You are on page 1of 21

1

Autovalori, Autovettori e Polinomio Caratteristico di un Endomorfismo.

Endomorfismo. Si definisce Endomorfismo una Applicazione Lineare in cui


Dominio e Codominio coincidono. Formalmente si pu dire che una
Applicazione Lineare tale che :
f : V V.
Non si confonda lEndomorfismo con lIsomorfismo, in quanto questultimo sicuramente un Endomorfismo, ma un Endomorfismo generico non
detto che sia un Isomorfismo. Infatti lunica prerogativa di un Endomorfismo che il Codominio coincida con il Dominio. Questa sola prerogativa
fa si che molte Applicazioni Lineari possano essere un Endomorfismo. Infatti una Applicazione Suriettiva ( Imf = V , tutti gli elementi del Codominio, cio V , sono elementi dotati di almeno una controimmagine )
sicuramente un Endomorfismo, perch vado da V V . In tal caso se si
ha un Endomorfismo Suriettivo si ha sicuramente che ogni elemento del
Dominio, cio V , ha un unico elemento del Codominio, sempre V , associato ( se no non si avrebbe una funzione ), ed vero anche il viceversa,
perch un Endomorfismo Suriettivo sicuramente anche Iniettivo, allora
un Isomorfismo. Analogamente un Isomorfismo sempre un Endomorfismo. Infatti sicuramente se ad ogni elemento del Dominio ne associo uno
solo del Codominio ho rispettato lunica prerogativa necessaria affinch si
abbia un Endomorfismo. Un caso di tal genere la funzione y = 2x in
cui ad ogni vettore del Dominio associo un vettore ad esso proporzionale
( il doppio ) che sar ancora appartenente a V per le propriet di Spazio
Vettoriale, quale V . Vediamo, adesso di generalizzare quanto detto per
gli Endomorfismi. Possiamo dire che se un Endomorfismo Suriettivo
anche Iniettivo, e viceversa, allora un Isomorfismo. Questo si vede
banalmente dal Teorema dellEquazione Dimensionale. Infatti se lEndomorfismo suriettivo allora Imf = V e segue che Dim(Imf ) = Dim(V ).
Ma allora chiaro che Dim(Kerf ) = 0. LEndomorfismo Suriettivo Iniettivo, lEndomorfismo un Isomorfismo. LEndomorfismo pi banale di
tutti forse quello dato dalla funzione Identica, e sicuramente si ha un
Endomorfismo che un Isomorfismo ( Endomorfismo Suriettivo ed Iniettivo contemporaneamente ). Proviamo ora a vedere lesistenza di un
Endomorfismo che non sia un Isomorfismo, quindi non Suriettivo ed Iniettivo. Pongo V = R3 , B(V ) = (u1 , u2 , u3 ). La mia legge f (v) = 1 u1
dove 1 la prima coordinata del vettore del Dominio rispetto a B. Cio
questa funzione associa ad ogni singolo vettore del Dominio ( compresi
quelli della Base ) un altro vettore ( necessariamente un vettore ) che
proporzionale al primo vettore della Base presa in considerazione. Precisamente limmagine, cio il vettore che associo al vettore del Dominio,
un vettore proporzionale al primo vettore della Base di una certa quantit
1 , dove 1 il primo scalare della n-pla che mi permette di scrivere il vet1

tore del Dominio come Combinazione Lineare dei vettori della Base presa.
Limmagine di un certo vettore del Dominio in questo caso si chiama anche proiezione del vettore sullasse, dove lasse quello del primo vettore
della Base in questione. In particolare si vede che la funzione anche
Lineare perch f (v) = 1 u1 ; f (v + w) = (1 + 1 )u1 . Inoltre se volessi
calcolare la matrice associata a tale funzione rispetto alla Base presa avrei
:

1 0 ... 0
0 0 ... 0

..
..
.
.
. ...
. .
0 0 ... 0
perch limmagine del primo vettore della Base rispetto alla Base stessa
si scrive come Combinazione grazie alla n pla(1, 0, ..., 0), mentre tutti
gli altri vettori della Base hanno immagine nulla perch la loro proiezione
sullasse del primo vettore della Base sicuramente nulla ( essnedo indipendenti ), ed allora chiaro che 0 Combinazione Lineare di una
qualsiasi Base solo con una n-pla tutta nulla. Ecco spiegato perch la
matrice assume quella forma l. Ora una cosa certa. Questa funzione
sicuramente un Endomorfismo perch si va senza ombra di dubbio da R3
a R3 , ed essa non nemmeno Suriettiva ( quindi nemmeno Iniettiva ) perch Dim(Imf ) 6= Dim(V ) 6= Dim(R)3 6= 3. Precisamente la dimensione
dellImmagine in questo caso 1, dato che tutte le immagini sono vettori
proporzionali al primo vettore della Base, allora tutti giaciono sulla stessa
retta. Abbiamo, cos, trovato un Endomorfismo che non sia un Isomorfismo. Per trovarlo avremmo potuto pi banalmente cercare una funzione
la cui matrice ( quadrata se parliamo di Endomorfismi ) associata non
avesse Rango massimo, cio non avesse tutte le righe ( o le colonne ) indipendenti. Questo significa del resto che tutte le colonne della matrice
non sono una Base di Imf . Una cosa gi si nota. Essendo ogni Endomorfismo una Applicazione Lineare in se stessa allora possibile sempre
associare a tale Applicazione una matrice quadrata. Del resto la dimensione del Dominio la stessa del Codominio perch i due Spazi Coincido
e, quindi, lasserto banale.
Autovettore. Si dice Autovettore un vettore non nullo, v 6= 0, di uno Spazio
Vettoriale se esiste uno scalare appartenente al Campo K tale che si verifichi la seguente scrittura :
f (v) = v v 6= 0, v V
Proviamo a fare alcune riflessioni importanti su vettori di questo genere.
Prima di tutto precisiamo che non si parla di Autovettore ma di un
Autovettore perch in uno Spazio Vettoriale ci sono infiniti vettori e, conseguentemente, ci potrebbe essere pi di un Autovettore ( preannunciamolo, se ce ne pi di uno ce ne sono infiniti ). La prima cosa che
salta subito allocchio di un Autovettore che esso proporzionale, di una
2

