per tutti sembrano daccordo: Beethoven sarebbe


affascinato dalla banalit (a suo modo pretenziosa) del tema di Diabelli e
dalla conseguente sfida intellettuale di ricavarne qualcosa di tanto pi grande e nuovo, senza alterare la gracile ossatura. la caparbia volont beethoveniana di costruire e di andare avanti che si manifesta in questo lavoro
monumentale; la fantasia sublime di chi sa vedere un mondo in un granello di sabbia. Quanto della profondit e della struttura delle 33 variazioni
beethoveniane sul suo valzer abbia capito Anton Diabelli, non sapremo mai.
Certo il giovane editore, senza batter ciglio, pubblica subito le tante e apparentemente invendibili carte che Beethoven gli porta, ormai non pi atteso.
Poco dopo, nel 1824, le ristampa assieme a quelle degli altri 50 (!) musicisti
che cinque anni prima aderiscono al suo invito. E non deve neanche faticare
per convincere il socio Pietro Cappi: lha appena liquidato ed ormai lunico
proprietario della ditta.
Loperazione che Anton Diabelli intraprende nel 1819 un perfetto
esempio di ristrutturazione e rilancio di unazienda con tecniche moderne.
Un anno prima Diabelli diventa socio delleditore musicale viennese Cappi,
a sua volta indipendente dal 1816 (dopo un decennio di apprendistato presso la rinomata casa Artaria) che fatica a tener dietro a un mercato editoriale
in cui il rapido diffondersi del nuovo strumento pianoforte innesca tassi di
crescita esplosivi. Per rilanciare e promuovere limmagine della ditta (ribattezzata Cappi & Diabelli) il neoeditore, che anche autore in proprio, invita
i compositori e i concertisti di pianoforte pi rappresentativi dellimpero
asburgico a scrivere un lavoro di gruppo. Invia un valzer di sua composizione a un congruo numero di musicisti, chiedendo a ciascuno di scrivere
una variazione da pubblicare in ununica raccolta firmata collettivamente
Vaterlndischer Knstlerverein (Associazione artistica patriottica). Il disegno chiaro. Diabelli vuole legare alla propria casa editrice le personalit
musicali pi influenti (per arte, potere o condizione sociale) dellimpero e
ampliare di conseguenza il suo giro daffari. Nella scelta degli artisti, Diabelli segmenta bene il mercato potenziale: ci sono musicisti affermati (Czerny,
Moscheles, Kalkbrenner) accanto a giovanissime promesse (lundicenne
Liszt), esponenti dei circoli culturali della Vienna restaurata ma anche dei
gruppi alternativi emergenti (Schubert, Httenbrenner), beniamini di salotti e sale da concerto, autorevoli critici, insegnanti di pianoforte alla moda,
artisti attivi a Praga, citt decentrata ma dotata di lunga tradizione musicale
e quindi di non trascurabile mercato editoriale. E c Beethoven, il gran
nume tutelare della musica viennese di allora, non pi alla moda ma sempre
popolarissimo, anzi mitico.
Alla proposta di Diabelli, Beethoven risponde con un brusco rifiuto,
senza dare spiegazioni. Qualche tempo dopo per, non si sa bene perch,

398 VI. Prima et romantica

Beethoven comincia a scrivere variazioni. E nel 1823, quattro anni dopo la


richiesta, quando loperazione da considerare conclusa e quando gli altri
hanno gi dato il loro contributo, Diabelli si vede presentare non una sola
ma ben 33 variazioni, difficilissime da suonare e (presume) da vendere.
Istituire confronti fra le variazioni degli altri (Liszt e Schubert compresi)
e quelle di Beethoven assurdo, tante e tali sono le differenze, dintenzione
e di realizzazione. Nulla in Beethoven frivolo e decorativo, non ci sono
concessioni al salotto, allorecchio, alla bravura. La stessa tecnica del
tema con variazioni radicalmente innovata. Anche rispetto al proprio
passato.
Il catalogo delle variazioni di Beethoven , fino a quel momento, fitto.
Inizia addirittura ai tempi di Bonn, con le Variazioni su una marcia di Ernst
Christoph Dressler, scritte nel 1782 a dodici anni e subito pubblicate. Beethoven continua a scriverne per altri ventanni. Si mantiene fedele alla tecnica, gi ben collaudata da Mozart e da tutti i pianisti alla moda, di scegliere
un motivo favorito di unopera teatrale di successo e di variarla aggiungendo
ricami ed espressione, fantasia e bravura. Compone variazioni su melodie di
Righini, Ditters von Dittersdorf, Haibel, Paisiello, Grtry, Wranitzky, Salieri,
Sssmayr, che sono gli autori che hanno fortuna a fine Settecento e che conosce bene perch nel 1789-92 suona la viola nellorchestra del teatro di
Bonn e, trasferitosi a Vienna, segue i programmi del Burgtheater. Il principio
esteso a formazioni in cui al pianoforte si aggiunge il violoncello su temi di
Hndel (da Giuda Maccabeo, 1796) e Mozart (Il flauto magico, 1796 e 1801).
E anche il violino nel gustoso trio sul motivo favorito Ich bin der Schneider
Kakadu del Singspiel di Mller Die Schwestern von Prag (impostato nel
1801, revisionato nel 1816, pubblicato nel 1824).
Dai primi anni dellOttocento, lo stile di Beethoven cambia. Abbandona
di colpo la fonte melodica teatrale e altrui e punta su temi propri (originali) per avere una base solida su cui costruire variazioni organiche (strutturali). Volendo, anche un modo per sfruttare e mettere ordine fra le libere
improvvisazioni con cui il pianista virtuoso Beethoven incanta il pubblico
aristocratico viennese. Sono del 1802 le Sei variazioni op. 34 e soprattutto le
Quindici variazioni op. 35, diventate famose col titolo Variazioni Eroica
perch usano come base il tema principale (e originale) del finale dellomonima sinfonia, ripreso dal balletto Le creature di Prometeo e utilizzato in una
controdanza dello stesso periodo. Segno importante di cambiamento
lintroduzione di una Grande fuga come coronamento finale e riassuntivo
dellop. 35. Ci sono due omaggi allInghilterra, in vista di un possibile sbocco alternativo a Parigi, con le variazioni su God Save the King e Rule, Britannia pubblicate nel 1804. Due nuove raccolte, su temi originali, portano a
uno sviluppo ulteriore: le frammentate eppure coerenti 32 variazioni in do

1823 Variazioni su un tema di Diabelli op. 120 399

minore, lasciate prive di numero dopera senza motivo apparente (1806) e


le 6 variazioni dellop. 76, il cui tema utilizzato nella Marcia alla turca delle musiche di scena per Le rovine di Atene op. 113. Senza dimenticare le
sublimi variazioni inserite come secondo movimento nella Sonata per pianoforte op. 57 Appassionata, pubblicata nel 1807 anche se composta un paio di
anni prima.
A Beethoven servono pi di dieci anni per elaborare un nuovo modo di
organizzare le variazioni. I risultati si hanno nelle sonate per pianoforte op.
109 e 111. La sintesi viene con le Variazioni Diabelli, il cui senso chiaro:
riunire in un unico monumento uninfinit di tecniche e di stili. Il tema
delleditore intraprendente meno cantabile di quello degli operisti alla
moda, per contiene frammenti che accendono la fantasia proprio per la
loro banalit: lornamentazione convenzionale, il ticchettio ripetitivo, le
ovvie armonie. Beethoven seziona il tema, ricompone, aggiunge armonie,
colori, virtuosismi, citazioni (Notte giorno faticar dal Don Giovanni di
Mozart), echi e ricapitolazioni. Dai tanti frammenti di caos emergono le
ultime nove variazioni: ripresa parziale del tema (25) e del gioco virtuosistico (26, 27), omaggio al lirismo (28, 29) e allarmonia (30), stretta emotiva
prechopiniana (31) in preparazione di una Grande fuga (32) e finale liberazione con un Minuetto che ha lo sguardo rivolto a un passato meno
lontano, anzi ancora vicino: quello classico di Carl Philipp Emanuel Bach e
di Mozart (33). Con le Variazioni Goldberg di Bach padre, riferimento unico
ed essenziale.
Per la dimensione che hanno e per lo sforzo tecnico che richiedono, le
Variazioni Diabelli non sono destinate al grande pubblico. In sala di concerto e fra le mura domestiche continua a prevalere lo stile tradizionale, che
prende spunto da melodie dopera, meglio se intrecciate in forma di fantasia
o di pot-pourri, con il vantaggio di citarne pi di una e approfittare dei passaggi di collegamento per esibire ogni sorta di funambolismo esecutivo.
Tutti i pianisti, autori e concertisti del primo Ottocento ne sfornano in quantit industriale. Liszt ne un campione per tutta la sua non breve vita, davvero eclettico nella scelta del repertorio da cui attingere: da Mozart (Rminiscences de Don Juan) a Wagner, toccando tutti i maggiori operisti del tempo,
prima come pretesto per unesibizione poi come matura riflessione sullarte
altrui. La variazione classica, su tema storico oppure originale, si rivolge ad
ascoltatori pi esigenti. Un momento importante sono le Variations srieuses
op. 54 (1842) di Mendelssohn, cos definite dallautore perch intendono
resistere alla futile moda corrente e mantenersi nellambito della musica assoluta. Esplicita voglia di sviluppare le risorse timbriche del pianoforte
hanno gli Studi sinfonici op. 13, nei quali Schumann amplia la linearit delle
giovanili Variazioni sul nome Abegg op. 1 e, con uno sforzo che inizia nel

400 VI. Prima et romantica

1834 e dura almeno 18 anni, cerca di spremere dalla tastiera le dense sonorit delle sue future partiture orchestrali. In parte, lo spirito delle Diabelli si
ritrova in Brahms: forse pi nelle Variazioni e fuga su un tema di Hndel op.
24 (1861) che nelle Variazioni su un tema di Paganini op. 35 (1863), concentrate sul trasferimento del vibrato del violino sul martellato del pianoforte.
In entrambi i casi tuttavia ben riconoscibile la fisionomia del tema di partenza, grazie al sistematico pulsare del basso che fa da denominatore comune, come nellantica passacaglia.
Resta sospeso invece proprio il lavorio allinterno del tema che intriga
Beethoven nei tre anni di elaborazione delle Diabelli. Bisogna aspettare il
nuovo secolo perch lintuizione sia ripresa e in parte sviluppata: dalla Seconda scuola di Vienna di Schnberg, Webern e Berg; dai neoclassici Stravinskij e Hindemith; dallindipendente Bartk. Anche se resta in tutti il rispetto per il tema in s e la volont di non disperderne la riconoscibilit, intesa come punto di ancoraggio del disegno musicale complessivo. Forse i
frutti maggiori li colgono i postseriali del secondo Novecento. Per esempio:
Mantra per due pianoforti ed elettronica di Stockhausen, Variazioni canoniche per orchestra di Nono, Notations di Boulez.
Variazioni di variazioni, sviluppi integrali e aggregazioni per frammenti
restano passioni costanti di Beethoven. Lo dimostra lultima raccolta che
dedica al pianoforte, completando nel 1824 una collezione che intitola Bagatelle op. 126, sei brevi pezzi concepiti fin dallinizio come ciclo unitario, con
studiata sequenza di carattere e toni. Forse cos anche nella precedente
serie di undici bagatelle, pubblicata nel 1823 come op. 119 raccogliendo
frammenti scritti dal 1791 in poi; e nella serie di sette op. 33 (1803). Il disegno unitario si sente assai meno nelle numerose altre bagatelle disseminate
da Beethoven lungo lintero arco della sua vita, compresa la pi famosa, Per
Elisa, completata a pi riprese fra 1808 e 1822, pubblicata postuma, forse
composta per Teresa Malfatti, un suo impossibile amore. Il tutto a dimostrare linteresse costante di Beethoven per lidea improvvisa e non strutturata,
che solo in un secondo tempo, per volont o per caso, genera la struttura che
sta intorno. Siamo agli albori del pezzo di genere, breve e informale, meglio se raccolto in ciclo, come trionfer per lintero Ottocento romantico,
firmato da tutti i compositori-pianisti. Sono gli Improvvisi e i Momenti musicali di Schubert che aprono la via ai Preludi di Chopin, ai cicli di Schumann, alle Romanze senza parole di Mendelssohn, ai Klavierstcke di
Brahms, via via fino a Novecento inoltrato.

1823 Variazioni su un tema di Diabelli op. 120 401

Ascolti
L. van Beethoven, Rudolf Serkin Plays Beethoven: Diabelli Variations, Op. 120 / Piano
Sonata No. 30 in E Major, Op. 109, R. Serkin (1954), Music & Arts Program 2007
L. van Beethoven, Piano Variations, J. Ogdon/E. Gilels, emi 2004
Aa.Vv., Diabelli Variations, M. Chen, Bridge Records 2006

Letture
W. Mellers, Beethoven and the Voice of God, Faber and Faber, London 1983
M. Salomon, Lultimo Beethoven. Musica, pensiero, immaginazione, Carocci, Roma 2010
W. Kindermann, Beethovens Diabelli Variations, Oxford University Press, Oxford 1987

1824 Sinfonia n. 9 op. 125


Ludwig van Beethoven

Abbracciatevi milioni Schiller rivoluzionario Beethoven libertario Commissione che viene da Londra Le
tensioni del primo movimento, la forza del secondo, il
canto del terzo Le voci nel finale Il testo adattato alle
esigenze della musica La diffusione universale Inno
olimpico della Germania divisa Inno dellEuropa unita
Amici, basta con questi suoni; intoniamo invece qualcosa di pi piacevole e
gioioso. Con queste parole, il baritono solista interrompe gli strumenti
dellorchestra, coinvolge il coro nellesclamazione Gioia e si appoggia sui
versi di Friedrich Schiller Freude, schne Gtterfunken, Tochter aus Elisium (Gioia, bella scintilla divina, figlia dellElisio) per cantare la gran melodia che subito passa alla storia e che nel 1985 diventa linno dellUnione Europea. La seconda strofa tocca a un coro scuro (tre voci, senza soprani) sostenuto da piena orchestra con trombe e timpani. Gli strumenti si riducono a
fiati e bassi quando i quattro solisti vocali (soprano, contralto, tenore, bassobaritono) intonano la terza strofa, per poi lasciare spazio al coro (quarta
strofa) e tornare in primo piano nella quinta strofa, che il coro ripete aumentando la massa sonora fino al tremendo fortissimo sulle parole vor Gott
(Davanti a Dio). Solo larmonia ci dice che non siamo alla fine. A sorpresa
irrompe col passo di marcia una banda turca di fiati in legno e in ottone,
triangoli, piatti e grancassa a preparare un assolo di tenore minacciato da
falcate vocali che sembrano non tenere conto dei limiti fisici delle corde in
gola, spinto nellacuto per sovrastare lentrata del coro. Siamo alla sesta strofa.
Un lungo e drammatico intermezzo solo strumentale fa da cesura al nuovo intervento del coro a pieno organico e in fortissimo che ripete la prima
strofa cadenzando la melodia, cos da rendere ancor pi drammatica la pausa che precede linvocazione cruciale: Seyd umschlugen, Millionen! / diesen Kuss der ganzen Welt! / Brder berm Sternenzelt muss / ein lieber
Vater wohnen (Abbracciatevi, milioni. Questo bacio vada a tutta la terra.
Fratelli! Sopra le stelle deve vivere un caro Padre). Il tonante Andante
maestoso si trasforma in Adagio ma non troppo, ma devoto sulle nuove
parole Ihr strzt nieder, Millionen? / Ahnest du ein Schpfer, Welt? / Such
ihn berm Sternenzelt! / ber Sternen muss er wohnen (Vinchinate, milioni? Mondo, intuisci che esiste un Creatore? Cercatelo oltre le stelle! Oltre
le stelle Lui deve abitare). Ora pu iniziare il percorso conclusivo: una ripre-

1824 Sinfonia n. 9 op. 125 403

sa della melodia adattata nel ritmo per costruire un fugato corale, intercalata
dalle esclamazioni Freude; la combinazione di tutte le risorse (solisti, coro,
orchestra) per una nuova rivisitazione musicale della prima strofa; un ammorbidimento (Poco adagio) sulle parole Alle Menschen werden Brder,
/ wo dein sanfter Flgel weilt (Tutti gli uomini saranno fratelli, dove veglia
la tua ala amorosa). Quindi tocca a: stretta finale, in prestissimo e fortissimo,
ultimo intervento dei solisti, reintegro della banda, maestosa chiusura sulla
parola chiave Gtterfunken.
ovvio che, nel finale della Nona sinfonia, il testo ha un ruolo essenziale.
Scritta da Schiller nel 1785 e accorciata nel 1803, figlia di ideali massonici e
libertari, lode Alla gioia affascina subito Beethoven, tanto che gi nel 1793
vuole metterla in musica. Proprio in quellanno Schiller e i suoi drammi sono
banditi dallimpero asburgico perch ritenuti sovversivi e filofrancesi. lo
stesso giovane Beethoven, in piena ascesa presso la nobilt viennese, a scrivere al suo editore (di Bonn) che non il caso di esporre la sua ammirazione
per un poeta gratificato nel 1792 con il titolo di citoyen franais dalla
Convenzione nazionale della Rivoluzione. Conosce il pensiero di Schiller fin
dalladolescenza, a Bonn, quando assiste alle rappresentazioni (1782-83) dei
Masnadieri e di Fiesco nel teatro di cui direttore musicale il suo maestro
Neefe. Inoltre frequenta (dal 1787) il circolo letterario Lesegesellschaft,
sostenitore delle idee schilleriane, oltre che della grande Rivoluzione. Pi
che le parole in s, affascinano Beethoven i valori che lode esprime: fratellanza universale, fede in un Padre celeste, fiducia nella scintilla divina che
porta la gioia. La maturazione dura trentanni e diventa la soluzione al problema di come impostare un lavoro monumentale commissionato nel 1817
dalla Royal Philharmonic Society di Londra, che chiede due nuove sinfonie
e la presenza di Beethoven a Londra nellottobre del 1818 per la prima esecuzione. Lui accetta, negozia il compenso e i rimborsi per il viaggio. Non
riesce per a mantenere limpegno, assorbito com dalle ultime sonate per
pianoforte, dalle Variazioni Diabelli, nonch dalla Missa solemnis. Inizia a
lavorare davvero alla Nona solo sei anni dopo, nella primavera del 1823.
Come sempre, cerca lispirazione nel suo passato e nel mare di appunti messi su carta con scrupolosa diligenza e nel disordine totale. Imposta nellordine i primi tre movimenti, che sono coerenti con il suo passato sinfonico, sia
pure su scala dilatata.
Nel primo movimento il contrasto fra nuclei tematici scandito dalle
ambiguit tonali dellattacco e diventa una monumentale rappresentazione
del caos, specchio della nostra condizione umana. Lo Scherzo amplifica a
dismisura la divaricazione fra le sezioni estreme (affannate) e quelle interne
(cantabili) in una complessa variante a cinque parti (ababa) della tripartizione classica (aba). LAdagio trasferisce ai colori dellorchestra il bianconero

404 VI. Prima et romantica

della trance pianistica della sonata Hammerklavier. Per il finale, Beethoven


intuisce che solo uninnovazione pura pu degnamente completare lopera.
Decide di aggiungere voci agli strumenti. Tiene anche conto della pratica
concertistica del tempo. Non ci sono, come oggi, distinzioni fra concerto
orchestrale, solistico di voce o di strumento, corale. invece consuetudine
alternare, nella stessa serata, una sinfonia strumentale, alcuni passaggi per
solo pianoforte, qualche aria dopera teatrale, interventi del coro. Un classico esempio il concerto a Vienna del 22 dicembre 1808 in cui sono affiancate prime esecuzioni di Quinta e Sesta sinfonia, parti della Messa op. 86 e la
curiosa Fantasia op. 80 per un pianoforte che inizia da solo, continua in
dialogo con lorchestra, termina con il coro che intona un testo del modesto
poeta Christoph Kuffner.
Con lobiettivo di soddisfare le manie di grandezza dei committenti londinesi, sempre in attesa e disponibili a rivedere il compenso, Beethoven
trova un posto per i versi, anzi per i concetti di An die Freude di Schiller. Sa
che contaminare con la voce la purezza strumentale della sinfonia inventata
da Haydn e Mozart rischioso. Prepara per bene il cambiamento con unimponente introduzione. Sceglie come melodia principale quella gi utilizzata
nel finale della Fantasia op. 80 per pianoforte, coro e orchestra, a sua volta
ripresa dal precedente (circa 1795) Lied Gegenliebe per voce e pianoforte.
Non espone subito la melodia, per. Ne anticipa frammenti, interpone richiami di primo, secondo e terzo movimento per assicurare continuit. Costruisce variazioni su un tema ancora virtuale e finalmente consente lingresso della parola, appunto con la voce del baritono. Le prime parole sono sue,
di Beethoven. Quelle di Schiller vengono dopo, prima disposte con un minimo di criterio poi subordinate alle regole della musica, addirittura cassate
quando appaiono ridondanti. Beethoven che inventa un nuovo ordine per
le strofe di Schiller, collocate dopo lesibizione del tenore e dopo il lungo
intermezzo orchestrale. Fa cantare al coro e ai solisti frammenti del testo,
presi dallattacco e dal finale. Elimina frasi, scambia strofe e ritornelli, ne
ignora una buona met, aggiunge perfino parole sue, che segnano la rottura
dellesclusiva strumentale.
Dalle parole di Beethoven (basta con questi suoni), lentusiasta della
Nona, Richard Wagner deduce la fine della musica soltanto strumentale e
linizio della musica totale, in cui suono e parole unite al dramma annunciano lopera darte del futuro. Non proprio cos. Accanto alla Nona, Beethoven abbozza una Decima (che potrebbe essere laltra sinfonia chiesta dagli
inglesi), solo strumentale e dimpianto leggero, secondo la collaudata
pratica di alternare le sinfonie drammatiche (numeri dispari) con quelle
elegiache (numeri pari). In parallelo alla Nona, e anche nei pochi anni
successivi, simmerge nella musica pura dei quartetti per archi, nei frammen-

1824 Sinfonia n. 9 op. 125 405

ti pianistici delle Variazioni Diabelli e delle Bagatelle. Pure contemporanea


la Missa solemnis, che getta una luce diversa sulletica e sulla religiosit di
Beethoven. Difficile dunque trarre conclusioni assolute da un singolo lavoro.
Il richiamo del baritono si pu leggere anche come richiesta di cambiare
i toni. Non pi i tormenti del primo tempo, non le frenesie dello Scherzo
e neppure le estasi dellAdagio; non le contraddizioni del vivere individuale ma un collettivo inno alla gioia di vivere su questa terra, sotto un manto di
stelle e con un caro Padre che tratta tutti noi umani come suoi angeli. In
questa prospettiva, tutta la Nona assume una logica unitaria, che supera la
frammentazione della sinfonia classica e il dettaglio costruttivo che regge le
singole unit. Il percorso musicale di Beethoven porta dal caos e dallangoscia iniziale al trionfo finale secondo passaggi logici e conseguenti. La prima
parte, solo orchestrale, del monumentale finale ha funzione riassuntiva. Lesortazione di Beethoven introduce il testo di Schiller, che poi la musica piega
a superiori esigenze espressive ed etiche. Lalternarsi, nellode di Schiller, fra
la voce dellindividuo e quella del coro (alla maniera della tragedia greca,
ossia della formula ripetitiva strofa-ritornello) non va bene per il disegno
progressivo di Beethoven, che forza la struttura dellode: taglia le ultime
quattro strofe e trasferisce una parte del coro alla voce dellindividuo (il tenore con tamburi e pifferi). Poi accentua le sue parole chiave, con ripetizioni
e aumenti di volume. Tante volte la musica ripete Alle Menschen, alle Menschen, alle Menschen; der ganzen Welt, der ganzen Welt. Tutti gli uomini
di tutta la terra, compresi i turchi che arrivano con la loro musica e la voce
del tenore, chiudono la prima parte vocale della Nona. Lapoteosi finale
preparata da un importante, complesso, drammatico intermezzo strumentale a ricordarci che il contrappunto e la fuga sono i muscoli della grande
musica. Ancora una volta il riarrangiamento del testo porta al cospetto della
Divinit e della Gioia, in quel vero miracolo che la sospensione steht vor
Gott (state davanti a Dio). Quindi lesaltante corsa verso laccordo finale.
Proprio perch consapevole della forza espressiva intrinseca della musica, Beethoven non ha scrupoli nellalterare gli equilibri di Schiller. Lo sforzo
della sua invenzione supera la semantica della poesia e riafferma il valore
autonomo dellespressione musicale. Infatti, linno dellEuropa unita si suona senza parole, magari con la sola banda. Il risultato lascia sbalordito il
pubblico che, il 7 maggio 1824, gremisce il teatro di Porta Carinzia di Vienna. La situazione surreale. Un autore sordo dirige con gesti senza senso,
mentre il vero direttore (il maestro di cappella Michael Umlauf) si affanna a
guidare esecutori sconvolti dalla pi complessa partitura mai affrontata.
Leggenda vuole che il successo sia enorme. Pi saggio parlare di sconcertata
ammirazione. Laccettazione non immediata neppure in Germania. Le riprese ad Aquisgrana (1825), Berlino e Lipsia (1826) sono accolte con favore,

406 VI. Prima et romantica

ma non ancora acclamate. Iniziano le stroncature decise e le difese dufficio.


Di regola il problema il finale, talvolta espunto in nome della purezza strumentale o del rispetto per Schiller.
A Londra la Nona arriva il 21 marzo 1825, con testo tradotto in italiano,
ed un fiasco memorabile, mitigato da una ripresa nel 1828. Solo una decina
di anni dopo gli entusiasmi dei londinesi cominciano a prevalere sulle riserve. Diversa laccoglienza in una Parigi che, negli anni trenta, ritrova il
prestigio sociale e culturale che Londra le ha sottratto mezzo secolo prima.
Dal 1828 vi risiede una magnifica orchestra sinfonica composta dai migliori
alunni vecchi e nuovi del conservatorio (fondato in tempi rivoluzionari, nel
1794) e diretta da Franois-Antoine Habeneck, appassionato di Beethoven
e inflessibile nelle prove. Restano in molti critici le perplessit sul finale, ma
la Nona entra stabilmente in repertorio. Nel 1846 arriva grandiosamente in
America, con duemila persone (ma la capienza diecimila) che la ascoltano
nellauditorio allaperto ricavato in un forte abbandonato sulla punta sud di
Manhattan. Qui il consenso vero riservato al finale.
Nei grandi musicisti contemporanei a Beethoven c variet di atteggiamento. Schubert, presente alla prima viennese, coglie subito le novit. Non
lo sorprende la subordinazione della poesia alla musica, perch lui stesso
anticipa la lezione del maestro in tanti Lieder giovanili su versi dello stesso
Schiller o del comune idolo Goethe. Rifiuta per la commistione fra voci e
strumenti in nome della purezza sinfonica. Lo ispira invece la dilatazione
della forma musicale, perch sintassi narrativa sviluppata con la sola risorsa dellarmonia e della dinamica del suono. Come nella propria Sinfonia in
do maggiore La grande, nel cui finale si percepisce la voglia di gioia della famosa melodia. Subito campione beethoveniano, Liszt trascrive per pianoforte tutte le sinfonie, in particolare la Nona, per portarle in prima persona anche nei luoghi in cui manca lorchestra. Di suo, Liszt attinge al modello del
finale con coro nelle sue due uniche sinfonie, ispirate alla Commedia di
Dante (1856) e al Faust di Goethe (1857). A Parigi, prima ancora di ascoltarla da Habeneck, Berlioz analizza in dettaglio la Nona e, pi tardi, con Romeo
e Giulietta (1839) scrive unintensa sinfonia drammatica. A Berlino, ancora
ragazzo, Mendelssohn trascrive per pianoforte la sola Nona e la suona entusiasta. Per, dopo aver diretto loriginale a Lipsia nel 1837, confessa a uno
sbalordito Schumann di non capire il finale. Non a caso, lunica sinfonia di
Mendelssohn con coro, la n. 2 Lobgesang, la pi debole delle sue cinque.
Schumann, invece, coglie lunit della sinfonia nella sequenza Epic, Humor,
Lyrik, Drama, ma nelle sue quattro sinfonie preferisce la forma del precedente Beethoven soltanto strumentale e le tinte scure di Schubert. Per le generazioni successive, si appoggiano alla Nona ma rinunciano alle voci sinfoniche sia Brahms sia Anton Bruckner, mentre Mahler osa riprenderne il mo-

1824 Sinfonia n. 9 op. 125 407

dello concettuale gi nella sua Seconda, che chiude con lode Resurrezione di
Friedrich Klopstock, contemporaneo di Schiller.
Nel frattempo, la Nona conquista il mondo intero e diventa la sinfonia
(forse) pi amata di Beethoven, buona per celebrazioni singole o ricorrenti.
simbolo di fratellanza nella Germania divisa, riunita per i giochi olimpici,
e nellEuropa unita per le feste comandate. In Giappone la portano i prigionieri tedeschi catturati nella Prima guerra mondiale e ora risuona a ogni
capodanno. Diventa musicoterapia al cinema, colonna sonora adatta ad
accompagnare il criminale psicopatico dellArancia meccanica di Stanley
Kubrick.

Ascolti
L. van Beethoven, Symphony No. 9, W. Furtwngler, Bayreuth Festival Orchestra, emi
1999
G. Mahler, Symphony No. 2, L. Bernstein, New York Philharmonic Orchestra, dg 1990

Letture
M. Mila, Lettura della Nona sinfonia, Einaudi, Torino 1977
H. Sachs, The Ninth: Beethoven and The World in 1824, Random House, New York 2010
D. Hildebrandt, Die Neunte: Schiller, Beethoven und die Geschichte eines musikalischen
Welterfolgs, dtv, Mnchen 2009

1824 Quartetto D 820 La morte e la fanciulla


Franz Schubert

La morte consolatrice Eredit di Beethoven Il canto


strumentale Il tema di Rosamunde Il quartetto domestico di Schubert Espressione senza contrasti Il magico 1824 Verso Schumann e Brahms La terna estrema
Il vertice espressivo del pi famoso quartetto di Schubert la struggente
serie di variazioni sulla melodia del Lied Der Tod und das Mdchen (La morte e la fanciulla), che fa da secondo movimento. Lascolto del brano strumentale non pu prescindere dal titolo del Lied e neppure dal testo, del poeta
classico romantico Matthias Claudius. La lettura ci consegna la morte con
limmagine della consolatrice che scaccia amichevole le angosce della fanciulla e ne accoglie materna la giovane vita. Le parole sono semplici, il metro
soffice. Niente teschi, falci o mantelli neri. un luminoso ambiente classico
a fare da sfondo al breve dialogo fra la fanciulla e la morte che laddormenta.
La musica del ventenne Schubert (il Lied datato 1817) sottolinea ancor pi
il carattere lirico e non drammatico dei versi di Claudius. La melodia lineare, senza sussulti; laccompagnamento integra con discrezione; anche la
tonalit di re minore, di solito tragica e inquieta, portata da Schubert a uno
splendore trasfigurato.
Quando sette anni dopo, per motivi che non si conoscono, Schubert riprende quella semplice melodia per farne il tema per una serie di variazioni
(secondo movimento) del suo nuovo quartetto, si mantiene fedele allo spirito originario. Lesposizione sobria, le variazioni sono melodico-ornamentali, il tema si riconosce sempre, pur nelle sue metamorfosi, le armonie non si
distaccano dallimpianto in sol minore. Nello stesso modo Schubert si regola, sempre nel 1824, scrivendo le variazioni (quarto movimento) dellOttetto
e anche la notissima serie di variazioni per flauto e pianoforte sul Lied
Trockne Blumen, diciottesimo nel ciclo Die schne Mllerin (La bella molinara). In questultimo caso per lequilibrio pi precario: tanto il Lied originale tragico, cos le variazioni per flauto sono leggere, spensierate e brillanti, perfino dissacranti. Nelle variazioni sulla Morte e la fanciulla c il rischio
opposto, cio che si sposti laccento sul versante drammatico e si perda il
sublime equilibrio classico del capolavoro.
Verso il dramma indirizzano comunque tutti gli altri tre movimenti del
quartetto, iniziando con quello che precede le variazioni, un Allegro che
subito si presenta come il pi intenso e appassionato pezzo cameristico mai

1824 Quartetto D 820 La morte e la fanciulla 409

scritto da Schubert. Lattacco beethoveniano. Il primo inciso di cinque


note pulsa incessante in quasi ogni battuta, rendendo impossibile ogni distensione lirica e soggiogando tutto ci che trova sul suo cammino, anche il
dolce e cullante secondo tema. Lo sviluppo conciso, la ripresa essenziale e
dopo una breve coda, su una magica modulazione, il finora travolgente Allegro chiude in un inatteso pianissimo, perdendosi nel silenzio e creando la
giusta atmosfera per il successivo tema con variazioni. Lincanto del secondo
movimento rotto dalla forza quasi brutale che, nel successivo Scherzo,
viene dalla sincope che squassa la metrica tradizionale. Infine il Presto
(quarto movimento) letteralmente vola sul ritmo di una tarantella, secondo
la logica formale del rond. La tradizione interpretativa che legge questo
finale come una spettrale danza della morte poco plausibile e fuorviante.
Importante osservare che il tema principale del finale deriva dallinciso che
domina il primo movimento. con questo artificio tecnico che Schubert riesce a dare al Quartetto in re minore straordinaria compattezza stilistica e
unit formale.
il Quartetto di Beethoven, quello guidato da Ignaz Schuppanzigh, a
eseguire per la prima volta in pubblico il Quartetto in re minore di Schubert.
Accade il 1 febbraio 1826 nella casa viennese dellamico Josef Barth. Per
loccasione Schubert rivede una partitura gi pronta da quasi due anni. La
data di composizione marzo 1824, immediatamente dopo il Quartetto
op.29 n. 1 detto Rosamunde subito eseguito in pubblico con successo dallo
stesso quartetto di Schuppanzigh (14 marzo 1824) e perfino pubblicato a
stampa. Ancora una volta la fortuna nasce da una melodia famosa. Come
tema per lAndantino (secondo movimento), Schubert utilizza un motivo
tratto dalle musiche di scena per il dramma Rosamunde, principessa di Cipro,
scritto un anno prima. lo stesso motivo usato anche nellImprovviso op.
142 n. 3 per pianoforte del 1828. La costante riproposta di questo bellissimo
inciso, appena variato nellaccompagnamento e nellarmonia, alternata a
brevi digressioni. A sorpresa, quella centrale ha una forte carica drammatica.
Non c dramma e tanto meno dialettica nel primo movimento, un tipico
caso di costruzione schubertiana molto libera, spesso vaga, in fondo liederistica, cio cantabile. Ununica melodia, con le sue tante trasformazioni, domina un quadro fatto di impalpabili transizioni poetiche, di fremiti sommessi: il disegno di accompagnamento, lo strano inciso che segue la melodia
principale (che non si sa se considerare motivo secondario, o sinistro segno
dinterpunzione), il frequente emergere di note ribattute. Il Minuetto e il
suo trio innestano dolcezza e malinconia infinite sul ritmo di una danza popolare austriaca (il Lndler, antenato del valzer). Non c da stupirsi se la
melodia rimanda a un Lied scritto nel 1819: Gli di della Grecia, su testo di
Friedrich Schiller (O bel mondo, dove sei / Torna, cara e fiorita et della

410 VI. Prima et romantica

natura). Conclude un Allegro moderato, impostato su ritmi allungherese, ricordo dei soggiorni schubertiani in campagna, quale istitutore musicale
delle figlie del principe Esterhzy. Echi di marce militari e di danze contadine si alternano a passaggi densi e talvolta drammatici.
In quel magico 1824 viennese, che anche quello della Nona sinfonia di
Beethoven, Schubert trova il suo linguaggio strumentale e lo applica al quartetto per archi, un genere che conosce benissimo, fin da bambino, quando fa
musica da camera in famiglia, nella modesta casa del padre maestro di scuola. Franz suona la viola (o il violino), suo padre il violoncello e i fratelli completano lorganico. Schubert comincia allora a scrivere cose sue, con ovvia
discendenza dai modelli di Haydn e Mozart e magari del giovane Beethoven
(quello dellop. 18, non dellop. 59). Sono una quindicina i quartetti che
completa o abbozza fra 1811 e 1814. Non poco e di sicuro un segnale
preciso dinteresse per un genere che allora sembra avviato al declino. Sono,
infatti, gli anni in cui lo stesso Beethoven tace e i maggiori cultori del genere
sono George Onslow e Louis Spohr.
A un certo punto (estate 1816) anche Schubert smette di scrivere quartetti, lascia in sospeso tante partiture e, forse deluso dai risultati, si dedica ad
altro. Torna al quartetto solo nel dicembre del 1820 con un pezzo quasi rivoluzionario. lAllegro assai in do minore che Otto Erich Deutsch, nel suo
catalogo tematico delle opere di Schubert, classifica come D 703. Rispetto
alle esperienze precedenti una svolta decisiva. I legami con la tradizione
settecentesca sono ormai superati. Anche le pi mature sperimentazioni
beethoveniane dellet centrale (op. 59, 74, 95) non sono pi punti di riferimento obbligati. Larchitettura non ha analogie con antecedenti e contemporanei. Lorganizzazione tripartita esposizione-sviluppo-ripresa della classica
forma sonata in apparenza rispettata, per ne mancano i presupposti,
perch non esiste dialettica. Tutta una serie di motivi fa da corona alla lunga
melodia principale, amplia lambito espressivo, ma non crea contrasti. Dinamica e coerenza interna sono assicurate dalla coordinazione, entro un efficace impianto armonico, di alcune cellule elementari ricorrenti per tutto il lavoro: il cupo tremolo che apre il movimento, le brusche folate ascendenti, il
pulsare di ritmi ostinati anche nei momenti di maggiore distensione lirica.
Ne esce un affresco denso di suggestioni, in cui il pessimismo di Schubert
appare, inconfondibile, al di l delle sordine che qui come altrove sono
poste ai sentimenti pi personali.
Questo Allegro assai avrebbe dovuto essere il primo movimento di un
quartetto di vaste proporzioni. Perch Schubert si sia fermato dopo aver
scritto una quarantina di battute del successivo Adagio, non dato sapere. Forse per le conseguenze di una vita sregolata. O forse la carica innovativa dellAllegro assai ha bisogno di sedimentarsi prima di essere trasfusa

1824 Quartetto D 820 La morte e la fanciulla 411

negli altri movimenti. Per altri tre anni Schubert non scrive quartetti. un
momento di difficolt. La lista delle opere iniziate e non completate in
quellarco di tempo comprende la famosa Ottava sinfonia detta Incompiuta.
Il segno che la crisi creativa superata si trova in una lettera scritta allamico
Leopold Kupelwieser il 31 marzo 1824: In fatto di Lieder non ho scritto
gran che di nuovo, ma in compenso mi sono esercitato in numerosi lavori
strumentali: ho scritto due Quartetti... e un Ottetto, e ho in mente di scrivere un altro Quartetto. Voglio cosi prepararmi a comporre una grande Sinfonia.... La sinfonia probabilmente quella in do maggiore ora nota come La
grande e numerata come n. 9 (o n. 10), oppure unaltra (n. 7, o n. 9), forse
mai conclusa e il cui manoscritto comunque perduto. I due quartetti terminati sono lop. 29 n. 1 e La morte e la fanciulla, che dovrebbe essere pubblicata come op. 29 n. 2 e invece esce postuma nel 1831. Quello annunciato
terminato alla fine di giugno del 1826 per ultimare la terna editoriale
classica come op. 29 n. 3. Invece deve attendere il 1856 per essere stampata
come op. 161.
Lop. 161 dunque lultimo quartetto per archi di Schubert, ma non
mai diventata popolare, nonostante il fascino che le viene dalla cronologia.
Molto lungo, il pi lungo quartetto di Schubert, difficile da eseguire e comunque poco vistoso. Spesso procede solo per allusioni e non manca di
trasmettere un qualcosa che gi postromantico, con i brividi dellespressionismo novecentesco. Ci sono tanti tremoli in partitura, talvolta per dare ai
quattro strumenti un respiro orchestrale, talvolta per avvolgere e confondere il canto, per inventare timbri. Loscillazione sistematica fra i modi maggiore e minore rende ancora pi sfuggenti gli equilibri armonici tradizionali.
Larchitettura della forma sonata di volta in volta rivisitata, innovata, accantonata. Il Quartetto in sol maggiore dunque uno dei pi liberi scritti da
Schubert. Il primo movimento, per esempio, si regge su un tema assai conciso, quasi un motto. Gli si oppone una melodia ampia, ripetuta e assaporata pi volte, senza molto badare al rispetto delle simmetrie. Lo sviluppo ha
drammaticit inconsueta in Schubert e procede in modo istintivo. La ripresa
nasce allimprovviso, variata rispetto allesposizione iniziale. Parrebbe un
disegno stravagante; forse lo davvero. Lanalisi fatta con carta e matita lo
conferma. Invece lascolto trasmette altre cose: che ogni battuta nasce
dallaltra per intima necessit; che i segmenti si associano in un disegno
complessivo che ha una sua profonda compattezza. Risultato delleccellente
elaborazione del tema principale, del ruolo unificante (dal punto di vista
timbrico) dei ripetuti tremoli, della fantasia con cui Schubert utilizza lartificio del rapido passaggio da minore a maggiore in funzione di chiaroscuro.
Il violoncello, che nel primo movimento ha tanto spazio espressivo, diventa protagonista nel secondo, Andante un poco moto: espone la melo-

412 VI. Prima et romantica

dia, intesse controcanti, e cos determina il timbro caldo di tanta parte del
movimento. Lintenso lirismo introdotto dal violoncello per contrastato
da una sezione drammatica, che torna due volte, secondo il classico schema
ababa. E con la sezione drammatica tornano i tremoli, i salti di registro, le
modulazioni improvvise che sincontrano nello sviluppo del primo movimento. Tanto densa la scrittura dellAndante, cosi leggera quella
dello Scherzo. un continuo scorrere di veloci note ribattute, distribuite
su tutti gli strumenti, in pianissimo, separate da pause o da scarne figure di
raccordo. Il quartetto termina con un vivacissimo Allegro assai: pare una
tarantella, ricorda altre grandi conclusioni schubertiane (il Quartetto in re
minore, la Sonata per pianoforte in do minore D 958), procede con sbalorditiva capacit dinvenzione e di elaborazione, scorre in un baleno, anche se
uno dei pi estesi finali di Schubert. Sembra voler dimenticare il colore
scuro che rende tanto suggestivi i primi due movimenti, che prelude al
denso tessuto dellestremo Quintetto op. 163 con due violoncelli, e che apre
le porte al suono cameristico di Schumann e di Brahms. Il finale invece
(assieme allo Scherzo) porta verso altre direzioni, verso lo stile lieve e
postclassico di Mendelssohn. Il timbro si rischiara, ma il quartetto perde
quellunit di suono e di concezione che resta la vera forza del ben pi famoso e popolare Quartetto in re minore La morte e la fanciulla che lo precede di due anni.
Nei due anni che gli restano da vivere, Schubert non compone altri quartetti. Sa che Beethoven ha ricominciato a scriverne (nellestate del 1826 finisce lop. 131 e inizia la 135) e forse sente Schuppanzigh eseguire le op. 127 e
130 da poco terminate. Probabile che, prima di riprendere a trattare il gran
genere, Schubert decida di aspettare e di studiare bene le novit introdotte
dal suo maestro virtuale. Per capire se e come continuare, consapevole com
di essersi staccato proprio dai modelli beethoveniani nei suoi ultimi tre lavori. Mentre non pu sapere che le future generazioni ottocentesche di tedeschi e francesi si appoggeranno proprio al suo esempio per creare il quartetto per archi del secondo e del tardo Romanticismo. E neppure che lamericano George Crumb citer proprio La morte e la fanciulla, assieme al gregoriano Dies irae e allinfernale tritono, nella trenodia alla tragedia del Vietnam
che Black Angels (1970) per quartetto amplificato con i quattro esecutori
impegnati anche con vari strumenti a percussione.

1824 Quartetto D 820 La morte e la fanciulla 413

Ascolti
F. Schubert, Death and the Maiden, Takcs Quartet, Hyperion 2006
F. Schubert, Complete String Quartets, Auryn Quartett, cpo 1999
F. Schubert, Rosamunde, C. Abbado, Chamber Orchestra of Europe, dg 1991

Letture
S. Sablich, Laltro Schubert, edt, Torino 2002
B. Newbould (a cura di), Schubert Studies, Ashgate, Aldershot 1998

1825 Quartetto op. 130

Ludwig van Beethoven


Canto per quattro strumenti ad arco Una Grande fuga
per concludere Due quartetti di transizione Passaggio
graduale Canzona di ringraziamento Unit nella
frammentazione Equilibrio ritrovato Senza eredi diretti nellOttocento Bartk e ostakovi nel Novecento.

(Beethoven) considerava la Cavatina in mi bemolle in tempo di 3/4 del


Quartetto in si bemolle lesito pi alto da lui raggiunto nella scrittura per
quartetto darchi. Era anche il suo pezzo favorito, composto piangendo di
commozione nellautunno del 1825. Queste le parole di Karl Holz, secondo
violino nel quartetto Schuppanzigh, bevitore impenitente e carattere gioviale, amico fra i pi cari di Beethoven negli ultimi anni. Nellopera italiana, la
cavatina laria con cui un personaggio si presenta in scena per la prima
volta. Qui forse Beethoven che ritrae se stesso, con la sua struggente voglia
di cantare e soprattutto di ascoltare. Gli intervalli vocali della melodia del
primo violino, la regolarit del metro, la dolcezza delle transizioni, il velluto
dellaccompagnamento trasmettono un sogno a occhi aperti e una nostalgia
per ludito perduto che solo nella sezione centrale, in recitativo, si trasforma
in angoscia. Lintero quartetto pare costruito in funzione della Cavatina. I
tre movimenti precedenti la preparano, sia pure in una dimensione colossale.
Dopo una breve introduzione lenta, il primo movimento insegue severi disegni di polifonia pi che formule di sonata. Lieve e fuggevole il successivo
Presto, trasfigurazione dello Scherzo classico. C un attimo di sospensione lirica (Andante con moto, ma non troppo) prima della nuova formulazione dello Scherzo, ora per appoggiato sui solidi ritmi di un Allegro
assai, Alla danza tedesca. La Cavatina sinserisce qui, ed una necessit.
Secondo il piano iniziale del quartetto, le tensioni espressive della Cavatina si devono risolvere in una monumentale fuga, come nellapocalittica
sonata per pianoforte Hammerklavier. Per lurgenza espressiva finisce col
prendere la mano a Beethoven. La fuga finale assume una dimensione abnorme. Una prima sezione, denominata Overtura, alla maniera antica, serve
per riassumere il materiale tutto: timbrico, armonico, melodico. Poi scatta
una prima fuga, a tre soggetti, in tempo Allegro, aspra, talvolta sgradevole
perfino allorecchio di chi abituato ai maltrattamenti delle avanguardie del
secondo Novecento. Segue una sezione (Meno mosso e moderato) a suo
modo lirica, in forma di canone, in ovvio contrasto con la furia precedente.

1825 Quartetto op. 130 415

Inaspettato irrompe un curioso intermezzo danzante. La fuga riesplode per


poco dopo, se possibile ancora pi violenta di prima, con un soggetto che
muta a ogni esposizione, eppure inconfondibile, con limpeto di artifici tecnici noti (inversione, stretto, canone, espansione...) o appena inventati.
Laccumulo tumultuoso di materiali e suoni porta la tensione allo spasimo e
la sbriciola con le pause. Non finita. Riappaiono accenni del motivo originale e di altri, emersi nelle sezioni precedenti. Si arriva a un nuovo stretto, a
un nuovo ponte, alla martellata conclusione.
Sembra davvero voler essere tutto, questa Grande fuga: sonata, variazione, sinfonia, fuga, canone... Troppo, per convivere entro unaltra struttura, in fondo anche tanto diversa, come il resto del Quartetto op. 130. Lo
comprende lo stesso Beethoven che, nellaprile del 1826, si lascia convincere
dalleditore Artaria che meglio pubblicare la fuga a parte, come op. 133,
anche in versione per pianoforte a quattro mani. Appena terminato il suo
ultimo Quartetto op. 135, nellottobre-novembre del 1826 Beethoven scrive
un nuovo finale per lop. 130, che appare disimpegnato. In verit un pezzo
ampio e importante, che combina i princpi del rond e della forma sonata
con tensioni armoniche ben lontane dalle convenzioni classiche. Lomaggio
a Haydn non va oltre lo spigliato andamento ritmico e la generale leggerezza di scrittura. Non mancano legami tematici con i movimenti precedenti
perch chiara la volont di Beethoven di portare a una conclusione omogenea e definitiva il suo pi ampio lavoro per quartetto darchi.
Conoscendo la storia, la nuova versione del Quartetto op. 130 appare irrisolta, perch incombe la Grande fuga op. 133, che peraltro fatica a legare
con la magica cavatina. La ragione strutturale, dovuta allambiguit di
tutta la costruzione. Lop. 130 sta, infatti, in posizione centrale nel percorso
creativo degli ultimi quartetti di Beethoven. Cerca di riannodare i fili col
passato ma ormai vive nel futuro. Sono passati quasi ventanni dalle sperimentazioni della terna di quartetti op. 59. Due pezzi unici fanno da ponte. Il
primo (op. 74, 1809) si mantiene nella tradizione e si limita a esplorare i
timbri, con particolare attenzione ai pizzicati (da qui il sottotitolo Delle arpe). Pi interessante il secondo (op. 95, 1819) che appartiene al suo tempo,
quello della Settima sinfonia, ma che pi che mai proiettato verso lignoto.
Il primo movimento uno dei pi brevi mai scritti da Beethoven, senza essere una miniatura, e tanto meno un lavoro minore. Non ci sono temi ma
segmenti appena sbozzati e subito giustapposti; mancano passaggi intermedi, ponti, collegamenti. Il nevrotico e dissociato primo motivo si salda direttamente sullinquieto secondo. Pi che sviluppo, si hanno frizioni dirette e
brutali di materiali differenti. Lascoltatore non ha il tempo di riflettere e
capire, perch la musica finisce. Il secondo movimento appena pi ampio
e quasi sereno: un inciso del violoncello tante volte ripetuto, gli addensamen-

416 VI. Prima et romantica

ti dissonanti, il tema della viola subito ripreso in polifonia, come nei quartetti futuri. Dopo un nervoso Allegro assai vivace, un Larghetto espressivo
di otto battute introduce lAllegro agitato conclusivo, pagina fra le pi
straordinarie di Beethoven per quartetto darchi. Lappassionata melodia
trova sulla sua corsa brividi improvvisi e fremiti misteriosi che ne intaccano
le certezze positive e il contagioso entusiasmo. Poi, quasi per non essere
preso troppo sul serio, Beethoven aggiunge un folgorante Allegro, brusco,
inaspettato.
Col senno di poi si scopre che: la conclusione del primo movimento
dellop. 95 apre le porte agli aforismi del Quartetto op. 131; che il fugato del
secondo movimento una prova generale dellattacco dellop. 133; che
lAllegro agitato richiama lAlla marcia dellop. 132; e infine che lo
straordinario finale la filigrana del meraviglioso Allegro appassionato
che conclude ancora lop. 132. Lo stesso Beethoven non riesce subito a capire la portata delle sue intuizioni nellop. 95, a met 1810. Forse sconvolto
dagli orizzonti espressivi che gli si spalancano quasi allimprovviso, si ritrae.
Aspetta quattro anni prima di far eseguire e di pubblicare lop. 95. La prima
esecuzione ha luogo solo nel maggio del 1814 a cura del quartetto Schuppanzigh. La stampa del 1816. Il sottotitolo Serioso attribuito al quartetto
op. 95 direttamente da Beethoven.
Passano ben dodici anni. Nel 1822, il principe russo e dilettante violoncellista Nikolaj Borisovi Galitzin da Pietroburgo gli chiede un, deux ou
trois nouveaux quatuors. Ma limpegno con la Nona sinfonia e con la
Missa solemnis lo assorbe troppo e il progetto di un quartetto non progredisce. Viene ripreso nel maggio 1824 e portato a termine nel febbraio 1825,
quando a buon punto la composizione il Quartetto op. 132, a sua volta
completato in luglio. Inizia cos la grandiosa ultima stagione del quartetto
di Beethoven. Primo della serie, il Quartetto op. 127 quello che pi di ogni
altro mantiene legami espliciti con i precedenti. Resta larticolazione in
quattro movimenti e larchitettura generale non ancora stravolta. Il finale
recupera, con le dovute innovazioni, la violenza dei contrasti caratteristica
dei finali dei quartetti Rasumovskji op. 59 e delleroica seconda maniera
in generale. C perfino una correlazione tematica con lop. 59: un tema
russo appare come fugace citazione nel finale, omaggio unico, e non si sa
fino a che punto volontario, al committente principe Galitzin. Legami stilistici ancora pi chiari si hanno col quartetto precedente, lop. 95: la vocazione al contrappunto, le affinit tematiche fra i due scherzi, il tono generale che assieme lirico e brusco. Il lirismo del Quartetto op. 127 nuovo,
perch nasce dallesigenza di unire il principio della sonata con quello
della polifonia. Attorno alla cantabilit del tema si svolgono le stupefacenti
variazioni dellAdagio ma non troppo e molto cantabile. Dopo la canta-

1825 Quartetto op. 130 417

bilit colta del secondo movimento, nello Scherzando si sperimenta il


canto popolaresco e franco, che tante volte sincontra negli ultimi quartetti
di Beethoven.
A differenza dellop. 127, la successiva op. 132 (1825) non ha legami
con i quartetti della seconda maniera. una struttura musicale del tutto
nuova, nel contenuto e nella forma a simmetria centrale attorno a un Molto adagio, uno dei pi straordinari esiti espressivi dellintera storia della
musica. La suggestione inizia fin dal titolo: Heiliger Dankgesang eines
Genesenen an die Gottheit, in der lydischen Tonart (Canzona di ringraziamento offerta alla divinit da un guarito, in modo lidio). Il malato lo
stesso Beethoven, che scrive lop. 132 nellagosto del 1825, durante un
breve soggiorno nella citt termale di Baden-Baden, presso Vienna, dove
cerca sollievo alle sue cattive condizioni di salute. La Canzona scritta
con mezzi elementari. minima e severa la melodia che dal primo violino
passa agli altri strumenti come in una polifonia del Cinquecento, nota
contro nota, senza artifici ritmici, sfuggendo dalla tonalit moderna per
cercare larcaico modo lidio. un inno religioso, ripetuto e permutato
cinque volte finch, quasi allimprovviso, gli arcaismi si sciolgono, si afferma un moderno re maggiore, la dinamica richiede il forte, il ritmo si frastaglia, esce luminoso un trillo del primo violino. Sulla partitura Beethoven
scrive Neue Kraft fhlend (Sentendo nuova forza). Nasce cos laltro
polo del movimento, dialettica emanazione del primo. Le due sezioni si
alternano secondo limpianto a-b-a-b-a e ogni volta bastano pochi tocchi per alleggerire la scrittura, e arrivare alla stupefatta cantabilit della
conclusione. I vocaboli della Canzona si ritrovano negli altri movimenti:
polifonia in stile antico e moderno, frattura ritmica, vocazione al canto e
soprattutto contrasto, qui pi turbinoso, pi aspro. Il primo movimento propone un disegno a cinque parti, con doppio sviluppo, coerente con
quello della Canzona e dellintero quartetto. Strutturato come un ibrido
fra scherzo e minuetto, serve per far decantare la tensione. Da transizione
serve anche il quarto tempo Alla marcia: ridefinisce i contorni musicali
dopo la visionaria Canzona e riannoda i legami fra primo e ultimo tempo. Nella melodia principale del finale torna la naturale espansione di valori melodici abbozzata nel primo movimento, anticipando il Quintetto
con secondo violoncello di Schubert. Allo stesso modo, gli episodi che
quella melodia coordina ricordano altre cose, e non solo del primo tempo:
contrappunti, ritmi, colori...
Il nuovo Quartetto op. 131 (1826) non ha quei luoghi che subito accendono la fantasia dellascoltatore, come la Canzona di ringraziamento
dellop. 132 o la Cavatina dellop. 130. Non ha neppure la familiare articolazione in quattro movimenti che nei Quartetti op. 127 e 135 prova a

418 VI. Prima et romantica

mostrare che esiste ancora un legame con il passato. Per questo il meno
popolare della serie, comunque il pi misterioso, il pi lungo, il pi compatto e, nello stesso tempo, il pi articolato. Ha sette movimenti distinti e
numerati. Il primo parte come densa fuga neoarcaica, assorbe altre tecniche
(il canone, il contrappunto libero), sviluppa relazioni armoniche latenti,
introduce poli dialettici di origine sonatistica. Il secondo tempo una specie di sonata senza sezione di sviluppo. Non ha tensioni drammatiche o
sussulti ritmici. C solo intreccio, fluido per, senza nodi. Viene quindi un
Allegro, minimo e in forma ancora pi libera. Si distinguono due parti,
che ricordano Johann Sebastian Bach: un veloce accenno di toccata e un
breve preludio. LAndante che segue il momento centrale e pi lungo.
Lop. 131 non per un tutto omogeneo. La tecnica delle variazioni consente di rispettare la temporanea insofferenza per le architetture dilatate.
Cos lAndante risulta diviso in almeno otto segmenti ulteriori. Il tema
una di quelle trasfigurazioni di danza paesana che spesso sincontrano
nellultimo Beethoven. Le variazioni sono sei. Nessuna altera limpianto
armonico del tema, ma ciascuna ne stravolge i connotati melodici. Lapproccio sempre diverso; ricorda quello delle pianistiche Variazioni su un
tema di Diabelli, ma non altrettanto radicale. La generale vocazione alla
polifonia della terza variazione diventa elaborazione canonica della fuga
che apre il Quartetto. La melodia che nasce sulle note ripetute, punteggiata
dal cupo inciso del violoncello, un capolavoro di scrittura per archi. Il
tema ricompare timidamente in una vaporosa cornice di trilli, come gi era
successo nelle Sonate per pianoforte op. 109 e 111. Il quinto movimento
dellop. 131 un Presto, quasi sinfonico, vivacissimo, con doppio trio
centrale e numerose riprese e varianti dellinciso principale. Gli si pu paragonare solo lo Scherzo della Nona sinfonia, che per assai meno lieve.
Il breve Adagio quasi un poco andante (sesto movimento) allinea con
sovrano equilibrio cellule regolari di quattro battute e trova le intensit
emotive della Cavatina dellop. 130, ma meno teatrali. Eppure anche
questo meraviglioso Adagio, nella monumentale struttura dellop. 131,
finisce col figurare da semplice elemento di raccordo in preparazione del
finale, che la degna conclusione di tanto capolavoro. Dopo i numerosi
recuperi (arcaici, polifonici, classici), Beethoven sembra qui ritrovare se
stesso, quello delleroica seconda maniera in unestrema ansia di sintesi
dinfiniti contrasti. I movimenti sono tanti e ciascuno ha carattere proprio.
Il Quartetto op. 131 il pi frammentato e libero dellintera serie. Ma c di
pi. Scompare linterruzione fra un movimento e laltro, la vocazione al
contrappunto segna il Quartetto dallinizio alla fine, le modulazioni rispettano una logica globale e non di singolo movimento, i ritmi mantengono
ovunque unimprevedibile omogeneit, la dinamica e il timbro restano en-

1825 Quartetto op. 130 419

tro una fascia delimitata. Sono i segni della volont di assorbire i tanti
frammenti in unarchitettura unitaria. Non conosciamo i pilastri di
quellarchitettura segreta. Forse neanche Beethoven li ha in mente, proprio
come capita a un artista che intuisce (e realizza) un modo nuovo di organizzare le sue creazioni.
Dopo le tante intemperanze dei quartetti precedenti, lop. 135 sembra
mostrare i tradizionali quattro movimenti e le antiche simmetrie. La sostanza
ben altro. Nel primo movimento la libert delle soluzioni adottate, il ricorso
al contrappunto e la mancanza di contrasto segnalano che il principio di sonata ha ormai subito una frantumazione irreversibile. Il secondo movimento
uno Scherzo fantastico, con strane asimmetrie di ritmo, improvvisi salti
del primo violino, cavernosi interventi del violoncello, accompagnamenti
ostinati, conclusione brusca e imprevedibile. Segue uno dei pi intimi adagi
di Beethoven: a bassa voce, il primo violino canta una sola melodia, interrotta
da una misteriosa sezione centrale, ripresa con lievi variazioni fino alla poetica conclusione. Il finale porta la dicitura La grave decisione ed preceduto
da una frase a domanda e risposta: Deve essere? Deve proprio essere? Ebbene sia!. Domanda e risposta sono tradotte in musica in modo singolare. Il
movimento inizia con un Grave pensoso e incerto, su una cellula di tre
note. la domanda che si ripete pi volte con ansia crescente. Spariti i dubbi,
giunge la risposta: la cellula della domanda, rovesciata, da interrogativa diventa affermativa, perentoria. A questo punto arriva lAllegro, che si snoda
con serenit e sicurezza fino al pianissimo conclusivo, non senza che la struggente domanda iniziale ricompaia.
Resta ai contemporanei il dubbio sullopportunit stessa di scrivere ancora quartetti. Beethoven sa di essere isolato. Tolti i giovani Schubert a
Vienna e Donizetti a Milano, e il vecchio Cherubini a Parigi, nessun altro
grande scrive quartetti per archi. cambiato il mercato. Le difficolt della
scrittura, anche in Haydn e Mozart, scoraggiano i dilettanti. Nessuno di
loro conosce e capisce lo stile di questultimo Beethoven. Gli esecutori professionali trovano ancora poco pubblico pagante e lo stesso quartetto
Schuppanzigh scansa lop. 131 (eseguita solo postuma dal rivale quartetto
Schmidt). I nuovi autori devono tener conto della crescente diffusione del
pianoforte e della sua voglia di musica dintrattenimento. Ci prova il ventenne Mendelssohn. Il suo Quartetto op. 13 (1827) capisce lop. 132 ma non
insiste. Bisogna aspettare un incerto Schumann e un pi determinato
Brahms per veder rifiorire il genere tutto. Ma i semi sparsi dallultima serie
di Beethoven daranno frutti soltanto nel Novecento di Schnberg, Bartk,
ostakovi.

420 VI. Prima et romantica

Ascolti
L. van Beethoven, Late String Quartets, Busch Quartet (1932-41), emi 2008
L. van Beethoven, Beethoven: The Late String Quartets, Alban Berg Quartet, emi 2005
L. Cherubini, The String Quartets Nos. 1-6, Melos Quartet, Brilliant 2009

Letture
D.K.L. Chua, The Galitzin Quartets of Beethoven: Opp. 127, 132, 130, Princeton University Press, Princeton 1995
H. Loos (a cura di), Beethoven und die Nachwelt, Beethoven-Haus, Bonn 1986
R. Winter, R.L. Martin (a cura di), The Beethoven Quartet Companion, University of
California Press, Berkeley 1994

1826 Sinfonia D 944 n. 9 La grande


Franz Schubert

La pi estesa fra le sinfonie classiche Nuovi riferimenti


armonici ampliano i singoli movimenti Timbri e volumi
sonori, frammenti ripetuti e modulazioni improvvise danno
unit Baricentro emotivo che si sposta nel finale Le prime sinfonie di Schubert Le innovazioni della Grande
Eredi: Schumann e Mendelssohn, Bruckner e Mahler
Dura quasi unora. la pi lunga delle sinfonie classiche. Meno della Nona
di Beethoven, che un caso a parte, con il suo finale vocale. Pi dellEroica
pure di Beethoven e che classica per modo di dire, sbilanciata com fra i
tumulti del primo tempo, il passo della marcia funebre, lirruenza dello
scherzo e la grandiosit del finale. Nella Sinfonia in do maggiore di Schubert
tutto invece composto, equilibrato, appunto classico. I suoi quattro movimenti hanno fra loro le proporzioni compatibili inventate da Haydn, Mozart
e dal Beethoven di tutte le sue altre sette sinfonie. Solo che in Schubert la
dimensione quasi raddoppia, senza che allapparenza la formula cambi.
Analizzando il primo movimento Allegro ma non troppo con il criterio
corrente della forma sonata, si elencano lesposizione di un primo tema e di
un secondo, magari di un terzo e quarto con loro ampio sviluppo, cui seguono la ripresa appena alterata e unimmensa nuova variante in forma di coda.
Invece, se si applica lottica strutturale, il motivo dei due corni, nellAndante a introdurre il movimento principale, diventa la fonte dellintero pacchetto melodico successivo, allinsegna del monotematismo haydniano. Il profluvio mozartiano di melodie vale come collante universale della
monumentale costruzione, anche perch manca del tutto la dialettica (beethoveniana): non ci sono contrasti, ogni motivo si aggiunge allaltro per naturale transizione e senza sussulto alcuno. Anzi, tale fluidit sfuma le distinzioni fra lintroduzione Andante e le singole parti del conseguente Allegro ma non troppo, tanto che la coda riprende circolarmente liniziale richiamo dei corni.
Non meno esteso il movimento lento Andante con moto, pure costruito espandendo a dismisura la tradizionale formula strofica a-b-a-c-a...
Tuttavia, ciascuna sezione cambia grazie a dettagli che diventano sostanza: i
temi passano dagli archi ai fiati agli ottoni, con diverse armonie e minime
varianti melodiche. quanto basta per esplorare le infinite emozioni possibili lungo il percorso imprevedibile del viandante romantico tanto caro a

422 VI. Prima et romantica

Schubert. Non sono casuali, infatti, i riferimenti diretti a Lieder precedenti


(il passo di Der Wanderer) e futuri (il disorientamento di Die Winterreise)
con i loro improvvisi scarti di umore. Potrebbe estendersi allinfinito, questo
Andante con moto. Resta un sospeso nirvana fino a quando Schubert lo
tronca, quasi allimprovviso.
Nel terzo movimento, Schubert non usa lartificio di Beethoven, che
nella Nona sinfonia amplia lo Scherzo aggiungendo un secondo trio. Nel
suo Scherzo, Schubert semplicemente dilata le durate dei singoli elementi
della classica disposizione aba sostenendo melodie con accorgimenti di timbro e, pi ancora, di armonie: alternanze dei modi maggiore e minore, modulazioni verso lidi lontani scandite dalle intersezioni fra archi e fiati. La
magia assoluta nel lungo trio centrale.
Il mistero della tenuta e dellunitariet della Sinfonia in do maggiore (forse) si svela nel finale. Sono le note tante volte replicate prima, durante e dopo, in tutti i registri dellorchestra, che danno il passo allenorme materiale
sonoro che Schubert sa inventare nellAllegro vivace. Quello che davvero
manca la melodia, ridotta a collage di frammenti che, ripetuti con colori
diversi, diventano infiniti. Unificano i blocchi di accordi, di regola in fortissimo, a piena orchestra, non tanto e non solo per dare colore, ma per evitare
che i passaggi di armonia scorrano inosservati. Tenendosi lontano dalla
contrapposizione orizzontale fra melodie, Schubert punta sullo scorrere
verticale delle armonie e gioca sulla variet dei timbri e dei volumi per attenuare o esaltare i contrasti. Da qui nasce lapparente fissit del percorso
musicale, lo stato di trance che si sente anche nel turbinoso finale, e non
solo in tutti i movimenti precedenti.
Schubert lavora per due anni alla sua grande sinfonia, inizia nel 1825 e
termina lanno successivo. Lascia talmente tanti schizzi che a lungo si pensa
che il progetto non sia per una sola, ma per almeno tre. Sintuisce anche la
ragione che porta Schubert ad abbandonare a met la precedente Sinfonia in
si minore, diventata popolare con il nomignolo Incompiuta e che si ferma
sulle poche battute iniziali dello Scherzo. I due grandiosi primi movimenti sono completi. Segnano una rottura profonda con la classicit viennese in
generale e con il proprio non trascurabile passato in particolare. una rottura che si manifesta negli oltre cinque anni che separano le prime sei sinfonie dalle ultime due. Gli esordi sinfonici di Schubert sono, infatti, legati alla
sua partecipazione attiva allorchestra di studenti dello Stadtkonvikt di
Vienna, che ha un repertorio allineato ai gusti del tempo: oltre 30 sinfonie di
Haydn, molte di Mozart e alcune di Beethoven. Procedendo per analogia e
forte della sua pratica di violinista in orchestra, Schubert inizia a comporre
sinfonie seguendo i modelli dei maestri. Le prime due (1813, 1814), destinate allorchestra dello Stadtkonvikt, sono costruite alla maniera di Haydn e di

1826 Sinfonia D 944 n. 9 La grande 423

Mozart, con il tema con variazioni della Seconda che spicca per condotta
melodica e colore strumentale. Nella Terza (1815) cresce linflusso di Mozart, in particolare dellamatissima K 550 (di cui Schubert copia per studio
lintero Minuetto). Le due successive accennano a Beethoven, con una
curiosa inversione di numerazione: lo stesso Schubert definisce Tragica la sua
Quarta e prova a ritrovare la forza della Quinta di Beethoven; nella propria
Quinta cerca invece la serenit della Quarta del maestro, pur restando sempre ancorato a Mozart e Haydn. Non deve essere molto soddisfatto del risultato, tanto che nel 1817 scrive allamico Joseph von Spaun, allora direttore
dellorchestra di amatori nella quale Schubert suona regolarmente la viola
fra 1817 e 1821: Chi pu scrivere qualcosa dopo Beethoven?. Infatti, per
la sua Sesta sinfonia (1817, anchessa in do maggiore e dunque detta La piccola per distinguerla dalla Grande) attinge a piene mani allo stile operistico
di Rossini, che proprio in quellanno conquista Vienna e che uno Schubert
estasiato dalla sinfonia del Barbiere di Siviglia imita nelle sue due Ouverture
nello stile italiano (1817). La Sesta lunica delle sue sinfonie che Schubert
riesce a far eseguire in pubblico, e solo nel 1828, lanno estremo.
Resta il problema Beethoven. Sembra sia la dialettica delle pur amate
Eroica, Quinta e Settima a turbare il giovane Schubert e a suggerirgli una
lunga pausa di riflessione. Almeno tre abbozzi di nuove sinfonie si registrano
fra 1817 e 1822, ma nessuno trova una conclusione, sia pure parziale. Schubert cerca vie alternative, lontane dagli scontri frontali. I due movimenti
dellIncompiuta aprono una strada nuova. Il primo costruito attorno al
cupo passaggio di violoncelli e contrabbassi, con cui la sinfonia inizia. Sono
otto battute che tornano nei momenti critici: dividono il primo tema (delloboe) dal secondo (affidato ai violini), dominano da sole lintera sezione
centrale, quella di norma riservata allo sviluppo dei temi esposti in precedenza, sincaricano di preparare la coda e la conclusione. il filo dArianna che
permette lorientamento alle altre mirabili melodie sciolte nei mille rivoli di
varianti timbriche cui le sottopone la furia dissociante di Schubert. Nel secondo movimento il processo si ripete e si esalta. Rallenta il passo, non la
dinamica. Le due pagine di partitura e gli schizzi per lo Scherzo non chiariscono i motivi che portano Schubert a non completare la Sinfonia in si
minore. Forse non si sente ancora pronto per tracciare un percorso alternativo a quella di Beethoven, del quale scrive gi nel 1816 di non apprezzare le
bizzarrie. E non lo convincono le scelte, pure a-beethoveniane e postmozartiane, compiute nelle due sinfonie scritte velocemente nellinverno
1806-07 dal pur stimato Carl Maria von Weber.
Forse lascolto della Nona di Beethoven, il 7 maggio 1824, che induce
Schubert a sviluppare il suo nuovo concetto di sinfonia. Non per imitare, ma
per cambiare. Non gli interessa lintervento delle voci nella Nona, si tiene

424 VI. Prima et romantica

lontano dalle tensioni del suo primo tempo e dalle irruenze dello Scherzo,
ma resta affascinato dallesteso lirismo dellAdagio, di cui coglie il riferimento circolare dei temi precedenti allInno alla gioia. Forse il canto dei
corni, allinizio (e alla fine) della Sinfonia in do maggiore La grande una
costola dellinno beethoveniano. Di sicuro, e non meno della Nona, lultima
sinfonia di Schubert influisce in modo importante sulla musica dellOttocento e oltre. Per con un ritardo di almeno un decennio. Proposta nel 1829
allorchestra della Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna, viene respinta
perch considerata ineseguibile. Dieci anni dopo, Schumann la ritrova, sepolta fra le carte conservate dal fratello Ferdinand Schubert e ne scrive una
recensione entusiastica sulla sua rivista musicale. Mendelssohn che dirige
la prima esecuzione assoluta, il 21 marzo 1839 al Gewandhaus di Lipsia.
Lesito folgorante e duraturo, almeno nel cuore della Germania. Eseguita
almeno altre 13 volte a Lipsia, Potsdam, Zwickau, Berlino e Dresda nei successivi sette anni, La grande influenza direttamente la scrittura dei suoi scopritori, la Primavera (1841) e la Renana (1850) di Schumann, la Scozzese
(1842) di Mendelssohn.
La grande impiega pi tempo a diffondersi nel resto dEuropa. Nel 1839
a Vienna non si va oltre i primi due movimenti. Mendelssohn prova a eseguirla a Londra nel 1842, ma lorchestra non accetta di suonare il finale. Nel 1844
a Parigi soltanto provata e poi rifiutata dallorchestra diretta da Habeneck.
Solo nel 1881 viene coronata a Londra la prima esecuzione integrale delle
sinfonie (compresa lIncompiuta). Non ha per eredi diretti. In Francia raccolgono il testimone loperista Charles Gounod e un giovanissimo Georges
Bizet, con la sua magistrale sinfonia desordio (1855). La Gran Bretagna
conosce uno dei suoi periodi musicalmente pi sterili e forse bisogna andare
nella Svezia di Franz Berwald e nella Danimarca di Niels Gade per trovare
sinfonie interessanti. Le ultime due sinfonie di Schubert tardano ad arrivare
anche a Vienna, dove tuttavia lIncompiuta eseguita per la prima volta il 17
dicembre 1865, oltre quarantanni dopo la composizione. Allimprovviso il
terreno ridiventa fertilissimo: permette a Brahms di uscire dallombra di
Beethoven, esalta Bruckner, legittima la voglia di semplicit monumentale di
Mahler. Grazie a Schubert, riscoperto con colpevole ritardo, la sinfonia classica vive una nuova primavera proprio nella sua culla dorigine, appunto
Vienna.

1826 Sinfonia D 944 n. 9 La grande 425

Ascolti
F. Schubert, Symphonies Nos. 8 & 9, G. Wand, Berliner Philharmoniker, rca 1995
F. Schubert, Schubert: The Symphonies, C. Abbado, Chamber Orchestra of Europe, dg
2010
G. Bizet, Symphony in C/LArlesienne Suites 1 & 2, N. Marriner, Academy of St. Martin
in the Fields, emi 2000

Letture
M. J.E. Brown, Schubert Symphonies, bbc Books, London 1970
B. Newbold, Schubert and the Symphony: A New Perspective, Toccata Press, London 1992

1827 Quintetto per violoncello e archi D 956


Franz Schubert

Il fascino del timbro scuro del secondo violoncello Le


lunghissime melodie I modelli mozartiani Una sinfonia
tascabile Strumenti a fiato nella musica da camera Il
trio con pianoforte: Mozart, Haydn, Beethoven I trii di
Schubert
Indimenticabile lattacco del primo movimento, misterioso, ambiguo
nellarmonia, nuovo nella forma perch equidistante dalla minima anticipazione (due sole battute) del proprio Quartetto in la minore op. 29 n. 1 e dal
pi esteso Adagio introduttivo in uso nellet classica di Haydn e Mozart.
Non simmagina preparazione migliore per il gran tema principale, che
arriva da lontano, con la voce calda e sommessa del violoncello, mentre il
violino accompagna imponendo allesecutore una difficile ricerca dintensit e di timbri. melodia lunga, sensuale e serena a un tempo, ineffabile
fenomeno di poesia musicale. Attorno a essa Franz Schubert costruisce
lintero movimento, senza proporre contrasti drammatici, senza alzare la
voce, anzi mettendo la sordina. Un violoncello canta, laltro assicura il
sostegno armonico nel registro grave. Il colore scuro. Si nota la differenza
con il famoso Quintetto della trota, di nove anni precedente, dove il ruolo
del sostegno armonico affidato al suono ancora pi profondo del contrabbasso, per con il cristallino pianoforte che riequilibra nella regione acuta.
La scelta timbrica non legata al motivo contingente di farne regalo a un
amico violoncellista. Tanto che non ci sono spunti virtuosistici nella parte
del primo (e del secondo) violoncello, ma solo transizioni, liriche e non
drammatiche. Schubert cerca piuttosto di tradurre nella miniatura di una
formazione con soli cinque archi il suono profondo di unorchestra romantica, tedesca, con tanti ottoni che amalgamano le lucentezze di violini e
strumentini.
Pure scuro il timbro del secondo movimento: il violino invoca, gli altri
archi mormorano un soave corale sul pizzicato del violoncello. una combinazione su pi strati che tiene alta la tensione con minimo impiego di
mezzi, procedendo con moto lentissimo e con varianti cos poco appariscenti da passare inavvertite. A sorpresa spunta lo scatto zigano della parte centrale: il basso si muove nervoso; il canto del violino si fa aggressivo, diventa
improvvisazione, stempera nel patetico, torna ai disegni della prima parte,
come vuole la classica concezione tripartita a-b-a. Molto a lungo, su questo

1827 Quintetto per violoncello e archi D 956 427

Adagio e sul precedente Allegro, medita Brahms. Arthur Rubinstein,


pur essendo un pianista, chiede che sia eseguito ai suoi funerali.
Nello Scherzo, al solito tripartito, si notano le violente strappate degli
archi e la dinamica travolgente delle parti laterali, ma il trio centrale che
dona una delle pi impressionanti e misteriose visioni di Schubert. Del finale, pieno di energia e dinvenzione, con rivisitazioni colte di ritmi campagnoli ungheresi e di levigate melodie da caff viennese, piacciono il contagioso entusiasmo di ogni battuta, la vena popolaresca del motivo principale, le
articolate sezioni dove il tocco sentimentale attenua i marcati accenti danzanti. Resta limpressione di un discorso condotto con mestiere: scritto fra il
settembre e lottobre del 1828, lultimo autunno di Schubert, con la massima
velocit sperando in unimmediata pubblicazione presso leditore Probst di
Lipsia, che ovviamente non si realizza. La prima edizione si ha solo nel 1853,
dopo che Schumann lo riscopre fra le carte postume. Un altro quarto di secolo di esperimenti e di risultati cos sottratto alla storia della musica.
Il colore della notte e il suono scuro del Quintetto appartengono a tutta
lultima produzione di uno Schubert che, a differenza di Mozart, ha concreti presagi di morte. Gli succede gi nel 1823 quando la malattia venerea lo
manda allospedale e gli impedisce ogni attivit pubblica. I presagi tornano
angosciosi nellautunno del 1828, quando il tifo e le complicazioni stimolano
unincontenibile frenesia creativa. Emergono nellestremo trittico di sonate
per pianoforte, nei Lieder raccolti (da lui) con titolo Die Winterreise e
(dalleditore) nel postumo Schwanengesang. Sappiamo che il tema della morte crudele o consolatrice sempre presente in Schubert, fin dai giovanili
Erlknig e Der Tod und das Mdchen. Ma non sempre cos. Gli amici riferiscono che Schubert sa anche divertirsi, ride, beve, fuma, si abbandona al
piacere: si sente bene in molta della sua produzione strumentale. Anche il
buio che incombe nel Quintetto per soli archi non viene tanto da tormenti
personali quanto dal timbro scuro dovuto alla presenza di due violoncelli. In
fondo basta aggiungere una seconda viola alla formazione di base per ottenere unespressione pi seria, come succede nei quintetti del Mozart pi
maturo (K 515, 516, 1787) che Schubert mostra di conoscere bene.
Scrivere quintetti per soli archi non facile. Non ci prova nemmeno il pur
altrimenti prolifico Haydn. Nel suo unico quintetto per archi, con seconda
viola, Beethoven non d il meglio di s. Antecedenti si trovano soltanto in
Boccherini, che violoncellista e vuole crearsi un personale repertorio cameristico, surrogando lorchestra da concerto. Con il suo Quintetto, Schubert
cerca invece una dimensione diversa, quasi orchestrale, come mostrano
tanti passaggi in cui, dietro alla scrittura per archi, sintuiscono soffi di flauto, sospiri di clarinetto, squilli di tromba, corali di corni e tromboni. Sono
colori strumentali gi collaudati nel precedente Ottetto (1824), che ai quat-

428 VI. Prima et romantica

tro archi aggiunge altrettanti strumenti a fiato e pone la prima pietra della
moderna orchestra da camera. Nello stesso tempo la disponibilit di nuovi
strumenti favorisce la voglia di autori e di editori dinserire timbri nuovi in
una musica da camera destinata sempre meno allesecuzione dilettantesca
fra le mura domestiche e sempre pi al professionismo nelle sale da concerto.
Nel caso degli strumenti a fiato, gi nel Settecento lo sviluppo della tecnica costruttiva ne consente il sistematico impiego accanto agli archi in orchestra e induce la voglia di provare colori nuovi pure nella scala minore
della musica da camera. Nascono le prime formazioni per soli fiati, spesso
costituite da valenti esecutori di scuola boema emigrati nelle maggiori capitali europee. Si formano le bande in citt e paesi che non hanno orchestre e
teatri, magari suonando soltanto in spazi aperti sulla pubblica piazza. Hanno successo le trascrizioni di opere alla moda e gli autori pi importanti
scrivono cose originali per soli fiati. In una cassazione (una variante di serenata e di divertimento) giovanile di Haydn, il severo Brahms trova il tema
per le sue famose variazioni per orchestra. Mozart scrive capolavori assoluti come la Serenata Posthorn K 320 e la Serenata K 388. Beethoven simpegna in un Ottetto del 1792, che ha quasi ambizioni sinfoniche. Con i suoi
sette movimenti, la durata che sfiora lora, lOttetto di Schubert subito diventa popolarissimo. Le parti di tutti gli strumenti sono belle e non difficili,
tanto da gratificare sia professionisti sia dilettanti (bravi). Il ridotto numero
di esecutori non pone insuperabili problemi organizzativi e ascoltare una
sinfonia in casa diventa possibile. Per complessi simili scrivono i contemporanei Louis Spohr (Nonetto, 1813) e Anton Reicha (Grande symphonie de
Salon, 1827).
Nei primi decenni dellOttocento migliorano estensione e precisione in
molti strumenti a fiato. Verso il 1832, lintroduzione dei pistoni apre nuovi
orizzonti agli ottoni, in particolare al corno, gradito per il suo timbro caldo
e avvolgente anche nei piccoli complessi. Fra 1832 e 1847 il tedesco Theobald Boehm introduce un modello di flauto traverso tuttora in uso. Con
tecnologie ispirate da Boehm, nel 1839 il francese Hyacinthe Klos perfeziona il clarinetto. Progressiva e lineare per tutto il secolo anche levoluzione
di oboe e fagotto. Il repertorio per bande di strumenti a fiato continua ad
arricchirsi: serenate di ajkovskij e Dvok, Settimino di Saint-Sans, Piccola sinfonia per strumenti a fiato di Gounod, Suite e Serenata op. 7 di Richard
Strauss, Settimino di Rimskij-Korsakov. Non si ferma nel Novecento, anche
grazie al curioso Nonetto di Bohuslav Martin e al Septuor (1953) di Igor
Stravinskij. Lintegrazione dei fiati nelle forme cameristiche degli archi ha i
suoi momenti magici con il clarinetto a fare da quinto elemento: inizia con il
Quintetto K 581 (1789) di Mozart, cresce con lop. 34 (1815) di Weber e
culmina con lop. 115 (1892) di Brahms.

1827 Quintetto per violoncello e archi D 956 429

Lo strumento che pi rivoluziona la tradizione cameristica tuttavia il


pianoforte. Il suono sempre pi pastoso e lescursione dinamica gli consentono di integrarsi e dialogare con ogni altro strumento, compresi gli ottoni.
Non a caso, Beethoven scrive nel 1800 una Sonata per corno e pianoforte,
Schumann nel 1849 un Adagio e Allegro per lo stesso organico e Brahms nel
1865 sostituisce la viola con un corno nel suo Trio op. 40. Laccostamento
con il clarinetto ha un primo capolavoro nel Gran duo concertante (1816) di
Weber, continua con una sonata (1824) di Mendelssohn e con i Fantasiestcke op. 73 (1849) e i Mrchenerzhlungen op. 133 (1853) di Schumann, per
poi arrivare al vertice dellestrema coppia di Sonate op. 120 (1894) di
Brahms. I risultati pi appariscenti si hanno quando il nuovo pianoforte si
lega alla formazione classica del quartetto per archi e per fiati. Mozart la
inaugura nel 1784 con il Quintetto K 452 in cui le sonorit martellate del
pianoforte e quelle soffiate di oboe, clarinetto, corno e fagotto trovano un
equilibrio perfetto. Nel suo Quintetto op. 16 (1797), Beethoven ne fa un
calco elegante e spiritoso, ma non prova, non osa confrontare il pianoforte
con il quartetto darchi classico. Non lo fa neppure Schubert, che sostituisce
un violino con un contrabbasso nel suo unico quintetto con tastiera, quello
che prende il nome Della trota (1819) per la serie di variazioni sul Lied omonimo. Qui la sensibilit timbrica, cio orchestrale, di Schubert lo porta a
dare maggiore sostanza al basso per equilibrare il tintinnio acquatico riservato al pianoforte. Tocca a Schumann rompere il ghiaccio, con il Quintetto
op. 44 (1842), uno dei lavori che gli riescono meglio dopo la monomania
pianistica del suo primo decennio di creazione musicale. Centrale il Quintetto op. 34 (1864) di Brahms, il cui approccio sinfonico porta la musica da
camera in una dimensione nuova.
Schubert d invece un contributo importante a un altro genere cameristico con pianoforte, il trio con violino e violoncello. Proprio nellultimo anno
di vita ne scrive due, tuttora caposaldi di un repertorio gi glorioso e destinato a dominare lintero Ottocento romantico con propaggini importanti nel
Novecento. Il genere in s nasce a fine Settecento, come naturale sviluppo
della sonata per violino (o flauto), che accompagna e integra il prevalente
fortepiano. Laggiunta del violoncello serve per bilanciare lo svettante registro acuto del violino e lasciare spazio alle crescenti risorse dinamiche e
timbriche del pianoforte. Con tre soli strumenti diventa possibile portarsi in
casa un intero repertorio di musica orchestrale e teatrale, opportunamente
adattato. La nuova combinazione timbrica subito acquisita da Mozart, ancora bambino, nella sestina K 10-15 (Londra 1764) e valorizzata nei magnifici cinque trii (K 496, 502, 542, 548, 564) scritti nella maturit viennese, fra
1786 e 1788. A sua volta Haydn ne produce una trentina fra 1784 e 1797,
spesso denominati sonata e con il flauto che talvolta sostituisce il violino.

430 VI. Prima et romantica

Come genere, il trio ha successo immediato, perch accontenta sia una


terna di dilettanti sia i pianisti di professione che, nelle loro tourne di citt
in citt, possono esibirsi (e improvvisare) con il supporto di un paio di altri
valenti strumentisti locali. Beethoven se ne occupa in tre momenti diversi.
Da giovane segue la moda, scrive variazioni su popolari temi dopera (Il
flauto magico di Mozart) o di oratorio (Giuda Maccabeo di Hndel). E decide
di pubblicare come sua opera prima una raccolta di tre trii con pianoforte,
dedicandoli a Haydn. Nella maturit, torna al trio con lop. 70, fatta di due
pezzi antitetici. Il primo, in re minore, ha uno sconvolgente movimento centrale, con brividi notturni e sperimentazioni timbriche che anticipano i novecenteschi suoni bartokiani della Sonata per due pianoforti e percussioni
(1937). Il secondo, invece, ha nostalgia della classicit mozartiana. Alla fine
del suo periodo eroico, negli anni della Settima sinfonia e di Fidelio, Beethoven trova un magico equilibrio fra i tre strumenti nel monumentale, sinfonico Trio dellarciduca op. 97, cos denominato perch dedicato a Rodolfo
dAustria, suo amico e allievo, ispiratore della Missa solemnis.
Al modello del Trio dellarciduca si appoggia Schubert in entrambi i suoi
contributi di fine 1827. Comune lampia estensione temporale (almeno tre
quarti dora) e larticolazione in quattro movimenti. Comune lo spirito, lirico e per niente dialettico. Se in Beethoven capita di percepire qualche nostalgia per i furori passati, in Schubert domina la voglia di orchestra. Del
primo (in si bemolle maggiore op. 99) si apprezzano gli infiniti chiaroscuri e
del secondo (in mi bemolle maggiore op. 100) i tratti pi decisi. Entrambi
sono scritti su misura per una delle prime formazioni stabili nel genere, fondata nel 1827 dal valente pianista Karl Maria von Bocklet con due veterani
della musica da camera beethoveniana: il violinista Ignaz Schuppanzigh e il
violoncellista Joseph Linke. Sono loro che suonano in privato il primo trio e
pi volte in pubblico il secondo. Probabile che ne tenga conto il giovane
Chopin, che proprio nel 1828 inizia a scrivere il suo unico Trio op. 8.
Il primo trio di Mendelssohn (op. 49, 1839) nasce nel periodo in cui dirige la prima esecuzione della Sinfonia La grande di Schubert, appena ritrovata da Schumann. Il quale, dopo aver recensito con entusiasmo sia il nuovo
trio (op. 66, 1845) di Mendelssohn sia entrambi gli antecedenti di Schubert,
prova a dare subito (1842) un contributo personale che per si completa
solo nel 1850, con un titolo (Fantasiestcke op. 88) che ne rivela lestrema
libert formale. Rispettoso della disposizione classica in quattro movimenti
invece il suo primo vero trio (op. 63, 1847), che accentua lardore romantico dellop. 49 di Mendelssohn e tiene conto dellequilibrio formale del secondo trio dellamico. A sua volta, Mendelssohn aggiorna la scrittura pianistica e lintegrazione con gli archi secondo le preziose innovazioni di Schumann. Il rapporto di amicizia e dinterscambio stilistico fra i due artisti di

1827 Quintetto per violoncello e archi D 956 431

maggior rilievo negli anni quaranta, cio nel periodo di transizione fra primo
e secondo Romanticismo, si legge bene proprio in questa musica da camera.
Il secondo trio di Schumann (op. 80, 1849) il punto di sintesi e coincide con
linizio dellesperienza di Brahms. Ma Brahms richiede un discorso a parte:
con quel suo essere un ibrido fra concerto pubblico di professionisti e pratica domestica di ammirevoli dilettanti, con quella voglia di orchestra sempre
ben presente, coinvolge tutta la musica da camera del secondo Ottocento.

Ascolti
F. Schubert, Streichquintett, M. Rostropovich, Emerson String Quartet, dg 1992
F. Schubert, Trout Quintet/Wanderer Fantasy, S. Richter, Borodin Quartet, emi 2010
L. van Beethoven, Piano Trios, Beaux Arts Trio, Philips 2001

Letture
C.H. Gibbs (a cura di), The Cambridge Companion to Schubert, Cambridge University
Press, Cambridge 1997
R. Erickson (a cura di), Schuberts Vienna, Yale University Press, New Haven 1997

Serie VII.
Seconda et romantica

Il vento romantico spira per tutto il mondo musicale e ridisegna le forme e i


contenuti. A Vienna ha il soffio lieve del Lied, cha da frammento singolo si
trasforma in ciclo organico e racconta storie lunghe e situazioni complesse.
Il pianoforte diventa lo strumento dominante per tutto lOttocento. Nel
Lied allinizio si limita ad accompagnare e finisce col prevalere. Quando
suona da solo prova a rinnovare larchitettura classica della sonata, ma si
trova a maggior agio quando compone mosaici, meglio se in forma di canti
senza parole. Cerca di esprimersi con una tecnica che permette di percuotere e di accarezzare le corde, emula zampilli dacqua e rintocchi di campane,
evoca visioni pittoriche, usa fonti letterarie non pi esplicite perch sottrae
la parola. Cos fa unorchestra sempre pi folta e ricca di colori: imita natura
e sentimento, mantiene titoli e forme del passato ma si abbandona alla voglia
di raccontare e descrivere. Lopera teatrale diventa pi ambiziosa e accentua
i caratteri nazionali: grand-opra in Francia, melodramma in Italia, opera
totale in Germania.
1827 Die Winterreise Franz Schubert
1829 Guglielmo Tell Gioachino Rossini
1830 Symphonie fantastique Hector Berlioz
1831Norma Vincenzo Bellini
1834 Carnaval op. 9 Robert Schumann
1839 24 Prludes op. 28 Fryderyk Chopin
1839 Annes de plerinage Franz Liszt
1841 Sinfonia n. 3 Scozzese Felix Mendelssohn
1846Barcarola Fryderyk Chopin
1850Lohengrin Richard Wagner
1853 La traviata Giuseppe Verdi
1853 Sonata in si minore per pianoforte Franz Liszt

1827 Die Winterreise


Franz Schubert

Viandante nel gelo Disperato e romantico Mller Ironia dintellettuale Finta poesia popolare Il primo ciclo
di Lieder Die schne Mllerin come parodia della
Molinara di Paisiello Schubert, liederista adolescente
Scelte poetiche Il rapporto col testo Il prevalere del
pianoforte Schumann, Brahms, Wolf, Mahler Lied nel
Novecento
Nella sua ultima stazione, Die Winterreise (Il viaggio in inverno) mostra un
viandante disperato che invidia un ambulante accovacciato nel gelo di una
notte precoce. Molto pi delle parole, la musica che esprime quellossimoro di angoscia e consolazione che propone lestremo e pi intenso ciclo di
Lieder di Franz Schubert. La sonorit vitrea, la melodia assente, larmonia
vuota. La voce si limita a parlare. Il pianoforte diventa una ghironda da
mendicante di strada: mano sinistra ferma su un basso fisso, di bordone;
mano destra che replica uno stanco motivo da organetto. Fissit ripetitiva,
nella quale il viandante svanisce, continua il suo viaggio nella notte, in fuga
dallamore traditore, dalla vita amara, soprattutto dal buio dentro di s. Non
c fine al suo eterno vagare, da triste Aroldo byroniano, da wagneriano
olandese volante, da vero disperato romantico.
Der Leiermann lultimo della seconda serie di Lieder del ciclo Die
Winterreise, quella in cui pi forte si sente langosciata afasia del viandante
giunto nel mezzo del nulla, solo con i suoi fantasmi. Il viandante vede ovunque presagi funesti: la posta che non arriva (Lied n. 13), i capelli che la
brina incanutisce (14), una cornacchia diventata amica (15), la speranza
come dautunno sugli alberi le foglie (16), latrati di cani e rumore di catene
in un paese ostile (17), un mattino tempestoso (18), una luce ingannevole
(19), il cartello che manda a un vicolo senza ritorno (20), un cimitero che
rifiuta lestremo riposo perch inospitale come una locanda con tutto esaurito (21), una velleitaria professione di coraggio (22), gli occhi dellamata
che tramontano col sole (23), il mendicante e la sua ghironda, metafora
della Morte con la sua falce.
lo stesso Schubert che stabilisce la sequenza di queste immagini, trovando e riordinando nuovi versi scoperti nel secondo volume della raccolta
Poesie dalle carte lasciate da un cornista errante di Wilhelm Mller, pubblicata nel 1824 con dedica a Carl Maria von Weber. Schubert ha da poco termi-

1827 Die Winterreise 437

nato di mettere in musica la prima serie di dodici poemi del ciclo, anticipata
su un almanacco di poesia del 1823 con il titolo Wanderlieder von Wilhelm
Mller. Die Winterreise (Canti di viaggio di Wilhelm Mller. Il viaggio dinverno). In questa prima serie c un minimo di sensazione di movimento,
anche se le immagini non sono diverse. Il saluto alla notte (1) d inizio a un
cammino orientato da una banderuola (2) nel vento che gela le lacrime (3) e
nella neve che nasconde i fiori (4). Un tiglio ricorda i giochi dellinfanzia
lontana (5), mentre linverno trasforma le lacrime in neve (6) e il gelo ferma
il canto del ruscello (7). Incombono memorie di un passato felice (8) accanto a fuochi fatui cimiteriali (9), illusione di riposo (10), sogno di colori primaverili (11), solitudine infinita (12).
La sola lettura del testo, senza la musica, rivela un fondo dironia. Mller
un intellettuale completo, laureato a Berlino, frequentatore dei circoli nazionalisti tedeschi, gran conoscitore dellItalia, traduttore dallinglese di
Christopher Marlowe, professore di greco e di latino. Nella sua breve vita,
trova anche il tempo di scrivere poesie, che calcano talmente il tono cimiteriale e protoromantico del mitico Ossian da apparire una sottile parodia. A
loro volta, lessico e prosodia di Mller mostrano adesione convinta a quella
voglia di costruire una (finta) poesia popolare tedesca che accomuna gli
amici Achim von Arnim, Clemens Brentano, Ludwig Tieck. Schubert ha un
approccio diverso. Non conosce Mller di persona, per considera i temi
della sua poesia adatti a supportare la propria fantasia musicale. Gli piacciono i legami sintattici e fonetici, prima ancora che narrativi, con cui Mller
riesce a collegare fra loro le singole poesiole e ricavarne un ciclo unitario. Ne
affascinato gi nel 1823, quando scopre sulla scrivania di un amico il primo
volume di Poesie di Mller e si mette subito a scrivere la musica per il suo
primo ciclo di Lieder, che intitola Die schne Mllerin (La bella molinara).
Anche questo ciclo poetico ha una storia curiosa. Nasce come parodia
per uso domestico dellopera La molinara di Giovanni Paisiello, che esordisce a Napoli nel 1788 e subito dopo spopola nei teatri tedeschi con il titolo
Die schne Mllerin. Nel 1816 un gruppo di intellettuali nazionalisti e buontemponi berlinesi compone un Liederspiel, variante del Singspiel. Ciascuno contribuisce come sa. Mller sincarica della parte poetica, rifacendosi a
una (finta) poesia popolare, secondo canoni gi collaudati da Goethe quando scrive di viandanti e mulini (1799) e Arnim e Brentano nella raccolta Des
Knaben Wunderhorn da poco pubblicata (1805-08). Rivisti e integrati, nel
1821 i versi di Mller finiscono nel volume che attira lattenzione di Schubert
e diventano le parole per i capolavori musicali che conosciamo.
Die schne Mllerin di Schubert non il primo ciclo di Lieder in assoluto. La priorit spetta alla raccolta An die ferne Geliebte (Allamata lontana)
op. 98 di Beethoven, su testi del medico e poeta dilettante Alois Jeitteles,

438 VII. Seconda et romantica

pubblicata nel 1816 e ben nota a Schubert. Le emozioni e gli struggimenti


per lamata lontana si esprimono in sei distinti momenti cantati, uniti per
da segmenti di otto battute affidati al solo pianoforte, cos da formare un
unico Lied le cui ultime note si riallacciano alle prime. una perfetta struttura circolare, talmente rivoluzionaria da non essere ripresa se non a fine
Ottocento e a Novecento inoltrato. Oltre a questi, Beethoven scrive numerosi altri Lieder singoli, di minor rilievo. Fanno cos anche i suoi grandi
precursori Haydn e Mozart assieme a tanti altri contemporanei. Sono per
sempre pezzi staccati e il genere in s considerato secondario, un surrogato
del canto nobile per il teatro e per la chiesa. Esiste comunque una tradizione
che risale al Lied spirituale luterano, con radici nel Medioevo dei Minnesnger, nel Seicento di Heinrich Schtz e nel primo Settecento di Johann Sebastian Bach. Nel secondo Settecento il Lied fiorisce attorno alla voglia di
cantare in tedesco e non in italiano, con la poesia nazionale di Christian
Gellert, Friedrich Klopstock, Johann Herder sostenuta dalla musica di Carl
Philipp Emanuel Bach, Johann Gottlieb, Carl Heinrich Graun e Johann
Adam Hiller. Arriva la generazione letteraria dello Sturm und Drang con
Herder, Goethe e Schiller, seguita dai musicisti di seconda fila Zelter, Neefe,
Schulz e Reichardt, perch quelli di prima (Haydn, Mozart) sono gi assai
pi avanti. Se nel Lied tedesco di fine Settecento il testo domina la musica, i
due grandi classici viennesi portano equilibrio.
Lirruzione di Schubert nel secondo decennio dellOttocento rivoluziona
tutto. Il cambiamento non immediato. I primi Lieder di Schubert restano
entro le regole del tempo. La melodia segue le parole e il pianoforte fa da
complemento, armonico e onomatopeico. Sono scalpiccii di cavallo le ribattiture di Erlknig op. 1. Sono ronzio di arcolaio le semicrome di Gretchen am
Spinnrade op. 2 con cui il pianoforte accompagna la melodia costruita sui
testi di Goethe nei Lieder scritti nel 1816 da uno Schubert non ancora ventenne. La melodia affidata alla voce ha un ruolo assoluto in tanti altri capolavori di quegli anni giovanili: Der Wanderer, Der Tod und das Mdchen. La
forma della musica si adegua a quella della poesia: ballata strofica semplice
o variata, canzone, scena dopera.
Per cresce a dismisura il ruolo del pianoforte. Non serve soltanto a predisporre una base armonica per la singola voce che non ha risorse polifoniche. Diventa complemento di ritmi e soprattutto di timbri. Assume un ruolo
espressivo che va oltre le capacit foniche del canto e semantiche delle parole. I suoi registri bassi esaltano le oscurit, quelli centrali sono giusti per i
controcanti alla voce, quelli acuti perfetti per chiarori vitrei e per onomatopee di ogni sorta. Assieme al buio della notte, la freschezza delle acque un
tema ricorrente nei versi scelti da Schubert e trasferiti sulla tastiera: il guizzare della trota, lo zampillo del ruscello, lo scorrere della roggia, le onde del

1827 Die Winterreise 439

mare, il cinguettio degli uccelli, il soffio del vento, il picchiettare della pioggia. Col passare degli anni e laccumulo dei titoli, Schubert trova proprio nel
pianoforte le risorse per esaltare le ambiguit dei sentimenti e sottrarsi alla
banalit delle parole. Cresce lindifferenza per la qualit intrinseca del testo.
Non si spiega altrimenti laccostamento di una settantina di verseggiatori
manifestamente inadeguati alla quindicina di poeti davvero grandi, e da lui
stesso ben riconosciuti. Sono la melodia del canto e il timbro del pianoforte
che danno immortalit alle parole di Schober in An die Musik, di Craigher
in Die junge Nonne, di Mayrhofer in Sehnsucht, di Schmidt von Lbeck in
Der Wanderer, di Claudius in Der Tod und das Mdchen. Per non dire dei
tanti casi in cui anche le intuizioni del sublime Goethe sono illuminate ed
espanse: i tre Gesnge des Harfners, per esempio; lo stesso Erlknig che
prende vita (anzi morte) pi dalle scariche ribattute della mano destra e dagli
scarti della sinistra che dallineffabile voce che segue i versi notarili; o il monumentale Gesang der Geister ber den Wassern per quattro tenori, quattro
bassi, due parti di viole e violoncelli pi contrabbasso. Anche le auliche parole di Friedrich Schiller in Gruppe aus dem Tartarus trovano peso vero nelle
interiezioni pianistiche che Schubert sa inventare attorno alla voce che si limita a declamare.
Schubert non Verdi e non osa obbligare il poeta amico a scrivere il testo
in funzione della musica. Umile e schivo, preferisce lavorare con la propria
fantasia, tiene fisse le parole e usa la musica per dar loro emozioni e significati, lima le melodie, accentua i ritmi, rivoluziona larmonia. Il Gesang der
Geister ber den Wassern, dalliniziale voce e pianoforte del 1816, per addizioni successive, arriva al folto organico definitivo nel 1821. Il celeberrimo,
e cos spontaneo, Die Forelle presenta non meno di cinque versioni differenti (1816-21). Il primato spetta alle sei versioni di Geistes Grss, in cui
poche o tante note diverse di Schubert animano le medesime parole di Goethe. Solo nellestremo 1828 Schubert si permette di intervenire sul testo,
con un collage di versi di Mller e di Helmina von Chzy a costruire la storia
(sempre triste) di un pastore su una roccia che soffia nella sua zampogna (in
realt un clarinetto) il dolore per il perduto amore. Per la prima volta si applica il principio della musica che d forma alla poesia, che si rende indipendente dalle parole. Si realizza quello stimolo verso lassoluto che appartiene
solo alla musica, secondo la visione dei suoi teorici e filosofi romantici
Wilhelm Heinrich Wackenroder ed E.T.A. Hoffmann.
La svolta che porta Schubert ad allontanare sempre pi la parola dalla
musica si ha nel 1823, con la scoperta del ciclo poetico Die schne Mllerin,
una storia di emozioni che va oltre i singoli versi e le singole strofe. Racconta
di un giovane garzone che giunge festoso al mulino, sinnamora della bella
mugnaia, si dispera perch il cacciatore gliela porta via, finisce suicida but-

440 VII. Seconda et romantica

tandosi nella roggia. La musica che avvolge i 20 numeri individua un percorso che tocca le grandi emozioni della vita con passaggi ben scanditi: entusiasmo (1-3), amore (4-13), gelosia e tormento (14-17), morte (18-20). Prima
sullo sfondo, poi sempre pi interlocutore privilegiato, il ruscello (cio il
pianoforte) diventa vero protagonista quando accoglie il garzone triste per
lamore che la vita gli ha negato. Come il primo numero esalta la gioia del
girovagare (Das Wandern) cos lultimo (Des Baches Wiegenlied) sussurra un
canto funebre che in verit una ninna nanna, nel segno di uno schubertiano
eterno ritorno.
Completati nellautunno del 1823 e subito pubblicati in cinque fascicoli
distinti, i 20 Lieder di Die schne Mllerin hanno un successo tale da consentire a Schubert di ripianare tutti i suoi debiti e di festeggiare con gli amici. La
stampa frammentata favorisce lapprezzamento dei singoli ma non dellintera collana. Infatti, la prima esecuzione pubblica completa si ha solo nel 1853.
Schubert resta affascinato dal concetto di ciclo, rallenta la composizione di
Lieder singoli, cerca nuovi stimoli, che ritrova solo con Mller, nei momenti
distinti che generano le due parti di Die Winterreise. Subito dopo, nellestremo 1828, stringe un rapporto magico con Ludwig Rellstab e Heinrich Heine,
poeti coetanei e dunque giovanissimi. Imposta due nuovi cicli, assai pi
leggeri nel tema letterario e forse pi pesanti su quello musicale. Non riesce
a terminarli e sono pubblicati postumi, sotto il titolo comune e fuorviante
Schwanengesang (Canto del cigno), apposto dalleditore, ma che contiene
melodie indimenticabili: Stndchen, Der Atlas, Die Stadt ecc.
Il testimone passa a Schumann, ma solo in parte. Resta il principio del
ciclo nei capolavori assoluti Liederkreis e Dichterliebe (1840), su testi di un
Heine ormai affermato accanto a Frauenliebe und Frauenleben di Adelbert
von Chamisso. Per torna il dominio della parola con la musica (sempre
bellissima) che fa un rispettoso passo indietro, anche se (spesso) sintesi/
epilogo del testo cantato. Il giovane Brahms allievo perfetto nel ciclo Die
schne Magelone (iniziato nel 1861, finito nel 1869) scritto sulle parole neomediovevali di Ludwig Tieck, per si fa incantare dalla poesia popolare
davvero falsa di Anton Wilhelm von Zuccalmaglio. Lo salva la propria sostanza musicale che ancora una volta ottiene successo grazie alla semplicit,
allattenzione per i dettagli e al retaggio della tradizione. Johann Carl
Gottfried Loewe si fa conoscere per le 368 ballate che scrive per la sua bella
voce di baritono. Cercano innovazioni armoniche Liszt e Wagner. Sia pure
in lingua russa, come conferma il titolo stesso, i Canti e danze della morte
(1874) di Musorgskij riprendono il senso profondo dellultimo Schubert.
Sono solo quattro pezzi, intensissimi, sconvolgenti: una Ninna nanna per un
bambino che muore, la Serenata della Morte che aspetta una donna alla finestra, la danza (Trepak) di un ubriaco assiderato, il Feldmaresciallo che barcol-

1827 Die Winterreise 441

la fra i morti dopo la battaglia. La voce sostenuta da un pianoforte che ha


la finezza e la forza di unorchestra intera. Musorgskij non riesce a strumentare. Lo fanno per lui Glazunov e Rimskij-Korsakov per primi, altri ancora
in tempi vicini (Ramon Lazkano 1993, Kalevi Aho 2002), soprattutto
ostakovi (1962) che, sullonda dellemozione, scrive la sua quattordicesima e penultima sinfonia.
In lingua tedesca, i veri eredi arrivano a fine Ottocento. Sono entrambi
asburgici perch attivi a Vienna, anche se nati nella periferia dellimpero. Lo
sloveno Hugo Wolf affascinato dal suono della parola al punto di cercarlo
in lingue a lui sconosciute come litaliano e lo spagnolo. Il boemo Gustav
Mahler si beve per intero lamaro Klopstock di Kindertotenlieder e il tedesco
folklorico di Des Knaben Wunderhorn. Accanto, e dopo di loro, troviamo i
diversamente conservatori Max Reger e Hans Pfitzner. Il sornione Richard
Strauss coltiva il genere del Lied schubertiano per tutta la vita e ne rivive lo
spirito nellestremo omaggio di Vier letze Lieder (1948) su testi del moderno
Hermann Hesse e dellantico Joseph von Eichendorff. In Francia, per tutto
lOttocento, si coltiva la chanson, ma altra cosa, pi leggera, meno filosofica, legata alle vicende della vita, con musiche di Berlioz, Meyerbeer, Gounod, Bizet, Delibes, Franck, Lalo, Saint-Sans, Faur, Duparc, Hahn.

Ascolti
F. Schubert,Winterreise, T. Quasthoff, C. Spencer, Sony 1998
F. Schubert, Lieder, D. Fischer-Dieskau, G. Moore, dg 2010
R. Schumann, Lieder, D. Fischer-Dieskau, C. Eschenbach, dg 2008

Letture
D. Fischer-Dieskau, Auf den Spuren der Schubert-Lieder. Werden-Wesen-Wirkung, dtv,
Mnchen 1976
S. Youens, Schubert, Mller, and Die schne Mllerin, Cambridge University Press, Cambridge 1997
J. Reed, The Schubert Song Companion, Manchester University Press, New York 1997

1829 Guglielmo Tell

Gioachino Rossini
Tentativo di rinnovamento Natura, politica, amore
Rifacimenti per Parigi di opere napoletane Rossini serio
Tancredi Limpresario Barbaja Otello e il quinquennio a Napoli Vienna Semiramide per Venezia
Le Comte Ory per Parigi Grand-opra Auber,
Meyerbeer, Halvy Donizetti e Verdi Wagner

Molti cori e poche arie. Pi dialoghi e meno duetti. Grande orchestra in


buca e pochi solisti in scena. C il lieto fine, per manca la commedia. Il
dramma non sfocia in tragedia. Non ci sono due ore concentrate in due atti,
ma (dopo i numerosi tagli alloriginale) quattro ore ripartite in quattro atti.
Insomma: lultima opera teatrale di Gioachino Rossini, Guglielmo Tell, anzi
Guillaume Tell, andata in scena in francese il 3 agosto 1829 allOpra di
Parigi, tutta diversa dalle precedenti, drammi o commedie che siano. Di
sicuro un lavoro sperimentale, alla ricerca di una via dopo che, iniziato
quasi ventanni prima, il percorso bipolare fra serio e buffo si ritrova in un
vicolo cieco. Carico di gloria e denari, Rossini deve reinventare il suo ruolo
in un mondo teatrale che ha imparato a correre da lui e ormai lo sfida sul suo
stesso terreno, anzi lo sopravanza. Come dimostra il trionfo di uno stile nuovo di opera proposto dal (quasi) allievo Daniel Auber con La Muette de
Portici, rappresentata il 28 febbraio 1828. Il pubblico dellOpra apprezza la
provocazione di una protagonista muta ( un mimo) in scena, le grandi masse che in una Napoli di cartapesta seguono le gesta di Masaniello, il gran finale con suicidio nel Vesuvio che erutta mentre la musica sinfiamma a ritmi
tipicamente rossiniani. Ritmi che lo stesso Rossini, in Guillaume Tell, quasi
attenua, anzi rallenta nei concertati di fine atto, compreso lultimo, estatico
e sublime inno al sole sfolgorante che segue la tempesta. Il fenomeno della
natura diventa metafora della vita: la lotta patriottica del popolo svizzero
che schiaccia loppressore asburgico.
La vicenda prende spunto dallomonima tragedia di Friedrich Schiller,
adattata da librettisti amici. Come sempre nel teatro dopera, il dramma
politico sintreccia con quello amoroso. Il baritono Tell il campione degli
insorti che deve trafiggere con la sua freccia la mela posta sul capo del figlioletto Jemmy. Il tenore Arnoldo diviso fra lamore per la patria oppressa e
quello per la principessa Matilde (soprano) che sta in campo avverso. Intorno cantano e ballano patrioti e soldati. I ruoli di ciascuno, per, non sono pi

1829 Guglielmo Tell 443

quelli dellopera seria settecentesca. Rossini prova a inventare nuovi stili di


canto. Il protagonista resta Guglielmo Tell, per la sua parte spesso declamata e di rado cantata, con una sola vera aria solistica, quando benedice
piangendo il figlio prima della terribile prova. Per distinguersi da quella di
Tell, la parte tenorile di Arnoldo spinta negli estremi registri acuti, e invita
gli interpreti ad affrontarla di petto, a voce piena e massimo rischio, come ci
si aspetta da un tenore eroico; non da un tenorino del melodramma giocoso;
non con la voce eterea dei castrati dellopera seria. Sempre malinconica e
rassegnata, Matilde non pu cantare arie di bravura alla maniera di Semiramide ma dolci melodie contemplando il lago, come nellaria del secondo atto
Selva opaca. Nuova e forte la presenza della Natura. Non tanto perch
compare una tempesta, peraltro subito annunciata nella seconda sezione
della magnifica ouverture; piuttosto perch lo stormire delle foglie, i suoni
del bosco, il fluire delle acque pervadono la partitura orchestrale assieme a
melopee agresti e richiami di pastori (il famoso Ranz des vaches che traversa
lopera come un Leitmotiv wagneriano, ante litteram).
Il confronto con la precedente (e abbondante) produzione drammatica
di Rossini sconcertante. Solo due anni prima, Rossini adatta al pubblico
parigino due opere portate con gran successo sulle scene a Napoli durante il
quinquennio che vi trascorre al servizio dellimpresario Domenico Barbaja.
Il libretto originale italiano di Maometto ii (1820) riscritto in francese con
nuovo titolo Le sige de Corinthe; la musica cambia non poco, attingendo
anche ad altri lavori del tempo napoletano; aggiorna la scrittura orchestrale.
Rappresentato a Parigi il 9 ottobre 1826, Le sige ottiene grande successo,
anche grazie a interpreti fenomenali: il soprano Laure Cinti-Damoreau e il
tenore Adolphe Nourrit sotto la direzione di Franois-Antoine Habeneck, il
fondatore della moderna orchestra sinfonica e il primo campione francese
delle sinfonie di Beethoven. Un anno dopo arriva sulle scene parigine la
nuova versione di Mos in Egitto, ora intitolata Mose et Pharaon. Pi che un
melodramma, un oratorio scenico, anzi unazione tragico-sacra. Un Mos
ieratico e declamante serve da modello per il futuro Guglielmo Tell: una
sola aria e un ruolo importante nella celeberrima preghiera Dal tuo stellato
soglio che chiude estatica, come nellopera ultima. Tutti plaudono e ancora
una volta Rossini dimostra di saper trovare subito la sintonia con il pubblico.
Mostra anche di aver fatto enormi progressi nella scrittura, in particolare nel
genere drammatico che, a ben vedere, predilige rispetto a quello buffo.
Il primo grande successo di Rossini , infatti, un melodramma serio, quel
Tancredi rappresentato per la prima volta a Venezia nel 1813, un paio di
mesi prima del trionfo dellopera buffa Litaliana in Algeri. La melodia pi
famosa, Di tanti palpiti, fa il giro del mondo, fischiettata fra le calli e diffusa sulla terraferma da organetti di barberia e bande di paese. Come sem-

444 VII. Seconda et romantica

pre, non innovazione assoluta. Il ventunenne Rossini si appoggia alla solida


tradizione librettistica del Settecento, nel rispetto delle regole metastasiane
appena mitigate dal modernismo di Carlo Goldoni. la storia, elaborata da
un dramma di Voltaire, delleroe normanno Tancredi innamorato confuso di
Amenaide e in lotta contro i saraceni nella Siracusa dellanno Mille. Ha doppio finale, lieto o tragico secondo il gusto degli ascoltatori. Come nelle regole del tempo, la narrazione affidata ai recitativi, le emozioni e i commenti
sono riservati alle arie. Sono pochi i pezzi dassieme e il coro ha ruolo marginale, come in Paisiello e in Cimarosa.
Linvenzione melodica strepitosa, ma la sorpresa maggiore sta nella
scrittura orchestrale, che sempre mostra una perfetta conoscenza dello stile
sinfonico del Classicismo viennese. Si sente gi nelle finezze delle parti degli
strumenti a fiato nellintroduzione (che una prima e straordinaria sinfonia
rossiniana) e ancor pi nella preparazione solo strumentale al gran finale del
secondo atto, che ha inaspettata familiarit con il Beethoven pi drammatico. La fortuna delle coetanee opere buffe mette in secondo piano le opere
serie, che tuttavia Rossini continua a scrivere assecondando la vocazione
personale e le richieste degli impresari. Di fatto, negli ultimi quindici anni
di teatro Rossini sposta progressivamente i suoi interessi verso il dramma.
Nel suo catalogo, dopo Tancredi, si contano una ventina di opere serie e
semiserie, e soltanto quattro davvero buffe. Decisivo il contratto sottoscritto nel 1815 con Domenico Barbaja, gi allora considerato il principe
degli impresari.
Nato a Milano nel 1778, Barbaja si fa le ossa come barista (avrebbe inventato il cappuccino), cresce come mercante di munizioni in epoca napoleonica e si arricchisce come gestore della sala da gioco annessa al Teatro alla
Scala, del quale diventa presto anche impresario. Nel 1809 assume la gestione del San Carlo di Napoli, che trasforma in uno dei maggiori teatri del
tempo: tronca inveterate tradizioni, scopre e lancia nuovi cantanti e compositori. Non si lascia sfuggire il giovane Rossini e per sette anni (1815-22) lo
tiene a Napoli chiedendogli di fare il direttore artistico e di comporre due
nuove opere lanno, meglio se serie. La sfida scardinare la tradizione rappresentata da Cimarosa e Paisiello (ancora in vita) e aprirsi a un teatro dopera pi moderno. Infatti, Rossini scrive le ultime opere buffe e semiserie (Il
barbiere di Siviglia, 1816; La cenerentola, 1817) per Roma, mentre a Napoli
si concentra sul dramma. Esordisce nel 1815 con Elisabetta, regina dInghilterra che fatica a superare le diffidenze del pubblico locale, anche se le innovazioni sono introdotte con cautela. Le fioriture della parte vocale tengono
conto delle caratteristiche del soprano Isabella Colbran, primadonna di suo,
amante di Barbaja e prossima moglie di Rossini. I recitativi, accompagnati
dagli archi e non pi dal solo cembalo, seguono la tendenza del tempo. Il

1829 Guglielmo Tell 445

ghiaccio con i napoletani si rompe con Otello (1816), un melodramma da


Shakespeare, ancora ben legato alla tradizione settecentesca per con un
terzo atto che inanella una serie di gemme interconnesse a costruire un magnifico crescendo di emozioni: il canto del gondoliere, la canzone del salice
e la preghiera di Desdemona, il duetto con Otello, il tragico finale. Un altro
passo verso il superamento della distinzione fra recitativo e aria si ha con
Mos, che un incrocio fra oratorio e melodramma, con un protagonista
ieratico attorniato da cori di seguaci e avversari, pi che da singoli rivali.
Migliora cos la continuit dellazione drammatica, perch si riduce il numero dei pezzi individuali.
A Napoli, finalmente, Rossini pu respirare. Meno che trentenne, ha il
lauto stipendio fisso che gli passa Barbaja. Non pi obbligato a saltare da
un teatro allaltro per sbarcare il lunario. Ha unorchestra stabile e pu scegliere la compagnia di canto. Accetta i capricci delle primedonne, in particolare della Colbran (che sposa nel 1822), ma ha tempo per provare e addestrare. Il periodo napoletano culmina con La donna del lago (1819), su soggetto,
romanticissimo, di Walter Scott, e con Maometto ii (1820), un ritorno drammatico alle buffe turcherie giovanili. I ghirigori vocali del passato Settecento,
il canto espressivo e lazione serrata del nuovo Ottocento si fondono in una
sintesi che fa la fortuna del melodramma italiano per i secoli a venire. Alla
ricerca di nuovi stimoli, Rossini lascia Napoli volgendo a nord. Nella primavera del 1823 a Vienna, assieme a Barbaja che ha in gestione i due maggiori teatri locali. Le sue opere infiammano le platee. Incantano Schubert.
Rossini visita il vecchio Beethoven che gli suggerisce di scrivere altri barbieri con un tono che possiamo solo immaginare: ammirato, complice, burbero, beffardo, sarcastico? Tornato a Venezia, scrive un altro capolavoro,
sempre in genere serio, ispirato alla perduta classicit metastasiana, seppure
rinnovata da Voltaire: Semiramide (1823) un dramma infuocato, con due
donne protagoniste, amiche e rivali, che si battono a colpi di gorgheggi su
una spumeggiante rete orchestrale. Due momenti indimenticabili: Bel raggio lusinghier gran scena per soprano, che ultimo esempio rossiniano di
canto virtuosistico applicato al dramma, erede del Settecento e progenitore
di Casta diva di Vincenzo Bellini e il duetto Alle pi care immagini.
Rossini si ferma qualche mese in una Londra che non lo apprezza e prende residenza a Parigi, convinto da una corposa prebenda regale e dalla magnifica vita teatrale. Riprende a scrivere dopo un paio danni dinattivit, con
risultati eccellenti. Piacciono la quasi operetta Le Comte Ory e anche le rinnovate opere serie napoletane. Lo stesso Guillaume Tell accolto con grande
favore e conta ben 52 repliche. Ledizione originale dura sei ore. Come
sempre disponibile ai tagli, Rossini interviene e il formato si assesta su quattro atti e quattro ore. Riduce i balli, che sono impegnativi e costano tanto.

446 VII. Seconda et romantica

Nonostante siano il fattore di successo in una Parigi che tanto gradisce il


concetto di grand-opra, cavalcato dal francese Auber, ma nato in epoca
napoleonica con gli italiani Spontini (Fernando Cortez, 1809) e Cherubini, a
loro volta ispirati dallopra-lyrique di Rameau e ancor prima dallopraballet del francesizzato italiano Jean Baptiste Lully. Come sempre, Rossini
mostra di aver capito lo spirito del tempo e di sapere come andare avanti. La
partitura del Guillaume Tell zeppa di novit strumentali, di spazi per balli
e colpi di scena. Ne tiene conto lo stesso Auber, che applica al grand-opra
i principi rossiniani dellopera buffa in Fra Diavolo (1830) e nelle tante altre
opere che scrive durante la sua lunga vita.
Il maggior successo arride a Giacomo Meyerbeer, tedesco di nascita e
formazione, per vissuto a lungo (1816-25) in Italia e profondo conoscitore
del teatro di Rossini. Stabilitosi a Parigi, con Robert le diable (1831) ottiene
il trionfo grazie ai colpi di scena, al gran misto di macabro e di meraviglioso.
Buona parte del merito del librettista Eugne Scribe, maestro nel combinare in scena affari personali (amore, gelosia, vendetta) con grandi eventi
storici (rivoluzioni, guerre, eruzioni) purch il sangue scorra a fiumi. A sua
volta Meyerbeer mescola la tradizione del teatro musicale francese e italiano
con quella nascente dellopera tedesca, ossia accoglie belcanto, balletto,
grande orchestra. Il punto di sintesi Les Huguenots (1836), con amori contrastati nellinfuriare delle faide politiche e degli integralismi religiosi della
notte di San Bartolomeo. Meyerbeer coglie la voglia di esotismo (e di colonialismo) della Francia di allora e produce Le Prophte (1849), Dinorah
(1859), LAfricaine (1865) con i quali domina le scene parigine e si aggiudica
lodio imperituro di Wagner.
Versione musicale del grand-guignol teatrale, il grand-opra trova una
tappa cruciale in La Juive (1835), la pi famosa della quarantina firmata da
Fromental Halvy, tuttora in repertorio grazie a una parte di tenore apprezzata da Adolphe Nourrit nellOttocento ed Enrico Caruso nel Novecento.
Ne rispettano i connotati Le Cid (1885) e Le Roi de Lahore (1877) di Massenet, Polyeucte (1878) di Gounod, Henry viii (1883) di Saint-Sans. Il modello subito ripreso dagli altri compositori europei. Scoperto e valorizzato da
Barbaja, dopo un quindicennio trascorso a Napoli, con la forza della tradizione italiana, nel 1838 arriva a Parigi il bergamasco Donizetti che subito ha
unintuizione: trasforma lopera seria italiana Poliuto scritta per Napoli
(1838) in grand-opra francese Les Martyrs per Parigi (1840) con libretto
rifatto dallimmancabile Scribe. Compone secondo i nuovi canoni, prima
che lo fermi la follia, La Favorite (1840), Dom Sbastien (1843), e Le Duc
dAlbe (incompiuto).
Il nuovo genere convince perfino il diffidente italiano Verdi, che dallottobre 1853 vive a Parigi (dove si ferma due anni) e scrive per il locale teatro

1829 Guglielmo Tell 447

italiano Les Vpres siciliennes (1855), su un libretto che Scribe ricicla da Le


Duc dAlbe (1839) gi dato a Donizetti. Laccoglienza non trionfale. Va meglio la versione italiana I Vespri siciliani, ma restano i sentieri di Meyerbeer,
che arrivano ai fasti di Spagna in Don Carlos (1867) e di antico Egitto in Aida
(1869). Il grand-opra convince perfino il tedesco Wagner, che nella sua prima esperienza teatrale (Rienzi, 1840) sispira a un fatto politico per aggrovigliarvi unimprobabile storia damore nella Roma del Trecento. uninfatuazione che dura poco. Wagner si rivolge alla mitologia nordica dellerrante
maledetto (Lolandese volante, 1842) e al misticismo medioevale di Tannhuser (1844). Lammirazione e la riconoscenza per Meyerbeer si trasformano in
invidia per il successo e odio personale mascherati da antisemitismo. Il tutto
inasprito dalla pessima accoglienza della versione di Tannhuser, predisposta
secondo i canoni del grand-opra per il debutto parigino del 1861.

Ascolti
G. Rossini, Guglielmo Tell (William Tell), R. Chailly, National Philharmonic Orchestra,
Decca 1990
G. Rossini, Il viaggio a Reims, C. Abbado, Chamber Orchestra of Europe, dg 1985

Letture
A. Gerard, The Urbanization of Opera: Music Theatre in Paris in the Nineteenth Century,
University of Chicago Press, Chicago 1998
P. Gossett, Dive e maestri. Lopera italiana messa in scena, il Saggiatore, Milano 2009
D. Charlton, The Cambridge Companion to Grand Opera, Cambridge University Press,
Cambridge 2003

1830 Symphonie fantastique


Hector Berlioz

Ide fixe Narrazione musicale Sinfonia fantastica


Musica nella Rivoluzione Byron e Shakespeare Aroldo in Italia Romeo e Giulietta Larte dei timbri
orchestrali Ouverture spettacolari La difficile via teatrale: Benvenuto Cellini, La Damnation de Faust,
Les Troyens
Unidea fissa si aggira per lintera partitura. Proprio perch fissa e ossessiva
non ha una fisionomia definita. Ogni volta assume tratti diversi, per sfuggire
e inquietare. Non una melodia in senso stretto, piuttosto un insieme di
suoni e dintervalli disposti in modo da dare un senso di narrazione a una
struttura musicale che potrebbe altrimenti essere confusa con una sinfonia
classica, alla maniera di Beethoven, con referenze a Mozart e Haydn. Berlioz
vuole invece che la sua sinfonia desordio sia fantastica, anzi, che sia capace
di raccontare una storia di amore e di morte con le sole voci dellorchestra e
senza bisogno di parole. Deve bastare lampia premessa posta in epigrafe
alla partitura, che Berlioz vuole sia distribuita al pubblico in sala per preparare lascolto, soprattutto quando alla sinfonia si aggiunge il melologo Llio
ou Le Retour la vie, che oggi si sente di rado.
Il racconto si snoda in cinque parti. Un giovane musicista cerca nelloppio un sollievo alle pene damore. Eccede nella dose e piomba nel delirio. La
donna amata diventa una melodia, unide fixe che lui ritrova e sente ovunque. Nella prima parte (Rveries, Passions) esplode lamore, fatto di gioia,
gelosia, disperazione. La seconda parte (Un Bal) la gran festa in cui gli
amanti sincontrano, felici. Lui resta solo (terza parte: Scne aux champs),
ammira il tramonto in campagna, ascolta il triste zufolare del pastore che
richiama le sue vacche, dubita della fedelt dellamata, sente tuoni lontani,
presagisce sventure. In un momento di follia uccide la donna, viene condannato a morte e condotto al patibolo, con il motivo di lei che riappare prima
del colpo fatale (quarta parte: Marche au supplice). Nella quinta parte
(Songe dune nuit de sabbat) lui si ritrova nel mezzo di unorrenda compagnia di ombre, streghe, mostri riuniti per celebrare, anzi festeggiare il suo
funerale. Ascolta rumori assurdi, gemiti, scoppi di risa, grida lontane cui
sembrano rispondere altre grida. La melodia compare ancora, ma ha perso
il suo carattere nobile e timido, diventata unaria di danza triviale e grottesca: lei che arriva e, accolta da un ruggito di gioia, si unisce alle danze del

1830 Symphonie fantastique 449

sabba, si tuffa nellorgia diabolica. Si sentono rintocchi funebri, una parodia


burlesca del tema sacro del Dies irae si sovrappone alla ronda del sabba.
Nel costruire la storia, Berlioz usa tutto il bagaglio di letture accumulate
in una giovinezza vissuta con entusiasmi letterari tanto febbrili quanto disordinati: Shakespeare in primo luogo, ma anche Chateaubriand, de Quincey,
Byron, Scott, altri autori minori che portano legna al gran fuoco romantico
del primo Ottocento. Altrettanto precise sono le fonti musicali, solo pi limitate e coerenti, dato che si rifanno quasi soltanto al Beethoven sinfonico
della maniera eroica, con le inevitabili riletture di musiche militari dei
tempi della Rivoluzione e di Napoleone, e del repertorio teatrale nelle successive stagioni dellimpero e della Restaurazione. Cose che il giovane Berlioz impara, fra mille problemi e ribellioni, sui banchi del conservatorio di
Parigi e ai concerti diretti da Franois-Antoine Habeneck. Infatti, larchitettura complessiva della Symphonie fantastique segue proprio il modello beethoveniano, dunque classico, talvolta pi vicino al titanismo dellEroica, talaltra al taglio bucolico della Pastorale, con lossessione drammatica della
Quinta sempre presente. Come succede nella Pastorale, troviamo un movimento in pi rispetto ai tradizionali quattro.
Considerando Marche au supplice (quarto movimento) come lequivalente del normale scherzo, Un Bal (secondo movimento) pu essere una
danza aggiuntiva, con il moderno tempo di valzer che sostituisce il settecentesco passo di minuetto. Il primo movimento preceduto (come in Haydn,
in qualche Mozart e talvolta in Beethoven) da unintroduzione lenta che
prepara il materiale tematico sul quale costruita, in dialettica forma sonata,
la sezione principale. Al centro della Symphonie fantastique sta lamplissimo
movimento lento e bucolico intitolato Scne aux champs. Segue lo
Scherzo, preceduto da una funzionale nuova introduzione lenta. Scatta il
rond del Sabbat. Serve da riferimento costante lide fixe presente in
ogni movimento, inconfondibile anche se affidata a strumenti diversi, con
valenze timbriche e ritmiche che sempre cambiano, ne alterano i contenuti
emotivi e ne fanno la voce narrante della straziante storia damore. il colpo
di genio del ventisettenne compositore.
Per la grandezza musicale della Symphonie fantastique sta nelle sue infinite invenzioni timbriche. Senza stravolgere lorganico richiesto dalle grandi
sinfonie di Beethoven, solo valorizzando e ripensando il ruolo di ogni strumento, lorchestra di Berlioz conquista volumi e sonorit inaudite. Ogni
pagina sorgente di colori musicali, che nascono da rapporti sempre diversi
fra archi, legni, ottoni, percussioni, nei registri estremi, allinterno delle singole famiglie. Si pensi al gioco di vuoti e pieni nella prima parte, al perfetto
impiego delle arpe nella grande scena del ballo, alle rarefazioni della scrittura dei solisti (oboe, corno inglese) in tutta la Scne aux champs, con las-

450 VII. Seconda et romantica

solo di timpani che fa da transizione al successivo temporale metaforico e


reale. Nella Marche au supplice sono geniali le poche note gravi della tuba
(i passi pesanti) a rinforzo della napoleonica batteria di ottoni. E poi il
gran finale, con campane e grancassa e tutte le sezioni orchestrali impegnate
ai loro limiti, per creare leffetto sonoro che d ai primi ascoltatori la (voluta)
sensazione di follia, oltre che di vera rivoluzione. Il ventenne Liszt entusiasta della nuova sinfonia e subito scrive una trascrizione per pianoforte solo,
che presenta a un pubblico sbalordito e osannante. Invece, nella sua veste di
critico musicale, Schumann la stronca senza piet.
La Symphonie fantastique non comunque la prima opera di Berlioz.
Molte soluzioni vengono collaudate nel decennio precedente. Gran frequentatore, fin da adolescente, della vita musicale di Parigi, Berlioz si entusiasma
per i melodrammi di Gluck, Salieri, Cherubini e per i musicisti della Rivoluzione Grtry, Gossec, Mhul, Lesueur, che sono gli autori degli inni allEnte
supremo graditi da Robespierre. Nel 1824 scrive una Messe solennelle di
dimensioni colossali, rieseguita nel 1827, riscritta e perduta, ritrovata nel
1991. Raccoglie i primi frutti delle sue letture romantiche con louverture per
Waverley ispirata a Walter Scott. Prova a scrivere lopera Lonore, ou Les
Francs-juges ma non riesce a farla rappresentare e ne distrugge buona parte,
salvo utilizzarne una marcia nella Marche au supplice della Fantastique e
unaltra nella Grande symphonie funbre et triomphale. Ha tuttora vita autonoma la focosa ouverture, della quale Liszt ricava una bella trascrizione
pianistica. Trova altro materiale musicale nelle cantate scritte invano per
vincere il Prix de Rome e completa il suo capolavoro a fine 1830.
La prima esecuzione della Symphonie fantastique avviene il 5 dicembre
1830 a Parigi, sotto la direzione del veterano ed esperto Habeneck. Sono in
sala Liszt, Donizetti, Paganini. Il grande violinista si entusiasma e Berlioz
pensa di gratificarlo con un nuovo lavoro a soggetto, non per violino ma per
viola e orchestra. Prende spunto da un testo che allora di gran moda, Childe
Harolds Pilgrimage di Byron, altro caso di eroe romantico che vaga per il
mondo in fuga dal suo passato (amoroso) e alla ricerca di avventura. Ne esce
Harold en Italie (1834), un polittico in quattro quadri che illustrano altrettanti episodi del romanzo mantenendo la forma di una sinfonia in quattro movimenti, il primo introdotto da un Adagio espressivo e lultimo da una sezione che riassume i temi precedenti, come fa Beethoven nel finale della Nona.
La viola solista ha una funzione concertante ma anche legante, perch le
affidata lide fixe (cio leroe errante) attorno alla quale ruota la partitura.
Paganini non gradisce, perch ritiene la parte di viola poco brillante e
troppo subordinata allorchestra. Per resta incantato da Berlioz e, in modo
del tutto inaspettato, gli regala nel 1838 una somma spropositata. Cos Berlioz pu concentrarsi sulla sinfonia drammatica Romo et Juliette (1839),

1830 Symphonie fantastique 451

ispirata a Shakespeare nella parte narrativa e a Beethoven in quella musicale.


La vicenda degli sfortunati amorosi veronesi ha i passaggi chiave nei momenti solo strumentali (Grand fte chez Capulet, Scne damour, lo scherzo
La Reine Mab) e in quelli cantati trova tagli teatrali che anticipano sia la
concentrazione della lgende dramatique, anzi del semioratorio La Damnation de Faust (1846), sia la monumentalit del grand-opra Les Troyens.
Romo et Juliette resta comunque una sinfonia, con tre movimenti strumentali a fare la consueta sequenza Allegro-Adagio-Scherzo e lultimo a chiudere con una scena corale-teatrale complessa, ancora alla maniera della Nona
sinfonia di Beethoven, con una dimensione teatrale che nel modello assente. In ogni pagina, strumentale come corale, sorprende la sensibilit timbrica, che Berlioz distribuisce anche nelle altre composizioni per teatro o per
cerimonie in piazza, come nella Grande symphonie funbre et triomphale
(1840) con banda militare da aggiungere a orchestra debordante, tante percussioni e coro commisurato.
Per il timbro, Berlioz ha un gusto innato. Sa maneggiare solo il flauto e la
chitarra, non il pianoforte e nemmeno il violino. Sa per far suonare lorchestra come nessun altro. Assimila subito la lezione di Carl Maria von Weber,
in particolare il colore degli ottoni. Non a caso, del pianistico Invito alla
danza di Weber, Berlioz realizza una magnifica orchestrazione. Anche quando non ci sono storie da narrare, le sequenze di piani sonori avvincono gli
ascoltatori. Succede nelle ouverture da teatro o da concerto: Le Carnaval
romain (1844) recuperato dalla sfortunata opera Benvenuto Cellini, Waverley (1839), Les Francs-juges (1836), Roi Lear (1831), Le Corsaire (1852), la
stessa Marcia di Rkczi, inserita a forza nella Damnation de Faust come
omaggio al benefattore Liszt. Il Trattato di strumentazione e orchestrazione
(1843) di Berlioz fa epoca. Studiato e annotato da Richard Strauss, ancora
oggi dice molto sul colore della grande orchestra romantica. Di sicuro, dopo
la Fantastique cambia il modo stesso di scrivere per orchestra. Il principio
del narrare con la musica viene ripreso, con la denominazione poema sinfonico, dallamico Liszt e diffuso in tutto il mondo occidentale, accolto da
Smetana, Dvok, ajkovskij, di nuovo perfezionato da Richard Strauss. Il
concetto di opera darte totale, in cui parole e musica si fondono con il gesto
e con la rappresentazione per far nascere il vero dramma, impegna Berlioz
per il resto della sua vita. Ma non gli va bene. Lambizioso progetto di nobilitare il grand-opra parigino naufraga con il fiasco di Benvenuto Cellini, nel
1838. Scivola senza scia apparente La Damnation de Faust (1846), esperimento a mezza strada fra opra e oratorio, frutto di un lavoro iniziato nel
1829 sul testo di Goethe rielaborato dallo stesso Berlioz con laiuto di
Grard de Nerval. Non ha successo neppure il grande affresco Les Troyens,
pur meditato a lungo, composto nel 1856-58, con rappresentazione parziale

452 VII. Seconda et romantica

nel 1863 e completa nel 1890. Per il teatro di Berlioz e soprattutto la sua
narrativa orchestrale, il concetto di ide fixe avranno con Richard Wagner
uno sviluppo straordinario, con il nuovo nome di Leitmotiv.
Entra nellimmaginario romantico anche il tipo di donna che regge i destini del giovane artista Berlioz, secondo la prospettiva delluomo (maschilista) che non riesce a trovare con lei un rapporto equilibrato, che non si limiti al binomio angelo/strega. appena il caso di ricordare che la femme fatale
dellarte ha una sua corrispondenza reale in Harriet Smithson, attrice irlandese specializzata in ruoli shakespeariani, di cui Berlioz sinnamora follemente non a caso nel 1828, lanno dinizio della composizione della Fantastique. Se sinnamora della persona o, col suo tramite, dei personaggi che porta
in scena, non dato sapere. Di sicuro una relazione piena di tradimenti
reciproci e di turbolenze che non si placano dopo il matrimonio avvenuto nel
1833, ma (forse) soltanto con la scomparsa di lei nel 1854.

Ascolti
H. Berlioz, Symphonie Fantastique, C. Munch, Boston Symphony Orchestra (1954), rca
2006
H. Berlioz, Berlioz Edition, C. Davis, London Symphony Orchestra, Philips 2003

Letture
O. Visentini, Berlioz e il suo tempo, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2010
D. Cairns, Berlioz, Penguin Books, London 1999
H. Berlioz, Mmoires, Flammarion, Paris 1991
H. Barraud, Berlioz, Rusconi, Milano 1981

1831Norma

Vincenzo Bellini
Casta diva Cavatina Cabaletta La vestale Medea La sonnambula Il giovane Bellini I puritani Donizetti Lucia di Lammermoor Elisir damore Don Pasquale Grand-opra italiano

Norma si avanza, e stende le braccia al cielo. La luna splende in tutta la sua


luce. Tutti si prostrano. Nella didascalia che si legge sul libretto di Felice
Romani, lingresso (cavatina) della sacerdotessa dei Galli e primadonna Norma gi magia pura. La musica fa il resto, nella scena operistica pi famosa
del melodramma italiano nella prima met dellOttocento. Tocca a uno
strumento, il flauto, cantare la celebre melodia. La voce aggiunge le parole
che invocano il favore della Luna: Casta diva che innargenti / queste sacre
antiche piante. Sono due versi, ripartiti in due segmenti musicali di quattro
battute ciascuno, di limpida melodia. Un pianissimo di clarinetti e corni segna il passaggio dalla contemplazione allinvocazione: A noi volgi il bel
sembiante / senza nubi e senza vel. Il canto simpenna e diventa grido acuto per poi sfumare in raccolto silenzio. Interviene il coro, che riprende le
parole, non la melodia. Diventa sfondo per il nuovo canto del soprano che si
appoggia sulle ultime tre sillabe dellultimo verso (sen-za vel) per abbandonarsi al piacere delle fioriture, sempre leggere, ancora pi fitte. Si crea uno
spazio corale. Parte la seconda strofa, pi mossa (Tempra o Diva) che
chiede audacia e invoca pace. Non c dramma, solo estasi. Il percorso musicale perfetto.
Incantati dalla melodia, si rischia di trascurare il mirabile contorno che la
esalta, e che nasce dalla lunga tradizione del melodramma italiano. Norma
entra in scena rassicurando il gran sacerdote e padre Oroveso che le voglie
di ribellione dei Galli contro i Romani vanno frenate fino a quando ricever
il segnale dal dio Irminsul di cui vestale. un dialogo secco, sostenuto
dagli archi e punteggiato dallorchestra intera, non pi il vecchio recitativo
sostenuto soltanto dal cembalo. Finita la cerimonia pubblica (appunto laria
Casta diva), Norma congeda con poche battute lansioso padre e si butta
nel privato: vuole recuperare lamore del proconsole romano Pollione (nomen omen) che furtivamente le ha dato due figlie e ora insegue altre gonnelle. Lo fa con una nuova aria (Ah! Bello a me ritorna) nella quale sfoga
tutta la sua ansia, in una folata di gorgheggi che fanno la storia del belcanto
allitaliana, sulla scia del miglior Rossini dellAssedio di Corinto e di quanto

454 VII. Seconda et romantica

lo precede. Si cristallizza cos uno dei luoghi classici del melodramma ottocentesco: introduzione (recitativo accompagnato da orchestra), grande aria
di esordio di un protagonista (cavatina), irruzione di fatti nuovi (altro recitativo), aria di bravura (cabaletta) per stringere lazione, esaltare il virtuosismo vocale, scatenare gli applausi in sala, cambiare scena.
Con lo stesso principio, nella scena precedente si presenta il tenore Pollione: in dialogo confessa al compagno Flavio il suo nuovo amore per lapprendista vestale Adalgisa, racconta in una lunga cavatina un suo incubo
recente (Meco allaltar di Venere: Norma abbandonata che si vendica di
Adalgisa), osserva i nemici che si radunano, esplode con unorgogliosa cabaletta (Me protegge, me difende / un poter maggior di loro), fugge. Segue
il coro dei Galli oppressi e inizia linvocazione alla Luna. Diverso, ma riconducibile allo stesso schema, lingresso di Adalgisa. Lamica e rivale si presenta con un recitativo, accenna una cavatina (Deh! Proteggimi, o Dio!),
ascolta Pollione che irrompe con una nuova aria (Va, crudele, e al Dio
spietato). I due iniziano un dialogo che si trasforma in duetto con le voci
che prima si alternano e soltanto nelle ultime battute si uniscono in dolci
consonanze (lui Il tuo Dio sfidar sapr, lei S, fedel a te sar). Il lungo
finale un perfetto esempio di accumulo di tensione nel melodramma allitaliana. Inizia con il recitativo di Norma che si strugge per i figli suoi (e di
Pollione). Continua con un duetto in cui lamica Adalgisa, arrivata nel frattempo, si dichiara innamorata. Norma sinfuria quando scopre che si infatuata di Pollione, che accorre a formare un terzetto con le due donne rivali.
Alle tre voci si aggiunge il coro. Sullacme della complicazione emotiva cala
il sipario del lungo primo atto. Il conciso secondo atto un crescendo sublime di colpi di scena teatrali e di meraviglie musicali. Con unindimenticabile sequenza di recitativi, arie, duetti e cori, Bellini ci racconta della disperata
Norma che esita a uccidere i figli e finisce con laffidarli ad Adalgisa, con la
quale si spiega e riconcilia. Il volubile Pollione torna da Norma e con lei sale
sul rogo purificatore che a loro non risparmia il rigido Oroveso. La prima
alla Scala (26 dicembre 1831) un trionfo, anche grazie alle protagoniste
femminili Giuditta Pasta (Norma) e Giulia Grisi (Adalgisa).
Il finale di Norma dunque tragico. Non arriva il fulmine di Vesta che
assolve la peccatrice per amore e consente il glorioso lieto fine alla Vestale, il
melodramma con il quale Gaspare Spontini nel 1807 conquista i favori della
corte napoleonica a Parigi e stabilisce il modello anche per La sacerdotessa
dIrminsul (sempre su libretto di Felice Romani, Trieste, 1820) e La vestale
(Milano, 1823) con musica di Giovanni Pacini, che negli anni venti in Italia
il vero erede di un Rossini passato allestero. Ma non neppure la tragedia
assoluta di un altro suo modello, Medea (1797) di Cherubini, dove la maga
furiosa di gelosia uccide davvero i figli avuti dal fedifrago Giasone e scom-

1831 Norma 455

pare braccata dalle Furie, infiammata da una musica sempre aspra, alla fine
addirittura violenta. Bellini costruisce invece una tragedia lirica, con le emozioni forti addolcite dal fluire di un canto avvolto e mai disturbato dai colori
dellorchestra, ornato di trine molto pi leggere che in Rossini, animato da
scarti di armonie che servono a prolungarne la vita. A suo modo, Norma un
idillio musicale applicato a una storia tragica. Nello stesso senso La sonnambula, lopera che immediatamente precede (Milano 1831), un idillio musicale applicato a una commedia pastorale. Lui, Elvino, il solito tenore geloso e credulone, subito pronto a credere alle maldicenze sulla fedelt dellamata. Lei, Amina, come sempre pura ma, in questo caso, soffre di sonnambulismo e dunque si trova esposta a pettegolezzi. Si salva cantando unaria
che ancora una volta passa alla storia: sintitola Ah, non credea mirarti....
Le parole che dice (sempre di Felice Romani) potrebbero applicarsi anche
alla condizione di Norma e di altre figure (femminili) drammatiche. Quel
che canta una melodia lunga, lunga, lunga (come dir Verdi) che vive di
mutazioni armoniche e che potrebbe durare allinfinito, con legge darwiniana e applicazione wagneriana. Non ha valenze teatrali, solo invenzione
musicale, che esprime una situazione altrimenti inesprimibile. Ferma lazione e apre a ogni sviluppo, compreso il lieto fine, che (in musica) si risolve in
un concertato.
La sonnambula lunica, fra le poche (sette) opere di Bellini, che appartiene al genere della commedia. Fin dallesordio Bellini cerca soggetti drammatici. Gi assistito dallesperto librettista Romani, affronta con Il pirata (trionfo
alla Scala nel 1827) i temi classici del melodramma italiano: amore contrastato in una torbida Sicilia angioina; duello fra rivali in politica e in amore; uno
ucciso, laltro giustiziato, lei impazzisce. La vena lirica del giovane Bellini fa
la differenza rispetto alla truculenza dei rivali Pacini e Donizetti, garantendo
il successo alla Straniera e ancor pi al soggetto shakespeariano I Capuleti e i
Montecchi (1830) con la parte di Romeo scritta su misura per le doti del soprano Giuditta Grisi, sorella maggiore di Giulia. La collaborazione con Romani si chiude con la tragedia lirica Beatrice di Tenda (Venezia 1833), ambientata alla fosca corte quattrocentesca dei Visconti, costruita sulle rivalit fra
donne e pensata per la voce del soprano Giuditta. Ha invece lieto fine lultima
opera di Bellini, I puritani: gli amanti si ricongiungono quando si scioglie il
conflitto fra repubblicani e realisti nellInghilterra del Seicento. scritta per
Parigi, dove Bellini arriva chiamato dallattento Rossini. Linfluenza del
grand-opra locale si percepisce nella grandiosit dei mezzi scenici richiesti e
nella cura della strumentazione per grande orchestra. Resta limpianto del
melodramma italiano, con la consueta sequenza di arie, duetti, terzetti, cori e
concertati distribuiti su un vorticoso susseguirsi di colpi di scena, ficcati nel
farraginoso libretto dallinesperto esule italiano Carlo Pepoli, rimaneggiato

456 VII. Seconda et romantica

dallo stesso Bellini. Il successo clamoroso e lopera arriva subito in tutta


Europa. Il duetto fra basso e baritono Suoni la tromba e intrepido diventa
in Italia un inno risorgimentale. Il momento magico la grande scena del secondo atto, con lormai classica costruzione: disperata e confusa Elvira entra
(recitativo Oh rendetemi la speme), vaneggia (aria Qui la voce sua soave
preparata da un assolo di flauto), scambia alcune battute con i presenti attoniti, si lancia nella follia del belcanto (cabaletta Vien diletto).
Quella dei Puritani una delle pi famose scene della pazzia del teatro
dopera, equivalente ad Ardon glincensi che nello stesso anno, a Napoli,
porta alla gloria Lucia di Lammermoor, il capolavoro del rivale Donizetti.
Anche in questo caso lambientazione britannica. Il librettista Salvadore
Cammarano la ricava dal romanzo di Walter Scott. Racconta la storia della
mal informata Lucia, sposa ingannata e folle uxoricida, che muore di crepacuore mentre il vero amato Edgardo prepara due volte il suo suicidio: prima
vuol morire perch non sopporta il (presunto) tradimento della sua bella, poi
perch (saputa la verit) la vuol raggiungere in cielo. La fine separata dei due
innamorati infelici segue una matrice ben collaudata. Lucia, spettro insanguinato, farfuglia frasi sconnesse, sembra placarsi, si tuffa nella vertigine.
Edgardo estrae il pugnale sul sacello di famiglia (aria Tombe degli avi
miei), ascolta il racconto della triste fine di Lucia, muore cantando la cabaletta famosa (Tu che a Dio spiegasti lali).
Con le sue grandi arie solistiche, il magnifico concertato di fine primo
atto e il generale ritmo incalzante, Lucia di Lammermoor il punto di arrivo
di una collana di storie di tragiche donne confezionata a Donizetti dal librettista Felice Romani: Anna Bolena (1830), Lucrezia Borgia (1833), Maria
Stuarda (1834). Svincolandosi dai modelli rossiniani con cui debutta negli
anni venti, Donizetti ottiene ottimi risultati anche nel genere comico. Il suo
Elisir damore (1832) un modello di commedia sentimentale. Azzecca una
deliziosa sequenza di melodie popolaresche (Quanto bella, quanto cara, Udite, udite, o rustici, Una furtiva lacrima) che rende tutti simpatici: il timido Nemorino inebriato dal vino che crede elisir, lo spacciatore
Dulcamara, la volubile Adina, il tronfio sergente Belcore. Ben pi elegante e
lontana dai modelli settecenteschi di scuola napoletana Don Pasquale
(1843), laltra brillante commedia di Donizetti, scritta per lesigente pubblico parigino. La vena lirica rimane costante, mentre cresce la costruzione
musicale, dalla sinfonia che anticipa situazioni e caratteri fino al finale Tornami a dir che mami, dove i singoli personaggi sono ben individuati da una
musica che li inquadra in uno scintillante mosaico di ritmi e di melodie.
Pure Donizetti arriva a Parigi su invito di Rossini, nel 1838. Scomparso Bellini nel 1835, a soli 34 anni Donizetti diventa il campione del melodramma
allitaliana, osteggiato dai patriottici francesi Berlioz e Halvy ma non dal

1831 Norma 457

pubblico che apprezza il carattere forte e asciutto del suo teatro, soprattutto
quello drammatico organizzato dal librettista Salvatore Cammarano. Come
gi Rossini, Donizetti adatta precedenti lavori italiani ai gusti parigini, e riesce ad assaporare i successi viennesi di Maria di Rohan (1843) e Dom Sbastien (1845) prima che la pazzia lo condanni al manicomio.
La grande stagione del melodramma italiano neoclassico e postmetastasiano continua con Saverio Mercadante (Il bravo, 1839; La vestale, 1840) e
Giovanni Pacini (Saffo, 1840; Medea, 1843). Ma nel 1842 irrompe Verdi, con
soggetti pi moderni e altra musica. Con il successo planetario di Nabucco
inizia unera nuova.

Ascolti
V. Bellini, Norma, M. Callas, T. Serafin, Orchestra e Coro del Teatro alla Scala (1954), emi
1998
G. Donizetti, Lucia di Lammermoor, R. Bonynge, L. Pavarotti, J. Sutherland, Chorus and
Orchestra of the Royal Opera House, Covent Garden, Decca 2011
Maria Callas, The Complete Studio Recordings 1949-1969, emi 2007

Letture
J. Rosselli, Bellini, Ricordi, Milano 1995
F. Bellotto (a cura di), Lopera teatrale di Gaetano Donizetti. Atti del Convegno internazionale di studio, Comune di Bergamo, Assessorato allo spettacolo, Bergamo 1993
R. Celletti, Storia del bel canto, La Nuova Italia, Scandicci 1986
W. Ashbrook, Donizetti and His Operas, Cambridge University Press, Cambridge 1982

1834 Carnaval op. 9

Robert Schumann
Personaggi e fantasmi Jean Paul Sphinxes Artisti e
filistei E.T.A. Hoffmann Innere Stimme Studi
sinfonici in forma di variazione Musica di consumo per
pianoforte Romanze senza parole Pezzi lirici Intermezzi e Fantasie

quasi completa la sfilata delle maschere musicali di met Ottocento che


scorre con le note di Carnaval op. 9 di Schumann. Il carnevale evoca e confonde persone con fantasmi, cose vere con figure illusorie. il luogo dove
qualsiasi fantasia pu scatenarsi in un sogno a occhi aperti che diventa realt.
D ai sensibili autori romantici la libert negata ai razionali autori classici.
Sincontrano specchi musicali che riflettono o distorcono lautore e altri
personaggi, distribuiti senza una logica apparente in un mosaico di 22 tessere di forma varia e di breve estensione. La prima tessera, Prambule, una
delle pi ampie, una specie di ouverture dopera romantica trasferita sul
pianoforte. Anticipa temi e soggetti che compariranno nelle scene future e si
aggregheranno nel finale: un fortissimo a piene mani per catturare lattenzione, un duetto veloce fra destra e sinistra, un passaggio di agilit che porta al
trionfante corale liberatorio. La serie delle maschere inizia con Pierrot (n.
2), il cui canto triste interrotto dal disegno discendente mi-do-si, brusco e
ossessivo, alla fine vincente. Irrompe Arlequin (3), saltellando allegro
verso lacuto che fa da perfetto complemento alla precedente voglia di cadere. La musica assoluta torna con un dolce Valse noble (4), ma si sente che
una maschera dei Valzer di Schubert, ascoltati da Schumann nel suo soggiorno a Vienna.
Tornano le figure mascherate e si ripete la precedente coppia PierrotArlecchino. Alla malinconica meditazione sotto voce di Eusebius (4) si
contrappone lincontenibile vivacit di Florestan (5), passionato e leggiero secondo i casi, comunque positivo: una farfalla variopinta, come
suggerisce la citazione dalla precedente collana Papillons (1831), il mosaico
pianistico cui Schumann conferisce il rango di opera prima. il momento
in cui la musica di Carnaval tocca i nodi personali. Nella coppia di caratteri
contrastanti Eusebius/Florestan Schumann ritrae se stesso, i suoi tormenti e
le sue velleit. Lo ispirano Walt e Vult, figure che in Die Flegeljahre (1804-05)
del romanziere Jean Paul rappresentano linconciliabile dualismo dellessere
umano. Tocca poi al mondo femminile. In Coquette (7) si riconosce la

1834 Carnaval op. 9 459

servetta civettuola che non nega a Schumann le sue grazie e probabilmente


gli trasmette la malattia che lo porta, ventanni dopo, alla follia. Il quadro
successivo, Rplique (8), specie di duetto accompagnato da arpa, una
variante delleterno femminino, probabile ritratto di Ernestine von Fricken,
altro e pi serio amore giovanile.
Sotto il titolo Sphinxes (9) compaiono tre gruppi di 4, 3, 4 note ciascuno (mi bemolle-do-si-la; la bemolle-do-si; la-mi bemolle-do-si), altrettante
combinazioni di intervalli e nessun altro segno. Di solito non si eseguono, ma
si tengono comunque a mente, perch sono le note attorno alle quali costruito lintero mosaico di Carnaval, che non a caso porta il sottotitolo Scnes
mignonnes sur quatre notes, con un senso strutturale che non ci si aspetta da
un romantico libertario e a suo modo arruffato come il primo Schumann.
Quelle note cardinali si percepiscono poco nella tessera che segue, una nuova versione di Papillons (10) vista come studio di perfezionamento di
tecnica pianistica alla maniera di Chopin. Stanno nel titolo che viene dopo,
a.s.c.h.-s.c.h.a. Lettres dansantes (11), esplicito omaggio al paese natale
(Asch, in Renania) della gi ricordata Ernestine.
Finiscono le schermaglie ed entra il grande amore con Chiarina (12),
ossia Chiara/Clara Wieck, la donna che cambia la vita a Schumann. Tocca
poi allomaggio a Chopin (13), giocato pi sullo spaziato accompagnamento che sulla semplice melodia. Torna a questo punto un nuovo cammeo
dellamata del momento, Ernestine, ora chiamata Estrella (14), da suonare
con affetto prima dellanimata Reconnaissance (15), che riporta allo studio di tecnica pianistica. Altro studio (soprattutto di agilit per la mano sinistra) la curiosa coppia di maschere Pantalon et Colombine (16). Incastonato fra due robuste scansioni di Valse allemande, compare lomaggio a
Niccol Paganini: un capriccio per violino che sulla tastiera diventa un forsennato esercizio di mira per le due mani in controcorrente, a velocit siderale, mantenendo un ritmo serrato e un volume di suono compreso fra fortissimo e sforzato. Una confessione appassionata (Aveu, 17), una lunga
passeggiata (Promenade, 18) che ispira il Musorgskij di Quadri di unesposizione , una breve Pause (19) portano allesplosiva Marche des Davidsbndler contre les Philistins (20), il pannello pi lungo e impegnativo
di Carnaval, a ricordare che il vero scopo dellartista la battaglia contro il
filisteismo nella musica e nella vita.
Il concetto della lega degli amici di Davide ben presente anche in Davidsbndlertnze op. 6 (1837), altre otto miniature pianistiche imbevute
dideali romantici di arte e di amore. In Davide si riconosce lo stesso Schumann, con i suoi compagni Berlioz, Liszt, Chopin. Fra i filistei identifichiamo Henri Herz, Sigismond Thalberg, Carl Czerny, perfino Gioachino Rossini. Schumann sa che larte difficile. Per eseguire le sue musiche chiede

460 VII. Seconda et romantica

unabilit tecnica che viene da studio e da esercizio. Per non sopporta, e


chiama filistei, quelli che credono che larte sia solo bravura, solo esercizio
di dita e non di cervello, non di cuore. Si riferisce appunto ai tanti concertisti
di pianoforte che girano lEuropa per esibire sveltezza di mano e rigidit di
pensiero. Per Schumann importante che linterprete conosca le radici profonde della sua immaginazione, che ha origini letterarie.
Se un ballo in maschera nel capitolo finale del voluminoso romanzo Flegeljahre dellamato Jean Paul ispira Carnaval, le otto fantasie che compongono Kreisleriana op. 16 (1838) nascono dalla lettura delle bizzarrie del
maestro di cappella Johannes Kreisler, protagonista del romanzo Considerazioni filosofiche del gatto Murr del polivalente affabulatore E.T.A. Hoffmann.
Dalle simpaticamente macabre Fantasie alla maniera di Jacques Callot (1814),
pure di Hoffmann, nascono i Fantasiestcke op. 12 (1837), conturbante mosaico di momenti estatici e di slanci furiosi legati da un romanticissimo senso
della notte. Stessa origine hanno i Nachtstcke op. 23 (1839), pervasi dallumor nero che informa lomonima raccolta letteraria. Spirito analogo tiene
unite le otto Novelletten op. 21 (1838).
Hoffmann il padre nobile del Romanticismo tedesco nel primo ventennio dellOttocento musicale. La sua vita avventurosa e il multiforme talento
di avvocato, teatrante, caricaturista sono la traduzione concreta di un ideale
di vita possibile solo nella Germania scombussolata dalle guerre napoleoniche e dalle passioni romantiche. La sua scrittura sulfurea trasforma oggetti
in protagonisti di balletti (Copplia di Delibes, Lo schiaccianoci di ajkovskij),
descrive animali filosofi (il gatto Murr) alle prese con artisti folli (il maestro
di cappella Kreisler), influenza Alexandre Dumas padre ed Edgar Allan Poe.
Hoffmann anche musicista eccellente: fra le sue 17 opere liriche, almeno
una, Undine (1816), tuttora in repertorio, apre le strade al filone della favola
in musica battuto da tedeschi (Wagner, Richard Strauss), slavi (Glinka, Borodin Rimskij-Korsakov, Dvok), perfino italiani (Catalani) e francesi
(Dukas, Ravel). Come critico del prestigioso periodico Allgemeine musikalische Zeitung di Lipsia, Hoffmann osserva la musica del tempo da estimatore
del classico Mozart e ammiratore delleroico Beethoven, che apprezza la sua
storica recensione della Quinta sinfonia.
Pur multiforme e bizzarro, Hoffmann assai misurato e attento nella forma.
Per questo Schumann lo prende a modello, sia quando disserta sulle musiche
altrui dalle colonne della rivista da lui fondata e diretta, sia quando compone
musica propria. Appoggia la sua fantasia su fili solidi seppure invisibili, che
trasformano in collane tante miniature apparentemente scollegate fra loro.
Quattro note cementano Carnaval, un tema ricorre in Davidsbndlertnze op.
4, un curioso accorgimento utile agli interpreti della Grande Humoreske op.
20 (1839): sintitola Innere Stimme (Voce interiore) una melodia che sincunea a

1834 Carnaval op. 9 461

met spartito, ma rimane muta, pilastro virtuale di un lavoro che vuole apparire
improvvisato. Un tema di Clara Wieck incombe sugli otto pannelli di Kreisleriana. Si percepisce unit dintenti nella collezione di Novelletten, che sperimenta nuove vie per allargare le dimensioni delle microstrutture. Ha un filo,
non esplicito ma avvertibile allascolto, la collezione Kinderszenen op. 15,
scene infantili col sapore della fiaba e con il calore domestico dei racconti dei
fratelli Grimm. Nel polittico Carnevale di Vienna op. 26 (1839) trova insospettate ironie e si diverte a citare la Marsigliese nella capitale della Restaurazione.
In questi lavori Schumann applica in modo implicito lantico principio
della variazione. In altri capolavori del tempo, la scelta pi evidente. Lop. 1,
Variazioni Abegg, fatta di una classica serie di tre variazioni pi un episodio
Cantabile e un ampio Finale alla fantasia, nati da una melodia ben definita, sia pure costruita con un artificio che trasforma le lettere del cognome
di un amore di allora in note musicali: nella notazione tedesca la parola
Abegg corrisponde alle note latine la-si bemolle-mi-sol-sol. Sintitola Studi
sinfonici in forma di variazioni anche la composizione pi impegnativa di
quel tempo, lop. 13, non a caso una delle pi sofferte di Schumann; impostata nel 1834 rimaneggiata pi volte, con varie edizioni a stampa, nessuna
definitiva. Agli esecutori resta ampia scelta su quale testo proporre in pubblico: frequente la stesura del 1853 con inserite, ad libitum, tutte o soltanto
alcune delle cinque variazioni espunte dalla versione del 1838. Laggettivo
sinfoniche che accompagna le varie versioni ci dice, come nellamato
Schubert, che queste variazioni superano la loro contingenza pianistica e
forse anche la vocazione orchestrale a trovare la musica assoluta. Sinfonia
come pitagorica musica delle sfere.
Sono gli anni in cui fiorisce la letteratura pianistica di consumo, nelle
varianti della fantasia su favorite melodie dopera destinate ai professionisti, e nei ballabili e pezzi di genere per un numero sempre crescente di bravi
dilettanti sfornati da ottime scuole. Migliora la tecnica costruttiva dello strumento. Il pianoforte da sala da concerto ha maggiore potenza e omogeneit
di suono. Quello verticale riduce i costi e diventa necessario mobile da salotto borghese. Per tutti gli anni quaranta, Liszt gira centri piccoli e grandi
portando rivisitazioni pianistiche di Lieder di Schubert e scene dopera di
Mozart, Bellini, Donizetti, Auber. Le musiche destinate al mercato crescono
a dismisura, alimentate soprattutto da autori minori, qualcuno baciato dalla
fortuna, come la polacca Tekla Bdarzewska, autrice della Prire dune vierge
(1854), un tempo immancabile nel repertorio delle fanciulle di buona famiglia. Nemmeno i grandi autori disdegnano queste musiche. Felix Mendelssohn, pur occupato a fondare e dirigere il conservatorio di Lipsia (e dunque
a plasmare la musica del secondo Ottocento tedesco), prolifico autore di
Romanze senza parole: 35 pezzi ripartiti in sei quaderni pubblicati fra 1830 e

462 VII. Seconda et romantica

1845, cui vanno aggiunti due altri quaderni postumi. Alcune Romanze hanno
titoli accattivanti, autentici o apocrifi: Barcarola, La filatrice, Marcia funebre,
Canto di primavera. La difficolt media, talvolta alta, per non banalizzare e
non per stupire. In tutte domina il canto, ma la rinuncia alle parole afferma
la prevalenza della musica sulla poesia. In fondo, anche un liederista convinto come Schumann molto spesso lascia al solo pianoforte le battute conclusive, quando la voce ha smesso di cantare.
Lo stesso Schumann non dimentica il suo naturale istinto pedagogico e
compila la bella collezione Album per la giovent, 43 pezzi schizzati nel corso
degli anni e pubblicati nel 1848 come op. 68, molti con titoli simpatici, tutti
abbastanza facili da suonare e subito entrati nel repertorio di ogni bravo principiante di pianoforte. I grandi progetti sinfonico-corali e teatrali, la musica da
camera e la follia galoppante non allontanano dal pianoforte il maturo Schumann, che trova il tempo di completare ancora la deliziosa raccolta di pezzi di
genere Scene della foresta op. 82 (1849) e gli allucinati Canti del mattino op.
133 (1853), scritti in manicomio dopo una visita del giovane Johannes Brahms.
Tutta la musica pianistica di Schumann, lultima in particolare, intima,
protagonista del suo tempo e preludio a un futuro ancora luminoso. Ne
raccoglie leredit Musorgskij, nella lontana Russia, con quellaffascinante
mosaico che Quadri di unesposizione. Pi fedeli al modello di Schumann
sono i Pezzi lirici riuniti nei dieci quaderni che fra 1867 e 1901 pubblica
Edvard Grieg, norvegese per nascita e residenza, ma germanico di scuola per
essersi formato al conservatorio di Lipsia. Negli anni estremi, a fine Ottocento, ne riprende lo spirito Brahms, con i quattro cicli di fantasie e intermezzi
op. 116, 117, 118 e 119 (1892-93) che sono il suo addio allamato pianoforte,
lo strumento della sua vita. Dopo le intemperanze delle sonate giovanili e la
densit delle variazioni negli anni centrali, il pianismo dellestremo Brahms
diventa meditazione interiore. Salvo far riesplodere inattesi ardori nellultima Rapsodia (op. 119 n. 4) che chiude il ciclo nel segno del passato.

Ascolti
R. Schumann, Carnaval Op. 9, A. Benedetti Michelangeli, emi 1975
R. Schumann, The Masterwork, dg 2010
E. Grieg, Lyric Pieces, E. Gilels, dg 1997

Letture
J. Daverio, Robert Schumann: Herald of a New Poetic Age, Oxford University Press,
Oxford-New York 1997

1834 Carnaval op. 9 463

G. von Spies, Robert Schumann, P. Reclam, Stuttgart 1997


A. Edler, Schumann e il suo tempo, edt, Torino 1991
A. Cerocchi Pozzi (a cura di), R. Schumann. Gli scritti critici, Ricordi, Milano 1991
P. Ostwald, Schumann: The Inner Voices of a Musical Genius, Northeastern University
Press, Boston 1985
N.B. Reich, Clara Schumann: The Artist and the Woman, Cornell University Press, Ithaca
1985
D. Fischer-Dieskau, Robert Schumann. Das Vokalwerk, dtv, Mnchen 1985
A. Walker (a cura di), Robert Schumann: The Man and His Music, Barrie and Jenkins,
London 1972

1839 24 Prludes op. 28


Fryderyk Chopin

Mosaico di tessere irregolari La goccia dacqua Lo


spirito di Bach Kalkbrenner Didattica efficace Studi
op. 10 e op. 25 Valzer e mazurka Imitatori nellOttocento Skrjabin e Rachmaninov Debussy
lopera centrale per stile e per anagrafe di Chopin: 24 Preludi in tutte le
tonalit maggiori e minori per pianoforte op. 28. Ma soprattutto uninfinita ghirlanda brillante, un fantastico accostamento di colori, un perfetto mosaico di tessere irregolari; ovvero, e al contrario, una festa del nonsenso, un
insieme di divergenze, un caleidoscopio impazzito. Anzi: un frattale che si
scopre per assorbimento di piccole dosi, lungo tanto tempo, con prospettive
sempre diverse, fino a quando lassuefazione fa s che tutto appaia limpido e
necessario. A suo modo condensa lintera arte di Chopin. Per capire serve
tempo. Magari si coglie presto lalternanza fra modo maggiore e modo minore. E si scopre che spesso, ma non sempre, la corsa precede la pausa, la
riflessione mentale viene dopo lesercizio fisico. Ma al primo ascolto confonde il significante, che nulla dice del significato. Ciascun preludio un preludio al successivo, compreso lultimo che prelude al primo. Come sar il
successivo non dato prevedere, se non a posteriori, inventandosi una ragione. Il primo preludio si contorce quanto il secondo contempla. Il terzo un
esercizio di velocit per la mano sinistra, che invece ribatte afasica sul canto
del quarto. Poi ci sono corsa a due mani (5), melodia al basso (6), aforisma
(7), diabolico incrocio di almeno tre ritmi diversi disposti sulle due sole mani (8), rilassamento distorto dalla (dis)armonia (9), altri aforismi (10, 11),
gragnuola di note (12), doppio accompagnamento per una melodia che arriva tardi (13), moti tanto paralleli quanto informali (14).
Quasi allimprovviso, o forse ben preparato dai 14 che precedono, compare il fiore pi ampio della ghirlanda, il Preludio in re bemolle maggiore
(15), popolarissimo col sottotitolo apocrifo La goccia dacqua. Dura almeno
cinque minuti, mentre la maggioranza degli altri sta sotto i due minuti, con
alcuni attorno a 30 secondi (10, 11, 14) e due eccezioni (13, 17) che superano
di poco i tre. Ha architettura semplice, in tre parti, come in un qualsiasi
movimento lento di sonata classica. Nella prima parte il pianoforte canta con
la mano destra e accompagna con la sinistra: da un lato una melodia dolce e
semplice, dallaltro poche note di sostegno disposte attorno a un la bemolle
ripetuto e rinforzato fino a diventare ossessivo. Attorno a questa nota (la

1839 24 Prludes op. 28 465

goccia dacqua) il suono incupisce, si passa dal modo maggiore a quello


minore e inizia la drammatica sezione centrale. Il canto si ferma. Cresce dal
basso il rumore sordo della nota grave che sempre si ripete, raddoppia, urla.
Si raggruma un motivo sinistro, che emerge nel registro centrale, diventa
lancinante, si trasforma in stridore scoperto, e solo a fatica viene riassorbito
dal magma oscuro da cui uscito. La breve ripresa della prima parte, della
sua melodia, della sua nota fatale e ripetuta, ha lo sguardo vitreo di chi si
appena svegliato dallincubo di una discesa aglinferi.
La folle corsa della mano destra (16), i rintocchi ossessivi del basso (17),
le frantumazioni ritmiche (18), la rinnovata prestidigitazione (19) portano
allultimo aforisma (20) e a una distensione cantabile (21). Quindi le agitazioni nel profondo misterioso (22) e le delicatezze delle trine di superficie
(23) si trasformano nella violenza primordiale del finale (24): su una base
tumultuosa ma regolare, si staglia un inno che simpenna per balzi sicuri e
scende per vertiginose acrobazie, nella drammatica tonalit di re minore. Ci
si congiunge cos, come in una ghirlanda, al punto di partenza, perch lo
permette la doppia elica armonica che serve da unico legante a fiori cos
diversi. Il numero totale di 24 si ottiene alternando 12 brani in modo maggiore con 12 in modo minore, ordinati secondo il criterio del circolo delle
quinte. Ossia: ogni pezzo di ciascuna serie disposto in una tonalit che
dista un intervallo di quinta rispetto al precedente e al successivo. Nella
serie dei numeri dispari (in modo maggiore) scorre la sequenza do-sol-rela-...; nella serie pari (in modo minore) quella la-mi-si-fa diesis-.... Si
copre cos lintero spettro delle 12 tonalit (sia maggiori sia minori) dellarmonia moderna fondata sul temperamento equabile stabilito ai tempi di
Johann Sebastian Bach. Il quale, nel suo Clavicembalo ben temperato, tocca
tutte le tonalit, per con un criterio diverso, sempre alternando maggiore
e minore ma procedendo per semitoni (e non per quinte), secondo la scala
cromatica.
Si tratta di evidenti giochi combinatori che non hanno (apparente) valore
artistico o emozionale sia in Bach sia in Chopin, ma di sicuro mostrano la
volont di dare un ordine artificiale, a posteriori, a raccolte che gli stessi
autori riconoscono come frammentarie e disomogenee. Di Bach conosciamo
le trasposizioni di tonalit per completare il quadro. Nel caso di Chopin i
tempi di composizione, ben documentati, ne sono prova definitiva. Buona
parte dei preludi nasce alla spicciolata, senza un piano preciso. Alcuni paiono addirittura scarti: pezzi di terza scelta, che non hanno trovato posto
nelle grandi raccolte di studi op. 10 e op. 25, fra i notturni e le mazurke
dellet giovanile o della prima maturit. Altri sono frutto di annotazioni
estemporanee, scritte per fissare unidea improvvisa, in attesa di trovare
forme e sviluppi adeguati. Il nucleo principale databile 1838, per una

466 VII. Seconda et romantica

ragione precisa, che ha poco a che fare con larte. Nellautunno di


quellanno Chopin senza soldi e deve finanziare la famosa (famigerata) vacanza programmata alle Baleari per quellinverno. Promette quindi alleditore Camille Pleyel di ricavare una raccolta organica dai suoi
tanti pezzi e pezzettini ancora inediti in cambio di 2000 franchi, di cui
500 anticipati. Mantiene la parola, ma con molto affanno. Viene il sospetto che molte miracolose concisioni siano dovute alla fretta. Gli inserimenti conclusivi e le limature finali sono del gennaio 1839. Il momento della definizione architettonica della raccolta e della composizione
del corpus principale centrale e problematico per la vicenda personale di
Chopin. Coincide con un drammatico peggioramento delle condizioni di
salute e con lapice della crisi della turbinosa vicenda sentimentale con George Sand: tante biografie serie o romanzate, con relative versioni cinematografiche, ci hanno narrato linfelicissima e impropria luna di miele vissuta dai
due amanti sotto la pioggia nella Certosa di Valdemossa, sullisola di Maiorca, nellinverno del 1838.
Ma i Preludi sono significativi anche dal punto di vista stilistico.
Tutti, o quasi, i paradigmi compositivi di Chopin sono presenti. A cominciare dallamore per la musica di Bach, per quel Clavicembalo ben
temperato che Chopin conosce benissimo, anzi considera suo pane
quotidiano. In realt il rapporto con Bach non solo diretto, ma anche mediato da altre esperienze e altri autori, importanti per Chopin e
per la musica del tempo, anche se oggi sono dimenticati. Ledizione a
stampa dei 24 Preludi op. 28 dedicata a Joseph Christoph Kessler, di
cui oggi non si ricorda nessuno, ma che al ventenne Chopin, dieci anni
prima, dedica i suoi 24 Preludi op. 31. Chopin ha presente anche i 24
Preludi scritti nel 1816 da un altro pianista in gran voga nei primi decenni dellOttocento, Friedrich Kalkbrenner. Che un tedesco, allievo
del conservatorio di Parigi, amico a Vienna di Clementi, Haydn e Beethoven, concertista a Londra, residente infine a Parigi come insegnante, concertista in proprio e socio in affari con il costruttore di pianoforti Pleyel. Chopin lo stima al punto da dedicargli il suo Primo concerto
per pianoforte e orchestra, scritto sul modello dei tanti lavori consimili
che pullulano nel catalogo di Kalkbrenner assieme a sonate (13), variazioni, fantasie e soprattutto studi da concerto e per didattica per pianoforte solo.
Kalkbrenner anche uno dei pi affermati insegnanti di pianoforte
in unepoca in cui lo strumento conosce una diffusione esponenziale.
Entra in ogni casa dellaristocrazia e della fiorente borghesia. Per molte fanciulle di buona famiglia la padronanza della tastiera un complemento importante del percorso educativo. Insegnar loro come suonare

1839 24 Prludes op. 28 467

diventa un mestiere lucrativo. Lo stesso Chopin si mantiene, a Parigi,


con i proventi dellinsegnamento di pianoforte a nobili e ricche signore, dedicando alla composizione i mesi estivi, quando le allieve sfollano
in campagna e lui stesso lascia la citt. In parallelo cresce a dismisura
la pubblicazione di metodi ed esercizi, per ogni livello di studenti. A
Vienna, nasce una scuola importante grazie a Johann Nepomuk Hummel, allievo di Mozart, protetto di Haydn e amico di Beethoven. Suo
allievo Carl Czerny, che impara anche da Beethoven, insegna dieci
ore al giorno e sforna non meno di mille differenti fascicoli di studi per
pianoforte, in buona parte utili ancora oggi. A Londra simpone Johann Baptist Cramer, allievo di Clementi. A San Pietroburgo impartisce lezioni lirlandese John Field, pure lui uscito dalla scuola di Clementi. Soltanto Parigi, fra le capitali europee, appare in lieve ritardo,
ancora orgogliosa della sua scuola violinistica; salvo recuperare prontamente quando, attorno al 1830, cambia il regime politico, leconomia
galoppa, rard e Pleyel producono pianoforti di gran qualit e in citt
si stabiliscono personalit come Liszt e, appunto, Chopin.
Chopin arriva a Parigi dalla nativa Polonia via limperiale Vienna. Non
per un provinciale. Compie gli studi con grande scrupolo e buoni maestri,
conosce bene la produzione di tutti i pianisti sopra citati e ha occasione di
ascoltarne molti dal vivo, in una Varsavia non povera di vita musicale. La sua
prima opera importante, 12 Studi op. 10 (1830) di sicuro geniale, ma nasce
perch il genere in s ha una storia importante alle spalle e accanto. destinata a professionisti, non a dilettanti e tanto meno a principianti. Con tanta
eleganza, gli studi di Chopin insegnano a valorizzare le risorse dello strumento puntando non solo sullagilit delle dita ma anche sulla forza del polso e
lestensione delle braccia. Perfino il movimento dei piedi sui pedali consente
di rendere il suono pi morbido e avvolgente, e di conseguenza sperimentare dissonanze che sulla carta appaiono laceranti. Ciascuno studio si concentra su un aspetto tecnico specifico: arpeggi sullintera tastiera (1), sfruttamento delle tre dita deboli della mano destra (2), cantabilit su tre registri
differenti (3, Tristezze), passaggio sulle due mani di un disegno ad alta velocit (4), rapide terzine sui soli tasti neri (5), trasposizione strumentale di un
duetto operistico sostenuto da doppio accompagnamento (6). E ancora:
estrusione della melodia dalle continue note doppie della mano destra (7),
mantenimento della regolarit nellincessante gioco delle scale sempre alla
destra (8), esercizio di mira nei tanti salti dellaccompagnamento (9), scansione degli accenti su ritmi sempre diversi (10), accordi arpeggiati (11),
equilibrio fra la furia della mano sinistra e linno alla destra nel pi famoso
degli studi, detto Della Rivoluzione perch (forse) ispirato alla caduta di
Varsavia in mano russa (12).

468 VII. Seconda et romantica

Composti a partire dal 1828 e pubblicati nel 1833 a Parigi, Londra e in


Germania, gli Studi op. 10 hanno subito un successo tale che Chopin continua a scriverne e nel 1837 pubblica come op. 25 una seconda serie di 12 con
la quale raggiunge il fatidico numero di 24. Ancora una volta il risultato
straordinario, con una ghirlanda di emozioni e dinvenzioni camuffate da
esercizi tecnici: imitazione di unantica arpa eolia (1), indipendenza delle
due mani (2), complessit ritmica (3), salto a ostacoli alla sinistra (4), accordi
sbalzati alla destra e arpeggiati alla sinistra (5), terze (6), cantar di violoncello (7), doppie seste (8), melodia dispersa fra staccati e legati (9), doppie ottave (10), resistenza fisica alla destra e mira alla sinistra (11), canto che
emerge dagli arpeggi paralleli (12). La portata storica di questi studi evidente al mondo musicale europeo. Mendelssohn sbalordito. Schumann
scrive una recensione entusiasta sulla sua rivista. Lamico di vita e rivale in
arte Liszt si avventura subito nella, ancor pi temeraria, sfida tecnica dei suoi
12 Studi di esecuzione trascendentale.
Lo stesso Chopin, per passione e per professione, continua a occuparsi di
studi. Nel 1839 scrive tre nuovi pezzi per il testo didattico Mthode des mthodes de piano curato dagli amici Ftis e Moscheles. Accetta le regole del
mercato editoriale. Sa che il pianoforte domestico serve anche per accompagnare le danze in famiglia e subito inizia a scrivere ballabili. Ancora ragazzo,
a Varsavia sente il fascino di mazurke e polacche, ritmi della sua nazione. Il valzer ormai impazza ovunque e, durante il soggiorno a Vienna, Chopin non manca di apprezzare il gi popolarissimo contributo di Schubert.
Polacca, valzer e mazurka diventano cos i tre ritmi di danza su cui continuer a lavorare per tutta la vita, pubblicandoli con regolarit ma a piccole dosi,
non pi di tre pezzi per ciascun numero dopera, spesso isolati. Abbandona
per sempre le raccolte organiche. In fondo gli stessi Preludi op. 28 hanno la
fantasiosa contiguit che conosciamo. Cerca altre vie, in cui la miniaturizzazione delle strutture nasconde la genialit dellimpianto, con nomi capaci di
evocare emozioni ambigue e forti a un tempo: ballate, scherzi, notturni, improvvisi, fantasie, barcarole.
Molti altri, sulla scia di Chopin, continuano a scrivere ghirlande di studi
e preludi per tutto lOttocento, con punte di eccellenza nella Russia di Skrjabin e Rachmaninov. Nel Novecento, in una Parigi avvolta nelle brume
dellimpressionismo musicale, lerede vero Debussy, che firma i due quaderni di 12 + 12 preludi (1910 e 1913) e ununica serie di 12 Studi (1915).
Con dedica a Chopin.

