You are on page 1of 196

GRAZIANO CURTI

FRANCESCA CURA

FONDAMENTI DI

MECCANICA STRUTTURALE
Lezioni ed esercizi

CLVT

POLITECNICO DI TORINO

SISTMA KBUOTKABO

*1 iiittt d elaborazione, di traduzione o l'adattamento

' anche parziale m qualsiast forma, di memorizzazione


anche digitale, su supporti di guateiasi tipo, di
riproduzione e di adattamento totale o parziale con
aualfliasi mozza (compresi i microfilm e le copie
ftrtostatchs) eono riservati per tutti i Paesi.

Fotocopie per uso personale (cio privato ed


individuale) nei limiti del 1S% di ciascun volume

JuTaooordo S.I.A.E. - S.N.S. e C.N.A. Confartlgianato,

Prefazione

C.A.S.A.. Conibommorcio del 18 Dicembre 20O0, dietro

paramento del compenso previsto in tale accordo,


conformemente alla legge n. 633 del 23.04.1941.
Per riproduzioni ad uso non personale l'Editore potr
concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre
un numero di pagine non superiore al 15% delle pagine

del presente volume. Le richieste per tale tipo di


riproduzione vanno inoltrate esclusivamente
all'indirizzo dell'Editore.

La messa a punto di un libro un'operazione


complessa ed articolata, che necessita di studi,
progettualit grafica, nonch di numerosi controlli di

testo, immagine, stili grafici e di stampa.

praticamente impossibile pubblicare un libro scevro da

errori. La C.L.U.T. ringrazia sin d'ora i lettori che


vorranno segnalare all'indirizzo dell'Editore eventuali
errori riscontrati nella lettura del libro.

Come si desume dal titolo, l'oggetto del corso cui si riferiscono le lezioni e
gli esercizi di questo libro, riguarda i concetti di base che disciplinano la
meccanica dei corpi rigidi, con particolare riferimento alle equazioni che ne
governano l'equilibrio statico, e le relazioni fondamentali che definiscono e
legano fra loro le tensioni e le deformazioni in un corpo elasticamente
deformabile, con particolare riferimento al corpo monodimensionale o
solido di De Saint Venant.

Vengono inoltre poste in relazione le tensioni suddette con la capacit di


resistenza dei materiali sia nel caso di sollecitazioni statiche sia di
sollecitazioni variabili nei tempo.

Nell'esporre i concetti di base e nella presentazione degli esercizi si e


utilizzato un approccio fisico, pi tradizionale (cio meno matematico e
anche a volte meno rigoroso), ritenendolo pi adatto a stimolare
Tinterpretazione fisica sia del problema sia dei risultati, onde contribuire a

formare nel lettore un senso concreto delle cose, tipico della cultura e della
mentalit dell'ingegnere.

Come sempre pi spesso accade nel mondo di oggi, la stesura di queste


pagine stata effettuata in tempi ristretti e in modi necessariamente

affrettati.

1 Ne consegue che, nonostante tutta la nostra buona volont di autori, le

pagine di questo libro risulteranno inevitabilmente ricche di errori e

imprecisioni, a volte anche non solo formali: gli autori confidano che il

sopra menzionato ''approccio fisico" sia cos efficace da contribuire


validamente a minimizzare i danni che ne derivano, consentendo al lettore
Classe UOEX = clut.dB
2006 C.L.U.T. Editrice
Propriet letteraria riservata
Stampato in Italia da STAMPATRE - Torino
Copyright C.L.U.T. Torino - 200Q

Edizioni C.L.U.T. - Ttorino

Coreo Duca degli Abruzzi, 24 -10129 Torino


Tei. 011.5647980 - Fax 0U.54S192
o-mail: dut@inrete.it - www.dut.it

di smascherare i difetti che la frettolosit ha disseminato nel testo.

Gli autori desiderano ringraziare il collega Prof. Giovanni Roccati per


l'aiuto fornito nel rintracciare esempi applicativi di particolare interesse nel
campo delle macchine.

Torino, 14 novembre 2006

Indice

Parte I

Lezioni

1 Equilibrio dei corpi rigidi


1.1 Sistemi di corpi rigidi
1.2 Coordinate di un sistema

li

1
1
1

1.3

Coordinate libere e coordinate vincolate


1.4 Coordinate e gradi di libert
1.5 Gradi di libert di sistemi complessi

3
5
6

1.6 Coordinate e vincoli


1.7 Vincoli e reazioni vincolari

9
10

1.8 Moto di un sistema

**

1.9 Equilibrio statico e dinamico


1.10 Equilibrio statico di un sistema
1.10.1 Equilibrio di un sistema labile

14
15

Equilibrio di un sistema isostatico

20

1.10.3

Equilibrio di un sistema iperstatico

20

1.11 Equilibrio dinamico di un sistema labile

23

1.12 Condizioni di equilibrio reali e teoriche

24

1.13 Condizioni di simmetria


1.14 Risultante di forze parallele

1.15 Esempi di calcolo delle reazioni vincolari

15

1.10.2

Geometria delle aree

vn

25
26

28

2 3

2.2

33

4.10.1 Flessione e linea elastica

124

2.1.1 Definizioni

33

4.10.2 Taglio

,.v

129

2.1.2 Esempio di calcolo del momento statico

38

4.10.3 Torsione

131

2.1.3 Teorema di trasposizione dei momenti statici

39

Baricentri e momenti statici

2.1.4 Momento statico di figure composte

41

Momenti d'inerzia di una superfcie

43

2.2.1 Momento d'inerzia rispetto ad un asse

43

2.2.2 Momento d'inerzia polare

45

2.2.3 Momento d'inerzia centrifugo (o misto)

48

2.2.4 Esempi di calcolo dei momenti d'inerzia

di figure geometriche semplici

48

2.2.5 Momenti principali d'inerzia

50

2.2.6 Teorema di trasposizione dei momenti d'inerzia

56

2.3

Corpo tridimensionale - Volume

57

2.4

Esempi di calcolo di baricentri e momenti statici

58

Equilibrio dei corpi deformabili

63

3.1

II corpo deformabile. Equilibrio interno

63

3.2

II corpo sottile. Solido di De Saint Venant

66

3.3

Diagrammi di sforzo. Casi semplici

71

3.4

3.3.1 L'asta tirata o compressa

71

3.3.2 La mensola incastrata

73

3.3.3 La trave appoggiata

79

Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo

Tensioni e deformazioni nel solido di De Saint Venant

82
89

4.1

Premessa

89

4.2

Trazione

90

4.3

Prova di trazione

4.4

Flessione

97
102

4.4.1 Esempi di calcolo

108

Equazione differenziale della linea elastica

108

4.6

Relazione fra momento flettente e taglio

112

4.7

Tensioni dovute allo sforzo di taglio

113

4.8

Torsione in una trave a sezione circolare

119

4.9

Torsione in una trave a sezione rettangolare

122

4.5

4.10 Esempi di calcolo delle tensioni

vm

124

Teoremi sul lavoro di deformazione

133

5.1

Premessa

133

5.2

Teorema di Clapeyron

134

5.3

Lavoro compiuto dalle forze interne - Energia elastica

137

5.4

Esempio di calcolo

139

5.5

Principio di sovrapposizione degli effetti

140

5.6

Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Betti

141

6 Stato di tensione in un punto


6.1

149

Stato di tensione in un corpo

149

6.2 Tensioni principali


6.3 Cerchi di Mohr
6.3.1 Analisi dello stato di tensione piana

I55
l66
166

6.3.2 Costruzione dei cerchi di Mohr

167

6.3.3 Osservazioni sui cerchi di Mohr


Relazioni tensioni - deformazioni

168
176

6.4

6.5 Tensione equivalente


6.5.1 Tensione normale massima
6.5.2 Tensione tangenziale massima

I78
l80
181

6.5.3 Deformazione unitaria massima

1S1

6.5.4

182

Energia di distorsione massima

6.5.5 Curva limite <J -T

l89

6.5.6

192

Confronto grafico fra le ipotesi di rottura

6.5.7 Applicazioni pratiche dei criteri di rottura

7 Cenni sulla fatica dei materiali

198

203

7.1 Introduzione
7.2 Cenni storici
7.3 Esame delle superna di rottura

203
20A
205

7.5 Curva di Whlcr


7.6 Materiali senza limite di fatica
7.7 Fatica oligociclica

209
213
213

7.4 Grandezze caratteristiche della fatica

207

7*8/ Fatica con durata a tempo determinato

216

3.1

Esercizi svolti

79i Fatica con durata a tempo indeterminato

217

3.2

Esercizi consigliati

7.10 II metodo stair-case

217

7.11 Prove di fatica sul materiale

220

*' ' 7.11.1


7.11.2

Prove in controllo di deformazione


Prove in controllo di tensione

220
220

7.12 Effetto della tensione inedia sul comportamento a fatica ..221

Esercitazione 4

Diagrammi degli sforzi

319

4.1

Esercizi svolti

319

4.2

Esercizi consigliati

331

7.12.1 II diagramma di Smith e Goodman

221

7.12.2 II diagramma di Haigh

226

7!13

La legge del danno cumulativo

227

5.1

Esercizi svolti

343

7.14

Fattori che influenzano il comportamento a fatica

231

5.2

Esercizi consigliati

353

7.14.1 II materiale

232

7.14.2 II carico

233

7.14.3 L'ambiente esterno

234

7.14.4 La finitura superficiale

236

7.14.5 Le dimensioni del componente

238

L'effetto d'intaglio

239

7.16 Bibliografia
8

311

>

7.15

297
,

247

Cenni sull'instabilit elastica delle travi

249

8J II carico di punta

249 }

Esercitazione 5

Tensioni e deformazioni nelle travi

EsercitazionjLfi

tensioni ^principali ed equivalenti


6.1 Esercizi svolti
6.2

361
361

Esercizi consigliati

372

Bibliografia

377

Parte n
Esercizi
Esercitazione 1

Gradi di libert e risultanti di sistemi di forze

255

1.1

Gradi di libert

255

1.2

Forze e risultanti di forze

264

1:3

Esercizi

271

Esercitazione 2

Calcolo delle reazioni vincolari

.l, Esercizi svolti

2.2 Esercizi consigliati

273

273

285

Esercitazione 3

Geometria delle aree

343

297

XT

a.

0)

"n

Capitolo 1

Equilibrio dei corpi rigidi


1.1 Sistema di corpi rigidi
Per sistema di corpi rigidi, nel senso pi' ampio del termine, si intende un
qualsiasi insieme di corpi rigidi fra loro indipendenti o vincolati Tun l'altro
in modo qualunque.

L'insieme pi' semplice di corpi rigidi quello costituito da un solo corpo


puntiforme o non.

1.2 Coordinate di un sistema

Si definiscono coordinate di un sistema, in generale, le informazioni


necessarie e sufficienti a individuare, cio a definire in modo univoco, la
posizione del sistema.

Sotto questo aspetto esistono vari esempi pratici di sistemi semplici,


costituiti, cio, da un solo corpo.

Ogni corpo reale ha dimensioni (volume) finite e non nullc.


A seconda delle circostanze e delle caratteristiche del problema affrontato,

per, in molti casi pratici il sistema semplice pu essere idealmente

rappresentato come un punto geometrico, privo cio di dimensioni e per il


quale, quindi, non ha senso parlare di orientamento o giacitura.

1 -

Esempi concreti

di

i,3 -

Equilibrio dei corpi rgidi

corpi

semplici

che

in

pratica

vengono

spesso

idealmente considerati come punti geometrici sono i pianeti, gli


ereoplni, le navi, le automobili, ...
In

efftti

spesso

di

questi

corpi

semplici

interessa

conoscere

sempfcemente il punto nel quale essi si trovano e non il loro


orientamento.

Cosi considerato, ciascuno di questi corpi semplici rappresentabile


matematicamente come un semplice punto geometrico.

Assumendo allora un riferimento geometrico costituito, ad esempio, da un


sistema di assi cartesiani, la posizione di un corpo puntiforme sar
univocamente determinata quando saranno note le coordinate cartesiane
del punto che lo rappresenta.

Se P il punto considerato e Xpt yP, Zp

sono le sue coordinate, queste

ultime sono le informazioni necessaric e sufficienti a individuare la


posizione del sistema semplice idealmente rappresentato con il punto P

riferimento

Coordinate Ubere e coordinate vincolate

orientato

come

quello

base

per

disporlo

secondo

l'orientamento che caratterizza ijt- corpo, cio l'orientamento solidale


all'aereo.

Evidentemente in queste condizioni il sistema semplice costituito da un


solo

corpo

rigido

necessita

di

informazioni

per

poter

essere

compiutamente definito nella sua posizione. In altri termini si tratta di


un sistema a 6 coordinate.

1.3 Coordinate libere e coordinate vincolate


Una coordinata di un sistema si dice Ubera se pu essere variata
liberamente nell'ambito del problema affrontato.

Una coordinata si dice, invece, vincolatale soggetta ajin incoio che la


determina p in. ^assoluto o in_dipendcnza-univoca da altre (una o pi)
coordinate del sistema.

Un esempio concreto di sistema semplice puntiforme con coordinate

suddetto.

vincolate la nave che costretta dai vincoli naturali (la forza di gravita)
a muoversi rimanendo incollata (si spera) alla superficie del mare. Per

latitudine, la longitudine e la quota.

variate le altre due coordinate, cio la latitudine e la longitudine. La nave,


cio, un sistema a tre coordinate, due delle quali sono libere e una,

Se P, ad esempio, la rappresentazione geometrica di un aereo in volo, la


posizione di quest'ultimo sar nota quando si conosceranno di esso la
In tutti questi casi di sistema semplice puntiforme si pu perci
concludere che il sistema considerato ha tre coordinate.

essa, quindi, la quota vincolata e pari a zero mentre possono essere

invece, vincolata.

In altri casi pratici, sempre a seconda delle circostanze e delle


caratteristiche del problema affrontato, il corpo semplice non pu per
essere rappresentato come puro punto geometrico privo di dimensioni

Un altro esempio concreto di sistema semplice puntiforme con coordinate


vincolate l'autoveicolo che percorre ad esempio una strada in pianura

(volume) e quindi senza alcun particolare orientamento o giacitura.

vincolata (pari a zero), ma anche le altre due coordinate non sono del
tutto Ubere, cio non sono variabili in modo indipendente l'una dall'altra
se si vuole che l'autoveicolo si muova rimanendo sulla strada prestabilita.
In altre parole le coordinate sul piano di percorrenza (la superficie

Ad Esempio se, nel caso di un aereoplano in volo, occorre conoscere anche


-fl> suo orientamento, risulta allora indispensabile, al fine di definirne la
posizione in modo completo, introdurre un riferimento geometrico, ad
esmpio tre assi cartesiani, solidale all'aereo e quindi definire la
posizione di questo riferimento solidale all'aereo rispetto al riferimento
preso come base rispetto cui individuare la posizione del sistema,

fifi^tal'caso sar indispensabile definire non soltanto il valore delle tre


Sfdint

cartesiane

xP

yP,

zP

che

consentono

di

raggiungere,

dall'origine del riferimento di base, il punto P origine del riferimento


solidale all'aereo, ma anche il valore delle tre rotazioni angolari dj, y, l),

rispetto agli assi paralleli rispettivamente a x, y, z, da attribuire al

ben determinata. In questo caso si comprende come non soltanto la quota

terrestre) cio le coordinate x e y (latitudine e longitudine) debbono essere

scelte a coppie ben definite, per cui ad ogni valore di x corrisponde un ben
determinato valore di y e viceversa, in modo che il punto cos individuato

si trovi sempre sulla traiettoria stabilita individuata dalla strada.


In definitiva delle tre coordinate che caratterizzano i sistema punto-

autoveicolo solo una pu essere variata liberamente, le restanti due


essendo di conseguenza ben determinate.

1 -

Equilibrio dei corpi rigidi

1.4 -

Coordinate e gradi di Kbert

listema autoveicolo un sistema a tre coordinate, due delle

'.vincolate e una soltanto libera. In questo caso la effettiva


sistema univocamente determinata quando si conosce il

coordinata libera: ad esempio la posizione kilomctrica

$Lpefcorso stradale.

B'tema costituito da un corpo non puntiforme i cui punti si


no tutti su piani paralleli, si ha il cosiddetto moto piano.

^In-4l caso, infatti, la sua posizione potr essere modificata soltanto


variando il valore delle coordinate cartesiane >tp yP di un suo punto sul
piano del moto e l'angolo t>, che individua ad esempio la posizione

'angolare del segmento di riferimento PQ che unisce il punto P ad un altro


determinato punto Q del corpo, le rimanenti coordinate del corpo essendo

Figura 1.1 Coordinate di un corpo semplice nel piano

invece, come si detto, non modificabili (Fig. 1.1).

In altre parole si pu immaginare di scomporre ogni possibile moto piano


del corpo in tre moti componenti, cio una traslazione rigida del corpo
parallelamente a se slesso lungo l'asse x della quantit Xp, un'analoga
traslazione rigida yP lungo l'asse y e una rotazione rigida di grandezza tfr
attorno ad un asse passante per P e ortogonale al piano x, y.

Se invece il corpo si muove liberamente nello spazio sicch i suoi punti


descrivono traiettorie non disposte su un piano, sono allora necessari (e
sufficienti) sei valori, relativi ad altrettante coordinate, per individuarne
univocamente la posizione (Fig. 1.2).

Ad esempio, rispetto al piano x, y avremo le coordinate xP> yP, tf, rispetto al

$anp x, z avremo xP) zP, tfy e rispetto al piano y, z avremo, yP( zP, dt, cio
avremo le sei coordinate, xp> yp, zp x, tf, . come gi si
precedenza.

vci sono vincoli, poich il corpo si muove liberamente nello spazio,


so ogni suo spostamento pu essere pensato come somma di tre
fiorigide, nelle direzioni dei tre assi cartesiani x, y, z, e di tre
goiari attorno alle tre direzioni dei tre assi cartesiani. In tal

i^i, il corpo ha 6 gradi di libert.

Figura 1.2 Coordinate di un corpo semplice nello spazio

1.4 Coordinate e gradi di libert

Si potrebbe osservare, generalizzando, che un sistema puntiforme un


sistema a tre coordinate.

Se tutte le coordinate sono libere, cio possono essere variate, si ha il


caso del punto senza vincoli nello spazio e, quindi, un movimento
consentito secondo tre direzioni indipendenti cio con tre gradi di libert.
Se una coordinata vincolata, cio predeterminata univocamente, il
sistema diventa a due gradi di libert. Ad esempio, se le coordinate sono

i -

d&

Equilibrio dei corpi rigidi

1.5 *- Gradi di libert di sistemi complessi

: e una di esse (z) fssala e costante, il sistema corrisponde al

punto mobile in un piano (z=costante) e quindi ha due gradi di


^he in questo caso sono le coordinate x, y del punto stesso,

lljtfganiente si potrebbe generalizzare osservando che un corpo non

afi^iforme un sistema a sci coordinate. Se esso libero di muoversi


. ideilo spazio anche un sistema a sei gradi di libert.

'Se invece sussistono vincoli che impediscono un qualche movimento,


esso sar un sistema con un numero corrispondentemente ridotto di gradi
di libert.

}.Se ad esempio il corpo si muove su un piano (scostante, "costante, $

Figura 1.3 Sistema a un grado di libert

^costante) il sistema risulta a tre gradi di libert.

1.5 Gradi di libert di sistemi complessi

Analogamente si potrebbe ragionare a proposito del corpo puntiforme Q

Se il sistema complesso poich comprende parecchi punti o parecchi

giungendo a individuare anche per esso una sola coordinata indipendente

corpi il numero di informazioni necessarie per definire univocamente la

SQ-

posizione del sistema pu crescere assumendo anche valori comunque

II sistema costituito dall'insieme dei punti P e Q ha , per, soltanto una

elevati.

coordinata libera, indipendente, poich P e Q sono tra loro rigidamente

In questo caso il numero di informazioni richieste (cio le coordinate del

connessi dall'asta che li collega, e che impone loro una distanza reciproca

sistema)

assegnata, cosicch, se si assegna un valore alla coordinata sp, risulta

dipende

ovviamente

dal

numero

di

punti

corpi

che

costituiscono il sistema stesso.

Il numero di gradi di libert del sistema dipende sia dal numero delle sue

coordinate, ma anche, contemporaneamente, dagli eventuali legami o


vincoli di collegamento che possono sussistere fra i punti o corpi del
sistema.

Il numero di gradi di libert del sistema, cio, tanto pi' elevato quanto
maggiore il numero degli elementi (punti e/o corpi) che lo costituiscono

ed tanto pi' ridotto quanto maggiore il numero di vincoli che legano


-^a loro gli elementi del sistema.

'Nel caso di un sistema piano costituito da un'asta individuata da due suoi


punti P e Q che percorrono entrambi una traiettoria rettilinea definita
(Fig. 1.3) possibile individuare una sola coordinata curvilinea

determinato univocamente il valore della coordinata sq, e viceversa.


In definitiva, il sistema PQ oltre ai due vincoli esterni imposti a ciascun
punto dalla traiettoria assegnata, ha in se un ulteriore vincolo interno che

lega fra loro i punti del sistema. Esso perci ha complessivamente 3


coordinate (essendo un sistema piano) delle quali due sono vincolate e
quindi possiede un solo grado di libert.

Il cosiddetto "pendolo doppio" (Figure

1.4a, 1.4b, 1.4c) costituito da due

corpi aventi forma di asta, ciascuno dei quali, dovendo muoversi in un

piano, ha tre coordinate indipendenti [Xf. yn, i5j per il corpo le

Xp , yF .

&2 per il corpo 2).


Se si fissa il punto Px del corpo 1, si vincolano due sue coordinate (xfl , y^)

indipendente che individua la posizione di P(sP).

e quindi il corpo ] conserva un solo grado di libert (#,).

In altre parole il corpo puntiforme P ha tre coordinate due delle quali, per,
sono vincolate, dovendo esso percorrere una traiettoria ben determinata,

due delle coordinate indipendenti del corpo 2 al corpo 1, cosicch, se la

e una sola indipendente.

Se si articola il punto P7 del corpo 2 nel punto Q{ del corpo 1, si vincolano


posizione di quest'ultimo assegnata, risulta di conseguenza fissato il

1 -

1.6 - Coordinate e vincoli

Equilibrio dei corpi rigidi

valore delle coordinate Xps, yn del punto P2. Il corpo 2 ha perci un solo
grado di libert rispetto al corpo 1 poich, se si fissa la posizione di

quest'ultimo, il corpo 2 risulta avere un solo grado di libert (t92).


In definitiva il sistema costituito dal bipcndolo, cio dai due corpi rosi

vincolati, ha complessivamente due soli gradi di libert (l?, e #2).


Il

sistema

costituito

da

un

comune

manovellismo

pistone-biella-

1.6 Coordinate e vincoli


Assegnato un sistema possibile stabilire il numero di coordinate che
individuano la posizione di ciascun elemento separatamente considerato

e, quindi, il numero n totale di coordinate che corrispondono alla somma


delle coordinate dei singoli elementi.

manovella (Fig. 1.5) comprende tre elementi fra loro collegati da cerniere

fi

di articolazione.

IV

Si tratta in questo caso di tre corpi (pistone, biella, manovella) che si


muovono tutti su uno stesso piano. Ciascun corpo, quindi, separatamente

considerato, ha tre gradi di libert, per un totale di nove gradi di libert


complessivi.

Esistono, per, vincoli estemi al sistema che impongono al pistone di

traslare rigidamente lungo l'asse del cilindro

nel quale scorre e alla

Figura 1.4b

Pendolo doppio (corpi semplici che lo costituiscono)

manovella di ruotare rigidamente attorno ad un asse fisso (che costituisce


l'asse del cosiddetto perno O di manovella).

Esistono poi anche vincoli interni (mutui) costituiti dalle cerniere di


articolazione

A.B

che

collegano

fra

loro

pistone

manovella

e,

rispettivamente, manovella e biella.

Tenendo conto di tutti questi vincoli facile capire che in definitiva

sufficiente la conoscenza di un solo parametro (ad esempio l'angolo $ di


manovella rispetto a un asse di riferimento, oppure la coordinata di
spostamento s del pistone nel cilindro) per determinare univocamente la
posizione dei tre elementi, cio dell'intero sistema.

Figura 1.4c

Pendolo doppio (gradi di libert)

In definitiva si tratta quindi ancora di un sistema (piano) complesso che


ha per un solo grado di libert.

Figura 1.5 Manovellismo a un grado di libert


Figura 1.4a

Pendolo doppio (schema)

J -

1.7\- Vincoli e reazioni vincoar

Equilibrio dei corpi rgidi

i elementi del sistema vincolati fra loro e vincolati a strutture

Un vincolo doppio quello costituito dalla cerniera o articolazione di un

sistema, possibile, come si vedr meglio in seguito, calcolare

perno attorno a un asse fisso. Solitamente esso viene schematizzato con

^pj di vincoli complessivi (coordinate vincolate) che limitano il

un carrello fisso (Fig. 1.6b).

Questo

^sistema labile, cio conserva un residuo numero l {n-m-H di

iti

11

consentiti

gradi

di

libert

(cio

coordinate

libere

vincolo

impedisce

le

due

traslazioni ortogonali

(secondo

x e

secondo ^ lasciando libera unicamente la rotazione.

Altro vincolo doppio la coppia rotoidale costituita da un manicotto che

il sistema isostatico, cio non ha alcun grado di libert poich il

cilindro di guida. Pu essere rappresentato da due o pi' carrelli scorrevoli

scorre lungo un'asta di guida oppure da un pistone che si muove lungo un

jnti).

tero di vincoli uguaglia esattamente il numero di coordinate.


n<m il sistema iperstatico poich il numero di vincoli superiore a
[ucllo strettamente necessario per eliminare ogni grado di libert del
sistema stesso.

affiancati (Fig. 1.6c).

Esso impedisce una traslazione (ad esempio secondo x come in Fig. 1.6c) e
la rotazione.

Un vincolo triplo il cosiddetto incastro che corrisponde, ad esempio, al


caso di una estremit di un'asta saldata o imbullonata su una parete e

Vincoli e reazioni vincoar

che impedisce ogni movimento da quest'ultima.


Le considerazioni precedenti si possono estendere al caso dei problemi a

, Sussistono vari tipi di vincolo che nella realt assumono a seconda del

tre dimensioni ove sono da tenere in conto gli spostamenti nello spazio,

,caso le forme pi' diverse.

ovviamente pi' complessi analiticamente parlando, ma concettualmente

Per facilitare l'analisi teorica dei problemi comuni con l'equilibrio dei

del tutto analoghi a quelli gi esaminati nel piano.

sistemi, i vincoli reali vengono normalmente schematizzati nel calcolo

Ad esempio nello spazio possibile incontrare un vincolo di grado sei

con corrispondenti vincoli ideali la cui caratteristica essenziale legata

poich l'incastro totale e rigido in un ambito spaziale impedisce tutti i sei

al numero e al tipo di movimenti che essi sono in grado di impedire.

gradi di libert possibili, cio le tre traslazioni e le tre rotazioni.

Si hanno infatti vincoli singoli, doppi, tripli, ...etc se essi impediscono uno,

A ciascun movimento impedito dal vincolo possibile associare una

,due o tre, ... dei gradi di libert che il sistema avrebbe in condizione di

corrispondente reazione vincolare che rappresenta la forza necessaria per

assenza di impedimenti.

caso pi' frequente

impedire il movimento suddetto.

nei

problemi

pratici

quello

che

considera

Nel caso ad esempio del carrello scorrevole, poich esso impedisce lo

ilibrio di sistemi piani, cio sistemi che si muovono su un piano,

spostamento secondo una direzione assegnata, applicata all'elemento (o

do allora, per semplicit, riferimento al piano, esempio tipico di

al corpo o al sistema) una reazione vincolare corrispondente, cio una

singolo il perno scorrevole in una feritoia. Esso viene di solito

forza diretta secondo la direzione di spostamento impedito e tale da

tato schematicamente con un carrello (Fig. 1.6a).

te che il carrello scorrevole impedisce unicamente la traslazione


,, %.
alla sua direzione di moto, lasciando invece libera la
aslazione secondo questa direzione e la rotazione.

trattenere in posizione fissa l'elemento (o corpo o sistema).

Cos il perno che scorre nella feritoia o il carrello scorrevole lungo l'asse y

(Fig. 1.6a) sviluppano una reazione vincolare Rx costituita da una forza


diretta secondo l'asse x.

In Sostanza, dei tre gradi di libert possibili nel piano il carrello di Fig.

La cerniera di articolazione (Fig. 1.6b), poich impedisce lo spostamento

1.6a impedisce solo la traslazione secondo l'asse x.

secondo gli assi

x e

y del riferimento, sviluppa una reazione che

costituita da due componenti: una reazione vincolare Rx secondo l'asse x


e una Ry secondo y.

1 -

12

Equilibrio dei corpi rgidi

1.8 - Moto di un sistema

13

L'incastro (Fig. 1.6d), impedendo i tre moti del piano, sviluppa tre reazioni

vincolari: le forze Rx e Ry e la coppia M secondo la rotazione ??.


1.8 Moto di un sistema
La conoscenza del valore dei gradi di libert di un sistema (cio delle sue
coordinate libere e indipendenti) definisce univocamente la posizione del
sistema stesso.

Se il valore suddetto dei suoi gradi di libert o delle sue coordinate libere e

indipendenti funzione del tempo, cio varia istante per istante, anche
la posizione del sistema risulta funzione del tempo e, quindi, il sistema si
muove di conseguenza.

Assegnare il valore in funzione del tempo dei gradi di Ubert di un sistema


equivale ad assegnarne il moto.

Figura 1.6b

Cerniera

Figura 1.6d

Incastro

La conoscenza ad esempio della legge temporale che definisce nei vari

istanti successivi la posizione angolare l9(/) della manovella del sistema


di Fig. 1.7 consente di individuare in ogni istante la posizione non solo
della manovella, ma anche della biella e del pistone.
Pertanto

possibile

calcolare,

poich

risultano

univocamente

determinate, la posizione, la velocit, l'accelerazione di ogni punto di


ciascuno dei tre elementi considerati in qualsiasi istante

dall'istante iniziale di riferimento t=0.

Figura 1.6a

Carrello

Figura 1.6c

Coppia rotoidale

Figura 1.7

Sistema pistone-biella-manovella

f a partire

dei corpi rigidi

1 -

110 r. Equilibrio statico di un sistema

io statico e dinamico

15

Per quanto riguarda, infine, la natura, cio l'origine delle forze, si hanno

forze di vario tipo cio di gravita, di pressione, di taglio, magnetiche, termiche,


si

parla

di

equilibrio

di

un

sistema,

si

fa

naturalmente

ft'.a forze agenti su di esso e a relazioni che legano fra loro tali

7/ale si parla di equilibrio in senso stanco di un sistema quando esso

le ^ permanere nel suo stato iniziale di quiete o di moto uniforme,


aria invece di equilibrio dinamico quando il sistema stesso modifica
ite per istante il suo stato di moto.

entrambi i casi si possono scrivere relazioni di equilibrio che legano fra

ir le forze agenti sul sistema e che determinano e definiscono in esso


|P; ^e) primo caso la sua condizione di equilibrio stazionario e nel secondo,

p& '/tnvece* la C8ge secondo la (luale si evolve nel tempo il suo stato di moto.

^^i/'/Nel caso dell'equilibrio statico, quando cio il sistema in quiete o in


;V'>

... etc cui, nel caso dell'equilibrio dinamico,

1.10 Equilibrio statico di un sistema


Affinch un sistema sia in condizioni di equilibrio occorre che le forze che
su di esso agiscono soddisfino a determinate relazioni che prendono il
nome di equazioni di equilibrio.

In definitiva, in condizioni statiche, si avranno le seguenti possibili


situazioni:

a) sistema labile o ipostaiico {n>m}


b) sistema isostatico (n=m)

moto stazionario, si hanno forze costanti nel tempo che possono essere

fc) sistema iperstatico (n<m).

esteme o inteme e possono sviluppare una funzione attiva o reattiva dando

U "~

luogo cio sul sistema ad azioni o a reazioni.

si aggiungono le forze [o

coppie) d'inerzia che in generale sono per loro natura forze di volume.

"

1.10.1 Equilibrio di un sistema labile

Se il sistema , invece, in condizioni di equilibrio dinamico, le forze sono

variabili e a quelle considerate in precedenza occorre aggiungere le

Si_consideri per semplicit il caso dei sistemi in equilibrio statico e, a

cosiddette forze d'inerzia,

che si manifestano ogni volta che in un

titolo di esempio, si assuma come sistema analizzato il sistema pi'

sistemala condizione di moto soggetta a una variazione nel tempo (e si


realizzano quindi situazioni di accelerazione e decelerazione).

Un esempio concreto riconducibile a questo caso ideale il carrello che

Le forze poi possono essere sia forze propriamente dette (o spinte o

crichi) sia coppie (o momenti). Esse si possono anche suddividere come


.frze di superficie se agiscono in punti di una superficie e forze di volume

g/>jjsc1 -agiscono nei punti interni di un corpo.

-Jjj$fef ?orze di superficie si distinguono in forze distribuite, se agiscono su tutti

|Vf!lP^nt di un'area non infinitesima della superficie, e forze concentrate, se


Ks$^cono idealmente in un punto soltanto di detta superficie.
p

#$t^realt non esistono forze concentrate in un punto, essendo sempre


l'area sii cui la forza si ripartisce una grandezza finita. In pratica si usa
parlare di fqrzc concentrate quando detta area sufficientemente piccola,
cio in definitiva tale da far ritenere insignificante, ai fini del risultato
finale, lo spostare idealmente la forza applicata dall'uno all'altro punto

dell'area suddetta.

Le forze di volume sono, in generale, sempre forze distribuite.

semplice, cio il punto che si muove lungo una traiettoria assegnata.


scorre su una pista assegnata.

Se si assume un asse x di riferimento parallelo alla pista lungo la quale

corre il carrello, la condizione di equilibrio 'statico del carrello stesso

normalmente si individua nel fatto che le forze applicate al


parallelamente all'asse

carrello

x siano tali da opporsi l'una all'altra in modo

perfettamente equilibrato, dando cosi luogo a un'azione risultante nulla.

Con riferimento alla Fig. 1.8 e al verso in essa indicato per le due forze jFJ
e F2, si dice che il carrello in equilibrio (statico) se vale la relazione:

Pi' generalmente, attribuendo un segno anche alle forze, ad esempio


segno positivo se esse hanno verso orientato come l'asse x (sar perci

F2<Q), la condizione di equilibrio si scrive:

1 -

1.10 - Equilibrio statico di un sistema

Equilibrio dei corpi rigidi

17

:^^
Figura 1.8

Carrello (caricato da due forze orizzontali)


Figura 1.10

'

Carrello (caricato da due forze oblique)

Se le forze che agiscono sono pi' di due (in generale N) come in Fig. 1.9,
la condizione di equilibrio sar allora:

Questa considerazione generalizzabile, potendo essere estesa a sistemi


comunque complessi e dotati di un qualsiasi numero di gradi di libert.

Pertanto la condizione di equilibrio statico di un sistema, avente l gradi di

libert, richiede che le forze applicate al sistema stesso secondo i diversi


suoi

l gradi di libert soddisfano, per ciascun grado di libert, a una

equazione analoga a quella in precedenza considerata a proposito del


carrello: in sostanza le forze agenti debbono, secondo ciascuno degli l gradi
di libert, avere risultante nulla.

Cos, se si considera un'asta incernierata a un estremo e soggetta a due

Figura 1.9

Carrello (caricato da pi forze orizzontali)

forze F, e

F2

(Fig. 1.11), la condizione di equilibrio (assumendo le forze

con segno, cio positive se agiscono concordi con l'angolo t?) si scrive ora
iFi<0, F2>0):

Se le forze applicate al carrello non sono orizzontali (Fig. 1.10), cio


parallele

all'asse

x,

ma

hanno due

componenti,

una secondo x e

l'altra secondo y [Fx,Fy;F2x,F2y; ...), la condizione di equilibrio si scriver


.ora nel modo seguente:

ove Flp la componente della forza z-esima Ft perpendicolare all'asta e d,


coinvolgendo cio solo le componenti delle forze che sono orientate
secondo l'unico grado di libert del carrello, cio l'asse x

la distanza della F.

dalla cerniera di articolazione dell'asta.

La precedente equazione esprime la condizione che le forze che operano

secondo l'unico grado di libert del sistema (la rotazione t?) si equilibrino,

1 -

18

Equilibrio dei corpi rigidi

1.10 - Equilibrio statico di un sistema

19

cio diano coppia risultante nulla: si noti che essendo il grado di libert

Questo modo di procedere non porta,

considerato una rotazione, le grandezze corrispondenti che determinano

cosiddette

l'equilibrio sono ora delle coppie e la condizione di equilibrio si traduce in

imposti al sistema debbono sviluppare per limitarne i movimenti.

per,

alla determinazione delle

reazioni vincolari, cio delle forze di reazione che i vincoli

un'equazione di momento risultante nullo.

Sotto il profilo cinematico del problema,

Se si considera il caso del carrello (Fig. 1.12) si osserva immediatamente

determinazione

che esso costituisce la rappresentazione concreta del concetto astratto di

componenti il sistema, la conoscenza delle forze di reazione non ha in

punto.

effetti alcuna importanza.

delle

caratteristiche

cio per quanto riguarda la

del

moto

dei

vari

elementi

11 punto nello spazio ha posizione definita da tre coordinate (in genere le

Sotto l'aspetto, invece, delle tensioni e delle deformazioni che le varie

coordinate x, y, z riferite ad un sistema cartesiano).

forze applicate generano in ciascun elemento (e quindi della valutazone

Nel caso in esame, per, due di queste coordinate {y e z) sono in realt

della capacit di resistenza di detti elementi cio della idoneit degli

invariabili, avendo infatti un valore assegnato e costante.

stessi a sopportare le forze ad essi applicate), indispensabile anche la

Come si gi detto, le forze agenti sul carrello possono avere non solo

conoscenza delle reazioni suddette.

componente orizzontale secondo x iFix>F2t), ma anche

Perci, in generale, in un sistema con n coordinate e / gradi di libert (con

componente

verticale secondo y{Fiy,F2jr).

<n)

Si anche osservato che, per l'equilibrio del carrello, normalmente si

cinematico

considerano soltanto le componenti secondo il suo grado di libert.

garantiscono l'equilibrio cinematico o di moto stazionario o dinamico del

Tuttavia anche le altre componenti di forze agenti sul carrello debbono

sistema, e n-l=m equazioni che potremmo definire di equiUbrio vincolare

soddisfare a condizioni analoghe di equilibrio.

che determinano le reazioni applicate dai vincoli al sistema stesso.

si

scriveranno / equazioni che potremmo definire di


o

di

moto,

poich

servono

stabilire

le

Cosi, ad esempio, le componenti di forza verticale Fy,F2yt tendendo a

schiacciare il carrello sulla pista, generano una reazione della pista stessa
su ciascuna ruota, diretta verticalmente, la cui azione risultante sar una
forza verticale R.

Per l'equilibrio del carrello, scritto ora con riferimento allo spostamento
secondo l'asse y verticale, dovr essere verifcata la condizione:

Si osserva che la precedente equazione sempre soddisfatta perch la


condizione di vincolo del carrello contro la pista sulla quale appoggia tale
da originare una reazione la cui forza risultante automaticamente
equilibra
l

l'azione

delle componenti

Fy,F2yt quale che sia

la

loro

intensit.

Per questo motivo le equazioni di equilibrio di un sistema si possono

scrivere nella meccanica facendo per semplicit riferimento alle sole


coordinate del sistema che sono libere e indipendenti, cio ai soli gradi di
libert.

Figura 1.11

Asta incemierata ad un estremo

equilibrio

condizioni

che

1 -

Equilibrio dei corpi rigidi

1.10 - Equilibrio statico di un sistema

21

S_e m>n il sistema possiede m-n vincoli in pi' rispetto al suo numero di

coordinate. Il sistema , quindi,

ipjrDincolato avendo pi' vincoli di quelli

necessari per assicurarne l'immobilit, cio l'equilibrio statico.

Alle forze esterne applicate ai vari clementi del sistema si oppongono ora
m reazioni vincolari. E' possibile anche in questo caso scrivere altrettante

equazioni di equilibrio fra le forze quante sono le n coordinate del sistema.


Esse,

per,

conterranno

(>n)

incognite

costituite

dalle

reazioni

vincolari.

Sono possibili infinite

Figura 1.12

Carrello

arbitrariamente

soluzioni del problema

il valore

di

poich, assegnando

m-n reazioni vincolari, le equazioni di

equilbrio consentiranno di determinare le rimanenti n reazioni vincolari


incognite:

ogni

assegnazione arbitraria corrisponder una

rispettiva

soluzione.

1.10.2 Equilibrio di un sistema Isostatco

(Nelle condizioni di equilibrio isostatico, il sistema soggetto ad un


numero di vincoli m esattamente pari al numero di coordinate n del
sistema stesso, cio al suo massimo numero possibile di gradi di libert
E' possibile, come si visto, associare a ciascuna coordinata del sistema
un corrispondente possibile spostamento (o movimento) dello stesso e

Si consideri, a titolo di esempio, il caso della Fig. 1.13. n sistema


costituito da un solo elemento, una trave, le cui coordinate e spostamenti
teoricamente possibili sono le due traslazioni secondo gli assi cartesiani x

e yc la rotazione angolare 6.
Si ha, perci,

n=3, come avviene per ogni corpo che si muove di moto

piano.

La trave risulta incastrata nel suo estremo A ove essa soggetta a tre

quindi, anche una rispettiva reazione vincolare che a questo spostamento

possibili reazioni vincolari RAo, RAv e M

E' anche possibile scrivere un'equazione di equilibrio fra le forze (incluse


le reazioni vincolari) che agiscono sul sistema per ciascuna coordinata o

ricevendo cos una quarta reazione vincolare R^.

si oppone.

movimento possibile del sistema stesso.

Se n-mfl sistema in condizioni isostatiche (cio non si muove) essendo

soggetto a un numero di vincoli (e quindi anche di reazioni vincolari)


esattamente uguale al numero dei suoi possibili movimenti (o coordinate)

Eperci possibile scrivere altrettante equazioni di equilibrio quante sono


^^sipni vincola^ e, quindi, ottenere un sistema di equazioni che

Essa, inoltre, supportata da un carrello scorrevole all'altra estremit B


In totale si hanno perci m=4 reazioni vincolari, una in pi' rispetto alle
coordinate n(=3).

Scrivendo ora le tre equazioni di equilibrio fra le forze nelle tre direzioni di
spostamento definite dalle tre coordinate, si ha:

Rao-0

consente la determinazione univoca delle reazioni vincolari stesse

Si conosce cos perfettamente l'insieme delle forze che agisce su ciascun

elemento del sistema e lo sollecita.

1.10.3 Equilibrio di un sistema iperstatico

Mancando componenti di forza esterna orizzontale si ottiene che la


reazione vincolare RAo in A anch'essa nulla.

22

J -

Equilibrio dei corpi rigidi

1.11 - Equilibrio dinamico di un sistema labile

Le rimanenti due equazioni contengono tre reazioni incognite (R

,R

M) e non sono, quindi, sufficienti a determinarne univocamente iWalo're

Daltronde, poich il problema reale e concreto, evidente che per una


data trave e per una data forza Fla soluzione del problema univoca- essa
per, dipende ora non solo dalla forza F dagli aspetti geometrici del'

problema (lunghezza L, distanza d). ma anche dalle caratteristiche di


deformabiht della trave.

E' evidente, ad esempio, l'importanza che pu assumere il fatto che il


tratto terminale della trave prossimo alla sua estremit Bsia pi' o meno

rigido rispetto alla rimanente parte (Fig. l 14

Se, infatti, questo tratto ha rigidezza molto ridotta, la forza reattiva

vincolare in B risulter corrispondentemente ridotta: al limite, se il tratto


terminale tende ad assumere rigidezza trascurabile rispetto all'altra parte

sottiT
tr'ttO tCrmnaIe
* tender
Arisela
sotti* o TnS1
da una CaS
fune,^ Un evidente
che laCSttUt0
reazionedaR^

parallelamente ad annullarsi.

Dovendo

per l'equilibrio, essere

RAv +/?, = F> quanto

iu>

Figura 1.14

Sistema iperstatico

1.11 Equilibrio dinamico di un sistema labile


Se n>m il sistema possiede n-m gradi di libert secondo i quali esso
libero di muoversi.

E' possibile scrivere, quindi, n-m relazioni che legano fra loro le forze
agenti sul sistema (incluse le forze d'inerzia se il sistema non in

In definitiva, nel caso di sistemi instatici la soluzione non pu

del
2tZ CT "f alW "" ^^ caratteris^hc di deformabili
de sistemi stessi. Occorre, cio, far riferimento necessariamente
allequ,l.bno dei sistemi deformabili e alle specifiche caratteristiche che

da questa deformabilit derivano.

equilibrio stazionario,.

