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Indice degli argomenti Work in progress

La filosofia e lesperienza: la filosofia nasce dallesperienza e cerca di


rispondere alle domande che sorgono dallesperienza stessa. In questo senso si
pu dire che non esistono problemi filosofici ma problemi che soltanto la
filosofia in grado di affrontare e risolvere.
Le parole non sono innocenti: possono nuocere/ determinano la
comprensione della realt e lautocomprensione del soggetto. Questa formula
richiama allimportanza della comprensione del nostro lessico, che di fatto
governa indirizza, orienta, modifica il nostro comportamento e la nostra
auto comprensione.
Atteggiamento critico: non uno spirito di opposizione ma la capacit di
andare a vedere di persona come stanno le cose. In altri termini
latteggiamento di chi cerca le ragioni dei propri convincimenti.
Pu essere utile riflettere su questa annotazione di Henri Bergson:
<< Forse avrete notato davanti ai nostri monumenti e nei nostri musei, degli stranieri
che tengono in mano un libro aperto, un libro in cui trovano descritte, senza dubbio, le
meraviglie che li circondano. Assorbiti in questa lettura non sembrano talvolta dimenticare, per
essa, le bellezze che erano venuto a vedere? cos che molti di noi viaggiano attraverso
lesistenza, gli occhi fissi su delle formule che leggono, come in una specie di guida interiore,
trascurando di guardare la vita per regolarsi semplicemente su ci che se ne dice, e pensando
solitamente a delle formule piuttosto che alle cose >>1.

Definizioni:
a) etica e morale originariamente sono termini sinonimi, uno di radice
greca, laltro di radice latina, ed indicano propriamente i costumi, le
consuetudini, le abitudini di un popolo o di una persona. In un certo senso
possiamo dire che sia letica sia la morale costituiscono lambiente
culturale nel quale nasciamo e siamo educati. In questo senso NON si
pu pensare che etica e morale siano sinonimi di bene: anche quando,
nel linguaggio comune, si pensa che ci che etico o morale buono,
si deve invece lasciare aperta la domanda veramente bene? e in
base a quali ragioni dico che bene?
b) letica intesa come filosofia della morale il sapere critico che si
rivolge appunto ai costumi e cerca di comprendere se e perch possono
essere definiti buoni o malvagi
c) la filosofia della morale ha come oggetto di studio le azioni umane in
quanto orientate a un fine, cio lagire delluomo considerato come libero
e responsabile.
d) Possiamo distinguere tra azioni umane e atti delluomo. Le azioni umane
sono quelle di cui siamo in qualche modo responsabili perch derivano da
una scelta o sono frutto di unabitudine alla cui origine c una scelta
e si distinguono in azioni transitive per esempio fare una torta,
costruire una casa- e azioni intransitive per esempio studiare,
1

H. Bergson, Les bon sens et les tudes classiques, in Mlanges, pp. 360-72, p. 367.
1

riflettere, progettare- . Le prime cambiano una parte del mondo,


sono propriamente un fare, le altre cambiano soprattutto il soggetto
agente. Nello studio, infatti, il soggetto cambia mentre il libro resta lo
stesso. Le azioni intransitive, sebbene non appaiano, sono rilevanti,
perch cambiano il soggetto stesso. Per atti delluomo si intendono atti
che hanno come soggetto luomo, ma che non sono n liberi n volontari
(es. la digestione, o il gesticolare o la contrazione dei muscoli sotto
sforzo: posso sempre dire che sono io che compio quegli atti, ma non
sono propriamente atti di cui posso rispondere perch non sono liberi o
volontari: perci non rientrano nella sfera della riflessione morale).
Lio fattosi riflessivo: il metodo proposto fa riferimento all annotazione
cartesiana per cui prima di voler cambiare lordine del mondo bene che
ognuno verifichi lordine dei propri pensieri. Lio empirico condizionato e la
sua condizione storica il contesto in cui avviene la costruzione della
personalit: riflettere su questa condizione in modo critico significa iniziare una
riflessione filosofica di tipo etico.

