Professional Documents
Culture Documents
Necessit e
Libert
L'ateismo oltre il
materialismo
isbn: 88-8410-058-5
pagine: 289
Collana Il diforno, 9
Questo libro propone una concezione atea fondata su unidea di realt plurale e
differenziata. L'argomentazione si incentra su una visione dualistica dell'uomo: il
soggetto umano : visto confrontarsi, per un verso, con la propria "materialit" e,
per un altro verso, con la sfera dei sentimenti e delle emozioni, sfera che, rispetto
quella "materialit", mostra una propria autonomia. In tale prospettiva, la mente
non viene scorta quale entit unitaria, bens assume i connotati di una struttura
plurifunzionale integrata, in cui la psiche, la ragione, l'intelletto e l'idema (il nucleo
stesso dell'individualit) sono connessi e al contempo indipendenti. La teoresi a ci
conseguente (il dualismo reale) viene definendosi secondo i caratteri di un
esistenzialismo ateo pragmatico che delinea un orizzonte antropico postmaterialistico. Su questo sfondo, l'uomo acquisisce il senso del proprio esistere
attraverso una rilettura della fenomenologia degli affetti, delle emozioni estetiche,
delle istanze etiche, dell'entusiasmo della scoperta e dell'aspirazione alla
conoscenza.
Prefazione
Questo libro si sviluppa attorno ad una proposta che riguarda una lettura di nuovo
tipo della realt che ci concerne; sia come individui, sia come animali allinterno di
una specie, di un mondo e di un universo. Su tutti questi temi la scienza
contemporanea ci ha fornito una serie di elementi di conoscenza forse non esaustivi
e certamente perfettibili, ma che indubbiamente ci permettono una lettura pi
adeguata del mondo e della vita anche rispetto al recente passato, sia pure con tutti
i limiti concernenti le nostre facolt intellettive e gli strumenti dindagine di cui
possiamo disporre.
Con lassunzione di questo sottofondo scientifico, pi sottinteso che esplicitato, il
dualismo antropico reale (dualismo della realt antropica), quale derivato del
"pluralismo della realt" (di cui parleremo presto), intende darsi delle fondamenta
oggettive, su cui poter elevare una costruzione con prerogative minime di solidit.
Ne emerge una concezione del mondo laica, anzi decisamente atea e forsanche
irreligiosa, dove viene espunto ogni trascendentalismo e dove tuttavia si cercano gli
sfuggenti segnali di eventuali aspetti della realt non immediatamente accessibili
alle nostre correnti capacit sensorie ed intellettive. Ci ci induce ad avviare e
condurre unesplorazione anticonvenzionale, fuori e dentro di noi, riconsiderando e
rileggendo levoluzione umana e delluniverso in termini per cui, senza indulgere a
tentazioni metafisiche, ci si domanda quanto di antropologicamente autentico le
religioni e le ideologie spiritualistiche abbiano potuto raccogliere della realt, per
analizzarlo ed eventualmente recuperarlo criticamente. Questa ricerca dovrebbe
metterci nelle condizioni di non correre il rischio di "buttare il bambino con lacqua
sporca", come fanno spesso i materialismi radicali e dogmatici.
Se ha un senso chiedersi se la zanzara e lape esperiscano una realt a noi preclusa e
che lo stesso facciano la scolopendra e il ragno, il polipo e languilla, la talpa e il
pipistrello1 e via via tutti gli altri nostri compagni grandi e piccoli della biosfera2, non
Il filosofo americano Thomas Nagel in un famoso articolo del 1974 si chiedeva Che effetto fa
essere un pipistrello? (in Questioni mortali - Il Saggiatore 2001 - pag.162-175) In esso si sosteneva
una tesi antiriduzionistica della realt, nella quale si affermava che le qualit oggettive
dell'esperienza costituiscono un aspetto "irriducibile" della realt. E siccome la soggettivit altrui
accessibile solo con uno sforzo di immedesimazione con il punto di vista dell'altro, non si pu
escludere che esistano forme di esperienza del tutto reali (ma precluse alla nostra percezione e
si vede perch, in termini corretti e con modalit induttive adeguate, non si possa
ipotizzare che lesperibile non sia unico ma molteplice, al punto da rendere legittima
lipotesi di un "pluralismo della realt" che la presunzione dellhomo sapiens vuole
invece da sempre unica e monodirezionale, e che coniuga con lipoteca assiomatica
secondo la quale "il tutto" deve essere riducibile ad un solo principio, materiale o
spirituale.
Ma, da un punto di vista pragmatico, che cosa significa "pluralismo della realt"? In
effetti il nostro pluralismo ha due significati, uno "ipotetico" e uno "reale". Quello
ipotetico riguarda la cosmologia e i suoi correlati, in accoglienza delle tesi di quegli
astrofisici e cosmologi (sempre pi numerosi), i quali, con solide basi argomentali,
immaginano (poich praticamente impossibile una verifica) una realt globale che
va ben oltre i confini dell'universo in cui viviamo, ipotizzando l'esistenza di molti
universi (se non infiniti) oltre al nostro. Alcuni arrivano anche a pensare ad universi
interni al "nostro", nel senso che al fondo di ogni buco nero si potrebbe forse anche
formare un ulteriore universo. Se le cose stessero cos la realt generale sarebbe
assai simile a un immenso sistema di scatole cinesi, dove ogni universo contenuto
in un altro pi vasto e nello stesso tempo diventa contenitore di altri al suo interno.
Inutile aggiungere che ogni universo potrebbe avere leggi fisiche e caratteristiche
proprie (per esempio essere costituito di antimateria). Pluralit di universi che
naturalmente possono nascere e morire, espandersi o contrarsi, ecc., e che
darebbero luogo ad uno scenario generale dove noi uomini (cos presuntuosi!) che
risultiamo gi fisicamente insignificanti nel "nostro" universo scompariremmo
decisamente in un pluriverso generale cos ipotizzato.
Nel suo significato "reale" il pluralismo invece riguarda la realt nota, percepita o
intuita dall'uomo, e intende correggere il nostro modo corrente di pensarla, a causa
del quale (e per ragioni che cercheremo di mettere in evidenza nelle pagine che
seguiranno) noi tendiamo sempre ad unificare elementi della realt che andrebbero
considerati isolatamente, almeno dal punto di vista "strutturale". Mentre da quello
"funzionale" (non per "quello che sono" ma per "quello che fanno"), molto spesso
vanno riferiti al sistema di cui fanno parte, anche perch talvolta si presenta come
un'unit di carattere olistico (vedi Capitolo 1 nota 4), con caratteristiche e
alla nostra intellezione) che ci sono irrimediabilmente precluse, data appunto l'impossibilit di
immedesimazione con chi le esperisce.
2
Utilizzeremo spesso questo termine per indicare il complesso del mondo vivente in ogni sua
forma ed espressione.
Definiamo con effettualit l'insieme delle conseguenze pratiche percepite da un soggetto a causa
di un agente della realt, sia esso noto od ignoto. In altro senso un modo d'essere di ci che
accade realmente rispetto a ci che soltanto possibile. In termini aristotelici ci che caratterizza
l'atto rispetto a ci che rimane solo potenza. Contrario quindi di potenzialit e opposto di
virtualit.
una piena comprensione. In linea di massima esse non sono affatto indispensabili
per comprendere il testo nelle sue linee principali e quindi possono essere
tranquillamente saltate; questo almeno in prima lettura. Il lettore che avr trovato
interessante l'esposizione potr poi tornare sui suoi passi in un secondo tempo e
perfezionare cos la comprensione di ogni dettaglio.
Dedico questo libretto agli sconosciuti compagni di viaggio che hanno vissuto e
vivranno un'esperienza esistenziale simile alla mia. Penso che siamo in molti,
reciprocamente sconosciuti e sparsi nei cinque continenti. Ad essi va tutta la mia
fraterna solidariet.
Chiudo questa breve prefazione con due parole sul titolo: lopposizione
necessit/libert non nuova e non posso neppure escludere che esistano gi libri
con questo titolo scritti in passato. Tuttavia non vi ho potuto rinunciare, poich,
attraverso esso e piuttosto sinteticamente, viene gi enunciata la chiave di accesso
al cuore del problema che verr qui affrontato, anche se ci avverr con gradualit e
quindi se ne comprender la ragione a poco a poco nello sviluppo
dellargomentazione.
Prima Parte
Introduzione al
Dualismo Antropico Reale
(DAR)
In epistemologia il termine olismo indica quella teoria che considera il sapere scientifico come un
insieme di proposizioni altamente connesse, tale da non consentire la verifica sperimentale di una
singola ipotesi, ma solo di porzioni pi o meno estese dell'insieme. Analogamente in biologia esso
la teoria secondo la quale ogni organismo vivente presenta caratteristiche non riconducibili alla
semplice somma delle sue parti. Esiste anche una concezione sociologica di esso, che considera le
societ come delle totalit non riducibili alla somma degli individui che le costituiscono.
"aspetti" della natura alimenta l'equivoco di un'unit che nella realt non esiste,
mentre essi sono elementi autonomi di essa; elementi che non hanno nulla in
comune e vanno pertanto tenuti "pluralisticamente" distinti qualora se ne vogliano
cogliere eventuali rapporti ed interazioni "reali".
Un analogo tipo di distorsione psicologica si compie parlando del "cielo". Noi siamo
soliti parlarne e pensarlo come l'unit di ci che sta fuori della Terra e che si
presenta come una specie di aereo e sconfinato soffitto dove si appuntano le stelle,
mentre in realt si tratta di un immenso vuoto contenente, in piccola parte e con
grande discontinuit, una pluralit di entit diversissime (in minima parte visibili, in
piccola parte rilevabili strumentalmente e in massima parte oscure) ognuna delle
quali con una forma, una struttura, una costituzione e una fenomenologia talvolta
assolutamente uniche. Gi soltanto le stelle, i pi noti e celebrati abitanti del cielo
(costituenti soltanto una delle numerose categorie di corpi celesti) differiscono l'una
dall'altra per composizione e luce (nonch singole o accoppiate tra loro o con altri
corpi)5. Ma pensare comunemente il cielo come il "posto" delle stelle ci fa
dimenticare che esse non sono altro che elementi minimi di sistemi complessi come
le galassie, le quali (costituite da aggregati di materia solida, liquida e gassosa) si
presentano con forme e caratteristiche assai diverse (anch'esse singole o
accoppiate) e che viaggiano a velocit enormi allontanandosi tra loro da diversi
miliardi di anni. Il cielo risulta cos essere uno strumento linguistico eccellente in campo
estetico e metafisico, ma esiziale in filosofia. Pi corretto sarebbe pensare il cielo
soltanto come la faccia terrena dell'universo ed a questo riferirsi, ma con ci non siamo
del tutto al sicuro dal ricadere ancora una volta nell'equivoco, poich esso stesso pu
ancora essere pensato come un unit complessa derivante da un unit semplice (il big
bang originario). Pensare l'universo attuale in maniera monistica un involontario
assurdo gnoseologico, che conduce inconsapevolmente ad una visione della realt
distorta e sviante. quindi in tal senso che qui si auspica un corretto approccio
pluralistico a ci che plurale, evitando (almeno sul piano concettuale se non su quello
discorsivo) di cadere in quella sorta di metafisica "trappola monistica", che ci rende
spesso inconsapevoli del "ci che " perch consideriamo reale il "ci che si dice".
5
Le stelle sono corpi che danno luogo ad emissioni elettromagnetiche di vario tipo. La luce che noi
vediamo dipende dalla temperatura superficiale del corpo, che direttamente proporzionale alla
massa e alla velocit di rotazione. Contrariamente al nostro modo usuale di esprimerci quelle che
emettono luce "fredda" (le stelle azzurre) sono le pi calde, mentre quelle che emettono luce
"calda" (le stelle rosse) sono le pi fredde. Una stella azzurra come Riegel (8.000 volte pi grande
del Sole) ha una temperatura superficiale di 75.000 gradi Kelvin, una gialla come il Sole ha una
temperatura di poco meno di 6.000 gradi K e una rossa come Betelgeuse circa 3.000 gradi K.
Assumiamo qui il punto di vista esposto per primo dal biologo Jacques Monod alla fine degli anni
'60 e trattato nel suo saggio Il caso e la necessit pubblicato nel 1970.
7
A questo proposito sono estremamente interessanti i recenti sviluppi degli studi sull'apoptosi, il
suicidio cellulare. In realt risulta che le cellule non muoiono, ma "si suicidano". Ci avviene
attraverso la produzione interna di proteine-killer che "eseguono la sentenza" appena la cellula
diventa inutile o non pi coordinata con quelle vicine. In realt il processo assai complesso
poich entrano in gioco tre geni che producono altrettante proteine solo una delle quali l
"esecutore" la cui opera dipende per da una seconda, una sorta di "commutatore vita/morte", e
ad una terza (il "protettore") che rinvia l'esecuzione. Questo meccanismo risulta essere
sostanzialmente identico per tutti gli esseri viventi (J.C. Ameisen - Al cuore della vita - Feltrinelli
2001- pag. 75 e successive).
Teorie che ammettono una sola sostanza a cui tutto si riduce; ovvero una sola realt
fondamentale a cui sono riducibili eventuali realt apparenti.
9
La psiche, nella sua tendenza alla conservazione e al risparmio di energie nervose, spinge sempre
le facolt intellettive a formulare una "visione del mondo" appagante e tranquillizzante.
10
Mi riferisco qui ad alcune recenti ipotesi cosmologiche, che considerano il nostro universo
soltanto come "uno dei tanti" nati dal big-bang iniziale.
11
Chiamiamo ambito il "campo" di realt in cui un dato ente si manifesta ed esiste. Mi scuso se
sono fin d'ora costretto a introdurre alcuni termini ad hoc. Dopo un iniziale tentativo mi sono reso
conto dell'impossibilit di utilizzare termini noti, ma impropri nel contesto del DAR, col rischio di
ingenerare equivoci poi difficili da dissipare.
che non per noi conoscibile in senso stretto, ma di cui possiamo intuire lesistenza e
alcune sue caratteristiche. Limportante poter stabilire se tale intuizione ha una base
universale e quindi pu essere considerata comune ad ogni uomo e non a
"eccezionalit" individuali (vere o presunte), che potrebbero dar luogo a frutti di tipo
"rivelativo" o "creativo" inconsistenti sul piano del reale a tutti accessibile. La negazione
da parte del DAR di ogni antropocentrismo si estende anche ad ogni giudizio di valore
circa gerarchie biologiche o metafisiche (uomo "re" del creato, nobilt del bene [per noi
e magari a discapito di altre specie] rispetto al male, ecc.) strettamente connesse
allantropocentrismo.
La nostra ipotesi pluralistica tuttavia implica anche un altro aspetto, non meno
importante dal punto di vista gnoseologico, quello di staccarsi dalla concezione
delluniverso e delle sue parti come una realt allinterno delle quali viga una sorta di
continuit strutturale. Ci basato prevalentemente su degli apriori puramente
intellettualistici e privi di alcun riscontro nella realt. E questo avviene soprattutto
perch luomo spesso ha applicato alla realt "qual" i concetti di come "dovrebbe
essere", o meglio, di come "vorrebbe che fosse" in base a pregiudizi, a dogmi ideologici
o a richieste psichiche simili a quella gi citata di "unit e omogeneit" che hanno
condizionato diffusamente e pesantemente anche le teorie scientifiche. La realt, per
contro, si presenta per lo pi costituita da elementi "discreti" (distinti), ma sempre
allinterno di una sintesi funzionale che pu essere solo erroneamente interpretata
come una continuit strutturale. Sotto questo punto di vista un esempio illuminante ci
viene dalla struttura pi complessa ed evoluta della materia vivente (il nostro cervello),
costituito da centinaia di miliardi di cellule specializzate tra loro strettamente connesse,
ma recanti ognuna una funzione singola e specifica allinterno del comportamento,
apparentemente univoco, del sistema nervoso e della mente.
Senza addentrarmi ulteriormente in ci che sar esaminato in seguito mi limito qui ad
anticipare che il DAR suppone (allinterno di una realt probabilmente "plurale") una
realt antropica "duale", poich, oltre alla materia, realt primaria che ci circonda e ci
costituisce, ci dato intuire una seconda realt ad essa irriducibile, che si rivela in
generale nel mondo dei sentimenti e pi in particolare negli affetti, nelle emozioni
estetiche, nelle commozioni etiche, negli entusiasmi della scoperta e della conoscenza.
Se vero infatti che la materia, in ogni sua forma, si rende evidente, percepibile e
computabile nella percezione e nellanalisi razionale, non meno vero che quest"altra"
realt altrettanto evidente nellintuizione e nella sensibilit individuale. Il vero
problema gnoseologico consiste nel poter stabilire se questa seconda realt sia alla fin
fine riducibile alla prima, come un suo particolare modo dessere e di manifestarsi,
oppure (ed la nostra tesi) resti ad essa irriducibile.
Nel ribadire che uno dei criteri fondanti del DAR quello basato sul riconoscimento di
una funzione della nostra mente (di tipo "extraintellettivo") di intuire una sfuggente
realt extramateriale, anticipo qui che il rapporto tra tale realt(intuita) e la funzione
mentale(intuente) probabile che si verifichi in modo analogo a quello per cui la terra
concerne la zampa che la calca, l'acqua la pinna che la fende o l'aria l'ala che vi si libra12.
I nostri corpi animali sono infatti costituiti da elementi che traggono la loro forma e la
loro funzione dalle informazioni sulla realt esterna, che attraverso l'evoluzione
biologica il genoma ha ricevuto ed elaborato per meglio "adattarli" all'ambiente
naturale, perci non si vede per quale ragione una parte specializzata del nostro
cervello non possa accedere ad informazioni, per quanto labili, su una realt intima che
favorisce o determina il sorgere di nostri particolari stati d'animo, i quali non possono
essere semplicisticamente e acriticamente ridotti alla pura attivit elettro-chimica delle
nostre cellule cerebrali.
12
La tesi che il corpo animale sia il risultato di un elaborazione genetica di informazioni acquisite
sulla realt esterna di Konrad Lorenz, ed sostenuta specialmente in due sue opere
fondamentali: L'altra faccia dello specchio (1973) e Natura e destino (1983). Per Lorenz "vivere"
soprattutto "imparare" e acquisire informazioni sulla realt che ci circonda. L'adattamento
evolutivo quindi un'acquisizione di sapere per cui <<[...] all'interno del sistema vivente si forma
una riproduzione del reale mondo esteriore>>.
Stato di equilibrio a cui la psiche (insieme col resto del corpo) tende, evitando esperienze
spiacevoli sia mentali che corporee. Ci condiziona anche le attivit dell'intelletto e della ragione,
che nelle loro formulazioni devono fare i conti con le inerzie di essa.
14
Introduciamo qui (e lo useremo alternativamente a concezione del mondo) la parola tedesca
weltanschauung, che letteralmente significa "visione del mondo", tradotta in italiano (oltre che
con concezione d.m.) anche con intuizione d. m. Essa ormai sufficientemente nota in filosofia e in
psicologia, e praticamente utilizzata in tutte le lingue come termine unico esprimente il concetto
citato.
15
Come si vedr pi avanti il DAR pone e considera quattro "funzioni" principali della mente, che
vengono chiamate organizzazioni mentali, in quanto componenti strutturali e funzionali
logicamente "individuabili" all'interno dell'operativit integrata del nostro cervello. Esse sono la
psiche, l'intelletto, la ragione e l'idema (nucleo dell'individualit). Questo tipo di operazione
euristica, per "suddivisione funzionale" della mente, che stata chiamata procedimento partitivo
verr esposta e spiegata pi avanti.
strada. E tuttavia il vero problema resterebbe un altro: che le scienze per la loro
natura continuerebbero a non essere in grado di fornire alcuna risposta alle grandi
domande metafisiche, poich il loro campo d'azione e rester soltanto l'universo
"nella sua materialit"16.
Nella prospettiva che ipotizzo per i creduloni salvare la propria integrit psichica e
vivere in pace, potrebbe forse rimanere ancora relativamente facile, poich sulle
ceneri dei grandi sistemi religiosi potrebbero proliferare schiere di millantatori, che
saprebbero fornire abili risposte utili e mirate, in pacchetti ben confezionati e
garantiti, col determinante ausilio di fantascientifiche e sofisticate tecniche
d'informazione e persuasione, che in avvenire certo non mancheranno. E tuttavia mi
domando se anche questo scenario caotico, sempre pi mistificato e precario,
potrebbe spingersi molto lontano nel tempo. D'altronde, comunque, prima o poi, le
generazioni a venire dovranno finalmente rassegnarsi all'assenza di un Dio creatore
e trascendente. Con questa assenza dovranno confrontarsi e gestire al meglio le
possibilit di elaborare, o semplicemente fornire, un'accettabile risposta alle loro
legittime istanze esistenziali ed escatologiche.
In ogni caso le persone pi riflessive e meno inclini alle suggestioni potrebbero
essere destinate a pagare il prezzo pi alto. Probabilmente conoscerebbero,
inevitabilmente e in modo improvviso l'abisso nichilistico del materialismo radicale e
nella ricerca della via d'uscita da esso ognuno rischierebbe di restare solo,
sperimentando quella disperazione in cui noi, o almeno "alcuni" di noi li avranno
preceduti. Tuttavia va ribadito: prima o poi, per tutti, le elusioni, le rimozioni, le
messe tra parentesi, le fedi di rimpiazzo, potrebbero arrivare al loro estremo confine
e ognuno dovrebbe angosciosamente interrogarsi, per cercare di trovare la visione o
concezione del mondo (la weltanschauung) pi coerente con i suoi dubbi e le sue
aspettative. Allora potrebbero nascere, al limite, milioni di filosofie individuali, che
soltanto per i pi fortunati riuscirebbero a diventare credenze17. Sono i "modelli"
metafisici a cui accennavo sopra e dei quali il DAR, senza alcuna pretesa di costituire
una visione unica ed esaustiva, si porrebbe e si proporrebbe come antecedente.
16
Il DAR considera l'universo come una entit complessa dal carattere metaforicamente
"spugnoso". In essa tutta la realt "percepibile" nasconde un'altra realt soltanto "intuibile", la
quale riguarda quell'ambito che ci rimane ignoto, a causa delle "lacune" della nostra percezione.
17
Col termine di credenza intendiamo l'assunzione veritativa di un concetto o di un insieme di
concetti su di un oggetto del pensiero (fatto, situazione, testo, testimonianza, ecc.) ritenuto reale,
indipendentemente da ogni ratifica empirica o razionale. La credenza ha quindi carattere
prevalentemente irrazionalistico anche se basata su elementi di razionalit.
Queste filosofie individuali potrebbero essere inoltre libere da ogni tributo verso le
filosofie "dotte", che nel frattempo saranno diventate ancora pi raffinate,
pleonastiche ed astruse. Esse, con tutto il loro tecnicismo logico-dialetticoermeneutico, finiscono gi ora per rivolgersi soltanto ai conoscitori della filosofia e
non a quelli (e sono sicuramente la maggior parte) che ne sono completamente
digiuni. Sicuramente a questi ultimi, anche in futuro, le filosofie dotte, auliche,
intellettualistiche, continueranno a risultare totalmente astratte e impraticabili,
quindi inutili. Ma forse di questo ai filosofi di professione continuer ad importare
un bel nulla. L'estrema intellettualizzazione della filosofia accademica sembra
avviata verso una esiziale incapacit di formulare delle interpretazioni dell'universo
e della vita adatte all'uomo comune. Formulare sistemi filosofici esaustivi,
ragionevolmente credibili, e nel contempo direttamente trasferibili nella pratica del
vivere, quali cornici esistenziali di riferimento, sembra essere compito impossibile o
non interessante per la filosofia dotta, che preferisce esercitarsi in oziose
raffinatezze dialettiche. All'opposto, quelle che ho ipotizzato come filosofie del
futuro, individuali o personali, ingenue o antintellettuali, potrebbero avere la
prerogativa di essere immediatamente utilizzabili nella realt quotidiana, poich con
l'adozione a concezione del mondo di una di esse "ne andrebbe" dell'esistenza di chi
le formula o le adotta. Esattamente come succede con le religioni, che al di l dei
loro dogmi e dei loro precetti, vengono, nella maggior parte dei casi, pi o meno
inconsapevolmente, modellate ed adattate alle singole istanze esistenziali e
utilizzate come "guide al vivere". N il termine "individuale" o "personale" pu
significare che ognuno dovrebbe necessariamente inventarsi una filosofia, ma
soltanto che ognuno potrebbe "decidere" se esercitare la sua libert individuale e
con essa "scegliere" una concezione della vita e della morte che gli permetta di
continuare a sentirsi intellettualmente libero, utilizzando o non utilizzando i modelli
pi consoni alla realt che risultino gi disponibili.
Questo mio discorso certamente allarmer qualcuno. Ma allora che ne della
"verit"? Noi riteniamo che il termine abbia assunto significati cos equivoci
(specialmente in campo religioso) che risulti opportuna una sua cassazione (ad
eccezione del campo logico-matematico) a favore di quello di realt, su cui avremo
occasione di ritornare. piuttosto interessante notare che un'interpretazione
pragmatica del termine "verit" (a tutto favore del valore psichico-pratico delle
ambigue verit religiose) quello avanzato da William James18, il quale sosteneva
18
Mi riferisco a quanto esposto nel suo The will to believe - 1897 (La volont di credere).
che una verit "per essere vera" deve anche "funzionare" nella vita pratica. Ci in
parte giusto, ove si consideri che senza un po di ragionevole pragmatismo
veramente difficile districarsi nei meandri delle idee (talvolta intrinsecamente
ambigue), specialmente quando si tratti di sintonizzarle con i problemi della vita
reale. Evidentemente qui io sto avanzato delle ipotesi, coniugandole col discorso
discretamente relativistico di chi convinto che (anche con tutte le nuove
conoscenze che l'uomo potr acquisire nel futuro) permarr comunque un immensa
area di congetture e ipotesi immerse nel buio della pi profonda ignoranza. Ma per
la dignit dell'uomo (consapevole di s) ci potrebbe essere sempre preferibile
all'acquiescenza di false verit propinate dalla tradizione ed accolte in maniera
acritica e irrazionale.
Il problema infatti, per parlare chiaramente, quello di tentare e ritentare di
avvicinarsi razionalmente, ma anche intuitivamente, a quella realt extrafisica che la
nostra intuizione ci conferma ogni giorno, la quale per e rester per l'uomo
assolutamente inconoscibile, a causa della nostra strutturale incapacit, in quanto
costituiti da materia, di uscire conoscitivamente dall'ambito di essa. Di altro dalla
"materia noi possiamo avere solo delle intuizioni e su esse costruire delle ipotesi, e
sulle ipotesi costruire persino dei sistemi pi o meno ragionevoli. Ma con tutto ci
non potremo mai pretendere di aver superato un'insoddisfacente relativit
conoscitiva.
Quella che cercher di esporre vuol essere perci la traduzione, nei termini cui ho
accennato, di un modo antintellettuale di fare filosofia, che deve derivare
dallesperienza reale della "vita vissuta" e che in quanto tale deve valere "per la vita"
e non "per la cultura". Ma nello stesso tempo penso che si debba avere il coraggio
intellettuale di addentrarsi attraverso i meandri di una riflessione libera e che
prescinda dai rigidi canoni della ragione, senza che ci significhi concedere pi di un
nulla allarbitrio di gratuite formulazioni irrazionali o di pura fantasia.
Il mio personale modo di pensare il mondo e la vita ritengo sia stato lesito
fortunoso e fortunato di un travaglio esistenziale che non ritengo neppure
particolarmente originale, in quanto comune a quei moltissimi individui che non
sono riusciti a rinunciare al proprio senso critico e che sono diventati pertanto
"incapaci" di credere in una qualsiasi delle grandi menzogne istituzionalizzate che
fondano per lo pi le religioni. N voglio nascondere la mia relativa presunzione:
quella di ritenere che la mia fortuna sia stata di trovare (o forse soltanto di illudermi
di aver trovato?) il filo di Arianna che conduce fuori dal penoso labirinto che
generano quell'incredulit e quel dubbio che ci tocca sperimentare di fronte a ci
che abusivamente viene gabellato per verit e che, pi o meno chiaramente,
avvertiamo circonfuso del dolciastro profumo dell'impostura. Ma voglio anche
aggiungere subito che "anche" con un certo disagio che assumo questa posizione
decisamente antireligiosa, poich molte persone a me care, e che stimo, vivono
intensamente e proficuamente la loro fede.
Il disagio che incontro nelle mie enunciazioni antireligiose deriva anche dal fatto che
la mia adolescenza (come dir pi avanti) si svolta nella fede cristiana e che la mia
prima formazione avvenuta in quel contesto. Non posso neppure dimenticare il
fatto che, sul piano etico, io ho a suo tempo introiettato i fondamenti del
cristianesimo e che essi, in qualche misura, probabilmente condizionano il mio
stesso ateismo attuale. Tuttavia come potrei "eticamente" astenermi dal dichiarare
ci che in qualche modo all'origine di questa proposta filosofica? Per questo
ammetto che la mia intima convinzione che la credenza in un essere superiore,
padre e padrone, non sia altro che l'autoproiezione dell'uomo nella trascendenza,
esorcizzando ad un tempo l'ingiuria dell'ignoranza e la paura della morte. Ci poi
press'a poco quanto gi oltre un secolo e mezzo fa aveva visto lucidamente Ludwig
Feuerbach19, il cui pensiero io considero fondamentale al fine di collocare nella
corretta prospettiva lipostasi divina e i suoi correlati.
Non posso neppure astenermi dal precorrere una domanda probabilmente
emergente, poich qualcuno si domander certamente il perch di questo libretto
(la logica vuole che si scriva ovviamente per farsi leggere) e, in definitiva, a chi esso
si rivolga veramente. E' evidente il non poter ragionevolmente sperare che qualche
aristocratico filosofo di professione possa sprecare il suo tempo a scorrerlo, se non
altro per una questione di "classe" culturale; n posso sperare che lo facciano gli
appassionati della filosofia tradizionale, che in base a questa passione si rivolgono a
ben altri testi; n ovviamente i credenti, i quali cercano semmai conferme alla loro
fede e non certo ci che la metta in discussione.
Per quanto sopra esposto io intendo rivolgermi a quella vaga categoria costituita
dagli uomini "della strada", proponendo una filosofia alla buona, che mi piace
chiamare appunto "stradale". Ma mi rendo conto che a ben vedere anche il discorso
19
della "stradalit" non che sia tanto chiaro: a quali uomini della strada potrebbe
interessare la mia filosofia "alla buona" e antintellettualistica, ma pur sempre
filosofia? Chi che oggi, col vivere frettoloso e sovraimpegnato che tutti sovrasta e
vincola, assediati da mille proposte per il tempo libero, dovrebbe impegnarsi nella
lettura di un libro che viene dal nulla dell'anonimato insignificante del sottoscritto,
per chiedersi se valga il tempo perduto a scorrerlo? La risposta : non lo so. Ho
confezionato un oggetto che so a che cosa serve, ma non so se qualcuno se ne
accorger. Infatti la mia una scommessa: quella di chi, ludicamente, vada al largo
con una barca e lanci la sua speranzosa bottiglia con quel messaggio che forse
nessuno potrebbe leggere. Daltra parte il gioco, come si vedr, un tema
importante per il DAR e io vorrei proprio imprimere a questo mio tentativo minifilosofico quel tanto di giocoso che vi sempre in tutte le imprese disperate.
Desidero ancora aggiungere che un fine non secondario di questo trattatello "alla
buona" sarebbe innanzitutto quello di riuscire a farsi leggere senza annoiare. D'altra
parte, lo scopo del DAR non pu essere quello di convincere, n di ricevere consenso
per far proseliti, ma di offrirsi come qualcosa di anticonvenzionale di cui prendere
visione e di proporsi come "concezione del mondo" nuova, sulla quale almeno
riflettere. E semmai di porre, in termini corretti, il problema della possibilit che
esista una sfuggente realt al di fuori della materia e che ci sia razionalmente
sostenibile, senza contraddire il quadro generale che le scienze ci offrono. Nel
contempo, non lo nego, io cercher di smascherare gli abusi strumentali e impropri
che le ideologie religiose (non senza meriti "storici" in termini esistenziali) hanno
costruito sul falso concetto di "spirito", facendone un entit creatrice, legislatrice e
dominatrice, che nei suoi stessi termini quanto di pi "materiale" si possa
immaginare, come spero di dimostrare.
Sono stato costretto ad introdurre questo nuovo termine, che a grandi linee abbastanza vicino
a quello tradizionale di "spirito", perch quest'ultimo ha assunto nelle religioni un significato
divino e trascendente incompatibile col dualismo, che pensiero ateo e immanentistico. Il termine
aiteria , col significato indicativo di "sostanza eterea", una libera derivazione dal greco iter che
significa appunto "etere". Il termine venne utilizzato prima da Empedocle per indicare l'aria, poco
dopo da Anassagora che lo utilizz al posto di "fuoco", quindi Aristotile nel De Caelo lo indic come
la "sostanza sottile", ingenerabile e incorruttibile, che costituisce il cielo. Pi tardi in ambiente
aristotelico assunse il significato di "quinto elemento" oltre ai classici quattro (terra, acqua, aria,
fuoco).
21
Il divenire lo scorrere della realt generale dell'universo, per cui tutto instabile e si trasforma
in forme della materia, specialmente vivente, che non "sono" mai definite ma che "divengono" in
continuazione. Il termine venne posto da Eraclito per primo nella storia del pensiero europeo,
quale principio cosmologico che il pensatore espresse con la nota espressione: "panta rei" (= tutto
scorre).
22
Si anticipa qui che l'intuizione facolt dell'intelletto, il quale, contrariamente alla ragione (che
opera per deduzione e induzione) la possiede come facolt primaria. Ma l'intuizione dell'aiteria,
come di tutto ci che la riguarda, potrebbe essere considerato un caso particolare di funzione
congiunta tra intelletto ed idema, da ci la supposizione dell'esistenza di una sensibilit intuitiva,
quale facolt idemale che concorre con l'intuizione all'accedere dell'uomo all'aiteria
molto dissimili da quelli delle fedi religiose che contestavo, ancorch con significati e
denotazioni totalmente nuovi.
Tuttavia, anche se essa aveva risolto i miei problemi esistenziali e si offriva a me in
termini convincenti, non era certo esente da pecche di "presentabilit", e mi
rendevo conto che, se volevo rendere essa anche comunicabile, dovevo riuscire a
porne e chiarirne i suoi termini teorici, insieme con i suoi aspetti strutturali, secondo
criteri, diciamo, di presentabilit. Cos, sia pure in modo non continuativo, ci ho
lavorato sopra per diversi anni, fino ad elaborare una "forma" di essa che mi sembra
ora decente e proponibile. Perci mi sono deciso a mettere il mio messaggio nella
famosa bottiglia e a cercare di farle prendere il largo, sperando che esso finisca in
buone mani. Questo testo l "uscita" pubblica, in forma discorsiva, di quella lunga
riflessione sulla vita e sul mondo e che qui si offre al giudizio dei lettori, speriamo
numerosi e soprattutto non troppo severi.
Vorrei fare adesso un ulteriore passo indietro, per raccontare qualcosa di me e
offrire un sommario ritratto del "produttore" per aiutare a capire pi facilmente il
suo "prodotto". Io venni battezzato e cresimato, anche se nella mia famiglia la fede
cristiana era poco pi di una convenzione. Una famiglia poverissima, ma soprattutto
economicamente "disastrata", per effetto della guerra e delle speculazioni sbagliate
del capofamiglia. Mia madre, di origine cittadina, era una donna discretamente colta
e dolcissima, che credeva troppo negli affetti per essere anche una donna fortunata.
Mio padre, di origine contadina (ma attratto dalla citt) era un uomo arido e
calcolatore, ambiziosissimo e frustrato da ripetuti insuccessi professionali ed
economici, il quale ebbe un'evoluzione in senso radicalmente materialistico, che per
quanto ricordi matur nel periodo in cui ero ancora bambino. Ci produsse un certo
contrasto tra noi quando io cominciai a frequentare la parrocchia del quartiere,
entrando presto nell' Azione Cattolica e pi tardi diventandone un capo gruppo
"Aspiranti"23. In realt l'opposizione di mio padre era pi di carattere politico che
confessionale: avendo aderito al Partito Comunista24 egli considerava la chiesa
cattolica alleata a doppio filo con la classe borghese dominante e naturalmente nei
classici termini dell'epoca " i borghesi e i preti" agivano di concerto nell'affamare il
"proletariato" e mantenerlo nellignoranza. Allora l'Azione Cattolica era molto
23
Si trattava della categoria che precedeva quella di "Giovani" (dai diciotto ai trenta) a cui seguiva
quella degli "Uomini" di Azione Cattolica.
24
Il PCI (Partito Comunista Italiano) dopo il collasso dell'Unione Sovietica nel 1989 divenne PDS
(Partito dei Democratici di Sinistra) e successivamente DS (Democratici di Sinistra).
politicizzata e alle elezioni del '48 io collaboravo in favore della Democrazia Cristiana
nei cosiddetti "comitati civici", mentre mio padre sbavava di rabbia, sostenendo che
i preti mi avevano plagiato. In tutto ci mia madre era apparentemente neutrale,
anche se in realt stava dalla mia parte. Mio fratello, maggiore di quattro anni, non
era credente, ma il suo anticomunismo era ancora pi vivace del mio e anche per
questo i suoi rapporti con mio padre erano pessimi. A parte questi dettagli, va
aggiunto che il matrimonio tra i miei genitori era un qualchecosa che
eufemisticamente si potrebbe definire "disastroso", ma su questo argomento
preferisco non dilungarmi.
A diciotto anni ci fu una svolta che mi port ad abbandonare la chiesa e la fede e ad
avviarmi sul sentiero di un agnosticismo attendistico che dur una decina d'anni,
finch si evolvette in una direzione decisamente atea e materialistica,
conducendomi anche su posizioni politiche di estrema sinistra, con una virata a
centottanta gradi rispetto a quelle adolescenziali. Ma fu solamente verso i
quarant'anni (gi sposato con due figli) che riflettendo ulteriormente giunsi a
radicalizzare il mio materialismo fino a dovere, per coerenza, negare realt o almeno
consistenza a tutto ci che avevo sempre considerato parte nobile e "sale" della mia
vita: alludo ai sentimenti, agli affetti, alle emozioni dell'arte e della musica, agli
entusiasmi della scoperta fine a se stessa del mondo e delle sue forme ed
espressioni. Tutto ci, nellottica materialista, "doveva" essere riducibile alla materia
e in essa annullarsi senza lasciare alcuna traccia reale. Certo, restava la possibilit
che quelle cose fossero un epifenomeno25 della materia, con una certa sussistenza
almeno durante il corso della vita, ma tuttavia irrimediabilmente apparenti,
inconsistenti e caduche.
Si accese in me un conflitto tra le ragioni del materialismo e il "senso" del vivere; ci
mi precipit in una crisi esistenziale che dovetti patire per una decina d'anni e al
termine della quale, luce in fondo al tunnel, apparve l'intuizione della realt quale
totalit solo fittiziamente unitaria di almeno due costituenti in realt "separati": la
materia e ci che pi tardi avrei chiamato aiteria. Ci rendeva ragione di molte
incongruenze di cui la mia caotica concezione del mondo irrimediabilmente soffriva e
il magma delle mie idee cominciava ad assumere una struttura coerente e
sostenibile, almeno per me in quel momento, che non avrei mai osato sperare
allinizio.
25
Con questo termine alcuni positivisti inglesi (Huxley, Clifford, ecc.) definirono fenomeni
secondari o accessori di quelli corporei come per esempio la coscienza.
Lignoto e la verit
Penso di poter dire che noi siamo immersi e navighiamo faticosamente nellignoto e
che chi afferma dogmaticamente di possedere la Verit dica sempre il Falso,
consapevolmente o inconsapevolmente. Lignoranza ci appartiene strutturalmente e
ci impregna, perci come se noi appartenessimo ad essa, in special modo quando
ci si addentra in certe esperienze intime o interpersonali che esorbitano dallambito
in cui utilizziamo il pensiero razionale e col quale indaghiamo le sicure evidenze della
materia, che peraltro ci fonda, ci costituisce e ci avvolge. Perci lignoto va accettato
come nostro limite e come invincibile avversario esistenziale. Noi con esso
conviviamo e ci confrontiamo continuamente, come un orizzonte oscuro in cui forse
potrebbe celarsi quell'essere stabile a cui tende ogni essere vivente, condannato
invece a vivere la precariet del divenire(o essere dinamico).
La parola verit e gli aggettivi che ne derivano sono ineccepibili nel loro uso comune
di corrispondenza, di verificabilit, di coerenza, ecc. (verit logiche). Quando per
vengono usati in senso trascendentale (verit metafisiche) costituiscono quanto
meno un abuso e molto spesso una volontaria mistificazione. L'utilizzo che stato
fatto di questa seconda accezione della parola in campo religioso e filosofico non
soltanto mistificante, ma anche fortemente sviante. Bisogna stare attenti a non fare
del concetto di verit un feticcio, poich la facile aspettativa di assolutezza va tenuta
a freno con lesercizio continuo della ragione, che ci offre della realt uno scenario
di relativit diffusa. La verit metafisica l'ambiguo reciproco della condanna
gnoseologica a cui soggiaciamo, che ci lascia intravedere soltanto quella relativit
totale del divenire nostro e del mondo, il quale, come un caleidoscopio in continua
rotazione ci presenta un aspetto sempre mutevole, e a volte contradittorio, della
realt.
Ritengo che l'esigenza di assolutezza e di certezza, che psichicamente pure ci assilla,
cos come laspirazione ad un futuro in cui vengano conciliate tutte le contraddizioni
del divenire, dovrebbero ormai insospettire luomo contemporaneo, che dispone di
una ormai secolare esperienza nellindagine psicologica e psicanalitica i cui risultati
chiarificatori sono sufficientemente confermati e inoppugnabili. Credo che risulti
ormai evidente come quelle esigenze psichiche (alle quali gi abbiamo accennato a
proposito dellomeostasi) possano fungere da oscura trappola, a favore di
quellideologia religiosa che ci propone una salvazione a buon mercato a fronte di
una "condanna" di cui saremmo oberati ab origine. Rispetto a tale teorema
Tratteremo a suo tempo questo argomento all'interno del Capitolo 6 (6.3 - La moira).
Il senso del sacro, dai teologi tematizzato come "innato" e rivelativo della nostra dipendenza da
un Dio creatore stato oggetto di numerose analisi storiche, filosofiche e psicanalitiche. Uno dei
saggi pi approfonditi e interessanti su questo argomento Il sacro. L'irrazionale nell'idea del
divino e la sua relazione al razionale (1917) di Rudolf Otto, nel quale si ribadisce il carattere
irrazionale del senso del sacro e la necessit di liberarsi di ogni condizionamento razionalistico
nell'approccio al fenomeno religioso.
27
28
Il concetto di sofferenza che il dualismo pone come tema centrale va tenuto distinto dal senso che
ad esso attribuisce la filosofia orientale e in ispecie il Buddhismo. Pi avanti si preciser come la
sofferenza non sia qualcosa da "superare" ma qualcosa da "vivere" come correlato del divenire.
29
F. Nietzsche - Il crepuscolo degli idoli (ovvero: Come si filosofa col martello) - 1889.
In termini freudiani si potrebbe dire che il caos, l'indeterminazione e la pluralit causale possano
determinare un' investimento psichico troppo elevato, e che il conseguente dispendio energetico
aumenti la pressione dell'es sull'io, spingendolo alla formulazione di pensieri meno perturbativi.
31
Sono noti i turbamenti di Albert Einstein di fronte all'indeterminismo della Meccanica
Quantistica e i suoi ripetuti tentativi di trovare un principio unitario che potesse spiegare tutto il
mondo fisico.
30
32
L'opposta frangar non flectar (mi spezzo ma non mi piego) una famosa massima della retorica
romana dell'eroismo virile.
33
Si ricorda che la fenomenologia hegeliana (processo dialettico degli opposti) si basa sulla tesi
(che si pone), sull'antitesi (che le si oppone) e sulla sintesi (che le supera unificandole entrambe in
s).
34
Chiamiamo relazione la situazione che si verifica tra due o pi entit "in equilibrio", che nella
diversit o nella opposizione restano uguali a se stesse senza mai "risolvere" verso un'unit che le
annulli.
Secondo Aristotile la causa finale il fine o lo scopo di qualsiasi azione. Nella teologia
l'argomento della c.f. porta alla necessit di Dio, che anche causa prima.
Intuire linconoscibile
Nel proporre questo libretto devo anche evidenziarne subito un evidente limite:
quando parlo dellaiteria, e di ci che la concerne, so bene di non poter offrire alcun
elemento di conoscenza vera su di essa. Daltra parte il DAR, nel suo porsi come
proposta che sfocia da una ricerca sull'irriducibile alla materia, quale superamento
dello spirito della tradizione, si discosta totalmente da tutte le ipostasi religiose dello
spirito (nei termini e nei modi), ma non meno da tutte quelle laiche (siano esse
filosofiche oppure parapsicologiche) che lo hanno posto e lo pongono in termini
teorici od escatologici36. Ed proprio per questa distanza che lo separa da esse ho il
dovere di ammettere preliminarmente la mia "ignoranza" (in senso stretto) su ci
che sia veramente lambito extrafisico che ho proposto. Perci, quando tratto
dellaiteria, sono consapevole di non poter fare appello alle facolt razionali del
lettore, in quanto funzioni mentali "deduttive e computazionali", ma devo ripetere
ancora che essa pu invece essere soltanto oggetto di una facolt ma devo ripetere
che essa pu invece essere soltanto oggetto di un'operazione sinergica tra intelletto
ed idema, vale a dire conseguente all'attivit intellettiva di una facolt come
l'intuizione coniugata con l' idemale sensibilit intuitiva. Ci non significa che la
ragione rimanga estranea a questa operazione, poich ad essa va affidato il
controllo delle asserzioni concernenti laiteria affinch esse siano sempre
perlomeno conformi a ci di cui possibile avere nozione, poich tali asserzioni non
debbono mai confliggere con le conoscenze certe che la ragione stessa ratifica.