1839 24 Prludes op. 28 469

Ascolti
F. Chopin, Prludes, Op. 28, M. Pollini, dg 1990
The Chopin Collection, A. Rubinstein, rca 1991
J. Field, The Piano Concertos, M. Bamert, J. ORourke, Mozart London Players, Chandos
2008

Letture
F. Liszt, Vita di Chopin, Passigli, Firenze 1991
J. Samson, Chopin, Oxford University Press, Oxford/New York 1998
P. Rattalino, Fryderyk Chopin. Ritratto dautore, edt, Torino 1991
A. Walker (a cura di) Frdric Chopin: Profiles of the Man and the Musician, Barrie and
Rockliff, London 1966

1839 Annes de plerinage


Franz Liszt

La natura svizzera Larte italiana Il giovane Liszt Proselitismo a Weimar Riscritture di lavori propri e altrui
Misticismo a Roma Studi trascendentali Parafrasi da
Paganini Virtuosismo pianistico a tutti i livelli
Uno per tutti, tutti per uno sta scritto sul frontespizio dello spartito con
cui Liszt inizia il suo infinito viaggio di pellegrino di arte e letteratura, oltre
che di funambolo della tastiera. La prima tappa ad Altdorf, sul lago di
Lucerna, davanti alla Chapelle de Guillaume Tell. Un sussurro si alza dal
profondo, leco lo rinforza, diventa chiamata collettiva, forte e tranquilla. La
musica evoca, non conclude. La seconda tappa sulle rive del piccolo Lac
de Wallenstadt, sempre in Svizzera, fra il lago grande di Zurigo e la valle del
Reno, luogo per meditare alcune righe dellamato Byron, stare in contatto
con la natura, rinnovare quel pianismo acquatico che Liszt assorbe dagli
accompagnamenti ai Lieder inventati da Schubert. Dopo il piffero del pastore in piena campagna (Pastorale), tornano i giochi dacqua di Au bord
dune source: veloce scorrere di note acute e insistito frusciare di dissonanze per inventare timbri iridescenti a illustrare i versi di Friedrich Schiller: In
un fresco sussurro / iniziano i giochi / della giovane Natura. Sempre il romantico Byron fornisce lepigrafe per Orage, che furioso sibilare di note
singole, mulinare di terze, martellare di ottave per tradurre sulla tastiera la
forza di un uragano.
Che voglio? Chi sono? Cosa chiedo alla Natura? Sono le domande che
Liszt annota sullo spartito di Valle dObermann, il sesto e pi ampio (una
ventina di minuti) dei nove quadri musicali che formano il primo quaderno
di Annes de plerinage, diario musicale compilato durante la fuga damore
con Marie dAgoult in Svizzera. Il titolo della raccolta e molte singole citazioni derivano da Childe Harolds Pilgrimage di Byron, un testo sacro per i
romantici di prima generazione, cui il ventenne Liszt appartiene. Le domande esistenziali sono riprese dalla Lettera n. 53 (su un totale di 99) del romanzo epistolare Oberman (Parigi 1804) di tienne Pivert de Senancour. Dalle
insoddisfazioni e inquietudini del malinconico romanziere parigino esiliatosi nella natura svizzera, nasce un affresco pianistico del tutto imprevisto,
anzi assurdo. Si snoda come libera fantasia su un unico motivo che mantiene
la voce calda del registro centrale; intorno cambiano solo larmonia e la qualit dellaccompagnamento. Il tono resta sommesso. Non ci sono effetti

1839 Annes de plerinage 471

plateali. La rinuncia alle trine ornamentali, le lunghe pause esaltano la meditazione dellasceta che, allimprovviso, scopriamo esserci in Liszt. Valle
dObermann diventa una singolare sintesi a priori. Meditata a lungo nel
1835, a 24 anni, e poi rivista, ben riassume le vocazioni e le contraddizioni di
uno dei massimi innovatori nella storia della musica occidentale, intrecciandole come non mai nella storia la vita e larte.
il tempo in cui Liszt si afferma come insuperabile concertista di pianoforte. Lo educa a Vienna Carl Czerny, che gli instilla lamore per Beethoven
e Schubert. Dal 1822 continua gli studi a Parigi e, dopo una prima serie di
tourne concertistiche, vi risiede dal 1828 dominandone la vita musicale e i
salotti mondani. Ma non riesce (non vuole) smussare le congenite inquietudini esistenziali, che sinfiammano con le letture di Chateaubriand, Lamennais, Hugo, appunto Senancour. Sempre in bilico fra esibizione pubblica e
mistica interiore, nel 1848 Liszt lascia il concertismo attivo e la mondanit
per ritirarsi a fare il maestro di cappella alla corte provinciale di Weimar, gi
citt di Goethe. Qui crea una scuola di pianisti e compositori. Fra i suoi
nuovi allievi diretti o putativi troviamo il francese Saint-Sans, il russo Borodin, il boemo Smetana. Aiuta Bruckner, anche sul piano finanziario.
Protegge e sostiene lamico Berlioz e il giovane futuro genero Wagner. Inventa il nuovo genere orchestrale del poema sinfonico. Cerca ovunque
linnovazione. Si fa nemici potenti. Scappa in Vaticano per coronare la sua
vocazione mistica, prende gli ordini francescani, diventa abate, simmerge
nella produzione sacra. Vive ramingo i suoi ultimi anni ma sempre creativo e attento a quanto di nuovo la musica riesce a portare. Continua a scrivere musica per pianoforte, ascetica per, lontana dal funambolismo giovanile, fuori dalle forme consuete e dallarmonia corrente, addirittura senza tonalit, oltre lOttocento, perfino oltre le sospensioni di Debussy e i rigori di
Schnberg.
Di tutto questo Valle dObermann appunto una strabiliante sintesi
a priori, che trasforma anche il resto del primo quaderno di Annes de plerinage. Dopo un leggero tampone idilliaco (Eglogue) tornano inquietudine e malessere in Le Mal du pays, intraducibile anche nel titolo, vicino al
senso del vocabolo tedesco Sehnsucht, con limitata corrispondenza allitaliano nostalgia. Il finale Les Cloches de Genve non fa suonare campane ma
assapora i suoni notturni della citt che si specchia nel lago, con straordinaria
capacit di nascondere e lasciare affiorare la melodia fra le trame dellaccompagnamento.
Mentre il primo quaderno di Annes de Plerinage interamente dedicato alla Svizzera, il secondo frutto del successivo viaggio in Italia, a Milano,
Firenze, Roma, Napoli. Al rapporto con la natura svizzera, pur filtrato dalla
letteratura, subentra quello con la grande arte italiana. Sposalizio il tito-

472 VII. Seconda et romantica

lo del dipinto di Raffaello conservato nella galleria di Brera a Milano e che


Liszt accosta a una melodia appena accennata. I passi gravi che reggono il
suono scuro sono per Il pensieroso, la scultura che Michelangelo esegue
per la tomba di Lorenzo de Medici nella Sacrestia nuova di San Lorenzo a
Firenze. Lincanto poetico di tre sonetti di Petrarca si traduce in sola musica,
senza limpaccio delle parole. Il ritmo si accende con la Canzonetta del
Salvator Rosa, poeta e pittore, oltre che bandito. Il pezzo forte riservato a
Dante, sia pure con la mediazione del francese Hugo: Aprs une lecture du
Dante: Fantasia quasi sonata. Gi nel titolo evidente lambizione di unire
la completa libert con la regola classica; ambizione che dura tutta la vita
tumultuosa di Liszt.
I quadri musicali del terzo e ultimo fascicolo di Annes de plerinage
(1867-77) appartengono agli anni del soggiorno romano e sono permeati di
misticismo. Al centro, Les Jeux deaux la Villa dEste appare come un
prodigio di illusionismo virtuosistico e di trasparenze acquatiche. Il resto,
dopo liniziale Anglus!, ha invece severit penitenziale: Aux cyprs de
la Villa dEste (Thrnodie i e ii), Sunt lacrymae rerum, Marche funbre,
Sursum corda.
Il misticismo di Liszt ha radici lontane, nelle giovanili Harmonies potiques et religieuses ispirate al titolo della medesima raccolta di Alphonse de
Lamartine, pubblicate nel 1851 ma composte separatamente a partire dal
1834. Un pezzo solo, Funrailles (n. 6), scritto per onorare i martiri della
rivoluzione ungherese del 1848, diabolicamente difficile, con un martellamento di ottave alla mano sinistra che rende omaggio alla polacca Eroica (op.
53) di Chopin. Gli altri pezzi sono tutti severi e meditativi, talvolta con espliciti richiami al passato, come nel primo, Pense des morts (1834), che
prega su un basso del gregoriano De profundis; o come Miserere, che
rende omaggio alla polifonia rinascimentale di Palestrina. Spesso queste
tessere irregolari anticipano i lunari ascetismi degli ultimi anni, come in
Bndiction de Dieu dans la solitude (8). I titoli degli altri brani, di varia
dimensione e ispirazione, non lasciano dubbi sulle intenzioni dellautore:
Invocation, Ave Maria, Pater noster, Hymne de lenfant son
rveil, Andante lagrimoso, Cantique damour.
Piuttosto sorprende che Liszt abbia aspettato almeno un altro decennio e
il suo cinquantesimo compleanno per pronunciare i voti francescani e dedicarsi anche alla musica sacra e allorgano. Salvo abbandonare Roma e vivere
gli ultimi anni come un viandante solitario, ma sempre creativo e attento a
quanto di nuovo la musica riesce a portare. Continua a seguire il teatro musicale, a scorgere le innovazioni e ripensarle sul pianoforte, per se stesso e non
pi per strabiliare il pubblico: guarda a Verdi, non solo ai Lombardi e a Ernani,
a Rigoletto e al Trovatore, ma anche al Don Carlos (1868), allAida (1877), alla

1839 Annes de plerinage 473

Messa da Requiem (1877), al Simon Boccanegra (1881). Pure allOnieghin di


ajkovskij (1879). Osserva tanto Wagner, con i recenti Tristano e Isotta
(1868), Maestri cantori di Norimberga (1871), Anello del nibelungo (1876),
Parsifal (1882). Scrive poche cose originali, scremate e visionarie: Weinachtsbaum (Lalbero di Natale, 1876), Nuages gris (1881), La lugubre gondola,
Bagatella senza tonalit, R.W. Venezia e Am Grabe Richard Wagners (1883),
Unstern. Sintravvedono le brume di Debussy e le atonalit di Schnberg. Si
ricordano le domande della Valle dObermann, poste mezzo secolo prima.
La storia di Annes de plerinage copre dunque, quasi per intero, il percorso artistico e umano di Liszt. Sono coinvolti anche gli anni di Weimar, che
vedono la riscrittura dei primi due quaderni, ancora inediti. Il primo esce nel
1855 e il secondo nel 1858, con la deliziosa appendice Venezia e Napoli: una
Gondoliera, che una serie di variazioni sulla popolare melodia La biondina in gondoletta, una Canzone che parafrasa il canto del gondoliere da
Otello di Rossini e una Tarantella dallo scatenato virtuosismo. Il terzo fascicolo (stampato solo nel 1883) anticipa gli ancor pi ascetici lavori dellultimo decennio. I tre quaderni sono comunque lo specchio fedele dello sforzo
costante di Liszt di legare la sua musica alle altre arti, anzi al resto del mondo,
fisico o metafisico che sia. Non uno sforzo nuovo, ma il moderno pianoforte offre risorse impensabili.
Imitare la natura ed esprimere con i suoi suoni le emozioni delluomo, per
i musicisti lobiettivo di sempre. Con la voce, gi nel Rinascimento polifonico, Clment Janequin (Le Chant des oiseaux, 1537) e Orlando di Lasso
(Chichilichi, 1560, copiato da Andrea Gabrieli) emulano il canto degli uccelli. Quando gli strumenti a tastiera diventano affidabili e precisi, nel Seicento
vi si cimentano gli organisti Cabezn e Frescobaldi, nel Settecento i cembalisti Rameau e Pasquini. Sul nuovo fortepiano, controllando la forza della
pressione sul tasto, si pu graduare in modo continuo lintensit del suono e
sono possibili nuovi effetti espressivi, subito valorizzati da Carl Philipp
Emanuel Bach, Mozart, Haydn, Beethoven.
Nel primo Ottocento esplode la passione per il pianoforte e i nuovi didatti insistono che i tanti allievi imparino a trovare timbri e volumi sonori capaci di toccare il cuore e non solo le orecchie. Uno dei pi attenti sperimentatori del suono pianistico , non a caso, Carl Maria von Weber. Lo ricordiamo
inventore dei colori dellorchestra romantica tedesca nel Franco cacciatore.
Prima ancora, da eccellente concertista di pianoforte, Weber cerca innovazioni sulla tastiera. Alle consuete indicazioni agogiche (forte, piano, accelerando, rallentando) aggiunge una gran variet di atteggiamenti emotivi (passionato, morendo, con dolore, agitato, con anima) che ritroveremo in tutta la
letteratura successiva. Evoca archi e fiati, legni e ottoni nelle quattro sonate
(1812-22) e ancor pi nel famoso Invito alla danza (1819), in origine per

474 VII. Seconda et romantica

pianoforte solo, poi magistralmente orchestrato da Berlioz. Weber pianista


ammirato e imitato da Schubert. Anche da Liszt, che riscrive e tiene in repertorio il suo Concertstck con orchestra (1819), altro pezzo a programma:
la castellana si strugge per il crociato lontano (Larghetto affettuoso), teme
per la sua vita (Allegro passionato), sente truppe che si avvicinano festose
(Marcia), gioisce perch lui con loro (Allegro giocoso).
Nellepoca in cui ha successo la precisione meccanica dei virtuosi Hummel, Kalkbrenner, Steibelt, Herz, linsuperabile Liszt sente comunque il bisogno di dare un titolo, e dunque un significato, alle sue creazioni. cos negli
studi che imposta quindicenne nel 1826 sulla falsariga del suo maestro Carl
Czerny (che ne scrive a migliaia) e dei tanti autori del tempo. E che rivede pi
volte fino a dar loro una sistemazione definitiva nel 1851, cio nel periodo in
cui inventa il poema sinfonico per orchestra. Il titolo della raccolta tutto un
programma: 12 Studi di esecuzione trascendentale. Liszt non si accontenta del
puro aspetto tecnico. Vuole dare a ciascuno un significato che trascenda il
fenomeno sonoro. A nove di loro attribuisce un titolo di fantasia. Escludendo
i primi due (1 Preludium e 2 senza titolo) ci sono luoghi (3, Paysage),
personaggi (4, Mazeppa, da Hugo), allucinazioni (5, Feux follets), spettri (6, Vision), slancio epico (7, Eroica), demonismo alla Berlioz (8,
Wilde Jagd), nostalgia alla Chopin (9, Ricordanza), autocitazione febbrile
prima (10, senza titolo) e serafica poi (11, Harmonies du soir), il bianconero di una tormenta invernale per chiudere (12, Chasse neige). Sono altrettanti contenitori di specifici esercizi di bravura sia nel colpire il tasto giusto
sia nel trovare il suono espressivo. Altri cinque studi da concerto sono legati
a immagini: pi tecnici i tre del 1848 (Il lamento, La leggerezza, Un sospiro),
pi immaginifici e prewagneriani i due del 1862 (Mormorio della foresta,
Ronda degli gnomi). Neutri sono gli studi da Paganini, nati dallimpatto a
Parigi (1831) con il virtuosismo assoluto del violinista genovese. La campanella la parafrasi del terzo movimento del secondo concerto per violino (1834).
Si raffina nel 1838 con una nuova Campanella (n. 3) e cinque trascrizioni da
altrettanti Capricci: studio sul tremolo (1), salti di terze e ottave (2), arpeggi
(4), richiami di caccia (5), immancabili variazioni di variazioni (6).
I titoli di fantasia aiutano ad ascoltare e capire, non a eseguire. Sorprende
che lavori del genere abbiano un mercato, cio dilettanti interessati a studiarli e capaci di suonarli per se stessi o per pochi amici. Di sicuro funziona bene
la didattica di base, diffusa ormai in modo capillare in citt piccole e grandi,
appoggiata su una solida biblioteca di esercizi per ogni grado di studio, firmata dai concertisti pi famosi. E ci sono le scuole deccellenza: appunto
quella di Liszt a Weimar, di Chopin e dei suoi allievi a Parigi, quella dei
conservatori fondata a Lipsia da Mendelssohn, a San Pietroburgo e Mosca
dai fratelli Anton e Nikolaj Rubinstein.

1839 Annes de plerinage 475

Ascolti
F. Liszt, Annes de plerinage, L. Berman, dg 2002
F. Liszt, The Complete Piano Music, L. Howard, Hyperion 2011

Letture
C.H. Gibbs, D. Gooley (a cura di), Franz Liszt and His World, Princeton University Press,
Princeton 2006
P. Rattalino, Liszt, o Il giardino di Armida, edt, Torino 1993
A. Walker, Franz Liszt, 3 voll., Alfred A. Knopf Books, New York 1983, 1988, 1996
R. Dalmonte, Franz Liszt. La vita, lopera, i testi musicati, Feltrinelli, Milano 1983

1841 Sinfonia n. 3 Scozzese


Felix Mendelssohn

Circolarit non dialettica Un tema per quattro movimenti consecutivi Le Ebridi Lorchestra nel mare
Sogno di una notte di mezzestate Musiche di scena
Beethoven Hoffmann Berlioz Mendelssohn Sinfonie Italiana e La Riforma Schumann Renana
Liszt, Faust e Dante Brahms, ouverture Accademica e Tragica
Uno dei tentativi meglio riusciti di forzare le gabbie della sinfonia classica e
beethoveniana la Terza sinfonia di Mendelssohn. La rottura si ha cambiando la forma e utilizzando in modo diverso labbondante materiale tematico.
In apparenza resta la struttura in quattro movimenti, con lo Scherzo collocato in seconda posizione e lAdagio in terza. La preparazione del primo
movimento con un Andante con moto in s normale, ma in questa sinfonia inconsueta la dimensione. Non conta solo la durata (quasi quattro minuti), ma anche la quantit e la qualit della sostanza. Di fatto, lintero lavoro ha qui le sue radici, in particolare nelliniziale motivo ascendente, che ha
un suo primo sviluppo gi nella lunga introduzione. Non ci sono altre melodie ma solo spunti che sintrecciano al motivo principale, ne ampliano timbro e spessore, senza mai generare contrasti. Dallo stesso motivo nasce il
tema principale del seguente Allegro un poco agitato, che ci si aspetta
organizzato in classica forma sonata. Invece il secondo tema solo un momento di luce in un quadro dominato dalle fosche tensioni che si sprigionano
dal nucleo tematico principale. Dopo la ripresa variata, in chiusura del primo movimento torna lAndante con moto iniziale, ad affermare il senso di
circolarit non dialettica che informa lintera sinfonia. Il Vivace non troppo (secondo movimento) un perfetto esempio di orchestrazione leggera e
brillante di un motivo popolaresco, che acquista spessore passando dal clarinetto solo agli altri fiati e infine agli archi dellintera orchestra. Pure
lAdagio lavora sullaumento della dimensione sonora di un solo motivo
derivato da quello iniziale. Il finale attacca come fosse uno scherzo, muta in
contrappunto, ricorda il taglio del secondo movimento, torna al fugato, sfocia in una sezione tutta diversa che serve da sintesi finale: con il titolo Allegro maestoso compare una nuova versione del motivo iniziale, vestito da
corale e condotto dagli ottoni (quattro corni e due trombe) su rullo dei
timpani a chiudere in gloria.

1841 Sinfonia n. 3 Scozzese 477

Si capisce perch Mendelssohn, che dirige la prima esecuzione il 3 marzo


1842 al Gewandhaus di Lipsia con esito trionfale, raccomanda di eseguire
questa sua ultima sinfonia senza interruzioni fra i singoli movimenti. Vuole
che non si spezzi la continuit espressiva e che risalti un disegno unitario
meditato a lungo. La prima idea, che poi il motivo portante, schizzata ben
13 anni prima, il 28 luglio 1829, dopo una visita al palazzo Holyrood e alle
rovine dellannessa abbazia, a Edimburgo. Resta colpito dalle memorie storiche di quei luoghi e decide di scrivere una sinfonia. Il ventenne Mendelssohn, fanciullo prodigio non meno di Mozart e di Schubert, conosce bene il
genere per aver gi scritto ben 13 sinfonie per soli archi (1821-23), che preparano la Prima sinfonia per orchestra completa (1824). Lo stile classico di
queste non lo soddisfa. Lincontro con Berlioz a Parigi nel 1825 e la scoperta
dello stile orchestrale di Weber gli servono per aggiornare la sensibilit timbrica e per scrivere, nel 1826, quel capolavoro assoluto che louverture per
il shakespeariano Sogno di una notte di mezzestate. Sullonda dellentusiasmo per la riscoperta della Passione secondo san Matteo di Bach da lui diretta a Berlino l11 marzo 1829, Mendelssohn costruisce la successiva sinfonia,
dando risalto a melodie corali e a procedimenti contrappuntistici, con i valori positivi della religione luterana a fare da cemento etico. Prima di partire
per la Gran Bretagna, la partitura quasi terminata. Sar completata nel
1832 e pubblicata postuma come Quinta, con lappropriato sottotitolo La
Riforma.
Rientrato a Berlino dal soggiorno britannico, Mendelssohn comincia subito a lavorare a una Sinfonia scozzese. Per il progetto si arena, non solo perch
pochi mesi dopo inizia un lungo viaggio in Italia, ma perch il problema della
forma non risolto. Va meglio a un altro lavoro sinfonico ispirato dal memorabile viaggio in Scozia e dallescursione in barca (7 agosto 1829) alla grotta
di Fingal, che sta sulla piccola isola di Staffa, nellarcipelago delle Ebridi. Le
infinite colonne di basalto che circondano la grotta sul mare e che, come un
immenso organo, amplificano il fragore delle onde, ispirano una delle pi
belle rappresentazioni sinfoniche della forza della natura. Mendelssohn annota subito una ventina di battute, che diventano il fulcro dellouverture sinfonica Le Ebridi op. 26. Completata a Berlino nella primavera successiva e limata per la terza e ultima volta tre anni dopo, ottiene fama immediata quanto
meritata. La traduzione musicale dei suoni del mare perfetta, non meno che
nelle successive pagine wagneriane del Vascello fantasma e di Tristano e Isotta
di Wagner, o nelle meraviglie timbriche di La Mer di Debussy. E dire che non
ci sono onomatopee o facili effetti fonici. Lorchestra ha un organico limitato
e utilizza gli strumenti nei loro registri naturali, senza forzature. Larchitettura
segue i princpi classici, con tanto di esposizione, sviluppo, ripresa e coda. Un
brevissimo, indimenticabile inciso serve da motivo unificante, onnipresente,

478 VII. Seconda et romantica

inalterabile, perfino ossessivo nel suo infinito ripetersi se non fosse addolcito
e variato dalle sempre diverse combinazioni timbriche. Danno peso e profondit le lunghe note che pure attraversano ogni sezione dellorchestra. Si sovrappone la gran melodia che fa da secondo soggetto, ampia, articolata,
quasi infinita. Il suono si gonfia, i motivi si accavallano, nascono echi e fragori, torna la calma, ci si perde nel mistero. Cos come restano misteriose le vie
che suggeriscono a Mendelssohn la traduzione in orchestra del soffio del
vento e del rumore delle onde. Mentre sono chiare le risorse che permettono
al giovane tedesco di diventare il nuovo genio del descrittivismo musicale.
Tradurre in musica i suoni della natura si fa da sempre: con la voce,
nellantichit e nel Rinascimento polifonico; con gli strumenti da quando
diventano affidabili e precisi, cio dal Cinquecento in poi. Luso dellorchestra pi recente, ma solo perch lento il consolidarsi degli organici e
della perizia degli esecutori. Funziona bene a partire dal Seicento, come dimostrano le tante tempeste che si sentono in teatro e le variabili di stagione
che Vivaldi e i suoi seguaci portano in sala da concerto. Pi difficile trovare un vocabolario musicale per le emozioni delluomo. Per tutto il Settecento ci si prova con gli stati danimo (flemma e ira, odio e amore), lavorando su
sbalzi di volume, scarti ritmici, incroci melodici, frizioni armoniche. Si arriva
cos alle suggestioni della Sinfonia Pastorale di Ludwig van Beethoven. Lorchestra moderna di primo Ottocento, grazie ai migliorati strumenti a fiato e
al crescere del volume degli ottoni, consente di spingersi oltre, fino a tentare
di raccontare una storia con le sole note musicali, senza le parole.
La magia di Mendelssohn orchestratore segna una svolta decisiva, che
ha tuttavia origini precise, ben oltre il suo indiscutibile e precocissimo talento. Fin troppo facile trovare nellouverture di Oberon di Weber il modello e il suono dellouverture per il Sogno di una notte di mezzestate che
Mendelssohn scrive a soli 17 anni, nello stesso 1826 in cui lopera va in
scena. Comune il fruscio degli archi in apertura, le sonorit calde dei corni, il rincorrersi di strumentini e di archi. Originale labilit di Mendelssohn nel tradurre in musica il volteggiare degli elfi, il raglio di Bottom con
la testa dasino, i diversi piani su cui si svolge la surreale azione di un capolavoro del teatro di tutti i tempi. Non sorprende che, nel 1842, il re di Prussia Federico Guglielmo iv imponga a Mendelssohn di scrivere altre musiche
per accompagnare la messa in scena della commedia fiabesca di Shakespeare nella reggia di Potsdam (14 ottobre 1842). Alla ormai famosa ouverture
si aggiungono altri dodici brani con arie solistiche e coro. La fortuna tale
che subito viene predisposta una suite sinfonica dei brani pi popolari:
letereo Scherzo, il dolce Notturno, la felicissima Marcia nuziale. La
musica per il teatro di parola diventa il riferimento di un genere musicale di
antichissima tradizione.

1841 Sinfonia n. 3 Scozzese 479

Il modello immediato quello usato da Beethoven e collaudato dallo


stesso Mendelssohn, per le radici del genere musiche di scena vanno
cercate pi lontano, oltre il tempo in cui la musica trova la notazione. Fin
dalle origini prevale il parlato. Se nulla si sa sul suono per il teatro nellantica Grecia, sono subordinate allazione teatrale le musiche di Le Jeu de
Robin et Marion (circa 1283) di Adam de la Halle, le sperimentazioni per
lOrfeo di Poliziano (1471 o 1480) a Mantova, il lavoro collettivo per La
pellegrina (Firenze 1589). Gi intesi alla maniera moderna sono gli intermezzi e i cori per Edipo tiranno di Andrea Gabrieli (Vicenza 1585). La
straordinaria stagione del teatro elisabettiano porta alla fioritura del repertorio inglese, con i prolifici produttori di musiche di scena John Eccles (per
quantit) e Henry Purcell (per qualit). Nella Versailles del Re Sole non
da meno Jean Baptiste Lully, sia pure con un mutevole rapporto fra danza
e opera. Nel Settecento tedesco permane una certa ambiguit con il genere
Singspiel; tuttavia Mozart d un contributo importante con Thamos, re
dEgitto (1772-79). Il genere nobilitato in modo definitivo da Beethoven,
con le musiche di scena per Egmont (1810) di Goethe e Le rovine di Atene
e Re Stefano (1811) di Kotzebue, articolate in unouverture di taglio sinfonico seguita da intermezzi, cori, arie. Fanno cos Weber (Turandot) e Schubert (Rosamunde e Die Zauberharfe). Leclettico E.T.A. Hoffmann simpegna per Die Braut von Messina di Schiller. Schumann rende omaggio a
Byron con Manfred (1852). Prima ancora di completare il ciclo del Sogno di
una notte di mezzestate, lo stesso Mendelssohn presente con Ruy Blas di
Hugo (solo ouverture, 1839) e Antigone di Sofocle (1841). Di regola, il
pezzo forte louverture, che nello stesso tempo anticipa e riassume temi e
caratteri del dramma e della musica che seguiranno.
Louverture sinfonica, con una sua struttura autonoma, diventa addirittura un genere nuovo. Come la celebre Coriolano (1807) di Beethoven, unica
musica che accompagna il dramma omonimo del funzionario imperiale
Heinrich Joseph von Collin. Ha scopo soltanto celebrativo La consacrazione
della casa (1823) che Beethoven scrive per la cerimonia dinaugurazione di
un teatro a Vienna. Louverture Waverley (1828) di Berlioz a s stante,
ispirata dalla lettura del famoso romanzo storico di Walter Scott, non destinata a teatro di prosa o dopera ma a sala da concerto. Berlioz continua con
le ouverture per il Roi Lear (1831) di Shakespeare, Rob Roy (1831) ancora di
Scott, il Carnevale romano (1843) dalla propria opera omonima. In realt i
legami fra narrazione letteraria e struttura musicale restano vaghi: louverture Le Corsaire (1844) prima composta come pezzo autonomo, poi legata
dallo stesso Berlioz a Fenimore Cooper e infine a Byron. Nellouverture
sinfonica, intesa come racconto, e non solo come descrizione, simpegna
Mendelssohn. Die schne Melusine (1833, per Franz Grillparzer) ben rap-

480 VII. Seconda et romantica

presenta la doppia natura donna/serpente della protagonista della fiaba


francese. I versi di Goethe Meeresstille und glckliche Fahrt che gi ispirarono Beethoven (1815), servono nel 1832 a Mendelssohn come supporto a una
normale ouverture con Adagio introduttivo, corpo principale, coda. La
musica racconta come sulla piatta bonaccia arrivi un primo refolo (assolo di
flauto) che si trasforma in vento di poppa (tutta orchestra) e mette alla prova
alberi e vele, fin quando si arriva in porto (squilli di trombe). La stessa ouverture Le Ebridi potrebbe essere riletta come parafrasi musicale delle vicende eroiche e amatorie del suo inquilino Fingal, eroe gi protagonista di saghe
celtiche e di un famoso Canto di Ossian, il falso reperto di poesia popolare
rifilato da James MacPherson a tanti letterati romantici di primo Ottocento.
La Sinfonia scozzese invece non procede. Il lungo viaggio in Italia (183031) porta al rapido completamento della Sinfonia italiana, solare e frizzante
partitura che termina con un meraviglioso saltarello/tarantella ma che non
altera nessuno degli equilibri di una sinfonia mozartiana. Scura nei colori e
asciutta nella scrittura la sinfonia precedente, denominata La Riforma, numerata come quinta ma che sappiamo essere in realt seconda. Il gi segnalato omaggio alla religione luterana si manifesta subito con il lirismo violinistico dellAmen di Dresda (che troviamo, cinquantanni dopo, come Leitmotiv
in Parsifal dellarcinemico Richard Wagner) e domina il finale con la melodia
di Ein feste Burg ist unser Gott firmata da Martin Lutero, mentre ovunque
trionfa il principio di trasferire il canto corale nel corpo sinfonico, affidandolo agli ottoni. Dieci anni dopo, loccasione del 400 anniversario dellinvenzione della stampa di Johann Gutenberg e il rinnovato amore per Bach e per
le sue riscoperte partiture vocali inducono Mendelssohn a provare un lavoro
del tutto nuovo. Sui primi tre movimenti solo strumentali si innestano altri
undici numeri musicali secondo la tipica sequenza di cori e di arie di una
cantata sacra. Una cellula musicale esposta fin dallinizio e ripetuta in varie
occasioni diventa fulcro di un grandioso finale. Il lavoro prende il nome
Lobgesang (Canto di lode) su testi ripresi liberamente dalla Bibbia ed pubblicato nel 1840 come Seconda sinfonia (anche se in realt la terza).
il tempo in cui Schumann ritrova la rivoluzionaria Sinfonia in do maggiore La grande di Schubert. Mendelssohn il primo a dirigerla, nel 1839.
Sullonda dellentusiasmo per i colori e le dimensioni della partitura schubertiana riprende e completa la Sinfonia scozzese bloccata da dieci anni. Nel
primo movimento fa saltare il principio dialettico della sonata beethoveniana. Il baricentro emotivo si sposta sul movimento finale secondo un percorso guidato dal motto con cui parte lintera sinfonia. Il corale di ottoni entra
fisso nel tessuto sinfonico. Lunico elemento che un po si diluisce quello
descrittivo di cui Mendelssohn pur maestro. Non ci sono melodie popolari scozzesi, scale esotiche, segnali caratteristici. Solo i timbri scuri e le sof-

1841 Sinfonia n. 3 Scozzese 481

fici transizioni possono suggerire nebbie nordiche e saghe celtiche. Anche


attorno alla Scozzese, come a tante altre partiture sinfoniche di Mendelssohn,
si pu (ma non indispensabile) immaginare un programma, meglio se storico, con i reali di Scozia, Maria Stuarda, i nemici inglesi. Siamo alle origini
del poema sinfonico che nel 1848 Liszt formalizzer aggregando le idee che
gli arrivano dalle fonti pi disparate.
I tanti impegni (direttore dorchestra, direttore di conservatorio, vita privata) e la precoce scomparsa (1847, a 37 anni: 6 pi di Schubert, 2 meno di
Chopin, 7 meno di Schumann) impediscono a Mendelssohn di sviluppare il
suo nuovo concetto di sinfonia. Schumann in parte ci riesce, con i colori
bruniti e corali con cui, nella sua Terza sinfonia Renana (1850), si lascia ispirare da un viaggio sul Reno e dalla visione del Duomo nero di Colonia. Capisce tutto Liszt, lunico autore importante a scrivere sinfonie negli anni cinquanta: alla Sinfonia Faust, finita a Weimar nel 1854 ed eseguita due anni
dopo, con chorus mysticus finale e assolo di tenore, aggiunge la Sinfonia
Dante del 1857, dedicata (in pectore) al genero Wagner con i risultati che vedremo. Tramite Liszt, il concetto di nuova sinfonia arriva a Bruckner, il primo
a capire e agire. Arriva a Dvok, un altro che intende e si adegua. Va meno
bene nella cerchia naturale di Schumann. Delude invece lamico Joachim Raff
che per, con la sua Sinfonia Lenore (1872), uno di primi a superare lora di
durata in un lavoro puramente strumentale anche se ispirato a una storia, la
ballata gotico-romantica di Gottfried August Brger. Brahms soffre del blocco schumanniano e delle fisime del suo mentore Eduard Hanslick, quindi
approda tardissimo alla sinfonia, e su posizioni reazionarie. Invece accoglie
bene il principio (di Mendelssohn, di Berlioz, di Beethoven) delle ouverture
a programma con due veri gioielli: uno dagli intenti puramente meditativi
(ouverture Tragica), laltro per festeggiare la ricezione di una laurea honoris
causa (Accademica), entrambe del 1880.

Ascolti
F. Mendelssohn, Symphony n. 3, C. von Dohnnyi, Cleveland Orchestra, Telarc 2002
F. Mendelssohn, 5 Symphonies; 7 Overtures, C. Abbado, London Symphony Orchestra,
Universal 2002
R. Schumann, The Four Symphonies, H. von Karajan, dg 1990

Letture
P. Mercer-Taylor, The Life of Mendelssohn, Cambridge University Press, Cambridge 2000
E. Werner, Mendelssohn. La vita e lopera in una nuova prospettiva, Rusconi, Milano 1984

1846Barcarola

Fryderyk Chopin
Trilli e sciami di note Ambiguit di armonie La gabbia
del metro ondulante La tensione che sale La spuma che
scioglie La forma che sfugge 4 ballate 4 scherzi 21
notturni 14 valzer 7 polacche Skrjabin in Russia
Debussy in Francia

Le prime due battute servono per familiarizzare le dita del pianista con i
tasti neri (tutti) richiesti dallinconsueta tonalit di fa diesis maggiore. Le
seconde due battute fissano il ritmo lieve, sul tempo cullante di 6/8. Nelle
due che seguono si alza un canto sommesso e dolce. La musica e il titolo
Barcarola suggeriscono linevitabile quadretto di genere: il remo che spinge
la gondola nella laguna veneziana, il gondoliere che canta sottovoce per non
disturbare i due innamorati, lincanto di un momento magico. Bastano invece poche altre battute perch si aprano dimensioni sonore che sovrastano
ogni artefatto visivo e ogni allusione letteraria. La melodia resta frastagliata
in unit binarie ma si riaggrega con fili armonici, si avvolge di cromatismi, si
rafforza nel suono e si confonde col basso che accompagna, appunto come
il battere del remo che alza spume dalle onde e le lascia ricadere in gocce
cristalline. Il canto si appoggia su tre accordi immobili e riprende diverso. Si
ferma ancora, su una nota sempre tenuta ma mossa da trilli semplici e doppi.
Ritrova il filo iniziale e lo trasforma in un nuovo motivo dai contorni talmente sfumati da fare del canto una variante del ritmo di voga. Il riverbero degli
armonici e la densit degli accordi sfumano verso lalto, restano sospesi
mentre torna leco delle gocce cristalline che cadono, sul piano immobile
che le accoglie.
La sottile tensione di questo passaggio si scioglie nel filo di note per la
mano destra, con un deciso cambio di modo e di tonalit (la maggiore), un
diverso ritmo di voga al basso, un altro disegno accompagnante e un nuovo
canto scandito dai sempre differenti spruzzi cristallini che si disperdono
nellaria. Ancora una volta larmonia resta inquieta, spuntano regioni tonali
lontane. Attorno crescono picchi sonori scanditi da altri trilli. La melodia
frammentata nella prima parte della Barcarola riprende, anzi continua in
una nuova veste; diventa un inciso che porta il ritmo di voga nella regione
acuta, con la forza delle ottave addolcita da terze e seste. La tensione si accumula e poi si arresta su un fondale piatto e una superficie increspata da
dissonanze.

1846 Barcarola 483

Uno sciame di note rompe lincantesimo. Torna la tonalit dimpianto (fa


diesis maggiore) e assieme tornano il disegno di accompagnamento e la linea
del canto con cui la Barcarola inizia. Ma il volume ora raddoppiato nel
basso e rafforzato nel canto. Non dunque una normale ripresa della prima
parte, ma una prospettiva diversa. Che sorprende ancor pi quando dalla
sezione centrale ricompare un frammento melodico che pareva esaurito e
invece si espande in un canto sempre pi intenso e infine appassionato su
accordi fortissimi a piene mani, prima di ripiegare su altri accordi di ambigua
sospensione. il momento del riepilogo: pochi accordi, sprazzi di melodia,
catena di trilli, echi del passato, spuma di notine, ultimo ritorno delle gocce
cristalline, dissoluzione nelletereo sempre pi rarefatto. Due pi due rintocchi secchi a certificare che lincanto terminato.
Gi questa semplice descrizione rivela quanto sia complessa larticolazione dei dieci minuti scarsi della Barcarola. E quale possa essere il ventaglio
delle sue interpretazioni. Aiuta poco a capire quella pi banale: due innamorati che sinfiammano nella magia della laguna. Anche sul piano soltanto
musicale le letture sono infinite. Lanalisi armonica aiuta poco. In apparenza,
Chopin adotta lo schema tripartito a-b-a (pi coda c), con la sezione centrale in la maggiore e quelle laterali nella medesima tonalit di fa diesis maggiore. Tuttavia, il costante inserimento di note estranee a una tonalit principale di per s inconsueta (appunto fa diesis) porta a: strutturale instabilit,
modulazioni appena accennate e di rado concluse, improvvisi passaggi da
modo maggiore a modo minore in regioni lontane e misteriose. I blocchi
accordali alternati a frammentazioni di trilli e notine, limpiego costante
dellintero spettro della tastiera, e dunque laccavallarsi degli armonici rendono le armonie sempre fluide, e pertanto ambigue. Lo stesso vale per le
melodie, anzi per quellunica melodia che attraversa lintero arco della composizione, trascurando la regola classica che, in una struttura tripartita,
vuole lepisodio centrale separato da quelli laterali. Si pu pensare che per
quattro volte (abac) un meccanismo unico e ripetitivo accumuli tensione da
un materiale identico nella sostanza, ma diverso nella temperatura di partenza (e di arrivo), e dunque anche nellaspetto delle sue apparizioni intermedie.
Di sicuro non si stabiliscono rapporti dialettici fra melodie distinte, o fra
ritmi che si mantengono fluidi e provano in tutti i modi a svincolarsi dalle
gabbie del metro di 12/8.
Lesame del testo suggerisce che la Barcarola sia un raffinato gioco di sonorit, un illusionismo di timbri e di volumi. Chopin mette molta cura nel
guidare la sensibilit dellinterprete, in particolare nel definire ogni grado
del volume, dal pianissimo al fortissimo. Usa lineguaglianza strutturale del
suono dei pianoforti dellepoca per ottenere timbri differenziati. Prescrive
con minuzia fraseggi e dinamiche. Salvo essere il primo a contraddirsi. Gli

484 VII. Seconda et romantica

amici presenti al suo ultimo concerto pubblico, tenuto a Parigi il 16 febbraio


1848, osservano che Chopin esegue in pianissimo e con infinite sfumature
tutti i passaggi che il testo prescrive in fortissimo. Attribuiscono la scelta alle
cattive condizioni di salute di Chopin, interprete di se stesso. Concordano
che lesito straordinario.
Sappiamo che quel lontano momento irripetibile e che bene che gli
interpreti moderni rispettino il testo scritto. Tuttavia deduciamo che Chopin
ha, della Barcarola, una visione fluida, insofferente alle costrizioni del presente (la scrittura), oltre che del passato (la forma). Siamo negli ultimi anni
della sua vita. La composizione della Barcarola si protrae per almeno un anno
e finisce nel 1846. Assieme alla Polacca Fantasia op. 61, la pi ampia e complessa architettura di Chopin. Non ha precedenti nel titolo e nella sostanza.
Il rapporto col canto dei barcaioli lagunari solo una suggestione. Chopin
non viaggia e non conosce Venezia di persona. Piuttosto sente linflusso
dellopera italiana: il canto del gondoliere nel terzo atto di Otello di Gioachino Rossini, per esempio; ancor pi gli intrecci fra le voci e le sovrapposizioni
per terze e seste nei grandi duetti di Vincenzo Bellini. Per il resto si lascia
guidare dalla sua sensibilit per il timbro e larmonia, attorno ai quali inventa la struttura.
Gli unici antecedenti si possono rintracciare nelle intricate evoluzioni
delle fantasie di Carl Philipp Emanuel Bach, di Mozart e dello stesso Beethoven, che per Chopin ama poco. Pi vicino lo spirito della propria Prima
ballata op. 23, impostata arrivando a Parigi (1831) e terminata tre anni dopo,
primo esempio importante di distacco dalla logica tripartita della sonata
classica. Sette battute servono da introduzione; compare un primo motivo e,
separato da una fioritura, un secondo. Fra i due motivi non c dialettica ma
alternanza di loro metamorfosi che ne sfumano le rispettive identit, cercando una vaga integrazione prima che arrivi a chiudere una fragorosa coda. La
ballata successiva (1836-39) rispetta a pieno la tripartizione classica, con
sognanti sezioni laterali e tempestoso interludio centrale. La terza (1840-41)
riprende la sperimentazione fratturante della prima, tiene separati due elementi melodici, li arricchisce di sonorit e di volume con distinti artifici
tecnici, rende eleganti i numerosi passaggi virtuosistici che in altre situazioni
sarebbero solo esibizione di bravura. Gran virtuosismo pianistico richiede
anche la quarta e ultima ballata (op. 52, 1842), che ancor pi frantuma la
forma e la ricompone in un crescendo di colori allapparenza impossibili sul
bianco e nero del pianoforte.
I rapporti con la forma classica sono pi forti nei quattro scherzi. Il Primo
(op. 20, 1831) ha carica emotiva e costruzione tripartita a-b-a di taglio beethoveniano. Il Secondo (op. 31, 1837) un rond pentapartito abacabd
con ritornelli a che hanno ogni volta un colore diverso, mentre le strofe bc

1846 Barcarola 485

trovano un momento di convergenza nel pirotecnico finale d. Torna la tripartizione aba nel Terzo (op. 39, 1839), ma la brutale violenza delle doppie
ottave con cui attacca e conclude ha furori romantici senza precedenti. Il
Quarto (op. 54, 1842) lascia i ritmi accesi, smussa i contorni delle sue consuete tre sezioni, cerca la melodia spiegata, si avvicina allo spirito dei notturni, che un po il cuore dellintera arte di Chopin.
Disposti in modo regolare fra 1831 e 1846, raccolti e pubblicati in terne
e coppie, i 18 (pi 3 postumi) notturni sono lapoteosi del pianoforte romantico. Il genere viene inventato ai primi dellOttocento dal dublinese John
Field, allievo di Clementi e padre della scuola pianistica russa grazie al lungo
soggiorno a San Pietroburgo e Mosca fra 1803 e 1837. Lidea in s semplice: un canto languido alla mano destra, un sussurro accompagnante alla sinistra, armonie soffici ma ambigue per evocare le suggestioni e i fantasmi
che popolano le notti della poesia sentimentale. Chopin abbraccia lidea
durante i suoi studi a Varsavia e la trasforma in qualcosa di completamente
nuovo. Rende flessibile larchitettura, piega le consuetudini del passato alla
propria fantasia, inventa nuove forme. Estende le melodie con sottili giochi
timbrici, pause piene di arabeschi, polifonie virtuali. Le ruvide dissonanze
nascoste fra tanti velluti diventano una barriera al sentimentalismo. Tutte
conquiste che Chopin ottiene con gradualit. I primi notturni (le terne op.
9 e op. 15, 1830-33) sono i pi semplici. La maturit genera i due capolavori dellop. 27 (1835). Nel primo troviamo il miracolo di una melodia sdoppiata in dialogo fra due voci simili ma distinte, che il disegno accompagnante alla fine volge in corale eroico, alla maniera di una stretta vocale del miglior Rossini serio. Il secondo notturno, in re bemolle maggiore, un dolcissimo duetto damore in stile belliniano, sostenuto da un accompagnamento
che nelle fissit del passo arpeggiante scioglie la variet dellarmonia, le
magie del contrappunto e del controcanto. Dopo le infinite variazioni al
canto strumentale nelle successive coppie op. 32 (1837) e op. 37 (1838), le
profondit della notte romantica si sentono nel drammatico Notturno in do
minore op. 48 n. 1 (1841). I silenzi spaziano le singole note di un canto appassionato. Il minaccioso basso incombe, prevale, domina lacme centrale,
si aggroviglia al canto quando raddoppia la velocit e i misteriosi interstizi
iniziali si riempiono col martellamento che esorcizza il vuoto. Anche nellop.
48 n. 2 la sezione centrale cresce dalle poche note che precedono lesposizione della dolce melodia principale, ma non c dramma, soltanto meditazione. Negli ultimi quattro notturni (op. 55 e op. 62, 1844 e 1847) le tensioni restano, ma sono come sublimate da un superiore senso dellordine: motivi pi brevi, meno trine, colori omogenei in mosaici che preferiscono le
sfumature del grigio e anticipano le trasparenze dellancora lontano impressionismo francese.

486 VII. Seconda et romantica

Accanto ai notturni, altre tre reti connettono i gangli dellarte di Chopin.


Quella dei 14 valzer (otto pubblicati in vita, sei postumi) ha una chiara origine schubertiana, assimilata anche durante il soggiorno a Vienna del 183031. In particolare il primo, che in realt un piccolo ciclo di cinque pezzi
distinti ma disposti secondo un funzionale piano armonico. Le 53 mazurke,
distribuite con ancor maggiore dettaglio lungo lintero arco creativo, sono il
contributo che il polacco Chopin regala al mondo cosmopolita parigino e
alla sua voglia di danzare su metri blandamente esotici. Come nei valzer, non
ci sono furori virtuosistici e la ricerca formale limitata. Molta attenzione va
invece al colore e al ritmo, che leviga le asperit contadine delle danze originali ascoltate nella fanciullezza e ormai ricostruite con il filtro della memoria
e della nostalgia. Tranne le prime otto giovanili, le sette polacche pubblicate
in vita mantengono ben poca relazione con la danza omonima. Hanno un
carattere pi aristocratico e meno popolare delle mazurke e trovano nel
ritmo una vocazione combattiva rara in Chopin. La terza (op. 40 n. 1, 1838)
perfino conosciuta come Militare. Il piglio eroicamente virtuosistico esplode nella sesta (op. 53, 1842) grazie alla grandiosa perorazione dellattacco,
al forsennato galoppo delle ottave della sinistra che sostiene un inno levatosi da lontano, allintimit prima e dopo la trionfale conclusione. Pi articolata tuttavia la quinta polacca (op. 44, 1841) con le sue cinque sezioni distinte, una delle quali una deliziosa mazurka. Ancor pi ibrida lultima,
temperata anche dal titolo originale Polacca Fantasia op. 61 (1846). Nel bel
volume dedicato allamico scomparso, Liszt ne critica il tono sconsolato, fin
dimesso, da cavaliere che torna a casa sconfitto. Invece lo spirito della libera
fantasia, punteggiata dalleco di una gloria lontana, consente a Chopin di
esplorare regioni armoniche, fluttuazioni di timbri e di emozioni che la pur
flessibile forma tradizionale non consente. Come succede nella precedente
Fantasia op. 49 (1841). Inizia squadrata da una marcia militare che non
torna pi ma che lascia un segmento di quattro note discendenti dalle quali
scaturisce un turbine didee accostate con la perizia di chi le vuol far apparire improvvisate. Come nella Barcarola. Simmetrica, cio contraria a Fantasia e Barcarola, liridescente Berceuse op. 57 (1844), figlia della rigidit assoluta della scelta formale: 13 variazioni di 8 battute sostenute da un disegno
di accompagnamento fisso, ripetuto 70 volte, senza cambiare armonia.
Stranamente Chopin non trova immediato seguito alle sue innovazioni
formali. Ai tanti allievi, che non sono soltanto fanciulle dellalta borghesia,
riesce a trasmettere di sicuro tecnica digitale, forse superiore sensibilit timbrica, poca (anzi nessuna) virt creativa. Scrivono barcarole Mendelssohn,
nelle sue Romanze senza parole, e Offenbach, nellopera sua pi famosa, Les
Contes dHoffmann, ma non hanno rapporto con Chopin se non nel ritmo
cullante di 6/8. Bisogna aspettare la fine del secolo per vedere germogliare i

1846 Barcarola 487

frutti, prima nella lontana Russia di Skrjabin: i Nocturnes e soprattutto le


apparentemente informali dieci sonate (1892-1913), un paio delle quali pepate dai titoli Messa bianca (settima) e Messa nera (nona). Fiorisce nella
Francia impressionista di primo Novecento, grazie a Debussy, non tanto
nella Petite suite En bateau, quanto nelle raccolte liquide di Images e di
Estampes, di Prludes e di tudes.

Ascolti
F. Chopin, 4 Balladen, Barcarolle, Fantasie, K. Zimerman, dg 1990
F. Chopin, Complete Edition, Artisti vari, dg 2009
A. Skrjabin, Complete Piano Sonatas, M. Hamelin, Hyperion 1995

Letture
J. Samson (a cura di), The Cambridge Companion to Chopin, Cambridge 2004
G. Belotti, Chopin, edt, Torino 1984
P. Rattalino, Fryderyk Chopin. Ritratto dautore, edt, Torino 1991

1850Lohengrin

Richard Wagner
Violini divisi Cavalieri del Graal Parigi rifiuta Rienzi
Il vascello fantasma Tannhuser Lohengrin
Rinuncia ai numeri chiusi Leitmotiv Glinka Smetana Catalani Puccini

Non si capisce bene dove stia la melodia nella musica che precede lapertura
del sipario e linizio dellazione in Lohengrin di Wagner. Sta nei violini, ovviamente, perch suonano solo loro e il resto della grande orchestra muto.
Per i violini, come sempre, sono tanti e non suonano insieme, neppure divisi nelle due sezioni (primi e secondi) dellorchestra romantica e moderna.
Questa volta il compositore vuole che i gruppi siano pi piccoli e numerosi.
Vuole che ci sia un nucleo di quattro violini solisti accanto a quattro folti
gruppi di altri violini. Sui registri acuti dei pi acuti strumenti dellorchestra
Wagner spalma gli intervalli di una melodia appena accennata e dispersa su
un brusio di suoni che ha la duplice e opposta funzione di sviare ed evocare.
La melodia assume tratti pi definiti quando passa ai fiati. Gli eterei violini
soli sono assorbiti dai quattro gruppi di violini multipli, mentre gli altri archi
danno ora consistenza al basso. Infine entrano gli ottoni e il luccichio iniziale diventa forza sovrannaturale. Come quando una luce lontana si avvicina e
abbaglia. Dura solo un momento. Presto il vigore si attenua, la luce si affievolisce, tornano i violini divisi e con loro torna il silenzio, il buio. Il sipario si
pu alzare.
lo stesso Wagner che definisce questo meraviglioso brano orchestrale
come la rappresentazione del potere del Graal, il mitico calice dellultima
cena in cui, si dice, Giuseppe di Arimatea raccoglie il sangue che sgorga
dalle ferite di Ges sul Calvario. Wagner ne fa il motivo conduttore non solo
di Lohengrin ma di una vicenda personale e musicale che arriva fino allestrema esperienza di Parsifal; crede nel potere magico della sua musica e del
mito che la ispira. Un mito che costruisce mescolando storia e leggenda, attingendo alle saghe medioevali per le vicende del suo teatro musicale. In
Lohengrin la parte storica ambientata nel ix secolo nel Brabante, attuale
Belgio e allora frontiera occidentale del decadente impero carolingio, minacciato dalle trib ungare allesterno e dalle faide di potere allinterno. La
parte magica nasce dalle letture del poema Parzival scritto attorno al 1210 da
Wolfram von Eschenbach e che Wagner, librettista di se stesso, condensa nel
racconto del terzo atto, quando il misterioso salvatore rivela la sua natura di

1850 Lohengrin 489

cavaliere del Santo Graal: lui, Lohengrin, uno degli eroi riuniti attorno al
calice divino dal padre Parzival in un castello del lontano Monsalvat, pronti
a intervenire ovunque le forze del male minaccino lonore e la verit.
Nellopera, Lohengrin compare con armatura splendente e su una barca
trainata da un cigno alla corte di Brabante, dove linnocenza della principessa Elsa sottoposta al giudizio di Dio. Vince il duello con linfame accusatore e pretendente al trono. Accetta di rimanere e di sposare Elsa, purch lei
non gli chieda di svelare la sua identit. Il primo atto finisce in gloria ma le
macchinazioni proseguono nel secondo. Nel terzo e ultimo atto, dopo il fastoso matrimonio con celeberrima marcia nuziale, Elsa non resiste e pone la
domanda fatale. Leroe si rivela, ma deve tornare nel Monsalvat. Deus ex
machina grazie al potere del Graal, Lohengrin risolve il problema politico ma
rinuncia al sogno, suo e di Elsa, di vivere un amore intenso e privato. Il sipario cala mentre in orchestra rifulge il suono che tanto stupisce nel preludio.
Proprio perch carico di tanta suggestione, il motivo del Graal usato
con parsimonia da Wagner nel corso dellazione teatrale. Si sentono pi spesso altri motivi che servono a definire con la musica personaggi e situazioni: i
puri Elsa e Lohengrin, i perfidi Telramund e Ortrud, il cigno, il giudizio di
Dio, la domanda fatale, il salvifico Graal. Sono segnali che arrivano dallorchestra, pensati per essere riconosciuti e ricordati. Danno continuit alla vicenda e permettono di collegare le diverse scene con tecniche soltanto musicali. Formano uno dei primi sistemi coerenti di motivi conduttori (Leitmotiv), su cui Wagner imposta la sua teoria dellopera darte totale e realizza i
lavori teatrali futuri. Proprio perch sono un richiamo al passato e un presagio al futuro, i Leitmotiv armonizzano il flusso dellazione e diluiscono limpatto dei colpi di scena, che invece sono il sale del melodramma allitaliana e
del grand-opra francese, cio di quel teatro musicale dal quale il giovane
Wagner viene respinto e che sempre pi vuole rinnovare. In realt, trascurando i primi esperimenti Die Feen (da Carlo Gozzi, 1833) e Das Liebesverbot
(opera comica, 1836), il primo successo gli arriva con Rienzi, lultimo dei
tribuni, rappresentato nel 1842 a Dresda, che gli vale la nomina a maestro di
cappella del teatro locale. il risultato del fascino esercitato su Wagner
dalloperismo cosmopolita parigino, dominato dagli italiani Rossini, Bellini,
Donizetti, dai francesi Auber e Halvy, e soprattutto dal tedesco, educato in
Italia e infine francesizzato, Meyerbeer. Ma un fascino che Wagner vive da
emarginato nei due anni trascorsi a Parigi alla ricerca del successo che non
arriva. Il rifiuto dellOpra al suo Rienzi diventa unoffesa incancellabile,
inasprita dalla fortuna a Dresda. Wagner inizia a cercare nelle saghe nordiche
lalternativa alle storie latine.
In fuga dai creditori, nel 1839 Wagner ha unavventura in mare che gli
suggerisce lambientazione della prima opera che (per lui) conta, Lolandese

490 VII. Seconda et romantica

volante, o Il vascello fantasma (Der fliegender Hollnder). Leroina Senta,


suicidandosi nel terzo atto, salva il misterioso olandese dalla maledizione di
dover vagare in eterno su una nave di fantasmi, e con lui ascende in Paradiso.
Trasferendosi dallinospitale Parigi alla comprensiva Dresda, Wagner passa
sotto il castello di Wartburg, in Sassonia, rinomato per le medioevali gare di
canto fra Minnesnger. Qui trova lidea per la sua opera successiva, Tannhuser. La storia non diversa. Qui Elisabetta che muore per far s che lamato
ottenga il perdono per la sua condotta amorale. Nonostante il pellegrinaggio
a Roma assieme a peccatori pentiti, al cantore Tannhuser il papa non revoca
la scomunica per i suoi peccati sul Venusberg (Monte di Venere) e per il suo
recidivo inneggiare allamore fisico anzich a quello morale. Il miracolo del
bastone da pellegrino che fiorisce e riprende vita mentre sfila il corteo funebre di Elisabetta santificata, chiude lopera nel segno della speranza e della
redenzione per amore.
Le due opere hanno un discreto successo. DellOlandese volante, che va
in scena a Dresda nel 1843, apprezzata la rappresentazione musicale della
forza e del mistero del mare, che dalla magnifica ouverture dilaga in ognuna
delle scene successive e tracima nellapoteosi finale. In Tannhuser funziona
subito il magistero strumentale di Wagner, nellouverture celeberrima, nella
rappresentazione del Venusberg, nel sostegno ai cori e al canto dei solisti.
Piacciono lostentato patriottismo pangermanico e la polemica contro lottusit del papa romano. Non sono cos evidenti i richiami alla tradizione dei
Minnesnger nella gara di canto del secondo atto, ma la ricerca di un teatro
lirico davvero tedesco evidente in ogni pagina. Appena rappresentato
Tannhuser (1845), Wagner sinfervora nella lettura di Le Chevalier au cygne
di un anonimo medioevale, lo integra con altre fonti, fra cui anche Eschenbach
(che uno dei Minnesnger che canta in Tannhuser), e ne ricava il libretto
di Lohengrin. Nel 1848, con lungo sforzo di elaborazione pronta la nuova
partitura, che completa cos il primo trittico di opere romantiche di Wagner.
Quelle che meglio svelano i legami con il teatro musicale del suo tempo e che
nascono non soltanto dalle esperienze private a Parigi, ma anche dalla familiarit con il repertorio dellOpera di Dresda, di cui stimato direttore. Non
sorprendono le memorie del canto spiegato allitaliana, per esempio nella
grande ballata di Senta (secondo atto dellOlandese), nel lamento di Tannhuser e nel suo duetto con Elisabetta.
Wagner confessa la sua ammirazione per Norma di Bellini, al punto di
rinforzare e adattare a modo suo lorchestrazione della relativa sinfonia.
Ancora in Lohengrin, il piacere del canto vince nel sogno di Elsa (primo atto), nel duetto con il novello sposo e nel congedo di Lohengrin (terzo atto).
Non manca nemmeno lomaggio al grand-opra, il cui sfarzo trova spazi nel
corteo del secondo atto e nel coro nuziale che segue laltro capolavoro di

1850 Lohengrin 491

tecnica orchestrale che il preludio al terzo atto. Come ci si aspetta, cresce


lattenzione riservata ai precursori del teatro musicale tedesco: Il flauto magico di Mozart, Undine di Hoffmann, Il franco cacciatore di Weber, Il vampiro di Marschner. Non lo convince invece la formula del Singspiel, perch la
sua concezione del teatro musicale non ammette che il parlato interrompa il
fluire inarrestabile del suono e del canto, dunque del dramma totale che
cerca. Con analoghi argomenti rifiuta la ripartizione italofrancese in numeri
chiusi (aria, romanza, cabaletta, duetto) che concentrano lattenzione sulle
primedonne e distolgono il pubblico dalla continuit delle emozioni voluta
dal compositore. La soluzione il motivo conduttore, il Leitmotiv.
Luso di segnali musicali per ricordare il passato e anticipare il futuro
antico, ma individua nelle agguerrite risorse strumentali dellorchestra romantica il supporto decisivo. Lapplicazione pi evidente lide fixe della
Symphonie fantastique di Berlioz, ma ci sono antecedenti importanti nel
Ranz des vaches del Guglielmo Tell di Rossini, nel tema di Samiel del
Franco cacciatore di Weber, nei segni della Muette de Portici di Auber e degli
Ugonotti di Meyerbeer. A sua volta, Wagner introduce pi volte il richiamo
del mare nellOlandese volante e nel coro dei pellegrini di Tannhuser. Il sistema si fa pi articolato e sistematico in Lohengrin, anche a costo di rallentare lazione e svuotare il senso delle parole e dei movimenti: prima ancora
che un personaggio si presenti e apra bocca, il suo tema specifico e la situazione in cui si ritrova sono anticipati dallorchestra. Salta il colpo di teatro.
Lazione diventa meditazione. La realt si trasforma in fiaba. I sanguigni
personaggi del melodramma italiano sfumano in figure eteree immerse nelle
brume di porti grigi e nelle nebbie di boschi misteriosi dove hanno accesso
angeli e demoni, elfi e orchi, fate e streghe, cio lintero immaginario del
Romanticismo a est del Reno e a nord del Danubio.
Per quanto poco convinta e rinnegata in tempi ormai sospetti, la partecipazione di Wagner ai moti rivoluzionari del 1849 gli impone la fuga in Svizzera e una condanna a morte nei domini tedeschi. Lohengrin non pu essere
rappresentato a Dresda e deve attendere che nel 1850 se ne incarichi il
sempre generoso Franz Liszt, che dirige la prima a Weimar, con lautore
bloccato a Zurigo. Il successo non trionfale, tuttavia lopera viene replicata
in numerosi altri teatri tedeschi e si avvia a diventare la pi rappresentata
opera wagneriana. In fondo dura solo tre ore, ha una bella storia, non macchinosa da mettere in scena, innova senza rompere con larmonia tonale,
soprattutto mantiene un gradevole equilibrio fra voci e strumenti. Ben pi
degli ambiziosi capolavori successivi (Tristano e Isotta, I maestri cantori di
Norimberga, Lanello del nibelungo, Parsifal), si diffonde anche fuori Germania. In Boemia ne tiene conto Bedich Smetana con La sposa venduta (1866)
e ancor pi con Dalibor (1868). In Francia la resistenza a Wagner inizial-

492 VII. Seconda et romantica

mente molto forte, salvo crollare a fine Ottocento. In Italia, Lohengrin


rappresentato per la prima volta solo nel 1871 a Bologna con la direzione di
Angelo Mariani, gi verdiano convinto. Verdi lo ascolta nel 1874 e apprezza
soltanto louverture; forse nota la vicinanza timbrica con il preludio della sua
Traviata, scritta cinque anni dopo e inconsapevole imitatrice. A Lohengrin e
al suo mondo sanno di ispirarsi Le Villi (1884) dellesordiente Puccini, Loreley (1890) e La Wally (1892) del maturo Catalani, che figlio della Scapigliatura milanese e perfetto continuatore degli ideali romantici. Sempre dal
primo trittico di Wagner germogliano Nozze istriane (1895), Oceana (1903),
La falena (1897) dello sfortunato istriano Antonio Smareglia, autore di frontiera, acclamato nella defunta patria asburgica, sabotato nel nuovo Regno
dItalia.

Ascolti
R. Wagner, Lohengrin, C. Abbado, Wiener Philharmoniker, dg 1995
R. Wagner, Tannhuser, G. Sinopoli, Philharmonia Orchestra, dg 1989
R. Wagner, Der fliegende Hollnder, W. Sawallisch, Bayreuth Festival Orchestra-Bayreuth
Festival Chorus, Opera doro 2008

Letture
J. Khler, Richard Wagner: The Last of Titans, Yale University Press, New Haven 2004
C. Dahlhaus, I drammi musicali di Richard Wagner, Marsilio, Venezia 1998
T.S. Grey, Wagners Musical Prose, Cambridge University Press, Cambridge 1995

1853 La traviata

Giuseppe Verdi
Velocit dazione Caratteri dei personaggi Melodie nel
dramma Dumas Il giovane Verdi Nabucco Gli
anni di galera Forza dei libretti Rigoletto Il trovatore La traviata Violetta Les Vpres siciliennes
Simon Boccanegra Dramma individuale e ingranaggi
del potere

La scena madre collocata come finale del secondo atto. Fa da cornice la


Parigi ricca e festaiola di met Ottocento, fra Luigi Filippo e Napoleone iii.
Si parla e si balla. Cantano vezzose contadinelle. Si esibiscono toreri spagnoli. Lui irrompe, sfida al gioco delle carte il rivale in amore, vince una montagna di soldi, accetta di battersi a duello. Entra lei, che non vuole spiegare.
Lui non cerca di capire e, pazzo di dolore e di gelosia, davanti a tutti, le
sbatte banconote in faccia con la frase famosa: Or testimon vi chiamo che
qui pagata io lho. Svenimento (lei), uscita di scena (lui), sconcerto (tutti),
maldestro tentativo di riparare (padre di lui), sipario. la svolta nella storia
di un amore romantico. La donna di vita Violetta Valry ricambia lamore del
candido Alfredo Germont (primo atto). Nel secondo atto, la loro fuga in
campagna minata da difficolt finanziarie e dal ricatto di Germont padre
che teme per il decoro borghese della sorella di Alfredo (prima scena); lei
cede, torna alla vita di citt, travolta dalla furia di lui (seconda scena). Si
ritrovano e si capiscono nel terzo atto, ma troppo tardi. Lei muore di tisi,
lui si dispera, il padre si pente. Fuori impazza il carnevale.
Melodramma romantico come pochi, La traviata inizia la sua folgorante
storia a Venezia nel 1853. Lesordio non facile, frenato dalla censura preoccupata per la licenziosit del soggetto. Ottiene il nulla osta spostando gli
eventi in un lontano Seicento. Le iniziali perplessit del pubblico sono presto
vinte dalla qualit della musica, dalla velocit dellazione, dalla forza delle
emozioni. Il gran ballo che chiude il primo atto, con il brindisi di tutti (Libiamo), e la scena madre del secondo consentono di montare un grande
spettacolo. I preteschi sermoni di Germont padre (Pura siccome un angelo, Di Provenza il mar, il suol) lasciano un po di spazio alla voce di baritono accanto agli slanci del tenore lirico Alfredo (Un d felice, eterea, Di
quellamor ch palpito). Domina la figura di lei: smarrita ( strano),
rincorata (Sempre libera deggio), disperata (Amami Alfredo), rassegnata (Addio del passato). Gli accompagnamenti orchestrali sono elabo-

494 VII. Seconda et romantica

rati ma non ingombranti, con ampi preludi a primo e terzo atto che mostrano contiguit con gli archi di Lohengrin (1850) di Richard Wagner e con il
colorismo dellopera francese. Non a caso lidea di Traviata nasce dalla familiarit di Verdi con il gran mondo di Parigi, sempre pi capitale della musica
e dello spettacolo in Europa.
La storia ripresa da un fatto di cronaca in cui coinvolto personalmente Alexandre Dumas figlio che, come il padre, un uomo di mondo con la
penna facile. Il suo romanzo La signora delle camelie esce nel 1848 ed trasformato in dramma teatrale di grande successo nel 1852. Verdi forse legge
il romanzo, certamente vede lo spettacolo e si appassiona al soggetto. Lo
attira la figura della donna traviata che sa provare amore prima di perdere la
vita. Vuole anche cambiare gli ambienti del suo teatro musicale, uscire da
quelle stesse convenzioni melodrammatiche che gli hanno assicurato successo e fortuna. Sono passati giusto dieci anni dal vero e trionfale esordio alla
Scala di Milano con Nabucco, una contorta vicenda di ambiente biblico con
amori contrastati e lotte di potere, scambio di persone e interventi soprannaturali, con il giovane Verdi maestro nel riprendere e asciugare le convenzioni del teatro musicale del tempo. Nabucco concitato alla maniera di
Donizetti, lirico sul modello di Bellini, incisivo come il miglior Rossini serio.
In Abigaille, la schiava che si millanta regina, Verdi disegna la sua prima
grande eroina drammatica affidandole una parte piena di forza e di agilit
che esplode nella scena Ben io tinvenni, una classica sequenza recitativoaria-tempo di mezzo-cabaletta. Trova nel coro un protagonista vero che si
aggiunge ai solisti, e gli fa cantare il celeberrimo Va pensiero, tanto emozionante perch pura melodia, senza fronzoli, mossa soltanto dal basso cadenzato e dal graduale aumento del volume sonoro. Nel ruolo di Abigaille
canta Giuseppina Strepponi, la futura seconda moglie di Verdi nel 1859.
Nabucco viene dopo il moderato successo di Oberto, conte di San Bonifacio
(1839) e il fiasco di Un giorno di regno (1840). Segna la svolta dopo un anno
di depressione. Il suo trionfo milanese (57 repliche nel solo 1842) dilaga nei
teatri di tutto il mondo: Vienna e Lisbona (1843), Barcellona, Berlino, Stoccarda (1844), Parigi, Amburgo, Marsiglia, Algeri (1845), Budapest, Costantinopoli (1846). E ancora LAvana (1848), New York (1849), Buenos Aires
(1850). Fioccano le nuove commissioni dalla Scala. Verdi cavalca il successo
con I lombardi alla prima crociata (1843), in cui punta sul coro (O Signore,
dal tetto natio) e sul tema politico-patriottico che piace al pubblico. Seguono
quelli che lo stesso Verdi definisce gli anni di galera perch i ritmi del sistema teatrale richiedono opere nuove a getto continuo, con inevitabili compromessi su tempi di elaborazione e qualit dispirazione. Fra 1844 e 1850 scrive
ben undici opere nuove: una produttivit comparabile a quella del giovane
Rossini e del maturo Donizetti, oltre che dei concorrenti diretti Saverio Mer-

1853 La traviata 495

cadante (in tutto circa 60), Giovanni Pacini (circa 90), i fratelli Luigi (30) e
Federico (19) Ricci, che assieme firmano il loro maggiore successo, Crispino e
la comare (1850). Col tramite del nuovo e fidato librettista Francesco Maria
Piave, Verdi affronta la grande letteratura del tempo. In Ernani (Venezia
1844), lomonimo dramma di Victor Hugo rivestito con melodie di taglio
originale, elaborati duetti, una straordinaria parte per baritono che prelude a
futuri personaggi di Rigoletto, Traviata e Don Carlos. Da Friedrich Schiller
deriva Giovanna dArco, che va in scena nel 1844, ha successo ma segna anche
una rottura con la Scala durata un quarto di secolo: Verdi, sempre pi sicuro
di s, non sopporta i maneggi dellimpresario Bartolomeo Merelli, il successore di Domenico Barbaja. Lopera seguente per Roma, anche se ambienta
la sua tragedia politico-familiare a Venezia (I due Foscari, 1844). A Napoli,
Alzira (1845), tratta da un dramma di Voltaire, non convince. Cade anche
Attila (Venezia 1846). Il primo incontro con Shakespeare avviene con Macbeth (Firenze 1847) ed premiato per lazione ben pi stringata. Domina
Lady Macbeth, altra figura femminile cardinale nel dramma verdiano con una
magistrale rivisitazione di quel luogo del melodramma che la scena della
pazzia, anzi dellallucinazione. Crescono le commissioni dallestero. Per Londra, nel 1847, Verdi scrive I masnadieri, che il librettista Scipione Maffei ricava dallomonimo dramma di Schiller. Soggiorna per la prima volta a Parigi
nello stesso 1847 per curare la versione francese, intitolata Jrusalem, dei
Lombardi alla prima crociata. Pur fra tanti malintesi, stabilisce un rapporto
con la capitale e con la cultura francese che lo segna per sempre.
Tornato in Italia, scrive con la mano sinistra Il corsaro (Trieste 1848) e d
il suo ultimo contributo ai temi patriottici e risorgimentali con La battaglia
di Legnano (Roma 1849). Ottiene migliori risultati con Luisa Miller (Napoli
1849) ispirata alla tragedia Intrigo e amore di Schiller. Qui lambientazione
borghese, senza politiche e giochi di potere, con il coro in sottofondo, concentra lattenzione sulle emozioni di Luisa, un tipico soprano lirico-drammatico. Laria pi famosa (Quando le sere, al placido), ben inserita in una
grande scena coronata dallimmancabile pezzo di bravura (cabaletta), per
affidata al languido tenore Rodolfo. Grazie ai suoi ben congegnati duetti,
terzetti, quartetti, quintetti e concertati di fine atto, con la velocit dazione
e la finezza dellorchestrazione, Luisa Miller anticipa le soluzioni tecniche
del Verdi maturo. A suo modo prelude al dramma borghese di Violetta anche ladultera ma redenta Lina, moglie del pastore luterano Stiffelio, nellopera omonima adattata da una commedia francese. Stiffelio sfortunato alla
prima di Trieste (1850), appena stimato nella nuova versione con titolo
Aroldo (Rimini 1857), rivalutato solo a fine Novecento. Si arriva cos alla
cosiddetta trilogia popolare (o romantica) che rende Verdi il pi famoso operista del tempo, in Italia come in Europa.

496 VII. Seconda et romantica

La prima tappa Rigoletto, ricavato per la seconda volta dal francese


Hugo, il cui dramma Le Roi samuse tradotto in libretto da Piave. Lo svolgersi fulmineo. Il buffone di corte Rigoletto prova a vendicarsi del Duca di
Mantova che ha approfittato della figlia Gilda, ma uccide lei, invece di lui.
Verdi implacabile nellimporre che le parole si pieghino alla musica. Strappa a Piave i versi Questa o quella per me pari sono e La donna mobile.
Sa che sono destinati allimmortalit e tiene la musica segreta fino alla trionfale prima di Venezia (1851). Pretende un grande soprano per la spaurita
Gilda (Tutte le feste al tempio) e perfezione dinsieme nel sestetto Bella
figlia dellamore. Affida a un baritono il ruolo principale (Cortigiani, vil
razza dannata) e a lui fa da specchio il sicario Sparafucile. Dallincalzare dei
colpi di scena emerge il tragico messaggio che inutile e impari ogni lotta
contro i soprusi del potere.
Non ha padri letterari nobili la seconda tappa della trilogia, Il trovatore.
Verdi affida a Salvatore Cammarano la trasformazione in libretto del farraginoso dramma di un autore spagnolo minore: sul rogo della madre accusata di stregoneria, la zingara Azucena getta il proprio figlio scambiandolo
per il figlio del persecutore che lei ha appena rapito; alleva dunque il bambino superstite, che diventa il trovatore Manrico. Questi fa innamorare di
s la castellana Leonora e scatena le ire del Conte di Luna (altro figlio del
persecutore di Azucena) che manda tutti a morte, salvo inorridire per aver
ucciso il fratello. Fin dalla prima rappresentazione (Roma 1853) il successo
travolgente, perfino superiore a quello di Nabucco. Piacciono la ruvida
caratterizzazione dei personaggi, la netta distinzione fra buoni e cattivi, le
scene che si accavallano senza necessit di transizioni, la vicenda assurda
che procede spedita evitando lungaggini e spiegazioni. un melodramma
italiano al quadrato, in cui tutti i luoghi topici si ritrovano e si rinnovano
grazie al genio sintetico di Verdi. Ancora una volta, la scena madre sta nel
finale del penultimo atto, quando laria (Ah, s, ben mio) di Manrico che
sposa Leonora interrotta dallannuncio che la (presunta) madre Azucena
condotta al rogo e allora esplode la cabaletta furiosa (Di quella pira)
con coro che chiude (Allarmi, allarmi) sovrastato dallurlo tenorile sul
super acuto (ma apocrifo) do di petto. Il quarto atto un Miserere, che
trova Leonora suicida, Manrico e Azucena rassegnati a morire, e nulla succede fino alla dolorosa agnizione del fratello assassino Quale orrore. Nei
tre atti precedenti Verdi maestro nella definizione dei caratteri: Leonora
un soprano prigioniero del suo candore (Tacea la notte placida), il tenore Manrico seduce col canto di un trovatore vero (Deserto sulla terra),
le memorie del passato sconvolgono il contralto Azucena (Stride la vampa!), perfino il baritono conte cattivo trova un suo momento lirico (Il
pallor del suo sorriso). Ciascuno ha una sua cabaletta per scatenare ap-

1853 La traviata 497

plausi; non mancano duetti e concertati; i cori di armigeri, gitani e popolani sono distribuiti nei punti chiave per introdurre, spiegare, commentare.
Solo pochi mesi dopo aver scatenato tanto fragore, Verdi termina il progetto tanto diverso della Traviata. Mantiene limpianto tradizionale che alterna arie e cabalette, cori e concertati. Sposta per lequilibrio sulla dimensione intima e porta alla ribalta una protagonista femminile diversa dal
consueto: un soprano lirico-drammatico non pi (non soltanto) di forza e
agilit. Cura i timbri dellorchestra, in particolare dei violini, cui affida abili
integrazioni col canto. Ha presente il principio del motivo conduttore, gi
sviluppato da Weber e in parte sfruttato da Wagner. Per il melodramma
italiano sono tutte operazioni rivoluzionarie, che non mancano di sconcertare chi assiste alla prima veneziana. solo quando Verdi ingaggia le voci
adatte che La traviata decolla e conquista il mondo. Peraltro, il problema di
trovare la vera Violetta assilla ancor oggi i direttori artistici dei maggiori
teatri dopera.
La fortuna della trilogia porta nuova fama e buona ricchezza. Verdi pu
rallentare la febbrile attivit degli anni di galera e scegliere con calma soggetti e committenti. Nel 1855 accetta di mettere in musica un libretto che gli
propone Eugne Scribe per lOpra di Parigi. Ne esce Les Vpres siciliennes,
concepiti come grand-opra alla maniera di Meyerbeer e Halvy, con dispiegamento di masse corali, grande orchestra subito impegnata in unampia
ouverture, balletto (Le quattro stagioni) di rigore nel terzo atto, severo De
profundis come finale del quarto, trionfale concertato per voci e coro a chiudere il quinto (e ultimo). I numerosi solisti di canto sono impegnati in tanti
assoli e pezzi dassieme su un arco temporale che raggiunge le cinque ore. Pur
con tanta mobilitazione, lopera ha poca fortuna a Parigi. Va meglio la versione italiana, ridotta, presentata pochi mesi dopo a Venezia e da allora rimasta
in repertorio. Per Venezia, Verdi scrive la nuova opera Simon Boccanegra
(1857), storia tragica e inverosimile di un corsaro diventato doge nella Genova del Trecento. Il fiasco della prima viene dal libretto macchinoso scritto da
Piave quasi sotto dettatura di Verdi, dal canto che procede per lunghi declamati e poca melodia, dalla cupa strumentazione. Solo una profonda revisione
nel 1881 ottiene finalmente un po di successo alla Scala di Milano ma Simon
Boccanegra stenta a restare in repertorio. Lo stesso Verdi consapevole che
non pu diventare davvero popolare ( triste, perch deve essere triste).
Mantiene per il fascino delle opere di transizione. Mostra un Verdi impegnato a intrecciare i sentimenti individuali con le forze crudeli del potere, appena
esplorate in giovent e riprese con maggiore consapevolezza nella maturit.
Sono i temi che reggono i grandi capolavori che seguiranno, da Un ballo in
maschera (1859) a Otello (1883), passando da Forza del destino (1862), Don
Carlos (1867) e Aida (1871).

498 VII. Seconda et romantica

Ascolti
G. Verdi, La traviata, C. Kleiber, Bayerisches Staatsorchester, dg 1990
G. Verdi, Rigoletto, C.M. Giulini, Wiener Staatsopernchor, Wiener Philharmoniker, dg
1999
G. Verdi, Il trovatore, H. von Karajan, Wiener Philharmoniker, dg 2005
G. Verdi, Verdi Edition. The Complete Operas, Decca 2009

Letture
J. Budden, Le opere di Verdi, 3 voll., edt, Torino 1985-88
E. Sala, Il valzer delle camelie. Echi di Parigi nella Traviata, edt, Torino 2008
M. Mila, Larte di Verdi, Einaudi, Torino 1980

1853 Sonata in si minore per pianoforte


Franz Liszt

Enciclopedia del pianismo romantico Omaggi a Beethoven e Schumann Movimento unico in forma sonata
Scomponibile in quattro movimenti Calco della Wanderer di Schubert Le sonate di Schumann Le sonate di
Chopin Il pezzo unico di Liszt Brahms: sonate, variazioni, Klavierstcke Compositori non pianisti
La Sonata in si minore di Liszt oggi amata e popolare. I maggiori concertisti lhanno in repertorio. Critici e studiosi non mancano di ricordare che,
terminata nel 1853, per anagrafe, stile e contenuti sta al centro dellOttocento pianistico romantico; che ha fatto epoca e che distingue (ora) la
musica che lha preceduta (il passato) da quella che lha seguita (il futuro)
o che lha ignorata (il presente). Eppure i suoi primi passi sono difficili. Nel
giugno del 1853, il ventenne e ancora sconosciuto Brahms si addormenta
sulla sedia proprio mentre Liszt sta suonando con gran trasporto le battute pi emozionanti della sonata appena composta. Qualche mese dopo,
larrivo della partitura stampata manda su tutte le furie Clara Wieck:
musica orrenda... e sono costretta anche a ringraziare. Gi, perch la Sonata in si minore porta la dedica a suo marito, da poco internato al manicomio di Endenich. Liszt, sempre leale e generoso, intende cos ringraziare
Schumann per avergli dedicato, quindici anni prima, la Fantasia op. 17.
Anche in sala da concerto, la Sonata fatica a decollare: troppo difficile,
complicata, lunga, strana. Passano quasi cinquantanni prima che le sue
ragioni comincino a farsi valere. Ora sappiamo che una vera e propria
enciclopedia del pianismo romantico. E come tale, in essa si pu cercare e
trovare di tutto.
C un evidente omaggio allo stile di Schumann. Per esempio nellAn
dante sostenuto in fa diesis maggiore che serve da momento lirico centrale; e ancora nelle poche battute in Pianissimo, dolce con grazia che bilanciano il Grandioso a piene mani posto a chiusura della prima parte.
Numerosi altri tributi a Schumann sono forse involontari, perch patrimonio tecnico ormai consolidato. Allo stesso modo riportano al Beethoven
dellultima maniera (e in particolare della Sonata op. 111, che Liszt suona
spesso), e sono lossatura della composizione, i due incisi posti come Allegro energico dopo linsolito avvio con rintocchi gravi separati e seguiti
da un enigmatico motivo discendente (cromatico e prewagneriano).

500 VII. Seconda et romantica

Sullinsieme si stampa il sigillo linguistico lisztiano, con il suo inconfondibile campionario di tecniche e di colori pianistici.
Sono dettagli in parte noti e in parte nuovi, tuttavia accessori rispetto
alla grandiosit dellimpianto complessivo. la struttura della Sonata in si
minore che fa la differenza e la rende unica. Mai il passato classico (la forma
sonata) cos magistralmente fuso con un futuro tanto lontano (lo strutturalismo novecentesco). Come la Fantasia op. 17 di Schumann e molti lavori
dellultimo Beethoven, la Sonata di Liszt costruita per elaborazione ed
espansione di minime cellule di base. Qui, per, il gioco combinatorio pi
ricco e articolato, tanto da rendere lanalisi un esercizio intellettuale fra i pi
affascinanti dellintera storia della musica. A prima vista, la Sonata potrebbe
essere intesa come unenorme architettura tripartita aba libera da costrizioni formali, con altrettante macchie sonore disposte in modo casuale secondo
un vago criterio di accostamento di tre aree timbriche e dinamiche, omogenee nelle sfumature interne e compatibili nei contorni esterni.
Osservando con pi attenzione, si scopre per che la Sonata rispetta molte regole classiche. Poche battute di Lento assai definiscono una specie di
cellula germinale. Nella prima sezione (a: Allegro energico) esposto un
tema (beethoveniano) fatto di due incisi distinti e complementari. la
prima elaborazione. Da un ponte virtuosistico sbocca un secondo tema
(Grandioso), tutto lisztiano e magnificamente plateale. La nuova e pi
lunga sezione di collegamento porta a una cadenza dopo la quale, su un nuovo tema (Andante sostenuto in fa diesis maggiore), inizia la sezione centrale di sviluppo (b), coronata da un robusto fugato. Con la ripresa (a), tornano
i temi di partenza, nelle versioni originali o poco modificate. Dopo un terrificante scoppio di virtuosismo, la Sonata termina con una coda in tempo
lento (Andante sostenuto) e con sonorit rarefatte, al limite del silenzio.
Portando lanalisi ancora oltre, esiste un terzo livello di organizzazione,
coerente con una struttura articolata in quattro movimenti. Si riconosce
nella prima parte un Allegro di sonata con ridotta sezione di sviluppo.
LAndante sostenuto diventa movimento lento. Il fugato funge da Scherzo sul quale sinnesta direttamente il finale mentre lAndante sostenuto,
che torna per chiudere, conferma la concezione ciclica dellintera Sonata. In
fondo la Fantasia Wanderer (1822) di Franz Schubert, che Liszt ama moltissimo, ha questo tipo di architettura.
La molteplicit delle letture possibili della Sonata in si minore testimonia
la difficolt che il glorioso genere incontra a met Ottocento, quando cerca
di rinnovarsi. Nel decennio che dedica alla sola musica per pianoforte (182939), Schumann ha ben presente quanto sia complicato il rapporto con il
passato classico di Mozart e Beethoven. Cerca vie nuove al genere della sonata, senza arrivare a soluzioni innovative nelle due classificate come op. 11

1853 Sonata in si minore per pianoforte 501

(1835) e op. 22 (1833-36). Prova a rompere gli schemi con lop. 14 (1836)
che intitola Concerto senza orchestra perch ritiene che tutti i materiali musicali, timbri compresi, si possano concentrare sulla tastiera. Ottiene risultati
assai convincenti nella grande Fantasia op. 17 (1836), che per non sintitola
Sonata: ha tre soli movimenti disposti in modo inconsueto (lAdagio fa da
finale), gli unici ampi e articolati, degni di essere confrontati con gli ultimi
esperimenti sonatistici di Beethoven, anzi di Schubert. Lamico e coetaneo
Mendelssohn scrive sonate per pianoforte che si allontanano ancora meno
dalla tradizione ma non entrano nel repertorio concertistico.
Anche Chopin compone sonate, ma in tempi diversi e con altre intenzioni, sempre mantenendo larticolazione in quattro movimenti. La prima (op.
4, 1828) giovanile e segue le mode dei pianisti virtuosi del tempo. La seconda (op. 35, 1839) invece centrale e rivoluzionaria. Un paio di battute in
grave per introdurre un conciso Doppio movimento tripartito e un rapido
Scherzo martellato sono i primi due movimenti. Serve da movimento lento una Marcia funebre passata alla storia non meno di quella celeberrima
dellEroica di Beethoven: il pianoforte di Chopin imita tamburi coperti, lamenti di tromboni, passi cadenzati, inni di commilitoni. Nessun legame con
la tradizione ha il finale, un sussurrato frusciare di dita, senza melodia e
senza scosse, informale puro, presagio di un futuro angoscioso. La Terza sonata (op. 58, 1844) di Chopin appartiene agli ultimi anni ed quasi un contraltare rispetto alla ricerca di nuove forme che leggiamo in altri lavori del
tempo: Quarta ballata, Polacca Fantasia, Barcarola. Come la Berceuse si appoggia alla classicit delle variazioni, la Terza sonata ritrova le regole della
classicit: primo movimento con distinto confronto fra due temi, spiritato
Scherzo, esteso Adagio in stile duetto operistico belliniano, velocit siderali da staccare nel Rond conclusivo. Per un approccio davvero innovativo alla sonata per pianoforte bisogna aspettare, nel 1853, il contributo di
un altro contemporaneo, appunto Liszt.
Infatti, la Sonata in si minore una geniale trasposizione, in musica, del
principio delle scatole cinesi. Tanto geniale che capita talvolta di non andare
oltre la prima scatola, quella pi esterna, fatta di abbaglianti invenzioni timbriche e di appassionanti acrobazie, custode del contributo musicale pi
personale di Liszt pianista. Sfuggono cos le preziose scatole interne, che
sono pura tecnica musicale, soprattutto larchitettura a simmetria centrale,
apprezzata e replicata fin dal primo Novecento da Arnold Schnberg, che
ne riprende i principi nella sua Sinfonia da camera (1906), e da molti altri
dopo di lui. Fuori dalla musica ci sono altri significati? Dopo tutto, Liszt
uno degli inventori della musica a programma. La ricerca di cose metamusicali appare legittima. per resa difficile dallassoluta mancanza, nella Sonata, di addentellati biografici. Sul frontespizio, accanto alla dedica, sta scritto

502 VII. Seconda et romantica

solo: Completata il 21 febbraio 1853. Il resto fatto di note, con le tradizionali indicazioni agogiche. La fantasia di esegeti e biografi si comunque
scatenata. Ecco tre ipotesi recenti, nessuna definitiva. La sonata la versione
musicale della leggenda di Faust, con temi specifici attribuiti alle figure di
Mefistofele, Faust, Margherita. Tratta del divino e del diabolico. Si basa
sulla Bibbia e sul Paradiso perduto di Milton. unallegoria del Giardino
dellEden, descrive la caduta delluomo, ha temi dellOnnipotente, di Lucifero, del Serpente, di Adamo ed Eva.
Negli stessi anni, esordisce con tre sonate il ventenne Brahms, pianista
valente per ancora fuori dai giri musicali che contano. Anche lui cerca nella
fiaba e nella letteratura popolare spunti per rinnovare il genere. LAndante,
secondo movimento della Sonata op. 1 (1852), fatto di tre variazioni su un
antico canto di Minnesnger. Nel finale, lo stesso Brahms ammette di essersi
ispirato a una ballata scozzese di Robert Burns. Da un altro poeta cantore
duecentesco, il conte Kraft von Toggenburg, riprende la melodia per le tre
variazioni dellAndante con espressione, secondo movimento della Sonata
op. 2. E ancora: tre versi romantici (un amore al chiaro di luna) del modesto poeta Otto Inkermann sono lepigrafe dellAndante espressivo della
Sonata op. 5. Distribuiti in altre pagine, troviamo gli accenti popolareschi e
i passaggi in stile corale che saranno una costante del linguaggio di Brahms
in tutte le sue espressioni ed epoche. Il segno che pi emerge in questi lavori giovanili tuttavia quello di Beethoven e della sonata classica. La concezione titanica dellHammerklavier pervade il primo movimento dellop. 1, il
Tema del destino della Quinta sinfonia spunta nello Scherzo dellop. 1
e nellIntermezzo dellop. 5. Ovunque il contrasto fra temi mascolini e
femminini il motore dellazione musicale. Costante la disposizione dei
movimenti nella sequenza canonica Allegro-Adagio-Scherzo-Finale, con
laggiunta di un quinto tempo (Intermezzo) nellop. 5. Larticolazione interna tuttavia assai libera, supera lessenzialit beethoveniana e cerca in
Schumann (ancora la Fantasia op. 17) e in Mendelssohn le vie di scampo
impossibili nella forma classica. Lancora acerbo Brahms che scrive queste
sonate fra 1852 e 1853 sente anche i richiami virtuosistici di Liszt, pi per
nel senso muscolare di forza e di perorazione eroica (finale dellop. 5, per
esempio) che di ricerca di leggerezza e di sperimentazione timbrica. Il suo
pianoforte ama le sonorit dense, la scrittura fitta, sta nel registro centrale,
evita trine e svolazzi.
Lincontro di Brahms con Schumann (1853) porta a un cambiamento
radicale. Il maestro, in uno dei pochi momenti di lucidit (o di estremo delirio) concesso dalla follia galoppante, vaticina al giovane un futuro da successore di Beethoven e legge nel suo pianismo una spiccata vocazione orchestrale. Brahms, sconvolto, abbandona larchitettura dialettica della sonata e si

1853 Sonata in si minore per pianoforte 503

converte al minimalismo dei piccoli pezzi, i Klavierstcke. Addirittura prova


la musica a programma con le 4 Ballate op. 10, ispirate a fosche leggende
nordiche. Individua un efficace contenitore nel genere delle variazioni: su
temi di Schumann (op. 9, 1853), su tema originale (op. 21 n. 1, 1857) e ungherese (op. 21 n. 2, 1853), di Hndel (op. 24, 1861) e di Paganini (op. 35,
1862-63). Si rifugia nelle miniature assolute raccolte in cicli, alla maniera di
Schumann, ma senza collanti letterari: 8 Klavierstcke (quattro intermezzi e
quattro capricci) op. 76 (1878), 2 Rapsodie op. 79 (1880). Nel 1892-93 chiude il rapporto con il suo strumento preferito e ritorna al passato rappresentato da 7 Fantasie op. 116, 3 Intermezzi op. 117, 6 fra intermezzi, ballate e
romanze (6 Klavierstcke) op. 118, 3 intermezzi pi una travolgente rapsodia
(4 Klavierstcke op. 119). Limpossibilit di scrivere nuove sonate per pianoforte comporta una parallela difficolt a trovare i modi per scrivere sonate
(cio sinfonie) per orchestra. Dopo lincontro con Schumann, Brahms prova
subito a scrivere una sinfonia, che diventa il Primo concerto per pianoforte
(op. 15, 1858). Ripiega, non senza fatica, sulle formazioni da camera. Si consola nel canto collettivo e individuale di cori e Lieder. Impiega un quarto di
secolo per sbloccarsi e mettere finalmente la parola fine alla sua Prima sinfonia, in do minore, alla maniera di Beethoven.
Brahms non il solo a essere in difficolt con il genere sonata per pianoforte. Liszt non va oltre la Sonata in si minore. Per il resto della vita rielabora
spunti operistici altrui. Ritrova le sue radici ungheresi dopo i moti irridentisti del 1848 e inizia a scrivere una serie di 19 Rapsodie ungheresi, alcune
delle quali (n. 2, 6, 9 Carnevale di Pest, 14 Fantasia ungherese, 15
Marcia di Rkczi) sono miracoli di splendore pianistico, ma non di invenzione architettonica. Fra i grandi, il solo ajkovskij, al secondo tentativo
e scrivendo su misura per un pianista eccezionale come Nikolaj Rubintejn,
nella sua Sonata op. 37 (1879) riesce a mantenere un accettabile equilibrio
fra classico e moderno, cio fra Beethoven e il binomio Chopin-Schumann
che domina linsegnamento nei conservatori di Mosca e San Pietroburgo.
Scrivono sonate i fratelli Anton e Nikolaj Rubintejn, che non superano per
le barriere della storia. La diffusione delle societ concertistiche, del sistema
ferroviario e della navigazione transatlantica favorisce la pratica del recital
solistico di pianisti sempre pi bravi, con repertori nuovi e passati. Tramonta lentamente la figura del pianista-compositore, che propone cose proprie
(Field, Kalkbrenner, Moscheles, Herz, Thalberg, Henselt, Dreyschock, Litolff, Gottschalk) e che spesso si presenta in pubblico come a uno spettacolo
del circo Barnum.
Si fa strada invece la figura del pianista-interprete. Clara Wieck Schumann ne un perfetto esempio: nelle sue lunghe tourne in tutta Europa
contribuisce in modo decisivo alla conoscenza della musica del defunto

504 VII. Seconda et romantica

marito Robert, oltre che dellamico Mendelssohn, e dei classici Beethoven e


Mozart. Anton Rubintejn autore e interprete di sonate e concerti di propria produzione, ma ha un repertorio vastissimo di classici e contemporanei.
Si affermano i compositori che scrivono su misura per i propri interpreti. Il
caso pi straordinario Liszt che, abbandonato il ruolo di gran concertista,
scrive musica pianistica non per s ma per i suoi allievi. Il suo secondo concerto affidato in prima esecuzione a Hans von Bronsart. La Sonata in si
minore ha il suo primo interprete in Hans von Blow. E ci sono compositori
non pianisti che inventano un modo non comune di utilizzare il pianoforte,
come ajkovskij. O come Dvok che, nel suo eccellente Concerto (1876),
impone sonorit inaudite in cambio di mostruose (e poco gratificanti) difficolt di esecuzione.

Ascolti
F. Liszt, Piano Sonata in B minor etc., V. Horowitz, emi 2005
J. Brahms, Works for Solo Piano, J. Katchen, Decca 1997

Letture
E. Hanslick, Il bello musicale, Martello, Milano 1971
P. Rattalino, La sonata romantica e altri saggi sulla letteratura del pianoforte, il Saggiatore,
Milano 1985
A. Walker, Reflections on Liszt, Cornell University Press, Ithaca 2005
C. H. Gibbs, D. Gooley (a cura di), Franz Liszt and His World, Princeton University
Press, Princeton 2006

Serie VIII.
Nazionalismi

Il teatro dopera sempre pi cosmopolita nella diffusione e nazionale nella


produzione. Si riduce legemonia dellopera italiana, le saghe e i miti del
Nord consacrano quella tedesca. La Francia ama lesotismo. Da storie nazionali germogliano lopera russa e quella boema. La grande orchestra ispira il
poema sinfonico, che solida architettura musicale con fondamento virtuale
su storia e letteratura. Rinasce la sinfonia classica, per il suo baricentro
emotivo si sposta dal movimento iniziale a quello finale. Una nuova generazione di pianoforti (telaio in ghisa, corde pi tese, sonorit pi forti) contrasta lorchestra sinfonica in sala da concerto e domina nella musica da camera.
Torna anche la musica sacra, sempre pi rivolta alle grandi sale sinfoniche
che si costruiscono nella seconda met dellOttocento. Il balletto romantico
ha la sua stagione doro diffondendosi da Parigi a San Pietroburgo.
1858 Concerto n. 1 per pianoforte op. 15 Johannes Brahms
1864 Quintetto per pianoforte e archi op. 34 Johannes Brahms
1865 Tristano e Isotta Richard Wagner
1868 Requiem tedesco Johannes Brahms
1874 Messa da Requiem Giuseppe Verdi
1874 Sinfonia n. 4 Romantica Anton Bruckner
1874 La Moldava Bedich Smetana
1874 Boris Godunov Modest Musorgskij
1874 Quadri di unesposizione Modest Musorgskij
1875Carmen Georges Bizet
1876 Lanello del nibelungo Richard Wagner
1877 Il lago dei cigni Ptr Ili ajkovskij

1858 Concerto n. 1 per pianoforte op. 15


Johannes Brahms

Pianoforte timido, solitario, temerario Vuoti e pieni orchestrali Invenzioni formali Nato come sinfonia Concerto dopo Beethoven Chopin Mendelssohn Schumann Liszt Totentanz Saint-Sans ajkovskij
Secondo concerto di Brahms Rachmaninov Busoni
Il pianoforte ha un ruolo molto particolare nel Primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms. Non il solista attorno al quale ruota tutto e che
riduce lorchestra a semplice supporto accompagnante. Non fa neppure
parte dellorchestra stessa, perch usa tutte le sue risorse timbriche per differenziarsi. Evita di porsi come stabile polo dialettico. Talvolta diventa protagonista, spesso canta da solo, altre volte si limita ad ascoltare. Tutto il
complesso materiale melodico del primo movimento, non a caso definito
Maestoso, presentato dalla sola orchestra nel corso di una lunghissima
introduzione (circa quattro minuti). In fortissimo, sostenuti da rullo di timpani e da lunghe note di bassi, violini e violoncelli proclamano subito il tema
principale, con il suo contorno netto e limperioso slancio verso lalto, con la
pronta ricaduta che garantisce la simmetria. Dopo laffermativa ripetizione,
entra un secondo motivo, speculare. Nel senso che si limita a pochi intervalli, esposti timidamente in piano per esaltare il contrasto con la foga del precedente. Un terzo motivo mantiene laccento espressivo prima che il ritorno
di quello tempestoso chiuda lintroduzione orchestrale e finalmente lasci
spazio al pianoforte.
Il solista attacca timido, su una variante dei motivi lirici e solo dopo minuziosa preparazione alza la voce e affronta laggressivo primo tema. Una
lunga transizione con orchestra porta al momento in cui il pianoforte, in
completa solitudine, elabora il delicato secondo motivo, prima come corale
e poi affiancato dai controcanti che ne sfumano il contorno e alleggeriscono
il peso. Quasi allimprovviso ci si ritrova nellintimit di un salotto familiare,
a fare musica da camera, con delicate intromissioni di flauti, oboi, clarinetti.
La dolcezza del pianoforte incontra leco boschivo dei corni. Lidillio ha un
brusco risveglio quando allimprovviso esplodono le temerarie doppie ottave del solista, martellate, scoperte, rischiosissime. Sono cose lisztiane, inaspettate in Brahms, che lasciano stupefatti quando singoli accordi del pianoforte si scontrano con il rombo della grande orchestra nel momento di
massima tensione. Esaltando i meccanismi che abbiamo imparato a ricono-

1858 Concerto n. 1 per pianoforte op. 15 509

scere, alternando vuoti e pieni, lirismo e passione, il primo movimento si


chiude con una concisa ricapitolazione e un impressionante finale, dopo oltre venti minuti di musica.
Pi rispettosi della tradizione sono i due movimenti successivi. LAdagio
centrale conserva un tono cameristico e propone frequenti assolo di pianoforte, per mantiene unequilibrata distribuzione strofica in cinque sezioni
distinte. Si sente bene linfluenza del carattere religioso del secondo movimento dellImperatore di Beethoven. Il finale un Rond classico, quasi
mozartiano: il pianoforte espone il motivo principale, partecipa paritetico
alle tre strofe che intersecano il ritornello, si ritrae nella chiusura che lascia
alla sola orchestra. Dopo essere entrato per ultimo nel primo movimento, il
solista finisce per primo in quello conclusivo. Sono le irregolarit formali
dellenorme Maestoso iniziale e la costante integrazione fra solista e orchestra a rendere il Concerto in re minore di Brahms un prezioso riferimento per
capire lo stato del genere a met Ottocento. Mentre continuano a essere
graditi al pubblico, e dunque agli esecutori, i lavori di Beethoven e si recuperano quelli di Mozart, in evidente declino il tipo di concerto in cui il
solista dominatore assoluto e lorchestra si limita a un timido accompagnamento. Non pi ammesso il principio del concerto con lorchestra ad libitum proposto nel 1810 da Jan Ladislav Dussek. I concerti dei pianisti compositori che dominano la prima met del secolo scompaiono dal repertorio
assieme ai loro autori-interpreti Hummel, Moscheles, Thalberg, Czerny,
Kalkbrenner, Field.
Gli unici concerti con pianoforte prevaricante sullorchestra sono i due
che il diciannovenne Chopin scrive nel 1829 per crearsi un repertorio in vista
di una carriera da concertista di passo in Europa; carriera mai decollata e
invece trasformata in didattica stanziale nella capitale Parigi. Il primo concerto a essere composto quello classificato come secondo (op. 21), rappresentativo dello stile giovanile di Chopin: gran voglia di esibire agilit di dita
e nello stesso tempo di cantare, con un momento magico nel movimento
centrale, quando allimprovviso, sulla dolce melodia operistica alla maniera
italiana di Rossini o di Bellini, esplode un drammatico recitativo a domanda
e risposta del pianoforte sullagitato tremolare dellorchestra. La netta distinzione fra motivo eroico e melodia incantata mantiene viva lattenzione nel
primo movimento. Il passo esotico della mazurka polacca il collante per un
repertorio completo di virtuosismo chopiniano vaporoso e leggero, in un
finale coronato dalla coda pirotecnica preparata con una curiosa fanfara di
corni. Chopin sceglie questo concerto per il suo esordio a Parigi (26 febbraio 1832), dopo averlo presentato a Varsavia nel 1830. Lo suona pi spesso
dellaltro (op. 11), che ha invece maggiore fortuna, tanto da entrare subito
nel repertorio di Liszt e di Clara Schumann, oltre che dellamericano

510 VIII. Nazionalismi

Gottschalk al suo esordio a Parigi, pronto per la sua inebriante carriera oltre
Atlantico. Gi nel 1835 lop. 11 diventa pezzo dobbligo per diplomarsi al
conservatorio di Parigi. A met Ottocento, il virtuoso lisztiano Carl Tausig
ne conferma la fortuna. Per lintero Novecento cavallo di battaglia dei
concertisti pi famosi. Tuttora la forza dei passaggi di bravura ha il potere di
conquistare, mentre la dolcezza delle tante melodie illumina sia il tempestoso Allegro maestoso (primo movimento) sia la delicata Romance (secondo), con il finale Rond a fare il pieno di passi popolareschi spiccati in
ubriacante velocit.
Negli anni trenta, solo Mendelssohn riesce a inserire il solista nei ranghi
dellorchestra, soprattutto nel primo (op. 25, 1831) dei suoi due concerti,
grazie a una scrittura concertante che rimanda ai modelli sempre vivi di Beethoven (Quarto concerto) e di Mozart (K 466, 467, 491, 595). Fa tesoro anche
delle esperienze formali e narrative di Weber, che nel gi citato Konzertstck
usa un tema ricorrente e le sue metamorfosi per esprimere le emozioni della
castellana che trema per la sorte dellamato crociato, lo piange morto, gioisce
per il suo ritorno. Senza entrare nel narrativo e senza stravolgere larchitettura classica, Mendelssohn connette fra loro le tre parti del suo primo concerto
e chiude con una gioiosa ripresa della seria melodia con cui parte.
Il problema di come rinnovare, dopo il ciclone Beethoven, larchitettura
del primo movimento del concerto per pianoforte, condiziona Robert Schumann, che esita ad aggiungere lorchestra al suo amatissimo strumento.
Prova con unopzione intermedia (op. 14, 1836), una sonata abbastanza
tradizionale per pianoforte solo, che intitola Concerto senza orchestra. Archivia cos lancora diffusa pratica dellorchestra ad libitum, cio con partitura scritta ma irrilevante per la sostanza artistica. Anticipa il concetto di moderna orchestra virtuale, cio con partitura non scritta perch lasciata libera
alla fantasia di chi ascolta. In verit pochi lo seguono, tranne il bizzarro
Charles Valentin Alkan, autore di un monumentale (50 minuti buoni) Concerto per pianoforte solo, collocato subito dopo una sua Sinfonia, sempre per
pianoforte solo, nella collezione di 12 Studi trascendentali op. 39 (1857).
Schumann trova una soluzione parziale nel 1841, aggiungendo una parte
orchestrale a una Fantasia per pianoforte dedicata alla concertista Clara
Wieck da poco diventata sua moglie. Per almeno dieci anni progetta un
concerto, ne abbozza almeno quattro versioni e giunge a un primo compromesso allinsegna della libert, cio della fantasia. Tralascia le convenzioni
classiche. Come in Carnaval, gioca sulle permutazioni di poche note (dedotte dal nome di Clara), inventa un disegno nuovo, in cui il pianoforte in
primo piano, ma non si oppone allorchestra e non ne fa parte. Piuttosto, il
pianoforte integra e accompagna singoli strumenti in frequenti spazi che
sono pi da musica da camera che da sala da concerto. Il caso pi indicativo

1858 Concerto n. 1 per pianoforte op. 15 511

lassolo di clarinetto che sbuca improvviso come una voce di Lied e si appoggia sulle discrete note del solista. Quattro anni dopo, finalmente, Schumann decide di farne un concerto completo e aggiunge due movimenti alla
Fantasia, in s conclusa. Il collante un artificio ingegnoso. Il tema principale della Fantasia serve per costruire il nuovo Intermezzo (secondo movimento), dove genera una variante sulla quale sinnesta lAllegro vivace finale. Presentato per la prima volta da Clara a Dresda il 4 dicembre 1845 e
subito ripetuto nelle capitali dEuropa, il concerto di Schumann diventa un
caposaldo del repertorio concertistico e tale rimane tuttora. un esempio
fondamentale, ma non risolve il problema di trovare un vero dialogo fra
pianoforte e orchestra.
Il tentativo generoso di Henry Litolff di collegarsi a Beethoven con i suoi
cinque concerto-sinfonia (1844-55) non regge il confronto con le soluzioni
innovative che Liszt propone in due concerti distinti per impostazione ma
complementari nella sostanza. Il primo, in mi bemolle maggiore, terminato
nel 1856, inizia con una pirotecnica esibizione di forza e di mira del solista. Il
mulinare delle braccia necessario per opporsi con sonore doppie ottave al
fragore dellorchestra uno spettacolo visivo oltre che unemozione acustica.
Per soltanto un modo per rompere il ghiaccio e fissare un riferimento sicuro. Subito si passa al lirismo, al dialogo delicato, alle invenzioni che portano il
primo e breve Allegro maestoso a sciogliersi direttamente nel Quasi adagio, a sua volta articolato in un ampio interludio orchestrale, una parte per
solo pianoforte, uninattesa esposizione di nuovo materiale melodico. Tutto
ripetuto pi volte in modo da essere riconosciuto quando ricompare nellAllegro animato che chiude il lavoro riprendendo i motivi precedenti in
un clamoroso esercizio di bravura sia del solista sia dellorchestra. Prima per
sinserisce un delizioso Allegretto vivace, dove le scorribande sulla tastiera
sono accompagnate dal tintinnio del triangolo, gradevole a molti, insopportabile ad altri, fra i quali lostile critico Eduard Hanslick che peraltro conia la
felice espressione di Concerto per triangolo e orchestra. Tanto brillante,
scarmigliato e rapsodico il Primo concerto di Liszt, quanto compatto e coordinato appare il Secondo, completato nel 1857. Non ci sono le distinzioni
nette fra singoli movimenti, ma un continuo fluire di distinti episodi musicali
fra loro connessi, come nella Sonata in si minore per pianoforte solo. Per
larticolazione suggerisce i tre momenti classici Allegro-Adagio-Allegro, saldati fra loro da transizioni talmente importanti da sembrare strutturali. Non
c un singolo elemento (come il passaggio per doppie ottave del primo concerto) che incolla i diversi pannelli, ma un binomio di materiali melodici che
ricompaiono mutati in ciascun segmento primario o secondario. E si riconoscono i caratteri del concerto beethoveniano nella filigrana che permette le
inserzioni corsare di un pianoforte mai come ora integrato allorchestra.

512 VIII. Nazionalismi

In Liszt tutto appare improvvisato, ma non lo davvero. Anche Liszt,


come Schumann, medita per oltre un ventennio su come scrivere per pianoforte e orchestra. Dal 1829 in poi accumula non meno di tre versioni del
primo concerto, quattro del secondo. Sono addirittura cinque quelle di Totentanz, una serie di variazioni sulla melodia del Dies irae liturgico che ancora oggi sorprende per le dissociazioni timbriche in orchestra, per limprevedibile disposizione delle singole parti, per linatteso spuntare di un nuovo
tema con nuove variazioni, per i folgoranti scatti virtuosistici del pianoforte.
Non un concerto, ma un poema sinfonico per pianoforte e orchestra, ispirato a una lontana visione, nel 1838, ai tempi della serie italiana degli Annes
de plerinage, dellaffresco Il trionfo della morte attribuito a Orcagna, nel
Camposanto di Pisa. A sua volta, Totentanz apre ad altri poemi sinfonici con
pianoforte, quali Les Djinns (1884) di Franck legato a Hugo, con la tecnica
ripresa per il medesimo organico nelle Variazioni sinfoniche (1885) dello
stesso Franck. Non mancano gli influssi su due pianisti-compositori del
Novecento, entrambi familiari con Totentanz: Rachmaninov e la sua Rapsodia su un tema di Paganini (1934) che, a met tempo, cambia in variazioni sul
Dies irae; Bartk e i martellamenti della Sonata per due pianoforti e percussioni (1937).
Da met Ottocento in poi, il numero crescente delle societ di concerti
in abbonamento e di pubblici competenti, la diffusione capillare delle orchestre, lampliamento degli organici, il prestigio di direttori e solisti producono unenorme diffusione del concerto per pianoforte nelle maggiori citt
europee. Crescono la conoscenza del passato (Beethoven, Mozart, Schubert
e perfino Bach) e la domanda di novit. Anche le nuove generazioni di autori si rivolgono al passato, sia pure pi vicino. Il modesto pianista Edvard
Grieg, norvegese ma allievo del conservatorio mendelssohniano di Lipsia,
bravo nel riprodurre nel suo Concerto in la minore (op. 16, 1868) il modello
di Schumann, togliendo complessit e sfruttando melodie accattivanti. Il
francese Saint-Sans, con il Secondo concerto (op. 22, 1868), tiene conto
della voglia di innovazione del suo mentore Liszt: inizia con un lungo assolo
di pianoforte che coinvolge lorchestra in un serioso tessuto di contrappunti, continua (secondo movimento) con uno spiritoso e leggero Scherzo,
chiude con una brillantissima tarantella, anzi con un bel can can, se si accetta la curiosa battuta di un pianista polacco: Il concerto inizia con Bach e
finisce con Offenbach. Ancora da Liszt, in particolare dal Secondo concerto, parte il celeberrimo Primo concerto di ajkovskij (op. 23, 1875). Si sente
fin dallinizio, con i clamorosi accordi del solista che accompagnano lintera
orchestra mentre espone il tema principale. Poco dopo, il pianoforte reagisce protervo allaccumulo di suono che gli si riversa e pi in l si difende
sparando bordate di doppie ottave con sovrano sprezzo del pericolo. Il

1858 Concerto n. 1 per pianoforte op. 15 513

grande virtuoso Anton Rubintejn, per il quale il concerto pensato, lo ritiene ineseguibile. Ci riesce invece Hans von Blow: la sua memorabile
prima esecuzione a Boston (1875) apre la strada a un successo trionfale che
dura tuttora. A Blow giova lessere allievo di Liszt (come pianista) e familiare con lorchestra di Wagner (come direttore): la buona riuscita del concerto, allora come oggi, legata al perfetto coordinamento fra solista e direttore, in particolare nel critico e rapsodico primo movimento. Infatti, nemmeno laver trovato gi nel testo scritto un buon equilibrio nel cruciale primo movimento aiuta la (scarsa) fortuna del Secondo concerto di ajkovskij
(op. 44, 1882).
Lo stesso Brahms fatica a risolvere il problema del primo movimento:
eroico o lirico, rapsodico o geometrico, neo o postbeethoveniano? La genesi
del Concerto op. 15 tortuosa. Inizialmente concepito come sinfonia, diventa sonata per due pianoforti, infine assume la configurazione attuale, in
cui il peso della storia emerge in ogni battuta: la lunga introduzione orchestrale alla maniera del Terzo di Beethoven, il tono cameristico alla Schumann,
le doppie ottave alla Liszt, il corale alla Mendelssohn. Di suo, il venticinquenne Brahms mette il lirismo caldo delle melodie e, soprattutto, unelaborazione continua del materiale che pone ogni sua riproposizione sotto una
luce diversa. Gli serviranno altri ventanni per affinare il metodo e trovare, si
direbbe finalmente, la sintesi perfetta nel suo Secondo concerto per pianoforte
(op. 83, 1881). Il cui primo movimento mantiene unenorme libert formale,
concede molto spazio individuale al pianista, trova quel magico equilibrio
dassieme che deriva dalla profonda familiarit acquisita da Brahms col linguaggio sinfonico. Tuttavia, nel Secondo concerto, il momento pi emozionante si ha quando, in apertura del terzo movimento (Andante), canta il
violoncello, il pianista lo accompagna e torna quel sapore cameristico che
Brahms eredita da Schumann e dalla grande tradizione tedesca. Il secondo
movimento (Allegro appassionato) un monumentale scherzo, alla maniera del rivale sinfonico Bruckner. Il finale (Allegretto grazioso) pura
nostalgia per il rond del passato classico.
Il Secondo concerto di Brahms ha successo immediato. Nei quattro mesi
successivi alla prima esecuzione (9 novembre 1881) lautore lo esegue in non
meno di 20 citt tedesche, svizzere, austriache, olandesi. Entra subito nel
repertorio dei grandi concertisti. Diventa un riferimento per i celeberrimi
concerti Secondo (1901) e Terzo (1909) del russo cosmopolita, pianista e
compositore Sergej Rachmaninov. Chi meglio ne raccoglie lo spirito forse
Ferruccio Busoni, con il suo immenso Concerto per pianoforte, orchestra e
coro maschile op. 39 (1904). A suo modo quadra il cerchio che vuole legati il
pianoforte e lorchestra, il concerto e la sinfonia, il solista e il tutti, Beethoven
e i suoi eredi.

514 VIII. Nazionalismi

Ascolti
J. Brahms, Piano Concerto No. 1, L. Bernstein, G. Gould, Sony 1998
J. Brahms, Klavierkonzert No. 2, C. Abbado, M. Pollini, Berliner Philharmoniker, dg
1997
J. Brahms, Complete Works, dg 2009

Letture
J. Swafford, Johannes Brahms: A Biography, Alfred A. Knopf Inc., New York 1997
M. MacDonald, Brahms, Schirmer, New York 1990
C.M. Schmidt, Johannes Brahms, Philipp Reclam, Stuttgart 1994
M. Musgrave, The Music of Brahms, Routledge & Kegan Paul, London 1985

1864 Quintetto per pianoforte e archi op. 34


Johannes Brahms

Uno nella sostanza e trino nella forma Ispirato da Schubert Complessi da camera Quartetti professionisti stabili Mendelssohn, Schumann, Brahms Il trio con pianoforte Quartetti e quintetti con pianoforte Ramificazioni
nel Novecento
LAllegro non troppo del Quintetto op. 34 uno dei pi ambiziosi primi
movimenti di Brahms. Appare diviso nelle classiche tre sezioni: esposizione
di due poli tematici contrastanti elaborati nella centrale sezione di sviluppo
e ripresi in quella finale. In realt assai pi complesso. Gi il primo polo
molto articolato: anticipato da pianoforte, violino e violoncello, sospeso da
uninserzione nervosa, affermato in fortissimo da tutti. Per subito si trasforma in un episodio di carattere opposto (dolce espressivo) che serve da transizione verso il secondo polo. Una nuova melodia, cantata a bassa voce, si
espande sinuosa su pi strumenti, genera una variante e un brusco terzo tema con cui la prima parte del movimento termina. Le due aree armoniche
sulle quali sono collocati i poli (fa minore e do diesis minore) sono la fonte
del contrasto dialettico voluto da Brahms, ma la fluidit dei passaggi melodici ne confonde i contorni e smussa gli spigoli, perch ogni segmento nasce
dal precedente e genera il successivo. In cima sta linciso iniziale, che tutto
fa ruotare. La sezione di sviluppo pu allora diventare molto stringata, perch lelaborazione del materiale gi iniziata nellesposizione. Non campo
per battaglie tematiche beethoveniane. orizzonte infinito per sfumature
armoniche che rendono liberatorio lirrompere del tema dinizio, cio il
momento della ripresa, con nuova elaborazione prima della sintesi finale, a
garanzia dellunit della costruzione tutta.
Essere uno nella sostanza e trino nella forma, rende questo Allegro non
troppo il vero punto di svolta del linguaggio musicale brahmsiano. una
conquista faticosa, nel caso specifico e anche in generale. La versione finale,
per pianoforte e quartetto darchi, lapprodo di un progetto durato almeno
tre anni. Non ha successo la versione che subito precede, in forma di sonata
per due pianoforti, eseguita in pubblico il 17 aprile 1864 a Baden-Baden
dallautore e dal pianista di scuola lisztiana Carl Tausig. Qualche mese dopo,
Clara Wieck vedova Schumann studia il testo assieme al direttore dorchestra Hermann Levi. Scrive allamico Brahms: un lavoro tanto pieno didee da chiedere unorchestra intera. Al pianoforte, la maggior parte delle

516 VIII. Nazionalismi

idee si perdono... Per favore, rivedilo ancora una volta. Clara sa che lorigine risale a due anni prima, quando riceve il manoscritto di un quintetto con
secondo violoncello ispirato a Brahms dallo straordinario Quintetto di Franz
Schubert, appena riscoperto e pubblicato. Lo legge e ne entusiasta. Esprime solo qualche riserva sulla scrittura. Cauto anche lamico violinista Joseph Joachim, che propone numerose varianti strumentali. Come nel caso
del primo concerto per pianoforte e orchestra, finisce che il pianista Brahms
porta tutto su due tastiere. Lui stesso non convinto del risultato. Distrugge
loriginale per soli archi, non si fida di trasferire il gran materiale allorganico
orchestrale e prova una soluzione intermedia, in un nuovo genere di musica
da camera con taglio sinfonico e presenza del moderno pianoforte. Come
sempre, Brahms si volge al passato. Come sempre trova molti problemi, lasciati in eredit da Ludwig van Beethoven.
In un quadro di grande incertezza su forme e significati della musica, a
met Ottocento, il genere della musica da camera cerca nuova identit e
nuovo pubblico. Soffre in particolare la sua espressione pi prestigiosa, il
quartetto per archi, la cui fortuna si affievolisce gi ai tempi di Beethoven.
Puntando su esecuzioni professionali in sala da concerto, i grandi autori
(Haydn e Mozart prima, ancor pi Beethoven poi) prosciugano il fiorente
mercato dei dilettanti e della loro musica fatta in casa. In parallelo crescono
le attese degli interpreti e di un pubblico dintenditori abituato ad ascoltare
pi che a suonare. Seguendo lesempio del mitico quartetto Schuppanzigh,
si diffondono i complessi stabili, professionisti e itineranti sulla scia dei virtuosi di violino e pianoforte. Nei decenni centrali del secolo operano con
successo il quartetto di Ferdinand David e quello di Louis Spohr. Dilaga
anche la pratica del violinista di passaggio che si integra con altri tre artisti
stanziali, cio residenti nelle citt pi importanti. Fa cos, per tutta la sua
lunga carriera, il famoso Joseph Joachim, che ha quartetti semistabili a Berlino, Londra e Parigi, dove si fa accompagnare da pianisti locali nelle occasioni in cui si esibisce da solista. Nelle grandi capitali, accanto alle societ
orchestrali e corali, nascono le Societ del Quartetto con autonome e ben
frequentate stagioni di musica da camera.
In parallelo rifiorisce linteresse per il genere quartetto che il ciclone Beethoven di fatto arresta negli anni venti. Lunico erede diretto Mendelssohn,
che per ammette di non capire gli ultimi quartetti di Beethoven e che nei
suoi cinque lavori sispira a quelli dellet di mezzo, e forse ancor pi a quelli che Mozart dedica a Haydn. Il primo che trova il bandolo Schumann,
quando abbandona la monomania pianistica e, spinto dalla moglie Clara e
dallamico Mendelssohn, nel 1842 si dedica a tempo pieno alla musica da
camera. Agisce con metodo. Affrontando appunto il quartetto per archi,
Schumann tiene conto dellesperienza dellamico, soprattutto della sua ma-

1864 Quintetto per pianoforte e archi op. 34 517

tura terna op. 44 (1838-39). In poche settimane realizza un proprio trittico


(op. 41) che di sicuro colma un vuoto importante e recupera le esperienze di
Schubert, oltre a quelle inevitabili di Beethoven, Mozart, Haydn. Ritrova
anche la polifonia di Johann Sebastian Bach, inserendo regolarmente momenti contrappuntistici che rendono pi intensi i rond finali. I quartetti di
Schumann hanno sempre un Adagio lirico e cantabile e uno Scherzo
danzante. La struttura dei primi movimenti resta problematica, ma si adegua
alle tensioni dialettiche fra temi contrastanti imposte da Beethoven.
Da Schumann prende le mosse Brahms, con le dovute cautele. Prima
saggia le sue capacit con due sestetti per soli archi (op. 18, 1860 e op. 36,
1865). Pubblica due quartetti nel 1873 (op. 51) e un altro nel 1876 (op. 67),
fedeli alla tradizione classica, che per non trovano subito eredi di rilievo.
Lui stesso non va oltre e restano isolati anche i suoi due quintetti con seconda viola (op. 88, 1882; op. 111, 1890) modellati su Mozart. Non bastano gli
sforzi di Max Reger e di Hans Pfitzner per rinnovare il quartetto nellarea
austrotedesca. Bisogna aspettare per almeno trentanni larrivo di Schnberg
e della sua scuola.
Un problema serio per la musica da camera di allora il pianoforte. La
musica in casa (e in sala da concerto) si fa sempre pi attorno al pianoforte,
lo strumento multifunzione che pu esibirsi da solo a due e quattro mani,
pu accompagnare la danza, altri strumenti e il canto. I pianisti virtuosi e di
passo amano esibirsi da soli, ma non disdegnano il contributo di altri strumentisti stanziali, magari solo per accattivarsi il pubblico locale. A loro volta
i violinisti chiedono di rinforzare un repertorio davvero magro e sbilanciato
dalle sonorit crescenti del moderno pianoforte. Lintegrazione fra il pianoforte e un solo strumento ad arco non tuttavia difficile. Continua regolare
la produzione di sonate con violino. Dopo Beethoven, spesso legandosi a
Mozart, ne scrivono Schubert, Mendelssohn, Schumann, Brahms. Analogo
sviluppo, sia pure su scala minore, ha la sonata per violoncello, trattata da
Mendelssohn, Brahms e pochi altri.
Ha fortuna il trio per violino, violoncello e pianoforte, che genere inventato da Mozart e Haydn, consolidato da Beethoven, innovato da Schubert e
ripreso con molto garbo dal giovane Chopin (op. 8, 1829). Mendelssohn d
un contributo decisivo con due capolavori. elegante e insieme turbinoso il
primo trio (op. 49, 1839), con movimenti laterali appassionati, adagio cantabile e scherzo elfico che sa far brillare i singoli senza pregiudicare linsieme.
Pi contenuto, anzi quasi severo il secondo (op. 66, 1845) con finale citazione di un corale luterano e melodia che il giovane Brahms riprende nella sua
Sonata per pianoforte op. 5. Poco dopo avviene il fatale incontro di Brahms
con Schumann, anchegli autore di tre eccellenti trii alla maniera di Mendelssohn. Il primo trio di Brahms (op. 8, 1854) ne segna lesordio nel genere da

518 VIII. Nazionalismi

camera e linizio dei problemi con il passato beethoveniano. Non soddisfatto,


taglia un buon terzo del primo tempo, ricuce gli altri, attenua gli slanci originali e nel 1889 confeziona un lavoro piacevole ed equilibrato, come sono gli
altri due (op. 80 e op. 101). Ha costruzione tradizionale e colori boemi il trio
(1855) di Smetana; e ancor pi il quarto e ultimo trio di Dvok (op. 90,
1891), che sintitola Dumky perch applica il principio di alternare movimenti lenti e vivaci, come nellomonima danza popolare ceca.
Fuori dalle convenzioni il Trio op. 50 di ajkovskij (1882), dedicato
alla memoria di Nikolaj Rubintejn, in due soli movimenti, con un tema con
variazioni a fare da seconda parte. Ne riprende la formula il secondo Trio
lgiaque (1893) col quale Rachmaninov ricorda ajkovskij. A sua volta un
altro russo, Anton Arenskij, commemora linsigne violoncellista Karl
Davydov con il Trio op. 32 (1894) nei quattro movimenti canonici, tuttora in
repertorio. In Francia scrivono trii Franck (quattro lavori, 1840), SaintSans (1863 e 1892), Chausson (1881). Il retaggio francese continua nel
Novecento con Ravel (1914), Faur (1923), Milhaud (1969). Nella prima
met del Novecento troviamo anche Ives (1911) e Copland (1928) negli
Stati Uniti, ostakovi (n. 2 op. 67, 1944) in Unione Sovietica. Non mancano
testimonianze anche nello sperimentale secondo dopoguerra, con Hans
Werner Henze (1948, 1993), Isang Yun (1975), Wolfgang Rihm (1984),
Mauricio Kagel (1985, 2001), Alfred Schnittke (1992).
Aggiungendo una viola al trio, si ottiene un altro genere di grande fortuna,
il quartetto per pianoforte e archi. Uno dei primi a scrivere per quella formazione Beethoven, ma ha solo 15 anni e non ci riprova. Nello stesso anno
1785, il Mozart maturo che compone Le nozze di Figaro pubblica i due primi
capolavori del genere (K 478, 493), trovando un magnifico equilibrio fra lo
stile del concerto con orchestra e quello del pianoforte accompagnato da pochi strumenti. La moderna musica da camera nasce qui. Non ci sono sviluppi
immediati. Bisogna attendere il giovane Mendelssohn, che fra i 12 e i 16 anni
scrive ben cinque quartetti con pianoforte, lultimo dei quali (op. 3, 1825)
apprezzato da due grandi vecchi: il musicista Cherubini a Parigi e il poeta
Goethe a Weimar. Schumann d il suo unico e importante contributo con lop.
47 dellanno 1842, cruciale per lintera musica da camera ottocentesca.
Schumann spiana la strada a Brahms, che nel 1861, dopo lunga gestazione, presenta il suo primo Quartetto con pianoforte op. 25. Il successo immediato merito del conclusivo Rond alla zingarese. La libert formale e
lintenso lavorio tematico del primo movimento provocano lo sconcerto dei
contemporanei e lammirazione dei posteri. Schnberg ne entusiasta al
punto di farne una trascrizione per grande orchestra nel 1932. Il Secondo
quartetto di Brahms (op. 26, 1862) ha analoga vocazione allalternanza di libert e di rigore, di classicit viennese e di esotismo zigano. Dello stesso

1864 Quintetto per pianoforte e archi op. 34 519

periodo (1856-61) sono i primi abbozzi del terzo e ultimo quartetto con
pianoforte, pubblicato oltre dieci anni dopo (op. 60, 1875), reso pi conciso
e introverso dalle successive revisioni. Continuano a scrivere quartetti con
pianoforte il boemo Dvok (op. 23, 1875; op. 87, 1889), i francesi SaintSans (op. 41, 1875) e Faur (op. 15, 1876; op. 45, 1887). Il ventenne tedesco
Richard Strauss nel 1884 vince un concorso di composizione proprio con un
quartetto con pianoforte. Per, dopo Brahms, linteresse per questa formazione sfuma. Nel Novecento, uno dei pochi che lo considera Aaron Copland (1951). Invece cresce lattenzione per il quintetto con pianoforte.
I primi a combinare i quattro archi tradizionali con il moderno pianoforte sono, a fine Settecento, Jan Ladislav Dussek e Luigi Boccherini. Beethoven non osa contaminare il classico quartetto darchi e affida ai fiati il suo
unico e giovanile quintetto con pianoforte (op. 16, 1795), ispirato da un
precedente mozartiano (K 452, 1784). Hummel (1802) e Schubert (Della
trota, 1819) sostituiscono il secondo violino con un contrabbasso, per bilanciare linvadenza del pianoforte. La nuova combinazione fatica per a decollare. Le cose cambiano con Schumann. Dopo aver sperimentato il quartetto,
ritiene che la musica da camera per soli archi non regga la concorrenza del
pianoforte, strumento ormai presente in tutti i saloni dellimpoverita aristocrazia e dellarricchita borghesia. Nellautunno del 1842 Schumann affronta,
per primo, il quintetto con pianoforte con lop. 44. Valorizza il gioco concertante e la naturale dialettica fra suoni di corde sfiorate e di corde percosse.
Integra i timbri scomponendo gli archi e trasformandoli in solisti, con lunghe parti per violino e per violoncello che il pianoforte discretamente accompagna. Interviene anche sulla forma: accanto alla tradizionale suddivisione
in quattro movimenti distinti, forte il senso di unitariet portato dal tema
principale del primo movimento, che diventa base per la melodia del secondo e torna come sintesi finale nel quarto.
Quando, ventanni dopo, Brahms affronta il quintetto con pianoforte,
cerca di andare oltre lesempio di Schumann e concentra sul primo movimento lo sforzo di unificare larchitettura musicale con lelaborazione continua di una cellula strutturale. In tutto il suo Quintetto traspare la voglia di
superare le limitazioni dellorganico e di afferrare il linguaggio sinfonico che
ancora gli sfugge. Si sente che Brahms ha lorchestra in mente, come osserva
correttamente Clara. Il secondo movimento, pur dominato dalla ninna nanna del pianoforte, trova negli archi passaggi e spessori che paiono pensati per
fiati, ora in legno, ora in ottone. Sonorit massicce e contrapposizioni fra
pianoforte e archi reggono lo Scherzo, nel quale spuntano anche cose
contrappuntistiche. Nel Finale, Brahms riscatta il suo legame con la musica zigana. Il sapore popolaresco si gusta nei ritmi accesi, nelle intromissioni
di bande, nellimprevedibilit delle soluzioni. Poco dopo, Brahms scrive le

520 VIII. Nazionalismi

collezioni di Danze ungheresi per pianoforte a quattro mani che gli daranno
fama internazionale, non meno dei tanto ammirati valzer di Johann Strauss.
Il quintetto con pianoforte, dopo Brahms ha rapida diffusione. Lamico
Dvok, nel suo Secondo quintetto (op. 81, 1887), applica lo stile serioso nei
primi due movimenti e, negli ultimi due, sostituisce il tocco ungaro-zigano
con quello boemo delle danze nazionali furiant e dumka. NellUngheria
asburgica il quintetto con pianoforte accolto dal tradizionalista Ern
Dohnnyi (1895 e 1914) e dal giovane innovatore Bartk (1904). La rinascita
della musica da camera francese nel secondo Ottocento produce ottimi risultati anche nel quintetto con pianoforte. Come sempre succede, Saint-Sans
in prima linea (1855), seguito da Franck (1882) e Faur (1905 e 1921). Il
quintetto ha fortuna in Russia con Borodin, che nel 1862 si lega direttamente
a Schumann e inaugura una tradizione che porta ai romantici Anton Rubintejn
(1876) e Anton Arenskij (1911). Assieme al finlandese Sibelius (1890) emergono gli inglesi Bridge (1912) ed Elgar (1918). Perfino nellItalia del melodramma scrivono quintetti con pianoforte Giuseppe Martucci (1878), Giovanni Sgambati (1886) e Ottorino Respighi (1902). In Germania simpegnano
Max Reger (1898 e 1902) e Hans Pfitzner (1908), con un valido contributo del
direttore dorchestra Wilhelm Furtwngler (1935). Lesordio di Anton Webern un primo tempo di quintetto rimasto incompiuto (1907). Nel Novecento, tuttavia, linteresse in parte sfuma. Resiste in Unione Sovietica con Dmitrij
ostakovi (1940), Sofija Gubajdulina (1957), Alfred Schnittke (1972-75).
Dagli Stati Uniti, al poststrutturalismo di Elliott Carter (1997) si affianca il
minimalismo di Morton Feldman (Piano and String Quartet, 1985). Il quintetto con pianoforte entra nel terzo millennio con linglese Thomas Ads (2000).

Ascolti
J. Brahms, Piano Quintet in F minor, op. 34, A. Rubintejn, Guarneri Quartet, rca 1967
D. ostakovi, Sting Quartet No. 3, Two Pieces for String Octet, Piano Quintet, S. Richter,
Borodin Quartet, Melodiya 1997

Letture
W. Sandberger, Brahms Handbuch, Metzler-Brenreiter, Stuttgart-Kassel 2009
B. Smallman, The Piano Quartet and Quintet: Style, Structure, and Scoring, Oxford University Press, New York 1994
C. Rostand, Johannes Brahms, Fayard, Paris 1978

1865 Tristano e Isotta


Richard Wagner

Un mare grigio Il pastore dodecafonico Cromatismo


assoluto Morte di Isotta Wagner teorico Nuovo fallimento a Parigi Laccordo del Tristano Liszt e von
Blow Wagneriani e antiwagneriani Sviluppi francesi
Quasi immobile e grigio, senza vento e senza onde, senza vita: cos appare il
mare, nel Preludio al terzo atto di Tristano e Isotta (Tristan und Isolde). Sul
fondo grave di viole, violoncelli, contrabbassi, le quattro note dei primi violini accennano un movimento che si ripete stanco, si alza, si perde in un vitreo orizzonte lontano. Il tempo sospeso. Poi, sul fondo dei corni, affiora
un movimento di violoncello, che scende lentamente. Pare un canto, una
spuma che tocca tutte le dodici note disponibili, senza riguardo alla tonalit
dimpianto, una dodecafonia ante litteram. Lo sguardo si sposta altrove ma
non attenua langoscia. Torna lo stanco motivo dei violini, e ancora il violoncello, appena pi acuto, sempre pi triste. Entrano altri fiati e altre note
lunghe. Si alza il sipario e lazione parte con un pastore che zufola da solo sul
suo strumento rudimentale, mimato dal nasale corno inglese. Come in orchestra il violoncello, cos in scena il pastore cerca una melodia che non
trova. Si lancia in un disegno irregolare e discendente, che non sa replicare.
Si perde fra le note, anzi le tocca tutte perch tutte gli paiono uguali. Non
conosce le gerarchie tonali, le regole dellarmonia moderna e neppure quelle
della modalit antica. Improvvisa come pu. Incappa in un solare do maggiore. Non riesce a tenerlo, sbanda di nuovo. un puro folle, nelle mani di
un abilissimo burattinaio.
Wagner sferra qui lassalto finale allordinamento tonale: nelle note disordinate del violoncello e nelle finte stonature del pastore si nasconde la
voluta rottura del dominio delle sette note della scala diatonica e la conseguente farcitura con le estranee altre cinque note cromatiche. Wagner ottiene il risultato di disporre tutte le dodici note in qualsiasi combinazione,
senza regole dettate dal passato e che vincolano il futuro. Non contano pi
i percorsi di andata e ritorno tonica-dominante-tonica (do-sol-do) ancora
in vigore presso i seguaci di Beethoven; neppure le vie che dalla sottodominante (fa) o mediante (mi) portano lontano, come in Schubert. In Wagner,
la riduzione di ogni melodia a un multiplo intero del semitono, senza regole
di congiunzione, dimenticando le scale maggiori e minori, e le teorie armoniche di Rameau, diventa cromatismo assoluto, anzi atonalit. Il punto di

522 VIII. Nazionalismi

arrivo proprio lesordio del terzo e ultimo atto di Tristano e Isotta. Bastano
pochi strumenti, non lintera orchestra, solo un violoncello e un corno inglese, per mettere in scena il vuoto, la desolazione della fine, quando tutto
perduto.
Lazione vera si esaurisce alla fine del secondo atto. Re Marke torna dalla
caccia e scopre che la moglie Isotta ha trascorso una notte damore assieme
al suo fido cavaliere Tristano. La coppia in realt innocente, perch vittima
del filtro damore che di nascosto lancella Brangania ha dato loro da bere,
alla fine del primo atto, durante il viaggio per mare che porta Isotta in sposa
al vecchio re. Le di scorta Tristano, colui che le ha ucciso il fidanzato. Isotta vuole vendetta. Chiede a Brangania un veleno per lui. Arriva invece il filtro
damore per entrambi, che agisce per tutto il secondo atto, interrotto dalla
lancia della guardia di re Marke che colpisce lincolpevole Tristano. Nel
terzo atto c solo spazio per il rimpianto, per lattesa delladdio. Il pastore
smette di zufolare e chiede se Tristano sveglio. Lo scudiero Kurvenald annuisce. Tristano ferito, forse ancora preda del filtro, invoca Isotta. Sopraggiunge invece Marke, che si scusa, addolorato. Infine compare lei, troppo
tardi per farlo rivivere, in tempo per seguirlo nella tomba innalzando il pi
bel canto damore dellintera storia della musica. Che cosa dice non importante. Come lo dice invece s.
Il canto finale di Isotta, famoso come Morte di Isotta, a suo modo un
pezzo chiuso alla maniera italiana, anzi belliniana. Non diverso da una
scena finale di un melodramma del maturo Donizetti o del giovane Verdi.
Isotta entra, scopre lamato defunto, si dispera, si ricompone, si getta nel
lamento estremo, muore. Wagner non pu (per sua teoria) mettere cesure e
numeri fra questi diversi momenti drammatici (e musicali), ma la filigrana
evidente in partitura. Usa larmonia e il timbro per mantenere la continuit
del racconto e dellemozione che ne deriva. Il suono dellorchestra guida la
voce, anticipa lespressione e sostiene il respiro. Il ricordo della passione vive
pi nella musica, meno nelle parole. La linea del canto tesa, lineare, senza
abbellimenti e spazi virtuosistici. Melodia pura. Lorchestra procede per
ondate, accumula tensioni che lascia dissolvere mentre le successive incombono, si aggregano, si confondono. Pi che un discorso compiuto un sovrapporsi di tumulti danimo. La narrazione procede per macchie sonore,
disposte in modo quasi casuale e con i vaghi segnali dei Leitmotiv a fare da
incerto tessuto connettivo.
il risultato che Wagner ottiene svuotando il ruolo funzionale dellarmonia tonale. Con il cromatismo esasperato, cio con linserimento in soprannumero di note estranee alle tonalit di partenza, intermedie, di arrivo,
svuota il concetto di modulazione su cui si basa la costruzione musicale
classica, da Rameau e Bach fino ai giorni suoi. La scelta consapevole. Tri-

1865 Tristano e Isotta 523

stano e Isotta inizia allinsegna dellambiguit assoluta. Il primo accordo del


Preludio non appartiene a nessuna delle dodici tonalit maggiori e minori;
pu solo essere parzialmente ricondotto ad alcune di esse, e solo accettando
infinite premesse. A oggi, le interpretazioni dellaccordo del Tristano superano il centinaio. Sono in buona parte fondate sulle metamorfosi cui laccordo sottoposto nel resto della gran partitura e sul significato che a esse si
vuole dare. Meglio cercare in biologia il senso di quellaccordo, analogo a
una cellula staminale non ancora specializzata, pronta a trasformarsi in uno
dei tanti organi (Leitmotiv, grumo armonico) che si distribuiscono in un
organismo ancora imprevedibile.
Non porta lontano neppure la ricerca di coerenza fra le tante anime
delluomo Wagner nei cruciali 15 anni che vanno dalla prima rappresentazione di Lohengrin a Weimar (1850) alla prima di Tristano a Monaco di Baviera (1865). Colpito da mandato di cattura per attivit sovversive in combutta con Bakunin a Dresda, dal 1849 Wagner vive da esule in Svizzera,
ospite del magnate Otto von Wesendonck, nella cui moglie Mathilde scopre
una musa ispiratrice. Durante il suo isolamento forzato cerca ogni possibile
via di fuga, fisica e intellettuale. Sinventa teorico di opera e dramma, scrive
dellopera darte totale, per pura invidia denigra Meyerbeer e Mendelssohn
nellinfame libello Il giudaismo nella musica. Crede di appassionarsi alla lettura della filosofia di Arthur Schopenhauer, invece pi che mai esaltato
dalle considerazioni libertarie, anarchiche e in fondo antisemite di Bakunin.
Continua a frugare nelle carte del Medioevo fantastico che gi gli hanno
dato Tannhuser e Lohengrin, e trova incoraggiamento per il suo estro poetico nel ciclo bretone e nelle saghe dei nibelunghi. Con parole sue, trasforma
in libretti dopera le leggende di Sigfrido e di Tristano. Ben prima di pensare
alla musica, ha pronto il testo. Non c la sincronia che, in quegli stessi anni,
linconsapevole rivale Verdi impone ai suoi librettisti, in nome della parola
scenica che la musica pretende. Dal poema epico La morte di Sigfrido di un
anonimo duecentesco bavarese, Wagner trae spunto per un ciclo di quattro
opere che subito trasforma in versi suoi. Comincia a metterli in musica, completa la prima parte (Loro del Reno) e la seconda (La valchiria), scrive due
atti della terza (Sigfrido).
Interrompe la composizione del grande ciclo perch attratto dalla storia
dellamore drogato di Tristano e Isotta, ripresa dal ciclo pure duecentesco
della tavola rotonda, anche se non pi germanico ma anglofrancese, comunque non latino. Per tre anni si concentra sulla nuova opera, che pensa di
impostare alla maniera italiana, con numeri chiusi e parti individuali, in vista
di una prima rappresentazione a Rio de Janeiro da realizzare con i fondi di
un improbabile impresario magnate brasiliano. Non se ne fa nulla ma il progetto Tristano continua, senza un committente vero, stimolato dallamorevo-

524 VIII. Nazionalismi

le assistenza di Mathilde Wesendonck. Il vantaggio che Wagner, senza


pressioni esterne spicciole (i padroni di casa sono generosi e non gli fanno
mancare nulla) e artistiche, pu soddisfare tutte le sue bulimie sperimentali,
anarchiche, cromatiche, antitonali. Tristano pronto a fine 1859, ma nessun
teatro disposto a rappresentarlo. Per si materializza la tanto sospirata
opportunit di accedere allOpra di Parigi e nel 1861 Wagner mette a punto una nuova versione di Tannhuser. un fiasco storico, dovuto sia allantipatia che ispira come uomo sia alla diffidenza per la sua musica. La svolta
arriva quattro anni dopo, ed casuale. Allevato dal padre nellamore per le
leggende nordiche, ammaliato dalla musica di Lohengrin, il diciannovenne
nuovo re di Baviera Ludwig ii sinnamora (dellarte) di Wagner, lo convoca
alla corte di Monaco, gli concede credito finanziario illimitato, assicura la
prima rappresentazione (1865) di Tristano e Isotta che da sei anni giace nel
cassetto di un autore in bancarotta. un evento che cambia la storia della
musica, anche se la chiave sta pi nellinsistenza dellapplicazione e meno
nella novit della tecnica.
Infatti, il mitico accordo del Tristano non del tutto originale. Senza
risalire a Mozart, che lo usa in Don Giovanni, si trova identico nel poema
sinfonico Nirvana composto da Hans von Blow nel 1854. Potrebbe non
essere un caso. Wagner da sempre sa capire al volo le nuove idee e se ne appropria. I due si conoscono bene. Blow studia prima pianoforte con Friedrich Wieck, il padre di Clara Schumann, e nel 1850 si entusiasma ascoltando
Lohengrin a Weimar, dove vive per studiare pianoforte e composizione con
Liszt proprio nel tempo in cui nasce il nuovo genere del poema sinfonico.
Diventa uno dei maggiori virtuosi di pianoforte del tempo, al punto di essere
il primo interprete in pubblico della Sonata in si minore del maestro. Sposa
anche Cosima, la figlia che Liszt ha dalla relazione con Marie dAgoult durante la fuga in Svizzera e Italia, descritta in musica negli Annes de plerinage. Blow mantiene rapporti strettissimi di amicizia e venerazione con Wagner, che gli affida la direzione del primo allestimento di Tristano e anche dei
successivi Maestri cantori di Norimberga nel 1868. Poco dopo Blow scopre
che la moglie Cosima ha concepito due figlie con lamico Wagner. Lamicizia
si rompe. Blow si consola con lunghe residenze in Italia, con favolosi concerti da pianista e direttore dorchestra negli Stati Uniti e in Russia, con la
valorizzazione di talenti quali ajkovskij e Brahms. Resta il disprezzo per
luomo Wagner, ma non sincrina il rispetto per lartista: fino alla fine Blow
continua a dirigere e diffondere la musica del seduttore di sua moglie.
Durante lesilio svizzero, il vero contatto di Wagner con un mondo musicale in fermento comunque Liszt. Prima e dopo la rappresentazione di
Lohengrin, la corrispondenza fra i due fittissima. Wagner conosce bene le
inquietudini morali e artistiche di Liszt. Studia le devianze dalle regole della

1865 Tristano e Isotta 525

tonalit, cio il cromatismo sfrenato che emerge nei suoi lavori di quegli
anni: il Grand galop chromatique del 1838 e le ambiguit tonali e formali
della Sonata in si minore risalgono al 1853. Secondo Liszt, ogni nuova composizione dovrebbe avere almeno un accordo nuovo. Blow segue la regola
nel suo esercizio di composizione per orchestra intitolato Nirvana. Inventa
laccordo del Tristano. Wagner se ne impossessa e costruisce un proprio
nirvana partendo da una base (armonicamente) inconsistente sulla quale ricama una variazione continua che la mancanza di regole e di sistematicit
rende infinita. il sogno di totale anarchia musicale che si esalta in quellonirica fuga dal tempo e dalla realt che limmenso duetto del secondo atto,
quasi unora, interrotto dallirruzione di re Marke e dalla spada di Melot che
colpisce Tristano. Gli antefatti sono narrati nella traversata del mare del
primo atto, dove troviamo anche i motivi conduttori che danno un minimo
di coerenza al delirio cromatico del flusso musicale, insieme alla storia forte
di un amore costruito sulla pozione magica, finito con la morte di Tristano e
il sacrificio redentore di Isotta.
Il suono di Tristano sconcerta e ammalia il pubblico e ancor pi la comunit musicale dellEuropa tutta. La provocazione wagneriana attecchisce e
divide. Molti, i pi, serrano le regole dellarmonia tonale, recuperano le
forme classiche nel segno della musica assoluta. Reagiscono sparando, con il
critico viennese Eduard Hanslick, su un bersaglio sbagliato, cio su Wagner
teorico della contaminazione della musica pura con le altre arti dello spettacolo, cio sul filosofo e sul letterato, non sul musicista che violenta il sistema tonale. Vedono in Brahms il campione, improvvisamente descritto come
cauto e conservatore. Sul versante opposto, i wagneriani fanno tesoro
delle innovazioni armoniche, anzi mettono ordine alla valanga di novit nel
fiume delle note estranee. Paradossalmente in Francia che maturano i frutti migliori, su un terreno arato da Berlioz con la supervisione di Liszt. Diventa un obbligo rendere omaggio ai luoghi wagneriani, prima a Monaco poi a
Bayreuth. Lo scanzonato Emmanuel Chabrier torna da un pellegrinaggio
con il gustosissimo Souvenirs de Mnich, riscrittura diatonica su un pianoforte a quattro mani delle principali melodie di Tristano. Elegante e serio come
al solito, il lisztiano Saint-Sans costruisce il suo capolavoro Samson et Dalila (1877) con un sobrio impiego di armonie wagneriane in un contesto di
grand-opra. Non diverso latteggiamento di Gounod, Massenet, Bizet. I
risultati maggiori arriveranno a fine secolo, grazie a Chausson e Franck, non
in teatro, per, ma in sala da concerto con poemi sinfonici, sinfonie e musica
da camera. Non meno significativo limpatto di Tristano (e di Lohengrin) in
Italia. Ne terr conto perfino Verdi in Otello (1883) e Falstaff (1893). Ancor
pi Ponchielli (La gioconda, 1876), seguito dallesordiente Puccini di Le
Villi (1884) e dal convinto Catalani (Loreley, 1890; La Wally, 1892). In terre

526 VIII. Nazionalismi

germaniche la carica eversiva di Tristano resta latente per alcuni decenni.


Emerge appena nella rivisitazione della fiaba dei fratelli Grimm Hnsel e
Gretel (1893) di Humperdinck. Spunta con scarsa fortuna in Guntram
(1894) di Richard Strauss. Esplode finalmente nel primo decennio del Novecento, portando espressionismo e atonalit, obbligando a ripensare i fondamenti teorici del sistema di relazioni armoniche del mondo musicale
dOccidente, da Pitagora in poi.

Ascolti
R. Wagner, Tristan und Isolde, C. Kleiber, Staatskapelle Dresden, dg 2005
R. Wagner, Tristan und Isolde, W. Furtwngler, Philharmonia Orchestra, emi 2008
R. Wagner, Die Meistersinger von Nrnberg, H. von Karajan, Staatskapelle Dresden, emi
1999

Letture
A. Gros (a cura di), Richard Wagner: Tristan und Isolde, Cambridge University Press,
Cambridge 2011
L. Dreyfus, Wagner and the Erotic Impulse, Harvard University Press, Cambridge 2010
E. Chafe, The Tragic and the Ecstatic: The Musical Revolution of Wagners Tristan und
Isolde, Oxford University Press, New York 2005
M. Bortolotto, Wagner loscuro, Adelphi, Milano 2008
A. Guarnieri Corazzol, Tristano, mio Tristano, il Mulino, Bologna 1988

1868 Requiem tedesco


Johannes Brahms

Coralit brahmsiana Simmetria centrale Declino della


musica luterana Recupero di Bach Schumann corale
Timbri scuri e tempi distesi Canti del destino Canzoni
popolaresche Canti seriosi Ramificazioni nordiche
La coralit protagonista unica del Requiem tedesco (Ein deutsches Requiem) di Brahms. Va intesa non soltanto come accostamento di voci, ma
come insieme di tutte le risorse musicali disponibili, grande orchestra compresa: compresi perfino i solisti di canto, perch sono voci che emergono dal
coro. La grande tradizione della musica sacra luterana serve da collante, ma
con tanti e tali elementi di ambiguit che rendono la partitura ancor pi affascinante. Nella versione finale del 1868, limmenso lavoro (circa 70 minuti
di musica) si articola in sette parti. Tutto germina per dalla seconda parte,
concepita almeno dodici anni prima, attorno al 1856. Cio due anni dopo la
morte di Schumann e dieci anni prima della scomparsa della madre di
Brahms, i due eventi biografici ai quali spesso attribuita lispirazione del
Requiem tedesco.
La seconda parte un affresco in s concluso. Pare un primo movimento
di unimportante sinfonia, con tre sezioni ben distinte in cui il materiale
musicale esposto, sviluppato, ripreso. Nasce da uno dei tanti progetti sinfonici schizzati da Brahms a ventanni. forse immaginata come unulteriore frazione del Concerto per pianoforte e orchestra op. 15. Resta sospesa
quando Brahms affronta, con fatica, le prime musiche strumentali da camera
e per orchestra, abbandonando le sonate per pianoforte solo e concentrandosi sulle variazioni. Brahms si ferma perch capisce di avere pi agio nelle
musiche vocali: appartengono a quel periodo duetti, cori e i primi cicli di
Lieder, che culminano con Die schne Magelone su testo di Ludwig Tieck
(op. 33, 1861-68).
Brahms conosce bene la scrittura vocale, perch dal 1856 ha un incarico
fisso di maestro del coro nella cittadina tedesca di Detmold e poi (dal 1863)
della Singakademie nella capitale imperiale Vienna. E conosce bene il passato, tanto la pratica corale luterana tedesca quanto la polifonia cattolica italiana. Applica la lezione cinquecentesca di Palestrina nel doppio canone di
Geistliches Lied (op. 30, 1856) e nei Mottetti (op. 29, 1860). Il Begrbnisgesang (op. 13, 1858) per coro e strumenti a fiato quasi un omaggio al secentesco Schtz e ha gi le sonorit scure del futuro Requiem tedesco. La seve-

528 VIII. Nazionalismi

rit teutonica si manifesta anche quando le voci sono solo femminili, come
in Psalm xiii (op. 27, 1859) e nei 3 Geistliche Chre (op. 37, 1859-62). Linteresse per la musica dispirazione religiosa dunque forte in Brahms, educato alla confessione luterana nella nativa Amburgo e poi residente nella
cattolica Vienna per gran parte della vita, ma di fatto agnostico e sempre
lontano dalla chiesa ufficiale. Conosce bene la musica corale del suo tempo.
Insediandosi a Vienna, dirige il Requiem fr Mignon op. 98b di Schumann,
assieme a lavori corali di Beethoven e Bach. Per molti versi, la concezione del
suo Requiem tedesco simile a quella della cantata Actus tragicus (bwv 104,
1708) del ventiduenne Bach. Lanalogia nasce anche dal fatto che entrambi
si scelgono i testi da mettere in musica, attingendo liberamente dalle sacre
scritture tradotte in tedesco da Martin Lutero. Brahms seleziona una dozzina di passi da Antico e Nuovo Testamento e li ricompone in sette nuovi
segmenti poetici secondo criteri difficili da definire. Comune solo la ricerca di testi che esprimono fiducia nella misericordia di Dio, nel passaggio
dalla sofferenza alla pace. Mentre manca ogni timore per le punizioni conseguenti al Giudizio universale.
Lassenza di una liturgia luterana per le cerimonie funebri concede a
Brahms massima libert nellorganizzare il discorso musicale, ma nello stesso
tempo lo obbliga a trovare un filo che leghi i diversi momenti della gran
partitura. Un filo c, forse, in una cellula di tre note ascendenti derivata dal
corale Wer nur den lieben Gott di Georg Neumark (1642) che torna in ogni
sezione del Requiem, ma discreta al punto da essere poco avvertibile allascolto. Nella sua versione finale, il Requiem ha struttura a simmetria centrale abcdcba. Prima e ultima parte (a e a) sono meditative e scorrono senza
sussulti. Drammatiche sono invece le parti b e b, che terminano con altrettante fughe in tipico stile bachiano. I due solisti (baritono e soprano) emergono ciascuno dal coro nelle parti c e c che fanno da cornice al lirismo
della parte centrale d. Il progetto iniziale per diverso. La prima esecuzione nella cattedrale di Brema, il Venerd Santo del 1868, ha sei parti. La settima parte, con soprano solista, composta nel 1868 e inserita in quinta posizione (c) per equilibrare lassolo di baritono (c) e lintera struttura. La versione finale eseguita il 18 febbraio 1869 al Gewandhaus di Lipsia. Una
prima esecuzione parziale, con le sole prime tre parti, avviene a Vienna nel
1867 e prima ancora ci sono audizioni private per amici.
La costruzione del Requiem lunga e laboriosa non soltanto per le scelte
individuali di Brahms ma anche per mancanza di una specifica tradizione.
Dopo la favolosa stagione bachiana, la musica sacra luterana conosce un
grave declino. LIlluminismo che il re Federico ii porta a Berlino e in Prussia, le poche risorse disponibili negli altri centri della Germania riformata,
le guerre napoleoniche, il conservatorismo delle gerarchie ecclesiastiche, il

1868 Requiem tedesco 529

prevalere del gusto operistico e strumentale innescano una spirale involutiva che dura un secolo intero. Resta la tradizione del canto corale in chiesa e
nel privato delle Singverein. Anzi, proprio da questo privato nasce il Lied
che nellOttocento romantico fa grandi la parola e la musica tedesca. La
tradizione musicale luterana continua, ma con nomi che oggi si ricordano
appena. Uno di questi Johann Friedrich Reichardt. Incoraggiato dal concittadino Immanuel Kant a dedicarsi alla musica, maestro di cappella di
Federico ii, ma pure cosmopolita attivo a Venezia, Parigi, Londra e Vienna, collaboratore musicale di Goethe, fra i padri del Lied e del Singspiel,
teorico e critico, autore prolifico in tutti i generi, ammirato da Mozart e
Haydn, autore di una Passione (1783) allora celebrata e ora dimenticata. Un
altro Carl Friedrich Zelter, anche lui autore di Lieder e cantate sacre, dal
1800 direttore della Singakademie di Berlino, mentore musicale di Goethe,
maestro di Meyerbeer e soprattutto di Mendelssohn, cui istilla la passione
per la musica di Bach.
Spinto da Zelter, l11 marzo 1829 Mendelssohn dirige a Berlino la Passione secondo san Matteo. Inizia una nuova era per la musica riformata. Mendelssohn stesso recupera il genere delloratorio con due grandi lavori, Paulus
(1836) ed Elijah (1846), pi un incompiuto Christus, impostati sulla tradizione di Bach e Hndel. Trasmette la passione per Bach allamico Schumann,
che negli anni quaranta integra la scrittura contrappuntistica in musica da
camera e per pianoforte, compone gli oratori Il paradiso e la peri (1843) e Il
pellegrinaggio della rosa (1851). Importanti per Brahms sono le sperimentazioni di Schumann nel genere del Requiem, trascurato dai compositori di
fede luterana fin dai tempi di Schtz e del giovanissimo Bach. Pi che lestremo Requiem (op. 148, 1852), cattolico e sul testo canonico in latino, affascina Brahms il breve Requiem per Mignon (op. 98 b, 1849) che Schumann
compone su versi tedeschi non liturgici ma tratti dal Wilhelm Meister di
Goethe, dolcissimo nelle parole e con scrittura musicale dove solisti, coro e
orchestra sintrecciano con trasparenza assoluta.
Forse da queste pagine ha origine lidea del Requiem tedesco, con labbozzo di quella che diventer la seconda parte, la pi agitata. Quando si
concentra sulla composizione delle altre parti (1865-67), Brahms trova nei
timbri scuri e nei tempi distesi i fattori unificanti della partitura. Nella prima
parte, per esempio, sono esclusi i violini. Ovunque protagonista il rintocco
del timpano, che nella seconda parte si congiunge con i grumi delle arpe per
scandire una marcia funebre (sia pure in tempo ternario) premahleriana.
Anche quando il ritmo suggerisce un valzer moderato, il timbro resta grigio.
Hanno sempre spazio gli ottoni gravi. Sono assenti gli assoli strumentali e
rari i momenti di trasparenza. Spesso la musica non sembra seguire il senso
delle parole, come quando la liberatoria gioia declamata dal coro si ritrova

530 VIII. Nazionalismi

appoggiata da una malinconica discesa agli inferi dellintera orchestra, nel


finale della seconda parte, dopo la drammatica corsa dellepisodio fugato.
Brahms riprende temi, stili, colori e organici del Requiem in quattro opere di minore durata ma di grande impegno esecutivo e interpretativo. La
prima e pi famosa la Rapsodia (op. 53, 1869) con magnifici versi di Goethe
affidati alla voce calda del contralto solista, integrata dal coro maschile soltanto nelle ultime battute e con lorchestra che sussurra avvolgente. Drammatico invece Schicksalslied (op. 54, 1871), ispirato dalla poesia visionaria
di Hlderlin: in chiave mitologica, dibatte leterno tema dellindifferenza
delle divinit dellOlimpo per le angosce di chi soffre sulla terra. laica e
toccante lelegia funebre Nnie (op. 82, 1881) su testo di Schiller, scritta una
decina di anni dopo, in occasione della morte dellamico pittore neoclassico
Anselm Feuerbach. Chiude il ciclo dei canti del destino Gesang der Parzen
(op. 89, 1882) tratto da Ifigenia in Tauride di Goethe, nuova e sconsolata
riflessione sullimperturbabilit divina per le sorti umane. La voce della musica qui ancora pi scura, con le voci profonde di tenori e bassi del coro
raddoppiate, abbrunite quelle dellorchestra, con controfagotto e tuba in
aggiunta ai tanti ottoni e al sempre attivo timpano.
Non cambiano molto i colori musicali neppure nelle altre due composizioni sinfonico-corali degli anni centrali. Triumphlied (op. 55, 1870-71) una
cantata su parole dellApocalisse di Giovanni, ma non ha intenti religiosi.
destinata a celebrare lunificazione tedesca del cancelliere di ferro Otto von
Bismarck da parte di un Brahms insolito, che allimprovviso scopre le sue
radici teutoniche, diventa patriota nazionalista e si sente un esiliato a Vienna,
dove ha liberamente scelto di vivere fin dal 1863. Dedicato al nuovo imperatore Guglielmo, Triumphlied si articola in tre momenti distinti, tutti grandiosi e celebrativi, centrati su un Alleluia che pare Hndel al quadrato. Pur
affascinato dal teatro, Brahms non prova mai a scrivere unopera lirica. Il
punto di maggiore vicinanza si ha con Rinaldo (op. 50, 1863-68), una cantata scritta attorno al Requiem, su un testo semiscenico di Goethe, ispirato nel
1811 dal famoso episodio della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso.
Prevede un solo protagonista maschile, il tenore Rinaldo, in alternanza e
dialogo con robusto coro a quattro voci e grande orchestra. In un certo senso recupera i formati della cantata e delloratorio rinnovati da Mendelssohn
e Schumann, ma non procede oltre.
Brahms non scrive altra musica dispirazione sacra, se non gli estremi 4
Ernste Gesnge (op. 121, 1896) e 11 Preludi corali per organo (op. 122, postumi). Abbandona pure laffresco sinfonico corale, mentre la vita viennese
gli suggerisce leggerezza e folklore: due quaderni, tuttora popolarissimi, di
Liebeslieder-Walzer (op. 52, 1869; op. 65, 1874) per voci e pianoforte a quattro mani, seguiti dalla serie di Zigeunerlieder (op. 103, 1888) che completa la

1868 Requiem tedesco 531

celebrata raccolta di 21 Danze ungheresi, destinate in origine al pianoforte a


quattro mano e subito trasferite allorchestra.
La tradizione vocale anglosassone e la diffusione capillare dei festival
corali sia in Germania sia in Gran Bretagna consentono una buona circolazione al Requiem, anche se pochi autori seguono lesempio di Brahms. Preferiscono, attraverso Mendelssohn, tornare a Bach e soprattutto a Hndel.
Mancano gli stimoli che nel secondo Ottocento rinvigoriscono la musica
cattolica, con il movimento ceciliano in Baviera e la forte presenza della
Chiesa in Francia e Italia. Non a caso il capolavoro dellanglicano Elgar, The
Dream of Gerontius (1900), tuttora molto diffuso in Gran Bretagna e Stati
Uniti, si basa su un testo di John Henry Newman, gi pastore convertito al
cattolicesimo (che lo promuove cardinale e lo fa beato nel 2010). Il superamento delle divisioni confessionali trova il momento pi alto solo molti anni
dopo, nel War Requiem (1962) di Benjamin Britten. Diventa lerede naturale
del Requiem di Brahms, ma anche di quello di Verdi, secondo un percorso
che dal Novecento risale fino al Medioevo.

Ascolti
J. Brahms, Ein deutsches Requiem, C.M. Giulini, Wiener Philharmoniker, dg 1995
J. Brahms, Alto Rhapsody/Symphony No. 2, C. Abbado, Berliner Philharmoniker,
1990
J. Brahms, Liebeslieder-Walzer, W. Sawallisch, dg 1990

dg

Letture
F. Bussi, Tutti i Lieder di Johannes Brahms per voce e pianoforte, Libreria Musicale Italiana, Lucca 2007
A. Poggi, E. Vallora, Brahms. Signori, il catalogo questo!, Einaudi, Torino 1997
L. Botstein (a cura di), The Complete Brahms: A Guide to the Musical Works, W.W. Norton & Company, New York 1999

1874 Messa da Requiem


Giuseppe Verdi

Il giorno del Giudizio Coro protagonista Sacerdoti inquisitori Requiem nella storia Mozart Cherubini
Berlioz Danza macabra Libera me Musica sacra
in Francia e Italia Petite messe solennelle Cristiani
ortodossi Requiem laici Varianti sperimentali e pop
Trasmettono un senso di vuoto e una gran paura le note in pianissimo dei
soli archi e i sussurri del coro, al confine del silenzio. Le parole ripetute con
ossessione, Requiem aeternam dona eis, Domine, appaiono una minaccia,
pi che uninvocazione. Le voci si alzano in un severo Te decet hymnus, a
cappella, alla maniera dei polifonisti del Cinquecento. Torna il filo di voce di
Requiem aeternam. Poi lintera orchestra si schiera per sostenere i quattro
solisti vocali che si presentano con Kyrie eleison, Christe eleison; infine
sintegra il coro. Il suono si gonfia fino al fortissimo per ripiegare ansioso
sulle sonorit minime. Nella prima parte, Introito (Requiem), la preparazione al momento tremendo perfetta. Ora la grande orchestra, rinforzata
dai botti della grancassa, deve esplodere per sostenere un coro che urla
lannuncio del Giudizio: Dies irae, dies illa, sono le parole che danno il
titolo al celeberrimo inno duecentesco gi attribuito a Tommaso da Celano
ed entrato a far parte dei testi canonici della messa cattolica dei defunti fin
dal Concilio di Trento.
Il Dies irae la seconda e pi ampia parte della Messa da Requiem.
Dellinno medioevale, Verdi mette in musica tutte le 20 stanze di tre versi
ciascuna (per le ultime due hanno due soli versi), raggruppandone alcune
in nove segmenti musicali distinti, che distribuisce fra il coro a quattro voci
e le quattro voci soliste, a loro volta combinate in vario modo. Il coro protagonista assoluto, perch presente in ben sei segmenti. Quattro trombe
apocalittiche fuori scena infiammano il corale Tuba mirum e lasciano un
abbacinato basso solista a intonare Mors stupebit in eco con la grancassa.
Su Liber scriptus la voce sola e femminile del mezzosoprano irrompe
sconvolta quasi in recitativo e procede con un ampio cantabile, drammatico.
una scena operistica di rara efficacia, anche perch intercalata da trombe
in sordina e da un coro che non smette di ricordare che tempo di irae. Il
seguente Quid sum miser diventa una cabaletta accompagnata dai fagotti,
poi un duetto con tenore e infine un terzetto con debutto del soprano. Lo
squarcio di serenit rotto dal Rex tremendae majestatis del coro, severa

1874 Messa da Requiem 533

voce della legge divina anche quando soffoca linvocazione Salva me del
disperato quartetto solista. Si rinnova cos il terribile confronto fra Radames
e i sacerdoti inquisitori, nel terzo atto di Aida (1871). Senza coro, Recordare, Jesu pie un dolcissimo duetto fra soprano e mezzosoprano alla maniera di Bellini. Il tenore lirico allitaliana ha il suo momento di gloria in Ingemisco. Il basso si confronta con lintera orchestra nel drammatico Confutatis maledictis prima che irrompa la valanga corale che riporta la violenza
del Dies irae. Resta spazio per una disperata richiesta di pace: in Lacrimosa dies illa i quattro solisti si aggregano al coro in un canto frastagliato e
doloroso, trovano un miracoloso momento di sospensione polifonica palestriniana (Pie Jesu, a cappella), si sciolgono lentamente nel silenzio assieme a coro e orchestra.
Limmenso Dies irae dura almeno 40 minuti, circa met dellintera
Messa da Requiem di Verdi, di cui il fulcro espressivo, come peraltro succede nei secoli precedenti. Il testo compare in vari messali del Quattrocento ma
non nei Requiem musicali pi antichi, di Dufay e Ockeghem, Lasso e Palestrina. Lo troviamo per la prima volta nel Requiem che Antoine Brumel scrive
durante il suo servizio a Ferrara (1505-10). Nel 1570 il messale di Pio v lo
inserisce formalmente nella liturgia cattolica dei defunti, secondo i princpi
del Concilio di Trento. Campeggia nelle Missa pro defunctis (1717) di Alessandro Scarlatti ed importante nel Requiem scritto nel 1771 da Michael
Haydn a Salisburgo per linfluenza che esercita su Mozart. Anche se realizzato in massima parte da Franz Xaver Sssmayr, il Dies irae dellincompiuto Requiem mozartiano (1791) diventa subito talmente popolare da essere eseguito, nella traduzione in tedesco dellamico musicista Ferdinand
Hiller, alle esequie di Beethoven a Vienna e di Chopin a Parigi. Il Dies irae
domina i due Requiem di Cherubini (1817 e 1836). Incombe con suoni tellurici nella Grande Messe des morts (op. 5, 1837) che Berlioz scrive su commissione del ministro degli Interni francese per commemorare i caduti della
rivoluzione del 1830. Berlioz ne fa il suo lavoro sinfonico corale pi spettacolare, con orchestra dallorganico smisurato, tante percussioni, coro adeguato, quattro bande di ottoni fuori scena disposte nei punti cardinali e che
proprio nel Dies irae preparano in stereofonia lintervento di un coro che
deve riempire ogni spazio disponibile, al chiuso come allaperto.
Il Dies irae ha anche vita musicale propria, gi in Giovanni Legrenzi
(op. 9, 1667) e in Johann Christian Bach (1757). La melodia di taglio gregoriano che accompagna il testo assume un significato di memento mori e
compare in numerose composizioni strumentali dispirazione non religiosa,
come nella Symphonie fantastique di Berlioz, nella fantasia per pianoforte e
orchestra Totentanz di Liszt, nel poema sinfonico Danse macabre di SaintSans, nella Rapsodia su un tema di Paganini di Rachmaninov. Continua ad

534 VIII. Nazionalismi

accompagnare ispirazioni religiose nella sobria disposizione tutta a cappella


del Requiem (1922) di Ildebrando Pizzetti, o nellarticolata Sinfonia da Requiem (1940) di Britten e in Auschwitz Oratorium (1967) di Krzysztof Penderecki. Accompagna la graduale uscita del Requiem musicale dalla chiesa e
dalla liturgia per trasferirsi in sala da concerto e trasformarsi in celebrazione
laica, con echi che rimbalzano nella musica di consumo e nelle colonne sonore del cinema dazione. Come nella parodia di Dead Elvis (1993) di Michael
Daugherty. Ne prende atto il Concilio Vaticano ii, che nel 1962 lo rimuove
dalla Messa per i defunti, anche per togliere al rito quei tratti di angoscia e
di punizione ereditati dal buio del Medioevo e non pi adatti alla concezione
moderna della fede e della vita eterna.
Verdi, da sempre laico e anticlericale, scrive la sua Messa da Requiem con
intenti non liturgici per ricordare Alessandro Manzoni a un anno dalla scomparsa (1873). La prima esecuzione, che lui stesso dirige, avviene il 22 maggio
1874 nella milanese chiesa di San Marco, ma subito dopo passa alla Scala per
diffondersi nei teatri e nelle sale da concerto di tutto il mondo, ormai considerate moderne cattedrali. La concezione e la costruzione del Dies irae
sono chiaramente teatrali e drammatiche. Forse, calando la tensione nelle
parti successive, sincontrano relazioni pi distese con i temi religiosi della
morte e della piet, e anche con il passato polifonico e rinascimentale. Verdi
tiene conto del Requiem scritto nel 1835 da Donizetti in morte di Bellini e,
in meno di un anno, completa uno dei suoi massimi capolavori. Ritrova molti valori del suo passato artistico e lancia numerosi semi per il futuro. Infatti,
se il Dies irae il momento pi drammatico e teatrale del Requiem, le
cinque parti seguenti esplorano nuove aree espressive. Commovente per il
suo tono di religiosit popolare, quasi un cantabile sostenuto da un harmonium di piccola chiesa di campagna linvocazione Hostias del tenore.
Sobrio e conciso, pur dispiegando coro e orchestra al completo, il Sanctus. Il fugace soffio di speranza spazzato via dal tenebroso Agnus, che
anticipa i colori scurissimi dei Quattro pezzi sacri (1898) con cui, un quarto
di secolo dopo, Verdi chiude la sua carriera di compositore rendendo omaggio a Palestrina.
Nel finale Libera me, il soprano solista assume il ruolo trainante che
nellIntroito (Requiem) iniziale impegna il mezzosoprano. una struttura
complessa, che nella sua alternanza di vuoti e pieni ritrova le angosce e i
terrori sparsi nellintera partitura. Il soprano dice, parlando, Libera me,
Domine, de morte aeterna. Le risponde il coro, sempre parlando, senza
cantare. Sincrespa il ritmo, intervengono lugubri quattro fagotti soli, lorchestra segue inquieta i singhiozzi del soprano. Dopo unattonita sospensione, riesplode il fragore del Dies irae. Non lo seguono le trombe del Giudizio, per. Attacca una fuga, con lentrata di ciascuna delle quattro voci del

1874 Messa da Requiem 535

coro scandita da due colpi di maglio, in fortissimo, dellintera orchestra.


unanticipazione secca del finale di Falstaff (1893), sulle parole Tutto nel
mondo burla. Lo sviluppo breve, diminuisce i volumi sonori per consentire il ritorno del soprano solista che continua a invocare Libera me,
Domine, de morte aeterna in pianissimo, nel silenzio, anzi nel buio.
Il Libera me finale non per nuovo, ma riciclato da un precedente
progetto lanciato tre anni prima. Appresa la scomparsa di Rossini (1868),
Verdi propone ad altri undici musicisti italiani del tempo di scrivere assieme
un Requiem in sua memoria. Il progetto non va in porto. Quando scompare
Manzoni, Verdi fa tutto da solo e gli dedica il capolavoro che completa in
pochi mesi e ha la forza di un terremoto. Irrompe in un tempo in cui la musica sacra cattolica soggetta ai principi conservatori di papa Pio ix, del
Concilio Vaticano i, dellantimodernista Sillabo, del reazionario movimento
ceciliano diffuso dalla Baviera. A Roma opera Liszt, gi rivoluzionario ma
ora in piena crisi mistica, abate francescano, prolifico autore di un Requiem
(1868) alla maniera di Palestrina, di una Graner Messe (1856) che ha misure
beethoveniane, di una Messa dellincoronazione per limperatore Francesco
Giuseppe (1867), soprattutto di una Missa choralis (1865) per sole voci con
intermittenti inserzioni accordali di organo. Quasi tutti gli operisti italiani
scrivono musica dispirazione religiosa, ma nessuno passa alla storia. Ci provano nel 1880 i giovanissimi Puccini e Mascagni. Dopo, nel Novecento, solo
don Lorenzo Perosi, integrato nel sistema vaticano, trova spazio con le sue
dieci messe (fra cui un Requiem per tre voci maschili) e i suoi otto oratori
(1897-1907), grazie alla fusione di polifonie rinascimentali, spunti melodrammatici, elementi popolari.
Nella cattolica Francia, abbandonati gli ateismi della Rivoluzione gi in
epoca napoleonica, la musica religiosa imperversa per tutto lOttocento.
Scrivono Requiem, oltre al gi citato Berlioz, anche Franck, Saint-Sans,
Faur. Non trascurata la messa ordinaria con risultati eccellenti in Gounod: Messe solennelle de Sainte Ccile (1855) e Missa choralis (1888). A
emergere tuttavia lanziano operista Rossini, che rompe un silenzio durato
dal 1829 di Guglielmo Tell. Finalmente scrive due nuovi capolavori vocali.
Lo Stabat Mater (1842) ha organico tradizionale per soli, coro e orchestra. La
Petite messe solennelle (1863) gi nel titolo si segnala per lossimoro che la
vuole insieme piccola e solenne. Non c orchestra, sostituita da due pianoforti e harmonium. I quattro solisti di canto devono rinforzare un coro ridotto a solo dodici elementi. Per il testo quello completo della messa solenne.
A differenza delle contemporanee, questa messa non destinata a grandi
chiese trasformate in sale da concerto (e viceversa), ma a piccole cappelle
laterali o a salotti di casa. Nella loro originale eleganza, le linee del canto e le
armonie restano fedeli alle regole del tempo, ma sono i timbri secchi e scarni

536 VIII. Nazionalismi

che derivano dai pochi mezzi impegnati a fare della Petite messe solennelle
di Rossini una perfetta anticipazione di essenzialit novecentesca, dalla Messe des pauvres (1895) di Satie, alla Missa per coro e doppio quintetto di fiati
(1947) di Stravinskij.
Sempre in Francia, gli operisti del secondo Ottocento trovano spunti
drammatici nella tradizione delloratorio sacro. LEnfance du Christ (1854)
di Berlioz prelude a Tobie (1865) di Gounod, a Oratorium pro nocte Nativitatis Christi (1858) e Le Dluge (1875) di Saint-Sans, a Marie-Magdeleine
(1873), e La Terre promise (1890) di Jules Massenet. per il non operista
Franck che ottiene i risultati pi duraturi con Rdemption (1874) e Les Batitudes (1879). Sono anche i tempi in cui Louis Niedermeyer fonda la sua
scuola di musica sacra (1853), tuttora attiva, che vanta fra i suoi primi insegnanti anche Faur e Saint-Sans. Rinascono gli interessi per la musica medioevale. Il benedettino Prosper Guranger, superiore generale della rinata
abbazia di Solesmes, a met Ottocento, fa trascrivere in notazione moderna
i manoscritti medioevali del monastero di San Gallo e inventa una scuola di
paleologia musicale destinata a restaurare il canto gregoriano e a influenzare
in modo importante il linguaggio della musica del Novecento.
Nel meridione cattolico della Germania, attorno alle Singverein si diffondono i princpi conservatori propugnati in Vaticano. Franz Xaver Witt fonda
nel 1868 a Ratisbona la Deutsche Ccilienverein che cerca una musica religiosa semplice e pratica, vuol tornare allantica purezza del canto con sole
voci, condanna gli artifici di Mozart e Haydn, respinge tutto il repertorio
romantico, affascina molti autori di medio livello a cavallo fra Ottocento e
Novecento, forma la base dellopera Palestrina (1917) di Hans Pfitzner. Non
meno conservatori ma non altrettanto radicali sono i musicisti cattolici
dellimpero austroungarico. Laustriaco Bruckner, prima di dedicarsi solo
alla sinfonia, debutta a Linz con tre messe, recupera la tecnica veneziana dei
cori spezzati sostenuti dai soli fiati nella sua messa per la consacrazione del
duomo e usa un tema di Palestrina per la doppia fuga. Ventanni dopo,
Bruckner compone un Te Deum che ha la forza della Messa da Requiem di
Verdi e i colori scuri del Requiem tedesco di Brahms. Per il ricettivo mercato
corale inglese, il boemo Dvok scrive un importante Requiem (1890).
La confessione ortodossa diffida della musica nuova, per trova un autore attento in ajkovskij, che simpegna su Liturgia di san Giovanni Crisostomo (op. 40, 1878) e Veglia notturna (op. 52, 1882) puntualmente seguito da
Rachmaninov (1910 e 1915). Nel Novecento, ancora pi importante il
contributo di Stravinskij, distribuito lungo tutta la sua lunga carriera e con
una crescente tendenza a superare le singole confessioni cristiane. Il punto
di sintesi dellintera esperienza precedente, di quella di Verdi e Brahms in
particolare, si ha nel 1962, con il War Requiem di Britten. Dopo ancora ven-

1874 Messa da Requiem 537

gono Ligeti (1965) e Penderecki (1984). Andrew Lloyd Webber, gi campione del musical di Broadway, nel 1985 scrive il suo Requiem in stile tradizionale, ma riesce a far diventare il segmento Pie Jesu un successo planetario
come canzone pop.

Ascolti
G. Verdi, Messa da Requiem, R. Muti, Orchestra e Coro del Teatro alla Scala, emi 1987
G. Verdi, Quattro Pezzi sacri, R. Muti, Berliner Philharmoniker, emi 1983
G. Rossini, Petite messe solennelle, R. Chailly, Orchestra e Coro del Teatro Comunale di
Bologna, Decca 1994

Letture
M. Girardi, P.L. Petrobelli (a cura di), Messa per Rossini. La storia, il testo, la musica,
Istituto di Studi Verdiani-Ricordi, Parma-Milano 1988
D. Rosen, Verdi: Requiem, Cambridge University Press, Cambridge 1995

1874 Sinfonia n. 4 Romantica


Anton Bruckner

Bruckner il progressivo Segmenti intercambiabili Baricentro sul finale La formazione di Bruckner Wagner
Discontinuit Terna omogenea: Quarta, Settima, Ottava Quinta e Sesta Sinfonia ciclica
Nona incompiuta Sibelius e Mahler Hindemith e
ostakovi
Un brusio indistinto, un canto che si leva. Non il mitico attacco della storica Nona sinfonia di Beethoven. Non neppure linizio dellOro del Reno,
prima giornata del prossimo Anello del nibelungo di Richard Wagner.
lavvio della Quarta sinfonia di Bruckner, iniziata nel 1874 e, di fatto, mai
terminata, neppure quindici anni dopo, in quel 1889 che segna la sua quarta
versione, sempre a cura dellincertissimo autore; che forse pensa a una quinta versione, mentre alle prese con la sofferta gestione della Nona sinfonia
che la morte lascia incompiuta. Bruckner uno dei pochi autori che, per
esigenze proprie o su consiglio altrui, rimette continuamente mano a suoi
lavori precedenti, anche se gi pubblicati, eseguiti, apprezzati. Di regola taglia, spesso aggiunge intere sezioni. Cambia strumentazione e armonia.
Tollera perfino che altri (allievi, direttori, editori) intervengano sulle proprie
partiture, che peraltro sono frutto di un lavoro certosino durato anni. Anticipa di un secolo buono il principio moderno di work in progress, di opera
aperta, dove tutto si tiene e tutto si modifica, in una concezione unitaria del
proprio lavoro, con le conquiste del presente che consentono di cambiare il
passato per costruire il futuro. Il candore e lumilt dellartista hanno in
questo caso un ruolo importante, ma conta assai la tecnica di scrittura adottata. il modo con cui sono costruite che permette alle sinfonie di Bruckner
di subire tante mutazioni e di mantenere la natura originaria. Il caso della
Quarta esemplare.
La sua fisionomia gi scolpita nel 1874, nei quattro movimenti classici
adottati in tutte le sinfonie di Bruckner. Il canto iniziale passa dal corno ad
altri fiati e agli archi, cambiando i timbri e aumentando il volume. La melodia si espande, diventa uninvocazione e infine un appello fragoroso a piena
orchestra che il collante vero del primo movimento e dellintera sinfonia.
Attorno si dispongono segmenti e temi dal diverso spessore, pensati pi per
alleggerire che per contrastare la forza del corale sparato dalla massa degli
ottoni sostenuta dal rullo dei timpani. Fra questi segmenti, finisce col preva-

1874 Sinfonia n. 4 Romantica 539

lere la simpatica citazione di un canto popolare, tanto da essere considerata


il secondo tema. Per non facile ritrovare larchitettura della classica forma
sonata. Lo spazio riservato allo sviluppo qui occupato da momenti lirici e
meditativi che preparano e seguono linevitabile avvento del motivo fondamentale. La ripresa della prima parte non per nulla letterale. Piuttosto
una riscrittura che consente di inventare il crescendo conclusivo, con tutta
lorchestra mobilitata su un immenso ostinato del basso, che appunto nasce
dal tremolo di Beethoven e finisce col terremoto di Wagner. In fondo, anche
il primo movimento della Nona di Beethoven trova la sua forza e la sua ampiezza proprio nella libert rispetto alla tradizione.
Il riferimento non casuale. Bruckner letteralmente sconvolto dallo
studio della partitura della Nona e dal primo ascolto dal vivo, nel 1866. Nella sua Quarta, ne riprende il modello anche per costruire il secondo movimento, Andante quasi allegretto. Bruckner accosta segmenti differenti
attorno a un nucleo cantabile, che si riconosce per il passo cadenzato: quando accelera per trasformarsi in danza paesana, mentre si fonde con il corale
che lo accompagna, o si ferma perdendosi fra richiami di flauti e corni su
misteriosi rulli di timpani. E ancora, quando alza la voce con violini e ottoni,
per riepilogare e finire. La grande tradizione sinfonica pulsa anche nello
Scherzo. Si avverte che Bruckner conosce perfettamente il repertorio sinfonico del suo tempo. Lomaggio al Mendelssohn del Sogno di una notte di
mezzestate e ancor pi al Berlioz di Romeo e Giulietta (lo Scherzo della
Regina Mab) esplicito nella leggerezza del dialogo fra strumentini e corni.
Agli squilli di caccia dei corni nelle sezioni laterali e nel trio centrale risponde il suono agreste di unorchestra quasi cameristica, priva com di percussioni e di ottoni. Lampio finale utilizza temi presentati nei movimenti precedenti, soprattutto nel primo, col doppio risultato di spostare il baricentro
dallinizio alla fine e di dare allintero lavoro una dimensione ciclica. il
principio ideato da Beethoven, sempre nella Nona, sviluppato prima da
Berlioz nella Fantastica, poi da Mendelssohn nella Scozzese e da Liszt nelle
sinfonie ispirate a Faust e a Dante e nei poemi sinfonici.
Timido, come sua abitudine, Bruckner ammette di essersi lasciato tentare
da immagini extramusicali, scrivendo la Quarta. Lui stesso la definisce Romantica e accenna a un vago programma: Citt medioevale cavalieri che
escono a cavallo dalla grande porta lombra della foresta che li attornia.
Sono suggestioni pi che descrizioni, frutto dellinteresse per le partiture di
Liszt e della curiosit per le mode del tempo. Pur nato e cresciuto nel mondo
rurale, in una famiglia modesta, Bruckner ha una formazione musicale irreprensibile. Prima a Linz, poi a Vienna studia con ottimi maestri, copia tutta
lArte della fuga di Bach, impara il Clavicembalo ben temperato, analizza la
musica sacra e profana di Mozart e Haydn, ascolta Beethoven, conosce le

540 VIII. Nazionalismi

opere italiane e francesi che dominano le stagioni teatrali a Linz. Va a Monaco per ascoltare la prima di Tristano e Isotta di Wagner e a Budapest per
loratorio La leggenda della santa Elisabetta di Liszt. A Vienna conosce Berlioz, che dirige la propria Damnation de Faust. Ottimo improvvisatore, tiene
concerti in Germania e arriva fino a Londra per lesposizione universale del
1871. Ha ben presente la situazione di stallo del genere sinfonia quando,
attorno al 1865, decide di dedicargli il suo sforzo creativo maggiore, abbandonando la produzione sacra che nel precedente decennio lo vede scrivere
tre messe per soli, coro e orchestra (o organo). Forse la scoperta dellIncompiuta di Schubert, recuperata ed eseguita per la prima volta in quellanno,
che lo spinge al passo decisivo.
Di sicuro Bruckner consapevole che va rinnovato il modello classico di
Haydn e Mozart e del Beethoven ante Nona. Le sue prime tre sinfonie (inclusa quella numerata come Zero) guardano alle sperimentazioni di Liszt,
pi sotto laspetto dellorganizzazione rapsodica del materiale che su quello
del programma extramusicale. Lo ispira il modo con cui il corale luterano
conferisce un senso unitario alla Riforma (Quinta sinfonia) di Mendelssohn
e Renana (Terza) di Schumann. Negli arcaismi modali e rinascimentali della
propria musica sacra, Bruckner scopre unaltra preziosa miniera di risorse
per costruire sinfonie. Ammira la dilatazione della forma e il superamento
della dialettica sinfonica nellIncompiuta e nella Grande di Schubert. Subito
valorizza (nel senso che espande) la dimensione temporale. Superare la durata di almeno unora diventa regola. Nella Seconda sinfonia, aiutano le lunghe pause che Bruckner dissemina in partitura. Infatti, nel 1873 il direttore
Otto Dessoff rifiuta di dirigere la Seconda perch troppo lunga, anche se gli
dedicata. La dirige (con successo) lo stesso Bruckner e gira la dedica a
Liszt, che nel frattempo gli risolve contingenti problemi finanziari.
Wagner arriva da lontano, con effetto duraturo e progressivo, ma non
totalizzante. Il nuovo linguaggio armonico, il cromatismo estenuato, la tonalit allargata, il rombo degli ottoni sono ben presenti gi nelle prime sinfonie
di Bruckner, mediate anche dalle analisi giovanili di Tannhuser. Sono evidenti, ma non eccezionali, nella versione finale della Terza, quando Bruckner
toglie le citazioni esplicite da Tristano introdotte nella prima stesura (1873)
per accattivarsi la simpatia di Wagner stesso. Lincontro fra i due, a Bayreuth,
mentre sono in corso i lavori per la costruzione del nuovo teatro, passato
alla storia. Wagner apre la prima pagina della partitura della Terza ed esclama: Bruckner, la tromba!. Prende tempo. Dopo solo qualche ora, Wagner
richiama Bruckner e lo abbraccia commosso, profondendosi in complimenti e ringraziamenti. Wagner va a Vienna qualche mese pi tardi e impone
alla Filarmonica lesecuzione della Terza. La sinfonia piace, Bruckner felice, per il suo nome si lega in modo definitivo a Wagner e diventa bersaglio

1874 Sinfonia n. 4 Romantica 541

fisso della violenta reazione della fazione avversa, capeggiata dal critico (gi
amico) Hanslick e dal collega (sempre ostile) Brahms. Diventata Wagner
Symphonie, la Terza rimane tale ancora oggi, eseguita nella terza versione
(1889). Con la forza dei suoi contrasti e le inquietudini che nascono dalla
scelta del fatale impianto in do minore, la pi drammatica fra le prime
sinfonie di Bruckner, bilanciando il carattere quasi pastorale, certo pi rilassato, della Quarta.
Attraverso le sue tante versioni (dopo la prima del 1874, altre sei nel
1878, 1880, 1887-88, pi una riorchestrazione predisposta da Mahler), la
Quarta sinfonia si configura come la sintesi del mondo sinfonico di Bruckner.
Finisce con lintegrarsi con Settima e Ottava, che appartengono al periodo
dellultima revisione, a loro volta ripensate. La Settima, completata nel 1883
sotto la sofferenza per la morte di Wagner, con un imponente Adagio che
fa da marcia funebre per il maestro, in buona parte riscritta nel 1890. LOttava, impostata nel 1884, trova una prima conclusione nel 1887 e una successiva nel 1890. Le tre sinfonie condividono il suono, le scelte armoniche, la
forma. Immutabile larticolazione in quattro movimenti, con il solo Scherzo che mantiene netta la formula classica aba. Gli altri movimenti seguono
il principio della costruzione per divagazione, cogliendo ogni spunto di un
magro materiale melodico per immaginare varianti. Come spesso fa Schubert, e quasi mai Wagner, Bruckner passa in modo netto, quasi discontinuo
da un segmento allaltro delle sue costruzioni musicali. Ci gli consente di
aggiungere, sostituire e togliere pannelli interi, di alterare larmonia, di cambiare lorchestrazione. Si accumulano le diverse versioni, che diventano
apocrife quando ci mettono le mani revisori, editori, interpreti.
La terna Quarta-Settima-Ottava, con la sua popolarit, lascia in penombra le altre due sinfonie centrali di Bruckner, la Quinta e la Sesta, nessuna
rimodulata dopo le versioni iniziali, rispettivamente del 1875 e 1878. Eppure sono importanti, perch rispecchiano i valori che, in quellultimo squarcio
di Romanticismo, si cercano nel genere sinfonico. La Quinta si avventura
nella dimensione tragica e rimugina sulla Nona di Beethoven, non solo nel
consueto attacco (linvocazione che emerge dal rumore), ma anche nel finale
che inizia riprendendo i temi principali dei movimenti precedenti e li unisce
ai (pochi) nuovi per il coronamento della struttura ciclica. La Sesta assai pi
lirica, sia nel primo sia nel secondo movimento, ha sempre il baricentro spostato sul finale, si polarizza sul divagare melodico alla Schubert e tiene conto
delle sperimentazioni della Scozzese di Mendelssohn; pi di altre sinfonie di
Bruckner cerca lequilibrio formale della sonata classica. Difficile dire se la
terna Quarta-Settima-Ottava abbia un influsso diretto sulla musica del tempo, perch ogni sinfonia eseguita di rado e stampata tardi. Per sono evidenti le affinit con il linguaggio sinfonico di Franck, che nel 1889 scrive il

542 VIII. Nazionalismi

suo capolavoro, la ciclica Sinfonia in re minore. Molto affini sono le prime


cinque sinfonie di ajkovskij (1866-88). E, per contrasto, chiara la simmetria conservatrice delle sinfonie centrali di Brahms, la Seconda (1878) e la
Terza (1883).
Bruckner continua la sua sperimentazione, in apparenza fuori dal tempo,
in realt confrontandosi sempre con gli allievi e amici Mahler e Wolf, i direttori dorchestra Hermann Levi e Hans Richter, gli influenti (e wagneriani)
fratelli Franz e Joseph Schalk. Nei suoi ultimi sei anni lavora al progetto di
una Nona sinfonia, immaginata ancora pi ampia dellimmensa Ottava. Porta a termine i primi tre movimenti fra 1887 e 1894. Del quarto sono rimasti
schizzi sui quali lavorano in molti, nessuno con risultato duraturo. Lidea di
Franz Schalk di fare del Te Deum (tante versioni, 1881-94) un quarto movimento alla maniera della Nona di Beethoven non trova adepti. Il fulcro della
Nona resta lAdagio, disposto come terzo movimento e che lultima pagina completata da Bruckner. Seppure incompiuta, la Nona, perch sintesi
di sintesi, ha influssi importanti sulla musica del Novecento. Il sardonico e
diabolico incedere dello Scherzo fa capolino nel Mahler della Sesta e della
Nona. Arriva fino al maturo ostakovi della Sinfonia di Leningrado (1941)
che attinge a piene mani anche dal grandioso finale. Il suono nordico di
Sibelius nasce dalle partiture dellultimo decennio di Bruckner. Senza dimenticare la conversione di Hindemith dalle violenze iconoclaste degli anni
venti alle estasi liriche degli anni trenta e successivi, piene di corali e di ottoni, di Mathis der Maler (1934) e Nobilissima visione (1938).