Autorit/ ragione/ pre-giudizio e valutazione


Lautorit si dice in molti modi: ci sono, infatti, diversi tipi di autorit: religiosa,
politica, scientifica, morale, e via dicendo.
Si pu, infatti, ritenere che la figura dellautorit sia presente in ogni campo
delle attivit umane e di fatto essa stata oggetto di analisi di varia natura:
giuridiche, logiche, psicologiche, sociologiche e, ovviamente, teologiche
Lautorit si fa garante della veridicit di una tesi: ne garante in forza della
sua posizione.
NB qualora potessi stabilire che il giudizio altrui migliore del mio sarei gi
uscito dal principio di autorit, perch avrei un criterio di valutazione .
Il principio di autorit: autorit deontica e autorit epistemica
Nel saggio sull autorit, Alexandre Kojve, annota: << lAutorit la possibilit che un
agente ha di agire sugli altri (o su un altro), senza che questi altri reagiscano nei suoi confronti,
pur essendo in grado di farlo >>2. E lesempio che egli fornisce , nella sua semplicit, molto
chiaro: <<Se devo usare la forza per fare uscire qualcuno dalla mia camera, per realizzare
latto in questione devo cambiare il mio comportamento e perci dimostro di non avere
autorit: completamente diverso, invece, se non mi muovo e la suddetta persona lascia la
camera, cio cambia, al mio semplice Esca. Se lordine dato provoca una discussione, ossia
costringe chi lo d a fare lui stesso qualcosa cio discutere- in funzione dellordine dato, non
c autorit >>3.
2
3

Alexandre Kojve, La nozione di autorit, trad. it., Adelphi, Milano 2011, p. 20.
Ibidem, p. 21.
2

La dimostrazione sempre la forma che assume la verit laddove non ci sia


lesperienza in prima persona singolare: la testimonianza di fatto e di diritto
una forma della verit vissuta ma di per s non garanzia della verit stessa:
la verit determina il valore della testimonianza e non viceversa.
La testimonianza non pu prescindere dal riconoscimento dellattendibilit
autorevolezza- di colui che la esprime, ma come pura testimonianza tale
sottratta a qualsiasi dimostrazione e persino falsificazione.
Lamore dichiarato pu essere soltanto creduto perch sempre possibile il
travestimento degli atti damore che, come tali, non sono mai dimostrazione
ma soltanto segno dellamore testimoniato. Ma analogo discorso potrebbe
essere svolto a proposito del dolore vissuto, che vero e reale ma resta
sempre e soltanto creduto dagli altri, perch del dolore altrui non abbiamo n
esperienza n misurazione, n verifica. Anche unallucinazione vera, e lo
sotto forma di allucinazione, cio come qualcosa che non appare nello spazio
interpersonale, ma pure agisce nel vissuto fisico e mentale del soggetto
I mezzi di comunicazione di massa come autorit anonima che condiziona il
nostro atteggiamento.
Due spunti: lesperimento Milgram e la metafora del clown di S. Kierkegaard.
Lesperimento Milgram 1961 un esperimento di psicologia sociale che in
qualche modo vuol verificare il potere dellautorit rappresentato dalla figura
di uno scienziato sperimentatore- e la sua capacit di vincere anche le
resistenze morali delle persone.
<< I partecipanti alla ricerca furono reclutati tramite un annuncio su un giornale locale o
tramite inviti spediti per posta a indirizzi ricavati dalla guida telefonica. Il campione risult
composto da persone fra i 20 e i 50 anni, maschi, di varia estrazione sociale. Fu loro
comunicato che avrebbero collaborato, dietro ricompensa, a un esperimento sulla memoria e
sugli effetti dell'apprendimento.