Quindi, sicuramente, questa rimane una "guida" per lelaborazione dualistica, ma
non pu esserne sempre anche "strumento". Questa la ragione per cui devo
introdurre ed accennare preliminarmente a quellaltro strumento (lintuizione) a cui
ho affidato le "ragioni" della filosofia che propongo per quanto concerne tutto ci
che non percepibile, conoscibile e razionalizzabile.
Solo di ci che percepibile (dai nostri sensi o da adeguati strumenti scientifici)
possibile infatti una vera conoscenza, anche se pur sempre in termini antropici. E
tuttavia la nostra nozione della realt non pu limitarsi a questo. Se cos fosse
sarebbero irreali la maggior parte delle origini e delle cause delle nostre emozioni
pi profonde e incisive. Quindi negare realt, per un riduttivo concetto positivistico,
a tutto ci che esorbita il "verificabile" un autolesivo chiuderci gli orizzonti. Le
36
nostre facolt mentali al di fuori della ragione sono cos vaste che nessuna persona
"ragionevole" se ne pu privare. Bisogna guardarsi da ogni forma di autosuggestione
e illusione, ma occorre tenere presente che il nostro intelletto si rapporta al mondo
per lo pi attraverso vie non-razionali. Tra queste, la pi importante certamente
lintuizione.
Lintuizione, come concetto filosofico, ha una storia curiosa che vi risparmio, La sua
validit come strumento di conoscenza stata posta e negata, esaltata e deprecata,
divisa per tipologie di conoscenza, ecc., fino a Kant, che con laggettivo di
"intellettuale" lidentific addirittura colla creativit divina. Nel DAR la funzione
dell'intuizione quella di guidare la presa di contatto (sinergicamente con la
sensibilit intuitiva, di cui si dir) con ci che abbiamo posto come "irriducibile" alla
materia. Noi infatti non possiamo percepire laiteria in modo diretto perch la
nostra materialit ci separa da essa e tuttavia, attraverso una particolare funzione
della nostra mente (come si vedr nel prossimo paragrafo) ci concesso di
introiettarla ed elaborarla, nonch rilevarne anche alcuni suoi aspetti distinti e
tematizzabili, che tratteremo a suo tempo.
Va tuttavia sottolineato che il politeismo pagano, basato sul mito, era una forma assai pi
poetica e adeguata della complessit e pluralit della realt che ci circonda; e soprattutto assai
meno dogmatica e dottrinaria.
38
Intendo riferirmi soprattutto all'idealismo hegeliano, quale espressione di una visione
puramente intellettualistica e irrealistica dell'uomo e del mondo.
Non sono certo che la mia ipotesi sulla pluralit dell'universo e il conseguente
dualismo della realt antropica, nonch l'accenno ad un misterioso futuro (l'aiteria)
che potrebbe attendere un "prodotto" (l'idioaiterio)39 di quella nostra particolare
funzione mentale che l'idema40, possano costituire nel loro insieme una tesi
convincente. E tuttavia si tratter almeno di una debole voce contro la tirannia
monistica che ha imperversato nei secoli e ha messo in ombra ogni alternativa
pluralistica, di cui il DAR (in quanto filosofia che ha per oggetto l'uomo pi che
l'universo) una sottospecie41.
Come abbiamo gi visto il fascino dell'unit e dell'unicit, come d'altra parte quello
dell'ordine, sono delle "costanti" nella storia del pensiero umano. Esse devono
evidentemente possedere, dal punto di vista psichico un elevato potere di
rassicurazione, ma evidente che ci non trova riscontri nella realt della nostra
esperienza e delloggettivazione scientifica, la quale invece ci offre unimmagine
plurale, complessa e caotica dell'universo in generale e della biosfera terrestre in
particolare; ancorch fortemente organica e integrata nella necessit, che
determina un certo ordine di carattere causale e conseguenziale.
Ripeteremo ancora che la maggior parte delle filosofie di successo e culturalmente
dominanti, in tutti i tempi, hanno sempre privilegiato o posto molto spesso proprio
l'unicit di una "causa prima", analizzando solo di seguito la pluralit degli effetti. Le
scienze, al contrario, sono sempre partite da un singolo effetto per ricercarne le
39
Il termine composto da idio (dal greco idios = proprio) e da aiterio (che sta per "elemento
aiteriale").
40
Purtroppo mi vedo costretto a introdurre qui il termine idema, che si apparenta in qualche
modo a quello di anima, da cui chiaramente deriva. Perch questa sostituzione? Perch il termine
anima, fatto proprio e sovraccaricato di significati trascendenti da parte della religione, ormai
inutilizzabile per il DAR. La parola deriva da una libera fusione di ide[ntit] e [ani]ma, ma anche di
ide[ntit] e [se]ma (significato) o se si vuole anche di ide[ntit] e [re]ma (flusso [della coscienza] ).
In definitiva il significato che attribuisco ad idema quello di nucleo ed essenza dinamica dell'
individualit.
41
Oltre a ricordare che alcuni cosmologi stanno sempre pi considerando la possibilit che il
nostro universo non sia che uno dei tanti esistenti (multiverso) vorrei far anche notare che la fisica
sta studiando l'ipotesi che l'universo sia costituito da molte pi dimensioni delle quattro canoniche
(tre spaziali + il tempo) e che vi siano forse (Teoria delle Superstringhe) altre sette dimensioni
nascoste (compattificate).Questa nuova teoria fisica (in continuo sviluppo) ha avuto nascita nel
1968 dalla brillante intuizione del fisico italiano Gabriele Veneziano, il quale, pi recentemente, ha
avanzato la rivoluzionaria teoria cosmologica del "Pre-big-bang", in base alla quale il big-bang non
altro che una fase importante, ma posteriore, della nascita dell'universo (per un sommaria
descrizione: Science &Vie n988 janvier 2000 - pp. 42-46 e New Scientist 3/6/2000 - pp.24-28).
molteplici cause. Ci delinea chiaramente la differenza tra come luomo da sempre "
vorrebbe" il mondo e come esso invece "sia" nella realt.
La realt duale
A partire dall'individualit
Perch "a partire dall'individualit" e non piuttosto dalla totalit? Per la semplice
ragione che una filosofia che intenda fondarsi sulla realt si deve basare su ci che
costituisce la realt "prima" percepibile "per noi"(che siamo i soggetti che
indagano), ed essa quella dell"io", o se si preferisce del "s". La totalit si riferisce
ad un'entit del tutto astratta e irreale, designabile soltanto come somma di tutti gli
enti reali, e in quanto tale un puro "flatus vocis" (un universale)42 per ripetere la
famosa espressione di Roscellino43.
Entrer nell'argomento dall'esterno, con un cenno storico sul pi significativo
pensatore moderno che abbia posto l'individualit e i suoi diritti a base di tutto il
suo pensiero. Questo pensatore, che si chiamava Max Stirner44, poco pi di
centocinquant'anni fa, poneva il problema della singolarit umana come "unicit"
assoluta, coniugando questa, in termini di "potenza" individuale, con il possesso e
lasservimento incondizionato di ogni oggetto sia reale (le cose) che virtuale (il
pensiero), dai quali doveva cessare ogni dipendenza fisica o psicologica. Stirner si
qualifica quindi come un filosofo eversivo, il quale bolla come "spirito" tutto ci che
si pone fuori dell'individualit e le impedisce di realizzarsi pienamente. La sua
pertanto una delle pi radicali visioni materialistiche del mondo e dellesistenza. Per
Stirner ci che "spirito" si manifesta come un insieme di "fantasmi", tra i quali si
collocano principalmente le religioni e gli umanesimi (siano essi cristiani o marxisti),
ma tra i quali compare inaspettatamente anche la libert, in quanto, nella sua forma
classica, sarebbe incapace di esprimere adeguatamente l'esigenza profonda che sta
alla base della realizzazione dell'unico, che non tanto un "liberarsi da" ma un
"impossessarsi di". Coerentemente con questo principio Stirner ci dice infatti che
anche la libert, pi che realizzata, va "posseduta" e analogamente il pensiero non
va esercitato ma, appunto, "posseduto". Alla base del possesso generalizzato che si
42
Mi riferisco alla cosiddetta "disputa degli universali, che ha contrapposto, tra l'XI e il XIV secolo i
cosiddetti "realisti", sostenitori della realt dei concetti generali applicati agli individui (come classi
o specie), e i "nominalisti" che negavano tale realt, sostenendo che solo i singoli individui sono
reali e ogni generalizzazione solo un nome, un "emissione di voce".
43
Filosofo e teologo francese del medioevo (fine XI sec.) considerato fondatore del nominalismo
riteneva priva di realt la Trinit (quale puro nome) e divine soltanto le tre persone prese
singolarmente.
44
Max Stirner (pseudonimo di Kaspar Schmidt) (1806-1856) viene anche considerato il maggiore
teorico dell'anarchismo individualista. Il suo capolavoro, a cui ci riferiamo, L'unico e la sua
propriet (1845).
Mi sono servito del pensatore tedesco per porre in termini chiari il tema di
unindividualit "forte", come stata da lui concepita, per poi rilevare la
paradossalit della sua tesi e contrapporle la nostra, che si incentra nel nucleo
dell'idema, come unicit non gi sul piano della materialit "necessitata", ma su
quello di una tendenzialit extramateriale libera dalle leggi fisiche. Daltra parte
lidema non un qualsiasi "ente" materiale che vive nell'istante del presente (come
l'individualit stirneriana) ma il "luogo" potenziale in cui avviene il "processo" di
elaborazione e formazione di qualcosa che "irriducibile" alla materia.
Il tema dell'individualit, che ho introdotto a partire dal pensiero di Stirner e sul
quale mi sono soffermato una delle basi su cui si costruito il DAR ed a partire
da esso che si potranno cogliere le grandi differenze con altre filosofie
immanentistiche (da quella di Buddha a quella di Spinoza) le quali ipostatizzano un
Nulla o un Tutto in cui l'individualit deve sciogliersi per conseguire la pace (il
nirvana) o la realizzazione di s nella totalit del Dio-Natura. L'individualit infatti
rappresentata soprattutto da quel "desiderio" di identit che il buddhista vuole
annullare del tutto, in quanto fonte primaria della sofferenza. Desiderio di identit
che stimola e inquieta, che tormenta ed esalta, ma che ci spinge ad ipotizzare un
naturale orizzonte di quel desiderio, che secondo il DAR un ambito in cui si
annullano le "apparenti" (o meglio "funzionali") qualit delle forme di aggregazione
della materia (in realt sempre riducibili a quantit)48 dove emergono quelle
autentiche, sfuggenti a tale riduzione quantitativa. Su questo punto diventa per
opportuna una sintetica precisazione sulla quale torneremo. Quando noi
dichiariamo "apparenti" le qualit della materia non intendiamo affermare che non
si possano attribuire delle "qualit" alle entit materiali, ma semplicemente che esse
non sono sostanziali all'oggetto che le mostra e quindi (si perdoni il bisticcio) si
tratta di qualit "non qualitative". In effetti le qualit inerenti la materia in realt
delle "funzioni" e non hanno mai "in s" le prerogative estetiche o affettive che noi
possiamo loro attribuire49.
Tuttavia il DAR, nel suo contrapporsi al Buddhismo e ad altre filosofie ascetiche (che
perseguono la fusione dell'individuo nel Tutto allo scopo di conseguire
l'affrancamento dalla sofferenza) non porta per nulla luomo a una situazione di
48
Il DAR, come si vedr pi avanti, correla da un lato quantit e necessit e dall'altro qualit e
libert.
49
Ci riferiamo ad esempio ai "seduttivi" colori e forme di vegetali e animali, che sono nella realt
"materiale" delle "funzioni" unicamente al servizio della riproduzione.)
costante "tensione", che in tal caso sarebbe l'esatto opposto di ci che si propone,
ma pone la sua "risoluzione" non nell'annullamento dellindividualit, bens
nell"assunzione" di essa come base di partenza dell'evoluzione positiva della
persona e della sua realizzazione. In altre parole, mentre le filosofie spiritualiste
monistico-immanentistiche, con le quali il DAR per alcuni versi si apparenta,
propugnano lo "scioglimento" dell'individualit nella totalit, esso ne ricerca invece
il "consolidamento" e la continua "formazione" qualitativa e distintiva, nel
perseguimento della "differenza" e non dell"omologazione"50.
Allora ripetiamo la domanda iniziale: perch a partire dallindividualit? Perch non
solo essa lunico reale sicuro e irrinunciabile per ognuno di noi, ma perch esso
rappresenta anche la "frontiera" della materia. solo nellindividualit che unentit
materiale perde il carattere intrinseco della quantit, per accedere a una qualit che
dalla materia deborda, entrando cos in contatto con quellambito che "" la qualit
stessa. Questa considerazione ci allontana quindi diametralmente da un
materialismo totalizzante dove l'individualit alla fine soltanto il pi nobile aspetto
della materia. Ed su questa base che possiamo dire ai materialisti irriducibili che
dal momento che il suono che sta alla base della musica di Beethoven o il colore che
anima gli affreschi Michelangelo sono delle pure quantit (delle frequenze acustiche
od ottiche) diventa indispensabile cercare nell'individualit dell'artista ci che
trasforma tale quantit nella qualit della musica o della pittura.
Ma c di pi: lindividualit non soltanto ci che ci fa pensare e amare (od odiare)
in un "certo modo", ma anche quella che ci fa parlare in quel certo modo, dire un
s o un no in un certo modo, sorridere in un certo modo, guardare in un certo modo,
camminare in un certo modo, ecc. Allora essa diventa il vero elemento "emergente"
della materia. Daltra parte agli spiritualisti vorremmo ancora chiedere quale senso
abbia umiliare lindividualit, (che qualit) per farla confluire in uno spirito
indifferenziato, nel quale essa raggiungerebbe una "perfezione" generalizzata ed
astratta. A noi pare unevidente contraddizione in termini: ci che si distingue dalla
generalit, in quanto qualit particolare, deve essere considerato un valore e non un
disvalore, e ci, ci pare, possa valere in generale. A meno che non si dica che lunica
virt sta nellobbedienza a un principio astratto e nellannullamento di s, nel qual
50
una filosofia da una religione: questa stabilisce quella "presenza" come certa per
dottrina, mentre quella l'avanza come proposta ragionevolmente concepibile ma
dubbia, per cui ci costringe (comunque e sempre) a cercarne verifiche e conferme.
Proposta che ognuno pu rifiutare, e in questo caso tornare all'alternativa secca
materialismo/teismo, oppure prenderla euristicamente in considerazione e
continuare a metterla e rimetterla in discussione. Per quanto ci riguarda, questo
significa che non si deve, in ogni caso, accettare "a scatola chiusa" ci che la nostra
filosofia della realt duale propone, come si farebbe con una religione, ma
semplicemente entrare "nel recinto" della tesi posta e valutarne la sua validit
argomentale.
considerare. Questa realt "altra" non potrebbe forse allora essere costituita da una
moltitudine altrettanto sterminata di essenze immateriali che esistono in modo
completamente indipendente da quelle materiali e delle quali io posso percepire
soltanto alcuni effetti e che quindi riesco soltanto ad ipotizzare in termini di
"effettualit emotiva"? O forse di esse riesco addirittura ad avere una qualche
intuizione? Forse. Ma se questa intuizione, che ognuno di noi ha avuto almeno una
volta davanti a un tramonto sul mare o ad una cima innevata, oppure davanti a un
bel quadro o al volto di una persona amata, fosse proprio un segnale sensibile di
quellignota realt che ancora ci sfugge?
Questa stata infatti lipotesi di partenza del DAR; per si badi, forse insolita, ma
non del tutto nuova, poich esiste un importante precedente. In un certo modo
persino gi la res extensa (materia) e la res cogitans (spirito) di Cartesio, alludevano
a qualcosa del genere, anche se alla fin fine entrambe erano subordinate all'unica
"sostanza" divina, e quindi si trattava di un dualismo apparente, condannato a
ricadere (sia pure per le "linee esterne" della Creazione) nel monismo. Ma vi un
altro solco profondo che divide il dualismo cartesiano dal DAR: questo infatti
considera lintelletto e la ragione non gi nella res cogitans (lo spirito), come
pensava Cartesio, bens in quella extensa (la materia).
Ma una vera teoria dualistica del mondo era gi apparsa ben ventisei secoli fa,
nell'ambito del pensiero indiano. Fu coltivata e sviluppata sino a ricevere una
formulazione sistematica nel secolo XIV, per poi decadere, oscurata dal trionfante
monismo buddhista e dal politeismo delle correnti induiste dominanti, basate sul
dharma51 e giustificanti la stratificazione sociale delle caste. Sto parlando di quel
sistema filosofico conosciuto come Samkhya52, che rappresenta uno dei sei antichi
sistemi filosofico-religiosi dellIndia storicamente identificati.
51
Il dharma nell'Induismo la legge cosmica che governa il mondo, creatrice di un armonia alla
quale l'individuo deve concorrere, rispettando il ruolo che gli stato assegnato dalla nascita, in
base alla casta di appartenenza dei suoi genitori. Una rigorosa precettistica religiosa prescrive per
ciascuna casta le norme di comportamento da rispettare. Il compimento di tale dovere uno dei
fondamenti della religiosit induista in generale. Il dharma possiede quindi questo aspetto di
"dovere etico" assoluto.
52
Fornir un breve quadro dei tratti essenziali del sistema Samkhya. Per esso la realt duplice,
costituita dalla prakriti (la materia) e da infiniti purusa (anime o spiriti individuali). La prakriti
l'elemento primordiale: origine e causa di tutte le cose esistenti, caotico, attivo, incosciente,
infinito ed eterno. Il purusa rappresenta invece la monade spirituale dell'individualit, la quale
(identificabile anche con il s) anch'essa eterno. Ma, a differenza della prakriti, il purusa
immateriale, senza forma, inattivo, immutabile e insensibile. D'altra parte va detto che la sua
Di esso io sono venuto a conoscenza dopo essermi tormentato per anni sullipotesi
della convivenza di due ambiti diversi di realt. Ipotesi della quale non avevo trovato
traccia da nessuna parte e che mi appariva come qualcosa di talmente stravagante
da non osare tematizzarla esplicitamente . Dalle mie incerte riflessioni era derivata
una massa di idee soltanto confuse, dalle quali emergeva questa affascinante ipotesi
dualistica, che rendeva giustificazione della realt di un campo particolare di nostre
emozioni e nello stesso tempo della nostra impossibilit di avere alcuna nozione
della possibile causa. La mia vaghissima ipotesi mi appariva affascinante, ma anche
molto problematica e in contrasto con la mia stessa ragione. Mi ero certo anche
spinto verso un abbozzo di dualismo, ma mi mancava il coraggio intellettuale di
assumerlo seriamente e di dargli una forma definita. Avevo bisogno di un raggio di
luce che ne illuminasse la sagoma oscura. Avevo bisogno di un precedente noto e
riconosciuto che legittimasse la comparsa di quell'idea assurda e mi spingesse ad
abbandonare la mia insicurezza sulla legittimit di quellipotesi. Quel precedente
avrei dovuto trovarlo fortunosamente e fortunatamente in quellantico sistema
filosofico, di cui avevo trovato traccia in un testo di storia comparata.
Debbo sottolineare il fatto che non mi ero mai interessato di filosofia orientale,
sentivo quel contesto culturale a me totalmente estraneo e lo guardavo con
profondo sospetto. Tuttavia, quando tra le pieghe di quel mondo a me sconosciuto,
apparso in modo del tutto casuale e improvviso il Samkhya, ho ricevuto d'un sol
colpo quella luce e quel coraggio che mi servivano per rompere ogni indugio. A poco
a poco tutti i pezzi di quel mio puzzle sgangherato trovavano il loro posto, e man
mano che procedevo si apriva un orizzonte oltre il quale si stagliava qualcosa di
straordinario, scandaloso, negato ed emarginato da sempre. Tutto mi appariva
finalmente chiaro e ci che era stato soltanto un'ipotesi prendeva adesso sempre
esistenza viene percepita proprio come coscienza dell'individualit. Esso inoltre intellezione
pura, luce della conoscenza e stabilit cosmica. A differenza dell'immutabilit di esso la prakriti
motore inconscio dell"evoluzione", che determina il destino delle creature attraverso la legge del
karman (il morto si reincarna in forme corrispondenti alla qualit delle sue azioni in vita) che alla
base del ciclo delle rinascite, il samsara. Al raggiungimento dell'"evoluto" (il proprio purusa) si
oppone l'illusoria e fallace "soggettivazione" empirica (ahamkara) che immagine falsa e sviante
del purusa. Questa ignoranza della verit causa di quel dolore che impregna di s l'esistenza
umana. L'uscita da questo circolo vizioso si ha quando la sostanza pensante (la buddhi) anch'essa
materiale, perviene alla vera conoscenza. In questo processo il purusa agisce nei confronti della
prakriti individuale come una calamita, che senza agire direttamente, l'attira verso di s fino al
raggiungimento della verit. A questo punto, superato il rispecchiamento nell'io empirico, l'io
raggiunge il suo autentico essere in uno stato di superiore, eterno ed assoluto isolamento.
pi forma, sino ad assumere i contorni di una vera e propria visione del mondo, che
mi riconciliava con ci che io sentivo di esso da sempre.
Ma infine, a posteriori, mi ripeto ancora una volta la retorica domanda: perch
dovrebbe esistere una seconda realt di cui non abbiamo percezione alcuna?
Questo infatti rimaneva il problema, ma mi accorsi pi tardi che era proprio la sua
premessa ad essere sbagliata. La percezione un atto di conoscenza dovuto ai sensi
e "invece" quelle esperienze, che io avevo sempre considerato il frutto di una realt
"altra" dalla materia (i sentimenti, le emozioni estetiche, le istanze etiche, ecc.),
potevano s passare attraverso i sensi, ma da essi non dipendevano affatto. Allora
queste esperienze andavano ascritte a un inafferrabile "qualcosa" che doveva avere
s effetti sul cervello (in quanto esse sono legate in qualche modo alla materia
pensante), ma questo inafferrabile "qualcosa" doveva essere di natura molto pi
complessa di ci che produceva il pensiero o gli stati psichici, vale a dire i processi
elettro-chimici facenti capo a neuroni, sinapsi, ecc. Poich, ponendosi questo
"inafferrabile" al di fuori dellemotivit convenzionale non era possibile definirlo con
un pensare di tipo linguistico, n razionalizzarlo con induzioni o deduzioni
formulabili e verbalizzabili, ma si trattava di "sentirlo" per vie extraintellettuali in
quanto esso sfuggiva ad ogni determinazione.
Col tempo arriv la risposta. Essa era semplice, persino troppo semplice, ma alla fine
si impose con una forza logica quasi elementare che mi convinse: noi possiamo
percepire e conoscere soltanto ci che direttamente o indirettamente "riducibile"
alla materia che ci costituisce, dai piedi alla testa, cervello compreso. Mi resi subito
conto che quella risposta non era per nulla originale53; ma come mai aveva tardato
tanto ad arrivare? Ed inoltre, se i sentimenti nascono in un centro estraneo al
pensiero come si pu pensare di "pensarli"? Senza una qualche nozione, se non
razionale almeno razionalizzabile, su tutto ci non si poteva che lasciar calare un
manto di silenzio, lasciando alla mia personale immaginazione campo libero, ma
chiudendo poi il tutto nella mia testa e gettando via la chiave. Poi, con la riflessione,
venne il sospetto che quel mio vizio di voler portare sempre tutto davanti al
tribunale della ragione potesse condurre paradossalmente a una sorta di iperrazionalistico "irrealismo". Fu cos che, a poco a poco, cominciai a trovare la mia
ipotesi pi plausibile e persino ragionevole. A ci seguirono anche degli scenari
possibilistici in cui lipotesi acquistava sempre pi consistenza. E la realt di ci che
53
ponevo si venne poi configurando in quello che in seguito avrei chiamato argomento
dell'irriducibilit. Per un po questo rimase solo, poi se ne affianc un altro che mi
parve gettargli una certa luce riflessa, risultandone un arricchimento di carattere
etico. Infine il terzo argomento, relativo ad una precedente riflessione, concernente
la percezione differenziata della realt materiale e di quella aiteriale di uno stesso
oggetto. A questi tre argomenti avrei poi dato il nome di "logico", "etico" e
"osservazionale-percettivo".
analogamente, la poesia resa con parole, ma le parole di per se stesse non bastano
a fare la poesia.
In generale si pu dire che ogni sentimento ha s anche una causa materiale, che
per sempre del tutto insufficiente a spiegarlo. Per tornare alla musica voglio fare
un esempio: in un aria per voce di Mozart sono materiali i suoni che ne sono
sottofondo, come sono materiali gli strumenti che li emettono, come materiale la
voce che la canta, eppure il risultato di tutto questo possiede un "valore aggiunto"
senza il quale quellaria "non esisterebbe". Ma dal momento che non c il suo
creatore (Mozart) a produrla qui ed ora, vuol dire che essa ha una realt
immateriale e potenziale che si "attualizza", qui ed ora, per mezzo di quello
strumentario materiale che il creatore ha immaginato e legato al prodotto aiteriale
che egli ha creato, il quale pu essere riprodotto e replicato in migliaia di esemplari
tecnologici. Il prodotto aiteriale di partenza uno solo, ma esso si pu attualizzare
nel tempo e nello spazio in un numero praticamente infinito di esecuzioni nelle quali
un ulteriore "valore aggiuntivo" aiteriale pu essere dato da ogni singolo interprete
che possegga la sensibilit per andare oltre la materialit del testo musicale e di ci
che emette suono.
In considerazione del fatto che comunque quell'effetto musicale si verifica nel
nostro cervello, del quale sono note la struttura e le funzioni, si potrebbe
legittimamente pensare che si tratti di un fenomeno secondario della materia
cerebrale, del frutto di un particolare stato di eccitazione di essa, di quello che alcuni
filosofi positivisti hanno chiamato epifenomeno. ci che avevo pensato anch'io per
anni, senza mai derivarne autentica convinzione, per questo motivo tale conclusione
era sempre accompagnata da un certo sottile tormento di insoddisfazione
intellettuale che sfociava in un deciso rifiuto nel profondo della mia coscienza. Per
entrare ancora meglio nel tema mi conceder pertanto una digressione di carattere
storico-personale, che illustrer l'antefatto e la genesi di questo argomento, che ho
definito un po pomposamente: logico.
Per molti anni, nel mio materialismo radicale, che pareva a me l'unica visione del
mondo "razionalmente possibile", questa spiegazione epifenomenica la sentivo
come logicamente ineccepibile, ma nello stesso tempo come intuitivamente
inaccettabile: una specie di "assurdo". E tuttavia non riuscivo ad immaginare niente
che non fosse, in qualche modo e comunque, riducibile alle particelle elementari
della materia: atteggiamento non privo di elementi schizofrenici. Questa
Solo molto pi tardi mi resi conto dell'inopportunit di utilizzare un termine ormai cos abusato
e corrotto, sostituendolo con idema.
Questa una delle ragioni per le quali il DAR ritiene che la "poetizzazione" della natura sia un
fenomeno specificamente umano, determinato dalla idemale percezione dell'aiteria che avvolge
gli enti della materia.
56
Il giusnaturalismo quella dottrina filosofo-giuridica che sostiene l'esistenza di norme di diritto
naturali e razionali a cui le leggi umane dovrebbero uniformarsi. Elaborata nel XVII sec. ebbe come
iniziatore Ugo Grozio, seguito da Locke e Hobbes. Jean Jacques Rousseau intervenne sul tema
ipotizzando un primitivo e perfetto "stato di natura" (del "buon selvaggio") che la cultura umana
avrebbe pervertito, favorendo l'iniquit e la prevaricazione.
57
Introduco qui il concetto di ragione biologica, quale complesso di leggi necessarie ad assicurare
la continuit della vita in generale e i rapporti interspecifici. Ci a favore delle specie e degli
individui in grado di assicurare, a partire da condizioni ambientali date, il miglior adattamento e le
migliori prestazioni ai fini della conservazione del livello evolutivo raggiunto.
Nel senso che riconoscono ad Abramo la "paternit" dell'apertura del rapporto diretto tra
l'uomo e Dio.
Nell'Induismo e nel Buddhismo, con poche differenze, l'atman considerato l'essenza spirituale
e la causa prima e ultima di tutto l'universo. In tal senso esso viene anche identificato col
brahman, la forza vitale che ha generato e tiene in vita ogni essere dell'universo. L'idema risulta
invece concettualmente vicina al purusa del Samkhya che spirito o coscienza individuale, ma che
significa anche semplicemente "persona" o "uomo".
60
Anticipo qui che l'aiteria potrebbe possedere degli elementi-base (come lo sono le particelle
elementari della materia) quali unit minime portatrici dei caratteri dell'aiteria. A queste unit
ipotetiche ho dato il nome di pneumi. Essi potrebbero costituire la "materia prima" aiteriale che
l'idema percepisce, introietta ed elabora, formando e sviluppando l'idioaiterio. I pneumi
potrebbero essere inoltre essere considerati (per l'idema) anche degli analoghi delle fondamentali
fonti di energia per la sussistenza dei corpi: quali il cibo, la luce e l'ossigeno.
Argomento osservazionale-percettivo
Questo terzo argomento stato aggiunto dopo oltre sei mesi dalla fine della stesura
di questa prima parte di Necessit e Libert. Lho qualificato con un doppio attributo
perch non so ancora decidere se nel fenomeno che intendo evidenziare prevalga la
pura percezione oppure lintenzione (o latteggiamento) dellosservatorepercettore. In altre parole: la percezione che guida losservazione oppure
questa che decide che cosa percepire? Il curioso che che espositivamente
questo argomento compaia dopo gli altri due, mentre la consapevolezza di esso ha
preceduto temporalmente di gran lunga ogni altra considerazione a base del DAR,
risalendo infatti agli anni della mia lontana adolescenza, quando mi chiedevo se
fosse possibile con la pittura testimoniare leventuale realt nascosta di un oggetto,
al di l di quella rivelata dalla sua apparenza fisica che gi la fotografia rilevava
perfettamente (sia pure nella semplificazione bidimensionale). Questa mia antica
riflessione mi pare oggi che corresse rozzamente e ingenuamente in un senso non
lontanissimo dalla dottissima fenomenologia husserliana, che in quel momento mi
era del tutto ignota e che non mi ha mai interessato molto neanche dopo61. Forse
che essendo profondamente presupposto fin dalla stessa nascita del DAR questo
tema osservazionale-percettivo fosse ritenuto cos scontato da non venir
tematizzato esplicitamente come argomento? Probabilmente!
Veniamo al dunque: ogni aspetto della realt (sia esso fenomeno naturale od
oggetto) inosservabile e impercepibile congiuntamente e contemporaneamente
da un punto di vista fisico-strutturale e da uno affettivo-estetico. Questa la tesi che
intendo sostenere. Ognuno di noi ha potuto fare questa constatazione abbastanza
banale in pi occasioni e con le pi svariate categorie di elementi della realt. Se noi
osserviamo un fiore dal punto di vista del botanico non possiamo farlo
contemporaneamente da quello del pittore. Questo non significa che il pittore non
61
Edmund Husserl (1859-1938) con la sua fenomenologia auspicava un approccio alla realt di un
oggetto prescindendo dalle connotazioni pratico-empiriche di esso. Per Husserl la vera realt di
un oggetto (lessenza) si offre soltanto in un atteggiamento conoscitivo di tipo contemplativo, con
una sospensione (epoch) del giudizio comune e corrente. A me sembra piuttosto evidente il
sottofondo platonico di tale concezione, che ha avuto un influenza notevole sulla filosofia del XX
secolo (Heidegger, Scheler, Sartre,ecc.). In ogni caso anche nella fenomenologia husserliana noi
incontriamo una visione gerarchica della realt. I dati fisico-fenomenici sono ritenuti in un certo
senso apparenza della cosa e contrapposti alla essenza di essa. Ancora una volta incontriamo
non la diversificazione pluralistica della realt, ma la sua dissociazione monistica, che porta
alla subordinazione di un aspetto di essa ad un altro ritenuto fondamentale.
possa essere uno studioso di botanica e che il botanico non possa essere un pittore,
ma semplicemente che lapproccio dellosservatore allosservato nel qui ed ora o
scientifico oppure estetico.
Ma prevedo lobiezione a questo mio assunto esprimibile in termini del tipo: non
un problema di prensione alternativa di ci che viene osservato, ma di attenzione;
la nostra mente infatti funzionalmente strutturata per percepire selettivamente
la realt, altrimenti verrebbe sottoposto ad un super-lavoro improprio e
improduttivo. Da qui la necessit dellintenzione-attenzione che conduce il sistema a
considerare gli elementi della realt uno alla volta, per poterli mettere a fuoco
opportunamente, con un appropriato e concentrato investimento psico-cognitivo.
Lobbiezione corretta e motivata, ma essa non va contro la tesi esposta, semmai
la completa, nel senso che la dualit da noi sostenuta coincide con la focalizzazione
monotematica dellattenzione, filogeneticamente determinata al fine di evitare
malfunzionamenti del nostro cervello. In altre parole, il tema della selezione
attenzionale al percepibile della realt accompagna biologicamente ci che
quello osservazionale-percettivo pone sul terreno filosofico che qui stiamo
sviluppando.
Tuttavia, la nostra operazione, che mira a suddividere ancora una volta la realt in
due ambiti anche sul piano della percezione, legittima e obbiettiva oppure
aprioristica e strumentale? Se noi analizziamo con calma la questione, dobbiamo
constatare che lessere consapevoli dellecosistema che accoglie il fiore, o della
struttura del carbonio che a base della materia organica che lo costituisce o i
fenomeni luministici che determinano i suoi colori, sono in definitiva tutti elementi
concorrenti con le ragioni delle forme di petali antere e pistillo in funzione della
riproduzione, mentre lelemento estetico rimane completamente estraneo ad essi e
persino distraente. E viceversa, se un fiore viene colto nella sua bellezza (o per i
ricordi che evoca) le considerazioni di tipo fisico o biologico non soltanto sono
estranee ma forse anche distorcenti e alienanti lo stato danimo stesso che viene
esperito. Con ci si intende dire che vi un blocco di informazioni (fisiche, chimiche
e biologiche) che concorrono allapproccio gnoseologico (intellettivo-razionale) e un
altro blocco informazionale-emotivo (bellezza/bruttezza, attrazione/repulsione,
ecc.) che porta a stati di coscienza di carattere sentimentale (idemale) e che
pertanto i due blocchi dal punto di vista osservazionale e percettivo sono tra loro
incompatibili e alternativi.
Senza entrare nel merito del complesso dibattito su questo punto, che percorre da qualche
tempo il mondo degli specialisti delle scienze cognitive, basti dire che lapproccio che abbiamo qui
definito analogico si basa sul principio che analizza il funzionamento del cervello umano come
struttura a s stante, la quale creerebbe immagini mentali (informazioni) sul mondo esterno a
prescindere dalla realt intrinseca presa in considerazione (in tal senso analoghe al reale),
mentre per quello ecologico linformazione gi presente negli stimoli che la realt
(lambiente) produce sulla funzione osservante-pensante, la quale non fa che registrarla entrando
in risonanza con essa. Questo secondo punto di vista, introdotto da James J. Gibson negli anni
70 , contestava lapproccio strettamente cognitivista fondato sullHIP (Human Information
Processing), che basa le proprie ricerche sulle analogie tra il funzionamento del cervello umano e
quello dei computers. Dal 1976 (con Conoscenza e Realt) anche Ulric Neisser, uno dei fondatori
delle scienze cognitive, ha accolto la tesi di Gibson, sia pure con delle varianti.
63
Viene cos definito in antropologia il complesso dei processi evolutivi che dal primitivo ominide
hanno condotto allhomo sapiens.
64
Vale la pena riportare il punto di vista sullargomento di Konrad Lorenz, esposto in Laltra faccia
dello specchio (Adelphi 1974 pag. 302): Quando troviamo che determinanti schemi motori e
determinate norme del comportamento possono essere definiti generalmente umani, quando cio
la loro presenza riscontrabile nella stessa identica forma presso gli uomini di tutte le culture,
allora possiamo supporre con probabilit vicina alla certezza, che esse sono programmate
filogeneticamente e che si sono fissate per via ereditaria..
cos stato per centinaia di migliaia di anni per gli uomini dell'Europa Occidentale,
finch il problema della sussistenza e della sopravvivenza ha occupato le menti d
quei nostri avi lontani, forse pi capaci delle nostre ma sovraoccupate dalle
contingenze, sotto il giogo delle quali non avevano certo il tempo per dedicarsi alle
oziose riflessioni filosofiche che io propongo. In altre parole, la filosofia, di qualsiasi
tipo, fatta per chi ha almeno la pancia piena.
Tra noi occidentali ben pasciuti ormai dellextrafisica in cui credo (quale metafisica
riformata) mi sembra che se ne occupino in pochi; questo dovrebbe darmi il
vantaggio di dovermi confrontare con pochi concorrenti. L'esercito dei professori poi
in tuttaltre faccende affaccendato, occupandosi pi "specialisticamente" di
ermeneutica, di epistemologia, di logica formale e semmai di "storia" della filosofia,
come se ormai delle classiche domande metafisiche che ci hanno tormentato per
secoli se ne potesse solo pi fare l'archeologia. Quindi per le gi citate domande del
tipo "chi siamo?", "da dove veniamo?", "dove andiamo?", insieme ad altre oziose e
connesse amenit, sembra che nessuno abbia pi tempo per occuparsene. Forse
perch il supermercato delle religioni ha gi venduto da millenni ottime risposte con
le quali non conviene mettersi in competizione. Eppure anchesse, sembrerebbe, da
qualche tempo hanno visto restringersi il loro mercato, sofferente di un avanzante
ondata di indifferenza, almeno nel mondo industrializzato. Va riconosciuto peraltro
che alcune di esse, come il Cristianesimo, sono riuscite a far fronte a tutte le crisi
generate dal progresso scientifico, con un trasformismo ideologico che ha fatto dei
teologi i migliori sofisti (in senso corrente) di tutti i tempi. Per tacere dell'Islamismo,
che ha risolto il problema semplicemente ignorando la scienza ed eleggendo il
Corano a legge totalizzante, che tutto divora con la "sua" verit, alla quale dovuta
cieca obbedienza. Ma per chi avesse gusti diversi le offerte in ogni caso non
mancano e alcuni modernissimi sincretismi promettono una miracolistica pace
interiore insieme ad uno stato fisico eccellente. Alla fin fine, in questo mondo
supertecnologico che molto ci d, ma qualcosa anche ci toglie, il consumismo
ideologico sembra avere due indirizzi prevalenti dove vengono offerti due tipi di
merce: o il "da sempre garantito" teismo abramitico onnirisolvente o lo scientismo
rampante che promette, tra qualche anno, di spiegarci che cos' l'anima e come
funziona. Cos, tra chi vuole andare sul sicuro e chi punta tutto sull'inarrestabile
progresso scientifico, che dovrebbe aprirci tutte le segrete porte dell'esistenza,
quale terza via affidabile sembra non rimanere altro che il salto verso est e
65
Dicesi sincretismo (in campo filosofico o religioso) l'unione o la sovrapposizione di idee e teorie
di origine diversa.
Finalit e casualit
Tutte le teorie finalistiche immaginano sempre dei processi al termine dei quali
viene raggiunta una mta stabile e definita. Questo spiega perch tutte le religioni e
molte filosofie sistematiche hanno carattere finalistico (o teleologico = tendente a
un fine), nel senso che presuppongono un "fine" (o causa finale) precostituito, a cui,
nei vari campi di riferimento, soggiacciono tutti i processi e tutti i meccanismi di
causa/effetto; dove pertanto le diverse classi di fenomeni si connettono, si integrano
e si dispongono verso una conclusione "necessaria"66. A questo atteggiamento si
oppone un virtuale "casualismo"67 (non esiste un indirizzo filosofico con questo
nome), che attribuisce invece al caso linizio di ogni fenomeno di vera
trasformazione. Finalismo e "casualismo" sono allora rispettivamente analoghi (ma
con diverse sfumature di origine e significato) a determinismo e indeterminismo, coi
quali peraltro sarebbe un errore confonderli. Il DAR, che nega qualsiasi tipo di
finalit in ogni campo di processi e limpossibilit di predire il corso e il risultato di
essi pu essere considerato quindi una forma di casualismo e nello stesso tempo di
indeterminismo.
Sotto il profilo esistenziale sono le religioni monoteiste a presentare aspetti marcati
di finalismo, in quanto Dio la causa originaria e il fine ultimo a cui tende tutto ci
che esiste, ma aspetti finalistici sono presenti anche nelle religioni orientali
(Induismo, Buddhismo e Taoismo). La salvezza dal peccato come il nirvana, la
perfezione come lo spirito assoluto, costituiscono il "fine" irrinunciabile a cui
tendere. A questo aspetto si collega spesso un significato assiologico del fine, che
superamento e abbandono di condizioni imperfette o inferiori.
Storicamente il finalismo, prerogativa irrinunciabile dei sistemi di pensiero rigidi e
dogmatici (definibili anche ideologie), implica quasi sempre sia la mta da
66
In termini storici il finalismo nasce con Anassagora che pone l'intelligenza divina (mente
ordinatrice) come causa e fine di tutte le cose. Essa "corregge" il caos primitivo attraverso un
processo "ordinatore". Questa dottrina ripresa in vario modo da Platone e Aristotile, dagli Stoici,
da Leibniz e da Hegel.
67
Il casualismo pu essere fatto risalire a Epicuro nell'antichit e in epoca moderna a Peirce
(tichismo). Particolarmente interessante, in campo biologico ed evoluzionistico, il casualismo di
Jacques Monod, secondo il quale il caso all'origine del sorgere della vita sulla Terra e alla base
delle mutazioni genetiche, nonch dell'evoluzione della biosfera. Ma al risultato "casuale" (se il
"nuovo" che ne esce anche "adatto" alla vita) segue l'instaurazione di una "necessit" che si fissa
nell'invarianza (conservazione strutturale da una generazione alla successiva) e nella teleonomia (
trasmissione dell'informazione genetica dell'invarianza stessa).
Per il DAR il caso antecedente alle cause e quindi origine stessa di esse. Ma in seguito, quale
risultante di cause concorrenti ma sconnesse, diventa una sorta di "fantasma" inidentificabile.
69
Per inciso vorrei rilevare che, per contro, il principio di indeterminazione di Heisemberg stato
pi volte utilizzato dagli anti-materialisti per supporre una "libert" o una "coscienza" della
materia elementare.
Va anche notato che pur avendo appaiato, dal punto di vista dei significati, finalismo
e determinismo, e pur avendo evidenziato, ai fini del nostro discorso, il carattere
finalistico delle ideologie religiose e delle filosofie idealistiche, nondimeno, quando
si parla correntemente di Determinismo ci si riferisce a una corrente di pensiero
opposta ad esse e specificamente materialistica. Secondo questa concezione (che
pu essere fatta risalire agli antichi atomisti greci), ma teorizzata ed espressa
compiutamente soltanto nel XIX secolo70, tutti i fenomeni naturali sono soggetti al
principio di causa, per cui ogni fenomeno "determinato" da leggi necessarie e
universali. In questa concezione del mondo sottinteso che la realt soltanto
fenomenica e che si manifesta in un processo temporale dove ogni accadimento
effetto di un fenomeno precedente e causa di uno successivo. Quindi,
contrariamente al DAR (che ammette il caso come effetto di cause "sconnesse" e
potenziale modificatore di strutture e leggi) nel Determinismo le cause sono sempre
"connesse" e rispondenti ad una necessit "assoluta" e inviolabile, basata su leggi
fisse e non soggette a variazioni di sorta.
Ma allora, relativamente al "senso", come si colloca il DAR? Diciamo subito che la
prospettiva che il nucleo dellindividualit (lidema), costituito di materia, sia lattore
del processo formativo di un elemento di aiteria, destinato forse a sopravvivere alla
morte del corpo, non significa in alcun modo che lidioaiterio sia un "fine" rispetto
alla individualit materiale da cui proviene. Bisogna piuttosto abbandonare il
pregiudizio "deterministico" ed entrare in un ordine di idee "possibilistico", per cui
una realt non unica, ma plurima, pu in teoria ammettere lesistenza, oltre che di
pi universi, anche di pi forme di realt allinterno di uno stesso universo. Il
collegare la parola realt a consistenza, solidit o permanenza un vecchio
pregiudizio materialistico che deve essere abbandonato, pena il rinchiudere la
conoscenza in una scatola buia senza porte n finestre. In questa prospettiva il DAR,
senza esorbitare dai limiti dellintuizione, ammette tali possibilit, che diventano
credibili nel momento in cui si esca da quella metaforica scatola chiusa e si acceda
ad un atteggiamento euristico, che privilegi la ricerca rispetto alla definizione.
