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I Getti massivi e le variazioni termiche

nel calcestruzzo
Quando le strutture in sovrappeso soffrono il caldo

Dott. Ing. Alessio Farci PhD, MIT Assistente Governativo Diga Cumbidanovu (Nu)
Dott. Ing. Gianluca Pagazzi, Consulente per problematiche del calcestruzzo e strutture in c.a.

INTRODUZIONE
La norma UNI EN 206-1, nel definire le situazioni di ipotetica aggressione cui pu andare
incontro una struttura nel corso della sua vita nominale, definisce i parametri composizionali
che deve soddisfare la prescrizione del calcestruzzo per assicurare la durabilit della
struttura.
Accade cos di frequente che in sede di specifica progettuale, il contenuto minimo di cemento
venga prescritto senza alcuna preliminare valutazione degli effetti indotti nella massa di
calcestruzzo dal potenziale riscaldamento prodotto dalle reazioni di idratazione del cemento.
Ci diventa particolarmente critico ogni qual volta le strutture escono dal perimetro classico
degli elementi portanti (per esempio pilastri e travi) per assumere dimensioni e volumi di
maggiore sviluppo (per esempio fondazioni speciali, pareti di elevato spessore, pile).
Per le strutture di grande mole (o massive), i contenuti di cemento prescritti ai fini della
durabilit possono quindi determinare delle problematiche sulla qualit e monoliticit dei
manufatti se non sono sufficientemente corredati da valutazioni tecnologiche sui rischi
derivanti da incontrollati sviluppi di calore (vedi fessurazioni di entit pi o meno ampia) e
senza opportune prescrizioni sulle regole elementari di esecuzione nonch sulle procedure di
maturazione dei getti.
La limitazione delle fessurazioni da sviluppo termico uno dei temi pi ricorrenti di questi
ultimi anni nel settore delle costruzioni. Questa fenomenologia certamente sempre esistita,
ma negli ultimi anni esigenze costruttive e cementi di maggiore performance tecnologica (in
elevati dosaggi) hanno finito per incrementarla.
Nella presente nota non si intende passare in rassegna la trattazione teorica sulla gestione
delle strutture massive, peraltro contenuta in modo esaustivo nei testi della bibliografia, si
intende invece concentrare lattenzione sugli elementi di base del fenomeno termico e sulle
principali regole di calcolo/prescrizione da adottare in sede di progetto nella specifica degli
ingredienti di base del calcestruzzo.

I cementi di oggi e le variazioni di temperatura nel calcestruzzo


Come tutti i materiali da costruzione, anche il calcestruzzo subisce delle deformazioni a
seguito delle variazioni di temperatura. I gradienti termici possono essere esterni cio
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determinati dallambiente in cui opera la struttura oppure interni, derivanti dallo sviluppo di
calore generato dalle reazioni esotermiche di idratazione del cemento.
Il calcestruzzo pertanto si dilata a seguito di un aumento di temperatura e si contrae quando
questa diminuisce. Le variazioni di temperatura e le variazioni dimensionali a essa associata
generano tensioni meccaniche di trazione negli elementi strutturali che in alcuni casi possono
produrre fessurazioni laddove le tensioni in gioco superano la capacit di resistenza del
materiale; pertanto si possono distinguere fenomeni fessurativi associati al riscaldamento del
calcestruzzo e fenomeni fessurativi prodotti dal processo di raffreddamento.
I primi sono particolarmente critici per le strutture massive, intendendo per strutture
massive quelle strutture la cui sezione minima supera il valore di 60-80 cm (pareti di grosso
spessore, pile da ponte, plinti, platee da fondazione, conci delle dighe) (figura 1).
I secondi riguardano quei manufatti di sezione pi sottile e a elevato sviluppo superficiale (es.
pareti di serbatoi, lastre delle pavimentazioni).

Figura 1. La situazione estrema di un calcestruzzo massivo, gravemente lesionato a seguito di uno sviluppo
termico incontrollato.
La conoscenza dei parametri che governano il fenomeno estremamente importante per il
controllo e la prevenzione delle fessure, soprattutto nellottica della durabilit della struttura
e del mantenimento dei livelli di servizio/sicurezza dellopera previsti per legge.
Il fattore chiave che governa tale problema lo sviluppo di calore che si genera a seguito
dellidratazione dei composti mineralogici del cemento. Infatti, come generalmente avviene
nelle trasformazioni chimiche o chimico-fisiche anche lidratazione del cemento

