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5 Ladellarcheologia
grande stagione
Ercolano, Pompei e Paestum

Antichit e retorica
La riscoperta dellantico un tema ricorrente nella storia dellarte che
riacquista vigore a intervalli pi o meno lunghi senza mai sparire completamente, come unonda dal periodo variamente irregolare che riaffiora nel rumore di fondo, saldandosi di volta in volta a circostanze politiche, sociali o
culturali in un rapporto di reciproca interdipendenza.
Spesso il riferimento allantico strumentale al desiderio di proclamare il
prestigio dinastico alludendo a una presunta continuit con la grande tradizione classica, in particolare quella della Roma imperiale. Questa aspirazione si manifesta nel concreto attraverso il reimpiego in nuovi contesti di opere darte antiche o di pregiati materiali edilizi con finalit retoriche (spolia),
nonch nella riproposizione di stili e linguaggi desunti dallantichit.
Un sottile filo rosso, quindi, lega i rilievi disinvoltamente riassemblati nellarco di Costantino (che provengono da vari contesti antecedenti e recano
le effigi di Traiano, Marco Aurelio e Adriano) con il monumentale eclettismo
dello stile littorio, a tacere del razionale sistema tettonico distillato da Vitruvio, grazie al quale gli architetti rinascimentali si procurano infiniti contenuti, espressioni formali e variazioni per molti secoli a venire.
Eppure, nonostante lampio interesse pregresso, allinizio del Settecento la
conoscenza dellantichit legata, quasi esclusivamente, a fonti letterarie,
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mitologiche, epigrafiche e alle monete (o medaglie,


come si diceva allora), nonch a un numero limitato di
monumenti antichi che si mantiene sostanzialmente costante dal Rinascimento fino allinizio del XVIII secolo,
cosicch quando sculture, pitture, mosaici e infiniti oggetti di uso comune iniziano a emergere dal buio dei cunicoli ercolanesi, il loro impatto sul gusto e addirittura
sulla moda dellepoca travolgente.
La miniera ercolanese
Fin dal 1711 il duca Emanuele Maurizio dElboeuf, principe di Lorena, nel corso dei lavori per lo scavo di un
pozzo nella localit di Resina, aveva fatto le prime casuali
scoperte, rinvenendo alcune sculture dellantico teatro
di Ercolano, tra le quali tre figure di vestali che, acquistate da Augusto re di Polonia, suscitano lammirazione
del giovane Johann Joachim Winckelmann nella citt di
Dresda. Proprio a partire dallo stesso pozzo Carlo di
Borbone, nel 1738, intraprende lo scavo della distrutta
Ercolano, dando inizio a unimpresa antiquario-archeologica che non ha riscontri nel passato n equivalenti altrove, e che per larghezza di mezzi e ampiezza di prospettive pu essere considerata la pi importante di tutto il Settecento. I lavori sono affidati al colonnello Rocco
Gioacchino Alcubierre il quale, mettendo in pratica le
proprie competenze di ingegnere minerario e militare,
procede mediante una rete di gallerie sotterranee (alte
circa 170 cm e larghe 60) realizzate da operai, ergastolani e condannati ai lavori forzati. Ben presto il teatro e la
basilica sono spogliati delle statue di marmo, dei bronzi,
delle iscrizioni e persino delle pitture parietali (spesso asportate a massello, ovvero insieme alla porzione di
muro su cui sono eseguite), mentre negli anni successivi
saranno rinvenuti il Collegio degli Augustali, gran parte
della Palestra, la villa dei Papiri e verranno individuate la
casa dellAtrio a mosaico e la casa dei Cervi.
Scopo principale degli scavi il sistematico saccheggio
di capolavori destinati ad abbellire le sale della reggia di
Portici e, in seguito, a costituire la collezione di antichit, pressoch unica al mondo, del Museo Ercolanese
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Alla pagina 164:


Joshua Reynolds,
Sir William Hamilton
ambasciatore a Napoli
del re dInghilterra,
1776-1777, Londra,
National Portrait
Gallery.
d Trasporto delle
antichit di Ercolano
dal Museo di Portici
al Palazzo degli Studi
di Napoli, dal Voyage
pittoresque dellAbb
de Saint-Non, 1789,
Parigi.