70
Dopo gli atomisti furono gli stoici a sostenere un determinismo di tipo provvidenzialistico. Ma
una vera teorizzazione del Determinismo opera dello scienziato francese P.S. Laplace, che nel
1814 (Saggio sulle probabilit) fissava i termini del d. moderno nei termini seguenti: << Se in un
determinato istante fossero note tutte le forze in gioco e tutte le posizioni dei corpi, sarebbe
possibile, in linea di principio, prevedere tutti gli stati futuri dell'universo >>
Le leggi e il caso
Quando, verso la fine del 600, Newton pubblicava i suoi Principia, sembrava che il
celeste orologiaio avesse rivelato al pio Isaac i segreti meccanismi della sua
creazione e mostrato un universo regolato da inflessibili leggi fisiche, che parevano
disegnare, una volta per tutte, limmagine definitiva del cosmo. Immagine dove le
parti si coordinavano col tutto e nella quale ogni cosa era al suo posto e di quel
posto e dei comportamenti della cosa parevano ormai svelati tutti i misteri. Un
cosmo perfettamente ordinato, un cosmo-macchina, che accontentava tutti,
razionalisti e irrazionalisti, scienziati, filosofi, teologi, e che doveva rimanere
sostanzialmente valido sino a tutto il XIX secolo.
A rompere questa immagine idilliaca e rassicurante ci avrebbe pensato prima
Einstein con la Relativit Generale, che faceva corrispondere la massa allenergia e
che legava la sua teoria allimpressionante velocit della luce, e poco dopo gli
sviluppi della Meccanica Quantistica e della nuova biologia. Ma a quel che gi si
sapeva della complessit del cielo si aggiungevano intanto nuove nozioni su ci che
sta "fuori" del nostro minuscolo sistema solare, dove ci sono stelle che collassano a
nane bianche o a stelle di neutroni, dove le supernova e esplodono, dove ci sono
coppie di stelle nelle quali una cannibalizza laltra ed infine galassie che si
allontanano in un universo che "gonfia" (che si espande). Se poi ci riferiamo alla
nascita della vita sul nostro pianeta, dovuto con buona probabilit a un evento
casuale, e alla casualit della posizione di un elettrone "guardato", ci si rende
finalmente conto che la rigidit unitaria delle leggi della natura era stata una bella e
consolante invenzione della nostra psiche, priva di riferimenti alla realt.
Il caso un fattore della realt che agli scienziati e ai filosofi in generale non mai
piaciuto troppo, perch se lo si tira in ballo saltano per aria tutte le definizioni chiare
e riferibili a principi immutabili. Anzi, esso sfugge addirittura a una definizione di s
che non sia approssimativa o relativistica. E tuttavia i numerosi filosofi amanti del
concetto di causa, pietra angolare di tutti i sistemi, non sono mai riusciti a
sbarazzarsi del tutto di esso, malgrado il loro probabile segreto desiderio di non
doverne pi parlare "definitivamente". Se non ch il caso, gira rigira, ricompare
sempre come unaraba fenice a inquietare i sonni di quegli iper-razionalisti che
vorrebbero razionalizzare tutto.
71
che da qualche parte "ci fosse qualcosa". Buon motivo, se non altro, per definirlo
come la remota "origine" di tutte le cause.
Il caso rappresenta inoltre un interessantissimo elemento di riferimento per lo
studio psico-sociologico delluomo, in quanto oggetto di una "fobia" che ha
accomunato e accomuna vastissimi strati della fauna umana, dalle dottissime
eminenze grigie della cultura agli ingenui primitivi con lanello al naso. Il rifiuto della
casualit si manifesta in quella profonda e perversa mania che la superstizione, in
tutte le sue forme: essa infatti non altro che lesorcizzazione del maledetto e
intollerabile caso. Ci porta a ritenere (o inconsciamente a volere) che gli
accadimenti non possano mai essere imputabili al cieco e neutro caso, ma che
(invece) ci che avviene (a me o a tutti) sia sempre colpa di qualcuno o di qualcosa;
il ch corrisponde alla "personalizzazione" della causa, e ci verosimilmente alla
base di tutte le buffissime forme in cui si manifesta la superstizione. Allora il caso
diventa un po lentit paradigmatica dellindipendenza del soggetto dalle psicosi
"animistiche"73 che affondano la loro radice nella notte dei tempi e nel profondo
della psiche. Indipendenza che il corrispettivo irrinunciabile di unautentica libert
umana rispetto ai feticci e ai fantasmi creati dalla psiche, che sono ancora oggi gli
infausti generatori del "sonno della ragione".
73
Per animismo si intende una forma di religione molto elementare, in base alla quale ogni
oggetto, o meglio ogni entit singolarmente percepibile (sia essa animale, vegetale o minerale)
viene considerata sede di una volont individuale, cio di un anima.
Perch ateismo?
Dopo aver dichiarato il mio ateismo ed essermi lasciato andare a qualche
dichiarazione circa linesistenza di ogni divinit in generale, senza fornirne alcuna
ragione di tale atteggiamento, mi corre lobbligo di soffermarmi su questo tema e
colmare questa lacuna. Come si sar capito lateismo non soltanto implicito nel
DAR, ma ne per molti versi "fondamento", ed quindi presupposto in ogni suo
sviluppo. Non avrebbe alcune senso porre laiteria se tutto ci che si presenta come
immateriale fosse attribuibile, anche solo in via ipotetica, a qualche singola divinit
(allinterno di un politeismo) o a un Dio unico che sia una summa di tutte le forme e
attributi della "divinit" in generale. Ma non lo avrebbe neppure nel caso di un
panteismo globalizzante, dove ogni singolo aspetto della realt venga sussunto dalla
"divinit" generale che tutto permea e comprende.
Lasciando da parte il politeismo, come forma ormai pregressa della divinit, ma per
alcuni versi quasi pi vicina alla realt (come noi lintendiamo) col suo "pluralismo
attributivo", ci soffermeremo brevemente sul teismo abramitico e sul panteismo
(sostanzialmente identico nelle sue varie forme). Come si sa esiste anche una forma
di ateismo attenuato o incompleto, che rientra nel cosiddetto agnosticismo, col
quale ci si astiene dallesprimersi sullesistenza o inesistenza di Dio, in quanto luna e
laltra non sono scientificamente provabili. Dal punto di vista del DAR riteniamo che
tale atteggiamento (in generale) sia frutto, pi che di scrupoli gnoseologici veri e
propri, della pi o meno consapevole volont di "non escludere" definitivamente
lesistenza di Dio, onde evitare unorfanit totale del "padre divino" piuttosto
scomoda. Ma questo un giudizio "di parte" e dobbiamo peraltro riconoscere che
questa posizione del tutto legittima e rispettabile.
Il dibattito sullinesistenza di Dio molto complesso e nella sua forma moderna dura
da almeno tre secoli, per cui non questo il luogo per occuparcene diffusamente. Io
mi limiter pertanto ad alcune considerazioni sintetiche e a carattere strettamente
personale, senza pretendere quindi di interpretare le ragioni dellateismo in
generale, e quindi soltanto nei termini indispensabili per non lasciare una grave
lacuna nel discorso che andiamo svolgendo.
Cominciamo col teismo: perch "no" a un Dio-persona unico, onnisciente,
onnipotente, creatore, ordinatore e trascendente? Perch esso presuppone che una
volont unica determini luniverso e questa volont, sia pure nella sua
imperscrutabilit, si riflette nel nostro imperfetto intelletto che n copia derivata e
Ricordo che il concetto di teodicea (letter.: giustizia divina) stato posto da Leibniz per
"giustificare" l'esistenza di Dio e l'ordine della sua creazione, che possono apparire in contrasto
con la presenza del male e con la libert umana di farlo.
Divinit e religione
Riprendendo le considerazioni sopra esposte e ribadendo il rapporto primario che io
riconosco esserci tra il DAR e le religioni in generale, rispetto alle quali esso
alternativo e oppositivo, devo soffermarmi adeguatamente su questo tema. Preciso
subito che a mio parere preliminarmente necessario operare una netta
separazione tra le religioni teiste e quelle atee, separazione molto spesso trascurata,
ma che indispensabile per non tener insieme fedi, come le tre abramitiche, che
ipostatizzano una divinit creatrice e reggitrice con quelle, del tipo Buddhismo o
Taoismo (basate piuttosto su di un ascesi meditativa e comportamentale verso il
nirvana, l'illuminazione, lo spirito, la perfezione, ecc.) le quali non prevedono, anche
se non la escludono, divinit alcuna. Non a caso esse, molto spesso e da pi parti,
vengono correttamente definite "sistemi di pensiero" o decisamente "filosofie",
piuttosto che religioni.
Soltanto le prime quindi vanno considerate religioni "vere e proprie", mentre le
seconde posseggono assai pi i denotati di filosofie ascetiche, essendo basate su un
processo di "purificazione-formazione" o di "ascesi verso il Tutto", piuttosto che
sulla credenza nella rivelazione e nella pratica devozionale liturgica a fronte di una
divinit assoluta e trascendente. Per molti versi le seconde si presentano persino
come "immanentistiche", poich tutti i processi avvengono e si concludono nel
mondo in cui viviamo, senza prevedere dei luoghi trascendentali dove risieda il diopersona e dove il fedele aspiri a giungere, quale meta finale post mortem. Questa
differenziazione ci consente di restringere il campo di indagine e di prendere in
considerazione le religioni che meglio rappresentano quelle credenze totalizzanti,
che nelloffrire una concezione del mondo esaustiva e globale la vincolano
allesistenza di un dio unico, creatore, ordinatore, legislatore e giudice. Tali sono per
eccellenza le gi citate tre religioni monoteiste che si rifanno ad Abramo.
Va osservato che abbastanza facile e naturale avanzare dubbi sul fatto che le
religioni abramitiche avessero pochi titoli gi in passato, ma meno che mai oggi, per
sostenere le loro tesi creazionistiche fedeli alla Bibbia, e che tuttavia esse continuino
a difenderle a spada tratta, perch senza di esse crollerebbe tutto il loro impianto
dottrinario. A ben vedere quelle tesi costituiscono infatti una base irrinunciabile e il
cedere di un solo passo su quel terreno causerebbe il crollo di tutta la costruzione
fideistica. Non a caso i tentativi di screditare il darwinismo sono perci continui e
implacabili; ci avviene anche con l'aiuto di numerosi scienziati credenti, i quali (in
Su questo terreno spiccano gli interventi del fisico Antonino Zichichi (Perch io credo in colui che
ha fatto il mondo), quello dei fratelli Bogdanov (coautori con Jean Guitton di Dio e la scienza) e
altri.
Ai citati ragione, intelletto, psiche ed idema stato dato il nome di organizzazioni mentali per
sottolineare il fatto che, dal punto di vista funzionale (e ovviamente non topico), essi
costituiscono, sia al loro interno sia nelle loro interazioni, delle strutture organizzate, capaci di
affrontare la realt in modo univoco e nello stesso tempo di relazionarsi e integrarsi tra loro. Ci
vale ovviamente per l "animale uomo" in generale, poich poi (a livello del singolo) si possono
instaurare situazioni di disequilibrio tra esse, dove la psiche oscuri totalmente le altre, oppure
(all'opposto)dove il dominio di una ragione "strumentale" riduca l'individuo quasi a una "
macchina pensante", priva di emozioni e sentimenti.
77
Si pu ritenere, con buona approssimazione, ma con le riserve del caso, che in un'ipotetica e
incerta topologia delle funzioni mentali la psiche possa collocarsi in una parte medio-antica del
cervello, abbastanza lontana dal primitivo cervello dei rettili, ma non meno lontana dalla parte pi
evoluta della corteccia.
tempo di esigenze primarie del corpo, nonch elemento conservativo rispetto alle
altre tre organizzazioni, la psiche persegue (a protezione della propria omeostasi e di
quella generale) la pi armonica integrazione tra le funzioni del corpo (vitali e
nervoso-motorie) e quelle della mente. Ma se la funzione primaria quella del
mantenimento della propria omeostasi (promuovendo lesorcizzazione dellignoto,
del caos e della morte) essa persegue appunto anche quella globale, nel senso che
anche a livello strettamente fisiologico tutto il nostro organismo, (nella sua
tendenza ad evitare variazioni interne od esterne che richiedano un "lavoro" di
adattamento, o, nei casi peggiori, di dover far fronte al trauma e alla malattia) pu
funzionare e difendersi "al meglio" soltanto se la psiche gode di ottima salute.
Se le nostre ipotesi sono corrette risulta allora evidente che la psiche, per funzionare
ed operare al meglio, ha pertanto bisogno di un "panorama generale" che le
assicuri, o almeno le faccia intravedere, "chiarezza", "ordine" e "tranquillit" nello
svolgersi della quotidianit e possibilmente la speranza in un futuro oltre la morte
che permetta la conservazione della propria individualit, se non addirittura quella
della propria immagine78. La psiche dell'uomo quindi una macchina perfetta nella
sua funzione stabilizzatrice, la quale sceglie continuamente tra l'utile e l'inutile, tra il
favorevole e il dannoso, per la miglior condizione psico-somatica e per
sopravvivenza dell'individuo in un contesto a volte ostile.
Immaginificamente potremmo pensare che essa possegga un sistema immunitario
nei confronti dell'"estraneit" non meno raffinato di quello del nostro corpo nei
confronti di corpi estranei al suo interno, il quale respinga tutti gli stimoli che
potrebbero mettere a repentaglio il nostro equilibrio psico-fisico. Essa ha costituito il
primo nucleo encefalico con prestazioni super-nervose e si modellata nell'arco di
circa cinquecentomila anni di evoluzione. Per questo essa la struttura funzionale
pi potente e pi solida della nostra mente, che protegge la nostra integrit
esistentiva non solo dai danni endogeni o esogeni, ma persino dagli attentati
potenzialmente disgreganti che le altre funzioni mentali potrebbero inferire.
L'intelletto infatti potrebbe attentare alla sua omeostasi con intuizioni sconvolgenti,
la ragione con le sue acrobazie logiche e computazionali, lidema con le sue fughe
verso lorizzonte estraneo dellaiteria. Allora appare evidente che psiche e religione
sembrano fatti luna per laltra e come la presenza mentale di una fede religiosa
78
Mi riferisco a quella "resurrezione della carne" dopo il Giudizio Finale che il Cristianesimo
promette.
circondi la psiche di una cinta di mura fortificate che rende la sua cittadella forte e
sicura.
Una breve notazione a quanto sopra esposto. Gi allinizio (paragrafo 1.2) si era
accennato al procedimento utilizzato per questa sorta di partizione virtuale della
mente in funzioni coordinate ma singolarmente isolabili, ai fini del tentativo euristico
di analizzarne il singolo apporto funzionale nei processi mentali, apparentemente
sempre unitari. Ci mi porta anche (e per ragioni prevalentemente discorsive) ad
unanti-scientifica "personalizzazione" delle stesse, che pu creare in chi legge
notevoli e giustificate perplessit delle quali sento il peso. Spero in seguito di poter
giustificare meglio questa opzione, affrontandola nel dettaglio e sciogliendo i nodi
che essa pu aver generato.
Ma ritorniamo al tema delle religioni per riprendere un discorso gi fatto e ricordare
che la filosofia comunemente intesa (quelle dotta o accademica), nel suo frequente
formalismo concettuale, ha uninfluenza complessivamente irrilevante sul "vivere
pratico", mentre invece la fede religiosa (quando c ed solida) riguarda da vicino
tutte le componenti esistentive ed esistenziali, e ad esso pertanto inerisce
psichicamente come la chiave con la sua serratura. Questo rapporto consolidato
attraverso i secoli, di generazione in generazione, ha reso la religione strumento
ideale per il sorgere nella mente delluomo di una weltanschauung esaustiva e
rassicurante. Mentre la filosofia moderna, appunto, per lo pi non si occupa affatto
dei bisogni esistentivi ed esistenziali, oppure se ne occupa in termini troppo
intellettualistici e in modi e linguaggi incomprensibili ai pi, la religione continua ad
essere perfettamente "funzionale" alla psiche. Sicch, al di l dell'elevato valore
culturale delle sue analisi e delle sue tesi la filosofia dotta (anche quando possiede
interessanti valenze esistenziali) pu agire psichicamente su un numero assai
limitato di persone di cultura medio-alta, rimanendo comunque estranea, se non
addirittura astrusa e scostante, per la maggioranza degli uomini della strada. Infatti,
il procedimento logico e dialettico che in generale la caratterizza, con poche
eccezioni, richiede un addestramento specifico, al quale pu o intende accedere
comunque una porzione assai limitata di umanit, mentre quella che ne esclusa
assume nei suoi confronti un atteggiamento diffidente e talvolta rancoroso, proprio
perch ne percepisce il suo carattere elitario.
Il dominio della religione sul terreno esistenziale ha fatto s che si sia determinata
una situazione monopolistica per cui, in almeno due continenti (Europa e America),
il Cristianesimo ha potuto gestire le istanze metafisiche della gente, senza una vera
alternativa esistenziale. Mentre analogamente, nel resto del mondo, hanno
continuato a dominare le religioni tradizionali, in accordo con le esigenze
antropologiche dei suoi abitanti o nellinteresse dei poteri costituiti. Succede cos
che in tutto il vasto mondo la scienza una sola, ma gli scienziati, che pure hanno
una visione univoca per quanto concerne la materia, si dividono poi
nell'atteggiamento metafisico verso tutto ci che la trascende. Pertanto i fisici, come
i chimici o i biologi sono quasi concordi su tutto ci che attiene la loro scienza ma poi
(esclusi gli atei e forse gli agnostici) si dividono in cristiani, ebrei, musulmani,
induisti, taoisti, buddhisti, ecc. Questa molteplicit di weltanschauungen il frutto di
differenti civilt, le quali, relativamente ad un campo di credenze e di valori legato a
rivelazioni, profezie, sacre scritture e miracoli, non potranno probabilmente mai
trovare un terreno comune di dialogo metafisico.
E tuttavia voglio ripeterlo: sotto il profilo storico le religioni sono il prodotto pi
solido, e in qualche caso anche il pi alto, di ogni cultura; anzi, per lo pi ne
rappresentano l'essenza stessa. Questa connotazione culturale fa di esse un
alimento ambientale che ogni uomo assume fin dall'infanzia e che cos forte e
radicato, quasi un patrimonio genetico, da opporsi a qualsiasi esito dirompente e
devastante causato dalla presa di coscienza, su basi scientifiche, di una realt
verificata e verificabile che le nega. Ci fa s che per moltitudini di uomini le religioni
assolvano meravigliosamente la loro funzione psichica, dall'et della consapevolezza
fino alla morte, preservando ogni trauma psichico in un visione ordinata e
rassicurante delluniverso e della vita. Esse infatti forniscono una risposta alla
domanda che lascia muta ogni scienza: che senso ha vivere e che cosa si deve fare
per ottenere il risarcimento di questa esistenza, per lo pi caratterizzata dal dolore,
in un aldil della morte che ci ponga in comunione con Dio? Appare inoltre evidente
che fornire risposte a questa domanda implica una serie di altri accrediti relativi alle
norme di convivenza, alla morale e soprattutto alla definizione dei concetti di bene e
di male. E ove si tenga conto che i concetti di bene e di male sono fondamentali per
motivare e reggere una qualsiasi comunit, si capisce perch le religioni abbiano
storicamente costituito la base istituzionale di ogni popolo e il motore culturale di
ogni civilt.
Facendo un passo indietro, e limitatamente all'Occidente, intendo ora soffermarmi a
considerare il fatto che anche tra le religioni valgono, paradossalmente, le leggi di
quella ragione biologica che noi abbiamo posto e che esse sicuramente
l'incubo del mistero col dono della grazia (o simili), che allevia il senso della
precariet e della paura. Esse sono le madri della speranza e con esse hanno potuto
diventare istituzioni la piet e la carit. Nessuna societ umana, evoluta e un poco
organizzata, si costituita senza fondarsi sull'approvazione e sulla benevolenza
divina, la quale, attraverso i suoi ministri, ne ha dettate, o almeno suggerite, le leggi.
Se, come abbiamo sostenuto, le cose di cui la psiche umana ha assolutamente
bisogno sono la chiarezza, l'ordine e la speranza, avendo terrore "omeostatico"
dellignoto, del caos e del nulla, si capisce da che cosa derivi il trionfo delle fedi
monoteiste: complete e non complesse, esaustive ed ottimistiche.
Il fatto che spesso le religioni mortifichino l'intelletto umano, privilegiando la fede
cieca nella verit rivelata e l'obbedienza devota ed umile ai precetti, significa
soltanto che l'uomo deve riconoscersi nell'intelletto divino, di cui il suo "copia". In
realt, le esigenze dell'intelletto umano sono gi attribuite, nel loro massimo grado
ideale, a quello divino e quindi in esso conferite e riconosciute79, per cui, da un certo
punto di vista, pu essere soltanto formale e apparente la svalutazione dell'uomo
rispetto a Dio, poich Dio il "dio degli uomini" e loro padre protettore. come se il
popolo degli uomini avesse eletto Dio come suo re metafisico: infatti Dio "esiste"
perch ci sono uomini che lo fanno esistere, a proprio vantaggio, uso e consumo.
A farne le spese invece la Natura (nostra vera madre "reale"), dalla quale l'uomo
(fatto a immagine di Dio) viene ontologicamente staccato, la quale viene a
presentarsi come un entit straniera e matrigna, da assoggettare e saccheggiare su
autorizzazione divina. In termini parentali un padre "inventato" sobilla gli uomini a
rivoltarsi contro la madre "reale". Questa lenorme differenza esistente tra le
religioni immanentistiche che invece si riconoscono nella natura e quelle
tracendentalistiche che loggettivizzano. Allora se Dio il "nostro dio" la Natura
potr ben rispondere alla crudele ragione biologica (frutto del peccato o del
demonio), ma l'uomo con le sue azioni e le sue opere lasservir e la modificher in
modo che piaccia al padre celeste, che non a caso viene collocato "fuori" dalla
natura. La ragione biologica viene allora sussunta nella volont di Dio, che ne
ammette il male a fin di bene. Essa pu ben regolare la biosfera attraverso una
feroce lotta per la sopravvivenza, che sconfina sempre nella lotta per la supremazia
e il potere, ma ci il frutto del "peccato originale" e non delle leggi biologiche, che
in quanto divine non possono nascondere alcuna negativit.
79
Ci permettiamo qui di avanzare il nostro concetto di spiritualit, che in quanto opposto a quello
di materialit deve possedere delle connotazioni oppositive rispetto a quelle di potere e dominio.
Ci pare pertanto di poter dire che il concetto di spiritualit che ci offrono il Buddhismo e il Taoismo
sia pi vicino a quella che potremmo definire (convenzionalmente) come spiritualit "autentica",
per distinguerla da quella "falsa" (o almeno ambigua) delle religioni abramitiche. La spiritualit
com' intesa nel DAR dovrebbe pertanto possedere quelle prerogative che, genericamente,
potremmo chiamare "ascetiche".
"questo" universo (che peraltro non muterebbe di molto il rapporto esistente tra la
nostra nullit e la realt della totalit) verrebbe decisamente ridicolizzata dalla
scoperta di altri universi (dove magari c vita), al punto che ogni presunzione
diventerebbe risibile oltre ogni misura. Ma c di pi; tutto ci che noi definiamo
"oggettivo" dovrebbe essere pi correttamente definito "antropico", poich noi
leggiamo il libro delluniverso ancora sempre con occhi umani e la realt a cui
abbiamo accesso resta irrimediabilmente limitata al nostro piccolissimo raggio
dazione. Il ch, sia chiaro, non cambia neppure quando si sia fatto il piccolo passo
avanti che comporta il nostro DAR, il quale tuttavia apre una breccia non da poco
nelle mura di quel sigillato "castello antropico" che il monismo ha costruito
pervicacemente nel corso dei millenni.
Fin dallera neolitica l'uomo, aumentato nel numero e nelle sue esigenze, ha iniziato
una sistematica trasformazione della Terra ai propri fini, con operazioni di
predazione delle risorse esistenti spesso cieche e sconsiderate. La tronfia
nobilitazione della nostra specie si spinta al punto da staccarla geneticamente dal
resto della biosfera, la quale, madre asservita e sfruttata, ha finito per costituire un
parco di risorse a disposizione, senza che nessun freno morale ponesse dei limiti al
suo utilizzo arbitrario. Cos il genere umano, giunto oggi al numero di sei miliardi di
individui, deve fare i conti con un degrado dell'ambiente e dell'atmosfera
inquietanti. E tutto ci avvenuto senza che al suo interno sia neppure stato trovato
un modus vivendi intraspecifico tale da far venir meno le crudeli regole dei conflitti
per la supremazia, la selezione e la stratificazione tra gruppi e individui, in
unimplacabile logica di predominio e di asservimento. Anzi, proprio le sue doti
intellettuali gli hanno fornito i mezzi e le capacit per ogni tipo di sopraffazione
intraspecifica, di cui le guerre, locali o regionali, sono l'aspetto pi significativo. E
tuttavia queste considerazioni non devono indurci ad avviarci su un percorso
moraleggiante assolutamente fuori luogo. Si tratta invece di valutare il passato, il
presente e il futuro a breve termine ancora sempre nellottica di un essere vivente il
quale, malgrado i suoi progressi intellettuali ed etici, rimane fondamentalmente una
bestia tra le bestie. Si direbbe anzi che luomo utilizzando gli strumenti che gli sono
propri si autopromuova sia "secondo" sia "contro" la ragione biologica che regola la
biosfera. D'altra parte, da un punto di vista etologico, non si vede neppure perch
dovrebbe, al suo livello di evoluzione, aver superato ed eliminato gli istinti afferenti
la sua natura, che resteranno probabilmente in gran parte fissi e immutabili anche in
vedere che cosa significhi e quali indirizzi euristici possa fornire. Il punto di vista
scientifico in senso stretto, che attiene principalmente alla struttura e al
funzionamento dellorganismo umano, nei suoi rapporti col tutto, non ha molto da
dirci in questo campo, a meno di considerare tout court scienze la psicanalisi e la
psicologia in generale, che restano comunque utili (ma limitati) strumenti di
indagine funzionale. Limportante che si riesca a recuperare lautentica realt
aiteriale, sottostante (ma equivocata o nascosta) allinterno delle ipostasi
spiritualistico-religiose, riconoscendola in trasparenza come oggetto di unintuizione
vera, di cui stata data (ingenuamente o furbescamente) una lettura scorretta.
Sostituendo al falso "spirito" divino teista laiteria, ed eliminando ogni elemento di
fantasiosa trascendenza, il DAR tenta di recuperarne la traccia autentica e nello
stesso tempo di cancellare quellorma contingente e impropria che si impressa
nella psiche attraverso i millenni. Nellidema, nucleo dellindividualit, laiteria viene
percepita, introiettata ed elaborata in un prodotto umano, ma nello stesso tempo
anche extracorporeo, spendibile nelletica, nellestetica e in tutte le altre forme in
cui si sarebbe espressa, secondo la tradizione teista, lanima dorigine divina. Quindi
col DAR si passa da quellinterpretazione trascendentalistica e impropria, che
considera lanima come emanazione dello spirito di Dio, a quella che considera
lidema costituita dalla stessa materia del corpo e quindi ad esso omogenea. Non
solo, ma va anche sottolineato che laiteria non un "altrove" rispetto alla materia,
ma le sta "al margine"83, in uno strettissimo rapporto "topologico" a dispetto della
sua totale estraneit "sostanziale".
L'homo sapiens diventa allora nella prospettiva dualistica la straordinaria fase di
un'evoluzione della materia che la spinge verso un suo avvicinamento a quella che
potrebbe essere una metaforica "sorella" d'origine, da cui separata forse dalla
nascita o forse da un precedente e ignoto evento cosmico. L'idema, che presente,
a diversi gradi di evoluzione, in tutto il mondo animale, ma fors'anche,
elementarmente, in quello vegetale, diventa cos elemento "interno" della biosfera
in generale, quale frutto avanzato dellevoluzione. L'idema, nella prospettiva
dualistica, espunge la vecchia ipostasi dell'"anima", ma in quanto prodotto
emergente della vita sulla Terra nella sua generalit, perde anche quel carattere
specificamente antropico che la presunzione umana aveva conferito allanima
stessa. In quanto teoricamente comune a tutto il mondo vivente essa, forse (e
83
Usiamo questa espressione figurata per indicare la modalit nella quale l'aiteria si pone rispetto
alla materia, richiamandoci al metaforico "universo spugnoso" avanzato a suo tempo.
84
Ma non rispetto al sistema Samkhya, dove la prakriti (la materia) che va verso il purusa (lo
spirito individuale) in cui si annulla. Secondo una metafora gi citata il purusa (che inerte e
stabile) agisce sulla prakriti (evolventesi e caotica) come la calamita agisce sul ferro.
Essere ed esistere
Se Heidegger si preoccupava che la sua ontologia non venisse scambiata per
esistenzialismo, la mia preoccupazione nello stilare queste pagine esattamente
opposta. La consapevolezza della mia materialit e dei limiti del mio pensiero mi
precludono la presunzione di indagare l'essere in quanto "origine e trascendenza"
dellesistente. Se contrappongo l'essere che sta "dentro l'universo" al nulla che
potrebbe stare fuori e se uso termini come essere dinamico ed essere
(probabilmente) stabile per designare ci che sta alla base dei due ambiti della
realt, non per questo spero di aggiungere qualcosa, ontologicamente, al puro
suono delle parole che li designano. Essi sono utilizzati come semplici termini di
riferimento, per indicare ci che deve essere supposto come origine, causa e
sostanza di ci che esiste, senza che di essi si possa avanzare alcuna ulteriore
connotazione.
L'essere per il DAR semplicemente la totalit degli enti reali, poich, senza enti
reali a testimoniarlo l'essere semplicemente "non ". Ma se vogliamo concederci
una licenza poetica possiamo azzardarci a dire che forse si tratta della misteriosa
"potenza" a cui va riferito l "atto" dell'esistere del nostro universo nel suo
complesso; e tuttavia noi dellessere in ogni caso potremmo sempre e soltanto
percepire (kantianamente) il mostrarsi dei suoi effetti. E con un processo di
riduzione al "certo", alla fin fine, l'unica esistenza della quale ci possiamo veramente
occupare ancora sempre soltanto la "nostra". E ci ci riconduce al "primato"
ontologico che avevamo riconosciuto allindividualit a suo tempo, quando
lavevamo assunta quale punto di partenza delle nostre ricerche.
infatti la "nostra esistenza" in rapporto al "tutto" il vero oggetto del DAR. Tutto
quello che noi possiamo pensare di ci che sta fuori di noi il frutto delle limitate
facolt intellettive di cui disponiamo e tuttavia non possiamo contare su altro.
L'importante non tarpare le piccole ali del nostro intelletto e rinunciare a porci le
domande che l'esistere ci pone, accettando passivamente le allettanti risposte
preconfezionate che ci vengono offerte dalle ideologie religiose, oppure, al
contrario, limitandoci ad un monismo materialistico che ci preclude ogni apertura
allignoto in cui siamo immersi. in questo senso che il DAR anche una filosofia
esistenzialistica, avendo per oggetto soprattutto lesistenza delluomo. Ma degli
esistenzialismi laici noti e pi recenti non possiede quel taglio intellettualistico da cui
sono pervasi, i cui esiti vanno dall'ontologia mistica85 alla surrogazione della
religione, oppure verso un libertarismo velleitario, diventato l'intrigante e ambiguo
substrato di mode culturali e comportamentali di carattere anticonvenzionale e
disinibito86, che hanno assunto il carattere di "estetismi" alla moda. Il DAR invece
un esistenzialismo terra-terra, per luomo della strada, in cui prevale il buon senso
comune unito ad un pizzico di pragmatismo; caratteristiche che lo mantengono
lontanissimo dalle acrobazie dellintelletto e della ragione fini a se stesse.
85
Il Bene e il Male.
I due termini indicano concetti interpretativi e di riferimento di enorme importanza,
anche linguistica, i cui significati molteplici coprono tutta la complessa gamma
dell'esperire umano. In origine essi devono essere stati delle semplici espressioni
legate al piacere e al dolore corporei, poco dopo devono essere diventati segni
verbali del desiderabile e dell'indesiderabile, soltanto in seguito hanno acquisito, per
correlazione, analogia od estensione, la vasta gamma di accezioni attualmente in
uso. Tuttavia nel campo culturale e specialmente in quello metafisico che bene e
male hanno avuto lo sviluppo pi sorprendente, allontanandosi gradualmente dal
significato primitivo sino a stravolgerlo ideologicamente nel reciproco opposto. Cos
la trasgressione della legge divina che produce piacere pu essere considerato male
e il dolore sopportato in omaggio alla divinit pu essere ritenuto bene.
Ma la relativit di male e bene di pi vasta portata, poich il desiderio un impulso
che va in mille direzioni talvolta opposte. Cos il danno di un individuo pu andare a
vantaggio dell'altro, fino all'esito estremo espresso dal proverbio latino "mors tua
vita mea". E tuttavia, uscendo dagli abusi dell'ideologia, noi possiamo chiederci se
dobbiamo abbandonare il male e il bene al puro relativismo espressivo o tentare di
attribuire ai due termini un significato meno vago, dotato di un significato univoco e
definito che non contrasti il buon senso e la ragione.
In una prospettiva dualistica emerge immediatamente una difficolt in pi, poich ci
dobbiamo porre preliminarmente il quesito circa la legittimit dell'uso della coppia
di opposti relativamente ad entrambi o a uno solo dei due ambiti della realt dei
quali ci stiamo occupando. E in ogni caso, quali potrebbero esserne i rispettivi, e
diversi, significati? Per fortuna possiamo sgombrare facilmente e subito il campo di
un corno del problema, affermando che, probabilmente, ove sia presumibilmente
assente una qualche forma di divenire di tipo materiale, ed il caso dellaiteria,
diventi assurdo cercare di applicarvi questi due concetti meramente antropici. Dove
c', presumibilmente, essere stabile e non divenire (essere dinamico) in senso
materialistico-evolutivo, non possono esistere stati conflittuali tra le forme diverse
dellaiteria relativamente al binomio bene/male.
Per altro verso, essendo i modi d'essere fondamentali dellaiteria quelli della libert
e della qualit, non possiamo di conseguenza introdurre nell'ambito dellaiteria gli
effetti delle leggi della necessit, inerenti alla sostanza e al divenire della materia,
che possono ammettere gli esiti opposti del "positivo" e del "negativo". Resta
persino da vedere se, e in quale modo, abbia senso applicare la nostra coppia di
termini all'ambito della stessa materia, dal momento che in essa tutto in
trasformazione e in evoluzione continua, per cui i meccanismi della necessit
(alterabili dal caso), con lo scambio e il trapasso delle cause negli effetti (compresi
quelli di feed-back)87, li rendono a volte sovrapposti, confondibili e talvolta
interscambiabili.
Che a proposito della materia inorganica sia impossibile decidere in una reazione
chimica, dove determinate sostanze diventano altre, se ci che avviene sia bene o
male, se non in termini di utilit o danno per gli uomini che la osservano, la
effettuano o la subiscono, fuori discussione. E la stessa cosa si pu dire di quella
materia organica solo virtualmente vivente che precede o segue la vita. Le cose
stanno in modo diverso se si tratta di materia vivente. Le cellule che costituiscono
un corpo si rigenerano continuamente e la morte di una cellula e funzionale alla
nascita di quella che la sostituisce; proprio questo consente la sopravvivenza del
corpo88. Ma se dall'unit minima che costituisce la materia vivente ci spostiamo
sull'essere vivente pluricellulare nel suo insieme, il binomio vita/morte cos espresso
diventa immediatamente un'antinomia. La "nostra" vita si distingue e si
contrappone alla vita in generale e il nostro vivere diventa il sommo bene da
difendere al di l di tutto. Persino il piacere da cui siamo biologicamente attratti
passa in seconda linea, al punto che siamo disposti a soffrire per una terapia o un
intervento chirurgico che ci assicurino la conservazione della vita.
Il fatto che l'arresto cardiaco in un essere vivente non una pura trasformazione,
ma la cessazione funzionale di un entit conchiusa ed isolabile del "tutto" biologico.
Ci risulta ancora pi evidente se si pensa che dal punto di vista chimico resta,
almeno per qualche tempo, immutata la stessa consistenza corporea e la sua
composizione molecolare. Il male sta allora proprio qui, nel passaggio
87
Il termine inglese viene comunemente tradotto in italiano con retroazione. Di origine elettronica
ed informatica il termine entrato anche in biologia e sta ad indicare l'effetto di un prodotto del
processo di trasformazione che va ad attivare od inibire il comportamento di un agente primario
del processo stesso.
88
Questa affermazione nella biologia contemporanea diventata vera sotto molteplici aspetti. Tra
essi molto interessante il fenomeno dell'apoptosi (o suicidio cellulare) grazie al quale le cellule
che sono diventate inutili nella costruzione dell'embrione si lasciano morire per lasciare spazi vuoti
che consentano il modellamento della struttura animale. Uno dei pi assidui ricercatori e tra i
massimi studiosi di questo fenomeno il francese J.C. Ameisen che nel libro La sculpture du vivant
(tradotto in italiano con Al cuore della vita) espone le sue esperienze e ne fornisce
un'interpretazione molto interessante.
Arthur Schopenhauer ha posto la "volont di vita" a base del suo capolavoro Il mondo come
volont e rappresentazione (1818). Essa da lui concepita come l'impulso universale che sta alla
base della vita. Come forza originaria, inconscia ed irrazionale essa domina il mondo ed causa
primaria della sofferenza che lo pervade. Soltanto l'uomo in grado di prenderne coscienza e di
sottrarvisi, ma per far questo deve prendere le distanze dal mondo fenomenico (della
Rappresentazione), sopprimendo il desiderio ed entrando in uno stato contemplativo che gli renda
accessibile il mondo delle idee (attraverso l'arte, la compassione e l'ascesi). evidente in questa
filosofia l'influsso delle filosofie ascetiche indiane che cominciano ad essere note in Europa intorno
alla fine del '700.
Trasformazione e persistenza
Nel paragrafo precedente abbiamo tematizzato la vita e le abbiamo riconosciuto il
carattere di sommo bene per quella porzione di universo che ci concerne, ma
abbiamo anche sottolineato che non possibile disgiungere la morte dalla vita senza
cadere negli schemi acritici delle ideologie. Si tratta delle due facce della stessa
medaglia, e diventa persino difficile affermare, malgrado ci che abbiamo sostenuto
sopra, che la morte di un individuo sia "in senso assoluto" male. , tuttal pi, a
livello di specie che la scomparsa pu ritenersi un male quando depaupera la
"diversit" biologica, ma a livello del singolo e da un punto di vista generale tale
considerazione abbastanza irrilevante. E tuttavia, se il DAR un filosofia
dellesistenza, che vuole essere strumento utile per la vita di chi lo faccia proprio e lo
adotti come concezione del mondo, indispensabile affrontare anche il tema della
morte. Ma qui dobbiamo essere molto cauti, poich ci addentriamo su un terreno
concettualmente pericoloso, dove facile sia utilizzare, pi o meno
consapevolmente, elementi psicologici piuttosto che biologici, sia cadere nelle
prospettive culturali di un tradizione millenaria, ricca di elementi letterari e poetici,
ma in quanto tali spesso irrealistici. La morte un evento variamente visto e sentito,
ai limiti amato/odiato od esaltato/disprezzato. La morte da sempre e per lo pi
sentita come "fine" di qualcosa ed "inizio" di qualcosaltro, ascesa allessere od
immersione nel nulla, accesso al Tutto o perdita di tutto, ingresso nel regno di Dio o
condanna a rinascere per espiare.
Nella prospettiva dualistica evidente che il problema della morte diventa il
problema dellidema e dovremo limitarci a procedere per induzione, evitando di
cadere nella trappola delle suggestioni metafisiche. Abbiamo detto che lidema
riceve ed elabora aiteria e che ogni forma di questa svincolata dai destini della
materia vivente, in quanto appartenente ad un altro ambito. Inoltre noi, con la
morte, patiamo lannullamento della nostra persona, ma nello stesso tempo
partecipiamo alla conservazione della vita in generale. In altre parole, la "nostra"
morte va contro la "nostra" volont di vita, ma a favore della volont di vita nella
sua generalit. In un certo senso la volont della parte va contro la volont del tutto,
ma la parte riscatta questa colpa morendo.
Ma che cosa succeder al "prodotto aiterico" che lidema ha costruito quando essa
muoia? Di questo prodotto, che avevamo chiamato idioaiterio, il quale non possiede
le qualificazioni n della materia n della vita (in quanto di diversa natura) che "ne
" quando si trovi privo di supporto materiale? Prima ancora per di abbozzare una
risposta emerge unobiezione alla domanda stessa, che potrebbe suonare: e perch
mai lidioaiterio dovrebbe avere bisogno di quel supporto "per essere"?
Vediamo: se tale prodotto svincolato dalle leggi della necessit allora
(contestualmente al decesso del corpo) esso dovrebbe poter accedere a quel mondo
della libert che laiteria costituisce (e di cui lidema era ad un tempo testimone ed
anticipatrice senza esserne partecipe) gi nella sua fase di "formazione", senza che
laccesso allambito che gli proprio (laiteria) debba attendere la morte di quella
materiale "macchina percettrice e formatrice" che lidema. Ci ci permetterebbe
forse addirittura di ipotizzare che gi nel corso della vita individuale una qualche
forma aurorale dellidioaiterio goda gi di esistenza autonoma in grado di
rapportarsi allaiteria nella sua globalit? Forse.
Ma allora, potremmo noi concludere che lidioaiterio pu venire supposto come un
entit "reale" anche "al di fuori" della vita individuale che lo genera e lo supporta,
durante la quale peraltro esso si "forma"? Se ne potrebbe perci dedurre che in
quanto figlio del nucleo della nostra individualit (lidema) e in quanto sottratto per
la sua natura alla necessit inoppugnabile della materia, lidioaiterio debba stare
"tendenzialmente" (e fin dal suo sorgere) non "dentro" la materia, ma "ai margini"
di essa?
In ogni caso (ma sullargomento torneremo) dobbiamo concludere che lidioaiterio
(che persiste "al margine" del nostro cadavere) "entra" (o "rientra") sotto nuova
forma nellambito che gli proprio? Ci siamo forse reinventati una forma camuffata
di immortalit dellanima? Decisamente e con tranquillit possiamo rispondere: no!
Infatti non lidema che sopravvive, poich in ogni caso lo sarebbe soltanto il suo
"prodotto", quale elaborazione di una "materia prima" aiteriale di cui lidema non
parte e che pu soltanto percepire e trasformare. Noi allora siamo legittimati a
ritenere che lidioaiterio possa sopravvivere alla morte dellidema, ma in ogni caso
non per quanto tempo: forse ci potrebbe durare soltanto un istante! Gi, ma la
materia che ha creato il tempo, avendolo come coordinata; pu laiteria avere un
tempo o collocarsi nel tempo? Ne riparleremo.
Il destino.
Il concetto, nella sua accezione comune, abbastanza banalizzato, diventato ormai
quasi unidea terapeutica per laccettazione di noi stessi o di ci che ci compete e ci
circonda, insieme con la deresponsabilizzazione per la nostra apatia o per la nostra
incapacit di scegliere e di decidere. In termini filosofici la sua storia ha radici
lontane e si interseca con quella del fato, gi presente nella pi lontana mitologia
greca, che ha assunto nel mondo romano persino le connotazioni di un dio. Ma pi
in generale possiamo dire che il destino viene considerato come una forza
misteriosa (una "vis a tergo"), razionale o irrazionale non si sa, che in modo
ineluttabile determina tutto ci che avviene nellesistenza di un individuo, di una
famiglia, di un popolo, dellumanit, del pianeta. Quindi storicamente il concetto di
destino, pi che riferito al singolo (a cui viene pi spesso riferito il concetto di fato),
riguarda il mondo nella sua totalit ed stato anche interpretato come "causa
necessaria del divenire"90 . In questa accezione stato inteso talvolta anche come
provvidenza, ed evidentemente ha creato qualche problema a filosofi o teologi
preoccupati di non inficiare il libero arbitrio e la libert delluomo in generale91. Il
punto di vista del DAR (che lo assume per ora soltanto dal punto di vista individuale)
si discosta nettamente da quanto sopra delineato, infatti esso vede il destino come
un "sistema" di cause, che disegna un "progetto" di vita al quale, ognuno di noi,
involontariamente, si uniforma nel proprio pensare e specialmente nel proprio
agire.
Da un punto di vista etologico e psicanalitico si sa che le esperienze vissute nel
periodo infantile sono determinanti, almeno quanto le caratteristiche ereditate per
via genetica; se ad esse si aggiunge il contesto ambientale e le successive
incrostazioni esperienziali si ha un quadro abbastanza chiaro di ci che si intende nel
DAR con destino. A completamento del quadro si aggiunga che, in termini fisiologici
90
Dagli Stoici, che parlarono apertamente del fato negli stessi termini di provvidenza, quale
governo divino degli accadimenti nel mondo in funzione di un ordine perfetto e immutabile.
91
abbastanza interessante la ripresa del concetto di destino da parte della filosofia moderna.
Nietzsche e dopo di lui gli esistenzialisti Heidegger e Jaspers hanno dato del destino
un'interpretazione di carattere non costrittivo, ma non privo di ambiguit. Per il primo
l'accettazione di esso diventa dionisiaca accettazione della vita (espressa come amor fati). In
Heidegger la realizzazione del proprio destino la decisione di ritornare in se stessi nella
ripetizione delle proprie possibilit; ci valendo come riaffermazione della propria autenticit e
ricerca delle opzioni ad essa connesse. In Jaspers il destino visto come l'identit dell'io nel suo
rapporto col mondo.
e non patologici, il destino come noi dualisti lo intendiamo ricorda per un verso la
freudiana coazione a ripetere, che quellinconscia tendenza alla ripetizione, in
frangenti analoghi, di modi di atteggiarsi e di comportarsi costanti (perch
condizionati dal proprio passato) ai quali molto difficile sfuggire. Ma nello stesso
tempo per il dualista il destino qualcosa che lo concerne positivamente, che
attiene la sua personalit, e che quindi non va solo accettato ma, entro certi limiti,
condiviso ed approvato.