Ascolti
A. Bruckner, Symphony No. 4, G. Wand, Berliner Philharmoniker, rca 2000
A. Bruckner, Complete Symphonies, H. von Karajan, dg 1990

Letture
D. Gault, The New Bruckner: Compositional Development and the Dynamics of Revision,
Ashgate, Farnham 2011
J. Williamson (a cura di), The Cambridge Companion to Bruckner, Cambridge University
Press, Cambridge 2004
S. Martinotti, Bruckner, edt, Torino 2003
D. Watson, Bruckner, Dent & Sons, London 1975

1874 La Moldava

Bedich Smetana
Rond classico a scopo descrittivo Musica per la natura
Il poema sinfonico Liszt da Berlioz Hanslick e la
musica assoluta Il teatro nazionale di Smetana Epopea
sinfonica boema Russi Franck e Saint-Sans Richard
Strauss

Le prime note sgorgano da due flauti, su zampillante pizzicato di arpa e violini. Due clarinetti aggiungono una nuova fonte, che intreccia il suo flusso
con la prima. Il tintinnare del triangolo alleggerisce il fondo dei corni e lo
scorrere degli archi. Pu partire la gran melodia dei violini con oboi e fagotti, che si appoggia sui tanti rivoli dai quali nasce. Inizia il corso di un fiume
musicale e fisico insieme. Sulla partitura si legge lindicazione dellautore, il
boemo Smetana: Le sorgenti della Moldava. Lorchestra vuole rappresentare nei dettagli il percorso geografico e ideale del fiume nazionale. Dopo le
sorgenti, il fiume sinoltra nel bosco e incontra cacciatori che si chiamano con
corni e tromboni. Lambisce un villaggio, dove allegri contadini festeggiano
un matrimonio. Si arresta e forma un laghetto popolato da elfi e ondine che
volteggiano al chiar di luna su eterei armonici di violini e delicati soffi di
flauti. Riprende la corsa, spumeggia nelle Rapide di San Giovanni. Ormai
nel pieno della sua forza, passa davanti al castello di Vyehrad dal quale riceve un saluto sovrano, attraversa la capitale Praga e procede maestoso verso la
confluenza con lElba, fiume simbolo della grande terra di Germania, non
meno del Reno.
Osservata con criteri solo musicali, la partitura si presenta come un classico rond, alla maniera di Mozart e Haydn, abacada, con breve introduzione e ampia conclusione. I ritornelli a elaborano la melodia principale,
che ogni volta aumenta di spessore grazie allimpiego di sempre maggiori
risorse strumentali. Le strofe b, c, d, e sono rispettivamente La caccia,
La festa contadina, Il lago fatato, Le rapide. Lultima comparsa del
ritornello a ingloba il saluto di Vyehrad e serve da magniloquente finale.
Lorchestra ha grande organico, entro le dimensioni comuni a met Ottocento. La scrittura, pur brillante e talvolta virtuosistica (Le rapide), non
cerca effetti speciali e forzature onomatopeiche. Il lavoro si apprezza anche
come musica assoluta, senza badare a componenti esterne. Tuttavia le descrizioni extramusicali sono parte integrante del lavoro, e vanno rispettate.
Non una novit, anzi c una lunga tradizione, risalente ai primordi stessi

544 VIII. Nazionalismi

della musica. E Smetana vive nel tempo in cui alla musica si chiede non solo
di descrivere fenomeni naturali ed emozioni personali, ma di narrare una
storia e di elaborare concetti. Non bastano le suggestioni pastorali di Beethoven e i paesaggi italiani e scozzesi di Mendelssohn. Serve la musica a
programma di Berlioz e di Liszt. Lorchestra moderna di pieno Ottocento,
grazie ai migliorati strumenti a fiato e al crescente volume degli ottoni, consente di spingersi oltre, fino a tentare di raccontare una storia con le sole
risorse musicali. Il pioniere Berlioz, nella Symphonie fantastique, ripercorre
le allucinazioni di un artista stordito da oppio e amore; in Aroldo in Italia
segue il vagabondare delleroe di Byron in un Abruzzo agreste e misterioso;
condensa in una sinfonia drammatica con voci e coro la vicenda shakespeariana di Romeo e Giulietta.
Liszt va oltre, perch vuole trasferire in musica concetti etici e filosofici,
non solo letterari. Per i suoi innovativi affreschi orchestrali, conia il nuovo
termine poema sinfonico, ben pi ambizioso di musica descrittiva o a
programma in uso da secoli. Non fornisce dettagliate spiegazioni in partitura. Nel famoso Les Prludes (1848), Liszt si limita a citare pochi versi di
Alphonse de Lamartine per suggerire che la vita fatta di eterni preludi.
Fissa un lessico musicale, che prevede ampia libert di articolazione del
materiale con episodi distinti ma connessi fra loro, meglio se disposti attorno a un tema ricorrente e ben riconoscibile. Allo stesso modo si regola
quando traduce in musica poemi di Hugo (Ce quon entend sur la montagne,
1849; Mazeppa, 1851), Byron (Tasso, 1849-54), Shakespeare (Hamlet,
1858), Schiller (Die Ideale, 1857), Wilhelm von Kaulbach (Hunnenschlacht,
1857). Altre volte Liszt ricorre ai miti di sempre (Prometheus, 1856;
Orpheus, 1856), a meditazioni (Hrode funbre, 1850), a patriottismi (Hungaria, 1856).
Sono una dozzina i poemi sinfonici che Liszt compone e riscrive fra 1848
e 1857, dopo aver abbandonato la carriera di pianista funambolico per ritirarsi a Weimar come maestro di cappella e insegnante. Hanno valore diseguale, per contribuiscono in modo decisivo allevoluzione dellorchestra
moderna. Grazie anche ai consigli di Berlioz, che nel frattempo compila un
fondamentale Trattato di orchestrazione e strumentazione, Liszt scrive partiture con la stessa fantasia istrionica con cui sa dominare la tastiera. Ne tiene
gran conto Wagner, che proprio in quegli anni sviluppa i princpi della sua
opera darte totale, inaugurando con Lohengrin una nuova stagione nellopera nazionale tedesca.
Su scala pi larga, Liszt applica il principio di legare la musica strumentale a Goethe e Dante. Dopo averci lavorato per tre anni e pensato per
molto di pi, nel 1857 presenta a Weimar una Sinfonia Faust per tenore,
coro e orchestra. Sono tre quadri caratteristici dedicati ai protagonisti Faust,

1874 La Moldava 545

Margherita, Mefistofele. Si sente linflusso di Berlioz, che dedica a Liszt il


suo dramma scenico La Damnation de Faust (1846) con inserito omaggio
allungherese, la famosa Marcia di Rkczi. Connessa la diavoleria
pianistica e orchestrale di Mephisto Valse, due scene dal Faust (non di
Goethe ma di Lenau). Laltro grande affresco la Dante Symphonie (1857),
ispirata alla Divina commedia, nuova espressione del fascino che il poeta
italiano esercita da sempre su Liszt (compresa la rivisitazione di Hugo nella
pianistica Aprs une lecture du Dante: Fantasia quasi sonata. Due movimenti solo orchestrali descrivono puntualmente la discesa allInferno e la
salita al Purgatorio. Convinto (da Wagner) di non essere capace di affrontare musicalmente il Paradiso, chiude con un coro di voci bianche sul testo
latino del Magnificat.
La commistione fra arte e letteratura di Berlioz e Liszt, con Wagner a
supporto, suscita forti resistenze. In particolare da parte degli amici di Clara
e Robert Schumann, giovane Brahms compreso, che scrivono unaccorata
lettera aperta ai musicisti del tempo a difesa della musica assoluta. Trovano
il loro teorico in Eduard Hanslick, il potente critico e professore di estetica
allUniversit di Vienna che nel breve saggio Il bello musicale (1854) sostiene
lautonomia del linguaggio musicale e contesta ogni suo legame con altre
arti e forme di espressione, letterarie e filosofiche in particolare. Il bersaglio
ovviamente Wagner, che estremizza nei suoi scritti dallesilio di Zurigo
quanto elabora e compone Liszt nel buon ritiro di Weimar.
La rottura con gli argini formali classici e la possibilit dinserire contenuti extramusicali aprono nuove prospettive a musicisti nati fuori Germania,
insofferenti allegemonia tedesca. Sono gli anni delle rivoluzioni autonomiste del 1848, con diffusa voglia di rivoluzione, barricate in tutta Europa e
sentimenti nazionali pi diversi. Wagner partecipa alle sommosse, rischia la
pena capitale, fugge da Dresda e si rifugia in Svizzera. Liszt non rischia, ma
ne tiene conto: risveglia il sopito patriottismo ungherese e inaugura la musica nazionale con le pianistiche Rapsodie ungheresi e con il poema sinfonico
Hungaria (1856). Uno dei primi a cogliere il messaggio appunto Smetana.
Con Liszt il rapporto forte: sedicenne, Smetana lo incontra a Praga nel
1840, da lui ottiene aiuto in denaro nel 1848, supporto alla carriera di concertista di pianoforte e direttore dorchestra, invito a partecipare a Weimar
alle celebrazioni di Goethe e Schiller del 1857.
Smetana si entusiasma al concetto di poema sinfonico, letto in chiave
nazionalistica. I suoi primi lavori nel genere sono un calco lisztiano: Riccardoiii, Il campo di Wallenstein, Haakon Jarl (1858-61). Crea lopera nazionale
boema, integrata con quella italo-franco-germanica, prima con I brandeburghesi in Boemia e subito dopo con il capolavoro La sposa venduta (1866). Il
successo trionfale nei teatri di tutto il mondo convince Smetana a continuare

546 VIII. Nazionalismi

con lopera romantica a sfondo fiabesco, alla maniera dei tedeschi Weber,
Marschner, Wagner. Ne scrive altre sei nei successivi 15 anni, con Dalibor
(1868) e Libue (1881), ancora nel repertorio internazionale.
Dopo oltre ventanni dinterruzione, Smetana riprende a scrivere poemi
sinfonici, non pi singoli ma riuniti in un ciclo di sei, La mia patria, a formare una grandiosa epopea in omaggio alla patria boema. Il primo lavoro
ha carattere storico. Accompagnandosi con larpa, il mitico aedo Lumir
evoca i passati splendori del castello di Vyehrad, sede dei re di Boemia e
ora in rovina, come lintero paese. Unampia preparazione lenta lascia
emergere il motivo che sovrasta il successivo infiammarsi della grande orchestra e torna quando tutto decade. il motivo di Vyehrad che torna
alla fine del secondo poema, La Moldava, accompagnando il maestoso fluire del fiume. Il terzo poema del ciclo racconta un mito da intendere come
metafora della Boemia oppressa che sa vendicarsi: lamazzone rka, tradita in amore, fa uccidere dalle sue compagne tutti i maschi che le capitano
attorno. Il quarto poema torna alla natura: Dai prati e dai boschi della Boemia si svolge come sequenza di quattro quadri distinti per colori e qualit
di scrittura (il secondo inizia addirittura con unesposizione di fuga a quattro voci), che hanno per in comune il carattere pastorale e il ritmo di polka. La storia patria domina gli ultimi due poemi. Nel quinto, Tbor, attorno
alla fortezza omonima, i seguaci del predicatore e patriota Jan Hus, bruciato per eresia nel 1415, intonano con voce sempre pi ferma il corale nazionale Voi che siete i combattenti di Dio. Chiude Blank, la montagna sacra
in cui riposano le anime degli eroi boemi che lorchestra di Smetana celebra
volgendo in positivo, con espansioni di archi e profusione di ottoni, il lamento di Lumir da cui tutto scaturisce. Iniziato nel 1874 e completato nel
1879, il ciclo esagonale presentato per intero nel 1881 e da allora una
specie di inno nazionale boemo, oltre che un capolavoro di orchestrazione
gradito in ogni paese.
Nel frattempo il poema sinfonico, con la sua libert formale, diventa
perfetto contenitore per i temi nazionalpopolari elaborati dal Gruppo dei
cinque, costituito nel 1863 con lobiettivo di svincolare la Russia dalla colonizzazione musicale occidentale. I primi titoli sono Tamara (1867-82) di
Balakirev e Una notte sul Monte Calvo (1867) di Musorgskij. Il cultore pi
convinto Rimskij-Korsakov, anche se non usa il termine poema sinfonico:
Sadko (1867-92) un quadro musicale che nel 1896 confluisce nellopera
teatrale omonima. Sono definite suite sinfoniche sia Antar (1868-1903), nata
come seconda sinfonia, sia il capolavoro assoluto Shhrazade (1888), ispirato ai racconti delle Mille e una notte. Usa un titolo che sinonimo di libert
per Capriccio spagnolo (1887). A sua volta Borodin intitola Nelle steppe
dellAsia centrale (1880) il suo schizzo sinfonico che intende celebrare la

1874 La Moldava 547

possibile integrazione etnica fra le melodie slave di una pattuglia russa in


perlustrazione e le nenie islamiche di una carovana che passa. Non appartiene al Gruppo dei cinque per questioni anagrafiche, ma ne rispetta gli ideali
Aleksandr Glazunov, che con Stenka Razin (1881) celebra in musica la tragica epopea del cosacco antizarista. ajkovskij cosmopolita, ma il suo naturale colore russo si riversa in musica non solo quando il soggetto viene dalla
letteratura nazionale (Fatum op. 77, 1869) ma anche quando il poema sinfonico si lega allitaliano Dante (Francesca da Rimini op. 32, 1876) e allinglese
Shakespeare (Romeo e Giulietta, 1869-80; La tempesta op. 18, 1873; Amleto
op. 67, 1888). Ispirato da Byron, Manfred (op. 58, 1886), pi che un poema
sinfonico una vera sinfonia in quattro movimenti, di ampie proporzioni
(oltre unora di musica), distinta dalle altre per il solo fatto di seguire un
programma, cio il viaggio delleroe sulle Alpi, calco di Aroldo in Italia in
giro per gli Abruzzi di Berlioz.
Il poema sinfonico assai ben accolto anche a Parigi, dove la Socit des
Concerts du Conservatoire con la sua ottima orchestra chiede sempre novit
sinfoniche. Il giovane e schivo organista Franck anticipa addirittura Liszt
appoggiandosi a Hugo per il suo Ce quon entend sur la montagne, scritto nel
1846 ma eseguito e pubblicato solo trentanni dopo. Franck continua con
una serie di lavori che organizza su impianti formali sempre diversi: la rapsodia (Les olides, 1876), le variazioni con pianoforte solista (Les Djinns,
1884), louverture teatrale (Le Chasseur maudit, 1882), la sinfonia in quattro
movimenti con coro (Psych, 1888). Mentre i soggetti nascono dalla poesia
francese di Leconte de Lisle, ancora da Hugo, dalle ballate tedesche di Brger, dal mito greco. Sempre a Parigi, d il suo importante contributo SaintSans, ammiratore di Berlioz e discepolo di Liszt, con rigogliosa orchestrazione di temi mitologici: Le Rouet dOmphale (1872), Phaton (1873), La
Jeunesse dHercule (1877), pi una fortunata deviazione nel mondo dellesoterismo di Danse macabre (1874).
Il poema sinfonico non trova spazi in unItalia dominata dal melodramma e neppure in una sterile Inghilterra. Langue in Germania e Austria, dove
invece riprende, sia pur lentamente, linteresse per la sinfonia classica, grazie
a Brahms, Bruckner, Dvok. Solo il successo di Don Juan (1889) di Richard
Strauss porta finalmente in primo piano il poema sinfonico anche in Germania. Loperazione funziona anche perch Strauss riconduce il nuovo genere
entro i contenitori del sinfonismo classico.

548 VIII. Nazionalismi

Ascolti
B. Smetana, M Vlast, R. Kubelk, Czech Philharmonic Orchestra, Supraphon 1998
F. Liszt, Complete Symphonic Poems, B. Haitink, London Philharmonic Orchestra, Decca
2010
C. Saint-Sans, Concertos, Tone Poems, Organ Symphony, Decca 2004

Letture
G. Erismann, La Musique dans les pays tchques, Fayard, Paris 2001
G. Clapham, Smetana, J.M. Dent, London 1972
B. Large, Smetana, Duckworth, London 1970

1874 Boris Godunov

Modest Musorgskij
Campanoni nella Piazza rossa Il dramma di Pukin La
musica di Musorgskij La Russia arretrata e colonizzata
Italiani e francesi Il canto popolare Glinka
Dargomyskij Il Gruppo dei cinque Boris Godunov
Kovncina Il principe Igor Rimskij-Korsakov
ostakovi

Il trionfo allinizio, la disperazione alla fine; il massimo sfarzo nel prologo,


la miseria assoluta in chiusura del quarto e ultimo atto: la parabola della pi
importante opera del teatro musicale russo si pu ridurre a questi due momenti estremi, che sono le fondamenta della storia. Nel primo, il boiardo
Boris Godunov incoronato zar di Russia. Il rintocco dei campanoni della
Piazza rossa sostiene il tintinnio dei campanelli e le voci del corteo dei nobili e del popolino che accompagnano lincedere del nuovo signore. Poco
importa che il nuovo zar Boris, gi fedele servitore prima del defunto despota Ivan il Terribile e poi del suo imbelle figlio e successore Fdor, possa
aver ucciso il legittimo erede Dmitrij per usurparne il trono. Conta la speranza che sia finita una stagione dincertezza e di tragedia, e che giunga la
pace. Nellultima di tutte le scene canta soltanto lInnocente, figura retorica
pi che personaggio vero. Piange sulle rovine della Russia e della sua gente,
travolta ancora una volta dalla debolezza e dallambizione dei tiranni. La
voce si alza dopo che tutti se ne sono andati, chi per conquistare, chi per
fuggire, lasciando un deserto morale che solo la musica sa riempire di suoni.
Sparse note di archi gravi sostengono una melodia dallo struggente tono
popolare, prima che il sipario cali sul silenzio. Fra questi due estremi succede di tutto, nellopera in un prologo e quattro atti Boris Godunov di Modest
Musorgskij, prima e dopo il debutto (1874) al teatro Mariinskij di San Pietroburgo.
Il libretto adattato dallo stesso Musorgskij a partire dallomonimo
dramma scritto da Aleksandr Pukin nel 1820, allora non ancora rappresentato per problemi di censura. Narra di come Boris Godunov diventa zar fra
mille dubbi e infiniti rimorsi, e di come muore travolto dalle proprie angosce
prima ancora di essere rovesciato da un ennesimo usurpatore. Costui un
frate avventuriero che si finge lerede Dmitrij e convince i regnanti polacchi
a dargli il supporto militare per rovesciare limpero di Boris e convertire al
cattolicesimo romano la Russia ortodossa. Lazione si articola in nove scene,

550 VIII. Nazionalismi

alcune a Mosca e altre a Cracovia. Una gran quantit di personaggi circonda


le figure principali: la cortigiana Marina, il gesuita Rangoni, il vagabondo
Varlaam, la nutrice, lostessa, lInnocente, tanti boiardi. Sullo sfondo, come
in una tragedia greca, il coro del popolo osserva e commenta attonito lavvitarsi della tragedia. Il disperato Boris muore trafitto dai suoi cortigiani.
LInnocente, che nella sconvolgente scena (secondo atto) davanti alla chiesa
di San Basilio nega lassoluzione divina allo zar Boris precipitandolo nella
follia, alla fine osserva sconsolato il falso Dmitrij che, a capo dei suoi polacchi
e senza resistenza, marcia alla conquista di Mosca.
Su queste storie parallele e senza speranza, Musorgskij costruisce un
tessuto musicale di rara efficacia e del tutto nuovo. Le scene sono concepite
come pannelli ben distinti fra loro, senza le evidenti connessioni tematiche
garantite dal Leitmotiv dellormai affermata opera nazionale tedesca. Per
c assoluta, fin ossessiva, omogeneit di timbri e di melodie. Nellorchestra
dominano i colori scuri degli archi tenuti nei registri bassi, con prevalenza di
viole e violoncelli su gravi risonanze di contrabbassi. La coltre dei corni e dei
tromboni, dei clarinetti e dei fagotti, di rado rischiarata da squilli di trombe,
di regola bucata da assoli di oboi e flauti. Sempre incombe la massa del
coro, dove pesano le voci profonde, maschili e femminili. I solisti di canto
alternano alla declamazione un melodizzare che, attingendo dallo sterminato
patrimonio del folklore contadino russo, spesso si trasforma in canzone originale, che canto popolare di ritorno: la Canzone di Varlaam, la Canzone della cimice, Il lamento dellInnocente. Ci sono duetti, ma non terzetti e pezzi dassieme o concertati alla maniera dellopera italiana e relative
corrispondenze francotedesche. Mancano dialoghi con il coro, a segnare
labisso che separa i cortigiani divisi dal gioco del potere e il popolo unito
dalla sofferenza. Un affresco musicale del genere non pu che essere russo:
Boris Godunov il punto di arrivo di un percorso iniziato quasi cinquantanni prima con lintento di affrancare la Russia dalla colonizzazione dellopera
in musica occidentale.
Il progetto di Boris nasce allinterno di un circolo intellettuale che si aggrega circa nel 1863 per iniziativa del critico teatrale Vladimir Stasov e del
dilettante di musica Milij Balakirev. Si vuole sottrarre la musica russa dallarretratezza. Diventa il Gruppo dei cinque perch raduna altri quattro musicisti, tutti dilettanti: Cezar Cui, ingegnere esperto in fortificazioni militari;
Aleksandr Borodin, medico impegnato in chimica organica; Nikolaj RimskijKorsakov, comandante di marina; Modest Musorgskij, ufficiale di cavalleria
passato alla pubblica amministrazione. Non possono vivere della musica che
amano perch non ci sono le condizioni. Manca, in Russia, un vero mercato
di sbocco per la produzione musicale locale; non ci sono conservatori e accademie dove guadagnarsi da vivere insegnando musica. Fra i cinque, il

1874 Boris Godunov 551

meno popolare Cui, che resta ingegnere per tutta la vita e produce tanta
musica ora dimenticata: ben dieci opere teatrali, tutte sparite dal repertorio
salvo forse Il prigioniero del Caucaso (1885) e La figlia del capitano (1909) su
soggetti di Pukin. Fra i tanti pezzi di genere sopravvive lesotica Orientale
(1893) per violino e pianoforte. Musorgskij annega nellalcol, Balakirev entra
in depressione, Borodin gratificato dalla scienza. Soltanto Rimskij-Korsakov, il pi giovane, trova impiego stabile da musicista come insegnante al
conservatorio di Pietroburgo fondato da poco (1862).
Larretratezza della Russia di met Ottocento ha radici antiche, politiche e
sociali prima ancora che culturali. Solo a inizio Settecento, lo zar Pietro il
Grande impone la modernizzazione al suo impero chiuso e feudale, da sempre
esposto alle scorribande dei tartari da oriente, alle invasioni di templari e polacchi da occidente, alle minacce di turchi in meridione e con lunica certezza
dei mari ghiacciati a settentrione. Fonda la nuova capitale San Pietroburgo sul
mar Baltico, con viali e palazzi modellati su Parigi e Londra, con canali alla
maniera di Venezia. Dal 1730, le zarine che gli succedono, Anna e Caterina ii,
importano cultura, sviluppano un teatro di corte, invitano artisti di valore.
Arrivano danzatori e coreografi francesi, maestri di violino e di clavicembalo
tedeschi e inglesi, soprattutto cantanti e operisti italiani. La prima rappresentazione dopera curata da una compagnia italiana nel 1731 in un teatro
provvisorio eretto nel palazzo moscovita del Cremlino. Il nuovo teatro imperiale di San Pietroburgo ospita nel 1736 la prima opera buffa, La forza dellamore e dellodio, scritta dal napoletano Francesco Araja, subito nominato
maestro di cappella, autore di Cefalo e Procri (1755), la prima opera su libretto in lingua russa. Da met Settecento, San Pietroburgo una delle piazze
musicali pi importanti dEuropa. Vi risiedono e scrivono opere serie e buffe
gli italiani Galuppi e Sarti, Paisiello e Cimarosa. Passa anche Clementi, a promuovere presso la nobilt russa la vendita dei pianoforti prodotti in Inghilterra dalla fabbrica di cui socio. Si ferma lirlandese John Field, allievo di Clementi e modello per Chopin. Nei suoi trentanni di permanenza a San Pietroburgo e Mosca (1803-37) come insegnante e concertista, Field fonda una
scuola pianistica russa che d subito risultati strabilianti e che esiste tuttora.
La vita musicale in Russia comunque riservata a due poli. Al teatro
imperiale si rappresentano gli spettacoli per laristocrazia di corte. Nei palazzi di San Pietroburgo e di Mosca, le uniche grandi citt, orchestrine, pianisti
e cantanti intrattengono le feste e i banchetti. Nel resto dellimmenso impero
i contadini, ancora servi della gleba, trovano consolazione alla loro miseria
con il solo canto popolare, che ricchissimo. Infatti, il folklore russo nasce
dalla sovrapposizione di canti bizantini locali, modi gregoriani permeati da
occidente, melopee arabe, timbri e ritmi portati dai conquistatori asiatici,
memorie tribali autoctone.

552 VIII. Nazionalismi

Lassenza dei filtri culturali prodotti in Europa dal Rinascimento lascia


alla Russia dellOttocento un patrimonio di tradizioni popolari intatto e
originale. Gi a fine Settecento ne colgono limportanza i circoli intellettuali
della nuova Russia che sopportano sempre meno la colonizzazione occidentale. Prima ancora dei fratelli Grimm, di Arnim e Brentano in Germania,
lucraino Vasilij Trutovskij pubblica una raccolta di 80 melodie popolari (tre
volumi, 1776-93). Ne riprende lo spirito Nikolaj Lvov che, assieme al musicista Ivan Prach, nel 1790 pubblica una Collezione di canti russi con le loro
melodie dal successo immediato. una miniera senza fondo, cui attinge fra
i primi Beethoven (con il tema del Quartetto op. 59 n. 2), oltre a tutti i compositori russi venuti dopo. Lo stesso Lvov una figura polimorfa: principe
decaduto, ufficiale di cavalleria, viaggiatore e ambasciatore in tutta Europa,
architetto neoclassico, tecnico minerario, poeta sentimentale, traduttore in
russo da greco e latino, italiano e francese, inglese e tedesco. Per il suo amico
Estignej Fomin, scrive il libretto dei Cocchieri alla stazione di posta (1787),
uno dei primi Singspiel di scuola tedesca in lingua russa, nel quale spunta il
canto popolare Lusignolo nel campo, entrato nellOuverture su temi russi di
Balakirev, nella Quarta sinfonia di ajkovskij e in uninfinit di altri lavori
seriosi e leggeri.
Fomin, gi allievo di padre Martini a Bologna, nella sua dozzina di lavori
teatrali ancora legato alla tradizione occidentale. Cos anche Dmitrij
Bortnjanskij, educato da Galuppi in Italia, nella sua opera pi nota, Le Faucon (1786): il libretto in lingua francese tratto da una novella del Boccaccio
e la musica in linea con lo stile del teatro buffo italiano. Per lattenzione
che i due compositori russi iniziano a riservare al folklore nazionale ispira
Michail Glinka, nobile dilettante di musica e convinto assertore della necessit di creare un linguaggio nazionale. Glinka conosce bene Italia, Spagna,
Francia e Germania per avervi soggiornato. Incontra Rossini, Bellini, Donizetti, Berlioz. Nel 1836 scrive la prima vera opera russa, Una vita per lo zar.
La storia patriottica: nella Russia del Seicento, durante la gran cerimonia
dellincoronazione sulla Piazza rossa, il nuovo zar concede gloria postuma al
contadino Ivan che lo ha salvato dai perfidi polacchi. La forma combina
Singspiel tedesco con opera italiana. La musica vive di melodie e di colori
popolari russi. Lesecuzione ottima, perch curata da Catterino Cavos, veneziano naturalizzato russo, gi autore di un lavoro sullo stesso argomento
(Ivan Susanin, 1815), importatore di opere italiane e francesi nei quarantanni passati come direttore del teatro imperiale. Il successo entusiastico,
grazie anche alla perfetta sintonia con i letterati Pukin e Gogol, entrambi
impegnati a creare una lingua letteraria davvero russa e svincolata dai modelli francesi e inglesi. Glinka lancia un secondo esperimento, Russlan e Ludmilla (1842). Ladesione al testo e alla lingua (di Pukin) ancora pi forte, come

1874 Boris Godunov 553

pi intenso il ricorso alla melodia popolare, ai modi arcaici, ai colori orientali, ai ritmi esotici. Si diluiscono i rapporti con il melodramma italiano e si
stringono quelli con lopera fantastica e nazionale tedesca, dal Flauto magico
al Franco cacciatore. Ma sono cose ancora premature per Pietroburgo. Glinka
abbandona lopera e riprende a viaggiare. Nei 15 anni che gli restano scrive
una sola cosa importante su temi russi, Kamarinskaja (1848) per orchestra.
Nellammirazione di Glinka cresce Aleksandr Dargomyskij, ancora pi
convinto che la musica nazionale russa debba appoggiarsi sul declamato popolare e sulla nuova letteratura. Pi che nella fiaba triste dellondina Russalka
(1856), con la breve opera in tre atti Il convitato di pietra (1869) Dargomyskij
segue il criterio di applicare la musica, parola per parola, al dramma in versi
di Pukin ispirato alla vicenda di Don Giovanni. Non riesce a terminare, ma
il faticoso lavoro di composizione seguito passo passo dagli innovatori del
Gruppo dei cinque. Assieme a Borodin, il pi entusiasta Musorgskij che
abbandona i progetti in corso e nel 1868 inizia a lavorare a Boris Godunov, in
parte rimaneggiando il testo (incompiuto) di Pukin. Una prima stesura in
sette scene non accettata dal teatro imperiale. Con leliminazione della maledizione davanti a San Basilio e laggiunta di due nuove scene ambientate in
Polonia e di altri personaggi (fra cui il gesuita Rangoni e la donna Marina),
una versione con nove scene divise fra prologo e quattro atti esordisce nel
1874 a Pietroburgo con ripresa a Mosca. Si programma una ventina di rappresentazioni con lautore ancora in vita, ma il grande successo viene grazie
alla versione postuma, tuttora regina del repertorio, curata dallamico e collega Rimskij-Korsakov.
Dal 1872 al 1881 Musorgskij lavora a un altro progetto teatrale, Kovncina, una fosca vicenda in cui il boiardo principe Kovanskij trama mentre si
scontrano reazionari e riformisti nella Russia di Pietro il Grande. La vita
sregolata e i tanti dubbi artistici non gli consentono di andare oltre uno
spartito incompleto per canto e pianoforte. Ancora una volta Rimskij-Korsakov si occupa di completare la partitura, strumenta a modo suo, tempera
le armonie, taglia numerose scene. Lopera rappresentata nel 1886 ma
sorgono subito dispute sulla legittimit delloperazione. Nel 1913, su commissione dei Ballets russes di Diaghilev, Stravinskij riapre alcuni tagli e riscrive il finale. Nel 1959 ostakovi prepara una nuova versione che, con altre
varianti, ora la preferita in teatro.
Lo stesso Rimskij-Korsakov sincarica di completare Il principe Igor, cui
Borodin lavora per ventanni nel tempo libero che gli lasciano le ricerche di
chimica organica allAccademia di San Pietroburgo. Come per Boris, lidea
nasce durante la gestazione del Convitato di pietra di Dargomyskij. Attorno
alla vicenda del principe medioevale Igor, catturato e blandito dagli invasori
polovesi, fioriscono melodie e danze della madre Russia e dei popoli orien-

554 VIII. Nazionalismi

tali che si sovrappongono nei secoli. Il principe Igor va in scena postumo nel
1890, completato da Glazunov e Rimskij-Korsakov e da allora resta un caposaldo dellopera nazionale. Trova il suo grande successo internazionale nel
1951, a Broadway, rivisitato nel musical Kismet con la famosa melodia delle
Danze polovesiane trasformata nella canzone Stranger in Paradise, con la
voce di Bing Crosby.
Rimskij-Korsakov non tuttavia solo un rifacitore di teatro altrui. Accanto a una straordinaria produzione sinfonica, scrive una ventina di lavorisintesi del teatro musicale russo di fine Ottocento, che vive di fiaba e letteratura, canto popolare e cultura accademica, orgoglio nazionale e curiosit
cosmopolita, sensibilit sociale e satira del potere. Molti titoli sono gi un
programma: le favole La fanciulla di neve (1882) e Sadko (1898), soprattutto
le ironie dello Zar Saltan (1900) e del Gallo doro (1906), ispirate da racconti
dellimmancabile Pukin. Tutte le sue partiture hanno unorchestrazione
sfolgorante; per mai densa, alla maniera germanica; neppure intensa, alla
francese; invece leggera e nitida in tutti i suoi infiniti colori, talvolta beffarda,
sempre sorprendente. Non a caso ne fanno subito tesoro il maggiore allievo,
Stravinskij, e poco dopo il giovane ostakovi, allievo putativo. Ma non sempre lorchestra di Rimskij-Korsakov si adatta ai suoni severi e drammatici che
Musorgskij ha in mente per i suoi drammi. Forse funziona meglio il pessimismo cosmico dei rifacimenti che realizza nel 1960 il maturo ostakovi. E si
capisce anche perch negli ultimi decenni si ascolti sempre pi spesso la
versione originale di Boris Godunov, cupa e senza sole, preparata da un Musorgskij visionario e innovatore, innocente come il personaggio che chiude la
sua opera maggiore piangendo sulle rovine della patria distrutta.

Ascolti
M. Musorgskij, Boris Godunov (1869 & 1872 Versions), V. Gergiev, Kirov Opera & Orchestra, Philips 1999
M. Mussorgsky, Khovanshchina, C. Abbado, Wiener Staatsoper, dg 1990

Letture
R. Taruskin, Musorgsky: Eight Essays and an Epilogue, Princeton University Press, Princeton 1997
M. Frolova-Walker, Russian Music and Nationalism. From Glinka to Stalin, Yale University Press, New Haven 2007
M. Musorgskij, Musica e verit nellepistolario commentato da Andrej Nikolaevic RimskijKorsakov, a cura di F. DAmico, il Saggiatore, Milano 1981

1874 Quadri di unesposizione


Modest Musorgskij

Passeggiata Personaggi e immagini Come in Schumann Rubinstein e la scuola pianistica russa Islamey
Quadri di unesposizione Wood e i Proms Ravel
Altri trascrittori Horowitz e Richter
Procede con passo variabile, talvolta leggero, talvolta pesante. Si concede
piccole pause. Riprende il cammino con spirito diverso, ma sullo stesso percorso. La melodia che coordina il capolavoro pianistico di Modest Musorgskij non a caso sintitola Passeggiata. Accompagna il visitatore mentre
passa da una tappa allaltra visitando una mostra monografica di schizzi e
dipinti dellappena defunto architetto Viktor Hartmann (Gartmann). La
Passeggiata torna sette volte, variata ma ben riconoscibile. Restano immutati il ritmo e la melodia, cambiano le armonie e la densit della scrittura,
dunque il timbro. Non ha espliciti rapporti con il materiale musicale che
Musorgskij usa per evocare le singole immagini esposte. Tuttavia la Passeggiata serve da preparazione a ciascuno, a sua volta ne modifica la percezione.
Le immagini visive sono pure assai eterogenee, nellordine: il goffo e
contorto muoversi del gobbo in Gnomo; il canto sconsolato di un menestrello sulle rovine di un Vecchio castello; il gioco di bambini nei giardini
delle Tuileries; il pesante incedere del Bydo, carro polacco con grandi
ruote e trascinato da buoi; il Balletto dei pulcini nei loro gusci, che non ha
bisogno di ulteriori chiarimenti; i Due ebrei polacchi Samuel Goldenberg
e Schmule, il primo ricco e borioso, il secondo povero e lamentoso; il litigio
di massaie al Mercato di Limoges; lagghiacciante Catacombe che lautore qualifica, sul manoscritto, con la frase Lo spirito del defunto Hartmann mi conduce verso i teschi e li invoca: i teschi silluminano dolcemente
dallinterno; la passeggiata (ora intitolata Con mortuis in lingua mortua)
che porta allabitazione della strega nazionale russa Baba Yaga, una Capanna con zampe di gallina; la massiccia e imponente Grande porta di Kiev
che Hartmann progetta in stile rinascimentale russo.
Quadri di unesposizione lunico importante lavoro pianistico di Musorgskij, fra laltro legato a un fatto contingente, la morte dellamico Hartmann. Questi membro di quel piccolo gruppo dintellettuali che nella seconda met dellOttocento cerca di sprovincializzare la cultura russa e di
sottrarla allegemonia occidentale inventando valori nazionali attinti da
unimmensa tradizione artigianale. Diplomatosi alla Scuola delle belle arti di

556 VIII. Nazionalismi

San Pietroburgo nel 1861, vive in Francia, Italia, Germania. Torna in patria
e stabilisce forti rapporti damicizia e collaborazione con il Gruppo dei cinque musicisti, anche loro alla ricerca di unidentit nazionale russa, libera
dalla colonizzazione occidentale. La pi efficace e duratura testimonianza di
quellamicizia si ha quando Hartmann muore improvvisamente allet di 39
anni, il 23 luglio 1873. Il mentore Stasov detta un appassionato elogio funebre e organizza una mostra di acquerelli, schizzi e progetti dellamico scomparso. Musorgskij visita la mostra e ne ricava lispirazione per una composizione originale. Nel giro di pochi mesi pronta una raccolta di pezzi pianistici, appunto i Quadri di unesposizione, un originale incrocio fra suite e tema con variazioni.
Viene naturale ricondurre lintero lavoro allesempio di Schumann e dei
suoi cicli pianistici. La musica legata alle immagini disegnate da Hartmann
ha i caratteri di Kinderszenen e di Carnaval, con le componenti descrittive
che si uniscono a quelle metaforiche, interpretative. Le troviamo nei quadri
veri e propri: nelle contorsioni dello gnomo, nello strimpellare del trovatore
liutista sulle rovine del vecchio castello, nel battibecco fra massaie al mercato di Limoges, nelle oscurit misteriose delle catacombe, nelle allucinazioni
di Baba Yaga e infine nei pilastri monumentali e nelle campane della torre
della Grande porta di Kiev. Il descrittivismo lordito di questo grande
arazzo ma la trama sono le varianti sul tema della Passeggiata, costruite
appunto alla maniera degli Studi sinfonici di Schumann. Con la differenza
che il tema della passeggiata sempre ben riconoscibile e ha un carattere
russo che ovviamente manca nel tema di Schumann. E ci sono i personaggi,
come in Carnaval.
Anche il filo-occidentale Anton Rubintejn, stimato come fanciullo prodigio da Chopin e Liszt a Parigi, da Mendelssohn e Meyerbeer a Berlino,
sispira a Schumann, in particolare nella sua vasta produzione di sonate,
concerti e pezzi vari per pianoforte. Tant che, rientrato in Russia dalla
Germania, nel 1860 fonda il conservatorio di San Pietroburgo, da subito
fucina di compositori, violinisti e soprattutto pianisti dalla tecnica impeccabile che fissano livelli di qualit che valgono tuttora. Lidea di Rubintejn
di mantenere la continuit con la tradizione germanica e di usare melodie
russe per arricchire il sapore nazionale. Musorgskij, con il suo gruppo, non
daccordo. Crede che la musica russa debba essere diversa nella struttura
musicale, senza fronzoli e senza affettazioni, aspra nella sua voglia di verit
e di espressione. Non vuole che le scale pentatoniche, esatoniche, irregolari
come i ritmi e i colori della musica popolare russa siano semplici elementi
esotici in una struttura formale e armonica regolata da convenzioni straniere. Nellanno in cui finalmente vede rappresentato Boris Godunov, Musorgskij scrive quasi di getto questo capolavoro destinato a cambiare la

1874 Quadri di unesposizione 557

storia, non solo quella del pianoforte. Non importa se quanto ha in mente
appare barbarie ai raffinati ambasciatori del levigato pianismo in voga a
met Ottocento in tutta Europa e insegnato ai conservatori di San Pietroburgo e Mosca.
Nel Gruppo dei cinque il pianista pi dotato Balakirev, capace di scrivere quel travolgente pezzo di bravura che la fantasia orientale Islamey
(1869), ancora oggi alla portata di pochi. Come Schumann e a differenza di
Rubintejn, Musorgskij non un pianista virtuoso, anche se padroneggia
bene la tastiera. Esordisce, infatti, da dilettante, come intrattenitore nei salotti della piccola nobilt di cui fa parte, con un repertorio di pezzi di genere
importati dalla Germania e dimprovvisazioni su temi da opere italiane. Si
forma con lezioni private, senza la disciplina di un conservatorio che ancora
non c, guidato soltanto dalla sua fantasia e con una tensione espressiva
concentrata sul teatro, sulla letteratura di Pukin e Gogol, sul canto popolare. Di sicuro Musorgskij usa il pianoforte come mezzo immediato per
mettere su carta idee musicali, con le armonie corrette ma con il timbro ancora sospeso, curandosi poco delle specificit dello strumento, della fatica e
dei rischi che chiede allesecutore senza dargli una contropartita spettacolare. Il suo unico ciclo pianistico nasce per caso.
Forse consapevole delle difficolt di esecuzione e interpretazione, o della
provvisoriet della stesura, certamente distratto da altre cose, Musorgskij
lascia il manoscritto di Quadri di unesposizione nel cassetto. Lo ritrova
Rimskij-Korsakov fra le tante carte postume e lo fa pubblicare con poche
integrazioni nel 1886. Si accorge subito che la scrittura densa e angolosa
delloriginale chiama ad alta voce la strumentazione per grande orchestra,
che affida al suo allievo Mikail Tushmalov. Questa versione sinfonica eseguita per la prima volta nel 1891 in occasione del decennale della morte di
Musorgskij. Per altri ventanni, un minimo di circolazione alloriginale pianistico, in Russia e nel resto dEuropa, assicurato da concertisti minori.
Arriva anche a Londra e desta lattenzione di Henry Wood, animatore e direttore dei locali Promenade Concerts o Proms, una stagione in abbonamento che dal 1834 propone un programma misto di musica leggera e sinfonica
a un pubblico popolare. Wood ne assume la guida dopo una bella carriera
come direttore di opere teatrali e non senza aver reso omaggio ai luoghi
wagneriani di Bayreuth e Monaco di Baviera.
Sotto la conduzione di Wood, dal 1895 al 1944, le stagioni dei Proms riportano Londra nel ristretto cerchio delle capitali musicali mondiali con un
enorme repertorio tradizionale e una gran quantit di musiche nuove. Primeggia la nuova generazione di autori inglesi, in particolare Elgar, Delius,
Vaughan Williams, Britten. Wood riserva subito grande attenzione a Bruckner
e Mahler, Richard Strauss e Sibelius. Fresche dinchiostro, arrivano partiture

558 VIII. Nazionalismi

di Reger, Schnberg, Debussy, Ravel, Rachmaninov, Stravinskij, Bartk, Hindemith seguite da un pubblico attento, che arriva a sfiorare le diecimila unit
quando la sede dei Proms si trasferisce allenorme Royal Albert Hall (1941).
Sul podio salgono giovani direttori destinati a un grande futuro: Adrian
Boult, Malcolm Sargent, Thomas Beecham. Wood anche autore in proprio:
la sua Fantasia on British Sea Songs (1905) scritta in occasione del centenario
della battaglia di Trafalgar, fino al 2007 eseguita ogni anno in occasione
dellevento Last Night of the Proms. Wood ha una predilezione per la musica
russa e le sue interpretazioni di ajkovskij diventano mitiche: dirige la prima
inglese di Eugenio Onieghin (1892) e propone lintera produzione sinfonica
distribuita in diverse stagioni. La sua passione si estende a Rimskij-Korsakov,
Skrjabin, Glazunov. Scopre subito il giovane ostakovi.
Non sorprende che Wood colga le potenzialit sinfoniche dei Quadri di
Musorgskij, ascoltate da un pianista russo di passaggio. Decide di orchestrarli (1915). Il risultato tale che Serge Koussevitzky, gran capo della Boston Symphony, incarica Ravel di scrivere una nuova versione, in esclusiva
per lui. La scelta perfetta. Come Musorgskij, Ravel non un virtuoso della
tastiera. Usa il pianoforte come strumento di lavoro e calibra le difficolt
tecniche dei pezzi in funzione delle superiori abilit degli amici cui sono
destinati. Ravel compone sempre in termini di musica assoluta, grazie a una
sensibilit timbrica straordinaria. Possiede una specie di orecchio virtuale
per il volume e il colore timbrico delle note, che prova sul bianco e nero del
pianoforte. Proprio scrivendo uno dei suoi pezzi pianistici di pi difficile
esecuzione, la raccolta Miroirs (1905), Ravel si rende conto che la semplice
destinazione al pianoforte limita le potenzialit timbriche della sua invenzione musicale. Decide di strumentare due dei cinque pezzi che formano la
raccolta, Une Barque sur locan e Alborada del gracioso: il suo primo, vero
contatto con la grande orchestra. In seguito ripete loperazione con le altre
sue raccolte pianistiche Ma mre loye (1911) e Le Tombeau de Couperin
(1919). Per la tavolozza timbrica dellorchestra pensato il grande balletto
Daphnis et Chlo (1912).
Per tutto questo, diventa straordinaria la nuova versione di Ravel di Quadri di unesposizione, un capolavoro dentro il capolavoro, premiato da ininterrotta popolarit. Ravel scopre nellaspra scrittura di Musorgskij un caleidoscopio di colori nascosto in un ascetico bianco e nero. La prima Passeggiata squilla con la tromba e continua con varianti affidate a corni e legni
alternati (seconda), a tutti i bassi clarinetti, violoncelli, contrabbassi pi
tromba (terza), fiati argentini (quarta), violini sopracuti (quinta). Il moto
sgangherato di Gnomo per clarinetti, fagotti, archi bassi. Due fagotti
accompagnano e un sassofono canta nel Vecchio castello. Legni giocano
come i bambini nei giardini delle Tuileries. La tuba solista spinge il lento

1874 Quadri di unesposizione 559

muoversi del carro polacco Bydo. Leggerezze di strumentini (flauti, oboi,


clarinetti, fagotti) su arpe fanno il Balletto dei pulcini. La grande orchestra
rappresenta lebreo ricco Samuel Goldenberg e il povero Schmule. Svolazzare di violini e controcanti di flauto sono il battibecco fra donne al mercato.
Ottoni che nelle catacombe si alternano tra fortissimo con tre effe, fff, e piano, come nella cinquecentesca Sonata pian e forte di Giovanni Gabrieli.
Stridori di violini e salmodiare di legni in Con mortuis in lingua mortua sono
una variante di Passeggiata (sarebbe la sesta ma qui quinta, perch Ravel
esclude la quinta pianistica). Il passo sghembo della strega nazionale Baba
Yaga prelude al tripudio di ottoni della Grande Porta di Kiev.
La versione di Ravel fa epoca. Scaduta lesclusiva per Koussevitzky, gli
altri grandi direttori si affrettano a inserirla in repertorio. Leopold Stokowski
la presenta subito con la Philadelphia Orchestra. Il suo immediato successore, ugene Ormandy, vuole una versione personalizzata e la commissiona al
professionista Lucien Cailliet (1937). Leopold Stokowski risponde scrivendone una di proprio pugno, che esalta il carattere slavo aggiungendo altri
ottoni e percussioni (1939). Da Londra risponde Walter Ghr, allievo di
Schnberg e transfuga da Berlino, con una versione pi sobria e germanica
(1942). Non mancano due grandi bacchette russosovietiche: Evghenij Svetlanov e Nikolai Golovanov, pi il compositore Sergej Gorakov (1954). Per
proprio uso ne realizza una il ceco Vclav Smetek e introduce varianti litaliano Toscanini. Negli Stati Uniti mette insieme varie versioni Leonard Slatkin
(2004). Il russo di nascita, ma cosmopolita per professione, Vladimir Akenazij
valorizza la sua sensibilit di ottimo interprete delloriginale per pianoforte
con le successive esperienze di direttore di grandi orchestre: la sua versione
(1982) trasparente e ricca di sfumature, meno debordante di tante altre.
Non mancano trascrizioni parziali o complete per jazz band (Duke Ellington), chitarra (Andrs Segovia), organo, arpa eolia, e neppure versioni rock.
La trascrizione pi intrigante per quella del 1946 di Vladimir Horowitz, per pianoforte solo. Sono tante e tali le varianti timbriche e testuali
rispetto alloriginale da farne un lavoro nuovo. Valga per tutte laggiunta di
sfacciati campanelli alle seriose campane e ai campanoni della Grande porta di Kiev. il supremo virtuoso Horowitz che d una veste strumentale
davvero pianistica alle intuizioni di Musorgskij, come fanno Rimskij-Korsakov nel teatro dopera e Ravel nellorchestra sinfonica. Horowitz comunque uno dei concertisti di pianoforte che, sullonda delle fortunate versioni
orchestrali, stabilmente inserisce i Quadri di unesposizione in repertorio e li
impone nelle sale da concerto di tutto il mondo, con le varianti del caso. La
versione pi fedele al testo originale e la migliore interpretazione del suo
spirito comunque quella di Sviatoslav Richter.

560 VIII. Nazionalismi

Ascolti
M. Mussorgsky, Pictures at an Exhibition, S. Richter, PolyGram 1990
M. Mussorgsky, Pictures at an Exhibition, V. Horowitz, rca 1990
M. Mussorgsky, (M. Ravel), Pictures at an Exhibition, F. Reiner, Chicago Symphony Orchestra, rca 2004

Letture
R.P. Bolton, For Victor, Smashwords, Los Gatos 2011
F. Maes, A History of Russian Music: From Kamarinskaya to Baby Yar, California University Press, Berkeley 2002
J. Klein, Mussorgskys Pictures at an Exhibition: A Comparative Analysis of Several Orchestrations, Stanford University Press, Palo Alto 1980

1875Carmen

Georges Bizet
Nietzsche scopre Carmen Una donna libera Musica
per il libretto Bizet e il teatro Offenbach e loperetta
Gounod e lopera leggera Gli insuccessi di Bizet Meilhac
e Halvy Fortuna postuma di Carmen Saint-Sans,
Massenet, Delibes Fine del grand-opra francese Verismo italiano Teatri e opere nazionali

Questa musica mi sembra perfetta. Avanza leggera, duttile, cortese. Sa essere maligna, raffinata, fatale, rimanendo sempre popolare. ricca, precisa.
Costruisce, organizza, giunge al suo termine: cos fa da antitesi al polipo
nella musica, nella melodia infinita. E altrove: Quello che dico di Bizet
non devi prenderlo sul serio, cos come io sono. Bizet non affatto per me.
Ma quale ironica antitesi a Richard Wagner fa grandissimo effetto. Le affermazioni di Friedrich Nietzsche non sono casuali. Il filosofo tedesco
anche capace musicista, autore di composizioni vocali e ottimo pianista.
Scrive queste cose non (solo) per astio nei confronti del rinnegato amico
Wagner, ma perch convinto del valore dellopera di Bizet. Scopre Carmen
nel 1881 e la vede in teatro per almeno 20 volte a Genova e a Torino. Lo
entusiasmano la velocit dellazione e la discontinuit del discorso musicale.
Capisce la portata delloperazione teatrale e anche il senso della musica. Gli
piacciono il cinismo di Bizet e la tecnica drammatica dei librettisti, Henri
Meilhac e Ludovic Halvy, che rivoltano il pur eccellente racconto di Prosper Mrime da cui tutto inizia. Nietzsche intuisce, probabilmente, il processo creativo che sta alla base di una delle opere teatrali pi rappresentate
e amate.
La vicenda facile da riassumere. Il provinciale sergente della finanza
don Jos sedotto dalla sigaraia zingara Carmen. Per lei abbandona i legami
familiari (la madre lontana, la vicina fidanzata Micaela), finisce in galera,
diserta e si aggrega a una banda di contrabbandieri, perde il senno per gelosia. Don Jos torna in citt, non sopporta il nuovo legame di Carmen con il
torero Escamillo. La uccide allingresso dellarena, proprio quando il rivale
abbatte il toro in una trionfale corrida. Non una storia damore. Carmen
una donna libera, che bada ai suoi interessi e al suo mestiere. Don Jos un
illuso che non capisce e che si perde. Sono speculari rispetto ai due protagonisti le figure di Micaela e di Escamillo, che i bravi librettisti innestano sulla
trama originale di Mrime. Sivigliani di citt e contrabbandieri di montagna

562 VIII. Nazionalismi

sono un rinnovato coro da tragedia greca, che commenta e non partecipa. Il


linguaggio diretto e popolare, senza compiacimenti letterari.
Bizet partecipa alla stesura del libretto e compone la musica in funzione
delle singole scene. Non simmedesima con i personaggi, piuttosto li osserva
e li descrive. Non cerca temi specifici per don Jos o per Carmen. Scrive una
partitura priva di complicati motivi conduttori e frastagliata da lampi melodici di presa immediata. Non esita a ricorrere a musiche altrui: la famosa aria
che Carmen canta nel primo atto (Habanera: Lamour est un oiseau rebelle) copiata dallo spagnolo Sebastin de Iradier, autore (forse) anche della
fortunatissima canzone La paloma (1852 circa). Bizet integra la partitura in
tempo reale, durante le prove: inventa il celeberrimo canto di Escamillo
(Torador, en garde) allultimo momento, per sedurre un pubblico che
simmagina poco raffinato. teatro puro, antitesi dellopera darte totale
teorizzata (e non applicata) da Wagner.
Carmen non , infatti, destinata allaristocratico teatro dellOpra, ma a
quello popolare dellOpra-Comique, dove si rappresentano lavori di facile
presa, con storie semplici e melodie gradevoli. La comprensione delle vicende garantita dalle lunghe parti recitate che raccontano e commentano.
I suoni e i canti scavalcano appena la linea dombra che separa lopra-comique dal dramma teatrale con musiche di scena, assai diffuso nella Parigi
dellOttocento. Non a caso, lo stesso Bizet autore di ben 27 numeri musicali (intermezzi, cori, canti, danze per piccola orchestra) da inserire nelle
rappresentazioni di LArlsienne di Alphonse Daudet al Thtre du Vaudeville (1872). Quel teatro, attivo fin dal 1792, prende il nome da un nuovo
genere di spettacolo leggero con canzoni e ballabili fra i dialoghi parlati di
drammi e commedie. Passano alla storia le rappresentazioni, sulla sua scena, della Signora delle camelie di Dumas figlio, con funzionali musiche di
scena di douard Montaubry. Verdi assiste nel 1852 e inizia a pensare alla
Traviata.
Nella Parigi del Secondo impero furoreggia anche il nuovo genere delloperetta. Si rappresenta al Thtre des Bouffes-Parisiens, fondato nel 1855 da
Jacques Offenbach, violoncellista e compositore tedesco di Colonia, parigino dadozione. un tipo di teatro musicale derivato dal Singspiel che in
Germania ha gran successo con Zar e carpentiere (1837) di Albert Lortzing,
Le allegre comari di Windsor (1849) di Carl Otto Nicolai, Il barbiere di Bagdad (1858) del lisztian-wagneriano Peter Cornelius. Offenbach traduce in
lingua francese, aggiunge arguzie e ironie, incanta con una fluviale produzione di oltre 100 titoli. satira dellipocrisia di corte e festa di anticonformismo, con musica scoppiettante e balli di ogni sorta, can can e valzer, con
orchestrazione leggera e brillante. Ha i vertici in Orphe aux Enfers (1858),
La belle Hlne (1864), La Vie parisienne (1866), La Grande-Duchesse de

1875 Carmen 563

Grolstein (1867). Per, in Francia, loperetta vive solo gli anni del Secondo
impero e muore con lavvento della terza repubblica. Offenbach uno dei
primi a tenerne conto. Si dedica allopera fantastica e imposta il suo capolavoro, Les Contes dHoffmann, ispirato ai personaggi del sulfureo teorico del
primo Romanticismo. Lopera resta incompiuta (1880), ma la Barcarola
del quarto atto, recuperata da unoperetta precedente, la consegna al repertorio dei teatri di tutto il mondo, al di l delle diatribe musicologiche sui
modi in cui completata e rappresentata.
Loperetta continua felicemente nella Vienna imperiale, dove la importa
il cosmopolita Franz von Supp, che riproduce una trentina di volte il modello di Offenbach, con punte di eccellenza in Cavalleria leggera (1866) e
Boccaccio (1879). Subito Johann Strauss jr ne fa il contenitore ideale per i
valzer che lo rendono famoso e ne ricava capolavori: Il pipistrello (1874),
Una notte a Venezia (1883), Lo zingaro barone (1885), Sangue viennese
(1899). Non pi parigina, loperetta diventa viennese e con Franz Lehr
scavalca lOttocento (La vedova allegra, 1905) e sopravvive al disfacimento
dellimpero (Il paese del sorriso, 1929). In parallelo, sempre sulla lezione di
Offenbach, loperetta cresce vigorosa a Londra, grazie allaccoppiata fra il
librettista William Gilbert e il musicista Arthur Sullivan: oltre 75 commedie
musicali dalla comicit britannica, apprezzate tanto da George Bernard
Shaw e Oscar Wilde quanto dal popolino britannico, esportate in tutto il
mondo con The Mikado (1885) campione dincassi. Il musical americano del
Novecento, Jerome Kern (Show Boat, 1927) e George Gershwin (Porgy and
Bess, 1935), prende le mosse da qui.
Nella sua frenetica e assai disordinata ricerca di successo, Bizet prova
anche loperetta, senza molta fortuna. Scrive per il teatro di Offenbach Le
Docteur Miracle (1857), Malbrough sen va-t-en guerre (1867) e Sol-si-r-pifpan (1872, perduta, forse distrutta) che vanno in scena ma non restano in
repertorio. Bizet non trascura lancora vivo genere del grand-opra, dove la
concorrenza tuttavia fortissima. Nel 1863, pur contrastato e incompreso,
Berlioz presenta al Thtre Lyrique il suo colossale Les Troyens. Lultimo
capolavoro di Giacomo Meyerbeer, LAfricaine, debutta allOpra nel 1865.
Bizet ci prova con Ivan iv (1865) che lOpra respinge. Restano incompiuti
numerosi altri progetti a fondo storico accarezzati fra 1862 e 1871. Diventa
amico e collaboratore di Charles Gounod, che propone un modello di teatro
pi leggero e intimista, senza clamorosi colpi di scena e attento ai sentimenti dei personaggi, appoggiato su storie note di grandi letterati (Goethe,
Shakespeare) adattate da sapienti librettisti (Scribe su tutti) ai gusti di un
pubblico poco raffinato. Il suo Faust, rifiutato dallOpra perch non abbastanza spettacolare, esordisce in sordina nel 1859 al Thtre Lyrique e inizia
il suo cammino trionfale con la ripresa nel 1862, che lo porta subito nei

564 VIII. Nazionalismi

maggiori teatri mondiali, compresa la ravveduta Opra, previo inserimento


del balletto dordinanza.
Bizet tiene conto del modello di Gounod e ottiene un parziale successo
con Les Pcheurs de perles (1863), grazie al delicato lirismo dellinsieme e
alla romanza Je crois entendre encore, che entra nel repertorio di ogni
tenore lirico-leggero che si rispetti, da Enrico Caruso a Tito Schipa, da Beniamino Gigli a Ferruccio Tagliavini, da Leopold Simoneau a Roberto Alagna. C magnifica estensione nellarea pop, con le voci di Alison Moyet e
David Gilmour dei Pink Floyd. Les Pcheurs sparisce presto dalle scene parigine e poco sopravvive unaltra opera, La Jolie fille de Perth, da Walter
Scott, rappresentata nel 1867 al Thtre Lyrique, ambiziosa, ma priva di
lampi. Bizet non riesce a sfondare neppure nel genere ibrido dellopra-comique: Djamileh, un atto solo, da un racconto di Alfred de Musset (Namouna, 1832). Lambientazione in un Egitto lontano e una musica che ammicca
modalit orientaleggianti e cantilene arabe non conquistano il pubblico parigino, pur tanto sensibile allesotismo. Djamileh va in scena nel 1871 ma
viene ritirata dopo sole dieci rappresentazioni e a Parigi resta negli archivi
fino al 1938. In area tedesca, la apprezza Mahler, che la propone ad Amburgo (1892) e per una ventina di volte a Vienna (1898-1903). Richard Strauss
trae lispirazione per Arianna a Nasso (1912) e per le sue opere di ambientazione esotica La donna senzombra (1914) ed Elena egizia (1928).
I tanti insuccessi deprimono Bizet, che soffre la concorrenza del conservatore Thomas (Mignon, 1866; Hamlet, 1868), convertito al modello di
Gounod. Nel 1874 gli arriva la commissione della nuova opera, appunto
Carmen, da parte dellimpresario del Thtre Lyrique che cerca di rinnovare
il successo di Faust. Finalmente cristallizzano le esperienze tanto varie quanto poco fortunate. Il libretto affidato alla collaudata coppia MeilhacHalvy, cui si deve almeno una dozzina di operette di Offenbach, pi Il pipistrello di Johann Strauss jr e Manon di Jules Massenet. La lunga preparazione teatrale consente di oliare i meccanismi drammatici e di affinare la partitura. Il risultato una sequenza di passaggi parlati che intercalano brevi
scene in cui i personaggi cantano di regola da soli, con pochi pezzi dassieme
(un quintetto nel secondo atto, un terzetto nel terzo) alternati con frequenti
cori e passaggi orchestrali. Appunto come avviene nelle musiche di scena.
Lambientazione a Siviglia serve per sfumare e distanziare lo squallore dei
luoghi e dei personaggi. Bizet ammette di non essere interessato al folklore
gitano e sivigliano. Il colore spagnolo della sua musica frutto di una veloce
scorsa a raccolte di canzoni trovate in biblioteca, compresa lHabanera di
Iradier.
Alla prima del 3 marzo 1875 sono presenti letterati (Dumas figlio,
Alphonse Daudet) e musicisti (Gounod, Massenet, Delibes, Offenbach),

1875 Carmen 565

tutti favorevoli. Incerta e divisa la critica. Il dissenso verte sullorchestrazione che sembra soverchiare le voci, sulla sua autonomia rispetto allormai
prevalente modello wagneriano, soprattutto sulla rappresentazione della
protagonista e sul realismo quasi brutale, con finale assassinio in scena. Sono
queste, invece, le qualit che esaltano Nietzsche e il pubblico di tutto il mondo. Decollata in modo incerto a Parigi, Carmen trionfa nellottobre dello
stesso anno a Vienna e inizia la sua corsa nei massimi teatri lirici. Bizet, per,
scompare nel giugno dello stesso 1875 e la trasformazione dei dialoghi parlati in recitativi con musica predisposta dallamico Ernest Guiraud. Si
ammorbidiscono cos la brutalit della vicenda e loriginale distacco fra
musica e parola. Carmen si riavvicina allopera tradizionale, ma non perde la
qualit straordinaria del suo linguaggio orchestrale.
Limpatto sul modo di scrivere musica per il teatro enorme. Finisce il
grand-opra e anche il melodramma lirico proposto da Gounod si orienta a
un maggiore realismo. La bravura di Bizet nel combinare una storia dura di
amore e di coltello con una musica trasparente, fatta di suoni cristallini e di
leggerezza ironica, si riversa in Manon (1884) e Werther (1886), i capolavori
dellammiratore Massenet. Continua, vitalizzato da Carmen, il gusto francese per lambientazione esotica. Un caso esemplare Samson et Dalila (1877)
di Camille Saint-Sans, in cui tutto si tiene. La storia si basa sul tipico triangolo fra tenore forzuto (Sansone), soprano sensuale (Dalila), baritono cattivo
(Sommo sacerdote). I classici tre atti sono veloci. Lambientazione biblica e
il netto taglio delle scene sono figlie del Verdi lontano (Nabucco, 1842) e di
quello vicino (Aida, 1871). Le danze sono trasformate in baccanale. Lefficace orchestrazione e il moderato uso del Leitmotiv rendono il dovuto omaggio a Wagner e Liszt. Tutta francese leleganza di un canto mai frammentato e nemmeno continuo, con la conturbante aria della seduzione (Mon
cur souvre ta voix) posta al centro del secondo atto, cio dellintera
partitura. Opera eclettica e davvero cosmopolita, ha la sua prima rappresentazione a Weimar e raggiunge il successo in patria solo dopo quello internazionale. Ancor pi esotico Lakm (1883), il capolavoro operistico di Lo
Delibes, gi fortunato autore dei balletti Copplia e Sylvia. Ricavata da un
racconto di Pierre Loti, ambientata nellIndia coloniale, la delicata storia
dellamore impossibile fra la figlia del bramino e lufficiale inglese termina
col suicidio di lei e si traduce in un memorabile intarsio di musica e canto che
ha i suoi momenti deliziosi nel Duetto dei fiori e nei gorgheggi per soprano leggero nellAria dei campanelli.
Anche il prolifico Jules Massenet guarda allesotico dOriente con Le Roi
de Lahore (1877) e Thas (1894), ma non dimentica la sensibilit parigina per
la musica di Spagna (Le Cid 1885); addirittura rivisita il suo tradizionale
naturalismo francese alla luce del verismo italiano (La Navarraise, 1894). Il

566 VIII. Nazionalismi

favore del pubblico verso il veloce teatro dazione orienta una generazione
intera di musicisti a comporre drammi realisti, in particolare fra gli italiani
che cercano distacco dal teatro di Verdi: i capisaldi della scuola verista Cavalleria rusticana (1890) di Pietro Mascagni, Pagliacci (1892) di Ruggero
Leoncavallo, LArlesiana (1897) di Francesco Cilea finiscono con omicidi e
suicidi per amore, sempre in scena. il terreno da cui germoglia il nuovo
melodramma di Giacomo Puccini.
Levoluzione e la fortuna del teatro dopera nel secondo Ottocento sono
favorite anche dalla disponibilit di teatri nuovi e moderni. Nelle capitali si
costruiscono: Boloj a Mosca (1856), Coln a Buenos Aires (1857), Covent
Garden a Londra (1858), Mariinskij a San Pietroburgo (1859), Palais Garnier a Parigi (1861-75), Staatsoper a Vienna (1869), Operahz a Budapest
(1875-84), Teatro Nazionale a Praga (1883), Metropolitan Opera a New
York (1883). Ciascun teatro, soprattutto se lontano dalle capitali di sempre,
ospita il repertorio internazionale, ma tende a privilegiare gli autori locali. In
Russia non ci sono solo lopera nazionale di Musorgskij e Rimskij-Korsakov
e quella ormai internazionale degli italiani e dei francesi. Hanno un ruolo
importante anche le opere ibride di Anton Rubintejn (Demon, 1875) e
soprattutto di un ajkovskij, capace di una sintesi perfetta fra i diversi linguaggi con Eugenio Onieghin (1879) e La dama di picche (1890), che entrano
subito nel circuito internazionale. Le pulsioni irredentiste della Boemia trovano a Praga la musica nazionalpopolare di La sposa venduta (1866), Dalibor
(1868), Libue (1881) di Smetana cui si aggiunge Rusalka (1901) di Dvok.
In Polonia il teatro nazionale di Stanislaw Moniuszko (Halka, 1860; Paria,
1869) ruota attorno alla scuola europea di Mendelssohn e quella russa di
Musorgskij e Rimskij-Korsakov. In Inghilterra come nellimpero austroungarico trionfa loperetta. In Italia dilaga il verismo e accanto cresce la stella di
Puccini. In Germania il peso di Wagner di fatto annichilisce il teatro: serve
Richard Strauss (Salome, 1905) per ricominciare. La Francia ha in Massenet
il segno della continuit, in Debussy (Pellas et Mlisande, 1902) la rottura e
linnovazione.

Ascolti
G. Bizet, Carmen, T. Beecham, Chur & Orchestre National de la Radiodiffusion
Franaise, emi 2000
J. Offenbach, Anne Sofie von Otter sings Offenbach, A.S. von Otter, M. Minkowski, dg
2002
J. Strauss ii, Die Fledermaus, C. Kleiber, Bayerisches Staatsorchester, dg 2004

1875 Carmen 567

Letture
W. Dean, Bizet, edt, Torino 1980
S. McClary, Georges Bizet: Carmen, Cambridge University Press, Cambridge 1992
S. Kracauer, Orpheus in Paris: Offenbach and the Paris of His Time, Vienna House, New
York 1972
C. Crittenden, Johann Strauss and Vienna: Operetta and the Politics of Popular Culture,
Cambridge University Press, Cambridge 2006
C. Williams, Gilbert and Sullivan: Gender, Genre, Parody, Columbia University Press,
New York 2012

1876 Lanello del nibelungo


Richard Wagner

Un mi bemolle grave Canto del Medioevo Anello spezzato Prima il testo, poi la musica Oro del Reno e La
valchiria Le discontinuit di Tristano e Maestri
cantori Sigfrido e Crepuscolo degli di La conversione di Parsifal Chiusura circolare su Lohengrin
Eterno ritorno e minimalismo novecentesco
Come in un organum di primo Duecento della parigina Scuola di NotreDame, dietro alla musica sta un numero, in questo caso il 4. Si parte per
da 1, perch un suono profondo e immobile, quasi infinito, sostiene lintera
costruzione. un mi bemolle grave di 4 contrabbassi raddoppiato allottava superiore da altri 4. Dopo 4 battute, sulle stesse note, si aggiungono 3
fagotti. Passano altre 8 battute di completa immobilit e, uno per volta, si
sovrappongono 8 corni, con altrettanti richiami (sempre di 4 battute) che
salgono verso lalto, fatti con le note successive della scala naturale della
tonalit di mi bemolle maggiore. Il fluire degli archi (prima violoncelli, poi
viole, poi violini), lintervento di flauti, clarinetti e oboi portano variet e
chiarore. Il suono si frammenta, diventa formicolio ma nulla si muove: resta
il principio ordinatore dei segmenti di 4 battute, larmonia ferma sulle
note importanti della tonalit dimpianto, altri ottoni rafforzano il grave
bordone di mi bemolle iniziale, sempre continuo, immobile. Il ritorno al
meraviglioso e pulviscolare Sederunt principes (anno 1198) del medioevale
Protin non potrebbe essere pi esplicito.
Apre con questo preludio Loro del Reno (Das Rheingold), atto unico in
quattro quadri che Richard Wagner pone allinizio della tetralogia Lanello
del nibelungo (Der Ring des Nibelungen), la sua pi ambiziosa e complessa
costruzione teatrale. Tornando agli albori, con il precedente delle sistemazioni teoriche e pratiche sviluppate dal Rinascimento in poi, Wagner vuole
rinnovare le radici sotterranee della musica occidentale e legittimare cos
quanto, della sua concezione del linguaggio dei suoni, appare alla luce del
sole. Loperazione continua con il canto che, nellOro del Reno, come in
tutte le altre opere mature di Wagner, prende a modello lo stile degli antichi
cantori tedeschi, i Minnesnger del Trecento e i Meistersnger del Cinquecento. Ciascuno canta la sua melodia, di regola lunga, non fiorita da abbellimenti, non interrotta dagli altri personaggi che, pazienti, attendono il loro
turno. Sono esclusi i pezzi dassieme, che ricordano il melodramma italiano

1876 Lanello del nibelungo 569

e il deprecato grand-opra francese. Sono rari i duetti, pur tanto efficaci sul
piano drammatico. Per Wagner importante che si capisca quel che si dice
in scena, contano la parola e il suo significato. Si torna alla pratica della
Camerata fiorentina che, a fine Cinquecento e prima della rivoluzione operistica dellOrfeo di Claudio Monteverdi, vede nel recitarcantando il ritorno alla purezza del teatro greco e il fondamento della moderna arte della
rappresentazione. Il rispetto per il testo torna a determinare la scrittura
musicale per il semplice fatto che qui teorico, poeta e musicista coincidono,
perch Wagner si occupa di tutto. Ma lo fa in modo diacronico. E questo
risolve ogni problema di coerenza, allinsegna della libert di contraddirsi
connaturata a ogni artista che si rispetti.
Infatti, sono almeno quattro i personaggi che riconosciamo nelluomo
Wagner. La biografia ci tramanda un figuro scaltro e profittatore, megalomane e dissipatore, incapace di veri affetti e destinato a morire solo. Come
teorico dellopera darte totale, Wagner concentra la sua attivit negli anni
dellesilio svizzero, quindi dopo il completamento di Tannhuser e Lohengrin, prima di Tristano e Isotta. Lesperienza barricadiera a fianco dellanarchico Bakunin e larresto dellattivit compositiva per assoluta mancanza
di commissioni di nuove opere gli ispirano i trattati Larte e la rivoluzione
(1849), Lopera darte dellavvenire (1850), Opera e dramma (1850-51), oltre allo scellerato libello Il giudaismo nella musica (1850). La parziale attenuazione del fuoco polemico viene con la scoperta nel 1854 del Mondo
come volont e rappresentazione di Arthur Schopenhauer, che gli serve a
superare il tema della redenzione grazie al sacrificio delleterno femminino
(Senta, Elisabetta, Elsa alle prese con lOlandese, Tannhuser, Lohengrin)
e lo convince che la morte di entrambi gli amorosi lunico rimedio per
lamore contrastato (Isotta e Tristano, Sieglinde e Siegmund, Brnnhilde e
Siegfried). Poi cavalca lottimismo pangermanico con una nuova Musica
dellavvenire (1860) e Arte e politica tedesca (1867). Non ha teorie per la
conversione mistica degli ultimi anni, cui appena accenna nella fluviale
autobiografia La mia vita (uscita postuma nel 1911). Come poeta, Wagner
sempre il librettista di se stesso. Usa una lingua che guarda al passato,
volutamente arcaica, antimoderna. Non scava nella tradizione altotedesca
per dare una poesia e una cultura nazionale a uno stato ancora diviso, come
mezzo secolo prima di lui fanno Goethe, Herder, Schlegel, Novalis, Tieck.
Rifiuta il presente e vuole essere lerede unico dei cantori anonimi che
hanno forgiato lo spirito dei popoli nordici, cos lontano da quello dei latini (francesi e italiani). Nei suoi versi prende a modello le leggende
dellEdda, la storia dei nibelunghi, le trame del Walhalla, la purezza degli
eroi, i misteri delle foreste infinite, dei ghiacci e dei vulcani della lontana
Islanda.

570 VIII. Nazionalismi

Wagner traduce il tutto nellAnello del nibelungo, che imposta in prosa


nel 1848, prima della rivoluzione di Dresda che lo trova accanto allanarchico Bakunin. Nel 1850 completa a Zurigo il poema Morte di Sigfrido e si accorge che servono antefatti. Con curioso processo retroattivo, scrive i versi
per Il giovane Sigfrido (1851), quindi la storia di sua madre Sieglinde, La
valchiria, e, da ultimo, il prologo allintera vicenda, Loro del Reno. Nel 1853
sono pronti e stampati i libretti per quattro opere distinte ma interconnesse,
con titolo cumulativo Lanello del nibelungo. Proprio perch collazione di
tante fonti diverse, la vicenda complessa e difficile da riassumere. Il motore la fame di ricchezza e di potere che contamina tutti, umani e divini.
Inizia la composizione della musica.
Nel prologo (Loro del Reno), il nibelungo Alberich ruba loro sacro dalle
acque del Reno. Loro per gli sottratto dal divino Wotan e usato per pagare il debito con i giganti Fasolt e Fafner che hanno costruito la splendida
reggia del Walhalla. La prima giornata (e seconda opera: La valchiria) racconta delleroe maledetto Siegmund che, fuggendo nella foresta al suo destino, incontra la bella Sieglinde. Non sa che sua sorella. I due passano una
notte damore ma al mattino lui ucciso in duello dal di lei marito Hunding.
Vincerebbe Siegmund, se la sua spada non fosse spezzata dalla lancia del
supremo dio Wotan costretto a intervenire dalla moglie Fricka, custode dei
sacri doveri della decenza e del matrimonio. Incinta di Siegfried, la disperata
Sieglinde salvata dalla valchiria Brnnhilde, figlia di Wotan. Obbligato
dalle convenzioni, il padre deve punire la figlia e la addormenta sulla cima di
un monte, protetta da una cortina di fuoco. Nella seconda giornata (e terza
opera: Sigfrido) il figlio del peccato forgia di nuovo la spada spezzata del
padre, uccide il gigante Fafner che si trasformato in drago per proteggere
loro fatale, supera la barriera del fuoco e conquista la felice Brnnhilde. Ma
nel corso della terza giornata (e ultima opera: Il crepuscolo degli di) Siegfried
si fa lusingare da nuove avventure e irretire dai perfidi Hagen e Gunther,
tradisce Brnnhilde con linnocente Gutrune, colpito alle spalle nel suo
unico punto vulnerabile, quello non bagnato dal sangue del drago ucciso.
Brnnhilde si getta sulla pira che brucia Siegfried, mentre crolla il Walhalla
con tutti i suoi di infingardi e il Reno esonda per riprendersi loro maledetto. Il mondo intero finisce, senza speranza, sulle parole delle ondine che
esultano per loro ritrovato.
Che lezione etica o filosofica si possa trarre dal testo dellAnello non si sa
bene, tanto che trovano spazio interpretazioni anarchiche, naziste, anticapitalistiche, filoborghesi. Limmenso materiale narrativo assemblato obbliga a
continue spiegazioni e chiarimenti. Il lessico ostico. Molti eventi hanno
cause oscure. Non detto che Wagner poeta e librettista renda un buon servizio a Wagner musicista. Di sicuro fra i due c poca collaborazione. Manca

1876 Lanello del nibelungo 571

del tutto il rapporto interattivo, per esempio, di Verdi con i suoi librettisti
Piave e Boito, di Bizet con il duo Meilhac-Halvy. In questo caso, il musicista
non osa contestare il poeta. Prima viene il testo, poi la musica. Anche nella
cronologia. Finito e pubblicato a stampa il poema/libretto, Wagner scrive
musica per oltre ventanni quasi senza alterare il testo originale. Inizia la
composizione nel 1853, partendo dal libretto pi recente, Loro del Reno.
Fra il 1854 e il marzo del 1856 completa La valchiria. Scrive subito i primi
due atti di Sigfrido ma sinterrompe per dedicare i due anni successivi a Tristano e Isotta. Per altri cinque anni si occupa di unopera nuova, I maestri
cantori di Norimberga. Riprende Sigfrido solo nel 1864 per terminarlo sette
anni dopo. Quando affronta Il crepuscolo degli di, nel 1871, si ritrova a
mettere in musica il libretto completato per primo, ben ventanni prima, in
un tempo tutto diverso, quando la scelta di evitare i luoghi del melodramma
italiano e del grand-opra francese non ancora radicale. C un quasi concertato nel terzo atto e molti passaggi suggeriscono pezzi chiusi alla maniera dellopera italofrancese. Sincontrano perfino le aborrite arie e romanze. Il poeta Wagner interviene solo in modo marginale. Anzi, cambiando
alcune parole di Brnnhilde davanti al rogo, amplifica le ambiguit sul significato ultimo dellintera operazione.
Il musicista Wagner risolve invece da par suo, in modo geniale. Rispetta
il senso del discorso e la natura delle parole attribuendo loro un declamato
melodico assai lineare, che spesso riecheggia modi medioevali e che non eccede in cromatismi, appunto come immagina si esprimessero i mitici cantori
delle saghe remote. Conservatore con le voci, Wagner per rivoluzionario
con gli strumenti dellorchestra, cui affida la narrazione della storia e le emozioni dei protagonisti. La chiave di volta il principio del motivo conduttore
o Leitmotiv. Wagner sa di non esserne linventore e riconosce a Weber (e in
parte a Berlioz) la giusta priorit. Per il primo a sfruttarlo con caparbia
sistematicit. Lo collauda nellOlandese volante, in Tannhuser, in Lohengrin. Ne fa la chiave di tutte le opere successive, partendo proprio dallAnello del nibelungo, fin dal suo prologo. Lorganum sul mi bemolle grave con cui
inizia Loro del Reno la cellula staminale di tutto quanto seguir. Rappresenta il fondo primordiale del fiume sacro, le correnti che si muovono, la
luce che traspare, la spuma delle onde, la vita delle ondine. Genera incisi,
timbri e ritmi che a loro volta mutano in cellule autonome, rappresentative
di luoghi, situazioni e personaggi di un processo temporale che diventa narrazione. La musica ci insegna a riconoscere il nano Alberich e il gigante
Fafner, il dio Wotan e leroe Siegfried, Brnnhilde guerriera e Brnnhilde
amorosa. E ci sono i temi delloro, della lancia, della spada e tantissimi altri.
Riconoscere i singoli Leitmotiv un esercizio di fantasia. Wagner non ci ha
lasciato un glossario, e i suoi esegeti concordano tutti su una base di 60, ma

572 VIII. Nazionalismi

su molti altri sono divisi, tanto che il totale varia da un minimo di 74 a un


massimo di 90. I Leitmotiv sono tutti incisi musicali brevissimi e inalterabili.
Compaiono con medesimi timbri, ritmi, soprattutto armonie. Talvolta arrivano allimprovviso, senza la normale modulazione che attenua i contrasti.
Sono in fondo perline multicolori infilate lungo il continuo filo del canto, che
poi la melodia infinita tanto vagheggiata da Wagner.
Grazie alla tecnica del Leitmotiv, Wagner pu facilmente riprendere le
trame dellAnello, lasciate aperte per dedicarsi a Tristano prima e ai Maestri
cantori di Norimberga poi. Poco importa se con I maestri cantori interviene
un radicale cambiamento nel suo atteggiamento teorico-politico. Non soltanto la lettura di Schopenhauer lo convince che la musica superiore alle
altre arti perch pu esprimersi anche con i soli propri mezzi (dunque anche
senza le parole), ma diventa anche sostenitore del nascente imperialismo
tedesco, della borghesia produttrice, del gigantismo industriale. Lambientazione non pi la selvaggia foresta medioevale ma la solare piazza rinascimentale. Qui la storia si fa commedia, il bravo innovatore Walther vince la
gara di canto nonostante le trame del conservatore Beckmesser e, grazie al
paterno sostegno del decano Hans Sachs, sposa lamata Eva. Non muore
nessuno e il finale celebra il trionfo della laboriosa Norimberga, libera citt
in glorioso impero. Una quarantina di Leitmotiv, disposti fra uno straordinario preludio e un grandioso finale, sostiene tre atti che avvicinano la durata
alle cinque ore.
Portati in scena con immenso successo I maestri cantori (1868), Wagner
riprende la partitura di Sigfrido da dove lha lasciata, alla fine del secondo
atto, dodici anni prima. Sul filo del testo e sulla continuit del canto, infila le
nuove perline policrome, che si mescolano alle precedenti in un caleidoscopio che tutto tiene, amplifica e frammenta. Qualche problema in pi presenta Il crepuscolo degli di, proprio perch la nuova musica e lideologia che la
sostengono mal si legano a parole e situazioni cos lontane nel tempo, con tre
lunghi atti preceduti da un Prologo ambientato fra le Norne/Parche che
sul Walhalla/Olimpo cardano il filo che fa vivere gli umani. La maledizione
delloro e il sacrificio di Brnnhilde stridono con lo spirito mercantilista e
edonista del tempo. Wagner risolve con la musica. Collega i fili che si sono
spezzati con tre magnifici interventi per sola orchestra: il preludio, il passaggio fra prologo e primo atto che intitola Viaggio di Sigfrido sul Reno, la
Marcia funebre di Sigfrido. La collana policroma dei Leitmotiv trova i
suoi anelli musicali che congiungono e legittimano. Lunit e la forza vengono da unorchestra che fa tesoro delle esperienze intermedie di Tristano e
Maestri cantori, ancora pi avvolgente, pi allusiva. Come succede nel difficile Sigfrido, quando il canto dellusignolo nella foresta purifica leroe coperto dal sangue del drago. E quando il fuoco di Wotan esalta Brnnhilde risve-

1876 Lanello del nibelungo 573

gliata allamore. Il fuoco in orchestra chiude in modo spettacolare lintero


ciclo sul rogo di Sigfrido e della ritrovata Brnnhilde. Difficile , comunque,
superare la qualit del suono che arroventa lintera opera pi bella, La valchiria, che inizia con uno stupefacente preludio: mai langoscia della fuga
nella notte dai fantasmi interiori si traduce come nellorchestrazione di Wagner, ispirato (di sicuro) dal pianistico cavalcare dellErlknig di Franz Schubert. E il terzo atto si apre con La cavalcata delle valchirie, forse il pi famoso brano orchestrale di tutti i tempi.
Il mecenate Ludwig ii di Baviera impone la messa in scena dellOro del
Reno e della Valchiria prima che lintero ciclo sia completato. Il grande evento, la rappresentazione dellAnello completo, si realizza nellagosto del 1876
nella cittadina bavarese di Bayreuth che Wagner ha eletto a proprio domicilio e dove ha costruito un teatro a misura delle sue idee. Sono presenti anche
i musicisti Liszt, Grieg, ajkovskij, Bruckner, Saint-Sans, dIndy. Lemozione per tutti fortissima, con esiti diversi. Il cosmopolita Liszt non ha pi
let per progetti di ampio respiro. Il russo ajkovskij non si lascia incantare:
ha gi usato il principio del Leitmotiv nel Lago dei cigni e preferisce il linguaggio, non meno nuovo, del balletto Sylvia di Delibes. Il norvegese Grieg
non cerca il teatro e si concentra sul folklore scandinavo. Anche laustriaco
Bruckner, che ascolta a occhi chiusi, non ha velleit teatrali e si dedica interamente allorchestra e alla sinfonia: porta presto a termine la Seconda e la
Terza e induce il concittadino Brahms a rompere il ghiaccio e scrivere la sua
Prima.
Pi importante leffetto sui francesi. Leclettico Saint-Sans non ha
difficolt a inserire Wagner nei suoi progetti operistici (Samson et Dalila,
1877), accanto agli amati Liszt e Mozart e al nuovo Bizet. DIndy osserva con
il suo tipico occhio accademico, ma diventa ancora pi formalista. Sono pi
sensibili altri eminenti autori come Chabrier, Franck, Faur, Chausson, che
vanno in pellegrinaggio al tempio di Bayreuth e alla capitale Monaco per
trasferire a Parigi il verbo wagneriano, con risultati definitivi nel loro catalogo e non meno importanti in quelli dei loro allievi Ravel e Debussy.
Wagner cambia invece visibilmente rotta. Nella sua opera successiva,
Parsifal, attenua le velleit rivoluzionarie dellAnello e dei concomitanti Mae
stri cantori e Tristano e Isotta. Nei temi narrativi ripiega sul Medioevo trobadorico di Lohengrin e Tannhuser. Nei testi poetici cerca il misticismo dei
padri della chiesa (cattolici, preluterani). La storia di Parsifal racconta del
desiderio di espiazione e morte del re Amfortas ferito dal peccato; del demonio Klingsor che manipola Kundry, la malafemmina poi redenta; del mite
Parsifal che trova la verit entro la propria ingenua follia. In musica, Wagner
mantiene il Leitmotiv e accentua il cromatismo, allinsegna dellassoluta
ambiguit dellarmonia. Concede maggiore spazio al coro e perfino alla dan-

574 VIII. Nazionalismi

za. Realizza, alla fine della vita, forse inconsapevole, lopera darte totale, in
cui musica, parola e gesto sono un tuttuno. Ne risente il ritmo, che rallenta.
Lazione si trasforma in ipnosi. Ci si prepara alla musica infinita, alla ripetizione che torna, alleterna ghirlanda brillante che avr tanti cultori nel Novecento, tranne in Europa.

Ascolti
R. Wagner, Der Ring des Nibelungen, G. Solti, Wiener Philharmoniker, Decca 1997
R. Wagner, Der Ring des Nibelungen, P. Boulez, Orchester der Bayreuther Festspiele, dg
2005
R. Wagner, Parsifal, H. von Karajan, Berliner Philharmoniker, dg 1984

Letture
G. Fournier-Facio, A. Gamba, Linizio e la fine del mondo. Nuova guida allascolto del
Ring di Wagner, il Saggiatore, Milano 2013
J.J. Nattiez, Wagner androgino. Saggio sullinterpretazione, Einaudi, Torino 1997
R. Donington, Wagners Ring and Its Symbols: The Music and the Myth, Faber and
Faber, London 1974
J.S. Bolen, Ring of Power. The Abandoned Child, the Authoritarian Father, and the Disempowered Feminine: A Jungian Understanding of Wagners Ring Cycle, HarperSanFrancisco, New York 1993
D. Cooke, I Saw the World End: A Study of Wagners Ring, Oxford University Press,
Oxford 1979
S. Friedlnder, J. Rsen (a cura di), Richard Wagner im Dritten Reich, C.H. Beck, Mnchen 2000
J. Khler, Wagners Hitler: The Prophet and His Disciple, Polity Press, Oxford 2000
M.A. Weiner, Richard Wagner and the Anti-Semitic Imagination, University of Nebraska
Press, Lincoln 1997
P. Burbidge, R. Sutton, The Wagner Companion, Faber and Faber, London 1979

1877 Il lago dei cigni

Ptr Ili ajkovskij

Leitmotiv ante litteram La donna volatile Tragedia o


lieto fine ajkovskij e il tut Il balletto in Russia
Noverre e Perrot Taglioni padre e figlia Grisi Giselle Copplia e Sylvia Minkus e Pugni Bella
addormentata e Schiaccianoci Petipa e Ivanov Diaghilev e Stravinskij
Due motivi dominano lintera partitura e, meglio del libretto, raccontano la
storia del balletto pi famoso. Sono i due motivi del cigno, diversi ma legati
fra loro dal ritmo e dal suono. Una lieve sincope increspa il flusso delle due
melodie. Il comune timbro delloboe suggerisce sempre luoghi boschivi e
fiabeschi. La prima melodia, subito esposta nellIntroduzione, discendente, a segnalare fato avverso e rassegnazione. La seconda, cantata nella sua
forma completa soltanto in chiusura del primo atto, ascendente, diventa
appassionata come lamore che sta per sbocciare, allimprovviso, su un lago
incantato e in una foresta magica. I due temi tornano spesso nei tre (o quattro, secondo le versioni) atti in cui si articola il balletto. Sono i fili che legano
le tante altre scene che servono a esaltare la bravura dei ballerini solisti e
dellintero corpo di ballo. In bella sequenza si susseguono assoli, passi a due
e a tre, grandi scene che coinvolgono tutti. C posto per balli eleganti e rustici, per palazzi e per cortili. Torna tante volte il valzer, che la danza favorita di tutto lOttocento romantico. Non manca lo spazio etnico: danze ungheresi (czarda), polacche (mazurka), napoletane (tarantella), spagnole
(bolero). Per queste, loccasione nel salone delle feste del gran castello,
quando sfilano le candidate al matrimonio col principe Siegfried, che per
ha gi scelto per s la donna cigno, anche se non sa bene se la donna della
sua vita quella bianca o quella nera.
Il problema di Siegfried nasce durante una battuta di caccia, al crepuscolo, dopo la festa per il suo compleanno. Sta per colpire uno dei cigni che
nuotano nel lago. Allimprovviso i cigni si trasformano in donne bellissime.
Un incantesimo del turpe mago Rothbart vuole che di notte le fanciulle ritrovino le loro sembianze naturali, mentre di giorno devono essere cigni.
Soltanto una proposta di matrimonio in punto di morte potr sciogliere il
maleficio. Fra Odette, la regina dei cigni, e Siegfried scocca lamore. Lui la
invita al ballo dellindomani, quando dovr scegliere la sua sposa. Vestita di
nero, si presenta per la rivale Odile, a cui il padre Rothbart ha dato laspet-

576 VIII. Nazionalismi

to di Odette. Siegfried cade nel tranello. La vera Odette ha un colpo al


cuore, vola nella foresta. Ravveduto, il principe la segue e la ritrova morente.
Il finale originale prevede la morte di entrambi, con il primo tema (quello del
fato) che vince sul secondo (quello dellamore). Oggi prevale il lieto fine, con
Siegfried che uccide Rothbart e fa rinascere Odette. Altre varianti sono a
discrezione, perch lultima parola sul Lago dei cigni non di ajkovskij ma
dei coreografi che hanno dato al balletto la fortuna planetaria di cui gode
tuttora. Fortuna postuma, per, che inizia nel 1895, quando il compositore
scomparso da due anni. Al contrario, lesordio, nel 1877, infelice.
Il lago dei cigni il primo lavoro importante di ajkovskij. Glielo commissiona nella primavera del 1874 il Teatro Boloj di Mosca, diventato assieme al Mariinskij di San Pietroburgo il tempio del balletto classico europeo.
Il primato viene da una storia secolare, iniziata nel 1738, quando la zarina
Anna istituisce lAccademia imperiale di danza a San Pietroburgo chiamando a dirigerla un maestro francese. Durante il suo lungo regno (1762-96),
Caterina ii d grande impulso al teatro musicale. Per lopera lirica recluta i
migliori nomi italiani (Cimarosa e Paisiello, Sarti e Galuppi) e per la danza
chiama i francesi, anche se la figura dominante di quel periodo il coreografo italiano Gasparo Angiolini. NellOttocento, Charles Didelot, allievo di
Noverre a Parigi e attivo a San Pietroburgo fra 1801 e 1837, porta leggerezza
e acrobazia, fa volare i ballerini sostenendoli con funi armeggiate dallalto.
Arriva Jules Perrot, uno dei migliori ballerini coreografi del suo tempo, di
scuola francese ma profondo conoscitore di quella italiana, grazie alle relazioni artistiche e affettive con le due massime ballerine del tempo, Maria
Taglioni e Carlotta Grisi.
AllOpra di Parigi, Perrot balla per anni con la Taglioni, figlia di Filippo
Taglioni, a sua volta erede del grande Salvatore Vigan, linventore del coreodramma e delle coreografie per Le creature di Prometeo di Beethoven,
nonch fondatore della scuola di danza del Teatro alla Scala di Milano. Taglioni padre rivoluziona il balletto classico introducendo la velocit e la leggerezza della danza sulla punta dei piedi, assieme alla suggestione eterea
dellabito bianco (tut), che una gonna scandalosamente corta, disegnata per far vedere e apprezzare il movimento delle gambe. Sotto la sua guida,
la figlia Maria diventa la stella del nuovo balletto romantico, consacrato a
Parigi dalla Sylphide (1832), subito portato in trionfo nelle capitali europee,
imitato e variato nella musica e nei passi, non nella storia: la ballerina una
fragile creatura del sogno, vittima di un fato crudele che la porta via, nonostante gli sforzi dellamato che nulla pu. Esile e minuta, elegantissima e
precisa in ogni movimento, Maria Taglioni la silfide perfetta. Trionfa a
Londra e naturalmente a San Pietroburgo, dove prima ballerina fra 1837 e
1839. Sul suo modello si affermano la napoletana Fanny Cerrito e la vienne-

1877 Il lago dei cigni 577

se Fanny Elssler, scatenando rivalit e fazioni in analogia a quanto succede


fra le primedonne del teatro dopera.
Abbandonato dalla Taglioni durante una lunga tourne nelle capitali
europee, nel 1833 Perrot scopre il talento di Carlotta Grisi (cugina delle
sorelle Giuditta e Giulia Grisi, soprano e mezzosoprano, grandi interpreti
dei ruoli drammatici di Vincenzo Bellini). Fa con lei coppia fissa e nel 1841
le confeziona i passi per il debutto del pi famoso balletto romantico, Giselle, la cui coreografia complessiva firmata dal maestro di danza dellOpra
Jean Coralli. Il trionfo assicurato dal contributo di artisti di grande livello.
Thophile Gautier firma il libretto, basato su una fiaba romantico-popolare
di Heinrich Heine: la contadinella Giselle, quando scopre che il suo innamorato un principe, muore di disperazione e diventa una creatura del bosco
(primo atto); il principe muore perch obbligato a danzare fino alla morte
dalle nuove amiche extraterrene di Giselle (secondo atto). Forte della lunga
esperienza di autore teatrale (una quarantina di opere fra cui Le Postillon de
Lonjumeau del 1836 e Si jtais roi! del 1852), Adolphe Adam compone una
musica spumeggiante, in stretta collaborazione con librettista e coreografi.
La lunga pratica teatrale (quasi due secoli di successo continuo) produce
forti alterazioni alla partitura originale di Giselle, ma restano sempre evidenti i legami melodici e timbrici con cui Adam connette le varie scene del balletto, valorizzando il principio berlioziano dellide fixe e wagneriano del
Leitmotiv. Col risultato che, come nelle Creature di Prometeo di Beethoven,
le musiche per Giselle di Adam sono gradevolissime anche senza la parte
visiva, come in una normale suite sinfonica.
Leleganza e qualit della musica assicurano il successo anche a Copplia
(1870) di Delibes. Il sapiente intreccio dei temi musicali assegnati ai protagonisti illustra la storia non meno del simpatico canovaccio ripreso da un
racconto di E.T.A. Hoffmann. Si narra la vicenda dei fidanzatini Swanilda e
Franz, incuriositi e turbati dalla presenza della misteriosa Copplia, salvo
scoprire che si tratta di una bambola meccanica costruita dal bizzarro giocattolaio dottor Coppelius. Tutto finisce in gloria. Eliminati i languori e le
truci vicende del primo Romanticismo, lazione si svolge al ritmo spumeggiante di valzer con attorno mazurka, czarda, bolero, galop e balli di ogni
genere, tanto gradevoli allascolto quanto raffinati nella scrittura. Si capisce che siamo arrivati ai tempi delloperetta di secondo Ottocento, vicini ai
can can di Offenbach e ai valzer di Strauss jr. Lassedio di Parigi, durante
la guerra francoprussiana, interrompe bruscamente un successo clamoroso, destinato per a rinascere e durare fino ai nostri giorni. Il principio del
motivo conduttore (ide fixe, Leitmotiv), che Delibes riprende da Adam,
applicato ancor pi nel balletto successivo, Sylvia (1876), accolto per con
minore entusiasmo, forse per le tante innovazioni in una partitura che

578 VIII. Nazionalismi

sconcerta gli appassionati del balletto. La musica quasi inverte il ruolo con
la coreografia. la grande orchestra sinfonica che conduce le danze, con
la massa dei suoi ottoni, luso del pizzicato, la presenza del sassofono; per
senza appesantimenti, con diffuso umorismo e spirito boulevardier che
assorbono le ambiguit armoniche wagneriane profuse da Delibes in ogni
pagina. Non a caso il suo capolavoro, lopera Lakm (1883), in bilico
costante fra dramma e commedia, fra esotismo indiano e spirito parigino.
Quanto charme, che ricchezza di melodie, ritmo, armonie. Mi ha fatto
vergognare. Avessi conosciuto prima questa musica, mai avrei scritto Il lago
dei cigni scrive ajkovskij dopo aver studiato la partitura di Sylvia. Infatti,
i due balletti sono contemporanei e frutto di un medesimo approccio al genere. Musique dabord, prima la musica, pensano entrambi i musicisti.
Accingendosi a scrivere il suo balletto desordio, ajkovskij esamina con
attenzione i successi del tempo. Non apprezza la musica degli specialisti in
balletto attivi in Russia. Il pi famoso laustriaco Lon Minkus, che dal
1863 risiede a San Pietroburgo, violinista in orchestra, collabora con il
matre de ballet Arthur Saint-Lon e con il balletto imperiale. Di passaggio a
Parigi, assieme al giovane Delibes scrive La Source (1866), un caposaldo del
repertorio di allora. Predecessore di Minkus litaliano Cesare Pugni, compositore favorito dal coreografo-capo Perrot e per un decennio (1849-59)
maestro di ballo alla corte russa. Perrot e Pugni firmano insieme oltre 300
balletti, fra cui sopravvive La Esmeralda (1844). Pigro e alcolizzato, il musicista Pugni mantiene la posizione quando Perrot rientra in patria e, proveniente da Parigi, gli subentra Saint-Lon, gi compagno delltoile Fanny
Cerrito e prossimo coreografo di Copplia. Per, nel 1862 a San Pietroburgo
sinsedia un altro coreografo francese di valore, Marius Petipa, figlio darte,
ottimo ballerino, partner di Carlotta Grisi. Per quarantanni Petipa domina
il balletto russo e trasforma San Pietroburgo nella sua nuova capitale. Debutta con La figlia del faraone (1862) su musiche di Pugni, ma presto allontana
il musicista perch inaffidabile e lo sostituisce con il solido, paziente e disponibile Minkus, assieme al quale miete consensi con una produzione sterminata che ha i vertici in Don Chisciotte (1869) e La Bayadre (1877), oltre che
in un fortunato arrangiamento di Giselle.
Con Petipa, il coreografo che comanda in teatro, mentre il musicista
esegue, aggiusta, cambia le partiture in funzione dei passi di danza. Non
certo il punto di vista di ajkovskij, che scrive Il lago dei cigni senza coordinarsi con il praghese Julius Reisinger, ottimo ballerino, coreografo a Lipsia,
approdato a Mosca nel 1873 come direttore di ballo al Boloj. La mancata
collaborazione fra coreografo e musicista condiziona il debutto del Lago dei
cigni. La scrittura musicale chiede molto a unorchestra preparata in fretta.
Le poche prove rendono avventurosa la messa in scena. Non un successo,

1877 Il lago dei cigni 579

ma ci sono comunque pi di 30 repliche e il balletto resta in repertorio per


altri sette anni, ben oltre la vita media allora corrente. ajkovskij non contento e per un decennio resta lontano dal mondo della danza. Solo nel 1886
il direttore del teatro Mariinskij di San Pietroburgo lo convince a scrivere un
nuovo lavoro basato sulla fiaba La bella addormentata nel bosco di Perrault,
con inserti anche dal Gatto con gli stivali, Cenerentola, Cappuccetto rosso. Il
coreografo Petipa d il meglio di s. La preparazione accuratissima. Lo zar
Alessandro iii assiste alla prova generale. La prima, al teatro Mariinskij (3
gennaio 1890), diretta dallottimo specialista Riccardo Drigo e con protagonista la stella italiana Carlotta Brianza, ha esito trionfale. La musica domina
il campo: valzer e polacca, pas de deux e de quatre, la ghirlanda dei motivi
conduttori...
Ed subito impostato un nuovo balletto, attingendo allinesauribile fantasia romantica di Hoffmann. La scelta cade sul racconto Lo schiaccianoci, o
Il re dei topi. Nella notte di Natale, la bambina Clara si assopisce accanto al
suo regalo (uno schiaccianoci in forma di soldatino) che il fratello birbo le ha
appena rotto. In sogno, lo schiaccianoci si anima e combatte contro una
miriade di topi. Clara lo aiuta a sconfiggere il loro re e lo vede trasformarsi
in un bellissimo principe, che la accompagna nel magico regno dei dolci, nel
mezzo di una foresta incantata dalla neve. La serie delle danze arabe, russe,
cinesi, il valzer dei fiocchi di neve e quello dei fiori, il ballo della fata Confetto e i pas de deux con il principe danno a ajkovskij loccasione per inventare melodie indimenticabili e timbri inauditi, che gli interventi della celesta
rendono ancora pi eterei, anzi natalizi.
Nonostante nasca dalla perfetta collaborazione degli stessi creatori della
Bella addormentata, il nuovo balletto accolto con freddezza (Mariinskij, 18
dicembre 1892). La storia surreale e soprattutto la musica di eleganza spigolosa non si adattano pi alle morbide coreografie del balletto romantico riproposte da Petipa e dal suo assistente Ivanov. Il successo vero arriva mezzo
secolo dopo, grazie alle coreografie moderne inglesi e americane, con quella
dellemigrato russo George Balanchine (1954) a fare riferimento assoluto,
fino a diventare un appuntamento fisso per la sera di Natale a New York.
La coppia Petipa-Ivanov ottiene tuttavia un risultato magistrale riscrivendo la coreografia dellormai dimenticato Lago dei cigni, rilanciato verso il
trionfo planetario. Lintervento non si limita alla danza, ma rovescia il finale
tragico e riordina la disposizione musicale aggiungendo e togliendo, con la
collaborazione dellesperto Drigo, che dirige anche la prima rappresentazione il 15 gennaio 1895. ajkovskij non pu dire la sua, perch scomparso
poco pi di un anno prima. Anche per Petipa sono gli ultimi fuochi. Si ritira
nel 1903, ma fa ancora in tempo a sapere della vera rivoluzione che manda
in soffitta il balletto romantico: lavvento di Sergej Diaghilev e dei suoi Bal-

580 VIII. Nazionalismi

lets russes, nel 1909. La sede della nuova compagnia diventa Parigi, la metropoli della Belle poque che di colpo e grazie al genio organizzativo e artistico dei russi si ritrova capitale della danza, ruolo sottrattole per oltre
mezzo secolo da San Pietroburgo (e Mosca), con i soldi degli zar e la bravura delle compagnie di ballo.

Ascolti
P.I. Tchaikovsky, Swan Lake, V. Gergiev, Mariinsky Ballet, Decca 2007 (dvd)
P.I. ajkovskij, Leonard Slatkin Conducts Tchaikovsky Ballets, L. Slatkin, Saint Louis
Symphony Chorus, rca 2012
A. Adam, Giselle: Complete Ballet, A. Fistoulari, London Symphony Orchestra, Philips
1996

Letture
D. Brown, ajkovskij, il Saggiatore, Milano 2012
R.J. Wiley, Tchaikovsky, Oxford University Press, Oxford 2009
A. Orlova, ajkovskij. Un autoritratto, edt, Torino 1993
D. Brown, Tchaikovsky: A Biographical and Critical Study, Victor Gollancz, London 19781996

Serie IX.
Le svolte di fine Ottocento

A fine Ottocento cresce lattivit concertistica pubblica, con la fondazione


di altre grandi orchestre e lapertura di nuovi auditorium. Grazie ai veloci
mezzi di comunicazione i migliori virtuosi fanno tourne nelle capitali dEuropa. Proliferano le scuole di pianoforte e violino. Cresce in modo esponenziale la richiesta di musica negli Stati Uniti dAmerica. Concerto e sinfonia
conoscono una stagione magica, recuperano la musica del passato e inventano nuove forme per il presente. Si rinnova linteresse per il poema sinfonico,
che ritrova gli equilibri classici. Lorgano, lo strumento pi antico, grazie a
nuove tecnologie porta lorchestra sinfonica in chiesa e trova un nuovo ruolo anche nella liturgia corrente. A teatro riprende vigore lopera italiana,
grazie a unimprevedibile sintonia con il dramma di Shakespeare e un rapporto diretto con la vita quotidiana. Il nuovo secolo conosce il gusto per la
sfumatura e per lambiguit sulla scena e sulla tastiera.
1878 Concerto per violino op. 77 Johannes Brahms
1885 Sinfonia n. 4 op. 98 Johannes Brahms
1887Otello Giuseppe Verdi
1889 Don Juan Richard Strauss
1890 3 Corali per organo Csar Franck
1893 Sinfonia n. 6 op. 74 Patetica Ptr Ili ajkovskij
1893 Sinfonia n. 9 op. 95 Dal Nuovo mondo Antonn Dvok
1896La bohme Giacomo Puccini
1901 Jeux deau Maurice Ravel
1902 Pellas et Mlisande Claude Debussy
1902 Sinfonia n. 5 Gustav Mahler
1903 Estampes per pianoforte Claude Debussy

1878 Concerto per violino op. 77


Johannes Brahms

Solista primus inter pares Brahms e i violinisti Remnyi


Joachim Gli eredi di Paganini Bruch e Sarasate
ajkovskij e Auer Brodskij Vieuxtemps Wieniawski
Ysae Il clarinettista Mhlfeld con Joachim e Brahms
Non vedo perch dovrei starmene fermo, col violino in mano, mentre loboe suona lunica bella melodia dellintero concerto. Cos risponde il famoso virtuoso Pablo de Sarasate a chi gli chiede perch non ha in repertorio
il Concerto per violino e orchestra di Brahms. Quellassolo di oboe posto
allinizio del secondo tempo, non si trasferisce mai al violino principale, che
riprende solo le prime tre note, gli ruota intorno, inventa varianti, controcanti, fioriture, improvvisa alla maniera zigana. Brahms non vuole cedere
alle regole del concertismo virtuosistico allora (e come sempre) in voga.
Preferisce il principio concertante, in cui il solista un primus inter pares
con gli strumenti dellintera orchestra. La scelta perfino pi evidente nel
primo movimento, Allegro ma non troppo, dove sempre loboe che si
distingue nella preparazione orchestrale, turgida e sinfonica. Ancora una
volta il solista attende che si completi lesibizione degli altri fiati, degli archi,
degli ottoni. Per il suo attacco imperioso, zittisce gli altri strumenti, si
lancia in un vortice virtuosistico con oboe, flauto, fagotto che possono solo
adeguarsi. Ristabilite le misure reciproche, il dialogo pu cominciare, anzi
si fa lirico, quasi cameristico. Lincanto si rompe quando il violino spara
accordi organistici, recupera suoni dalla Ciaccona di Bach, ridiventa lirico e poi appassionato, sfida lorchestra con accordi irruenti, come fa il pianoforte nel primo concerto, lop. 15. Il discorso riprende con un interludio
ungherese, sfuma nel lirico scambio di ruolo fra violini in orchestra e violino
solo, chiude dolce. Brillantissimo il finale, con quel ritornello tutto scatti
che coordina strofe nello stile zigano che fa parte del linguaggio di Brahms,
ma che in questo caso quasi citazione diretta del terzo movimento del
Concerto nello stile ungherese (n. 2, op. 11, 1861) di Joseph Joachim.
Lo stile di Brahms si vede nellarchitettura e nellingegneria del concerto
op. 77, ma i dettagli portano la firma dellamico e mentore Joachim, ungherese e cosmopolita come Liszt. Anche Joachim, da bambino, affascinato
dallo stile violinistico degli zingari di passaggio per quelle terre; riceve esempi ed emozioni che, da adulto, diffonde in tutta Europa. Come Liszt, Joachim figlio della grande tradizione accademica. Le sue doti naturali si affi-

1878 Concerto per violino op. 77 585

nano nel conservatorio di Vienna e si esaltano in quello di Lipsia. A soli dodici anni, Mendelssohn lo porta a Londra, per suonare, sotto la sua direzione, il Concerto op. 61 di Beethoven. Suona nellorchestra del Gewandhaus di
Lipsia accanto a Ferdinand David, altro mito del tempo, a sua volta erede
della tradizione tedesca di Louis Spohr, ispiratore e primo interprete del
Concerto in mi minore di Mendelssohn, curatore di edizioni moderne dei
settecentisti Veracini e Locatelli, autore di concerti, capo di un famoso quartetto darchi.
Nel 1848 Joachim entra entusiasta nella cerchia di Liszt a Weimar, ma si
dissocia nel 1852, attirato dallorbita di Robert e Clara Schumann. In casa
Schumann conosce Brahms, ventenne e reduce da una tourne con il violinista ungaro-gitano Ede Remnyi, altra figura leggendaria: barricadiere a
Vienna nel 1848 e pertanto esiliato, violinista di strada in America, solista
della regina Vittoria e poi (riabilitato) dellimperatore Francesco Giuseppe,
concertista anche in Cina e Giappone, morto sul palco a San Francisco nel
1898. Fra Brahms e Joachim sinstaura unamicizia che dura per tutta la vita,
cementata da concerti comuni, pubblici e privati, da una fitta corrispondenza con Clara Schumann sempre coinvolta. Joachim inizia a scrivere il suo
Concerto nello stile ungherese nel 1854, impiega sette anni per completarlo,
lo dedica a Brahms che gli dirige lorchestra in numerose occasioni e consiglia di eseguirlo pi spesso e di scriverne altri. Lamico critico Hanslick si
spertica in lodi. A fine Ottocento quel concerto considerato un pilastro del
repertorio violinistico, mentre oggi dimenticato. Il primo importante progetto comune di Brahms e Joachim arriva solo 25 anni dopo, appunto con il
Concerto op. 77. Nel frattempo, la frenetica attivit concertistica di Joachim
convince altri musicisti a scrivere nuovi lavori. Uno di questi Max Bruch,
il cui Primo concerto (op. 26, 1866), lirico, appassionato, mendelssohniano
con finale che anticipa Brahms, diventa un cavallo di battaglia di Joachim,
che chiede e ottiene un adattamento dallautore nel 1867. Piace anche a Sarasate, che incanta Bruch con la sua interpretazione e lo induce a scrivere
subito per lui un Secondo concerto (op. 44, 1877).
Spagnolo di nascita ma allievo del conservatorio di Parigi, Sarasate rappresenta nel secondo Ottocento la risposta della scuola violinistica francese
a quella ungarotedesca di Joachim. Il suo maestro, Jean-Delphin Alard, subentra dal 1843 alla cattedra di violino di Pierre de Baillot, gi allievo di
Giovanni Battista Viotti e collega di Rodolphe Kreutzer e Pierre Rode, cio
del gruppo che ispira i capolavori violinistici di Beethoven e imposta la tecnica di Spohr, a sua volta maestro di Joachim. Non longilineo come Paganini,
dunque limitato nellestensione delle arcate, ma insuperabile nella qualit
del suono e nella precisione dellintonazione, Sarasate conquista subito le
capitali Londra e Parigi. Alternando due preziosi violini Stradivari, presenta

586 IX. Le svolte di fine Ottocento

un repertorio fatto di brevi lavori di propria composizione, adatti a valorizzare le sue qualit e a conquistare il pubblico. Fra le tante fantasie su temi da
opere famose di Verdi, Rossini, Massenet, emerge quella su Carmen di Bizet
che, assieme a Serenata andalusa, Introduzione e tarantella, le tante danze
spagnole, le immancabili arie zigane, tuttora un banco di prova per ogni
violinista.
Sarasate per grande ispiratore e interprete di musiche altrui. Non ha
ancora 15 anni quando Saint-Sans scrive per lui il Primo concerto (op. 20,
1859), e poi gli rinnova la fiducia con il pirotecnico Introduzione e rond
capriccioso (op. 28, 1863) e il Terzo concerto (op. 61, 1880). Allintimo amico
Bizet, Sarasate trasmette lamore per i suoni di Spagna dai quali nasce Carmen. duard Lalo gli dedica la Sinfonia spagnola (1875), brillante contributo
alla voglia di libera rapsodia e di esotismo manierato allora in voga. Qui il
nome sinfonia da intendere in senso etimologico, perch in realt si tratta
di un concerto per violino e orchestra in cinque movimenti senza interruzione, che attacca misterioso, prosegue su ritmi di seguidilla e pizzicato da
chitarra, con un magnifico notturno al quarto posto e una danza generale
alla fine. Sarasate porta la Sinfonia spagnola in trionfo in tutta Europa e trasferisce il modello a Bruch, che risponde con una Fantasia scozzese (op. 46,
1880). Lo schema identico. Inizia grave, evoca danze, imita zampogne,
chiude con fanfare di guerra. Bruch utilizza diversi motivi scozzesi appresi
sui libri ben prima di visitare la Scozia, in particolare il canto Hey Tuttie
Tattie che si dice abbia accompagnato la vittoria di Robert the Bruce contro
i nemici inglesi nel 1314. Anche se i motivi non sono facili da riconoscere, le
frequenti scale pentatoniche danno quel sapore esotico che tutti cercano. La
fantasia pensata per Sarasate, che nicchia. La dedica passa a Joachim, che
collabora alla stesura finale, ma non soddisfa lautore alla prima di Liverpool
(1881). Bruch si rivolge ancora a Sarasate, che ci ripensa e la porta al trionfo
londinese del 1884.
A Parigi, nel 1876, la Sinfonia spagnola incanta anche ajkovskij, che
decide di cimentarsi con il concerto per violino. Assieme al giovane Iosif
Kotek, violinista ucraino allievo di Joachim, scrive velocemente un capolavoro assoluto (Concerto per violino op. 35, 1878). A differenza di Brahms,
ajkovskij affida al violino tutte le grandi melodie e libera il solista da ogni
costrizione formale che, dopo una breve preparazione orchestrale, attacca
con un assolo dolce e improvvisatorio, svetta nel rapsodico primo movimento (Allegro moderato), assapora il canto nel secondo (Canzonetta), diventa pirotecnico nel finale. Kotek non si sente di presentare il concerto in
pubblico e ajkovskij lo offre a Leopold Auer, che si adombra per non essere stato coinvolto nella stesura finale e lo dichiara ineseguibile.
Auer un altro grande violinista di quellepoca. Anchegli ungherese,

1878 Concerto per violino op. 77 587

studia a Vienna e lavora con Joachim a Hannover (1861-63). Chiamato da


Anton Rubintejn, si trasferisce (1868) a San Pietroburgo, dove resta per
quasi cinquantanni, come professore di conservatorio, primo violino al teatro imperiale, capo di un prestigioso quartetto darchi, compositore. Suo il
merito di aver consolidato una scuola violinistica russa non inferiore a quella pianistica di Rubintejn, con allievi del calibro di Misha Elman, Jascha
Heifetz, Nathan Milstein. Si ricrede sul concerto di ajkovskij e ne diventa
uno dei massimi interpreti, soprattutto dopo lemigrazione negli Stati Uniti
(1918). Lonore della prima esecuzione va per al giovane Adolf Brodskij,
ucraino, studente al conservatorio di Vienna e destinato a una luminosa
carriera: insegnante a Mosca e Lipsia, primo violino della New York Symphony Orchestra (1891-94) e infine stabile in Inghilterra dove diventa amico
di Edward Elgar, che scrive due novit per il suo quartetto darchi e gli dedica lunico e maturo Concerto per violino (1928). Nel 1881, di sua iniziativa
Brodskij studia la parte solistica del Concerto di ajkovskij e convince il famoso direttore Hans Richter a presentarlo al pubblico. Preparato in fretta,
lesordio (Vienna, 4 dicembre 1881) va male. Il severo e filobrahmsiano
Hanslick scrive: Per la prima volta mi capitato di udire musica che puzza. ajkovskij si offende, ma presto arriva il successo e il concerto entra nel
repertorio di tutti i grandi virtuosi.
Il fondatore della scuola violinistica russa comunque il belga Henri
Vieuxtemps, gi allievo di Briot a Parigi, fin da ragazzo ammirato da Schumann, Spohr, Berlioz, perfino da Paganini, che ne apprezza il debutto a
Londra nel 1834. Suona nei maggiori centri europei, nel 1857 raggiunge il
pianista Sigismund Thalberg per una pionieristica e fortunata tourne concertistica negli Stati Uniti. Ottiene i suoi massimi successi a San Pietroburgo,
dove debutta nel 1840, diventa violinista di corte dello zar Nicola i (1846), fa
parte del conservatorio locale fin dalla sua fondazione (1860), continua a
scrivere musica elegante e classica: ben 7 concerti per violino, 2 per violoncello, 3 quartetti. Rientra a Bruxelles nel 1871 ma deve abbandonare il violino
per una paralisi. Gli succede un collega di San Pietroburgo, Henryk Wieniawski, polacco di scuola parigina autore di un Secondo concerto per violino
(op. 22, 1862), tuttora perno del repertorio romantico, con dedica al caro
amico Sarasate. I suoi tre movimenti procedono senza interruzione: il primo
nasconde, sotto unapparente leggerezza lirica, un affascinante campionario
di difficolt tecniche; il secondo una romanza appassionata; chiude un magnifico Allegro con fuoco la Zingara che non manca di riprendere temi
del primo e del secondo movimento, applicando il modello ciclico sempre pi
diffuso.
Dalla combinazione Vieuxtemps-Wieniawski nasce a Bruxelles la nuova
scuola violinistica belga che ha il suo primo campione in Eugne Ysae,

588 IX. Le svolte di fine Ottocento

lunico vero erede di Sarasate a Parigi. Finiti gli studi, Ysae diventa primo
violino nellorchestra di Benjamin Bilse, da una secessione della quale nel
1882 nasce lOrchestra filarmonica di Berlino. Lo nota Anton Rubintejn,
che subito lo vuole come compagno di tourne. Ysae si stabilisce a Parigi
e nel 1886 ispira a Franck la pi famosa sonata per violino e pianoforte di
fine Ottocento, quella che probabilmente contiene la petite phrase che serve
da colonna sonora di Un amore di Swann nella Ricerca del tempo perduto di
Marcel Proust. Di sicuro non il famoso e brillante Ysae che suggerisce a
Proust la figura triste e sfortunata dellautore della sonata di Vinteuil. Scrivono per Ysae anche Saint-Sans (Valse caprice, 1886), Debussy (Quartetto, 1893), Chausson (Pome, 1896), che apprezzano il suo modo di suonare
espressivo, perfettamente intonato, elegante e misurato. Ysae ha un repertorio vasto, comprese le Sonate e Partite di Bach per violino solo che fanno
da modello per le proprie e assai fortunate 6 Sonate op. 27 (1923), ciascuna
dedicata a un amico violinista.
A sua volta Joachim resta attivissimo in Germania e Inghilterra fino al
1907, sia come solista sia come anima del suo quartetto, attivo dal 1869 pur
con diverse formazioni. Dopo la frattura che avviene quando Brahms sembra prendere le parti della moglie nella causa di divorzio di Joachim, il
forte legame fra i due si rinnova nel 1889 con il Doppio concerto per violino
e violoncello op. 102. Nel nuovo lavoro, Brahms inserisce il tema fa-la-mi,
che nella notazione tedesca f-a-e, acronimo di Frei aber einsam (libero ma
solo), il motto di Joachim. Ha lo stesso significato dato, nel lontano 1853,
alla sonata per violino e pianoforte dedicata a Joachim e scritta insieme agli
amici Robert Schumann e Albert Dietrich. Alla prima del Doppio concerto
(Colonia 1889), Brahms dirige lorchestra; sono solisti Joachim e il violoncellista Robert Haussmann, collaboratore di entrambi in musica da camera.
Clara Schumann, sempre critica, legge la partitura e trova poco brillanti le
parti solistiche. cos tutto lultimo Brahms, compreso quello che scrive le
ultime due Sonate per violino e pianoforte op. 100 e op. 108 per il brillante
Joachim. La malinconia si accentua nellestrema coppia di sonate op. 120,
pensate per il clarinettista Richard Mhlfeld, e vela il Quintetto op. 115
eseguito per la prima volta nel 1891 da Mhlfeld assieme al Quartetto Joachim: qui lomaggio si estende a Joachim grazie ai frequenti dialoghi fra
clarinetto e primo violino, in particolare a met del terzo tempo; e non
manca il tocco ungherese (episodio centrale del secondo movimento), con
il clarinetto che si trasforma in violino zigano e gli archi che diventano
cimbalom.

1878 Concerto per violino op. 77 589

Ascolti
J. Brahms, P.I. Tchaikovsky, Violin Concertos, J. Heifetz, F. Reiner, Chicago Symphony
Orchestra, rca 1993
M. Bruch, H. Vieuxtemps, Concerto No. 1, Scottish Fantasy Concerto No. 5, J. Heifetz,
M. Sargent, New Symphony Orchestra of London, rca 1995
C. Saint-Sans, H. Wieniawski, Violin Concerto No. 3 Violin Concerto No. 2, I. Perlman,
D. Barenboim, Orchestre de Paris, dg 1983

Letture
W. Kolneder, The Amadeus Book of the Violin: Construction, History, and Music, Amadeus Press, Portland 1998
D. Schoenbaum, The Violin: A Social History of the Worlds Most Versatile Instrument,
W.W. Norton & Company, New York 2012

1885 Sinfonia n. 4 op. 98


Johannes Brahms

Passacaglia sinfonica Brahms e il passato La profezia di


Schumann Il fantasma di Beethoven Attorno alla Prima sinfonia Il rifiuto del poema sinfonico Le nuove
orchestre sinfoniche Seconda e Terza sinfonia
Quarta sinfonia Brahms il progressivo
Il quarto e ultimo tempo della quarta (e ultima) sinfonia di Brahms una
grande Passacaglia (o Ciaccona), costruita alla maniera antica, sullesempio del giovane Bach organista e di tutta la storia che precede. regolarissimo il tema che tutto sostiene, ripreso dalla Cantata bwv 150 appunto di
Bach e fatto di otto battute da esporre e mantenere per lintera durata, cio
30 volte, pi le 3 che formano la coda finale. Sono numeri che ricordano le
30 Variazioni Goldberg di Bach e le 33 Variazioni Diabelli di Beethoven. Le
armonie cambiano poco, ma il tema camuffato da colori strumentali ogni
volta diversi. Brahms un maestro nel trovare le sonorit. Lesposizione,
cio la versione originale, affidata ai soli strumenti a fiato. Gli archi intervengono alla prima variazione, ma in pizzicato. Si procede con un sottile
gioco di timbri aerei e trasparenti fino al famoso assolo di flauto, che prelude alle massicce variazioni finali. Il volume dellorchestra cresce, arriva al
fortissimo e alla conclusione gloriosa, come nellorgano pieno della Passacaglia bachiana.
Brahms chiude cos la sua travagliata esperienza sinfonica rivendicando i
valori del passato, in manifesta opposizione a un presente che non sente
davvero suo. Crede nellattualit del modello sinfonico classico, con quattro
movimenti distinti, accostati da emozioni private che non si manifestano con
ide fixe o Leitmotiv, e non intendono narrare nulla. musica pura, che segue sue regole astratte e cerca una bellezza intrinseca, come teorizza il critico
e amico Hanslick. Brahms convinto che la musica abbia forza propria e che
non servano integrazioni da altre arti. Sa interpretare bene il rapporto fra
musica e parole. Lo testimonia la sua immensa produzione vocale, dai Lieder
con pianoforte ai grandi affreschi sinfonico-corali. Rispetta lautonomia dei
linguaggi e non disponibile alle macedonie che pure ai suoi tempi di secondo Romanticismo vanno per la maggiore. Non gli piace lopera darte totale
che ha in Richard Wagner il suo profeta. Infatti, non si lascia mai tentare dal
teatro dopera. Detesta il poema sinfonico, anche (forse soprattutto) perch
detesta gli istrionismi del suo mentore Liszt. Lo infastidisce il gigantismo di

1885 Sinfonia n. 4 op. 98 591

Bruckner. Dire che apprezza i sapori netti delle cose semplici pu sembrare
riduttivo, ma coglie nel segno.
Senza essere un intellettuale in senso stretto, Brahms conosce bene quanto circola intorno alla musica, per si mantiene artigiano. Il che non significa
facilit di scrittura e mancanza di tormenti creativi. Tuttaltro. Pochi contemporanei vivono le evoluzioni e contraddizioni tecniche del secondo Ottocento con maggiore coscienza di Brahms: leredit dei grandi classici da
rinverdire, larmonia tonale picconata dai cromatismi wagneriani, lautonomia dellarchitettura musicale sempre messa in discussione, per non parlare
appunto della contaminazione con altre arti. Va aggiunto il suo carattere
schivo e di sicuro turbato dalle umili origini, dagli studi irregolari, dal drammatico incontro con Robert Schumann e Clara Wieck. Tutte cose che frenano gli slanci giovanili, che lo convincono a prendere le cose da lontano, avvicinandosi con cautela e fatica ai generi musicali consacrati da una tradizione che sente propria. La storia quasi ventennale della composizione della sua
Prima sinfonia spiega bene le inquietudini di Brahms e la consapevolezza che
ha dei propri limiti.
Sappiamo che il giovane Brahms non studia composizione e orchestrazione in conservatorio e con maestri famosi. Che solo un ottimo pianista, con
tante idee, quando il 30 settembre del 1853, il suo coetaneo ma gi famoso
violinista Joachim gli presenta Schumann. Questi, giunto ormai alla fine
della sua tormentata vita, roso da un male che lo sta portando in manicomio,
tanto impressionato dal giovane amburghese da scrivere, in un momento
di lucidit (o, a scelta, di follia) sulla sua importante rivista Neue Zeitschrift
fr Musik, che Brahms luomo dellavvenire, cio lerede di Beethoven.
Molti biografi vedono in ci un grande aiuto ai primi passi da compositore
di Brahms, e forse davvero cos. Certo che la profezia di Schumann condiziona in modo forte il suo futuro di uomo e di autore, mentre il rapporto
psicoanalitico di dipendenza fra lautoproclamato padre artistico e il giovane
pieno di talento proprio attende ancora una convincente sistemazione.
In ogni caso, il ventenne Brahms si sente subito spronato a realizzare
grandi cose, in primo luogo una sinfonia che continui le vie aperte da Beethoven. I primi abbozzi per una sinfonia in re minore risalgono al 1854, ma
paiono inadeguati e sono parzialmente riciclati nel Concerto in re minore per
pianoforte (op. 15, 1856-58). Il progetto sinfonico accarezzato ancora per
qualche anno, senza esiti concreti. Brahms ripiega su meno impegnative serenate alla maniera mozartiana (op. 11, 1857; op. 16, 1858). Mentre esce
tanta, e bellissima, musica da camera e vocale. Nel 1862 pronto un primo
movimento sinfonico, che la vedova Schumann giudica interessante anche se
un po severo. Brahms si ferma di nuovo e, otto anni dopo, scrive sconsolato
al direttore dorchestra Hermann Levi: Non riuscir mai a scrivere una

592 IX. Le svolte di fine Ottocento

sinfonia. A questo punto forse completo il primo movimento e abbozzato


lultimo, entrambi sotto il segno fortissimo di Beethoven: dellEroica
lAllegro iniziale, della Nona il finale. Solo dopo aver accumulato nuova
esperienza di orchestrazione con le Variazioni su un tema di Haydn del 1874,
forse sfidato dalla concorrenza di Bruckner, Brahms trova la forza di completare il progetto sinfonico e nel settembre del 1876 pone la parola fine
alla partitura.
Con la Prima sinfonia, Brahms si libera dei suoi fantasmi e inizia una
nuova vita. I conti con Beethoven e Schumann sono regolati, soprattutto
nei movimenti estremi, quelli che si rifanno alla tradizione passata. Il primo
movimento il pi complesso e tormentato, per genesi e contenuto. Se ne
rende conto lo stesso Brahms, quando si convince a scrivere una sezione
introduttiva allAllegro iniziale. I severi motivi discendenti dei violini e
quelli ascendenti dei fiati sugli ostinati rintocchi del timpano, in apparenza
predispongono il materiale tematico che sar subito dopo sviluppato. In
realt, i tempi di composizione dicono che si tratta di una postfazione, di
una sintesi a posteriori: col senno di poi, Brahms prepara lascoltatore al
meraviglioso quanto misterioso labirinto in cui sta per entrare. Anche il
finale preceduto da un Adagio, preludio alla gran melodia che sar
spina dorsale del monumentale e alquanto rapsodico finale; melodia che
una variante dellInno alla gioia nella Nona di Beethoven. Fra i due estremi, i tempi centrali sono gli ultimi a essere completati. In questi troviamo
il Brahms lirico e sereno di altri lavori e altri generi. Il secondo movimento
un Andante sostenuto tripartito, tutto impostato sul canto e sulla dolcezza del gioco degli impasti fra archi e fiati. Per il terzo movimento,
Brahms rinuncia alla brusca dinamica degli scherzi beethoveniani per
continuare con il lirismo, su passi di danza appena accennati e lievissime
filigrane strumentali.
Infatti, per leggere e capire la Prima sinfonia di Brahms bene rivolgere
qualche attenzione in pi alle scelte timbriche. Lorganico non in s fuori
misura: quattro corni, tre tromboni, coppie di trombe, flauti, oboi, clarinetti e fagotti, un controfagotto, archi e timpani. Se lo confrontiamo con due
sinfonie che servono da modello, c un corno in pi rispetto alla Quinta di
Beethoven, e un controfagotto in pi rispetto alla Quarta di Schumann. Non
una gran differenza, per contribuisce a rafforzare i bassi, cio la componente scura. Mancano arpe, ottavini, triangoli che, per esempio, alleggeriscono il suono della Symphonie fantastique di Berlioz e della Sinfonia Faust di
Liszt. La densa scrittura di Brahms avvolge e sostiene il canto. Con risultati
migliorabili nei movimenti estremi, quelli in cui il dialogo e il contrasto fra
temi differenti sarebbero pi marcati se i rispettivi colori fossero pi netti e
decisi. La dialettica su cui si regge liniziale Allegro come imbrigliata

1885 Sinfonia n. 4 op. 98 593

dalla stessa forza che riesce a generare. I tanti spunti melodici che nascono
dal tema principale emergono a fatica dalla trama di sviluppi e controcanti.
Difetto di strumentazione, ossia povert di timbri, verrebbe da concludere,
in sintonia con chi si dichiara perplesso sul valore assoluto del primo esperimento sinfonico di Brahms. la stessa critica che si fa alle sinfonie di Schumann, ricordando che Mahler le riorchestra per renderle trasparenti e impreziosirne il valore.
La prima esecuzione della Prima sinfonia avviene il 4 novembre 1876 a
Karlsruhe sotto la direzione di Felix Otto Dessoff. Condotte dal direttore
Levi, dal violinista Joachim e dallo stesso autore, ci sono riprese a Mannheim,
Monaco, Vienna, Lipsia, con rapida esportazione in Inghilterra e crescente
successo. Brahms sinserisce cos nel movimento che riprende il gusto di
scrivere sinfonie. In Europa come oltre Atlantico si consolidano gli organismi sinfonici con le loro stagioni e i fedeli abbonati intenditori. Ogni capitale, Italia esclusa, ha o sta per avere una sua grande orchestra stabile, con
appropriata sede: Gewandhaus di Lipsia (fondata nel 1743), Royal Philharmonic Society di Londra (1813), Socit des Concerts du Conservatoire de
Paris (1828), Wiener Philharmoniker (1842), New York Philharmonic
(1848), Boston Symphony Orchestra (1881), Berliner Philharmoniker
(1882), Orchestra filarmonica di San Pietroburgo (1882), Amsterdam Concertgebouw (1888), Chicago Symphony Orchestra (1891). La domanda di
nuovi lavori per orchestra, sinfonie e poemi simpenna. Dopo i magri anni
centrali nei quali operano pochi autori minori, sperimenta il solito Liszt e
provano altre vie Bruckner e ajkovskij, finalmente arriva il fluviale trentennio di fine Ottocento, quando scrivono per grande orchestra anche gli italiani Giovanni Sgambati e Giuseppe Martucci.
Se Brahms vede la Prima sinfonia come la fine di uno strazio ventennale,
non ha particolari problemi con le tre successive. La freschezza della sostanza e la velocit di composizione della Seconda (op. 73, 1877) mostrano un
approccio sereno al genere antico, trasformato in serenata bucolica. La Terza
(op. 90, 1883) recupera il piglio dialettico nel primo movimento e quello
drammatico nellultimo, ma ha il suo momento magico nel terzo, che non
il solito Scherzo ma un Intermezzo che lega bene con il lirismo del secondo. E per la prima volta in Brahms, proprio nella Terza, si percepisce un
legame musicale trasversale. Esposto allinizio, accennato nei movimenti
centrali ed espanso nel finale, un motivo di tre note (fa-la-fa), che nella
notazione tedesca corrispondono a f-a-f, ossia alle iniziali del motto personale di Brahms: Frei aber froh (libero ma felice); giusto il contrario del motto
dellamico Joachim, f-a-e, Frei aber einsam (libero ma solo). Non certo un
Leitmotiv alla maniera wagneriana, ma di sicuro un segnale di attenzione
verso il principio ciclico allora diffuso in tutta Europa.

594 IX. Le svolte di fine Ottocento

Pur ben dissimulato, il principio ciclico regge anche la Quarta sinfonia.


Lo descrive bene Schnberg nel saggio Brahms il progressivo (1932) scritto
per contestare limmagine di Brahms conservatore diffusa dalla corrente
critica filowagneriana. Una sequenza di terze discendenti serve a sostenere
sia il tema principale del primo movimento sia quello della grande Passacaglia finale, dove ricompare in una delle variazioni conclusive. Di sicuro
esplicito lumore sobrio che unisce tutti i movimenti della sinfonia, assieme
a una fantasia liberata dalle briglie della forma e dagli obblighi della dialettica. Il primo movimento attacca subito con il suo tema principale, tanto
breve e semplice da sembrare banale. Per lo si riconosce bene, ogni volta
che emerge dal tessuto che genera e che lo contiene. Si sente che tutti gli altri
motivi nascono da questo minimo accenno melodico e che bastano per sviluppare il discorso in prosa, senza i turgori della poesia e le urgenze del
dramma. Ancora pi intimo, anzi dolce, e con lo stesso linguaggio scorre il
secondo movimento, alla maniera di un Lied popolare. Forse lo Scherzo
che segue al terzo posto, cos diverso dai precedenti brahmsiani, sente il
peso della concorrenza del concittadino Bruckner, con i forti accenti di danza paesana e lorchestrazione massiccia.
Per chiudere la sinfonia che gi considera la sua ultima, Brahms vuole
mandare un segnale per il futuro. Ripiega dunque sullantica passacaglia che
significa moderna variazione, in cui il tema un pretesto per nuove avventure. Meglio se il tema semplice, perch si riconosce bene nella costellazione
didee che genera. Anzi, non importante che si riconosca, come dimostrano
le Diabelli di Beethoven. importante che si sappia che c. Brahms non
scrive altre variazioni sinfoniche, ma ne elabora il principio nel finale del
Quintetto con clarinetto op. 115, che richiama Mozart e nello stesso tempo
apre la strada al Novecento. Prende subito il testimone Max Reger, con una
lunga e impegnativa lista di variazioni per pianoforte e per orchestra su temi
di Bach, Telemann, Mozart, Beethoven (1904-14), attente in diverso modo a
combinare il passato con il presente e capaci di influenzare il futuro, perfino
lantitetica Seconda scuola di Vienna. del 1908 la Passacaglia op. 1 di Anton Webern. Riflessi si hanno anche nel Pierrot lunaire di Schnberg, il cui
ottavo numero una passacaglia (1912). passacaglia la scena del dottore in
Wozzeck di Alban Berg (1913-22). Schnberg riprende il principio nelle sue
Variazioni per orchestra op. 31 (1926-28). Nessuno di questi autori, per,
scrive grandi sinfonie. Di altri che lo fanno, si perde la memoria. Il genere
pi glorioso ormai uscito definitivamente dalla Germania. Come vedremo,
ritorna in Francia, Russia, Inghilterra, America.

1885 Sinfonia n. 4 op. 98 595

Ascolti
J. Brahms, The Four Symphonies, C.M. Giulini, Wiener Philharmoniker, Newton Classics
2011
J. Brahms, Symphonie No. 4, C. Kleiber, Wiener Philharmoniker, dg 1998
A. Webern, Passacaglia, Symphony etc., C. von Dohnnyi, The Cleveland Orchestra,
Decca 1998

Letture
A.P. Brown, The Second Golden Age of the Viennese Symphony: Brahms, Bruckner,
Dvok, Mahler and Selected Contemporaries, Indiana University Press, Bloomington
2003
W. Frisch, Brahms: The Four Symphonies, Yale University Press, New Haven 2003
R. Pascall (a cura di), Brahms: Biographical, Documentary and Analytical Studies, Cambridge University Press, Cambridge 1983

1887Otello

Giuseppe Verdi
Lo squillo del tenore La musica che porta Otello nellabisso Verdi dopo la trilogia La forza del destino
Don Carlos Aida Contestazioni scapigliate Mefistofele Boito operista Catalani e Ponchielli Rifacimenti Ritorno a Shakespeare Boito librettista Otello Falstaff

Esultate squilla il condottiero Otello sbarcando a Cipro dopo la vittoria


sui pirati infedeli. La sua gran voce placa le ansie dei ciprioti e le furie del
mare in tempesta. Fin dallinizio, nella sua penultima opera, Verdi impone
al tenore protagonista uno sforzo e un rischio vocale ai limiti dellassurdo, e
tanto pi efficace in teatro. La superba prova di forza lesordio perfetto di
un eroe che si trasforma in vittima della sua natura di uomo destinato alla
disperazione. Lapertura possente. Non c preludio e nemmeno sinfonia.
Il sipario si alza col vento e con i marosi evocati dalla grande orchestra, in
fortissimo, con i rumori del mare che il terragno Verdi non cerca pi dai
tempi di Simon Boccanegra (che riscrive nel 1881). I ciprioti sinterrogano
ansiosi sul destino del loro duce con le voci multiple di un coro trattato con
straordinaria maestria. Il coro non pi, anzi non soltanto, un blocco sonoro che commenta, estraneo allazione, come talvolta capita in opere precedenti (Nabucco e Aida compresi), ma organismo vitale che si integra con
unorchestra altrettanto partecipe. Il magnifico assolo desordio del tenore
la perfetta cesura che consente al popolo-coro di passare dallangoscia alla
gioia. La frammentazione iniziale si trasforma in esaltazione collettiva che
per la scrittura orchestrale alleggerisce, per non piombare nella retorica.
Sono passati 15 anni dalla Messa da Requiem, ma i legami restano fortissimi.
Il procedere dellazione attenua gli interventi corali, che anzi si limitano
al finale del terzo atto, dove esprimono il doloroso sconcerto del popolo cipriota davanti alla follia del loro capo che, in pubblico, umilia e colpisce la
moglie Desdemona. Cresce invece il ruolo dellorchestra, finora mai cos
presente: segue il percorso di Otello verso labisso e collega i passaggi della
vicenda, che non sono semplici. Il condottiero forte nelle situazioni pubbliche, debole in quelle private. Ritorna vincitore a Cipro ma non capisce le
trame del frustrato Jago e le debolezze del favorito Cassio. Ama lalgida
Desdemona, ma la crede adultera. Ha paura di se stesso, del colore della sua
pelle nera. Il forte cromatismo in orchestra, di probabile origine wagneriana,

1887Otello597

rende ambiguo il grande duetto damore che corona il primo atto. Nel secondo atto, sempre lorchestra che lega il continuo fluttuare delle situazioni:
linno blasfemo e le viscide diplomazie di Jago, il candore di Desdemona, la
dabbenaggine di Cassio, la follia di Otello. Netti ma non discontinui sono
anche i passaggi del terzo atto. Nel quarto, diventa sublime il senso di fatalit
immanente che incombe su Desdemona in preghiera e su Otello che sacrifica
lei e uccide se stesso, in preda a una follia che ha radici nella tragedia greca.
Il percorso della tragedia, nei suoi quattro atti, ben scandito dal libretto
che Arrigo Boito ricava da Shakespeare. Pi che il lessico arcaico e le imbarazzanti metafore di Boito, contano la brevit delle frasi, le secche interiezioni, i dialoghi veloci che il genio musicale di Verdi addomestica e cavalca. Un
tessuto finissimo di timbri e di melodie, di sussurri e di pause di unorchestra
trasparente come non mai avvolge e accompagna lazione dallinizio alla fine,
ben oltre la logica di una narrazione letteraria. A Verdi non servono sprazzi
di Leitmotiv. Sa ottenere la plastica continuit dellaffresco, non la dissociazione del mosaico; vuole la dissolvenza dellanalogico, non la scansione del
digitale. Inutile cercare temi di Otello e di Desdemona, di Jago e Cassio,
dellamore e della gelosia. Lunico riferimento circolare evidente quello del
bacio, appassionato nel finale del primo atto, disperato nel finale del quarto.
Le voci dei protagonisti accennano cavatine, ariosi, arie, cabalette, duetti,
quartetti, concertati che non sono pi i pezzi chiusi del melodramma tradizionale, e neppure le immobili melodie infinite wagneriane.
Otello dunque una partitura rivoluzionaria. Non ci fossero 16 anni a distanziarla dalla precedente Aida, si direbbe che una rottura netta con il passato. Aida, infatti, si mantiene fedele alla storia personale di Verdi e del teatro
musicale del tempo con le innovazioni del caso, ma in totale continuit. Con
La forza del destino e Don Carlos rientra anzi nella trilogia internazionale degli
anni sessanta che conferma il prestigio conquistato negli anni cinquanta con la
trilogia italiana (e romantica) Trovatore, Rigoletto, Traviata. per il teatro
imperiale di San Pietroburgo che nel 1862, in cambio di un onorario altissimo,
Verdi compone la nuova opera La forza del destino. Si rinnovano i fasti settecenteschi dellopera italiana in Russia. Esaltata dalle assurdit narrative del libretto, la musica ha un fortissimo impatto drammatico sia nel canto sia nel
robusto accompagnamento orchestrale. Il giovane Musorgskij ne coglie il valore, che non scorda in Boris Godunov. La sinfonia, inserita in occasione della
prima scaligera (1869), aggiunge nuova fortuna a questa opera verdiana che
non esce mai dal repertorio, nonostante la fama di menagramo che le attribuiscono i numerosi incidenti che registra la storia delle sue rappresentazioni.
Limpianto da grand-opra francese della Forza del destino si amplia ancor pi nellopera seguente, Don Carlos, composta nel 1867 per lOpra di
Parigi. Sono sempre cinque atti, con ambienti regali, movimenti di masse,

598 IX. Le svolte di fine Ottocento

balletti sfarzosi, storie damore che sintrecciano con trame politiche sullo
sfondo (anzi, sul primo piano) di conflitti fra Stato e Chiesa. Lintreccio
degno del pi fantasioso Scribe: il giovane Don Carlos, amico del sovversivo
Duca di Posa, innamorato della futura matrigna destinata in sposa al padre
e re Filippo ii, a sua volta sottomesso al volere del Grande Inquisitore. Don
Carlos processato, condannato, ma sottratto al patibolo dal finale intervento di un deus ex machina, il nonno, limperatore defunto Carlo v. La musica
supera notevolmente il miglior Meyerbeer. I personaggi sono individuati con
poche note entro scene sempre memorabili dove sono continui i passaggi
dallintimo allo spettacolare. Per lo stesso Verdi capisce di aver messo troppa carne al fuoco e per le riprese italiane interviene prima con alcune modifiche (1872), poi con il taglio del primo atto (Don Carlo, 1884) e infine con
un parziale ripristino senza balletti (1886).
Il lungo soggiorno parigino per lallestimento di Don Carlos consente a
Verdi di respirare il clima teatrale della Parigi di allora, di cogliere le beffarde
ironie delle operette di Offenbach e soprattutto lintimismo con cui la nuova
opra-lyrique (il Faust di Gounod) sta soppiantando la magniloquenza del
grand-opra. Ne tiene conto nella nuova opera, Aida. La scrive su commissione del vicer dEgitto, disposto a pagare una cifra astronomica per dar lustro
al nuovo teatro dopera costruito al Cairo. Il successo di Aida (24 dicembre
1871) trionfale, si ripete alla Scala (8 febbraio 1872) e quindi nei teatri di
tutto il mondo. Lo spettacolo assicurato dalla grande parata trionfale di
Radams alla fine del secondo atto e dalle infinite opportunit di elaborare
scene e costumi secondo unidea dei tempi faraonici illustrata dalle figurine
Liebig (che nascono nel 1872). Salvo vaghi tocchi di esotismo, assorbiti a Parigi, la musica di Verdi mantiene il canovaccio del legame amoroso sottoposto
alla violenza del potere politico e sacerdotale, cerca sempre il lirismo e di rado
lestroversione. Prima ancora di combattere, il prode Radams dedica la futura vittoria alla schiava Aida e con lei si fa seppellire vivo dopo aver ignorato
lamore della figlia del faraone Amneris, le trame del potenziale suocero Amonasro che ha appena sconfitto, lo spietato verdetto della casta. Il duetto finale
(O cieli azzurri) lirismo puro, un rassegnato addio, un inno alla morte per
amore. Forse, quasi sessantenne, Verdi vuol chiudere qui la sua vita di autore.
Ha gi in mente la Messa da Requiem, in memoria di Alessandro Manzoni.
Dallapparente ritiro in campagna e mentre segue le riprese di opere proprie, Verdi continua per a seguire con attenzione quanto succede in teatro.
Non crede che gli italiani possano amare la musica strumentale, per scrive,
nei ritagli di tempo, un quartetto per archi che sta alla pari con quelli che in
quegli anni scrivono Brahms, ajkovskij, Dvok, Faur. Lo disturbano le
manovre della cosiddetta nuova scuola italiana, che vuole rinnovare il melodramma emancipandolo appunto dalla sua eredit incombente. Non gli

1887Otello599

piace il capofila, il padovano Boito, allievo del conservatorio di Venezia, saggista e polemista, sostenitore della diffusione in Italia della musica strumentale e delle societ di concerto su modello tedesco, ma soprattutto sospettato
di velleit wagneriane. Mefistofele (1868) di Boito, assieme allovvia ispirazione germanofila da Faust di Goethe, assorbe molte soluzioni orchestrali che
arrivano da Tannhuser, oltre che dal modo di disporre le voci proprio del
grand-opra francese di Meyerbeer e Halvy. Ne sono esempio il grande
prologo e il monumentale finale. Non mancano gli omaggi alla tradizione
melodrammatica italiana (le romanze Dai campi, dai prati, Laltra notte in
fondo al mare), ma evidente in Boito unoperazione intellettualistica che
vuol rendere provinciale la capacit di comunicazione diretta di Verdi.
Boito non ha immediato successo come operista. Lesito della prima di
Mefistofele, alla Scala di Milano (1868), catastrofico. Funziona solo una
revisione del 1875 per Bologna, che rimane in repertorio fino ai nostri giorni.
Il tentativo successivo, Nerone, impostato nel 1862 ma rimane incompiuto
ed rappresentato postumo nel 1924 alla Scala con la direzione di Arturo
Toscanini che ne firma anche lorchestrazione (assieme al ricusato Antonio
Smareglia e al modesto Vincenzo Tommasini). Lentusiastica prima accoglienza postuma di Nerone non si ripete nelle stagioni successive. Consapevole delle sue non eccelse qualit di compositore, Boito diventa librettista,
non pi solo di se stesso, ma anche degli amici. Inizia nel 1865 collaborando
con Franco Faccio, che per preferisce dedicarsi alla direzione dorchestra e
sar sul podio per la prima dellOtello di Verdi. Scrive il testo per La falce
(1875), opera desordio di Alfredo Catalani. Con La gioconda (1876) porta
ad Amilcare Ponchielli una storia che ha le truculenze di Eugne Scribe e
lampia articolazione del grand-opra, e suggerisce una partitura in cui i
tradizionali pezzi chiusi non sono staccati luno dallaltro, ma legati da un
collante melodico-strumentale con una scrittura orchestrale molto curata, in
senso wagneriano. Come testimonia la musica da balletto La danza delle
ore, subito popolarissima.
Forte di queste esperienze e con studiata prudenza, Boito riesce a ricucire i rapporti con Verdi. Collabora alla ristrutturazione di Simon Boccanegra
(1881) e soprattutto convince lanziano maestro a scrivere una nuova opera.
importante la scelta dellargomento. Verdi da sempre sensibile al grande
teatro in prosa e a quello di Shakespeare in particolare. Oltre al compiuto
Macbeth, pensa di mettere in musica anche La tempesta e Romeo e Giulietta
e schizza numerose scene per Re Lear senza per arrivare in fondo. Sfoglia
la partitura di Hamlet di Thomas ed esclama: Povero Shakespeare, come ti
hanno trattato male. Per decenni ha timore di fare altrettanto. Boito ha il
merito di convincerlo a mettere in musica Otello. Verdi accetta perch sa di
avere risorse musicali molto pi potenti che nei giovanili anni di galera.

600 IX. Le svolte di fine Ottocento

Lesperienza europea e lattenzione alla musica del tempo lo rendono ora


consapevole dei suoi mezzi. Tiene ben conto delle innovazioni di Wagner,
soprattutto nellarmonia. Accetta le aperture espressive consentite dalluso
del cromatismo spinto. Valorizza i colori dellorchestra, senza per eccedere
con gli ottoni. Completa la partitura in un paio di anni. Il debutto alla Scala
(1887) trionfale, con Franco Faccio che dirige e Francesco Tamagno che
canta limpervia parte di Otello.
Dopo il dramma di Otello, per Verdi la scelta di una commedia per
chiudere il proprio percorso in teatro quasi naturale. un modo per pareggiare i conti con un passato lontano ma doloroso: i lutti familiari e il
fiasco di Un giorno di regno (1840). Da quel momento Verdi esclude lopera
buffa dai suoi interessi. Giunto alla soglia degli ottantanni, rasserenato dal
successo di Otello, assistito dallesperto Boito, trova le energie per affrontare la commedia di Shakespeare. Supera il timore reverenziale anche Boito,
che si permette di manipolare il testo originale attingendo dalle Allegre comari di Windsor e dal dramma Enrico iv in cui Falstaff appare giovane e
snello. Boito ricava un libretto agile, in lingua moderna, non pretenziosa.
Verdi non ha nulla da obiettare sul testo e sulle parole, forse per la prima
volta. Compone con mano ancor pi leggera tre atti veloci, fatti con lormai
collaudata tecnica del flusso musicale continuo dal quale emergono deliziosi spunti lirici subito riassorbiti e sostituiti. Tutti i caratteri sono allegri e
simpatici, compreso il burlato grassone Falstaff che alla fine sta al gioco e
assieme agli altri intona il coro finale, una fuga in stile handeliano sulle parole Tutto nel mondo burla. Un colpo di timpano segna lingresso delle
quattro voci. Alla fine la confusione totale. Viene il dubbio che il piglio
vivace della commedia serva a coprire le amarezze delladdio. La prima di
Falstaff, il 9 febbraio 1893, alla Scala, un trionfo.

Ascolti
G. Verdi, Otello, H. von Karajan, Berliner Philharmoniker, dg (dvd) 2001
G. Verdi, Simon Boccanegra, C. Abbado, Coro e Orchestra del Teatro alla Scala, dg 1997
G. Verdi, Falstaff, A. Toscanini, nbc Symphony, rca 2000

Letture
G. Wills, Verdis Shakespeare: Men of the Theater, Viking, New York 2011
M. Mila, Verdi, Rizzoli, Milano 2012
J.A. Hepokoski, Giuseppe Verdi: Otello, Cambridge University Press, Cambridge 1993

1889 Don Juan

Richard Strauss
Don Giovanni crepuscolare Poema sinfonico in chiave
antigermanica Slavi e francesi Il recupero classico di
Strauss Morte e trasfigurazione Programma a posteriori Till Eulenspiegel Cos parl Zarathustra
Una vita deroe Apprendista stregone Quadretti
romani Saghe nordiche

Lattacco cambia la storia della musica. Stordisce e incanta, forte e aggressivo, lanciato verso il cielo dalla piena orchestra, in fortissimo trionfale. il
motto di Don Juan, il Don Giovanni riportato alla dizione spagnola del
dramma secentesco di Tirso de Molina. Subito lo bilancia un Idillio subdolo e delicato, il primo cammeo femminile. Riprende, incisivo, il motto del
seduttore, per attenuato. Sincunea un altro idillio, e poi un terzo e un
quarto, con il tema di Don Juan, sempre pi variato e sempre meno aggressivo, che taglia e cuce in un affascinante gioco di vuoti e di pieni, in un delirio
di timbri distillato da un organico orchestrale importante ma non abnorme.
Scorrono Maria, Clara, Anna, Isabella con i loro caratteri differenti ma sempre femminili; donne che nel poema (e nella partitura) prevalgono su Don
Juan perch alla fine ne sbriciolano la sicurezza iniziale in un carnevalesco e
delirante apice sonoro. La pausa che segue pare interminabile. La musica
riprende e si dissolve nel pianissimo che accompagna la definitiva uscita di
scena di un eroe sempre pi malinconico e crepuscolare, che vive la conquista della donna solo come una sfida con se stesso e con lignoto, anzi come
una velata pulsione al suicidio. Sempre pi insoddisfatto e deluso, Don Juan
cerca la morte in duello e la ottiene.
Un diluvio di applausi sommerge lautore, dal podio direttoriale, alla
prima esecuzione l11 novembre 1889 a Weimar, la citt di Goethe e di Liszt.
Da quel giorno il successo si propaga in tutto il mondo, nelle sale pi importanti, con i massimi direttori. Per il genere del poema sinfonico linizio di
una nuova vita: il venticinquenne Richard Strauss riporta nellalveo germanico un patrimonio musicale irrinunciabile e da almeno un decennio usurpato dalle scuole nazionali, soprattutto slave.
Il poema sinfonico inventato a Weimar dal vero cosmopolita Liszt. Per
il boemo Smetana con il ciclo La mia patria, i russi Balakirev (Tamara), Borodin (Nelle steppe dellAsia centrale), Glazunov (Stenka Razin, 1885) ne
fanno lo strumento per fuggire dalla tradizione classica occidentale, cio

602 IX. Le svolte di fine Ottocento

dalla sinfonia. Uniscono la voglia di libert musicale della rapsodia lisztiana


con quella di libert politica che viene dalla scoperta del folklore nazionale.
Cercano nella fiaba popolare, e non nella letteratura raffinata, la fonte del
loro racconto musicale. A met strada si muovono laltro boemo Dvok e
laltro russo ajkovskij. Il primo si avvicina al poema sinfonico in piena
maturit, dopo aver assaporato il trionfo americano della Sinfonia Dal Nuovo
mondo, accanto allinternazionale Carnaval (1891); usa temi che appartengono alle favole nazionali: Lo spirito delle acque, La strega del mezzod, Larcolaio doro (1896). Il secondo aggiunge il timbro scuro e il melodizzare russo
alla grande letteratura occidentale, nei poemi sinfonici Romeo e Giulietta
(1869) da Shakespeare, Francesca da Rimini (1876) da Dante, Manfred
(1885) da Byron. Non ci sono poemi sinfonici nellItalia ottocentesca dominata dal melodramma. Pure in Francia vince il teatro musicale, per il poema
sinfonico trova terreno fertile. Accanto al precursore Franck e al lisztiano
convinto Saint-Sans, il franco-wagneriano Chausson d il meglio di s nelle
estenuazioni di Viviane (1882) ispirate da Tristano prima ancora che dal ciclo
bretone; salvo suggerire, con Soir de fte (1897), i sapori dellimpressionismo
orchestrale allamico e ammiratore Debussy.
In Germania, la scuola antilisztiana di Schumann e Brahms, laccademismo dei conservatori di Lipsia e Berlino, lopera darte totale di Wagner
quasi bloccano linnovazione sinfonica. Fino a quando piomba Richard
Strauss, figlio di un frustrato cornista nella wagneriana orchestra di Monaco
di Baviera. Il suo un successo annunciato, si direbbe, col senno di poi. Iniziando dal soggetto, anzi dalla storia sottesa alla musica, un Don Giovanni
che non Don Giovanni, che non lo sciagurato e cinico seduttore sivigliano
della tradizione. lantieroe descritto nel 1844 dal poeta romantico austriaco
Nikolaus Lenau. Il soggetto piace al giovane Strauss perch controcorrente
e permette al lessico musicale di distorcere la banalit della sintassi verbale.
Il legame fra le note di Strauss e i versi di Lenau viene dopo che la partitura
completa, con risultati dirompenti. Come succede nellaltro e non meno
famoso poema sinfonico, che Strauss compone nei sei mesi successivi.
Morte e trasfigurazione (Tod und Verklrung) segue una precisa traccia
narrativa, che il compositore espone con molto dettaglio in una lettera del
1894: Sei anni fa mi capitato di rappresentare in un poema sinfonico le
ultime ore di un uomo, forse di un artista, che per tutta la vita ha lottato per
raggiungere i pi alti ideali. Il malato giace a letto, addormentato, col respiro
irregolare. Sogni dolci portano un sorriso sul suo viso sofferente. Si sveglia
in preda alle pi feroci febbri e agonie. Appena i dolori si attenuano, il suo
pensiero si volge al passato. Affiorano i ricordi di quando era bambino, le
tensioni e le passioni della giovent. Torna nel corpo il dolore del presente e
tornano nella mente i bilanci di tutta una vita, gli ideali che si sforzato di

1889 Don Juan 603

realizzare ma che non riuscito a terminare perch ora si rivelano fuori della portata di qualsiasi essere umano. Lora della fine si avvicina. Lanima lascia il corpo, per trovare nella gloriosa dimensione eterna quanto non ha
potuto realizzare su questa terra.
Puntualmente la musica di Morte e trasfigurazione segue la traccia che
propone il compositore. Si parte dal silenzio. Appena si percepiscono le
pulsazioni aritmiche di violini e viole alternate a timpani, il respiro di legni
nel registro basso. Compare il sospiro del flauto su un letto di arpeggi. Il
respiro diventa pi pesante perch si aggiungono ottoni. Un nuovo sogno ha
la voce delloboe prima di passare a un dolcissimo assolo di violino. Il risveglio viene allimprovviso con una serie di colpi secchi, a piena orchestra.
Dalla lunga frizione fra tanti diversi strumenti emerge finalmente linciso che
rappresenta la volont del morente di resistere al fato. Subito si affianca un
nuovo motivo, di segno opposto, per esaltare la dialettica e rendere ancora
pi incisiva lapparizione del gran tema dellideale supremo, in ascendente
splendore di ottoni. I motivi dolci appena accennati nel sogno iniziale si
trasformano nel ricordo di un passato vero, dai primi passi fino alle prove
forti della formazione e dellamore. Che sono anche momenti di fibrillazione
acuta, come urlano le aritmie che i tromboni, dalle postazioni in palcoscenico, sparano direttamente sul pubblico in sala. Tornano i dolori virili, torna il
grande disegno che il progetto della vita intera, reso finalmente possibile
dalla trasfigurazione. La straordinaria partitura termina con la rutilante apoteosi che ancora oggi lascia a bocca aperta e che resta un momento magico
dellintera letteratura per grande orchestra.
Ma davvero cos forte il legame fra discorso narrativo e discorso musicale? La risposta precisa: la musica precede la parola. Il poema che sta
alla base di Morte e trasfigurazione certamente successivo al completamento della partitura. predisposto dallamico violinista e compositore di sicura
fede wagneriana Alexander Ritter su richiesta dello stesso Strauss, che vuole
una parafrasi in versi delle sue idee. Soltanto quando il manoscritto musicale completo, Ritter compila il testo inserito nel programma di sala della
prima esecuzione (Eisenach, 21 giugno 1890: direzione dellautore, enorme
successo). Una seconda versione di quel testo, pi ampia, preparata per
ledizione a stampa. A sua volta la partitura quasi completa nellautunno
dellanno precedente, al tempo della prima esecuzione del Don Juan, di cui
contemporanea, non conseguente. Infatti, Strauss inizia a scrivere entrambi questi suoi capolavori gi nel 1888, dopo il primo assaggio nel genere
della musica a programma con la fantasia sinfonica Aus Italien. Se di sicuro
non c rapporto fra i versi di Ritter e le note in partitura, non si sa nemmeno
fino a che punto Strauss si lasci guidare dalla storia che ha in mente piuttosto
che dalla sua ferratissima tecnica musicale.

604 IX. Le svolte di fine Ottocento

Molto pi dei rapsodici poemi del suo predecessore Liszt, questi di


Strauss appaiono legati alla tradizione sinfonica classica di Haydn, Mozart e
Beethoven ben pi di quanto non sembri. A ben vedere Don Juan un rond
in cui il motivo principale (il ritornello del seduttore) coordina quattro episodi (gli idilli femminili) in vista di una stretta finale (il carnevale che porta
al duello e alla morte di Don Juan). Morte e trasfigurazione un primo movimento di sinfonia: un ampio Adagio introduttivo, in cui sono accennati
gli spunti sviluppati e integrati nei due grandi gruppi tematici dai quali, in
un grande Allegro, nascono i conflitti dialettici di una tipica forma sonata,
completa di esposizione, sviluppo, ripresa, coda monumentale. Il continuo
gioco di richiami al passato e di aperture sul futuro (ovvero i flashback e le
intersezioni temporali che rendono questa partitura cos moderna e cinematografica) sono ottenuti con uso geniale di timbri e di segnali armonici,
questi s del tutto indipendenti dalla parola.
Succede cos anche nei famosi poemi sinfonici di Strauss che seguono in
rapida sequenza. Pure I tiri burloni di Till Eulenspiegel (Till Eulenspiegels
lustige Streiche, 1895) un tipico rond, in cui il ritornello che descrive il
protagonista coordina una serie di strofe come in Mozart e Haydn. Don
Chisciotte (1898) un doppio concerto per violoncello e viola costruito come
variazioni su un tema cavalleresco. Solo con gli ultimi lavori Strauss prende
in considerazione il modello informale di Liszt. Cos parl Zarathustra (Also
sprach Zarathustra, 1896) uneccezionale allegoria musicale sui motivi esoterici del superuomo di Nietzsche, bilanciata da Una vita deroe (Ein Heldenleben, 1899) autobiografica, con lironia di una plateale citazione del tema di Don Juan. Reso omaggio al fondatore, Strauss abbandona il poema
sinfonico e si dedica al teatro e alla direzione dorchestra. Sono altra cosa la
Sinfonia domestica (1903) e la Sinfonia delle Alpi (Eine Alpensinfonie, 1911),
colossali miniature di arte sinfonica dedicate alleterna ricerca del descrittivismo musicale per storie che sempre cambiano. Come il programma della
Sinfonia delle Alpi che a lungo sintitola LAnticristo perch intesa come lamento per la morte di Mahler; e ridiventa alpina per la buona ragione che il
suono della natura pi efficace di quello dello spirito, come succede quando il sorgere del sole fatto con un magistrale crescendo e la tempesta alimentata da una macchina del vento.
Il poema sinfonico classico passa ancora una volta in mani straniere. Con
eleganza tutta francese, sul principio della variazione su un tema ostinato si
regge Lapprendista stregone (1897) di Paul Dukas, ispirato alla ballata di
Goethe. Canzoni popolari romanesche animano Le fontane di Roma (1916),
I pini di Roma (1924) e Feste romane (1928) del bolognese Ottorino Respighi, che impara larte dellorchestrazione direttamente da Rimskij-Korsakov,
a San Pietroburgo. Nel grande Nord scrivono poemi sinfonici ancora

1889 Don Juan 605

Rachmaninov (Lisola dei morti, 1907) e Skrjabin (Poema dellestasi,1905-08;


Prometeo, o Il poema del fuoco, 1910). Il ventennio a cavallo fra Ottocento e
Novecento il momento di massima produzione anche di Sibelius, nella vicina Finlandia. Sibelius imposta la sua orchestra sui colori scuri, evoca le
folte foreste e le lunghe notti della sua terra, il tono fosco delle leggende antiche, e produce una serie di lavori di grande successo: i poemi sinfonici Una
saga (1892), La ninfa del bosco (1894), Finlandia (1899), La figlia di Pohjola
(1906), Cavalcata notturna e sorgere del sole (1909). Analoga fonte dispirazione hanno le suite sinfoniche Karelia (1893) e Lemminkinen, che contiene
il celebre Cigno di Tuonela (1895). Sibelius continua a scrivere poemi
sinfonici anche a Novecento inoltrato, quando il genere sfiorisce: la composizione che chiude la sua esperienza con lorchestra nel 1926 Tapiola, un
grande affresco dedicato a Tapio, il dio delle foreste.

Ascolti
R. Strauss, Don Quixote Don Juan, F. Reiner, Chicago Symphony, rca 1996
Richard Strauss Edition, H. von Karajan, R. Kempe, Staatskapelle Dresden, Brilliant
2012, 35 cd
J. Sibelius, Tone Poems, N. Jrvi, Gteborgs Symfoniker, dg 2005

Luoghi
Q. Principe, Strauss. La musica nello specchio di Eros, Bompiani, Milano 2004
C. Youmans, Richard Strausss Orchestral Music and the German Intellectual Tradition,
Indiana University Press, Bloomington 2005
N. Del Mar, Richard Strauss: A Critical Commentary on His Life and Works, 3 voll., Cornell University Press, Ithaca 1986
M. Kennedy, Richard Strauss, J.M. Dent & Sons, London 1976

1890 3 Corali per organo


Csar Franck

Modi medioevali e cromatismi wagneriani Organo come


orchestra sinfonica Trasmissione ad aria compressa
Nuovi suoni per grandi cattedrali Liszt rilegge Bach
Bruckner a San Floriano Gli organi di Cavaill-Coll a
Parigi Franck La Sinfonia con organo di Saint-Sans
Le sinfonie di Widor Vierne Musica sacra in Europa
I tre grandi corali si presentano come un omaggio a Bach, alla precedente
scuola organistica nordica di Buxtehude, ai maestri francesi Couperin e
Clrambault. Csar Franck li scrive nei suoi ultimi mesi, a coronamento di
una vita dedicata allorgano della chiesa di Sainte-Clotilde a Parigi. Ciascun
pezzo inizia richiamando un genere organistico differente. Il primo ha la
struttura e il passo in uso nella liturgia, con lorgano che accompagna il coro
nella cantoria cattolica o lintera comunit dei fedeli nella navata luterana:
dialogo antifonale che alterna due melodie complementari e soprattutto lineari, senza abbellimenti. Il secondo corale parte come severa Passacaglia,
su un basso ostinato affidato al pedale e sul quale si sovrappongono strati
sempre pi massicci di accordi e melodie. Il terzo ancora meno vocale e
assai pi strumentale. Attacca alla maniera della toccata, con un impegnativo
passaggio di bravura che si arresta allimprovviso per arpeggiare un accordo
e riempire la pausa. Riprende, si ferma ancora, lascia spazio a una melodia di
corale armonizzato alla maniera rinascimentale, a quattro voci. Fa da cesura
alla prima e ampia elaborazione, che melodica e armonica, non polifonica.
Torna per far riposare il canto e aprire a una nuova e pi ampia variante.
Introduce la sezione centrale (Adagio) che presenta una cantabilit di diversa natura e come negli altri due corali termina con il grande suono dellorgano pieno.
In tutti i tre casi, bastano le prime battute per capire che lomaggio al
passato non va oltre le buone intenzioni. Sono troppi i timbri, le dinamiche,
prima ancora che le armonie. Si scopre subito che lo strumento stesso assai
diverso, perch la meccanica e il suono sono davvero cambiati. Infatti, nella
sua storia millenaria, proprio nel corso dellOttocento, lorgano subisce una
trasformazione fondamentale, paragonabile al passaggio dal clavicembalo al
pianoforte. Resta, nellorgano, il principio che il suono nasce da una colonna
daria che vibra in una canna. diverso per il modo con cui arriva laria.
Nel 1835 lorganaro inglese Charles Spackman Barker inventa la leva che

1890 3 Corali per organo 607

porta il suo nome, un ingegnoso meccanismo che sostituisce con aria compressa i tiranti (catenacciature) che, negli organi meccanici classici, collegano i tasti alle valvole responsabili del passaggio dellaria che vibra nelle
canne. Distribuita da una miriade di tubi, laria compressa alleggerisce il
tocco dellorganista e consente di attivare un numero molto alto di canne
disposte anche a distanza considerevole dalla tastiera.
I nuovi strumenti hanno dimensioni impensabili, funzionali alla voglia di
grandiosit delle cerimonie religiose. La leva Barker si diffonde soprattutto
nelle chiese e nelle cattedrali francesi e inglesi, pur con qualche diffidenza
anche in Germania. La complessa tecnologia costruttiva e lo scarso interesse
per il repertorio organistico nel paese del melodramma condannano al declino i gi prestigiosi organari italiani. Altra innovazione importante si ha a
met secolo con lintroduzione di persiane e pannelli che si possono chiudere o aprire, cos da attenuare o liberare il volume del suono e passare di
continuo da pianissimo a fortissimo. Cambiano la distribuzione e la pressione
dellaria che entra nelle canne, a loro volta adattate per addolcire la pronuncia. Sintroducono nuovi registri, soprattutto a imitazione degli archi. Il numero delle tastiere da tre arriva a cinque, i registri superano il centinaio, le
canne vanno anche oltre settemila. A fine Ottocento arriva lelettricit e la
trasmissione da pneumatica diventa prima elettro-pneumatica e infine soltanto elettrica, eliminando del tutto il problema della forza da applicare sui
tasti. Il nuovo organo un perfetto surrogato della grande orchestra.
La tecnologia organaria va di pari passo con levoluzione della musica.
Dopo un declino durato circa un secolo, rinasce linteresse per lorgano in
s, conseguenza della riscoperta di Bach. Scrivono lavori originali Schumann
e Mendelssohn, attenti a unire i princpi espressivi dellOttocento con le razionalit del Settecento. In piena crisi mistica, fuggito da Weimar e tramutatosi in abate francescano, Liszt vive a Roma (1861-69) e scrive una serie
magistrale di composizioni organistiche, combinando lo stile bachiano con
le armonie cromatiche che inventa in proprio e trasferisce allamico Richard
Wagner. Lelenco di questi lavori sfiora il centinaio di numeri e ha due momenti cruciali. La Fantasia e fuga sul nome bach un esplicito omaggio al
grande predecessore, uno dei primi casi in cui il tema ricavato dalle corrispondenti note si bemolle-la-do-si, che Bach usa nellArte della fuga. Curiosa
pure lorigine dellenorme (oltre 30 minuti di musica) Fantasia e fuga sul
corale Ad nos, ad salutarem undam, che non il solito corale luterano, ma
una melodia tratta dal grand-opra Les Huguenots di Meyerbeer.
Negli stessi anni, sul grande organo del convento di Sankt Florian (Linz),
costruito nel 1774 ma rinnovato nel 1836, Bruckner si fa le ossa come organista improvvisatore e contribuisce anche alle numerose modifiche tecniche
e timbriche introdotte in quegli anni allo strumento, quasi senza soluzione di

608 IX. Le svolte di fine Ottocento

continuit. Quello di Sankt Florian tuttora uno dei pi grandi organi al


mondo, con cinque tastiere e 7386 canne, rinnovato, rielettrificato e computerizzato nel 1994-96. Analoghe vicissitudini capitano ai maggiori strumenti
tedeschi e (complici anche le distruzioni della Seconda guerra mondiale)
sono pochi gli organi che tuttora mantengono la purezza del suono e la precisione della meccanica dei capolavori di Silbermann che nel Settecento
ispirano Bach. Sono pochi anche gli autori importanti che, nellarea germanica, dedicano spazio allorgano. Accanto agli 11 Preludi-Corali op. 122
(1896) dellestremo Brahms, emerge solo la vasta serie di variazioni, fantasie,
preludi, fughe, elaborazioni di corali, pezzi vari in bilico fra sacro e profano,
fra intimo e sinfonico, comunque in rinnovato stile bachiano, che Max Reger
compone fra 1892 e 1914.
Lo stesso Bruckner scrive pochissimo per organo perch soprattutto un
ottimo improvvisatore, in linea con una tradizione che risale al Medioevo.
Come tale si esibisce con grande successo a Parigi nel 1869 e a Londra nel
1871. Nella capitale francese Bruckner trova grande fermento attorno ai
nuovi strumenti di Aristide Cavaill-Coll, il maggiore costruttore di grandi
organi del tempo. Ne firma una dozzina nella sola Parigi (fra cui Notre-Dame, Saint-Sulpice, Sainte-Clotilde, Sacr-Cur) e tanti altri in varie cattedrali francesi, inglesi, spagnole, olandesi, latinoamericane. Cavaill-Coll inserisce nei suoi strumenti tutte le tecnologie pi recenti, che egli stesso sviluppa
e perfeziona. Particolare cura riserva alla dinamica, ai volumi e ai timbri,
introducendo nuovi registri. Le caratteristiche orchestrali dei suoi organi
conquistano i maggiori compositori francesi del tempo. Del grande organo
di Sainte-Clotilde, inaugurato nel 1858, subito titolare Franck, che per il
resto della vita scrive con regolarit una musica legata alle caratteristiche
dello strumento.
Nella sua prima raccolta a stampa (6 Pices, 1862) non manca il contrappunto in Prlude, fugue et variation op. 18. Il lirismo romantico di Mendelssohn e Schumann si ritrova in Fantaisie op. 16 e Pastorale op. 19 e diventa
misticismo in Prire op. 20; mentre gi il titolo di Grande pice symphonique
op. 17 suggerisce una concezione dellorgano assai lontana dal passato bachiano. Orchestrale pure il suono di Final op. 21, destinato ad accompagnare i fedeli che escono dalla chiesa. La tendenza si conferma nella raccolta
successiva (3 Pices, 1878) destinata allinaugurazione dellorgano nel palazzo del Trocadro, sempre di Cavaill-Coll: i passi di marcia e le fanfare della
Pice hroque sono bilanciati dallidillio di una nuova Fantaisie e dalla dolcezza di Cantabile.
Infine i 3 Corali chiudono la carriera di Franck, sancendo il ritorno al
passato e al contempo lo slancio al futuro. Riletti con il senno di poi, la loro
classicit appena accennata. Quasi subito Franck si abbandona al cromati-

1890 3 Corali per organo 609

smo pi spinto, ben oltre lo stesso Wagner di Tristano e Isotta e di Parsifal. Il


primo corale fatto di variazioni cromatiche su un breve inciso. Nel secondo
corale, la transizione fra lo stile di passacaglia e quello di fuga quasi non si
riconosce, tanto sono intricate le dislocazioni armoniche. Il terzo, il pi complesso, riassume lo spirito della fantasia in Franck, quel procedere per accenni e secondo un percorso ciclico la cui origine si scopre nel grandioso finale.
Come succede nei suoi altri due capolavori, la Sonata in la maggiore per violino e pianoforte e la Sinfonia in re minore per (vera) orchestra.
Il taglio sinfonico inaugurato da Franck trova subito terreno fertile, soprattutto sul capolavoro di Cavaill-Coll, lorgano di Saint-Sulpice (185762), inaugurato con un memorabile concerto di tre virtuosi: Flix Alexandre
Guilmant assieme a Saint-Sans e Franck. Lo strumento affidato nel 1870
al ventiseienne Charles-Marie Widor, che ne resta titolare per 63 anni e compone (assieme a tanta altra musica, sacra e profana) ben dieci monumentali
sinfonie per organo (1872-1900). La costante fortuna della Quinta (1879)
in buona parte legata allultimo dei suoi cinque movimenti, la celeberrima
Toccata che tanto spesso accompagna la conclusione di una cerimonia
religiosa o civile. Perfetta la disposizione organistica: incessante flusso di
note veloci alla mano destra, accordi in sincope alla sinistra, gran cantus
firmus al pedale. Appunto come fosse orchestra: semicrome di violini, interpunzioni di fiati, corale di ottoni. Scomparso Franck (1890), Widor gli succede alla cattedra di organo al conservatorio. Fra gli allievi ha Louis Vierne,
che diventa suo assistente a Saint-Sulpice, dal 1900 al 1937 titolare del
Cavaill-Coll di Notre-Dame e scrive ben sei sinfonie per organo sulla falsariga di Widor, oltre a continuare una scuola dimprovvisazione che arriva ai
nostri giorni. Contribuisce anche lui alla crescita della scuola organistica
francese del Novecento, che ha i suoi campioni in Marcel Dupr e Olivier
Messiaen.
Allorgano Cavaill-Coll della Madeleine sinsedia Saint-Sans. Oltre a
scrivere tanta musica per la chiesa, Saint-Sans valorizza un importante fatto
nuovo: lorgano romantico diventa parte integrante delle nuove sale da
concerto costruite nella seconda met dellOttocento, destinate a ospitare
orchestre sinfoniche, in alternativa ai teatri lasciati allopera e alle cattedrali
che mantengono la musica sacra. Nella sua Terza sinfonia op. 78 (1886),
lorgano compare nella seconda delle due parti in cui il lavoro si articola e ha
un effetto tellurico in una struttura che lega la sua evoluzione al principio
ciclico elaborato da Berlioz e Liszt. Partitura geniale, che mescola melodie
rinascimentali a cromatismi wagneriani, leggerezze mendelssohniane e contrappunti bachiani, la sinfonia con organo ha successo immediato: fra il
maggio 1886 e il febbraio 1887 prima esecuzione a Londra, ripresa a Parigi,
subito dopo a New York e da allora stabile nel repertorio delle maggiori

610 IX. Le svolte di fine Ottocento

orchestre e dei massimi direttori. Scrive per organo e orchestra sinfonica


anche Charles Tournemire, allievo di Franck e titolare a Sainte-Clotilde
(1898-1939), grande improvvisatore e pi attento di Saint-Sans alle ragioni
del culto con il ciclo di musiche funzionali LOrgue mystique (1927-32), erede delle messe per organo di Frescobaldi e Couperin, dellOrgelbchlein di
Bach; bussola per Messiaen.
In parallelo allinteresse per lorgano, si rinnova in Francia quello per la
musica dispirazione religiosa. Dopo il massiccio contributo di Berlioz, infatti, il genere inaridisce. A met Ottocento, i meticolosi recuperi della tradizione gregoriana di dom Andr Mocquereau nellabbazia di Solesmes e della
polifonia medioevale di Edmond de Coussemaker portano nuovi elementi
sintattici che i compositori pi attenti non tardano a valorizzare. Uno dei
primi a tenerne conto il prolifico operista Gounod, autore anche di sei
oratori, una ventina fra messe e requiem, tanti mottetti e pezzi corali ben
distribuiti fra 1839 e 1893. Massenet ottiene il suo primo successo con MarieMagdeleine (1873) un oratorio basato sulla discussa La Vie de Jsus di Ernest
Renan. Franck simpone con il complesso oratorio Les Batitudes (1869-79)
accanto al pi modesto Rdemption (1871) e un gran numero di brani corali
di minori dimensioni. Gli si affianca Faur, con la Messe basse ovvero Messe
des pcheurs de Villerville per voci femminili e harmonium (1881) scritta assieme al futuro operista Andr Messager, suo allievo allcole Niedermeyer
specializzata in musica sacra. Il capolavoro sacro di Faur rimane lintimo
Requiem op. 48 (1887-90) per organico limitato, senza Dies irae, senza
violini e legni. Anticipa lascetica Messe des pauvres per coro e organo (1895)
di Erik Satie.
Il ritorno al gregoriano e alla polifonia rinascimentale trova sostenitori
anche in Italia e nella cattolica Baviera. Nel 1868 nasce a Ratisbona il movimento ceciliano (Allgemeine Deutsche Ccilienverein) animato dal sacerdote Franz Xaver Haberl, subito approvato da Pio ix (1870), con lobiettivo di
restaurare la purezza del passato e depurare la musica da chiesa dalle contaminazioni mondane. Stimola la diffusione delle schola cantorum nelle parrocchie, per educare voci adatte allaccompagnamento della liturgia, sostenute dalleconomico harmonium nelle piccole chiese dove non disponibile
lorgano (a sua volta da ripulire da registri orchestrali e fracassoni). Haberl
diventa anche il curatore di una nuova e monumentale edizione delle opere
di Palestrina, approvata in Vaticano ma priva di qualsiasi rigore filologico.
Nel 1884, il regolamento per la musica sacra esclude luso in chiesa di pianoforti e strumenti moderni, anche se ammette trombe, flauti e timpani per le
loro evidenti ascendenze bibliche. Il movimento ceciliano, sostenuto dalle
gerarchie ecclesiastiche, recluta un numero immenso di adepti, nelle parrocchie pi sperdute. Trova sponde in Joseph Gabriel Rheinberger insediato a

1890 3 Corali per organo 611

Monaco come direttore dellorchestra di corte, insegnante di conservatorio,


autore di tanti lavori sinfonici e vocali profani, ma soprattutto di una musica
sacra che realizza il sogno wagneriano di combinare melopee medioevali con
cromatismi tardoromantici.
Pur conservatore e antimodernista, il movimento ceciliano produce in
Italia un nuovo interesse per la musica sacra. Scrivono messe Puccini e Mascagni. Diventa figura eminente il sacerdote Lorenzo Perosi, stimato dai
papi Leone xiii e Pio x, che dal 1898 dirige il coro della Cappella Sistina pur
con molte interruzioni dovute al fragile equilibrio psichico. Come Rheinberger a Monaco, Perosi abile nel combinare il gregoriano con inserti wagneriani in lavori di vario genere: una serie di otto oratori, che inizia con La
Passione di Cristo secondo san Marco (1897) e termina con Transitus animae
(1907), la sacra rappresentazione Il Nazareno (1950), dieci messe (due Pontificalis, 1897 e 1906), altra musica sacra e sinfonica, ben 18 quartetti per
archi. Lo stile di Perosi influenza il prolifico Ildebrando Pizzetti, come si
sente bene nella Sacra rappresentazione di Abramo e Isacco (1917), in Messa
di requiem (1922-23), nella matura opera Lassassinio nella cattedrale (1958).
Stimola perfino la Messa glagolitica (1926) di Le Janek, ispirata da antiche liturgie e centrata su un pezzo per organo solo, illuminante per capire le
polivalenze di uno strumento che da sempre la tecnologia mette in bilico fra
conservazione e modernit.