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allestito nello stesso edificio, meta obbligata per ogni studioso e visitatore
colto dellepoca. La fortuita scoperta di Ercolano, infatti, risulta perfettamente integrata nellambizioso progetto di formazione del nuovo Regno
delle Due Sicilie, e re Carlo, consigliato dal lungimirante e fedele ministro
Bernardo Tanucci, mira a conseguire dagli scavi un prestigio internazionale
che porti Napoli alla ribalta della scena culturale europea. I reperti, in sostanza, sono considerati deliciae principis, oggetti preziosi per accrescere lo
splendore e il prestigio della corte.
I Borbone napoletani, peraltro, non sono gli unici a promuovere scavi archeologici: il ramo parmense della stessa dinastia finanzia analoghe ricerche
a Velleia, i Farnese sul Palatino, i pontefici in tutta Roma, a Ostia e nella
campagna romana. Gli scavi archeologici sono sollecitati anche dal collezionismo antiquario dellaristocrazia europea, e quindi hanno come unico scopo
il recupero del maggior numero di pezzi artisticamente significativi con il
minimo impiego di tempo e di denaro, mentre loccasionale attenzione verso i resti architettonici dovuto solo allinteresse dei singoli.

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La polemica sulle tecniche di scavo


La risonanza internazionale delle scoperte vesuviane
sar enorme, anche perch per la prima volta cospicui
rinvenimenti archeologici avvengono lontano da Roma,
ma la scelta di considerare lo scavo come unoperazione
puramente tecnica e, quindi, di affidarsi allesperienza
di eccellenti ingegneri (che tuttavia conoscono poco
dellantichit classica), espone la corte borbonica alle aspre critiche della cultura internazionale che non mancher di manifestare una severa disapprovazione. Alcubierre, infatti, procede un po a caso in gallerie di tipo
minerario, interrando gli ambienti gi esplorati con la
terra estratta da quelli in fase di scavo (metodo del cava
e metti), senza elaborare una mappa delle zone esplorate e cagionando gravi danni alle antichit. Si consideri, per esempio, linaudita pratica di passare da una
stanza allaltra sfondando la parete, senza curarsi delle
decorazioni che verosimilmente potrebbero trovarsi sul

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Alle pagine
precedenti:
Jakob Philipp
Hackert, La porta
di Ercolano sulla via
dei sepolcri a Pompei,
1794, Lipsia,
Museum der
Bildenden Kunste.
d Abraham-LouisRodolphe Ducros,
Il tempio della fortuna
a Marechiaro,
fine del XVIII secolo,
Losanna, Muse
Cantonal
des Beaux-Arts.
f Pietro Fabris,
Il ritrovamento
del tempio di Iside
a Pompei, 1776-1779,
collezione privata.

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lato opposto, tanto che nel 1740 le autorit decidono di intervenire prescrivendo di seguire le pareti lungo il perimetro, per poi entrare nelle case attraverso porte o finestre.
Principale censore di questi metodi lo stesso Winckelmann che, nella nota Lettera al conte di Brl (1762), ironizza sulla competenza di Alcubierre dichiarando che egli abbia tanto rapporto con larcheologia quanto la luna
con i gamberi. In questo impietoso resoconto riferisce di iscrizioni smontate e gettate alla rinfusa nelle ceste senza nemmeno averle trascritte, di
statue lucidate e private in tal modo della bella patina antica, e ancora
dello sciagurato episodio della quadriga bronzea che ornava il teatro di Ercolano che Giuseppe Canart, spaventato dallincredibile numero di frammenti, decide di fondere in gran parte, utilizzando soltanto i resti pi consistenti dei quattro cavalli originari per assemblare ununica, seppur improbabile, statua equestre!
Ma lepopea ercolanese anche la storia del progressivo costituirsi di una
tecnica e di un metodo di lavoro che non pu attingere a nessuna analoga esperienza precedente e che lentamente inizia a configurarsi, anche per la saggezza della corte borbonica, la quale, pur manifestando pi o meno ufficialmente il proprio disappunto, fa tesoro di ogni suggerimento allogeno, e non
impedisce neanche allo sprezzante Winckelmann di accedere nuovamente al
Museo Ercolanese.
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Dallerudizione antiquaria alla scienza archeologica