Nella fase iniziale della prova, lo sperimentatore, assieme a un collaboratore


complice, assegnava con un sorteggio truccato i ruoli di "allievo" e di
"insegnante": il soggetto ignaro era sempre sorteggiato come insegnante e il
complice come allievo. I due soggetti venivano poi condotti nelle stanze
predisposte per l'esperimento. L'insegnante era posto di fronte al quadro di
controllo di un generatore di corrente elettrica, composto da 30 interruttori a
leva posti in fila orizzontale, sotto ognuno dei quali era scritta la tensione, dai
15 V del primo ai 450 V dell'ultimo. Sotto ogni gruppo di 4 interruttori
apparivano le seguenti scritte: (14) scossa leggera, (58) scossa media, (912)
scossa forte, (1316) scossa molto forte, (1720) scossa intensa, (2124)
scossa molto intensa, (2528) attenzione: scossa molto pericolosa, (2930)
XXX.
All'insegnante era fatta percepire la scossa relativa alla terza leva (45 V) in
modo che si rendesse personalmente conto che non vi erano finzioni e gli
venivano precisati i suoi compiti come segue:
1. Leggere all'allievo coppie di parole, per esempio: "scatola azzurra",
"giornata serena";
2. ripetere la seconda parola di ogni coppia accompagnata da quattro
3

associazioni alternative, per esempio: "azzurra auto, acqua, scatola,


lampada";
3. decidere se la risposta fornita dall'allievo era corretta;
4. in caso fosse sbagliata, infliggere una punizione, aumentando l'intensit
della scossa a ogni errore dell'allievo.
A questultimo veniva applicato un elettrodo al polso, collegato al generatore di
corrente posto nella stanza accanto. Doveva rispondere alle domande, e
fingere una reazione con implorazioni e grida al progredire dell'intensit delle
scosse (che in realt non percepiva), fino a che, raggiunti i 330 V, non
emetteva pi alcun lamento, simulando di essere svenuto per le scosse
precedenti.
Lo sperimentatore aveva il compito, durante la prova, di esortare in modo
pressante l'insegnante: "l'esperimento richiede che lei continui", "
assolutamente indispensabile che lei continui", "non ha altra scelta, deve
proseguire". Il grado di obbedienza fu misurato in base al numero dell'ultimo
interruttore premuto da ogni soggetto prima che quest'ultimo interrompesse
autonomamente la prova oppure, nel caso il soggetto avesse deciso di
continuare fino alla fine, al trentesimo interruttore. Soltanto al termine
dell'esperimento i soggetti vennero informati che la vittima non aveva subito
alcun tipo di scossa.>>

