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GEOMETRIA
PROG8TTO
~LOONARDO
ESCULAPIO BOLOGNA
Prefazione
n presente testo
sviluppa argomenti tradizionalmente trattati nei corsi di "Geometria" (ovvero di "Algebra e Geometria") nell'ambito delle lauree di primo livello, ed
particolarmente rivolto agli studenti delle Facolt di IngF;gneria e dei Corsi di Laurea
in Matematica, Fisica ed Informatica.
n testo suddiviso in due parti:
la prima parte contiene gli elementi fondamentali di Algebra lineare;
la seconda parte, di carattere pi propriamente geometrico, riguarda le principali propriet degli spazi euclidei, sviluppando in tale ambito la teoria delle
coniche e delle quadriche.
L'esposizione risulta articolata, come ovvio per ogni teoria matematica, in Definizioni
e Proposizioni (o Teoremi, nel caso in cui gli enunciati rivestano particolare importanza) . Particolare rilievo viene attribuito ad Osservazioni ed Esempi atti a:
ISBN 978-88-7488-378-3
Prima edizione: Luglio 2001
Ristampa corretta: Ottobre 2002
Seconda edizione: Settembre 2010
Responsabile produzione: Alessandro Parenti
Redazione: Gabriella Gatti e Giancarla Panigali
Stampa e confezione: L.E.G.O. SpA - Stabilimento di Lavis (TN)
SOCIET EDITRICE
ESCULAPIO
COLLANA PROGETTO LEONARDO
40131 Bologna - Via U. Terracini 30 - Te!. 051-63.40.113 - Fax 051-63.41.136
www .editrice-esculapio.it
Tutti i diritti riservati. Riproduzione anche parziale vietata.
Nessuna parte di questa pubblicazione pu essere riprodotta,
archiviata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma
o con qualsiasi mezzo elettroniCo, meccanico, fotoriproduzione,
memorizzazione o altro, senza permesso scritto da parte dell'Editore.
PREFAZIONE
Indice
Prefazione
Capitolo 1. Insiemi e relazioni
1. Insiemi
2. Operazioni fra insiemi
3. Relazioni ed applicazioni
4. Relazioni di equivalenza e quozienti
5. Cardinalit di un insieme
Capitolo 2. Strutture algebriche
1. Operazioni su insiemi
2. Gruppi
3. Anelli e campi
4. Sottostrutture e morfismi
5. n-ple
6. L'anello dei polinomi
7. Algebre di Boole
Capitolo 3. Matrici e determinanti
1. Matrici e loro operazioni
2. L'anello delle matrici quadrate
3. Matrici ridotte e trasformazioni elementari
4. Permutazioni
5. Determinante di una matrice quadrata
6. Calcolo del determinante
Capitolo 4. Spazi e sottospazi vettoriali
1. Spazi vettoriali
2. Sottospazi
3. Sistemi di generatori
4. Dipendenza e indipendenza lineare
5. Basi e dimensione
6. Componenti di un vettore
7. Somma e intersezione di sottospazi
Capitolo 5. Trasformazioni lineari .
1. Thasformazioni lineari e isomorfismi
2. Matrici associate ad una trasforma~ione lineare
7
7
10
12
15
18
19
19
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23
26
27
.28
30
33
33
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47
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61
61
65
66
69
72
75
77
81
81
88
INDICE
3.
4.
94
97
99
99
105
112
117
117
120
122
127
131
131
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155
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181
181
188
190
191
197
197
211
219
219
224
INDICE
238
244
247
263
273
273
277
281
281
282
283
285
286
Indice analitico
289
:z
CAPITOLO 1
Insiemi e relazioni
1. Insiemi
Non ci addentreremo nella presentazione di una teoria _assiomatica degli insiemi, che
andrebbe oltre gli scopi di questo testo. Supporremo invece noto il concetto intuitivo
di insieme, quale "collezione" di elementi o oggetti, a due a due distinti.
Se A un insieme ed a un elemento di A, diremo che a appartiene ad A e scriveremo
a E A; se a non appartiene ad A, scriveremo invece a r;J. A.
Dati due insiemi A, B, diremo che A un sottoinsieme di B, e scriveremo A B, se
ogni elemento di A anche elemento di B .
Diremo ancora che A e B sono uguali, e scriveremo A = B, se hanno gli stessi elementi
(cio se sono lo stesso insieme). Quindi A = B se e solo se A B e B A. In caso
contrario, diremo che A e B sono diversi e scriveremo A-:/=- B .
Diremo infine che A un sottoinsieme proprio di B, e scriveremo A C B, se A B,
ma A-:/=- B.
Useremo spesso, nel corso della trattazione, i seguenti simboli logici:
"\;/'' (detto quantificatore universale), che si legge "per ogni" o "qualunque
sia";
"3" (detto quantificatore esistenziale), che si legge "esiste un" o "esiste
almeno un";
"3! ", che si legge "esiste uno ed un solo" o "esiste ed unico";
";rl", che si legge "non esiste alcun".
Se P una opportuna propriet ed A un insieme, la scrittura
\:lx E A, P(x)
si legge "per ogni elemento x dell'insieme A, P(x) vera"; la scrittura
3x E A, P(x)
si legge "esiste almeno un elemento x dell'insieme A, per cui P(x) vera"; la scrittura
3!x E A, P(x)
si legge "esiste uno ed un solo elemento x dell'insieme A, per cui P(x) vera"; la
scrittura
;rlx E A, P(x)
si legge "non esiste alcun elemento x dell'insiem e A , per cui P(x) vera".
Useremo anche i .seguenti simboli (connettivi logici) :
1. INSIEMI E RELAZIONI
1. INSIEMI
Si osservi che ci non significa che ogni propriet P dia automaticamente vita ad un
insieme. Infatti il famoso "paradosso di Russel 2 " nasce proprio da una tale assunzione.
Se B un insieme ed A il sottoinsieme di B caratterizzato dalla propriet P,
scriveremo:
P *Q
A= {x E BI P(x)} .
P {:}Q
si legge "P se e solo se Q" ed equivale a "P
Qe Q
P".
Supporremo noto al lettore l'insieme dei numeri naturali l , 2, 3, ... , che sar indicato
con N, nonch le sue propriet element ari.
Esempio 1.1. L'insieme IP' dei numeri naturali pari e l' insieme [)) dei numeri naturali
dispari potranno essere indicati come segue:
IP' = {p E N I :l m E N, p = 2m};
[)) = {d E N I :l m
E N, d
= 2m -
Il principio d'induzione risulta spesso molto utile per dimostrare una "successione di
proposizioni".
Principio d'induzione. 1 Supponiamo data, per ogni numero naturale n, una
affermazione A( n) . Supponiamo inoltre che:
(1) l'affermazione A(l) sia vera;
(2) \fk E N, k 2: 2, se A(k - 1) vera, allora anche A(k) vera.
1}.
m,
Per ogni n E N, indicheremo con Nn l'insieme dei primi n numeri naturali. Indicheremo infine con:
Z l'insieme dei numeri interi relativi;
IQ l'insieme dei numeri razionali;
JR l'insieme dei numeri reali;
e l'insieme dei numeri complessi.
Supporremo inoltre note le principali propriet di tali insiemi numerici.
Si osservi che, anche nel caso di insiemi con un numero finito di elementi, spesso
preferibile la seconda rappresentazione. Ad esempio, l'insieme A dei numeri naturali
compresi tra 2 e 1.000.000.000 potr essere indicato con
= {a, e,i,o,u}.
A= {x I P(x)} .
lTale principio pu equivalentemente essere enunciato in una formulazione alternativa , in cui la
ipotesi induttiva (2) viene sostituita con la seguente:
(2') Vk E N, k 2'. 2, se A(h) vero per ogni h E Nk-li alloro anche A(k) vero.
mentre l'elenco dei suoi elementi, pur teoricamente possibile, presenta evidenti problemi di scrittura.
Diremo insieme vuoto l'insieme 0 privo di elementi; per tale motivo, 0 pu essere
considerato sottoinsieme di un qualsiasi insieme A.
Dato un insieme A, diremo insieme delle parti di A l'insieme:
!,p(A) = {BIB
A}.
In altre parole, !,p(A) l'insieme i cui elementi sono tutti e soli i sottoinsiemi di A.
Ad esempio, se A=
{a, b, c} , allora
!,p(A)
1. INSIEMI E RELAZIONI
10
= {x
EU
Ix E A o x
E B},
AnB
{x EU
11
AUB
Ix E A
ex E B},
A- B = {x E A
I x~
B}.
Se, inoltre, B A, allora l'insieme A - B sar indicato con CAB e sar detto il
complementare di B in A.
Se, ad esempio, A= {1, 2, 3, 4, 6} e B = {1, 3, 5, 7, 9}, allora A - B = {2, 4, 6}, mentre
B - A = {5, 7, 9}.
Dall'Esempio 1.1 segue inoltre che CNJP = !DJ e CN!DJ = JP.
A x B ={(a, b) I a E A e b E B}.
Si osservi che A x B = 0 se e solo se A = 0 o B = 0; inoltre, se A =f=. B, allora
A X B =f=. B X A.
Se A = B, allora il prodotto cartesiano di A per se stesso si indica con A x A o con
A2.
Analogamente sar indicato con An l'insieme delle n-ple (ordinate) (ai, ... , an) di
elementi di A.
Ad esempio, se A= {1,2,3}, B = {x,y}, allora
A x B
= {(1, x), (1, y), (2, x), (2, y), (3, x), (3, y)},
mentre
B x A= {(x, 1), (y, 1), (x, 2), (y, 2), (x, 3), (y, 3)}.
Inoltre
A 2 =AxA={(1,1), (1, 2), (1, 3), (2 , 1) , (2 , 2), (2, 3), (3, 1), (3, 2), (3, 3)}.
B3
AnB=BnA
AUB = BUA,
(propriet commutativa dell'unione e dell'intersezione);
(A u B) u C =A u (B u C),
x B x B
Si determinino
A3
eB
(A n B) ne= A n (B n C)
A u (B n C) =(A u B) n (A u C),
=B
A n (B u C) = (A n B) u (A n C)
3 Augustus De Morgan: matematico e logico inglese (Madura, India, 1806 - Londra, 1871).
4Dal nome del filosofo e matematico francese Ren Descartes (Cartesio) (La Hauge, 1596 Stoccolma, 1650).
12
1. INSIEMI E RELAZIONI
3. Relazioni ed applicazioni
3. RELAZIONI ED APPLICAZIONI
Se !n
ryt-l
{(b,a) E B x A
{x,y} e !n
I (a,b)
E !n}
A x B,
f- 1 (6) = 0.
Sia f : A --+ B una applicazione.
Diremo che
f suriettiva se Im f = B, cio se
't/b E B,3a E A,f(a)
= b;
f iniettiva se
(!(a')= f(a")) =?(a'= a");
f biiettiva se iniettiva e suriettiva, cio se
f.
f(x),
-----+
B
y
Gli insiemi A e B saranno detti rispettivamente dominio e codominio di
H
f.
b}.
f(X)
={a E A I f(a)
+Definizione 1.4.
f- 1 (b)
f: A
13
E BI 3x E X,f(x)
= b}.
In particolare, l'immagine f (A) del dominio A sar anche detta immagine di f e denotata con Im f.
u-
1. INSIEMI E RELAZIONI
14
l :A
gol:A---+C
definita, per ogni a E A, da (g o l)(a) = g(f(a)).
Il simbolo "o" (che sar talvolta omesso) detto prodotto o composizione di applicazioni.
Si osservi che, se l : A ---+ B , g : B ---+ C e h : C ---+ D sono applicazioni, allora
risultano definite sia ho (go!) che (ho g) o l e si ha ho (gol) = (ho g) o f. Inoltre se
A = B = C, allora risultano definite sia gol che lo g. In generale, per, gol # l o 9
Si osservi infine che, se l : A ---+ B e g : B ---+ C sono applicazioni biunivoche, allora
1
1
anche gol biunivoca, e si ha (g o
= 1-l o g- .
n-
+ Definizione
15
Esempio 1.4. Sia Z l'insieme dei numeri interi relativi ed l : Z ---+ Z definita da
f(x) = x 2 , 'ix E Z . L'applicazione l non suriettiva, in quanto Iml # Z (ad esempio
2 rt Imf); l non neppure iniettiva, in quanto x 2 = (- x) 2 , Vx E Z. L'applicazione
f: JR---+ JRt. definita da f(x) = x 2 , Vx E JR (dove JR l'i nsieme dei numeri re~li ed
JRri l'insieme dei numeri reali non negativi) invece suriettiva, ma non iniettiva. Infine
l'applicazione fpR;j : JRri ---+ JRri , restrizione di ad JRri e JR, biunivoca e la sua inversa
VY
Esempio 1.5. Le funzioni sen : JR ---+ JR e cos : JR ---+ JR non sono n suriettive (in quanto,
posto [a, b] = {y E JR I a ::; y ::; b}, si ha Imsen = Im cos = [- 1, 1]), n iniettive
(in quanto, ad esempio, sen O = sen n = O e cos(-n /2) = cos(n /2) = O). Le funzioni
sn : [-n/2,n/2]---+ [-1, 1] e cs: [O , n] ---+ [- 1, 1]. definite ponendo sn x = senx e
cs x' = cos x', per ogni x E [-n /2, 7r /2] e per ogni x' E [O , n]. sono biunivoche. Le
loro inverse sono rispettivamente le funzioni are sen : [-1', 1] ---+ [- n /2, 7r /2] e are cos :
[-1, 1]---+ [O, n].
L'applicazione ex : JR ---+ <C definita, 'ix E JR, da ex(x) = eix = cosx + isenx non
suriettiva (in quanto Im ex = { z E <C I lzl = 1} ), n iniettiva (in quanto, ad esempio,
ex(O) = ex(2n) = 1).
Posto [0,2n[= {t E JR I o::; t < 2n}, l'applicazione ex: [0,2n[---+ Imex e <C, definita da
ex(t) = ex(t) , Vt E [O, 2n[, invece biunivoca .
u-
Sia l : A ---+ B una applicazione ed X A. Diremo restrizione di l ad X l' applicazione lix : X---+ B definita, 'ix E X, da 11x(x ) = l(x ).
.
Talvolta risulta comodo, dati l : A ---+ B ed Y B, con Im l _ Y, considerare
l'applicazione
A---+ Y, tale che f(a) = l(a), Va E A. Si dir che l la restrizione
di l ad Y B .
J:
Esempio 1.3. Sia l : N ---+ N definita da l (n) = 2n, 'in E N; l iniettiva, in quanto
se l(n) = l(m), cio se 2n = 2m, allora n = m . L'applicazione l non pe~ suriettiva
(e quindi neppure biunivoca), in quanto Iml = lP' # N. L'applicazione l : N ---+ lP',
restrizione di l a lP' e N, invece biunivoca .
_
_
1
1
L'applicazione inversa j - 1 : lP'---+ N definita, \fp = 2n E lP', da
(p) = l- (2n) = n.
1
1
Si osservi che effettivamente
o J = Id N e J o
= Id Il'
J-
J-
+Definizione 1. 7.
Dimostrazione. Innanzi tutto, se a E [b], allora a!Jlb; per la propriet simmetrica (S) ,
b!Jla e quindi b E [a]. Se ora x E [a], allora x!Jla e a!Jlb; per la propriet transitiva
(T), x!Jlb, cio x E [b] . Ci prova che [a] [b]. Per simmetria si prova che [b] [a], e
cio che [a] = [b].
o
1. INSIEMI E RELAZIONI
16
n [b] = 0.
= [x] = [b] .
o
+Definizione 1.8.
Diremo insieme
Le relazioni di equivalenza saranno solitamente indicate con simboli quali ",.._,", "':::::'." ,
",..._,"
,..._,' "-"
=.
Esempio 1.6. Sia R l'insieme delle rette del piano. Se r, s E R, poniamo r Il s se e solo
se r e s sono parallele o coincidenti. Allora Il una relazione di equivalenza su R e gli
elementi dell'insieme quoziente R/ Il sono i "fasci" di rette parallele del piano.
Se T l'insieme dei triangoli del piano, allora la congruenza e la similitudine di triangoli
sono relazioni di equivalenza su T.
Esempio 1. 7. (L'insieme Q dei numeri razionali) Supposte note le operazioni in Z ,
se m, m' E Zen, n' E Z - {O}, poniamo (m, n)"" (m', n') se e solo se mn' = nm' .
La relazione "" di equivalenza su Z x (Z - {O}).
Infatti le propriet riflessiva e simmetrica sono immediate; per dimostrare la propriet
transitiva, sia (m,n)"" (m',n') e (m' ,n')"" (m",n"). Si ha allora mn"n' = mn'n" =
= m'nn" = m'n"n = n'm"n = nm"n' . Essendo n' i= O, si ottiene che mn" = nm",
cio (m ,n) ""(m",n").
L'insieme quoziente (Z x (Z - {O}))/"" l'i nsieme Q dei numeri razionali. Ogni elemento
di Q dunque una classe di equivalenza [(m, n )]. con m, n E Z, n i= O; d'uso porre
[(m,n)]
$(A).
Sia
+ Definizione
0 rJ_ Q3
\:/x E A, 3! BE Q3, x E B.
In.altre parole, una partizione di A un ricoprimento, non contenente l'insieme vuoto, i cui elementi sono a due a due disgiunti.
Il risultato che segue mostra come i concetti di "relazione di equivalenza" e di "partizione" siano strettamente connessi.
Teorema 1.4. Se !R una relazione di equivalenza su A, allora l'insieme quoziente
A/!rt una partizione di A .
Viceversa, se Q3 $(A) una partizione di A, allora esiste ed unica la relazione
di equivalenza !R su A, tale che A/!rt = Q3 .
m
n
= - .
z= { 7I ~ E z} Q.
Un
(i) un ricoprimento di A se
17
Esempio 1.8. (L'insieme Zn delle classi resto modulo n) Sia Z l' insieme dei numeri
interi e si.a n un fissato intero positivo. Se x, y E Z, poniamo x = y (mod n) se e solo
se 3 k E Z, x - y = kn. La relazione = (mod n) (detta congruenza modulo n) di
equivalenza su Z. Infatti : (R) x - x = On; (S) se x - y = kn, allora y - x = -kn;
(T) se x - y = kn e y - z = hn, allora x - z = x - y + y - z = kn + hn = (k + h)n.
L'insieme quoziente, di norma indicato con Zn. anzich con Z/ = (mod n), viene detto
l'insieme delle classi resto modulo n . Tale terminologia giustificata dal fatto che esso
consta di esattamente n classi, indicate con O, I, ... , n - 1, dove la classe 'F contiene tutti
e soli gli interi il cui resto della divisione per n uguale ad r.
Infatti, dato comunque z E Z, si ha che z = kn + r, essendo O ::::; r ::::; n - 1. Quindi
z - r = kn, cio z
r (mod n), il che implica z E 'F .
Inoltre, se O ::::; r < s ::::; n -1, allora 'F i= 8, in quanto O < s - r ::::; n -1 e quindi, \:/k E Z ,
s - r i= kn .
1. INSIEMI E RELAZIONI
18
5. Cardinalit di un insieme
+ Definizione
CAPITOLO 2
Strutture algebriche
= m.
+ Definizione 1.12.
Un insieme equipotente con N detto numerabile ed il suo numero cardinale solitamente indicato con No (la lettera N si legge "alef" ed la prima lettera dell'alfabeto
ebraico).
abbastanza semplice provare che ogni sottoinsieme di un insieme numerabile finito
o numerabile. Quindi No il pi piccolo numero cardinale transfinito.
.,.. Osservazione 1.1. Un insieme finito non pu essere equipotente con un suo
sottoinsieme proprio. possibile provare che tale propriet caratterizza gli insiemi
1. Operazioni su insiemi
+ J?efinizione
'
'
'
Esempio 2.1. I "prototipi" di operazioni binarie interne sono l'usuale "somma" e l'usuale
"prodotto" di numeri naturali:
finiti.
= Card JR = c.
+:
NxN
(m, n )
--tN
Hm+ n
NxN
(m, n)
--tN
m. n
i--t
+ :ZxZ--tZ
Esempio 2.2. Sia Q = (Z x (Z - {O}))/ "' l' insieme dei numeri razionali, costruito
nell'Esempio 1. 7.
Poniamo, Vx, z E Z, Vy, t E Z - {O},
(x, y)
+ (z, t ) =
Non difficile provare che, se (x,y)"' (x',y') e se (z,t)"' (z' ,t'), allora
+:QxQ-tQ
:QxQ--tQ
ponendo:
=::
+~
_x_t_+_ z.:.-y
yt )
e .. ) :
2. STRUTTURE ALGEBRICHE
20
X
XZ
yt
2. Gruppi
Esempio 2.3. Le operazioni di "somma" e "pro dotto" di numeri reali (che saranno
supposte note) sono operazioni binarie interne su JR. A partire da queste si definiscono la
somma ed il prodotto di numeri complessi :
(a+ ib) +(e+ id) =(a+ e)+ i(b + d);
(a+ ib) (e+ id)= (ac - bd) + i(ad +be).
Queste risultano ovviamente operazioni binarie interne su C.
x+ y
= x' +
y' ( mod n)
21
2. GRUPPI
xy
+Definizione 2.2.
(e) Un elemento u
E X
o
o o
+
I
I
I
~1; ~
= y l_ x :
'Vx E X,
l_ X= X.
3x' E X,
seguenti tabell e:
x1-x'
= x' 1-x = u.
s+J(U).
Esempio 2.6. Sia X un insieme non vuoto ed Hom(X) l'insieme di tutte le applicazioni
f:
Xl_ y
'Vx,y E X,
ponendo:
xy=xy.
Esse sono ovviamente operazioni binarie interne su Zn.
Se ad esempio, n = 2, allora le operazioni introdotte possono essere visualizzate nelle
= x1-(y 1- z) .
(xl_ y) 1- z
'Vx,y, z E X,
X--+ X . L'applicazione:
o
Hom(X) x Hom(X)
--+
(f,g)
i-+
Dimostrazione. (i) Siano u, u elementi neutri per (X, 1-). Allora, evidentemente:
u
Hom(X)
og
= u1-u = u.
(ii) Sia u l'elemento neutro di (X, 1-) e siano x', x" inversi dix E X . Allora:
x' = x' 1- u = x' 1-(x 1- x") = (x' 1- x) 1- x" = u 1- x" = x" .
Inoltre si ha:
(x 1- y) 1- (y' 1- x') = x 1- (y 1- y') 1- x' = x 1- u 1- x' = x 1- x' = u;
(y' 1- x') 1- (x 1- y) = y' 1- (x' 1- x) 1- y = y' 1- u 1- y = y' 1- y = u.
2. STRUTTURE ALGEBRICHE
22
Esempio 2.1 bis. (N, +) un gruppoide associativo e commutativo. Esso non ammette
elemento neutro.
Se N0 = N U {O}, allora (No ,+) ovviamente associativo e commutativo e O ne l'elemento neutro. Per nessun elemento di N0 , tranne O, ammette opposto.
(N, ) un gruppoide associativo e commutativo; inoltre 1 ne l'elemento neutro. Per
nessun elemento, tranne 1, invertibile.
(Z, +) un gruppo abeliano; O ne l'elemento neutro e l'opposto di z - z .
(Z, ) un gruppoide associativo e commutativo, avente 1 quale elemento neutro. Per i
sui unici elementi invertibili sono 1 e - 1.
Esempio 2.2 bis. (Q, +) un gruppo abeliano; O =
X
-
- X
e -- = -.
E Q,
O.
o o
t = l .t = t = l
.
dI
23
3. ANELLI E CAMPI
invece~y
EQ e
= O.
~i=O,
y
allora
~
invertibile
y
.in (tr11
-..e, ) e -y ne e, I"inverso.
X
3. Anelli e campi
Nel presente paragrafo studieremo strutture algebriche del tipo (X,+,), costituite
da un insieme X e da due operazioni binarie interne su X, che saranno dette rispettivamente somma e prodotto di elementi di X.
+ Definizione 2.4. Sia A un insieme e' +, due operazioni binarie interne su A.
Diremo che la struttura algebrica (A,+,) un anello se soddisfa le seguenti propriet:
x (y
+ z) = (x y) + (x z )
(y + z ) x = (y x)
+ (z x).
La propriet (A3) si esprime anche dicendo che il prodotto distributivo rispetto alla
somma.
Un anello (A,+, ) detto commutativo se il prodotto commutativo.
Un anello (A,+,) detto unitario o con unit se (A, ) ammette elemento neutro.
+ Definizione 2.5. Sia OC un insieme e +, due operazioni binarie interne su OC.
Diremo che la struttura algebrica (OC, +, ) un campo se soddisfa le seguenti propriet:
2. STRUTTURE ALGEBRICHE
24
In altre parole, un campo (OC,+,) un anello commutativo ed unitario (contenente almeno due elementi), in cui ogni elemento diverso da O invertibile rispetto al prodotto.
25
3. ANELLI E CAMPI
+Definizione 2. 7.
.., Osservazione 2.2. La mancanza di divisori dello zero nell'anello A equivale alla
seguente propriet, nota come legge di annullamento del prodotto:
Proposizione 2.2. Ogni campo privo di divisori dello zero e la sua caratteristica
zero o un numero primo.
(JR,+,)
Esempio 2.9. (L'anello delle classi resto modulo n) Per ogni n 2".: 2, (Zn , + , ) un
anello commutativo con unit (si veda l'Esempio 2.4 bis) . Si pu provare che (Zn, +, )
un campo se e solo se n un numero primo.
fatto che (A, +) un gruppo abeliano e che (A,) un gruppoide associativo. Cos
l'elemento O unico e l'opposto -a di a E A unico. Inoltre, se A ammette elemento
unit, questo unico; se poi A un campo, l'inverso a- 1 di a E A* unico.
Gli anelli godono di altre propriet elementari che dipendono, oltre che dagli assiomi
dei gruppi abeliani e dei gruppoidi associativi, anche dalla distributivit del prodotto
rispetto alla somma.
Ad esempio, se (A,+, ) un anello, allora, per ogni x E A, si ha:
0 X
= X Q
= 0.
.,. Osservazione 2.1. Se A un anello con unit che contiene almeno 2 elementi,
allora, quale conseguenza immediat a della propriet precedente, si ha sempre 1 =f. O.
In particolare, ogni campo contiene due elementi distinti O e 1.
n 11 volte
la mancanza di divisori dello zero implica che uno almeno dei due fattori deve essere
nullo, contro l'ipotesi che n sia la caratteristica di OC.
Esempio 2.10. L'anello degli interi (Z, +, ) privo di divisori dello zero ed ha caratteristica zero. I campi (Q, +, ), (JR,+, ) e (C, +,)dei numeri razionali, reali e complessi
hanno caratteristica zero.
Esempio 2.11. Per ogni n 2".: 2, l'anello delle classi resto modulo n (Zn, +,)ha caratteristica n; inoltre, ha divisori dello zero se e solo se n non un numero primo. Ad esempio
2 e 3 sono divisori dello zero in Z 6 . Ci conferma che, se n non primo, Zn non un_
campo.
Esempio 2.12. Se U un insieme non vuoto, poniamo, 'V A, B
I concetti di caratteristica e di divisore dello zero, che stiamo per introdurre, inducono
a riflettere su alcune familiari propriet, valide nell'anello Z degli interi (e nei campi
Q, JR o C dei numeri razionali, reali o complessi), che devono essere usate con cautela
in ambito pi generale.
Definizione 2.6. Sia (A,+,) un anello con unit (in particolare, un campo) .
Se, per ogni m E N, si ha 1++1 =f. O, allora diremo che A ha caratteristica
mvolte
zero. In caso contrario, diremo caratteristica di A il minimo intero positivo n tale che
1+ . . . +1 =o.
nvolte
A+ B = (A U B) - (A n B);
U:
AB=AnB.
n volte
n volte
=/. O, allora
b = (a- a) b = a- (a b) = a- O= O;
n volte
In ogni anello (A,+,) valgono alcune propriet elementari che sono conseguenze del
2Dal nome del matematico inglese George Boole (Lincoln, 1815 - Cork, 1864).
26
2. STRUTTURE ALGEBRICHE
4. Sottostrutture e morfismi
+ Definizione 2.8. Sia X un insieme, T un'operazione binaria interna su X ed
Y X. Diremo che Y chiuso rispetto all'operazione T se:
'rfx,y E Y,
xTy E Y.
Ty:YxY-tY
che risulta un'operazione binaria interna su Y.
Diremo, per brevit, che T y la restrizione ad Y X dell'operazione T. Inoltre,
con abuso di linguaggio, spesso indicheremo T y ancora con T.
Nel seguito l'elemento neutro del gruppo G sar indicato con u.
27
5. n-PLE
Esempio 2.14. Se (A,+,) un anello con unit, allora il sottoinsieme {1, -1}, con
/'operazione di prodotto indotta da A, un gruppo.
Se A tale che 1+1 =O, allora 1 = -1 e quindi {-1, 1} si riduce al gruppo banale {1}
costituito dalla sola unit di A.
Se, invece, 1+1 =!= O, allora l'applicazione f : Z 2 = {O, I} -+ {1, -1}, definita da
f(O) = 1 e f(I) = -1 un isomorfismo di (Z2, +) in ({l, -1}, ).
Esempio 2.15. Sia J(A) l'insieme degli elementi invertibili (rispetto al prodotto) di un
anello unitario A.
Evidentemente 1 E J(A) e, per la Proposizione 2.1 (i), 'rfx,y E J(A), x Y.~ I(A) .e.
x-1 E J(A). Ci prova che (J(A), ) un gruppo, detto il gruppo degli elementi mvert1b1/t
di A.
Si osservi che {-1, 1} un sottogruppo di J(A). Inoltre, se IK. un campo, allora
J(IK.) = IK. - {O}.
I a> O}.
Evidentemente, (JR+,) un sottogruppo di (JR*,).
Se a E JR+, a=!= 1, indichiamo con expa : JR-+ JR* la funzione esponenziale che ad x E JR
associa expa(x) = ax E JR*.
noto che expa una funzione crescente, dunque iniettiva, e che Im expa =JR+. Inoltre,
se x,y E JR, allora
Esempio 2.16. Sia JR il campo dei numeri reali, JR*= JR-{O} e JR+= {a E JR
cp(x
* y) = cp(x) * cp(y).
+Definizione 2.12. Siano (JF, +,)ed (JF', +,)due anelli (in particolare, due campi).
Diremo omomorfismo di lF in JF' ogni applicazione cp : lF-+ JF' tale che, V x, y E lF:
(i) cp(x + y) = cp(x) + cp(y);
(ii) cp(x y) = cp(x) cp(y).
Per isomorfismo (tra due gruppi o tra due anelli o tra due campi) intenderemo sempre
un omomorfismo biiettivo. Si noti che l'inverso cp- 1 di un isomorfismo cp ancora un
isomorfismo.
5. n-ple
Sia IK. un anello commutativo con unit (in particolare, un campo). Se n E N sia poi
ocn l'insieme delle n-ple di elementi di IK (si veda 2 del Capitolo 1):
Q.
Analogamente Q pu essere identificato con un sottocampo Q del campo JR dei numeri
reali ed JR pu essere identificato con un sottocampo i del campo C dei numeri complessi.
IK.n -+ IK.n
11
2. STRUTTURE ALGEBRICHE
28
ponendo:
29
Indicheremo con OC[t] l'insieme dei polinomi nella indeterminata t a coefficienti in OC.
Le operazioni di somma e prodotto di polinomi in OC[t], sono definite come segue:
J2.
se
ocn
2: aiti,
+ q(t)
= r(t) =
biti E OC[t],
L Cktk,
L (ai+ bi)ti;
k
dove Ck =
L arbk-r
r=O
kElllo
La struttura (OC[t], +, ) un anello commutativo con unit (lo zero di OC[t] il polinomio nullo O, cio il polinomio LiElllo ziti, con Zi = O per ogni i E N 0 ; l'unit di
OC[t] il polinomio 1, cio il polinomio LiElllo uiti con u 0 = 1 e u 1 =O, per ogni j ;::: 1).
>. p(t) =
e Vp(t) =
L (>. aiW
i E No
= (1 , 3, O),
a2 =(O, 1, 1),
.xi = 2,
a 3 =(O, O, 1),
~ =
(1, 7, -3)
>.2 = -1,
+ Definizione
allora
L
i E lii o
Ad esempio, in JR. 3, se
ai
q(t) =
i E lii o
p(t)
Definizione 2.13. Siano ai = (aL .. . , af ), ... , 3.m = (a;., ... , a~) n-ple di
elementi di OC e siano .xi, ... , >. m elementi di OC. Diremo combinazione lineare di
ai, , a..n con coefficienti .xi, ... , .xm la n-pla
.xi. (aL ... ) af) + ... + .xm. (a;,,, ... )a~) =.xi . ai+ ... + .xm. 3.m E
p(t) =
allora:
2: aiti
i E No
I gr(p(t)):::; r}.
.,
30
2. STRUTTURE ALGEBRICHE
Ad esempio, l'espressione 1 + 2t + t 3
31
(iii) ciascuna delle due operazioni distributiva rispetto all'altra, cio per ogni
a, b, c E A, risulta
t 4 rappresenta il polinomio
7. ALGEBRE DI BOOLE
ai ti E Z[t],
au(bnc) =(aub)n(auc)
i E No
an(buc) =(anb)u(anc)
(iv) Per ogni a E A esiste a' E A (detto complemento di a) tale che
a u a'
p(t) + q(t) = 2t + 2t 3 ;
p(t). q(t) = -1+2t + 6t 2 - 3t 3 - 9t 4 - 9t 5 ;
7p(t)=7-21t 2.
=1
a n a'
= O.
11o11
OlfOT1
1lfTTT
Il o 11
1lfOlT
o
.... Osservazione 2.5. Dalla Proposizione 2.3 (a) segue subito che ocr[t] un sottogruppo del gruppo abeliano (JK[t], + ).
Inoltre, per la Proposizione 2.3 (b), se a E lK = JK 0 [t] e q(t) E lKr [t], allora
a q(t) E lKr[t].
In generale, per, se p(t), q(t) E ocr[t], con r;::: 1, allora p(t) q(t) E JK 2r [t](si veda la
Proposizione 2.3 (c)). Dunque, per r;::: 1, ocr [t] non un sottoanello di (JK[t], +, ).
.,. Osservazione 2.6. (JK[t], +, ) non un campo. Infatti, se p(t) E JK[t] ha grado
m;::: 1, allora, qualunque sia il polinomio non nullo q(t), per la Proposizione 2.3 (c),
gr (p(t) q(t));::: me quindi p(t) q(t)-/= l. Ci prova che p(t) non invertibile.
7. Algebre di Boole
+Definizione 2.15.
a n b = b n a;
a n 1 = a;
.,. Osservazione 2. 7. Si not i che negli assiomi che definiscono le algebre di Boole
(Definizione 2.15) possibile intercambiare le operazioni U e n e gli elementi neutri
O e 1 rimanendo all'interno del sistema di assiomi st esso. Ne segue che da ogni
affermazione vera su un'algebra di Boole A , espressa in termini di U, n, O e 1, se ne
pu ottenere un'altra - detta duale della precedente-, pure vera su A, intercambiando
ovunque i simboli U e n ed i simboli O e 1. Tale propriet nota come Principio di
dualit.
3In realt, si dimostra che ogni a lgebra di Boole finita (A, u, n) isomorfa a ll 'algebra di Boole
dei sottoinsiemi di un insieme X; da questo segue che la cardinalit di A esattamente 2n, dove n
la cardinalit di X.
2. STRUTTURE ALGEBRICHE
32
CAPITOLO 3
Matrici e determinanti
1. Matrici e loro operazioni
:----::-:--._
Analogamente, facendo uso degli assiomi delle algebre di Boole (Definizione 2.15)
e del Principio di dualit (Osservazione 2. 7), uniti alle propriet contenute nella
Proposizione 2.4, non difficile provare le seguenti affermazioni:
t,..f _!>efinizione 3.1 ia X un insieme e sia (m, n) una: coppia di interi positivi. Si
illce matrice di tipo m x n a coefficienti in X una applicazione A : Nm x !'.in -+ X.
Se m = n, allora A detta matrice quadrata dj ordine n.,
Va,b,cEA,
(aub)Uc=aU(buc) e (anb)nc=an(bnc) .
Inoltre:
Va E A, unico l'elemento a' E A tale che
Va,bEA, (aUb)'=a'nb';
Va E A, (a')' = a.
a U a'= 1 e a n a' = O;
+ Definizione
A=
al1
al2
ain
a21
a22
a2n
am
1
a2
am
n
Ad esempio, la matrice
A= (
1 Scriveremo talvolta A(i,j) =
-1
v'3
4
3. MATRICI E DETERMINANTI
34
appartiene a M2 x3(1R); le sue due righe sono le terne a 1 = (2, v'3, -2), a 2 = (-1, 4, O) E
JR 3, mentre le sue tre colonne sono le coppie a 1 = (2,-1), a2 = (v'3,4), a3 = (-2,0) E
JR2.
Ad esempio, date
A=(~
Si osservi che ogni matrice di tipo 1 x n (risp. mx 1) si identifica con la n-pla (risp.
con la m-pla) costituita dalla sua unica riga (risp. colonna). Pertanto, l'insieme
M1 xn (X) (risp. Mmxi(X)) si identifica con xn (risp. con xm).
+ Definizione 3.2.
35
-1
v'2
e 4 E JR, si ha:
B=(2+5
3-4
-1 +6
v'2+1
0-2)
l+O
~l
42
4-A = ( 4.3
4. (-1)
4. v'2
40
8
)
=
(
12
41
5
v'2+1
-4 o
4v'2 4
-2
1
+ : Mmxn(OC)
-2O )
v'3
2
- 1
M2 x3 (1R)
- 1 )
4
E M3x2(1R).
d =a aj.
.:i
f-----t
Mmxn(OC)
A+ B
ed un'operazione
: OC
v'3
-2
Mmxn(OC) --+
(A, B)
la matrice
2
Mmxn(OC) --+
(a, A) f-----t
Mmxn(OC)
a A.
Si noti poi che, nel caso particolare delle matrici riga (risp. colonna), tali operazioni
coincidono con quelle gi introdotte nel 5 del Capitolo 2, identificando Mi xn (OC)
(risp. Mmxi(OC)) con ocn (risp. con ocm).
Proposizione 3.1. La struttura algebrica (Mm xn (OC), +) un gruppo abeliano.
Valgono inoltre, per ogni a, (3 E OC e per ogni A, BE Mmxn(OC), le seguenti propriet:
(a) (.a+f3)A=(aA)+(f3A);
(b) a(A+B)=(aA)+(aB);
(e) a ((3 A)= (a(3) A;
(d) l A= A.
Dimostrazione. una semplice verifica.
Si noti comunque che l'elemento neutro rispetto alla somma la "matrice nulla"
O E Mmxn(OC) avente tutti gli elementi uguali a O, mentre l'opposta di A= (a;) la
matrice -A= (-aj) .
D
Introdurremo ora una operazione di prodotto tra matrici che, assieme alla somma,
dar all'insieme delle matrici quadrate di ordine fissato una struttura di anello con
unit.
3. MATRICI E DETERMINANTI
36
Definiamo innanzi tutto prodotto naturale di due n-ple a= (ai, .. . , an), b = (b 1 , ...
bn) E Kn l'elemento
37
(a, b) =
L akbk E K.
Ad esempio,
k= l
(~
Ad esempio, date
a=
mentre
(3,-1,~),
.
----
(a, b) = 3 1 + (-1) O+
2 v'2 =
3+
~)=(~ ~)
V2
2 .
Proposizione 3.2. Se (A, B) e (B, C) sono coppie conformabili, allora anche
(A B, C) e (A, B C) sono coppie conformabili e si ha:
,
efinizione 3.6. Una coppia (A, B) di matrici a coefficienti in
K detta coniormabile se il urrrero delleColOnn cIT'lJ uguale al 6lu mero delle :ig~ di
BJ -
+Definizione 3. 7. Data una coppia conformabile (A, B), con A= (ai) E Mmxn(K)
e B
o 1
( o o )(~
b = (1, 0, V2) E JR 3 ,
si ha
(A B) C = A (B C).
Dimostrazione. Supponiamo A E Mm xn(K), BE Mn xp(K), CE Mp x 9 (K); allora
A B E Mm xp,
(a;),
t,
'i~ (t,a;~)
mentre il generico elemento
Ad esempio, se
si di (A B) C sar
,;,
ti di A (B <?) sar
i
tk
B C E Mnxq
~ aii
= f;:i.
2i bh ckh) .
({-..
(a1, b1)
A B =
(a 2, b1)
( (a3, b1)
(a1, b2)
(a2, b2)
(a3, b2)
3 2+v'2 v'2
=
si = ti
+ C) = (A B) + (A C)
(risp . (B + C) A= (B A)+ (C A)) .
A (B
Dimostrazione. una semplice verifica (il cui procedimento risulta del tutto analogo
a quello della Proposizione 3.2).
D
... Osservazione 3.2. La conformabilit di (A, B) non implica, in generale, la conformabilit di (B, A) . In effetti, se A E Mmxn(K) e B E Mrxs, allora (A, B)
conformabile se e solo se n = r, mentre (B, A) conformabile se e solo se s = m.
3. MATRICI E DETERMINANTI
38
+ Definizione 3.10.
Proposizione 3.4.
(a) t(A+B) = tA+ tB;
39
In altri termini, A triangolare alta (risp. bassa) se tutti gli elementi "al di sotto"
(risp. "al di sopra") della sua diagonale principale sono nulli.
Evidentemente, se A triangolare alta, allora tA triangolare bassa e viceversa.
o
Ad esempio, la matrice
u ~)
o
A=
Sia Mn(lK) l'insieme delle matrici quadrate di ordine n a coefficienti nel campo JK.
+ Definizione 3.8.
tA =
o
2
o o
1 o
v'3 o
triangolare bassa .
U!O
(-1, 1,5).
A n tA
Risulta
utile, ai fini notazionali, introdurre i seguenti simboli 5iJ (indicati anche con
..
8'3 o con 8ij), noti come simboli di K ronecker 2 , definiti, per ogni i E Nm e per ogni
j E Nn, da:
sei-/=j
Dimostrazione. una semplice verifica (si vedano anche le Proposizioni 3.2, 3.3).
se
i= j
essendo, come d'uso, O e 1 gli elementi neutri rispettivamente della somma e del
prodotto in JK.
Si dice matrice identica di ordine n su lK la matrice In = (8j) E Mn(lK), cio la
matrice diagonale di ordine n avente ogni elemento della diagonale principale uguale
a 1.
2 Leopold Kronecker: matematico tedesco (Liegnitz, 1823 - Berlino, 1891) .
> 1,
Infine, se n
> 1, esistono in Mn(lK) matrici non nulle che non ammettono inversa.
40
3. MATRICI E DETERMINANTI
Ad esempio, la matrice
41
Esempio 3.1. Il gruppo ortogonale 0 1(JK) costituito dalle matrici (I) e (-1).