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accompagnata dallo sviluppo di calore. Questo la risultante di molteplici effetti sia


endotermici che, esotermici.
Il calore di idratazione la sommatoria dei calori di idratazione dei vari componenti, dei calori
delle trasformazioni delle fasi idrate e dei calori di adsorbimento dellacqua sui prodotti
dellidratazione.
In via teorica, il calore di idratazione dei cementi potrebbe essere calcolato sommando i calori
di idratazione dei componenti puri, moltiplicati per le rispettive percentuali dedotte dalla
composizione mineralogica del cemento.
Questo criterio, accettabile forse se si riferisce a campioni maturati per anni e quindi
completamente idratati, non applicabile nei casi pratici nei quali si chiede di conoscere il
grado di idratazione sviluppato dopo pochi giorni o poche settimane; infatti il grado di
idratazione varia, a parit di stagionatura, a seconda del tipo di cemento e delle
corrispondenti classi di resistenza.
Inoltre, le fasi presenti nel clinker non hanno composizione uguale a quella dei composti puri
e fino a poco tempo fa era quasi impossibile misurare la loro quantit percentuale
direttamente o dedotta dai dati dellanalisi chimica con sufficiente esattezza. Attualmente,
per, con levoluzione delle conoscenze, mediante la diffrazione ai raggi X quantitativa
(Metodo Rietveld), possibile determinare la composizione mineralogica del clinker con
incertezze di qualche punto percentuale. Quindi, conoscendo la composizione potenziale del
cemento e i valori del calore di idratazione dei componenti puri, si possono fare utili
previsioni circa il comportamento termochimico del cemento.
I calori di idratazione dei composti puri C3S, C2S, C3A e C4AF sono riportate nella tabella I.
Tabella I. (Dati estratti dalla bibliografia)
Costituente
Calore di idratazione (J/g)
C3S
500
C2S
260
C3A
870
C4AF
120130
Il C3A e il C3S, oltre ad essere i composti con il maggior sviluppo di calore in assoluto sono
anche quelli che si idratano pi velocemente. Pertanto le maggiori velocit di sviluppo di
calore saranno caratteristiche dei cementi ricchi in questi costituenti.
Sebbene il C3A sia in assoluto il costituente con il maggior sviluppo di calore, tuttavia essendo
presente in quantit modeste incide meno sul calore totale e sulla velocit di sviluppo rispetto
al C3S presente in maggiore percentuale nel clinker; inoltre, maggiore il contenuto di clinker
portland e pi rapido sar lo sviluppo di calore.
Anche laumento della finezza di macinazione del cemento (ad esempio nel passaggio da un
cemento di classe 32.5 N ad uno di classe superiore 52.5 R) produce un aumento del calore di
idratazione, ci vale soprattutto per le brevi stagionature, mentre a quelle prolungate le
differenze tendono ad annullarsi. evidente che tale aumento legato allaccelerazione del
processo di idratazione provocato dalla maggiore finezza.
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Si deduce pertanto che i cementi a basso calore di idratazione devono essere quanto pi
possibile poveri in C3A ed avere un limitato contenuto di C3S; analogamente, se si dovessero
richiedere cementi con elevato calore di idratazione, occorrer aumentare il C3S, il C3A e/o la
finezza di macinazione. Questa situazione si presenta spesso nella stagione fredda quando
limpiego di cementi di questo tipo pu efficacemente bilanciare gli effetti negativi di una
bassa temperatura ambientale (che tende a rallentare la cinetica di idratazione dei costituenti
mineralogici).
Nella Norma UNI EN 197-1 del 2011, al punto 7.2.3 Calore di idratazione requisiti meccanici,
prescritto che, per i cementi comuni a basso sviluppo di calore, lo sviluppo termico a 7 giorni
non deve superare il valore caratteristico di 270 J/g; questi cementi devono essere identificati
con la sigla LH (Low Heat) secondo la denominazione normalizzata (es. CEM III/B 32.5 N-LH).
Nella stessa norma, al punto 9.2.3, per i cementi LH imposto il limite dei 300 J/g per il calore
di idratazione, ci indipendentemente dalla classe di resistenza del cemento (32.5 N, 32.5 R,
42.5 N, 42.5 R, 52.5 N e 52.5 R); tale limite riferito al risultato singolo nell'ambito dei
requisiti definiti per il controllo statistico di qualit di fabbrica.
Nella Norma UNI EN 14216 (Composizione, specificazioni e criteri di conformit per cementi
speciali a calore di idratazione molto basso), prescritto che il calore di idratazione dei
cementi speciali a calore di idratazione molto basso non deve superare il valore caratteristico
di 220 J/g a 7 giorni determinato in accordo alla Norma UNI EN 196-8.