Si pu vedere una versione televisiva dellesperimento


http://www.youtube.com/watch?v=VoGMMMkv6lQ
La Metafora di Kierkegaard
Se vero che il principio di autorit non va inteso in modo negativo, in quanto
di per s uno strumento per allargare le nostre conoscenze, si deve
aggiungere che non tutte le conoscenze dovrebbero essere sostenute sulla
base del principio di autorit (che, almeno in linea di
principio, la filosofia non accetta) e che esiste la possibilit di un abuso del
principio di autorit o di un fraintendimento del principio stesso.
Per rendere pi chiaro questo argomento possiamo ricorrere ad un racconto,
formulato per la prima volta da S. Kierkegaard, e poi ripreso in vari contesti
teorici, che potremmo formulare in questo modo:
Un circo si accampa alla periferia di un villaggio. Ci si appresta per lo
spettacolo, ma improvvisamente divampa un incendio. Il direttore del circo
manda il clown, gi pronto per lo spettacolo, al villaggio a chiamare gli abitanti
cos che questi possano andare a spegnere lincendio. Il clown si reca al
villaggio e, dopo aver radunato tutte le persone, comincia a spiegare loro che
al circo scoppiato un incendio e che devono correre per
spegnerlo. Gli abitanti del villaggio si trovano davanti un clown e perci
pensano subito che questo sia solo un trucco per portarli a vedere il circo.
Pi il clown porta argomenti, maggiore lilarit che suscita negli abitanti del
villaggio, che ridono e applaudono allidea geniale. Il clown allora cambia stile
comunicativo e passa alla supplica, comincia a piangere e a disperarsi, ma
tutto questo non fa altro che alimentare il convincimento degli abitanti del
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villaggio.
Alla fine lincendio arriva fino al villaggio e lo
distrugge.
Il primo significato, che possiamo tralasciare, che qualcuno lancia un allarme,
ma nessuno lo ascolta. Il secondo significato pi importante: ognuno tende
ad interpretare ci che viene detto in base a chi lo dice prima ancora che per
quello che viene concretamente detto. Questa tendenza esprime bene il limite
delluso del principio di autorit: un clown parla da clown e quindi tutto ci che
dir non sar attendibile. Se riflettiamo su questo raccontino possiamo
facilmente comprendere quante volte noi siamo stati condizionati dalla figura
di chi ha
pronunciato determinate tesi, senza che nessuno si prendesse la briga di
andare a
verificare la consistenza di quanto veniva detto. Oggi, in particolare, chi viene
considerato scienziato che riveste una particolare autorit, al di l del fatto che
esprima delle valutazioni inerenti o no la propria particolare competenza o
funzione. Lautorit anche una funzione pubblica, ma sempre possibile sia
abusare del principio di autorit sia fraintendere il rapporto che esiste tra
autorit e autorevolezza. Ebbene, la storiella che abbiamo ricordato serve a
porre una distinzione tra ci che viene detto e colui che fa determinate
affermazioni.
Latteggiamento critico sorge quando si prende in esame prima di tutto ci che
viene detto, cio linsieme degli argomenti che vengono posti a sostegno di
una determinata tesi. Soltanto se non si pu verificare il contenuto di ci che
viene detto si ha una qualche ragione per fidarsi di chi sostiene una
determinata tesi: ma per fidarsi occorre riconoscere lautorevolezza di chi
esercita una determinata funzione di autorit. Detto in altri modi: soltanto
perch si potuto verificare in alcune occasioni che una persona veritiera si
pu decidere di fidarsi anche in
quelle situazioni nelle quali ci preclusa la possibilit di una simile verifica. Il
criterio dellautorevolezza sempre la veridicit: lautorit sempre anche una
funzione sociale. Per questo motivo lautorevolezza pu esistere anche senza
alcuna funzione pubblica (senza essere autorit) e, viceversa, ci pu essere
unautorit (cio una funzione pubblica) che sia scissa dallautorevolezza (di
fatto un insegnante pu essere tale anche se ignorante e uno studente
potrebbe essere autorevole anche se privo di autorit). Dunque lautorevolezza
pu essere disgiunta o congiunta allautorit.
L'autorit permette di conoscere in tempi rapidi, senza passare attraverso
lesperienza, ci che invece sarebbe stato lunghissimo da apprendere se
avessimo fatto tutto il cammino della conoscenza stessa (tutti i docenti che
hanno scritto i testi di storia della filosofia non hanno mai letto tutte le opere
che citano, sarebbe impossibile, per cui debbono a loro volta ricorrere al
principio di autorit di quanti hanno riassunto le opere che citano).
L'estensione delle conoscenze incompatibile con la profondit delle
conoscenze. L'uomo crede anche a molte sciocchezze perch non sa che sono
delle sciocchezze finch non uscito dalla fase della fiducia cieca nei confronti
di qualche autorit; finch siamo allinterno di un certo tipo di sapere e non
sottoponiamo tale sapere ad una certa criticit non abbiamo la possibilit di
stabilire se le nostre conoscenze sono vere o false, le consideriamo tutte vere.
Per sapere se una tesi vera necessario conoscere come erronea la tesi
opposta, cio si pu stabilire che una tesi vera soltanto se si riesce in qualche
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modo a dimostrare che la tesi opposta falsa.


Non si tratta naturalmente di un discorso contro l'autorit, ma di un discorso a
favore di un atteggiamento critico. Se, rispetto a molte cose, possibile fare a
meno di verificarne la consistenza, ci dobbiamo chiedere se esiste un tipo di
sapere del quale si deve conoscere la consistenza. C un sapere al quale
luomo non pu rinunciare? C un sapere che
non pu essere affidato allautorit, anche laddove essa fosse fondata
sullautorevolezza? S, e lunica esigenza fondamentale di questo sapere il
sapere su se stessi. Ci si pu disinteressare di tanti saperi, ma sapere come si
conduce la propria vita e perch la si conduce in un modo o nellaltro
questione non delegabile.
Quella attuale unepoca di grande sproporzione, ci sono conoscenze molto
estese, ma non sempre approfondite. Il paradosso dellepoca attuale che
lapprofondimento pretende di passare soltanto attraverso la specializzazione,
ma la specializzazione una frantumazione dellordine del sapere.
Specializzazione significa circoscrivere la conoscenza. Non sempre la
specializzazione pu servirci a comprendere chi siamo e perch esistiamo e
dobbiamo continuare ad esistere.