Un radicale mutamento nella conduzione dei lavori si registra a partire dal
1750, quando nominato direttore degli scavi Karl Jacob Weber. Nei tre lustri
successivi il coscienzioso e metodico architetto svizzero simpegner a migliorare il livello scientifico dellattivit archeologica dando corso ad alcune importanti iniziative, la prima delle quali lelaborazione di una mappa relativa
alla fitta rete di cunicoli e gallerie sotterranee realizzate nel corso delle precedenti campagne di ricerca, per evitare di ritornare sui luoghi gi esplorati, con
grave dispendio di energie e col pericolo di compromettere la stabilit degli edifici soprastanti. Lantica Ercolano, infatti, giaceva sepolta sotto circa 27 metri
di materiale vulcanico accumulatosi nel corso di successive eruzioni dello
sterminator Vesevo (circa 20 metri nel 79 d.C. e 7 nel 1631), e risultava quasi imprigionata da una coriacea colata indurita di fango e lava, sopra la quale erano stati successivamente edificati i moderni centri di Resina e Portici.
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c Jakob Philipp
Hackert, Veduta degli
scavi di Pompei, 1799,
Attingham Park,
Inghilterra,
collezione Berwick.

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Pertanto, se il dissotterramento integrale della citt sostanzialmente impedito dai numerosi fabbricati che si
dovrebbero abbattere, lo scavo dei cunicoli sotterranei
risulta estremamente difficoltoso e pericoloso. Soltanto
il teatro, per un caso fortunato, si trova sotto lorto di
un convento, la qual cosa induce Weber a presentare un
progetto molto dettagliato per il suo completo disseppellimento, corredato anche da un piano finanziario, che
purtroppo non sar mai messo in pratica.
Larchitetto svizzero continuer a sperimentare nuove
metodologie, dando inizio alla pratica di lasciare in situ
i reperti quando possibile, e svilupper le pratiche documentative elaborando accuratissimi rilievi, come per
esempio la pianta della grande villa suburbana dei Papiri, considerata estremamente precisa anche dopo i recentissimi scavi. Sua sar anche la proposta di proseguire la pubblicazione delle Antichit di Ercolano con volumi monografici che, superando la formalistica suddivisione in categorie (pitture, bronzi e altri oggetti), illustrino contestualmente tutti i rinvenimenti provenienti
dai singoli edifici.
Ma la vera rivoluzione di Weber consiste nella generale
riforma della tecnica degli scavi mediante il disseppellimento sistematico degli edifici, che presuppone di considerare lintero tessuto urbano come documento attraverso il quale riuscire a interpretare sia le trasformazioni dellarte e dellarchitettura, sia gli usi e i costumi di
unintera collettivit. Quando infatti, il 16 agosto 1763,
unepigrafe d la certezza che la collina di Civita (sgombra dalledilizia moderna e costituita da un modesto
strato di ceneri facili da rimuovere) ricopre la citt di
Pompei, il ministro Tanucci, cedendo alle sue richieste,
ordina che le rovine non siano pi reinterrate. Lattivit
dellarchitetto svizzero, in definitiva, denota il passaggio
dallinteresse per loggetto in s a quello per il suo valore documentario, per cui losservazione meramente estetica delle anticaglie si emancipa verso unanalisi
protoscientifica del reperto (nella sua accezione pi ampia) inteso come documento di conoscenza, oggetto di
studio e di ricerca.

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La Regale Accademia Ercolanese


Il potente strumento di propaganda politica che il destino ha consegnato nelle mani della giovane monarchia borbonica, ovvero quella miniera di testimonianze dellantichit che giace nelle viscere del suolo vesuviano, costituisce un patrimonio da custodire con grande cura e utilizzare cum grano salis
per acquistare spazio e credibilit presso le diplomazie europee.
Per questo motivo a Napoli si esercita un controllo assai severo sul patrimonio archeologico nazionale, e mentre a Roma i papi combattono una battaglia perduta contro il continuo saccheggio da parte di collezionisti locali e
commercianti privi di scrupoli, i risultati degli scavi ercolanesi sono tenacemente salvaguardati, tanto che ai privilegiati visitatori del museo di Portici
non concesso nemmeno di copiare i preziosissimi reperti esposti, in quanto la loro pubblicazione resta un privilegio reale. Le cronache dellepoca ri-

e Le antichit
di Ercolano esposte,
frontespizio,
1757-1792, Napoli,
Regia Stamperia.
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Berardo Galiani