Per completezza di informazione oltre al metodo proposto dalla Norma UNI EN 196-8, cio la
determinazione del calore d'idratazione dei cementi con il metodo della calorimetria per
soluzione, si ricorda, che esiste, anche il metodo previsto della Norma UNI EN 196-9, cio la
determinazione calore d'idratazione dei cementi con il metodo della calorimetria
semiadiabatica, noto anche come metodo di Langavant; lo scopo di tali prove la
misurazione continua del calore d'idratazione del cemento durante i primi giorni. Inoltre,
oltre ai metodi delle sopracitate norme UNI EN, esistono allo stato attuale, altri metodi per la
misura del calore di idratazione, attraverso l'innalzamento di temperatura del calcestruzzo
(metodi adiabatici e semiadiabatici) in corso di standardizzazione in ambito CEN.
Per questi cementi contemplata una sola classe di resistenza normalizzata, la classe 22,5
(prospetto 2) che prevede tempi di inizio presa 75 min e espansioni 10 mm.
Per i cementi speciali a basso calore di idratazione, la norma prevede tre tipi di cemento, per
un totale di 6 famiglie di prodotti: VLH III (cemento daltoforno), VLH IV (cemento
pozzolanico), VLH V (cemento composito). Ad esempio, la denominazione per un cemento
speciale a calore di idratazione molto basso diventa quindi EN 14216 - VLH IV/B (P) 22,5.
La Norma UNI EN 206-1, al Par. 6.2 (Specifica del calcestruzzo a prestazione garantita)
prevede che in sede di progetto, unitamente ai requisiti di base del materiale (contenuto
minimo di cemento, classe di esposizione ambientale, consistenza, Dmax aggregato) per le
opere massive siano definiti requisiti aggiuntivi quali: tipo e classe speciale di cemento (per
esempio cementi a basso sviluppo di calore), sviluppo di calore durante lidratazione,
temperatura del calcestruzzo. Inoltre, al punto 5.2.8 della UNI EN 206-1, oltre a evidenziare
che la temperatura del calcestruzzo fresco al momento della consegna non deve essere
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minore di 5 C, riporta anche che: qualora sia necessario applicare un requisito per una
temperatura minima differente oppure per una temperatura massima del calcestruzzo fresco,
detto requisito deve essere specificato con la relativa tolleranza ., dopo aggiunge che,
qualunque requisito di raffreddamento o di riscaldamento artificiale del calcestruzzo prima
della consegna deve essere concordato fra il produttore e lutilizzatore.
A partire dalla definizione del contenuto di cemento e dello spessore della struttura, appare
quindi fondamentale che, tanto in sede di progetto quanto nella qualifica delle ricette del
calcestruzzo, siano valutati preliminarmente i possibili gli sviluppi termici e definiti gli
accorgimenti realizzativi (intesi come regole esecutive e protezione dei getti) per minimizzare
eventuali gradienti termici incontrollati.
A tal fine, la bibliografia scientifica ricca di contributi che consentono di valutare con buona
approssimazione i massimi incrementi di temperatura che si possono sviluppare allinterno di
un getto e le conseguenti tensioni di trazione, indotte al variare della dimensione della
struttura e del tempo di stagionatura del calcestruzzo.
Il calcolo trae origine dalla constatazione che poich la conducibilit termica del calcestruzzo
relativamente bassa, circa 1,19 W/ mK, per comprendere il peso di tale valore, si pensi
che il legno ha circa 0,12 W/ mK (isolante) e lacciaio ha circa 40 W/mK (conduttore).
Quindi, il materiale si comporta da isolante e di conseguenza lo sviluppo di calore (Q)
generato dalla reazione esotermica tra lacqua ed il cemento, determina un incremento di
temperatura (T) del calcestruzzo rispetto alla temperatura ambientale Tambiente alla quale
avviane il getto in cantiere.
Nellipotesi in cui non avvengano scambi termici di calore tra le superfici del getto e
lambiente esterno (cosiddette condizioni adiabatiche ovvero senza variazioni di
temperatura interne alla massa T=0) e quindi le varie parti del calcestruzzo si trovano in
equilibrio termico tra loro, il riscaldamento Q del getto al tempo t pu esprimersi con la
relazione (1):
Qt = Tt,ad m
Tad = incremento di temperatura del getto ad un determinato tempo t di maturazione;
m = massa volumica del calcestruzzo (kg/m3);
calore specifico del calcestruzzo (~ 900 J/kg K)
Esprimendo il valore di Qt in funzione del contenuto di cemento e del calore di idratazione
unitario corrispondente al tipo e classe di cemento adoperato nellimpasto (Qt = c qt),
dallequazione (1) possibile valutare il valore dellincremento Tt,ad ad un determinato
tempo t ed in condizioni adiabatiche:
Tt,ad= (c qt) 1/( m)

