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Corso di Fisica Matematica per Ingegneria Aerospaziale

Prof. G. Fiore

Parte 1: vettori liberi ed applicati

Spazi vettoriali

1.1

Definizione e prime propriet


a

R campo dei numeri reali. Sia dato un insieme E con


1. legge di composiz. interna + (somma) (x, y) E E x + y E
2. legge di composiz. esterna (prodotto per uno scalare) (a, y) R E a y E
x+y =y+x
x + (y + z) = (x + y) + z
0 E :
x+0=x
x + (x) = 0
x E (x) E :
a (b x) = (ab) x
a (x + y) = a x + a y
(a + b) x = a x + b x
x E
1x=x

commutativita di + in E
(1.1)
associativita di + in E
(1.2)
esiste el. neutro rispetto a +
(1.3)
esiste opposto
(1.4)
associativita di *
(1.5)
distributivita di * risp. a + in E (1.6)
distributivita di * risp. a + in R (1.7)
esiste el. neutro rispetto a
(1.8)

Definizione 1 Una struttura (E, +, , R) soddisfacente le proprieta precedenti si dice spazio


vettoriale sul campo dei numeri reali R, i suoi elementi vettori.
Nel seguito ax invece di a x, x + y + z invece di x + (y + z) = (x + y) + z, ed E invece di
(E, +, , R). Esercizio: Dimostra le segg. proprieta:
unicita di el. n.
m0 = 0
0x = 0

x+y =x+z
unicita di opposto
(1)x = x
m 6= 0, mx = my

x 6= 0, mx = px

1.2

y=z

x=y
m=p

(0 = 0 + 00 = 00 )
(usa (1.6))
(usa (1.7))
(somma (x)
(da prec. e x + (x)0 = 0 = x + (x))
(usa (1.7))
(moltiplica per m1 )
(usa (1.7))

Esempi

1. Spazio vettori del piano aventi la stessa origine O (Fig. 1 sinistra).


2. Spazio vettori del piano liberi
3. Idem in spazio 3-dim
4. Spazio delle n-ple di numeri reali (x1 , ..., xn ) Rn
5. Spazio delle matrici n m di numeri reali (servira per spazio dei tensori doppi).
6. Spazio dei polinomi in una variabile t di grado n
7. Spazio dei polinomi in una variabile t

Figure 1:
Esempio 1.: da prop. geometria euclidea. Def. di +: con regola parallelogramma (Fig.
1 destra) (1.1) ok, o con regola della poligonale (Fig. 2 in alto, pi
u comoda per sommare
pi
u vettori). (1.2), (1.3), (1.4).

Figure 2:
Def. di : a x ha la stessa direzione di x, lunghezza |a| volte, stesso verso se a > 0,
opposto se a < 0
|ab| = |a| |b| lunghezza ok, direzione ok, verso ok
(1.5) ok
(1.6) ok, come guardare tutto con una lente di ingrandimento/rimpicciolimento e dopo
una rotazione di 180 se a < 0.
(1.7) ok, es (1 + 1)x = 2x,
(1.8) ok

Esempio 2: come in 1., ma lorigine e variabile, e sono considerati equivalenti vettori che
trasportati parallelamente fino a far coincidere le origini coincidono
Esempio 3: simile a 1., 2
Esempi 4, 5: mostra somma e prodotto
Esempio 6: {pn (t) = x0 + x1 t + x2 t2 + ...xn tn }; mostra somma e prodotto
Esempio 7: {p(t) = x0 + x1 t + x2 t2 + ...xn tn + ...}

1.3

Sistemi di vettori linear. (in)dipendenti. Dimensione e basi

Sia S = {x1 , ..., xm } E.


Definizione 2 S si dice linearmente dipendente se coefficienti a1 , ..., am in R non tutti
nulli tali che a1 x1 + ... + am xm = 0; linearmente indipendente altrimenti
Definizione 3 E ha dimensione n se S indipendente di n elementi e S 0 di n + 1 elementi
e dipendente.
Indicheremo spesso allora lo spazio con En .
Definizione 4 Una base di En e un sistema {e1 , ..., en } En indipendente.
Teorema 1 {e1 , ..., en } e una base di En se e solo se x En !(x1 , ..., xn ) Rn tali che
x = x1 e1 + ... + xn en

(1.9)

Nota: En Rn (cioe isomorfo)! Significa: x En x (x1 , ..., xn ) Rn `e una corrispondenza biunivoca, con

z =x+y
z = ay

z =x+y
z = ay

Ma la corrispondenza biunivoca dipende dalla scelta della base. Esercizi. Per gli esempi 1.,
2., 3., 4. indicare: un sistema linearmente dipendente; un sistema linearmente indipendente;
una base; come si fa la decomposizione (1.9) per gli esempi 1., 2.,

Spazi vettoriali euclidei

Consideriamo lo spazio vettoriale E2 dei vettori (liberi o con origine prefissata) del piano.
Dati due vettori x, y E2 indichiamo con kxk, kyk le loro rispettive lunghezze (o moduli),
langolo che formano (v. Fig. 3 sinistra).
Si dice loro prodotto scalare il numero reale
x y = kxk kyk cos = kxk y 0 ,

y 0 proiezione ortogonale di y su x

(2.10)

facile verificare che gode delle seguenti proprieta:


(si legge x scalare y). E
xy =yx

commutativita (simmetria)

x (y + z) = x y + x z
distributivita di rispetto a + in E
(a x) y = a (x y) = x (a y)
x x = 0 x = 0,
x 6= 0 x x > 0
positivita

(2.11)

(linearita) (2.12)

[v. fig. ??entro per la (2.12)1 ], e percio diremo che E2 e euclideo. Pi


u in generale,

(2.13)

Figure 3:
Definizione 5 Uno spazio vettoriale E si dice euclideo se esiste unapplicazione
(x, y) E E x y R,
che diremo prodotto scalare, tale che le proprieta (2.11-2.13) siano soddisfatte.
Anche lo spazio dei vettori (liberi o con origine prefissata) dello spazio tridimensionale e
euclideo: basta che definiamo il prodotto scalare di due vettori come sopra. la verifica si riduce
al caso prec., basta considerare il piano contenente x, y.

kxk :=

2.1

x x e detta lunghezza, modulo o norma di x. Lo indicheremo anche con x.

Componenti controvarianti e covarianti. Basi ortonormali

Dato un versore e, e x = x0 si dice la componente di x nella direzione di e, (x e)e = x0 e


si dice il componente di x nella direzione di e. Nella decomposizione (1.9) le xi si dicono
componenti controvarianti di x nella base {e1 , ..., en }. Se lo spazio `e euclideo chiameremo
componenti covarianti di x nella stessa base le componenti di x nella direzione dei versori ei ,
cioe gli n prodotti scalari
n
X
xi := x ei =
xj ej ei
(2.14)
j=1

Negli esempi 1., 2., 3. il loro significato geometrico e quello di proiezioni rispettivamente
parallelamente e perpendicolarmente agli assi(v. Fig. 3 destra)
Il prodotto scalare `e completamente determinato dalle componenti controvarianti e covarianti, o dalle prime e dai prodotti scalari tra i vettori della base:
xy =

n
X
i=1

x yi =

n
X
i=1

xi y =

n
X

xi y j (ei ej ).

i,j=1

Definizione 6 Una base {e1 , ..., en } di uno spazio euclideo si dice ortonormale se

0 se i 6= j
ei ej = Iij :=
.
1 se i = j

(2.15)

Con I abbiamo denotato la matrice identita, con Iij il suo elemento alla i-esima riga e j-esima
colonna (questultimo si indica spesso anche con il simbolo ij ). Si pu`o sempre costruire una
base ortonormale (es. col metodo di ortonormalizzazione di Schmidt).

Proposizione 1 In una base ortonormale xi = xi x E. Conseguentemente,


x=

n
X

(x ei )ei ,

(2.16)

i=1

xy =

n
X

xi y i .

(2.17)

i=1

Solo in questo caso quindi mettere un indice su o gi


u non fa differenza. Noi lavoreremo quasi
esclusivamente con basi ortonormali.

Calcolo vettoriale in E3

Una base (e1 , e2 , e3 ) di E3 (terna) si dice levogira se una vite k e3 si sposta nel semispazio
verso cui punta e3 se ruota nel senso che va da e1 a e2 , destrogira se si sposta nel semispazio
opposto.
Nota: data (e1 , e2 , e3 ) levogira, (ei , ej , ek ) `e levogira se (ijk) e una permutazione ciclica di
(123), destrogira altrimenti.
Ricordiamo la def. del prodotto scalare: u v = kuk kvk cos . Definiamo ora il prodotto
vettoriale: u v e un vettore determinato (v. Fig. 4 sinistra) da:
1. direzione u, v;
2. modulo ku vk = kuk kvk sin (area del parallelogramma);
3. verso tale che (u, v, u v) e levogira.
Proprieta:
u v = 0 se u k v

2.

3.
u v = v u
(u) v = u v

2., 3.
(u + v) w = u w + v w
senza dim.

(3.18)
(3.19)
(3.20)
(3.21)

Il prodotto misto (u v) w da il volume del parallelepipedo di spigoli u, v, w (Fig 4


1) invariante ciclico, cio`e sotto
destra). Infatti in modulo Ok; il + se la terna e levogira. E:
permutazione ciclica dei tre fattori; 2) nullo se e solo se u, v, w sono complanari.
Per il doppio prodotto vettoriale vale la
(u v) w = (u w)v (v w)u;

(3.22)

quindi non e associativo:


(u v) w 6= u (v w)
Non dimostriamo la (3.21). Essa ci permette di dimostrare facilmente le proprieta che la
seguono, dopo aver introdotto una base ortonormale levogira (e1 , e2 , e3 ). Allora e facile
verificare che
ei ei = 0,

e1 e2 = e3 ,

e2 e3 = e1 ,

e3 e1 = e2

(3.23)

Figure 4:
e (oltre a u v =

3
P

ui v i )

i=1

e1 e2 e3
u v = det u1 u2 u3
v1 v2 v3

u1 u2 u3
(u v) w = det v 1 v 2 v 3
w1 w2 w3

(3.24)

La (3.22) si pu`o dimostrare con un calcolo esplicito nelle componenti.

Notazione di Grassman per i vettori congiungenti


due punti

Tra i vari tipi di vettori liberi ci sono quelli geometrici che congiungono due punti dello
~ noi li indicheremo con il simbolo B A
spazio fisico E3 , p. es. A e B. Anziche con AB
(vettore posizione di B rispetto ad A). Il motivo e che le proprieta geometriche fondamentali
(v. Fig. 5) di questi vettori hanno cos una formulazione banale:

Figure 5:
1. B A = (A B)
2. B A = (B C) + (C A)
3. O En , u En !P En tale che P O = u

Proprieta derivate: 2. e 1.A=B implicano


AA=0
AB =C D

+(BC)

AC =BD

Si possono quindi sommare e sottrarre i punti. Purche il numero di punti preceduti dal
segno + e il numero di punti preceduti dal segno siano uguali ad ogni membro. Infine,
talvolta si usa anche la notazione B = A + u, che significa per definizione B A = u
La nozione dipunto di un piano o dello spazio fisico 3-dim e forse pi
u intuitiva di quella
di vettore, ma meno semplice da formalizzare. Percio abbiamo prima formalizzato la seconda. Cio permette ora di formalizzare anche la prima, utilizzando le proprieta precedenti.
Definizione 7 Un insieme En si dice uno spazio puntuale affine n-dimensionale associato
ad En se unapplicazione (A, B) En En (B A) En (A origine B estremo) tale
che valgano le proprieta 1., 2., 3.
Dato O En , {ei } base (ortonormale) di En , (O, ei ) siPdice un sistema di riferimento
(ortonormale) in En . P En , i numeri xiP tali che P O = 3i=1 xiP ei si dicono le coordinate
P (xiP ), P (xiP ).
di P in (O, ei ). Percio P
Nota che B A = 3i=1 (xiB xiA )ei .
En si dice euclideo se En e euclideo. Si chiama distanza tra A e B il modulo del vettore
B A:
s
X
p
(xiB xiA )2
kB Ak = (B A) (B A) =
i

(lultima uguaglianza vale solo in base ortonormale).

Vettori applicati nello spazio fisico E3

Se fissiamo in un punto P E3 lorigine di v otteniamo un vettore applicato (P, v) al punto


P.
M Q := (P Q) v
e il suo momento (polare) rispetto al polo Q (v. Fig. 6 sinistra). Ovviamente M Q piano
contenente P, Q, v, e kM Q k = hv, ove h distanza di Q dalla retta di applicazione di (P, v).

Figure 6:
Proposizione 2 M Q non varia se sposto P o Q parallelamente a v.
Consideriamo una retta r orientata di versore e e lo scalare
Mr := M Q e

Qr

Proposizione-Definizione 1 Mr non dipende dal particolare Q r, e viene detto perci


o
momento assiale di (P, v) rispetto a r.
Dim: Q, Q0 r implica (Q Q0 ) k e. Quindi M Q e M Q0 e = [(P Q) v] e [(P Q0 ) v] e =
[(P Q P + Q0 ) v] e = [(Q0 Q) v] e = [e (Q0 Q)] v = 0.

5.1

Sistemi (finiti) di vettori applicati

Consideriamo un sistema (cioe un insieme) di un certo numero n di vettori applicati:


:= {(P1 , v 1 ), (P2 , v 2 ), ..., (Pn , v n )}.
Definizione 8 Chiameremo risultante di e momento risultante di rispetto al polo Q
rispettivamente i due vettori
R :=

n
X
i=1

vi

M Q :=

n
X

(Pi Q) v i

(5.25)

i=1

Teorema 2 (di Varignon). Se le rette di applicazione di tutti i vettori applicati si incontrano


in uno stesso punto P (v. Fig. 6 destra), allora il momento risultante e uguale al momento
della risultante applicata a P :
M Q = (P Q) R.
(5.26)

Teorema 3 (legge di variazione del momento risultante al variare del polo)


M P = M Q + (Q P ) R.
Dim: M P M Q =

n
P

(Pi P Pi + Q) v i = (Q P )

i=1

n
P

(5.27)

v i = (Q P ) R.

i=1

Corollario 1 Se R = 0 allora il momento risultante e indipendente dal polo, M P = M Q , e


percio si indica semplicemente con M .
Come esempio particolarmente importante di sistemi con R = 0 abbiamo le coppie,
:= {(P1 , v), (P2 , v)}. In questo caso
M = (P1 P2 ) v.

(5.28)

Quindi M (P1 P2 ), v, cio`e M piano contenente la coppia. Indichiamo con h il braccio


della coppia , cioe la distanza delle rette di applicazione dei due vettori applicati (v. Fig.
7 sinistra). Evidentemente,
kM k = vh.
Quali (e quante?) sono le coppie = {(P1 , v), (P2 , v)} con assegnato momento M ? Sono
le seguenti 6 , v. Fig. 7 destra: per (5.28) (P1 P2 ), v devono giacere in un piano M .
P1 e arbitrario: 3 scelte. P2 si puo prendere arbitrariamente nel piano M passante
per P1 (purche P1 6= P2 ): 2 scelte. Deve essere v k , e il componente v (P1 P2 ) e
determinato dalla (5.28), mentre quello v k k (P1 P2 ) e arbitrario: 1 scelte di v.

Figure 7:
Dati due sistemi , 0 di vettori applicati (puo essere n 6= n0 ), indichiamo con R, R0 le
loro risultanti, con M Q , M 0 Q i loro momenti risultanti rispetto al polo Q. Dalla (5.27) segue
che se R = R0 e M Q = M 0 Q per il particolare polo Q, allora si ha anche M P = M 0 P per ogni
altro polo P .
Definizione 9 Diremo che , 0 sono equivalenti, e scriveremo 0 , se
R = R0 ,

M Q = M 0Q.

(5.29)

In particolare diremo che `e equivalente a zero, 0, se `e equivalente allinsieme (di


vettori applicati) vuoto, o in altri termini, se
R = 0,

M Q = 0.

(5.30)

Figure 8:
Apprezzeremo pi
u avanti limportanza di queste nozioni: nelle equazioni cardinali della dinamica, che in particolare determinano il moto di un solido (v. fig. 8 sinistra), compare solo
la risultante R ed il momento risultante M Q delle forze esterne agenti su esso, quindi pi
u
sistemi di forze equivalenti nel senso (5.29) ne determinano lo stesso moto, in particolare ne
determinano la quiete se vale (5.30); la (5.30) e condizione necessaria per lequilibrio di un
sistema S di uno o picorpi e sufficiente per lequilibrio di un solido. Esempio di applicazione:
il Principio della leva di Archimede, h2 = h1 F1 /F2 . Infatti con riferimento alla Fig. 8 destra,
MO = 0

h1 F1 = h2 F2 ,

R=0

F = F 1 F 2 .

Proposizione 3 Dato , se sposto il punto di applicazione Pi di un qualsiasi vettore applicato (Pi , v i ) parallelamente a v i ottengo un sistema equivalente.
La tesi del teor. di Varignon si puo anche enunciare cos: (P, R).
Inoltre, e facile verificare che se = I II (unione disgiunta) allora R = RI +RII e
a di additivita).
M Q = M IQ +M II
Q (propriet
Proposizione 4 Una coppia di braccio nullo e equivalente a zero. Quindi, dato , se ci
aggiungo una coppia di braccio nullo ottengo un sistema equivalente. Se invece (A, R),
aggiungendo a un vettore (A0 , R), con A0 un punto delle rettak R e passante per A,
ottengo un sistema equivalente a zero.
Proposizione 5 Per ogni e ogni punto P , detti R, M P i corrispondenti risultante e momento risultante, e {(P1 , v), (P2 , v)} una delle 6 coppie con momento pari a M P , risulta
{(P, R), (P1 , v), (P2 , v)}.
Scegliendo P1 = P e ponendo u := R + v troviamo il
Corollario 2 {(P, u), (P2 , v)}. Cioe ogni sistema e equivalente a due vettori applicati,
di cui uno ad un punto P arbitrario.

Figure 9:

5.2

Campi vettoriali

Una funzione f che ad ogni punto P dello spazio fisico fisico E3 associa un numero reale f (P )
si dice un campo scalare. Un esempio di campo scalare e la pressione [la pressione f (P ) in
P si misura ponendo un barometro nel punto P ]. Poiche, fissato un sistema di riferimento,
il generico punto P `e individuato dalla terna delle sue coordinate (x, y, z), f si puo vedere
anche come una funzione f (x, y, z) di queste tre variabili. Una funzione v che ad ogni punto
P dello spazio associa un vettore v(P ) si dice un campo vettoriale. Un esempio di campo
vettoriale e la densita di forza peso in un corpo esteso.
Un sistema di n vettori applicati si puo vedere come un campo vettoriale discreto, cioe
che associa solo agli n punti P = Pi dei vettori v(Pi ) = v i 6= 0, mentre v(P ) = 0 se P 6= Pi .
Invece in generale in un campo vettoriale continuo v(P ) 6= 0 per infiniti punti P .
La risultante e il momento risultante di un campo vettoriale v(P ) continuo si introducono
sostituendo alle sommatorie degli integrali sul supporto V di v(P ) (v. Fig. 9):
Z
Z
R :=
dV v(P )
M Q :=
dV (P Q) v(P )
(5.31)
V

Queste definizioni si possono vedere come limite delle (5.25). Si divide il supporto di v(P )
[la regione V in cui v(P ) 6= 0] in tanti volumetti di volume dV ; detto n il loro numero, li
enumeriamo con i = 1, 2, ..., n, indichiamo con Pi i loro centri, poniamo v i v(Pi )dV . Nel
limite in cui dV 0, n e le somme (5.25) diventano gli integrali (5.31). I teoremi
dellanalisi assicurano lesistenza di questo limite e la sua indipendenza dalla particolare
partizione di V , sotto opportune ipotesi di regolarita di v(P ).
I risultati e le definizioni precedenti e seguenti continuano a valere, perche si ottengono
da quelli relativi al caso di sistemi finiti facendo questo limite di entrambi i membri.
Cos` sar`a anche per gli altri risultati. Percio ci limiteremo a dimostrarli per finiti.

5.3

Invariante scalare. Asse centrale

Tutto quanto `e trattato in questo paragrafo `e basato unicamente sulla (5.27).

Moltiplicando scalarmente per R entrambi i membri e osservando che R[(QP )R] = 0


(perche prodotto scalare tra vettori ortogonali), ricaviamo
R M P = R M Q,
cio`e lo scalare
T := R M P

(5.32)

`e indipendente dal polo P e percio viene detto invariante scalare del campo vettoriale .
Se R 6= 0 linvarianza di T equivale a dire che nella decomposizione di M P in un componente L k R ed uno M
e indipendente da P :
P R (v. Fig. 10 sinistra) L `
MP = L + M
P.