certa quantit , al suo vettore immagine. Il fatto che un generico Autovettore ed il suo vettore immagine ( unico, se no non si ha una funzione
) siano proporzionali fa intuire che v, f (v) V = V .Risulta evidente che
entrambi i vettori, data la loro proporzionalit, appartengano allo stesso
Spazio Vettoriale ( in generale vettori proporzionali appartengono sempre
allo stesso Sottospazio Vettoriale ) e, conseguentemente a ci, il Dominio
ed il Codominio di una tal funzione potrebbero coincidere in alcuni casi
particolari. Non possiamo, per, asserire che se data una certa funzione
tale che nel suo Dominio ci sia un Autovettore allora il Dominio ed il
Codominio di questa funzione coincidano perch potrebbero esserci dei
vettori del Dominio che non siano Autovettori e, quindi, la loro immagine ( che comunque esisterebbe dato che la funzione definita su tutto il
Dominio ) non sarebbe pi proporzionale alla sua controimmagine. Mettiamo ad esempio che tutti i vettori di una certa retta, ad esempio quella
x, siano degli Autovettori, ma poi tutti gli altri vettori definiti nel Dominio, che potrebbe essere R3 , non siano Autovettori, cio non abbiano
la loro immagine ad essi proporzionale di una certa fissata quantit. In
un simil caso sicuramente il Dominio ed il Codominio non coincidono.
In particolare prendiamo una funzione del tipo y = 2x. Tale funzione
un Endomorfismo Biunivoco, allora un Isomorfismo. Immaginiamo che
V = R2 , cio i vettori del Dominio sono quelli appartententi ad un generico piano, e si nota subito che, essendo un Isomorfismo, il Dominio ed il
Codominio coincidono. Del resto ad ogni vettore viene associata una immagine che proprio proporzionale ( precisamente il doppio ) al vettore
di partenza. Questo ci fa capire che sicuramente ogni vettore del Dominio
un Autovettore, escluso, per, il vettore nullo. Sia ad esempio :
v V, v(1, 2, 3) f (v) = (2, 4, 6) f (v) = 2v
dalla scrittura di sopra si vede immediatamente che preso un generico
vettore del piano ( il piano differir da , xy, xz, yz, perch non ha una delle
tre coordinate nulla ) la sua immagine un vettore ancora appartenente
al piano. Questo ci basta per definire un Autovettore. Semplicemente
un vettore del Dominio che soddisfi la prima scrittura usata.
Autovalore. Si dice Autovalore uno scalare , non necessariamente diverso da
zero, se esiste un Autovettore proporzionale alla sua immagine proprio di
. Nellesempio precedente = 2 era lAutovalore associato allAutovettore v. Importante. Dato un Autovettore esso ha un unico Autovalore
associato. Vediamolo con una dimostrazione algebrica :
v 6= 0, v V : f (v) = v ! K
ipotizziamo che esistano due Autovalori associati allAutovettore
f (v) = v = v
allora con v 6= 0 ne segue direttamente che
( )v = 0 = .
3

Esiste un unico Autovalore associato ad un Autovettore. Tale dimostrazione


stata fatta basandoci proprio sulla definizione stessa di Autovettore e
cio che esso non potesse essere il vettore nullo. Si nota infatti che se
lAutovettore fosse il vettore nullo del resto si avrebbero infiniti Autovalori associati allAutovettore vettore nullo e questo andrebbe contro tale
teorema di unicit. Ecco, quindi, speigato perch nessun Autovettore pu
essere il vettore nullo. Il fatto che nessun Autovettore nullo non ci deve
trarre in inganno circa le considerazioni da fare sugli Autovalori. Questi
ultimi, infatti, possono essere nulli. LAutovalore nullo se e solo se limmagine di un Autovettore ( non si potrebbe parlare di Autovalore se non
si parla di Autovettore e viceversa ) nulla. Il fatto che lAutovalore deve
essere necessariamente nullo banale dal canto che lAutovettore sicuramente non pu essere nullo. Cio se un vettore, un Autovettore in questo
caso, ha immagine nulla chiaro che lAutovalore ad esso associato per
forza nullo non potendo essere lAutovettore stesso nullo. Facendo un esempio pratico si vede che se v = (1, 1, 0) e f (v) = (x y, 0, 0) = (0, 0, 0)
allora si arriva alla scrittura f (v) = 0 = v = 0. Facendo un ragionamento teorico capiamo che un Autovalore nullo se e solo se lAutovettore
un vettore del Nucleo Kerf della funzione, cio la sua immagine 0.
Ovviamente nel conteggio degli Autovettori del nucleo ( in generale tutti
i vettori del Nucleo sono Autovettori ) escluso il vettore nullo, che sempre appartiene al Nucleo. Possiamo sintetizzare dicendo che se il Nucleo
Kerf ha dimensione diversa da zero, cio Kerf 6= {0}, tutti i suoi vettori,
tranne lo 0, sono Autovettori.
Autospazio. Presa una generica funzione f consideriamo un preciso sottoinsieme del Dominio che sia del tipo :
V = {v V : f (v) = v} V.
Si tratta di un sottoinsieme del Dominio costituito da tutti i vettori che
soddisfino quella propriet. Va fatta una precisazione. Non esplicitamente dichiarata lunicit dello scalare per ogni vettore e questo implica
la presenza del vettore nullo v = 0 in quel sottoinsieme perch sicuramente
soddisfa la scrittura. Infatti per un qualsiasi valore dello scalare la scrittura 0 = f (v) = f (0) = v sempre soddisfatta. Unaltra cosa che si
nota, anche se banale notarlo, che in questo sottoinsieme sicuramente
sono presenti degli Autovettori, precisamente lo sono tutti i vettori che differiscono dal vettore nullo. Del resto la legge di appartenenza di un vettore
al sottoinsieme in questione proprio la definizione di Autovettore. Dimostriamo una propriet particolare di tale sottoinsieme. Il sottoinsieme
V un Sottospazio Vettoriale del Dominio, che sicuramente uno Spazio
Vettoriale. Abbiamo gi visto lappartenenza del vettore nullo a tale insieme, non rimane altro che provare le due principali propriet di uno
Spazio Vettoriale, cio somma interna e moltiplicazione esterna per uno
scalare appartenente al Campo K. Prendiamo due vettori appartenenti

a V , quindi che rispettino la propriet dappartanenza, e, conseguentemente alla scelta dei vettori, tre scalari opportuni, di cui uno lAutovalore
associato e due gli scalari che mi permetteranno di scrivere la propriet
generale dello Spazio Vettoriale.
, K; u, v V V
Ricordiamo che lApplicazione Lineare e possiamo scrivere:
f (au+v) = af (u)+f (v) = u+v = (u+v) f (k) = k, k V.
Nella dimostrazione si usato lo stesso scalare ( non necessariamente
Autovalore ), ed obbligatoriamente si dovuto fare cos. Il motivo semplice. Ogni vettore che appartiene a V soddisfa quella propriet solo con
lo scalare ( escluso il vettore nullo che la soddisfa sempre, e quindi anche
con questo ), di conseguenza la dimostrazione valida ponendo sempre
dello stesso valore. Abbiamo visto, quindi, che V un Sottospazio Vettoriale perch contiene sicuramente il vettore nullo ed, inoltre, il vettore k
sicuramente appartenente a V per definizione di Spazio Vettoriale e sicuramente appartiene anche a V in base al risultato visto sopra. A questo
punto ci sono delle precisazioni importanti da fare. In V non ci sono tutti
gli Autovettori del Dominio. Bisogna, infatti, distinguere alcuni casi. Si
vede, non solo algebricamente, che se un certo vettore x un Autovettore
ed il suo Autovalore uno scalare allora tutti i vettori di natura simile
al vettore x ( tutti quelli ad esso proporzionali ) avranno come Autovalore
associato proprio lo scalare . Questo fa intuire un fatto importante. Ci
fa capire prima di tutto che la funzione che ad un Autovalore associa un
Autovettore non invertibile, proprio perch ogni Autovalore non ha un
unico Autovettore di cui pu essere Autovalore, ma una infinit. Inoltre si
intuisce che in V non solo non detto che ci siano tutti gli Autovettori del
Dominio, ma non nemmeno detto che i vettori di tale sottoinsieme appartengano tutti ad una unica retta ( Sottospazio Vettoriale di dimensione
uno ), perch la relazione dappartenenza potrebbe essere verifica anche
da vettori che non siano tra loro proporzionali, ma che lo siano semplicemente alle loro rispettive immagini. E il caso ad esempio dei vettori non
proporzionali ( ora parliamo di Autovettori ) del Nucleo, che hanno immagini tutte proporzionali di = 0 rispetto al vettore di partenza del
Dominio. Questo lo si evince proprio da quanto appena detto circa V .
Quindi, ripetiamolo, V non contiene assolutamente tutti i possibili Autovettori di V , ma semplicemente quelli che hanno come Autovalore ed il
vettore nullo, che sempre presente in un generico Sottospazio V . Da ci
discerne una considerazione ( che ha due conseguenze, ma sono analoghe
) su un generico V :
V = {0} @ : f (v) = v = V = SpazioV ettorialeBanale
V 6= {0} : f (v) = v = V = SpazioV ettorialeN onBanale
5