(2)

c = contenuto di cemento nel calcestruzzo (kg/m3);


qt = calore di idratazione unitario del cemento (J/kg) al tempo t;

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In condizioni adiabatiche, il massimo sviluppo di temperatura T si verifica soltanto alcune


ore dopo il getto (circa 3 giorni) (figura 2a-2b), come registrato in una serie di rilievi
sperimentali condotti in regime adiabatico su alcuni calcestruzzi destinati alla realizzazione di
pile da ponte (figura 3).
Il valore espresso dallequazione (2) pu risultare quindi di grande utilit qualora si volesse
procedere ad un confronto tra lo sviluppo di calore di calcestruzzi confezionati con diversi tipi
e dosaggi di cemento.

75

condizioni adiabatiche

50
25

Tambiente

10

100

1000

ore

Figura 2. Incremento di temperatura in condizioni adiabatiche.

Figura 2b. Realizzazione di un calcestruzzo adiabatico per la misura degli sviluppi di temperatura nel mix del
calcestruzzo.

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Figura 3. Andamento delle temperature rilevate in sito, durante la realizzazione di un ponte autostradale.

Qualora non vi fossero vincoli interni, laumento di temperatura uniforme in tutta la massa del
getto provocherebbe un incremento di volume dellelemento strutturale. Successivamente, la
struttura per effetto del raffreddamento subirebbe una contrazione uniforme senza
linsorgere di tensioni interne alla massa.
Il valore di Tt,adcos calcolato, non risponde per alla realt dei fatti in quanto il calcestruzzo
negli elementi strutturali non matura a temperatura costante; inoltre, il calore di idratazione
unitario qt variabile in funzione della temperatura di idratazione, cos come anche al variare
del rapporto a/c si possono avere delle variazioni di qt. Infatti, il calore di idratazione del
cemento, utilizzato per il calcolo teorico dell'incremento di temperatura adiabatico, si riferisce
all'idratazione del cemento condotta in condizioni isotermiche a 20C . Nel calcestruzzo il
cemento si idrata a temperature diverse e in genere pi alte (come si vede nell'esempio di
figura 2 tra 30C e 75C ) di quella standard di 20C e ci determina un valore del calore di
idratazione del cemento totale, dopo 7giorni, pu essere talvolta anche molto diverso da
quello determinato con i metodi standardizzati isotermici, in funzione del tipo di cemento.
Quindi, va segnalato che, i metodi delle norme, non hanno lo scopo di fornire dati per
calcolare gli incrementi di temperatura del calcestruzzo ma, quello di classificare i cementi.
Nel caso quindi di un riscaldamento non adiabatico, come si verifica nella maggior parte delle
strutture reali (basti pensare alla dissipazione di calore esercitata dalle pareti dei casseri o al
fatto che prassi diffusa rimuovere la casseratura ad appena 24 ore dal getto), si possono
verificare differenze di temperatura, anche notevoli, tra il nucleo del getto e le superfici
esterne (come testimoniato anche in figura 2a).
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Le parti esterne essendo a contatto con lambiente, dissipano il calore pi rapidamente delle
parti interne, le quali sono ben isolate dalla presenza di strati di calcestruzzo che, in virt
anche della sua bassa conducibilit termica non trasmette il calore; pertanto, a causa del
diverso isolamento termico del calcestruzzo, tra il nucleo e la zona corticale si instaura un
gradiente termico , che potrebbe causare degli effetti permanenti sul getto di calcestruzzo.
In particolare si pu porre:
Tcls,getto = Tambiente = Tcls,superficie
Tmax,cuore getto Tcls,superficie
Tmax,cuore getto Tcls,getto = Tmax
Landamento della temperatura del calcestruzzo sar dapprima crescente (valore massimo
del gradiente termico T quando nei primi 2-3 giorni il calore di idratazione si sviluppa ad alta
velocit), e dopo decrescente quando la cessione del calore dal calcestruzzo allambiente
prevale sullo sviluppo del calore di idratazione.
A seguito dello sviluppo di calore, la temperatura del calcestruzzo raggiunge (a partire dalla
temperatura del calcestruzzo fresco Tcls,getto = Tambiente) il suo massimo valore Tmax = Tambiente +
Tmax, da circa 24 a circa 72 ore dopo il getto a seconda dello spessore della struttura e della
cinetica di idratazione del cemento (figura 4)

75

condizioni adiabatiche

50

3m
2m

25

0.5 m

0.15 m
10

100

1000

ore

Figura 4. Rappresentazione dei profili di temperatura al variare dello spessore della struttura