Queste relazioni, nel caso di equilibrio dinamico non stazionario, sono


sotto forma di equazioni differenziali che possono venire integrate
giungendo cosi a esprimere, in funzione anche delle condizioni iniziali del

moto, le varie coordinate che corrispondono ai rispettivi gradi di libert del


sistema, in funzione del tempo t

Le equazioni cos ottenute forniscono le equazioni del moto del sistema.


Conoscendo, pertanto, l'evolversi temporale del sistema, cio la
configurazione da esso assunta nei vari istanti successivi,
possibile istante per istante stabilire le condizioni di equilibrio dinamico

del sistema,

cio le forze di tutti i tipi, incluse quelle d'inerzia, che agiscono sui vari

elementi del sistema stesso.

Istante per istante possibile, allora, scomponendo idealmente il sistema


Figura 1.13 Sistema iperstatico

nei suoi vari elementi componenti, scrivere l'equilibrio dinamico di

ciascun

elemento

determinare

cosi

corrispondenti ai rispettivi vincoli introdotti.

le

reazioni

vincolali

24

J -

1.13 - Condizioni di simmetria

Equilibrio dei corpi rgidi

25

Sono cos note, anche in questo caso, tutte le forze che sollecitano ogni

elemento ed , quindi, possibile risalire da queste forze alle tensioni e alle


deformazioni che esse generano in ciascun elemento: in questo caso
trattandosi di equilibrio dinamico, le condizioni cambiano da istante a

istante e, di conseguenza, cambiano parallelamente da istante a istante

le forze e, quindi, le tensioni e le deformazioni negli elementi.

condizioni reali ~ ipostatiche

1.12 Condizioni di equilibrio reali e teoriche

teoriche: iperstatiche (n3 m=4J

(Si hanno sistemi con false condizioni di vincolo quando le condizioni reali

Figura 1.16c

di equilibrio del sistema non corrispondono al bilancio teorico fra

coordinate e vincoli.

a) Sistemi realmente isostatici ma con condizioni teoriche di equilibrio


ipostatico oppure iperstatico;

e) Sistemi realmente iperstatici ma con condizioni teoriche di equilibrio


isostatico.

l
condizioni reali - iperstatiche

condizioni reali: isostatiche

teoriche: ipostatiche (n3 m-2)

rj\

teoriche: isostatiche [n*3 m=3)

condizioni reali = isostatiche


teoriche: iperstatiche {n-3 m=

Figura 1.1 Sa

Figura 1.17

Figura 1.15b

b) Sistemi realmente ipostatici ma con condizioni teoriche di equilibri

1.13 Condizioni di simmetria

isostatico oppure iperstatico;

A volte il problema presenta condizioni geometriche e di carico che

soddisfano a particolari condizioni di simmetria che possono semplificarne

condizioni reali: ipostatiche


teoriche: isostatiche {n-m~3)

la risoluzione.

Tipico esempio di questa soluzione il caso di sistemi di per s iperstatici


ma che, per particolari condizioni di simmetria, si possono ricondurre a

condizioni reali - ipostatiche


teoriche: isostatiche (n=m=<>)

Figura 1.16b

condizioni reali isostatiche (Fig. 1.18).

26

1 -

1.14 - Risultante di forze parallele

Equilibrio dei corpi rigidi

27

i-t
Il corpo anche in equilibrio alla rotazione rispetto a un qualsiasi punto O
(Fig. 1.19b), per cui sar:

essendo xA la distanza di RA dal punto O e x le distanze analoghe delle


forze F} rispettivamente.
Si ottiene perci la relazione:
Per simmetria

"e * 0

Per simmetria

nA " aj

Per simmetria

^a = Mg

x,=

Mancando le forze orizzontali esterne si ha:


Perci eliminando dal bilancio da un lato le

A^

ixb*

iic*

tre reazioni orizzontali

0
e,

che consente di determinare la posizione del punto A di equilibrio.

dall'altro, la reazione "e che nota ("e 0), il sistema diventa isostatico

Si pu concludere che l'azione risultante dell'insieme di forze parallele F.

e, quindi, risolvibile.

data da una forza risultante FK che, per l'equilibrio, dovr essere uguale

in modulo, ma contraria in verso, alla reazione RA, cosicch, sostituendo

1.14 Risultante di forze parallele

alle forze Ft la loro risultante FRi l'azione esercitata dall'insieme di forze


F, o dalla loro risultante Fn si equivale ai fini dell'equilibrio dell'asta (Fig.

Suppongo di applicare ad un'asta

(in generale a un qualsiasi corpo rgido)

un insieme di forze Ft {i = 1+N) parallele fra loro (Fig. 1.19a).


Appoggiando l'asta contro un vincolo puntiforme A, se questo troppo
spostato verso

sinistra l'asta tender a ruotare intorno ad A in senso orario. Se, invece,


il punto di reazione troppo spostato a destra , l'asta ruoter ancora
attorno ad A, ma in verso antiorario.

1*

II

11

111

Esiste, quindi, un punto intermedio rispetto al quale l'asta non ruoter n

in verso orario n in verso antiorario, ma star in equilibrio. Significa


allora che l'appoggio A sviluppa una reazione RA in grado di equilibrare
l'azione risultante delle forze F{,
Per l'equilibrio alla traslazione dei corpi rigidi deve allora essere:

Figura 1.19a

Asta appoggiata (schema)

28

1 -

Equilibrio dei corpi rigidi

1.15 - Esempi di calcolo delle reazioni vincolari

29

UlI Ih
Figura 1.19b Asta appoggiata (reazione vincolare)

Miniili*
Figura 1.19c Asta appoggiata (risultante delle forze parallele)

Risoluzione:

Jt,,

Equilibrio alla traslazione orizzontale:

F1+F2+Rc

Equilibrio alla traslazione verticale:

R+RB = 0

Equilibrio alla rotazione attorno al punto

1.15 Esempi di calcolo delle reazioni vincoiar


Esempio 1

Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura (d^O lm


dB~lm, F,80N, F2=120N).

Risultati:
Rc=200N

Esempio 2

Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura (L-lm,


d,=0.2m, d7=0.8m, Ft-F2

30C

1 -

Equilbrio dei corpi rigidi

ti

1.15 - Esempi di calcolo delle reazioni vincolati

f
Risoluzione:

U
'
Equilbrio alla traslazione orizzontale:

lisa

ih

Risoluzione:

R=0

Equilibrio alla traslazione verticale:

R + RB - F - F2 = 0

Equilibrio alla rotazione attorno al punto A:

Ft- d+F2-d2- RB- L

Equilibrio alla traslazione orizzontale:

RAO + RBq ~ 0

Equilibrio alla traslazione verticale:

RAy RBy+F =

Equilibrio alla rotazione attorno al punto A

RBV / F L = 0

FL

<>'"

Rav -

Risultati:

Equilibrio alla traslazionc orizzontale:

Esemplo 3

Calcolare le reazioni vincolali del


(L=1.8m, l=lm, h-0.5m, F-300N).

31

sistema rappresentato in figura

^Equilibrio alla traslazione verticale:

Equilibrio alla rotazione attorno al punto C

Rco R^ ~ ^
R^ RBV = 0

RBV / + RBO

1 -

Equilibrio dei corpi rgidi

F-L

Risultati

; RAV =240N; RBo = -RAo = RCo =1080N

Capitolo 2
Geometria delle aree
2.1 Baricentri e momenti statici
2.1.1

Definizioni

Supponiamo di considerare un corpo piano d area A costituito da un

materiale avente densit costante p per unit di superficie ([p]=Kg / m )


(Fig. 2.1).

Consideriamo un'areola elementare

dA e ^calcoliamone, la forza peso

elementare dP:
dP

La risultante P delle forze elementari dP data dalla somma vettoriale


^delle dP.

risultante P diretta verticalmente come ogni dP e ha modulo pari


risultante scalare (= somma algebrica) delle forze elementari dR

2
Non

sappiamo,

per,

in

2.1 - Baricentri e momenti statici

Geometra delle aree


questo

modo,dove

possiamo

35

considerare

concentrata la risultante delle forze peso. La posizione della risultante P

pu essere individuata calcolando il momento delle forze elementari

y-

rispetto ad un asse parallelo a P

dP

passante per un punto M qualunque

(FigVZJ2) scrivendo che esso deve eguagliare il momnto dato dalla


risultante P rispetto allo stesso punto M: ,

L'espressione sopra riportata rappresenta il momento delle forze statiche

o, pi' precisamente, delle forze peso, rispetto alla retta passante per il
punto M . Esso , a meno del prodotto costante

p-g, determinato dalla

grandezza:

che dipende unicamente dalle caratteristiche della superficie A e che

Figura 2.2 Corpo piano di area A (risultante delle forze peso)

prende il nome di. momento statico della stessa rispetto all'asse verticale
passante per M.

La distanza fra la risultante P e Tasse passante per il punto Af vale:

gpjxdA
,-

)alle precedenti considerazioni si deduce che, se il momento statico S

|plla sezione viene calcolato rispetto alla verticale alla quale appartiene la
sultante, essendo a=0, deve quindi anche essere:
S=0

si ruota la superficie di Fig. 2.2 in modo che la risultante P prima


Figura 2.1 Corpo piano di area A

Scolata,

considerata

solidale

alla

superficie,

assuma

una

nuova

2 -

36

37

2.1 - Baricentri e momenti statici

Geometria delle aree

posizione P' ruotata e se si ripetono le considerazioni precedenti, si

Supponiamo di aver individuato G come intersezione della risultante P

trover la nuova posizione che la risultante P delle forze peso elementari

relativa a due direzioni ortogonali frTloro e si assuma il riferimento

assume rispetto alla nuova disposizione della superficie (Fig. 2.3).

cartesiano x, y avente origine in G e individuato dalle direzioni suddette


(Fig. 2.4).

(Si assuma una direzione arbitraria e una retta

r ad essa parallela.

Calcoliamo il momento statico della superficie rispetto alla retta r. Sar:

= jddA
dove la distanza d vale:

Figura 2.3 Corpo piano di area A (ruotato rispetto alla posizione precedente)

L'intersezione di P con P ' individua un punto G, denominato baricentroL


rispetto al quale il momento statico della sezione calcolato con riferimento

ad entrambe le direzioni individuate da P e da P ' risulta nullo.


Si dimostrer nel seguito che qualunque sia la rotazione imposta alla
superficie

e,

quindi,

la sua disposizione,

il punto

G lo

stesso

rappresenta, quindi, un punto caratteristico della superficie A, rispetto al

Figura 2.4 Momento statico di una superficie

quale o, meglio, rispetto ad una qualunque retta passante per il quale, il


momento statico della superficie A sempre nullo.

Il baricentro , infatti, quel punto tale che rispetto a tutte le rette passanti
per esso il momento statico nullo.

= dG + ad = G + x cos a - y sen a

2 -

38

2.1 -^Baricentri e momenti statici

Geometria delle aree

39

bh2

S=\ddA=[dcdA+jxcosadA-jysenadA
A

I momenti statici rispetto agli assi baricentrici jxdA e \ydA sono


A

nulli per cui si ha:

/ 2.1.3

Teorema di trasposizione dei momenti statici

5i conosce il momento statico 5, rispetto all'asse X, (Fig. 2.7) e si vuole


Calcolare il momento statico rispetto all'asse x2 (parallelo a x,) spostato di
una quantit d.

Ne consegue che la risultante delle forze peso P passa per G


indipendentemente dal valore deU'angolo OC, cio indipendentemente dalla
direzione di r. Per questo motivo il baricentro di una superficie prende

\.

anche il nome di centro i gravita del corpo piano.

Le coordinate del baricentro sono espresse dalle relazioni seguenti:

Jx dA

s-v- ^"

'dA
_

Se il corpo o superficie possiede un asse di simmetria, o anche di


antisimmetria, essendo per definizione il momento statico della
superficie rispetto a questo asse pari a zero, si conclude che l'asse
stesso un asse baricentrico, cio passa per C.

Se la superficie possiede
due assi di simmetria (Fig. 2.5) allora
individuato immediatamente il suo baricentro G essendo esso
l'intersezione dei due assi.

2.1.2

Esempio di calcolo del momento statico

Si vuole calcolare il momento statico di un triangolo rettangolo rispetto


all'asse spassante per la base del triangolo stesso (Fig. 2.6).

Figura 2.5 Sezione con due assi di simmetria

S2 =

41

2.1 - Baricentri e momenti statici

"2

Figura 2.6 Sezione triangolare

statico

52 rispetto all'asse * parafo a * e spostato ddla

d di x. da x,

2i3S3r
jcn-u

Se l'asse x, baricentrico allora, essendo St =0, si ha.


S2=Adc

essendo de la distanza dell'asse X2 dal baricentro.

Pertanto il momento statico di una qualsiasi area rispetto ad una retta


qualsiasi dato, in generale, dal prodotto dell'area per la distanza del suo

Figura 2.7 Teorema di trasposizione dei momenti statici

2.1.4 \ Momento statico di figure composte


Per la definizione di momento statico come integrale (cio sommatoria di
termini infinitesimi) di una grandezza esteso a un campo di definizione, il

momento statico di una figura che somma di pi' aree pari alla somma
dei momenti statici delle singole aree.

^el caso, ad esempio, del momento statico di una superficie a forma di 1


(Fig. 2.9) rispetto alla retta r passante" per il lato di base della superficie s,
pu scrivere:

baricentro dalla retta.

Nel caso di un cerchio, ad esempio, di raggio r e distante d da una retta


assegnata (Fig. 2.8), il momento statico pari a:

S = nr2 d

.ssendo 4 e A2 le due aree componenti relative al braccio verticale e,


rispettivamente, orizzontale della T.
; quanto detto in precedenza sar:

2 -

2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

Geometria delle aree

43

H+h

2.2 Momenti d'inerzia di una superficie^


/2.2.1

Momento d'inerzia rispetto ad un asse

Oltre al momento statico, per le superfici in generale si individua anche


un'altra grandezza caratteristica definita dall'espressione:

che prende il nome di momento d'inerzia della superficie A rispetto alla

retta y (ortogonale^alla direzione jd disposta in_una Pos*?ion? assegnata

(FgT2?T0)?'
Figura 2.8 Calcolo del momento statico di un cerchio rispetto ad una retta

Analogamente si pu definire

"""
il momento d'inerzia

della

superficie A

Vnspetto alla retta xl(ortogonale alla direzione y) disposta in una posizione


assegnata (Fig. 2.11):

/ = f y2dA
Si pu, inoltre, definire il momento d'inerzia della superficie A rispetto
alla retta a disposta in una posizione qualsiasi (Fig. 2.12):

=jd2dA

Figura 2.9 Momento statico di una figura composta

Per lo stesso principio si pu dimostrare che nel caso precedente il


momento statico S della

F ottenibile come differenza fra il momento

statico del rettangolo maggiore di lati H, Bc quello del rettangolo minore di


lati (B-b), h, cio:

2 -

2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

Geometria delle aree

45

lP>'

,''.".:;' , ' .li.11, jpi-'' /


^iM : ..": :;^

Figura 2.10 Momento d'inerzia della superficie A rispetto ad una retta y

Figura 2.12 Momento d'inerzia della superficie A rispetto ad una retta a qualsiasi
(g.2.2

iflonjfintpdMnerziapolare \

/Nel caso del momento d'inerzia si fa uso anche (nella "Meccanica" e nella
'Scienza delle Costruzioni") deljnojnentojiWrzia polare calcolato non

rispcSoad\uraScl-fttaJ|-mil rispetto ad un polo (o punto) P (Fig. 2.13)


con l'espressione:

'/>,:

;'^''.' r-*'
in questo caso /, rappresenta, a meno della costante p (caratteristica del
materiale), la grandezza, cio la resistenza inerziale che si oppone

Figura 2.11

Momento d'inerzia della superficie A rispetto ad una retta x

in

condizioni dinamiche (cio di rotazione libera in questo caso), all'azione di


una coppia esterna applicata tendente a porre in rotazione la superficie
attorno al polo suddetto.

Come noto dalla fisica, la forza Fche occorre per produrre in una massa

; m l'accelerazione a pari a:
F-mq

>\

2 -

46

2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

Geometria delle aree

47

il che corrisponde ad affermare che per produrre l'accelerazione suddetta


occorre vincere una forza d'inerzia pari a:

Se si suppone di porre in rotazione una superficie piana A attorno ad un

asse ortogonale ad essa (Fig. 2.14)


punto P' distante

con accelerazione angolare

tf, nel

dall'asse si ha una componente di accelerazione

tangenziale pari a:

aT =r-9
La massa elementare dm nell'intorno di P' dar perci luogo ad una forza
d'inerzia tangenziale elementare pari a:
Figura 2.13

dFt = -r0 dm

Momento d'inerzia polare della superficie A

Se la superfcie ha densit p la massa elementare sar pari a:

dm = p-dA
II

momento

risultante

delle

forze

d'inerzia

corrispondenti

all'intera

superficie di area A sar perci pari a:

M, = -j(rtip dA)r = -pjr2 - dA


II momento risultante delle forze d'inerzia perci proporzionale, a meno

della densit p e per una data accelerazione angolare ), al termine:


figura 2.14 Superficie piana A in rotazione attorno ad un asse ortogonale ad essa

IP =

che

costituisce

il

momento

polare

della

superficie

rispetto

all'asse

suddetto: esso prende appunto il nome di momento polare d'inerzia della

superficie rispetto al polo individuato dall'asse di rotazione-

2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

2.2.3

=/, / 2 essendo /P =./, + ly = 2

Momento d'inerzia centrifugo (o misto)

jcRa =nDA
""4
64

Oltre ai momenti d'inerzia precedentemente descritti, si usa anche

ttodurrc njno^toji'iner^^ntrifugo (o misto) definito dalla seguente


relazione:

i
* - -

1
2.2.4

Esempi di calcolo dei momenti d'inerzia di figure geometriche


semplici

1-

f
^.

a) Momenti d'inerzia del rettangolo

Svogliono calcolare i momenti d'inerzia di un rettangolo d. base b e

altezza h (Fig. 2.15) rispetto ad un asse x (passante per la base inferiore


del rettangolo) e rispetto agli assi baricentrici xQ e y0.

*r ,

Figura 2.15 Momenti d"inerzia di un rettangolo

bh*

[T

b) Momenti d'inerzia del cerchio

Si vogliono calcolare i momenti d'inerzia polare 1P (rispetto al centro U) e


diametrale Id di un cerchio (Fig. 2.16) di diametro D (e raggio R).
Figura 2.16 Momenti d'inerzia di un cerchio

49

2 -

2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

Geometria dette aree

51

2.2.5 Momenti principali d'inerzia

Si consideri la superficie di Fig. 2.17 e si calcoli il momento d'inerzia

da

. /

=0

Massimo o minimo

polare IP rispetto al centro O degli assi coordinati x, y.


\Esplicitando la relazione si trova:

_ (jx - \y ). senla - 21ty cos 2a = 0


Poich il valore della distanza radiale del punto generico dal centro degli

=> tan2a= -2

assi coordinati O pu essere espresso tramite il teorema di Pitagora come


radice della somma dei quadrati delle coordinate del punto stesso, con una
semplice sostituzione si trova:

v x ~

Gli assi rispetto ai quali il momento d'inerzia risulta minimo o massimo


sono dunque ortogonali per la natura della funzione tangente e vengono

indicati come assi principali d'inerzia; gli angoli che li individuano rispetto
ad un sistema cartesiano qualunque sono:

a, =iaictaii -2y--2

Considerando la retta generica a ruotata deU'angolo a rispetto all'asse x


(Fgr2.17), si pu^scrivcre:

d -ycosa-xsina

Tramite l'espressione precedente si pu mettere in relazione il


niomento d'inerzia rispetto alla generica direzione a con i momenti

. I valori dei momenti d'inerzia relativi agli assi principali sono:

d'inerzia relativi ai due assi coordinati x e y.

Ja = \d2-dA=\ {ycosa-x sena) dA


Ia = Ix-cos2 a + Iy sen2 a-2JV sena cosa

!; Essendo:

1 valori di a per cui il momento d'inerzia lo massimo o minimo (Fig.


2.18) possono essere ricavati imponendo che la derivata di questo rispetto
i pu scrivere:

ad a sia nulla:

jl = _(/x _ / ). Sen2a - 27V cos 2xx


dee

/ = Lllz. + J* ly cos 2a, - / sen 2a,


"'2

2 -

52

53

2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

Geometria delle aree

Dimpstriamo che il momento d'inerzia centrifugo lab (Fig. 2.19) nullo

Poich:

gTTassi aeb sono principali (o centrali) d'inerzia:


/xy =

-tan2a,1

/a=/,cos2a +/rsen2a -27^-sena

si ottiene:

cosa

I^ = Jb = JtscD2a +Iycos2a +2/J0,sena -cosa


I

al

La relazione trovata pu essere riscritta come:

r =LL
o

Poich

dove

d = ycosa-xsena

d, = ysena+xcosa

2
2

2-cos2a,

a2 = a, + ni 2

/,=

/x-H/y

Ix~ly

+2-cos2(a,

2-cos2a,

Si ricavano infine le seguenti formule:

/ol~/a2"2-cos2al
/ =iJ^L + i^!Lcos2a,
2

=-(/, - la2)

sen2a,

Figura 2.17 Momenti principali d'inerzia

55

2.2 - Momenti d'inerzia di una superficie

= Iv cos 2a +

Jx -I

Per a e b principali (a = a,;^ = a, + /2) si ha:

Iab =-

a,

Kll <*!

n
Se la superficie in esame ha un asse di simmetria (Fig. 2.20

Figura 2.18 Andamento di / al variare di a

gli assi

principali d'inerzia relativi ad un qualunque punto Q de lasse d,


simmetria sono l'asse di simmetria stesso e l'asse a lui ortogonale.

Infatti, qualunque sia la posizione di 0lungo l'asse ydi simmetria, si fta.

Si deduce, allora, in generale:

Se la superficie circolare e Q il centro di essa si ha allora / - 0,


1=1 = costante e si deduce quindi anche:

Figura 2.19 Momento centrifugo rispetto ad assi principali

Iab = J (y cos a - xsena )ysena + x cos Ct)dA

57

5 2.3 - Corpo tridimensionale - Volume

Se l'asse r, baricentrico {5, =0) si ha:

Figura 2.20 Esempio di superficie con due assi di simmetria

2.2.6 Teorema di trasposizione dei momenti d'inerzia '


il

Figura 2.21 Teorema di trasposizione dei momenti d'inerzia

Tsi vuole calcolare il momento d'inerzia di un'area (/,) rispetto ad un asse

V2) Paralel a 1ueUo C^-.l Aspetto il quale si era precedentemente


calcolato il momento d'inerzia (/, ) e spostato di una quantit d (Fig. 2.21).

2.3

Corpo tridimensionale-Volume

Tutte

le

considerazioni

precedenti

vengono

estese

al

corpo

C tridimensionale.

nche in questo caso si parler di momento statico del corpo rispetto ad un


sse intendendo ora per momento statico l'espressione:

=ndo s la distanza di dVdax (Fig. 2.22).

/2=/, + 2dB, +Ad7


dove S, e il momento statico rispetto all'asse r,

logamente a prima sar possibile individuare il baricentro G del corpo.

Esempi di calcoto di baricentri e momenti d'inerzia

2.4

61

Risoluzione:

Per definizione qualunque momento statico baricentrico (G - baricentro)


dell'insieme nullo:

y '

D^taricentro G si trova sulla congiungente GrGc e. calcolando il momento


statico rispetto all'asse perpendicolare a C,cc Pesante per G , si ottiene:

5 A
f ~

* s ^ A

<

cioe deil'insieme costituxto

dal cerchio (*c = 10) di baricentro Gc e area


= 15cm. * =

* u ^ vi
2

Acdl=AR-d2
si ottiene:

Trovare il baricentro delle due arce in t gu

Essendo d,+d2 = d

Esempio 2

Di conseguenza si ha:

)dibaricentro GR e area A l-

rettangolo fc/

Capitolo 3

Equilibrio dei corpi deformabili


3.1 II corpo deformabile. Equilibrio interno.
Si supposto finora di considerare sistemi i cui elementi sono costituiti
da corpi infinitamente rigidi, cio indeformabili.

Inoltre si anche sempre considerato l'equilibrio del sistema valutando


ogni elemento che lo costituisce nella sua interezza: poich, infatti, ogni

elemento viene considerato costituito da un corpo di ugual forma e di


rigidezza

infinita,

non

ha alcuna

importanza

alcun

significato

considerare ci che avviene all'interno di' ciascun elemento essendo


questo assolutamente indeformabile e,

cio,

in grado di sopportare

qualsiasi sforzo senza subire alcuna minima deformazione.

Nella realt tutti i corpi, e quindi tutti gli elementi di qualsiasi sistema,

qualora siano sottoposti all'azione di forze agenti (esterne o interne, di


superficie o di volume ... etc) su determinati punti degli stessi,

si

"ormano in misura pi' o meno elevata a seconda di molteplici fattori: il


l'entit, il punto di applicazione delle forze, le caratteristiche del
iteriale, il tipo di vincoli ...

venta allora importante studiare ci che accade anche all'interno di


ascun corpo determinando le deformazioni che si producono su di esso e
conscguenti tensioni che nascono in ogni punto dello stesso.

3.1 -

5serva innanzitutto che, anche nel caso di sistemi costituiti da corpi


labili, per ciascuno di essi valgono ancora le equaz.on, di equwbno

Jl corpo deformabile. Equilibrio interno.

65

distribuita su tutto il volume della parte considerata. Normalmente la sola

forza di volume presente la forza p$so la quale nell'equilibrio interno


viene spesso trascurata (poich produce effetti locali trascurabili) mentre

in precedenza considerate.

viene invece in genere tenuta in conto nell'equilibrio globale del corpo, al

^ fatte a proposito delle coordinate, dei movimenti possibili, dei vincol.

momento ad esempio di determinare le reazioni vincolari.

effettivamente consentite dai vincoli, delle equazioni di moto, delle

della Fig. 3.1) in modo tale che la superficie che la racchiude costituita

/lene per corpi deformabili infatti possibile ripetere le cons.deraz.on.


che limitano le possibilit di movimento,

reazioni vincolari, delle equazioni vincolari.

, questo caso, per, occorre considerare

delle libert di movnrento


ciascun corpo non soltanto

facendo riferimento al suo comportamento globale, ma estendendo anche


all'interno di quest'ultimo le considerazioni suddette..

Si osserva che anche per i corpi rigidi si potrebbe .mmagmare d,


analizzare l'interno degli stessi cercando di stabilire relazioni analoghe a
Quelle gi definite con riferimento ai corpi rigidi considera*, nella loro
ri corpi rigidi, cio, potrebbe considerare, come verr fatto
to per i corpi deformabili, non soltanto l'equilibrio di c,aScun

elemen^ considerato nella sua globalit, ma anche 1'equ.l.bno d.


ciascuna sua parte componente.

Nel caso per dei corpi rigidi questo eventuale approfondimento dello
studio porta a risultati che non hanno alcun interesse pratico.

Pianto l'analisi degli equilibri interni e delle forze che sollevano


talmente ogni parte interna di ciascun corpo verr svolta ne. segu.to

La parte componente in questione pu anche essere individuata {parte B

sia da una parte di superficie esterna Sc sia da una parte di superfcie


interna St.
Sulla superficie esterna S^ agiscono forze esterne di superficie, che spesso

sono concentrate, mentre sulla superficie interna S agiscono forze

interne che sono sempre distribuite su tutta la superficie


ultime,

per

l'equilibrio

della parte

componente

devono

Sr Queste
essere

cos

conformate (in direzione e valore) da dar origine a una forza risultante che

equilibra le restanti forze agenti sulla superficie esterna Se.


Assegnata allora una parte di corpo (D in Fig. 3.2) delimitata parzialmente

da una superfcie interna Si$ scrivendo l'equilibrio della parte di corpo


considerata nel suo insieme come isolata dalla restante parte di corpo
possibile determinare in modulo, direzione e verso la risultante delle forze

elementari distribuite sulla superficie S.


Per la verifica della stabilit (o integrit) del corpo occorre conoscere in

ogni suo punto (o meglio in quello phi' sollecitato, cio soggetto a forze
distribuite che danno luogo, nel loro insieme, al maggior effetto, cio in

con riferimento solo ai corpi deformabili.

definitiva allo stato di tensione pi' vicino al cedimento della resistenza

di essfsi pu parlare in generale di equilibrio statico e d> equino

varie possibili (infinite) direzioni uscenti dal punto considerato.

o meno (statico) le forze d'inerzia. _

equazioni generali che in definitiva coinvolge e comporta l'equilibrio

Come per i corpi rigidi, anche per i corpi deformabili e per ciascuna parte

dinamico a seconda che nello scrivere l'equilibrio intervengano (dmam.co)


Limitando l'analisi al caso pi' generale dell'equilibrio stafeo, s. osserva

che, se il corpo in equilibrio nel suo insieme (poich le forze - incluse le


reazioni - ad esso applicate si fanno equilibrio secondo i suo. g. d. 1. ), lo e
mire in ogni sua singola parte componente.

del materiale che costituisce il corpo) le forze distribuite agenti nelle

In generale ci comporta la risoluzione di un complesso sistema di


dell'intero corpo considerato come deformabile

in ogni sua sngola parte

componente.

alcuni casi,

molto comuni peraltro,

per possibile semplificare

randemente il problema formulando ipotesi di distribuzione approssimata

Questa parte (ad esempio A nella Fig. 3.1) pu essere completamente

^semplice delle forze distribuite di tensione in modo tale da consentirne il

anch'essa interna al corpo: si avranno allora forze di superficie interne

delle corrispondenti risultanti R agenti sulle varie sezioni interne del

interna al corpo, nel qual caso essa delimitata da una superficie che e

distribuite sull'intera superfcie della parte in questione e la cui


risultante equilibra l'eventuale forza di volume (ad esempio magnetica)

Icolo con metodi semplici a partire dalla conoscenza delle forze esterne

2
CI

IL

3.2 -

II corpo sottile. Solido di De Saint Venant

69

N
Figura 3.3 I! solido di De Saint Venant

Figura 3.4c Scomposizione della forza F

Figura 3.4a Trave a L incastrata

vi.
Figura 3.5 Scomposizione della risultante R

Anche il momento M rappresentato come vettore avr in generale una

componente Mt

diretta secondo la normale alla sezione S e che esercita

1 componente m

che invece appartiene al piano della sezione S e che

su di questa una azione di torsione [M, momento torcente) e una

esercita un'azione di flessione ( Mf = momento flettente).


fSi consideri ad esempio il caso della Fig. 3.4a, nella quale rappresentata

Figura 3.4b Porzione della trave a L incastrata

|na trave a L incastrata a un estremo e soggetta a una forza F applicata


ll'estremo del braccio libero piegato della trave e di intensit, verso e

3.2 -

II corpo sottile. Solido di De Saint Venant

'

69

Figura 3.3 11 solido di De Saint Venant


Figura 3.4c Scomposizione della forza F

"'"

Figura 3.4a Trave a L incastrata

R= F

Figura 3.5 Scomposizione della risultante R

Anche il momento Af rappresentato come vettore avr in generale una


componente M diretta secondo la normale alla sezione Se che esercita
su di questa una azione di torsione (A/, D momento torcente) e una
componente m
che invece appartiene al piano della 'sezione S e che
esercita un'azione di flessione ( Mf momento flettente).
Si consideri ad esempio il caso della Fig. 3.4a, nella quale rappresentata

Figura 3.4b Porzione della trave a L incastrata

iuna trave a L incastrata a un estremo e soggetta a una forza F applicata


il'estremo del braccio libero piegato della trave e di intensit, verso e

3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici.

qualsiasi, e si voglia studiare l'equilibrio delle due parti di trave


.irate idealmente da una sezione S qualsiasi.

tSbrio della parte staccata daUa sezione S richiede (Fig. 3.4a, che su

Juesia segone agLa una forza distribuita .a cui risultante deve avere ,o
stesso modulo, la stessa direzione e verso opposto alla forza F.

elione. su.1* sezione S corrispondente della parte di ve mcastratt


IJHL forza distribuita uguale e contraria alla precedente con una

risultante pari a F e distante d dal baricentro della sezione (Fig 3.4b).


to F pu essere riportata sul baricentro con l'aggiunta di un

r;r^rsci;L^, ,4C,

Trnomel complessivo di trasporto M pu a sua volta scornarsi in un


momento

"

diretto

ortogonalmente

alla

superficie

corrispondente a un momento di torsione e in un vettore momento d.


flessione M< disposto sul piano della superfcie S.

in precedenza considerati in modo da visualizzare lo stato di sollecitazione


generale del corpo stesso.

,;

Questi diagrammi sono tipici delle strutture assimilabili al solido sottile di


De

Saint

Venant

normalmente

presenti

nelle

costruzioni

(civili,

meccaniche, ...) quali ad esempio le mensole, le travi, i portali,...

3.3 Diagrammi di sforzo. Casi semplici.


3.3.1

L'asta tirata o compressa

Scrivendo l'equilibrio del tratto di asta delimitato dalla sezione 5, ad un

^perfide Se una T tangente ad essa, cio agente sul piano d. detta


vettore

71

L genera* la determinazione degli sforzi sul.a faccia cornsponden e a

estremo e tirato dalla forza F all'altro (Fig. 3.6) si deduce che la risultante

delle tensioni agenti sulla sezione S, deve essere diretta secondo la forza
F,

cio secondo l'asse dell'asta. La risultante dar perci origine solo ad uno

sforzo normale JV, non avendo altre componenti di sforzo.

Per l'equilibrio del tratto di asta sar, inoltre, JV=F.

Le considerazioni precedenti valgono per qualunque sezione 5, e, quindi,


in tutta l'asta si avr soltanto lo sforzo normale JV=F=eostanle.

una sezione del solido sottile pu ottenersi nel modo seguente (F.g. 3.S*
Nota la risultate fi deUe forze (tensioni, che agiscono -"* *-"e

considerata (la risultante K ottenibile dalle comun, equazioni d.

equilibrio applicate all'una o aU'altra delle due parti nelle quali lagone
considerata suddivide il solido sottile, possibile individuare la retta per .1
baricentro G perpendicolare aUa R. Questa retta taglia la linea dazione
della R in un punto H.

-a A

E' cos individuato il momento complessivo di trasporto par. a M-RJ.

essendo d la distanza GH. Occorre a questo punto scomporre d vettore*,


(che perpendicolare al piano di Re di GH) nelle due componenti luna
lungo la normale alla sezione, ottenendo cosi il momento torcente
e l'altra perpendicolare alla ottenendo cosi il momento flettente Ur

infine la R pu essere scomposta in una componente lungo la normale

n ottenendo cosi lo sforzo normale JV. e in un'altra componente


perpendicolare alla n, ottenendo in tal modo lo sforzo di taglio T.
Ripetendo il ragionamento precedente per ogni sezione del corpo e
possitele tracciare lungo il suo asse l'andamento degli sforzi T, ti, M, M,

Figura 3.6 Diagramma di sfrzo normale

si considera il caso di un'asta tirata da due forze Fx e F2 (Fig. 3.7) il

(jagramma dello sforzo normale JV (Fig. 3.8) si ottiene dall'equilibrio delle


>le porzioni di asta.

3 -

3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici.

Equilibrio dei corpi deformabili

I,

73

3>

Figura 3.7 Asta tirata da due forze

Indicando con

Ro la reazione vincolare nella sezione di incastro si ha

Figura 3.8 Diagramma di sforzo normale

3.3.2

La mensola incastrata

Studiamo la mensola soggetta ad una forza F sulla estremit libera


perpendicolare all'asse longitudinale della trave (Fig. 3.9).

Per l'equilibrio del tratto di trave delimitato dalla sezione Sif la forza

Nella generica sezione x compresa fra l'incastro

applicazione della forza F, (*-(/2) si avr allora:

risultante R che occorre applicare a questa sezione deve essere diretta


come la F uguale e contraria a questa.

Trasportando la R nella sezione S,, si deduce che le reazioni su questa


sezione devono dar luogo a uno sforzo di taglio T"F, che equilibra il tratto

di trave nella traslazione e a un momento lettente

Mj che, dovendo

equilibrare il tratto di trave alla rotazione, sar pari a: My = F (/ x).


Cambiando la sezione Si lo sforzo di taglio T rimane invariato, mentre il
momento flettente

M, cambia, crescendo proporzionalmente con legge

lineare al crescere della distanza x della sezione 5; {Fig. 3.10) dall'estremo


ibero della mensola.

i nota che la sezione della mensola soggetta alle condizioni di sforzo


Nel tratto x>l/2 si avr invece:

^ggiori (cio quella pi' sollecitata) quella dell'incastro.

3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici.

3 - Equilibrio dei corpi deformabili

75

1
1

Figura 3.11 Trave a mensola. Diagramma di momento flettente.

Se si considera il caso di una mensola caricata da due forze Ft e F2 (Fig.


3.12) i diagrammi dello sforzo di taglio

flettente Mf

Figura 3.9

Mensola incastrata

(Fig. 3.13} e del momento

(Fig. 3.14) si ottengono dall'equilibrio delle singole porzioni

di asta.

I
in

Figura 3.10 Diagrammi di sforzo di taglio e di momento flettente

Figura 3.12 Trave a mensola caricata da due forze

Se la trave soggetta ad un momento M all'estremit ^^J

diagrammi di sforzo si limitano al diagramma del momento flettente


che costante essendo Mf =M.
M

3.3 - Diagrfimmi di sforzo. Casi semplici

k.U

77

F,
Figura 3.13 Diagramma di sforzo di taglio

-M

Figura 3.14 Diagramma di momento flettente

Allo stesso risultato si perviene, in modo formalmente pi semplice, se si


pone l'origine dell'asse x in corrispondenza dell'estremit Ubera della
trave.

Studiamo ancora la mensola soggetta in questo caso ad una forza F


sull'estremit libera inclinata

rispetto all'asse longitudinale della trave

<Fig. 3.15).

Figura 3.15

Trave a mensola caricata da una forza obliqua

3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici.

79

ssere espresse tramite le seguenti relazioni:


F = F cos a

FV=F- sena

Le relazioni vincolari valgono:

-FI

M =Fyl
, agrammi di sforzo

Figura 3.16 Diagrammi di sforzo normale, taglio e momento flettente

normale, taglio e momento flettente sono calcolati

considerando l'equilibrio della trave:

, p,
N

Ci

3.3.3

La trave appoggiata

Studiamo ora il caso di una trave semplicemente appoggiata soggetta ad


una forza

ortogonale F applicata in corrispondenza della sezione Xq (Fig.

3.17).

1
Figura 3.17

Trave su due appoggi

Calcoliamo le reazioni vincolari sugli appoggi:

3.3 - Diagrammi di sforzo. Casi semplici

3 _

Equilibrio dei corpi

Per x > x0 si ha:

80

= RA-F

, = R-x-F-{x-x0)
Oppure anche:

/-Xp

Tt

x'-l-x

M,=RB-(l-x)
momento flettente M,

In particolare si ha per x < x0:

Figura 3.18 Diagrammi di sforzo di taglio e di momento flettente

M,

81

3.4 - Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo

83

3.4

Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo

SS1* andamenti dello sforzo di taglio e del momento flettente nella

^ave musata in figura (t=5m, plSOOKg/n.

= -36787*

Esempio 2

Calcolare gli andamenti dello sforzo di taglio e del momento flettente per la
trave illustrata in figura (I=3m, F~2000Kg).

Risoluzione:

rni Hi
/
HeB

T sono dati dalle relazioni seguenti:

Risoluzione:

Per la simmetria:

R. = RB = F

3A - Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo

85

Nella sezione S* (di coordinata x) lo sforzo dtlaglio Te il momento flettente


M sono dati dalle relazioni seguenti:

M sono dati dalle relazioni seguenti:

T
I9620.V

+
= 58860^

Esempio 3

. Calcolare gli andamenti dello sforzo di tagUo e del momento flettente nella

tlettentt M sono dati dallt rel^oni sc

trave illustrata in figura (a-3m, L~Sm, q=1600Kg/m).

.ITI 1

Risoluzione:

b_

ab2
2L

L\

3.4 - Esempi di calcolo dei diagrammi di sforzo

r = 6278.4N

R =6278.4N

Rb-

i i m ; i ' iTTlX
= -25U3.6N

flettente M valgono:

r=^ =

IL

IL

M =2*l[a 41 = 20091^1
""

f
V

Nella generica sezione .' (di coordinata *) sforzo di


flettente Mvalgono:

2L{

4L)

87

Capitolo 4

Tensioni e deformazioni nel solido di De


Saint Venant
4.1 Premessa

Occorre a questo punto passare dalla determinazione degli sforzi risultanti


(JV, T, hi,, hi,) su una sezione del solido sottile alle tensioni (cio alle
forze distribuite per unit di superfcie) sulla sezione stessa. ..

In generale (Fig. 4.1) le tensioni sulla faccia di una superficie sono

definite da due componenti l*una normale <T (di trazione o compressione)

alla superficie stessa e una tangenziale T (d'attrito).

!-

Se si assume come asse x di una terna cartesiana l'asse ortogonale alla

sezione si avranno perci su tale sezione le componenti di tensione

i;

seguenti:

alt tv, xa

essendo <T, la tensione normale e X^, XB le componenti della tensione

tangenziale X, rispettivamente secondo l'asse y e z (Fig. 4.2).


Analogamente, con una semplice rotazione degli assi, si pu dedurre che

'
|

le componenti di tensione su una faccia ortogonale all'asse yo all'asse z

j:

sono rispettivamente le seguenti:

y>xyi> xr-

(sulla faccia ortogonale all'asse i^

}; j

(sulla faccia ortogonale all'asse z).

I',

X ,X

Iy

il

4.2.- Trazione

91

Figura 4.3 Asta caricata in direzione assiale


Se si seziona la trave in una generica sezione S si vede che il solo sforzo
esistente lo sforzo normale

che costante lungo l'asta (mentre

T = M, = M, = @l ed uguale al carico applicato R

Figura 4.1 Tensioni sulla faccia di una superficie

II segno dello sforzo normale N , secondo le convenzioni normalmente


utilizzate, positivo per lo sforzo di trazione (Fig. 4.4a) e negativo per quello
di compressione (Fig. 4.4b).

Figura 4.4a Asta in trazione

Figura 4.2 Tensioni sulla faccia perpendicolare all'asse x

4.2 Trazione

Consideriamo

un'asta rettilinea caricata da due forze P agenti in

direzione assiale (Fig. 4.3).

Figura 4.4b Asta in compressione

Lo sforzo N la risultante delle forze interne agenti nella sezione S.

JL

4.2 - Trazione

93

e quindi, quello di risalire dallo sforzo risultante alle forze

su,L superficie S delle H lo sforzo * appunto 1.

.a distribuzione di queste forze interne sulla superbie S

ove A l'area della sezione dell'asta.

Questa

conclusione

sperimentalmente

verificata

dal

fatto

che,

comunque sia la "forma" della trazione applicata, sia cio essa sotto forma
di parabola (1), di sinusoide (2) oppure distribuita su un'area ristretta (3),
se la risultante

della tensione la stessa, nella sezione

S dell'asta

sufficientemente lontana dalla faccia di estremit si avr in ogni caso

TI Simmetria del problema, sogsett. d un. azione d,


e subisce, pertanto,

una deformazione .denfea. Co e

uno stato di deformazione uniforme che conserva quindi la planarit della


sezione S stessa (Fig. 4.6).

:H2E=

" -H.o ebe o^u fibra e quindi o8r.i punto della sezione, trova
in condizione perfettamente identica IMna rispetto ali altra.

B B'

B B'

Cx

Figura 4.S Asta in trazione: sezioni piane

2-

5S=H

Se ao questa trazione, applicata alle estremit deUa trave e

Figura 4.6 Solido di De Saint Venant

da una forza concentrata su un'area ristretta oppure da una

distribuita con qualsivoglia legge sull'intera superflue ^UaJacc,a di


estremit (purch la risultante sia sempre la stessa e ^
distribuzione delle tensioni in una sezione suffic.entemente

faccia di estremit sempre la stessa ed e pari, ^'^^^


alla tensione O, distribuita uniformemente avente la stessa multante
della azione di trazione applicata alle facce.
Sar allora:

fecondo

lntanaPse

Saint_Venant

una

sezione

si

intende

sufficientemente

dalla fa^cciadristFemit . simerinrR alla

V d,iinensiojic lineare pi' elevata della sezione dell'asta.