Antichit di Ercolano, ma contempla un


ruolo di primo piano in relazione agli
scavi stessi e al recupero dei singoli
reperti, consentendogli di coltivare i
personali studi archeologici. Il suo
interesse si concentra, in particolare, sulla
reale morfologia del teatro romano che,
stante leffettiva reticenza e oscurit della
fonte vitruviana, causa di accese dispute
filologiche, come quella sorta intorno alla
copertura del palco del teatro Olimpico
palladiano, per la quale gli sar richiesto
un autorevole Parere (1764).
Le nomine a membro dellAccademia di
San Luca (1755) e di quella della Crusca
(1759) danno contezza dei suoi meriti
rispettivamente artistici e letterari, e tutta
la sua opera teorica si distingue per una
meticolosa analisi perfettamente in
sintonia con listanza razionale predicata
dallIlluminismo, ma rimane in larga
parte inedita; tra i manoscritti pi
interessanti meritano menzione un intero
trattato di architettura e una
dissertazione metafisica intitolata Del
Bello (1765), gi apprezzata da Benedetto
Croce, che ne costituisce il prodromo
metodologico.

Berardo Galiani,
Il tempio di Atena a
Paestum, da Vitruvio,
De architectura, 1758.

Profili

Il nome di Berardo Galiani (1724-1774)


ricordato quasi esclusivamente per la sua
edizione del De architectura (Napoli 1758 e
numerose ristampe), una delle pi
apprezzate di ogni epoca in quanto
caratterizzata da una scrupolosa traduzione
con testo originale a fronte e, soprattutto,
da un ricco commento che compendia
tutta la precedente ricerca filologica sul
testo vitruviano, sviluppandola
ulteriormente con fondatissime intuizioni
e traducendola, con dovizia di particolari,
in 25 magnifiche tavole autografe.
Solo recenti studi hanno rivalutato la
figura di Galiani in relazione al dibattito
artistico-culturale partenopeo del pieno
Settecento, mettendone in luce il ruolo
svolto nellambito delle grandi scoperte
archeologiche contemporanee. Egli, in
quanto membro dellAccademia
Ercolanese dal 1758, gode del raro
privilegio di frequentare liberamente gli
inaccessibili scavi borbonici, tanto che
sar proprio lui ad accompagnare
Winckelmann negli oscuri cunicoli del
sepolto teatro di Ercolano. La sua intensa
attivit accademica non si limita alla
consulenza sulla pubblicazione delle

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feriscono della sorte toccata ad alcuni ladruncoli di Resina che avevano sottratto oggetti di poca importanza:
fustigazione e carcere per i tre uomini e tre anni di esilio per le due donne.
Mentre il governo borbonico stronca con brutale inflessibilit ogni iniziativa volta a raccogliere e diffondere prima della corte le notizie sui ritrovamenti (dei quali si
hanno notizie frammentarie, inesatte se non addirittura
inventate), gli eruditi di tutta Europa sono letteralmente
atterriti dalla pubblicazione dei Prodromi delle antichit di
Ercolano (1752), cinque immani calepini (ne erano previsti sette!) in cui Ottavio Antonio Bayardi, stante il grave
ritardo con cui procede lincisione delle illustrazioni, si
dilunga in eruditissime quanto pedanti discettazioni di
nessuna rilevanza scientifica, incentrate sulle imprese di
Ercole, eponimo e mitico fondatore della citt da poco
riscoperta, dando origine a quello che Fausto Zevi ha felicemente definito come uno spettacolare trofeo della rudition inutile. La vicenda far scandalo, lautore sar
indotto a lasciare la citt e Tanucci, gi presidente a vita
dellAccademia Etrusca di Cortona fondata da Marcello
Venuti, promuove listituzione della Regale Accademia Ercolanese, da lui stesso presieduta fino al 1771, avente il
compito di soprintendere agli scavi e di studiare quanto
viene alla luce, pubblicando i risultati delle ricerche e le
incisioni dei reperti.
Nel corso degli incontri bisettimanali vengono lette
pubblicamente le descrizioni di ogni singola tavola e ognuno dei 15 membri ordinari pu aggiungere proprie
osservazioni; il testo passa poi al segretario che, nel rispetto di ciascun parere, stila una sintesi complessiva.
Ben presto, per, la macchinosa formula collegiale sar
abbandonata e il segretario Pasquale Carcani proseguir
il lavoro da solo curando la stesura dei testi dal III al VII
tomo e iniziando lVIII, poi completato da Giovanni
Battista Basso-Bassi. Nel 1758, infatti, Basso-Bassi e Berardo Galiani subentrano a due membri deceduti e sar
proprio questultimo a replicare alle aspre critiche di
Winckelmann innescando una vivace polemica letteraria, che si conclude con uninattesa riconciliazione.
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f R. Pozzi, N.Vanni
e F. La Vega, Medea,
da Le antichit di
Ercolano esposte, 17571792, Napoli, Regia
Stamperia.