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Ai fini della durabilit della struttura non determinante il valore del riscaldamento T del
calcestruzzo, quanto il gradiente di temperatura T tra il nucleo e la superficie esterna del
getto.
La Norma ENV 206 nella prima versione del 1992, suggeriva di adottare calcestruzzi
confezionati con cementi che, sviluppassero un incremento di temperatura in condizioni
adiabatiche (Tmax) non superiori a 20 C (tra nucleo e superficie del getto).
Queste indicazioni furono ribadite alcuni anni dopo nelle Linee Guida sul Calcestruzzo
Strutturale (al punto 5.1), pubblicate nel 1996 dal Consiglio Superiore dei LL.PP.
Questo limite discende dal fatto che con un gradiente di 20 C e un coefficiente di dilatazione
termica pari a 1010-6 C-1 (si veda anche nel D.M. 14.01.2008 - Norme tecniche per le
costruzioni), lallungamento a trazione sarebbe nellordine dei 20010-6 valore questo
generalmente indicato come limite superiore dellallungamento a rottura del calcestruzzo a
trazione.
Queste prescrizioni (o limitazioni) sono oggi superate da metodi e strumenti di calcolo pi
efficaci che, a partire dalla caratteristiche del materiale, dellambiente espositivo e della
morfologia degli elementi strutturali, consentono di definire con un buon livello di precisione
gli stress idro-termici cui verr sottoposto il calcestruzzo nel corso della sua vita nominale.
In tale prospettiva, le norme attuali UNI EN 206-1, UNI 11104 e D.M. 14.01.2008, non
forniscono alcuna prescrizione su possibili range cautelativi riferiti al riscaldamento del
calcestruzzo, ma in modo pi organico chiariscono che Tutti i progetti devono contenere la
descrizione delle specifiche di esecuzione in funzione della particolarit dellopera, del clima,
della tecnologia costruttiva. In particolare il documento progettuale deve contenere la
descrizione dettagliata delle cautele da adottare per gli impasti, per la maturazione dei getti,
per il disarmo e per la messa in opera degli elementi strutturali (paragrafo 4.1.7
Esecuzione, del D.M. 14.01.2008).
Laumento di temperatura (tra nucleo e superficie esterna) causa uniniziale dilatazione
del calcestruzzo, esprimibile in termini matematici dallespressione (3):
= L/L0 = Tt

(3)

coefficiente di dilatazione termica lineare del calcestruzzo (variabile principalmente in


funzione del contenuto di cemento e natura dellaggregato) pari a 1010-6 C-1;
L0 = lunghezza iniziale del manufatto;
La dilatazione iniziale del calcestruzzo e il gradiente di temperatura t determinano un
insieme di sollecitazioni nel calcestruzzo, valutabili con la relazione (4):
= T E

(4)

E = modulo elastico del calcestruzzo.

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Sulla superficie del calcestruzzo potranno comparire delle fessure gi durante i primi 2-3
giorni dal getto a causa delle tensioni di compressione nel nucleo pi caldo che tende a
dilatarsi che quindi provoca delle tensioni di trazione sulla superficie della struttura che si
trova ad una temperatura inferiore (fessure da espansione termica) (figura 5).
Inoltre, le sollecitazioni possono essere incrementate anche da eventuali vincoli esterni alla
struttura come accade ad esempio per le strutture di fondazione (la roccia sottostante che
funge da vincolo) o per i manufatti verticali dal vincolo imposto dalla struttura di fondazione
(esempio le strutture di sostegno).

Figura 5. A destra, distribuzione dei profili di temperatura allinterno di un getto di calcestruzzo in condizioni
non adiabatiche. A sinistra, propagazione delle lesioni allinterno di un calcestruzzo massivo
Va comunque evidenziato che queste tensioni iniziali raramente producono effetti nocivi sui
manufatti, poich nella prima fase di indurimento il modulo elastico del calcestruzzo ancora
basso (di conseguenza le tensioni sono modeste) e inoltre si registra un rilassamento viscoso
che mitiga le tensioni insorte tra nucleo e periferia.
Dopo il raggiungimento della temperatura massima Tmax, la massa del calcestruzzo subisce
un progressivo raffreddamento (figura 6) e si contrae.
Tale contrazione esprimibile in termini quantitativi con la relazione (5):
= Traff

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T
Tmassima

Triscald.

Traffreddamento

Tambiente
Tminima
3

tempo, giorni

Figura 6. Profilo di temperatura del calcestruzzo durante la fase di raffreddamento.

Traff = la variazione di temperatura che subisce il calcestruzzo durante la fase di


raffreddamento, nel passare quindi dalla temperatura Tmax al valore Tmin (in cui Tmin < Tcls,getto).
La contrazione non creerebbe alcun problema se lelemento strutturale fosse libero di
deformarsi; in realt questa contrazione ostacolata dallinterazione con altri elementi della
costruzione cui lelemento che si raffredda solidale (vincolo esterno); nascono perci delle
tensioni di trazione da ritiro termico impedito, esprimibili dalla relazione (6):
=