Nel DAR gli elementi-agenti che vanno a determinare, quali concause, il "progetto
destinale" sono: 1) leredit genetica, 2) gli imprintings infantili, 3) la condizione, 4)
la situazione, 5) il ruolo, 6) la classe sociale, 7) il censo. La somma funzionale di
questi agenti delinea un percorso esistentivo nel quale noi siamo immessi e dal
quale pu essere tanto difficile quanto, in taluni casi, inopportuno derogare troppo.
Detto questo, ne deriva che quando noi parliamo di libert umana (e pi
propriamente di eleuteria92) in senso corrente (cio esistentivo) noi ne dobbiamo
riconoscere la relativit, senza inseguire fantasmi velleitari e ideologici93 che ci
allontanerebbero dalla realt. Vediamo ora nel dettaglio questi elementi.
Delleredit genetica non c molto da dire, se non che ci riferiamo ai risultati delle
ricerche scientifiche in proposito, sia genetiche in senso stretto, sia etologiche e
psicologiche, che su questo argomento hanno gi chiarito quanto basta per
definirne limportanza fondamentale nella determinazione del carattere individuale,
nonch delle predisposizioni, capacit o incapacit, tendenze di pensiero e di
comportamento.
Per quanto riguarda gli imprintings infantili sono state le ricerche e le esperienze di
Konrad Lorenz con gli animali, intorno alla met del 900, a dire una parola decisiva
in proposito94. E le ricerche successive, sue e di altri etologi, non hanno fatto altro
92
Indichiamo con questo termine, che in greco significa appunto libert "umana" (e aggiungiamo
noi: esistentiva) nel senso di indipendenza da costrizioni (ai limiti della sfrenatezza). Lo abbiamo
fatto per tenerla distinta dal concetto di libert, che avevamo extrafisicamente ed
esistenzialmente opposto a necessit. In pratica, per questioni colloquiali, useremo tuttavia spesso
la parola "libert" sottintendendo eleuteria.
93
Penso al concetto di libert quale viene inteso sia da filosofie socio-politiche di tipo idealistico
(come il marxismo) e sia da filosofie esistenzialistiche come quella di Sartre. Per questo filosofo
l'uomo < costretto ad essere libero>, ossimoro decisamente intellettualistico, come lo tutta la
sua filosofia.
94
Lorenz scopr che un piccolo di oca selvatica, appena dopo la schiusa e in assenza della madre
naturale, lo aveva seguito ed eletto a "madre" (artificiale) in quanto primo essere od oggetto in
movimento di cui aveva percepito la presenza.
precostituita (dalla volont di Dio o di qualcosaltro) a cui saremmo legati nel corso
della nostra avventura esistenziale, il che ci sembra, oltre che ridicolo,
pericolosamente sviante, poich ci depaupera a priori della nostra eleuteria, che pu
essere considerata senza alcuna esitazione il bene pi prezioso di cui disponiamo: un
bene pi prezioso dello stesso vivere.
Esistere dualisticamente
Singolarit e totalit
A questo punto della trattazione, dopo esserci addentrati abbastanza negli aspetti
pi importanti del DAR, venuto il momento di chiederci quali conseguenze
pratiche si determinino nella vita di chi ritenga accettabile la tesi dualistica e decida
di farla propria in termini esistentivi ed esistenziali. Abbiamo visto come dal punto di
vista esistentivo con esso non si alterino in misura notevole n i modi n i valori
fondamentali del vivere singolarmente e nel gruppo, pi o meno esteso che sia.
Potremmo quindi dire che sotto il profilo esistentivo e sociologico non vi siano
aspetti del DAR che implichino un cambiamento rilevante dei modi di vivere e
convivere rispetto alle altre pi importanti concezioni della vita e del mondo se non
nel fatto, del tutto nuovo, di essere consapevoli della realt aiteriale che
accompagna e completa (al margine) la realt materiale che noi percepiamo nei suoi
vari aspetti. Dove invece si determina un cambiamento radicale sotto il profilo
esistenziale poich, specialmente nei confronti di posizioni teistiche (ma anche,
seppure in minor misura, rispetto a posizioni monistico-materialistiche), la
concezione del mondo (weltanschauung) che ne deriva, ponendo una realt
generale plurale (e antropicamente duale), va oltre entrambe le posizioni citate,
aprendo un orizzonte del tutto nuovo.
Se nella weltanschauung del DAR sono implicite modificazioni nel modo di vedere e
gestire la vita corrente, ma non dirompenti rispetto a quelle tradizionali, invece sul
piano esistenziale che un'interpretazione estensiva delle sue premesse pu
condurre a dei mutamenti rilevanti nelle prospettive, laddove concernono l'ipotesi
di un possibile futuro riservato all'idioaiterio, quale prodotto idemale sottratto alle
leggi della materia. Il futuro dualistico diventa pertanto un orizzonte esistenziale che
adombra una prospettiva del tutto avulsa dall'"aldil" della tradizione religiosa, ma
che nello stesso tempo capace di sbloccare (almeno concettualmente) le chiusure
prospettiche del materialismo. Ne deriva un termine di riferimento ipotetico (il
futuro), ma non assurdo ne contraddittorio, in cui si configurano importanti novit
concettuali di carattere escatologico, le quali divengono razionalmente accessibili
nel relazionarsi dell'uomo all'aiteria e alle sue denotazioni. Questo avviene non gi
perch il DAR sia una sorta di sincretismo filosofico, che fonderebbe insieme
l'irrimediabile finitudine dell'individualit prevista dal materialismo e la
sopravvivenza individuale prevista dalla religione, ma perch la visione dualistica le
scavalca entrambe in una differente weltanschauung, la quale delinea una
concezione del mondo e della vita che si presenta sia come post-materialistica e sia
come post-religiosa. Concezione che risulta infatti compatibile sia con le acquisizioni
della scienza moderna, sia con i criteri analitici e computazionali della ragione, sia
con le intuizioni del nostro intelletto e infine, sorprendentemente, persino con
alcune ineliminabili istanze della nostra psiche, modellata su milioni di anni di
evoluzione della vita sul nostro pianeta.
La percezione della presenza dell'idema in noi e della sua realt, che la pone
(coordinata con le altre organizzazioni) quale "funzione" extrafisica della nostra
mente, conduce al profilarsi della possibilit che ci che essa produce (l'idioaiterio),
traendo "materia prima" dall'aiteria, si proietti in un orizzonte non vincolato a quelle
leggi della necessit che ineriscono alla materia. Questa possibilit non pu essere
rigettata a priori, come ritiene un materialismo radicale e fisiocratico che vuole
difendere il monismo a tutti i costi, anche perch, in definitiva, gli stessi materialisti
monisti provano sentimenti, amano l'arte e seguono regole etiche; tutte cose (come
speriamo di aver dimostrato) che con la materia, sia inorganica che vivente, non
hanno nulla a che fare e che, se non del tutto incompatibili, le sono comunque
estranee. Sul terreno esistenziale, a differenza di quello esistentivo, il DAR ci
suggerisce non pi possibile utilizzare come rilevatori assoluti n i sensi n alcun
altro strumento di indagine materiale. Ma questa rinuncia non lascia un vuoto,
poich l'intuizione uno strumento quanto mai adeguato per esplorare quella parte
della realt che incidendo profondamente nella nostra esistenza evidenzia la nostra
identit e la nostra unicit, delle quali l'idema nucleo centrale e dinamico.
Immagino una possibile obiezione: ma se viene riconosciuta come reale laiteria,
peraltro impercepibile e solo intuibile, a questa stregua (e forse persino a maggior
ragione) anche il mondo del paranormale dovrebbe essere considerato "reale"! La
nostra replica "no", almeno nei termini in cui il DAR si pone, perch lambito del
paranormale manca di quei caratteri della realt che abbiamo fissato quali elementi
irrinunciabili di essa (universalit, ripetibilit, costanza e normalit) a suo tempo
trattati, che sono invece riscontrabili e concernono ogni esperienza dellidema e pi
in generale tutto il campo di indagine che abbiamo definito extrafisica. Questo
nostro punto di vista determinato dal fatto che il paranormale si attiva e si esercita
sempre in ambienti particolari, in condizioni particolari e molto spesso con la
presenza attiva di un medium tra persone passive. E queste, abbastanza spesso,
tendenzialmente predisposte alla suggestione. Lo scenario che il mondo del
paranormale (o della metapsichica) ci offre pertanto quello di un campo di
esperienze "reali" a livello individuale o di gruppi ristretti di persone, ma
difficilmente riconducibili alla realt nei termini generalizzati in cui labbiamo posta
per materia ed aiteria. A me pare che i fenomeni paranormali potrebbero con
buone ragioni essere considerati dei veri epifenomeni della materia (vedi nota 19).
Ma su questo argomento torneremo a suo tempo.
Da quanto sopra dovrebbe apparire chiaro che il DAR si evoluto e definito
attraverso la correlazione e il confronto delle acquisizioni soggettive dellintuizione,
quali elementi "probabili", con quelle oggettive della scienza, che vengono assunte
invece come elementi "probanti". Questa operazione non stata sempre facile,
perch le prime concernono la sfuggente extrafisica, mentre le seconde riguardano
la concreta fisica delle percezioni dirette e dellesperimento (vedi paragrafo 3.2);
cos accaduto che ci siamo trovati talvolta nella situazione di dover confrontare
linconfrontabile. E tuttavia, utilizzando estrapolazioni e analogie in maniera
corretta, a me pare che il risultato a cui giunto il DAR non manchi di quella
coerenza che requisito indispensabile di ogni proposta filosofica.
Essere dualisti significa quindi assumere quelle poche o molte nozioni certe sulla
realt dell'universo che ci circonda e della materia che ci inerisce, insieme con
quelle di alcune realt soltanto intuibili, riguardanti per aspetti fondamentali e
irrinunciabili della nostra esistenza. Realt importanti per la "qualit" del nostro
vivere, in quanto generatrici e stimolatrici di quelle esperienze individuali e di quelle
relazioni interpersonali che costituiscono un "sale della vita" che va oltre listintuale
fuga dalle sofferenze e la ricerca dei piaceri fisici. Ci non significa che questi ultimi
non debbano essere perseguiti come fine primario dellesistenza, bens che essi
vanno contemperati con quelle esperienze affascinanti e profonde che solo la nostra
sensibilit individuale, espressa dallidema, pu regalarci di tanto in tanto nel
difficile fluire dell'esistenza.
In definitiva il DAR, pur partendo da una intuizione extrafisica, si cala nel quotidiano
e cerca di determinare una concezione il pi possibile completa e corretta del nostro
modo specifico di essere individui in mezzo ad un numero estremamente grande di
altri individui come noi, tutti insieme appartenenti a una specie che vede la sua
realt correlata a quella di tutte le altre specie della biosfera (a qualsiasi livello
evolutivo appartengano), andando a costituire un insieme pluralistico che a sua
volta esiste in rapporto ad un ulteriore serie di relazioni col mondo inorganico e con
quello fenomenico globale.
Tuttavia, una volta che venga delineato il panorama generale in cui ognuno di noi,
come homo sapiens singolo, inserito e fa parte, resta da considerare la persona
nella sua individualit, e qui il panorama "qualitativamente" molto differente.
Quando si parla di individualit (oppure di singolarit o unicit della persona) la
fisiologia non serve pi a nulla e abbastanza a poco serve tutto sommato anche la
psicologia. Per una lettura del libro dell'universo e della vita (a meno di tornare alle
ideologie religiose) non rimane che puntare su una filosofia esistenziale
sufficientemente fondata quale strumento di analisi e di costruzione prospettica, sia
pure con tutti i limiti che le afferiscono in quanto tale. Ma per sperare in un risultato
accettabile, una filosofia che voglia affrontare questo problema in modo adeguato
deve anche dotarsi di una "cornice di riferimento" che la tenga lontana da ogni
tentazione metafisica, onde evitare di perdere il contatto con la realt, e insieme
mantenersi scevra da ogni compiacenza intellettualistica. "Cornice" costituita in
primo luogo dallaver sempre presente la sconvolgente piccolezza e insignificanza
che non solo ognuno di noi, ma anche la specie a cui apparteniamo insieme con lo
stesso pianeta che ci ospita, hanno nel tutto. Infatti, quello che ci riguarda come
uomini, e che tutto ci a cui possiamo ambire di accedere come mta ultima del
nostro pensare e del nostro agire, poco pi di niente nella sconfinata realt
dell'universo (o del "pluriverso"!).
Il dualista predisposto, meglio di chi segua altri indirizzi esistenziali, a "sentire" la
realt sconfinata del contesto generale in cui inserito. Questa precondizione per
lo pi assente nella quotidianit della nostra coscienza95, ancorch largamente
documentato ed acquisito dall'intelletto e dalla ragione. E ci dipende dal fatto che a
livello mentale questa irrilevanza cosmica rimane per lo pi una nozione astratta,
del tutto sepolta in qualche buio anfratto della mente. La consapevolezza del
rapporto noi/cosmo, acquisita sui banchi di scuola o a posteriori, continua in genere
(forse astrofisici ed astronomi a parte) a rimanere totalmente obliata ed estranea.
Intendiamoci bene, nulla ci vieta di utilizzare i nostri concetti di tempo e di spazio e
con essi quelli di luogo/collocazione e di durata/intervallo ai fini pratico-esistentivi,
ma noi dovremmo anche aver presente che persino gli stessi concetti di nascita, vita
e morte sono totalmente insignificanti nel tempo (che pure esiste solo come
sottodimensione dello spazio) quando si consideri che il nostro universo nato non
95
Come vedremo in seguito la coscienza (insieme con la memoria) viene considerata dal DAR
un'infrastruttura mentale, in quanto la sua funzione pervasiva e riguarda i momenti "riflessivi" di
ogni organizzazione.
rischierebbe di farci cadere in una sorta di "irrealt" astratta dove tra "noi" e il
"tutto" ci sono soltanto dei numeri e delle equazioni. Quindi, noi, che per costruire
tale rapporto utilizziamo soprattutto lintuizione, se qualche volta troveremo utile
avvalerci di qualche elemento di induzione, ci dovremo preoccupare della sua
validit "allinterno" della weltanschauung dualistica e non se esso possegga o non
possegga unastratta verit scientifica, per cui lasceremo agli epistemologi disquisire
se linduzione che avremo utilizzato abbia carattere di "scientificit" oppure no96. E
tuttavia malgrado tutta la nostra ignoranza e la nostra insufficienza luniverso si
specchia in noi, poich ogni atomo che ci costituisce contiene gi in s quanto basta
per generare un universo. Questo ad un tempo originario e sempre ulteriore
rispetto a noi; ci fonda, ma ci precede e traccia anche il nostro futuro. E le nostre
considerazioni sarebbero ancora incomplete se ottusamente (come stato gi
accennato) escludessimo la possibilit che quello in cui viviamo non sia che uno dei
tanti universi esistenti o che comunque, oltre il nulla che potrebbe avvolgerlo, ci sia
ancora dell'altro...e che la "totalit" sia veramente un "infinit".
96
Mi riferisco alla tesi di K. R. Popper (1902-1994) esposta in Logica della scoperta scientifica
(1935) e ripresa in Congetture e confutazioni (1963), secondo la quale il metodo induttivo, anche
se fondato su un grande numero di casi confermanti, non pu mai dar luogo a una verit
scientifica, mentre un solo caso contrario ne dimostra la falsit. Da ci la conclusione che non la
verificabilit (praticamente impossibile), ma la falsificabilit deve essere il criterio su cui va basata
ogni teoria scientifica.
Abbiamo chiamato eventi (esistenziali) i fatti esperienziali dell'idema, per distinguerli dagli
accadimenti (esistentivi) che concernono invece la quotidianit e in generale lo svolgersi della
nostra vita pratica.
talvolta impone sul nostro modo corrente quotidiano di pensare il mondo, le cose e
l'esistenza.
sulla quale noi, funamboli senza destrezza, tentiamo di allontanarci dalla seconda
per andare verso il primo. Il desiderio e la sua frustrazione devono essere considerati
strutturali alla vita, come lo sono il disagio o la sofferenza di cui sono ad un tempo
causa ed effetto, in un gioco di specchi e di retroazioni di fronte ai quali ci sentiamo
come degli ubbriachi senza direzione.
Il problema del tragico che la moira pone immanente alluomo, poich un
evidenza della coscienza che ognuno di noi pu verificare. N pu considerarsi
risolto, nella sua generale e inflessibile incombenza, per il solo fatto che molti
uomini lo considerino superato e annullato nella fede religiosa o in comportamenti
tali da mutare il naturale rapporto col proprio supporto esistentivo (il corpo)
sospendendo gli effetti che ci comporta. Gli asceti, per conseguire i loro traguardi
debbono per lo pi negare le istanze del loro corpo, rompere ogni legame sociale,
uscire dal flusso della convivenza e sottoporsi a discipline durissime: tutto ci,
secondo noi, pu diventare un insulto alla natura, alla vita e alla ragione biologica
che "fa essere" ogni entit vivente. Ma ci anche del tutto irrilevante rispetto alla
generale realt della moira, come lo sono anche forme di pace interiore pi o meno
temporanee raggiungibili con atti, comportamenti od esperienze relativi al campo
etico o a quello estetico, che anche il dualista sperimenta e persegue, ma che sa non
essere risolventi99. L'ignoranza e la sofferenza incombono su di noi non soltanto
come qualcosa che ci afferisce, ma anche come qualcosa che ci costituisce. Perci
non resta che accettarli, assumerli e gestirli come un nostro attributo inalienabile. E
tra Schopenhauer, che teorizza la fuga dalla vita, e Nietzsche, che ne propugna
l'accettazione entusiastica, il DAR sta dalla parte di questo, ancorch prenda le
debite distanze dalla sua teoria del superuomo.
Il dualista non pu quindi che accettare la vita, con tutte le sue conseguenze, perch
essa l'avventura straordinaria che separa un'esistenza dal nulla: ed essere
"qualcosa", anche nella sofferenza, sempre meglio del nulla. Noi, nascendo,
diventiamo un "c'" contro un "niente" e da quel momento si squarcia di fronte a
noi un orizzonte di possibilit inesauribili, limitate soltanto dalle leggi della materia
(la necessit), ma con la certezza che esiste, anche se lontano, un orizzonte di
libert, che ci concerne e verso cui tendiamo. Non solo: il dualista non vuole affatto
99
Si tenga presente che Schopenhauer riteneva risolvibile la sofferenza con l'attenuazione, fino
all'annullamento, della volont di vivere. L'arte, la compassione e infine l'ascesi possono condurre
l'uomo fuori dalla plaga della sofferenza. Ci diventa possibile attraverso la "negazione" del corpo.
Quella di Schopenhauer in definitiva la stessa "fuga" dal tragico che propone il Buddhismo.
fini che si delineano come conclusione delle nostre azioni: ci sono imprese serie e
imprese banali, c' uno stress utile e ce n uno inutile. Rovinarsi l'esistenza per cose
futili e irrilevanti una stoltezza che il dualista dovrebbe evitare.
Cade a questo punto opportuno accennare ad un aggettivo che talvolta, nel
linguaggio corrente, viene considerato analogo o addirittura sinonimo di tragico:
alludo a drammatico. Non una pura questione nominalistica, ci che drammatico
non soltanto diverso da ci che tragico, ma per molti versi ne sta all'opposto.
L'accadimento tragico figlio della moira, agisce sulla struttura intellettuale e
idemale dell'individuo e non mai un puro fatto psichico; infatti spesso genera
quella tensione esistenziale che produce sofferenza, ma che pu anche evolvere in
progettualit e creativit. Daltronde il tragico abbastanza spesso neppure temuto
veramente; forse perch inconsapevolmente lo sentiamo come "roba nostra", come
qualcosa che non viene da fuori ma che abbiamo dentro da sempre o che addirittura
ci costituisce. Poich la moira, anche quando accompagnata da danni gravi in
termini di sofferenza, di mutilazione o di pericolo di morte, ci rivela insieme la trama
essenziale del nostro stesso esistere.
La morte l'autentica risoluzione della moira, non tanto perch comporti la perdita
della vita, dando luogo a un cadavere, ma perch, essendo essa il corrispettivo della
nascita, ci rivela l"altra faccia" della vita. Per non tanto la morte in se stessa
(come decesso) che rende tragica la nostra vita, bens la sua necessit: la morte
infatti semplicemente necessaria, poich senza la morte non ci sarebbe la vita. Per
contro, ci che drammatico non ha mai un carattere di necessit, ma sempre e
soltanto di contingenza. L'accadimento drammatico non ci priva mai della nostra
libert (leleuteria) n ce la indica o ce la rende evidente. Noi possiamo reagire al
dramma in modi differenti, in un ampia gamma di atteggiamenti o stati emotivi che
vanno dal terrore all'indifferenza, ma in ogni caso il nostro avvenire ne rester
condizionato soltanto se interverranno effetti permanenti sulla nostra struttura
mentale. Soltanto in questo caso, e quindi "dopo", il drammatico pu diventare
anche tragico, poich allora lombra/luce della moira appare in tutta la sua
evidenza. In tal caso essa emerge anche in tutta la sua potenza, come sussumendo il
dramma, che ne diventa elemento scatenante e contingente, ma in definitiva
sempre effimero. In qualche caso la vera causa del dramma non neppure
laccadimento in s, ma il problema psichico latente di cui il soggetto soffre nel suo
inconscio, queste situazioni sono a volte estremamente dolorose perch risultano
anche umilianti. Allora, se la vittima riesce a leggere a fondo ci che gli rivela la
moira, pu fare un vero salto di qualit sul piano esistenziale.
opportuno ricordare come non sia casuale il fatto che il senso lessicale di
drammatico si sia naturalmente orientato verso la significazione di accadimenti i
quali, oltre a conseguenze negative per chi li vive, presentano spesso anche caratteri
di spettacolarit che sono totalmente estranei (anche se talvolta presenti) al tragico.
Ma ci che drammatico risulta spesso utile per farci scoprire meglio lessenza del
comico, che ne il suo risvolto e insieme una grande risorsa umorale che ci gratifica
e ci rafforza nella gestione della nostra avventura nella vita del cosmo. Risorsa
contro le decine di fatti sgradevoli che ci tocca incontrare nella quotidianit e
relativamente ai quali un semplice cambiamento di punto di vista pu scatenare,
come una rivelazione improvvisa, il benefico "senso del comico". E come vedremo, il
senso del comico non soltanto un ingrediente essenziale di quello stato mentale,
pacificato e distante dalle banalit quotidiane, che lironia esistenziale del DR, ma
anche un fondamentale aspetto ontologico del rapporto tra materia ed aiteria, in
quanto emerge nell'incontro/scontro tra i riflessi mentali della necessit e della
libert, che in un certo senso vengono messe in "cortocircuito"100. Cos l'avvento
della comicit in una situazione (comico naturale) oppure in un testo o in uno
spettacolo (comico artificiale) diventa un fatto rivelativo di grande importanza. Per
questa ragione l'argomento del comico (che presenta anche un taglio pi
specificamente filosofico) verr sviluppato nella Seconda Parte, quando il lettore
sar penetrato meglio nelle pieghe del DAR e gli sar pi facile inserirlo
adeguatamente nella sua struttura.
100
Nella nostra mente la necessit e la libert si danno come "riflessi" della loro realt.
Metaforicamente si potrebbe dire che la nostra mente, come uno specchio, possiede le loro
immagini "antropiche", ma non accede alla loro sostanza. Ma i riflessi dell'una e dell'altra, a
dispetto del nome comune, hanno cause opposte e quasi opposti significati. Nel caso della
necessit, che ci inerisce, la nostra mente non la coglie correttamente perch essendo troppo
vicina non ne coglie bene le denotazioni. All'opposto, essendo la libert fuori del nostro orizzonte
esistenziale, essa la coglie come una sagoma incerta e sfocata.
Il legame della nostra singolarit alla totalit della materia pu quindi sempre subire
strappi e rattoppi, poich la trasgressione e il ritorno nellalveo sono sempre
possibili, ma sta alla nostra ragione stabilire quando e come. Questa possibilit ci
pu far diventare dei piccoli epigoni reali di Sisifo, Prometeo e Tantalo, ma
dobbiamo anche sapere che ci pu sempre essere un metaforico Zeus della
necessit che potrebbe puntualmente punirci. In una societ di uomini, con regole di
convivenza scelte o subite, lindividualit del singolo pu diventare una dura
solitudine tra diffuse solidariet e talvolta la ragionevolezza ci pu indurre a
metterla temporaneamente tra parentesi. Per dobbiamo anche sapere che se le
individualit possono essere analoghe non debbono mai diventare omologhe:
ricercare a tutti i costi una solidariet e unacquiescenza che diventano vilt anche
il miglior modo di perdere se stessi.
Delleleuteria non dobbiamo neppure rischiare di farne un feticcio, come fa certo
anarchismo individualistico. Luomo animale sociale e la socialit il presupposto
per unumanit nella quale il singolo si integri formando il gruppo, che lunit
minima della societ democratica. Ma societ di questo tipo soltanto quella che ha
come presupposto il rispetto delleleuteria di ognuno, quale fondamento di una
democrazia del consenso nella quale, idealmente, nulla (o il meno possibile) viene
imposto e tutto viene sottoposto al giudizio degli interessati o dei loro
rappresentanti. Il soggetto che si vuole libero non deve essere tentato
dallindividualismo, poich essere liberi vuole anche dire scegliere quali vincoli
assumere per condurre la propria esistenza all'interno di una comunit. Quanto pi
ci si sintonizza col gruppo e i suoi canoni comportamentali tanto maggiori vincoli si
assumono, ma limportante che ci avvenga consapevolmente, senza sentire
legami di costrizione di cui non si era tenuto conto.
Ed ancora leleuteria che autorizza e guida il singolo e il gruppo a controllare anche
chi controlla il potere. Mentre ancora leleuteria che in un regime tirannico o
totalitario indica la strada per non subirlo e combatterlo. Perci, sul fronte della
socialit, all'interno di una comunit qualsiasi, l'individuo ha sempre almeno due
opzioni, anche se poi la realt dei legami sociali non sempre glie le consente
entrambe: allontanarsi in cerca di contesti pi liberi e democratici oppure accettare
le regole della comunit in un bilancio di vantaggi e svantaggi, cercando a posteriori
di operare dallinterno per migliorarla.
Ricordiamo che Epicuro riteneva che per conseguire la saggezza e la serenit fosse preferibile
astenersi dal partecipare alla vita politica.
Per evitare questo rischio il dualista dovrebbe astenersi dal perseguire troppo il
potere e forse in molti casi realizzerebbe ancora meglio la sua individualit
scegliendone il difficile opposto, lapotere, di cui parleremo a suo tempo.
In definitiva sul terreno della socialit che si gioca la libert del dualista, il quale
non dovrebbe mai essere un individualista per partito preso. Per questo egli n si
deve a priori opporre alle regole della comunit n accettarle passivamente, ma
sottoporle permanentemente alla critica, in vista del conseguimento di un livello di
libert, ragionata e ragionevole, dove larbitrio di ognuno non risulti mai di danno
per laltro. Bisogna sempre essere consapevoli che la comunit degli uomini pur
sempre un prodotto della ragione biologica e in tal senso un prodotto che prescinde
dall'individuo che si concretizza sempre e soprattutto a favore dellinsieme. Ci
significa che il dualista non deve mai deve porsi "contro" la ragione biologica, anche
se essa rappresenta la necessit, poich in fondo ognuno di noi anche ragione
biologica "attualizzata". Tuttavia egli si deve confrontare con i vincoli biologici in
virt della sua coscienza di individuo, che resta sovrana. Da ci ne deriva che
l'individuo resta legittimato a decidere di negarsi alla ragione biologica, anche se il
costo di ci possa diventare la sua rovina.
D'altra parte, il dualista non pu pensare che l'essere asociali possa di per se stesso
favorire la realizzazione dell'individualit, poich essa si configura al meglio nel
rapporto con le altre individualit e non nella contrapposizione; per questo motivo
dovrebbe perseguire una socialit che salvaguardi la libert di s "con" quella di
tutti. Egli sa benissimo che la sua libert a rischio senza regole e che solo esse
possono garantirgliene l'esercizio e il mantenimento. Ma all'interno di queste
regole che egli si riserva di respingere i condizionamenti indebiti, relativi non tanto
all'esercizio dei propri diritti di cittadino (che si debbono presupporre rispettati),
quanto a quelli di individuo libero di esprimere anche l'unicit della propria
personalit, quando ci non risulti lesivo dei diritti e della libert degli altri.
Mi rendo che vi sia una certa ovviet in queste osservazioni e tuttavia andavano
precisate per non dare la falsa impressione che una filosofia fondata
sull'individualit neghi la socialit. Ma a questo punto dobbiamo anche stigmatizzare
un tipo di socialit negativa, da cui bisogna guardarsi, poich nelle comunit
esistono anche delle regole non scritte, le quali a volte regolano il comportamento
dei componenti in modo subdolamente cogente e lesivo dell'individualit. Mi
riferisco ad usi, costumi, consuetudini, tradizioni o rituali sociali riconosciuti a livello
Lironia
L'ironia dualistica consiste in quellatteggiamento che percepisce come ridicoli gli
innumerevoli aspetti delle nostre paure come delle nostre sicurezze, delle nostre
preoccupazioni come delle nostre apatie, ma soprattutto di quelle manifestazioni di
assurda presunzione che ci fanno allontanare dal senso della realt. Cos un lungo
periodo di benessere fisico pu farci presumere di essere invulnerabili, o un
improvviso successo di avere talento, o un facile atto di generosit di essere buoni, e
cos via. Su tutto ci domina la nostra psiche, che cambia a capriccio gli scenari del
suo palcoscenico comico-drammatico, che ci illude e ci spaventa, che ci esalta e ci
minimizza, che ci porta a spasso come bambini nei pi inconsistenti scenari
dellirrazionalit.
Lironia una condizione psico-intellettuale complessa, che talvolta favorita da
disposizione genetica o al contrario da essa resa difficile, ma che comunque ha la
sua origine in un atteggiamento di fronte alla vita che riesce a spogliare i mostri, i
fantocci e i feticci della contingenza, sia a livello individuale che collettivo (e in
conseguenza dei quali noi soffriamo o gioiamo ogni giorno) rendendoli
definitivamente "nudi". Alla base di ci che diventa oggetto dellironia stanno i
fantasmi della nostra presunzione di saper giudicare, il nobile e lignobile, il bello e il
brutto, il buono e il cattivo, il desiderabile e lesecrabile fino ad imporci degli schemi
mentali che spesso contravvengono il buon senso e talvolta tutti i cinque sensi di cui
siamo dotati. Ma non mi addentrer in argomentazioni psicologiche o di costume
che esorbitano il nostro campo di ricerca e mi limiter pertanto a mettere in luce
quellumana presunzione che avevamo gi messo in evidenza parlando di homo
sapiens e che qui vorrei riprendere e approfondire, a costo di qualche ripetizione.
La nostra presunzione di importanza e talvolta addirittura di onnipotenza (spesso
attribuita riduttivamente solo ai bambini e agli immaturi) che in genere caratterizza
la nostra autovalutazione e il nostro comportamento deve essere portata in
superficie, per ricondurci ai termini veri del nostro rapporto col mondo e della
nostra vulnerabilit psichica. Per lironia dualistica anche la conseguenza della
consapevolezza che il mondo costituito da due realt di cui una, quella che ci
concerne, in noi e attorno a noi, si annulla continuamente nel fluire dell'essere
dinamico, e quindi una sorta di "non-essere", mentre l'altra, che ha qualche titolo
per aspirare alla persistenza si proietta in un incerto futuro, ed soltanto
unindefinita sagoma che si specchia nella nostra idema. In altre parole, il fatto
materiale (nel divenire del presente) fusa con la totalit della biosfera, la seconda
quella relativa alleventuale entit aiteriale post-individuale, che si perderebbe nella
"pluralit" degli aiteri, i quali, coerentemente coi caratteri dell'aiteria, "dovrebbero"
costituire lambito del futuro102. Dopo aver posto l individualit a base del DR ci
tocca quindi ironicamente ammettere che anche questa entit pu, tutto sommato,
essere oggetto dironia.
Quindi lironia non risparmia neppure lo stesso DAR, che ponendo lessere dinamico
(il divenire) cade in frequenti tautologie (poich la materia non pu essere che
diveniente) e ipotizzando lessere stabile compie un arbitraria operazione
immaginativa. In definitiva nellesercizio del pensiero, tra tautologie ed ipotesi, alla
fin fine anche presso di noi giganteggia sempre quellabissale ignoranza che sta
dietro tutte le nostre intuizioni dellessere, le quali ci lasciano soltanto intravedere i
fantasmi di esso che luomo da sempre vorrebbe afferrare ed unificare. Per questo
motivo a ci non sfuggono neanche i "nostri" due fantasmi dellessere (dinamico e
stabile): il primo perch standoci noi dentro si sottrae ad ogni prospettiva neutrale,
il secondo perch standoci fuori celato in un ambito che ci precluso.
Una "forma" infinitesima di aggregazione della materia significante per chi la
pone, in quanto ne possessore, ma essa scompare nel contesto generale di tutte le
forme possibili della materia stessa. Ma forse, analogamente, la qualit di un
idioaiterio si esprime intuitivamente nella relazione con tutte le altre qualit
sussistenti nell'ambito dell'aiteria, dove la qualit dell'insieme comunque
l'offuscherebbe, come un immenso firmamento che rende indistinguibile ogni
singola stella. Qualsiasi considerazione si abbia di noi stessi, sia relativamente al
presente (la vita) che al futuro, essa finisce sempre per essere in modo irrimediabile
sproporzionatamente migliorativa e sopravvalutativa rispetto alla realt che ci
concerne. La naturale e costituzionale ridondanza positiva nell'auto-giudizio
"necessariamente" inevitabile e "liberamente" perseguita come forma di autodifesa
contro la pericolosissima "sottostima" di s e costituisce nel contempo un
ingrediente prezioso per "amare se stessi" quale fondamento dell'istinto di
autoconservazione. E tuttavia la nostra "credenza di sapere" si insinua nelle pieghe
102
L'ambito dell'aiteria non pu essere visto come un'entit totalizzante (alla maniera della
materia), ma soltanto come l'"insieme" delle entit aiteriali. Questo concetto verr chiarito meglio
in seguito; per ora basti anticipare che, essendo quello dell'aiteria un ambito esclusivamente
"qualitativo", non si pu dare che come un insieme di singole qualit. In altri termini: l'aiteria non
una "totalit", bens una "pluralit" di aiteri, qualitativamente distinti.
della quotidianit come nei nostri atteggiamenti esistentivi correnti. Basti pensare
alla presunzione di ritenere "acquisite" le nostre conoscenze cosmologiche e
subatomiche, le quali per, essendo incompatibili con i nostri sensi e la nostra
psiche, continuano a lasciarci vivere con i "sopra" e i "sotto", con la terra che sta
ferma, con la luna e il sole che vanno e vengono, col nucleo atomico che un pallino
pesante attorno al quale "girano" e cos via.
Ma il "distacco" ironico del dualista sorge anche di fronte a certi patetici tentativi di
determinare e correggere il nostro progetto destinale ricorrendo a mezzi fideistici o
della pi rozza superstizione. Esso conferma infatti il nostro assoggettamento alla
finitudine e alla morte, offrendoci solamente in contropartita lesercizio di una
libert condizionata (leleuteria). Poich, proprio il destino, nei termini in cui
labbiamo posto, un "progetto" che ognuno di noi si disegna e che continua a
ridisegnare vivendo, ma senza poter sfuggire al fatto di essere condannati "a vivere
morendo" in un processo inarrestabile verso lannullamento.
Ma proprio nella libert di pensarci al di l del progetto destinale che in parte ci
"obbliga", noi acquisiamo una nuova forma di giudizio rispetto ai tremori e alle
passioni che esperisce il nostro io, come rispetto alle preoccupazioni e alle cure che
noi dedichiamo alla nostra salute, alla nostra immagine, al nostro patrimonio, ecc.
Persino i nostri affetti acquistano una nuova prospettiva, poich noi sappiamo che i
corpi che amiamo deperiranno e moriranno, e che soltanto il rapporto con le ideme
che vi abitano, "forse", potr continuare in nuova forma nel futuro che abbiamo
ipotizzato.
In un certo senso per noi uomini tutto perduto e nulla perduto, questa
contraddizione, fatta propria e tematizzata, pu indirizzarci verso una nuova visione
della nostra vita che ci pu conferire una pace e una serenit simile allatarassia
(assenza di turbamento) teorizzata dallantica filosofia greca103 e che nel DAR si
caratterizza come eireneusi (paragrafo 10.4 della Parte Seconda). E alla fine forse, da
questo particolare stato mentale da sempre preimmerso nella moira...pu capitare
di sentire emergere il piacevole suono di un sorriso ristoratore che ci fa scavalcare la
contingenza.
103
Il termine stato posto prima da Democrito, ripresa dagli Stoici e dagli Scettici e soprattutto da
Epicuro che lo indic come l'ideale del saggio. Con essa viene conseguita la serenit che mette tra
parentesi il dolore e la paura della morte.
Il gioco
Non bisogna mai prendere troppo su serio la vita al punto di perdere il gusto di
giocarsela. Questa massima pu andar bene per tutti, ma per il dualista c qualche
ragione in pi per farla propria. E che il gioco sia un elemento importante del DAR lo
si scopre anche analizzando i significati secondari dei temi etologici gi posti. La
moira mette in evidenza che la necessit possiede il nostro corpo, ma anche che la
tenaglia del tragico pu essere allentata dal "giocoso" irrompere del comico.
Leleuteria ci induce a difendere ad ogni costo la nostra individualit, ma anche a
metterla in gioco con quella dell'"altro" o con quella dell'"insieme", e inoltre
rapportarla ai vantaggi/svantaggi della solitudine o dello stare con gli altri, in un
gioco delle parti in cui dobbiamo sapere quando recitare a copione e quando a
soggetto, realizzando infine una sintesi che ci illuda di poter vincere la partita
dellesistenza. Lironia infine ci ha posti di fronte alle nostre risibili ambizioni e ci ha
evidenziato lassurdit delle nostre presunzioni, perci siamo invitati a giocare con
esse, portandole in giro e denudandole dei loro buffi orpelli.
Anche i filosofi pi seriosi come Platone, Aristotile o Kant, insieme a molti altri e dal
pi al meno, hanno messo il gioco in relazione alla creativit umana. Quel gioco che
Schiller104 ha visto, assimilandolo allarte, anche nella sovrabbondanza disordinata e
caotica di radici, rami e foglie di ogni albero, cos fantasiosa ed eccessiva rispetto alle
reali necessit biologiche dellassunzione di sostanze minerali, di esposizione alla
luce e di acquisizione di massa ed energia per sintesi clorofilliana, al punto da
diventare modello per quell"inutile" libert fine a se stessa che larte e il gioco
realizzano. Ma noi sappiamo che gli aspetti estetici della natura sono tali "solo per
noi" (poich di essa intuiamo laiteria che ne sta al margine e li avvolge) mentre la
materia che la costituisce segue le leggi della ragione biologica (essa stessa
giocatrice?), la quale, nel favorire la differenziazione contro luniformit promuove
levoluzione e la conservazione della vita.
Pare allora, paradosso apparente, che anche il gioco possa insinuarsi nella necessit,
che non significa solo "uniformit" nella direzione, ma anche sempre "variet" nelle
forme. Variet e pluralit che a loro volta determinano il trionfo della differenza, che
ricchezza di vita e in definitiva anche quantit di vita: infatti, pi la vita
abbondante e differenziata e pi la materia vivente si mantiene lontana
dallestinzione. Perci anche nel contesto della natura va collocato il gioco umano,
104
che fa proprio il gioco della materia che lo circonda e lo inerisce nei suoi molteplici
aspetti, suggerendogli schemi di forme e di comportamenti da utilizzare nel gioco di
un"esistenza per lesistenza", che prescinde da mete e scopi. Allora come un
tuffarsi nel mare dellesistere stesso, abbandonandosi ai flutti e ai mulinelli, come
tante bolle di schiuma che emergono e ballano, nascono e muoiono, sulloceano
immenso e misterioso dellessere.
Il vero gioco giocato solo per il gusto di giocare e quello che si gioca per vincere
un po meno gioco. Ma le due esperienze spesso si confondono e il giocatore sa
soltanto che "sta giocando" e ignora che nello stesso tempo sempre anche
"giocato". Il giocatore e il gioco vivono in una sospensione del tempo nella quale il
soggetto e loggetto continuamente si scambiano la parte. Per questo giocare
diventa anche affidarsi al caso, a quella risultante di cause prive di connessione che
si incontrano ignorandosi, appunto in un gioco di casualit. Il gioco, daltra parte,
anche la prima attivit, serissima, del piccolo di tutti i mammiferi e non solo,
attraverso il quale egli prende conoscenza del mondo in generale e in particolare
dellambiente naturale in cui dovr sviluppare e difendere la sua esistenza.
Ma giocoso il fondamento stesso del DAR, quando si pensi allavventura
dell"esistere" e nello stesso tempo del "diventare" anche qualcosa che forse
superer il presente per proiettarsi in un aleatorio futuro. Cos, nel gioco, la nostra
esistenza perde peso e raref le leggi della necessit, che per unistante si
autosospendono, lasciando un varco per i nostri sogni che inseguono i capricci del
caso e cacciano una preda "reale", ma sempre troppo lontana.
Seconda Parte
Approfondimenti
e sviluppi del
Dualismo Antropico Reale
Premessa
Questa seconda parte del nostro trattatello dovrebbe funzionare (oltre che come
sviluppo delle tematiche gi affrontate ed esposizione di nuovi temi) come
approfondimento di alcuni argomenti affrontati nella prima, dove, per esigenze di
stringatezza e scorrevolezza del discorso, talvolta sono stato costretto ad introdurre
termini e temi relativi senza trattarli compiutamente. I primi paragrafi di questa
parte dovrebbero pertanto servire per completare il quadro di riferimento del DAR e
fungere da preparazione per quelli successivi, nei quali intenderei sviluppare
qualche ulteriore conseguenza esistenziale relativa allapertura per luomo
dellorizzonte dualistico. Essendoci preoccupati di mettere a fuoco fin dallinizio gli
aspetti pi rilevanti del DAR siamo anche probabilmente incorsi in una fuga in
avanti, la quale pu aver lasciato dei vuoti che ora dobbiamo riempire. Per questa
ragione i primi paragrafi di questa Parte Seconda esplicano anche una funzione di
consolidamento, che in quanto tale non aprir nuove prospettive di ricerca ma ci
servir per procedere oltre in maniera un po pi sistematica.
Correttezza mi impone anche unulteriore avvertenza. Nella Parte Prima i vari
aspetti del DAR sono stati mantenuti in una certa indeterminatezza, coerente con
lintento euristico di delineare un orizzonte esistenziale ipotetico invitando il lettore
a tematizzarlo e rifletterci su. Il testo stato forse anche ricco di asserzioni insolite,
ma probabilmente assai pi ricco di semplici proposte di lettura del mondo e della
vita liberandosi dai lacci del monismo, sia esso materialistico o spiritualistico. In
questa Parte Seconda cercher invece di coagulare insieme tesi ed ipotesi in una
struttura pi definita e coerente, la quale, allo scopo di riempire i vuoti del mosaico
generale, potr peccare di qualche integrazione fortemente arbitraria. Per questo mi
vedo costretto a chiedere al lettore di attenuare il suo rigore razionalistico e
seguirmi in una certa schematizzazione del DAR, che render pi chiaro lo scenario
esistenziale che intende delineare, ma che (entrando nel regno dellignoranza) si
dovr avvalere dei contributi dellimmaginazione. Dopo questa autodenuncia, che
spero non scoragger il lettore, mi scuso ancora una volta se talvolta far difetto qua
e l la chiarezza. Tenter di conseguire una certa scorrevolezza del discorso, con
lintendimento che ci, qualora dovesse mancare il consenso di chi legge sulle tesi
esposte, possa almeno rendere la lettura non troppo noiosa.
oggetto di indagine che fuori della sua portata e cos facendo falsa anche se stesso,
invalidando le stesse premesse epistemologiche che lo fondano.
Per capire di che cosa stiamo parlando faremo qualche esempio concreto, il quale
andr a completare quanto gi esposto con largomento logico e poi ripreso qua e l
in vari altri punti. Se materialmente reale (e indubbiamente lo ) un libro di
poesie, che un oggetto costituito da una certa quantit di carta e inchiostro, va
aggiunto che esso nel contempo il prodotto idemale-intellettuale di
unindividualit poetante (che lo produce in quanto suo libro di poesie). Perci
non si vede perch dovrebbe essere reale il produttore e non il suo prodotto. Quel
libro (e non un altro) esiste non tanto in quanto una certa quantit di carta e
inchiostro lo costituiscono, ma soprattutto perch contiene e trasmette una reale
sostanza poetica che il poeta ci ha messo dentro. Allora, come pu essere
considerata reale la carta, che non qualifica quel libro (ma qualsiasi libro in generale)
e ritenuto invece irreale ci che lo qualifica specificamente come quel libro di
poesie che viene preso in esame? Eppure questo proprio ci che sostiene in fondo
il materialismo, il quale si basa sul fatto che il prodotto materiale preesiste e pu
sopravvivere al produttore, che in un certo senso si aggiunge alla materia che
lelemento fondante loggetto. Allelemento poetico che caratterizza il libro (per
chiunque lo fruisca come tale) il materialismo riconosce s effettualit ma nessuna
sostanzialit reale; quindi la poeticit assume soltanto i caratteri della precariet
emozionale e la transitoriet dellepifenomeno. Invece esattamente il contrario,
poich quel libro potr anche andare al macero o a fuoco ma innumerevoli altre
copie di esso esistono e potranno venir stampate (a testimonianza della realt
extrafisica dei testi che raccoglie) ed esso sopravvivr in altre copie (cartacee, su
disco o semplicemente nella memoria di qualcuno) alla distruzione della materia che
lo supporta.