L'asta rettilinea considerata in precedenza un solido di De Saint Venant

nel quale, cio, la sezione ha dimensioni che sono piccole rispetto alla sua

lunghezza. In generale si definisce solido sottile o monodimensionale

- Trazione

95

quello nel quale una dimensione prevale nettamente rispetto alle altre

Solido Pu6, in generale, essere curvilineo, quando cio il suo asse, che

costituisce la dimensione che prevale nettamente sulle altre, ha

Nelle applicazioni comuni le deformazioni sono piccole e non modificano la


forma generale dei corpi

S^M^L sezioni molto ravvicinate del solido l'incremento

per

cui,

in

un'asta omogenea

sezione

costante, si pu porre = 0 = costante.

degU sforzi da una sezione all'altra potr ritenersi infinitesuno rispetto

In tal caso si avr allora:

ndocfXra allo sforzo nonnaie JV, si pu osservare che se il solido


^1 a forte curvatura (solido curvilineo sottile), cio se le dindon,

A/o =/<& = /,

della sua sezione sono trascurabili rispetto al raggio di curvatura del suo
asse, le considerazioni precedentemente formulate a pn.pos.to deUa
distribuzione delle tensioni nell'asta rettilinea valgono .densamente

da cui si ottiene:

anche in questo caso. Si pu cio ancora scrivere:


n =

L'asta rettilinea e l'elemento di solido curvilineo sottile soggetto allo sforzo


normale JV si deformano. Le fibre dell'asta e del solido si allungano e
simile allungamento cresce al crescere di N, cio di a,

Si pu quindi pensare che un elemento di asta o di solido d. lunghezza

iniziale , subisca, a seguito deDa *PPK^^f^7l

essendo /0 la lunghezza iniziale del tratto considerato e At0 la variazione


complessiva del tratto stesso.

A volte

moltiplicato

per

100 e prende

in tal

caso

il nome

di

allungamento percentuale, essendo l'allungamento riferito alla lunghezza

iniziale lQ=WO,

Nella pratica si possono incontrare anche allungamenti complessivi A1T

allungamento raggiungendo quindi una lunghezza finale


di ({se ovviamente W positivo cio di trazione).

dovuti all'effetto di una variazione di temperatura A7\

Si potr allora fare riferimento a un fattore caratteristico che e cosi

L'allungamento complessivo del tratto /0 di asta dovuto alla temperatura si

definito:

calcola nel seguente modo:

=T
II fattore E viene definito allungamento unitario, allungamento cio per
unit di lunghezza iniziale.

- i

L'allungamento complessivo*! per un tratto di asta di lunghezza iniziale /,


sottoposta alla tensione G vale quindi:

dove Ct il

coefficiente di dilatazione termica lineare del materiale che

costituisce l'asta (OC, ad esempio, vale 0.000012 per gli acciai e 0.000017

per gli acciai inox nell'intervallo di temperatura compreso fra 0 e 100 C) e

AT la variazione di temperatura (espressa in C).


La corrispondente deformazione Ot espressa dalla relazione seguente:

5 4.3 - Prova di trazione

97

Le deformazioni assiale e laterale possono essere espresse dalle relazioni

seguenti:

Sperimentalmente si verifica* che per molti materiali da costruzione

'"'.

esiste nell'ambito dei piccoli allungamenti una resone d.


proporzionalit diretta fra .a tensione di trasione Ox e la corrisponden e
deformatone ,; questa relazione lineare fu formulata per la prona volta

nel 1678 dallo scienziato inglese Robert Hooke e prende, appunto, .1 nome

'

Ah

= V F

U c^clTrdTproporzionalit una costante tpica del materiale ed

Per gli acciai di uso comune il valore del

nota come modulo elastico E (o modulo di Young).

essere con buona approssimazione assunto pari a 0.3.

coefficiente di Poisson

V pu

D coefficiente di proporzionalit una costante tipica del materiale ed e


nota come modulo elastico E (o /nodulo di Young).

,,,

Ad esempio per gli acciai il modulo elastico assume valon compre* ra 1.8

jtfr-A/f

e22 10sNlmm2. Si noti che il valore del modulo elastico E e per lo p.u

indipendente dalla temperatura (per gli acciai fino a 300 * 400 C).

La Ugge di Hooke espressa dalla relazione seguente:

Vamngometo totale A/o, provocato da uno sforzo normale costante su di


una porzione di asta con lunghezza iniziale l0 e sezione di area A pu

Figura 4.7 Deformazioni assiale e laterale di un'asta

quindi essere espresso in funzione del modulo elastico:


4.3 Prova di trazione
La

Sperimentalmente s dimostra inoltre che la deformazione assiale e, di


un'asta in trazione sempre accompagnata da una contrazione laterale
e

(Fig. 4.7) e che il rapporto fra l'allungamento unitario in direzione

assiale , e la corrispondente contrazione unitaria , in direzione

laterale costante entro il campo elastico e prende il nome di coefficiente

prova

di

trazione

permette

di

determinare

meccaniche pi' importanti di un materiale

le

caratteristiche

{nodulo elastico E, carico

unitario di snervamento o carico unitario di scostamento dalla proporzionalit

R^3, carico unitario di rottura 13).


La prova di trazione consiste nel sottoporre un provino {Fig. 4.8) ad un
carico di trazione monoassiale

a velocit costante e non elevata e nel

misurare i carichi e i corrispondenti allungamenti.

di Poisson V dal nome del matematico francese che per primo determino

E' possibile in tal modo ricavare una curva tensione-deformazione [C )

tale rapporto analiticamente.

indipendente dalla geometria del provino. In particolare si definisce

'li

4.3 - Prova di trazione

99

tensione nominale C o semplicemente tensione il rapporto fra il carico P


agente e l'area 4, della sezione trasversale originaria del provino:
Lo

La dilatazione pratica* nominole o semplicemente deformazione data

dal rapporto fra la varinone AI, di lunghezza e la lunghezza .mz,ale i,

Lo* 50 nsn

del provino:

Lc"75mm
b=12.5mm

AL,,

Nelle Figure 4.9 e 4.10 sono riportate le curve tensione^eformazione (ff-e)

Figura 4.8 Provino standard per prove di trazione secondo normativa UNI EN
10002-1

di alcuni materiali di comune utilizzo.

I materiali metallici e ceramici hanno un primo tratto di curva nel quale

assumono un comportamento di tipo elastico, riassumono cio la oro


configurazione iniziale se il provino viene scaricato (viene riportato a
carico P=0) inoltre in questo primo tratto di curva il comportamento e
lineare e viene descritto dalla Ugge di Hoofce. A rottura si possono

Carico di
snervamento

allo 0.?%

raggiungere allungamenti anche del 30*0%. Nella gomma, e negli altri

Vomeri il comportamento non lineare e si possono verzicare


allungamenti del 400-500%.

n materiale supera il limite elastico quando il carico appheato e tale da


provocare una deformazione plastica o permanente; in tal caso solo la

parte elastica dell'allungamento totale recuperabile. Poich tale tote e

di difficile determinazione, la normativa introduce il concetto di


snervamento e definisce il carico unitario di snervamento R^ come quel
carico in corrispondenza del quale si ha l'evidente collasso plastico del

Dilatazione, mm/mm

Dilatazione,

materiale.

Figura 4.9 Diagrammi tensione-deformazione per il rame poticrstallino: diagramma


completo (a) e regione con comportamento elastico e parte iniziale del diagramma
con comportamento plastico

(b)

T
4.3 - Prova di trazione

101

valore limite di tensione al di l del quale .1 verifica .

corrisponde ad un allungamento permanente

allo 0,2%

(Fig. 4.9b).
0 0.005 0.010 0,015
Dilatazione, mm/mm

4
6
Dilato?tono, mm/mni

Figura 4.10 Diagrammi tensione-deformazione per alcuni materiali di comune

utilizzo

102
i

103

4.4' Flessione

4_ r^ored^^^^15^0^^^2^

deformazione:

la

superficie che

ha come_ traccia la linea n-n e a cui

corrispondono queste fibre detta superficie neutra e l'intersezione di tale

4.4 Flessione

superficie con una sezione trasversale della trave costituisce l'asse neutro
della trave stessa.

Indicando rispettivamente con red r'i raggi di curvatura della superficie


neutra prima e dopo l'applicazione del momento flettente (cio in

condizione iniziale e successivamente deformata) e con d(p e


angoli

infinitesimi

lunghezza

ragioni di simmetria tF,g. 4/1LI)-

one delle tensioni sulle

Ne consegue che. per queste ragioni, a

facce di ciascun elemento sar.la


cementino

saranno

^bu

dlH

corrispondenti a

detti raggi,

si

pu

d<p' gli

calcolare

la

della fibra neutra dell'elemento infinitesimo di trave

considerato (Fig. 4.14):

deformazioni

dln =rd(p = r'd<p1 '

^ ^

L'allungamento unitario della generica fibra avente distanza y dall'asse


neutro vale, per definizione:

^ZLJS** con l'ipotesi di

Una deformazione di Uno

df-dl

delie due facce deltino (Fig.

^formazione.^^

essendo di e di' rispettivamente le lunghezze di tale fibra prima e dopo la

un'incurvatura verso l'esterno, un "^^


peri-elemento

I. poich i due

conseguenza

dfzione

i a deformazione

elem

avvenuta, avere le propne facce

'=

presentare un'espansumc

d,

deformazione.

Esprimendo tali lunghezze di e di' in funzione di r, r", dq>, dqt si ha:


dr=(r'+y)d<p'

segn

un'incurvatura verso l'interno).

compatibile poich non

_ Pertanto anche questo Upo di <

L'allungamento unitario vale quindi:

e _

'

allungamento delle fibre stesse e

m un *

fibre longUudinali

accorciamento: nel caso della Fig. 4.11,_adescmp ,

r+y

d<p'-dg>_ y fd<p'

d<p

r + yyd<p

y (r._Ajy_(\__}\

J r + yyr'

) r + y\r' r)

cio:

e quelle

che si trovano dalla parte convessa sub^cono un allu^g ^^^


che si trovano dalla parte concava subiscono, in

U fibre che appartengono aUa linea nn (F.g. 4.1JJ n

.gcono aicuna

4.4 - Flessione
104

4 -

105

Tensioni e dej

Pcr <rITaZsse inizialmente rettilineo (1/r-O) e raggio di curvatura R


dopo l'inflessione (l/r'=l/R) si ha:
e,

= .y

(4.1)

Si pu quindi scrivere:

(4.3)

dove/r il momento d'inerzia della sezione A rispetto all'asse z.

Hooke:

(4.2)

Essendo dalla (4.2):

<y

(4.4)

distribuzione

deUe tensioni , e, ** ^ <15> *"


Sostituendo la (4.3) nella (4.4) si ottiene:

(4.5)

da cui si ha:
(4.6)

che:

Di conseguenza si ha:

Essendo nuUo U momento statico rispetto all'asse neutro (asse z) si pu

Snldere ebe tale asse passa per il T su wtta la


n momento risultante delle forze elemcntan c.dA mtegrato su
sezione non ulte, ma equilibra, invece, il momento flettente ,.

La tensione massima sulla sezione si pu esprmere nel seguente modo:

dove la quantit fp =_i_ il modulo di resistenza a flessione della trave.

4.4 - Flessione

M,

Figura 4.11 Elementi di trave inflessa

Figura 4.12 Deformazioni di elementi di trave in flessa

Figura 4.14 Deformazioni di una trave inflessa

eternante deformato

elemento indefornsto

Figura 4.13 Elemento deformato di trave inflessa

\
Figura 4.15 Tensioni in una trave in flessa

107

4 . Tensioni e deformazioni nel solido di De Saint Venant

4.5 - Equazione differenziale della linea elastica

109

retlione rettangolare (base b e altezza h, soggetta ad un momento


flettente M, (asse neutro coincidente con l'asse z).

M,y
r

UT

(X =

'oc

w.

12

TravT^sezione circolare (di diametro D) soggetta ad un momento

Figura 4.16 Elemento infinitesimo di linea elastica

flettente Mj attorno all'asse z (asse neutro coincidente con 1 asse z).

La lunghezza cfl dell'elemento infinitesimo di linea elastica pu essere


espressa nel seguente modo:

32

(4.8)

64

11 segno negativo corrisponde ad un decremento della pendenza nel verso


delle x positive.

4.5 Equazione differenziale della linea elastica

Per piccole deformazioni si pu esprimere la lunghezza di in funzione delle


coordinate dx, dy dell'dementino:

Con il termine Snea elastica si intende la deformata dell'asse di una trave


(4.9)

7 -per'rWe l'equazione differenziale della linea elastica si suppone che la

deformazione in un generico punto della trave dipenda soltanto dal vaio*


del momento flettente e non sia influenzata in alcun modo dallo sforzo d,

Si pu inoltre scrivere:

SSnTideri un elemento infinitesimo di linea elastica di una trave

inflessa inizialmente rettilinea compreso fra due sezioni m ed m di

dx

lunghezza di e raggio di curvatura R(Fig. 4. 16).

Sia a l'angolo che la tangente in mformacon l'asse *e a-da l'angolo in

La derivata della tga vale:

(4.10)

4.5 - Equazione differenziale della linea elastica

111

(4.11)

dx7
Da note relazioni trigonometriche si ha:

(4.14)

Essendo, in accordo con le convenzioni gi utilizzate per lo studio della


flessione (Par. 4.4), positivo il momento M che pone in trazione le fibre
appartenenti alla parte di trave con asse y positivo (Fig. 4.17), si pu
scrivere:

Sostituendo la (4.10) nella p.ll) si pu esprimere la variazione della

1 _ M

pendenza a lungo l'asse x.

(4.15)

EL

e, pertanto, sostituendo la (4.15) nella (4.14), si ha:

da _

(4.12)

dx1

-Ili.

[dx

Sostituendo le (4.9) e (4.12) nella (4.8) si ottiene:

da

da

d2y

dx1

EI,

(4-16)

che rappresenta, appunto, l'equazione differenziale della linea elastica.

Integrando la (4.16) una volta si ottiene l'espressione della pendenza della


linea elastica e integrando la (4.16) due volte si ottiene l'andamento della

deformata (y in funzione di jd della trave.

Il valore y della deformata in un determinato punto della trave detto


anche freccia della trave in quel punto.
Da cui si ha:

R~

(4.13)

dx1

Nelle appUcazioni reali la quantit dy / dx molto piccola e pertanto:

L{ 1

e quindi

f *| 1

Si pu in definitiva semplificare la (4.13) ottenendo:

Figura 4.17 Flessione: convenzioni di segno

4.7 - Tensioni dovute allo sforzo di taglio

nel solido di De Saint Vengg

113

e pertanto:

Consideriamo la trave inflessa sottoposta a carichi concentrati e

dht
dx

-T

che esprime la relazione esistente fra lo sforzo di taglio e la derivata del


momento flettente nelle travi inflesse.

Scrivendo invece, un'equazione di equilibrio alla traslazione verticale

l^Z

dell'elemento di trave considerato si ha:

rispetto ad un asse

della trave e passante per la sezione mn si ha:


Si ha quindi:

dT

Trascurando gli infinitesimi di ordine superiore si ottiene:

fi

che esprime la relazione fra la derivata dello sforzo di taglio e il carico


distribuito.

4.7

Tensioni dovute allo sforzo di taglio

Se in una trave inflessa sono presenti sia un momento flettente che uno

sforzo dovuto al taglio


Figura 4.18

Trave inflessa

si producono in una generica sezione della trave

stessa non solo tensioni normali <X , ma anche tensioni tangenziali T.


Considerando la porzione destra della trave di Fig. 4.18 {Fig. 4.20) si pu

dedurre dalle condizioni di equilibrio l'entit

complessiva delle tensioni

tangenziali T dal momento che la loro risultante deve necessariamente

eguagliare lo sforzo di taglio T.

T+dT

Figura 4.20 Porzione destra della trave

Figura 4.19 Elemento infinitesimo di trave in flessa

115

4.7 _ Pensioni dovute aUo sforzo di taglio

Sull'elemento di trave di sezione PPin,n e larghezza


b le tensioni
normali a, e ox+do-, vanno ad equilibrare in direzione x le tensioni
tangenziali xy, secondo l'equazione seguente (Figure 4.22a e 4.22b):
rappresentata in Fig. 4.21a.

le tensioni tangenziali m
e allo storco di tagUo

In prtao luogo si PU IS"'*

ogoi punto dell 87neS;^;" rseln stessa. In al caso, secondo


adottate, si indi le tens,on,

Esprimendo le tensioni normali

a,

o.+do,

in funzione dei

corrispondenti momenti flettenti Me M+dM si ha:

Se, inoltre, si isola un elemento d,


innni,.sto. *e *

tensioni tangenziali ,.

(Fig. IH - -

anione costante di

e quindi:

costante suUa faccia ..a

tensioni t sulla faccia rfrf.c.c

Per l'equilibrio alla rotazione della porzione di trave

, ,

3...

tdM
dM

scrivere:

.,

y
r)Xbdx= \-~-ydA

g.

'

Di conseguenza si pu scrivere:

dalla quale si deduce che:

Tenendo conto della nota relazione esistente fra lo sforzo di taglio T e il


momento flettente Msi ha:

x = \ydA

"' hi. \

In definitiva si pu scrivere:

tensioni a, e 0-, + /ov

sonando la porzione di

all'asse

y (segone

pPt)

distribuzione uniforme di tensioni tangenzml. ,,

perpendicolare

Tgisce una

dove la quantit

=t

bl, \

TSl

ydA

blt

(4.17)

4.7 - Tensioni dovute atto sforzo di taglio

4- TWnni b deformazioni nel solido di De Saint Veruni

117

Poich t cambia da punto a punto nella sezione, si pu fare riferimento al


valore medio xm=TIA (dove A l'area della sezione) scrivendo, quindi,
che l'angolo ym vale:

il momento statico della sezione tratteggiata di Fig. 4.22b rispetto

^IT

tensioni tangenziali T,, e r,, di tipo parabolico; come

si pu notare dall'esame della Fig. 4.22c, n valore massimo d, dette


ensioni si trova in corrispondenza dell'asse neutro della sezione, mentre

In corrispondenza dei bordi superiore e inferiore della trave le medesnne


H caso in esame di trave avente sezione

(4.18)

dove il coefficiente x tiene conto del fatto che la t varia anzich essere
costante (se

fosse costante il coefficiente

% assumerebbe il valore

* = !)
Si pu allora scrivere :

rettangolare si ha infatti:
GA

dl

T 12

dove fT la freccia (Fig. 4.23) dovuta allo sforzo di taglio


II valore di x dipende dalla forma della sezione ed normalmente di poco
superiore all'unit.

Per y=h/2 si ha:


=t

Per la sezione rettangolare si ha ^ = 6 /5

=0

Per yO si ha:

2bh~2

essendo r. la tensione media, cio la tensione che si ottiene dividendo lo


di

sforzo T per l'area b h della sezione.

Nel caso di trave a sezione circolare di raggio .Rii valore massimo della

tensione tangenziale tj. . ottenuto mediante un procedimento analogo a


quello svolto per il caso di sezione rettangolare, vale:
4

Figura 4.23

Freccia dovuta al taglio T

4.8 - Torsione in una trave a sezione circolare

4.8

119

Torsione in una trave a sezione circolare

Si consideri una trave

a sezione circolare incastrata ad un estremo e

sollecitata da un momento torcente M,

all'estremo opposto (Fig. 4.24a).

In ogni sezione della trave nascono di conseguenza tensioni tangenziali


T il cui momento risultante pari appunto a u,

La deformazione della trave per effetto del momento torcente m, applicato

consiste nella rotazione relativa di una sezione qualunque nel suo piano e
intorno al suo centro rispetto ad un'altra sezione; la rotazione relativa
della sezione a parit di momento torcente m, applicato tanto maggiore
quanto pi distanti sono le due sezioni considerate.

Quando la sezione della trave circolare le sezioni per simmetria si


mantengono piane e ruotano l*una rispetto all'altra attorno all'asse della
trave senza deformarsi.
b)

Figura 4.21 Tensioni tangenziali dovute allo sfoizo di taglio


___

L'asse geometrico della trave rimane rettilineo, mentre le altre fibre


longitudinali assumono la forma di eliche cilindriche.

Si consideri un elemento di trave di lunghezza infinitesima di e generico

raggio r, per effetto del momento torcente tA, applicato il punto P di una

fibra longitudinale si sposta in P' e lo spostamento PF= ds pu essere


misurato sia mediante l'angolo infinitesimo di torsione d che mediante
la1 deformazione angolare y (analoga alla deformazione unitaria

'della trazione).
Si ha pertanto:

Uguagliando le due espressioni di ds si ha:


(4.19)

Figura 4.22 Andamento delle tensioni tangenziali

4.8 - Torsione in una trave a sezione circolare

Te la corrispondente deformazione 7 sono legate


secondo

la

121

La relazione (4.23) esprime la variazione delle tensioni tangenziali T in


funzione del momento torcente M, applicato al variare del raggio r (Fig.
4.25a).

Facendo riferimento ad un ben preciso punto sulla sezione circolare, ad

relazione seguente:
(4.20)

esempio il punto Q (Fig. 4.25a e 4.25b)/ si possono associare alla generica


tensione tangenziale

proporzioni O prende il nome di modulo di elasticit

costante di

T i pedici relativi alla notazione gi vista per il

taglio nelle travi inflesse (Par. 4.7) e cio:

tangenzile-

Sostituendo la (4.20) nella (4.19) si ha:


Per l'equilibrio dell'dementino infinitesimo di cilindro nell'intorno cfel
punto Q si pu dire che ad una determinata

di
La

Gr
tensione

XB corrisponde una Xzx

uguale in. un piano perpendicolare a quello della sezione precedentemente

tangenziale X pu quindi essere espressa nella forma

considerata (Fig. 4.25c).

La tensione tangenziale massima

seguente:

z = Gr

(4.21)

raggio esterno della trave

Tnax

si trova in corrispondenza del

J? e pu essere espressa, analogamente a

quanto si faceva nel caso della flessione, mediante la relazione seguente:

eti

Esprimiamo ora la relazione fra il momento torcente ^applicato e le

(4.24)

W.

^rispondenti tensioni tangenziali T <Rt il raggio esterno della trave).

.essendo:

16
il modulo di resistenza a torsione della sezione considerata.

Si ottiene quindi:

La rotazione totale, cio l'angolo di torsione #0, di una trave di lunghezza l


(4.22)

sollecitata dal momento torcente Mt


(4.22):

Ed infine:

(4.23)
Si ottiene pertanto:

si calcola integrando la relazione

4.9 - Torsione in una trave a sezione rettangolare

--

(4.25)

4.9

Torsione in una trave a sezione rettangolare

II problema della torsione nelle travi a sezione rettangolare complesso

123

M,

a/b

10

0.208

0.246

0.267

0.282

0.313

fi

0.141

0.229

0.263

0.281

0.313

0.333

1.000

0.795

0.753

0.745

0.742

0.742

oo

0.333

dal momento che le sezioni perpendicolari all'asse della trave stessa non

si mantengono piane, ma si svergolano per effetto del momento torcente

Sortano qui di seguito solo i risultati finali della Teoria di De Saint

Tabella 4.1 Coefficienti per il calcolo della torsione in travi a sezione rettangolare
In

corrispondenza

del

bordo

esterno

della

sezione

essa

diretta

Venant che si occupa dello studio della torsione nelle trav. di sezione

tangenzialmente al bordo stesso, ma il suo andamento non uniforme

relazioni formalmente simili a quelle gi ricavate per la

Il valore massimo della tensione tangenziale T si trova nella mezzeria del

sezione circolare. Si ha infatti:

(Fig. 4.26b).

lato pi lungo della sezione [T}. Il valore della tensione tangenziale nella
mezzeria del lato pi corto (TB) si ottiene moltiplicando la tensione TA per

d _ M,

il coefficiente 77 funzione anch'esso del rapporto a/b.

di ~ G,

In corrispondenza degli spigoli della sezione (Fig. 4.26b) le tensioni


tangenziali si annullano.

""

W,

n parametro / e il modulo di resistenza a torsione W, sono tabulati (Tab.


4 1) in funzione delle dimensioni della sezione a e b e di due coefficienti,
rispettivamente p e , che sono a loro volta funzione del rapporto a/b.
La tensione tangenziale T assume un andamento variabile con legge

non lineare in funzione della distanza fra il bordo esterno e .1 centro della
sezione (Fig. 4.26a).

I=Bab*
t

a)

W.=aab7

aab2

Figura 4.24

b)

Trave a sezione circolare sottoposta a momento torcente

4.10 - Esempi di calcolo delle tensioni

125

Calcolare inoltre la percentuale di metallo risparmiata se, al posto della


trave a sezione circolare piena, si utilizza un tubo di dimensioni tali che il
rapporto fra i diametri (diametro esterno D'e diametro interno d) sia pari
a 0.9.

Risoluzione:

WK = -^- = = 7.85 1 (T* m3


K

ct

e)

Figura 4.25 Andamento delie tensioni in una trave a

ali

32

== 63662(W Im2

sezione circolare

D'/2

d'=026m

Dl=029m

II risparmio di materiale proporzionale alla differenza fra le aree (della


sezione circolare e di quella del tubo) riferita alla sezione circolare:

= = O.O13m2

Figura 4.26 Andamento delle tensioni in una trave a sezione rettangolare


4.10

Esempi di calcolo delle tensioni

4.10.1 Flessione e linea elastica

^-%=58%
Esempio 2

Trovare l'equazione della linea elastica della trave a sbalzo a sezione

quadrata di lato a rappresentata in figura; calcolare inoltre la freccia


massima

yMi

la

E-210000NI mm2 ).

costante M[l=0.9m. r^Ocm, M-SOONm).

rotazione

massima

<*,,

(l=m,

a=5cm,

P**10Kg,

127

4.10 - Esempi di calcalo delle tensioni

Tensioni e deformazioni nel solido di De Saint Venant

Rotazione della trave: - - -PV X> +


dx

Deformata della trave:

Rotazione massima:

Freccia massima:

1EI

p(l-xf

PI2x

P/3

67

2EJ

6EJ

y=

|-^

[d
v

(x = /)/ =

^m \

2E~

am=

PI
PI1
3/

= AAS0'*rd

= 03mm

Esempio 3

Trovare l'equazione della linea elastica della trave a sezione quadrata di

Risoluzione:

lato d rappresentata in figura; calcolare inoltre la freccia massima yM%

Equazione di momento:

d-10cm, P-40Kg, E=2WOOON /mm2).

M- Ptf ~ X)

Equazione della linea elastica:

d2y

-^ - -

Risoluzione
Reazioni vincolali :

Rotazione:

Faccia:

' Pb

dx

y=

R - Pa

fi/

Condizioni al contorno:

perx=0

y=0

perx=O

a I

dy
dx

Costanti d'integrazione:

PI2

a-
Equazioni di momento:

4.10 - Esempi di calcolo delle tensioni

Esemplo 4

fr-T

129

_-

Trovare l'equazione della linea elastica del profilato a sezione quadrata


rappresentato in figura soggetto al suo peso proprio e calcolare la freccia

Rotazioni:

massima {q*50.2Kg/mt l=3m, J=72Scm\

Pbx2

Cti I ~~

n JA

Pbx

<
Frecce:

Pbx3

+ Axx-

6EI

6EI
Risultati:

Condizioni al contorno:

qPx

a,

MEI

2AEI

24EJ

Costanti d'integrazione:

P/

Pb*

4,10.2

Taglio

Esempio 1

Determinare la distribuzione delle tensioni tangenziali per la

Frecce:

Pbx*

Pblx

~!>En* 6EI

Pblx

P=60000N\. Confrontare inoltre la massima tensione dovuta al taglio con

6EII

la massima tensione dovuta al momento flettente (le dimensioni della


sezione della trave sono espresse in mm).

_PbS_ PJ^) + Pbjx^Pb^


6EI1

6EJ

trave

illustrata in figura caricata in mezzera da una forza P [1= 0.25m,

6EI

6EII

fl)
SO

Freccia massima:

Pba"

Pbta

Pb'a
: y

4 -

130

4.20 - Esempi di calcolo dette tensioni

Tensioni e deformazioni nel soUdo di De Saint Venant

131

Risoluzione:

Diagramma dello sforzo di taglio:


Esempio 2

I ^-30000*

rm

Calcolare la distribuzione delle tensioni tangenziali nel profilato a I


illustrato in figura (b=10cm, c=lcm, h=24cmt k=21cm> T=15000N\ e i valori

della ^Vmu e

Diagramma del momento flettente:

sia sopportato dalla sola anima.

Calcolo delle tensioni tangenziali:


- Zona 1 (compresa fra y30 e y=4ty

S, =

30000

"(1.35-10*)-40

L2

- Zona II (compresa fra y=0 e y=3ty


>*

r-o

4tf_3tfTI

30000

(1J51O6)-2O

2 Jf

Calcolo della massima tensione di flessione:


_ 3750000-40 _inoQlv/_2

1.35 IO6
Confronto fra 0__x e T-,

T^,^ nella sezione dell'anima. Determinare inoltre la

tensione tangenziale T^ del profilato nell'ipotesi che lo sforzo di taglio T

Risultati:
Xxymu = 1.3

rM^ = S.SN Imm2


4.10.3

Torsione

Esempio 1

trasmette un momento torcente tf.-lOOOO*-. Si scelgano le


della

sezione

trasversale

dell'albero

(ipotizzando

una

bNI**, nei due casi seguenti: a, per una -""""

(diametro D); b) per una sezione circolare cava con d-7/8D.

Risoluzione:

Capitolo 5
= 9.5cm

Teoremi sul lavoro di deformazione


Mt-Dl2

5.1 Premessa
Le forze esterne che si applicano a un corpo compiono un lavoro esterno

l-(7/8)4J

che, in generale, va speso per deformare il corpo e per vincere la

resistenza e l'attrito dei vincoli.


Se le forze sono applicate in modo statico, cio si fanno crescere cosi

lentamente da non produrre accelerazioni sensibili e se la resistenza dei

vincoli molto elevata (vincoli indeformabili) e l'attrito rei vincoli

rnezza acvC avere un tondino di ferro J

' D=2cm affinch possa subire un angolo -

dJe'sezioni estreme senza che la T^ superi 9250* / cm

trascurabile, il lavoro esterno Lf va tutto speso per deformare il corpo.

Se inoltre sono trascurabili anche gli attriti interni, cio i corpi sono
perfettamente elastici e, quindi, non esiste nessuna causa di dissipazione

di energia, il lavoro compiuto dalle forze esterne L serve soltanto per


Risultati:

vincere le resistenze elastiche interne e si trasforma integralmente in

energia potenziale elastica di deformazione O ^misurata anche dal lavoro


interno Lt compiuto dagli sforzi interni durante la deformazione.

Si pu dire che il lavoro interno uguale al


quindi:

L.-L,

lavoro delle forze esterne e

135

5.2 - Teorema di Clapeyron

L'energia elastica accumulata nel corpo deformato viene p fatuit

totto forla di lavoro quando il corpo riprende la sua forma pnnnuva.

oTdt deformasi Pu6 valutare pertanto ^^^

essendo Fo U valore della forza F al termine della deformazione, cio per

CoT,^,Ts7conda dei casi, pu essere conveniente

S=V

due espressioni:

Nel caso generale di sistema con pi' forze [F} ,F2, ...) e nelle condizioni
di

elasticit

lineare

prima

considerate,

le

deformazioni

complessive

(frecce, rotazioni) del sistema sono combinazione lineare delle forze che le

che un corpo Si deformi rispettando la U* di Ho**

hanno generate (sovrapposizione degli effetti, vedi dopo):

del c^o stesso, si osserva che gli spostamenti e le deformai che


producono sono funzioni lineari delle forze esterne applicate.

cio sono la .somma dei contributi derivanti da tutte le forze con i

rispettivi coefficienti di proporzionalit, j

5.2 Teorema di Clapeyron

Moltiplicando

le

forze

Per la determinazione del lavoro fatto da una forza F.

a,

nel diagramma di Fig. 5.3.

In queste condizioni il lavoro fatto dalla forza F, sar:

4= \Fds

Riportando su un diagramma la curva F-fls) che descrive


.

coefficiente

.un- ^.nne corrispondente s, si deduce cne u

. curva rappresentato dall'area del

e il lavoro totale sar:

Une- ,in cui a = Es , T = GY e il sistema delle forze esterne o megho


degli sforzi generati da esse non influenzato dalle deform-om) la curva

jfcjw rappresentata da una retta cio da un'equine del tpo F - aj

Fig 5.2). In tal caso il lavoro fatto dalla forza Fo confondente alla
deformazione s0 sar quindi dato dall'espressione:

anche le

relative

condizioni una relazione di proporzionalit lineare come quella indicata

scrivendo cio:

per un

Fra ciascuna freccia fr e la rispettiva forza Fr si ha quindi in queste

viabile, occorre necessariamente fare riferimento al calcolo

F.

deformazioni saranno allora moltiplicate per lo stesso fattore a .

oppure ancora:

5.3 - Lavoro compiuto dalle forze interne - Energia elastica

se oltre alle i forze F, (e alle corrispondenti deformazioni ,,) agiscono sul

137

sistema k momenti Mt (con le corrispondenti rotazioni <pt).

- il Teorema di Clapeyron_diee chejl lavoro compiutoJaUe_forze_agDli

SfiSSSteiuSrSSSodMtco indipendente dall'ordine con il quale

aSaraairrra^

i valori finali degli spostamenti deUoro_puntij^

appUcazione valutati nelledrezioni delle forze"stesse.

U
Figura 5.3

5.3

fi

/.

Lavoro compiuto da pi forze ne! caso di elasticit lineare

Lavoro compiuto dalle forze interne - Energia elastica

Consideriamo

un elemento di volume

dV (=dAdl) sollecitato a trazione

semplice, soggetto cio ad una tensione normale

Figura 5.1

Gx, di sezione

lunghezza di (Fig. 5.4); l'energia elastica immagazzinata

O (uguale

lavoro interno Lt) dall'elemento di volume dVvale:

~"

Lavoro compiuto da una forza generica

A e

al

L= -dF- ds = -odAedl = -aaiV


2

F
=-a e

' '

2 E

Consideriamo un elemento di volume dV (=dAdl)


taglio T (e quindi

Figura 5.2 Lavoro compiuto da una forza nel caso di elasticit lineare

sollecitato dallo sforzo di

da una distribuzione di tensioni tangenziali Tfl,} (Fig.

139

5.4 - Esempio di calcolo

5 - Teoremi sul lavoro di deformazione

5.5); l'energia elastica immagazzinata * (uguale al lavoro intemo L,)


dall'elemento di volume dV vale:
Nel caso di momento flettente A/, si ha:

dL, =dE^-^-dV=X-^'

-dA

m
fflm

5.4 Elemento di volume sollecitato a trazione semplice

2 I7E

dLi=dE = lLdv = LlLAdl = }--rAdI

-di

2 G

Figura

Nel caso di momento torcente A/( si ha:

2G

2JJ.G

In generale, tenendo conto di tutti gli sforzi che possono essere presenti

in una trave (di sezione A e lunghezza 2) e cio lo sforzo normale N, il


momento flettente M,, lo sforzo di taglio T e il momento torcente M,, si

di

pu calcolare il lavoro delle forze interne L, nel seguente modo:

M/

Figura 5.5 Elemento di volume sollecitato a taglio

generale il lavoro compiuto dalle forze interne L, che uguale

tensioni).

5.4

A/,2

Esempio di calcolo

Consideriamo il caso di una trave a mensola caricata da una forza P alla


sua estremit libera (Fig. 5.6).

Nel caso di sforzo normale N si ha:

Figura 5.6 Trave a mensola caricata da una forza P

Nel caso di sforzo tangenziale Tsi ha:

5.6 - Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Beni


_

Ad esempio nel caso della trave a mensola supponendo di

II lavoro L. fatto dalle forze esterne applicate uguale all'energia elastica


immagazzinata

sottoporla

all'azione contemporanea di due forze P, e P$ e, quindi, alla forza somma

* (-!,) nella trave.

P=P+P2

Per il Teorema di Clapeyron il lavoro L, fatto dalla forzaPvale:

(Fig.5.7), la freccia che cos si ottiene sar:

essendo a il coefficiente di flessibilit della trave.

dove / la freccia corrispondente al punto di applicazione del canoo e

Si avr quindi:

stica <l> (-!,) immagazzinata nella trave (per effetto della

141

f = aP=a{P[ +P2)=aPl+aP2 =/,+/,

sola tensione Ox dovuta al momento flettente M, ) vale:

cio la freccia complessiva / pari alla somma delle frecce prodotte da

ciascuna forza P, e P2 Applicata singolarmente!


Questo risultato vale per qualunque struttura per ogni sua deformazione o
spostamento e per qualunque tipo e combinazione di forze su di essa

applicate purcKe~O campo di elasticit sul quale le forze suddcttejjperano

~%5 Principio di sovrapposizione degli effetti

conseguenza della dipendenza lineare fra le cause e gli effetti, non vale in

Pela corrispondente freccia / esiste una relazione di proporzionalit

generale per il lavoro di deformazione poich questo una funzione

diretta:

f = aP

sia
i di
di tipo
i
J^
lineare^

STosserva che il principio di sovrapposizione degli effetti, che la diretta

Considerando la trave dell'esempio precedente si pu dire che tra la forza

quadrtica delle forze.

-i

l3

~~'

essendo a =

II coefficiente di proporzionalit a prende il nome di coefficiente di


deformabilit, mentre l'inverso di a (=J/a) prende invece il nome di
coefficiente di rigidezza della trave.

miflrH ie

Nei fenomeni di elasticit lineare vale, per quanto riguardate


-^deformazioni e le frecce, Oprncipio di sovrapposizione degU effe, secolo
(cui l'effetto prodotto da due o pi" sistemi di forze pari alla somma dgh
\ dfctt^dStTdi ciascun sistema di forze separatamente considerato^ J
c^"?ariBreffetto risultante che si ottiene applicando separatamente
ciascun sistema di forze e sommando poi tutti i singoli effetti cosi
ottenuti.

Figura 5.7 Trave a mensola caricata da due forze

5.6

II lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Berti

In generale il lavoro di deformazione dovuto a pi' forze non__ugualc_alla


, somma dei lavori che si avrebbero applicando le forze singole.

5.6 - Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Betti

Teoremi sul lavoro di deformazione

143

Riprendiamo il caso della trave a mensola (Fig. 5.7) caricata da due forze
Supponendo di applicare alla trave il carico

/>

il lavoro esterno

corrispondente sar:

I termini misti Ll7 e L2, rappresentano il Lavoro mutuo o indiretto delle


due^forze.

Il[_Tieorna^ di Betri o di regproqtjdice che il lavoro mutuo o indiretto che


compie un sistema di forze A) gi applicato ad un corpo elastico durante

l'applicazione di un sistema di forze B) uguale al lavoro indiretto che

Se ora si aggiunge il carico P1 dal principio di sovrapposizione degli effetti


si sa che la freccia /, incrementer del valore f2 raggiungendo il valore
finale/=/,+/2In questa seconda fase il carico P2 effettuer il lavoro:

compirebbe il sistema B) se fosse gi applicato allo stesso corpo elastico


durante l'applicazione del sistema A).

Per comprendere interamente il significato e le implicazioni relative a


questo teorema ed al fatto che esso in generale non valido per l'energia

di deformazione, utile effettuare alcune considerazioni su di un altro


sistema semplice.

Si consideri ora una trave, vincolata isostaticamente con un carrello ed


una cerniera, che viene caricata con due forze concentrate R ed fi

Contemporaneamente il carico /, essendo gi applicato e costante,


effettuer il Lavoro mutuo o misto |Fig. 5.8):

applicate

spostamento (/2) prodotto da un'altra forza ( P7).


Il lavoro complessivo sar quindi:

Ripetendo il ragionamento prima applicando, per, P2 e poi j> si ha (Fig


5.9):

Di conseguenza si ha:

nei

punti

della

trave

(Fig.

5.10);

indicati con fi ed Sa, rispettivamente freccia nei punti 1 e 2 appartenenti


alla trave.

11 Lavoro mutuo, quindi, il lavoro che una forza (f>) effettua per lo

rispettivamente

l'applicazione delle forze produrr degli spostamenti, che possono essere

5 -

5.6- Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Beiti

Teoremi sul lavoro di deformazione

145

Lll" = Vi F2f22 + Flfl2

in quanto la forza Fi resta costante durante l'applicazione della forza F2 e


lavora lungo lo spostamento fu (spostamento nel punto 1 prodotto da P2).
Il lavoro totale associato alla modalit di carico in esame allora pari a:
L ' - Li" + Lji" = Vi Fifn+ Vi F2f22 + Fifi2

L'espressione cosi determinata contiene il contributo del lavoro mutuo del


primo sistema di forze (Fi) che lavora lungo gli spostamenti prodotti dal
h

secondo sistema di forze (f):

Jx + h

Figura 5.9 Lavoro mutuo P2f{


Ragionando in maniera analoga a quanto fatto in precedenza si ottengono
i lavori di deformazione relativi alle due fasi di carico:
L,

Ln' =

+ F2f2

con un lavoro totale pari a:

Figura 5.10 Deformata elastica della trave caricata con le forze F,. F2

L " = Li" + Ln"

U situazione deformata cos individuata pu essere ottenuta secondo due


diversi modi di operare: applicando prima la forza F, in 1 e

successivamente la forza F2 in 2 (lasciando applicata F,); applicando prima

Va FifM +

^L'espressione cosi determinata contiene il contributo del lavoro mutuo del

secondo sistema di forze (F2) che lavora lungo gli spostamenti prodotti dal
primo sistema di forze (f2i):

la forza F, in 2 e successivamente la forza F, in 1 (lasciando applicata F3).


Operando nel primo modo si avr allora la seguente evoluzione del
problema.

..

Tenendo conto che l'applicazione di ogni forza avviene con continuit fra il
valore nullo ed il valore finale F., il lavoro corrispondente al primo processo
di carico vale [teorema di Clapeyron):

Poich in entrambi i modi di operare si ottiene come risultato la


medesima configurazione deformata finale (uguale a quella che si ottiene
applicando contemporaneamente le due forze), logico pensare che i due

lavori di deformazione, necessari per ottenere tali configurazioni, siano


uguali:

mentre nel secondo processo di carico il lavoro :

L ' = L

5 -

146

5.6 - Lavoro mutuo o indiretto - Teorema di Betti

Teoremi sul lavoro di deformatone

147

I termini ascosi introdotti, i, ,pl,2 per il caso in esame, rappresentano i

te Fifn+ fc Fafca + Fifa - % F2f22+ V5. Fifu + Fafai

coefficienti di Maxwel della matrice di deftfmabilit del sistema, U cui


significato espresso dal seguente sistema:

L'uguaglianza implica che:


Fifa

fi = fu + fa - anFi + ai2F2
fc = f2i + fa = a2iFi + a22F2

condizione che esprime l'uguaglianza dei lavori mutui di deformazione.


L12 = L a

Anche in questo caso i risultati ottenuti hanno validit generale;


considerando l'uguaglianza dei lavori mutui ed estendendo l'applicazione
ad un qualsiasi numero di forze generalizzate F* (forze, momenti flettenti,
momenti torcenti, ...) suddivise in due sistemi di forze 1 e 2 ed applicate
ad un corpo qualsiasi, si pu generalizzare il teorema di Beiti nel modo
seguente:

la cui forma matriciale :

Si dimostrato (vedi applicazione del teorema di Betti, aia aai) che la


matrice di deformabilit simmetrica.

in cui fe il generico spostamento generalizzato (spostamento, rotazione,

...) scelto in modo tale che le forze di un sistema lavorino sugli


spostamenti prodotti dall'altro sistema.

Poich, per, pr le forze e per gli spostamenti generalizzati vale, nell'


ambito della teoria elastica lineare, il principio di sovrapposizione, si
possono scrivere gli spostamenti come prodotto della forza generalizzata

per lo spostamento che si ottiene in corrispondenza ad una forza applicata

-- t
. Figura 5.11

Applicazione delle forze nell'ordine FrF2 e relative configurazioni


deformate

unitaria, ovvero:

fa = ai2F2

avendo fa il significato di spostamento del punto 2 prodotto

f21 - agiFi

avendo fai il significato di spostamento del punto 1 prodotto

dalla forza Ft
dalla forza F2.

Di conseguenza, per il teorema di Betti:


Fifa = F2f2i

Figura 5.12 Applicazione delie forze nell'ordine FrF, e relative configurazioni


deformate

Capitolo 6
Stato di tensione in un punto
6.1 Stato di tensione in un corpo
Consideriamo

un

distribuite

concentrate!'),

eventualmente vincolato, ma non necessariamente

corpo

elastico,

sottoposto

forze

in

equilibrio statico. Presi un punto arbitrario Q appartenente al volume del


corpo e un'areola

dA di normale

, possiamo dire che la forza che

attraversa la superficie dA rappresentabile con un vettore di direzione a

priori non nota che chiameremo dF.


In realt

dF la risultante di

infinite forze elementari agenti su dA.

Esse sono a noi ignote, ma possiamo ragionare cosi: la variazione delle

forze sulT areola continua per un principio di natura fisica che gli

antichi sintetizzavano con la frase "natura non facit saltus", quindi, se dA

sufficientemente

piccola*,

possiamo

considerare

praticamente equiversi e paralleli nell'intera areola

tutti

vettori

dA. Essi avranno

inoltre lo stesso modulo, essendo riferiti tutti a porzioni unitarie della

superficie dA. Chiameremo il vettore P

lega il vettore tensione con la forza

vettore tensione. La relazione che

dF e l'area dA P -dF /dA, come

dovrebbe apparire chiaro pensando al ragionamento esposto prima (Fig.


6.1).