-----------------------------------------------------------------Lazione: brani di Hannah Arendt da Vita activa


<<Con il termine "vita activa" propongo di designare tre fondamentali attivit
umane: l'attivit lavorativa, l'operare e l'agire; esse sono fondamentali perch
ognuna corrisponde a una delle condizioni di base in cui la vita sulla terra
stata data all'uomo.
L'attivit lavorativa corrisponde allo sviluppo biologico del corpo umano, il cui
accrescimento spontaneo, metabolismo e decadimento finale sono legati alle
necessit prodotte e alimentate nel processo vitale dalla stessa attivit
lavorativa. La condizione umana di quest'ultima la vita stessa.
L'operare l'attivit che corrisponde alla dimensione non-naturale
dell'esistenza umana, che non assorbita nel ciclo vitale sempre ricorrente
della specie e che, se si dissolve, non compensata da esso. Il frutto
dell'operare un mondo artificiale di cose, nettamente distinto dall'ambiente
naturale. Entro questo mondo compresa ogni vita individuale, mentre il
significato stesso dell'operare sta nel superare e trascendere tali limiti. La
condizione umana dell'operare l'essere-nel-mondo.
L'azione, la sola attivit che metta in rapporto diretto gli uomini senza la
mediazione di cose materiali, corrisponde alla condizione umana della pluralit,
al fatto che gli uomini, e non l'Uomo, vivono sulla terra e abitano il mondo>> p.
45

<< Tutte e tre le attivit e le loro corrispondenti condizioni sono intimamente


connesse con le condizioni pi generali dell'esistenza umana: nascita e morte,
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natalit e mortalit. L'attivit lavorativa assicura non solo la sopravvivenza


individuale, ma anche la vita della specie. L'operare e il suo prodotto,
l'artificio umano, conferiscono un elemento di permanenza e continuit alla
limitatezza della vita mortale e alla labilit del tempo umano. L'azione, in
quanto fonda e conserva gli organismi politici, crea la condizione per il ricordo,
cio la storia. Lavoro, opera e azione sono anche radicati nella natalit in
quanto hanno il compito di fornire e preservare il mondo per i nuovi venuti, che
vengono al mondo come stranieri, e di prevederne e valutarne il costante
afflusso. Tuttavia, delle tre attivit, l'azione che in pi stretto rapporto con
la condizione umana della natalit; il cominciamento inerente alla nascita pu
farsi riconoscere nel mondo solo perch il nuovo venuto possiede la capacit di
dar luogo a qualcosa di nuovo, cio di agire. Alla luce di questo concetto di
iniziativa, un elemento di azione, e perci di natalit, intrinseco in tutte le
attivit umane. Inoltre, poich l'azione l'attivit politica per eccellenza, la
natalit, e non la mortalit, pu essere la categoria centrale del pensiero
politico in quanto si distingue da quello metafisico. >> p. 46
<<Con la parola e con l'agire ci inseriamo nel mondo umano, e questo
inserimento come una seconda nascita, in cui confermiamo e ci
sobbarchiamo la nuda realt della nostra apparenza fisica originale. Questo
inserimento non ci viene imposto dalla necessit, come il lavoro, e non ci
suggerito dall'utilit, come l'operare. Pu essere stimolato dalla presenza di
altri di cui desideriamo godere la compagnia, ma non ne mai condizionato. Il
suo impulso scaturisce da quel cominciamento che corrisponde alla nostra
nascita, e a cui reagiamo iniziando qualcosa di nuovo di nostra iniziativa (1).
Agire, nel senso pi generale, significa prendere un'iniziativa, iniziare (come
indica la parola greca "archein", incominciare, condurre, e anche
governare), mettere in movimento qualcosa (che il significato originale del
latino "agere"). Poich sono "initium", nuovi venuti e iniziatori grazie alla
nascita, gli uomini prendono l'iniziativa, sono pronti all'azione. "[Initium] ergo
ut esset, creatus est homo, ante quem nullus fuit" (perch ci fosse un inizio fu
creato l'uomo, prima del quale non esisteva nessuno, dice Agostino nella sua
filosofia politica) (2). Questo inizio non come l'inizio del mondo (3), non
l'inizio di qualcosa ma di qualcuno, che a sua volta un iniziatore. Con la
creazione dell'uomo, il principio del cominciamento entr nel mondo stesso, e
questo, naturalmente, solo un altro modo di dire che il principio della libert
fu creato quando fu creato l'uomo, ma non prima. >> p. 184- 185
Lirreversibilit e il potere di perdonare
<< Senza essere perdonati, liberati dalle conseguenze di ci che abbiamo
fatto, la nostra capacit di agire sarebbe per cos dire confinata a un singolo
gesto da cui non potremmo mai riprenderci; rimarremmo per sempre vittime
delle sue conseguenze, come l'apprendista stregone che non aveva la formula
magica per rompere l'incantesimo. Senza essere legati all'adempimento delle
promesse, non riusciremmo mai a mantenere la nostra identit; saremmo
condannati a vagare privi di aiuto e senza direzione nelle tenebre solitarie della
nostra interiorit, presi nelle sue contraddizioni e ambiguit - tenebre che solo
la sfera luminosa che protegge lo spazio pubblico, mediante la presenza degli
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altri che confermano l'identit di chi promette e chi mantiene, pu dissolvere.