Esempio 3 .2. Analizziamo il gruppo ortogonale 0 2(JR). Se
X=(~~)
A= (
~ ~
) E M2(JR),
si ha A E 02(JR) se e solo se
AX=(~ ~)
non pu mai essere la matrice identica h di M 2(JK).
(I)
Le matrici di Mn(lK) invertibili rispetto al prodotto sono dette regolari. L'insieme
delle matrici regolari di Mn(lK) si indica con il simbolo GLn(lK).
Si osservi che, come caso particolare della Proposizione 2.1 (ii), se A, B E GLn(lK),
allora anche A BE GLn(lK) e si ha (A B)- 1 = s- 1 A- 1.
Si ha pertanto:
Teorema 3.6. La struttura algebrica ( GLn(lK), ) un gruppo (non abeliano per
n > 1) detto "gruppo lineare di ordine n su lK ".
(II)
(III)
a 2 + b2 = 1
c2 +d2 =1
ac+bd= O
(I')
(II')
(II I')
a2_+c2=1
b2 +d2 =1
ab+ cd= O.
Come noto, condizione necessaria e sufficiente affinch, nel campo JR, valga (I) {risp.
(II)) che esista uno e un solo cp E [O, 2n[ {risp. 'ljJ E [O, 2n[) tale che:
ab = cos cp
= sencp
(risp.
c=cos'ljJ)
{ d=sen'ljJ
da cui cp - 'ljJ = n/2 oppure cp - 'ljJ = 3n/2. Poich, per tali valori, anche (I'), (II'),
(II I') risultano soddisfatte, si conclude che:
('.) 2(JR)= { (
coscp
-sen cp
sencp )
cos cp
I cp E [O ' 2n[} U { (
coscp
sen cp
sencp )
- cos cp
I cp E [O ' 2n[}.
o
+Definizione 3.11. Una matrice
o
Il gruppo ( On(lK), ) detto gruppo ortogonale di ordine n su lK.
Proveremo in seguito (Proposizione 3.20) una importante caratterizzazione delle matrici ortogonali.
Il presente paragrafo si riveler di notevole importanza nel successivo 6 e, soprattutto, nel Capitolo 6.
+ Definizione 3.12.
V~rice
= (ai) E Mm ~ n(lK) si dice '(ridotta a gradini 1
(per riga) o anche, pi semplicemente, ridotta se esiste un intero jh, O :::; h < m) tale
che:
(1) se 1 :::; r:::; h, la r-esima riga ardi A contiene un elemento ajr i- O (jr E Nn) ,
mentre tutti i suoi elementi aj aventi indice di colonna j < Jr sono nulli;
inoltre si ha )1 < )2 < < Jhi
(2) se h + 1 :::; r :::; m, la r-esima riga ar di A nulla.
3 . MATRICI E DETERMINANTI
42
43
Gli elementi ajr, r E Nh, sono detti[iementi speciali o pivotJdi A, mentre l'intero h
detto (rango~ A.
- Si osservi che se h = O, A necessariamente la matrice nulla.
Teorema 3.9. Ogni matrice A E Mmxn(OC) trasformabile in una matrice ridotta (risp . completamente ridotta) mediante una successione finita di trasformazioni
elementari T1 e T2 (risp. T1, T2 e T3).
O,
cio che ogni elemento speciale l'ultimo elemento non nullo della colonna cui appartiene. Pertanto, una matrice quadrata ridotta sempre triangolare alta.
Si osservi che la condizione (3) equivale a richiedere che ogni pivot sia uguale a 1 e
costituisca l'unico elemento non nullo della colonna cui appartiene.
Pertanto l'unica matrice quadrata di ordine n completamente ridotta di rango n la
matrice identica In.
Ad esempio, se
A~
o 2 3 -1
o o o 1 3
o o o o 2
o o o o o
e~
( o 5
o o
4
6
-1
)
)
B=
u ),
D~ (
3 4 o o
o o 1 o
o o o 1
o o o o
1 o o
o o o
o o 1
allora:
A ridotta, ma non completamente ridotta;
B completamente ridotta;
quadrata ridotta (e dunque triangolare alta), ma non completamente ridotta;
D non ridotta, ma risulta triangolare alta (anzi, addirittura diagonale) .
[ai~ ai+ ai a 1 ],
Nella matrice A 1 cos ottenuta, i cui elementi, per comodit di notazione, saranno
ancora indicati coi simboli
le prime 11 - 1 colonne sono tuttora nulle ed inoltre,
a;,
a;,
= -b;k (bjk)- 1,
In tal modo si perviene ad una matrice ridotta C i cui pivot sono gli unici elementi
non nulli delle rispettive colonne.
Moltiplicando la riga k-esima, per ogni k E Nh, per l'inverso del pivot in essa contenuto (e, dunque, applicando ad ogni riga una trasformazione elementare T3), si perviene
ad una matrice completamente ridotta D .
Esempio 3.3. Applichiamo il procedimento indicato nella dimostrazione del Teorema 3.9
alla matrice
+ Definizione 3.13.
a1al ].
o
3
-2
-2
-A=
(~
3
-2
2
1 )
-2
-2 -2
2 -8
44
a3
a3 +
~a2
a4
a4 -
~a2
~B~u
o
3
A,~
o
3
o
o
o -2
o o
al
a2
a3
3.
3
o
-2
-8
al~
21
2
1
2/3
-14/3
C=
a3 + ...!..a4
11
a3
a4
la2
3
_la3
2
-.l..a4
22
A3 =
o o
o 3 o
o o -2
o o o
o o
o
o -2
o o
o
o
o
-22/3
3
1
2/3
-22/3
)~
o o o
o 1 o o
o o 1 o
o o o 1
1
D=
4. PERMUTAZIONI
45
al+ la3
2
a 4 ~ a 4 -4a3
2/3
-22/3
al + J1...a4
22
a2 + .l..a4
22
MATRICI E DETERMINANTI
l} n!.
4. !Per utazion!J
;::=:
8;
{(1, 3), (1, 5), (1, 6), (1, 7), (1, 8), (2, 3), (2, 4), (2, 5), (2, 6), (2, 7), (2, 8),
(4,5), (4,6), (4, 7), (4,8), (5,6) , (5, 7), (5,8), (6,8), (7,8)}.
Pertanto si ha (p) = 20, signp = (-1) 20 = l.
46
3. MATRICI E DETERMINANTI
(ii) Per
signp =
dispari)
sia di r
(-lY =
la Proposizione 3.11 (b) e per il punto (i) del presente Teorema, si ha che
1 (risp. signp = -1) se e solo se p prodotto di un numero pari (risp.
di trasposizioni. Ci prova che, se p pu essere espresso come prodotto
trasposizioni che di s trasposizioni, allora r e s hanno la stessa parit e
(-1) 8 = signp.
D
h1=1,
h2 = 2,
hJ = 3,
h4 = 4,
allora
PO tr,r+l = (p1, 1Pr+l1Pr1 1Pn)
Sia (i , j) E 1;;: : si attribuisce segno + 1 o -1 alla coppia (i, j), a seconda che essa sia
o no in inversione.
Nel passaggio da p a potr,r+I, ci sono un numero dispari di coppie che cambiano segno:
infatti, oltre alla coppia (r, r + 1), cambiano segno, per ogni i < r (risp. i > r + 1) tale
che min{p(r ), p(r + 1)} < p( i) < max{p(r ), p(r + 1)}, tutte le coppie (i, r ), (i , r + 1)
(risp. (r, i), (r + 1, i)). Quindi
Se ora t
47
k1=3;
k2 = 8;
kJ = 6;
k4 = 7;
pot1,J
po t1,J
po t1,J
po t1,3
Si ha allora
p = t4,7 o t3,6 o t2,8 o t1,3
. th ,k = th ,h+l o th+l ,h+2 o . .. o tk - 2,k-l o tk- 1,k o tk- 2,k-l o ... o th+l,h+2 o th,h+l
Quindi
-l) .
Dimostrazione. (i) Sia p = (p 1, ... , pn) E 6n. Dal momento che, data comunque una
trasposizione t;,j E 6n, si ha t;,j o t; ,j = Id n, possiamo supporre p =/=- Id n Sia allora
h1 il minimo intero per cui Ph 1 =/=- h1 (1 :::; h1 :::; n- l) . Se h1 = n- l , allora p = tn-1,n
una trasposizione ed il risultato banalmente vero.
Se, invece, h 1 < n - 1, sia k 1 l'intero tale che Pk, = h1 (h1 + 1 :::; k1 :::; n). Allora la
permutazione p' = po th 1 ,k1 tale che p~ =i , per 1 :::; i:::; h1 .
Un numero finito di passi analoghi prova che esistono (h 1 , k1) , ... , (hm , km) E 1;;: , tali
che
Ci implica che
Sia IK un campo e sia Mn(IK) l'insieme delle matrici quadrate di ordine n a coefficienti
in lK.
3. MATRICI E DETERMINANTI
48
+ Definizione 3.19.
Ad esemp;o,
a;(n) E OC,
p E6n
"' A~ ( ~I ~
2)
3
49
, allora A'=
(3
0..2 3 ,, 0)
-' , 2;3 "} 1 2
1 - 5X.o,'( 1"'- 5
e quindi :
det A = 3 2 O+ O 3 1 + 2 ( -1) 5 - 2 2 1 - 3 3 5 - O ( -1) O
= o+ o - 10 - 4 - 45 - o = -59.
detA = det(tA).
Dimostrazione. Basta provare che, per ogni A = (a;) E Mn(OC), si ha:
Esempio 3.4.
(c) Se
~l
; ).allora detA=17-3(-1)=10.
n = 3, si ha
6 3 = { ld 3 = (1, 2, 3), (2, 3, 1) , (3, 1, 2), (3, 2, 1), (1, 3, 2), (2, 1, 3)}
dove le prime tre permutazioni sono di classe pari mentre le ultime tre sono di
classe dispari .
Pertanto si ha :
1 2 3
1 2 3
1 2 3
1 2 3
1 2 3
1 2 3
)
d et A = a 1 a 2 a 3 + a 2 a 3a 1 + a 3 a 1 a 2 - a3a 2 a 1 - a 1 a3a 2 - a 2 a 1 a3 .
Si usa spesso, per ricordare i sei addendi dei determ inanti di ordine tre, la
seguente regola di Sarrus4 : costruita la matrice A' aggiungendo alla destra di A
le prime due colonne di A stessa, il determinante di A si ottiene come somma
algebrica dei prodotti degli elementi della diagonale principale di A e delle sue
due parallele in A' (col segno positivo) e dei prodotti della diagonale secondaria
di A e delle sue due parallele in A' (col segno negativo), cos come indicato nel
seguente schema :
A'=
("l ""
ai
a31
a~
a~
al
1
al
3
al
2
X
a2
3
X
/
a~
/
ai
X
ar
""
al
a~
""
"" + ""
.... .
a~(n).
pE6n
Il risultato si ottiene essenzialmente dalla commutativit del prodotto in OC, riordinando gli elementi di ogni addendo di det A per colonna, anzich per riga.
o
Esaminiamo ora alcune notevoli propriet del determinante di una matrice A E
Mn(OC) .
Con il termine linea intenderemo indifferentemente una riga o una colonna di A;
qualora una stessa propriet coinvolga pi linee, intenderemo che queste siano contemporaneamente tutte righe o tutte colonne.
Dimostreremo tali propriet relativamente alle righe; la validit delle analoghe propriet relative alla colonne immediata conseguenza della Proposizione 3.14.
,) "?:
C:1
c).o~
o
Propriet II. 5 Se B la matrice ottenuta scambiando tra loro due linee della matrice
A E Mn(OC) (cio mediante una trasformazione elem entare T1 di riga o di colonna),
si ha:
det B = -detA.
Dimostrazione. Supponiamo che B si ottenga da A = (a~) scambiando la sua h-esima
riga con la k-esima (h < k). Si ha pertanto, posto B = (b~), per ogni j E Nn, bj = aj,
lM
{h , k} , bii =ai.
i
bik =aih e, per ogm i E 1'1n
Allora, ricordando che, se p E 6n, signp = - sign (po th,k) (Proposizione 3.11 (b)),
a~
det A=
+
5Si noti che, nel caso in cui il campo lK abbia caratteristica 2, essendo +l = -1, questa proprieta
si traduce nella invarianza del determinante rispetto allo scambio di linee.
3 . MATRICI E DETERMINANTI
50
det B
51
= 6n, si ha:
Ad esempio, se:
2 4)
pE6n
s1gnp ap(l)
2
5
poich (6, 2, 4)
s1gnp ap(I)
= 2(3, 1, 2),
3
6
ed A 1 =
(3
- 1
1
1
2
si ha det A = 2 det A 1.
pE6n
L: (- sign (po th ,k)). a;oth.k(l) a;oth ,k(h) a;oth ,k(k) a;oth .k(n)
pE6n
'"' '
~
1
s1gnp ap'(l)
Propriet IV". Se una linea di una matrice A E M n (OC) la somma di due n-ple e
A1 (risp. A2) denota la matrice ottenuta da A sostituendo a tale linea la prima (risp .
la seconda) n-pla, si ha:
det A = det A 1 + det A 2.
h
k
n
ap'(h)
ap'(k)
ap'(n)
-- - detA
p'E6n
= O.
det A =
Dimostrazione. Scambiando le due linee uguali, si riottiene la matrice A: per la Propriet II si ha quindi det A = - det A. Nel caso in cui il campo lK abbia caratteristica
diversa da 2, questo implica necessariamente det A= O, come affermato dall'enunciato . La Propriet comunque valida per ogni campo JK, ma la dimostrazione nel caso
di un campo a caratteristica 2 esula dagli scopi del presente testo.
signp a;(l)
a;(h) a;(n)
(bhp(h)
p E 6n
_ '"' .
1
s1gnp ap(l)
+ cp(h)
h ) ap(n)
n
pE6n
L
L
p E 6n
Si soliti esprimere la Propriet III dicendo che l'applicazione det : Mn(lK) --+ lK
alternante.
Propriet IV'. Se A la matrice ottenuta moltiplicando una linea della matrice
A 1 E Mn(lK) per un elem ento a E lK (in particolare, per a -=/= O, se A si ottiene da
A 1 mediante una trasformazione elementare T3 di riga o di colonna), si ha:
detA =a detA1.
'"'"
'"' .
~
det A =
1
s1gnp ap(l)
= a
c;(h) c;(n) =
o
)
Ad esempio, se:
A ~ ( ~1 ~
n,
A,~ ( ~1
J
3
n,
A,~ ( ~1
4)
o
1 3
8 6
h
n
ap(h)
ap(n)
p E 6n
s1gnp blp(l)
signp c;(l)
p E 6n
a bhp(h) bnp(n) --
pE6n
Dimostrazione. sufficiente provare la propriet nei casi particolari in cui (a) la riga
h-esima di A sia a volte la riga k-esima, (b) la riga h-esima di A sia somma della
riga r-esima e della riga s-esima. La prova, nel caso generale, si ottiene per ripetute
applicazioni di (a) e (b).
(a) Supponiamo quindi che ah= a ak. La matrice B, ottenuta moltiplicando per
53
3. MATRICI E DETERMINANTI
52
a la riga k-esima di A ha due righe uguali e pertanto det B = O (Propriet III). Del
resto, per la Propriet IV', det B = a det A, per cui det A = O.
(b) Supponiamo che ah = ar + a 8 . Indichiamo con A 1 (risp. A2) la matrice otte~uta
da A sostituendo ar ad ah (risp. a 8 ad ah). Ai ed A2 hanno entrambe due nghe
uguali e pertanto (Propriet III) det A 1 = det A2 = O. Del resto, per la Propriet
IV", det A = det A 1 + det A2 per cui det A = O.
Ad esempio, se
A~ ( ~7
1
7
5
poich
ci= l:a~bh.
h=l
Si ottiene pertanto:
det e= det(c 1 , c 2, .. . ) cn) = det ( t
h=l
+ 2. (1, 5, 6),
B,
~(
3 1 2
3 1 2
1 5 6
) 'B,
~(
ahbh,) .
h=l
La multilinearit del determinante, applicata alla prima riga di C, prova allora che:
3 1 2
1 5 6
1 5 6
detC= ta1det
k=l
h=l
Applicando ancora iterativamente tale propriet a partire dalla seconda riga di C fino
alla sua n-esima riga, si ottiene:
det
2::
e=
ad(l) . a~( 2 )
.....
dEV;_,n
detB
det e=
= detA .
Dimostrazione. Basta provare la propriet nel caso in cui B si ottenga da A sostituendo alla riga ai la riga ai + a ai, con a E lK e i =f. j. Se C indica la matrice ottenuta
da A sostituendo alla riga ai la riga ai, si ha, per la Propriet III, det C = O. Dalle
Propriet IV' e IV" segue allora:
det B = det A
avendo indicato con V~ .n l'insieme delle n-ple di elementi (anche non tutti distinti) di
Nn 7 . Poich dalla Propriet III segue che le n-ple d E V~ n che non sono permutazioni
producono addendi nulli nella sommatoria, si ottiene: '
+ a det C = det A.
pE6n
(~
L
i
2 ) ap(n)
n
) det(b 1 , b 2, ... , bn) = detA detB .
s1gnp
ap(l)
ap(
2
pE6n
Se A, BE Mn(lK), si ha:
6 Jacques Philippe Marie Binet: matematico e astronomo francese (Rennes, 1786 - Parigi, 1856).
Si osservi che 6n
V~,n
3. MATRICI E DETERMINANTI
54
a;
= 1.
Si ricordi che il Teorema 3.9 fornisce un metodo algoritmico per trasformare una
qualunque matrice quadrata in una matrice ridotta (e dunque triangolare) mediante
una successione finita di trasformazioni elementari T 1 e T2 . Poich tali trasformazioni,
a meno del segno, lasciano inalterato il determinante della matrice (Propriet II e VI),
la Proposizione 3.16 consente di interpretare tale algoritmo come uno strumento, noto
come metodo di Gauss8 , per il calcolo del determinante di una matrice quadrata.
A=
le matrici
Mi=
A~u
55
+ Definizione 3.20.
3
4
-2
-2
2
1
2
4
2
2
-2
2
3
4
-2
!)
(~ ~
B~
1f'L
-2
2
3
3
o -2
o o
2
1
2/3
- 22/3
-detB
).
= (~
M2
!)
1
2
4
{'
~ ~ ~fo + 8 -
8) = +8;
3 = -(18+6) = -24.
-2
-44.
i=l
1827).
J.
-o)
56
3. MATRICI E DETERMINANTI
57
dell'Esempio 3.3, di cui si gi calcolato il determinante facendo uso del metodo di Gauss.
Lo sviluppo di Laplace secondo la prima riga d allora:
detA =
j=l
detA =
Non resta dunque da provare che, per ogni j E Nn, detBj = Aj.
A tale scopo, sia Bj la matrice ottenuta da Bj scambiando consecutivamente ogni
riga, dalla h-esima alla (n - 1)-esima, con la sua successiva, e quindi scambiando
consecutivamente ogni colonna, dalla j-esima alla (n - 1)-esima, con la sua successiva.
La matrice Bj dunque del tipo seguente:
+O
o-
M'J
2
4
3
4
-2
-2
1
2
2
24 +
o
2
4
-2
2
o-
-3
-1
1
2
2
3
4
-2
1
2
2
2
4
o
-2
2
3
4
-2
20 = -44,
dove il calcolo dei determinanti di ordine tre ottenibile ricordando la regola di Sarrus
oppure riapplicando il Teorema di Laplace.
o o... o
aj
1 a:p(n-l)
n-1
d et B jI = 'L....,
s1gnp
a:p(l)
n
a:p(n)
pE'5n
p
L s1gn
n-1
a: p ( 1) a:p(n-1) .
l =.
pES;_
'""'
L....,
.
1 a:p(n-l)
n-1 = d et M'j = d et Mh
s1gnp
a:p(l)
j .
t,aj Aj
(risp.
ta~ A~)
A~
o
1
( 2
2
-2
3
4
-2
1
2
4
1
( 2
2
-2
2
3
4
-2
~).
o
La formula
A~
A'~
o o
-6
3
4
-2
1
( 2
2
-14
2
1
2
2
-6
-14
2
334]. si ottiene
n
3
4
-2
= -44.
Si vuole dimostrare che le matrici regolari (cio invertibili) sono caratterizzate dal
fatto di avere determinante non nullo. A tal fine, premettiamo il seguente risultato,
noto come II Teorema di Laplace:
3. MATRICI E DETERMINANTI
58
=f. k,
59
si
Ad esempio, la matrice
A= (
Dimostrazione. Sia B = (bj) la matrice ottenuta da A sostituendo alla k-esima riga
di A la sua h-esima riga (dove, per ipotesi, h =f. k); si ha quindi, per ogni j E Nn,
i
l'ln - {k} , bij -- aj.
bkj -- ajh e, per ogm. t. E lM
Per la Propriet III, det B = O. D'altra parte, poich A e B differiscono solo per la
k-esima riga, tra i complementi algebrici degli elementi di t ale riga sussiste la seguente
relazione:
~
-1
o)
-1
O
E M J (JR)
A"= (
~1 ~3 ~)
- 1
-1
e quindi si ha
Pertanto:
1/2 -1/2)
1/2 -1/2 .
'""ah.
Ak = '""bk Bk = detB =O.
~ J
J
~ J
J
j=l
j=l
L'uguaglianza a zero della seconda sommatoria si prova in modo del tutto analogo.
.,.. Osservazione 3.5. I due teoremi di Laplace (Teorema 3.17 e Proposizione 3.18)
possono essere riassunti in un'unica formulazione, nota come Teorema di Laplace
generalizzato:
'v'A = (aj) E Mn(IK)
j=l
i=l
(detA) o~.
Teorema 3.19.
1
1
(a) SeAEMn(IK) regolare, allora si ha: detA=f.O e det(A- )=(detA)- .
(b) Se A= (a;) E Mn(IK) tale che detA =f. O, allora A regolare e, posto A"= (Aj),
si ha:
A- 1 = (detA)- 1 t(A").
1 = detin = det(A A-
= detA det(A-
).
Ci prova (a).
(b) Sia A" = (A;) E Mn(IK) la matrice avente per elementi i complementi algebrici
A; di aj in A. Dai due teoremi di Laplace (Teorema 3.17 e Proposizione 3.18) ovvero dal Teorema di Laplace generalizzato contenuto nella Osservazione 3.5 - segue
facilmente, attraverso la definizione di prodotto righe per colonne, che:
=f. O, si ha allora
Si vuole ora dare, come anticipato nel 2, una importante caratterizzazione delle
matrici ortogonali.
b~=(ai,ai)
Dunque detA = 1 e, tenuto conto che, come gi provato, (a) implica sia (b) che (e),
la seconda parte dell'enunciato completamente dimostrata.
Inoltre, per il Teorema 3.19, A regolare e la sua inversa A- 1 data da:
A- 1 = A- 1 . In= A- 1 . (A .t A)= (A- 1 . A). tA =In. tA = tA
r;
60
3. MATRICI E DETERMINANTI
o
CAPITOLO 4
Si soliti enunciare l'affermazione (b) (risp. (c)) di Proposizione 3.20 dicendo che la
somma dei quadrati delle componenti di una riga (risp. colonna) uguale al, mentre
nulla la somma dei prodotti delle componenti di ugual indice di due differenti righe
(risp . colonne).
Si verifichi, come esempio, la validit della Proposizione 3.20 in M 2 (JR.) (Esempio
3.2).
+Definizione 4.1. Diremo spazio vettoriale su OC una struttura algebrica (OC, V, EE , O),
costituita da un campo OC, i cui elementi sono detti scalari, da un insieme V, i cui
elementi sono detti vettori, da una operazione binaria interna su V, detta somma di
vettori,
EE:VxV-tV
e da una funzione, detta prodotto di uno scalare per un vettore,
o: oc X V-7 V,
soddisfacente i seguenti assiomi:
(SVl) (V, EE) un gruppo abeliano;
(SV2) V a, (3 E OC, "lv, w E V,
(a) (a.+(3)0v=(a.Ov)EE((30v),
(b) a.O(vEEw)=(a.Ov)EE(a.Ow),
(c) a.0((30v)=(af3)0v,
(d) 10 V=
V.
Uno spazio vettoriale su JR. (risp. su C) sar anche detto spazio vettoriale reale (risp.
complesso).
L'insieme V detto sostegno dello spazio vettoriale.
Per brevit di notazione, converremo di indicare l'operazione di somma di vettori
con lo stesso simbolo + gi usato per denotare la somma di elementi in OC (anzich
col simbolo EE introdotto nella Definizione 4.1), in quanto la natura degli operandi
su cui risultano applicate elimina ogni arbitrariet interpretativa. Analogamente,
indicheremo l'operazione di prodotto di uno scalare per un vettore col simbolo gi
usato per denotare il prodotto di elementi in OC (anzich col simbolo O introdotto nella
Definizione 4.1). Inoltre tale simbolo sar spesso omesso.
L'elemento neutro del gruppo abeliano (V,+) (unico, come provato nella Proposizione
2.1 (i)) detto vettore nullo; esso sar solitamente indicato con O. Il vettore opposto
di un vettore v E V (unico come provato nella Proposizione 2.1 (ii)) sar indicato
con -v.
Nel seguito, con abuso di linguaggio e per brevit di notazioni, indicheremo lo spazio
vettoriale col solo nome del suo sostegno.
62
Si osservi, in ogni caso, che lo stesso insieme V pu essere sostegno di differenti spazi
vettoriali, definiti sullo stesso campo lK o anche campi diversi.
La proposizione che segue d alcune utili propriet degli spazi vettoriali, che sono
conseguenza pressoch immediata degli assiomi .
Proposizione 4 .1. Sia V uno spazio vettoriale sul campo lK. Per ogni a, fJ E lK e
per ogni v E V, si ha:
1. SPAZJ VETTORIALI
63
f2
fz
Pz
pi
Pz
f1
f1
l
t-
pi
fz
f1 + f2
(a)
(bi)
f1 + fz
a v + a (- v) = a(v + (-v)) = a O = O.
Ci prova (ii)
(iii) Se av = fJv, si h a: (a+ (-fJ)) v = a v + (-fJv) = fJv + (-fJv) =O. Essendo
v =/= O p er ipotesi, questo implica (per (i)) che a + (-fJ) = O e cio che a= fJ.
La prova di (iv) del tutto an aloga.
f1
O=Q
Pz
f1 + fz
Q
fz
pI
Pz
f2
f1
pi
f1
(b'.4)
pi
. f1
Esempio 4.1. (Lo spazio dei "vettori applicati") L'esempio forse pi noto di "vettore"
dato da una "freccia" f, cio da una coppia ordinata (O, P) di punti dello "spazio
euclideo elementare" F, intesi come primo e secondo estremo di un segmento.
Una tale freccia f comunemente detta un vettore applicato in O.
Fissato il "punto di applicazione" O, f completamente individuato dal punto P. In
particolare il vettore O = (O, O) detto vettore nullo (applicato in O) .
I vettori applicati sono particolarmente adatti a rappresentare grandezze fisiche (dette,
appunto, "vettoriali"), quali ad esempio, gli spostamenti, le velocit, le accelerazioni, le
forze, caratterizzate da una direzione (quella della retta OP), da un verso (quello da O
a P) e da un numero reale m ~ O, detto modulo o norma o lunghezza (la distanza tra O
e P).
Si osservi che il vettore nullo O l'unico avente lunghezza O e, per convenzione , direzione
e verso arbitrari.
Se ora f 1 =(O, P 1) ed f 2 = (O, P 2) sono due vettori applicati in O ed m 1, m 2 sono le
lunghezze di f 1 ed f 2 rispettivamente, allora la somma f 1 + f 2 , per definizione , il vettore
(O, Q) determinato come segue.
f1 + f2
'
,,
,,
(e)
Pz
Figura 4.1
Se ora a E JR ed f = (O, P) un vettore applicato in O, di lunghezza m, allora il vettore
a f = (O, Q) definito come segue.
(1) Se a= O, allora a f = O.
(2) Se a
(3) Se a
> O,
< O,
64
2. SOTTOSPAZI
65
2. Sottospazi
Definizione 4.2. Sia (IK, V ,+, ) uno spazio vettoriale e W un sottoinsieme non
vuoto di V . Diremo che W linearmente chiuso se, per ogni n E lK e per ogni u ,
wEW,
Q'
2f
-2f
(i)u+wEW,
(ii) nuEW.
Se W linearmente chiuso, allora possibile restringere opportunamente dominio e
codominio delle operazioni definite su V , in modo da ottenere due applicazioni
Figura 4.2
Se indichiamo con F(O) l'insieme dei vettori applicati in O, facile rendersi conto che
la somma prima definita un'operazione binaria interna su F(O) e che (F(O), +)
un gruppo abeliano (solo la propriet associativa richiede un po' di lavoro); l'elemento
neutro del gruppo il vettore O = (O, O) e l'opposto del vettore f = (O, P) il vettore
-f = (O, P'), dove P' il punto simmetrico di P rispetto ad O.
Inoltre il prodotto di un numero reale per un vettore applicato, prima definito, soddisfa le
quattro propriet dell'assioma (SV2) della Definizione 4.1.
In conclusione, la struttura algebrica (JR, F( O),+,) uno spazio vettoriale.
Si osservi che gli assiomi della Definizione 4.1 catturano l'essenza "algebrica" dello spazio
F(O), prescindendo tuttavia dalla nozione di "lunghezza" e da tutti i concetti che ne
derivano. Tali nozioni saranno riprese nel Capitolo 8, in ambito pi generale, dotando gli
spazi vettoriali reali di strutture addizionali .
Esempio 4.2. Il pi piccolo spazio vettoriale (su un arbitrario campo IK) ha per sostegno
un insieme formato da un solo elemento (denotato con O) . Si rammenti che, al contrario,
ogni campo deve contenere almeno i due elementi distinti O e 1 (Osservazione 2.1).
Esempio 4.3. Se (IK, +, ) un campo, allora la quaterna (IK, IK, +, ) uno spazio
vettoriale (in questo caso, le operazioni effettivamente coincidono).
Esempio 4.4. Lo spazio vettoriale !Kn delle n-ple di elementi di lK si ottiene considerando
le operazioni gi definite nel 5 del Capitolo 2. Tale spazio sar anche detto lo spazio
vettoriale standard n-dimensionale sul campo lK.
Esempio 4.5. Lo spazio vettoriale Mmxn(IK) delle matrici di tipo mx n, a coefficienti in lK si ottiene considerando le operazioni definite nel 1 del Capitolo 3.
Si rammenti che, come provato nella Proposizione 3.5, l'insieme Mn(IK) delle matrici quadrate d'ordine n ha pure una struttura di anello con unit (non commutativo se
n ~ 2).
+w : W X W ---+ W,
w : JK X W---+ W .
Con abuso di linguaggio, indicheremo spesso ancora con + e le operazioni sopra
definite.
Definizione 4.3. Sia (IK, V,+,) uno spazio vettoriale e W un sottoinsieme linearmente chiuso di V . Diremo che W un sottospazio vettoriale di V, se (IK, W , +w, w)
uno spazio vettoriale.
Proposizione 4.2. Se (IK, V,+,) uno spazio vettoriale, allora ogni sottoinsieme
linearmente chiuso di V un sottospazio vettoriale di V .
W 3 = {(x, y, z) E IR 3 I 2x + y - z = O},
facile provare che W 1, W 2, W 3 sono sottospazi vettoriali dello spazio vettoriale standard IR 3 . Invece, il sottoinsieme {(x,y,z) E IR 3 I z = 1} non linearmente chiuso e
quindi non costituisce un sottospazio vettoriale di JR 3 .
66
Esempio 4.6. (Lo spazio vettoriale OC[t] dei polinomi) Sia OC[t] l'insieme dei polinomi
nell'indeterminata t a coefficienti in K
La struttura algebrica (OC, OC[t], +, ) uno spazio vettoriale, dove + indica la somma di
polinom i e il prodotto di uno scalare per un polinomio definiti nel 6 del Capitolo 2.
Fissato r > O, sia ocr [t] il sottoinsieme di OC[t] costituito da tutti i polinomi di grado ~ r ;
risulta immediato verificare che ocr [t] linearmente chiuso e pertanto un sottospazio
vettoriale di OC [t] .
Si rammenti infine che OC[t] possiede una struttura addizionale di anello; ci non vale per
ocr [t], se r ~ 1.
3. SISTEMI DI GENERATORI
67
W , allora si ha anche
= a 1x 1 + + Qm Xm E W
{in quanto somma di vettori di W) . Ci prova che L(X ) il pi piccolo sot tospazio
di V che contiene X, completando cos la prova della P roposizione 4.3.
3. Sistemi di generatori
Nel presente paragrafo, V indicher sempre uno spazio vettoriale sul campo K
:L:Z:, 1 >.iv i )
+Definizione 4 .5.
Proposizione 4 .3. Se X
contenente X .
E X , 1 x = x) . Inoltre:
Esempio 4.7. Sia F(O) lo spazio vettoriale dei vettori applicati in O, descritto nell' Esempio 4.1. Se P 1 un qualunque punto diverso da O ed f 1 = (O , P 1), allora facile
rendersi conto che L(f1) = {f = (O, P) I f = .Xfi, >. E JR} costituito da tutti e soli
i vettori f = (O , P) tali che P appartiene alla retta OP1. Se ora P2 un punto non
allineato con O e P 1, ed f2 = {O, P 2 ), allora
L(fi, f2) = {f = (O , P) I f = .X 1f1 + >. 2f2, >.1, >. 2 E JR}
costituito da tutti e soli i vettori f = (O , P) tali che P appartiene al piano passante per
O , P1 e P2. Infine, se P3 un punto non complanare con O , P 1 e P2, ed f3 = (O , P3),
allora
L(f1 , f2, f3) = {f = (O , P) I f = .X 1f1 + .X 2f2 + .X 3f3, >. 1) >. 2, >. 3 E JR} = F(O) .
Quindi ogni insieme X F(O) contenente {f1, f 2,f3} un sistema di generatori per
F(O) .
due vett ori di L(X ) {con ai,/3j E OC, x i, Yj E X, per 1 ~i~ m , 1 ~ j ~ n) e sia
>. E K Allor a si ha:
1
1
U + V = a X1 + + QmXm + /3 Y1 + + /3nYn,
Esempio 4.8. Nello spazio vettoriale standard ocn {Esempio 4.4), si considerino gli n
vettori e1 = (1 , O, . .. , O) , e2 = (O, 1, . .. , O) , . .. , en = (O, .. . , O, 1) . Poich ogni n-pla
a = (a 1 ) ... ) an ) di ocn esprimibile come combinazione lineare
2: aiei,
n
i= l
si ha che l'insieme B = (e1 ) . .. ) en) un sistema di generatori per ocn. Lo spazio ocn
quindi finitamente generato.
68
Esempio 4.9. In completa analogia con l'esempio precedente, si considerino, nello spazio
vettoriale Mmxn(lK) (Esempio 4.5), le m n matrici Ej, i E Nm. j E Nn. il cui generico
elemento e~ , per ogni h E Nm. k E Nn. risulta definito nel modo seguente:
h
ek
1 se h = i, k
O altrimenti.
=j
69
LLa}Ej,
i=l j=l
p(t)
Nel presente paragrafo, come gi nel precedente, V indicher sempre uno spazio
vettoriale sul campo JK.
+ Definizione 4. 7.
1
v1
+ + nVn
=O.
aiti E JK[t]
1
( a v1
i E lii o
1,
r::::
con a E JR..
+ + anvn
=O)
=?
(ai = O, Vi E Nn)
Ad esempio, la coppia ((2, O, O), (1, 1, 1)) di vettori di JR. 3 linearmente indipendente.
Infatti,
1
a (2, O, O)+ a 2(1, 1, 1) = (2a 1 + a 2, a 2 , a 2) =(O, O, O)
implica 2a 1 + a 2 = O e a 2 = O, quindi a 1 = a 2 = O.
Invece
(a) la coppia ((O, O, O), (1, 1, 2)),
(b) la terna ((1/2, 1/2, 1/2), (-1, 3, 1), (-1, 3, 1)),
(c) la quaterna ((1, 1, O), (O, 1, 1), (1 , O, 1) , (3, 2, 3))
sono linearmente dipendenti .
Infatti :
Ci giustifica la locuzione "i vettori vi, ... , Vn sono linearmente dipendenti" (rispettivamente, "linearmente indipendenti"), che sar spesso usata come sinonimo di "la
n-pla (v1, .. . , vn) linearmente dipendente" (rispettivamente, "linearmente indipen-
dente") .
70
11-
li( -
71
Osservazione 4.6. Se (vi, ... , vn) una n-pla di vettori distinti di V, allora la
n-pla (v1, ... , vn) linearmente dipendente {rispettivamente, indipendente) se e solo
se l'insieme {v1, ... , vn} linearmente dipendente {rispettivamente, indipendente).
Si osservi per che, se i vettori componenti (v 1, ... , vn) non sono tutti distinti, allora la
propriet precedente pu essere falsa. Ad esempio, se v -j. O, la coppia (v, v) linearmente dipendente (Corollario 4.5 (b)) , mentre l'insieme {v, v} = {v} linearmente
indipendente.
Il>
Corollario 4.5. Sia (vi, ... , vn) una n-pla di vettori di V (n 2': 2).
(a) Se esiste i E Nn tale che vi = O, allora (vi, ... , vn) linearmente dipendente.
(b) Se esistono i,j E Nn, i i- j, tali che Vi = v 1 , allora (vi, . .. , v n) linearmente dipendente.
i=l
essendo (>.1, . .. , m) una opportuna m-pla di scalari e (x 1, ... , xm) una opportuna
m-pla di vettori di X - {x}, che possiamo supporre distinti.
Ne consegue che
1
X1 + + mXm - X = X - X = 0 ,
cio che la (m+l)-pla (x1, ... , X171 , x) di vettori distinti di X linearmente dipendente.
Ci prova che X linearmente dipendente.
Viceversa, sia X linearmente dipendente. Ci equivale ad affermare l'esistenza di una
n-pla (xi, ... , xn) di vettori distinti di X, e di una n-pla (>. 1, ... , n) di scalari non
tutti nulli, tali che
n
ix;i =O.
i=l
Inoltre, dal momento che X i- {O}, possiamo supporre n 2': 2.
Fissiamo ora un indice j E Nn tale che .>,1 i- O. Si ottiene allora, evidentemente:
(-ai)xi
iENn -{1}
+Definizione 4.8.
o
Ad esempio, l'insieme {(1 , O), (O, 1), (1, 1)} IR 2 linearmente dipendente, in quanto si
ha: (1, 1) = (1, O)+ (O, 1) E L((l , O), (O, 1)) .
72
.,.. Osservazione 4.7. Dal Teorema 4.6 e dalla Osservazione 4.6 segue, tenuto conto
anche del Corollario 4.5 (b), che una coppia (v 1 , v 2 ) di vettori non nulli linearmente
dipendente se e solo se esiste E lK tale che v1 = v2.
5. BASI E DIMENSIONE
73
k-1
=L
(a{ -
(a~ )- 1 a~ a!,.) Wj
E L(w 1, . . . , w k_i) .
j=l
Essendo m - 1 > k - 1, l'ipotesi induttiva prova che {yi, ... , Ym-d linearmente
dipendente. Si ha pertanto:
m-1
riyi =o, con /3 1, .. . , /3m-l non tutti nulli .
i=l
I:
L:aivi =O,
i=l
1
con a , ... , ah E lK non tutti nulli. Per la lineare indipendenza di X, si ha allora v E {vi, ... , vh}i sia, ad esempio, v = v 1. Si ha, in tal caso, a 1 =I- O, perch
altrimenti X risulterebbe linearmente dipendente. Pertanto v esprimibile come
combinazione lineare dei vettori v 2, ... , vh E X e ci assurdo in quanto, per ipotesi,
V~ L(X).
Quindi, X U { v} linearmente indipendente.
m-1
O=
i=l
m-1
/3iYi
/3i
i=l
con
/3 1, .. . , /3m
i=l
Ci prova la lineare dipendenza di X .
o
5. Basi e dimensione
In questo paragrafo, V indicher sempre uno spazio vettoriale sul campo JK.
+ Definizione
Corollario 4.9. Se V ha una base finita costituita da n elementi, allora ogni sottoinsieme linearmente indipendente di V contiene al pi n vettori.
indipendente.
Si osservi che l'insieme vuoto
perognii=l , ... ,m
Xi=L:cxlwj.
j =l
Se, per ogni i, a~ = O, allora X L(wi, ... , wk-l) e quindi, per l'ipotesi induttiva,
X linearmente dipendente.
In caso contrario, possiamo supporre a!;.. =f. O. Se si pone, per 1 :::; i :::; m - 1
Yi = Xi si ha:
k )-1
( am
aik Xm,
74
Esempio 4.7 bis. Nello spazio vettoriale F(O) dei vettori applicati in O il sistema di
generatori {f1, f 2 , f 3 } costruito nell'Esempio 4.7 , come facile verificare, linearmente
indipendente e costiuisce quindi una base di F(O). Si ha pertanto:
dimF(O)
= 3.
Esempio 4.8 bis. Nello spazio vettoriale standard ocn' il sistema di generatori B
{ei, ... , en} costruito nell'Esempio 4.8 , come facile verificare, linearmente indipendente e costiuisce quindi una base di ocn. Si ha pertanto:
dimlKn
= n.
Esempio 4.9 bis. In completa analogia con l'esempio precedente, nello spazio vettoriale
Mmxn(lK), il sistema di generatori {Ej I i E Nm,j E Nn} costruito nell'Esempio 4.9
linearmente indipendente e costituisce quindi una base di Mmxn(lK). Si ha pertanto:
dimMmxn(lK)
= m n.
6. COMPONENTI DI UN VETTORE
75
o
La base X U X' si dice ottenuta completando X.
Esempio 4.10 bis. Per ogni r E N0 , il sistema di generatori Xr = {l, t, t 2 , ... , tr} del
sottospazio vettoriale ocr[t]. linearmente indipendente e costituisce quindi una base di
ocr[t]. Si ha pertanto:
dimlKr[t] = r + l.
Si noti che JK[t], non essendo finitamente generato, non ammette una base finita.
6. Componenti di un vettore
Nel presente paragrafo, vn indicher sempre uno spazio vettoriale di dimensione finita
n sul campo lK. Supporremo inoltre n >O, cio yn =j:. {O} .
v= Lviei.
i=l
Proveremo ora che, per la lineare indipendenza di B, la n-pla (v 1, ... , vn) univocamente determinata da v (e da B) .
Proposizione 4.13. Sia (e 1, ... , em) una m-pla di vettori linearmente indipendenti
di yn . Se (>. 1 , ... , m) e ( 1 , ... , m) sono due m-ple di scalari tali che
m
(4 .1)
Ljej = Ljej,
j=l
j=l
.76
77
Nel presente paragrafo, V indicher sempre uno spazio vettoriale sul campo OC, con
V =J {O}.
Essendo la m-pla (e 1, ... , em) linearmente indipendente, questo implica che, per
1 ~ j ~ m, ,\i - i = O, e cio che ,\i = i.