Ripetiamolo, basta che esista almeno un Autovalore della funzione f ( ancora, un Autovalore e non lAutovalore, perch in una funzione ci possono
essere tanti Autovalori quanto la dimensione del Dominio, ed anche nel
Codominio se siamo in un Endomorfismo ) per far si che esistano infiniti
Autovettori. La proposizione si inverte del resto per quanto visto dalle
due scritture algebriche di sopra. Infatti se non esiste alcun Autovettore
( nessun vettore del Dominio ha una immagine ad esso proporzionale )
allora lappartenenza dei vettori di V a V si verifica solo con il vettore
nullo e quindi chiaro che il Sottospazio Vettoriale del Dominio quello
Banale. Non si cada in errore nel credere che debba essere diverso da
0 in quanto nel caso di V = V0 si ha che tutti i vettori ad esso appartenenti sono quelli proporzionali alla loro immagine ( evidentemente nulla
) solo se moltiplicati per lo scalare nullo. Si evince immediatamente che
V0 = Kerf , dato che si tratta di vettori ( Autovettori ) con immagine
nulla ma che non siano nulli, quindi sono Autovettori dato che rispettano
la scrittura. Ovviamente anche se 0 non un Autovettore chiaramente
appartiene a V0 ed allora V0 proprio il Nucleo della funzione. In particolare V0 ha dimensione diversa da 0 ( cio maggiore o uguale di 1 ) se e
solo se il Nucleo della funzione diverso dallo Spazio Vettoriale Banale.
La circostanza appena descritta si presenta solo nel caso in cui la funzione
non sia iniettiva ( Monomorfismo ) e, conseguentemente, nemmeno biunivoca ( Isomorfismo ). Infatti se la funzione un Isomorfismo il Nucleo lo
Spazio Vettoriale Banale ed allora in V0 c solo il vettore nullo, che in base
a quanto gi visto non un Autovettore. Sulla base di tali considerazioni
diamo ora la definizione esplicita di Autospazio.

Il Sottospazio Vettoriale V si dice Autospazio di f quando esso non


Banale, ovvero quando un Autovalore ( non per forza lunico ) di f.

Quindi un Autospazio sicuramente uno Sottospazio Vettoriale. Precisamente un Autospazio costituito dal vettore nullo e da tutti gli Autovettori associati a , che essendo infiniti fanno si che lAutospazio sia proprio
uno Spazio Vettoriale non Banale. Si intuisce un fatto importante legato
alla dimensione di un Autospazio. Essa non connessa assolutamente al
numero di Autovalori associati alla funzione. Questo perch non detto
che in un Autospazio V ci siano solo i vettori di una retta. In particolare
la dimensione di un Autospazio, che pi piccola o al massimo uguale
alla dimensione del Dominio ( uguale a quella del Dominio se tutti i
vettori di questultimo sono Autovettori ed hanno lo stesso Autovalore associato ), va ogni volta calcolata, e lunica relazione che si pu istituire tra
la dimensione di un Autospazio e la dimensione dello Spazio Vettoriale (
Dominio=Codominio ) la seguente : la somma delle dimensioni di tutti
gli Autospazi contenuti nel Dominio la dimensione del Dominio stesso.
6

Da qui deriva un corollario di notevole importanza : allora una funzione


pu ammettere un numero di Autovalori minore o uguale a quella che la
dimensione del suo Dominio. Da qui discerne un ulteriore fatto. Si nota
che se DimV = non detto che DimV 6= . Potrebbe capitare, cio,
che due Autospazio abbiano la stessa dimensione perch ad esempio sono
due rette ( che si intersecano nellorigine, ricordiamolo ), o due piani ( che
si intersecano in un Sottospazio, ricordiamolo ).

Proviamo a vedere quanto detto in questa dissertazione con un esempio


pi specifico. Prendo una funzione f : V V ; B(V ) = (u1 , u2 , ..., un ).
La mia legge f (v) = u1 . Cio ad ogni vettore del Dominio associo
un vettore proporzionale al primo vettore della Base di una quantit
variabile che corrisponde al primo scalare della n-pla che mi permette di scrivere il vettore del Dominio come Combinazione Lineare degli
n vettori della Base. Quanti Autovalori ci sono nellEndomorfismo f
? Per avere un Autovalore deve essere rispettata la seguente scrittura
: f (v) = v, dove v un Autovettore. Vediamo prima un caso generico. Scrivo v = (u1 + u2 + ... + un ), nel caso generico consideriamo il vettore diverso da zero. Segue che f (v) = u1 . Nelleventualit in cui il vettore sia non nullo, ed anche la sua immagine lo sia
( quindi 6= 0 ) si ha che il vettore in questione non un Autovettore perch la scrittura non affatto rispettata. E chiaro infatti che
u1 = f (v) 6= v 6= (u1 + u2 + ... + un ). Quindi abbiamo gi capito
una cosa. Non tutti i vettori del Dominio, se V = Rn , sono Autovettori.
Vediamo quand che quella scrittura di prima vera. Gi si intuisce che
lo se (, ..., ) = (0, ..., 0), dato che i vettori della Base sicuramente non
possono essere nulli essendo vettori della Base. Quand che si verifica
tale circostanza ? Ci accade chiaramente con tutti i vettori che sono proporzionali al primo vettore della Base, cio tutti quei vettori che stanno
sulla retta su cui giace il primo vettore della Base e conseguentemente
tutte le loro coordinate rispetto agli altri vettori della Base sono nulle. Ad
esempio se il primo vettore della Base sta sullasse delle x allora tutti i
vettori che stanno su tale asse sono degli Autovettori perch soddisfano
la scrittura richiesta. Vediamolo con un esempio. Partiamo con lesempio pi banale di tutti, e prendiamo proprio u1 come vettore del Dominio
giacente sullasse su cui giace il primo vettore della Base. Vediamo che
u1 = (1u1 + 0u1 + ... + 0un ) f (u1 ) = 1(u1 ) = 1 = Autovalore.
Da ci deriva che il primo vettore della Base sicuramente un Autovettore in quanto certamente diverso da zero. Abbiamo trovato il primo
Autovalore della funzione, ed 1. Vediamo, ora, una cosa enunciata in
precedenza. Cio che trovato almeno un Autovalore si trovano infiniti Autovettori. Del resto proprio quello che abbiamo detto prima, cio che
tutti i vettori giacenti sullasse del primo vettore della Base sono Autovettori. Vediamolo praticamente. Prendo un vettore v(4, 0, ..., 0) asse x.
Sappiamo che v = (u1 + 0u2 + ... + 0un ). Tutto questo implica che
7