Entrambe le facolt, quindi, dipendono dalla pluralit, dalla presenza e
dall'agire degli altri, dato che nessuno pu perdonare se stesso e sentirsi legato
da una promessa fatta solo a se stesso; perdonare o promettere nella solitudine
o nell'isolamento atto privo di realt, nient'altro che una parte recitata
davanti a se stessi.>> p. 238
<< Il perdono l'esatto opposto della vendetta, che consiste nel reagire contro
un'offesa originale, e lungi dal porre un termine alle conseguenze del primo
errore, lega ognuno al processo, permettendo alla reazione a catena implicita
in ogni azione di imboccare un corso sfrenato. Diversamente dalla vendetta,
che la naturale, automatica reazione alla trasgressione e che per effetto
dell'irreversibilit del processo dell'agire pu essere prevista e anche calcolata,
l'atto del perdonare non pu mai essere previsto; la sola reazione che agisca
in maniera inaspettata e che quindi ha in s, pur essendo una reazione,
qualcosa del carattere originale dell'azione. Perdonare, in altre parole, la sola
reazione, che non si limita a re-agire, ma agisce in maniera nuova e
inaspettata. La libert contenuta nel l'insegnamento di Ges la libert dalla
vendetta che imprigiona chi fa e chi soffre nell'automatismo implacabile del
processo dell'azione, che non ha in s alcuna tendenza a finire.
L'alternativa al perdono, ma non il suo opposto, la pena, che ha in comune
col primo il tentativo di porre un termine a qualcosa che senza interferenza
potrebbe proseguire indefinitamente. E' quindi significativo (un elemento
strutturale nella sfera delle faccende umane) che uomini siano incapaci di
perdonare ci che non possono punire e di punire ci che si rivelato
imperdonabile. E' questo il vero segno dei delitti che, dopo Kant, chiamiamo
male radicale e della cui natura cos poco sappiamo, anche noi che pure
siamo stati esposti a una delle loro rare deflagrazioni sulla scena pubblica.
Tutto ci che sappiamo di non poter n punire n perdonare tali crimini, che
quindi trascendono il dominio delle cose umane e le potenzialit del potere
umano, distruggendoli entrambi radicalmente ovunque compaiano. Qui, dove
l'atto ci priva di ogni potere, possiamo solo ripetere con Ges: Sarebbe meglio
per lui legarsi una pietra al collo e gettarsi nel mare.>> p. 241
Limprevedibilit e il potere della promessa
<<L'imprevedibilit che l'atto di promettere almeno in parte dissolve di
duplice natura: scaturisce simultaneamente dall'oscurit del cuore umano,
cio dalla fondamentale fluidit dell'uomo che non pu garantire oggi chi sar
domani, e dall'impossibilit di predire le conseguenze di un atto in una
comunit di eguali dove tutti hanno la stessa facolt di agire. L'impossibilit
per l'uomo di fare affidamento su se stesso o di avere una completa fede in s
(che la stessa cosa) il prezzo che gli esseri umani pagano per la libert; e
l'impossibilit di rimanere unico padrone di ci che fa, di conoscere le
conseguenze dei nostri atti, e di contare sul futuro il prezzo che l'uomo paga
per la pluralit e la realt, per la gioia di abitare insieme con gli altri un mondo
la cui realt garantita per ciascuno dalla presenza di tutti.
La funzione della facolt di promettere di dominare questa duplice oscurit
delle faccende umane ed , come tale, la sola alternativa a una padronanza
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affidata al dominio di se stessi e al dominio esercitato sugli altri; essa