La riduzione del libro a carta e inchiostro unoperazione concettuale che appare
visibilmente assurda e persino irrazionale, poich implica la tesi che il libro sia privo
di vera qualit indipendente dalla materia con la quale si offre alla fruizione e che
pertanto riducibile ad una generale e pura quantit materiale, costituita dalla
somma delle quantit che lo hanno reso possibile (carta, inchiostro, filo, colla, ecc.).
La conseguenza che al libro viene negata la qualit che lo caratterizza e lo rende
differente da qualsiasi altro libro. Su tale base concettuale materialistica la realt di
un manuale di chimica esattamente quella di una qualsiasi edizione della Divina
Commedia delle stesse dimensioni e caratteristiche fisiche.
Si sa come molto spesso gli scienziati, nellelaborazione di una teoria, partano dal
presupposto che la realt fondamentale debba essere semplice e che quando essa
offre di s unimmagine troppo complessa ritengono che ci sia qualcosa che non
va e che ci sia dovuto allincapacit di leggerla adeguatamente. Questo fa s che
lo scienziato spesso si preoccupi anche delleleganza matematica della sua teoria.
Non ci dobbiamo quindi stupire quando sentiamo parlare di bella ipotesi, di
bella tesi, di bella teoria o di bella formula. Il senso estetico degli scienziati
sembrerebbe fuori posto nellindagine scientifica, eppure ad esso ( sicuramente il
caso di Einstein come di molti altri) qualcosa devono certe straordinarie intuizioni
sulla realt delluniverso. Recentemente un libro divulgativo sulla fisica delle
superstringhe stato intitolato Luniverso elegante108 e laggettivo qui non ha il solo
scopo di rendere accattivante al grande pubblico una materia cos difficile, ma
rispecchia veramente leleganza dellidea di immaginare luniverso come il frutto dei
diversi modi di vibrazione di infinitesimi filamenti di materia, concepiti in analogia
con le corde di uno strumento musicale ad arco. Come le vibrazioni delle corde di un
violino creano le note musicali, le superstringhe (o pi semplicemente le stringhe)
vibrando creano le particelle elementari della materia109.
La matematica , almeno dal XV secolo, considerata non solo fondamentale per
lindagine scientifica, ma per molti versi il linguaggio stesso delluniverso materiale.
Eppure difficile dire se alcuni numeri chiave nella nostra interpretazione
delluniverso siano suoi o invece puramente nostri. La quadratura del cerchio
forse stato il sogno perduto degli antichi geometri, ma stata la sua
triangolarizzazione a permettere di ricavare quel pi-greco cos poco semplice, che
un po il passpartout di ogni transazione tra il retto e il curvo del mondo visibile.
Ma come si pu pensare che il numero 3,14159...possa veramente appartenere
oggettivamente alla struttura di un universo semplice? Esso con tutta evidenza
uno strumento umano per interpretare luniverso visibile, ma esso concerne i nostri
calcoli e la nostra indagine, non luniverso in s. E questi numeri complessi e
incomprensibili, vecchi e nuovi, sono numerosissimi (almeno tutte le costanti della
Luniverso elegante di Brian Greene (Einaudi 2000).
In realt la teoria delle superstringhe un sistema matematico
estremamente complesso, costituito da ben cinque teorie diverse ed
interconnesse, la cui risultante la cosiddetta M-theory. Va aggiunto che le
stringhe possono essere aperte o chiuse e che sono dinamiche, infatti, oltre a
muoversi attorno al proprio baricentro, possono generare dei corpi
bidimensionali (branes) e tridimensionali (tribranes).
108
109
fisica) e per lo pi privi di rapporto tra loro e irriferibili a una struttura definita ed
omogenea del cosmo. Allora diventa necessario abbandonare la convinzione che la
verit sul mondo e sulla materia passi soltanto attraverso i numeri e ammettere
che la scienza non pu essere ritenuta in grado di spiegare matematicamente tutti
gli aspetti esperibili delluniverso. Infatti, noi stiamo costruendo con la scienza un
universo materiale e matematico coerente e intelligibile per noi, ma nulla pi.
Soltanto in questo modo e in questa forma esso risulta per noi comprensibile,
indagabile e manipolabile. La nostra interpretazione matematica delluniverso
certamente corretta e funzionante e noi potremo continuare ad accrescere in
estensione le nostre conoscenze per mezzo di formule alfanumeriche, ma ci non ci
assicura di poterlo nello stesso modo indagare in profondit.
Ma veniamo ora allargomento che titola questo paragrafo e vediamo nel dettaglio
quanto delle nostre idee correnti sui diversi aspetti delluniverso visibile risponda
alla realt o sia incoerente con essa al punto da diventare illusorio. Relativamente al
campo della determinabilit ci imbattiamo subito in una prima difficolt quando si
cerchi di indagare il molto grande o il molto piccolo, nel primo caso perch esso
(ancora) inaccessibile, nel secondo perch esso indeterminato. Nel caso del
molto grande il problema rappresentato dalle distanze, come dire che se un dio
avesse creato luniverso, tanto per cominciare non lavrebbe fatto per nulla a
misura duomo, dal momento che nessun esploratore (quandanche viaggiasse alla
velocit della luce) giungerebbe ai limiti delluniverso per vedere se c qualcosa
fuori. Nel mondo subatomico invece il problema assai diverso, perch i suoi
costituenti si presentano a noi in forme precarie e mutevoli, delle quali si riesce a
volte a cogliere solo qualche traccia, a volte qualche caratteristica, senza per mai
avere la possibilit di determinarne contemporaneamente il moto o la posizione e
quindi collocarli spazialmente. Su questo argomento, dalla fine degli anni 20,
quando la meccanica quantistica ha cominciato a conquistare il panorama della
fisica subatomica, si sono sentite anche molte sciocchezze, come quella che le
particelle subatomiche sarebbero coscienti di essere osservate dalluomo e che ci
le porterebbe ad assumere aspetti diversi a seconda del come luomo entra nel
loro mondo110. In realt, le particelle elementari, nella loro indeterminatezza e
instabilit, costituiscono un territorio infido, anche perch esse sembrano poter
assumere a caso una delle pi o meno numerose determinazioni in cui possono
110
Questa tesi viene sostenuta nel gi citato Dio e la scienza (nota 75 della Parte Prima) del
filosofo cattolico francese Jean Guitton con la collaborazione dei fratelli Bogdanov.
elettroni dalla massa nulla o quasi, che forse sarebbe meglio definire come pure
onde di energia. Il tutto degli atomi poi sta insieme e non scoppia o non collassa (e
per ci costituisce le cose concrete e reali) soltanto per un equilibrio di forze
contrastanti, per cui alla fine di solido in essi c pochissimo e la solidit
unicamente il nostro modo di definire ci che la pressione del nostro dito non
trafigge o non deforma. Se poi passiamo ai materiali porosi la faccenda ancora pi
sorprendente. Il tavolo che noi stracarichiamo a volte di chili di libri o su cui saliamo
per cambiare una lampadina due volte vuoto; prima perch il legno in quanto
poroso pieno daria e poi perch gli atomi che compongono i suoi costituenti (la
lignina e la cellulosa) sono tra i pi leggeri in natura e pertanto pi vuoti. E in
definitiva, nel definire pesi assoluti e pesi specifici, tutte le nostre operazioni si
riducono perci ad una questione di astratta matematica. Quello che fa essere le
cose materiali non la qualit ma la quantit: il piombo qualitativamente
assolutamente identico allazoto, quello che fa la differenza soltanto il numero di
protoni e neutroni del suo nucleo, che sono molti di pi del maggiore (e pi leggero)
costituente dellaria.
Anche i concetti di quiete o movimento sono assolutamente relativi. Sempre
restando agli atomi a cui abbiamo accennato sopra e a qualsiasi elemento
appartengano, che poi sono la vera materia (perch il resto fa parte delle nostre
definizioni, se non delle nostre illusioni), sono costituiti da componenti ognuno dei
quali in moto perpetuo. A parte gli elettroni che girano o meglio turbinano
intorno al nucleo proprio in questo, che parrebbe la cosa ferma, dove ci che in
realt lo costituisce e lo fa essere (i quarks) hanno un interminabile e curioso modo,
anzi modi (gli spin), di ruotare su se stessi. Ma chi di noi si ricorda che la terra viaggia
nello spazio e che noi siamo quindi su un veicolo sferico che viaggia alla velocit da
capogiro di 108.000 chilometri allora?
In questo ambito di considerazioni si colloca anche la temperatura, la quale,
considerata con attenzione, nella sua realt sovverte anchessa i nostri quotidiani
modi di intenderla. Infatti essa determinata soltanto da una questione di quiete o
di moto delle molecole che costituiscono il corpo o lambiente considerato. La
freddezza o la caldezza dellacqua con cui ci laviamo non sono delle qualit, ma
semplicemente il risultato della velocit con cui le molecole del fluido si muovono.
Nel caso dei gas poi si arriva col riscaldamento ai livelli parossistici di un moto
velocissimo e vorticoso, dove le molecole corrono come impazzite scontrandosi e
schizzando da una parte allaltra: eppure tutto questo nella nostra percezione
molto semplicemente soltanto aria calda ferma.
Le considerazioni di questo genere potrebbero continuare a lungo, ma il discorso
diventerebbe pedante e preferisco fermarmi qui. Quel che mi preme rilevare che in
un contesto esistentivo materialistico, nel quale comunemente si ritengono pi reali
la carta e linchiostro costituenti materialmente il libro di poesia che teniamo tra le
mani rispetto alle emozioni che ci d il fluire dei versi che leggiamo, la tentazione di
dire che in realt probabilmente vero proprio il contrario molto forte e forse
non del tutto ingiustificata.
dellentit materiale considerata. Avevamo rilevato che dobbiamo ritenere reali gli
aiteri (quali elementi dellaiteria) poich essi sono intuibili attraverso le abmozioni, e
riferirci agli effetti che essi producono sul nostro sistema mentale, nel quale
avevamo identificato una funzione speciale, lidema, che come unantenna
percepisce l irriducibile alla materia, lo riceve, lo elabora e lo restituisce come
forma di s. Adesso per continuare a sostenere che ogni ente della realt
avvolto da un aiterio bisogna decidersi a definirlo nella sua genesi.
Avevamo anche supposto che lambito aiteriale fosse costituito da una sorta di
costituenti primari ed originari che avevamo chiamato pneumi. Confermiamo questa
ipotesi e diciamo che, a partire da essa, siamo costretti ad immaginare i pneumi in
due soli modi: o indifferenziati tra loro e contenenti tutti i caratteri aiteriali,
oppure diversificati e quindi potenzialmente in grado di dare origine ad aiteri
rispondenti soltanto ad uno o pi caratteri (ma in ogni caso non a tutti). Lasceremo
in sospeso questa questione in quanto irrilevante, mentre invece importante
chiederci come sia possibile che dai supposti pneumi (che sarebbero aiterialit pura
e quindi del tutto estranei alla materia) si potrebbe passare agli aiteri, i quali (in
un certo senso) aderirebbero alle entit materiali rendendole sensibili alla
nostra idema. La risposta pi plausibile sembra quella che segue: non si pu pensare
che i pneumi spontaneamente si aggreghino per costituire gli aiteri modellandosi
sulle entit materiali, ma bisogna pensare ad un intervento esterno affinch ci
avvenga. Infatti, avendo supposto laiteria come una modalit dellessere
relativamente stabile, non sembra appropriato immaginare che i pneumi diventino
dinamici, aggregandosi per formare nuove entit aiteriali. Ma se i pneumi si
modificano o si aggregano per cause esterne bisogna ipotizzare delle forze interne
allambito aiteriale che agiscano in tal senso. Ma il concetto di forza appartiene
allambito della materia e pare quindi non pertinente allaiteria. Sembra allora
plausibile immaginare che sia proprio lidema dellhomo sapiens, quale avanguardia
biologica sul versante dellaiteria, ad agire in tal senso e che essa, dal momento in
cui il primo uomo ha potuto attivarla, abbia cominciato a sintetizzare pneumi
producendo aiteri. Utilizzando un criterio analogico rispetto alla materia (della quale
abbiamo conoscenza) abbiamo avanzato una tesi sulla formazione degli elementi
dellaiteria (che non conosciamo) coi quali abbiamo un rapporto effettuale e
quindi reale. Tale operazione legittima? Secondo me legittima nella misura in
cui pu esserlo la nostra tesi di fondo. Ci troviamo pertanto al punto cruciale in cui
Il procedimento partitivo
Dopo aver assolto il gravoso compito di parlare di ci di cui non si pu sapere nulla
possiamo cominciare finalmente ad entrare nella selva dei singoli elementi del DAR,
che avevamo avanzato un po arditamente senza preparazione e che possono aver
creato un po di vertigine terminologica. Di fronte a un secolare panorama dove
esimi pensatori hanno sempre perseguito lomologazione e lunificazione si sar gi
capito che io (che non credo nei principi primi unitari n totalizzanti) perseguo
invece stradalmente la pluralit e la diversificazione. E questo lo faccio in quanto
(almeno cos a me pare) ci per un indagine esistenziale risulta in definitiva molto
pi realistico che perseguire lunificazione delle funzioni del nostro sistema emotivocogitativo in ununit decisamente posticcia e poco sostenibile.
Con buona pace dellonesto Occam, s, qui si moltiplicano gli enti! E lo si fa
applicando un piccolo metodo da bricolieri del pensiero, al quale, poich un nome
bisognava pur darglielo, ho attribuito quello che sapete. In effetti, il benevolo lettore
che arrivato fin qui, dopo essersi sorbito la prima parte di questo fitto libriciattolo
si sar chiesto per lennesima volta perch mai si sia trinciata la mente in quattro
organizzazioni e due infrastrutture. Ma, credetemi, non si trattato di un ulteriore
raptus pluralistico, bens dellutilizzo di un criterio per lapproccio al sistema
nervoso-encefalico non di tipo fisiologico (non ne avrei neppure la cultura) ma
semplicemente induttivo-funzionale. Sulla base di tale approccio sono state
individuate (diciamo per condensazione funzionale) delle virtuali entit cerebrali
(le ho chiamate organizzazioni come avrei potuto anche chiamarle moduli
funzionali) che a fini della nostra ricerca si prestano ad essere considerate ed
analizzate singolarmente.
Pu darsi che ci sia molto di arbitrario in questa partizione e certamente a qualcuno
si rizzeranno i capelli in testa, perci, se devo venire impallinato bisogna pur che mi
dia da fare per crearmi un debole scudo. Tuttavia (scusate la presunzione), con
buona pace degli scienziati a me pare che questo macchinetta filosofica tutto
sommato funzioni, nel senso che ci permette di focalizzare lattenzione sulle
direzioni operative della mente, le quali, sia pure a fronte di una reale
indistinguibilit strutturale, offrono nellinsieme un panorama, forse un po
semplicistico ma chiaro, sulla individuazione dei processi intellettivi ed emotivi. Esse
infatti ci permettono di analizzare i procedimenti del pensiero, gli stati danimo e le
Nella psicanalisi la rimozione linconsapevole processo col quale il soggetto espunge dalla
coscienza certune rappresentazioni legate a una pulsione (perlopi sessuale) che se venisse
soddisfatta entrerebbe in contrasto con le esigenze dellIo o del Super-Io.
112
Fodor Jerry A. (1935) partendo dalle tesi di Chomsky, e in netta opposizione al
comportamentismo, ha sviluppato tra gli anni 60 e 70 una ricerca volta alla ricerca di una sorta di
linguaggio del pensiero codificabile e soggetto a sperimentazione, per approdare infine al campo
specifico delle scienze cognitive con La mente modulare del 1983.
113
Il discorso sulla differenza dei livelli viene posto molto bene da Paul Davies nel suo Dio e la
nuova fisica (Mondadori1 1984) dove si propone una lettura olistica delle funzioni mentali,
richiamando (pag.93) la struttura del computer, dove lo hardware e il software costituiscono
esemplarmente i due livelli in base ai quali funziona la macchina. Il software non pu funzionare
Freud) molto pi fantasiosi dei nostri114. In effetti dalla psicanalisi il DAR ha tratto
numerosi spunti, anche se il suo obbiettivo (esistenziale anzich sanitario) non
quello di risolvere problemi di salute psichica, ma semmai quelli di relazionare
lindividualit al mondo e alla vita e di trarne qualche utile indicazione pratica per
vivere nel miglior modo possibile.
Ma, se nellanalizzare le funzioni virtuali della mente col procedimento partitivo ci
stiamo esponendo come vittime sacrificali a feroci critiche assai probabile che nel
trattare dei caratteri dellaiteria andr molto peggio, in quanto addirittura
proporremo uno scenario aperto, dove ognuno potr decidere se togliere,
condensare o aggiungere possibili frutti delle sue intuizioni personali o
semplicemente della sua immaginazione al panorama aiteriale. Daltra parte, lo
scopo che ci siamo prefissi proprio quello di aprire una pista percorribile nella
selva di quellignoto necessariamente sconosciuto e (purtroppo) molto
probabilmente inconoscibile anche in avvenire per lhomo sapiens.
Non so se questa spiegazione sia risultata soddisfacente, ma se non lo subito spero
possa diventarlo quando questo argomento sar stato trattato nel dettaglio. Per ora
non mi resta quindi che invitarvi ad aver pazienza e ad aspettare ancora un poco,
prima di decidere se alla fine la ciambella vi sembrer riuscita col buco oppure
senza.
Dopo aver delineato il procedimento partitivo vogliamo tentare di darne ancora una
sintetica definizione che potrebbe suonare cos: esso la suddivisione puramente
strumentale (a fini euristici) di un insieme, strutturalmente e funzionalmente
eterogeneo, nei suoi fattori-agenti basilari . Come si sa gi questi fattori
funzionali sono le organizzazioni (psiche, ragione, intelletto, idema) e le
infrastrutture (memoria, coscienza).
Il corpo
Prima di approfondire il nostro discorso sulla mente si rende indispensabile dedicare
un po di attenzione a quella meravigliosa macchina grazie alla quale, attraverso
levoluzione, stato possibile supportare gli sviluppi dimensionali e prestazionali del
nostro cervello. Un errore in cui spesso si cade e in cui ancora pi spesso ancora
sono caduti e cadono i filosofi quello, se non sempre di svalutare, quanto meno di
ignorare il fatto che qualsiasi funzionalit della mente dipende prioritariamente
dalle condizioni in cui il corpo funziona. Col mal di testa o il mal di denti, tanto per
banalizzare, non si fa n matematica n poesia n filosofia, per la semplice ragione
che si fa gi unaltra cosa, che nella sua deprecabilit tuttavia uno degli aspetti
fondamentali della vita, ovvero soffrire. Quando nel paragrafo 6.2 abbiamo
trattato della moira abbiamo anche stigmatizzato con essa il trionfo della necessit,
madre di questa forma oggettiva della nostra sensibilit intellettiva, che abbiamo
anche chiamato senso del tragico. E della moira (insieme allignoranza) la
sofferenza parte fondamentale; cos fondamentale e importante che avevo chiuso
il paragrafo 1.4 (Lignoto e la verit)sostenendo che forse essa lunica esperienza
umana nella quale si d (e in modo non feticistico) la verit metafisica.
Queste categorie extrafisiche che il DAR introduce potrebbero apparire abbastanza
astratte (o varianti di una tornante metafisica) se mancassimo di sottolineare la loro
stretta correlazione col corpo; il quale s anche la carrozzeria che ci porta a
spasso, ma soprattutto quellinsieme di tessuti e organi meccanici, chimici e
specialmente elettro-chimici che presiedono al funzionamento di tutta la baracca,
per concludersi col nostro sistema nervoso, fino al confine estremo dellultima
cellula della nostra corteccia. Perci quando parliamo di cervello stiamo ancora
sempre parlando di corpo, mentre quando parliamo di mente ci riferiamo a qualcosa
di molto pi impreciso e sfuggente, dove i nostri metodi di indagine diventano
sempre estremamente imprecisi, e dove ci inoltriamo in una realt sfuggente, per la
quale essi sono sempre inadeguati. Se poi (pi correttamente) parlassimo di
encefalo (di cui il cervello parte) dovremmo anche aggiungere che la nobile
materia grigia non c solo nella testa, ma anche allinterno del midollo spinale, il
quale, scendendo lungo la schiena, va a finire dalle parti di quel luogo corporeo
ritenuto a torto molto meno nobile dove non batte il sole. Daltra parte noto (e
ognuno di noi ne testimone) che le multiformi interazioni psicosomatiche fanno s
che corpo e mente costituiscano un unit inscindibile nella navigazione della vita
e che senza di essa non sarebbe neanche possibile il sorgere di nessuna delle
prospettive esistenziali di cui ci stiamo occupando.
Allora noi dobbiamo guardarci seriamente da tentazioni palingenetiche del dualismo
platonico o di quello cartesiano, che a dispetto dellomonimia non hanno proprio
niente in comune col DAR, poich ci significherebbe distruggere quellunit
inscindibile che levoluzione ha fatto crescere nella sua globalit specifica, dove la
stazione eretta e larto superiore prensile sono altrettanto fondamentali delle aree
di Broca115 o di Wernicke116, che in un certo senso ne sono le ultime conseguenze.
Abbiamo gi sostenuto che senza la pancia piena non si fa nessuna filosofia, ma
forse sarebbe opportuno aggiungere che senza buone condizioni di salute (se non
continuative almeno saltuarie) nessuna attivit intellettuale degna di questo nome
risulta possibile e che anche un genio come Chopin se ha composto della musica
immortale ha potuto farlo perch ogni tanto i sintomi della sua tisi lo lasciavano
in pace. Ma bisogna anche combattere contro i pregiudizi ideologici che vedono con
sospetto un eccessiva concessione ai cosiddetti piaceri materiali (del corpo),
poich se vero che la musica di Bach o il Giudizio di Michelangelo possono
mandarci in estasi non inopportuno lasciarsi andare (quando si pu) ai sani piaceri
della materia. I quali, praticati con saggezza, sono (insieme a quelli dello spirito)
lunico salutare antidoto contro lassalto continuo dellangoscia esistenziale e
della sofferenza.
Cos mi sono dato qui loccasione di sottolineare il mio edonismo, che va molto al di
l di quello del grande Epicuro, il quale in verit era assai pi spiritualista di me,
per quel suo privilegiare in special modo i piaceri intellettuali e quelli etici connessi
allamicizia. Daltra parte, io ritengo che una volta sciolti i lacci della perversa
sessuofobia paolina117 (passata pari pari nel Cristianesimo) si debba andare verso
unetica che non demonizzi mai il piacere, ma lo ritenga il modo migliore di disporsi
alle pi eccelse virt etiche. Ma voglio aggiungere (tanto per introdurre anche una
115
nota personale) che il destino (che pi o meno ci costruiamo con le nostre mani)
poi quello che ci capita, sicch (per esempio) tutti i miei adolescenziali sogni di
libertinaggio si sono poi spenti nella realt quasi monastica del mio vivere, che mi
ha portato a riflettere sui temi che stiamo trattando e che non hanno molto a che
fare con ledonismo puro e sano che ho appena promosso. E con ci chiudo il mio
inno al corpo, disponendomi alle rarefatte atmosfere della mente, della quale mi
accingo a trattare, sempre sperando nella benevolenza di chi continui a seguirmi.
Per la distinzione tra i due aggettivi rinvio alla nota 80 della Parte Prima.
La psiche
Di questa organizzazione molto gi stato detto quando abbiamo trattato
largomento della religione (Capitolo 4) e perci non ci ripeteremo relativamente
alle sue istanze omeostatiche, sulle quali abbiamo gi detto quanto basta. In quella
sede avevamo trattato la psiche un poco come una entit reazionaria e
conservatrice che frenava le spinte innovative , esploratrici e creatrici di nuove
esperienze esistenziali. Questo rimane vero anche se, in altra direzione
(specificamente psichica) questa organizzazione nasconda delle straordinarie
possibilit esperienziali quasi super-materiali, che concernono il campo della
telepatia e delle esperienze affini, sia pure adottando tutti i criteri di prudenza
indispensabili nel trattare questo tipo di esperienze, spesso inquinato da
mistificazioni e ciarlataneria.
Per fornire qualche utile riferimento a concetti di largo dominio aggiungeremo che
noi vediamo la psiche in termini molto vicini a quelli freudiani di es o inconscio119,
riconoscendole in pi delle possibilit esperienziali (meta-materiali o supermateriali) che la psicanalisi non considera o trascura. In generale possiamo
aggiungere che la psiche del DAR (fatta salva la considerazione di cui sopra) ,
rispetto al suo significato tradizionale, assai pi limitata nei suoi aspetti e funzioni,
sia come capacit cogitativa sia come sensibilit emozionale, ed vista soprattutto
come afferente tutta lampia gamma dei cosiddetti istinti o facolt innate e
inconsapevoli; per questo infatti la consideriamo anche la parte pi antica della
nostra mente e in linea di massima presente anche in molte specie di altri animali.
Tuttavia, se sul piano cogitativo la psiche partecipa e interagisce con lintelletto e
con la ragione pi che altro in funzione negativa o limitativa, per quanto riguarda
invece le sue interazioni con lidema esse vanno ritenute non solo estese ma spesso
connesse. Tra essa e lidema esiste addirittura una sorta di omologia per quanto
riguarda il tipo di effetti che la loro attivit produce sullo stato fisico, laddove tutta
un amplissima gamma di emozioni psichiche sono tangenti e talvolta confluenti con
le abmozioni dellidema. Ma se sul piano pratico-emozionale (esistentivo) vi un
indiscutibile collaborazione tra le due va detto che la psiche (quale termometro
119
Freud in un primo tempo defin inconscio quellarea dellapparato psichico dove sta tutto ci
che non diventa cosciente. In un secondo tempo sostitu (con poche varianti concettuali) il termine
inconscio con quello di Es, conservandone tuttavia il suo utilizzo come aggettivo riferibile al nuovo
termine.
dellintegrit psico-fisica sotto forma di omeostasi) sul piano esistenziale per contro
diventa un elemento reazionario, che pu anche frenare ogni progresso conoscitivo
ed emozionale. Mentre lidema naturalmente proiettata verso un futuro
esistenziale che implica di riflesso anche un avvenire esistentivo concepito
dinamicamente, sempre nuovo e diverso.
Vi sono tuttavia territori esperienziali dove psiche ed idema possono trovarsi fianco
a fianco e talvolta persino sovrapporsi, ed un esempio di questa sovrapposizione
nel fenomeno della nostalgia. Si tratta di un sentimento che per un verso
tipicamente psichico, nel suo presentarsi come un soffrire particolare (potremmo
definirlo raddolcito) in cui vi dolore per la perdita ormai definitiva di qualcosa
(situazione, condizione, ruolo, presenze di persone o cose) accompagnato dal
tentativo di riviverlo con la memoria: uno stato emozionale riferito ad un vissuto pi
o meno lontano che porta insieme malinconia e tenerezza. Ma nello stesso tempo la
nostalgia anche peculiarmente idemale, poich spesso produce unabmozione120
che supera e reinterpreta in una nuova forma etica (ma pi spesso etico-estetica)
una realt individuale relativa al passato.
Daltra parte, non pu sfuggire lassoluta contiguit esistente tra le emozioni e le
abmozioni (che peraltro ci succede spessissimo di chiamare appunto emozioni) un
po perch tradizionalmente la sfera emozionale onnicomprensiva e un po perch
effettivamente spesso assai difficile dire dove finiscono le une e comincino le altre.
Si potrebbero citare innumerevoli stati emozionali dove vera emozione e vera
abmozione si sovrappongono e trapassano luna nellaltra.
Un caso classico di sovrapposizione pu essere considerato quello dellattrazione
sessuale commista ad ammirazione che si scatenano nellinnamoramento, dove il
caratteristico stato confusionale-emozionale determinato dalla psiche si somma alle
aspettative idemali di un interessante e desiderabile rapporto intellettuale-affettivo.
Ma nella musica e nel teatro, o di fronte a certi spettacoli della natura, che paura,
fascino ed agitazione interiore rendono difficile stabilire quale posto abbia nella
contingenza lidema rispetto alla ovvia predominanza della psiche. Cos come gli
120
Anticipiamo qui che le esperienze idemali, per distinguerle dalle emozioni o dalle commozioni
(le cui cause sono prevalentemente di carattere psichico) le chiameremo abmozioni. Usiamo il
prefisso ab, di origine latina, per indicare come nell'esperienza idemale si verifichi un'
"allontanamento" dalla materialit del quotidiano.
assiologici piet e terrore (che sono alla base della catarsi aristotelica)121 sono
difficilmente ascrivibili tout-court allidema nel momento in cui si verificano e
tuttavia, attraverso lemozione che essi producono, nasce la percezione idemale del
contenuto di aiteria insito nel testo tragico. Da un punto di vista temporale
lemozione quindi qui precederebbe labmozione (che si arricchisce a valanga nella
riflessione a posteriori) e ne sarebbe un poco origine e causa, o quantomeno
decisivo concorso.
Dopo quanto detto sulla psiche in rapporto alle credenze religiose, dove avevamo
messo in evidenza soprattutto il carattere negativo dellistanza omeostatica
(sicuramente reazionaria e conservatrice, nonch frenante e inibente lacquisizione
di nuovi orizzonti gnoseologici potenzialmente perturbativi) dobbiamo adesso
riconoscere alla funzione che essa esercita non soltanto lovvia protezione
dellintegrit psico-fisica del soggetto (e di riflesso della sua individualit), ma anche
una funzione scatenante e anticipatoria di stati idemali fondamentali per una
maggiore e migliore acquisizione di aiteria, specialmente in alcune forme
esperienziali estetiche proprie dellintrattenimento e dello spettacolo.
Certamente anche in campo etico lemozione psichica fattore molto importante e
scatenante di atteggiamenti specificamente idemali. Il sorgere del sentimento etico
della compassione in molti casi non pensabile senza lemozione psichica che
accompagna lo choc reattivo conseguente alla visione della sofferenza di qualcuno,
a cui segue la presa di coscienza del contrasto esistente tra la consapevolezza del
nostro stato di benessere rapportato al malessere di chi soffre e lemergente senso
della giustizia e della solidariet che suscita quellistanza che abbiamo evidenziato
nellargomento etico (paragrafo 2.4 della Prima Parte).
Ma anche in campo gnoseologico (nellesperienza idemale della gnresi, di cui si
parler in seguito) dato constatare come talvolta lemozione post-sensoriale (pi
spesso visiva) possa anticipare gli entusiasmi della conoscenza e della scoperta, le
quali hanno nellintelletto lo specifico agente che con la sua attivit e le sue
elaborazioni (spesso sinergicamente con la ragione) le produce e le connota. Ma le
interazioni psichiche sono teoricamente possibili anche con la caira e la dhianasi,
per cui possiamo concludere con la quasi ovvia considerazione che la psiche
121
Nella Poetica Aristotile pone la catarsi (letteralmente = purificazione) come un effetto della
tragedia sulla psiche dello spettatore. Il processo catartico promosso dallo spettacolo della
tragedia inizia con la compassione e la paura che la vicenda tragica suscita, alle quali fa seguito la
purificazione dellanima dalle passioni rappresentate sulla scena.
Lintelletto
Nella formazione del pensiero e nella sua elaborazione lintelletto occupa una
posizione centrale e fa da ponte tra le altre organizzazioni. Per questa sua centralit
ad essa abbiamo riferito la sintesi intellettiva (a cui abbiamo gi accennato ma che
riprenderemo) quale risultante conscia del lavoro concadente delle varie funzioni
mentali. Lo abbiamo tenuto nettamente distinto dalla ragione poich le
caratteristiche e le funzioni che il DAR gli attribuisce non riguardano lampio campo
della computazione e dellanalisi (funzioni razionali) che ad essa abbiamo riservato.
Il campo specifico in cui opera lintelletto quello della conoscenza in generale con
in pi qualche carattere specifico come lintuito e lintuizione123. Questa primaria
funzione gnoseologica mentale ha come sua antenna emergente proprio lintuito,
che stato tenuto distinto dallintuizione poich ad esso abbiamo riservato quei
caratteri di immediatezza conoscitiva e anticipatrice di ogni formazione cogitativa
che possa subire elaborazioni ulteriori. In questo senso lintelletto una macchina
capace di essere molto potente e veloce (mentre la ragione lenta) e di produrre
accelerazioni e spunti che in brevissimo tempo configurano scenari ricchi e
complessi di immagini mentali, i quali vengono immediatamente condivisi dalle altre
organizzazioni, per passare subito alle infrastrutture che li fissano in modelli e
scenari mentali. Pur essendo lintelletto un organizzazione materiale esso ha
stretti rapporti con lidema, proprio per queste sue funzioni di sondaggio
dellignoto, prima che venga messo in opera un vero processo di fissazione di dati, di
apprendimento o di conoscenza. Questa specificit lo pone in un rapporto
privilegiato con lidema, che possiede quella capacit affine allintuizione (la
sensibilit intuitiva), operando sinergicamente con la quale rende possibile
quellevento straordinario che il rapporto delluomo con laiteria. Va aggiunto che
lintelletto da solo, pur fornendo un importante contributo, non avrebbe mai potuto
arrivare a tanto poich non per nulla sensibile; in compenso esso
estremamente acuto, ricettivo e penetrante. Per queste doti lintelletto capace di
123
124
Nelle scienze cognitive ed anche in psicologia (ma qui pi spesso come automatizzazione) per
automatismo si intende unazione abitudinaria (solitamente anche rapida) che viene compiuta
senza bisogno di pensarla o di porvi attenzione.
La ragione
Abbiamo gi fornito alcune anticipazioni sulle caratteristiche della ragione, che
lorganizzazione pi facile da definire e descrivere grazie alle analogie con quelle
formidabili macchine prodotte dallingegno umano che si chiamano computers.
Possiamo farlo oggi e non qualche decennio fa poich proprio la tecnologia
concernente il pensiero artificiale e le cosiddette scienze cognitive, che da esso
traggono sia interessanti spunti di ricerca e sia modelli interpretativi della mente
umana, consentono oggi di capire certi meccanismi della ragione (come la intende il
DAR) straordinariamente simili a quelli dei calcolatori elettronici.
Queste considerazioni non devono farci correre il rischio di sottovalutare la ragione
come una copia della macchina, poich ovviamente vero il contrario. La cosa
straordinaria che questa straordinaria funzione mentale stia dentro il nostro
encefalo e che quindi sia integrata con tutte le altre funzioni cerebrali e ci permetta
di farne uso sinergicamente con lintelletto che le fa da battistrada. Infatti,
considerando le funzioni congiunte della coppia ragione-intelletto noi abbiamo un
insieme funzionale molto potente, che ci consente quello straordinario processo
elaborativo che consiste in anticipazioni e riflessioni dellintelletto che trapassano
nella ragione, fondendosi con lanalisi e il calcolo, e che infine ritornano al primo
sotto forma di sintesi e conclusioni che vengono trasmesse alla memoria e
tematizzate dalla coscienza. Ancora una volta mi tocca ribadire che questa
semplificazione fenomenologica puramente ipotetica e immaginativa, quindi non
pretende di avere alcun valore scientifico, ma unicamente unutilit filosofica per
lanalisi esistenziale che andiamo conducendo. I cui fini (e soprattutto i cui esiti
euristici) speriamo che ci facciano perdonare qualche arbitrio concettuale che ci
siamo concessi.
Ma la ragione non soltanto un fondamentale strumento di conoscenza oggettiva,
essa un fondamentale aspetto del modo dessere delluomo, il quale, unico tra
gli animali, non segue rigorosamente modelli comportamentali trasmessi
filogeneticamente n acquisiti dallambiente, ma li confronta con modelli
utilitaristici e computazionali che ne sono alternativi e che in taluni casi li possono
sostituire. Stiamo parlando dellesercizio della razionalit, che una sorta di metro
della condotta umana, in grado di valutare ladeguatezza dei mezzi in rapporto ai
fini, volta per volta ed indipendentemente dagli schemi acquisiti per via filogenetica.
In tal senso lontogenesi del singolo individuo (il fenotipo) pu condurre, grazie alla
L'idema
Prima di entrare nel merito dellidema sono opportune alcune considerazioni
concernenti lambito col quale essa si rapporta e quindi prenderemo il tema un po
alla larga parlando preliminarmente un poco dellaiteria e di alcune sue
caratteristiche ed aspetti ragionevolmente supponibili. Se la stabilit dellaiteria
(almeno nel senso relativo in cui labbiamo posta) potesse essere considerata pi
apprezzabile dell'instabilit della materia e se laiteria stessa fosse causa di
esperienze comunemente ascrivibili alla sfera di ci che pi nobile, contrapposto a
qualcosa che lo sarebbe meno, sembrerebbe possibile un confronto tra materia ed
aiteria tale da porre, sul piano dei valori, l'una al disopra dell'altra. Tale operazione,
come abbiamo gi visto, sarebbe per il DAR un assurdo e qualora venisse effettuata
darebbe luogo a una evidente incoerenza interna. Ancora una volta si tratterebbe
dellutilizzo di un punto di vista basato su stereotipi assiologici superati, oppure
rispondente allatavico desiderio metafisico di stratificare, di selezionare e
soprattutto di unificare tutto ci che esiste verso lalto, con la riduzione della realt
a una sua necessaria causa prima e finale.
Un esempio classico di tale tipo di operazioni e conseguente causa di
differenziazione assiologica nel nostro modo di pensare quello della stabilit e
persistenza portati allestremo limite dell'eternit. Questo concetto risponde ad
un desiderio psichico estremo, che finisce per inventare una super-realt
assolutamente stabile e imperitura di pura fantasia, al di fuori di ogni criterio di
percettivit e nemmeno di intuizione, la quale sfugge ad ogni criterio di
razionalizzazione del reale percepibile o intuibile a cui ci dobbiamo razionalmente
attenere se vogliamo evitare di entrare nel vortice della pi bassa irrazionalit.
Questa considerazione ci offre lopportunit di precisare, a scanso di ogni equivoco,
che il DAR considera laiteria per nulla eterna, almeno non pi di quanto lo fosse
eventualmente la materia alla quale si accompagna. Al contrario, per esempio nel
Cristianesimo, che presuppone il fiat delluniverso (quale volont di un Dio che c
sempre stato e sempre sar), leternit del creatore ideologicamente molto pi
importante del fatto che poi egli abbia fatto un figlio con una donna rimasta vergine,
che questo figlio sia morto sulla croce e risorto al terzo giorno. Infatti la durata
assoluta un elemento fondamentale dellipostasi del dio unico, con una carica di
suggestione psicologica superiore a quella di tutti gli altri suoi attributi.
interessante notare a tale proposito che non a caso la divinit in quasi tutti i
contesti culturali stata associata alloro, un metallo quasi privo di reattivit
(potremmo anche dire quasi morto!) che per in virt di ci non soffre lazione
dellossigeno ed straordinariamente stabile a tutti i reagenti acidi o basici presenti
in natura. Da qui il concetto di incorruttibilit come corrispettivo di nobilt,
mentre semmai vero proprio tutto il contrario. Se si deve ragionevolmente
ritenere pi nobile la vita rispetto alla morte ed ogni elemento che costituisce la
sfera del vivente pi nobile di ci che solo materia prima per la fabbricazione di
strumenti od ornamenti da parte di una sua specie diviene evidente che in ordine di
nobilt in cima a tutti sta il pi reattivo, lidrogeno (che tra laltro anche il maggior
costituente delluniverso), seguito nellordine da carbonio, ossigeno, azoto, fosforo e
zolfo, tutti elementi piuttosto reattivi e instabili. Ci a conferma di quanto la nostra
psiche imponga i suoi principi e i suoi assiomi in totale contrasto con quelli della
ragione.
Cos di un Dio qualificato da attributi super-materiali su basi contraddittorie e
irrazionali si pu persino affermare che sia un eterno puro spirito, aggiungendo
che per questa spiritualit e la sua eternit siano ineffabili e fuori della nostra
umana comprensibilit. Per questa ragione noi non ipotizziamo per nulla che
laiteria possa corrispondere a ci che viene normalmente definito spirito, proprio
per tenerla nettamente distinta da esso e dalle sue connotazioni. La vita, che noi
esperiamo come materia, ed il futuro, a cui un sottoprodotto aiteriale del nostro
esistere (lidioaiterio) potrebbe forse accedere, sono due forme di esistenza
inconfrontabili, ma assiologicamente del tutto equivalenti. Anzi, da un certo punto
di vista, si pu ritenere che lesistentivit materiale, la quale si deve confrontare con
lo scorrere del tempo, coi vincoli del corpo, con la fugacit di ogni acquisizione, col
bene e col male, col piacere e la sofferenza e infine con la morte, sia pi
interessante (dal punto di vista di supponibili valori) di un'altra pi stabile e meno
tormentata attribuibile ad un futuro aiteriale.
Secondo noi l'errore dei trascendentalisti, che cerchiamo umilmente di correggere,
ci pare quello di attribuire (insieme con leternit) maggior valore a ci che raro o
che manca e ci sfugge, svalutando invece ci che pi vicino e ci appartiene. Se le
esperienze idemali (esistenziali) venissero considerate ad un livello superiore
rispetto a quelle dellintelletto, dei sensi o di ogni altro elemento corporeo ci
significherebbe che anche noi utilizzeremmo una scala di valori materiale e
impropria. Questa infatti non potrebbe avere alcuna legittimit sul nostro terreno,
la nostra morte che siamo sicuri di esserci. Svalutare la vita vuol dire privilegiare e
promuovere un virtuale cortocircuito nascita/morte, le due sponde della vita di cui
ogni essere vivente ponte unico e irripetibile, gettandoci in un oppiaceo e
fantastico orizzonte escatologico. Mortificare lindividualit, figgendo lo sguardo in
un orizzonte metafisico che trascenda illusoriamente la materialit significa
autoescludersi dalla possibilit di realizzare quellunicit qualitativa che si forma
soltanto vivendo con la materia che ci costituisce e nella materia che ci accoglie.
La caratterizzazione e lindividualizzazione della materia di cui siamo possessori e
gestori anche lunica chance di andare oltre essa per mezzo dellidema.
Il rifiuto della vita ha senso soltanto quando si tramuti in azione, e ci nel caso che la
propria condizione (grave invalidit e grande sofferenza) o la situazione
(impossibilit di agire) oppure il ruolo (impossibilit di essere se stessi) siano cos
negativi da precludere ogni esercizio della propria individualit. Venendo a mancare
la libera facolt della volizione e negata ogni opzione tra pi possibilit, allora il
soggetto perde luso delleleuteria e finisce per venir imprigionato nel flusso della
necessit. In questo caso esiste ancora un corpo, ma non esiste pi un individuo e il
suicidio diventa l'unico atto di volizione ancora possibile. Il suicidio, che non il
rifiuto della vita in generale, ma di una vita che diventata soltanto sopravvivenza
priva di senso, apre allora volontariamente la porta sul futuro, anticipando un
evento a cui saremmo comunque prima o poi destinati. In questo caso la rinuncia
alla vita un atto di coerenza e di dignit che non deve indurre nessuno a forme di
ingiustificata e stolta emulazione, ma che deve essere guardato col massimo rispetto
quale estrema ratio esistenziale. Rispetto che per contro un po' meno dovuto a chi
rinuncia ad usare la sua eleuteria ed esercitare la propria volizione, accettando le
catene della contingenza e appiattendosi su un livello di vita nel quale, mortificando
lindividualit, venga deciso di vivere come un individuo qualunque e
intercambiabile della massa umana nella sua generalit biologica.
Riconosciuta la nostra unicit, e perci lirrinunciabilit della nostra individualit, di
cui lidema nucleo, la riflessione razionale sulle opportunit dellesistenza nel
segno di essa, nonch l'azione che vi si conforma, sono allora costitutive del solo
modo autentico di realizzarci come uomini degni di questo nome (in quanto
tendenzialmente individui prima che membri di un gruppo), anche e soprattutto
in relazione a quellipotizzato futuro che potrebbe riguardare il frutto di quella
particolare macchina filo-aiteriale che lidema. Se il nostro agire improntato ad
un principio di libert (anche se, in termini pratici, con tutti i limiti concernenti
Si ricorda che con questo termine indichiamo lesperienza idemale nella sua generalit, mentre
con accadimento si indica ogni esperienza nella quale risultino coinvolte le altre organizzazioni.
evidente che questa distinzione ha carattere puramente indicativo poich come esse risultano per
lo pi concadenti cos accadimenti/eventi sono da ritenersi frequenti, e il trapassare degli uni negli
altri un fenomeno della quotidianit.