1
E
2

(6)

queste tensioni aumentano in modo progressivo allaumentare del modulo di elasticit del
calcestruzzo. Allaumentare della rigidit del sistema si verifica una riduzione del
rilassamento viscoso che quindi assume un ruolo meno importante nel mitigare le tensioni
interne.
Il rischio di fessurazione quindi maggiore nelle zone centrali in fase di raffreddamento
piuttosto che in quelle periferiche in fase di riscaldamento; in entrambi i casi linsorgere delle
fessure compromette tanto la durabilit della struttura (perch si vengono a creare vie
preferenziali per lingresso di sostanze aggressive) quanto il livello di sicurezza dellopera (a
seguito della riduzione di monoliticit e delle sezioni resistenti).
La pratica adoperata in cantiere di rimuovere le casseforme dopo alcune ore dal getto (per
esigenze economiche e di operativit) incide negativamente sul controllo delle temperature
proprio perch si va ad eliminare la protezione della struttura nel momento in cui, allinterno
della massa di calcestruzzo, massimo lo sviluppo di calore. Ci produce lungo le superfici del
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getto un improvviso abbassamento della temperatura che determina un notevole e brusco


incremento del gradiente termico tra nucleo e corteccia generando stati tensionali che
accrescono la probabilit dellinnesco della fessurazione.
Sebbene il calcolo di Tt,ad in condizioni adiabatiche relativamente semplice, il calcolo del
gradiente di temperatura al tempo t tra due differenti punti della struttura (t) di difficile
determinazione in quanto tale valore funzione anche di parametri ambientali di difficile
previsione che influenzano la dispersione del calore, oltre che dalle dimensioni e dalla
geometria delle strutture.
Nonostante ci, nellipotesi in cui la struttura rimanga non solo casserata ma, anche
correttamente isolata, per un tempo sufficiente a quello necessario affinch sia massimo lo
sviluppo del calore di idratazione, si pu porre Tmax = Tad.
Poich come detto in precedenza lo sviluppo del calore raggiunto solitamente a tre giorni si
pu porre T3,,max= (T3)ad.
Dalla relazione (2) si ottiene pertanto:
T3,,max= (c q3) ( m).

Le misure preventive
La fessurazione da ritiro termico pu essere minimizzata intervenendo contemporaneamente
tanto a livello prescrittivo sulla scelta degli ingredienti che andranno a comporre il
calcestruzzo e sulle sue regole esecutive (getto e maturazione), quanto al livello strutturale
nella progettazione e nel dimensionamento delle armature metalliche.
Nel primo caso, si tratta di individuare quegli accorgimenti che consentono di governare al
meglio lo sviluppo termico e conseguentemente il Traff di raffreddamento.
Tale riduzione pu essere ottenuta intervenendo a vari livelli:
Riducendo la temperatura Tambiente del calcestruzzo fresco e cio riducendo la
temperatura degli ingredienti della miscela (es. riducendo la temperatura dellacqua di
impasto, evitando di eseguire il getto nelle ore pi calde della giornata);
Riducendo il calore di idratazione sviluppato nel calcestruzzo e quindi il Triscald.
Questo obiettivo pu essere raggiunto utilizzando:
1. cementi a basso sviluppo di calore di idratazione secondo le indicazioni
contenute nella norma UNI EN 197-1 e UNI EN 14216.
2. un corretto proporzionamento degli ingredienti che costituiscono il
calcestruzzo, tali da bilanciare le esigenze prestazionali della struttura in
servizio e lo sviluppo di calore nelle prime ore/giornate di maturazione,
utilizzando anche aggiunte di tipo II in parziale sostituzione del cemento e
riducendo al minimo il rapporto a/c.
Mantenere il massimo sviluppo del calore (T) tra cuore e corteccia del getto entro i
20-30 C.

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Questo risultato pu essere perseguito realizzando unappropriata stagionatura


termica.
consigliabile utilizzare casseforme in legno con almeno 2 cm di spessore tale da
mantenere la temperatura nei limiti desiderati. Si raccomanda inoltre di proteggere
sempre la parte superficiale dei getti (quella non casserata), con fogli di politene onde
evitare che si manifestino le fessure in sommit.
espressamente consigliato mantenere le strutture casserete per almeno 7-10 giorni
(comunque il tutto coperto con materiale coibente). Qualora fosse prevista la
rimozione dei casseri anticipata, rispetto a quanto sopra riportato, che sarebbe
opportuno non avvenisse mai prima dei 4 giorni dalle operazioni di messa in opera del
calcestruzzo, il getto va sempre protetto con coperte termiche o fogli coibenti, in modo
che non si abbia un differenza eccessiva di temperatura tra cuore della struttura e la
sua corteccia o meglio che la parte corticale non si raffreddi con una velocit molto
elevata (figura 7).