f (v) = u1 = v = 1 v = v = 1. Abbiamo trovato un altro


Autovettore, cio il vettore v, associato allAutovalore 1. E stato, cos,
dimostrato che sicuramente 1 un Autovalore della funzione ed in particolare di tutti i vettori giacenti sullasse delle x, quindi tale asse ( incluso
il vettore nullo ) uno Sottospazio Vettoriale di dimensione 1, potremmo
tranquillamente dire che un V1 un Autospazio. Vediamo, ora, se esistono altri Autovalori. Prendiamo un vettore che non stia sullasse delle
x, ma che stia su una delle n 1 rette ( assi ) su cui giaciono gli altri n 1 vettori della Base. Ad esempio prendiamo un vettore che stia
sullasse delle y. k asse y k = (0u1 + u2 + ... + un ). Allora
f (k) = 0u1 = 0 allora posso tranquillamente avvalermi della scrittura
0 = 0u1 = f (k) = k = 0. Abbiamo trovato un altro Autovalore,
cio lo zero. Fare la stessa prova banale se prendo come vettore del
dominio proprio u2 . Si vede una cosa. Ora, se io prendessi qualsiasi altro
vettore giacente sulle rispettive rette su cui giacono gli altri vettorei della
Base avrei sempre che lAutovalore ad essi associato sarebbe = 0, perch tutte le rette su cui giacono i vettori della Base ( ci vale sempre ) si
intersecano solo nellorigine. In generale per questa funzione vale che :
v v(unico)
Vn (unico)
Da quanto appena detto si evince un altro fatto importante. Due o
pi Autospazi distinti hanno solo il vettore nullo come elemento comune,
analogamente la loro intersezione solo nellorigine. In generale si visto
che tale funzione ha solo due Autovalori, = 0, 1, e gli Autovettori della
funzione ( non tutti i vettori del Dominio ) sono quelli che giaciono sulle
n rette dei gli n vettori della Base.

Vediamo quanto detto ora con un esempio numerico. Endomorfismo f :


R3 R3 ; B(e1 , e2 , e3 )[Canonica] e la funzione fa f (v) = f (x, y, z) =
xe1 = (x, 0, 0). Ad ogni vettore del Dominio associo la proiezione del
vettore stesso sullasse delle x. Dato che la Base Canonica, allora lo
scalare che mi permette di fare la proiezione proprio la prima coordinata
del vettore stesso ed in generale limmagine coincide con il vettore se esso
giace sullasse delle x. Vediamo in particolare che tale funzione ammette
due Autovalori, 1 e 0. Del resto la funzione la stessa dellesempio di sopra.
Vogliamo verificarlo solo numericamente. Chi sono V1 e V0 ? Questultimo
sicuramente il Nucleo della funzione. Sarebbe infatti f (x, y, z) = 0e1 =
0. Sono tutti quei vettori la cui prima proiezione sullasse delle x nulla.
Si deve verificare che xe1 = (x, 0, 0) = (0, 0, 0) x = 0. Quindi i vettori
del Nucleo sono tutti quelli con la prima coordinata nulla, del tipo (0, y, z),
dove la seconda e la terza coordinata possono assumere qualsivoglia valore
reale. Vediamo ora di ragionare sulla dimensione di tale Autospazio (
8

perch lo sicuramente sulla base della teoria vista in precedenza ). Posso


scrivere un generico vettore dellAutospazio nel modo seguente (0, y, z) =
[(0, 0, 0) + (0, y, 0) + (0, 0, z)] = [0e1 + ye2 + ze3 ]. Quindi la dimensione del
Nucleo 2 perch posso scrivere ogni vettore ad esso appartenente come
Combinazione Lineare di due vettori della Base. In particolare il Nucleo
il piano yz. Ora, chi V1 ? Come gi visto esso composto da tutti gli
Autovettori ( i vettori, tranne lo 0 ) che stanno sullasse delle x, quindi
esso un Autospazio di dimensione 1. Sulla base di queste considerazioni
dimostrata anche lEquazione Dimensionale che vige tra gli Autospazi e
lo Spazio Vettoriale contenente. Vale a dire che :
DimV = DimV1 + DimV2 + ... + DimVn
DimR3 = DimV1 + DimV0 = 3 = 2 + 1 = 3
R3 = V1 V0 (IntersezioneDegliAutospaziN ell0 Origine).

Diagonalizzazione. Un Endomorfismo si dice Diagonalizzabile se esiste una


Base Spettrale del suo Dominio. Una Base Spettrale una Base
ordinata di Autovettori del Dominio. Quindi, una Applicazione Lineare
che sia un Endomorfismo Diagonalizzabile se nel Dominio della
funzione presente una Base ordinata D(v1 , v2 , ..., vn ) i cui vettori siano
degli Autovettori. Facciamo alcune importanti considerazioni. Quella pi
banale di tutte che sicuramente tale Base ordinata non Base solo del
Dominio, ma anche del Codominio perch questi coincidono. Quindi se
possibile generare ogni vettore del Dominio grazie ad una Base Spettrale,
allora con la stessa Base si genera il Codominio. Per farla breve, se il
vettore v1 scrivibile come Combinazione Lineare della Base Spettrale
grazie alla n pla(1, 0, 0, ..., 0) lo sar anche f (v1 ) grazie alla
n pla(, 0, 0, ..., 0). Un endomorfismo per essere Diagonalizzabile basta
che sia dotato di almeno una Base Spettrale di tal genere. Si nota, poi,
che la Base Spettrale D sicuramente non un Sottospazio Vettoriale
perch non contiene il vettore nullo non essendo questo un Autovettore.
Proviamo a capire adesso il ruolo e lentit della Base Spettrale.
Abbiamo detto che essa costituita dagli Autovettori del Dominio.
Sappiamo una cosa, per. Sappiamo che ammesso un Autospazio
esistono infiniti Autovettori nel Dominio, quindi a meno che non si abbia
uno Spazio Vettoriale a dimensione infinita ( non il nostro caso ) la
Base non conster di infiniti Autovettori. Quindi chi sono e soprattutto
quanti sono gli Autovettori presenti nella Base Spettrale ? In particolare
si vede che nella Base Spettrale ci sono tanti Autovettori quanta la
dimensione dello Spazio Vettoriale di partenza ( del resto una sua Base
). Allora chi sono ? Immaginiamo che lo Spazio Vettoriale R3 ammette
due Autospazi, di cui uno di dimensione 1 ( una retta ) ed un altro di
dimensione 2 ( un piano ), allora la Base Spettrale sar costituita da 3
vettori, di cui uno appartenente allAutospazio di dimensione 1 e due
9