126
La crudelt e lineluttabilit del destino uno dei fondamenti della tragedia greca classica, nella
quale luomo sempre perdente di fronte ai capricci del caso o di una divinit malevola. Ma
proprio attraverso la propria sconfitta egli realizza il proprio destino e con esso la propria unicit
individuale quale soggetto tragico.
essere alla base di molti progressi dell'umanit, come fossero dovuti come a
unimprovvisa accelerazione dellevoluzione, proprio perch essa sola sembra
fornire le ragioni e gli stimoli per trascendere la necessit e gettarsi nellimpresa di
trovarle soluzioni prima impensabili127.
Solo sulle rovine delle disgrazie e degli insuccessi la comunit umana e il singolo
individuo possono interrogarsi e porsi quelle domande fondamentali che bucano gli
orizzonti chiusi della materia che ci costituisce ma che anche pu limitarci. Il fatto
che nella sofferenza abbia potuto essere individuato il nucleo esperienziale che apre
uno spiraglio sul mistero non casuale: la verit metafisica un feticcio, ma se la
sua ricerca avesse un senso, fosse anche quello dellassurdo, questo non potrebbe
che nascondersi negli abissi della sofferenza. Ma la sofferenza riguarda molto da
vicino lidema, poich anche il luogo dove fisica ed extrafisica si incontrano e dove
esplode il problema del senso di ci che ci accade; un senso il cui linguaggio
sempre sfuggente perch non altro che quello del tragico, che ci condanna al
male, allignoranza e alla finitudine.
Metaforicamente nella sofferenza potremmo dire che il corpo abbracciato
allidema, poich non esiste pura sofferenza fisica e pura sofferenza psichica
(impropriamente laggettivo vale anche per spirituale o esistenziale e quindi
dualisticamente anche come idemale), infatti la sofferenza psico-somatica anche
sempre sofferenza somato-psichica. Allora il resto, fuori o attorno lidema, non
pu mai essere disgiunto e tutte le considerazioni che su di essa potremo fare
debbono sempre sottintenderlo inerente e presente, altrimenti ridiventeremmo
schiavi di quella metafisica che abbiamo data per superata.
Ma lidema, che capta ed elabora aiteria (la quale, come abbiamo visto, pu essere
considerata un possibile futuro che in qualche misura potrebbe riguardarci) come si
pone dal punto di vista strutturale e funzionale rispetto alle altre organizzazioni,
rispetto al nostro encefalo (o se si vuole al sistema nervoso) e pi in generale
rispetto al nostro organismo e al nostro sistema motorio? La risposta assai
semplice: n pi e n meno di tutte le altre parti del corpo. Ma tra esse lidema
funzione vulnerabilissima, non certo meno di quanto lo siano le altre organizzazioni,
essendo vincolata alla situazione psico-somatica generale e ad essere implicata negli
127
stati di salute o malattia che possano alternarsi. Anzi, potremmo aggiungere che
lidema, pur avendo commercio con l immaterialit, poi costituita di un tipo di
materia particolarmente sensibile ai danni che i traumi in generale e le ingiurie del
tempo infliggono alla nostra macchina vivente.
In uno stato di prostrazione fisica lidema sar ipotonica, in uno stato di depressione
psichica essa sar scarica, in una grave situazione psichiatrica la si pu considerare
del tutto compromessa, anche se il mondo degli affetti e quello del senso artistico
possono sopravvivere in qualche misura alla sua caduta. Potremmo quasi dire che
lidema, i cui prodotti (gli aiteri) potrebbero forse aspirare escatologicamente a
sopravviverle, pi vicina alla morte di tutti gli altri elementi del corpo che
laccompagnano, poich in realt da ognuno di essi in qualche modo dipende. Essa
la macchina corporea emergente128 che ci ha regalato levoluzione, ma essa
anche costituita di una materia terribilmente fragile.
Due parole sulla sensibilit intuitiva: abbiamo chiamato con questo nome la facolt
idemale che sta alla base dellintuizione dell'irriducibile alla materia (laiteria), ma
abbiamo anche detto che essa agisce per lo pi di concerto con lintuizione (che
facolt dellintelletto). Ci dovuto al fatto che lidema agisce per lo pi
nellinconsapevolezza e che sarebbe quindi teoricamente possibile una ripetuta e
prolungata esperienza idemale dellaiteria soltanto in termini esperienziali inconsci e
quindi senza unadeguata tematizzazione. In altre parole, noi potremmo con la
sensibilit intuitiva avere esperienza dellaiteria senza rendercene conto e avere la
vaga sensazione di una presenza di qualcosa di misterioso senza poterlo qualificare e
delineare. Se ci avviene infatti perch la sensibilit intuitiva evidenzia
sensitivamente la presenza dellaiteria, ma poi lintuizione che opera
sinergicamente con essa a portarla alla coscienza. Cos lintelletto ci permette di
essere consapevoli dellesperienza idemale e con ci ci consente di farne un oggetto
di indagine esistenziale.
128
Spesso il termine emergente viene usato in biologia per indicare un aspetto evolutivo nuovo,
che compare in un organismo animale sotto la pressione selettiva, la quale trasmette informazioni
che stimolano ad adattarsi ai fini della sopravvivenza. Nel caso dellidema in gioco non la
sopravvivenza ma laccesso a una diversa forma di realt.
La coscienza
La coscienza una delle entit filosofiche pi ambigue, poich, al di l del suo
significato letterale di consapevolezza, ha assunto filosoficamente vari significati
tra i quali alcuni molto lontani dalla sua origine etimologica. In una rapida sintesi
storica vanno almeno ricordati: a) quello etico di giudice intimo e voce interiore
(SantAgostino, Kant, Montaigne), b) quello gnoseologico di promotrice di
conoscenza di se stessi e del mondo (Cartesio, Hume), c) quello idealistico di
autocoscienza creatrice (Fiche, Hegel) e infine d) quello fenomenologico di
intenzionalit (Brentano, Husserl). Nel DAR la coscienza assume qualche aspetto di
a), b) e d) mentre del tutto estranea a c), che considera una delle pi inconsistenti
e infauste ipostasi della storia della filosofia.
Per il DAR la coscienza la pi importante infrastruttura, poich in un certo senso
certifica tutto ci che la percezione e lelaborazione mentale pongono e
strutturano. La coscienza pertanto ci che fa s che un pensiero sia un pensiero di
qualcosa, che uno stato danimo sia esperienza vissuta, che una nuova conoscenza
sia un acquisizione. In quanto infrastruttura la coscienza innanzitutto
integrazione funzionale delle organizzazioni in vista della prensione intuitivaconoscitiva di un qualsiasi elemento od aspetto della realt (oggetto, fatto,
relazione, causa, effetto, ecc.). Essa ci che fa in modo che ogni nuova conoscenza
diventi unacquisizione e venga fissata nella memoria. Senza la coscienza i pensieri e
le esperienze rappresenterebbero elementi staccati di un vissuto caotico, privo di
alcuna organizzazione e tematizzazione, senza relazioni, senza confronti e senza
connessioni. In questo senso la coscienza quella funzione integratrice che mette in
relazione e coordina le varie organizzazioni. Ma proprio in ci che si coglie lintimo
rapporto esistente con laltra infrastruttura, alla quale si connette e che per alcuni
versi ne dipende: la memoria. Ancora una volta il procedimento partitivo va visto per
ci che , un puro espediente euristico, poich i fili invisibili che collegano il
complesso mentale portano un flusso mnemo-coscienziale unificato ed unificante,
che tiene insieme il tutto e che mette in comunicazione tra loro le organizzazioni, le
coordina e le fa funzionare al meglio delle loro possibilit. un po come se memoria
e coscienza fossero le strade che fanno s che dei luoghi o dei fatti isolati, come
elementi discreti del divenire individuale, siano relazionabili, andando a costituire
una rete esperienziale-cogitativa che si offre come un complesso pi o meno
129
Alcune gravi malattie psichiatriche sono conseguenti proprio a delle patologie dissociative, a
conferma dellimportanza del coordinamento di tutte le funzioni cerebrali in processi sinergici e
integrati.
La memoria
Dopo quanto detto sopra a proposito della coscienza non resta che aggiungere
poche considerazioni su questa infrastruttura ad essa collegata e correlata, che
insieme rende possibile uno scenario percepibile ad ognuno di costituire ununit
vivente, definita e determinata nello spazio, nel tempo e nella situazione (un
esserci heideggeriano)130. soltanto grazie alla memoria che momenti successivi
del nostro esperire e pensare possono venire collegati tra loro a costituire quel
continuum sul cui sfondo noi ci riconosciamo, quale frutto di una costante presa di
coscienza di ci che siamo ed eravamo. Ed proprio in questa considerazione che
emerge lindissolubilit di essa con la coscienza, la quale fa s che il flusso del ricordo
del passato prenda un senso in funzione del presente e dellavvenire.
La memoria accompagna pertanto costantemente l'attivit di ogni singola
organizzazione e della stessa coscienza, colla quale strettamente integrata. Anche
quando questa inattiva (in certe condizioni psichiche od idemali) essa registra
comunque quel che ci capita e in certe condizioni di richiamo lo rende disponibile
in successivi stati di ricordo consapevole, spontaneo o guidato (come accade
nellabreazione psicanalitica)131.
Per lo pi ad opera della volizione, ma talvolta anche per cause contingenti delle
quali siamo del tutto inconsapevoli, la memoria viene attivata e restituisce i dati a
suo tempo immagazzinati attraverso un complicato sistema di richiami e
collegamenti che la fisiologia del cervello riuscita a mettere in luce da tempo.
Ma non tutto ci che la memoria registra facilmente richiamabile alla coscienza.
Talvolta il ricordo viene spostato in una zona periferica, che potremmo definire
come il serbatoio dell'inutile e del dannoso per la psiche (il rimosso della psicanalisi),
dove rimane inattivo per sempre o finch circostanze eccezionali o terapeutiche non
lo richiamino alla luce.
130
Martin Heidegger (1889-1976 ) con esserci (in Tedesco: Dasein) indica il modo dessere proprio
delluomo, che a differenza degli altri enti non nel mondo ma ha mondo.
131
Si ricorda che nella pratica psicanalitica labreazione un delle fasi pi importanti del transfert
e che consiste nellemergere alla coscienza di un esperienza pregressa e rimossa. Essa si
concretizza nella scarica emozionale che avviene col racconto allo psicoterapeuta
dellaccadimento (traumatico o comunque sgradevole) rimosso e ora fatto riemergere alla
memoria.
La sintesi intellettiva
Chiudiamo questo capitolo dedicato alle funzioni mentali con un concetto del DAR al
quale abbiamo gi accennato e che costituisce in un certo senso il logico
coronamento delle nostre premesse. Abbiamo cos attribuito allintelletto una
funzione aggiuntiva che ne sottolinea limportanza allinterno del sistema delle
organizzazioni. Aggiungiamo allora che tutte le operazioni compiute dalla mente
concorrono a determinare stati mentali e pensieri (intendendo i primi come umorali
e i secondi come linguistico-discorsivi) sui quali lintelletto sovrintende, salvo che la
psiche (biologicamente molto pi potente e pervasiva) lo metta in ombra,
imponendo le sue esigenze conservatrici e restauratrici. In altri termini: gli stati
mentali determinano un clima, mentre i pensieri determinano un contenuto
della mente, che pensa il mondo e nello stesso tempo si pensa. La sintesi
intellettiva quindi il prodotto mentale conseguente allelaborazione sintetizzante
dellintelletto, con la quale vengono limate od espunte le incongruenze e le
contraddizioni tra ci che emozione e ci che pensiero in senso stretto. Prodotto
che passa alla coscienza gi predigerito e reso quindi da essa pi facilmente
univoco e definito.
Lestetica
Nella preistoria le attivit umane afferenti l'estetica in senso moderno (e che oggi
sono oggetto della storia dell'arte) erano in realt esclusivamente operazioni
magiche od evocazioni animistiche. Ne emerge pertanto il loro carattere religioso o
almeno pseudo-religioso, il ch ci permette di sottolineare ancora una volta come
sotto forme improprie o traslate sono state vissute forme di intuizione dellaiteria
reali ed autentiche. Si deve quindi ammettere che (sia pure oscuramente) l'uomo ha
intuito abbastanza presto che dietro immagini, suoni e parole (arti visive, musica,
poesia) stava qualcosa di misterioso e affascinante, che non tard ad attribuire o
mettere in relazione col sentimento del magico o del soprannaturale.
Quando pi tardi le religioni cominciarono (attraverso riti, dogmi e strutture cultuali)
ad organizzarsi in ideologie dottrinarie le arti furono assunte e integrate con funzioni
di sostegno dell'insegnamento della dottrina o come arricchimento del culto e della
liturgia. A tal proposito va riconosciuto che lo sviluppo delle arti in genere, almeno
sino a cinque-sei secoli fa, stato principalmente merito delle organizzazioni
confessionali, che in quanto committenti ne hanno promosso la realizzazione e lo
sviluppo. Ma l'enorme contributo dell'arte allo sviluppo delle religioni ha
compensato largamente tale merito, poich una liturgia priva di suoni e una dottrina
senza immagini sarebbero sicuramente assai meno efficaci. E sono addirittura
impensabili gli sviluppi delle varie fedi senza le architetture che hanno ospitato le
funzioni religiose, gli ornamenti, gli addobbi, le immagini scolpite o dipinte, i
costumi, le coreografie, i canti e la musica. Occorre aggiungere che tutto questo
insieme di elementi al contorno delle manifestazioni e celebrazioni rituali
ovviamente non veniva e non viene neanche oggi percepito dal fedele come un
elemento isolato dal contesto (in quanto oggetto estetico), ma come integrato alla
sacralit del luogo se non addirittura facente parte del messaggio divino e quindi alla
divinit indirettamente attribuito, almeno in quanto causa o ispiratrice di esso.
Quante volte infatti l'artista stato visto come mero esecutore dell'opera, in quanto
sarebbe stato ispirato dallalto o addirittura avrebbe agito come puro strumento
della volont divina?
Succede anche che il credente sia erroneamente indotto ad attribuire direttamente
al rappresentato la commozione derivante dalla fruizione della
rappresentazione che riceve attraverso gli occhi o le orecchie. Riferisce pertanto
un effetto al messaggio cultuale sottostante lo stimolo, mentre nella realt proprio
questo ad agire sulla sua sensibilit estetica. Cos levento estetico viene snaturato e
mistificato, diventando impropriamente un fatto fideistico, enfatizzando con ci il
significato (secondario) a scapito del contenuto estetico, che lelemento primario e
agente delleffettualit. L'equivoco che sta alla base di questo comune errore di
interpretazione da parte del fedele vale anche per i testi sacri, i quali (nella maggior
parte) non sono altro che componimenti letterari o poetici arcaici, che testimoniano
insieme la cultura dominante e le credenze di un'epoca o di un popolo in forma
estetica (e spesso di ottima qualit letteraria).
Per quanto riguarda le circostanze in cui si verificano gli eventi estetici in generale la
casistica piuttosto ampia. Si va dalla vista casuale di un oggetto o di uno scenario
naturale in un momento di particolare sensibilit idemale alla volontaria
concentrazione su di esso. Dall'aver udito una melodia arrivata per caso al nostro
orecchio all'ascolto preparato e attento in una sala da concerto o al nostro casalingo
impianto hifi. L'esperienza idemale non obbedisce a regole e non neppure
soggetta alla nostra volizione, poich l'idema s nostra, ma la sua funzione in un
certo senso gi fuori dell'ambito materiale su cui operano le altre organizzazioni
(compreso lintelletto che pure appoggia dallesterno levento con lintuizione).
Relativamente alla causa le esperienze estetiche (analogicamente riferite al
carattere aiteriale ) possono essere ripartite principalmente in quattro gruppi di
riferimento: quelle relative all'udito, quelle relative alla vista, quelle che riguardano
la parola o la scrittura, e infine quelle miste.
Il primo gruppo riguarda tutto ci che deriva dal nostro rapporto con i suoni in
generale e con la musica in particolare. Si tratta di un campo esperienziale con
grandi differenze di espressione e di effetto, a cui fa capo una vasta categoria di
rumori naturali (tuono, vento, pioggia, acqua in genere, ecc.) ed alcuni artificiali
(attrezzi percussori, seghe, lime, motori, trapani, ventole, ecc.), i suoni veri e propri
e tutte le molteplici forme organizzate di essi, sia pure che collegate alla parola, alla
danza o ad immagini. Tuttavia sicuramente ci che viene chiamato "musica" a
interessare principalmente il nostro tema. Probabilmente vi sono forme di musica,
come quelle che accompagnano la danza, le quali posseggono una predominante
componente di stimolo motorio, per cui sembrerebbero eleggere a loro oggetto
esclusivamente il corpo e un suo riposto istinto a muoversi ritmicamente per trarne
piacere. Ma non si possono operare nette separazioni in tal senso, n escludere a
priori alcune forme musicali che parrebbero prescindere dall'idema facendo
riferimento solo alla psiche e ad istanze di tipo neuro-cinetico. In effetti abbiamo gi
fonte di unabmozione estetica sia per chi crea che per chi fruisce lopera poetica o
narrativa.
All'ultimo gruppo appartengono le espressioni artistiche che si avvalgono di due o
tre elementi ascrivibili ai gruppi precedenti. Di esso fanno parte tutte le attivit
legate alla recitazione e alla spettacolarit, quindi il teatro in generale (prosa,
balletto, lirica, mimo, ecc.), il cinema, la televisione, ecc. In questo caso evidente
che lesperienza estetica risulta dal connubio e dalla sinergia tra elementi
scenografico figurativi, coreutico-mimici, recitativi, musicali, ecc.
Potremmo definire tutte le discipline citate come produttrici di situazioni estetiche
privilegiate dall'intenzionalit, tuttavia non possiamo limitarci ad esse e n possiamo
ritenerle sufficienti in se stesse a produrre abmozioni. Vi sono oggetti o situazioni
estetiche naturali o artificiali, consuete o casuali, i cui effetti sull'idema possono
essere anche maggiori e tra queste eccellono ovviamente gli spettacoli della natura,
in termini sia macroscopici che microscopici. Dalla vista di un fiore o di una farfalla
fino ai grandiosi spettacoli montani o marini credo che tutti possiamo concordare
sulla capacit di spettacoli ed ambienti naturali di indurre la nostra idema a
importanti esperienze estetiche (ma anche dhianasiche come si vedr), a
testimonianza del fatto che la natura (materiale) permeata (o meglio
avviluppata) di aiteria che si offre alla nostra idema.
Una particolarit dell'estetica rispetto alle altre categorie analogiche costituito
dalla sua forte ambiguit e dalla sua elevata interpretabilit. Essa stessa non
definibile in modo univoco, ma in molti modi equivoci, che la delineano sempre
parzialmente e per approssimazione. Ma facciamo qualche esempio di come
unopera darte vada soggetta a molteplici interpretazioni, significati ed effetti
psico/idemali. Dal punto di vista dell'autore: a) il suo sentimento verso l'opera che
produce di amore/odio, b) egli progetta l'opera in un modo, ma poi quella gli
sfugge di mano e diventa cosa diversa, oppure in corso d'opera capisce che essa va
in altra direzione da quella voluta o prevista, c) mentre la esegue muta il suo
atteggiamento e decide di introdurre elementi che contraddicono il tema, d) sul
piano dei significati compone l'opera lasciando lacune per aumentarne la
problematicit, o la tiene sul confine di sensi opposti, o mescola il bello e il nobile al
brutto e al mostruoso, ecc. Dal punto di vista dell'interprete o del critico: a) scopre
che inconsciamente l'autore ha realizzato una cosa nel perseguirne unaltra, b)
utilizzando un elemento non chiaro e definito la interpreta stravolgendo il volere
Letica
Nell'occuparci di questa categoria analogica (relativa al carattere aiteriale )
sarebbe interessante poter distinguere ci che ascrivibile alla natura da ci che
frutto della cultura, perch i comportamenti hanno sempre forti probabilit di
essere stati plasmati e condizionati. In effetti, anche quando gli etnologi studiano i
cosiddetti "primitivi" si accorgono che essi sono culturalmente molto evoluti e che la
loro naturalit maggiore della nostra, ma molto relativa in senso assoluto (riferita
alle origini).
Tuttavia possibile mettere a fuoco il nostro campo di osservazione prescindendo
dal tipo e dal grado di evoluzione dell'uomo sulla terra, adottando un criterio molto
elementare: quello dell'inutilit personale. Potremmo allora dire che etico
(almeno spesso o per lo pi) quel comportamento che non reca vantaggi materiali o
di prestigio sociale a chi vi si attiene e che mira (almeno nelle intenzioni) a
beneficiare l altro da s. Letica riguarda pertanto la sfera dei sentimenti e delle
condotte, i quali, per un verso non sono al servizio della conservazione della specie
(e quindi non rispondono ad istinti regolati dalla ragione biologica) e per altro verso
non ci procurano (almeno direttamente) vantaggi materiali o sociali di alcun genere.
Ci li rende in parte contrari alla ragione, per lo pi estranei allintelletto e
potenzialmente pericolosi per la psiche. In altre parole: letica costituisce un
elemento di decisa innaturalit nellambito del comportamento animale, anche se
molti comportamenti solidaristici (peraltro comuni a molte altre specie) possono
essere ritenuti pi o meno convergenti con le esigenze o le aspettative comuni del
gruppo di appartenenza e di converso indirettamente favorevoli a s. Per rendere il
discorso pi chiaro e comprensibile relativamente ad una materia piuttosto
complessa non sar allora inutile ricorrere ad una certa schematizzazione,
classificando leticit in tre grandi classi, riferite a principi di condotta che deve
risultare genericamente disinteressata. Ovviamente questa classificazione resta
puramente indicativa e pertanto un comportamento pu rispondere
contemporaneamente (per via diretta o indiretta) a tutti e tre i principi che verranno
enunciati.
Giustizia
Questo principio determina una sfera di sentimenti molto evoluti e per molti versi in
totale consonanza con la razionalit, per cui, in un'immaginaria topologia del nostro
cervello la giustizia si troverebbe presumibilmente nella zona evolutivamente pi
recente e pi avanzata. Per dare una definizione semplificata di giustizia diremo che
esso quel sentimento che a partire da diritti ritenuti ineludibili ne coglie
lintollerabile trasgressione, che censura e contro la quale promuove comportamenti
che la correggano. L'uomo ha impiegato centinaia di migliaia d'anni per staccarsi da
un modello naturale di comportamenti dettato dalla ragione biologica e sotto il
segno della necessit, fino ad elaborare un sistema di riferimento comportamentale
(almeno in termini intraspecifici e allinterno del gruppo di appartenenza) che
prescindesse dalla sopraffazione su cui si fonda la biosfera in generale, con lunica
eccezione dei comportamenti simbiotici o mutualistici. Questo spiega in parte
perch gli ordinamenti giuridici delle civilt antiche pi evolute potessero ancora
ammettere la schiavit e le ineguaglianze sociali pi aberranti. Ripeteremo qui
(riprendendo lenunciazione dellargomento etico) che la visione idilliaca che talvolta
si ha della natura una delle pi colossali sviste in cui la nostra intellezione possa
cadere, poich la lotta per la sopravvivenza e per il predominio sul territorio la
regola fondamentale, grazie alla quale la vita, nella sua complessit e pluralit
specifica, si conserva ed evolve.
Difficilmente noi non ci rendiamo conto della terribile ferocia di un grazioso
uccellino che fa a pezzi un verme prima di mangiarlo. E siamo tutti pronti a
commuoverci per le amorevoli cure che una gatta riserva ai suoi gattini, ma non a
inorridire di fronte alla crudelt con la quale gioca col topo per insegnare loro le
tecniche di caccia. soltanto la presenza dell'idema che sposta la nostra percezione
su ci che non natura vera, cio materiale, producendo una sorta di
interpretazione aiteriale di essa che non coglie ci che sta dentro la materia ma
ci che ne sta al margine. Ogni considerazione o sentimento estetico, etico o
gnoretico relativo alla natura la pone s come oggetto, ma ha il suo movente
132
Avanzo qui unipotesi, su base puramente immaginativa e quindi priva di alcun fondamento
(ma non del tutto priva di qualche elemento intuitivo) secondo la quale laiteria ( che viene
considerata al margine della materia in ogni suo aspetto) potrebbe concernere almeno tutte le
entit percepibili alluomo. Quindi sia singolarit biologiche od oggettuali sia insiemi di esse,
nonch lambiente che le comprende in quanto investibili di sentimenti di tipo estetico, affettivo o
conoscitivo.
oltre ovviamente che per mutamenti ambientali. soltanto in virt della sua forza
(fisica, di adattamento o genetica) che una specie sopravvive in un ecosistema dato.
I paleontologi ritengono non improbabile che la scomparsa dell'uomo di
Neanderthal sia dovuta al genocidio che l'homo sapiens ha perpetrato contro di esso
per ragioni di concorrenza sul territorio. Ma non neppure necessario risalire i
millenni per scoprire altrettanta ferocia nelle guerre che l'uomo moderno ha
perpetrato all'interno della sua stessa specie, per motivi razziali, ideologici,
economici o di semplice predominio. Tuttavia, se le azioni dell'uomo non
differiscono molto da quelle degli altri animali quando si tratti di sopravvivenza e
predominio, esso ha maturato nei millenni un senso etico che gli permette di
staccarsi poco o molto dalla pura ragione biologica che promuove e regola tutto il
sistema vivente. Questo un frutto inequivocabile soprattutto del principio della
giustizia, che la sua idema ha sviluppato congiuntamente alle altre facolt filoaiteriali che la caratterizzano. Vale tuttavia la pena di notare che sarebbe improprio
ritenere assolutamente determinante l'influenza che l'idema ha avuto
sull'elaborazione dei sistemi giuridici in generale (anche se il senso della giustizia
pu aver funzionato come una vis a tergo non trascurabile). Essi in gran parte sono
probabilmente stati il frutto di una riflessione teorica (razionale-intellettuale) in cui
lidema ha avuto piccola parte e di una contrattazione sociale seguita da una serie di
compromessi ai quali deve giungere qualsiasi comunit che voglia assicurare a se
stessa stabilit e sviluppo nel rispetto della pluralit di caratteri ed opinioni.
Analogamente, se l'umanit doggi pi attenta all'ambiente non tanto perch
ritenga eticamente giusta la sua protezione, ma perch consapevole che
distruggendo l'ambiente compromette una buona sussistenza di se stessa; anche in
questo caso quindi listanza etica risulta secondaria rispetto a quella razionalmente
utilitaristica.
Compassione
Compatire significa "patire insieme" e si tratta di un sentimento che, almeno in
termini raffrontabili a quello umano, sembra assolutamente assente in altri
mammiferi superiori. La partecipazione affettiva alla sofferenza di altro da s deve
essere considerato il comportamento di un animale talmente evoluto da possedere
una funzione idemale assai sviluppata e del tutto indipendente dalla materia vivente
che lo costituisce, come avevamo gi rilevato a proposito dellargomento etico.
Il sentimento della compassione (ovvero della piet) non solamente estraneo alla
vita, ma anche svantaggioso per l'individuo che ne viene pervaso. La piet un
sentimento eversivo, che getta scompiglio nelle nostre azioni, che ci blocca e che ci
fa sentire spesso colpevoli al di l del ragionevole. Forse la nostra specie si sarebbe
estinta immediatamente se all'inizio fosse stata condizionata dall'idema che oggi ci
ritroviamo e non avesse potuto competere con le altre, mettendo in atto unanaloga
spietatezza, guidata per da un intelletto e da una ragione assai evoluti, che non
l'hanno certo limitata, ma soltanto resa pi raffinata e utilitaristica.
La compassione a livello sociale determina un aspetto assai rilevante sul piano dei
comportamenti, e ci ad ogni livello di aggregazione umana, a partire dalla ristretta
cerchia degli appartenenti al nucleo famigliare fino a ad arrivare a interessare ogni
individuo dellumanit complessiva. Gli atteggiamenti solidaristici che essa induce
sono fondamentali, soprattutto per le collettivit basate sulla competizione, alla
quale fanno da contraltare, mitigando le conseguenze di un troppo rigido criterio di
prevalenza del migliore a favore dei meno fortunati e dotati. Senza tema di
smentita si pu ritenere che da essa abbiano origine gran parte di quelle operazioni
e di quei provvedimenti, a livello privato o pubblico, che stanno alla base delle
forme pi avanzate di comportamento solidaristico, le quali sono indicative del
livello di civilt relativo ad un contesto dato. Civilt che si caratterizza per un diffuso
esercizio della compassione non meno che per quello della giustizia e dell'equit.
Donazione
La donazione un principio poco omogeneo e assai articolato, che riguarda
l'atteggiamento grazie al quale un soggetto attenua le esigenze della propria
individualit e della propria integrit, per trasferire su un altro soggetto l'amore che
ha per s stesso in quanto persona e per ci che gli compete positivamente (beni e
risorse). Labbiamo chiamata cos perch essa basata su di una attenuazione degli
egoistici (ma del tutto naturali e corretti) vincoli che ci vietano di amare gli altri pi
di noi stessi. Cos la donazione trasforma completamente "l'amore per s" (che un
istinto naturale innato e funzionale alla sopravvivenza e alla miglior conservazione)
in "amore per l'altro", che invece un sentimento abbastanza estraneo (o almeno
superfluo) alla logica del vivente. Con la donazione accade che un atteggiamento
naturale nei rapporti con l altro (caratterizzato da un impronta psichica
nettamente reattivo-protettiva) perda i suoi caratteri peculiari per diventare un
atteggiamento di carattere proiettivo-alienante dove la psiche cessa di esser
La gnresi
In senso stretto la gnresi si manifesta nellentusiasmo derivante dal desiderio che
un soggetto ha di conoscere qualcosa che si pone alla sua attenzione e che gli
ancora in tutto o in parte sconosciuto, indipendentemente dai fini e dai vantaggi che
tale conoscenza gli potrebbe procurare. Ma per altri versi essa presenta i caratteri di
un vero e proprio innamoramento di carattere gnoseologico, il ch legittima una
seconda definizione della gnresi quale amore per la conoscenza fine a se stessa,
dove si intendano per essa tutti i processi che la concernono quale stadio finale e
non foriera di vantaggi sul piano materiale. Quindi essa concerne il puro mettersi in
moto dellatteggiamento di ricerca, dellapproccio conoscitivo alloggetto o al fatto,
il desiderio della scoperta, lindagine strutturale e i tentativi di interpretazione,
linserimento del conoscibile e del conosciuto in un sistema di riferimenti e valori
idemali. La precisazione pu apparire superflua, ma per completezza aggiungeremo
ancora che, evidentemente, qualora la conoscenza e la scoperta perdessero i
caratteri gnoretici e venisse perseguite per fini utilitaristici l'esperienza idemale si
estinguerebbe immediatamente, per dar luogo ad un'operazione intellettuale e
razionale di grande rilievo, ma di carattere esclusivamente materiale. In altre parole,
la gnresi riguarda un tipo di conoscenza che esorbita lambito del puro fine duso
della scoperta e della conoscenza in vista di qualcosaltro che possa arrecare
vantaggi pratici. In tale assenza di fini il soggetto in gnresi entra in un ambito
esperienziale dove lidema a condurre lesperienza, in quanto percettoreelaboratore di un complesso di elementi della realt che stanno al margine della
materia, la quale gi si offre (attraverso i suoi oggetti e i suoi accadimenti)
concretamente e percettivamente alla psiche, allintelletto o alla ragione. Va da s
che quella che abbiamo definito come una conoscenza in vista di obbiettivi praticoesistentivi (finalizzata o strumentale) pu accompagnare la gnresi, limitandone in
tal caso la portata etica, oppure pu accadere il contrario e che la seconda sottragga
spazio alla prima modificandone il carattere puramente utilitaristico.
La gnresi non rappresenta unattivit mentale elitaria particolarmente importante,
ma riguarda anche la quotidianit delle scoperte o delle conoscenze pi elementari,
che sono quelle di un bambino nella sua prima infanzia, fino a quelle culinarie di sua
madre in cucina o a quelle meccaniche di suo padre con l'automobile o la lavatrice.
Ma ovviamente attraverso lo studio volontario e impegnato, a tutti i livelli, che la
gnresi si manifesta pi frequentemente, assumendo i caratteri pi interessanti e
rilevanti. Tuttavia vi sono esperienze gnoretiche meno impegnate e pi ludiche
La caira
La caira simile ad una misteriosa energia radiante e rallegrante che emerge
spontaneamente in un soggetto, trasmettendosi ad altri soggetti. Le persone dotate
di caira lo sono generalmente per natura, per cui senza alcun sforzo emettono
questa meravigliosa energia idemale, cos simile a quella dell'amore e tuttavia
diversa, nel senso che non viene rivolta ad un soggetto in particolare ma gettata
nellambiente dove vive ed agisce il caireico. Mentre lamore sempre indirizzato
verso un obiettivo la caira si spande in tutte le direzioni per dote propria, senza che
sia intervenuto alcun motivo, stimolo o attrazione.
La caira ha carattere contagioso e si manifesta nei fruitori e beneficiari anche sotto
forma di simpatia e trasporto verso il soggetto cairetico, in un gioco di rimandi che
determina nel gruppo di persone interessate un atmosfera di gioiosit e di giocosit
allo stato puro. Queste forze, particolarmente coinvolgenti, si irradiano
naturalmente, investendo e coinvolgendo l'idema delle persone che ne vengono a
contatto e sospendendo in molti casi il peso esistentivo delle contingenze. come se
avvenisse quasi una sorta di sospensione del flusso vitale in una situazione fuori del
tempo, dove la materia esprime al meglio la sua tendenzialit133, contraendo i lacci
della necessit e lasciando spazio a ci che le sta al margine (laiteria) in una
kermesse estremamente comunicativa e coinvolgente. Quando la caira si
collettivizza tra pi persone, laiteria sembra perdere il suo carattere
eminentemente pluralistico (quale insieme di aiteri) per assumere i caratteri di un
unicum indefinibile, dove le qualit individuali sembrano quasi confluire in una
totalit qualitativa avvolgente e pervasiva.
Abbiamo premesso che la caira (almeno per lo pi) una dote naturale acquisita
geneticamente e tuttavia si pu ritenere che sia probabilmente anche acquisibile,
quando nella vita di un individuo avviene un fatto cos straordinario da cambiare la
sua struttura mentale. Pi spesso avviene tuttavia il contrario e il cairetico, a causa
di traumi psichici o di gravi situazioni ambientali, perde il suo gioioso flusso aiteriale
e a volte definitivamente. Purtroppo accade molto spesso che bambini
tendenzialmente cairetici perdano ogni traccia di questa dote, perch il confronto
con la realt esistentiva spegne questo fuoco interiore allegro e giocoso. Va
133
Per tendenzialit della materia intendiamo quella modalit in virt della quale essa, in quanto
essere dinamico (divenire), tende a generare in s qualcosa che la possa far evolvere verso ci che
essa non , ci che appunto lidema.
La dhianasi
La dhianasi134 si esplicita in una categoria di esperienze idemali concernenti il senso
della natura, del mondo o delluniverso in termini che ricordano lintuizione di
quell'anima del mondo135 che, come abbiamo visto, ha caratterizzato anche il
paganesimo antico prima che venisse sopraffatto dal monoteismo. Il suo elemento
caratterizzante il processo di fusione che lindividualit intraprende verso una
totalit sentimentale colla quale si identifica, raggiungendo uno stato mentale di
totale dimenticanza di se stessa. Da un punto di vista esperienziale la dhianasi si
verifica quando il soggetto si abbandona alla contemplazione di una totalit aiteriale
(una porzione di mondo) andando oltre un puro stato simpatetico e perdendo
temporaneamente la consapevolezza del corpo, delle sue capacit sensorie e delle
sue funzioni.
La dhianasi si configura come uno stato mentale estremo, relativamente al quale
potrebbe diventare quasi legittimo lantico concetto greco di kstasis (= uscita da
s)136, variamente ripreso dalla religione in senso mistico e da filosofie posteriori
anche in senso laico. La dhianasi un andare oltre lo stadio della contemplazione
(che ancora cosciente) verso uno stato di incoscienza e di abbandono amoroso .
In essa si attiva infatti una forma di amore non esattamente oggettivata ma di tipo
globale. Che loggetto di contemplazione scatenante sia una mandria di mucche al
pascolo, una verde vallata, la distesa del mare, un cielo stellato o il soffitto di una
cattedrale gotica (ma anche una pietra, un filo derba o una cornice) il tipo di
abmozione che ne deriva sostanzialmente lo stesso e si manifesta come una
fusione nella totalit. Totalit ovviamente del tutto irreale secondo il DAR, come
gi stato precisato, il ch rende questo tipo di abmozioni reali ma piuttosto
ambigue in quanto riferite a una totalit illusoria. Levento dhianasico pu anche
134
La parola dhianasi deriva dalla fusione del termine sanscrito dhyana (=meditazione) con la
parola greca askesis (=ascesi: lett. esercizio). La dhianasi del dualismo reale la condizione
idemale raggiungibile attraverso la meditazione sulla natura e il conseguimento di un rapporto
contemplativo-simpatetico con essa.
135
Concetto tipico delle antiche cosmologie orientali passato poi in Occidente. Presente gi in
Platone (Timeo, 34b) e associata al Demiurgo si riscontra anche negli Stoici e in Plotino. Fu ripresa
nel Rinascimento da Giordano Bruno e tematizzata anche da Schelling nellOttocento.
136
Il termine indica uno stato di abbandono della consapevolezza di s e di ogni sensibilit fisica ed
intellettiva quale stadio ultimo di un processo di abbandono della propria condizione verso la
comunione col divino o comunque col trascendente. Fu ripreso dalla teologia cristiana e teorizzato
come la forma pi alta di contemplazione di Dio da parte di Bernardo di Chiaravalle. Nella filosofia
moderna si ritrova in Heidegger (Essere e tempo, cap. III, 65).
essere visto come uno stato sospensivo della coscienza, nel quale lindividualit si
espande e rifluisce in unimmaginaria totalit aiteriale137. In alcune
esemplificazioni fornite in precedenza si sar notato come esse non risultino
specifiche della dhianasi in quanto lesperienza aiteriale che ne deriva potrebbe
anche essere di tipo estetico, estetico e persino gnoretico. Questo un altro degli
elementi che rendono la dhianasi un esperienza abbastanza spuria rispetto alle
altre. Per alcuni aspetti essa pu essere anche considerata una forma di etica che
non ha come oggetto l altro ma un alterit generale, espressa appunto in un
senso della natura o in un senso delluniverso. Ma vi unaltra differenza
importante rispetto alle altre abmozioni, che sono sempre caratterizzate da uno
stato di coscienza vigile e riferite sempre a qualcosa di piuttosto determinato,
poich nella dhianasi il referente diventa una totalit imprecisata e irreale, colta
come tale in virt di uno stato di parziale o totale incoscienza.
Con le caratteristiche sopra evidenziate la dhianasi risulta pertanto analoga ad
esperienze di tipo ascetico/estatico le quali (con la sola eccezione di quelle yogiche)
hanno quasi sempre carattere religioso, ponendo come oggetto di riferimento una
qualche ipostasi divina pi o meno istituzionalizzata. Il fatto che esse normalmente e
tradizionalmente riguardino il campo religioso non significa tuttavia che debbano
essere considerate per ci stesso false. Abbiamo gi visto come la religione
costituisca una risposta deviata ad esigenze ed intuizioni autentiche, quindi anche in
questo caso lesperienza pu rimane valida in se stessa e rispondere in qualche
misura alla dhianasi, ancorch il soggetto che esperisce sia convinto che il proprio
oggetto di percezione sia la divinit e non laiteria (che ignora o non riconosce).
Daltra parte (come si visto) anche lesperienza estetica pu venire attribuita o
riferita alla divinit (e perci considerata unesperienza religiosa), ma nei suoi
termini effettuali il risultato esistenziale rimane comunque quello di unabmozione
idemale autentica, ancorch se ne equivochi lorigine.
Risulta evidente come la dhianasi e lestetica condividano questo carattere
fondamentalmente ambiguo o addirittura sviato sopra evidenziato, per il quale
lesperienza rimane vera pur portando un riferimento falso. Ci si verifica perch ci
137
Parlare di totale aiteriale pu suonare contraddittorio col concetto base che nel DAR si ha
dellaiteria quale insieme pluralistico di singoli aiteri pur connessi e relazionati. La
contraddizione infatti esiste e la sua causa da ricercarsi nel fatto che la dhianasi si presenta come
uno stato incosciente e quindi in parte deviato. In altre parole, lo stato dhianatico,
nellestremizzazione di uno stato contemplativo fino allincoscienza, non coglie pi la specificit
degli aiteri e si perde in una totalit fittizia che tutti li unirebbe.
Ancora sullaiterialit
Le abmozioni, la simpatesi e il concetto di al margine
Non solo, vi sono gradi abmozionali molto differenti, cos su cento volte che tu senti
un certo studio per pianoforte di Chopin oppure di Debussy soltanto una certa volta
succede che tu abbia unabmozione profonda e di grande intensit. Oppure su mille
volte che guardi il volto di tua madre solo qualche volta tu sia veramente pervaso
dallamore donazionale. Ma pu anche che lesperienza aiteriale non riguardi un
grande della musica ma un minore poco conosciuto che ha casualmente
azzeccato un accordo strano e una fortunata risoluzione. Allo stesso modo un
ragazzino sconosciuto incontrato per strada pu darti un abmozione che tuo figlio
non ti ha mai dato. In altre parole, le abmozioni sono esperienze privilegiate
piuttosto rare, senza preparazione, casuali, sempre inaspettate e con i riferimenti
pi imprevedibili e impensabili. Esse costituiscono sempre una sorpresa che in
qualche modo ti cambia, sia pure per pochi istanti o per poche ore. Accade anche
che dopo un intensa abmozione non ci si senta pi quelli di prima, proprio perch si
dischiude con essa lorizzonte su una realt diversa, che contrasta con la
quotidianit, con gli interessi materiali, con le convenzioni sociali, col modo corrente
di vivere e concepire la vita, persino col modo naturale e spontaneo di rapportarti a
una persona cara.
Al fatto che esistano anche grandi differenze di intensit abmozionale occorre per
aggiungere che esiste sempre un certo grado di innata congenialit nei confronti
di un certo tipo di esperienze idemali e che ognuno di noi ha differente
predisposizione al rapporto aiteriale e che essa pu spingere la nostra sensibilit
intuitiva in una direzione o in un altra. Pu accadere che unidema sensibile alletica
non lo sia per nulla allestetica, e che un grande artista sia una persona immorale, o
al contrario che un grande filantropo non colga alcuna differenza tra un bel dipinto e
una sua volgare copia. La possibilit di avere abmozioni intense di un certo genere
pu far capo ad una certa predisposizione, ma in ogni caso ci non condizione
sufficiente, poich labmozione un evento senza preparazione e senza premesse.
Ma allora che cos che fa la differenza tra cento ascolti di una brano di Beethoven e
quel centunesimo che ti d abmozione?
Si direbbe che labmozione debba far capo ad un qualcosa che la produce o che
almeno rende la relazione tra un idema e una specifica entit aiteriale o tra due o
pi ideme (nel caso delletica e della caira) pi stretta e pi profonda. Ma porre una
super-relazione di questo tipo significa anche chiedersi se ci non risulti possibile in
virt di un superamento del rapporto eterogeneo tra un elemento materiale come
unidema e uno aiteriale come un aiterio. Ci, ovviamente, sia dal punto di vista
Il concetto filosofico di simpatia ha una lunga storia che parte dagli Stoici e arriva ai giorni
nostri. Si pu ritenere tuttavia che nelle accezioni moderne esso non si scosti troppo dal significato
che la parola ha assunto nel linguaggio comune, vale a dire come la partecipazione di un
individuo al modo di pensare di un altro, ai suoi desideri e ai suoi sentimenti.
139
Lempatia termine comunemente utilizzato in psicologia per indicare la capacit di un
individuo di entrare nella forma mentis di un'altra, diventando partecipe dei suoi pensieri e di suoi
stati danimo.
140
Einfhlung parola tedesca che significa partecipazione emotiva e che viene tradotto in
italiano comunemente con empatia. Il termine fu ripreso dal filosofo dellarte R. Vischer nel 1874
per indicare la proiezione delle proprie emozioni su un oggetto di natura contemplato con amore,
immedesimandosi con esso. Ma con Th. Lipps che lEinfhlung viene assunta a base di una vera e
Nel contesto del DAR la simpatesi assume una denotazione particolare, poich
evidenzia il rapporto simmetrico che si instaura tra il dualista e le cose, le persone o
gli scenari, tutti recanti al margine elementi di aiterialit che si offrono allidema nei
termini gi visti. La particolarit della simpatesi rispetto ai suoi analoghi storici sta
nel fatto che essa non pone tanto laccento sul soggetto umano che ne fruisce (dopo
tutto anche animali e piante probabilmente hanno unidema), bens la relazione che
si instaura tra materia ed aiteria attraverso una funzione materiale (lidema) e una
singolarit aiteriale qualitativamente definita. Col concetto di simpatesi tuttavia non
abbiamo aggiunto nulla di particolare a quanto gi detto in precedenza sul rapporto
materia/aiteria, ma gli abbiamo dato un nome che ci aiuta a comprenderlo. Dopo
aver sottolineato la diversit (ed in qualche caso lopposizione) tra i due reali
universali e rimarcato la loro estraneit sostanziale siamo giunti ad evidenziare il
loro incontro indiretto attraverso la simpatesi.