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e Le antichit
di Ercolano esposte,
prima pagina della
prefazione,
1757-1792, Napoli,
Regia Stamperia.

Le antichit di Ercolano esposte


Nel 1757 lAccademia Ercolanese d alle stampe il primo tomo dellopera
archeologica pi importante del XVIII secolo: Le antichit di Ercolano esposte,
le cui incisioni hanno notevolmente contribuito a plasmare il gusto neoclassico della cultura europea. Per questa sontuosa pubblicazione Carlo di Borbone (a cui sono dedicati tutti i tomi, bench sia diventato re di Spagna nel
1759 con il nome di Carlo III) fonda a Portici una scuola dincisori tra le pi
importanti dEuropa, costituita da oltre 50 disegnatori e incisori, che saranno incaricati di realizzare 619 grandi tavole in rame stampate a piena pagina
(alcune doppie), 836 vignette tra testate e finalini, nonch 540 capolettera ideati addirittura da Luigi Vanvitelli. Anche la Regia Stamperia trae beneficio
da questa grandiosa impresa editoriale, arrivando a competere con le pi importanti realt coeve, quali quelle di Parma e Torino, anche per lintroduzio178

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ne della stampa a pi colori eseguita con un solo rame e una sola pressione
del torchio (grazie a uninvenzione di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero), mentre la fonderia diretta da Francisco Antares proporr una vasta
gamma di caratteri, torchi e carte di ottima qualit commissionate persino in
Olanda e a Venezia.
In 35 anni vengono pubblicati solo 8 dei 40 tomi previsti, 5 dei quali sono
dedicati integralmente alle pitture parietali, ma in nessun caso emerge un diretto riferimento ai singoli edifici da cui sono tratte e tantomeno al contesto
urbanistico, come Weber avrebbe voluto. Si aggiunga che i volumi non saranno mai messi in commercio, bens donati personalmente dai membri della
casa reale o da altissimi dignitari, bench la divulgazione sia garantita da un
gran numero di edizioni economiche in varie lingue sia in formato ridotto.
Nel suo complesso, quindi, lopera appare il corrispettivo dellattivit di saccheggio sistematico di oggetti finalizzata ad assicurare il prestigio dinastico
piuttosto che una seria documentazione scientifica.
Lansia illuministica di conoscenza favorisce la pubblicazione, anche a fini
speculativi, delle dispendiose tavole in folio che avranno un importante influsso su tutto il Neoclassicismo europeo. Lambasciatore inglese a Napoli
Sir William Hamilton, per esempio, pubblica in due lussuose edizioni le
proprie raccolte di oggetti antichi (poi diventate in parte il nucleo originario del British Museum), ma saranno le incisioni delle Antichit, in particolare, a diventare uno stimolante repertorio figurativo per gli artisti del tempo. I reperti delle citt vesuviane influenzano notevolmente le decorazioni
interne e le arti applicate, come testimoniato da una lettera a Tanucci in cui
labate Ferdinando Galiani si vanta che: Tutti gli orefici, i pittori di carrozze e di sovrapporte, tappezzieri, ornamentisti, hanno bisogno di questo libro [] Non si fanno pi bronzi, intagli, pitture, che non si copino dallErcolano!. Lo stesso Ferdinando IV regala al padre Carlo un servizio da tavola prodotto dalla Real Fabbrica di Capodimonte in un intero anno di lavoro,
costituito da 81 finissime porcellane decorate con scene tratte dalle Antichit complete di didascalie; limmagine scelta per i pezzi da dessert mostra
Carlo III che, passeggiando nello scenario delle rovine, incita il figlio a proseguire gli scavi.
Il dorico pestano e la disputa tra greci e romani