Corollario 4.14. Sia B = (e 1, ... , en) una base ordinata di vn. Allora, per ogni
vettore v E vn, esiste una ed una sola n-pla (v 1 , . . . , vn) di scalari, tale che:
n
v = l:viei.
i=l
+Definizione 4.12.
B sar
ei
=B
=B
Esempio 4.11. La coppia B = ((2, 1), (O, 4)) una base ordinata di IR2. Se a= (x, y)
un generico vettore di JR 2, si ha (x, y) = a(2, 1) + ,8(0, 4), con a= ~x e (3 = (2y - x).
Dunque
Ad esempio, se a= (1, O), allora a =B (1/2, -1/8). Si noti che, in accordo con l'Osservazione 4.8, se e 1 = (2, 1) ed e 2 = (O, 4), allora si ha e 1 =B (1, O), e 2 =B (O, 1).
+Definizione 4.13.
Siano H1, H2
78
79
W1 + W2 L(W1 UW2).
W1 + W2 = L(W1 UW2).
h + (r - h) + (s - h) = r + s - h.
(4.2)
Ci conclude la prova.
r-h
aiei + L
i=l
s-h
f31fj + L
j=l
"(kgk = o
k=l
= L'Ykgk
k=l
diverso dal vettore nullo (in quanto l'insieme {g 1, . .. , gs-h} linearmente indipendente).
Del resto, dalla relazione (4.2), si ottiene:
h
- L
V= V1 + V2 = U1 + U2,
i=l
Se ne deduce che:
s-h
f31fj = w = L
j=l
"(kgk.
k=l
w = v1 - u1 = u2 -v2 E W1 n W2 ={O}.
Ne consegue che w =O, e cio che u1 = v1, u2 = v2.
r- h
aiei - L
w = 2.:.:.xiei,
i=l
Teorema 4.19. (Relazione di Grassmann 1) Se W 1, W 2 sono sottospazi vettoriali finitamente generati di V si ha:
essendo i >.i, i E
s-h
Nh,
i=l
= w - w =o,
k=l
Nh,
o
La definizione di "somma" si estende naturalmente al caso di p sottospazi W 1, ... , W P
di V . Si pone, come nel caso p = 2,
W1 + + Wp = {w1 + + wp E V I \:/i E Np, wi E Wi}
e si prova che:
80
CAPITOLO 5
W1 EB EB Wv,
o anche con
Trasformazioni lineari
i=l
tutti dimensione finita, allora anche la loro somma diretta ha dimensione finita e si
ha
(4.3)
Dimostrazione. Se p = 2, la formula (4.3) si riduce alla relazione di Grassmann.
Supponiamo, per induzione, che (4.3) sia vera per i p - 1 sottospazi Wi, . .. , Wp-1
Ricordando che
+ Definizione 5.1.
Se gli spazi vettoriali V e W coincidono, allora T detta operatore lineare o endomorfismo su V (o di V in s). Una trasformazione lineare biunivoca T : V-+ W
detta isomorfismo di V in W; in tal caso gli spazi V e W sono detti isomorfi.
Un endomorfismo biiettivo, cio un isomorfismo di V in s, detto automorfismo su
V. Se ~ = ocn e W = ocm sono spazi vettoriali standard, allora una trasformazione
lineare T : ocn -+ ocm anche detta trasformazione lineare standard.
Se W = OC, ogni trasformazione lineare T : V -+ OC detta forma lineare su V.
Si noti che T : V -+ W una trasformazione lineare se e solo se, per ogni combinazione
lineare L:7=l a' vi di vettori di V, si ha:
(~w}w, ~{o},
ancora per la formula di Grassmann e per l'ipotesi induttiva, si ottiene:
dim (ffiwi) = dim (ffiwj) +dimWP =
i=l
J=l
~dimWj +dimWv =
Ad esempio, l'applicazione
T :
J= l
p
t-t
JR2
(4x +.y, y - x)
= LdimWi.
i=l
JR2
(x,y)
o
Invece l'applicazione
S:
non lineare.
IR2
(x,y)
t-t
JR2
(x+l,x-y)
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
83
82
+Definizione 5.2.
. 5 1 s w . V -t
l'applicazione definita ponendo, per ogni V E V,
.
r
Il
Esemp10 . 1a o .
_ o w e' lineare e viene usualmente chiamata trasformazione 1neare nu a.
( )-
WQ V
Esempio
la sua derivata
ImT = T(V)
tn-1
polinomio nullo.
.
Esemp10
5 4
. .
s1a -
tr
Dimostrazione.
(a) Si ha T(Ov)+T(Ov) = T(Ov+Ov) = T(Ov) = Ow+T(Ov) . Sommando -T(Ov)
si ottiene subito T(Ov) = Ow .
(b) T(v) + T(-v) = T(v -v) = T(Ov) = Ow. Quindi T(-v) = -T(v) (per l'unicit
dell'opposto) .
(e) Se T inietti va, ovviamente Ker T = {Ov}. Supponiamo, viceversa, che Ker T =
{Ov} e proviamo che T iniettiva. A tale scopo, siano u, v E V, tali che T(u) = T(v) .
Ne consegue che T(u) - T(v) = T(u - v) = Ow; pertanto u - v E KerT, e cio
u - v = Ov, che equivale a u = v.
(d) ovvia.
Il_,
--.
(a - ib) =
(a+ ib) .. ,
. . '
rt nto un automorfismo sullo spazio vettoriale (JR, e,+,), c1oe su e
Il contug10 e pe a
Tr . M (JK)
4
Esempio 5 . 5 1a
n
.
.
.
I S
di ordine n la somma degli elementi della sua diagonale pnnc1pa e. e
aj
si ha dunque:
. .
w uria
lineari {risp . isomorfismi), allora anche la loro composizione T o S : U -t
s.
V un isomorfismo.
W.
o
Proposizione 5.4. Sia T: V -t W una trasformazione lineare.
(a) Se H un sistema di generatori per V, allora T(H) un sistema di generatori per Im T.
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
84
Dimostrazione. Proveremo, per semplicit, il teorema nel caso in cui V abbia dimensione finita, anche se l'enunciato ha validit generale.
Poniamo B = {ei, . .. ,en}
(a) Esistenza. Per il Corollario 4.14, ogni vettore di V esprimibile in modo unico
come combinazione lineare dei vettori della base B. Definiamo allora l'applicazione
T : V --+ W ponendo, per ogni
V=
u=
l:aiei
T(u) =
V,
i=l
~ T(v) ~ T
l:<i Ui,
i=l
85
L aiip(ei) E W.
i=l
u= L::aiei E V,
L (i T(vi) = Ow .
i=l
i=l
si ha allora:
Da
T'(u)
segue
Quindi T' = T.
k
Lai vi E KerT.
i=l
Poich, essendo T iniettiva, KerT = {Ov }, si ha
i=l
e dunque, per la lineare indipendenza di (v1,. .. ; vk), si ottiene ai
i E Nk. Ci prova la lineare indipendenza di (T(v1),. , T(vk)).
O, per ogni
iJ --+ JR3
definita
Y"
T(a,b) =
a (2,-1,0)+b (3,1,-1) =
(2a, -a, O)+ (3b, b, -b)
m.
di T a B.
= dim V .
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
86
=Ow
87
Esempio 5.6. Sia 7r : !R3 ---+ JR 3 la "proiezione sul piano xy" definita ponendo, per ogni
(x,y,z) E JR 3 ,
+1-
r = l.
JR 0 [t]
e quindi
n-h
ai fi E Ker T.
i=l
Essendo {e 1, ... , eh} una base di Ker T, si ha
n-h
h
v =
ai fi =
.Bj ej
i=l
j=l
(dove, nel caso h = O, l'ultimo membro dell'uguaglianza diventa il vettore nullo Ov)
e dunque
n-h
h
Lai fi - 2::.Bj ej = Ov .
i=l
j=l
La lineare indipendenza di B prova allora che, per ogni i E Nn-h, ai = O. Pertanto
l'insieme {T(f1), .. . , T(fn-h)} costituisce una base di Im T avente cardinalit n - h.
{::::=}
T suriettiva
{::::=}
T un isomorfismo.
B".
Dimostrazione. La biunivocit e la linearit di cJ>B sono di facile verifica.
o
..,.. Osservazione 5.2. La Proposizione 5.8 prova che ogni spazio vettoriale n-dimensionale V su lK isomorfo a ocn.
Ricordando anche la Proposizione 5.4 (b), se ne deduce che una m-pla (v 1, ... , vm)
di vettori di V linearmente indipendente se e solo se linearmente indipendente
la m-pla ((vi, ... , v!), ... , (v!n, ... , v~.)) costituita dalle n-ple delle componenti di
v1, ... , vm rispetto ad una qualunque base di V.
Teorema 5.9. Due spazi vettoriali V , W finitamente generati sono isomorfi se e
solo se hanno la stessa dimensione.
Dimostrazione. (a) Se V e W sono isomorfi, allora il Corollario 5.7 (b) prova che
dimV = dimW.
(b) Supponiamo che si abbia dim V= dim W = n. Allora, per l'Osservazione 5.2, V
88
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
e W sono entrambi isomorfi. a ocn e quindi, per la Proposizione 5.1 (a), isomorfi fra
loro.
Nel presente paragrafo, i simboli UP, yn, wm indicheranno spazi vettoriali sullo
stesso campo lK aventi dimensione finita p, n, m rispettivamente.
(y) =A (x).
(5.1)
Dimostrazione.
Posto l3 = (e1, ... , en), B' = (f1, . . . 'fm), V =B (x 1, ... 'xn),
1
T(v) =B' (y , ... , ym), si ha:
n
89
=Lxi ej,
T(v) =
j=l
L Yi fi.
i=l
Posto A= (a;), per ogni j E Nn si ha T(ej) =B' (a} , ... ! aj) e dunque
m
T(ei)
= :L:a; fi.
i=l
Ad esempio, se, fissata una base ordinata B di uno spazio vettoriale V 2 su JR, si ha:
=(
~ ~l
!2 )
E M2x3(1R).
segue
n
(5 .2)
yi
= :L:xi a;,
j=l
o, equivalentemente,
(y)=A(x)
a B.
o
Le formule (5.1) e le loro equivalenti (5.2) si dicono equazioni della trasformazioni
lineare T relativamente alle basi B e B'; esse forniscono un metodo per ottenere direttamente le componenti, rispetto a B', del trasformato T(v) di un generico elemento
v E vn in funzione delle componenti div rispetto a B .
Siano, ad esempio, B la base ((1, 1), (-1, O)) di IR 2, B' la base ((1, 1, O) , (O, 1, 1), (1, O, 1))
di JR 3 e T : JR 2 --+ JR 3 la trasformazione lineare definita da :
T(-1 ,0) = (0,4,-2).
Siano poi f3 e B' le basi naturali rispettivamente di IR 2 e JR 3.
Dal momento che
T(l,1) = (2,-1,0),
T(l, 1) = (2, -1, O)= 2 (1, O, O)+ (-1) (O, 1, O)+ O (O, O, 1),
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
91
90
e le equazioni di T relativamente a
MB 13,(T) = (
Le equazioni di T relativamente a l3 e
B'
B'
!1o -2~ )
i/ = 2x1
=-xl +4x2
-2x2
{ ii3 =
MB,B'(T)
B'
1/2
-3/2
(
3/2
---+
][(m
][(m
vn
1
<1>5 t
][(n
T
--t
wm
.J,. <f>B,
TB,B 1
][(m
--t
sono
Infatti, se, per ogni j E Nn, aj (risp. bJ) indica la j-esima colonna di A (risp. di
MB,B' (T)), posto l3 = (e1, . . . ) en), si ha:
yl = ~x 1 + 3x 2
y2 =-~xl +x2
{
B e !3'.
e le equazioni di T relativamente a l3 e
2x 1 - 2x 2 .
4
-2
o
fl
= 2x2
= -4x 1 + 3x 2
risultano pertanto
-1
o, equivalentemente,
-y1
2
-y
3
sono
(2 o)
iJ1 )
( flil
B e B'
aJ
Y3 = ~xl - 3x2 .
B e B',
= <l>B' o T(eJ)
Il seguente teorema prova la rilevanza che assume l'operazione di prodotto righe per
colonne nella teoria delle matrici.
si ha:
C=BA.
Si ha dunque
M;;,;;.(T)
~ ( ~4 -2~
= bJ.
...
,xP),
92
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
e posto:
si ha:
= (B A) (x).
o
o
Si gi visto che una matrice quadrata A regolare (o invertibile) se e solo se
detA i- O (Teorema 3.19). Si ha inoltre:
Proposizione 5.13. Se A E Mn(lK), sono equivalenti le seguenti affermazioni:
(1) A regolare.
(2) La n-pla costituita dalle colonne di A linearmente indipendente.
(3) La n-pla costituita dalle righe di A linearmente indipendente.
(4) Ogni trasformazione lineare avente A come matrice associata un isomorfismo .
(3)
(1)
====>
(2)
====>
93
per il Teorema 4.11 (a), una base di ImT = W. Per il Corollario 5.7 (b), T pertanto
un isomorfismo.
(4) =} (1). conseguenza immediata del Corollario 5.12.
(3) =} (1). Se le righe di A sono linearmente indipendenti, allora le colonne di tA
sono linearmente indipendenti. Si ha allora, avendo gi provato che (1) equivalente
a (2):
det A = det(tA) i- O.
Dunque A regolare.
o
.,.. Osservazione 5.6. Dalla Proposizione 5.13 e dal Teorema 4.11 (a) segue che una
n-pla (v1, ... , vn) di vettori di yn una base ordinata di yn se e solo se la matrice
delle componenti di (vi, . . . , vn) rispetto ad una qualunque base ordinata di yn
regolare.
La seguente proposizione fornisce un metodo per trovare le equazioni di una trasformazione lineare definita mediante le immagini di una qualunque base del suo dominio.
Proposizione 5.14. Sia T : yn ---+ wm una trasformazione lineare e sia A E
Mmxn(lK) la matrice associata a T relativamente alle basi ordinate B di yn e B' di
wm . Se X E Mn(lK) la matrice (regolare) delle componenti della base ordinata
(v1, . . . , vn) di yn rispetto a B e Y E Mmxn(lK) la matrice delle componenti di
(T(v1), . .. , T(vn)) rispetto a B', si ha:
A= Y
.x- 1 .
Dimostrazione. Se, per ogni j E Nn, Xj (risp. 1j) denota la j-esima colonna di X
(risp. di Y), si ha infatti:
1j = A Xj e dunque Y = A X.
Dalla regolarit di X, moltiplicando a destra per la sua inversa x- 1, segue pertanto
A=
y.x- 1 .
(4)
o
Se, ad esempio, f3 e B' sono le basi naturali rispettivamente di R 2 e di R 3 e se T : R 2 ---+ R 3
ancora la trasformazione lineare definita da:
T(l,1)
(2,-1,0)
X=
(~
-1 )
Y=
x-1
= ( o
(~I ~
-2
si ha
-1
1
1
'
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
94
e dunque:
-2
95
o
... Osservazione 5.7. Se A E Mm xn (IK), si ha Q(A) ::; min{m, n}. Inoltre per la
Proposizione 5.13, se A E Mn(IK), allora A regolare se e solo se Q(A) = n .
+ Definizione 5.5.
Q(A) = QeA).
Dimostrazione. Se (a1, ... ,an) ed (a1, ... ,am) sono rispettivamente la n-pla delle
colonne e la m-pla delle righe di A, occorre provare che, posto
Q(A) = dim L(a1, ... , an) = h,
l>( tA) = dim L(a1, ... , am) = k,
si ha h = k. Poich, evidentemente, per ogni permutazione p E 6n, si ha
dim L(a1, ... , an) = dim L(a,,(1), .. , <lp(n) ),
si pu supporre, senza perdere in generalit, che le prime h colonne a1 , ... , ah di A
siano linearmente indipendenti e che le rimanenti colonne siano combinazioni lineari
di a 1, ... , ah . Si pu pertanto scrivere:
s= l
aj
(5.3)
~ o:j
a5 .
s=l
d"
,,,h
Ponendo, per ogni s E Nh , 0: = ( a 1, ... , o:n E li> ossia,
m
1cando con a 1 , ... , .....
le righe della matrice dei coefficienti (o:j)sENdENJ l'uguaglianza (5 .3) risulta eqmvalerite a
h
8
a i -_
s )
( i
a 1 , ...
TITn (
i ) _
, an
~ ai . o:s
~
s
s=l
Al fine di pervenire ad un risultato estremamente utile per il calcolo del rango di una
matrice (Teorema di Kronecker), premettiamo il seguente lemma.
Lemma 5.17. Se A' una sottomatrice di A E Mm xn(lK), allora Q(A') :S Q(A) .
= Z::>:tj as,
Q(A) = dim( Im T)
aj
... Osservazione 5.8. Se A E Mm xn (IK) una matrice ridotta di rango h, nel senso
della Definizione 3.12, si ha evidentemente Q(A) = h, in quanto nessuna delle prime
h righe di A pu essere combinazione lineare delle successive.
Inoltre, i tre tipi di trasformazioni elementari descritti' nella Definizione 3.13 non
alterano il rango di una matrice.
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
96
1
-1
1
2
4
-1
4. CAMBIAMENTI DI BASE
97
( ~ -;1 )
non nullo, si ottiene 2 ::;: l?(A) ::;: 3.
Il calcolo del determinante dei due minori orlati di M d poi
3
3
1
-1
1
2
4
-1
3
3
= O,
1
-1
1
-1
-5
2
= O;
= 2.
4. Cambiamenti di base
Nel presente paragrafo, il simbolo yn indicher uno spazio vettoriale su campo ]!{
avente dimensione finita n .
Definizione 5. 7. Siano 81, 82 basi ordinate di vn e siano <I> 131 , <I> 132 : vn --+ ]l{n
<I> B1 ,B2
]l{n
1
<I> B1
Se
V =B1
(x 1 , ... , xn) e
V =B2
]l{n
'\i
yn
/' <I> B2
(y 1 , . . . , yn), si ha pertanto:
<I>B1,B2 (xl'
Il cambiamento di base da 81 a 82 fa dunque corrispondere alla n-pla delle componenti, rispetto a 81, di un vettore v di vn la n-pla delle sue componenti rispetto a
82.
.
La matrice regolare E E GLn(]I{) associata a <l>13 1 , 132 relativamente alla base naturale
di ]!{n detta matrice del cambiamento di base da 8 1 a 8 2 .
Pertanto, posto
(x)
e: )'
<l>13 1 ,13 2
(y)
e)'
(y)=E(x)
La seguente proposizione consente di ottenere la matrice E direttamente dalle basi
81 e 82.
5. TRASFORMAZIONI LINEARI
98
Dimostrazione. Sia B = (e1) ... ) en) la base naturale di !Kn. Posto Bi = (e1 '.... ) ~n)
ed E = (a;), ricordando che, per ogni j ~ Nn, la j~esi~a colonna aj d1 E e il
trasformato di ej mediante <f>Bi,B2 (Osservaz10ne 5.5), SI ha.
=B 2
(1, 2)
Sistemi Lineari
CAPITOLO 6
(1, 2)
. si ha subito che
F
= (;
(2, - 2)
=:.B 1
(2, -2)
Definizione 6.1. Diremo sistema lineare di m equazioni in n incognite, a coefficienti nel campo IK, una coppia S = (A, b), dove A = (aj) E Mmxn(IK) e
b = ( bl' ... ' bm) E !Km.
La1 matrice A detta ~~Qmu"{fjj]o matrice dei coefficienti; la m-pla b
(b , ... , bm) E !Km e la[Q!9;tri~ill!}i.
!2)
(b)
G~) = (
! (~~)
F -1 --
1/3 1/3 )
1/3 - 1/6 '
2 )
c. )
E
Mm"(OC)
e, conseguentemente, essendo
(
!06 ) G~).
(1, O)
si ottiene:
=B2
(~ ,~)
E=( 1/3
1/3
(0, 1)
=.B 2
(~ ,-~),
1/3 )
-1/6 .
il sistema lineare S
equivalenti:
= (A, b)
atx
(6.1)
{
+ + a;,xn = b1
~f x 1 + + a;xn = b~
(6.2)
''ai.xi = bi
~
'
j=l
Dal Teorema 5.11 segue inoltre che, se E la matrice del cambiamento di base da
B 1 a B2 e G la matrice del cambiamento di base da B2 a B3, allora la matrice del
cambiamento di base da B1 a B3 G E.
(6.3)
A . (x) = (b).
6. SISTEMI LINEARI
100
t a;x
o, in forma compatta,
(
1 =
101
Esso ha equazioni:
bi) ,
J,>_..-A-'I
I t 3-JJ-l9 =-t.
x+y=l
{ 3x- 2y = -4
che possono anche essere espresse come segue:
j=l
detta i-esima equazione (lineare) del sistema lineare S . Si dice anche che S ha
.
i
equazioni (6.1), (6 .2) o (6.3).
Si dice poi matrice completa del sistema lineare S = (A, b) la matnce C = (ck) E
Mmx (n+i)(OC), le cui n + 1 colonne c 1 , . . . , Cn, Cn+l sono nell'ordine ai, . . . , an, b. In
altre parole:
aln
! ,,.
,,
L -s1::-+ lJ- ,~
X~
(~
k=-lfs
+ Definizione 6.2.
Si osservi che la i-esima riga della matrice completa C fornisce i "coefficienti delle
incognite" ed il "termine noto" della i-esima equazione del sistema S .
{ 3x +4y =
S(i1,. . ., ih)
2 '
X+ 2y = 1
3x +4y = 2
5x + 6y = 3
7x +By= 4
9x + lOy = 5 .
Esempio 6 .1. Se
5x + 6y = 3
7x +By= 4
{
9x + lOy = 5
X+ 2y = 1
.
, . .
equazioni di S .
Il sottosistema di S costituito dalle equazioni di indice ii , . . . , ih sara md1cato con
(Q)
b~ (1,0,-4) EQ'
e"
ff
..
in
~(J.. Ql, avente A quale matrice incompleta, b quale terna dei termini noti e
'~~\Q..
" e ~I
= (
~~
i2
)
E
VvJ1
1 )
CJ~
~JLJ: ) ~ (1)
~4
A=
( 1
r- (b) = {x = (x
1
' ...
'xn)
si dice spazio
. _
5
lf
1t
.
b = (1, -4).
J e,-
- -
Il sottosistema costituito dalla prima e dalla terza equazione di S S(l , 3) = (A, b), dove
-
Sol (S) =
s,
x+ y = l
-x + 2y =o
{ 3x- 2y = -4
o equivalentemente:
M a(Q)
.(!.,
('G}A/,,, t__
s~ tw-
-T
] SaR{S)
,.l+f)
(X)~(:),
6. SISTEMI LINEARI
102
103
solo se:
L a;xi =bi,
Vi E Nm,
j=l
cio, come si usa dire, se e solo se, sostituita alla n-pla delle incognite, "soddisfa" tutte
le equazioni di S.
Ad esempio, il sistema S dell'Esempio 6.1 impossibile, in quanto, come facile verificare, Sol S = 0. Invece il sottosistema S(l, 3) possibile e la sua unica soluzione
(-2/5, 7/5).
4~1
l
,'I/
ocn
~ Osservazione 6.1. Se, per ogni i E Nm, S(i) denota il sottosistema di S la cui
o = o ... o
= f-
(0)
s
'
Kerf.
D'altra p~rte, per il Teorema 5.6, si ha: dim( Ker T) + dim( Im T) = n. Ricordato che
dim( Im T) = g(A) (Teorema 5.16), si ottiene allora dim(Sl (S)) + g(A) = n.
Ci conclude la prova.
Sol (S(i)).
iENm
+ O x 2 + + O xn
= b
S compatibile o incompatibile?
Si us~ an.ch~ enunciare la Proposizione 6.1 dicendo che S ammette esattamente n-g(A)
soluzioni linearmente indipendenti e tutte le altre soluzioni sono loro combinazioni
lineari.
~ Osservazione 6.3. facile rendersi conto che un sistema lineare S ammette la
soluzione banale se e solo se omogeneo.
Per la Proposizione 6.1, ci consente di affermare che Sol (S) un sottospazio vettoriale
di ocn se e solo se S un sistema lineare omogeneo (in n incognite).
Capelli 2 )
Un sistema lineare S
= g(A)
oppure
g(C) = g(A) + 1.
Inoltre l'uguaglianza g(C) = g(A) vale se e solo se la m-pla b dei termini noti combig(C)
(x 1 , ... , xn)
Laixi =b.
Nel caso in cui S sia compatibile, lo studio prosegue con la risoluzione del sistema S,
cio con la determinazione effettiva dello spazio delle soluzioni Sol (S).
Affronteremo preliminarmente lo studio di una classe di sistemi lineari, per i quali
il problema della compatibilit banale e la struttura dello spazio delle soluzioni
particolarmente semplice.
Tale studio ci servir di supporto per determinare la struttura dello spazio delle
soluzioni di un sistema lineare compatibile arbitrario.
j=l
6. SISTEMI LINEARI
104
\j + Definizione 6.6. Dato il sistema lineare S = (A, b), si dice sistema lineare omogeneo associato ad S il sistema So = (A, O), ottenuto sostituendo la m-pla nulla alla
m-pla b dei termini noti.
Dimostrazione. Se :X E
rispettivamente, si ha:
ocn,
105
r;~<Y
di JPymerj}(di ~
ordin.e n) se la matnce.mcor:ipleta A quadrata (di ordine n e regolare.
~
yn sis~em~ normale di ordme n ha dunque lo stesso numero n di equazioni e di lh
A.
mcogmte; i.n~ltre detA =f. O, ovvero e:A) = n.
e:~
(')
.J
Cramer):
xi=
. Vi E Nn,
~ }~
f)l: {A(x l)= ~ {1;,: . /:Jjf
.
(detDi). (detA)- 1 ,
X E Sol (S) {::}A. (x) = (b) = A . (x) {::}A. (x - x) = (O){::} X - X E Sol (So).
.,.. Osservazione 6.5. L'applicazione Tx. : ocn --+ ocn, definita ponendo, per ogni
u E ocn, Tx. (u) = u + :X una biiezione, detta traslazione di ampiezza :X.
Per il Teorema 6.3, se :X E Sol S, si ha Tx.(Sol S 0 ) =Sol S. Ci giustifica la locuzione:
lo spazio delle soluzioni Sol S si ottiene traslando Sol So m ediante :X.
Si osservi che, di conseguenza, Sol S e Sol So sono in corrispondenza biunivoca.
Ricordando (Proposizione 6.1) che Sol S 0 un sottospazio vettoriale di dimensione
n - e(A), si usa anche dire che un sistema lineare possibile S ammette oon-e(A)
soluzioni.
A- 1 = (detA)- 1 . t(Alt).
Da (x) = A- 1 (b) segue allora, per ogni i E Nn,
x'
in quanto
>~G
dett~ermin~ In
caso
(t
Corollario 6.4. (a) Un sistema lineare possibile ammette una ed una sola soluzione 3
se e solo se il numero delle incognite coincide col ucu:.ango.
(b) Un sistema lineare omogeneo ammette soluzioni diveue dalla soluzione banale se
e solo se il numero delle inPfgpitfi Jtrettamente m aggiore del suo ran!J!!.
3x -y+ 7z = 1
y + 2z = 3
{ -x+z = -2
normale, in quanto
~
~
l> s~1
-1
1
= 12.
6. SISTEMI LINEARI
106
107
y, z) :
1
10
== - .
12
d= L
detD1
=
detA
1
3
-2
X= - - -
-1
1
2
1
o
z=
2
1
-1
1
-1
1
3
-2
12
22
12
+Definizione 6.8. Un sistema lineare S si dice minimo se il rango della sua matrice
40
10
12
3'
2
12
==--
1
6
Corollario 6. 7. Se un sistema lineare S contiene una equazione che combinazione lineare delle rimanenti, il sottosistema di S ottenuto eliminando tale equazione
equivalente ad S .
D
xl, ...
4x+z=ll
5x + y + z = 21
{ 3x -y + z = 1
,xn.
E= L
r= l
ar S(ir)
11
6'
x = a- 1 b
+ z = 21
11
Sia ora S
4x + z
{ 5x + y
12
1
3
-1 -2
12
detD3
--detA
arbir
r=l
non minimo, in quanto la terza equazione combinazione lineare delle prime due e
pertanto li( C) ::; 2.
Il sottosistema formato dalla prima e dalla seconda equazione di S minimo ed equivalente ad S.
+Definizione 6.9.
6. SISTEMI LINEARI
108
Descriviamo ora due algoritmi che consentono di determinare lo spazio Sol (S) delle
soluzioni di un generico sistema lineare S =(A, b) di m equazioni in n incognite.
Il primo di tali algoritmi fa uso del Teorema di Rouch-Capelli e del Teorema di
Cramer; il secondo basato sulla possibilit di trasformare la matrice completa C di
S in una matrice completamente ridotta, mediante trasformazioni elementari di riga
(si veda 3 del Capito o 3 e, in particolare, il Teorema 3.9).
ocn,
5x 1 - 2x 2 - 7x3 - x 4 = 3
3x 1 - 2x 2 + x 3 - x 4 = 7
1
3
{ x 1- 4x 2= -2 3
2x - 2x + 5x - x 4 = 9.
Algoritmo A
1) Si calcoli il rango {!(A) della matrice incompleta A ed il rango {!(C) della matrice
completa C di S . Per il Teorema di Rouch-Capelli, si ha Sol (S) = 0 se e solo se
{!(A) i- {!(C). Supponiamo dunque {!(A)= {!(C) = h :'.S min{m, n}.
Se h = m = n, allora il sistema S normale e la sua unica soluzione ottenibile
mediante il Teorema di Cramer.
2) Si fissi un minore M di A di ordine h, con det M i- O. Poich una permutazione delle equazioni di S trasforma tale sistema in uno equivalente, si pu sempre
supporre che l'insieme degli indici di riga di M sia I = {1,2, . . . ,h}.
Esister
inoltre una permutazione q E Sn, tale che l'insieme degli indici di colonna di M sia
J = {q(l), q(2), ... , q(h)}. Per il Lemma 5.17, le prime h righe di C sono linearmente indipendenti e, poich {!( C) = h, le restanti righe sono combinazioni lineari delle
prime h. Per il Corollario 6.7, il sottosistema S' costituito dalle prime h equazioni di
S minimo ed equivalente ad S .
Si osservi che, se h = m, allora S gi un sistema minimo e pertanto S' coincide con S .
3) Posto
al
= t 1, ... , xq(n) =
xq(l) + ... +al
...
..
.
xq(h+l)
q(l)
ah xq(l)
q(l)
q(h)
tn-h,
xq(h)
.
..
q(h+l)
q(n)
..
.
_ bh _ ah
tl
q(h+l)
_ ... _
..
ah
tn-h
q(n)
In altre parole, si interpreti S' come un sistema lineare normale S" di ordine h,
avente M quale matrice incompleta, nelle h incognite xq(l), ... , xq(h), considerando le
rimanenti n - h incognite xq(h+l), . .. , xq(n) di S' come "parametri indipendenti".
Risolvendo il sistema S" con la Formula di Leibniz-Cramer si ottiene allora:
xq(l) = a~tl + . . . + a~_htn-h + [Jl
(6.4)
{
xq(h)
= a~tl + . .. + a~_htn-h +
[Jh
109
= (
00 2
soluzioni . Il minore
~ ~2)'
-f.
O.
x 1 =-2+4t 1
{ x2 = - 13 + 13 tl - ~t2.
2
2
2
Quindi
Sol(S) = { (x 1 ,x2 ,x3 ,x4 ) E JR4 I x 1 =-2+4t1,
= - 13 + 13 tl - ~t2 x3 = t1 x4 = t2}
2
2
2 '
'
.
Si osservi che lo spazio vettoriale delle soluzioni del sistema lineare omogeneo S 0 associato
ad S il sottospazio vettoriale di JR 4 :
x2
= 13 tl 2
~t2
u3 = tl u4 = t2}
2 ,
'
,
110
6. SISTEMI LINEARI
Inoltre una soluzione particolare per S X:= (-2, -13/2, O, O) (ottenuta per t 1 = t 2 =O).
Ci conferma che Sol S ottenuto traslando U mediante X:.
Esempio 6.3. Sia s il sistema lineare dell'Esempio_6.2. Scambia_ndo tr.a loro la prim'a e
la terza equazione, si ottiene un sistema lineare equivalente, la cui matrice completa e.
e~ U~~ ~: ~t T)
+ . .. +
+.Xixq(h+l)
C'
u~2 ~f ~l -2 )
13
o
o
Poich il secondo (ed ultimo) elemento speciale di C' non appartiene all'ultim~
.
go
d1ran 2
,
bI
Q d'
h I
uin 1 anc e 1
colonna, il sistema S' avente C' quale matrice completa e poss1 1e.
sistema S possibile.
Per risolverlo, basta considerare le prime due righe di C' e_d ottenere, mediante una
:J(,(: m~"ic~~mpt"'-~te)ndott
o
Posto
x3 = tl, x4 =
x1
{ x2
4x 3 = -2
13 3
1 4
- X + - X
2
2
= - 1~1
~~htn-h
+ ~l
xq(h)
- ~ tl - ... - ~ - htn-h
+ h
_ . .. _
Lo spazio Sol (S) si ottiene quindi operando come nel passo 4 dell'Algoritmo A .
~t 2 .
2
l'ln,
del sistema
x=
(~j) E Mn(lK) le
SI ha banalmente
cui n nghe sono
- a ,
- a , ... ,
,
.
.
detNi =o per ogni i E Nn- l (dato che la matrice contiene due nghe_ uguah) . ~un~ue'.
:X soluzione di s in quanto, dallo sviluppo di Laplace secondo la pnma nga d1 N , s1
ottiene:
6 Camille
13
2
= --
x 2 = _ 13 + 13 t 1
xq('.l)
-2
(6.5)
~-hxq(n) = l
111
dl _
d2 _
j=l
j=l
ds = as - 1 . . . dn = an-l,
Vi E Nn-1
6. SISTEMI LINEARI
112
Il fatto che tale soluzione sia non nulla e che generi Sol (S) conseguenza diretta di
e(A)
=n-
1.
determinante nullo.
Il sistema lineare omogeneo S di n - h equazioni in n incognite:
~:~z::~
:~
detMn
=O
{
3. Rappresentazioni dei sottospazi vettoriali
Nel presente paragrafo, considereremo solo sottospazi di uno spazio vettoriale v n di
dimensione finita n sul campo K B indicher una fissata base ordinata di vn.
Ci poniamo ora il problema di rappresentare tramite "sistemi di equazioni" i sottospazi di v n .
Esistono fondamentalmente due tipi di rappresentazioni: cartesiane e parametriche.
(I)
Rappresentazione cartesiana.
113
..,. Osservazione 6.8. La Proposizione 6.1 e l'Osservazione 5.1 permettono di affermare che il Teorema 6.10 invertibile, nel senso che, fissata una base B di v n,
ogni sistema lineare omogeneo S di m equazioni in n incognite e rango e(A) = n - h
rappresenta un sottospazio vettoriale uh di vn.
..,. Osservazione 6 .9. La rappresentazione di Uh (rispetto alla base B) mediante il
sistema lineare S non unica, in quanto S dipende dalla scelta della base { u1, . . . , u h}
di Uh e dal minore M nella' matrice H.
o, 1, O)
=B (x, y, z, w) E V 4 appartiene ad U 2 se e
ovvero se l'insieme delle componenti dei vettori di Uh, rispetto a B, coincide con
Sol (S) . In tal caso, si ha necessariamente e(A) = n - h.
Le equazioni A (u) = (O) del sistema S si dicono equazioni cartesiane o, pi semplicemente, equazioni del sottospazio U h (relativamente a B ).
J Teorema 6.10.
Dimostrazione. Sia { U1 , ... ' uh} una base di uh. Se V =B (x 1' . . . 'xn) un generico
vettore di v n e se, per ogni i E Nh, U i =B (u}, . .. 'ui), sia
ul
1
H=
ha rango 2.
Scelto il minore
M
= (
~ ~1
) '
con det M = 1 =f. O, baster imporre che i due orlati di M abbiano determinante nullo.
Ci porta al sistema lineare omogeneo minimo S di equazioni:
X
y
z
la matrice delle componenti della (h + 1)-pla (v, u 1 , ... , uh), rispetto a B.
Si osservi che la lineare indipendenza di (u 1 , ... , uh) implica la lineare indipendenza
delle ultime h colonne di H. Pertanto, h :::; e(H) :::; (h + 1). Inoltre esiste un
minore Mdi H individuato da un opportuno insieme di h indici di riga e dall'insieme
{2, 3, ... , h + 1} di indici di colonna avente determinante non nullo.
Poich v E Uh = L(ui, ... , uh) se e solo se (x1, ... , xn) E L((uL ... , uf ), .. .,
(uh, . . . , uh)), si ha dunque v E U h se e solo se e(H) = h, ovvero, per il Teorema
di Kronecker, se e solo se gli n - h orlati Mh+i, .. . , Mn del minore M in H hanno
1
1
1
-1
=0
1
e cio
y
w
1
1
2
-1
o
o
=0
1
M'= ( 2
),
2y+ Z = 0
2y-w =O
X -
114
6. SISTEMI LINEARI
x+z-w=O
{ 2y-w =O
equivalente ad S.
Si osservi che U 2 = L(w1, w2). dove W1 =B (O, 1, 2, 2) e W2 =B (2 , 1, o, 2) .
(I I)
Rappresentazione parametrica.
Si noti che, come gia osservato nella dimostrazione del Teorema 6.10, se il sottospazio
U1 =.B ( U~, ... , u_'), ... ,
uh =B (u}., ... , uh), allora un vettore generico v =B (x 1 , ... , xn) E Uh se e solo se
v E L(u1 , ... , uh); ci6 equivale ovviamente alla esistenza di h scalari t 1, . . . , th E lK tali
che v = t 1 u 1 + + thuh. Pertanto, tutti e soli i vettori v E Uh ammettono, rispetto
a B, componenti (x 1 , ... , xn) che si ottengono, al variare dei parametri t 1 , .. . , th E JK,
da
Uh di Vn generato dai vettori linearmente indipendenti
Le corrispondenti equazioni
ovvero
{
~1 = u~tl
..
..
xn
+ . .. +u}.t.h
..
u_'t + + uhth,
1
w
Se, invece, si considera U 2
allora si ottiene:
= L(w1 , w2)
= 2t 1
con W1 =B (0, 1, 2, 2) e W2
X=
2s 2
Y=
sl
+ s2
z = 2s 1
w = 2s 1 +2s 2 .
=.B
(2, 1, 0, 2),
115
CAPITOLO 7
Autovalori ed autovettori
1. Autovalori ed autospazi di un operatore lineare
= U(T) = {v E V I T(v) =
~ul
campo OC.
v} .
+Definizione 7.1.
In altre parole,
E lK un autovalore di T
~e
esiste un vettore v
v.
(7.1)
T(v)
O di V tale che:
(c) ).
Esempio 7.1. Sia T : JK 2 --+ JK 2 l'operatore lineare definito da T(x, y) = (ax, by), con
a, b E lK - {O}, a~ b. Allora gli autovalori di T sono a e b ed i relativi autospazi sono:
= {(x,y)
lK 2
I X= O}.
IR. 2
7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
118
119
Si ha allora:
3
det ( .x_2
2
O
)
.X+l
= '
cio se e solo se = 1.
Quindi 1 l'unico autovalore di T. Il relativo autospazio U 1 l'insieme di tutti i vettori
(x, y) E JR. 2 tali che:
(1 - 3)x + 2y = O
{ -2x+(l+l)y=0
ovvero
U1 = {(x,y) E JR.
I X= y}.
Per l'ipotesi induttiva, i vettori v 1, ... , vh-l sono linearmente indipendenti, per cui
tutti i coefficienti 01 (..\1 - h) , ... , Oh- l (h-l - h) devono essere tutti nulli.
Dal momento che, per ipotesi, per ogni i E Nh-l, i i- h, se ne deduce che
01 = = Oh-1 = O. Sostituendo nella (7.2) si ottien.e infine Oh vh = O, da cui,
essendo vh i- O, segue Oh = O. Ci prova che i vettori v 1, . . . , vh sono linearmente
indipendenti.
D
Vedremo in seguito che il procedimento sopra illustrato valido, in generale, per la ricerca
degli autovalori (e degli autospazi) di un qualsiasi operatore lineare su uno spazio vettoriale
di dimensione finita .
La Proposizione 7.2 viene di solito enunciata brevemente dicendo che autovettori non
+1 =
~ ~l
) =O,
Esempio 7.5. Siano ..\ 1 , ... , n n numeri reali distinti, interpretati come n autovalori
distinti per l'operatore lineare D su C00 (JR.; JR.) dell'Esempio 7.4. Poich, Vi E Nn. e;X
un autovettore non nullo relativo all'autovalore i, dalla Proposizione 7 .2 si ricava che le
funzioni eix, . , enx sono linearmenti indipendenti .
Esempio 7.4. Sia C00 (JR.;JR.) l'insieme delle funzioni "lisce" (cio infinitamente derivabili)
f : JR. -+JR..
= ex.
si ha
Vi = V1 + + Vi- 1 + Vi+l + + Vh,
Proposizione 7.2. Siano ..\ 1 , ... , h h autovalori distinti di T e, per ogni i E Nh,
sia Vi E U; - {O} . Allora i vettori vi, ... , vh sono linearmente indipendenti.
Vj
E U j. Quindi
7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
120
2. MATRICI SIMILI
121
2. Matrici simili
Sia lK un campo.
(x') =E (x),
+Definizione 7.2.
A~
s
Ad esempio, le matrici
Sia B' = (fi, ... , fn) una arbitraria base ordinata di yn e sia T l'operatore lineare su
vn avente A' quale matrice associata, relativamente a B'.
Per ogni v E vn, se (x') (risp. (y')) la colonna delle componenti di v (risp. di
T(v)) rispetto a B', si ha dunque:
(y)
A= E- 1 . BE.
(7.3)
Si ottiene quindi:
=I>; .ri.
i=l
La matrice delle componenti di B rispetto alla base ordinata B' quindi la matrice
regolare E: pertanto B una base ordinata di yn (si veda l'Osservazione 5.6).
Indicata con (x) (risp. (y)) la colonna delle componenti div (risp. di T(v)) rispetto
a B, si ha inoltre:
(x') =E (x),
Si ottiene quindi:
1
o
Ricordando che, se A = MB(T), allora e(A) = dim( Im T) (Teorema 5.16), come
conseguenza del Teorema 7.5, si ottiene il seguente:
Corollario 7.6. Matrici simili hanno lo stesso rango.
Si ha inoltre:
Proposizione 7. 7. Matrici simili hanno lo stesso determinante.
Se A, A' E Mn(lK) sono simili, sia E E GLn(lK) tale che A =
Dimostrazione.
1
E- A' E. Dal Teorema di Binet (Proposizione 3.15) e dal Teorema 3.19 (a) si
ricava allora:
detA
(det E)-
detA' detE
122
7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
3. POLINOMIO CARATTERISTICO
123
-a~
a~
yl =xl_ x2
{ y2 =-xl + 3x2
-a!;
-a;,
t-
E= ( ;
~2) .
t - a~
-1 )
3
,
~A(t)
= det(tin -A)
E lK[t].
si ha :
MB(T)=A=E
Si osservi che: det A'
- 1
AE=
_4/3
716
-4/3)
8/3
= det A = 2.