(5.33)

Infatti, T = M P R = L R = LR L = T /R, che `e indipendente da P ; quindi anche


L = Lvers(R) = RT2 R `e indipendente da P .

Figure 10:
Consideriamo ora linsieme di punti dello spazio


T
A := A E3 | M A = L = 2 R .
R

(5.34)

Proposizione 6 A `e una retta k R detta asse centrale (v. Fig. 10 destra). A A risulta
M A = L = RT2 R. Per ogni punto P risulta
M P = L + (A P ) R,

A A.

(5.35)

A `e anche il luogo dei punti A E3 in cui M A k R oppure M A = 0, ed il luogo dei punti


A E3 in cui M A `e minimo.
Dim: scegliamo una terna ortonormale (O, x, y, z) con ~z k R. Allora M A k R o M A = 0 equivale a
MAx = 0 = MAy . Indicando con (xA , yA , zA ) e (xQ , yQ , zQ ) le coordinate di A, Q rispettivamente, la (5.27)
diventa lequazione vettoriale




i
j
k



L = M A = M Q + (Q A) R = M Q + det (xQ xA ) (yQ yA ) (zQ zA )



0
0
Rz

nellincognita A; la componente z e identicamente soddisfatta, mentre, siccome MAx = 0 = MAy , le componenti


x, y diventano il sistema di 2 equazioni
x
0 = MAx = MQ
(yQ yA )Rz

y
0 = MAy = MQ
+ (xQ xA )Rz

nelle incognite xA , yA . La sua soluzione


xA = xQ

y
MQ

Rz

yA = yQ +

x
MQ
Rz

individua una retta A k ~z k R, come annunciato. Infine, prendendo Q A A la (5.27) diventa (5.35). I
due termini a secondo membro sono ortogonali, e il secondo si annulla se e solo se P A, quindi A `e anche
il luogo dei punti A E3 in cui M A k R oppure M A = 0, ed il luogo dei punti A E3 in cui M A `e minimo. 

La formula (5.35) si puo considerare valida anche nel caso R = 0 (caso in cui il momento
e indipendente dal polo) ponendo L = M P : sebbene A non esista, e quindi la scelta di A sia
indeterminata, essa e ininfluente, perche il secondo termine a secondo membro risulta nullo,
esattamente come nella (5.27). Anche in questo caso risulta T = LR. Da ci`o segue

L=0

{(A, R)},
(5.36)
T =0

coppia di momento L.
oppure R = 0
Per dimostrare le implicazioni basta usare la proposizione 5 scegliendo P = A nel primo
caso. Si verifica T = 0 in particolare per i segg. tre casi: 1. soddisfa le ipotesi del teorema
di Varignon; 2. e un sistema di vettori piano (sez. 5.4); 3. e un sistema di vettori
paralleli (sez. 5.5).

5.4

Sistemi piani di vettori applicati


:= {(P1 , v 1 ), (P2 , v 2 ), ..., (Pn , v n )}

si dice piano se esiste un piano tale che Pi e v i k per tutti gli i = 1, 2, ..., n.
In questo caso evidentemente R k , mentre per Q si ha (Pi Q) k , da cui
(Pi Q) v i e M Q . Quindi anche in questo caso T = 0, e vale limplicazione (5.36).
Se R 6= 0 lasse centrale sara quindi caratterizzato dalla condizione M A = 0, la cui unica
componente non identicamente soddisfatta, cio`e quella (che sceglieremo come z) perpendicolare al piano, individuera nel piano xy A come la retta di equazione
0 = MAz = MOz + yA Rx xA Ry ,

(5.37)

ove O `e lorigine degli assi.


Dato un sistema piano di due vettori applicati := {(P1 , v 1 ), (P2 , v 2 )} con risultante
nonnulla R, `e semplice determinare graficamente un vettore applicato (A, v) equivalente e
lasse centrale. Chiaramente v = R e A sara la retta k R passante per A. Se v 1 , v 2 sono
paralleli, bastera prendere A = C determinato come alla sottosezione 5.5; se v 1 , v 2 non sono
paralleli, bastera prendere A come intersezione delle rette di applicazione di (P1 , v 1 ), (P2 , v 2 ),
come mostrato in Fig. 11, per il teorema di Varignon.
Dato un sistema piano di n > 2 vettori applicati con risultante R nonnulla, reiterando il
metodo precedente si determina graficamente un vettore applicato (A, v) equivalente e lasse
centrale (di nuovo v = R e A sara la retta k R passante per A). Esiste anche un metodo
grafico alternativo molto potente, quello del cosiddetto poligono funicolare, che permette
di ricavare in un sol colpo i risultati precedenti per un sistema piano di n vettori applicati,
qualsiasi sia n; noi pero non avremo il tempo di trattarlo.

Figure 11:

5.5

Centro di un campo di vettori paralleli

Un tale campo vettoriale si puo sempre scrivere nella forma


:= {(P1 , 1 v), (P2 , 2 v), ..., (Pn , n v)},
con v un vettore che fissa la direzione del campo vettoriale e opportuni i R. Risulta
evidentemente
n
n
X
X
i v v,
ove :=
i .
(5.38)
R=
i=1

i=1

Inoltre T = 0 (perche M Q v per ogni Q). Quindi se R = 0, allora coppia di momento


L.
Se invece R 6= 0 (cio`e 6= 0), allora L = 0, e per ogni polo Q
" n
#
n
X
1X
MQ =
(Pi Q) i v =
(Pi Q)i R.

i=1
i=1

(5.39)

Proposizione-Definizione 2 Il punto C definito da


n

1X
i (Pi Q)
C Q :=
i=1

(5.40)

`e indipendente dalla scelta di Q, e viene detto centro del campo di vettori paralleli
Lutilita di questa definizione e che (5.39) assume una forma analoga al teorema di
Varignon:
M Q = (C Q) R.
(5.41)
Inoltre {(C, R)}.
Siccome M C = 0, allora C A. A `e quindi la retta k R k v passante per C.
Il campo dei vettori peso di un sistema S di punti materiali e lesempio pi
u importante di
campo di vettori paralleli con R 6= 0: come v possiamo prendere laccelerazione di gravita g,
come i la massa mi del punto materiale di posizione Pi . In questo caso C si dice baricentro
di S, e lo indicheremo con G:
G Q :=

n
X
mi
i=1

(Pi Q),

m :=

n
X
i=1

mi

(5.42)

questa forma ci dice che il vettore posizione di G (rispetto ad Q) e la media pesata dei vettori
posizione dei punti Pi del sistema, con pesi1 mi /m. Analogamente, se Q e lorigine di una
terna di riferimento le tre le coordinate
di G sono le medie dei vettori posizione dei punti Pi
P
pesati con i pesi mi /m: xG = i xi mi /m, etc.
Per un campo vettoriale continuo (P )v di supporto V la definizione (5.40) di centro
diventa
Z
Z
(P )
(5.43)
C Q := dV
(P Q),
:= dV (P ).

V
V
In particolare per un sistema materiale continuo S occupante una regione V con densita
(P ) la definizione (5.42) di baricentro di S diventa
Z
Z
(P )
G Q := dV
(5.44)
(P Q),
m := dV (P ).
m
V
V
Tutte le proprieta che dimostreremo varranno anche in questi casi.
1. Indipendenza da v: Si noti che v non compare nelle definizioni di C e quindi
C rimane invariato se ruoto v, cio`e lo sostituisco con un altro vettore v 0 [quindi posso
determinare C anche come intersezione C = A(v) A(v 0 )]. Nellesempio precedente cio
corrisponde al fatto che la posizione del baricentro di un solido non dipende da come S e
orientato rispetto alla verticale (la direzione di g).
2. Appartenenza a retta/piano Dalla (5.40) segue immediatamente anche che se il
sistema
e contenuto in una retta r o un piano , allora C r o C . Infatti, scegliendo
n
Q

r
trovo


i

Pi

retta r
piano

(Pi Q), (C Q) k

nr

nr

(5.45)

3. Invarianza per riscalamento dei vettori: la sostituzione i 7 i non cambia


C (perche lascia i rapporti i / invariati). Nellesempio dei vettori peso cio implica che
il baricentro di una sistema materiale continuo omogeneo S, e cio`e di densita di massa
costante, e indipendente dal valore di questultima e dipende solo dalla geometria di S (ad
es il baricentro di una sfera/cubo di legno e lo stesso di una di ferro).
Determiniamo il centro di un sistema di due vettori paralleli. Prendendo Q C trovo

2
kC P1 k 2
C P1 = (C P2 ),

=
.
(5.46)
1
kC P2 k 1
Di qui e evidente che (v. Fig. 12):
1. C retta passante per P1 , P2 , allinterno/esterno del segmento P1 P2 a seconda che
1 , 2 siano concordi/discordi, e pi
u vicino al punto Pi con |i | maggiore;
2. pi
u precisamente, nel punto C ad una distanza da P1 data dalla (5.46)2 , o da (5.47)2 .
Prendendo Q P1 trovo invece
2
C P1 = (P2 P1 ),


2
kC P1 k = kP2 P1 k.

Un insieme di pesi e un insieme di numeri wi nonnegativi la cui somma e 1.

(5.47)

Figure 12:
Vale anche la relazione con P1 , P2 scambiati.
Graficamente C si puo determinare in entrambi i casi come intersezione delle due rette
passanti rispettivamente per i punti di applicazione e gli estremi dei due vettori applicati (P1 , 2 v), (P2 , 1 v), come si vede sfruttando la proporzionalita delle lunghezze di lati
omologhi in triangoli simili (v. Fig. 13).
Applicando n1 volte il procedimento grafico precedente posso determinare graficamente
il centro di un sistema di n vettori.

Figure 13:

5.6

Esercizi

1. Determinare graficamente e/o analiticamente risultante, momento risultante rispetto


allorigine, invariante scalare, asse centrale del sistema piano
:= {(P1 , v 1 ), (P2 , v 2 ), (P3 , v 3 )},
ove P1 O(0, 0, 0), P2 (2, 0, 0), P3 (1, 1, 0) e v 1 (1, 2, 0), v 2 (0, 1, 0), v 3
(2, 0, 0) in unopportuna terna di riferimento (O, i, j, k) prefissata. Esiste un sistema
equivalente costituito da un unico vettore applicato?

2. Determinare graficamente e/o analiticamente risultante, momento risultante rispetto


allorigine, invariante scalare, centro, asse centrale del sistema piano
:= {(P1 , v 1 ), (P2 , v 2 )},
ove P1 (1, 0, 0), P2 (3, 1, 0), e v 1 (0, 2, 0), v 2 (0, 1, 0) in unopportuna terna di
riferimento (O, i, j, k) prefissata. Aggiungere un ulteriore vettore applicato in modo da
avere un sistema equivalente a zero.
3. Determinare graficamente e/o analiticamente risultante, momento risultante rispetto
allorigine, invariante scalare, del sistema piano
:= {(P1 , v 1 ), (P2 , v 2 ), (P3 , v 3 )},
ove P1 O(0, 0, 0), P2 (1, 0, 0), P3 (1, 1, 0) e v 1 (2, 1, 0), v 2 (0, 1, 0), v 3
(2, 0, 0) in unopportuna terna di riferimento (O, i, j, k) prefissata. Esistono il centro e
lasse centrale? Trovare una coppia equivalente a .
4. Dimostrare che il sistema piano
:= {(P1 , v 1 ), (P2 , v 2 ), (P3 , v 3 )},
ove P1 (2, 0, 0), P2 (1, 1, 0), P3 (1, 1, 0) e v 1 (2, 0, 0), v 2 (1, 1, 0), v 3 (1, 1, 0)
in unopportuna terna di riferimento (O, i, j, k) prefissata, e equivalente a zero.
5. Determinare analiticamente risultante, momento risultante rispetto allorigine, invariante scalare, asse centrale A del sistema (non piano)
:= {(P1 , v 1 ), (P2 , v 2 ), (P3 , v 3 ), (P4 , v 4 )},
ove P1 (0, 0, 0), P2 (2, 0, 0), P3 (1, 1, 0), P4 (0, 1, 2) e v 1 (2, 1, 0), v 2 (0, 1, 0),
v 3 (2, 0, 0), v 4 (0, 1, 0) in unopportuna terna di riferimento (O, i, j, k) prefissata.
Trovare una coppia {(Q1 , u), (Q2 , u)} tale che
{(A, R), (Q1 , u), (Q2 , u)}.

Figure 14:

5.7

Ulteriori propriet
a del baricentro

Evidentemente il baricentro di 2 particelle si trova sempre sul segmento che le congiunge; in


particolare nel punto medio se hanno la stessa massa.
Dividiamo il sistema S di n particelle in due parti S 0 , S 00 ed enumeriamo le particelle di
n
P
S 0 con i = 1, ..., m < n, quelle di S 00 con i = m+1, ..., n (v. fig. 14). Detta m00 =
mi la
i=m+1

massa di S 00 , da (5.42) ricaviamo


m=

m
X

mi + m00 ,

GQ=

i=1

m
X
mi
i=1

00

(Pi Q) +

m
m

"

#
n
X
mi
(Pi Q)
m00
i=m+1

Ma lespressione in parentesi quadra non e altro che il vettore posizione G00Q del baricentro
di S 00 . Giungiamo quindi alla
4. Propriet
a distributiva: Il baricentro di S non cambia se concentro una parte
S 00 nel suo baricentro G00 (o pi
u parti nei loro baricentri), cioe se sostituisco S 00 con una
particella di massa m00 in G00 :
GQ =

m
X
mi
i=1

(Pi Q) +

m00 00
(G Q)
m

m0 0
m00 00
=
(G Q) +
(G Q);
m
m

(5.48)
(5.49)

lultima espressione si ottiene applicando la proprieta anche ad S 0 , e riduce la determinazione


di G a quella del baricentro di 2 particelle.
Non necessariamente G coincidera con un punto di S, anche se questo e continuo (ad
esempio, il baricentro G di un anello e al centro, che non appartiene allanello. Tuttavia,
essendo G Q la media pesata dei vettori posizione Pi Q, ci aspettiamo che G si trovi

Figure 15:

Figure 16:
grosso modo in mezzo ai punti del sistema S (non lontano da essi). Questa attesa si puo
precisare con la proprieta seguente. Ricordiamo prima che una regione C si dice convessa se,
qualsiasi siano P, P 0 C, il segmento P P 0 e incluso in C, v. figura 15.
5. Propriet
a di convessit
a: Il baricentro di S si trova in ogni regione convessa V (in
particolare, la piu piccola V 0 ) che contiene tutti i punti di S, v. figura 16 sinistra.
La dimostrazione e iterativa; per la proprieta distributiva posso: 1. concentrare P1 , P2 nel loro baricentro
G1 P1 P2 V ; concentrare G1 , P3 - o equivalentemente P1 , P2 , P3 - nel loro baricentro G2 G1 P3 V ; e
cos via, fino a G Gn1 V .

Dato un sistema materiale S contenuto in un piano e due rette r, s non parallele, si


dice che s e retta diametrale coniugata alla direzione di r per S se le particelle di S si possono
dividere in coppie (Pi , Pi0 ) tali che mi = m0i , Pi Pi0 e k r e dimezzato da s; se in particolare
r s, allora s si dice asse di simmetria di S. Esempi: parallelogramma e triangolo omogenei
(v. fig. 16 destra).
6. Propriet
a di appartenenza a retta diametrale: se cio accade allora G s.
Dim.: per la propriet
a 4. G non cambia se sostituisco ogni coppia (Pi , Pi0 ) con una particella di massa
2mi posta nel suo baricentro Gi s, cioe S con un sistema di particelle poste su s. Ma allora per la propriet
a
2. G s.

Analogamente, dati un sistema materiale S, un piano ed una retta r non parallela a


, si dice che e piano diametrale coniugato alla direzione di r per S se le particelle di

Figure 17:
S si possono dividere in coppie (Pi , Pi0 ) tali che mi = m0i , Pi Pi0 e k r e dimezzato da ; se
in particolare r , allora si dice piano di simmetria di S. Esempi: parallellepipedo
omogeneo (v. fig. 17 sinistra). Come prima si dimostra la
7. Propriet
a di appartenenza a piano diametrale: se cio accade allora G .
Usando le proprieta 4,6,7 posso trovare graficamente G di corpi che sono lunione o la
differenza di parti di cui conosciamo i baricentri grazie a proprieta di simmetria. Esempi:
sistemi piani omogenei a forma di L,T,I, un cerchio scavato in un altro, etc (v. fig. 17
destra).

Corso di Fisica Matematica per Ingegneria Aerospaziale


Prof. G. Fiore

Parte 2: Cinematica dei moti rigidi e vincolati

Moti rigidi

Definizione 1 Un sistema materiale S si dice rigido se la distanza tra due sue qualsiasi
particelle e vincolata a rimanere inalterata qualunque sia il moto:
kP (t) Q(t)k = kP Q k

t.

(1.1)

Qui P , Q denotano le posizioni delle due particelle ad un istante di riferimento t prefissato,


P (t), Q(t) le loro posizioni allistante t o attuali. Indicheremo con B , Bt le regioni occupate
da S agli istanti t , t (v. Fig. 1 sinistra). Denoteremo un corpo rigido anche come un solido.
Definizione 2 Un sistema materiale si muove rigidamente se verifica la (1.1).
(anche una mozzarella si puo muovere rigidamente, cioe come se fosse rigida).
Nota: date tre particelle qualsiasi di posizioni attuali P, Q, R di un sistema materiale in
moto rigido, anche gli angoli del triangolo P QR rimangono inalterati!! Quindi (v. Fig. 1
destra)
Proposizione 1 S si muove rigidamente terna T 0 = (0 , e01 , e02 , e03 ) (che diremo solidale) in cui e in quiete.
Dim: : ovvio. : scelgo 4 punti che individuino lorigine 0 e gli estremi dei vettori e0i a t = t . .

Diremo invece fissa la terna T = (, ei ) in cui siamo interessati a descrivere il moto.


Diremo E3 lo spazio puntuale fisso, cio`e linsieme dei punti (geometrici) fermi rispetto a T ,
e E30 lo spazio puntuale solidale a T 0 , cio`e linsieme dei punti (geometrici) fermi rispetto a
T 0 . Chiaramente i vettori e0i , visti da E3 , dipendono dal tempo t: e0i = e0i (t).

Figure 1:
Abbiamo usato tre lettere per distinguere tre diverse particelle di S, ma se S consta di
infinite particelle (come accade se queste occupano una regione continua tri-, bi-, o monodimensionale) ne lalfabeto ne linsieme dei numeri naturali basta ad enumerarle. Per individuarle possiamo invece utilizzare le loro posizioni iniziali P B come variabili indipendenti
(descrizione lagrangiana). Conoscere il moto del solido equivale a conoscere P B e t
la posizione (P , t) allistante t della particella che a t aveva posizione P . Nella nuova
notazione P (t), Q(t), R(t) saranno indicate risp. come (P , t), (Q , t), (R , t). Per ogni
t fissato la corrispondenza
P (P , t)
2

`e evidentemente biunivoca, e cio`e invertibile. Possiamo percio individuare le particelle di


S anche tramite le loro posizioni attuali P Bt , cio`e scegliere le P come variabili indipendenti (descrizione euleriana). La particella passante per (e percio individuata da) P pero
cambia al passare di t. Indicheremo con xiP , xiP le coordinate di P, P in T , e le chiameremo rispettivamente coordinate euleriane e lagrangiane. Entrambe possono essere utilizzate
come etichette per individuare le infinite particelle di S: le coordinate lagrangiane le individuano in modo indipendente da t, quelle euleriane in modo dipendente da t. Conoscere il
moto (P , t) del corpo equivale a conoscere ad ogni istante t questa corrispondenza biunivoca tra la terna delle coordinate lagrangiane e la terna delle coordinate euleriane associate
a ciascuna particella.
Le nozioni di descrizione e di coordinate lagrangiane/euleriane sono utilizzate per descrivere moti anche non rigidi. Notiamo che (solo per moti rigidi!) le coordinate lagrangiane
u in
xiP si possono anche interpretare come le coordinate x0P i delle particelle del corpo (e pi
generale dei punti dello spazio solidale) a t qualsiasi in un particolare riferimento solidale
T 0 : quello che a t era sovrapposto a quello fisso T . Infatti luguaglianza
x0P i = xiP
vale a t perche a questo istante P coincide con P e T 0 coincide con T ; ma vale anche a
qualunque altro istante t perche entrambi i membri sono indipendenti da t.
Mostriamo che in un moto rigido la corrispondenza P (P , t) dipende dal tempo
solo attraverso 6 variabili, o in altri termini che la collocazione di un solido nello spazio, o
equivalentemente di una sua terna solidale T 0 = (0 , e01 , e02 , e03 ), dipende da sole 6 coordinate:
cio`e un solido ha 6 gradi di liberta. Ad ogni istante la posizione di 0 rispetto a T e
univocamente individuata dalla terna delle sue coordinate (x10 , x20 , x30 ). Date queste ultime,
la posizione dellestremo di uno dei tre versori applicati ad 0 , per es. il punto P3 estremo
di (0 , e03 ), dovra trovarsi su una superficie sferica di centro 0 e di raggio 1, e quindi sara
individuata da due angoli , (per es. longitudine e latitudine). Dati anche questi ultimi,
risulteranno determinate le posizioni di tutti i punti dellasse 0 P3 , e bastera langolo
tra un piano fisso e un piano solidale passanti per 0 P3 per specificare completamente la
posizione della terna solidale. Gli angoli , , , scelti in modo opportuno, sono i cosiddetti
angoli di Eulero. Riassumendo, P e funzione di P e delle 6 variabili x10 , x20 , x30 , , , .
Esplicitamente,
3
X

ej xP = P = [P ]+[ ] =

j=1

3
X

3
X
0 0i
ei x P+ ej xj0
i=1
j=1

3
X

3
X
0i
0
(ei ej )ej x P+ ej xj0 ,
i,j=1
j=1

(1.2)

Nellultimo passaggio abbiamo utilizzato la decomposizione di e0i nella base ortonormale


(ej ); i coseni direttori Aij := e0i ej dipendono esclusivamente da , , . Da questa relazione
vediamo che P = (P , t) dipende da t solo attraverso x10 , x20 , x30 , , , . In termini delle
coordinate, omettendo i pedici P, P , la relazione precedente si scrive
xj =

3
X

Aji (t)x0i + xj0 ,

Aji (t) := ej e0i (t).