150

Stato di tensione in un punto

Le dimensioni del vettore

151

6.1 - Stato di tensione in un corpo

P sono quelle di una forza divisa per una

tensione normale tende a comprimere o tirare il materiale dell'area dA,

superficie e per questa sua natura fisica esso dipende sia dallo stato di

meutre_quella tangenziale tende a fare scorrere la superficie

tensione

appartiene dA rispetto a quelle ad essa parallele.

nel

punto

rappresentata da

Q,

sia

dall'orientazione

della

superficie

dA

n . In altri termini, considerando una diversa superficie

alla quale

Adottiamo ora una terna di assi cartesiani xyz centrata in Q (Fig. 6.2).

dA' con normale diversa ' sempre centrata in Q, il vettore di tensione

P' sar, in generale, diverso da P.


Per determinare completamente lo stato di tensione del punto in esame
dovremo, dunque, conoscere tutti i vettori

che si ottengono in

corrispondenza di ogni valore della normale n uscente da Q. Questo vuole

direjche ci servirebbero infinite informazioni, essendo, appunto, infinite

le direzioni possibili di un vettore che esce da un punto. Cerchiamo!


quindi, di analizzare il vettore P con lo scopo di trovare un modo per

definire lo stato di tensione in Q con un numero finito (e magari anche


piccolo) di informazioni.

Figura 6.2

Componenti dello stato di tensione

E1 possibile are coincidere la normale

fi, ad esempio, con l'asse x e

chiamare Gx il modulo della proiezione del vettore


sulla normale scelta, e T
Figura 6.1 Stato di tensione in un punto

del vettore f sugli assi y e z. Facendo lo stesso con gli altri due assi
/otteniamo nove componenti nelle tre direzioni coordinate che possiamo
sintetizzare nella seguente tabella:

Si soliti scomporre il vettore P in due componenti, una, detta tensione-.


normale <x. con dinwinn.. paraii^ia ^

^f, ed Un'altra, detta tensione

tangenziale r. perpendicolare alla direzione della normale e giacente nel


piano definito da P e da fi. La distinzione tra o e t soprattutto fisica: la

P sull'asse X, cio

e ! rispettivamente i moduli delle proiezioni

152

6.1 - Sfato di tensione in un corpo

Stato di tensione in un punto


Y

153

rispetto alla quale l'asse perpendicolare entrante - la t positiva sar

rivolta in verso opposto all'asse parallelo.


Il

Scriviamo ora l'equilibrio lungo l'asse x delle forze agenti sul tetraedro

o.

ABCQ moltiplicando le tensioni pe r le superfici sulle quali agiscono:

ex QBC + xyx AQC + tzx ABQ = P* ABC

La teoria delle proiezioni afferma che la misura delle superfici QBC, AQc e
Tabella 6.1

ABQ - formanti le basi del tetraedro di Cauchy giacenti sui tre piani yz> y^

Componenti di tensione

e xy rispettivamente - facilmente esprimibile in funzione di quella di

T Le componenti dello stato di tensione rappresentano le componenti del


\<tensore) dtte tensioni; queste nove componenti
possono descrivere
[completamente lo stato di tensione del punto Q. Affermare questo significa t

ABC attraverso i coseni direttori A, jj , v della normale n al piano ABC


nel sistema di riferimento cartesiano adottato.
Si ha quindi:

QBC=XABC
AQC=\iABC

sostenere che con queste nove informazioni possiamo descrivere_larelazione tra il vettore normale ad una qualunque superficie-passante .

ABQ=vABC

per Q e il corrispondente vettore P esprimente la tensione.!


-. Per dimostrarlo consideriamo un piano ABC orientato in modo arbitrario

nel sistema xyz e individuato dalla sua normale n avente come coseni

Inserendo,

direttori A, \i e v rispettivamente (Fig. 6.3). La tensione sulla superficie

eliminando ABC dai due membri, si ottiene:

allora,

queste

relazioni

nell'equazione

di

equilibrio

ed

ABC sar praticamente non distinguibile da quella del punto Q, essendo il


piano infinitamente vicino al punto.
vettore

P le cui componenti secondo

rispettivamente px,

del punto Q le

Essa sar rappresentata da un


i coseni direttori

A, ji e

e pt. Possiamo associare allo stato di tensione

nove componenti definite precedentemente

sistema cartesiano lfTx ,

Txy, ...}

secondo il

(Fig. 6.2), che supponiamo note, e

scrivere l'equilibrio delle forze agenti sul tetraedro illustrato in Fig. 6.3,
noto in letteratura come tetraedro di Cauchy.

Per

fare

questo

(Fig.

6.4),

per,

dobbiamo

prima

convenzioni di segno da adottare per le tensioni a e

accordarci

sulle

t. E' universalmente

accettato che la tensione normale sia positiva quando di trazione e che

la tensione tangenziale positiva sulla faccia rispetto alla quale l'asse ad


essa perpendicolare uscente sia rivolta nel verso concorde rispetto

all'asse ad essa parallelo.

Naturalmente sulla superficie

oxX+ Tyx|i + tzxv = px

v sono

affacciata

Procedendo analogamente con l'equilibrio lungo gli assi y e z otteniamo le


tre espressioni delle componenti del vettore di tensione P in funzione dei
coseni direttori X, \i e v della normale e delle componenti di tensione.
Le equazioni complete sono:

ot& + tyxn + tzxv = px


xxyji + qyji + xzyv - py

txzA.+ xyzn + ozv = pz

(6-1)

Questo risultato porta a concludere che possibile esprimere la relazione


tra una qualunque normale (e, quindi, tra una qualunque superficie) ed il
corrispondente vettore tensione, ovvero conoscere completamente lo stato
di tensione del punto Q, grazie alle nove componenti di tensione.

154

6.2 - Tensioni principati.

Stato di tensione in un punto

Ragionando ora sulle equazioni di equilibrio alla rotazione del tetraedro


elementare attorno ad ogni asse coordinato, si perviene all'importante

conclusione che i termini di tensione tangenziali sono uguali a due a due;


in particolare si ha: txy=Tyx, txz-ouc lyz-Tzy.

Si consideri, per dimostrarlo, il parallelepipedo infinitesimo di spigoli dx,

155

Questa importante conclusione consente, quindi, di far scendere da nove


a sei il numero delle componenti che necessario conoscere per
esprimere completamente lo stato di tensione in un punto.

H tensore delle tenoni (simmetrico), per la appena_djmoAtratajropnetadL

redp765~deTlf~tensioni tangenziati)^ pu essere espresso^..in_Jorma_


matriciale:

dy, dz illustrato in Fig. 6.4.

Su ogni faccia sono presenti delle tensioni (normali e tangenziali) che


sono, in generale, diverse da una faccia a quella ad essa parallela. In altre
parole, supponendo ad esempio che sulla faccia giacente sul piano xy

agisca una oz, ci si dovr attendere, sulla faccia parallela a quota dz, una

tensione normale pari a "* + 0^ f &)&. In realt, nell'ambito in cui si


opera, verr trascurata la variabilit delle tensioni passando da una faccia
a quella ad essa parallela, essendo tale variazione infinitesima rispetto

alle componenti non differenziali di cui si imporr l'equilibrio.


Vediamo, ad esempio, l'equilibrio alla rotazione attorno all'asse z.
Tutte le tensioni sulle facce perpendicolari all'asse

non producono

Per ora abbiamo analizzato lo stato di tensione in un punto 0 dove, nel

caso pi generale, sono presenti sia tensioni di tipo oc sia tensioni di topo

t. Le nove componenti del tensore delle tensioni possono descrivere


comEletamente lo stato di tensione del,,Bunto_e?, inoltre, queste nove

infonn^o^componenti) possono descrivere la relazione fra il vettore

momento risultante essendo fra loro uguali e contrarie. Sia la ox, sia la oy

normaleaduna qualunque superficie passante per Qed il corrispondente

non danno contributo al momento, avendo uguale braccio e verso opposto.

vettore P che ne descrive la tensione, j

Le tensioni tangenziali iyz e ixz agiscono parallelamente all'asse z e,


quindi, danno contributo nullo. Infine, delle coppie di tensioni rxy e xyx. ,

una ha braccio nullo rispetto all'asse z mentre l'altra da gli unici


contributi non nulli al momento attorno all'asse z. Si ha cos la relazione:
x,y(dydz)dx = x,%(dxdz)dy

6.2 Tensioni principali

roblema ora quello di determinare se esistono giaci


quali siano presenti solo tensioni normali di ti
nza nello spazio di tre direzioni coordinate nello

che esprime, appunto, l'equilibrio alla rotazione attorno all'asse z.


ha solo componente normale.

E" immediato concludere che:

In generale, avendo scelto arbitrariamente gli assi xyz e l'asse attorno a

cui esprimere l'equilibrio, vale la seguente^affermazione: "considerando


un qualunque asse passante per un qualunque punto appartenente ad un
corpo in tensione e due piani tra loro ortogonali che si intersecano in tale
asse, le componenti delle tensioni tangenziali agenti su questi piani-in
direzione ortogonale all'asse suddetto risultano seniore uguali tra loro";
questo concetto noto come

relazione di reciprocit delle_ tensioni

156

6 -

Stato di tensione in un punto

157

gm principali

trovarne le proiezioni in un sistema di riferimento qualsiasi mediante


una rotazione ngwETdegli assi.

Potremmo dire, allora, di avere definito il vettore di tensione P in un


-sistema-mediante- la conoscenza di tre sole componenti e delle

p (Px> Py. Pz)

p.

Questa non , in generale, una semplificazione del problema. Infatti


comunque necessario conoscere tre direzioni ^nche se ortogonali tra

loro) e tre valori di tensione e, quindi, un numero di informazioni identico


rispetto alle sei genericamente necessarie (quelle del tensore delle tensioni
nel sistema cartesiano x, y, z).

L'importanza

di queste direzioni sta nel fatto che, spesso, possibile

identificarle a priori

sulla base della geometria del corpo e del tipo di

carico cui esso sottoposto; inoltre, note le direzioni, sufficiente

calcolare solo tre componenti di tensione (le tensioni principali) che


presentano il vantaggio di essere tutte componenti normali di tensione
Figura 6.3

Tetraedro elementare di Cauchy

(Si)-

Inoltre, in generale, la pericolosit di uno stato di tensione non dipende


(per

corpi

isotropi)

dall'orientamento

che

lo

caratterizza,

ma

semplicemente dalla sua intensit: perci molto pi facile valutare uno


stato di tensione sulla base di soli tre parametri anzich di sei.
Supponiamo, quindi, che valga la relazione:

P=an
dove o il valore della tensione principale, ancora incognito.

Le proiezioni di

P sugli assi di un qualunque sistema di riferimento xyz

sono esprimibili mediante i coseni direttori della normale, che coincidono


con quelli del vettore di tensione P essendo i due paralleli.
Figura 6.4 Convenzioni di segno per le tensioni

Abbiamo quindi:
px =

Sulla base dell'affermazione precedente- i valori Hi tali ^mr"?i^L o


sarebbero allora sufficienti a definire il vettori p nel sistema di
riferimento costituito dalle tre direzioni cosi individuate. Noto, quindi, il

vettore P irum-delcjmmatCLsistema^dlriferimentQ^sarebbe^po^possibile

P, =

(6.2)

Pz =
Sostituendo le 6.2) nelle 6.1) si ottiene un sistema omogeneo di tre
equazioni con quattro incognite (A,fi,v e o):

158

159

6.2 - Tensioni principali

Stato di tensione in un punto

Risolvendo il sistema dopo aver sostituito al generico or uno dei valori a


trovati ricaveremo, una per una in corrispondenza del valore di tensione

(Oy-O)H + TyrV = 0

sostituito, le tre direzioni principali cercate.

(6.3)

Si noti che per ottenere i tre coseni direttori di n occorre agire con

attenzione: il fatto che il determinante dei coefficienti sia nullo rende


infatti le tre equazioni che compongono il sistema linearmente dipendenti

II sistema (6.3) pu essere espresso in forma compatta:

tra loro.

Si proceder allora nel seguente modo: eliminata arbitrariamente una

ax~c

equazione (ad esempio la terza) si ottiene un sistema di due equazioni in

fi =0

tre incognite; tale sistema ha un'infinit di soluzioni (~ l) e si dovr,


quindi definire un'ulteriore equazione per renderlo determinato. Tale
equazione la relazione di normalit dei coseni direttori, espressa nel modo

<Tz-<7\(V

Questo sistema lineare e, quindi, pu essere risolto, ad esempio, in X, p.

seguente:

e v (supponendo di fissare quindi o) usando la regola di Cramer.

Per la variabile A. abbiamo:

(6.4)

'

La (6.4) la terza equazione del sistema (necessaria per la risoluzione del


sistema stesso) nelle tre incognite X, \i e v.

k-

*.

Il passo successivo richiede di dividere tutte le relazioni per una delle


variabili!-, ad esempio v, ottenendo due variabili X/v e n/v che si possono
calcolare grazie alle prime due equazioni (6.3).

Determinati X/v e ji/v, possibile ricavare v dalla terza equazione:

A denominatore riportato il determinante della matrice dei coefficienti e


a numeratore lo stesso determinante modificato sostituendo in esso, alla

colonna dei coefficienti relativi all'incognita X, i termini noti, e cio nel


nostro caso tre zeri.

Analogamente per \i e v si avr al numeratore un

determinante con una colonna, rispettivamente la seconda e la terza,


formata dai tre zeri.
Si osserva in questo modo che non possibile ottenere una soluzione
finita per i coseni direttori di

se non imponendo A=0. Si pu allora

e, noto v, esplicitare anche X e \i.

Operando in questo modo per ognuno dei tre valori di a, si ricaver cosi la

terna X, |i v a meno del segno, avendo a disposizione solo il quadrato di v


ed i rapporti delle altre due variabili; si ricordi a questo proposito che
questa informazione sufficiente per risolvere il problema dal momento
che necessario determinare solo una direzione e non un vettore.

Risulta cos dimostrato che esistono nello spazio tre direzioni privilegiate,

pensare di utilizzare la variabilit di a per rendere risolubile il problema

le direzioni principali, e si pu anche dimostrare che queste sono tra loro

imponendo l'annullamento del determinante: l'equazione che si ottiene

ortogonali, cio che vale la relazione:

operando in questo modo di trzo grado in aedi tre valori ai delle

costanti di proporzionalit tra p e nt cio delle tensioni principali.

XXj + UijJj + VVj -0

sei*j

6"

160

161

6.2 - Tensioni principali

Sfato di tensione in un punto

corrispondente all'annullamento del prodotto scalare fra i versori delle

Consideriamo ora due casi particolari dell'ellissoide delle tensioni, dati


dagli stati di tensione biassiale (piana) e monoassiale; a questi casi

suddette direzioni.

corrispondono. rispettivamenteT^ una e dvi tensioni ^principali mille.

E', dunque, possibile costruire un sistema di riferimento nello spazio.

L'ellissoide delle tensioni,

ortogonale, formato dai tre assi Hi, n3 e n3. nel quale il vettore delle
tensioni P

sja rappresentabile con le sole componenti o. o> e ox-JEer,

allora, "si sgonfia" diventando, nel caso


bidimensionale, un'ellisse che ospita, per, la punta del vettore delle
tensioni al variare dell'orientazione della normale, in tutta la sua area e

convenzione, in generale, vale la diseguaglianza o>>b>&.

non solo sul contorno, in modo analogo a quanto avveniva per l'ellissoide

Questo tipo di problema matematico anche chiamato problema agli

nel caso pi generale a tre dimensioni.

autovalor ed autovettori, ed noto dai corsi di algebra lineare in cui sono

stati trattati con pi estensione i problemi dell'ortogonalit degli autovettori


(coincidenti in questo caso alle direzioni principali di tensione).

Un approccio grafico alla risoluzione mediante le tensioni principali

Questo concetto pu essere spiegato pensando ad una piastra piana


caricata nel proprio piano (Fig. 6.6), in modo tale cio che le superfici

superiore ed inferiore della stessa risultino scariche; in questo caso la


direzione z principale e la corrispondente tensione lungo z nulla.

quello del cosiddetto ellissoide delle tensioni (Fig. 6.5).

Si supponga poi di conoscere le due tensioni principali in un certo punto O

L'ellissoide delle tensioni caratterizzato dall'avere il centro nel punto Q

scelto arbitrariamente.

del quale si vuole ottenere la tensione e come semiassi L_vettqri o\nt


relativi alle tre tensioni principali..

Per spiegare analiticamente la (ostruzione grafica dell'ellissoide delle


tensioni ricaviamo la seguente espressione sostituendo le relazioni (6.2)
nella (6.4):

Possiamo ancora utilizzare la relazione geometrica dell'ellissoide per

descrivere lo stato di tensione, ma si ha p,0 in quanto lungo tale


direzione la piastra non caricata (<T =CT 3-0).

Dalla (6.5) si otterrebbe per il termine relativo all'asse z una forma 0/0;
ricordando, per, la condizione di normalit (6.4) e la terza relazione delle
(6.2), si pu scrivere:
oI=(T3V

(6.5)

La relazione (6.5) costituisce l'equazione, in forma canonica, di un

=>

Pz/ <T 3 = v

e quindi:

ellissoide.

Dalla (6.5) si osserva che la punta del vettore tensione P. al variare di n,


costretta a percorrere l'ellissoide, orientato secondo le direzioni
principali e di semiassi pari a o, oi e <h rispettivamente.
Questa costruzione permette di trarre un'importante conclusione sullo

II termine noto dipende ora dall'orientazione del piano sul quale


determiniamo la tensione del punto O. non si dimentichi, infatti, che v

stato di tensione del punto

il coseno dell'angolo tra la normale M

Q-, si pu infatti notare che il vettore

P,

percorrendo l'ellissoide, presenta un modulo che non supera mai il valore

e la direzione z (v

= cosa

se

a=a (nz)).

della maggiore fra le tensioni principali, n scende al di sotto della minore

Si osserva allora che, considerando una normale giacente sul piano xy

di esse. Si allora ottenuta una limitazione, espressa in maniera


semplice ed immediata, per il camptf.di variabilit della tensione del punto

[CC=K /2), sar v=0 e, quindi, l'equazione identificher punti appartenenti


al contorno dell'ellisse (avendo termine noto unitario). Se la normale,

Q, grazie alla conoscenza delle tensioni principali.

invece, inclinata rispetto a z di un angolo a<7T /2, la punta del vettore


delle tensioni percorrer, al ruotare della normale attorno a z ad ct=cost.,

162

6 -

Stato di tensione in un punto

163

5 6.2 - Tensioni principali

un contorno interno all'ellisse corrispondente ad un termine noto pari a

I coefficienti Ji del polinomio risultano essere univocamente determinati,

(l-v)2=(l- cosace)<l. Se poi l'angolo a si annulla, la punta del vettore P

cio sono indipendenti dalla scelta del sistemagli riferimento, rispetto al

costretta a stare nel punto O, cio si hanno tensioni, in accordo con il

quale si sviluppa l'analisi dello^ stato di tensione relativo al punto Q. per

fatto che la direzione z principale e la corrispondente tensione

descrivere questa loro propriet sono-in effetti denominatiinvazianti

principale nulla.

scalari. Nel caso particolare in esame i coefficienti Ji

Nel caso monodimensionale l'ellisse degenera in

un

segmento

di

lunghezza 2n (essendo Ci l'unica tensione principale non nulla) che

Per

ospita su tutta la sua lunghezza la punta del vettore P

conveniente

al variare del

Si consideri nuovamente il sistema lineare omogeneo, che definisce il


problema

agli autovalori per lo stato di tensione lrT~^"^nTn


relativamente al sistema di riferimento cartesiano xuz; la condizione di

esprime tramite

determinare

l'espressione

considerare

il

che

essi

determinante

assumono,

espresso

nel

pu

essere

sistema

di

riferimento principale; si ha infatti:

piano su cui leggiamo la tensione del punto O.

ailnull.a_m<n^ del determinante si

sono gli invarianti

scalari della tensione.

A=

un'equazione

pohnomiale di terzo grado in s che, quindi^ presenta tre soluzioni (che


sono le tensioni principali <7lt ff 2, <Ta). In generale l'equazinn. risolvente
assume la forma:

0,-0

o-j -a

0
0

o\ -a

= o3 - (o\+o\+o\) + (oo- ooj+ ojOj)o"+ oojoj = dUguagliando i termini di pari grado si ottiene

-cr

A=

Gy-a

x2y

t.,

g. -a

Immaginando di utilizzare un altro sistema di riferimento cartesiano Imn


e ""Potando nuovamente il problema, si ottiene, un determinante
analogo a quello scritto per il_gistema jtyz, cui corrisponde un polinomio di
terzo grado^poich il punto fisico in cui si valuta lo stato di tensione non

cambiato, _Io__stato_ distensione^ continuer a_rimanere_Jo stesso,

continuando,aoLesaere.deunito dalle, tretensioni principali cr.,, <X2) <73!

d significa_allora_che_lej^dici del polinomio non sono cambiate e, per il


.principio di Jdentit_dei
^^^Qi

Si

o-,

o-j

o-j

osserva che

il

<r2

|0

o-,

a}

tensore delle tensioni nel sistema di riferimento

principale diagonale:

stesso; si ha quindi che:

A=

|0

a,

a,

0
0

o-j

Et intuitiva.restensQne degli invarianti scalari della tensione al sistema di

am-a
or. -a

riferimentp^gejierico ;?yz,.dLcui quello composto dalle direzioni principali


rappresenta un caso particolare:

164

Stato di tensione in un punto

6.2 - Tensioni principali

165

E
Jy

Riassumendo si pu osservare che:

>

le tensioni e le direzioni principali sono una caratteristica intrinseca


dello

stato

di

tensione

nel

generico

punto

sono,

quindi,

Figura 6. 5

indipendenti dal sistema di riferimento utilizzato;


>

Ellissoide delle tensioni

i coefficienti dell'equazione caratteristica det[s]=O sono invarianti al


variare del sistema di riferimento utilizzato per il calcolo delle tensioni

principali;

>

nel sistema di riferimento cartesiano formato dalle tre direzioni


principali 1, 2, 3 il tensore delle tensioni diagonale;

>

nel sistema di riferimento cartesiano formato dalle tre direzioni


principali 1, 2, 3 sono mille le tensioni tangenziali (elementi fuori
diagonale);

>

rjtiifgci>ntf> rtfttwrminflrftJ^ tr* tensioni principali Oi.CkOj (anzich sei

componenti

di tensione)

tensione nel punto Q.

per conoscere

completamente Jo

stato

di

~~
Figura 6. 6

Piastra piana caricata nel proprio piano

n per eseguire la divisione necessario assicurarsi che la variabile per cui dividiamo

non sia nulla. Tuttavia, se ci accadesse, avremmo una delle due direzioni principali

coincidente con uno degli assi


sarebbe

del

tipo 0/0.

xyz scelti e, conseguentemente, una delle equazioni

Potremmo allora

eliminare

questa

equazione,

evidentemente

inutile, proseguendo la ricerca delle oltre due incognite con le restanti due equazioni
(in due incognite).

P
6

166

167

6.3 - Cerchi di Mohr

Stato di tensione in un punto

6.3 Cerchi di Morir


6.3.1

come sfpu ricavare facilmente risolvendo l'equazione di secondo grado in

Analisi dello stato di tensione piana

Si consideri un corpo elastico. Se fosse possibile, in qualche_modo,

determinare la direzione di una delle tensioni principali, si potrebbe


semplificare il calcolo del determinante caratteristco, ponendo che le

tensioni tangenziali relative a quella direzione siano nul; ad esempio si


potrebbe porre Tir = T

= 0. Questa affermazione^, infatti, possibile per la

definizione stessa di tensione principale, la quale implica che le tensioni


tangnziairgiacenti sul piano perpendicolare ad una direzione principale
siano mille. v

Tteterminare una delle direzioni principali, spesso, non risulta un


problma di difficile soluzione: si pensi, innanzi tutto, alle, superfici
esterne scariche (cio non soggette ad alcuna forza esterna) di ognij:orpo.

Per esse la normale (sia essa l'asse 2) sempre una direzione principale
(e quindi le corrispondenti Tlx = T!y sono mille) conjensj&nc_principale o\
'

nulla lpy=0): queste condizioni vengono solitamente, identificate come stato


di tensione piana o bidimensigngle.

Si supponga ora di conoscere una direzione principale, che indichiamo


con z. e la relativa tensione principale o\ (nello^stato distensione piana

<y{6.7).

6.3.2

Costruzione dei cerchi di Mohr

L'espressione

analitica

(6.7)

non

consente

solo

di

calcolare

numericamente le tensioni principali, ma fornisce anche lo spunto per

sviluppare j-tnrfn grafico di rappresentazione dello stato di tensione


piano, noto in letteratura come metodo dei cerchi di Mohr. \

In un Piano cartesiano di assi coordinati_ff- (aventi origine in_O^ si


'd^fini's^arlo'dwe punti: il punto P di coordinate o\ ,y g^ji punto P' di
coordinateCq.-W
sT pu disesm^ un cerchio teerrhin di Mohrl avente centro neLpunto C,

appartenente all'asse a
R

(di coordinate a ={*+a,n * **>

e Ta&io

j-cp;
a cerchio cosi disegnato identificher, intersecando l'asse
p

ii principali
riili a
delle ascissa ffT le due tensioni
a, e o
o? (Fig
(Fig. 67)
6.7).

La dimostrazione semplice: le ascisse dei due punti di intersezione del

cerchio con l'asse_asono esprimibili, tramite considerazioni geometriche,


come le distanze OCR\ pertanto si ha:

<VSi secondo quanto detto in precedenza): si supponga inoltre di conoscere


anche in *tatn t.nsinnale nel piano ad essa perpendicolare secondo due
assi arbitrali x e y (ovvero di conoscere le componenti di tensione o\, a, e

o\ +O\

OCCP=-

z.r). Il determinante caratteristico diventa allora del tipo:


r>t

av -a

a, -a

=0 => A = (o\ -

, - a)- x),]=0

(6.6)

Risolvendo l'equazionejieirincognita a immediato osservare che una

delle soluzioni , come ovvjoio"= O^0,__mentre le^altte due soluzioni sono


date dalla relazione:

Le precedenti relazioni geometriche rappresentano le medesime


espressioni analitiche che erano state determinate per le tensioni
principali (equazione (6.7), soluzione analitica del problema piano).

168

169

6 6.3 - Cerchi di Mohr

Stato di tensione in un punto

U terzo lato perpendicolare ad una normale arbitraria n, inclinata di un


angolo a rispetto alla direzione principale 1.
Si vuole determinare lo stato di tensione del punto P lungo sulla faccia AB

(identificata dalla normale rt ), ovvero i valori del vettore tensione <7 e f

che lo descrivono completamente.

Sul lato AB agiscono le componenti <7 e f e sui lati PB e PA agiscono

rispettivamente le tensioni principali <? i e 2.


L'equilibrio dell'elemento nella direzione n e nella direzione ad essa
perpendicolare espresso dalle seguenti relazioni:

equilibrio lungo la direzione n :

aAB = alPAsina + * PBcosa

equilibrio in direzione perpendicolare ad n : tAB = -o*PAcosa+a, PBsina


Figura 6.7

6.3.3

Costruzione del cerchio di Mohr

Osservazioni sui cerchi di Mohr

L'utilit dei cerchi di Mohr va ben oltre il semplice artifcio grafico.


In primo luogo possibile osservare (Fig. 6.7) che il punto P, appartenente

al cerchio di tensioni principali O"t,(72, ha coordinate <Tr e

Xxyt cio al

punto P appartengono le componenti di tensione relative al piano che ha


come normale l'asse x Poich questa scelta stata effettuata in maniera
del tutto arbitraria (infatti esistono ? direzioni uscenti da un generico
punto nello spazio identificabili come asse x in una terna cartesiana), si
pu

affermare

che

punti

appartenenti

al

cerchio

di

Mohr

rappresentativi dello stato di tensione nelle infinite possibili direzioni


uscenti

dal punto considerato

e giacenti

sul piano xy,

Figura 6.8

sono

si pu cio

osservare che ad ogni possibile direzione uscente dal punto considerato (e

Dividendo ora per AB e ricordando che ABsina- PA e che ABcosa- PB, si


ottiene:

giacente sul piano xjj\ corrisponde un punto appartenente al cerchio di

= a,cos2a + (Wa

Mohr tracciato.
Dimostriamo

ora

quanto

precedentemente

affermato

valutando

le

<T2)cos a

condizioni di equilibrio deirelemento prismatico di volume rappresentato


in Figura 6.8.

L'elemento considerato triangolare

[PAB)

nel

piano (perpendicolare

all'asse 2} ed orientato in modo da avere due lati {RA e PEJj normali

rispettivamente alle direzioni principali 1 e 2 (che si suppongono note) ed

Equilibrio di un elemento triangolare piano

t=

170

Si vogliono ora determinare, a partire dal cerchio di Mohr,


tensioni

<? e

le medesime

f del punto P appena calcolate tramite le equazioni di

equilibrio.

Si

consideri

sul

cerchio

di

Mohr

rappresentato

corrispondente alle tensioni principali ~ i e

in

Figura

O 2 il triangolo rettangolo

APB di lati:

dal tetraedro elementare di Cauchy di Figura 6.3. Nel caso piano, il punto
(sulla faccia che ha come normale l'asse ji) con componenti Gx, Txy non

sar altro che il punto che individua il vettore tensione p* (Fig. 6.11); sul
cerchio di Mohr sono facilmente individuabili sia la direzione del vettore
Px, sia le direzioni principali nel punto Q.

In definitiva il cerchio di Mohr consente di visualizzare .completamente


un generico stato ^jejisione-(pian^in^un^punto_sia_in_nio^djilo^sia in

direzione.Jl..cfirchio_dLMohr consente inoltre di correlare sia lo stato di


tensione nel piano cartesiano^ty7 sia lo stato di tensione in un qualunque

AP = (Oi-Oi)cosa

piano identificato dalla normale LeonU-cofrispondente stato di tensione

BP =

nel piano deUejiireziQni principali.

Le coordinate del punto-P (corrispondente alle tensioni G e T dello stato di


tensione piana) sono esprimibili come:

Si consideri il determinante^ della matrice dei coefficienti del sistema

lineare (6.6) applicato ora _ aiunorstto^ ferine giafia per il quale si


ha:^ = 0, coincidente con una tensione^ principale (Gz=G), e Ta = Tzy = 0, si

noti che si avrebbe una situazione analoga anche nel caso di

x = PH ={p\-oi) cosasmoc

= 0.

espressioni

coincidono

con

quelle

Oi * 0>

purch" 0Z sia ancora una tensione prihc^rale e, di^onsgunza, e Ta= Tzy

a = AH = g2 + (ai-oj) cos2a
Tali

171

6.3 - Cerchi di Mohr

Stato di tensione in un punto

ricavate

analiticamente

in

precedenza dall'equilibrio del triangolo elementare APB (Fig. 6.8) e, quindi,

Ner caso-piano-ipotizzatOj

l'equazione

6.6 __di_.annullamento

del

determinante diventa:

permettono di ottenere i valori delle componenti del vettore tensione O e


T nel punto P considerato.

Si pu allora osservare che il cerchio di Mohr visualizza graficamente il

Gy-G

problema matematico: al variare dell'angolo a (Fig. 6.10) si ottengono le

componenti di tensione

= 0,

G -<

1 ^

r-\

<T e T (sulla faccia di normale ) del generico

punto P a partire dalla conoscenza delle corrispondenti tensioni principali

e pertanto si ha:

G, G2.

Poich, come si osserva dalle Figure 6.9 e 6.10, si passa con continuit

dalla situazione in cui G=G\

e T=0 (caso in cui la faccia dell'elemento

considerata ha la normale coincidente con la direzione principale 1) alla

nel caso piano

situazione G=<h e T=0 (caso in cui la faccia dell'elemento considerata ha

la

normale

coincidente

con

la

direzione

principale 2),

intuitivo

comprendere che fra tali situazioni estreme esister una condizione di

'.-*

^ 1=0

CTu = <T'+<7'

massimo per la tensione tangenziale, cio esister un valore di erper cui

V=tnax. (3t/3a= 0); immediato osservare che tale condizione viene


ottenuta per a = n/4.

~.

Si pu allora generalizzare il legame fra la costruzione grafica relativa al


cerchio di Mohr e il generico stato di tensione del punto Q rappresentato

Ragionando in questo modo, si pu estendere il problema al caso di uno

slato di tensione tridimensionale e, quindi, per ognuno dei piani principali


1-2, l-3'e"2^3Tsi pu tracciare un corrispondente cerchio di Mohr; ciascun

6.3 - Cerchi di Mohr

cerchio di Mohr pu descrivere la variazione (fello stato di tensione al

variare delPIncnudziune della diluzione normale n ed in modo tale che


essa

giaccia

sur~piRr~-prineipale-"cUi' sT riferisce

la

circonferenza

considerata (la restante direzionejarincpale , cio, retta di sostegno per la

rotzine~rTi5teina di riferimento) (Figura 6.12).

NeFcasoTn cui il vettore pm diretto secondo una generica direzione nello


spazio, il corrispondente stato di tensione tridimensionale descritto da
un punto appartenente all'area compresa fra i cerchi di Mohr figura
6.13).

Si

pu

comprendere

considerando

che i

tale

affermazione,

almeno

intuitivamente,

cerchi di Mohr descrivono ~ leGorHizlQnFjestreme

corrispondenti a considerare volta per volta-fcio cerchio per cerchio) una


direzione principale come asse del sistema di riferimento cartesiano
centxato~sur punto Qt inoltre si pu osservare che in questo modo il

Figura 6.9 Vettore tensione sul piano <7-rdi Mohr

modulo -dei-vettore tensione assume sempre un valore compreso fra la


minima

la

massima

tensione

principale

come

si

determinato

introducendo la rappresentazione grafica dell'ellissoide delle tensioni.

L'affermaziontT

precedente

pu

essere

dimostrata

analiticamente

utilizzando la condizione di normalit dei coseni direttori, scrivendo le

espressioni per O"n e Fh2=<Tn2+T^2 (per la generica direzione ) in termini


dei coseni direttori stessi e delle tensioni principali ed imponendo la

condizione d'ordine per le tensioni principali, O>O2>03; si otterr allora un


sistema di disequazioni nelle incognite <7n,Tn, la cui soluzione individua il
dominio di variazione delle tensioni.

Con riferimento alla Figura 6.13, si pu osservare che l'angolo giungo il


quale si valuta lo stato di tensione sul cerchio di Mohr pari all'angolo
individuato dal vettore tensione pn e dalla relativa direzione n, sul piano
su cui giacciono tali due direzioni.

Figura 6.10 Variazione delia coppia {aj} al variare dell'angolo a

173

174

Figura 6.11

6.3 - Cerchi di Mohr

Stato di tensione in un punto

175

Valutazione dello stato di tensione piana nel punto 0 tramite il cerchio


di Mohr

Figura 6.13

Individuazione dello stato di tensione relativo ad una direzione


generica nello spazio

E' immediato osservare che, al variare di tale angolo, si ottengono tutte le


possibili variazioni dello stato tensionale nel punto per diverse scelte del

I /
a

sistema di riferimento;

inoltre si pu osservare come esistono tre

direzioni particolari (le direzioni principali) lungo le quali il vettore

a.

tensione giace sull'asse delle ascisse del piano di Mohr; in coincidenza di


tali condizioni si hanno allora, come gi determinato in precedenza,
esclusivamente componenti normali di tensione (cio le tensioni
principali), ovvero per tali direzioni il vettore tensione allineato con la
direzione stessa.

Figura 6.12 Individuazione dello stato di tensione puntuale a! ruotare de! sistema di
riferimento

176

6.4 - Relazioni tensioni - deformazioni

Stato di tensione in un punto

177

6.4 Relazioni tensioni-deformazioni


La sperimentazione dimostra che,

se si sottopone un materiale a

Analogamente la deformazione totale nelle direzioni yzz vale:

tensioni, questo si deforma e, viceversa, se si impone al materiale di


v
a

deformarsi, questo reagisce opponendo tensioni.

I parametri che rappresentano gli stati di tensione e di deformazione

(coefficienti dei rispettivi tensori) sono legati fra loro dal comportamento
del materiale.

Per caratterizzare dal punto di vista elastico il materiale si deve, quindi,

Per quanto riguarda le deformazioni angolari y9, si osserva che ciascuna

studiare il comportamento in termini di tensioni e di deformazioni.


Considerando un elemento infinitesimo di materiale, analogamente a

quanto

sviluppato

per

le

tensioni

(Fig.

6.4),

si

pu

definire

il

componenti

di

corrispondente stato di deformazione.

Supponiamo

di

applicare

separatamente

le

diverse

componente solamente proporzionale alla corrispondente tensione i\. e,


pertanto, si pu scrivere:

tensione e di determinare le corrispondenti componenti di deformazione;

applicando la sx si ha una deformazione ex del tipo:

dove G il modulo di elasticit tangenziale, legato al modulo di Young dalla


relazione:

G=

dove E il modulo elastico o modulo di Young del materiale.

Applicando

ora

la

sola

componente

sy, in

direzione

x si

ha una

Per un materiale lineare (esiste una legge lineare fra causa -.tensione *d
effetto - deformazione), elastico (il fenomeno reversibile, cio

deformazione:

'rimuovendo

la

causa

l'effetto

si

annulla)

ed

isotropo (le

propriet

'meccaniche sono identiche in tutte le direzioni), si pu esprimere il

dove ? il coefficiente di Poisson del materiale.


Analogamente, applicando la sola componente sz, in direzione x si ha una
deformazione:
v

^egame fra tensioni e deformazioni nel caso pi generale del solido (


tridimensionale in forma matriciale compatta:

ME

-vtE

-vlE

-vlE

ME

-vlE

-VIE

-vlE

ME

Applicando contemporaneamente le tensioni ax, o*y, <Tt, la deformazione

IG

totale vale:

\IG

IG

s.

(6.8)

178

Tenendo

conto

anche

delle

deformazioni

179

6.5 - Tensione equivalente

Stato di tensione in un punto

dovute

all'effetto

della

temperatura, si possono aggiungere al sistema i corrispondenti termini:

e/

V*,

' ME

-VE

-VIE

ax

aT

-VE

ME

-VE

ay

aT

-VE

-VE

ME

MG

MG

I/C

<j\

aT

0
Tyz

(6.9)

Poich le deformazioni_ft_^_xr sono rispettivamente disaccoppiate, si pu


facilmente scrivere il sistema di equazioni relativo alle deformazioni
anche in una terna cartesiana principale:

\ie

-ve

-ve

-ve

he

-ve

-VE

-vIE

ME

(6.10)

c&T

6.5 Tensione equivalente


Noto lo stato di tensione in un punto di un corpo indispensabile valutare
se esso compatibile con le caratteristiche di resistenza del materiale e,

Figura 6.14 Risultati delle prove di trazione monoassiale per alcuni tipi di acciaio

Sotto Q profilo della resistenza di una struttura sollecitata da forze esterne

v , in generale, semplice valutare il grado di sicurezza con il quale lavora


detta struttura nel caso in cui lo stato di tensione sia rappresentato da
una tensione normale

G: in tali condizioni sufficiente rapportare

in caso affermativo, quanto distante ci si trova dalle condizioni limite di

questa tensione al carico di rottura R del materiale e stabilire di quale

collasso puntuale; tale "distanza" pu essere quantitativamente valutata

fattore

introducendo un coefficiente di sicurezza.

(coefficiente

di

sicurezza

m=R/G)

possono

essere

proporzionalmente aumentate le forze esterne senza che la struttura

arrivi al cedimento. Per poter eseguire il confronto , allora, necessaria la


conoscenza della resistenza del materiale, informazione che si ottiene da
una prova di trazione monoassiale.

Una

valutazione

di

questo

tipo

non

invece,

immediatamente

esprimibile nel caso, peraltro frequentisstmo, in cui lo stato di tensione


nella struttura e rappresentato da due o tre tensioni principali diverse da
zero. Occorrerebbe, infatti, conoscere, nel caso pi generale, tutte le

combinazioni di terne 01,02,03 che provocano i collasso puntuale: tali


combinazioni sono per infinite. Occorrerebbe inoltre conoscere, a partire

X
6

180

/'
181

6.5 - Tensione equivalente

Stato di tensione in un punto

da una terna G ,02,03 che non provoca collasso, quale sia la modalit

essendo_0^_Ja.tensjone principale pi' elevata in modulo, cio tale che

secondo cui operare per ottenere la rottura puntuale (ad esempio imporre
costanti due delle tre tensioni principali e far variare la terza, ma la
scelta di quale far variare arbitraria). Tale situazione sperimentale non

per realizzabile, sia per il tipo di carico (stato di tensione triassiale


variabile, molto difficile da ottenere), sia per l'impossibilit di ottenere
tutti i risultati in periodi di tempo di lunghezza accettabile.
E1, quindi, necessario operare in maniera differente; storicamente si

impostato

il

equivalente a

problema

andando

definire

una

tensione

idealmente

la quale cio, applicata da sola, produca lo stesso pericolo di

rottura (o lo stesso coefficiente di sicurezza) che si ha per effetto dello


stato di tensione bi o tridimensionale oggetto di analisi.
Per giungere alla determinazione della tensione ideale equivalente a^
occorre, per, preliminarmente formulare una ipotesi di rottura (o ipotesi di

6.5.2 Tensione tangenziale massima (Criterio-*Tresca)

1 Secondo questo criterio la rottura avviene per il superamento di un valore


' critico della tensione tangenziale.

"Dall'analisi dei cerchi di Mohr (Fig. 6.13) si osserva che la massima


tensione tangenziale in uno stato di tensione tridimensionale con

o-.xTjXT,

pari a

monodimensionale vale

(a,-as)/2 mentre in uno stato di tensione


ff^/2.

Poich due stati sono equivalenti se presentano la stessa tensione


tangenziale massima, uguagliando questi valori di tensione tangenziale si
ottiene la relazione che esprime il criterio di Tresca:

cedimento) e stabilire cosi quale sia il parametro critico che, raggiungendo


un

valore

limite

prestabilito

tipico

del

materiale

impiegato,

determina Tisicamente il cedimento.

Le ipotesi o i criteri di rottura proposti sono diversi e conducono tutti alla


determinazione di altrettante tensioni equivalenti, a volte di valore anche
sostanzialmente diverso le une dalle altre.
Nel

seguito verranno

analizzati

pi'

comuni

dei criteri di

rottura

proposti, determinando le corrispondenti tensioni equivalenti in funzione

delle tensioni principali at, a,, 0"3 -

6.5.1

(6.12)

ne

6.5.3

Deformazione unitaria massima

Secondo questa ipotesi, la rottura si ha quando la deformazione unitaria


supera un valore limite prestabilito.

Nel caso di uno stato di tensione monodimensionale (a, = o"^, o"2 =0% =0).
nella direzione della tensione <rf? la corrispondente deformazione | vale:

r =* =^L

(6.13)

Tensione normale massima (Criterio di Galileo)

11 pi" immediato (e storicamente il pi vecchio) fra i criteri di rottura


proposti quello che si basa sull'ipotesi che il cedimento del materiale

avvenga quando in un suo punto la tensione normale piur "elevata

In una qualunque direzione trasversale, ortogonale alla direzione della


a

, si ha:

faggiShge""cm-vaIffr"crTtico (pari al carico di rottura del materiale stesso).

e, =e2=3 =

Allora due "stati di tensione, di cui uno in generale tridimensionale


{01,02,03} ed uno monodimensionale {pgAO} sono fra loro equivalenti se
vale la relazione:
(6.11)

,22.

(6.14)

Si noti che il coefficiente di Poisson V compreso nel campo 0<V <0,5.


Nel caso tridimensionale le deformazioni prodotte dalle corrispondenti
tensioni principali sono:

182

Stato di tensione in un punto

183

6.5 - Tensione equivalente

(6.18)

2--
(6.15)

essendo p ,sQ il valore finale raggiunto dalla forza F e, rispettivamente,


dallo spostamento s (Fig. 6.15).

In un elemento di volume dVdi lunghezza di sottoposto sulle sue superfici


Applicando l'enunciato del criterio della massima deformazione unitaria, i

esterne di area dA ad una trazione <7 (Fig. 6.16), la forza finale vale dF

due stati di tensione sono equivalenti quando producono la stessa Emax.

=<7dA

Uguagliando, allora, la massima deformazione nei due casi (stato di

= dl.

tensione

tridimensionale

stato

monodimensionale

equivalente)

e lo spostamento relativo finale delle superfici esterne vale ds

si

ottiene:

(6.16)

da cui:
(6.17)

essendo o-( la tensione principale pi' elevata.


s

6.5.4

Energia di distorsione massima (Criterio di Von Mises)

Figura 6.15

Legge lineare forzaspostamento

Un generico corpo soggetto ad un insieme di azioni (forze generalizzate


esterne) si deforma a causa del conseguente campo di sollecitazioni

interne. Se la deformazione avviene in campo elastico ed il corpo in


grado

di

restituire

l'energia immagazzinata

durante

il

processo

di

deformazione, l'energia che interviene in questo fenomeno detta energia


elastica di deformazione.

\ Trascurando l'energia persa per attrito, il lavoro fatto da una forza per
deformare elasticamente un corpo si traduce integralmente in energia
plastica immagazzinata dal corpo stesso.