In architettura, invece, le scoperte archeologiche stimolano una riflessione
pi profonda sullintera storia dellarchitettura, che ha il principale ispiratore in Winckelmann il quale, impressionato dalla sconvolgente visione dei
templi di Paestum, si convince che larchitettura greca sia da anteporre dal
punto di vista cronologico e qualitativo a quella romana.
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Alla voce Paestum lEncyclopdie menziona solo i mitici roseti, dei quali Virgilio aveva decantato la fragranza e la doppia fioritura annuale (biferi rosaria
Paesti, Georgiche), mentre la conoscenza della Grecia in gran parte letteraria
o fondata su unerudizione antiquaria priva di riferimenti scientifici.
Winckelmann pubblica la prima descrizione dei templi (priva di illustrazioni) e li utilizza come esempi per unoriginale classificazione dellarchitettura
antica, quasi del tutto svincolata dai trattati vitruviani, inaugurando cos la
lunga disputa sulla supremazia tra greci e romani. In particolare lo stile dorico ad attirare lattenzione degli studiosi, che lo considerano il vero e proprio stile greco, cosicch alla met del XVIII secolo ha inizio un vero e proprio pellegrinaggio a Paestum, per ammirare gli splendidi templi il cui travertino dal caldo colore dorato lascia intravedere sterpi, canne e soprattutto
gli steli del carice, che nel processo di sedimentazione calcarea erano rimasti
imprigionati al suo interno rendendolo tanto poroso da assomigliare al sughero, come osserver una sensibile viaggiatrice dellOttocento.
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c Giovan Battista
Piranesi, Il tempio
di Atena a Paestum,
da Diffrentes Vues De
Quelques Restes De Trois
Grands Edifices qui
subsistent encore dans le
milieu de lancienne
Ville de Pesto autrement
Posidonia qui est situe
dans la Lucanie, 1778.

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Dal 1764 al 1799 saranno otto le pubblicazioni dedicate


esclusivamente ai templi di Paestum, tra le quali si distinguono le 21 incisioni piranesiane in cui la presenza di
pastori, popolani e placide bufale sembra voler ribadire
laspirazione a unesattezza documentaria gi testimoniata dalle lunghe didascalie. Assai curiosa, invece, la riproduzione del tempio di Atena (prima illustrazione assoluta
di un tempio pestano) che Berardo Galiani pubblica nella
propria edizione del De architectura (1758). Alla fine del
commento al IV libro, infatti, una rappresentazione palesemente realistica delledificio allinea sulla facciata 7 colonne invece che 6; in realt non si tratta di un errore
grossolano, bens della inedita contaminazione tra il
tempio stesso e quello di Hera I (comunemente noto come la Basilica) che, unico tra quelli noti, presenta sul
lato breve un numero dispari di colonne, come lo stesso
esegeta vitruviano aveva puntualmente evidenziato nel
testo, contandone correttamente 9.
Se le intuizioni di Winckelmann sullo sviluppo storico
dellarchitettura segnano il passaggio dallantiquaria allarcheologia, allo stesso tempo anche latteggiamento
politico inizia a cambiare, cosicch quando Carlo di Borbone rinuncia al suo primo regno per ereditare il trono
di Spagna, lascia a Napoli tutti i tesori archeologici dei
quali aveva promosso il ritrovamento, compreso lanello
pompeiano che portava al dito, dimostrando di riconoscere lesistenza di un patrimonio nazionale, ben distinto dai possedimenti privati del governante.

f Johann Friedrich
Volckart,Tavola per
Die Ruinen von Paestum
oder Posidonia,
1781, Roma,
casa di Goethe.

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