(1.3)

i=1

Teorema 1 (Formule di Poisson) t ! vettore (t), detto velocita angolare, indipendente


dalla particolare terna solidale (0 , e0i ) scelta e tale che
d 0
e (t) = (t) e0i (t)
dt i
3

i = 1, 2, 3.

(1.4)

Esso `e dato da

1X 0
e e 0j .
:=
2 j=1 j

(1.5)

Dim:
1. Esistenza. Innanzitutto derivando rispetto a t la relazione di ortonormalita e0j e0i =

0 se j =
6 i
si
1 se j = i

trova per ogni i, j = 1, 2, 3


e 0j e0i = e0j e 0i .

(1.6)

Inoltre ricordiamo che dallortonormalita segue anche, qualunque sia il vettore x,


x=

3
X

e0j (e0j x)

(1.7)

j=1

in particolare per x = e 0i . Infine ricordiamo la seguente proprieta del doppio prodotto vettoriale:
(a b) c = b(a c) a(b c),

(1.8)

che useremo ponendo a = e0j , b = e 0j , c = e0i . Allora


(1.7)

e 0i =

3
X

(1.6)

e0j (e0j e 0i ) =

j=1

3
X

(1.8)

e0j (e0j e0i ) =

3
X

[(e0j e 0j ) e0i e 0j (e0j e0i )] =


e0j e 0j e0i e 0i

j=1

j=1

j=1

3
X

(nellultima uguaglianza abbiamo di nuovo usata la relazione di ortonormalita), da cui


2e0i =

3
X


(1.5)
e0j e 0j e0i = 2 e0i

(1.4).

j=1

2. Unicit
a. Detto un vettore con analoghe proprieta, sara
a membro troviamo
[(t) (t)] e0i (t) = 0

((t) (t)), dovendo essere quindi parallelo a

e01 , e02 , e03 ,

d 0
dt ei (t)

= (t) e0i (t). Sottraendo membro

i = 1, 2, 3;
sara quindi nullo.

3. Indipendenza dalla terna solidale. Sia (00 , e00j (t)), unaltra terna ortonormale solidale; allora i 9
coefficienti Oij := e0j e00i sono indipendenti da t (essi formano una matrice O ortogonale, per la
3
P
precisione) e tali che e00i (t) =
e0j (t)Oij . Derivando rispetto a t troviamo
j=1

X
d 00
d X 0
ei =
ej (t)Oij =
e 0j (t) Oij
dt
dt j=1
j=1

(1.4)

3
X

e0j (t) Oij =

j=1

3
X

e0j (t) Oij = e00i .

j=1

Propriet
a delle velocit
a dei moti rigidi
Siano P (t), Q(t) le posizioni nello spazio fisso E3 allistante t di due particelle del solido S,
o pi
u in generale due punti dello spazio E30 solidale a S. Le derivate rispetto a t v P = P ,
v Q = Q saranno le loro velocita rispetto a E3 .
Proposizione 2 (Formula fondamentale dei moti rigidi)


v P (t) = v Q (t) + (t) P (t) Q(t)
4

(1.9)

Dim. Nel riferimento solidale P (t) Q(t) =

3
P

(x0P i x0Q i )e0i (t). Derivando rispetto a t e ricordando che

i=1

le coordinate lagrangiane x0P i , x0Q i sono indipendenti da t si trova


vP vQ =

3
X

(x0P i x0Q i )e0i =

i=1

3
X



(x0P i x0Q i ) e0i = P Q .

i=1

Corollario 1 (v P v Q ) (P Q), .
(La prima ortogonalita si puo dimostrare anche derivando kP (t) Q(t)k2 = const).
Parentesi: cenni di cinematica relativa. Sia P (t) la posizione in E3 allistante t di un punto
P3
materiale P, xiP (t) le sue coordinate rispetto a T . Derivando la definizione P (t) = i=1 xiP (t)ei rispetto
P3
a t troviamo che la sua velocit
a rispetto a E3 `e data da v P (t) = i=1 x iP ei . Daltro canto,
P (t) = [P (t) 0 (t)] + [0 (t) ] =

3
X

x0iP (t)e0i (t) + [0 (t) ],

i=1

ove x0iP (t) sono le coordinate di P rispetto a T 0 . Se P `e solidale a T 0 le x0iP sono indipendenti da t e la
formula si riduce alla (1.2). Derivando rispetto a t troviamo
vP =
aP =

3
P
i=1
3
P
i=1

ei x iP =
ei x
iP

3
P
i=1
3
P
i=1

x 0iP (t)e0i (t)+

3
P

x0iP (t)e0i (t)+v 0

i=1
3
P

x
0iP (t)e0i (t)+2

i=1

x 0iP (t)e0i (t)+

3
P
i=1

x0iP (t)e0i (t)+a0

cioe, usando le (1.4), la legge di trasformazione delle velocita e delle accelerazioni:


v P = v 0P + v ,

ove

v 0P

3
X

x 0P i e0i ,

v v 0 +

i=1

aP = a0P + a + ac ,

a0P

3
X

x
0P i e0i ,

3
X

x0iP e 0i = v 0 + (P 0 ) (1.10)

i=1

a a0 +

i=1

3
X
i=1

x0P i e0i ,

ac 2

3
X

x 0P i e 0i = 2v 0P . (1.11)

i=1

v P , aP sono la velocit
a e laccelerazione di P assolute, cio`e rispetto a E3 ; v 0P , a0P sono la velocita e laccelerazione
di P relative, cio`e rispetto a E30 . Per determinare il significato di v , a , che prendono il nome di velocit
a
ed accelerazione di trascinamento, osserviamo che, se applichiamo queste formule al punto P di E30 per cui
si trova a passare P allistante t, risulta v 0P = a0P = ac = 0, mentre x0P i (t) = xiP e quindi risulta v = v P ,
a = aP , cioe la velocit
a e laccelerazione di trascinamento sono la velocita e laccelerazione rispetto a E3
0

del punto P di E3 per cui si trova a passare P allistante t. Riassumendo: la velocita assoluta `e pari alla
somma della velocit
a relativa e della velocita di trascinamento; laccelerazione assoluta `e pari alla somma
delle accelerazioni relativa, di trascinamento e di Coriolis ac .

La (1.9) lega le velocita rispetto allo spazio fisso E3 di due qualsiasi punti dello spazio E30
solidale al corpo S. Gli infiniti punti di questo spazio sono individuati (in modo indipendente
dal tempo) dalle coordinate lagrangiane, cioe da P . In altri termini v P (t) e la funzione
,t)
v P (t) = v(P , t) (P
. Come gia notato, possiamo individuare gli infiniti punti di E30
t
(in modo dipendente dal tempo) anche tramite le coordinate euleriane, cioe le loro posizioni
P E3 allistante t.
Indichiamo con u(P, t) la velocita euleriana, cio`e la velocita allistante t del punto dello
spazio solidale che si trova a passare per il punto P dello spazio fisso allistante t, cioe la

velocita del punto dello spazio solidale vista come funzione della sua posizione attuale (cio`e
allistante t stesso). La (1.9) si riscrive cos nella forma euleriana
u(P, t) = u(Q, t) + (t) (P Q).

(1.12)

Prefissato un punto Q, essa da la u(P, t) per un qualsiasi altro punto P in funzione di


u(Q, t), (t), e della posizione di P stesso rispetto a Q. Il campo vettoriale u : P u(P, t)
v P (t) si dice atto di moto rigido allistante t.1 Quindi latto di moto rigido e parametrizzato
da 6 scalari [le 3 componenti di u(Q, t) e le 3 componenti di ], coerentemente con il fatto
che un corpo rigido libero nello spazio ha 6 gradi di liberta.
A seguito delle sostituzioni R, u M la (1.12) diventa la legge di trasformazione
del momento di un sistema di vettori applicati al variare del polo
M P = M Q + R (P Q).
Tutto quanto avevamo dimostrato per i sistemi di vettori utilizzando solamente questa formula risultera vero anche in questo nuovo ambito, fatte le dovute sostituzioni. Innanzitutto,
moltiplicando membro a membro la (1.12) per troviamo
Corollario 2 u(P, t) (t) = u(Q, t) (t), cioe il prodotto Ic := u(P, t) (t) non dipende
da P . Percio viene detto invariante cinematico.
In altri termini, nella decomposizione di u(P, t) in un componente P k ed uno u (P, t)
il primo `e indipendente da P , e lo indicheremo semplicemente con :
u(P, t) = + u (P, t).
(diamo una forma pi
u esplicita a u (P, t) nella proposizione pi
u sotto).
Supponiamo 6= 0 e consideriamo linsieme di punti dello spazio (dipendente da t)
| u(A, t) = }

At := {A E3

(1.13)

Proposizione 3 At `e una retta k (t) detta asse di Mozzi. A At risulta u(A, t) = =


Ic
. Per ogni punto P
2
u(P, t) = (t) + (t) (P A)

A At .

(1.14)

At `e anche il luogo dei punti P E3 in cui u(A, t) k (t) oppure u(A, t) = 0, ed il luogo dei
punti P E3 in cui u(P, t) `e minimo.
Si noti che la formula (1.14) si puo considerare valida anche nel caso = 0 ponendo
= u(P, t): sebbene At non esista, e quindi la scelta di A sia completamente indeterminata,
essa e ininfluente, perche il secondo termine a secondo membro risulta nullo, esattamente
come nella (1.12). Nei prossimi paragrafi ne illustremo il significato geometrico.
Da (1.14) segue anche Ic = . Quindi Ic = 0 implica che o = 0 oppure = 0.
1

Sostanzialmente si pu
o anche vedere come linsieme delle velocita dei punti dello spazio solidale al corpo,
individuati dalle loro posizioni attuali (cio`e allistante t stesso) rispetto allo spazio fisso.

1.1

Moti rigidi particolari

Moto e atto di moto traslatorio.


In un moto traslatorio lorientamento dei vettori e0i non varia con t. Quindi ad ogni t
d 0
e (t) = 0
dt i

(t) = 0,

(1.15)

P E3 ;

(1.16)

e tutti i punti hanno la stessa velocita,


u(P, t) = (t)

tuttavia puo dipendere da t. Si noti che le traiettorie dei singoli punti del solido non sono
tenute ad essere rettilinee; potrebbero essere addirittura delle circonferenze, come per certe
navicelle da luna-park vincolate tramite un doppio pendolo (v. Fig. 1.1).

Figure 2:

Definizione 3 Latto di moto allistante t si dice traslatorio se a questistante (t) = 0, e


quindi a questo istante vale anche la (1.16).
Moto di rotazione attorno ad un asse fisso r. Atto di moto rotatorio.
I punti di r hanno velocita zero, e quindi = 0. In generale 6= 0, e lasse di Mozzi coincide
con quello di rotazione, At = r.
Esempio: una porta che ruota attorno allasse dei cardini, v. Fig. 3 sinistra. Fissiamo
T , T 0 in modo che 0 r, e3 e03 k r. La trasformazione tra le due basi e allora data
da
e01 = cos (t) e1 + sin (t) e2
e 01 = (
sin e1 + cos e2 )
e02 = sin (t) e1 + cos (t) e2
e 02 = (
cos e1 sin e2 )

0
0
e3 = e3
e 3 = 0;
applicando la formula (1.5) troviamo dopo un facile calcolo
= e03 = e3 ;
7

(1.17)

Figure 3:
cioe k r, asse di rotazione. u(P, t) `e tangente alla traiettoria, cioe alla circonferenza At
passante per P e con centro su At (v. fig. 3 a sinistra).
Definizione 4 Latto di moto allistante t si dice rotatorio se a questistante (t) = 0. In
questo caso
u(P, t) = (t) (P A),

A At .

(1.18)

Lasse di Mozzi At si dice in questo caso asse (istantaneo) di rotazione. Esso puo variare
nel tempo, come accade per es. nei moti di rotazione attorno ad un punto fisso o nei moti
di puro rotolamento (v. paragrafi successivi). u(P, t) `e tangente sia alla traiettoria, sia alla
circonferenza At passante per P e con centro su At , che non necessariamente coincidono.
Moto di rotazione attorno ad un punto fisso O
Se un punto O del solido (o dello spazio solidale ad esso) e vincolato ad rimanere fisso, per
esempio tramite una cerniera sferica di centro O (v. Fig. 3 destra), allora ad ogni t latto di
moto sara rotatorio con asse istantaneo di rotazione At passante per O. Infatti, u(O, t) = 0
implica che il minimo della velocita `e = 0, quindi latto di moto `e rotatorio, e O At .
Tuttavia, la direzione di At potra variare con t.
Moto di puro rotolamento di un cilindro su un piano
Questo e anche un esempio di moto piano (v. pi
u avanti). Puro rotolamento significa che i
punti del cilindro istantaneamente a contatto con il piano non strisciano su di esso, e quindi
hanno istantaneamente velocita zero. (v. Fig. 4 sinistra). Percio questi punti di contatto
(e non quelli sullasse del cilindro!) formano lasse di Mozzi At (che e caratterizzato anche
come luogo dei punti con velocita minima). u(P, t) `e tangente sia alla traiettoria, che `e una

curva denominata cicloide, sia alla circonferenza At passante per P e con centro su At .
Tuttavia anche in questo caso At varia evidentemente nel tempo.
Se come solido S prendiamo non tutto il cilindro, ma una sua parte (v. Fig. 4 sinistra),
lo spazio solidale e il suo moto non cambiano, e quindi non cambia nemmeno At . In questa
variante si vede che At e la regione occupata da S allistante t non necessariamente hanno
punti in comune.

Figure 4:

Moto elicodidale. Atto di moto elicoidale.


Consideriamo il moto di un bullone che si avvita in un buco cilindrico filettato di asse r (v.
fig. 5). Ragionando come nel caso del moto attorno ad un asse fisso, vediamo che k r.
I punti dellasse del bullone sono sovrapposti con r e si muovono di una traslazione k r,
u in
quindi At = r, e la loro velocita `e k r. Per tutti gli altri punti P del bullone, o pi
generale dello spazio solidale ad esso, il moto `e composizione di un moto di traslazione k r
con velocita e di un moto di rotazione attorno a r con velocita angolare e quindi con
velocita di rotazione (t) (P A), secondo la formula (1.14). Le velocita risultanti u(P, t)
sono tangenti a delle eliche, di cui una `e la filettatura stessa. Un tale moto `e un esempio
di moto elicoidale, un moto in cui At non varia nel tempo ed esiste una costante tale che
(t) = (t). In un moto elicoidale le eliche sono anche effettivamente le traiettorie dei punti
dello spazio solidale.
Poich`e la (1.14), che riscriviamo,
u(P, t) = (t) + (t) (P A)

A At

vale per ogni atto di moto rigido, per qualsiasi moto rigido `e ancora vero che ad ogni istante
il campo delle velocita `e somma di una velocita di traslazione (t) k At e di una velocita
di rotazione (t) (P A) attorno ad At stesso, cio`e che `e lo stesso di quello di un opportuno moto elicoidale attorno ad un opportuno asse (conseguentemente i vettori velocita
u(P, t) allistante t sono tangenti a delle eliche). Tali risultati si riassumono nella seguente
formulazione:
Teorema 2 (di Mozzi) Ogni atto di moto rigido `e elicoidale.
9

Figure 5:
Tuttavia At , (t), (t) dipendono dal tempo, e le traiettorie dei punti non sono in generale
delle eliche.
Una classe particolarmente importante di moti rigidi `e quella dei cosiddetti
Moti rigidi piani
Un moto rigido si dice piano se esiste un piano 0 solidale che si muove rimanendo sovrapposto
` chiaro che qualunque altro piano solidale parallelo a 0 si muovera
ad un piano fisso. E
rimanendo parallelo ed equidistante da al passar del tempo.
Dato un punto P dello spazio solidale, indichiamo con il piano solidale k passante
per P , con P0 0 la sua proiezione su 0 , e con P (t), P 0 (t) le loro posizioni in nello spazio
fisso allistante t. Risulta
P (t) P 0 (t) = b (vettore costante),

d
(P (t) P 0 (t)) = v P v P 0 = 0.
dt

Il moto di un qualunque punto P solidale si riconduce quindi al moto di un punto di 0 ,


la sua proiezione P0 . Dal confronto con la (1.9) (presa con Q = P 0 ) segue
0 = (P P 0 ) = b

k b .

Daltro canto, poiche P 0 (t) si muove rimanendo su , risulta v P 0 k , e quindi


Ic (t) u(P 0 , t) (t) = 0.
Come gia visto, siccome e anche Ic = , deve essere o (t) = 0 o (t) = 0, cio`e
Proposizione 4 In un moto rigido piano ad ogni t latto di moto o e traslatorio o `e rotatorio.
Supponiamo che latto di moto sia rotatorio. Ct := At si chiama centro istantaneo
di rotazione; chiaramente u(Ct , t) = 0, per cui applicando la (1.14) con Q = Ct e P
troviamo
u(P, t) = (P Ct ).
(1.19)
Questa formula ci dice che u(P, t), (P Ct ) sono tra di loro perpendicolari. Di qui il
10

Figure 6:

Figure 7:
Teorema 3 (di Chasles). La normale alla velocita (e quindi alla traiettoria) di un qualsiasi
punto del piano solidale, condotta per il punto stesso, passa anche per il centro istantaneo di
rotazione.
(v. Fig. 7 sinistra). Lenunciato del teorema vale banalmente anche nel caso di atto di moto
traslatorio, se definiamo in questo caso Ct come un punto improprio, pi
u precisamente la
direzione del piano perpendicolare a (v. Fig. 7 destra). In effetti un atto di moto piano
traslatorio si puo vedere anche come limite di un atto di moto rotatorio in cui facciamo
tendere Ct secondo una direzione costante (e 0, in modo da mantenere finita le
velocita dei punti P ).
Il teorema e utilissimo per trovare Ct : applicandolo a due punti diversi si determina Ct
come intersezione delle rispettive normali, v. per esempio la scala appoggiata al pavimento
ed al muro come in fig. 7 destra.
Altre proprieta di immediata dimostrazione sono le seguenti
Proposizione 5 Se 0 , hanno un punto A in comune, cio`e se A 0 t, allora Ct = A
11

t.
Proposizione 6 Se allistante t esistono due centri istantanei di rotazione Ct , Ct0 differenti,
allora latto di moto `e nullo.