Poich nei fenomeni lineari elastici la forza direttamente proporzionale


alla corrispondente deformazione (cio allo spostamento prodotto), il lavoro
finale compiuto dalla forza pu essere ottenuto tramite
ClapeyronL.

il teorema di

Figura 6.16

Elemento di volume sottoposto ad una trazione a

:
II lavoro compiuto vale perci:

184

Stato di tensione in un punto

6.5 - Tensione equivalente

Corrispondentemente
(6.19)

l'elemento

unitario

di

185

volume

si

modifica

cambiando la sua forma e variando il suo volume. La variazione di volume


prodotta

dalle

deformazioni

conseguenti

allo

stato

di

tensione

tridimensionale data da:

e rappresenta, quindi, l'energia immagazzinata nell'elemento di volume


dVsoggetto alla tensione normale G .-

Nell'elemento di volume soggetto contemporaneamente alle tre tensioni


<7| 02 3 g11 allungamenti ex, E2> 3 nelle tre corrispondenti direzioni
crescono proporzionalmente con legge lineare e sono dati dalle relazioni

Poich le deformazioni che si osservano in campo elastico, per i comuni


materiali, sono al pi dell'ordine di qualche valore percentuale (cio e-IO"

(6.15).

2), lecito considerare i prodotti fra deformazioni come termini

Pertanto l'energia complessiva immagazzinata nel volume dV pari a:

infinitesimi di ordine superiore rispetto alle deformazioni e, quindi,

possibile trascurarli ( ILe,- 0, ILe*-* 0, Vr=1^3 ) ottenendo:

Andando a sostituire nella variazione Fla legge costitutiva elastica [legge


di Hooke), si ottiene:

(6.21)

Nel caso in cui le tre tensioni siano tutte positive (<7i,C^,O3>0), cio di
trazione, logico attendersi un incremento di volume positivo (AFH));
affinch sia verificata tale condizione deve essere l-2v> 0 nella (21); si

pu, quindi, osservare che deve sempre essere V <t 05 ; in caso contrario,
tensioni positive (di trazione) o negative (di compressione) produrrebbero

Figura 6.17

diminuzioni o, rispettivamente, incrementi di volume, il che non trova

Elemento di volume sottoposto a Gx. a2, <73

riscontro nella realt pratica.


L'espressione

Uno stato di tensione produce, per effetto della sua applicazione, una
deformazione elastica del materiale cui corrisponde un'energia elastica
totale immagazzinata per unit di volume < che, per uno stato
tridimensionale, vale:

(6-20)

(6.20), tenendo conto delle

note relazioni di Hooke

tra

tensioni e deformazioni, si trasforma nella seguente, ottenuta sostituendo


le (6.15) nella (6.20):

+ a\ 4-g\ Nel caso di una sola tensione


unit di volume pari a:

cr2(T3)J

(6.22)

l'energia elastica immagazzinata per

186

Stato di tensione in un punto

6.5 - Tensione equivalente

(6.23)

187

Si consideri allora lo stato di tensione applicato {atalto^y} come somma di


un primo stato di tensione, costituito da tre tensioni a. uguali fra loro e

In

generale,

possibile

determinare

la

relazione

che

descrive

pari

al

valor

medio

delle

l'equivalenza di due stati di tensione in termini di massima energia di

<y" =a\ =a\-&y =(<r,+o-2 +a%)fi,

deformazione [criterio di Beltmmi)\ secondo tale ipotesi sfha equivalnza

ff- = a _ a* (

tre

tensioni

e da un

principali

secondo

stato

applicate,

di

tensione,

ottenibile per differenza.

nel caso in cui agli stati di tensione corrisponda^ lo stesso^areTdefla

Il primo sistema di tensioni o\ . essendo uno stato di pressione uniforme,

densit di energia di deformazione;^ utilizzando le relazioni (6.22f (vaid~pr

produce,

uno stato di tensione tridimensionale) e (5.19) (valida per lo stato di

variazione di volume senza alcuna variazione di forma.

tensione uniassiale equivalente

Al contrario, il secondo sistema di tensioni

ct^) ed imponendo l'uguaglianza delle

rispettive densit di energia, si ottiene facilmente:

della

come

forma

conseguenza

dell'elemento

della

senza

sua

applicazione,

- 2v(cr1cr2

(6.24)

semplice

<j". produce una variazione

modificarne

facilmente verificarsi introducendo nella

una

il

(6.21)

volume,
le

come

pu

deformazioni

e]

corrispondenti alle tensioni a] suddette:

Risulta, per, nell'ipotesi di tensione uniforme, cio di tensioni principali

X " = X

tutte uguali fra loro (<jt = o2 = <rJ, applicata ad un corpo in acciaio (V = 03),

3<o>-3<o> = 0

che il valore della tensione equivalente a^ ricavato dalla (24) maggiore


di quello della tensione uniforme effettivamente applicata:
03 = -p

essendo <O> = (G\+&&G) / 3 il valor medio delle tensioni; si ha quindi:

Ar = e"i+ eV "3 = (l-2v)(o"i+ C2+ cj"3)/E = (l-2v) Ztf'i /E = 0

(componente idrostatica di tensione)

Poich, come si detto, qualunque corpo omogeneo, sottoposto ad uno

stato di pressione uniforme, dimostra una resistenza molto pi elevata del


suo carico di rottura, si ritiene che il primo sistema di tensioni

per acciaio (v=03)

il che risulta praticamente inattendibile se confrontato con l'evidenza


sperimentale.

(Tr-

contribuisca in misura trascurabile al collasso del materiale.

"~

Sperimentalmente si verifica infatti che qualunque materiale, sottoposto

Pertanto, ai fini della valutazione del pericolo di rottura (o del coefficiente

di

sicurezza),

si

ritiene

significativa

solo

la

parte

di

sollecitazione

derivante dal secondo stato di tensione e si defnita^en^ia d distorsione

ad una pressione uniforme, manifesta una resistenza grandissima, molto


pi elevata, cio, del suo carico di rottura; se effettivamente una

l'energia elastica immagazzinata a seguito della applicazione di detto

componente idrostatica di tensione non induce effetto in termini di pericolo

tensione).

di rottura, si pu pensare di far intervenire nella valutazione dell'energia


di deformazione la sola componente deviatorica (cio non idrostatica) della
tensione.

secondo
Questa

sistema

di

energia di

tensioni

distorsione

relazione analoga alla (22),

tensione c*. a'2, a\-

(componente
pu

deviatorica

calcolarsi

ponendo per

in

dello

direttamente

stato

con

di

una

essa le componenti di

188

6.5 - Tensione equivalente

Stato di tensione in un punto

Si dimostra, per, che i due sistemi di tensioni a\

a]

sono fra loro

disaccoppiati per cui il lavoro reciproco fatto da un sistema di tensioni per

le deformazioni corrispondenti all'altro sistema di tensioni nullo.

Secondo il criterio di rottura della massima energia di distorsione, il


cedimento del materiale avviene quando quest'ultima raggiunge un valore
limite tipico del materiale stesso.

Si ha infatti:

Pertanto, sotto il profilo del pericolo di rottura, un sistema di tensione


monodimensionale sar equivalente a uno tridimensionale se dar luogo
(6.25)

ad uguale energia massima di distorsione immagazzinata.

Uguagliando le (6.27) e (6.28) si ottiene allora:

r, -a2)2 +(cr, -o-j)2 +(<72-<r3)2 \

(6.26)

Mancando, quindi, il contributo di energia dovuto al lavoro mutuo,

l'energia totale (6.22) pu essere considerata come semplice somma


dell'energia derivante dal primo sistema di tensioni e

dell'energia,'

cosiddetta di distorsione, corrispondente al secondo sistema di tensioni:


pertanto

189

quest'ultima

pu

ottenersi

anche,

sbrigativamente,

come

(6.29)

che l'espressione del Criterio di Von Mises o Criterio della Massima Energia
di Distorsione.

6.5.5 Curva limite <7 -T (Criterio di Mohr)

<1> data dalla relazione (5.18) e l'energia

Facendo riferimento alla rappresentazione grafica dello stato di tensione

<&', corrispondente al primo sistema di tensioni che si ottiene ponendo

mediante i cerchi di Mohr, si rileva che il cerchio pi' ampio quello

differenza fra l'energia totale


nella (6.18) le tensioni or] .

passante per le tensioni principali

Questo fatto presuppone l'applicazione del principio di sovrapposizione degli

valore e segno); ad esso corrispondono le tensioni maggiori per quel dato

effetti. In generale, tale principio non pu essere applicato alle energie, a

stato di tensione cui la rappresentazione si riferisce.

meno che i due sistemi non siano fra di loro disaccoppiati, come accade

In analogia con il ragionamento condotto per uno stato uniassiale tramite


cui si introdotto il coefficiente di sicurezza, se si suppone di ampliare
proporzionalmente le forze esterne secondo un fattore e, il cerchio
massimo corrispondente risulter ampliato in proporzione in modo da

appunto nel caso in esame in cui le tensioni del primo sistema non

influiscono sulle deformazioni del secondo sistema e viceversa.


Si ha quindi:

CT, e <T3 (essendoCT, ><X2 >(T3 in

passare per le tensioni CO, e CO} (Fig. 6.18).

Se il fattore di amplificazione tale da produrre la rottura nel materiale,


allora il corrispondente cerchio di Mohr rappresenta il cerchio massimo
limite per quel particolare stato di tensione definito dai valori iniziali di

(6.27)
i +v i r,

=lFIl{<T'-<
Nel caso di uno stato di tensione monodimensionalc (nel quale cio sia
<Ti = 0\,> o-2 = o-j = o) la

corrispondente

energia di distorsione

<&'

ottiene immediatamente ponendo nella (23) ox = o , a, = cr, = 0 e vale:

si

<7|, <T2, <75.

Immaginando di disporre di diversi stati di tensione iniziali


(comspondenti ad altrettanti valori di <7,, CT2,(Tj) e di ampliarli fino a
rottura, verranno determinati altrettanti cerchi limite in corrispondenza
dei quali si ha raggiungimento della condizione di rottura nel punto

(6.28)

considerato; allora possibile individuare, sul piano di Mohr <J-T, una

190

curva limite

(6.32)

ottenuta come inviluppo dei vari cerchi massimi limite

individuati. Allora,

una volta individuata la curva ed

assegnato un

generico stato di tensione, immediato risalire al fattore di sicurezza


facendo crescere

il cerchio di Mohr massimo fino a farlo diventare

tangente alla curva limite.

nel modo indicato; considerando che in generale, per, le informazioni pi

semplici da ottenere per descrivere la resistenza a rottura dei materiali


i carichi

di

nella quale il rapporto R/c, essendo e il fattore di amplificazione limite


(cio il coefficiente di sicurezza) che porta
tridimensionale,

Nella realt risulta alquanto diffcile risalire alla curva limite costruita

sono

191

6.5 - Tensione equivalente

Sfato di tensione in un punto

rottura R e

R' ,

rispettivamente

a trazione e

costituisce

la

tensione

a rottura

il sistema

equivalente

G^ cercata:

questa infatti la tensione che, se applicata da sola, da luogo allo stesso

pericolo di rottura (cio ha lo stesso coefficiente di sicurezza e) se


confrontata col carico d rottura R del materiale.

compressione, tramite essi si possono individuare i due cerchi limite


corrispondenti alle suddette condizioni di prova uniassiale a trazione e a

compressione. Si pu, quindi linearizzare, l'andamento della curva limite

considerandolo approssimativamente come costituito semplicemente dalle


rette tangenti ai due cerchi appena determinati (Fig. 6.19).

In riferimento a tale figura, introducendo inoltre la notazione V* = R /


\R'\

e indicando con

approssimano

la

OC

l'angolo formato dalle rette

curva limite

con

l'asse

delle

ascisse

tangenti che
in

direzione

negativa, si ha:

sin a

R'/2+R/2

1+v

e di conseguenza:

Imponendo

che

il

cerchio

-sina

limite

Figura 6.18

(6.30)

\+sina
passante

per

c(J

CO

(e

corrispondente alla condizione di rottura a partire da un generico stato

tridimensionale

di

tensione

{01,02,03}

per

un

certo

fattore

amplificazione delle tensioni e) risulti tangente alle due rette, si ha:

(6.31)

da cui, tenendo conto della (6.30), si ottiene la relazione:

di

Curva limite di rottura

Si osserva che questo criterio di rottura, nel caso in cui si ha V* =1, porta
a determinare una tensione equivalente che coincide con quella definita
dal criterio della massima tensione tangenziale; infatti si ha:
Oca = R/C = ai - V*03

=>

Oiq = <Tj - 03

192

193

6.5 - Tensione equivalente

Stato di tensione in un punto

Criterio di

Definizione della tensione


equivalente

Condizioni di validit
della relazione

O\

max{i,2,
/2

v* = R/IR'I

Mohr
CCT,

Tabella 6.2 Tensioni equivalenti secondo i criteri introdotti (stato di tensione

Cff,

Figura 6.19

tridimensionale)

Curva limite di rottura (rette tangenti ai cerchi di Mohr)

Si osserva che se V*=V

(e cio pari al modulo di Poisson), la tensione

equivalente che ne deriva coincide con quella definita dal criterio della
massima deformazione unitaria; si ha infatti:
Oiq = R/C = <Ti - V*Oj

=>

O"o, = G\ - VG}

Applicando il criterio di Mohr si ottengono risultati intermedi a quelli


ottenibili con i due criteri sopra citati (di Tresca e della massima
deformazione unitaria), che possono anche essere

indicati come casi

particolari del criterio di Mohr. Occorre peraltro precisare che solitamente


si adottano i criteri della massima tensione tangenziale e della massima

deformazione unitaria, in quanto ognuno di essi fornisce risultati che, a

Un confronto grafico fra i diversi criteri di rottura pu essere effettuato

facendo riferimento allo stato di tensione bidimensionale

Pj-) e

determinando, in tale situazione, la relazione che lega fra loro le tensioni


principali cy,,<T2 nella condizione limite di resistenza.

Si assuma un riferimento cartesiano nel quale si riportino in ascissa ejri


ordinata i valori CltO2 , rispettivamente denominati a,, q e con Oi-ffrO;
sulla base di immediate osservazioni possibile definire relazioni d'ordine
valide per le tensioni; tali disuguaglianze descrivono l'ordine gerarchico
delle tensioni relativo al semiquadrante cui ci si riferisce (Figura 6.20).
Tenendo conto di tali condizioni, si determinano per i vari criteri le
relazioni che derivano dalla condizione limite di rottura, ottenuta
imponendo che la tensione equivalente uguagli il carico di rottura tfdel
materiale (si assume per semplicit lo stesso valore per i carichi di
rottura a trazione e a compressione; tale approccio , fra l'altro, a favore

seconda dell'applicazione particolare, sono ampiamente confermati dalle

della sicurezza, in quanto si trascura il campo in cui le tensioni negative

indagini sperimentali.

assumono il valore massimo in modulo).

6.5.6

Confronto grafico fra le ipotesi di rottura

Nei paragrafi precedenti sono state considerate alcune ipotesi di rottura,


cio sono state ottenute alcune diverse espressioni per la tensione ideale

equivalente <7Cq. i cui risultati sodo riassunti nella seguente tabella:

194

195

6.5 - Tensione equivalente

Stato di tensione in un punto

hN
V:

CTeq

-R,

A seconda dei quadranti nei quali si opera e ricordando che <Ti=Oi, 02-Oj, le
relazioni cos ottenute per il criterio della tensione normale massima
sono le seguenti:

at=R;

o-2 = R

Allo stesso risultato si sarebbe giunti considerando che il criterio della


O^ax pu essere anche espresso come:

= max{|oi|,|q,|}=R

Figura 6.20 Ordine gerarchico delle tensioni relativo ai vari semiquadranti del
piano delle tensioni

e quindi:

Per determinare le relazioni sopra descritte, si considera, per tutti i

semiquadranti presi singolarmente,

il criterio scelto

e l'ordine delle

tensioni corrispondente; ad esempio volendo ricavare la relazione relativa

N>l ff,|: N = R o
|oi|<| Oj\: \Oj\ = R

Oi = R per o-, > 0;


q, = R per q, > 0;

-0} = R, Oi = -R perOi<0
-q; = R, qj = -R per q; < 0

al criterio della O^, nei semiquadranti I, II, Vili e V si opera nel modo

che ovviamente descrive lo stesso dominio, un quadrato di lato 2R

seguente:

centrato nell'origine degli assi Oi,q), determinato con l'altro approccio.


Volendo ora ricavare la relazione relativa al criterio di Tresca (massima

I:

tensione tangenziale) per i diversi semiquadranti si ha:


= CTa, - R, <Ji = +R

M>|cr,|>|cit!=0
' Vili:

'I:

=>O"ma= Oi, CTmin^ O* - 0


|CXml= N

= <Teq = R, Oi = +R
II:

'II:

=><Ti=

- O"min = Oi -Ok - R,

Oi- +R

196

6 6.5 - Tensione equivalente

Stato di tensione in un punto

197

che si pu dimostrare essere l'equazione di un'ellisse con assi inclinati di

- R,

Vili:

|oi|>|cr;|>|o*j=0

VII:
- <Tmin =

,jn= O)

= R,

i[ - Gj

+R

Ad analogo risultato si giunge operando come si fatto per il criterio

precedente e si ottiene per il criterio della tensione tangenziale massima


(Tresca):
Ff-Oj =R

(tmax)

Il criterio della massima deformazione unitaria fornisce la seguente


relazione, ottenuta con ragionamenti del tutto analoghi ai precedenti:

a,-va, =/f;

a,-vat=R

(m)

Figura 6.21 Confronto grafico fra le ipotesi di rottura per stato di tensione
piano

Per quanto riguarda il criterio di Von Mises, si pu operare nel modo


seguente (cTiso;, O2=C$-, O3SOi=0)...

lt/4 (45) rispetto agli assi cartesiani ah Oj e passante per i punti {O <Jj) di

quindi la condizione di rottura vale

ffq = R e fornisce la seguente

relazione:

coordinate {0, R} ; { R. 0} ; { R, R}
U criterio della curva limite (Mohr) fornisce in generale (e quindi anche
nel caso particolare di stato di tensione piano) risultati intermedi ai
criteri de U massima tensione normale (<w) e della massima
deformazione (e,**), presentandosi essi come casi particolari m
corrispondenza dei valori estremi del coefficiente V* (rispettivamente V 1
c y*=y).

_ _

R*

Le relazioni sono rappresentate graficamente (Fig. 6.21) mediante

altrettante curve che descrivono le varie uguaglianze ottenute; tali curve.

198

6.5 - Tensione equivalente

Stato di tensione in un punto

199

rappresentando le combinazioni di tensioni Limite che causano rottura,


individuano aree - una per ognuno dei criteri considerati - entro le quali

sono raccolte tutte

le combinazioni

di tensione

O~,, <T2

cui corrisponde

una a^ al di sotto del valore limite R.

Dal confronto, fra le dimensioni che quest'area assume per le diverse


ipotesi

di

rottura,

si

deduce

che

l'ipotesi

della

massima

tensione

Neiripotesi_diuno stato di tensione piano in un punto)L^o&tirAiito da una

tensione normale (T e da una tangenziale T {ad esempio_axj=Tst_^Tzy=0;


0 ~O\

<7X =0;

Tx =T

=T), le tensioni principali corrispondenti

sono

espresse dalle relazioni seguenti:

tangenziale ja piu^jgonservaUv\ presentando infatti imbarca la cui

'^estensione risulta inferiore a quelle relative agli altri criteri.

Per le applicazioni relative alla valutazione delle condizioni di rottura degli

acciai duttili, i risultati sperimentali sono in buon accordo con quelli


teorici forniti dall'ipotesi della massima energia di distorsione (Von Mises)

Con questi valori delle tensioni O~ e T,

o della massima tensione normale (Tresca); relativamente agli acciai

sostituzione, i valori corrispondenti della tensione equivalente secondo i

fragili

(cos

come,

in

linea generale,

per

tutti

materiali con

comportamento fragile) viene preferito, perch in maggior accordo con i '

risultati sperimentali, il criterio della massima deformazione unitaria.


6.5.7

Applicazioni pratiche dei criteri dt rottura

Applichiamo ora le ipotesi di rottura ad un caso reale piano (Fig. 6.22). in


particolare nella sezione circolare di un albero si considerano le tensioni

dovute alla flessione, alla torsione e al taglio.

Figura 6.22

Esempio di applicazione delle ipotesi di rottura ad un caso


piano reale

si determinano facilmente, per

diversi criteri considerati.

I risultati sono riassunti nella Tabella 6.3 che contiene sia le espressioni
generali valide per uno stato bidimensionale di tensione,

sia le

espressioni della Oeq nel caso in cui lo stato di tensione piano si riduca
soltanto ad una tensione tangenziale (T); le espressioni relative a
quest'ultimo caso sono immediatamente ottenibili dalle precedenti
ponendo in esse G - 0.

200

6.5 - Tensione equivalente

Stato di tensione in un punto

a=0

<7*0

r*0

T*0
Galileo,

tensione normale ammissibile per il materiale ame possibile definire


una tensione tangenziale ammissibile T^ che, come si osserva dalla
terza colonna della tabella precedente, pu essere scritta in generale nella

Tensione equivalente Geq

Criterio

<7

trmK

la2

201

forma:

CFlimm = <
ovvero:

Tresca,

2t

Tmax

II coefficiente di proporzionalit k assume, a seconda del criterio adottato

(1-V)|+ (1+ V)^+ T2

e considerando che per l'acciaio V = 0.3, i seguenti valori:

O+V)T

Tanim

Von Mises,

Si

*=0.77

(l-Of + O + O^+i3

Mohr

Tabella 6.3

77737

4>^

(1 + V>

Queste ultime espressioni, escludendo il criterio di rottura della tensione


normale massima, in quanto poco attendibile nel caso degli acciai di uso

Tensioni equivalenti secondo i criteri introdotti (stato di tensione piano)

potrebbe

considerare

una

ulteriore

colonna

in

Tabella

6.3,

corrispondente al caso G* 0, T= 0; questa particolare situazione permette

di concludere che, per ognuno dei criteri adottati, la tensione equivalente

coincide con la tensione normale applicata (<!,= <7) in quanto lo stato di


tensione uniassiale: tale caso banale pu, dunque, essere interpretato

come una verifica della validit dei vari criteri di rottura.


II caso relativo alla terza colonna assume particolare interesse dal punto

di vista pratico, in quanto descrive la tensione O*cq equivalente ad uno stato


di tensione solo tangenziale (quale quello derivante dall'applicazione di un
momento torcente, a meno di effetti di ordine superiore). Questi risultati
stabiliscono anche la relazione esistente fra le tensioni ammissibili in un

materiale sollecitato a taglio , rispettivamente, a trazione: infatti, sulla


base del concetto di equivalenza del rischio di rottura prodotto da

questi

due stati di tensione ed avendo a disposizione l'informazione relativa alla

comune, e del criterio di Mohr, nella pratica poco utilizzato, mostrano che
il rapporto fra la tensione tangenziale e la tensione normale equivalente
oscilla tra 0.5 e 0.77. Tali valori, determinati tramite considerazioni
puramente teoriche, trovano conferma sperimentale: si pensi ad esempio
alle curve d Smith-Goodman valide per le sollecitazioni a fatica, da cui
risulta che, a seconda del valore medio della tensione nel ciclo di carico,
si hanno i seguenti rapporti fra le tensioni massime ammissibili (per
diverse sollecitazioni agenti):

o-mcd = 0:

' <Wors s 1: 0.7 : 0.6


= 1 :0.8 :0.5

Questi rapporti rappresentano le proporzioni fra le tensioni normali


massime per sollecitazione oscillante, avendo posto unitario il valore della
tensione normale derivante dall'applicazione di momento

flettente.

Facendo riferimento in particolare ai valori relativi ad una sollecitazione


di momento torcente, che produce sole tensioni tangenziali, si osservano

202

Stato di tensione in un punto

valori di tensione equivalente che risultano essere in buon accord con


quanto ricavato per le tensioni equivalenti dall'applicazione dei vari
criteri: si osserva infatti che i valori sperimentali cadono entro l'intervallo
di variazione della tensione equivalente ottenuto considerando i risultati
dei diversi criteri.
Quanto ottenuto conferma, tra l'altro, la non eccessiva diversit fra i
risultati forniti dall'applicazione dei diversi criteri di rottura e, quindi, che
tale diversit pu essere interpretata come sintomo del fatto che in

criterio sia pi o meno conservativo di un altro: la scelta dell'adozione di


uno fra i vari criteri disponibili dipende dunque, in ultima analisi, dalla

Capitolo 7

sensibilit del progettista.


Come indicazione di carattere generale sperimentalmente si osserva, e

quindi normalmente si pone, per materiali duttili

materiali fragili t

=Q.la

xcmm =0.6o"itmm e per

Cenni sulla fatica dei materiali

Introduzione

Fatica di vivere, fatica di frequentare il Politecnico, fatica d'essere uomo:

la fatica non si riscontra solamente nell'uomo o in altri organismi


biologici, ma in senso lato presente anche nei materiali.
Possiamo intendere la fatica nei materiali come la risposta strutturale a
sollecitazioni variabili e ripetute nel tempo.

r La normativa ASTM E206 [11 ci fornisce una definizione pi precisa: "La


' fatica un processo permanente, progressivo e localizzatoci cambiamento
itrUmrale in un materiale soggetto a indizioni di tensione ejeformazione
dria^nTh^iFm^Tctepupoltore]^^^
di cricche e/o alla frattura
dopo un numero sufficiente di dc3T^

L/a^plicazione ripetuta cfi un carico pu, quindi, portare alla rottura anche
sTTa ToTiecitazion massima minore della resistenza statica del
materiale.. Quindi un carico ciclico pu essere pi dannoso di uno

Aitante" a parit di forza massima applicata e ci confermato

dall'esperienza quotidiana. Per esempio, se si desidera rompere un filo di


ferro, si piega, ma una volta sola in genere non sufficiente: occorre
ripetere il gesto finch il materiale, "affaticato", cede.

7 -

204

Cenni sulla fatica dei materiali

205

7.3 - Esame delle superfici di rottura

7.2 Cenni storici


Si cominci a parlare di fatica solo dopo la seconda met del '800 a causa
di rotture, allora inspiegabili, di assili ferroviari. Si not, infatti, che molte
volte

sopraggiungeva

la

rottura

per

tensioni

minori

al

snervamento e con connotati simili alla rottura fragile.

carico

di

Prima della

rivoluzione industriale, il fenomeno non era stato evidenziato in campo

tecnico poich le sollecitazioni a fatica non avevano mai rappresentato


una

causa frequente

di

rottura

negli

organi

meccanici,

in

quanto

mancavano le condizioni per cui la resistenza a fatica del materiale


diventasse pi critica della resistenza statica.

In particolare con l'industria ferroviaria si ebbe la rovinosa concomitanza

dell'impiego d'acciaio d'elevata durezza e di storie di carico con un numero,


di cicli elevato.

Infatti

prima del

1850 si utilizzavano nelle costruzioni

meccaniche

materiali quali legno, rame o acciai a basso tenore di carbonio e, quindi,


di durezza e di resistenza statica basse; questi materiali risultano meno
sensibili alle sollecitazioni di fatica rispetto
percentuali

di

carbonio)

legati

utilizzati

agli acciai nobili (ad alte


in

seguito

nell'industria

Figura 7.1 Esempio di sollecitazioni di flessione su un assile ferroviario

ferroviaria sia per far fronte agli alti carichi presenti sia per contenere le
masse

in

movimento;

dopo

il

1850

le

costruzioni

ferroviarie

sono

caratterizzate da un numero elevato di cicli di carico; infatti gli assili dei


treni sono destinati a compiere nella loro vita un numero molto elevato di

7.3

Esame delle superfici di rottura

cicli, a causa delle elevate velocit, proporzionale alla frequenza con la


Le superfici di rottura per fatica differiscono sia da quelle provocate da un

quale il carico viene applicato.

E* evidente che le sollecitazioni su un assile sono ripetute e, quindi, di

carico statico

fatica;

avendo alcuni punti in comune con entrambe.

infatti,

ad

esempio,

le

fibre

superiori

che

prima

risultano

sia da quelle fragili provocate da una forza impulsiva, pur

compresse, dopo mezzo giro diventano tese, mentre le inferiori che prima

La

risultavano in trazione, dopo mezzo giro sono diventate in compressione

snervamenti

superficie

di

(Figura 7.1); questo significa che in un giro il materiale subisce una

distinguono due zone: una zona appare opaca, pi o meno liscia, con

tensione ciclica di flessione alterna che si ripete per milioni di giri.

tipiche asperit progressive di forma lineare; l'altra ruvida, cristallina e

rottura

per

deformazioni

fatica

si

plastiche

presenta

evidenti;

in

in

genere

senza

particolare

si

Il primo studio rigoroso sulla fatica dei materiali fu quello dell'ingegnere

brillante.

delle ferrovie austriache Whler che, fra il

Queste due zone corrispondono ai due intervalli di tempo nei quali

1858 e il

1870, effettu

numerose prove sperimentali riuscendo a evidenziare la dipendenza del

avviene

fenomeno

progressiva e lenta del danneggiamene; la rottura di schianto.

dalla tensione

minima,

oltre

che

da

quella

massima,

macroscopicamente

la

rottura

per

fatica:

la

propagazione

l'esistenza di un valore limite dell'ampiezza di oscillazione del carico sotto

Durante la prima fase, a partire quasi sempre dalla superficie (raramente

il quale non vi era rottura.

da

gravi

imperfezioni

all'interno

del

materiale),

nella

zona

dove

7 -

206

7.4 - Grandezze caratteristiche della fatica

Cenni sulla fatica dei materiati

207

localmente si hanno le tensioni massime (spesso in presenza d'intagli) e

progressivo e lento propagarsi della cricca che pu occupare da meno

peggiore la fnitura superficiale, si sviluppa una cricca che lentamente

dell'uno per cento a quasi il cento per cento della superfcie di frattura

si propaga, senza che appaia alcuna deformazione macroscopica evidente;

La posizione

il cedimento avviene, quindi, all'improvviso.

esempio, nei casi di flessione unidirezionale,

relativa delle due zone varia al

variare del carico.

Ad

la rottura a fatica inizia

dalla parte della superfcie posta in trazione e si propaga all'interno,


cosicch la zona di rottura di schianto prossima alla parte inizialmente
in compressione.

Zona liscia

Per la flessione alternata, normalmente la zona di rottura di schianto

(cedimento graduale a falica)

centrale, mentre ai due lati, dove la tensione di trazione massima, si ha


la propagazione di cricche.

Grandezze caratteristiche della fatica

7x>na frastagliala

(cedimento Tinaie di schianti))

Si consideri

Figura 7.2

Superficie di rottura dovuta a fenomeni di fatica

sezione

non

al momento in cui avviene la rottura di schianto: la

presenta

strizione

le

superfici

di

rottura

rimangono

affiancate.
Le asperit progressive, dette "linee d'arresto" o "onde di fatica", sono da

mettere in relazione al susseguirsi dei periodi di lavoro e riposo oppure al


variare delle condizioni di carico o ambientali.

La propagazione della cricca e, quindi, anche delle linee di fatica, avviene


su piani normali alle direzioni delle tensioni principali: la rottura di fatica

tende a progredire per distacco e non per scorrimento.


Le superfici affacciate generate dal propagarsi
maggiormente

solitamente

lisce

avviene

se

se

levigate

la

dal

della cricca appaiono

martellamento

sollecitazione

almeno

reciproco

in

parte

a = Gm + aa sin (t>t) In

generale

la

sollecitazione

pu

essere

considerata

quando

la

cricca,

propagandosi,

ha

ridotto

infatti tutti i carichi ciclici, anche quelli random (casuali), possono essere

rappresentati da andamenti sinusoidali espressi in serie di Fourier


l'ausilio di macchine semplici.

Facendo riferimento alla normativa UNI 3964 |2] si possono definire le


grandezze che caratterizzano un ciclo di sollecitazione di fatica (Figura
7.3):

che

di

la sezione

A parit di sezione iniziale, pi il carico elevato, maggiore l'estensione

della zona di rottura di schianto e minore l'area interessata dal

e,

inoltre, i carichi sinusoidali sono facilmente producibili in laboratorio con

resistente fino al limite della sua resistenza, sopraggiunge la rottura di


schianto.

la

di una tensione alternata sa (la componente che varia sinusoidalmente);

La zona frastagliata si genera, invece, nella seconda fase della rottura a


infatti

come

sovrapposizione di una tensione statica s m (la tensione media costante) e

compressione.

fatica;

la tensione

funzione:

Infatti, esternamente, la zona interessata alla propagazione della frattura

appare intatta fino

un carico applicato in una prova a fatica;

risultante in un generico punto ha un andamento esprimibile dalla

Figura 7.3

Ciclo di tensione di fatica

7 -

208

209

7.5 - Curva di Whler

Cenni sulla fatica dei materiali

la tensione massima
la tensione minima
la tensione media

tr-=(ff, +<rmin)/2

l'ampiezza di tensione

a. = (<*, - omin)/ 2

l'intervallo di variazione della tensione


il rapporto di tensione

Poich

a frequenza

della

sollecitazione

(legata

alla

corrispondente

pulsazione a>) ha un effetto trascurabile sul fenomeno della fatica, la


tensione s variabile sinusoidalmente individuata completamente

se

sono note la tensione media Ome la tensione alterna Oa.

' C

Figura 7.4

Al variare del rapporto di tensione fi e, quindi, della tensione media <jm

'

'

' G

Sollecitazioni di fatica caratteristiche

nella normativa UNI 3964 [2| i cicU di fatica sono catalogati nel seguente
modo (Tabella 7.1 e Figura 7.4).

DENOMINAZIONE

CICLO

>1

Ciclo di tensione pulsante di compressione

-8

Ciclo di tensione ripetuta di compressione (OW=O)

<-l

Ciclo di tensione alternata asimmetrica

-1

-Kji<0

0<n<l

Ciclo di tensione alternata simmetrica


Ciclo di tensione alternata asimmetrica
-O.

Ciclo di tensione ripetuta di trazione (?n=0)

Figura 7. 5

Ciclo di tensione pulsante di trazione

Tabella 7.1

Identificazione dei tipi di cicli di fatica

7.5

Schema di prova a trazione-compressione

^urva di Whler

II fenomeno della fatica dipende da molti parametri, fra i quali vi sono il


materiale, il carico, la geometria del provino e l'ambiente di esercizio.

210

7 -

7.5 - Curva di Whler

Cenni sulla fatica dei materiali

La caratterizzazione a fatica di un materiale si effettua tramite prove

durata illimitata, mentre per Ga<G<J?

sperimentali

determinata, corrispondente ad un certo numero di cicli N.

standard di riferimento fissate dalla normativa ed eseguite

211

presenta una zona di durata

Per gli acciai nobili, il passaggio tra queste due zone compreso tra

con provette di geometria prefissata.

I dati_ottenuti dalle prove di fatica sono generalmente presentati tramite,

N=106+107 cicli ed

un^rappresentazione grafica nota in letteratura {ji]7[3], [5), [6J, [7]j"cme

Whler. Oltre il ginocchio, la curva di Whler presenta valori pressoch

corrispondente al cosiddetto "ginocchio" della curva

^"curva di Whler^

costanti della tensione e,

La curva di Whler del materiale rappresenta la relazione sperimentale

significativa (solitamente si limita la curva a IO7 cicli).

massima) riportata in ordinate (in scala lineare o logaritmica) e la durata

un grafico che in ascissa descrive valori cos ampi, non semplice

N| (numero di cicli) riportata in ascisse (in scala logaritmica). Detto

valutare con precisione tale diminuzione.

oppure v (rapporto di tensione).

ampliare la visibilit della zona a forte variazione di Ga e di comprimere la

tra la tensione ok]

(ampiezza della tensione) oppure <w* (tensione

'diagramma viene stabilito mantenendo costante la <jJ (tensione media)


Consideriamo un provino (Figura

7.5), di acciaio nobile, sollecitato a

pertanto,

la sua rappresentazione

poco.

La zona antecedente al milione di cicli, invece, decresce rapidamente e in

Si pieieriscfi^allora, adottare in ascissa una scala logaritmica, in modo da


zona meno significativa

sopra N=106.

trazione-compressione da una forza alterna sinusoidale, compresa tra due,

Nella curva di Whler sono presenti tre zone distinte (Figura 7.7):

valori estremi, che provoca, nel generico punto A della sezione ristretta,

I:

la zona a fatica oligociclica (= pochi cicli);

una tensione massima anch'essa sinusoidale a valor medio nullo.

II:

la zona a durata determinata;

Sulla base dei dati misurati, si pu rappresentare la curva di Whler dei

III :

la zona a durata indeterminata.

Se la tensione applicata raggiunge la resistenza statica del materiale,

Il tratto della curva di Whler pi interessante quello che varia pi


rapidamente, cio quello a durata determinata, compreso tra il carico di

cio il suo carico di rottura % ((W - R^. la rottura non avviene per

snervamento e il limite di fatica.

materiale (Figura 7.6).

Questo tratto pu essere rappresentato analiticamente dalla seguente

fatica, ma per cedimento statico dopo un quarto di ciclo.

Diminuendo progressivamente il^carico F, _l'ampiezza GB decresce e


aumenta il numero di cicli necessarijper la rottura del provino.

espressione:

La curva prosegue con un'inclinazione sempre minore fino a che, per

alcuni materiali fra i quali Inacciaio, I'ampiez2a _a_rottura Oa^ tende

(7.1)

asintoticamente ad un valore costante (Ga), detto fonice di fatica.

Si osservi che nella normativa UNI 3964 [2j, per definire il limite di

dove C una costante opportuna.

fatica, si fa riferimento non all'ampiezza della sollecitazione Ga (=<7a), ma

In scala doppio logaritmica tale espressione descrive l'equazione di una

ad un valore di tensione (7/>) pari alla somma tra il valore medio [CTm) e

retta:

l'ampiezza limite della tensione (<JA):

k'Log(0)+Log(N) =
Per uno stesso materiale in letteratura sono riportati valori differenti del

carico limite di fatica corrispondenti a valori diversi di Om.

(7.2)

Al di sotto del limite di fatica non vi rottura a fatica; pertanto la curva di

Poich il campo di variazione delle tensioni piccolo, spesso non vi

Whler presenta, per Ga compresa tra 0 e Ga. una zona dove il provino ha

interesse ad avere un asse logaritmico sulle ordinate. Usualmente si

utilizza un piano semilogaritmico, con valori lineari delle tensioni e

212

7 -

Cenni sulla fatica dei materiali

7.7 - Fatica oligociclica

213

logaritmici dei numeri di cicli. Su di esso il tratto caratteristico della


curva di Whler, rappresentato dall'equazione 17.1), viene ugualmente

7.6

mantenuto rettilineo anche se analiticamente ci non corretto.

Non tutti i materiali presentano un andamento qualitativamente simile a

Fisicamente tale incongruenza giustificata dal fatto che la dispersione


dei risultati sperimentali molto grande, maggiore di quelli relativi alle

quello precedentemente descritto (Figura 7.6); infatti alcuni materiali non

prove statiche, cosicch il tratto II della curva di Whler ha un significato


statistico e i dati possono essere descritti sia dalla rappresentazione

analitica nell'equazione (7.1), sia dalla rappresentazione grafica di un


segmento rettilineo.

Per semplicit, anche i tratti I e HI sono spesso rappresentati come

Materiali senza limite di fatica

presentano un limite di fatica sotto il quale si ha una durata illimitata del


provino.

Ad esempio, gli acciai da carpenteria e le leghe d'alluminio presentano

anch'essi un ginocchio della curva di Whler, ma la Oa non S Stabilizza ad


un valore costante e continua a decrescere con l'aumentare di N.

Per l'alluminio, il ginocchio attorno a 30-50 milioni di cicli (Figura 7.11).

segmenti di retta, cosicch la curva di Whler descritta da una spezzata

(Figura 7.8). Per la zona a durata illimitata (III), il segmento orizzontale,


mentre per la zona della fatica oligociclica (I) l'inclinazione minore,
rispetto a quella relativa al tratto I.

Spesso si tiene conto della dispersione dei dati da un punto di vista


probabilistico, utilizzando cio pi curve di Whler, corrispondente
ciascuna ad una percentuale di sopravvivenza (0+100%) (Figura 7.9).
Queste curve si ottengono eseguendo pi prove a diversi livelli di
ampiezza C7a costante e contando le rotture (x) e le sopravvivenze (o): a un
numero molto elevato di cicli (~107), oltre il ginocchio della curva,

s'interrompono le prove e si accetta l'ipotesi di vita illimitata.

La dispersione delle rotture compresa tra due curve limiti che


individuano la fascia di fatica. In essa vi sono tutti i provini rotti, ma

7.7

Fatica oligociclica

Si hanno fenomeni di fatica oligociclica (= pochi cicli) per un'ampiezza del


carico compresa tra la resistenza a rottura e la resistenza allo
snervamento (Rs< <Ja <Rm).

Approssimativamente il limite inferiore

corrisponde ad un numero di cicli dell'ordine di IO3.

Tale zona di minor interesse; infatti nelle applicazioni pi comuni si


cerca di evitare fenomeni di snervamento poich sono accompagnati da
deformazioni consistenti spesso inaccettabili.

<T,

anche provini non rotti.

Normalmente in letteratura si trovano curve probabilistiche relative al


10%, 50% e 90% di sopravvivenza; queste curve si riferiscono a valori di aa
per i quali si hanno rispettivamente il 10%, il 50% e il 90% del totale dei
provini ancora integro (Figura 7.10).

Quando non specificata la probabilit di una curva di Whler, si


sottintende che questa sia relativa al 50% di sopravvivenza.
Si nota che la dispersione dei dati diminuisce all'aumentare della
tensione e, quindi, all'avvicinarsi al caso statico, poich esso soggetto ad
un'incertezza minore rispetto alla sollecitazione di fatica.

Figura 7.6 Curva di W6h!er del materiale

214

7 - Cenni sulla fatica dei materiali

215

7.7 - Fatica oligociclica

<ra=cost

R-<T(

o-

curva di sopravvivenza allo 0%

ooo-> curva di sopravvivenza al 100%

lt>'

10*

IO6

IO7

Figura 7.9 Dispersione dei dati della curva di Whler

Figura 7.7 Curva di WOhter del materiate in piano semi logaritmico


A<J

R-c,

IO2

IO4

IO6

IO7

Figura 7.8 Curva di WOhlersemplificata in piano semi logaritmico

IO2

'

IO4

IO6

IO7

Figura 7.10 Curve probabilistiche di WOhler in piano semilogaritmico

7 -

216

217

7.10 - II metodo stair-case

Cenni sulla fatica dei materiati

. n. Gli strumenti teorici per l'analisi della propagazione

della cricca sono

.' forniti dalla Meccanica dtta frattura.


!

om=cost

7.9

Fatica con durata a tempo indeterminato

ti

Per quei materiali che hanno un limite di fatica, sempre che non vi siano

particolari impedimenti, conviene lavorare nella zpna.a durata illimitata,


con tensioni relativamente basse, minori del valore limite di
danneggiamento.

Tuttavia, si deve prestare molta attenzione quando ci si riferisce al limite


di fatica: solo apparentemente delimita un campo sicuro da ogni rottura
per fatica.

UiUA D'ALLUMINIO

IO2

IO4

10*

il)7

IO7

Figura 7.11 Curve di Wfihler in piano semilogaritmico

7.8

legale.

Fatica con durata a tempo determinato

Occorre un approccio probabilistico nel determinare il limite di fatica

La zona relativa alla fatica con durata a tempo determinato compresa tra
IO3 cicli e i IO6-IO7 cicli, dove la curva presenta un ginocchio.

In un calcolo di progetto a fatica, si stabilisce una durata d'esercizio


precauzionale e si ricava la massima sollecitazione ammissibile relativa
ad una certa tensione media..

Lavorando nella zona con durata a tempo determinato oppure nel campo

della fatica oligociclica, occorre prevedere l'insorgenza e la propagazione di

cricche. Esistono applicazioni, come in campo aeronautico, in cui non


conviene sostituire un pezzo danneggiato

fatica finch

ancora

funzionale: in questi casi pi economico condurre costose analisi sulla


propagazione della cricca per stimare la rimanente vita utile. Su questa

stima,

si fissano

di

conseguenza periodici

controlli

Infatti, pur realizzando a regola d'arte pi provini o componenti simili fra


loro, non esister un unico valore del limite di fatica, a causa della forte
dispersione dei dati. E' sempre possibile incorrere in un caso in cui il
limite di fatica molto lontano da quello staticamente pi probabile.
Normalmente nella progettazione a tempo indeterminato ci si riferisce al
50% di sopravvivenza poich il valore centrale della distribuzione
gaussiana e poich, spesso, nei capitolati di una commessa di pezzi
prodotti, assunto a limite arbitrario d'accettazione e pu avere valore

non

distruttivi

sull'effettiva estensione della fessura tramite, ad esempio, prove ai raggi

attraverso molteplici osservazioni.