JK .
Posto:
~A(t)
3. Polinomio caratteristico
Nel presente paragrafo mostreremo che gli autovalori di un operatore lineare T su
uno spazio vettoriale yn di dimensione finita n (sul campo JK) sono le radici di un
polinomio di grado n (a coefficienti in JK), univocamente associato a T .
Le nozioni fondamentali relative alle equazioni algebriche, utilizzate nel seguito del
capitolo, sono raccolte nella Appendice A.
(7.4)
(Hn - A) (x)
= tn + On-ltn-l + + Oo ,
ricordando che ogni addendo dello sviluppo del determinante contiene quale fattore
uno ed un solo elemento di ciascuna riga e di ciascuna colonna, si ottiene subito che
il coefficiente di grado n - 1 :
On - l = - (at + +a~)
=-
7r (A) ,
dove 7r (A) indica la traccia della matrice A (si veda l'Esempio 5.5).
Inoltre il coefficiente di grado zero
.
Oo
= ~A(O) = det(-A) =
(- lrdetA.
(0) .
O.
In
A3 =
o o
(t) =
O 3
~A 2 (t) =
o
o
t-1
-3
-7
-1
t-3
t- 3
-1
o
t-3
o
-1 t-2
-4
t-2
(t - 2)(t - 3) 2 ;
7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
124
t-3
Aa (t)
A 4 (t)
-1
o
o
t-3
t-2
t-3
5
-7
-2
t+3
o
o
= (t - 2)(t - 3) 2;
B(t) =
= (t - 2)(t 2 + 1) .
t-2
determinante uguale ad 1.
I+ I
:~
:1 :i :i \)
I+ I
Dimostrazione. Per la Definizione 7.4 e per la Proposizione 7.8 (b), si ha che>. E][{
un autovalore di T se e solo se r(>.) = O, cio se e solo se >. radice del polinomio
r(t) .
+ Definizione
1
= det(A- 1 (In -A) ) = det((A- 1 In) - (A- A))=
det(tln - B) = det(tln - E- 1 A E) =
det(E- 1 (tin) E - E- 1 A E) =
det(E- 1 (tln - A) E) =
det(E- 1) det(tln - A) det E=
(det E)- 1 det E det(tln - A) =
det(tln -A)= A(t).
A(t) = t
125
3. POLINOMIO CARATTERISTICO
t - detA.
Dimostrazione. Poich dim U.x > O, si ha mg(>.) = h 2: l. Sia poi B.x = (ei, . .. ,
eh) una base ordinata di U >. e B = (e 1, . . . , eh, fi, ... , fn -h ) una base ordinata di yn
ottenuta per completamento della base B.x (Proposizione 4.12) .
7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
126
o o
A=
3) T3 ha autovalori 1 = 2 e 2
= ~A(t) = (t - )hp(t),
.,.. Osservazione 7.2. Se >. 1, . . . , h sono gli autovalori (distinti) dell'operatore lineare
T su vn , allora per l'Osservazione A.3 e la Proposizione 7.11 si ha:
h :::;
mg(>.i) :::;
ma(>.i) :::; n.
i=l
i=l
mentre
= 3, con
ma(2) =
mg(2) = 1, mg(3)
Si osservi che, in questo caso, si ha
= 3,
mg(>.i) = 2.
1, ma(3)
= 2.
Si ha inoltre
~r(t)
ma(>.i)
e
o o
C3.
o o
Si osservi che
127
o
o
= 3 - Q(3J3 - A) = 3 - 1 = 2.
mg(>.i)
ma(>.i)
= 3.
mg(>.i)
= mg(2) =
1.
=1<3
ma(i)
(si ricordi che, come provato nella Osservazione A.5, ~ non algebricamente chiuso) .
Gli autovalori di T4, considerato come operatore lineare su C3, sono invece 2, i e -i.
Avendo in questo caso T 4 tre autovalori complessi distinti, se ne deduce che ciascuno ha
molteplicit algebrica 1 e molteplicit geometrica 1.
ma(>.i) = n
i=l
Anche in tal caso, per, la somma delle molteplicit geometriche pu essere strettamente minore di n (si veda il successivo Esempio 7.6 bis).
3
2) T 2 ha autovalori >. 1
= mg(2) = mg(4) =
1.
ma(2) = 1, ma(3) = 2.
Si ha inoltre
= 1, mg(3) = 3 - Q(3h - A) = 3 - 2 =
+ Definizione
7.6. Si dice base spettrale relativa all 'operatore lineare T una base
B 8 di v n, formata da autovettori di T.
= 2 e 2 = 3 con
mg(2)
1.
7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
128
Bs
1
1
2
2
h
h )
= (el'
. . . 'er1' el' ... 'er2' .. . 'el' ... 'erh
tale che, per ogni i E Nh, i vettori ei, . . . , e~, appartengono all'autospazio U >., relativo
a i
Dal momento che, per ogni i E Nh,
e che
h
i=l
129
(a)
(b)
{o?
{o?
(c)
{o?
(d)
mg(>.i) = n,
i=l
posto ri = mg(>.i) = dim U >.., per ogni i E Nh, sia B>., = {ei, , e~J una base di
U >.,. In virt della Proposizione 7.2, l'insieme di n vettori (non nulli e distinti)
Bs
Lri =n,
{el,
1
1
2
h
h }
... 'er1'
e 2l, . . . , er2'
. . . 'el'
... , erh
linearmente indipendente e costituisce quindi, per il Teorema 4.11 (a), una base
(spettrale) di v n.
(c) {o? (d). conseguenza immediata del Corollario 7.3 e della Proposizione 4.20.
mg(>.i) = n .
i=l
Pertanto, per ogni i E Nh, (ei, .. . eU una base {ordinata) per V>., e la matrice
associata a T relativamente alla base spettrale B 8 la matrice diagonale
A= diag( >.1 , ... >.1 , >.2 . .. >.2,
(r 1 volte) (r2 vo lte)
.. . '
h,h ),
(rh volte)
Dimostrazione. Poich ogni autovalore ha molteplicit geometrica 2:: 1, per l'Osservazione 7.2, si ha
n
ripet'fto
Ti =
mg(>.i) volte.
mg(>.i)
= n.
i=l
D
(d) y n =
E9U>-,
i= l
Esempio 7.6 ter. Verifichiamo se esistono basi spettrali relative agli operatori lineari
Ti : IR 3 , IR 3 dell'Esempio 7.6 bis.
1) T1 ha tre autovalori distinti O, 2, 4 e quindi ammette una base spettrale per il Corolla rio
7.13; la matrice A 1 simile alla matrice diagonale
A1
= (
~ ~ 4~ )
o o
2) T2 non ammette una base spettrale, in quanto la somma delle molteplicit geometriche
dei suoi autovalori 2 e 3 1 + 1 = 2 < 3. Quindi la matrice A 2 non diagonalizzabile
per similitudine.
3) T 3 ammette una base spettrale, in quanto la somma delle molteplicit geometriche dei
suoi autovalori 2 e 3 1 + 2 = 3 . La matrice A3 simile a ll a matrice diagonale
o
3
7. AUTOVALORI ED AUTOVETTORI
130
4) T 4 , definito su JR.3, non ammette una base spettrale, in quanto il ~uo_ ~nic? autovalore
(reale) 2 ha molteplicit 1. Pertanto A 4 non diagonalizzabile per s1mtl1tudme (su JR.).
T 4 ammette una base spettrale, se , invece, definito su C 3, in quanto ammette tre
autovalori distinti 2, i, -i. In tal caso A 4 simile alla matrice diagonale
~i )
M,(C).
Esempio 7.10. Determiniamo una base spettrale relativa all'operatore lineare T3 considerato nell'esempio precedente. Ricordando la Proposizione 7.8 (a), poich la matrice
associata a T 3 relativamente alla base naturale di lR. 3 A3,
U 2 = {(x, y,z)EJR. 3 lx+ z= 0, y = O},
U 3 = {(x,y,z) E JR. 3 I z =O}.
Basi per U 2 e U 3 sono rispettivamente
B 2 = {(1,0, - 1)}
Una base spettrale di
quindi :
JR. 3 ,
B3 = {(1,0,0), (O , 1,0)}.
88
B di
In tutto il presente capitolo, il simbolo V indicher semp~e uno spazio vettoriale reale.
Per ogni a E JR., lai denoter il valore assoluto di a.
+Definizione 8.1.
(PSl) < u, v + w > = < u, v > + < u, w >; < u, av > = a< u , v >;
(PS2) < u, V>=< v, u >; ,.A-O. '~"''
(PS3) < v, v > ~ O; ( < v, v > = O) <=? (v = O).
-1
E-'~
tale che, per ogni u, v, w E V e per ogni a E JR., risultino soddisfatte le seguenti
propriet:
lR.
E = (~~~)
o o
Si ha inoltre
CAPITOLO 8
~ ~I)
E - 1 . A E = tE A E = D ,
poi immediato verificare che, se (V, < ., >) uno spazio vettoriale euclideo e
x E V, si ha:
u=O.
Si usa esprimere il fatto che ogni prodotto scalare gode delle propriet (PSl)-(PSl ' )(o,
equivalentemente, (PSI)-(PSI')), (PS2) , (PS3) e (ND) dicendo che ogni prodotto
scalare bilineare, simmetrico, definito positivo e non degenere.
132
..,.. Osservazione 8.1. Sia (V,< ., >) uno spazio vettoriale euclideo e sia V un
sottospazio vettoriale di V . La restrizione di < , > a V x V , come facile verificare,
un prodotto scalare sullo spazio vettoriale (reale) U . In altri termini, ogni sottospazio
vettoriale di V eredita una struttura di spazio vettoriale euclideo e viene anche detto,
pertanto, sottospazio vettoriale euclideo di (V, < ., >).
133
Poich il trinomio in (3 contenuto nell'ultimo termine della relazione (*) ha il coefficiente del termine di secondo grado sempre positivo, segue:
~
2
2
= (< u,v > ) - llul l llvll2 ::; O.
Sia ora (V,< ., > ) uno spazio vettoriale euclideo. Poich < ., > definito positivo
(assioma (PS3), possibile introdurre la seguente
Tenuto conto che si ha llull >O, llvll >O, segue subito (d) .
(e) Sostituendo (3 = 1, la relazione(*) fornisce direttamente la propriet (e):
2
2
lluvll =<uv,u v >= llull 2<u,v>+llvll 2.
+ Definizione 8.2.
(c)
Prima di dimostrare le altre propriet osserviamo che, per ogni (3 E JR, per la bilinearit del prodotto scalare si ha:
2
< u + (3v, u + (3v > = < u, u > +2(3 < u , v > +(3 < v , v > =
2
2
2
= llull + 2(3 < u, v > + f3 ll v ll
(d)
Si osservi che, se almeno uno dei vettori u , v nullo, la disuguaglianza di
Schwarz banalmente verificata; possiamo dunque supporre u , v i- O. Essendo il
prodotto scalare definito positivo, per ogni (3 E JR si ha
< u + (3v, u + (3v > 2: O.
un prodotto scalare sullo spazio vettoriale standard n-dimensionale JRn; esso detto
prodotto scalare naturale su JRn . La coppi~ (JRn, < ., > ) detta spazio vettoriale
euclideo standard n-dimensionale.
Si noti che il prodotto scalare naturale su JRn un caso particolare del prodotto naturale
di due n-ple di un generico ocn, definito nel 1 del Capitolo 3 ed indicato con lo stesso
simbolo < ., >.
La norma indotta (in base alla Definizione 8.2) su JRn dal prodotto scalare naturale la
applicazione li li : JRn-+ JR definita, per ogni a= (a1, ... , an), da :
n
llall =
L(ai)2
i=l
p(t) = ao + a1 t + + antn,
l'applicazione< .,> : JR[t] x JR[t]-+ JR che alla coppia (p(t), q(t)) associa
z=
n
1Si noti che le propriet (a), (b), (c) della presente Proposizione caratterizzano, in generale, la
i=O
aibi
n::; m,
134
135
il sostegno dello "spazio vettoriale dei vettori applicati" , considerato nell ' Esempio 4.1; sia
poi < ., >: F(O) x F(O) -+ JR la applicazione definita mediante
Es~m~io 8.3. Un secondo esempio di prodotto scalare, molto importante per le applicazioni, sullo spazio JR[t] si ottiene come segue.
Fissate arbitrariamente una coppia (a, fJ) di elementi distinti di JR, con a < fJ, sia
JR[t] -+ JR
l'applicazio~e che associa ad ogni coppia (p(t), q(t)) di polinomi l'integrale definito da a
a fJ del polinomio prodotto p(t) q(t); le propriet dell'integrale provano che < ., . >
un prodotto scalare su JR[t].
Ad esempio, se a= O, fJ = 1, p(t) = 1 - t 2, q(t) = t
< p(t), q(t) > =
Inoltre, se
11 11
+ 3t3,
allora :
{I (1 - t 2) (t + 3t3) dt = {I (t + 2t3 - 3t 5 ) dt =
lo
lo
! +! - !
2
Non difficile verificare che tale applicazione un prodotto scalare sullo spazio vettoriale
reale F(O) ; (F(O) , < ., >) risulta pertanto uno spazio vettoriale euclideo di dimensione
tre .
Esempio 8.7. L'applicazione ~ ., >-: JR 3 x JR 3 -+ JR definita ponendo , per ogni u =
+ 2x2y2 _
x1y2 _ x2y1
+ x3y3
un prodotto scalare (non standard) sullo spazio vettoriale standard JR 3 : infatti, esso
gode banalmente delle propriet (PSl) e (PS2) , mentre la propriet (PS3) si verifica
osservando che ~ u , u >-= (x 1) 2 + 2(x 2 ) 2 - 2x 1x 2 + (x 3) 2 = .(x 1 -x 2 ) 2 + (x 2 ) 2 + (x3) 2 .
La coppia (JR 3 , ~ ., >-) quindi uno spazio vettoriale euclideo di dimensione tre, diverso
dallo spazio vettoriale euclideo standard di dimensione tre, ma avente lo stesso sostegno.
fat~e.sost1t~~ndo JR[t] con lo spazio vettoriale C 0 ([a , fJ]; JR) delle funzioni continue reali,
definite sull intervallo [a, fJ] = {t E JR/ a :::; t :::; fJ}, e definendo allo stesso modo il
Nel seguito del capitolo indicheremo spesso, con abuso di linguaggio e per brevit
di notazioni, lo spazio vettoriale euclideo (V, < ., >) semplicemente con V , sottintendendo, come gi fatto per le operazioni + e ., il prodotto scalare < ., > che ne
completa la struttura.
Denoteremo inoltre con lo stesso simbolo < ., > i prodotti scala ri definiti nei vari
spazi vettoriali euclidei considerati, anche se, in generale, tali prodotti risulteranno
distinti. Analogamente, il simbolo 11 11 indicher sempre la norma euclidea indotta
d al prodotto scalare < ., > su un qualunque spazio vettoriale euclideo.
p.r odotto. scal~re. Si osservi che, identificando ogni polinomio con la corrispondente funzione polinomiale, lo spazio (JR[t], < " > )definito nell'Esempio 8.3 pu essere considerato
un sottospazio euclideo di (C 0 ([a, fJJ; JR),< ., . > ).
+ Definizione 8.3.
Mmxn(JR) -+
(A , B)
{(O,P)
v , se
(llull2
+ llvll 2
= llu + vll
) .
L L a;bj .
i=l j=l
J_
dun~ue semplice verificare che l'applicazione < ., > un prodotto scalare sullo spazio
vettoriale reale M mxn(JR).
F(O)
JR
Esempio 8.6.
u , v >- = x1y1
p E F}
.,.. Osservazione 8.2. Le due implicazioni::::} e{::: della precedente proposizione sono
note rispettivamente come Teorema di Pitagora4 e suo inverso.
Tenuto conto della Definizione 8.2, si usa enunciare tale risultato dicendo che due
vettori sono ortogonali se e solo se la somma dei quadrati delle loro lunghezze coincide
con il quadrato della lunghezza della loro somma.
4 Pitagora di Samo: matematico e filosofo greco (Samo, 580 a. C. - Metaponto, 504 a. C.) .
136
+Definizione 8.4.
I ::;
137
2. BASI ORTONORMALI
Dimostrazione. Sia (v 1 , v 2 , ... , vh) una h-pla di vettori distinti di X, tale che
h
'L::aivi =O.
i=l
Per ogni j E Nh, posto< Vj, Vj >= f3J, si ha allora:
h
\\u\\ \\v\\
e quindi
-1 ::; cos(u , v) ::; l.
Supponendo nota la funzione trigonometrica coseno e ricordando che la sua restrizione
all'intervallo chiuso [O, 7r] biunivoca (Esempio 1.5), risulta pertanto naturale definire
misura dell'angolo (convesso) tra u e v il numero reale iiV E [O, 7r] univocamente
determinato dalla condizione
< u ,v >
( )
cosuv = \\u\\ \\v\\ = cos u, v.
Tenuto conto della Definizione 8.4, si ha quindi che due vettori u e v sono ortogonali
se e solo se la misura dell 'angolo tra u e v ~.
... Osservazione 8.4. L'uguaglianza
\lu - v\12 = \\u\\
(Proposizione 8 .1)
pu essere espressa, tenendo conto della Definizione 8.4, nel modo seguente:
\lu - v\\ 2 = l\u\\ 2 + \\v\\
+Definizione 8.6.
male) di V se:
Esempio 8.8. Nello spazio vettoriale euclideo standard !Rn (Esempio 8.1) , la base
naturale ortonormale.
Esempio 8.9. Nello spazio vettoriale euclideo standard JR2 , la base (ordinata) B
((1 , 1), (2, -2)) ortogonale, ma non ortonormale, in quanto
< (1, 1), (2, -2) > = '1. 2 + 1 . (-2) =
Nel presente paragrafo, il simbolo V indicher sempre uno spazio vettoriale euclideo;
il simbolo v n indicher invece uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita n.
+ Definizione 8.5.
In altre parole, X ortonormale se i suoi vettori sono versori a due a due ortogonali.
Si osservi che un sottoinsieme finito {v 1 , ... , vh} di V ortonormale se e solo se, per
ogni i,j E Nh, si ha< vi , Vj >= Oij
Proposizione 8.3. Ogni sottoinsieme ortogonale X di V non contenente il vettore
nullo linearmente indipendente.
5 Sadi Carnot: fisico francese (Parigi, 1796 - 1832).
ma
1\(1 , 1)11 = J2,
La base B- -
2. Basi ortonormali
Un sottoinsieme B di V detto base ortogonale (risp. ortonor(i) B una base di V; (ii) B ortogonale (risp. ortonormale).
Esempio 8.10. Nello spazio vettoriale euclideo IR[t] dell'Esempio 8.2, l'i nsieme {1, t, t 2 ,
. . . , tr} (Esempio 4.10 bis) una base ortonormale per il sottospazio !Rr[t], per ogni
r ~O.
Esempio 8.11. Sia Mm x n(IR) lo spazio vettoriale eucl ideo descritto nell'Esempio 8.5.
La base f3 = {Ej I i E Nm,j E Nn} costruita negli Esempi 4.9 e 4.9 bis ortonormale.
138 .
<
<
<
e3 = v 3 <
_
en - Vn -
V2 , e1
e1 , e1
v 3, e1
e1,e1
>
e1 ,
>
>
< v 3,e2 >
e1 e2 ,
>
< e2,e2 >
(o, 1, 1) =(O, - 1, 1)
11::11
= (1, O, O),
f2 =
11:~11 =
(O ,
v'2,
Esempio 8.13. Se (IR 3,-< , >-) lo spazio vettoriale euclideo di dimensione tre definito
nell'Esempio 8.7, e se (v 1 = (2, O, O) , v 2 = (1, 1, 1) , v 3 = (3, O, 2)) la base di JR 3
ei
(2, O, O) -
n-1
~ < vn ,ei>
B' = (e1 , e2, e 3) una base ortogonale di IR3. Poich lle1l l = 2, lle2ll = lle3ll =
ne consegue che B" = (f1, f 2, f3), dove
f1 =
e2 = v 2 -
139
2. BASI ORTONORMALI
=(3, O, 2) -
Esempio 8.12. Sia (v 1, v 2, v 3) la base dello spazio vettoriale euclideo standard JR , cos-
(-1, -1, 1)
f 2 = e2 =
lle2l l
'
-3 =
f
e 3 _ ( - v'2
lle3ll 2 '
una base ortonormale dello spazio vettoriale euclideo (non standard) (JR 3,-< , . >- ).
e1 =(2, O, O)
4(2, O, O) - 2(1, 1, 1) =
B' = (e1 , e2, e3) quindi una base ortogonale dello spazio vettoriale euclideo (non standard) (JR3,-< , >- ). Poich, rispetto al prodotto scalare considerato, i vettori di B' hanno
norma ll e1l l = 2, lle2ll = lle3ll = v'2, ne consegue che !311 = (t'i,f2, f3), dove
e1
f 1 = lle1ll = (l, O, O),
>-
e3 =( 3 , O, 2 ) _ -< (3, O, 2), (2, O, O) >- . (2 O O)_ -< (3, O, 2), (O , 1, 1) >- . (l l 1) _
-< (2, O, O) , (2, O, O)>' '
-< (O, 1, 1), (O, 1, 1) >' ' -
"'n
~i = l
uivi.,
140
3. TRASFORMAZIONI ORTOGONALI
3. Trasformazioni ortogonali
n
n
n
< ei, u >=< ei , L u1e1 >= L u1 < ei,ej >= L u1oij = ui
j=l
j=l
j=l
<u,v>=<~u'ei,~v1e 1
i=l
>=
j=l
~~
i j
~~uv
<ei,ej >=
i=l j=l
~~
i ji;: - ~ i i
~~uv Uij- ~uv
i=l j=l
141
i=l
Le formule (c) e (d) sono invece immediata conseguenza della formula (b) e della
definizione di norma euclidea e coseno dell'angolo tra due vettori.
Si noti che, come diretta conseguenza della precedente Definizione e delle Definizioni
8.2 e 8.4, ogni trasformazione ortogonale T conserva anche la norma dei vettori8 ed
il coseno dell'angolo:
\fu, v E V ,
llT(v)ll = llvll
Esempio 8.14. Il prodotto scalare naturale su ~n (Esempio 8.1) l' unico prodotto
scalare su ~n rispetto al quale risulti ortonormale la base naturale di ~n.
llPq,(x, y)ll = J(x cose/>+ ysenc/>) 2 + (-x sene/>+ y cos c/>) 2 = Jx 2 + y 2 = ll(x, y)ll Proposizione 8.8. Sia B una base ordinata ortonormale di yn. Una base ordinata
B' di yn ortonormale se e solo se la matrice E E Mn(OC) delle componenti di B'
rispetto a B ortogonale.
Dimostrazione. Ricordando la Definizione 5.3, se B' =(e~, ... ,e~), per ogni j E Nn,
si ha ej =B' (a}, ... , aj), dove a1 = (a}, ... , aj) la j-esima colonna di E. Essend~
B ortogonale, per la Proposizione 8.6 (b), B' risulta ortonormale se e solo se, per ogm
h,k E Nn, si ha:
n
Si noti che pq, "ruota" dell'angolo cf> il vettore (x, y) intorno all'origine (O, O).
(y) = A (x),
con A E
On(~)
8In realt, non difficile dimostrare che la propriet di conservare la norma dei vettori equivale,
per le trasformazioni lineari, alla condizione di ortogonalit.
142
4. COMPLEMENTO ORTOGONALE
143
... Osservazione 8.5. Sia Buna base ordinata di vn e <I>B : yn -+ !Rn l'isomorfismo
associato a B (Proposizione 5.8). Si osservi che <I>B trasforma B nella base naturale di
!Rn, che risulta ortonormale rispetto al prodotto scalare naturale (Esempio 8.1). Pertanto, se B una base ortonormale di vn' allora <I>B una trasformazione ortogonale
(biunivoca) di vn nello spazio vettoriale euclideo standard !Rn.
Ne consegue che due spazi vettoriali euclidei di dimensione finita sono isomorfi se e
solo se hanno la stessa dimensione.
4. Complemento ortogonale
N~l presente paragrafo, il simbolo V indicher sempre uno spazio vettoriale euclideo;
il simbolo vn indicher invece uno spazio vettoriale euclideo di dimensione finita n.
+ Definizione 8.8.
'v'x E X,
.l{O} = V .
(.lY
.LX).
'v'x E X,
i=l
i=l
"h
L-ti=l aix.
i,
Quindi v E .LU.
(c) Essendo U e .l U sottospazi vettoriali, si ha banalmente O E U n .l U. Se
V E Un .lU, allora, per ogni U E U, si ha < v, u >= 0, e quindi in particolare
< v, v >=O. Poich il prodotto scalare definito positivo, ci implica v =O. Pertanto, un .Lu = {O}.
o
... Osservazione 8. 7. Dalla Proposizione 8.10 (b) segue che un vettore v E V
ortogonale a tutti i vettori di un sottospazio vettoriale U di V se e solo se ortogonale
a tutti i vettori di un qualsiasi sistema di generatori (in particolare, di una qualunque
base) di U.
Teorema 8.11. Se U un sottospazio yettoriale h-dimensionale di yn, si ha:
(a) dim(.lU) = n - h;
(b) vn = U EB .LU;
(c) U =
.i( .i U).
Dimostrazione. Data una base ortogonale B1 = (e 1, ... ,eh) di U, tramite il Teorema del completamento ad una base (Proposizione 4.12) ed il procedimento di
Gram-Schmidt, possibile completare B1 ad una base ortogonale B = 8 1 U B2 =
(e1, ... , eh, f1, ... , fn-h) di vn. Poich B ortogonale, si ha B2 = (f1, ... , fn-h)
.lB1 = .LU; da questo segue L(B2) .LU, per cui dim(.lU) ~ n - h. Essendo
Un .LU = {O} (Proposizione 8.lO(c)), la relazione di Grassmann (Teorema 4.19)
implica dim(U + .l U) ~ n; ci dimostra sia la affermazione (a) che la affermazione
(b).
La affermazione (c) si verifica poi osservando che
o
Si noti che la dimostrazione del Teorema 8.11 fornisce un metodo costruttivo per
ottenere una base del complemento ortogonale di un generico sottospazio vettoriale
di vn . Un metodo alternativo dato dalla seguente
144
145
~2
(} {ru'++ : ::_":u. : :
un sistema lineare omogeneo minimo, rappresentante il sottospazio vettoriale h-dimensionale U" di yn, rispetto ad una fissata base ortonormale B di yn . Posto, per ogni
i E Nn-h, a; =B (ai, ... ,a~) ed H = {a1, . .. ,an-d, si ha:
= L(H)
1-Uh
u3
u4
1- H
= 1-(L(H))
e quindi
1-Uh
= L(H).
o
8.12, poich le righe
al, a 2, ... , an-h della matrice incompleta del sistema minimo che rappresenta Uh
sono linearmente indipendenti, si conclude che H una base, non necessariamente
ortogonale, di J_ uh .
=B
u 3 =O,
Esempio 8.17. Sia U 2 = L(u1, u2) il sottospazio di IR4 generato dai vettori U1 =
(1, 1, O, 1), u 2 = (3, O, 1, O). Applicando alla base (ui, u2) il procedimento di GramSchmidt, si ottiene la base ortogonale (ei, e2) di U 2, dove
e1 = U1 = (1, 1, 0, 1),
)
e 2 =u 2 - < u2 , e1 > e1= (2,-1,1,-1.
< e1,e1 >
Posto w 1 = (O, O, 1, O), w 2 = (O, O, O, 1), la quaterna (e1, e2, w1, w2) una base (non
ortogonale) di JR4. Applicando il procedimento di Gram-Schmidt, si ottiene la base ortogonale (ei,e2,fi,f2) di IR4, dove
f1 = W1 -
u 4 =O.
10
g2 = a2 - - < a 2,g 1 > g 1 = (-~,
,-i_,-1);
< g1' g1 >
11 11
11
2
(gi, g 2) dunque una (diversa) base ortogonale di 1- U . Una base ortonormale di 1- U 2
si ottiene facilmente dividendo ciascun vettore di (g 1,g 2) (o di (f1,f2)) per la sua norma.
rJo
3u 1
g1 = a1 = (1,-1,-3,0),
cio se e solo se ii E 1- H .
La tesi segue allora dalla Proposizione 8.10 (b) e dal Teorema 8.11 (c):
Uh =
{ u2
Xs.
vn
Vi, Vj
vn
>.
Si noti che, per la simmetria del prodotto scalare, ogni matrice di Gram simmetrica.
Il> Osservazione 8.10. La matrice di Gram della h-pla (vi, . . . , vh) la matrice
identica (di ordine h) se e solo se l'insieme {vi, ... , vh} ortonormale.
146
Proposizione 8.13. La matrice di Gram G di una h-pla linearmente indipendente (v 1, . . . , vh) di vettori di yn una matrice regolare (di ordine h}, con determinante positivo. Inoltre, per ogni fissata base ortonormale B (risp . B) di yn
(risp. di L(v 1, . . . , vh) ), detta A E Mnxh(IR) (risp. A E Mhxh(IR)) la matrice delle
componenti dei vettori (v 1, . . . , vh) rispetto a B (risp. B), si ha
G=tAA=t_A . .A
Dimostrazione. Sia Buna fissata base ortonormale di vn. Posto A= (a~), si ha, per
ogni s E Nh, v 8 =: 6 (a!, ... a~); quindi, per la Proposizione 8.6(b), se G = (9iJ), si
ottiene:
n
r= l
Essendo Cli = (at, ... ai) la i-esima riga di t A ed essendo aj = (a}, . . . aj) la j-esima
colonna di A, resta cos dimostrato che G = t A A.
Sia ora t3 una fissata base ortonormale di L(vi, ... , vh), e sia Buna base ortonormale
di vn ottenuta da t3 tramite il Teorema del completamento ad una base ed il procedimento di Gram-Schmidt. La matrice A delle componenti dei vettori (v1, . .. , vh)
rispetto a B ha le ultime n - h righe nulle, mentre la sottomatrice costituita dalle
prime h righe coincide con la matrice A delle componenti dei vettori (vi, .. . , vh)
rispetto a B. Pertanto, resta provato che
147
a=
G=tA A=t_A.A.
La prima parte dell'enunciato segue ora direttamente dal Teorema di Binet, osservando che, per la lineare indipendenza della h-pla (v 1, ... , vh), la matrice A regolare
(di ordine h):
detG = det(t_A . .A) = (det.A) 2 >0.
o
.,.. Osservazione 8.11. Una verifica diretta prova che, se la h-pla di vettori (v1, ... , vh)
linearmente dipendente, allora il determinante di Gram (v1, ... , vh) uguale a
zero.
Pertanto,
(v 1, ... , vh) linearmente dipendente.
se e solo se
Pu(v) E
J_u.
La applicazione
Pu: yn-+ yn
(la cui immagine coincide con U) che associa ad ogni vettore v E vn la sua proiezione
ortogonale Pu (v) su U si dice proiezione ortogonale sul sottospazio U .
Proposizione 8.14. La proiezione ortogonale sul sottospazio U un operatore
lineare su yn; inoltre, fissata una base ortonormale B di yn, ed una base Bu di U,
le equazioni di pu rispetto a B sono
(y) = [A c- 1 . tA](x),
Definizione 8.10. Se u, v E
rispetto ad u il numero reale
vn
a=
=/=-
< u,v>
< u,u>
t A A
con A matrice delle componenti rispetto a l3 dei vettori di una base di U e con
1
tA (x) E Mhxi(IR)
(si ricordino le equazioni parametriche dei sottospazi
vettoriali, presentate nel 3 del Capitolo 6).
Rimane quindi da verificare che v - w E 1- U, ovvero che, \fu' EU,
c-
<V
w, U > = 0.
Utilizzando le equazioni parametriche del sottospazio U , si ha che u' =BA (z), con
(z) E M h x 1 (JR). Il calcolo del prodotto scalare si pu allora effettuare tramite le componenti rispetto alla base ortonormale E, mediante la Proposizione 8.6(b) (espressa
nella forma matriciale< u, v >= t(u) (v)):
(il)
= t ( z) . t A . (X) - t ( z) . t A . [A . (t A . A )- 1 . t A . (X) J =
= t ( z) . t A . (X) - t ( z) . A . A) . (t A . A) - l J . t A . (X) =
y2
y3
=A tA. (1)
3 = (l/v'2
o
o
~ Osservazione 8.13. facile verificare che la matrice M associata all'operatore
lineare Pu relativamente alla base ortonormale l3 di yn simmetrica e gode della
propriet M . M = M. io
149
=
owero pu(v)
=.B
17/18
2/9
( 1/18
2/9
1/9
-2/9
1/18) . (1)
-2/9
3
17 /18
1
5/3)
'
(1/3
1/3
(y) = [(u) (t(u) (u))- 1 t(u)] (x) = (u) ( < u, u > )- 1 [t(u) (x)] =
< u , v>
u = au,
< u , u>
con a coefficiente di Fourier di v rispetto ad u.
pu(v) =
usualmente detta
idempotente.
(B:::::::B')
{::}
(detE>O).
~ Osservazione 8.16. Si noti che, se l3 = (ei, ... , en) una base ordinata arbitrariamente fissata di yn, allora la base ordinata E' = (-e 1 , e 2, ... , en) una base
discorde a E, in quanto la matrice del cambiamento di base da l3 a E' la matrice
diagonale E= diag(-1, 1, ... , 1), con det E= -1 <O. Inoltre, se i3 una qualsiasi
base ordinata di yn, allora B risulta concorde (risp. discorde) ad una ed una sola
delle due basi l3 e E' : infatti, detta H (risp. K) la matrice del cambiamento di base
da l3 a i3 (risp. da E' a E), per l'Osservazione 5.9 si ha H = K E, e quindi
i50
+ Definizione 8.13.
In pratica, dunque, orientare uno spazio vettoriale euclideo vn significa scegliere una
sua base ordinata come base positiva (insieme a tutte le basi ad essa concordi). La
Osservazione 8.16 permette di affermare che ogni spazio vettoriale euclideo vn pu
essere orientato in due soli modi possibili.
..,. Osservazione 8.17. Se n = 1, l'insieme B pu essere identificato con l'insieme dei
vettori non nulli di vi. In questo caso, quindi, se e, f E vi - {O}, si ha:
(e~f)
Esempio 8.19. Lo spazio vettoriale euclideo standard !Rn si considera orientato in modo
naturale scegliendo come base positiva la base naturale.
i5i
Nel presente paragrafo, (V3 , i3) indicher uno spazio vettoriale euclideo orientato di
dimensione tre.
Lemma 8.16. Dati due vettori linearmente indipendenti u , v E V 3 , per ogni
k E JR+, esiste uno ed un solo vettore w E V 3 tale che:
(a) w ortogonale ad u ed a v;
(b) la base ordinata (u, v, w) positiva;
(c) llwll = k .
Dimostrazione. Dal Teorema 8.11 (a) segue che il complemento ortogonale W =
L(u, v) di { u, v} in V 3 un sottospazio vettoriale di dimensione uno. Se W = L(z),
allora gli unici due vettori soddisfacenti (a) e (b) sono
_1_
+Definizione 8.14.
Proposizione 8.15. Sia vn uno spazio vettoriale euclideo orientato e T un isomorfismo di vn in s. Allora, T conserva (risp . rovescia) l'orientazione se e solo se,
rispetto ad una qualunque base ortonormale di vn, la matrice A E On(IR) associata
a T ha detA = 1 (risp. detA = -l) .
~z.
Il lemma segue quindi facilmente, osservaJ!.dO che ( u, v, : z) e ( u, v,
11 11
basi discordi di
: z) sono
11 11
V 3.
+Definizione 8.15.
V
152
Dimostrazione. Poniamo
w=B
(I::
ul
e proviamo che u /\ v = w.
(i) Se u e v sono linearmente dipendenti, allora (u1,u 2,u3) proporzionale a
(v 1, v2, v3), e si ha quindi w 8 (O, O, O). Pertanto, w =O = u /\ v.
(ii) Se u e v sono linearmente indipendenti, poich B ortonormale, si ha
vl
v2 l =O
<u,w>=u 1 lu
u3
1
< v, w > = v luu3
2
1 1
v 1- v 2 lu
v 1+ v 3 lul
v3
u3 v3
u2
vl
v2 l =O
2
2
2
u2
v2
1
+
lul
vl
l
+
lul
vll
=
llwll
u3 v3
u3 v3
u2 v2
l
J((ul )2 + (u2)2 + (u3)2)((vl )2 + (v2)2 + (v3)2) _ (ulvl + u2v2
2
2
= V11ull llull - < u, v > 2 = llu /\v ii
A =
u3
v3
V(\
k (\i= j .
.,. Osservazione 8.20. Si noti che il prodotto vettoriale gode, per ogni u, v, w E V 3
e per ogni a E JR, delle seguenti propriet: "\ ,
1) u/\v = -(v/\u); f:J'J'."\\)\IMM.fl, ''~ ,, ~- \~
2) u /\ (v + w) = (u /\ v) + (u /\ w); JJ:;'Y\R>oXJ
"""'
3) a(u /\ v) = (au) /\ v = u /\ (av).
(u, v, w) di vettori di
evt ~
I Tlf.
_.....
, tOCCVI"
-1
ti
-rr
/\V>=< V, W
/\ U
=B
=B
=B
V f\W
>;
(1, 3, O), e w
y.,ltl 01("ra...~
"
3,
<u,v/\w> =<(0,l,0),(3,-1,1)>= -1
V3
W, U
~:1
-1:~ ~3 1
1:~ ~~ 1
Lo- r
+ u3v3)2
1::
j (\ k =i;
w2 .
i(\ j = k;
wl
vl
vl
< u, v /\ w > = u 2 v2
ul
153
1
3
o o
o
1
1
CAPITOLO 9
Spazi euclidei
1. Definizioni ed esempi
(E, <,>).
Definizione 9.1. Diremo spazio euclideo una terna (E,[, 7r), costituita da uno
spazio vettoriale euclideo f, da un insieme [ e da una applicazione 7r : [ x [ --t f, che
associa ad ogni coppia (P, Q) di elementi di [ il vettore 7r(P, Q) = PQ, soddisfacente
i seguenti assiomi: ,
AP =
QR PR
a.
0 (QR=O)
(ii~ QR = -RQ.
{=}
(Q=R)
+Definizione 9.2.
Uno spazio euclideo di dimensione (finita) n sar solitamente indicato con t;n . Se
lm& =O, allora f = {O} e dunque - per la precedente propriet (i) - &0 si riduce
ad un singolo punto.
Se dim [ = I, 2, 3, allora [ detto rispettivamente retta euclidea, piano euclideo
spazio euclideo ordinario.
1Michel Chasles: matematico francese (pernon, 1793-1880).
\
'V
f}
'-- V
~{O
\
l :
..;
(;
l"t.Q..
.. .
Z., \'.A
r~;iOf'~
T"- ('
\JY\. \; \,
t. VI,,
J ;;.'
\ .
~,,..._ 'v
.
.i
9. SPAZI EUCLIDEI
156
+ Definizione 9.3.
157
2. SISTEMI DI RIFERIMENTO
2 . Sistemi di riferimento
RS.
(v,w)-+~=w-v
Lo spazio euclideo E(V) = (V, V, T) si dice associato allo spazio vettoriale euclideo
(V,< .,. > ).
.,.. Osservazione 9.1. In realt, possibile costruire una teoria analoga a quella
esposta nel presente paragrafo, sostituendo lo spazio vettoriale euclideo E con un
generico sp azio vettoriale A su di un campo K: lo spazio (A, A, 7r) che ne deriva in
base alla Definizione 9.1 si dice spazio affine su K In pratica, quindi, uno spazio
euclideo pu essere considerato come uno spazio affine su ~. il cui spazio dei vettori
liberi dotato di un prodotto scalare. Si noti che le nozioni introdotte nei successivi
2, 3, 4, 5 possono essere introdotte, con le dovute modifiche, anche nel caso di
uno spazio affine su OC, mentre le nozioni relative ai 6, 7, 8, 9, 10 necessitano della
presenza di un prodotto scalare definito sullo spazio dei vettori liberi, e pertanto
possono essere introdotte esclusivamente nell'ambito degli spazi euclidei.
Esempio 9.1. (Lo spazio euclideo elementare) Sia F lo "spazio euclideo elementare" .
Fissato un punto O E F, sia (F(O), < , >) lo spazio vettoriale euclideo considerato
nell'Esempio 8.6, avente come sostegno l'insieme
= {(O,P) I p
.
.
,
x
per
md1care
la
n-pla
delle
coordmate
cartesiane
di
P rispetto ad R
(
Si ha, evidentemente, O =n (O, O, ... , O).
'
.
Si osservi che l'assioma (SEl) implica, per ogni i E Nn, l'esistenza di un unico punto
pi E [n tale che ei =o
Si ha inoltre pi =n (O, o, ... , o, 1, o, ... , O).
oP
F(O)
Nel presente paragrafo, t:n indicher sempre uno spazio euclideo di dimensione finita
n >O.
A.
--
Se 1T: F x F--+ F(O) l'applicazione che ad ogni coppia (R , S) associa l' unico vettore
applicato in O che ha la stessa lunghezza, la stessa direzione e lo stesso verso del segmento
orientato (R, S), allora immediato verificare che la terna (F(O) , F, 7r) verifica gli assiomi
(SEl) ed (SE2); F risulta pertanto uno spazio euclideo di dimensione tre.
Esempio 9 .2. (Lo spazio euclideo standard ~n) Se, nella Proposizione 9.1 , si considera
(V,< , >) = (~n, < , > ), spazio vettoriale euclideo standard n-dimensionale, allora
lo spazio euclideo associato sar detto spazio euclideo standard di dimensione n e sar
indicato con E(~n) o, pi semplicemente, ancora con ~n.
oP
E F}
oP
Esempio 9.5.
( ~,
allora
~ )) , allora
(~ , - ~)
v'2 v'2
f3 =
~ 2 . Se
+0
(( ___!__
./2' _ ___!__
./2 ) ,
P = (1, 2) E
(~ _l )
v'2 , v'2
~2,
.!4.llora,
xi, .. . , xQ - xj:,).
158
Dimostrazione. Posto
9. SPAZI EUCLIDEI
f3 =
(e 1 , e 2 , ... , e 0
),
DP =L:x~e;; oQ = L:x~e; .
i=l
i=l
oQ-oP
= L(x~-x~)
i=l
Esempio 9.6.
= (o, i3)
(y)
(*)
= ( ( }z, -
E -- (
}z1
- .,/2
B" =
((1 , O) , (O , 1)) .
}z).
1
'
.,/2
cio
yl
{
y2 =
Essendo
E - 1 = tE =
(~
ed
.,/2
., ,.;e+
--+ --,-t
O"P = O"O' + O'P.