1.2

Spostamenti rigidi elementari

Definizione 5 dP := u(P, t) dt si dice spostamento elementare nellintervallo di tempo [t, t+


dt] del punto dello spazio solidale che a t ha posizione posizione P in E3 . Il campo vettoriale
(infinitesimo) S : P dP si dice spostamento rigido elementare dello spazio solidale a S in
[t, t + dt] 2 .
Ricordiamo che, a meno di infinitesimi di ordine superiore a 1 in dt, dP risulta uguale
allo spostamento effettuato nellintervallo temporale [t, t + dt] dal punto solidale che a t si
trovava in P .
Come sono collegati gli spostamenti elementari dP, dQ di due punti P, Q? Detto d :=
dt il vettore angolo infinitesimo, dalla (1.14) ricaviamo
dP = dQ + d (P Q),

(1.20)

dove Q E3 `e un punto prefissato. Di qui si vede che lo spostamento rigido elementare


{dP }P E3 `e parametrizzato dai vettori dQ, d cio`e da 6 scalari (le loro componenti).
Dato che dt non compare pi
u in (1.20), questa relazione tra gli spostamenti dP , dQ `e
indipendente dalla particolare durata dellintervallo di tempo dt; essa continuerebbe a valere
anche rallentando il moto fino a far compiere lo stesso spostamento rigido infinitesimo in
un intervallo di tempo finito.
Se latto di moto allistante t `e traslatorio, anche lo spostamento rigido elementare sara
traslatorio:
dP = dQ.
(1.21)
Evidentemente esso `e parametrizzato solo da dQ, cio`e da 3 scalari. Se latto di moto
allistante t `e rotatorio, anche lo spostamento rigido elementare sara rotatorio:
dP = d (P A)

A At .

(1.22)

Evidentemente esso `e parametrizzato solo da d, cio`e da 3 scalari. Nel caso di moto rigido
piano, prendendo P e A Ct , questultima formula diventa
dP = d (P Ct ).

(1.23)

Lo spostamento rigido elementare `e parametrizzato dallunica componente 6= 0 di d, quella


perpendicolare a , cio`e da 1 scalare. Fissiamo T in modo che , e3 . Dette (x, y, 0)
le coordinate di P , (xC , yC , 0) quelle di Ct , (0, 0, d z ) le componenti di d, ed effettuando il
prodotto vettoriale troviamo
dy = d z (x xc ),
dx = d z (y yc ).
2

Sostanzialmente lo spostamento rigido elementare si puo anche vedere come linsieme {dP }P E3

12

(1.24)
(1.25)

Vediamo che dy, cioe (a meno di infinitesimi di ordine superiore) la variazione dellordinata
di P , e funzione solo dellascissa x di P , pi
u precisamente una funzione lineare! E che dx,
cioe (a meno di infinitesimi di ordine superiore) la variazione dellascissa di P , e funzione
solo dellordinata y di P , pi
u precisamente una funzione lineare! Rappresentiamo queste due
funzioni tramite i cosiddetti diagrammi degli spostamenti (Fig. 8 sinistra):

Figure 8:
Si noti che i due diagrammi sono tra loro perpendicolari.
Nel caso di moto rigido piano con atto di moto traslatorio, prendendo P e T come
prima, la (1.21) da dz = 0 mentre
dy = dyQ = cost,
dx = dxQ = cost.

(1.26)
(1.27)

Come funzioni delle cordinate x, y le variabili dx, dy sono delle costanti, e quindi la loro
rappresentazione grafica porta ai diagrammi degli spostamenti in Fig. 8 destra.

1.3

Moti rigidi piani di pi


u corpi.

Consideriamo due solidi S1 , S2 , diciamo E31 , E32 i loro spazi solidali, e supponiamo che essi
si muovano di moto rigido piano rispetto ad uno stesso piano fisso , cio`e che esistano due
piani 1 E31 , 2 E32 , che si muovano rimanendo sovrapposti a E3 . Evidentemente
1 , 2 si muoveranno anche di moto rigido piano luno rispetto allaltro.
Per ogni P1 1 indichiamo con P2 il punto di 2 istantaneamente sovrapposto a P1 , e
viceversa. Indichiamo con v 1 , v 2 le velocita di P1 , P2 rispetto a , con v 12 , v 21 la velocita di
P1 rispetto a 2 e la velocita di P2 rispetto a 1 rispettivamente. Evidentemente Per la legge
di composizione delle velocita (1.10)
v 12 = v 1 v 2 ;

(1.28)

v 1 , v 12 , v 2 giocano rispettivamente i ruoli di velocita assoluta di P1 , relativa di P1 rispetto a


2 e di trascinamento. Da (1.28) e dalla su analoga con 1,2 scambiati segue
v 21 = v 2 v 1 = v 12 .
13

Chiamiamo C12 , C21 i centri istantanei di rotazione rispettivamente nel moto di 1 rispetto
a 2 e 2 rispetto a 1 . Se C12 `e un punto proprio, e scelgo P1 sovrapposto istantaneamente
a C12 , trovo v 12 = 0; per lequazione precedente allora `e anche v 21 = 0, e cioe P2 ha velocita
nulla rispetto a 1 , e quindi C21 `e sovrapposto a P2 , e troviamo la
Proposizione 7 Ad ogni istante t C12 , C21 sono sovrapposti.
La proposizione e vera anche se C12 e un punto improprio. Infatti in questo caso v 12 e la
stessa per tutti i punti P1 1 , e per lequazione precedente anche v 21 e la stessa per tutti i
punti P2 2 , e le direzioni perpendicolari a v 12 , v 21 , cio`e C12 , C21 , coincidono.
Unaltra proprieta di immediata dimostrazione `e la seguente
Proposizione 8 Se 1 , 2 hanno un punto A in comune, cio`e A 1 2 t, allora C12 =
A = C21 .
Infine, detti C1 , C2 i centri istantanei di rotazione nel moto di 1 , 2 rispetto a , vale la
Proposizione 9 (Regola di allineamento) C1 , C2 , C12 sono allineati ad ogni istante t.
Dim: Se C1 , C2 sono sovrapposti, allora lasserto `e banale; addirittura in questo caso C12 C1 anchesso.
Vediamo ora gli altri casi. Se C1 , C2 non sono sovrapposti possono esser entrambi impropri, o no. Supponiamo
prima che almeno un centro, diciamo C1 , sia proprio. Denotiamo con r la retta che congiunge C1 , C2 (v.
Fig. 1.3). Per il teorema di Chasles, per un qualunque punto P1 1 istantaneamente giacente su r risulta
v 1 , v 2 r. Se risulta v 1 = v 2 , allora v 12 = 0 e C12 P1 r; se invece v 1 6= v 2 , allora per la (1.28)
risulta 0 6= v 12 = v 1 v 2 r, che per il teorema di Chasles implica che comunque C12 r, come volevasi
dimostrare. Se infine C1 , C2 sono entrambi impropri allora v 1 e v 2 , e quindi anche v 12 , sono indipendenti
dal particolare punto P1 1 , quindi anche latto di moto di 1 rispetto a 2 `e traslatorio, e C12 `e anchesso
un punto improprio: C1 , C2 , C12 sono allineati sulla retta allinfinito (lorizzonte). 

Figure 9:
I risultati precedenti si estendono immediatamente al caso di n solidi tutti in moto rigido
piano rispetto allo stesso piano . Basta sostituire 1, 2 con due qualsiasi i, j {1, 2, ..., n}.
Facendo giocare a k , con k {1, 2, ..., n}, il ruolo del piano fisso , dalla proposizione
precedente si ricava anche come corollario la regola di allineamento
Proposizione 10 Cij , Cik , Cjk sono allineati.
Applichiamo le regole precdenti per determinare centri e diagrammi degli spostamenti del
seguente sistema:

14

Figure 10:

Cinematica di sistemi materiali vincolati

La posizione P di un punto materiale libero di muoversi nello spazio e individuata da 3


coordinate, che diremo normali, che possiamo prendere per esempio come le sue coordinate
cartesiane (x, y, z) rispetto ad una terna ortonormale T = (, ei ) prefissata. La posizione di
un solido libero di muoversi nello spazio e individuata da 6 coordinate, che diremo anchesse
normali, che possiamo prendere per esempio come (x10 , x20 , x30 , , , ), ove le prime 3 sono
le coordinate cartesiane rispetto a T dellorigine di una terna T 0 = (0 , e0i ) solidale al solido
e , , sono gli angoli di Eulero, che individuano lorientamento dei vettori di T 0 rispetto
a quelli di T .
Diremo coordinate normali di un sistema S di punti materiali e/o solidi liberi di muoversi
nello spazio quelle che si ottengono mettendo assieme delle coordinate normali per ciascun
costituente. Un sistema S di N punti materiali ed M solidi liberi ha m = 3N +6M coordinate
normali X a , che formeranno una m-pla X := (X 1 , ..., X m ).
In realta se S `e costituito da pi
u corpi queste X a non possono assumere tutti i valori che
potrebbero assumere nel caso che S sia costituto da un unico corpo, a causa della mutua
impenetrabilita di corpi differenti, cio`e del principio che questi non possono occupare contemporaneamente una stessa porzione di spazio. Per lo stesso motivo anche leventuale presenza
di solidi esterni a S, oltre ai corpi di S, limita le posizioni occupabili e gli spostamenti
possibili dei punti di S. Chiameremo vincolo olonomo un qualsiasi oggetto che comporta
una di queste limitazioni, e con una semplificazione consueta anche la limitazione stessa3 .
Chiameremo configurazione di S una scelta delle posizioni dei corpi di S compatibile con i
vincoli, spazio delle configurazioni Q linsieme delle configurazioni.
Un vincolo si dira esterno se realizzato tramite corpi esterni al sistema S, interno altrimenti. Per esempio, limpenetrabilita di due solidi S, S 0 , cio`e che nello stesso punto non
3

Un vincolo anolonomo limita anche le velocita dei punti del sistema, senza essere ricavabile tramite
derivazione rispetto a t da alcun vincolo olonomo. Un esempio di vincolo anolonomo discende dalla condizione
di puro rotolamento di un cilindro su un piano u(C, t) = 0, ove C `e il generico punto di contatto del cilindro
sul piano allistante t. Noi non tratteremo vincoli anolonomi.

15

possono essere presenti contemporaneamente una particella di S e una di S 0 , da luogo ad un


vincolo interno se entrambi fan parte di S, esterno se uno dei due non fa parte di S.
Per es., per una biglia allinterno di una stanza le pareti, il pavimento e il soffitto sono
dei vincoli esterni, che diremo dappoggio, per le posizioni che essa puo assumere. Fissato
un sistema di coordinate che abbia origine sul pavimento e asse ~z ad esso perpendicolare e
detta zP (t) la corrispondente coordinata della biglia, la condizione che la biglia non possa
andare sotto al pavimento (di equazione z = 0, v. fig. 11 sinistra) si scrive
[X(t)] zP (t) 0

t.

Le posizioni con zP (t) = 0 sono dette di confine. Un vincolo che, come il precedente, limita i

Figure 11:
valori che possono assumere le cordinate normali tramite una disequazione si dice unilaterale.
Se come pavimento ci interessa considerare non quello di una stanza, ma quello di un
ascensore in moto (di equazione z vt = 0, per es.) il vincolo che la biglia non possa andarvi
sotto si scrivera
t
[X(t), t] zP (t) vt 0
e sara un esempio di vincolo unilaterale dipendente dal tempo o mobile. Se vincolassimo la
biglia a giacere sulla superficie di eq. z = 0 (risp. di eq. z vt = 0) - per esempio tramite
una sottile intercapedine come in figura 11 destra - avremmo invece realizzato un vincolo
dappartenenza. Esso si esprime tramite la condizione
[X(t), t] zP (t) = 0

(risp. [X(t), t] zP (t) vt = 0)

t.

(2.1)

Un vincolo che, come (2.1), limita i valori che possono assumere le cordinate normali tramite
una equazione si dice bilaterale.4 Dopo questi esempi siamo pronti per la definizione generale:
4

Pi
u in generale, per un punto materiale P vincolato a non oltrepassare (risp. rimanere su) la superficie
a (xP (t), t) 0 (vincolo unilaterale o di appoggio) e (xP (t), t) = 0
di eq. (x, t) = 0, la condizione sar
(vincolo bilaterale o di appartenenza) rispettivamente.Il vincolo di appartenenza si puo realizzare come una
sottile intercapedine come in figura 12 sinistra. Il vincolo che due punti materiali P, P 0 si mantengano a
distanza

n
2
0
[xP (t) xP 0 (t)]2 d2
(2.2)

(xP , xP 0 ) d2 [xP (t) xP 0 (t)]2


=0
=d
`e un caso particolare del vincolo di appoggio/appartenenza, precisamente quello in cui la superficie `e sferica
di raggio d con centro in uno dei due punti. Oltre che con risp. una cavita e un intercapedine sferica, esso

16

Figure 12:
diremo vincoli olonomi bilaterali (risp. unilaterali) delle condizioni sulle coordinate normali
esprimibili tramite delle equazioni (risp. disequazioni) della forma5
1 (X, t) = 0,
...,
s (X, t) = 0,
s+1 (X, t) 0,
...,
s+k (X, t) 0.

(2.3)

Pi
u vincoli unilaterali possono essere equivalenti ad uno bilaterale, ad esempio il sistema
(X, t) 0, (X, t) 0 e equivalente a (X, t) = 0; nella (2.3) supporremo di aver gia
0
sostituito eventuali vincoli unilaterali con i bilaterali equivalenti. Una soluzione X di (2.3)
individua una configurazione di confine se almeno una delle disequazioni `e soddisfatta come
uguaglianza, ordinaria altrimenti.
Nellesempio (2.1) `e chiaro che la coordinata zP (t), essendo prefissata a priori, diventa
superflua per la determinazione della posizione della biglia; bastera conoscere le coordinate
(xP , yP ). Delle coordinate che, come le (xP , yP ) nellesempio precedente, occorrono e bastano
ad individuare univocamente le configurazioni di S, si dicono coordinate lagrangiane. La
scelta delle coordinate lagrangiane non `e unica (nellesempio precedente potremmo utilizzare
anche la distanza rP di P dallorigine e il suo azimuth P , ad esempio), ma il loro numero
n `e univocamente determinato, e si dice grado di liberta del sistema; in alternativa, si dice
anche che il sistema ha n gradi di liberta. Indicheremo un generico sistema di n coordinate
lagrangiane con q := (q 1 , q 2 , ..., q n ). Nellesempio (2.1) abbiamo quindi n = 2, e q 1 = xP , q 2 =
yP , oppure q 1 = rP , q 2 = P , etc. In generale non esiste sistema di coordinate lagrangiane
che descriva tutto lo spazio delle configurazioni, ma una collezione (atlante) di sistemi locali
di coordinate lagrangiane (carte) compatibili gli uni con gli altri.
Diremo spostamento virtuale di un punto materiale isolato di S (o di una particella di
un solido di S) avente posizione P un suo spostamento elementare (cio`e infinitesimo) dP
si pu
o materialmente realizzare vincolando i due punti con risp. un filo inestensibile/unasta di lunghezze
d (e masse trascurabili) v. fig. 12 destra. (In generale, uno stesso vincolo puo essere realizzato fisicamente
in modi diversi). Il vincolo che P rimanga su una curva di eq. 1 (x) = 0, 2 (x) = 0 `e 1 (xP (t)) = 0,
2 (xP (t)) = 0. Il vincolo che P rimanga fisso in P0 `e xP (t) = xP0 .
t) = 0, senza essere ricavabili da vincoli olonomi
5
Invece, i vincoli anolonomi saranno della forma (X, X,
per derivazione rispetto a t.

17

compatibile con i vincoli, considerati come se questi fossero fissi nella loro configurazione
attuale se essi sono mobili, e lo indicheremo con il simbolo P . Nel caso di vincoli fissi gli
spostamenti virtuali sono quindi (tutti e soli) gli spostamenti elementari resi effettivamente
possibili dai vincoli, nel caso di vincoli mobili non necessariamente. Nel caso della biglia
appoggiata sul pavimento sono virtuali tutti quelli disegnati in figura con linea continua,
non lo sono quelli tratteggiati, sia che la superficie sia fissa nella configurazione disegnata,
sia che essa sia in moto e quella disegnata sia la sua configurazione allistante t.

Figure 13:
Gli spostamenti virtuali si dividono in reversibili ed irreversibili (disegnati in figura 13 con
linea continua risp. doppia o semplice; a linea tratteggiata sono disegnati invece gli spostamenti elementari non virtuali): P si dice reversibile se anche P `e virtuale, irreversibile
altrimenti. Evidentemente, se P `e soggetto solo a vincoli bilaterali tutti gli spostamenti virtuali sono reversibili, mentre, se P `e soggetto anche a vincoli unilaterali ci sono spostamenti
virtuali irreversibili a partire dalle posizioni di confine. Si dice spostamento virtuale di un
sistema di punti materiali P1 , P2 , ... nella configurazione S = {P1 , P2 , ...} (e lo indicheremo
con S) un insieme di spostamenti virtuali per tutti i suoi punti: S = {P1 , P2 , ...}. S si
dice reversibile se anche S := {P1 , P2 , ...} `e virtuale. In particolare lo spostamento
virtuale di un solido `e linsieme di spostamenti virtuali per tutti i suoi punti. Anche se
questi sono infiniti, i loro spostamenti elementari, e quindi anche quelli virtuali, non sono
indipendenti gli uni dagli altri, ma sono vincolati dalla condizione (1.20), che prendera ora
la forma
(2.4)
P = Q + (P Q),
valida per ogni coppia di punti P, Q; qui abbiamo indicato con quelle determinazioni del
vettore angolo infinitesimo di rotazione d compatibili con i vincoli bloccati nella configurazione assunta allistante t. Perci`o lo spostamento virtuale del solido puo essere completamente parametrizzato tramite la coppia di vettori {Q, } (Q e un punto prefissato a
piacere dello spazio solidale al solido), che per questo motivo (con abuso di linguaggio) viene
chiamata anchessa spostamento virtuale del solido. Uno spostamento virtuale {Q, } sara
reversibile se anche {Q, } `e virtuale, irreversibile altrimenti.
Vediamo ora come si possono determinare il grado di liberta, un sistema di coordinate
lagrangiane e gli spostamenti virtuali una volta assegnato il sistema dei vincoli (2.3). Supponiamo dapprima per semplicita che i vincoli formino un sistema di equazioni lineari nelle

18

incognite X a :

1 (X, t) M11 X 1 +...+M1m X m c1 (M X)1 c1 = 0,

.
...
...
.
:
:::
:::
:

s (X, t) Ms1 X 1 +...+Msm X m cs (M X)s cs = 0,

M X = c;

(2.5)

M e una matrice s m, che moltiplicata riga per colonna per il vettore colonna X :=
(X 1 , ..., X m ), deve dare il vettore colonna c := (c1 , ..., cs ) (nel caso di vincoli fissi Mij , ci sono
indipendenti da t). Per i teoremi dellalgebra lineare il sistema (2.5) ammette soluzioni solo
se il rango della matrice s (m + 1) (M |c) e uguale al rango r di M (r s, m). Allora,
ammette ununica soluzione se m = r (purche sia compatibile anche coi vincoli unilaterali),
ne ammette mr se m > r; in questultimo caso, r incognite si possono infatti ricavare
come combinazioni lineari delle altre n := m r, che possiamo adottare come coordinate
lagrangiane, dopo aver imposto anche i vincoli unilaterali: se per es. le prime r colonne di M
sono indipendenti (questo si puo sempre ottenere con una permutatione degli indici) posso
esprimere X 1 , X 2 , ..., X r in funzione di q 1 := X r+1 ,...., q n := X m . Quindi S ha n gradi di
0
liberta. Gli spostamenti virtuali Xa partire da una qualsiasi soluzione X sono determinati
dallequazione M X = 0, che ne fissa in modo analogo il loro numero.
Passiamo ora a vincoli (2.3) di tipo generale, supponendo che i vincoli bilaterali siano di
0
0
classe C 1 . Per la formula di Taylor, la variazione di i da X a X e uguale a i (X )i (X) =
0
0
i +o(X), ove X := X X. Se X e soluzione di (2.3), X sara anchesso soluzione se e
0
solo se i (X )i (X) = 0, e quindi le variazioni prime i delle i sono nulle:

1
1
1
m
1 X
= 0,
1 X +...+ X m X

.
...
.
:
:::
:

JX = 0;
(2.6)

s
s
1
m

s X
= 0,
1 X +...+ X m X
qui abbiamo introdotto la matrice (s m) jacobiana
1
1
... X
m
X 1
.
...
.
:::
:
J(X) :=
:
s
X 1

...

s
X m

nel caso (2.5) J(X) = M per ogni X. La (2.6)2 e la riformulazione di (2.6)1 come
unequazione vettoriale nellincognita lo spostamento virtuale X. La (2.6)1 e un sistema di
equazioni lineari nelle incognite X 1 , ...X m ; il numero r m di equazioni indipendenti e il
rango di J(X). Chiamiando l := mr grado di labilita, i := sr grado di iperstaticit
a, di
S in X, si possono presentare i seguenti casi:
1. l = 0, i = 0, il sistema e detto isostatico;
2. l = 0, i > 0, il sistema e detto i-volte iperstatico;
3. l > 0, i 0, il sistema e detto l-volte labile, con i vincoli dipendenti.
19

Nei casi 1.,2. la (2.6) ammette solo la soluzione X = 0, quindi non esistono spostamenti
virtuali e la soluzione X di (2.3) e isolata, cioe S e bloccato nella configurazione X; nel caso
2. (un numero pari a) i vincoli dipendono dagli altri e quindi sono superflui dal punto di
vista cinematico.
Nel caso 3. (2.6) ammette l soluzioni: r incognite X a si possono infatti ricavare come
combinazioni lineari delle l restanti X a . Se per es. le prime r colonne di J(X) sono indipendenti (questo si puo sempre ottenere con una permutatione degli indici) posso esprimere
X 1 , ..., X r in funzione di X r+1 ,...., X m .
Il teorema del Dini assicura che, cos facendo, in un intorno di X `e possibile ricavare
01
X , ..., X 0r , e quindi le configurazioni compatibili con i vincoli, come funzioni di classe C 1
di X r+1 ,...., X m , in modo che X 01 X 1 = X 1 +o(X),..., X 0r X r = X r +o(X).
Posso adottare queste ultime come coordinate lagrangiane (locali) se in un intorno di
X non posso trovare sistemi di n0 < m r coordinate lagrangiane; condizione sufficiente e
0
0
che il rango r0 di J(X ) sia pari ad r per ogni X in un intorno di X, di modo che nessun
0
vantaggio possa derivare dallo scegliere un altro X come centro dello sviluppo di Taylor. In
questo caso allora S ha n = l = mr gradi di liberta (vincoli ben disposti), e posso adottare
q 1 := X r+1 ,...., q n := X m come coordinate lagrangiane locali; n rappresenta il numero delle
equazioni (2.3) funzionalmente indipendenti.
Puo pero capitare anche il caso delicato che in ogni intorno di X esista un sottinsieme
0
0
denso D tale che il rango di J(X ) sia una costante r0 > r per ogni X D (diremo allora che
0
in X i vincoli sono mal disposti). Applicando il teorema del Dini a X , in un suo intorno
potremo ricavare ricavare r0 delle X a , e quindi le configurazioni compatibili con i vincoli,
0
come funzioni delle l0 = mr0 < l restanti X a ; siccome questo si puo fare per ogni X D,
con unestensione continua potremo adottare queste ultime come coordinate lagrangiane in
tutto unintorno di X (quindi anche in X), e S avra n = l0 < l gradi di liberta. Tuttavia,
0
0
mentre gli spostamenti virtuali a partire da tutti i X D saranno l = n , quelli a partire
u numerosi, l .
da X saranno pi
Vedremo pi
u avanti limportanza di questi concetti per il calcolo delle reazioni vincolari
statiche: queste sono determinate univocamente in funzione delle altre forze nel caso 1., a
meno di i parametri nel caso 2., mentre il sistema puo non essere in equilibrio nel caso 3. In
fig. 14 anticipiamo esempi risp. di un sistema 1-volta iperstatico, isostatico, con gradi n = 0
di liberta e l = 1 di labilita; calcoleremo J(X) ed il suo rango pi
u avanti, quando tratteremo
la statica di questi sistemi soggetti a date forze attive.