Passiamo ora a una precisazione relativa al concetto di al margine (cui avevamo
accennato di sfuggita nel paragrafo 5.1) che richiede ora una delucidazione pi
completa, senza la quale rimarremmo in una certa indeterminazione. Avevamo
detto che laiteria compresente e coestesa con la materia in una sorta di
immanenza senza contatto e che essa costituita presumibilmente da elementi
primi (che abbiamo chiamato pneumi) e dai singoli aiteri, che verosimilmente
potremmo immaginarli come avvolgenti le entit materiali cui afferiscono. Ma
come nascono gli aiteri e come si attaccano alle cose materiali? La risposta non
facile, ma pensiamo di poter affermare che ci avvenga sicuramente nella biosfera
almeno nel corso degli eventi determinati dallidema dellhomo sapiens, funzione
mentale che permette a questo animale (ma forse non solo ad esso) di rapportarsi
allaltro reale che accompagna la materia.
Tuttavia, dobbiamo ritenere molto probabile che anche gli altri animali siano dotati
di idema e vorremmo pertanto aggiungere che non possiamo escludere (dal punto
di vista pluralistico da noi assunto) che le ideme (o altre funzioni a noi sconosciute)
degli altri animali (e perch no delle piante?) possano rapportarsi ad aspetti aiteriali
diversi da quelli delle nostre categorie analogiche ed a noi del tutto inaccessibili. Se
degli osservatori esterni guardassero luomo vivere come noi osserviamo vivere gli
propria teoria estetica secondo la quale con essa la contemplazione estetica diventa la percezione
delle proprie forze emotive trasferite in un oggetto. Secondo tale teoria questo fenomeno si
manifesta specialmente nei confronti delle opere darte, in quanto esse sono gi connotate per
offrirsi al fruitore come oggetti emozionali.
al tutto, cos come ci pu avvenire per il tempo di una sonata o per la strofa di
una poesia. Anzi, possiamo addirittura dire che, mentre il bombardamento di un
atomo pesante lo spacca e determina atomi pi piccoli che hanno perso
completamente le caratteristiche fisiche di quello di partenza, nel caso di una aiterio
complesso tale operazione potrebbe anche essere relativamente possibile e che un
frammento di esso possa contenere qualitativamente tutto ci che serve a
qualificarlo come parte di un tutto di cui mantiene le principali caratteristiche (un
po come avviene del DNA in biologia). per altrettanto vero che un atomo
leggero possiede in s le caratteristiche e le leggi quantitative per dare luogo a
qualsiasi atomo del sistema periodico degli elementi e di ogni composto semplice o
complesso da essi costituito. In altre parole, possiamo ragionevolmente ritenere che
esista una notevole analogia tra materia ed aiteria, purch si tenga presente che le
operazioni alle quali possono andare soggette rispondono rigorosamente e
rispettivamente alle gi citate coppie necessit-quantit e libert-qualit, che a suo
tempo abbiamo sufficientemente descritte.
Corollari dualistici
cugina religiosa: lanima141. A chi non capitato di sentirsi invaso da una strana
commozione, un misto di esaltazione e di inquietudine, davanti a un ghiacciaio, o in
fitto bosco, o al cospetto della distesa del mare, oppure...nel silenzio di una
cattedrale, sotto volte gotiche che si innalzano al cielo? Solo una persona insensibile
pu dire di non aver mai provato nulla in tali situazioni. Ebbene, a parte questi
pochi esempi, potrei elencare una moltitudine di situazioni nelle quali si invasi da
una sensazione grandiosa e talvolta terrificante della bellezza maestosa della natura,
ma anche di quella dellopera delluomo. Insomma, tutto ci che appare misterioso
e grandioso, affascinante e inquietante, bello e minaccioso pu ricadere nella
categoria espressa col concetto di arcanum, che risulta anche non lontano da quello
di sublime, nei termini posti dal Romanticismo142.
141
Ricordiamo (vedi nota 46 nel paragrafo 2.1) che l anima come viene intesa dalla religione
cristiana (sulle orme dualistiche dellorfismo, del pitagorismo e del platonismo) viene considerata
ospite di un corpo che in qualche modo le impedirebbe di innalzarsi verso la divinit.
142
La storia del concetto di sublime piuttosto interessante e soprattutto la sua tematizzazione
romantica quale vera e propria categoria estetica a s stante e per di pi contrapposta al bello.
Secondo Kant il sublime pu essere matematico relativamente allestensione (loceano, il cielo,
ecc.) oppure dinamico relativamente al turbamento che produce (un eruzione vulcanica, un
uragano, ecc.).
secondo se stessa. Siamo qui nel campo di ci che fa riferimento ad una forma
particolare di desiderio che lambizione, nella quale le esigenze della psiche e della
ragione vengono a coincidere in una sorta di rara convergenza. questo il caso del
conseguimento di una meta o di un ruolo ambiti da tempo e raggiungibili con
sagacit e perseveranza, ma talvolta anche con la falsit e linganno. Da punto di
vista degli effetti a posteriori le soddisfazioni della ragione coniugate con quelli della
psiche possono renderci stati danimo assai piacevoli, ma nello stesso tempo rinviare
ad un correlato sociale che in un certo senso non riguarda noi direttamente, cio
la nostra individualit. In questo caso infatti pi che lio il nostro amor proprio il
protagonista vero di queste operazioni di acquisizione di beni, prestigio o potere, ed
esso fa riferimento al nostro stato o ruolo in un contesto sociale dato (nel quale ci
confrontiamo con altri in una competizione di tipo selettivo) e non alla nostra
individualit autentica e libera.
Ovviamente mi sono test riferito a quelle che spesso vengono anche chiamate
soddisfazioni morali, conseguenti al raggiungimento di traguardi di possesso, di
potere o anche soltanto di prestigio. In questo caso, trattandosi di soddisfacimento
morale e non corporeo, appare ancora pi rilevante ci che separa questo tipo di
soddisfazioni dal piacere idemale, che come abbiamo visto sempre esperito "in se
stesso", senza rinvii ad altro. Ci lo differenzia quindi nettamente dal piacere
morale, che per contro percepito sempre in vista di qualcos'altro (che la vera
fonte di soddisfazione), sia esso piacere atteso, sperato e differito o strada aperta
verso ulteriori traguardi. In questo campo va sottolineato che rientra anche il
compimento di una buona azione per compiacere Dio e in vista di un premio
nell'aldil; esso ancora una volta un atteggiamento finalistico dovuto alla ragione
calcolante, che in questo caso si appaia a unesigenza della psiche. Inutile aggiungere
che tutto ci straordinariamente materiale, eppure tipico di ci che pu passare
addirittura per spirituale in quanto morale. Si coglie qui con la massima evidenza
quanto il meccanismo che ne alla base di questa categoria di operazioni psicorazionalistiche sia tipico della materialit e per nulla di una supposta spiritualit, e
nel contempo si coglie labisso che lo separa da unautentica etica nei termini in cui
labbiamo posta. Qui siamo piuttosto nel campo delletologia umana143, che viene
per camuffata da morale spiritualistica.
143
Letologia umana una scienza impostata da Konrad Lorenz e sviluppata dal suo allievo e
collaboratore I. Eibl-Eibensfeldt il quale, attraverso lunghi soggiorni in contesti etnologici, ha
Ma bisogna essere chiari, qui non si intende affermare "evangelicamente" che sia
"pi facile che un cammello..." e che per guardare ai beni materiali si perda qualcosa
di pi alto (la benevolenza della divinit o la beatitudine) rispetto al
perseguimento di qualcosa che sarebbe pi basso. Il DAR mette semplicemente in
evidenza il fatto che quanto pi ci si lega tanto meno ci si libera e che la libert
umana (leleuteria) forse il bene pi prezioso che ci concerna in quanti esseri
viventi sottoposti alla necessit. Quindi ogni attivit o comportamento dettati dal
desiderio di acquisire qualche tipo di potere (di beni o di prestigio) allinterno del
consorzio umano in qualche modo allontana dal perseguimento della libert
possibile dai vincoli della necessit. Ovviamente una questione di misura, la
libert del dualista non quella di dormire sotto i ponti e fatalisticamente sperare
nella provvidenza o nella generosit del prossimo, anzi, anche quella "libert dal
bisogno" di marxiana memoria senza la quale difficile sentirsi liberi. Quindi i beni
materiali e i ruoli sociali gratificanti vanno perseguiti nella misura in cui ci migliora
la nostra condizione e la nostra situazione, senza per che si finisca per diventare
dipendenti della loro ricerca o ad essi legati pi del necessario per il loro
adeguatamente e ragionevole mantenimento. Non c' nulla di male ad essere
ambiziosi, cercare di arricchire e guadagnarsi un ruolo di prestigio, cos come
qualsiasi altro sforzo di autopromozione sociale per s e per i propri congiunti da
ritenersi legittimo e persino auspicabile. Soprattutto chi nato povero avverte
questo naturale e legittimo impulso a migliorare la propria condizione. Bisogna
soltanto vedere quale sia il prezzo da pagare in termini esistenziali e se questo
prezzo non intacchi in qualche misura la possibilit di continuare ad essere
autonomamente se stessi (realizzando al meglio la propria individualit) e quindi
liberi dalle cose e dagli altri.
Al contrario di molte ideologie e religioni che predicano la mortificazione della
propria individualit per il raggiungimento della retta via il DAR suggerisce per
molti versi l'opposto. Soltanto con l'affermazione della propria individualit si va
virtualmente nel senso della qualit e non della quantit, e tuttavia si sa che
qualcuno pu ritenere che la propria individualit vada realizzata col possesso e il
potere (come abbiamo visto in Stirner) e per questa ragione occorre essere chiari su
questo argomento. Si tratta infatti di un procedere tendenziale del dualista, il
quale vive il presente e la materialit nella loro interezza, spostando tuttavia i propri
parametri di riferimento verso quella libert extrafisica dove tutto qualit.
Rimane pertanto da stabilire che senso possa avere un nostro eventuale sforzo nel
perseguire, secondo quanto ipotizzato, anticipazioni analogiche dellaiteria che
potrebbero contrastare con gli interessi esistentivi immediati, dal momento che, in
quanto materia, ne restiamo comunque esclusi nella sostanza. E che se laiteria
risultasse in qualche senso accessibile dopo la morte (attraverso lidioaiterio) ad essa
accederemo comunque tutti nella stessa maniera e che ogni previsione su essa,
ottenibile coi nostri limitati mezzi di intuizione ed intellezione, rimane una pura
operazione immaginativa priva di alcuna garanzia. Uneventuale e post-vitale
avventura aiteriale di un nostro derivato (lidioaiterio) se ci fosse sarebbe una
fatto naturale, generale e riguardante ognuno di noi, e non potrebbe in ogni caso
essere n punitivo n premiale, dal momento che pensare a premi o castighi per
l'ambito dellaiteria sarebbe una pura assurdit. Tuttavia, coerentemente con ci
che abbiamo ipotizzato, dobbiamo ritenere che tale eventuale futuro nellambito
della qualit non potrebbe essere uguale per tutti gli idioaiteri, poich, ancora una
volta, questo futuro sarebbe qualitativamente determinato.
Se laiteria si pone, in quanto qualit pura, all'opposto della materia, nella quale
tutto si riduce a quantit, bisogna chiedersi allora se non valga la pena spostare il
nostro asse di interesse verso quella parte di noi che ci consente di intuire meglio
l'irriducibile alla materia e andare cos verso una definizione antropologica diversa e
soprattutto un poco pi svincolata dalla necessit. Questo potrebbe essere infatti
non soltanto uno sterile esercizio esistenziale verso qualcosa di improbabile o
almeno ignoto (a cui dovremmo predisporci cercando di diventarne pi consoni), ma
potrebbe diventare un esercizio persino un po folle. Tuttavia, va ripetuto che la
nostra idema, in quanto materia (che abbiamo visto possedere una sua
tendenzialit), un'autentica struttura dinamica, che si trasforma e si forma
(insieme con lidioaiterio che produce) grazie anche agli impulsi che noi le diamo con
le nostre volizioni. Allora si pu anche pensare che noi, per mezzo dell'idema,
possiamo diventare in qualche maniera artefici (o quanto meno collaboratori) della
creazione di un entit che si aggregherebbe alla realt aiteriale essendo
soggettivamente un po nostra, a differenza del corpo, che torner alla materia
proprio perch oggettivamente ad essa appartenente. Potremmo allora arrivare
ad affermare che ci che noi saremo (come idioaiteri) un po ci che saremo
diventati (come ideme) nell'avventura dell'esistenza nella quale il caso ci ha
gettati144. Se ne evince allora che non poi cos sciocco coltivare un po' di pi le
esigenze dell'idema rispetto a quelle che il contesto materiale ci indica come
obiettivi primari, ma che in quanto perituri sono destinati a rimanere in ogni caso
obiettivi a termine.
Se, dal punto di vista escatologico, noi dovessimo allora diventare qualcosa di
conseguente a ci che saremo stati come ideme e se la formazione della nostra
idema in relazione alle sue esperienze dellaiteria (sia come percettrice sia in
quanto elaboratrice), ne segue che per favorire queste esperienze occorra liberarsi,
almeno in parte, di ci che le estraneo e la pu limitare. Emerge allora il senso del
nostro elogio dell'ingenuit, la quale, in quanto ci tiene lontani dallacquisizione e
dall'esercizio del potere a puri fini materiali, riduce i nostri vincoli nei confronti degli
istintuali meccanismi competitivi volti a prevalere sugli altri e ci ci aiuta ad aprire
ancora un poco di pi il nostro orizzonte verso il futuro.
144
Utilizziamo qui un verbo tipicamente heideggeriano, ma con significato molto diverso. Per
Heidegger lesserci (lindividuo) da sempre gettato nel mondo della quotidianit (inautentico) in
una condizione di reciproca appartenenza. Per noi lindividuo gettato dal caso nellesistenza,
senza alcuna preparazione o progetto. Con questo aggettivo intendiamo mettere in evidenza la
causalit, la precariet (e quindi il fatale ritorno alla materia da cui scaturita) di ogni individualit
animale venuta ad esistere.
Il termine deriva dalla parola greca eireneusis, che significa pacificazione (che noi intendiamo
con se stesso e col mondo).
George Berkeley (1685-1753) teologo e filosofo irlandese stato un enunciatore del primato
dello spirito sulla materia. Su tale base egli dichiarava che le cosiddette idee astratte in realt
non sono tali , ma, al contrario, sono rappresentazioni concrete di una realt particolare. Non
lesperienza a rendere la realt, in quanto il mondo materiale che essa concerne fittizio, dal
momento che tutte le qualit che esso presenta e offre sono secondarie e non fondamentali. Le
sensazioni che la materia ci d sono pertanto sempre ingannevoli, avendo realt solo nel
momento in cui esse hanno luogo. Le idee, al contrario, riposano nello spirito (Dio) e quindi sono
assolutamente reali.
DAR, il quale usa il pensiero (in quanto mezzo) per leggere la realt, ma si
guarda bene dal farne un fine.
Per evitare equivoci ribadiamo ancora che ci che abbiamo definito pensiero
unificante-totalizzante non va confuso con lolismo (vedi nota 4 del Capitolo 1), il
quale invece il criterio epistemologico e interpretativo secondo il quale i sistemi
complessi presentano caratteristiche che non sono riconducibili a quelle dei singoli
elementi che li costituiscono; in altre parole: il tutto di un sistema complesso
presenta caratteristiche assenti nelle parti. Ora, il DAR non soltanto accetta questo
principio, ma lo ritiene anche applicabile a molte esperienze complesse che la realt
ci offre, relativamente sia alla materialit allaiterialit. Lo stesso procedimento
partitivo non mette affatto in mora il principio olistico, in quanto postula che il
funzionamento globale della mente non sia la pura somma del diverso grado di
attivit delle organizzazioni nel momento considerato e che ogni stato mentale sia
sempre frutto di concadenza e che vada considerato appunto uno stato di carattere
olistico. Ma proprio il fatto che noi ci riferiamo ad unit funzionali della realt nota
e riconosciuta sta a significare che n esse n i loro costituenti possono venire
riduttivamente considerate come elementi effimeri di un oltre pi stabile, ma
colte nella singolarit che le caratterizza nel loro differire luna dallaltra, dove il
differire il peculiare modo dessere della pluralit.
Pensare e vivere la differenza significa perci anche concepire lesistenza come una
serie infinita di momenti, ognuno dei quali gode di una sua specificit allinterno di
una vita, la quale solo a posteriori assume un carattere unitario (sia per chi ne
protagonista sia per chi losserva o ne giudice). Ma tale carattere unitario o
riassuntivo soltanto una sintesi operata dalla psiche e dalle infrastrutture mentali
(coscienza e memoria) oppure uninterpretazione propria o di altri a cose fatte. In
realt, la sintesi storica di una vita non mai il vissuto reale, se non in quanto
produce altro vissuto attraverso operazioni di reminiscenza, la quale determina
sicuramente emozioni ed anche abmozioni, ma fuori del flusso esistenziale ormai
storico considerato. Daltra parte, non avrebbe senso ritenere che sia possibile
vivere una vita nel suo insieme, poich essa rimane sempre e soltanto una pluralit
di momenti esperienziali pi o meno connessi, ognuno dei quali in se stesso,
senza alcun rimando ad unessenza che li comprenda e meno che mai li unifichi.
Questa unificazione pu avvenire solamente da punti di vista storici o letterari
esterni e quindi reali per se stessi ma non per ci che narrano o interpretano.
147
Ritengo del tutto improprio e persino sviante parlare di crudelt a proposito di animali diversi
dalluomo, il felino e il rapace che sbranano la loro vittima dopo la cattura operano secondo la
modalit loro propria , cio nellunico modo afferente le loro possibilit di cibarsi.
148
Il manicheismo una religione fondata nel III secolo d.C. da un nobile persiano di nome Mani la
quale immagina una realt nella quale agiscono, combattendosi e cercando ognuno di prevalere
sullaltro due principi distinti e opposti, quello della Luce (divino) e quello delle Tenebre
(demoniaco), ovvero il Bene e il Male. Luomo, che possiede in s i due principi opposti deve
riuscire a liberarsi di quello demoniaco realizzandosi unicamente in quello divino.
149
Il DAR considera ideologia un sistema organico di idee basato su principi ed assiomi
(dichiarati od occultati), che in quanto tali non sono discutibili n sottoponibili a critica o
revisione, ma semplicemente creduti in base a presupposti irrinunciabili. Essa pu essere di
carattere religioso, politico o sociologico e implica una totalizzazione di credenze, di atteggiamenti
e di comportamenti in base ai quali lindividualit perde in parte lesercizio delleleuteria,
aderendo a ci che non deriva dal suo esercizio ma da una ragione esterna. Caratteristica di ogni
ideologia la mancanza di senso critico e la chiara convinzione di ci che bene e di ci che
male. Ogni dubbio bandito sul piano teorico ed esso riguarda solo i modi di agire e di procedere
per il trionfo di essa. I singoli individui in quanto soggetti ideologicizzati e omologati possono
(nellinsieme) diventare quella totalit umana alla quale data spesso la denominazione di massa.
Potrei sottolineare il fatto che il dubbio durato lo spazio di una metaforica notte,
rafforzando subito dopo la convinzione che laiteria si dispieghi in modo
assolutamente omogeneo del tutto fuori dellambito di negativit che ho indicato.
Tuttavia, lombra lunga di questo dubbio ha continuato a ricomparire ad intervalli,
richiedendo ogni volta un ulteriore approfondimento che alla fine sfociato nella
conclusione che sia da escludere ogni coinvolgimento dellaiteria nei fenomeni
umani riconducibili alla malvagit. Debbo per precisare che a ben vedere vi il
carattere alfa (lestetica), il quale, data la sua estrema ambiguit, lascia spazio a
ritenere talvolta che una qualche forma di perversit contribuisca a risultati estetici
di rilievo. Ma leventuale perversit nellestetica, (quantunque talvolta possa essere
effettivamente foriera di atti malvagi) per lo pi si esaurisce nel contesto dellarte e
quasi mai in quello della vita reale, sebbene il rischio che ci avvenga non va
trascurato150. Possiamo pertanto ritenere con buone ragioni che nellestetica la
malvagit venga soltanto rappresentata e che alla maniera della tragedia greca
(secondo linterpretazione aristotelica) produca pi spesso catarsi che esempi da
imitare. Si pu ancora aggiungere che molto spesso larte, nel rappresentare la
malvagit ne pone il problema, alzando la soglia dellattenzione sul fenomeno e
provocando quindi il dibattito su di essa. Che esista tuttavia una certa categoria di
prodotti estetici che mettono in scena la malvagit (e che persino ne sostengono la
legittimit151) rientra nella specificit di questa negativa specificit antropica, la
quale peraltro pu presentare anche aspetti non negativi, in quanto pu includere
forti elementi di rottura delle convenzioni del gusto o delle convenzioni correnti,
mettendo in scena una trasgressivit formale e talvolta provocatoriamente
spettacolare che pu dare luogo a delle retroazioni positive. Ma a questo proposito
ritengo assai pi pericolose alcune forme di saggistica storica e filosofica di carattere
razzista miranti a stigmatizzare il male del quale sarebbero portatori categorie o
razze di individui ritenuti pericolosi per lintegrit di un principio, di una comunit o
di unintera nazione. Ne sono esempio i trattati razzisti dellinizio del 900, che
150
Il DAR, quantunque in linea di principio fermamente contrario ad ogni tipo di censura, ritiene
che sia non solo opportuno ma indispensabile proteggere i bambini e gli adolescenti da
pubblicazioni o spettacoli che mettano in scena la violenza, tanto pi se gratuita.
151
Si possono citare a questo proposito le opere di Sade (Donatien-Alphonse de) il quale in varie
opere, molto noti i romanzi Le 120 giornate di Sodoma (1785), Gli infortuni della Virt (1791), La
nuova Justine (1797) e il saggio La filosofia nel boudoir (1795) sostiene che vizio e crudelt sono
inerenti la natura umana e che il singolo uomo non responsabile del loro esercizio in quanto essi
sono necessitati dalla dinamicit della natura nella sua globalit.
hanno poi portato ai terribili genocidi culminati nella shoah ebraica del secolo
appena scorso.
Tuttavia la questione non pu essere lasciata cadere e bisogna domandarsi che cosa
possa spingere personaggi (tipo Hitler e Himmler), non specificamente assoggettabili
alla psichiatria convenzionale, a studiare e pianificare la distruzione di un popolo e
promuovere tanta efferatezza e crudelt con una razionalit non priva di
raffinatezze. Daltra parte, siccome difficile pensare che la malvagit, in quanto
produttrice di una sofferenza non legata alla necessit ma eleuteriamente scelta (e
quindi innaturale), sia un elemento naturale del comportamento umano (come
voleva Sade) bisognerebbe ipotizzare che essa sia del tutto fuori da ogni schema
riferibile alla ragione biologica. Ma se cos essa non sarebbe neppure soggetta alla
necessit, quindi eccederebbe la materia stessa e finirebbe per diventare un
analogo per opposizione delle comportamentali categorie analogiche dellaiteria.
infatti indubitabile che la malvagit sia causa di effetti che si dispiegano
nellambito della materia, ma ad essa non sembrano imputabili nella misura in cui la
malvagit umana non per nulla assimilabile alla ferinit degli altri animali se non
altro per le sue modalit di esercizio. Ora, se luomo ha accesso attraverso lidema
soltanto allaiteria quale seconda realt, ma i prodotti della malvagit non sono ad
essa riferibili sorge una domanda ineludibile che suona pressa poco cos: se la
malvagit non riducibile alla materia e neppure allaiteria, quale ne pu essere
lorigine e quale la realt di riferimento?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un passo indietro e riconsiderare
la struttura della mente nel suo complesso, riesaminando il ruolo centrale ricoperto
dalla psiche e la sua capacit di condizionare e in qualche caso addirittura di
asservire ai suoi fini le altre due organizzazioni materiali (intelletto e ragione). Ora,
se noi consideriamo che la struttura mentale in generale, ma specialmente la psiche
(che lorganizzazione pi rigidamente predeterminata e meno evolvibile e
trasformabile ontogeneticamente), per lo pi riferibile alleredit genetica, che
determinata dal caso, ci dobbiamo chiedere se non sia proprio una psiche di tipo
particolare a fare s che una persona scambi il male col bene, o meglio, che
identifichi il proprio bene col male di qualcun altro. La cosa non deve sorprendere,
poich lo scenario della psichiatria e della psicoanalisi ci mostra come un disagio che
colpisce la psiche non coincida necessariamente con latrofia o la degenerazione
delle altre organizzazioni. Tanto vero che ci sono personalit geniali (o almeno
genialoidi) in un certo campo delle scienze o delle arti che ci rivelano come
farlo senza la minima remora etica. evidente come anche in questo caso la psiche
designa come pericolosi o come vittime designate certe categorie di esseri viventi
senza che esista un ragione logica per ritenerli tali. Ora, anche se passare dagli
insetti o dagli uccelli a rappresentanti del genere umano un passo piuttosto lungo,
tuttavia la riduzione dalluomo ad un insetto proprio ci che storicamente ha
potuto traviare la psiche di pi o meno numerose masse di persone ragionevoli152.
Abbiamo cos sciolto il nodo e ricondotto il fenomeno malvagit nellalveo della
materia vivente ammalata o degradata e abbiamo anche evidenziato come un
cervello rischia degenerazioni quanto pi diventa evoluto e complicato, in quanto la
complessit spesso determina vulnerabilit. Questa una sorta di norma generale
che non vale soltanto col cervello degli uomini ma anche con le stesse loro opere:
noto come il passaggio dalla strumentazione meccanica a quella elettronica abbia
prodotto un aumento e un perfezionamento delle prestazioni di comando e
controllo delle macchine delluomo, ma che nello stesso tempo tali congegni molto
sofisticati risultino spesso pi vulnerabili e difficili da riparare.
152
Si ricorder a questo proposito come la propaganda nazista qualificasse spesso gli ebrei come
scarafaggi.
questa vasta sfera esperienziale, che per molte persone indica ed evoca
unaffascinante e misteriosa realt nascosta e trascurata, che si sottrae alle pi
comuni valutazioni sensorie e che pertanto refrattaria ad ogni spiegazione od
indagine razionale che si basi esclusivamente sui dati sensibili rilevabili
strumentalmente. Ora, va anche rilevato che se pure i fenomeni paranormali fossero
totalmente privi di realt oggettiva, essi manterrebbero tuttavia una loro
effettualit soggettiva della quale si dovrebbe tenere conto, nella misura in cui essi
rientrerebbero comunque in quella vasta categoria di punti di vista ed atteggiamenti
psichici generalmente indicabili come credenze, che comprendono le superstizioni e
le fedi religiose, nonch alcune ideologie socio-politiche apparentemente
razionalistiche ma che delle religioni posseggono indubitabili caratteri.
Il mondo del paranormale, nel suo sottrarsi allindagine della ragione, presuppone e
difende un approccio gnoseologico di tipo sensitivo, possibile grazie ad eccezionali
facolt innate e concesse ad alcune persone (o comuni a molte, ma da riconoscere e
potenziare) le quali possono poi condividere le loro esperienze con altre. I fenomeni
che tali persone sperimentano o provocano si pongono (o forse i razionalisti radicali
preferirebbero che si dicesse si porrebbero) in una sorta di ambito super-fisico ed
extra-sensoriale, il quale rende quasi impossibile ogni verifica e ogni traccia
testimoniale fisicamente concreta, trasmissibile e documentabile oggettivamente.
Sullargomento esiste da almeno due secoli una feroce lotta tra chi nega ogni realt
ai fenomeni paranormali e chi invece la sostiene, la ribadisce e la rivendica a spada
tratta a volte con una passione che rasenta il fanatismo. E in definitiva occorre
rilevare che, allo stato attuale delle cose, la disputa prosegue implacabile senza che
vi sia una netta e definitiva conferma della loro realt, ma neppure una loro
negazione inoppugnabile e sufficientemente convalidata154. Va per anche aggiunto
che la generalizzazione a cui ci siamo finora attenuti richiede qualche cenno in pi,
poich, per alcuni versi, alcuni aspetti del paranormale tutto sommato risultano poi
abbastanza normali in molti animali155 e in alcuni esseri umani che godono (e
154
Il CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale) fondato alla fine
degli anni 80 costituito da un gruppo di ricercatori che si sono posti il compito di smascherare gli
indebiti accrediti che vengono popolarmente fatti ai fenomeni paranormali rivelandone i trucchi in
maniera perlopi convincente.
155
Su questo argomento degno di nota il libro di Rupert Sheldrake I poteri straordinari degli
animali (Mondadori 2000). L'autore (teorizzatore dei campi morfici) fornisce sull'argomento una
ricca documentazione testimoniale (ma nessuna vera prova scientifica) di straordinarie facolt
talvolta soffrono) di tali qualit. La sua sfera dazione infatti, presa nei suoi termini
minimali( per esempio telepatia e chiaroveggenza) riguarda certi fenomeni psichici
che appaiono sorprendenti, ma comunque abbastanza comuni e frequenti ad
esempio in cani e gatti. Essi riguardano premonizioni o intuizioni di accadimenti o di
loro tempi e luoghi che sembrano abbastanza accertati e credibili, senza che si
rendano assolutamente necessarie verifiche strumentali peraltro difficili. Dal
momento che le testimonianze (e in qualche caso la documentazione) su questo tipo
di esperienze si riferisce pi spesso agli animali che agli uomini lindagine va spostata
pi verso facolt che concernono il cervello umano nelle sue componenti psichiche
primarie piuttosto che a fasi ulteriori dellevoluzione di esso, quando probabilmente
emergono anche le altre tre organizzazioni, le quali possono offuscare in parte le
prestazioni della psiche. E non sar un caso che tali fenomeni siano testimoniati
anche da alcuni etnologi come assai frequenti in popolazioni e gruppi che hanno
conservato alcune capacit mentali probabilmente ancestrali, che noi abbiamo
verosimilmente perduto con lo sviluppo della ragione.
Ribadendo per la nostra incompetenza e quindi la nostra posizione neutra al
riguardo, riteniamo comunque di poter sottolineare che i fenomeni paranormali
concernono in ogni caso effetti che si dispiegano in generale nellambito della
materia con caratteri di eccezionalit (sia per le premesse che per gli effetti) e che
nello specifico sono da attribuirsi alle funzioni della psiche. Ci anche perch le altre
due organizzazioni materiali operano in tuttaltra direzione e lidema (che opera
invece nella normalit umana) agisce in un ambito del tutto estraneo al campo del
paranormale, che sembra riservato soltanto a individui dotati di eccezionali poteri
psicocinetici o medianici (ma spesso soltanto prestidigitativi!).
naturali delle quali sono dotati molti animali e che consentono loro delle notevoli performance nel
campo della telepatia e della preveggenza.
156
Il presunto miracolo della liquefazione di masse colloidali un fenomeno dovuto alla tixotropia
di queste sostanze, solide allo stato di quiete ma liquide se agitate nel loro contenitore. Una
sostanza dal comportamento fisico esattamente uguale al cosiddetto sangue di San Gennaro
stato fabbricato da un ricercatore dellUniversit di Pavia negli anni 70 utilizzando sostanze
facilmente reperibili in commercio.
Ora, senza negare lautenticit di tali accadimenti concernenti la salute fisica (che
vogliamo ritenere a priori degni di fede) ci tocca anche osservare che essi sono
testimoniati abbastanza spesso anche nellordinaria casistica medica, senza che la
guarigione venga attribuita ad interventi soprannaturali. Esse infatti sembrano
ragionevolmente attribuibili semplicemente ad un improvvisa ed inattesa
attivazione dei nostri sistemi di difesa (per ragioni per lo pi di tipo psichico) grazie
alla quale le difese naturali riescono a fare quello che precedentemente non era
stato loro possibile157. Il fatto che di solito i miracoli accadano relativamente a
malattie dichiarate inguaribili o ad evidenti handicap a nostro avviso (che
ammettiamo le guarigioni straordinarie ma non le cause soprannaturali) significa
soltanto che il sistema psico-somatico del soggetto considerato passa da una
condizione negativa nel quale la malattia si manifesta ad un'altra (positiva) nella
quale la malattia regredisce. Ribadiamo che questi fenomeni di guarigione (per
quanto scientificamente se ne sappia) risultano dovuti al sistema immunitario, il
quale, depresso nella precedente condizione della malattia, viene attivato e
potenziato da uno stato psichico pi favorevole o decisamente rivoluzionato, che a
sua volta conseguente ad un certo tipo di esperienza o accadimento di tipo
particolare. Sono consapevole che questo tipo di spiegazione sar ritenuto
insoddisfacente da persone di fede, le cui convinzioni vanno rispettate, penso
tuttavia che queste stesse persone non potrebbero negare ci che corrisponde ad
un evidenza scientifica ormai largamente nota, relativa alle interazioni tra psiche e
corpo, le quali (sia in senso peggiorativo che migliorativo dello stato di salute) sono
testimoniate continuamente nellordinaria prassi medica, senza dimenticare (vedi
nota 157) che statisticamente le regressioni spontanee sembrano esser in numero
assai maggiore di quelle prodigiose. Il problema riguarda semmai leccezionalit di
alcune guarigioni miracolose, ma daltra parte va anche tenuto conto che le
esperienze religiose sono per loro natura eccezionali sullo stato psichico e che gli
accadimenti miracolosi sulla salute costituiscono una parte infinitesima delle
continue richieste di guarigione rivolte alla divinit o ai santi da parte di milioni di
ammalati.
Abbiamo qui avuto loccasione di ribadire la straordinaria importanza della psiche
sul nostro stato fisico, sia in senso peggiorativo che migliorativo, e le enormi
157
Secondo una ricerca pubblicata qualche anno fa sulla rivista statunitense Nature Genetics
sarebbe stato scoperto che il DNA mitocondriale (presente tuttora nella femmina dellhomo
sapiens) ha fatto la sua comparsa sulla terra circa 143.000 anni fa, mentre il cromosoma Y del
maschio (lunico arrivato anchesso sino a noi) comparso soltanto 59.000 anni fa, quindi oltre
80.000 anni dopo (Articolo apparso nella rivista Quark n1 2001, p.94 e seguenti).
essi e che le sarebbero del tutto inutili, dal momento che tali cose hanno un
significato soltanto per noi e che noi li apprezziamo in quanto riguardano il
limitatissimo campo delle nostre esigenze psicologiche od idemali. I poemi dellape,
le sue sinfonie e le sue macchine sono quelle biologiche (i profumi, i colori, le forme)
di cui la natura mette a disposizione sia i componenti che gli insiemi gi da molto
tempo e che essa ha saputo percepire e sfruttare gi milioni di anni fa, evolvendosi
in funzione di essi e del proprio miglior sviluppo biologico, fino a un livello cos
perfetto da non richiedere ulteriori evoluzioni e miglioramenti umanamente
concepibili ed immaginabili. Peraltro va aggiunto che luomo prontissimo ad
evidenziare le proprie facolt come ci che nessun altro animale sa fare, salvo
dimenticarsi delle innumerevoli facolt di altri animali che egli non possiede per
nulla. Basti ricordare, riferendoci in generale alla classe degli insetti, quelle per noi
visibili (le uniche che possiamo percepire e comprendere) e tra queste almeno
quella di poter far ricrescere una parte del proprio corpo che stata
traumaticamente asportata159 o addirittura di modificare la propria struttura
corporea base, in vista delle funzioni differenziate che la comunit richiede ad ogni
singolo individuo160.
Quindi il nostro semplicemente il punto di vista di una specie che ha deciso di
ritenersi superiore in riferimento alla propria scala di valori, formulata sulla base
di ci che possiede ed apprezza, sulla sua capacit di controllo e dominio che le
consente, senza alcuna considerazione per ci che possiedono le altre specie, che
vivono per lo pi ignorandoci completamente, se non nella misura in cui rechiamo
loro danno. Questa nostra presuntuosa arroganza sarebbe semplicemente ridicola
se non avesse anche determinato lautoattribuzione di un ruolo che generatore di
un complesso di superiorit, a cui seguita lautoelezione a re del creato per
decreto di qualche divinit demiurgica o creatrice. Divinit che, nel caso del
Cristianesimo, si sarebbe rivelata apposta (mandandoci un figlio con le nostre
sembianze) per redimerci da un peccato ancestrale, ma anche (e forse soprattutto)
per ratificare tale nostra superiorit, della quale godere e da usare anche a
discapito degli altri viventi, in quanto inferiori e sussidiari.
159
nota la facolt di molte specie di insetti di comandare alle cellule di riaggregarsi sulla ferita,
riformando quella parte del proprio corpo che era andata perduta.
160
Basti citare a questo proposito il caso delle termiti, il cui corpo assume caratteristiche
morfologiche e funzionali completamente diverse a seconda del ruolo che deve rivestire nella
comunit del termitaio.
Tuttavia, luomo potr fin che vuole manipolare e forse distruggere lambiente,
usare altri animali come pure macchine da cibo, ma prima o poi probabile che
esso scomparir insieme ad altre specie per lasciare il posto a quelle nuove, mentre
il pianeta rimarr integro e mentre per di pi molte altre specie pi semplici
biologicamente gli sopravvivranno, continuando eventualmente ad evolversi
secondo una loro logica e niente affatto secondo la nostra. Lo faranno forse alcuni
piccoli mammiferi, molti insetti, ma sicuramente lo faranno moltissimi batteri i quali,
ad eccezione di quelli che ci aiutano a vivere (circa il 10% della parte solida del
nostro corpo) che si estingueranno o emigreranno, continueranno ad insinuarsi in
ogni nicchia ecologica vivibile (compresi i fondali oceanici e le viscere della terra). E
questo avverr perch la loro capacit di trarre energia vitale anche da altre fonti
oltre al Sole (per esempio utilizzando il calore proveniente del centro della Terra) li
rende praticamente quasi immortali. Verosimilmente infatti i batteri continueranno
ad occupare gran parte della biomassa globale (forse gi adesso superiore a quella
delle piante) e a destare meraviglia in un immaginario osservatore per la variet e la
versatilit colla quale si adattano a qualsiasi luogo e a tutte le condizioni di esistenza
(con luce o senza, con ossigeno o senza, ecc.).
che ama la musica di Beethoven, poich un giudizio valido soltanto quello che fa
riferimento al rapporto qualitativo che viene intrattenuto umanamente con
loggetto di desiderio e non in base a una codifica aprioristica di classi di oggetti con
validit generale. Il salamista pu benissimo decidere che le sue papille gustative
siano assai pi importanti della sensibilit musicale del beethovenista anche
quando si fosse convinto dellesistenza della realt aiteriale e fosse consapevole che
laccesso ad essa sia una straordinaria possibilit concessa allhomo sapiens. Infatti,
se egli non si sente portato verso tale realt, pu legittimamente considerarla poco
interessante per se stesso e tanto meno importante per una buona condotta della
propria esistenza. Dir di pi: noi abbiamo ipotizzato cinque caratteri dellaiteria tra
gli infiniti possibili, ma in termini possibilistici e pluralistici non possiamo neanche
escludere che il gusto o lolfatto costituiscano forme aiteriali di tipo particolare, che
noi attribuiamo (sbagliando) alla materia, in quanto ci sfugge qualcosa di nascosto
sullesperienza sensoria non puramente riducibile alla fisiologia. Il DAR infatti lascia
la porta totalmente aperta a qualsiasi ipotesi, infrangendo la scatola chiusa del gi
dato e del gi acquisito (fuori dalle verifiche della scienza), le cui pareti sono state
costruite per racchiudere nella forma pre-determinata dal contenitore stesso
qualcosa di assolutamente inventato. Un qualcosa di fabbricato ad hoc, atto forse a
costruire un modello antropicamente funzionale per la generalit dei soggetti, ma
che chiude ogni prospettiva di apertura dellorizzonte gnoseologico ed esperienziale
che intenda guardare oltre le convenzioni del sapere tradizionale o istituzionalizzato.
Il DAR pertanto tematizza e indica laiteria come una straordinaria risorsa
esistenziale, in parte gi conosciuta e riconosciuta (sotto altra denominazione), a cui
guardare con maggiore consapevolezza al fine di ridisegnare eventualmente un
progetto di vita individuale pi o meno interessante e consono alle nostre
aspettative e ai nostri desideri, senza che ci dia luogo necessariamente a dei
valori di riferimento che debbano essere accettati anche da tutte le altre persone.
Si tratta di un punto di vista (che si pu condividere o rifiutare) che si attiene al
primato (in termini di realt) di quella specificit antropica che abbiamo chiamato
individualit e della quale lidema nucleo fondamentale. Daltra parte, va aggiunto
che una volta riconosciuta la realt aiteriale si pu benissimo decidere di
infischiarsene e di preferirvi la sfera delle pi concrete esperienze sensorie,
limitandone od escludendone la presenza in un modello del vivere che considera
pi importante il piacere fisico o molto pi semplicemente il lasciarsi vivere;
quindi col minimo sforzo corporeo ed intellettuale, in attesa di scendere (il pi tardi
possibile) dal treno della vita.
Se noi viviamo, ci significa che nella infinitesima parte della materia che noi
rappresentiamo la vita continua e si realizza, ma non ancora detto che per il fatto
di vivere noi possiamo dire di avere unesistenza individualmente autentica e
completa. Esistere per unindividualit non significa un vivere generico, ma la
realizzazione della sua specificit e irripetibilit. Sul significato di individualit in
quanto specificit e irripetibilit possibile una pluralit di opinioni, ma in ogni caso
penso che tutti possiamo concordare sul fatto che la consapevolezza delle nostre
possibilit esistenziali, cos illimitate e differenziate, non pu rimanere priva di
significato nella prassi del vivere, con conseguenze progettuali e volitive che puntino
alla realizzazione al meglio della nostra individualit di uomini.
Non voglio certo dire che per il fatto di essere uomini ne derivino compiti o privilegi
rispondenti ad un astratto dover essere qualcosa di pi di animali come tutti gli
altri, i quali (come noi) vivono e fanno figli, sfuggendo (per quanto loro possibile)
la sofferenza e la morte. Questo infatti sarebbe un discorso moralistico che
totalmente estraneo al DAR. Ognuno, finch non procura del male al prossimo e ne
rispetta il diritto a vivere secondo eleuteria, pu vivere come vuole (o come pu),
privilegiando magari soltanto i piaceri del corpo e stando il pi lontano possibile dai
problemi esistenziali. Io penso anzi che la ricerca del piacere, anche nella sua forma
pi terra terra che quella di un assoluto edonismo materialistico161, sia una
filosofia di vita del tutto rispettabile e non priva di interessanti raffinatezze. Tuttavia,
non per tutti realizzabile tanta semplicit progettuale, in quanto le domande
extrafisiche non poi che uno se le vada proprio a cercare; potremmo anzi dire che
esse vengono da sole e che molto difficile eluderle. Nel momento per in cui
esse sono venute diventa un poco difficile far finta di niente e continuare vivere
come se le cose stessero ancora come stavano prima ed esse pertanto fossero
nientaltro che meri fantasmi cogitativi. N saprei dire se questa tendenza a porsi
domande extrafisiche (che probabilmente una eccezionalit dellhomo sapiens) sia
un privilegio o una condanna per la nostra specie.
Io tendo a pensare che la consapevolezza della necessit che ci lega e ci limita, del
senso del tragico che ne deriva, della nostra ignoranza e della nostra insignificanza,
possano essere dei segni rivelativi del fatto che ognuno di noi, forse, non destinato
soltanto a tornare integralmente alla materia da cui deriva. Non pu essere infatti
sottovalutato il fatto che il nostro accesso allaiteria ci proietta in un orizzonte
161
Per edonismo si intende una filosofia di vita che induce alla pura ricerca del piacere in ogni sua
forma e che identifica con esso il bene assoluto.
che ci limita, noi non possiamo che esperire ed ancora esperire, interpretando in
modo proprio, cio da uomini, la tendenzialit che essa ci offre.
Le esperienze, siano esse quelle proprie alla materia (dellintelletto e della ragione)
o quelle improprie ed eccedenti dellidema, sono gli unici accadimenti dellesistenza
che possono caratterizzare e giustificare la nostra breve avventura di esseri umani,
la quale forse potrebbe essere persino propedeutica ad esperienze di una realt
diversa, riservata a quel prodotto immateriale della nostra materialit che proprio
lidema in grado di formare.
Il problema della durata in senso filosofico risale ad Aristotile. Nel XVII secolo se ne sono
occupati Cartesio, Locke e Leibniz. In tempi pi recenti Bergson (Levoluzione creatrice 1907) ha
definito il tempo oggettivo come spazializzato, contrapponendo ad esso il tempo vissuto,
come tempo realmente percepito nella coscienza.
che sostanzialmente omogeneo con ogni altro essere vivente, essa diventa anche
una finestra cognitiva sulla realt generale della materia vivente. Va tuttavia rilevato
che essa anche lunica forma per noi percepibile del male in generale; pertanto, se
pure essa va evitata a tutti i costi (poich noi dobbiamo perseguire per quanto
possibile il piacere), nondimeno (quando non la possiamo evitare) essa ci apre anche
rilevanti intuizioni esistenziali per una lettura non puramente biologica del
fenomeno vita.
Se tutta la nostra esistenza individuale e comunitaria tende ad un bene in generale,
che si estrinseca in oggettivazioni pensabili, ma che rimane sostanzialmente
astratto, il segnale del suo opposto pu diventare un punto di partenza per quella
ricerca extrafisica che il DAR persegue. Allora ritorna in ballo anche il concetto di
verit e a tal proposito non possiamo che ripetere quanto avevamo scritto nel
paragrafo 1.4 (Lignoto e la verit) quando affermavamo che la verit pu essere
soltanto logica e mai metafisica. E tuttavia, se esiste una minima probabilit che la
verit abbia un senso che possa eccedere quelli di corrispondenza, coerenza e
verificabilit si pu ritenere che soltanto la sofferenza, forse, sia la penosa porta
esistenziale che ci introduce a questo nuovo mondo di significati non pre-mistificati
dalluso metafisico che stato fatto del termine verit.