appartenenti allAutospazio di dimensione 2. Questo fa capire


chiaramente che nella Base Spettrale ci sono tutti gli Autovettori
Linearmente Indipendenti dello Spazio Vettoriale di partenza. In
particolare tali Autovettori stanno nei vari Autospazi ( che possono
essere in numero inferiore rispetto alla dimensione del Dominio ) del
Dominio. Da ci discerne che tra i vettori ( Autovettori ) di una Base
Spettrale ce ne almeno uno per ogni Autospazio del Dominio. In
particolare se la dimensione dellAutospazio 2 ci devono essere 2
Autovettori di quellAutospazio nella Base Spettrale, se 3 ce ne sono 3,
se 4 allora ce ne sono 4 e cos via. Facendo un esempio generico si vede
che una Base Spettrale pu essere del tipo :
BaseSpettrale = (v1 , v2 , v3 )||(v1 , v2 ) V=2 ||(v3 ) V=1 .
Facciamo un esempio pratico che possa chiarire il ruolo di una Base
Spettrale. Ho un Endomorfismo ed il mio Dominio V = R3 , che
uguale al Codominio, e la funzione del tipo y = 2x, in questo caso
anche un Isomorfismo. Io so sicuramente che una Base del Dominio
quella Canonica del tipo B = (e1 , e2 , e3 ). Non v dubbio che tale
Endomorfismo Diagonalizzabile e la Base B anche una Base Spettrale
oltre ad essere la Base Canonica. Infatti quei tre vettori, data la funzione
in questione, sono sicuramente tre Autovettori proporzionali alla loro
immagine [f (e1 ), f (e2 ), f (e3 )] dello scalare = 2. Quindi B = D. Qui
lesempio, per, era troppo banale perch anche il caso in cui
nellAutospazio V=2 ci sono tutti i vettori ( Autovettori ) del Dominio,
quindi chiaro lasserto. Vediamo ora limportanza che gli Autovalori
hanno circa tale Base Spettrale. Se io volessi, infatti, calcolare la matrice
associata a tale funzione rispetto alla Base Spettrale avrei una matrice
quadrata ( perch la dimensione del Dominio la stessa del Codominio )
e diagonale ( perch la Base del Dominio la stessa del Codominio ).
Precisamente sulla diagonale ci sono proprio gli Autovalori. Vediamolo
con una scrittura algebrica. Ho una Base Spettrale come sopra, cio
D(e1 , e2 , e3 ) e voglio scrivere la matrice associata alla funzione. Per farlo
devo calcolare le tre immagini della Base e prendere come colonne della
matrice ( le colonne saranno tre ) le n-ple che mi permettono di scrivere
tali immagini come Combinazione Lineare dei vettori della Base
Spettrale stessa ( per ogni Endomorfismo perch B(V ) = B(V 0 = V ) ).
Ed allora banale che ottengo la seguente matrice :

0 0
D0 = 0 0 .
0 0
La scrittura evidente dal canto che f (e1 ) = e1 per definizione di
Autovettore, quale e1 , stesso. E ancora pi chiaro se si guarda tale
scrittura f (e1 ) = (e1 + 0e2 + 0e3 ). La matrice sicuramente diagonale

10

come si vede. Nel nostro caso specifico la matrice 3x3, ma nel caso
generico pu essere chiaramente nxn ed inoltre non detto che gli scalari
lambda siano tutti uguali. Nella funzione che abbiamo preso in
considerazione gli scalari lambda sono tutti uguali perch chiaro che
ogni vettore della Base Canonica ( potremmo dire Spettrale )
proporzionale alla sua immagine proprio di = 2. Nel caso generico,
per, si potrebbero avere anche lambda diversi associati ad ogni vettore
della Base Spettrale ed avere una matrice di tal genere :

a 0 ... 0
0 b ... 0

D0 = . . .
.
. . ...
.. ..

0 0 ... c
Questo sarebbe possibile nel caso in cui lo Spazio Vettoriale di partenza
ammettesse pi Autospazi, quindi pi lambda. Prima di procedere con
una ulteriore dissertazione sulla Diagonalizzazione vediamo di chiarire
con un esempio empirico come nasce e come fatta una Base Spettrale.
Prendo un Endomorfismo che sia sicuramente Diagonalizzabile
f : V V ed una sua Base ordinata ( non conosciamo lentit di tale
Base ) B = (u1 , u2 , ..., un ). DimV = n. Prendo anche un generico
vettore del Dominio che, quindi, sar Combinazione Lineare dei vettori
della Base ordinata. Il vettore v = [x1 u1 + x2 u2 + ... + xn un ]. Quindi
lIsomorfismo Coordinato rispetto al vettore v
(v) = (x1 , x2 , ..., xn ) = CB (v). Ora, poich la funzione definita su
tutto lo Spazio Vettoriale si ha che !f (v) !CB [f (v)] = [f (v)].
Dove lultima scrittura vuol dire che sicuarmente esiste limmagine del
vettore del Dominio ed essa ha anche una n-pla associata grazie
allIsomorfismo Coordinato rispetto alla Base. Sulla base di tali
considerazioni sappiamo che possibile associare alla funzione una
matrice ( strettamente legata al tipo di Base ) che sia del tipo
A CB (v) = CB [f (v)] AX = Y . In particoare A la matrice associata
allEndomorfismo ( quindi sar quadrata ). Tale matrice, per, non
detto che sia per forza diagonale ( perch la Base presa solo ordinata,
ma non Spettrale ). Essa non diagonale, ma sicuramente simile ad una
matrice diagonale ( lo vedremo in seguito ). Ci che ora preme capire
in che forma si presenta il prodotto AX = Y .

 
 


x
x + y

=
.

y
x + y
Cosa si visto ? Che la scrittura risulta effettivamente abbastanza
complessa. Cio la n-pla associata ( lultima matrice ) allimmagine del
vettore del Dominio si presenta in una forma abbastanza scomoda da

11

utilizzare per i calcoli, perch sarebbe :


f (v) = [(x + y)u1 + (x + y)u2 ].
Quello che ora voglio ottenere chiaramente una scrittura che sia
equivalente ma che soprattutto sia pi semplice da gestire. Vale a dire
una scrittura dove se la n-pla una coppia ( come nel caso di prima )
tale coppia costuita da due soli scalari semplici. Vorrei una situazione
di tal genere :

 
 

0
z
z

=
.
0
t
t
Che si traduce in :
f (v) = [(z)u01 + (t)u02 ]
che molto pi semplice da utilizzare. Cosa ho visto ? Sono riuscito ad
ottenere tale scrittura solo grazie ad una matrice A che era diagonale.
Quindi ci che mi preme ai fini teorici trovare una matrice associata
alla funzione ( rispetto ad unaltra Base evidentemente ) che sia
diagonale. Non resta altro che capire chi tale nuova Base che mi
permette di giungere a tale scrittura. Prima di procedere mettiamo un
attimo a confronto le due scritture di prima :
f (v) = [(x + y)u1 + (x + y)u2 ]
f (v) = [(z)u01 + (t)u02 ]
Si vede che una volta presa la nuova Base ( quella con lapice ) cambiano
automaticamente non solo gli scalari presenti nella matrice associata
allEndomorfismo, ma anche la n-pla di scalari ( coordinate ) che mi
permette di scrivere il vettore del Dominio come Combinazione Lineare
della Base. In sostanza, cambiando la Base cambia limmagine
dellIsomorfismo Coordinato. Vogliamo adesso trovare la matrice
associata alla funzione che abbia tutti i termini non diagonali uguali a
zero, cio che sia una matrice diagonale. Per fare ci dobbiamo
individuare una opportuna Base sapendo che le colonne della matrice
sono le n-ple che mi permettono di scrivere l0 i esima immagine
dell0 i esimo vettore della Base come Combinazione Lineare della Base
stessa ( perch siamo in un Endomorfismo ). Prendo allora una nuova
Base ordinata dello Spazio Vettoriale che sia B = (w1 , w2 , ..., wn ) e ci
che voglio per ottenere la matrice che :
[f (w1 )] = CB [f (w1 )] = (, 0, 0, ..., 0)
[f (w2 )] = CB [f (w2 )] = (0, , 0, ..., 0)
..
.
[f (w)] = CB [f (w)] = (0, 0, 0, ..., ).
12

Che si traduce nella nuova matrice :

0
0
0
0

..
.
. . . . ..