Figure 14: Sistema 1-volta iperstatico (sinistra), isostatico (centro), con n = 0 e l = 1 (destra).
Se tutte le i bilaterali sono indipendenti; allora r = s e n := m s. Quindi ogni nuovo
vincolo bilaterale indipendente dagli altri abbassa n di 1 (mentre i vincoli unilaterali non
abbassano n, a meno che non cooperino a formare qualche nuovo vincolo bilaterale). Per
esempio, un punto materiale libero di muoversi nello spazio ha 3 gradi di liberta, vincolato
a muoversi su una superficie (risp. curva) ne ha 2 (risp. 1), etc; un solido libero di muoversi
0
nello spazio ha 6 gradi di liberta, etc. (Esercizio: scrivere J(X ) per gli esempi precedenti).
20

Dato un sistema di punti materiali soggetto a vincoli olonomi ed avente n gradi di liberta,
ed introdotto un sistema di coordinate lagrangiane q, la posizione Pi delli-esima particella
sara (per ogni i) una funzione nota della n-pla q: Pi = Pi (q, t). La dipendenza dal tempo
qui indicata sara banale nel caso di vincoli fissi. Il moto della generica particella, e quindi
dellintero sistema, sara quindi completamente determinato dalla conoscenza delle coordinate
lagrangiane come funzioni del tempo, q = q(t): Pi (t) = Pi (q(t), t).
La velocita delli-esima particella e il suo spostamento elementare nellintervallo temporale [t, t + dt] saranno quindi rispettivamente dati da
v i = Pi =

n
X
Pi
h=1

dPi =

n
X
Pi
h=1

q h

Pi
,
t

(2.7)

Pi
dt.
t

(2.8)

qh +
h

dq h +

Un suo spostamento virtuale Pi a partire da una configurazione non singolare si esprimera


in termini di coordinate lagrangiane invece nella forma
Pi =

n
X
Pi
h=1

q h

q h ,

(2.9)

ove con q h abbiamo indicato una variazione infinitesima dq h di q h compatibile con gli
i
eventuali vincoli unilaterali. Il termine P
dt, che rappresenterebbe la parte di dPi dovuta
t
alleventuale moto dei vincoli, `e assente per la definizione di spostamento virtuale, secondo
la quale i vincoli vanno considerati come se fossero fissi nella posizione attuale.

21

Corso di Fisica Matematica per Ingegneria Aerospaziale


Prof. G. Fiore

Parte 3: Dinamica e Statica dei sistemi materiali

Meccanica dei sistemi materiali: risultati generali

1.1

Richiami di meccanica del punto materiale

Innanzitutto ricapitoliamo alcune nozioni fondamentali della meccanica del punto materiale
(esse sono il risultato di opportune astrazioni dallesperienza empirica quotidiana).
1. Massa (inerziale) m di un corpo. m > 0. Rimane invariata se il corpo rimane integro.
` estensiva (la massa di un corpo =somma delle masse delle sue parti).
E
` (unidealizzazione consistente in)
2. Punto materiale P, o pi`
u brevemente particella P. E
un corpo di dimensioni nulle, e percio concentrato in un punto (geometrico) P E3 .
` un approssimazione di un corpo concreto tanto migliore quanto piu piccole sono le
E
dimensioni di questo rispetto a quelle dellambiente entro cui vogliamo descriverne il
moto. La possiamo considerare rigorosamente valida quando lapplichiamo a elementi
costitutivi infinitesimi di un corpo esteso, cio`e nel limite in cui facciamo tendere a zero
le loro dimensioni (e ad il loro numero).
3. Tempo e spazio assoluti. Orologi sincroni rimangono tali se vengono spostati o mossi
luno rispetto allaltro. Quindi il tempo `e indipendente dallosservatore (tempo assoluto/pantopico). La distanza tra due punti materiali ad un certo istante `e indipendente
dallosservatore. (Invece, secondo la relativita speciale, queste cose risultano solo approssimativamente vere se le velocita relative sono  velocita della luce.)
4. Sistemi di riferimento R Costituiti da un osservatore dotato di una terna (, ei ) (definita
utilizzando 4 punti opportuni di un corpo rigido), di un regolo e di un orologio. Le leggi
della dinamica prendono la forma pi
u semplice nei sistemi di riferimento inerziali.
5. Concetti della cinematica. Posizione, velocita, accelerazione, etc.
6. Forze agenti su P Linterazione di P con altri punti materiali `e schematizzabile come
sovrapposizione di altrettanti contributi indipendenti, le forze. Ciascuno `e rappresentabile tramite un vettore di E3 applicato al punto, oggettivo (cio`e indipendente dal
sistema di riferimento) e la sovrapposizione si effettua come somma vettoriale. Le forze
tra due punti materiali possono esplicarsi non solo quando essi sono a contatto, ma
anche quando sono distanti. (Anzi al livello microscopico anche le forze di contatto
sono riconducibili alleffetto complessivo di molte forze a distanza di natura elettrica,
magnetica o gravitazionale tra le molecole costituenti).
7. Leggi di forza Mettono in relazione le singole forze con il tempo t, le posizioni, velocita,
la natura dei corpi, etc. Vedere per es. le leggi delle forze gravitazionali, elettriche,
magnetiche, di contatto, attrito, resistenza del mezzo, etc. Si osserva che le forze a
distanza decrescono con questultima. Diremo isolato un punto materiale cos distante
dagli altri che il suo stato di quiete o di moto non risenta delle loro forze.
Ricordiamo ora le tre leggi fondamentali della meccanica del punto materiale.
I Legge Esiste un sistema di riferimento R, che diremo inerziale, in cui ogni P isolato
rimane in quiete o si muove di moto rettilineo uniforme.
2

Questa legge serve innanzitutto ad individuare riferimenti inerziali. Si noti che, dato un
sistema di riferimento inerziale, gli altri riferimenti inerziali sono tutti e soli quelli che si
muovono di moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto a esso.
Sistemi di riferimento che approssimano sistemi inerziali sono, in ordine di approssimazione crescente, quello: 1) solidale alla Terra; 2) con origine nel baricentro della Terra
ed assi orientati verso le stelle fisse; 3) con origine nel sole ed assi orientati verso le stelle
fisse; 4) con origine nel centro della nostra galassia e assi orientati verso le altre galassie
fisse. Il motivo di questo orientamento `e che con uno diverso le stelle e galassie, che sono
sicuramente tanto lontane da poterle considerare isolate, apparirebbero compiere traiettorie
curve (rispetto ad un sistema solidale alla Terra descriverebbero unorbita circolare in un
giorno), anziche rettilinee (e con velocita di molte volte superiori alla velocita della luce,
cosa ritenuta oggi impossibile in base alla relativita speciale). Per questo motivo un sistema
inerziale prossimo alla Terra deve puntare gli assi verso le stelle fisse (che appaiono tali
perche su tempi non astronomici i loro spostamenti sono molto minori rispetto alle loro
distanze, e quindi la direzione da cui ci arriva a loro luce non varia apprezzabilmente).
II Legge In un sistema di riferimento inerziale, detta F la risultante di tutte le forze agenti
su P, a(t) = P (t) la sua accelerazione, risulta1
F = ma

(1.5)

III Legge (Principio di azione e reazione) Se f P P 0 denota la forza che P 0 esercita su


P, risulta
f P P 0 = f P 0 P k (P P 0 )
(1.6)
Praticamente per tutte le leggi di forza fondamentali che si incontrano in natura risulta
f P P 0 = f P P 0 (P, P 0 , P , P 0 ), cio`e non ce dipendenza delle forze dalle derivate di ordine
2, ne dipendenza esplicita da t. Inoltre, si dimostra che loggettivita (cio`e lindipendenza
dallosservatore) di f P P 0 implica che il suo modulo fP P 0 dipende solo da r = kP P 0 k e da
r (nota: r 6= kv P v P 0 k). Assieme alla terza legge questo da finalmente una dipendenza del
tipo
P P0
uP P 0 ,
f P P 0 = fP P 0 (r, r)
uP P 0 :=
.
(1.7)
r
Ad es., la legge di forza gravitazionale tra due particelle di massa (gravitazionale) m, m0 `e
fPP0

mm0
= G 2 uP P 0 ,
r

G cost. di gravitazione universale '

6.7g
108 . (1.8)
3
2
cm s

Nei sistemi di riferimento non inerziali la II legge `e valida se a primo membro si includono anche le forze
apparenti, F + F + F c = ma0 . Sia (, ei ) una terna inerziale, e (0 , e0i ) unaltra terna. Ricordiamo che le
accelerazioni aP , a0P di un punto materiale nelle due terne sono collegate da
aP = a0P + a + ac

(1.1)

dove laccelerazione di trascinamento a e di Coriolis ac sono date da


a := a0 + (P 0 ) + [ (P 0 )]
ac := 2

v 0P .

(1.2)
(1.3)

Le forze apparenti (o fittizie), di trascinamento F e di Coriolis F c , sono date da


F := ma ,

F c := mac .

(1.4)

1.2

Equazioni del moto per un sistema isolato di particelle

Consideriamo ora un sistema materiale Stot , per semplicita discreto, cio`e un sistema di N
punti materiali Pj , mj (v. Fig. 1.1), ed isolato. Pj posizione occupata da Pj ad un certo
istante t, F jh forza che Ph esercita su Pj . Per quanto detto risulta
F jh = F jh (Pj , Ph , Pj , Ph ),

(1.9)

[In questo momento non ci occorre indicare la dipendenza pi


u specifica (1.7)].

Figure 1.1:
La risultante delle forze agenti su Pj `e
F j :=

N
X

F jh ,

(1.10)

h=1,h6=j

e la sua equazione del moto in un sistema di riferimento inerziale


mj Pj = F j .

(1.11)

Poiche il secondo membro dipende in generale da tutte le Ph , Ph , la sua risoluzione `e possibile solo se si risolve lintero sistema di N equazioni differenziali vettoriali (accoppiate) del
secondo ordine in forma normale
m1 P1 = F 1 (P1 , ..., PN ; P1 , ..., PN )
... = ...
mN PN = F N (P1 , ..., PN ; P1 , ..., PN )

(1.12)

nelle N incognite Pj (t). Questo sistema di equazioni ammette una ed una sola soluzione in
corrispondenza di ogni insieme di condizioni iniziali, e per leggi di forza per F jh sufficientemente regolari2 .
Trattare lo schema discreto non esclude nella sostanza il caso in cui il sistema sia costituito
anche da corpi estesi (in particolare rigidi), perche basta adattarlo come segue: possiamo
considerare i corpi costituiti di tante particelle legate le une alle altre da forze mutue molto
forti, le particelle essendo porzioni del corpo comprese in tanti volumetti molto piccoli in
cui possiamo dividere la regione occupata dal corpo. Lapprossimazione e tanto migliore
quanto pi
u piccolo `e il volume dV dei volumetti, ed `e corretta nel limite dV 0, in cui le
somme si trasformano in integrali.
A rigore, lunico sistema Stot davvero isolato `e luniverso stesso, perche tutti i corpi
(particelle) sono dotati di massa e quindi interagiscono tra di loro almeno tramite la forza
gravitazionale. Come conseguenza, per luniverso (soltanto) vale il cosiddetto determinismo dinamico, notato da Laplace: se uno sapesse posizioni e velocita di tutte le particelle
delluniverso ad un certo istante e avesse una potenza di calcolo sconfinata, potrebbe prevederne esattamente il moto successivo, perche esso `e completamente determinato.
Nei problemi concreti si `e interessati a determinare il moto di un numero molto limitato di
corpi/punti materiali, che formano un sistema non isolato S. Cosa possiamo dire a proposito?

1.3

Le Equazioni Cardinali della Dinamica (ECD)

Consideriamo S come un sottosistema di un sistema Stot scelto cos grande da essere isolato.
Enumeriamo le particelle di S con h = 1, 2, ..., n, con h = n + 1, ..., N le restanti, che diremo
formare il sistema esterno Se = Stot S. Definiamo la risultante delle forze interne ed esterne
agenti su una particella Pj di S risp. come
(i)
Fj

:=

n
X

(e)
Fj

F jh

:=

h=1

N
X

F jh

(1.13)

h=n+1

Le equazioni (1.11) danno


(i)
(e)
mj Pj = F j + F j

j = 1, ..., n.

(1.14)

Sommando le precedenti relazioni membro a membro su j troviamo


n
X

n
X

m j aj =

j=1

h,j=1, h6=j

F jh +

n
X

(e)

Fj .

i=1

Moltiplicando invece le (1.14) membro a membro per (Pj O) e poi sommandole su j


troviamo invece
n
X
j=1

mj (Pj O) aj =

n
X

n
X
(e)
(Pj O) F jh +
(Pj O) F j .
j=1

h,j=1, h6=j

Cio`e continue e lipschitziane ovunque, eccettuate eventualmente delle singolarita fuchsiane; le forze
gravitazionali, elettriche etc. e tutte le altre con cui abbiamo a che fare lo sono.

Siccome per il Principio di azione e reazione il sistema (i) delle forze interne `e un sistema
di coppie di braccio nullo, allora (i) 0 cio`e ha risultante e momento risultante nulli:
R(i) :=

n
P
j=1

(i)

Fj =

n
P

(III)

(i)

F jh = 0,

M O :=

h,j=1
h6=j

n
P

(i)

(Pj O) F j =

j=1

n
P

(III)

(Pj O) F jh = 0;

h,j=1
h6=j

definendo la risultante e il momento risultante delle forze esterne tramite


R(e) :=

n
X

(e)

(e)

Fj ,

M O :=

j=1

n
X

(e)

(Pj O) F j ,

j=1

troviamo la prima e la seconda equazione cardinale della dinamica per S nella prima
forma
n
P
mj aj = R(e) ,
IECDS
j=1
(1.15)
n
P
(e)
mj (Pj O) aj = M O
IIECDS .
j=1

Utilizzando la legge di variazione o la definizione di momento risultante si verifica che cambiano polo si ottiene un sistema di equazioni equivalente3 . La risultante ed il momento
risultante rispetto al polo O del sistema {(P1 , mv 1 ), ..., (Pn , mv n )} dei vettori quantita di
moto sono detti quantita di moto Q e momento della quantita di moto (o momento angolare)
K O del sistema S:
Q :=

n
X

mj v j ,

K O :=

j=1

n
X

mj (Pj O) v j .

j=1

Risulta evidentemente
d
KO
dt

n
P

mj (Pj O) aj +

j=1

n
P

mj (v j v O ) v j

j=1

v O Q,

quindi si possono equivalentemente scrivere le equazioni cardinali nella seconda forma


= R(e) ,
Q
O + v O Q = M (e)
K
O

IECDS
IIECDS .

(1.16)

La (1.16)1 `e detta anche teorema della quantit


a di moto. Nella (1.16)2 il secondo termine
a primo membro si annulla se il polo O `e fisso (v O = 0) oppre se O G, siccome
X
Q = mv G ,
m :=
mj ;
(1.17)
j
3

Infatti, utilizzando prima la legge di variazione del momento risultante al variare del polo, poi le ECD
con polo O, troviamo
(e)

(e)

(1.15)

M Q = M O +(OQ)R(e) =

n
n
n
n
X
X
X
X
(PjO)mj aj +(OQ) mj aj =
[(PjO)+(OQ)]mj aj =
(PjQ)mj aj ,
j=1

j=1

j=1

j=1

cio`e la II ECD con polo Q. Quindi le ECD con polo O implicano quelle con polo Q, e perci`o sono ad esse
equivalenti, vista larbitrariet
a di O, Q.

questultima
relazione discende applicando dtd alla definizione del baricentro m(G ) =
P
j mj (Pj ). Quindi nella seconda forma la IIECD diventa
O = M (e)
K
O

se O `e fisso oppure O G,

(1.18)

che `e detta anche teorema del momento della quantit


a di moto. Infine, osservando

che con ulteriore derivazione Q = maG , possiamo dare alla prima eq. cardinale una terza
forma, che si enuncia sotto forma di teorema del moto del baricentro
maG = R(e)

IECDS .

(1.19)

Si noti che se S si riduce ad un singolo punto materiale P di posizione P (n=1), la


corrispondente IECD si riduce alla II legge della dinamica e la IIECD `e dipendente dalla
(e)
questultima, perche in questo caso M O = (P O) R(e) . Il moto di P sara univocamente
determinato una volta assegnate le condizioni iniziali. Se n=2 solo 5 delle 6 componenti sono
indipendenti4 .
Se gli n > 1 punti sono vincolati a formare un solido allora le 3n incognite xiP si riducono
a 6. Come vedremo, solo allora le equazioni cardinali (6 eq. scalari) bastano ancora a determinare completamente il moto (o la quiete) del sistema, una volta assegnate le condizioni
iniziali e le posizioni delle particelle esterne in funzione di t. Come vedremo, se le due
equazioni si disaccoppiano la IECD determina il moto di G, mentre la IIECD con O G
determina il moto di rotazione del solido attorno a G. Siccome il sistema delle forze esterne
interviene nelle ECD solo tramite la risultante ed il momento risultante, `e evidente che sistemi di forze equivalenti determineranno lo stesso moto (o quiete) per il solido. Cio giustifica
la definizione di equivalenti data a suo tempo.
Anche negli altri casi tuttavia le ECD possono essere molto utili, in quanto danno importanti informazioni su come variano Q (o, equivalentemente, G) e K O . Nota: solo in casi
(e)
particolari R(e) , M O dipendono unicamente da G e 3 angoli; solo in questi casi esse risultano
quindi disaccoppiate dalle altre equazioni e possono essere risolte indipendentemente da esse.
Cio accade per esempio se il sistema di forze esterne `e equivalente a quello nullo, o le uniche
forze esterne sono i pesi dei punti materiali ed eventuali forze fittizie. In questi casi il moto
di G e la variazione di K O saranno determinabili indipendentemente dal moto relativo delle
varie parti di S. Ad esempio il moto del baricentro di una manciata di sabbia lanciata in
aria, trascurando la resistenza di questultima, `e uniformemente accelerato.
Osserviamo inoltre che per ogni S 0 S le ECDS 0 sono indipendenti dalle ECDS . Applicando le ECD a tutte le parti di S si ottiene un sistema sicuramente sufficiente a determinarne
il moto, largamente dipendente. Possiamo estrarre da questo vari differenti sottosistemi di
equazioni indipendenti sufficienti a determinare il moto di S, tra loro equivalenti. Molte di
queste equivalenze sono conseguenza della seguente
Proposizione 1 Se S = SI SII , con SI , SII disgiunti (v. fig. 1.2 sinistra), allora vale
lequivalenza


ECDSI
ECDSI

.
(1.20)
ECDSII
ECDS
4

Scegliendo O = G, risulta (P1 P2 ) k (P1 G) k (P2 G); quindi la componente della IIECD (con polo
G) in direzione (P1 P2 ) `e identicamente soddisfatta.