Ascolti
C. Franck, Complete Organ Works, M.C. Alain, Wea Apex Classics 2006
Aa. Vv., Romantic Organ Works, P. Hurford, Decca 2000

Letture
R.J. Stove, Csar Franck: His Life and Times, Scarecrow Press, Lanham 2012
O. Ochse, Organists and Organ Players in Nineteenth Century France and Belgium, Indiana University Press, Bloomington 2000
L.L. Archbold, W.J. Peterson, French Organ Music: From the Revolution to Franck and
Widor, University of Rochester Press, Rochester 1995
D. Fenner, Cavaill-Coll and the French Romantic Tradition, Yale University Press, New
Haven 1999

1893 Sinfonia n. 6 op. 74 Patetica


Ptr Ili ajkovskij

Dissoluzione della forma sinfonica Declino sinfonico a


met Ottocento ajkovskij e la sinfonia a programma I
segreti della Patetica Francesi fra poema e sinfonia
Classicit degli inglesi Sinfonie nordiche Sibelius Altri russi Skrjabin
Serve uno sforzo logico-analitico per riportare lultimo e pi popolare affresco orchestrale di ajkovskij entro lalveo tradizionale della sinfonia. Soltanto alcuni dettagli sono comuni. Come il minimo di dialettica fra gruppi tematici che compare nel corso del complicato primo movimento e che allude
al principio classico della sonata. Sempre nel primo movimento, si pu attribuire alleredit di Haydn e Mozart lAdagio posto in apertura, preludio
a un Allegro non troppo che appunto ha taglio sonatistico. Manca del
tutto il solito schema esposizione-sviluppo-ripresa, perch il discorso procede con alternanza di tempi lenti e veloci, di fragori orchestrali e intimit cameristiche. Si pu riconoscere almeno una decina di sezioni distinte in questo primo movimento, legate fra loro dal ricorrente ma vago accenno melodico che il fagotto espone in apertura con un timbro scuro che poi si spalma
su ogni battuta, fino alla conclusione su un inaspettato pianissimo, morendo.
Solitaria e mai contrastata splende una triste e stupenda melodia, specie di
occhio di un ciclone che incalza tutto intorno.
Come secondo movimento (Allegro con grazia), ajkovskij sceglie uno
strano surrogato di valzer che rinuncia al normale passo di 3/4 e si affida
allinconsueto 5/4, strumentato con leggerezza mendelssohniana e trasparenze che evocano il Settecento di Mozart. Il successivo Allegro molto vivace
ha il piglio sicuro di una marcia quasi festosa, che si gonfia di suono e pare
destinata a chiudere la sinfonia in modo trionfale. Invece sfocia in un Adagio lamentoso, Andante che ritrova e accentua i toni cupi con cui lintera
sinfonia inizia, spianando la strada a tutte le interpretazioni metamusicali che
si leggono nelle biografie di ajkovskij. Una volta tanto ha senso la tesi di chi
vede nellultima sinfonia, non a caso denominata Patetica dal fratello Modest,
un presagio del suicidio che il compositore avrebbe commesso poche settimane dopo la prima esecuzione (San Pietroburgo, 16 ottobre 1893). Di sicuro molto netto lo stacco formale rispetto alle cinque sinfonie precedenti.
ajkovskij uno dei primi compositori, con Bruckner e Dvok, a rompere il ghiaccio formatosi attorno alla sinfonia classica dopo la scomparsa di

1893 Sinfonia n. 6 op. 74 Patetica 613

Mendelssohn e Schumann. Non riescono a darle respiro i lavori dei tedeschi


Louis Spohr e Joseph Joachim Raff, dellinglese William Sterndale Bennett.
Dopo Berlioz resta sterile anche la Francia. Deserta di sinfonie da sempre
lItalia, interessata solo allopera lirica. Nella Russia periferica dei suoi primi
anni, ajkovskij trova proprio nella sinfonia un funzionale contenitore per
la voglia di valorizzare il canto popolare e la personale vena melodica, pi nei
movimenti centrali che nei complessi laterali. Da subito inserisce caratteri
descrittivi, come dicono i titoli Sogni dinverno (Prima sinfonia, 1868), Piccola Russia (Seconda, 1872), Polacca (Terza, 1875); si appoggia su ritmi di danza e spunti cantabili ispirati dallimmenso patrimonio folklorico slavo. Con
la Quarta sinfonia (1878) inizia a prevalere la voglia di esprimere emozioni
intime e autobiografiche. Scrive lautore: Lintroduzione il germe dellintera sinfonia, e il suo tema principale rappresenta il fato, quella forza inevitabile che impedisce ogni slancio verso la felicit. evidente il principio del
poema sinfonico da poco inventato da Liszt a Weimar e che ajkovskij
adotta subito. Dal tema del fato ostile parte anche la Quinta sinfonia (1888)
che per nei suoi quattro movimenti evolve verso un finale gaudioso, con il
lugubre motivo iniziale trasformato in squillante risuonare di trombe. Un
ibrido tra sinfonia e poema sinfonico lampio affresco Manfred (1885) ispirato dal vagabondare nelle Alpi delleroe di Byron.
Anche lestrema Sinfonia Patetica ha un programma, che ajkovskij ammette ma non rivela, lasciando allascoltatore il diritto di interpretare il significato dei suoni secondo la propria libera fantasia. Di sicuro ajkovskij d
un contributo importante allo scioglimento del concetto di sinfonia classica.
Sparisce la distinzione in quattro movimenti separati e indipendenti. Il principio ciclico di Berlioz e Liszt si afferma in tutta Europa. Mostra la sua efficacia soprattutto in Francia, con la Sinfonia in re minore (1888) di Franck,
retta da una melodia che sirradia dallinizio alla fine in un florilegio di varianti esaltate da orchestrazione e architettura dei singoli movimenti, con un
finale articolato e riepilogativo. Nella non meno avvincente Terza sinfonia
con organo (1886) di Saint-Sans i movimenti sono numerosi, per raggruppati in due parti separate dallo spettacolare ingresso di un possente organo
da concerto romantico. Non vanno trascurati lunica sinfonia (1890) di
Chausson, che bene si accompagna con il poema sinfonico Viviane (188288), e il delicato Pome per violino e orchestra (1896). La scuola sinfonica
francese di fine Ottocento, con i suoi estenuati cromatismi, il peso degli ottoni, lattenzione per il ricorrere dei temi, simpone come migliore erede
della rivoluzione di Richard Wagner e prima ancora di Liszt, con il cerchio
che si chiude sul precursore connazionale Berlioz.
In Francia, il momento magico della sinfonia e del suo derivato poema
sinfonico dura poco. Faur trascura il genere e cos fanno Ravel e Debussy,

614 IX. Le svolte di fine Ottocento

che hanno un concetto diverso dello scrivere per orchestra. Il linguaggio sinfonico si sposta e germoglia al Nord. Trova terreno fertile nelle isole britanniche. A fine Ottocento, infatti, la vita musicale inglese molto attiva e sensibile alle novit che arrivano dal continente. Continua la diffusione della musica
di Mendelssohn e, dagli anni ottanta, di quella di Dvok. Persiste la tradizione, di marca handeliana, dei festival corali a Winchester, Hartford e Birmingham. A Londra vivacissima lattivit concertistica al Crystal Palace con la
direzione di August Manns e ai Promenade Concerts di Henry Wood. Sono
frequenti le tourne dei maggiori solisti, fra cui Sarasate e Joachim, che si
esibisce con e senza il suo quartetto. Il livello delle scuole di musica sempre
alto. Sono fattori che finalmente risvegliano la creativit locale. Le Variazioni
Enigma (1899) di Elgar sono il primo risultato importante. Costruite attorno
a una permutazione di note come nei cicli pianistici di Schumann e orchestrate alla maniera delle sinfonie di Brahms, ammiccano alla musica a programma
di Liszt con lidea (non del tutto esplicita) di fare di ciascuna variazione il ritratto di misteriosi amici criptando le iniziali dei loro nomi e cognomi. Elgar
compone anche due sinfonie che portano, nel primo decennio del Novecento,
unattenzione per la tradizione e un gusto per i dettagli tipicamente inglese.
Per la sua abilit di orchestratore rifulge nella serie di marce imperiali e funebri, per festival e incoronazioni, in uno stile che ci rammenta il titolo comune delle cinque pi famose: Pomp and Circumstance (1901-30).
Da Elgar nasce un modo davvero inglese di scrivere per grande orchestra,
che nel Novecento ha il suo punto di forza nelle nove sinfonie di Ralph
Vaughan Williams, distribuite con regolarit dal 1909 al 1957 e intrecciate con
quanto i maggiori autori del tempo esprimono nel genere. La Prima (A Sea
Symphony, 1909), chiede voci, alla maniera di Mahler, e ha suoni che derivano
dal folklore marinaro. La Seconda (London, 1914) assorbe sia limpressionismo
francese di Debussy che i poemi sinfonici slavi. Nella Terza (A Pastoral Symphony, 1922) la tragedia della guerra sul fronte francese sublimata dallinnocenza di un canto udito nelle trincee. Dramma e dissonanza si estendono alla
Quarta (1934). La voglia di pace domina la Quinta, scritta durante la guerra e
dedicata allamico Sibelius. La paura che la nuova pace si regga sulla minaccia
atomica si sente nelle asprezze e desolazioni della Sesta (1948). La Settima
(1952) detta Antartica perch ricavata dalle musiche scritte per un documentario sul fatale viaggio del capitano Scott fra orsi e ghiacci alla conquista del
Polo Sud. Dopo la gioiosa Ottava (1953-55), con la Nona e ultima (1957)
lultraottantenne compositore guarda alle stelle dal circolo magico di Stonehenge, e ritrova i fili melodici dellinizio del suo percorso, la Sea Symphony.
Molte sinfonie di Vaughan Williams sono tuttora nei repertori britannici,
ma in particolare una composizione per soli archi ha da sempre circolazione
internazionale. la Fantasia su un tema di Thomas Tallis, composta nel 1910

1893 Sinfonia n. 6 op. 74 Patetica 615

e revisionata pi volte, bellesempio di stereofonia sinfonica per soli archi e


ancor pi di variazione per dissociazione accumulata. Il tema dellelisabettiano inno Why Fumth in Fight (1567) di Tallis emerge lento dalle sue stesse
variazioni, rimbalzando da un insieme allaltro di archi disposti in quartetto
di solisti e in due distinte piccole orchestre. Lantica pratica antifonale e
luso del modo frigio esaltano il distacco dalle pratiche del continente. Leffetto ha una magica suggestione e la Fantasia tuttora un campione di presenza in sala da concerto, fonte di colonne sonore e di varianti pop.
Linteresse per la sinfonia cresce anche nei Paesi che dal continente si affacciano sui mari del Nord. Forte connotazione extramusicale, pur nel rispetto
della forma, hanno le sei sinfonie del danese Carl August Nielsen. La Prima
(1892) parte da Brahms e Grieg, la Seconda (1901-02) cerca di esprimere in
musica i quattro temperamenti della natura umana; la Terza (Espansiva, 1911)
chiede alle due voci di soprano e baritono di cantare una melodia senza parole. La pi famosa la Quarta (Inestinguibile, 1914), un grido contro la guerra,
scandito anche da un efficace duello fra timpani. In Norvegia, Grieg non
scrive sinfonie, ma solo suite e musiche di scena, dove assorbe vaghi accenni di
folklore locale nel saldo impianto formale appreso al conservatorio di Lipsia.
Oltre il Baltico emerge il finlandese Sibelius, che gi nellultimo decennio
dellOttocento si fa conoscere in Inghilterra e da l negli Stati Uniti, dove per
lintera prima met del Novecento considerato il naturale erede dei grandi
sinfonisti europei, da Brahms fino a Beethoven. Pur oggi ridimensionato, il
suo approccio alla sinfonia continuo e originale. Forte linflusso di
ajkovskij e della tradizione tedesca, in particolare nella Prima sinfonia
(1900). Presto Sibelius trova una via personale, che persegue con determinazione, incurante delle critiche di progressisti e (meno) di conservatori. Fa
nascere le sue sinfonie da motivi sempre pi brevi ed elementari, quasi banali. Da questi motivi elabora disegni che trovano il loro senso non tanto nella
complessit quanto nella forza delle emozioni che sanno evocare. I timbri
sempre cupi dellorchestra, tanto simili a quelli dei famosi poemi sinfonici,
rimandano ai misteri delle foreste finlandesi, alle grandi solitudini, alle notti
che sembrano non finire mai.
La Seconda sinfonia (1902) una delle pi popolari di Sibelius, grazie
alloratoria e al solenne spirito patriottico che pervade il finale, dopo i contrasti e le distensioni dei primi tre movimenti. Nella Terza (1907) si diluisce
lelemento folklorico, che invece recupera nella Quarta (1911), assieme a
colori e procedimenti bruckneriani. La Quinta (1915 con revisione 1919)
una delle pi ampie, con un primo movimento sdoppiato e una scrittura
assai pi trasparente del consueto. Ancora pi fluida la Sesta (1923), priva
del tradizionale tempo lento, con i suoi quattro movimenti che si snodano
senza apparenti contrasti drammatici. La Settima (1924) costruita in un

616 IX. Le svolte di fine Ottocento

solo movimento dalle dimensioni mahleriane (circa 25 minuti), articolato in


almeno cinque episodi distinti e unificati da un tema di carattere eroico affidato ai tromboni. Per almeno altri dieci anni il committente Serge Koussevitzky attende unOttava sinfonia. Sibelius non ce la fa. Dopo aver completato un altro, lungo movimento unico, il crepuscolare e brunito poema sinfonico Tapiola (1926), chiude in assoluto silenzio artistico gli ultimi trentanni della sua lunga vita. Trova comunque un seguito negli autori angloamericani, fra laltro nelle due sinfonie di William Walton (1935 e 1960) e in una
delle maggiori ed estreme composizioni di Morton Feldman, Coptic Light
(1985) per grande orchestra.
In Russia la tradizione sinfonica occidentale, integrata con il canto popolare, trova ampio spazio nelle tre sinfonie di Rimskij-Korsakov e nelle due
(pi una incompiuta) di Borodin, con i relativi eredi Taneev (sinfonie 1-4,
1874-1901), Ljapunov (1-2, 1887-1917), Glazunov (1-9, 1881-1909). Il messaggio di frantumazione dellestrema Patetica di ajkovskij percepito appieno dal sulfureo Skrjabin, che nel linguaggio orchestrale scopre altri spazi
per appoggiarsi sulle dissonanze costanti intese come fattore di stabilit.
Laggiunta di elementi misterici e teosofici (il suo famoso accordo mistico
di sei note differenti), di relazioni con colori e profumi porta il linguaggio
musicale ben oltre le forme vaghe del poema sinfonico, perfino di quelle
impressioniste che negli stessi anni Debussy sperimenta a Parigi. I lavori
orchestrali di Skrjabin sono sempre ibridi formali. Uno dei pi famosi ha il
doppio nome di Terza sinfonia e del Poema divino (1905), con i suoi quattro
movimenti disposti secondo le norme classiche per ciascuno accompagnato
da un titolo esplicativo: nellordine Lent introduttivo, Luttes, Volupts, Jeu divin. Sempre percorsi da brividi erotici e fantasie trascendenti sono i successivi Poema dellestasi (1908) e Prometeo, o Il poema del
fuoco) (1911), movimenti unici con complesso assetto interno e smisurato
spiegamento di mezzi orchestrali.

Ascolti
P.I. Tchaikovsky, Symphony No. 6, V. Gergiev, Wiener Philharmoniker, Philips 2005
P.I. Tchaikovsky, Complete Symphonies, M. Jansons, Oslo Philharmonic Orchestra,
Chandos 2008
R. Vaughan Williams, Symphonies 1-9, A. Boult, London Philharmonic Orchestra, Decca
2004
J. Sibelius, The Complete Symphonies, C. Davis, Boston Symphony Orchestra, Philips
1995
A. Scriabin, Symphonies, R. Muti, Philadelphia Orchestra, Brilliant 2005

1893 Sinfonia n. 6 op. 74 Patetica 617

Letture
A. Servire, Jean Sibelius. Le Style dans loeuvre symphonique, Delatour France, Sampzon
2011
M. Kennedy, The Works of Ralph Vaughan Williams, Oxford University Press, Oxford
1994
D. Brown, Tchaikovsky: A Biographical and Critical Study, Victor Gollancz, London 19781992

1893 Sinfonia n. 9 op. 95 Dal Nuovo mondo


Antonn Dvok

Indiani dAmerica e contadini boemi Danze slave e danze ungheresi Brahms e Dvok Dvok in Inghilterra
Musica nel Nuovo mondo Gottschalk Foster Spiritual e blues Ragtime Metropolitan Opera Grandi
orchestre sinfoniche Oratorio Society Dvok a New
York Nona sinfonia Radici di Gershwin
Tradizione vuole che la pi affascinante melodia della sua Nona e ultima
sinfonia sia ispirata alleuropeo Dvok da una ninna nanna che una mamma
indiana dAmerica sussurra alla sua piccola creatura. Oppure che sia la traduzione musicale del Song of Hiawatha, il poema di Henry Wadsworth
Longfellow dedicato a un mitico condottiero irochese e dal quale Dvok
medita di ricavare unopera lirica. Su un fondo di fiati gravi (clarinetti, fagotti, corni, trombe, trombone, tuba), con rullo di timpani prima della cesura
degli archi, si alza il canto del corno inglese, a suggerire un ambiente bucolico, in questo caso una prateria battuta dal vento, con nubi che si addensano
e qualche tuono lontano. Altri strumenti riprendono il canto. Passaggi morbidi introducono un paio di nuove idee, pi vivaci e leggere, mentre il motivo iniziale vive in filigrana e ancor pi si addolcisce, per poi finire. Il sapore
esotico della melodia viene dallessere scritta in una scala di cinque note
(pentatonica), che per definizione arcaica, rimasta in uso in limitate aree di
musica popolare e in civilt lontane. Tant che la melodia indiana della
sinfonia ha un perfetto equivalente in un canto tradizionale diffuso nelle
comunit agricole delle valli del Danubio e della Moldava, che ovviamente
Dvok conosce fin dalla nascita.
Infatti, il colore boemo che rende famoso Dvok nellEuropa di fine
Ottocento, iniziando con la prima serie di Danze slave op. 46 (1878) la cui
diffusione garantita da Fritz Simrock, leditore esclusivo di Johannes
Brahms. Il contatto procurato proprio da Brahms, che scopre la musica di
Dvok grazie allamico critico Hanslick e ne apprezza il tono popolaresco.
Le Danze slave hanno il medesimo tono che tante volte, nei LiebesliederWalzer (1874, 1877) come nelle Danze ungheresi (1852-69), Brahms stesso
inserisce nelle proprie composizioni, per diluire il rigore delle forme e alleggerire il peso dei contenuti. Di sicuro la scrittura sinfonica di Brahms condiziona quella di Dvok. Al punto che, dopo aver studiato la Prima sinfonia
di Brahms, Dvok cambia stile. Non contano pi le cinque sinfonie prece-

1893 Sinfonia n. 9 op. 95 Dal Nuovo mondo 619

denti (1865-70), ancora incerte se seguire le nuove forme lisztiane e le armonie wagneriane. Ora diventa importante ritrovare i moduli classici, che sono
pi quelli olimpici di Haydn e Mozart che quelli eroici di Beethoven. Anche
fra gli esempi del maestro putativo Brahms, Dvok finisce col favorire il
modo leggero della Seconda sinfonia, piuttosto che quello corrusco della
Prima. Si coglie bene nel suono pastorale e nei passi di valzer che tanto spesso attenuano i contrasti nei primi movimenti delle sue successive quattro
sinfonie. Le cantilene popolaresche portano espressioni e languori ai movimenti lenti. Lalternanza di ritmi binari e ternari, tipica della danza boema
furiant, rende vivaci gli scherzi. La naturale vocazione di Dvok alla retorica trionfa nei finali.
Proprio per queste sue caratteristiche, la Sesta sinfonia (op. 60, 1880)
conferma la notoriet di Dvok in Europa, soprattutto in Inghilterra, grazie
a uneccellente direzione di Hans Richter a Londra nel 1882. Da allora fioccano le commissioni. La Royal Philharmonic Society gli chiede nuove sinfonie e ottiene Settima (op. 70, 1885) e Ottava (op. 88, 1888). Nascono anche
grandi affreschi destinati ai festival sinfonico-corali che da sempre, fin dai
tempi di Hndel, sono popolari in Inghilterra. Al festival di Leeds, dopo aver
diretto nel 1884 con enorme successo lo Stabat Mater (op. 58, 1877), nel
1886 Dvok presenta il nuovo oratorio Sancta Ludmila (op. 71, 1886). A
Birmingham trionfa con il Requiem (op. 89, 1890). Nel mondo musicale
britannico, il boemo Dvok ormai considerato lerede naturale di due
stranieri gi ben assimilati, litalogermanico Hndel e il tedesco Mendelssohn. La sua fama arriva oltre Atlantico. Nel 1891 Dvok accetta un ricco
contratto come direttore del National Conservatory of Music di New York,
ponendo come condizione che siano favoriti gli allievi indigenti e ammessi i
neri. Listituzione privata, fondata nel 1885 e finanziata da Jeannette Thurber, moglie di un magnate della distribuzione alimentare, allieva del conservatorio di Parigi e decisa a dotare il Nuovo mondo di un sistema di educazione musicale di livello europeo, assente in un Paese non ancora del tutto
uscito dal suo passato di colonia.
Sono i coloni fuggiaschi dalle miserie e dai conflitti politico-religiosi
dEuropa che portano per primi la musica nel Nuovo mondo. Accanto ai
canti devozionali delle tante confessioni, presso le classi sociali pi facoltose nelle nuove citt sulla costa atlantica attecchisce anche il repertorio
profano. Nelle case ricche di New York, Boston, Filadelfia, Charleston,
New Orleans gi nel Settecento si fa musica da camera. Il presidente Thomas Jefferson buon violinista e possiede una fornita biblioteca di classici.
Benjamin Franklin inventa addirittura, nel 1761, una variante del bizzarro
strumento glassharmonica, utilizzato da Gluck, Mozart, Beethoven. Nella
prima met dellOttocento, il continuo flusso di emigranti, anche musicisti,

620 IX. Le svolte di fine Ottocento

mantiene costanti laggiornamento con le novit dOltreatlantico e la diffusione della didattica.


Tuttavia, deve ancora passare qualche anno prima che un musicista di
formazione classica assorba il linguaggio musicale afroamericano nato attorno alla tragedia della schiavit dei neri dAfrica e allannientamento dei
rossi dAmerica. il bizzarro Louis Moreau Gottschalk, il primo autore
americano per nascita a dare un minimo di sapore locale alla musica che
impara a scrivere fin da bambino. Nato a New Orleans, fanciullo prodigio,
studia privatamente a Parigi dal 1842 e tre anni dopo debutta sedicenne alla
Salle Pleyel con Chopin che lo ascolta e gli predice un futuro da re dei pianisti. Miete successi inserendo spunti di musica creola nelle danze e fantasie
che improvvisa per il pubblico aristocratico francese. Suona anche in Svizzera e in Spagna (1850) e il suo Bananier su temi creoli entra nel repertorio di
Bizet e piace a Borodin. Tornato in patria, inizia una frenetica attivit concertistica durata 15 anni. Arriva sulla costa del Pacifico attraversando a tappe
lintero Far West, accanto a puntate in Canada e soggiorni a Cuba e nellAmerica Centrale. Nel 1865 uno scandalo sessuale lo obbliga a lasciare gli
Stati Uniti. Continua la sua attivit nellAmerica Latina (Brasile, Cile, Per,
Bolivia, Argentina) fino al 1869, quando scompare a soli quarantanni. Ripete ovunque la formula collaudata a Parigi: nelle sue fantasie e improvvisazioni sostituisce le melodie dopera europee con quelle dei Caraibi, applica il
suo trascendentale virtuosismo ai sincopati ritmi africani portati nel Nuovo
mondo dagli schiavi, cui la vita concede ormai solo il piacere del canto e
della danza. Troviamo filastrocche creole in Bamboula (1848), memorie di
Chopin con ritmi latinoamericani in Suis moi! (1861), tiri al bersaglio lisztiani e onomatopee di pizzicato in The Banjo, formule per il futuro ragtime in
Ojos criollos (1859), ovunque modelli melodici e ritmi ottimi per il musical
di Broadway e il cinema di Hollywood, oltre che per il circo Barnum.
Negli stessi anni, sono i bianchi che si travestono da neri per far ridere i
coloni arricchiti con spettacolini chiamati minstrel shows, facili da allestire
in ogni villaggio. Assieme a tamburelli e pifferi, lo strumento principe il
banjo, che Gottschalk traduce benissimo sulla tastiera. Accanto, si forma la
canzone americana. La melodia spesso celtica e pentatonica, accompagnata
da violino piccolo, chitarra, arpa, come nella lontana Irlanda. I testi parlano
di amori e nostalgie. Ne campione laltro compositore americano per nascita la cui musica non mai tramontata: Stephen Foster firma Oh! Susannah
(1846), Swanee River (1851) e un centinaio di altre canzoni che diventeranno
il fondamento della musica americana del Novecento. Foster muore giovane.
La Guerra di secessione libera gli schiavi e anche la loro musica. Il plantation song dei lavoratori forzati diventa spiritual e si evolve in blues, detto
cos perch ci sono le blue notes, che hanno il colore della tristezza e della

1893 Sinfonia n. 9 op. 95 Dal Nuovo mondo 621

malinconia. Sono note che non accettano la divisione razionale in toni e semitoni della scala temperata europea: terze, quinte e settime calanti servono
per ammorbidire gli intervalli, tornare a scale naturali su base pentatonica,
usate nella musica tribale africana. La voce umana, le corde di violino e di
banjo, i glissandi di trombe e tromboni sanno trovare lintonazione giusta per
le note blu. Ne tiene conto il competente Dvok, non tanto quando deve
rispettare le regole della grande orchestra nella Sinfonia Dal Nuovo mondo,
ma nel suo ultimo quartetto per soli archi (op. 96, 1893) detto Americano
perch in molti passaggi il suono che sintuisce quello delle ambigue note
blu, non quello delle asettiche, europee note bianconere, eptatoniche.
Si trova un compromesso per il pianoforte, che ha accordatura fissa: la
suggestione delle note blu si crea accostando note in accordi che paiono
dissonanti allorecchio europeo, ma che sono nuova musica. A fine Ottocento nasce il ragtime, che esalta sul pianoforte le ambivalenze dei ritmi e delle
armonie (mano destra) con la regolarit della pulsazione che sostiene. Nel
Novecento subentra il jazz. Dalle languide e sentimentali melodie di Foster
germina il song americano. Un nuovo genere denominato musical diventa
contenitore onnicomprensivo, variante locale di opera, operetta, balletto e
Singspiel alleuropea. Pronto a trasferirsi sullo schermo cinematografico
quando compare la colonna sonora. Dove trova spazio anche lo stile classico
che Dvok e gli altri emigranti europei portano in America. Il miglioramento dei trasporti marittimi favorisce le tourne di solisti europei. Fra 1856 e
1858 trionfa il pianista tedesco Sigismond Thalberg, anche in coppia con il
violinista belga Henri Vieuxtemps. Fortunate e lucrative sono le tourne
americane di Anton Rubintejn (1872-73). Hans von Blow nel 1875 sceglie
Boston per eseguire in prima assoluta il Primo concerto per pianoforte di
ajkovskij, gi giudicato ineseguibile da Rubintejn.
Quando sinsedia a New York, Dvok trova comunque una vita musicale di alto profilo. Dal 1883 il teatro lirico ha sede nellappena costruito Metropolitan Opera, che parte con una poco fortunata stagione dopera italiana, subito virata su quella tedesca dal nuovo direttore, lungherese Anton
Seidl, gi assistente di Wagner a Bayreuth. Prontamente rifatto dopo lincendio del 1892, il Metropolitan diventa un riferimento mondiale. Molto intensa anche lattivit concertistica pubblica. Un concerto diretto da ajkovskij,
invitato per loccasione, nel 1891 inaugura una nuova grande sala, poi battezzata Carnegie Hall in omaggio al re dellacciaio Andrew Carnegie che ne
paga la costruzione. pensata per dare una sede adeguata alle istituzioni
musicali ideate e dirette da Leopold Damrosch, polacco di nascita, ottimo
violinista e grande amico di Liszt. Damrosch emigra in America nel 1871 e
due anni dopo fonda la Oratorio Society of New York con lo scopo di diffondere la musica sinfonica corale. Memorabili sono i concerti che organizza

622 IX. Le svolte di fine Ottocento

radunando fino a diecimila spettatori per esecuzioni del Requiem di Berlioz,


della Nona di Beethoven, del Messia di Hndel. Coadiuvato dal figlio Walter
destinato a essere un campione della musica di Wagner in America, mobilita
migliaia di voci per il coro e non meno di 250 strumentisti, molti appartenenti allorchestra della Symphony Society of New York, anchessa da lui fondata nel 1878 per ripicca contro la Philharmonic Society.
Lattivit di questa inizia nel 1842, con una memorabile esecuzione della
Quinta sinfonia di Beethoven. Il suo prestigio si rafforza nel 1846 con la
prima americana della Nona. Sotto la direzione del tedesco Theodore Thomas, la Philharmonic diventa la migliore orchestra sinfonica americana. La
vita musicale cresce anche in altre citt e aumenta la concorrenza. Chiamati
da un magnate locale, nel 1891 Thomas e altri strumentisti di valore passano
a Chicago e costituiscono una nuova orchestra, subito importante e rivale.
Per anagrafe, la seconda orchestra sinfonica americana nasce a St. Louis
(1880), subito seguita da quella di Boston (1881). Nel 1900 si costituisce
lorchestra di Filadelfia, citt con tradizione musicale ormai secolare.
Non sorprende che, assieme alla preziosa attivit didattica, a Dvok siano richiesti nuovi lavori. Gli commissiona una sinfonia Seidl, che dal 1891
succede al transfuga Thomas alla guida della New York Philharmonic, pur
mantenendo la direzione dellopera tedesca al Metropolitan. Dvok accetta
volentieri e confeziona nella primavera del 1893 il suo lavoro pi famoso,
subito battezzato Sinfonia Dal Nuovo mondo. Larchitettura complessiva rispetta il modello europeo e brahmsiano in quattro movimenti. Molti ingredienti sono comuni alle sinfonie precedenti, in primo luogo il ricorso a melodie e ritmi di taglio popolare, cosmopolita piuttosto che americano in
senso stretto. vero che Dvok segnala con la dovuta enfasi, in un articolo
scritto nel 1893 per il quotidiano New York Herald, il suo interesse per la
musica degli indiani dAmerica, ma le sue radici restano boeme. Infatti, lo
Scherzo della nuova sinfonia una tipica danza slava, il furiant. Piuttosto,
sono ingredienti nuovi gli accenni ai canti degli schiavi nelle piantagioni di
cotone nel primo movimento. La loro vera origine africana, con i ritmi ripetitivi, le melodie su scale pentatoniche e non temperate, il meccanismo a
domanda e risposta. In particolare, nella sinfonia, un assolo di flauto ricorda
Swing Low, Sweet Chariot, uno spiritual nato da un plantation song. Quel
motivo contiene il germe del Leitmotiv wagneriano (o della ide fixe alla
maniera di Franck e prima ancora di Berlioz), che ricorre nei movimenti
successivi per dare continuit alla costruzione e trasformarsi nella travolgente melodia che rende il finale unapoteosi del linguaggio sinfonico.
Partendo da New York alla scadenza del contratto (1895), Dvok non
lascia una vera e propria scuola. Il New York Conservatory, che nel 1900
raggiunge il numero di tremila allievi, fatica a sopravvivere, decade e scom-

1893 Sinfonia n. 9 op. 95 Dal Nuovo mondo 623

pare negli anni venti, sopraffatto dalla crisi di Wall Street e dalla concorrenza della Juilliard School. Nessuno degli allievi americani di Dvok diventa
famoso. Tranne uno, che solo putativo: il quasi autodidatta George Gershwin racconta di essersi appassionato alla musica ascoltando da ragazzo lHumoreske op. 101 appunto di Dvok, che la compone ispirandosi a Swanee
River di Foster. Cos un primo anello si chiude: quello dellOttocento musicale americano, sul quale si allacciano tutte le collane del Novecento, le pi
importanti e innovative.

Ascolti
A. Dvok, Symphony No. 9 From the New World, L. Bernstein, New York Philharmonic, Sony 1998
A. Dvok, The Symphonies, I. Kertsz, London Symphony Orchestra, Decca 1992
A. Dvok, American Quartet, Emerson String Quartet, dg 1995

Letture
R. Crawford, Americas Musical Life: A History, W.W. Norton & Company, New York
2001
J.C. Tibbets (a cura di), Dvok in America, 1892-1895, Amadeus Press, Portland 1993
C. Hamm, Music in the New World, W.W. Norton & Company, New York 1983
J. Clapham, Dvok, David & Charles, Newton Abbot 1979

1896 La bohme

Giacomo Puccini
Che gelida manina Accenni e frammenti Da Catalani a Wagner Il verismo di Mascagni: Cavalleria rusticana Pagliacci di Leoncavallo Manon Lescaut di
Puccini Cilea e Giordano La bohme Tosca
Madama Butterfly La fanciulla del West Musica
per DAnnunzio: Pizzetti, Malipiero, Casella Il trittico
Turandot Eredi americani

Il primo incontro fra i protagonisti Rodolfo e Mim un duetto disaggregato.


Lui dice: Che gelida manina, se la lasci riscaldare. Lei risponde: S, mi
chiamano Mim, ma il mio nome Lucia. Per entrambi laria di sortita.
Secondo le regole del melodramma allitaliana i due dovrebbero esibirsi in
una cavatina, una melodia lunga, adatta a rompere il ghiaccio col pubblico,
meglio se chiusa con qualche passo di bravura. Invece tutto sottotono.
Rodolfo, gi in scena da una decina di minuti, quasi continua il dialogo spezzettato appena finito con amici e affittacamere. Mim entra balbettando
scuse. A nessuno dei due Puccini affida un canto spiegato. Le stesse melodie
sono brevi, solo accennate. Alla simmetria del testo non corrisponde quella
del canto. Le frequenti pause frastagliano la melodia, lasciano spazio a intersezioni strumentali, consentono passaggi di tono, evitano monotonia wagneriana anche quando larmonia e lorchestra invasiva ne denunciano lorigine.
Per segmenti successivi, il volume della voce si alza, arriva a scoppiare di
passione, torna al parlato del quotidiano. Analoga la costruzione della risposta di Mim. Anche lei sinfervora descrivendo se stessa e la sua vita di
povera sartina, malata e in cerca di amore. Da fuori chiamano gli amici. Rodolfo li congeda in velocit, abbraccia Mim. Lei corrisponde, finalmente
sboccia il duetto, ma sono poche battute, perch cala il sipario del primo dei
quattro quadri in cui si articola lopera.
I tre quadri successivi sono costruiti allo stesso modo. Il canto spiegato,
alla vecchia maniera del pezzo chiuso che ferma lazione per ascoltare un
assolo, ha poco spazio e non sempre dei protagonisti. Nel secondo quadro,
infatti, Musetta che tiene la scena, con il suo famoso valzer e con il suo essere coquette vera. Il resto del secondo quadro fatto di accenni vocali e
frasi brevissime, sia delle voci sia degli strumenti. Nel terzo quadro, laria pi
importante affidata a Mim. Nel quarto, la fitta trama dei brevi cantabili
che si scambiano i protagonisti si arresta solo per la pi lunga aria Vecchia

1896 La bohme 625

zimarra, affidata a un comprimario, il filosofo Colline. Velocit di frammenti ci che vuole il musicista Puccini quando imposta la sceneggiatura con il
drammaturgo Giuseppe Giacosa e le singole frasi con il poeta Luigi Illica.
Puccini sa che la lingua non deve essere aulica, ma popolare, adatta a raccontare la storia di due anime semplici, che nulla possono contro la miseria e la
malattia che impedisce ogni felicit. Sa che la delicatezza dellamore e il
mutare dellanimo sono pi facili da rappresentare con il suono degli strumenti. Del principio wagneriano del Leitmotiv valorizza le qualit di suggestione, piuttosto che quelle di connotazione. Ecco allora salire, dalla buca
dellorchestra, una mirabile serie dincisi, sempre brevissimi: trasportano
sulla scena emozioni e turbamenti, non si legano a specifici personaggi, sempre portano ricordi in una storia che vive nellinverno e nellattesa di una
primavera che mai verr.
Puccini, toscano di Lucca e musicista per tradizione familiare, nasce
wagneriano. Al conservatorio di Milano, da Amilcare Ponchielli impara a
conoscere bene Lohengrin, Tristano, Maestri cantori. Appena diplomato,
partecipa al concorso per unopera che lesordiente editore Sonzogno organizza per sottrarre nuovi talenti al concorrente Ricordi. Puccini scrive in
velocit i due atti delle Villi. Il soggetto, che pi romantico non si pu,
quello del balletto Giselle di Adam. Ne scrive la versione italiana Ferdinando
Fontana, che appartiene alla Scapigliatura letteraria milanese di Emilio Praga e Carlo Dossi, per definizione attenta al Romanticismo tedesco di E.T.A.
Hoffmann e dei fratelli Grimm. In musica, oltre a Boito e Ponchielli, guardano oltralpe anche il direttore Franco Faccio e il compositore Alfredo Catalani. Il giovane e scapestrato Puccini fa parte di quel mondo e il suo esordio
ha le armonie e i timbri di Wagner. Lopera prima Le Villi non vince il premio
Sonzogno ma Puccini entra fra gli autori di Casa Ricordi. Esordisce al teatro
Dal Verme (1884) con un successo che cresce nelle versioni successive per
Torino, la Scala (1885), di nuovo Dal Verme (1889). Arriva subito il contratto per una seconda opera, Edgar. Il librettista ancora Fontana, con soggetto gotico-romantico da Alfred de Musset: azione farraginosa, musica raccogliticcia, accoglienza tiepida (Teatro alla Scala di Milano 1889). I numerosi
rimaneggiamenti successivi non migliorano la fortuna di Edgar e neppure
quella delle Villi. Negli anni novanta circola in Italia un vento diverso. Non
hanno grande accoglienza le opere scapigliate e neoromantiche di Alfredo
Catalani: i colori nordici di Loreley (Torino 1890) e La Wally (Teatro alla
Scala 1892) resistono per qualche tempo nel repertorio internazionale grazie
alla stima e alla dedizione di direttori come Mahler e Toscanini. Esplode
invece il fenomeno del verismo.
La seconda edizione del concorso indetto da Sonzogno vinta da Cavalleria rusticana di Mascagni, altro giovane toscano (livornese), pure allievo del

626 IX. Le svolte di fine Ottocento

conservatorio di Milano, collega e amico di Puccini. La prima rappresentazione (Roma 1890) un trionfo. Non ci sono eleganze francesi e scapigliature milanesi. Il libretto ricavato dalla coppia Giovanni Targioni-Tozzetti e
Guido Menasci dallomonima novella di Giovanni Verga. Anche la musica
cambia. Basta con nebbie nordiche e preziosismi wagneriani. Tutto avviene
alla luce del sole, con montaggio cinematografico dinquadrature scandite da
ritmo bruciante. Non servono recitativi per spiegare, tantomeno pause per
capire. Sono pezzi chiusi, saldati a fuoco. Un atto unico, poco pi di unora,
e il dramma si compie: in un paesino siciliano, nel mattino di Pasqua, il contadino Turiddu trascura la fidanzata Santuzza e continua la tresca con lex
amante Lola, ora moglie del carrettiere Alfio, che scopre la relazione e uccide Turiddu in duello. La concisione assoluta, ma tutti hanno spazio, con
eccellenti colpi melodici messi a segno: di pi il protagonista Turiddu (O
Lola, Mamma, quel vino generoso), ma anche Santuzza (Voi lo sapete,
o mamma), Alfio (Il cavallo scalpita) e Lola (Fior di giaggiolo). Perfino
lorchestra ha il suo momento magico in un Intermezzo che consente ai
cantanti di respirare e agli ascoltatori di raccapezzarsi. Da Roma, Cavalleria
dilaga nei teatri di tutta Italia, va allestero, in un anno conquista Londra,
Berlino, Chicago, New York, fa il giro del mondo.
Nel giro di due anni si affianca Pagliacci del napoletano Ruggero Leoncavallo, altro esempio di sintesi musicale applicata alla cronaca nera. In un
paesino calabro arriva una compagnia teatrale girovaga per rappresentare la
storia di Colombina che tradisce il marito Pagliaccio con Arlecchino. Un
prologo (Si pu?) consente allattore Tonio di spiegare che sotto le vesti
dei pagliacci pulsano sentimenti veri. Il primo atto svela i triangoli della vita.
Tonio insidia Nedda, la moglie del capocomico Canio che invece gli preferisce il contadino Silvio. Per vendetta Tonio informa il marito, che vorrebbe
passare a via di fatto, ma lo spettacolo deve andare in scena (Vesti la giubba... Ridi pagliaccio). Nel secondo atto, la finzione diventa realt. Pagliaccio/Canio (No, Pagliaccio non son) uccide davvero la moglie Colombina/
Nedda, e con lei lamante in teatro Arlecchino/Beppe e quello nella vita
Silvio, nel frattempo salito sul palco per fermare la strage. Al pubblico attonito, Pagliaccio/Canio comunica che la commedia finita. La struttura
formale appare dilatata, ma i tempi e i ritmi non sono molto diversi. Se possibile, lazione ancora pi tumultuosa che in Cavalleria, con il canto che si
trasforma in urlo e lorchestra che spara segnali. Toscanini dirige la prima
esecuzione (teatro dal Verme, Milano 1892) ed un nuovo trionfo planetario. Nella pratica teatrale, laffinit di stile e di durata fa di Cavalleria e Pagliacci un binomio naturale, da rappresentare nella stessa serata.
Puccini non si lancia nellimitazione. Diluisce i colori wagneriani e accoglie quelli francesi. La sua nuova opera, Manon Lescaut (1893), torna al

1896 La bohme 627

Settecento libertino dellabate Antoine-Franois Prvost addomesticato dal


duo librettistico Giacosa-Illica. Cortigiana per necessit, Manon non si pu
permettere lo squattrinato cavalier Des Grieux, incappa nelle ire dellamante che la mantiene, finisce deportata e muore nel deserto della Lousiana con
Des Grieux accanto. Gi collaudata da Auber (1856) e Massenet (1883), la
storia funziona bene anche con Puccini. La musica accetta la distinzione in
tanti numeri chiusi, trova la melodia di lungo respiro e unorchestra che accarezza, capziosa come sempre. Donna non vidi mai (Des Grieux), In
quelle trine morbide (Manon), Sola... perduta... abbandonata (Manon)
sono attacchi di arie celeberrime, che assicurano il primo trionfo a Torino
sotto la bacchetta di Toscanini e creano il mito del melodista Puccini. Tuttavia, proprio in Manon Lescaut Puccini esprime il suo genio vero di grande
assimilatore dello spirito del tempo e la sua magnifica tecnica musicale. Accanto ai pezzi vocali chiusi, fa fiorire un sontuoso tessuto orchestrale, ancora
wagneriano nellintermezzo sinfonico dopo il secondo atto, e davvero verdiano nel concertato a tante voci dellimbarco a Le Havre (terzo atto). In
tutta lopera quasi impudente il riciclo di propri materiali precedenti, dal
quartetto per archi Crisantemi a sezioni intere dello sfortunato Edgar, a
frammenti di giovanili composizioni sacre. Nuova la tecnica delle frasi
brevi che sei anni dopo fa la fortuna di Bohme.
A fine Ottocento, la fiammata verista di Mascagni e Leoncavallo comincia a spegnersi. Nessuno dei due ripete il successo dellopera prima. Il problema sembra essere il passaggio di scala. Non facile trasferire alle due-tre
ore di opere di tre-cinque atti la concentrazione di unora che assicura latto
unico (anche Pagliacci non prevede intervalli, perch il prologo e i due atti
vanno rappresentati senza tregua). Gli stessi Mascagni e Leoncavallo non
riescono a lievitare le pi ambiziose e numerose opere successive. Ottiene
risultati migliori Andrea Chenier (1896) di Umberto Giordano su libretto di
Illica, tuttora in repertorio grazie ad alcune arie scritte su misura per esibizioni di tenori (Un d allazzurro spazio, Come un bel d di maggio) e
soprani (La mamma morta). Pure firmata da Giordano, inizia bene Fedora
(1898) da Victorien Sardou, con Enrico Caruso che conquista cantando
Amor ti vieta. Vive poco Siberia (1903), nonostante i capziosi inserti di
canto popolare russo e liniziale circolazione internazionale che porta lapprezzamento di Faur dopo il debutto allOpra di Parigi (1905). Un altro
verista, il calabrese Francesco Cilea, miracolato da Caruso che canta il Lamento di Federico da LArlesiana (1898), adattamento di Alphonse Daudet a
opera delleccellente uomo di teatro Leopoldo Marenco. Cilea si conferma
con Adriana Lecouvreur (1902), su libretto tradotto da Eugne Scribe, gradita dai pi acclamati soprani del Novecento grazie alla sua aria Poveri
fiori. Negli stessi anni un altro Marenco, Romualdo, compone le musiche e

628 IX. Le svolte di fine Ottocento

Luigi Manzotti firma le coreografie per il ballo Excelsior che debutta nel
1881 alla Scala, batte ogni primato dincassi e dilaga in tutto il mondo esaltando il trionfo della tecnica di fine Ottocento: la pila di Volta e lelettricit
di Edison, il traforo del Monginevro e lapertura del canale di Suez, la vittoria della luce sulle tenebre.
Il verismo italiano ha un curioso seguito in Francia con La Navarraise
(1894) di Massenet ma non attecchisce altrove. Prova a riprenderne le fila
appunto Puccini, dopo averne sedimentato il linguaggio e ritagliatosi il tempo necessario (con la scusa della pigrizia). La bohme, che va in scena quattro
anni dopo Manon Lescaut, sintesi del passato proprio e altrui. Ritroviamo
luoghi e personaggi della Parigi bohmienne descritta dai poeti, quella naturalista dei romanzieri. C anche lItalia musicale, che ha sempre il punto di
riferimento nel Verdi recente di Otello (1887) e Falstaff (1891) e in quello
passato e mai dimenticato della trilogia romantica Rigoletto, Traviata, Trovatore. Non manca il Wagner ultimo di Parsifal (1883) pi tutta la scuola francese di fine secolo e il verismo italiano. In pi, quellessere fatta di melodie
solo accennate, senza parole, che rende straordinaria la partitura di Bohme.
La perfetta combinazione di tanti ingredienti non solo fa vincere a Puccini
la sfida che un anno dopo gli lancia Leoncavallo con identico titolo, ma gli
assegna anche una fama planetaria mai tramontata.
Puccini capisce tutto, ma non insiste. Lopera successiva, Tosca (Roma
1900) torna un po indietro. Mantiene qualche tono verista, ma guarda al
miglior Verdi drammatico. La forza e la truculenza della storia del francese
Victorien Sardou la fa apparire quasi grand-opra, con un amore tragico
ambientato nella Roma papalina del 1800: la cantante Floria Tosca causa la
cattura del pittore sovversivo Mario Cavaradossi, pugnala il capo della polizia Scarpia, assiste alla fucilazione dellamato, si uccide gettandosi da Castel
SantAngelo. Lo spettacolo ha il punto forte nel gran Te Deum con piena
orchestra e cori da tutte le parti che, nel finale del primo atto, celebra la
presunta sconfitta di Napoleone a Marengo. Il canto trionfa in tre grandi arie
(Recondita armonia, Vissi darte, vissi damore, E lucevan le stelle)
che frenano il passo drammatico di ciascuno dei tre atti, ma incantano per
felicit melodica e assicurano un altro successo travolgente. Procede spedita
anche la composizione di una nuova opera, Madama Butterfly (1903), ambientata in Giappone, triste vicenda di sopruso coloniale, con il vacuo americano Pinkerton che porta al suicidio lingenua geisha Cio-Cio-San, colpevole di credere nellamore. Ben costruita su una fitta e leggera trama di rimandi musicali, veloce e senza stasi solistiche, Butterfly cade alla prima milanese e deve essere riscritta per restare in repertorio.
Nei successivi sette anni, Puccini cerca con calma altri soggetti. Non riesce a sintonizzarsi con la letteratura decadente di Gabriele DAnnunzio, che

1896 La bohme 629

incanta Alberto Franchetti (La figlia di Iorio, 1906), Ildebrando Pizzetti (La
nave, 1908) e Gian Francesco Malipiero (Sogno dun tramonto dautunno,
1913), con estensione in Francia a Debussy. Il silenzio di Puccini si rompe
negli Stati Uniti, dove un dramma di David Belasco, lideatore di Madama
Butterfly, gli suggerisce La fanciulla del West (1910). Qui, finalmente, la
donna non si sacrifica e non muore, ma prende il fucile e trasforma in uomo
vero il banditello amor suo. Il progetto di unoperetta diventa opera leggera
con La rondine (1917). Nei tre atti unici che formano Il trittico, Puccini riannoda fili precedenti, propri e altrui. Il primo a essere composto, Il tabarro
(1912), ha lo stile e i colori del grand-guignol alla francese e tinte espressioniste alla tedesca. In Suor Angelica (1917) tornano le tristezze della condizione femminile. Per fortuna Gianni Schicchi (1918) vive di una scherzosa allegria rinascimentale, unica in Puccini.
Resta incompiuta lultima opera, Turandot, scelta in relazione ai gusti del
pubblico, che resta ammaliato dallesotico orientale: la stessa Cina di Turandot (Busoni, 1917), lIndia di Savitri (Holst, 1916), della Leggenda di Sakuntala (Alfano, 1921), di Padmvat (Roussel, 1923). Puccini scrive in velocit
gran parte della partitura nel 1921 ma si blocca sul finale: non riesce a trovare una soluzione musicale a un libretto che prevede un lieto fine in cui la
crudele regina Turandot sposa il principe Calaf, dopo che la servetta Li si
toglie la vita per non rivelare il segreto che le avrebbe consentito di mandarlo a morte. Fino a quel punto la musica bellissima. Mancano accordi e
melodie per il bacio catartico che dovrebbe trasformare la sanguinaria Turandot in moglie dolcissima. Scomparso Puccini nel 1924, il completamento
postumo di Franco Alfano, appunto trionfale, non convince. Una proposta
viene nel 2001 da Luciano Berio che dilata i tempi, elabora un lungo spazio
di sola orchestra per sedimentare, espiare e consentire agli sposi Turandot e
Calaf di iniziare una nuova vita, pur senza dimenticare.
Proprio per il suo muoversi fra tante correnti a cavallo di due secoli,
Puccini traccia vie importanti per il teatro musicale del Novecento. Non
tanto per gli italiani, che cercano di superare il verismo con La fiamma (Respighi, 1934) e Nerone (Mascagni, 1935), di dimenticare lOttocento con
parole proprie e musiche diatoniche nel Torneo notturno (Malipiero, 1931).
Ne tengono conto pi gli stranieri. Negli Stati Uniti fioriscono sui suoi modelli Amelia al ballo (1936) e La medium (1946) di Giancarlo Menotti e poi
Vanessa (1958) di Samuel Barber. DallAmerica rientra nella patria inglese
Benjamin Britten e, con Peter Grimes (1945), inizia una parabola teatrale
sempre in bilico fra tradizione e modernit, come in Puccini. I veri eredi
sono, forse, a Broadway i grandi musical degli anni trenta e quaranta: Showboat, Porgy and Bess, Oklahoma!, firmati Jerome Kern, George Gershwin,
Richard Rodgers.

630 IX. Le svolte di fine Ottocento

Ascolti
G. Puccini, La bohme, H. von Karajan, Berliner Philharmoniker, Decca 1990
G. Puccini, The Great Opera Collection, Decca 2008
G. Mascagni/R. Leoncavallo, Cavalleria rusticana Pagliacci, G. Prtre, Orchestra e Coro
del Teatro alla Scala, dg (dvd) 2005

Testi
J. Budden, Puccini: His Life and Works, Oxford University Press, New York 2002
D. Martino, Catastrofi sentimentali. Puccini e la sindrome pucciniana, edt, Torino 1993
W. Ashbrook, The Operas of Puccini, Cornell University Press, Ithaca 1985
C. Osborne, The Complete Operas of Puccini: A Critical Guide, Da Capo Press, New York
1989

1901 Jeux deau

Maurice Ravel
Sovrapposizione di segmenti politonali Classicismo e illusionismo Musica acquatica alla Liszt Il pianismo
francese del secondo Ottocento Arpeggi e ornamentazioni Vies, il pianista di Ravel Satie Albniz e Granados Jeux deau Sonatine Miroirs Gaspard
de la nuit Ma mre lOye Le Tombeau de Couperin Neoclassicismo

La filigrana che traspare dalla carta la stessa di una sonata classica di Haydn
e di Mozart. fatta di un primo tema, di un secondo, di una sezione che li
sviluppa, di una ripresa che li espone di nuovo con minime variazioni, di una
coda che chiude rapida. Nello sviluppo centrale non c dialettica, nemmeno
quella diluita del giovane Beethoven. Tutti i passaggi sono elementari. Un
tema affidato alla mano destra, laltro alla sinistra. Puntuale, li separa un
passaggio di collegamento, leggero e trasparente, per cambiare limpianto
tonale. Che in verit non tonale in senso stretto: la scala di mi maggiore si
riduce da eptatonica a pentatonica perch sono sottratti i due semitoni; oppure si amplia a dieci note per aggiunta di tre note estranee. Col risultato di
rendere esotico e antico il secondo tema, di appoggiare su una gragnuola di
dissonanze il suo placido canto, di garantire incessante variet cromatica ai
passaggi di collegamento.
Il testo scritto sulla carta mostra come ci sia una chiara distinzione fra i
ruoli delle due mani: la sinistra accompagna nel registro grave, la destra
volteggia in quello acuto. Per ci sono frequenti scavalcamenti e intricate
sovrapposizioni in cui luna corre sui tasti bianchi e laltra percuote quelli
neri. Talvolta corrono entrambe, ma con ritmo diverso, mentre il canto
affidato al solo mignolo della destra. La tecnica ha evidenti ascendenze
lisztiane. Il riferimento a Au bord dune source e a Les Jeux deaux la Villa
dEste dai volumi primo e terzo degli Annes de plerinage sono espliciti.
Per, in Jeux deau, i meccanismi sono assai pi sottili, proprio perch
passato mezzo secolo e le risorse disponibili sono maggiori. Cambia larmonia, in primo luogo. La tonalit allargata che Franz Liszt sperimenta nei suoi
ultimi anni, e mantiene intima nella Bagatella senza tonalit (1885), con
Maurice Ravel diventa estroversa sovrapposizione politonale, cio di differenti scale musicali. Lo consente il pianoforte moderno, diventato pi sonoro nei volumi e omogeneo nei registri per oggettivo miglioramento dei mate-

632 IX. Le svolte di fine Ottocento

riali e della tecnica costruttiva. La scuola francese, erede dei clavicembalisti


settecenteschi, insegna a inventare e padroneggiare decorazioni eleganti e
lievi, da poggiare su tessuti tanto semplici quanto solidi.
Ravel conosce bene tutto questo, perch ha una formazione completa al
conservatorio di Parigi. Studia pianoforte con Charles-Wilfrid de Briot, figlio del violinista Charles-August e della cantante Maria Malibran, maestro
anche degli eccellenti pianisti spagnoli Ricardo Vies ed Enrique Granados.
Non diventa un pianista virtuoso, un po per questioni fisiche (mani piccole),
un po per scelta di vita: vuole creare, non eseguire. Sa bene di non essere
allaltezza di una pubblica esecuzione delle sue composizioni pi avanzate e
per questo segue con molta attenzione la qualit della tecnica altrui, in un
ambiente parigino particolarmente vivace. Pi che mai domina la scena
Saint-Sans, genio poliedrico (archeologo, matematico, occultista, astronomo, filosofo), fluviale compositore (circa 300 titoli catalogati, fra cui ben 13
opere teatrali, non solo Sansone e Dalila), polemista e didatta, grande organista e pianista stimatissimo dallamico Liszt. Pi che per i suoi lavori solistici, Saint-Sans famoso per i concerti per pianoforte e orchestra nei quali
riesce a combinare il virtuosismo lisztiano con la misura mozartiana. Ha
grande fortuna il suo Secondo concerto (1868) e sorprende il quinto e ultimo
(1895), intitolato Legiziano, scritto a Luxor, con utilizzo di un canto di battellieri del Nilo, improvvisi colpi di timpano, imitazione di eliche e forsennato motorismo finale: vero inno allesotismo e alla modernit. Da Saint-Sans,
Ravel apprende il gusto per gli arpeggi e le decorazioni eleganti che ammorbidiscono un disegno formale molto netto.
In conservatorio, Ravel studia composizione con Faur, allievo diretto di
Saint-Sans e pure formidabile pianista. Cultore del passato classico e di
Mozart in particolare, Faur mantiene forti legami con lintimismo di Schubert e di Chopin pi che con le estroversioni di Liszt. Scorrendo il vasto
elenco dei suoi lavori sincontrano i titoli della prima letteratura romantica:
improvvisi, notturni, valzer, romanze senza parole. Anche Faur ama sfumare i contorni con generosi innesti cromatici appresi durante i pellegrinaggi in
terre wagneriane in compagnia del maestro e amico Saint-Sans, per mantiene un rigoroso controllo formale anche nei lavori di maggior respiro, come le tante barcarole impostate alla maniera fluida di Chopin, come la lunga
trama dellonirica Ballata op. 19 (1879). Un altro wagneriano francese si
commuove ascoltando Tristano a Monaco, per ne ricava unesilarante parodia per pianoforte a quattro mani, intitolata Souvenirs de Mnich (1886), che
traduce in solidit diatonica tutte le ambivalenze cromatiche delloriginale.
Emmanuel Chabrier, personaggio favoloso: amico e collezionista dei pittori impressionisti Monet, Manet, Czanne, Renoir, Sisley; intimo dei letterati Verlaine, Zola, Daudet, Mallarm; stimatissimo dai maggiori musicisti

1901 Jeux deau 633

del tempo. Piace il suo modo entusiasta di vivere la musica. Non un pianista di professione ma usa la tastiera per appuntare idee destinate ad altri
colori strumentali, allorchestra. Sono cos i suoi dieci Pices pittoresques
(1880-81), in apparenza ispirati ai cicli romantici, in realt schizzi a punta
secca, in attesa di veste completa. La sua irruente vitalit trova compimento
nellorchestrale rapsodia Espaa (1883), risultato di un vero soggiorno in
Spagna e di tante invenzioni proprie. Ravel, arrivato a Parigi da un paese dei
Pirenei, compagno di studi del pianista catalano Vies, resta incantato dalla
personalit di Chabrier, tanto da dedicargli un cammeo nel dittico la manire de... (1913) che riprende una rivisitazione fatta dellamato autore di un
brano del Faust di Gounod. Laltro cammeo dedicato, non a caso, al russo
Borodin con un valzerino che imita Chopin.
Diciottenne, nel 1893 Ravel incontra Erik Satie, altro personaggio curiosissimo e destinato a influire su un trentennio di vita musicale parigina, direttamente e per interposta persona. Bollato come indolente al conservatorio
di Parigi, povero in canna e costretto a trasferirsi nel sobborgo periferico di
Arcueil, modesto pianista nel caf cabaret Le Chat noir, Satie ha il merito di
intuire valori che diventeranno propri della musica del primo Novecento:
nuova semplicit, vaghezza della forma, profondit di contenuti, contaminazione asciutta di note musicali e pensiero esoterico. Teorizza, per esperienza
professionale, la musica da tappezzeria, banale, kitsch. Applica il principio
della ripetizione infinita, del nonsenso strutturale. Inverte il concetto di dissonanza con quello di consonanza. Getta i semi che germoglieranno come
dadaismo, surrealismo, minimalismo. Il suo costante amore per un Medioevo gotico e misterioso lo porta a intrecciare modi antichi con cromatismi
moderni (Ogives, 1886). Cerca la noia come valore primario nella piatta
terna di movimenti lenti, sempre ieratici e beffardi intitolata Gymnopdies
(1889). Seguono le Gnossiennes (1893), con titolo misterioso, annotazioni
criptiche per disegni immobili e arie orientali prive di senso. I titoli provocatori e lassurdit della scrittura colpiscono autori alla ricerca di novit e di
affrancamento dal passato. Satie trova un interprete attento e fedele in Vies.
A differenza di Ravel, Vies un pianista straordinario, che si dedica
allesecuzione e non alla creazione. Appartiene alla generazione di pianisti
compositori spagnoli che si affermano a fine Ottocento e portano una ventata di vero folklore iberico. Il pi anziano Isaac Albniz, un fanciullo
prodigio. Prima dei ventanni studia al conservatorio di Parigi con Antoine
Franois Marmontel, maestro anche di Bizet e Debussy. Da concertista, gira
lEuropa e le Americhe (Buenos Aires, Cuba, New York, San Francisco).
Riprende gli studi ai conservatori di Lipsia e Bruxelles. Torna in Spagna nel
1882 per ampliare il repertorio. Fa massacranti tourne europee. Dal 1893
risiede a Parigi, smette di girovagare, stringe amicizia con musicisti locali, si

634 IX. Le svolte di fine Ottocento

dedica alla composizione valorizzando i temi spagnoli in lavori teatrali e soprattutto pianistici. Il suo pezzo tuttora pi famoso, Asturias, collocato come
preludio alla suite per pianoforte Chants dEspagne op. 232 (1892) rimaneggiata per il nuovo ciclo Suite espagnole (1912, postumo), un esempio di
flamenco rivisitato: le sezioni laterali sono ossessive ribattiture da chitarra e
la parte centrale ha memorie arabe. Non a caso Asturias ha trovato fortuna
nella trascrizione per chitarra (dalloriginale pianistico) di Andrs Segovia e
in vari adattamenti pop. Il capolavoro di Albniz tuttavia la collana pianistica Iberia (1905-09), dodici schizzi divisi in quattro quaderni, ciascuno
dedicato a eventi e luoghi di Spagna, concentrati su unAndalusia dove lantica litania cristiana incontra la melopea araba, con la mediazione del virtuosismo pianistico lisztiano e comunque mitizzata, cio coerente con limmaginario parigino e cosmopolita.
un altro pianista spagnolo residente per breve tempo (1887-89) a Parigi, Enrique Granados, che fa conoscere il dodicenne Vies al coetaneo Ravel. Finiti gli studi, Granados torna a Barcellona e si dedica alla composizione. La quinta delle sue Dodici danze spagnole (1893), Andaluza, gli d rinomanza mondiale. subito ammirata da Saint-Sans e da Grieg, e ancora
oggi da pianisti e ascoltatori di ogni ordine e grado. La formula quella che
funziona quando si traduce la chitarra sul pianoforte: accompagnamento
ribattuto di una melodia dolce che fluttua fra maggiore e minore in ambito
pentatonico e dunque popolaresco. Pi consistente la scrittura del suo
capolavoro, ispirato a incisioni di Goya e appunto intitolato Goyescas (190911): sei quadri conseguenti che rappresentano una storia di amore e di morte con lividi tratti in bianco e nero, attenuati alla fine dal surreale ritorno in
forma di spettro dellinnamorato tradito e ucciso in duello dal rivale.
Vies e Ravel si formano in mezzo a tanti stimoli esterni e assieme inventano un repertorio pianistico originale. Alla straordinaria abilit esecutiva
delluno corrisponde, nellaltro, unincredibile capacit di intuire il potenziale inespresso, virtuale della musica che ascolta e che crea. Il primo lavoro
pianistico importante di Ravel, Pavane pour une enfante defunte (1899),
sente il peso del passato e il corrente gusto per il lamento. Innovazione pura
invece Jeux deau. La sovrapposizione di ritmi e di melodie con basi armoniche diverse, dove canto e accompagnamento stridono, fa s che per la prima volta il rumore entri nella musica per pianoforte. Non cacofonia, per.
il rumore dellacqua pura che zampilla in una fontana monumentale,
pensata e realizzata da un architetto, dove il suono cambia in continuazione
e nessuna volont umana lo pu fissare perch regolato dalla forza del vento
e dal calore del sole. La differenza fra Liszt e Ravel, nelle composizioni che
(quasi) hanno lo stesso titolo, sta appunto qui. Per il primo, lacqua simbolo daltro: visione, lavacro, purificazione, redenzione. Per laltro osserva-

1901 Jeux deau 635

zione, fenomeno fisico, dolcissimo rumore. Non impressione e neppure


vaghezza. I contorni sono nitidi, anche se la complessit della scrittura
pensata per assorbire e magari apprezzare le sfasature esecutive. Conta il
disegno, cio la filigrana.
Leffetto allerta le orecchie degli ascoltatori, irrita i conservatori, interessa
i curiosi, non convince completamente. La prima esecuzione in pubblico di
Jeux deau, curata da Vies assieme a Pavane (5 aprile 1902), crea molto
sconcerto. Suggerisce a Ravel di mantenere la filigrana antica e di recuperare
il nome di Sonatine (1905) per il pezzo pianistico successivo, con i tre movimenti nellordine classico e la forma di ciascuno rispettosa delle regole.
Torna alla sperimentazione con la suite Miroirs (1906), fatta di cinque pezzi
di simile durata ma ben diverso contenuto. C voglia di libert nello svolazzare delle farfalle notturne (Noctuelles) e oppressione da calore estivo
nella pigra immobilit degli uccelli nella foresta (Oiseaux tristes). Torna
lacqua con la forza dei marosi (Une Barque sur locan) e si sentono rintocchi lontani (La Valle des cloches), come nel Liszt degli Annes de
plerinage svizzeri. Nel quinto brano, Alborada del gracioso, si piomba in
Spagna: la serenata mattutina di un buffone, con il pianoforte che canta e
imita la chitarra, come succede in Asturias di Albniz e in Andaluza di Granados, per con quel pizzico dironia che fa la differenza.
Alla prima esecuzione, sempre di Vies, il pubblico gradisce Alborada
del gracioso e disapprova gli altri pezzi. A sua volta, Ravel ha gi in mente
una versione orchestrale sia di Alborada sia di Une Barque. Le realizza
poco dopo. Forse gi pensa, prima della commissione ufficiale di Koussevitzky, lorchestrazione dei Quadri di unesposizione di Musorgskij che Vies
presenta per la prima volta a Parigi in versione originale proprio nel 1905.
Ravel inizia a scrivere un nuovo trittico impostato alla maniera della sonata
classica, con un primo movimento veloce e tripartito (esposizione-svilupporipresa), un secondo lento e strofico, un terzo veloce e virtuosistico. Lo intitola Gaspard de la nuit, ispirato a tre poemi del simbolista Aloysius Bertrand,
un allucinato precursore dei parnassiani. Gaspard il Demonio, signore
della notte. lui che mette la coda sul disperato tentativo di una figlia delle
acque di portare nel suo mondo incantato il poeta, invaghito di una donna
che vive sulla terra (Ondine). lui che incombe quando il sole tramonta
mentre dalla forca di una citt medioevale pende un impiccato (Le Gibet).
E si trasforma alla fine in un beffardo e imprendibile gnomo (Scarbo). La
diabolica difficolt dello spartito frutto dellidentit organica fra limmaginazione di Ravel e le dita di Vies.
Dopo Gaspard de la nuit, Ravel riduce limpegno sul pianoforte. Si limita
a imbastire una bella suite per pianoforte a quattro mani, un abbozzo per la
finale versione per orchestra e per teatro. Intitolata Ma mre lOye (1910),

636 IX. Le svolte di fine Ottocento

traduce in musica cinque fiabe della tradizione sei-settecentesca francese


(Charles Perrault, Marie-Catherine dAulnoy, Jeanne-Marie Leprince de
Beaumont), gioca sulla semplicit del racconto e dellarmonia, che tale
perch ricorre a scale penta e tetratoniche, per definizione esotiche. Sono
musiche raffinate seppur destinate ai bambini. Sentono lo stimolo beffardo
di Satie, che negli stessi anni scrive pezzi a quattro mani dai titoli assurdi:
Trois morceaux en forme de poire (1903), En habit de cheval (1911). Ravel
resta serio: tornando al passato romantico, quello semplice di Schubert,
compone Valses nobles et sentimentales (1911), otto pezzi che presto assumono veste orchestrale e si trasformano in balletto. La Grande guerra spazza
via un mondo e libera Ravel dalla paura del passato. Finalmente pu smettere di essere moderno e ammettere di amare lantico. Scrive Le Tombeau de
Couperin (1919), una suite alla maniera dei clavicembalisti del Settecento,
omaggio a colleghi scomparsi in guerra (dunque contemporanei) con titoli
espliciti: Prlude, Fugue, Forlane, Menuet, Rigaudon, Toccata. Quattro pezzi diventano orchestrali. Poco dopo (1922) arriva un altro
capolavoro, su canovaccio altrui: Quadri di unesposizione, da Musorgskij. Il
pianoforte solista di Ravel si ferma qui. Dopo ci saranno i due concerti, in re
per la mano sinistra, in fa per le due mani. Assolta la riconoscenza al clavicembalo francese, ai viennesi Haydn e Mozart, Ravel rivolge lattenzione al
jazz americano.

Ascolti
M. Ravel, Jeux deau, M. Argerich, dg 2000
M. Ravel, Piano Works, V. Perlemuter, Nimbus Records 1996
I. Albeniz, Iberia Navarra Suite Espaola, A. de Larrocha, Decca 1988
E. Granados, Goyescas, A. de Larrocha, emi 1992

Letture
R. Howat, Reflections: The Piano Music of Maurice Ravel, Amadeus Press, Portland 2012
E. Restagno, Ravel e lanima delle cose, il Saggiatore, Milano 2009
R. Howat, The Art of French Piano Music: Debussy, Ravel, Faur, Chabrier, Yale University Press, New Haven 2009
A. Guarnieri-Corazzol, Erik Satie tra ricerca e provocazione, Marsilio, Venezia 1979

1902 Pellas et Mlisande


Claude Debussy

Dettagli e allusioni Senza alzare la voce Debussy fra gli


impressionisti La formazione accademica Faur Wagner e Musorgskij Maeterlinck Pellas et Mlisande
Poe DAnnunzio Schnberg Sibelius Strauss
Dukas Bartk Berg
Je ne pourrai plus sortir de cette fort sospira Golaud allapertura del sipario. Le parole raccontano, certo, del bosco in cui si perso cacciando un
cinghiale. La voce, piuttosto, rivela lo smarrimento della foresta musicale in
cui si ritrova. Il canto di Golaud piatto, quasi parlato. La sua voce non
sincrespa neanche quando incontra la bellissima Mlisande, che gli risponde a tono, ancor pi confusa e incerta di lui: Ne me touche pas! Ne me
touche pas. Attorno invece rigogliosa la voce della foresta. Non quella
di una giungla intricata e confusa. fatta di continue intersezioni di lampi e
di mormorii, luci di strumentini, rombi di ottoni, zampilli di arpe, muschi di
violoncelli, fioriture di violini. Debussy traccia linee nette, si direbbe con
riga e squadra, come fanno i disegnatori provetti. Da ottimo architetto, per,
dispone e sovrappone le linee tenendo conto di un quadro dassieme che ha
fisso in mente ma cambia continuamente perch interagisce con la realt del
segno, che comunque precede. Lo guida il principio che non ci devono essere schemi che ricordino un qualunque passato, che tutto sar diverso e nuovo. Meticoloso nel cesellare il dettaglio, Debussy non lineare nella disposizione dellinsieme. Anzi parte dal momento culminante dellopera per poi
svolgere le premesse e infine trarre le conclusioni. La lunga storia della
composizione di Pellas et Mlisande dice che la prima scena messa in musica la quarta del quarto atto, quando finalmente i due protagonisti si dichiarano innamorati. Non lhanno mai confessato prima, a parole, nemmeno a
loro stessi. Hanno lasciato alla musica il compito di esprimere il lento e misterioso allacciarsi dei tanti fili che annodano il loro amore adulterino.
Pellas e Mlisande non alzano la voce, neppure nelle scene precedenti.
Non la alza neppure Golaud, che pure ha sposato lesile creatura del bosco,
lha portata nel suo cupo castello, lha presentata al nonno Arkl e al fratellastro Pellas. Sempre la musica accompagna il candore del comportamento di
Golaud e il crescere della gelosia. Soltanto dopo aver assistito, nellombra,
alla dichiarazione damore, la sua ira scoppia e diventa la furia che uccide
Pellas e ferisce Mlisande. Tutto torna sottovoce nel quinto atto, con Go-

638 IX. Le svolte di fine Ottocento

laud affranto al capezzale dellamata che muore. Altri due personaggi fluttuano in questa storia senza luogo e senza tempo, zeppa di vaghezze e di allusioni. Sono il bambino Yniold, che il padre Golaud usa come spia del comportamento della coppia, e il nonno Arkl, re di questonirico regno stretto fra
foresta e mare. Luno il doppio speculare dellaltro. Un vecchio saggio rassegnato alla morte vicina, un fanciullo che non pu capire e men che meno
pu conoscere il futuro. Usano tutti il medesimo linguaggio moderno, quasi
infantile, comunque lontano dagli arcaismi aulici che creano oscurit in molti testi simbolisti di fine Ottocento. Sono invece le sospensioni e le pause, le
frasi interrotte e le parole sotto tono che danno ambiguit e mistero a colloqui
incessanti il cui senso si lascia solo intuire. Vuole cos Maurice Maeterlinck
nel testo teatrale Pellas et Mlisande, che nel 1892 conferma sulle scene di
Parigi un successo iniziato con La Princesse Maleine (1890), continuato con
LIntruse (1890) e Les Aveugles (1891). la base che vuole Debussy per costruire un teatro musicale diverso da tutto quello che vede intorno a s.
In Debussy, la ricerca di un modo alternativo di combinare parole e musica sulla scena parte da lontano, fin dalla cantata LEnfant prodigue (1884)
con cui conquista il Prix de Rome e il privilegio di soggiornare a Villa Medici fra 1885 e 1887. Il suo primo capolavoro sintitola La Damoiselle lue
(1888), un pome-lyrique per coro femminile e orchestra che nasce dalla
passione per la letteratura e le arti figurative. Il testo del pittore e poeta
inglese Dante Gabriel Rossetti, uno dei fondatori del movimento preraffaellita, del simbolismo e decadentismo nellarte, del ritorno al linguaggio del
Medioevo, del trionfo di una sensualit senza tempo. Fin da bambino, la
pittura affascina Debussy, che negli anni della formazione frequenta i maggiori artisti che stanno a Parigi. Adora lo splendore dei colori pastello, il
tratto nitido, la ricchezza di dettaglio dei preraffaelliti. Studia larte della
luce e della composizione degli impressionisti. Di alcuni pittori diventa amico personale, di altri conosce bene le opere: Rodin, Degas, Renoir, ToulouseLautrec, Sisley, Gauguin, Munch, Whistler. Prova subito a tradurre nella sua
musica quanto di non accademico vede in questi giochi di colore e di parole.
Al conservatorio studia approfonditamente anche la musica del suo tempo.
Non gli piace il formalismo classico di Saint-Sans. Apprezza i toni morbidi
di Faur. Analizza lo scatenato cromatismo di Franck. Lo divertono gli spericolati salti da un accordo allaltro di Chabrier. Lo incuriosiscono i grumi
armonici e i passaggi neogotici di Satie. Segue con estrema attenzione ci che
succede al teatro dopera, forte di convinzioni ben radicate. Non si ritrova
con i meccanismi drammatici di Verdi e Massenet, neppure con quelli lirici
di Gounod e Bizet; tanto meno con il verismo italiano di Cavalleria rusticana
e Pagliacci. Due volte pellegrino a Bayreuth (1888 e 1889), assiste a Parsifal,
Tristano e Isotta, I maestri cantori di Norimberga, imparando cosa si deve

1902 Pellas et Mlisande 639

evitare per non passare da wagneriani: bene mantenere la continuit del


tessuto orchestrale, meglio spezzare il filo della linea vocale, di sicuro scartare la meccanicit del Leitmotiv. Studia la prosodia musicale di Boris Godunov e sperimenta un nuovo tipo di rapporto fra la sua musica e le parole
orientaleggianti di Pierre Lous in Proses lyriques (1893) e Chansons de Bilitis (1898).
La scoperta del teatro di Maeterlinck permette a Debussy di annodare
tutti questi fili e di inventare un modo diverso di fare teatro musicale. Chiede
di usare il testo del dramma La Princesse Maleine, ma ormai promesso a
Vincent dIndy. Nel 1892 vede Pellas et Mlisande. Ottiene dallautore lautorizzazione a metterlo in musica e a introdurre alcuni tagli. Si pone il limite
estremo di utilizzare il testo originale, senza ricorrere a un librettista e, di conseguenza, senza interagire con lui. Sa che le ambiguit del testo stesso gli consentono enorme libert di movimento sul piano musicale: il carattere vago e
sfumato dei personaggi apre a un uso infinito del dettaglio sonoro. Debussy
valorizza le sospensioni armoniche, le dissonanze irrisolte, le ambivalenze
dellamatissimo Tristano, cui rende omaggio citando il tema della gelosia nel
suo Pellas, per non incolla segnali musicali (Leitmotiv) a quanto accade in
scena. Sostituisce leufemismo alliperbole. Si limita a suggerire per accenni le
presenze evanescenti di Mlisande (un arabesco di oboe), i passi grevi di Golaud (un ritmo di due note, ripetute), i respiri di Arkl (quattro battute melodiche senza tempo). In fondo, le emozioni dei suoi personaggi sono sempre le
stesse: ansie, paure, tormenti, che comunque prevalgono su felicit e amore.
Debussy vuole che sia la musica a esprimere quello che va oltre la parola.
convinto di possedere una tavolozza di significanti strumentali da distribuire
dove e quando serve. Pennellate precise, colori vividi che solo il quadro sempre
in movimento attenua e sfuma. La realizzazione del progetto comunque
lunga e complessa.
Debussy inizia a comporre a fine 1893 e completa lo spartito vocale
nellagosto 1895. La lunga trattativa con la direzione dellOpra-Comique si
chiude solo nel 1901. Nel frattempo, Debussy rinuncia alla proposta di scrivere musiche di scena per una versione inglese del dramma. Se ne incarica
Faur, che in poche settimane prepara 17 numeri musicali per una rappresentazione a Londra nel 1898 e ne ricava anche una suite per piccola orchestra subito accolta con favore. A sua volta Debussy, durante le lunghe prove
necessarie per la prima rappresentazione del suo Pellas, deve aggiungere
cinque interludi solo orchestrali per dar tempo ai cambi di scena; e controllare le ire di Maeterlinck, che quasi lo sfida a duello perch il ruolo della
protagonista sottratto alla sua amante Georgette Leblanc e affidato alla
scozzese Mary Garden. Diretta dal compositore Andr Messager, la prima
(30 aprile 1902) lascia tutti perplessi. Sconcerta la parte vocale, senza duetti

640 IX. Le svolte di fine Ottocento

e concertati, senza melodie, sempre piatta, solo con minime inflessioni. Spesso le voci si fermano, altre volte si ferma lorchestra e lascia scoperta la voce
che sussurra. Gli stessi strumenti dellorchestra di rado suonano assieme;
invece si aggregano in piccoli gruppi che presto si sciolgono, assaporando il
silenzio. Lme humaine est trs silencieuse. Lme humaine aime sen aller seule conclude sconfortato il vecchio Arkl, mentre Mlisande spira, il
medico certifica e il fratricida-uxoricida Golaud singhiozza.
Non ci sono eroi positivi wagneriani, e ancor meno adrenaline verdiane.
Mancano cori e balletti. Entrano risonanze balinesi e liturgie gregoriane. La
rappresentazione dura quasi tre ore. I critici conservatori stroncano. I giovani compositori, fra cui Ravel, plaudono. Il pubblico diviso, ma alla fine
resta ammaliato dalla novit. Le repliche sono subito 14 e superano il centinaio nei successivi dieci anni. Si rappresenta allestero: prima (1907) a Bruxelles, subito dopo a Francoforte, a New York, alla Scala di Milano con direzione di Toscanini (1908). Non ha il successo dellopera verista italiana, ma
influenza i maggiori compositori del tempo, sia pure con percorsi misteriosi,
intricati, lenti com nella natura di Pellas.
Lo stesso Debussy continua a lavorare sulla partitura anche dopo la prima esecuzione e dopo ledizione a stampa. Prepara una revisione completa
nel 1905, che continua ad annotare, aggiungendo dettagli, fino al fatale 1918.
Lavora con molta intensit a una nuova opera, ispirata al racconto La caduta
di Casa Usher dellamatissimo Edgar Allan Poe. Del racconto lo affascinano,
come sempre, latmosfera lugubre, il senso della fine, langoscia che viene
dalle ambiguit delle situazioni e dei personaggi. Per non riesce a trovare la
chiave giusta e abbandona il progetto attorno al 1905, dopo aver scoperto la
potenzialit illusionista del pianoforte. Torna al teatro nel 1911, stimolato da
Gabriele DAnnunzio, che arriva a Parigi per sfuggire ai creditori, voglioso
di far rivivere la letteratura medioevale francese. In tempi relativamente
brevi, Debussy scrive le musiche di scena per lambizioso mistero in cinque
atti Le Martyre de saint Sbastien, con la ballerina Ida Rubintejn che interpreta il ruolo di san Sebastiano. Lo spettacolo un fiasco, mai pi ripreso.
La musica riorganizzata in frammenti sinfonici e come tale eseguita e incisa.
Abbandonato ogni altro suo progetto teatrale, salvo i ritocchi a Pellas, Debussy si concentra sul pianoforte e sulla musica da camera.
Il testo di Maeterlinck, con i suoi incubi e le sue claustrofobie, continua ad
affascinare altri musicisti. Nel 1903, su suggerimento del mondano Richard
Strauss e senza sapere del contemporaneo lavoro di Debussy, il severo Schnberg
ne ricava un turgido e sensuale poema sinfonico per grande orchestra, ancora
legato al tardo Romanticismo di Brahms, che assorbe anche il principio wagneriano del Leitmotiv e sposa il nascente espressionismo, inteso come drammatico
intervento dellartista sul mondo che lo circonda, come ribellione dello spirito

1902 Pellas et Mlisande 641

alla realt delle cose. Tre anni prima, Schnberg collauda un linguaggio simile
nella ridotta formazione del sestetto darchi. Verklrte Nacht un poema sinfonico tascabile su una storia allucinata ma a lieto fine del poeta simbolistaespressionista Richard Dehmel. Ancora una volta, funziona lintreccio fra costruttivismo strutturale alla Brahms e dispersione armonica alla Wagner. Comune solo il timbro orchestrale scuro nellaltro popolare lavoro ispirato al Pellas,
la musica di scena scritta nel 1905 dal finlandese Sibelius e trasformata in suite
per piccola orchestra, uno dei suoi lavori pi popolari.
Non meno interessante leredit lasciata dalluso che Debussy fa della
parola. Il suo esempio di tralasciare lintervento dei librettisti presto seguito
da Richard Strauss che, nella sua Salome (1905), applica la musica alla lettera
del testo di Oscar Wilde (pur tradotto dal francese al tedesco) e in parte continua con i libretti di Hugo von Hofmannsthal. Far cos anche Berg con i
testi di Bchner per Wozzeck e di Wedekind per Lulu. Senza dimenticare Die
Soldaten (1965), dove le parole settecentesche di Jakob Lenz si associano alla
musica dodecafonica di Bernd Alois Zimmerman. E tenendo conto che recenti interpretazioni di Pellas et Mlisande ne fanno un solido precursore
dellantico (giapponese) e del moderno (europeo) teatro della crudelt e delle
paure. Nel teatro del primo Novecento, lerede diretto tuttavia Bartk, con
Il castello del principe Barbabl, composto nel 1911 ma rappresentato solo nel
1918, a guerra finita. ricavato da Ariane et Barbe-bleue di Maeterlinck, gi
messo in musica da Dukas nel 1907. La storia della nuova moglie Giuditta che
non ascolta limplorazione di Barbabl a non vivere con lui e scopre uno alla
volta gli orribili segreti delle sette porte suggerisce a Bartk una musica ancor
pi livida e misteriosa di Debussy, pi drammatica e brutale di quella che
Richard Strauss scrive per Salome (1905) ed Elektra (1909).

Ascolti
C. Debussy, Pellas et Mlisande, C. Abbado, Wiener Philharmoniker, dg 1992
A. Schnberg, Pelleas und Melisande, op. 5 variationen op. 31, P. Boulez, Chicago Symphony Orchestra, London Symphony Orchestra, Wea Apex Classics 2007
B. Bartk, Duke Bluebeards Castle, I. Kertsz, London Symphony Orchestra, Decca 1999

Letture
P. Roberts, Claude Debussy, Phaidon, New York 2008
J.M. Nectoux, Faur. Le voci del chiaroscuro, edt, Torino 2004
A. Boucourechliev, Debussy. La Rvolution subtile, Fayard, Paris 1998
E. Lockspeiser, Debussy. La vita e lopera, Rusconi, Milano 1983

1902 Sinfonia n. 5

Gustav Mahler
Radici nel Classicismo viennese Locchio del ciclone:
Adagietto per archi e arpa Le fiabe di Des Knaben
Wunderhorn Il titano Resurrezione Terza e
Quarta sinfonia La svolta della Quinta Sesta
come Tragica Settima come Canto della notte
Ottava dei Mille Nona alla burlesca Successo
come punizione

Lattacco della tromba sola una citazione letterale dal secondo movimento
della Sinfonia n. 100 Militare di Haydn e per tutto il primo movimento imperversa il tema del destino della Quinta sinfonia di Beethoven. Lintera
Quinta sinfonia di Mahler percorsa dai ritmi di valzer e di Lndler che
danno immortalit a Schubert. Non manca il contrappunto sinfonico alla
Brahms. La batteria degli ottoni (6 corni, 4 trombe, 2 tromboni, un basso
tuba) apporta i timbri di Bruckner. Anche la struttura, pur sterminata (almeno 75 minuti di musica), si riconduce alla forma sinfonia. Mahler la articola
in cinque movimenti disposti in tre parti: 1+2, 3, 4+5. Il primo movimento pu essere letto, sia pure su scala colossale, come un classico Adagio
introduttivo, alla maniera delle ultime sinfonie di Haydn, di Mozart (K 543)
e di Beethoven (Prima, Seconda, Settima). Al Beethoven dellEroica rimanda
il taglio da marcia funebre, col tema del destino che sintreccia con lo squillo della tromba haydniana. Ben preparato dalla lunga Trauermarsch
(marcia funebre), il movimento successivo (Strmisch bewegt) sinnesta
direttamente e diventa un (sempre colossale: 20 minuti) primo movimento
in forma sonata, con tanti temi che si scontrano, danno vita a una tempesta
di suoni, convergono in unesaltata sintesi finale, non senza aver recuperato
pi volte materiali della precedente Marcia funebre, per segnalare la necessaria continuit. I cromatismi wagneriani si sposano con bruckneriani
corali di ottoni.
Le tempeste si placano nello Scherzo (seconda parte), scandito da lievi
passi di danza nelle sezioni laterali che diventano dolcezze schubertiane in
quella centrale. Gli ultimi due movimenti formano la terza parte. Il lirismo,
finora latente, fiorisce nellAdagietto per soli archi e arpa, quasi unoasi di
silenzio, un occhio nel ciclone, un indimenticabile momento di pace e di
malinconia. uno dei brani pi famosi della letteratura sinfonica. La tempesta torna ovviamente nel finale, ma il fragore degli ottoni, il picchiettare dei

1902 Sinfonia n. 5 643

fiati, le folate degli archi sono incardinati nella salda struttura del rond
classico. Come la Quinta di Beethoven, che inizia con un tragico do minore
e termina in un solare do maggiore, la Quinta di Mahler apre in un disperato
do diesis minore e finisce in un trionfante re maggiore.
Che la Quinta sinfonia di Mahler trovi le sue radici nella sinfonia classica
viennese dunque ovvio. Si percepisce al primo ascolto, ed ci che pi
infastidisce chi non ama lo stravolgimento dei contenitori e il debordare dei
contenuti. Per c molto altro ancora, che viene dal Romanticismo europeo
e dalla voglia di usare la musica per raccontare passioni. Il passaggio dalle
tenebre alla luce un tema che in musica ha radici lontane, ben oltre Berlioz
e Mozart, oltre Rameau. Lo stesso Mahler, dieci anni prima, se ne ispira per
la sua Seconda sinfonia (1894), intitolata Resurrezione. Ancora una volta la
musica parte dal registro cupo di una marcia con tamburi coperti, si rischiara con strumentazione leggera, inserisce un delicato intervento per voce
femminile, si ferma estatica su un coro a cappella che intona i versi del poeta
illuminista Friedrich Klopstock prima dellesplosione del tutti finale sulle
parole S, risorger. La speranza illusione evidente perch langoscia
continua a serpeggiare, qui come in tutta la produzione di Mahler, anche in
quella giovanile. Laffresco desordio, la cantata Das klagende Lied
(1880), una fiaba in nero che racconta di un fratricidio e della catastrofe
che ne consegue. La quasi normale Prima sinfonia (1888), detta Il titano
perch ispirata dallomonimo romanzo di Jean Paul Richter di schumanniana memoria, ha un momento magico nel quarto dei suoi cinque movimenti.
Mette in musica lillustrazione fiabesca Il funerale del cacciatore: attorno
al corteo dei cacciatori che piangono il collega defunto, ballano felici gli
animali del bosco. Lantica filastrocca Fra Martino la marcia funebre degli
uni; uno scoppiettante valzer accompagna le danze degli altri.
La voglia di tradurre in musica i contrasti estremi presente in tutta la
produzione di Mahler. Spiega la sua necessit di mobilitare sempre maggiori
risorse strumentali. Non gli bastano i colori dellorchestra di Berlioz. Neppure le tecniche di narrazione musicale che Liszt elabora nel poema sinfonico,
i cui princpi peraltro Mahler segue in quasi tutte le sue sinfonie. I temi letterari e filosofici gli paiono troppo vaghi. uno dei primi a scoprire che, sempre in musica, il vero contrasto non pu che nascere a livello di culture, fra
quella alta della citt e quella bassa della campagna, fra lascito accademico e tradizione popolare. Memore delle sue origini modeste in un villaggio
boemo, consapevole delle competenze acquisite al conservatorio di Vienna,
Mahler accosta senza ritegno il raffinato al volgare, il valzer di corte al
Lndler da cortile, larpa per danzare a palazzo al piffero per ballare sullaia.
Non ha problemi neppure con la poesia: Klopstock e Nietzsche stanno benissimo assieme agli anonimi parolieri della civilt contadina. Lillustrazione

644 IX. Le svolte di fine Ottocento

Il funerale del cacciatore tratta da Des Knaben Wunderhorn (Il corno magico
del fanciullo), una collezione di fiabe popolari raccolte (e ovviamente riscritte) e pubblicate fra 1805 e 1808 da Achim von Arnim e Clemens Brentano,
entrambi grandi aristocratici e finissimi intellettuali, abili inventori della
cultura popolare tedesca, non meno dei fratelli Grimm.
Due brevi inserti, uno da Cos parl Zarathustra di Nietzsche e laltro da
Des Knaben Wunderhorn, stemperano lestatico canto del corno del postiglione, le danze da osteria e i suoni della natura della Terza sinfonia (1896),
la pi lunga, con i suoi oltre 90 minuti di durata. Limpiego della poesia popolare trova posto anche nella Quarta sinfonia (1900), la pi sobria per organico e la pi breve come durata (meno di unora). Tre movimenti sono solo
strumentali: il primo in stile sinfonico schubertiano; il secondo con un violino scordato per apparire diverso; il terzo come ampio e meditativo Adagio. Il quarto e ultimo movimento chiede il canto del soprano, fra lironico
e il disperato, sulle parole di un bambino che descrive una Vita celestiale
fiabesca e surreale, e che per Mahler pura voglia dillusione e parodia del
meraviglioso. Si chiude cos il lungo rapporto con Des Knaben Wunderhorn,
iniziato con la Prima sinfonia e intersecato con altri 21 Lieder indipendenti,
dalle chiare nostalgie schubertiane, nati per voce e pianoforte e subito trasferiti allorchestra.
La Quinta sinfonia segna una svolta. Sparisce la voce e sfuma il tono popolaresco. Lattenzione si concentra sul timbro e sullarmonia. Lorganico
orchestrale si gonfia e assorbe le esperienze crescenti di Mahler come direttore dorchestra fra i pi stimati del suo tempo e come direttore musicale
dellOpera di Vienna, dove sono famose le sue ossessioni per i dettagli e per
il rispetto dei testi. La prima esecuzione della Quinta, a Colonia, il 18 ottobre
1904, un avvenimento. Il pubblico reagisce entusiasta al quarto movimento, Adagietto, che deve essere subito replicato. Mahler incoraggiato a
scrivere una nuova sinfonia, ma non cambia il suo registro emotivo, depresso
e pessimista, premonitore di future sventure personali che puntualmente
accadono: perdita della figlia primogenita, diagnosi di fatale malformazione
cardiaca, fatica di vivere con la bellissima moglie Alma, giovane, intelligente
e vivace. A Vienna i suoi ritmi di lavoro sono frenetici: dirige la stagione di
concerti e quella dellOpera, sempre sotto attacco per le scelte artistiche e
per la razza semita, e dedica i mesi estivi alla composizione, isolandosi in una
capanna nei boschi di Carinzia e Tirolo. Diventa uno dei pochi casi in cui le
vicende della vita di un compositore hanno impatto diretto sulla musica che
scrive. I fantasmi che turbano la sua mente si trasferiscono in partiture sempre pi complesse. nello spirito del tempo.
Sono gli anni in cui a Vienna nasce la psicoanalisi. Mahler frequenta
Sigmund Freud, gli racconta di un trauma infantile dal quale sarebbe nata la

1902 Sinfonia n. 5 645

sua passione/ossessione per la musica di strada e da osteria: un litigio fra i


genitori, lui che scappa di casa e scopre un mondo nuovo, accogliente e
spaventoso. Lo spettro della morte, il buio della notte, gli abissi della depressione dilatano le dimensioni della creazione artistica, generano oscure correnti sotterranee che emergono allimprovviso, tumultuose e magmatiche.
Mahler prova a domarle con il mezzo migliore che ha: una superiore percezione delle risorse della grande orchestra. Si capiscono quindi la rete di riferimenti melodici, la ricerca di trasparenza, la voglia di fuga dai suoni del
mondo che rendono tanto affascinanti le ultime cinque sinfonie di Mahler.
La Sesta sinfonia, composta fra 1903 e 1905 ed eseguita per la prima
volta a Essen il 27 maggio 1906 con enorme successo, conosciuta come
Tragica e presenta il famoso colpo di martello a met del finale, a segnalare larrivo del momento fatale, al termine di un processo di accumulazione
di segnali sinistri e spettrali che non ha equivalenti nella storia della musica
strumentale. Gi nel primo dei quattro movimenti compaiono passi di marcia funebre accanto a slanci appassionati in cui si pu riconoscere il tema
di Alma, che il tessuto distorce e dissolve. Lo Scherzo ha il solito ritmo
di una danza paesana ma straniata e persistente come un incubo. I campanacci delle mandrie di montagna e unorchestrazione pi trasparente, nel
terzo movimento, portano un minimo di sollievo, subito disperso quando
attacca limmenso finale. Tornano i passi funerei, spunta un impossibile
attimo di serenit, esplode il rombo della grande orchestra, pi forte del
fragore del martello che, sullincudine, batte la sentenza della fine.
Nella Settima sinfonia, scritta in contemporanea con la Sesta, lo spettrale assolo di flicorno su una nuova marcia funebre prepara lo spasmodico
Allegro con fuoco e ritorna per intralciare la corsa e incendiare le emozioni. Di nuovo i campanacci di montagna cercano inutilmente di portare
aria pura. Il secondo movimento ha carattere agreste e a suo modo sereno.
Sintitola Nachtmusik i e fa da tampone fra la furia del primo movimento e il carattere spettrale che Mahler vuole per il terzo: uno Scherzo
infernale sia quando emerge il suono livido del violino solista, sia quando
si balla al ritmo di un Lndler surreale. La Nachtmusik ii (quarto movimento) prova ancora una volta a sciogliere le tensioni, con pizzicati di arpe,
chitarra, mandolino accanto a trasparenze di violini e fiati. Ci riesce: il
Rond finale uno dei rari casi di conclusione gioiosa in Mahler. Le
fanfare di ottoni che coordinano gli inserti brillanti delle altre famiglie
strumentali sono disposte con la perizia di chi conosce alla perfezione la
tavolozza sonora di una grande orchestra moderna. Conosciuta come Canto della notte, la Settima eseguita per la prima volta a Praga il 19 settembre 1908 sotto la direzione dellautore. Lovazione del pubblico dura un
quarto dora.

646 IX. Le svolte di fine Ottocento

Mahler ha gi impostato due nuovi lavori sinfonici che tuttavia prevedono il ritorno delle voci umane accanto a orchestre smisurate: unOttava
sinfonia con tanti solisti e tanti cori, e una sinfonia di Lieder per soprano
e tenore intitolata Il canto della terra. Ha anche in tasca un doppio contratto
che, a New York, lo lega come direttore della Metropolitan Opera e della
New York Symphony Orchestra. Ha in mente lincubo della Nona sinfonia,
quello che blocca Beethoven, Schubert, Bruckner e non consente loro di
andare oltre, cio di abbozzare o completarne una decima. Scrive velocemente la sua sinfonia pi monumentale, appunto lOttava, per sette solisti
nei diversi registri, coro di fanciulli, doppio coro a quattro voci adulte miste,
grande orchestra con nutrita sezione di percussioni, organo romantico a
sostegno. Limmensa mobilitazione, che lascia alla composizione il simpatico sottotitolo di Sinfonia dei Mille (esecutori), rende omaggio a due testi
distinti e forse complementari. Uno linno Veni Creator Spiritus; laltro il
finale del secondo Faust. Per la prima mezzora, la musica per linno del
carolingio Rabano Mauro distribuisce su un impianto di sonata la forza dei
cori adulti, la dolcezza delle voci bianche, il lirismo dei solisti, la suggestione
del grande organo. Il ben pi ampio testo di Goethe occupa lintera seconda
parte, dura unora e si articola alla maniera di una cantata che passa dalle
visioni terrene iniziali al coro mistico finale attraverso le testimonianze di
numerose figure allegoriche affidate a solisti e cori: mistici e penitenti, peccatrici e samaritane, anacoreti cresciuti e fanciulli innocenti. Sacro vero e
virtuale sono riuniti in un affresco che si connette con la giovanile esperienza di Das klagende Lied e finisce col condizionare lintero secolo successivo,
partendo dai colossali Gurrelieder dellamico Schnberg, impostati nel
1901, rimasti bloccati per quasi un decennio, ripresi e completati nel 1911
sullonda emotiva dellOttava sinfonia di Mahler. Il mito di Faust continua
a percorrere vie musicali parallele e trasversali del Novecento, con nuove
parole scelte dai compositori stessi: lontano da Goethe come nel caso di
Busoni (Doktor Faust, incompiuto, 1924), collaborando con il nuovo romanziere Michel Butor come in Pousseur (Votre Faust, 1968), espungendo
da Thomas Mann come fa Giacomo Manzoni (Doctor Faustus, 1989), assieme a un anonimo del Cinquecento con Alfred Schnittke (Historia von D.
Johann Fausten, 1995).
Alla prima esecuzione dellOttava (Monaco, 12 settembre 1910), la sala
colma e sono presenti personaggi di spicco, come i musicisti Schnberg,
Casella e Richard Strauss, gli scrittori Thomas Mann e Stefan Zweig, il regista Max Reinhardt. Le acclamazioni del pubblico commuovono Mahler, che
per continua a considerarsi incompreso e a scrivere musiche per un futuro
che comunque gli appare cupo. Ha gi pronta la Nona sinfonia, impostata
nellestate del 1909 e completata allinizio dellanno successivo, soltanto

1902 Sinfonia n. 5 647

strumentale e tanto vicina alle visioni allucinate della Settima. Rimescolati e


disseccati, presenta i temi di sempre: gli spunti di marcia funebre, di ossessioni drammatiche, di sardoniche polifonie nel primo movimento; le surreali allucinazioni nel ballo da taverna che fa da Scherzo; il demonismo motorio nel Rond burleske; lonirica perdita della cognizione del tempo
nellestenuato e finale Adagio, dove tornano motivi esposti nei movimenti precedenti, in particolare uno del primo che a sua volta germina dallultimo quadro del Canto della terra (Das Lied von der Erde) e si lega con lo spirito del Lied, presente in Mahler fin dalla giovent.
Mahler non riesce a finire la sua Decima sinfonia, che si ferma a uno
solo dei cinque movimenti previsti. un immenso (circa mezzora) Adagio che ben rappresenta lo spirito confuso del tempo: costruire con scienza dingegnere e precisione dartigiano unarchitettura che sparisce.
LAdagio lievita da un disegno delle viole e per cumulo di variazioni arriva allo stridente grappolo di note (cluster) centrale, fisso, dissonante,
informe; che lentamente si dissolve nel buio della notte e nel vuoto del silenzio. Mahler non riesce neppure a dirigere i suoi due ultimi capolavori.
Glielo impediscono il fitto calendario dimpegni a New York e le cattive
condizioni di salute. Scomparso lautore, tocca allallievo e assistente Bruno Walter presentare in pubblico Il canto della terra a Monaco il 20 novembre 1911 e la Nona sinfonia a Vienna il 26 giugno 1912. Un primo tentativo
di completare la Decima sinfonia si deve a Ernst Krenek in collaborazione
con Alban Berg. Tuttora in repertorio il completamento curato fra 1960
e 1975 da Deryck Cooke. Pi frequente tuttavia lesecuzione del solo
Adagio.
Continua in sala da concerto la fortuna di tutte le nove sinfonie, nonostante la difficolt di riunire le ingenti risorse necessarie per eseguirle. Una
fortuna che non mai mancata, giusto attenuata fra le due guerre. Senza
dimenticare che si contano non meno di 260 esecuzioni di sinfonie di
Mahler mentre lautore ancora in vita, con la Quarta eseguita pi di 60
volte. Sono numeri ragguardevoli, che non concordano con laura dincomprensione in cui lui si crogiola e che tanti biografi certificano. Per tutto il
Novecento, Mahler ha avuto sostenitori fedeli in direttori del calibro di
Bruno Walter, Willem Mengelberg, Leopold Stokowski, Henry Wood, Otto
Klemperer, Dimitri Mitropoulos, John Barbirolli, Leonard Bernstein, Klaus
Tennstedt, Claudio Abbado, Pierre Boulez. Immensa la sua influenza sulla musica del Novecento. Oltre che per lamico e non meno lagnoso
Schnberg, il suono solistico della sua grande orchestra modello per il lirico Berg, il razionale Webern, il depresso ostakovi, leclettico Copland,
il neorinascimentale Britten, perfino letnico Bartk, il dissacrante Weill, lo
sperimentale Berio. Fra i grandi, se ne sta lontano, forse, il solo Stravinskij.

648 IX. Le svolte di fine Ottocento

Mentre i critici continuano a dubitare della sua arte, il grande pubblico gli
resta sempre fedele, perfino ammaliato quando, nel 1971, Luchino Visconti
sceglie lAdagietto della Quinta come colonna sonora del suo film Morte
a Venezia.

Ascolti
G. Mahler, Symphonie No. 5, C. Abbado, Berliner Philharmoniker, dg 1993
G. Mahler, The Complete Symphonies, K. Tennstedt, London Philharmonic Orchestra,
emi 1998
A. Schnberg, Gurrelieder, C. Abbado, Wiener Philharmoniker, dg 1995

Letture
B. Sponheuer, W. Steinbeck (a cura di), Mahler Handbuch, Metzler, Stuttgart 2010
Q. Principe, Mahler, Rusconi, Milano 1983
J. Barham (a cura di), The Cambridge Companion to Mahler, Cambridge University Press,
Cambridge 2007

1903 Estampes per pianoforte


Claude Debussy

Una leggera pioggia di note per addolcire due filastrocche


La svolta pianistica di Debussy Il precoce amore per le
leggerezze settecentesche Languori di Spagna e vibrazioni orientali Images Childrens Corner Prludes tudes 6 pigraphes antiques En blanc et
noir Il fascino delle diverse interpretazioni Percuotere
per trovare altri timbri
Fitto, incessante, ripetitivo, il flusso delle semicrome sembra non finire mai.
Rallenta un po. Riprende con metro appena variato. Cerca un suono pi
pieno. Quasi si ferma. Di nuovo trova il ticchettio iniziale. Non lascia spazio
ad arpeggi e decorazioni. Si mantiene nel registro centrale. Sempre nasconde
due piccole melodie, pentatoniche, appena accennate e che danno variet a
pagine che altrimenti suonerebbero minimaliste, comunque piatte per eccesso di movimento, alla maniera di Satie. Il titolo che Debussy attribuisce alla
terza delle sue Estampes per pianoforte (1903) spiega molte cose: Jardins
sous la pluie. Limmagine visiva di una pioggia fine e ossessiva, modulata da
una brezza leggera, come sulle coste di Normandia e di Bretagna, ha una
perfetta traduzione sonora. Le melodie che emergono timide ci suggeriscono
sguardi incantati alla finestra, meglio se di bambini, perch si tratta delle due
popolari filastrocche Dodo, lenfant do e Nous nirons plus au bois. Senza
cercare suoni esotici, senza forzare larmonia tradizionale, chiedendo omogeneit di tocco e scansione precisa, ma non virtuosismo, Debussy trova un
modo nuovo e personale di misurarsi con il tema dellacqua sul pianoforte.
la sua risposta a Jeux deau di Ravel che, un paio danni prima, segna allo
stesso tempo continuit con il pianismo acquatico di Liszt e svolta verso quello impressionista di primo Novecento. Si percepisce anche una prima differenza. Ravel gioca con lincrocio orizzontale di arabeschi sfuggenti sopra una
filigrana fissa per trovare il rumore degli zampilli. Debussy inventa la dimensione verticale della pioggia che cade sminuzzandola in gocce che attenuano
il canto. Anche per lui una novit.
Pur essendo un pianista di eccezionale livello, Debussy non vuol fare il
concertista: pensa che la presenza del pubblico in una grande sala disturbi il
rapporto che lui ha con lo strumento. Comunque dedica poco tempo alla
tastiera e preferisce impegnarsi con orchestra e teatro. Per oltre un decennio
usa il suo talento per guadagnare pochi soldi dando lezioni a dilettanti. I suoi

650 IX. Le svolte di fine Ottocento

primi lavori per pianoforte sono quadretti di genere, semifacili: valzer, preludi, mazurke. Ha fortuna la Petite suite (1889) per pianoforte a quattro mani,
in particolare il secondo numero, En bateau. Lascia nel cassetto per 15
anni la Suite bergamasque (iniziata nel 1890), che pure contiene un delizioso
e fortunatissimo Clair de lune: gli spiace accodarsi ai tanti che cercano il
rinnovamento recuperando il passato dei clavicembalisti settecenteschi. Nel
1901 pubblica la suite pi seriosa e breve Pour le piano (scritta nel 1894),
levigata e nitida, alla maniera di Rameau, certificata dai titoli Prlude,
Sarabande, Toccata.
Nelle tre estati (1880, 1881, 1882) in cui fa da istitutore musicale presso
la famiglia di Nadeda von Meck, la corrispondente e mecenate di ajkovskij,
segue con attenzione levolversi della musica russa. Non gli interessa lo stile
tardoromantico, lisztiano e virtuosistico esibito dalla scuola dei fratelli Anton e Nikolai Rubintejn, compreso lastro nascente Rachmaninov. Si tiene
lontano pure dalle escandescenze pirotecniche, informali, ipercromatiche
con le quali il primo Skrjabin elabora la lezione di Chopin con una sulfurea
collana di studi, preludi, sonate. Finalmente, nel 1902, lascolto di Jeux deau
del venticinquenne Ravel fa scoccare la scintilla nel quasi quarantenne, e per
altre cose ben affermato, Debussy. Si apre la strada allultima, straordinaria
stagione del pianoforte.
La conversione di Debussy al pianoforte in ogni caso anche merito
dello stile di Ricardo Vies, il primo interprete di Jeux deau, elegante e sensibile, preciso eppure ricco di mezze tinte, mai meccanico e tanto meno
estroverso. Il pianista catalano di sicuro suggerisce la seconda Estampe,
piena di sapori andalusi autentici che per Debussy inventa, dato che mai
mette piede in Spagna. Sintitola La Soire dans Grenade: su un ritmo
nonchalamment gracieux, sincrociano passi di habanera e tango, assieme a
gesti di flamenco per bucare il languido torpore dellinsieme e le dissolvenze
che legano immagini solo accennate. Il gusto per lesotico da sempre nelle
corde di Debussy, collaudato tante volte in altri strumenti e anche sul pianoforte nella curiosa anticipazione di sonorit arabomoresche su ritmo ispanico di habanera che troviamo nella suite Lindaraja (1901) per due pianoforti.
Infatti, la terna di Estampes si completa con Pagodes ed un trionfo di
scale orientali e pentatoniche, colori dorchestra balinese (gamelan), vibrazioni poliritmiche di gong e tamburi.
La prima esecuzione pubblica di Estampes affidata a Vies (9 gennaio
1904), con bis di Jardins sous la pluie. Il successo induce la replica immediata. Debussy annota le nuove idee in Dun cahier desquisses (1903), affida
a Vies i primi risultati Masques e LIsle joyeuse (1904), ritrova la magia del
trittico nel primo (1905) e nel secondo (1907) quaderno di Images. Qui per
sincrocia con Miroirs di Ravel: nomi analoghi, soggetti identici. Vies lavora

1903 Estampes per pianoforte 651

con entrambi i compositori, ma forse riferisce al pi amico Ravel. Per qualche anno c imbarazzante sovrapposizione di titoli e immagini. Comune
leterno rapporto con lacqua: Reflets dans leau (Images i, 1) e Poissons
dor (Images ii, 3) di Debussy parigliano con Une Barque sur locan
(Miroirs, 3) di Ravel. Come Cloches travers les feuilles (Images ii, 1) si
apparenta con La Valle des cloches (Miroirs, 5). E il Debussy di Hommage Rameau e di Mouvements (Images i, 2 e 3) si lega al neoclavicembalismo della Sonatine (1903-05) di Ravel. Il rapporto si rovescia quando
sintrecciano Noctuelles e Oiseaux tristes (Miroirs, 1 e 2) con i diversi
esotismi di Et la lune descend sur le temple qui fut e la stampa giapponese
di Poissons dor (Images ii, 2 e 3).
Il percorso parallelo continua quando entrambi scrivono per bambini,
Debussy per la propria giovane figlia Chouchou e Ravel per i figli degli amici Godebski. In Childrens Corner (1908), Debussy organizza una serie di
caricature musicali, con la lingua inglese a far da tampone a un delizioso
esercizio di semplificazione di complicati giochi timbrici disposti in totale
libert. Sono gli esercizi del Dr. Gradus che vuol arrivare al Parnaso del severo didatta Muzio Clementi: la ninna nanna dellelefantino, la serenata per
la bambola, la neve che danza, il pastorello alle prese con pecorine e imprevedibili eventi atmosferici, il balletto del pupazzo nero che arriva dallAmerica. In Ma mre lOye per pianoforte a quattro mani, Ravel ricostruisce lidea della suite settecentesca attorno alle fiabe di sempre, Pollicino e Cappuccetto rosso, La bella e la bestia, La bella addormentata, Limperatrice delle
pagode. Lintersezione fra Ravel e Debussy si chiude qui. Il primo rivela le sue
filigrane orizzontali e si tuffa nel ricordo dellantico, e attorno al dramma
della Grande guerra sublima let delloro francese con Le Tombeau de
Couperin. Debussy accentua i suoi interessi per la verticalit, per la sovrapposizione dei suoni e per la creazione di timbri nuovi sullormai antico pianoforte. Frammenta ancora di pi la struttura dei suoi lavori pianistici, dimentica ogni architettura, comprime la durata a pochi minuti, quanto serve
per rendere concreta unidea di suono. Anche i titoli, esplicativi dispirazioni e impressioni, vengono dopo che il fenomeno acustico realizzato.
Infatti, in entrambe le raccolte di 12 Prludes (i, 1910; ii, 1913), i titoli sono
posti alla fine dello spartito, dopo che la musica finita, preceduti da tre puntini di sospensione a segnare un pudico distacco. La relazione fra suono e immagine, fra musiche e parole flebile quando si lega a segni antichi (Danseuses de Delphe, Canopes), a musicanti del tempo (Minstrels, La Danse
de Puck), a immagini sfocate (La puerta del vino, Les collines dAnacapri), a fisicit soffuse (Des pas sur la neige, Ce qua vu le vent douest,
Bruyres, Le Vent dans la plaine, Feuilles mortes, Nuages), visioni
fiabesche (La Cathdrale engloutie, La Fille aux cheveux de lin, Les Fes

652 IX. Le svolte di fine Ottocento

sont dexquise danseuses), personaggi (General Lavine), esplosioni (Feux


dartifice). Poco dopo (1915) lesperienza pianistica di Debussy termina con
labbandono totale del sussidio immaginifico. I 12 tudes hanno titoli neutri,
che rimandano a puri esercizi tecnici, come succede nei metodi di Czerny: per
le cinque dita, per le terze, le quarte, le seste, le ottave, per le otto dita nel primo
volume; per cromatismi e ornamentazioni, note ribattute e sonorit contrapposte, arpeggi e accordi nel secondo volume. Debussy impone alle dita posizioni scomode, vuole una mano agile, braccia precise, spalle forti. Espone lesecutore a rischi che si dominano solo con esercitazioni lunghe e ripetitive. La
sua una ricerca assillante di nuove sonorit in uno strumento che ha trovato
la perfezione costruttiva in quella forza del suono e in quellomogeneit fra
tutti i suoi registri che trasferiscono sui muscoli del pianista la variet dei timbri
e dei colori. Sospetta, forse, di essere giunto al limite. Tanto che in altri suoi
lavori del tempo i titoli evocativi restano (6 pigraphes antiques, 1914) o mancano del tutto (En blanc et noir, 1915), mentre torna il senso della suite di
frammenti connessi, con colori assai pi tenui per non dire assenti, nonostante
le quattro mani che sfiorano una o due tastiere.
Le tre dediche di En blanc et noir vanno al figlio delleditore Durand
ucciso in guerra, al direttore dorchestra Serge Koussevitzky, allami Igor
Stravinskij. Dalla prima emergono lo spirito antigermanico e il patriottismo
che anima le ultime sonate di Debussy per pianoforte con violino e con violoncello, scritte alla maniera francese, con tanta eleganza e senza dialettica
teutonica. Con la seconda dedica intuisce le risorse di un interprete che, futuro capo della Boston Symphony Orchestra, sar uno dei campioni della
sua musica negli Stati Uniti e, con le incisioni discografiche, in tutto il mondo. Con la terza rende omaggio al giovane russo Stravinskij, tanto diverso da
lui, che con ritmi netti e barbari dirada le nubi e le atmosfere nelle quali per
tanti anni Debussy si crogiola.
Pochi artisti mostrano, come Debussy, un vero senso del presente. Per
questo, e per i risultati delle sue ricerche sul suono del pianoforte, la sua
eredit non facile da raccogliere. In fondo, gli interpreti sono tecnicamente pi bravi dei compositori. Tutti i maggiori pianisti si sono impegnati a
rendere il senso delle intuizioni sonore che Debussy scrive sui pentagrammi.
Ottengono risultati straordinari, e che si contraddicono a vicenda, i francesi
Alfred Cortot e Vlado Perlemuter, il tedesco Walter Gieseking, il russo Sviatoslav Richter, il cileno Claudio Arrau, gli italiani Arturo Benedetti Michelangeli e Maurizio Pollini, il polacco Krystian Zimerman. Fra i compositori,
capiscono tutto gli americani Charles Ives e Henry Cowell che, per ottenere
suoni nuovi dal vecchio pianoforte, picchiano la tastiera con unasta di legno
oppure con gli avambracci; e laltro americano John Cage che percuote il
legno del mobile e ficca nella cordiera chiodi, bulloni, gomme.

1903 Estampes per pianoforte 653

Ascolti
C. Debussy, Images 1&2, A. Benedetti Michelangeli, dg 1986
C. Debussy, The Complete Works for Piano, W. Gieseking, emi 1997
E. Satie, Gymnopdies etc., A. Ciccolini, emi 2000

Letture
P. Roberts, Images: The Piano Music of Claude Debussy, Amadeus Press, Portland 1996
S. Trezise (a cura di), The Cambridge Companion to Debussy, Cambridge University Press,
Cambridge 2003

Serie X.
Impressioni, espressioni, ritorni

Allopera, lansia dellespressionismo non riesce a sostenere il passo sicuro


del formato tradizionale. Cambia anche il suono dellorchestra. Agli organici dilatati di archi e fiati si aggiungono sempre pi strumenti a percussione,
per valorizzare timbri e scandire ritmi. Le periferie etniche, con ritmi martellamenti e rumori privi di melodia conquistano Parigi e da l i centri musicali dOccidente. Il primitivismo slavo rende obsoleto il balletto romantico.
Il pianoforte resta un formidabile strumento di ricerca. In Francia trova le
morbidezze esotiche dellimpressionismo. Nei Paesi germanici sperimenta
latonalit. In Ungheria e Russia, come negli Stati Uniti, diventa percussivo.
Finita la Belle poque e poi la Grande guerra, la Parigi degli anni venti rimane capitale della musica e impone il ritorno al suo passato settecentesco. A
Vienna nasce la dodecafonia.
1905Salome Richard Strauss
1905 La Mer Claude Debussy
1908 Das Lied von der Erde Gustav Mahler
1908 Quartetto n. 2 op. 10 Arnold Schnberg
1911 Allegro barbaro Bla Bartk
1911 Il cavaliere della rosa Richard Strauss
1912 Pierrot lunaire Arnold Schnberg
1913 La sagra della primavera Igor Stravinskij
1914 Three Places in New England Charles Ives
1920Pulcinella Igor Stravinskij
1921 Concerto n. 3 per pianoforte op. 26 Sergej Prokofev
1923 5 Klavierstcke op. 23 Arnold Schnberg

1905Salome

Richard Strauss
Danza dei sette veli Grande orchestra a teatro Incerto
esordio Melologhi Wilde e Moreau Salome per
Sarah Bernhardt Lesempio di Pellas Trionfo planetario Elektra Monodrammi di Schnberg Zemlinsky Berg

La sintesi perfetta dellopera intera sta nei nove minuti della sua scena pi
famosa, la Danza dei sette veli. Salome si muove, si spoglia per eccitare
Erode e per estorcergli il tremendo regalo che ha in mente. Ci sono tutti i
caratteri e le emozioni di una storia terribile, che la musica fa deflagrare pi
ancora del testo, in s esplosivo. Nei suoni dellorchestra, pur variati e distorti, si riconoscono i motivi del tetrarca Erode e della moglie Erodiade, della
giovane figliastra Salome invaghita dellintegralista Jochanaan; si percepiscono i temi del potere, della lascivia, della seduzione accumulati nelle pagine precedenti. Lintera opera adotta il principio wagneriano del Leitmotiv,
per in modo sempre conciso e polivalente, meno meccanico e pi sfumato
delloriginale. Nella Danza dei sette veli domina il tema di Salome, non
limpido come allinizio, neppure ridotto a verticalit ossessiva come nella
scena finale. Il gioco delle ambiguit sonore produce il turgido binomio
esotismo-erotismo. Tamburelli, iterazioni di oboi e svolazzi di fiati evocano i
timbri che accompagnano le danze del ventre del lontano Oriente. I violini
accennano valzer peccaminosi, le trombe squillano voglie animali, i bassi di
archi e ottoni con timpani e grancassa battono laccelerazione e la foga del
desiderio nel vicino Occidente. Nessuno parla mentre la tensione cresce.
Neppure Salome che, nel vortice della danza, si scioglie dei suoi veli e sente
avvicinarsi la turpe vendetta per un capriccio che limprigionato Jochanaan
non le ha concesso. Nei pochi attimi di distensione lirica, la musica porta la
premonizione del momento finale: Salome che bacia estasiata le labbra della
testa mozzata di Jochanaan. Il resto fantasia orchestrale pura, orgia di suoni accostati con la magia di un orchestratore sommo.
La Danza dei sette veli ha un valore riassuntivo voluto da Strauss, che
la scrive dopo che tutte le altre parti di Salome sono compiute. il punto di
arrivo e di ripartenza di almeno dieci anni dedicati a raffinare la scienza
dellorchestrazione con la celeberrima serie di poemi sinfonici, da Don Juan
(1889) a Una vita deroe (1898). Particolare affinit timbrica si ha con Cos
parl Zarathustra (1896) e ancor pi con Till Eulenspiegel (1895), dove il

1905 Salome 659

burlesco si confonde col macabro e il peso di unorchestra immensa si alleggerisce con il raffinato impiego delle pause e della sgargiante batteria di
percussioni intonabili o semplicemente rumorose. Sono le risorse che
Strauss da sempre vuole dedicare a una nuova forma di teatro musicale. Si
rende conto che i due massimi capolavori di Richard Wagner, Tristano e
Parsifal, hanno portato lopera tedesca in un vicolo cieco. In Germania e
Austria, infatti, lunico erede dello stile wagneriano Humperdinck, con
Hnsel e Gretel, una fiaba per ragazzi, zeppa di buone intenzioni e con insopportabile lieto fine. Paradossalmente, il modello wagneriano va meglio in
Francia, con Pellas et Mlisande di Debussy. Meglio ancora in Italia, con La
Wally di Catalani e Le Villi di Puccini.
Strauss decide di applicare allopera le risorse della grande orchestra
quando nel pieno della sua esperienza sinfonica. Per non trova subito il
registro giusto. Non hanno successo i tre atti del dramma medioevale in stile
wagneriano Guntram (1894), in cui un menestrello e un aristocratico si contendono una donna santificata. I passi musicali migliori finiscono nel poema
Cos parl Zarathustra. Nel 1896, mentre impegnato in Don Chisciotte,
Strauss riprende il genere del melologo, dove la voce parla, ma non canta:
scrive Enoch Arden per recitante e pianoforte, tratto dallomonimo poema
(1864) del vittoriano Lord Alfred Tennyson nella versione tedesca (1886) di
Adolf Strodtmann. Glielo commissiona il famoso attore Ernst von Possart,
direttore del teatro di Monaco, suo amico e protettore. Ne esce un lavoro di
grande impegno (circa unora), con un solo attore che d voce a personaggi
diversi, si alterna e sovrappone a un pianoforte che evoca i fragori del gran
coda in concerto e le delicatezze del verticale in salotto, per esaltare i luoghi
topici di una storia fatta di sofferenze, sacrifici, privazioni e buoni sentimenti. Due anni dopo, Strauss scrive per Possart un secondo melologo, conciso
e simbolista, sognante e allucinato: Das Schloss am Meer su testo di Ludwig
Uhland, il poeta romantico gi ben noto a Franz Schubert (Die Forelle,
Frhlingsglaube). Possart convince a collaborare con lui anche il compositore Max von Schillings, che in Das Hexenlied (1903) prescrive una recitazione
cadenzata sui ritmi della musica, aprendo cos la strada a Schnberg, che
introduce in Pierrot lunaire (1912) anche lintonazione.
Un nuovo tentativo in teatro ha esiti migliori. Nel formato compatto
dellatto unico, con taglio farsesco e consueta ambientazione medioevale, la
nuova opera Feuersnot viene diretta, nella prima esecuzione, da Mahler a
Vienna (1902) con ripresa a Berlino. Non va molto lontano. Le parodie di
Wagner sono poco gradite e cos il tema sessuale che regge il libretto: la vergine Dietmut si concede al mago Kunrad per ridare al suo popolo il gusto di
saltare attraverso il cerchio di fuoco durante la festa del paese. Poco dopo,
Strauss reputa il soggetto in sintonia con la sua voglia di impressionare il

660 X. Impressioni, espressioni, ritorni

pubblico e di innovare lopera. Decide di mettere in musica Salome, un dramma che Oscar Wilde scrive in lingua francese nel 1891 abbagliato dal famoso
quadro LApparition di Gustave Moreau. Salome di Wilde ha gi una travagliata storia di scandali e censure. Lispiratrice Sarah Bernhardt ha paura
delle critiche dei benpensanti e rinuncia alla parte. A Londra la rappresentazione bloccata perch vanno in scena personaggi biblici. La prima parigina
(1896) desta polemiche ma, con la regia di Max Reinhardt, Salome ben accolta a Berlino (1902). La storia forte. Erode attratto dalla giovane Salome,
figlia della moglie Erodiade. Rinchiuso in una cisterna, Jochanaan (Giovanni
Battista) predica lavvento di Dio e maledice Erodiade. Sfuggendo alle attenzioni di Erode, Salome fa liberare il prigioniero e gli chiede di baciare la sua
bocca e di essere posseduta allistante. Lui rifiuta e torna in prigione. Tornata
a corte, lei balla per Erode la danza dei sette veli e come ricompensa chiede
la testa di Jochanaan. Erode ha paura di uccidere uno che ha visto Dio, ma
cede. Salome pu finalmente baciare le labbra del profeta, la cui testa le
servita su un piatto dargento. Erode la fa uccidere dai soldati.
Seguendo lesempio di Debussy con Pellas et Mlisande di Maeterlinck,
Strauss usa direttamente il testo di Wilde, pur tradotto in tedesco, senza
passare da un libretto per musica. Esalta cos ancor pi la forza delle parole.
Per lunghi momenti addirittura abbandona il canto, si spinge al parlato, al
melologo. Mancano le melodie, sostituite da interiezioni, urla, frasi smozzicate. Si sente linfluenza dellopera verista italiana, che in quel tempo domina
i teatri del mondo. Combinata con il rutilante suono orchestrale, la nuova
vocalit ha sul pubblico un effetto travolgente. La grande scena finale trasforma linterprete di Salome in geniale quanto macabra parodia negativa di
eroina wagneriana. La prima rappresentazione, alla Hofoper di Dresda (9
dicembre 1905), suscita scandalo e ammirazione. La censura impedisce limmediata ripresa a Vienna, voluta da Mahler. In Austria debutta a Graz
(1906), diretta dallautore e alla presenza di Mahler, Schnberg, Berg, Puccini, forse Hitler. A Londra bloccata dalla censura fino al 1907. Nello
stesso anno sono sospese le repliche a New York, dopo un debutto che
scandalizza. A Parigi, presente il Kaiser Guglielmo ii di Germania, il presidente della Repubblica francese Armand Fallires conferisce a Strauss la
Legion dhonneur. Sono in contemporanea le prime esecuzioni italiane, dirette dallautore al teatro Regio di Torino e da Toscanini alla Scala di Milano.
Si contano non meno di 50 teatri che nel giro di due anni mettono in scena
Salome, tuttora una delle opere pi rappresentate nel mondo intero.
Il successo di Salome convince Strauss a continuare sulla strada della
drammaturgia spinta, con la nuova corrente espressionista che, un po in
tutte le arti, soppianta la precedente simbolista. Tuttavia, con Elektra, la
formula cambia. Il testo ora un vero libretto dopera. Il letterato Hugo von

1905 Salome 661

Hofmannsthal, da poco diventato amico intimo, suggerisce a Strauss un suo


adattamento (1903) di Elettra di Sofocle. Strauss si trova in sintonia con una
storia ancora una volta angosciante, in cui le figure femminili, comunque in
negativo, dominano quelle maschili e assicurano la conclusione tragica. Elettra, figlia di Agamennone, spinge il fratello Oreste a uccidere la madre uxoricida Clitemnestra e il suo amante Egisto. Quando gli omicidi sono compiuti, Elettra si getta in unallucinata danza di gioia che la porta alla morte,
mentre lesterrefatta sorella Crisotemide chiama Oreste che non risponde. Il
confronto fra madre e figlia il momento pi magico e terribile dellopera,
con la sorella testimone sullo sfondo e i due maschi sottomessi al fato. Sempre in un atto e divisa in otto scene, con durata estesa rispetto a Salome
(circa 150 minuti invece di 100), Elektra ha una scrittura musicale pi violenta, timbri orchestrali ruvidi, stile di canto ancora pi estremo. Lasprezza
delle dissonanze esaltata dalle scelte di una strumentazione che attinge da
un organico ancor pi dilatato rispetto a Salome e a tutti i precedenti poemi
sinfonici. Il canto brutale, ridotto ai termini primordiali della violenza e
della follia. Mai come in Elektra, Strauss sa cogliere lo spirito della musica
davanguardia del suo tempo. Ogni scena ruota attorno alle isterie necrofile
di Elettra. Il suo lungo monologo iniziale, il confronto con la madre Clitemnestra stanno ormai nel campo della completa atonalit, per molti versi
precedendo Schnberg. La prima rappresentazione allOpera di Stato di
Dresda (25 gennaio 1909) non un trionfo, per vanno bene le riprese a
Berlino e Londra (1910) e nel resto del mondo.
Il teatro musicale espressionista, nato con Salome, ha il suo immediato
continuatore in Schnberg, che dieci mesi dopo la prima di Elektra completa la sua prima opera teatrale, Erwartung: un solo atto di mezzora per raccontare la storia di una donna disperata, persa di notte in una foresta spettrale illuminata dalla luna alla ricerca dellamante, sul cui cadavere inciampa
e inorridisce. Come Strauss, il giovane Schnberg si appoggia ai Leitmotiv e
alle armonie wagneriane, con effetti dissonanti ancora pi crudi in orchestra
e canto frastagliato di una sola voce di soprano drammatico. Erwartung non
va in scena subito: deve aspettare il 6 giugno 1924, quando verr diretta a
Praga dal polivalente Alexander von Zemlinsky. Il 24 ottobre dello stesso
anno, a Vienna, eseguito un altro dramma con musica di Schnberg, Die
glckliche Hand, composto fra 1910 e 1913 e rimasto nel cassetto. sempre
un atto unico, della durata di circa 20 minuti, diviso in quattro scene, tutte
cariche di spasmodica tensione, senza riferimenti tonali e zeppe delle dissonanze pi aspre. Le parole sono scritte dallo stesso Schnberg. Canta soltanto un baritono assieme a un coro misto di 6+6 voci maschili e femminili, con
due mimi che si muovono silenziosi. Un Uomo combatte con il mostro che
ha dietro di s (primo mimo), ama una ragazza (secondo mimo) che lo ab-

662 X. Impressioni, espressioni, ritorni

bandona per un altro uomo (mimo-mostro) ma poi torna, lui la perdona, lei
fugge ancora, anzi gli scaglia un macigno che poi il mimo-mostro. la variante di un vissuto personale: nel 1908 Mathilde von Zemlinsky, sorella di
Alexander e moglie di Schnberg, fugge col pittore Richard Gerstl, si pente
e viene perdonata. Nella vita vera Gerstl si uccide, il matrimonio riconciliato
non pi lo stesso e finisce in divorzio.
Pure lamico, maestro e cognato Zemlinsky coglie lo spirito del tempo in
una citt come Vienna che, quasi allimprovviso, si ritrova al centro della vita
intellettuale dEuropa, grazie alle personalit che vi operano: Freud, Hofmannsthal, Schnitzler, Kraus, Musil, Kokoschka, Schiele, Klimt, Loos. Zemlinsky
scrive musica preziosa su testi tradotti in tedesco del belga Maeterlinck (Sechs
Gesnge op. 13), dellindiano Tagore (Lyrische Symphonie, 1923), soprattutto
dellinglese Wilde con le opere Eine florentinische Tragdie (1915-16) e Der
Zwerg (1919-21). Sono lavori molto originali che, non meno di quelli di
Schnberg, consentono di capire la progressiva transizione dallo stile ancora
romantico di Brahms a quello modernista del primo Novecento. Trascurata
per tutto il secolo scorso, nel nuovo millennio la musica di Zemlinsky entrata stabilmente nel corrente repertorio teatrale e concertistico. Con il suo linguaggio postwagneriano, straussiano e sempre espressionista ottiene subito
fortuna Der ferne Klang (1911) di Franz Schreker, del quale Alban Berg prepara la riduzione per canto e pianoforte, censurata dal nazismo e solo recentemente reinserita nella programmazione teatrale. Da sempre apprezzate e
subito influenti sul teatro davanguardia del Novecento sono le due opere
teatrali che Berg elabora vivendo quella straordinaria stagione: Wozzek (1925)
e lincompiuta Lulu (1935).

Ascolti
R. Strauss, Salome, K. Bhm, Wiener Philharmoniker, dg 2007
R. Strauss, Elektra, G. Solti, Wiener Philharmoniker, Decca 2007
A. Schnberg, Erwartung, Die glckliche Hand, H. Scherchen, Bavarian Radio Symphony
Orchestra, Orfeo 1995

Letture
D. Puffett, Richard Strauss: Salome, Cambridge University Press, Cambridge 1989
C. Osborne, The Complete Operas of Richard Strauss, Trafalgar Square Publ., London
1988

1905 La Mer

Claude Debussy
Scintille e sospensioni Architettura sfumata Il cammino orchestrale di Debussy Prlude laprs midi dun
faune Nocturnes La Mer e la sezione aurea
Images per orchestra La melodia di timbri di Schnberg
Il colorismo di Skrjabin Vaughan Williams Rapsodie
espagnole di Ravel Ibert Messiaen Divisionisti postseriali Ligeti

La gran partitura pare un insieme di frammenti: schegge di melodia, macchie


di timbri, scatti di ritmo, balzi di armonie. La ripartizione in tre parti distinte, che lautore definisce schizzi, sembra inserire due pause pi che distinguere diverse architetture. I titoli sono allusivi e ben poco esplicativi. Suggeriscono una musica descrittiva che in realt non c. Gi il titolo generale La
Mer a suo modo fuorviante: lampiezza del suono e la forza del moto sono
quelle del grande oceano, non del piccolo mare. Paradossalmente, limmensit delle acque si percepisce negli infiniti dettagli, che abbagliano forando
una coltre sonora resa compatta dallimpercettibile movimento della massa
strumentale. Si colgono appena i tipici ingredienti delle musiche dispirazione marinara, distribuiti sulle consuete famiglie orchestrali: ondulare della
superficie (ai violini), moto delle correnti profonde (violoncelli, contrabbassi), soffio dei venti (strumentini), rombi di tempesta (ottoni), urti sugli scogli
(percussioni). Ci sono onomatopee, ma dissimulate e distribuite in modo da
scomparire nel momento in cui sono percepite.
Il fascino di La Mer sta appunto in questo suo meraviglioso procedere per
scintille e sospensioni, senza melodie, senza disegno evidente, come fantasia
pura. Quella di Debussy una continua sfida alla voglia di ordine e di razionalit che alligna negli ascoltatori abituati alla sonata classica e al bozzetto
romantico. Si limita a suggerire tre lunghi attimi, tre schizzi della vita sul
mare. Il primo schizzo (De laube a midi sur la mer) un immenso, lentissimo levar del sole. Il secondo schizzo (Jeux de vagues) scioglie le densit
del primo in trasparenze argentee di arpe, ottavini, celesta, assieme a pizzicati di violini, trilli di flauti e trombe. Il terzo (Dialogue du vent et de la
mer) libera le dinamiche e accende i contrasti, senza descrivere uragani e
naufragi, solo per ammirare la potenza del mare e del linguaggio musicale
che la esprime. Molti, tuttavia convinti che ci sia un filo che lega larchitettura dei tre schizzi e le pagine di ciascuno, insistono nel cercare e proporre

664 X. Impressioni, espressioni, ritorni

interpretazioni. Losservazione pi ovvia che limpianto sia una trasposizione della sonata in tre movimenti, con il primo tripartito, il secondo in forma
di Scherzo e lultimo come grande Rond. Non c dialettica esplicita,
ma laccostamento di macchie timbrico-armoniche diverse e ricorrenti ha un
che di sistematico, dunque di strutturale che porta a riconoscere in De
laube a midi la ben nota formula introduzione-esposizione-sviluppo-riesposizione-coda. La dissezione analitica dellintera partitura porta poi a
isolare un paio di cellule melodiche che dai primi due schizzi tornano nel
finale Dialogue, a riprodurre quel concetto ciclico che fa della sinfonia
dellultimo Ottocento francese (Saint-Sans, Franck, Chausson) la creativa
evoluzione della sinfonia tedesca. Sono interpretazioni abbastanza coerenti
col passato di Debussy, che scrive La Mer a 43 anni, con ormai una pi che
ventennale esperienza compositiva nei generi consacrati dalla tradizione.
Finiti gli obblighi di scuola e dopo aver pubblicato i primi lavori per
pianoforte, Debussy ottiene un buon successo con il suo unico Quartetto
(1893, dedicato al quartetto Ysae) che mescola esotismi balinesi con melodizzare russo (alla Borodin) e ricorsi ciclici alla francese. accolto assai
meglio il suo primo lavoro importante per orchestra, un poema sinfonico
mascherato sotto il titolo Prlude laprs midi dun faune, eseguito per la
prima volta il 22 dicembre 1894 e nato come melologo. Un fauno zufola nel
flauto alla maniera di Pan, corteggia distratto le ninfe che gli volteggiano
intorno, riprende a suonare da solo, si addormenta cullato dal fondo orchestrale. Debussy appare indolente e ignaro del lungo poema del simbolista
Stphane Mallarm per il quale la musica avrebbe dovuto fare da colonna
sonora. La forma normale, come sempre tripartita, con un centrale cambio di passo quando arrivano le ninfe. Nuovi sono invece il suono languido
e vellutato, i metri che cambiano, le scale pentatoniche che sintrecciano a
quelle cromatiche, lintervallo critico del tritono che assicura lambiguit
tonale. Invenzioni che servono per attenuare i contorni, e passare dalla descrizione allimpressione, non rilevamento oggettivo ma sguardo attento,
meglio se un po sfocato.
Il cosiddetto impressionismo musicale nasce da questo Prlude, tanto
lontano dal poema letterario che lo ispira quanto dalla forma musicale che lo
regge. Il pigro Debussy impiega quattro anni per scriverlo (1891-94) e altrettanti gliene servono per il passo successivo, non pi legato alla letteratura e
nemmeno alla forma musicale. Ancora una volta un trittico che, sotto il
titolo riassuntivo di Nocturnes, raccoglie tre impressioni visive diverse, ispirate da dipinti non di un francese, ma dellangloamericano James Whistler.
Il primo notturno, Nuages, un trionfo del vago in musica suggerito
dallimmagine delle nubi che scorrono in cielo. Nel secondo, Ftes, i balli
e i canti di una giornata di festa suonano vivaci ma lontani. Non ci sono pa-

1905 La Mer 665

role per lultimo brano, Sirnes, nel senso che il coro femminile intona
soltanto la vocale a, di sicuro per esaltare il mistero del canto che ammalia
i naviganti, ma anche per segnalare lindifferenza dellautore alla semantica
del testo. Passando da un notturno allaltro, la forma si complica e frammenta. Il semplice disegno tripartito di Nuages sfumato dallarmonia che
sempre evita la risoluzione sulla tonica e rende ogni equilibrio instabile.
Pure in tre parti disposta Ftes, ma ciascuna sezione divisa in altri tre
segmenti, con simmetrie confuse dal sovrapporsi di marce per i militari della
Guardia nazionale a cavallo e di ballabili per il popolino nel Bois de Boulogne: una bella idea che Ives riprende in Three Places in New England (1914).
Chiude il trittico la pi complessa e informale Sirnes: cinque parti consecutive, evolutive, senza ritorni che non siano i pochi cenni melodici sussurrati dalle fanciulle del mare, o i segnali che affiorano fra spume di fiati e ondeggiare di archi.
In Nocturnes sono evidenti i presagi del futuro trittico La Mer, nel quale il
primo quadro (De laube a midi sur la mer) , infatti, suddiviso in cinque
parti, ben distinte fra loro dai segni che Debussy scrive in partitura. Solo che
neppure questa partizione autografa aiuta a capire la vera natura del primo
capitolo e dellintero nuovo trittico. Saltata lipotesi di una forma sonata, di
un rond con strofe e ritornelli, di una sinfonia nella sinfonia, ecco lidea di
un gioco numerico, costruito sulle magiche proporzioni della sezione aurea,
antiche come la somma dei quadrati sul triangolo di Pitagora. Tipica sintesi a
posteriori che ha la ventura di far quadrare i conti senza forzare la realt delle cose.
Nel frattempo Debussy scopre il pianoforte. Applica al bianco e nero
della tastiera i princpi formali collaudati con i colori dellorchestra. Scopre
che lesotismo della scala pentatonica e le risonanze delle corde che vibrano
funzionano non solo per il lontano Oriente cinese e giapponese, ma anche
per la vicina Spagna e per il suo retaggio zingaro e moresco. Il primo risultato affidato al pianoforte di La Soire dans Grenade (Estampes 2, 1903)
ma diventa apoteosi quando interviene lintera tavolozza di colori strumentali. Succede in Ibria (1905-08), il secondo quadro di un trittico meditato a lungo e pubblicato nel 1913 con il titolo Images per orchestra. La numerologia vince ancora una volta, perch Ibria articolato in tre parti, indipendenti e consecutive, anzi circadiane. Inizia dal pomeriggio (Par les rues
et par les chemins), trascolora nella notte (Les Parfums de la nuit),
esplode in una domenica solare (Le Matin dun jour de fte). Il trittico
spagnolo diventa il centro di un altro trittico, pi grande. Attorno a Ibria
sono disposte altre due immagini colorate da melodie popolari e nazionali.
La prima (Gigues, 1910-12) celebra lInghilterra, citando il popolare inno
dellantico regno di Northumbria The Keel Row e il ritmo della giga, una

666 X. Impressioni, espressioni, ritorni

danza dorigine inglese. La terza e ultima immagine un omaggio alla Francia (Rondes de printemps, 1905-09) con le filastrocche Nous nirons plus
au bois e Dodo, lenfant do, come in Jardins sous la pluie, terzo numero
dellaltro trittico, Estampes per pianoforte, di quasi dieci anni prima.
Dopo Images, Debussy non scrive altra musica per sola orchestra. Si occupa di pianoforte e di teatro, ma solo danzato, perch non riesce a sviluppare nessuno dei progetti dopera che ha in mente, primo fra tutti La caduta
di Casa Usher di Edgar Allan Poe. Linfluenza che il suo modo di scrivere per
orchestra ha sulla musica del Novecento enorme e immediata, anche se si
articola lungo direttrici diverse. Il concetto dello schizzo sinfonico, che tiene
conto anche degli sviluppi introdotti da Richard Strauss, si alimenta con
Pellas und Mlisande di Schnberg e con Die Seejungfrau di Zemlinsky,
entrambi datati 1905, ancora tonali e in bilico fra Brahms e Wagner. La raffinata selezione timbrica di Debussy non secondaria al concetto di
Klangfarbenmelodie (melodia di timbri), cio la distribuzione delle singole note di una melodia su diversi strumenti che Schnberg codifica nei suoi
rivoluzionari 5 Stcke op. 16 per orchestra (1909), in particolare nel terzo.
Linteresse per la dimensione timbrica della grande orchestra ha in Russia un
cultore spiritato in Skrjabin, che mobilita unimmensa tavolozza di colori
strumentali su armonie statiche per i suoi esperimenti esoterici, anzi misticoerotici: Il poema divino (1905), che teosofia in musica; Il poema dellestasi
(1908), con il suo accordo mistico di sei note differenti e la melodia propulsiva della tromba; Prometeo, o Il poema del fuoco (1910), con pianoforte,
organo, coro muto e tastiera per variare luci e colori, in omaggio al mitico
titano che regala alluomo energia e calore.
Ruolo essenziale ha Debussy nella rinascita della musica orchestrale in
Inghilterra. Il giovane Ralph Vaughan Williams, allievo di Ravel a Parigi nel
1908, si fa incantare da La Mer e scrive il suo primo lavoro importante, A Sea
Symphony (1909), con voci che si aggiungono allorchestra, come nel Canto
della terra di Mahler. Inoltre, Vaughan Williams applica latemporalismo e i
modi medioevali di Debussy al capolavoro Fantasia on a Theme by Thomas
Tallis (1910), per complesso di archi disposti in stereofonia di soli e di tutti,
cos da dare al suono il volume della grande orchestra. Limportanza del
trimestre di studio con Ravel si sente bene anche nelle sue musiche di scena
per la commedia Le vespe (1909), che vede Vaughan Williams intento pi a
sperimentare impasti timbrici che a caratterizzare il teatro di Aristofane. On
Hearing the First Cuckoo in Spring (1912) di Frederick Delius impressionismo al quadrato. La suite The Planets (1916) di Gustav Holst coniuga le
sottigliezze timbriche di Debussy con il rutilante linguaggio di Strauss. Negli
Stati Uniti, la fantasia di colori e di armonie di Debussy ispira le sinfonie e
ancor pi Three Places in New England (1914) di Ives.

1905 La Mer 667

Con la Spagna continua un prezioso rapporto di dare e avere, soprattutto grazie a Manuel de Falla, presente a Parigi fra 1907 e 1914, amico personale di Stravinskij, Ravel e Debussy, lui pure protagonista della vita musicale del tempo. Quando esplode la guerra torna a Madrid e porta con s tutti
i sapori dellimpressionismo francese coniugandoli con gli autentici colori
spagnoli che conosce dalla nascita. Scrive i balletti capolavoro El amor brujo
(1915), El sombrero de tres picos (1917) e pi tardi la deliziosa quasi opera
El retablo de maese Pedro (1923). Suggerita ancora nel 1909 dallimmancabile Ricardo Vies, si conclude la lunga gestazione di Noches en los jardines
de Espaa (1916), tre notturni trasformati in impressioni sinfoniche per
piccola orchestra e pudico pianoforte. Soprattutto il primo tempo, En el
Generalife, emoziona per i colori che de Falla sa dare alla calda notte andalusa e per il magico gioco timbrico di un pianoforte che imita la chitarra
e dialoga con gli strumenti che sbucano dallorchestra. Noches entra subito
nel repertorio dei grandi solisti. La sua delicata scrittura suggerisce luso
concertante della chitarra vera. Spunta un altro clamoroso successo nella
musica di tutti i tempi, grazie alle melodie, alle trasparenze e ai languori di
Spagna: il Concierto de Aranjuez (1939) di Joaqun Rodrigo, con il suo
celebre Adagio che strega Dalida e Mina, Miles Davis assieme a Chick
Corea e Carlos Santana. Non mancano gli echi nel settore classico. Il magro
repertorio per chitarra si rinnova grazie allapostolato del grande interprete
Andrs Segovia che si fa scrivere il Concierto del Sur (1940) dallamico messicano Manuel Ponce e il Concerto-Fantasia (1951) dal brasiliano Heitor
Villa-Lobos.
In Francia resta forte il rapporto dialettico di Debussy con Ravel, anche
lui autore di un affresco sinfonico dedicato al folklore iberico. La Rapsodie
espagnole (1908) di Ravel una festa di ritmi e di colori orchestrali, in quattro
tempi che sono tutto un programma: un incantato Prlude la nuit, poi
Malaguea con squilli di tromba e sussurri di corno inglese, una Habanera sensuale, la Feria scoppiettante. Risalendo il Novecento, Escales
(1922) di Jacques Ibert e LAscension (1933) di Olivier Messiaen trovano i
colori di un nuovo impressionismo per grande orchestra. In Italia diventano
maestri del nuovo stile orchestrale Ottorino Respighi (allievo di RimskijKorsakov a San Pietroburgo) e Alfredo Casella (formatosi a Parigi), perfino
il neomedioevale Gian Francesco Malipiero. Superato il secondo conflitto,
un diverso concetto di impressionismo porta idee a Boulez e Stockhausen, e
poi a Berio, Ligeti (il pi bravo, con Atmosphres, 1961), Rihm, Sciarrino,
Takemitsu (A Flock Descends into the Pentagonal Garden, 1977) in uninestricabile ghirlanda di fiori e colori.

668 X. Impressioni, espressioni, ritorni

Ascolti
C. Debussy, The Sea, C. Munch, Boston Symphony, rca 1957
C. Debussy, The Debussy Edition, dg 2012

Letture
R. Howat, Debussy in Proportion: A Musical Analysis, Cambridge University Press, Cambridge 1983
S. Trezise, Debussy: La Mer, Cambridge University Press, Cambridge 1995

1908 Das Lied von der Erde


Gustav Mahler

Sinfonia di Lieder per tenore e mezzosoprano Cinque


parti a simmetria centrale, la sesta abnorme Primi Lieder
di Mahler Wolf La poesia alta per Faur e Debussy
Kindertotenlieder Liriche cinesi Suono cameristico e
leggero Enorme successo postumo Echi in Strauss,
Schnberg, Zemlinsky, Berg, ostakovi
Il titolo corretto per il Das Lied von der Erde (Il canto della terra), lultimo
affresco sinfonico-vocale di Mahler, sarebbe Sinfonia di Lieder, con il primo
nome che prevale sul secondo. Lautore non usa il termine sinfonia per definire il suo lavoro e se ne sta lontano nella numerazione: vuole evitare la
trappola della Nona sinfonia, che per tutto lOttocento significa colonne
dErcole, il luogo dove finiscono le mappe e inizia lorizzonte sconosciuto.
Sul fatale numero nove si fermano le sinfonie di Beethoven, Schubert,
Bruckner, Dvok. Mahler prova a evitare la maledizione inserendo una
pseudonona, appunto Il canto della terra, dopo la vera Ottava con tante voci
e prima dellancora pi vera Nona per sola orchestra, quando cominciano le
idee per la fatale Decima. Costruisce una sinfonia senza numero con le apparenze del ciclo di Lieder. Appare fatta di sei movimenti, che per facile ricondurre a quattro, ciascuno con i modi della tradizione. La forma del primo
brano, Das Trinklied vom Jammer der Erde, addirittura una delle pi
lineari applicazioni, in Mahler, del principio della sonata classica. Una brusca apertura serve da introduzione al primo tema, affermativo, in fortissimo.
Subito segue un secondo tema, pi delicato, cromatico, a dare un minimo di
contrasto. Poco importa che sia un tenore a cantare le due melodie, perch
Mahler intende la voce come una risorsa che, nel grande organismo orchestrale, va integrata con gli strumenti, e non solo distinta. Una nuova melodia,
ampia, distesa, sulle parole Dunkel ist das Leben, ist der Tod segna la fine
dellesposizione e anche della sua ripresa. Completata questa doppia esposizione variata, un interludio solo strumentale fa da sviluppo non dialettico ma
sereno, si direbbe alla maniera di Mozart. Il canto spiegato del tenore sinnesta in modo naturale e porta alla ripresa conclusiva, ancora variata e che
comunque converge sulla terza volta della melodia fatale.
Il secondo brano, Der Einsame im Herbst parte con un fruscio di violini in sordina a sostegno dei colori che si aggiungono con i timbri di oboe,
corni, clarinetti, viole, violoncelli, flauto. Entra la voce di mezzosoprano, che

670 X. Impressioni, espressioni, ritorni

canta per piccole frasi, assistita dai pochi strumenti che la partitura richiede.
La voce alternata e sovrapposta al disegno dei violini che torna tante volte
e conduce alla fine, come in un lungo Adagio schubertiano, a met fra
musica da sinfonia e musica da camera. Segue il trittico di terzo, quarto e
quinto movimento. Quello che in una sinfonia sarebbe uno Scherzo in tre
parti, nel Canto della terra diventa una successione di tre Lieder distinti e con
testi di diversi autori. Restano i tempi veloci nelle parti laterali affidate al
tenore: prima il rimpianto del tempo della giovinezza (n. 3, Von der Jugend), poi la speranza della rinascita in primavera dellubriaco che si consola col vino (n. 5, Der Trunkene im Frhling). Nel centro del trittico (n.
4, Von der Schnheit) il contralto esalta la bellezza. Il finale una specie
di sinfonia nella sinfonia. La dimensione abnorme (dura 30 minuti), quasi
quanto i tempi precedenti messi assieme. La parte vocale, destinata al solo
contralto, la pi esposta. Per il tema, fin dallinizio affidato alloboe, che
torna nei momenti cruciali, per ricordare lunit di concezione dellimmenso
finale. Si scopre che questo tema derivato dalla breve serie di tre note con
cui lintera sinfonia inizia e che, col senno di poi, si riconosce come generatore di altri frammenti delle parti successive. un omaggio che Mahler fa al
principio della sinfonia ciclica francese, pi ancora che a quello del Leitmotiv operistico tedesco.
Lanalogia con limpianto sinfonico tradizionale tuttavia una forzatura.
Il canto della terra costruito per poter essere letto in tanti modi. Cambia la
prospettiva se lo si divide in due parti di durata quasi uguale, luna con i
primi cinque Lieder e laltra con labnorme sesto. La prima parte diventa un
organismo unitario a simmetria centrale. Al centro sta il breve inno alla giovinezza, per tenore. Accanto, la voce androgina del contralto ricorda prima
Der Einsame im Herbst e poi decanta Von der Schnheit. Sui lati esterni ecco il doppio inno al vino: Das Trinklied vom Jammer der Erde da cui
tutto parte, e Der Trunkene im Frhling che chiude circolarmente una
cinquina fitta di legami musicali spesso celati e talvolta rivelati. La seconda
parte, Der Abschied (Il congedo), cio il sesto Lied, procede secondo un
disegno di macchie sonore successive, libere per colore e intensit, con il
passaggio dalluna allaltra segnato dal motivo delloboe. Il canto frammentato dagli inserti strumentali che possono durare pochi secondi o alcuni minuti, come nel caso dellampia marcia funebre che separa e collega due diverse poesie di due diversi autori. Anzi, una chiave di lettura potrebbe considerare il Lied come una monumentale serie di variazioni su una marcia
funebre, specchio oscuro dellallegra marcia paesana che regge Von der
Jugend. Comunque sia, Mahler non mobilita mai lintera orchestra, piuttosto aggrega timbri per elaborare e variare dettagli che nascono dalle immagini evocate dal testo poetico.

1908 Das Lied von der Erde 671

Leggere Il canto della terra in funzione del testo un altro modo di cercare e di capire. Mahler fra i primi a scrivere musica su versi tratti dalla
raccolta Die chinesische Flte, un centinaio di liriche di poeti cinesi vissuti fra
viii e xiii secolo pubblicata in lingua tedesca con grande successo nel 1907
dal letterato e poeta Hans Bethge. Non sono traduzioni dalloriginale
(Bethge non conosce le lingue cinesi) ma da precedenti versioni inglesi, francesi e tedesche riscritte in versi moderni. Il filo fra la poesia cinese e la musica di Mahler non va dunque cercato nella corrispondenza fra parole e note,
quanto fra immagine poetica e sua traduzione in suono. Il musicista ne ben
consapevole, tanto che sceglie con molta cura sette poemi di quattro poeti
diversi, che taglia e incastra senza porsi problemi di rispetto delle fonti. Der
Abschied una combinazione di due poesie di due autori differenti sul tema
delladdio fra due amici. Con Mahler diventa un passaggio di consegne, siglato da un brindisi, fra la vita delluno che si spegne e quella dellaltro che
fiorisce. Di Mahler la disposizione dei testi in due parti fra loro speculari:
la prima descrive le gioie e le ansie della vita sulla terra, consolabili col vino;
la seconda celebra il distacco, amaro eppure sereno, tentando qualche risposta (musicale) alle domande comparse nella prima parte. Si spiegano i fragori vitalistici, a piena orchestra e a tutto canto dei primi cinque Lieder, e le
frammentazioni in aggregati strumentali cameristici con vocalit ridotta al
parlato nel sesto e ultimo.
A proposito di rapporto col testo, Mahler ha idee chiare fin dallinizio
della sua carriera di compositore. Per i suoi primi Lieder (1880-83) si scrive
da solo le parole. Cos fa per laffresco sinfonico Das klagende Lied (1880) e
per il primo ciclo con orchestra Lieder eines fahrenden Gesellen (1885). Mentre scrive la Prima sinfonia (1889), scopre la raccolta di poesia popolare Des
Knaben Wunderhorn: quei testi limpidi e non ricercati gli suggeriscono una
prima serie di nove Lieder per voce e pianoforte (1888-91). Poco dopo inizia
una seconda serie di dodici Lieder, questa volta con accompagnamento orchestrale e in perfetta sintonia e integrazione con le prime quattro sinfonie. La
sostituzione del pianoforte con lorchestra per sostenere il canto non in s
una novit. anzi una specialit francese, con Berlioz che scrive Les Nuits
dt (1856) su testo di Thophile Gautier, seguito fra gli altri da Chausson con
Pome de lamour et de la mer (1893) e Chanson perptuelle (1898). Mahler
vuole per che voce e strumenti si integrino alla perfezione, con taglio melodico raccordato con la prima stagione romantica di Schubert e Schumann,
forse anche con quella conseguente di Brahms. Tiene conto del cromatismo
imperante ma sta lontano dalle sperimentazioni postwagneriane che negli
stessi anni occupano il collega di conservatorio e amico fraterno Hugo Wolf.
Mahler non segue Wolf neppure nella scelta artistica di scavare nel verso
per svelare le note insite nelle parole, di trovare con la musica i valori che la

672 X. Impressioni, espressioni, ritorni

poesia da sola non riesce a esprimere. Infatti, Wolf abbandona presto i pur
amati Schubert e Schumann, non d spazio al disdegnato Brahms, adora la
libert armonica di Wagner. Partendo da frammenti poetici di Mrike
(1888), Eichendorff (1889) e Goethe (1890), crea cicli di Lieder che hanno
la dimensione dellaffresco. Con il medesimo spirito e con musica ancor pi
secca e precisa, alla ricerca dellassoluto, Wolf sceglie testi semplici e popolareggianti per le nuove raccolte Spanisches Liederbuch (1891) e Italienisches
Liederbuch (1892, 1896). Nei pochi anni che gli concede laggravarsi della
malattia mentale, riesce anche a portare in scena lopera Der Corregidor
(1895), ironica e surreale, con musica pre-espressionista su storia semiautobiografica di un triangolo amoroso che ispirer ventanni dopo El sombrero
de tres picos di Manuel de Falla.
La concisione dei disegni melodici, lefficacia dei passaggi dissonanti,
lattenzione per i valori del testo di Wolf convincono Mahler a cercare stimoli nella letteratura alta e non solo in quella bassa, popolare. Per non si
lascia incantare dagli ultimi romantici tanto amati dallamico. Non segue
neppure i francesi Faur e Debussy, affascinati dal decadentismo di Verlaine,
Rimbaud, Mallarm. Sta lontano anche dai simbolisti tedeschi George e
Dehmel, che invece seducono il giovane Schnberg. Trova lalternativa nei
classici del Settecento. Il finale della Seconda sinfonia (1894) impostato su
parole dellilluminista Klopstock. Nella Terza sinfonia (1896), accanto a versi di Des Knaben Wunderhorn, compaiono alcune frasi da Cos parl Zarathustra di Nietzsche. Fra 1901 e 1902 scrive cinque Lieder scegliendo i testi fra
la vasta produzione del settecentesco Friedrich Rckert, i Rckertlieder,
appunto. Non c un piano organico. Mahler cerca le immagini che la poesia
evoca: il profumo dellaria, i dubbi sullamore, i fremiti della notte. Nel famoso Ich bin der Welt abhanden gekommen confessa anche la speranza di
essere finalmente diventato un vero artista, cio un incompreso. Nonostante
il rispetto per il poeta, Mahler non si preoccupa di mantenere il metro e
lintegrit del testo, che adatta alle soluzioni musicali che di volta in volta
inventa. Le risorse orchestrali sono calibrate secondo princpi qualitativi pi
che quantitativi, come succeder nel Canto della terra: la voce non si confronta con volumi sinfonici, ma con timbri isolati e ben individuati di gruppi
strumentali ristretti, in una molteplicit di combinazioni che travalica le
possibilit fisiche di qualsiasi complesso da camera.
Sempre assediato da presagi funesti, nello stesso periodo (1901-04)
Mahler sceglie ancora Klopstock, affascinato dal dolore supremo del poeta
per la perdita dei figli e dal voluto tono sommesso dei versi. Kindertotenlieder
(Canti dei bambini morti) sintitola una cinquina di Lieder allinsegna del
tragico, per voce intrecciata a pochi strumenti espunti da una grande orchestra. Il canto sempre lineare, talvolta ha tono di filastrocca, spesso diventa

1908 Das Lied von der Erde 673

parlato. Mahler non cerca effetti drammatici, salvo nellultimo e pi famoso,


In diesem Wetter, in diesem Braus, quando il tumulto dei sentimenti riesce a
rompere il freno della ragione. La scrittura strumentale torna volentieri alla
tradizione bachiana, con unancia (oboe, corno inglese) che buca la coltre
tessuta dai bassi. Comunque prevalgono i timbri gravi di clarinetto basso,
controfagotto, corni con sordina, violini attenuati, contrabbassi. Mentre i
tintinnii nei registri sopracuti di triangolo, celesta, Glockenspiel e arpa gettano una luce sinistra sul buio della disperazione. Mahler non sa ancora, quando scrive questa musica, che tanti presagi diventeranno realt sei anni dopo,
con la morte della figlia primogenita Anna e non solo.
Il suono dellorchestra e lo stile di canto di questi Lieder su testi di Rckert e Klopstock sono dunque la necessaria preparazione al Canto della
terra, alla cinquina che forma la prima parte e soprattutto al grande affresco
che il finale Der Abschied. Si coglie lorigine del suono cameristico,
luso frequente del timbro chiaro delle percussioni leggere per evocare paesi
lontani, ma ancor pi per dare chiarori lunari ai fantasmi della notte e alle
paure del cuore. Sono Lieder minimalisti, che colgono (e determinano) lo
spirito di quegli anni, non meno del canto senza tempo in Pellas et Mlisande di Debussy. Le frequenti vicinanze al parlato e le interazioni fra voce e
strumenti che si registrano in Mahler animano il teatro di Richard Strauss,
prima in Salome (1905), poi in Elektra (1909). Addirittura esplode nei monodrammi Erwartung (1909) e Die glckliche Hand (1910-13) dellamico e
allievo putativo Schnberg, che arriva agli estremi dello Sprechgesang
(canto parlato) nel suo Pierrot lunaire (1912).
Mahler, scomparso il 18 maggio 1911, non riesce a dirigere la prima esecuzione del Canto della terra, che affidata allallievo Bruno Walter a Monaco di Baviera, il 20 novembre dello stesso anno. Limpatto importante sul
pubblico e sui compositori. Schnberg decide di completare la sua mastodontica cantata Gurrelieder interrotta dieci anni prima. Il fedele amico Zemlinsky gli rende omaggio con la Lyrische Symphonie (1923), sette movimenti
su poemi dellindiano Rabindranath Tagore cantati da soprano, baritono e
orchestra. Cos fa Alban Berg con le opere Wozzeck e Lulu. Non lo dimentica Richard Strauss, nei suoi tanti Lieder con orchestra, soprattutto con lestremo addio alla vita dei Vier letzte Lieder (1948), su testi di Hesse e Eichendorff. Lerede vero per ostakovi, uno dei pochi a capire che il finale
Der Abschied una serie di variazioni su un ossessivo dialogo con la
propria depressione e con la morte, come testimoniano le sue sinfonie Tredicesima (1962) e Quattordicesima (1969) per voci soliste e orchestra, e gli
estremi cicli di Lieder su testi di Aleksandr Blok, Michelangelo Buonarroti,
Marina Cvetaeva (1967-75).

674 X. Impressioni, espressioni, ritorni

Ascolti
G. Mahler, Das Lied von der Erde, B. Walter, Wiener Philharmoniker, Decca 1952
G. Mahler, Janet Baker Sings Mahler, J. Barbirolli, J. Baker, New Philharmonia Orchestra,
emi 1999
A. von Zemlinsky, Lyrische Symphonie, C. Eschenbach, Orchestre de Paris, Capriccio
2006

Letture
G. Fournier-Facio (a cura di), Gustav Mahler. Il mio tempo verr, il Saggiatore, Milano,
2010
D. Mitchell, A. Nicholson (a cura di), The Mahler Companion, Oxford University Press,
New York 1999
S.E. Hefling, Mahler: Das Lied von der Erde, Cambridge University Press, Cambridge
2000

1908 Quartetto n. 2 op. 10


Arnold Schnberg

Quattro archi con voce di soprano Stefan George poeta


elitario Rinato interesse per il quartetto In Boemia,
Russia e Francia meglio che in Germania Bartk
Schnberg Trattato di armonia Espressionismo e
atonalit
La deviazione pi evidente nei confronti della tradizione, nel Secondo quartetto per archi di Arnold Schnberg, la presenza di una voce femminile.
Negli ultimi due movimenti, infatti, un soprano si aggiunge ai quattro strumenti per cantare due distinte poesie di Stefan George, un letterato prussiano modernista e aristocratico, affascinato dai francesi Mallarm e Verlaine,
autore in proprio e traduttore in tedesco di Dante, Shakespeare, Baudelaire.
George il polivalente e ambiguo punto di riferimento dei giovani intellettuali riuniti in un movimento conservatore-rivoluzionario, portatore di pensiero elitario e antidemocratico, attivo attorno alla Grande guerra. Fra gli
altri, aderiscono Hugo von Hofmannsthal, Thomas Mann, Gottfried Benn,
Oswald Spengler, Martin Heidegger, Carl Schmitt. Stanno insieme fino a
quando lavvento del nazismo obbliga tutti a una scelta di campo, con George che si ritira in Svizzera. La personalit magnetica di George affascina
Schnberg, che accetta volentieri la proposta di mettere in musica suoi versi.
Lassociazione al quartetto casuale, ma il compositore ammette che loperazione produce uno stile nuovo e sorprendente. Non si tratta di Lieder, sia
pure con insolita sostituzione del pianoforte con gli archi del quartetto. La
voce trattata come uno strumento, la struttura poetica stravolta, il percorso delle note non ha legami espliciti con il senso delle parole, salvo una vaga
comunanza espressiva che si manifesta assai nella dinamica e poco nella
melodia, tanto meno nellarmonia. A sua volta, la scrittura per quartetto segue le regole del genere e testimonia le difficolt del tempo.
A fine Ottocento il quartetto per archi come rivitalizzato dopo decenni di torpore. merito della diffusione delle societ di musica da camera e
della conseguente attivit di stabili formazioni professioniste, che girano
regolarmente nei centri maggiori e propongono un repertorio di classici e
romantici, compresi gli ardui ultimi quartetti di Beethoven. Sono apprezzati i complessi guidati dai primi violini Joseph Joachim, Joseph Hellmesberger senior e junior, Eugne Ysae; e quelli che vogliono equilibrio fra
le parti, come i quartetti Fiorentino, Ceco, Ros. Cresce pertanto la doman-

676 X. Impressioni, espressioni, ritorni

da di cose nuove. Le armonie wagneriane aprono altre prospettive anche


alla pi classica delle formazioni strumentali. Scrivono quartetti i maggiori
autori. La tradizione tedesca riprende con i tre quartetti (1874-77) di
Brahms, che si riallaccia a Beethoven attraverso Schumann. Continua con i
14 quartetti (1862-95) del boemo Dvok, in particolare con gli ultimi quattro, fra i quali il dodicesimo (1893) tuttora il pi popolare, grazie alla sua
origine americana. Laltro boemo Smetana, di area lisztiana, fonde il genere cameristico pi classico con i princpi del poema sinfonico e scrive
lemozionante e autobiografico Quartetto dalla mia vita (n. 1, 1876) seguito
da uno pi tradizionale (n. 2, 1883). Nei conservatori russi, comporre quartetti dobbligo e il fondatore Anton Rubintejn ne scrive dieci fra 1852 e
1880. Hanno problemi con la tradizione accademica i tre di ajkovskij
(1871, 1874, 1877), anche se lAndante cantabile del primo commuove
Lev Tolstoj e molti altri ancora. Caposaldo del repertorio tuttora il Secondo (1881) di Borodin, con un meraviglioso Notturno come secondo
movimento. In Italia, nel suo unico Quartetto (1873) Verdi propone una via
originale, tornando alla polifonia antica integrata con uno stile melodico di
taglio vocale.
Le novit nella scrittura per quartetto arrivano tuttavia dalla Francia.
Nellultimo anno della sua vita, accanto alla Sonata per violino e pianoforte e
alla Sinfonia in re minore, Csar Franck scrive il suo unico Quartetto (1889),
un capolavoro che combina i quattro movimenti correlati fra loro dal principio ciclico con il cromatismo estremo appreso da Wagner. Lallievo Chausson
ne riprende la lezione e la trasmette a Debussy, autore nel 1893 di un pezzo
unico che illustra bene un nuovo stile. Nei classici quattro movimenti, disposti secondo tradizione, riesce a combinare la cantabilit russa di Borodin e
ajkovskij con quella francese di Franck e Massenet, i timbri balinesi con i
ritmi zigani. Pentatonico alla maniera orientale e arcaico nel modo frigio
europeo, il tema principale del primo movimento amalgama tanti e disparati
elementi. Ricorre variato nellanimato Scherzo e anche nel Notturno
che fa da terzo movimento; trova la sua dimensione definitiva nello slancio
appassionato del finale. La prima esecuzione, affidata alla formazione guidata dallamico violinista Ysae, sorprende il pubblico per la sottigliezza dei
timbri e le innovative armonie, consolida la notoriet conquistata dal contemporaneo Prlude laprs midi dun faune per orchestra. Assorbito subito
dal progetto di Pellas et Mlisande e dai tanti impegni successivi, Debussy
non scrive pi quartetti. Ne riprende lo stile Ravel nel 1903, anchegli con un
pezzo unico: chiarezza assoluta nellAllegro iniziale, meccanismi perfetti
nello Scherzo, Notturno sognante nel tempo lento, Divertimento elegante nel finale che ritrova i temi principali dai quali parte. La dedica al
maestro Faur un omaggio a un altro protagonista della musica da camera

1908 Quartetto n. 2 op. 10 677

francese del tempo, non solo nei tre quartetti per archi, ma anche in quelli
con pianoforte.
Dopo Brahms, la scuola tedesca procede con i contrappunti neobachiani
di Max Reger, che nei suoi cinque quartetti (1889-1911) tiene conto anche
delle innovazioni orchestrali e delle dilatazioni formali introdotte dai poemi
sinfonici di Richard Strauss e dalle sinfonie di Mahler. Programmatico e
autobiografico Voces intimae (1909) del finlandese Sibelius. Legato alla
riscoperta degli ultimi quartetti di Beethoven, ma con gi presenti elementi
ricavati dallo studio del canto popolare danubiano, lesordio quartettistico
(op. 7, 1908) di Bartk. Lo stesso Schnberg vede nel quartetto il genere col
quale esordire. Ne imposta alcuni nel 1895 ma il primo lavoro completo del
1897. Lo scrive sotto la supervisione di Zemlinsky, di un paio danni pi
anziano, allievo del conservatorio di Vienna, direttore dorchestra e compositore, futuro cognato e amico per la vita. Prima di allora, Schnberg autodidatta, violoncellista dilettante e impiegato di banca. Zemlinsky presenta il
manoscritto al suo mentore Brahms, che lo approva. Eseguito in pubblico
solo nel 1900, il lavoro resta manoscritto fino al 1966. Nel frattempo nasce il
primo capolavoro di Schnberg, il sestetto per archi Verklrte Nacht, un
poema sinfonico da camera, che applica il principio wagneriano della modulazione infinita a una costruzione sonatistica brahmsiana sostenuta da una
narrazione: nel buio della notte, un uomo e una donna sincontrano, lei
confessa di avere in grembo il figlio di un altro, lui la perdona, entrambi si
avviano verso la luce. Dopo un paio di altri progetti abbandonati, nel 1905
pronto il primo quartetto ufficiale (n. 1 op. 7), costruito alla maniera della
Sonata in si minore per pianoforte di Liszt: un unico grande organismo in cui
per si riconoscono i quattro movimenti canonici, per disposizione e per
dinamica, non pi per armonia. Il titolo dellop. 7 di Schnberg dice che la
tonalit dimpianto re minore, ma la scrittura talmente fitta di note estranee da sfiorare la completa atonalit. Medesima struttura ha la Sinfonia da
camera op. 9 per 15 strumenti solisti (1906), curiosa restrizione ai minimi
termini di una grande orchestra.
La rottura definitiva di Schnberg con larmonia tonale avviene con il
Secondo quartetto (op. 10), ma in modo graduale, seguendo tempi che sono
sia artistici sia personali. I primi due movimenti, soltanto strumentali, stanno
ancora nel perimetro della tonalit allargata. Nelliniziale Mig vale ancora limpianto in fa diesis minore, sia pure allargato e confuso dalla quantit di note estranee inserite secondo limperante bulimia cromatica. Resta la
disposizione di sonata, con ben cinque idee melodiche, subito sviluppate,
intrecciate, riprese senza strappi apparenti e con diffusa voglia di lirismo.
Segue uno Sehr rasch, uno scherzo impostato in re minore, come sempre
vivace e contrastato, in tre parti, con quella centrale che cita e deforma il

678 X. Impressioni, espressioni, ritorni

canto popolare viennese O du lieber Augustin. Il terzo movimento, con la


prima poesia, Litanei, un tipico movimento lento in forma di tema con
variazioni che si stacca sempre pi dal gi lontano impianto di mi bemolle
minore. Nel finale, la tonalit manca del tutto e fin dallinizio le note si muovono nel dominio dellatonalit completa, prive dei riferimenti tradizionali
di tonica e dominante, senza che si possano distinguere bene le sette note
diatoniche dalle cinque cromatiche. Contano ormai solo gli intervalli relativi
e i contrappunti che i loro moti generano. Assieme al concetto di tonalit
fissato da Rameau (e da Bach) nel Settecento, perde significato anche il cromatismo esasperato di Wagner nellOttocento. Peraltro, due versi della seconda poesia, Entrckung, servono a capire: Sento laria di unaltra sfera e
mi si scolorano nel buio i volti benignamente a me rivolti. Fiducia e timore
sincrociano. Schnberg intuisce di essere entrato finalmente nel mondo
sonoro dove tutte le dodici note hanno uguale importanza relativa, dove
sparisce larmonia tonale e salta la regola che vuole le dissonanze sempre
compensate e risolte da consonanze. I timbri (cio i colori della musica)
conquistano un ruolo analogo a quello della melodia e del ritmo. Intuisce che
queste scelte rivoluzionarie gli toglieranno molte simpatie e faranno crescere
i detrattori.
I tristi presagi diventano concreti gi alla prima esecuzione del Secondo
quartetto a Vienna, il 21 dicembre 1908. Il pubblico resta perplesso per tutto
il primo tempo, si mette a ridere quando riconosce O du lieber Augustin,
esplode in proteste quando comincia il canto. Mahler, presente in sala, apprezza e quasi viene alle mani con un contestatore. Da allora in poi, per Schnberg
il successo pieno sar sempre pi raro, con critici ben divisi fra partigiani e
detrattori, pubblico perplesso e diradato, autore sempre pi convinto di essere incompreso. La stessa composizione del quartetto avviene in tempi drammatici. Schnberg inizia a scriverlo nel 1907 ma sinterrompe dopo il primo
movimento, a met dello Scherzo. Non sa come procedere. Dubita perfino
di continuare a fare il musicista. Si dedica alla pittura, prende lezioni dal giovane espressionista Richard Gerstl, che ospita in casa propria. Scopre il poeta
Stefan George e inizia a comporre il ciclo 15 Gedichten aus Das Buch der
hngenden Grten (op. 15, completato nel 1909). Riprende in mano il quartetto e lo termina fra luglio e agosto del 1908, mentre la moglie Mathilde
Zemlinsky scappata con il pittore Gerstl. Il trauma forte. Limpatto evidente, sia sulla musica sia sulla pittura, che Schnberg continua a praticare
con risultati non banali. Si comprendono anche le differenze stilistiche fra i
singoli movimenti del Secondo quartetto, la relativa gradualit, lineluttabile
rottura con larmonia del passato e la disperata ricerca di approdi nuovi.
Servono quasi ventanni per elaborare regole e formalizzare il tanto anelato ordine nuovo, che si chiamer dodecafonia, cio composizione musicale

1908 Quartetto n. 2 op. 10 679

con tutte le dodici note della scala cromatica trattate in modo equivalente,
senza toniche, dominanti, settime e relative gerarchie. Ben distanziati dai
primi, Terzo (1927) e Quarto (1936) quartetto seguono il nuovo stile. Nel
frattempo, Schnberg esplora il caos dellatonalit e gli incubi di un espressionismo, inteso come drammatico intervento dellartista sul mondo che lo
circonda, come ribellione dello spirito alla realt delle cose. Nascono i terribili monodrammi teatrali Erwartung (1909) e Die glckliche Hand (1913), le
sperimentazioni sui colori del pianoforte in 3 Klavierstcke op. 11 (1909) e
dellorchestra in 5 Stcke op. 16 (1909). Cresciuto autodidatta, Schnberg
teorizza le sue scelte con il Trattato darmonia (1911, dedicato a Mahler).
Trova due allievi eccezionali in Alban Berg e Anton Webern. Entrambi iniziano, come il loro maestro, nel rispetto della forma classica. Il lirico Berg si
presenta con la Sonata op. 1 per pianoforte in un solo movimento. Il razionale Webern con la Passacaglia op. 1 dal contrappunto bachiano. Procedono
coerenti con le evoluzioni stilistiche di Schnberg, ma in modo diverso. Il
primo passa dalliniziale concisione alla complessit dellaffresco. Il secondo
persegue la poetica del frammento. Tutti cambiano il corso della musica del
Novecento. Minore eco ha linserimento della voce nellorganico del quartetto per archi. Si deve aspettare Trostlied (1994) di Niccol Castiglioni.

Ascolti
A. Schnberg, A. Berg, A. Webern, String Quartets, LaSalle Quartet, Brilliant 2009
C. Debussy, M. Ravel, String Quartets, Quartetto Italiano, Philips 2002
G. Verdi, J. Sibelius, String Quartets, Juilliard String Quartet, Sony 1992

Letture
C. Rosen, Schoenberg, Mondadori, Milano 1984
A. Schnberg, Funzioni strutturali dellarmonia, il Saggiatore, Milano 2009
A. Schnberg, Manuale di armonia, il Saggiatore, Milano 2008

1911 Allegro barbaro


Bla Bartk

Doppio strumento a percussione Grumi melodici e ritmi


irregolari Bartk pianista virtuoso Ricerca del vero
canto popolare Schnberg per il pianoforte Busoni
Serie di Fibonacci e Allegro barbaro Suite op. 14
Toccata di Prokofev De Falla Stravinskij e Arthur
Rubinstein Ruolo dellinterprete e testimonianza registrata La riproduzione meccanica su disco
Per la sua intera durata, circa tre minuti, lAllegro barbaro di Bla Bartk
trasforma il pianoforte in un doppio strumento a percussione: al fisiologico
picchiare dei martelletti sulle corde, si aggiunge quello artificiale delle dita
del pianista sui tasti. Battere con forza sulla tastiera il metodo corretto per
ottenere suoni fortissimi, e non certamente una novit. Quello che sorprende i primi ascoltatori la sistematicit di unazione che mai si ferma. Anche
quando il volume si riduce da sforzatissimo (sff) a doppiopianissimo (pppp),
cala la forza della percussione, non la sua natura. Le variazioni dintensit
sonora non servono per distinguere il carattere degli incisi melodici, ma per
separarne i segmenti e frammentare ancora di pi lintera struttura. La costruzione ben lontana dalla logica classica della sonata bitematica con sezione centrale di sviluppo preceduta da esposizione e chiusa da ripresa. Si
riconoscono piuttosto due grumi melodici anchessi percussivi, sghembi,
asimmetrici, ridotti a somma di segnali separati da sospensioni di varia durata sopra un brulicante fondo di ribattiture. Il primo grumo fatto da cinque
note, quattro delle quali ripetute, e da un segnale subito riproposto in eco e
completato da un passaggio a doppia velocit che amalgama e sospende. Il
secondo grumo spunta dopo un silenzio riempito dal martellante disegno di
accompagnamento che mai si ferma. Anchesso scheggiato, ma in frammenti minimi, tre-quattro intervalli, lanciati nel registro acuto per bucare la
coltre di rumore che continua nel registro grave. Torna lo spunto melodico
iniziale, in un diafano pppp con scrittura che rende trasparente anche la pulsazione bassa, sul ritmo di sempre. Torna il secondo grumo, alleggerito
anchesso, variato e spinto su una diversa regione timbrica, con un curioso
momento che ironizza sulle sottigliezze del pianismo impressionista allora in
piena fioritura. Il volume cresce poco a poco, riappaiono gli accordi martellati a piene mani, il suono in fff diventa rumore, la corsa verso lalto si ferma
su unultima sospensione. Un accordo secco stabilisce la fine.