0 0
0
0 0
0

...
...
..
.
..

.
...

0
0
..
.

Fino ad ora per non abbiamo ancora definito la legge di tale funzione ed
abbiamo solo detto che essa un Endomorfismo. Si intuisce dalle
considerazioni fatte in precedenza che tale circostanza ( una matrice di
tal genere ) si verifica nel caso in cui la funzione ha la seguente forma :
f (v) = w1
dove il primo scalare della n-pla che mi permette di scrivere il vettore
in questione come Combinazione Lineare della Base che stiamo cercando.
Ma allora evidente che prendendo un vettore della nuova Base ( quella
con i termini wj ) si arriva a tale scrittura :
[f (w1 )] = CB [f (w1 )] = (, 0, 0, ..., 0)
(1, 0, 0, ..., 0) = (w1 ) = CB (w1 )
P erLinearit`
a = (w1 ) = CB (w1 )
Implica
f (w1 ) = w1 .
Cos siamo riusciti a definire anche algebricamente ( non solo a parole )
chi la funzione f che ci serve per avere quella matrice. Oltre ad aver
capito chi la funzione ( che un Endomorfismo, ricordiamolo ) abbiamo
anche capito chi la Base che ci permette di avere quella matrice
diagonale. Precisamente la Base costitutita da tutti Autovettori ( si
veda la scrittura di sopra ) ed la Base Spettrale! Questo certo dal
canto che lAutovalore associato allAutovettore w1 . Ripetiamolo per
chiarezza. Data tale funzione ( un Endomorfismo avente quella ben
precisa legge di sopra ) possibile trovare una Base del Dominio che mi
permetta di costruire la matrice associata alla funzione in modo tale che
essa sia diagonale. Un Endomorfismo di tal genere ( cio, che abbia
quella legge ) si dice Diagonalizzabile. E ovvio, poi, in base alle
considerazioni precedenti che non necessario che un Endomorfismo
abbia solo quella legge per essere Diagonalizzabile, ma sicuramente se ha
quella legge lo . Generalizzando :
f (wj ) = j wj ||j = Autovalore||wj = Autovettore||j = 1, 2, ..., n

13

B = (w1 , w2 , ..., wn ) = BaseSpettrale||(w1 , w2 , ..., wn ) = Autovalori


Analizziamo, ora, la seguente proposizione che sempre vera.

Se un Endomorfismo Diagonalizzabile la sua matrice associata rispetto


alla Base Spettrale ( ed ordinata, che sicuramente esiste ) sar
diagonale, viceversa se la matrice associata ad una certa funzione
diagonale ed i suoi elementi diagonali ( gli unici non nulli ) sono
elementi di una Base Spettrale ( Autovettori ), allora tale funzione sar
ceramente un Endomorfismo Diagonalizzabile.

Vediamo una diretta conseguenza di tale enunciato. Vogliamo far vedere


che se ho un Endomorfismo Diagonalizzabile ed una generica Base ( non
una in particolare, cio non per forza la Base Spettrale ) del Dominio
allora sicuramente la matrice associata a tale funzione rispetto alla Base
generica sar simile ad una matrice diagonale, proprio come quella
associata alla funzione rispetto alla Base Spettrale ( ordinata e dotata di
Autovettori ), come visto grazie allenunciato di sopra. Schematicamente
si ha una situazione del genere :
n
V

MBD

n
V

f
n
= (V )
B
D0

MD
D
C
=

n
(V )

B
B

Proviamo a spiegare questa relativamente complessa scrittura. Parto dal


mio Endomorfismo Diagonalizzabile che va dal Dominio V al Codominio
(V)=V. In quanto Endomorfismo Diagonalizzabile troviamo nel Dominio
sicuramente una Base D che sia Base Spettrale, grazie alle precedenti
considerazioni. Quindi sappiamo gi che la matrice associata alla
funzione f rispetto a tale Base Spettrale ( che sar Base anche del
Codominio, ricordiamolo ) la matrice D. La matrice D diagonale e
sulla diagonale ha proprio i termini lambda ( Autovalori )
opportunamente presi. Ci che ora vogliamo far vedere che se presa
sempre la stessa funzione, cio un Endomorfismo Diagonalizzabile, io
posso calcolare la matrice associata a tale funzione rispetto ad una Base
diversa ( e non a due Basi, perch in un Endomorfismo la Base del
Dominio coincide con quella del Codominio ) e scoprire che tale matrice
simile ad una diagonale. Tutto ci si traduce in : la peculiarit di un
Endomorfismo Diagonalizzabile che la matrice associata rispetto a tale

14

funzione e calcolata rispetto ad una qualsiasi Base del Dominio ( la


stessa del Codominio ) sicuramente simile ad una matrice diagonale,
se non gi diagonale. Vediamone la dimostrazione. Per ipotesi la
funzione Diagonalizzabile, quindi esiste la matrice D che avr la
seguente forma :

a 0 ... 0
0 b ... 0

D
D 0 = MD
= . . .
.. .
.
.
.
. .
. .
0 0 ... c
Per calcolare la matrice C, che quello che ci interessa, dobbiamo
rispettare la seguente formula :
B
C = MD
D0 MBD .

Sappiamo che D(v1 , v2 , ...vn )[ sono Autovettori ] e B(u1 , u2 , ..., un ).


Quindi sulla base di quanto appena visto sicuramente che :

a 0 ... 0
v1
av1
0 b . . . 0 v2 bv2

D
f (D) = MD
D = . . .
. = . .
. . ...
.. ..
.. ..
0

...

vn

cvn

Ora voglio calcolare la Matrice di Passaggio da B a D, cio la prima


matrice che dovr moltiplicare per quella associata alla funzione rispetto
alla Base Spettrale.
u1 = (k1,1 v1 + k2,1 v2 + ... + kn,1 vn )
u2 = (k1,2 v1 + k2,2 v2 + ... + kn,2 vn )
..
.
un = (k1,n v1 + k2,n v2 + ... + kn,n vn )
Implica

MBD =

k1,1
k2,1
..
.
kn,1

k1,2
k2,2
...
kn,2

...
...
..
.

k1,n
k2,n
..
.