(e)

(e)

Dim:
Chiamiamo I , II , (e) i sistemi di forze esterne agenti risp. su SI , SII , SI SII . Osserviamo
(e)0
(e)0
(e)0
(e)0
(e)
che = I II , ove abbiamo indicato con I , II i sistemi di forze esercitate risp. su SI , SII
(e)
(e)0
(e)
(e)0
dalle particelle esterne a tutto S; mentre I = I I,II e II = II II,I , ove abbiamo indicato
con I,II (risp. II,I ) il sistema di forze esercitate dalle particelle di SII su quelle di SI (risp. di SI su
quelle di SII ). Ma per il terzo principio I,II II,I 0 (perch`e sistema di coppie di braccio nullo), da cui
(e)
(e)
(e)
(e)0
(e)0
(e)0
(e)0
(e)
(e)
+R(e)
I II = I II I,II II,I I II = (e) , e R(e) = R(e)
I
II , M O = M I O +M II O .
=Q
I O +K
+Q
O.
,K
=K
Daltro canto da Q = Q +Q , K = K I O +K O segue immediatamente Q
I

II

II

II

II

Perci
o limplicazione si ottiene sommando membro a membro le equazioni a primo membro, mentre
limplicazione si ottiene sottraendo membro a membro le equazioni a secondo membro. .

Figure 1.2:
Si noti che le (1.14), e quindi le (1.15), perdono di senso se schematizziamo le forze
interne come impulsive5 , perche allora le v j diventano discontinue, e le aj divergono. Tuttavia nelle altre forme le ECD continuano ad essere applicabili, perche Q, K O , v G rimangono
continue. In questo senso le (1.16), che prendono anche il nome di equazioni di bilancio
della quantit
a di moto e del momento angolare, si possono considerare pi
u generali
delle (1.15), e possono essere adottate, come propose Eulero, quali leggi fondamentali della
meccanica al posto della seconda legge di Newton.

1.4

Lo schema ristretto

Le ECD mettono in relazione le derivate della quantita di moto e del momento angolare di un
sistema materiale S, che ci interessa studiare, con la risultante e il momento risultante delle
(e)
forze esercitate dal sistema esterno Se ; queste ultime pero, come del resto le F j , dipendono
in generale anche dalle posizioni delle particelle di Se , incognite anchesse del moto. Era
questo il problema da cui eravamo partiti. Secondo lo schema precedente, sembrerebbe
5

In processi come urti o esplosioni le forze F AB , F BA = F AB tra due parti A, B coinvolte si possono
considerare nulle al di fuori di un intervallo di tempo [t, t + t], con t molto piccolo, ma entro [t, t + t]
raggiungono valori cos elevati che QA , QB risultano finite. F AB , F BA si dicono impulsive quando si
schematizzano ponendo t = 0, pur fornendo delle regole ben precise (conservazione di QA + QB ; conservazione dellenergia cinetica totale, o eventuale perdita parziale, secondo il coefficiente di restituzione) per
ottenere QA , QB finite (landamento di F AB , F BA in funzione di t `e schematizzato con una cosiddetta
di Dirac).

quindi comunque necessario determinare il moto di tutti i corpi con cui essi interagiscono
significativamente, in modo da formare un unico grande sistema isolato, cosa per cui noi non
abbiamo ne i mezzi ne linteresse: una bella rogna! (Inoltre, come gia detto, a rigore lunico
sistema Stot davvero isolato `e luniverso stesso).
Vediamo invece in quali ipotesi lo schema precedente si puo semplificare.
Supponiamo
P
che Se contenga corpi (per semplicita rigidi) C con masse M  m = j mj massa totale
di S. Per semplicita, supponiamo inizialmente che si riduca ad uno solo di questi. Il teorema
del baricentro applicato a questi due sottosistemi da
maG = R(e) = M aGe

(1.21)

m
ove Ge denota il baricentro di C. Risulta quindi aGe = aG M
 aG ; approssimandolo con zero
troviamo che il moto di Ge `e rettilineo uniforme, e quindi non `e influenzato dal moto di S. In
analoghe ipotesi sul tensore centrale di inerzia di C (Ie  I), dalla IIECD possiamo ricavare
in maniera analoga che il moto di rotazione di C attorno al suo baricentro non `e influenzato
dal moto di S. Quindi, il moto delle singole particelle del solido C non `e influenzato dal moto
di S. Di conseguenza, la dipendenza da Ph (t), P h (t) (con h = n + 1, ..., N ) che appare nelle
(e)
Fj risultera nota, potremo conglobarla in ununica dipendenza da t e scrivere semplicemente
(e)
(e)
F j = F j (Pj , P j , t).

(1.22)

Questo continuera ad essere vero anche se Se consiste di pi


u corpi (almeno approssimativamente rigidi) C con masse M  m e momenti di inerzia molto grandi, pi
u eventualmente
altri corpi/particelle cos lontani da poter trascurare le interazioni con S. Il moto dei corpi
massicci di Se non sara in generale rettilineo uniforme, ma determinato solo dallinterazione
con corpi altrettanto o pi
u pesanti. La dipendenza funzionale (1.22), posta nel sistema di
equazioni (1.14), lo rende un sistema di 3n equazioni in 3n incognite, anziche 3N . Questa
semplificazione prende il nome di schema ristretto. Riassumendo, potremo scrivere un sistema di sole n equazioni vettoriali nelle n incognite Pj (t)
(i)
(e)
mPj = F j + F j (Pj , Pj , t)
(i)

j = 1, 2, ..., n,

(1.23)

giacche anche F j dipende solo da queste incognite. Anche R(e) dipendera solo da queste
incognite e da t, tutta la dipendenza dalle posizioni dei corpi esterni essendo conglobata
nella dipendenza da t. Assegnate le condizioni iniziali, il sistema ammettera quindi una ed
una sola soluzione (determinismo dinamico).
Applichiamo lo schema ristretto, per esempio, a sistemi S di corpi di dimensioni mediopiccole e includendo nel sistema esterno la terra ed eventualmente altri corpi celesti (sole,
luna, pianeti); oppure al sistema S dei pianeti del sistema solare, includendo il sole nel
sistema esterno.
Consideriamo un riferimento R0 con origine nel baricentro Ge di un solido ed assi orientati
verso le stelle (o le galassie) fisse. I ragionamenti prima esposti mostrano che quanto maggiore
e la massa M del solido rispetto alla massa m dei corpi con cui interagisce, tanto pi
u il suo
moto rispetto ad un riferimento inerziale R e prossimo ad un moto rettilineo uniforme,
e quindi tanto pi
u R0 si avvicina ad essere anchessa una terna inerziale. Questo spiega le
approssimazioni via via migliori di riferimenti inerziali che abbiamo indicato dopo la I Legge.
9

(e)

Se adottiamo un sistema di riferimento non inerziale R0 dobbiamo includere tra le F j


(e)
anche le forze fittizie, ed in R(e) , RO a secondo membro delle ECD anche la risultante ed il
momento risultante di queste ultime. La loro dipendenza dal tempo `e dettata dal moto di
R0 rispetto a un sistema di riferimento inerziale R.

1.5

Superamento della meccanica classica

In realta gli sviluppi successivi della fisica, la teoria della relativita e la teoria dei campi prima,
la teoria dei quanti poi, hanno invalidato lo schema precedente come teoria delluniverso. La
meccanica classica diventa compatibile con la teoria della relativit`a speciale se si sostituisce
la (1.5) con la nuova legge
mv
F = p,

p := p
,
(1.24)
1v 2 /c2
ove c ' 3108 m/sec indica la velocita della luce nel vuoto; cio`e cambia solo la definizione
di quantita di moto p della particella [ma quando v/c  1 allora p ' mv, p ' ma, e quindi
vale con ottima approssimazione la (1.5)].
Un altro punto in cui va in crisi la meccanica classica pre-relativistica `e che essa si basa
sulla propagazione istantanea delle forze a distanza. Invece qualunque segnale non puo
viaggiare a velocita superiore a quella della luce. I campi svolgono il ruolo di mediatori delle
forze tra le particelle. Ciascuna particella da un lato svolge il ruolo di sorgente di ciascun
campo nel punto dove si trova, dallaltro subisce una forza pari al campo in quel punto
moltiplicato per la carica (elettrica, o gravitazionale, etc) associata: si dice che linterazione
tra i campi e le particelle `e locale. Per esempio se la particella ha carica elettrica e, la
forza elettrica che essa subisce `e pari a eE, ove E denota il campo elettrico nel punto P
dove si trova la particella allistante t considerato; se la particella non subisce altri tipi di
forze (o queste sono trascurabili) allora F = eE, altrimenti F = eE + ..., ove nei puntini
bisogna includere le altre forze, calcolate allo stesso modo. I campi si evolvono in base a delle
equazioni alle derivate parziali, secondo cui la propagazione di variazioni dei campi avviene
alla velocit`a della luce.
Infine, nella meccanica quantistica addirittura velocita e posizione di una particella elementare (protone, elettrone,...) non sono entrambe ben definite; lo stato di una particella
elementare ad un certo t `e descritto non dalla sua posizione e dalla sua velocita, ma da una
funzione donda a valori complessi.
Noi nel seguito ignoreremo questi sviluppi.

1.6

Moto relativo al baricentro, energia cinetica, lavoro e teoremi


collegati

Dato un sistema di riferimento T = (O, e1 , e2 , e3 ) (non necessariamente inerziale) sia T 0 =


(G, e1 , e2 , e3 ) il sistema di riferimento con origine nel baricentro G di S ed assi paralleli al
primo. Indichiamo senza apice le grandezze fisiche valutate in T , con apice quelle valutate
in T 0 .
Dalla (1.17) troviamo Q0 = mv 0G = 0 (dato che v 0G = 0), che posta nella legge di
trasformazione del momento risultante al variare del polo implica che K 0O `e indipendente dal
polo O; questultimo verra percio denotato semplicemente con K 0 .
10

Proposizione 2 Detta m la massa totale del sistema, risulta


K G = K 0,

K O = K 0 + (G O) mv G .

(1.25)

Dim: La velocit
a di trascinamento dello spazio solidale a T 0 rispetto a T si riduce a v G , da cui v h = v 0h + v G
e
" n
#
n
n
X
X
X
0
(Ph G)mh v G
K G :=
(Ph G) mh v h =
(Ph G) mh v h +
h=1

h=1

h=1

K 0G + (GG) mv G = K 0 .

La (1.25)2 `e diretta conseguenza della legge di variazione del momento al variare del polo, dimostrata nel
capitolo del calcolo vettoriale. 

Definizione. Lenergia cinetica di un sistema S = {P1 , ..., Pn } di n punti materiali `e


definita da
n
1X
(1.26)
mh vh2 .
T :=
2 h=1
Teorema 1 (di Konig)
1 2
T = T 0 + mvG
,
2

(1.27)

Dim: Di nuovo v h = v 0h + v G e
T

:=

n
n
n
1X
1
1X
1X
2
mh vh2 =
mh (v 0h + v G )2 =
mh vh0 2 + mvG
+
2
2
2
2
h=1

h=1

h=1

1
1
2
2
+ mv 0G v G = T 0 + mvG
T 0 + mvG
2
2

n
X

!
mh v 0h

vG

h=1

Definizione. Data una forza F agente sul punto materiale P avente posizione P diremo
dL := F dP

(1.28)

lavoro infinitesimo (o elementare) compiuto da F in corrispondenza dello spostamento infinitesimo (o elementare) dP . Dato un sistema = {(P1 , F 1 ), ..., (Pn , F n )} di n forze applicate ad altrettanti punti di un sistema materiale S diremo
dL :=

n
X

F i dPi

(1.29)

i=1

lavoro elementare compiuto da in corrispondenza dello spostamento elementare dS =


{dP1 , ..., dPn , ...}.
Si noti che, per la definizione di lavoro elementare, dL in generale non `e la variazione
elementare di alcuna funzione di P1 , ..., Pn soltanto; perci`o per indicarlo abbiamo usato
il simbolo dL anziche dL. Quando esiste una funzione U (P1 , ..., Pn ) tale che dL = dU
in corrispondenza di un qualsiasi spostamento elementare dS, allora diremo il sistema di
forze conservativo, e chiameremo una tale U energia potenziale; U `e determinata a meno di
una costante additiva. Allora accade anche che il lavoro totale compiuto lungo ogni curva
chiusa (nello spazio delle coordinate normali) `e nullo. (Viceversa, se le forze dipendono
solo dalle posizioni ed `e nullo il lavoro totale compiuto lungo ogni curva chiusa nello spazio
11

delle coordinate normali, anche se la curva non `e contraibile ad un punto, allora esiste una
funzione U (P1 , ..., Pn ) tale che dL = dU ). Se S `e soggetto a vincoli fissi, allora U si puo
esprimere come una funzione U = U (q) delle coordinate lagrangiane.
Per le applicazioni concrete ai solidi conviene spesso utilizzare il fatto che gli spostamenti
infinitesimi dP delle particelle componenti un solido si ottengono tutti a partire dallo spostamento dO di un particolare punto solidale al solido e da un particolare vettore infinitesimo
d (angolo di rotazione infinitesimo) tramite la relazione dP = dO + d (P O). Dato
un sistema di forze agenti sui punti Pi di uno stesso solido, siccome le relazioni precedenti
varranno per ciascun Pi , avremo (utilizzando la proprieta ciclica del prodotto misto)
dL =

n
X

F i dPi =

n
X

i=1

F i [dO + d (Pi O)]

i=1

= R dO + M O d.

(1.30)

Dalla definizione di energia cinetica (1.26) e dalla seconda legge della dinamica mh ah =
(i)
(e)
F h + F h , segue
T :=

n
X

mh ah v h =

h=1

n
X

(i)
Fh

vh +

h=1

n
X

(e)

F h vh.

h=1

Moltiplicando ambo i membri per dt e osservando che dT = T dt, dPh = v h dt, si ottiene il
Teorema 2 (dellenergia cinetica). In un intervallo di tempo [t, t + dt] la variazione di
energia cinetica ed i lavori compiuti dalle forze interne ed esterne sono legati da
dT =dL(i) +dL(e) .

(1.31)

Proposizione 3 Il lavoro dL(i) delle forze interne in un corpo rigido `e nullo, e quindi
dT =dL(e) .

(1.32)

(i)

Dim: Dal III principio segue R(i) = M O = 0, che posto nella (1.30) da dL(i) = 0. 
La (1.32), valida se S `e un solido, evidentemente non `e unequazione indipendente dalle
ECD, perche queste ultime determinano completamente il moto di un solido, quindi anche
tutte le velocita e lenergia cinetica. Cio si vede anche pi`
u esplicitamente ridimostrandola:
dT := T dt =

n
X

mh ah v h dt =

h=1

n
X

!
m h ah

dO+d

h=1

n
X

mh ah dPh =

"h=1
n
X

n
X

mh ah dO+

h=1

n
X

mh ah [d(Ph O)]

h=1

#
(Ph O) h ah

ECD

(e)

= R(e) dO + d M O =dL(e) ,

h=1

Se invece S non `e un solido la (1.31) `e evidentemente indipendente dalle ECD, perche in


essa vi figurano anche le forze interne.
Nel caso che le forze esterne e quelle interne siano conservative il teorema dellenergia
cinetica diventa quello della conservazione dellenergia meccanica:
d(T + U (i) + U (e) ) = 0,

T + U (i) + U (e) = cost

d(T + U (e) ) = 0

T + U (e) = cost
12

(1.33)
se S `e rigido.

Il sistema di forze peso esercitate dalla Terra su n particelle `e conservativo: dette (xh , yh , zh )
le coordinate della particella Ph rispetto a un sistema di riferimento (O, e1 , e2 , e3 ) con e3
parallelo e discorde a g, risulta con un rapido calcolo dL = dU (e) , con
F h = mh g = mh ge3

U (e) =

n
P

mh zh g = mzG g

(1.34)

h=1

e (xG , yG , zG ) sono le coordinate del baricentro G. La coppia di forze tra due particelle P, P 0
interagenti con una legge di forza (1.7) non dipendente dalla velocita `e conservativa, con
energia potenziale U data da6 :
Z r
0

U (r) = dr0 f (r0 ) + cost.


(1.35)
F P P 0 = f (r) uP P 0 , r := kP P k
In particolare troviamo: per la legge di gravitazione universale (1.8)
U (r) = G

mm0
;
r

(1.36)

per la legge di forza elastica (o di Hook) esercitata tramite una molla ideale di lunghezza a
riposo r0 (v. Fig. 1.3)
F P P 0 = k(rr0 ) uP P 0 ,

U (r) =

k
(rr0 )2 .
2

(1.37)

La forza `e proporzionale alla deformazione della molla ed ha direzione opposta ad essa. Se

Figure 1.3:
una delle particelle, ad es. P 0 , `e vincolata a rimanere ferma, U non dipende P 0 .
Un sistema di forze tra n particelle interagenti con leggi di forza di tipo (1.35)1 `e conservativo; lenergia potenziale U si ottiene sommando quelle (1.35)2 relative a ciascuna coppia
di particelle.
Le definizioni e i risultati precedenti si applicano in particolari a spostamenti virtuali S =
{P1 , ..., Pn }, che sono particolari spostamenti elementari; dL sara corrispondentemente
6

Da r =

d
dt

(P P 0 )(P P 0 ) =

PP 0
(P P 0 )
(PP 0 )(PP 0 )

= (P P 0 ) uP P 0 segue dr = d(P P 0 ) uP P 0 e

la tesi
dL = F P P 0 dP + F P 0 P dP 0 = f (r)uP P 0 (dP dP 0 ) = f (r)uP P 0 d(P P 0 ) = f (r)dr = dU.

13

detto lavoro virtuale ed indicato con il simbolo L. In particolare, per un sistema di forze
agenti sui punti Ph di uno stesso solido varra la relazione
L = R O + M O .

(1.38)

Applichiamo il teorema dellenergia cinetica ad un solido con asse fisso r (v. figura ??
sinistra). Preso O r, e scelta una terna con x r dato che O = 0, k ~x, troviamo

Figure 1.4:
da un lato che per la (1.30) il lavoro delle forze esterne `e dato da
(e)r

L(e) = MO .
Dallaltro, siccome v O = 0 e quindi v h = (Ph O), troviamo
n

1X
1X
1X
T =
mh kv h k2 =
mh k(Ph O)k2 =
mh 2 kPh Ok2 sin2 h
2 h=1
2 h=1
2 h=1
=

1
Ir 2
2

Ir :=

n
X

mh h2

(1.39)

h=1

[h = kPhOk sin h `e la distanza del punto Ph del solido da r]; Ir `e detto momento dinerzia
e quindi T =
del solido rispetto a r, ed `e indipendente da t. Di qui T = Ir
= Ir ,
= Ir ,

T dt = Ir dt
da cui, applicando la (1.32), deriviamo lequazione del moto di
un solido con asse fisso x:
(e)x
Ir = MO .
(1.40)
(e)r
cio`e il ritmo di variazione della
A parita di MO , quanto maggiore `e Ir tanto minore `e ,
velocita angolare.

Pendolo composto
Scriviamo lequazione nel caso particolare di un solido pesante ruotante attorno ad un asse
orizzontale liscio, che scegliamo come asse ~x (v. figura ?? destra). Luniche forze esterne
sono evidentemente il sistema delle forze peso, equivalente a (G, mg), e quello delle forze
vincolari, che non compie lavoro. Indichiamo con langolo tra il piano passante per ~x
14

e verticale (e quindi fisso) ed il piano 0 passante per ~x e G (e quindi solidale al solido).


Detta d la distanza di G da ~x (la supporremo > 0), il braccio di (G, mg) rispetto a ~x risulta
evidentemente h = d sin . Quindi lequazione (1.40) diventa
= 2 sin ,

ove 2 := mg d/Ix .