corrisponde esattamente all'esistenza di una libert che fu data nella
condizione dell'assenza di sovranit. Il pericolo e il vantaggio inerente a tutti i
corpi politici che si fondano su contratti e trattati che, diversamente da quelli
che si fondano sulla sovranit, lasciano sussistere l'imprevedibilit delle
faccende umane e l'inattendibilit degli uomini, servendosene meramente
come un medium in cui sono gettate certe isole di prevedibilit e sono posti
alcuni indicatori di fiducia. Se le promesse perdono anche il loro carattere di
isole precarie di certezza in un oceano di incertezza, si dissolve il loro potere
vincolante e l'edificio si sgretola.>> p. 244.
Se lasciate a se stesse, le faccende umane possono solo seguire la legge della
mortalit, che la pi certa e implacabile legge di una vita spesa tra la nascita
e la morte. E' la facolt dell'azione che interferisce con questa legge perch
interrompe l'inesorabile corso automatico della vita quotidiana, che a sua volta
abbiamo visto interferire col ciclo del processo vitale biologico, e interromperlo.
Il corso della vita umana diretto verso la morte condurrebbe inevitabilmente
ogni essere umano alla rovina e alla distruzione se non fosse per la facolt di
interromperlo e di iniziare qualcosa di nuovo, una facolt che inerente
all'azione, e ci ricorda in permanenza che gli uomini, anche se devono morire,
non sono nati per morire ma per incominciare. Tuttavia, proprio come, dal
punto di vista della natura, il movimento rettilineo del corso della vita
dell'uomo tra la nascita e la morte sembra una peculiare deviazione dalla
comune regola naturale del movimento ciclico, cos l'azione, dal punto di vista
dei processi automatici che sembrano determinare il corso del mondo,
assomiglia a un miracolo. Nel linguaggio della scienza naturale, essa
l'improbabilit infinita che si verifica regolarmente. L'azione in effetti
l'unica facolt dell'uomo capace di operare miracoli, come Ges di Nazareth - la
cui comprensione di questa facolt pu essere paragonata per la sua originalit
senza precedenti alla comprensione socratica delle possibilit del pensiero doveva sapere benissimo, quando paragonava il potere di perdonare al potere
pi generale di far miracoli, ponendoli allo stesso livello e alla portata
dell'uomo (84).
Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua
normale, naturale rovina in definitiva il fatto della natalit, in cui
ontologicamente radicata la facolt di agire. E', in altre parole, la nascita di
nuovi uomini e il nuovo inizio, l'azione di cui essi sono capaci in virt dell'esser
nati. Solo la piena esperienza di questa facolt pu conferire alle cose umane
fede e speranza, le due essenziali caratteristiche dell'esperienza umana che
l'antichit greca ignor completamente. E' questa fede e speranza nel mondo
che trova forse la sua pi gloriosa e efficace espressione nelle poche parole con
cui il vangelo annunci la lieta novella dell'avvento: Un bambino nato fra
noi. pp. 246-247

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