Ma vi ancora unaltra considerazione da fare: il privilegio di vivere (ovvero di
sperimentare unesistenza) viene pagato da parte di ogni entit vivente con un
costo medio di sofferenza che sembra sproporzionatamente elevato rispetto ai
vantaggi reali che unesistenza pu offrire. A meno di rifugiarsi nella metafisica o nel
campo dei significati morali la conclusione oggettiva e razionale sembrerebbe essere
quella che vivere non conviene. Ma questa mia provocatoria affermazione vuole
soltanto stimolare la riflessione sul quel senso del vivere che ognuno di noi deve
trovare, interrogandosi sulla propria individualit, su ci che essa e su ci che
potrebbe essere, in una prospettiva esistenziale extrafisica che qui stata
adombrata, ma che evidentemente ancora tutta da scoprire.
comico la necessit e la libert entrano in gioco soltanto in una loro forma riflessa
in quel metaforico specchio che la nostra mente, ci vediamo costretti ad essere un
po pi precisi. Per cui, a voler essere un po pignoli, ci toccherebbe precisare che la
necessit (del cui contesto noi facciamo parte) si manifesta soprattutto attraverso il
riflesso che la psiche rende di essa (e secondariamente dalle altre organizzazioni),
mentre per quanto riguarda la libert (sostanzialmente fuori contesto, o meglio
fuori ambito) ci avviene prevalentemente attraverso il suo riflesso nellintelletto e
nellidema, dove per riflesso, oltre ad immagine speculare, si pu anche intendere
la traduzione che viene operata della realt percepita o intuita. Questa
affermazione per richiede un chiarimento immediato, poich qualcuno potrebbe
chiedersi se il riflesso antropico della libert non possa essere leleuteria. Ebbene
la risposta : no! Leleuteria entra in gioco nel comportamento attivo avendo la
propria base nella volizione mentre il riflesso antropico della libert entra in gioco
in un comportamento automatico e passivo, quale specifica caratteristica della
reazione al comico. Ci significa che lesercizio delleleuteria avviene nella
consapevolezza (sinergia tra intelletto e coscienza) mentre la presa del comico
un fenomeno reattivo, che coinvolge in qualche modo tutte le funzioni mentali, ma il
cui destinatario finale la psiche. La quale, in questo caso (ed laspetto pi
interessante del comico) nel ridere di qualcosa ride nel contempo di se stessa, quale
soggetto mentale produttore, anzi istitutore, di schemi mentali rigidi.
Quando il comico erompe, e talvolta si pu dire esplode (nel riso), in un qualsiasi
contesto rappresentativo o discorsivo, tutti i parametri della logica vengono
sovvertiti e si apre una voragine di contrasto che crea un capovolgimento di senso
tra ci che ci si aspetta e ci che invece arriva. Ma c di pi: questo fatto spiazza
non soltanto la psiche, che il soggetto primario, ma anche le altre due
organizzazioni materiali (intelletto e ragione) mentre lidema resta spettatrice
relativamente periferica (ma non per questo estranea) allaccadimento, in quanto
lorganizzazione che ha aperto la porta allintuizione della libert, che il resto della
mente accoglie come riflesso esistenzialmente utilizzabile. Alloperazione di
spiazzamento della psiche succede per quasi contemporaneamente un
rimpiazzamento, ma in una logica capovolta che manda gambe allaria tutte le
coordinazioni delle organizzazioni. Ci avviene in un fenomeno mentale istantaneo
assai complesso, per cui nel comico non si verifica una normale concadenza delle
organizzazioni, bens un accavallarsi straordinario e inatteso di esse (una sorta di
uscita dai loro binari funzionali) che innesca lilarit, che la psiche traduce in quegli
stimoli nervosi che generano le contrazioni muscolari facciali tipiche del riso.
Abbiamo qui adombrato lelemento della sorpresa che un ingrediente molto
importante della comicit, ma non indispensabile al verificarsi di essa; infatti la
sorpresa pu essere anche del tutto assente, venendo rimpiazzata dall'attesa163 di
riudire o rivedere la battuta o la scena comica. Non inusuale il voler rivedere un
certo film pi volte aspettando sempre e soprattutto quella scena particolare, per
riprovare il piacere sperimentato la prima volta. Questa possibilit di risperimentare
il comico a partire da una fonte di esso gi data e definita non illimitata ma
dipende dalla forza (o meglio ancora dallo spessore) dellespediente comico
creato e utilizzato. Daltra parte questo pu funzionare per poche o molte volte (a
seconda del dato che si offre e del soggetto interessato che lo riceve) tendendo
verso il su annullamento effettuale appena lo stravolgimento dello schema mentale
si esaurisce nella noia del gi acquisito. Tale esaurimento avviene perch la psiche
ad un certo punto fissa quel dato di comicit come un ineliminabile allegato
dello schema stesso che risultato stravolto; succede infatti che ad un certo
momento essa assimili la causa di rottura del suo ordine interno e nel far questo ne
annulli leffettualit.
Il comico stato per lo pi considerato quale effetto di ci che di per s sarebbe (in
quanto ridicolo) causa di esso. In realt il fenomeno si verifica non gi a partire da
ci che (avendo la natura della comicit) lo provocherebbe, bens dal suo opposto.
infatti in riferimento alle cose serie164, ed a partire da esse, che si scatena il
comico, ed il massimo grado di esso si verifica in contrasto con ci che rappresenta il
massimo grado (o enfasi) della seriet, cio il drammatico (vedi paragrafo 6.3).
Cos, sia luno che laltro, si qualificano per la specifica appartenenza alla sfera della
rappresentazione165, che come dire dellirrealt del puro rivelarsi e mostrarsi
di una forma o di una situazione. Tuttavia, mentre il drammatico (che non nelle
cose e nei fatti, ma in un certo modo psichico di vederli) si contrabbanda per
qualcosa di importante e grave afferente la realt (di cui invece soltanto
rappresentazione psichica e spesso fittizia), al suo opposto il comico, proprio agendo
163
Da questo punto di vista ci che avviene esattamente il contrario di ci che pensava Kant, il
quale aveva definito il comico come leffetto di unattesa che si risolve nel nulla.
164
A questo proposito significativo che Aristotile, uomo di mondo e rispettoso di leggi e
tradizioni, considerasse il comico qualcosa di sbagliato e di brutto che non procura n dolore n
danno (Poetica, 5, 1449 a, 32 e sgg.)
165
Potremmo definire la rappresentazione semplicemente come la forma percepibile ed
intelligibile di un elemento della realt antropica.
Non sfuggir qualche analogia con la tesi di Jean Baudrillard secondo il quale si ride del comico
in quanto con esso si verifica un dissolvimento del senso. In altre parole il comico sarebbe
effetto dellapparire del non-senso.
preferenze. Anche se penso che limportante sia trovare quante pi possibili fonti ed
occasioni di comicit senza poi preoccuparsi troppo di inquadrarle in uno schema:
limportante infatti ridere pi spesso che si pu e se poi se ne anche capaci (dote
di eccezionale valore) saper far ridere (volontariamente) gli altri.
La interpretazione che il DAR d del comico e la sua assunzione ad aspetto
fondamentale dellesistere e del rapportarsi al mondo si offre ad un confronto con le
interpretazioni canoniche di esso; dalla kantiana attesa che si risolve nel nulla167,
alla bergsoniana reificazione dello spirito col sopravvento dellanima sul
corpo168, al freudiano senso di piacere nel vedere l altro che compie un
eccessivo dispendio di energia fisica169, al liberatorio trionfo del non senso in
Baudrillard170 o dello spreco in Bataille171.
Per completare correttamente questo paragrafo sul comico dobbiamo per inserirgli
unindispensabile coda, per aggiungere qualche considerazione relativa al rapporto
tra il riso in generale e la comicit, in quanto essi sono s connessi ma non
interdipendenti. Intendo dire che il comico fa sempre ridere, ma che si pu ridere
anche senza che si manifesti il comico o tuttal pi per effetto di una sua forma
degradata di esso. Non si pu infatti che sostenere la validit del vecchio proverbio
che recita il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi ove si consideri che vi sono
persone che ridono per un nulla e altri che sanno ridere solo di fronte alle scurrilit o
167
Kant definisce il riso unaffezione che deriva da unaspettativa tesa, la quale dun tratto si
risolve nel nulla Critica del Giudizio, 54).
168
Henry Bergson in Le rire (1900) conduce unestesa analisi del comico, visto come un importante
fenomeno sociale, che si oppone alla meccanizzazione della vita quale stimolo delle facolt
immaginative e creative.
169
Freud tratta del comico ne Il motto di spirito del 1905 e in Lumorismo del 1927.
Sostanzialmente il suo punto di vista che il riso piacevole perch con esso si recupera l propria
infantilit perduta (per F. linfanzia lepoca in cui si vive con minima spesa di energia psichica) e
che si ride quando si gode di un risparmio di energia psichica. Infatti, noi, nel rapportarci al mondo,
dobbiamo spendere energia, ma quando ci troviamo improvvisamente in una situazione o di
fronte a qualcosa che rende superfluo tale dispendio lenergia cos risparmiata viene scaricata col
riso.
170
Per Jean Baudrillard il godimento lemorragia del valore ed esso c quando si verifica la
liberazione del non-senso , dove nulla pi si risparmia ma tutto si disperde nel ridere, che
assume anche il carattere di uno scambio simbolico con gli altri, poich, secondo B., si ride
sempre in compagnia.
171
Georges Bataille considera il riso quasi unesperienza mistica, simile allestasi, allerotismo, al
sacrificio, allubriachezza, ecc. Tutte esperienze che B. qualifica come esperienze interiori, nelle
quali domina lo sperpero di ogni riserva di logica e di ricchezza inutilmente accumulate e che sono
pertanto destinate alla loro dilapidazione.
possiamo allora precisare che quellaltra espressione del linguaggio comune che
desiderio di vivere dal DAR ritenuta abbastanza impropria, perch noi riteniamo
che si possano desiderare delle cose definite da conseguire nellavvenire, ma non un
astratto contenitore che le racchiuda. Questo (il vivere, la vita) loggetto di una
volont del tutto inconsapevole, che ha le sue radici nel fatto stesso che ogni vivente
contemporaneamente unespressione della vita, una parte della vita e una
causa/effetto di vita. In altre parole la vita ognuno di noi contemporaneamente la
rappresenta, la costituisce e la produce. Nei confronti di questa totalit di ci che
vive, nella quale sempre gi si , unistintiva e inconscia volont dessere del
tutto sufficiente per indicare il rapporto che con essa pu avere una singola unit
che vive. Ma per un individuo consapevole di stare vivendo si pone il problema di
dare un senso al suo esistere qui ed ora (a meno di ricavarlo da unideologia
religiosa che lo definisca dogmaticamente a priori) ed allora la carica vitale
deputata a fornire lenergia necessaria per la ricerca della propria weltanschauung
fuori dagli schemi precostituiti dalla tradizione culturale.
Il temibile effetto della caduta della carica vitale consiste in una condizione mentale
che produce un effetto di decompressione/compressione che svuota dallinterno
lindividuo e nel contempo lo grava di una cappa pesante che lo comprime e
paralizza le funzioni della volizione e del desiderio. Siccome di ogni fenomeno che ci
concerna cerchiamo una definizione che ci permetta di capire di che cosa si parla
(riferendolo a una causa o a unorigine definita) il DAR, pur senza prescindere da
cause cliniche, in considerazione del fatto che la perdita della carica vitale
rappresenta praticamente l annullamento dellindividuo nelle sue capacit di
volere e di sentire ha ritenuto accettabile lattribuzione ad un metaforico nulla la
possibile causa del temibile fenomeno che si verifica in un individuo che abbia
perduto la carica vitale fino al limite estremo dove potrebbe non esserci pi
ricaricabilit. Rimandiamo per ora una trattazione specifica del concetto di nulla e
ci limitiamo qui a dire che, in modo approssimativo e vago, esso pu essere definito
come lessenza del non-essere e aggiungere che loffesa che pu arrecarci consiste
nello svuotare dallinterno lessere che ci concerne, determinando un senso di
vuoto nella nostra esistenza, e nello stesso tempo nel bloccare (o almeno
ostacolare) luscita da questa situazione con una compressione paralizzante sulle
nostre capacit di progettare e decidere relativamente al presente e allavvenire.
Avrete gi capito che stiamo parlando di ci che nel linguaggio sia comune che
scientifico viene indicato come depressione, una malattia che pu essere
Il superamento
Nel DAR il superamento (che non ha nulla a che vedere con lAufhebung172 hegeliana
(normalmente tradotta con questo termine) risponde ad un modo naturale (ma
decisamente virtuoso) con cui luomo pu affrontare un ostacolo esistentivo o una
difficolt concettuale, cercando una soluzione che lo porti al di l dellostacolo,
cio di ci che lo ha momentaneamente fermato. Per comprendere la ragione per la
quale il superamento concerne specificamente luomo e non gli animali in genere,
occorre tenere presente che questi agiscono quasi esclusivamente sulla base di ci
che viene geneticamente loro trasmesso e solo in rarissimi casi (ad esempio negli
scimpanz) si pu ritenere che un soggetto che ha risolto un problema pratico sia in
grado di trasmettere ci che ha appreso od attuato ad altri suoi consimili. Nel caso
delluomo, per contro, listintualit si applica soltanto dove la comparsa
dellostacolo cos improvvisa e lazione conseguente deve essere messa in opera in
tempi cos stretti che non c tempo per riflettere. Ma, dove questo tempo esista,
con la riflessione sul da farsi entra sempre in gioco la cultura (o lesperienza) che il
soggetto possiede e lazione risulta sempre conseguente ad una mediazione tra
istinto e cultura. Ci significa che il modo di affrontare le difficolt da parte di un
individuo segue certi schemi che caratterizzano il modo strettamente personale
con cui egli si rapporta alle difficolt, dando luogo ad una modalit abbastanza
costante con la quale vengono messe in atto, sotto forma di volizioni attuate, le
reazioni e le azioni. Latteggiamento che ne deriva (anchesso piuttosto costante)
pu condurre abbastanza spesso o perlopi a decisioni di rinuncia, di elusione, di
aggiramento dellostacolo o invece quello, appunto, del superamento di esso
mettendo in atto soluzioni adeguate, nuove o gi sperimentate.
Nel frangente in cui un uomo venga posto di fronte a una difficolt imprevista e alla
prospettiva di un mutamento (di situazione, di condizione, ecc.) tendenzialmente
peggiorativo rispetto a ci che gli compete nello stato in cui si trova (oppure la
perdita di qualche beneficio di cui ha finora beneficiato) egli ha due scelte estreme
(entro le quali si pongono per delle varianti intermedie) che sono: la difesa (o il
ritorno o il ripristino per quanto possibile) della condizione/situazione considerata
acquisita (ritenuta soddisfacente o almeno accettabile) oppure il suo superamento
172
Nella filosofia hegeliana con Aufhebung si intende un concetto assai complesso, che significa
nello stesso tempo conservare e mettere fine. Essi vengono posti in rapporto dialettico e
nella reciproca negazione non si annullano, ma si ritrovano in un unit di livello superiore, resa
appunto con la parola A..
verso un nuovo stadio esistentivo. evidente che debba esistere una qualche
prospettiva per cui tale superamento dellostacolo risulti preferibile rispetto al
restarne al di qua e che ci sia anche la prospettiva di qualche ragionevole
vantaggio. Tuttavia si constata che ai due estremi comportamentali si trovano
persone che sistematicamente preferiscono il sicuro allincerto e che quindi
tendenzialmente rinunciano al superamento e altre che invece quasi sempre lo
tentano.
Alla base di tali atteggiamenti estremi (oltre al gi citato elemento caratteriale) vi
per anche un forte elemento culturale, che potremmo definire nellun caso statico
e conservatore e nellaltro dinamico ed acquisitore, i quali spesso fanno
riferimento a weltanschauungen tra loro alternative ed inconciliabili, nel senso che
nel primo caso viene cercata lunit, la costanza e lomogeneit dellesistere e nel
secondo si accetta la pluralit dellesperienza, la sua variabilit e la sua
differenziazione. Date le premesse a cui il DAR si ispira inutile dire che il dualista
coerente sembrerebbe chiamato ad optare sempre per il superamento, salvo nel
caso in cui un calcolo preventivo dei rischi/benefici induca alla rinuncia. In altre
termini, le scelte indotte dalla ragione non detto che debbano sempre prevalere,
ma nelleconomia di unesistenza opportuno che le scelte siano quanto pi
possibile razionali e che in ogni caso il coraggio non debba diventare temerariet
pura. Ricordiamo qui quanto gi enunciato relativamente alleleuteria (paragrafo
6.4) per rilevare che il superamento pu essere considerato connesso allesercizio di
essa e alla sua miglior realizzazione, ma sempre compatibilmente col progetto
destinale a cui ognuno di noi va soggetto e con cui deve fare i conti.
Un rapporto piuttosto interessante viene a instaurarsi tra il darwiniano adattamento
(che alla base della selezione naturale in generale e quindi anche dei
comportamenti della nostra specie) e il superamento posto dal DAR, poich questo
si presenta come una modificazione antropica di quello dettata dalleleuteria che in
qualche modo si colloca sullestremo confine della necessit e in qualche caso riesce
persino a metterla in mora. Infatti il superamento richiede modalit di
interpretazione del problema e di invenzione della soluzione individuale che
qualificano il comportamento umano come un tipo di adattamento specificamente
attivo e creativo, quindi non soltanto reattivo e adattativo, alle novit ambientali in
qualunque forma esse si presentino. Questo non significa soltanto che le facolt
umane consentono tutto ci, ma che profondamente diverso latteggiamento
delluomo nei confronti delle difficolt rispetto a quello degli altri animali. Infatti, la
abbiamo escluso in virt della sua evidente irriducibilit ad essa. Restano allora due
possibilit: o laiteria preesiste alla materia (ma in tal caso sorge il problema di
quando e come essa sia diventata compresente e coestesa con essa) oppure essa si
originata nel big-bang contemporaneamente alla materia e in tal caso essa forse
ha avuto unevoluzione sua propria ma insieme o accanto a quella della materia,
seguendone quindi le varie fasi evolutive, compresa lespansione tuttora in corso.
Precisiamo tuttavia subito che in tutte queste fasi primordiali non si pu pensare
allesistenza di aiteri, ma verosimilmente solamente a pneumi in qualche loro
denotazione primitiva, che non sappiamo quanto rapportabile a quella posteriore ed
odierna degli aiteri che si offrono alla nostra intuizione. Resta da vedere se i primitivi
pneumi sono pensabili come gi provvisti di caratteri o ancora privi di essi, ma
questo un dettaglio piuttosto irrilevante.
Ci pare per contro importante avanzare unipotesi circa la funzione delle ideme
umane sullevoluzione dellaiteria, completando quanto gi esposto al paragrafo 7.3.
Da quanto stato detto dobbiamo pensarle come delle macchine biologiche
elaboratici di pneumi gi provvisti di caratteri, poich dobbiamo escludere che la
materiale idema abbia qualche possibilit di agire sulla sostanza dellaiteria
determinandone i suoi elementi, bens soltanto quella di determinare nuovi stati di
aggregazione e configurazione di essi.
Dopo le riflessioni appena fatte ci troviamo ormai nella condizione di formulare
ragionevolmente unipotesi sulla nascita dellaiteria nei termini seguenti: essa
probabilmente nata contemporaneamente alla materia e ne ha accompagnato
levoluzione fino alla situazione attuale in una forma elementare che abbiamo
immaginato costituita da pneumi gi caratterizzati e diffusi (uniformemente o
meno) ai margini della materia. Non siamo in grado di spingerci oltre per chiederci
se gli aiteri (in quanto qualitativamente determinati) preesistano allintervento su
di essi dellidema umana o no, ma possiamo semplicemente ritenere che quelli che
esistono al margine di cose definite, esseri viventi, insiemi o contesti ambientali,
siano quelli probabilmente elaborati dalle ideme umane attraverso i millenni e che
questi caratterizzino tutti gli ecosistemi in cui luomo presente. Potremmo ancora
aggiungere che nelle attuali condizioni della nostra specie sulla Terra, e diffusa
praticamente quasi ovunque, una sovrapposizione di azioni e retroazioni tra ideme
ed aiteri abbia dato luogo a una complessit aiteriale con la quale quasi ogni ente
materiale definito e definibile va ritenuto avvolto da aiteri, singoli o complessi, che si
offrono alla nostra intuizione e determinano le esperienze idemali relative alle
Conclusione
Prima del commiato vorrei dire due parole di conclusione. Quando e come il
cervello della specie homo sapiens abbia cominciato a possedere unidema
sufficientemente potente da percepire laiteria non dato saperlo. Le pitture
rupestri risalenti al Paleolitico rinvenute ad Altamira e a Lascaux (in assenza di altri
reperti contemporanei riferibili alle altre espressioni dellestetica e di ogni altra
categoria) sono con buona probabilit nate non per fare dellarte fine a se stessa,
ma sicuramente costituiscono un grande esempio di abilit grafica
straordinariamente naturalistica, da riferirsi a pratiche magiche relative alla
caccia. Bisogna tuttavia riconoscere che a livelli imitativi ed espressivi di quel livello i
loro autori appartengano ad una categoria di nostri progenitori molto evoluti e gi
largamente accedenti alle esperienze aiteriali in forme abbastanza simili alle nostre.
Si delinea cos un arco temporale risalente nel tempo con una certa ampiezza dal
quale risulta che la nostra specie intrattiene da molti millenni rapporti molto stretti
con laiteria, rapporti che sono andati via via intensificandosi, fino a determinare la
situazione odierna. Situazione nella quale, soprattutto nel campo delletica (sia nelle
consuetudini che nelle leggi), sono stati fatti negli ultimi millenni enormi passi in
avanti in senso aiteriale ed enormi passi indietro in senso materiale, determinando
cos luomo contemporaneo, il quale (specialmente nelle civilt pi avanzate) si
allontanato considerevolmente dalla naturalit primitiva, con vantaggi e svantaggi
noti e constatabili. Dove i vantaggi concernono perlopi laspetto della socialit e
della pi confortevole qualit di vita, non senza decisi svantaggi sul piano
dellinquinamento e dello stravolgimento del territorio e del clima. Il DR, in quanto
filosofia esistenziale che si occupa dellaspetto aiteriale dellesistenza umana, ma
senza alcuna svalutazione di quello materiale, pone sullo stesso piano assiologico le
esperienze materiali e quelle aiteriali pur riconoscendo le differenze sul piano
dellesistenza. evidente che se noi siamo grazie alla materia e che laiteria
soltanto un elemento aggiuntivo, che arricchisce la vita, ma che del tutto
inessenziale ad essa. Se noi non avessimo un idema cos sviluppata e di questo tipo
non per questo saremmo pi primitivi, al contrario, probabilmente avremmo meglio
sviluppato intelletto e ragione e potremmo definirci animali razionali pi evoluti e
pi puri, anche se sempre largamente spuri in rapporto alla psiche. Probabilmente
vivremmo fruendo musica, pittura o letteratura di tipo assai diverso e avremmo
costumi e leggi molto pi semplici e molto pi naturali. Sarebbe meglio o peggio?
Difficile dirlo, quello che possiamo affermare questo: se noi siamo quello che
siamo lo dobbiamo in larga misura allaiteria e lhomo sapiens reale ed attuale non
pu neppure essere immaginato senza la sua idema, poich egli sarebbe un animale
molto differente e la sua esistenza sarebbe profondamente diversa. Ma dobbiamo
anche rilevare che, in generale, il rapporto con laiteria ci ha resi ipersensibili e
pertanto pi vulnerabili alla sofferenza. Ma le abmozioni sono un sale della vita
che funge da analgesico e che ci regala piaceri talvolta compensativi di tipo molto
diverso da quelli materiali e tuttavia con essi coniugabili per la maggior gestione
della nostra avventura.
In questa Parte Seconda ci siamo levati un po da terra e abbiamo volato un po con
limmaginazione. Un poco perch dovevamo superare una certa indeterminazione
ma un po anche perch mi premeva lasciare il lettore con un orizzonte il pi ampio
possibile a sua disposizione, in funzione dellintendimento espresso in 1.2, dove
immaginavo le filosofie antintellettualistiche e individuali quali filosofie dellavvenire
e ponevo il DR come un precedente di riferimento, sia per il metodo adottato sia
perch auspica il superamento di ideologiche e antirealistiche posizioni monistiche,
siano esse spiritualistiche o materialistiche, in un prospettiva pluralistica pi
confacente alle nostre esperienze esistenziali nel loro complesso.
Il DAR avanza una concezione del mondo e della vita alla quale sia possibile, per chi
la ritenga ragionevolmente fondata e plausibile, apportare le modifiche e le
integrazioni ritenute opportune in base alle proprie intuizioni della realt, ampliando
i limiti entro i quali io mi sono tenuto, oppure contraendoli nel caso vengano ritenuti
troppo ampi. Per esempio: immaginando che le ideme di persone amate, passate
(come si suol dire) a miglior vita, abbiano dato luogo a forme di esistenza aiteriale
colle quali sia possibile un rapporto simpatetico e magari non del tutto dissimile dai
lari dellantica cultura latina (protettori della famiglia e del focolare domestico).
Oppure; ammettendo la realt dellaiteria, ma considerandola non del tutto
separata dalla materia in termini di origine (e forse sua emanazione), ritenerla per
vie traverse ad essa riducibile, senza per ci vanificare gli aspetti culturali ed
esistenziali concernenti tutte o alcune categorie analogiche tra quelle qui delineate.
In altre parole: di quanto qui esposto ognuno faccia luso che vuole, ci rifletta sopra
e ci lavori sopra, in esso non vi nulla di definito o di ingessato, ma tutto plastico,
modificabile ed evolvibile, poich a mio avviso suonata la campana delle filosofie
dogmatiche e definite. Ad eccezione di ci che concerne la materia, della quale
possibile una conoscenza sufficientemente attendibile per le sue connotazioni
GLOSSARIO
del Dualismo Antropico Reale
ABMOZIONE Stato emotivo in cui coinvolta e interessata lidema. Il termine
convenzionale e indicativo di ci che avviene durante gli eventi. Si distingue da
emozione, che viene riferita ai normali e consueti stati agitativi della psiche.
ACCADIMENTO Termine convenzionale per indicare il singolo fatto esistentivo nel
quale sono coinvolti il corpo e le organizzazioni mentali, ovvero psiche, ragione ed
intelletto senza che venga coinvolta l'idema. Come evidente il termine soltanto
indicativo e relativo. Si distingue da evento, che invece riferito ai fatti e agli stati
d'animo in cui sicuramente attiva l'idema.
AITERIA Il secondo "reale", a cui riferibile tutto ci che nell'esistenza umana non
riducibile alla materia.
AITERIO Termine per indicare intuitivamente una singolarit aiteriale Lentit singola di
aiteria portatrice di qualit particolari rispetto alla generalit dellambito aiteriale.
AMBITO Il contesto di realt relativo ad ognuno dei due reali che costituiscono la sfera
dellesperibile antropico: la materia e laiteria.
ANGOSCIA Stato psichico caratterizzato da un'emergenza della coscienza che denuncia
una condizione di profonda sofferenza per un accadimento funesto o per il timore che
esso avvenga. Pu essere accompagnato (quale aggravante) da uno stato di impotenza
e inadeguatezza nei confronti di ci che accaduto o si teme che accada.
APOTERE Condizione in cui l'individuo rinuncia volontariamente ad ogni requisito di
potere sui suoi simili per meglio realizzare la sua formazione idemale. Ci significa che,
in una situazione data, il soggetto sceglie di astenersi dal possesso, dalla fruizione e
dallesercizio di ogni mezzo materiale o morale che possa determinare una qualche
influenza sui propri simili ai fini del loro assoggettamento. relativo allingenuit, che
ne sta alla base, anche se non si identifica a priori con essa. Infatti non detto che
lingenuo sia o debba essere sempre privo di alcun potere sugli altri.
EIRENEUSI Stato mentale caratterizzato da una grande pace interiore con psiche
ipotonica e rilassata. Comprende due aspetti della condizione mentale che nella
filosofia stoica ed epicurea sono stati definiti: 1) aponia (mancanza di dolore) e 2)
atarassia (mancanza di turbamento). Molto maggiori le analogie col secondo termine
rispetto al primo.
ELEMENTO
Parte non divisibile di un complesso funzionale, che possiede un
comportamento caratteristico o unattivit particolare.
ELEUTERIA Termine derivato dalla lingua greca col significato di libert, indipendenza e
franchezza individuali. Essa indica la "relativa" libert del soggetto, praticabile e
conseguibile rispetto o contro i vincoli imposti dalla necessit. Si tratta, in pratica, del
campo desercizio arbitrario dellindividualit. Viene distinta da libert, quale
caratteristica fondamentale dellaiteria e del suo ambito.
ESISTENTIVO Termine derivato da Heidegger che viene utilizzato per designare tutto
ci che relativo alla nostra esistenza in quanto materia vivente (corpo, psiche, ragione
ed intelletto). Si distingue da esistenziale, che invece relativo allidema.
ESISTENZA Il modo di offrirsi della realt nelle singole entit. Fondamento e sostanza
dellesistere di un qualsiasi ente.
ESISTENZIALE Termine derivato da Heidegger, che viene utilizzato per designare tutto
ci che concerne lidema e lintuizione dellaiteria in tutte le sue forme. Ci che riguarda
laiteria nel suo offrirsi allintuizione e nel suo manifestarsi sotto forma di caratteri.
ESSERE DINAMICO Lo stesso che divenire. Modalit fondamentale dellesistenza della
materia.
ESSERE La globalit degli enti reali.
ESSERE STABILE
Supposta forma dellessere aiteriale e modalit possibile e
presumibile dellesistenza dellaiteria nella sua generalit di insieme degli aiteri.
ESTETICA Categoria analogica ( o sfera esperienziale) relativa alle arti, alla letteratura e
alla musica.
ETICA Categoria analogica ( o sfera esperienziale) relativa ai comportamenti e ai
sentimenti attivi nelle relazioni interpersonali.
EVENTO Termine convenzionale e approssimativo per indicare uno stato d'animo o un
fatto esperienziale dellidema.
EXTRAFISICA Branca del dualismo reale che si occupa di ci che concerne lidema in
quanto "percipiente" e laiteria in quanto "percepito".
FANTASIA Facolt della psiche (irrazionale) di produrre immagini, previsioni e scenari
inesistenti, prescindendo da ogni partecipazione della ragione e dellintelletto. Si
distingue da immaginazione che facolt razionale.
FATTORE Elemento dellidema che presiede a una certa classe di eventi riferibili al
corrispondente carattere dellaiteria, dei quali sono omonimi. Cos vengono definiti
fattori: alfa (), beta (), gamma (), delta () ed epsilon () quelli che percepiscono e
determinano eventi appartenenti alle rispettive sfere esperienziali (categorie
analogiche) dellestetica, delletica, della gnresi, della caira e della dhianasi.
FETICCIO Ci che accompagna unideologia essendone simbolo o corredo. Pu
presentarsi in molte forme: come concetto, come apriori assertivo, come slogan, come
elemento di abbigliamento o di comportamento predeterminato o obbligato, come
oggetto o come modello di pensiero e dazione.
FONDAMENTO Ci che sta alla base e legittima la definizione e la predicazione di un
qualsiasi entit definita della realt
FORMAZIONE Il processo esistenziale (percettivo ed elaborativo) dell'idema attraverso
il quale nasce e si "forma" l'idioaiterio. Deriva dal concetto di bildung espresso da
Goethe.
FUNZIONE Il modo dinamico di darsi di un elemento facente parte di un entit
operativa complessa.
FUTURO
La presunta dimensione specifica in cui si estenderebbe lesistenza
dellambito aiteriale. In quanto tale rappresenta lorizzonte escatologico con cui luomo
si confronta sul piano esistenziale. Il futuro potrebbe ipoteticamente interessare
lidioaiterio. Viene distinto dallavvenire, che relativo allesistere nella sua
esistentivit materiale.
GIOCO Uno dei temi esistentivi che caratterizzano latteggiamento di chi assume il
dualismo a modello filosofico esistenziale.
GIUSTIZIA
Il pi importante obbiettivo utopico dellumanit di tutti i tempi.
Relativamente e parzialmente possibile nelle societ umane organizzate, ma in conflitto
con la ragione biologica e con le leggi della necessit. Sta alla base dellargomento
etico.
GNRESI Terza categoria analogica dellaiteria. Termine mutuato dal greco, utilizzando
il prefisso "gn" e la parola "rexis"(desiderio, brama). Indica quel carattere aiteriale e il
corrispondente fattore idemale riguardanti lamore per la conoscenza in se stessa,
indipendentemente da ogni finalit strumentale o utilit.
IDEMA Funzione della mente che pur appartenendo strutturalmente alla materia
corporea pu rapportarsi allaiteria. Nella partizione della mente in quattro
organizzazioni essa costituisce lultima di esse e viene anche accompagnata
dallattributo di para-aiteriale. La sua funzione quella di percepire, assimilare ed
elaborare laiteria nelle sue diverse forme, con la conseguente formazione di un
idioaiterio (entit aiteriale individuale).
IDEOLOGIA Sistema organico di idee basate su principi ed assiomi, che in quanto tali
non sono discutibili n sottoponibili a critica o revisione. Essa pu essere di carattere
religioso, politico o sociologico e implica una totalizzazione di credenze, di
atteggiamenti e di comportamenti per cui lindividualit perde in parte lesercizio
delleleuteria, aderendo a ci che non deriva da essa stessa ma dallesterno.
Caratteristica di ogni ideologia la mancanza di senso critico e la chiara convinzione di
ci che "bene" e di ci che "male". Ogni dubbio bandito sul piano teorico ed esso
riguarda solo i modi di agire e di procedere per il trionfo di essa. I singoli individui in
quanto soggetti ideologicizzati e omologati possono (nellinsieme) diventare quella
totalit umana a cui viene data spesso la denominazione di "massa".
IDIOAITERIO
individuale).
IGNOTO
Linsieme degli aspetti della realt immaginabili ma non conosciuti o
inconoscibili.
IMMAGINAZIONE Facolt dellintelletto di produrre col pensiero virtuali o potenziali
entit o fatti razionalmente concepibili e non in contrasto con lesistenza e leffettualit
delle realt note e confermate. Limmaginazione ha pertanto un carattere "ipoteticoprevisionale" non inconciliabile con la realt. Essa concerne quindi la sfera del
"possibile" ed in accordo analogico o induttivo con i reali conosciuti. In questa
funzione lintelletto parte dal "certo e riconoscibile", estrapolando o interpolando dai
suoi estremi o dagli intermedi, come pure formulando fatti e oggetti possibili a partire
dalle denotazioni conosciute della realt nella sua generalit. Si distingue dalla fantasia,
che facolt puramente irrazionale.
IRONIA
Atteggiamento mentale di distacco dalle quotidiane vicende esistentive,
derivante dalla consapevolezza della nostra individuale irrilevanza di fronte alla vastit
delluniverso, come pure dellinsignificanza e banalit delle nostre ansie e
preoccupazioni concernenti lesistentivit. Essa confina nel banale e nel ridicolo la
maggior parte delle nostre ambizioni e delle nostre aspettative, che stanno alla base dei
turbamenti della psiche.
IRRIDUCIBILE Aggettivo riferito a ci che rispetto a un altro reale a cui viene riferito
resta ad esso totalmente estraneo e indipendente. Lo sono le esperienze idemali
(eventi) rispetto alla materia.
IRRIDUCIBILITA E la propriet di tutto ci che in qualche modo deriva dallaiteria e che
si sottrae ad ogni vero processo conoscitivo, pur offrendosi allintuizione in modo netto
e inequivocabile. Il concetto di irriducibilit alla base dellargomento logico, che
sostiene appunto la relativa estraneit delle esperienze idemali rispetto alla struttura
neuronale del cervello.
ISTINTO Impulso neuro-psichico allazione o alla reazione.
LEGGE (della necessit) Ogni principio fisico o biologico che fonda e regola il divenire
della materia. Nel DAR tuttavia la legge non considerata assoluta e immutabile ma
connessa al divenire. Quindi, sia pure per fasi temporali molto ampie o eventi
eccezionali, il caso potrebbe determinare mutamenti nelle leggi stesse.
LIBERT Lassenza di ogni legge o vincolo nellambito dellaiteria, dove gli aiteri sono
pure qualit assolutamente libere. Contrario di necessit.
MALE Ci che nel divenire della materia determina nellessere vivente, nella specie o
nellintera biosfera deterioramento, riduzione o distruzione. Si oppone al bene che
invece conservazione, incremento o miglioramento.
MALVAGITA' La maniera specificamente umana di essere crudele con altri esseri viventi
e di procurare loro il male fisico o psichico con calcolo e determinatezza.
MARGINE (al)
Il termine viene usato per indicare il modo con cui gli aiteri si
rapportano alle forme della materia colle quali si accompagnano. Al margine significa
che unaiterio (cosale, locale, ambientale, ecc.) legato allentit materiale cui
afferisce, pur rimanendone esterno in quanto appartenente allaltro ambito.
MASSA (umana) In senso sociologico il termine indica un rilevante insieme di persone
che hanno perduto le fondamentali denotazioni della propria individualit, per lo pi a
causa dellaver fatto propria unideologia "totalizzante".
MATERIA Il primo "reale", a cui riducibile tutta la realt, ad eccezione dei reali
appartenenti allambito dellaiteria. Il suo essere , sempre e comunque, dinamico. Ci
va tenuto presente anche quando essa mostra (in alcune forme inorganiche)
unapparente stabilit. La biosfera costituisce la sua forma pi evoluta e in essa lidema
delluomo rappresenta, almeno per ora, il pi alto grado di evoluzione raggiunto dalla
materia stessa.
MEMORIA Infrastruttura della mente quale centro e deposito-riserva del "ricordare".
Le si pu attribuire, in connessione con lattivit della coscienza e delle organizzazioni,
la fissazione, limmagazzinamento e il rilascio spontaneo o richiesto di immagini, fatti,
concetti, ecc.
MODALIT
(anche modo dessere). Ci che la nostra percezione e la nostra
intellezione percepiscono come aspetto fondamentale e sostanziale del "darsi" di un
qualsiasi oggetto dindagine.
MODO DESSERE vedi modalit.
MOIRA ( senso o percezione del tragico). Aspetto strutturale del divenire riferito a tutti
gli esseri viventi soggetti alla necessit, che si manifesta per lo pi nellignoranza, nella
sofferenza e nella morte (finitudine).
NECESSIT Linsieme di tutte le leggi che governano la materia in ogni sua forma ed
espressione. Contrario di libert.
NICHILIA Termine specifico del dualismo reale che indica la forma pi grave di quella
malattia che la medicina chiama "depressione". Forma gravissima di disagio mentale
nella quale si spegne ogni carica vitale, al punto che il nulla (dal latino nihil) sembra
penetrare nel soggetto colpito "comprimendolo e svuotandolo" nello stesso tempo di
ogni volont di vivere.
NULLA Concetto assolutamente astratto col quale si designa tutto ci che non essere
(non-essere) in qualsiasi sua forma.
OMEOSTASI Condizione di stabilit concernente in generale lorganismo animale e in
particolare quella parte sensibile e funzione mentale conservatrice e reattiva
dellindividuo che la psiche.
ORGANIZZAZIONE Struttura operativa mentale funzionalmente organizzata. Non ha
alcun significato topologico ma indica un complesso di funzioni relativamente
omogenee che la nostra esperienza individua nei processi mentali correnti. Il concetto
nasce col procedimento partitivo e il suo uso deve sempre tenere presente che nella
realt ci che avviene nel nostro cervello molto spesso concadente (vedi:
concadenza). Le organizzazioni individuate sono quattro: psiche, ragione, intelletto ed
idema.
ORGANIZZAZIONI MATERIALI Termine che indica complessivamente psiche, intelletto
e ragione per distinguerle dall'organizzazione para-aiteriale (l'idema).
ORGANIZZAZIONE PARA-AITERIALE Termine che indica l'idema, per distinguerla dalle
tre organizzazioni materiali(psiche, intelletto e ragione).
PERCEZIONE Conoscenza diretta, certa e verificabile dellesistenza di un oggetto o di
un fatto da parte di un soggetto percipiente, la quale precede ogni intellezione o
giudizio sul percepito. Ha caratteri generali e quindi attribuibili ad ogni specie vivente e
non ha il carattere individuale ed episodico dellintuizione, che presumibilmente
soltanto umana.
PERSONALIT Si distingue dallindividualit (intimit individuale) in quanto aspetto
dellindividuo percepibile allesterno quale unit psico-somatica socialmente rilevabile.
PNEUMA Il termine vuole indicare una supposta entit elementare ed originaria
dellaiteria nella sua pura virtualit. Unit minima portatrice dei caratteri dellaiteria.
Sarebbe la "materia prima" da cui si originano tutti gli aiteri.
PRINCIPIO Termine che indica un fondamento o un elemento basilare di una teoria
filosofica o ideologica. Esso viene anche trasferito sulloggetto della teoria stessa e in
tal caso riguarda la sostanza (o essenza) di esso.
PROCEDIMENTO PARTITIVO Espediente metodologico utilizzato euristicamente per
indagare isolatamente i componenti di un sistema organizzato di funzioni
singolarmente individuabili. Viene usato per studiare separatamente oggetti dindagine
che nella realt sono strutturalmente coesi e reciprocamente vincolati nel loro agire. Il
caso pi rilevante di utilizzo del procedimento partitivo riguarda le funzioni mentali e la
loro partizione in infrastrutture e organizzazioni.
PSICHE La prima e pi importante organizzazione mentale. Nellevoluzione essa
probabilmente la prima a fare la sua comparsa nelle forme di vita pi evolute, quindi
pu anche essere considerata la pi antica. Essa normalmente dominante in ogni
nostra esperienza, alla base (con la coscienza) della percezione del semplice fatto di
esistere e soprattutto condizionatrice di ogni atteggiamento mentale nella difesa della
sua omeostasi.
QUALIT Uno dei due principi dellaiteria (laltro la libert). Quando si parla di
qualit non ci si riferisce mai alle qualit apparenti o funzionali diffusamente
riscontrabili nelle forme ed espressioni della materia, le quali (in definitiva) sono
sempre esprimibili in termini di quantit (ad esempio: le frequenze ottiche e sonore dei
colori e dei suoni).
QUANTIT Uno dei due principi della materia (laltro la necessit). Le qualit in essa
sono soltanto apparenti e fittizie, in realt esse sono sempre riducibili ad un dato
quantitativo riferito a una determinata unit di misura.
RAGIONE
La seconda organizzazione mentale, deputata allanalisi, al confronto,
allinduzione, alla deduzione e alla computazione (al calcolo).
RAGIONE BIOLOGICA La causa prima e il motore di tutte le leggi biologiche, volte alla
conservazione e allevoluzione della vita. Ad essa va riferita la cosiddetta selezione
naturale, che ha come fine ladattamento e il miglioramento biologico delle specie
viventi, nonch il progresso verso entit materiali sempre pi evolute e stabili. In
generale: principio della conservazione della vita e del suo progresso verso forme
sempre pi evolute e funzionali.
REALE Aggettivo usato per indicare sia un costituente della realt in generale (materia
ed aiteria) sia una singola entit esistente. Ente reale.
REALT Indica linsieme di tutto ci che esiste, indipendentemente dal fatto di venire
pensato dalluomo.
REALTA ANTROPICA Quella parte della realt generale che si d alluomo e che da
esso viene percepita o almeno intuita.
RELAZIONE Il modo dessere dellinsieme di due o pi enti effettualmente connessi o
in contrasto, i quali sono ontologicamente equivalenti e tra i quali non esiste alcun
rapporto gerarchico.
RELIGIONE Insieme di credenze, principi e dogmi che concorrono ad un sistema
ideologico definito, il quale ipostatizza l'esistenza e l'attivit di una o pi essenze
trascendentali, chiamate divinit. Queste, in quanto ritenute creatrici o legislatrici
dell'universo nel suo insieme, sovrintendono specialmente alla vita e al futuro
dell'uomo. Un aspetto comune a tutte le religioni quello di fondarsi su simulacri
dell'aiteria, assunti a priori (spesso col nome di "spirito divino") quali sostanze primarie
della divinit. Gli attributi della divinit, quasi tutti nel senso di una "umanizzazione"
della trascendenza quale assoluto ideale umano, fanno delle religioni delle ideologie
VITA Modalit della materia che ha determinato unenorme accelerazione del suo
dinamismo evolutivo.
VOLIZIONE Lesercizio del volere mirato al conseguimento di un risultato o di una mta
definiti. Si distingue da volont che invece il principio a cui risponde ogni essere
vivente.
VOLONT (di vita) Istinto primordiale gi identificato da Schopenhauer come principio
e fondamento della vita in generale. Nel dualismo reale essa viene riferita non alla
biosfera in generale (regolata dalla ragione biologica) ma ad ogni singolo essere
vivente. Correlata allistinto di sopravvivenza, che da essa deriva, sta ad indicare il
principio fondamentale di ogni esistenza. Ogni essere vivente vuole "prima di tutto"
vivere, poich essere in vita la condizione di ogni possibilit. Vi un rapporto diretto
tra volont e carica vitale: se questa debole la volont si attenua, fino ad annullarsi in
caso di nichila. Tuttavia la volont si distingue per il suo carattere prevalentemente
conservativo, mentre la carica vitale ha carattere dinamico.
WELTANSCHAUUNG Parola tedesca traducibile in italiano con visione del mondo,
concezione d.m. od intuizione d.m.