...

kn,n

Allora faccio il primo prodotto tra matrici che si evince dalla formula

15

sopra

a
0

..
.
0

enunciata.
0 ...
b ...
.. . .
.
.
0 ...

0
0
..
.

k1,1
k2,1
..
.

k1,2
k2,2
...
kn,2

kn,1

...
...
..
.

k1,n
k2,n
..
.

...

kn,n

ak1,1
bk2,1
..
.

ak1,2
bk2,2
..
.

...
...
..
.

ak1,n
bk2,n
..
.

ckn,1

ckn,2

ckn,n

Calcoliamo adesso laltra matrice di passaggio, cio quella da D a B. La


calcoliamo allo stesso modo di prima, quindi omettiamo i calcoli.

t1,1 t1,2 . . . t1,n


t2,1 t2,2 . . . t2,n

B
MD
= .
.. .
..
..
.
...
.
tn,1

tn,2

...

tn,n

Ed allora posso svolgere lultima moltiplicazione :

t1,1
t2,1
..
.
tn,1

t1,2
t2,2
...
tn,2

t1,1
t2,1

= .
..
tn,1

...
...
..
.

B
C = MD
D0 MBD

t1,n
a 0 ...
0 b ...
t2,n

.. .. .. . .
.
. . .

...

tn,n

t1,2
t2,2
...
tn,2

...
...
..
.

t1,n
t2,n
..
.

...

tn,n

...

ak1,1
bk2,1

..
.
ckn,1

(ak1,1 t1,1 + bk2,1 t1,2 + ... + ckn,1 t1,n )


(ak1,1 t2,1 + bk2,1 t2,2 + ... + ckn,1 t2,n )

.
.

.
...

0
0
..
.

k1,1
k2,1
..
.
kn,1

k1,2
k2,2

...
...
..
.

...
kn,2 . . .

ak1,2
bk2,2
..
.

...
...
..
.

ak1,n
bk2,n
..
.

ckn,2

ckn,n

k1,n
k2,n
..
.

kn,n

(ak1,2 t1,1 + bk2,2 t1,2 + ... + ckn,n t1,n )


(ak1,2 t2,1 + bk2,2 t2,2 + ... + ckn,2 t2,n )
.
.
.
...

...
...
..
.

Abbiamo cos dimostrato anche dal punto di vista algebrico che ogni
matrice associata ad un Endomorfismo Diagonalizzabile sempre simile
ad una matrice diagonale, indipendentemente dalla scelta delle Basi e
soprattutto se queste siano Spettrali o meno. Si vede, infatti, sempre
verificata la scrittura :
C = G1 D0 G
G = MBD .
Carratterizzazione-degli-Autovalori. Proviamo, ora, a fare ulteriori considerazioni sugli Autovalori focalizzandoci su una importante conseguenza
che la loro entit ha sui determinanti. Consideriamo un Endomorfismo.
In particolare si vede che uno scalare un Autovalore della funzione f

16

(ak1,n t1,1 + bk2,n t1,2 + ... + ckn,n t1,n


(ak1,n t2,1 + bk2,n t2,2 + ... + ckn,n t2,n
.
.
.
ckn,n tn,n

se e solo se si verifica che :


Det(A In ) = 0 DetA Det(In ) = 0 DetA = Det(In )
dove A la matrice quadrata associata allEndomorfismo f rispetto ad una
generica Base ordinata B. Non possiamo esplicitamente parlare di Base
Spettrale perch non sappiamo se lEndomorfismo in questione Diagonalizzabile o meno. Quello che vogliamo far vedere semplicemente una
caratteristica pi o meno generale degli Autovalori e lo si fa partendo da
una semplice funzione f , che pu essere un Endomorfismo, e considerando
una Base ordinata B del Dominio della funzione. Ci che ora vogliamo
dimostrare che lo scalare un Autovalore se e solo si si verifica quella
scrittura. Quindi per procedere nella dimostrazione possiamo anche assumere come ipotesi che tale scalare effettivamente sia un Autovalore e poi
vedere che quella scrittura confermata. Consideriamo a tal proposito anche unaltra funzione, precisamente lIsomorfismo Coordinato rispetto alla
Base ordinata. Sar : V K n . Come gi detto vediamo, quindi, di
suppore che sia un Autovalore, e sulla base di ci sappiamo sicuramente
che esiste almeno un vettore non nullo ( un Autovettore ) di cui lAutovalore. Cio si deve verificare tale scrittura : f (w) = w w 6= 0.
Sfruttiamo ora lIsomorfismo coordinato per capire chi la n-pla che mi
permette di scrivere tale Autovettore come Combinazione Lineare della
Base ordinata, che in questa dimostrazione considereremo Canonica ( non
indispensabile ), B(e1 , e2 , ..., en ).

w1
w2

w 6= 0 = (w) = (w1 , w2 , ..., wn ) = riguardocomecolonna = . = W


..
wn
tutto questo perch la Base scelta per la dimostrazione Canonica ed
infatti si verifica chiaramente che :
w = (w1 e1 + w2 e2 + ... + wn en ) = (w1 , w2 , ..., wn )
Allora posso ricorsivamente scrivere che :

f (w) = w0 = [f (w)] = (w) = (w0 ) =

w10
w20
..
.
wn0

= W 0.

f (w) = w0 = (w10 e1 , w20 e2 , ..., wn0 en ) = (w10 , w20 , ..., wn0 )


allora si ottiene :

w0 = f (w) = w W 0 = W =

17

w10
w20
..
.
wn0

w1
w2
..
.
wn

Grazie al fatto che abbiamo usato la Base Canonica per la dimostrazione.


Ora se consideriamo la matrice associata allApplicazione Lineare ( che
un Endomorfismo ) rispetto alla Base Canonica B, cio la matrice A,
sappiamo sicuramente che :
AX = Y AW = W 0 AW = W.
Cosa sappiamo ? Se consideriamo la Base Canonica ( come abbiamo fatto
fino ad ora ) dobbiamo inserire nelle colonne di A le coordinate delle immagini dei vettori della Base B. Se la Base non fosse Canonica dovremmo
usare lIsomorfismo Coordinato. Non conoscendo esplicitamente la legge
non possiamo dichiarare numericamente chi la matrice A. Possiamo per
ipotizzare che :

a1,1 a1,2 . . . a1,n


a2,1 a2,2 . . . a2,n

A= .
..
..
.
.
.
.
.
.
.
an,1 an,2 . . . an,n
che la formula generica di una matrice associata ad una funzione rispetto
ad una certa Base, che sia Canonica o meno. Adesso possiamo modificare
la scrittura AW = W W 0 = W in modo tale da avere matrici dello
stesso ordine ( necessariamente in questo caso ) a sinistra dei termini W .
Sapendo che :

w1
1 0 ... 0
w1
w2
0 1 . . . 0 w2

W = . = In W = .
. . =
..
.. . . . . . . .. ..
wn
0 0 ... 1
wn

0 ... 0
w1
0 . . . 0 w2

= W = .
. .
.. . . . . . . .. ..
0

...

wn

allora abbiamo che :


AW = (In )W AW (In )W = 0
W 0 (In )W = 0
raccogliendo a fattore :
(A In )W = 0
Ora possiamo riguardare tale scrittura come un Sistema Lineare Omogeneo ed osservare che (A In ) una nuova matrice, cio la Matrice
dei Coefficienti, e W il vettore delle incognite, o pi precisamente una (
delle infinite ) soluzione del Sistema Lineare Omogeneo. Chiaramente esso
soluzione non banale perch diverso dal vettore nullo per ipotesi. Del
18

resto deve essere un Autovettore, quindi non pu essere il vettore nullo.