Questa uguaglianza tra vettori liberi, espressa in termini di componenti rispetto alla
base B", diventa:
(b)
B'
= E(x) + (b)
dove E E On(IR) la matrice delle componenti della base B' rispetto a B", e () E>
Mnx-i(IR) la colonna delle coordinate cartesiane del punto O' rispetto al riferim1nto
R".
(y)
tE
e;.
Ci prova l'asserto.
159
3. SOTTOSPAZI EUCLIDEI
+ (x'),
--,-t
dove (x') denota la colonna delle componenti del vettore libero O' P rispetto alla
base B". Poich la colonna (x) delle coordinate cartesiane del punto P rispetto al
xl =
{ X2 =
}zyl _ }zy2 + ~
11
.j2 Y
12
.j2Y -
.,/2
Utilizzando tali equazioni, si ha che, se P = n" (1 , 2), allora P =n (2~, O), come gi
provato direttamente nell'Esempio 9.5 .
1
--,-t
riferimento R' coincide con la colonna delle componenti del vettore libero O' P rispetto
alla base B', le equazioni del cambiamento di base da B' a B" sono esattamente
(x') = E(x);
3. Sottospazi euclidei
la tesi segue quindi direttamente, sostituendo questa relazione nella uguaglianza precedente.
(P,X) = {QE[
taf ~:o-, t
'(""
e~~ ~
':<J
PQEX}
'1-'1'~~ ~~tr
E un sottoinsieme del
9. SPAZI EUCLIDEI
160
3. SOTTOSPAZI EUCLIDEI
161
+Definizione 9.5.
.,. Osservazione 9.4. Quale immediata conseguenza del Teorema 4.11 (a) e della
Definizione 9.6, i] massimo numero di punti affinemente indipendenti di uno spazio
euclideo di dimensione finita n n + 1.
Dalla definizione 9.5 e dagli assiomi (SEI), (SE2) discendono le seguenti propriet:
La proposizione seguente permette di affermare che ogni sottospazio euclideo di dimensione finita h univocamente determinato da h + 1 suoi punti affinemente indipendenti. Ci fornisce una importante caratterizzazione dei sottospazi degli spazi
euclidei di dimensione finita.
f.
Proposizione 9.4. Dati h + 1 punti affinemente indipendenti Po, Pi, ... , Ph di[,
esiste uno ed un solo sottospazio euclideo h-dimensionale Hh di [ che li contiene.
Dimostrazione. Poich i punti Po, P1 , ... , Ph sono affinemente indipendenti i vet. p,p
~ sono linearmente indipendenti, ed individuano dunque
'
ton 1b
i en
o 1, . . . , PoPh
un
sottospazio vettoriale h-dimensionale Wh = L(PoPi, .. : , PoPh) di f. Il sottospazio
euclideo Hh = (Po, Wh), individuato dal punto Po e dal sottospazio vettoriale Wh,
per definizione ha dimensione h e contiene i punti P0 , Pi, . .. , Ph; inoltre, ogni altro
sottospazio euclideo h-dimensionale contenente Po, P1 , ... , Ph ha come giacitura Wh
e quindi coincide con Hh (si ricordi che ogni sottospazio euclideo univocamente determinato dalla sua giacitura e da uno qualunque dei suoi punti).
D
Quindi, i sottospazi euclidei di E(V) si ottengono "per traslazione" (si veda l'Osservazione 6.5) dei sottospazi vettoriali di V .
Introduciamo ora la nozione di indipendenza affine di punti, che permette di parlare
di punti che generano un sottospazio euclideo.
Definizione 9.6. Una (h + 1)-pla (Po, P1, ... , Ph) di punti di E, con h > O,
~
--=7
detta affinemente indipendente se la h-pla di vettori liberi (PoPi, ... , PoPh) linearmente indipendente in f . In caso contrario, si dice che (Po, P1, ... , Ph) affinemente
dipendente.
E' facile verificare che, se una (h + 1)-pla di punti affinemente indipendente, allora
risultano affinemente indipendenti anche tutte le (h + 1)-ple da essa ottenute permutan,done le componenti in tutti i modi possibili. Ci giustifica la locuzione "i punti
P0 , P 1 , ... , Ph sono affinemente indipendenti (risp. dipendenti)", che verr spesso
usata come sinonimo di "la (h + l)-pla (Po, Pi, ... , Ph) affinemente indipendente
(risp . dipendente)".
Concludiamo il paragrafo introducendo la nozione di parallelismo tra sottospazi euclidei di uno spazio euclideo [.
+Definizione 9 . 7.
M//K,
v - a E U} = a+ U.
+1
se
..J.A./I/\
I .-,(
e solo se 1l-= K!. Inoltre bene osservare che, in base alla Definizione 9.7, la nozione
di parallelismo non esclude la possibilit che i sottospazi in questione abbiano punti in
comune; anzi, facile verificare che, se dim(H) < dim(K) (risp. dim(H) = dim(K)),
allora (H//K e 1i n K -=f. 0) =? 1i e K (risp. 1i = K).
In generale, detti incidenti (risp. sghembi) due sottospazi euclidei che hanno almeno
un punto in comune (risp. che non sono n paralleli n incidenti), le possibili mutue
posizioni di due sottospazi euclidei 1-lh e K,k di [ (con h ~ k) sono:
~I)
= ><
K) -
\i. (..
e,'\t
mente possibili pu anche essere inferiore a quattro: ad esempio (come si vedr nei
successivi 1 dei Capitoli 10 e 11), due rette del piano euclideo non possono mai
essere sghembe, cos come due piani (o una retta ed un piano) dello spazio euclideo
di dimensione tre.
162
9. SPAZI EUCLIDEI
o
.,.. Osservazione 9.5. Per h = 1, il Teorema 9.5 una riformulazione del famoso
postulato delle parallele, noto anche come V 0 postulato di Euclide, che risulta pertanto, .
nell'ambito della presente teoria, una conseguenza degli assiomi usati per definire gli
spazi euclidei.
Il postulato delle parallele fa parte del sistema di assiomi usat da Euclide negli
"Elementi", al fine di costruire una teoria deduttiva atta a descrivere le propriet
geometriche del "piano" e dello "spazio fisico" in cui viviamo, ormai noti come piano
e spazio euclideo.
Tale postulato apparve immediatamente poco "autoevidente" gi ai pi antichi commentatori del trattato euclideo, che tentarono invano di dedurlo dagli altri postulati.
Allo scopo di provare la verit del V postulato, Saccheri 2 ebbe la geniale idea di
sostituire tale postulato con la sua negazione, sperando di dedurne una conseguenza
manifestamente assurda. Pur senza giungere in fondo al problema, tale lavoro lasciava
intravedere la possibilit di costruire sistemi geometrici coerenti, basati su principi
contrari al V postulato stesso: Saccheri fu dunque, suo malgrado, un precursore delle
cosiddette "geometrie non euclidee" , che vennero successivamente elaborate - in
indipendente, non senza reciproche polemiche - da Bolyai3 , Gauss 4 e Lobacevskij 5 .
In particolare, sostituendo il postulato delle parallele con l'ipotesi che per un punto
esterno ad una retta data non si possa tracciare alcuna retta (risp. si possa tracciare
pi di una retta) ad essa parallela, si ottiene la geometria ellittica (risp. la geometria
iperbolica).
modo )
Teorema 9.6. Fissato in [n un riferimento cartesiano R = (O, B), ogni sottospazio euclideo h-dimensionale Hh di [n (O < h < n) pu essere rappresentato,
relativamente ad R, da un sistema lineare minimo di n - h equazioni in n incognite
S; inoltre, il sistema lineare omogeneo So associato ad S rappresenta, relativamente
-e- y : O ._ ~ -t~.Cf..(...-.t.tt~
alla base B, la giacitura if.h di Hh .
O...x
Fra Girolamo Saccheri: matematico italiano (Sanremo, 1667 - Mila no, 1733).
3Janos Bolyai: matematico ungherese (Kolzvar, 1802 - Marosvarhely, 1860).
4Karl Friedrich Gauss: matematico, fisico e astronomo tedesco (Brunswick, 1777 - Gottinga,
1855).
5Nikolaj Ivanovic Lobacevskij: matematico russo (Ma karev , 1793 - Kazan, 1856).
iJ
- (X11
RoP1 =jj
1
Xo,
... , X1n
T,> =g
- (xh1 - Xo,1 .. . 'xhn - Xon)
Xon) , .. . , ROFh
sono linearmente indipendenti, e costituiscono dunque una base per if.h . Un generico
punto P =n (x 1 , . .. , xn) di [n appartiene ad Hh se e solo se il vettore libero P0 =.
8
(x 1 - x, ... , xn - x 0) appartiene ad if.h = L(PoPi, ... , PoP~). Ma ci equivale a
-:::-: =--=+
=--:::'-+
..
richiedere che la (h + 1)-pla (PoY, PoP1 , . . . , PoPh) sia linearmente dipendente e cio
che la matrice
xr-x'
abbia rango h.
Poich le ultime h colonne sono per ipotesi linearmente indipendenti, al loro interno
esiste sicuramente un minore M di ordine h con determinante non nullo; la condizione
che P E Hh equivale dunque - per il Teorema di Kronecker - all'annullarsi dei determinanti di tutti gli n - h minori orlati Mh+Ii ... , Mn di M in M . Si ottiene cos un
sistema lineare minimo (non pi necessariamente omogeneo) di n - h equazioni in n
incognite, che rappresenta Hh :
det
{
163
~h+l
o
o.
det Mn
E ' poi immediato verificare, a partire dalla precedente matrice M, che il sistema lineare omogeneo associato coincide con la rappresentazione cartesiana della giacitura
~
~
=--:::'-+
H h di H h, ottenuta a partire dalla sua base P0 P1 , . .. , Po Ph (si veda la dimostrazione
del Teorema 6.10) .
o
Posto S = (A, -b), si avr quindi che
Hh={P=n(x 1 , . . . ,xn)
A (x)+(b)=(O)};
9. SPAZI EUCLIDEI
164
5. CONDIZIONI DI PARALLELISMO
5. Condizioni di parallelismo
Nel presente paragrafo, il simbolo &n indicher sempre uno spazio euclideo di dimensione finita n.
+ Definizione
9.8. Sia & 1 una retta euclidea di &n e sia R = (O, B) un fissato
riferimento cartesiano su &n. Se l =. 8 (l1, ... , ln) un vettore libero non nullo della
giacitura
diremo che (l1, ... , ln) E JRn una n-pla di coefficienti (o numeri o
parametri) direttori della retta &1 , relativi al riferimento R .
Notiamo ora che - come gi osservato nel corso della dimostrazione del Teorema 9.6
- se il sottospazio euclideo 1-lh generato dai punti affinemente indipendenti Po =n
(xb, ... , x 0), P 1 =n (xL . . . , xf ), ... , Ph =n (x~, . .. , xh), allora un punto generico
-:::-:t
-=---=+
-==----=-+
P =n (x 1, ... ,xn ) appartiene ad 1-lh se e soltanto se PoI' E L(PoPi, ... ,PoPh);
ci e~uivale ovviamente alla esistenza di h scalari t 1, ... , th E JR tali che PoP =
l
h-==----=-+
t PoP1 + + t PoPh.
Pertanto, tutti e soli i punti P E 1-lh ammettono, rispetto ad R, coordinate (x 1 , ... , xn)
che si ottengono, al variare dei parametri t 1 , ... , th E JR, da:
xb
+t
&\
In altre parole, ricordando la Proposizione 9.2, una n-pla di coefficienti direttori della
retta & 1 Si ottiene considerando due punti distinti p =.n (x},, X~, ... , Xp) e Q =.n
(xb, x~, ... , xQ) di & 1 e ponendo
l
= PQ =g (xb
- x},, x~ -
x~, ... , xQ -
x}>).
Si noti che, per definizione, una qualunque n-pla di coefficienti direttori di &1 diversa
dalla n-pla nulla.
Proposizione 9.7. Sia &1 una retta di &n e sia R =(O, B) un fissato riferimento
cartesiano su &n. Si ha allora:
xi
xb
+ li t,
i E Nn
allora la n-pla (l1, ... ' ln) dei coefficienti del parametro t una n-pla di
coefficienti direttori di &1 (relativi ad R).
(c Se & 1 ha (rispetto ad R) equazioni cartesiane
Le corrispondenti equazioni
=
165
(x~ - xb)
+ + th(x~ -
xb)
A(x)
(t1, . .. ,th E JR)
= o
t/j =J: i
(t
E JR)
.,.. Osservazione 9 .1. Come gi visto per gli spazi vettoriali, le rappresentazioni
cartesiane e parametriche dei sottospazi euclidei di &n non sono uniche.
+ (b) =
(O)
=n-
1,
allora ogni soluzione non nulla del sistema omogeneo A(x) =(O) una n-pla
di coefficienti direttori di & 1 (relativi ad R).
Dimostrazione. (a) Se l =r3 (l1, ... , ln), m =r3 ( m 1 , ... , m n) sono due vettori liberi
non nulli di &1, allora evidentemente m E &1 = L(l). Ci prova che esiste). E JR- {O}
tale che
167
9 . SPAZI EUCLIDEI
166
cl ha (rispetto ad R) equazioni parametriche
.,.. Osservazione 9.8. Se la retta 0
xi = xt + li . t,
. ,
ll allora, ricavando il parametro t da
e se nessuno dei coefficienti direttori e nu o,
ciascuna delle n equazioni si ottiene:
xn -x(
2
x 1 - xb
x - x6 =
=
ln
l1
l2
(rispetto ad R).
che nota come equazione frazionaria della retta El
p)o~;~~7z:o:~8.necessaria
rx' -x' +
r
.
_
i
zn)
m = _ (m1 . . . , mn), si ha E1 = L(l) e
Dimostrazione. (a) Se 1 =a (l , ,
e
-13
'
.,
fti = L(m). Allora, El = ft1 se e _:olo se 1 = >.m, con E .JR - \O} : c10 prova (a). _
(b) Poich le giaciture En-:..1 ed Fn-1 sono rappresentate nspett1vamente dalle equa
= O
a~x ++a~xn
=0
( ,
a1
a1
+Definizione 9.9.
fl, \iv
f1,
< u,v
>=o
+ . . . +"n-o
anx - '
+ + a~ xn
a~ x 1
/)
an
- 1
11-
. . . an
1
1
c Se
(l1, ... , zn), si ha che E1 ed p- sono paralleli se e solo se E = L(l) C
1 13
(_) 1
t
E fn-1 La affermazione (c) segue allora osservando
p- , ovvero se e so1tan o se 1
n _
1
0
che jn-1 rappresentato dalla equazione omogenea a1x + + anx -
o
(}Il
=_
(>. E JR)
\fu E
a1111
X
.
cn-1
n Fn-1
ha dimensione
n - 1, ovvero se e
Fn-1 sono paralleli se e soltanto se 0
soltanto se
s:
= 3+2.X
= -1 +>.
= 4.X
5+.X
-2-
x - 2x
I
x 1 + 2x 2 - 3x3 =O
x1 - x2 + x 4 - x5 = 2
3x 2 + x 4 - 4x 5 = -1
xl
x2
x3
x4
xs
!1
Pro(
a
6Riportiamo qui, per completezza, anche la definizione pi generale di ortogonalit tra sottospazi
euclidei. Due sottospazi t;h ed Fk dello spazio euclideo t;n si dicono ortogonali, e si indica t;h J_ Fk,
se:
i due sottospazi non sono paralleli;
la giacitura di uno dei due sottospazi contiene il complemento ortogonale della giacitura
dell'altro, nel sottospazio vettoriale fh + :fk fn (ovvero: nel pi piccolo sottospazio
vettoriale di fn contenente entrambe le giaciture).
Si osservi che questa definizione generale coincide con quelle date nei casi particolari trattati.
168
9. SPAZI EUCLIDEI
Dimostrazione. Posto l =.fJ (l1, ... , ln) e m =fJ (m 1 , . .. , mn), dalla Definizione 9.8
segue che El = L(l) e :f1 = L(m). Allora, per ogni u = l E E\ e per ogni
v = m E :f1 , si ha:
169
Pertanto, < u, v
dalla Proposizione 8.6 (b).
+ + a~ a~
= O
Dimostrazione. In base alla Proposizione 9.11, (a~, ... ,a~) (risp. (a~, ... ,a~))
una n-pla di coefficienti direttori per una qualunque retta r' (risp. r") ortogonale ad
En-l (risp. ad Fn-l ). La tesi segue quindi direttamente dalla Proposizione 9.9.
+ Definizione 9.10.
+Definizione 9.12.
Si noti che, per il Teorema 8.11, il complemento ortogonale della giacitura dell'iperpiano p-l effettivamente un sottospazio vettoriale unidimensionale di [n (come
la giacitura della retta E 1 ), che a volte viene detto "la direzione ortogonale all 'iperpiano"; il lemma seguente ci consente di ricavarne direttamente una base, a partire
da una qualunque rappresentazione cartesiana di Fn- 1 .
Lemma 9.10. Se l'iperpiano p - l di En ha, rispetto ad R = (O, B), equazione
cartesiana a 1x 1 + + anxn + b = O, allora il vettore a =fj (a1, ... , an) una base
per il complemento ortogonale della giacitura di Fn- 1.
Dimostrazione. Basta ricordare che, per il Teorema 9.6, la equazione omogenea
a 1 x 1 + +anxn = O una rappresentazione cartesiana (rispetto alla base ortonormale
B di {n) della giacitura fn- 1 dell'iperpiano Fn- 1, e poi applicare la Proposizione
8.12 (nel caso particolare h = n - 1).
+Definizione 9 .13.
\fu~ 1,
cos(u, v),
segue che El = L(l), mentre dal Lemma 9.10 segue che .!.f;,,- 1 = L(a). Allora, El = .l.. F-;,,- 1 (ovvero, per definizione, E1 ..l p-l) se e solo se l = a, con
E JR - {O} : ci prova ovviamente la tesi.
~ m.
Dimostrazione. Posto l =.fJ (l1, .. . , ln) e a =.fJ (a 1 , . . . , an), dalla Definizione 9.8
Vv
--cos(ElFl)
ll m 1
=
J(l1)2
+ . . . zn m n
Dimostrazione. Basta osservare che, in base alla Definizione 9.8, I =. fJ (l1, ... , ln) e
m =fj (m 1 , ... , mn) sono due vettori (positivi) di El e di :f1 rispettivamente, e poi
applicare la Proposizione 8.6 (d) per il calcolo del coseno dell'angolo tra due vettori,
tramite le loro componenti rispetto ad una base ortonormale.
+Definizione 9.11.
o
7
Si noti che orientare una retta equivale ad orientare la sua giacitura.
9. SPhZI EUCLIDEI
170
Osservazione 9.9. Supponiamo che, per -ogni i E Nn, l'i-esimo asse coordinato Xi
del riferimento cartesiano R = (O, B) sia canonicamente orientato, ovvero orientato
in modo che l'i-esimo versore della base f3 sia positivo. Se la retta E 1 ha - rispetto ad
R - coefficienti direttori positivi (l1, .. . , ln), allora
11>-
7. DISTANZA EUCLIDEA .
171
.
t razione
. P er 1a p ropos1z10ne
9 . 2, s1
.. h a~<..!
p~ =13
(xQ-x
1
1 xQ-x
2
2p, .. . , xQ-x
n
n)
D zmos
P>
p .
Poich f3 ortonormale in E-;.~ dalla Proposizfone 8.6 (c) segue subito:
d(P, Q) = ll PQ ll =
-1cos(E xi)
una particolare n-pla di coefficienti direttori della retta E 1, che individua le componenti - rispetto a f3 - del versore positivo della giacitura della retta. Ci giustifica
il termine n-pla di coseni direttori della retta E1, usato per individuare la n-pla delle
. componenti di un qualunque versore di E1.
+Definizione 9.15.
d(X,Y)
Nel presente paragrafo, il simbolo E indicher sempre uno spazio euclideo. Il simbolo)
En indicher uno spazio euclideo di dimensione finita n; in tal caso, supporremo fissato
in En il riferimento cartesiano R = (O, B).
Se P, Q E E, si dice distanza (euclidea) di P da Q il numero
d(P,Q)
11>-
llPQll
dove P' indica la proiezione ortogonale di P su Eh ovvero il punto (unico!) di intersezione tra Eh ed il sottospazio euclideo (P, 1.fh) di En, passante per P ed avente
come giacitura il complemento ortogonale di fh.
In particolare, se h = n - 1, la distanza tra un punto P ed un iperpiano En-l si pu
calcolare direttamente, a partire dalle coordinate di P e da una equazione cartesiana
di En-l, tramite la seguente:
Proposizione 9.15. Se un iperpiano - 1 ha, rispetto ad R = (O, B), equazione
cartesiana a1x 1 + + anxn + b =O e se P ='R. (x 1, ... , xn), allora
1
d(P, En-1) = la1x + + anxn +bi
Jai ++a~
Dimostrazione. Sia P' ='R. (x 1, ... , xn) la proiezione ortogonale di P su En- 1. Posto
a =s (a1,. .. ,an), dal Lemma 9.10 segue che {a} una base di l.En-:. 1, e quindi
='R.
d(P, Q)
~)xQ -x~)2.
i=l
='R.
P E X, Q E Y}
cio se
inf{d(P,Q)
Si osservi che d(X, Y) = d(Y, X) e che, se X n Y =I= 0, allora d(X, Y) =O. Nel caso in
cui X= {P}, scriveremo d(P, Y), anzich d({P}, Y). Si dimostra facilmente (tramite
il Teorema di Pitagora (Proposizione 8.2)) che, se X = {P} e Y =Eh (sottospazio
euclideo di En), allora
d(P, Eh)
7. Distanza euclidea
+ Definizione 9.14.
x~)2.
i=l
Si noti che la n-pla costituita dai coseni degli angoli che la retta orientata E 1 forma
con gli n assi coordinati canonicamente orientati
-1. -1 - )
( cos(E x1), ... , cos(E xn)
L(xk -
li
-t
PP'
xi - xi
ai.
taixi
b-
(taixi
b) =
llall2,
;,
8. SIMPLESSI E VOLUMI
9. SPAZI EUCLIDEI
172
2-si~plesso < Ao, Ai'. A: > coincide con la usuale nozione di area del triangolo: infatti,
detta H la pr01ez10ne ortogonale di A 2 sulla retta r contenente A O e A i , Sl
ha
L:aixi
+b=
llall
l!a1!2
i=l
d(P, P')
--t
ll PP' ll
= !!>.al!, la tesi
direttamente:
I L:~= 1 aixi + bi
!!ali
173
=~ det(<~,~> <~,~>)
segue
1 . I -:--:-+
-,----,-t
-,----,-t -:--:-+
= 2 V llA0A1ll 2 llA0A2\ l2- < AoA1, A 0 A 2 >2
1 . I -:--:-+
-:--:-+
-,----,-t
-:--:-+
= 2 V llA0A1ll 2 llA0A2l l2 - llA0A1ll 2 llA0A2 ll2 cos2(AoA1,AoA2)
1
-:--:-+
-:--:-+
.I
-:--:-+ -:--:-+
= 2 llA0A1 ll llA0A2l l y 1- cos2(AoA1,A0A2)
-,----,-t
-,-------,-+
-:--:-+
-:--:-+ -:--:-+
8. Simplessi e volumi
= 2 llA0A1ll llA2H\ I =
+ Definizione 9 .16. Dati h + 1 punti affinemente indipendenti Ao, Ai, ... , Ah di
t;n, si dice h-simplesso di vertici A 0 , A 1 , .. . , Ah la chiusura convessa dell'insieme
{A 0, A 1, ... , Ah}, ovvero il pi piccolo sottoinsieme convesso di t;n, contenente {Ao, A 1,
... , Ah} Si pu provare che l'h-simplesso di vertici Ao, Ai, ... , Ah coincide con il
sottoinsieme di t;n :
-,----,-t
1AoA1
-,----,-t
+ + hAoAh,
i=l
Proposizione 9.16. Se r:rh =< Ao, Ai, ... , Ah > un h-simplesso di t;n sia &h il
s~tto~pazio euclideo h-dimensionale passante per i vertici Ao, A 1 , ... , Ah e' sia ft un
riferimento cartesiano su &h. Posto, per ogni O<
i<
h ' Pi =n- (xl.,,, ... , xh)
i ' s ha
li
det
dove
G = (gj}i,jElllh,
1
~
h! vdet G,
.
gj
=<
--:-+
h!
(I
1
xl1
;~)
X~
xhh
xl
det
:o
X~
-,----,-t
xhh -xho
-,----,-t
X~ ~x!)
xh1 - xho
+Definizione 9.17. Dati h+l punti affinemente indipendenti Ao,Ai, ... ,Ah di t:n,
8
si dice volume dell'h-simplesso r:rh = < A 0 , A 1 , ... , Ah> il numero reale positivo
V(r:r )
x!
(xl~
= tAA,
dove
A=
X~~ x
o
xlh - xl)
Xh
1 -
xhh -xho
xho
9. SIMMETRIE
9 . SPAZI EUCLIDEI
174
175
+Definizione 9.19. Dato un h-simplesso ah=< P0 , Pi, ... , Ph > di t;n, con Pi =n
(x}, ... , xi) (O:::; i:::; h), si dice baricentro di ah il punto H E t;n tale che
H
dalla condizione
Nel presente paragrafo, t;n indicher uno spazio e~clideo di dimensione finita n ~ 1,
in cui fissato un riferimento cartesiano R = (O, B).
Dalla Definizione 9.20 segue che il simmetrico di P rispetto a C l'unico punto P'
tale che C risulti il punto medio del segmento < P, P' > .
Si noti inoltre che l'unico punto lasciato fisso da una simmetria centrale il suo centro
c.
= AM +M'A =
M'A+AM
tale che AM = M H.
Infatti, la esistenza dimostrata prendendo (in virt dell'assioma SEI) il puntq M E
t;n tale che AM = ~AB e ricordando la relazione di Chasles:
MM'= MB+BM'
se: En-+ En
Si verifica facilmente che dati due punti A, B E t;n, esiste ed unico il punto M E t;n
-=--=
( I:7=o x}
I:7=oxi )
h + 1 ' ' h + 1
+ Definizione 9.20. Fissato un punto C E t;n, per ogni punto P E t;n, si dice
simmetrico di P rispetto a C il punto P' = sc (P) E t;n univocamente individuato
9. Simmetrie
----+
-n
= M'M
e dunque M = M'.
Possiamo dare pertanto la seguente
+ Definizione 9.18. Dati due punti A, B E t;n, si dice punto medio del segmento
Proposizione 9.17. Siano A,B E t;n due punti di En, con A =n (a ,a , ... ,an)
e B =n (b1, b2 ,. . , bn). Allora, il punto medio del segmento < A, B > il punto
ME< A,B >,con
(al+bl a2+b2
an+bn)
M =n --2-,--2-,. .. ,
2
.
~AB segue
ViENn.
9Si noti che la retta simmetrica in una simmetria centrale sempre parallela a lla retta d ata.
10. ISOMETRIE
9. SPAZI EUCLIDEI
176
X+ 2y- 3 = 0
{ x-z=O
177
= .>.
= 2.>.
= -3>.
X+ 2y- 7 = 0
{ x-z-6=0
Analogamente, possibile determinare il piano 7r1 , simmetrico del piano 7r : 3x + 2y- z 6 =O rispetto a C: scelti R =n (2, O, O), S =n (O, 3, O) e T =n (O, O, -6) (R , S, TE 7r),
i loro simmetrici rispetto a C sono R' =n (4, 2, O), S' =n (6, -1, O) e T' =n (6, 2, 6),
da cui
1
7r :
3x + 2y - z - 16 = O. 10
il punto di intersezione M =
M =n
(~ , 1, -~);
7r
dell'origine O rispetto a
7r
10. Isometrie
PM = M P'. L'applicazione
Nel presente capitolo , i simboli t:n, Fn indicheranno sempre spazi euclidei della stessa
dimensione finita n.
Una applicazione a : t:n --+ Fn sar detta compatibile se, per ogni P, Q, R, S E t:n, si
ha:
St;n-1 (P)
(PQ = RS)
= nt
x + fi + l , x + Y -
verificano il sistema
1)
{xx+y-x-y=
- Y - == ~ 0,
d an do Ia P ropos1z1one
. .
9 .17 s1. ha
. R1cor
2
2
quindi che il simmetrico di P =n (x, y), rispetto ad r il punto P' =n (y + 1, x - 1).
Se si desidera determinare la retta s' , simmetrica della retta s : x = O rispetto alla retta
r, si pu procedere scegliendo, ad esempio, i punti A =n (O, 1) e B =n (O, 2) sulla retta
s, e determinando i rispettivi punti simmetrici A' =n (2, -1) e B' =n (3, -1) rispetto
ad r; pertanto, si ottiene che la retta cercata
+ Definizione 9.21. Fissato un iperpiano &n-l di t:n, con n ~ 2, per ogni punto P E
t:n, sia M il punto di intersezione di t:n- l con la retta ( P, .L t:n-:.. 1 ) ortogonale ad t:n-l
e passante per P. Si dice simmetrico di P rispetto a t:n-l il punto P' = St:n - 1 (P) E t:n
P --+
(.>. E JR),
=>
(a(P)a(Q) = a(R)a(S}).
d(a(P), a(Q))
= d(P, Q)
s': y = -1. u
1 0Si noti che anche il piano simmetrico in una simmetria centrale sempre parallelo al piano
dato.
11 Si noti che la retta simmetrica nella simmetria ortogonale rispetto ad r ha la medesima
12 Nel caso in cui l'applicazione indotta ii : t:n - t Fn sia semplicemente un isomorfismo di spazi
vettoriali, a llora la applicazione et si dice usualmente affinit di t;n in Fn. Si noti che la nozione di
affinit pu essere data anche supponendo che t;n ed Fn siano due spazi affini della stessa dimensione,
e non necessariamente due spazi euclidei (si veda la Osservazione 9.1).
9. SPAZI EUCLIDEI
178
10. ISOMETRIE
Dalla Proposizione 9.18, unita alla Proposizione 8.15 che caratterizza le matrici associate alle t:asformazioni ortogonali che conservano (risp. rovesciano) l'orientazione, si
deduce facilmente la seguente caratterizzazione delle isometrie dirette (risp. inverse):
Proposizione 9.19. Sia En uno spazio euclideo orientato ed o una isometria di
En in s. A llora, o una isom etria diretta (risp. inversa) se e solo se, rispetto ad un
qualunque rif erim ento cartesian o R = (O, B) di En, la m atrice A E On(IR) associata
ad o ha detA = 1 (risp . detA = -1).
O' a(P)
yi =xi + ai
B', diventa:
(y) = (b ) + (x' ),
dove (x' ) denota la colonna delle componenti del vettore libero a(oP) rispetto alla
base B' . Poich la colonna (x) delle coordinate cartesiane del punto P rispetto al
riferimento R coincide con la colonna delle componenti del vettore libero oP rispetto
alla base B, le equazioni della trasformazione ortogonale indotta
E-;,, -+ f n rispetto
a:
con A E On(IR);
la t esi segue quindi direttament e, sostit uendo questa relazione nella uguaglianza precedente.
Le equazioni (*) vengono dette equazioni della isometria a, relativamente ai riferimenti cartesiani R ed R '; la matrice ortogonale A si dice associata ad o relativamente
a R ed R' .
..,.. O sservazione 9. 13 . Non difficile verificare che ogni isometria trasforma sottospazi euclidei di dimensione h di En in sottospazi euclidei di dimensione h di F n:
ci pu essere dedotto, ad esempio, sostit uendo una rappresentazione parametrica del
sottospazio Eh e En nelle equazioni (*).
+ Definizione
+D efinizione 9.24.
8.14).
13La presente definizione estende agli spazi euclidei di dimensione arbitaria la definizione di
orientazione di una retta euclidea gia anticipata nella Definizione 9.12.
Vi E Nn,
179
~s~mpio. 9 .16. Nel~ spa~io ~uclideo En, do:ato di ~n riferimento cartesiano R =(O , B) ,
f1ss1am? il punto C = n (e , e , ... , cn); la simmetria (centrale) di centro C (Definizione
9.20) risulta essere una iso~etria , la cui t rasformazione lineare indotta l'opposto della
t rasform~~io~e identica di En (ovvero, associa ad ogni vet tore u il suo opposto - u) . Per
quanto g1a dimostrato nel paragrafo precedente, le equazioni della simmetria centrale di
centro
sono:
Yi = -xi+ 2ci,
Vi E Nn.
~a sim~e~ ria centrale di centro C E En quindi una isometria diretta per n pari ed una
1sometna inversa per n dispari .
Esempio 9.17. possibile poi dimostrare che anche le simmetrie ortogonali rispetto ad
un iperpiano En- l (Definizione 9.21) sono esempi di isometrie dello spazio euclideo En
in s, che lasciano fissi tutti e soli i punti dell'iperpiano considerato; tali isometrie sono
sempre inverse, per ogni n. Infatti , se R = (O, B) un sistema di riferimento cartesiano
di En in cui l'origine O appartiene all ' iperpiano En -l ed i primi n - 1 vettori della base
14 La nozione di
traslazione era gi stata introdotta, nel caso dello spazio vettoria le standard
9. SPAZI EUCLIDEI
180
tn- 1 , 1e equazioni
relativamente ad
della
=xl
CAPITOLO 10
Il piano euclideo
.,.. Osservazione 9.14. Si noti. che, se n I = (O' , B') e n" -- (O" , B")
. .sono due
riferimenti cartesiani di uno spazio euclideo n-dimensionale t;n, le equaziom.del ca~
biamento di riferimento da 'R' a 'R" (Proposizione 9.3) rappresentano u?a is?metna
dello spazio euclideo standard ~n in s. Tale isometria risulta diretta (nsp. mversa)
se e solo se le basi ortonormali B' e B" sono concordi (risp. discordi) .
)
y ------------ - ------
asse x
Figura 10.1
Per la Proposizione 9.4 (caso h = 1), ogni retta r di [ 2 univocamente determinata
da due qualunque suoi punti distinti A, BE r. Posto A =n (xA, YA) e B =n (xB, YB),
poich il vettore (non nullo)
=g (xB -xA, YB -yA) genera la giacitura della retta
r, un punto generico P =n (x, y) appartiene ad r se e soltanto se
E L(AB),
ovvero se (x - XA, y - YA) E L((xB - XA, YB - YA)).
Da questa affermazione si ricavano entrambi i tipi di rappresentazione gi visti in
generale nel 4 del Capitolo 9:
AB
AP
182
det
(Xy-yA
- XA
Si noti poi che, data una qualunque delle rappresentazioni della retta r, possibile
ricavare direttamente una coppia (l, m) di coefficienti direttori di r :
nel caso della rappresentazione cartesiana ax +by+ e = O, si ha (l, m) =
(-b, a) : infatti, (-b, a) soluzione della equazione omogenea associata (che
rappresenta, rispetto alla base B, la giacitura della retta) .
nel caso della rappresentazione parametrica, (l, m) coincide con la coppia
dei coefficienti del parametro t: infatti, tali coefficienti sono costituiti dalle
componenti (xB-XA, YB-YA) del vettore libero
che genera la giacitura
della retta.
nel caso della rappresentazione frazionaria, (l, m) coincide con la coppia dei
denominatori: infatti, tali denominatori sono costituiti dalle componenti
(xB -xA, YB -yA) del vettore libero
che genera la giacitura della retta.
nel caso della rappresentazione in forma esplicita, una coppia di coefficienti
direttori data da (1, m), dove m il coeffiiente angolare di r: infatti,
la equazione esplicita y = mx + q corrisponde alla equazione cartesiana
mx - y + q =O, in cui (-b, a)= (1, m) .
Da queste osservazioni deduciamo il modo per ottenere le equazioni della retta s
parallela ad una retta data e passante per un fissato punto P =n (x, y):
se r ha rappresentazione cartesiana ax +by+ c = O, allora s ha rappresentazione cartesiana a(x - x) + b(y - y) =O;
XB - XA)
YB -YA
ax+by+c=O,
YA
(XB - ; A) t
(YB - YA) t
X = XA
AB,
4--
AB,
~"~
Infine, nel caso in cui x 8
XA
X -XA
XB - XA
y-yA
-~
YB - y~ ..,.._:..- ~vvf A9
O, la retta r ammette una equazione del tipo
i=
y=mx+q
YB -yA
E JR e q E JR; tale equazione nota come equazione esplicita
XB -XA
della retta r (rispetto ad y), e gli scalari m e q sono comunemente detti coefficiente
angolare e ordinata all'origine dir.
con m
3-2) =o,
(Xy-1
-2
ed equazione esplicita
y
X (
. .
. h
equazioni
parametnc
e
Y_
21 51 -2)
_ 1
= -3x + 7.
{X
y
= 2
3t
ovvero
= O,
(t
JR),
y -1
. {X
presentaz10ne parametrica
= x_ +
Yo
+ m t
, allora s ha rap-
l t
y=y+mt
se r ha rappresentazione frazionaria x - xo
- l
sentazione frazionaria x ~ x = Y : Y .
+ q,
y-yo
- - - , allora s ha rapprem
= y + m(x - x).
Infatti, in tutti i casi considerati, le equazioni scritte individuano una retta s con i
medesimi coefficienti direttori di r (e quindi, per la Proposizione 9.7, si ha s//r) e
risultano verificate dalle coordinate del punto P (e quindi, P E s); il risultato segue
pertanto dal Teorema 9.5.
(t E JR),
{X = Xo + l t
Y
se r ha equazione esplicita y = mx
y-1
-3
x-2
.
.
se r h a rappresentaz10ne
parametrica
2 + t
1 - 3t
3x +y - 7 =O.
ovvero
-2-1
183
=o,
equazione esplicita y
1, ma
184
Le seguenti proposizioni mettono a confronto le condizioni di parallelismo e le condizioni di ortogonalit tra due rette di E2 , l'una nel caso di rappresentazioni cartesiane, l'altra nel caso di equazioni esplicite; inoltre, ci forniscono le formule dirette
per calcolare l'angolo formato da due rette date.
{!
a
( a"
b
b"
c )
c"
1 1
b)
a
a"
b" = 1
(
{!
1 1
(a b
a" b"
1
c)
c"
e (:: ~:1 )
1
a1
= 2
(ovvero:
det ( a"
bi)
b"
(a 1 , b1 ) =
So:
(a" , b")
.
(event ua1ment e vuot a ) tra le due rette r 1 ed r"
Dimostrazione. L'intersezione
ovviamente rappresentata, relativamente al riferimento cartesiano R, dal sistema
lineare
1
1
a 1x + b y + c =O
S:
{ a"x + b"y + c" =O,
mentre l'intersezione tra le due giaciture
base B, dal sistema omogeneo associato
185
Ti
a1a"+ b1b11 =O
(iii) se r 1 ed r" sono orientate in modo che i vettori di componenti ( -b1 , a1 ) e
(-b", a") siano positivi, ;:;;:;-, il numero reale (compreso tra O e 7f) tale
che
a 1 a" + b1 b"
cos(r1 r 11 ) =
y'(a1)2 + (b1)2. J(a")2 + (b")2
a1 x + b1y =O
{ a"x+b11 y=O.
Dimostrazione. Basta ricordare che ( -b1 , a1 ) e ( -b", a") sono coppie di coefficienti direttori positivi per r 1 ed r", e poi fare uso, rispettivamente, della Prop. 9.8(a) (ovvero
dalla Prop. 10.1 ((i) e (ii))), della Prop. 9.9 e della Prop. 9.13.
m"
-1
considerino le rette
r : 2x - y + 3 = O,
r1
4x - 2y + 6 = O,
s : 6x - 3t - 2 = O,
1
t : 3x - 2y + 5 = O.
cos (;:;;:;-, )
m 1 m 11 +1
y'(m 1 ) 2 + 1y'(m") 2 +1
Dimostrazione. Basta ricordare che (1, m 1) e (1 , m") sono coppie di coefficienti direttori positivi per r 1 ed r", e poi fare uso, rispettivamente, della Prop. 9.8(a) (ovvero
dalla Prop. 10.1 ((i) e (ii))), della Prop. 9.9 e della Prop. 9.13.
186
Proposizione 10.4.
(i) Siano r' ed r" due rette non parallele di t: 2 e siano rispettivamente a'x+b'y+
+c' =O ed a"x+b"y+c" =O due loro equazioni cartesiane, relativamente ad
un fissato riferimento cartesiano R. Allora, detto C il punto di intersezione
di r' ed r", l'equazione
>.(a'x
t : (x - 3) - 3(y - O) = O,
mentre l'angolo tra r ed s </>E [O, 7r] tale che
cos<f>
ax+by+k=O
rappresenta, al variare del parametro k E ~' tutte e sole le rette del fascio
(improprio) di direzione V E r (cio tutte le rette parallele ad r).
v110
..,. Osservazione 10.1. Si noti che, se x e y denotano i due assi coordinati del
riferimento R canonicamente orientati (ovvero orientati in modo che i versori i e j
siano positivi), allora la retta r di equazione esplicita y =mx+ q, orientata in modo
che il vettore di componenti (1, m) (risp. (-1, -m)) sia positivo, ha
cos(rx)
(risp.
cos(rx) =
v'm2 + l'
-1
v'm + l'
2
rappresenta, al variare dei parametri reali(>.,) i- (O, O), tutte e sole le rette
del fascio (proprio} di centro C.
(ii) Sia r una retta di t: 2 e sia ax +by+ c = O una sua equazione cartesiana
relativamente ad un fissato riferimento cartesiano R. Allora la equazione '
30+11
=---;:::;;===o;;:---;:::;;===~
y'32+12.Jo2+12
187
cos(ry) = sin(rx) =
cos(ry) = sin(rx) =
v'm2 +1
-m
v'm 2 + 1
al variare dei parametri reali (>., ) i- (O, O), appartengono al fascio di centro C.
Viceversa, ~e s ~na retta d.el fascio di centro C, allora s n (r' n r") = {C} = r' n r";
pertanto, l equazione cartesiana ax +by+ c = O di s, relativamente al riferimento
R, deve essere combinazione lineare delle due equazioni cartesiane di r' ed r". Ci
equivale ad affermare che deve esistere una coppia (>., ) E~ - {(O, O)}, tale che
(ii) E' sufficiente osservare che ogni retta di equazione ax +by+ k = O, con k E~.
parallela ad r, e che ogni retta parallela ad r ha (per la Proposizione 10.2) equazione
(>.a)x + (>.b)y + d =O, con E~ - {O} e d E~, ovvero
d
ax +by+ k = O, con k = - E R
Esempio 10.5. Dato nel piano euclideo t: 2 il punto C ==. (1, 2), il fascio di rette di
centro
pu essere rappresentato dall'equazione
>.(x - 1)
+ (y
- 2) =O,
x+y+k =O.
_)
188
2. DISTANZE
189
2. Distanze
&2 ,
Esempio 10.6. Lo studio delle mutue posizioni tra le rette considerate nell ' Esempio 10.3,
di equazioni
r : 2x - y + 3 = O,
r' : 4x - 2y + 6 = O,
= llPQll =
J(xQ-XP) 2 +(YQ-YP) 2
Poich le rette sono gli iperpiani di &2 , il calcolo della distanza tra un punto ed una
retta si effettua utilizzando, nel caso n = 2, la Proposizione 9.15.