1911 Allegro barbaro 681

Nella sua concisione, lAllegro barbaro fotografa bene uno dei numerosi
orizzonti esplorati nei primi decenni del Novecento da chi cerca un futuro
per la musica per pianoforte e non solo. Il pianismo di Bartk sembra volere
una rottura secca con il passato romantico tedesco e con il presente impressionista francese, ma non proprio cos. La difficolt di esecuzione del
pezzo alta, ma non trascendentale. Nasce dalla tecnica lisztiana, che Bartk
padroneggia bene perch la apprende alla rigorosa accademia di Budapest
studiando con un allievo del fondatore Liszt. Bartk talmente virtuoso da
tentare la carriera di concertista, presentandosi al concorso parigino intitolato ad Anton Rubintejn del 1905, vinto dal fenomenale Wilhelm Backhaus,
di scuola tedesca, destinato a diventare uno dei massimi interpreti del Novecento. Si presenta anche alla sezione di composizione dello stesso concorso,
che premia litaliano Attilio Brugnoli. Prova a imboccare la via del concertista che esegue musiche proprie, come fanno con successo il russo Rachmaninov e il connazionale ungherese Ern von Dohnnyi: si propone con una
Rapsodia op. 1 e uno Scherzo op. 2 (1904), ma non entusiasma n impresari
n pubblico.
Nel 1907 Bartk finisce con laccettare un incarico dinsegnamento nella
sua scuola di origine, abbandona le velleit di concertista e si dedica alla
composizione. Inizia una serie di ricognizioni sulla musica popolare. Spesso
in compagnia dellamico Zoltn Kodly, con un rudimentale apparecchio di
registrazione e tanta carta pentagrammata, con un metodo scientifico che lo
pone fra i fondatori della moderna etnomusicologia, Bartk raccoglie, trascrive, ordina, studia canti vocali e danze strumentali delle popolazioni
contadine, dunque stanziali, della valle del Danubio. Scopre che la loro
musica molto differente da quella degli zigani, nomadi per definizione, che
considerata ungherese per tutto lOttocento, da Schubert a Liszt a
Brahms. Trova radici lontane, che derivano dai modi del Medioevo gregoriano e dal canto liturgico ortodosso. Scopre scale arabe e genericamente orientali, arrivate nei tanti secoli di dominio turco. I complessi strumentali che
accompagnano i balli di paese si rivelano una miniera di nuovi timbri e
dinfinite varianti ritmiche. Lesotico, per Bartk, concreta pratica musicale, non fantasia di artista come di regola accade nellOttocento. Senza mai
abbandonarsi a citazioni dirette, Bartk fa delle tecniche della musica popolare lelemento distintivo della sua prevalente attivit di compositore.
pianista, pertanto affida al suo strumento le prime applicazioni. Il passaggio
al nuovo stile graduale, richiede pi di cinque anni e dimostra la completa
conoscenza che Bartk ha della musica del suo tempo. Gli inizi lisztiani
evolvono verso i meditativi Klavierstcke brahmsiani. Entrano sfumature
impressioniste: il virtuosismo di Ravel che poggia sulla filigrana classica,
lillusionismo di Debussy che fatto dinvenzioni timbriche. Sono gli stessi

682 X. Impressioni, espressioni, ritorni

elementi che affascinano il non pianista Schnberg nella sua faticosa ricerca
di distacco dallultimo Romanticismo.
Schnberg esordisce come autore per tastiera con 3 Klavierstcke op. 11
(1909), scritti in quel critico tempo che vede la piena atonalit del Secondo
quartetto op. 10, le allucinazioni del monodramma Erwartung op. 17, linvenzione della melodia di timbri dei 5 Orchesterstcke op. 16. Il costruttivismo brahmsiano perfino esasperato nella minuzia di dettagli dellop. 11,
grazie ai quali cresce il primo pezzo. Lattenzione ai valori timbrici chiede di
tenere abbassati, con la mano sinistra, alcuni tasti senza far scattare i martelletti e dunque senza percuotere le corde: cos restano alzati gli smorzatori e
le corde relative possono vibrare per simpatia con quelle davvero colpite, su
altri tasti, dalle dita della mano destra. La voglia di virtuosismo del terzo
pezzo nasce nella testa dellautore, non dalle dita dellinterprete, nel senso
che il risultato sonoro non proporzionato allaltissima difficolt di esecuzione. Il secondo pezzo il pi dilatato e armonicamente sperimentale. Se ne
accorge Ferruccio Busoni, cui Schnberg manda il manoscritto per un parere: apprezza molto, in parte riscrive, per farne una versione da concerto, che
per non esegue in pubblico. Lautore se ne dispiace, ma il rapporto con
Busoni si mantiene strettissimo.
Forte e duratura sui giovani innovatori di primo Novecento , infatti,
linfluenza di Busoni, litaliano che sinsedia come didatta a Berlino nel 1894,
dopo essere stato fanciullo prodigio apprezzato da Liszt e Brahms, allievo
del conservatorio di Lipsia, insegnante in Finlandia, Russia, Stati Uniti. Busoni uno dei massimi concertisti del suo tempo con un repertorio enorme,
centrato su Liszt e sulla tradizione tedesca, in particolare bachiana. Di Bach
favoloso interprete, revisore (la Bach-Busoni Ausgabe), trascrittore (mitica
la sua versione pianistica della Ciaccona per violino solo, 1893), reinventore (Fantasia contrappuntistica per due pianoforti, a completamento
dellArte della fuga, 1910). Continua la sua attivit di concertista che lo vede,
fra laltro, solista nel Quinto concerto di Beethoven a New York con Mahler
direttore. Attento alla musica etnica, nel 1910 compone una Fantasia indiana
per pianoforte e orchestra basata su melodie raccolte negli accampamenti di
pellirossa. Il suo Saggio di una nuova estetica musicale (1907) indica soluzioni ai problemi del tempo: equivalenza dei dodici suoni, suddivisione dellottava in pi di dodici intervalli, libert nella disposizione formale, trasparenza
del disegno; ma anche rispetto per il passato, e dunque esigenza di una
nuova classicit. La sua produzione originale rispecchia le teorie, in una serie
di gemme pianistiche, sonatine, elegie, variazioni. Si capisce la stima di
Schnberg. Pure Bartk apprezza in Busoni le tante aperture verso il nuovo,
lattenzione per il contrappunto e il costante richiamo allequilibrio dellarchitettura. Gli rende omaggio nelle giovanili Elegie op. 8b e non si distacca

1911 Allegro barbaro 683

dalle impostazioni fondamentali anche quando trova, poco dopo, i timbri e


i ritmi della tradizione popolare.
Gi nel 1908 Bartk scrive 14 bagatelle, dove le raffinate soluzioni armoniche, che potrebbero anche essere impressioniste alla Debussy, assumono
un aspetto barbaro per il ritmo scandito e percussivo di derivazione popolare. Forse Bartk conosce lAllegro barbaro op. 35 n. 5 (1847) di Charles
Henri Valentin Alkan, non meno percussivo e assai pi virtuosistico, per
ingessato dalla struttura di rond e dallarmonia tonale. Invece, la precisa
disposizione a mosaico del suo Allegro barbaro sostiene il furore percussivo
del suono e la frizione delle armonie, che fuggono le scale tonali moderne e
ritrovano quelle arcaiche. La dissimmetria ritmica sembra regnare sovrana,
per unanalisi attenta, e magari capziosa, rivela che lostinato che accompagna procede per gruppi di 3, 5, 8, 13 battute, cio rispetta i valori della famosa serie di Leonardo da Pisa detto Fibonacci, il matematico che fa uscire
lEuropa dalloscurantismo del Medioevo importando la numerazione araba con il suo trattato Liber abaci (1202). Voluta o casuale, sorprende e affascina la coincidenza del disegno bartokiano con lopera di rinnovamento di
Fibonacci.
Con Allegro barbaro Bartk ottiene il suo primo successo internazionale,
ma con la Suite op. 14 (1916) che trova le dimensioni giuste. Abbandona il
pianismo accordale dellultimo Romanticismo e cerca una registrazione trasparente che lasci scoperti i rudi incroci ritmici e le violente dissonanze. I quattro
movimenti hanno denominazioni tradizionali ma i contenuti sono antagonisti.
Anche senza citazioni dirette, lo spirito del canto popolare ben presente in
ognuno di essi. Il ritmo della danza romena ardaleana imperversa nel primo
tempo (Allegretto) mentre larmonia si regge sullintervallo diabolico di tritono, il vecchio diabolus in musica, quello che spacca in due lottava e impedisce ogni equilibrio alle sette note. Compare anche la serie completa delle dodici note, mai pi ripetuta nelle successive composizioni di Bartk, per anticipatrice del prossimo approccio dodecafonico di Schnberg. Il passo di danza
paesana continua nel frizzante e gioioso secondo movimento (Scherzo).
Allimprovviso, col terzo movimento latteggiamento cambia. Lindicazione
Allegro molto soltanto dinamica: il passo resta veloce, ma scivola dal tono
festoso a quello angosciato, con spettrali apparizioni di arie e tamburelli arabi.
Il quarto movimento, Sostenuto, un arresto totale sullallucinazione: dal
sordo rumore di campane emerge un disperato ricordo di valzer, che passa e
abbandona il campo nei rintocchi finali, senza armonia, senza tempo. Si sente
che siamo in piena guerra.
Bartk uno dei primi a cogliere il nuovo atteggiamento del pubblico,
che comincia ad apprezzare, sulla tastiera, pi i colpi dei modernisti che le
carezze degli impressionisti. Non il solo. In modo indipendente, nel 1911

684 X. Impressioni, espressioni, ritorni

il ventenne russo Sergej Prokofev scrive la sua Toccata op. 11, macchina
implacabile che mai si arresta, si carica di massa sonora, resta nei registri
gravi e nel modo minore, trova un minimo sprazzo di luce solo nellaccordo
finale. In tempo di guerra, sia pure in una Spagna non belligerante, Manuel
de Falla scrive El amor brujo (1915), il balletto dal quale ricava la versione
pianistica spettacolare e percussiva della Danza rituale del fuoco portata in
trionfo dal mulinare delle braccia del suo massimo interprete, Arthur Rubinstein. Nel frattempo, le percussioni sui ritmi barbari dei balletti russi di
Diaghilev e Stravinskij travolgono la Parigi musicale della Belle poque ben
prima dello scoppio della Grande guerra. Finita la quale, le pulsioni motorie
e percussive sul pianoforte non si arrestano, piuttosto sintegrano con altre
ricerche di nuove sonorit. I 3 Studi op. 18 (1918) di Bartk quasi dimenticano il taglio folklorico dellop. 14, ritrovano virtuosismi di Liszt, iridescenze di Debussy e Ravel, distillati di Schnberg. Stravinskij guarda oltre oceano
con Ragtime (1918) e Piano-Rag-Music (1919), inventa un fenomenale suono
orchestrale sul pianoforte con Trois mouvements de Petruka (1921) commissionati ed eseguiti tante volte da Arthur Rubinstein: prima una Danse russe, poi lintermezzo Chz Petruka, infine La Semaine grasse, strepitosa e pirotecnica, polifonica e politonale.
Rubinstein non incide su disco i Trois mouvements ufficialmente per non
rischiare di irritare Stravinskij, data lintroduzione di alcune varianti per
migliorarne leseguibilit. per evidente il ruolo che linterprete esercita
sullautore e limportanza che il neonato sistema di riproduzione meccanica
su disco svolge nel fermare la memoria dellesecuzione. Fra laltro emerge
evidente la non puntuale corrispondenza fra le intenzioni dellautore e il risultato dellesecuzione. Forse non sono molto affidabili le registrazioni su
vari supporti di Brahms e di Busoni al pianoforte, di Joachim e Sarasate al
violino, dei tanti altri che lo fanno prima dellavvento del disco di gommalacca utilizzabile su due lati, rotante a 78 giri al minuto e capiente circa otto
minuti (1910) e prima della presa del suono con microfono (1920). Il miglioramento della tecnologia rapido, con salto di qualit nel 1950 grazie allintroduzione del supporto in vinile, con velocit di rotazione 45 e 33, 1/3 giri
al minuto, ed estensione della durata a circa 30 minuti per facciata. Diventa
sensato comparare lesecuzione di uno stesso brano da parte dellautore e dei
suoi interpreti, sempre che le abilit esecutive siano adeguate. Ravel e Stravinskij non sono concertisti di pianoforte, e come tali preferiscono non incidere. Stravinskij dirige tutte le sue composizioni e le incide su disco, ma non
un vero direttore e fanno meglio i professionisti Pierre Monteux, Eugene
Ormandy, Serge Koussevitzky, Leopold Stokowski. Invece, sono eccellenti
pianisti sia Bartk sia Prokofev, che ci hanno lasciato ampie testimonianze.
Entrambi, nelle loro esecuzioni, sono per molti aspetti assai pi morbidi e

1911 Allegro barbaro 685

flessibili di quanto non prescriva il testo scritto, applicato in modo impeccabile da interpreti fedeli come Gyrgy Sndor e Sviatoslav Richter. Anche il
mitico virtuoso Sergej Rachmaninov spesso superato, nellincisione di suoi
lavori, dal tedesco Walter Gieseking e dal compatriota Vladimir Horowitz.
Si pu tentare una conclusione: in musica il testo scritto sulla carta essenziale, per il risultato vero il suono che vibra nellaria, e che nasce dallinterpretazione.

Ascolti
B. Bartk, Bartk Plays Bartk 1929-1941, Pearl 1998
B. Bartk, Complete Solo Piano Music, G. Sandor, Vox 2003
Prokofiev Plays Prokofiev, Delta 1995

Letture
M. Mila, Larte di Bla Bartk, Einaudi, Torino 1996
M. Gillies (a cura di), The Bartk Companion, Faber and Faber, London 1993

1911 Il cavaliere della rosa


Richard Strauss

A tempo di valzer Farsa e malinconia Hofmannsthal


Strauss viennese Strauss bavarese La Marescialla e la
Contessa Partitura per grandi direttori Arianna a Nasso La donna senzombra Commedie e operette
Capriccio
Le gioie della vita passano con giri di valzer, suggerisce Richard Strauss in quel
capolavoro fuori dal tempo che Il cavaliere della rosa (Der Rosenkavalier). Il
ritmo si sente preciso al momento del risveglio dei due amanti: la prima colazione arriva a tempo di valzer, in uno dei primi fra i tanti omaggi a Mozart
sparsi nellintera partitura. Il tempo di valzer presenta poi il Barone Ochs, lo
accompagna incessante, soprattutto lo consola nel finale del secondo atto,
quando, ferito in duello dal giovanissimo rivale Octavian, rimane solo con un
bicchiere di vino in mano. Il valzer domina buona parte del terzo atto, dove
addirittura raddoppia, con una robusta orchestra che suona (non vista) sul
palcoscenico e si sovrappone a quella in buca. Le orchestre seguono personaggi e situazioni che capitano nello stesso momento e nello stesso luogo;
eseguono melodie diverse, che solo il medesimo ritmo riesce a conciliare. Il
passo di 3/4 del valzer diventa quasi virtuale, quando sostiene le garbate parole con cui la matura Marescialla cede lamante ragazzo alla fanciulla Sophie.
questo il grande terzetto dellultima scena, dove i tre protagonisti esprimono nello stesso momento sentimenti diversi: felicit Sofia, sconcerto Octavian,
malinconia la Marescialla. I tempi del valzer sintuiscono appena, dilatati e
straniati come chiede quella strana cerimonia degli addii. Infatti, la nuova vita
dei fidanzatini inizia con un netto cambio di passo. Il loro duetto, Ist ein
Traum, che segue e chiude, ha ritmo binario. Il terzo incomodo non c pi.
La Marescialla torna per un attimo, a liquidare con un algido Ja, ja le parole consolatorie del padre di Sofia, borghesotto contento che la figlia sposi un
aristocratico svezzato allamore.
Lintera vicenda del Cavaliere della rosa si svolge come una delicata storia
del valzer. Lambientazione in pieno Settecento coincide con il momento
storico in cui il valzer si afferma, dopo una gestazione durata secoli. Siamo a
Vienna, durante il regno di Maria Teresa. Terminato il preludio orchestrale,
che descrive le furie notturne del rapporto fisico e lestasi conseguente, il
sipario si apre al mattino, con un primo piano della Marescialla a letto col
suo giovane amante Octavian. Il risveglio della nobildonna costellato

1911 Il cavaliere della rosa 687

dallandirivieni dei personaggi pi vari: servitori con colazione, faccendieri e


questuanti, un tenore italiano che canta una romanza alla maniera di Francesco Paolo Tosti, tanto perfetta da sembrare parodia. Imperversa il Barone
Ochs, attempato e cafone, in cerca di un giovane cavaliere cui affidare la
consegna di una rosa dargento alla ragazzina Sophie. il pegno di un matrimonio di convenienza concordato da Ochs col padre, borghese e arrivista,
dellignara Sophie. Ochs e la Marescialla convengono che Octavian sar il
cavaliere della rosa. Il congedo di Octavian, alla fine della turbolenta mattinata, diventa per la Marescialla il presagio delladdio definitivo, aggravato da
uno sguardo allo specchio. Mi hai fatto vecchia dice alla parrucchiera,
prima di gettarsi in un lungo monologo sul passare del tempo e lo sfiorire del
volto. Nel secondo atto, la consegna della rosa dargento fa scattare la scintilla damore fra i giovani. Dopo un farsesco duello con Octavian, Ochs
ferito a una spalla, medita vendetta e non perde labitudine di molestare
servette. Lultimo atto, come in Falstaff di Giuseppe Verdi, una gran burla
nei confronti di Ochs, con travestimenti e giravolte che coinvolgono nobili,
borghesi e popolani. Alla buriana mette termine lunica vera aristocratica, la
Marescialla: manda via Ochs e accetta con stile di essere abbandonata dal
giovane amante che le preferisce una coetanea.
Limpianto del libretto ricavato in parte da Molire e tiene conto di
suggerimenti del contemporaneo Harry von Kessler, ma il poeta e intellettuale Hugo von Hofmannsthal, gi collaboratore di Strauss in Elektra
(1909), che scrive il testo finale, un capolavoro letterario a s stante. Ciascun
personaggio ha un suo lessico. I comprimari parlano in dialetto. Ochs ha le
volgarit del signorotto di campagna. Sophie zucchero e miele. Quello di
Octavian tedesco formale. La Marescialla ha il linguaggio pi sfaccettato,
sa essere aulica in pubblico e affettuosa in privato. Senza (quasi) mai interferire sulle parole di Hofmannsthal, Strauss valorizza i caratteri con una musica al tempo stesso originale e memore del passato. Ammette che la figura
della Marescialla ispirata alla Contessa delle Nozze di Figaro di Mozart,
opera che gli suggerisce anche larchitettura di molti passaggi dinsieme. La
doppia orchestra del terzo atto ricorda la festa fatale del mozartiano Don
Giovanni, con la variante burlesca che il deus ex machina, invece del Commendatore, la Marescialla.
Salta un secolo e Richard Strauss attinge al serbatoio immenso di Johann
Strauss jr, omonimo ma non parente, autore di tanti valzer e di quel capolavoro assoluto che loperetta Il pipistrello (1874). Anche qui equivoci e travestimenti portano a situazioni esilaranti, risolte con turbinosi valzer, i cui
ritmi e colori passano direttamente nel Cavaliere della rosa. Lo Strauss bavarese capisce prima di molti altri che il valzer ha carattere bifronte. La sua
allegria pu trasformarsi in malinconia, come succede tante volte anche

688 X. Impressioni, espressioni, ritorni

nello Strauss viennese, Sul bel Danubio blu (1867) compreso. Forse perch
esterno al mondo della capitale asburgica, il tedesco di Baviera intuisce che
il declino del valzer a inizio Novecento si pu leggere come sintomo pi generale della crisi di una cultura, di un impero. Trova la corrispondenza nello
svanire della bellezza della Marescialla e aggiunge alla partitura quel sapore
amaro che tempera il taglio di commedia libertina settecentesca. La nostalgia
del passato non soltanto per la giovinezza perduta, anche per un candore
musicale che manca sempre pi. Per lesasperazione espressionista iniziata
con Salome e continuata con Elektra, Strauss non vede futuro. Con un improvviso colpo secco, guarda indietro e si sposta di lato. Quasi riscopre il
Wagner di Tristano, magari mediato dal furbo Puccini, comunque spruzzato
con sapienti dosi di ironia. Semplifica il suo linguaggio armonico, abbandona lurlo e cerca la melodia, insiste nel colorismo orchestrale. Si concede
tempi pi lunghi con tre atti che superano la durata di tre ore. Costruisce uno
spazio teatrale tutto suo, lontano dalle sperimentazioni davanguardia e difficile da imitare.
Non ci sono dubbi che Strauss colga lo spirito del tempo e sappia intuire
i gusti del pubblico. Rappresentato per la prima volta a Dresda il 26 gennaio
1911, Il cavaliere della rosa ha subito enorme successo. replicato 50 volte.
Un mese dopo trionfa alla Scala di Milano con la direzione di Tullio Serafin.
L8 aprile manda in visibilio lOpera di Vienna e il 14 novembre il Costanzi
di Roma. Nel giro di pochi anni entra nel repertorio dei maggiori teatri dopera e ne tuttora un caposaldo, nonostante richieda grandi mezzi strumentali, scenici, vocali. La parte della Marescialla un punto di arrivo nella
carriera di ogni soprano drammatico, da equilibrare con il canto pi leggero
del soprano lirico Sophie. Lefebico Octavian canta con la voce femminile di
mezzosoprano donna, ma immaginato come un castrato di settecentesca
ignominia. Il ruolo maschile pi importante non un tenore eroico wagneriano, ma un basso buffo, il dileggiato Ochs. Coordinare le voci con le lussureggianti orchestre in buca e in scena una sfida che solo un grande direttore pu sostenere. Infatti, la lista lunga: esordio con Ernst von Schuch, poi
Serafin, Beecham, Krauss, Toscanini, Erich e Carlos Kleiber, Bhm, Karajan,
Solti, Thielemann.
Con Il cavaliere della rosa, Strauss trova anche il bandolo per proseguire.
Stimolato da Hofmannsthal, non trascura la modernit ma punta sempre pi
a integrare la musica con la rappresentazione. Lopera successiva, Arianna a
Nasso (Ariadne auf Naxos), anticipa di quasi dieci anni linvenzione del teatro nel teatro di Pirandello, che solo di parola e non ha le complicazioni
della musica. Ha una gestazione lunga, figlia di un progetto troppo ambizioso: rappresentare la commedia Il borghese gentiluomo di Molire con appropriate musiche di scena e finale opera semiseria su soggetto mitologico. Le

1911 Il cavaliere della rosa 689

sei ore di spettacolo fiaccano il pubblico delle prime a Stoccarda, Zurigo e


Praga (1912), Monaco e Londra (1913). Resa indipendente da Molire e ridotta a un prologo e un solo atto, Arianna a Nasso trova la configurazione
definitiva nel 1916, con rappresentazioni a Vienna e Berlino nel 1916, in
piena guerra. Il successo buono, anche se sconcerta lazione distribuita su
tre piani: nel Prologo, autore, regista e attori mettono in scena lOpera
(dramma mitologico di Arianna abbandonata) in una Nasso dove agisce
autonoma una compagnia italiana di commedia dellarte, con Bacco che arriva alla fine travestito da Circe, consola linfelice, scatena una festa delle sue.
Ancora una volta emergono le figure femminili, la triste Arianna e soprattutto la garrula Zerbinetta, un soprano leggero che canta una delle pi vertiginose arie di coloratura della storia, alla maniera della mozartiana Regina
della notte.
Il progetto di La donna senzombra (Die Frau ohne Schatten) ancora pi
complesso. Il libretto di Hofmannsthal combina Goethe con il mondo fiabesco dei fratelli Grimm e delle Mille e una notte su un canovaccio indiano:
lImperatrice trova lombra che a lei manca, e che la trasforma da spirito
sterile in donna fertile dopo una caccia affannosa fra templi e palazzi, incrociando figure magiche e umili tintori. La musica di Strauss segue con molta
attenzione e un pizzico dironia lo svolgersi un po surreale della vicenda,
accentua il marcato simbolismo con garbato uso della tecnica del Leitmotiv,
non forza dissonanze e cromatismi, tiene trasparente la strumentazione, sispira al modello fiabesco di sempre, Il flauto magico dellamato Mozart.
Concepita negli anni della guerra, La donna senzombra debutta a Vienna il
10 ottobre 1919, accolta tiepidamente. I tempi sono cambiati. Strauss resta
un mito, ma fuori dal tempo. Come intuisce Il cavaliere della rosa, limpero
finito, assieme al valzer che lo accompagna. Lo certifica perfino Ravel, con
il suo poema coreografico La Valse (1920).
Per quasi altri ventanni Strauss continua a scrivere musiche per teatro,
sempre attente a quellopera darte totale che il sogno della vita di Wagner
e che lui in buona parte riesce a realizzare. Prova perfino a scriversi il libretto di Intermezzo (1923). Lesplorazione dei raffinati meccanismi teatrali di
Hofmannsthal prosegue con Elena egizia (1928), antefatto dellantefatto
della guerra di Troia; e con Arabella (1932), nostalgico calco di operetta
viennese. Non cambiano soggetti e stile quando a Hofmannsthal subentra un
altro poeta di grande valore, Stefan Zweig, per La donna silenziosa (Die
schweigsame Frau, 1934), Friedenstag (1936), Daphne (1937), Lamore di
Danae (Die Liebe der Danae, 1940). Anche il libretto per lestremo Capriccio
(1942), pur firmato dal direttore dorchestra Clemens Krauss, ispirato da
Zweig. Tuttavia il musicista che lascia il segno, in questa commedia in un
atto, ambientata in un Settecento aristocratico e illuminista in cui si discute

690 X. Impressioni, espressioni, ritorni

sul ruolo reciproco di musica e poesia. Innamorata sia del musicista Flamand
sia del poeta Olivier, la Contessa padrona di casa non riesce a scegliere nella
vita e nellarte. Lo dice allo specchio, che riflette il suo dilemma e mostra
alla Marescialla il tempo che passa. Mentre la musica ricorda il dilemma di
Strauss: Wagner e Mozart sempre pi lontani, come i valzer dellaltro
Strauss.

Ascolti
R. Strauss, Der Rosenkavalier, H. von Karajan, Philharmonia Chorus & Orchestra, emi
2001
R. Strauss, Ariadne auf Naxos, H. von Karajan, Philharmonia Orchestra, emi 1999
R. Strauss, Die Frau ohne Schatten, G. Solti, Wiener Philharmoniker, Decca 1992

Letture
J.E. Jones, Der Rosenkavalier: Genesis, Modelling and New Aesthetic Paths, ProQuest,
Ann Arbor 2009
M. Bortolotto, La serpe in seno. Sulla musica di Richard Strauss, Adelphi, Milano 2007

1912 Pierrot lunaire

Arnold Schnberg
Voce che parla intonata 21 pezzi a controllo numerico
Giraud Con Kokoschka e Kandinskij Declamare sulla
musica Aforismi architettati Sprechgesang Altre voci
recitanti in Schnberg Berg e Webern Weill Stravinskij Boulez

La voce non deve cantare, ma recitare. Potrebbe cantare, perch compaiono


tutti gli elementi necessari: gli intervalli fra le note che danno la melodia, i
segni e le stanghette che stabiliscono tempi e ritmi. Ma la partitura prescrive
Rezitant, e le istruzioni dellautore sono precise: Lesecutore [...] sappia
della differenza tra suono cantatoesuono parlato: il suono cantato conserva
immutata la sua altezza, mentre il suono parlato d s laltezza della nota, ma
la abbandona subito, scendendo o salendo. [...] Non si vuole un parlare realistico-naturalistico. Al contrario, deve essere ben chiara la differenza tra il
parlare comune e un parlato che operi in una forma musicale. Sono istruzioni tanto chiare sulla carta quanto difficili da realizzare nella pratica. Solo
i valori dintensit sono precisi, in una dinamica molto ampia che va dal
minimo pianissimo (ppp) al massimo fortissimo (fff), su continue fluttuazioni
di espressione. Le parole non vanno lette come tali, ma articolate in sillabe,
e la stessa frase non pu essere continua ma spezzata, con discontinuit telegrafiche da alfabeto Morse. A loro volta, le note affidate alla voce devono
essere quasi pizzicate, evitando i legami reciproci tipici della melodia. La
voce va considerata un semplice strumento che si aggiunge agli altri otto
distribuiti su cinque esecutori: pianoforte, flauto (alternato a ottavino), clarinetto (clarinetto basso), violino (viola), violoncello. La voce anche il solo
strumento sempre presente, perch gli altri si combinano in vario modo.
Nellesecuzione dei 21 numeri complessivi di Pierrot lunaire, il flautista
attivo in 18 (di cui 6 con ottavino), il pianista in 17, il clarinettista in 17 (con
6 di basso), il violinista in 16 (con 4 viole), il violoncellista in 11. Tutti suonano insieme soltanto in sei casi: 11, 13, 17, 18, 20, 21. In un caso (n. 7) il solo
pianoforte assiste il declamato vocale. Altre due volte alla voce e al pianoforte si aggiungono soltanto il clarinetto basso o il violoncello.
La girandola di numeri ha un suo senso, peraltro difficile da decrittare.
Come lamato Bach e tanti altri prima e dopo di lui, Schnberg da sempre
affascinato dal mistero dei numeri primi e delle loro combinazioni. Il caso di
Pierrot lunaire parte addirittura dal titolo e dal tempo. una collana che si

692 X. Impressioni, espressioni, ritorni

articola in 3 parti di 7 pezzi ciascuno, che moltiplicati fanno 21, in un organismo programmato per vedere la luce nellanno 12 del nuovo secolo. I
pezzi della collana (21) sono linverso del numero dopera (12) che lautore
le attribuisce. Le lettere del nome Pierrot sono 7 e sono 7 gli esecutori: direttore, voce, 5 strumentisti. Il numero 3 compare ovunque. Lanalisi del rapporto fra numeri, note e intervalli pu andare oltre e aggiungere nuovi valori a un brano musicale che ha avuto un impatto immenso nella storia della
musica. Di sicuro si aprono nuovi orizzonti nel rapporto fra musica e testo,
che lo stesso Schnberg sviluppa in un suo famoso saggio del 1912. Emerge
con chiarezza che il suono della parola conta pi del suo significato. Una
volta stabilito un quadro di riferimento, la responsabilit dellespressione
cade per intero sulla musica, che per definizione emotiva e misteriosa, oltre
che astratta e razionale. Nel ciclo Pierrot lunaire contano pertanto i titoli, che
danno significato al testo e alla costruzione musicale che ne consegue.
I titoli sulla partitura sono ovviamente collegati a quelli del testo poetico
che li ispira. Non sempre, per. I versi non sono nella lingua originale, il
francese (1884) del belga Albert Giraud, ma tradotti in tedesco (1893) dal
poeta e drammaturgo Otto Erich Hartleben. Nessuno dei due letterati sarebbe oggi ricordato se non ci fosse la messa in musica di Schnberg. Giraud
un minore del circolo simbolista e Hartleben un giornalista e scrittore
sassone ben inserito nellintellettualit berlinese del tempo. La traduzione di
Hartleben migliora la lingua delloriginale e ne esalta laspetto onirico e surreale, la carica erotica e sanguinolenta. Modifica versi e titoli, affascina uno
Schnberg pi che mai attento ai fermenti modernisti che circolano nella
Vienna dinizio Novecento. Schnberg stesso pittore, educato dal rivale in
amore Gerstl. amico di Oskar Kokoschka e Vassilij Kandinskij, coi quali
fa parte di Der Blaue Reiter, un gruppo attivo a Vienna dal 1911 al 1914 che
riunisce artisti alla ricerca del nuovo secondo le vie pi disparate, accomunati dalla voglia di scomporre e semplificare senza preoccuparsi dellaspetto
fisico del prodotto finale: simbolisti, espressionisti, primitivisti, cubisti.
Presenta sue tele alla mostra collettiva organizzata nel 1911 a Monaco e portata poi in una decina di citt tedesche e scandinave. Nella triplice veste di
pittore, compositore e teorico, Schnberg collabora allAlmanach che il
gruppo pubblica nel 1912 con una tiratura di 1100 copie e che raccoglie 140
immagini di Picasso, Rousseau, Van Gogh, Czanne, Gauguin, ma anche
tanta arte povera russa e africana, disegni di bambini, dipinti cinesi, calligrafie giapponesi. Accanto a spartiti musicali di Schnberg e dei suoi allievi
Berg e Webern, ci sono anche 14 importanti saggi teorici su arte figurativa e
musica. Fra i saggi notevole il contributo del russo Skrjabin sul proprio
recente Prometeo, o Il poema del fuoco, per grande orchestra, con laccordo
mistico ultradissonante e lesperimento di combinazione di musica e colori.

1912 Pierrot lunaire 693

A sua volta, Schnberg scrive il saggio Il rapporto con il testo, in cui sostiene
che il testo poetico solo un pretesto per la composizione musicale e finisce
con lavere una relazione trascurabile con il risultato finale. La tesi applicata con coerenza in tutta la sua vasta produzione con voci, passata e futura,
con Pierrot lunaire eletto a momento fondamentale.
Declamare versi e frasi senza cantare ma con sfondo musicale non una
novit in s. Esiste un genere, il melologo, inaugurato con Pygmalion (Lione
1770) di Jean-Jacques Rousseau e ripreso con enorme successo nel dramma
misto con musica Medea, nel duodramma con musica Ariadne auf Naxos
(1775), in unaltra versione di Pygmalion (1779) del boemo Georg Anton
Benda. Piace anche a Mozart, che progetta un melologo su Semiramide, ma
non lo realizza. Molti passaggi di Medea di Cherubini adottano quella tecnica e altrettanto fa Beethoven nella prima scena del secondo atto di Fidelio,
accompagnando con la musica il dialogo di Rocco e Fidelio/Leonora che
scendono nel sotterraneo dov incarcerato Florestano. Il melologo sincrocia con il genere della musica di scena, dove di regola la musica non si sovrappone alla recitazione, ma la precede e la segue. Casi particolari sono
Egmont di Beethoven per Goethe e Llio, ou Le Retour la vie di Berlioz. Lo
valorizzano molti operisti francesi dellOttocento, compreso Bizet nella prima versione di Carmen. In Germania usano il melologo Mendelssohn in
Antigone e in Edipo a Colono di Sofocle, Schumann in Manfred di Byron,
Liszt in Lenore (1858). Richard Strauss, su richiesta dellamico attore Ernst
von Possart, scrive prima il lungo Enoch Arden (1896) e due anni dopo il
conciso Das Schloss am Meer per recitante e pianoforte. Lallora influente e
conservatore Max von Schillings compone per Possart Das Hexenlied (1903)
e prescrive una recitazione cadenzata sui ritmi della musica, aprendo cos la
strada a Schnberg che, in Pierrot lunaire, chiede anche lintonazione.
A sua volta, Pierrot lunaire nasce su richiesta diretta dellattrice-cantante
Albertine Zehme, specializzata in melologhi che presenta come intrattenimento da cabaret intellettuale appoggiandosi sulle musiche pi varie, con
preferenza per Chopin. La Zehme suggerisce a Schnberg il Pierrot lunaire
di Giraud-Hartleben. Schnberg si entusiasma. Su 50 pezzi disponibili ne
sceglie 21 e li organizza in tre parti uguali: nella prima Pierrot elucubra su
amore, sesso e religione; nella seconda in preda agli incubi; nella terza
reinventa il passato tornandosene a casa. In poche settimane Schnberg
compone un capolavoro rivoluzionario. I versi surrealisti e dissociati, limmagine di una maschera della commedia dellarte che parla alla luna, i gradi
di libert consentiti dal definitivo abbandono dei vincoli tonali, lesperienza
del canto da camera (i Lieder) e da teatro (i monodrammi Erwartung, Die
glckliche Hand), tanti altri oggetti musicali accumulati in quasi ventanni di
attivit compositiva confluiscono in modo naturale nei 21 aforismi di Pierrot

694 X. Impressioni, espressioni, ritorni

lunaire. Pi in particolare, dalla teoria della melodia dei timbri derivata dagli
impressionisti francesi e collaudata in proprio nei 5 Orchesterstcke op. 16
(1909), Schnberg elabora un affascinante gioco combinatorio di timbri fra
la voce e gli otto strumenti singoli. Non meno importante il rapporto con
la forma: pur nella loro concisione (sempre pi di 50 secondi e meno di 3
minuti), ciascun pezzo ben equilibrato, perfino articolato in disegni complessi (passacaglia, canone e fuga, contrappunto lineare) o semplicissimi
(duetto fra voce e flauto, voce e pianoforte). Del tutto nuova la scrittura
vocale, col suo modo di procedere per sillabe (non parole) staccate fra loro,
intonate ma non legate, distinte dalle note degli strumenti solo per specificit timbrica, che prende il nome di Sprechgesang, canto parlato.
La sintesi tale che per quasi un decennio Schnberg si ferma: vuole
raccogliere le idee e trovare una nuova strada dopo aver dato un contributo
essenziale alla distruzione dei ponti con larmonia del passato e aver compiuto sforzi disperati per mantenere i princpi della forma e il valore del contrappunto. La sua svolta dodecafonica degli anni venti sar la risposta obbligata. In s lo Sprechgesang un modo di usare la voce che ha un suo spazio
anche in dodecafonia. presente in tante opere successive di Schnberg,
affidato a una voce recitante nellOde to Napoleon Bonaparte da Byron
(1942) e Un sopravvissuto di Varsavia (1947), a un coro parlante in Kol nidre
(1938), incluso negli affreschi incompiuti Die Jacobsleiter (oratorio, 1923) e
Moses und Aron (opera, 1936). Fra i suoi allievi, Berg che ne fa ampio uso
nelle sue due opere Wozzeck (1925) e Lulu, questultima lasciata incompiuta
alla morte dellautore nel 1935 e rappresentata parzialmente nel 1937. Webern ottiene miracoli di sintesi nei tanti Lieder e nelle estreme due Cantate
(1938-43).
Linglese William Walton, ancora ventenne, con Faade (Londra 1923)
provoca uno scandalo memorabile facendo recitare poesie di Edith Sitwell
mentre sei strumentisti si producono in musiche che critici e spettatori giudicano provocatorie. Ma le successive riprese parziali e in particolare le
versioni per orchestra e balletto fanno di Faade una popolare partitura del
Novecento. Hanns Eisler mette il melologo al servizio della nuova semplicit delle sue canzoni destinate allutopia di una musica non consumistica rivolta alle masse proletarie. Non sono allievi diretti di Schnberg, ma ne
colgono il messaggio gli autori che fanno musica da cabaret nei tremendi e
disincantati anni della repubblica di Weimar: Paul Dessau e Kurt Weill. In
Francia Milhaud sta fra il surreale e il canzonatorio quando, in Machines
agricoles (1919) fa leggere-cantare a un soprano la pubblicit di macchine
agricole su sfondo (ripetitivo) di quartetto darchi. Poulenc adotta la tecnica
del melologo intonato con LHistoire de Babar (1940), per voci infantili e
orchestra. Capiscono le potenzialit drammatiche Honegger con Amphion

1912 Pierrot lunaire 695

(1929) e Stravinskij con Persphone (1934). Prokofev adotta il melologo


intonato in quel capolavoro che Pierino e il lupo (1936) e Copland che se
ne serve per lefficace A Lincoln Portrait. Troviamo varianti negli oratori
Wagadus Untergang durch die Eitelkeit (1930) e Thyl Claes (1938-45) di
Vogel, in Le Marteau sans mitre (1954) e Pli selon pli (1957) di Boulez, fino
ai recenti Blimunda (1990) e Divara (1993) di Azio Corghi.
A sua volta il melologo recitato non scompare, anzi si afferma in un ambito tutto nuovo. Linvenzione della colonna sonora concede finalmente non
solo le parole alle figure che scorrono sullo schermo, ma anche una musica
che ne sottolinea le azioni ed esalta i sentimenti.

Ascolti
A. Schnberg, Pierrot lunaire, P. Boulez, Ensemble Intercontemporain, dg 1998
A. Schnberg, Die Jakobsleiter, K. Nagano, Deutsches Symphonie Orchester Berlin,
Harmonia Mundi 2004
S. Prokofiev, Peter and the Wolf, R. Benigni, C. Abbado, Chamber Orchestra of Europe,
dg (dvd) 2007

Letture
Arnold Schnberg, Stile e pensiero. Scritti su musica e societ, il Saggiatore, Milano 2008
C. Dahlhaus, Schoenberg and the New Music, Cambridge University Press, Cambridge
1990
G. Manzoni, Arnold Schnberg. Luomo, lopera, i testi musicati, Feltrinelli, Milano 1975
A. Schnberg, Analisi e pratica musicale. Scritti 1909-1950, Einaudi, Torino 1974

1913 La sagra della primavera


Igor Stravinskij

Pulsazioni senza melodie Quadri della Russia pagana


Diaghilev e i Ballets russes Pavlova e Rubinstein
Nijinsky e Fokine, Bakst e Benois Rimskij-Korsakov
Uccello di fuoco Petruka Sagra della primavera
Musica e caos La concorrenza di Ravel La grande
paura degli anni venti Bartk Strauss
Dallassolo di fagotto che apre al colpo secco che chiude, la partitura della
Sagra della primavera (Le Sacre du printemps) presenta un tumulto di passi
irregolari e di frasi sghembe. Sono le pulsazioni della vita che nasce, fuori da
ogni norma codificata, figlia delle mutazioni e del caso. Una straripante massa orchestrale sprigiona inauditi timbri che giungono agli ascoltatori come
rombi di artiglieria e scariche di fucileria. Il tutto esaltato da un uso geniale delle pause, dellassottigliamento del volume contrapposto alle bordate a
pieno organico. Il concetto stesso di melodia annichilito, ridotto a frammenti che cozzano e si sovrappongono senza regole di armonia o di contrappunto. Domina il ritmo, anchesso spezzettato nei tempi e nei metri, visto
come la manifestazione primigenia della musica stessa. Pulsazioni ostinate,
sincopi e controtempi si distribuiscono su unimmensa piattaforma di percussioni, a dare ulteriore variet ai colori che esplodono dagli strumenti
tradizionali. A 32 anni, Stravinskij padroneggia alla perfezione lorchestra
moderna figlia dellOttocento romantico e cambia la storia della musica. Il
merito anche del suo maestro Rimskij-Korsakov.
Solo una decina danni prima, Stravinskij non ha ancora deciso cosa fare
nella vita. Ha una storia di sporadiche frequentazioni universitarie e dirregolari studi musicali. La famiglia gli vieta il conservatorio e lui gradisce poco
i corsi di legge alluniversit. Per, nel 1902, risolvono la questione la scomparsa del padre e lincontro con Rimskij-Korsakov. Il grande compositore e
didatta organizza, infatti, a casa sua, incontri settimanali con gli allievi per
studiare e fare musica insieme. Stravinskij si aggrega, contribuisce, prende
lezioni regolari, impara la scienza della forma musicale e larte della strumentazione. Comincia a scrivere per orchestra. La sua Prima sinfonia (1906)
dedicata a Rimskij-Korsakov e altri due lavori importanti (Scherzo la
russe, Feu dartifice) sono altrettanti omaggi allo stile del maestro. Sono anche i lavori che gli aprono le porte del successo. ascoltando la prima esecuzione di Feu dartifice (17 giugno 1908) che Sergej Diaghilev scopre il ta-

1913 La sagra della primavera 697

lento del giovane Stravinskij e lo invita a lavorare per la sua esordiente


compagnia di danza.
Diaghilev capisce abbastanza di musica, perch ha studiato anche lui con
Rimskij-Korsakov. Rinuncia presto alle velleit di autore e si dedica alla carriera dimpresario. A fine Ottocento entra a far parte della direzione del
balletto al teatro Mariinskij di San Pietroburgo, allora il migliore al mondo,
dominato dalla coppia di coreografi Petipa e Ivanov. Si stanca presto dei rituali correnti, vuole innovare e cambiare tutto. Nel 1907 fonda un gruppo e
cerca un repertorio per sfondare nelle capitali dEuropa, Parigi e Londra.
Diaghilev punta tutto sulla bravura tecnica dei ballerini di scuola russa e
sulla musica nazionale moderna, quella di Rimskij-Korsakov appunto, ma
anche di Borodin e Musorgskij. Recluta i migliori talenti del Mariinskij, concede ampio spazio a ballerini-coreografi innovativi come Michel Fokine, che
comanda da competente dittatore. Collauda le sue idee con una prima stagione di cinque concerti di musica russa nel 1907 a Parigi, seguiti dalla produzione di Boris Godunov allOpra nel 1908. Il debutto della compagnia
denominata Ballets russes nella primavera del 1909 suscita sensazione. Il
pubblico parigino scopre le acrobazie di Fokine e Vaslav Nijinsky, di Anna
Pavlova e Ida Rubinstein, le scenografie e i costumi di Lon Bakst, Aleksandr
Golovin e Aleksandr Benois, le musiche di autori affermati ma anche di giovani promesse come Anton Arenskij (Cloptre, 1908) e Aleksandr Glazunov
(Chopiniana, 1909).
Subito Diaghilev programma una stagione di balletto completa per il
1910 e cerca nuovi artisti. Commissiona a Stravinskij un balletto intero. Per
il giovane musicista loccasione della vita. Inizia a scrivere nellautunno del
1909 e in pochi mesi la partitura pronta. Il lavoro pi intenso avviene a
Parigi, nelle poche settimane che precedono il debutto. Scrive Stravinskij:
Fokine considerato il librettista dellUccello di fuoco ma ricordo bene che
tutti noi e specialmente Bakst, che era il maggiore consigliere di Diaghilev,
contribuimmo con tante idee al progetto scenografico. Devo anche dire che
Bakst condivise con Golovin la scelta dei costumi. La mia collaborazione con
Fokine significa soltanto che abbiamo studiato insieme il libretto, episodio
dopo episodio, fino a quando non era chiara lesatta misura della musica
necessaria. Nonostante le lunghe tirate che Fokine ribadiva tutte le volte che
cincontravamo sul ruolo della musica come semplice accompagnamento
alla danza, ammetto che da lui ho imparato molto e che da allora in poi ho
lavorato con lo stesso metodo con tutti gli altri coreografi dei miei lavori. Mi
piace sapere bene quanta musica serve.
La prima rappresentazione dellUccello di fuoco (LOiseau de feu), il 25
giugno 1910, diretta dal compositore Gabriel Piern, non passa inosservata.
Stravinskij ricorda di aver incontrato in teatro Marcel Proust, Paul Claudel

698 X. Impressioni, espressioni, ritorni

e una ritrosa Sarah Bernhardt. Non sa ancora (o forse gi intuisce) che la sua
sar la pi mirabile carriera musicale del Novecento. Di sicuro ringrazia in
pubblico e in cuor suo la lezione di Rimskij-Korsakov: senza i suoi insegnamenti, lenorme partitura non avrebbe lo smalto e il colore che ancora oggi
meravigliano. Tutto parte dallo straordinario uso delle risorse di unorchestra smisurata, ma che solo in via eccezionale usata come massa durto, per
sferrare clamorosi colpi di maglio, anzi di teatro. La regola prevede luso di
piccoli e mutevolissimi gruppi strumentali, non cameristici soltanto perch
sono presenti ottoni e percussioni. Gli sbalzi di volume sono marcatissimi.
Macchie sonore si aggregano e si scompongono senza apparente logica evolutiva, allinsegna di un dinamismo statico che sar presto una costante
della musica di Stravinskij. il continuo susseguirsi di sorprese timbriche e
di varianti ritmiche a fare da cemento a questa musica, che nasce subordinata ai tempi e ai passi della scena, che pu apparire prolissa, eppure incanta, anche quando eseguita per intero in sala da concerto, senza ballo e
senza scene.
Al successo contribuisce il forte radicamento russo, sia della storia sia
della musica. Il libretto segue unantica fiaba: il futuro zar Ivan, inseguendo
il magico uccello di fuoco, trova la sua principessa nel giardino del cattivo
semidio Katscei, che lo cattura e minaccia di trasformarlo in una statua di
sale, come gi fatto con tanti altri. Torna luccello di fuoco, rompe lincantesimo, fa sparire Katscei, rende tutti felici. Russa la musica, nel materiale
melodico e nella qualit del suono, comprese le numerose frizioni armoniche
conseguenti alladozione di scale modali di origine popolare. A suo modo
un circolo che si chiude mentre si riapre. Rimskij-Korsakov il pi cosmopolita e, in un certo senso, il pi accademico nel Gruppo dei cinque, che nel
secondo Ottocento combatte la sudditanza della musica russa nei confronti
di quella tedesca e occidentale in senso lato. Da lui, lallievo Stravinskij apprende uno stile orchestrale internazionale, che applica per tutta la vita a
un autentico substrato russo. E cos trasforma, nel giro di pochi anni, lintera musica occidentale, diventando lui stesso il pi eclettico fra tutti i grandi
autori del Novecento.
Assai pi internazionale la successiva partitura, Petruka. Restano
danze e melodie russe, si aggiungono valzer alla viennese, ballabili da salotto, canti dosteria, motivi dorganetto. La musica funziona perfettamente
sulla scena ma ha origine indipendente dalla coreografia. Si sviluppa attorno a un Concerto-Burlesca per pianoforte e orchestra che Stravinskij scrive
nellautunno del 1910. Diaghilev chiede di farne la base di un balletto per
la successiva stagione. Il Concerto-Burlesca diventa la seconda delle quattro
scene del lavoro finale. Il soggetto mescola caratteri da fiaba russa con
personaggi della commedia dellarte italiana. Nella prima scena, durante gli

1913 La sagra della primavera 699

eccessi del carnevale, fra maschere e musicanti di strada, si fa largo Ciarlatano con il suo teatrino di marionette. Per incanto, le marionette prendono
vita e la loro storia diventa vera. Petruka/Pulcinella ama Ballerina/Colombina che per gli preferisce il ricco Moro/Arlecchino. Nel secondo quadro,
il povero Petruka, reduce dalla delusione damore, si ritrova sbattuto
nella propria squallida abitazione dal padrone Ciarlatano. Nella sfarzosa
casa del Moro (terzo quadro), Ballerina danza, irrompe Petruka, sfida il
Moro e muore in duello. Nel finale, di nuovo allesterno e in mezzo al baccano del carnevale, Petruka ridiventa burattino inanimato, ma resta vivo
il suo spirito, pronto a tormentare lex padrone Ciarlatano. La rappresentazione al Thtre du Chtelet (13 giugno 1911) accolta molto bene, con
Pierre Monteux che dirige, Nijinsky nel ruolo di Petruka, coreografie di
Fokine e scene di Benois. Piace anche al pianista Arthur Rubinstein, che
commissiona a Stravinskij una versione virtuosistica per pianoforte pagandogli un onorario superiore a quello stabilito da Diaghilev per lintera
partitura.
Ancora una volta la tavolozza timbrica di Stravinskij incantevole perch ingloba campanelli, celesta (a quattro mani), pianoforte, xilofono,
grancassa, piatti, triangolo, tam-tam, tamburo basco, tamburo militare, da
aggiungere al tradizionale organico moltiplicato. Le scene di strada, cio i
quadri laterali, sono esilaranti per la loro frenesia motoria. Non sono da
meno i momenti di rarefazione sonora, come quando Ballerina danza per la
prima volta nellappartamento del Moro accompagnata da una cornetta
sostenuta dal tamburo militare; e quando, subito dopo, danza un valzerino
col Moro accompagnata da un flauto che si aggiunge alla cornetta, con il
fagotto a sostituire il tamburo mentre si aggregano arpe, piatti, grancassa,
violoncelli e contrabbassi. Stravinskij cura la mistura timbrica non meno
che nellUccello di fuoco, ma in Petruka inventa nuovi effetti sovrapponendo segmenti melodici con ritmi e tonalit differenti, cos da creare politonalit e poliritmie, cio piani musicali indipendenti e incompatibili fra loro,
almeno secondo le regole dellarmonia tradizionale. Negli anni in cui
Schnberg rompe la tonalit allargando in orizzontale il numero delle note
fino al fatidico numero di dodici, Stravinskij accatasta in verticale, su piani
diversi, sequenze di note che si mantengono entro le rispettive e regolari
scale octa- epta- esa- penta- toniche. Il motore ritmico nelle scene di massa,
quando allaperto impazza il carnevale (scene i e iv), la selezione timbrica
nelle scene da camera (ii e iii) confondono la soglia fra musica e rumore, fra
organizzazione e caos.
In apparenza, il confine fra musica e caos superato nella successiva Sagra della primavera. La pensano cos i tanti che schiamazzano alla prima
rappresentazione e trasformano la serata in uno scandalo storico. il 29

700 X. Impressioni, espressioni, ritorni

maggio 1913, al Thtre des Champs-lyses. Lo spettacolo una provocazione continua. Le scene e i costumi del pittore, antropologo, archeologo,
poeta e pacifista Nikolaj Roerich rappresentano una Russia nellet della
pietra. Lazione disposta in due parti. Nella prima (LAdoration de la
terre) il risveglio della terra in primavera si festeggia con giochi e danze di
adolescenti, gare fra trib rivali, processioni di anziani. Nella seconda (Le
Sacrifice) si seleziona una fanciulla, la si glorifica, si evocano gli antenati,
inizia la cerimonia propiziatoria, parte la danza fatale e il sacrificio si consuma. In primavera, per dare i frutti dellestate, la terra esige sangue giovane.
La crudezza del rito pagano della fertilit esaltata dalle coreografie di Nijinsky, successore di un Fokine uscito dalla compagnia per dissidi con Diaghilev. Diretta da un ottimo Monteux, la musica di Stravinskij rende tutto
esplosivo. Le urla e gli schiamazzi, forse di fazioni avverse, iniziano allapertura del sipario e durano fino alla fine. In realt, il putiferio accade solo alla
prima. Nel corso delle repliche il successo monta fino a diventare trionfo,
sostenuto da un pubblico nuovo e meno prevenuto di quello tradizionale,
capace di cogliere i valori squisitamente musicali che vanno oltre le provocazioni di facciata.
Pur nelle sue infinite contraddizioni, nel 1931 Stravinskij scrive che la
Sagra est une uvre architectonique et non anecdotique. Sa di averci lavorato per oltre tre anni, seguendo un progetto in cui la dimensione finale nasce
da un accurato equilibrio di particelle elementari. In un famoso saggio del
1953, Pierre Boulez, forte della sua preparazione matematica, spiega come la
Sagra sia un magnifico esempio di sviluppo di minime cellule ritmiche secondo processi combinatori che generano le macrostrutture e le rendono coerenti fra loro. Anche al semplice ascolto, si percepisce levoluzione di Stravinskij:
prima laccostamento di macchie di colore dellUccello di fuoco, poi la politonalit di Petruka, quindi la ruvida pulsazione ritmica della Sagra della primavera. Tranne il famoso assolo iniziale del fagotto, mai pi ripreso, la melodia
esclusa dalla partitura. Al massimo un segmento in un disegno ritmico
continuamente spezzato. Soltanto lassolo del fagotto (una melodia polacca)
cita in modo diretto canti popolari russi o stranieri. Il sapore popolare
dato dallimpiego sistematico di scale esotico-arcaiche che ordinano da cinque a otto note. Emergono altri valori, appunto architettonici. Le due parti
sono speculari, precedute da unintroduzione lenta e seguite luna da sei e
laltra da cinque sezioni che alternano volumi e dinamiche pur nella costante
mutazione dei metri. Si scopre il percorso complementare delle due sezioni,
anche sotto laspetto emotivo: la prima una corsa verso la gioia, la seconda
verso labisso. In ogni caso, sono i valori della musica che determinano il fascino del lavoro. Stravinskij si avvicina sempre pi al principio della musica
al quadrato che segner lormai prossimo periodo neoclassico.

1913 La sagra della primavera 701

Limpatto della Sagra della primavera sulla musica del tempo deflagrante. Rende immediatamente obsoleto il poema danzato Jeux di Claude Debussy, commissionato dai Ballets russes e rappresentato pochi giorni prima.
Il pur fortunato Le Festin de laraigne (1912) di Albert Roussel sopravvive
solo come suite sinfonica. Appartiene a un gusto passato anche il sontuoso
balletto Daphnis et Chlo, la novit assoluta della stagione del 1912. Lo firma Maurice Ravel su incarico di Diaghilev, che vuole arricchire il repertorio
con prestigiosi autori locali, e non solo con promettenti giovani russi. Daphnis un capolavoro di arte orchestrale applicata a una tenue storia damore
fra pastorelli in unArcadia felice turbata dal solito cattivo ma anche dallarrivo dei pirati. La ricchezza di timbri e di armonie attenua le complicazioni
ritmiche, ben evidenti ai ballerini, in difficolt sui passi. Come La sagra
della primavera (e tutti i balletti di Stravinskij), Daphnis et Chlo musica da
balletto che regge bene lesecuzione integrale in sala da concerto, anche se
preferita una suite ricavata nel 1923. Le due partiture hanno un modo
opposto di interpretare i ruoli della statica e della dinamica e relative interazioni. Comune tuttavia la vocazione di mantenere, anzi rinnovare, i valori
della musica per la musica, senza cercare artifici narrativi. Infatti, Ravel
uno dei primi, assieme a Stravinskij, a praticare il principio del ritorno al
passato classico.
Per la stagione 1914, Diaghilev propone in cartellone anche un balletto
del tedesco Richard Strauss, Josephslegende, per lo scoppio della guerra
sconvolge tutti i piani. La compagnia si trasferisce nella neutrale Spagna e da
l si sposta nelle Americhe, con logica di sopravvivenza. Anche la musica
deve sopravvivere e non ci sono tempi e modi per metabolizzare lirruzione
della Sagra della primavera. Forse il solo Bartk, fra i grandi, ne tiene subito
conto con i suoi balletti Il principe di legno (1917) e ancor pi Il mandarino
meraviglioso (1919), geniale e personale incrocio fra espressionismo
schnberghiano, impressionismo francese ed energia primordiale stravinskiana. Finita la guerra, siamo gi nel pieno della restaurazione neoclassica. E il magma organizzato della Sagra sar ripreso, trentanni dopo, sulle
macerie lasciate dalla Seconda guerra, dalle avanguardie di Darmstadt, da
Boulez, Stockhausen, Nono.

Ascolti
I. Stravinskij, Petruka, Le Sacre du Printemps, P. Boulez, The Cleveland Orchestra, dg
1992
I. Stravinskij, Works of Igor Stravinsky, Stravinskij, Sony 2007

702 X. Impressioni, espressioni, ritorni

Letture
S. Walsh, Stravinsky: A Creative Spring. Russia and France, 1882-1934, Jonathan Cape,
London 1999
S. Walsh, Stravinsky: The Second Exile. France and America 1934-1971, Pimlico, London
2007
P.C. van den Toorn, The Music of Igor Stravinsky, Yale University Press, New Haven 1983
S.C. Berg, Le Sacre du Printemps: Seven Productions from Nijinsky to Martha Graham, umi
Research Press, Ann Arbor 1988

1914 Three Places in New England


Charles Ives

Tre bande sovrapposte Ives La Scuola del New England


Chadwick Parker ajkovskij e Dvok con Sousa e
Joplin The Unanswered Question Concord Sonata
Legittimazione del rumore Cowell Varse Copland
Commando Unit accanto a musical e song
Il festoso schiamazzo di un giorno di festa si spegne lentamente. Arriva il
silenzio. La musica diventa onirica. Emerge lontano un richiamo militare.
Sul confuso rumore di un accampamento, irrompe una nuova banda. Una
veloce transizione riporta le sonorit iniziali, che si sovrappongono alle nuove appena esposte. I diversi strati sonori si distinguono solo grazie alle melodie che, pur distorte, si riconoscono perch fanno parte della tradizione
popolare. Assieme allimmancabile Yankee Doodle, sono almeno dieci i temi
di marce militari e inni patriottici inseriti in partitura e affidati ai pi vari
strumenti di una grande orchestra. Timbri e soprattutto armonie si confondono in un aggregato disorganizzato, ma a suo modo coerente. Il senso del
lavoro spiegato, con dettaglio superiore a quello dei poemi sinfonici europei, dallautore Charles Edward Ives. La musica segue le emozioni di un Ives
bambino che fruga nel passato di un luogo storico della Guerra dindipendenza. Durante i festeggiamenti annuali per la ricorrenza del 4 Luglio, sul
sito dove nel 1778-79 svernarono le truppe del generale Israel Putnam, il
bambino si allontana dalla folla, sale su unaltura, si perde nei suoi pensieri.
Incontra la Statua della Libert, vede animarsi il campo, sente una banda che
si avvicina e unaltra che gli compare davanti e infine la sua immaginazione
si fonde con la realt da cui partito. Le tre bande suonano insieme cose
diverse in simpatica cacofonia.
Non potrebbe essere pi sincero lomaggio di Ives al padre George
Edward, gi maestro di banda militare durante la Guerra di secessione, rimasto disadattato per il resto della vita nel piccolo centro di Danbury, Connecticut. Campa un po sulle spalle della famiglia, un po come maestro
della banda di paese. Ha una discreta formazione musicale e gran voglia di
sperimentare. Il giovanissimo figlio Charles, che suona il tamburo, resta come abbagliato quando il padre fa incrociare due bande distinte che suonano
musiche diverse marciando in direzione opposta. Di colpo scopre la politonalit e la frizione armonica che ne consegue, esaltata dal movimento delle
due fasce sonore prodotte dalle bande in marcia, insieme allinvece costante

704 X. Impressioni, espressioni, ritorni

omogeneit dei timbri. Le melodie semplici e familiari fungono da riferimento sicuro nel caos organizzato che si viene a creare. Il piccolo Charles decide
di studiare musica. Assistito dal padre, si esercita in contrappunto, diventa
buon organista, scrive lavori corali di taglio arcaico-romantico. Entra nellesclusiva universit di Yale, nella classe di Horatio Parker, esponente di una
generazione di musicisti americani che si formata in Europa e vuole trasferirne gli insegnamenti nel Nuovo mondo.
Parker appartiene alla cosiddetta Scuola del New England, primo caso di
gruppo omogeneo di compositori americani di formazione europea dopo
lesperienza individuale del pianista Gottschalk, mezzo secolo prima. La
scuola inizia con George Whitefield Chadwick, nato nelle campagne del
Massachusetts e passato in Europa negli anni settanta per studiare con il
mendelssohniano Carl Reinecke al conservatorio di Lipsia e con il wagneriano Joseph Rheinberger in quello di Monaco. Rientrato a Boston nel 1880,
Chadwick inizia unintensa attivit didattica che lo porta a dirigere dal 1897
al 1930 il locale New England Conservatory of Music. Autore prolifico,
Chadwick si muove in un primo tempo sulla scia dei romantici tedeschi e
degli operisti francesi, salvo aggiungere un tocco di esotismo e di modernismo americani a una produzione che mantiene titoli, forme e contenuti del
secondo Romanticismo europeo. Il newyorkese Edward MacDowell dal
1877 studia al conservatorio di Parigi, dove apprezzato da Liszt. Continua
a Francoforte, resta in Germania fino al 1887 e nel 1896 ottiene una cattedra
alla Columbia University. Scrive molto per pianoforte e restano tuttora in
repertorio i suoi due concerti (1885 e 1890), in stile schumanniano. Il colore
locale, indiano, si sente nella Suite orchestrale del 1897 e la facilit melodica
di Foster si trova spesso nella sua produzione corale. A sua volta Parker,
mandato dal maestro Chadwick a studiare a Monaco, torna nel 1885, fa
lorganista e insegna a New York e Boston, nel 1893 diventa professore a
Yale e vi rimane per il resto della vita. Nella sua produzione, mantiene forte
linfluenza tedesca e wagneriana in particolare, ma pi degli altri attento
alle nuove correnti europee dellimpressionismo. Ha fortuna in vita con loratorio Hora Novissima (1893) e lopera Mona (1910). Oggi si ricorda, per,
soltanto perch maestro di Ives.
Con Parker, Ives impara la disciplina delle forme classiche che a suo modo
rispetta. Approfondisce le potenzialit del cromatismo wagneriano applicato
alla timbrica impressionista francese. Coglie le scale pentatoniche e i ritmi
complessi che arrivano dallAfrica con le voci degli schiavi liberati. Cerca un
linguaggio nuovo, davvero americano, valorizzando linnodia della tradizione chiesastica portata nel Seicento dai Padri pellegrini e quella profana
scaturita nei tempi difficili delle Guerre di indipendenza e di secessione. Il
continuo riferirsi a momenti di vita collettiva o individuale, in un passato o in

1914 Three Places in New England 705

un presente comunque immaginari, serve da collante. Mantiene le forme pur


cambiando i contenuti. Dopo aver scritto corali e canzoni in giovent, una
volta laureato a Yale, si concentra sui generi strumentali: sonate, trii, quartetti, sinfonie. Il distacco dalla tradizione a suo modo graduale. La Prima sinfonia suggerisce riferimenti alla Patetica di ajkovskij e alla sinfonia Dal
Nuovo mondo di Dvok (il corno inglese nel secondo movimento). La Seconda (1899) amplia lo spettro. I movimenti diventano cinque, come nella sinfonia Renana di Schumann. Accanto alla Quinta di Beethoven, alla Prima di
Brahms e ai corali bachiani, compaiono accenni a canti patriottici e alle marce
popolari di John Philip Sousa, ad anonimi spiritual, a ragtime alla maniera di
Maple Leaf Rag e The Entertainer di Scott Joplin. I legami con le forme europee sono perduti nella Terza sinfonia The Camp Meeting (1908-11) in soli tre
movimenti e per orchestra da camera, tutta costruita su memorie di giovent.
Mahler studia la partitura manoscritta e pensa di eseguirla a New York, ma
muore troppo presto. Non numerata la sinfonia successiva intitolata Holidays Symphony. Sono i ricordi di un uomo ormai maturo, che rimpiange linfanzia e si commuove alla memoria del padre defunto: quattro movimenti,
ciascuno dedicato a una festivit civile, disposti secondo il ciclo delle stagioni.
Il gelo dellinverno sta nelle livide dissonanze del primo quadro, Washingtons Birthday, riscaldato da un flebile ritmo di danza del solo violino. La
festa di primavera Decoration Day, che ancora rappresenta la stonata
banda del padre in marcia verso il cimitero. Lestate di Fourth of July ha la
forza dei tanti canti patriottici accatastati uno sullaltro a tutto volume. Chiude la festa dellautunno, Thanksgiving, austera e meditativa, quasi cupa.
La mancanza di legami e connessioni sintattiche fra i quattro movimenti
di Holidays Symphony segna il definitivo approdo di Ives a unarchitettura
informale, ispirata a valori che trascendono la scrittura e cercano nel suono
il fattore unificante di pensieri in libert. Meditato a lungo e completato nel
1907, Central Park in the Dark per piccola orchestra vuole essere il suono
avvertito al centro del parco di una citt che non ancora metropoli, dove
lascoltatore attento percepisce il rumore delluomo (un flauto, un pianoforte) in mezzo al sussurro delle foglie. Nellaltrettanto celebre composizione
dello stesso periodo, The Unanswered Question (1908), quattro flauti fuori
scena cercano di dare unimpossibile risposta a una domanda della tromba
che buca il disordinato e dissonante intreccio degli archi (Il silenzio dei
Druidi). Cos come non c struttura che regola il trittico Three Places in
New England. Il legame col passato assicurato dalle bande e dagli inni del
centrale Putnams Camp. Lo precede lo sconvolto cromatismo della contemplazione al monumento dedicato dalla citt di Boston al colonnello Shaw
e al suo reggimento di schiavi liberati e portati al massacro nellinutile assalto a Fort Wagner nella Guerra di secessione (The St. Gaudens in Boston

706 X. Impressioni, espressioni, ritorni

Common). Il terzo e ultimo quadro un idillio alla maniera impressionista:


sulla sponda del placido fiume Housatonic, il compositore e la futura sposa
passeggiano innamorati, su un letto sonoro immoto, con poche scintille di
celesta, a imitare le stelle, e con finale inattesa irruzione di una banda fracassona (The Housatonic at Stockbridge).
Nello stesso 1914, Ives scrive anche la sua opera pi intrigante, la Seconda
sonata per pianoforte, sottotitolata Concord Mass. 1840-1860, pensata nel
1903 e in seguito pi volte riscritta. unelegia allo spirito del Nuovo mondo, anzi della Nuova Inghilterra, identificato con quattro maestri di pensiero. Il primo movimento ritrae il filosofo Ralph Waldo Emerson, il capofila di
una corrente nota come trascendentalismo, il fautore di una vita sobria e
guidata da austeri principi morali. Il secondo per Nathaniel Hawthorne,
lautore della Lettera scarlatta, inteso come fondatore della letteratura civile
americana. Il terzo presenta il filosofo Amos Bronson Alcott con la figlia
Louisa May e le sorelle, colte mentre vivono il loro stato di piccole donne.
Infine Henry David Thoreau, leremita anarchico che passa la sua vita in una
capanna sullo stagno di Walden. La scrittura pianistica rivoluzionaria.
Oltre allormai abituale politonalit e allo sfrenato cromatismo, la frantumazione ritmica assoluta e spesso mancano le stanghette di divisione delle
battute: interi passaggi sono lasciati alla fantasia dellesecutore. Nel secondo
movimento, un asse di legno di 34 centimetri serve per abbassare tutti i tasti
a fare il totale della scala diatonica (tasti bianchi) o pentatonica (tasti neri).
Si capisce perch a questo punto Ives quasi smetta di scrivere musica e si
dedichi a una lucrosa attivit di assicuratore: ha finalmente raggiunto la sua
meta musicale, la legittimazione del rumore.
Orientato al rumore e sostenuto finanziariamente dallamico Ives Henry Cowell, noto per aver adottato giovanissimo la tecnica di colpire con lavambraccio i tasti bianchi o neri in The Tides of Manaunaun (1917). In altri
casi sfrutta il pianoforte, pizzicando e strofinando le corde con le dita, ignorando tasti e martelletti. Viaggia in Europa e Unione Sovietica. Ispira Bla
Bartk, che gli chiede il permesso di usare i suoi grappoli di note (cluster),
inseriti nella Sonata e nella suite Allaria aperta. Rende omaggio al Giappone
con un pezzo sinfonico intitolato Ongaku (Musica, 1957) e con un concerto
per lo strumento tradizionale koto (1961). Si occupa di musica iraniana (Persian Set, 1961). Sperimenta per tutta la vita. Un altro amico di Ives, appartato come lui, Carl Ruggles, nemico delle forme prefissate, esploratore del
suono, costruttore di contrappunto dissonante, parco e conciso nella produzione di complicati lavori per pianoforte e dei densi tessuti orchestrali di
Lilacs (1927) e Sun-Treader (1926-31).
Per vie indipendenti ma complementari, il francoitaliano Edgar Varse
punta allassorbimento del rumore nel linguaggio sinfonico con Amriques

1914 Three Places in New England 707

(1918-21, revisione 1927). Mobilita unorchestra gigantesca nellorganico


tradizionale, cui aggiungere sirene dautomobile e una galassia delle pi varie percussioni gestite da 13 esecutori. Inizia con delicate sonorit impressioniste e presto si trasforma in una giungla di ritmi, di furiosi martellamenti, di
violenze foniche su dissonanze estreme, con prestiti dal jazz americano e dal
primitivismo europeo della Sagra della primavera. Approdato nel 1915 a
New York dopo aver studiato al conservatorio di Parigi, Varse scopre la
meravigliosa libert del Nuovo Mondo, distrugge la sua produzione precedente e inventa un nuovo modo di comporre. Con la successiva coppia di
Offrandes (1921) riduce lorganico a dimensione cameristica, ma otto percussioni si aggiungono a un solo strumento a fiato, con arpa e quintetto
darchi pi voce di soprano che intona versi surrealisti del poeta cileno Vicente Huidobro e del messicano Jos Juan Tablada. Eseguito per la prima
volta a New York nel 1922, Offrandes ha un inaspettato successo di pubblico, uno dei pochi nella lunga carriera di Varse. Minore successo immediato
arriva ai lavori successivi Hyperprism (1923) e Intgrales (1925) per percussioni e piccola orchestra, che radicalizzano la ricerca sul rumore sinfonico e
sullinformalit della costruzione musicale. Sono lavori che avranno invece
influssi straordinari sulle generazioni operanti dopo la Seconda guerra mondiale sia in America sia in Europa. Affascina la misteriosa stella apocalittica
attorno alla quale ruotano i suoni di Arcana (1927) per grande orchestra.
Sempre adottata da Varse per dare dinamica orizzontale ai suoi lavori, la
formula di iniziare sottovoce per esplodere e poi tornare al silenzio funziona
bene in un altro suo capolavoro, Ionisation (1931) per il suono indeterminato di una quarantina di percussioni gestite da 13 musicisti con un direttore
che guida in un labirinto di ritmi. Le ricerche di Varse su volumi e qualit
del suono avranno uninfluenza importante sugli autori del secondo dopoguerra europeo, esplicito in Masse: omaggio a Edgar Varse per pianoforte e
orchestra (1977) di Giacomo Manzoni.
Negli anni venti, invece, Ives si ferma. Abbozza la Quarta sinfonia ispirata agli elementi dellUniverso ma non riesce a terminarla. Rivede partiture
del passato, prende atto quasi infastidito delle prime esecuzioni dirette da
amici ed estimatori come Leopold Stokowski, Nicolas Slonimsky e Leonard
Bernstein, prima e dopo la Seconda guerra mondiale. Pi tardivo il successo di pubblico. Invece, immediato linteresse che suscita presso una ristretta cerchia di musicisti americani, che lo considerano un modello nelluso
creativo del corrente materiale sonoro. Lamore di Ives per la storia e la
frontiera americana ripreso da Aaron Copland, che abbandona le raffinatezze imparate nella Parigi degli anni venti alla scuola di Nadia Boulanger e
decide di semplificare il linguaggio nella sua stagione populista, negli anni
della Grande depressione, del New Deal, della guerra. Ha subito fortuna

708 X. Impressioni, espressioni, ritorni

con il trittico di balletti Billy the Kid (1938), Rodeo (1942) e Appalachian
Spring (1944), e le tre sinfonie (1924-46). Il suo evidente patriottismo non gli
evita linquisizione da parte della commissione per le attivit antiamericane
del senatore Joseph McCarthy nellimmediato dopoguerra. Sono anche gli
anni in cui Copland cambia nuovamente stile e adotta la dodecafonia e il
serialismo inventati da Schnberg e radicalizzati dalle nuove generazioni
europee.
Attento allo spirito americano di Ives il gruppo di musicisti che negli
Stati Uniti gravita attorno al capofila Copland nella cosiddetta Commando
Unit degli anni trenta: Roger Sessions (9 sinfonie), Roy Harris (14 sinfonie),
Virgil Thomson (Four Saints in Three Acts, opera, con Gertrude Stein, 1928)
e Walter Piston (The Incredible Flutist, balletto, 1938). Su un altro versante,
sono meno radicali nella ricerca di nuovi suoni, ma pi aperti alla musica che
segna il tempo americano fra le due guerre, i song e i musical di George
Gershwin, Jerome Kern e Cole Porter, le melodie di Irving Berlin (White
Christmas su tutte), il jazz con la trombetta di Louis Armstrong e la voce di
Bessie Smith.

Ascolti
C. Ives, Three Places in New England etc., D. Zinman, Baltimore Symphony Orchestra &
Chorus, Decca 2004
C. Ives, Symphonies Nos. 2 & 3, L. Bernstein, New York Philharmonic Orchestra, Sony
1998
E. Varse, Arcana; Amriques; Ionisation; Offrandes; Density 21.5; Octandre; Intgrales, P.
Boulez, Ensemble Intercontemporain, New York Philharmonic Orchestra, Sony 1991

Letture
J. Horowitz, Classical Music in America: A History of Its Rise and Fall, W.W. Norton &
Company, New York 2005
J. Swafford, Charles Ives: A Life with Music, W.W. Norton & Company, New York 1996
S. Feder, Charles Ives: My Fathers Song. A Psychoanalytic Biography, Yale University
Press, New Haven 1992
D. Nicholls, American Experimental Music 1890-1940, Cambridge University Press,
Cambridge 1991

1920Pulcinella

Igor Stravinskij
Pergolesi reinventato Diaghilev in tempo di guerra
Satie, Picasso, Cocteau Parade Musica da tappezzeria Futurismo Scarlatti rifatto Gruppo dei sei de
Falla Histoire du soldat Da Mavra ad Apollon
Musagte Prokofev e Diaghilev

Spesso i terremoti della storia si riconoscono grazie a scosse deboli, quando


quella vera gi passata assieme ai primi sciami di assestamento. In musica,
un caso esemplare il balletto Pulcinella di Stravinskij, fatto di 18 brani
musicali pi uno, inserito senza numero fra il n. 3 e il n. 4. Tutti i brani sono
molto concisi. Dura di pi il primo, perch fa da introduzione, come dice il
titolo Ouverture. anche il pi complesso: una semplice melodia passa
da una sezione strumentale allaltra di una piccola orchestra, resta inalterata e non contrastata o integrata da altri ritmi o motivi. Tutti i brani che
seguono hanno disegno semplice, bipartito o tripartito a seconda dai casi.
La sequenza non ha ordine apparente, se non una generica alternanza di
passo lento e passo veloce. Sono pi frequenti le tradizionali indicazioni
agogiche Allegro, Andantino, Allegretto, Largo. Non mancano
titoli pi specifici: Serenata (n. 2), Scherzino (n. 3), Tarantella (n.
12), Gavotta con due variazioni (n. 15), Tempo di minuetto (n. 17).
Talvolta citato lincipit dellaria operistica trascritta per essere utilizza nel
balletto.
In ogni caso, nessuno dei brani originale di Stravinskij, sono tutti di
altri autori e non soltanto di Pergolesi, come appare dal titolo originale Ballet avec chant Pulcinella (Musique daprs Pergolesi). Di Pergolesi sono soltanto otto brani, uno strumentale (n. 16 Vivo da una sinfonia per violoncello e basso continuo) e sette da opere: tre arie da Il Flaminio, una dallOlimpiade, tre da Lo frate nnamorato. Gli altri autori sono minori del Settecento veneziano e napoletano, pi il falsificatore ottocentesco Alessandro
Parisotti che, nella raccolta Arie antiche pubblicata da Ricordi nel 1890, inserisce Se tu mami di propria composizione e la assegna a Pergolesi. La
corretta attribuzione molto recente e comunque non influisce sul lavoro
dellignaro Stravinskij, che si limita, con scrupolo artigianale, a eseguire
quanto gli chiede Diaghilev.
Dopo due anni dinterruzione a causa della guerra, Diaghilev rientra in
attivit a Parigi e nel maggio del 1917 organizza una breve stagione al

710 X. Impressioni, espressioni, ritorni

Thtre du Chtelet. Non ha molto successo, anche perch lo sforzo bellico


massimo, infuria loffensiva del generale Nivelle, ci sono ammutinamenti
nelle truppe e sommosse fra i civili. Ripropone Luccello di fuoco e Petruka,
le Danze polovesiane di Borodin e La Sylphide di Schneitzhoeffer. Come
novit presenta Parade, un altro balletto che suscita un terremoto, le cui
onde non restano circoscritte al ristretto ambiente dellavanguardia parigina
del tempo. Lidea viene a Jean Cocteau, infatuato della musica povera e ripetitiva di Erik Satie, in particolare dai suoi Trois morceaux en forme de poire.
Pensa di farne un balletto e comincia a scrivere un libretto che prevede la
messa in scena di una parata pubblicitaria in cui tre gruppi di artisti di circo
cercano pubblico per il loro spettacolo. Satie accetta di collaborare, ma rifiuta di utilizzare cose precedenti e impone di scrivere musica tutta nuova, che
comunque non sar in stile diverso dal passato, salvo un curioso Ragtime, dal
discreto successo come pezzo separato. Per far accettare lidea a Diaghilev,
Cocteau recluta la comune amica Misia Sert, mitico polo di attrazione
dellintellettualit parigina: magnetica, ritratta almeno sette volte da Renoir
e anche da Toulouse-Lautrec, nel suo salotto passano artisti sia della vecchia
guardia (Mallarm e Proust, Debussy e Ravel) sia della nuova (Picasso,
Cocteau, Coco Chanel). Cura le coreografie Lonide Massine, subentrato a
Nijinsky nel ruolo di primo ballerino. Scene e costumi sono affidati a Picasso. La musica di Satie segue il consueto approccio minimalista di musica da
tappezzeria, per aggiunge una batteria di oggetti per fare rumore: macchine
per scrivere, bottiglie del latte, sirene di segnalazione. Si sentono le connessioni con il futurismo italiano, lanciato nel 1909 proprio a Parigi da Filippo
Tommaso Marinetti ed elaborato in musica da Luigi Russolo, linventore
dellintonarumori. Sono i prodromi della musica concreta del secondo dopoguerra. La prima rappresentazione di Parade uno scandalo memorabile.
Recensendo lo spettacolo, il poeta Guillaume Apollinaire conia il termine
surrealismo.
In quella stagione di guerra, ha una certa fortuna Le donne di buon umore, un balletto gi anticipato a Roma in aprile e ricavato dallitaliano Vincenzo Tommasini strumentando per piccola orchestra alcune sonate per clavicembalo di Domenico Scarlatti, con la famosa Fuga del gatto posta prima
del finale. Il soggetto tratto da una commedia di Goldoni, la scenografia
dellesperto Lon Bakst e la coreografia dellastro nascente Massine. Confortato dal successo, finita la guerra, sempre alla ricerca di un nuovo repertorio, Diaghilev ripete loperazione con lamico Stravinskij. Gli sottopone
un pacco di spartiti raccolti in Italia e gli chiede di farne un balletto. Nasce
cos Pulcinella. Il momento perfetto. Esplode a Parigi, e nel mondo, il
desiderio di liberarsi dal passato prossimo e di ritrovare quello remoto. La
purezza del Settecento classico diventa lantidoto per i turgori dellOttocen-

1920 Pulcinella 711

to romantico. Pure i rovelli intellettuali cedono il passo a ironie e provocazioni. Cocteau in prima fila: con gli aforismi di Le Coq et lArlequin, un
pamphlet pubblicato nel 1918, predica una musica semplice e diretta, che
parta dal quotidiano e si rivolga al futuro, contraria ai misticismi wagneriani,
favorevole ai suoni del cabaret e del circo, ai nuovi generi che arrivano
dallAmerica: ragtime, jazz, musical.
Le idee di Cocteau aggregano alcuni musicisti sui ventanni: Georges
Auric, Louis Durey, Arthur Honegger, Darius Milhaud, Francis Poulenc,
Germaine Tailleferre. Sul modello del Gruppo dei cinque, che nella Russia
dellOttocento vuole svincolarsi dallegemonia tedesca, si definiscono il
Gruppo dei sei e vogliono liberare la musica francese anche dalle ambiguit dellimpressionismo. Assez des nuages il loro motto. Insieme scrivono il balletto Les Maris de la Tour Eiffel, dieci numeri musicali a sostegno
della storia dadaista di una festa di matrimonio ambientata su una piattafoma della torre, con un generale dellesercito che tromboneggia un discorso, un leone che mangia un invitato, un bambino del futuro che uccide
tutti i presenti, senza poi impedire loro di partire per la Costa azzurra. Il
balletto va in scena con successo contrastato al Thtre des Champslyses il 18 giugno 1920 a cura della compagna Ballets sudois, concorrente dei Ballets russes. I Sei scrivono ancora alcune cose insieme, ma nel
1923 di fatto si sciolgono per seguire inclinazioni personali e differenti.
Honegger il pi tradizionalista e si dedica alla musica delle macchine
(con il celeberrimo poema sinfonico Pacific 231, inno alla locomotiva) per
poi virare verso un sinfonismo che riallaccia i rapporti con la tradizione
tedesca. Tailleferre e Durey si ritirano nella musica vocale e da camera.
Auric diventa uno dei maggiori autori di colonne sonore per il grande cinema francese degli anni trenta e anche per quello americano di Hollywood. Milhaud il pi eclettico e prolifico di tutti. Reduce da due anni di
soggiorno in Brasile al seguito di Paul Claudel, porta il folklore brasiliano
in Saudades do Brasil (1920) per pianoforte e ancor pi nel balletto-pantomima surrealista Le Buf sur le toit (1920) con parte visiva di Cocteau e
Raoul Dufy. Diaghilev lo recluta per Le Train bleu (1924) con scene di Picasso. La sua fluviale produzione arriva agli anni settanta e tocca tutti i
generi musicali del tempo, allinsegna delle politonalit che negli anni
venti danno fortuna al balletto La Cration du monde (1923), alle opere Les
Malheures dOrphe (1924) e Le pauvre matelot (1926). Poulenc parte da
un piglio scanzonato e iconoclasta che gli procura la commissione del fortunato e sempre surrealista Les Biches (1924) per i Ballets russes. Scrive a
getto continuo musiche di ogni tipo fino agli anni sessanta, mutando alla
fine in autore profondo e riflessivo con le opere Dialogues des Carmlites
(1957) e La Voix humaine (1959, su testo di Cocteau), che sono ben lonta-

712 X. Impressioni, espressioni, ritorni

ne dalle ironie e dalla comicit di Les Mamelles de Tirsias (1947) su libretto surreale di Guillaume Apollinaire.
Linstancabile Diaghilev continua a reclutare nuovi talenti. Nel 1919 mette in scena El sombrero de tres picos di Manuel de Falla, gustoso spezzatino di
ingredienti spagnoli in salsa parigina. Incarica Ottorino Respighi di orchestrare alcuni pezzi pianistici del Rossini postoperista e ne esce La Boutique
fantasque, che debutta a Londra nel 1919, con coreografia di Massine che
miscela tarantella e can can. Da Gian Francesco Malipiero arriva una Cimarosiana che apre la via a una moda tutta italiana di recuperare il proprio
passato strumentale: Rossiniana (1925) di Respighi, Scarlattiana (1926, con
pianoforte solista) e Paganiniana (1942) di Casella, Tartiniana prima (1951) e
Tartiniana seconda (1956) di Dallapiccola, Vivaldiana (1952) e Gabrieliana
(1971) ancora di Malipiero. Non sempre, per, a Diaghilev le cose vanno
bene. Nel febbraio 1920, a casa di Misia Sert, presente Poulenc, Ravel esegue
al pianoforte una prima versione del poema coreografico La Valse. Diaghilev
dice che non musica da balletto. In silenzio Ravel, raccolte le carte, se ne va.
I due non collaboreranno pi. Anzi, nel 1925 Ravel rifiuta di stringere la
mano dellimpresario, che lo sfida a duello. Non se ne fa niente.
A sua volta Stravinskij segue con molto interesse le evoluzioni del mondo musicale parigino, che in fondo lui stesso ha contribuito a creare ancor
prima della guerra. Dopo il sisma della Sagra della primavera, si ritira in
Svizzera e inventa sviluppi per la voglia di ordine che da sempre ha in s.
Nel 1914 compie un viaggio in Russia per cercare nuovi elementi di canto
popolare e ne ricava Les Noces per voci, percussioni e quattro pianoforti,
aspra ancor pi della Sagra. Immagina un teatro povero con Histoire du
soldat (1917), fiaba sconsolata del neoarcaico scrittore svizzero CharlesFerdinand Ramuz, per narratore e piccolo complesso strumentale da far
girare nelle piazze di paesi e citt. Stravinskij cubista e dadaista prima
ancora di incontrare Picasso e il gruppo di nuovi artisti reclutati da Diaghilev. Riscrivere Pergolesi (finto o vero) gli viene naturale. Senza dover inventare melodie, pu divertirsi nellinserire ritmi, sbalzare incisi, perfino applicare con perfida ironia la tecnica della Klangfarbenmelodie del serioso
Schnberg per valorizzare e distorcere melodie altrui spezzettandole su
strumenti scelti da lui. Pulcinella assai ben accolto il 15 maggio del 1920
allOpra di Parigi a cura dei Ballets russes, con la direzione di Ernest Ansermet, coreografie di Massine e allestimento di Picasso. La fortuna tale
che ne derivano una Suite per orchestra (1922) e, su richiesta di famosi solisti, anche le Suite italienne per violino (1925, 1933) e per violoncello
(1933) accompagnati da pianoforte.
La collaborazione di Stravinskij con i Ballets russes continua senza interruzioni per tutti gli anni venti, fino alla scomparsa (1929) di Diaghilev: Mavra

1920 Pulcinella 713

e Renard (1922), Les Noces (1923), Le Chant du rossignol (1925), Oedipus rex
(1927), Apollon Musagte (1928) sono le tappe di un percorso stilistico che
stempera il primitivismo russo, percorre il neoclassicismo, arriva perfino a
recuperare valori romantici. I Ballets russes non sopravvivono a Diaghilev,
nonostante gli sforzi dei suoi successori Boris Kochno e Serge Lifar. Negli
anni trenta anche il ruolo di Parigi come capitale della musica e della cultura
si sfarina. Colpiscono la depressione economica e lesodo degli artisti. Il coreografo Balanchine fra 1924 e 1929 mette in scena gli spettacoli pi innovativi della compagnia di Diaghilev; nel 1933 fa coppia con Kochno nellallestimento a Parigi dei Sette peccati capitali, lultima collaborazione fra Bertolt
Brecht e Kurt Weill; accetta nello stesso anno di trasferirsi a New York per
rifondare il balletto americano. Trover un terreno molto fertile, in buona
misura gi dissodato prima da Isadora Duncan e poi da Martha Graham, che
sono le madri del balletto moderno, realista, socialmente impegnato, senza
scarpette e senza tut.
Nel 1936 anche Sergej Prokofev rientra nellUnione Sovietica, lasciata
nel 1917 per recarsi prima negli Stati Uniti e poi stabilirsi nel 1920 in Francia,
dove entra subito nel gran mondo musicale. Nella capitale francese ritrova
Diaghilev, gi suo committente a Londra nel 1914 per i balletti desordio Ala
e Lolli e Chout, che non vanno in scena anche a causa dello scoppio della
guerra. La collaborazione riprende subito con un rinnovato Chout, storia di
un buffone che gabella altri sette buffoni, ispirata da una fiaba della classica
raccolta di Aleksandr Afanasev e allestita con spettacolari coreografie di
Massine. La prima rappresentazione (1921) accolta con grande favore dal
pubblico, da Ravel e da Stravinskij. Per i Ballets russes, Prokofev scrive
ancora Pas dacier (1927), un balletto che glorifica lo sforzo sovietico di sviluppare la siderurgia nazionale, con ballerini stacanovisti organizzati da
Massine e musica martellante, oltre che efficiente diretta, da Roger Dsormire. Il compositore dirige anche la prima di Le Fils prodigue (1929), lultimo balletto per Diaghilev, su un soggetto edificante di Kochno e coreografie
di Balanchine. Proprio con questo lavoro, Balanchine debutta nel 1933 a
New York con lAmerican Ballet. Per lOpra di Parigi e con le coreografie
di Lifar, Prokofev firma Sul Dnieper (1930) ma non resiste al richiamo del
teatro Kirov (gi Mariinskij) di Leningrado (gi San Pietroburgo), che gli
commissiona Romeo e Giulietta, e del cinema sovietico che gli chiede la colonna sonora per Il tenente Kij. Stravinskij fa la scelta opposta: quando
scoppia la guerra, attraversa lAtlantico e inizia una nuova stagione creativa,
ritrovando Balanchine a New York e in California. Si avvicinano i tempi
della conversione alla dodecafonia di Schnberg.

714 X. Impressioni, espressioni, ritorni

Ascolti
I. Stravinsky, Pulcinella, E.P. Salonen, London Sinfonietta, Sony 1991
O. Respighi, La Boutique fantasque (da G. Rossini Impressioni brasiliane), C. Dutoit,
Montral Symphony Orchestra, Decca 1999
E. Satie, Parade, A. Dorati, London Symphony Orchestra, Philips 1994

Letture
I. Stravinskij, R. Craft, Ricordi e commenti, Adelphi, Milano, 2008
V. Fdorovski, LHistoire secrte des Ballets russes, Rocher, Mnchen 2002
S. Walsh, Stravinsky: A Creative Spring. Russia and France, 1882-1934, University of California Press, Berkeley 2002

1921 Concerto n. 3 per pianoforte op. 26


Sergej Prokofev

Concerto-Variazione Pianoforte e orchestra a inizio Novecento Rachmaninov Concerti anteguerra Prokofev


negli Stati Uniti Compositori concertisti Gershwin
Stravinskij Bartk Ravel Wittgenstein Cage Berio
Lutosawski
Variazione sinonimo di cambiamento, di libert e fantasia, in musica come
nelle altre cose della vita. Meglio se il cambiamento improvviso, brillante e
soprattutto inatteso, fatto per sorprendere chi ascolta e divertire chi suona.
il principio che segue Sergej Prokofev nella costruzione del movimento
centrale del suo Terzo concerto per pianoforte e orchestra. Il tema esposto
dal flauto, sostenuto dagli altri strumenti, passato al pianoforte per una prima elaborazione, in tempo lento e languido. Di colpo tutti schizzano. Il
pianoforte prima vola, poi percuote. Lorchestra sibila e ricorda il tema. La
corsa dura poco. Il solista si mette a cantare, indugia su suoni notturni, accompagna echi di corni, oboe, clarinetto. Nella quinta e ultima variazione il
martellare delle ottave del pianoforte sfida lintera orchestra. La corsa si
placa di nuovo, col ritorno del tema di partenza (sempre al flauto), si ferma
su un fruscio di archi. Il finale terzo movimento procede dal secondo, anzi
come nuova variazione della variazione. Preserva lalternanza di frenesia e
meditazione comune allintero lavoro. Infatti, nel secondo episodio di
questo finale che troviamo il momento pi lirico, espressivo e giustamente
pi famoso del concerto, sostituto vero di un Adagio che non c. Subito
arriva la scatenata conclusione, quando riprende il furore motorio che imperversa anche nel pi tradizionale primo movimento, a sua volta impostato
sul motivo cantabile proposto dal clarinetto e dal passo di marcia che gli
oppone il pianoforte.
La scelta di applicare il principio della variazione allintero concerto
consente a Prokofev di ottenere la massima variet di effetti con il minimo
dei tradizionali legami formali. Gi eccentrico il suo Primo concerto, scritto
fra 1910 e 1912. Un solo blocco di una quindicina di minuti assorbe i tre
movimenti consueti. Gli estremi sono brillanti e legati da temi comuni.
misterioso e corrusco quello centrale. Si percepisce netta la scelta di campo
per le suggestioni cromatiche e libertarie del concerto (1896) di Skrjabin,
senza dimenticare i volteggi rapsodici e arpeggianti della scuola francese del
lisztiano Saint-Sans. evidente il distacco dal modello tardoromantico te-

716 X. Impressioni, espressioni, ritorni

desco di Brahms, Anton Rubintejn e ajkovskij, rivisitato invece con grande successo internazionale da Rachmaninov nel suo Secondo concerto (1901),
con quella melodia del secondo movimento passata alla storia grazie a radio,
televisione e cinema (Quando la moglie in vacanza, Breve incontro).
Prokofev non disdegna la cantabilit e sa bene che il virtuosismo sfrenato di
Rachmaninov unaltra chiave di successo, come mostra il suo successivo e
ancor pi difficile Terzo concerto (1909). Prokofev stesso un pianista
straordinario, cresciuto al conservatorio di San Pietroburgo. Ma non un
romantico. Da buon modernista, maschera i suoi sentimenti sotto una fitta
coltre di percussioni e iterazioni meccaniche, di sarcasmi e ironie, pi ancora nella musica degli esordi che in quella della maturit.
Nel 1914 Prokofev si presenta al concorso pianistico intitolato ad Anton
Rubintejn non con un pezzo di repertorio, ma proprio con il suo Primo
concerto (cos la giuria non capir fino a che punto suono correttamente).
Vince. Poco dopo inizia la sua prima tourne nelle capitali dEuropa. Entra
nel circuito dei concertisti-compositori che ricevono doppia remunerazione
dalle societ di concerto diffuse nelle capitali del mondo, sostenute da
folle di abbonati e da ricchi mecenati. Il suo cavallo di battaglia diventa il
Secondo concerto, per pianoforte, completato nel 1913 in una forma ancora
una volta strana. Il primo movimento unimprovvisazione tripartita (Andantino-Allegretto-Andantino) dominata da un furioso assolo di pianoforte
che occupa circa la met della durata intera. Il secondo movimento una
follia: per quasi tre minuti il pianista impegnato in un moto perpetuo che
obbliga a muovere tutte le dita a velocit forsennata, a prendersi rischi che
lorchestra si guarda bene dal coprire, anzi esalta. Segue un Intermezzo
fatto di varianti su un tema di marcia, picchiate sulla tastiera prima ancora
che suonate. Il martellamento, il mulinare delle braccia, il tiro al bersaglio
proseguono nel finale Allegro tempestoso; diventano preludio allimprovvisa distensione che ha il tono di un canto popolare russo; si gonfiano e si
arrestano di nuovo; obbligano il pianista a trovare un suono che sovrasti lo
spiegamento dellintera massa orchestrale.
Diaghilev ascolta Prokofev suonare il suo Secondo concerto a Londra e lo
recluta immediatamente per i suoi Ballets russes. Scoppia la guerra. Diaghilev
va in territorio neutro. Prokofev torna in Russia, parteggia per la rivoluzione
e nel 1918 ottiene dal nuovo governo lautorizzazione a lasciare il Paese. Sbarca in California e per due anni gira gli Stati Uniti come concertista, incrociando il compatriota Rachmaninov che dalla nuova Unione Sovietica invece
scappato. Suonano musiche diverse, ma hanno entrambi successo. Il mercato
ampio e vario, c posto per tutti. Perfino per il non pianista e tanto meno
virtuoso Manuel de Falla, autore degli affascinanti tre schizzi di Noches en los
jardines de Espaa (1916) con dedica a Ricardo Vies e che tuttora incantano.

1921 Concerto n. 3 per pianoforte op. 26 717

Finita la guerra in Europa, Rachmaninov resta, ma entra in crisi creativa.


Prokofev torna portando in valigia gli appunti per lopera Lamore delle tre
melarance e per il Terzo concerto per pianoforte, destinato a diventare il pi
popolare dei suoi cinque: sempre difficilissimo, ma meno rischioso del Secondo, pi attento ai valori melodici, sensibile alle nuove tecniche scoperte
nella musica americana, il ragtime, il jazz, il song. Completa opera e concerto
in Francia e nel 1921 presenta entrambi a Chicago e New York, con eccellenti risultati. Non un caso che, poco dopo, trionfi in tutti gli Stati Uniti la
Rapsodia in Blue (1924) quasi improvvisata al pianoforte da George Gershwin
e accompagnata dalla band del re del jazz Paul Whiteman, gi famoso per le
sue popolari incisioni di musica da ballo su dischi a 78 giri. Comuni a due
lavori tanto diversi sono le parti solistiche dei fiati, landamento rapsodico, il
virtuosismo percussivo del solista, le dissonanze che animano le melodie. In
fondo le note blu degli accordi jazz stridono nellarmonia tonale di Gershwin non meno di quelli con seconde, settime e none che accumula Prokofev.
Stabilitosi definitivamente a Parigi, Prokofev riscrive anche il Secondo concerto e si costruisce un repertorio personale col quale si presenta con una
certa frequenza nelle migliori sale europee nel doppio ruolo di autore e di
interprete, stimato e ben remunerato.
Vive a Parigi anche Stravinskij, privato per dei proventi dei diritti dautore dei suoi anni anteguerra, che non gli sono riconosciuti dal nuovo regime
sovietico. Stravinskij capisce che il modello del concertista-compositoreesecutore di Prokofev (e Rachmaninov) pu essere una soluzione per i suoi
problemi finanziari. Sa di non poter competere sul piano del virtuosismo,
quindi decide di crearsi un repertorio adatto alle sue modeste qualit di solista in concerto. Accetta la proposta del direttore Serge Koussevitzky di
comporre ed eseguire un nuovo lavoro. Nasce il Concerto per pianoforte e
strumenti a fiato (1924), tre movimenti che evocano Hndel, Scarlatti e Bach
e sfruttano sia linteresse del tempo per le forme del passato sia la sua recente esperienza nello scrivere per unorchestra senza archi le Symphonies pour
instruments vent (1920). Nel Concerto, la parte solistica aspra e percussiva, motoria e jazzistica, per commisurata alle sue capacit di esecutore. La
costruzione del repertorio personale procede con la Sonata per pianoforte
solo (1925), angolosa e semplice. Capriccio (1929), per pianoforte e orchestra, pure in limpido stile neoclassico, ma meno tagliente nel ritmo e nel
suono, vicino al contemporaneo balletto Le Baiser de la fe, che un omaggio a ajkovskij. Negli anni trenta, Stravinskij forma un duo col figlio Soulima, diventato ottimo pianista, e scrive un Concerto per due pianoforti e orchestra (1935), perno di varie tourne in Europa e in America.
Dopo aver rinunciato al concertismo negli anni giovanili, nel 1926 pure
lottimo pianista Bla Bartk prova a cogliere il momento buono. Scrive il

718 X. Impressioni, espressioni, ritorni

suo Primo concerto per pianoforte e lo presenta in pubblico nel 1927 sotto la
direzione di Wilhelm Furtwngler. La difficile parte orchestrale e la necessit di lunghe prove ne impediscono la diffusione. Bartk ne tiene conto e
annota: Scrivendo qualche anno dopo, 1930-1931, il mio Secondo concerto,
ho voluto creare unopera contrastante con la prima: meno irta di difficolt
per lorchestra e con temi pi accattivanti. Cos si spiega il carattere popolare e agevole di gran parte dei temi di questo concerto. Infatti, il Secondo
concerto rispetta gli equilibri dei tre movimenti classici: quelli estremi sono
veloci e spumeggianti, su ritmi e incisi che rimandano al folklore danubiano;
quello centrale pure tripartito perch una velocissima sezione Presto
sinserisce in un meditativo Adagio scritto come severa musica notturna.
Presentato a Francoforte nel 1933, il Secondo concerto ha discreta fortuna.
Avendo una (seconda) moglie allieva e pianista, anche Bartk scrive una
composizione per coppia familiare. La funzionale Sonata per due pianoforti
e percussione (1937) mantiene la disposizione consueta: Assai lento-Allegro
troppo-Lento ma non troppo-Allegro non troppo. La scrittura pianistica
accordale e martellante, priva di lirismi anche nellallucinato Lento centrale. Le percussioni hanno doppia funzione: quelle intonabili (timpani, xilofono) portano temi nuovi; quelle con suono indeterminato, non intonabili
(piatti, triangolo, tam-tam e casse varie) interferiscono con i timbri dei pianoforti e aggiungono complessit ritmiche. Il limpido neoclassicismo di
Bartk e la sua attenzione per la musica popolare ungherese sono evidenti,
ma gli effetti timbrici non sono lontani dagli esperimenti con il rumore di
Edgar Varse e con il pianoforte preparato di John Cage.
In vista di una tourne negli Stati Uniti nel 1928 e consapevole della
grande domanda, anche Ravel decide di scrivere musica per pianoforte e
orchestra. Dopo lunga meditazione, completa soltanto nel 1931 il suo Concerto in sol che vuol essere un concerto nel senso pi esatto del termine,
scritto nello spirito di quelli di Mozart o di Saint-Sans ma che assorbe
tanti elementi dalla musica del Novecento. Si sentono colori di Spagna, punture stravinskiane, tratti jazzistici, folklorismi diffusi con un pianoforte che
svolazza leggero nel rapsodico Allegramente iniziale, e che invece diventa
serioso nella lunga e incantevole melodia di un centrale Adagio assai spoglio di colori e gonfio di tristezza. Bastano le poche battute del finale Presto, il suo tono da musical e da circo per ristabilire il carattere gaio e brillante che gli assicura un posto stabile nel repertorio concertistico fin dalla
prima esecuzione del 14 gennaio 1932, a Parigi, con Marguerite Long alla
tastiera e Ravel sul podio.
A eccezione del non concertista Ravel, i pianisti-compositori del tempo
(Prokofev, Stravinskij, Bartk) preferiscono mantenere lesclusiva dellesecuzione dei propri lavori, per evidenti ragioni commerciali. A loro volta, i

1921 Concerto n. 3 per pianoforte op. 26 719

grandi pianisti sono concentrati sul repertorio romantico e trascurano quello moderno. Per una ragione specifica fa eccezione Paul Wittgenstein, fratello del filosofo Ludwig. Ferito in guerra, con il braccio destro amputato,
cerca di costruire un repertorio per la mano che gli rimasta. Ricco di famiglia, nel 1929 commissiona un lavoro per sola mano sinistra a Ravel, che
accetta volentieri e, in parallelo con il Concerto in sol, scrive un lavoro per la
sola mano sinistra (Concerto per pianoforte per la mano sinistra). un unico
movimento, pur diviso in tre parti, con effetti orchestrali grandiosi e scrittura solistica congegnata in modo da apparire eseguita da due mani. Non
mancano effetti jazz e turgori romantici, momenti dialettici e spazi improvvisatori. Perplesso per i rischi eccessivi che comporta, Wittgenstein lo presenta a Vienna il 5 gennaio 1932 con poca fortuna. Ancora meno contento
della commissione fatta a Prokofev. Wittgenstein paga la somma pattuita
ma non esegue mai la partitura che riceve nel 1931 e che agli antipodi di
quella di Ravel, tanto leggera e decorativa questa quanto faticosa e complessa laltra. Lo stesso Prokofev non inserisce nel suo repertorio il Quarto
concerto, eseguito per la prima volta soltanto nel 1956, postumo. Presenta
tuttavia in prima assoluta il suo quinto e ultimo concerto per pianoforte il 31
ottobre 1932 a Berlino, con Furtwngler che dirige, Paul Hindemith che
suona la viola in orchestra, Stravinskij e Arnold Schnberg seduti in platea.
Trasparente in tutti i suoi cinque movimenti, il Quinto concerto si stacca
dalle provocazioni e dai sarcasmi del Terzo e approda alla poetica della
nuova semplicit che segner lormai prossimo ritorno di Prokofev in
Unione Sovietica.
Wittgenstein continua a commissionare lavori per la mano sinistra che gli
rimane. Rifiuta Klaviermusik op. 29 (1924) di Hindemith. Ottiene soddisfazioni da Erich Korngold (Concerto, 1924), Richard Strauss (Parergon, 1925;
Panathenenzug, 1927), e da altri. Resta concertista apprezzato in Europa
finch lavvento del nazismo lo obbliga a emigrare negli Stati Uniti. Qui il
rifugiato inglese Benjamin Britten scrive per lui Diversions (1942), mentre
continua il generale interesse degli americani per il concerto per pianoforte
con entrambe le mani. Negli anni trenta, Gershwin scrive il Concerto in fa
(1925), pi impegnativo rispetto a Rapsodia in blu, e Rachmaninov, dopo
anni di silenzio, ritrova estro creativo con la brillante Rapsodia su tema di
Paganini (1934) e il Quarto concerto (1941), la cui leggerezza neoclassica
tanto diversa dallo spessore tardoromantico di Secondo e Terzo. Pure
Schnberg scrive un importante Concerto op. 42 (1942). Un altro profugo,
Bartk, chiude la sua carriera a New York con il Terzo concerto (1945), insieme il pi classico e drammatico della sua terna, con unindimenticabile
musica notturna posta al centro di una bilanciatissima architettura tripartita. Nel dopoguerra, alla continuit con la tradizione di tanti autori nativi

720 X. Impressioni, espressioni, ritorni

americani, Stravinskij risponde con Movements (1959), un omaggio alla dodecafonia della scuola di Schnberg dincerta fortuna.
Nel secondo dopoguerra si stempera ovunque linteresse per il concerto
pianistico tradizionale e la sperimentazione trova poche vie nuove. John
Cage provoca con il suo Concerto (1951) per pianoforte preparato, che prescrive linserimento, fra le corde, di vari oggetti di metallo e di gomma con
lobiettivo di distorcere il suono e di introdurre elementi aleatori nellinterpretazione. Pi tardi, nella ricerca davanguardia, i risultati pi interessanti
sono dellitaliano Luciano Berio: Concerto (1974, per due pianoforti), Points
on the Curve to Find (1974), Echoing Curves (1988-89). Sintesi dellintero
Novecento il Concerto (1988) che il polacco Witold Lutosawski scrive su
misura per il virtuoso connazionale Krystian Zimerman.

Ascolti
S. Prokofiev, The Five Piano Concertos, V. Ashkenazy, A. Previn, London Symphony
Orchestra, Decca 1997
G. Gershwin, Rhapsody in Blue Piano Concerto in F An American in Paris, A. Previn,
Pittsburgh Symphony Orchestra, Philips 1990
B. Bartk, The 3 Piano Concertos, G. Sndor, A. Fischer, Hungarian State Orchestra,
Sony 1991

Letture
H. Robinson, Sergei Prokofiev: A Biography, Robert Hale, London 1987
P. Rattalino, Prokofiev, la vita, la poetica, lo stile, Zecchini, Varese 2003

1923 5 Klavierstcke op. 23


Arnold Schnberg

Walzer Dodecafonia Atonalit estrema Antica


forma e nuova sintassi La sperimentazione sul linguaggio
musicale in Germania e Francia La ricerca pianistica di
Schnberg Estensione a piccoli gruppi Ampliamento
alla grande orchestra Problemi col teatro Ammorbidimenti e radicalismi
Walzer sintitola la composizione musicale in cui compare, per la prima
volta e per specifica scelta dellautore, una serie dodecafonica, cio una sequenza che allinea tutte le dodici note della scala cromatica senza che nessuna
sia ripetuta fino a quando comincia il prossimo ciclo. Si evita in modo definitivo che esista una specifica nota che, appunto perch ripetuta, finisca col
prevalere sulle altre undici, e ritrovi il ruolo polarizzante di tonica nellaborrita armonia classica. Si compie quel processo di svuotamento dei princpi tonali perseguito con coerenza da Schnberg gi nel decennio anteguerra.
Salta la distinzione fra le sette note diatoniche delle scale tonali e le altre
cinque note estranee (cromatiche) che possono inserirsi in quantit variabile fino a far perdere il baricentro tonale. quanto succede nei casi pi
esasperati proposti a fine Ottocento da Liszt e da Wagner (e detestati da
Brahms). Schnberg vuole che tutte le dodici note siano uguali. La serie dodecafonica che ne deriva, prestabilita dallautore, sta alla base dellintero lavoro, fissa la dimensione orizzontale (melodia) e aggrega quella verticale
(accordo). Restano valide le opzioni del contrappunto classico. Come la melodia in Bach e negli antichi polifonisti, la serie dodecafonica pu essere impiegata nella disposizione originale (dallinizio alla fine) e nel suo retrogrado
(dalla fine allinizio), speculare (simmetrico rispetto alloriginale) e retrogrado dello speculare. Il principio dialettico dellottocentesca forma sonata si
pu applicare alle quattro varianti della serie, tenendo conto che comunque
saltano le tensioni fra tonica, dominante e altre regioni tonali proprie della
rigettata armonia classica. Continua a valere il principio della variazione,
purch si rispetti quello della non ripetizione di singole note. Liberi da regole e aperti alla fantasia del momento restano ritmo e timbro. Trentanni dopo,
toccher agli integralisti Boulez e Stockhausen, e alla loro Scuola di Darmstadt
regolamentare fin dallinizio anche questi parametri del suono.
Nel Walzer op. 23 n. 5, prima e semplice applicazione del metodo
dodecafonico, gli altri parametri hanno un ruolo essenziale, ma non codifi-

722 X. Impressioni, espressioni, ritorni

cato. Lampia escursione dinamica, il frastagliato disperdersi delle note nei


diversi registri del pianoforte danno al breve pezzo una dimensione di aerea
leggerezza che metabolizza la razionalit dellimpianto. Ancora pi importante il ruolo del ritmo. Il titolo Walzer appare pi un pretesto che un
dato strutturale. La normale misura di 3/4 sostituita da quella di 3/8, a suo
modo equivalente, ma non uguale. Comunque, il 3/8 sempre alterato da
sincopi e controtempi. Le farciture di altri tempi (4/8, 5/8), assieme a pause
e rallentamenti, portano nuove irregolarit, corrispondono ad ansie e provocazioni. Oltre ad aprire verso il nuovo (dodecafonico), il Walzer chiude
con il passato (atonale).
Walzer lultimo dei 5 Klavierstcke op. 23 che Schnberg completa
nel 1923. I quattro pezzi che lo precedono sono altrettante tappe per superare latonalit e avvicinarsi alla dodecafonia. Il pezzo pi sperimentale il
terzo, Langsam, che combina atonalit assoluta con interiezioni ritmiche
stravinskiane e inattesi staccati da ragtime americano. Come in tutti gli altri
pezzi, sono evidenti i richiami allantica polifonia e al pi recente passato
romantico, al tanto amato Brahms. La Suite op. 25, sempre per pianoforte e
che subito segue lop. 23, torna addirittura a formule settecentesche, a met
fra omaggio e parodia. Infatti, la sequenza dei movimenti : Praeludium,
Gavotte, Musette, Intermezzo, Menuett, Gigue. Pare Couperin,
o Ravel. Continua la variabilit dei ritmi, sempre soggetti a cambiamenti di
metro. I timbri spaziano sullintera tastiera e le dinamiche vanno dal doppio
pianisssimo (ppp) impercettibile al pi fragoroso doppio fortissimo (fff). Non
c traccia di armonia tonale, perch le melodie sono ordinate secondo le
nuove regole della dodecafonia. Il compositore dispone di un fascio di segmenti che pu incrociare e sovrapporre a piacimento, in una moderna forma
di contrappunto che richiama quello lineare di Medioevo e Rinascimento,
antecedente agli ordinamenti tonali di Zarlino nel Cinquecento e di Rameau
nel Settecento. Con la dodecafonia, Schnberg pensa di mettere ordine nel
caos provocato dalla libera atonalit e di ridare per i prossimi secoli alla
musica tedesca legemonia sottratta, si direbbe, dagli impressionisti francesi
e dai nazionalisti di periferia.
Ben consapevole di quanto succede nel mondo musicale nel secondo
decennio del Novecento, Schnberg vive in prima persona le convulsioni
dellarea di cultura e lingua tedesca. Si rende conto che lapproccio espressionista, da tempo abbandonato da Richard Strauss, non ha futuro e non
regge limpatto brutale della vita vera, quella delle trincee e delle mitragliatrici. Apprezza lo sforzo di Max Reger, che cerca di rinnovare la tradizione
contrappuntistica di Bach e le regole formali che hanno reso grande la musica tedesca. Sta lontano dal conservatore Pfitzner, affascinato dalla continuit con Medioevo e Rinascimento. Mantiene un solido rapporto con litalo-

1923 5 Klavierstcke op. 23 723

germanico e gran bachiano Busoni, che da Berlino predica libert dalle regole e nello stesso tempo teorizza chiarezza di forme e di relazioni, un neoclassicismo che non sia semplice ritorno al passato. Soffre la vita nelle disfatte capitali degli imperi centrali, di Berlino e Vienna, dove da sempre di
casa. Non gradisce la voglia iconoclasta di partire dalle rovine, come cerca di
fare il giovane Hindemith da Francoforte, instancabile martellatore di ritmi
elementari e melodie diatoniche su feroci dissonanze, per esprimere il disastro politico e sociale della Germania sconfitta e pronta ad avvitarsi nella
repubblica di Weimar. Conosce le idee sulluso integrale dei dodici suoni
cromatici che a Vienna, un paio danni prima di lui, il teorico e compositore
Matthias Hauer elabora e applica in un gran numero di lavori nei generi pi
vari, e le teorizza in Zwlftontechnik (1926). il tempo in cui Alois Hba a
Praga prova a scrivere sonate per pianoforte e quartetti per archi usando
scale microtonali (quarti, sesti di tono), senza per trovare seguito immediato. Nella loro ricerca di nubi sonore ne faranno uso Krzysztof Penderecki
(Trenodia, 1961), Harry Partch, Sofija Gubajdulina.
Schnberg segue con interesse levoluzione della vita musicale di Parigi,
compresa lirruzione del primo Stravinskij, che non gli piace. Invece di espandere le sette note diatoniche fino alle dodici del totale cromatico come vorrebbe lui, Stravinskij le riduce alle cinque e sei delle scale antiche o orientali.
Schnberg non condivide neppure la rottura dei princpi tonali per semplice
sovrapposizione di scale diverse (politonalit). Vede il dissolversi del divisionismo impressionista di Debussy e Ravel, ma non crede che funzioni un
semplice ritorno, sia pure aggiornato, al passato settecentesco che entrambi
propugnano, luno con le sonate da camera e laltro con il pianistico Le Tombeau de Couperin. Men che meno sopporta le garrule provocazioni di Jean
Cocteau e del suo Gruppo dei sei, con i loro banali modi da caf chantant o
music hall. Schnberg non vuole distruggere il passato, vuole continuare, in
coerenza con i suoi maestri di sempre, anche di quelli vissuti nellOttocento
romantico e austrotedesco. Cocciuto e determinato, cerca un metodo nuovo.
La guerra blocca Schnberg. Deve svolgere il servizio militare. Dal 1918
organizza a Vienna concerti di musiche nuove. attivissimo come insegnante,
ma non trova sbocchi creativi originali. Soltanto nel 1921 riprende le sue ricerche sul pianoforte, lo strumento neutro. Sono passati oltre dieci anni dagli
innovativi 3 Klavierstcke op. 11 (1909) e 6 kleine Klavierstcke op. 19 (1911),
che sentono molti influssi di Debussy e che nella loro aforistica concisione
cercano nel timbro una fuga dallespressionismo e dallatonalit. La soluzione
viene dallo studio del pensiero del filosofo, chimico, matematico, teologo,
veggente settecentesco svedese Emanuel Swedenborg. Da sempre sensibile
allocculto, Schnberg trova, nelluniverso di corrispondenze binomiali di
Swedenborg, uno specchio dello spazio musicale, dove non c, in assoluto,

724 X. Impressioni, espressioni, ritorni

sopra e sotto, destra e sinistra, avanti o dietro; ogni configurazione musicale,


ogni movimento di note, deve innanzi tutto essere inteso come una relazione
reciproca di suoni, di vibrazioni oscillatorie, che si presentano in diversi punti e in diverso tempo. Con questi nuovi princpi, ricomincia a scrivere e impiega tre anni per sviluppare un sistema coerente. Inventa la dodecafonia.
Schnberg estende i risultati dalle ricerche pianistiche alla musica da
camera, con la Serenata op. 24 (1923) per un organico inconsueto (clarinetto,
clarinetto basso, violino, viola, violoncello, mandolino, chitarra), fatta di
sette movimenti con, al centro, un baritono che canta un sonetto di Petrarca.
Verifica laffidabilit del sistema con il Quintetto op. 26 (1924) per fiati,
impostato con la classica disposizione in quattro movimenti: Allegro iniziale tripartito; Scherzo con trio centrale; Adagio in forma di Lied;
Finale alla rond. Il passaggio critico sta nel primo movimento, che
(nellarmonia tonale) trova dialettica e dinamica tramite il classico percorso
da tonica (esposizione) a dominante (sviluppo) con ritorno a tonica (ripresa).
Saltando il principio della tonalit, Schnberg ne conserva gli equilibri architettonici con una serie dodecafonica che, nelle sue varianti, riesca a mantenere le polarit formali ed espressive. Quanto teorizza Schnberg, cio
immaginare il tutto partendo dal particolare (la serie dodecafonica), non in
fondo diverso da quanto fanno Bach, Haydn, Mozart, Beethoven e Brahms
quando disegnano i tasselli (cellule armonico-melodiche) con i quali realizzano le fughe, le sonate e le sinfonie che gi hanno in mente.
Procedendo nellespansione dei mezzi, Schnberg applica la nuova tecnologia al Terzo quartetto (op. 30, 1927), che cerca di mantenere buoni rapporti con il passato classico prendendo a modello lop. 29 di Schubert: forma
sonata, serie di variazioni, intermezzo, rond finale. Arriva finalmente il
tempo della grande orchestra, con le Variazioni op. 31, iniziate nel 1926, riviste pi volte e completate solo nel 1934, dopo lunga riflessione. Lo sforzo
di continuit col passato ancora pi evidente. Al tema dodecafonico si
applicano i meccanismi di rigore, che poi sono quelli del contrappunto bachiano. Nella classica alternanza di fragori drammatici e di sospensioni liriche, il tema in s possiede valori melodici che lo mantengono riconoscibile
durante le nove tappe del processo di trasformazione: canone lieve (seconda
variazione) accanto a squilli di ottoni (terza); immancabile tempo di valzer
(quarta) prima dellostinato di tromboni (quinta); canto di violoncelli (sesta)
bilanciato dal fruscio nel registro acuto (settima); passo veloce (ottava) verso
marcia funebre (nona). Nel gran finale, spiega Schnberg, non si sentir pi
il tema delle variazioni in tutta la sua estensione, ma solo scomposto in frammenti, in singole tessere che sono collegate tra loro in modo diverso.
Scrivendo nel 1937 allamico e storico Nicolas Slonimsky, Schnberg ha
ragione a insistere: Personalmente detesto di essere considerato rivoluzio-

1923 5 Klavierstcke op. 23 725

nario, perch non lo sono. Ci che ho fatto non n rivoluzione, n anarchia.


Fin dai primissimi inizi ho sempre posseduto un senso assai sviluppato della
forma e una forte avversione per lesagerazione. Non v ricaduta nellordine, perch non c mai stato disordine. Non v ricaduta in nessun senso:
solo unascesa verso un ordine superiore e migliore. Tuttavia davvero
nuova lorchestrazione, perfetto esempio di Klangfarbenmelodie, la melodia
di timbri che lo stesso Schnberg teorizza ventanni prima. In ogni battuta,
la frase (cio la serie dodecafonica), divisa in segmenti, passa da uno strumento allaltro, trasforma la grande orchestra in insieme di gruppi cameristici e la geometria della costruzione in un arcobaleno di timbri. Violini soli si
alternano a contrabbassi, ottavini a tromboni. Essenziale la presenza di una
folta squadra di strumenti dal suono nitido: arpa, celesta, mandolino, xilofono, Glockenspiel, carillon, altre percussioni. Pi che dalla logica combinatoria della dodecafonia, lo sciame timbrico che frammenta e rende pulviscolari le strutturate Variazioni op. 31. Probabile che siano queste inattese rifrazioni orchestrali, prima ancora che la teoria sottostante, a sconcertare i primi
ascoltatori (e interpreti). Presentate da Wilhelm Furtwngler a capo della
Filarmonica di Berlino il 2 dicembre 1928, le Variazioni op. 31 scompaiono
dal programma nella replica del giorno dopo. Non hanno fortuna le versioni
successive, e non arriva alla fine il progetto di usare la dodecafonia nel teatro
dopera: meditato a lungo e portato a due atti completi nel 1933, Moses und
Aron si ferma nel momento in cui lascesa di Hitler obbliga Schnberg a
fuggire negli Stati Uniti.
Antidogmatico come sempre e dubbioso del valore taumaturgico della
dodecafonia, negli anni trenta Schnberg tiene conto relativo dei suoi precetti teorici nel Concerto per violino (1936) e nel Quarto (e ultimo) quartetto
(1936). Torna ai tempi postromantici e pre-espressionisti aggiustando nel
1939, senza inserti dodecafonici, la Sinfonia da camera n. 2, iniziata nel 1907
e ripresa nel 1911 e ancora nel 1916. Emozione e fantasia prevalgono sul rigore anche nei due capolavori degli anni quaranta: il Concerto op. 42 per
pianoforte e orchestra (1942) e A Survivor from Warsaw, per recitante, coro
e orchestra (1947).
Pur con approcci diversi, prendono in gran considerazione la dodecafonia i suoi allievi diretti Alban Berg e Anton Webern, nessuno dei due in
modo radicale. Berg la alterna sempre con la libera atonalit preservando i
valori melodici. Webern la intende come generatrice di segmenti di trequattro note, da permutare e ancor pi sezionare. La dodecafonia come
gabbia rigida si diffonde solo nel secondo dopoguerra, teorizzata da Ren
Leibowitz e dalla Scuola di Darmstadt. Come strumento di espressione regge le cose migliori dellitaliano Dallapiccola, dellamericano Copland, del
cosmopolita e neoconvertito Stravinskij.

726 X. Impressioni, espressioni, ritorni

Ascolti
A. Schnberg, The Piano Music, M. Pollini, dg 1990
A. Schnberg, Serenade op. 24/Variations op. 31 Bach Orchestrations, R. Craft, Philharmonia Orchestra, Naxos 2006

Letture
E. Haimo, Schoenbergs Serial Odyssey: The Evolution of His Twelve-tone Method, 19141928, Oxford University Press, Oxford 1990

Serie XI.
Svolte a met Novecento

Il termine neoclassicismo si associa spesso a voglia di semplicit e di ordine,


conservazione e ritorno al passato. Come traspare dalla musica fra i secondi
anni venti e i primi cinquanta. Si semplifica larchitettura dellopera lirica,
rinnovando antichi rapporti di simmetria, storie di ordinaria follia, nuovi
legami con generi di pronto consumo. Lorganizzazione dodecafonica vuole
eliminare le anarchie atonali. La ripetizione esalta la purezza del ritmo e il
colore del suono. La musica assoluta sublima il significato dei testi, anche se
sacri. Il cinema inaugura nuovi spazi e altri modi di ascoltare. La guerra crea
la propaganda sinfonica. La voglia di esorcizzare la storia induce radicalismi
e schizofrenie. SullEuropa sotto le macerie, la reazione arriva dallOriente
asiatico, passando per dallOccidente americano, con la casualit guidata
dal Libro delle svolte.
1925Wozzeck Alban Berg
1928 Quartetto n. 4 Bla Bartk
1928Bolro Maurice Ravel
1930 Sinfonia di salmi Igor Stravinskij
1935 Concerto per violino Alban Berg
1935 Porgy and Bess George Gershwin
1936 Variazioni op. 27 Anton Webern
1938 Aleksandr Nevskij Sergej Prokofev
1942 Sinfonia op. 60 n. 7 Leningrado Dmitrij ostakovi
1945 Peter Grimes Benjamin Britten
1951 Music of Changes John Cage
1954 Le Marteau sans matre Pierre Boulez

1925Wozzeck

Alban Berg
Geometrie drammatiche Bchner Distorsioni da
Mahler e Schnberg Superamento del monodramma
Successo mondiale ostakovi e Lady Macbeth Die
Dreigroschenoper Lulu Die Soldaten

Studiare la partitura di Wozzeck pu diventare un esercizio di analisi matematica. Strutture, forme e segni dellopera sono disposti secondo una logica
numerica che rispetta la natura di disciplina scientifica da sempre riconosciuta alla musica. Lopera consiste in tre grandi insiemi che raccolgono
ciascuno cinque gruppi di oggetti con diversa natura e denominazione. Il
terzo e ultimo insieme ha al suo interno un macrosottoinsieme, definito
epilogo: riassume i precedenti sottoinsiemi soltanto strumentali (interludi) che a loro volta connettono i gruppi precedenti che contengono le
voci dei protagonisti. Detto altrimenti: i tre atti dellopera hanno ciascuno
cinque scene a loro volta articolate in quadri disegnati e dimensionati in
modi differenti. I brevi interludi per sola orchestra che separano/connettono le singole scene, formano una loro sequenza che culmina nellampio
epilogo dove il dramma si chiude, senza parole, ancora prima della straziante scena finale. Non c la continuit dellopera wagneriana perch ciascuna
scena ben distinta dalle altre. Mancano anche i consueti numeri chiusi
dellopera italiana: recitativi, arie, duetti, terzetti, concertati. I tre atti sono
concepiti come i tre movimenti di un concerto classico o come le tre parti di
un primo movimento di sinfonia romantica con esposizione-sviluppo-ripresa. Le singole scene sono selezionate e disposte in modo da rispettare ben
identificate forme della tradizione strumentale, cameristica pi che sinfonica. Le voci sono equiparate agli strumenti.
La prima scena del primo atto una suite con taglio settecentesco. La
seconda scena una rapsodia su tre accordi. La terza combina marcia militare e ninna nanna. La quarta unimpegnativa passacaglia con 21 variazioni. Latto chiude con un rond. La corrispondenza narrativa assoluta.
La frammentazione della musica nella prima scena legata ai caratteri e ai
diversi atteggiamenti dei due personaggi in scena. Il tronfio Capitano filosofeggia sul nulla, ma rimprovera lattendente Wozzeck per limmoralit
del concubinato con Marie, che ha un figlio illegittimo; Wozzeck scarica
ogni sua colpa sulla povert (scena 1). Linquieta rapsodia segna le prime
allucinazioni di Wozzeck, che raccoglie legna in un bosco minaccioso (2).

1925 Wozzeck 731

Passa una banda militare; la vicina Margaret rimbrotta Marie che ammicca
ai soldati mentre prova ad addormentare il figlio (3). Il Medico sadico
strapazza la cavia umana Wozzeck perch non rispetta la terapia sperimentale cui lo sottopone, ma felice di scoprire che si manifestano i voluti
primi effetti di schizofrenia (4). Marie cede ai corteggiamenti del Tamburmaggiore (5).
La musica del secondo atto impostata come una sinfonia classica, per
in cinque movimenti. Il primo in forma sonata, con esposizione di due
temi, loro sviluppo e ripresa. Dopo linconsueto inserimento (secondo movimento) di una fantasia e tripla fuga, continua con un tempo lento (Largo) e un rituale Scherzo, per chiudere con un Rond marziale. Il
racconto procede con altrettante scene. Marie ammira gli orecchini regalati
dal Tamburmaggiore, ma arriva Wozzeck, che chiede spiegazioni e non
convinto se ne va lasciandola in preda ai rimorsi (1). Dopo aver battibeccato fra loro, Dottore e Capitano insinuano al malcapitato Wozzeck il sospetto dellinfedelt di Marie (2). Lei ammette la relazione adultera e lui medita
vendetta (3). Veder Marie ballare col Tamburmaggiore rafforza le pulsioni
omicide di Wozzeck (4). In caserma, il Tamburmaggiore pesta Wozzeck,
sempre pi vittima di allucinazioni (5).
Il terzo atto costruito come sequenza di 5 + 1 invenzioni, intese come
libera elaborazione di un materiale musicale ben individuato, allantica maniera di Bach. Nellordine scorrono le invenzioni: su un tema con sette variazioni e fuga (1), sulla nota si (2), su un ritmo (3), su un accordo di sei
note (4), sulla tonalit di re minore (5), su un perpetuum mobile (6). La sequenza narrativa coerente. Marie cerca conforto nella Bibbia. Al sorgere
di una luna insanguinata, Wozzeck accoltella Marie sulla riva di un laghetto.
Nella taverna in cui finisce, una prostituta scopre tracce di sangue addosso
a Wozzeck. Per gettare nel lago larma del delitto, Wozzeck affoga e i suoi
aguzzini, il Dottore e il Capitano, sentono i suoi gemiti disperati e scappano.
Dopo lultimo interludio (Epilogo) soltanto strumentale, compare il figlio
di Marie che resta solo sul cavalluccio di legno mentre i suoi compagni di
gioco corrono a vedere il luogo della tragedia.
La novit e la coerenza del progetto musicale e teatrale fanno di Wozzeck
lopera che pi di ogni altra rappresenta il tempo disperato dellarte e della
societ nei Paesi usciti sconfitti e rivoluzionati dalla catastrofe della Grande
guerra. Lidea nasce nel 1913, quindi in pieno espressionismo, proprio durante il periodo in cui Schnberg convince Berg ad abbracciare latonalit,
emancipare le dissonanze, uscire dalle regole armoniche ottocentesche,
senza tuttavia rinunciare allequilibrio delle forme di sempre, quelle del contrappunto in particolare. Anche se non ancora rappresentati, Berg conosce i
monodrammi Erwartung e Die glckliche Hand di Schnberg, di cui ammira

732 XI. Svolte a met Novecento

lo stile. Prova a impostare un progetto analogo (Die Nacht, 1915-17) ma si


ferma a poche pagine di appunti non musicali. Affronta la scrittura vocale
con una serie di cinque Lieder in cui unorchestra enorme accompagna il
canto di aforismi per cartoline illustrate del bizzarro e modernista poeta
Peter Altenberg, appena ricoverato in manicomio. La prima esecuzione in
pubblico, diretta da Schnberg, uno scandalo memorabile (Vienna, 31
marzo 1913). Cerca di utilizzare i nuovi princpi di sintassi musicale per un
progetto pi ampio, che superi la mezzora e riempia unintera serata a teatro. Trova il soggetto assistendo alla prima rappresentazione del dramma
Wozzeck, lasciato incompiuto dal suo autore, Georg Bchner, zoologo, idealista e drammaturgo tedesco scomparso a soli 23 anni dopo aver scritto la
tragedia La morte di Danton (1835) e la commedia Leonce e Lena (1836).
Fra le carte postume di Bchner ci sono 26 scene di un dramma ispirato
a un fatto di cronaca nera: il barbiere ex soldato Woyzeck uccide lamante
per gelosia, non riconosciuto insano di mente e viene giustiziato nel 1824.
Gi traduttore di Victor Hugo e convinto sostenitore della rappresentazione
artistica del brutto, Bchner scrive le scene con taglio veloce e senza fronzoli, in una lingua tedesca molto cruda, seppur debitrice del lessico popolarfiabesco adottato dalla coppia Arnim e Brentano in Des Knaben Wunderhorn
(1805-08) e dai fratelli Grimm in Kinder- und Hausmrchen (1812-22). Conosce anche i princpi di un teatro aperto e frammentato applicati dal settecentista Reinhard Lenz in Die Soldaten (1776). Il manoscritto di Woyzeck
perviene incompleto e rovinato, difficile da decifrare al punto che nella prima edizione a stampa (1879) il titolo diventa Wozzeck. La prima rappresentazione teatrale avviene soltanto l8 novembre 1913 a Monaco di Baviera.
Berg trova in Wozzeck tutti gli elementi per il suo progetto di opera importante. Decide di usare direttamente le parole di Bchner, perch apprezza i risultati ottenuti da Debussy in Pellas e da Richard Strauss in Salome.
Mantiene la sequenza cronologica originale delle scene, ma ne riduce il numero a 15, in modo da accelerare e spezzettare lazione. Affida alla musica il
compito di individuare i personaggi e di narrare la storia. Prosciuga il principio del Leitmotiv wagneriano e individua segmenti minimi (pochi intervalli, un impasto timbrico, qualche accordo, una sola nota) per inquadrare situazioni e protagonisti. Da Mahler assorbe la tecnica di straniare loriginaria
purezza del mondo popolare distorcendo suoni e ritmi: il canto di caccia
dellamico Andres (atto i, scena 2), la marcia militare (i, 3), il valzer di Marie
col Tamburmaggiore (ii, 4), la disperata fiaba della nonna (iii, 1), il canto
degli ubriachi nella taverna (iii, 3). La distorsione indica la fuga dalla realt,
il valzer diventa danza macabra, il basso ostinato porta ossessione. Da Pierrot
lunaire e dai monodrammi Erwartung e Die glckliche Hand di Schnberg,
Berg sviluppa un modo di cantare che va dal parlato intonato (Sprechge-

1925 Wozzeck 733

sang) al grido e al melodizzare atonale nei registri estremi. Si tiene comunque


lontano dalle sperimentazioni che sul folklore ungherese compie Bartk con
Il castello del principe Barbabl (1911) e anche dalle innovazioni di Leo
Janek: prima ladeguamento del canto alle cadenze del parlato di Jenfa
(1903) e Kta Kabanov (1921), poi le evasioni nel surreale e nel fantastico
della Piccola volpe astuta (1924) e dellAffare Makropulos (1926). Piuttosto
Janek che tiene conto del taglio drammaturgico di Berg nel suo estremo,
postespressionista Da una casa di morti (1928). Inoltre, Berg non condivide
neppure il furioso espressionismo percussivo, contrappuntistico e diatonico
del primo Hindemith operista, quello di Mrder, Hoffnung der Frauen
(1921), Cardillac (1926), Neues vom Tage (1929). NellEuropa centrale degli
anni venti, la variet dei linguaggi diventa confusione a un tempo creativa e
tragica, come i tempi che corrono.
Comunque Berg non accetta il disordine. Sa che la scelta della completa
atonalit comporta la rinuncia allo stimolo dinamico assicurato per secoli
dalle polarizzazioni armoniche. Emancipando il concetto di dissonanza,
salta il rapporto dialettico con la consonanza. Non ci sono pi modulazioni
per passare da una tonalit allaltra; leccesso di note in libert comporta
paralisi per frenesia da movimento, dunque monotonia. Vale soprattutto per
il teatro musicale, dove il testo letterario e la vicenda sottesa non riescono a
reggere oltre limiti ben precisi. Lo sanno gli autori italiani e francesi, che si
tengono stretta larchitettura con pezzi chiusi, per far respirare sia cantanti sia pubblico mentre cambiano scene e situazioni. Il continuum wagneriano, teoricamente perfetto e pur sempre tonale, alla prova dei fatti spesso finisce in sublime noia. Non risolve il problema Schnberg: con latonalit
completa, nei suoi monodrammi (1909-13) mantiene la tensione per meno di
mezzora; con la dodecafonia, lascia incompiuta lopera in tre atti Moses und
Aron (1930-32).
Berg trova una soluzione efficace appoggiandosi al passato. Fa in modo
che i singoli passaggi della dissociata vicenda di Wozzeck scorrano sui sicuri
binari delle forme strumentali classiche. Per una delle scene pi complesse
sul piano emotivo, le vessazioni psicologiche del Dottore sullo squilibrato
Wozzeck, Berg risale allancor pi lontano Seicento della passacaglia con 21
variazioni. Non gli interessa pi di tanto che ci sia interrelazione tra forma
della musica e contenuto della scena; importa che un filo regoli lo scorrere e
laggregarsi delle note. E su quel filo costruisce i suoni che amplificano ed
esprimono il senso profondo di quanto visivamente si percepisce in platea.
Nei cambi di scena, che sono i momenti di frattura con la visione, la continuit del discorso musicale assicurata dagli interludi solo strumentali, che
riprendono le cellule sonore circolate prima e le elaborano per il poi. Gli
interludi sono affidati al pieno della grande orchestra, mentre varie combi-

734 XI. Svolte a met Novecento

nazioni cameristiche accompagnano le voci nelle singole scene, con ulteriori


ripartizioni quando si sovrappongono piani sonori diversi di specifici complessi strumentali: la suite di danze nella scena del barbiere (i, 1), la banda
militare (i, 3), il ballo di Marie (ii, 4), il coro di ubriachi (iii, 3). Linterludio
finale pare un sofferto saluto alla passata armonia tonale.
Meditata a lungo prima e dopo la guerra, la composizione della musica di
Wozzeck inizia nella primavera del 1921 e si conclude circa un anno dopo.
La partitura convince presto Erich Kleiber, direttore dellOpera di Berlino,
che la prova a lungo alla presenza dellautore e dirige con grande competenza la prima rappresentazione, il 14 dicembre 1925. Il successo tanto immediato quanto inaspettato sia dallautore sia dai critici. Il pubblico berlinese
di quei tristi anni venti capisce subito il fascino di una storia di emozioni
elementari, di arroganze e umiliazioni, in ambienti sordidi ma ben conosciuti, che pu finire solo in tragedia. Una vicenda di truce verismo che una
musica aspra ma elegante illumina e nobilita, e che si chiude con un levar del
sole. La vita che continua e accoglie lorfano che sprona il suo cavalluccio di
legno, Hop, hop. Il sipario cala prima ancora che finisca la musica.
Alla prima di Wozzeck a Leningrado (1927) presente non solo Berg,
diventato un autore quasi alla moda, ma anche il ventunenne Dmitrij
ostakovi che non si perde nessuna delle repliche e ne ricava unimpressione immensa. ostakovi, gi autore di una Prima sinfonia destinata a entrare
nel repertorio dei maggiori direttori del tempo (Bruno Walter, Arturo Toscanini, Leopold Stokowski), sta terminando la sua prima opera satirica Il naso.
Wozzeck gli apre nuovi orizzonti. Comincia subito a lavorare a Lady Macbeth
del distretto di Mzensk, storia di una moglie traditrice e del suo amante assassino in una citt di provincia popolata da gente codina e da polizia corrotta.
Lazione teatrale veloce, la musica efficace grazie alle sue moderne dissonanze e alla magnifica scrittura orchestrale. Fin dalle prime rappresentazioni
del 1933, Lady Macbeth ha fortuna sia a Leningrado sia a Mosca. Passano
due anni e capita in teatro Stalin. Dopo poche scene sindigna, esce prima
della fine, fa sferrare un attacco micidiale sulla Pravda con titolo che non
ammette dubbi: Caos invece di musica. Lopera ritirata allistante.
ostakovi teme per la sua vita e fa autocritica con la Quinta sinfonia. La
stagione del modernismo in Unione Sovietica lascia il campo al realismo
socialista.
Non diverso il destino della nuova musica in Germania, dopo che nel
1933 il nazismo va al potere. Wozzeck rappresenta bene sia la disperazione
della societ civile sia lallegria di naufraghi della vita notturna negli anni
centrali della repubblica di Weimar, anticipandone il decennio conclusivo,
quello in cui esplode il cabaret tedesco immortalato al cinema dallAngelo
azzurro (1930) e in teatro da Max Reinhardt. In musica, il taglio ironico e

1925 Wozzeck 735

popolaresco, pepato da canzonette e inflessioni jazz, d successo planetario


allopera Jonny spielt auf di Ernst Krenek (Lipsia 1928). Nello stesso 1928
inizia da Berlino il suo cammino trionfale Die Dreigroschenoper (Lopera da
tre soldi) con parole di Bertolt Brecht e musiche di Kurt Weill. questa una
versione aggiornata di The Beggars Opera (Londra 1728) con cui la coppia
Gay-Pepusch mette alla berlina la societ inglese del Settecento e affonda nel
ridicolo lopera allitaliana di Hndel. Giusto duecento anni dopo, il duo
Brecht-Weill denuncia in modo dissacrante e ideologico il degrado della
societ del tempo, la rapacit del capitalismo, le miserie dei poveracci. In
scena girano figuri come il malvivente Mackie Messer e la fidanzata Polly,
figlia del nemico Peachum, sfruttatore di mendicanti in una suburra popolata da poliziotti furfanti, prostitute e gente di malaffare. Linaspettato lieto
fine mette tutti di buon umore, sul palco e in platea. Le parole di Brecht
sbeffeggiano borghesi e proletari (gli aristocratici non ci sono pi). La musica di Weill ironizza e consola, con la famosa cavatina Moritat, con le canzoni, i duetti, i cori dei simpatici delinquenti su ritmi di fox-trot e sonorit
jazz. Weill non dimentica la lezione del neoclassico Busoni, che gli insegna il
senso della forma e il valore della tonalit. Ebreo e modernista, rischia la
vita per mano nazista. Si rifugia negli Stati Uniti nel 1933, attenua la denuncia politica, scrive su misura per Hollywood e Broadway. Come fa un altro
esule tedesco, Hanns Eisler, allievo di Schnberg.
Nellarea austrotedesca inizia ad avere problemi anche Alban Berg. Con
lavvento del nazismo, le rappresentazioni di Wozzeck sono boicottate e alla
fine proibite. Ha subito difficolt la nuova opera Lulu, impostata nel 1929
combinando due testi del commediografo Franz Wedekind dedicati allascesa e alla caduta di una donna di piacere e di sciagura, specie di Don Giovanni al negativo e antigoethiana manifestazione delleterno femminino. La
scabrosit del soggetto suscita perplessit anche allamico direttore Erich
Kleiber. Esecuzioni di estratti sinfonici e dei primi due atti non superano
lostracismo ufficiale. La partitura resta incompiuta alla morte di Berg
(1935), va in scena monca a Zurigo (1937) e a Santa Fe (1963). Solo nel 1979,
con le rifiniture apportate da Friedrich Cehra, Lulu rappresentata a Parigi
con la direzione di Boulez .
Berg procede con lentezza nella composizione di Lulu, anche perch
deve ancora familiarizzare con la tecnica dodecafonica sviluppata in quegli
anni da Schnberg e dallamico e collega Webern. Collauda la tecnica vocale in Der Wein (1929), un ampio Lied orchestrale su testi di Charles Baudelaire tradotti da Stefan George. La musica basata su serie palindrome, note
blu di origine jazz, interventi di sassofono, accenni di tango e criptici riferimenti allamante Hanna Fuchs. Lo impegna lo sforzo di sintesi dellazione
drammatica, che riduce a un quarto il testo di Wedekind, toglie scene e

736 XI. Svolte a met Novecento

personaggi e nello stesso tempo aggiunge corrispondenze e simmetrie ancora pi sottili che in Wozzeck. Ladozione della dodecafonia non ha la sistematicit di Schnberg e Webern. Berg preferisce lasciarsi ampi margini di libert. Come nel contemporaneo Concerto per violino e nella precedente Lyrische
Suite, costruisce meravigliosi squarci cantabili, torna alla sicurezza della tonalit. Come in Wozzeck, le singole scene musicali sono costruite seguendo i
modelli della musica strumentale da camera, talvolta addirittura della tradizione operistica italiana, con inserti di jazz e ragtime. La scelta delle parole e
delle frasi nasce assieme alla musica e allinterno di un progetto complessivo
che trova nellinterludio sinfonico del secondo atto il centro da cui sirradiano le simmetrie di suoni e di azioni di tutta lopera. Estendendo la metafora
al secolo intero, Lulu diventa il centro ideale di un gigantesco palindromo,
con agli estremi appunto Wozzeck e Die Soldaten (1965), lopera di Bernd
Alois Zimmermann che ritrova le radici letterarie oltre Wedekind, oltre
Bchner, fino a Jakob Lenz, magari con la mediazione dellonnipresente
Goethe.

Ascolti
A. Berg, Wozzeck, C. Abbado, Wiener Philharmoniker, dg 1990
A. Berg, Lulu, P. Boulez, Orchestre de lOpra de Paris, dg 2000
K. Weill, The Three Penny Opera, J. Mauceri, Berlin Radio Symphony Orchestra, Decca
2000

Letture
G. Seminara, Alban Berg, Lepos, Palermo 2012
A. Pople (a cura di), The Cambridge Companion to Berg, Cambridge University Press,
Cambridge 1997

1928 Quartetto n. 4
Bla Bartk

Simmetrie latenti Fra ultimo Beethoven e mondo popolare Lyrische Suite Il quartetto Kolisch Schnberg
Musica per archi, celesta e percussione Quinto e
Sesto quartetto Ligeti Barber Prokofev ostakovi
Leggendo il testo del Quarto quartetto di Bla Bartk, chiaro che la musica
sirradia dal terzo movimento, quello centrale, che ha il sapore pi antico e
lineare. Mantiene il tono meditativo e misterioso delle tipiche musiche notturne di Bartk. Espone senza sofisticazioni incisi pentatonici di origine popolare, melodie diatoniche di armonia tonale, morbide consonanze. Si sviluppa come un ampio movimento lento (circa sei minuti) fatto dinterazioni deboli fra particelle equilibrate. Estende il suo principio interno di simmetria ai
due movimenti che lo circondano (secondo e quarto) e contrastano: accomunati dal fattore 2, durano la met e raddoppiano la velocit; hanno scrittura
opposta, non pi continua ma spezzata. Il secondo movimento, tutto in sordina, percorso da trilli e vibrati, da percussioni e arpeggi. La scala pentatonica fitta di cromatismi, le note nei registri estremi sono ansiogene. Il quarto movimento interamente pizzicato, con le corde sollecitate al punto da
toccare il legno degli strumenti e produrre un addizionale effetto di percussione. I due movimenti esterni (primo e quinto) hanno una dinamica intermedia di Allegro e ritrovano lampia durata del Non troppo lento centrale
(terzo), assieme allanima pentatonica. Per rinunciano ai ricordi tonali e
consonanti, anzi creano tensione con rudi grappoli di note e stridenti incroci
di melodie cromatiche. Da un accordo dissonante e dalla nota do (non intesa
come tonica), il primo movimento ricava materiale sufficiente per un ampio
sviluppo estraneo alla forma sonata classica. Lo stesso materiale, integrato
con spunti usati nei tre movimenti successivi, serve per costruire il finale Allegro molto, che accentua le simmetrie latenti e usa gli inserti percussivi per
dare un tono popolaresco a un lavoro di eccezionale scienza architettonica.
Se dalla lettura si passa allascolto, il suono esalta una prospettiva diversa.
Da circolare, il disegno del quartetto diventa lineare: accumula forza dopo il
lento avvio, si sbriciola nei fruscii del secondo tempo, trova lequilibrio nel
terzo, si spezzetta in altro modo nel quarto, diventa meccanismo ben oliato
nel finale quinto. Non ci sono contraddizioni. il risultato del gioco di simmetrie e permutazioni di cui Bartk maestro, come tutti i neoclassici compositori di musica. Alla fine degli anni venti, dopo la giovanile fase tardoro-

738 XI. Svolte a met Novecento

mantica, dopo il periodo espressionista, accanto al continuo amore per la


musica popolare, Bartk trova le strutture adatte alla sua fantasia nelle forme
della geometria euclidea, nelle proporzioni della sezione aurea, nella serie
numerica di Fibonacci. Il percorso ben disegnato proprio nel genere del
quartetto per archi, che Bartk coltiva con attenzione assoluta, pur non essendo un violinista. Inizia a scrivere quando il genere quartetto ancora
bloccato dalla sua tradizione ottocentesca.
Litaliano Gian Francesco Malipiero prova a ripartire dai modi medioevali in Rispetti e strambotti (1920), il primo dei suoi otto quartetti. Laustriaco Schnberg prova con latonalit. Lungherese Bartk si riallaccia agli ultimi lavori di Beethoven e inserisce i primi elementi di canto popolare, ma
gi nel suo Primo quartetto (1907) innova la forma e scrive tre soli movimenti, a simmetria centrale. Dodici anni dopo, nel Secondo quartetto (1919),
amalgama sequenze espressioniste e atonali con ritmi popolari in ununica
struttura pur disposta in quattro movimenti. Il gioco delle simmetrie cambia
nel Terzo quartetto (1927). I movimenti sono quattro, distribuiti in doppia
coppia, a pannelli alternati. Pur con varianti e semplificazioni, la complessa
e contrappuntistica Prima parte (Moderato) torna in terza posizione come
Recapitulazione della prima parte (Moderato). Fra le due si insinua la
Seconda parte (Allegro), che ha corrispondenza nella Coda (Allegro),
la quarta parte.
probabile che Bartk tenga in considerazione luso elegante dei numeri e delle proporzioni della Lyrische Suite (1926) di Alban Berg, un quartetto
anomalo nel nome ma non nella sostanza. Lanalisi di questa partitura rivela
il ritorno alle forme strumentali classiche appena rinnovate grazie al passaggio teatrale di Wozzeck. Il primo movimento una Sonata alla maniera del
Settecento, cio con esposizione e ripresa, ma senza sviluppo centrale. Il
secondo movimento un Rond con strofe e ritornelli ben concatenati. Il
terzo uno Scherzo, con il trio centrale che separa due sezioni rigorosamente speculari. Dal trio, Berg ricava il materiale per il quarto movimento,
aggiungendo una citazione della Lyrische Symphonie dellamico Zemlinsky.
Nel quinto movimento torna il principio dello Scherzo, in questo caso con
doppio trio. Lultimo movimento riprende le gemme dei precedenti, ma soprattutto chiude il circolo riallacciandosi al primo movimento, con cui forma
una collana di sei perle. In realt, contando i trii e le riprese, le perle diventano dodici, quante sono le note del totale cromatico. Le perle alternano
la dinamica fra allegro e adagio, e ancor pi alternano la scrittura. Sei
sono dodecafoniche, nel senso che applicano alla lettera i princpi dellinventore Schnberg: ununica serie di dodici note leggibile da sinistra e da destra, da sopra e da sotto serve per costruire tutto il materiale melodicoaccordale e le relative combinazioni, e soltanto quello. Le altre sei perle sono

1928 Quartetto n. 4 739

atonali, anche se spesso si servono di segmenti parziali delle serie dodecafoniche usate nelle perle adiacenti, con un fitto intreccio di legami interni ed
esterni. Linsieme dei primi quattro movimenti inizia dodecafonico e finisce
libero, quello degli ultimi due inizia libero e finisce dodecafonico, cos da
ricongiungersi con il tessuto da cui tutto ha origine.
Oltre alla dichiarata numerologia strutturale che emerge dallanalisi di
dettaglio, altri valori e soprattutto lascolto fanno della Lyrische Suite una
pietra miliare nella storia della musica. Gi il titolo illumina. Il lirismo sta in
primo piano, ovunque, anche quando le dissonanze sono pi forti e le melodie assorbono note che paiono estranee. Suite sinonimo di libert e il nome
dei sei movimenti ne una conferma. Lenfasi sullespressione: Allegretto
gioviale (i), Andante amoroso (ii), Allegro misterioso (iii), Adagio
appassionato (iv), Presto delirando (v), Largo tenebroso (vi). Il Trio
estatico, che sta al centro del terzo movimento, ha una forza espressiva tale
da apparire come la sorgente emotiva dellintero lavoro.
Nasce subito il sospetto che dietro a tanta forma geometrica esista un
analogico programma personale. La conferma arriva postuma, mezzo secolo dopo la composizione, quando si scopre che la Lyrische Suite ispirata
dallamore per la moglie di un amico. Ci sono didascalie esplicite, metafore
musicali, simbolismi numerici, citazioni da Tristano e Isotta di Wagner che
vanno ben oltre i meccanismi dellincipiente dodecafonia e della consolidata
atonalit. In Berg, in quegli ultimi anni venti, torna il desiderio di esprimere
sentimenti personali, fino ad allora soffocato dal bisogno di ricostruire sulle
rovine della guerra. A suo modo, quanto realizza il lontano e antitetico
Leo Janek in un altro capolavoro di allora, il Secondo quartetto Lettere
intime (1928) scritto di getto sullonda delle oltre settecento lettere damore
inviate (senza risposta) a Kamila Stsslov, molto pi giovane e pure lei sposata. Anche in questo caso manca il rapporto con la forma classica, perch
tumultuosi stati danimo si accostano con la forza delle emozioni e con il
cambiare dei materiali musicali. Riesce a tenersi lontano da coinvolgimenti
affettivi il capofila Schnberg che, sulla scia della Lyrische Suite dellallievo e
tre lustri dopo la propria op. 10, scrive un nuovo quartetto (op. 30, n. 3,
1927) che di sicuro dodecafonico, ma ha dimensione ritmica stravinskiana
e rispetta una disposizione ottocentesca nei suoi quattro movimenti: Moderato, Tema con variazioni, Intermezzo, Rond.
Il florilegio di nuovi quartetti per archi non soltanto merito dei compositori. A richiederlo sono la vita musicale del tempo, la forza delle societ di
musica da camera, la generosit delle fondazioni, pubbliche e private. Negli
anni fra le due guerre, essenziale il ruolo della mecenate americana Elizabeth Sprague Coolidge che commissiona ai maggiori autori del tempo una
serie memorabile di quartetti e di varia musica da camera. Un banchiere elve-

740 XI. Svolte a met Novecento

ticoamericano arruola quattro giovanotti per proprio intrattenimento e nel


1902 nasce il quartetto Flonzaley, che convince Stravinskij a scrivere il suo
primo lavoro per quartetto (1913). Fino allo scioglimento, nel 1928, tiene in
repertorio molta musica contemporanea. La bravura e la dedizione degli interpreti sono un altro fattore essenziale di quellimprovvisa rinascita della
gloriosa formazione settecentesca. Nel 1922 Rudolf Kolisch, allievo di
Schnberg, fonda un quartetto con lo scopo preciso di eseguire le musiche del
maestro e di autori contemporanei. Nel 1927, a Vienna, il quartetto Kolisch
presenta per la prima volta la Lyrische Suite di Berg (8 gennaio) e nove mesi
dopo il Terzo di Schnberg (19 settembre). Negli stessi anni attivo il quartetto Amar, con Hindemith violista titolare e autore di sette quartetti (191545). Il quartetto Ceco gran interprete di Janek e lungherese WaldbauerKerpely presenta i primi tre di Bartk. Attenti alla produzione moderna sono
anche i quartetti Busch, Lner, Ros, che hanno il grande merito di portare
nel repertorio corrente gli ardui ultimi quartetti di Beethoven.
Negli anni trenta, Kolisch conferma la dedizione ai contemporanei. Presenta nel 1937 il Quarto e ultimo quartetto di Schnberg; e anche gli estremi
due quartetti di Bartk, il Quinto e il Sesto, sempre pi liberi e trasparenti
nella scrittura, ancor pi innovativi nellarchitettura. Il Quinto (1934) ha
cinque movimenti come il quarto, ma le simmetrie sono opposte: al centro
sta un movimento vivace, con due tempi lenti adiacenti, e due veloci alle
estremit. Il ritmo alla bulgarese della sezione centrale e gli spunti folklorici disseminati ovunque servono per velare la geometria del progetto. Il
primo movimento un frattale dellintero lavoro, nel senso che mantiene
larticolazione ciclica e palindromica, con fulcro centrale contornato da due
sezioni fra loro speculari. Simile la disposizione del finale. I due movimenti lenti che sinterpongono hanno le qualit delle musiche notturne per le
quali Bartk famoso: melodie sospese, dissonanze attenuate dalle rarefazioni timbriche, rumori appena accennati. Ancora diversa larchitettura del
suo Sesto e ultimo quartetto, completato nel 1939, prima della fuga verso gli
Stati Uniti da unEuropa dove incombe il nazismo. Si potrebbe definire un
colossale rond haydniano, con una meditativa sezione Mesto che compare prima di ciascuno dei quattro movimenti: Vivace, Marcia, Burletta, Molto tranquillo. Il Mesto non si ripete tale e quale, ma cresce
progressivamente di volume e diventa la radice del finale perch sintesi
delle idee precedenti.
Fra Quinto e Sesto quartetto, su commissione dellorchestra da camera di
Basilea diretta da Paul Sacher, nel 1936 Bartk riassume in Musica per archi,
celesta e percussione i fondamenti della sua scrittura quartettistica. Lorganico si pu espandere a piacere ma prescrive un doppio quartetto darchi con
rinforzo di contrabbassi, senza strumenti a fiato e tanto meno ottoni. Invece

1928 Quartetto n. 4 741

c un nutrito gruppo di percussioni, da collocare fra i due insiemi di archi,


per separare e integrare. Bartk risolve cos la sua vocazione a superare la
linea dombra fra musica e rumore, e usa come mediatori gli strumenti a
percussione intonata (pianoforte, celesta, xilofono, timpani) e quelli a suono
indeterminato (tamburo, tam-tam, piatti, grancassa), con larpa che fa da
collante. Il senso di ordine portato dai raffinati dettagli timbrici esalta larchitettura complessiva. Il primo movimento inizia con una fuga di grandi
dimensioni. Parte dal silenzio attorno a un tema appena accennato dalle
viole in sordina, cresce in volume mentre entrano gli altri strumenti, giunge
a un punto culminante in fortissimo. Dopo una breve sospensione, riprende
la fuga ma con moto speculare, fin quando torna il tema nella forma originale per chiudere nel silenzio, come in apertura.
Lo stesso tema sinsinua nella dinamica bipolare del secondo movimento.
Si sente nei brividi delle percussioni che rompono i fruscii degli archi e fanno
del terzo movimento una perfetta musica notturna, diventata famosa anche
perch usata come colonna sonora nel film Shining (1980) di Stanley Kubrick. Il tema compare ancora nel finale e assume il caratteristico ritmo
bulgaro e il consueto sapore di danza popolaresca. Prima distorto, poi messo
a fuoco, quel tema scatena una nuova fuga, coerente con quella iniziale.
Musica per archi, celesta e percussione dunque una specie di quadratura del
cerchio: quattro movimenti distinti che sono una sola struttura circolare, con
il rapporto di sezione aurea a fare da cuspide del primo movimento e i numeri di Fibonacci a regolare lattacco della celesta nel terzo movimento. Un
altro gioiello di quel tempo, Divertimento per orchestra darchi (1940), appare invece come un omaggio allo spirito leggero e trasparente di un Settecento classico e rilassato, in singolare contrasto con la tragica condizione personale di un autore in fuga dallinvasione nazista del suo paese.
Bartk non riesce a completare il progettato settimo quartetto. La sua
sintesi fra musica colta e musica popolare resta sospesa, e cos il suo approccio integrale allorganizzazione di movimenti e di materiali. Bisogna aspettare il primo quartetto Mtamorphoses nocturnes (1954) del concittadino
Gyrgy Ligeti per trovare un degno continuatore: movimento unico, per
articolato in 17 brevissime sezioni contrastanti, eclettiche e ricercate, popolaresche e aristocratiche. Poco dopo, Ligeti approfitta della rivolta ungherese del 1956 per fuggire in Occidente: cambia stile, scopre serialit e alea,
scrive un secondo quartetto (1968) che apre una nuova era. NellEuropa
degli anni trenta e quaranta, infatti, il genere quartetto ha un momento di
letargo. Resta in repertorio solo il concentratissimo Quartetto op. 28 (1938)
di Anton Webern, allievo sintetico di Schnberg, collega di Berg e inconsapevole profeta di Boulez (che per, negli anni cinquanta, definisce il quartetto un genere morto).

742 XI. Svolte a met Novecento

In quel tempo, la tradizione del quartetto fiorisce negli Stati Uniti. Non
solo merito del nativo Samuel Barber, educato a Parigi da Nadia Boulanger,
il cui Adagio per orchestra darchi (tratto dal Quartetto op. 11, 1936) ottiene fama in sala da concerto anche sotto la bacchetta di Toscanini, viene
suonato al funerale di Einstein e prende lOscar al cinema (Platoon di Oliver
Stone, 1986). Contano gli esuli dallEuropa. Schnberg, rifugiatosi in California, imposta il suo ultimo quartetto dodecafonico (1936) e nello stesso
tempo allenta il rigore metodologico in capolavori (non quartettistici) come
il Concerto per pianoforte e orchestra op. 42 (1942) e recupera il melologo,
dove musica e parole sono applicate alla tragedia di A Survivor from Warsaw
(1947). Oltre a Schnberg, Hindemith continua a scrivere quartetti con stili
diversi: le frizioni dei primi cinque, composti ancora in Germania (1915-23)
mutano in lirismi negli ultimi due (1943 e 1945), scritti durante lesilio americano. Ancora residente a Parigi, Prokofev accetta una commissione della
Library of Congress di Washington per il suo Primo quartetto (op. 50, 1931).
Scrive il Secondo (op. 92, 1941) dopo il ritorno in Unione Sovietica: sfollato
nel Caucaso a seguito dellinvasione nazista, inserisce un gran numero di
melodie popolari locali. In parallelo, fra 1938 e 1944, un altro russo,
ostakovi, riprende il legame con la tradizione del quartetto, partendo da
pi lontano, dagli ultimi lavori di Beethoven.

Ascolti
B. Bartk, The 6 String Quartets, Takcs Quartet, Decca 1998
L. Janacek, String Quartets Nos. 1 & 2, Skampa Quartet, Supraphon 2001
A. Berg, Lyric Suite, Alban Berg Quartett, emi 2007

Letture
M. Gillies, Bartk Remembered, W.W. Norton & Company, New York 1991
E. Antokoletz, The Music of Bla Bartk: A Study of Tonality and Progression in TwentiethCentury Music, University of California Press, Berkeley 1984
J. Ujfalussy, Bla Bartk, Corvina Press, Budapest 1971

1928Bolro

Maurice Ravel
Cellula ritmica ripetuta 170 volte Accelerazioni di volumi sonori Magie orchestrali Ravel e Diaghilev Ravel
e Toscanini I tempi di Bolro Il ruolo del direttore
Il ruolo dellincisione discografica Bolro di Leningrado

Per costruire la sua composizione pi famosa, Ravel parte dal ritmo. Sceglie
il passo di bolero, una danza in tempo di 3/4 diffusa in Spagna dalla fine del
Settecento, ballata in piazza e scandita da tamburi e nacchere. Lo imposta su
due battute, la prima con la caratteristica doppia terzina che increspa due
accenti, la seconda con quadrupla terzina a variare laccento debole finale.
Ne fa una cellula binaria che ripete inalterata per 170 volte, fino alla fine. Su
quel ritmo, Ravel appoggia una prima melodia (tema), facile da intonare (e
da ricordare) e con accenti sfalsati rispetto al ritmo di base. La melodia
fatta di 2 segmenti di 8 battute, per un totale di 16 cui vanno aggiunte 2 altre
battute di pausa. Le 18 battute complessive sono ripetute una prima volta in
modo identico. Entra la seconda melodia (controtema), identica per scansione ritmica e struttura temporale, ma diversa per tipo di scala: invece del
diatonico do maggiore della prima melodia, la seconda introduce alcune
note estranee che la trasportano nel modo frigio dellarcaica tradizione chiesastica europea e nello stesso tempo le danno il tocco esotico di una melopea
araba o di un blues afroamericano. La differenza fra le due melodie sottile,
il comune ritmo sottostante porta a confonderle e a dare uno dei primi segnali di ambiguit in una partitura costruita con geometrica precisione.
Anche la seconda melodia ripetuta. Il ciclo riprende con la prima melodia.
Il numero magico 18 si ripete 18 volte, 9 volte la doppia proposizione del
tema, 9 volte la doppia del controtema.
Se limpalcatura ritmica e melodica resta immota, attorno cambia tutto,
perch Bolro un geniale esercizio di variazioni di timbri e di suoni. Ogni
volta che appare, ciascuna melodia affidata a uno strumento diverso. Prima
a legni delicati (flauto e clarinetto, fagotto e clarinetto in mi bemolle) poi a
soffi antichi (oboe damore), ottoni attenuati (tromba con sordina), suoni
moderni (sassofoni), timbri cristallini (ottavino, celesta), ottoni gravi (trombone). Poi entrano varie combinazioni strumentali, intere famiglie orchestrali in
frenetico crescendo di colori. Terminate le 18 battute della loro parte solistica,
gli strumenti rinforzano a turno il tamburo, che continua a ribattere il ritmo
principale, ben riconoscibile grazie alla specificit del timbro. Nel primo giro,

744 XI. Svolte a met Novecento

il tamburo sostenuto solo da discreti pizzicati di viole e violoncelli. Poi si


aggregano arpe, altri archi, fiati, ottoni, nuove percussioni a fare un parallelo
e ancor pi colossale crescendo. Nel frattempo si passa dal pianissimo dei
pochi strumenti di partenza al fortissimo della grande orchestra nel finale,
dove il tema buca la fitta coltre di ritmi e accompagnamenti con glissandi di
tromboni e sassofoni prestati dalle big band jazzistiche dOltreatlantico. Efficacissimo colpo di teatro la breve modulazione in mi maggiore a poche
battute dalla fine, inaspettato tassello che rompe per un attimo lassoluto dominio del do maggiore del tema e della variante frigia del controtema.
Tanta cura nel pianificare e realizzare il progetto musicale fa parte della
natura del compositore Ravel, collaudata fin dagli esordi con Jeux deau e
raffinata nel trentennio successivo sul pianoforte, in sala da concerto, in teatro. La fantasia e la minuzia della strumentazione sono figlie dellappena
terminata e iridescente partitura LEnfant et les sortilges, una breve opera in
due quadri su libretto di Colette fatta di frammenti minimi accostati per assonanze timbriche, senza curarsi di seguire una storia che non c. Chiara
pure la discendenza dai Quadri di unesposizione di Musorgskij, orchestrati
nel 1923 su commissione dellimpagabile direttore Serge Koussevitzky, allora attivo a Parigi e in procinto di trasferirsi a Boston. Bolro si pu leggere
come reazione speculare alla frenesia motoria che Stravinskij d alla Sagra
della primavera cambiando continuamente metri e ritmi. Ravel, invece, dimostra che si possono costruire movimenti e accelerazioni (virtuali) pur tenendo bloccati passi e ritmi (reali). Per trovare un vero antecedente di questo
meccanismo, bisogna risalire di molti secoli, addirittura alla Scuola di NotreDame, a Sederunt principes di Protin (anno 1198).
Bolro commissionato da Ida Rubinstein, che corona il sogno di avere
da Ravel un balletto tutto per s. Inizia a chiedergli una trascrizione orchestrale di cinque brani dalla raccolta pianistica Iberia di Isaac Albniz. Reduce dalla rottura con Diaghilev a causa della Valse, Ravel riluttante, ma alla
fine accetta. Salvo accorgersi che di Iberia esiste gi una trascrizione firmata
dal madrileno Enrique Arbs. Cerca un appropriato ritmo di danza prima
nel fandango e poi nel bolero, che sono balli popolari spagnoli ben incorporati nel repertorio classico, fra gli altri da Domenico Scarlatti luno, da Chopin (op. 19) e Verdi (I Vespri siciliani) laltro. La composizione relativamente veloce, stimolata forse dalla volont di rivalsa nei confronti di Diaghilev.
Infatti, la produzione coinvolge solo transfughi dai Ballets russes. La Rubinstein dirige una sua compagnia di ballo assieme a Bronislava Nijinska, sorella di Vaslav e gi coreografa (per Diaghilev) di Les Noces di Stravinskij e Les
Biches di Poulenc. La prima esecuzione, in forma di balletto, il 22 novembre
1928 allOpra di Parigi ha successo trionfale. Limmagine di Ida Rubinstein
che si scatena sul tavolo di una taverna diventa unicona del balletto moder-

1928 Bolro 745

no. Addirittura maggiore il trionfo quando Ravel, pochi mesi dopo, dirige
Bolro in forma di concerto.
Bolro diretto da Toscanini esalta il pubblico di New York il 4 novembre
1929 e quello dellOpra di Parigi il 4 maggio 1930. Seduto in platea, Ravel non
apprezza e nasce un incidente. Secondo lautore, i tempi del direttore sono
troppo veloci. Il direttore ribatte che tempi pi lenti fanno perdere efficacia.
Ravel intima a Toscanini di non dirigere pi Bolro, ma non viene ascoltato.
Lincisione di Toscanini (1939) dura 13 28. Molto pi veloce Leopold
Stokowski nel 1940, che si avvicina ai 12. Assistito e controllato da Ravel, Pedro de Freitas Branco supera i 18. I direttori storici e moderni stanno attorno
ai 15: Willem Mengelberg (1930), Fritz Reiner, Herbert von Karajan, Claudio
Abbado, Riccardo Muti. Lo stesso compositore, dirigendo lorchestra dei
Concerts Lamoureux nel gennaio 1930, si avvicina a Toscanini con un tempo
di 15 50, diverso dallauspicato 17 e con una scansione che non rispetta la
rigida prescrizione di mantenere lo stesso passo, senza accelerare e tanto meno
rallentare. La sua interpretazione e la sua intenzione comunque non fanno
molta fede. Ravel sa di non essere un buon pianista e non tiene concerti da
solista. Infatti, si fida dellamico Ricardo Vies. Non neppure un bravo direttore, anche se ci prova tante volte, con risultati deludenti. indubbia la sua
intuizione timbrica per lorchestra, per la gestione del podio richiede altro
polso. Con molto puntiglio difende le sue idee originali di autore, raramente
accetta le deviazioni operate da interpreti, peraltro gradite al pubblico.
Ravel vive i tempi in cui i direttori dorchestra riescono a conquistare un
prestigio e un potere inimmaginabili nel secolo precedente. I grandi direttori
dellOttocento, da Weber a Mendelssohn, da Blow a Nikisch allo stesso
Mahler, restano nel dominio del mito e della memoria individuale, universi
purtroppo evanescenti. Non c ancora la registrazione fonografica, che negli
anni venti cambia il mercato della musica. La presa del suono con un microfono e lintroduzione del disco a 78 giri consentono un netto miglioramento
della fedelt della riproduzione e della durata che, sulle due facciate del disco,
arriva attorno agli otto minuti. I giradischi diffondono la musica riprodotta
nelle case private. Negli stessi anni nasce il fenomeno della radio e la musica
tutta, sia quella leggera sia quella classica, ne diventa protagonista. Sono possibili i confronti fra interpretazioni diverse di una stessa composizione e i diversi volumi di vendita dei relativi dischi misurano il livello di gradimento. Negli
anni trenta, il successo planetario di Bolro passa anche attraverso non meno
di 30 incisioni di altrettanti direttori. quella di Toscanini che vende di pi.
Fra le due guerre la leggenda del maestro diventa fenomeno concreto e
misurabile, appunto grazie a disco e radio. La concorrenza fra direttori aspra,
spesso portata fuori dal mondo dellarte. Lintransigenza dittatoriale di Toscanini in sala da concerto (e dincisione) si accompagna al suo manifesto antifa-

746 XI. Svolte a met Novecento

scismo. Stokowski un grande sostenitore della musica moderna (Varse,


Mahler, ostakovi, Antheil, Berg, Webern) e un impavido manipolatore di
testi classici (Bach, Beethoven, ajkovskij). Si conquista le prime pagine dei
giornali grazie al suo esibito legame con lattrice cinematografica Greta Garbo.
Per merito dellimmensa ricchezza della moglie, Koussevitzky recluta Nikisch
come maestro di direzione dorchestra pagandogli i debiti di gioco e si esercita
noleggiando la Filarmonica di Berlino. Ma ha talento da vendere, tanto che
dirige dal 1924 al 1949 la Boston Symphony e soprattutto commissiona nuove
musiche a Ravel, Stravinskij, Messiaen, Hindemith, Britten, Bartk, Copland
e molti altri. Da Chicago risponde lungherese Reiner, imponendo con metodi
vessatori la chiarezza e la flessibilit lodate da Stravinskij. Si specializzano in
musiche moderne i francesi Monteux, Ansermet, Desormire, Mnch. In
Germania inserisce autori moderni nel proprio repertorio anche il dominante
Furtwngler, accanto ai modernisti radicali Kleiber e Klemperer.
Il successo di Bolro il segno di un desiderio di ordine che nello spirito
del tempo, alle prese con la depressione economica, con una Grande guerra
appena finita sulla carta ma che sintuisce potrebbe riprendere da un momento allaltro. Il pulsare regolare del tamburo, le melodie che tornano, i pizzicati che si gonfiano danno sicurezza anche quando il suono stride e ricorda solitudini in bettole, cabaret, music hall, caf chantant, dove il rumore assorda
langoscia che non se ne va. E se non facile trovare le radici di Bolro, non
c dubbio che leredit colta in ritardo. Lomaggio pi vigoroso viene in
piena guerra, nella lontana Unione Sovietica sotto la morsa nazista, nellangosciante crescendo che ostakovi mette al centro del primo movimento della
sua Sinfonia di Leningrado (n. 7). Sa che le cellule ritmiche replicate ben oltre
lossessione, allinfinito, producono un senso di pace e sembrano fermare il
tempo. Nel secondo dopoguerra se ne accorge lintera avanguardia europea.
Ancor pi ne tiene conto la corrente di autori americani ripetitivi e informali.

Ascolti
M. Ravel, Bolro etc., P. Boulez, Berliner Philharmoniker, dg 1994
I. Stravinsky, Les Noces, Oedipus Rex, V. Gergev, Mariinsky Soloists, Orchestra and Chorus, Mariinsky 2010

Letture
D. Mawer, The Ballets of Ravel: Creation and Interpretation, Ashgate, Farnham 2006
B. Ivry, Maurice Ravel: A Life, Welcome Rain Publishers, New York 2000

1930 Sinfonia di salmi


Igor Stravinskij

Semantica biblica e autonomia musicale Pezzo da concerto Musica sacra francese nel primo Novecento Messiaen
allorgano LItalia da Verdi a Ghedini Requiem laici:
Weill, Delius, Britten Janek Messa predodecafonica
Tre momenti distinti nascono dallincrocio di tre testi biblici con tre forme
sinfoniche in assoluta indipendenza fra messaggio religioso e tecnica musicale. I valori espressivi della Sinfonia di salmi vanno cercati soltanto nella
lettera delle parole (latine) scelte da Stravinskij attingendo ad alcuni versi
del salmo 38 (primo momento) e del salmo 39 (secondo), e allintero salmo
150 (terzo). Si passa dalla preghiera (Exaudi orationem meam, Domine),
allatto di fede (Expectans expectavi Dominum), alla gioia (Alleluia,
Laudate Eum in sono tubae). La bella sequenza di atteggiamenti spirituali
certo frutto della riscoperta dei valori religiosi che fra 1926 e 1939 trasformano Igor Stravinskij in un ortodosso osservante. Invece, inutile cercare
esplicite correlazioni semantiche col testo musicale. Le forme sonore seguono criteri autonomi. Forse solo il colore scuro porta un senso di austera severit chiesastica alla partitura. Stravinskij sceglie di non utilizzare violini e
viole, cos lorchestra ha i suoni gravi di ottoni e di bassi, alleggeriti da taglienti incisi di fiati in legno, pianoforte e percussioni. Restano ben distinti
anche i tre movimenti musicali, disposti tuttavia con criteri originali e con
durata delluno quasi doppia rispetto a quella del brano che precede: 3, 6,
12 minuti.
Il primo movimento inizia con unintroduzione solo orchestrale e procede per bruschi stacchi verticali alternati a veloci arpeggi orizzontali. Le voci
del coro entrano a blocchi, sostenute da controcanti strumentali, ripetuti e
minimi, ostinati. La formula ritmica rimane inalterata, si alza solo il volume
sonoro, da pianissimo a fortissimo. Il secondo movimento una doppia fuga:
la prima fuga, con tema molto lungo e complessa elaborazione a quattro
voci, chiede solo strumenti a fiato; la seconda affidata al coro, sostenuto da
strumenti che ripresentano il tema della fuga precedente in un groviglio di
polifonie prerinascimentali. Il terzo movimento fatto di numerose sezioni
assai contrastate e legate dal filo di una nota bassa, che evoca il silenzio e
stacca le ripetizioni ostinate. Sulle parole che dicono Osanna, Stravinskij
costruisce una musica che non trionfale ma estatica. Le varie sezioni motorie non sono giubilanti, semmai meccaniche. Torna un fugato, assai pi

748 XI. Svolte a met Novecento

semplice di quello centrale. Chiude un lungo episodio in cui ogni movimento pare sospeso, in contemplazione dellassoluto.
Lo stile della Sinfonia di salmi simile a quello dellopera teatrale Oedipus
Rex, scritta da Stravinskij nel 1927 sul testo greco di Sofocle adattato da Jean
Cocteau e tradotto in latino dal futuro cardinale Jean Danilou: comune la
dimensione ieratica, lassenza del moto pur nella turbolenza degli incisi, la
ricerca del passato, la quadratura neoclassica. Questo modo di scrivere musica e la presenza di un testo biblico conferiscono una componente religiosa
a un lavoro che nella sostanza, oltre che nel titolo, una sinfonia, nel senso
etimologico di musica eseguita assieme. Nasce come pezzo da concerto,
commissionato dallamico, direttore e mecenate Koussevitzky per celebrare
il cinquantesimo anniversario di fondazione dellorchestra sinfonica di Boston, senza che sia prevista una specifica ispirazione sacra. Stravinskij non
pensa comunque a un utilizzo in cerimonie religiose e tratta il testo in modo
non confessionale, buono per ebrei, ortodossi, cattolici romani e cristiani
riformati. Piuttosto, Stravinskij mostra un qualche fastidio per il modo in cui
la musica sacra si continua a scrivere ed eseguire, soprattutto nella Francia
che elegge a sua nuova patria dopo gli sconvolgimenti della rivoluzione russa.
La Francia , infatti, lunico grande Paese occidentale in cui la musica
sacra ha sviluppi importanti fra le due guerre. erede di una tradizione
antica, rinnovata sul piano mistico dal fascino intellettuale di Jacques Maritain e Paul Claudel. Nelle grandi cattedrali gotiche e moderne, le cantorie
sono rivitalizzate dal canto gregoriano riscoperto dalla scuola dei benedettini di Solesmes. Funzionano ancora le tecnologie organarie di Aristide Cavaill-Coll, valorizzate nellOttocento da Franck. Nel Novecento, CharlesMarie Widor, successore di Franck allorgano romantico di Saint-Sulpice e
alla cattedra in conservatorio, scrive gran parte delle sue sinfonie per organo. Widor maestro di Marcel Dupr, che compone Symphonie-Passion
(1924) e Le Chemin de la Croix (1931), loratorio La France au Calvaire
(1953), lavori che trovano la loro dimensione dallinnesto di modi medioevali nel cromatismo tardoromantico. Altro allievo di Widor Charles
Tournemire, che firma LOrgue mystique (1927-32), pratico repertorio duso
per tutte le funzioni religiose dellanno, versione moderna e cattolica del
bachiano e luterano Orgelbchlein. Dupr e Tournemire sono i maestri di
Oliver Messiaen, una delle pi eclettiche e influenti figure della musica del
Novecento: dal 1931 al 1992 organista alla chiesa della Trinit di Parigi, attivissimo insegnante, da sempre fautore di fusione fra fede cattolica e sperimentalismo estremo.
Uno dei primi cicli musicali di Messiaen su temi religiosi appunto lorganistico Le Banquet cleste (1928) seguito da LAscension (1933, con precedente versione orchestrale), i nove momenti di La Nativit du Seigneur

1930 Sinfonia di salmi 749

(1936) e i sette di Les Corps glorieux (1939). Pur fra gli assaggi di musica
concreta ed elettronica, assieme allesplorazione della musica indiana e del
canto degli uccelli, anche dopo la parentesi bellica Messiaen continua a coltivare le sue origini organistiche con Messe de la Pentecte (1950), Mditation
sur le mystre de la Saint Trinit (1969), Livre du Saint-Sacrement (1984). Le
percezioni teologiche si trasferiscono anche al pianoforte: Vingt regards sur
lenfant-Jsus (1944), Visions de lAmen (1943). Progressivamente Messiaen
mobilita risorse maggiori: lorchestra con LAscension (1932), La Transfiguration de notre Seigneur Jsus-Christ per coro a dieci voci, percussioni, grande orchestra (1966-69), per chiudere con lopera-oratorio Saint Franois
dAssise (1975-83). I materiali si accumulano mentre cresce let e cambiano
le prospettive, per restano le armonie statiche, il libero mosaico in cui trovano posto modi gregoriani, cromatismi wagneriani, suoni della natura.
Messiaen non cerca sintesi assolute. Anche le connessioni con i valori teologici sono vaghe. Gli interessa trasmettere il senso del tempo che scorre e lo
sguardo sullinfinito.
Di sicuro Messiaen non sopporta i neoclassicismi di Cocteau (e dunque
di Stravinskij) e tanto meno le frivolezze che ispirano il Gruppo dei sei nella
Parigi degli anni venti. Per i tempi sono cambiati anche per loro. Il pi
giovane e scanzonato, Poulenc, d voce a una religiosit sobria e contadina
con Litanies la Vierge Noire de Rocamadour (1936) e Messe en sol (1937);
religiosit che distilla nei suoi ultimi anni in Stabat Mater (1950), Gloria
(1959), Sept rpons des tnbres (1962) e porta in scena con lopera Les Dialogues des Carmlites (1957). Il pi conservatore dei Sei, Honegger, anticipa
tutti con il salmo drammatico Le Roi David (1921) e si conferma attento ai
temi religiosi in Jeanne dArc au bcher (1935), su testo di Paul Claudel. A
Claudel, del quale assistente durante la missione diplomatica in Brasile, si
appoggia il prolifico Milhaud per le prime delle sue tante composizioni corali dispirazione sacra. Fuori dalle correnti, perfino lagnostico Roussel, nel
1928, mette in musica il Salmo 80.
In Italia, dopo gli estremi Quattro pezzi sacri di Verdi e le giovanili esperienze di Puccini (Messa di gloria, 1880) e Mascagni (Messa di requiem, 1887;
Messa di gloria, 1888), e con il massimo esponente don Lorenzo Perosi bloccato da problemi psichiatrici, la tradizione religiosa fatica a continuare a livelli alti. Non aiuta il regolamento per la musica sacra del 1884 che esclude
dalle chiese clavicembali, pianoforti e percussioni (ma ammette, perch biblici, flauti, trombe e timpani). Ildebrando Pizzetti porta il suo contributo
con una Messa da Requiem (1922), Gian Francesco Malipiero con La Passione (1935) e Missa pro mortuis (1938), Alfredo Casella con Missa solemnis pro
pace (1944). La generazione successiva debutta con Salmo ix (1934-36) e
Magnificat (1939-40) di Goffredo Petrassi, prosegue con Messa da Requiem

750 XI. Svolte a met Novecento

(1943) di Bruno Bettinelli, con La Messa del Venerd Santo (1929) e il Credo
di Perugia (1962) di Giorgio Federico Ghedini. Pur nella differenza di accenti, unifica autori tanto diversi il desiderio di dimenticare il fardello operistico
dellOttocento e di trovare nel Rinascimento i valori per ricostruire la musica sacra italiana.
Nelle aree degli sconfitti imperi centrali, la crisi sociale ed economica
prima, il sostanziale ateismo nazista poi, tolgono risorse sia alle comunit
protestanti del Nord sia a quelle cattoliche del Sud. Uno dei pochi che mantiene il prestigio della musica per la chiesa Hugo Distler, organista a Lubecca e docente a Berlino. Cerca un difficile recupero della coralit polifonica
di Schtz e Bach stagionata con melismi medioevali e pentatonalit arcaica:
Choralpassion op. 7 (1932), Die Weihnachtsgeschichte op. 10 (1933), soprattutto pezzi corali per uso pratico scritti fra 1933 e 1942 e tuttora in repertorio, fra cui un Totentanz. Fuori dalla chiesa conta il Berliner Requiem (1928)
di Kurt Weill su testo di Bertolt Brecht, una cantata per tenore, baritono,
coro maschile e fiati che nulla ha a che vedere con la religione e il passato
gregoriano. Invece contigua alle canzoni di protesta e da cabaret di quegli
anni. Assieme al Requiem (1916) dellinglese Frederick Delius, il Berliner
Requiem di Weill rientra nei gridi di dolore ispirati dalla Grande guerra, che
confluiranno nel War Requiem di Britten.
In Polonia, il cattolicesimo polacco onorato da Karol Szymanowski con
Stabat Mater (1926), Veni Creator (1930), Litanie alla Vergine Maria (1933).
A differenza dellamico Bartk, lungherese Kodly scrive musica su testi
sacri con intenti nazionalpopolari, come il patriottico Psalmus hungaricus
(1923) e la Missa brevis (1948), per in sala da concerto si ascoltano pi
spesso lavori sinfonici Danze di Galanta (1933) e Variazioni del pavone
(1939), frutto delle giovanili ricerche sulla musica popolare. Importante per
i suoi riferimenti alla tradizione contadina morava la Missa glagolitica
(1926) di Janek, cos chiamata perch ritraduce il testo latino nella pi
antica delle lingue slave, quella introdotta nel nono secolo dai monaci Metodio e Cirillo, evangelizzatori dellOriente europeo. Come nelle sue opere
teatrali, il panteista Janek abbina la sua musica ai ritmi e ai toni della parlata popolare, senza complicazioni bachiane e senza emozioni beethoveniane. Salvo riprendere da loro luso di inserire uno strumento solista poco
prima della fine del lavoro: invece del violino impiega un organo e ne fa uno
dei pi affascinanti pezzi del repertorio moderno. Latea Unione Sovietica
non lascia spazio allevoluzione musicale della chiesa ortodossa.
Ben in linea col suo tempo, Stravinskij non d seguito immediato alla
Sinfonia di salmi. Raffina il suo neoclassicismo e scrive musica strumentale
alla maniera di Haydn, Mozart e del giovane Beethoven, con Dumbarton
Oaks (1938), Sinfonia in do (1940), Sinfonia in tre movimenti (1945) ed Ebo-

1930 Sinfonia di salmi 751

ny concerto (1945). In quel tempo di guerra, torna quasi allimprovviso alla


musica sacra con uno dei suoi lavori pi scarni ed espressivi, una Messa per
coro e dieci strumenti. Non c la consueta commissione di orchestre o mecenati; neppure una motivazione religiosa; solo il fastidio di trovare frivole
alcune messe di Mozart il cui spartito compra in un negozio di musiche
usate. Nasce lo stimolo a fare qualcosa di diverso. Stravinskij sceglie il testo
latino e cattolico perch la sua religione ortodossa proibisce gli strumenti
nelle funzioni liturgiche. Comunque non pensa a un utilizzo in chiesa e chiede un organico modesto e austero, fuori dal consueto. Il coro a quattro
voci, ma le parti acute di soprano sono affidate a bambini. Gli strumenti
sono divisi in due quintetti di fiati, uno di legni e laltro di ottoni, senza il
clarinetto luno e senza il corno laltro. La musica non ha fronzoli e procede
spedita per meno di 20 minuti. Mancano modelli stilistici prestabiliti, anche
se le risonanze medioevali sono inevitabili e cos i cori battenti alla maniera cinquecentesca dei Gabrieli. Le parole si sentono bene, con gli strumenti
che si limitano a produrre sostegni e interpunzioni al canto. Qualche melisma e pochi accenni di contrappunto smuovono la ieratica fissit dei blocchi
sonori.
Nella Messa, lapproccio non tanto diverso dalla Sinfonia di salmi e da
Oedipus Rex di oltre dieci anni prima. Cambia per il volume sonoro, spunta inquietudine. Si sente che la guerra ha cambiato anche Stravinskij, e si
capiscono (col senno di poi) la sua improvvisa virata verso la dodecafonia di
Schnberg e leconomia seriale di Webern. Scritta fra 1942 e 1944, la Messa
eseguita per la prima volta solo nel 1948. Il successivo lavoro corale, Cantata (1951), integralmente dodecafonico.