Per limitare il numero di prove

necessarie, si utilizza comunemente il metodo stair case (2] ideato dallo


statistico statunitense Dixon nel 1945 ed esposto di seguito.
7.10

\\ metodo stair-case

La normativa UNI 3964 [2] descrive la procedura per determinare il limite

di fatica di un materiale e/o componente con il metodo statistico siaircase. In particolare, il metodo statistico stair case fornisce il valor medio
del limite di fatica e, in certe condizioni, permette di effettuare una stima
dello scarto tipo della distribuzione dei valori attorno al limite di fatica. Per
la sua utilizzazione sono necessarie almeno 15 provette.

Si sceglie, nell'intorno del valore presupposto per il limite di fatica, una

serie di livelli di ampiezza di tensione, distanziati di una quantit


costante prefissata d. Non possibile fornire un criterio per stabilire a

7 -

218

Cenni sulla fatica dei materiali

219

7.10 R metodo stair-case

priori il valore da assegnare a d\ esso deve essere dell'ordine dello scarto

(.05 V

tipo s incognito (d~0.5 s +2 s); valori frequentemente utilizzati sono d=10 o

20 MPa.

Si sottopongono successivamente le provette ai vari livelli di tensione per

dove <TO il livello di ampiezza di sollecitazione pi basso =0). Nella

il numero di cicli prefissato (ad esempio 106, 2xlfl oppure IO7) con il

parentesi si adotta il segno meno (-) se l'eventualit meno frequente la

seguente criterio. Se la prima provetta sottoposta ad un livello di tensione

rottura ed il segno pi (+) nel caso contrario.

prossimo al limite di fatica si rompe, la provetta seguente viene provata al

La stima dello scarto tipo fornita dalla formula:

livello immediatamente inferiore; se non si avuta rottura, la provetta


seguente provata al livello immediatamente superiore. Si prosegue allo
stesso modo fino all'esaurimento delle provette.

Nella Tabella 2 sono riportati i dati relativi ad un esempio di stair case,

Questa formula valida solo per N'B A' , q 3


N7

riportati in |2|, e relativi ad un acciaio 41 Cr 4.

In particolare in Tabella 2 sono rappresentate le seguenti quantit: le"


provette non rotte (simbolo "o"); le provette rotte (simbolo "x"); i totali delle .

occorrenze delle rotture e delle sopravvivenze (campo denominato "Esito");

Per calcolare il limite di fatica con sopravvivenza pari rispettivamente al


10% e al 90% si utilizzano le formule seguenti:

l'indice progressivo i (che assume valore zero al massimo livello di


tensione cui tutti i provini sono sopravvissuti e valore massimo al pi alto

fD(50%)

1 -28 .1

valore di tensione raggiunto nella prova).

Nella colonna n, si riportano le occorrenze degli eventi meno frequenti (in

Si pu utilizzare il metodo stair case anche per valutare la distribuzione

questo caso le non rotture).

delle tensioni ad una durata prefissata con tensioni maggiori del limite di

Si calcolano poi i seguenti valori:

fatica. In questo caso si ottengono in genere scarti minori in quanto,

ff=yn

tensione.

come gi ricordato, la dispersione dei dati diminuisce all'aumentare della

numero totale degli eventi meno frequenti;

-^m)

sommatoria dei prodotti

del numero di eventi (meno frequenti)

presenti in ciascun livello per il numero d'ordine del livello


stesso;

--

470
4M

a.

'

si.

i'n

--

500

4M

Eu

OidBifcSaimc

A-

B-

4M
II

sommatoria dei prodotti i*-m.

probabilit di rottura del 50%, si^utilizzano solo i risultati relativi

all'eventualit meno frequente (rottura <Tnon rottura).

II valore medioTfornito dalla formula? ~

~"

"

"

0= non rotta
k= rotta

N-

485

cNlON/mm'
Per il calcolo del valore medio del limite di fatica, che corrisponde alla

NAran:
s=\.62d

(nb-a

1.28 .,=465

^8NW
N/mm

Tabella 7.2 Metodo stair case: esempio di dati

220

7 -

Cenni sulla fatica dei materiali

7.11

Prove di fatica sul materiale

Le prove di fatica si possono svolgere su un pezzo meccanico reale, su un


modello in scala oppure su una provetta.

Quando s'intende caratterizzare il materiale, si svincola il fenomeno della


fatica dall'influenza della geometria, conducendo le prove su una provetta
standardizzata.

Le macchine di prova pi comuni producono uno stato di tensione


uniassiale e applicano uno dei seguenti carichi:
-

flessione rotante;

flessione piana;

trazione/compressione;

torsione alternata (pur avendo tensioni non nulle su due direzioni


principali, considerata una prova uniassiale).

7.11.1

Prove in controllo di deformazione

I dati sperimentali nel campo della fatica oligociclica si ottengono


preferibilmente tramite prove in controllo di deformazione; s'impone cio un
certo spostamento e, quando incomincia la rottura e la sezione resistente

diminuisce, la forza applicata diminuisce e, di conseguenza, diminuisce


anche la deformazione. Tale prova permette di agire su un parametro, la
deformazione, che essendo rilevante in tale campo, facilmente
controllabile.

7.11.2

Prove in controllo di tensione

I dati sperimentali nella zona di durata a tempo indeterminato si


ottengono preferibilmente tramite prove con controllo di tensione nelle quali

la tensione applicata oscilla fra due limiti ben determinati anche quando
la sezione del provino si assottiglia per il propagarsi della cricca; di fatto si
controlla la forza poich si fa riferimento alla sezione iniziale del provino.
In queste prove la rottura viene notevolmente accelerata dall'incremento
delle tensioni man mano che progredisce la cricca; la rottura finale viene
perci anticipata rispetto al caso in cui la deformazione costante.

Tipiche macchine sono quelle a flessione rotante con carico applicato


mediante pesi.

7.12 - Efftto della tensione media sul comportamento a fatica

221

Le prove a trazione/compressione necessitano di carichi pi elevati


rispetto alle altre prove per produrre gli stessi valori di tensione: la
tensione massima non pi localizzata sulla superficie esterna del
provino, ma uniforme su di essa.

Per ovviare a quest'inconveniente, si possono utilizzare macchine di prova

che lavorano in risonanza

in modo da ottenere tensioni grandi con una

piccola forza eccitante.

7.12

Effetto della tensione media sul comportamento a fatica

La tensione media influisce sostanzialmente sul comportamento a fatica.

Si osservato che a pari ampiezza di sollecitazione, le tensioni medie di


trazione portano ad una diminuzione della durata, mentre quelle di
compressione ne aumentano il valore.

L'effetto della tensione media evidente se, con i dati sperimentali, si


tracciano curve di Whler diverse al variare della Gm, come descritto in
Figura 7.12.

In letteratura sono disponibili curve "sintetiche"

che

permettono di

rappresentare i risultati sperimentali sia al variare della tensione alterna


sia al variare della tensione media.
7.12.1

II diagramma di Smlth e Goodman

II Diagramma di Smith e Goodman riporta in ascissa la tensione media ed


in ordinata la tensione massima o minima (Figura 7.13).
Si ottiene a partire da una serie di dati sperimentali, ottenuti ad esempio
in prove di trazione-compressione. In particolare si rappresenta l'ampiezza
di tensione <Ja (ampiezza in corrispondenza del limite di fatica) relativa ad

un certo valore medio Cm

tramite pi prove (si utilizza ad esempio il

metodo stair case) e si ripete il procedimento per diversi valori della


tensione media.

Dopo aver tracciato sul grafico una retta a 45, si riporta al di sopra e al di
sotto di essa un segmento pari a a* in corrispondenza della (Jm di prova,
ottenendo le due curve rappresentate in Figura 7.13: la curva relativa alla

tensione massima (3m*=Cm+crA) e quella relativa alla tensione minima


(<Tmin=0ra-CTA).

7 -

222

7.12 - Effetto della tensione media sul comportamento a fatica

Cenni sulla fatica dei materiali

Si nota che, aumentando la<Jm, l'ampiezza ammissibile via via minore


fino a che, per Gm prossima alla resistenza statica del materiale, il limite

di fatica tende a zero e le due curve s'incontrano (Cmin=CFmux=am=R).


L'intersezione con l'asse delle ordinate pari al limite di fatica per il

rapporto

di

tensioni

/Z=-J,

indicato

con

<Ja-i.

In

corrispondenza

^Sovrapponendo i diagrammi di Smith e Goodman tracciati per durate

? diverse, si denota qualitativamente l'influenza del numero di cicli


^sull'ampiezza ammissibile: minore la durata N della provetta, pi

[l'ampiezza ammissibile maggiore e le curve a tensione minima e


massima sono lontane tra loro (Figura 7.16).

dell'intersezione della curva di tensione minima con l'asse delle ascisse

(Om-aA0), si ha una sollecitazione ripetuta a trazione fclO) e la tensione


massima vale due volte il limite di fatica aA o.

Per le tensioni di compressione, le curve sono simili, ma poich la cricca


si propaga pi lentamente con tensioni negative, le curve di compressione

descrivono traiettorie pi ampie congiungendosi al valore della resistenza

Valori crescenti di o

statica a compressione \R'\>R (Figura 7.14).

In letteratura la parte di diagramma in compressione non solitamente


riportata. Cautelativamente si ipotizza che il tratto a trazione valga anche
a compressione, consentendo un notevole risparmio dei dati da acquisire
per tracciare il grafico.

Poich la costruzione del diagramma comunque molto onerosa in


termini di prove da effettuare, spesso si utilizza una rappresentazione
semplificata basata sulla conoscenza dei dati relativi a solo due valori di
tensione media, quelli corrispondenti a ^.=0 e u=-l.

I dati necessari alla determinazione del diagramma di Smith e Goodman


semplificato (Figura 7.15) sono CTA o. CfA -i ed il carico di snervamento Rs.

La costruzione del diagramma di Smith e Goodman semplificato (Figura


7.15) si esegue riportando per primi i segmenti verticali 2oA0 e aA.| in
corrispondenza delle tensioni medie Gm -aAo e <jm =0. Si congiungono i
punti cosi individuati
tramite tratti rettilinei. Si delimita il ramo
superiore tramite un
snervamento

tratto

orizzontale corrispondente al

carico di

(cw =RJ; si intercetta la curva inferiore tramite una

verticale passante per il punto comune ai due tratti rettilinei superiori e


si conduce, dal punto cos intercettato, il tratto che tocca la retta a 45 a <Tm
"Rs.

Se si vuole far riferimento ad un particolare numero di cicli N (inferiore a

10 ), si procede analogamente a quanto definito per il diagramma a durata


indeterminata, sostituendo al
limite di fatica CTA l'ampiezza della
tensione aa corrispondente ad N nella curva di Whler.

223

IO2

IO4

ltf

IO7

Figura 7.12 Curve di Wflhler al variare di om

224

7 -

Cenni sulla fatica dei materiali

7.12 - Effetto della tensione media sul comportamento a fatica

225

N>~!07

N>~107

Figura 7.13 Diagramma di Smith e Goodman (con solo trazione)

N>~107

Figura 7.15 Diagramma di Smith e Goodman semplificato

N,<Nj<Nj

Figura 7.14 Diagramma di Smith e Goodman completo (trazione e compressione)


Ni

N Nj

Figura 7.16 Diagrammi di Smith e Goodman al variare della durata

7 -

226

Cenni sulla fatica dei materiali

227

7.13 - La legge del danno cumulativo

7.12.2 11 diagramma di Haigh

II diagramma di Haigh (Figura 7.17) una rappresentazione dell'influenza


della

tensione

media

sul

comportamento

fatica,

alternativa

N>~107

al

diagramma di Smith e Goodman, ma non fornisce nessuna informazione


in pi.

In ascissa riportata la tensione media e in ordinata l'ampiezza della


tensione corrispondente al limite di fatica.

A dimostrazione dell'analogia con la rappresentazione descritta nel


precedente paragrafo, si pu pensare di ricavare il diagramma di Haigh da

quello di Smith e Goodman. Si riporta in ordinata per ogni ?m il segmento


verticale del digramma di Smith e Goodman compreso tra la curva di
tensione massima e il tratto a 45".

Il diagramma di Haigh semplificato (Figura 7.18), in modo analogo a


quanto determinato per il diagramma di Smith e Goodman semplificato

(Figura 7.15), pu essere tracciato conoscendo <JAo ,O^ _/ e Rs (carico di


snervamento).

La linea passante per punti di coordinate (0,

<Ja.i) e

(Oao. Oao) viene delimitata dalla condizione amai=J2s che in


diagramma rappresentata da una retta di pendenza pari a -45.

questo

Figura 7.18 Diagramma di Haigh semplificato

7.13

N>~IO7

La legge del danno cumulativo

Le prove di fatica eseguite per ottenere la curva di W6hler del materiale sono
condotte sottoponendo una provetta ad un carico sinusoidale ad ampiezza e
tensione media costanti, fino a che non sopraggiunge la rottura o si raggiunge un
numero elevato prefissato di cicli, assunto come limite della fatica a tempo
indeterminato.

Tuttavia le sollecitazioni reali variano nel tempo sia in ampiezza sia in

A-l

valore medio; inoltre, non sono sempre sinusoidali: si pensi al carico cui
sottoposto un ammortizzatore automobilistico. Per ottenere la durata
relativa ad una storia di carico cos complessa, volendo utilizzare le curve

di Whler del materiale, occorre assumere ipotesi di similitudine che


rendano equivalente il danneggiamento causato dalla sollecitazione reale
(aventi Cm e a variabili) al danneggiamento causato dalla sollecitazione
standard sinusoidale (con <7m e a, costanti).

Figura 7.f7 Diagramma di Haigh

Per semplicit consideriamo solo l'ampiezza variabile, mantenendo la


sollecitazione sinusoidale a valore medio costante.

228

La

7 -

legge

7.13 - La legge del danno cumulativo

Cenni sulla fatica dei materiali

maggiormente

utilizzata

per

il

calcolo

della

durata

con

sollecitazioni ad ampiezza variabile l'ipotesi del danno cumulativo, detta


anche legge di Palmgren-Miner. Consideriamo il caso in cui l'ampiezza
della tensione vari pi volte durante la vita del provino: ad esempio

(Figura 7.19) il provino sollecitato alla tensione a,

per n, cicli, alla a2

229

' Consideriamo una situazione in cui sono noti sia i livelli di tensione <TOj,

: sia i corrispondenti i numeri di cicli n,

effettuati per ogni livello di

tensione.

Si utilizza l'equazione della curva di Whler, valida nel campo a durata


determinata, che lega la durata Ni con l'ampiezza <TU,-:

per 2 cicli e cosi via. Per ogni blocco di ampiezza di tensione costante e
pari a OJ,

si pu determinare

facilmente dalla curva di Whler il

corrispondente numero di cicli Ni che da solo porterebbe alla rottura se si


sollecitasse il provino sempre alla corrispondente tensione oj.

Sostituendo questa relazione nella legge di Miner si ottiene:

Per ogni blocco di carico (<r,, nj si pu ipotizzare che una frazione di vita
pari al rapporto

ru/Ni sia stata consumata: questa frazione di vita il

cosiddetto danno. Al successivo blocco di carico la frazione di vita


consumata pari alla somma dei danni:

La costante C tipica della curva di Whler e dipende dal materiale.


Ipotizzando che la stessa legge valga anche per il carico equivalente, cio
per la tensione equivalente O"^, e per il corrispondente numero totale di
Quando la somma dei danni

raggiunge l'unit, sopraggiunge la rottura,

cicli JVw che porta a rottura (Figura 7.21) si ha:

poich tutta la vita stata consumata.

La legge di Miner afferma che la condizione di rottura espressa dalla


relazione seguente:

E=i
*. =

I cicli effettuati al di sotto del limite di fatica non influiscono sul


danneggiamento

della

provetta,

in

quanto

il

denominatore

tendenzialmente infinito p/i-#), ma concorrono a determinare la ta


totale N,a.

Le storie di carico con periodi lunghi al di sotto del limite di fatica portano
a durate anche molto elevate; un componente si pu rompere a fatica
anche dopo anni di lavoro e molti milioni di cicli.

Attraverso la legge di Miner possibile trasformare la storia di carico a

blocchi in un carico equivalente in termini di durata, avente ampiezza


costante.

A denominatore compare la sommatoria degli m che concorrono alla vita


totale io., cio concorrono

danni. Al numeratore

tutti i cicli, compresi quelli che non causano

compaiono

solo gli n, che concorrono al danno,

relativi cio a tensioni oltre al limite di fatica.

In un problema di progetto, i numeri di cicli effettuati ad ampiezza di


carico costante fa) sono incogniti. Perci, normalmente si utilizzano le

frazioni di lavoro. Tali valori sono ricavabili dallo spettro di carico o dalla
cumulata di carico, in genere noti.

230

7 -

Cenni sulla fatica dei materiali

7,14 - Fattori che influenzano U comportamento a fatica

231

Graficamente la tensione equivalente individuata sulla curva di Whler


da una verticale (curva d*uguale durata) condotta per il punto di rottura
Figura 7.21).

R-o,
aa=cost

Figura 7.21 Tensione equivalente sulla curva d Wdhler

Figura 7.19 Stona di carico a blocchi - Curva di Wdhler

7.14

Fattori che influenzano il comportamento a fatica

Blocchi di carico che non


provocano danno

II fenomeno della fatica sensibile a molti fattori tuttora oggetto di studio


al fine di rendere possibile la previsione della durata a fatica in condizioni

generiche: introducendo man mano le condizioni che nella realt possono


presentarsi, si passa dai dati sulla fatica relativi al tipo di materiale,

ottenuti in condizioni standard su provette, al comportamento di un


componente reale.

I fattori che influenzano la vita a fatica sono:

Qil materiale:
la resistenza statica o carico di rottura Rm;
i trattamenti superficiali;

Figura 7.20 Storia di carico a blocchi (sopra e sotto il limite di fatica)

le lavorazioni pregresse;

(^ Jl carico:
la forma del diagramma di carico;

la tensione media;

7-

232

Cenni sulla fatica dei materiali

l'ampiezza di tensione;

Una tipica distribuzione di tensione residua mostrata qualitativamente

la frequenza;

in Figura 7.22: il massimo della precompressione raggiunto appena sotto

il tipo di carico (flessione, torsione, trazione...);

la superficie.

{^)'ambiente esterno:

Trattamenti termici

la temperatura;

I trattamenti termici utilizzati sono la nitrurazione, la cementazione e la

la presenza di ambiente corrosivo;

tempra superficiale,

f - \ la geometria (micro e macro):


^"^ le dimensioni;

Sono

trattamenti

di

rivestimento

superficiale

deposizione

migliorano la finitura superficiale e diminuiscono la corrosione.

Pi un acciaio resistente, pi risente di sollecitazioni a fatica. Un


acciaio pi resistente avr in genere un limite di fatica pi elevato, ma
aumentando il carico statico a rottura Rjjj il limite di fatica non aumenta
in modo proporzionale.

ILcarico

La forma del diagramma di carico

La forma dell'andamento del carico nel tempo non ha importanza ai fini

dello studio del comportamento a fatica: la durata a fatica non varia se la


La tensione media e l'ampiezza di tensione

superficiali
fatica

7.14.2

sollecitazione sinusoidale o a gradini o casuale.

I trattamenti superficiali

Questi processi

elettrochimica fra i quali la cromatura e la nichelatura. Questi processi

La resistenza statica

comportamento

induzione.

localizzato che si traduce in tensioni residue di compressione.

II materiale

trattamenti

quella ad

Trattamenti elettro-chimici

la presenza di intagli o di brusche variazioni della geometria.

soprattutto

provocano un indurimento superficiale ed inoltre un aumento di volume

la finltura superficiale;

7.14.1

233

7.14 Fattori che influenzano il comportamento a fatica

in

hanno
quanto

una

notevole

agiscono

sulla

influenza
superficie,

sul

La tensione media e l'ampiezza di tensione influiscono molto sulla durata

luogo

a fatica. Di ci se ne tiene conto, ad esempio, con la curva di Whler (CT) e

d'innesco delle cricche di fatica. Il loro effetto difficile da quantificare. I

con il diagramma di Smith e jfcroodmanJCTmJj v

trattamenti superficiali eseguiti per migliorare il comportamento a fatica

Frequenza

si dividono nelle seguenti categorie: trattamenti meccanici, trattamenti

La

termici e trattamenti elettrochimici.

un'influenza trascjanabile.

Trattamenti meccanici

II tipo di carico

I trattamenti meccanici sono lavorazioni che producono deformazioni

II fenomeno della fatica si manifesta diversamente con le seguenti

plastiche sulla superficie del materiale per indurre tensioni residue

sollecitazioni: la trazione/compressione, la flessione (piana e rotante) e la

favorevoli alla resistenza alla fatica.

torsione.

sollecitazione

di

compressione,

snervamentodetmateriale,

In particolare viene applicata una


localmente

che

determina

componente una distribuzione di tensioni

superiore
sulla

al

limite

superficie

di
del

residue che ostacolano la

Le

frequenza,

differenze

nel

sul

evidenziatali dal

campo

limite

di

proprio

fatica

delle

causate

applicazioni

dal

tipo

di

correnti,

carico

ha

sono

confronto dei rami superiori del diagramma di Smith e

Goodman valido per acciai da costruzione, rappresentato in Figura 7.23. I

formazione della rrint-a

valori, adimensionalizzati, sono riferiti rispettivamente alla flessione, alla

I pi comuni processi meccanici per produrre tensioni residue benefiche

trazione-compressione e alla torsione.

sono la rullatura e la pallinatura; entrambe producono deformazioni

Si nota che la sollecitazione di trazione e compressione alterna pi

plastiche

critica rispetto alla flessione; un'interprctazione di questa differenza pu

locali,

rispettivamente

tramite

una

generata da piccole sfere metalliche e da rulli.

pressione

di

impatto

essere il fatto che, considerando una provetta cilindrica, a parit di

7 -

234

7,14 - Fattori che influenzano il comportamento a fatica

Cenni sulla fatica dei materiali

235

tensione massima raggiunta, la flessione ha tensioni interne minori e


quindi meno pericolose per la propagazione della cricca. La nucleazione

della cricca, invece, non dovrebbe risentire della differenza del carico
applicato poich avviene sulla superficie dove si hanno uguali tensioni.
In letteratura si trova anche la legge di proporzionalit seguente per
quanto riguarda i

flessione

limiti a fatica rispettivamente per trazione piana

(<*a,tp). flessione rotante (aA,FR) e flessione piana ((Ja.fp):


"39

trazione-eompresgfne
.0.84

.1.4

Noto, quindi, il limite di fatica per un tipo di carico si pu ricavare il limite

0.7

di fatica corrispondente ad un'altra sollecitazione.


7.14.3

0.6

=45

L'ambiente esterno

- -

^ '}-.;

All'aumentare della temperatura diminuisce il carico statico di rottura e,


quindi, peggiora il comportamento a fatica. Anche a temperature molto
basse peggiora il comportamento a fatica, ma per un motivo diverso,
poich diminuisce la resilienza e perci la propagazione della cricca

Figura 7.23 Influenza del tipo di carico sul digramma di Smith e Goodman

procede pi velocemente.
La presenza di un ambiente corrosivo

Un ambiente corrosivo influisce in modo severo sul comportamento a

fatica. La corrosione, infatti,

intacca la superficie dove avviene la

nucleazione della cricca.

Figura 7.24 Andamento della tensione in una provetta cilindrica sottoposta a


flessione (a sinistra) o a compressione (a destra)
profondit
dalla superficie

7.14.4

La finltura superficiale

La rottura a fatica generalmente parte dalla superficie e, di conseguenza,


compressione

Figura 7.22 Distribuzione della tensione residua sotto ad una superficie trattata con
pallinatura

la condizione di finitura superficiale del componente assume una notevole


importanza.

236

7 -

G 7.14 - Fattori che influenzano il comportamento a fatica

Cenni sulla fatica dei materiali

237

Rispetto al limite di fatica ottenuto in prove standard con provette lavorate

con

precisione

lucidate

specchio,

si

denota

un

progressivo

peggioramento del limite di fatica stesso man roano che la rugosit e in


genere i difetti superficiali aumentano.

materiali

con

un

elevato

carico

maggiormente di questo effetto

statico

di

poich, a causa

rottura

risentono

elevata resistenza,

hanno una minore capacit di ridistribuire i picchi di tensione dovuti alle


deformazioni plastiche.

In Figura 7.25 riportato un diagramma [7] che esprime la variazione del


coefficiente di riduzione teorico Ci del limite di fatica del materiale in
funzione del carico di rottura e per vari gradi di finltura superficiale.

^.componente ^^A .materiale Cj

Nella normativa UNI 7670 - Meccanismi per apparecchi di sollevamento

[3] riportato un analogo coefficiente teorico, reciproco di Ci, indicato


come Ki, il cui andamento in funzione del carico di rottura illustrato in

Figura 7.26 Influenza della finltura superficiale sul limite di fatica (3]

Figura 7.26.

7.14.5

Le dimensioni del componente

La dimensione del componente influisce sul comportamento a fatica:


provette o componenti pi grandi hanno un limite di fatica inferiore.
Una giustificazione fisica pu essere che, con la dimensione, aumenta

anche la superficie esterna, luogo di nuclcazione di cricche; di


conseguenza diventa maggiore la possibilit che vi sia un punto "debole"
che funga da innesco della cricca.

In letteratura esistono diagrammi che descrivono la dipendenza del limite


di fatica da una dimensione caratteristica.

In Figura 7.27 riportato il fattore di scala Ca [7] in funzione del diametro


d del componente rispettivamente per un carico affaticante di torsione e
di flessione.

30

50-

70

90

110

190

150

R Kp>*

Figura 7.2S Influenza della finltura superficiale sul limite di fatica [7]

7 -

238

7.15
110

L'efftto d'Intaglio

L'intaglio

una

qualsiasi

variazione

di

tipo

geometrico

che

causa

un'alterazione locale delle tensioni rispetto all'andamento previsto dalla

100

teoria di De Saint Venant.

Se vi la presenza di un intaglio, in superfcie si ha uno stato di tensione

90

bidimensionale e all'interno si ha uno stato tridimensionale.

Questa

variazione della tensione un fenomeno locale: man mano che ci si

80

allontana dall'intaglio,

K'

70

il jnateriale

si

avvicina

allo

stato

tensionale

previstodalla teoria di De Saint Vennf.

*SdT~csempio, per una gola anulare ricavata su una provetta in trazione

80

(Figura 7.28) |7J, la teoria di

De Saint Venant prevede solamente una

tensione

an

assiale

nominale

su

tutta

la

sezione

(sezione

netta

dell'intaglio) pari a:

50

40

239

7.15 - L'effetto d'intaglio

Cenni sulla fatica dei materiali

0 10 25

50

75

100

125

50

175

200

d2

dnm
Figura 7.27 Influenza della dimensione del componente sul limite di fatica [7]

dove d{d= 2a) il diametro interno alla gola.

Nella normativa UNI 7670 - Meccanismi per apparecchi di sollevamento


(3] riportato un analogo coefficiente di scala, reciproco di Ca, indicato

circonferenziale

come

andamenti di dette tensioni: in particolare a sinistra si osservano quelli

Kj, il cui andamento in funzione del

diametro del componente

illustrato in Figura 7.28.

Invece nella realt sulla sezione sono presenti le componenti assiale ? %,


d e

radiale

(Tr.

In Figura

7.28

sono illustrati

gli

delle tensioni superficiali (c^ e <Jt) e a destra quelli delle tensioni interne

(<TX, Oi e Ut)- Tutti i valori di queste tensioni sono normalizzati rispetto alla
tensione nominale <7n

1.5

In generale la presenza di un intaglio provoca uno stato tensionale non

pi monoassiale e, in corrispondenza dell'unica direzione prevista dalla


teoria di De Saint Venant, cio lungo la direzione del carico, la tensione
raggiunge il valore massimo che pari circa a 5 volte la tensione

20

30

SO

50

1M

203

30

OrPiho to min

Figura 7.28 Influenza della dimensione del componente su! limite di fatica [3]

nominale CTn.

Per altri tipi di intaglio (diversi dalla gola anulare) di solito non viene
descritto l'andamento delle componenti su tutta la sezione: in letteratura
molto pi spesso riportato solamente il rapporto tra la tensione massima
e quella nominale corrispondente,

avente la stessa direzione:

rapporto noto in letteratura come fattore di forma.

questo

240

7 -

Cenni sulta fatica dei materiali

7.15 - l'effetto d'intaglio

241

Se Gi,

Se, invece, vi una zona che ha raggiunto lo snervamento, il valore reale

della tensione massima minore di quello teorico grazie alla maggiore


distribuzione del picco di tensione.

Al fine del calcolo a fatica sufficiente conoscere lo stato tensionale

superficiale, poich sulla superfcie inizia la cricca e si raggiunge la


tensione massima.
Tuttavia, al contrario di ci che si potrebbe pensare, la tensione massima

calcolata con il fattore di forma non ha lo stesso effetto sulla durata a


fatica di una pari tensione applicata su una provetta liscia, anche nel

caso in cui non vi sia plasticit e, quindi, la tensione coincida con quella
reale presente a inizio prova in corrispondenza dell'intaglio. Non vi
pertanto similitudine nel comportamento a fatica tra una provetta liscia e

Figura 7.29 Andamento delle tensioni in una provetta cilindrica con gola anulare [7]

II fattore di forma o di concentratone delle tensioni indicato in letteratura


come K, [3J oppure come 04 ed espresso dalla relazione seguente:

una intagliata avente la stessa tensione massima.

Ci significa che i dati ricavati in laboratorio su una provetta liscia non


sono utilizzabili

per predire la durata a fatica di un componente

intagliato, o quanto meno non la tensione massima all'intaglio il


parametro di similitudine a fatica fra provetta liscia e intagliata.

La discrepanza di comportamento a fatica tra i due casi pu essere messa

i Kt=a,,niax/cTn

in relazione con il rapido decremento delle tensioni alPaumentare della

distanza dall'intaglio e con l'esistenza di uno stato tensionale biassiale o

II fattore di forma un parametro puramente geometrico; calcolabile


indipendentemente dal materiale e dipende dalle dimensioni assolute

triassiale tipiche nell'intaglio e non della provetta liscia.


Per semplicit e per mancanza di certezze sui motivi di questa assenza di

dell'intaglio. 1 Pu essere calcolato per via teorica o numerica o tramite


indagini sperimentali (tecniche estensimetriche, fotoelastiche vernici

similitudine, si introdotto un coefficiente sperimentale che mettesse in

fragili).

della corrispondente provetta liscia.

relazione la resistenza a fatica di una provetta intagliata con la resistenza

Diagrammi che riportano gli andamenti del fattore di forma sono

Tuttavia questo coefficiente varia al variare della durata in numero di

disponibili in letteratura per i casi di geometrie semplici.

cicli, in quanto pi la vita breve, minore l'effetto che ha l'intaglio: ci si

La tensione reale massima presente in corrispondenza dell'intaglio, se


non vi plasticizzazione locale, coincide con quella teorica calcolabile

o meno dell'intaglio a pari sezione utile ed, anzi, con l'intaglio si riscontra

tramite il fattore di forma:

un

avvicina al caso statico (N= %) in cui la provetta insensibile all'esistenza

leggero

miglioramento

tensionale multiassiale,

della

resistenza

statica

dovuta

allo

stato

la cui componente uniforme poco pericolosa

242

7 -

7.15 - L'effetto d'intaglio

Cenni sulta fatica dei materiali

243

in Figura 7.30, a destra, illustrato l'andamento del fattore

(nulla con l'ipotesi di Von Mises) o poich, considerando l'altra faccia della

ttivo e (in funzione

stessa medaglia, si crea una tensione secondaria che si oppone al

della variazione di diametro D/d) utilizzato per

^determinare il valore del fattore di effetto d'intaglio nei casi di variazione

restringimento della sezione all'intaglio e quindi alla strizione.

diametro D/d differenti dal quello illustrato nella medesima Figura 7.30

Si definisce pertanto un coefficiente valido solamente per la fatica a vita


indeterminata: il fattore di effetto d'intaglio Kt [31 (o pj ).

(a sinistra, D/d=2).

Il fattore di effetto d'intaglio Kt

l fattore di effetto d'intaglio ft, ottenuto per un qualsiasi rapporto di

minore o uguale al fattore di forma ed

diametri, espresso dalla seguente relazione:

definito dalla relazione:

dove Pi o corrisponde allo stesso fattore ottenuto nel caso D/d=2,

In letteratura, a volte, si ricava il fattore di effetto d'intaglio dal fattore di

dove Oac il limite di fatica effettivo della provetta intagliata e a^ il

forma tramite il parametro q (3) (oppure r\ diagrammato in funzione dei

limite di fatica nominale della provetta liscia avente pari sezione netta.

raggio di fondo intaglio e del materiale, chiamato fattore di sensibiUt

Il fattore di effetto d'intaglio diagrammato in funzione della geometria

all'intaglio; il fattore di sensibilit all'intaglio espresso dalla relazione

dell'intaglio e del tipo di materiale (in genere identificato con la resistenza


allo snervamento).

A titolo di esempio in Figura 7.30 riportato l'andamento del fattore di


effetto d'intaglio [7]

Vi}

seguente:

per un albero con una determinata variazione di

diametro (D/d=2) sottoposto a flessione ricavato dai dati sperimentali di


Lehr.

LHitilizzo di questo parametro nel calcolo di Kr si deve a Peterson [4J che


ha pubblicato anche diagrammi sul fattore di forma, tra i quali il seguente,
riportato anche in [7]

In Figura 7.31 illustrato un esempio di andamento del fattore di forma


per il caso di albero con variazione di diametro sottoposto a torsione [7]

In Figura 7.32 riportato l'andamento del fattore di sensibilit all'intaglio


[7] per due diversi tipi di materiali; in particolare si osserva che per gli
acciai e le leghe d'alluminio molto duri il fattore di sensibilit all'intaglio

alto e tende all'unit, infatti i metalli' duri sono molto pi sensibili


all'intaglio dei metalli teneri dal momento che hanno meno capacit
ridistribuire i picchi di tensione per effetto della plasticit.
V*

1B

tB

In letteratura sono inoltre disponibili formule analitiche per il calcolo del


fattore d'effetto d'intaglio:

Figura 7.30 Fattore di effetto dttaglio per albero con variazione di diametro
sottoposto a flessione [7]

formula di Heywood

244

7 -

Cenni sulla fatica dei materiali

245

7.15 - L'effetto d'intaglio

Acciaio fragno

dove il coefficiente a dipende al materiale ^0.15 per acciaio legato;


a=0A5 per leghe d'alluminio); il coefficiente b dipende dalla geometria
dell'intaglio (b=i per albero con variazione di diametro, b-0.35 per albero
con foro passante, b-0.26 per albero con gola anulare); r il raggio di fondo

Acciaio (ricotto o nQrm&iizzett)duttite


Lt curve valgono
solo per

intaglio espresso in mm.

Figura 32 Fattore di sensibilit all'intaglio [7]


formula di Neuber

dove il coefficiente a dipende al materiale (Tabella 3) e re il raggio di fondo


intaglio espresso in mm.

Acciaio

N/ram2

mm

Tabella 7.3

Figura 31 Fattore di forma per il caso di albero con variazione di diametro


sottoposto a torsione [7J

1000

2000

0.08

0.0002

150

300

600

0.6

0.4

N/mra2

Leghe d'alluminio

formula d Peterson

500
0.25

mm

Coefficiente a della formula di Neuber

7 -

246

Cenni sulla fatica dei materiali

247

7.16 - Bibliografia

dove il coefficiente p dipende al materiale (Tabella 7.4) e r il raggio di


fondo intaglio in mm.

ASTM E 466-72 Standard practice for conducting costant amplitude


Acciaio

R
p

N/mm2
mm

345

1725

axial fatigue test of metallic materials.

0.64

0.03

UNI 3964 Prove meccaniche dei materiali metallici. Prove di fatica a

temperatura ambiente. Principi generali.

Tabella 7.4 Coefficiente p della formula di Peterson

UNI 7670 Meccanismi per apparecchi di sollevamento, istruzioni per


il calcolo.

Anche le sedi di chiavette sono considerati intagli. A titolo di esempio in


Figura 7.33 sono illustrati due esempi di sedi per chiavetta (cava per

chiavette diritte e cava per chiavette arrotondate o incastrate [7]). Nella


Tabella 7.5 sono riportati i corrispondenti valori del fattore di effetto'
d'intaglio in alberi sottoposti rispettivamente a flessione e a torsione.

Peterson R E, Stress concentration design factors - Charts and


relations useful in making strength calculations for machine parts

and structural elements, Chapman & Hall LTD, London, 1974.


Fuchs S., Metal Fatigue in engineering, New York, John Wiley & Sons,
1980.

Rossetto M., Introduzione alla fatica dei materiali e dei componenti


meccanici, Torino, Levrotto & Bella, 2000.

Giovannozzi

R.,

Bologna, 1965.

Figura 7.33 Cava per chiavette diritte (a) e cava per chiavette arrotondate o
incastrate (b) [7]

Kf a flessione

Kf a torsione

cava (a)

cava (b)

1.3

1.6+1.7

2+3

2+3

Tabella 7.5 Valori del fattore di effetto d'intaglio per cave di chiavette

"Costruzione

di

macchine",

Voi.

I,

Ed.

Patron,

Capitolo 8

Cenni sull'instabilit elastica delle travi


8.1 II carico di punta
Una trave sottile, soggetta ad una forza di compressione gradualmente

crescente, subisce una deformazione puramente assiale, finch non sia

raggiunto un determinato valore di cancojcnficojn prossimit del quale ha


inizio un'inflessione laterale nel piano di minor rigidezza della trave. Tale
carico non dipende dalla resistenza del materiale, bens dal suo modulo
elastico, dalle dimensioni e dalle condizioni di vincolo della struttura.

DTsiguito sono riportate le relazioni per il calcolo del carico critico delle

travi; in particolare si fa riferimento, per lo sviluppo dei calcoETai caso


semplice di trave a mensola.

Il calcolo del carico critico verr poi esteso ai casi di trave appoggiata e,

rispettivamente, incastrata ai due estremi.


Nella Figura 8.1 rappresentata una trave a mensola sottoposta ad un

carico P nella direzione dell'asse della trave e distante 5 dall'asse della


trave stessa.

Nella generica sazione della trave si calcola il momento flettente

Mf

relativo alla condizione di carico suddetta e si determina l'equazione


differenziale della deformata rj della trave :

250

8 - Cenni sull'instabilit elastica delle tram

251

8.1 - II carico di punta

Mf + P{S-T)=0

dh]
dx2

Mj
EI

dh

dx1

EI

r- H

71 =

P{6-1])
EI

TJ = K = COSI

P5

r,=5

EI

7j = /icosL

'x WS

Le costanti di integrazione A e B si ottengono imponendo le condizioni al


contorno relative al vincolo di incastro ad un estremo (x=0):

7,(0)= 0
dr,

dx\

=0

Le costanti di integrazione A e B valgono:

A = -S
5=0

Sostituendo costanti di integrazione A e B nella soluzione generale si


ottiene l'espressione della deformata della trave:

Figura 8.1 Trave a mensola caricata di punta

7j=5|l-cos|J
La soluzione generale dell'equazione differenziale data dalla somma

della soluzione dell'equazione omogenea associata e di una soluzione


particolare:

soluzione

omogenea associata
iata:

d2n

dx
d

EI

j- +

T)=Ce*a

n=0

Deve, inoltre, valere la relazione:

252

riV)=8

253

8.1 - II canea di punta

8 - Cenni sull'instabilit elastica delle travi

5=5 1-cos , /
EI

essere applicata al calcolo del carico critico in travi

{&}*

^^^^^^ Pportun

bera di inflessione q.

5
trave incastrata ad ambedue gli estremi (Figura 8.3, il valore di l0 e

e ancora:

alla met della lunghezza della trave (l0 =1/5).


12=(2n

EI

4^

con=1,2,3,

II carico critico P^ corrisponde alla soluzione fondamentale del sistema e


si ottiene dalla precedente equazione ponendo in essa n = 0:

7C2EI

(8.1)

Ai2

Per P<Pcr la trave resta rettilinea e subisce una compressione puramente

assiale: in questo caso l'equilibrio elastico stabile, ossia una forza


applicata in direzione trasversale produce un'inflessione laterale che

scompare quando il disturbo eliminato. Per carichi prossimi al valore Pa

Mf

la, forma rettilinea di equilibrio diventa instabile e una piccola forza


trasversale

causa

una

deformazione

permanente

della

trave;

tale

deformazione generalmente superiore al limite elastico del materiale.


Il valore Po- pu essere considerato come un carico di rottura che porta alla

rovina completa della struttura; pertanto il carico ammissibile deve


essere minore del carico critico e pu essere calcolato dividendo il valore
critico per un opportuno coefficiente di sicurezza.

Il valore del carico critico Per pu anche essere espresso in funzione di


una grandezza nota in letteratura come lunghezza libera di inflessione l0 e

pari, nel caso appena analizzato di trave a mensola, a due volte la


lunghezza l della trave {l0 =2f):

Figura 8.2 Trave appoggiata agli estremi caricata di punta

254

8 - Cenni sull'instabilit elastica delle travi

Parte II
Esercizi

Figura 8.3 Trave incastrata agli estremi caricata di punta

Esercitazione 1

Gradi di libert e risultanti di sistemi di


forze
1.1

Gradi di libert

La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul


calcolo del numero dei gradi di libert di corpi rigidi nel piano.

1.

Asta libera nel piano

L'asta un corpo rigido: n numero delle coordinate; m = numero delle


coordinate vincolate; 1 numero dei gradi di libert (DOF).
Quanti gradi di libert (DOF) ha un asta nel piano?
n-m=l

3-0=3

1=3
La posizione dell'asta nel piano univocamente determinata da tre
coordinate, ad esempio la posizione nel piano cartesiano dell'estremo A (xa.
Ya) e la rotazione OC dell'asta rispetto ad un asse verticale al piano x, y,
l'asta ha quindi ha tre gradi di libert, cio tre spostamenti consentiti non
essendo presente nessun vincolo.

256

J - Gradi di libert e risultanti di forze

1.1 - Gradi di libert

257

S5Xche qualunque ^ri8ido non colato


2.

Asta incemierata ad un estremo

Qual il numero di gradi di

estremo?

libert

della

trave incemierata ad

Uno, la rotazione a .

Osservazione:

^ a

8 a

abbiamo visto le caratteristiche dei pi comuni vincoli nel piano. Ogni


vincolo elimina alcuni dei gradi di libert del corpo libero; possiamo
schematizzare i vincoli sulla base del numero di gradi di libert che essi
impediscono.

Riassumendo abbiamo visto:

3. Asta vincolata ad un estremo ad un appoggio semplice (carrello)


Qual e il numero di gradi di libert della trave vincolata ad un estremo ad

un appoggio semplice?

Due, lo spostamento xa e la rotazione a .

incastro: m3

cerniera: m2

appoggio semplice (carrello): m=l

5.

Lastra incemierata ad un estremo

Qual il numero di gradi di libert della lastra? Anche la lastra un corpo


rigido nel piano e ha tre movimenti consentiti (n=3); la cerniera ne vincola

due e pertanto la lastra cos vincolata ha un solo grado di libert (l'angolo

4. Trave incastrata

' * **? *Uba* deIIa *ave incastrata? Alla trave

C CnSentlto atcun sPstamento e, pertanto, non ha gradi


6. Trave incemierata in A ed appoggiata in B
Qual il numero di gradi di libert della trave?

Corpo rigido nel piano: n-3


Cerniera fissa: m=2

1.1 - Gradi dilibert

1 - Gradi di libert e risultanti di forze

258

259

Appoggio semplice:m=l

La trave non ha gradi di libert.

Tutte le strutture che non hanno gradi di libert si definiscono


"isostatiche".

11
9.

Trave incastrata all'estremo A e incernierata all'estremo B

Qual il numero di gradi di libert della trave?


Corpo rigido nel piano: n=3
Incastro: m=3

7-

Trave vincolata a due carrelli

Qual il numero di gradi di libert della trave?


Corpo rgido nel plano: n=3

Cerniera: m=2

La trave ha un numero di gradi di libert negativo, l=-2, e si definisce due


volte "iperstatica".

Appoggio semplice: m=l


Appoggio semplice: m=l

La trave ha un grado di libert.

Tutte le strutture che


"ipostatiche*.

ammettono gradi di libert si definiscono "labili" o

10.

Trave

appoggiata all'estremo A in una direzione e

all'estremo B nella direzione perpendicolare alla precedente

appoggiata

Qual il numero di gradi di libert della trave?


Corpo rigido nel piano: n~3
Appoggio semplice: m~l
8.

Trave vincolata a due cerniere

Qual il numero di gradi di libert della trave?


Corpo rigido nel piano: n=3
Cerniera: m=2

Cerniera: m=2

La trave ha un grado di libert negativo, 1=-1, e si definisce "iperstatica*


con un grado di iperstaticit.

Tutte le strutture che hanno un numero di gradi di libert negativo, cio

un numero di spostamenti vincolati maggiore dei corrispondenti consentiti


si definiscono "iperstatiche".