Figura 7. Alcune fasi nella realizzazione di una struttura massiva. Il calcestruzzo a valle
immediatamente coperto da teli protettivi al fine di limitare i gradienti termici tra nucleo interno e
superficie del getto.
Inoltre, si fa presente come le casseforme con pannello in acciaio, permettano una pi
rapida dissipazione del calore, contribuendo al verificarsi di fessurazioni dovute ad un
gradiente termico elevato quindi, il loro utilizzo sempre da evitare.
La condizione ideale sarebbe quella di utilizzare casseri coibentati (per 710 giorni) e
coprire le superfici non casserate con fogli di polietilene, coperte termiche e/o fogli
coibenti.
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Sempre per abbassare la temperatura del calcestruzzo verso il nucleo della struttura e
quindi, contribuire a ridurre la differenza di temperatura con la parte corticale della
struttura, si pu posizionare un sistema di serpentine dove si fa scorrere dellacqua
fresca (figura 8).
Ogni metodo deve essere oggetto di analisi, studio e progettazione da parte del
progettista, nonch di prescrizione in sede di progetto e di capitolato, senza scordare i
continui controlli in sede di direzione lavori, al fine di verificare la corretta
applicazione, da parte dellimpresa, delle prescrizioni progettuali.

Figura 8. Posizionamento delle serpentine di raffreddamento allinterno di un concio diga.

La seconda strada che possibile percorrere per minimizzare le tensioni di ritiro termico
indotte nella massa del calcestruzzo, quella di procedere con un accurato calcolo
dellarmatura superficiale in fase di dimensionamento strutturale:

Calcolo dellarmatura nella quantit appropriata per ripartire la fessurazione:


fctm/fyK
Durante la fase di raffreddamento il calcestruzzo subisce delle contrazioni dovute al
ritiro termico, lo stato tensionale che viene a generarsi elevato in considerazione
anche allet del calcestruzzo, si producono perci delle fessure perpendicolari alla
direzione di contrazione e quindi parallele al lato corto degli elementi strutturali con
apertura w maggiori di 1 mm se la quantit di armatura normale alla superficie della
fessura insufficiente.
Se la quantita di armatura disposta normalmente sulla superficie di frattura e

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sufficientemente elevata (figura 8), le fessure subiranno una ridistribuzione sulla


superficie dellelemento strutturale, si presenteranno cioe in numero superiore ma con
aperture piu sottili, variabili da 0,02 a 0,04 mm; questo si verifica se

As
f
crit ctm
Ac
f yk
Dove crit detto rapporto critico dacciaio
fctm la resistenza a trazione del calcestruzzo
fyk il carico di snervamento dellacciaio
As e Ac sono le aree delle sezioni dellarmatura e del calcestruzzo.

Figura 9. Posizionamento di unarmatura di ripartizione lungo gli strati pi superficiali di un getto


massivo.

Valutazione dellampiezza delle lesioni.


Osserviamo che la durabilit dellopera pu essere compromessa da una eccessiva
ampiezza delle lesioni, ci che interessa quindi limitarne la larghezza w.
Le varie norme definiscono accettabili lampiezza delle fessure quando queste non
superano i valore w1 =0,2 - w3 =0,3 - w4= 0,4.

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Il valore di calcolo di apertura delle fessure, wd, non deve mai superare i valori
soprariportati e viene calcolato (D.M. 14.01.2008 Norme tecniche per le costruzioni
paragrafo 4.1.2.2.4.6) mediante la seguente relazione:
wd = 1,7 wm
dove wm, rappresenta lampiezza media delle fessure.
Lampiezza media delle fessure wm calcolata come prodotto della deformazione
media delle barre darmatura sm per la distanza media tra le fessure sm:
wm = sm sm
Per il calcolo di sm, e sm vanno utilizzati criteri consolidati riportati nella letteratura
tecnica e qui riportiamo una metodologia, dove:

sm = (s/Es) (1 - (sr/s)2)
s = tensione nellarmatura tesa calcolata nella sezione fessurata;
sr = tensione nellarmatura tesa calcolata nella sezione fessurata sotto la condizione di
carico che induce la prima fessurazione;
Es = modulo elastco acciaio da c.a.;
= coefficiente che tiene conto della durata del carico, vale 0,8 per carico singolo; vale
0,5 per carico ripetuto.
sm = 50 + (0,25 0,08 K1

) (1/r)