Proposizione 10.6. Sia r la retta di & 2 di equazione cartesiana, rispetto ad R,
ax +by+ c =O e sia P =n (x, y). Allora:
lax +by+ cl
-'--==,-J + b2
+ Definizione
d(r',r")
d(Q,r")
\;/Q E r'
(risp. d(r',r")
d(P,r')
I - c' + c"I
Ja2 + b2
A, ) C
><
~.2
det
YB
<
>)
AC,AC >
e =n (xc, Yc),
XA
~-~
Yc
A-:-:
A--:--
AH,AG'
xc - XA)
~-~
allora:
\:IP E r")
v'45
10.3. Dati tre punti non allineati A, B, C di &2 , si dice area del
1
il numero realre_p_os_i_ti_v_o__ _ _ _ _ _ _ _ __
triangolo di vertici
J62
11
a2
Il seguente risultato fornisce il metodo operativo per il calcolo della distanza tra due )
rette di &2 , in funzione della loro reciproca posizione.
l(-1)6-3(1)-21
+ (-3)2
d(r, s) = d(P, s) =
d(P, r) =
t : 3x - 2y + 5 = O,
s : 6x - 3t - 2 = O,
Esempio 10.7. Se
ABC
1
2
1
3
_
~ I (3 O
_ (-1)
- 2 det
-1
2-(-1))1
-2-1
1Si noti che la Definizione 10.3 presuppone che il determina nte della matrice presente sotto il
segno di radice quadrata sia sicuramente positivo, come assicurato d alla Proposizione 8.13 relativa
alle propriet delle matrici di Gram; in alternativa, la dimostrazione di questo fatto pu essere
agevolmente d edotta dalla dimostrazione della Proposizione 9.16, nel caso h = 2.
190
ove (x, y) la coppia delle coordinate cartesiane di un generico punto P E &2 rispetto
ad R, (x', y') (risp. (a, b)) la coppia delle coordinate cartesiane del punto D(P) E &2
(risp. D(O) E &2) rispetto ad R, ed A E 0 2(1R) la matrice (ortogonale) associata
alla trasformazione ortogonale indotta a : t;2 ---+ t;2 rispetto alla base (ortonormale)
iJ.
Ricordiamo infine (Definizione 9.24) che una isometria D di &2 in s si dice diretta
(risp. inversa) se a conserva (risp. rovescia) l'orientazione di &\ per la Proposizione
9.19, l'isometria D di equazioni (*) diretta (risp. inversa) se e solo se det A = 1
(risp. detA = -1).
)
+Definizione 10.4.
ano nel
fi
caso i una ISometna diretta. In tal caso, le equazioni di D rispetto ad
~ .
'
un ssato
n1enmento cartesiano R = (O, B), sono
A = ( coscp
-sen 'P
+ Definizione
10.5. Si dice glissorifiessione una applicazione D di &2 in s ottenuta come composizione di una riflessione Sr rispetto ad una retta r di &2 con una
traslazione Dv di ampiezza un vettore v i- O, con v "parallelo" ad r :
'
Tal.e sistema ammette una ed una sola soluzione se e solo se (cos cp-1)2 + (sen cp)2 i- o,
ossia se e solo se 'P i- O. In questo caso, quindi, D una rotazione (di ampiezza 'P)
attorno a tale punto fisso.
Se invece cp =O, le equazioni di D diventano:
x' = x+a
{ y' = y+ b
L'isometria
sen cp )
- coscp "
(Esempio ~:2, n~l caso di det A= -1), ma ricercando innanzitutto le rette fisse rispett~ ad ~: CIO puo essere fatto ricercando i punti su cui D agisce come una traslazione
?i am~ie~za un vettore v (che, se esistono, sono sempre 00 1 , ovvero sono tutti e soli
i p~nt~ di una retta f). Se v = O, ogni punto della retta f punto fisso per D, ed
D _
si d~mos~ra essere la riflessione rispetto ad f; se invece v i- O, D risulta essere la
ghss?nfless10ne ottenuta componendo la riflessione rispetto ad f con la traslazione di
ampiezza v.
Sr
Proposizione 10.9. (Teorema di classificazione delle isometrie piane Chasles, 1831) Una isometria D del piano euclideo &2 contenente punti fissi una
rotazione (attorno al suo unico punto fisso) o una riflessione, a seconda che sia diretta
o inv_ersa. Una isometria priva di punti fissi una traslazione o una glissoriflessione,
a seconda che sia diretta o inversa.
'
sencp)
cos 'P
~el prese~te par a~rafo daremo alc~ni cenni re~ativi alle coniche (non degeneri) del
piano euc~ideo & , m~ese come particolari luoghi geometrici. Elementi pi dettagliati
della teona delle comche verranno esposti nel Capitolo 12.
+Definizione 10.6.
192
Si noti che la circonferenza pu essere considerata come una particolare ellisse, in cui
i due fuochi coincidono.
+ Definizione 10.8.
x 2 + y 2 - 2ax - 2f3y + a 2 + {3 2 - r 2 = O
+ (y')2 = r2
+ Definizione
10. 7. Si dice ellisse il luogo geometrico dei punti del piano [ 2 che
hanno costante (uguale a 2a > O) la somma delle distanze da due punti fissi F1 e F2,
detti fuochi.
x2
y2
a2 - b2 = 1
(2)
dove b =
x2
a2
y2
b2 = 1
dove b =
J a2 -
c2
J c2 -
a2
>O
(1)
193
> O.
F =(-c,O)
y W"= (O,b)
o
V'=(-a,O)
V"= (a,O)
V"=(a,O)
V'=(-a,O)
F =(-c,O)
Figura 10.3
/ J(x
+ c) 2 + y 2 -
J(x - c) 2
+ y 2 / = 2a;
W'=(O,-b)
(1')
~+~=-1
(che risulta vuoto perch la equazione scritta non pu essere verificata dalle coordinate di alcun
punto del piano euclideo), viene usualmente indicato come ellisse vuota (o immaginaria) di E2 .
+ Definizione
(3)
(si veda la Figura 10.4).
1
y= -x2
2p
194
195
(4)
P=(x, y)
Posto
- - - - -- - - + - - - -- - - - Y
A=
= -
ao2
= (x, y) E P
a12
a22
e M 00
a11
( a12
e supposto det A =I O,
allora la equazione (4) rappresenta - rispetto ad R - una
conica e del piano euclideo [ 2 .
In particolare:
(i) se det Mao = O, allora C una parabola;
(ii) se det Mao < O, allora C una iperbole;
(iii) se det Mao > O, allora C una ellisse (vuota se e solo se a22 det A > O) .
Figura 10.4
Infatti, P
se e soltanto se
La dimostrazione di questo risultato contenuta nel capitolo 12, dove esposta una
trattazione pi esauriente della teoria delle coniche del piano euclideo.
Parabola
Circonferenza
Figura 10.5
Ellisse
Iperbole
3Se det A =O, allora la equazione (4) rappresenta - rispetto ad n - o l' unione di due rette, o
una sola retta (contat a due volte), o un solo punto; poich anche questi sottoinsiemi di E2 si posssono
ottenere come particolari intersezioni tra un piano ed un cono, essi vengono solitamente denominati
coniche degen eri del piano euclideo E2 .
CAPITOLO 11
Lo spazio euclideo
1. I sottospazi dello spazio euclideo: punti, rette e piani
Nel presente capitolo, il simbolo E3 indicher sempre uno spazio euclideo ordinario
(ovvero, di dimensione tre).
Ovviamente, i sottospazi di E3 possono avere dimensione O (i punti di E3 ), 1 (le rette
di E3 ), 2 (i piani, che sono gli iperpiani di E3 ) e 3 (lo spazio E3 stesso).
Fissato in E3 un riferimento cartesiano R = (O,B = (i,j,k)), se P =R. (x,y,z) un
punto di E3 , allora le coordinate cartesiane x, y e z sono dette rispettivamente ascissa,
ordinata e quota di P (relativamente ad R) . Le rette coordinate del riferimento R sono
l'asse x (individuato dall'origine O e dalla direzione del versore i), l'asse y (individuato
dall'origine O e dalla direzione del versore j) e l'asse z (individuato dall'origine O e
dalla direzione del versore k), mentre i piani coordinati del riferimento R sono il piano
xy (individuato dall'origine O e dai versori i e j), il piano yz (individuato dall'origine
O e dai versori j e k) e il piano xz (individuato dall'origine O e dai versori i e k)
(Figura 11.1).
...
."'
<Il
<Il
......
z-------------~::-~
,
I
I
p/
'Y
asse y
I
- -
- _ -
-~,,."
"'
Figura 11.1
Per la Proposizione 9.4 (caso h = 1), ogni retta r di E3 univocamente determinata
da due qualunque suoi punti distinti A, B E r. Posto A =R. (xA, YA, zA) e B =R.
(xB, YB, ZB), poich il vettore (non nullo)
=g (xB - XA, YB - YA, ZB - ZA) genera
la giacitura della retta r, un punto generico P =R. (x, y, z) appartiene ad r se e
AB
198
soltanto se APE L(AB), ovvero se (x - XA, y - YA, z - ZA) E L((xB - XA, YB - YA,
ZB - ZA )).
Da questa affermazione si ricavano entrambi i tipi di rappresentazione gi visti in
generale nel 4 del Capitolo 9:
la retta r ha rappresentazione cartesiana
{} (~Z =
:; ~~ =:;)
- ZA ZB - ZA
con {}
Y
{
Z
=
=
=
a'
+ (xB - XA) t
+ (YtY~ t
+ (zB - ZA) t
XA
YA
ZA
b
b'
e) =
e'
2.
'
+t
y = 2 - 3t
z = 3 - 3t
A'
x-l
1
(t E JR)
y-2
-3
z-3
-3
r : { 2x - z + 1 = O
y-2=0
(t E JR)
- ., .
AP
r=
O
O.
ed equazione frazionaria
(x - 1, y - 2, z - 3) appartenga ad
{3x + y- 5
3x + z- 6
r:
(a
199
X =
ed equazioni parametriche {: :
~+t
(t E JR),
z = 3 + 2t
frazionaria (perch i due punti A e B' hanno la stessa ordinata) .
Si noti poi che, data una qualunque delle rappresentazioni della retta r, possibile
ricavare direttamente una terna (l, m , n) di coefficienti direttori dir:
nel caso della rappresentazione cartesiana
ax + by + cz + d =O
{a' x + b' + e' z + d' = O
y
si ha
{} (: -3
=; -3
~3)
= 1.
Essendo det(l) =f. O, baster imporre che entrambi gli orlati del minore considerato abbiano
determinante nullo:
Ci deriva direttamente dalla risoluzione del sistema lineare omogeneo associato (che rappresenta, rispetto alla base B, la giacitura della retta): si veda
l'Esempio 6.4.
nel caso della rappresentazione parametrica, (l, m, n) coincide con la terna
dei coefficientrdel parametro t: infatti, tali coefficienti sono costituiti dalle
componenti (xB - XA, YB - YA, ZB - ZA ) del vettore libero AB, che genera
la giacitura della retta.
nel caso della rappresentazione frazionaria, (l, m, n) coincide con la terna
dei denominatori: infatti, tali denominatori sono costituiti dalle componenti
(xB - XA, YB - YA, ZB - ZA) del vettore libero AB, che genera la giacitura
della retta.
200
201
se r ha rappresentazione frazionaria
Esempio 11.2. Le rette r ed sconsiderate nell'esempio 11.1 hanno rispettivamente coefficienti direttori (1, -3, -3) e (-1 , O, -2) (o anche (1, O, 2)), come si ricava direttamente
AB re
M =
(33 1o O)1
,-
(l, - 3 , - 3).
M' =
G~
~1)
s risultano ancora
x-xo
y-yo
Z - Zo
m
n
allora s ha rappresentazione frazionaria
x-x y-y z-z
m
n
Infatti, in tutti i casi considerati, le equazioni scritte individuano una retta s con i
medesimi coefficienti direttori dir (e quindi, per la Proposizione 9.7, si ha s//r) e
risultano verificate dalle coordinate del punto P (e quindi, P E s); il risultato segue
pertanto dal Teorema 9.5.
La proposizione seguente ci permette di studiare la mutua posizione di due rette di
t: 3 , a partire dalle loro equazioni cartesiane.
Proposizione 11.1. Siano r' ed r" due rette di t: 3 e siano rispettivamente
ax +by+ cz + d =O
{ a' x + b' y + e' z + d' = O
due loro rappresentazioni cartesiane, relativamente ad un fissato riferimento cartesiano R. Allora, posto
a
a'
A= a"
(
a"'
Si noti che la retta s non ammette rappresentazione frazionaria proprio perch uno dei
suoi coefficienti direttori nullo.
ax +by+ cz + d =O
{ a' x + b' y + e' z + d' = O
allora s ha rappresentazione cartesiana
b
b'
b"
b"'
c)
c'
c"
c"'
=
=
Xo
+ [. t
+ m t
y
Yo
z =zo+n t
= i + l t
y=y+mt
{
. z = z +n t
X
e
a"'
si ha che:
c
c'
c"
c"'
d)
d'
d"
d"'
= 2
e(B)
= 3
b
b'
b"
b"'
a'
a"
e(A)
= 3
e(B)
= ,~
e(B) = 4
~ \.~ <..oNV~
l'f\f
1. e. Se VVQ
202
r:
X -
s' .
X
{
y-z=O
=3
=1
2y- 2z
-y = 1
s 11 :
s
.
X { X -
{X+ Z= 1
y=O
(iii) se r' ed r" sono orientate in modo che (l', m', n') ed (l" , m", n") siano terne
positive di coefficienti direttori, :;:;:;:;, il numero reale (compreso tra O e
7r) tale che
l'l" + m'm" + n'n"
J(l')2 + (m')2 + (n')2. J(l")2 + (m")2 + (n")2
cos(;:t:;i)
Esempio 11.4. Le rette r, s', s" ed s"' considerate nell'Esempio 11.3 .hanno rispettivamente coefficienti direttori (1, 1, 1), (1, 1, 1), (1, O, -1) e (O, O, 1), come si ricava facilmente risolvendo i sistemi lineari omogenei associati alle rappresentazioni cartesiane delle
quattro rette. La Proposizione 11.2(i) consente di affermare che r ed s' sono parallele,
mentre la Proposizione 11 .2(ii) consente di affermare che r ed s" sono ortogonali . Infine,
la Proposizione 11.2(iii) consente di calcolare l'angolo tra le rette r ed s 111 , supponendo
che esse siano orientate in modo che le terne di coefficienti direttori considerate risultino
positive:
2y + Z
cos(r:?')
=1
s 111 :
203
{X -y = 0
y=O
10+10+11
Ji 2 + 12 + 12 . Jo2 + 02 + 12
V3
AB
La seguente proposizione mette a confronto la condizione di parallelismo e la condizione di ortogonalit tra due rette di [ 3 , nel caso in cui siano note due loro terne
di coefficienti direttori; inoltre, ci fornisce la formula diretta per calcolare l'angolo
formato da due rette date.
3
(l",m",n")
+ m'm" + n'n" =O
AC
lfP
AC),
(x- XA, y-yA, z -zA) E L((xB - XA, YB -yA, ZB - zA), (xc -xA, Yc -yA, zc - ZA)).
Da questa affermazione si ricavano entrambi i tipi di rappresentazione gi visti in
generale nel 4 del Capitolo 9:
il piano
7r
ha equazione cartesiana
det
X-XA
Y - YA
( Z - ZA
XB-XA
YB - YA
ZB - ZA
XC - XA)
Yc-YA
zc - zA
= O,
con
(a, b, e)
'I
(O, O, O);
204
il piano
X
7f
se
ha equazioni parametriche
= XA
y = YA
ZA
z
7r
ha rappresentazione parametrica
(,ElR)
{
Xo
Yo
Z = Zo
XB - XA
YB - YA
( zs-ZA
(!
XC -XA)
YC -yA = 2.
zc-zA
y
{
=
=
Z =
AB
AC
AP =13 (x -
Il piano
7f
( z-3
+ U1 + VI
+ u2 + v2
+ U3 + V3
in cui
x-1
y- 2
205
~3 ~ )
1, y - 2, z - 3) appartenga a if = L(AB,
-3
2,
owero
-2
AC).
Ci
-1
x-1
y-2
-3
z-3
-3
-2
o.
7f:
(!
7r
7r
11
7r
7r
11
Si noti che, nella rappresentazione parametrica del piano 7r, le d':e terne di coefficienti
dei parametri individuano le componenti, rispetto alla base B, di due vettori che
generano la giacitura if del piano, cos come la equazione omogenea associata alla
rappresentazione cartesiana di 7f costituisce una rappresentazione cartesiana, rispetto
a B, della medesima giacitura if (si veda il Teorema 9.6).
Da queste osservazioni deduciamo il modo per ottenere le equazioni del piano a
parallelo ad un piano 7f dato e passante per un fissato punto P =n (x, f), z):
se 7r ha rappresentazione cartesiana
ax
+ by + cz + d = O,
+ b(y -
y)
+ c(z -
z) =O;
+ U2 + V2
Z + U3 + V3
f}
7r
7r
11
a'
( a"
b'
b"
e'
e"
d')
d"
= 1
(! (::,
e'
e"
::,
d')
d"
(iv)
~:,)
::,
JR).
3 - 3t - 2t'
(! (::,
(t, t'
V1
~iii)
2 -3t
~i)
+t -t'
U1
Infatti, in entrambi i casi, le equazioni scritte individuano un piano a con la medesima giacitura di 7r (e quindi, per definizione, si ha a// 7r) e risultano verificate dalle
coordinate del punto P (e quindi, P E o"); il risultato segue pertanto dal Teorema 9.5.
6x + 5y - 3z - 7 = O.
a'
( a"
b'
b"
e') (a'
e"
(!
a"
b'
b"
e'
e"
d')
d"
= 2
Dimostrazione. L'intersezione (eventualmente vuota) tra i due piani 7r 1 e 7r 11 ovviamente rappresentata, relativamente al riferimento cartesiano R, dal sistema lineare
S:
206
o
.,. Osservazione 11.1. Si noti che, nel caso in cui i due piani 7r 1 e 7r 11 siano incidenti
in una retta, il sistema costituito dalle due equazioni cartesiane di 7r 1 e 7r 11 individua
1
11
esattamente una rappresentazione cartesiana della retta intersezione r = 7r n 7r
3
In realt, ogni rappresentazione cartesiana di una qualunque retta r di E permette
di interpretare la retta stessa come intersezione di due piani non paralleli che la
contengono.
r,
+ 5y - 3z - 7 =O
12x + lOy - 6z - 3 =O
6x
7r2 :
12x + lOy - 6z - 14 =O
7r3 :
7r4 : 2x - 4y + z - 1 =O.
La Proposizione 11.3 consente di affermare che 7r 1 e 7r 2 coincidono, che
paralleli disgiunti, e che 7r 1 e 7r 4 sono incidenti in una retta.
7r 1
7r3
sono
ax + by + cz + d = O
{ a' x + b' y + e' z + d' = O
a" x
= O
due loro rappresentazioni cartesiane, relativamente ad un fissato riferimento cartesiano R . Allora, pO'sto
b c
b
e' d'
B
(
;
b'
b' c'
e
d"
b"
c"
a"
a" b" c"
A~ U' ')
si ha che:
(i) r appartiene a
7r
d)
se e soltanto se
Q(B) = 2;
(ii) r e
7r
Q(A) = 2
Q(B)
3;
Q(A)
= Q(B) = 3;
207
Nello spazio euclideo, possibile introdurre, accanto alla nozione di angolo tra due
rette orientate (la cui ampiezza pu essere calcolata mediante la Prop. 11.2 (iii)),
anche la nozione di angolo tra due piani e la nozione di angolo tra una retta ed un
piano.
+ Definizione 11.1. Si dice piano orientato di E. 3 una coppia (7r, >.), dove 7r un
piano di E. 3 ed >. E ..Lif un vettore libero ortogonale a 7r.
Se (7r, >.) un piano
orientato, si dicono positivi tutti i vettori liberi E ..Lif concordi con >.; inoltre, si
dice positiva ogni equazione cartesiana ax + by + cz + d = O di 7r tale che il vettore
libero a = (a , b, e) sia positivo.
+Definizione 11.2. Dati ~iani orientati
tra 7r 1 e 7r 11 , e si denota con 7r 17r 11 , l'angolo</> E
(7r',
208
(l,m,n) = p (a,b,c);
cos( I , Il ) .
(i.i-) se r orientata in modo che (l, m, n) sia una terna positiva di coefficienti
+ Definizione 11.3. Dati un piano orientato (7r, ) ed una retta orientata (r, I) di
3
[ , si dice angolo tra 7r ed r, e si denota con 7ir, il numero reale </> E [- ~, ~] avente
per seno il coseno dell'angolo tra e I :
sen (iir)
_
sen (nr) =
7r
11
(ii)
7r
7r
11
equazione
al+bm+cn
J a2 +
b2 + c2 . Jl2 + m2 + n2
Dimostrazione. (i) Per definizione, re 7r sono paralleli se e soltanto sere if; poich
v = (l, m, n) genera
ci equivale a richiedere v E if, che corrisponde esattamente
alla condizione a l + b m + c n = O.
(ii) La seconda affermazione un caso particolare della Proposizione 9.11.
(iii) L'ultima affermazione discende direttamente dalla Definizione 11.3, ricordando
che V= (l, m, n) un vettore positivo dir e che - in virt del Lemma 9.10 - il vettore
a= (a, b, c) un vettore positivo ortogonale a 7r .
r,
si considerino i piani
(iii) se 7r e 7r sono orientati in modo che a' x + b' y + c' z + d' = O e a" x + b" y +
c" z + d" = O siano equazioni positive, H' il numero reale </> E [O, 7r] tale
che
a' a" + b' b" + c' c"
cos(H')
J(a')2 + (b')2 + (c')2 . J(a")2 + (b")2 + (c'')2
1
= O sia una
cos(, I)
Le seguenti proposizioni mettono a confronto le condizioni di parallelismo e di ortogonalit e forniscono la formula diretta per calcolare l'ampiezza dell'angolo compreso,
l'una nel caso di due piani, l'altra nel caso di una retta e di un piano.
(f)
209
O" : X -
2y +
11
3x + y -
11
Dimostrazione. (i) Basta ricordare, come gi osservato nel corso della dimostrazione
della Proposizione 11.3, che 7r 1 e 7r 11 sono paralleli se e soltanto se ;,n7f71 ha dimensione
a' b"
b' c" ha rango uno .
due, ovvero se e soltanto se la matrice a"
c')
(
(ii) La seconda affermazione un caso particolare della Proposizione 9.12.
(iii) L'ultima affermazione discende direttamente dalla Definizione 11.2, ricordando
che - in virt del Lemma 9.10 - i vettori a' = (a', b', c') e a" = (a", b", c") sono vettori
positivi ortogonali rispettivamente a 7r 1 e 7r11
0"
Z -
1=0
Z -
0"
4=0
1
:
0"
X 111
2y +
: X
+ 5=0
+y-
1= 0
111
cos(a:? )
2y'3
Analogamente, la Proposizione 11.6 consente di affermare che O" ed s' sono paralleli, che
ed s" sono ortogonali, e che (supponendo anche che la retta s 111 sia orientata in modo
che la terna di coefficienti direttori {O, O, 1) risulti positiva) l'angolo tra O" ed s"' tale
che
O"
10-20+11
sen(O"s"') = J12+(-2)2+12.Jo2+02+12 =
J6.JI
J6
o
Proposizione 11.6. Nella spazio euclideo [ 3 , in cui fissato un riferimento
cartesiano R, siano r una retta avente coefficienti direttori (l, m, n) e 7r un piano
avente equazione cartesiana ax +by+ cz + d =O.
Allora:
O
'
+ Definizione 11.4. Data una retta r di [ 3 , si dice fascio (proprio) di piani di asse
r l'insieme costituito da tutti e soli i piani di [ 3 che contengono
Definizione 11.5. Dato un sottospazio vettoriale bidimensionale U di t3, si dice
fascio (improprio) di piani paralleli di giacitura U l'insieme costituito da tutti e soli
L piani di [ 3 aventi U come giacitura.
210
>.(3x - y + z - 1) + (x - z) =O.
Il fascio di piani paralleli al piano di equazione
Proposizione 11. 7.
{i?) Siano 7r 1 e 7r 11 due piani non paralleli di [ 3 e siano rispettivamente
a' x + b' y + c' z + d' = O ed a" x + b" y + c" z + d" = O due loro equazioni
cartesiane, relativamente ad un fissato riferimento cartesiano R . Allora,
detta r la retta intersezione di 7r 1 e 7r 11 , la equazione
>.(a'x + b'y +
rappresenta, al variare dei parametri reali (>., ) =/= (O, O), tutti e soli i piani
del fascio (proprio? di asse r.
(i1) Sia 7r un piano di [ 3 e sia ax+by+cz+d =O una sua equazione cartesiana,
relativamente ad un fissato riferimento cartesiano R . Allora, la equazione
ax.+ by+ cz
+ k =O
rappresenta, al variare del parametro k E JR, tutti e soli i piani del fascio
(improprio) di giacitura if (cio tutti i piani paralleli a 7r).
Dimostrazione. (i) Poich r = 7r 1 n 7r 11 , le coordinate di un qualunque punto P E r
verificano entrambe le equazioni a' x + b' y + c' z + d' = Oed a" x + b" y + c" z + d" = O,
e quindi verificano anche ogni equazione ottenuta da quelle tramite combinazione
lineare. Ci prova che tutti i piani di equazione
>.(a'x + b'y + c'z
2li
2. DISTANZE
al variare dei parametri reali (>., ) =/= (O, O), appartengono al fascio di asse r.
1
11
Viceversa, se (j un piano del fascio di asse r, allora (j n (7r' n 7r 11 ) = r = 7r n 7r ;
pertanto, l'equazione cartesiana ax+by+cz+d =O di (j, relativamente al riferimento
11
1
R, deve essere combinazione lineare delle due equazioni cartesiane di 7r e 7r Ci
equivale ad affermare che deve esistere una coppia (>., ) E JR - {(O, O)}, tale che
3x -y + z - l =O
ha invece equazione
3x - y
+z +k
= O.
che contengono C.
+ Definizione 11. 7.
2. Distanze
ax +by+ cz
k E JR, parallelo a 7r, e che ogni piano parallelo a 7r ha (per la Proposizione 11.3)
equazione (>.a)x + (>.b)y + (>.c)z +e= O, con E JR - {O} ed e E JR, ovvero
e
ax +by+ cz + k = O, con k = );" E JR.
Poich i piani sono gli iperpiani di f 3 , il calcolo della distanza tra un punto ed un
piano si effettua utilizzando, nel caso n = 3, la Proposizione 9.15.
Proposizione 11.9. Sia 7r il piano di [ 3 di equazione cartesiana, rispetto ad R,
ax +by+ cz + d =O e sia P =n (x, fj, .z). Allora:
d(P, 7r) =
3 la retta
3x - y + z - 1 = O
{ x-z=O
r di equazioni
212
7r)
I seguenti risultati forniscono i metodi operativi per il calcolo della distanza tra due
piani, tra una retta ed un piano e tra due rette di E3 , in funzione della loro reciproca
posizione.
Propos izione 11.11. Siano 7r 1 e 7r 11 du e piani di E3 .
= '--13_--::1=+=2==2=-=1==3+=-'31
V1A
J32+22 +(-1)2
213
2. DISTANZE
Il calcolo della distanza tra un punto ed una retta si effettua invece utilizzando la
proiezione ortogonale del punto sulla retta, come indicato nel 7 del Capitolo 9 (caso
n = 3 ed h = 1) .
Proposizione 11.10. Sia r una retta di E3 avente coefficienti direttori (l, m, n) e
sia P =n (x, y, z). Allora:
d(P, r ) = d(P, P ')
dove il punto P' (proiezione ortogonale di P su r') si ottiene intersecando r con il
piano ortogonale ad r passante per P, che ha equazione cartesiana
l(x - x)
+ m(y -
y)
+ n(z -
----+
= PP'
z) = O.
min{ d(P, X)
d( Q, 7r")
X E r }. Poich,
--+ con PP
----+, 1- P'X , i1 l"T'.leorema d"i pitagora
+ P'X,
----+
---+
----+
Per ogni X E r ) si ha
(Propositione 8.2) implica llPXll 2 = llPP'll2 + llP' Xll2;::: llPP'll2; ci assicura appunto che d(P, P') :::; d(P, X), per ogni X E r.
D
ovvero
2x - y - 1 =O.
+ 2y - 2z - 20
=0
z +6 = O
{
da cui
A'
= (2, 3, -6)
2x -y- 1 = O
7r
V9
= 3.
yf a2 + b2 + c2'
{x+ 2y - 2z - 20 =O
+ d"I
z + 6 =0
7r :
yfa2 + b2 + c2
I - d'
Esempio 11.11. Per calcolare la distanza del punto A= (1, 1, -4) dalla retta
r:
VP E r
Dimostrazione. La prima parte dell'enunciato banalmente vera, poich - sia nel caso
in cui r contenuta in 7r che nel caso in cui r e 7r sono incidenti - esiste un punto
P E r n 7r, e quindi d(r, 7r) = d(P, P) = O.
Nel caso in cui re 7r siano paralleli, occorre verificare che la distanza d(P, 7r) indipendente dalla scelta del punto P E r. Se il piano 7r ha - rispetto ad un fissato riferimento
cartesiano R di E3 - equazione 7r : ax +by+ cz + d = O, allora la retta r ha coefficienti
direttori (l , m, n) tali che al+ bm + cn =O (si ricordi la Proposizione 11.6); inoltre,
posto P =n (x, y, z), per ogni altro punto X E r si ha X =n (x + pl , y+ pm, z + pn)),
1 evidente che i ruoli di rr' e rr" possono essere scambiati.
2
Si osservi che,_in questo caso - a differenza d elle Proposizioni 11.11 e 11.13 - i ruoli di re rr
non possono essere scambiati.
214
+ by + cz + di
=
va2+b2+c2
lax
d(P, 7r),
d(Q,r")
't:/Q E r'
Se r' ed r" sono sghembe, la loro distanza uguaglia la distanza tra r' ed il
piano 1f 11 parallelo ad r' e contenente r" :4
d(r',r") = d(r 1 ,7r11 ) = d(Q,7r")
't:/Q E r'
2. DISTANZE
215
Poich r" e 1f 11 , si ha ovviamente d(r', r") ;::: d(r', 7r 11 ); d'altra parte, essendo 7r 11
parallelo ad r', la Proposizione 11.12 implica d(r',7r") = d(Q,Q'), 't:/Q E r' (dove
Q' denota la proiezione ortogonale di Q su 1f 11 ). Ora, fissato Q E r', sia rQ, la retta
parallela ad r' e passante per Q' (proiezione ortogonale di Q su 7r 11 ). Poich rQ, ed r"
sono ovviamente non parallele (essendo sghembe r' ed r") e sono entrambe contenute
in 1f 11 , esiste R E rQ, n r". Essendo rQ, ed r' due ~ette parallele, la seconda parte .
dell'enunciato assicura che d(Q, Q') = d(R, R') (= d(rQ,, r')), dove R' la proiezione
ortogonale di R su r'. A questo punto, avendo trovato R E r" ed R' E r' tali che
d(R,R') = d(Q,Q') = d(r',7r"), resta dimostrato che d(r',r") = d(r',7r"), da cui
segue la tesi.
D
Nel caso di due rette sghembe r' ed r" di E3 , il seguente risultato permette di ricavare,
oltre alla distanza d( r', r"), nche i punti H E r' e K E r" che realizzano tale distanza.
Proposizione 11.14. Siano r' ed r" due rette sghembe di E 3 . Allora, esiste una
ed una sola retta t ortogonale ed incidente sia ad r' che a r"; inoltre, posto H = r' n t
e K = r" n t, si ha che
d(r',r") = d(H,K)
Dimostrazione. (cenno) Se I' E i' ed I" E f"' sono due vettori (non nulli) che generano
le giaciture delle rette, la ipotesi che r' ed r" siano sghembe implica dim(L(I', I")) = 2,
e quindi dim(-1L(I',I")) = 1 (per il Teorema 8.11). Scelto un vettore non nullo
m E _L L(I', I"), la retta t si ottiene come intersezione tra il piano 7r 1 , appartenente
al fascio di piani di asse r' e parallelo ad m, ed il piano 1f11 , appartenente al fascio di
piani di asse r" e parallelo ad m.
D
r:
Q'
7t"
Figura 11.2
3 evidente che i ruoli di r' e r" possono essere scambiati.
4
evidente che anche in questo caso i ruoli di r' e r 11 possono essere scambiati.
y-
3=0
y - 2z = 0
X {
s:
{y -
+1= 0
X -
= 0
15Vl+T
- 2 - 11 --
vln2.
,t,
216
2l + 2m+n = O
{ l+m+n=O
owero (l , m, n)
2. DISTANZE
217
det
X+ y - 4z - 3 = 0,
det
+y -
2z + 1 = 0.
d(P,Q)
:! =~ x~)
(=~
ZA
e =n (xc,yc,zc ),
ZB
ZC
(~:ZB -ZA
=~~
= 3)
YD
ZD
Xc - XA
Yc-YA
zc - zA
XD - XA)
YD -yA
ZD-ZA
AB
AC
AD
+ Definizione
11.8. Dati tre punti non allineati A, B, C di &3 , si dice area del
triangolo di vertici A, B , C il numero reale positivo
V( < A, B,
e > ) = AAsc
2.
det
>)
-1
3
-2
3
1
-2
i- o,
det
~) ~ ~6 . v'64 ~ ~.3
('4
14
2 4
+ Definizione 11.9.
det
>)
< AB,.AD
<AC,AD>
<AD,AD>
e jJ
1
1
Va)= -
6 det
( 3
1
6
det
-4
4
-6
3
-2
3
1
-2
1
4
2
-6
e ~)
1
6
I -16/
8
3
V(a
2
)
AABC
= ~ v'18o = 3Vs.
Si noti che, in alternativa, l'area del triangolo a 2 pu anche essere calcolata tramite la
classica formula
AABC
= 2 d(A, r)
d(B, C),
11 . LO SPAZIO EUCLIDEO
218
r:
{X+ 2y -
=Q
z +6=0
si ha d(A, r)
=3
CAPITOLO 12
~ 3 d(B,C)
~ 3 2Vs =
3Vs.
pn =
EnuE~-1,
dove E~- , detto iperpiano improprio di En, l'insieme delle direzioni delle rette
di En (ovvero, i sottospazi vettoriali di dimensione uno della giacitura E-;,,).
Gli elementi di En (ovvero, i punti dello spazio euclideo originario) si dicono punti propri dell'ampliamento proiettivo, mentre gli elementi di E~-l si dicono punti impropri
dell 'ampliamento proiettivo.
Per abuso di linguaggio, quando risulter chiaro che lo spazio euclideo En stato
completato con l'aggiunta del suo iperpianq improprio, si parler pi semplicemente
di punti propri e punti impropri di En .
..,. Osservazione 12.1. Si noti che, per definizione di iperpiano improprio, ad ogni
retta di En risulta associato un punto improprio di En, e che rette parallele individuano
lo stesso punto improprio. Inoltre, poich ogni vettore libero non nullo genera un
sottospazio vettoriale di dimensione uno di E-;,, , si pu dire che ogni vettore libero non
nullo v individua un punto improprio di En, che corrisponde alla giacitura di tutte le
rette parallele a v (ovvero, tutte le rette r di E2 tali che v ET).
+Definizione 12.2. Dato un punto proprio P =n (y1, y 2 , ... , yn), si dice (n+ 1)-pla
di coordinate omogenee di P rispetto ad R ogni (n + 1)-pla (x 0 , x 1 , . . . , Xn) tale che:
X1
X2
Xn
- = y ' - = y , .. . , - = y
xo
xo
xo
Dato un punto improprio P00 individuato dalla direzione del vettore v E E-;,, - {O},
COn V =B (l 1, [ 2 , ... , zn), Si dice (n + 1)-pla di coordinate omogenee di p 00 rispetto ad
R ogni (n + 1)-pla (xo,x1, ... ,xn) tale che:
x 0 =O ed esiste p E R - {O}, per cui (xi, .. . , xn) = p
Sia per i punti propri che per i punti impropri di En, scriveremo
P =n [xo, X1,
.. . , Xn]
220
per indicare che la (n+l)-pla (x 0 , x 1 , ... , Xn) una (n+l)-pla di coordinate omogenee
del punto P.
..,. Osservazione 12.2. Si noti che, per la Definizione 12.2, la (n + 1)-pla di coordinate omogenee di un punto (proprio o improprio) di [n individuata a meno di
un coefficiente di proporzionalit non nullo, e che nessun punto di pn = [n U &-:;.,,- 1
ammette la (n + 1)-pla nulla quale (n + 1)-pla di coordinate omogenee.
alla rappresentazione cartesiana delle rette nel completamento proiettivo del piano
euclideo.
Proposizione 12.1. Data una retta (propria) r di [ 2 avente, rispetto al riferimento
cartesiano R = (O, B), equazione cartesiana ax +by+ c = O, con (a, b) =f. (O, O), si
ha che:
nel completamento proiettivo di & 2 , la retta r rappresentata - in coordinate
omogenee rispetto ad R - dalla equazione omogenea
..,. Osservazione 12.3. Date due (n+l)-ple non nulle (xo, x 1 , ... , xn), (x~, x~, ... , x~)
di numeri reali, poniamo
(xo, xi, ... , Xn)"' (x~, x~, ... , x~) {::}
3.X
La relazione
una relazione di equivalenza sull'insieme JRn+l - {(O, . . . , O)},
come facile verificare (si veda il 4 del Capitolo 1).
L'insieme quoziente
(JRn+l - {(0, ... ,0)})/ "',usualmente indicato con JR!Pin, detto spazio proiettivo
reale standard n-dimensionale. Un punto di IRIP'n dunque una classe [xo, xi, ... , xn] 1
di proporzionalit di (n + 1)-ple non nulle di numeri reali.
Ogni fissato riferimento cartesiano R di [n induce quindi una biiezione c/>n : pn =
[n U &-:;.,,- 1 ---+ IRIP'n, che ad ogni punto P di pn associa la classe [xo, x1, ... , Xn] delle
(n + 1)-ple (tra loro proporzionali) delle coordinate omogenee di P rispetto ad R.
Infatti, presa una qualunque (n + 1)-pla non nulla (x 0 , x 1 , ... , Xn) di numeri reali, a
meno di proporzionalit, essa individua uno ed un solo punto P di pn = [n U &-:;.,,- 1
che ammette (x 0 , x 1 , ... , xn) come sua (n+l)-pla di coordinate omogenee rispetto al
riferimento cartesiano R:
se xo =/.O, allora P il punto proprio di coordinate cartesiane
(xi, x
2
Xn) ;
x 0 xo
x0
se x 0 =O, allora P il punto improprio individuato dalla direzione del vettore
di componenti (xi, ... , Xn)
~
, ... ,
221
ax1
+ bx2 + cxo = O;
con (a, b)
l'insieme delle soluzioni diverse dalla ovvia fornisce le coordinate omogenee, rispetto
ad R, dei punti (propri e impropri) di una retta (propria) r di [ 2 .
Inoltre, l'equazione xo = O rappresenta - in coordinate omogenee rispetto ad R - la
retta impropria di [ 2 .
o
Con le medesime notazioni, si prova facilmente anche come ottenere una rappresentazione cartesiana o parametrica di una retta nel completamento proiettivo del piano
euclideo, a partire da due qualunque suoi punti distinti.
Proposizione 12.2. Dati due punti distinti (propri o impropri} P e Q di [ 2
aventi, rispetto ad un riferimento cartesiano R = (O, r3), coordinate omogenee P =-n
2
[yo, Y1, Y2 ] e Q =-n [zo, zi, z2], la retta r di,[ passante per P e Q rappresentata:
(a) dalla equazione cartesiana (omogenea)
Xo
XI
Yo
YI
Z1
zo
X2
Y2
Z2
=0;
{"
XI
X2
Yo + zo
+ z1
.Xy2 + z2
y1
(>.,)E IR 2
{(0,0)}.
o
Si noti che la retta r di cui alla Proposizione precedente la retta impropria se e solo
se P e Q sono entrambi punti impropri di [ 2 .
..,. Osservazione 12.5. Le nozioni esposte in questo paragrafo chiariscono il significato
del termine fascio improprio di rette di & 2 , usato per indicare l'insieme delle rette
parallele alla direzione individuata da un fissato vettore v: esso costituito da tutte
e sole le rette di & 2 che contengono il punto improprio individuato dal vettore v, cos
come il fascio proprio di rette di centro C E [ 2 denota l'insieme di tutte e sole le rette
di &2 contenenti il punto (proprio) C.
222
l'insieme delle soluzioni diverse dalla ovvia fornisce le coordinate omogenee, rispetto
ad R, dei punti {propri e impropri) della retta (propria) r di E3 di equazione(**).
Inoltre, il sistema lineare omogeneo
Caso n = 3.
Sia E3 uno spazio euclideo di dimensione tre, su cui fissato un riferimento cartesiano
R = (O, B), e sia P 3 = E3 U 7r 00 il suo completamento proiettivo, dove 7r00 - il piano
improprio di E3 - indica l'insieme delle direzioni delle rette di E3 (ovvero, i sottospazi
vettoriali di dimensione uno di EJ).
Denotata usualmente con ( x, y, z) la terna delle coordinate cartesiane dei punti (propri) di E3 rispetto ad R, indichiamo con [x 0 , x 1 , x 2, x 3 J la quaterna (a meno di proporzionalit) delle coordinate omogenee dei punti (propri ed impropri) di E3 rispetto
ad R. Ricordando il fatto che un punto P =n [xo, xi, x2, x3] improprio se e soltanto
se xo = O, immediato verificare la validit delle due proposizioni seguenti, relative
alla rappresentazione cartesiana dei piani e delle rette nel completamento proiettivo
dello spazio euclideo.
ax1 + bx2
{ xo =o
l'insieme delle soluzioni diverse dalla ovvia fornisce le coordinate omogenee, rispetto ad R, dei punti (propri e impropri) del piano (proprio) 7r di E3 , di equazione
cartesiana (*).
Inoltre, x 0 = O rappresenta - in coordinate omogenee rispetto ad R - il piano improprio
di E3 .
(**)
+ by + cz + d =O
{ a' x + b' y + c' z + d' = O
ax
con
b
b'
~)
+ cx3 + dxo = O
+ c'x3 + d'xo =O
~)
Z3
t3
ti =O;
t2
+ zo + vt0
Y1 + z1 + vt1
y2 + z2 + vt2
y3 + z3 + vt3
yo
(>.,,v) E IR 3
{(0,0,0)} .
X1
b
b'
to
Zo
Z1
Z2
Si noti che il piano 7r di cui alla Proposizione precedente il piano improprio se e solo
se P, Q ed R sono tre punti impropri di E3 .
ax1
Yo
Y1
Y2
Y3
= 2,
si ha che:
ax1 + bx2
{ a'x1 + b'x2
1T
Con le medesime notazioni, si prova facilmente anche come ottenere una rappresentazione cartesiana o parametrica di una retta (risp. di un piano) nel completamento
proiettivo dello spazio euclideo tridimensionale, a partire da due (risp. tre) qualunque
suoi punti distinti (risp. non allineati).