Appoggio semplice: m= 1
La trave ha un grado di libert, cio un movimento consentito. Questo
movimento pu essere scelto a piacere, cio pu essere sia 3fc, sia va.
Infatti, per una data lunghezza della trave, ciascuna delle due coordinate
legata all'altra dalla geometria del sistema. Questo significa che avere un
solo grado di libert significa avere una sola variabile indipendente che
definisce la posizione della trave nei piano.

260

1 - Gradi di libert e risultanti di forze

1.1 - Gradi di libert

261

1
//////////

Corpo rgido 1 nel piano n=3

11. Lastra di forma qualunque incemierata in due punti nel pian

Qual il numero di gradi di libert della trave?


Corpo rigido nel piano: n=3
Cerniera: m=2

Cerniera: m=2

La lastra una volta iperstatica.

Corpo rigido 2 nel piano n=3

Incastro: m=3
Cerniera tra due aste: m=2

II sistema ha un grado di libert corrispondente alla rotazione CC .


13.

Sistema composto da tre travi

incernierate, delle

incastrata al suo estremo.


Qual il numero di gradi di libert del sistema?

quali

una

3 corpi rigidi nel piano, n=3 ciascuno (3 x 3=9, n=9)


Incastro: m=3
Cerniera tra tre aste -???

Nel seguito verranno presentati casi di sistemi costituiti da pi elementi


dei quali verranno ancora calcolati i gradi di libert.

Si pu osservare, sulla base degli esempi precedentemente mostrati, che il


sistema ha due gradi di libert, le rotazioni a e fi .

12.

gradi di libert, cio vincola quattro movimenti (m=4).

Sistema composto da due travi incernierate, delle quali una

incastrata al suo estremo.

Qual il numero di gradi di libert del sistema?

Si pu allora dedurre che la cerniera tra tre travi toglie al sistema quattro
H. Sistema composto da quattro travi incernierate, delle quali una
incastrata al suo estremo.

262

1 - Gradi di libert e risultanti di forze

1.1 - Gradi di libert

Qual il numero di gradi di libert del sistema?


15. Sistema composto da quattro aste incemierate

4 corpi rigidi nel piano, n=3 ciascuno (3 x 4=12, n=12)

'' *

Incastro: m=3
Cerniera tra quattro aste =???

Il sistema ha tre gradi di libert, le rotazioni ffjey,


Si pu allora dedurre che la cerniera tra tre travi toglie al sistema sei gradi
di libert, cio vincola sei movimenti (m=6).
Dalle precedenti osservazioni si pu ricavare una regola generale:

una
cerniera fissa toglie 2 gradi di libert e una cerniera che collega N corpi
rigidi nel piano toglie [2x(N-l)] gradi di libert.
Tutti questi esempi di sistemi e fi vincoli rappresentano schematizzazioni,
cio "modelli" della realt ingegneristica. L'esempio corrispondente al
sistema 14, composto da quattro travi incernierate, delle quali una
incastrata al suo estremo, potrebbe essere il modello di una struttura reale

Qual il numero di gradi di libert del sistema?

4 corpi rigidi nel piano, n=3 ciascuno (3 x 4=12, n=12)


Cerniera tra quattro aste: N=4, m=[2 x (4-1) ]=6
Totale 1=6 gradi di libert: xa, yA, a , fi , J e 5 .
16. Trave a L incernierata ad un estremo

come quella di seguito riportata in figura:

ASTA 2

Qual il numero di gradi di libert del sistema?

ASTA 3

Corpo rigido nel piano n =3


Cerniera m= 2

II sistema ha un grado d libert corrispondente alla rotazione a .

263

264

1.2 - Forze e risultanti di forze

1 ~ Gradi di libert e risultanti di forze

265

Alle strutture possono essere applicate forze [N] o coppie (momenti puri)
[Nm].

17. Portale zoppo

Le forze possono essere concentrate o distribuite e le rappresentiamo in


modo diverso.

Qual

il

numero

di

gradi

di

libert del sistema?

Corpo rigido nel piano n=3


Cerniera m=2

Nella figura in basso a sinistra rappresentata una trave sottoposta ad un


carico concentrato; si osservi che le forze concentrate sono idealmente
applicate in un punto privo di dimensioni.
Nella realt pratica non

esistono

forze

piccolissima.

Carrello m=l
La struttura isostatica (1=0).

concentrate,

ma

solo

forze

distribuite

su

un'area

Sulla base di queste considerazioni si pu dire che una forza concentrata


corrisponde ad una forza distribuita la cui risultante pu essere spostata
in un punto qualunque della sua area di azione senza causare alcun
effetto rilevante sull'equilibrio del sistema.

18. Due aste incernierate

Qual il numero di gradi di libert del sistema?

Due

corpi

rigidi

nel

piano

n-3 x 2=6

Cerniera fissa m=2

Cerniera tra due aste m=2


Appoggio m=l

Nella

II sistema ha un grado di
libert (1=1), corrispondente

schematizzato pu, ad esempio, rappresentare il peso proprio della trave

ad

esempio

alla

coordinata

XA.

Si osservi che, se la cerniera avesse interrotto la continuit dell'asta C-D, il


sistema sarebbe costituito da tre aste (e non da due) e la cerniera mobile

figura in basso a destra rappresentata la medesima trave

sottoposta

ad

un

carico

distribuito;

un

carico

distribuito

cos

stessa oppure il peso di uno strato di neve. Le unit di misura per il carico

distribuito sono forza per unit di lunghezza (N/m] nel caso di trave

monodimensionale e forza per unit di superficie [N/m2] nel caso di


struttura bidimensionale (ad esempio una piastra).

La coppia (o momento) viene definita in fisica come l'effetto prodotto in un

avrebbe tolto 4 gradi di libert.

punto da una forza posta ad una certa distanza (braccio) da quel punto.
L'unit di misura forza per unit di lunghezza [Nm].

1.2 Forze e risultanti di forze


La seconda parte dell'esercitazione ha come oggetto la descrizione di alcuni

esercitata dalle dita di una mano quando si serra il dado di una vite.

tipi di forze e delle loro risultanti.

Il concetto di forza stato introdotto nei corsi di fisica e lo si sperimenta


nella realt di ogni giorno.

Un esempio pratico di momento puro pu essere la coppia di serraggio

1 - Gradi di libert e risultanti di forze

266

1.2- Forze e risultanti di forze

267

Le figure riportate si riferiscono ad una rappresentazione nel piano, ma gli


stessi concetti possono essere applicati ai sistemi spaziali.

Se si considerano due forze nel piano si pu applicare la "regola del


parallelogramma" in base alla quale la risultante delle due forze la
diagonale del parallelogramma che ha come lati FI ed F2.

Ovviamente la "regola del parallelogramma* pu essere applicata anche ai


sistemi spaziali.

1. Caratteristiche di una forza


Le
forze
si
rappresentano

vettorialmente

sono

caratterizzate

completamente da modulo, direzione e verso.

Analogamente le Coppie sono caratterizzate da direzione (asse intorno cui


applicato il momento), verso (secondo la regola della mano destra) e
modulo (intensit del momento).

2.

Nel

Sistemi di forze

caso

di

forze

concorrenti

in

un

punto

le

forze

si

sommano

vettorialmente.

Un metodo visivo per comporre vettorialmente le forze il "Punta- Coda": a


partire dal punto di applicazione P si appoggia la coda di una forza sulla

punta della precedente; la forza risultante rappresentata dal vettore che


unisce il punto di applicazione alla punta dell'ultima forza.

268

1.2- Forze e risultanti di forze

1 - Gradi di libert e risultanti di forze

269

Infatti ricordiamo che due forze aventi la stessa retta di azione (direzione e
punto di applicazione) si sommano algebricamente (o si sottraggono se di
verso opposto).

Quando il sistema di forze complesso si scompone ogni forza nelle sue


componenti lungo gli assi di riferimento, si sommano algebricamente le
componenti lungo lo stesso asse e si ottengono cosi le componenti lungo gli

assi

di

riferimento

della

risultante,

che

composte

precedentemente danno la risultante stessa.


Di seguito si riporta un semplice esempio nel piano:

'

3. Scomposizione di forze

L'operazione inversa alla composizione di due forze nel piano con la


"regola del parallelogramma" la scomposizione di una forza nel piano
nelle sue due componenti.
'
Dato un sistema di riferimento nel piano x, y e una forza applicata

M-W+ftJ

nell'origine posso trovare la sua componente lungo x e la sua componente

lungo y: sono i lati del rettangolo avente F come diagonale. 1 moduli di Fx


ed Fy si possono trovare facilmente per via geometrica.

|F,|=|F|sen0

Scomporre le forze risulta utile


poich

permette

di

calcolare

facilmente le risultanti di sistemi

di forze concorrenti nello stesso

punto

complessi,

specie

nello

FX

spazio.

come

visto

1.3 -

1 - Gradi di libert e risultanti di forze

Esercizi

27 X

1.3 Esercizi

d-d b (braccio ) e di verso opposto generano

Eserczio 1

coppia O F*b

Possiamo

sfruttare

questo

trasposizione delle forze.

concetto

per

effettuare

l'operazione

di
t

La trasposizione delle forze pu essere utile


per ridurre sistemi di forze non applicate
tutte nello stesso punto.

Operando la trasposizione si ottiene un

sistema di forze concorrenti in un punto e

un

sistema

di

coppie

{momenti

di

Calcolare la risultante di tre forze convergenti e giacenti su di un unico


piano, con modulo 30 N, 50 N e 25 N e che formano angoli rispettivamente

di 45, -30 e -120 rispetto all'asse x (positivo se antiorario) di un sistema


cartesiano ortogonale.
Risultati:

Fx= 52 N
Fy = -25.44 N

F - 57.9 N

a - -26*

trasposizione).

Il sistema cos ottenuto pu ancora essere

semplificato ottenendo una forza risultante

Esercizio 2

ed una coppia risultante.

Date le forze Fl=20N, F2 = 10N, F3=15N riportate in figura, calcolare il


momento risultante rispetto al punto P.
Risultati:
Momento Risultante 62 Nm

1 - Gradi di libert e risultanti di forze

272

Esercizio 3

Sostituire il sistema di forze schematizzato in figura con la sola risultante


opportunamente applicata.

Moduli delle forze: FI 100 N, F2 = 200 N, F3 = 50 N.


Distanze delle direzioni delle forze dall'origine del riferimento:

xl 2 m, x2 = 3 m, x3 = 4 m.
yl = y2 = y3 = 0 m.

Angoli formati dalla direzione delle forze con l'asse delle ascisse: al 60,
2 = 135*, a3 - 90.

Esercitazione 2

Calcolo delle reazioni vincolari

/" V?2 f

2.1 Esercizi svolti


La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo delle reazioni vincolari di sistemi semplici.
Esercizio 1

Risultati:

Fx = -91 N

Fy = 278 N

F = 293 N a -72

xR = 2,9 m

Calcolare le reazioni vincolari della trave di lunghezza 1 =50 min,


sollecitata da una forza concentrata F- 100 N, applicata a una distanza

a 30 mm dall'estremit sinistra.

Esercizio 4

Si chiede di sostituire il sistema di forze schematizzato in figura con la sola

risultante opportunamente applicata (FI = 500 N, F2 800 N, F3 1000


N; xl = 5 m, x2 = 7 m, x3 - 8 m).

e A

FA
"T

O
Risultati:

Soluzione:
1

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale*

Jfj

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:

R = 700 N,^7m (misurata da O)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:

2 - Calcolo delle reazioni vincolar

274

2.1 - Esercizi svolti

VB = 60 N

275

VA - 50 N

Sostituendola nella precedente si ottiene:

Equazione di equilibrio alla trasIasione orizzontale:

VA=(-60 + 100JN-40N

->OA=0

O,
OA

Si nota che nel calcolo delle reazioni vincolali il punto di applicazione di


C inlnfluente.
Esercizio 3

Esercizio 2

Calcolare

sollecitata

le

reazioni

vincolali

della

trave

di

lunghezza

1 = 80 mm,

da una coppia concentrata C= 4000 Nmm, applicata alla

distanza a = 50 mm dall'estremit sinistra.

<

sollecitata

da

una

vincolari della trave di lunghezza 1 = 150 mm,


coppia concentrata C = 5000 Nmm applicata

all'estremit libera.

Calcolare le reazioni

Soluzione:

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:

Soluzione:
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno all'incastro A:

MA - -5 Nm
VB = -50 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:


Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:

2.1 - Esercizi svolti


Esercizio 4

Calcolare le reazioni vincolari all'incastro della trave, sollecitata da un


carico distribuito q (1=0.5 m, L=1.2 m, q=50 N/m).

277

F2 - 250 N, applicate rispettivamente ad una distanza a = 45mm


dall'estremit sinistra della trave e e - 30 mm dalla cerniera B.

L
Soluzione:

Soluzione:

II carico q, distribuito sulla lunghezza (L-l), pu essere sostituito con la


sua risultante applicata nel baricentro, distante (L+1J/2 dall'estremit

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:


-Fra = 0

sinistra della trave (punto A)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno all'incastro A:


1

'

' ' /I

ly

MA = 29.75 Nm

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:

tFrf(/,-/)=0

VA=q(L-l)

VA - 35 N

V _Fra-F2(b +

VB = -275 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale-

T frA-F,+VB + F2 =0

VA =-^+F, -F2

VA=125N

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontaleO

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:

-> oA =0
VA
A

Esercizio 5

Calcolare le reazioni vincolari della trave rappresentata in figura (1 = 180


mm eb= 120 min) sollecitata da due forze concentrate Fj = 100 N e

Esercizio 6

Calcolare tutte le reazioni vincolari (interne ed esterne) della struttura


schematizzata in figura (1 = 1,5 m, C = 200 Nm).

Soluzione:

z - uatcoio delle reazioni umcolan

2.1 - Esercizi svolti

La struttura formata da due elementi semplici (travi PR e SQ) che

Vq= - C/21 = - 66.7 N

azione e reazione.

TVp-Fe=0

vanno isolate e considerate separatamente: le reazioni vincolari interne


dell'una e dell'altra trave devono equilibrarsi secondo il principio di

279

Equazione di equilibrio alla traslazione verticaleVp - Vq = - 66.7 N

Vs = 66.7 N

vlfc

(Elemento I )

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:

^-Op-r0c=O
Op = 133.3 N

Esercizio 7

Calcolare le

reazioni vincolari (interne ed esterne) della struttura

schematizzata in figura (1 = 0,75 m, q - 800 N/m).

A-

v,.

" -il ^

Soluzione:

Elemento II (trave SQ)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera esterna S:

La struttura formata da due elementi semplici (travi AC e CD); i vincoli


esterni sono costituiti dalla cerniera A e dai carrelli B e D, il vincolo

intemo dalla cerniera C.


Elemento I (trave CD)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera intema C:


OQ=C/1= 133.3 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:

vQ+vs=o

VS - - Vq
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:

Os = Oq = 133.3 N
Elemento I (trave PR)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera esterna P:

VD ** -q*/2= -300 N
Equazione di equilibrio alla traslazione verticaleVc = ql+VD = 300 N

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:


Elemento II (trave AC)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera esterna A:

280

2 - Calcolo delle reazioni vincolali

2.1 - Esercizi suolti

281

VB = -3Vc/2= -450 N

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:

Equazione di equilibrio alla traslazione verticaleT va+vb + vc=o

Op = 2F = 2000 N

VA = -VB-Vc=150N

Elemento II (trave PC)

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale_> a +OC =0

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera estema C:

A " - Oc = 0 N

VB = (F+3VP)/2= 125 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale-

t VB + rc-Vp-F=0
li A

e: v'

Vc = F+Vp-VB = 625 N

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale-

_>Oc-OP=0
Khrinr:>tO \i

Oq = Op = 2000 N

Esercizio 8

Calcolare le reazioni vincolar! (interne ed esterne) della struttura

schematizzata in figura (1 - 1 m, F = 1000 N, C = 500 Nra).


2F

Si
4

OrP

-<--
1 vt

tv.

(1)

2/
*

U struttura formata da due elementi semplici (travi AP e PC)- i vincoli

esterni sono costituiti dalla cerniera C e dai carrelli A e B- la cerniera P

costituisce il vincolo interno.

Elemento I (trave AP)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera interna P:


VA = C/21 = 250 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale-

Vp = - VA = -250 N

f4

i T

Btemenio (11)

Soluzione:

TvA+vp = o

tri

Esercizio 9

Calcolare le reazioni vincolari (inteme ed esterne) della struttura

schematizzata in figura (1 = 1 m, F = 1000 N).

Soluzione:

La struttura formata da due elementi semplici (travi AC e BD) e dai

vincoli esterni (cerniere A e D) ed interni (cerniera B)

Elemento I (trave AC)

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera estema A:

2.1 - Esercizi svolti

2 - Calcolo delle reazioni vincolari

282

283

Esercizio 10

In figura riportato lo schema costruttivo di una ruota dentata a denti


elicoidali calettata su un albero (che ruota a velocit costante) supportato
da cuscinetti orientabili a rulli. Si chiede di analizzare lo schema
semplificato delle forze e di calcolare le reazioni vincolari nei cuscinetti A
(assialmente libero) e B (vincolato anche assialmente).
Dati:

a = 120 mm
I 160 mm

R = 45 mm (raggio primitivo della ruota)

Ft = 2667 N, Fr = 970 N, Fo= 1132 N

^ VB /cosa-0B/sina-F-2/sina = 0

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:

tvA+vB=o

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:


Elemento II (trave BD)
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera esterna D:

^} VB /cosa+OB/sina=0
Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:

t vD-vB=o
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:

Soluzione:
Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale:

_>OD-OB=0

VA = -1000 N

Vd = VB=

1000 N

Ra-Fa- 1132 N

00=03= -1000 N

Forze nel piano xy

OA=0N

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno ad A:

Jv,

409 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:


Elemento (I) ;

Elemento (11)

On

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale

2 - Calcolo delle reazioni vincolari

284

285

2.2 - Esercizi consigliati

Forze nel piano xz

RAxy = 561 N
Forze nel piano xz

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno ad A:

R^ =

= 2000.25 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale:

2.2

Esercizi consigliati

La seconda parte dell'esercitazione propone una serie di ese rcizi sul calcolo
delle reazioni vincolari dei quali sono forniti i risultati numerici.
Esercizio 1

Si chiede di calcolare le reazioni vincolari della struttura illustrata in figura


(F = 4000 N, 1 = 0,5 m).

71

^b&

21
Ai
nrn

Forze nel piano xy


Fa

Risultati:

Ruxy

I** I = 4000 N

200 N

Y*\ = 200 N

Ka

Esercizio 2

Sistema di forze equivalenti nel piano xy

Si chiede di calcolare le reazioni vincolari della struttura illustrata in figura


(FI - 3000 N, F2 = 2000 N, l =lm).

286

2 - Calcolo delle reazioni vincolari


21

2.2 - Esercizi consigliati

287

Esercizio 4

In figura riportato lo schema costruttivo di una ruota dentata a denti

elicoidali calettata su un albero supportato da cuscinetti orientabili a rulli.

F2
F,

Si chiede di realizzare uno schema semplificato delle forze e di calcolare le

reazioni vincolari nei due supporti.

Dati:

a = 120 mm

/7r?F

1 - 160 mm

R = 45 mm (raggio primitivo della ruota)


Ft = 2667 N
Fr - 970 N

31

Fa^ 1132 N

tl\V\
Risultati:

fa| - 5500 N

3000 N

\Ra| - 7500 N

Esercizio 3

Si chiede di calcolare le reazioni vincolari della struttura illustrata in figura


(F = 2000 N, 1 = 2 m, h = 0,5 m).

Risultati:

a) Forza assiale verso sinistra:


Rj=871 N

21

\RA\ = 167 N

fa | - 2000 N

167 N

Rx- 671 N

R2= 2041 N

R2= 2257 N

Rla=1132N

R2a 1132 N

Esercizio 5

Si chiede di calcolare le reazioni vincolari sui supporti dell'albero in fgura


sul quale agisce una coppia torcente C.
Dati:

Risultati:

b) Forza assiale verso destra:

a - 200 mm

1 = 140 mm
r = 40 mm (raggio primitivo della ruota)

288

2 - Calcolo delle reazioni vincolari

Ft = 2000 N

2.2 - Esercizi consigliati

289

Risultati:

Fr - 728 N

a-2.18m/s2

Fa = 849 N

F.

Esercizio 7

La figura illustra schematicamente la trasmissione di un gruppo comando


traslazione di una gru. Il pignone conico 1 ingrana con la ruota conica 2
portata da un albero, vincolato in A e B al telaio delia gru; tale albero

sopporta anche un pignone cilindrico 3, ingranante con una ruota

cilindrica 4,

solidale alla ruota di

traslazione

(sono mostrate

parzialmente ruota 4 e 5, solo nella parte vicino all'albero dell'esercizio). Si


chiede d! calcolare le reazioni vincolari nei cuscinetti A (assialmente libero)

e B (vincolato anche assialmente).


Dati:

F^OOON Fa2=842.4N Fr2=2014.8N Fr3=Ft3*0.3638


a3-150mra l=600mm t>2=145inm r2=240mm r3=95mm
Risultati:

|/f,|=860N

|R#i|-2967N

= 849 N

Esercizio 6

La figura mostra io schema di un cassone ribaltabile installato su un

veicolo. Tenendo conto che l'altezza indicata "h" quella del baricentro di
massa del sistema cassone + contenuto", si chiede di individuare il valore

ES? tt t1

^si annuUa *reazione deU>*<> b

Risultati:

\RA\ - 13424 N

\RB\ - 8354 N

(rJ *. 842.4 N

290

2 - Calcolo delle reazioni vincolali

2.2 - Esercizi consigliati

291

Esercizio 8

La figura mostra schematicamente un albero intermedio di un riduttore di


velocit. Considerando tale figura ed i dati riportati sotto, calcolare le varie
componenti delle reazioni vincolari (A e B).
Dati:

; Fa2=804N; Ft3=2000N; Fr3=753N; Fa3=536N;


r3=75mm; b50mm; r2=50mm; l-200mm; s=40mm.

Risultati:

/?"I = 1626N

rl - 2152 N

544 N

Esercizio 10

Si chiede di calcolare le reazioni vincolari Ra, Rb nei punti A, B e la forza T


(senza attrito in A e B) della struttura illustrata in figura.

Dati:

a " 400 mm; d = 600 mm; e = 160 mm; b = a +100 mm; P = 10000 NR - 1200 N.

Risultati:
3463N

2127 N

rV"l=268N

Esercizio 9

In figura riportato lo schema di un elemento di trasmissione meccanica

Lalbero e vincolato al telaio dai cuscinetti A e B. Il primo costituisce


vincolo radiale e assiale, il secondo reagisce soltanto a forze radiali. Sullo

sbalzo a sinistra montato, solidale all'albero, un pignone conico, mentre


sullo sbalzo destro vincolata rigidamente una ruota dentata cilindrica.
Con riferimento ai dati riportati di seguito, calcolare dapprima la Forza Ft2
e poi le reazioni vincolari nei cuscinetti B (cuscinetto assialmente libero) e

A (cuscinetto vincolato anche assialmente)


Dati:

Frl = Ftl tan20; F^ = 0.14 Ft2; Ftl - 2000 N; Fa2 = 0.34 Ft2;
1 - 200 mm; q - 40 mm; sj = 40 mm; r2 - 50 mm; s2 = 50 mm

Risultati:

"'l = 9527 N

r*l

10727 N

T - 10000 N

292

2 - Calcolo delle reazioni vincolari

Esercizio 11

II cilindro idraulico CF che parzialmente controlla la posizione di DE,

stato bloccato nella posizione mostrata. Si chiede di calcolare le reazioni

vincolari per via grafica e analitica.


100 n)t

TBmw-A

2.2 - Esercizi consigliati

293

Risultati :

RA =60N
RB =2660N

dXm =6.54m

Esercizio 13

Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura (f; =F =200


N, F, = 100 N, a, = a, =30, a, =45, 4 =0.2 m, d2 =0.6 m, d, =0.8 m, d =0 9

m).

Risultati:

f*"! = 1800 N

rW = 3539 N

Kl = 5245 N

Esercizio 12

Per il sistema rappresentato in figura (nel quale F Qsono forze esterne e


P la forza peso) si chiede di determinare (F=2000N, Q=*220N, P=500N,
a=lm, b=2m, c=4m, d=6m): le reazioni ra e rb in condizioni di equilibrio
stazionario; la distanza dy>m per la quale si ha, assegnato un valore di Q, la

condizione limite di inizio ribaltamento oppure, assegnata la distanza


d, il valore q^ che determina l'inizio del ribaltamento (con passaggio
dall'equilibrio stazionario a quello dinamico).

Risultati:

Ro =191 N; /?, = 154.44 N; R^ =246.78 N


Esercizio 14

Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura.

294

2 - Calcolo delle reazioni vincolati

2.2 - Esercizi consigliati

295

Esercizio 15

Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura.

cerniere
fisse
F- pA

Esercizio 16

Calcolare le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura (Q=500N,


P=1000N).

Risultati:

RA =500N
/?B=1000N

Esercizio 17

Calcolare graficamente le reazioni vincolari del sistema illustrato in figura.

Esercitazione 3

Geometria delle aree


3.1

Esercizi svolti

/La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo dei baricentri e dei momenti d'inerzia di figure piane.

Gli esercizi proposti, interamente svolti, sono presentati in ordine di


difficolt crescente, partendo da figure elementari e proseguendo con casi
pi complessi.

Esercizio 1

Per le figure piane illustrate nelle Figure V7 si chiede di calcolare la


posizione del baricentro G e di calcolare i momenti d'inerzia rispetto agli
assi baricentrici.

Figura 1

a = 100 mm
b - 400 mm

h = 500 mm

298

3 - Geometria delle aree

Soluzione:

La Figura 1 pu essere idealmente ottenuta per sottrazione fra i triangoli di

3.1 - Esercizi svolti

IyG=IyGl ~

299

084 mm4

altezza h e, rispettivamente, di base a+b (grandezze indicate con il pedice


1) e di base a (grandezze indicate con il pedice 2).
Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i

Figura 2

momenti statici. Questi si ottengono semplicemente moltiplicando le aree


parziali per le coordinate dei baricentri parziali.
xG1=(a+b)/3= 166,67 mm

yG1=*h/3-166,67 mm

xG2=a/3=33,3 mm

yG2=:h/3= 166,67 mm

A1={a+b)h/2=125.000 mm2

b - 400 mm

h - 500 mm

A2=ah/2=25.000 mm2

A=Aj - A2=100.000 mm2

Sxl= Ai yG 1=20.833.333 mm3

Syi= Ai xG j=20.833.333 mm3

S^- A2*yG2= 4.166.666 mm3

Sy2= A2-XQ2-833.333 mm3

Sx= Sxi - 8x2= 16.666.667 mm3

Sy= Syl - Sy2=20.000.000mm3

xq= Sy/A=200 mm

yG=sx/A"166'67"

Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,

ai momenti d'inerzia baricentrici delle figure parziali bisogna aggiungere il


relativo momento di trasporto.

I momenti d'inerzia baricentrici dei triangoli 1 e 2 rispettivamente sono:

Soluzione:
XQ=b/3= 133,3 mm

yG=h/3=166f67mm

Ai^b-h/2-100.000 mm2
Sx= AyG=13.333.333 mm3

Sy* AxG= 16.666.666 mm3

IxGi=(l/36)-(a+b)-h3=1.736.111.111 mm4

1.388.888.888 mm4

SSS.SSS.SSS mm4

IyGl-U/36)-h-(a+b)3-1.736.111.111 mm4

JxGa^1/36)-a-h3-347.222.222 mm4
IyG2=tl/36)ha3-13.888.889 mm4

Figura 3

I momenti d'inerzia dei triangoli 1 e 2 calcolati rispetto al baricentro della

figura globale rispettivamente sono:

- xG)2-1874972223mm4

IxG2=IxG2+A2-(yG2-yG)2=347.222.222 mm4
2

- xG)2-708.611.139 mm4

I momenti d'inerzia della figura globale sono:

1xG= l7sGl ~ IxG2

a = 380 mm

b = 500 mm
h = 400 mm

3 - Geometra delle aree


Soluzione:

La Figura 3 ottenibile idealmente per unione di un rettangolo (grandezze


indicate con il pedice 1) e di un triangolo (grandezze indicate con il pedice

3.1 - Esercizi svolti


Figura 4

a= 100 mm

Per la determinazione del baricentro globale necessario calcolare le aree e


i momenti statici dei sottosistemi rettangolo e triangolo.
'190 mm

b = 400 mm

e - 150 mm

yQl=h/2=200 mm

XG2=a+((b-a)/3)-420 mm

yG2=ah/3l=1333 mm

Aj-a h= 152.000 mm2

A2=((b-a)h)/2=24.000 mm2

h - 500 mm

A=AX+A2-176.000 mm2
sxl~ Ai-yQi30.400.000 mm3
sx2= A2yG2=3.200.000 mm3

Syl55 Aj-xg2-28.88O.O00 mm3


Sy2= A2xG2-10.080.000 mm3

sx= sxl+ Sx2=33.600.00 mm3

Sy= Syl+ Sy2=38.960.00 mm3 ,

xq- Sy/A=221,4 mm

Yq= Sx/A= 190,9 mm

Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,

b
Soluzione:

La sezione in studio ottenibile idealmente per unione di due rettangoli,


dei quali il primo (indice 1) ha dimensioni hxc e il secondo (indice 2) ha

ai momenti d'inerzia locali delle figure parziali necessario aggiungere il

dimensioni (b-c)xa.

IxGl=(1/l2Ha-h3)=2.026.666.667mm4
IyGl=(l/l2)(ha3j=l.829.066.667mm4

momenti statici dei sottoinsicmi costituiti dai rettangoli 1 e 2.

relativo momento di trasporto.

IxG2=(1/36)((b-a)-h3h213.333.333mm4
IyG2=(1/36)-(h(b-a)3)=19.200.000mm4

(yGryG)2=2039-228-650 mm4
ryGl^yGl+A1(xGi-xG)21.978.585.675 mm4

Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i

XGi-c/2=75mm

xo2=c+((b-c)/2)=275 mm
Ai=c-h=75.00 mm2
A=Ai+A2= 100.000 mm2
Aiyci-18.750.000 mm^
1.250.000 mm3
^^_

ii --

125 ......
mm
-

ci~h/2=250 mm

yo2=a/2=50 mm
A2=(b-c)a=25.000 mma
Syi= Ai xci =5.625.000 mm3
Sy2- Aa xc2=6.875.000 mm3
Sy= Syi+ Sy2=12.500.000 mm3

yG~ Sjc/A200 mm

ZJer il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,


IyG2=IyG2+A2(xG2-xG)2=966.153.719 mm4

IyGi

.394 mm4

ai mom^n^J^r^^caiLdelle^figurc^pajziali bisogna aggiungere il


relativo momento di trasporto.

IxGl=(l/l2Hch3)=1.562.500.000mm4 _^ ^y-^ ^ &* - \0 V c


ryGl=a(l/l2){hc3)=140.625.000mm4
IxG2=(l/ 12)<((b-c)a3)=20.833.333 mm4
IyG2=(l/ 12)(a(b-c)3)= 130.208.333 mm4

?xgi=IxG i+Ai (yc i-yg)2=

IyG1=IyGl+Ar(xG1-xG)2=328.125.000mm4
IxG2=IxG2+A2-(yG2-yG)2-583.333.333mm4

IyG2-IyG2+A2 (xG2-xG)2692.708.333 mm4

ux
- y\ e

3.1 - Esercizi svolti

3 - Geometria delle aree

302

Sxl= A1yG1=2.000.000 mm3

IxGl+IxG2=2-333.333.333 mm4
IyG

Aj-xqj-0 mm3
-0 mm3

Sx2n A2 VG2= 14.400.000 mm3

-020-833-333 mm4

Sx Sxl+ 8x2=16.400.000 mm3


xG- Sy/A=0 mm

Figura 5

303

Sy- Syl+ Sy2=0 mm3


^
Sx/A= 186,4 mm

Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,


ai momenti" d'inerzia locali delle figure parziali bisogna aggiungere il
relativo momento di trasporto.
a = 100 mm

b = 400 mm
e = 120 mm

h = 500 mm

IxG1"(l/12){ba3)=33.333.333 mm4
y

IxG2D( V I2)(c{h-a)3)=640.000.000 mm4


J

'xGl^xGl+Al '^G l-yG)2=777.134.986 mm4

IyGl"lyG 1+A l'f^G 1 "XG)2=533-333-333 mm4


IxG2SB|xG2+A2 (yG2~vG)2=1-259-834-7ll mm4
IyG2'IyG2+A2(xG2-xG)2=57'600.000mm4
IxG= IxGl+IxG25"2-036-969.697 mm4

'yG3 IyGl+IyG2'=590-933-333 mm4

Figura 6

Soluzione:

La sezione in studio ottenibile idealmente per unione di due rettangoli,


dei quali il primo (indice 1) ha dimensioni bxa e il secondo (indice 2) ha
dimensioni (h-a)xc.
Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i
momenti statici dei sottoinsiemi costituiti dai rettangoli 1 e 2.

a= 100 mm

presenta un asse verticale di simmetria,

b = 400 mm

denominato y, il baricentro sar posizionato su questo asse.


Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i

e = 120 mm

Dal momento che

la figura

momenti statici dei sottoinsiemi costituiti dai rettangoli 1 e 2.


xqi=0 mm

VQl-a/2^50 mm

xq2=0 mm

yG2=a+({h-a)/2)=300 mm

Aj^a-b^O.OOO mm2

A2= (h-a) c=48.000 mm2

h = 400 mm

3.1 - Esercizi svolti

3 Geometria delle aree

304

305

xq - 0 mm

Soluzione:

La sezione in studio ottenibile idealmente per unione di tre rettangoli, dei


quali il primo (indice 1) e il secondo (indice 2) hanno dimensioni bxa, il
terzo (indice 3) ha dimensioni hxc.
La sezione ha un asse verticale di simmetria, denominato y, e pertanto

yci = Sxi/Ai = 32,5 mm


XG2 - 0 mm
xc3 = 0 mm

yG2 - Sx2/Aa = 50 mm
yG3 = Sx3/A3 = 6,4 mm
yc = Sx/A = 29,2 mm

xg Sy/A = 0 mm

tutti i momenti statici rispetto a tale asse sono nulli.


xgi =0 mm
yci=-(a+h) /2--250 mm
yG2-(a+h)/2=250 mm

Ai=a*b=40.000 nim2

yG3=0 mm

A2=*ab=40.000 mm2

A3=hc=48.000 mm2
a=35 mm

A=Ai+Aa+A3= 128.000 mm2

h=65 ram

Sxi8* Ai vgi=-10.000.000 mm3

Syi= Ai-xgi-0 mm3

S*2= A2-yG2=I0.00O.OOO mm3

Sy2=

Sjt3= A3*yG3~0 mm3


Sx= Sxi+ Sx2+ Sx3=0 mm3

Sy3s
Sy= Syi+ Sy2+ Sy3=0 mm3

xg= Sy/A=0 mm

c=30 mm

b=50 mm
r=15 mm

* yo= SX/A=O mm

Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento baricentrico,


ai momenti

d'inerzia locali

delle figure

parziali

bisogna aggiungere il

relativo momento di trasporto.


IXGHl/12Mb-a3)=33.333.333 mm4

IyQi=(l/12)(a-b3)=S33.333.333 mm4

Ixo2-(l/12)*(ba3)=33.333.333 mm4

IyG2=(l/12)(a-b3)=533.333.333 mm4

Ixg3=(1/ 12)-(c-h 3)=640.000.000 mm4

IyG3-(l/ 12)((hc3)=57.600.000 mm4

IxoJ=IxGi+Ai(yGi-yG)2=2.533.333.333 mm4

Ixfe2=iXG2+A2{yG2-yG)2=2.533.333.333 mm4
IyG2=IyG2+A2(xQ2-xo)2=533.333.333mm4
Iyo3=IyG3+A3(xG3-XG)2=57.600.000 mm4

(2)

Ixg= 1x01+1x02+^3=5.706.666.667 mm4


c3551-124.266.667 mm4

Figura 7

La sezione in studio ottenibile idealmente per sottrazione di un quadrato


di lato e (2) e di un semicerchio di raggio r (3) dal rettangolo di lati b e h (1).

L'asse verticale y asse di simmetria.

Ai = hb = 3.250 mm2
A2- e2 = 900 mm2
A3 = p/2-r2 = 353,4 mm2
A = A1-A2-A3 = 1.996,6 mm2
Sxi - bh2/2 = 105.625 mm3
Syi = 0 mm3
Sx2 = c3(c/2+a) - 45.000.000 min3
Sy2 - 0 mm3
3x3-2/3^2.250 mm3
^
Sy3 = 0 mm3
Sx - Sxi - Sx2 - Sx3 = 58.375 mm3" '
Sy - Syi - Sy2 - Sy3 = 0 mm3

(i)

306

3 - Geometra delle aree

Ixgi - (l/12)(b-h3) 1.144.271 mm4


IyG, (l/l2J-(h-b3) = 677.08mm4
Ixc.2 - (l/12)(c4) - 67.500 mm4
IyG2 - Ixo2 = 67.500 mm4
II momento d'inerzia del cerchio (met cerchio) rispetto ad un asse

diametrale vale:

19.880 mm4

DI momento d'inerzia del cerchio (met cerchio) rispetto al suo baricentro

vale:

Pertanto i momenti d'inerzia delle tre figure 1, 2, 3 trasposti rispetto al

baricentro G deUa figura globale sono:

Ixg= IxqMxgMxg3 533.615 mm4


Iyo - IyGMycP-Iyo3 - 589.703 mm4

La sezione in studio ottenibile idealmente per sottrazione di due


rettangoli, il rettangolo "pieno" 1 (bxh) e il rettangolo "vuoto" 2 ((h-s)x(b2s)). L'asse y asse di simmetria.
Per la determinazione del baricentro globale si devono calcolare le aree e i

momenti statici. Questi si ottengono semplicemente moltiplicando le aree


parziali per le coordinate dei baricentri parziali.

xgi^O mm

Ixg3 = p/8-8/9p){T*) " 5.539 mm4

Ixg1 = XGi+Ai-(yGi-yo)2 = 1.178.861 mm4


Ixg2 - IXG2+A2-(yG2-yG)2 * 455.468 mm4
Ixg3 - IxG3+A.3-(y G3-yo)2 = 189.173 mm4

307

3.1 - Esercizi svolti

yoi-h/2"25 mra

XG2=0 mm

yG2=(h-s)/2=22,5 mm

Ai=hb=5.000 mm2

A2=(h-s)(b-2s)4.050 mm2

fA=Ai-A2=950 mm2
Sxt= Ai-vgi = 125.000 mm3

Iyc1 Iyoi = 677.083 mm4


Iyo2 = Iyca " 67.500 mm4
Iyc3 Iyo = 19.880 mm4

Syi= Aixoi=0 mm3


Sy2= A2 xg2 -0 mm3
Sy= Syi- Sy2=0 mm3
yo= Sx/A=35,7mm

Sx2= A2 yc2=91.125 mm3


Sx= Sxi- Sx2=33.875 mm3
xg= Sy/A^0 mm

Per il calcolo dei momenti d'inerzia nel sistema di riferimento bariccntrico,

ai momenti d'inerzia locali delle figure parziali bisogna aggiungere il


relativo momento di trasporto.

Esercizio 2

La figura illustra la sezione di un profilato di alluminio ottenuto per

estrusione. Con riferimento ai dati assegnati, si chiede di determinare la


posizione del baricentro G della sezione e i momenti d'inerzia rispetto agli
assi baricentrici (b-lOOmm, h=50mm, s=5mm).
,

IXGi=(l/12Mt>h3)= 1.041.667 mm4

Iyoi=(l/12){hb3)=4.166.667 mm4

IXG2=(l/12)({b-2s)(h-s) 3)=683.438 mm4


IyG2=(l/ 12)((h-s)(b-2s)3)=2.733.750 mm4

Ixo^IXGi+Ai-lyoi-ya)2* 1.609.620 mm4


IyGi=Iyoi+Ai-(xgi-xg)2=4. 166.667 mm4

Ixc= Ixg1-Ixo2=225.005 mm4

Iyo= Iyo^tyo? 1.432.917 mm4


Esercizio 3

La figura mostra la sezione di una trave ottenuta saldando, in posizione

simmetrica rispetto all'asse verticale di simmetria della trave principale


(trave a doppio T), un profilato piatto a sezione rettangolare (dati: b = 60
mm, a ' 10 mm, h - 100 mm, B = 90 mm, p - 5 mm, H = 10 mm).

rii

Si chiede di determinare la distanza (in verticale) del baricentro G della


figura complessiva dal baricentro G* dell'elemento principale (trave a

doppio T) e il-valore del momento di inerzia della figura complessiva

G, G2

Soluzione:

rispetto ad un asse orizzontale passante per G (b 60 mm, a = 10 mm, h -

(2)

100 mm, B = 90 mm, p - 5 mm, H = 10 mm).


Soluzione:
yGi=-(h-p)/2^47,5 mm

yG2=(h-p)/2=47,5 mm

yo4M(h+H)/2)=-55 mm

Ai=p-b=300 mm2 As=p-b=300 mm2

A3=(h-2p)a=900 mm2

308

3 - Geometra delle aree

3.1 - Esercizi svolti

A4=BH=900 mm2

309

[La figura illustra la sezione di una trave ottenuta unendo per_saldatura


duT profilati piatti su uno scatolato. Con riferimento ai dati indicati di

A=Ai+A2+A3+A4=2.400 mm2

seguito, si chiede di determinare i valori dei momenti di inerzia rispetto agli


assi baricentrici orizzontale e verticale (B = 240 mm, H - 200 mm, b - 120
ram, h = 20 mm, s = 10 mm).

tv-

G2

(3)

(2)j
(3)

G3=G

{'.-

.G

l>

(4)

.G4

(4)

(l)|Ih

H
Soluzione:
yGi=-(h+H)/2"-l 10 mm

Ai=B-h=4.800 mm2
Sxi

Ai yoi=-14.250 mm'
A2-yG2= 14.250 mm^
A3-yc3=0 mm3
A4-yG4=-49.500 mm3

Si+ Sx2+ Sx3+ Sx4= -49.500


yo= Sx/A=-20,6 mm
IXGi =(l/12)(bp3)=625 mm4
Ixo2 (l/12)(bp3)=625 mm4
Ixo3 (l/12) (a(h-2p) 3)=607.500 mm4

Ixq4 (1/12)(BH3)=7.500 mm"


Ixo' Ixai+Ai(yol-yo)2=217.305 mm4
Ixc2 Ix32+Aa (yO2-yG)2=1.392.930 mm4
IXG3 =IxG3+A3(yo3-yo)2-990.352 mm4

lxc4 Ixc4+A4-(yc4-yG)2= 1.070.977 mm4


Ixo

I'I2b.563 mm4

yc2=(h-p)/2=l 10 mm

A2= B h=4.800 mm2

yo4=0 mm

A4= (b-2s)(H-2s) =18.000 mm2

=Ai +2+A3-A4= 15.600mm2


Sxi= Ai yoi528.000 mm3

Syi= Ai-xoi=0 mm

St5 A2yo2=528.000 mm3

Sy2= A2-xg2=0 mm3

Sx3= A3yG3=0 mm3

Sy3= A3XO3=0

SX4= A4-yo4=0 mm3


Sx= Sxi+ Sx2+ Sx3-S4= 0 mm3

Sy4= A4#xg4=0 mm3

xg= Sy/A-0 mm

yc.= Sx/A=0 mm

Ixciv(l/12)(Bh3)=160.000 mm4

Iyoi-(1/ 12)(hB3)=23.040.000 mm4


IXG2=(l/12)(Bh3)=160.000 mm4
IyG2=(l/12)(hB3)= 23.040.000 mm4

Ixo3=(l/12) (bH3)=80.000.000 mm4


Iyc3=(l/12) (H b3)=28.800.000 mm4
Ixg4=(1/ 12)((b-2s)(H-2s)3)=48.600.000 mm4

Iyo4=(l/ 12)({H-2s)(b-2s)3)=15.000.000 m4
Ixol=IxGi+Ai(yai-yc)2=58.240.000mm4

Esercizio 4

yo3=0

A3=b-H=24.000 mm2

Iyr.1=Iyc5i+Ai (xci-xc)2=23.040.000 mm4

IXG2=IxG2+A2-(yc2-yc)2=58.240.000 mm4

Sy= Syl+ Sy2+ Sy3-Sy4= 0

3.2 - Esercizi consigliati

3 - Geometria delle aree

310

311

Ixc= 4Ixoc +Ixcr= 26.711.32 lmm4


IyG= 4-Iycc + Iyor= 22.147.749mm4

-xg)2=23.040.000 min*
-yo)2=80.000.000 mm4
lyG3=IyG3+A3 (xc3-xg)2=28.800.000 mm4

IxG4=Ixm+A4-tyo4-yo2=48.600.000 mm4

3.2 Esercizi consigliati

IyG4=IyG4+A4(xG4-xd)2=s 15.000.000 mm4

La

Ixo= Ixtji+bc&s+bcca-ixG^ 147.880.000 mm4

seconda

parte

dell'esercitazione

propone

una

serie

di

esercizi

di

geometria delle aree dei quali sono forniti i risultati numerici.