(1.41)

Questa `e la stessa equazione differenziale che regola il moto di un pendolo semplice, la


pulsazione di questultimo essendo definita da 2 = g/l! In altri termini, il solido si muove
come un pendolo semplice di lunghezza l = Ix /md! Per questo motivo suole chiamarsi
pendolo composto, ed l lunghezza equivalente del pendolo composto.
Approfondimento. Se si vincola il solido pesante a ruotare non attorno a ~x ma attorno ad un asse
r k ~x posto a distanza l nel piano G~x , 2 non cambia (reversibilit
a del pendolo composto)! Per dimostrarlo
basta usare il teorema di Steiner-Huygens. Cio suggerisce un metodo per misurare g con grande precisione
senza bisogno di misurare Ix , semplicemente da g = 2 l. Si osservi innanzitutto che le frequenze si
possono misurare con grande precisione pur di disporre di un tempo sufficiente per contare tanti periodi.
Si pu
o inoltre determinare con grande precisione lasse r0 k ~x che da lo stesso periodo per approssimazioni
successive, spostandolo con metodi micrometrici.
0

Moto di puro rotolamento di un cilindro pesante su un piano inclinato


` facile calcolare che il momento di inerzia Ir di un cilindro omogeneo di massa m e raggio R
E
rispetto al suo asse di simmetria r `e Ir = mR2 /2. Con riferimento alla figura 1.5, rispetto a
2
= R2 2 ,
T 0 il moto appare di rotazione attorno a r, quindi T 0 = 21 Ir 2 = m4 R2 2 . Inoltre vG
3m
2
2
2
zG
= vG
sin2 = sin2 R2 2 . Quindi applicando (1.27) troviamo T = 43 mR2 2 = 4 sin
G
.
2 z
(e)
Daltro canto, U = mgzG a meno di una costante additiva. Applicando (1.33) troviamo
E := T + U (e) =

3m 2
z + mgzG = cost,
4 sin2 G

(1.42)

cio`e lenergia meccanica E `e costante; il valore di E si puo determinare utilizzando i valori


z
di zG , zG . Derivando rispetto a t troviamo
iniziali zG0 , vG0


3
mzG
zG + g = 0,
(1.43)
2 sin2
che deve essere verificata assieme alla (1.42). La (1.43) `e soddisfatta per ogni t se lespressione
in parentesi tonda `e identicamente nulla, ossia se
zG =

2 sin 2
g,
3

zG =

sin 2 2
z
g t + vG0
t + zG0 ,
3

(1.44)

cio`e il moto `e uniformemente accelerato; inoltre per ogni valore di E la (1.42) ci permette di
ricavare zG in funzione di zG , o viceversa.

1.7

Forze attive e reazioni vincolari. Forze dattrito

La forza peso (1.34), quella gravitazionale (1.8), quella elastica (1.37) e pi


u in generale una
forza (1.7) sono esempi di forze attive, nel senso seguente:
15

Figure 1.5:
Diremo attive tutte le forze la cui legge di forza `e completamente nota, cio`e le forze che
sono completamente note come funzioni del tempo, delle variabili posizione, velocita, etc.,
dei punti materiali tra cui si esercitano.
Macroscopicamente constatiamo limpenetrabilita dei corpi. Corpi a contatto esercitano
quindi luno sullaltro opportune forze che diremo di contatto. Come accade per una molla,
esse crescono con - e si oppongono a - le loro deformazioni nelle zone di contatto, con una
legge simile alla (1.37). Per molti corpi in condizioni ordinarie, per esempio una biglia ed
un tavolo a contatto, la costante k `e cos grande che conseguentemente le deformazioni
sono cos piccole da non essere macroscopicamente osservabili. Diremo questi corpi rigidi, e
ignoreremo le deformazioni. Come abbiamo gia visto nella cinematica, limpenetrabilita dei
corpi si formula allora come delle condizioni, o vincoli, sotto forma di equazioni o disequazioni,
sulle posizioni/moti dei punti dei corpi. Semplificheremo cos enormemente la descrizione
del loro stato di quiete o di moto (basteranno 6 coordinate per ogni solido, o anche meno se
questo `e soggetto a dei vincoli bilaterali). Tuttavia le forze che esercitano questi corpi rigidi,
che chiameremo reazioni vincolari, non si potranno pi
u esprimere in funzione delle coordinate;
le leggi di forza saranno solo parzialmente rimpiazzate dalle leggi dattrito nel caso di vincoli
di appoggio/appartenenza ad una superficie (v. pi
u avanti). Potremo determinare in modo
completo le reazioni vincolari solo contestualmente alla risoluzione delle equazioni del moto
(o dellequilibrio) dei corpi coinvolti, sfruttando linformazione contenuta nelle equazioni o
disequazioni dei vincoli. In altri termini, solo mettendo a sistema tutte le relazioni a primo
membro si possono determinare le incognite a secondo membro:


equazioni del moto
moto (incluso il caso della quiete)
risoluzione
(dis)equazioni dei vincoli
=
reazioni vincolari.

(eventualmente) leggi dattrito


(1.45)
Reazioni vincolari su un punto materiale
Per un punto materiale P lesempio pi
u semplice di vincolo `e che la sua posizione P (t)
rimanga fissa in un certo punto P0 E3 come in Figura 1.7 sinistra, che si scrive P (t) P0 .
Considereremo anche il caso di un punto materiale P vincolato a non oltrepassare una
superficie (vincolo di appoggio: esempio di vincolo unilaterale), o a rimanervi su (vincolo
di appartenenza: esempio di vincolo bilaterale). Il vincolo di appartenenza si puo realizzare
come una sottile intercapedine come in Figura 1.6 destra. Per es., per la biglia sul tavolo
16

il vincolo di appoggio `e zP (t) 0 t (v. Fig. 1.6 sinistra). Il vincolo che P rimanga su

Figure 1.6:
una curva di si puo pensare come un vincolo di appartenenza a due superfici, aventi per
intersezione la curva. Chiamiamo , F rispettivamente la reazione vincolare e la risultante
delle forze attive cui `e soggetto. La II legge da

0
statica,
F +=
(1.46)
dinamica.
maP
1. Vincolo di punto fisso P (t) P0 . V. Fig. 1.7 sinistra. In questo caso il moto `e gia
noto; aP = P = 0 e la (1.46) da = F : Lo schema (1.45) e verificato.
2. Vincolo di appoggio ad una superficie (`e unilaterale). Siano n la normale esterna alla

Figure 1.7:
superficie nel punto di contatto P , = N +A la decomposizione della reazione vincolare
nelle componenti N , A normale e tangenziale alla superficie in P , v. Fig. 1.7 destra.
Risulta N n 0 (N diretto verso lesterno) e inoltre
legge dattrito statica:
legge dattrito dinamica:

A fs N
v
A = fd N P .
vP

(1.47)
(1.48)

fs , fd 0, sono detti coefficienti di attrito statico, dinamico e dipendono dalla natura


delle superfici a contatto, con fs > fd se fd > 0. Indichiamo anche con F n , F t i
componenti di F normale e tangenziale alla superficie in P .
Mettendo assieme le relazioni precedenti si potranno determinare (per assegnate condizioni iniziali) sia le 3 incognite xiP (t), sia le 3 incognite i :
17

Caso statico Se inizialmente P `e in P con velocita v P = 0, rimarra fermo se `e


soddisfatta (1.47) o, equivalentemente [poiche la (1.46) implica N = F n , A =
F t , da cui A = Ft , N = Fn ] se
Fn n 0

F t fs F n ;

(1.49)

ove abbiamo indicato con F n , F t i componenti di F normale e tangenziale alla


superficie; in questo caso risulta
= F .

(1.50)

Riassumendo, se `e soddisfatta (1.49) allora P (t) = cost (P rimane fermo) e `e


determinato dalla (1.50): lo schema (1.45) e nuovamente verificato.
Caso dinamico. Se inizialmente v P 6= 0, oppure v P = 0 ma (1.49) non `e soddisfatta, abbiamo ugualmente a disposizione 6 equazioni per determinare completamente le 6 incognite xiP (t), i (t). Se a t = 0 v P ha direzione non tangente alla
superficie e verso esterno, allora il punto si stacca dalla superficie, si annulla
per t > 0, e lequazione da risolvere si riduce a quella F = maP di una particella
libera. Se la superficie `e piana e a t = 0 v P `e tangente ad essa, proiettando (1.46)
su n troviamo ancora N = F n , che implica N = Fn , che sostituita nella (1.48)
v
da A = fd Fn vPP . Sostituendo questultima nella componente tangenziale della
(1.46) si ottiene unequazione che determina il moto del punto lungo il piano. Se
la superficie non `e piana, proiettando (1.46) su n troviamo N = F n + man ,
v2
ove an = Rp n `e laccelerazione centripeta, ed R `e il raggio di curvatura della
superficie nella posizione del punto. Sostituendo N nella (1.48) ed il risultato
nella componente tangenziale della (1.46) di nuovo si ottiene unequazione che
determina il moto del punto lungo il piano. Nel caso che ad un certo istante t1
v P (t1 ) = 0,da t1 si ricade nel caso statico.
3. Vincolo di appartenenza ad una superficie (`e bilaterale; v. Fig. 1.8 sinistra)
V. Fig. 1.8 sinistra). N n `e di segno arbitrario. Le (1.47), (1.48),(1.51) valgono come
prima. Di nuovo, mettendo assieme le relazioni precedenti si potranno determinare
(per assegnate condizioni iniziali) sia le 3 incognite xiP (t), sia le 3 incognite i .
4. Vincolo di appartenenza ad una curva (`e bilaterale; v. Fig. 1.8 destra) Ora si conosce
a priori la direzione di A k t (ove t `e il versore tangente a in P ), ma non di N t!
Inoltre sara v P k t. Le (1.47), (1.48) (1.51) valgono come prima. Di nuovo, mettendo
assieme le relazioni precedenti si potranno determinare (per assegnate condizioni iniziali) sia le 3 incognite xiP (t), sia le 3 incognite i .
Da (1.50)4 segue che la forza dattrito statica massima `e Amax
statica = fs Fn , mentre da quanto
detto segue che la forza dattrito dinamica `e Adinamica = fd Fn . Sperimentalmente risulta
fd Fn = Adinamica Amax
statica = fs Fn

fd < fs ;

(1.51)

la spiegazione microscopica intuitiva `e: nel caso statico le scabrosita delle due superfici a
contatto si incastrano. La (1.51) spiega per esempio perche la frenata di un auto `e pi
u
efficace se la ruota rotola sulla strada senza strisciare.
18

Figure 1.8:
` possibile dare una rappresentazione grafica delle leggi dattrito (1.47), (1.49), (1.48) con i
E
cosiddetti coni dattrito (v. Fig. 1.9): Nel caso di vincolo di appoggio o appartenenza a
una superficie,
caso statico:
caso dinamico:

Ft
A
=
= tg fs

s := arctanfs
N
Fn
A
= tg = fd

d := arctanfd
N

(1.52)
(1.53)

Quindi nel caso statico = F `e interno al cono statico, pi


u precisamente alla sua falda
u precisamente
esterna nel caso unilaterale. Nel caso dinamico giace sul cono dinamico, pi
sulla sua falda esterna nel caso unilaterale (v. Fig. 1.9). Nel caso di vincolo di appartenenza
ad una curva potremmo introdurre coni con asse t.

Figure 1.9:
Definizione. Diremo vincoli lisci quelli per cui fs = fd = 0, scabri gli altri.
Per i vincoli lisci appena visti risulta quindi A = 0, = N superficie/curva vincolare.
Ovviamente i vincoli lisci sono unidealizzazione, cui ci si puo avvicinare levigando opportunamente le superfici di contatto. Se le forze attive agenti su P sono conservative con energia
19

potenziale U (a) , la variazione dellenergia meccanica E = T + U (a) nellintervallo temporale


[t, t+dt] `e data da
dE = dT + dU (a) =dL(v) .
(1.54)
Il lavoro dL(v) compiuto da in [t, t+dt] se P si sposta lungo la superficie/curva vincolare `e
dL(v) = dP = A vdt = N fd |v|dt 0.

(1.55)

(N dP = 0 perche N v). Conseguentemente, risulta sempre dE 0, e dE < 0 se i


vincoli sono scabri e v, N 6= 0 (se sono assenti forze attive queste diventano risp. dT 0, e
dT < 0). Percio le reazioni di vincoli scabri sono dissipative.

1.8

Vincoli ideali e caratterizzazione dei vincoli lisci: il PRV

Indichiamo di seguito con (v) il sistema delle forze vincolari agenti su S, con L(v) il lavoro
virtuale compiuto dal sistema delle forze vincolari in corrispondenza di S.
Definizione. Diremo ideale un vincolo che puo esplicare tutte e sole le reazioni vincolari
soddisfacenti la condizione
L(v) 0
S.
(1.56)
Ricordando la definizione di spostamenti (ir)reversibili, la relazione precedente implica
L(v) = 0
L(v) > 0

se S `e reversibile
solo se S `e irreversibile

(1.57)
(1.58)

Ricordando che, se i vincoli sono bilaterali, tutti gli spostamenti sono reversibili, troviamo
che in questo caso L(v) =dL(v) = 0 S.
La (1.56) `e facilmente verificabile dal punto di vista sperimentale per accertare che un
vincolo sia ideale: dopo averlo reso fisso (in modo che spostamenti virtuali e spostamenti
compatibili coi vincoli coincidano) e aver applicato solo forze attive conservative (in particolare, nulle) basta verificare che le variazioni E a partire da una qualunque posizione
iniziale non siano mai negative; per la (1.54) risultera allora L(v) 0 per ogni S (L(v) = 0
per ogni S reversibile). Basta effettuare questa verifica per velocita iniziali dirette in n
direzioni indipendenti (n =grado di liberta), poiche, in termini di coordinate lagrangiane
n
P
Pi
q h e
q = (q 1 , ...q n ) risulta Pi =
q h
h=1

L(v) =

N
X
i=1

(v)

Ri Pi =

n
X

Qh q h ,

Qh :=

N
X
i=1

h=1

(v)

Ri

Pi
.
q h

Principio delle reazioni vincolari (PRV). I vincoli lisci sono ideali.


Dimostriamo il PRV innanzitutto per S = {P} e i vincoli considerati nella sezione 1.7:
1. Vincolo di appoggio ad una superficie . L(v) = P = || |P | cos . in
P implica /2, che implica L(v) 0 (v. Fig. 1.10 sinistra). Vale anche il
viceversa: supposto L(v) 0, se non fosse potremmo trovare uno spostamento
20

virtuale P 0 tale che L(v) < 0, contro lipotesi (v. Fig. 1.10 centro). Si noti che per
il dP in Fig. 1.10 destra (compatibile con il vincolo mobile, ma non come se questo
fosse fisso) risulta dL(v) < 0; cioe solo il lavoro virtuale, non necessariamente anche
quello effettivo, delle forze vincolari di vincoli lisci soddisfa la (1.56). Questo illustra
limportanza di aver definito gli spostamenti virtuali, nel caso di vincoli mobili, come
quelli compatibili con i vincoli come se fossero fissi.
2. Vincolo di appartenenza ad una superficie/curva. P `e reversibile, =

e L(v) = 0.

Figure 1.10:
Nel caso di 2 solidi a contatto in uno o pi
u punti delle loro superfici esterne si applicano
le considerazioni precedenti a ciascuno dei punti a contatto.
La caratterizzazione (1.56) vale anche se i vincoli lisci sono interni, cio`e vincolano tra loro
due o pi
u corpi di S. Lo dimostriamo solo nel caso di due corpi C1 , C2 di S (di cui almeno uno,
diciamo C1 , sia un solido, mentre C2 potrebbe anche essere anche un punto materiale isolato)
inizialmente a contatto, cio`e le posizioni P1 , P2 di una particella di C1 e di una di C2 coincidono
(P1 = P2 ), e chiamiamo R1 , R2 le reazioni vincolari esercitate su P1 , P2 rispettivamente da
u ) uno dei
C2 , C1 . Per il III principio R1 + R2 = 0. Se li prendiamo singolarmente, (al pi`
(v)
due contributi R1 P1 , R2 P2 a L potrebbe essere negativo, perch`e potrebbe essere
ottuso langolo tra i vettori corrispondente (per esempio, nella Fig. 1.11 risulta R1 P1 < 0).
Mostriamo tuttavia che la loro somma non `e mai negativa, in accordo con il PRV; il punto
`e che, per costituire uno spostamento virtuale, P1 , P2 non sono indipendenti, ma sono
adattati luno allaltro.

Figure 1.11:

21

Consideriamo il moto nel sistema di riferimento fisso T = (Oxyz) e in quello T 0 =


(O x y z ) solidale a C1 . Per la formula dei moti relativi
0 0 0 0

v 2 = v 02 + v 1

dP2 = dP20 + dP1

P2 = P20 + P1

(v 1 gioca il ruolo di velocita di trascinamento), v. Fig. 1.11. Il contributo di R1 , R2 al lavoro


virtuale L(v) totale sara
III

(v)

L12 = R1 P1 + R2 P2 = (R1 + R2 ) P1 + R2 P20 = R2 P20 0


La disuguaglianza vale perche nel moto relativo a C1 questultimo appare come vincolo fisso.
Quindi il corrispondente lavoro virtuale soddisfera anche in questo caso alla caratterizzazione
(1.56), come volevamo dimostrare.
Nella sezione successiva dimostreremo il PRV per una classe di vincoli su un solido C
adottati comunemente in scienza delle costruzioni e delle macchine. Poi, giustificati da questi
esempi e dal fatto che sperimentalmente non `e mai stato sconfessato per alcun vincolo liscio,
adotteremo il PRV come un Principio (Legge) fondamentale, al pari di quelle di Newton o
delle equazioni cardinali.
Esistono anche vincoli ideali che non sono lisci, come il vincolo di puro rotolamento di un
cilindro su un piano scabro: siccome le velocita, e quindi gli spostamenti virtuali, dei punti
di contatto sono nulli, allora in base alla (1.55)1 `e soddisfatta (1.57), e quindi anche (1.56).

22

Analisi cinematica e dinamica di alcuni vincoli olonomi, esterni applicati ad un


solido
Indichiamo con s il numero di equazioni indipendenti corrispondenti ad un vincolo, con n il
grado di liberta del solido C soggetto (solo a) quel vincolo, con C il suo centro istantaneo di
rotazione (nel caso di moto rigido piano), con (a) , (v) i sistemi delle forze rispettivamente
(a)
(v)
attive o vincolari su C, con R(a) , R(v) le loro risultanti, con M O , M O i loro momenti risultanti
rispetto ad un polo O. Le ECDC sono
R(e) = R(a) + R(v) = maG ,

(e)

(a)

(v)

A + (GA) mv G . (1.59)
MA = MA + MA = K

Se C `e in equilibrio (caso statico) i secondi membri sono nulli e queste si riducono alle ECSC
(e)

R(e) = R(a) + R(v) = 0,

(a)

(v)

M A = M A + M A = 0,
(v)

(1.60)

(a)

che permettono di ricavare immediatamente R(v) , M A note R(a) , M A . Se (a) `e contenuto


(a)
nel piano , (a) , sara R(a) k , M A se scelgo A , e per le (1.60) anche R(v) k ,
(v)
M A . Sceglieremo il sistema di riferimento (Oxyz) sempre col piano Oxy coincidente col
piano del foglio.
1. Incastro. (Vincolo bilaterale; v. Fig. 1.12 sinistra) s = 6, A = 0, = 0: n = 0.
C P P E3 . In generale,
(v)

(v) {(A, R(v) )+coppia di momento M A }.

Figure 1.12:
2. Cerniera sferica. (Vincolo bilaterale; v. Fig. 1.12 destra) s = 3, A = 0,
qualsiasi: n = 3. Lasse istantaneo di rotazione At passa sempre per A. Se la
cerniera `e perfettamente liscia, la reazione vincolare esplicata in ogni punto di contatto
dalla cavita sul pomo sferico (o viceversa) `e normale alla superficie sferica, e quindi
(v)
concorre nel suo centro A; quindi M A = 0 e, in generale,
(v) {(A, R(v) )}.
Tutti i vincoli che seguono vincolano il solido a muoversi di moto piano, o vanno intesi
nel senso di agire sul solido C gia vincolato, con altri vincoli, a muoversi di moto piano
nel piano del foglio (quindi al massimo n = 3).
23

3. Cerniera cilindrica. (Vincolo bilaterale; lo rappresentiamo come in Fig. 1.13 sinistra) s = 5 nello spazio, s = 2 se C `e gia vincolato a muoversi di moto piano. Lasse
istantaneo di rotazione At coincide con lasse della cerniera, che in Figura 1.13 destra
`e . C = A = At , A = 0, k ~z n = 1.
Se la cerniera `e perfettamente liscia, la reazione vincolare esplicata in ogni punto di
contatto dalla cavita cilindrica sul cilindro interno (o viceversa) `e normale alla superficie
cilindrica (v. Fig. 1.12 destra intendendo A un punto dellasse ), e cio`e concorre
(v)
sullasse At ; quindi MA z = 0 e, in generale,
(v)

(v) {(A, R(v) ) + coppia di momento M A k }.