Ascolti
I. Stravinsky, Symphony of Psalms, etc., R. Craft, Philharmonia Orchestra, Naxos 2006
L. Janek, Missa glagolitica, R. Kubelik, Chor & Symphonieorchester des Bayerischen
Rundfunk, dg 2002
K. Weill, Das Berliner Requiem, P. Hillier, I solisti del vento, Glossa 2010

Letture
G. Vinay, Stravinsky neoclassico. Linvenzione della memoria nel 900 musicale, Marsilio,
Venezia 1987

1935 Concerto per violino


Alban Berg

Canto funebre e melodia popolaresca Due binomi accostati Langelo Manon Il violinista Krasner Kammerkonzert Riferimenti Lalo, Szymanowski, Glazunov
Kochanski con Prokofev e Stravinskij Violini e violoncelli del secondo Novecento
Due melodie tonali sinseriscono nel tessuto di rigorosa atonalit e dodecafonia del Concerto per violino e orchestra di Alban Berg. Hanno un rilievo
tale da condizionare il senso dellintero lavoro, tanto da apparire come
chiave interpretativa metamusicale. La prima melodia il motivo popolare
A Vgale afn Zweschgn-Bam, diffuso in Carinzia, dove Berg soggiorna a
lungo nei suoi ultimi anni. La seconda melodia Es ist genug (1662) di Johann Rudolf Ahle, utilizzata da Bach nella cantata sacra O Ewigkeit, du
Donnerwort bwv 60 (1723). Con accorto rispetto del principio di simmetria,
la prima melodia sinserisce nella seconda sezione della prima parte del
concerto, laltra domina il finale della seconda parte. Gli inserimenti sono
naturali, perch la serie dodecafonica su cui si basa lintero lavoro costruita in modo da consentire parziali interpretazioni tonali: una sequenza ascendente di otto intervalli sempre di terza (sol-si bemolle-re-fa diesis-la-do-misol diesis-si), seguita da quattro toni interi pure ascendenti (si-do diesis-re
diesis-fa). Le prime nove note possono essere lette come gli accordi perfetti
di quattro tonalit (sol minore, re maggiore, la minore, mi maggiore) che
hanno come tonica le quattro note corrispondenti alle quattro corde del
violino (sol, re, la, mi). come dire che lintero concerto e la serie che lo
sostiene sono concepiti per il violino e non per un altro strumento. La sequenza di terze tipica del melodizzare del canto popolare in generale e
della canzone scelta in particolare. Infatti, lintegrazione fra serie dodecafonica e melodia carinziana perfetta. Le quattro note per toni interi, ultimo
segmento della serie, corrispondono esattamente alle prime quattro note del
corale bachiano.
Fin dallinizio, progettando la serie dodecafonica, Berg ha dunque chiari
in mente larchitettura e il materiale con cui costruire il nuovo lavoro: un
violino solista, un canto popolaresco, un lamento funebre, una diffusa ambiguit tonale-atonale a rendere fluida la geometria dimpianto. Infatti, il
concerto si articola in due movimenti distinti, ciascuno diviso in due sezioni
e con inversione di dinamica: Andante, Allegretto e Allegro, Adagio. Il

1935 Concerto per violino 753

modello formale (ma anche espressivo) che prevede due movimenti lenti
laterali e due veloci centrali ripreso dalla Nona sinfonia di Gustav Mahler.
Clarinetti e arpa accompagnano il solista, che sembra accordare lo strumento sulle sue quattro corde vuote prima di esporre in tutta evidenza la serie
dodecafonica nella versione originale (ascendente) e subito dopo nella derivata (discendente). Il gioco di permutazioni per segmenti di serie prosegue
per tutto lAndante ma entusiasma il finissimo incrocio di suoni in unorchestra trattata come trasparente complesso cameristico applicando in modo strutturale i principi della Klangfarbenmelodie teorizzata da Schnberg.
Il passaggio allAllegretto segnato dal ritmo di danza del Lndler popolare e appare come scherzo classico con doppio trio e coda riassuntiva, cio
abcbad. Il corno intona la canzonetta carinziana, avendo cura (prescrive la
partitura) di non essere troppo viennese. Il solista riprende la melodia, la
ricama, la varia e distorce, come si fa con un segmento di serie.
Una pausa divide il primo binomio dal secondo. Il nuovo tempo veloce
che apre la seconda parte non ha valore semantico. Allegro una mera
indicazione dinamica. La sostanza invece drammatica. Berg costruisce il
momento di massima tensione espressiva con i mezzi asettici della dodecafonia, dunque con frizioni di piani sonori divergenti e con linee spezzate
disposte su registri e volumi estremi, esaltate dalla trasparenza della scrittura. Lineare larticolazione in tre sezioni, con al centro il violino solista
impegnato in un complesso canone a quattro voci. Proprio alla fine della
ripresa di questo triste Allegro entra la citazione del corale di Bach, ma
solo con le prime quattro note per toni interi che portano allintervallo
proibito di quarta maggiore, il tritono che divide in due la scala cromatica e che da sempre considerato diabolus in musica, difficile da intonare,
impervio da trattare nel sistema armonico tonale. La citazione letterale bachiana, con larmonizzazione originale ai fiati, apre lultimo Adagio del
concerto: una meditazione lugubre sul senso della fine. Che non la propria
e inaspettata fine: Berg muore pochi mesi dopo per la fatale puntura dinsetto che provoca la setticemia, quando la partitura ormai completata.
invece la scomparsa di Manon, diciottenne figlia di Alma Mahler e di Walter Gropius, che avviene nellaprile, a suggerire linserimento del corale di
Bach alla fine del concerto e a conferirgli il famoso sottotitolo Alla memoria
di un angelo. Forse la figura di Manon suggerisce anche la gaia conclusione
della prima parte, la spensierata giovent che danza sulla melodia carinziana dellAllegretto, momento di contrasto con langoscia del presente.
Forse i ricordi di Berg vanno pi lontano, allacerba e trascurata propria
figlia Mizzi. Magari accenna al presente e nascosto amore per Hanna Fuchs
che ispira la Lyrische Suite. C la cabala dei numeri, che vuole la prima
parte ordinata dal 23 (il numero di Alban) e la seconda dal 28 (di Hanna).

754 XI. Svolte a met Novecento

Berg scrive il Concerto in pochi mesi. Glielo commissiona, nel febbraio


1935, Louis Krasner, violinista russoamericano perfezionato alla scuola francese, trentenne ma gi affermato come interprete di musiche contemporanee, protagonista della prima esecuzione (Siena 1928) del Concerto di Casella, entusiasta ammiratore della dodecafonia di Schnberg e del Wozzeck di
Berg. In giugno, il violinista e il compositore sincontrano per sistemare i
dettagli e ai primi di settembre lorchestrazione completa. Berg pu riprendere il lavoro interrotto sullopera Lulu. Lurgenza di incassare un sia pur
modesto compenso in un momento di ristrettezze causate dal sabotaggio
nazista spiega la velocit di realizzazione, ma non va sottovalutata la competenza specifica che Berg ha sul repertorio violinistico. La padronanza della
scrittura per archi dimostrata dalla Lyrische Suite, oltre che dal giovanile
Quartetto op. 3. Lo stile concertante ben collaudato dal Kammerkonzert
per pianoforte, violino e 13 fiati, scritto nel 1927 e dedicato a Schnberg in
occasione del suo cinquantesimo compleanno.
Il Kammerkonzert presenta anche molti altri elementi che sono propri
del linguaggio di Berg. La disposizione in tre movimenti distinti rispetta la
tradizione classica: Thema scherzoso con variazioni, Adagio, Rond
ritmico con introduzione. Il tema per le cinque variazioni costruito in
modo che le sue ultime otto note siano ricavate dalle lettere (nella notazione tedesca) adebcbbbeg, che il nome Arnold Schnberg ha in comune con
gli allievi Anton Webern e Alban Berg. Con altre quattro note, la serie dodecafonica compare nelle disposizioni originale (1), retrograda (2), inversa
(3), retrograda dellinversa (4), ancora originale (5). Due segmenti permutati della stessa serie formano il disegno palindromo dellAdagio. Il violino prevale nel secondo movimento come il pianoforte nel primo. Nel finale, i due solisti hanno ruolo equilibrato, anche perch recuperano gli
spunti principali, soprattutto quelli ritmici dei movimenti precedenti.
Nella sua prima composizione dodecafonica Berg combina libert, rigore e
numerologia.
Non c solo costruttivismo di scuola schnberghiana, nel Concerto per
violino. C anche assimilazione dello stile violinistico del tempo. Dopo aver
accettato linvito di Krasner, Berg studia le partiture dei concerti di Lalo
(op. 20, 1873), Szymanowski (op. 35, 1916), Glazunov (op. 82, 1904), che
hanno stili ben diversi fra loro. Il concerto del francese Lalo romantico e
lirico, pieno di esotismi parigini fine Ottocento. Quello del polacco Szymanowski non meno esotico (in senso arabeggiante) per ha una sostanza
modernista molto forte nella strumentazione dissociata, fatta di punti isolati e di segnali sospesi, prefigurazione di una musica notturna che affasciner
anche Bartk. Dal russo Glazunov, Berg ricava idee per rimescolare larchitettura e impostare la parte del solista. Il capolavoro di Glazunov formal-

1935 Concerto per violino 755

mente un movimento unico, diviso per in due parti distinte: la prima,


molto seriosa, ingloba un ampio Adagio; la seconda una leggera serie di
variazioni su un tema popolaresco. Linnovativa parte del violino fluisce
quasi ininterrotta, zeppa di difficolt tecniche ma sempre lirica, quasi cantabile. Si sente fortissima la lezione di Leopold Auer, il creatore della scuola
violinistica russa, lo stesso che rifiuta di eseguire il concerto di ajkovskij
e che lancia in repertorio il concerto dedicatogli dallallievo Glazunov. Invece un altro allievo di Auer, il polacco Paul Kochanski, a dare consigli a
Szymanowski e fare la fortuna sia del primo sia del suo secondo concerto
(op. 61, 1933).
Di sicuro molti di questi riferimenti arrivano a Berg dallesperienza del
committente Krasner, primo esecutore del Concerto a Barcellona il 19 marzo
1936 in occasione di un congresso della Societ internazionale di musica
contemporanea. Dirige Hermann Scherchen, che sostituisce Anton Webern, ritiratosi allultimo momento. Il successo subito importante ma Berg
non pu gioire: scomparso da tre mesi. Krasner esegue il Concerto nelle
capitali dEuropa e in autunno riceve una lettera di Schnberg che gli chiede
se disposto a eseguire il suo Concerto, appena completato. Senza nemmeno
vedere la difficile parte, Krasner accetta, ma la prima rinviata fino al 6 dicembre 1940, quando viene proposta a Filadelfia con la direzione di Leopold Stokowski. Non ha successo, anche se il lavoro un primo segno
dellallentamento in Schnberg del rigore dodecafonico. La serie ben
presente, ma assume valori tematici che si adattano bene allimpianto neoclassico e leggero del concerto: un vago movimento tripartito preceduto da
introduzione (Poco Allegro, Vivace) come primo movimento; Andante grazioso con Haydn in filigrana come secondo; Finale: Allegro per
concludere in modo di rond, su passo di marcia, e coda che riepiloga materiali dei tempi precedenti.
Negli stessi anni continua lapostolato per la musica moderna del violinista Kochanski, lamico e consulente di Szymanowski, concertista in tutta
Europa nel repertorio ottocentesco, anche in duo con il compatriota pianista
Arthur Rubinstein. Kochanski succede ad Auer alla cattedra di violino del
conservatorio di San Pietroburgo e fa in tempo a dare consigli al giovane
Prokofev che sta scrivendo il suo Primo concerto per violino (op. 19, 1917),
a sua volta ispirato al violinismo di Szymanowski e portato al successo negli
anni venti da virtuosi come Jzef Szigeti e Nathan Milstein. Sul medesimo
stile, tonale, conservatore e romanticheggiante, si mantiene anche il Secondo
concerto di Prokofev (op. 63, 1935), con quella voglia di continuit con il
passato che lega entrambi ai capolavori del primo Novecento: il Concerto
(1904) che Sibelius finisce col dedicare al dodicenne Ferenc Vecsey e quello
di Elgar, scritto nel 1910 per il violinista Fritz Kreisler e mantenuto in reper-

756 XI. Svolte a met Novecento

torio fin dal 1932 dal fanciullo prodigio Yehudi Menuhin. A Kochanski va
anche il merito di aver convinto Stravinskij a creare quattro capolavori: la
Suite italiana dal balletto Pulcinella (1926), il Duo concertante (1932) e il
Divertimento (1932) per violino e pianoforte; soprattutto lo spigoloso Concerto per violino e orchestra (1931).
Nei tempi successivi, si mantengono nel pieno rispetto della grande tradizione romantica i concerti per violino di Barber (1939), Walton (1939) e
Korngold (1943). Nel secondo dopoguerra ottiene grande fortuna Offertorium (1980) per violino e orchestra di Sofija Gubajdulina, che recupera i
valori ottocenteschi della fantasia e della rapsodia con le dissociazioni timbriche dei tempi moderni. Vive di minimalismo neovivaldiano e neoromantico, per con livide risonanze espressioniste, il Concerto (1986) di Philip
Glass. Nel nuovo millennio, non manca lapporto del prolifico Wolfgang
Rihm, con le trasparenze del violino e della piccola orchestra che lo integra
in Lichtes Spiel (2010).
Anche i sommi violoncellisti che dominano il Novecento (Pablo Casals,
Gregor Piatigorsky, Pierre Fournier, Mstislav Rostropovi) chiedono di ampliare il loro magro repertorio, rimasto fermo agli ottocenteschi concerti di
Lalo (1876), Saint-Sans (1872 e 1902), Dvok (1895), alle Variazioni su un
tema rococ (1877) di ajkovskij e al Don Chisciotte (1897) di Richard
Strauss. In tanti rispondono volentieri con lavori che restano in repertorio.
Si mantengono allincirca nella formula consueta del concerto classico Elgar
(1919), Hindemith (1916 e 1940), Honegger (1929), Barber (1945), Walton
(1956), ostakovi (1959 e 1966), Ligeti (1966), Lutosawski (1970), Penderecki (1972 e 1982). Un po si discostano il giovane Hindemith (Kammermusik n. 3, 1925), il maturo Britten (Sinfonia concertante, 1945), lestremo
Prokofev (Sinfonia concerto, 1951). Con Schelomo (1916) e Voice in the
Wilderness (1936), poemi sinfonici con violoncello obbligato, Ernest Bloch
riprende la tradizione inaugurata dal luterano Max Bruch (Kol Nidrei, 1881)
di tradurre in note moderne storie e tradizioni ebraiche. Dutilleux (Tout un
monde lointain, 1970) e Berio (Il ritorno degli snovidenia, 1977) puntano
sullinnovazione timbrica e la libert formale quando Morton Feldman (Cello and Orchestra, 1972) si affida alle estenuazioni minimali.
A sua volta il clarinettista swing Benny Goodman ottiene da Bartk il
capolavoro Contrasts (1938), da suonare assieme allautore pianista e allamico violinista Jzsef Szigeti, e un eccellente concerto da Copland (1949).
Goodman suona anche Ebony Concerto (1945), commissionato a Stravinskij
da un altro clarinettista, il jazzista Woody Herman.

1935 Concerto per violino 757

Ascolti
A. Berg, Violin Concertos, I. Perlman, S. Ozawa, Boston Symphony Orchestra, dg 1996
A. Berg, Chamber Concerto, P. Zukerman, D. Barenboim, P. Boulez, Ensemble Intercontemporain, dg 1996
S. Prokofiev, Violin Concertos Nos. 1 & 2, I. Stern, E. Ormandy, Philadelphia Orchestra,
Sony 1990

Letture
R. Stowell (a cura di), The Cambridge Companion to the Violin, Cambridge University
Press, Cambridge 1992

1935 Porgy and Bess

George Gershwin
Scala pentatonica e note blu Storia di neri emarginati
Kern e Show Boat Ziegfeld e Broadway Gershwin in
Europa Song e musical, opera e cabaret Peter Grimes
West Side Story Musical pucciniano Weill a Broadway Lloyd Webber

Mentre la comunit di diseredati balla al suono del pianoforte, Clara canta


una ninna nanna al suo bambino. Le parole sono piene di speranza: Estate,
la vita facile / i pesci guizzano, il cotone alto / tuo padre ricco, tua
madre bella. / Allora taci bambino, non piangere pi. La realt ben
diversa. La musica dolce come una ninna nanna europea, malinconica
come un blues afroamericano. La scala pentatonica sulla quale costruita
d alla melodia un valore universale e antico. Poco importa se lispirazione
viene dal canto delle piantagioni di cotone americane o dai campi di girasole ucraini. Contano la sua scansione lenta, il modo minore (eolio) in cui
collocata, la progressione armonica che forza gli intervalli temperati e cerca
quelli naturali, le note blu (mi, sol, si calanti, nella scala diatonica di do
maggiore) che intristiscono le scale importate dallAfrica nera. Pare un
canto popolare, di autore anonimo. Invece firmato da uno dei pi geniali
melodisti di tutti i tempi, George Gershwin. Sintitola Summertime,
collocato allinizio dellopera Porgy and Bess e torna pi volte nelle scene
successive, come un Leitmotiv wagneriano, a ricordare che, nella vita, esistono linnocenza e lillusione, non ci sono solo miserie.
Mamma e bambino vivono in una periferia degradata, il padre un povero pescatore, i vicini sono soffocati da povert e segregazione razziale. I
personaggi sono tanti, tutti neri: un mendicante zoppo (Porgy), una donna
di facili costumi (Bess), il suo amante malvivente (Crown), uno spacciatore
(Sporting Life), unaltra dozzina fra bottegai, ambulanti, pescatori, faccendieri. Parlano ma non cantano i bianchi che entrano in scena a rappresentare un mondo estraneo di poliziotti, investigatori, medici legali. Lazione si
svolge sul fronte del porto (Catfish Row) di Charleston, Carolina del Sud. Lo
storpio Porgy, per togliere Bess dalla strada, uccide il suo sfruttatore Crown.
La polizia lo ferma. Quando torna libero, scopre che Bess partita per New
York assieme allo spacciatore Sporting Life. Lopera termina con Porgy, indomito, che parte alla ricerca di Bess. La turbolenta vita quotidiana di
Catfish Row animata da feste e funerali, seduzioni e assassini, superstizioni

1935 Porgy and Bess 759

e uragani. Sono tre atti di circa unora luno, disposti con sapienti scelte
sceniche dal librettista Ira Gershwin (fratello di George) e da DuBose
Heyward, lautore del romanzo Porgy (1925) da cui tutto parte.
Gershwin legge subito il romanzo di Heyward e trova il soggetto giusto
per tentare quel salto di qualit che ha in mente da tempo. gi ricco e famoso come pianista e autore di song. Composta a 21 anni e subito portata
al successo di Broadway nel 1920 da Al Jolson, la canzone Swanee la prima
di una serie fenomenale di melodie che fanno la fortuna della trentina di
musical che Gershwin scrive per Broadway fra 1917 e 1935, con momenti
trionfali in Lady, Be Good (1924), Oh, Kay! (1928), Funny Face (1928).
Vende bene anche Rialto Ripples Rag (1917) per pianoforte, ispirato ai ragtime di Scott Joplin, di cui egli stesso diventa maestro: scansione immutabile del basso alla mano sinistra, sincopi e melodie alla destra. Paul Whiteman, capo di una big band di jazz, sente suonare Gershwin. Nasce Rapsody
in Blue (1924) per pianoforte e orchestra, ed successo storico. Gershwin,
istintivo e autodidatta, si fa aiutare nellorchestrazione da Ferde Grof,
larrangiatore di Whiteman che diventa a sua volta popolare con Grand
Canyon Suite (1931), incisa da Arturo Toscanini e trasformata in cortometraggio da Walt Disney. Pur criticata da molti, la versione per orchestra
sinfonica di Rapsody in Blue curata nel 1940 da Grof che si ascolta tuttora
in sala da concerto.
Nel 1925 il primo approccio di Gershwin con il romanziere Heyward per
ottenere i diritti di adattamento di Porgy in opera lirica sfuma perch in
corso un adattamento teatrale che va in scena con successo nel 1927. Gershwin riprova, ma bloccato dallaccordo siglato da Heyward con un altro
musicista, Jerome Kern, autore di Show Boat, un musical di tipo nuovo che
debutta e trionfa proprio nel 1927. In questi anni Kern il musicista di maggior spicco di Broadway. Ricco di famiglia, ha una formazione classica a New
York e nel primo decennio del Novecento si perfeziona in Germania. A
Londra segue con attenzione il teatro musicale leggero del tempo, dominato
dalla coppia William S. Gilbert e Arthur Sullivan. Per anni fa il pendolare fra
Londra e New York e contribuisce a trasferire i successi del West End londinese sui palcoscenici di Broadway, combinando lo stile raffinato inglese
con la vivace nuova musica dintrattenimento americana, sia nella versione
bianca delle melodie di Stephen Foster sia (anzi soprattutto) in quella
nera di blues, ragtime, jazz.
Lungo una quindicina danni, Kern scrive musiche per commedie musicali senza trama e senza impegno, fatte di stereotipi da commedia dellarte
alternati con balletti in abiti succinti, alla maniera dei can can delle operette
di Offenbach nel parigino Secondo impero. Nel 1926, Kern legge il nuovo
romanzo Show Boat di Edna Ferber, si appassiona alla vicenda di amori

760 XI. Svolte a met Novecento

tragici in mezzo a segregazioni razziali e decide di farne un musical sul modello dellopera italiana. Propone il progetto a Florenz Ziegfeld, il maggiore
impresario di Broadway perch importa nel 1907 a New York il modello
delle Folies Bergre di Parigi. Al libretto provvede il giovane Oscar Hammerstein ii. Storia, allestimento e soprattutto canti (Ol man river e Cant
Help Lovin Dat Man) e danze avvincono il pubblico e fanno di Show
Boat uno dei massimi successi di Broadway: due anni consecutivi di rappresentazioni e infinite riprese in tutta la nazione, con rapida esportazione anche in Europa. Ripetere il successo con Porgy diventa lobiettivo di Kern.
Gershwin abbozza, cerca nuove opportunit e continua a scrivere solo
canzoni e commedie musicali di successo. Vuole comunque migliorare la
propria tecnica di autodidatta e nel 1928 incontra Maurice Ravel in tourne
americana. Gli chiede lezioni di composizione e orchestrazione. Ravel declina, ammirato (e spaventato) dal talento naturale dellamericano e stupefatto dal denaro che ricava dalla sua musica leggera. Ravel per lo indirizza a Nadia Boulanger, insigne didatta a Parigi e gi maestra di vari americani, fra cui Copland. Gershwin arriva a Parigi in marzo, ma anche la
Boulanger non lo accetta come allievo, per non ingabbiarne listinto. Resta
in Europa per circa tre mesi e ha occasione di immergersi nella vivacissima
vita musicale del tempo. Nella capitale francese conosce Milhaud, Stravinskij, Prokofev. Passa anche da Berlino, dove apprezza il teatro di cabaret e in particolare Die Dreigroschenoper (Lopera da tre soldi) di BrechtWeill. Incontra anche Schnberg e Berg, del quale ammira subito Wozzeck
e Lyrische Suite, nellinterpretazione del quartetto Kolisch. Scrive il poema
sinfonico Un americano a Parigi (An American in Paris) mescolando avanguardia europea con ingredienti afroamericani. Torna a New York con
tante nuove idee.
Nel frattempo, il successo di Show Boat e le necessit di aggiustamenti
impediscono a Kern di realizzare il suo Porgy and Bess. Al terzo tentativo, nel
1933 Gershwin ottiene da Heyward lautorizzazione ad attuare il progetto
che insegue ormai da cinque anni. Fin dallinizio vuol farne unopera nera,
con lo stesso spirito che il nero mago del ragtime Scott Joplin aveva in mente
per la sua incompiuta Treemonisha (1910). Si prepara con molto scrupolo.
Non gli basta lesperienza vissuta accanto a comunit nere quando, da giovane figlio dimmigrati ebrei ucraini, cresce nel quartiere povero di Brooklyn.
Neppure soddisfatto per aver presentato in teatro un breve dramma in stile
afroamericano nel 1922, Blue Monday. Nellestate del 1934, Gershwin passa
alcune settimane nei dintorni di Charleston, per conoscere meglio lambiente
in cui Porgy si svolge. Ira scrive i testi, lui compone rapidamente la musica.
Un anno dopo c il debutto, prima a Boston (30 settembre 1935) e poi a
Broadway (10 ottobre). Ci sono 124 recite, tante per una produzione dopera,

1935 Porgy and Bess 761

poche per un musical. Pubblico e critica sono perplessi. Pi della storia in s,


sconcerta la musica.
In s, un soggetto con amori difficili a sfondo razziale, in ambiente degradato e con linguaggio brutale un fattore di successo per Show Boat,
accettato anche per Porgy and Bess. Diverso il caso della musica. gradita
la forte presenza del patrimonio nero del blues, comune a entrambi i musical. Probabilmente i problemi sorgono a causa della diversa qualit della
musica bianca. Infatti, Kern ammorbidisce i suoi drammi con fox-trot
allamericana e valzer viennesi. Invece Gershwin inietta appena pu politonalit parigine (Stravinskij, Milhaud), cabaret berlinese (Weill), espressionismo e dodecafonia (Schnberg, Berg); riduce il parlato, accelera i ritmi, fa
urlare la strada. In Porgy and Bess non ci sono soltanto melodie alternate a
ballabili ma concertati di taglio verdiano, interazioni fra solisti e coro. Cose
che vanno bene allopera, ma turbano il musical leggero di Broadway. Summertime un raggio di sole in un inferno senza luce. Soltanto Im on my
way con cui Porgy si congeda partendo alla ricerca di Bess un inno alla
speranza.
Non c seguito immediato per Porgy and Bess. Conta la prematura scomparsa di Gershwin, due anni dopo. Conta anche la sua scelta di trasferirsi a
Hollywood e occuparsi di cinema. Prevalgono le riserve di chi trova lopera
troppo dura. Le riprese sono poche. La prima rappresentazione al Metropolitan Opera di New York arriva solo nel 1985, peraltro con successo moderato nonostante la direzione di James Levine e la presenza di ottimi cantanti
come Simon Estes e Grace Bumbry nei ruoli principali. Fuori da Broadway,
il seme di Porgy and Bess porta invece frutti importanti. Benjamin Britten
uno dei primi a cogliere le novit e a svilupparle nel suo Peter Grimes (1945).
Leonard Bernstein ne fa il calco musicale in West Side Story (1957) su una
vicenda ambientata a New York, rinnovando la storia di Romeo e Giulietta.
un altro caso di ibrido fra musical di Broadway (dove ha 732 repliche alla
prima uscita) e opera tradizionale, meno concentrata sui pezzi dassieme e
pi sui song individuali: Maria, Somewhere, Tonight. Il meccanismo
collaudato da Bernstein un anno prima con loperetta Candide: due atti
esilaranti tratti dalla novella di Voltaire, rapidi nellazione e scoppiettanti
nella musica. Lesordio a Broadway non buono (soltanto 73 repliche), ma
le successive revisioni e riprese le ritagliano un posto stabile nei circuiti operistici internazionali.
A Broadway, il musical procede sul solco di Show Boat. Kern continua a
mietere successi con le sue melodie (Smoke Gets in Your Eyes da Roberta,
1933) e finisce col dedicarsi alle colonne sonore di Hollywood. Richard
Rodgers raccoglie leredit musicale assieme al paroliere Oscar Hammerstein ii, il giovane librettista di Show Boat. La nuova coppia lavora molto

762 XI. Svolte a met Novecento

sulla trama e sulla coerenza dello spettacolo, fra singole canzoni e parti ballate. Il musical americano diventa una variante ammodernata dellopera verista italiana, nella versione raffinata e compiaciuta di Puccini. Firmato
Rodgers & Hammerstein nel 1943 esce Oklahoma!, il maggior successo di
Broadway di tutti i tempi: 2281 repliche nei primi cinque anni. Seguono
Carousel (1945), South Pacific (1949), The King and I (1951), The Sound of
Music (1959), altrettanti campioni dincasso, che diventano film di successo
e vendono milioni di dischi a lunga durata nel nuovo formato a 33 giri, con
capienza che sfiora unora intera. Il duo Rodgers & Hammerstein produce
anche Annie Get Your Gun (1946), altro clamoroso successo, per con testi
e musiche dellimmigrato russo Irving Berlin, autore di canzoni popolarissime (White Christmas) e del quasi inno nazionale God Bless America.
Fuggito alle persecuzioni naziste e alle disperazioni berlinesi, Kurt Weill,
lautore della musica di Die Dreigroschenoper, cavalca la voglia di romanticismo di Broadway con Lady in the Dark (1941, Ira Gershwin librettista), One
Touch of Venus (1943), Street Scene (1947), Down in the Valley (1949), Lost
in the Stars (1949). Cos, mentre la beffarda Moritat di Mackie Messer
entra nel repertorio di Louis Armstrong, e restano in voga le melodie degli
anni tedeschi Alabama Song e Surabaya Johnny, Weill conquista anche lAmerica di Broadway, con Speak Low e September Song. Il profugo tedesco
allievo di Busoni compete con Cole Porter e Irving Berlin, Kern e Gershwin.
La morte precoce gli impedisce il confronto con il nuovo mago del teatro
musicale leggero, linglese Andrew Lloyd Webber.
Figlio di musicisti, con impeccabile formazione classica, Lloyd Webber
conquista prima il West End di Londra e poi Broadway a New York (e infine
il mondo intero) con una mirabile sequenza di musical: Jesus Christ Superstar
(1970), Evita (1976), Cats (1981), The Phantom of the Opera (1986), Phantom (2010), grazie a eccellenti melodie originali o sapientemente rielaborate,
come il corale della bachiana Passione secondo san Giovanni.

Ascolti
G. Gershwin, Porgy and Bess, S. Rattle, London Philharmonic Orchestra, emi 1989
G. Gershwin, Gershwin Plays Gershwin: The Piano Rolls, Nonesuch 1993
J. Kern, Showboat, J. McGlinn, London Sinfonietta, emi 2006
R. Rodgers, O. Hammerstein ii, Classic Musicals: Original Motion Picture Soundtracks,
Angel 2001

1935 Porgy and Bess 763

Letture
G.H. Block, Enchanted Evenings: The Broadway Musical from Show Boat to Sondheim,
Oxford University Press, New York 1997
J. Peyser, The Memory of All That. The Life of George Gershwin, Hal Leonard, Milwaukee
2007
W. Schneider (a cura di), The Gershwin Style: New Looks at the Music of George Gershwin,
Oxford University Press, New York 1999

1936 Variazioni op. 27


Anton Webern

Nodi di rete Webern analista di Isaac Allievo e seguace


di Schnberg Riduzione al minimo Percezione analogica di realt digitali Leibowitz Eredi integralisti Boulez Stockhausen Cage Xenakis Notations
Il titolo preciso, ma anche fuorviante. Deve essere inteso in senso lato, non
in quello corrente di un tema seguito da un certo numero di variazioni. Infatti, al semplice ascolto, il tema non si riconosce, forse non esiste, oppure si
presenta in forme multiple prive di denominatori comuni. Potrebbe essere
la serie dodecafonica, costante in tutti i tre brevissimi movimenti in cui si
articola il lavoro. Per la serie compare nella sua forma originale solo allinizio del secondo movimento, Sehr schnell (Molto veloce), lultimo a essere
composto, il pi conciso, nel quale si riconoscono a fatica due variazioni. Nel
primo movimento, Sehr mssig (Molto moderato), si pu individuare una
sola variazione. Non aiuta a capire una lettera (datata 18 luglio 1936) dellautore, che definisce lappena terminato terzo movimento un tema con variazioni da inserire in una specie di suite in fase di elaborazione. Infatti, dopo
aver impiegato ben nove mesi per scrivere il terzo e ultimo movimento,
Ruhig fliessend (Calmo, scorrevole), Webern completa il primo movimento in poche settimane dagosto e gli servono altri tre mesi per scrivere il secondo, terminato il 5 novembre 1936.
Lo sforzo creativo di Anton Webern pare concentrato altrove, non sul
principio della variazione classica e neppure sulla serialit dodecafonica.
Neppure sul timbro, perch il pianoforte trattato nel pi classico dei modi,
usando la sola tastiera, senza percussioni estranee su legno e su cordiera.
Quasi per esclusione, si deduce che a Webern interessino i modi con cui le
note sono distribuite e i rapporti individuali che fra loro si vanno a instaurare. Le singole note diventano segnali isolati, raggruppabili in terne e quaterne, coerenti fra loro e soltanto estrapolate dallinsieme di dodici che la serie
completa. Sono nodi di una rete. Il taglio con il passato diventa assoluto, non
solo con larmonia tonale (che ormai non esiste pi), ma anche con il concetto di melodia, pur riconoscibile nelle opere contemporanee del suo maestro
Schnberg e rivendicate dal collega Berg. Unico legame residuo il metro,
fissato dalle stanghette che delimitano le battute e imbrigliano le dislocazioni ritmiche e le durate. In ogni battuta le note sono poche, distribuite nei
registri del pianoforte in modo che si evitino grumi, resti la trasparenza del

1936 Variazioni op. 27 765

suono, non si turbi limperante principio di simmetria. Ne risulta un insieme


di punti collegabili fra loro da altri punti immaginari, a costruire un contrappunto virtuale lasciato alla fantasia dellascoltatore, oltre che alla bravura
dellesecutore. Coglie nel segno Pierre Boulez quando scrive che Webern
deriva le forme della musica dal materiale di partenza.
Webern impiega un anno di lavoro per scrivere cinque minuti di musica
per pianoforte, senza distrazioni di alcun genere se non sparute lezioni private. Infatti, laccusa di degenerazione mossa alla sua arte riduce lattivit di
direttore di piccoli complessi che consente a Webern di campare in modo
decente fino al 1934. La lentezza tuttavia una sua caratteristica, fin dagli
esordi. Per natura schivo e determinato. Mentre Schnberg gli insegna a
comporre musica nuova, il musicologo Guido Adler gli impone di studiare
il passato. Webern ottiene nel 1906 il dottorato alluniversit di Vienna con
una tesi sul Choralis Constantinus del rinascimentale Isaac. Non sorprende
che, terminati gli studi da privatista con Schnberg (1908), attribuisca il
numero 1 nel catalogo ufficiale delle sue composizioni a una Passacaglia per
orchestra, ispirata al modello di Bach e scritta con straordinaria attenzione ai
timbri strumentali, oltre che alla simmetria delle forme. Nel successivo quarto di secolo, Webern segue, con il suo innato rigore, i percorsi di Schnberg,
prima nellatonalit poi nella dodecafonia. Se ne sta in disparte, senza esporsi, esprimendosi nelle piccole forme. Durano meno di un minuto ciascuno i
6 Stcke per grande orchestra op. 6 (1909) e hanno dimensione temporale
analoga i 5 Stcke per orchestra op. 10 (1913). Ancora pi brevi sono i 4
Stcke per violino e pianoforte op. 7 (1910), i 3 Kleine Stcke per violoncello
e pianoforte op. 11 (1914) e le 6 Bagatellen per quartetto darchi op. 9 (1913)
che, assieme alle numerose raccolte di Lieder e altre cose vocali, si susseguono nel periodo atonale.
Il periodo dodecafonico di Webern inizia poco dopo i primi esperimenti
di Schnberg, con il fulminante Trio per archi op. 20 (1927) e continua con
la Sinfonia per orchestra da camera op. 21 (1928). Webern diventa amico
della poetessa Hildegard Jone e utilizza i suoi testi per applicare alla voce la
nuova tecnica, fra laltro espandendo la dimensione temporale, con la Seconda cantata op. 31 che supera la durata critica di dieci minuti. Webern legge
la dodecafonia a modo suo. Vede i dodici suoni della serie come un insieme
scomponibile in segmenti dotati di caratteristiche proprie e uniti da comuni
princpi di simmetria. Pertanto lapplicazione delle quattro versioni della
serie (originale, retrograda, speculare, retrograda della speculare) consente
una moltiplicazione esponenziale delle possibili permutazioni e la conseguente necessit di selezionarne gli sviluppi. Lultima cosa che Webern vuole la proliferazione incontrollata di frammenti automatici e privi di significato. La sua ricerca di compiutezza formale trova un punto di arrivo proprio

766 XI. Svolte a met Novecento

nelle Variazioni op. 27, fluide e conseguenti anche se i tempi e i modi della
realizzazione contraddicono ogni presupposto strutturale. Webern scrive
prima il terzo movimento, continua con il primo, chiude con il secondo, che
sta alla base del tutto. Ama citare una metafora di Goethe: larte come un
albero in natura, in centro sta un tronco le cui radici nascoste sono speculari
ai rami visibili, alle loro foglie, ai loro fiori. Il moderno concetto di frattale
aiuta a leggere le Variazioni op. 27 come tre percezioni analogiche di altrettante realt digitali differenti. Succede cos anche nel Quartetto op. 28
(1938), nelle Variazioni per orchestra op. 30 (1940), nelle due cantate per
solista, coro e orchestra op. 29 (1939) e op. 31 (1943).
Webern sviluppa queste sue ultime sperimentazioni in totale isolamento.
Schnberg fugge allavvento del nazismo nel 1933. Il collega Berg muore nel
1935. Rimasto solo in una Vienna incorporata nel Terzo Reich, affascinato
dallespansionismo pangermanico, ma sempre emarginato dalla nomea di
artista degenerato, Webern non ha interlocutori e scrive sempre meno. Sfollato nel salisburghese, viene ucciso per errore da un militare americano a
guerra ormai finita, nel settembre 1945. Trova il suo mentore in Ren Leibowitz, polacco trasferito a Parigi, compositore, direttore dorchestra, pubblicista, autore del libro Schnberg et son cole (1947) che ha subito grande
influenza sulle nuove generazioni cresciute sotto lincubo della guerra. Proprio perch ascetico e radicale, Webern diventa il modello per chi vuole
rompere tutti i ponti con il passato. Il giovane Boulez ne esalta la figura nei
numerosi articoli che pubblica su riviste davanguardia, arrivando alleccesso di insultare il fondatore della dodecafonia. Intitola Schnberg morto un
testo del 1951, che non un necrologio ma un processo postumo. Condanna
la ricerca di continuit con la tradizione tonale perseguita dal maestro; la sua
dodecafonia intesa come evoluzione e non come rottura, quando, secondo
Boulez e la sua cerchia, la nuova musica non pu che nascere da zero e guardare solo al futuro. lo spirito del tempo. Calata la cortina di ferro, iniziato
il tempo della guerra fredda, anche in Unione Sovietica, il commissario politico Andrej danov e il musicista integrato Tikhon Khrennikov accusano
ostakovi e Prokofev di scrivere musica incoerente con le necessit del
popolo che dicono di rappresentare.
Sul piano della composizione musicale, la mancanza di passato (tardopieno- pre-romantico, neoclassico, nazionale, popolare) e lastratta digitalizzazione della serie dodecafonica di Webern suggeriscono a Boulez la tempesta di note e le acrobazie ritmiche della sua Seconda sonata per pianoforte
(1948). Tuttavia spetta al maestro di Boulez, Messiaen, il merito di individuare la chiave per uno sviluppo vero della lezione di Webern, in particolare
quella delle Variazioni op. 27. Nella raccolta pianistica Mode de valeurs et
dintensits, Messiaen fa precedere il testo musicale da una tabella in cui

1936 Variazioni op. 27 767

sono fissate le altezze di 36 (12 x 3) note e di 24 (12 x 2) loro possibili durate


da eseguire secondo 12 modi di attacco e 7 livelli dinamici. una maniera di
definire un insieme di oggetti musicali da cui derivare una serie di costruzioni, con la libert di combinarli allinterno di unimmanente garanzia di razionalit. il sogno di tutti i teorici della musica, da Pitagora in poi. il sogno
di assiomi e di teoremi di tutti i matematici alle prese con numeri interi,
frazionali, reali, irrazionali, immaginari. Resta per un sogno. Dopo Mode,
Messiaen abbandona lillusione della razionalit, si concentra sulla raccolta
e la valorizzazione (al pianoforte, nella musica da camera, nellorchestra), del
canto degli uccelli nostrani ed esotici. Continua la traduzione in musica della sua intuizione teologica.
Boulez conosce bene i limiti della matematica, compreso il teorema
dellincompletezza di Kurt Gdel che certifica lesistenza inevitabile di contraddizione allinterno dei sistemi formalizzati. Infatti, continua a sostenere
la necessit di elaborare tabelle numeriche e matrici combinatorie ben prima
di scrivere note sul pentagramma. Per, da saggio artigiano, lascia spazi di
libert (10%, 20%, di pi) entro i quali muoversi fra le griglie delle tabelle,
dopo verifica del concreto risultato auditivo. Infatti, di rado Boulez descrive
il razionale delle sue composizioni e ancor pi raramente lo completa, in
unubriacante sequenza di work in progress. Per prescrive rigore e coerenza
agli allievi che seguono i suoi corsi negli incontri estivi di Darmstadt, sponsorizzati prima dagli occupanti militari americani e poi da una Germania
federale ansiosa di chiudere con lingombrante passato, anche musicale.
Dunque: niente pi legami con latonalit, perch rischia di ricordare il cromatismo e dunque Wagner e i richiami nazisti, men che meno residui romantici, bando alle emozioni, e cos via. Meglio puntare sul razionale, sulle simmetrie di Webern e sulle tabelle di valori e dintensit di Messiaen, con i
modi dinamici da ampliare da sette a dodici, quante sono le note
dellartificiale sistema temperato.
Su analoghi sistemi di riferimenti si muove Karlheinz Stockhausen, la cui
serie di Klavierstcke per pianoforte assorbe, dissolve e ricrea regole apodittiche, pur con invenzioni che hanno grande efficacia (se eseguite da ottimi
interpreti) come la geniale catena di ribattiture di un singolo accordo in
Klavierstck ix (1962). Lidea fissare una specifica quantit e qualit di
suono, chiedendo allinterprete di non alterarla, pur nellestrema variabilit
di un ritmo governato dalla serie di Fibonacci. Si sottintende limpossibilit
fisica di rispettare la prescrizione e ci si aspetta la comparsa dimprevedibili
e irrazionali microfenomeni acustici. una tappa centrale nel progetto che
Stockhausen elabora in dettaglio: 21 Klavierstcke distribuiti in gruppi di
4+6+1+5+3+2 ciascuno con tema da svolgere, razionale e progressivo
secondo disegni, matrici e architetture subito predisposti. Il primo gruppo

768 XI. Svolte a met Novecento

di quattro Klavierstcke esplora la natura puntuale delle singole note ed


completato in febbraio e marzo 1952. Pi lunga e diversa dal piano originario la successiva sestina, che cerca di inventare nuove forme di organizzazione in grado di reggere durate pi lunghe. La matrice per i sei nuovi pezzi
funziona abbastanza per i primi quattro (v-viii, scritti nel 1954), ma diventa
insoddisfacente per gli ultimi due. Klavierstck ix e x sono completati solo
nel 1961, dopo varie revisioni, applicate anche ai pezzi precedenti. invece
precedente Klavierstck xi (1957), uno dei pi famosi per il titolo Struttura
polivalente e per essere fatto di 19 frammenti da eseguire partendo in un
punto a scelta dellesecutore, per rispettando stringenti e complesse indicazioni ritmiche. La casualit del risultato si sposa con la rigidit delle regole operative.
Nel 1962 Stockhausen abbandona il pianoforte anche perch impegnato
nelle sperimentazioni elettroniche e spaziotemporali su grandi volumi di
suono. Ha un ruolo importante John Cage, che nel 1951 inizia a comporre
seguendo una tabella che trasferisce in parametri musicali le frasi sibilline
estratte a caso dal testo divinatorio cinese I Ching. Il meccanismo di applicazione lampante, il materiale di partenza aleatorio, il risultato finale imprevedibile. Cage si appoggia alla filosofia orientale per accettare lirrazionale.
Invece Stockhausen e Boulez provano a controllare a priori tutti i parametri
musicali e confermano limpossibilit di dominare il caso per via numerica,
come gi ben dimostrato dai matematici occidentali. Invitato a Darmstadt,
nellautunno del 1958, Cage espone il suo punto di vista in lezioni e seminari: minimizza le certezze della digitalizzazione integrale, insinua i dubbi
dellanalogia, suscita scalpore. Esce rasserenato Iannis Xenakis, larchitetto
greco trasferitosi in Francia per studiare musica con Messiaen, che vede
nella statistica lideale strumento di gestione di insiemi caotici, inventa la
musica stocastica, per realizzare le sue partiture si serve di teoria degli insiemi e teoria dei giochi, elaborati di computer e algebra di Boole. Esemplare
la sua composizione desordio, Metastaseis per 61 strumenti (1958): usa la
serie di Fibonacci per scegliere e disporre le note, elaborando la costruzione
con espliciti riferimenti alla relativit del tempo di Einstein e alla progettualit razionale di Le Corbusier. Pi tardi, Stockhausen scopre che due allievi
di Cage hanno gi provato anni prima, nel 1953, la teoria della forma mobile
o polivalente del suo Klavierstck xi, pur da altri presupposti e con assai
minore complessit ritmica. Twenty-Five di Earle Brown mette a disposizione 25 fogli di musica da far eseguire su un insieme di pianoforti (da 1 a 25)
da un numero variabile (da 1 a 25) dinterpreti che possono scegliere da
quale foglio partire e con quale continuare. Morton Feldman scrive che il suo
brano Intermission 6 per due pianoforti pu iniziare da qualunque nota dei
cinque frammenti annotati su un singolo foglio di musica.

1936 Variazioni op. 27 769

Linattesa convergenza sullinevitabilit del caso con la scuola americana


di Cage convince gli europei di Darmstadt che lidea della pianificazione
totale del materiale sonoro in una composizione musicale, cio la serializzazione integrale, porta in un vicolo cieco. Boulez e Stockhausen si concentrano su altro. Il francese simpegna sempre pi nella direzione dorchestra, con
grandi risultati nel repertorio moderno, tardoromantico, wagneriano; immagina nuove composizioni, si prodiga come didatta, nel 1976 convince il
presidente Georges Pompidou a finanziare il centro di studi ircam a Parigi,
che sforna tecnologie originali e nuovi autori, fonda e guida il gruppo di
esecutori specializzati Ensemble Intercontemporain. Stockhausen si getta in
sperimentazioni su scala sempre pi vasta, imperniata sul progetto cosmico
teatrale Licht (1977-2004). La bella idea di continuare il principio di economia di mezzi e di valorizzazione della fantasia di Webern passa in altre mani.
Litaliano Berio dedica al pianoforte lavori di cristallina trasparenza (Six
Encores, 1990; Sonata, 2001), lungherese Gyrgy Kurtg prosegue frazionando i suoni con la pazienza del distillatore provetto (Splinters, 1978), lamericano Elliott Carter esplora il suono notturno come gli antichi romantici
(Night Fantasies, 1980).
Dopo un intervallo di ventanni, Stockhausen riprende il titolo Klavierstcke e fra 1981 e 2004 ne scrive altri otto. Non ci sono relazioni con i precedenti undici e nemmeno un piano preciso che li leghi. Invece c scambio
di materiali con il mastodontico polittico teatrale Licht. Boulez lascia in sospeso la sua Sonata n. 3, iniziata nel 1955. Dopo aver trasferito le giovanili
Notations (1945) allorchestra negli anni settanta, torna al pianoforte solo nel
1994 con Incises, che rielabora nel 2001, dopo averne ripreso alcuni elementi in Sur Incises (1996-) per 3 pianoforti, 3 arpe e 3 gruppi di percussioni disposti in modo da creare riverberi e frammenti di suono, alla ricerca della
polvere di cristallo trovata cinquantanni prima da Anton Webern.

Ascolti
A. Webern, Variations op. 27, in Maurizio Pollini Edition, M. Pollini, dg 2001
A. Webern, Complete Works opp. 1-31, P. Boulez, Sony 1991
K. Stockhausen, Klavierstcke i-xiv, E. Corver, Stockhausen-Verlag 2000

Letture
A. Webern, Il cammino verso la nuova musica, se, Milano 2006
K. Bailey, The Life of Webern, Cambridge University Press, Cambridge 1998
W. Kolneder, Webern, Rusconi, Milano 1996

1938 Aleksandr Nevskij


Sergej Prokofev

La battaglia sul ghiaccio Cantata patriottica e film di


propaganda Prokofev torna Pierino e il lupo Prima colonna sonora jzentejn Hollywood Korngold
Rzsa Waxman Eisler Previn Tiomkin Rosenman Williams Rota Morricone Nyman Glass
Il momento culminante della cantata Aleksandr Nevskij sta nella Battaglia
sul ghiaccio. Prokofev mobilita lintero armamentario di risorse musicali
accumulato in oltre un quarto di secolo di composizione per teatri e sale da
concerto negli Stati Uniti, in Europa oltre che nella nativa Russia. La partitura richiede una grande orchestra, un mezzosoprano solista e un complesso
corale adeguato. Le forze contrapposte hanno un suono diverso: accattivante e gradevole per le truppe amiche, stridente e fastidioso per quelle nemiche. Il canto che accompagna le truppe russe ha un tono popolare, forte e
dolce; quello degli invasori teutoni greve e meccanico. Da una parte risuonano archi e melodie, dallaltra rispondono ottoni e cacofonie. I momenti
dello scontro fra cavalleria pesante e fanteria contadina portano sovrapposizioni politonali. La narrazione del coro ovviamente partigiana. Il ghiaccio
che si spezza e il lago gelato che inghiotte i crociati invasori sono i momenti
di maggior giubilo.
Attorno al pezzo forte, Prokofev dispone gli episodi che narrano la preparazione della battaglia e le sue conseguenze, con una scelta di tempi e
modi sperimentati in opere e balletti del suo periodo occidentale in Francia e nel resto del mondo. Nella cantata, La battaglia sul ghiaccio occupa
il quinto posto. La precede unintroduzione per sola orchestra (La Russia
sotto il giogo mongolo). Il successivo coro Il canto di Aleksandr Nevskij
racconta del principe che sconfigge gli invasori svedesi sulle sponde del fiume Neva. Quindi dalla lingua russa si passa al latino dellinno medioevale
Peregrinus expectavi sostenuto da truci suoni di tromboni: sono i crudeli
cavalieri teutoni che, dopo aver devastato la citt di Pskov, si preparano a
muovere verso il cuore della patria russa. Nella quarta parte, lincitazione
Sollevati popolo russo ha la melodia semplice dellepica popolare e la retorica della grande orchestra. Dopo lo scontro sul lago ghiacciato, si alza il
canto accorato di una ragazza che vaga sul campo di battaglia e cerca il fidanzato in mezzo alle vittime e ai feriti. Nel settimo e ultimo episodio, il condottiero vittorioso entra da liberatore a Pskov, accompagnato da una musica

1938 Aleksandr Nevskij 771

trionfale che si riannoda alliniziale Canto di Aleksandr Nevskij, a suggerire la continuit delle gesta delleroe.
Quando scrive la cantata Aleksandr Nevskij, Prokofev vive da tre anni a
Mosca. Il rientro da Parigi una libera scelta. La partenza del 1918 non una
fuga dal bolscevismo, ma un espatrio autorizzato dal governo rivoluzionario.
Nel dopoguerra Prokofev risiede a Parigi per mantiene regolari rapporti
con la madre patria. Nel 1929 trascorre alcuni mesi in Unione Sovietica per
visitare amici, ricevere onori, presentare musiche sue. Crede di sapere cosa
lo aspetti nel 1935, quando decide di rientrare. Sa bene che, nellantico Paese diventato nuovo, agli artisti richiesto di contribuire alleducazione del
popolo, evitando formalismi moderni e legami col passato. Appena arrivato
a Mosca, mette il suo talento al servizio della missione politica. Si appoggia
alla tradizione favolistica popolare e scrive quel capolavoro di equilibrio fra
innovazione e conservazione che il melologo Pierino e il lupo, con un narratore che racconta una bella storia e una piccola orchestra che sostiene con
simpatica ironia. Curioso come sempre per i nuovi mezzi di comunicazione,
Prokofev accetta di collaborare con il regista cinematografico Sergej
jzentejn e di scrivere la colonna sonora per il film sulla storia del principe
Aleksandr, detto Nevskij perch vince gli svedesi sul fiume Neva e batte nel
1242 la cavalleria teutone sul ghiaccio di primavera del lago Peipus.
Non la prima volta che Prokofev scrive per il cinema. Nel 1933 compone la colonna sonora per uno dei primi film sonori sovietici, Il tenente Kij
del regista Aleksandr Fajncimmer. conquistato dalla storia che il linguista
Jurij Tynjanov scrive con lo stile di Aleksandr Pukin e Nikolaj Gogol mettendo alla berlina la stupidit della burocrazia russa antica e moderna. Segue
incuriosito le riprese a Leningrado, studia caratteri e movimenti dei personaggi, prende appunti. Scrive 16 brevi quadri musicali, semplici ma non
banali, zeppi di eleganze e ironie. Lanno dopo ne ricava una suite sinfonica
in quattro tempi, subito accolta con grande favore. un approccio opposto
a quello, tutto teorico, di Schnberg, che prima scrive un trittico sinfonico e
poi prova ad applicarlo a un film che ancora non c. Nel 1927 inizia e nel
1930 termina Musica daccompagnamento cinematografico per orchestra, tre
momenti musicali in cerca di un regista cinematografico che li usi come
sfondo per altrettante situazioni topiche e generiche, buone anche per film
muti: minaccia, paura, catastrofe. Impiega la nuova tecnica dodecafonica.
Lesperimento non ha sviluppi immediati, perch la dodecafonia approda a
una vera colonna sonora soltanto negli anni cinquanta, per accompagnare
film dellorrore e dellangoscia, come preconizza Schnberg.
La musica da film nasce tuttavia prima della colonna sonora. Fin dagli
albori previsto che la proiezione di un film muto, a corto o lungo metraggio,
sia accompagnata dalla musica. Di regola basta un pianoforte verticale posto

772 XI. Svolte a met Novecento

sotto lo schermo, con il pianista che osserva lazione e muove le dita secondo
definite categorie espressive, peraltro gi riassunte nel melologo Enoch Arden di Richard Strauss. Anche il giovane ostakovi si paga gli studi al conservatorio suonando nei cinema di San Pietroburgo. Nelle sale pi ricche
pu suonare perfino unorchestrina. A Parigi, Saint-Sans uno dei primi a
intuire le potenzialit della musica da film e gi nel 1908 scrive un sonoro di
18 minuti per LAssassinat du Duc de Guise, interpretato da attori della
Comdie-Franaise, primo successo internazionale del cinema francese.
Non da meno Erik Satie, che nel 1924 firma la musica per il balletto dadaista Relche di Francis Picabia che prevede anche lintermezzo Entracte,
un filmato surreale di una ventina di minuti girato da Ren Clair.
Lavvento del cinema sonoro (1929) calamita linteresse di alcuni reduci
del Gruppo dei sei (Auric, Tailleferre, Honegger, Milhaud) e segna una svolta nella cinematografia francese fra le due guerre. In Italia si distingue subito
la musica ritmicamente vivace, melodica e tonale di Nino Rota, che dal 1933
compone un centinaio di colonne sonore per i maggiori registi italiani. La
nuova tecnologia rende il cinema ancora pi popolare e convince i governi
dittatoriali europei a sfruttarla con obiettivi propagandistici. Si distingue
lUnione Sovietica, che mobilita i suoi migliori talenti. Uno dei primi appunto Prokofev. Il tenente Kij ha subito successo, sia come colonna sonora
sia come suite sinfonica in quattro movimenti. Ottima anche laccoglienza
al cinema del film Aleksandr Nevskij con la sua importante colonna sonora
fatta di 18 numeri dai quali sono derivati i 7 della cantata sinfonica. Trionfa
in sala da concerto pure la cantata, eseguita per la prima volta alla Filarmonica di Mosca il 17 maggio 1939, diretta dallo stesso Prokofev in una serata
dedicata al sessantesimo compleanno di Stalin. Film e cantata spariscono
dalla circolazione poche settimane dopo, quando viene firmato il patto di
non aggressione fra Hitler e Stalin. Tornano come inni alla grande guerra
patriottica nel 1941, quando i tedeschi ridiventano nemici, come prima della
Rivoluzione dottobre, come nel lontano Medioevo.
Finita la guerra, dissolti i temi propagandistici, archiviate le tecniche di
montaggio e di ripresa, resta viva la musica intensa e talvolta fracassona di
Aleksandr Nevskij. Il suo valore sta nella capacit di Prokofev di raccontare
situazioni e personaggi con un linguaggio diretto e universale, forte di una
consolidata esperienza teatrale e ancor pidelle sue radici russe, mai dimenticate durante i viaggi in America, la residenza in Francia, i concerti in Europa, la difficile vita in Unione Sovietica. Non banale cosmopolitismo quello
che rende Aleksandr Nevskij una delle pi importanti musiche dedicate al
cinema secondo una prospettiva classica, non commerciale. un solido
punto di partenza per il tanto che viene dopo, in Unione Sovietica e ancor
pi nel resto del mondo.

1938 Aleksandr Nevskij 773

Prokofev collabora ancora col regista jzentejn completando nel 1945


la colonna sonora di Ivan il Terribile, che circola postuma anche come cantata/oratorio/balletto. Sempre in Unione Sovietica, fra 1932 e 1962, Aram
Khaaturjan compone una ventina di colonne sonore. Ancora pi attivo
ostakovi, che inizia nel 1928 con musiche per un film muto e continua con
grande regolarit fino al 1970 per un totale di 36 partiture per altrettante
pellicole. I soggetti sono diversi, bilanciati fra impegno politico (La caduta di
Berlino, 1949; Cinque giorni, cinque notti, 1960) e stimolo classico (Amleto,
1964; Re Lear, 1970), con una musica molto attenta ai movimenti sullo schermo, al solito aguzza e graffiante.
Il principale polo di attrazione diventa comunque Hollywood, dove convergono non solo i massimi calibri americani (Jerome Kern, Cole Porter, Irving Berlin, George Gershwin) ma anche molti europei emigrati allavvento
del nazismo e stimolati dai ricchi onorari. Uno dei primi Erich Wolfgang
Korngold, proveniente dal defunto impero austroungarico. Nato a Brno,
allievo di Zemlinsky a Vienna, precocissimo autore dellopera in stile tardo
wagneriano Die tote Stadt (1920) e ottimo arrangiatore di opere, parte per
Hollywood nel 1934 e diventa ricco scrivendo colonne sonore per film di
successo: Captain Blood (1935), The Prince and the Pauper (Il principe e il
povero, 1937), The Sea Hawk (1940), Of Human Bondage (Schiavo damore,
1946). Korngold non dimentica le origini: scrive opere teatrali e sinfoniche,
molta musica da camera, soprattutto un Concerto per violino e orchestra
(1945), bello e romantico, tuttora in repertorio. Compete con lungherese
Mikls Rzsa, formatosi ai conservatori di Budapest e Lipsia, introdotto alla
musica per film da Honegger. Arriva a Hollywood nel 1939 e per trentanni
protagonista del grande cinema: Asphalt Jungle (1950), Quo Vadis (1951),
Ben Hur (1959), El Cid (1961), Eye of the Needle (1981).
Folta la schiera dei tedeschi che arrivano dalla Germania nazista. Franz
Waxman si forma nei primi anni trenta a Berlino collaborando allAngelo
azzurro (1930), si ferma in Francia e lavora con Fritz Lang (Liliom, 1934).
Arriva negli Stati Uniti nel 1935, compone per Alfred Hitchcock (Rebecca,
1940; Suspicion, Il sospetto, 1941; Rear Window, La finestra sul cortile,
1954), ottiene due premi Oscar consecutivi con Sunset Boulevard di Billy
Wilder (1950) e A Place in the Sun (Un posto al sole) di George Stevens
(1951), regala ai violinisti classici quel pezzo di bravura in sala da concerto
che Carmen Fantasie, dal film Humoresque (1946). Kurt Weill, reduce dai
trionfi berlinesi di Die Dreigroschenoper (Lopera da tre soldi), presto apprezzato a Broadway e collabora con il cinema di Fritz Lang (You and Me,
1938). Hanns Eisler, allievo di Schnberg, scrive con il filosofo musicista
Theodor Wiesengrund Adorno un trattato sulla musica per film ed candidato allOscar per la colonna sonora del celebrato Hangmen also Die! (An-

774 XI. Svolte a met Novecento

che i boia muoiono, 1943) con sceneggiatura di Bertolt Brecht e regia di


Lang. La carriera americana di Eisler termina con la guerra fredda: nel 1948
accusato di comunismo e attivit antiamericana e ripara nella Repubblica
Democratica Tedesca, dove riprende la collaborazione con Brecht. Tedesco
di nascita ma americano di formazione, Andr Previn inizia proprio dal cinema la sua polivalente carriera di pianista, jazzista, operista, direttore
dorchestra ai massimi livelli. Conquista Oscar come traspositore di celebri
musiche altrui: Porgy and Bess (da Gershwin, 1959), Kiss me Kate (da Porter,
1953), Kismet (da Borodin, 1953), My Fair Lady (1964), Jesus Christ Superstar (da Lloyd Webber, 1970).
Dimitri Tiomkin scappa dalla Russia diventata sovietica. Gi allievo di
Glazunov al conservatorio di San Pietroburgo e di Busoni a Berlino, si stabilisce a Parigi ed il primo solista in Europa nel concerto per pianoforte di
Gershwin. Approda a Broadway nel 1931 e inizia una meravigliosa carriera
grazie a circa 140 colonne sonore di film indimenticabili: Lost Horizon (Orizzonti perduti, 1939) e Its a Wonderful Life (La vita meravigliosa, 1946) di
Frank Capra, Duel in the Sun (Duello al sole, 1946) di King Vidor, Red River
(Il fiume rosso, 1948) e Rio Bravo (1959) di Howard Hawks, High Noon
(Mezzogiorno di fuoco, 1952) di Fred Zinnemann, Gunfight at the O.K. Corral (Sfida allO.K. Corral, 1957) di John Sturges. Riesce perfino a infiltrarsi in
una colonna sonora altrui: succede con il motivo conduttore della serie televisiva Rawhide che entra di prepotenza in The Blues Brothers (1980) di John
Landis.
Nel secondo dopoguerra sono numerosi gli autori americani di nascita e
classici per formazione che si dedicano alla musica per il cinema. Hollywood
attira Aaron Copland (Of Mice and Men, Uomini e topi, di Lewis Milestone,
1939; The Heiress, Lereditiera, di William Wylder, 1949) e Leonard Bernstein (On the Waterfront, Fronte del porto, di Elia Kazan, 1954). Celebra con
nove premi Oscar lallievo di Schnberg, ma fedele alla tonalit, Alfred
Newman. Un altro allievo di Schnberg (e di Luigi Dallapiccola), il dodecafonico convinto Leonard Rosenman, scrive per East of Eden (La valle dellEden, 1955) e Rebel Without a Cause (Giovent bruciata, 1955) partiture tali
da convincere John Adams a ricavare, dirigere e incidere una doppia suite
orchestrale nel 1995. Nei decenni successivi Rosenman attenua la durezza
del suono e vince due premi Oscar elaborando classici europei per Barry
Lindon di Stanley Kubrick (1975) e tristi ballate americane di Woody
Guthrie per Bound for Glory (Questa la mia terra) di Hal Ashby (1977).
Negli anni settanta Hollywood scopre il filone dei film ciclici, con personaggi che tornano, impegnati in azioni e ambienti sempre pi spettacolari. Il
successo delle saghe Indiana Jones e Star Wars anche merito delle colonne
sonore costruite con la tecnica wagneriana del Leitmotiv. Lo straordinario

1938 Aleksandr Nevskij 775

orchestratore in stile neostraussiano John Williams forma coppie vincenti


con i registi Steven Spielberg e George Lucas, a coronamento di una carriera iniziata dopo gli studi alla Juilliard School di New York e negli anni sessanta alla scuola hollywoodiana di Waxman e Newman. La stretta collaborazione con i registi David Cronenberg, Martin Scorsese e soprattutto con
Peter Jackson (la trilogia The Lord of Rings, Il signore degli anelli, 2001-03)
fa la fortuna di Howard Shore, che nel 2008 trasforma in opera teatrale il
soggetto di The Fly (La mosca).
Fuori da Hollywood, nel dopoguerra hanno successo planetario le ironie
e le leggerezze della musica neoclassica di Nino Rota per Federico Fellini,
mentre la collaborazione con Francis Ford Coppola alla saga del Padrino gli
fa vincere lOscar nel 1975. Ennio Morricone fa parte del gruppo dimprovvisazione Nuova Consonanza di Roma e conosce bene le avanguardie radicali e sperimentali degli anni sessanta, da Cage a Stockhausen. Riesce a inventare suoni indimenticabili per le storie e i personaggi di grandi registi,
italiani e stranieri, con particolare simpatia per quelli di Sergio Leone.
Spesso sono gli stessi registi a costruirsi le colonne sonore. Un pioniere
Charlie Chaplin, che addirittura se le compone. Un assertore convinto
Luchino Visconti, forte della sua familiarit con il repertorio classico. Non
da meno linglese Stanley Kubrick, pi orientato sul Novecento. Alain Resnais accoglie Hans Werner Henze. La Nouvelle vague (1990) di Jean-Luc
Godard sceglie Paul Hindemith.
Il compositore francese Maurice Jarre, allievo del conservatorio di Parigi
e attento alle nuove tecnologie elettroacustiche, trova simbiosi con le regie
dellinglese David Lean. Il minimalista inglese Michael Nyman collabora con
quasi tutti i film del compatriota Peter Greenaway e ottiene il suo maggiore
successo con The Piano (Lezioni di piano) di Jane Campion (1993), oltre a
firmare dozzine di altre colonne sonore con il suo stile pianistico ripetitivo e
la sua collaudata band. Il neoimpressionista Tru Takemitsu scrive le musiche per Ran (1985) di Akira Kurosawa. Lavanguardia estrema irrompe nel
grande cinema con Martin Scorsese che, per la schizofrenia di Shutter Island
(2010), sceglie le sperimentazioni di Scelsi, Cage, Feldman, Eno, Ligeti,
Penderecki. Fioccano le richieste al minimalista Philip Glass e a suoi colleghi
pi giovani. Come dire che i lunghi decenni di prove nelle nicchie del cinema
dautore, dei documentari, della pubblicit hanno aperto la via della musica
del Novecento alle grandi produzioni del terzo millennio; e che i fischi in
sala da concerto sono ormai sostituiti dagli applausi al cinema.

776 XI. Svolte a met Novecento

Ascolti
S. Prokofiev, Aleksandr Newski, etc., C. Abbado, London/Chicago Symphony Orchestra,
dg 1995
D. Shostakovich, The Film Album, R. Chailly, Royal Concertgebouw Orchestra, Decca
1999
N. Rota, Film Music, G. Gelmetti, Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo, Capitol
1992

Letture
G. Morelli, Prima la musica, poi il cinema. Quasi una sonata: Bresson, Kubrick, Fellini,
Gal, Marsilio, Venezia 2011
M. Cooke, A History of Film Music, Cambridge University Press, Cambridge 2008
S. Prokofev, Diario. Viaggio in Bolscevisia, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1991

1942 Sinfonia n. 7 op. 60 Leningrado


Dmitrij ostakovi

Ciaccona/passacaglia con aggregazione timbrica da


Bolro Il primo ostakovi Quinta sinfonia Attorno allassedio di Leningrado Arma di propaganda
Sinfonie tedesche di met Novecento Sinfonie per orchestre americane Il mondo francese Fioritura inglese
Volumi doltrecortina Lultimo ostakovi
Un colossale crescendo domina lintera, enorme partitura. collocato al
centro del primo movimento. Compare quasi allimprovviso, dopo che per
circa sei minuti gli strumenti dellorchestra, divisi in piccoli gruppi, si limitano a scambiare segnali, senza velleit dialettiche e senza costruttivismi
polifonici, solo accostando colori e varianti melodiche. Non ci sono accenti drammatici. Semmai qualche malinconia pastorale nasce dagli assoli di
flauto, oboe e violino. Il crescendo attacca in pianissimo, annunciato da un
tamburo lontano, che per lintero episodio rulla un segmento ritmico di
due battute. Su questo frammento costruito un ostinato di dodici battute
ripetuto dodici volte per un totale di dodici minuti (circa: dipende dalle
interpretazioni). Al rullo del tamburo si associa subito un secondo rintocco
accompagnante, affidato ai bassi, pure persistente fino alla conclusione.
Man mano che il discorso procede, al tamburo singolo se ne aggregano
altri, di maggiori dimensioni, e si rafforza il secondo rintocco. La melodia
principale esposta dallo staccato di violini. Il flauto la riprende, si aggiunge lottavino, si trasforma in dialogo fra fagotto e oboe. Entrano gli ottoni,
poi clarinetto, archi e altri archi ancora, pi altri ottoni. I tre ultimi segmenti sono mobilitazione generale: il gioco della coppia oboe-fagotto distorce
la melodia, si alza il rombo degli ottoni, laccompagnamento incombe, il
passo diventa militare, il tamburo continua imperterrito, assieme a grancassa, piatti, gong e altre percussioni in sincope. La sovrapposizione di
nuovi ostinati diventa informale fragore. il momento della perorazione
che riprende i fili iniziali e torna alla dimensione cameristica dopo lorgia
sinfonica. Il clima per cambiato. Lapparente serenit iniziale diventa
reale allucinazione. Il clarinetto basso sussurra su un pizzicato grave. Si
aggiungono controcanti e controritmi, canoni e inversioni, passaggi di registro, moti contrari. Torna improvviso il tema del crescendo, mitigato per
da un cantabile acuto dei violini; resta isolato il rullo del tamburo. Il passato incombe.

778 XI. Svolte a met Novecento

La costruzione musicale trasparente. Utilizza lantico procedimento


della ciaccona/passacaglia rinnovato dalla sua recente rivisitazione timbrica
nel Bolro di Ravel. Ambigua invece linterpretazione. Il sottotitolo Leningrado attribuito allintera Settima sinfonia, la tragedia dellassedio nazista, le
prime dichiarazioni dellautore legano il grande crescendo agli eventi bellici
e drammatici del tempo, al terrore dellinvasione teutone, come ai tempi di
Aleksandr Nevskij. Pertanto, il primo movimento riflette liniziale serenit
del popolo russo sconvolta dallavvicinarsi del nemico storico, la cui sconfitta lascia tuttavia strascichi indelebili. Soltanto la dolorosa cognizione
della catastrofe della guerra e il forte impegno per la pace (secondo e terzo
movimento) portano alla vera liberazione, con il popolo che si rialza e torna
alla gioia (ultimo movimento). Nel finale, riappare il motivo dellinvasione,
ma appunto sommerso dal tripudio di trombe e violini, sostenuto da piatti e grancassa, come nel finale della Quinta sinfonia. ostakovi appare cos
lartista del popolo sovietico, finalmente allineato con i dettami della politica culturale di Stalin e del suo realismo socialista. La biografia sembra confermarlo.
ostakovi si forma al conservatorio di San Pietroburgo, seguito con
molta attenzione dal direttore Glazunov, che nel 1905 succede al caposcuola
Rimskij-Korsakov. Linsegnamento accademico al conservatorio rigoroso,
ma il punto di forza della scuola larte dellorchestrazione, che condizioner tutta la musica del Novecento grazie agli allievi Stravinskij e Prokofev in
sala da concerto e allopera, a Tiomkin al cinema. Glazunov un ottimo didatta e organizzatore. Riesce a mantenere alto il livello di sperimentazione e
a gestire il delicato passaggio dal vecchio sistema zarista al nuovo regime
sovietico. Concede libert alla forma ma impone il rispetto per il canto popolare. Gli allievi devono scrivere sinfonie, ma lunico che davvero tiene fede
alle regole formali di Sette-Ottocento il gi affermato Prokofev: esordisce
nel genere con una Sinfonia classica (1917), che non si capisce bene se
omaggio o ironia per il gran maestro Haydn. Molto diversa la Prima sinfonia di ostakovi, scritta fra 1923 e 1925 come saggio di composizione.
Mantiene la consueta suddivisione in quattro movimenti, ma larticolazione
interna non ha nulla di classico. Inizia come ampia rapsodia; continua con
una specie di scherzo che vede il pianoforte protagonista; trova squarci lirici
alternati a incisi minacciosi; finisce di nuovo in forma libera. Comune ai
quattro movimenti la ricerca di nuove sonorit, esaltate da accordi dissonanti che stridono ancor pi perch accostati con fantasiosi garbugli ritmici.
La ricerca sul suono si sviluppa nella Seconda sinfonia (1927), fatta di due
movimenti: il primo ha soltanto macchie strumentali disposte con criteri
variabili; il secondo un corposo coro su un testo che inneggia a Lenin e
alla Rivoluzione dottobre. Anche la Terza sinfonia (1929) chiude con il coro,

1942 Sinfonia n. 7 op. 60 Leningrado 779

questa volta dedicato alla festa del lavoro del Primo maggio, preceduto da
due movimenti solo strumentali.
La Quarta sinfonia (1936) va oltre: aumentano la dimensione e limpegno.
Interviene per il caso dellopera Lady Macbeth del distretto di Mzensk,
stroncata sulla Pravda da un articolo anonimo ma di sicuro voluto da Stalin.
ostakovi teme per la sua vita e ritira la Quarta sinfonia, gi programmata
per la prima esecuzione a Mosca. Scrive velocemente una nuova sinfonia, la
Quinta, e la fa precedere dalla famosa dichiarazione: Risposta a una giusta
critica. Ottiene il risultato voluto. Lautocritica non richiesta, ma suggerita
da un consigliere influente, porta al rientro ufficiale del presunto dissidente
ostakovi nella cultura degli ultimi anni trenta, quando Stalin elimina fisicamente chi non gli piace. In realt, la Quinta non tanto diversa dalle sinfonie precedenti, tanto meno dalla Quarta. Sono soltanto sfoltite le ricerche
sul suono, gli agglomerati poliritmici, le dissonanze pi sfacciate. Per la
conclusione positiva, piena di fanfare e colpi di piatti, a dare quel senso di
sano ottimismo che il dirigismo etico-sovietico di allora gradisce e impone.
Non serve, nella Quinta, la presenza del coro e delle parole. Funziona meglio
la naturale ambiguit semantica della musica pura, solo strumentale. Ha lo
stesso spirito la Sesta sinfonia (1939), pi breve, forse perch immaginata con
un finale corale mai composto sul poema Lenin di Vladimir Majakovskij.
Inizia la strana storia della Settima.
Appunti per la nuova sinfonia risalgono alla fine degli anni trenta, a seguito dellinteresse di ostakovi per la scrittura della Sinfonia di salmi di
Stravinskij, portavoce del senso di angoscia tanto diffuso nellUnione Sovietica di quei tempi. Gli schizzi per il gran crescendo della Settima risalgono
alla primavera del 1941, prima dellinvasione tedesca. Lassedio parziale di
Leningrado va dal 9 settembre al 5 dicembre, lasciando aperta solo la strada
sui ghiacci del lago Ladoga. Insieme ad altri artisti e allintera orchestra filarmonica, ostakovi fatto sfollare in ottobre dalla citt. Porta con s il primo
movimento completo e termina gli altri tre il 27 dicembre a Kujbyev (Samara), la citt sul Volga dove ora risiede e dove la sinfonia eseguita per la
prima volta il 5 marzo 1942. Ripresa a Mosca il 29 marzo, la Settima ha un
successo di pubblico tale da convincere la macchina della propaganda stalinista a trasformarla nel simbolo universale della resistenza al nazismo. Lautore scrive un testo esplicativo appropriato. Il microfilm della partitura
inviato in Occidente via Teheran. In una Londra devastata, Henry Wood la
presenta il 22 giugno alla bbc. Negli Stati Uniti, il 19 luglio, con la nbc Symphony Orchestra, Toscanini precede i colleghi Ormandy, Stokowski, Mitropoulos, Koussevitzky, Monteux. La popolarit diventa immensa quando, il
20 luglio, la rivista Time dedica la copertina a unimmagine di ostakovi con
lelmetto da pompiere in testa. Nel giro di un anno sono ben 62 le esecuzio-

780 XI. Svolte a met Novecento

ni americane. Raccogliendo i musicisti disponibili, perfino nellassediata


Leningrado, il 9 agosto allestita unesecuzione della Settima diffusa in citt
dagli altoparlanti e in tutto il mondo dalla radio.
La fortuna della Settima continua per tutta la durata della guerra, poi si
attenua, perde di attualit, penalizzata dallinsorgere della guerra fredda
e dalle sue stesse dimensioni: dura oltre 70 minuti e lorchestra colossale.
Ancora in anni di guerra, vari musicisti sono infastiditi dalla propaganda e
delusi dal contenuto. La stronca con decisione Virgil Thomson, critico musicale oltre che autore neoclassico e radicale, di scuola americana raffinata
a Parigi fra le due guerre, cultore di Erik Satie, amico di Stravinskij, Ernest
Hemingway, Gertrude Stein, Pablo Picasso, Jean Cocteau. Lungherese
Bartk, da poco esule negli Stati Uniti, risponde in musica: nel quarto movimento del suo magnifico Concerto per orchestra, Intermezzo interrotto,
scrive unimpietosa parodia del tema del gran crescendo. Tuttavia Bartk
tiene conto della scrittura per due strumenti solisti, sempre nel crescendo di
ostakovi, nel famoso Gioco delle coppie (secondo movimento) del suo
Concerto. Gli stili dei due autori e dei due lavori sono ovviamente assai diversi: tanto ampio e sbilanciato luno, tanto serrato e costruito laltro.
Infatti, lultimo lavoro orchestrale di Bartk una perfetta sintesi fra sinfonia e concerto, alla maniera delle settecentesche sinfonie concertanti, dove
dalla massa spuntano strumenti diversi che dialogano fra di loro e con il
tutti. una scrittura orchestrale che Bartk collauda almeno ventanni prima, nella deliziosa Dance Suite (1923) scritta per celebrare la nascita della
metropoli Budapest. A suo modo il contrario di ci che capita nelle sinfonie di ostakovi, dove gli spunti solistici servono per legare fra loro organismi articolati allinterno ma distinti fra loro. La difficile scrittura del
Concerto calibrata sul virtuosismo dellorchestra di Boston diretta da
Serge Koussevitzky, anche in questo caso generoso finanziatore dello spiantato Bartk.
Il successo abbastanza artificioso della Settima porta nuove prospettive al
genere sinfonico, sempre affascinante, ma ormai frammentato nella forma e
nel contenuto. Nella culla germanica, la tradizione postromantica di Brahms
e Bruckner continua nelle partiture dei sommi direttori dorchestra Wilhelm
Furtwngler (tre sinfonie, 1940-54) e Otto Klemperer (sei sinfonie, 196072). Le otto sinfonie di Karl Amadeus Hartmann tentano la difficile sintesi
fra le regole dellOttocento, le dimensioni mahleriane, la concisione di Webern, il modernismo neoclassico di Hindemith e Stravinskij assieme alla serialit di Schnberg. Escono negli anni cinquanta e sessanta ma sono in
massima parte impostate fra 1933 e 1945, quando Hartmann si ritira da ogni
attivit pubblica per non compromettersi con il regime nazista. Diventano
fonte dispirazione per le dieci sinfonie che Hans Werner Henze scrive fra

1942 Sinfonia n. 7 op. 60 Leningrado 781

1945 e 2000. Dalla Germania di Hitler fugge il caposcuola Hindemith: abbandonati i radicalismi giovanili, si orienta verso il rafforzamento della tonalit e del contrappunto assieme al ritrovato lirismo nella sinfonia Mathis der
Maler (del 1934, ricavata dallopera omonima) e nelle successive Sinfonia in
mi bemolle (1940), Symphonia Serena (1946), e soprattutto Die Harmonie der
Welt (1951), nuovo omaggio a Keplero e alla musica delle sfere.
Come Hindemith, Stravinskij si rifugia negli Stati Uniti, dove trova un
ambiente ricchissimo di risorse musicali: non meno di 28 orchestre di valore internazionale, altre 76 sostenute dai singoli Stati, almeno mille attive in
scuole e universit. La produzione locale di sinfonie commisurata alla
domanda. Sono tanti i seguaci del principio di costruire sinfonie partendo
da piccoli dettagli, come fa il finlandese Sibelius, che in America, per tutto
il Novecento, considerato il vero erede del Beethoven sinfonico. Il commissionante Koussevitzky attende invano per anni da Sibelius unOttava
sinfonia, da aggiungere alla trionfante Settima. Sono attivi autori di sinfonie
gli americani reduci dallinsegnamento parigino di Nadia Boulanger, in bilico fra impressionismo alla francese e sonorit jazz, con tanta voglia di libert. Nella sua Terza sinfonia (1945) Copland si ispira a ostakovi, dopo
essere stato neoclassico nella Prima (1928) e popolaresco nella Short Symphony (1933), ormai pronto per la finale conversione dodecafonica degli
anni cinquanta. Fra le 14 sinfonie di Roy Harris emergono quelle dedicate
alla battaglia di Gettysburg (Sesta, 1944) e ad Abraham Lincoln (Decima,
1960). Tenta di americanizzare la sua esperienza francese Walter Piston
nelle sue otto sinfonie (1937-65). Con nove sinfonie (1927-78) Roger Sessions parte dal neoclassicismo stravinskiano e finisce liberamente atonale,
anzi dodecafonico, nellinterpretazione lirica di Alban Berg. Non mancano
i radicali, come George Antheil che gi negli anni venti, in Europa, scrive
una Jazz Symphony (1925) e volge al patriottico con la Symphony 1942
(1942). Pure William Schuman incrocia jazz, contrappunto e neoclassicismo nelle sue otto sinfonie (1941-75). Oggi deve la sua popolarit soprattutto a George Washington Bridge (1950) per banda, omaggio allimponente
ponte di New York.
Appena sbarcato in America, Stravinskij muove le acque e scrive sinfonie
nel suo modo scarno, sempre pi neoclassico e antiromantico: Sinfonia in do
(1940) e Sinfonia in tre movimenti (1942-45), la prima giocosa con citazioni
di Rossini e ajkovskij, la seconda seriosa e contrastata, con i semi della
prossima conversione alla dodecafonia. Emerge nel frattempo il giovane
Leonard Bernstein, allievo prediletto non solo di Koussevitzky nella direzione dorchestra ma anche di Copland nella composizione, autore di sinfonie
che tutto tengono, alla maniera di Mahler e di ostakovi: il biblico di Jeremiah (n. 1, 1942), il poetico criptico di The Age of Anxiety (n. 2, 1949), le-

782 XI. Svolte a met Novecento

braismo di Kaddish (n. 3, 1963). Nel vicino Messico, per con forti legami
con i circoli davanguardia europei e statunitensi, Carlos Chvez scrive sinfonie con forte componente etnica e ideologica socialista: India (n. 2, 1936),
Proletaria (con coro, 1934), Romantica (n. 4, 1953).
In Europa, i regimi totalitari e la guerra lasciano pochi margini. In Italia
solo il neorinascimentale Malipiero continua a scrivere sinfonie di valore
internazionale: undici numerate pi altre tre non classificate, ognuna con un
titolo programmatico e in totale libert formale, scritte fra 1906 e 1971. In
Francia, spentosi Albert Roussel con i lasciti impressionisti delle sue raffinate quattro sinfonie, eleganti e cicliche, emozionali e controllate (1906,
1921, 1930, 1934), la tradizione continua con i due maggiori esponenti del
dissolto Gruppo dei sei. Il politonale Milhaud, dopo le sei miniature del
1917-23, produce dodici sinfonie di varia forma e contenuto (1939-61).
Sempre seriose e ben costruite, in tre movimenti e senza Scherzo sono le
cinque sinfonie di Arthur Honegger: la Prima (1930) aggressiva e dissonante; la Seconda (1941) per soli archi con tanto contrappunto; la Terza (1946)
detta Liturgica, legata alla fine della guerra, con il tema del Dies irae elaborato alla maniera della Leningrado di ostakovi; leggera la Quarta, Deliciae Basiliensis (1946); la Quinta Di tre re (1950) tanto cupa e negativa
quanto positivo lo sferragliare della locomotiva Pacific 231 dellormai
lontano 1923. Finita la guerra, esonda Turangalila-symphonie di Messiaen:
dura almeno 80 minuti; ha enorme orchestra con tante percussioni, pianoforte, onde Martenot; i quattro movimenti programmati allorigine diventano dieci; tornano il mito di Tristano e Isotta e il tema di amore e di morte,
come dice il titolo (in sanscrito) e come conferma lautore. Nasce come
commissione di Koussevitzky, ha una controversa prima a Boston diretta
dallassistente Leonard Bernstein, resta in repertorio grazie allamore di alcuni grandi della bacchetta.
Ralph Vaughan Williams continua a scrivere sinfonie nel dopoguerra inglese, affiancato inizialmente da Britten (Sinfonia da Requiem, 1940; Spring
Symphony, 1949), quindi dal neoapocalittico e postmahleriano Havergal
Brian (32 sinfonie, 1919-68) e dal radicale poi ricombinante Michael Tippett
(quattro sinfonie, 1945-77). Peter Maxwell Davies (quattro sinfonie, 197697) riprende i fili della tradizione novecentesca britannica, anche attraverso
la dialettica beethoveniana e il sempre presente Sibelius. Nella Germania federale si afferma Hans Werner Henze (dieci sinfonie, 1945-2000) e desta
molto interesse la Terza sinfonia (1977) di Wolfgang Rihm, per soprano, baritono, coro e orchestra su testi di Friedrich Nietzsche e Arthur Rimbaud.
Per il maggior contributo viene da oltre la cortina di ferro. Anche grazie al
successo propagandistico della Settima di ostakovi, i governi comunisti
incoraggiano la diffusione del genere sinfonico pi popolare. Nella sola Ce-

1942 Sinfonia n. 7 op. 60 Leningrado 783

coslovacchia, fra 1945 e 1975, vengono composte non meno di 500 nuove
sinfonie, ma nessuna sopravvive nel terzo millennio. Nella Repubblica Democratica Tedesca la forte politicizzazione non lascia traccia sinfonica. Invece
il polacco Witold Lutosawski, con radici in Hindemith e Stravinskij che affondano anche nellimpressionismo francese e si ramificano in dodecafonia e
in moderna aleatoriet, d consistenza alle sue quattro sinfonie (1947, 1968,
1983, 1992). Accanto a Lutosawski si forma una moderna scuola sinfonica
polacca che porta, fra laltro, al successo planetario allinsegna della nuova
semplicit della Terza sinfonia (1976) di Henryk Grecki. Iniziata con laggressiva Trenodia per le vittime di Hiroshima (1960), la fortuna di Krzysztof
Penderecki continua con il costante ritorno ai maestri ostakovi e Mahler,
fino a Bruckner e Wagner, secondo un percorso distribuito (finora) su otto
sinfonie (1973-2008).
Linflazione sinfonica del secondo dopoguerra si fa sentire anche in Unione Sovietica, coinvolgendo i massimi e i minimi calibri. Fra i massimi, nelle
sue ultime tre sinfonie (Quinta, 1944; Sesta, 1947; Settima, 1952), Prokofev
mantiene un equilibrato rapporto fra tradizione, realismo socialista, cauta
sperimentazione. Invece, ostakovi sconfessa (anche a parole, quando let
e le mutate condizioni politiche lo consentono) linterpretazione trionfalistica della sua Settima. La vede come musica pura. I suoi programmi metamusicali condannano la brutalit della dittatura, sia di Hitler sia di Stalin. Il
suo rifiuto del trionfalismo postbellico si legge nelle otto sinfonie che scrive
dopo la Settima. LOttava (1943) una cupa e angosciosa, autentica sinfonia
di guerra. La Nona (1945) un fugace sprazzo di leggerezza. Nella Decima
(1953) si pu leggere il dramma del rapporto con Stalin. Undicesima (1957)
e Dodicesima (1961) sono un cauto e nostalgico ricordo delle illusioni create
dalle rivoluzioni del 1905 e del 1917. Seguono le meditazioni funeree sulleccidio di Babi Yar (Tredicesima, 1962), il ciclo di Lieder sul tema della morte
(Quattordicesima, 1969), laddio alla vita temperato da varie citazioni, fra le
quali louverture di Guglielmo Tell di Rossini e lannuncio di morte dal finale della Valchiria di Wagner (Quindicesima, 1971).

Ascolti
D. Shostakovich, Symphony No. 7 Leningrad, V. Gergiev, Mariinsky Orchestra, Mariinsky 2012
D. Shostakovich, Complete Symphonies, K. Kondrashin, Moscow Philharmonic Orchestra, Melodiya 2008
B. Bartk, Concerto for Orchestra, F. Reiner, Chicago Symphony Orchestra, rca 1956

784 XI. Svolte a met Novecento

Letture
L.E. Fay, Shostakovich: A Life, Oxford University Press, New York 2000
F. Pulcini, ostakovi, edt, Torino, 2008
B. Schwarz, Music and Musical Life in Soviet Russia: 1917-1970, Berrie & Jenkins, London 1972

1945 Peter Grimes

Benjamin Britten
Interiezioni strumentali Declamato vocale Il protagonista balbetta Il mondo intorno canta Interludi marini
Le radici negli anni venti Il teatro musicale di Britten
Henze Dallapiccola Die Soldaten Nono, Maderna,
Berio

Il protagonista Peter Grimes canta da solo. Anzi non canta, piuttosto borbotta, impreca, delira, urla, appoggiando le parole su frammenti di melodie
marinare britanniche. solo con la sua voce. Non lo sostiene alcuno strumento dellorchestra. Piuttosto lo contrasta e lo seduce un coro lontano, la
voce delle sirene, il mare che lo chiama per nome. solo con le sue sventure
e la sua testa malata. Non sa reggere i compromessi imposti da una piccola
comunit di pescatori sul mare del Nord. Ha paura di se stesso, si sente colpevole per le morti accidentali dei suoi garzoni, gli pesa lincapacit di costruirsi una casa decente, magari con la vedova Ellen. Non ha la forza per
scappare. Sa soltanto reagire in malo modo. Ora perduto sulla spiaggia,
reduce dalla nuova disavventura in mare. Vaga senza meta e senza riferimenti. Un sussurro strumentale chiude questa forte scena della pazzia, variante
al maschile del classico pezzo di bravura affidato alle eroine fin dalla nascita
dellopera. Appare Ellen, lunica amica che non abbandona Grimes e che
cerca di fargli recuperare il senno. Per, anche Ellen finisce col condividere
la soluzione dellaltro amico, il capitano Balstrode: Peter deve prendere il
mare con la sua barca disgraziata e con essa sparire. Al villaggio nessuno
bader al suicidio di un pescatore reietto e disperato. La barca affonda e
cala il sipario.
La scena pi drammatica dellintera opera fatta con minimi mezzi musicali, che si assottigliano dallinizio alla fine della terribile vicenda di Peter
Grimes. Gi nellesordio (il Prologo che precede i tre atti del dramma) la
voce poggia su semplici interiezioni orchestrali quando Grimes si difende
dallaccusa di aver provocato la morte del suo apprendista. Segue il primo (e
ultimo) duetto con Ellen, con due voci sole, senza accompagnamento. Poco
dopo, soltanto minimi punti strumentali sostengono la vicenda della morte
in mare dellapprendista, raccontata da Grimes al comprensivo capitano
Balstrode. Quando Grimes, nella seconda scena del primo atto, zittisce gli
avventori del pub invocando le stelle dellOrsa e delle Pleiadi, il suo fantasticare nel vuoto sostenuto da un esile filo strumentale. Nella seconda scena

786 XI. Svolte a met Novecento

del secondo atto, il silenzio avvolge le sue illusioni di ricchezza e di matrimonio con Ellen, mentre il nuovo garzone John ascolta zitto e spaventato. Grimes davvero un uomo solo, nella musica come nella storia che scorre in
scena. Forse soltanto il povero ragazzo John, tolto dallorfanotrofio per diventare lennesima vittima del manesco pescatore, pi solo di Grimes: non
apre bocca, gira impaurito, presago della morte che lo attende, tanto accidentale quanto inevitabile.
Ben diversa la musica che descrive gli abitanti del villaggio, gli altri
protagonisti. Cantano spesso in coro, si scambiano melodie di schietto sapore popolare, con ritmi e suoni ben selezionati da unorchestra di normali
dimensioni. Con voci e strumenti, Britten pu permettersi vari esercizi di
stile, ritorni al passato e omaggi al presente, come nella scena della taverna,
in chiusura del primo atto, dove una complessa fuga coinvolge tutti (Grimes
escluso). Proprio perch rende spumeggianti le parti corali e diventa virtuale nei monologhi di Grimes, lorchestra limmagine del vero antagonista, il
mare. Ne esalta la forza e il mistero quando tacciono le voci, nei sei interludi
marini che separano scene e atti. Allinterno del comune contenitore marino,
i titoli di quattro interludi (Alba, Tempesta, Mattina di un giorno di
festa, Chiaro di luna) indicano altrettanti omaggi allimpressionismo di
Debussy. La musica non da meno, appena pi aspra, meno sinuosa. Il
quinto interludio, Passacaglia, ricorda il passato pi lontano dellamato
Purcell, di cui Britten si sente continuatore, dopo un quarto di millennio di
colonizzazione continentale della (musicalmente) sterile Inghilterra. Non
un caso se la composizione sinfonica pi famosa di Britten, The Young Persons Guide to the Orchestra (1946), una serie di variazioni con fuga finale
sul tema di una musica di scena di Purcell. Come sono da gustare, in Peter
Grimes, i riferimenti alla tradizione corale e strumentale della perduta civilt
musicale elisabettiana.
In Peter Grimes troviamo tuttavia tanti elementi propri del tempo di
Britten. La storia, in primo luogo. Come Wozzeck e Lulu di Berg, come
Jenfa e Kta Kabanov di Janek, come Lady Macbeth di ostakovi, il
pescatore Grimes alle prese con un ambiente che opprime e piega la sua
(debole) natura. Un pescatore vero di nome Grimes agisce negli stessi luoghi
nel primo decennio dellOttocento ed descritto come malfattore pazzoide
nel racconto The Borough (1810) di George Crabbe, un poeta narratore realista ammirato da Walter Scott e George Byron. Britten affascinato dal
personaggio, per, al contrario di Crabbe, ne fa un emarginato dal fondo
buono, sia pure pieno di problemi. Gli fa cantare in scena parole che sceglie
con cura e che affida alla penna del librettista Montagu Slater, in un rapporto che ricorda quello fra il musicista Verdi e il librettista Piave. Il pescatore
Grimes di Britten ha contro di s una societ malata: un giudice trombone e

1945 Peter Grimes 787

un prete ubriacone, una tenutaria con due ragazze di vita, una dama tossicodipendente e un farmacista spacciatore. Sono questi i sordidi personaggi che
rendono simpatico il sanguinario Mackie Messer della Dreigroschenoper di
Brecht-Weill, nella taverna di Wozzeck, nelle strade di Porgy and Bess. Laccorta disposizione di scene, arie e concertati mostra completa assimilazione
del teatro dopera italiano, dellultimo Verdi e dellintero Puccini, in particolare nella figura di Ellen. Dallarea tedesca emergono i concisi motivi conduttori (Leitmotiv), appena accennati per, anzi, spesso ridotti a lampi timbrici.
Con tanti ingredienti cos ben disposti, non sorprende il clamoroso successo della prima rappresentazione, a Londra, solo un paio di mesi dopo la
fine della guerra. Britten si afferma come il maggiore compositore dopera
inglese dopo Purcell e produce altre 13 opere. La sua musica cambia poco,
continua la fiducia nella parola e nei personaggi di Guy de Maupassant,
Herman Melville, Henry James, Thomas Mann. Affiorano temi diversi in
varie circostanze: tragedia antica nel Ratto di Lucrezia (The Rape of Lucretia,
1946); triangolo amoroso tutto maschile su una nave da guerra in Billy Budd
(1951); eventi soprannaturali in Il giro di vite (The Turn of the Screw, 1954);
dimensione televisiva in Owen Wingrave (1971); fascino delladolescente che
distrugge un uomo maturo in Morte a Venezia (The Death in Venice, 1973).
Nel teatro dopera del Novecento, Britten porta un repertorio importante, analogo per volume e per omogeneit interna a quello di Richard Strauss.
Per, come Strauss, Britten non costruisce una scuola. Ha vicino il connazionale poliedrico Michael Tippett, la cui musica fatica ad attraversare la Manica: sia lopera desordio The Midsummer Marriage (1952) sia lultima The
Knot Garden (1970). Nel continente, solo il tedesco Hans Werner Henze
crede ancora, con lui, nella storia e nella parola. Non meno prolifico (oltre 30
titoli, 1948-2010), eclettico nelluso di dodecafonia e atonalit mescolate a
musica leggera e jazz, Henze mette a segno buoni successi con Boulevard Solitude (1951), Knig Hirsch (1956), Der Prinz von Homburg (1960), Elegie fr
junge Liebende (1961), Der junge Lord (1965). Suscita molto interesse la sua
rivisitazione del teatro greco e delle Baccanti di Euripide in Die Bassariden
(1966), costruita come sinfonia in quattro movimenti. Seguono la favola Pollicino (1980) e i drammi Das verratene Meer (1990), Phaedra (2007), Gisela!
(2010). Oltreatlantico, emergono affinit con Britten nel verismo ancora romantico di Giancarlo Menotti (The Consul, 1950; The Saint of Bleecker Street,
1954) e Samuel Barber (Vanessa, 1958; Antony and Cleopatra, 1966), peraltro
entrambi pi sensibili alla tradizione pucciniana.
Ben diverse sono le scelte di unaltra corrente operistica che, pur partendo dallimmancabile Wozzeck, vuole rendersi autonoma dalla parola e dalla
tradizione drammatica per concentrarsi su un teatro di emozioni in cui la
ricerca sulla sintassi musicale ha un ruolo preminente. Litaliano Luigi Dal-

788 XI. Svolte a met Novecento

lapiccola fra i primi a sviluppare la concentrazione dei monodrammi di


Schnberg e gli impianti formali di Berg nella sua opera maggiore, Il prigioniero (1949). Tre distinte serie dodecafoniche diventano altrettanti poli di
attrazione ed esprimono il dramma di un prigioniero dellinquisizione spagnola, illuso di riconquistare la libert dallo stesso personaggio che lo condurr al rogo. Il rigore della scrittura e la geometrica disposizione formale
del Prigioniero sono temperati da un lirismo e da un trattamento delle voci
che proviene dallantica tradizione madrigalistica italiana. La prima rappresentazione a Firenze nel 1950 apre la strada a tutta una generazione di nuovi
autori italiani, maestri nello sperimentare la disposizione spaziale delle voci:
Intolleranza 1960 di Nono, Hyperion (1969) e Satyricon (1973) di Maderna,
Cronaca del luogo (1963) di Berio.
Nella Germania del dopoguerra si affermano le scuole radicali, che guardano con sospetto i teatri dopera, tanto che un loro esponente, Boulez, dichiara che andrebbero chiusi. Diverso lavviso di Bernd Alois Zimmermann che lavora per un decennio a quello che sar il suo capolavoro, Die
Soldaten. Riesce a farlo rappresentare nel 1965 allOpera di Colonia, dopo
aver aggiustato le numerose versioni precedenti, ineseguibili con le tecnologie del tempo, ardue anche oggi. Il progetto, temerario, quello postwagneriano dellopera darte totale. Accumula dodecafonia e fox-trot, contrappunto e folk song, cinema e teatro. Addirittura vuole cancellare il tempo
dispiegando un continuum di stili che va dal canto gregoriano al suono elettronico. Schiera unorchestra con un centinaio di strumenti pi una settantina di diverse percussioni, oltre a tre distinti gruppi di musicanti in scena,
assieme a una giungla di cavi per collegare amplificatori, altoparlanti, proiettori. La disposizione del materiale non casuale. Ciascuna delle dodici scene
rispetta un rigoroso impianto dodecafonico e segue il paradigma della forma
tradizionale: sonata, variazione, ricercare. larchitettura musicale che determina laspetto visivo e il flusso narrativo. La vicenda scorre su almeno tre
piani geografici e temporali sovrapposti e simultanei, che nel finale si diffondono su tre schermi da cinema in aggiunta a ogni possibile uso della scena. I
gesti sono arbitrari. Quel che i personaggi urlano e declamano, senza davvero cantare, non si percepisce e dunque non conta.
Lanalogia con i protagonisti dei capolavori di Berg palese: come la disinibita Lulu, la Marie di Zimmermann finisce infima prostituta; come il
soldato Wozzeck, linnamorato attendente Stolzius passa da unumiliazione
allaltra; mentre nobildonne, ufficiali e soldataglia abusano dei poveracci che
capitano a tiro. Lorigine letteraria comune: viene da Jakob Lenz, allievo di
Immanuel Kant, amico (per poco) di Goethe, disordinato personaggio da
Sturm und Drang, destinato a follia e morte precoce, autore di racconti visionari e smozzicati. Il suo dramma Die Soldaten (1776) ispira Wozzeck di

1945 Peter Grimes 789

Bchner e dunque la musica di Berg. Tornando direttamente a Lenz, Zimmermann chiude con il passato un cerchio che tutto contiene. A sua volta,
nel 1979, Wolfgang Rihm costruisce sulla schizofrenia descritta da Bchner
lopera da camera Jakob Lenz, uno dei drammi musicali pi intensi del nostro tempo. Emarginazione, degradazione, pazzia, fuga dalla realt e istigazione al suicidio paiono i valori dominanti nel teatro musicale del Novecento
e nei luoghi che fanno da sfondo: il Giappone di Butterfly, la Bretagna senza
tempo di Mlisande, la Moravia agraria di Kta Kabanov, la Germania
militarista di Maria/Lulu/Marie. Sono sempre le donne a fare una brutta fine, tranne che nellInghilterra marinara e omofoba di Peter Grimes.

Ascolti
B. Britten, Peter Grimes, B. Britten, Royal Opera House Chorus & Orchestra Convent
Garden, Decca 2001
D. Shostakovich, Lady Macbeth of Mtsensk, M. Rostropovich, London Philharmonic
Orchestra, emi 2009
B.A. Zimmermann, Die Soldaten, M. Gielen, Grzenich-Orchester Kln, Wergo 2008

Letture
C. Seymour, The Operas of Benjamin Britten: Expression and Evasion, Boydell Press,
Rochester 2007
M. Cooke (a cura di), The Cambridge Companion to Benjamin Britten, Cambridge University Press, Cambridge 1999

1951 Music of Changes


John Cage

Il libro delle svolte Linguaggio sibillino A scuola da


Schnberg Il richiamo della percussione Il pianoforte
preparato Musica da guardare Musica e caso Lutosawski
Alea controllata Ligeti Nono
A prima vista appare come un normale spartito per pianoforte solo. Troviamo i due pentagrammi consueti, uno per la mano destra e uno per la sinistra.
Le note sono distribuite in modo irregolare, come capita un po in tutte le
composizioni del Novecento. Le forti fluttuazioni dinamiche, da pppp a ffff
sono ben definite. Non sorprende la mancanza di uno specifico ambito tonale. Le solite stanghette dividono le battute. Sconcerta la mancanza della
scansione del tempo e, di conseguenza, del ritmo. Entrano segni di tipo
nuovo, che si riferiscono a semplici durate. Pur difficile, lesecuzione non
presenta sorprese e linterpretazione rientra nei margini tollerati. Anche il
primo pubblico reagisce in modo normale: consapevole di assistere a un
concerto di musica sperimentale, applaude il pianista David Tudor che presenta il lavoro al Living Theatre di New York, il giorno di capodanno del
1952. Lunica cosa che cambia davvero il rapporto fra il creatore e la sua
opera, fra John Cage e Music of Changes.
Cage rompe in modo deciso con i princpi che, da almeno un millennio,
suggeriscono ai compositori occidentali i limiti entro cui scegliere e disporre i parametri fondamentali del linguaggio musicale. Si sottomette a una
nuova regola, individuata in I Ching, il libro dei cambiamenti dellantica
Cina, risalente al terzo millennio a.C., con accertato ruolo di Confucio.
Esistono documenti scritti del ix secolo a.C., ma I Ching trova forma definitiva qualche secolo dopo. Consiste in una serie di 64 esagrammi, ciascuno
sdoppiato in due trigrammi distinti. Gli esagrammi sono dispirazione celeste e compendiano lo scibile universale: astronomia, geografia, alchimia,
matematica, fonetica, musica, altro ancora. Il significato di ogni esagramma tuttavia difficile da interpretare perch il senso del secondo trigramma di regola contraddice quello del primo. Sorteggiando un esagramma
secondo un procedimento ben definito, lantica sapienza cinese di I Ching,
alla maniera di quella sibillina romana, consente di leggere il futuro e di
scegliere la strada giusta. Senza scendere a compromessi con lamore che
da sempre Cage ha per la forma, per la simmetria, per il numero, per quanto regge la giovanile First Construction in Metal (1939), fatta di unit di 16

1951 Music of Changes 791

battute divise in gruppi di 4, 3, 2, 3, 4, con 16 motivi ritmici distribuiti su


16 strumenti.
Per Cage, I Ching una soluzione ai tanti problemi che si trova ad affrontare alla fine degli anni quaranta, accumulati in una ventina danni di
studi e sperimentazioni. Lilluminazione gli viene dallallievo Christian
Wolff, figlio delleditore che nel 1951 pubblica una traduzione di I Ching in
America, con il titolo The Book of Changes. Cage ne applica il principio
appunto ai parametri della scrittura per pianoforte. In coerenza con i 64
esagrammi di I Ching, costruisce una serie di mappe ciascuna con 8x8(=64)
celle. Ogni mappa permette dunque 64 modi diversi di intendere durata,
altezza, volume delle singole note, rapporti reciproci, polifonie, aggregati
(cluster), silenzi. Con il metodo I Ching si scrive la partitura, di sicuro generata dal caso, ma pur sempre guidata da convenzioni fissate dallautore. In
realt, Cage si limita a interporre un filtro fra la sua persona fisica e il prodotto che realizza, riconoscendo al prodotto unautonomia ancora pi
esplicita di quella che si ha nella normale creazione artistica. Cage si riserva altre scelte non cruciali per la definizione dellopera. La durata complessiva, per esempio, che fissata in circa 43 minuti e si ottiene per somma
di 4 unit (4+18+10+11=43); unit che possono essere eseguite insieme,
singolarmente, in diverse sequenze. Non meno critica la scelta del suono.
In questo caso il pianoforte tradizionale utilizzato non soltanto agendo sui
tasti, ma anche pizzicando le corde e colpendo il legno del mobile, secondo
le prescrizioni delle mappe e delle relative celle mobilitate da I Ching.
Il senso taumaturgico di I Ching rispecchia a suo modo quello della serie
dodecafonica che Arnold Schnberg impiega come protezione dal rischio di
tonalit. Non a caso, nel 1936, Cage prende lezioni da Schnberg, ma lesperienza non dura molto. Schnberg non lo capisce: Cage non un compositore afferma. Pi forte invece linflusso di un altro maestro, Henry Cowell, lamico di Ives e Varse, colui che inventa luso di mano intera, pugno
chiuso, avambraccio completo per colpire adiacenti tasti bianchi o neri del
pianoforte. Dalle sperimentazioni di Cowell e di Varse, Cage assorbe lamore per lindeterminata variet del suono percussivo. Alla fine degli anni
quaranta trova il modo di applicare un suo principio di percussione al pianoforte, andando oltre i martellamenti di Bartk e Prokofev, oltre lo stesso
Cowell. Inventa il pianoforte preparato, che prevede linserimento di vari
oggetti fra le corde, cos da distorcere timbri e volumi. Non una novit
assoluta.
Gi nel Settecento, le corde e i martelletti del rampante fortepiano/pianoforte sono trattati in modo speciale per ottenere suoni diversi dal normale. Nel 1914 Erik Satie inserisce fogli di carta per dare alla sua Le Pige de
Mduse il suono metallico, tipo cimbalom ungherese che cerca anche Mau-

792 XI. Svolte a met Novecento

rice Ravel in LEnfant et les sortilges (1925) e in Tzigane (1924) per violino
e pianoforte. Cowell il primo ad agire sulle corde con mani e spazzole.
Cage pi metodico e definisce con precisione, in apposite tabelle, quali
sono gli oggetti da utilizzare (metalli, legni, gomme, cartoni) e in che punto
vanno collocati. Lapproccio allobiettivo finale graduale. Nel primo lavoro, Baccanale (1940), dodici note del pianoforte danno un effetto di percussione grazie agli inserti di gomma. Si continua con le otto viti di Totem
Ancestor (1942) e con una trentina di altri lavori con pianoforte singolo,
doppio, associato a strumenti. Un punto di arrivo la collezione Sonatas
and Interludes, un ciclo di 20 (16+4) brevi pezzi, scritto nel 1947-48, con
complicata preparazione di 45 note, dettata da una sequenza di stati danimo definita dalla filosofia indiana. Altro punto fermo il Concerto per pianoforte preparato e orchestra da camera (1951). In tutti questi lavori, la novit una scrittura pianistica che, alla vista, appare del tutto normale, anzi
iperclassica, quasi mozartiana; invece, allascolto, produce un intrico di
suoni distorti e suoni normali. Grazie al pianoforte preparato, lamericano
Cage riesce cos a trasformare il pianoforte in un vero strumento a percussione, anzi in un pratico intonarumori, secondo la visione dei futuristi italiani Russolo e Balilla Pratella. Il risultato casuale solo in apparenza, perch in realt fissato dalla geometria della preparazione dello strumento,
voluta dallautore. Non c flessibilit timbrica, non ci sono margini di libert per lesecutore. Lautore sempre il protagonista.
Molti dei lavori per pianoforte preparato sono scritti per il ballerino, coreografo e compagno di vita Merce Cunningham, che Cage conosce nel 1938.
Resta forte il rapporto con le arti visive. Altri brani sono ispirati dalle sculture mobili di Alexander Calder, dalle creazioni surreali di Marcel Duchamp,
dalla mania per il dettaglio di Jasper Johns. Lesperienza col pianoforte solo
si completa nel 1954 con 3446.776 e 3157.9864, lavori che gi nel titolo
definiscono la durata cronometrica e confermano lossessione genetica per
laccurata misura del tempo. quanto succede nel celeberrimo e non meno
provocatorio 433 (1952), nel quale per la preparazione dello strumento
irrilevante, dato che il pianista si limita a chiudere e a riaprire tre volte lo
strumento senza fargli emettere alcun suono. Qui i ruoli sinvertono: sono il
pianoforte e il suo interprete che ascoltano muti il suono dellambiente che li
circonda. Mentre il pubblico deve imparare a inventarsi un modo di ascoltare tutto personale. Il principio identico a quello proposto un anno prima
dal vate della Pop Art Robert Rauschenberg con White Paintings: due righe
orizzontali dividono una tela bianca in tre parti uguali, osservando le quali si
pu contemplare il mutare della luce del giorno.
La scoperta di I Ching apre a un nuovo tipo di casualit immanente e il
pianoforte di Music of Changes unimmediata applicazione. Nello stesso

1951 Music of Changes 793

tempo, Cage rende variabile la sorgente sonora, mantiene il metodo ma rende aleatorio il timbro: non pi il suono familiare del pianoforte, ma limprevedibilit assoluta del contenuto di dodici emittenti radiofoniche indipendenti. Imaginary Landscape No. 4 (1951) chiede dodici apparecchi radio
manovrati ciascuno da due esecutori: uno cambia la sintonizzazione, laltro
cambia il volume. Le prescrizioni di una partitura generata col metodo I
Ching sono scandite da un direttore a capo di unorchestra di 12 apparecchi
radio e 24 esecutori, pi uninfinit dignari produttori dei suoni che provengono dalletere. Sciolto il controllo sul materiale, Cage prova a sciogliere
quello sul metodo di composizione, spersonalizzando il ruolo dellautore e
scaricando le maggiori responsabilit creative sullesecutore/interprete. Le
indicazioni diventano pi vaghe, le discipline meno stringenti. Nasce la notazione grafica, in cui non esiste pi il tradizionale pentagramma, sostituito
da segni e disegni che suggeriscono azioni musicali liberamente interpretabili dagli esecutori. I primi risultati sono un nuovo concerto per pianoforte
(non preparato) e orchestra (1958) e una serie di Variations che inizia nel
1958 e prosegue con altri sette numeri fino al 1968: punti, righe, angoli sono
disposti su fogli trasparenti da sovrapporre fra loro a suggerire reazioni musicali a un gruppo non identificato di strumenti e di esecutori. La libert di
azione tale che cambia il concetto stesso di concerto. Il pubblico non si limita ad ascoltare ma partecipa allevento, cio allhappening, il termine coniato nel 1957 da Allan Kaprow per descrivere un incontro-spettacolo organizzato nellallevamento di polli del pittore scultore della Pop Art George
Segal mobilitando le arti pi varie, che hanno in comune il solo fatto di
sparire nel momento in cui nascono.
Il messaggio di Cage arriva forte e chiaro in unEuropa che, dalla fine
della guerra, lavora sui termini opposti della serializzazione integrale, cio il
congelamento di tutti i parametri musicali e la ricostruzione a partire da essi.
Boulez, nella giovanile veste di teorico, inizia subito un contatto epistolare
con Cage ma fatica a prevederne le conseguenze. Lo strutturalista francese si
rende conto che le sue matrici formato 12 x 12, generative dei suoni parametrati del proprio Structures per due pianoforti, iniziato nel 1951 e mai terminato, in paradossale coincidenza con le tabelle I Ching del libertario americano. A sua volta, il tedesco Stockhausen con i Klavierstcke i-xi esplora la
via che porta a risultati casuali per eccesso di razionalit. Lultimo di questa
serie propone 19 frammenti che linterprete pu eseguire nellordine che pi
piace. Quando i due europei si convincono che Cage e la sua scuola arrivano
agli stessi risultati per via opposta, cio intuitiva, orientano la loro ricerca
verso altri lidi, anche se mantengono e sviluppano il concetto di opera aperta
e di work in progress. Nel caso di Stockhausen, i progetti pi grandi (Licht) si
chiudono dopo decenni. I lavori di Boulez restano in pratica sempre aperti.

794 XI. Svolte a met Novecento

Lattenzione per laleatoriet del risultato compositivo e il conseguente


rilievo da affidare agli interpreti caratterizzano molti lavori degli anni sessanta e settanta. Si vede nel nuovo modo con cui sono scritte le partiture. In
molti casi il tradizionale pentagramma con le relative note del tutto abbandonato. Lo sostituiscono schemi su carta millimetrata o pentagrammi creativi, come le partiture di Sylvano Bussotti che si presentano per immagini
floreali, sia pianistici (Five Piano Pieces for David Tudor, 1959) sia sinfonicoorchestrali (Rara Requiem, 1970). Quando restano le notazioni tradizionali,
il caso pu regolare sia la dimensione macroscopica dellarchitettura sia
quella microscopica della scrittura. In Jeux vnitiens (1961) per orchestra del
polacco Witold Lutosawski, le parti individuali sono scritte in dettaglio ma
non specificata la dimensione collettiva, affidata alla sensibilit dei singoli
e allestro del direttore. In Available Forms 2 (1952) dellamericano Earle
Brown, allievo di Cage, il direttore decide cosa far eseguire allorchestra nel
corso stesso dellesecuzione. Direttore, orchestra e solista possono interagire
in vario modo nella Grande aulodia per flauto, oboe e orchestra (1970) di
Maderna, che scrive anche una deliziosa Serenata per un satellite (1969) in
cui dimostra che la libert concessa agli interpreti non pu alterare la sostanza lirica voluta dallautore. La maestria della strumentazione assieme alla
forza intrinseca del materiale musicale danno straordinaria unit a Puppenspiel (1961), il lavoro da cui parte quel vortice di alea combinatoria, casuale
e guidata, perseguita per quarantanni da Franco Donatoni esplorando infinite interazioni strumentali.
Accanto alla dimensione macro di pagine intere che vanno eseguite in
ordine casuale, si diffonde la pratica micro, che frammenta i suoni in intervalli inferiori rispetto ai semitoni del sistema temperato. Si ottiene una nuvola di note di altezza vaga. Ne maestro Gyrgy Ligeti, con Atmosphres
(1961), una partitura per grande orchestra annotata con minuzia estrema
ma, in concreto, del tutto aleatoria. Le armonie incerte e le micropolifonie
che si fondono con moto lento e uniforme, generatrici di inattese variazioni
di grigio, sono un evidente risultato delle esperienze con le sorgenti elettroniche che Ligeti accumula presso lo studio di fonologia di radio Colonia.
Atmosphres diventa un successo internazionale. Incanta il regista cinematografico Stanley Kubrick, che la inserisce nella colonna sonora del film
2001 Odissea nello spazio. Processi analoghi ma con finalit pi aggressive
portano il polacco Penderecki a realizzare una partitura per 52 archi, zeppa
di glissandi e grappoli di note, inizialmente intitolata 837, diventata un
successo planetario col nuovo nome Trenodia per le vittime di Hiroshima. Il
meccanismo microaleatorio si raffina nei decenni successivi, soprattutto in
un altro capolavoro, speculare nella dimensione minima del quartetto per
archi, Fragmente Stille, An Diotima (1979-80) di Luigi Nono, con ciascuna

1951 Music of Changes 795

parte volutamente imprecisa (indefinita) affidata alla sensibilit (improvvisatoria) degli interpreti, assistiti dalle parole del folle poeta Friedrich Hlderlin disperse in partitura, parole che si possono leggere ma che non si
devono ripetere.

Ascolti
J. Cage, Music of Changes, D. Tudor, wdr 1956
J. Cage, Sonatas and Interludes for Prepared Piano, B. Berman, Naxos 1999
B. Maderna, Serenata per un satellite, M. Ceccanti, Contempoartensemble, Arts Music
2005

Letture
B. Haskins, John Cage, Reaktion Books, London 2012
P. Boulez, J. Cage, Corrispondenza e documenti, Archinto, Milano 2006
M. Nyman, Experimental Music: Cage and Beyond, Cambridge University Press, Cambridge 1999
J. Cage, Silenzio. Antologia da Silence a A Year from Monday, Feltrinelli, Milano 1981

1954 Le Marteau sans matre


Pierre Boulez

Punti sonori piuttosto che frasi musicali Ripartizioni


asimmetriche Frammenti seriali e dissociazione poetica
Debussy e Schnberg Messiaen e Webern Boulez e i
suoi inizi I corsi di Darmstadt Stockhausen, Pousseur,
Berio, Nono Eredi
Di sicuro sono mobilitate otto persone fisiche. Una il direttore, incaricato
di battere il tempo e decifrare una partitura da sempre provvisoria, in progress. Unaltra, la cantante con voce di mezzosoprano, deve declamare fonemi applicati a una scrittura che prevede balzi dal registro grave a quello
acuto, passando da ogni livello intermedio e con una tecnica di emissione che
vuole urla e sussurri, salti e glissandi, canto spiegato e mormorio a bocca
chiusa. Le altre sei persone sono incaricate della parte strumentale. Si nota
in particolare quella che soffia nel flauto, il cui suono il pi vicino alla voce
che canta. Ben presenti sono anche le due persone che battono su vibrafono
e xylorimba: il loro suono chiaro si lega bene alle note acute di un canto che
appare e scompare. Una chitarra manda punture intervallari. La viola accenna friabile continuit. Chi si occupa di percussioni gestisce il suono indeterminato di tamburi, tamburelli, gong, tam-tam, maracas, crotali, piatti, altro.
Ciascuno sa cosa fare. Pi difficile sapere perch lo fa. Lanalisi e linterpretazione di un lavoro in apparenza tanto razionale sono tuttora in corso e non
hanno portato a risultati definitivi.
La stessa architettura complessiva evolve nel tempo. Il piano originale del
1953 prevede 6 movimenti. Le Marteau pubblicato nel 1954, come fotocopia del manoscritto. Un anno dopo, per la prima esecuzione al 29 festival
internazionale di musica contemporanea di Baden-Baden, Boulez cambia la
strumentazione e la sequenza dei primi 6 movimenti, ne aggiunge 3 e ripartisce linsieme in 3 cicli distinti di 3 movimenti. Ogni ciclo costruito attorno a
3 poesie di Ren Char. Una di queste ripresa in 2 diversi movimenti (5 e 9),
pertanto la voce interviene quattro volte: 3, 5, 6, 9. Gli altri 5 movimenti sono
soltanto strumentali, con suoni che introducono e commentano le poesie; non
sono per adiacenti ai relativi testi ma intercalati in una specie di doppia elica:
1-3-7, 2-4-6, 8-5-9. Cercare relazioni fra i fonemi della voce e i suoni degli
strumenti diventa esercizio di enigmistica.
Lorganico inedito. Mancano i suoni bassi e i timbri sono spostati nel
registro acuto. I diversi suoni richiamano varie civilt: il vibrafono suggerisce

1954 Le Marteau sans matre 797

il gamelan balinese, la xylorimba il balafon africano, la chitarra il koto giapponese, flauto e viola la tradizione europea, claves, maracas e campanelli il
colore sudamericano, pi gong con tamburo piccolo, tam-tam e triangolo a
rappresentare il mondo intero. Boulez precisa che non ci sono relazioni etniche nella scelta degli strumenti, ma solo volont di integrare e disperdere il
suono della voce nella comune dimensione del rumore e della percussione.
Ruolo essenziale, nel processo, appunto riservato al flauto, che si attorciglia
alla voce umana in un memorabile duetto (terzo movimento). Come in Pierrot
lunaire di Arnold Schnberg, lorganico cambia in ogni movimento e vuole
tutti gli esecutori soltanto nellultimo.
Le scelte timbriche individuano comunque i referenti storici di questo
lavoro in s rivoluzionario. Il colore esotico suggerisce subito Debussy, sinfonico e pianistico, vitreo e dolce nello stesso tempo. I tintinnii delle percussioni intonate, le scansioni ritmiche complesse rimandano a Messiaen, in particolare a quello pi recente della Turangalila-symphonie. Evidente lomaggio
al periodo espressionista del caposcuola Schnberg, quello delle sperimentazioni sul suono della voce e sugli incroci fra parlato e cantato, dei grandi
salti di volume e di valore espressivo. Comune a Webern la scelta di togliere ogni funzione semantica al testo, in s piuttosto criptico: tre poesie tratte
dalla raccolta Le Marteau sans matre di Char, pubblicata nel 1934, coerente
con i princpi surrealistici di Andr Breton e Henri Michaux, a suo modo
funzionale anche alla volont di Boulez di mantenere un legame con la grande tradizione poetica francese di fine Ottocento, in particolare con Mallarm.
Limpatto del significato del testo comunque limitato, perch la musica
scompone le parole in fonemi che tolgono qualunque ruolo narrativo. I cinque movimenti senza voce elaborano figure musicali presenti nelle relative
parti cantate, per senza diretta contiguit e neppure percettibili relazioni
espressive.
Esplicito il riferimento a Webern e alla sua scelta di lavorare con punti
sonori piuttosto che con frasi musicali, in estrema economia di mezzi e totale razionalit di metodo. Vale soprattutto sul piano microscopico, cio sul
modo di realizzare i tre cicli e i singoli movimenti che li formano e i sottomovimenti in cui si possono ripartire. Qui la ricerca delle trame sintattiche diventa assai pi complessa. Il primo ciclo comprende un Avant (1) e un
Aprs (7), strumentali alla poesia LArtisanat furieux (3) affidata soltanto a voce e flauto. Da una serie base di 12 suoni, Boulez ricava 5 insiemi di 5
note. Le moltiplica e ottiene 25 gruppi che associa e ricombina per ricavare
sequenze da scrivere e rielaborare in partitura. Nel secondo ciclo, la poesia
Bourreaux de solitude (6) preceduta e seguita da tre Commentaire (2,
4, 8). Alle complessit di costruzione del primo ciclo, la musica aggiunge il
principio di legare ogni nota a una specifica durata e a una specifica intensi-

798 XI. Svolte a met Novecento

t, come teorizza Messiaen. Il terzo ciclo ha funzione centrale e riassuntiva.


La terza poesia Bel difice et les pressentiments (5) divisa in 6 segmenti,
con la voce che oppone il suo Sprechgesang ai suoni strumentali nei 3 segmenti dispari, e gli strumenti che cercano contrappunti fra loro nei 3 segmenti pari. Il testo di Bel difice torna nel finale (9), riprende elementi
sintattici dal proprio (5) e dagli altri cicli, difficili da riconoscere perch
spesso palindromi. Trarre conclusioni dallanalisi comunque temerario,
perch la costruzione resa aleatoria dalle tattiche varianti locali che Boulez
introduce nella scrittura per aggiustare i tabulati teorico-matematici e rendere cos possibile unesecuzione concreta. Gli aggiustamenti riguardano almeno il 10-20% della partitura, forse anche di pi. Non poco, ma sono le
eccezioni che giustificano la regola. Una nuova edizione a stampa di Le
Marteau sans matre (1957) contiene tanti aggiustamenti anche di dettaglio
rispetto alle fotocopie del 1954, e non va considerata definitiva.
Il progetto completo di Le Marteau sans matre resta dunque nella mente
del suo autore, Boulez. Che un enfant terrible e si affaccia sul mondo della
musica nel primo dopoguerra, dopo aver lasciato gli studi di matematica alla
Sorbona ed essersi concentrato sulla musica alla scuola visionaria di Messiaen al conservatorio di Parigi. Esordisce come autore nel segno di Debussy e
ne sperimenta la vena lirica nelle due cantate Le Visage nuptial (1946) e Le
Soleil des eaux (1948), su testi di Char. Procede convertendosi alla rilettura
che del rigore di Schnberg (e degli allievi Berg e Webern) fa il musicista e
musicologo Ren Leibowitz. Si convince che prima dellattuazione ci deve
essere un progetto, razionale e innovativo, liberato da ogni eredit e denso
di futuro, onnicomprensivo. Rilegge le musiche del passato (recente) secondo queste prospettive ed esprime con chiarezza giudizi e prescrizioni su riviste e pubblicazioni del settore, presto raccolte in volumi che diventano testi:
Penser la musique aujourdhui (1963), Relevs dapprenti (1966), Par volont
et par hasard (1975), Points de repre (1981). Entra subito in sintonia con un
altro allievo di Messiaen, il tedesco Stockhausen, assieme al quale egemonizza i corsi estivi di musica contemporanea di Darmstadt. Da sempre ottimo
organizzatore, Boulez trasforma una citt distrutta dalla guerra in una fucina
di nuova musica europea. Assieme a Stockhausen impone coerenza e rigore,
meglio se uniti a fantasia e invenzione. Trova compagni di viaggio nel belga
Pousseur e negli italiani Maderna, Berio, Nono.
Le Marteau sans matre il punto di arrivo del percorso di ricostruzione
razionale voluto da Boulez e condiviso dal folto gruppo che insegna e studia
a Darmstadt. Limpatto della prima esecuzione memorabile e sembra tracciare un percorso irreversibile. Lo stesso Boulez inizia nel 1957 a comporre
un nuovo lavoro per voce e grande orchestra, Pli selon pli, cinque poemi
dellamato Mallarm in altrettanti movimenti con durata complessiva che

1954 Le Marteau sans matre 799

sfiora lora. Come sempre, i tempi di composizione sono lunghi. Una prima
versione pronta nel 1962, una riscrittura nel 1980.
Nel 1958 a Darmstadt arriva John Cage, invitato da Boulez che da tempo
ha con lui un vivace scambio epistolare. Con una serie di lezioni, seminari,
esecuzioni, happening, lamericano sconcerta tutti i razionalisti convenuti,
che scoprono lesistenza di altre vie nel futuro della musica. Non convincono
molto i risultati concreti, ma le sue argomentazioni filosofiche di origine
orientale fanno larga breccia sugli assiomi dellincompleta matematica occidentale. Boulez capisce al volo e pu sostenere (a ragione) che lui stesso,
appunto in Le Marteau sans matre ma anche in altri lavori, lascia ampi spazi
per lindeterminato; spazi riconducibili a dettagli essenziali di una struttura
resiliente. Negli anni successivi resta lindeterminazione (guidata) non pi
originata dalle macinazioni digitali, ma da un karma che a Boulez impone di
espandere elementi microscopici per contraddire la dimensione globale
senza nulla concedere al minimale.
La tecnica di Le Marteau sans matre circola nelle partiture di colleghi e
allievi, sopravvive nel tempo. Sulla valorizzazione delle note singole, intese
come atomo isolato in uno spazio a cinque dimensioni (altezza, registro,
durata, dinamica, timbro), e soprattutto sullindipendenza di testo e musica
impostato Momente (1969) per soprano, quattro cori e strumenti di
Stockhausen. Il flauto in molti casi prevale sulla voce perch lo strumento
che per fisiologia pi gli si avvicina. Ne coglie subito le implicazioni Luciano
Berio, che nel 1958 inizia la sua cinquantennale serie di esplorazioni del suono intitolata Sequenze proprio con il flauto, stimolato dalla bravura del flautista Severino Gazzelloni che di Marteau interprete fedele. Laltro aspetto
che ispira Berio il rapporto col testo. Boulez ammette che il ruolo delle
parole di Char ambiguo. Sono fonemi, non significati. Berio diventa ancora
pi radicale quando, sempre nel 1958, lavora sulle parole originali e tradotte
in altre lingue di un capitolo dellUlisse di Joyce per farne il mirabile pezzo
elettronico Thema (Omaggio a Joyce). Nel 1961 si spinge oltre con Visage per
voce femminile e suoni elettronici. Nel 1966, in Sequenza iii, Berio affida alla
sola voce il compito di ripensare la sua natura e il modo per convivere con un
passato tanto ingombrante. Stockhausen procede con la serializzazione integrale dei parametri sonori, pur applicandola con molta libert, in Gruppen
(1957) per tre orchestre distanti fra loro con aleatoriet distribuita su tre direttori. Maderna diffida dei meccanismi della composizione automatica.
Nono mette la sua musica al servizio di ideali sociali e politici.
Stravinskij, ormai convertito al linguaggio dodecafonico, segue con molto
interesse lesecuzione di Le Marteau sans matre diretta da Boulez a Los Angeles nel marzo del 1957 e ne tiene conto in Threni (1962), Variazioni (1964),
Requiem Canticles (1966). Le permutazioni timbriche tornano nellOriente

800 XI. Svolte a met Novecento

di provenienza con le sospensioni di Tru Takemitsu (November Steps, 1967)


e Toshio Hosokawa (Voiceless Voice in Hiroshima, 2001). Ancora pi forte
limpatto in Europa. Le sonorit vitree che Boulez assorbe da Ravel finiscono
puntuali nelle trasparenze illusionistiche di Inverno in-Ver (1973), uno dei
tanti capolavori per piccoli insiemi strumentali dellitaliano Niccol Castiglioni. Il francese Grard Grisey punta tutto sul suono, analizzando e variando per via elettronica lo spettro armonico degli strumenti tradizionali in un
percorso che va dal ciclo Les Espaces acoustiques (1976-85) a Quatre chants
pour franchir le seuil (1998). Linglese Brian Ferneyhough gli rende addirittura un omaggio esplicito in tudes transcendentales / Intermedio ii (1985)
per soprano, flauto, oboe, violoncello, clavicembalo: analoga la struttura in
nove sezioni ripartite in tre trittici, ogni volta con organico diverso. Le Marteau sans matre diventa il necessario anello di congiunzione con un Pierrot
lunaire pi vivo che mai. Come Boulez sa bene, tanto da esserne magistrale
interprete quando dirige sia lEnsemble Intercontemporain, dove si forma,
sia le maggiori orchestre sinfoniche del mondo intero.

Ascolti
P. Boulez, Le Marteau sans matre, P. Boulez, Ensemble Intercontemporain, dg 2012
P. Boulez, Pli selon pli, P. Boulez, bbc Symphony Orchestra, Erato 1992
K. Stockhausen, Momente, K. Stockhausen, Chor des wdr, Ensemble Musique Vivante,
dg 1976

Letture
P. Boulez, Punti di riferimento, Einaudi, Torino 1984
P. Boulez, Pensare la musica oggi, Einaudi, Torino 1979
P. Boulez, Per volont e per caso. Conversazioni con Celstin Delige, Einaudi, Torino 1977
P. Boulez, Note di apprendistato, Einaudi, Torino 2007

Serie XII.
Ritorno alle sfere celesti

Lintroduzione del disco microsolco a 33 giri, con capienza fino a 60 minuti


di musica registrata, cambia il modo di eseguire e di ascoltare. Cresce il ruolo degli interpreti, che sono messi a confronto fra le mura domestiche, su
impianti di riproduzione ad alta fedelt. I capolavori del passato diventano
banchi di prova. Diminuisce linteresse per la musica nuova e dunque per i
nuovi autori. Non ottiene risultati definitivi il progetto dei compositori di
mantenere il controllo completo delle loro creazioni, tramite la musica elettronica, che evita lintervento dellinterprete. Il balletto moderno assorbe
lastrazione dodecafonica. Le classiche forme del quartetto per archi e
dellaffresco sinfonico-corale, la musica da camera e quella dispirazione religiosa continuano a suscitare emozioni. Combinare voci e strumenti secondo collaudati sperimentalismi permette di tornare al significato antico di
sinfonia. Torna il piacere del racconto e dellampia dimensione nel teatro
dopera. Il tempo si dilata per ripetizione di frammenti elementari. La tecnologia consente la creazione in tempo reale di suoni elettronici interattivi con
voci e strumenti tradizionali. Accanto a un ripensamento dei modi consueti
di generare musica, il misterioso e geometrico suono delle sfere orienta ancora la musica del terzo millennio.
1955 Variazioni Goldberg Glenn Gould
1956 Gesang der Jnglinge Karlheinz Stockhausen
1957Agon Igor Stravinskij
1960 Quartetto n. 8 op. 110 Dmitri ostakovi
1962 War Requiem Benjamin Britten
1968Sinfonia Luciano Berio
1976 Einstein on the Beach Philip Glass
1978 Le Grand Macabre Gyrgy Ligeti
1985Prometeo Luigi Nono
1992 clairs sur lAu-del Olivier Messiaen
2002Sequenza xiv per violoncello solo Luciano Berio
2007Tierkreis Karlheinz Stockhausen

1955 Variazioni Goldberg


Glenn Gould

Bach sul pianoforte di Glenn Gould Wanda Landowska


e il ritrovato clavicembalo Il mito della musica antica Il
33 giri che congela linterpretazione Linterprete che
prevale sullautore
Si sente subito che la musica diversa. Gi la melodia che fa da tema appare
spigolosa e dissociata in punti staccati fra loro e che labbondante ornamentazione non vuole legare. Nella prima variazione, due linee si muovono su
piani timbrici diversi, anche se le dita scorrono su una sola tastiera. Altrettanto succede nella seconda, quando le linee musicali diventano tre e dal
pianoforte sgorgano timbri che paiono creati da una terza mano. La terza
variazione un canone a due voci affidato alle dita indipendenti di una mano
destra che ha sonorit del tutto diverse dal puntiglioso accompagnamento al
basso della mano sinistra. La variazione successiva non contrappuntistica,
ma le voci diventano quattro, ciascuna col suo colore. Anche se la scrittura
sulla carta si addensa e si complica, il suono che vibra nellaria rimane nitido.
Ci sono momenti di velocit vertiginosa (variazioni 8, 23, 26). NellOuverture che introduce la seconda parte (variazione 16) la fitta scrittura quasi orchestrale si scioglie in assoli di singoli strumenti. In altri momenti
il peso degli accordi ribattuti (29) diventa meccanica di precisione. Gli inserti popolareschi (30) hanno una limpida ironia.
Sul pianoforte e sotto le dita di Glenn Gould la musica di Bach suona
inaudita. Un fattore decisivo la tecnica individuale. Le doti naturali di forza e agilit si combinano con una completa indipendenza fra le due mani e
una posizione del corpo assai originale: sedia bassa, avambracci sotto il piano
della tastiera. Non meno importante la capacit di analizzare il testo e di
estrarne elementi che la routine della tradizione trascura: controcanti, armonie, incisi che emergono solo se si sa come smussare nodi e cristallizzare
melasse. Gould ovviamente rispetta il testo scritto, nel senso che non aggiunge o toglie note, non ribalta indicazioni di fraseggio e di intensit; per riesce
a leggerlo in modo originale: valorizza dettagli, giostra sulla velocit, inventa
timbri su uno strumento che sembra aver dato tutto fin dai tempi di Debussy.
La deviazione pi importante, rispetto a quanto prescrive Bach, la sistematica eliminazione dei ritornelli, anche se si comprende il perch: con i ritornelli, le Variazioni Goldberg durano quasi il doppio dei 60 minuti che al
massimo consentono le due facciate del moderno disco microsolco a 33 giri

1955 Variazioni Goldberg 805

al minuto. E per la prima incisione del venticinquenne, timido e scorbutico


pianista canadese, la casa cbs programma un disco solo.
Registrato a New York, il disco esce nel 1955 e provoca scalpore. Il modo
di Gould di suonare Bach del tutto fuori dalla tradizione. I grandi pianisti
del tempo considerano Bach un bravo didatta, e preferiscono il repertorio
romantico, da Mozart a Brahms con qualche sporadica puntata sugli impressionisti Debussy e Ravel. Gould resta folgorato quando, bambino, ascolta
per la prima volta il virtuoso assoluto Josef Hofmann, ma non lo segue nella
sua passione per Chopin e Liszt. Sta lontano dal brillante cosmopolitismo di
Arthur Rubinstein, che pure sinteressa ai contemporanei e commissiona
lavori a Stravinskij e de Falla. Alcuni grandi (Rudolf Serkin, Wilhelm
Backhaus, Artur Schnabel) interpretano bene Bach, ma dalla prospettiva del
pianista che sa di eseguire musica pensata per un altro strumento, il clavicembalo. la prospettiva che nel Novecento propone linsegnamento e la
pratica di Ferruccio Busoni, sublime interprete di Liszt e perfetto trascrittore al pianoforte dellopera di Bach dalloriginale per clavicembalo, clavicordo, organo.
A Gould non interessa la filologia e la ricerca del suono originario, che
proprio in quegli anni trovano spazio crescente. Wanda Landowska, nata a
Varsavia, didatta a Parigi dal 1900 al 1940, anno del suo approdo definitivo
negli Stati Uniti, sostiene vivacemente il principio del ritorno al clavicembalo
per interpretare in modo corretto i grandi francesi Couperin e Rameau, e
soprattutto il tedesco Bach. Nel 1931, la Landowska incide per prima, su
dischi a 78 giri, le Variazioni Goldberg e continua per quasi trentanni a insegnare, registrare, tenere concerti su uno strumento costruito nel 1912 dalla
gloriosa fabbrica Pleyel di Parigi e che pi un pianoforte a corde pizzicate
che un vero clavicembalo settecentesco. Lattivismo della Landowska convince a scrivere per lei e per il suo strumento sia de Falla (Concerto, 1926) sia
Francis Poulenc (Concert champtre, 1928). Pi attento della Landowska alla
qualit del suono e al testo scritto da Bach, lamericano Ralph Kirkpatrick.
Formatosi in Europa negli anni venti alla scuola di Nadia Boulanger e della
stessa Landowska, professore di Musicologia allUniversit di Yale, autore di
unimportante monografia su Domenico Scarlatti (con redazione del catalogo delle opere e numerazione preceduta dalla lettera k), Kirkpatrick incide
lintegrale della musica per tastiera di Bach su uno strumento costruito dalla
fabbrica tedesca Neupert, assai vicino agli originali settecenteschi di Silbermann usati da Bach. Tuttora insuperata la sua incisione del Clavicembalo
ben temperato sul clavicordo, delicato strumento a corda sfiorata amato da
Carl Philipp Emanuel Bach e diffuso nelle case antiche perch meno rumoroso e impegnativo del clavicembalo. Per Kirkpatrick scrivono Milhaud
(Sonata per violino e clavicembalo) e Carter (Double Concerto for Harpsichord

806 XII. Ritorno alle sfere celesti

and Piano with Two Chamber Orchestras, 1959-61). Lesempio di Kirkpatrick


porta alle interpretazioni filologiche complete, su clavicembali (e organi)
sempre pi vicini alloriginale, di Gustav Leonhardt e Helmut Walcha.
Negli anni cinquanta sinfiamma la passione per la musica antica, sia dal
vivo sia su disco. Nascono etichette discografiche, pubblicazioni, festival
specializzati e destinati a un ricco pubblico di amatori. Inizia la corsa al recupero del suono originale, che significa ricostruzione minuziosa degli
strumenti alla maniera antica, in primo luogo del clavicembalo, ma anche di
fiati in legno e in ottone, appoggiandosi a esemplari da museo e a documenti dellepoca. Si torna a sentire in concerto la viola damore e da gamba, il
liuto e il chitarrone, le trombe diritte e i corni a valvola. La musica di Bach
resta il supporto ideale per queste sperimentazioni che ci consegnano integrali con organici originali di cantate, messe e passioni affidate a Harnoncourt e Leonhardt. Tornano i fortepiano per eseguire Mozart, i pianoforti del
primo Ottocento con telaio in legno che vanno bene per Beethoven e Schubert. Sono reinventati perfino violino, viola e violoncello pur sapendo che
arrivano fino a noi i preziosi strumenti costruiti dagli Amati nel Seicento e da
Stradivari nel Settecento, in perfetto stato e affidati ai migliori strumentisti
(Jascha Heifetz, Isaac Stern, Itzhak Perlman, Pinchas Zukerman). Il desiderio di autenticit porta a vivaci discussioni sulla pratica esecutiva del passato,
su ornamentazione, fraseggio, stacco dei tempi. Succede che i risultati sonori di tanti esecutori meticolosi sono assai diversi fra loro, pur utilizzando i
medesimi testi fissati sulla carta. Come sono diversi e non meno affascinanti,
e contraddittori, i timbri che producono le numerose orchestre con organici
originali che rileggono il repertorio sinfonico di fine Ottocento.
Si moltiplica il mercato complessivo della musica classica registrata. Il
nuovo disco a 33 giri, introdotto nel 1948, diffonde in tutto il mondo non
solo raccolte di canzoni, ma anche coppie di sinfonie e concerti classici di
Mozart e Franz Joseph Haydn (30+30), o impegnativi singoli romantici,
da Beethoven a Brahms. Con il successo dellincisione integrale delle sinfonie di Beethoven, diretta da Herbert von Karajan a capo della Filarmonica
di Berlino (1962), vengono pubblicati cofanetti con pi dischi dedicati a
integrali di singoli generi e autori. Portarsi a casa le registrazioni di tutte
le cantate di Bach, dellintegrale sinfonico di Mozart, Haydn, Beethoven,
Bruckner e Mahler, delle opere complete di Verdi e Wagner diventa possibile, perfino conveniente. Cambia la tecnologia di base, ma non la strategia
commerciale quando, negli anni ottanta, la registrazione analogica in microsolco su vinile sostituita da quella digitale supportata da compact disc,
ancor pi analitica.
Muta molto anche il rapporto della musica con il suo pubblico, ormai
soltanto fruitore. Nel Novecento la diffusione della musica riprodotta sop-

1955 Variazioni Goldberg 807

pianta quella eseguita sul pianoforte domestico o con un gruppo di amici in


salotto. Aumenta il numero dei collezionisti di dischi, spesso interessati ad
ascoltare soltanto i brani pi famosi del repertorio, per nellinterpretazione
di differenti artisti. Infatti, lesecuzione non pi scritta nellaria, ma fermata su un supporto audio preciso e fedele. Le singole interpretazioni si possono riascoltare e confrontare con altre. Lepoca della riproducibilit totale
dellopera darte modifica in maniera sostanziale la musica. Non sono documentate soltanto le mutazioni endogene, legate a trasformazioni del gusto del
pubblico e della qualit degli interpreti. Senza le incisioni discografiche degli
anni cinquanta, sfuggirebbe la rivoluzione portata nel teatro dopera dalla
vocalit drammatica di Maria Callas o dal ritorno al canto di bravura di Marilyn Horne. Mancherebbero le basi per valutare linflusso esercitato sulle
generazioni successive dal rigore imposto da Arturo Toscanini e dallintensit emotiva di Wilhelm Furtwngler, che comunque vivono la loro carriera
prevalentemente nellepoca dei 78 giri, cio non pi di quattro minuti consecutivi di musica su ciascuna facciata. Con la diffusione del disco a lunga durata linterpretazione tarata non soltanto sul pubblico presente a teatro o in
sala, ma sempre pi sul singolo ascoltatore domestico e sui mezzi di riproduzione che ha. La riproduzione monoaurale si trasforma in stereofonica negli
anni sessanta. Lalta fedelt garantita da complicati sistemi di altoparlanti
pilotati prima da amplificatori a valvole del segnale elettrico generato dal
movimento di una puntina di diamante, poi da elaboratori dei segnali numerici che vengono da lettori laser. Cambia la percezione fisica della musica,
anche se la partitura resta la stessa e lautore non pu pi dire la sua.
Dallavvento del microsolco in poi, laustriaco direttore dorchestra Herbert von Karajan conquista i mercati mondiali, incidendo tutto il repertorio
pi popolare, dal Settecento a buona parte del Novecento, con risultati
straordinari anche in composizioni ostiche, firmate da Schnberg e allievi.
Trasferisce su dischi il suo vasto repertorio di teatro musicale, con esiti assoluti nellamato Cavaliere della rosa di Richard Strauss, nellintegrale di Wagner, e ancora in Mozart, Verdi, Puccini. Crea uno stile personale che distingue la sua interpretazione dagli altri formidabili concorrenti: lungherese
Georg Solti, linglese Colin Davis, laustriaco Karl Bhm. Fra i grandi direttori del tempo, solo il romeno Sergiu Celibidache resta per tutta la vita ostile
alla musica riprodotta e continua a credere nella forza del suono vivo. Del
miglioramento della ripresa sonora e dei vantaggi dei supporti digitali tiene
ampio conto la generazione di direttori successivi (Claudio Abbado, Zubin
Mehta, Riccardo Muti, Carlos Kleiber) a capo di orchestre sempre pi splendenti, anche grazie a maggiore selettivit nella presa del suono.
Non meno attenti alla tecnologia e ai vantaggi economici che derivano
dallindustria discografica sono i maggiori cantanti e strumentisti della se-

808 XII. Ritorno alle sfere celesti

conda met del Novecento. Tutti sono impegnati a registrare la propria


versione dei capolavori ottocenteschi e a realizzare integrali dei massimi
compositori. Ciascuno cerca uno stile personale, pur rispettando lo scritto
dellautore. La voce umana quella che : possono cambiare tecniche e stili,
non la sua natura. Anche i violinisti (e violoncellisti) usano uno strumento
che non cambiato negli ultimi tre secoli. Diverso il caso dei pianisti, che
si trovano un repertorio pensato per uno strumento che fisicamente cambia
almeno ogni quarto di secolo. Il pianoforte moderno a gran coda in grado
di produrre tutte le note scritte dai tempi dellinvenzione della tastiera. Linterprete deve trovare i modi di valore e dintensit che distinguono gli stili di
Mozart e Chopin, di Beethoven e Brahms, arrivando agli estremi di Bach e
Schnberg. Deve differenziare il suo suono da quello di colleghi e rivali,
con una maniacale ricerca di variet e flessibilit di tocco sui tasti di pianoforti che sembrano tutti uguali e invece sono manipolati da accordatori di
assoluta fiducia. Infatti, il suono, ormai ben registrato in analogico e digitale, che esalta il grande interprete di un favorito brano musicale. Si finisce
col citare linterprete e trascurare lautore: lAppassionata di Sviatoslav
Richter, il Carnaval di Arturo Benedetti Michelangeli, la Wanderer Fantasie
di Radu Lupu, la Sonata in si minore di Vladimir Horowitz, i Notturni di
Arthur Rubinstein, i Trois Mouvements de Petruka di Maurizio Pollini. E,
naturalmente, le Variazioni Goldberg di Glenn Gould.
Gould uno dei primi a rendersi conto di quanto la registrazione discografica cambi il rapporto con lautore del brano interpretato e con il pubblico cui destinato. Per sua natura schivo e riservato, ai limiti della patologia,
Gould non ama suonare davanti a un grande uditorio. Anzi, nel 1963 decide
di non tenere pi concerti dal vivo e si dedica soltanto alla musica riprodotta. Collabora con radio e televisione, incide un repertorio tanto vasto quanto
selettivo. Ignora i romantici Schubert, Schumann, Chopin, Liszt. Sfiora appena Brahms, per lascia una creativa versione del Primo concerto. Tocca
quasi per intero la produzione di Beethoven, attento anche alle Bagatelle.
Registra tutte le sonate di Mozart, ma alla maniera di Domenico Scarlatti. Si
concentra sugli estremi, sul Settecento di Bach e sul Novecento di Schnberg
(con Webern e Berg). Li riunisce nel segno della razionalit e della trasparenza della costruzione. In molti numeri delle sue Variazioni Goldberg, sia
nella radicale prima versione del 1955 sia nella pi morbida rilettura del
1981, si sente linflusso retroattivo della vitrea espressivit dei Klavierstcke
di Schnberg o delle Variazioni di Webern (9, 15). Cos come lonirico vagare di altre (13, 25) fa rileggere i percorsi di Beethoven nelle ultime sonate e
nelle Variazioni su un tema di Diabelli.
Nel silenzio dello studio di registrazione, Gould affida al disco la sua ricostruzione del passato, consapevole che la musica non sta soltanto sulla

1955 Variazioni Goldberg 809

pagina scritta e che lautore non ha mai il controllo totale dellopera che
compone, mentre linterprete ha comunque lultima parola. Come un autore
di musica elettronica, Gould ascolta, taglia e cuce i nastri magnetici appena
registrati per trovare nella somma dei dettagli la sintesi assoluta. Maniaco e
pignolo, si fida soltanto di pochi tecnici del suono e del suo pianoforte, un
po vecchiotto, per dotato di un suono pi metallico e secco del normale.
Laccordatura di quel pianoforte unoperazione delicatissima, possibile
soltanto con una persona di fiducia sotto stretta osservazione. In fondo, il
principio non diverso da quanto, proprio in quegli anni, fa John Cage per
il suo pianoforte preparato. il suono che si piega alla peculiare tecnica
individuale di Gould e che permette il miracolo di trasparenze dei risultati,
in Bach come in Schnberg.

Ascolti
J.S. Bach, Bach: The Goldberg Variations (1955 Performance), G. Gould, Sony 2007
G. Gould, The Complete Original Jacket Collection, Sony 2007

Letture
G. Gould, Lala del turbine intelligente, Adelphi, Milano 1993
K. Hafner, Glenn Gould e la ricerca del pianoforte perfetto, Einaudi, Torino 2009
R. Diem Tigani, Custodi del suono. Un secolo e mezzo di storia della riproduzione sonora,
Zecchini, Varese 2012
J.J. Nattiez, Il combattimento di Crono e Orfeo. Saggi di semiologia musicale applicata,
Einaudi, Torino 2004

1956 Gesang der Jnglinge


Karlheinz Stockhausen

Manipolare la voce con lelettronica Musica concreta e


rumore vero Pierre Schaeffer e lo studio di Parigi Busoni come precursore Cage e la scuola americana Boulez
e Stockhausen a Colonia Elettronica giapponese Maderna e Berio a Milano, con Nono Le provocazioni di
Kagel e la musica automatica di Babbitt
Una voce umana, bianca, si combina con onde sinusoidali pure e traspare
sullo sfondo di un continuum di rumore elettronico, bianco. La voce canta
un testo che si coglie a sprazzi. Talvolta sono parole intere, altre volte sono
frammenti sillabici, mai frasi compiute. Preiset den Herrn (Esaltate il Signore) la formula melodica che meglio si riconosce, anche perch si ripete
17 volte nei 18 versi divisi in 9 stanze del testo che Karlheinz Stockhausen
ricava dal biblico Libro di Daniele. lepisodio in cui il re Nebuchadnezzar
ascolta inorridito il canto di lode al Signore intonato dai tre ragazzi che rimangono indenni nella fornace ardente dove li manda per non aver voluto
adorare il suo dio doro. In Gesang der Jnglinge, la voce bianca di un dodicenne registrata su nastro magnetico in sei modi diversi. Nel laboratorio di
fonologia il canto manipolato e reso compatibile con i suoni prodotti da
generatori elettronici. Le frasi sono spezzate, le parole frammentate, le frequenze filtrate, divisi gli armonici di vocali e consonanti.
La sovrapposizione delle voci crea un coro virtuale. Il loro svanire e riapparire ricorda un ritornello daltri tempi o unantica litania. Attrezzature
elettriche forniscono una base di suono indistinto e una variet dimpulsi
definiti. Il materiale aggregato con criteri dodecafonici, logica combinatoria, alea controllata indeterminazione statistica. La tecnologia consente anche di valorizzare lo spazio acustico, poich i suoni possono essere riprodotti tramite quattro altoparlanti distribuiti agli angoli della sala con un quinto
appeso al soffitto. Si forma un affascinante brano di una decina di minuti,
dove voce naturale e suono artificiale acquistano medesima sostanza, grazie
alla tecnologia. Di fatto Gesang der Jnglinge sintetizza il modo di operare
delle maggiori correnti di musica sperimentale degli anni cinquanta: casualit diffusa e rumore organizzato in America; rigore seriale, musica concreta, sperimentazione elettronica in Europa.
Linteresse per la manipolazione del suono registrato viene dallo sviluppo
tumultuoso della colonna sonora al cinema, del fonografo e della radio nelle

1956 Gesang der Jnglinge 811

case private. Si diffonde lidea che i nuovi mezzi tecnologici non vadano
bene soltanto per riprodurre, diffondere e conservare la musica, ma possano
essere usati per creare musica diversa e nuova; e anche per sottrarsi alle mediazioni degli interpreti. Proprio negli anni trenta-quaranta, il bizzarro
americano Conlon Nancarrow tenta di risolvere per via meccanica la manifesta incapacit degli esecutori di sciogliere i suoi assurdi nodi ritmici. Lo fa
incidendo a mano le tracce sui rulli di carta della pianola meccanica. Lintroduzione della registrazione su nastro magnetico semplifica le cose e nel 1948
lingegnere acustico e musicista Pierre Schaeffer inaugura lo studio di fonologia della radio francese. Lidea di registrare i suoni della vita concreta, da
elaborare con macchine elettroniche e poi mescolare con generatori di suoni
artificiali liberando la fantasia dallobbligo di scrivere note e dallalea di
farli eseguire (interpretare) da altri. La Symphonie pour un homme seul
(1950) di Schaeffer e del suo collaboratore Pierre Henry la prima realizzazione completa del progetto. Un anno dopo pronta la prima opera teatrale
con musica concreta, non a caso intitolata Orpheus.
Il laboratorio di Schaeffer interessa subito allo sperimentale Messiaen,
che per non approfondisce, impegnato com nella composizione di Turangalila-symphonie e poi assorbito dalle ricerche sul canto degli uccelli. Ne
sono invece entusiasti due allievi di Messiaen, il francese Boulez e il tedesco
Stockhausen. Pi che registrare e incollare suoni e rumori esistenti in natura,
i due vedono la possibilit di creare suoni puri, ottenuti per sovrapposizione
e combinazione di onde sinusoidali generate da precisi algoritmi e dunque
sottratte allirrazionalit della natura. Trovano terreno fertile a Colonia, dove
fin dal 1950, attivo un laboratorio di musica elettronica diretto dal musicista e musicologo Herbert Eimert.
Si realizza un sogno nato con le applicazioni dellelettricit nellOttocento, con linvenzione della registrazione su fonografo a rullo (Edison, 1877)
e del triodo (De Forest, 1906), che permette di regolare la corrente in un
tubo sotto vuoto e dunque di amplificare o attenuare la vibrazione di una
qualunque fonte sonora, anche artificiale. Busoni, gi nel Saggio di una nuova estetica musicale (1907), pensa al suono elettrico in vista della musica del
futuro. Nel suo Manifesto tecnico della musica futurista (1911), Balilla Pratella fissa lobiettivo di far entrare la musica nel regno vittorioso dellelettricit. Attorno al 1920 il russo Lon Theremin costruisce il primo generatore
elettronico di suoni intonabili, che nel 1929 lamericano Laurens Hammond
perfeziona e trasforma in organo domestico. Nel 1928 Maurice Martenot
presenta lo strumento che porta il suo nome e che trova adepti nei francesi
Jolivet e, soprattutto, Messiaen. Americano, ma protagonista della vita intellettuale parigina degli anni venti, da sempre cultore della musica sperimentale, George Antheil fra i primi a impostare unopera teatrale (Mr. Bloom

812 XII. Ritorno alle sfere celesti

and the Cyclops, incompleta) che aggiunge rumori elettrici amplificati a


quelli meccanici gi collaudati nel precedente Ballet mcanique (1924), pensato come colonna sonora per un film muto, scandito da pianoforte automatico e da eliche di aeroplano. Nel 1935 la tedesca aeg presenta il primo
esemplare di efficiente registratore su nastro magnetico. Il progresso della
tecnologia scatena la fantasia.
Nel 1946, in un Giappone devastato dalla guerra, il fisico Akio Morita
fonda la Sony, futuro gigante dellelettronica di consumo. Fra i primi prodotti c un registratore a nastro magnetico che nel 1951 ridotto a dimensioni e
costi tali da permettere la diffusione anche nelle case private. Per sfruttare e
dare un repertorio al nuovo apparecchio, nel 1950 la Sony allestisce un sontuoso laboratorio di ricerca sul suono e sostiene un gruppo di giovani musicisti. Tru Takemitsu gi allora pensa al sintetizzatore di musica artificiale, e
procede in modo simile ma indipendente da Schaeffer. Reduce da unesperienza parigina del 1952, Toshiro Mayuzumi porta in Giappone la musica
concreta e la tecnica dodecafonica. A imitazione dello studio di Colonia, la
nhk giapponese fonda un suo centro di fonologia ben equipaggiato, anche
con onde Martenot. Da tanto fermento, oltre a uninfinit di musica elettronica, in Giappone nascono anche le prime tastiere e chitarre elettriche (1959).
Lo sviluppo della musica elettronica tumultuoso pure negli Stati Uniti.
In California, Cage un ovvio precursore con Imaginary Landscape No. 1
(1939) per quattro esecutori su pianoforte preparato, cimbalom, due giradischi amplificati e a velocit variabile. Trasferitosi a New York, con gli amici
e allievi Morton Feldman, Earl Brown, Christian Wolff e David Tudor, Cage
costituisce il Project for Music for Magnetic Tape (1951-54) dal quale nasce
Williams Mix per otto magnetofoni con suoni registrati su nastro prima in
circostanze e luoghi annotati con cura e poi combinati fra loro con le regole
aleatorie di I Ching. Due oscillatori aggiungono suoni elettronici al gruppo
di strumenti tradizionali impegnati a decifrare i grafici di Marginal Intersection (1951) di Feldman.
Pur isolato al Cairo, un altro pioniere della musica elettroacustica lingegnere agronomo Halim El-Dabh, che presenta nel 1944 The Expression of
Zaar, la prima composizione per rumore registrato su disco. Stabilitosi negli
Stati Uniti (1950) grazie a una borsa di studio Fulbright, El-Dabh studia
musica con Krenek, Copland e Dallapiccola, entra in contatto con la New
York School di Cage, collabora con Vladimir Ussachevsky alla costruzione
del Columbia-Princeton Electronic Music Center e ne diventa direttore nel
1959. Fonda una scuola di musica elettronica e condensa in Leiyla and the
Poet (1959) le sue ricerche sulle interazioni fra rumore artificiale e voci registrate nei deserti dellAfrica settentrionale. Molti altri suoi pezzi elettronici
fanno da supporto alle coreografie di Martha Graham. A sua volta Ussachev-

1956 Gesang der Jnglinge 813

sky, assieme a Otto Luening (allievo di Busoni), elabora nel 1952 due pezzi in
cui il flautista dialoga con se stesso registrato e mescolato con altri suoni su
nastro magnetico in Fantasy in Space e Low Speed. Ai lavori di Ussachevsky e
Luening dedicato il primo concerto di musica elettronica, organizzato il 28
ottobre 1952 al Museum of Modern Art di New York. Due anni dopo esce
anche Dserts per complesso da camera e nastro magnetico di Edgard Varse,
diretto da Maderna e con la regia del suono di Stockhausen per la prima
esecuzione ad Amburgo. Varse firma anche Pome lectronique su commissione della Philips e diffuso ai visitatori del padiglione disegnato da Le Corbusier per lEsposizione universale di Bruxelles del 1958.
In Europa, lo studio di fonologia di Parigi continua a lavorare nellambito della musica concreta, sotto la direzione di Schaeffer e Henry. Invece lo
studio di Colonia, diretto da Eimert e frequentato per tutti gli anni cinquanta da Stockhausen e dal gruppo di Darmstadt, sindirizza sullelaborazione
di suoni generati da sorgenti musicali tradizionali (voci, strumenti) e artificiali in combinazione fra loro. Gesang der Jnglinge un primo punto di
arrivo. La sua fortuna sta nel dolce lirismo che mantiene il canto e nel timbro
etereo della voce bianca, innaturale come il suono elettronico che lo avvolge.
Contribuisce larchitettura a suo modo classica, quasi alla maniera di rond,
con la voce che appare e scompare, e lattenzione che deriva dallattesa di
uno scioglimento narrativo delle parole che affiorano per frammenti. Lavora
allo studio di Colonia anche lesule ungherese Gyrgy Ligeti, che rovescia i
ruoli e usa il suono elettronico per imitare la voce (che non c) in Artikulation (1958), necessario preludio alla trasformazione del timbro orchestrale
in suono elettronico del suggestivo Atmosphres (1961).
Lattenzione per le risorse timbriche della voce massima in Thema
(Omaggio a Joyce) (1958) di Luciano Berio. Il rapporto col testo soltanto
musicale. Lundicesimo capitolo dellUlisse di James Joyce costruito secondo
i princpi di polifonia rinascimentale della fuga per canonem. Berio riporta
lartificio letterario di Joyce al suo alveo musicale. Utilizza il testo nella versione originale inglese e nelle traduzioni in lingua italiana e francese. Lo fa leggere alla cantante Cathy Berberian. Registra su nastro, scompone consonanti,
vocali, sillabe in frammenti che sovrappone e ricompone con gli apparecchi
elettronici ma senza aggiungere suoni artificiali. Alla fine non pi possibile
distinguere fra parola e suono, tra suono e rumore, tra poesia e musica, ma
dove ancora una volta diveniamo consapevoli della natura relativa di queste
distinzioni e dei caratteri espressivi delle proprie cangianti funzioni.
Negli anni cinquanta cresce il numero degli studi di fonologia e hanno
particolare importanza quelli della Philips a Eindhoven, della bbc a Londra,
del direttore dorchestra Hermann Scherchen a Gravesano, della rai a Milano fondato nel 1955 da Berio e Maderna. Luigi Nono coglie lopportunit di

814 XII. Ritorno alle sfere celesti

utilizzare le risorse dellelettronica per costruire musica nuova coerente con


il suo impegno sociopolitico. Il suo primo lavoro soltanto elettronico
(Omaggio a Vedova, 1960), i successivi assorbono invece materiali vivi. Per
denunciare lo sfruttamento capitalistico, La fabbrica illuminata (1964) aggiunge una voce di soprano ai suoni su nastro magnetico elaborati da registrazioni dei rumori assordanti di unacciaieria. Voci, strumenti, elettronica
si aggrovigliano in A floresta jovem e cheja de vida (1966) in polemica
contro limperialismo americano. Si raggiunge il teatro con lazione scenica
Al gran sole carico damore (1974), dove un verso di Arthur Rimbaud e la
vicenda della comune di Parigi servono a un discorso molto ampio sulle rivoluzioni del Novecento. In parallelo, Nono lavora sullinterazione fra suono vivo e suono registrato. Per lamico Maurizio Pollini scrive nel 1976 ...
sofferte onde serene... per pianoforte e nastro magnetico, che segue il pi
ampio Como una ola de fuerza y luz (1972) per soprano, pianoforte, orchestra
e nastro magnetico.
Continua la presenza nellelettroacustica di Stockhausen. Kontakte (1960)
per pianoforte, percussioni ed elettronica, non distingue fra suoni intonati e
indeterminati, preregistrati in tutto o in parte. Hymnen un mastodontico
viluppo di inni nazionali e internazionali elaborato fra 1967 e 1969 nello studio di Colonia, articolato in quattro regioni musicali e geografiche, ciascuna
dedicata agli amici e pionieri della musica elettronica Boulez, Pousseur, Cage
e Berio. Della durata di circa due ore anche se incompiuto (doveva esserci
una quinta regione), eseguibile in versioni parziali, con e senza orchestra.
Hymnen segna il punto di massimo impegno di Stockhausen nellelettronica.
Altri contributi importanti allelettronica applicata al concreto vengono
dal compositore argentino (ma residente a Colonia) Mauricio Kagel che nel
1958-59 compone Transicin ii: due pianisti producono suoni, uno in maniera tradizionale, laltro operando sul mobile e sulle corde; suoni che sono registrati e riprodotti assieme a una loro nuova versione eseguita dai pianisti
dal vivo. una delle prime provocazioni di Kagel, che arrivano al cinema con
Ludwig van (1970), omaggio a Beethoven nel bicentenario della nascita. Su
un altro fronte della tecnologia elettronica, la capacit di calcolo, si orienta
larchitetto franco-greco Iannis Xenakis, che gi nel 1962 sostituisce il regolo calcolatore con i moderni computer per risolvere i complessi algoritmi con
cui compone ST/48 per orchestra e ST/4 per quartetto darchi (1962).
La crescita esponenziale delle capacit di elaborazione dei dati consente
di scrivere programmi per comporre canzoni e sinfonie. Diventano duso
comune i sintetizzatori e se ne entusiasma lamericano Milton Babbitt (Composition for Synthesizer, 1961; Philomel per soprano e nastro, 1964; Reflections per pianoforte e nastro, 1974). Le tastiere e chitarre elettriche cambiano il mondo della musica leggera, rock, pop. Agli albori del minimalismo,

1956 Gesang der Jnglinge 815

Steve Reich suona direttamente tutta una serie di tastiere in A Rainbow in


Curved Air (1967). Negli anni settanta la tecnologia permette di sostituire al
nastro preregistrato la creazione simultanea di suoni elettronici e la loro
diffusione da e per qualunque punto si voglia. Nel suo centro sperimentale
ircam di Parigi, Boulez produce Rpons (1981) per 24 strumenti e 6 solisti
con suono circolante su un sistema di altoparlanti distribuito. Dalla sua
esperienza allircam, Tristan Murail ricava linterazione fra suoni registrati e
suoni emessi da insiemi strumentali dal vivo (Dsintgrations, 1982-83).
Grazie al nuovo laboratorio di Friburgo, il cammino di Nono nellelettronica si sublima e in un certo senso si dissolve in Prometeo (1985). La ricerca
continua, con risultati in apparenza limitati. Lo stesso Stockhausen sembra
starne lontano negli ultimi trentanni di attivit. Per il suo ultimo lavoro,
Cosmic Pulses (2007), pura elettronica, coerente con la sua voglia di tornare nelluniverso stellato, su Sirio, dove sicuro di essere nato.

Ascolti
Forbidden Planets: Music from The Pioneers of Electronic Sound, Chrome Dreams 2009
K. Stockhausen, Complete Edition, Stockhausen Verlag 2013
L. Berio, B. Maderna, I. Xenakis, M. Kagel, Moments: Homage to Joyce, Continuo, OrientOccident, Transition 1, Philips 1970

Letture
P. Manning, Electronic and Computer Music, Oxford University Press, New York 2004
R. Doati, A. Vidolin, Nuova Atlantide. Il continente della musica elettronica 1900-1986,
Ed. La Biennale di Venezia-eri, Venezia-Roma 1986

1957Agon

Igor Stravinskij
La conversione dodecafonica di Stravinskij Il balletto
astratto di Balanchine La scuola seriale americana: Copland, Sessions, Babbitt In memoriam Dylan Thomas
Canticum sacrum Serialit come polo necessario
della lingua arcaica Modo per tornare a scrivere musica
religiosa Una nuova religiosit dalloriente dEuropa

Linguaggio diatonico e serie dodecafonica, danza del Seicento e movimento


del Novecento sincrociano e si fondono nellultimo balletto composto da
Stravinskij. Chiarisce tutto la fanfara iniziale (Pas-de-quatre), danzata dai
soli quattro ballerini maschi. Due trombe intonano un motivo in perfetto do
maggiore, due corni introducono le prime note estranee, le trombe ne aggiungono altre. Quando arriva la terza tromba, in poche battute, si piomba
nella politonalit e nellatonalit completa. I due movimenti successivi
(Double Pas-de-Quatre e Triple Pas-de-Quatre) sono distinti soltanto
nella coreografia, perch prima danzano otto ballerine e poi si aggiungono i
quattro ballerini a formare il fatidico numero dodici. Per un blocco unico,
giocato sulle possibili permutazioni dei tre gruppi di quattro note in cui pu
essere scomposta la serie dodecafonica di base.
Sulla scomposizione e ricomposizione attorno ai numeri 3 e 4 che moltiplicati fanno 12 pi unaltra terna che porta il totale a 15 brani basata lintera
costruzione musicale. Il primo e lultimo trittico hanno un riferimento neutro
al numero dei danzatori coinvolti. Secondo e terzo richiamano danze del Seicento. Una terna formata da un Prelude e due Interlude serve a separare
e legare, oltre che a movimentare levidente gioco di simmetrie. Il Prelude
non sta allinizio, ma viene dopo il primo trittico e ne una specie di evoluzione: inizia diatonico, anzi neorinascimentale, e finisce cromatico, con un passaggio graduale scandito dalla tradizionale bravura di Stravinskij nellinventare sonorit originali con minime risorse orchestrali. Infatti, il rigore dodecafonico dellimpianto non si nota, vestito com dalle surreali melodie di timbri
e di ritmi. Il Prelude torna altre due volte, sia pure con il diverso nome di
Interlude, specie di ritornello che sinterpone fra quattro strofe ternarie (i
trittici) di un classico rond per sparigliato nella numerazione.
La seconda strofa consiste in tre episodi che prendono il nome di altrettante danze seicentesche diffuse alla corte del Re Sole. Nella Sarabande,
pi che il gioco combinatorio delle serialit, si nota la fantasia della strumen-

1957 Agon 817

tazione per violino, xilofono e trombone. Arpa e chitarra sono impegnate in


un curioso canone nella Gaillarde. Violino solista, flauto e mandolino
dominano la Coda. La terza strofa preceduta da un Interlude con
Second Pas-de-Trois e propone tre varianti dellantica danza bransle in tre
sue dinamiche (Simple, Gay, de Poitou). Sono, nellordine: un canone di trombe; intrecci di strumentini accompagnati da castagnette; assoli di
trombe e tromboni su letto di violini. La quarta e ultima strofa di nuovo
unastratta terna di movimenti con articolata struttura interna. Pas-deDeux un adagio basato su una nuova serie dodecafonica, seguito da due
variazioni e da una ripresa. Un episodio di collegamento porta al secondo
movimento (Four Duos) sulla medesima serie che diventa base per il canone a quattro voci del conclusivo Four Trios. Inattesa, irrompe una fanfara di quattro corni: tutta diatonica, prepara il ritorno della fanfara di tre
trombe che apre la partitura e che ripetuta, per dare un aspetto circolare
allintero lavoro, e senza dimenticare il senso della serie e la sua numerologia,
con quellinsistito ricorrere dei numeri 3x4=12, che lo stesso totale di
quattro ballerini maschi sommati a otto ballerine femmine.
Agon un momento di svolta stilistica, lennesimo e finale in una carriera
da sempre allinsegna del cambiamento e della contraddizione. A settantanni passati, Stravinskij simbarca in un nuovo esperimento per conciliare
linconciliabile, cavalcare il presente per restare fedele al passato. Quando
imposta il nuovo balletto, commissionato dal New York City Ballet di George Balanchine, nellautunno del 1953, ha appena terminato la sua opera teatrale pi anacronistica. Composta su libretto di W.H. Auden e vagamente
ispirata a una serie dincisioni del settecentesco William Hogarth, La carriera
di un libertino ha tutti i caratteri dellopera lirica settecentesca, con recitativi
e pezzi chiusi, orchestra con organico ridotto, musica diatonica e antisperimentale. Alla prima a Venezia diretta dallautore (1951) seguono immediate
repliche a Parigi (1952) e a New York (1953), qui con la direzione di Fritz
Reiner e la regia di Balanchine.
Per il nuovo balletto ci si aspetta una partitura coerente con lo stile non
solo della recente opera teatrale, ma anche dei precedenti balletti neoclassici
e neoromantici di Stravinskij, cio Orpheus (1947), Scnes de ballet (1944),
Jeu de cartes (1937); con propaggini negli anni venti di Apollon Musagte e
Le Baiser de la fe; senza tornare al momento neoprimitivista anteguerra
della Sagra della primavera (1913), Petruka (1911), Luccello di fuoco (1910).
Il titolo Agon, scelto per il nuovo balletto, significa competizione atletica o
intellettuale in greco antico e potrebbe essere il preludio a una metafora di
unOlimpia arcaica. Succede che il medioevale polo modale e il novecentesco polo seriale si contendono leredit del defunto e ottocentesco sistema
tonale. Stravinskij ora diventa neododecafonico.

818 XII. Ritorno alle sfere celesti

Per quanto sia inaspettata, la transizione stilistica di Stravinskij non


improvvisa, anzi assai pi graduale di quella che porta dalliniziale primitivismo russo alla svolta neoclassica e cosmopolita degli anni venti. Poco dopo
aver scritto la prima versione della fanfara iniziale di Agon, Stravinskij sinterrompe, sorpreso dalla morte improvvisa di Dylan Thomas. Con il poeta
gallese, incontrato per la prima volta a Boston nel 1953, ha in corso il progetto di una nuova opera sul tema della catastrofe nucleare incombente. Decide
di dedicare a Thomas un canto funebre e sceglie uno dei suoi testi pi famosi. Do not Go Gentle unelegia che chiede al padre in fin di vita di resistere
al richiamo della morte. Ha struttura affine alla villanella seicentesca, sei
stanze di tre versi, con lultima di quattro perch ribatte il primo verso. una
poesia contrappuntistica, una formula seriale.
La complessa architettura poetica di sicuro contribuisce a cristallizzare
idee che Stravinskij sta elaborando gi nei primi anni cinquanta e che colgono lo spirito del tempo, seriale e non pi neoclassico. NellAmerica del secondo dopoguerra, linteresse per la dodecafonia cresce quasi allimprovviso. Non estranea la scomparsa di Schnberg (1951), che porta nuova vita
alla sua musica e alle sue convinzioni, a dispetto del certificato di morte
emesso da Boulez. Dopo anni di fede neoclassica e di patriottismo da nuova
frontiera, con il Quartetto con pianoforte (1950) Aaron Copland si converte
alla dodecafonia. Percorso analogo segue lallievo Elliott Carter, da Quartetto n. 1 (1950) in poi. Composition for Piano (1947) e Composition for Four
Instruments (1948) danno un ordine seriale alle sperimentazioni complesse
di Milton Babbitt. Si aggrega Roger Sessions, partendo dalla Sonata per violino e pianoforte (1953). La dodecafonia arriva al cinema con Leonard Rosenman (The Cobweb, La tela del ragno, 1955) e Mikls Rzsa (King of Kings,
Il re dei re, 1961). Contagia anche Stravinskij.
Stravinskij non amico di Schnberg e non lo frequenta negli undici
anni in cui vivono nella stessa citt, Los Angeles. Diffida di ogni forma di
composizione automatica e non sopporta rigide predeterminazioni architettoniche. Si tiene lontano dalla dodecafonia. La curiosit nasce quando Stravinskij cerca di allargare il campo diatonico e neoclassico, e scopre insospettati spazi di libert in unarea per lui ancora sconosciuta. Un ruolo importante ha Robert Craft, suo amico, segretario, interprete e biografo, e anche serialista convinto, oltre che compositore in proprio e buon direttore dorchestra. Craft che spiega al grande vecchio le variet timbriche e le permutazioni di segmenti di note nel Quartetto op. 22 di Anton Webern. A questo
punto Stravinskij costruisce una serie di cinque note disposte secondo le
regole schnberghiane: originale, retrogrado, inverso, retrogrado inverso.
Ne ricava la melodia per i due versi critici dellelegia di Dylan Thomas. Mancano tre note per formare una serie dodecafonica completa e cos resta un

1957 Agon 819

doppio senso dincompletezza, a testimoniare lassurdit della lotta (Do not


go gentle into that good night) e la vanit della rabbia (Rage, rage, against
the dying of the light). Il canto del baritono preceduto da un Prelude e
concluso da un Postlude soltanto strumentali, in cui archi e tromboni si
alternano in canoni e antifone. Breve, compatta, ascetica, In memoriam Dylan Thomas Dirge-Canons and Song una delle pi intense musiche funebri
mai scritte. Aldous Huxley legge unorazione, Robert Craft dirige la sera
della prima, a Los Angeles, il 20 settembre 1954.
Il 13 settembre 1956 Stravinskij che dirige nella basilica di San Marco
un nuovo lavoro commissionato dalla Biennale Musica di Venezia, Canticum sacrum ad honorem Sancti Marci nominis per tenore, baritono, coro e
orchestra su testo latino predisposto dallautore attingendo dalle sacre
scritture. La gradualit del passaggio da sistema tonale a dodecafonia
chiara. I movimenti sono cinque. Nel primo, coro e orchestra dialogano in
antifona con lorgano secondo gli antichi princpi modali. Nel secondo, il
tenore solista espone una serie dodecafonica completa. Per le prime sei
note sembrano aggregarsi attorno alla nota sol e le altre sei attorno alla
nota do, generando due aree che suonano quasi tonali. Il terzo movimento
un trittico, con i segmenti laterali fatti come intarsio di canoni e quello
centrale come sequenza di antifone. La comune serie dodecafonica (simile
a quella del secondo movimento) unifica il complicato terzo movimento
mentre la sua inversione retrograda, affidata allorgano, serve come ritornello. La serie del terzo movimento regge il quarto e anche il quinto, per
nella versione inversa, dato che questultimo comincia dove il precedente
finisce. Lapparente macchinosit della costruzione serve a dare una base
solida alla fantasiosa variet della scrittura, dei timbri e dei ritmi. Stravinskij
applica alla lettera la prescrizione di Schnberg: usare la serie come melodia
allargata, come tema di passacaglia alla maniera di Bach e dei polifonisti
rinascimentali.
Con questo bagaglio di esperienze, Stravinskij riprende il lavoro su Agon.
Modifica quel tanto che basta la fanfara iniziale per intaccarne loriginale
tonalit di do maggiore e procede alternando passaggi modali con altri seriali, in un contrasto fra il polo arcaico e quello dodecafonico. La precisa scansione strumentale, lassenza di una storia, laforistica brevit di ciascun passaggio rendono assai netto il salto stilistico dellautore. Per molti ascoltatori,
la sorpresa grande. Addirittura maggiore quando Agon presentato in
forma di concerto a Los Angeles diretto da Craft (17 giugno 1957) che quando va in scena in forma di balletto a New York (1 dicembre) con coreografie
di Balanchine. I passi stilizzati dei danzatori, i loro costumi bianchi e neri, i
colori e i ritmi dellorchestra assorbono bene i formalismi sottostanti che
pure ne garantiscono la tenuta.

820 XII. Ritorno alle sfere celesti

evidente che Stravinskij interpreta la dodecafonia in modo diverso dal


suo inventore Schnberg e dai suoi allievi Berg e Webern. Simpegna in
unamorosa ricerca della perduta armonia tonale e della sua melodia, tanto
quanto gli austriaci se ne vogliono liberare. Lo fa con metodo, ma senza
radicalismi. Si distanzia dalla Scuola di Darmstadt e dai suoi corifei Boulez
e Stockhausen, con i quali mantiene comunque eccellenti rapporti personali. Non si lascia sfuggire la prima esecuzione a Los Angeles di Le Marteau
sans matre diretto dallo stesso Boulez nel 1958. possibile che tenga conto
di quella scuola nel suo lavoro forse pi ostico, Movements per pianoforte e
orchestra, in cinque brevi segmenti separati da quattro interludi inseriti
anche per soddisfare le durate chieste dal committente. Stravinskij lo descrive come un sistema geometrico fatto di insiemi di esagoni, quadrati, triangoli che ruotano su cinque dimensioni e frequenze di sei cicli con le trasparenze e le irregolarit di un cristallo. Balanchine capisce al volo e trasforma
Movements in un balletto astratto che ha pi fortuna della versione concertistica originale.
Il periodo seriale, che poi anche lultimo dellultraottantenne Stravinskij, trova la sua espressione definitiva nei lavori vocali, dispirazione semireligiosa. Le lamentazioni del profeta Geremia, buone sia per le fedi cristiane sia per quella ebraica, raggiungono una sintesi musicale in Threni
(1958) per soli, coro e orchestra scritto per la Biennale di Venezia. A Sermon,
a Narrative and a Prayer (1961) riprende le note della serie di In memoriam
Dylan Thomas per ricordare il sacrificio di santo Stefano in una singolare
mistura di cantato e recitato per solisti e per coro, con effetti di false simmetrie musicali e vere analogie testuali. Di sicuro ne tiene conto Luciano Berio
nelle sue sperimentazioni vocali di quegli anni. The Flood (1963) ha una dimensione teatrale trasposta in televisione perch accompagna come colonna
sonora unallegoria danzata dellepisodio biblico visto come anticipazione
del prossimo diluvio nucleare (gi immaginato assieme a Dylan Thomas,
dieci anni prima). una festa di matrici numeriche utili per commutare
note e valori di tempo e dintensit, un omaggio retrodatato e forse involontario alle fantasie aleatorie di Cage e superrazionali di Boulez. Lestremo
omaggio al puntillismo di scuola weberniana (e, volendo, darmstadtiana) sta
nei lunghi Preludio, Interludio e Postludio soltanto strumentali che
incastonano le veloci parti vocali (Exaudi orationem meam, Dies irae,
Tuba mirum, Rex tremendae, Libera me) dellestremo Requiem Canticles (1966). Punture di strumentini, rintocchi di campane, timbri isolati e
puri danno quel senso di trascendenza straniata che riprendono tanti autori
della nuova religiosit postsovietica, per esempio le estenuazioni di Arvo
Prt (Fratres, tante versioni dal 1977), le cantilene di certo Alfred Schnittke
(Requiem), le melopee di Sofija Gubajdulina. E anche le studiate casualit

1957 Agon 821

dellitaliano Aldo Clementi (Informel 1-3, 1961-63; Varianti a e b, 1963-64).


Di sicuro, ladesione di Stravinskij al linguaggio seriale viene da un percorso
assai pi lineare e convinto di quanto riconosca la critica militante del tempo,
e di sicuro senza la logica di contrapposizione descritta nel famoso saggio
Filosofia della musica moderna (1949) di Theodor Wiesengrund Adorno.