Allora da questa scrittura discerne un fatto importante, ovvero che
Det(A In ) = 0
dato che il sistema, sicuramente Compatibile perch Omogeneo, ha infinite soluzioni per quanto appena visto. Del resto chiaro che un Sistema
Lineare Omogeneo che non ammette solo la soluzione Banale, ma ne ammette anche unaltra ( quindi infinite ) ha la Matrice dei Coefficienti che
non ha Rango Massimo, e quindi chiaro che il suo determinante nullo.
La Matrice dei Coefficienti in questione :

(a1,1 )
a1,2
...
a1,n

a2,1
(a2,2 ) ...
a2,n

.
..
..
.
..
..

.
.
.
an,1

an,2

...

(an,n )

Ora possiamo calcolare esplicitamente il determinante della matrice di sopra grazie allo Sviluppo di Laplace e far vedere un fatto importate che
discerne da questa dissertazione. Si vede, infatti, che il cacolo esplicito del determinante ci fa giungere ad una scrittura polinomiale ( di un
certo grado che varia a seconda dei casi ) in funzione di ( Autovalore
). Dallespressione polinomiale, che chiameremo Polinomio Caratteristico dellEndomorfismo f si possono ricavare tutti i possibili Autovalori
ammessi nella funzione ( quindi il numero di Autospazi ) calcolando le
radici ( soluzioni, eguagliando il polinomio a zero ) del polinomio. Si intuisce chiaramente che una funzione ammette Autovalori se e solo se il
Polinomio Caratteristico ammette soluzioni. Unaltra scrittura analoga
che si potrebbe usare la seguente :
Ax = x (A In )x = 0
dove A una matrice ( una qualsiasi matrice ) associata alla funzione ed
il termine x indica le infinite soluzioni non nulle legate al Sistema Omogeneo. Tali soluzioni sono Autovettori ( per ipotesi ) ed allora chiaro che
se un Autovettore ( una soluzione ) ammette un unico Autovalore associato si avr che trovando tutte le soluzioni del sistema si trovano anche
tutti gli Autovalori della funzione, che, invece, sono soluzioni ( radici ) del
Polinomio Caratteristico. Inoltre gli Autovettori soluzione del Sistema
Omogeneo possono esser visti come elementi dei Nucleo della funzione
(f Id), cio lEndomorfismo meno la funzione Identit moltiplicata per
. Questa riflessione ci fornisce un metodo rapido per il calcolo di Autovalri ed Autovettori. Si procede cos : calcolo la matrice associata alla
funzione rispetto ad una qualsiasi Base ( la calcolo opportunamente a seconda della Base ), sottraggo a tale matrice la matrice Identica avente come
termini diagonali e non 1, ottengo il Polinomio Caratteristico calcolando
il determinante di tale matrice (A In ) avvalendomi dello Sviluppo di
19

Laplace, risolvo il Polinomio Caratteristico trovando quelle che sono le sue


radici, ovvero gli Autovalori della funzione. Mettiamo che ne trovo due
diversi. A questo punto facile calcolare gli ( infiniti ) Autovettori presenti nel Dominio della funzione. Questi saranno sicuramente infiniti, ma
andranno calcolati a gruppi. Cio bisogna calcolare prima gli Autovettori
di un certo Autospazio ( quelli associati ad un certo ), poi gli altri e cos
via. Se il primo Autovalore che ho trovato = 2 allora devo risolvere un
Sistema Lineare Omogeneo del tipo (A In )x = 0 (A 2In )x = 0.
Trovo le ( infinite ) soluzioni del sistema ed ho trovato tutti gli Autovettori presenti nellAutospazio legato a = 2. Procedo ricorsivamente con
gli altri Autovalori e trovo tutti gli Autovettori. Quindi avvalendosi di
questo metodo cerco prima gli Autovalori ed in seconda battuta trovo
gli Autovettori. Dalla teoria sviluppata in precedenza capiamo unaltra
importante cosa. La matrice di sopra indubbiamente legata alla scelta
della Base ( si veda come stata costruita ), ma ci non vale per i valori
che sono univocamente determinati per ogni funzione f . Questo significa
che univocamente determinato ( sempre lo stesso ) anche il Polinomio
Caratteristico indipendentemente dalla scelta della Base. Questo chiaro
perch se prendo una funzione vista prima come y = 2x si avr che il solo
Autovalore ammesso = 2 ed esso sicuramente non potr mai dipendere dalle infinite Basi del Dominio che avremmo potututo prendere. In
generale si verifica sempre che :
PA = PB = ... = PN = Det(AIn ) = Det(BIn ) = ... = Det(N In )
= variabile||DimV = n.
dove (A, B, ..., N ) sono le possibili matrici ( diverse tra loro ) associate
alla funzione rispetto ad altrettanto diverse Basi prese in considerazione.

Proviamo adesso sulla base delle considerazioni appena fatte a servirci di


quella formula per il calcolo degli Autovalori di una certa funzione. Consideriamo proprio la funzione di prima, cio quella che ad ogni vettore del
Dominio associa un vettore dato dal primo vettore della Base moltiplicato per il primo scalare della n-pla che mi permette di scrivere il vettore
del Dominio come Combinazione Lineare dei vettori della Base. Cio la
funzione era f (x, y, z) = (x, 0, 0) = xe1 se mi considero la Base Canonica. Per questo esempio va bene considerare la Base Canonica perch se
ne scegliessi unaltra la sostanza dellesercizio non cambierebbe. Vediamo
ora di calcolare la matrice A associata a tale funzione. Allora calcolo le
immagini dei vettori della Base e pongo le colonne della matrice A uguali
alle n-ple che mi permettono di scrivere tale immagini come Combinazione
Lineare della Base ( definizione di matrice associata ad una Applicazione
Lineare ). Vedo, quindi che :
f (e1 ) = 1 e1 = [1(e1 ) + 0(e2 ) + 0(e3 )]
20

f (e2 ) = 0 e1 = [0(e1 ) + 0(e2 ) + 0(e3 )]


f (e3 ) = 0 e1 = [0(e1 ) + 0(e2 ) + 0(e3 )]

1 0 0
A= 0 0 0
0 0 0

1 0
0
0
(A I3 ) = 0
0
0
Il determinante dellultima matrice deve essere nulla in base al teorema
precedentemente enunciato. Calcoliamolo. Possiamo indistintamente usare lo Sviluppo di Laplace oppure avvalerci del fatto che il determinante
di una matrice diagonale dato dal prodotto dei termini diagonali.



1 0
3+3
[(1)
() DetA(3,3) ] = (1) () Det
=
0

= {() [() (1 )]} =


= Det(A I3 ) = ()()(1 ) = 2 (1 )
= 0|| = 1.
Ecco gli Autovalori. Abbiamo finito.

F rancescoBacchini

21

You might also like