K1: varia da 0,5 a 1 a seconda che lelemento strutturale sia soggetto a flessione o
trazione;
= diametro delle barre;
r = percentuale di armatura relativa allarea Aeff di calcestruzzo.
Inoltre altri accorgimenti per mitigare le ampiezze delle lesioni possono essere:
Dimensionare il copriferro e linterferro per cui il diametro massimo dellaggregato
pu essere il massimo compatibile con le caratteristiche della struttura;
Evitare bruschi cambi di sezione, il che comporta minimizzare le variazioni di tensione.
noto come si generino ampie lesioni laddove si verifichino dei cambi di sezione;
Diminuzione del diametro delle barre darmatura a parit di area dacciaio, favorendo
lutilizzo di diametri pi piccoli.
Questo accorgimento non cambia lampiezza della lesione per unit di lunghezza, ma
riduce la distanza fra le lesioni e quindi produce una fessurazione pi diffusa, quale
appunto auspicabile.
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Alla luce di quanto fin qui esposto, appare quindi significativo che una struttura massiva
necessita di particolari accorgimenti tanto in fase di progettazione quanto in sede esecutiva.
La prescrizione di un elevato contenuto di cemento, se da un lato consente di rispettare il
requisito di durabilit imposto dalla UNI EN 206-1, dallaltro non pu essere considerato
unico e risolutivo per la durabilit del manufatto ma anzi si pu rivelare controproducente se
non opportunamente corredato di analisi e prescrizioni sugli sviluppi termici, sulle procedure
di posa in opera e sugli interventi di protezione/maturazione. Mai come in una struttura
massiva, la conoscenza della tecnologia del calcestruzzo fondamentale, cos come risulta
determinante il coordinamento di attivit tra limpresa esecutrice e la direzione lavori.

BIBLIGRAFIA
D.M. 14.01.2008 Norme tecniche per le costruzioni;
UNI EN 13670:2010, Esecuzione di Strutture di calcestruzzo
M. Collepardi, Il Nuovo Calcestruzzo, edizioni Tintoretto
R. Marino, La Durabilit delle strutture, Calcestruzzo e Normativa, Casa editrice La
fiaccola
L. Coppola, Concretum, pp.660, McGraw-Hill, Milano, Italia (2007), ISBN 978-88-3866465-6.
L. Coppola, G. Pagazzi, A. Buoso, A. Caddeu, R. Caiaro, G. Ruggeri, D. Ruggeri, A. Farci, M.
Iuorio, M. Conti, G. Albani, Linee guida per la prescrizione delle opere in c.a., Il Sole 24ore
(Ottobre 2007).
G. Pagazzi, A. Buoso, A. Caddeu, R. Caiaro, G. Ruggeri, D. Ruggeri, A. Farci, M. Iuorio, M.
Conti, G. Albani, Linee guida per la prescrizione delle opere in c.a., Progetto Concrete
(Febbraio 2008).
G. Pagazzi, R. Caiaro, E. Ciferri, D. Ruggeri, A. Farci, M. Iuorio, G. Albani, Linee guida per
la prescrizione delle opere in c.a., Progetto Concrete (Febbraio 2010).
A. Buoso, G. Pagazzi, L. Coppola, Le Prescrizioni di Capitolato per le Opere in
Calcestruzzo, In Concreto, 80, Gennaio/Febbraio 2008, pp. 68-86.
A. Buoso, G. Pagazzi, L. Coppola, Iter progettuale ed esecutivo I passaggi necessari per
garantire la durabilit e la sicurezza delle strutture in c.a., GB News n. 30-2009.
G. Pagazzi, Le strutture facciavista, In Concreto, 95, Luglio/Agosto 2010, pp. 78-83.
G. Pagazzi, Le strutture facciavista Parte 2, In Concreto, 96, Settembre/Ottobre 2010,
pp. 56-61.
G. Pagazzi, La maturazione dei getti, In Concreto, 98, Gennaio/Febbraio 2011, pp. 84-99.
G. Pagazzi, Processo esecutivo per garantire la durabilit e la sicurezza delle strutture in
c.a., In Concreto, 102, Settembre/Ottobre 2011, pp. 70-75.
G. Pagazzi, Degrado delle strutture in c.a.: gli ambienti aggressivi per il calcestruzzo e
lacciaio., In Concreto, 104, Gennaio/Febbraio 2012, pp. 64-72.

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G. Pagazzi, Pavimentazioni industriali: problematiche e soluzioni nelluso del calcestruzzo


(parte 1 e 2), Dimensione Geometra, 12-2007 e 1-2008.
A. Buoso, G. Pagazzi, Pavimentazioni industriali: problematiche e soluzioni, Geoide, 32008.
G. Pagazzi, Vademecum 2.0 pavimentazioni in calcestruzzo, Edizioni Alaska academy
Porcia (PN) Italia.
F. Biasioli, G. Mancini, Il curing, questo sconosciuto, IN Concreto n.68 pag. 64 (2006)
L. Coppola, La maturazione dei getti, IN Concreto n.68 pag. 88 (2006)
R. Marino, L. Sassone, V. Valente, Fessure, fessure, fessure, IN Concreto n.46 pag. 83
(2002)
M. Collepardi, T come temperatura, Enco Journal n. 18 pag. 26 (2001)
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della costruzione, IN Concreto 111 pag.23 (marzo/aprile 2013)
L. Massidda, P. Meloni, G. Carcangiu, A. Farci Mix design e durabilit di una diga in
calcestruzzo dei primi del 900 in Atti del VIII Convegno Nazionale AIMAT, Palermo, 27
giugno01 luglio 2006

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