Ascolti
I. Stravinsky, Canticum Sacrum, Agon, Requiem Canticles, M. Gielen, swr Sinfonieorchester Baden-Baden und Freiburg, swr Vokalensemble Stuttgart, Hnssler Classic 2008
Balanchine Ballets, emi 2011

Letture
J. Passler (a cura di), Confronting Stravinsky: Man, Musician, and Modernist, University
of California Press, Berkeley 1986
N. Goldner, Balanchine Variations, University Press of Florida, Gainesville 2008
R. Gottlieb, George Balanchine: The Ballet Maker, HarperCollins, New York 2004
R. Craft, Stravinsky: the Chronicle of a Friendship, 1948-1971, Albert A. Knopf, New York
1972

1960 Quartetto n. 8 op. 110


Dmitrij ostakovi

Quartetto come confessione personale Nostalgia dellOttocento romantico I modelli di Mozart, Haydn e Beethoven Le memorie della guerra Il senso della fine Berio,
Nono, Stockhausen, Scelsi, Ferneyhough, Rihm, Glass,
Reich, Carter, Rochberg, Ads, Kurtg
d-(e)-s-c-h, nella notazione alfabetica tedesca, corrispondono alle note re-mi

bemolle-do-si nella notazione latina. Nella trascrizione in tedesco dal cirillico,


quelle lettere musicali si trovano nel nome D. Schostakowitsch. Sono le quattro note che generano il motivo fondamentale dellintero Ottavo quartetto,
esposte allinizio del primo movimento (Largo), con durate uguali e una
disposizione che ricorda polifonie medioevali e invenzioni degli ultimi quartetti di Beethoven, in particolare Heiliger Dankgesang dellop. 132. Si forma
una melodia discendente, triste e nostalgica, che regge non soltanto il primo
movimento, ma anche i quattro che seguono senza una reale interruzione. Pi
o meno identificabile, linciso sincontra fra le sferzanti folate della triste allegria su temi ebraici del secondo movimento (Allegro molto), fra le pieghe
della spettrale danza del terzo (Allegretto) e ancor pi nel livore del quarto
(Largo). Nel quinto la presenza di quel motivo fisiologica, perch si tratta di una ripresa appena variata del primo movimento.
Una volta tanto, in musica, coincidono i tempi dello scatto emotivo e
quelli della realizzazione concreta. LOttavo quartetto composto in soli tre
giorni, fra 12 e 14 luglio 1960, durante un breve sopralluogo a Dresda per
ideare la colonna sonora del film Cinque giorni, cinque notti ispirato al devastante bombardamento della citt nel febbraio del 1945. Quindici anni dopo, la citt ha ancora i segni della catastrofe. Per ostakovi diventa loccasione per un viaggio nella memoria e per uno sguardo su un futuro che appare nero e misto a pulsioni di suicidio. Scorrono le immagini di un passato
che personale prima ancora che politico e sociale. Nel primo movimento,
attorno al tema dsch, sincontrano accenni allesordio trionfale con la Prima
sinfonia (1925) e alla faticosa autocritica con la Quinta sinfonia (1937). Nel
movimento successivo compaiono i temi ebraici del Secondo trio con pianoforte (1944). Nel terzo accennato un motivo del Primo concerto per violoncello (1959). Nel quarto (con ripresa nel quinto), accanto a un canto rivoluzionario degli anni belli citata una melodia triste dellopera che a ostakovi
spezza la vita, Lady Macbeth del distretto di Mcensk, messa allindice da Stalin

1960 Quartetto n. 8 op. 110 823

in persona nel 1936, al tempo delle grandi purghe. in quel drammatico


1936 che esplode la fragilit della persona e la produzione dellartista si biforca. Da un lato ostakovi espone la musica per il pubblico e per il regime,
dallaltro lato riserva quella per se stesso e per gli amici pi intimi: il violinista
David Ojstrach, il pianista Sviatoslav Richter, il violoncellista Mstislav
Rostropovi, i componenti del quartetto Beethoven di Mosca.
Appunto nel 1937, completata la Quinta sinfonia e rabberciati i rapporti
con il regime, ostakovi trova un rifugio nella musica da camera. Organizza
il suo Primo quartetto per archi nei classici quattro movimenti, con stile fresco
e leggero, tanto da attribuirgli il titolo (poi espunto) di Primavera. Di sicuro
ostakovi ha bene in mente i modelli dellultimo Beethoven, ma non mancano quelli recenti di Bartk, che proprio in quegli anni scrive il suo Sesto ed
estremo quartetto. Non rischia il modernismo politonale delloccidentale
Milhaud (18 quartetti, 1912-50). Evita le sperimentazioni atonali e dodecafoniche di Schnberg, le concisioni di Webern. Forse conosce le vocazioni
liriche di Alban Berg. Cerca sempre la melodia e lespressione, sia pure fra
tante dissonanze e infinite difficolt di tecnica esecutiva. Il Quartetto resta
un pezzo isolato. Poco dopo (1940), ostakovi scrive il Quintetto per pianoforte e archi op. 57 che rinsalda la sua nostalgia per la tradizione romantica
ottocentesca, per Brahms e Schumann. In apertura ricorda addirittura Bach,
con un ampio preludio che diventa fuga gentile, un anticipo dellomaggio al
bicentenario bachiano (1950) dei prossimi 24 Preludi e fughe op. 87 per
pianoforte. Seguono uno Scherzo di rilassata ironia, poi un lieve Intermezzo e un Finale virtuosistico. I provocatori sarcasmi di opere e balletti dei primi anni, i cupi riverberi delle orchestre sinfoniche del tempo presente, si sciolgono nelle intimit della musica da camera. Lautore al pianoforte per la prima esecuzione, il 23 novembre 1940. Con lui suona il quartetto Beethoven di Mosca, una formazione fondata nel 1923 da studenti del
conservatorio e diventata presto famosa in tutto il mondo per le sue integrali beethoveniane, oltre che per lattenzione al repertorio contemporaneo. Il
quartetto Beethoven eseguir tutti i successivi quartetti di ostakovi, tranne
lultimo, perch non c tempo per tamponare la scomparsa del violoncellista. Arrivano linvasione nazista, lo sfollamento da Leningrado, limpegno
con la Settima sinfonia. Forse meglio che in orchestra, lo spirito del tempo
emerge nella musica da camera, in particolare nel grande Trio con pianoforte
op. 67 completato nellagosto del 1944. Nato sotto la doppia angoscia della
guerra e della prematura morte dellamico Ivan Sollertinskij, il Trio continua
una tradizione russa iniziata con il Trio op. 50 di ajkovskij in memoria di
Nikolaj Rubintejn e continuata con il Trio elegiaco op. 9 di Rachmaninov in
memoria di ajkovskij. Forse a futura memoria di se stesso, ostakovi introduce il motivo dsch fin dal primo movimento (Andante moderato),

824 XII. Ritorno alle sfere celesti

dopo che un violino ovattato e un soffio di violoncello fissano un tono fra il


sarcastico e lironico. Il passo veloce del secondo movimento porta al lamentoso Largo e alla musica ebraica del finale, la cui finta allegria emoziona
ostakovi al punto di farne una presenza costante nelle composizioni dei
suoi ultimi anni: il ciclo vocale Dalla poesia popolare ebraica (1948), il Quarto
quartetto (1949), il Primo concerto per violino (1948), tutti eseguiti in pubblico solo dopo la morte di Stalin (1953) per evitare problemi con un regime da
sempre antisemita.
Il Trio op. 67 eseguito per la prima volta il 14 novembre 1944, in una
Leningrado liberata dallassedio tedesco. Al pianoforte siede lautore, assieme a due elementi del quartetto Beethoven, impegnato la stessa sera nella
prima del Secondo quartetto. Il Quartetto completato nel settembre del
1944 e mantiene i quattro tempi, sia pure con taglio diverso: prima
unOvertura, poi un Recitativo e Romanza quindi uno spettrale
scherzo intitolato Walzer a precedere un finale tema con variazioni su una
melodia popolare russa con inserti della tradizione ebraica klezmer. Si sente
lincubo della guerra ancora in corso, loppressione politica mascherata nascosta dal patriottismo, il pessimismo profondo che pervade un musicista
che allesordio conquista il mondo intero con una stupefacente collezione di
lavori vivaci e brillanti, sempre ironici, talvolta sarcastici, comunque pieni di
gioia di vivere.
Il Terzo quartetto del 1946. lanno della vittoria, della fine dellincubo
nazista, cos ben festeggiato nella partitura della Nona sinfonia, la pi spensierata in assoluto, la pi convinta della possibilit di un ritorno a Haydn e a
Mozart. Ma non ci sono feste nel Terzo quartetto, come non ce ne saranno nei
dodici che seguono, e neppure nelle restanti sei sinfonie. Un velo cala sulle
partiture, avvolge i timbri pi chiari e gonfia quelli scuri. Sono cose che si
sentono bene soprattutto nei due movimenti lenti. Il Moderato con moto
(secondo movimento) vive su un tema nostalgico, cantato dal primo violino
e accompagnato dal controcanto della viola, si direbbe alla maniera di un
duetto operistico di scuola russa. Troviamo ancora sofferta cantabilit nellAdagio (quarto movimento), questa volta equamente distribuita sui
quattro strumenti e condotta col passo grave dellantica passacaglia. Non
confonda lindicazione dinamica del movimento centrale (Allegretto ma
non troppo): una marcia dal passo massiccio, grottesca alla maniera di
certo ultimo Beethoven. Cos come non allegro il primo movimento, e non
saranno allegri i tanti altri movimenti che nei quartetti successivi ostakovi
intitoler Allegretto. vero che ha un taglio vivace e talvolta danzante, e
che i temi sono elaborati secondo un nitido disegno di sonata classica e con
perfetto equilibrio fra i quattro strumenti. Ogni battuta pare segnata dal
rimpianto per quelle bellezze e armonie che, per il cuore affaticato e troppo

1960 Quartetto n. 8 op. 110 825

presto invecchiato di ostakovi, appartengono al passato. Il movimento finale (Moderato) ancora una volta severo, inizia da un passaggio del
violoncello dellAdagio e si pone come sintesi dei quattro movimenti che
lo precedono.
I seguenti quattro quartetti seguono a intervalli regolari, tanto diversi
nella forma quanto omogenei nella sostanza, intrecciati con espliciti momenti affettivi e personali. Tutti hanno un che di sinistro. Il Quarto (1949) ha in
seconda posizione un valzer triste e in quarta (e ultima) una danza macabra
su temi ebraici, immagine dei terribili balli forzati a Treblinka, davanti alle
fosse ancora vuote, prima dellesecuzione. Il Quinto (1953) cita lavori precedenti e presenta la formula dsch che torna anche nel Sesto (1957), oltre che
nella Decima sinfonia. Il Settimo (1960) il pi breve, ha solo tre movimenti,
molto contrastati. LOttavo il punto di arrivo di un percorso artistico e
umano che il contatto con la tragedia di Dresda risveglia e congela. Le
citazioni si affollano, e hanno una patina grigia. Continua la memoria del
passato e la voglia di silenzio nei sette quartetti successivi.
Nel Nono quartetto (1964) louverture di Guglielmo Tell di Rossini lega
motivi klezmer, ricordi di Boris Godunov di Musorgskij, polka grottesca,
echi jazz. Nel Decimo (1964) campeggia una passacaglia con otto variazioni.
LUndicesimo (1966) una suite in miniatura in sette movimenti, con violoncello che prevale perch la dedica va al titolare dello strumento nel quartetto
Beethoven. Dodicesimo (1968) e Tredicesimo (1970) segnano un parziale avvicinamento alla dodecafonia senza che ci sia abbandono della tonalit, come succede nella Sonata per violino e pianoforte op. 134 e nella Quattordicesima sinfonia op. 135. Il Quattordicesimo quartetto (1974) ricorda ancora
Lady Macbeth, ma anche la popolare Leggenda valacca dellitaliano Gaetano
Braga, citata in un bel racconto di echov. Infine il Quindicesimo (1974)
costruito a immagine del sesto e ultimo di Bartk, cio come successione di
sei Adagio, ciascuno temperato da altre denominazioni (Elegia, Serenata, Intermezzo, Notturno, Marcia funebre, Epilogo) che tuttavia non vogliono scalfire la monotonia: musica di Passione, non meno
delle Sette ultime parole di Haydn.
I quartetti di ostakovi, soprattutto lOttavo, entrano nel repertorio
delle maggiori formazioni del tempo, non solo in quelle sovietiche Beethoven e Borodin. Sono apprezzati in Occidente, stimolano altri autori a riprendere un genere trascurato negli anni quaranta e cinquanta. Mantenendosi
entro lambito tonale, dopo una pausa durata trentanni, Britten scrive nel
1974 il suo terzo e ultimo quartetto, ispirato dalla visita dellamico ostakovi
ad Aldeburgh nello stesso anno. Lungherese Ligeti, cambia registro dopo la
fuga in Occidente, e nel 1968 scrive un secondo quartetto in cinque movimenti, fra loro ben distinti e funzionali alla volont di sperimentare senza

826 XII. Ritorno alle sfere celesti

rompere col passato dei classici e dei contemporanei, con Bartk e Berg in
particolare: primo tempo frammentato, secondo lirico, terzo pizzicato, quarto contrastato (Presto furioso, brutale, tumultuoso), quinto che riassume
(Allegro con delicatezza). Per quartetto, scrive cose importanti anche il
polacco Lutosawski. Prima, con Five Songs (1957) e Muzyka aobna (1958),
abbandona il filone nazionalpopolare e sviluppa la sua personale dodecafonia concentrata non sulla serie completa ma su singoli intervalli. Negli anni
sessanta lo affascina lalea. In Jeux vnitiens per piccola orchestra affida al
direttore il compito di stabilire quanto a lungo i singoli orchestrali possono
suonare la loro parte, definita in ogni dettaglio ma indipendente da quella
dei colleghi. precisa la scrittura, aleatorio il risultato. Succede cos anche
nel suo Quartetto (1964), con la cruciale differenza che non esiste un direttore che sincronizza.
Rinasce linteresse per il quartetto anche presso i radicali della Scuola di
Darmstadt, nonostante il loro teorico Boulez nel 1951 lo definisca un relitto
del passato. In Sincronie (1964), Berio traduce nel linguaggio del quartetto
le complicazioni ritmiche e le spazialit delle quattro orchestre di Gruppen
di Stockhausen. Pi tardi, Luciano Berio torna alla pi classica delle formazioni cameristiche con lesplorazione di silenzi e suoni tenui di Notturno
(1993). Il cultore della musica statistica Iannis Xenakis scrive quartetti: inizia
con st/4 (1962) e chiude con la terna Tetras, Tetora, Ergma (1983, 1990,
1994). Luigi Nono combina il suono dei quattro archi con tanti silenzi e
rende omaggio a Verdi, Beethoven e Machaut oltre che al poeta Friedrich
Hlderlin nel raffinato Fragmente Stille, An Diotima (1979-80). Lallievo
Helmut Lachenmann lo segue con Gran Torso (1988), Reigen seliger Geister
(1989), Grido (2002). Ritrova colori impressionisti il francese Henri Dutilleux (Ainsi la Nuit, 1977) e linglese Thomas Ads che in Arcadiana (1994)
accoglie antichi valori di idilliaco descrittivismo del mito di Venezia. Sispira
alla mistica orientale litaliano Giacinto Scelsi (Secondo quartetto, 1961;
Quinto, 1985). Di un altro autore inglese, Brian Ferneyhough, si notano le
complessit di scrittura e concezione di Sonatas, String Quartets 1-6, Dum
transisset i-iv (2007), Exordium (2009).
Il 26 giugno 1995, ad Amsterdam, durante il festival di Olanda, Stockhausen realizza un suo sogno: porta i quattro esecutori in cielo, imbarcandoli su
altrettanti elicotteri per eseguire il suo Helicopter Quartett con le pale che
fanno da metronomo e assicurano il rumore di fondo mentre microfoni e
trasmettitori mandano il suono del Quartetto Arditti agli amplificatori che
diffondono la musica agli spettatori a terra. Radicale ma sempre attento alla
grande tradizione europea, anche classico-romantica, negli Stati Uniti, Black
Angels (1970) di George Crumb diventa il battesimo pubblico per il Kronos
Quartet, che a sua volta stimola un gran numero di nuovi lavori sperimenta-

1960 Quartetto n. 8 op. 110 827

li. Il minimalista Morton Feldman firma nel 1983 il pi lungo quartetto mai
scritto: cinque-sei ore di accenni ai limiti del silenzio. Attenti cultori del genere sono anche i ripetitivi cinque quartetti (1966-1991) di Philip Glass accanto a Different Trains (1988), Triple Quartet (1998) e wtc 9/11 (2011) di
Steve Reich. Restano fedeli alla tradizione seriale e bartokiana i cinque
quartetti di Elliott Carter. Procede in senso inverso George Rochberg, che a
fine anni sessanta abbandona il rigore seriale dei suoi primi lavori per ritrovare espressivit nel sistema tonale, creandosi la nomea di neoromantico
conservatore con i suoi ultimi quartetti (n. 3-7, 1964-89). Officium breve
(1989) di Kurtg pare gi una sintesi assoluta, una radice quadrata dellasciuttezza weberniana. Crede ancora profondamente nel presente e nel futuro del genere tutto il prolifico tedesco Wolfgang Rihm nei 13 lavori che
scrive fra 1966 e 2011.
Ascolti
D. Shostakovich, Complete Quartets, Borodin Quartet, Melodiya 2008
L. Nono, Fragmente Stille, an Diotima for String Quartet, LaSalle Quartet, dg 1993
S. Reich, Different Trains, The Smith Quartet, Signum 2005

Letture
E. Johns, Intimate Voices: The Twentieth-Century String Quartet, 2 voll., University of
Rochester Press, Rochester 2009
J. McCalla, Twentieth-Century Chamber Music, Routledge, London 2003
K. Meyer, Dmitri Schostakowitsch: Sein Leben, sein Werk, seine Zeit, Atlantis MusikbuchVerlag-Schott Musik International, Zrich-Mainz 1998

1962 War Requiem

Benjamin Britten
Parole della liturgia e versi della guerra Requiem laici nel
Novecento: Delius, Weill, Britten, Zimmermann Ritorno
alla musica sacra nel secondo Novecento: Messiaen,
Schnittke, Prt, Ligeti, Penderecki Nuova semplicit di
Tavener e vena lirica di Lloyd Webber

Le tante forze mobilitate sono impegnate insieme soltanto nellultima sezione della grande partitura, Libera me, Domine. Mentre tenore e baritono
continuano il loro triste duetto, sinseriscono i cori di voci bianche e di
adulti con soprano solista, lorchestra sinfonica rinforza quella da camera,
assieme a organo, campane e altre percussioni. Tutti invocano In paradisum, cercano una pace che potrebbe anche non venire, perch le ultime
parole (appunto Requiem aeternam, requiescant in pace) si perdono nel
buio di un pianissimo riservato ai cori, che sfuma in un silenzio spettrale e su
una lontana eco di campane. una conclusione a grande effetto, che giunge
dopo oltre unora di accurata preparazione e di precise intersezioni di diversi piani sonori. Le voci soliste di tenore e baritono si appoggiano a un filo
strumentale ricavato da un complesso cameristico formato da quartetto
darchi, strumentini (ottavino e flauto, clarinetto e corno inglese, fagotto),
un corno, unarpa, un contrabbasso e un piccolo insieme di percussioni.
Invece coro misto e soprano solista sono sostenuti da una grande orchestra
sinfonica, con folto gruppo di ottoni e percussioni. Il coro di voci bianche
va collocato in posizione lontana assieme a un harmonium o un piccolo organo. Il grande organo compare solo nel Libera me conclusivo. I materiali sono scelti da un repertorio completo di cose del presente e del passato
proprio o altrui.
Per scrivere il suo pi importante lavoro sinfonico-corale, Benjamin
Britten utilizza molte esperienze precedenti. NellOffertorium riprende il
proprio Canticle: Abraham and Isaac (1952). La scrittura delle parti per
voci bianche richiama i timbri di A Ceremony of Carols op. 28 (1942) e Missa brevis op. 63 (1959), con analogo organico e spiccata propensione a seguire gli antichi modi frigio e lidio. Nelle parti per coro misto, sono evidenti anche i recuperi della scrittura a cappella di Hymn to St. Cecilia (1942) su
testo di W.H. Auden. I solisti maschili usano lo stile di canto espressivo e
lineare ben collaudato da Britten nelle opere teatrali. Lattenzione per lavanguardia del tempo si rivela nel parlato del coro, come in certo

1962 War Requiem 829

Stockhausen, del quale si sente linfluenza nella disposizione spaziale delle


voci. Nel Dies irae non mancano incisi alla maniera di Carmina Burana di
Carl Orff. diffusa la scarna policoralit del pi recente Igor Stravinskij.
Sono espliciti i richiami alla polifonia rinascimentale e rivendicate le memorie del Requiem di Verdi, soprattutto quando squillano le quattro trombe e
lintera batteria degli ottoni.
Il War Requiem ha una forte matrice cristiana cattolica, almeno nel testo
principale. Britten, poco credente, non interessato agli aspetti liturgici. Fin
dallinizio ne fa un lavoro da concerto, eseguibile in chiesa solo per convenienza logistica. Neppure una sua precedente composizione sul soggetto del
Requiem ha intenzioni rituali. Scritta durante la permanenza negli Stati
Uniti, la Sinfonia da requiem op. 20, nei tre movimenti Lacrimosa, Dies
irae, Requiem aeternam, una commissione del governo giapponese,
destinata alle celebrazioni dei 2600 anni della fondazione dellimpero nipponico. Per non accettata, perch dispirazione cristiana. Lesordio alla
Carnegie Hall di New York il 25 marzo 1941. In ogni caso, Britten lontano
dal cattolicesimo reale e conservatore che in Francia ha ancora, in musica,
un peso rilevante. Maurice Durufl, allievo di Tournemire Widor, compone
un Requiem di ampie dimensioni nel 1947, combinando antico canto gregoriano con prestiti novecenteschi di Debussy e Messiaen. Lo stesso Messiaen
non scrive un Requiem in senso stretto, ma confeziona un Et expecto resurrectionem mortuorum (1964) senza voci e per soli fiati con percussioni metalliche. Resta coerente con il suo forte impegno nella musica sacra in Le
Banquet cleste (1928), La Nativit du Seigneur (1935), Pomes pour Mi
(1936), Chant de terre et de ciel (1938), Messe de la Pentecte (1950), La
Transfiguration de notre Seigneur Jsus-Christ (1969).
Semmai Britten pi vicino alla motivazione che porta Kurt Weill a scrivere nel 1928 quello che ora conosciamo come Das Berliner Requiem. la
radio di Francoforte, nel suo progetto di sviluppare il repertorio di un mezzo di comunicazione appena inventato, che chiede al giovane compositore
un lavoro in occasione del decennale della fine della Grande guerra. Weill
accetta volentieri e, da militante comunista, ne approfitta per rendere omaggio a Rosa Luxemburg, uccisa nel 1919 durante la repressione dellinsurrezione spartachista. Si appoggia su un testo preparato dallamico Bertolt
Brecht col quale da qualche tempo collabora per le canzoni da cabaret e che
proprio in quel 1928 firma con lui Die Dreigroschenoper. Nasce una cantata
per tenore, baritono, coro maschile a tre voci, complesso strumentale di
fiati e ottoni pi chitarra, banjo, percussioni e harmonium (o organo).
fatta di cinque numeri: la ballata espressionista De la jeune fille noye, accompagnata da un lugubre sassofono, lepitaffio per Rosa Luxemburg, due
rapporti su militi ignoti, un coro militaresco con fiati e percussioni dallag-

830 XII. Ritorno alle sfere celesti

gressivo sarcasmo. Dopo la prima dalla radio di Francoforte (22 maggio


1929), non ci saranno riprese fino al 1967 di questa partitura geniale e disperata, che Britten non conosce.
In Gran Bretagna non ci sono precursori immediati, salvo Frederick
Delius, autore di un pessimistico e ateo Requiem dedicato ai caduti in guerra.
profeta di una catastrofe non ancora cominciata: inizia a scrivere nel 1913,
finisce nel 1914, rivede nel 1916, pubblica nel 1922. Non ha successo, anche
perch un Requiem nichilista e antireligioso. Infatti, Delius scrive il testo
rimaneggiando Nietzsche e Schopenhauer, senza appoggiarsi ai canoni cristiani. Si fa aiutare da un ebreo tedesco e sulle parole dellAlleluja inserisce
uninvocazione ad Allah in lingua araba. Anche Britten altera la forma del
testo canonico inserendo fra le parole latine quelle in lingua inglese di Wilfred Owen, un poeta colpito a morte, venticinquenne, sul fronte francese,
nel novembre del 1918, nellultima settimana di guerra. Nei versi sobri e
realistici che descrivono la tragedia della trincea, nel disilluso antimilitarismo del giovane poeta, Britten trova perfetta sintonia sul piano etico e un
modo innovativo per affrontare limpresa di scrivere un nuovo lavoro da
eseguire alla consacrazione della ricostruita cattedrale di Coventry, distrutta
da un bombardamento aereo tedesco nel 1940.
Il nuovo edificio, in stile moderno, sorge accanto ai pochi resti dellantico
gotico. Allo stesso modo, nel War Requiem, i testi novecenteschi di Owen si
accostano a quelli latini medioevali, entrambi per esprimere angoscia e rassegnazione. In ciascuna delle sei parti (Requiem aeternam, Dies irae,
Offertorium, Sanctus, Agnus dei, Libera me) inserita lamara
disperazione di Owen. Come durante lOffertorium, quando la fuga su
Quam olim Abrahae sinterrompe e lascia che tenore e baritono cantino
lepisodio biblico com riscritto da Owen: il vecchio padre Abramo non
ascolta la voce del cielo e sacrifica il figlio Isacco; come fanno i grandi vecchi
dEuropa che mandano i figli a morire in trincea. Il Libera me finale raccoglie il testo pi famoso di Owen, Strange Meeting. Il soldato inglese incontra in paradiso il tedesco che ha appena ucciso. I due si parlano, si congedano, si augurano di dormire in pace. A questo punto tutti, solisti e cori, orchestre e organi si raccolgono per intonare In paradisum, prima di ripetere il
triste augurio con cui la partitura inizia: Requiem aeternam, requiescant
in pace.
Lalternarsi delle lingue, dei volumi sonori, delle polifonie corali e dei
lirismi solistici assicura un efficace flusso dinamico e una tavolozza completa di valori espressivi senza avventurarsi nelle sperimentazioni degli anni
cinquanta. La forza degli ottoni, dei gong e delle molteplici percussioni
produce talvolta effetti tellurici, che vengono dal passato mahleriano piuttosto che dalle avanguardie contemporanee. Le onomatopee sono frequenti,

1962 War Requiem 831

riferite ovviamente a scariche di fucilerie e rombi di cannone. Microstrutture timbriche ricorrenti servono a tenere insieme le singole sezioni, in particolare quelle pi articolate, come il Dies irae, dove le sei strofe latine sono
intercalate da tre strofe di Owen; e nel finale, con il lungo dialogo oltretomba fra i due nemici/amici che entra fra il Libera me per soprano, coro e
orchestra e lecumenico In paradisum. Ancora pi sottile il legame armonico garantito dallintervallo do-fa diesis, davvero onnipresente, nelle
parti corali come in quelle solistiche. la dissonanza per antonomasia nella
musica occidentale, il tritono, il diabolus in musica, difficile da intonare e da
integrare nellarmonia tonale, quello che Schnberg cerca di neutralizzare
con la serialit e la dodecafonia. Britten lo usa come polo della sua costruzione armonica, che resta comunque tonale, con accenni modali che vengono dalle nostalgie per il passato elisabettiano e per il canto popolare delle
isole britanniche.
La prima esecuzione del War Requiem avviene il 30 maggio 1962 con
lautore che dirige il gruppo da camera e Meredith Davies a capo degli altri.
I solisti sono il tenore inglese Peter Pears e il baritono tedesco Dietrich Fischer-Dieskau. Il soprano russo Galina Vinevskaja, moglie del violoncellista
Mstislav Rostropovi avrebbe dovuto rappresentare laltro popolo coinvolto
nel conflitto fratricida, ma il governo sovietico nega lautorizzazione e al suo
posto canta linglese Heather Harper. Il successo popolare immediato,
anche nelle repliche a Londra. Conquista i critici conservatori, lascia perplessi quelli modernisti, indifferenti e talvolta ostili i compositori davanguardia. Ne invece entusiasta Dmitrij ostakovi, che si fa subito mandare
la partitura e approfitta di un viaggio a Londra per incontrare Britten. Sinstaura un rapporto damicizia personale, favorito dalle comuni vedute artistiche. Entrambi scrivono lavori su misura per le straordinarie qualit del
comune amico Rostropovi. Si scambiano dediche. Se molte scelte del sovietico gi si sentono nelle partiture dellinglese, forte limpatto di War Requiem sul decennio creativo finale di ostakovi. Il tono delle sue ultime
composizioni da camera sincupisce, negli Adagio del quindicesimo e ultimo quartetto, nelle tristezze dellestrema sonata per viola e pianoforte.
Addirittura sbriciola la struttura delle sinfonie: la Tredicesima ricorda il
massacro nazista di Babi Yar; la Quattordicesima un ciclo di Lieder dedicato a Britten su testi cimiteriali di Federico Garca Lorca, Guillaume Apollinaire, Rainer Maria Rilke; la Quindicesima, una meditazione sul tema della
morte, non seconda ai Canti e danze di Musorgskij e tanto vicina alla disperazione del War Requiem di Britten.
ostakovi, ateo e immerso nellufficialit del regime, non scrive musica
dispirazione religiosa. Per allEst non mancano credenti e dissidenti anche
prima del crollo del muro di Berlino. In Unione Sovietica, Alfred Schnittke

832 XII. Ritorno alle sfere celesti

non ha paura di comporre un Requiem nel 1975 che esclude gli archi ed
esalta la percussione di strumenti con suono intonato e indeterminato. Nei
Paesi baltici annessi allUnione Sovietica, sul versante ortodosso, si muove
lestone Arvo Prt con esplicito ritorno ai modi gregoriani in Passio Domini
Nostri Jesu Christi secundum Joannem (1962), Stabat Mater (1985), Berliner
Messe (1992). Nella cattolica Polonia, scrivere musica sacra segno di resistenza, esibito con le dovute cautele da Krzysztof Penderecki nel Requiem
polacco (1983, riveduto nel 1993 e nel 2005) oltre che in tanti altri lavori
dispirazione religiosa come Passio secundum Lucam (1966) e loratorio Dies
Irae (1967). Lesule ungherese Ligeti dimostra quanto i testi sacri siano compatibili con le sperimentazioni musicali estreme nel suo intenso Requiem
(1965) per soprano, mezzosoprano, due cori misti e orchestra.
Un altro protagonista dellavanguardia secondo la Scuola di Darmstadt,
Bernd Alois Zimmermann lascia come testamento un Requiem fr einen jungen Dichter (1969). Servono oltre 300 esecutori. Attori, solisti di canto, orchestra sinfonica, complesso jazz, organo, amplificatori e altoparlanti sono mobilitati in un gran collage di musiche proprie e ampie citazioni musicali di Wagner, Beethoven, Lennon-McCartney accostate a parole di Mao Zedong,
Stalin, Hitler, Giovanni xxiii, James Joyce, Ezra Pound, Albert Camus. Pare
la naturale conclusione della tragedia Die Soldaten. Forse vuol essere il lamento funebre per la perduta egemonia musicale tedesca. Come la trinit di poeti (Vladimir Majakovskij, Sergej Esenin, Konrad Bayer) che ispira il titolo,
Zimmermann muore suicida qualche mese dopo la prima. Resta viva la tradizione inglese, grazie alla nuova semplicit diatonica e neomedioevale di John
Tavener (Celtic Requiem, 1970; Liturgy of St. John Chrysostom, 1977; Requiem, 2008).
Il cosmopolita di religione ebraica Leonard Bernstein scrive gli ecumenici Chichester Psalms (1965). un intreccio di sei salmi per soli, coro e grande
orchestra, destinato ai riti anglicani dellomonima cattedrale inglese per
scritto avendo in mente lauditorium sinfonico e un pubblico sensibile a un
suono non davanguardia ma di moderno Romanticismo, con gradevoli innesti dal musical West Side Story (1957). A sua volta, il geniale eclettico Andrew Lloyd Webber, alla dimensione rock di Jesus Christ Superstar (1970) e
dei tanti suoi musical per West End e Broadway, sa aggiungere un Requiem
(1985) di grande rigore e dotato della vena lirica che porta la melodia Pie
Jesu in cima alle graduatorie dei successi pop.

1962 War Requiem 833

Ascolti
B. Britten, War Requiem, B. Britten, Melos Ensemble of London, London Symphony
Orchestra & Chorus, Decca 1990
A. Lloyd Webber, Requiem, L. Maazel, English Chamber Orchestra, Decca 1995

Letture
M. Cook, Britten: War Requiem, Cambridge University Press, Cambridge 1996
P.E. Rupprecht, Brittens Musical Language, Cambridge University Press, Cambridge
2001
P. Evans, The Music of Benjamin Britten, Oxford University Press, Oxford 1996

1968Sinfonia

Luciano Berio
Arte della citazione Voci come strumenti Elaborazione
elettronica della voce umana in Berio e Stockhausen Lo
sperimentalismo di Maderna e limpegno di Nono Grida
di citt e cori multietnici in Berio Il ritorno alla sinfonia
vocale classica di Glass

Con il suo ritmo cullante e la bella melodia, il tema che regge lo Scherzo
della Seconda sinfonia di Mahler la citazione che subito e meglio si riconosce, nel terzo movimento di Sinfonia di Luciano Berio. una specie di fiume
carsico che affiora e scompare attorno a tante altre citazioni di musiche antiche e moderne. Alcune citazioni bucano la fitta rete di voci e di strumenti e si
riconoscono bene: i valzer del Cavaliere della rosa di Strauss, il Secondo concerto brandeburghese di Bach, La Valse di Ravel, La sagra della primavera di
Stravinskij, Wozzeck che annega nellopera omonima di Berg, Jeux de vagues
di Debussy, la Pastorale di Beethoven, altro Mahler, assieme a Schnberg,
Webern, anche Boulez, Pousseur, Berio stesso, e altri ancora. Il virtuosismo
della scrittura orchestrale assoluto. I numerosi piani sonori si sovrappongono e sintersecano senza perdere le loro qualit. La scelta di registri e di colori tale che la memoria torna sulle cose del passato per costruire un presente
vivo, anzi proiettato sul futuro. Il flusso sinuoso della musica di Mahler accompagna. Le dissonanze non disturbano, piuttosto spingono a procedere,
come incita il testo, nei pochi casi in cui le parole sono lasciate intere: Keep
going, keep going. Non disturbano neppure le contraddizioni lessicali,
quando invece le parole dicono di fermarsi. Berio sa ritrovare il senso della
narrazione sonora, perch la conclusione arriva per via musicale, prima ancora che parli la voce maschile di un annunciatore radiofonico. Che dice: Keep
going, going on, page after page. But now its over, we had our chance, and
indeed a second chance of resurrection, or almost. We must collect our force.
The unexpected is always upon us, in our rooms, in the street, at the doors,
on the stage. Sono parole da The Unnamable (1953) di Samuel Beckett, ricomposte nel loro esprimere il senso della vita che finisce e magari ricomincia
in altro modo, come vuole la sinfonia della resurrezione di Mahler e il corale
Mein junges Leben hat ein End di Bach.
Negli altri quattro movimenti di Sinfonia, la voce mantiene il ruolo che
Berio le affida, fin dallinizio della sua esperienza di autore: strumento di
emissione sonora, indipendente dal senso che esprime in ambiti diversi dalla

1968 Sinfonia 835

musica, come poesia, prosa, comunicazione verbale. Un caso esemplare,


proprio nel primo tempo di Sinfonia, il testo tratto da Il crudo e il cotto di
Claude Lvi-Strauss, elaborato con criteri sinfonici ( una classica forma
sonata) tanto originali da sfuggire allo stesso etnologo, e generare le piccate
puntualizzazioni del musicista. Infatti, le otto voci si scambiano vocali e
consonanti che sintegrano con i suoni di una grande orchestra secondo un
progetto complessivo che pu sfuggire al primo ascolto ma del quale subito
sintuisce il senso. I punti e gli sciami di note polverizzate si aggregano in un
processo di messa a fuoco che diventa disegno nitido, presto per assorbito
nella nuvola dellinformale. Quasi didattico , verso la fine del movimento,
il caso dellimprovviso assolo di pianoforte che germina la risposta di strumentini, di percussioni ammorbidite dal gong, dellintera orchestra, senza
voci. il vero superamento dello sperimentalismo, il risultato concreto di
ricerca che diventa innovazione e permette di costruire un prodotto davvero
nuovo e soprattutto finito.
Lintegrazione fra il timbro delle voci e quello degli strumenti ha un momento magico nellattacco del secondo movimento immobile e lontano:
voci femminili sussurrano assieme al flauto su punti (pizzicati) e linee (note
tenute) che escono dallorchestra. Quasi non si percepisce la tensione che
sale quando cresce il volume sonoro, perch sinseriscono le voci maschili,
gli ottoni e le percussioni pi robuste. Ci sono soltanto le due parole O
King, invocazione alla figura e alla memoria di Martin Luther King jr., assassinato in quel tragico 1968. Si rovescia il ruolo nel quarto movimento,
quando le voci prevalgono sugli strumenti grazie alla compatta scrittura da
polifonia rinascimentale su staccati dellorchestra che pungono come nel
miglior Stravinskij.
Commissionata dallOrchestra filarmonica di New York in occasione del
125 anniversario di fondazione, e dedicata a Leonard Bernstein, alla prima
esecuzione (10 ottobre 1968, con direzione di Berio), Sinfonia articolata in
solo quattro parti. La quinta aggiunta un anno dopo, per riequilibrare i pesi
reciproci e soprattutto per tirare le fila del complicato e in apparenza
dissociato rapporto con le parti precedenti. Precisa Berio: Trova infatti una
conclusione il discorso iniziato nella prima parte: in essa confluiscono anche
tutte le altre parti, sia a frammenti (terza e quarta) che per intero (seconda).
La quinta parte pu essere dunque considerata come una vera e propria
analisi di Sinfonia, condotta per col linguaggio e con i mezzi della composizione stessa. Nella forma definitiva, presentata a Donaueschingen il 18
ottobre del 1969 dallorchestra della radio di Baden-Baden diretta da Ernest
Bour, veterani interpreti della musica di Darmstadt, Sinfonia entra nel grande repertorio e cambia anche molte regole nel gioco dellavanguardia musicale. Annulla la discrezionalit degli esecutori/interpreti sulla dimensione

836 XII. Ritorno alle sfere celesti

macro e riduce drasticamente quella a livello micro. Ritrova gli equilibri architettonici soltanto con mezzi musicali, senza ricorrere a tabelle e algoritmi.
Rinuncia allelettronica. Continua la ricerca sui fondamenti del suono di
voci e strumenti. Accetta tanto i volumi della grande orchestra che i distillati timbrici dei complessi cameristici. Tiene conto dei conflitti del presente (la
guerra del Vietnam, la segregazione razziale), ma non ne fa un riferimento
assoluto. Musique dabord, sostiene il coerente Berio.
Infatti, fin dagli esordi, Berio lavora sulla sostanza della musica e non si
lascia ingabbiare dalle formule. Viene da una famiglia con profonde radici
musicali, si diploma al conservatorio di Milano. Nel 1951 continua gli studi
a Tanglewood, negli Stati Uniti, con Dallapiccola che lo introduce alla dodecafonia. Tornato in Europa, entra a far parte del circolo di Darmstadt ma
resta distante dal radicalismo combinatorio. Nel 1955 fonda con Maderna lo
studio di fonologia della rai di Milano perch gli interessa la manipolazione
del suono naturale con il mezzo artificiale, non il contrario. La sua composizione pi famosa diventa Thema (Omaggio a Joyce), che voce intrecciata
con se stessa, ma non contaminata da sinusoidi. Ospita per mesi Cage nella
sua casa di Milano, per diffida della sua aleatoriet estrema.
Negli stessi tempi, il collega Stockhausen continua a scrivere musica
elettroacustica (Kontakte, 1960; Mixtur, 1964; Mikrophonie i & ii, 1964 e
1965; Telemusik, 1966; Hymnen, 1967) ma si occupa anche dellorchestra
sinfonica tradizionale, pur ripensandone la dimensione spaziale. Lavora
sulle sue grandi geometrie di triangoli e quadrati. Sispira al profilo di montagne svizzere per impostare le variazioni dinamiche di Gruppen, finora la
sua opera pi ambiziosa. Scarta lidea originale di usare lelettronica, per
divide unorchestra di 109 elementi in tre gruppi, disposti ai vertici di un
triangolo equilatero, affidate a tre direttori che in qualche modo coordinano
una partitura costruita seconda rigorosi princpi dodecafonici e seriali, lavorando su una serie a simmetria sghemba dalla quale estrarre i gruppi di note
(da qui il nome) che scorrono nello spazio. Il fortuito aggregarsi e dissolversi del suono investe il pubblico al centro. Su presupposti analoghi si basa il
quadrato di Carr (1960): 4 orchestre con 4 direttori e 4 cori di almeno 12
elementi e ben spaziati fra loro, tutti impegnati nelleseguire 101 segmenti di
durata variabile fra 1,5 e 90 secondi su 4 diversi livelli sonori applicati a 8
categorie di suono da rovesciare sul pubblico. A mezzo secolo di distanza,
pare il trionfo del sogno di Ives, quando fa scorrere due bande indipendenti
in marcia contrapposta in Three Places in New England e quando fa affiorare
echi dosteria e di musica domestica nel silenzio di Central Park in the Dark.
Berio d il suo contributo alla scissione quadratica dellorchestra e alla
moltiplicazione delle complessit ritmiche con Tempi concertati (1959) per
quattro solisti e quattro orchestre. A sua volta Maderna, gi autore di vari

1968 Sinfonia 837

esperimenti elettroacustici, risponde con Quadrivium (1969) per quattro


percussionisti e quattro orchestre, preludio al pi complesso Hyperion, ispirato alla familiare poesia visionaria di Friedrich Hlderlin e rimasto incompiuto work in progress. Gli anni sessanta sono anche il momento di massimo
impegno di Luigi Nono nel dichiarato uso politico dellavanguardia musicale, con gli affreschi elettronico-corali Intolleranza 1960, La fabbrica illuminata, A floresta jovem e cheia de vida, sempre pi orientati al teatro e alla
sintesi di Al gran sole carico damore.
Linsegnamento in importanti universit americane consente a Berio di
mantenere i suoi ormai solidi contatti con lavanguardia e i fermenti culturali dOltreatlantico. La costante curiosit per la combinazione di diversi generi lo porta a tradurre nel proprio linguaggio le melodie dei Beatles, oltre ai
classici Monteverdi, Brahms, Verdi, accanto a Mahler e Weill. Nel 1964
scrive anche una delle sue composizioni pi famose, Folk Songs, arrangiamento per voce e orchestra di canti popolari italiani, francesi, armeni, americani. Il gioco delle citazioni nel terzo movimento della sua Sinfonia ricorda
un analogo esperimento condotto nella Seconda (1904) da Ives. Forse Berio
tiene conto anche dei cambiamenti che circolano nella musica americana
degli anni sessanta, non solo il nascente minimalismo del suo allievo Steve
Reich, ma anche la voglia di recuperare il passato tonale e di rifugiarsi nella
memoria, grazie a collage e citazioni. Nel 1965 escono Contra Mortem et
Tempus e Music for the Magic Theater, entrambi per piccola orchestra. Il
primo brano assorbe segmenti di Ives, Berg, Varse, Berio e Boulez, il secondo ritrova Bach, Mahler e Mozart assieme a Miles Davis. Li firma George
Rochberg, gi autore seriale e dodecafonico, ormai in odore di apostasia
neotonale e neoromantica, anzi postmoderna.
La bravura di Berio nellassimilare tanto e disparato materiale in un quadro coerente esemplare proprio in Sinfonia, dove tutto doppiamente
tradizionale, sia nelle parti originali moderne sia in quelle altrui citate. Simile e diverso il caso di Rendering (1989): Berio utilizza pagine sparse di
unincompiuta Decima sinfonia e frammenti di altri lavori di Schubert, che
connette con segmenti propri per costruire un fascinoso intarsio di primo
Romanticismo e di ultima avanguardia. Quasi impercettibile il passaggio
da uno stile allaltro nel completamento del finale di Turandot (2002). Dove
Giacomo Puccini si ferma, bloccato dalla morte per amore di Li; dove Alfano continua con il trionfale matrimonio fra la regina assassina Turandot e
limmemore principe Calaf; in quel punto la nuova musica di Berio decanta
le emozioni, dissolve la realt, inventa un suono dolce e brunito, riporta la
fiaba triste nella dimensione onirica che le appartiene.
La curiosit di Berio si estende alle pi diverse forme di espressione musicale, con pragmatismo assoluto. Porta a improvvisi ritorni, per esempio

838 XII. Ritorno alle sfere celesti

allelettronica, dalla quale Berio per un po si allontana, salvo rientrare con


Ofanim (1992) per solista, coro, strumenti ed elaborazione elettronica. Resta
ben presente la voce, oggetto di esplorazione costante soprattutto nelle opere teatrali che impegneranno Berio nellultimo trentennio di attivit. La voce
resta unimportante area di sperimentazione anche nei lavori da concerto. In
Cries of London (1974) le sei voci intonano grida di venditori ambulanti. Aronne (1975) una poesia di Edoardo Sanguineti che cinque attori ripetono
una ventina di volte, in un esperimento di osmosi timbrica creato per la radio
olandese. Coro (1976) un affresco di unora circa, su testi di Pablo Neruda
e di anonimi popolari raccolti in lontane parti del mondo, affidati a 40 voci
ciascuna abbinata a un singolo strumento dellorchestra. Qui pare addirittura che Berio accetti senza problemi anche linflusso di allievi. Come quando
rende omaggio ai segmenti ripetitivi del minimalista Steve Reich, che con lui
studia in California negli anni sessanta.
Il principio della sinfonia classica ritrova i suoi legami con il passato romantico e settecentesco attraverso un autore ripetitivo della prima ora come
Philip Glass, convertito nellultimo ventennio alla sinfonia con voci e intento
programmatico: Heroes (quarta, 1996), Choral (quinta,1999), Plutonian Ode
per soprano e orchestra su testo di Allen Ginsberg (sesta, 2002), Toltec (settima, 2004). Il prolifico Glass si spinge oltre, anzi indietro, mescolando il
cromatismo completo di Schnberg con il Classicismo puro di Mozart e
Haydn nelle sinfonie solo strumentali Ottava (2005), Nona (2011), Decima
(2012). Cambiata e rinnovata, la sinfonia continua anche nel terzo millennio.

Ascolti
L. Berio, Sinfonia, P. Boulez, Orchestre National de France, Apex 2001
B. Maderna, Quadrivium Aura Biogramma, G. Sinopoli, Sinfonieorchester des Norddeutschen Rundfunks, dg 2005

Letture
L. Berio, C musica & musica, Feltrinelli, Milano 2013, libro + dvd
L. Berio, Intervista sulla musica, Laterza, Bari 2011
E. Restagno (a cura di), Berio, edt, Torino 1995
D. Osmond-Smith, Suonare le parole. Guida allascolto di Sinfonia di Luciano Berio, Einaudi, Torino 1994
M. Bortolotto, Fase seconda. Studi sulla Nuova musica, Einaudi, Torino 1976

1976 Einstein on the Beach


Philip Glass

Teatro senza storia Regia per allusioni Minimalismo


ripetitivo Danza libera Personaggi per opere moderne:
Gandhi, Akhnaten, Colombo, Galileo, Vasco de Gama
Adams e Nixon in China La vera bomba atomica di
Robert Oppenheimer
Due voci recitanti sono impegnate nella lettura di un testo che pare privo di
senso comune. Un piccolo coro elenca senza sosta i numeri da 1 a 8. Pochi
strumenti ripetono una breve sequenza dintervalli. Un direttore si sbraccia
davanti a unorchestra che non c. Poi arriva un tipo con baffi, chioma arruffata e brizzolata che armeggia sul suo violino. In scena compaiono altri cantanti, impegnati a ripetere parole in libert. Entra un treno a vapore, bidimensionale e in cartapesta nera, lento e senza fare rumore, guidato da un manovratore fermo, che poi canter sillabe senza senso. Non succede altro, nella
prima scena, che dura circa unora. Nella seconda cambia la musica, ma non
il metodo. Siamo in un tribunale, con la corte chiamata a esprimersi su un
caso che non conosce e non giudicher. Dopo unaltra ora, inizia la terza
scena. Si presenta unastronave. Quindi tocca a una prigione. I soggetti si
accavallano nelle altre scene. Non importa conoscere la storia, che non esiste.
Conta ci che si vede e si sente quando lattenzione desta. E se lattenzione
si perde, sono infiniti i momenti in cui si pu riprendere il filo. Vogliono cos
gli autori, interessati non a raccontare una loro storia, ma a dare agli spettatori gli stimoli per costruirne una propria, attorno a un personaggio da
tutti conosciuto: Albert Einstein, fisico, filosofo, violinista dilettante, uomo
bizzarro, sorridente e sornione.
Lintero spettacolo dura almeno cinque ore, senza interruzione. ripartito in nove scene intrecciate e disposte in quattro atti, a loro volta preceduti, separati e conclusi da cinque interludi definiti knee play, snodi. Mancando una storia, previsto che il pubblico possa uscire e rientrare in qualunque momento senza perdere nulla. Importano solo le allusioni che la
memoria assorbe, nasconde, ritrova non appena ne arrivano di nuove, in altri
tempi e in altri luoghi del lungo spettacolo. Si vuole annullare lo scorrere del
tempo, perlomeno la sua scansione meccanica. La sillabazione del testo senza senso delladolescente neopoeta Christopher Knowles aggiunge suono
alla cadenza dei numeri delle voci su un lento basso della tastiera prima che
il coro intoni un lontano cantus firmus paramedioevale. La stratificazione

840 XII. Ritorno alle sfere celesti

dei timbri certamente verticale, per cambia anche la dimensione orizzontale, non tanto la melodia quanto il ritmo. Philip Glass altera il ritmo con una
tecnica che elabora ormai da una decina di anni, seguendo il suo chiodo
fisso di creare strutture ritmiche dalle quali far nascere larchitettura complessiva dellopera: Un gruppo musicale o una battuta diciamo di cinque note, ripetuto pi e pi volte; poi seguito da una battuta di sei note
(anche questo ripetuto), poi di sette, poi di otto, e cos via. Una figura semplice pu espandersi e centrarsi in molti modi diversi e mantenere la stessa
configurazione melodica generale, ma per aggiunta o sottrazione di una
nota assume un andamento ritmico molto diverso.
Uno dei primi a sperimentare la sovrapposizione casuale di ritmi precisi
Ligeti: in Pome symphonique (1962) fa partire 100 metronomi tarati in modo
differente che creano una nube di battiti caotici su base razionale. La nube
destinata a diradarsi, non appena si esauriscono le cariche e il moto meccanico dei singoli metronomi si ferma, con lultimo che riporta il silenzio. Per via
indipendente, a met anni sessanta, nasce in California il minimalismo musicale. In C (1964) di Terry Riley considerato il punto di partenza. Il titolo
viene dalla nota do (c nella notazione alfabetica anglosassone) che un esecutore deve ripetere continuamente e con la stessa frequenza per tutta la durata
della composizione, che indeterminata, anche se tre quarti dora una dimensione accettabile. Lo strumento su cui ripetere la nota non prescritto: di
solito una tastiera o una percussione intonabile, come la marimba. Non
sono definiti n il tipo n il numero degli altri strumenti: tre dozzine pu andar bene, per si pu dividere e moltiplicare a piacere. Le pulsazioni metronomiche del do servono da unit di misura per le 53 frasi musicali, con durata variabile da 0,5 a 32 battiti, stabilite dallautore. Ciascun esecutore pu
scegliere qualunque frase, ripeterla a piacimento, sostituirla con altre, meglio
se rispettando lordine disposto in partitura. La libert delle scelte dellinterprete limitata soltanto dalle intese variabili che sinstaurano con gli altri
colleghi e con il direttore. Tuttavia, il meccanismo insito nel sistema armonico, le sia pur vaghe indicazioni della flessibile partitura, soprattutto il rapporto interattivo che sinstaura nel gruppo degli esecutori fanno convergere
verso uninevitabile conclusione e determinano un percorso lineare e non del
tutto governato dal caso. Si parte da un accordo di do maggiore, che resta
presente con la sua nota fondamentale mentre le altre voci aggregano segmenti che portano su altre tonalit fin quando le energie degli interpreti e la forza
dei meccanismi musicali suggeriscono di allinearsi sulla via che porta alla fine.
I mezzi impiegati sono tradizionali, i meccanismi esecutivi semplici, le
difficolt nulle, il peso della tradizione accademica inesistente. Tutto si mantiene al livello minimo. Lunica, ma essenziale, componente critica il
tempo, cio la durata. Lapproccio minimalista consente di superare lin-

1976 Einstein on the Beach 841

compatibilit fra istante e infinito, fra punto e linea. Sparita ogni dialettica,
la musica appare come metafora dellimmobilit che pur si muove, nellassenza di ogni forma. Il distacco con la tradizione musicale europea netto.
La contiguit con le prospettive orientali evidente. I disegni parageometrici e ripetitivi dei tappeti persiani diventano modelli, come in Why Patterns?
(1978) di Morton Feldman, dove per quasi mezzora flauto, pianoforte e
percussioni annodano in modo soffice e casuale brevi filamenti sempre
uguali. Per c anche la negazione del principio di casualit e irrazionalit
propugnato da Cage e la sua scuola. Secondo Riley e soprattutto secondo
Reich, il ritmo ripetuto, le poche note sempre uguali di melodie elementari
sono le fondamenta profonde della musica soul, echi dei canti di lavoro
nelle piantagioni e degli ancor pi lontani tamburi dAfrica. La manipolazione elettronica della voce di Its Gonna Rain (1965) e il ruvido percussionismo di Drumming (1971) di Reich riescono a dare alla ripetizione un tratto
drammatico del tutto inaspettato. Conta il fatto che Reich studi Webern con
Berio e nello stesso tempo ascolti entusiasta il free jazz di John Coltrane e
Miles Davis, come si percepisce in Music for Mallet Instruments, Voices and
Organ (1973). Le ripetizioni del quartetto darchi dal vivo e delle voci registrate diventano evocative, oltre che angosciose quando, in Different Trains
(1988), Reich accosta le sue emozioni (provate) in America di un bambino
infelice sul treno che lo sballotta fra i genitori divisi, alle emozioni (intuite)
di un suo coetaneo in Germania sul treno che lo porta allo sterminio.
Il potenziale drammatico e teatrale della tecnica ripetitiva e minimalista
valorizzato da Philip Glass, che ha un ineccepibile percorso di studi in
conservatorio negli Stati Uniti e alla scuola parigina di Nadia Boulanger. Il
suonatore di sitar Ravi Shankar lo introduce al mondo della musica indiana.
Da Riley e Reich, Glass trova conferma che grandi strutture musicali si possono costruire per addizioni successive di minimi frammenti. I primi lavori
ripetitivi di Glass sono strumentali: Music in Fifths per due pianoforti
(1969), Music with Changing Parts (1970), Music in Twelve Parts (1974). Il
salto nel teatro avviene nel 1976 con la commissione da parte del festival di
Avignone di Einstein on the Beach, da realizzare assieme al regista teatrale
Robert Wilson, a sua volta reduce dalle performance minimaliste sulle figure di Freud e Stalin. La personalit multiforme di Einstein serve da collante
(subliminale) per suoni e immagini sceniche che sfumano luna nellaltra
senza soluzione di continuit, in una dimensione infinita. Sintuisce che il
grande fisico tedesco cambia la storia e che il ricciuto dilettante che si ostina
a esercitarsi sul violino anche il padre putativo di una minaccia nucleare,
che forse si avvera negli ultimi minuti dello spettacolo. Soltanto alcuni rapidi passi di balletto hanno funzione intercalare e sono realizzati da unaltra
protagonista dellavanguardia americana degli anni sessanta e settanta.

842 XII. Ritorno alle sfere celesti

La ballerina e coreografa postmoderna Lucinda Childs si fa notare con


Street Dance (1963), realizzata in una strada di New York, in mezzo ai passanti che diventano parte dello spettacolo e in un ambiente urbano che cambia
prospettive in funzione della coreografia. Nei dieci anni successivi affina il
suo stile fatto di riduzione della danza a movimenti semplici, essenziali e ripetuti, appropriandosi per di tutto lo spazio scenico disponibile a teatro o
(meglio) altrove. Essenziali per lei sono i princpi di danza antiaccademica,
libera ma formalizzata, con o senza musica adottati da Martha Graham; le
astrazioni di George Balanchine e soprattutto del suo maestro Merce Cunningham, legato alle sperimentazioni di John Cage. Lucinda Childs subito
reclutata per il nuovo progetto dal duo Wilson-Glass. Sono sue le aeree e
velocissime coreografie che sinsinuano come altrettanti lampi nella brulicante immobilit di suoni e personaggi di Einstein on the Beach. A loro modo
valorizzano il lentissimo, impercettibile crescendo sonoro che porta alla fine.
Il successo ad Avignone si ripete in varie citt europee e si conferma al
Metropolitan di New York nello stesso 1976. Piace lallestimento, con i tre
piani distinti su cui si svolge lazione, le tante luci che creano e sfumano gli
spazi, lo svolgersi lentissimo di ogni azione pur nella frenesia dei movimenti
singoli. Da allora, i maggiori teatri di musica e di parola affidano a Bob Wilson le regie di classici e novit, con risultati sempre in bilico fra rigore e
provocazione, ma comunque affascinanti: Monteverdi, Weber, Wagner, Richard Strauss, accanto a Shakespeare, Bchner, Brecht, pi un gran numero
di performance su tempi sempre dilatati, dedicate a soggetti capaci di inventare situazioni caotiche generate da processi razionali. A sua volta Lucinda
Childs continua lo stile di danza, fatto di iterazioni ossessive a tutto campo
in collaborazione con Wilson (I Was Sitting on My patio..., 1977) e con Glass
(Relative Calm, 1981; Available Light, 1983), aggiungendo anche il contributo per scene e costumi dello scultore Sol LeWitt. In seguito, Childs introduce nelle sue coreografie le immagini di Robert Mapplethorpe (Cascade, 1984;
Portraits in Reflections, 1986), musiche di Ligeti (Rhythm Plus, 1991) e Ravel
(Daphnis et Chlo, 2003), oltre a coreografie per opere moderne (Doctor
Atomic di Adams, 2005) e antiche (Farnace di Vivaldi, 2012). Diventa lerede
naturale di Balanchine e Cunningham, assieme alla tedesca Pina Bausch, altra protagonista della danza moderna. Mentre continua il successo del balletto classico dellOttocento, rivisitato nella tecnica da ballerini famosi
(Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev, Natalia Makarova e Mikhail Baryshnikov) e coreografi creativi (Jerome Robbins, Maurice Bjart).
Il carattere evocativo e alla fine anche narrativo della musica di Einstein
on the Beach stimola la richiesta a Glass di nuove musiche per il teatro. Commissionata dalla citt di Rotterdam, Satyagraha (Insistere sulla Verit, in
sanscrito, 1980) unelegia alla non violenza che, in tre atti, propone la figu-

1976 Einstein on the Beach 843

ra del giovane Mahatma Gandhi in Africa, connessa alla poetica di Rabindranath Tagore e allimpegno di Martin Luther King jr. Il primo trittico operistico di Glass si completa con Akhnaten, omaggio al faraone che cambia la
religione del suo tempo, cos come Einstein cambia la scienza e Gandhi la
politica. Con Akhnaten inizia a cambiare anche la musica di Glass, sempre
minimalista e ancora ripetitiva, per con rinnovata attenzione alle forme del
passato, in particolare delle antiche ciaccone e passacaglie, anchesse ricorsive. Torna il gusto per lintreccio narrativo, con le azioni ben definite di
amore e guerra, con Nefertiti e lerede Tutankhamon, i sacerdoti politeisti
prima sconfitti dal faraone monoteista e poi vittoriosi con laiuto degli invasori, mentre il regno crolla e del palazzo restano le rovine. La marcia della
piccola orchestra senza violini che si sente nel Preludio al primo atto diventa festosa nella scena dellincoronazione e funebre nel finale, con un
senso di continuit circolare che ricorda vagamente i Leitmotiv romantici e
wagneriani. Una citazione da Einstein on the Beach serve da ulteriore legame
nellanello dei tre personaggi che cambiano il loro mondo.
Il rientro di Glass nel dominio della classicit si evolve a cavallo del millennio con una lunga serie di lavori sinfonici, da camera, pianistici, vocali,
teatrali, con punte di eccellenza nei due concerti per violino (1987 e 2010).
Resta, anzi cresce, la passione per il teatro musicale, con un nuovo trittico
(1991-96) dedicato a Jean Cocteau come omaggio al Gruppo dei sei e al
proprio maestro Darius Milhaud. E una nuova collezione di opere ispirate a
personaggi che cambiano la storia: Cristoforo Colombo (The Voyage, 1990),
Vasco de Gama (White Raven, 1991), Galileo Galilei (2001), Giovanni Keplero (Kepler, 2009), Walt Disney (The Perfect American, 2013). C professione antimilitarista in Waiting for the Barbarians (2005) e sollievo patriottico
per la fine della Guerra di secessione in Appomattox (2007).
In parallelo al teatro di Glass, si sviluppa quello di John Adams, sempre
minimalista, ma ancora pi orientato alla facilit della comunicazione. Criticata inizialmente per la sua voluta banalit, lopera in tre atti Nixon in China
(1987), ispirata alla visita del 1972 del presidente americano a quello cinese
Mao Zedong, segna una svolta importante nel teatro musicale moderno e
mostra uninsospettata tenuta nel tempo. Sulla scia di quel successo, Adams
mantiene desta lattenzione internazionale con The Death of Klinghoffer
(1991), lopera-oratorio El Nio (2000), la favola indiana The Flowering Tree
(2006) e soprattutto Doctor Atomic (2005), specie di applicazione pratica
delle suggestioni di Einstein on the Beach. Protagonista il padre vero della
bomba atomica, il fisico Robert Oppenheimer con i suoi mentori Leslie Groves (il generale efficiente) e Edward Teller (il falco della scienza); il libretto
di Peter Sellars incolla testi di John Donne, Charles Baudelaire, Thomas
Mann (Doctor Faustus); le coreografie aeree sono ancora di Lucinda Childs.

844 XII. Ritorno alle sfere celesti

Ascolti
P. Glass, Einstein on the Beach, R. Wilson, The Philip Glass Ensemble, Nonesuch 1993
J. Adams, Nixon in China, E. de Waart, Orchestra of St. Lukes, Nonesuch 1988

Letture
K.R. Schwartz, Minimalists, Phaidon Press, London 1996
P. Glass, La mia musica, Edizioni Socrates, Roma 1993

1978 Le Grand Macabre


Gyrgy Ligeti

Recupero della grande opera Finezze musicali e oscenit


linguistiche Il nuovo teatro musicale di Berio Lopera
dopo lintegralismo di Darmstadt: Pousseur, Maderna,
Kagel, Maxwell Davies, Birtwistle, Ads Stockhausen e
il ciclo Licht Altre opere: Rihm, Lachenmann, Holliger, Sciarrino
Dodici clacson (intonati) di automobile aprono la partitura. Lomaggio a
Orfeo e a Monteverdi palese e dichiarato. Nel suo primo e unico grande
lavoro teatrale, Gyrgy Ligeti vuole riscoprire le radici dellopera lirica, risalendone lintero e tortuoso percorso secolare. Ritrova pezzi chiusi e recitativi, cori e interludi. Ai cantanti concede melodie, passaggi di bravura individuali e pezzi dassieme. In orchestra le dissonanze sono tante e lorganizzazione seriale non manca mai. Per il suono sempre leggero e trasparente,
nella migliore tradizione di un maestro della strumentazione moderna. Aiutano i costanti inserimenti di valzer viennesi, jazz, ragtime, citazioni dirette
da Beethoven e da Verdi. Schiamazzi e onomatopee di ogni genere servono
per mantenere un clima di festa e di carnevale nelle due ore abbondanti del
Grand Macabre, opera in quattro scene e due atti.
Ligeti non si limita a recuperare formule operistiche del passato. Vuole
pure che sulla scena si svolga una storia ben definita, con un capo e una coda,
senza ammiccamenti e ambiguit, chiara nello svolgimento e nel significato.
Prende spunto da La Balade du Grand Macabre (1934) dello scrittore belga
di lingua francese Michel de Ghelderode, dai toni lugubri e sotto il segno
della morte, secondo i canoni del teatro della crudelt di Antonin Artaud.
Assieme al librettista Michael Meschke, Ligeti prepara un racconto che mantiene lambientazione apocalittica ma la rende grottesca, surreale, comica,
scurrile. Entrano gli eccessi scatologici e corporali di Rabelais, le figure deformate di Hieronymus Bosch e Pieter Bruegel il Vecchio. Per tutto il tempo,
i personaggi bevono e mangiano, cantano e fanno sesso, incuranti dellangelo della morte che incombe. Infatti, nel paesotto Brueghelland, in un lontano
Medioevo, compare lo spettro Nekrotzar e annuncia che a mezzanotte il
mondo finir, portando con s buoni e cattivi. Per i giovani Amanda e
Amando continuano le loro effusioni in un sepolcro; lastrologo feticista
Astradomors briga con la moglie ninfomane Mescalina, prima vittima di
Nekrotzar per la felicit di tutti. Nel primo quadro del secondo atto, a mez-

846 XII. Ritorno alle sfere celesti

zanotte in punto, arriva la fine del mondo: nel palazzo del principe Go-Go
risuona terribile e distorto il basso del finale dellEroica di Beethoven con
sovrapposti un ritmo di cha-cha-cha e un altro di ragtime assieme a una fanfara. Tutti muoiono, salvo rialzarsi un po intontiti (ultimo quadro, stesso
luogo del primo) e chiedersi se sono passati ad altra vita o se il cattivissimo
Gran Macabro Nekrotzar soltanto un ciarlatano. La domanda non ha risposta e il carnevale ricomincia con una grande passacaglia a parodiare il finale Tutto nel mondo burla del Falstaff di Verdi.
Lesondazione sonora del Grand Macabre suscita scandalo e curiosit. Per
tutti inattesa limprovvisa conversione di Ligeti da severo manipolatore di
grigi orchestrali a debordante distributore di schiamazzi. Il linguaggio osceno sta agli antipodi dellermetismo e del surreale che tanto piace ai compositori del secondo dopoguerra. Manca del tutto limpegno politico e la denuncia sociale. Lopera ha successo di pubblico e resta in repertorio anche
nel nuovo millennio, sia pure con qualche necessaria limatura degli eccessi
pi evidenti, che Ligeti applica nel 1996. Segna una rottura col passato, apre
nuove strade. Il teatro musicale del tempo sente ancora fortissimo il legame
con il Wozzeck di Berg e con la sua propaggine neoespressionista Die Soldaten di Zimmermann e neoromantica delle opere di successo di Henze.
In Italia, Nono corona il suo percorso nel teatro dellimpegno con Al gran
sole carico damore (1974). Berio esplora, con la consueta attenzione, materiali parateatrali collaborando con lamico Edoardo Sanguineti in Laborintus
ii (1965) e Passaggio (1963). Nel 1970 completa Opera, rivista nel 1977:
mette in scena il tema di una catastrofe immanente che parte dal naufragio
del Titanic per legarsi ai drammi dei malati terminali e alla storia di Euridice
condannata a rimanere negli Inferi. Il discorso musicale in apparenza casuale, ma in realt circolare e fitto dincroci obbligati. Il titolo, che potrebbe
essere semplicemente il plurale del latino opus, nella sua genericit segnala la
sostanza intellettuale di un progetto elaborato assieme a Umberto Eco e
Furio Colombo. La forma mantiene un alto grado di variabilit, che tuttavia
non scalfisce il valore etico anche nei successivi lavori teatrali di Berio. La
vera storia (1981), su libretto di Italo Calvino, rilegge con prospettive multiple i luoghi canonici del melodramma romantico verdiano. Un re in ascolto,
su libretto dello stesso Berio stimolato da unidea di Calvino (1984), non ha
una sequenza narrativa ma evoca un quadro di tragica solitudine in un mondo di comunicazione mediata: il protagonista un re isolato dal suo popolo,
che origlia dialoghi, confonde il suo regno con quello di Prospero nella
Tempesta di Shakespeare, impazzisce. Outis (libretto di Berio e del grecista
Dario del Corno, 1996) fatto di percorsi a ritroso e di memorie ingannevoli
di personaggi antichi (Omero e Catullo) e moderni (Melville, Joyce, Brecht,
Auden) che si nascondono dietro la famosa frase di Ulisse: Il mio nome

1978 Le Grand Macabre 847

nessuno. Cronaca del luogo (1999) colloca lorchestra in nicchie verticali


scavate su una parete rocciosa che, spiega Berio, un vero e proprio muro
armonico (nel senso strutturalmente pi ampio e percepibile del termine) sul
quale vengono scritte (un po come graffiti, forse) diverse figure e dal quale
vengono estratti, dedotti e sviluppati processi musicali di carattere diverso,
conflittuale e spesso contraddittorio. lultimo lavoro teatrale di Berio,
con elettronica dal vivo che si aggiunge a solisti, coro e orchestra.
Un altro celebrante dei seriosi riti di Darmstadt, il belga Henri Pousseur,
tenta la sintesi del teatro totale che coinvolge gli spettatori e lascia aperta la
struttura appoggiandosi, in Votre Faust (Milano, 1969 ma con tante varianti,
1960-2005), alla rivisitazione del mitico e del romantico di Michel Butor, in
chiave di nouveau roman, concentrato sui dettagli che stanno altrove rispetto
alla sostanza della narrazione. Bruno Maderna cerca prospettive multiple in
teatro, lasciando libert nella disposizione degli atti e delle storie. Affida alla
musica il compito di rappresentare la solitudine dellartista e la miseria del
quotidiano: in Hyperion (1969) la follia di Friedrich Hlderlin diventa mosaico di lavori precedenti; il tragicomico Satyricon (1973) vive di citazioni e
di passato. Su orbite diverse si inserisce Franco Donatoni, prima con lopera
senza trama Atem (1984), poi con le visioni fra lallucinato e lironico di un
se stesso in letto di ospedale nella surreale opra-comique Alfred, Alfred
(1995). Giacomo Manzoni porta in teatro lincubo nucleare (Atomtod,
1965), riflette su un rivoluzionario controverso (Per Massimiliano Robespierre, 1974), rilegge un mito universale (Doktor Faustus, 1988). Sylvano
Bussotti trova un dimensione onirica e floreale in Bergkristall (1975).
Esce dallimpegno e dalla macerazione strutturale Mauricio Kagel, gi
colonna dello studio di fonologia di Colonia, amico di Stockhausen e cultore
di una musica da precomporre con le risorse dellaritmetica. Si converte al
teatro per confrontare il tempo delle azioni teatrali con quello delle azioni
musicali lasciate autonome. La critica al teatro dopera, che per Kagel un
museo di oggetti defunti, diventa satira grottesca in Staatstheater (1970) e
gag comica in Sur scne (1972), cos come appare neodadaista e surreale il
film Ludwig van (1970), collage beffardo di pomposi momenti celebrativi
organizzati in Germania in occasione del bicentenario della nascita di Beethoven. Un incontro a Berlino fra il drammaturgo Samuel Beckett e il minimalista Morton Feldman, entrambi indifferenti al normale teatro musicale,
produce la curiosa antiopera Neither (1977) per una voce femminile e piccola orchestra, una specie di seguito subliminale e minimalista dei monodrammi Erwartung e Die glckliche Hand di Schnberg. Musica comunque pi
dinamica del Feldman consueto.
Emerge linglese Peter Maxwell Davies con Eight Songs for a Mad King
(1969), un monodramma di forte intensit drammatica ispirato alla follia di

848 XII. Ritorno alle sfere celesti

Giorgio iii che tenta dinsegnare il canto ai fringuelli. Lestensione enorme


che si chiede alla voce di baritono e i suoni eterogenei, che spuntando dagli
strumenti sono il segno musicale della schizofrenia reale. Il tema della pazzia
e dellautodistruzione, il teatro neoespressionista che attraverso Die Soldaten, Lulu e Wozzeck ridiscende a Bchner e al Settecento torbido di Jakob
Lenz ispirano lopera omonima (1978) di Wolfgang Rihm, claustrofobica e
spettrale con il suo canto monotno e urlato, sulle sparse note di un complesso da camera.
Lirruzione di Le Grand Macabre, oltre alle non poche novit lessicali,
produce il ritorno della grande struttura operistica tradizionale, in due atti
di due scene ciascuno, con storia ben definita, personaggi caratterizzati,
pezzi chiusi, interludi strumentali. Ligeti non ripete lesperienza teatrale, ma
altri autori s. Esce dal monodramma breve il citato Maxwell Davies, con una
serie di lavori di ampie dimensioni che non hanno paura di riallacciare i
rapporti con lopera di Britten nel Novecento e con quella romantica
dellOttocento. Il suo linguaggio musicale torna alla modalit con Taverner
(1972), biografia inventata dellomonimo compositore rinascimentale; trova
realismo novecentesco in The Lighthouse (1979) e dimensioni sempre pi
ampie nei due atti di The Doctor of Myddfai (1996) che raccontano di strani
contagi e cure miracolose; nei tre atti di Kommilitonen! (2012) mette in scena tre episodi di oppressione e segregazione di studenti universitari negli
Stati Uniti razzisti, nella Germania nazista, nella Cina maoista.
Il compagno di studi Harrison Birtwistle si afferma prima con lincedere
ieratico dellaffresco orchestrale The Triumph of Time (1972) e poi, con The
Mask of Orpheus (1986), propone in teatro una complessa e polimorfa rivisitazione delle contraddizioni del mito di Orfeo trasferite nelle diacronie di
azione e di musica, su tre atti e con impiego di vaste risorse vocali e strumentali, oltre a suoni elettronici elaborati allircam di Parigi. Non meno complesse e articolate sono le successive opere Gawain (1991) ambientate al
tempo di re Art, The Last Supper (2000), The Minotaur (2008). Passa dalla
dimensione cameristica al gran teatro il nuovo eclettico Thomas Ads, che
debutta con la gustosa operina Powder Her Face (1995) e si conferma con la
spettacolare The Tempest (2004). Testo riscritto da Shakespeare, tre atti,
organizzazione per pezzi chiusi, ciaccone del passato e incroci del presente,
squarci lirici e dissonanze violente.
In Germania continua la fertilit operistica di Henze, ma il progetto pi
ambizioso impostato da Stockhausen con il ciclo Licht, sette opere con
durata media non inferiore alle quattro ore, ciascuna ispirata ai giorni della
settimana. Inizia con Donnerstag (1981) e si completa un quarto di secolo
dopo con Sonntag (2007), dopo aver sviluppato in ogni modo una triplice
formula musicale di 13+12+11 note, cui attribuisce significati esoterici,

1978 Le Grand Macabre 849

mistici, numerologici che spalma su un gran numero di personaggi reali e


allegorici, alla maniera dei Leitmotiv wagneriani. Alle tre melodie sono associati i personaggi principali (Michele, Eva e Lucifero) con relativi tre strumenti (clarinetto tenore, tromba, trombone). Per esprimere i legami col cosmo e lo scorrere del tempo, Stockhausen usa tutto larmamentario accumulato negli anni e anche cose per lui nuove, come melodie e diatonismi, scrittura trasparente e candida semplicit, accanto a musica elettronica e concreta. Domina il numero sette, con sette solisti in ogni giornata e sette profumi
che li distinguono. Sono sette i temi trattati, in accordo con il significato di
ciascun giorno della settimana: la nascita e la fertilit (luned), la guerra
(marted), la riconciliazione (mercoled), il viaggio (gioved), il peccato originale (venerd), il giorno di Lucifero (sabato), lunione mistica (domenica).
Esce dalla dimensione cameristica anche il prolifico Wolfgang Rihm, impegnato nelle cinque parti dellelaborazione tedesca di Heiner Mller dellAmleto di Shakespeare (Die Hamletmaschine, 1987), nella conquista del Messico
vista con il teatro della crudelt di Antonin Artaud (Die Eroberung von Mexico, 1992), ancora Artaud per assieme a Charles Baudelaire alle prese con le
allucinazioni da oppio (Sraphin, 1996). Lallievo di Nono e cultore della
musica strumentale concreta Helmut Lachenmann si appoggia alla fiaba di
Andersen nellopera senza canto Das Mdchen mit den Schwefelhlzern (La
piccola fiammiferaia, 1996). Heinz Holliger, noto oboista, ribalta in termini di
ossessione e psicanalisi musicale la storia di Biancaneve vista come specchio
della regina-strega in Schneewittchen (1998) sui versi giambici che il giovane
Robert Walser scrive nel 1901. Torna al teatro musicale come luogo di tragedia
familiare Salvatore Sciarrino, con Luci mie traditrici (1996): il nobile musicista
Gesualdo uccide la moglie infedele, ma in assenza dellamante, in un flebile
crescendo di sussurri che potrebbe anche essere un duetto damore.

Ascolti
G. Ligeti, Le Grand Macabre, E.P. Salonen, Philharmonia Orchestra and Chorus, Sony
1999
K. Stockhausen, Licht in Stockhausen Complete Edition, Stockhausen Verlag 2013

Letture
G. Steinitz, Gyrgy Ligeti: Music of the Imagination, Northeastern University Press, Boston 2003
G. Ligeti, Gyrgy Ligeti in Conversation with Peter Varnai, Josef Hausler, Claude Samuel,
and Himself, Eulemburg Books, London 1983

1985Prometeo

Luigi Nono
Al centro di un arcipelago labirintico Elettronica e strumenti dal vivo e tuttintorno Neopolifonia veneziana
Convergenze inattese: Nono e Feldman Musica in cammino Kurtg sinfonico, Stockhausen elettronico

La musica avvolge interamente lascoltatore, non concede distrazione agli


occhi e tanto meno alla mente. Non c azione e neppure scena. Non racconto che distragga. Nessun segno che scandisca il passare del tempo. Soltanto
musica, fatta di suoni che vibrano e di silenzi che legano. In un ambiente
costruito in modo da obbligare lascolto e imporre il percorso interiore che
la musica indica. Due ore e un quarto dimmersione totale, da sorbire senza
intervallo. Una tragedia, in senso etimologico, come nella Grecia antica,
quando il teatro archetipo della vita e dei suoi fantasmi. Ascolto che diventa incerta navigazione fra isole e miti, come vuole la disposizione delle nove
sezioni in cui Prometeo si articola. Per capire non basta leggere i titoli posti
in partitura: un prologo, cinque isole, una doppia terna di voci, due antiche
pause greche (stasimi) che precedono e seguono altrettanti e moderni interludi, i nomi di Prometeo e Hlderlin che compaiono (mentre restano coperti quelli di altri vati, Eschilo, Goethe, Nietzsche, Rilke, Benjamin). Sintuisce
lesistenza di una rotta che permette di navigare nellarcipelago del suono,
con un maieuta che pilota. Potrebbe essere Ulisse, ma va altrettanto bene
Prometeo, il semidio errante che qui non si limita a portare il fuoco agli
umani (come nel mito) e neppure a dar vita alle creature di argilla (come in
Beethoven). A noi contemporanei Prometeo regala gli interrogativi e le angosce di un futuro (ovviamente) sconosciuto. Il senso dei testi assemblati
non si percepisce, perch frantumato fra le note e disperso nello spazio. Il
peso del passato, linquietudine del presente, langoscia del domani esondano da una musica dinaudita complessit e dimmediata percezione.
Lorganico richiesto non stravagante. La distribuzione spaziale chiede
due direttori. Cantano due soprani, due contralti e un tenore, pi un coro a
dodici voci. Parlano una donna e un uomo. Per le parti strumentali bastano
quattro gruppi di poche persone impegnate a suonare vari fiati, pi una
viola, un violoncello e un contrabbasso (senza violino). Lelettronica interattiva, elaborata da Nono presso il centro Heinrich Strobel alla radio di Friburgo, chiede un quartetto di tecnici. Durante la prima ora, il suono artificiale sinnerva con quello naturale di voci e strumenti, con la finezza che

1985 Prometeo 851

Nono distilla dallesperienza di una vita. Poi sfuma e sparisce, creando un


ulteriore senso di vuoto, gi preesistente e mai colmato dai pochi squilli dei
pochi ottoni. Le voci umane simpennano di rado, sia quando cantano sia
quando si limitano a parlare. La musica occupa per intero uno spazio
costruito per disperderla. Gli esecutori devono potersi muovere attorno agli
spettatori e i loro suoni vanno convogliati da microfoni ai tanti altoparlanti
distribuiti ad altezze differenti.
Per la prima esecuzione assoluta, il 25 settembre 1984, a Venezia, in occasione della Biennale Musica, Nono fa costruire dallarchitetto Renzo Piano
un luogo tra la cassa armonica e il rivestimento, in modo tale da avere lo
spazio per le tante cantorie, le quattro orchestre, i solisti delle voci e degli
strumenti e le isole e con la possibilit di piazzare microfoni e altoparlanti in
vari punti, verso lalto e verso il basso, in lungo e in largo: cio uno spazio
spaziante. Lambiente vuoto della chiesa sconsacrata di San Lorenzo alloggia una struttura di legno, unarca sospesa, con tre piani sui quali scorrono i
solisti vocali, i gruppi strumentali, i suoni elettronici. Al centro, accucciati
sul pavimento, stanno circa 400 spettatori. La sfida, per le numerose riprese
successive, sempre quella di ritrovare e rinnovare la suggestione di quella
mitica serata veneziana. Aiuta la flessibilit del materiale elettronico, che non
fissato per sempre su un supporto digitale ma, seguendo i comandi dei
tecnici del suono, interagisce con il vibrato naturale di voci e strumenti. Essenziale , per ciascun interprete, la familiarit con la dimensione corale
che la musica di Nono ha fin dai suoi ormai lontani inizi.
Nono va sempre fiero della sua venezianit, cresciuta con il mito della
polifonia a cori spezzati dei Gabrieli nello spazio maestoso della basilica di
San Marco. Studia con Gian Francesco Malipiero, che nel primo Novecento
cerca nella tradizione antica della sua citt una via duscita italiana dalla
monomania operistica. Altro maestro Hermann Scherchen, una delle maggiori figure del mondo musicale del Novecento: violinista in quartetto, saggista, editore, fondatore della rivista Melos, cultore di Bach e della tradizione
tedesca, apostolo della musica nuova, direttore dorchestra e fedele interprete dei massimi autori del suo tempo. Scherchen uno dei fondatori della
musica elettronica e un animatore degli incontri estivi di musica contemporanea di Darmstadt, che Nono frequenta dal 1950 al 1960, assieme a Maderna, Boulez, Berio, Stockhausen. Come i colleghi, Nono adotta le tecniche
dodecafoniche per i primi capolavori Il canto sospeso (1956) per soli, coro e
orchestra e Cori di Didone (1958), per coro misto e percussione, su testi di
Giuseppe Ungaretti, dove ben presente il terso lirismo con cui un altro
maestro italiano, Dallapiccola, riveste lintelaiatura formale schnberghiana.
Lideale comunista e la passione per la denuncia sociale esplodono nellazione scenica Intolleranza 1960 (1961) e nellaccusa allindustrializzazione di La

852 XII. Ritorno alle sfere celesti

fabbrica illuminata (1964). Dal 1956 Nono frequenta lo studio di musica


elettronica di Scherchen e usa la nuova tecnica nei successivi affreschi di
forte impegno politico sociale: la memoria dei crimini nazisti in Ricorda cosa
ti hanno fatto in Auschwitz (1966), la condanna della guerra in Vietnam di A
floresta jovem e cheia de vida (1966), lillusione delle rivoluzioni fallite in Al
gran sole carico damore (1974). Trova nel direttore dorchestra Claudio Abbado un amico e un interprete prezioso. Accanto ai lavori fissati su nastro
come Contrappunto dialettico alla mente (1968), ispirato al modo di scrivere
madrigali di Adriano Banchieri, Nono scrive lavori concertistici in cui suoni
elettronici si integrano con gli esecutori dal vivo: Como una ola de fuerza y
luz con soprano, pianoforte, orchestra (1972), ... sofferte onde serene ...
(1976) su misura per il pianoforte dellamico Maurizio Pollini.
Sono gli anni del grande interesse per linterazione fra musica elettronica
e musica naturale. In Germania operano Stockhausen (Mixtur, 1964;
Hymnen, dritte Region, 1967) e Zimmermann (Requiem fr einen jungen
Dichter, 1969); in Francia Boulez e Xenakis, Ligeti e il polacco Lutosawski
con il suo intorno di Penderecki e Grecki. In America sperimentano Edgard Varse (Dserts, 1954) e Milton Babbitt (Philomel, 1964). A met anni
settanta, lo sviluppo della tecnologia consente ai compositori di superare
lelemento di rigidit imposto dal suono registrato su nastro rispetto al flessibile intervento dal vivo. Nono valorizza la musica elettronica viva associandola a sei percussionisti in Con Luigi Dallapiccola (1979) e si lancia in nuove
ricerche quando nel 1980 inizia a collaborare con lo studio di fonologia di
Friburgo intitolato allamico scomparso Heinrich Strobel, altra figura esemplare della musica davanguardia del Novecento. Gi critico musicale e organizzatore prima della guerra, Strobel dal 1945 a capo del settore musicale della radio di Baden-Baden con a disposizione unorchestra che fa dirigere agli specialisti Hans Rosbaud e Ernst Bour, lancia il festival di Donaueschingen, sostiene Boulez e Henze, Zimmermann e Stockhausen, oltre a
Nono. Con le nuove tecnologie che permettono la circolazione del suono
nellintero ambiente, Nono sviluppa a Friburgo luso spaziale del suono,
creando una dimensione nuova che si aggiunge al timbro e allemissione. Il
suo catalogo si arricchisce con Das Atmende Klarsein (1980-83) e con uno
degli ultimi brani di esplicita ispirazione politica, Quando stanno morendo.
Diario polacco n. 2 (1982), una condanna della tirannia sovietica con dedica
agli amici polacchi esiliati che sperano anche se disperati, credono anche se
increduli.
La scoperta di un suono pi intimo e astratto, in fondo meno legato alle
contingenze del presente, porta Nono a restringere le dinamiche e a rallentare i tempi, a seguire il fluttuare delle emozioni pi che la logica delle costruzioni. Si stabilisce una strana contiguit con la cerchia, a lui da sempre

1985 Prometeo 853

estranea, dellespressionismo astratto della New York School di Cage,


Brown, Wolff, soprattutto nella visione di Morton Feldman. Nono scrive il
suo monumentale Fragmente Stille, An Diotima per quartetto darchi poco
prima (1979-80) del fluviale String Quartet nr. 2 (1983) dellamericano. Una
decina di anni prima, Feldman propone un altro straordinario esperimento
sulla resistenza al suono avvolgente. Sintitola Rothko Chapel (1971), per
soprano, contralto, coro misto, viola, celesta e percussione. destinato a
riempire di musica lomonima cappella, uno spazio ottagonale con appesi
alle pareti quattro grandi pannelli (cinque singoli pi tre trittici, quattordici
in totale) e altri quattro di dimensione minore realizzati dal pittore astrattista
Mark Rothko. Come i riflessi degli strati di nero su nero dellamico pittore
cambiano in funzione della posizione degli occhi, cos le orecchie percepiscono il suono di Feldman che fluttua dagli altoparlanti disposti tuttattorno:
pittura e musica per ispirare la meditazione di chi si siede al centro dello
spazio finanziato da magnati collezionisti di Houston, in Texas, la capitale
americana delloro nero.
Nasce il progetto di Prometeo, riflettendo a lungo sullidea di esprimere
in musica un percorso labirintico e informe entro un arcipelago sconosciuto,
senza bussola, nella nebbia. Nella frantumazione di Nono perdono significato le sillabe e le lettere delle parole che potrebbero dare un senso al collage
di testi espunti da nobili pensatori antichi e moderni, da non confondere con
un libretto tradizionale. La stessa musica un continuum evanescente, fatto
di soffi sulla superficie dellacqua che riprende il moto che ha, da milioni di
anni, indifferente allansia umana di costruire certezze e civilt. La tragica
consapevolezza che la via perduta, anzi non esiste, si legge nella terna scritta da Nono nei suoi ultimi anni, dopo la folgorazione che viene da uniscrizione del xiii secolo, trovata su un monastero francescano di Toledo: Caminantes, no hay caminos, hay que caminar. Velocemente nascono 1 Caminantes.....Ayacucho (1986-87), per contralto, flauto, piccolo e grande coro,
organo, orchestra a tre cori, elettronica dal vivo, su testi di Giordano Bruno;
2 No hay caminos, hay que caminar.....Andrej Tarkovskij, per sette cori o
gruppi strumentali (1987); La lontananza nostalgica utopica futura. Madrigale per pi caminantes con Gidon Kremer, per violino solo e otto nastri
magnetici (1988). Tuttavia, in La lontananza, titolo e costruzione sembrano
ancora mostrare una doppia fiducia: nel violinista esecutore che sceglie liberamente i tempi e le sequenze degli spartiti scritti da Nono e appoggiati su
sei leggii diversi; nellelettronica che conserva le improvvisazioni registrate
del violinista Gidon Kremer e, guidata da un altro interprete (il regista del
suono), le diffonde da otto altoparlanti avvolgendo il pubblico.
Nellultimo lavoro in assoluto di Nono, Hay que caminar soando
(1989), per due violini, resta il concetto del cammino infinito e non c pi

854 XII. Ritorno alle sfere celesti

elettronica. Come manca lelettronica in lavori orchestrali importanti come A


Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili (1984). Nono si fida ancora
degli strumenti tradizionali, come altri autori che hanno perso (o mai coltivato) lillusione tecnologica. Uno lungherese Kurtg, che nel suo lavoro con
organico pi ambizioso, Stele (1994), rispetta lorganico tradizionale della
committente Filarmonica di Berlino e del suo direttore Abbado. Allinizio
del terzo millennio le giovani generazioni sembrano guardare altrove. Se ne
allontana perfino il padre nobile Stockhausen, salvo tornare allimprovviso
allelettronica pura, nel suo studio privato, con Cosmic Pulses (2007).

Ascolti
L. Nono, Prometeo, Tragedia dellascolto, K. Ryan, P. Hirsch, Ensemble Recherche/swr
Symphonieorchester Baden-Baden und Freiburg, Col legno 2007
M. Feldman, Rothko Chapel/Why Patterns?, The California ear Unit, uc Berkeley Chamber Chorus, New Albion Records 2009

Letture
M. Mila, L. Nono, Nulla di oscuro tra noi. Lettere 1952-1988, il Saggiatore, Milano 2010
L. Nono, La nostalgia del futuro. Scritti scelti 1948-1986, il Saggiatore, Milano 2007
M. Ramazzotti, Luigi Nono, LEpos, Palermo 2007
E. Restagno (a cura di), Nono, edt, Torino 1987

1992 clairs sur lAu-del...


Olivier Messiaen

Persistenze mistiche Ornitologia musicale Opera-oratorio: Saint Franois Lorgano a fine millennio Eredi
di Messiaen: Grisey, Murail, Benjamin, Maxwell Davies
Apparition du Christ Glorieux il primo degli undici squarci o lampi o
illuminazioni o flash o clair sullAldil che ci presenta lultima partitura per
orchestra completata da Olivier Messiaen. La visione del Salvatore nella sua
gloria impegna solo un quarto delle enormi risorse orchestrali mobilitate.
Sono 35 strumenti a fiato che rappresentano la gloria e il potere celeste con
la forza degli ottoni e i colori degli strumentini, in una processione di blocchi
accordali che si spostano lenti da una dissonanza allaltra. Il secondo lampo
un baluginare di grumi timbrici che sbucano da piccoli complessi distinti,
ma omogenei: La constellation du Sagittaire, il segno centrale dello zodiaco, quello cui appartiene lautore (nato il 10 dicembre). Assieme ai fiati,
risuonano campane; accanto agli archi, sei flauti intonano canti di altrettanti
uccelli presenti in diverse parti del mondo. In forma di rond.
La terza illuminazione legata al solo Oiseau-Lyre, doppiamente musicale, con la forma che pu assumere la coda, perfetta imitazione della lira antica, e la voce capace di emettere infiniti suoni e canti, per sedurre e risplendere nella Citt celeste. A modo suo un uccello dellaltro mondo, che
Messiaen ammira e ascolta incantato durante un viaggio del 1988 in Australia, in un bosco di eucalipti e in una giornata di sole radioso. Sono tanti gli
uccelli che cantano con la voce di strumentini e xilofono sul festoso fondale
di gong, campane e archi quando, nel passo dellApocalisse che fa da titolo al
quarto flash (Les lus marqus du sceau), lAngelo pone il sigillo sulla
fronte degli eletti. Soltanto violini, viole e violoncelli svolgono una lenta
melodia ascendente su un bordone fisso, in estatica contemplazione del vivere nellamore: Demeurer dans lamour, il quinto clair, uno dei pi
lunghi, oltre dieci minuti.
Nel sesto clair (Les Sept anges aux sept trompettes) tre colpi improvvisi di grancassa spazzano via gli archi, introducono e scandiscono un severo
corale di corni, tromboni e fagotti, ripetuto con fare ossessivo e sostenuto da
gong gravi e tam-tam, con schiocchi di frusta a punteggiare. Un trillo acuto
dei violini, un disegno discendente degli strumentini, limprovvisa irruzione
del corno wagneriano di Sigfrido, il canto del merlo per flauto solo, un cinguettio di xilofono, uneco del passato: il settimo flash, uno dei pi leggeri,

856 XII. Ritorno alle sfere celesti

Et Dieu essuiera toutes larmes de leurs yeux.... La leggerezza nellacuto del


settimo flash bilanciato dalla gravit di contrabbassi e clarinetti bassi dellottavo (Les toiles et la Gloire), il pi ampio e complesso dellintero lavoro.
Un ritmo ricorre e connette diversi sciami di note in cui sincrociano richiami
di una doppia dozzina di uccelli trovati nelle pi lontane parti del mondo,
puntualmente registrati in partitura, in una dimensione pulviscolare che suggerisce costellazioni celesti che sbucano da nebulose informali. La nona illuminazione (Plusieurs oiseaux des arbres de Vie) un delizioso fruscio, un
breve interludio per soli 18 strumentini, ciascuno impegnato a riprodurre
altrettanti specifici uccelli disposti su un albero immaginario. Un lampo e un
ultimo squarcio rappresentano il difficile cammino verso il Paradiso (Les
Chemin de linvisible) e lapprodo finale (Le Christ, lumire du Paradis).
Completata nel 1992 come commissione dellOrchestra Filarmonica di
New York in occasione del 150 anniversario della sua fondazione, clairs
sur lAu-del... una sintesi completa di oltre sessantanni di presenza attiva
di Messiaen sulla scena musicale, sia come compositore sia come didatta. Gi
la prima immagine rimanda agli esordi negli anni trenta, allorchestrale prima e subito dopo organistica Ascension: stessi blocchi accordali, medesime
dissonanze, analoghe sovrapposizioni di modi medioevali e di cromatismi
moderni. Allora, come mezzo secolo dopo, le immagini che la musica vuole
evocare nascono dalla profonda fede cattolica e da una vocazione personale
per i temi della trascendenza e della trasfigurazione, per le visioni misteriose
dellApocalisse. Come testimoniano i titoli dimportanti raccolte degli anni
quaranta: Visions de lAmen (1944) per due pianoforti e Vingt regards sur
lenfant-Jsus (1944) per pianoforte solo.
Lispirazione religiosa, talvolta semplice e intuitiva, altre volte stimolata
da considerazioni teologiche e tomistiche, ben presente anche in uno dei
pi famosi lavori da camera dellintero Novecento, Quatuor pour la fin du
temps, scritto nel 1941 mentre Messiaen prigioniero di guerra in Germania.
Come cinquantanni dopo in clairs sur lAu-del... e sempre in sesta posizione, nel Quatuor sono evocate le sette trombe dellApocalisse. Accanto ai
riferimenti alla figura immortale di Ges, compare lAngelo che annuncia la
fine del tempo per i mortali, mentre cori di uccelli fanno da ponte fra la
musica della terra e la musica delle sfere. A Messiaen bastano i pochi strumenti disponibili (violino, clarinetto, violoncello, pianoforte) per evocare il
canto dei primi uccelli che comincia a osservare, dietro il filo spinato. Da
allora in poi la passione per lornitologia diventa quasi una mania. Abme
des oiseaux sintitola uno dei pi affascinanti movimenti del Quatuor pour
la fin du temps, il primo a essere composto e collocato come terzo nella serie
di otto che assume la disposizione finale. I titoli hanno sempre un riferimento mistico, per la musica sempre pi volatile.

1992 clairs sur lAu-del... 857

Messiaen non certo il primo musicista a occuparsi del canto degli uccelli. Gi nel Rinascimento scrivono polifonie vocali il francese Janequin e
imitazioni strumentali litaliano Pasquini e tanti altri, ripresi nel Novecento
da Respighi nei Pini di Roma e nella suite Gli uccelli. John Cage, improvvisatosi ornitologo, intitola Bird Cage (1972) un collage di suoni elettronici,
parole incomprensibili e cinguettii, e pubblica come For the Birds un libro
fatto di una lunga conversazione con un critico. Messiaen per il pi sistematico e fedele ornitologo musicista. Accoglie felice il suggerimento di
Dukas di ascoltare il canto degli uccelli, che considera i primi musicisti al
mondo. Negli anni cinquanta, lornitologia diventa suo interesse primario.
Dopo Le Merle noir (1951) per flauto e pianoforte, costruito come prova di
ammissione per gli allievi al conservatorio, nel 1953 scrive Rveil des oiseaux
per orchestra, trascrizioni di canti di uccelli ascoltati tra mezzanotte e mezzogiorno nel massiccio dello Jura francese. Assieme alla moglie, la pianista e
allieva Yvonne Loriod, gira il mondo per ascoltare uccelli dAfrica, America,
Australia, e per raccoglierne, catalogarne, svilupparne le voci. I titoli sono
espliciti: Oiseaux exotiques (1955-56) per pianoforte e orchestra da camera,
La Chouette hulotte (Lallocco, 1956), Catalogue doiseaux (1956-58) e La
Fauvette des Jardins (Il beccafico, 1970-72) per pianoforte, Un Vitrail et des
oiseaux (1986) per pianoforte e orchestra, Petites esquisses doiseaux (198587) per uno e due pianoforti.
Il canto degli uccelli ormai entra sempre nelle composizioni di Messiaen,
anche in quelle con differente impostazione. Uno dei primi esempi la grande Turangalila-symphonie (1946-48). Lo ritroviamo anche nelle pagine sinfoniche che seguono: Rveil des oiseaux (1953) per pianoforte e piccola orchestra, Chronochromie (1960) per grande orchestra, dove 18 uccelli cantano in
libero contrappunto, al levar del sole. Quel canto entra anche negli affreschi
dedicati a temi religiosi, come in Couleurs de la Cit cleste per gruppo di
fiati e percussioni (1963). Questultima opera pensata come un brano per
tre tromboni e tre xilofoni, cui Messiaen aggiunge in seguito altri strumenti
a fiato, percussioni e pianoforte, sostituisce i tre xilofoni con uno solo, una
xilomarimba e una marimba, seguendo il principio sinestetico di combinare
materiali diversi, musicali e no. Grande ammiratore della tecnica pianistica,
della voglia di misticismo trascendente e della teoria dei colori di Skrjabin,
Messiaen tiene conto dellaspetto degli oggetti naturali e metafisici che mette in musica. Il colore delle piume, il rosso dei deserti dello Utah, il luccicare
delle stelle su spazi infiniti danno senso alla grande partitura per sola orchestra intitolata Des canyons aux toiles... (1971-74) commissionata per le celebrazioni del bicentenario dellindipendenza e della nascita degli Stati Uniti
dAmerica. Cantano uccelli nuovi, scoperti in America durante una lunga
perlustrazione nel Far West.

858 XII. Ritorno alle sfere celesti

Gli uccelli hanno un ruolo importante nellopera-oratorio Saint Franois


dAssise, tre atti e quattro ore di durata con sette solisti vocali, coro a 10
voci e 150 elementi, grande orchestra di 125 membri, eseguito il 28 novembre 1983 allOpra Garnier di Parigi sotto la direzione di Seiji Ozawa.
Compagni fedeli di san Francesco, gli uccelli sono il simbolo della libert
totale, la connessione con il mondo celeste, con il divino. Il momento della
predica famosa ha una funzione centrale nel gran lavoro. Come nella quarta
immagine della prossima clairs sur lAu-del... e nella passata Turangalilasymphonie, la sovrapposizione di melodie e ritmi emessi da uccelli che non
sincontrano mai nella vita reale, se non nella cattivit dello zoo, diventa una
metafora delle ricerche sul suono di Messiaen. Non importa se i materiali
sono diversi: modi gregoriani e raga indiani, gong balinesi e bongo africani.
Conta il suono che nasce dallaccostamento di dettagli studiati a lungo, attorno ai quali germinano le forme compiute, che hanno dimensione variabile e che sono aggregate fra loro senza un progetto precostituito. Come Turangalila-symphonie pensata in cinque movimenti e alla fine ne conta sette,
cos clairs sur lAu-del... parte con sette e finisce con undici. Sono posizioni antitetiche rispetto a quelle rigide dei suoi pi famosi allievi negli ultimi
anni quaranta, Boulez e Stockhausen. Messiaen vive abbastanza a lungo da
vederli convergere sulle sue posizioni di sempre: la musica nasce nel momento in cui scritta e non c progettazione di dettaglio e realizzazione
automatica che possa sostituire la scintilla creativa dellartista al lavoro. Infatti, Messiaen si limita a prendere atto della musica elettronica registrata su
nastro. Assaggia appena il principio della musica concreta, e preferisce
creare il suo rumore con strumenti tradizionali, sia pure estesi allartificiale
delle onde Martenot.
Curioso e inventivo come pochi, Messiaen conosce bene i miti del suo
tempo, che in parte contribuisce a scatenare. Come quando diventa padre
(involontario) della serialit integrale per aver ideato la griglia dei Mode de
valeurs, et dintensits. Non ha paura di rivolgersi al passato timbrico di
Debussy e Ives, ai ritmi di Stravinskij e alla politonalit di Milhaud. Lo affascina la complessit dei ritmi indiani e dei timbri balinesi. Esplora il minimalismo della poesia giapponese. Appena ne ha loccasione, simmerge nella
realizzazione di grandi affreschi sinfonico-corali, costruiti con un linguaggio
complesso nelle sue trame ma di sicura presa sul grande pubblico, meglio se
ispirati alla gloria della Chiesa cattolica. Nel pieno delle sue ricerche ornitologiche scrive il grande affresco Et exspecto resurrectionem mortuorum per
orchestra di fiati e percussioni (1964). una commissione del ministro della
Cultura francese Andr Malraux, in ricordo delle vittime delle due guerre
mondiali. La prima esecuzione avviene in forma semiprivata il 7 maggio
1965 al Domaine Musical nella Sainte-Chapelle di Parigi sotto la direzione

1992 clairs sur lAu-del... 859

di Serge Baudo e subito seguita da un solenne concerto pubblico nella cattedrale di Chartres con il presidente de Gaulle tra il pubblico. Inizia poco
dopo la composizione di La Transfiguration de Notre Seigneur Jsus-Christ
(1969) che chiede coro misto di 100 elementi divisi in 10 voci, grande orchestra e 7 solisti strumentali per un totale di almeno 200 esecutori. Si articola
in 14 movimenti suddivisi in due gruppi di sette, per una durata di circa 100
minuti; una lunga meditazione su un testo ricavato dal Vangelo secondo
Matteo e dalla Summa Theologiae di Tommaso dAquino.
Accanto alleclettico contributo di Messiaen, la musica dispirazione religiosa trova nuovo slancio nellultimo quarto del Novecento, in particolare
nei paesi dellEuropa orientale che stanno uscendo dal sistema sovietico. Del
russo Alfred Schnittke, la Seconda sinfonia una messa senza parole e la
Quarta un florilegio di canti cattolici, ebraici, ortodossi riuniti anche sotto il
segno di Mahler e ostakovi. In The Canticle of the Sun (1997), Sofija Gubajdulina incontra la dimensione francescana e la visione mistica di Messiaen, valorizzata dalla nuova semplicit della scrittura e dallinconsueto organico di coro, percussioni e violoncello.
Pure la sessantennale presenza di Messiaen sullorgano della chiesa della
Trinit contribuisce a mantenere linteresse per il millenario strumento, per
il quale scrivono lo svedese Hambraeus (Livre dorgue, 1981; Missa pro organo: in memoriam Olivier Messiaen, 1992), lungherese Ligeti (Ricercare:
Omaggio a Girolamo Frescobaldi, 1953), lo svizzero Holliger (5 Stcke, con
nastro magnetico, 1980), gli italiani Sciarrino (Arabesque, 1971), Clementi
(Manualiter, 1973; Sigla, 1977), Berio (Fa-Si, 1975).
La variet e personalit degli stili degli allievi testimonia la qualit didattiche di Messiaen al conservatorio di Parigi. Troviamo non solo gli strutturalismi di Boulez, Stockhausen e Xenakis, ma anche la tragica nevrosi che impedisce a Jean Barraqu di terminare molte sue folgoranti intuizioni, salvo la
complicatissima Sonate per pianoforte (1952). E ancora: le tecnologie informatiche che alterano lo spettro sonoro degli strumenti consueti in Grard
Grisey (Les Espaces acoustiques, 1985); i nuovi timbri che generano i movimenti tellurici di Tristan Murail (Gondwana, 1980); i distillati di Gyrgy
Kurtg, anche quando si applicano alla grande orchestra e ripropongono il
mantra del ricordo di amici scomparsi (Stele, 1994); il neofoklorismo greco
di Mikis Theodorakis (Zorba, 1964) e quello parascozzese di Peter Maxwell
Davies (An Orkney Wedding, 1985); il nuovo divisionismo britannico di
George Benjamin (Three Inventions, 1995). Anche attraverso i polimorfismi
di questi autori, le idee musicali di Messiaen circolano per tutto il secondo
Novecento e danno tuttora uno squarcio di futuro che ormai presente,
quando non gi passato.

860 XII. Ritorno alle sfere celesti

Ascolti
O. Messiaen, clairs sur lAu-del..., S. Rattle, Berliner Philharmoniker, emi 2007
O. Messiaen, Quatuor pour la fin du temps, G. Shaham, P. Meyer, J. Wang, M.W. Chung,
dg 2000

Letture
R. Scholl (a cura di), Messiaen Studies, Cambridge University Press, New York 2011
P. Hill (a cura di), Olivier Messiaen. Dai canyon alle stelle, il Saggiatore, Milano 2008

2002Sequenza xiv per violoncello solo


Luciano Berio

Ripensare strumenti antichissimi Nuovi suoni dagli strumenti di sempre Espansione dal solo al gruppo, da Sequenze a Chemins Applicazioni e varianti: Ferneyhough e Sciarrino
Le dita della mano destra tamburellano sulla cassa dello strumento. Quelle
della mano sinistra scorrono sulle corde. Colpi sul legno sincontrano con
vibrazioni sulle corde, secondo le pulsazioni variabili della musica tradizionale cingalese. unalternanza di ritmi e rumori che diventa perfino contrappunto. I primi suoni normali dello strumento irrompono come furiosi
pizzicati sulle corde di entrambe le mani. Entra larchetto e dalle corde
sfiorate spunta una melodia, che si fa largo fra punture, glissandi, accelerazioni. La melodia si trasforma senza che se ne perda la memoria, quando
dalliniziale lirismo seriale alla maniera di Alban Berg si passa a ricordare il
grande passato del violoncello: le suite di Bach il repertorio romantico, le
contaminazioni zigane, klezmer, jazz del Novecento. Torna il contrappunto
fra dita sul legno e dita sulle corde vuote. Serve a segnalare che le regole
formali sono sempre in vigore, che non siamo in avanguardia destrutturata
ma in classica forma di rond, sia pure asimmetrica e zeppa di frammentazioni, con un ritornello che coordina pi strofe. Nella Sequenza xiv, una
strofa una memoria di passata elettronica, con le distorsioni e i sibili dei
primi esperimenti allo studio di fonologia della rai di Milano, nei lontani
anni cinquanta. Altre sezioni sono momenti di virtuosismo puro, ludico; che
non fine a se stesso soltanto perch capace di creare musica, confondere
suono e rumore, tornare nel silenzio da dove proviene.
La sostanza dellultima sequenza, che Berio scrive nel 2002, la stessa che
anima un progetto iniziato da quasi mezzo secolo, e perseguito con incredibile coerenza e costanza pur nel continuo mutare della sensibilit personale
e del mondo circostante. Nel 1958, in piena euforia per il nuovo mezzo
elettronico e per laleatoriet calcolata, Berio decide di ristudiare gli strumenti tradizionali della musica occidentale. Tiene conto delluso che se ne fa
negli ultimi 3-400 anni, ma considera la loro natura di oggetti in grado di
emettere anche altri suoni, non soltanto note intonate; cio rumori e percussioni di altezza indefinita, che arricchiscono la tavolozza timbrica e ritmica.
Ogni strumento tradizionale, suggerisce Berio, ha in s un patrimonio di
suoni che va compreso e valorizzato. Non indispensabile arraffare da altre

862 XII. Ritorno alle sfere celesti

fonti, ambientali o artificiali. Basta squarciare il velo dellabitudine, e la musica concreta gi l, letteralmente a portata di mano. E non c contenitore
migliore della medioevale sequenza per denominare una successione di
eventi musicali fra loro adiacenti e non sempre conseguenti.
La Sequenza i per flauto solo nasce nel 1958, complice lamicizia di Berio
con Severino Gazzelloni, il grande virtuoso e appassionato interprete di
musica contemporanea. La sfida inventare una scrittura polifonica per uno
strumento soltanto melodico come il flauto, che non pu emettere accordi,
come fanno gli strumenti a tastiera e, in modo pi limitato, quelli ad arco.
necessario suggerire contrappunti virtuali, lavorando su frammenti sospesi,
associazioni timbriche, ritmi spezzati, pause, silenzi, modi di emissione. Sono in buona parte tecniche note, utilizzate in tanto repertorio davanguardia
per fini timbrici o per provocazione, con Density 21.5 (1936) di Varse a fare
da naturale antecedente. Berio riesce a inserirle in un discorso compiuto di
natura soltanto musicale, secondo un senso dellordine che trasforma un
dettaglio in supporto strutturale (e viceversa).
Con tutte le varianti e specificit del caso, magari puntando pi sulla dinamica orizzontale della melodia che sulla statica verticale di timbro, e armonia, le sequenze successive mantengono gli stessi princpi. Sono distribuite
in maniera irregolare nel tempo e nella destinazione, per coprono lintero
spettro degli strumenti intonabili, escludendo quindi le percussioni. Dopo il
flauto, Berio esplora larpa (Sequenza ii, 1963) forzandone la trascurata dimensione del volume: due distinti livelli di sonorit (accordi in fortissimo e
mezzo forte) accompagnano la melodia (in piano). La Sequenza iii (1966) per
voce femminile una delle pi famose, scritta su misura per le abilit vocali
di Cathy Berberian. Berio molto preciso nel descrivere 15 modi dimpiego
delle risorse disponibili nellorgano di fonazione umano: non solo le tradizionali corde vocali, ma anche denti, lingua, labbra. Sono ben 44 le prescrizioni dinamico-espressive da rispettare per dare presenza scenica e polifonia
a una voce sola. Sequenza iii il punto di arrivo delle sperimentazioni di
montaggio di nastri registrati (Thema. Omaggio a Joyce, 1958) e dinterazione
con il suono artificiale (Visage, 1961); punto di partenza per la prossima
Sinfonia (1968) e per tante applicazioni nel teatro del decennio successivo.
Ogni eccesso di volume e di velocit, di turbolenza timbrica e gestuale
indispensabile per rendere il senso della Sequenza iv (1966) per pianoforte,
lo strumento gi sottoposto a tante sperimentazioni nel corso del Novecento,
soprattutto da parte dellamico John Cage. Quando scrive lesilarante Sequenza v (1966) per trombone, pi che al teatro e alla sala da concerto, Berio
pensa al circo equestre e al clown triste Grock che interroga se stesso attraverso il suo strumento. La Sequenza vi (1967) per viola descritta da Berio
come un pezzo difficilissimo (quasi un impudente omaggio ai Capricci di

2002Sequenza xiv per violoncello solo 863

Niccol Paganini) che senza sosta ripete, sviluppa e trasforma larmonia di


base: uno studio di forma, ripetizione, di correlazioni fra figure che tornano e altre che compaiono una sola volta; predominano le strutture armoniche, ma alla fine e del tutto inattesa prende forma una melodia.
La Sequenza vii (1969) per oboe, dedicata allo specialista Heinz Holliger,
insiste sulle limitazioni fisiche dello strumento per inventare polifonie virtuali attorno a una nota tonica e inaudibile, che magari pu essere suonata in
pianissimo da altri esecutori, come supporto discreto e lontano. Al violino
passato, presente e futuro della Ciaccona di Bach, con una polifonia reale a
quattro voci, quante sono le corde, ispirato il ricamo incessante della Sequenza viii (1977) per violino. Al clarinetto (Sequenza ix, 1980) dedicata
una lunga melodia con le sue continue ridondanze, trasformazioni, ritorni,
sbalzati su due regioni timbriche e dinamiche fatte di sette e cinque note.
Berio lascia accompagnare la Sequenza ix dal testo (1994) di un collaboratore storico, il poeta Edoardo Sanguineti: Mia forma fragile, sei instabile e
immobile: sei tu, questo mio infranto frattale che ritorna e che trema. Ne
esiste una versione anche per sassofono contralto.
La tromba suona in modo molto naturale e tradizionale, per si misura
con le risonanze che genera sulle corde non smorzate di un pianoforte, riprese da un microfono, amplificate e rimbalzate da altoparlanti (Sequenza x,
1984). La chitarra ha in mente gli stacchi del flamenco e li combina con i
timbri soffusi della tradizione classica (Sequenza xi, 1988). Con incessanti
glissandi fra registri estremi in tempi sempre variati accanto a lunghi tremoli, si esplora la capacit del fagotto di generare viluppi timbrici imprevedibili (Sequenza xii, 1995).
Con la fisarmonica (Sequenza xiii, 1996), Berio rende omaggio a uno
strumento moderno e popolare, da sempre mandato ad accompagnare balli
in cortile e sullaia, canti allosteria di contadini e proletari, con valzerini e
mazurke, tango e fox-trot. Anche questo un segno dei tempi in cui largentino Astor Piazzolla riesce a dare connotati di sperimentazione e di avanguardia al rudimentale bandoneon e alla sua musica delezione, il tango:
Oblivion, Le grand tango, Libertango, Adios nonino e (forse) tremila altri in
infinite combinazioni. Cos Piazzolla rende giustizia a tutta la musica del
continente latinoamericano, non meno, forse pi dei classici, largentino
Alberto Ginastera (Pampeana, 1954; Cantata para Amrica Mgica, 1960;
Bomarzo, 1967) e il brasiliano Heitor Villa-Lobos (Bachianas brasileiras 1-9,
1930-45; Chros 1-14, 1920-29). La Sequenza xiv per violoncello (2002) gira
attorno ai ritmi del tamburo di Kandy, lantica capitale dello Sri Lanka, da
dove proviene Rohan de Saram, il solista che ispira il lavoro.
Berio chiude cos un percorso durato quasi mezzo secolo e dedicato alla
ricerca di suoni inconsueti in strumenti familiari. Talvolta le applicazioni

864 XII. Ritorno alle sfere celesti

sono immediate. Alcune sequenze sono subito trasformate in Chemins, serie


di lavori che nascono dal principio che nessuna opera darte mai conclusa,
anzi pu procedere per addizione e per sottrazione, secondo idee che si
evolvono nel corso della realizzazione concreta. Larpa sola di Sequenza ii
vestita da nove strumenti e diventa Chemins i. Pi complesso il caso della
Sequenza iv per viola, che trova nuovi incroci di strati conseguenti e separati
per riflettere la mutevole fantasia dellautore: Chemins ii (1967) per viola e
strumenti, poi Chemins iib (1970) per orchestra senza viola, quindi Chemins
iic (1972) per clarinetto basso e orchestra e infine il concerto per viola e orchestra Chemin iii. A sua volta Chemins iv germoglia da Sequenza vii per
oboe. Dallo studio sulle potenzialit inespresse del pianoforte (Sequenza iv)
escono le trasparenze dei suoni individuali (Six Encores, 1990; Sonata, 2001)
e, assieme allorchestra, le ricerche dei nodi virtuali di una curva gi tracciata (Points on the Curve to Find, 1974) o gli echi della stessa (Echoing Curves,
1988-89). Il debordante solo (1999) per trombone e orchestra ha indiretta
genesi nella Sequenza v. Si rovescia il rapporto in Il ritorno degli snovidenia
(1976-77) per violoncello e orchestra, onirica anticipazione della Sequenza
xiv, in quei meccanismi di memoria del futuro e di cambiamento del passato
che sono nel genoma di Berio.
Lessere concepite e scritte per specifici grandi virtuosi di ciascuno strumento, ognuno dei quali le inserisce nel proprio repertorio concertistico,
consente subito alle sequenze e ai loro derivati unampia diffusione, non solo
nel ristretto circuito della musica davanguardia. La tecnologia di base diventa disponibile a tanti altri autori, senza dipendere dalle scelte stilistiche, formali, per non dire espressive, di ognuno. La troviamo, spesso occulta, nella
tanta musica strumentale che appare (e di regola in un attimo scompare) negli
ultimi cinquantanni. Fa eccezione la grande complicazione dellinglese Brian
Ferneyhough, che con Unity Capsule (1976) in un certo senso rende omaggio
alla Sequenza i di Berio con una sua ricerca dellimpossibile da un solo flauto.
Emerge nel ritrovato Medioevo di John Tavener, nel neoromanticismo di
Wolfgang Rihm e nelle esplorazioni dei suoni armonici lontani dello spettralista Grard Grisey. Sminuzzare il suono degli strumenti pi diversi per scoprire valori timbrici nascosti una ragione di vita per litaliano Salvatore
Sciarrino. A sua volta il tedesco Lachenmann diventa uno dei massimi esponenti della corrente definita puntillista, perch usa i risultati della sua inesauribile ricerca sulle dimensione microscopica dei singoli suoni (alla maniera di Berio) per creare mosaici di punti disaggregati nellapparenza (e nella
sostanza) eppure capaci di formare strutture di grande (e illusoria) complessit, peraltro nel rispetto di due altri suoi maestri, Stockhausen e Nono.
Nel terzo millennio, la sensibilit di Berio per vivere nel presente rinnovando il passato mantiene un fascino che non si perde. Cos come resta fer-

2002Sequenza xiv per violoncello solo 865

tile la sua curiosit per lintero universo sonoro, compresa laltra musica
cio il pop, il jazz, il rock, il folk, la canzonetta. Dalla sua bravura nellintuire il futuro partono anche gli eclettisti dellultimo ventennio che provano a
superare millenarie barriere fra Occidente e Oriente, fra musica colta e
musica di consumo. Uri Caine rivisita Mahler (Urlicht, 1998), Bach (Goldberg
Variations, 2000), Beethoven (Diabelli Variations, 2003), Mozart (Plays Mozart, 2007). John Zorn incolla e improvvisa su ogni cosa sonora, da Morricone (The Big Gundown, 1985) a Schnberg (Chimeras, 2010). Lamericano
Michael Daugherty, allievo diretto di Berio, oltre che di Boulez e Ligeti, non
teme le canzonette, ritrova la tonalit e il sentimentale: Metropolis Symphony
(1988-93), Dead Elvis (1993), lopera Jackie O (1997), Deus ex Machina
(2007) per pianoforte e orchestra. Si torna alla libera improvvisazione, si
perde la scrittura. Rimane la memoria, comera prima di Guido dArezzo,
del canto gregoriano, dei romani e dei greci, come voleva Platone.

Ascolti
L. Berio, Sequenzas i-xiv for solo instruments, Naxos 2006
B. Ferneyhough, Solo Works, Elision, Etcetera 1998

Letture
A.I. De Benedictis (a cura di), Luciano Berio: Nuove Prospettive. Atti del Convegno, Siena,
Accademia Chigiana, 28-31 ottobre 2008, Olshki, Firenze 2012
A.C. Highton, Performing Interpretation: Berios Un re in ascolto, University of Wisconsin Press, Madison 1994

2007Tierkreis

Karlheinz Stockhausen
Carillon: musica come movimento meccanico Zodiaco
specchio della propria musica Razionalit numerica e irrazionalit inventiva Flusso del tempo fra attimo ed
eternit Ritorno alla musica delle sfere.

Scrivere musica per carillon come inciderla su pietra: sembra immutabile,


fissata dalla meccanica che gira i cilindri, dai denti che vibrano le lamelle,
dalle molle che stabiliscono il tempo. musica immutabile, come il
movimento delle stelle nel firmamento, che ruotano con le regole della
meccanica celeste. la musica delle sfere, lassoluto sonoro intuito da
Pitagora e descritto da Boezio. Convinto di essere figlio delle stelle, nativo
di Sirio, novello Prometeo della musica, Stockhausen sente il dovere di
portare quel suono ai mortali di questa terra. Il musicista demiurgo
approfondisce i caratteri delluomo in rapporto con il moto del cosmo e i
valori della musica. Coglie non casuali analogie fra le dodici costellazioni
che gli antichi scelgono per marcare il flusso del tempo e le dodici note della
scala musicale moderna. Associa a ciascun segno zodiacale una specifica
nota e ne fa il baricentro di un frammento di melodia. Come inizio sceglie
lAcquario (il segno della figlia Julika) e gli associa la nota mi bemolle. Risale lo zodiaco (in tedesco Tierkreis) e la scala cromatica fino a giungere al
Leone (segno di se stesso) con il la, donde inizia la seconda parte, che chiude sul Capricorno, col re. Ogni nota musicale e ogni segno zodiacale sono
inoltre associati a un singolo oggetto astrale, il pianeta Urano in partenza, la
stella Sirio alla fine. I dodici segni/note sono raggruppati in quattro terne,
corrispondenti alle stagioni (primavera, estate, autunno, inverno) e ai quattro elementi delluniverso (fuoco, acqua, terra, aria), oltre che alle divinit
del mito.
Stockhausen si ritrova cos allineato con le sue endemiche contraddizioni: assoluta razionalit numerica (4x3=1x12) appoggiata su totale irrazionalit inventiva; complessit della concezione distillata nella semplicit del
segno. Fra laltro Tierkreis una delle composizioni pi limpide mai immaginate da Stockhausen. I vincoli tecnici imposti dallo strumento prescelto, il
carillon, impongono un necessario ritorno alla semplicit: tutto ruota attorno a una specifica nota, le melodie devono essere lievi, gli accompagnamenti solo accennati, le durate minime. Per lautore chiede che si ripeta ciascun
pezzo per almeno tre volte, meglio senza limiti di tempo, allinfinito. Perch

2007 Tierkreis 867

il tempo da sempre unossessione nella poliedrica attivit di Stockhausen,


in tutti i suoi significati ed espressioni. Non soltanto lovvia dimensione
fisica scandita del moto delle sfere e accompagnata del suo suono celeste. Il
tempo visto come oggetto musicale in senso stretto, ossia metro, ritmo,
battuta, regolare/irregolare, razionale/irrazionale. Il tempo anche calendario, ossia fluire di eventi, irreversibile ma frammentabile su ogni ordine di
grandezza: secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi, stagioni, anni, secoli, millenni. Tempo della nostra vita e tempo del cosmo. Momento di uneternit che non nasce in unapocalittica fine del tempo, ma che qui,
presente, percepibile. Metro di culture, fonte di misteri. Il gran catalogo
delle opere di Stockhausen zeppo di questi termini, distribuiti come una
Via Lattea che orienta e confonde.
Probabile che Stockhausen abbia il senso del tempo iscritto nel genoma,
per sicuro che lattenzione prospera frequentando, negli ultimi anni quaranta, il cenacolo parigino di Messiaen, colui che scrive il Quatuor pour la fin
du temps (1941). Il tempo uno dei tanti parametri musicali di cui Stockhausen si occupa fin allinizio, quando affianca i suoi esperimenti sul rumore e
sullelettroacustica con le costanti verifiche su supporti tradizionali come le
voci, gli strumenti dellorchestra, il pianoforte. Fra 1952 e 1956 nascono i
suoi primi undici Klavierstcke, ciascuno con dimensione varia, forma flessibile e differenti obiettivi. Altri tre pezzi con lo stesso nome (xii, xiii, xiv)
sono composti fra 1978 e 1985, come corollario al grande progetto teatrale
sui giorni della settimana intitolato Licht. Il parametro tempo diventa centrale in Zeitmasse, scritto nel 1955-56, che libera cinque fiati da ogni vincolo di
misura e di ritmo. Nel 1960 arriva Momente, per soprano, quattro gruppi
corali, 13 strumenti, alla ricerca di fusione fra listante e linfinito.
Mentre liniziale spinta radicale si stempera, continua tumultuosa la voglia di muoversi nel flusso del tempo, fra attimo ed eternit. Ecco Aus den
sieben Tagen che musica intuitiva eseguibile una sola volta (1968) e che
dura almeno sette ore. Come intuitiva e irripetibile Fr kommende Zeiten
(1968-70) programmata su sei ore. Un anno dopo compare il tempo del firmamento, con Sternklang, due ore e mezzo da ascoltare nel parco. il momento in cui Stockhausen scopre di essere la voce di un universo extraterrestre e figlio della stella Sirio. Nasce il colossale Licht, spalmato su 25 anni
(1977-2002), la prima puntata presentata alla Scala con Donnerstag (1981) e
il resto distribuito nei tempi fissati dal nostro infallibile creatore. Licht genera infinite altre varianti e sottovarianti, compreso Jahreslauf (1977). Negli
stessi anni il tempo di Stockhausen, dopo aver superato le dimensioni della
musica, estende anche quello di calendari e lunari, per volgersi agli anni luce
di Sirius (ispirata alla stella omonima, 1975-77) e ai millenni della precessione degli equinozi di Tierkreis (1974-75).

868 XII. Ritorno alle sfere celesti

In quegli anni settanta, Stockhausen non il solo a guardare alle stelle


per trovare nuovi orientamenti per scrivere musica. Il suo maestro Messiaen
scruta il cielo dai deserti rossi dello Utah e trova nuovi modi per esaltare la
sua fede cattolica affidando alla grande orchestra e alla tanta percussione i
rombi e i silenzi di Des canyons aux toiles... (1974). Con prospettiva diversa, attraverso un famoso dipinto di Vincent van Gogh, legge il firmamento
il francese postimpressionista Henri Dutilleux con Timbres, espace, mouvement, ou La Nuit toile (1978) per orchestra. Lamericano George Crumb
inizia a comporre il suo Makrokosmos (1972-74), inteso come speculare al
testo didattico Mikrokosmos (1926-39) di Bartk, come doppio omaggio al
pianoforte preparato di Cage e al gusto timbrico di Debussy: i primi due
quaderni, per pianoforte amplificato, contengono dodici fantasie ispirate
alle stelle dello zodiaco, legando ciascun segno alla figura di suoi amici; il
quarto quaderno, per pianoforte preparato e a quattro mani, sintitola Celestial Mechanics.
Un altro americano, il neoromantico e apostata dalla serialit George
Rochberg trasforma nellorchestrale Zodiac (1969) le dodici Bagatelles pianistiche della sua precedente vita strutturale. Il neoseriale inglese Ferneyhough
affida allorgano la fantasia celeste Sieben Sterne (1970). Non manca Iannis
Xenakis: con Plades (1979) per sei percussionisti alle prese con vari strumenti, alcuni intonabili e altri no, vuol rappresentare la luce netta delle stelle
grandi e il chiarore amorfo della polvere galattica. Grard Grisey, allievo di
Messiaen e seguace dello spettralismo, in Le Noir de ltoile (1990) capta con
un radiotelescopio i segnali delle stelle nere (pulsar) e li trasmette in cuffia a
sei percussionisti dislocati in mezzo al pubblico per orientare il loro improvvisare. Pure il giapponese Tru Takemitsu punta al firmamento con una serie
di brani solistico-orchestrali: Asterism con pianoforte (1967), Cassiopeia con
percussioni (1971), Gmeaux con oboe, flauto e doppia orchestra (1971-86),
Star-Isle (1982), Orion and Pleiades con violoncello (1992).
Sembra sia proprio Tierkreis a segnare il punto di svolta nellultimo quarto di secolo dellinvenzione di Stockhausen. Lo dice il tempo di composizione, che comunque precede gli altri lavori astrali. Lo conferma lorigine minimalista e lesplosione delle varianti. Infatti, lidea di partenza molto semplice. Il concretissimo Stockhausen decide di inserire dei carillon fra le percussioni che costituiscono lorganico del lavoro Musik im Bauch, ispirato nel
1968 dalla musica che esce dal ventre della neonata figlioletta Julika e
realizzato nel 1975. Nelloccasione studia a fondo la meccanica dei carillon
presso il rinomato costruttore svizzero Jean Reuge, scopre che non esiste
musica originale per quelle scatole sonore e decide di essere il primo a scriverla. Nasce cos Tierkreis, la serie di dodici brani per altrettanti carillon
ispirati ai segni zodiacali, in linea con la passione per lastrologia che da

2007 Tierkreis 869

sempre lo infiamma. Come sua consuetudine, Stockhausen attento alle


implicazioni pratiche. Chiede a Reuge di costruire dodici carillon, uno per
ciascun segno zodiacale, da mettere in libera vendita. Vuole che chiunque
possa acquistare la musica della congiunzione astrale che suona nel momento della sua nascita, e ascoltarla allinfinito. Lui stesso si tiene la libert di
tornare su ciascun segno del Tierkreis di base. Subito comincia a produrre e
autorizzare versioni per gli esecutori pi vari, in un ubriacante gioco di permutazioni: per varie voci accompagnate, per pianoforte, per tanti complessi
strumentali, dal trio allorchestra.
La sua versione per orchestra composta da due parti distinte per unitarie. Nel 2004 Stockhausen strumenta cinque segni (Vergine, Bilancia,
Scorpione, Sagittario, Capricorno) per lorganico della Bayerische Kammerorchester di Bad Brckenau, che li presenta in prima assoluta il 28 novembre del 2004. Nel 2006, in occasione della sua nomina a membro onorario,
la Societ Filarmonica di Bologna gli chiede di comporre un pezzo adeguato.
Stockhausen accetta di buon grado. Prima propone un altro lavoro legato al
tempo, Klang-Die 24 Stunden des Tages. Poi sceglie di completare la versione
orchestrale di Tierkreis, con lo stesso stile leggero e trasparente usato per la
prima cinquina: qualche assolo, timbri che accompagnano, suoni sospesi,
con lunica eruzione sonora nel segno del Toro. Riesce a completare cinque
nuovi segni (Acquario, Pesci, Ariete, Toro, Gemelli). Gli mancano Cancro e
soprattutto Leone, il suo segno, quando il Tempo ferma la sua vita sul pianeta Terra, il 5 dicembre 2007. Assieme alla sua musica, Stockhausen entra a
far parte dellarmonia delle sfere, che continua a fluire, come fluiva cinquemila anni fa.

Ascolti
K. Stockhausen, Tierkreis, Laborintus, Daphno 2008
G. Crumb, Makrokosmos i & ii, M. Leng Tan, Mode 2004
B. Bartk, Mikrokosmos for Children, D. Rnki, Warner 1992

Letture
R. Maconie, Other Planets: The Music of Karlheinz Stockhausen, Scarecrow Press, Lanham 2005
K. Stockhausen, Towards a Cosmic Music, Element Books, Shaftesbury 1989

Zibaldone di termini musicali critici e ricorrenti*

A cappella Cappella, coro a


Abbellimento 1000, 1607, 1700, 1711,
1727, 1739, 1741, 1820, 1865, 1876
Abendmusik 1708, 1727
Accordo 0, 100, 1189, 1363, 1460, 1594,
1607, 1624, 1700, 1708, 1720, 1739,
1890, 1893, 1925, 1935, 1976, 2002
Accordo del Tristano 1865
Accordo mistico 1893, 1905
Affetti 1635, 1648, 1654, 1664, 1734,
1744, 1749, 1876
Air a boire, serieux, tendre 1500, 1749
Alea 0, 1198, 1921, 1928, 1936, 1942, 1951,
1954, 1956, 1957, 1960, 1968, 2002
Allemanda (danza) 1654, 1720, 1739
Altezza 0, 1198, 1368, 1912, 1951, 1954,
2002
Alto Contralto
Anapesto 1363
Ancia 1635, 1654
Anthem 1562, 1624, 1742
Antifona 1000, 1198, 1500, 1597, 1806,
1890, 1893, 1957
Archi 1594, 1597, 1607, 1610, 1624, 1700,
1708, 1711, 1712, 1717, 1720, 1722,
1734, 1736, 1741, 1749, 1762, 1781,
1786, 1788, 1798, 1803, 1805, 1808,
1821, 1823, 1826, 1827, 1841, 1850,
1853, 1864, 1874, 1876, 1890, 1893,
*

1902, 1905, 1921, 1928, 1935, 1962, 2002


Ardaleana (danza) 1911
Aria 1607, 1624, 1648, 1649, 1670,
1689, 1700, 1711, 1720, 1727, 1734,
1736, 1742, 1749, 1762, 1787, 1791,
1814, 1816, 1819, 1821, 1824, 1829,
1831, 1841, 1850, 1853, 1875, 1876,
1878, 1887, 1896, 1920, 1925, 1945
Aria col da capo 1624, 1654, 1711, 1727,
1734, 1741, 1749
Aria di coloratura 1734, 1911b
Arioso 1607, 1700, 1749, 1819
Armonia 0, 100, 1198, 1363, 1461, 1500,
1594, 1624, 1708, 1720, 1739, 1742,
1744, 1749, 1762, 1781, 1783, 1785,
1787, 1788, 1798, 1802, 1803, 1805,
1808, 1819, 1822, 1823, 1824, 1826,
1831, 1839, 1846, 1865, 1876, 1877,
1885, 1889, 1890, 1893, 1896, 1902,
1905, 1905b, 1908b, 1911, 1913,
1914, 1923, 1930, 1951, 1955, 1960
Armonia tonale 0, 1363, 1597, 1798,
1923, 1928, 1957, 2002
Armonici 0, 1720, 1722, 1802, 1820,
1846, 1956, 2002
Arpa 0, 1597, 1607, 1717, 1762, 1787,
1803, 1830, 1834, 1893, 1902, 1905,
1914, 1935, 1936, 1957
Arpa eolia 1839, 1874e

Le occorrenze si riferiscono alle date che connotano i capitoli.

872 Offerta musicale

Arpeggio 1700, 1720, 1739, 1744, 1802,


1805b, 1808, 1819, 1820, 1839, 1839b,
1846, 1889, 1890, 1901, 1903, 1921,
1928, 1930
Ars antiqua 1363, 1461, 1562
Ars nova 1363, 1461, 1562
Ars subtilior 1363
Asinaria (festa) 1648
Atonalit 1788, 1839b, 1865, 1905,
1908b, 1911, 1923, 1925, 1928, 1935,
1936, 1945
Aube 1230
Bagatella 1819, 1822, 1823b, 1824,
1839, 1901, 1911, 1936, 1955, 2007
Balafon 1954
Ballade, opera 1791
Ballade, ballata (vocale) 1230, 1363,
1450, 1500, 1594, 1822, 1827b, 1856,
1889, 1901, 1962
Ballata (pf) 1839, 1841, 1846, 1853b, 1901
Ballet daction 1803
Ballet de cour 1670
Ballets russes 1874d, 1877, 1913, 1920,
1921, 1928b
Balletto 1649, 1670, 1700, 1711, 1734,
1749, 1762, 1787, 1803, 1805, 1829,
1834, 1853, 1875, 1877, 1887, 1893,
1896, 1901, 1902, 1903, 1905, 1911,
1912, 1913, 1920, 1921, 1928b, 1935,
1935b, 1938, 1956, 1957, 1960, 1976
Band of Twenty Four Violins 1689
Banda 1783, 1788, 1808, 1816, 1824,
1830, 1914, 1925, 1942
Bandoneon 2002
Barcarola 1834, 1839, 1846, 1875, 1901
Barform 1230
Baritono 1461, 1816, 1822, 1823, 1824,
1827b, 1829, 1831, 1853, 1868, 1875,
1893, 1905, 1905b, 1923, 1930, 1942,
1957, 1962, 1978

Barython 1781
Basso (armonico) 1000, 1450, 1461,
1610, 1664, 1689, 1720, 1720b, 1736,
1741, 1749, 1781, 1783, 1795, 1802,
1805, 1820, 1823, 1824, 1827b, 1850,
1976, 1978
Basso (voce) 1198, 1363, 1461, 1649,
1664, 1727, 1798, 1824, 1831, 1874,
1874b, 1911b
Basso albertino 1783, 1805b
Basso continuo 1594, 1607, 1610, 1624,
1648, 1649, 1664, 1700, 1727, 1742,
1762, 1783, 1920
Basso ostinato 1689, 1708, 1720, 1736,
1805, 1890, 1925, 1930
Battuta 1363
Belcanto 1820, 1829, 1831
Bemolle 100
Big band 1935b
Bipartito 1739, 1744, 1920
Biscroma 1363
Bitematico 1781, 1802, 1808, 1911
Blue notes 0, 1893b, 1921, 1925, 1935b
Blues 0, 1893b, 1928b, 1935b, 1938
Bolero (danza) 1877, 1928b, 1942
Bordone 1450, 1461, 1562, 1610, 1689,
1827b, 1876, 1992
Bourre (danza) 1720b
Bransle (danza) 1957
Breve 1363
Cabaletta 1831, 1850, 1853, 1874
Cabaret 1925, 1928b, 1930, 1935b, 1962
Caccia 1450, 1594, 1708
Cadenza 1712, 1720b, 1786, 1803, 1808,
1819, 1853, 1853b
Caf-chantant 1928b
Camerata fiorentina 1607, 1648, 1670,
1876
Campana 1805, 1821, 1830, 1839,
1874d, 1874e, 1911, 1957, 1962, 1992

Zibaldone di termini 873

Campanelli 1230, 1736, 1783, 1816,


1874d, 1913, 1954
Can can 1858, 1875, 1877, 1935b
Canna (dorgano) 1635
Canone 1363, 1450, 1461, 1562, 1708,
1741, 1749b, 1816, 1819, 1825, 1868,
1912, 1935, 1955, 1956, 1957
Canone cancrizzante 1363, 1819
Cantata 1742, 1744, 1816, 1868
Cantata da camera 1624, 1648, 1711,
1734
Cantata sacra 1610, 1624, 1711, 1727
Cantilena 1875, 1893,1957
Canto ambrosiano, anglicano, bizantino, copto, gallicano, mozarabico, siriaco 1000
Canto carnascialesco 1450, 1500, 1594
Canto cristiano 100, 1000
Canto ebraico 1000
Canto gregoriano 100, 1000, 1450, 1562,
1610
Cantus firmus 1198, 1363, 1450, 1461,
1562, 1610, 1727, 1890, 1976
Canzone strumentale 1597, 1635
Canzone vocale 1000, 1594
Caos 1749, 1785, 1798, 1823, 1824,
1908b, 1913, 1914, 1923, 1925
Cappella (coro a) 1562, 1823, 1874,
1902b, 1962
Cappella Coro
Cappella Maestro di cappella
Cappella musicale (chiesa) 0, 1500,
1597, 1607
Cappella musicale (corte) 1450, 1461,
1500
Capriccio 1635, 1742, 1749, 1820
Carillon 1654, 1739, 1791, 1923, 2007
Carmina 1230, 1450
Carol 1450, 1624
Cassazione 1781, 1827
Castrato 1624, 1649, 1711, 1761

Catch 1624
Catenacciatura 1890
Cavatina 1816, 1825, 1830, 1885, 1897
Cembalo Clavicembalo
Centone Pasticcio
Cetra 1230, 1762
Cha-cha-cha (danza) 1978
Chanson 1230, 1363, 1450, 1461, 1500,
1594, 1597, 1635, 1827b
Chitarra 1597, 1635, 1700, 1739, 1781,
1820, 1830, 1874e, 1878, 1901, 1902,
1905, 1923, 1954, 1957, 1962, 2002
Chitarrone 1607, 1624, 1635, 1955
Ciaccona 1670, 1689, 1711, 1720, 1739,
1742, 1749, 1762, 1820, 1878, 1885,
1942, 1976, 1978
Clarinetto 1597, 1742, 1761, 1781,
1785, 1788, 1806, 1808, 1816, 1821,
1826, 1827, 1878, 1883, 1912, 1992,
2002
Clarinetto basso 1905, 1912, 1942, 2002
Clausola 1000, 1198
Clavicembalo 1597, 1654, 1670, 1700,
1708, 1711, 1712, 1720, 1722, 1739,
1741, 1749, 1783, 1786, 1802, 1819,
1890, 1901, 1955
Clavicordo 1597, 1635, 1722, 1744,
1755, 1802
Cluster 1902b, 1951
Coda 1783
Collage 1450, 1711, 1741, 1762, 1826,
1962, 1968, 1978, 1985
Colonna sonora 1700, 1803, 1824, 1878,
1893, 1902b, 1905, 1912, 1928, 1938,
1951, 1956, 1957, 1960, 1978
Coloratura 1734, 1911
Colore Timbro
Comedia harmonica 1594
Comdie-ballet 1670, 1749
Commedia madrigalesca 1594
Concert Spirituel 1712, 1788, 1796

874 Offerta musicale

Concertante 1610, 1712, 1720, 1727,


1749b, 1762, 1786, 1788, 1830
Concertato 1594, 1597, 1664, 1700,
1816, 1821, 1829, 1831, 1853, 1885,
1896, 1902, 1935b, 1945
Concertino 1712, 1717, 1720b, 1762
Concerto 1700, 1712, 1717, 1734, 1741,
1783, 1786, 1788, 1808, 1820, 1823,
1858, 1878, 1921, 1935
Concerto grosso 1712, 1720, 1762
Concerto pubblico 1689, 1712, 1717,
1727, 1749b, 1762b, 1786, 1797,
1834, 1864, 1951,
Concerto veneziano 1712, 1734
Conductus 1198, 1363
Conservatorio 1712, 1749, 1816, 1824,
1830, 1834, 1839, 1841, 1858, 1874c,
1878, 1885, 1887, 1890, 1896, 1901,
1902, 1905, 1911, 1913, 1914, 1938,
2002
Consonanza 0, 100, 1198, 1461, 1562,
1594, 1739, 1785, 1830, 1925
Consort of viols 1689
Contrabbasso 1597, 1712, 1827, 1864,
1962, 1985
Contralto (alto) 1198, 1363, 1610, 1781,
1824, 1853, 1868, 1908, 1985, 2002
Contrappunto 1198, 1720, 1736, 1749b,
1783, 1785, 1788, 1797, 1804, 1806,
1819, 1823, 1824, 1864, 1912, 1914,
1923, 1925, 1930, 1936b, 1942, 1955
Contrappunto imitativo 1363
Contratenor 1363
Controfagotto 1868, 1883, 1905b
Controsoggetto 1708
Corale (organo) 1708, 1890
Corale armonizzato 1450, 1654, 1890
Corale luterano 1000, 1230, 1562,
1664, 1708, 1727, 1741, 1749, 1791,
1841, 1864, 1868, 1935, 1935b, 1968,
1983

Corale strumentale Stile corale


Corale, coro (voce, coro) 0, 100, 1450,
1500, 1597, 1607, 1610, 1648, 1664,
1670, 1679, 1734, 1736, 1742, 1787,
1798, 1808, 1814, 1821, 1823, 1824,
1829, 1830, 1831, 1850, 1853, 1868,
1874b, 1874c, 1875, 1887, 1890,
1893b, 1905, 1905b, 1914, 1925,
1930, 1938, 1942, 1945, 1956, 1957,
1962, 1976, 1978, 1985, 1992
Coreografia 1607, 1648, 1670, 1761,
1784d, 1803, 1877, 1896, 1913, 1920,
1956, 1957, 1976
Cornamusa 1712
Cornetto 1597, 1717
Corno 1597, 1712, 1717, 1742, 1762,
1781, 1786, 1788, 1808, 1821, 1826,
1830, 1874b, 1885, 1930, 1935, 1962,
1978, 1992
Corno da caccia 1820
Corno del postiglione 1742, 1805b
Corno inglese 1830, 1865, 1893b, 1902,
1905b, 1914,
Coro a cappella 1562, 1874, 1902, 1962
Coro battente (spezzato) 1500, 1597,
1610, 1664, 1727, 1874, 1930, 1985
Corrente (danza) 1654, 1720, 1739
Cotillon (danza) 1822
Crescendo 1762, 1796, 1816, 1819,
1821, 1829, 1831, 1846, 1874, 1889,
1928b, 1942, 1976
Croma 1363
Cromatismo 1594, 1607, 1635, 1654,
1664, 1700, 1785, 1786, 1846, 1874c,
1876, 1888, 1890, 1901, 1908, 1914,
1930, 1957, 1968, 1992
Cromorno 1635, 1654
Csrdas (danza) 1877
Dattilo 1363
Descrittivismo Musica descrittiva

Zibaldone di termini 875

Diabolus in musica Tritono


Dialettica 1805, 1805b, 1819, 1822,
1824, 1824c, 1826, 1830, 1846, 1858,
1864, 1893
Diatonico Scala diatonica
Dies irae 1000, 1824b, 1830, 1858, 1874,
1890, 1942, 1957, 1962
Diesis 100, 1722, 1739
Diferencia Variazione
Diminuendo 1796, 1816
Diminuzione 1700, 1720
Discanto 1198, 1450
Disco a 33 giri 1955
Disco a 78 giri 1955
Dissonanza 0, 100, 1198, 1461, 1562,
1594, 1607, 1654, 1739, 1785, 1786,
1797, 1798, 1925, 1968, 1978
Divertimento 1708, 1749b, 1781, 1788
Dodecafonia 0, 1597, 1865, 1902,
1908b, 1911, 1912, 1923, 1925, 1930,
1935b, 1936b, 1938, 1942, 1945,
1951, 1956, 1960
Dominante 1597, 1722, 1739, 1744,
1762, 1781, 1796, 1820, 1822, 1823,
1823b, 1908b, 1923
Duetto vocale 1461, 1607, 1610, 1624,
1648, 1711, 1736, 1749, 1787, 1816,
1821, 1829, 1830, 1839, 1850, 1853,
1874, 1888, 1897, 1902, 1942, 1962
Dulciana 1654
Dumka (danza)1864
Dupla 1363
Durata 1951
Enarmonia 1739
Eptatonica Scala eptatonica
Esposizione-sviluppo-ripresa 1762,
1781, 1785, 1794, 1796, 1805b, 1808,
1841, 1893, 1901, 1923, 1925
Espressione 1744, 1749
Espressionismo 1827b, 1865, 1897,

1905, 1908, 1908b, 1911b, 1912,


1913, 1923, 1925, 1935b, 1985
Fagotto 1597, 1711, 1712, 1717, 1742b,
1762, 1781, 1786, 1827, 1893, 1913,
1928b, 1942, 2002
Falso bordone Bordone
Fandango (danza) 1828b
Fanfara 1607, 1783, 1785, 1796, 1797,
1798, 1803, 1808, 1890
Fantasia 1635, 1654, 1708, 1744, 1804,
1805b, 1819, 1822, 1834, 1839b,
1846, 1858, 1878, 1890, 1893
Fantasia e fuga 1925
Fte des fous 1648
Fiati 100, 1450, 1597, 1607, 1610, 1708,
1712, 1717, 1720b, 1749, 1762, 1788,
1808, 1816, 1821, 1823, 1824, 1826,
1827, 1841, 1864, 1874, 1890, 1902,
1923, 1930, 2007
Fisarmonica 2002
Flamenco (danza) 1739, 1901, 1903
Flauto diritto (a becco) 1741
Flauto diritto 0, 100, 1597, 1664, 1720b,
1741, 1781
Flauto traverso 1597, 1712, 1720b,
1741, 1744, 1762b, 1781, 1783, 1786,
1788, 1808, 1816, 1824, 1826, 1827,
1830, 1831, 1841, 1874e, 1885, 1889,
1893b, 1905b, 1912, 1913, 1914,
1921, 1942, 1954, 1957, 1968, 1976,
1985, 2002, 2007
Folk music 1450, 1500, 1945
Follia 1700, 1708, 1720, 1739, 1808
Fondamentale 0, 1597, 1700, 1722,
1739, 1786, 1796
Forlana (danza) 1901
Forma sonata 1744, 1762, 1781, 1788,
1795, 1806, 1808, 1819, 1824, 1824b,
1826, 1830, 1853b, 1874b, 1923,
1928, 1968

876 Offerta musicale

Fortepiano 1712, 1739, 1744, 1783,


1786, 1787, 1798, 1802, 1819, 1827,
1839, 1751, 1755
Fox-trot (danza) 1925, 1945, 2002
Frottola 1500, 1594
Fuga 1635, 1708, 1712, 1720, 1720b,
1722, 1736, 1742, 1749b, 1788, 1797,
1804, 1808, 1819, 1822, 1823, 1823b,
1824, 1868, 1874, 1874c, 1888, 1912,
1928, 1930, 1945, 1956, 1962
Fugato 1742, 1798, 1806, 1819, 1824,
1853, 1868, 1930
Furiant (danza) 1864, 1893b
Gagliarda (danza) 1635, 1654, 1957
Galop (danza) 1822, 1877
Gamelan 1954
Gavotta (danza) 1720b, 1739, 1920,
1925
Ghironda 1230, 1712, 1827b
Giga (danza) 1654, 1720, 1720b, 1739,
1893b, 1925
Glee 1624, 1689
Glissando 1739, 1893b, 1928b, 1951,
1954, 2002
Grancassa 1783, 1805, 1816, 1830
Grand-opra, 1829, 1830, 1853, 1865,
1876, 1888, 1897
Gregoriano 1500, 1607, 1635, 1664,
1820, 1824b, 1839b, 1874, 1890,
1911, 1930, 1945, 1962, 2002
Ground 1689

Impromptu Improvviso
Improvvisazione 1607, 1700, 1712,
1717, 1720, 1921
Improvviso 1821, 1823b, 1901
Inciso 1720, 1739, 1785, 1795, 1805,
1806, 1808, 1819, 1821, 1824b, 1825,
1841, 1846, 1853, 1864, 1876, 1889,
1890, 1896, 1911, 1920, 1921, 1928,
1930, 1942, 1955, 1960, 1962
Informale 1785, 1805, 1819, 1823, 1839,
1846, 1853b, 1889, 1903, 1905, 1914,
1928b, 1942, 1968, 1992
Inno 1000, 1230, 1936b
Intavolatura 1597, 1635
Interludio 1978, 1985
Intermezzo (strumentale) 1607, 1670,
1689, 1734, 1761, 1853b, 1897
Intermezzo (teatrale) 1749, 1787, 1816,
1858
Intervallo 0, 100, 1806, 1893b
Intonazione 0
Isoritmico 1363
Jazz 0, 1500, 1642, 1720, 1874e, 1893b,
1901, 1914, 1920, 1921, 1925, 1928b,
1935b, 1938, 1942, 1945, 1960, 1962,
1976, 1978, 2002
Jeu parti 1230

Habanera (danza) 1903


Harmoniemusik Banda
Hoquetus 1198, 1363, 1654

Klangfarbenmelodie 1905b, 1911, 1912,


1920, 1935, 1957
Klavierstck 1822, 1823b, 1853b, 1911,
2007
Klezmer 1960, 2002
Kolo (danza) 1797
Koto 1954

Ide fixe 1830, 1850, 1877, 1885, 1893b


Imitazione 1363, 1461, 1708
Impressione, Impressionismo 1654, 1846,
1905b, 1911, 1913, 1914, 1920, 1942, 1945

Lai 1363
Lamentazione 1654
Lndler (danza) 1803, 1822, 1824b,
1902b, 1935

Zibaldone di termini 877

Lauda 1230, 1648, 1736


Leitmotiv 1821, 1829, 1830, 1841, 1850,
1865, 1874c, 1875, 1876, 1877, 1885,
1887, 1893b, 1896, 1902, 1905, 1908,
1911b, 1925, 1935b, 1938, 1945,
1976, 1978
Libretto 1607, 1649, 1761, 1905, 1920
Lied romantico 1791, 1821, 1822, 1823,
1824, 1824b, 1826, 1827b, 1834,
1839b, 1858, 1868, 1885, 1902b,
1908, 1912, 1923, 1936b, 1942, 1962
Lied spirituale 1230, 1500, 1610, 1711,
1827b
Liuto 1230, 1597, 1607, 1624, 1635,
1654, 1700, 1712, 1717, 1744
Longa 1363
Loure (danza) 1720
Lyra organizzata 1795
Madrigale 1363, 1500, 1594, 1597, 1610,
1648, 1664, 1689, 1823, 1945, 1985
Maestro di cappella 0, 1500, 1562, 1594,
1597
Mandolino 1597, 1712
Maniere (beethoveniane) 1819, 1824b,
1830
Marcia 1823b, 1824b, 1825, 1830,
1839b, 1841, 1846, 1850, 1890, 1893,
1905b, 1921, 1976
Marcia funebre 1802, 1805, 1819, 1826,
1834, 1853, 1868, 1874b, 1876, 1902b,
1908, 1923, 1960
Marcia militare 1846, 1925
Masque (maske) 1689, 1742
Massoneria 1749, 1786, 1791, 1796,
1824
Maxima 1363
Mazurka (danza) 1839, 1858, 1877,
1903, 2002
Mediante 1744, 1822, 1865
Meistersnger 1230, 1876

Melisma 1000, 1198, 1700, 1930


Melodia 0, 100, 1739, 1798
Melodramma 1648, 1649, 1689, 1734,
1761, 1816, 1830, 1876, 1978
Melodramma serio, buffo 1649
Melologo 1654, 1803, 1821, 1830, 1905,
1905b, 1912, 1928, 1938
Melopea 1829, 1901, 1957
Messa 1000, 1363, 1450, 1500, 1562,
1610, 1635, 1648, 1727, 1736, 1823,
1824, 1839, 1846, 1874, 1887, 1890,
1930, 1992
Metronomo 1819
Milonga (danza) 1736
Minima 1363
Minimalismo 100, 1720, 1853b, 1864,
1876, 1901, 1935, 1938, 1956, 1968,
1976
Minnesnger 1230, 1827b, 1850, 1876
Minstrel show 1893
Minuetto (danza) 1720, 1720b, 1739,
1749, 1762, 1781, 1783, 1796, 1797,
1805b, 1806, 1823b, 1901
Modo diatonico 100, 1597, 1828b, 1893,
1908b, 1914, 1957, 1962, 1978
Modo dorico 100, 1230, 1708
Modo ecclesiastico 100, 1722
Modo frigio 100
Modo greco 100, 1722
Modo gregoriano 100, 1562,
Modo ipofrigio 100, 1594, 1597, 1736,
1930
Modo lidio 100, 1825, 1962
Modo maggiore (ionico) 100, 1363,
1450, 1594, 1597, 1664, 1722, 1783,
1796, 1797, 1822, 1824c, 1826, 1839,
1846
Modo minore (eolio) 100, 1363, 1594,
1597, 1654, 1664, 1722, 1736, 1762,
1783, 1786, 1796, 1797, 1822, 1824b,
1826, 1839, 1846, 1911, 1935b

878 Offerta musicale

Modo misolidio 100


Modo ritmico 1198, 1363
Modo, modale 0, 100, 1785, 1823,
1876, 1920, 1957, 1992
Modulazione 1597, 1607, 1722, 1739,
1744, 1762, 1797, 1865, 1925
Momento musicale 1822, 1823b
Monodia 1198, 1562, 1607, 1648
Monotematico 1739, 1781
Mothetus/Mottetto 1198, 1363, 1450,
1500, 1597, 1648, 1664, 1727
Mottetto isoritmico 1363
Motto 1797
Movimento 1712, 1739, 1744, 1830
Musette (danza) 1720b
Music hall 1928b
Musica a programma 1654, 1830,
1839b, 1853b, 1874c, 1889
Musica acquatica 1839b
Musica concreta 1920, 1956, 2002
Musica da camera 1664, 1700, 1720,
1744, 1762b, 1781, 1783, 1797,
1803, 1806, 1824b, 1827, 1864,
1893b, 1905b, 1923, 1928, 1960,
1992
Musica da tappezzeria 1717, 1901, 1920
Musica da tavola 1670, 1717
Musica delle sfere 0, 1664, 1834, 1992,
2007
Musica descrittiva 1654, 1712, 1749,
1762, 1841, 1874c, 1874d, 1889,
1905b
Musica di scena 1670, 1689, 1788, 1841,
1902
Musica elettronica 0, 1923, 1930,
1936b, 1945, 1951, 1954, 1955, 1956,
1968, 1976, 1985, 1992, 2002
Musica leggera 1945, 1956
Musica riservata 1594
Musica soul 1976
Musica stocastica 1936b

Musical 1875, 1893b, 1897, 1914, 1920,


1921, 1935b, 1962
Musico Castrato
Nacchere 1739
Narratore 1610, 1624, 1648, 1654, 1727
Neoclassicismo 1901, 1913, 1920, 1921,
1930, 1942, 1957
Neoromanticismo 1957
Neuma 1000, 1363
Ninna nanna 1925, 1935b
Nota 0, 100, 1363
Nota fondamentale Fondamentale
Note blu Blue notes
Note di passaggio 1700
Notturno 1781, 1839, 1901
Numero chiuso 1749, 1850, 1956, 1978
Oboe 100, 1597, 1711, 1712, 1717,
1720b, 1734, 1742, 1762, 1762b, 1781,
1786, 1788, 1795, 1803, 1805, 1806,
1808, 1816, 1823, 1826, 1827, 1830,
1874d, 1874e, 1876, 1877, 1878, 1885,
1889, 1902, 1905, 1908, 1921, 1928,
1942, 1951, 1954, 1978, 2002, 2007
Oboe damore 1727
Omofonico 1594
Opra (Grand) 1829, 1830, 1831, 1850,
1853, 1865, 1876, 1887, 1890
Opera buffa 1594, 1607, 1711, 1749,
1762, 1787, 1791, 1814, 1816, 1829,
1874c, 1887
Opra-comique 1762, 1814, 1816, 1875,
1978
Opra de sauvetage 1814
Opera napoletana 1711, 1734, 1739,
1749, 1762, 1814, 1816, 1831
Opera seria 1711, 1749, 1787, 1791,
1816, 1829
Opera tedesca 1711, 1727, 1791, 1814,
1821, 1829, 1850, 1865, 1876,

Zibaldone di termini 879

Opera veneziana 1649, 1670, 1700,


1711, 1727, 1734
Opera verista 1875, 1896, 1902b, 1905,
1925, 1935b, 1945
Opra-ballet 1749, 1829
Opra-lyrique 1749, 1761, 1829, 1875
Operetta 1607, 1829, 1893b, 1935b
Oratorio 1624, 1648, 1649, 1700, 1711,
1717, 1736, 1742, 1761, 1798, 1821,
1829, 1830, 1868, 1874, 1912, 1930,
1962
Orchestra 1198, 1594, 1610, 1649, 1670,
1711, 1712, 1717, 1720b, 1727, 1734,
1742, 1762b, 1786, 1788, 1795, 1798,
1805, 1808, 1814, 1821, 1824, 1826,
1830, 1841, 1850, 1865, 1874b, 1874c,
1876, 1885, 1893, 1902, 1905b, 1913,
1942, 1968, 1992
Ordre 1654, 1739
Organo 1430, 1500, 1597, 1635, 1648,
1654, 1700, 1708, 1712, 1717, 1720,
1722, 1727, 1739, 1741, 1742, 1749b,
1783, 1802, 1839b, 1841, 1874, 1874e,
1885, 1890, 1902, 1930, 1955, 1956,
1957, 1962, 1985, 1992, 2007
Organum 1198, 1363, 1610, 1876
Organum purum, duplum, triplum 1198
Organum quadruplum 1198, 1363
Ornitologia musicale 1739
Ostinato Basso ostinato
Ottava (intervallo) 0, 100, 1198, 1635
Ottavino 1783, 1805b, 1912, 1928b,
1962
Ottetto 1781, 1824b, 1827
Ottoni 1594, 1597, 1607, 1610, 1664,
1711, 1717, 1734, 1736, 1742, 1749,
1761, 1786, 1791, 1803, 1805, 1808,
1816, 1821, 1823, 1826, 1827, 1830,
1841, 1850, 1864, 1868, 1874b, 1874c,
1874e, 1876, 1877, 1878, 1889, 1890,
1893, 1902, 1902b, 1905, 1905b,

1913, 1923, 1928, 1930, 1938, 1942,


1955, 1962, 1968, 1985, 1992
Ouverture (sinfonica) 1670, 1711, 1717,
1742, 1749b, 1761, 1788, 1814, 1830,
1834, 1841, 1960
Ouverture (teatrale) 1670, 1749b, 1761,
1814, 1821, 1830
Pantomima 1803, 1920
Partita 1654, 1720, 1788
Pas de deux 1803, 1877, 1957
Pas de trois 1957
Passacaglia 1689, 1700, 1708, 1739,
1742, 1797, 1820, 1823b, 1888, 1890,
1908b, 1912, 1925, 1936b, 1942,
1945, 1957, 1960, 1976
Passione 1662, 1727, 1744, 1962
Pasticcio 1711, 1761
Pastorale 1734
Pavana 1635, 1925
Pedale (pf) 1802, 1805b, 1839, 1890
Pedaliera (organo) 1635, 1654, 1708,
1749
Pentagramma 1363, 1951
Pentatonico Scala pentatonica
Percussioni 100, 1430, 1624, 1717,
1720b, 1749, 1783, 1805, 1824c, 1827,
1830, 1874b, 1874e, 1902b, 1905,
1905b, 1911, 1913, 1914, 1920, 1921,
1928, 1928b, 1930, 1936, 1942, 1945,
1951, 1954, 1956, 1962, 1968, 1976,
1983, 1992, 2002, 2007
Pezzi di genere 1739, 1834
Pezzo chiuso 1957, 1978
Piano 1597, 1720, 1783, 1785, 1819
Pianoforte 100, 1430, 1712, 1720b,
1722, 1739, 1783, 1786, 1802, 1819,
1822, 1823b, 1826, 1827b, 1839,
1839b, 1853b, 1858, 1864, 1874e,
1901, 1903, 1911, 1921, 1923, 1936,
1951, 1955, 1956, 2002, 2007

880 Offerta musicale

Piatti 1816
Piffero 1500, 1712, 1717, 1783, 1816,
1839b
Pirrico 1363
Piva 1742
Pizzicato 1624, 1806, 1820, 1823, 1826,
1877, 1912, 1928, 2002
Plant 1230
Plantation song 1893b
Plettro 1654, 1783
Poema sinfonico 1607, 1654, 1830,
1839b, 1841, 1858, 1865, 1874c, 1889,
1908b, 1935b
Polacca 1874d, 1960
Policoralit veneziana 1597, 1610, 1700,
1962
Polifonia 1198, 1363, 1450, 1500, 1562,
1597, 1607, 1610, 1648, 1654, 1664,
1689, 1717, 1742, 1749b, 1785, 1819,
1824b, 1839b, 1864, 1868, 1923,
1930, 1951, 1956, 1962, 1992
Poliritmia 1913
Politonalit 1901, 1911, 1913, 1914,
1920, 1921, 1935b, 1942, 1957, 1992
Polka Polacca
Ponte modulante 1744, 1825
Pop music 1450, 1500, 1956
Pot-pourri 1823b
Preludio 1635, 1670, 1708, 1720, 1823b,
1824b, 1839, 1903, 1925
Preludio corale 1708
Preludio e fuga 1708, 1722, 1742, 1749b,
1901
Progressione 1739, 1816
Puntillismo 1957
Puy 1230
Quadrivium 0, 1562
Quarta (intervallo) 0, 100, 1198, 1597,
1635, 1722, 1796
Quarta maggiore Tritono

Quartetto per archi 1722, 1781, 1785,


1797, 1806, 1824b, 1824c, 1864,
1908b, 1928, 1960, 1985
Quartetto vocale 1461, 1711, 1821,
1874, 1885
Quinta (intervallo) 0, 100, 1198, 1597, 1635,
1722, 1739, 1744, 1796, 1839, 1893b
Quinta minore Tritono
Ragtime 1893b, 1914, 1920, 1921, 1923,
1935b, 1978
Rapsodia 1853b, 1905b, 1925, 1942
Recitar cantando 1607, 1610, 1876
Recitativo 1607, 1624, 1648, 1700, 1727,
1824b, 1853, 1957, 1960, 1978
Recitativo accompagnato 1734, 1761
Recitativo secco 1670, 1711, 1734, 1749, 1791
Registro (dorgano) 1635
Registro (vocale) 1363
Responsori 1230
Ricercare 1635, 1654, 1708, 1722, 1742,
1945
Riesposizione 1762, 1808, 1905
Rigaudon (danza) 1901
Rigo 1000, 1363
Ripetitivo 1928b, 1938, 1976
Ritmo 0, 1363, 1607, 1806, 1992
Ritmo puntato 1363, 1720, 1788
Ritornello 1712, 1783
Rock 1956, 1962
Romanza 1850, 1875, 1878, 1911, 1960
Ronde 1363
Rondeaux 1230, 1363, 1712
Rond 1712, 1739, 1762, 1783, 1788,
1794, 1806, 1824b, 1874c, 1902b,
1905b, 1923, 1956, 1992, 2002
Rumore 0, 100, 1802, 1806, 1901, 1914,
1956, 2002, 2007
Sacra rappresentazione 1607, 1648,
1670

Zibaldone di termini 881

Salmo 1000, 1198, 1500, 1597, 1610,


1761, 1930
Salmodia 1000, 1607
Saltarello Tarantella
Sarabanda (danza) 1654, 1700, 1720,
1720b, 1739, 1903, 1957
Scala 0, 100, 1785
Scala cromatica 1594, 1689, 1788, 1839,
1905b, 1935b
Scala diatonica 100, 1594, 1597, 1722,
1865, 1914, 1957, 1978
Scala eptatonica 100, 1901
Scala esatonica 100, 1874e
Scala naturale 0, 1893b
Scala pentatonica 0, 100, 1878, 1901,
1903, 1905b, 1914, 1928, 1930, 1935b
Scala tetratonica 1901
Scappamento 1783
Scenografia 1749, 1803, 1913, 1920
Scherzo 1781, 1796, 1797, 1805b, 1806,
1819, 1822, 1823b, 1830, 1841, 1902,
1908b, 1928, 1935, 1968
Schola cantorum 1562
Scozzese (danza) 1822
Seconda (intervallo) 0
Seguidilla (danza) 1878
Semibiscroma 1363
Semibrevis 1363
Semicroma 1363
Semiminima 1363
Semitono 0, 100, 1597, 1700, 1722,
1865, 1951
Sensibile 1597, 1722, 1739
Sequenza 1000, 1198, 1230, 1562
Serenata 1711, 1781, 1788, 1920
Serialit 1597, 1806, 1928, 1930, 1978,
2002
Serializzazione integrale 1936b, 1951
Serie 1936b, 1945, 1951, 1956, 1957
Sesta (intervallo) 0, 1363, 1450, 1597
Settima (intervallo) 1597, 1722, 1739

Settima diminuita (intervallo) 1806, 1819,


1823b
Siciliana (danza) 1749
Silenzio 0, 1822, 1889, 1902, 1928, 1930,
1951, 1960, 1976, 2002
Sincopato 1654
Sincope 1363
Sinfonia 1648, 1649, 1734, 1762, 1781,
1783, 1788, 1796, 1803, 1830, 1841,
1874b, 1905b, 1908, 1930, 1936b,
1942, 1945, 1960, 1968
Sinfonia ciclica 1788, 1874b, 1885,
1890, 1893, 1908
Sinfonia concertante 1762, 1786, 1788,
1942
Singspiel 1787, 1791, 1821, 1841, 1850,
1868, 1875, 1893b
Sirventese 1230, 1363
Solmisazione 1000
Sonata 1597, 1610, 1689, 1700, 1712,
1720, 1744, 1783, 1802, 1805, 1819,
1853b, 1936, 1951, 2002
Sonata a tre 1689, 1700, 1712, 1749b
Sonata ciclica 1797, 1890
Sonata classica 1744, 1783, 1806, 1846,
1901, 1905b, 1960
Sonata da camera 1700, 1720, 1744
Sonata da chiesa 1700, 1720, 1744
Sonata monotematica-bipartita 1739,
1744, 1820, 1928
Sonatina 1805b
Song 1450, 1500, 1624, 1689, 1893b,
1914, 1921, 1935b
Soprano 1198, 1363, 1610, 1624, 1727,
1736, 1798, 1822, 1824, 1829, 1831,
1853, 1868, 1874, 1875, 1877, 1893,
1902, 1905, 1908, 1908b, 1911b,
1912, 1914, 1930, 1938, 1942, 1954,
1956, 1962, 1968, 1985, 2007
Sottodominante 1722, 1796, 1822, 1865
Spinetta 1635

882 Offerta musicale

Spiritual 1893b, 1914


Spondeo 1363
Sprechgesang 1908, 1911b, 1912
Stadtpfeifer 1597
Stile 1664, 1742
Stile antico 1562, 1736
Stile classico 1720
Stile compunto 1742
Stile concitato 1624, 1664
Stile corale (strumentale) 1597, 1805b,
1819, 1824, 1827, 1834, 1841, 1846,
1853b, 1858, 1864, 1874, 1992
Stile espressivo 1742
Stile galante 1720, 1741, 1744, 1749b
Storico Narratore
Strambotto 1500
Stretta 1825
Strofa 1783
Strumentini 1597, 1717, 1736, 1821,
1823, 1826, 1968, 1992
Studio 1834, 1839, 1839b, 1903
Sturm und Drang 1788
Suite 1635, 1654, 1700, 1708, 1717,
1739, 1744, 1788, 1901, 1903, 1925,
1936b, 1938
Suono 1739
Superior 1461
Surrealismo 1901
Sviluppo 1762
Tafelmusik 1670, 1717
Tamburello 1805b, 1816
Tamburo 1230, 1450, 1717, 1783, 1785
Tango (danza) 1736, 1903, 2002
Tarantella (danza) 1824b, 1841, 1858,
1877, 1920
Tema 1700, 1708, 1739, 1744
Tema con variazioni Variazioni
Temperamento 0, 1597, 1722, 1839,
1936b
Tempo Movimento

Tenor 1198, 1450, 1461


Tenore 1198, 1363, 1607, 1610, 1624,
1649, 1664, 1727, 1736, 1762, 1781,
1798, 1814, 1816, 1824, 1829, 1831,
1841, 1853, 1868, 1874, 1874c, 1875,
1887, 1902, 1908, 1911, 1930, 1957,
1962, 1978, 1985
Tenorlied 1500
Terza maggiore/minore (intervallo) 0,
100, 1363, 1450, 1597, 1744, 1893b
Terzetto vocale 1461, 1610, 1624, 1648,
1711, 1816, 1830, 1874
Terzina 1363, 1720
Terzo suono 1820
Tetracordo 100
Tiento 1500, 1635, 1722
Timbro 0, 100, 1461, 1562, 1597, 1635,
1654, 1708, 1712, 1717, 1720, 1720b,
1727, 1736, 1739, 1741, 1742, 1744,
1762, 1781, 1783, 1785, 1786, 1788,
1795, 1797, 1798, 1802, 1803, 1805,
1805b, 1806, 1808, 1816, 1819, 1821,
1823, 1824, 1826, 1827, 1830, 1839,
1841, 1846, 1850, 1853, 1853b, 1858,
1864, 1865, 1868, 1874, 1874b, 1874d,
1874e, 1875, 1876, 1877, 1885, 1887,
1889, 1893, 1896, 1902, 1902b, 1903,
1905, 1905b, 1908, 1911, 1912, 1913,
1914, 1921, 1923, 1928, 1935, 1936,
1942, 1951, 1954, 1955, 1956, 1957,
1960, 1962, 1968, 1983, 1992, 2002,
2007
Timpano 1610, 1711, 1717, 1720b,
1762, 1786, 1788, 1796, 1798, 1803,
1808b, 1821, 1823, 1824, 1830, 1841,
1868, 1874b, 1885, 1887, 1889, 1890,
1893, 1893b, 1901, 1905, 1921, 1930
Tintinnabulum 1736
Tiorba 1635, 1649
Toccata 1607, 1635, 1654, 1708, 1819,
1824b, 1890, 1901, 1903, 1911

Zibaldone di termini 883

Tombeau 1654, 1700, 1874, 1901


Tonalit dimpianto 1739, 1744, 1795,
1796, 1846, 1865, 1876, 1908b, 1960,
1976, 2002
Tonalit maggiore 1562, 1722, 1797,
1798, 1839
Tonalit minore 1562, 1708, 1722, 1744,
1781, 1785, 1786, 1795, 1797, 1802,
1805, 1806, 1808, 1819, 1824b, 1839
Tonica 0, 1722, 1739, 1762, 1781, 1820,
1822, 1823b, 1865, 1905, 1928, 1935,
2002
Tonica/dominante 1739, 1762, 1781,
1820, 1822, 1823, 1865, 1908b,
1923
Tono 0, 1597, 1607
Tragedie-lyrique 1670, 1689, 1749,
1787, 1803
Trascrizione 1839b, 1874e
Tremolo 1624, 1806, 1808
Triade 1363
Triangolo 1816, 1858, 1874b, 1905,
1913, 1954
Trillo 1635, 1783, 1805b, 1819, 1820,
1846, 1905, 1992
Tripartita 1670, 1734, 1781, 1793,
1805, 1806, 1824b, 1827, 1846, 1853,
1901, 1905b, 1920, 1921, 1923, 1935
Tritono (intervallo) 100, 1905b, 1911,
1935b, 1962
Trivium 0
Trocheo 1363
Tromba 0, 100, 1450, 1597, 1607, 1610,
1654, 1664, 1711, 1712, 1717, 1720b,
1742, 1762, 1786, 1796, 1808b, 1823,
1826, 1831, 1874, 1874b, 1902, 1914,
2002
Tromba marina 1712
Trombetto 1500, 1597
Trombone 1597, 1664, 1742b, 1805,
1826

Tropo 1000, 1198


Trovatore 1230, 1363
Troviere 1230, 1363, 1607
Tuba 1830
Turcherie 1761, 1786, 1791, 1816,
1823b, 1829
Tutti 1664, 1712, 1720, 1720b, 1762
Unisono 1000, 1741, 1797, 1808
Valzer 1803, 1822, 1823b, 1824c,
1830, 1834, 1839, 1864, 1868, 1875,
1877, 1893, 1893b, 1897, 1901,
1902b, 1903, 1911, 1911b, 1913,
1923, 1925, 1960, 1978, 2002
Variazione 1610, 1635, 1654, 1689,
1700, 1708, 1720, 1739, 1742, 1783,
1796, 1797, 1804, 1805b, 1808,
1819, 1820, 1821, 1822, 1823b,
1824b, 1824c, 1826, 1834, 1839,
1853b, 1864, 1889, 1920, 1921,
1923, 1936b, 1945, 1951, 1955,
1957, 1960, 1968
Vaudeville 1500
Verismo 1875, 1896, 1902, 1925, 1945
Viella 1230, 1610, 1624
Vihuela 1635
Villancico 1500
Villanella 1957
Villotta 1500
Viola 1597, 1624, 1700, 1712, 1720b,
1742, 1820, 1830, 1954, 1985, 2002
Viola damore 1712
Viola da gamba 1624, 1700, 1720, 1727,
1739, 1781, 1955
Viola pomposa 1720
Violino 1597, 1610, 1624, 1649, 1700,
1712, 1717, 1720, 1720b, 1744, 1786,
1803, 1808, 1820, 1822, 1823, 1878,
1935
Violoncello 1597, 1607, 1712, 1720,

884 Offerta musicale

1762, 1781, 1785, 1797, 1806, 1808,


1819, 1824, 1825, 1827, 1865, 1878,
1889, 1935
Virelais 1230
Virginale 1450, 1597, 1635, 1654, 1689,
1739, 1744
Vocalizzo 1000
Vox organalis 1198
Vox principalis 1198

Work in progress 1951, 1968


Xylorimba 1954
Zampogna 1712, 1742, 1795, 1827b
Zarzuela 1689
Zauberoper 1791
Zigano 1864, 1878, 2002
Zufolo 0, 100, 1635, 1664

Indice delle opere e dei nomi*

Aaron, Pietro (ca. 1490-1545)


Thoscanello de la musica 1500
Abbado, Claudio (1933-) 1802, 1902b,
1928b, 1955, 1985
Abel, Karl Friedrich (1723-1787) 1762,
1783, 1788
Sinfonia 1788
Abelardo, Pietro (1079-1142)
Planctus David super Saul et Jonath
1230
Adam, Adolphe-Charles (1803-1856)
1877, 1896
Giselle 1877, 1896
Le Postillon de Lonjumeau 1877
Si jetais roi! 1877
Adam de la Halle (ca. 1237-1287)
Le Jeu de Robin et Marion 1230, 1607,
1841
Adamo di San Vittore (ca. 1112-1192)
1000, 1198
Victimae paschali laudes 1000
Adams, John (1947) 1938, 1976
Doctor Atomic 1976
El Nio 1976
Nixon in China 1976
The Death of Klinghoffer 1976
The Flowering Three 1976
Ads, Thomas (1971-) 1689, 1864, 1960,
1978
*

Arcadiana 1960
Piano quintet 1864
Powder Her Face 1689, 1978
The Tempest 1978
Adler, Guido (1855-1941) 1936
Adorno, Theodor Wiesengrund (19031969) 1938, 1957
La musica per film 1938
Filosofia della musica moderna 1957
Agazzari, Agostino (1578-1640) 1562,
1594, 1736
Del suonare sopral basso 1594
Stabat Mater 1736
Agostino dIppona (354-430)
De musica 1000
Agoult, Marie d (1805- 1876) 1839,
1865
Ahle, Johann Rudolf (1625-1673)
Es ist genug 1935
Aho, Kalevi (1949-)
Canti e danze 1827b
Alard, Jean (1815-1888) 1878
Albniz, Isaac (1860-1909) 1901, 1928b
Asturias 1901
Chants dEspagne 1901
Iberia 1901, 1928b
Suite espagnole 1901
Alberti, Domenico (ca. 1710-1740)
1783, 1805

Le occorrenze si riferiscono alle date che connotano i capitoli.