+ cx3 = O
223
{!
= 2,
X~
Yo
Y1
Y2
Y3
:~) =
z2
Z3
2;
224
12.
+ Definizione
+ zo
+ z1
Y2 + z2
y3 + z3
Yo
Y1
(>..,)E IR 2 -{(0,0)}.
D
E' importante osservare che - a differenza di quanto si potrebbe intuitivamente supporre - l'immagine propriaip(C) non in generale sufficiente ad individuare la conica
e : ad esempio,
C1: x 2 +y 2 =-1
C2: x 2 +y 2 =-2
C3: 3x 2 +5y 2 =-1
Si noti che la retta r di cui alla Proposizione precedente una retta impropria del
completamento proiettivo dello spazio &3 se e solo se P e Q sono entrambi punti
impropri di [3.
Sia &2 un piano euclideo, in cui fissato un riferimento cartesiano R = (O, B).
aijXiXj =O.
i,j=O
+ Definizione 12.5.
I
+Definizione 12.3.
2.25
= Ip(C) u I
00
(C).
nelle coordinate x e y:
Nel seguito, con abuso di linguaggio e per semplicit di notazioni, identificheremo
spesso la conica con il suo supporto.
Definizione 12.6. Data una conica Cdi & 2 di equazione(*) (o di equazione omogenea(**)), si dice matrice associata a C (o discriminante di C) rispetto al riferimento
cartesiano R la matrice simmetrica2
diremo che tale equazione rappresenta, rispetto al riferimento cartesiano R, una conica
del piano euclideo & 2. Inoltre, diremo che due equazioni aux 2 + a 22 y 2 + 2a 12 xy+
+2ao1X + 2ao2Y + aoo = 0 e a~1X 2 + a~2Y 2 + 2a~2XY + 2ao1X + 2ao2Y + aoo = 0
rappresentano, rispetto ad R, la stessa conica di &2 se e soltanto se esiste E JR- {O}
tale che a~1 = % 'Vi,j E {O, 1, 2} .
Si noti che, in base alla Definizione 12.3, ogni conica Cdi &2 rappresentata - rispetto
ad R - da infinite equazioni algebriche di secondo grado, tutte proporzionali tra di
loro; usualmente, si dice che l'equazione di C rispetto ad R definita a meno di un
coefficiente di proporzionalit (non nullo).
2 Si noti che anche la matrice associata a C, come l'equazione e l'equazione omogenea,. risulta
definita a meno di un coefficiente di proporzionalit non nullo.
226
(>)
()
(! x y) A
( x,
G)
x, x,) A ( ~:)
~O
' sm
t et.1cament e,
(o, prn
(o , pi sinteticamente,
t(x) A (x)
= O) .
Vediamo ora come cambia la matrice associata ad una conica (e quindi, anche la sua
equazione e la sua equazione omogenea) al variare del sistema di riferimento fissato.
Proposizione 12. 7. Sia C una conica di E2 avente, rispetto al riferimento carte2
siano R, matrice associata A E S 3 (JR). Se R' un altro riferimento cartesiano su [ ,
con
(:~
:D
E 02(IR),
t.f;.A'
E,
con
227
o
Per rango e(C) di C si intender il rango di un suo qualsiasi discriminante.
Dimostrazione. Sostituendo le equazioni del cambiamento di riferimento cartesiano
da R ad. R', scritte come
ovvero
(u')
=E (u),
.,.. Osservazione 12.9. Non difficile verificare che noti sottoinsiemi del piano euclideo (in particolare: rette ed unioni di due rette) risultano essere il supporto di
opportune coniche degeneri:
se r una retta di [ 2 avente equazione omogenea ax 1+ bx 2+ cx 0 = O rispetto
ad un fissato riferimento cartesiano R, allora
+Definizione 12. 7.
di C rispetto ad
.,.. Osservazione 12. 7. Con le notazioni della Proposizione 12.7, ricordando il teorema
di Binet (J='.roposizione 3.15) , si ha det A = det A'. _I~fatti, d~lla ortogo nal~t_ di E_
segue det E = det E = 1 e quindi det A = (det E) det A = det A . Si ncord1
tuttavia che anche la matrice A' associata a C rispetto ad R' risulta definita a meno
di un coefficiente di proporzionalit non nullo.
(ax1
R,
+ bx2 + cxo) 2 =O
=O
228
-i
= 1,
+ Definizione 12.8.
= 2.
(#)
Poich r non contenuta in C, l'equazione ( #) non pu essere identicamente soddisfatta (cio i coefficienti a 00 , a 01 , a 11 non possono essere tutti nulli): dunque, supponendo
di ricavare una incognita in funzione dell'altra, l'equazione ( #) ammette due, una o
= (a01 ) 2 - aoo a 11 sia rispettivamente positivo,
zero soluzioni reali a seconda che
nullo o negativo.
(ii) Se r la retta impropria r 00 di equazione omogenea xo = O rispetto a un qualunque riferimento cartesiano R, ed A un discriminante di C rispetto ad R, allora
i punti di intersezione di roo con hanno coordinate cartesiane omogenee [O,x1,x2]
che verificano l'equazione di secondo grado:
-i
Si dice che:
(a) r tangente a e se l'intersezione di r con e costituita da un solo punto
oppure se r contenuta nel supporto di C;
(b) r secante e se l'intersezione dir con e costituita da due punti distinti;
(c) r esterna a e se l'intersezione dir con e vuota.
+ Definizione 12.9.
Ricordando che (il supporto di) una conica non degenere non contiene rette (Proposizione 12.9), si ottiene la seguente classificazione delle coniche non degeneri di [ 2 .
Una diversa classificazione delle coniche non degeneri si effettua esaminandone l'intersezione con la retta impropria r 00 di [ 2 .
229
La seguente proposizione fornisce le semplici condizioni algebriche su Aoo (il complemento algebrico dell'elemento aoo nella matrice A) per distinguere parabole, iperboli
ed ellissi.
Proposizione 12.10. Sia Cuna conica non degenere di t: 2 e sia A (con det A
un suo discriminante rispetto al riferimento cartesiano R. Allora, si ha che:
(a) C una parabola se e soltanto se Aoo =O;
(b) C una iperbole se e soltanto se A 00 < O;
(c) C una ellisse se e soltanto se A 00 > O.
=f. O)
-i
ai21A
a22
-
00
(##)
3Si noti che le parabole e le iperboli sono sempre coniche reali, avendo I (C)
00
ellissi possono essere reali o immaginarie.
=I 0,
mentre le
12.
230
A,~ (H -3~);
+ Definizione 12.10.
In particolare, essendo
~}
(xo
A3 =
(~-1 2~
-1)
2
poich det A4
cl
O,
x,
x,) k
(E) ~
Esempio 12.2. Rispetto alla conica C1 considerata nell'Esempio 12.1, la retta polare
del punto P =n [1 , O, 1] ha , rispetto ad R, equazione omogenea :
~1 -4~);
(3) (xo
Per l'Osservazione 12.10, l'applicazione 1f che a P associa 1fp una biiezione tra i punti
del completamento proiettivo P 2 del piano euclideo e le sue rette. In altri termini,
per ogni retta r (propria od impropria) di [ 2 , esiste uno ed un solo punto P (proprio
od improprio), la cui retta polare sia r. Tale punto detto polo di r. Si osservi che
P E 1fp se e solo se P E I(C) .
.
'
A,~
con p # O
(E) G) ,
-1
231
x2)
O 3
(~~)
(~ 4~ -3~ (~~)
Y2
Y2
=
= p (
) ,
- 7
e scegliendo, come valore non nullo di p, p = 1, si ottiene come soluzione del sistema
lineare normale (usando ad esempio le formule di Leibniz-Cramer):
Yo
4
1
-7
o o
3 4
4 -3
-100
--50
- --2
detA1
12.
232
Yi
o
o
2
o
o
4
1
Nel primo caso, 1fp interseca I(C) esattamente nei punti di contatto tra la conica e le
due rette tangenti alla conica passanti per P (si veda la Figura 12.1) .
-7 -3
det A1
233
=~=
-1
-50
3 1
4 -7 = -50
Y2 =
detA1
-50
Il polo dir dunque il punto Q =n [2, -1, l] .
1.
I(C)
1tp
Proposizione 12.11. Sia C una conica non degenere del piano euclideo, e siano
P, Q due punti di &2 . Si ha che:
Q E 7fp se e solo se P E 1fQ (Legge di reciprocit)
Se P un punto del supporto I(C), allora la retta polare 1fp di P rispetto a
e l'unica retta tangente alla conica in p.
Figura 12.1
Infatti, se Q E 7fp n I(C), per la Legge di reciprocit si ha che P E 1fQ, che - per
la Proposizione 12.11 - la retta tangente in Q alla conica; ci prova che la retta
passante per P e Q tangente alla conica. D'altra parte, se r una retta passante
per P e tangente alla conica in un punto Q E I(C), allora r la retta polare di Q;
per la Legge di reciprocit segue quindi che Q appartiene alla retta 7fp polare di P.
(Q
= O)
(P E
1fQ
<=:?
t(y) A (z)
= O).
O.
2
La ipotesi P E I(C) assicura che il coefficiente di sempre nullo; quindi, la
equazione ammette una sola soluzione (corrispondente alla coppia (, ) = (1, O),
ovvero al punto di tangenza P) se e soltanto se anche il coefficiente di si annulla.
Ci implica che r tangente alla conica se e soltanto se
t(y) A (y)
Esempio 12.3. Come visto nell'Esempio 12.2 la retta polare 1fp del punto P =n [1, O, 1]
rispetto alla conica C1 considerata nell'Esempio 12.1 ha, relativamente ad R, equazione
omogenea 2xo + 4x1 - 3x 2 = O, mentre la retta polare 1fQ del punto Q =n [2, -1, 1] ha,
relativamente ad R, equazione omogenea 4x 0 + x 1 - 7x 2 = O.
Si noti che si ha P tJ. 1fp, mentre Q E 1fQ; infatti, P tJ. I(C1), mentre Q E I(C1) {in
accordo con la Proposizione 12.11).
Si verifichi che la retta polare di un punto arbitrario di 1fp (risp. di 1fQ) passa per P (risp.
per Q).
t(z) A (y) = O,
1fp
di P.
.,.. Osservazione 12.11. Si noti che, se P non appartiene al supporto I(C), allora
la retta polare 1fp di p rispetto a pu essere o secante o esterna a (se 1fp fosse
tangente a C ip. un punto P, per la Proposizione 12.11 sarebbe anche la retta polare
di P, che assurdo essendo 7f una biiezione).
+Definizione 12.11.
[lau
a12
234
12.
Dimostrazione. Basta verificare che la retta polare del punto C =n [Aoo, Ao1, Ao2]
coincide con la retta impropria. Per definizione di retta polare, la equazione omogenea
di 7rC si ottiene da:
7rC:
(xo
xi
x2 ) A
(~~~)
Ao2
O;
Si noti che, per la Definizione 12.9, le uniche coniche di [ 2 che ammettono asintoti
sono le iperboli: infatti, il supporto improprio delle ellissi vuoto, mentre l'unico punto
improprio delle parabole (che coincide con il centro) ammette come retta tangente la
retta impropria.
Ogni iperbole ammette due asintoti, che si ottengono facilmente come rette polari dei
due punti impropri dell'iperbole. D'altra parte, gli asintoti di una iperbole sono particolari diametri (perch rette polari di punti impropri), e perci contengono il centro
della iperbole; pertanto, noto il centro Cedi punti impropri P00 e Q 00 dell'iperbole,
gli asintoti coincidono con le rette CP00 e CQ 00
Definizione 12.13. Si dice iperbole equilatera una iperbole del piano euclideo [ 2
avente per asintoti due rette ortogonali.
Non difficile verificare, ricavando direttamente dalla equazione omogenea le coordinate dei punti impropri ed imponendo la condizione di ortogonalit tra le direzioni
da essi individuate, che le iperboli equilatere sono caratterizzate da una semplice
condizione algebrica su qualunque matrice ad esse associata:
Proposizione 12.13. Sia C una iperbole di E2 avente, rispetto al riferimento
cartesiano R, matrice associata A E S3 (JR) . L'iperbole C equilatera se e soltanto se
=s (Ao1, Ao2),
Aoo Aoo
au
C2 =n ( - 125 ' -
3xf - 3x~
{ Xo = Q
+ 8x1x2
=O
per cui i punti impropri di C1 sono P00 =n [O , -3, 1] e Q 00 =n [O , 1, 3]. Poich il centro
C di C1 coincide con l'origine del riferimento 'R, gli asintoti sono le due rette CP00 , di
equazione x + 3y =O, e CQ 00 , di equazione 3x-y =O. Si verifichi che esse coincidono
con le polari 7r p e 7rQ rispettivamente.
Si noti inoltre che i due asintoti di C1 risultano tra loro ortogonali : la equazione della
iperbole C1 verifica infatti la condizione della Proposizione 12.13, che caratterizza le
iperboli equilatere.
00
00
~) .
Nel caso della parabola C3 considerata nell'Esempio 12.1, il centro risulta aver~ co~rdinate
omogenee c3 =n [O , 2, -1], cio il punto improprio individuato dalla d1rez1one del
vettore
V
+ a22 =O.
Esempio 12.5. Nel caso della iperbole C1 considerata nell'Esempio 12.1, il supporto
improprio ha equazione
Le coniche aventi centro proprio (cio le iperboli e le ellissi) sono usualmente dette
coniche a centro.
Esempio 12.4. Nel caso dell'iperbole C1 considerata nell'Esempio 12.1.' il ~entro ~isul
ta avere coordinate omogenee C 1 =n [-25 , O, O], cio il punto proprio d1 coordinate
cartesiane
C1 =n (O, O) (origine del riferimento 'R)
Nel caso dell'ellisse C2 considerata nell'Esempio 12.1, il centro risulta avere coordinate
omogenee C2 =n [2, -15, -5], cio il punto proprio di coordinate cartesiane
235
=s (2, -1) .
Definizione 12.14. Sia C una conica non degenere di E 2. Si dice asse di C ogni
diametro 7rp di C che sia ort ogonale alla direzione individuata dal suo polo P00
Si dice vertice di C ogni punto di intersezione del supporto proprio Ip(C) con un asse
di C.
00
Si noti che gli assi di C, essendo particolari diametri, contengono sempre il centro di
C.
t Definizione 12.12. Sia C.una conica non degenere di [ 2 . Si dice asintoto di C ogni
retta propria tangente a
La seguente proposizione fornisce il metodo operativo per trovare gli assi (e quindi i
vertici) di una conica.
, 236
avente, rispetto al
il minore compledei punti impropri
ad autovalori non
(+)
Moo
(~)
>. (~)
Si noti che, poich Moo E S2(1R.), essa ammette sempre due autovalori, eventualmente
coincidenti, con somma delle molteplicit geometriche uguale a due (Teorema 7.14).
Dimostrazione. In base alla Definizione 12.10, la retta polare di un generico punto
improprio Poo =n [O, l, m] del piano euclideo E2 ha, relativamente ad R, equazione
(ao1l + ao2m) xo + (aul + a12m) x1 +(ad+ a22m) x2
237
00
00
o
Dalla Legge di reciprocit segue facilmente che la retta tangente ad una conica C in un
suo vertice V ortogonale all'asse contenente V: infatti, detto 7rp l'asse contenente
V, la Legge di reciprocit (Proposizione 12.11) assicura che P00 E 7rv, e quindi che la
polare di V (ovvero la tangente in V a C) ha la direzione ortogonale all'asse (che
individuata, per definizione di asse, dal suo polo P 00 ).
Come conseguenza delle Proposizioni 12.10 e 12.14, si ottiene poi il seguente risultato,
relativo alla esistenza di assi per i vari tipi di coniche non degeneri.
00
Esempio 12.6. Nel caso della iperbole C1 considerata nell'Esempio 12.1, gli autovalori
della matrice M 00 sono >. 1 = 5 e >. 2 = -5, che si ottengono risolvendo la equazione
caratteristica
det ( t
= t
2
-
25
= O.
owero
gli autovettori relativi all'autovalore >. 2 sono invece i vettori (l, m) tali che
(~) '
2l + m =O.
owero
-=} t ~43 )
2x + y
=0
7rp200
X -
2y
P2 00
=n [O, 1, -2];
= 0.
Esempio 12. 7. Nel caso della ellisse C2 considerata nell'Esempio 12.1, gli autovalori
della matrice M 00 sono >.1 = 2 + J2 e >. 2 = 2 - J2, che si ottengono risolvendo la
equazione caratteristica
det
(t ~
1 )
t-3
t 2 - 4t
+ 2 = o.
L'unica conica non vuota che ammette pi di due assi la circonferenza, per la quale tutti i
dia metri risultano essere assi: si veda anche la successiva Proposizione 12.19.
owero
(J2+1)l+m =O;
12.
238
>. 2
(-h+l)l+m =O.
I poli degli assi di C2 sono dunque i punti impropri P 100 =n [O, 1 - J2, 1] e P 200 =n
[O, 1+J2,1]; gli assi di C2 sono allora le rette 7rp1 00 e 7rp2 00 di equazione:
7rP1 00
-V2x+(2+V2)y+5-5J2 =O
7rp200
V2x+(2-J2)y+5+5V2 =O.
Esempio 12.8. Nel caso della parabola C3 considerata nell'Esempio 12.1, l'unico autovalore non nullo della matrice M 00 >. = 5, essendo
det (t _=-21
t -=_24) = t2 - 5t.
ovvero
2l - m =O.
5x+l0y-2 = 0.
Si noti che, in alternativa, la direzione del punto improprio P00 pu essere determinata
come la .direzione ortogonale al centro (improprio) C3 = n [0 ,2,-1] della parabola C3 :
infatti, l'asse di C3 , essendo un particolare diametro, risulta necessariamente parallelo alla
direzione individuata dal centro.
(ii) Se C una parabola, sia R il riferimento cartesiano avente origine (J coincidente con il vertice V di C, ass e Y coincidente con l'asse di C ed asse
X coincidente con la tangente in V a C. Allora, la matrice associata a C
rispetto ad R risulta di tipo "anti-diagonale" .
Dimostrazione. Sia A= (aij) E S3(!R.) il discriminante di e rispetto ad R .
(i) Se C una conica a centro, l'asse X (avente equazione x 2 = O rispetto ad R)
un asse della conica e quindi deve coincidere con la retta polare della sua direzione
ortogonale P~ =n [O, O, 1] (avente equazione iio2Xo + a 12x 1 + a 22 x 2 = O rispetto
ad R); pertanto si ha ao2 = a 12 = O. Analogamente, l'asse Y (avente equazione
x 1 =O rispetto ad R) deve coincidere con la retta polare della sua direzione ortogonale
P~ =n [O, 1, O] (avente equazione ao1Xo + aux1 + ii12x2 =O rispetto ad R) ; pertanto
si ha ao 1 = a 12 =O. Dunque la matrice A di tipo diagonale.
(ii) Se e una parabola, l'asse X (avente equazione X2 =o rispetto ad R) deve coincidere con la polare del vertice V =n [1 , O, O] (avente equazione a00 x 0 +a01 x 1 +a 02 x 2 =
O rispetto ad R); pertanto si ha iioo = ao 1 = O. L'asse Y (avente equazione x 1 = O
rispetto ad R) coincide con l'unico asse della parabola, cio con la retta polare della
sua direzione ortogonale P~ =n [O, 1, O] (avente equazione ao 1 x 0 + a 11 x 1 + a 12 x 2 =
O rispetto ad R); si ha quindi ao 1 = a 12 = O. Infine, poich il centro C00 =n
[Aoo , Ao1, Ao2] della parabola il punto improprio dell'asse X (avente coordinat e
omogenee [0,0,l] rispetto ad R), si ha Aoo = au a22 = O, con Ao2 = -a 11 a 02 I= O,
da cui segue ii22 =O.
o
La proposizione seguente fornisce il metodo operativo per ottenere, a partire da una
qualunque matrice associata alla conica non degenere C, una matrice di tipo diagonale
o "anti-diagonale" associata a e.
e rispetto
239
e sia A un suo
(i) Se C una conica a centro, allora una matrice di tipo diagonale associata a
i, 2 E
Moo di A ed
D'
(~d'
~)
dove E JR. l'unico autovalore non nullo del minore M 00 di A ed' E IR.-{O}
si ricava imponendo det D' = det A.
Dimostrazione. In virt della Proposizione 12.7, il discriminante A di C rispetto al
riferimento R individuato nella Proposizione 12.16 (di tipo diagonale nel caso (i) , di
240
Si noti che, nel caso della ellisse, il segno di d coincide con il segno di det A (infatti, per
la Proposizione 12.17(i), si ha det A= d >.1 >.2 = d Aoo); quindi, una conica C una
ellisse (risp. una ellisse vuota) se e soltanto se, in qualunque matrice A associata a
C, il minore M 00 ammette due autovalori, entrambi di segno discorde (risp . concorde}
con det A.
In realt, esiste un criterio alternativo per riconoscere le coniche a supporto vuoto,
anche senza determinare gli autovalori del minore Moo :
o
d
ei
con
e~)
ed E
e2
2
d
( ei
Moo = t E Moo E,
1
Essendo t E = E- , ne consegue che M00 e M 00 sono simili, ovvero che Moo contiene,
sulla sua diagonale principale, esattamente gli autovalori di M 00 .
D
Nel caso della parabola, l'equazione indotta dalla matrice "antidiagonale" D' risulta
2
>.X + 2d'Y =O. Pertanto, moltiplicando per (-2d')- 1 e cambiando eventualmente
orientazione all'asse Y del riferimento ft, la equazione di C rispetto ad R assume la
forma della equazione (3) del 4 del Capitolo 10 (equazione canonica della parabola,
intesa come particolare luogo geometrico del piano):
Y
= ~x2
2p
'
p = /-
dove
~ I
~
-d
. x2
241
+ ~ . y2 = l.
Proposizione 12.18. Una conica C di [ 2 ha supporto vuoto se e solo se, in qualunque matrice A associata a C, si ha Aoo > O e a22 det A > O (o, equivalentemente,
an det A> O}.
Dimostrazione. 5 sufficiente provare che le condizioni scritte sono equivalenti a
richiedere che >. 1 , >. 2 (autovalori del minore M 00 ) siano entrambi di segno concorde
con det A. In effetti, essendo >.1 2 = det Moo = Aoo, 1 e 2 sono concordi se e solo
se >. 1 >. 2 = Aoo >O (cio C un'ellisse) e, in tal caso, da Aoo = an a22 - (a12) 2 > O
segue che anche an e a22 sono concordi. Da au + 1122 = 1 + 2 (uguaglianza delle
tracce di due matrici simili: si veda la Proposizione 7.9), si deduce perci che, nl
caso in cui C sia una ellisse, au, a22, 1 e 2 sono tutti concordi. La tesi risulta cos
provata.
D
Moo = ( ~
-d
~) ,
con
Allora:
y2
-l? =
1;
se >. 1 e >. 2 sono entrambi di segno concorde (risp. discorde) con -d , allora
la conica una ellisse (essendo >. 1 2 = Aoo > O) e l'equazione assume
la forma della equazione (1) (risp. (1')) del 4 del Capitolo 10 (equazione
canonica della ellisse (risp. della ellisse vuota), intesa come particolare luogo
geometrico del piano):
x2
y2
+ b2=1
x2
Esempio 12.9. In base alla Proposizione 12.17 (caso {i)), una matrice di tipo diagonale
associata alla iperbole C1 considerata nell'Esempio 12.1
(risp. ~
y2
+ b2
= -1),
~ (~ ~5
n,
+ 5Y 2 + 2 =
x2
O,
owero
- 25
y2
-
= l.
5Si noti che, in alternativa alla dimostrazione diretta qui presentata, la Proposizione 12.18 pu
essere dedotta immediatamente dal Criterio di Sylvester (Teorema B.9, con relativa nota), nel caso
particolare n = 3.
242
~sempio 12.10. In base alla Proposizione 12.17 (caso (ii)), una matrice di tipo antidragonale associata alla parabola C3 considerata nell'Esempio 12.1
D'
con det D' = -5d'
canonica di C3
det A
- )s.
owero
svs
x2
2
.
Proposizione 12.20. Sia C una conica non degenere di E 2 . Allora ogni asse di C
asse di simmetria6 per il supporto proprio Ip(C) .
'
Inoltre:
eviden~e poi che, per quanto gi visto nel 4 del Capitolo 10, le equazioni canoniche
delle comche non degeneri permettono di ricavare facilmente le coordinate dei fuochi
e, ~e! caso della parabola, la equazione della direttrice o.
Proposizione 12.21. Sia C una conica non degenere di E 2 e sia
cartesiano in cui C assume equazione canonica. Allora:
=n (O,~),
o:
il riferimento
Il procedimento si svolge nei seguenti passi, a partire dalla equazione della conica non
degenere C rispetto al riferimento cartesiano R:
1) Se C una conica a centro (risp. una parabola), si determinino, rispetto
ad R , le coordinate del centro C (risp. del vertice V) e l'equazione dell'asse
focale (risp. dell'asse) f di C;
2) si det ermini l'equazione canonica di C e si calcoli la distanza c = d(C, F 2 )
(risp. ~ = d(V, F));
3) si scriva, rispetto ad R , l'equazione della circonferenza di centro C (risp.
V) e raggio c (risp. ~), e si determinino le sue intersezioni H 1 ed H2 c;on
l'asse f.
A questo punto:
Si noti infine che, nel caso delle iperboli equilatere, esiste una ulteriore scelta del
sistema di riferimento, che porta ad una equazione di forma particolarmente semplice:
Proposizione 12. 22. Sia C una iperbole equilatera di [ 2 . Se R = (O, B) il riferimento cartesiano avente origine nel centro di C ed avente assi coordinati co0cidenti
con gli asintoti (tra loro ortogonali) di C, allora la equazione di C rispetto ad R risulta
del tipo
con
k E JR - {O}.
D
con a 2: b,
)
Ci signi~ca .eh~ p er o?ni asse r di C e per ogni punto P E I p(C) , a nche P' E Ip(C) , ove
P = sr(P) md1ca 1! s1mmetnco di P rispetto a lla retta r (Definizione 9.21).
,
Poich le distanze tra i punti notevoli del supporto di una conica (non vuota) non
dipendono dal riferimento cartesiano scelto, possibile risalire, attraverso la Proposizione 12.21, alle coordinate dei fuochi (e, nel caso della parabola, alla equazione
della direttrice) rispetto a qualunque sistema di riferimento.
XY = k,
Y= _!!_.
2'
,
.
x2
y2
se C e una ellisse (reale) di equazione canonica - + - = 1
~ ~
x2
y2
se C una iperbole di equazione canonica 7}2 - b2 = 1, si ha:
o o
se
243
d'o) )
2
2
5X --Y=O
v'5
(~d'
244
12.
245
4. FASCI DI CONICHE
4. Fasci di coniche
+ Definizione 12.15 .
C1 :
a~1 xiXj = O
C2 :
a~jxiXj = O
i,j=O
i,j=O
i,J=O
o,
con (>. , ) E JR
JR - {O, O}.
Figura 12.2
i,J=O
Si noti che il fascio F(C1,C2) contiene infinite coniche (al variare degli scalari e),
ma che coppie (, ) proporzionali individuano la stessa conica. Ad esempio, ogni
coppia (O,) (con E JR - {O}) individua la conica C2 E F(C1, C2). Inoltre, se C3 e C4
sono due coniche distinte del fascio F(C1,C2), si ha che F(C3,C4) = F(C1 ,C2).
Proposizione 12.23. Sia F(C1,C2) un fascio di coniche del piano euclideo E2 .
Per ogni punto P ~ I(C1) nI(C2), esiste una ed una sola conica CE F(C1 ,C2), tale
che P E I(C).
Dimostrazione. sufficiente osservare che, sostituendo le coordinate cartesiane omogenee di P nella equazione omogenea del fascio, i coefficienti dei parametri e
non possono essere contemporaneament e nulli (perch P ~ I(C1) n I(C2)); quindi, i
parametri e devono verificare una equazione lineare omogenea di rango uno, le cui
soluzioni (che sono 00 1 , tutte multiple di una qualunque fissata) individuano tutte la
medesima conica.
A=n[l,1,0],
B=n[l,0,1],
C=n[l,-1,0],
in cui fissato
D=n[l,0,-1].
Una volta verificato che tali punti sono a tre a tre non allineati, si considerino la conica
(degenere) C1 di equazione omogenea
allora F1
= F(C1,C2)
(Figura 12.2).
ACUBD,
ADUBC,
Fasci del 11 tipo. L 'insieme delle coniche passanti per tre punti distinti A, B, C,
non allineati, di E2 ed aventi quale tangente in A una fis sata retta r, un fa scio di
coniche F 2 di t: 2 .
Inoltre, se C1 (risp. C2) la conica degenere il cui supporto costituito da AB U AC
(risp. r U BC), allora F2 = F(C1 , C2) (Figura 12.3) .
246
247
r
Figura 12.4
Figura 12.3
Esempio 12.13. Nel completamento proiettivo del piano euclideo & 2
un riferimento cartesiano R - siano dati, ad esempio, i punti
Esempio 12.12. Nel completamento proiettivo del piano euclideo [
un riferimento cartesiano R - siano dati, ad esempio, i punti
2 -
A =n [1, 1, O],
in cui fissato
B =n [1, O, 1],
in cui fissato
B =n [1,0,1]
e le rette
r : Xo - X1
A =n [1, 1, O],
= o,
s : Xo - X2
= o.
C =n [1, - 1, O]
e la retta r : xo - x 1 = O.
Una volta verificato che A, B, C non sono allineati e che A E r, si considerino la conica
{degenere) C1 di equazione omogenea
( -Xo + X1 + X2)
0,
F3 : >.(xo - x1)(xo -
o.
= O,
= O.
Inoltre , se C1 (risp. C2) la conica degenere il cui supporto costituito dalla retta
AB, "contata due volte" (risp. dar U s), allora F 3 = F(C 1 , C2 ) (Figura 12.4) .
(*)
2
2
2
aux +a22y +a33 z + 2a12xy+2a13xz+2a23yz +2ao1 x+ 2ao2Y+2ao3z+aoo
=O,
248
Inoltre, diremo che due equazioni a 11 x 2 + a22Y 2 + a33Z 2 + 2a12XY + 2a13XZ + 2a23yz+
+2a01x+2ao2y+2a0 3z+a00 =O e a~ 1 x 2 +a~ 2 y 2 +a; 3 z 2 +2a~ 2 xy+2a~ 3 xz+2a~ 3 yz+
+2a~ 1 x + 2a~ 2 y + 2a~ 3 z + a~ 0 = O rappresentano, rispetto ad R, la stessa quadrica
di [ 3 se e soltanto se esiste >. E JR. - {O} tale che a~i = >. aii Vi, j E {O, 1, 2, 3}.
249
"")
C"
E S4(JR.)
Si noti che, in base alla Definizione 12.16, ogni quadrica Q di [ 3 rappresentata rispetto ad R - da infinite equazioni algebriche di secondo grado, tutte proporzionali
tra di loro; usualmente, si dice che l'equazione di Q rispetto ad R definita a meno
di un coefficiente di proporzionalit (non nullo) .
Le quadriche sono dunque il corrispondente tridimensionale delle coniche del piano
euclideo [ 2 . Pertanto, possono essere estese alle quadriche molte delle definizioni date
per le coniche nel 2.
(*)
(1
(**)
(xo
Si noti che, come per le coniche, l'immagine Ip(Q) non in generale sufficiente ad
individuare la quadrica Q.
Se si suppone di ampliare proiettivamente lo spazio euclideo E3 , denotando con
[xo, x 1, x 2, x 3] una quaterna di coordinate cartesiane omogenee dei suoi punti (propri
ed impropri) rispetto al riferimento cartesiano R, allora la equazione (*) origina, in
coordinate omogenee, la equazione omogenea della quadrica Q, che si pu scrivere
sinteticamente come:
aijXiXj
0.
i,j=O
X1
z)
X2
A ~o
x,)
t(u) A (u)
(o, pi sinteticamente,
A(~1) ~O
(o, pi sinteticamente,
t(x)A-(x)
O);
o) .
2.::::
z'
e~
b3
con
E =
o o
A= tEA' E,
d
d
e~
e~
e~
e~
e~)
e~
e~
Dimostrazione. Si procede in modo perfettamente analogo a quanto fatto per dimostrare la Proposizione 12. 7
D
= Ip(Q) Uioo(Q).
~
7Si noti che anche la matrice associata a Q, come l'equazione e l'equazione omogenea, risulta
definita a meno di un coefficiente di proporzionalit. non nullo.
250
.,. Osservazione 12.13. Anche per le quadriche, come per le coniche, possono essere
fatte le considerazioni riportate nella Osservazione 12.8, semplicemente sostituendo
~ 3 con ~4 . Pertanto, l'ambiente pi opportuno per definire le quadriche appare essere
l'ampliamento proiettivo dello spazio euclideo e, in tale contesto, una quadrica risulta
individuata da una classe di proporzionalit di forme quadratiche.
Dalla Proposizione 12.24 si deduce la seguente proposizione, la cui dimostrazione
perfettamente analoga a quella della Proposizione 12.8.
Proposizione 12.25. Tutti i discriminanti di una stessa quadrica Q hanno lo
stesso rango.
(a'x1
(a"x1
=O
251
(#)
Poich r non contenuta in Q, 1'equazione ( #) non pu essere identicamente soddisfatta (cio i coefficienti ao 0 , a 01 , a 11 non possono essere tutti nulli): dunque, supponendo
di ricavare una incognita in funzione dell'altra, l'equazione (#) ammette due, una o
= (ao 1) 2 - aoo a 11 sia rispettivamente positivo,
zero soluzioni reali a seconda che
nullo o negativo. Un analogo ragionamento prova l'enunciato nel caso in cui r sia una
retta impropria, scegliendo il riferimento cartesiano R in modo che r sia rappresentata
dalle equazioni omogenee xo = O e X3 = O.
-i
+Definizione 12.21.
.252
(**)
253
(~~)
p(
~).
oon p
+Definizione 12.22.
7r
un piano di & 3 . Si
dice che:
(a)
(b)
(c)
7r
7r
7r
Per l'Osservazione 12.17, l'applicazione 7r che a P associa 7rp una biiezione tra i
punti del completamento proiettivo P 3 dello spazio euclideo e i suoi piani. In altri
termini, per ogni piano 7r (proprio o improprio) di &3 , esiste uno ed un solo punto P
(proprio od improprio), il cui piano polare sia 7r. Tale punto detto polo di 7r.
Si osservi che P E 7rp se e solo se P E I(Q).
Esempio 12.14. Consideriamo, nello spazio euclideo &3 , dotato di un riferimento
cartesiano n, la quadrica avente equazione:
Q1 :
Un discriminante di Q1 , rispetto ad
n,
o o
1 o
o -8
o 4
~);
-2
(xo
costituisce un'equazione lineare omogenea in cui i coefficienti delle incognite x 0 , x 1 , x 2 ,
X3 non sono tutti nulli e rappresenta quindi un piano di &3 . Inoltre, il generico piano
di equazione ax 1 + bx 2 + cx 3 + dx 0 = O coincide con il piano di .equazione (%) se e
x 2 - 8y 2 + 8yz - 2z 2 + 2z = O
o o
1 o
o -8
o 4
JJ m~o,
cio
Se 7r il piano avente, rispetto ad n, equazione omogenea X3 = O, le coordinate omogenee del suo polo P', rispetto alla quadrica Q 1 , possono essere ottenute mediante il
254
1 O
y3
-2
y3
e scegliendo, come valore non nullo di p, p = 1, si ottiene come soluzione del sistema
lineare normale (usando ad esempio le formule di Leibniz-Cramer) :
Yo
= 1,
Y1
= O,
Y2
= O,
Y3
= O.
(Q
E 7rp
[y0 , y 1 , y 2 , y 3 ]
e Q =n
e
(P E
7rQ
+ z)-
A (>.y
+ z) =
+ Definizione 12.24.
Proposizione 12.27. Sia Q una quadrica non degenere dello spazio euclideo, e
siano P, Q due punti di [ 3 . Si ha che:
Q E 7rp se e solo se P E 7rQ (Legge di reciprocit)
Se P un punto del supporto I(Q), allora il piano polare 7rp di P rispetto
a Q costituito da tutti e soli i punti P' di t: 3 tali che la retta per P e P'
tangente a Q in P.
Dimostrazione. Se P =n
255
~Osservazione
Ai .
O,
che equivale a
Q di tipo iperbolico. Da ci si ricava che I(Q) n7rp = {P}, mentre I(Q) n7rQ = rUs,
essendo r ed s due rette distinte, aventi Q quale intersezione.
Poich Q <f. 7rp, ne consegue che (rus)n7rp = (rn7fp )U(sn7rp) costituito da almeno
due punti. Pertanto I( Q) n 7r p non pu ridursi al solo punto P, contro l'ipotesi che
P sia di tipo ellittico.
Come conseguenza del Lemma 12.28, le quadriche reali risultano suddivise in iperboliche o doppiamente rigate (in cui ogni punto iperbolico) ed in ellittiche o non
rigate (in cui ogni punto ellittico).
Proveremo in seguito (Proposizione 12.36) che il segno del determinante di qualunque
matrice associata alla quadrica Q permette di distinguere direttamente a quale di
queste due classi appartenga Q.
Una diversa classificazione delle quadriche non degeneri di t: 3 si effettua - come per
le coniche - in base al loro comportamento rispetto al piano improprio 7r 00 di E3 .
+ Definizione 12.25.
256
12.
(c) iperboloide se 7r00 secante Q, ovvero se la conica impropria Q00 una conica
non degenere e non vuota (del piano improprio). 8
La seguente proposizione fornisce le condizioni algebriche su A 00 (il complemento
algebrico dell'elemento a 00 nella matrice A) per distinguere paraboloidi, ellissoidi ed
iperboloidi.
257
> O,
a33
i=
:~:)
I~
;1
1
-2
-2
1
o o
1
4
16
o o
poich det A 4 = O, la quadrica Q 4 una quadrica degenere (o specializzata) .
+Definizione 12.26.
Esempio 12.15. Consideriamo, nel lo spazio euclideo E3 , dotato di un riferimento
cartesiano R , le quadriche aventi le seguenti equazioni:
2
Q : x - 8y 2 + 8yz - 2z 2 + 2z = O
+ 2y 2 + 2yz + 2z 2 - 6y - 6z + 1 =O
2
2
2
x + y + z - 4xy + 6z + 1 = O
2
2
x + 16y + 4z 2 + 8xy + 4z + 2 =O
Q2 : x
Q3 :
Q4
o
o
-8
4
4
-2
A2
Dimostrazione. Si procede in modo perfettamente analogo a quanto fatto per dimostrare la Proposizione 12.12.
-3
-3
-3
o
o
2
1
e
o
Proposizione 12.30. Sia Q una quadrica non degen ere di E3 avente, rispetto al
riferimento cartesiano R , matrice associata A E S4(JR). Il centro di Q il punto C
avente come quaterna di coordinate omogenee la quaterna dei complementi algebrici
della prima riga di A:
o,
~l
1
2
'
Si noti che i paraboloidi e gli iperboloidi sono sempre quadriche reali, e si suddividono nelle
due sottoclassi "ellittici" ed "iperbolici", mentre gli ellissoidi possono essere reali (se I( Q) f 0) o
immaginari (se I(Q) = 0).
258
C =n
(Ao1,
Ao2, Ao3 ) .
Aoo Aoo Aoo
Esempio 12.16. Nel caso del paraboloide Q1 considerato nell'Esempio 12.15, il centro
risulta avere coordinate omogenee C 1 =n [O , O, 4, 8], cio il punto improprio individuato
dalla direzione del vettore
V
=1dO, 1, 2) .
Nel caso dell'ellissoide Q2 considerato nell'Esempio 12.15, il centro risulta avere coordinate
omogenee C 2 =n [3 , O, 3, 3], cio il punto proprio di coordinate cartesiane
C2 = n (O, 1, 1).
Nel caso dell'iperboloide Q3 considerato nell'Esempio 12.15, il centro risulta avere coordinate omogenee C 3 = n [-3, O, O, 9], cio il punto proprio di coordinate cartesiane
C3 =n (O, O, -3).
+Definizione 12.27. Sia Q una quadrica non degenere di [ 3 . Si dice piano principale
di Q ogni piano diametrale 7r p 00 di Q che sia ortogonale alla direzione individuata dal
suo polo P00 .
Si dice asse di Q ogni retta di [ 3 che sia intersezione di due piani principali di Q.9
Si dice vertice di Q ogni punto di intersezione del supporto proprio Ip ( Q) con un asse
di Q.
Si noti che i piani principali di Q, essendo particolari piani diametrali, contengono
sempre il centro di Q; di conseguenza, anche gli assi di Q contengono il centro di Q.
La seguent e proposizione fornisce il metodo operativo per trovare i piani principali (e
quindi gli assi e i vertici) di una quadrica.
Proposizione 12.31. Sia Q una quadrica non degenere di [ 3 avente, rispetto
al riferimento cartesiano R , matrice associata A E S 4 (!R) ; sia Mao il minore complementare dell 'elemento a00 in A. I piani principali di Q sono i piani polari dei
punti impropri di [ 3 individuati dalle direzioni degli autovettori di M 0 o, relativi ad
autovalori non nulli.
9Poich due piani principali 7rp
e 7rp2 00 non possono essere paralleli (dovendo essere rispet1 00
tivamente ortogonali a i due p unt i impropri distinti P1 00 e P2 00 ), gli assi di una quadrica sono rette
proprie di E 3 .
259
Dimostrazione. Si procede in modo perfettamente analogo a quanto fatto per dimostrare la Proposizione 12.14.
o
Si noti che, poich Mao E S3(!R), essa ammette sempre t re autovalori, eventualmente
coincidenti, con somma delle molteplicit geometriche uguale a tre (Teorema 7.14).
Inoltre, dalla Legge di reciprocit segue facilmente che il piano tangente ad una
quadrica Q in un suo vertice V ortogonale all'asse contenente V: infatti, detto
r = 7rp1 00 n 7rp2 00 l'asse contenente V (con 7rp1 00 e 7r p 200 piani principali per Q) , la
Legge di reciprocit assicura che P 100 , P2 00 E nv , e quindi che il piano polare di V
(ovvero il piano tangente in V a Q) contiene nella sua giacitura le direzioni dei punti
impropri P 100 e P2 00 (che, per definizione di piano principale, sono ortogonali alla
direzione dell'asse).
Come conseguenza delle Proposizioni 12.29 e 12.31, si ottiene poi il seguente risultato,
relativo alla esistenza di piani principali e di assi per i vari tipi di quadriche non
degeneri.
Proposizione 12.32. Sia Q una quadrica non degenere di [ 3 .
Se Q una quadrica a centro, esistono sempre almeno tre assi (risp. tre
piani principali} di Q, a due a due ortogonali, che si intersecano nel centro
di Q;
se Q un paraboloide, esso ammette almeno due piani principali tra loro
ortogonali, un solo asse ed un solo vertice.