Iyo- Iyc1+Iyo+Iyc3-Iyci*=S9.880.000 mm4


Esercizio 1
Esercizio 5

La figura illustra la sezione di una trave ottenuta unendo per saldatura


quattro cantonali a lati eguali UNI 5387 ad un profilato a sezione
rettangolare. Con riferimento ai dati indicati in figura, si chiede di
determinare i valori dei momenti di inerzia rispetto agli assi baricentrici
orizzontale e verticale [b=10mm, h=120mm; dati cantonale: e=5mm,

d=l 1.6mm, ^=

Per la figura

piana illustrata si chiede di calcolare

baricentro

di

calcolare

momenti

d'inerzia

la

posizione del

rispetto

agli

assi

baricentrici.

a = 170 mm

b a 270 mm

e = 430 mm

h, = 600 mm

d 110 mm

f = 280 mm

&> 400 mm

r\

e 250 mm

D foro=40 mm

\ ^ 1

d
e

75

Ai

'
g

Risultati:

Soluzione:
Ar- bh - 1200 mm2

xt>=194 mm

yo-300 mm
1x0=715601 cm4

II baricentro della figura noto per le evidenti condizioni di simmetria.


IXGc=IxGc+Ac(yoc-yG)2= 6.317.830mm4
Iycc=Iyct+Ac(xoc-xo)2= 5.534.437mm4
b h3
- 1.440.000mm4

Iyo=318737cm4
Esercizio 2

Per la figura piana illustrata si chiede di calcolare la posizione del


baricentro G e di calcolare i momenti d'inerzia rispetto agli assi

120.000mm4

baricentrici.

312

3 - Geometria delle aree

3.2 - Esercizi consigliati

313

lan- 1551125 mm4


xq = 33.53 mm

Esercizio 4
Per la figura piana illustrata si chiede di calcolare la posizione
baricentro

di

calcolare

momenti

d'inerzia

rispetto

agli

del
assi

baricentrici.
a=100 mm

b=400mm
c-lOOmm

h=400mm

(
h

a - 200 mm
b " 250 mm

h = 400 mm
D foro = 40 mm

Risultati:
xo=*200 mm
yo=300 mm

Ixo=666667 cm4
Iyo=316667 cm*

Eserczio 3

Data la figura e i seguenti dati, si chiede di calcolare U ( nn = asse di


simmetria) e Xg ( G rappresenta il baricentro del profilato superiore) (dati:
H 90 mmf s = 4 min, B = 80 mm, h - 40 mm).

Risultati:
xo~100 mm
yo=199mm

1x0=106343 cm4
Iyo=26654 cm4

Esercizio 5

Determinare la distanza D alla quale bisogna disporre due profilati a C


UPN 240 affinch la sezione complessiva abbia momenti d'inerzia uguali

rispetto agli assi*,, e y0 (/, =3599cm*, If -247cm*, ey =2.24cm S = 42.3cm2).


Risultati:

Risultati:

314

315

3.2 - Esercizi consigliati

3 - Geometria delle aree


Esercizio 7

Calcolare il momento d'inerzia

Ix rispetto all'asse x del rettangolo di

dimensioni bXh (b=15cm, h=30cm) in funzione della distanza a dall'asse

baricentrico xG e tracciare il diagramma Ix ~ Ix (a).


Risultati:

/Ja = -j=135OO(W

Esercizio 6

Calcolare i momenti d'inerzia rispetto agli assi baricentrici della sezione a


T illustrata in figura (H~120mm, h=13mm, B-120mm, b=13mm).

XG

Esercizio 8

Calcolare il momento d'inerzia Ir rispetto alla retta r (inclinata di OC


rispetto all'asse baricentrico xc)all'asse x del rettangolo dell'esercizio
Risultati:

precedente e tracciare il diagramma lr = Ir (of ).


Risultati:

fr

= lxc = 33750 cmA

/r(a=x/2( = /,,; = /Pu = 84375c/n4

316

3 - Geometria delle aree

3.2 - Esercizi consigliati

Xg

Esercizio 9

Calcolare il momento d'inerzia diametrale ld

del tubo rappresentato in

figura (Re = 100non, R, = 86.68/ww). Calcolare il raggio RA dell'albero che ha


area A di sezione uguale all'area AT del tubo. Calcolare il momento
d'inerzia diametrale ldt dell'albero e il rapporto ldf I Id>

fra i momenti

d'inerzia diametrali del tubo e dell'albero di ugual sezione. Calcolare il

raggio RA' dell'albero avente momento diametrale d'inerzia Id ' uguale al


momento diametrale Idf. Calcolare l'area della sezione dell'albero di raggio

R-a (avente Id^- Id) e il rapporto fra l'area dell'albero stesso e l'area del
tubo A//AT. Calcolare lo spessore e del profilato a I che ha le stesse
dimensioni d'ingombro del tubo h = b = 2 Re e ha sezione di pari area A,.
Calcolare i momenti d'inerzia /^, /^ del profilato e confrontarli con il
momento d'inerzia diametrale Id del tubo calcolando i rapporti Ix / Id e

Risultati:
[Jf = 3420.3 ero4
AT=AA = 78.12 a

RA = 4.99 cm

'

'

= 485.62 cmA

l'jh, =7-04
/ = 8.12 cm

AA' = 207.14 cm1


A4'/Ar = 2.65
h= b = 200 mm
e= 15 mm
a = 9 mm

A, = 78.1 cm2
Ixi = 5696 cm*
Iyi - 2003

ero4

/"//,, =1-64
yjldj =0.59

317

Esercitazione 4

Diagrammi degli sforzi


4.1 Eserczi svolti
La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo dei diagrammi degli sforzi di strutture semplici.

Gli esercizi proposti, interamente svolti, sono presentati in ordine di


difficolt crescente, partendo da strutture semplici e proseguendo con casi
pi complessi.

Esercizio 1

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della trave rappresentata in

figura (1 = 140 mm, a = 100 min), sollecitata da una forza concentrata


F- 150 N applicata lungo il tratto a sbalzo ad una distanza b= 30 mm
dalla cerniera B.

Soluzione:

b| F
Equazione di equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera B.

320

4 -

+Fb=0

Diagrammi degli sforzi

VA=

Va = 45 N

Equazione di equilibrio alla traslazione verticale.

tVA+VB+F=0

T[N]

Vb=-F-Va

Vb = -195 N

321

4,1 - Esercizi svolti

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale.

0
Sezione 1: 0<x<a

150
B

M[Nm]

T[x)=VA=45N

M(x)=VAx ->JM(0)=O,
Sezione 2: a<x<a+b

4,5
A

Esercizio 2

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della trave rappresentata in


figura, avente lunghezza 1 = 100 mm, sollecitata da una forza concentrata

F = 80 N applicata all'estremit libera della trave e da una coppia


concentrata C - 3000 Nmm applicata a una distanza a = 50 mm
dall'incastro.

Sezione 3: 0<x<(l-(a+b))

L'ultimo tratto completamente scarico.

Di seguito sono riportati i diagrammi complessivi relativi allo sforzo di

taglio ed al momento flettente.

n diagramma di sforzo normale nullo in ogni tratto della struttura.


Soluzione:

4 -

322

4.1 - Esercizi svolti

Diagrammi degli sforzi

323

T[N]

Equazione di equilibrio alla rotazione attorno all'incastro A


IW,+C+F/=0

80

M*=-C-FI

MA=-llNm

Equazione di equilibrio alla traslazione ve rticale

T vA+F=o

vA~-F

Va =-80 N

M[Nm]

Equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale

Sezione 1: 0<x< a

vr*t
W(x)=0

T\x]=VA=-WN

M(x)=VAx-MA ->M(0)=-MA=UNm. M(a)=VAa-MA


Sezione 2: 0<x'<(l - a)

->A/(0)=0,

11

Esercizio 3

Per la struttura in figura si chiede di calcolare le reazioni vincolari e i


diagrammi degli sforzi (1=0.4 m, h=0.15 m, Fi-80 N, F2=120 N).

4 -

324

Diagrammi degli sforzi

4.1 Esercizi svolti

325

Sezione DB: 0<x'<l

F2
A

B
N.B.:

il

tratto

sbalzo

completamente

scarico

caratteristiche sono identicamente nulle.

VA

VB

M^T.

Soluzione:

Equilibrio alla traslazione orizzontale:


- OA=F2 =120N

Sezione DE: 0<x'<h

Equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:

Equilibrio alla traslazione verticale:

Sezione CA: 0<x<l

</

J *

\N(x)=0

W(0)=0

I I II

/W(/)=32Nm

, =80N

Sezione AD: l<x<31


C

[#(*)=-0,=-! 20 N

A/(/)=32Nm A/(3/)= 22,67 Nm


T[N]

H-6

[) 11.6

per

cui

le

tre

4 -

326

Diagrammi degli sforzi

Esercizio 4

Per la trave illustrata in figura si chiede di calcolare le reazioni vincolari e i


diagrammi degli sforzi (a=0.8 m, b=0.3 m, q=80 N/m, C=100 Nm).

4.1-Esercizi svolti

327

Sezione DB: a/2<x<a

a
^

mfa \M n
> li/

t..

Aff-=53.2Nra A/{a)=IOOt
33N

r(a) = 101N

Sezione tratto a sbalzo: 0<x'<b

Soluzione:

\w\\

VA

= 100 Nm

ni

133

Equilibrio alla traslazione orizzontale:

r~i oi

Equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera A:

^>-SL^v...***

"

T[N]

Equilibrio alla traslazione verticale:

Sezione AD: 0<x<a/2

M[Nm]

53,2

100
II diagramma di sforzo normale nuUo in ogni tratto della struttura.

100

328

4 -

Diagrammi degli sforzi

Esercizio 5

Per la trave illustrata si chiede di calcolare le reazioni vincolari e i

4.1 - Esercizi svolti

329

Sezione AB: 0<x<I

diagrammi degli sforzi (1=2 m, a=0.8 m, b=0.6 m, P-1000 N).

=200Nm

a/2 . a/2

II KM

Soluzione:

Equilibrio alla traslazione orizzontale:


- O*=P-P~0N
Equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera
A:

-MA-P

Sezione BD: 0<x<a/2

^j

Equilibrio alla traslazione verticale

? VA-P=O

Sezione DC: 0<x'<a/2


X1

VA

4 -

330

Diagrammi degli sforzi

5 4.2 - Esercizi consigliati

Sezione tratto a sbalzo: 0<x'<b/2

331

4.2 Esercizi consigliati


La seconda parte dell'esercitazione propone una serie di esercizi sul calcolo
dei diagrammi degli sforzi di strutture piane e spaziali dei quali sono forniti
i soli risultati numerici.
Esercizio 1

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della trave illustrata in figura


(a=0.3 m, b=0.8 m, M=80 Nm).

N
Sezione tratto a sbalzo: 0<x<b/2

Risultati:

72.72 N

I I I I I I I lei | ITTTTI

-21.82 Nm
non

1000

Mf

1000

200

i
58,IH Nm

1000

U 200

Esercizio 2

Si chiede di calcolare le caratteristiche di sollecitazione dell'albero


illustrato in figura sul quale calettata una ruota dentata conica di raggio
medio r.

332

4 -

Diagrammi degli sforzi

Dati:
Ft = 2000 N

Fr - 600 N

4.2- Esercizi consigliati

333

Esercizio 3

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sfora della trave a sbalzo

rappresentata in figura (1=0.5 m. L=1.2 m, q=50 N/m).

Fa = 1000 N
r = 0,1 m

a = 0,4 m
b - 0,8 m

1
L

Risultati:

Risultati:

N piano XY

LL
116,67 N

I I I I lei I I I I

T piano XY

483,33 N

666.67 N

II II lei II

35 N

-29,75 Nnt

-12.25 Nm

T piano XZ

133333 N

Mf piano XZ

Esercizio 4

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della struttura iUustrata in

figura (1=10 m, a=7 m, q=8000 N/m, C=600 Nm, P = 1000 N).

Mf piano XY

334

4 -

4.2- Esercizi consigliati

Diagrammi degli sforzi

La

335

figura mostra lo schema di una struttura a T ribaltato, caricata

uniformemente sulla parte orizzontale CD, e vincolata agli estremi A e B

r.

della parte verticale.


Con riferimento ai simboli riportati in figura ed ai valori numerici riportati
qui sotto, si chiede di calcolare le reazioni vincolari nei supporti e i

diagrammi degli sforzi.


Dati: q = 1.5 N/mm, L = 3000 min, s = 2000 min.

1
A

*> a
Risultati:
1000M

3000 Nm

1000 Nm
2000 Nm

Esercizio 5

Esercizio 6

Mf

336

4 -

4.2- Esercizi consigliati

Diagrammi degli sforzi

Con riferimento alla struttura indicata in figura e ai dati sotto indicati,


calcolare le reazioni vincolai! sui supporti, tracciare t diagrammi delle tre

caratteristiche di sollecitazione (sforzo normale, taglio momento flettente),


riportando anche i valori numerici corrispondenti ai punti ritenuti pi
significativi.

Dati: a - 1200 mm, b - 1800 mm, P = 10000 N, a = 60.

337

Esercizio 7
Con riferimento alla struttura indicata in figura e ai dati sotto indicati,
calcolare le reazioni vincolari sui supporti, tracciare i diagrammi delle tre
caratteristiche di sollecitazione (sforzo normale, taglio, momento flettente),
riportando anche i valori numerici corrispondenti ai punti ritenuti pi
significativi.

Dati: s 100 mm, L - 400 mm, h = 1000 mm, P - 1500 N.

Risultati:
Risultati:

IJOON

4000 Nm

Mf
Mf

4 -

338

Diagrammi degli sforzi

339

4.2 - Esercizi consigliati

Esercizio 8
In figura
illustrata schematicamente una sala montata ferroviaria,

Esercizio 9

costituita dall'assile ABCD e dalle due ruote collegate rigidamente all'assile


mediante accoppiamento forzato. L'assile caricato in A e D dalle due forze

(l=2.5m, q=l800Kg/m,F=600Kg).

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della trave illustrata in figura

eguali P scaricate dalle sospensioni sui fuselli di estremit dell'assile, e

ITITI q

riceve, mediante reazioni che potremo supporre in B e C, le forze scambiate

tra rotaie e ruote (componenti verticali P, nonch componenti orizzontali H,


orientate come indicato nello schema, a causa della conicit dei cerehioni

iF

delle ruote).
Si

chiede

di

tracciare

diagrammi

delle

caratteristiche

di

tensione

dell'assile.

Risultati:
7

1'

fi

*~

II

"

Dati: AB=CD=a=250mm, P=5kN, r=450mm, H=0.25kN.

29062

\j

II

T = -20969\'

52422/Vm

.i/^, -9657OMn

Risultati:

Esercizio 10

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi del portale illustrato in figura


{l=3m, F=500Kg).

2F

340

4 - Diagrammi degli sfora

341

4.2 - Esercizi consigliati

Soluzione:

T=-F

T=F

T=F

Esercizio 11

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi del portale illustrato in figura


(l=3m, F=1000Kg).

Esercizio 12

Si chiede di calcolare i diagrammi degli sforzi della struttura schematizzata


in figura (h=3m, L=1.5m, b=lm, F=5t) (asta inclinata di un angolo a =45").

Soluzione:

342

4 -" Diagrammi degli sforzi

Soluzione:

] 041)5 t:V

Esercitazione 5

Tensioni e deformazioni nelle travi


4W150.V

19050*

il

5.2

Esercizi svolti

La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul


calcolo delle tensioni e delle deformazioni nelle travi.

:V

Esercizio 1
Data una trave di sezione rettangolare (b=60 inni, h^lOO mm), incastrata
ad un estremo e soggetta ad uno sforzo normale di compressione N - -

60.000 N all'altro estremo, si chiede di calcolare la tensione normale.

il

71.S7S.V

Soluzione:

A=bh=6.000mm2
=>a =-10 MPa

(di compressione) uguale in ogni punto di

ciascuna de Ile sezioni della trave

rr

345

5.1 - Eserczi svolti

5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

344

Soluzione:

Esercizio 2

Si chiede di calcolare la tensione normale in una una trave di sezione


circolare (d=60 mm) incastrata ad un estremo e soggetta ad uno sforzo
normale N - 50.000 N all'altro estremo.

=>tf...

(r* = ~20mm,y' =-30mm)scr*

-y

-llMPa

Tutti i punti che distano 30 ram dall'asse z hanno la stessa tensione


[a = 72 MPa).

Soluzione:

^xmin =

<^ (di trazione) uguale in ogni punto di ciascuna

La tensione massima Sxmax pu anche essere calcolata con riferimento al


modulo di resistenza a flessione uy della trave di sezione rettangolare:

delle sezioni della trave

7-d2

2.827 mm'

1f

Esercizio 4
S ripeta l'esercizio

Esercizio 3

Data la trave di sezione rettangolare dell'esercizio 1, soggetta ad un


momento flettente Mz=-12.000 Nra, si chiede di calcolare le tensioni

considerando la sola presenza di

un momento

flettente Uz = 12.000 Nm.

minima e massima; di calcolare la tensione nel punto di coordinate z = -20


mm, y = -30 mm e di tracciare l'andamento delle tensioni lungo la sezione.

i
C

z (entrante)

D
y

Soluzione:

II momento M* dato tende le fibre longitudinali del semipiano y > 0 => fibre
tese (segno +).

5.1 - Esercizi svolti

5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

346

347

Esercizio 6
Data la sezione rettangolare rappresentata in fgura (b=40 mm, h=80 mm),

si chiede di calcolare, in corrispondenza dei quattro spigoli della sezione


stessa, le tensioni dovute alla presenza contemporanea dei momenti
flettenti Mk 10.000 Nm, ^ = 4.000 Nm e di uno sforzo normale N 64.000 N.

Nota: si assumono positivi i momenti che pongono in trazione le fibre dei


semipiani aventi assi z ed y positivi.

(z* = -20mm, y' = -Omm)=xr * - a,{y = y')= * / = -200MPa

Tutti i punti che distano -30 mm dall'asse z hanno la stessa tensione (CT> =

- 200 MRa semipiano delle fibre compresse).


Esercizio 5
Data la trave di sezione circolare dell'esercizio 2, soggetta ad un momento
flettente Mz= 10.000 Nm, si chiede di calcolare le tensioni minima e

massima.

y
Soluzione:

La tensione ^ in corrispondenza dei quattro punti di interesse (A (-40,20),

B(-40,-20),

C(40,-20),

D(40,20))

si

calcola

applicando

sovrapposizione degli effetti tramite la formula seguente:


Mr

Caratteristiche geometriche:

Soluzione:

12

'

12"

Tensioni a :

Il momento Uz dato tende le fibre longitudinali del semipiano y < 0 => fibre
compresse (segno -).
;

64

A)

o-x=(20-234 + 187)MPa=-27MPa

B)

<7, =(20-234 -187) MPa =-401 MPa

C)

ffI =(20 + 234 -187) MPa =67MPa

D)

at = (20 +234 +187) MPa =441 MPa

Esercizio 7

il

principio

di

5.1 - Esercizi svolti

5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

348

Si chiede di calcolare la tensione massima e minima in una trave a sezione


circolare (d*=50 mm) soggetta ai momenti flettenti Nt 5.000 Nm e My =

T:

349

-T,-K,

3.000 Nm.

Soluzione:

In presenza di una trave a sezione circolare conviene calcolare il momento


flettente complessivo agente sulla sezione stessa.

Gli andamenti deUo sforzo di taglio e del momento flettente sono illustrati
nella figura di seguito riportata.

M = jM]+M\ =5.831 Afct


Poich vengono richiesti i valori della tensione massima e minima e non la
corrispondente collocazione, sufficiente dividere il momento complessivo

per il modulo di resistenza a flessione w/ della sezione.

momento flettente

Equazione differenziale della linea elastica:


r^, = -475MPa
wt

Assumendo i momenti dati orientati in modo da portare in trazione le fibre


nei semipiani positivi relativi agli assi z ed y, si pu osservare che il punto
che presenta tensioni maggiori si trovi posizionato in corrispondenza del

primo quadrante (individuato dalle coordinate y e z positive).


Esercizio 8
Per la trave

mensola illustrata in

figura,

si chiede

di

infegrando^na prima volta l'equazione si ottiene la funzione che descrive


la rotazione a W:

- [f&Zldx _ftr Fx* iC,

Integrando una son^ volta si ottiene lo spostamento verticale **:


determinare

l'andamento della linea elastica.

Dati: 1 = 200 mm, F = 1500 N, U = 0,8 IO5 mm4, E = 2,06-IO5 N/mm2.

"t

al contorno (incastro): per x=0 sono nulli lo spostamento ,


la rotazione (<x*(0)=0).
Sostituendo:

a(0)^IU^-oJ+c, = o
Elt

1EI.

= C.-0

u'fuioni6che descrivono spostamento e rotazione sono quindi 1<


seguenti:

Ftx

Soluzione:
Reazioni vincolari:
->:

Fx7

Flr t Fx>

OA =0

iVcorrSpondenza dell'estremit libera B (~Q della trave, la rotazion


assume il seguente valore:

Caratteristiche della sollecitazione: 0<x<l

9^*

;=*.(/)=J-/-^<'=Mr=l-810-3rad

5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

350

e la freccia vale:

,*

351

5.1 Esercizi svolti

tangenziale in corrispondenza della circonferenza avente

FI .1

EI.

6EI.

diametro pari a

55 mm.

0.24 ntm

Esercizio 9
Data una sezione circolare piena (d = 70 min) soggetta a un momento

torcente Mx - 5000 Nm si chiede di calcolare il valore della tensione


tangenziale massima ed il valore della tensione tangenziale sulla
circonferenza di diametro 55 mm.

Soluzione:

II valore della tensione tangenziale massima vale:

dove:
Soluzione:
La distribuzione delle tensioni tangenziali di tipo lineare con le tensioni
orientate in verso concorde al momento torcente applicato.

La tensione tangenziale per r* = 27,5 mm vale:


rr

X--r

1,

II momento di inerzia polare Ip vale:


Esercizio 11

Data una sezione rettangolare (b=40 mm, h=12 mm) sottoposta a taglio
nella direzione del lato maggiore (Tz -1,3*10^, si chiede di calcolare le
II valore della tensione tangenziale massima si ha in corrispondenza del

tensioni tangenziali massime e minime.

raggio esterno (r=R =d/2):

Tma = *LR = 74MPa


La tensione tangenziale in corrispondenza della circonferenza di diametro
55 mm (r=r* = 27,5 mm) vale:

VEsercizio 10

' \pata una trave a sezione circolare cava (D = 70 mm ed- 50mm) e


soggetta ad un momento torcente Mt ~ 5000 Nm, si chiede di calcolare il
valore della

tensione

tangenziale

massima

ed

il

valore

della

tensione

Soluzione:

Si

assume

che

le

tensioni

tangenziali

cercate

siano

orientate

parallelamente allo sforzo di taglio T*; esse vengono indicate con t^ ed

352

5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

hanno un distribuzione uniforme lungo l'altezza h della sezione e variano

invece, lungo la direzione z:

"

My

'

S.2 - Esercizi consigliati

353

Si
assume
che
le
tensioni
tangenziali
cercate
siano
orientate
parallelamente allo sforzo di taglio Ty; esse vengono indicate con t^ed

hanno un distribuzione uniforme lungo la larghezza b della sezione e


variano, invece, lungo la direzione y:

dove Sy il momento statico della sezione rispetto all'asse y.

L'andamento delle tensioni t^ in funzione di un generica coordinata z


rappresentato dalla seguente funzione parabolica-

dove Sz il momento statico della sezione rispetto all'asse z.

L'andamento delle tensioni t^ in funzione di un generica coordinata y


rappresentato dalla seguente funzione parabolica:

Tale funzione si annulla per z=b/2, ovvero in corrispondenza degli spigoli

della sezione, ed assume il valore massimo per z=0; pertanto la tensione

tangenziale massima t^^p^ vale:

Tale funzione si annulla, per y=h/2, ovvero in corrispondenza degli spigoli


della sezione, ed assume il valore massimo per y=0; pertanto la tensione
tangenziale massima txyMAX vale:

2nb

37;

Ihb

\ Esercizio 12
A Data una sezione rettangolare (b=15 mmf h=60 mm) sottoposta a taglio
^nella direzione del lato maggiore (T,-1,5-1O*N), si chiede di calcolare le
tensioni tangenziali massime e minime.

5.2

= 25MPa

Esercizi consigliati

La seconda parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi

sul calcolo delle tensioni e delle deformazioni in strutture reali dei quali
sono forniti i risultati numerici.
Esercizio 1

L'asta di acciaio illustrata in figura ha lunghezza L e sezione quadrata di


lato a. Si chiede di calcolare la tensione O"x e la corrispondente
deformazione x (a=60 mm, L=500 mm, F-18000 N).

Risultati:

ax=SMPa
Soluzione:

Esercizio 2

e, =2.38-10-*

L'asta di acciaio illustrata in figura ha sezione circolare di raggio r. Si


chiede di calcolare la massima tensione (Tx e l'allungamento massimo
A/

dell'intera asta (r=25 min,

1^=400 mm,

L2=800 mm,

355

5.2 - Esercizi consigliati

5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

354

Risultati:

Q-30000 N,

P=10000 N).

Esercizio 5

Trovare la legge di variazione degli sforzi normali N, delle tensioni 0" e degli
spostamenti u nella trave di acciaio illustrata in figura (F=50fciV,

A=375mm2, L=300 mm] (tratto 1 - sezione A, tratto 2 - sezione 2A).

L2

Li

Li

Risultati:
a

=\S3MPa

AI

_, ss 0.097 mm

Esercizio 3

Calcolare la massima tensione tangenziale Tr

dell'albero in ingresso al

cambio di un veicolo industriale (diametro D -

55 mm, coppia trasmessa


Risultati:

C = 620 Nm).

N=5OkN
Risultati:

^ = 1331^1/mia

ai=0.095mm

Wl=0.19ram

Esercizio 4
Si chiede di calcolare l'andamento delle tensioni tangenziali t e il valore

della tensione tangenziale massima t^yUAX nella sezione a I

illustrata in

figura per un valore dello sforzo di taglio Ty = 20000N (H - 240 mm, B =

120 mm, b = 60 mm, s - 20 mm, vq= 102.63 mm, Ixq= 54720702 mm4).

Esercizio 6

Un tinario ferroviario di acciaio (a=ll,7xlO-e *Ci) stato posato ad una


temperatura pari a 6"C.

Determinare

la

tensione

agente

nei

binari

quando

la

temperatura

raggiunge i 48 C, ipotizzando che le rotaie siano formate da tratti lunghi


10 m.
Risultati:

a --103 N/mm1

Esercizio 7

In figura rappresentata una trave su due appoggi (acciaio, sezione

quadrata di lato h) caricata dalla forza P (P = 500JV, 1 = 1.5m, a - 0.6m, h =


0.1m,q = 0.765 N/mm).

Si richiede di calcolare:

i diagrammi di taglio e di momento flettente;

356

5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

l'andamento delle tensioni ox in alcune sezioni al variare

della

coordinata longitudinale della trave tenendo conto sia del carico P, sia
del peso proprio della trave;

357

S.2 - Esercizi consigliati

la tensione di flessione massima a

la freccia massima tenendo conto sia del carico P, sia del peso proprio
q della trave.

La barra di torsione piena BC illustrata in figura (lunga 1 - 500 mm) ha


braccio b (b = 350 mm) e carico P (P - 450 N). La freccia del punto A di
applicazione del carico non deve superare un valore pari a 25 mm. Si
chiede di valutare il diametro D della barra per due diversi materiali,
avendo trascurato il peso proprio della barra stessa:

a)

acciaio tm= 105 MPa, G = 78 Gpa;

b)

alluminio rum = 70 MPa, G = 27 Gpa.

Risultati:

= 0.048mm

f,

= ZZlNImm1

Esercizio 8

Per l'albero pieno di acciaio (G - 77 GPa) illustrato in figura, avente


diametro D - 30 min, si chiede di calcolare la deformazione angolare. Si
chiede inoltre di calcolare la deformazione angolare per un albero simile,
avente per sezione cava {D 32 mm, d = 22 mm).

Mt

Risultati:

D acciaio - 20 mm
D alluminio - 26 mm

Esercizio 10

Si chiede di calcolare le tensioni s ed i corrispondenti allungamenti (o


accorciamenti) e nelle due aste di acciaio (sezione quadrata di lato
Mt 260 Nm

a=20mm) (P = 800tf, l=1.8m, h=0.8m).

Risultati:

Ypiena =0.00063

Esercizio 9

7^=0.00068

Risultati:

5,2 - Esercizi consigliati

5 - Tensioni e deformazioni nelle travi

35S

GAB = 4.5 N/mm 2

A/^ - 0,039 mm

CTq, =-4.9 N/mm2

A/o = -0.046 mm

Esercizio 11
Per la struttura illustrata si chiede di calcolare la massima tensione di
flessione lungo la trave AD (sezione quadrata di lato a=50mm). Si chiede
inoltre di valutare l'accorciamento dell'asta CB (sezione quadrata di lato

b=40m/n)

(Dati:

P=800tf

q=1007V/m,

l=0.8m,

h=0.5m,

L=1.5m

E-210000 MPa).

Risultati:

Figura a).

Risultati:

<T__ = 28 N/mm 2

Ffc.b

- -0.009 mm

Esercizio 12
Determinare il modo migliore di sistemare una trave a sezione quadrata in

flessione scegliendo tra le due possibilit seguenti: il piano del momento


parallelo ai lati del quadrato (Fig. a) oppure {Fig. b) esso contiene la sua
diagonale.

359

Esercitazione 6

Tensioni principali ed equivalenti

6.1 Esercizi svolti


La prima parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi sul
calcolo delle tensioni principali e delle tensioni ideali equivalenti di
strutture semplici. Per alcuni degli esempi proposti inoltre richiesta la
rappresentazione grafica relativa ai cerchi di Mohr.
Esercizio 1

Dato il tensore delle tensioni:

100

30

30

-150

MPa

si chiede di determinare le tensioni principali e di calcolare il valore della


tensione principale massima.
Soluzione:

Essendo nulle le tensioni tangenziali TB e

, la direzione z principale e

pertanto la tensione Gt principale.

Le altre due tensioni principali si ottengono dalla relazione:

La tensione principale massima vale

362

6 - Tensioni principali ed equivalenti

363

6.1 - Esercizi svolti

Esercizio 2

Soluzione:

Dato lo stato di tensione Ox 120 MPa, oy = 20 MPa, Txy=100MPa,


t = v = 0 MPa e Oz = 30 MPa, tracciare i cerchi di Mohr e determinare la

principale. Le altre due tensioni principali si ricavano

Essendo nulle t e yz, la direzione z principale e la tensione o*

tensione principale minima.

Dalle relazioni seguenti:

Soluzione

<r( = c + r =

}f = 395 MPa

Lo stato di tensione assegnato, scritto sotto forma di tensore delle tensioni,

vale:

O", + cr

120

100

100

20

30

o-2 = c-r =

:% =125.5 MPa

--

(7, =395 MPa


<72=125.5MPa

Essendo nulle le tensioni tangenziali t e iyz, la direzione z principale e

Gi=Ot =40 MPa

Le altre due tensioni principali si ricavano tracciando il cerchio di Mohr


che passa per i punti (20, 100) e (120, -100); le intersezioni tra questo
semicerchio e l'asse delle ascisse sono le tensioni principali.

Esercizio 4

la tensione Oz principale.

Un materiale

^y = 80 MPa,

sollecitato dalla tensione o* - 250 MPa,

Oz = 500 MPa,

i = ijz = 0 MPa.

Calcolare

Oy150MPa,

le

tensioni

principali e disegnare i cerchi di Mohr.


Soluzione:

Lo stato di tensione assegnato, scritto sotto forma di tensore delle tensioni

Essendo nulle Xn e
La tensione principale minima vale:
70-112 =-42MPa

principale.

250

80

80

150

0
0

500

Tyz, la direzione z principale e la tensione

oppure tracciando il cerchio di Mohr che passa per i punti (250,80) e (150,80); le intersezioni tra questo cerchio e l'asse delle ascisse sono le tensioni
principali cercate.

<t

= c +r =

a,

200+ 94 =294 MPa

Dato il tensore delle tensioni:


100

100 350

170

: 106 MPa

MPa

40

si chiede di determinare le tre tensioni principali.

Oz

Le altre due tensioni principali si ricavano analiticamente

Le tensioni principali valgono:

Esercizio 3

MPa

Riordinando si ha:

o*, =o\ =500 MPa

364

6 - Tensioni principali ed equivalenti

2 =<xfl =294MPa

6.1 - Esercizi svolti

365

Riordinando si ha:

, =cr6 =106MPa

a| = afl = 342 MPa


<T2=at =108 MPa

<7j =<rA =19 MPa

X.r-80

(240,150)

X.P150

[MPa]

Esercizio 5

Dato il tensore della tensione o\ 120 MPa, o> 240 MPa, o^ = 108 MPa,
i*y = 50 MPa e i = Tyz = 0, si chiede di determinare le tensioni principali e

di disegnare i cerchi di Mohr.


Soluzione:

Lo stato di tensione assegnato, scritto sotto forma di tensore delle tensioni

|
Essendo t = v

O T120

-150

n crj [ 0

jy tJ= -150 240

01

Esercizio 6

Sia data una barra a sezione circolare piena di diametro D = 40 mm. La


barra sollecitata da uno sforzo normale Nx. 3-IO4 N, da un momento
flettente Me = 500 Nm e da un momento torcente Me - 850 Nm costanti
lungo Tasse, Si chiede di determinare le tensioni principali nel punto pi
sollecitato della barra.

0 MPa

OSJ

= 0, la direzione z principale e la tensione <&

principale. Le altre due tensioni principali si ricavano tracciando il cerchio

di Mohr per i punti (120, 150) e (240, -150); le intersezioni tra questo

cerchio e Tasse delle ascisse sono le tensioni principali cercate.


Le tensioni principali valgono:

Soluzione:

II punto pi sollecitato il bordo estemo sul quale si hanno le tensioni

massime.

v\ff

32

16

6 - Tensioni prinpali ed equivalenti

366

6.1 - Esercizi svolti

367

Vediamo il tensore delle tensioni:

104

68

68

MPa

Si nota subito che Tasse y principale e pertanto anche la corrispondente


tensione normale principale.
Le tensioni principali valgono:
137MPo

cr, =c+r

33.4 MPa
51 MPa

Esercizio 7

Sia data una barra a sezione circolare piena di diametro D - 40 mm. Come
sistema di riferimento si assumano gli assi y e z giacenti nel piano della

Esercizio 8
Una barra quadrata a sezione cava di lato a = 40 mm e spessore s = 4 mm

sezione retta della barra e l'asse x coincidente con l'asse della barra. La

soggetta a una forza di trazione

barra

massimo Mr= 6-105 Nmm. Tracciare i cerchi di Mohr e determinare le

sollecitata

contemporaneamente

da

uno

sforzo

normale

N 6-104 N e a un momento flettente

Nx - 5-IO4 N e da un momento torcente M* = 850 Nm. Tracciare i cerchi di


Mohr e determinare le tensioni principali sul punto pi sollecitato della

tensioni principali nel punto pi sollecitato della barra.

barra.

Soluzione:
trazione :

Soluzione:

A-

=104
A

La parte pi sollecitata della barra la superficie esterna; si pu prendere

/ = ^ = % MPa

come riferimento il punto avente t^ tmax (al centro della barra txz = 0) nei
quale si calcolano tutte le tensioni:

oN= = 40MPa e T=^-=


A.

200

con A = e

W|

Si

possono

quindi

costruire

tre

cerchi

di

MPa,

lo

Lo stato di tensione assegnato scritto sotto forma di tensore delle tensioni,


vale:

considerato:

MPa

Mohr

relativi

al

punto

x[MPa]

<J[MPa]

=0

368

6 - Tensioni principali ed equivalenti

6.1 - Esercizi svolti

369

-, = 2O0MPa

Esercizio 9

Un punto sulla, periferia della sezione di un albero di trasmissione


sollecitato dalla sola componente di tensione ^ = 180 MPa dovuta alla
presenza di un momento torcente. Per quel punto si chiede di calcolare le

^Xr

tensioni principali.

or [MPa]

Soluzione:

Nel punto assegnato il tensore :


MPa

Le tre tensioni principali sono quindi:


^ = (7. =396 MPa

La direzione y principale e la corrispondente tensione oj, principale

Le tensioni principali, gi ordinate, valgono:

(?2 0y 0 MPa
<r3 =ab =-36 MPa

Per il calcolo del coefficiente di sicurezza CS necessario adottare


^/il0 i 7r rottura> ,fd esempio l'ipotesi della massima tensione

er2 =0

tangenziale (Tresca), sulla base della quale calcolare la corrispondente

tensione ideale equivalente oe :

ff, = a, - a, = 396 -(- 36) = 432 MPa


Esercizio 10

Un punto di un componente in acciaio 41Cr4 bonificato (Rpo,2 - 800 MPa

II coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento vale quindi:

Rm -1000+1200 MPa) soggetto allo stato di tensione:

Se, invece, si adotta l'ipotesi della massima energia di distorsione (Von

Mises), la tensione ideale equivalente vale:


[120

360J

c-> =^2"vfa ~a' y +(ff> ~ai)% +K -a>Y =415 MPa

Valutare il coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento.

In questo caso il coefficiente di sicurezza vale :

Soluzione:

^ o

Dato che xxy = tyz 0, la direzione y principale e la tensione ov

principale; le altre due tensioni principali si calcolano costruendo il cerchio


di Mohr.

800

S -

Esercizio 11

Una barra in acciaio sollecitata da una tensione normale di trazione


off = 400 MPa. Tracciare i cerchi di Mohr, determinare le tensioni principali
e calcolare la minima tensione di snervamento del materiale per garantire

un coefficiente di sicurezza almeno pari a 2.

6 - Tensioni principali ed equivalenti

370

Soluzione:

La barra sottoposta alla sola trazione

6.1-Esercizi svolti

371

per cui lo stato di tensione

corrispondente uniassiale.

a [MPa]

funzione del modulo di resistenza a flessione come segue:


=400 MPa

2Wf

In questo caso particolare i valori della tensione equivalente forniti da


ambedue le ipotesi di rottura di Tresca e di Von Mises coincidono.
Per avere un coefficiente di sicurezza CS S 2 la tensione di snervamento
deve almeno essere pari a:

Uguagliando la tensione equivalente Ocq alla tensione ammissibile oWi nel


materiale (corrispondente al carico di rottura 1^ diviso per il coefficiente
di sicurezza CS=1,5), s pu ottenere il modulo di resistenza a flessione

incognito Wf dal quale immediato ricavare il diametro minimo della barra:

R filt7am = 800 MPa

Esercizio 12

Una barra in ghisa G300 (Rm 300 MPa) a sezione circolare piena
soggetta a un momento flettente hk - 500 Nm ed a un momento torcente
Mt = 150 Nm. Si calcoli il diametro della barra affinch il coefficiente di
sicurezza rispetto a rottura sia CS = 1,5.

=*rf:

Soluzione:

Calcolare il massimo momento torcente sopportabile, con coefficiente di


sicurezza CS = 3, da una barra di diametro D 40 mm realizzata in

equivalente

materiale fragile con tensione limite di rottura Rm = 190 N/mm2.

Esercizio 13

Essendo

la ghisa un materiale fragile, per il calcolo della tensione


opportuno utilizzare l'ipotesi di rottura della massima

tensione normale (Galileo), cio <rcq = ov

Nel caso d trave a sezione circolare si pu osservare che il modulo di


resistenza a torsione wt doppio rispetto al corrispondente modulo di

Soluzione:

resistenza a flessione w/(wt~ 2wf.


Possiamo allora scrivere l'espressione della tensione ideale equivalente in

a [MPa]

6 - Tensioni principali ed equivalenti

372

Per materiale fragile si utilizza ancora l'ipotesi di rottura di Galileo:

6.2 - Esercizi consigliati

sicurezza

373

dell'albero utilizzando l'ipotesi di Tresca [d 35mm, Mt -

250.000 Nm, F - 50000 N, carico unitario di rottura ghisa G25 = 250 MPa).
Co

, = 795.870 N -mm

Risultati:

x. =0MPa

29.7MPa

6.2 Esercizi consigliati


La seconda parte dell'esercitazione ha come oggetto una serie di esercizi
sul calcolo dei coefficienti di sicurezza in strutture reali semplici.
Esercizio 1

Calcolare il massimo momento torcente sopportabile, con coefficiente di


sicurezza 3, da una barra di diametro D = 40 mm realizzata in materiale
fragile con tensione limite di rottura Rm - 190 N/ram2.
Risultati:
M, 795.87 Nmm

Coefficiente di sicurezza = 3.2


Esercizio 4

Un albero a sezione circolare di diametro d sollecitato da un momento


flettente Mf e da un momento torcente Mt (costanti lungo l'albero). Si chiede
di calcolare le tensioni principali e di rappresentare i cerchi di Mohr
corrispondenti al punto pi sollecitato (d= 40mm, Mt= 600000 Nmm, Mf900000 Nmm).
Risultati:
157.7MPa

-U.SMPa

Esercizio 2

Si chiede di determinare lo stato di tensione nei punti A e B della trave


illustrata in figura soggetta a trazione (per effetto della forza P) e a torsione
{per effetto del momento torcente Mt).

Esercizio 5

Un chiodo di ferro (con diametro pari a 24 mm) messo in opera a caldo


soggetto ad uno sforzo di taglio T - Pi = 30000 N e ad uno sforzo normale

di trazione N P2 = 40000 N. Si chiede di calcolare le tensioni principali e


le loro direzioni e di calcolare la tensione equivalente utilizzando l'ipotesi di
Tresca.

A pi

Risultati:

Punto A: a e Ty

Punto B: o
Esercizio 3

Un albero in ghisa G25 avente sezione circolare piena con diametro d

soggetto ad un momento torcente Mt e ad una forza normale di trazione F


(costanti lungo l'albero). Si chiecje di disegnare i cerchi di Mohr relativi ai

punti A, B, C rispettivamente collocati radialmente al centr, a met e


all'esterno dell'albero. Si chiede inoltre di calcolare il coefficiente di

Risultati:
<r, =l23.9MPa

o-

= \59AMPa

PI

374

6 - Tensioni principali ed equivalenti

6.2 - Esercizi consigliati

375

Esercizio 6

Si chiede di determinare il coefficiente di sicurezza della trave in ghisa G5


rappresentata in figura (a = 30 min, 1 = 300 min, P = 450 N, carico

78.1APa

unitario di rottura ghisa G5 150 MPa).


42.2MPa

rc=42.2MPa

Esercizio 8
Per la sezione della barra illustrata in figura (D = 50 mm, d = 40 mm) sono

noti i valori delle caratteristiche di sollecitazione [N= 40000, Mz = 200 Nm,


Mx = 250 Nm). Si chiede di calcolare il valore delle tensioni normali a e

tangenziali t nei punti A, B, C, D e delle tensioni equivalenti negli stessi


Risultati:

punti.

Coefficiente di sicurezza = 2,65


Esercizio 7

Per la sezione della trave illustrata in figura (7i = 160 min, b - 100 mm)
sono noti i valori delle caratteristiche di sollecitazione (T = 600000 N, JV 500000 N, Mz = - 40000 Nm). Si chiede di calcolare il valore delle tensioni
normali Ox e tangenziali Ty nei punti: A{y=+h/2), B(y=+h/4), G{y=O), C(y=h/4), Dfcr-h/2).

Risultati:

<JC = 57 MPa

an =57MPa

Risultati:

atqB=45MPa

Bibliografia
[1]

ASTM E 466-72 Standard practicc for conducting costant amplitude


axial fatigue test of metaliic materiate.

[2]

UNI 3964 Prove meccaniche dei materiali metallici. Prove di fatica a


temperatura ambiente. Principi generali.

[3]

UNI 7670 Meccanismi per apparecchi di sollevamento, istruzioni per


il calcolo.

[4]

Peterson R E, Stress concentration design factors - Charts and


relations useful in making strength calculations for machine parte
and structural elements, Chapman & Hall LTD, London, 1974.

[5]

Fuchs S., Metal Fatigue in engineering, New York, John Wiley &
Sons, 1980.

[6]

Rossetto M., Introduzione alla fatica dei materiali e dei componenti

[7]

Giovannozzi R., "Costruzione di macchine", Voi. I, Ed. Patron,

[8|

Timoshenko, "Scienza delle Costruzioni", Casa Editrice Viglongo,

meccanici, Torino, Levrotto & Bella, 2000.


Bologna, 1965.
Torino, 1989.

[9]

Algostino

F,

Faraggiana

G,

Costruzioni'*, Ed. Utet, 2005.

377

Sassi

Perino

A,

"Scienza

delle

You might also like