886 Offerta musicale

Albertus Parisiensis (1127-1177)


Congaudeant catholici 1198
Albinoni, Tommaso (1671-1750) 1712,
1720a, 1734
Concerti 1712, 1720
Opere teatrali 1734
Albrechtsberger, Johann Georg (17361809) 1722, 1749, 1781, 1802, 1819
dAlembert, Jean-Baptiste (1717-1783)
1744, 1749
lments de musique 1744
Alfano, Franco (1875-1954)
Turandot 1896
La leggenda di Sakuntala 1896
Algarotti, Francesco (1712-1764)
Saggio sopra lopera in musica 1762
Alighieri, Dante (1265-1321) 1230,
1824b, 1839b, 1841, 1874b, 1874c,
1889, 1902a, 1908b
Alkan, Charles-Valentin (1813-1888)
1805b, 1858, 1911
Allegro barbaro 1911
Grande sonate Les quatre ges du monde 1805b
12 Studi trascendentali 1858
Sinfonia per pf 1858
Concerto per pf solo 1858
Allegri, Gregorio (1582-1652) 1652, 1610
Messe 1562, 1610
Miserere 1610
Altenberg, Peter (1859-1919) 1925
Amati, famiglia di liutai 1624, 1700,
1955
Ambrogio, santo (339-397)
Aeterne rerum conditor 1000
Deus creator optime 1000
Jam surgit hora tertia 1000
Veni redemptor gentium 1000
Andriessen, Louis (1939-)
Hochetus 1198
Anelli, Angelo (1761-1820) 1816

Anerio, Felice (1560-1614)


Graduale romano 1000
Anfione (mitologico) 100
Angiolini, Gasparo (1731-1803) 1762,
1803, 1877
Ansermet, Ernest (1883-1969) 1920, 1928b
Antegnati, organari (sec. xv-xvii) 1637
Antico, Andrea (ca. 1480-1538) 1500
Antheil, George (1900-1959) 1928b,
1942, 1956
Ballet mcanique 1956
Jazz Symphony 1942
Symphony 1942 1942
Mr. Bloom and the Cyclops 1956
Apollinaire, Guillaume (1880-1918)
1920, 1962
Apponyi, Anton Georg (1751-1817)
1797, 1806
Araja, Francesco (1709-1770)
Cefalo e Procri 1874
La forza dellamore e dellodio 1874
Arbeau, Toinot (1519-1595)
Orchsographie 1670
Arbs, Enrique Fernandz (1863-1939)
Iberia 1928b
Arcadelt, Jacques (ca. 1504-1568) 1562, 1594
Ave Maria 1594
Messe 1562
Il bianco e dolce cigno 1594
Archita da Taranto (428-347 a.C.) 0,
100, 1597, 1722
Arenskij, Anton (1861-1906) 1864, 1913
Cloptre 1913
Quintetto 1864
Trio 1864
Ariosto, Ludovico (1474-1531) 1594
Aristide Quintiliano (sec. iii-iv)
Sulla musica 1000
Aristosseno (ca. 354-300 a.C.) 0, 100, 1722
Elementi di armonia 100
Elementi di ritmica 100

Indice delle opere e dei nomi 887

Aristotele (384-322 a.C.) 0, 100


Armstrong, Louis (1901-1971) 1720,
1914, 1935
Arne, Thomas Augustine (1710-1778)
Rule, Britannia! 1717, 1823b
Arnim, Achim von (1781-1831) 1821,
1827b, 1874d, 1902b, 1925
Des Knaben Wuderhorn 1821, 1827b,
1874d, 1902b, 1925
Arrau, Claudio (1903-1991) 1903
Arrigo Tedesco Isaac, Heinrich
Artaria editori (sec. xviii - xx ) 1797,
1823b, 1825
Arteaga, Esteban (1747-1799)
Le rivoluzioni del teatro musicale italiano 1762
Artusi, Giovanni Maria (ca. 1540-1613)
Delle imperfezioni della musica moderna 1624
Akenazij, Vladimir (1937-) 1874
Attaingnant, Pierre (ca. 1494-1552)
1500
Auber, Daniel (1782-1871) 1816, 1829,
1834, 1850, 1896, 1834
Le Domino noir 1816
La Muette de Portici 1829, 1850
Fra Diavolo 1816, 1829
Manon Lescaut 1896
Auden, Wystan Hugh (1907-1973)
1957, 1962, 1978
Auer, Leopold (1845-1930) 1878, 1935
Aurelianus Reomensis (sec. ix)
Musica disciplina 1000
Auric, Georges (1899-1983) 1920, 1938
Les Maris de la Tour Eiffel 1920
colonne sonore 1938
Babbitt, Miton (1916-2011) 1956, 1957
Composition for Four Instruments 1957
Composition for Piano 1957
Composition for Synthesizer 1956

Philomel 1956, 1957


Reflections 1956
Bacalov, Luis (1933-)
Estaba la Madre 1736
Misa Tango 1736
Bach, Carl Philipp Emanuel (1714-1788)
1654, 1708, 1720b, 1722, 1739, 1742,
1744, 1762b, 1783, 1786, 1788, 1795,
1798, 1802, 1803, 1808b, 1819, 1823b,
1827, 1839, 1846, 1955
Concerti 1744, 1808b
Concerto per clav, fortepiano e orch 1744
Fantasie 1802, 1819, 1846
Follia 1700
Sinfonie 1762b
6 Sonate per il duca di Wrttemberg
1744
Versuch ber die wahre Art das Clavier
zu spielen 1744
Sonate per vl e clav 1802
Bach, Johann Christian (1735-1782)
1720b, 1722, 1739, 1744, 1762a,
1762b, 1783, 1786, 1787, 1788, 1795,
1803, 1874
Amadis de Gaule 1787
Catone in Utica 1762a
Dies irae 1874
Sinfonie 1762b, 1788
Sonate per fortepiano 1786
Bach, Johann Sebastian (1685-1750)
1000, 1363, 1562, 1597, 1610, 1624,
1635, 1648, 1654, 1664, 1700, 1708,
1711, 1712, 1717, 1720a, 1720b, 1722,
1727, 1736, 1739, 1741, 1742, 1744,
1749b, 1781, 1783, 1788, 1795, 1798,
1802, 1803, 1804, 1808a 1819, 1820,
1823a, 1823b, 1825, 1827, 1839, 1841,
1858, 1864, 1865, 1868, 1878, 1885,
1890, 1908, 1911, 1912, 1921, 1923,
1925, 1928b, 1930, 1935a, 1935b,
1936, 1955, 1957, 1960, 1985, 2002

888 Offerta musicale

Orchestra
Concerti brandenburghesi bwv
1046-1051, 1712, 1720b
n. 2 bwv 1047, 1720b, 1968
n. 4 bwv 1049, 1720b, 1741
n. 5 bwv 1050, 1720b
Suite-Ouverture bwv 1066-1069,
1720b
n. 2 bwv 1067, 1720b, 1741
n. 3 bwv 1068, 1720b, 1744
Da camera
Offerta musicale bwv 1079, 1635,
1741, 1749b
Partita per vl solo n. 2 bwv 1004
Ciaccona 1720a, 1878, 1911,
2002
Partita per vl solo n. 3 bwv 1006,
1720a
Partite per vl solo 1729, 1878
Sonata a tre per fl, vl e clav 1741,
1749
Sonata per vl solo bwv 1005 1720a
6 Sonate per vl 1720a
Clavicembalo
Aria variata alla maniera italiana
bwv 989, 1741
Canon triplex bwv 1076, 1749b
Capriccio sopra la lontananza del fratello dilettissimo bwv 992, 1741
Clavierbung 1708, 1741, 1749b
Concerto secondo il gusto italiano
1741
Il clavicembalo ben temperato vol. i
bwv 846-869, 1597, 1635, 1708,
1722, 1741, 1744, 1749b, 1806,
1808a, 1819, 1820, 1823a, 1839,
1874
Il clavicembalo ben temperato vol. ii
bwv 870-893, 1739, 1788
Invenzioni e Sinfonie 1722, 1741,
1744

Larte della fuga bwv 1080, 1363,


1708, 1741, 1749b, 1803, 1874,
1890, 1911
Ouverture francese bwv 831, 1741
6 Partite bwv 825-830, 1741, 1744
Suite francesi bwv 812-817, 1722,
1741, 1744
Suites inglesi bwv 806-811, 1722,
1741, 1744
Variazioni Goldberg (Aria con 30 variazioni) bwv 988, 1708, 1717, 1739,
1741, 1749b, 1823b, 1885, 1955
Organo
Autografo di Lipsia bwv 651-668,
1708, 1749b
Orgelbchlein 1708, 1890, 1930
Passacaglia bwv 582, 1708, 1885
Preludio e (tripla) fuga in mi bemolle
maggiore bwv 552, 1708, 1741
Preludio e fuga in la maggiore bwv
543, 1708
Toccata, Adagio e Fuga in do maggiore bwv 564, 1708
Toccata e fuga in re minore (Dorica)
bwv 538, 1708
Toccata e fuga in re minore bwv 565,
1708
Variazioni canoniche bwv 769, 1708,
1741
Voce
Actus tragicus bwv 104, 1868
Cantata bwv 150, 1885
Cantata paesana bwv 212, 1700
Cantata per il borgomastro 1712
Cantate sacre 1624
Christ ist erstanden 1000, 1500
Contesa fra Febo e Pan bwv 201,
1712
In allen meinen Tage bwv 97, 1500
Magnificat bwv 243, 1610
Mein junges Leben hat ein End 1968

Indice delle opere e dei nomi 889

Messa in si minore bwv 232, 1727,


1823a
O Ewigkeit, du Donnerwort bwv 60,
1935
O Lamm Gottes, unschuldig bwv
656, 1727
Oratorio di Natale bwv 248, 1727
Passione secondo san Giovanni bwv
245, 1664, 1727, 1935b
Passione secondo san Luca bwv 246,
1727
Passione secondo san Marco bwv
247, 1664, 1727
Passione secondo san Matteo bwv
244 1664, 1712, 1727, 1742, 1841
Tilge, Hchster, meiner Snden bwv
1083, 1610, 1736
Wenn wir in hchsten Nten sein
bwv 641, 1749b
Bach, Wilhelm Friedeman (1710-1784)
1722
Backhaus, Wilhelm (1884-1969) 1911, 1955
Bdarzewska, Tekla (1834-1861)
La Prire dune vierge 1834
Baillot de Sales, Pierre (1771-1842)
1803, 1820, 1878
Bakst, Lon (1886-1924) 1913, 1920
Balakirev, Milij (1837-1910) 1874c,
1874d, 1874e, 1889
Islameye 1874e
Ouverture su temi russi 1874d
Tamara 1874c, 1889
Balanchine, George (1904-1983) 1877,
1920, 1957, 1976
Balbulus, Nokter (sec. ix)
Liber hymnorum 1000
Victimae paschali laudes 1000
Baltazarini Balthazar
Balthazar de Beaujoeulx (?-1587)
Le Ballet des polonais 1670
Ballet comique de la Reine 1670

Bambini, Eustachio (1697-1770) 1749


Banchieri, Adriano (1568-1634) 1562,
1954, 1635, 1712, 1985
La pazzia senile 1594
La prudenza giovanile 1594
Lorgano suonarino 1635
Madrigali 1712, 1985
Barbaja, Domenico (1778-1841) 1816,
1821, 1822, 1829, 1853
Barber, Samuel (1910-1981) 1896,
1928a, 1935, 1945
Adagio per archi 1928a
Concerto per vl 1935
Concerto per vlc 1935
Vanessa 1896, 1945
Antony and Cleopatra 1945
Barbirolli, John (1899-1970) 1902
Barker, Charles Spackman (1804-1879)
1890
Barraqu, Jean (1928-1973) 1363, 1992
Rhythme et dvelopment 1363
Sonate 1992
Barth, Joseph (sec. xix) 1824b
Bartk, Bla (1881-1945) 1363, 1624, 1635,
1720, 1797, 1806, 1820, 1823, 1825, 1858,
1864, 1874, 1902a, 1902b, 1908b, 1911a,
1913, 1914, 1921, 1925, 1928a, 1928b,
1930, 1935, 1942, 1951, 1960, 2007
Allaria aperta 1914
Allegro barbaro 1911b
Concerto per orch 1942
Concerto per pf n. 1-3 1921
Concerto per vl n. 1-2 1820
Contrasts 1935, 1938
Dance Suite 1942
Divertimento per orchestra darchi
1928a
Elegie 1911b
I cervi fatati 1624
Il castello del principe Barbabl 1902,
1925

890 Offerta musicale

Il mandarino meraviglioso 1913


Il principe di legno 1913
Mikokosmos 2007
Musica per archi, celesta e perc 1363,
1928a
Quartetti
n. 1 1908, 1928a
n. 4 1928a
n. 6 1928a, 1960
Quintetto con pf 1864
Rapsodia op. 1 1911b
Scherzo op. 2 1911b
Sonata 1914
Sonata per 2 pf e perc 1827, 1858, 1921
Sonata per vl solo 1720
3 Studi op. 18 1911
Toccate di Frescobaldi 1635
Bartolozzi, Teresa Jansen (1770-1843)
1798, 1802
Baudelaire, Charles (1821-1867) 1908b,
1976, 1978
Baudo, Serge (1927-) 1992
Bausch, Pina (1940-2009) 1976
Bayer, Konrad (1932-1964) 1962
Beckett, Samuel (1906-1989) 1968
Beatriz de Dia (ca. 1140-1176)
A chantar mer 1230
Beauchamp, Pierre ii (1631-1705) 1670
Beaumarchais, Pierre Agustin (17321799) 1787, 1814
Beecham, Thomas (1879-1861) 1742,
1874e, 1911
Beethoven, Ludwig van (1770-1827)
1500, 1562, 1624, 1654, 1670, 1700,
1708, 1720, 1722, 1734, 1739, 1741,
1742, 1749b, 1762a, 1781, 1783, 1785,
1786, 1787, 1788, 1791, 1795, 1797,
1798, 1802, 1803a, 1803b, 1805a,
1805b, 1806, 1808a, 1808b, 1814, 1816,
1819, 1820, 1821, 1822, 1823a, 1823b,
1824a, 1824b, 1825, 1826, 1827, 1829,

1830, 1834, 1839b, 1839b, 1841, 1846,


1853b, 1858, 1864, 1865, 1868, 1874a,
1874b, 1874c, 1874d, 1885, 1889,
1893a, 1893b, 1901, 1902b, 1908a,
1908b, 1911a, 1912, 1914, 1923, 1928a,
1928b, 1930, 1942, 1955, 1956, 1960,
1962, 1968, 1978, 1985, 2002
Teatro
Balletto dei cavalieri 1803
Faust 1814
Fidelio 1654, 1791, 1803, 1805a,
1814, 1821, 1822, 1827, 1912
Le creature di Prometeo 1803,
1805a, 1814, 1823b, 1877, 1895
Il fuoco di Vesta 1814
Leonore 1805a, 1814
Macbeth 1805b, 1814
Musica per un balletto di cavalieri
1803a
Ouverture
Egmont 1670, 1803a, 1841, 1912
Leonora n. 1-3 1814
Coriolano 1803, 1841
La consacrazione della casa 1841
Le rovine di Atene 1803a, 1823b,
1841
Re Stefano 1803a
Sacro
Cristo al monte degli ulivi 1742,
1798
Messa in do maggiore 1823a, 1824a
Missa solemnis 1819, 1823a, 1823b,
1824a, 1825
Orchestra
Concerti per pf
n. 1 1808b
n. 2 1808b
n. 3 1802, 1808b, 1858
n. 4 1786, 1808a, 1808b, 1858
n. 5 Imperatore 1786, 1808b,
1858, 1911a

Indice delle opere e dei nomi 891

Concerto per vl 1878


op. 61 1803b, 1808a, 1808b, 1878
Fantasia op. 80 1805, 1808a, 1808b,
1841
La vittoria di Wellington, ovvero La
battaglia di Vitoria op. 91 1500,
1805a, 1808a
Romanza op. 40 1803b
Sinfonie
n. 1 1798, 1803a, 1805a, 1808a,
1889, 1902b, 1942
n. 2 1803a, 1805a, 1808a
n. 3 Eroica 1803a, 1803b, 1805a,
1805b, 1808a, 1814, 1826, 1830,
1853b, 1885, 1902b, 1978
n. 4 1808a
n. 5 Del destino 1700, 1785, 1795,
1803b, 1808a, 1808b, 1819,
1826, 1830, 1834, 1885, 1893b,
1902b, 1914
n. 6 Pastorale 1803a, 1805a,
1808a, 1808b, 1841, 1968
n. 7 1805a, 1808a, 1825, 1826,
1827, 1902b
n. 8 1808a, 1814
n. 9 1624, 1808a, 1814, 1819,
1823a, 1823b, 1824a, 1824b,
1825, 1826, 1830, 1874b, 1885,
1893b
n. 10 1824a
Da camera
Ottetto 1827
Quintetto op. 16 1827, 1864
Quartetti per archi
op. 18 n. 1-6 1805b, 1806, 1824b
n. 6 La malinconia 1806
op. 59 1803b, 1805b, 1806,
1808a, 1808b, 1825, 1874d
n. 1 1806
op. 74 Delle arpe 1825
op. 95 Serioso 1825

op. 127 1825


op. 130 1825
op. 131 1824b, 1825
op. 132 1824b, 1825
op. 133 La grande fuga 1741,
1781, 1806, 1825
op. 135 1825
Settimino per archi e fiati 1805a
Sonate per vl e pf
op. 12 1803b, 1806
op. 23 1803b
op. 24 La primavera 1803b
op. 30 1803b
op. 47 A Kreutzer 1803b, 1805a,
1820
Sonate per vcl
op. 5 1819
op. 69 1819
op. 102 1819
Sonata per corno e pf 1827
Trii op. 1 1802, 1827
Trii op. 70 1827
Trio op. 97 Dellarciduca 1827
Pianoforte 1739, 1901
Bagatelle 1819, 1822, 1823b, 1824a
Per Elisa 1823b
Follia 1808a
Gegenliebe 1824a
Sonate per pianoforte
op. 2 1805b
op. 10 1805b
op. 13 Patetica (Pathtique):
1802, 1805b, 1806
op. 14 1805b
op. 27 n. 2 Al chiaro di luna 1802,
1805b
op. 28 1805b
op. 29 Hammerklavier 1741,
1819, 1824a, 1825, 1853b
op. 31 1805b, 1806
n. 2 La tempesta 1802, 1805b

892 Offerta musicale

op. 53 Waldstein (Laurora) 1802,


1805b
op. 54 1805b
op. 57 Appassionata 1805b,
1808b, 1819, 1823b, 1955
op. 78 1805b, 1819
op. 79 1805b, 1819
op. 81a Gli addii (Les Adieux)
1805b, 1819
op. 90 1819
op. 101 1781, 1805b, 1819
op. 106 Hammerklavier 1741,
1805b, 1819, 1853b
op. 109 1805b, 1819, 1825
op. 110 1805b, 1819, 1823a
op. 111 1781, 1805b, 1806, 1819,
1822, 1823a, 1825, 1853b
6 Variazioni op. 34 1823b
15 Variazioni (Eroica) op. 34 1823b
Variazioni op. 76 1823b
Variazioni Eroica 1805, 1823
Variazioni Diabelli 1708, 1741,
1781, 1805b, 1806, 1819, 1822,
1823a, 1823b, 1824a, 1825, 1885,
1955, 2002
An die ferne Geliebte 1827
Bjart, Maurice (1927-2007) 1803b,
1976
Belasco, David (1853-1931) 1896
Bellini, Vincenzo (1801-1835) 1816,
1819, 1821, 1829, 1831, 1834, 1846,
1853a, 1858, 1874a, 1874d, 1877
Beatrice di Tenda 1831
I Capuleti e i Montecchi 1831
I puritani 1831
La sonnambula 1816, 1821, 1831
La straniera 1831
Norma 1831, 1850
Casta diva 1829
Bembo, Pietro (1470-1547) 1594
Benda, Franz (1709-1786) 1720

Benda, Georg Anton (1722-1795) 1654,


1912
Ariadne auf Naxos 1912
Medea 1654, 1912
Pygmalion 1912
Benedetti Michelangeli, Arturo (19201995) 1955
Benedetto da Norcia (ca. 480-547) 1000
Benevoli, Orazio (1605-1672)
1562, 1610, 1823a
Missa salisburgensis 1610
Benjamin, Walter (1892-1940) 1985, 1992
Benois Aleksandr (1870-1960) 1913
Berberian, Cathy (1925-1983) 156, 2002
Berg, Mizzi (sec. xx) 1935
Berg, Alban (1885-1935) 1823, 1885,
1902a, 1902b, 1905a, 1908a, 1908b,
1912, 1923, 1925, 1928a, 1928b,
1935a, 1935b, 1936, 1942, 1945, 1954,
1955, 1957, 1960, 1968, 2002
Wozzeck 1885, 1902a, 1908a, 1912,
1925, 1928a, 1978 1935a, 1935b,
1945, 1968, 1978
Lulu 1902a, 1905a, 1908a, 1912, 1925,
1935, 1945, 1978
Lyrische Suite 1925, 1928a, 1935a,
1935b
Die Nacht 1925
Sonata per pf op. 1 1908b
Concerto per vl 1925, 1935a
Altenberg Lieder 1925
Der Wein 1925
Berio, Luciano (1925-2003) 1610, 1744,
1787, 1896, 1902b, 1905b, 1921,
1935, 1946, 1954, 1956, 1957, 1960,
1968, 1978, 1985, 1992, 2002
A+Ronne 1968
Chemins i-iv 2002
Concerto per 2 pf 1921
Coro 1968
Cronaca del luogo 1978

Indice delle opere e dei nomi 893

Echoing Curves 1921, 2002


Il ritorno degli snovidenia 1935,
2002
La vera storia 1978
Magnificat 1610
Opera 1978
Outis 1978
Passaggio 1978
Points on the Curve to Find 1921,
2002
Quartetto 1960
Rendering 1968
Sincronie 1960
Six Encores per pf 1936, 2002
Sequenze i-xiv 2002
Sequenza iii 2002, 1954
Sinfonia 1968, 2002
Sonata 2001, 2002
Sonata per pf 1936
Tempi concertati 1968
Titanic 1978
Turandot 1968
Un re in ascolto 1787, 1978
Elettronica
Cries of London 1968
Laborintus ii 1978
Notturno 1960
Ofanim 1968
Thema (Omaggio a Joyce) 1954,
1968, 2002
Visage 1954, 2002
Briot, Charles de (1802-1870) 1901
Briot, Charles-Wilfrid (1833-1914)
1901
Berkeley, Lennox (1903-1989)
Stabat Mater 1736
Berlin, Irving (1888-1989) 1914, 1935b,
1938
Annie Get Your Gun 1935b, 1938
God Bless America 1935b
White Christmas 1914, 1935b

Berlioz, Hector (1803-1869) 1624, 1648,


1654, 1700, 1762, 1788, 1802, 1805a,
1808a, 1814, 1820, 1821, 1827b, 1830,
1831, 1834, 1839b, 1841, 1850, 1865,
1874a, 1874b, 1874c, 1874d, 1875,
1876, 1878, 1890, 1893a, 1893b,
1902b, 1905a, 1912
Aroldo in Italia 1820, 1830, 1874c
Benvenuto Cellini 1762, 1830
chansons 1827
Grande Messe des morts 1648, 1874
Grande sympohnie funbre et triomphale 1830
Invito alla danza (Invitation la danse)
1821, 1830
La Damnation de Faust 1821, 1830,
1874b, 1874c
Le Carnaval romain 1830
Le Corsaire 1830, 1841
Llio ou Le retour la vie 1830, 1912
LEnfance du Christ 1874a
Lonore ou Les Francs-juges1830
Les Nuits det 1905a
Les Troyens 1762, 1821, 1830, 1875
Messe solennelle 1830
Rob Roy 1841
Roi Lear 1830, 1841
Romo et Juliette 1624, 1824a, 1830,
1874
Symphonie fantastique (Sinfonia fantastica) 1654, 1788, 1805a, 1808a,
1820, 1830, 1850, 1874a, 1874b,
1874c, 1874d, 1885
Trattato di strumentazione e orchestrazione 1830, 1874c
Waverly 1830, 1841
Bernadotte, Jean-Baptiste (1763-1844) 1803
Bernhardt, Sarah (1844-1923) 1905a,
1913
Bernardt de Ventadorn (ca. 1130-1195)
Quand vola lalouette 1230

894 Offerta musicale

Bernstein, Leonard (1918-1990) 1610,


1902b, 1914, 1935, 1938, 1942, 1962, 1968
Candide 1935
Chichester Psalms 1610, 1962
Jeremiah 1942
Kaddish 1942
On the Water Front 1938
The Age of Anxiety 1942
West Side Story 1935
Bertrand, Aloysius (1807-1841) 1901
Bertati, Giovanni (1735-1815) 1689
Berwald, Franz Adolf (1796-1868)
Sinfonie 1805b, 1826
Bethge, Hans (1876-1946) 1908
Bettinelli, Bruno (1913-2004)
Messa da requiem 1930
Biber, Heinrich Ignaz Franz von (16441704) 1610, 1712, 1717, 1720a, 1823a
Battalia 1720a
Missa salisburgensis 1610
Rosenkranz Sonaten 1720a
Tafelmusik 1717
Bilse, Benjamin (1816-1902) 1878
Binchois, Gilles (1400-1460)
Tristre plaisir et douloureuse joie 1450,
1635
Birtwistle, Harrison (1934-) 1198, 1363,
1689, 1978
Gawain 1689, 1978
Hochetus Peter 1198
Hochetus David 1363
Punch and Judy 1689
The Last Supper 1978
The Mask of Orpheus 1978
The Minotaur 1978
The Triumph of Time 1978
Bizet, Georges (1838-1875) 1670, 1826,
1827b, 1865,1875, 1876, 1878, 1901,
1902a, 1912
Carmen 1875, 1878, 1912
Djamileh 1875

Docteur Miracle 1875


Ivan iv 1875
La Jolie fille de Perth 1875
LArlsienne 1670, 1875
Les Pcheurs de perles 1875
Namouna 1875
Sinfonia 1826
Bloch Ernest (1880-1959)
Schelomo 1935
Voice in the Wilderness 1935
Blow, John (1649-1708)
Venere e Adone (Venus and Adonis)
1689
Boccherini, Luigi (1743-1805) 1700,
1736, 1762, 1781, 1785, 1786, 1787,
1797, 1803a, 1827, 1864
Follia 1700
La casa del diavolo 1762
Quartetti 1781, 1797
Quintetti 1785
Stabat Mater 1736
Bocklet, Karl Maria von (1801-1881)
1827a
Boehm, Theobald (1794-1881) 1827a
Boieldieu, Franois-Adrien (1775-1834)
La Dame blanche 1816
Boezio, Severino (ca. 480-526)
0, 100, 1000, 2007
De institutione musicae 1000
Bhm, Georg (1661-1733) 1708, 1741
Bhm, Karl (1894-1981) 1911b, 1955
Boito, Arrigo (1842-1918) 1876, 1887,
1896
Mefistofele 1887
Nerone 1887
Bonaventura da Bagnoregio (ca. 12211274)
Dies irae 1000, 1736
Bononcini, Giovanni (1670-1747) 1711,
1734
Il trionfo di Camilla 1711

Indice delle opere e dei nomi 895

Bonporti, Francesco Antonio (16721649) 1712, 1720


Concerti 1712
Invenzioni a violino solo 1720
Bontempi Angelini, Giovanni Andrea
(1624-1705)
Il Paride 1649
Bordoni, Faustina (1700-1781) 1711,
1762
Borodin, Aleksandr (1833-1887) 1834,
1839b, 1864, 1874c, 1874d, 1889,
1893a, 1901, 1905b, 1908b, 1913,
1920, 1938, 1960
Danze polovesiane 1874d, 1920
Il principe Igor 1874b
Nelle steppe dellAsia cenrale 1874c,
1889
Quartetto n. 2 1908b
Quintetto 1864
Bortnjanskij, Dmitrij (1751-1825)
Le Faucon 1874
Bouilly, Jean-Nicolas (1763-1842) 1814
Boulanger, Nadia (1887-1979) 1914,
1835b, 1942, 1955, 1976
Boulez, Pierre (1925-) 1198, 1902, 1905,
1912, 1913, 1923, 1925, 1928, 1936,
1945, 1951, 1954, 1956, 1957, 1960,
1968, 1985, 1992, 2002
Incises 1936
Le Marteau sans matre 1912, 1954,
1957
Le Soleil des eaux 1954
Le Visage nuptial 1954
Notations 1823, 1936
Par volont et par hasard 1954
Pli selon pli 1912, 1954
Points de rpere 1954
Relevs dapprenti 1954
Rpons 1956
Sonata per pf n. 2 1936
Sonata n. 3 1936

Structures 1951
Schnberg morto 1936
Sur incises 1936
Boult, Adrian (1889-1963) 1874
Bour, Ernest (1913-2001) 1968, 1985
Bourdelot, Pierre (1610-1685)
Histoire de la musique et de ses effets depuis son origine jusqu present 1744
Boyce, William (1711-1779)
Cathedral Music 1744
Braga, Gaetano (1829-1907)
Leggenda valacca 1960
Brahms, Johannes (1833-1897) 1708,
1722, 1739, 1741, 1742, 1749b, 1786,
1788, 1797, 1802, 1803b, 1805b, 1806,
1808a, 1808b, 1814, 1819, 1820, 1822,
1823a, 1823b, 1824a, 1824b, 1825,
1826, 1827a, 1827b, 1834, 1841, 1853b,
1858, 1864, 1865, 1868, 1874a, 1874b,
1874c, 1876, 1878, 1885, 1887, 1890,
1893a, 1893b, 1902a, 1902b, 1905b,
1908a, 1908b, 1911a, 1911, 1914, 1921,
1923, 1942, 1955, 1960, 1968
Orchestra
Sinfonie 1826
n. 1 1853b, 1876, 1885, 1914
n. 2 1788, 1874b, 1885
n. 3 1788, 1874b, 1885
n. 4 1708, 1788, 1885
Variazioni Haydn 1885
Serenate 1-2 1885
Concerti per pf 1808
n. 1 1786, 1853a, 1858, 1885
n. 2 1786, 1858
per vl 1878
doppio 1878
Da camera
Sestetti per archi n. 1-2 1864
Quintetto con cl op. 115 1827a,
1878, 1885
Quintetti per archin. 1-2 1864

896 Offerta musicale

Quintetto op. 34 1827, 1864


Quartetti per archi n. 1-3 1864, 1908a
Quartetti con pf n. 1-3 1864, 1824b,
1825
Trio op. 40 1827a
Trii n. 1-3 1864
Sonate per vl n. 1-31878
Sonate per viola op. 120 1827a
Sonata op. 39 per vcl 1749
Pianoforte
Ciaccona 1720a
Klavierstcke 1911a, 1823b
op. 10 1853a
op. 76 1853a
op. 79 1853a
op. 116 1744, 1822
op. 117 1822
op. 118 1822
op. 119 1822, 1834
Variazioni
op. 9 1853a
op. 21 1853a
op. 24 Handel 1823b
op. 35 Paganini 1820, 1823b,
1853a
Sonate per pf n. 1-3 1853a, 1895
n. 3 1808a, 1864
Danze ungheresi 1868, 1893a
Corale
Begrbnisgesang 1868
4 Ernste Gesnge 1868
Gesang der Parzen 1868
Mottetti 1868
Nnie 1868
Psalm xiii 1868
Requiem tedesco 1742, 1868, 1878
Rinaldo 1868
Schicksalslied 1868
Triumphlied 1868
Lieder
Geistliche Lieder 1868

Lieder 1853a
Die schne Magelone 1827a, 1868
Zigeunerlieder 1868
Liebeslieder-Walzer 1868, 1893b
Bramante, Donato (1440-1514) 1500
Brecht, Bertolt (1898-1956) 1670, 1920,
1925, 1930, 1935b, 1938, 1945, 1962,
1976, 1978
Brentano, Clemens (1778-1842) 1821,
1827b, 1874d, 1902b, 1925
Des Knaben Wunderhorn 1821, 1902b
Brian, Havergal (1876-1972) 1942
Brianza, Carlotta (1867-1930) 1877
Bridge, Frank (1879-1941)
Quintetto con pf. 1864
Bridgetower, George August Polgreen
(1778-1860) 1804
Britten, Benjamin (1913-1976)
1624, 1689, 1742, 1744, 1868,
1874a, 1874e, 1902b, 1921, 1928,
1935a, 1935b, 1942, 1945, 1960,
1962, 1978
A Ceremony of Carols 1962
Canticle: Abraham and Isaac 1962
Billy Budd 1945
Guida allorchestra per i giovani, variazioni e fuga su un tema di Purcell 1689,
1945
Hymn to St. Cecilia 1962
Il ratto di Lucrezia 1945
Interludi marini 1945
Missa brevis 1962
Morte a Venezia 1945
Owen Wingrave 1945
Peter Grimes 1896, 1935b, 1945
Quartetto n. 3 1960
Sinfonia concertante 1935a
Sinfonia da requiem 1874a, 1942, 1962
Spring Symphony 1942
Turn of the Screw 1945
War Requiem 1868, 1874a, 1930, 1962

Indice delle opere e dei nomi 897

Broadwood, John (1732-1812) 1802, 1819


Brodskij, Adolph (1851-1929) 1878
Bronsart, Hans (1830-1913) 1853
Broschi, Carlo detto Farinelli (17051782) 1739
Brossard, Sbastien de (1655-1730)
Dictionnaire de musique 1744
Brown, Earl (1926-2002) 1985, 1956
Available Forms 2 1956
Twenty-Five 1936
Bruch, Max (1838-1920) 1803b, 1878,
1935b
Concerto n. 1 1820, 1878
Concerto n. 2 1878
Fantasia scozzese 1878
Kol Nidrei 1935b
Bruckner, Anton (1824-1896) 1610,
1781, 1788, 1823a, 1824a, 1826,
1839b, 1841, 1858, 1874a, 1874b,
1874e, 1876, 1885, 1890, 1893, 1902b,
1908a, 1942, 1955
Magnificat 1610
Messe 1823a, 1874
Sinfonie 1826, 1841
n. 0 1874b
n. 1 1874b
n. 2 1874b, 1876
n. 3 Wagner 1874b
n. 4 Romantica 1874b
n. 5 1874b
n. 6 1874b
n. 7 1874b
n. 8 1874b
n. 9 1874b, 1908a
Te Deum 1874a
Brugnoli, Attilio (1880-1937) 1911a
Bruhns, Nikolaus (1665-1697) 1708, 1722
Bruno Walter (1876-1962) 1902
Brumel, Antoine (ca. 1460-1520) 1500, 1874
Requiem 1874
Brunetti, Antonio (ca. 1745-1786) 1786

Bruno, Giordano (1548-1600) 1985


Brydges, Henry James, duca di Chandos
(1673-1742) 1624
Bchner, Georg (1813-1837) 1802,
1925, 1954, 1976
Bull, John (ca. 1562-1628)
Fitzwilliam Virginal Book 1654
Blow, Hans von (1830-1894) 1853b,
1858, 1865, 1893b
Brger, Gottfried August (1747-1797)
1841, 1874c
Ballate 1841
Buonarroti, Michelangelo (1475-1564)
1839
Bumbry, Grace (1937-) 1935a
Burney, Charles (1726-1814) 1744
Burns, Robert (1759-1796) 1853b
Busnois, Antoine (1430-1492)
Missa LHomme arm 1450
Busoni, Ferruccio (1966-1924) 1000,
1720, 1722, 1741, 1744, 1749, 1755,
1808, 1858, 1896, 1902, 1911, 1923,
1925, 1935, 1938, 1955, 1956,
Bach-Busoni Ausgabe 1911
Christ ist erstanden 1000
Ciaccona per vl 1720, 1911
Doktor Faust 1902
Fantasia contrappuntistica 1749, 1911
Fantasia indiana 1911
Concerto per pf, orchestra e coro maschile op. 39 1808
Saggio di una nuova estetica musicale
(Entwurf einer neuen sthetik der
Tonkunst) 1911, 1956
Turandot 1896
Bussotti, Sylvano (1931-) 1951, 1978
Bergkristall 1978
Five Piano Pieces for David Tudor 1951
Rara Requiem 1951
Buxtehude, Dietrich (1637-1707) 1000,
1624, 1654, 1708, 1722, 1727, 1741, 1890

898 Offerta musicale

Christ ist erstanden 1000


Fantasie per org 1654
Passacaglia in re minore 1708
Suites per cl 1654
Byrd, William (1543-1623) 1562, 1654
Terra tremuit 1562
Fitzwilliam Virginal Book 1654
Byron, George Gordon (1788-1824)
1670, 1820, 1827b, 1830, 1839b,
1841, 1874c, 1889, 1893a, 1912,
1945
Cabanilles, Juan (1644-1712)
Tiento de la batailla 1500
Cabezn, Antonio de (1510-1566) 1610,
1635, 1689, 1700, 1741, 1839
Magnificat 1610
Diferencias 1635, 1700
Caccini, Giulio (ca. 1550-1618) 1607,
1649, 1670, 1841
Euridice 1607, 1649
La pellegrina 1607, 1841
Cage, John (1912-1992) 1461, 1903,
1921, 1936, 1938, 1951, 1954, 1955,
1956, 1957, 1968, 1976, 1985, 1992,
2002, 2007
3157.9864 1951
433 1951
Baccanale 1951
Bird Cage 1992
Concerto per pianoforte preparato e
orchestra da camera 1951
Williams Mix 1956
Immaginary Landscape No. 1 1951, 1956
Music of Changes 1951
Project for Music for Magnetic Tape
Sonatas and Interludes 1951
Totem Ancestor 1951
Variations 1951
Cahusac, Louis de (1706-1759) 1749
Caillet, Lucien (1891-1985) 1874

ajkovskij, Ptr Ilij (1840-1893) 1788,

1803b, 1820, 1827a, 1830, 1834,


1853b, 1858, 1864, 1865, 1874b,
1874c, 1874d, 1874e, 1875, 1876,
1877, 1878, 1885, 1887,1889, 1893a,
1893b, 1903, 1908b, 1914, 1921,
1928b, 1935a, 1942, 1960
Teatro
Eugenio Onieghin 1839b, 1874e, 1875
La dama di picche 1875
Il lago dei cigni 1876, 1877
Lo schiaccianoci 1834, 1877
La bella addormentata 1877
Veglia notturna 1874a
Liturgia di san Giovanni Crisostomo
1874a
Orchestra
Sinfonie
n. 1-5 1874b
n. 6 Patetica 1893a, 1914
Poemi sinfonici
Amleto 1874c
Fatum 1874c
Francesca da Rimini 1874c
La tempesta 1874c
Manfred 1874c, 1893
Romeo e Giulietta 1874c
Serenate 1827
Concerti per pf
n. 1 1808b,1829, 1853b,1858
n. 2 1858
Concerto per violino 1878
Da camera
Quartetti 1908b
Trio op. 50 1864, 1960
Pianoforte
Sonata per pf 1853a
Caldara, Antonio (1670-1736) 1648,
1711, 1734, 1736, 1749
Stabat Mater 1736
Maddalena ai piedi di Cristo 1648

Indice delle opere e dei nomi 899

Caldern de la Barca, Pedro (16001681) 1734, 1805b


Callas, Maria (1923-1977) 1955
Calvino, Giovanni (1509-1564)
1562, 1610
Calvino, Italo (1923-1985) 1978
Calzabigi, Raniero de (1714-1795)
1762
Cambini, Giovanni Giuseppe (17461824) 1781
Cammarano, Salvatore (1801-1851)
1831, 1853a
Campion, Thomas (1567-1620)
Masque of Lord Hayes 1689
Campra, Andr (1660-1744) 1689,
1711, 1749
LEurope galante 1749
Idomene 1749
Les Ftes vnitiennes1749
Camus, Albert (1913-1960) 1962
Cannabich, Johann Christian (1731-1798)
1762, 1788
Cantigas de sancta Maria (anon. sec. xiii)
1198, 1230
Cappi, Pietro (sec. xviii-xix) 1823
Cara, Marchetto (ca. 1470-1525) 1500
Carissimi, Giacomo (1605-1674) 1450,
1624, 1648, 1649, 1654, 1664, 1670,
1689, 1700, 1711, 1739, 1742
Jephte 1648
Missa LHomme arm 1450
Cantate 1624
Carmina Burana (anon. sec. xiii) 1230
Carter, Elliott (1908-2012) 1864, 1936,
1955, 1957, 1960
Double Concerto for Harpsichord and
Piano with Two Chamber Orchestras 1955
Night Fantasies 1936
Quartetti n. 1-5 1957, 1960
Quintetto con pf 1864

Cartesio, Renato (1596-1650) 1363,


1664, 1722, 1749
Caruso, Enrico (1873-1921) 1829, 1875,
1896
Casanova, Giacomo (1725-1798) 1749,
1787
Casella, trovatore (?-1299) 1230
Casella, Alfredo (1883-1947) 1607, 1896,
1902b, 1905b, 1920, 1930, 1935a
Concerto 1935a
La favola di Orfeo 1607
Missa solemnis pro pace 1930
Paganiniana 1920
Scarlattiana 1920
Castiglioni, Niccol (1932-1996)
Trostlied per soprano e quartetto 1908b
Inverno in-Ver 1954
Casulana, Maddalena (sec. xvi)
Il primo libro di madrigali 1594
Catalani, Alfredo (1854-1893) 1834,
1850,1865, 1887, 1896, 1905a
La falce 1850
La Wally 1850, 1896, 1905a
Loreley 1850, 1896
Caterina ii di Russia (1729-1796) 1763,
1814, 1877
Catullo, Gaio Valerio (94-74 a.C.)
1230, 1978
Cavaill-Coll, Aristide (1811-1899)
1890, 1930
Cavalli, Francesco (1602-1676) 1607,
1610, 1694, 1734
Ercole amante 1649
Il Giasone 1649
La Calisto 1649
LEgisto
Le nozze di Teti e Peleo 1649
LErcole amante 1649
Vespero a otto voci 1610
Cavendish, William (1698-1755) 1742
Cavazzoni, Girolamo (ca. 1510-1577)

900 Offerta musicale

Intabolatura dorgano cio Misse Himni Magnificati libro secondo 1635


Cavos, Catterino (1775-1840)
Ivan Susanin 1874b
Celibidache, Sergiu (1912-1996) 1955
Cerrito, Fanny (1817-1909) 1877
Cesti, MarcAntonio (1623-1669)
Il pomo doro 1649
Alessandro vincitor di se stesso 1649
Orontea 1649
Chabrier, Emmanuel (1841-1894)
865, 1876, 1901, 1902a
Souvenirs de Mnich 1865, 1901
Espaa 1901
Chadwick, George (1854-1931) 1914
Chamisso, Adalbert von (1781-1838)
1827b
Champion de Chambonnires, Jacques
(ca. 1601-1672) 1654
Chandos duca di, vedi Brydges James
Chaplin, Charlie (1889-1977) 1938
Char, Ren (1907-1988) 1954
Charpentier, Marc-Antoine (1636-1704)
1610, 1648, 1670, 1712, 1727, 1736, 1742
Stabat Mater 1736
Te Deum 1610, 1670
Chausson, Ernest (1856-1899) 1864,
1865, 1876, 1878, 1889, 1893a, 1905b,
1908a, 1908b
Chanson perpetuelle 1908a
Pome 1878, 1893a
Sinfonia 1865, 1893a
Soir de Fete 1889
Pome de lamour et de la mer 1908a
Quartetto 1908
Trio 1864
Vivane 1865, 1889, 1893a
Chvez, Carlos (1899-1978)
Sinfonia india 1942
Sinfonia proletaria 1942
Sinfonia romantica 1942

Cherubini, Luigi (1760-1842) 1700,


1734, 1749, 1762, 1795, 1803b, 1808a,
1814, 1821, 1823a, 1825, 1829, 1830,
1831, 1864, 1874a, 1912,
Anacrente 1814
Dmophoon 1814
Gli Abenceragi 1700
Le due giornate ovvero Il portatore
dacqua 1814
Lodoska 1762
Medea 1814, 1831, 1912
Messa solenne 1823a
Quartetti 1825
Requiem in do minore 1823a
Sinfonia 1808a
Chzy, Helmina von (1783-1856) 1821,
1827b
Chiabrera, Gabriello (1552-1638) 1594
Childs, Lucinda (1940-) 1976
Chopin, Fryderyk (1810-1849) 1722,
1739, 1802, 1805a, 1805b, 1808b,
1819, 1820, 1822, 1823b, 1827a,
1834, 1839a, 1839b, 1841, 1846,
1853b, 1858, 1864, 1874a, 1874e,
1893b, 1901, 1903, 1912, 1928b,
1955
Ballate n. 1-4 1846, 1853b
Barcarola 1846, 1853b
Concerti n. 1-2 1858
Fantasia 1846
Marcia funebre 1805a, 1819
Notturni 1846, 1955
Polacche 1839, 1846
op. 61 1846, 1853
Preludi 1823b, 1820, 1839a
Scherzi n. 1-4 1846
Sonate n. 1-3 1819, 1853b
Souvenir de Paganini 1820
Studi op. 10 e op. 25 1820, 1839
Trio op. 8 1827a
Valzer 1846

Indice delle opere e dei nomi 901

Chrtien de Troyes (ca. 1135-1190?)


Perceval le Gallois 1230
Cilea, Francesco (1866-1950) 1875, 1896
Adriana Lecouvreur 1896
LArlesiana 1875, 1896
Lamento di Federico 1896
Cimarosa, Domenico (1749-1801) 1749,
1762, 1787, 1814, 1816, 1821, 1823a,
1829, 1874, 1877
Gli Orazi e Curiazi 1816
Il maestro di cappella 1816
Il barbiere di Siviglia 1814
Il matrimonio segreto 1814, 1816
La serva padrona 1814
Le astuzie femminili 1816
Limpresario in angustie 1814
Litaliana in Londra 1816
Semiramide 1816
Cinti-Damoreu, Laure (1801-1863)
1829
Claudius, Matthias (1740-1818) 1822,
1824b, 1827b
Clayton, Thomas (1673-1725)
Arsinoe 1711
Clement, Franz Joseph (1780-1842)
1803b
Clementi, Aldo (1925-2011) 1857, 1992
Informel 1-3 1957
Manualiter 1992
Sigla 1992
Varianti A e B 1957
Clementi, Muzio (1752-1832) 1722,
1739, 1749a, 1783, 1786, 1798, 1802,
1819, 1839a, 1846, 1874d, 1903
Gradus ad Parnassum 1802
Clrambault, Louis-Nicholas (16761749) 1854, 1890
Cocteau, Jean (1889-1963) 1920, 1923,
1930, 1942, 1976
Coffey, Charles (?-1745)
The Devil to Pay 1791

Colbran, Isabella (1785-1845) 1829


Colette (1873-1954) 1928b
Collin, Heinrich Joseph von (1771-1811)
1803a, 1822, 1841
Coltrane, John (1926-1967) 1976
Compre, Loyset (1445-1518)
Missa LHomme arm 1450
Cooke, Deryck (1919-1976) 1902
Coolidge, Elizabeth Sprague (1864-1953)
1928
Cooper, James Fenimore (1789-1851)
1841
Copland, Aaron (1900-1990) 1864,
1902, 1912, 1914, 1923, 1928b, 1935a,
1935b, 1938, 1942, 1856, 1957
A Lincoln Portrait 1912
Appalachian Spring 1914
Billy the Kid 1914
Concerto per cl 1935
Of Mice and Men 1938
Quartetto con pf 1864
Rodeo 1914
Sinfonie n. 1-3 1914, 1942
The Heiress 1938
Trio 1864
Coralli, Jean (1779-1854) 1877
Cordier, Baud (ca 1380-1440?)
Tout par compas 1363
Corelli, Arcangelo (1653-1713) 1700,
1708, 1711, 1712, 1720a, 1720b,
1739, 1742, 1744, 1762, 1803b, 1811,
1820
La follia 1700, 1708, 1720a
Sonate op. i-v 1700, 1712, 1720a, 1744
Concerti grossi 1712
n. 8 Per la notte di Natale 1712
Corghi, Azio (1937-)
Blimunda 1912
Divara 1912
Corneille Pierre (1606-1684) 1670, 1734
Cornelius, Peter (1824-1874)

902 Offerta musicale

Das Horst-Wesse-Lied 1797


Il barbiere di Bagdad 1875
Corteccia, Francesco (1502-1571)
Passione secondo Giovanni 1648
Passione secondo Matteo 1648
Cortot, Alfred (1877-1962) 1903
Couperin, Franois (1668-1733) 1648, 1654,
1708, 1712, 1717, 1739, 1741, 1874e,
1955, 1890, 1901, 1903, 1923, 1955
Le Carillon de Cythre 1739
Le Coucou 1739
Les Abeilles 1654
Les Barricades mystrieuses 1739
Livres de pices de clavecin 1739
Soeur Monique 1739
Messe per organo 1708, 1890
Couperin, Louis (1626-1661) 1654
Cowell, Henry (1897-1965) 1903, 1914,
1951
Ongaku 1914
Persian Set 1914
The Tides of Manaunaun 1914
Crabbe, George (1774-1852)
The Borough 1945
Craft, Robert (1923-) 1957
Craigher, Jacob Nikolaus (1797-1855)
Die junge Nonne 1827
Cramer, Johann Baptist (1771-1858)
1802, 1823b, 1839a
Cristofori, Bartolomeo (1655-1732)
1739, 1783
Croce, Giovanni (1557-1609)
Triacca musicale 1594
Crumb, George (1929-) 1624, 1824b,
1960, 2007
Black Angels 1824b, 1960
Celestial Mechanics 2007
Madrigals 1624
Makrokosmos 2007
Cui, Cezar (1835-1918)
Il prigioniero del Caucaso 1874d

La figlia del capitano 1874d


Orientale 1874d
Cunningham, Merce (1919-2009) 1951,
1976
Cuzzoni Francesca (1700-1770) 1711
Czerny, Carl (1791-1857) 1722, 1739,
1749b, 1802, 1808b, 1819, 1823b,
1834, 1839a, 1839b, 1858, 1903
dAlembert, Jean-Baptiste (1717-1783)
1744, 1749
Dallapiccola, Luigi (1924-1975) 1920,
1923, 1938, 1956, 1968, 1985
Il prigioniero 1945
Tartiniana i e ii 1920
Damrosch, Leopold (1832-1885) 1893b
Damrosch, Walter Johannes (1862-1950)
1742
DAnnunzio, Gabriele (1863-1938)
1712, 1896, 1902
Da Ponte, Lorenzo (1749-1838) 1787,
1803a, 1816
Dante Alighieri
Dargomyskij, Aleksandr (1813-1869)
1834, 1874
Il convitato di pietra 1874d
Dauberval, Jean Berchet detto (1742-1806)
1803
Daudet, Alphonse (1840-1898) 1875,
1896, 1901
LArlsienne 1875
Daugherty, Michael (1954-) 1607, 1874,
2002
Jackie O 1607
Metropolis Symphony 2002
Dead Elvis 1874, 2002
David, Ferdinand (1810-1873) 1864, 1878
David, Johann Nepomuk (1895-1977)
Fantasia super LHomme arm 1450
Davies, Peter Maxwell (1934-) 1450,
1689, 1942, 1978, 1992

Indice delle opere e dei nomi 903

An Orkney Wedding 1992


Eight Songs for a Mad King 1689, 1978
Kommilitonen 1978
Missa super LHomme Arm 1450
Mr Emmett Takes a Walk 1689
Sinfonie 1-9 1942
Taverner 1978
The Doctor of Myddfai 1978
The Lighthouse 1689, 1978
Davis, Colin (1927-) 1742
Davis, Miles (1926-1991) 1720, 1905b
1968, 1976
Davydov, Karl (1836-1889) 1864
De la Motte Fouqu, Friedrich (1777-1842)
Undine 1821
Debussy, Claude (1862-1918) 1654,
1712, 1739, 1802, 1839a, 1839b, 1841,
1846, 1874e, 1875, 1876, 1878, 1889,
1893a, 1896, 1901, 1902a, 1903,
1905a, 1905b, 1908a, 1908b, 1911a,
1913, 1920, 1923, 1925, 1945, 1954,
1955, 1962, 1968, 1992, 2007
Chansons de Bilitis 1902a
Childrens Corner 1903
En blance et noir 1903
6 pigraphes antiques 1903
Estampes 1843, 1903
tudes 1839a, 1903
Images i e ii 1846, 1903
Images per orchestra 1905
La caduta di casa Usher 1902a, 1905b
La Damoiselle lue 1902a
Le Martyre de saint Sbastien 1902a
La Mer 1841, 1905b
LEnfant prodigue 1902a
Lindaraja 1903
LIsle joyuese 1903
Masques et bergamasques 1903
Nocturnes 1905b
Pellas et Mlisande 1875, 1902a,
1905a, 1908a, 1908b

Petite Suite 1846, 1903


Claire de lune 1903
Prlude a laprs midi dun faune 1905
Prludes 1839a, 1846, 1903
Quartetto 1905
Soire dans Grenade 1903, 1905
Suite bergamasque 1903
de Cavalieri, Emilio (ca. 1550-1602)
1607, 1648, 1841
Euridice 1607
La pellegrina 1607, 1841
La rappresentazione di Anima e di Corpo 1648
Dehmel, Richard 1902, 1908a
Del Corno, Dario 1978
Delalande, Michel Richard (1657-1726)
1648, 1670, 1689, 1717, 1742, 1749a
Les lmens 1670
Symphonies pour les soupers du Roi
1670, 1717
Delibes, Lo (1836-1891) 1827b, 1834,
1875, 1876, 1877
Copplia 1834, 1875, 1877
La Source 1877
Lakm 1875, 1877
Sylvia 1875, 1876, 1877
Delius, Frederick (1862-1934) 1742,
1874e, 1905b, 1930, 1962
On Hearing the First Cuckoo in Spring
1905b
Requiem 1742, 1930, 1962
De Saram, Rohan (1939-) 2002
Dsormire, Roger (1898-1963) 1920,
1928b
Desprs, Josquin (ca. 1440-1521) 1000,
1450, 1461, 1500, 1562, 1610, 1654,
1708, 1736, 1741, 1749
Et sic de singulis 1450
Magnificat 1610
Miserere 1461, 1610
Missa di dadi 1461

904 Offerta musicale

Missa Fortuna desperata 1461


Missa Hercules Dux Ferrariae 1461
Missa LaSolFaReMi 1461
Missa LHomme arm 1450, 1461
Missa super voces musicales 1461
Nymphes des bois 1461
Stabat Mater 1000, 1736
Dessau, Paul (1894-1979) 1912
Dessoff, Felix Otto (1835-1892) 1874b,
1885
Destouches, Andr-Cardinal (1672-1749)
1670, 1689, 1749a
Callirho 1749a
Iss 1670
Les lments 1749a
Omphale 1749a
Deutsch, Otto Erich (1883-1967) 1824b
Diabelli, Anton (1781-1858) 1823b
Diaghilev, Sergej (1872-1929) 1874d,
1877, 1911a, 1913, 1920, 1921, 1928b
Didelot, Charles (1787-1837) 1877
Diderot, Denis (1713-1784) 1744, 1749a
Dietrich, Albert (1829-1908) 1878
dIndy, Vincent Indy d
Diruta, Girolamo (ca. 1550-1615)
Il transilvano 1635
Disney, Walt (1901-1968) 1935, 1976
Distler, Hugo (1908-1942)
Choralpassion 1930
Totentanz 1930
Weihnachstgeschichte 1930
Ditters von Dittersdorf, Karl (1739-1799)
1762, 1781, 1785, 1787, 1791, 1823b
Doctor und Apotheker 1791
Dohnnyi, Ern (1877-1960) 1911a,
1864
Quintetto con pf 1864
Doles, Johann Friedrich (1715-1797)
1727
Donatoni, Franco (1927-2000) 1951,
1978

Alfred, Alfred 1978


Atem 1978
Puppenspiel 1951
Donizetti, Gaetano (1797-1850) 1610,
1736, 1816, 1821, 1825, 1829, 1830,
1831, 1834, 1850, 1853, 1865, 1874a,
1874d
Dom Sebastien 1829, 1831
Don Pasquale 1816, 1821, 1831
Lelisir damore 1816, 1821, 1831
La Favorite 1829
Le Duc dAlbe 1829
Lucia di Lammermoor 1831
Lucrezia Borgia 1831
Maria di Rohan 1831
Maria Stuarda 1831
Miserere 1610
Poliuto 1829
Quartetti 1825
Requiem 1874a
Stabat Mater 1736
Dorico, Valerio (sec. xvi)
Madrigali di diversi Musici 1594
Dowland, John (ca. 1563-1626) 1594,
1624, 1689
Come Heavy Sleep 1624
Flow my tears 1594, 1624
In Darkness Let Me Dwell 1624
Lacrimae 1594
Dressler, Ernst Christoph (1734-1779)
1823b
Dreyschock, Alexander (1818-1869)
1853
Drigo, Riccardo (1846-1930) 1877
Druckman, Jacob (1928-1996)
Lamia 1649
Dryden, John (1631-1700) 1689, 1742,
1798
Dufay, Guillaume (1397-1474) 1450,
1461, 1500, 1562, 1635, 1874
Apostolo glorioso 1450

Indice delle opere e dei nomi 905

Ecclesie militans 1450


Missa LHomme arm 1450, 1461
Missa Sancti Antonii Viennensis 1450
Missa Sancti Jacobi 1450
Missa Se la face hay pale 1450
Missa sine nomine 1450
Nuper rosarum flores 1450
Resveillis vous et faites chiere lye
1450
Se la face hay pale 1450
Supremum est mortalibus 1450
Vergine bella che di sol vestita 1450
Dufy, Raoul (1877-1953) 1920
Dukas, Paul (1865-1935) 1834, 1889,
1902a, 1992
Apprendista stregone 1889
Ariane et Barbe-bleue 1907
Dumas, Alexandre figlio (1824-1895)
1853a, 1875
Duncan, Isadora (1878-1927) 1920
Dunstable (Dunstaple), John (ca. 13801453) 1450, 1635
O rosa bella 1450
Quam pulchra es 1450
Duparc, Henri (1850-1933)
chansons 1827b
Duport, Jean-Pierre (1741-1818) 1803b
Dupr, Marcel (1886-1971) 1890, 1930
Le Chemin de la Croix 1930
La France au Calvaire 1930
Symphonie-Passion1930
Durand, August (1830-1909) 1903
Durante, Francesco (1684-1755) 1749a,
1814
Durazzo, Giacomo (1717-1794) 1762
Durey, Louis (1888-1979) 1920
Durufl, Maurice (1902-1986)
Requiem 1962
Dussek, Jan Ladislav (1760-1812) 1781,
1781, 1798, 1802, 1858, 1864
Quintetto con pf 1864

Dutilleux, Henri (1916-2013) 1935a,


1960, 2007
Ainsi la Nuit 1960
Timbres, espace, mouvement ou La
nuit toile 2007
Tout un monde lointain 1935a
Dvo k, Antonn (1841-1904) 1610,
1736, 1806, 1827a, 1830, 1834, 1841,
1853a, 1864, 1874a, 1874c, 1875,
1887, 1889, 1893a, 1893b, 1908a,
1908b, 1914, 1935
Carnaval 1889
Concerto per pf 1853
Concerto per vlc op. 104 1935a
Danze slave 1893b
Larcolaio doro 1889
La strega del mezzod 1889
Lo spirito delle acque 1889
Magnificat 1610
Quartetti n. 1-11 1908b
n. 12 Americano 1908b, 1893b
Quartetti con pf
op. 23 1864
op. 87 1864
Quintetto op. 81 n. 2 1864
Requiem 1874a, 1893b
Rusalka 1875
Sancta Ludmila 1893b
Serenate 1827
Sinfonie n. 1-8 1841, 1893b
n. 9 Dal Nuovo mondo 1893b, 1889,
1914
Song of Hiawatha 1893b
Stabat Mater 1736, 1893b
Trio Dumky 1864
Eccles, John (1668-1735) 1841
Eco, Umberto (1932-) 1978
Eichendorff, Joseph (1878-1857) 1827b,
1908a
Eimert, Herbert (1897-1972) 1956

906 Offerta musicale

Einstein, Albert (1879-1955)


0, 1928, 1936, 1976
Eisler, Hanns (1898-1962) 1912, 1925,
1938
jzentejn, Sergej (1898-1948) 1938
El-Dabh, Halim (1921-)
Leiyla and the Poet 1956
The Expression of Zaar 1956
Elgar, Edward (1857-1934) 1742, 1864,
1874e, 1878, 1893a, 1935a
Concerto per violino 1878
Concerto per vlc 1935a
Pomp and Circumstance 1893a
Quintetto con pf 1864
The Dream of Gerontius 1742, 1868
Variazioni Enigma 1893a
Ellington, Duke (1899-1974) 1874e
Elman, Misha (1891-1967) 1878
Emerson, Ralph Waldo (1803-1882) 1914
Enheduanna (2285-2250 a.C.) 100
Encina, Juan del (1468-1529)
Cuc cuc 1500
Eno, Brian (1948-) 1717, 1938
Music for Airports 1717
Enrico viii dInghilterra (1491-1547)
Pastime with Good Company 1500
Epitaffio di Seikilos 100
rard, Sbastien (1772-1831) 1802,
1819, 1839a
Eratostene di Cirene (ca. 275-195 a.C.)
1762
Erba, Dionigi (attivo 1692-1729)
Magnificat 1742
Eschilo (525-456 a.C.) 1803, 1985
Prometeo incatenato 1803a
Essler, Fanny (1810-1884) 1877
Esterhzy, Anton (1738-1794) 1762b,
1781, 1795, 1798, 1823a
Esterhzy, Nikolaus (1765-1833) 1795,
1823a
Estes, Simon (1936-) 1935

Euripide (480-406 a.C.) 100, 1945


Le Baccanti 1945
Oreste 100
Faccio, Franco (1840-1891) 1887, 1896
Fajncimmer, Aleksandr (1906-1982)
1938
de Falla, Manuel (1876-1946) 1905b,
1911a, 1920, 1921, 1955
Concerto per cl 1955
Danza rituale del fuoco 1911a
El amor brujo 1905, 1911a
El retablo de maese Pedro 1905a
El sombrero de tres picos 1905b, 1908a,
1920
Noches en los jardines dEspaa 1905b,
1921
Farina, Carlo (ca 1600-1640) 1720a, 1820
Capriccio stravagante 1720a
Farinelli Broschi, Carlo
Farnaby, Gilles (ca. 1560-1640) 1562,
1654
Fitzwilliam Virginal Book 1654
Fasch, Johann Friedrich (1688-1758)
1720
Faur Gabriel (1845-1924) 1827b, 1864,
1874a, 1876, 1887, 1896, 1890, 1893a,
1896, 1891, 1902, 1893
Messe basse (Messe des pcheurs de
Villerville) 1890
Messe de Requiem 1874a, 1890
Pellas et Mlisande 1902
Quartetti con pf 1864
Quintetti con pf 1864
Trio 1864
Federico, Gennaro Antonio (ca. 16801743) 1749
Federico Guglielmo ii di Prussia (17441797) 1785, 1797, 1803b, 1841
Federico ii di Prussia (1712-1786) 1741,
1744, 1749a, 1797, 1798, 1868

Indice delle opere e dei nomi 907

Feldman, Morton (1926-1987) 1864,


1893a, 1935a, 1936, 1938, 1956, 1960,
1976, 1978, 1985
Cello and Orchestra 1935a
Coptic Light 1893a
Intermission 6 1936
Marginal Intersection 1956
Neither 1978
Piano and String Quartet 1864
Quintetto con pf 1864
Rothko Chapel 1985
Why Patterns 1976
Ferneyhough, Brian (1943-)
Dum transisset i-iv 1960
Exordium 1960
Sieben Sterne 2007
Sonatas 1960
String Quartets 1-6 1960
Unity Capsule 2002
Ferrabosco, Alfonso (1543-1588)
Musica transalpina 1594, 1624
Ferretti, Jacopo (1784-1852) 1816
Festa, Costanzo (1480-1545)
Si come sete bella 1594
Ftis, Franois-Joseph (1784-1871)
Mthode des mthodes de piano 1839a
Fibonacci, Leonardo da Pisa detto (11701240) 1911a, 1928a, 1936
Ficker, Rudolf von (1886-1954)
Sederunt principes 1198
Field, John (1782-1837) 1802, 1808b,
1839a, 1846, 1853b, 1858, 1874d
Concerti per pf 1808
Notturni 1846
Filippo da Caserta (sec. xiv)
Par les bons Gedeons 1363
Tractatus de diversis figuris 1363
Filolao (470 a.C. - 390 a.C.) 100
Fischer, Johann Kaspar Ferdinand (ca.
1670-1736)
Ariadne Musica 1708, 1722

Fischer-Dieskau, Dietrich (1925-2012)


1962
Fleury, Charles, de Blancrocher (16051652) 1654
Fokine, Michel (1880-1842) 1913
Folchetto da Marsiglia (1155-1231) 1230
Fomin, Evstignej (1761-1800)
I cocchieri alla stazione di posta 1874b
Fonteyn, Margot (1919-1991) 1976
Ford, John (1894-1973) 1689
Forqueray, Antoine (1672-1745) 1720
Foster, Stephen (1826-1874) 1893b,
1914, 1935b
Oh, Susanna! 1893b
Swanee River 1893b
Francesco da Milano (1497-1543)
Bataglia francese 1500
Canzon de li uccelli 1500
Francesco ii Gonzaga (1546-1519) 1500
Franchetti, Alberto (1860-1942)
La figlia di Iorio 1896
Franck, Csar (1822-1890) 1727, 1788,
1803b, 1827b, 1858, 1864, 1865,
1874a, 1874b, 1874c, 1876, 1878,
1889, 1890, 1893a, 1902, 1905b,
1908b, 1930
Cantabile 1890
Ce quon entend sur la montagne 1874c
chansons 1827b
Final 1890
3 Corali 1890
Fantaisie 1890
Grande pice symphonique 1890
Le Chasseur maudit 1874c
Les Batitudes 1874a, 1890
Les Djinns 1858, 1874c
Les olides 1874c
Pastorale 1890
3 Pices 1890
Pice hroque 1890
Prire 1890

908 Offerta musicale

Psych 1874c
Quartetto 1908b
Quintetto con pf 1864
Rdemption 1874a, 1890
Requiem 1874a
Sinfonia in re minore 1788, 1874b,
1890, 1893a, 1908b
Sonata Sonata in la maggiore per violino e pianoforte 1803b, 1878, 1890,
1908b
Trii 1864
Variazioni sinfoniche 1858
Franklin, Benjamin (1706-1790) 1893
Franco (Francone) da Colonia (sec. xiii)
Ars cantus mensurabilis 1363
Freitas Branco, Lus de (1890-1955) 1928
Frescobaldi, Girolamo (1583-1643)
1635, 1648, 1654, 1700, 1708, 1712,
1722, 1739, 1741, 1839, 1992, 1749,
1823a, 1839, 1890, 1992
Capriccio sopra il Cucho 1712
Fiori musicali 1635, 1708
La follia 1700
La Girolmeta 1700
La monacha 1700
Primo libro di toccate 1700
Ricercari e canzoni franzese 1635
Freud, Sigmund (1856-1939) 1902,
1905a, 1976
Friedrich von Husen (ca. 1150-1191)
Mn herze und mn lp 1230
Froberger, Johann Jacob (1616-1667)
1635, 1654, 1700, 1708, 1717, 1720,
1722, 1739, 1744, 1749
Lamento 1654
Fuchs, Hanna (1896-1964) 1925, 1935a
Furtwngler, Wilhelm (1886-1954)
1864, 1921, 1923, 1928b, 1955
Sinfonie 1942
Fux, Johann Joseph (1660-1741) 1562,
1648, 1736, 1749

Stabat Mater 1736


Gradus ad Parnassum 1562
Gabrieli, Andrea (ca. 1510-1586)
1500, 1594, 1597, 1610, 1635, 1664,
1670, 1700, 1727, 1839, 1930, 1985
Battaglia a otto 1500
Edipo tiranno 1670, 1841
Psalmi Davidici 1597, 1610
Gabrieli, Giovanni (ca. 1557-1612)
1500, 1597, 1607, 1610, 1624, 1635,
1664, 1700, 1727, 1930, 1985
In ecclesiis benedicite Deo Domino
1597, 1610
Sacrae symphonie i e ii 1597, 1664
Sonata a otto in duodecimi toni alla
quarta bassa 1597
Sonata pian e forte 1597, 1610, 1874e
Gade, Niels (1817-1890)
Sinfonie 1826
Gaffurio, Franchino (1451-1522)
De harmonia musicorum instrumentorum 1500
Theorica musice 1500
Gagliano, Marco da (1582-1643)
La Dafne 1607
La Flora 1607
Ballo di donne turche 1607
Galilei, Galileo (1564-1642)
0, 1607, 1664, 1722, 1976
Galilei, Vincenzo (ca. 1525-1591) 1594,
1607
Madrigali 1594
Fronimo: Dialogo della musica antica e
della moderna 1607
Galitzin, Nikolaj (1794-1866) 1823a,
1825
Galuppi, Baldassarre (1706-1785) 1744,
1762, 1783, 1787, 1814, 1874d, 1877
Sonate 1744, 1783
Il mondo della luna 1814

Indice delle opere e dei nomi 909

Gardano, Antonio (1509-1569) 1500


Gasparo da Sal (Gasparo Bertolotti)
(1540-1609) 1624
Gautier, Thophile (1811-1872) 1877,
1908a
Gautier de Coincy (ca. 1177-1236)
Les Miracles de Nostre-Dame 1230
Gay, John (1685-1732) 1711
Gazzaniga, Giuseppe (1743-1818)
Il finto cieco 1787
Don Giovanni Tenorio 1787
Gazzelloni, Severino (1919-1992) 1954,
2002
Gellert, Christian (1715-1769) 1827b
Geminiani, Francesco (1687-1762)
1717, 1786, 1803b
The Art of Playing on the Violin 1700
George, Stefan (1868-1936) 1908b
Gershwin, Ira (1896-1983) 1935b
Gershwin, George (1898-1937) 1875,
1893b, 1896, 1914, 1921, 1935b,
1938, 1945
Blue Monday 1935b
Concerto in fa 1921
Funny Face 1935b
Lady, Be Good 1935b
Porgy and Bess 1875, 1896, 1935, 1938,
1945
Rapsodia in blu (Rhapsody in Blue)
1921, 1935b
Rialto Ripples Rag 1935b
Un americano a Parigi (An American
in Paris) 1935b
Gerstl, Richard (1883-1908) 1905a,
1908b
Gervais du Bus (sec. xiv)
Roman de Fauvel 1363
Gesualdo da Venosa, Carlo (ca. 15601613) 1594, 1635, 1654, 1664, 1978
Asciugate i begli occhi 1594
Belt poi che tassenti 1594

Dolcissima mia vita 1594


Ma tu cagion di quella 1594
Tenebrae responsoria 1594
Ghedini, Giorgio Federico (1892-1965)
Credo di Perugia 1930
La Messa del Venerd Santo 1930
Ghelderode, Michel (1898-1962) 1978
Giacosa, Giuseppe (1847-1906) 1896
Gibbons, Orlando (1583-1625) 1562,
1654, 1624
Fitzwilliam Virginal Book 1654
The Silver Swann 1624
Gieseking, Walter (1895-1956) 1903,
1911a
Gigli, Beniamino (1890-1957) 1875
Gilbert, William (1836-1911) 1875,
1935b
Gillespie, Dizzy (1917-1993) 1721
Gilmour, David (1946-) 1875
Ginastera, Alberto (1916-1083)
Bomarzo 2002
Pampeana 2002
Cantata para Amrica Mgica 2002
Giordano, Umberto (1867-1948)
Andrea Chenier 1896
Fedora 1896
Siberia 1896
Giraud, Albert (1860-1923) 1912
Guiraud, Ernest (1837-1892) 1875
Giuliani, Mauro (1781-1829) 1700
Glareano (Henricus Glareanus, 14881563) 100
Dodekachordon 100
Glass, Philip (1936-) 1198, 1649, 1720,
1808, 1935, 1938, 1960, 1968, 1976
Akhnaten 1976
Appomattox 1976
Available Light 1976
Concerto per vl n. 1 1935, 1976
Concerto per vl n. 2 1976
Concerto per clav 1720

910 Offerta musicale

Einstein on the Beach 1976


Galileo Galilei 1976
Kepler 1976
Le streghe di Venezia 1649
Music in Fifths 1198, 1976
Music in Twelve Parts 1976
Music with Changing Parts 1976
Quartetti 1-5 1960
Relative Calm 1976
Setyagraha 1976
Sinfonia n. 4 Heros 1968
Sinfonia n. 5 Choral 1968
Sinfonia n. 6 Plutonian Ode 1968
Sinfonia n. 7 Toltec 1968
Sinfonia n. 8-10 1968
The Perfect American 1976
The Voyage 1976
Waiting for the Barbarians 1976
White Raven 1976
Glazunov, Aleksandr (1865-1936) 1827b,
1874c, 1874d, 1889, 1893a, 1913, 1935a,
1938, 1942
Sinfonie n. 1-9 1893a
Chopiniana 1913
Concerto op. 82 1935a
Danze 1827b
Stenka Razin 1874c, 1889
Glinka, Michail (1804-1857) 1821,
1834, 1850, 1874d
Russlan e Ludmilla 1821,1874d
Una vita per lo zar 1821, 1874d
Kamarinskaja 1874d
Gluck, Christoph Wilibald (1714-1787)
1607, 1791 1762a, 1762b, 1734, 1749,
1762, 1787, 1798, 1083a, 1814, 1821,
1830, 1893
Alceste 1762a, 1083a
Armide 1762a
Artaserse 1762a
Don Juan 1787, 1083a
Echo et Narcisse 1762a

I pellegrini alla Mecca (Les Plerins de


la Mecque) 1787, 1791
Ifigenia in Aulide (Iphignie en Aulide) 1762a
Ifigenia in Tauride (Iphignie en Tauride) 1762a, 1787, 1083a
La clemenza di Tito 1791
Orfeo ed Euridice 1607, 1762a, 1798
Paride ed Elena 1762a
Semiramide 1762a
Goethe, Johann Wolfgang (1749-1832)
1610, 1670, 1727, 1744. 1762, 1786,
1791, 1803a, 1805b, 1808a, 1814,
1816, 1821, 1822, 1824a, 1827b, 1830,
1839b, 1841, 1864, 1868, 1874c, 1875,
1876, 1887, 1889, 1902b, 1908a, 1911,
1912, 1925, 1936, 1945, 1985
Ghr, Walther (1903-1960) 1874e
Goldberg, Johann (1727-1756) 1741
Goldoni, Carlo (1707-1793) 1762a,
1762b, 1787, 1814, 1816, 1829, 1920
Golovin, Aleksandr (1863-1930) 1913
Gombert, Nicolas (1494-1560)
Salve Regina 1500
In illo tempore 1500
Goodmann Benny (1909-1986) 1935b
Grecki, Henryk (1933-2010)
Sinfonia n. 3 1942, 1985
Gossec, Franois-Joseph (1734-1829)
1781, 1805a, 1830
Hymne ltre suprme 1805a
Le Chant du 14 julliet 1805a
Marche lugubre 1805a
Gottschalk, Louis Moreau (1829-1869)
1853, 1858, 1893b, 1914
Bamboula 1893b
Ojos criollos 1893b
Suis moi! 1893b
The Banjo 1893b
Goudimel, Claude (1510-1572) 1562,
1610

Indice delle opere e dei nomi 911

Psaumes en form de motets 1610


Les 150 Psaumes de David 1610
Salterio 1562
Gould, Glenn (1932-1982)
Variazioni Goldberg 1955
Gounod, Charles (1818-1893) 1736,
1816, 1826, 1827a, 1827b, 1829, 1865,
1974a, 1875, 1887, 1890, 1901, 1902
chansons 1827b
Faust 1816, 1875, 1887, 1901
Missa choralis 1874a
Messe solennelle de Sainte Ccile 1874a
Piccola sinfonia per strumenti a fiato 1827a
Polyeucte 1829
Sinfonia 1826
Stabat Mater 1736
Tobie 1874a
Graeser, Wolfgang (1906-1928) 1749
Graham, Martha (1894-1991) 1920,
1956, 1976
Granados, Enrique (1867-1916)
Andaluza 1901
Dodici danze spagnole 1901
Goyescas 1901
Grandi, Alessandro (ca. 1575-1630)
Cantade et arie a solo con basso conti
nuo 1624
Graun, Carl Heinrich (1701-1759)
1720, 1749, 1827b
Lieder 1827b
Graun, Johann Gottlieb (1703-1771)
Cantate 1727
Graupner, Johann Christian (17671836) 1720
Gregorio i Magno (540-604) 1000, 1562
Grtry, Andr (1741-1813) 1762a, 1781,
1787, 1791, 1814, 1823b, 1830
Zemine und Azor 1791
Richard Coeur-de-Lion 1762
Grieg, Edvard (1843-1907) 1670, 1814,
1834, 1858, 1876, 1893a, 1901

Concerto per pf 1858


Peer Gynt 1670
Pezzi lirici 1834
Grigny, Nicholas de (1672-1703)
Premier livre dorgue 1708
Grillparzer, Franz (1791-1872) 1841
Grimm, Jacob (1785-1863), Wilhelm
(1786-1859) 1821, 1834, 1865, 1874d,
1896, 1902, 1911b, 1925
Kinder- und Hausmrchen 1821
Grisey, Grard (1946-1998) 1954, 1992,
2002, 2007
Les Espaces acoustiques 1992
Le Noir de ltoile 2007
Quatre chants pour franchir le seuil
1954
Grisi, Carlotta (1819-1898) 1877
Grisi, Giuditta (1805-1840) 1831, 1877
Grisi, Giulia (1811-1869) 1831, 1877
Grock (1880-1959) 2002
Grof, Ferde (1892-1972)
Grand Canyon Suite 1935b
Groves, Leslie (1896-1970) 1976
Gruppo dei cinque 1874c, 1874d, 1874e,
1913, 1920
Gruppo dei sei 1920, 1923, 1930, 1938,
1942, 1976
Guadagni, Gaetano (1725-1792) 1762
Guarini, Giovan Battista (1538-1612)
1594, 1624, 1734
Guarneri, famiglia di liutai (sec. xviixviii) 1624, 1700
Gubajdulina, Sofija (1931-) 1864,
1935a, 1957, 1992
Quintetto con pf 1864
The Canticle of the Sun 1992
Offertorium 1935a
Guranger, Prosper (1805-1875) 1874
Guerrero, Francisco (1528-1599)
1450, 1500, 1594
Missa LHomme arm 1450

912 Offerta musicale

Missa por la batalla 1500


Sacrae cantiones 1594
Guglielmi, Pietro (1728-1804) 1787
Guglielmo ix duca dAquitania (10711126)
Pos de chantar 1230
Guido dArezzo (ca. 992-1050)
Inno di san Giovanni 1000
Micrologus de disciplina artis musicae
1000
Aliae regulae 1000
Epistola ad Michaelem de ignoto cantu
1000
Guillaume de Machaut (1300-1377)
1363, 1450, 1562, 1635, 1960
Dame je suis citz/Finse cuers doulx
1363
Hoquetus David 1363
Messe de Nostre Dame 1363
Mon fin est mon commencement et
mon commencement cest ma fin
1363, 1450
Remde de fortune 1363
Guilmant, Flix-Alexandre (1837-1911)
1890
Guines , Adrien-Louis (1735-1806) 1786
Hba, Alois (1893-1973)
Sonata per pf 1923
Quartetto n. 2 1923
Habeneck, Franois (1781-1849) 1808a,
1824a, 1826, 1829, 1830
Hahn, Reynaldo (1874-1947) 1827b
Haibel, Jakob (1762-1826) 1823b
Halvy, Fromental (1799-1862)
1829, 1831, 1850, 1853a, 1875, 1876
La Juive 1829
Hambraeus, Bengt (1928-2000)
Livre dorgue 1992
Missa pro organo: in memoriam Olivier
Messiaen 1992

Hammerstein ii , Oscar (1895-1960)


1935b
Hammond, Laurens (1895-1973) 1956
Hndel, Georg Friedrich (1685-1759)
1624, 1658, 1689, 1700, 1711, 1712,
1717, 1720b, 1727, 1734, 1736, 1739,
1742, 1744, 1749, 1762a, 1782, 1783,
1788, 1794, 1798, 1820, 1823a, 1823a,
1827a, 1853, 1868, 1887, 1893a, 1921,
1925
Teatro
Alcina 1711
Alessandro 1711
Almira 1711
Amadigi di Gaula 1711
Ariodante 1711
Berenice 1711
Ezio 1711
Floridante 1711
Giulio Cesare in Egitto 1711
Il pastor fido 1711
Il trionfo del tempo e del disinganno
1711, 1742
La Resurrezione 1711
Lotario 1711
Lucio Cornelio Silla 1711
Orlando 1711
Radamisto 1711
Rinaldo 1711
Rodelinda 1711
Serse 1711
Tamerlano 1711
Teseo 1711
Tolomeo 1711
Oratori
Acis And Galatea 1742
Aci, Galatea e Polifemo 1711
Il Messia 1727, 1742
Athalia 1742
Deborah 1742
Deidamia 1742

Indice delle opere e dei nomi 913

Giuda Maccabeo 1788,1827


Samson 1742
Solomon 1742
Orchestra
Concerti grossi 1717, 1742
Concerti per organo 1717
Musica per i reali fuochi dartificio
(Music for the Royal Fireworks)
1717
Musica sullacqua (Water Music)
1712, 1717
Clavicembalo
Suites per clavicembalo 1654
Vocale
Cantate da camera 1624
Ode a santa Cecilia 1624, 1742
Hanslick, Eduard (1825-1904) 1858,
1865, 1874c, 1878, 1885, 1893b
Il bello musicale 1874c
Harnoncourt (1929-) 1955
Harper, Heather (1930-) 1962
Harris, Roy (1898-1979) 1914
Sinfonia n. 6 Gettysburg 1942
Sinfonia n. 10 Lincoln 1942
Hartleben, Otto Erich (1864-1905)
1912
Hartmann, Karl Amadeus (1905-1963)
1942
Hasse, Johann Adolph (1699-1783)
1734, 1749, 1762a, 1787, 1798, 1814
Artaserse 1762a
Cleofide 1762a
Didone abbandonata 1762a
I pellegrini al sepolcro di Nostro Signore 1648
LOlimpiade 1734, 1762a
Piramo e Tisbe 1762a
Hassler, Hans Leo (1564-1612)
1562, 1594
Hauer, Matthias (1883-1959)
Zwlftontechnik 1923

Haussmann, Robert (1852-1909) 1878


Hawks, Howard (1896-1977) 1938
Haydn, Franz Joseph (1732-1809) 1562,
1712, 1720b, 1722, 1734, 1736, 1741,
1742, 1744, 1762b, 1781, 1783 1785,
1787, 1788, 1791, 1795, 1797, 1798,
1802, 1803b, 1805a, 1805b, 1806,
1808a, 1808b, 1814, 1816, 1821, 1822,
1823a, 1824b, 1825, 1826, 1827a,
1827b, 1830, 1839b, 1864, 1874a,
1874b, 1874c, 1885, 1889, 1893a,
1893b, 1901, 1902b, 1923, 1930,
1935a, 1942, 1955, 1960
Concerto per tr 1721
Concerti 1720b, 1744
God Save the King 1797
Gott erhalte Franz, den Kaiser 1797
Il ritorno di Tobia 1798
La Creazione 1742, 1783, 1798
Lanima del filosofo 1798
Le stagioni 1797
Lieder 1827b
Messe 1798
Quartetti
op. 1-33 1781, 1824b
op. 33 1787
op. 50 a 103 1797
Rappresentazione del caos 1783, 1798
Sinfonie
n. 1-79 1762
n. 13 1785
n. 80-104 1794, 1805a
Sonate per pf 1783, 1802
Stabat Mater 1736
Sette ultime parole del Redentore sulla
croce 1798
Trii con pf 1827a
Variazioni per pf 1797
Haydn, Johann Michael (1737-1806) 1874
Heine, Heinrich (1797-1856) 1808, 1827,
1877

914 Offerta musicale

Heinrich von Meissen, detto Frauenlob


(ca. 1260-1318) 1230
Hellmesberger, Joseph sr. (1828-1893)
1908b
Hellmesberger, Joseph jr. (1855-1907)
1908b
Henrici, Christian Friedrich detto Picander (1700-1764) 1727
Henry, Pierre (1927-)
Symphonie pour un homme seul 1956
Henze, Hans Werner (1926-2012) 1700,
1864, 1938, 1942, 1945, 1978, 1985
Boulevard Solitude 1945
Das verratene Meer 1945
Der junge Lord 1945
Der Prinz von Homburg 1945
Die Bassariden 1945
Elegie fr junge Liebende1945
Follia 1700
Gisela! 1945
Knig Hirsch 1945
Phaedra 1945
Pollicino 1945
Sinfonie n. 1-10 1942
Trio 1864
Herder, Johann Gottfried (1744-1803)
1744, 1822
Herman, Woody (1913-1987) 1935
Hermann von Thringen (1155-1217) 1230
Herz, Henri (1803-1888) 1834, 1839,
1853b
Hesse, Hermann (1877-1962) 1827b,
1908
Heyward, DuBose (1885-1940) 1935b
Hildegard von Bingen (1098-1179)
1230, 1607, 1648
Ordo virtutum 1230, 1607, 1648
Symphonia harmonie celestium revelationum 1230
Hiller, Johann Adam (1728-1804) 1742,
1791, 1827b, 1874a

Der Teufel ist los 1791


Lieder 1827b
Hilverding, Franz (1710-1768) 1803
Hindemith, Paul (1895-1963) 1722,
1823b, 1874b, 1784e, 1923, 1925,
1928a, 1928b, 1935a, 1938, 1942
Cardillac 1925
Concerti per vlc 1935a
Die Harmonie der Welt 1942
Kammermusik n. 3 1935
Klaviermusik 1921
Ludus tonalis 1722
Mathis der Maler 1874b, 1942
Mrder, Hoffnung der Frauen 1925
Neues vom Tage 1925
Nobilissima visione 1874b
Quartetti n. 1-7 1928a
Sinfonia in mi bemolle 1942
Sinfonia serena 1942
Hitler, Adolf (1889-1945) 1797, 1905a,
1923, 1938, 1942
Hofer, Andreas (1629-1684)
Missa salisburgensis 1610
Hoffman von Fallersleben (1798-1874)
1797
Hoffmann, E.T.A. (Ernst Theodor
Amadeus; 1776-1822) 1797, 1808a,
1821, 1827b, 1834, 1841, 1846, 1856,
1850, 1877, 1896
Considerazioni filosofiche del gatto Murr
1834
Die Braut von Messina 1841
Ondina (Undine) 1834, 1850
Hofstatter, Romanus (1742-1815)
Quartetto della serenata 1781
Hofmann, Josef (1876-1957) 1955
Hofmannsthal, Hugo von (1874-1929)
1902, 1905a, 1908b, 1911b
Hogarth, William (1697-1764) 1957
Hlderlin, Friedrich (1770-1843) 1868,
1951, 1960, 1965, 1985

Indice delle opere e dei nomi 915

Holliger, Heinz (1939-)


Schneewittchen 1978
5 Stcke 1992
Holst, Gustav (1874-1934)
1896, 1905
The Planets 1905
Savitri 1896
Holz, Karl (1799-1858) 1906, 1824
Holzbauer, Ignaz (1711-1783)
Sinfonie 1762
Honegger, Arthur (1892-1955) 1912,
1920, 1930, 1935a, 1938, 1942, 1943
Amphion 1912
Concerto per vlc 1935a
Jeanne dArc au bcher 1930
Le Roi David 1930
Pacific 231 1920, 1942
Sinfonie n. 1-5 1943
Horne, Marilyn (1934-) 1955
Horowitz, Vladimir (1903-1989) 1874e,
1911a, 1955
Hosokawa, Toshio (1955-)
Voiceless Voice in Hiroshima 1954
Hucbald de Saint-Amand (840-930)
De institutione harmonica 1000
Hugo, Victor (1802-1885) 1839, 1841,
1853, 1858, 1874
Huidobro, Vicente (1893-1948) 1914
Hummel, Johann Nepomuk (17781837) 1720, 1786, 1808, 1858, 1819,
1822, 1839, 1858, 1864,
Concerto per tromba 1720
Quintetto con pf 1864
Concerti per pf 1808
Humperdinck, Engelbert (1854-1921)
Hnsel e Gretel 1865, 1905a
Hus, Jan (1372-1415) 1874
Httenbrenner, Anselm (1794-1868)
1823
Huxley, Aldous (1894-1963) 1957
Huygens Christiaan 1664

Ibert, Jacques (1890-1962)


Escales 1905b
Ibsen, Herik (1828-1906) 1670
Ilario da Poitiers (circa 315-376) 1000
Illica, Luigi (1857-1919) 1896
Indy, Vincent d (1851-1931) 1876, 1902
Inkermann, Otto (1823-1862) 1853
Iradier, Sebastin (1809-1865)
Habanera 1875
La paloma 1875
Isaac, Heinrich (ca. 1450-1517) 1500,
1562, 1936
A la battaglia 1500
Innsbruck, ich muss dich lassen 1500
Quis dabit capiti meo aquam? 1500
Choralis Constantinus 1500, 1936
Isidoro da Siviglia (ca. 560-636)
Etymoligiae 1000
Ivanov, Lev (1834-1901) 1877
Ives, George (1845-1894) 1914
Ives, Charles Edward (1874-1954) 1787,
1808b, 1864, 1903, 1905b, 1914,
1951, 1992
Central Park in the Dark 1914, 1968
Concord Sonata 1914
Holidays Symphony 1914
Washingtons Birthday 1914
Decoration Day 1914
Forth of July 1914
Thanksgiving 1914
Sinfonie 1903, 1914, 1968
n. 3 The Camp Meeting 1914
The Unanswered Question 1914
Three Places in New England 1787,
1905b, 1914, 1968
Putnams Camp 1914
The St. Gaudens in Boston
Common 1914
The Housatonic River 1914
Trio 1864

916 Offerta musicale

Jachet de Mantua (1483-1559) 1500


Jackson, Peter (1981-) 1938
Jacopone da Todi (1236-1306) 1000,
1648, 1736
Il pianto di Maria 1648
Stabat Mater 1000, 1736
Jacquet de la Guerre, lisabeth (16661729)
Cphale et Procris 1670
Suite per clavicembalo 1670
James, Henry (1843-1916) 1945
Janek, Leo (1854-1928) 1925, 1930, 1945
Da una casa di morti 1925
Jenufa 1925, 1945
Kta Kabanov 1925, 1945
Laffare Makropulos 1925
Messa glagolitica 1930
Quartetto n. 2 lettere intime 1928
Jacobus da Liegi (ca. 1250-1310) 1363
Janequin, Clment (1485-1558) 1500,
1597, 1654, 1712, 1739, 1839, 1992
Le Chant des oiseaux 1500, 1654, 1839,
1954
Le Chant du rossignol 1654, 1712
La Chasse au cerf 1712
La Guerre 1500, 1712
Jarre, Maurice (1924-2009) 1938
Jefferson, Thomas (1743-1826) 1893
Jennens, Charles (1700-1773) 1742
Jeitteles, Alois (1794-1858) 1827
Jeunehomme alias Jenamy, Victoire
(1749-1812) 1786
Joachim, Joseph (1831-1907) 1803b,
1864, 1878, 1885, 1893a, 1908b, 1911a
Concerto nello stile ungherese 1878
Jobim, Antnio Carlos (1927-1994)
Orfeu negro 1607, 1672
Johannes (Jehan) de Garlandia (ca.
1190-1258) 1198, 1363
De mensurabili musica 1198
Johannes de Muris Muris

Jommelli, Niccol (1714-1774) 1562,


1610, 1762
Messe 1562
Miserere 1610
Joplin, Scott (1857-1917)
1914, 1935b
Maple Leaf Rag 1914
The Entertainer 1914
Treemonisha 1935b
Jonson, Ben (1572-1637)
Lalchimista 1689
Masque of the Queen 1689
Volpone 1689
Josquin Desprs, Josquin
Joyce, James (1882-1941) 1954, 1956,
1962, 1978
Jun, Isang (1917-1995) 1864
Kagel, Mauricio (1931-2008) 1864, 1956,
1978
Trio 1864
Ludwig van 1956, 1978
Transicin ii 1956
Staatstheater 1978
Kalkbrenner, Friedrich (1785-1849)
1802, 1839, 1853, 1858, 1858
Kandinskij, Vassilij (1866-1944) 1912
Kant, Immanuel (1724-1804) 1808,
1868, 1945
Kaprow, Allan (1927-2006) 1951
Karajan, Herbert von (1908-1989) 1911,
1928, 1955
Karl Theodor, (1724-1799) 1762
Kazan, Elia (1909-2003) 1938
Keiser, Reinhard (1674-1739) 1649,
1689, 1711, 1717, 1727, 1762a
Passione secondo san Marco 1727
Tafelmusik 1717
Keplero, Giovanni (1571-1630) 0, 1664,
1722, 1942, 1976
Harmonices mundi 0, 1664

Indice delle opere e dei nomi 917

Kerll, Johann Kaspar


Magnificat 1648
Kern, Jerome (1885-1945) 1914, 1938
Show Boat 1875, 1935b
Roberta 1935b
Kessler, Harry von (1868-1937) 1911
Kessler, Joseph Christoph (1800-1872)
1839
Keyserling, Hermann Karl (1696-1764)
1741
Khaaturjan, Aram (1903-1978) 1938
Khrennikov, Tikhon (1913-2007) 1936
King, Martin Luther (1929-1968) 1968,
1976
Kircher, Athanasius (1601-1680)
Musurgia universalis 1648, 1654, 1664
Kirkpatrick, Ralph (1911-1984) 1955
Klebe, Giselher (1925-2009)
Stabat Mater 1736
Kleiber, Carlos (1930-2004) 1911, 1955
Kleiber, Erich (1890-1956) 1925, 1911,
1928
Klemperer, Otto (1885-1973) 1902,
1928, 1942
Klimt, Gustav (1862-1918) 1905
Klinger, Maximilian (1752-1831) 1762
Klopstock, Friedrich (1724-1803) 1736,
1805, 1822, 1824, 1827, 1902
Klos, Hyacynthe (1808-1880) 1826
Knowles, Christopher (1959-) 1976
Kochanski, Paul (1887-1934) 1935
Kochno, Boris (1904-1990) 1920
Kodly, Zoltn (1882-1967) 1911a, 1930
Danze di Galanta 1930
Missa brevis 1930
Psalmus hungaricus 1930
Variazioni del pavone 1930
Kokoska, Oscar (1886-1980) 1912, 1905
Kolisch, Rudolf (1896-1978) 1928
Korngold, Erich Wolfgang (1897-1957)
1921, 1935a, 1938

Concerto per pf 1921


Concerto per violino 1935, 1938
Die tote Stadt 1938
Kotek, Iosif (1855-1885) 1878
Kotzebue, August von (1761-1819)
1803, 1821, 1841
Koussevitzky, Serge (1874-1951) 1874,
1903, 1911, 1928, 1901, 1921, 1942,
1893, 1930
Kraus, Karl (1874-1936) 1905
Krauss, Clemens (1893-1954) 1911
Kreisler, Fritz (1875-1962) 1935
Kremer, Gidon (1947-) 1985
Krenek, Ernst (1900-1991) 1607, 1902,
1925, 1956
Jonny spielt auf 1925
Orpheus und Eurydike 1607
Kreutzer, Rodolphe (1766-1831) 1803b,
1820, 1878
40 Studi o capricci per violino solo 1820
Krieger, Johann (1651-1735)
Anmutige Klavier-bung 1708
Kubrick, Stanley (1928-1999) 1700,
1824, 1928, 1938, 1951
Kuffner, Joseph (1776-1856) 1824
Kuhnau, Johann (1660-1722) 1654,
1712, 1727, 1741
Sonate bibliche 1654, 1712, 1741
Passione secondo san Marco 1727
Kupelwieser, Leopold (1796-1862) 1824
Kurosawa, Akira (1910-1998)
Kurtg, Gyrgy (1926-) 1363, 1635,
1936, 1960, 1985, 1992
Officium breve 1960
Splinters 1936
Stele 1985, 1992
Toccate di Frescobaldi 1635
Trascrizioni da Machaut a Bach 1363
Lachenmann, Helmut (1935-) 1960,
1978, 2002

918 Offerta musicale

Gran Torso 1960


Grido 1960
Reigen seliger Geister 1960
Das Mdchen mit den Schwefelhlzern
1978
Lalo, douard (1823-1892) 1803b,
1820, 1827b, 1878, 1935b
Sinfonia spagnola 1878
Concerto per vl 1935b
Concerto per vlc 1935b
Landino, Francesco (circa 1335-1397)
1363, 1594, 1635,
Ecco la primavera 1363
Ochi dolenti mie 1363
Lang, Fritz (1890-1976) 1938
Langton, Stephen (1150-1228)
Veni sancte Spiritus 1000
Lasso, Orlando di (1532-1594) 1562,
1594, 1597, 1610, 1736, 1839, 1874
Chichilichi, 1839
Lacrime di San Pietro 1594
Requiem 1874
Salmi penitenziali 1610
Salmi davidici 1597, 1610
Stabat Mater 1736
Lawes, William (1602-1645)
Trionfo della pace 1689
LeWitt, Sol (1928-2007) 1976
Leblanc, Georgette (1875-1941) 1902
Leclair, Jean Marie (1697-1764) 1700
Leconte de lisle, Charles Marie (18181894) 1874
Legrenzi, Giovanni (1628-1690) 1610,
1700, 1712, 1734, 1762
Concerti grossi 1712
Dies irae 1874
Giustino 1734
Messa da Requiem 1610
Sonate da camera 1700
Te Deum per la conquista di Patrasso
1610

Le Corbusier (1887-1965) 1936


Lehr, Franz (1870-1948)
Il paese del sorriso 1875
La vedova allegra 1875
Leibowitz, Ren (1913-1972) 1923,
1936, 1954
Schnberg et son cole 1936
Lenau, Nikolaus (1802-1850) 1874,
1889
Lenin (1870-1924) 1942
Lennon, John (1940-1980) 1962
Lenz, Jacob (1751-1792) 1902, 1925,
1945, 1978
Leo, Leonardo (1694-1744)
Miserere 1610
Leonardo da Pisa Fibonacci
Leonardo da Vinci (1452-1519) 1500
Leoncavallo, Ruggero (1857-1919)
1875, 1896, 1902
Pagliacci 1875, 1896, 1902
La bohme 1896
Leone, Sergio (1929-1989) 1938
Leonhardt, Gustav (1928-2012) 1955
Lonin (Leoninus, ca. 1140-1201) 1198,
1363
Magnus liber organi 1198
Viderunt omnes 1198
Leprince, Jeanne-Marie de Baumont
(1711-1780)
1901
Lesueur, Jean-Franoise (1760-1837)
1830
Leutgeb, Joseph (1732-1811) 1786,
1788
Levi, Hermann (1839-1900) 1864, 1885
Levine, James (1943-) 1935
Lichnowski, Karl Alois (1761-1814)
1806
Lifar, Serge (1905-1986) 1920
Ligeti, Gyrgy (1923-2006) 1624, 1636,
1874a, 1905b, 1928a, 1935a, 1938,

Indice delle opere e dei nomi 919

1951, 1956, 1960, 1962, 1976, 1978,


1985, 1992, 2002
Atmosphres 1905b, 1951, 1956
Articulation 1956
Concerto per vlc 1935
Le Grand Macabre 1978
Mtamorphoses nocturnes 1928
Musica ricercata xi 1635
Nonsense Madrigals 1624
Pome symphonique 1876
Quartetto n. 2 1960
Requiem polacco 1962
Ricercare: Omaggio a Girolamo Frescobaldi 1992
Rhythm Plus 1976
Linke, Joseph (1783-1837) 1804, 1827
Linley, Thomas (1756-1778) 1798
Linneo, Carlo (1707-1778) 1722
Liszt, Franz (1811-1886) 1594, 1607,
1610, 1654, 1700, 1722, 1727, 1736,
1739, 1749, 1786, 1797, 1802, 1805b,
1808b, 1819, 1820, 1821, 1822, 1823a,
1823b, 1824a, 1827b, 1830,
1834,1839a, 1839b, 1841, 1846, 1850,
1853b, 1858, 1865, 1874a, 1874b,
1874c, 1874e, 1875, 1876, 1878, 1885,
1889, 1890, 1893b, 1901, 1902, 1903,
1908b, 1911, 1912, 1914, 1923, 1955
Am Grabe Richard Wagners 1839b
Annes de plerinage 1839b, 1865,
1901
Chapelle de Guillaume Tell 1839b
Lac de Wallenstadt 1839b
Pastorale 1839b
Au bord dune source 1839b, 1901
Orage 1839b
Valle dObermann 1839b
Eglogue 1839b
Le Mal du pays 1839b
Les Cloches de Gneve 1839b
Sposalizio 1839b

Il pensieroso 1839
Canzonetta del Salvator Rosa
1839b
Sonetti del Petrarca 1839b
Aprs une lecture du Dante: Fantasia quasi sonata 1839b, 1874c
Anglus! 1839b
Les Jeux deaux la Villa dEste
1839b, 1901
Aux cyprs de la Villa dEste
(Thrnodie i e ii) 1839b
Sunt lacrymae rerum 1839b
Marche funbre 1839b
Sursum cordam 1839b
Bagatella senza tonalit 1839b, 1901
Ce quon entend sur la montagne
1874c
Christus 1736
Concerti per pf
n. 1 1786, 1808b, 1858
n. 2 1808b, 1858
Die Ideale 1874c
Fantasia e fuga sul nome bach 1890
Grand galop chromatique 1865
Graner Messe 1874a
Hamlet 1874c
Harmonies potiques et religieuses
1594, 1839b
Hrode funbre 1874c
Hungaria 1874c
Hunnenschlacht 1874c
Il lamento 1839b
La leggenda della santa Elisabetta
1874b
La leggerezza 1839b
La lugubre gondola 1839b
Leonore 1654
Les Prludes 1874c
Magnificat 1610, 1874c
Marcia di Rkczi 1830, 1874c
Mephisto walzer 1874c

920 Offerta musicale

Messa dellincoronazione 1874a


Missa choralis 1874a
Mormorio della foresta 1839b
Nuages gris 1839b
Orpheus 1607, 1874c
Prometheus 1874c
Rapsodia spagnola 1700
Rapsodie ungheresi 1853, 1874c
Rminiscences de Don Juan 1823b
Requiem 1874a
Ronda degli gnomi 1839b
R.W. Venezia 1839b
Sinfonia Dante 1824b, 1841, 1874b
Sinfonia Faust 1824b, 1841, 1874b,
1874c, 1885
Sonata in si minore 1805b, 1819,
1853b, 1858, 1865, 1908b, 1955
Stabat Mater 1736
Studi da Paganini 1820, 1839b
La campanella 1820, 1839b
12 Studi di esecuzione trascendentale
1820, 1839a, 1839b
Mazeppa 1839b, 1874c
Totentanz 1858, 1874a
Un sospiro 1839b
Unstern 1839b
Venezia e Napoli 1839b
Gondoliera 1839b
Canzone 1839b
Tarantella 1839b
Via Crucis 1736
Weinachtsbaum 1839b
Litolff, Henry (1818-1891) 1853b, 1858
Ljadov, Anatolij (1855-1914)
Sinfonie n. 1-4 1893
Ljapunov, Sergej (1859-1924)
Sinfonie n. 1-2 1893
Lloyd Webber, Andrew (1948-) 1874a,
1935b, 1938
Cats 1935b
Evita 1935b

Jesus Christ Superstar 1935b, 1938


Phantom 1935b
Requiem 1874
The Phantom of the Opera 1935b
Lobkowitz, Franz Joseph Maximilian
von (1772-1816) 1762, 1805, 1806
Locatelli, Pietro Antonio (1695-1764)
1700, 1804, 1820, 1878
Il pianto di Arianna 1700
Larte del violino 1700, 1820
Locke, Mattew (ca 1622-1677)
Cupid and Death 1689
La tempesta 1689
Macbeth 1689
The Masque of Orpheus 1689
The Siege of Rhodes 1689
Loewe, Carl (1796-1869)
Ballate 1827
Long, Marguerite (1874-1966) 1921
Longfellow, Henry Wadsworth (18071882) 1893
Loos, Adolf (1874-1933) 1905
Lorca, Federico Garca (1898-1936)
1962
Loriod, Yvonne (1924-2010) 1992
Lortzing, Albert (1801-1851), 1821, 1875
Undine 1821
Wildschutz 1821
Zar und Zimmermann 1821
Louise di Lorena (1553-1601) 1670
Lous, Pierre (1870-1925) 1902
Lbeck, Georg Philipp Schmidt von
(1766-1849) 1827
Lucas, George (1944-) 1938
Ludus Danielis (anon. sec. xii) 1648
Luening, Otto (1900-1996)
Fantasy in the Space 1956
Low Speed 1956
Luigi Filippo di Francia (1773-1850)
1853
Luigi xi di Francia (1423-1483) 1461

Indice delle opere e dei nomi 921

Luigi xiii di Francia (1601-1643) 1670,


1700
Luigi xiv (1638-1715) 1670, 1689, 1749
Lulli, Giovanni Battista Lully
Lully, Jean-Baptiste (1632-1687) 1610,
1648, 1649, 1670, 1689, 1700, 1711,
1712, 1717, 1720a, 1720b, 1727, 1741,
1742, 1749a, 1749b, 1842, 1749, 1783,
1814, 1829, 1841
Alceste 1670
Armide 1670
Cadmus et Hermione 1670
Grands motets 1610, 1648
Il borghese gentiluomo (Le Bourgeois
gentilhomme) 1670
Le Ballet de la nuit 1670
Le Follies dEspagne 1700
Miserere 1610
Roland 1670
Thse 1670
Lupu, Radu (1945-) 1955
Lutero, Martin (1483-1546) 1000, 1562,
1594, 1727, 1841, 1868
Christ ist erstanden 1000, 1500
Deutsche Messe 1562
Ein feste Burg ist unser Gott 1562,
1610, 1841
Lutosawski, Witold (1913-1994)
1720b, 1820, 1921, 1935a, 1942, 1951,
1960, 1985
Concerto per pf e orch 1720b
Concerto per vlc 1935a
Five Songs 1960
Jeux vnitiens 1960
Muzyka aobna 1960
Quartetto 1960
Sinfonie n. 1-4 1942
Variazioni Paganini 1820
Ltzov, Antonia (sec. xviii) 1786
Lvov, Nikolaj (1753-1803)
Collezione di canti russi con le loro 1874d

MacDowell, Edward (1860-1908)


Concerti n. 1-2 1914
Machaut Guillaume de Machaut
Machiavelli, Zanobi (1418-1479) 1597
MacPherson, James (1736-1796) 1805,
1827, 1841
Maderna, Bruno (1920-1973) 1597,
1951, 1954, 1956, 1968, 1978, 1985
Grande aulodia 1951
Hyperion 1968, 1978
In ecclesiis 1597
Quadrivium 1968, 1978
Satyricon 1945, 1978
Serenata per un satellite 1951
Maeterlinck, Maurice (1862-1949)
1902, 1905
Magellano, Ferdinando (1480-1521) 1853
Magni, Bartolomeo (sec. xvi-xvii) 1597
Mahler-Schindler, Alma (1879-1964)
1902b, 1935a
Mahler, Gustav (1860-1911) 1624, 1788,
1791, 1795, 1979, 1805a, 1814, 1824a,
1826, 1827b, 1874b, 1874e, 1875,
1885, 1889, 1893a, 1896, 1902b,
1905a, 1905b, 1908a, 1908b, 1911a,
1914, 1925, 1928b, 1935a, 1942, 1955,
1968, 1992, 2002
Das klagende Lied 1902, 1908a
Des Knaben Wunderhorn 1827b, 1908a
Il canto della terra (Das Lied von der
Erde) 1902b, 1905a, 1908a
Das Trinklied vom Jammer der
Erde 1908a
Der Einsame in Herbst 1908a
Von der Jugend 1908a
Von der Schnheit 1908a
Der Abschied 1908 1908a
Der Trunkene im Frhling 1908a
Kindertotenlieder 1827b, 1908a
In diesem Wetter, in diesem Braus
1908a

922 Offerta musicale

Lieder eines fahrenden Gesellen 1908a


Marcia funebre 1805a
Rckert Lieder 1908a
Ich bin der Welt abhanden gekommen 1908a
Sinfonie
n. 1 1902b, 1908a
n. 2 1902b, 1908a, 1968
n. 5 1794, 1902b
n. 6 1797, 1902b
n. 8 1624, 1902b, 1914
n. 9 1935
n. 10 1908a
Majakovskij, Vladimir (1893-1930)
1942, 1962
Malatesta Carlo ( 1368-1428) 1450
Malatesta, Pandolfo (?-1441) 1450
Malfatti, Teresa (1792-1851) 1805b, 1823b
Malibran, Maria (1808-1836) 1901
Malipiero, Gian Francesco (1882-1973)
1607, 1712, 1896, 1905b, 1920, 1928a,
1930, 1942, 1985
Cimarosiana 1920
Gabrieliana 1920
La Passione 1930
Missa pro mortuis 1930
Orfeide 1607
Rispetti e strambotti 1928a
Sinfonie 1-11 1942
Sogno dun tramonto dautunno 1896
Torneo notturno 1896
Vivaldiana 1920
Mallarm, Stphane (1842-1898) 1901,
1905b, 1908a, 1908b, 1920, 1954
Malraux, Andr (1901-1976) 1992
Mlzel, Johann Nepomuk (1772-1838)
1819
Manet, douard (1832-1883) 1901
Manfredi, Filippo (1729-1777) 1781
Mann, Thomas (1875-1955) 1902b,
1908b, 1945, 1976

Manns, August (1825-1907) 1893a


Manzoni, Giacomo (1932-) 1461,
1902b, 1914, 1978
Atomtod 1978
Doktor Faustus 1902b, 1978
Masse: omaggio a Edgar Varse 1914
Omaggio a Josquin 1461
Per Massimiliano Robespierre 1978
Manzotti, Luigi (1835-1905)
Ballo Excelsior 1896
Mapplethorpe, Robert (1946-1989) 1976
Marais, Marin (1656-1728)
Pices de viole 1700, 1720a
Marcello, Alessandro (1669-1747)
Concerti 1712, 1720b
Marcello, Benedetto (1686-1739)
1720b, 1734,
Il teatro alla moda 1734
Marchand, Louis (1669-1732) 1739
Marcabru (attivo 1130-1150) 1230
Marchetto da Padova (sec. xiv) 1363
Lucidarium 1363
Pomerium in arte musicae 1363
Marenco, Leopoldo (1831-1899) 1896
Marenco, Romualdo (1841-1907)
Ballo Excelsior 1896
Marenzio, Luca (1553-1599) 1594, 1624
Solo e pensoso 1594
Maria Antonietta di Francia (17551793) 1762a, 1795, 1803a
Maria ii dInghilterra (1662-1694) 1689
Maria Teresa dAustria (1717-1780)
1762a, 1781, 1911b
Mariani Angelo (1821-1873) 1850
Marinetti, Filippo Tommaso (18761944) 1920
Marino, Giovan Battista (1569-1625)
1624
Maritain, Jacques (1882-1973) 1930
Marlowe, Christopher (1564-1593)
1827b

Indice delle opere e dei nomi 923

Marot, Clment (1496-1544) 1562, 1610


Marpurg, Friedrich Wilhelm (17181795) 1749
Marschner, Heinrich (1795-1861) 18211850
Der Templar und die Jdin 1821
Der Vampyr 1821, 1850
Hans Heiling 1821
Martenot, Maurice (1898-1980) 1956
Martin y Soler, Vicente (1754-1806)
1787, 1791
Una cosa rara 1787, 1791
Larbore di Diana 1787
Martini, padre Giovanni Battista (17061784) 1736, 1744, 1762a, 1783, 1874d
Stabat Mater 1736
Storia della musica 1744
Martin, Bohuslav (1890-1959)
Nonetto 1827a
Martucci, Giuseppe (1856-1909)
Quintetto con pf 1864
Marziano Capella (sec. iv-v) 0
Mascagni, Pietro (1863-1945) 1874a,
1875, 1890, 1896, 1902b, 1930
Cavalleria rusticana 1875, 1896, 1902b
Nerone 1896
Messa di requiem 1890
Massenet, Jules (1842-1912) 1816, 1829,
1865, 1874a, 1875, 1878, 1902, 1908b
La Navarraise 1875, 1896 Le Cid 1829,
1875
La Terre primise 1874
Le Roi de Lahore 1829, 1875
Manon 1816, 1875
Marie-Magdeleine 1874a, 1890
Rdemption 1874
Tha 1875
Werther 1816, 1875
Massimiliano i dAsburgo (1469-1519)
1500, 1594
Massine, Lonide (1895-1979) 1920

Matteo da Perugia (?-1418) 1500


Mattheson, Johann (1681.1764) 1711,
1720a
Maupassant, Guy de (1850-1893) 1945
Mauro, Rabano (780-856)
Veni Creator Spiritus 1902b
Mayrhofer, Johann Baptist (1787-1836)
1822, 1827b
Mayuzumi, Toshiro (1929-1997) 1956
Mazarino, Giulio Raimondo (1602-1661)
1670
Mazzocchi, Domenico (1592-1665)
La catena dAdone 1607
Mazzocchi, Virgilio (1597-1646)
Fiammetta o Il falcone 1607
Mazzol, Caterino (1845-1807) 1791
Meck, Nadeda von (1831-1894) 1903
Mehta, Zubin (1936-) 1955
Mhul, tienne-Nicolas (1763-1817)
1762, 1797, 1814, 1830
Joseph 1797
Chant du dpart 1805a
Meilhac, Henri (1831-1897) 1875, 1876
Melville, Herman (1819-1891) 1945
Menasci, Guido (1867-1925) 1896
Mendelssohn Bartholdy, Felix (18091847) 1610, 1670, 1689, 1727, 1742,
1783, 1788, 1798, 1802, 1803b, 1804,
1805b, 1806, 1814, 1819, 1820, 1821,
1823b, 1824a, 1824b, 1825, 1826,
1834, 1839, 1841, 1853b, 1858, 1864,
1865, 1868, 1874b, 1874c, 1874e,
1875, 1878, 1890, 1893a, 1893b, 1912,
1928b
Amen di Dresda 1841
Antigone 1841, 1912
Concerto per vl 1820
Die schne Melusine 1841
Elijah 1742, 1798, 1868
Edipo a Colono 1912
Le Ebridi 1841

924 Offerta musicale

Magnificat 1610
Meerestille und glckliche Fahrt 1841
Paulus 1742, 1798, 1868
Quartetti con pf 1864
Quartetti 1825
Romanze senza parole 1823b, 1834, 1846
Barcarole 1834
Canto di primavera 1834
La filatrice 1834
Marcia funebre 1834
Ruy Blas 1841
Sinfonie n. 1-5 1841
n. 2 Lobgesang 1624, 1824a, 1841
n. 3 Scozzese 1788, 1826, 1841,
1874b
n. 4 Italiana 1788, 1841
n. 5 La Riforma 1841, 1874b
Sogno di una notte di mezzestate 1670,
1689, 1821, 1841, 1874b
Sonata per clarinetto 1827
Trii op. 49 e 66 1827, 1864
Variations srieuses 1823b
Mengelberg, Willem (1871-1951)
1902b, 1928b
Menotti, Giancarlo (1911-2007) 1896, 1945
Amelia al ballo 1896
La medium 1896
The Consul 1945
The Saint of Bleecker Street 1945
Menuhin, Yehudi (1916-1996) 1935
Mercadante, Saverio (1795-1870) 1734,
1831
Il bravo 1831
Medea 1831
La vestale 1831
Merelli, Bartolomeo (1794-1879) 1853a
Mrrime, Prosper (1803-1870) 1895
Merula, Tarquinio (1595-1665)
Canzoni, overo Sonate concertate per
chiesa e camera a 2, et a 3 1700
Merulo, Claudio (1533-1604) 1594, 1635

Meschke, Michael (1931-) 1978


Messager, Andr (1853-1929) 1890, 1902a
Messe basse (Messe des pcheurs de
Villerville) 1890
Messiaen, Olivier (1908-1992) 1363,
1500, 1654, 1712, 1739, 1890, 1905,
1928b, 1930, 1936, 1942, 1954, 1956,
1962, 1992, 2007
Catalogue doiseaux 1654, 1992
Couleurs de la Cit cleste 1992
Chronochromie 1992
Des canyons aux toiles1992, 2007
clairs sur lAu-Del 1654, 1992
Et expecto resurrectionem mortuorum
1962, 1992
La Chouette hulotte 1992
La Fauvette des Jardins 1992
La Nativit du Seigneur 1930
LAscension 1905, 1908, 1930, 1992
La Transfiguration de Notre Seigneur
Jsus-Christ 1930, 1992
Le Banquet cleste 1930, 1962
Le Merle noir 1992
Les Corps glorieux 1930
Livre du Saint-Sacrement 1930
Mditation sur le mystre de la Saint
Trinit 1930
Messe de la Pentecte 1930, 1962
Mode de valeurs et dintensits 1936, 1992
Oiseaux exotiques 1992
Petites esquisses doiseaux 1992
Quatuor pour la fin du temps 1654,
1992, 2007
Rveil des oiseaux 1992
Saint Franois dAssise 1930, 1992
Turangalila-symphonie 1942, 1954,
1956, 1992
Un Vitrail et des oiseaux 1992
Vingt regards sur lenfant-Jsus 1930,
1992
Visions de lAmen 1930, 1992

Indice delle opere e dei nomi 925

Metastasio, Pietro Trapasso detto (16981782) 1734, 1762a, 1814, 1816


Meyerbeer, Giacomo (1791-1864) 1821,
1853, 1827b, 1829, 1850, 1853a, 1865,
1868, 1874e, 1875, 1887, 1890
chansons 1827
Dinorah 1829
LAfricaine 1829, 1875
Le Prophte 1829
Les Huguenottes 1850, 1890
Robert le diable 1829
Michaux, Henri (1899-1984) 1954
Michelangelo Buonarroti
Miln, Luis de (ca. 1500-1561)
El maestro 1635
Milder-Hauptmann, Anna (1785-1838)
1822
Milestone, Lewis (1895-1980) 1938
Milhaud, Darius (1892-1974) 1864,
1892, 1920, 1930, 1935, 1938, 1942,
1955, 1960, 1976, 1992
La Cration du monde 1920
Le Boeuf sur le toit 1920
Les Malheures dOrphe 1920
Le pauvre matelot 1920
Le Train bleu 1920
Machines agricoles 1912
Quartetti 1960
Saudades do Brasil 1920
Sonata per vl e clav 1955
Trio 1864
Milstein, Nathan (1904-1992) 1878,
1935a
Milton, John (1608-1674) 1798
Minkus, Lon (1826-1917)
Don Chisciotte 1877
La Bayadre 1877
Mitropoulos, Dimitri (1896-1960) 1902a,
1942
Mizler, Lorenz Christoph (1711-1778)
1741, 1749

Mocenigo, Girolamo (sec. xvii) 1607, 1624


Mocquereau, dom Andr (1849-1930)
1000, 1890
Moderne, Jacques (ca. 1485-1561)
Musicque de joye 1635
Mnch von Salzburg (sec. xiv) 1230
Molire, Jean-Baptiste Poquelin detto
(1622-1673) 1670, 1787, 1803a, 1911b
Il borghese gentiluomo (Le Bourgeois
gentilhomme) 1670
Dom Juan, ou Le Festin de pierre (Don
Giovanni o Il convitato di pietra)
1787
Molinari, Bernardino (1880-1952) 1712
Molinet, Jean (1435-1507)
Nymphes des bois 1461
Monet, Claude (1840-1926) 1901
Moniuszko, Stanisaw (1819-1872)
Halka 1875
Monn, Georg Mattias (1717-1750) 1762
Montaubry, douard (1824-1883?)
1875
Monteux, Pierre (1875-1964) 1911a,
1913, 1920, 1942
Monte, Philippe de (1521-1603)
Madrigali 1594
Monteverdi, Claudio (1567-1643) 1500,
1594, 1607, 1610, 1624, 1635, 1648,
1649, 1654, 1664, 1670, 1700, 1712,
1727, 1734, 1762, 1876, 1968, 1976,
1978
Andromeda 1607
Armida abbandonata 1607
Ave maris stella 1610
Canzonette 1594
Ecco mormorar londe 1594
Il ballo delle ingrate 1607, 1624, 1670
Il combattimento di Tancredi e Clorinda 1500, 1624, 1648, 1712
Il ritorno di Ulisse in patria 1607,
1624, 1649

926 Offerta musicale

La finta pazza Licori 1607, 1649


La Proserpina rapita 1607
Lamento di Arianna 1607, 1624
Le nozze dEnea con Lavinia 1607,
1649
Le nozze di Teti 1607
Libri di madrigali i-ii 1594, 1610
Libri di madrigali iii-v 1610, 1624
Libri di madrigali vi-viii 1624
Lincoronazione di Poppea 1607, 1649,
1734
LOrfeo 1607, 1610, 1624, 1649, 1734,
1876, 1978
Madrigali guerrieri e amorosi 1607,
1624
Missa In illo tempore 1500
Selva morale e spirituale 1610
Sonata sopra Sancta Maria 1610
Vespero della Beata Vergine 1607,
1610, 1624, 1648
Moraes, Vincius de (1913-1980)
Orfeu negro 1607, 1762
Morales, Cristbal de (1500-1553)
Missa LHomme arm 1450
Officium defunctorum 1594
Moreau, Gustav (1826-1898) 1905a
Morita, Akio (1921-1999) 1956
Morley, Thomas (1557-1602) 1562,
1594, 1624, 1654
Fitzwilliam Virginal Book 1654
Musica transalpina 1594, 1624
The Triumph of Oriana 1594, 1624
Morricone, Ennio (1928-) 1938
Moscheles, Ignaz (1794-1870) 1802,
1808b, 1819, 1823b, 1839, 1853b
Concerti 1808b
Mthode des mthodes 1839
Sonate 1819
Mozart, Leopold (1719-1787) 1700,
1744, 1785, 1788,
Concerto per tromba 1720

Kindersinfonie (Sinfonia dei giocattoli)


1788
Metodo per violino 1744
Mozart, Maria Anna detta Nannerl (17511829) 1783, 1786
Mozart, Wolfgang Amadeus (1756-1791)
1562, 1610, 1654, 1689, 1700, 1712,
1720a, 1720b, 1722, 1727, 1734, 1736,
1739, 1741, 1742, 1744, 1749a, 1749b,
1762a, 1762b, 1781, 1783, 1785, 1786,
1787, 1788, 1791, 1795, 1797, 1798,
1802, 1803a, 1803b, 1805a, 1805b,
1806, 1808a, 1808b, 1814, 1816, 1820,
1821, 1822, 1823a, 1823b, 1824a,
1824b, 1825, 1826, 1827a, 1827b, 1830,
1834, 1839a, 1839b, 1841, 1846, 1850,
1853, 1858, 1864, 1868, 1874a, 1874b,
1876, 1885, 1889, 1893a, 1893b, 1901,
1902b, 1908a, 1911b, 1912, 1921, 1923,
1930, 1955, 1960, 1968, 2002
Teatro
Ascanio in Alba 1787, 1788
Bastien und Bastienne 1787
Cos fan tutte 1787, 1791
Don Giovanni 1700, 1787, 1788,
1814, 1816, 1823, 1865, 1911a
Idomeneo 1787, 1791
Il flauto magico (Die Zauberflte)
1742, 1787, 1791, 1827a, 1911a,
1798, 1814, 1821, 1823
Il ratto dal serraglio (Die Entfhrung
aus dem Serail) 1783, 1786, 1787,
1788, 1791, 1816, 1821
Il re pastore 1787, 1788
La clemenza di Tito 1788, 1791,
1814, 1823a
La finta giardiniera 1788
La finta semplice 1788
Le nozze di Figaro 1787, 1816, 1864,
1911a
Limpresario teatrale 1787

Indice delle opere e dei nomi 927

Lo sposo deluso 1787


Loca del Cairo 1787
Lucio Silla 1787
Mitridate, re di Ponto 1787, 1788
Semiramide 1912
Thamos, re dEgitto 1670, 1788, 1791,
1841
Zaide 1791
Sacro
Ave verum corpus 1723
Messa dellincoronazione 1823a
Messa in do minore 1823a
Missa longa 1823a
Missa solemnis 1823a
Requiem 1742, 1786, 1823a, 1874a
Spatzen Messe 1823a
Vesperae de Dominica 1610
Vesperae solemnes de confessore 1610
Orchestra
Concerti 1720
Concerti per pf 1786, 1858
K 466 1791, 1858
K467 1858
K 491 1858
K 595 1858
Concerto per cl 1786, 1788
Concerti per vl 1786
Concerto per fl e arpa 1787
Concerto per fagotto 1786
Concertone 1786
Serenate
K 185 1788
K 189 1788
K 203 1788
K 204 1788
K 250 Haffner 1788
K 320 Posthorn 1788, 1827
K 361 Gran Partita 1788
K 388 1827
K 525 Eine kleine Nachtmusik
1788

Sinfonie 1762, 1805, 1824


K 183 1781
K 201 1785
K 425 Linz 1788
K 543 1788, 1902
K 550 1788
K 551 Jupiter 1785, 1788
Sinfonia concertante 1786, 1788
Da Camera
Quintetti
K 407 1788
K 515 1827
con cl 1788, 1827a
per pf e fiati 1827, 1864
Quartetti con pf 1864
Quartetti 1781, 1825
K 464 1791
K 465 1791
K 428 1791
Trii con pf 1827a
Tastiera e Violino
Sonate per vl e pf 1783
Sonate per vl K 301-306 1787
Sonate per pf 1783
K 310 1787
Fantasie K 396, 397, 475 1744, 1802,
1841
Variazioni 1785
Die Maurerfreude 1791
Lieder 1827
Maurerische Trauermusik 1791
Mhlfeld, Richard (1856-1907) 1878
Mller, Heiner (1929-1995)
Amleto 1978
Mller Wilhelm (1794-1827) 1821, 1822b
Mller, Wenzel (1767-1835)
Die Schwestern von Prag 1823b
Mnch von Salzburg (sec. xiv) 1230
Murail, Tristan (1947-) 1956, 1992
Dsintgrations 1956
Gondwana 1992

928 Offerta musicale

Muris, Johannes de (ca. 1290-1350)


Ars novae musicae 1363
Musici di Roma (dal 1952) 1905
Musicque de joye (anon. sec. xvi) 1635
Musorgskij, Modest (1839-1881) 1806,
1827b, 1834, 1874a, 1874d, 1874e,
1875
Boris Godunov 1806, 1874d, 1874e,
1887, 1901, 1902a, 1913, 1960
Canti e danze della morte 1827
Kovancina 1874d
Quadri di unesposizione 1834, 1874e,
1901, 1928
Una notte sul monte Calvo 1874a
Musset, Alfred de (1810-1857)
Namouna 1875
Muti, Riccardo (1941-) 1928b, 1955
Nancarrow, Conlon (1912-1997) 1956
Napoleone i (1769-1821) 1787, 1798,
1803a, 1805a, 1808a, 1814, 1830,
1896
Nardini, Pietro (1722-1793) 1781
Narvez, Luis de (ca. 1500-1560)
Diferencias sobre Guardme las vacas 1635
Los seys libros de Delphin 1635
Neefe, Christian Gottlob (1748-1798)
1722, 1749, 1802, 1819, 1824, 1827b
Lieder 1827b
Neruda, Pablo (1904-1973) 1968
Nerval, Grard de (1808-1855) 1830
Neukomm, Sigismund (1778-1858)
Symphonie hroique 1805a
Neuman, John Henry (1801-1890) 1868
Neumark, Georg (1621-1681)
Wer nur den lieben Gott 1868
Neumeister, Erdmann (1671-1756) 1727
Neupert (sec. xx) 1955
Nicolai, Carl Otto (1810-1849)
Le allegre comari di Windsor 1875

Niedermeyer, Louis (1802-1861) 1874


Neidhart von Reuental (sec. xii) 1230
Nielsen, Carl (1865-1931)
Sinfonie n. 1-6 1893a
Nietzsche, Friedrich (1844-1900) 1875,
1902a, 1908a, 1942, 1962, 1985
Nijinska Bronislava (1891-1972) 1918
Nijinsky, Vaslav (1889-1950) 1913, 1920
Nikisch, Arthur (1855-1922) 1928b
Nono, Luigi (1924-1990) 1597, 1624,
1823b, 1913, 1945, 1951, 1956 1954,
1956, 1968, 1978, 1985, 2002
1 Caminantes.....Ayacucho 1985
2 No hay caminos, hay que caminar.....
Andrej Tarkovskij 1985
A Carlo Scarpa, architetto, ai suoi infiniti possibili 1985
A floresta jovem e cheia de vida 1956,
1968, 1985
Al gran sole carico damore 1956, 1968,
1978, 1985
Como una ola de fuerza y luz 1956,
1985
Con Luigi Dallapiccola 1985
Contrappunto dialettico alla mente
1985
Cori di Didone 1597, 1985
Das atmende Klarsein 1985
Fragmente Stille, An Diotima 1951,
1960, 1985
Hay que caminar soando 1985
Il canto sospeso 1624, 1985
Intolleranza 1960 1945, 1968, 1985
La fabbrica illuminata 1956, 1968
La La lontananza nostalgica utopica
futura. Madrigale per pi caminantes con Gidon Kremer 1985
Omaggio a Vedova 1956
Prometeo 1956, 1597, 1956, 1985
Quando stanno morendo. Diario polacco n. 2 1985

Indice delle opere e dei nomi 929

Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz 1985


sofferte onde serene 1956, 1985
Variazioni canoniche 1823b
Notari, Umberto (1878-1950) 1712
Nourrit, Adolph (1892-1839) 1829
Notker Balbulus (ca. 840-912)
Victimae paschali laudes 1000
Liber hymnorum 1000
Noverre, Jean-George (1727-1810)
Lettres sur la danse et sur les ballets 1803a,
1877
Nureyev, Rudolf (1938-1993) 1976
Nyman, Michael (1944-) 1938
Obrecht, Jacob (1450-1505) 1461, 1500
Missa diversorum tenorum 1461
Missa Sub tuum praesidium 1461
Missa Fortuna desperata 1461
Ockeghem, Johannes (1410-1497) 1450,
1461, 1500, 1741, 1874
Missa cujusvis toni 1461
Missa LHomme arm 1450
Missa prolationum 1461
Missa quarti toni 1461
Requiem 1461
Oddone da Cluny (ca. 879-942) 1000
Offenbach, Jacques (1819-1880) 1607,
1816, 1821, 1846, 1858, 1875, 1877,
1887, 1935
La belle Hlne 1816, 1875
La Grande-Duchesse de Grolstein
1875
La Vie parisienne 1875
Les Contes dHoffmann 1846, 1875
Orphe aux Enfers 1607,1816, 1821,
1875
Oistrakh, David (1908-1974) 1960
Omero (mito) 1230, 1670, 1808, 1978
Onslow, George (1784-1853)
Quartetti 1824b

Orcagna, Andrea di Cione detto (ca


1310-1368) 1858
Orazio, Flacco (85-8 a.C.) 1230
Orff, Carl (1895-1982)
Carmina burana 1230, 1624, 1962
Orientis partibus (anon. sec. xiii) 1198
Ormandy, Eugene (1899-1985) 1874e,
1911, 1942
Ortiz, Diego (1510-1570)
Trattato delle variazioni 1700
Oswald von Wolkenstein (1376-1445)
1230
Ottoboni, Pietro (1667-1740) 1711
Ovidio, Nasone (43 a.C.-18 d.C.) 1607,
1762a, 1805b
Owen, Wilfred (1893-1918) 1962
Ozawa, Seiji (1935-) 1992
Pachelbel, Johann (1653-1706) 1000,
1648, 1654, 1708, 1722, 1727, 1741
Christ ist erstanden 1000
Fantasie per org 1654
Fughe sul Magnificat 1708
Passacaglia in re maggiore (Canone)
1708
Suites per clav 1654, 1708
Pacini, Giovanni (1796-1867) 1831,
1853
Medea 1831
Norma 1831
Saffo 1831
Prt, Arvo (1935-) 1198, 1736, 1957,
1962
Berliner Messe 1962
De produndis 1198
Fratres 1198, 1957
Passio Domini Nostri Jesu Christi secundum Joannem 1962
Stabat Mater 1736, 1962
Tabula rasa 1198
Te Deum 1198

930 Offerta musicale

Paganini, Niccol (1782-1840) 1700,


1720a, 1816, 1820, 1797, 1834, 1839b,
1853b, 1858, 1878, 2002
24 Capricci per violino solo 1720a,
1820, 1834
Paisiello, Giovanni (1740-1816) 1736,
1749a, 1762a, 1762b, 1787, 1791,
1803a, 1814, 1816, 1820, 1821, 1823a,
1823b, 1827b, 1827, 1874b, 1877
Il barbiere di Siviglia 1787, 1791, 1814,
1816
La molinara 1816, 1820, 1827b
La serva padrona 1814
Nina, ossia La pazza per amore 1814,
1816
Sismano nel Mongol 1787
Palestrina, Giovanni Pierluigi da (15251594) 1000, 1450, 1500, 1562, 1594,

1610, 1648, 1708, 1727, 1736, 1744,


1749, 1823, 1839, 1868, 1874, 1890
Madrigali 1594
Magnificat 1610
Missa LHomme arm 1450
Missa Papae Marcelli 1562
Stabat Mater 1736
Paolo Diacono (710-799) 1610
Paradisi, Pier Domenico (1707-1791)
Sonate per pianoforte 1783
Pariati, Pietro (1665-1733) 1787
Parisotti, Alessandro (1853-1913) 1920
Parker, Horatio (1863-1919) 1914
Hora novissima 1914
Mona 1914
Pasquini, Bernardo (1637-1710) 1734,
1739, 1839b, 1992
Pasta, Giuditta (1797-1865) 1831
Pausania il Perigieta (110-180) 1734
Pavlova, Anna (1881-1931) 1913
Paumann, Konrad (ca. 1410-1473)
Fundamentum organisandi 1635
Pears, Peter (1910-1986) 1962

Pedro de Gante (1490-1572) 1500


Penderecki, Krzysztof (1933-) 1000,
1610, 1727, 1736, 1874a, 1923, 1935,
1938, 1942, 1951, 1962, 1985, 1992
Auschwitz Oratorium 1874
Concerti per vlc 1935
Dies irae 1962
Magnificat 1610
Passio secundum Lucam 1727, 1962
Requiem polacco 1962
Stabat Mater 1000, 1736
Trenodia per le vittime di Hiroshima
1923, 1942, 1951
Pepoli, Carlo (1796-1881) 1831
Pepusch, Johann Christoph (1667-1752)
The Beggars Opera 1711, 1791, 1925
Pergolesi, Giovanni Battista (17101736) 100, 1610, 1649, 1734, 1736,
1749a, 1749b, 1814, 1823a, 1920
Adriano in Siria 1749
Il Flaminio 1749, 1920
Il prigonier superbo 1749
La conversione di san Guglielmo 1736
La Fenice sul rogo 1736
La serva padrona 1736, 1749a, 1762a
Lo frate nnammorato 1749, 1920
LOlimpiade 1749, 1920
Messe 1736
Salustia 1749
Salve Regina 1736
Stabat Mater 1000, 1610, 1736
Peri, Jacopo (1561-1633) 1607, 1649,
1670, 1841
Dafne 1607
Euridice 1607
La pellegrina 1607, 1841
Le metamorfosi 1607
Perlemuter, Vlado (1904-2002) 1903
Perlman, Itztak (1945-) 1955
Perosi, Lorenzo (1872-1956) 1874, 1890,
1930

Indice delle opere e dei nomi 931

Il Nazareno 1890
La Passione di Cristo secondo san Marco
1890
Messe 1890
Missa Pontificalis 1890
Oratori 1874
Requiem 1874
Transitus animae 1890
Protin (Perotinus, ca 1160-1230) 1198,
1363, 1562, 1597, 1739, 1876, 1928
Sederunt principes 1198, 1594, 1876, 1928
Magnus liber organi 1198
Viderunt omnes 1198
Perrault, Charles (1628-1703) 1877, 1901
Perrot, Jules (1810-1892) 1877
Pestalozzi, Johann Heinrich (1746-1827)
1744
Petipa, Marius (1818-1910) 1877
Petrarca, Francesco (1304-1374) 1363,
1450, 1594, 1624, 1839b, 1923
Petrassi, Goffredo (1904-2003) 1610,
1930
Magnificat 1610, 1930
Salmo ix 1930
Petrucci, Ottaviano (1466-1539)
Harmonice Musices Odhecaton 1500
Petrus de Cruce (1260-1300)
Tractatus de tonis 1363
Pfitzner, Hans (1869-1949) 1562, 1827,
1864, 1874a, 1923
Palestrina 1562, 1874
Quartetti 1864
Quintetto con pf 1864
Philippe de Nemours (1160-1236)
Christi veritas 1198
Philippe de Vitry (1291-1361) 1363
Ars Nova 1363
In arboris 1363
Roman de Fauvel 1363
Piave, Francesco Maria (1810-1876)
1734, 1853a, 1876, 1945

Piazzolla, Astor (1921-1992)


Adios Nonino 2002
Le grand tango 2002
Libertango 2002
Oblivion 2002
Picabia, Francis (1879-1953) 1938
Picander Henrici
Picasso, Pablo (1881-1973) 1920, 1942
Piccinni, Niccol (1728-1800) 1749a,
1762a, 1762b, 1814
La buona figliola 1762a
Pierre de la Rue (1452-1518)
Missa LHomme arm 1450
Pietro il Grande di Russia (1672-1725)
1874
Pio v (1742-1823) 1874Pio ix (17921878) 1562, 1874a, 1890
Pipino il breve (714-768) 1000
Pirandello, Luigi (1867-1936) 1911
Pisendel, Johann Georg (1687-1755)
1712, 1720
Piston, Walter (1894-1976)
Sinfonie n. 1-8e 1914
Pitagora da Samo (560-480 a.C.) 0, 100,
1597, 1722, 1834, 1865, 1905, 1936,
2007
Pizzetti, Ildebrando (1880-1968) 1874a,
1890, 1896
Lassassinio nella cattedrale 1930
Messa da Requiem 1974a, 1930
Sacra rappresentazione di Abramo e
Isacco 1890
Platone (427-347 a.C.)
0, 100, 2002
Platti, Giovanni Benedetto (1687-1763)
Sonate per pf 1783
Pleyel, Camillle (1788-1855) 1839a
Pleyel, Ignace (1757-1831) 1762a, 1819
Sinfonie 1762
Plinio (29-79) 1805
Plutarco (ca. 48-127) 1805

932 Offerta musicale

Poe, Edgar Allan (1809-1849) 1834,


1902a, 1905b
Polibio (206-124 a.C.) 1734
Poliziano, Angelo (1454-1494) 1500,
1607, 1841
Pollini, Maurizio (1941-) 1903a, 1955,
1956, 1985
Pompidou, Georges (1911-1974) 1936
Ponce, Manuel (1882-1948)
Concierto del Sur 1905b
Ponchielli, Amilcare (1834-1886)
La gioconda 1887
La danza delle ore 1887
Porpora, Nicola Antonio (1686-1768)
1711, 1734, 1762a, 1783
Porter, Cole (1891-1964) 1914
Kiss me Kate 1938
Possart, Ernst von (1841-1921) 1905a,
1912
Poulenc, Francis (1899-1963) 1736,
1795, 1912, 1920, 1928b, 1930, 1955
Concert champtre 1955
Dialogues des Carmlites 1920
Gloria 1930
La Voix humaine 1920
Les Biches 1920
Les Mamelles de Tirsias 1920
LHistoire de Babar 1912
Litanies la Vierge Noire de Rocamadour 1930
Messe en sol 1930
Sept rpons des tnbres 1930
Stabat Mater 1736, 1930
Pound, Ezra (1885-1972) 1962
Pousseur, Henri (1929-2009) 1902b,
1956, 1968, 1978
Votre Faust 1902b, 1978
Prach, Ivan (?-1818) 1874
Praga, Marco (1862-1929) 1896
Praetorius, Michael (1571-1621)
Syntagma musicum 1597

Pratella, Balilla (1880-1955) 1951, 1956


Manifesto tecnico della musica futurista 1956
Previn, Andr (1929-) 1938
Prevost, Antoine (1697-1763) 1896
Probst, Albert (1791-1846) 1827
Prokofev, Sergej (1891-1953) 1624,
1762b, 1822, 1920, 1921, 1928a,
1935a, 1938, 1942, 1951
Aleksandr Nevskij 1624, 1938
Ala e Lolli 1920
Il tenente Kij 1920, 1938
La Fils prodigue 1920
Lamore delle tre melarance 1921
Le Chout 1920
Pas dacier 1920
Pierino e il lupo 1921, 1938
Romeo e Giulietta 1920
Quartetti n. 1-2 1928a
Sinfonie n. 1-7 1942
n. 1 Classica 1762b, 1791
Sinfonia concerto per vcl 1935
Sul Dnieper 1920
Toccata 1911a
Visions fugitives 1822
Proust, Marcel (1871-1822) 1878, 1913,
1920
Puccini, Giacomo (1858-1924) 1850,
1865, 1874a, 1875, 1890, 1896, 1905a,
1911a, 1930, 1935b, 1945, 1955, 1968
La bohme 1896
Le Villi 1850, 1865, 1896, 1905
Crisantemi 1896
Edgar 1896
Gianni Schicchi 1896
Il tabarro 1896
La fanciulla del West 1896
La rondine 1896
Madama Butterfly 1896, 1945
Manon Lescaut 1896
Suor Angelina 1896

Indice delle opere e dei nomi 933

Tosca 1896
Turandot 1896, 1968
Messa 1890, 1930
Te Deum 1896
Pugnani, Gaetano (1731-1798) 1654,
1803b
Werther 1654
Pugni, Cesare (1802-1870)
Esmeralda 1877
La figlia del faraone 1877
Purcell, Henry (1659-1695) 1670, 1689,
1711, 1712, 1742, 1841, 1945
Abdelazer or The Moors Revenge 1689
Chacony 1689
Didone e Enea (Dido and Aeneas)
1689
Dioclesian 1689
Fantasia upon One Note 1689
Hail, bright Caecilia 1689, 1742
King Arthur 1689, 1711, 1712
The Fairy Queen 1689, 1711, 1712
Welcome to All Pleasures 1689
Pukin, Aleksandr (1799-1837)
1874d, 1938
Quem quaeritis (sec. ix) 1000
Quantz, Johann Joaquim (1697-1773)
1744, 1786
Concerti per fl 1786
Versuch einer Adveisung die Flte traversiere su spielen 1744
Quartetto Amar (1921-1929) 1928a
Quartetto Arditti (1974-) 1960
Quartetto Beethoven (1923-1990) 1960
Quartetto Borodin (1945-) 1960
Quartetto Busch (1920-1951) 1928a
Quartetto Ceco/Boemo (1891-1934) 1908b
Quartetto Fiorentino 1908b
Quartetto Flonzaley (1908-1928) 1928a
Quartetto Helmesberger (1849-1870)
1908b

Quartetto Kolisch (1924-1944) 1928a,


1935a
Quartetto Kronos (1978-) 1960
Quartetto Lener (1918-1947) 1928a
Quartetto Ros (1882-1938) 1928a
Quartetto Joachim (1869-1907) 1878
Quartetto Schuppanzigh (1805-1830)
1806, 1819, 1825
Quartetto Waldbauer-Kerpely (19091946) 1928a
Quartetto Ysaye 1908a
Quinault, Philippe (1635-1688) 1670, 1814
Rabelais, Francois (1483-1553) 1978
Rachmaninov, Sergej (1873-1943) 1700,
1903, 1839a, 1858, 1864, 1874a,
1874d, 1889, 1974
Concerto per pf
n. 2 1821, 1858, 1921
n. 3 1858
n. 4 1921
La follia 1700
Lisola dei morti 1889
Liturgia di san Giovanni Crisostomo
1874
Preludi 1839
Trio lgiacque 1864
Variazioni su un tema di Corelli 1700
Variazioni su un tema di Paganini 1858,
1874a
Racine, Jean (1639-1699) 1734
Raff, Joseph Joachim (1822-1882) 1893
Leonore 1841
Raffaello Sanzio (1483-1520) 1839
Rambaud de Vaquyeras (ca. 1155-1207)
Calenda maya 1230
Rameau, Jean-Philippe (1683-1764)
0, 1654, 1670, 1711, 1712, 1717, 1720,
1722, 1739, 1741, 1749a, 1749b, 1762,
1781, 1803, 1829, 1839, 1865, 1902a,
1908, 1923, 1955

934 Offerta musicale

Castor et Pollux 1749


Dardanus 1749
Hippolyte et Aricie 1749
Les Borades 1749
Les Ftes dHb 1749
Les Indes galantes 1749
Livres de pices de clavecin 1739, 1749
LEntretien des muses 1749
Le Rappel des oiseasux 1654, 1739
Les Cyclopes 1739
Les Niais de Sologne 1739, 1749
Les Tendre plaintes 1749
Les Tourbillons 1739
Musette en rondeau 1749
Tambourin 1739, 1749
Nouvelles suites de pices de clavecin
1739, 1749
Gavotte avec doubles 1739
La Poule 1654, 1739
LEgiptienne 1739
LEnharmonique 1739
Les Sauvages 1739, 1749
Les Triolets 1739
LIndifferante 1739
Sarabande 1749
Plate 1749
Table pour les agrments 1739
Trait de lharmonie rduit ses principes naturels 1722, 1739, 1749,
1781
Vnitienne 1739
Zoroastre 1749a
Ramm, Friedrich (1744-1813) 1786
Ramuz, Charles-Ferdinand (1878-1947)
1920
Rasi, Francesco (1574-1621) 1607
Rasumovskij, Andrej (1751-1836) 1806
Ravel, Mauice (1875-1937) 1654, 1712,
1739, 1802, 1834, 1864, 1874e, 1876,
1876, 1893a, 1901, 1902a, 1903,
1905b, 1908b, 1911a, 1911b, 1920,

1921, 1923, 1928b, 1935b, 1951, 1954


1955, 1968, 1976
A la manire de 1901
Alborada del gracioso 1874e
Bolro 1928b, 1942
Concerti per pf 1901
Concerto in sol 1921
Concerto per pf per la mano sinistra
1921
Daphnis et Chlo 1874, 1913, 1968,
1976
Gaspard de la nuit 1901
Ondine 1901,1903
Le Gibet 1901
Scarbo 1901
Jeux deau 1901, 1903, 1928b
La Valse 1911a, 1920, 1928, 1968
Le Tombeau de Couperin 1874e, 1901,
1903, 1923
LEnfant et les sortilges 1928b, 1951
Ma mre loye 1874, 1901, 1903
Miroirs 1874e, 1901
Noctuelles 1901
Oiseaux tristes 1901
Une Barque sur locan 1874e,
1901
Alborada del gracioso 1874e,
1901
La Valle des cloches 1901
Pavane pour une enfante defunte 1901
Quartetto 1908b
Sonatine 1901
Rapsodie espagnole 1905
Prelude a la nuit 1905
Malaguea 1905
Habanera 1905
Feria 1905
Une Barque sur locan 1874e
Tzigane 1951
Valses nobles et sentimentales 1901
Rauschenberg, Robert (1925-2008) 1951

Indice delle opere e dei nomi 935

Reger, Max (1873-1916) 1000, 1741,


1797, 1827, 1864, 1874, 1885, 1890,
1908, 1923
Christ ist erstanden 1000
Quartetti 1864, 1908
Quintetto con pf 1864
Reich, Steve (1936-) 1198, 1808, 1960,
1968, 1976
A Rainbow in Curved Air 1956
Different Trains 1960, 1976
Drumming 1198, 1976
Its Gonna Rain 1976
Music for Mallet Instruments, Voices
and Organ 1976
Triple Quartet 1960
wtc 9/11 1960
Reicha, Anton (1770-1836)
Grande symphonie de Salon 1827a
Reichardt, Johann Friedrich (17521814) 1786, 1821, 1827b, 1868
Claudine von Villabella 1821
Lieder 1827b, 1868
Reinecke, Carl (1824-1910) 1914
Reiner, Fritz (1888-1963) 1874e, 1928b,
1957
Reinhardt, Max (1873-1943) 1902b,
1905a, 1925
Reisienger, Julius (1828-1892) 1877
Rellstab, Carl (1759-1813) 1786, 1802,
1827
Remnyi, Ede (1828-1898) 1878
Renan, Ernest (1823-1892) 1890
Renoir, Pierre-August (1841-1919)
1901, 1902a, 1920
Resnais, Alain (1922) 1938
Respighi, Ottorino (1879-1936) 1864,
1889, 1896, 1905a, 1920, 1992
Feste romane 1889
Gli uccelli 1992
I pini di Roma 1889, 1992
La fiamma 1896

Le fontane di Roma 1889


La Boutique fantasque 1920
Quintetto con pf 1864
Rossiniana 1920
Rheinberger, Joseph Gabriel (18391901) 1890, 1914
Ricci, Federico (1809-1877) 1853
Crispino e la comare 1853
Ricci, Luigi (1805-1859) 1853
Crispino e la comare 1853
Richter, Franz Xaver (1709-1789)
Sinfonie 1762
Richter, Hans (1843-1916) 1874b, 1878
Richter, Jean Paul (1763-1825) 1834
Richter Sviatoslav (1915-1997) 1874e,
1902b, 1911a, 1955, 1960
Ricordi, editori (sec. xix - xx ) 1820,
1896, 1920
Ries, Ferdinand (1784-1838) 1802, 1819
Righini, Vincenzo (1756-1812) 1823b,
1787
Il convitato di pietra 1787
Il Demogorgone 1787
Rihm, Wolfgang (1952-)
1727, 1864, 1905a, 1935, 1942, 1945,
1960, 1978, 2002
Deus passus 1727
Die Eroberung von Mexico 1978
Die Hamletmaschine 1978
Jakob Lenz 1945
Lichtes Spiel 1935
Quartetti n. 1-13 1960
Sraphin 1978
Sinfonia n. 3 1942
Trio 1864
Riley Terry (1935-)
In C 1976
Rilke, Rainer Maria (1875-1926) 1962,
1985
Rimbaud, Arthur (1854-1891) 1908,
1942, 1956

936 Offerta musicale

Rimskij-Korsakov, Nikolaj (1844-1908)


1827, 1927b, 1834, 1874a, 1874c,
1874d, 1874e, 1875, 1889, 1893a,
1905b, 1913, 1942
Antar 1874a
Capriccio spagnolo 1874c
Il gallo doro 1874d
La fanciulla di neve 1874d
Lo zar Saltan 1874d
Sadko 1874a
Settimino 1827
Shhrazade 1874b
Rinuccini, Ottavio (1562-1621)
1594, 1607, 1624, 1664, 1670
Ritter, Alexander (1833-1896) 1889
Robbins, Jerome (1918-1998) 1976
Robespierre, Maximilien de (17581794) 1830
Rochberg, George (1918-2005) 1806,
1960, 1968, 2007
12 Bagatelles 2007
Concerti per vl, ob, cl 1806
Contra Mortem et Tempus 1968
Music for the Magic Theater 1806,
1968
Quartetti
n. 3 1806
n. 4-7 1806
Zodiac 2007
Rode, Pierre (1874-1830) 1804, 1820,
1878
Rodgers, Richard (1902-1979) 1896,
1935
Carousel 1935b
Oklahoma! 1896, 1935
South Pacific 1935
The King and I 1935
The Sound of Music 1935
Rodolfo ii dAsburgo (1572-1612) 1594
Rodolfo dAsburgo (1788-1831) 1804,
1823a, 1827a, 1805a, 1808b

Rodrigo, Joaqun (1902-1999)


Concierto de Aranjuez 1905
Roerich, Nikolaj (1877-1947) 1913
Romani, Felice (1788-1865) 1816, 1831
Rore, Cipriano de (1516-1565)
1500, 1594, 1597
Da le belle contrade dOriente 1500
Rosa, Salvatore (1615-1673) 1839
Rosbaud, Hans (1895-1962) 1985
Roseingrave, Thomas (1690-1766) 1739
Rosenmann, Leonard (1924-2008)
1938, 1957
Rossini, Gioachino (1792-1868) 1000,
1736, 1749, 1803a, 1808a, 1814, 1816,
1820, 1821, 1823a, 1826, 1829, 1831,
1834, 1839b, 1846, 1850, 1853a, 1858,
1874a, 1874d, 1878, 1920, 1942, 1960
Elisabetta, regina dInghilterra 1829
Guglielmo Tell (Guillaume Tell) 1816,
1829, 1850, 1874a, 1942, 1960
Il barbiere di Siviglia 1791, 1816, 1826,
1829
Il signor Bruschino 1816
Il viaggio a Reims ossia Lalbergo del
Giglio dOro 1816
La cambiale di matrimonio 1816
La cenerentola 1820, 1829
La donna del lago 1829
La pietra di paragone 1816
La scala di seta 1816
Lassedio di Corinto 1831
Le Comte Ory 1816, 1829
Lequivoco stravagante 1816
Linganno felice 1816
Litaliana in Algeri 1816, 1829
Loccasione fa il ladro 1816
Maometto ii 1829
Mos in Egitto (Mose et Pharaon)
1820, 1829
Otello 1829, 1839
Petite messe solennelle 1823a, 1874a

Indice delle opere e dei nomi 937

Semiramide 1816, 1829


6 Sonate per archi 1816
Stabat Mater 1000, 1736
Tancredi 1820
Rostropovic, Mstislav (1927-2007) 1960
Rosza, Miklos (1907-1975) 1938, 1957
Rota, Nino (1911-1979) 1938
Rothko, Mark (1903-1970) 1985
Rouget de lIsle, Claude-Joseph (17601836)
La marseillaise 1804
Rousseau, Jean-Jacques (1712-1778)
1654, 1712, 1749a 1787, 1808a
Pygmalion 1654, 1912
Le Devin du village 1749a
Roussel, Albert (1869-1937) 1896, 1912,
1942
Sinfonie n. 1-4 1942
Padmvat 1896
Le Festin de laraigne 1913
Rubinstein, Arthur (1887-1982) 1927,
1911, 1913, 1935, 1955
Rubintein, Ida (1885-1960) 1928b
Rubintejn, Anton (1829-1894) 1853,
1858, 1864, 1874b, 1875, 1878, 1878,
1893, 1903, 1908b, 1911, 1921, 1960
Quartetti 1908b
Quintetto con pf 1874b
Demon 1875
Rubintejn, Nikolaj (1835-1881) 1839,
1853, 1903
Rckert, Friedrich (1788-1866) 1822,
1908a
Ruggles, Carl (1876-1971)
Lilacs 1914
Sun Treader 1914
Russolo, Luigi (1885-1947) 1920, 1951
Rutini, Giovanni Marco (1723-1797) 1783
Rudel, Jaufr (?-1147) 1230
Ruffo, Vincenzo (1510-1587) 1562
Roberto dAngi (1287-1343) 1230

Saariaho, Kaija (1952)


Sacher, Paul (1906-1999) 1928
Sachs, Hans (1494-1576)
Silberweise 1230
Saffo (ca. 640-570 a.C.) 1230
Saint Colombes, Monsieur de (16401700) 1720
Saint-Lon, Arthur (1821-1870) 1877
Saint-Sans, Camille (1835-1921) 1839,
1889, 1902, 1905, 1921
Concerti per pf
n. 2 1890
n. 5 1890
Concerti per vl n. 1-3 1820, 1858, 1878
Concerti per vlc 1935
Danse macabre 1874c
Introduzione e rond 1878
Henry 1829
LAssasinat du duc de Guise 1938
Le Deluge 1874
Le Jeunesse dHercule 1874c
Le Rouet dOmphale 1874c
Oratorium 1874a
Phaton 1874c
Quintetto con pf 1864
Requiem 1874a
Samson et Dalila 1865, 1875, 1876,
1901
Settimino 1827
Sinfonia n. 3 1890
Trii 1864
Saint-Sevin, Joseph-Bernad, detto
Labb Le fils (1727-1803) 1700
Salieri, Antonio (1750-1825) 1700, 1781,
1787, 1798, 1804, 1821, 1823, 1830
Axur, Re dOrmus 1787
Falstaff 1787
Il ricco dun giorno 1787
La follia 1700
Europa riconosciuta 1787
Tarare 1787

938 Offerta musicale

Salis, Johann Gaudenz von (1762-1834)


1822
Salomon, Johann Peter (1745-1815)
1794, 1797, 1798
Sammartini, Giovani Battista (17001775) 1762a, 1762b, 1781, 1783
Memet 1762a
Sinfonie 1762b, 1788
Sand, George (1804-1876) 1839
Sanguineti, Edoardo (1930-2010) 1968,
2002
Sanquirico, Alessandro (1777-1849)
1803
Sonzogno, Edoardo (1836-1920) 1896
Saram, Rohan de (1939-) 2002
Sarasate, Pablo de (1844-1908) 1820,
1878
Carmen 1878
Introduzione 1878
Serenata 1878
Sarti, Giuseppe (1729-1802) 1814, 1877
Fra i due litiganti 1787
Satie, Erik (1866-1925) 1902, 1903, 1942
En habit de cheval 1901
Messe des pauvres 1874, 1890
Ogives 1901
Parade 1920
Ragtime 1920
Relche 1920
Trois morceaux en forme de poire 1901,
1920
Scacchi Marco (1602-1685)
Cribrum musicum 1664
Scarlatti, Alessandro (1660-1725) 1562,
1624, 1648, 1689, 1711, 1734, 1736,
1739, 1749, 1762a, 1762b, 1823a,
1874a
Cantate da camera 1624
Follia 1739
Messe 1562
Oratori 1648

Scarlatti, Domenico (1685-1757) 1711,


1717, 1736, 1739, 1741, 1744, 1749,
1783, 1820, 1828, 1920, 1921, 1928b,
1955
Essercizi per gravicembalo 1739
La fuga del gatto 1920
Scelsi, Giacinto (1905-1988)1938
Quartetti n. 2-3 1960
Schaeffer, Pierre (1910-1995)
Symphonie pour en homme seul 1956
Orphe 1956
Schalk, Joseph (1857-1900) 1874
Schalk Franz (1863-1931) 1874
Scheidt, Samuel (1587-1654) 1727
Tabulatura nova 1708
Schein, Johann Herrmann (1586-1630)
Il banchetto musicale 1717
Scherchen, Hermann (1891-1966) 1985
Schiele, Egon (1890-1918) 1905
Schikaneder, Emanuel (1751-1812)
1791
Schiller, Friedrich (1759-1805) 1762,
1805, 1808, 1822, 1823, 1824, 1827,
1839, 1841, 1853, 1868, 1874
Schillings, Max von (1868-1833)
Hexenlied 1905, 1912
Schindler, Alma Mahler
Schindler, Anton (1795-1864) 1808,
1805
Schipa, Tito (1888-1965) 1875
Schlegel, Friedrich (1772-1829) 1805,
1821
Schmeller, Johann Andreas (1785-1822)
Carmina Burana 1230
Schmidt von Lbeck, Georg Philipp
(1766-1849) 1822
Schmitt, Carl (1888-1885) 1908
Schnabel, Arthur (1882-1951) 1955
Schneider, Friedrich (1786-1853) 1808
Schneitzhffer, Jean (1785-1852)
La sylphide 1920

Indice delle opere e dei nomi 939

Schnittke, Alfred (1934-1998)


Historia von D. Johannes Fausten 1994
Quintetto con pf 1864
Requiem 1962, 1957
Sinfonie n. 2, n. 4 1992
Trio 1864
Schnitzler, Arthur (1862-1831) 1905
Schober, Franz von (1796-1882) 1822,
1827
Schobert, Johann (ca. 1740-1767) 1783,
1783, 1786
Schnberg, Arnold (1874-1951) 1450,
1597, 1624, 1654, 1741, 1749, 1797,
1805, 1822, 1823, 1825, 1839, 1853,
1864, 1874, 1885, 1902, 1905a, 1905b,
1908b, 1911, 1912, 1913, 1914, 1920,
1921, 1923, 1925, 1928a, 1930, 1935a,
1935b, 1936, 1938, 1945, 1951, 1954,
1955, 1957, 1962, 1968, 1978, 2002
A Survivor from Warsaw 1654, 1912,
1923, 1928
Musica daccompagnamento cinematografico 1938
Brahms il progressivo 1885
Concerto per pf 1921, 1923, 1928a
Concerto per vl 1923
Die glkliche Hand 1905a, 1908b,
1912, 1925, 1978
Die Jakobs Leiter 1912
Erwartung 1905a, 1908b, 1911, 1912,
1925, 1978
15 Gedichten aus Das Buch der hngenden Grten 1908b
Gurrelieder 1624, 1902, 1905b
Il rapporto con il testo 1912
3 Klavierstcke op. 11 1908b, 1911,
1955
5 Klavierstcke op. 23 1822, 1923,
1955
6 kleine Klavierstche op. 19 1822,
1923

Kol nidre 1912


Moses und Aaron 1912, 1923, 1925
Ode to Napoleon 1912
5 Orchesterstcke op. 16 1905b,
1908b, 1911, 1912
Pelleas und Melisande 1902, 1905b
Pierrot lunaire 1450, 1654, 1885,
1905, 1912, 1925, 1954
Preludio e fuga 1749
Quartetto n. 2 op. 10 1908b, 1911
Quartetto n. 3 op. 30 1908b, 1923,
1928a
Quartetto n. 4 op. 37 1908b, 1923,
1928a
Quintetto op. 26 1923
Rapporto con il testo 1912
Serenata op. 24 1923
Sinfonia da camera n. 2 1923
Suite op. 25 1923
Trattato di armonia 1908b
Variazioni per orchestra op. 31 1885,
1923
Verklrte Nacht 1902, 1908b
Schopenhauer, Arthur (1788-1860)
1682, 1876, 1962
Schreker, Franz (1878-1934)
Der ferne Klang 1905
Schubert, Ferdinand (1794-1859) 1826
Schubert, Franz (1787-1828)
1610, 1736, 1744, 1783, 1785, 1787,
1788, 1795, 1797, 1802, 1804, 1805a,
1805b, 1806, 1819, 1820, 1821, 1822,
1823a, 1823b, 1824a, 1824b, 1826,
1827a, 1827b, 1829, 1834, 1839a,
1839b, 1841, 1853b, 1858, 1864,
1865, 1874b, 1876, 1901, 1902b,
1905a, 1905b, 1911a, 1955, 1968
Alfonso und Estrella (Alfonso ed
Estrella) 1821
An die Musik 1827b
Claudine von Villa Bella 1821

940 Offerta musicale

Der Spiegelritter 1821


Der Todt und das Mdchen 1822,
1824b, 1827a, 1827b
Der Wanderer 1822, 1826, 1827b
Die Forelle 1822, 1827b
Die junge Nonne 1827b
Die schne Mllerin 1821, 1824b,
1827b
Die Winterreise 1821, 1826, 1827a,
1827b
Die Zauberharfe 1821, 1841
Die Zwillingsbrder 1821
Erlknig 1822, 1827a, 1827b, 1876
Fantasia op. 108 1744
Fantasia Wanderer 1822, 1853
Fierrabras 1821
Geistes Grss 1827b
Gesang der Geister ber den Wassern
1827b
Gesnge des Harfners 1827b
Gli di della Grecia 1824b
Gretchen am Spinnrade 1822, 1827b
Gruppe aus Tartarus 1827b
Il castello del diavolo 1821
Improvvisi per pf
op. 90, 1822
op. 142 n. 1 1821, 1822, 1823b
op. 142 n. 3 1822, 1823b, 1824b
3 Klavierstcke 1822
Lazarus 1821
Magnificat 1610
Messa D 950 1823a
Momenti musicali 1822, 1823b
n. 4 Air ecossaise 1822
Ottetto 1824b, 1827a
Ouverture nello stile italiano 1826
Quartetto op. 29
n. 1 Rosamunde 1821, 1922, 1824b,
1827
n. 2 1824b, 1923
Quartetti

n. 12 D 703 1824b
n. 14 La morte e fanciulla 1785,
1822, 1824b
n. 15 op. 161 1824b
Quintetto della trota 1822, 1827a,
1864
Quintetto D 956 (op. 163) 1824b,
1825, 1827a
Rosmunde, principessa di Cipro 1821,
1822, 1824b, 1841
Sakuntala 1821
Schfers Klagelied 1822
Schwanengesang 1827a, 1827b
Sinfonie
n. 1-6 1808, 1926
n. 8 Incompiuta 1788, 1808, 1819,
1822, 1824, 1826, 1874b
n. 9 La grande 1808, 1822, 1824b,
1826, 1827a, 1841, 1874b
Sonate per pf
op. 42 1822
op. 53 1822
op. 78 1822
D 958 1822, 1824b
D 960 1822
Sonatine op. 137 1803
Stabat mater 1736
Todt 1827
Trii op. 99 e 100 1827a
Valses nobles op. 77 1822, 1834
Variazioni su Trockne Blumen 1824
Schuch, Ernst von (1846-1914) 1911
Schulz, Johann Abraham Peter (17471800) 1827b
Schtz, Heinrich (1585-1672) 1000,
1562, 1607, 1610, 1642, 1648, 1664,
1727, 1742, 1744, 1827, 1868, 1930
Christ ist erstanden 1000
Dafne 1607, 1649, 1664
Kleiner geistlichen Konzerte 1664
Lieder 1664, 1827

Indice delle opere e dei nomi 941

Oratorio di Natale (Weihnachtshistoria) 1664


Passione secondo san Giovanni 1664,
1727
Passione secondo san Luca 1664, 1727
Passione secondo san Matteo 1664, 1727
Storia della resurrezione 1664
Salmi davidici 1610, 1664
Sette parole di Cristo 1664
Symphonie sacrae 1664
Schuman, William (1910-1992)
Sinfonie n. 3-10 1942
George Washington Bridge 1942
Schumann Wieck, Clara (1819-1876)
1823a, 1834, 1858, 1864, 1865, 1874b,
1878
Schumann, Robert (1810-1856) 1624,
1654, 1670, 1708, 1720a, 1722, 1727,
1739, 1741, 1744, 1788, 1802, 1803b,
1805b, 1806, 1808a, 1808b, 1814,
1819, 1820, 1822, 1823a, 1823b,
1824a, 1824b, 1825, 1826, 1827a,
1827b, 1830, 1834, 1839a, 1841,
1853b, 1858, 1864, 1865, 1868, 1874c,
1874e, 1878, 1885, 1890, 1893a,
1902b, 1908a, 1912, 1914, 1955, 1960
Adagio e Allegro 1827a
Canti del mattino 1834
Carnaval 1820, 1834, 1858, 1874e
Carnevale di Vienna 1834
Ciaccona 1720a
cicli pianistici 1822
Concerto per pf 1786, 1808b
Davidsbndlertnze 1834
Dichterliebe 1827b
Fantasia op. 17 1744, 1853b
Frauenliebe und Frauenleben1827b
3 Geistliche Chre 1868
Grande Humoreske 1834
Il paradiso e la peri 1624, 1868
Il pellegrinaggio della rosa 1868

Kinderszenen 1834, 1874


Kreisleriana 1744, 1834
Lieder 1827b
Liederkreis 1827b
Manfred 1654, 1670, 1841, 1912
Mrchenerzhlungen 1827a
Davidsbndlertnze 1834
Novelletten 1834
Fantasiestcke 1827a, 1834
Quartetto con pf op. 47 1864
Quartetti
op. 41 1825, 1864
op. 44 1864
Requiem op. 148 1868
Requiem fr Mignon 1868
n. 1 Primavera 1788, 1826
n. 3 Renana 1788, 1826, 1841,
1874b, 1914
n. 4 1885
Sonate per pf
n. 1 op. 11 1853b
n. 2 op. 22 1853b
n. 3 op. 14 Concerto senza orchestra
1819, 1853b, 1858
Studi op. 10 1820
6 Studi da Paganini op. 3 1820
Studi sinfonici in forma di variazioni
op. 13 1823b, 1834
Trii n. 1-3 1827a, 1864
Variazioni Abegg 1823b, 1834
Schuppanzigh, Ignaz (1776-1830) 1804,
1806, 1820, 1824, 1824
Sciarrino, Salvatore (1947-) 1905, 2002
Arabesque 1992
Luci mie traditrici 1978
Scorsese, Martin (1942-) 1938
Scott, Walter (1771-1832) 1822, 1829,
1830, 1841, 1875
Scotto, stampatori (sec. xvi) 1500
Scribe, Eugne (1791-1861) 1816, 1829,
1853, 1875, 1887, 1896

942 Offerta musicale

Segal, George (1934-) 1951


Segovia, Andrs (1893-1987) 1874,
1901
Le marriage de la toure Eiffel 1920
Seikilos
100
Senancour, tienne Pivert de (17701846)
1839
Senesino Berardi
Senfl, Ludwig (1486-1543) 1450, 1500,
1562
Missa LHomme arm 1450
Choralis Constantinus 1500
Serafin, Tullio (1878-1968) 1911
Serkin, Rudolf (1903-1991) 1955
Sert, Misia (1872-1950) 1920
Sessions, Roger (1896-1985)
Sinfonie 1-9 1914, 1942
Sonata per vl 1957
Sgambati, Giovanni (1841-1914) 1864 ,
1985
Quintetto con pf 1864
Sforza, Ascanio (1455-1505)
1461, 1562
Sforza, Francesco i (1401-1466) 1500
Sforza, Galeazzo Maria (1444-1476)
1500
Shakespeare, William (1564-1616)
1594, 1624, 1670, 1689, 1762, 1791,
1803, 1805b, 1821, 1822, 1829, 1830,
1831, 1841, 1853, 1874c, 1875, 1887,
1889, 1908, 1978
Shankar, Ravi (1920-2012) 1976
Shaw, George Bernard (1856-1950)
1689, 1875
Shore, Howard (1946-)
The Fly 1938
Sibelius, Jean (1865-1957) 1820, 1864,
1874b, 1874e, 1889, 1893a, 1902a,
1908b, 1935, 1942

Cavalcata notturna 1889


Concerto per vl 1820
Finlandia 1889
Karelia 1889
La figlia di Pohjola1889
La ninfa del bosco 1889
Lemminkinen 1889
Il cigno di Tuonela 1889
Quintetto con pf 1864
Sinfonie
n. 1-7 1893a
n. 8 1942
Tapiola 1889, 1893a
Una saga 1889
Voces intimae 1908b
Siedl, Anton (1850-1898) 1893
Silbermann, Gottfried (1683-1753)
1783, 1890
Simoneau, Leopold (1916-2006) 1875
Simrock, Fritz (1837-1901) 1893
Sisley, Alfred (1839-1899) 1901, 1902
Skrjabin, Aleksandr (1872-1915) 1839a,
1846, 1847, 1874e, 1889, 1893a, 1903,
1905b, 1912, 1921, 1992
Concerto per pf 1921
Il poema dellestasi 1889, 1905b
Il poema divino (Sinfonia n. 3) 1893a,
1889, 1905b
Messa bianca 1846
Messa nera 1846
Nocturnes per pf 1846
Preludi per pf 1839a
Prometeo, o Il poema del fuoco 1893a,
1889, 1905b, 1912
Sonate per pf 1846
Slater, Montagu (1902-1956) 1945
Slatkin, Leonard (1944-) 1874
Slonimsky, Nicolas (1894-1995) 1914,
1923
Smareglia, Antonio (1854-1929) 1887
La falena 1850

Indice delle opere e dei nomi 943

Nozze istriane 1850


Oceana 1948
Smetacek, Vaclav (1906-1986) 1874
Smetana, Bedic (1824-1884) 1830
La sposa sorteggiata 1850, 1875
Trio 1864
Blanik 1874
I brandenburghesi in Boemia 1874
Poemi sinfonici 1654
La mia patria 1874
Dai boschi e dai prati 1874
Dalibor 1874, 1875
Hakon 1874
Libuse 1874, 1875
La Moldava 1874
Riccardo iii 1874
Sarka 1874
Tabor 1874
Vyserad 1874
Il campo di Wallenstein 1874
Quartetto n. 1 Dalla mia vita 1908
Quartetto n. 2 1908
Sigismondo di Lussemburgo (13681437) 1450
Smithson, Harriet (1800-1854) 1830
Smith, Bessie (1894-1937) 1914
Sofocle (496-406) 1808, 1841, 1905,
1912,1930
Sollertinskij, Ivan (1902-1944) 1960
Solti, Georg (1912-1997) 1742, 1911,
1955
Somis, Giovanni Battista (1686-1763)
1700, 1804
Sonnleithner, Joseph Ferdinand (17661835) 1914
Sonzogno, Edoardo (1836-1920) 1896
Sor, Fernando (1778-1839)
Follia 1700
Sordello da Goito (ca. 1210-1269) 1230
Soriano, Francesco (1549-1621)
Graduale romano 1000

ostakovi, Dmitrij (1906-1975) 1722,


1762, 1788, 1794, 1806, 1874, 1902,
1912, 1936, 1992
Amleto 1938
Canti e danze della morte 1827
Canto delle foreste 1624 Cinque gioni
e cinque notti 1938, 1960
Concerto per vcl 1935a, 1960
Concerti per vl 1960
Il naso 1925
La caduta di Berlino 1938
Lady Macbeth del distretto di Mzensk
1925, 1945, 1960
Lieder da Blok 1908a
Lieder da Michelangelo 1908a
24 Preludi e fughe 1722, 1960
Quartetti n. 1-14 1928a, 1960
n. 15 1928a, 1960, 1962
Quintetto con pf 1864, 1960
Sinfonie 1-15 1942
n. 1 1925, 1960
n. 7 Leningrado 1874, 1928a, 1942,
1960
n. 13 1908, 1962
n. 14 1908, 1814, 1962
Sonata per vl e pf 1960
Trio op. 67 1864, 1824, 1960
Sousa, John Philip (1854-1932) 1914
Stars and Stripes for ever
Spaun, Joseph von (1788-1865) 1826
Spengler, Oswald (1880-1936) 1908
Spielberg, Steven (1946-) 1938
Spohr, Louis (1754-1859) 1805, 1820
Concerti per vl 1878
Faust 1821
Jessonda 1821
Nonetto 1827
Quartetti 1824
Sinfonie 1893
Spontini, Gaspare (1774-1851) 1762,
1804, 1823, 1829

944 Offerta musicale

Agnes di Hohenstaufen 1829


Fernando Cortez 1829
La Vestale 1831
Sprague Clolidge, Elizabeth
1928
Stadler, Johann (1717-1757) 1786, 1788
Stalin (1878-1953) 1925, 1938, 1942,
1960, 1962, 1976
Stamitz, Johann (1745-1801)
Concerti per fagotto 1786
Sinfonie 1762, 1816
Stasov, Vladimir (1824-1906) 1874,
1874
Stefano ix (1020-1058) 1000
Steibelt, Daniel (1765-1823) 1808b,
1839a
la chasse 1808b
Concerti per pf n. 1-8 1808b
Stein, Johann Andeas (1728-1792) 1783,
1802
Sterbini, Cesare (1784-1831) 1816
Stern, Isaac (1920-2001) 1955
Sterndale Bennett, William (1816-1875)
1893
Stockhausen, Karlheinz (1928-2007)
0, 1198, 1624, 1822, 1823, 1905. 1913.
1923, 1936, 1938, 1951, 1954, 1956,
1957, 1960, 1962, 1968, 1985, 1992,
2002, 2007
Aus den sieben Tage 2007
Cosmic Pulse 1956, 1985
Fr kommende Zeiten 2007
Gesang der Jnglinge 1956
Gruppen 1954, 1960, 1968
Helicopter Quartet 1960
Hymnen 1956, 1968
Jahreslauf 2007
Klang 2007
Klavierstcke 1822, 1936, 1951
Klavierstcke i-xi 1936, 1951, 2007
Klavierstcke xii-xiv 2007

Kontakte 1956, 1968


Licht 1936, 1951, 1978, 2007
Donnerstag 1978, 2007
Sonntag 1978
Mantra 1823
Mikrophonie i & ii 1968
Mixtur 1968, 1985
Momente 1624, 1954, 2007
Telemusik 1968
Tierkreis 2007
Stokowski, Leopold (1882-1977) 1874e,
1902b, 1911, 1914, 1925, 1928b,
1935, 1942
Stlzel, Gottfried Heinrich (1690-1749)
1720, 1749
Stsslov, Kamila (1891-1935) 1928
Strabone (64 a.C.-24 d.C.) 1734
Stradella, Alessandro (1639-1682) 1712,
1734, 1742
Stradella, Alessandro (1639-1682)
Concerti grossi 1712
Israel in Aegypt (Hndel) 1742
Sinfonie dopera 1734
Stradivari, Antonio (1644-1737)
1624, 1700, 1955
Strauss, Johann jr. (1825-1899) 1821,
1864, 1875, 1911b
Una notte a Venezia 1821, 1875
Il pistrello 1821, 1875, 1911b
Sul bel Danubio blu 1911b
Valzer 1911b
Sangue viennese 1875
Lo zingaro barone 1875
Strauss, Richard (1864-1949) 1500,
1654, 1670, 1797, 1827a, 1827b, 1830,
1834, 1865, 1874c, 1874d, 1889,
1902a, 1902b, 1905a, 1905b, 1908a,
1908b, 1911b, 1912, 1913, 1921,
1923, 1925, 1935a, 1938, 1945, 1955,
1968, 1976
Arabella 1911b

Indice delle opere e dei nomi 945

Arianna a Nasso 1875, 1911b


Aus Italien 1889
Capriccio 1911b
Cos parl Zarathustra (Also sprach
Zarathustra) 1889, 1905a
Daphne 1911b
Der Schloss am Meer 1912
Die Josephslegende 1913
Don Chisciotte 1889, 1905a, 1935a
Don Juan 1874c, 1889, 1905a
Elena egizia 1875, 1911b
Elektra 1902a, 1905a, 1908a, 1911b
Enoch Arden 1654, 1905a, 1912, 1938
Feuersnot 1905a
Friedenstag 1911b
Guntram 1865, 1905a
I tiri burloni di Till Eulenspiegels
1889, 1905a
Il borghese gentiluomo 1670, 1911b
Il cavaliere della rosa (Der Rosenkavalier) 1911b, 1955, 1968
Intermezzo 1911b
La donna senzombra 1911b
La donna silenziosa 1911b
Lamore di Danae 1911b
Morte e trasfigurazione 1889
Panathenenzug 1921
Parergon 1921
Poemi sinfonici 1654
Quartetto con pf 1864
Salome 1875, 1902a, 1905a, 1908a, 1925
Serenata op. 7 1827a
Sinfonia delle Alpi 1797, 1889
Sinfonia domestica 1889
Suite 1827a
Una vita deroe (Ein Heldenleben)
1500, 1889, 1905a
Vier letze Lieder 1908a
Stravinskij, Igor (1882-1971) 1198,
1363, 1594, 1597, 1607, 1610, 1654,
1720, 1736, 1741, 1749a, 1749b, 1787,

1795, 1797, 1803, 1820, 1823, 1827,


1874, 1877, 1902, 1903, 1905, 1911,
1912, 1913, 1920, 1921, 1923, 1928b,
1930, 1935a, 1935b, 1942, 1954, 1955,
1957, 1962, 1968, 1992
Agon 1957
Apollon Musagte 1920, 1957
A Sermon, a Narrative, a Prayer 1957
Cantata 1930
Canticum sacrum ad honorem Sancti
Marci nominis 1597, 1957
Capriccio 1921
Concerto per pf e strumenti a fiato
1721, 1921
Concerto per 2 pf e orch 1921
Concerto per vl e orch 1820, 1935a
Concerto-Burlesca 1913
Do not go gentle 1957
Divertimento 1935a
Duo concertante 1935a
Dumbarton Oaks 1930
Ebony Concerto 1930,1935a
Feu dartifice 1913
Histoire du soldat 1920
Jeux de cartes 1957
In memoriam Dylan Thomas DirgeCanons and Song 1957
La carriera di un libertino (The Rakes
Progress) 1957
La sagra della primavera (Le Sacre du
printemps) 1198, 1913, 1914, 1920,
1928b, 1957, 1968
Le Baiser de la fe 1720, 1921, 1957
Le Chant du rossignol 1920
Les Noces 1198, 1920, 1928b
Luccello di fuoco (LOiseau de feu)
1913, 1920, 1957
Messa 1363, 1874, 1930
Mavra 1920
Monumentum pro Gesualdo di Venosa
ad cd anno 1594

946 Offerta musicale

Movements 1921, 1957


Oedipus rex 1920, 1930
Orpheus 1607, 1957
Persphone 1654, 1912
Petruka 1787, 1913, 1920, 1957
Piano-Rag-Music 1911
Pulcinella 1736, 1749a, 1920, 1935a
Quartetto n. 1 1928
Ragtime 1911, 1920
Renard 1920
Requiem Canticles 1954, 1957
Scnes de ballet 1957
Scherzo la russe 1913
Septuor 1827
Sinfonia n. 1 1913
Sinfonia di salmi (Symphonie de
Psaumes) 1610, 1930, 1942
Sinfonia in do 1930, 1942
Sinfonia in tre movimenti 1930, 1942
Sonata per pf solo 1921
Symphonies pour instruments vent
1921
Suites italiennea 1920
The Flood 1957
Threni 1954, 1957
Trois mouvements de Petrouchka
1911, 1955
Variazioni canoniche 1741, 1749b,
1823, 1954
Stravinskij, Sviatoslav Soulima (19101994) 1921
Streicher, Johann Andreas (1761-1833)
1802, 1819
Strepponi, Giuseppina (1815-1897)
1853a
Striggio, Alessandro (figlio) (1573-1630)
1607, 1762
Striggio, Alessandro (padre) (ca. 15351590) 1594, 1607
Il cicalamento delle donne al bucato
1594

Strobel, Heinrich (1898-1970) 1985


Strozzi, Barbara (1619-1664)
Arie a voce sola 1624
Sturges, John (1910-1992) 1938
Sullivan, Arthur (1842-1900) 1935
Mikado 1875
Supp, Franz von (1819-1895)
Boccaccio 1821, 1875
Cavalleria leggera 1821, 1875
Sssmayr, (1766-1803) 1786, 1874, 1823
Le streghe 1823
Swedenborg, Emanuel (1688-1772)
1923
Sweelinck, Jan Pieterszoon (1562-1621)
1722
Mein junges Leben hat ein End 1741
Swieten, Gottfried van (1733-1803)
1722, 1742, 1794, 1798
Szigeti, Joseph (1892-1973) 1835, 1935
Szymanowski, Karol (1882-1937) 1000,
1736, 1930
Concerto per violino op. 35 1935
Concerto per violino op. 61 1935
Litanie alla Vergine Maria 1930
Stabat Mater 1000, 1736, 1930
Veni Creator 1930
Tablada, Juan Jos (1871-1945) 1914
Tadolini, Giovanni (1789-1872)
Stabat mater 1736
Tagliavini, Ferruccio (1913-1995) 1875
Taglioni, Maria (1804-1884) 1877
Taglioni, Filippo (1777-1871) 1877
Tagore, Rabindrahnath (1861-1941)
1908, 1976
Tailleferre, Germaine (1892-1983) 1920,
1928
Takemitzu, Tru (1930-1996)
A Flock descends (1902)
Asterism 2007
Gmeaux 2007

Indice delle opere e dei nomi 947

Orion and Pleiades 2007


Star-Isle 2007
November steps 1954
Ran 1938
Tallis, Thomas (1505-1585) 1562, 1653,
1893a
Spem in alium 1562
Why Fumth in Fight 1893a
Tamagno, Francesco (1850-1905)
1887
Taneev, Sergej (1856-1915) 1893
Quintetto con pf
Targioni Tozzetti, Giovanni (1863-1634)
1896
Tartini, Giuseppe (1692-1770) 1700,
1720, 1781, 1804
De principi dellarmonia musicale contenuta nel genere diatonico 1820
Didone abbandonata 1820
Il trillo del diavolo 1820
Trattato degli abbellimenti 1820
Trattato di musica 1820
Tasso, Torquato (1544-1595)
1594, 1624, 1670, 1711, 1734, 1868
Tausig, Karl (1841-1871) 1858, 1864
Tavener, John (1944-2013) 1962, 2002
Celtic requiem 1962
Liturgy of St. John Chrisostom 1962
Requiem 1962
Taverner, John (1490-1545) 1500, 1562,
1635
Anthem 1562
Dum transisset 1562
In nomine 1635
Messa Western Wynde 1500
Telemann, Georg Philipp (1681-1767)
1624, 1670, 1717, 1720b, 1727, 1742,
1744, 1749, 1885
Passione secondo san Matteo 1727
Cantate sacre 1624
Tafelmusik 1670, 1717

Tell, Guglielmo (sec. xiv) 1839


Teller, Edward (1908-2003) 1976
Tennstedt, Klaus (1926-1998) 1902
Tennyson, Alfred (1809-1892) 1905
Theodorakis, Mikis (1925-) 1992
Thalberg, Sigismond (1812-1871) 1834,
1853, 1858, 1893
Concerti 1808b
Theremin, Lon (1896-1993) 1956
Thielemann, Christian (1959) 1911
Thomas, Ambroise (1811-1896)
Hamlet 1875, 1887
Mignon 1875
Thomson, Virgil ( 1896-1989)
Lord Byron 1914
Thoreau, Henry David (1817-1862)
1914
Thurber, Jeannette (1850-1945) 1893
Tieck, Ludwig (1773-1853) 1827, 1868
Tinctoris, Johannes (1435-1511) 1450,
1461
Missa LHomme arm 1450
Tiomkin, Dimitri (1894-1979) 1938, 1942
Tippett, Michael (1905-1998)
The Knot Garden 1945
The Midsummer Marriage 1945
Sinfonie 1942
Tirso de Molina (1571-1648) 1787, 1889
Titelouze, Jehan (ca. 1566-1633) 1610,
1708, 1739
Hymnes de lglise 1708
Magnificat 1610
Toeschi, Carlo Giuseppe (1731-1788)
Sinfonie 1762
Tolstoj, Lev (1828-1810) 1804, 1908
Tomkins, Thomas (1572-1656)
Madrigali 1594
Tommasini, Vincenzo (1878-1950) 1887
Le donne di buon umore 1920
Tommaso dAquino (1225-1274) 1000,
1363, 1992

948 Offerta musicale

Lauda Sion Salvatorem 1000


Summa Theologiae 1992
Tommaso da Celano (1200-1270) 1000, 1874
Torelli, Giuseppe (1658-1709)
Sonate 1700
Concerti grossi 1700, 1712
Concerti per tr. 1721
Toscanini, Arturo (1867-1957) 1887,
1896, 1902, 1905, 1911, 1928, 1935,
1955
Tosti, Francesco Paolo (1846-1916)
Romanze 1911
Toulouse Lautrec, Henri (1864-1901)
1902
Tournemire, Charles (1870-1939) 1962
Lorgue mystiqe 1890, 1930
Traetta, Tommaso (1727-1769) 1762
Trapasso Pietro Metastasio
Tromboncino, Bartolomeo (1470-1535)
1500
Trost, Johann (1755-1831) 1797
Trutovskij, Vasilij (ca. 1740-1811) 1874
Tudor, David (1926-1996) 1951, 1956
Tumalov, Michail (1861-1896) 1874
Tuthamhamon (1341-1323 a.C.) 1976
Tye, Christopher (ca. 1500-1573) 1562,
1635
Laudate Nomen Domini 1562
Umlauff, Ignaz (1746-1796) 1787
Umlauf, Michael (1781-1846) 1824
Ungaretti, Giuseppe (1888-1970) 1985
Urio Francesco Antonio (ca. 1631-1719)
Te Deum 1742
Ussachevskij, Vladimir (1911-1990)
1956
van Gogh, Vincent (1853-1890) 1912
Vahal, Johann Baptist (1739-1813)
1781, 1785
Quartetti 1797

Varesco, Giambattista (1735-1805) 1787


Varse, Edgar (1883-1965) 1921, 1928,
1951
Amriques 1914
Arcana 1914
Density 21,5 2002
Deserts 1956
Hyperprism 1914
Integrales 1914
Ionization 1914
Offrandes 1914
Pome electronique 1956
Vaughan Williams, Ralph (1872-1958)
1874
Fantasia su un tema di Tallis 1893,
1905
Festival Cantatas 1624
The Wasps (1905)
Sinfonie 1-9 1893, 1942
Sea Symphony 1905b
The Pilgrims Progress 1742
Vecchi, Orazio (1550-1605)
LAmfiparnaso 1594
Vecsey, Franz von (1893-1935) 1935
Venanzio Fortunato (530-607) 1000,
1610
Ave maris stella 1610
Pange lingua 1000
Vexilla regis 1000
Veracini, Francesco Maria (1690-1768)
Sonate e concerto per vl 1720, 1878
Verdelot, Philppe (ca. 1475-1552)
Divini occhi sereni 1594
Fuggi fuggi cuor mio 1594
Ultimi miei sospiri 1594
Verdi, Giuseppe (1813-1901) 1734,
1821, 1827, 1829, 1831, 1853a, 1874a,
1875, 1876, 1877, 1878, 1887, 1902,
1945, 1955, 1960, 1963
Teatro
Aida 1829, 1853a, 1874, 1887

Indice delle opere e dei nomi 949

Alzira 1853a
Amleto 1877
Attila 1853a
Aroldo 1853a
Ernani 1853a
Giovanna dArco 1853a
Don Carlos 1829, 1877
Falstaff 1865, 1874, 1887, 1896,
1911
Giulietta e Romeo 1887
I due Foscari 1853a
I lombardi alla prima crociata 1853a
I masnadieri 1853a
Macbeth 1853a
Nabucco 1853a, 1887
Oberto 1853a
Otello 1853a, 1865, 1887, 1896
Il corsaro 1853a
Il trovatore 1853a, 1887, 1896
I vespri siciliani 1829 1853, 1928
Jerusalem 1853
La battaglia di Legnano 1853
La forza del destino 1853, 1887
La tempesta 1887
La traviata 1850, 1853, 1887, 1896
Luisa Miller 1853
Re Lear 1887
Rigoletto 1853a, 1887
Simon Boccanegra 1853a, 1887
Stiffelio 1853a
Un ballo in maschera 1853a
Un giorno di regno 1853a, 1887
Orchestra
Messa da Requiem 1868, 1874a,
1887
Stabat Mater 1000, 1736
Quartetto 1908
Verga, Giovanni (1840-1922) 1896
Verlaine, Paul (1844-1896) 1901, 1908
Viardot-Garcia, Pauline (1821-1910)
1762

Vicentino, Nicola (1511-1576) 1562,


1594
Messe 1562
Victoria, Toms Luis de (ca 1548-1611)
1594, 1610
Tenebrae 1594
Magnificat 1610
Vidor, King (1894-1982) 1938
Vierne, Louis (1870-1937) 1890
Vieuxtemps, Henri (1820-1881) 1878,
1893
Vigan, Salvatore (1769-1821) 1803,
1877
Villa Lobos, Heitor (1887-1959)
1610, 1905b, 2002
Magnificat 1610
Bachianas brasileiras 2002
Chros 2002
Vinci, Leonardo (ca. 1690-1730)
Le zite n galera 1749
Vies, Ricardo (1875-1943) 1901, 1903,
1928
Viotti, Giovanni Battista (1755-1824)
1814, 1820, 1878
Concerti per vl 1804b
Virgilio (70-19 a.C.) 1230, 1762
Visconti, famiglia (1277-1447) 1500
Visconti, Luchino (1906-1979) 1902,
1938
Vinevskaja, Galina (1926-2012) 1962
Vipone di Borgogna (ca. 980-1043)
1000
Victimae paschali laudes 1000, 1500
Vitelli, Vitellozzo (1531-1568) 1562
Vittoria, del Regno Unito (1819-1901)
1878
Vivaldi, Antonio (1678-1741) 1700,
1712, 1717, 1734, 1736, 1739, 1762,
1804, 1814, 1820, 1823, 1839, 1841,
1878
Al Santo Sepolcro 1712

950 Offerta musicale

Alla mdrigalesca 1712


Alla rustica 1712
Amoroso 1712
Arsilda 1734
Bajazet 1734
Cantate da camera 1624
Concerti 1744
Dorilla in tempe 1734
Farnace 1734, 1841
Giustino 1734
Griselda 1734
Il cardellino 1712
Il cimento dellarmonia 1712
Il piacere 1712
Il riposo 1712
Il sospetto 1712
Juditha triumphans 1648
La caccia 1712
La notte 1712
La follia 1700
La stravaganza 1712
La tempesta di mare 1712
Le quattro stagioni 1712, 1734, 1762
Lestro armonico 1712, 1720, 1734
Linquietudine 1712
Ottone in villa 1734
Magnificat 1610
Sinfonia 1734
Vogel, Wladimir (1896-1984)
Thyl Claes 1912
Wagadu 1912
Vogelweide, Walther von der (ca. 11701230)
Palstinalied 1230
Rondkanzone 1230
Vogl, Johann Michael (1768-1840) 1822
Voltaire (1694-1778) 1749, 1787, 1829, 1853
Voek, Jan Vclav (1791-1825)
Improvvisi 1822
Wackenroder, Wilhelm Heinrich (17731798) 1827

Wagenseil, Georg Christoph (17151777) 1762


Wagner, Richard (1813-1883) 1736,
1739, 1814, 1823, 1824, 182, 1830,
1831, 1834, 1839, 1858, 1875, 1885,
1893, 1893, 1902, 1908, 1923, 1936,
1942, 1945, 1955, 1962, 1976, 1978
Die Feen 1850
I maestri cantori di Norimberga (Die
Meistersinger von Nrnberg) 1230,
1850, 1865, 1876, 1902
Lolandese volante (Der fliegende
Hollnder) 1827, 1829, 1841, 1850
Lanello del Nibelungo (Der Ring des
Nibelungen) 1850, 1865, 1874, 1876
Loro del Reno (Das Rheingold) 1865,
1874, 1876
La Valchiria (Die Walkre) 1865,
1876, 1942
Sigfrido (Siegfried) 1865, 1876, 1992
Il crepuscolo degli di (Gtterdmmerung) 1876
Liebesverbot 1850
Lohengrin 1821, 1850, 1853, 1865,
1874, 1874, 1876, 1896
Parsifal 1230, 1850, 1876, 1890, 1902,
1905
Rienzi 1829, 1850
Tannhuser 1230, 1829, 1865, 1874,
1876, 1885
Tristano e Isotta 1785, 1841, 1865,
1876, 1889, 1890, 1896, 1901, 1902,
1905, 1911, 1928
Lieder 1827
Ad nos 1890
Arte e rivluzione 1876
Il giudaismo in musica 1865, 1876
La mia vita 1876
La musica dellavvenire 1876
Opera e dramma 1876
Opera darte 1876

Indice delle opere e dei nomi 951

Walcha, Helmut (1907-1991) 1955


Waldstein, Ferdinand Ernest von (17621823) 1803
Walser, Robert (1878-1956) 1978
Walter, Anton (1752-1826) 1819
Walter, Johann(1496-1570) 1727
Walton, William Turner (1902-1983)
Belsazzars Feast 1742
Concerto per vl 1939
Concerto per vlc 1935 Faade 1912
Sinfonie n. 1, 2 1893
Waxman, Franz (1906-1967)
Carmen Fantasy 1938
Musica per film 1938
Weber, Carl Maria von (1786-1826)
1805, 1814, 1821, 1827, 1853, 1874,
1876, 1976, 1805, 1827
Abu Hassan 1821
Concerti 1821, 1808
Concertstck 1821, 1839, 1858
Euryanthe 1821
Gran duo concertante 1827
Il franco cacciatore 1791, 1821, 1839,
1850, 1874
Invito alla danza 1830
La fanciulla muta della foresta 1821
Oberon 1821, 1841
Peter Schmoll 1821
Silvana 1821
Sinfonie 1826
Sonate per pf 1822, 1839
Turandot 1841
Webern, Anton (1883-1945) 1500,
1741, 1912, 1923, 1925, 1928, 1928,
1930, 1935, 1936, 1942, 1954, 1960,
1968
6 Bagatellen 1936
Cantate n. 1-2 1912, 1936
3 Kleine Stcke op. 11 1936
Lieder 1936
Passacaglia 1708, 1885, 1908, 1936

Quartetto op. 22 1936, 1957


Quintetto con pf 1864
Ricercare a 6 1635, 1749
Sinfonia op. 21 1936
4 Stcke op. 7 per vl e pf 1936
5 Stcke op. 6 1936
5 Stcke op. 10 1936
Trio op. 20 1936
Variazioni op. 27 1936, 1823
Variazioni op. 30 1936
Wedekind, Frank (1864-1918) 1902,
1925
Weelkes, Thomas (ca. 1575-1623)
Madrigali 1594
Weigl, Joseph (1766-1846)
Lamor marinaro 1820
Die Schweizerfamilie 1821
Weill, Kurt (1900-1950) 1902, 1912
Alabama Song 1935
Berliner Requiem 1930, 1962
Die Dreigroschen Oper (Loper da tre
soldi) 1670, 1920, 1938, 1945,
1962
Down the valley 1935
I sette peccati capitali 1920
La fille noyee 1962
Lady in the Dark 1935
Lost 1935
September Song 1935
Speak Low 1935
Strett Scene 1935
Surabaya Johnny 1935
You and Me
Werkmeister, Andreas (1645-1606)
Musikalische Temperatur 1722
Wert, Jaches de (1535-1596) 1500, 1594
Wesendonck, Mathilde (1828-1902)
1865
Wesendonck, Otto (1815-1896) 1865
Westhoff, Johann Paul von (1656-1705)
Sonate per vl senza basso 1720

952 Offerta musicale

Whistler, James Abbot McNeill (18341903) 1905


Whiteman, Paul (1890-1967) 1921,
1935
Widor, Charles-Marie (1845-1937) 1930
Sinfonia n. 5 1890
Wieck, Clara Schumann Wieck
Wieck, Friedrich (1785-1873) 1865
Wieland, Christoph Martin (1733-1813)
1791, 1821
Wieniawski, Henryk (1835-1880) 1804
Concerto op. 22 1820
Wilbye, John (1574-1628)
Madrigali 1594
Wilde, Oscar (1854-1900) 1875, 1802,
1905, 1938
Wilder, Billy (1906-2002) 1938
Willaert, Adrian (1490-1562) 1500,
1594, 1597, 1610, 1635
Musica Nova 1594
Psalmi davidici 1610
Salmi spezzati 1500, 1597
Williams, John (1932-) 1938
Wilson, Robert (1941) 1976
Winckelmann, Johann Joachim (17171768) 1744, 1762
Witt, Franz Xaver (1834-1888) 1562,
1874
Wittgenstein, Ludwig (1889-1951) 1921
Wittgenstein, Paul (1887-1961) 1921
Wolf, Hugo (1860-1903)
Der Corregidor 1908
Italienisches Liederbuch 1908
Spanisches Liederbuch 1908
Wolff, Christian (1934-) 1956, 1985,
1951
Wolfram von Eschenbach (1170-1220)
1230, 1850
Parzival 1850
Wood, Henry (1869-1944) 1893, 1902, 1942
Fantasia 1874

Wranitzky, Paul (1756-1808) 1823


Wycliffe, John (1328-1384) 1610
Xenakis, Iannis (1922-1911) 1985
Ergma 1960
Metastaseis 1936
Pleiades 2007
St/4 1956, 1960
St/48 1960
Teora 1960
Tetra 1960
Young, LaMonte (1935-)
Compositions 1961, 1450
The Well Tuned Piano 1722
Ysae, Eugne (1858-1931) 1820
Sonate per vl solo 1720, 1878
Quartetto 1905
Zarlino, Gioseffo (1517-1590)
0, 1500, 1594, 1597, 1607, 1654, 1722,
1820, 1823, 1923
Dimostrationi harmoniche 1597
Istituzioni harmoniche 1597
Supplementi musicali 1597
Zdanov, Andrej (1896-1948) 1936
Zehme, Albertine (1857-1946) 1912
Zelter, Carl Friedrich (1758-1832) 1610,
1727, 1827b, 1868
Zemlinsky Alexander von (1871-1942)
1905, 1908, 1938
Der Zwerg 1905
Eine florentinische Tragdie 1905
Lyrische Sinfonie 1905, 1928
Sechs Gesnge 1905
Zeno, Apostolo (1668-1750) 1734
Ziani, MarcAntonio (ca. 1653-1715)
1689, 1736
Stabat Mater 1736
Ziegfield, Florenz (1868-1932) 1935
Zimerman, Krystian (1956-) 1921

Indice delle opere e dei nomi 953

Zimmermann, Bernd Aloys (1918-1970)


Die Soldaten 1787, 1902, 1925, 1945,
1978
Requiem 1962
Zola, mile (1840-1902) 1901

Zuccalmaglio, Anton Wilhelm von (18031869) 1827


Zukerman, Pinchas (1948-) 1955
Zweig, Stefan (1881-1942) 1902, 1911
Zwingli, Huldrych (1484-1531) 1561

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Ristampa

Anno

01234

2013201420152016

Finito di stampare nel novembre 2013


presso L.e.g.o. S.p.A., Lavis (TN)

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