Nel caso che Q sia una quadrica a centro, la matrice M 00 non pu ammett ere
l'autovalore nullo (essendo det Mao i- O) .
Se Mao ha una terna di autovalori distinti (non nulli), allora esistono esattamente tre
punti impropri P100, P200 e ?300 i cui piani polari 7r p 100 , 7r p 200 e 7r p 300 sono gli unici
piani principali di Q. Inoltre, scelta arbitariamente una coppia di tali punti impropri,
ad esempio P1 00 e P2 00 , l'intersezione dei rispettivi piani polari 7r p 1 00 e 7r p 2 00 un
asse a di Q : il piano polare del suo punto improprio A 00 , per la Legge di reciprocit,
contiene P1 00 e P2 00 (aventi ciascuno direzione ortogonale ad A 00 ) e quindi, essendo
un piano proprio ortogonale alla direzione del suo polo, coincide con il terzo piano
principale 7r p 3 00 Ci prova che i tre piani principali sono a due a due ortogonali e che
la quadrica Q ha esattamente tre assi, a due a due ortogonali.
Supponiamo invece che Mao abbia due autovalori distinti 1 e 2 , con 1 di molteplicit due. Se P 100 e P2 00 sono i punti impropri individuati da una coppia di autovettori
indipendenti relativi a i, e 7rp100 e 7rp200 sono i loro piani polari (principali), allora
ogni altro autovettore relativo a 1 determina un piano polare (principale) appartenente al fascio di piani di asse a= 7rp1 00 nnp200 (Definizione 11.4 e Proposizione 11.7) .
Inoltre, il piano polare del suo punto improprio A 00 , per la Legge di reciprocit, contiene P 100 e P2 00 e quindi, essendo un piano proprio ortogonale alla direzione del suo
polo, coincide con l'unico piano principale 7rp300 individuato dagli autovettori (tra
260
Esempio 12.17. Nel caso del paraboloide Q1 considerato nell'Esempio 12.15, gli
autovalori non nulli della matrice Moo sono 5.1 = -10 e 5.2 = 1, essendo
t-1
det (
Gli autovettori relativi a
(T
5.1 =
~4)
t+8
-4 t+2
o
-2
-4
5. 2 = 1 sono
m=O
{ n=O.
owero
I poli dei piani principali di Q1 sono dunque i punti impropri P1 00 =n [O, O, -2, 1] e
=n [O, 1, O, O]; i piani principali di Q1 sono allora i piani 7fp100 e 1fp200 di equazione:
P 200
7f P 100
20y - lOz + 1 = 0
1fp200
20y - lOz
X= 0,
X=
= 7fp
100
0.
n 7fp200
di equazione
+1= O
V =n
Esempio 12.18. Nel caso dell'ellissoide Q2 considerato nell'Esempio 12.15, gli autovalori
della matrice M 00 sono .X 1 = 3 e .X 2 = .X3 = 1, che si ottengono risolvendo la equazione
caratteristica
t-1
o
det (
~1 )
t-2
-1
= (t - 3)(t - 1) 2 =
o.
t-2
o
owero
-1
10In questo caso particolare (se il supporto di Q non vuoto) la quadrica Q risulta essere una
sfera: si veda anche la successiva Proposizione 12.39.
11
Si dice rotazione attorno ad una retta r, detta asse di rotazione (risp. attorno ad un punto C,
detto centro di rotazione), una isometria diretta dello spazio euclideo E 3 che lascia fissi tutti e soli i
punti dir (risp. che lascia fisso il solo punto C). Tali isometrie costituiscono l'analogo in dimensione
tre della rotazione attorno ad un punto del piano euclideo E 2 (Esempio 9.15).
l =o
{ m+2n =O;
owero
o
..,. Osservazione 12.20. Dalla dimostrazione della Proposizione 12.32 segue che una
quadrica a centro (risp. un paraboloide) Q ammette pi di tre (risp. pi di due)
piani principali se e soltanto se, in ogni matrice A associata a Q, il minore Moo ha
261
l =o
{ m-n =O;
o
-1
-1
ovvero
m+n =O.
262
Sono dunque poli di piani principali di Q2 il punto improprio P 100 =-n [O, O, 1, l] e tutti i
punti impropri del tipo P00 =-n [O , l, m, -m], al variare di l, m E JR, con (l, m) =I= (O, O) ;
sono quindi piani principali di Q 2 il piano 7fp100 di equazione:
7fP100 :
e tutti i piani
7fp00
r. {xy-z=O
=O
Esempio 12.19. Nel caso dell'iperboloide Q 3 considerato nell'Esempio 12.15, gli autovalori della matrice Moo sono >. 1 = 1, >. 2 = 3 e >. 3 = - 1, che si ottengono risolvendo la
equazione caratteristica
t-1
det (
2
t- 1
) = (t - l)(t + l)(t - 3) = o.
t-1
l =o
{ m=O;
l +m =O
{ n=O;
ovvero
l -m =O
{ n =O.
I poli dei piani principali di Q3 sono dunque i punti impropri P 100 =-n [O, O, O, 1], P200 =-n
[O, 1, - 1, O] e P300 =-n [O, 1, 1, O]; i piani principali di Q3 sono allora i piani 7fp100 , 7fp200
e 7fp300 di equazione:
Z
+3= O
7f P200 :
X -
=Q
{ z+3=0
x-y=O
7fp100
s: {z+ 3 =O
x+y=O
7f P 300 :
n 7fp200 ,
t:
X+ y = 0.
s
= 7fp100 n 7fp300
{ ::
~.
R.
gli autovettori relativi all'autovalore >. 3 sono infine i vettori (l , m, n) tali che
1fp, 00
Le propriet del centro, degli assi e dei vertici, ottenute nel paragrafo precedente,
permettono, nei vari tipi di quadriche non degeneri, di potere scegliere sempre un
riferimento cartesiano rispetto al quale l'equazione della quadrica risulta particolarmente semplice. Infatti, la proposizione seguente afferma che, fissato opportunamente
il riferimento, la matrice associata o di tipo diagonale o di tipo "semi-diagonale"
(ovvero , una matrice D' = (d~.j ) E 5 4 in cui gli unici elementi non nulli sono d~ 1 , d~ 2
e d~ 3 = d; 0 ) .
263
Nel presente paragrafo, Q denoter sempre una quadrica non degenere dello spazio
euclideo [ 3 , dotato di un fissato riferimento cartesiano R = (O , B) .
y+z-2=0
di equazione:
7f p 00 :
P;,
o
o
A=
ii~3
ii11
o
o
o
o
ii22
264
o
La proposizione seguente fornisce il metodo operativo per ottenere, a partire da
una qualunque matrice associata alla quadrica non degenere Q, una matrice di tipo
diagonale o semi-diagonale associata a Q.
Proposizione 12.34. Sia Q una quadrica non degenere di E3 e sia A un suo
discriminante, rispetto al riferimento cartesiano R.
=
(
x2
d'
x2
a2
o
o
Come conseguenza delle Proposizioni 12.33 e 12.34, si ottengono le cosiddette equazioni canoniche delle quadriche non degeneri di E3 :
Proposizione 12.35. Sia Q una quadrica non degenere di [ 3 e sia A una sua
matrice associata, rispetto al riferimento cartesiano R.
Se Q un paraboloide e det A < O, allora esiste un riferimento cartesiano
su E3 rispetto al quale Q assume equazione
y2
a~ b;
z2
a ~ b;
con a, b, c E JR+,
y2
z2
+ -b2 + 2c = 1
con a, b, c E JR+,
a ~ b ~ c;
y2
z2
-;;} + b2 +-;?
= -1
a~ b ~c.
o
1
x2
y2
-;;} + b2 - -;? =
x2
Dimostrazione. Si procede, in modo perfettamente analogo a quanto fatto per dimostrare la analoga Proposizione 12.17, utilizzando le Proposizioni 12.24 e 12.33 e
l'Osservazione 12.12 (in sostituzione delle Proposizioni 12.7 e 12.16 e dell'Osservazione
12.7).
Z =a2- +b2
-
z2
(a1)
y2
-;;} + b2 - -;? = -1
o o
o o
(~
D' =
y2
= -a2 - -b2
(i) Se Q una quadrica a centro, allora una matrice di tipo diagonale associata
a Q
d
265
con a , b E JR+, a~ b;
Z=~-X2
~.y2_
-2d'
+ -2d'
Ci prova che, scambiando eventualmente tra loro l'asse X e l'asse Y e cambiando
eventualmente orientazione all'asse Z del riferimento R, la equazione di Q rispetto
ad R assume esattamente la forma del caso (a1) se 1, 2 sono concordi (ovvero se
det A< O), e la forma del caso (a2) se >. 1 , 2 sono discordi (ovvero se det A> O).
Nel caso delle quadriche a centro, innanzitutto si osservi (applicando alla matrice
diagonale D associata il criterio contenuto nella Proposizione 12.29) che gli autovalori
i, >. 2 , >. 3 di Moo sono tutti dello stesso segno (risp. sono non tutti dello stesso segno)
se e solo se Q un ellissoide (risp. un iperboloide).
~~2 ~ >.3 ,
la equazione di Q indotta
>.2 >.3 . x2
det A
. y2
. z2
= -1.
266
Ci prova che, scambiando eventualmente tra loro gli assi del riferimento R:
se Q un iperboloide (ovvero se ,\ 1 , ,\ 2 e ,\ 3 non hanno tutti lo stesso segno)
e det A <O, la equazione di Q rispetto ad R assume esattamente la forma
del caso (bi);
se Q un iperboloide (ovvero se .Xi, ,\ 2 e ,\3 non hanno tutti lo stesso segno)
e det A > O, la equazione di Q rispetto ad R assume esattamente la forma
del caso (b2);
se Q un ellissoide (ovvero se .Xi, ,\2 e ,\ 3 hanno tutti lo stesso segno) e
det A < O, la equazione di Q rispetto ad R assume esattamente la forma
del caso (ci);
se Q un ellissoide (ovvero se .Xi, ,\ 2 e ,\3 hanno tutti lo stesso segno) e
det A > O, la equazione di Q rispetto ad S assume esattamente la forma
del caso (c2), che corrisponde chiaramente ad una quadrica a supporto vuoto.
267
Aoo=O
detA<O
o
Le propriet delle equazioni canoniche permettono di provare la seguente
Proposizione 12.36. Sia Q una quadrica non degenere di &3 e sia A un suo
discriminante, relativo al riferimento cartesiano R.
Se det A < O, allora Q una quadrica reale di tipo ellittico;
se det A > O, allora Q o una quadrica immaginaria o una quadrica reale
di tipo iperbolico .
Dimostrazione. Se det A < O, allora Q ha equazione canonica di tipo (ai), (bi) o
(ci) (si veda la Proposizione 12.35). Nel caso (ai), l'intersezione di I(Q) con il piano
Z = - 1 vuota. Nel caso (bi), l'intersezione di I(Q) con il piano Z =O vuota. Nel
caso (ci), l'intersezione di I(Q) con il piano Z = 2c vuota. Pertanto, in tutti e tre
i casi, I(Q) non contiene rette e, di conseguenza, tutti i suoi punti sono ellittici.
Se invece detA >O, allora Q ha equazione canonica di tipo (a 2), (b 2) o (c 2) (si veda
la Proposizione 12.35). Nel caso (c2), come gi rilevato, I(Q) = 0. Nel caso (a 2), il
punto P =n [1, O, O, O] iperbolico, come facile verificare considerando I(Q) n 7rp.
Analogamente, nel caso (b 2), il punto Q =n [O, a, O, e] iperbolico. Il Lemma 12.28
assicura quindi che, in entrambi i casi, tutti i punti i punti di Q sono iperbolici.
o
Quale corollario delle Proposizioni 12.35 e 12.36, si ha il seguente:
paraboloide
ellittico
det A < O
det A < O
paraboloide
iperbolico
ellissoide
reale
ellissoide
immaginario
iperboloide iperboloide
ellittico
iperbolico
Figura 12.5
(Algoritmo di classificazione per le quadriche non degeneri di &3 )
D'
o
-10
=
(:
d'
-10X 2 +Y +
~Z=O,
d')
oo o
o 1 o ,
o o o
owero
Jg.
x2
y2
Z
-.
- 2./5- -4./5
25
-5-
268
269
~z
'
...
- - - - - - -:-' - - - - -'
y
Paraboloide ellittico
Figura 12.6
Iperboloide ellittico
Figura 12.8
~z
'
-------'
'
'
'
'' '
Paraboloide iperbolico
'
-------:-&---y
- - - + - - - - - -).- - - - - - t - - - - ,'
Figura 12.7
D=
(n H).
o o o
con det D
di Q2
= 3d = det
x
+ Y + 3z
2
5=
o,
Figura 12.9
= -5.
x2
Iperboloide iperbolico
owero
z2
-5+ -5+ - =
1.
Q
3
270
Ellissoide reale
Figura 12.10
Per la Proposizione 12.34 (caso (i)), una matrice di tipo diagonale associata a Q3
(~
271
se Q un iperboloide iperbolico, du e assi di Q contengono du e vertici ciascuno, mentre l'altro asse non interseca I (Q);
se Q un ellissoide reale, ogni asse di Q contiene due vertici.
o
uI)
Inoltre, dalle equazioni canoniche delle quadriche non degeneri possibile visualizzare facilmente la eventuale presenza di assi di rotazione (ovvero, di autovalori di
molteplicit maggiore di uno per il minore Moo di qualunque matrice associata):
un paraboloide ellittico risulta di rotazione attorno al suo (unico) asse se e
soltanto se, nella sua equazione canonica, si ha a = b;
un paraboloide iperbolico non pu mai essere di rotazione;
un iperboloide ellittico risulta di rotazione attorno al suo asse contenente i
vertici se e soltanto se, nella sua equazione canonica, si ha a = b;
un iperboloide iperbolico risulta di rotazione attorno al suo asse non contenente vertici se e soltanto se, nella sua equazione canonica, si ha a =
b
'
un ellissoide (reale o immaginario) risulta di rotazione attorno ad un suo
asse se e soltanto se, nella sua equazione canonica, si ha o a = b, o b = c.
Si noti infine che la equazione canonica di un ellissoide reale Q di E3 ha i coefficienti
di X 2 ' di Y 2 e di Z 2 coincidenti (e quindi, il suo supporto costituito da tutti e soli i
punti equidistanti dal centro di Q) se e solo se, in qualunque matrice A associata a Q,
il minore M 00 ammette tre autovalori coincidenti; ci permette di ottenere la seguente
caratterizzazione delle sfere 13 all'interno delle quadriche dello spazio euclideo.
Proposizione 12.39. Una quadrica Q di E3 una sfera se e soltanto se,
qualunque matrice associata A, si ha
det A < O
Moo
~ (H
con
>.
E JR. -
in
una
{O}.
o
Le equazioni canoniche delle quadriche non degeneri e non vuote permettono di ricavare facilmente alcune propriet del supporto che, essendo indipendenti dal riferimento scelto, possono essere formulate in termini generali.
Proposizione 12.38. Sia Q una quadrica non degenere di E3 . Allora, ogni piano
principale di Q piano di simmetria12 per il supporto proprio Ip ( Q).
Inoltre:
se Q una quadrica a centro, il centro C centro di simmetria per il supporto
proprio Ip (Q);
se Q un iperboloide ellittico, un asse di Q contiene due vertici, mentre gli
altri due assi non intersecano I( Q) ;
12Ci significa che p er ogni piano principale 7r di Q e per ogni punto P E Ip(Q) , anche
P ' E Ip(Q), ove P ' = s7r(P) indica il simmetrico d i P rispetto a l piano 7r (Definizione 9.21).
La sfera risulta quindi l'unica quadrica non vuota di rotazione attorno al suo centro.
= {P E
t:
d(P, C) = r}.
+ y2 + z2
= r2.
APPENDICE A
Equazioni algebriche
1. Radici di un polinomio
Sia lK una campo e sia JK[t] l'anello dei polinomi nella indeterminata t, a coefficienti
in lK ( 6 del Capitolo 2).
Teorema A.I. (Algoritmo euclideo della divisione) Dati J(t), g(t) E JK[t],
con g(t) -=I- O, esiste una ed una sola coppia (q(t), r(t)) E JK[t] x JK[t] tale che:
p(t)
p(t)
Posto q(t)
con gr(r(t))
< n.
+ r(t) + (amb;;-itm-n)g(t) =
= g(t)(s(t) + amb;;-itm-n) + r(t) =
g(t) q(t) + r(t),
con gr(r(t)) < n,
g(t) s(t)
come richiesto.
Unicit. Supponiamo
A. EQUAZIONI ALGEBRICHE
274
Con le notazioni del precedente Teorema, i polinomi q(t) ed r(t) sono rispettivamente
detti quoziente e resto della divisione di f(t) per g(t).
Esempio A.1. Il seguente schema :
3t4 - 2t 3
-(3t 4
Il
t2 + t - 3
3t3 + 6t 2 )
t2
3t 2
4t + 3 = (t - 1) 2 (t 2 + 2t + 3) E IR[t]
= antn +
+ a1t + a0
Il
-6t - t - 3
-(- 6t 2 + 6t - 12)
La scrittura
(A.l)
-7t+9
2
+ Definizione A.1. Se f(t) , g(t) E JK[t], con g(t) =/:-O, si dice che f(t) divisibile
per g(t) se il resto della divisione di f(t) per g(t) il polinomio nullo O.
Si dice anche, in tal caso, che f (t) un multiplo di g(t) o che g(t) un divisore di
f (t).
Ad esempio, i polinomi t - 1, (t -1) 2 , t 2 + 2t + 3, (t - l)(t 2 + 2t + 3) E IR[t] sono tutti
divisori del polinomio t 4 - 4t + 3 E IR[t]. Si ha infatti:
-
t4
t4
Ad esempio, il polinomio
t 3 - 7t 2 + t - 3
-(t 3 - t 2 + 2t)
Il
non irriducibile.
Invece, come si prover in seguito (Corollario A.6), t 2 + 2t + 3 E IR[t] un polinomio di
secondo grado irriducibile (su JR).
t+ 2
+t -
275
l. RADICI DI UN POLINOMIO
.,. Osservazione A.1. Ogni polinomio f(t) E JK[t] divisibile per se stesso e per ogni
polinomio di grado zero (cio per ogni elemento non nullo di JK); inoltre, se f(t)
divisibile per g(t) =/:- O, allora, per ogni a E JK* = JK- {O}, f(t) divisibile per a g(t).
Per tale motivo, per ogni a E JK*, i polinomi a, a f (t) E JK[t] sono detti divisori banali
di f (t) .
antn++a1t+ao=O
viene detta equazione algebrica associata a p(t); il grado ed i coefficienti di p(t) sono
anche detti grado e coefficienti dell'equazione algebrica associata.
Si usa anche dire che a E lK una radice di p(t) se e solo se, sostituita alla indeterminata t, "soddisfa" l'equazione (A.l) .
.,. Osservazione A.2. Ogni polinomio di grado O non ammette radici, mentre ogni
elemento di lK radice del polinomio nullo.
Ogni polinomio di primo grado p(t) = a 1t + a0 E JK[t] ammette come unica radice
a = -a! 1 ao. Quest'ultimo risultato, di immediata verifica, una riformulazione
dell'Osservazione 6.6, una volta rilevato che le equazioni algebriche di primo grado
coincidono con le equazioni lineari in un'unica incognita (Definizione 6.1).
Proposizione A.2. (Teorema di Ruffini 1) Un elemento a E lK radice del
polinomio p(t) E JK[t] se e solo se p(t) divisibile per (t - a).
Dimostrazione. Per il Teorema A.l, esiste una ed una sola coppia (q(t), r(t))
JK[t] x
+ r =O q(a) + r = r
1 Paolo Ruffini: matematico e medico italiano (Valentano di Roma, 1765 - Modena, 1822).
A. EQUAZIONI ALGEBRICHE
276
=
D
Si osservi che dal Teorema di Ruffini segue subito che un polinomio irriducibile di
grado n > 1 non ammette radici.
+ Definizione
q(t),
=1
4. 1+3
= 1-
= t4
4+ 3
=o.
D'altra parte, il risultato conseguenza diretta del Teorema di Ruffini, avendosi , come
gi rilevato:
p(t) = (t - 1) 2 (t 2 + 2t + 3).
Poich, posto q(t) = t 2 + 2t + 3 E JR.[t], si ha :
q(l)
(t - a) q(t),
con gr(q(t))
=n-
1.
Poich, per l'ipotesi induttiva, la somma delle molteplicit delle radici di q(t) n - 1,
si ha allora:
<T
= 1+
(n - 1) = n.
D
Si osservi che 1 tenuto conto del Teorema di Ruffini, a radice di molteplicit s di p(t)
se e solo se p (t) divisibile per (t - a) 8 , ma non per (t - 0) 5 + 1.
p(l)
277
con q(a) =f O.
= 1+2+3 = 6 =t o,
tale uguaglianza prova inoltre che 1 radice doppia del polinomio p(t).
..,. Osservazione A.3. Se <T denota la somma delle molteplicit delle radici di un
polinomio p(t) di grado n 2: O, si ha <T ::::; n.
Infatti in caso contrario, per il Teorema di Ruffini, p(t) sarebbe prodotto di almeno
<T > n polinomi di primo grado e quindi avrebbe grado maggiore di n.
+Definizione A.5.
> O, allora
Nel presente paragrafo, riguardante i polinomi a coefficienti nel campo JR. dei numeri
reali o nel campo C dei numeri complessi (Esempi 2.3, 2.3 bis, 2.8), JR. sar sempre
identificato con il sottocampo i= {z =a+ ib E e I b =O} di c.
Si ricordi (Esempio 5.4) che l'applicazione coniugio, che associa ad ogni numero complesso z = a+ ib il suo coniugato z = a - ib, un isomorfismo del campo C in s e si
osservi che JR. (o, pi propriamente, i) il sottocampo di C costituito dagli elementi
z autoconiugati, cio tali che z = z.
..,. Osservazione A.5. Sia p(t) = at 2 + bt + c un polinomio di secondo grado a
coefficienti in JR. e sia D. = b2 - 4ac il suo discriminante. noto che:
-b VE
(i) se D.> O, allora p(t) ammette le due radici reali distinte - - - 2a
.
b
se
D.=
O,
allora
p(t)
ammette
la
radice
reale
;
(ii)
2a
(iii) se D. < O, allora p(t) non ammette radici reali; tuttavia, pensato p(t) come
polinomio a coefficienti in C, esso ammette le due radici complesse coniugate
-biyCK
2a
Il caso (iii) prova che il campo JR. dei numeri reali non algebricamente chiuso.
possibile dimostrare invece (si veda, ad esempio: S. Mac Lane, G. Birkhoff, Algebra,
Mursia, Milano 1975) il seguente importante risultato:
Proposizione A.4. (Teorema fondamentale dell'algebra) Il campo C dei
numeri complessi algebricamente chiuso2 .
Valgono quindi, per il campo C, l'Osservazione A.4 ed il Teorema A.3 .
Teorema A.5. Se z E C radice del polinomio p(t) E JR.[t]
coniugato z E C di z radice di p( t).
A . EQUAZIONI ALGEBRICHE
278
279
Corollario A.6. Gli unici polinomi irriducibili di JR[t] sono i polinomi di primo
grado e i polinomi di secondo grado aventi discriminante negativo.
Pertanto, se p(t) E JR[t] ha grado n > O, allora:
(a) p(t) prodotto di polinomi di primo grado e/o polinomi di secondo grado
aventi discriminante negativo;
(b) se n dispari, p(t) ammette almeno una radice reale.
Dimostrazione. Se f (t) E JR[t] irriducibile e ha grado n > 1, allora f (t) non ammette
radici reali.
Per il Teorema fondamentale dell'algebra, f(t) ammette almeno una radice complessa
z = a + ib, con b -f. O, e quindi, per il Teorema A.5, anche la radice z = a - ib.
P ertanto, f (t) divisibile per il polinomio di secondo grado
g(t) = (t - z )(t - z ) = (t - a - ib)(t - a+ ib) =
t 2 - 2at + (a 2 + b2 ) E JR[t],
avente discriminante~= -4b 2 < O.
Si ha quindi, essendo f (t) irriducibile:
f (t)
= c g(t),
con c E R
Ci prova la prima parte dell'enunciato, di cui le affermazioni (a) (b) sono immediata
conseguenza.
avendo successione dei coefficienti (3.,,/2, - 3, -.,,/2, 1), ha 2 variazioni ed una permanenza;
quindi, avr sicuramente una radice negativa e zero o due radici positive.
Per il polinomio
q(t ) = -6 - t2 + t 4 E JR[t],
la successione di coefficienti pu essere considerata (-6, +0, -1, +0, + 1) (avendo assegnato arbitrariamente segno + ad entrambi i coefficienti nulli), che presenta tre variazioni
ed una permanenza; quindi, q(t) ammette una radice negativa e una o tre radici positive.
Si noti che, per quanto riguarda il polinomio q(t), una diversa assegnazione dei segni ai
coefficienti nulli avrebbe cambiato il conteggio. Ad esempio, considerando la successione
(-6, -0, -1, +0, + 1), otterremmo tre permanenze e una variazione, facendoci prevedere
una rad ice positiva ed una o tre radici negative. Dal confronto con la deduzione precedente possiamo ricavare che sicuramente q(t) ammette esattamente una radice positiva
ed una radice negativa, mentre le altre due (contate una volta come negative ed una volta
come positive) sono in realt complesse coniugate.
A. EQUAZIONI ALGEBRICHE
280
Il seguente risultato permette di determinare le eventuali radici razionali di un polinomio a coefficienti interi.
Teorema A.8. Sia f(t) E Z[t], f(t) = a 0 + a 1t + + antn. Le eventuali radici
razionali di f (t) sono della forma ~, dove p un intero divisore di ao e q un intero
divisore di an.
APPENDICE B
Ad esempio, se
f(t) = 15 - 2t - 61t2 + 8t 3 + 4t
le eventuali radici razionali di f (t) appartengono alla lista :
1 1
3 3
5 5
15 15
l, 2, 4, 3, 2, 4, 5, 2, 4 , l 5, 2, 4.
1. Matrici simmetriche
Una verifica diretta permette di affermare che, tra questi "candidati", sono radici + ~,
-~. +3 e -5; essendo tante quanto il grado di f(t), queste sono dunque tutte (e sole)
le radici di f (t).
Se invece
Nel presente paragrafo, yn indicher sempre uno spazio vettoriale euclideo di dimensione n; il simbolo Sn(IR) denoter invece l'insieme delle matrici simmetriche reali sul
campo JR dei numeri reali.
1, 2, 2, 3, 2, 6.
Una verifica diretta permette di affermare che, tra questi "candidati", sono radici solo+~
e -2; tramite il Teorema di Ruffini (Proposizione A.2) si ottiene poi
1
2
6),
J3.
E- 1 AE = tEAE =A.
Dimostrazione del Teorema B.1 .
P asso I - Siano >. 1 , ... , h gli "autovalori complessi" di A (o di T), ovvero le radici
(complesse) del polinomio caratteristico ~A(t) = ~r(t) = t In - A. Mostriamo
innanzitutto che gli autovalori >. 1 , ... , h sono reali.
P er ogni i = 1, ... , h, se ui un autovettore non nullo relativo all'autovalore i e
(ui) la colonna delle sue componenti rispetto alla base ortonormale fissata !3, vale
ovviamente la relazione: (1) A(ui) = i(ui)
Applicando il coniugio 2 ad entrambi i membri della relazione (1) (ed osservando che
A= A, poich A E Sn(IR)), si ottiene : (2) A(ui) = ~i(ui)
Moltiplicando a sinistra la (1) per t(ui) e la (2) per (ui) , si ottengono poi le relazioni:
1Si noti che se un operatore T : y n -+ y n ammette come matrice associata, rispetto ad
una fissata base (ordinata) ortonormale, una matrice simmetrica A, allor a ogni matrice associata
a T rispetto ad una base ortonormale risulta simmetrica: infatti, se A' = E- 1 AE = t EAE, con
E E On(R) ed A E Sn(R), allora tA' = t(tEAE) = tEtAE = tEAE =A'. G li operatori associati
- rispetto a basi ortonormali - a matrici simmetriche vengono usualmente detti operatori simmetrici,
e sono caratterizzati dalla seguente propriet:
u, T(v) >,
'v'u , v E y n.
2a denota il complesso coniugato del numero complesso a, mentre A indica la matrice coniugata
di A, ovvero la matrice avente per elementi i coniugati degli elementi di A.
282
(l')
t(ui)A(ui)
i t(ui)(ui);
(2')
Dimostrazione. Se q soddisfa le condizioni (i) e (ii), allora <P(v, v) = }(q(v + v) q(v) - q(v)) = }(q(2v) - 2q(v)) = }(4q(v) - 2q(v)) = q(v). Quindi q una forma
quadratica.
Viceversa, se q una forma quadratica, allora q(.Xv) = cp(.Xv, .Xv) = .X 2 cp(v, v) =
.X 2 q(v); inoltre, <P(u, v) = }(cp(u + v, u + v) - cp(u, u) - cp(v, v))
}(cp(u, v) +
cp(v, u)) = cp 8 (u, v). La proposizione cos dimostrata.
o
La forma bilineare simmetrica <P e la forma quadratica q si diranno associate. Diremo
anche che <P la forma polare di q.
Sia ora B = (ei, ... , en) una base di vn. Data una forma quadratica q : yn -t JR
(e la sua forma polare <P: yn x yn -t JR), indicheremo con QB(q) (o con QB(<P)) la
matrice simmetrica A = ( aij) E Sn (JR) in cui
aij
cp(w, u
+ v)
= cp(w, u)
cp(v, w).
Ad esempio, se n
=2
e QB(q)
<P(u, v) = (x1
+ cp(w, v);
cp(v, w)
q(u)
= <P(ei,ej);
A anche detta matrice di Grarti della forma quadratica q o della forma bilineare </J.
Si osservi che se u, v E yn e se (x), (y) indicano rispettivamente le colonne delle
componenti di u e v rispetto alla base B, allora si ha:
Nel seguito, V (risp. vn) indicher uno spazio vettoriale (risp. uno spazio vettoriale
di dimensione n) sul campo JR dei numeri reali. 3
+Definizione B.1.
283
(x1
Gn'
allora :
G n(~~) =
GDG~) = xi+
x2)
x2)
q(u) = t(x)A(x).
X1Y1
4x1x2
+ 3x~.
cp(w, v).
Si osservi che ad ogni forma bilineare cp si pu associare una forma bilineare simmetrica
cp 8 , ponendo, Vu, v E V, cp 8 (u, v) = Hcp(u, v) + cp(v, u)).
3. Congruenza di matrici simmetriche
+ Definizione B.2.
+ Definizione B.3.
A'= tEAE.
3La maggior parte delle considerazioni valgono anche in un qualunque campo IK di caratteristica
=fa 2 (si veda la Definizione 2.6).
284
4. FORME CANONICHE
285
Proposizione B.3. A, A' E Sn(JR) sono congruenti se e solo se esistono una forma
quadratica q: vn -t JR e due basi B, B' di vn, tali che A= Q5(q), A'= Q51(q).
4. Forme canoniche
Dimostrazione. Sia q: vn -t JR una forma quadratica e siano B, B' due basi ordinate
di vn, tali che A= Q5(q), A'= Q51(q). Per ogni V E vn, indicate con (x) e (x') le
colonne delle componenti di v rispetto a B e B', si ha:
Data una matrice simmetrica A E Sn(JR), si dice indice (di positivit) a+(A) di A
la somma delle molteplicit algebriche degli autovalori positivi di A. Si dice invece
sigla o indice di negativit a_ (A) di A la somma delle molteplicit algebriche degli
autovalori negativi di A. Evidentemente, a+(A) + a_(A) = e(A).
La coppia a(A) = (a+(A), a_(A)) detta segnatura di A . 4
q(v)
e E A E) (x);
e(A F)
Dimostrazione. Per il Teorema B.1, esiste una matrice ortogonale E E On(JR) tale
che t E A E = A diagonale, e A ha sulla diagonale gli autovalori di A, ciascuno
contato con la sua molteplicit (algebrica e geometrica). La matrice A sar quindi
del tipo diag(>.i, ... , p, p+I, . . . , p+q, O, ... , O), con i > O, 1 :S i :S p, e j < O,
p
+ 1 :S j :S p + q.
La matrice F = diag(
La Proposizione B.4 consente di definire rango e(q) di una forma quadratica q il rango
di una qualsiasi matrice simmetrica associata a q.
Una base B di vn detta diagonalizzante per la forma quadratica q : vn -t JR se la
matrice Q5(q) diagonale.
Una matrice simmetrica A E Sn(JR) detta diagonalizzabile per congruenza se
congruente ad una matrice diagonale.
Evidentemente, q ammette una base diagonalizzante se e solo se A= Q5(q) diagonalizzabile per congruenza.
Teorema B.5. Ogni matrice simmetrica A E Sn(JR) diagonalizzabile per congruenza.
Dimostrazione. Per il Teorema B.l, per ogni matrice simmetrica A E Sn(JR) esiste
una matrice ortogonale E E On(JR) tale che E- 1 A E = t E A E diagonale.
Pertanto, lo stesso teorema dimostra contemporaneamente che A diagonalizzabile
per congruenza.
b,
... , vrb
1, ... , 1) regolare e si ha
l>-1 I
l>-,,+o I
o
Vale inoltre il seguente importante risultato:
Teorema B. 7. (Principio d'inerzia di Sylvester5 ) Due matrici simmetriche
A, BE Sn(JR) sono congruenti se e solo se hanno la stessa segnatura.
Dimostrazione. Supponiamo che A ed A' siano congruenti; allora, per la Proposizione
B.4, A ed A' hanno lo stesso rango (!.
Sia ora (p, q) (risp. (p', q')) la segnatura di A (risp. di A'), con p + q = p' + q' = (!.
Sia poi Dp,q (risp. Dp' ,q') la forma diagonale di A (risp. di A') individuata nel
Teorema B.6; poich A ed A' sono congruenti, anche Dp,q e Dp' ,q' sono congruenti.
Esiste pertanto una forma quadratica q e due basi ordinate B = (e 1 , .. . , en) e B' =
(e~, ... ,e~) di vn tali che Dp,q = Q5(q), Dp' ,q' = Q81(q) .
Per ogni V E vn, posto V =.5 (x 1 , .. . ,xn), V =.51 (y 1 , ... ,yn), si ha allora:
q(v)
..,. Osservazione B.2. Se vn uno spazio vettoriale euclideo, lo stesso Teorema B.l
assicura che q ammette una base diagonalizzante ortonormale. Infatti, se B una base
ortonormale di vn ed A= Q8 (q), il Teorema B.1 assicura l'esistenza di una matrice
ortogonale E, per cui t E A. E = A diagonale. La base f3 tale che Q13(q) =A la
base ortonormale diagonalizzante cercata.
L
i=l
(xi)2 - L (xP+J)2
j=l
4Si noti che la segnatura della matrice A E Sn(IR) pu essere calcolata direttamente dal polinomio caratteristico LlA(t) mediante il Teorema A.7 di Harriot-Cartesio, in virt del fatto che tutte
le radici di LlA(t) sono reali (si veda la dimostrazione del Teorema B.l, Passo I).
5 James Jos eph Sylvester: matematico inglese (Londra, 1814-1897) .
286
O~
(xi)2
= q(v) =
i=l
-2::: (yP'+k)
<O,
287
A= tFF.
k=l
e quindi x 1 = = xP = O.
D'altra parte, da v E U P segue xP+l = = xn =O. Si ha pertanto v =O e dunque
UP n w n-p' ={O}.
Per la relazione di Grassmann, ricordando che si supposto p 2: p', si ha:
Il seguente risultato fornisce un utile algoritmo per verificare se una matrice (e,
dunque, una forma quadratica) definita positiva o negativa.
Proposizione B.9. (Criterio di Sylvester) Sia A E Sn(JR) una matrice simmetrica reale e, per ogni k E Nn, sia Mk il minore di A formato dalle prime k righe
e dalle prime k colonn e.7
(a) A definita positiva se e solo se,
't:/k E Nn,
det Mk
> O;
y n -t JR
{ <O
>0
se k dispari
se k pari
((q(v) = cf>(v, v) = O)
<:-=>
(v =O)); 6
<:-=>
(v = O)).
Inoltre, q e e/; sono dette non definite se non sono n definite positive n definite
negative.
Una matrice simmetrica A E Sn(JR) detta definita positiva (risp. negativa) se
associata ad una forma quadratica q definita positiva (risp. negativa), relativamente
ad una base B di vn.
Risulta evidente che q definita positiva (risp. negativa) se e solo se la sua segnatura
(n, O) (risp. (O, n)). Quindi, una matrice simmetrica A E Sn(JR) definita positiva
(risp. negativa) se e solo se A congruente alla matrice identica In (risp. alla matrice
-In)
6 Per definizione, il concetto di forma bilineare simmetrica definita positiva coincide con quello
di prodotto scalare (si veda la Definizione 8.1).
Il Principio d'inerzia di Sylvester (Teorema B.7) implica allora che a(A) = (n, O), cio
che A definita positiva. Ci conclude la prova di (a).
(b) Basta osservare che A definita negativa se e solo se -A definita positiva, e
ricordare (a).
D
711 criterio rimane valido anche sostituendo a l minore Mk> 'v'k E Nn, il minore
ultime k righe e dalle ultime k colonne di A.
Nh
formato dalle
288
si ha :
det M1
5 >O,
det M2
51 311
1
( ~ !3 ~1)
14
>o,
det A
>o.
Indice analitico
La matrice A'
det M{
-5 <O,
- 1
det
-1
M~ = 1~5
! 31= 14 >O,
det
M~
det A'
-9 <O.
(~ ~ ~1)
o
-1
M~'
-1
negativa, in quanto si ha :
det M{'
= -5 <O,
det
1~5 ~I
-16 <O,
det M~'
det A"
21
>o.
a lgebra di Boole, 30
290
discriminante
- di una conica, 225
- di una quadrica, 248
distanza euclidea, 170
divisibilit di polinomi, 274
dominio, 12
elementi speciali, 42
ellisse, 192
ellissoide, 255
- immaginario, 266
- reale, 266
endomorfismo, 81
equazione algebrica, 275
Equazione dimensionale per le trasformazioni
lineari, 85
equazione frazionaria di una retta, 182
equazioni cartesiane
- dei sottospazi euclidei, 163
- dei sottospazi vettoriali, 112
equazioni parametriche
- dei sottospazi euclidei, 164
- dei sottospazi vettoriali, 114
fascio
- di coniche, 244
- di piani, 209
- di rette, 186
forma
- bilineare, 282
- bilineare simmetrica, 282
- quadratica, 282
- definita negativa, 286
- definita positiva, 286
Formula di Liebniz - Cramer, 105
funzione, 12
fuoco
- di una ellisse, 192
- di una iperbole, 193
- di una parabola, 193
giacitura di uno spazio euclideo, 160
grado di un polinomio, 29
gruppo, 22
- abeliano (o commutativo), 22
- additivo, 22
- lineare, 40
- moltiplicativo, 22
gruppoide, 21
identit, 14
immagine, 12
- di una trasformazione lineare, 83
- inversa, 13
indice
- di colonna, 33
INDICE ANALITICO
- di riga, 33
indice di una matrice simmetrica, 285
insieme
- complementare, 10
- delle parti, 9
- finito, 18
- numerabile, 18
- quoziente, 16
- soggiacente, 22
insiemi
- disgiunti, 10
- equipotenti, 18
intersezione di insiem i, 10
iperbole, 193
- equilatera, 235
iperboloide, 256
- ellittico, 266
- iperbolico, 266
iperpiano improprio, 219
isometria, 177
isomorfismo
- di gruppi (o anelli o campi), 26
- di insiemi, 13
- di spazi vettoriali, 81
INDICE ANALITICO
minore, 55
- orlato, 96
- complementare, 55
molteplicit
- a lgebrica di un autovalore, 125
- di una radice, 276
- geometrica di un autovalore, 125
monomio, 28
n-pla
- delle componenti di un vettore, 76
- linearmente dipendente, 69
- linearmente indipendente, 69
norma euclidea, 132
nucleo di una trasformazione lineare, 83
numero cardinale, 18
- transfinito, 18
omomorfismo
- di anelli, 26
- di gruppi, 26
operatore lineare, 81
operazione binaria, 19
- interna, 19
parabola, 193
paraboloide, 255
- ellittico, 266
- iperbolico, 266
partizione, 16
permutazione, 13, 44
piano diametrale di una quadrica, 257
piano polare, 253
piano principale di una quadrica, 258
pivot, 42
polinomio, 28
- caratteristico, 123, 125
- irriducibile, 275
- nullo, 29
potenza del continuo, 18
Principio d'induzione, 8
Principio d'inerzia di Sylvester, 285
prodotto
- cartesiano, 11
- di applicazioni, 14
- di uno scalare per un vettore, 61
- misto, 152
- naturale di n-ple , 36
- righe per colonne, 36
- scalare, 131
- vettoriale, 151
proiezione ortogonale, 146
punti
- affinemente indipendenti, 160
- impropri, 219
- propri, 219
291
INDICE ANALITICO
292
- di vettori, 61
- diretta, 78
sostegno di uno spazio vettoriale, 61
sostituzione, 13, 44
sottoanello, 26
sottocampo, 26
sottogruppo, 26
sottoinsieme
- linearmente chiuso, 65
- linearmente dipendente, 69
- linearmente indipendente, 69
sottomatrice, 55
sottospazi euclidei, 160
- ortogonali, 167
- paralleli, 161
- sghembi, 161
sottospazi vettoriali, 65
- indipendenti, 78
spazi vettoriali
- isomorfi, 81
spazio
- delle soluzioni, 101
- euclideo, 155
- somma (o congiungente), 77
- vettoriale, 61
- finitamente generato, 67
- vettoriale euclideo, 131
- vettoriale euclideo orientato, 150
stella
- di piani, 211
- di rette, 211
struttura algebrica, 21
supporto
- improprio, 225
- proprio, 225
Sviluppo di Laplace, 56
Teorema del completamento a una base, 75
Teorema di Binet, 52
Teorema di Cramer, 105
Teorema di Harriot-Cartesio, 279
Teorema di Kronecker, 96
Teorema di Laplace, 54
Teorema di Rouch - Capelli, 103
Teorema di RuHni, 275
Teorema fondamentale dell'algebra, 277
Teorema fondamentale delle trasformazioni lineari, 84
Teorema spettrale, 128
trasformato, 12
trasformazione
- lineare, 81
- standard, 81
- ortogonale, 141
trasformazioni elementari, 42
traslazione, 104, 179
trasposizione, 45
unione di insiemi, 10
versore, 132
vertice
- di una conica, 235
- di una quadrica, 258
vettore, 61
- applicato, 62
vettori
- ortogonali, 135
volume di un simplesso, 172
zero di un polinomio, 275
Finito di stampare
nel Settembre 201 O
dalla L.E.G.O SpA
Stabilimento di Lavis (TN)