(v)

Se (a) `e contenuto nel piano allora deve essere M A ; quindi la cerniera esercita
(v)
un momento nullo, M A = 0, e la relazione precedente si semplifica in
(v) {(A, R(v) )},

con R(v)z = 0.

(1.61)

4. Carrello. (Vincolo unilaterale; lo rappresentiamo come in Fig. 1.13 destra). Detto


anche appoggio scorrevole. Si suppone che il solido sia gia vincolato in altro modo a
muoversi di moto piano k . s = 0. Quindi k ~z, zA = 0, yA 0, xA qualsiasi:
se yA = 0 allora yA 0; inoltre z qualsiasi. n = 3. C a se lo spostamento
virtuale `e reversibile. Se le varie parti ruotanti del carrello sono perfettamente lisce e
x
z
=0
= RA
(a) , partendo dal risultato precedente si trova facilmente che RA
y
(v) {(A, RA
j)},

con

y
RA
0.

Figure 1.13:
5. Due Carrelli in opposizione. (Vincolo bilaterale). s = 1, yA = yA = 0 altrimenti
y
tutto come per il vincolo precedente, ma RA
, essendo somma di due contributi di segno
opposto, puo assumere entrambi i segni.
6. Pendolo. (Vincolo bilaterale; lo rappresentiamo come in Fig. 1.14 sinistra). s =
4 nello spazio, s = 1 se C `e gia vincolato a muoversi di moto piano. La distanza
kA Bk =costante. A k e a ( per il teorema di Chasles C a); k ~z
n = 2.
24

Supponiamo (a) , e diciamo RA , RB rispettivamente le reazioni del solido sullasta


del pendolo in A e della base sullasta del pendolo in B. Se le cerniere in A, B sono
perfettamente lisce, vale per entrambe la (1.61), da cui, applicando al pendolo le ECS
(e) z

0 = MA

0 = R(e) = RA + RB ,

= [(B A) RB ]z

troviamo RA = RB k (BA) k a. Ma per il principio di azione e reazione R(v) = RA


quindi, riassumendo,
(v) {(A, R(v) )},

con R(v) k a.

(1.62)

Figure 1.14:

7. Bipendolo. (Due pendoli in serie. Vincolo bilaterale; lo rappresentiamo come in


Fig. 1.14 destra). s = 3 nello spazio. Lo citiamo solo come esempio di dispositivo
che vincola il solido a muoversi di moto rigido piano, in un piano perpendicolare alla
direzione degli assi delle cerniere, senza esplicare ulteriori vincoli (eccetto che A, C non
possono allontanarsi pi
u della somma delle lunghezze dei due pendoli).
8. Doppio pendolo. (vincolo bilaterale; lo rappresentiamo come in Fig. 1.15 sinistra).
s = 5 nello spazio, s = 2 se C `e gia vincolato a muoversi di moto piano. I due pendoli
vincolano ABDC ad essere un parallelogramma e quindi impongono AD k BC,
= 0; inoltre come nel caso del pendolo A k e a: n = 1. In altri termini
il solido puo muoversi solo di moto (piano) traslatorio, ed istante per istante P E3
P = A k e a, e il centro istantaneo di rotazione `e un punto improprio C , la
direzione di a.
Supponiamo (a) e le cerniere in A, B, C, D perfettamente lisce. Dalla composizione delle sollecitazioni dei due pendoli, che soddisfano la (1.62), troviamo
(v)

(v) {(A, R(v) ) + coppia di momento M A },

25

con R(v) k a,

(v)

M A .

(1.63)

Figure 1.15:
9. Doppio doppio pendolo. (vincolo bilaterale; lo rappresentiamo come in Fig. 1.15
destra). s = 4 nello spazio, s = 1 se C `e gia vincolato a muoversi di moto piano.
Applicando i risultati precedenti ai due doppi pendoli troviamo che esso impone AD k
F E, = 0, mentre A k : n = 2. In altri termini il solido puo muoversi
solo di moto (piano) traslatorio in una qualsiasi direzione k (almeno finche A, F
hanno raggiunto la distanza massima possibile, somma delle lunghezze dei pendoli AB
e BF ), e il centro istantaneo di rotazione `e un punto improprio, una direzione k
(quale, dipende dal particolare atto di moto).
Supponiamo (a) e le cerniere in A, B, D, C perfettamente lisce. Applichiamo la
IECS alla base BC. Dette R1 , R2 risp. le reazioni su BC dei doppi pendoli ABCD e
BCEF , risulta
0 = R(e) = R1 + R2 ,
ma R1 k (A B), R2 k (B F ) (A B), e quindi necessariemente deve essere
R1 = R2 = 0, affinche sia soddisfatta lequazione precedente. Osservando che per la
IECS applicata a ABCD, R(v) = R1 = 0, troviamo infine
(v)

(v) {coppia di momento M A }.


Per tutti i vincoli lisci sopra considerati `e immediato verificare la caratterizzazione (1.56),
applicando la formula (1.38),
(v)

L(v) = R(v) O + M O .

(1.38)

Viceversa, possiamo utilizzare la (1.38) assieme alla concisissima (1.56) come regola mnemonica per determinare la pi
u generale (v) esplicabile da un vincolo liscio.
Riassumiamo il numero s di gradi di libert
a sottratti dai vincoli sopra illustrati:

26

s=
nello spazio
Incastro
6
Cerniera sferica
3
Cerniera cilindrica
5
Pendolo
4
Bipendolo
3
Carrello
Due carrelli in opposizione
4
Doppio pendolo
5
Doppio doppio pendolo
4

27

nel piano
3
2
2
1
0
0
1
2
1

Statica

La Statica `e quella parte della meccanica che si occupa di studiare lequilibrio dei sistemi materiali (cio`e dei sistemi di corpi) in relazione alle forze a cui sono soggetti. Qui ci limiteremo
a considerare sistemi materiali S costituiti da punti materiali isolati e/o corpi rigidi.
Una configurazione S0 di S rispetto ad un sistema di riferimento T si dice di equilibrio se
rispetto a T tutti i costituenti di S rimangono indefinitamente in quiete in S0 , qualora S sia
posto nella configurazione S0 con atto di moto nullo allistante iniziale t0 , o equivalentemente
se S(t) S0 `e soluzione delle equazioni del moto.

2.1

Scopi della statica dei punti e solidi vincolati

Essi sono:
1. La ricerca dellequilibrio, cio`e: 1.1) la ricerca di configurazioni di equilibrio per date
forze attive; 1.2) la ricerca di forze attive che rendano una data configurazione di
equilibrio.
2. Il calcolo delle reazioni vincolari allequilibrio.
Li illustriamo innanzitutto nel caso di un punto materiale P soggetto ad una forza
costante verticale F posto al di sopra della superficie liscia in Fig. 2.1 e vincolato a non
oltrepassarla:

Figure 2.1:
Per quanto riguarda lo scopo 1., `e chiaro che posizioni di equilibrio esisteranno solo se
F `e diretto verso il basso (come nel caso che F = mg sia la forza peso), e che, per quanto
detto al paragrafo precedente, le posizioni di equilibrio sono solo P1 , P2 , P3 (solo P1 , P2 di
equilibrio stabile). Per quanto riguarda lo scopo 2., la reazione vincolare in P1 , P2 , P3 sara
= F per la II legge della dinamica.
Nel caso che P sia incastrato ad un vincolo in posizione P0 , lobiettivo 1. `e banale (P0
`e evidentemente di equilibrio), mentre per quanto riguarda lo scopo 2. dalla II legge della
dinamica seguira ancora = F .

28

2.2

Le Equazioni Cardinali della Statica (ECS)

Consideriamo un sistema S di punti materiali e corpi rigidi, sottoposto a forze esterne (cio`e
esercitate da corpi esterni a S) ed interne (cio`e esercitate tra i vari corpi di S). Alcune di
queste potranno essere vincolari.

Figure 2.2:
Nellipotesi che S sia in una configurazione S0 di equilibrio, applicando le ECD (1.15) a
un suo qualunque sottosistema S 0 S e osservando che aj = 0 per ogni j, troviamo la
Proposizione 4 Condizione necessaria affinche una certa configurazione S0 rispetto a T
sia di equilibrio per S `e che sia equivalente a zero il sistema (e) delle forze esterne (valutate
in corrispondenza di questa configurazione e di atto di moto nullo) applicate ad ogni sua
(e)
parte S 0 S (in particolare a S stesso), cio`e che, detti R(e) , M O la risultante e il momento
risultante di (e) rispetto ad un qualunque polo O, valgano le due Equazioni Cardinali
della Statica
S 0 S

R(e) = R(a) + R(v) = 0


(e)
(a)
(v)
MO = MO + MO = 0

I ECSS 0
.
II ECS.S 0

(2.1)

Qui abbiamo anche scomposto il sistema (e) nei due sottosistemi (a) , (v) delle forze esterne
(a)
(v)
agenti su S 0 S rispettivamente attive e vincolari, ed indicato con R(a) , M O , R(v) , M O le
loro risultanti e i loro momenti risultanti rispetto ad O.
Sottolineiamo che tra le forze esterne agenti su S 0 ci sono anche quelle esercitate da S S 0 ,
e inoltre quelle fittizie (forza di trascinamento, forza centrifuga, forza di Coriolis) se T `e non
inerziale.
` chiaro che linsieme delle (2.1) ottenuto al variare di tutti gli S 0 S `e anche suffiE
ciente a garantire lequilibrio di S, ammettendo che le leggi delle forze agenti su tutte le
29

particelle costituenti siano sufficientemente regolari da garantire lunicita della soluzione del
problema di Cauchy associato a (1.12). Infatti, tra i vari sottosistemi S 0 ci sono i sottosistemi
Sj = {Pj } per cui le ECD si riducono alle equazioni della dinamica. In realta, poich`e per
ipotesi S `e costituito solo da un numero finito di corpi rigidi e punti materiali isolati, per
garantire lequilibrio di S basta un numero molto minore di equazioni, pari al numero totale
di coordinate normali di S.
Proposizione 5 Un sottosistema di equazioni sufficienti a garantire lequilibrio di tutto S
`e per esempio costituito dalle (2.1)1 per tutti i punti materiali isolati di S e da entrambe le
(2.1) per tutti i solidi di S. Altri sottosistemi si possono ottenere da questo applicando (una
o pi
u volte) lequivalenza (1.20).
Che le due ECS per S 0 = C siano sufficienti a garantire lequilibrio di un solido C `e
conseguenza dellunicita della soluzione delle ECD per C, che mostreremo pi
u avanti, nelle
gia menzionate ipotesi di regolarita delle leggi delle forze agenti su esso.
Daltro canto, le applicazioni delle ECS a parti di un solido (come S nella Fig. 2.2) ci
daranno informazioni sulle forze (interne) tra le parti del solido, come vedremo per esempio
a proposito del cosiddetto metodo di Ritter.

2.3

Il principio dei lavori virtuali

Una condizione alternativa per lequilibrio di un sistema di solidi e/o punti materiali isolati
soggetti a vincoli fissi `e il cosiddetto principio dei lavori virtuali. Supponiamo che S sia
costituito da M solidi, che denoteremo Ci con i = 1, 2, ..., M , e N punti materiali isolati, che
denoteremo Pi con i = M+1, ..., M+N . Come gia detto, soddisfare il sistema delle 2M (2.1)
per S 0 = Ci e delle N (2.1)1
(e)

(a)

(v)

Ri = Ri + Ri = 0
(e)
(a)
(v)
M Pi = M Pi + M Pi = 0

I ECSi
II ECSi .

i = 1, 2, ..., M +N
i = 1, 2, ..., M

(2.2)

`e condizione necessaria e sufficiente per lequilibrio di S in una certa configurazione S0 ; qui


Pi denota, per i = 1, 2, ..., M , un punto dello spazio solidale a Ci , la posizione di Pi per
i = M + 1, ..., M + N . Moltiplicando scalarmente la prima per Pi e la seconda per i e
sommando su i troviamo
(a)

L +L

(v)

= L

(e)

N+M
X
i=1

(e)
Ri Pi +

N
X
(e)
M Pi i = 0

L(a) = L(v)

S da S0 ;

i=1

da cui, ricordando la (1.56), abbiamo dimostrato la necessita nel


Principio dei lavori virtuali (PLV)
Sia S un sistema di solidi e/o punti materiali isolati soggetto a vincoli fissi e ideali (in
particolare, lisci) ed a date forze attive. Condizione necessaria e sufficiente affinche una
certa configurazione S0 di sia di equilibrio `e che
L(a) 0

S,
30

(2.3)

con S spostamento virtuale a partire da S0 ; L(a) denota il corrispondente lavoro virtuale


compiuto dalle forze attive (per atto di moto nullo).
Dimostrazione della sufficienza:
Consideriamo un sistema di vettori applicati del tipo
o
n
= (P1 , 1 ), ..., (PM+N , M+N ), coppia di mom. M 1 su C1 , ..., coppia di mom. M M su CM
def

(a)

def

(a)

(con dimensione di forze) definiti dalle condizioni i = Ri , M i = M Pi . Con un rapido calcolo simile
a prima si trova che il lavoro compiuto da in corrispondenza di S `e L = L(a) , che per la (2.3) `e
0 per ogni S a partire da S0 ; allora in virt
u della definizione di vincoli ideali (1.56) `e un sistema di
(v)
(a)
(v)
(a)
(v)

reazioni esplicabili dai vincoli, = , cio`e Ri = i = Ri , M Pi = M i = M Pi , da cui seguono le


ECS (2.2) e quindi lequilibrio di S.

Dalla (2.3) segue immediatamente il seguente Corollario


L(a) = 0
L(a) < 0

se S `e reversibile
solo se S `e irreversibile

(2.4)
(2.5)

Ricordando che, se i vincoli sono bilaterali, tutti gli spostamenti sono reversibili, troviamo
che in questo caso L(a) = 0 S.
Il PLV dice in modo generale un fatto molto intuitivo: se in una configurazione S0 i
vincoli consentono al sistema di muoversi solo in una direzione che contrasta quella in cui lo
spingerebbero a muoversi le forze attive, allora S0 `e di equilibrio. Nellesempio della sezione
2.1, le posizioni P1 , P2 , P3 sono di equilibrio perche la superficie vincolare consente a P di
muoversi solo in una direzione che forma un angolo retto o ottuso con direzione e verso della
forza peso.
La particolare importanza del PLV deriva dal fatto che: 1) da delle condizioni di equilibrio
pure, cio`e in esse non compaiono le incognite reazioni vincolari; 2) le potro formulare di volta
in volta nelle coordinate (lagrangiane) pi
u opportune.
Nel caso di vincoli scabri la (2.3) `e comunque importante, perche fornisce una condizione
sufficiente, anche se non necessaria, affinche S0 sia di equilibrio. Infatti, una reazione esplicabile da vincoli lisci (per es. a vincolo=superficie) `e esplicabile anche da vincoli scabri.
Adottare anche per vincoli scabri una tale configurazione quale configurazione di equilibrio
gioca a favore della sua stabilita; nella scienza delle costruzioni cio si traduce in una maggior
sicurezza. In presenza di vincoli scabri esistono poi in generale anche altre configurazioni di
equilibrio di interesse. Nellesempio della sezione 2.1, le posizioni di equilibrio formano interi
intorni di P1 , P2 , P3 ; nel caso di una scala carica, appoggiata ad una parete e un pavimento
scabro (v. Fig.2.3), non esisterebbero posizioni di equilibrio non verticale ne orizzontale se
essi fossero lisci.

31

Figure 2.3:

2.4

Prime applicazioni di ECS e PLV a sistemi articolati piani

Si dice trave un solido con due dimensioni trascurabili rispetto alla terza, e quindi schematizzabile con una curva, in particolare asta un solido schematizzabile con un segmento.
2.4.1

Trave incastrata

Figure 2.4:
Il numero di gradi di liberta `e n = 0. Quindi la posizione indicata in Fig. 2.4 `e sicuramente di equilibrio qualsiasi siano le forze attive applicate. Come visto, (v) {(A, RA ) +
z
= 0 = MAx = MAy .
coppia di momento M A }. La IIECS z e le IECS x , IECS y implicano RA
y
x
, RA
, MAz . Le ECS applicate alla trave danno:
Problema: calcolare RA

2
x
x
I su x:
RA
F 2
=0

RA
=F
2
y
I su y:
RA
F f =0

Ry = F + f
A
2
II su z, polo A:
MAz f l + F 2
l F 4l = 0

MAz = (f + 3F )l
2
2.4.2

Trave appoggiata

y
n = 1, (v) {(A, RA ), (B, RB
j)}. Le ECS applicate alla trave danno:

I su x:

2
x
RA
+F
=0
2

II su z, polo A:

x
RA
= F

2
y
F
l + 2f l + RB
3l = 0
2
32

2
2

y
RB

1
2
= (F
2f )
3
2

Figure 2.5:

I su y:

y
y
RA
+ RB
F

2
+f =0
2

1
y
RA
= (F 2 f )
3

y
La condizione che il vincolo in B `e unilaterale, RB
0, si traduce quindi nella condizione
di equilibrio

(2.6)
F 2 2f,

che dice che F deve essere sufficientemente grande in rapporto a f , come `e intuitivo aspettarsi. Se essa `e soddisfatta, la trave e in equilibrio e le reazioni vincolari sono quelle trovate,
altrimenti la trave non `e in equilibrio. Questa trave `e isostatica, cio`e le reazioni vincolari
allequilibrio sono univocamente determinate.
Possiamo ritrovare la condizione (2.6) anche con il PLV: Se fosse f < 0, cio`e il verso
fisico della forza fosse anchesso verso il basso, la condizione di equilibrio sarebbe sempre
soddisfatta.

L(a) = F

+ f 2 0 > 0

2
F 2 + 2f 0

Figure 2.6:
Se al posto del carrello c`e un pendolo verticale, o due carrelli in opposizione (v. Fig.
y
2.7), allora n = 0 e la trave `e in equilibrio per qualsiasi forze attive (la condizione RB
0o
equivalentemente (2.6) scompare), e le reazioni vincolari sono date dalle stesse formule.

33

Figure 2.7:
2.4.3

Trave appoggiata a sbalzo. Esempio di calcolo delle reazioni vincolari


(esterne) con il PLV

Figure 2.8:
y
Come prima, n = 1, (v) {(A, RA ), (B, RB
j)}. Anche questa trave `e isostatica. Le
ECS applicate alla trave danno:

I su x:

RA

f
=0
2

x
RA
=

f
2

3
y
II su z, polo A:
Cl
f l F 2l + RB
3l = 0
2
3
y
y
I su y:
RA
+ RB
f
F C =0

1
3
= (f

+ 2F C)
3
2

1
y
RA
= (F + f 3 + 4C)
3
y
RB

y
La condizione che il vincolo in B `e unilaterale, RB
0, si traduce quindi nella condizione
di equilibrio

3
+ 2F,
(2.7)
Cf
2
che dice che C non deve essere troppo grande in relazione a f, F . Se essa `e soddisfatta,
la trave `e in equilibrio e le reazioni vincolari sono quelle trovate, altrimenti la trave non `e

34

in equilibrio. Come per la trave appoggiata, possiamo ritrovare la condizione (2.7) anche
y
con il PLV (v. Fig. 2.9 sinistra). Con il PLV possiamo ritrovare anche RB
stesso, con
una piccola modifica che ora descriviamo (v. Fig. 2.9 destra). Se si leva il carrello in B

Figure 2.9:
y
e contemporaneamente vi si applica una forza attiva (B, RB
j) le ECS rimangono ancora
soddisfatte e la trave `e ancora in equilibrio; cos facendo la rotazione della trave attorno ad
A diventa uno spostamento reversibile, per cui lapplicazione del PLV da unequazione che
y
consente di determinare RB
:

L(a)0 = f

y
3
F 2+C+RB
3
2

= 0

y
RB

3
1
(f
3
2

+ 2F C)

y
La condizione RB
0, che conduce a (2.7), viene ora imposta a mano. Enunciamo ora, pi
u
in generale il

2.4.4

Calcolo delle reazioni vincolari con lo svincolamento ed il PLV

Per calcolare una componente QA della risultante RA o del momento risultante M A delle
forze esercitate da un vincolo A si procede come segue. Si rimuove o riduce il vincolo
in modo da consentire (solo) un nuovo spostamento virtuale reversibile indipendente S,
e contemporaneamente si aggiunge una forza (o una coppia) attiva pari proprio a QA ; in
corrispondenza di S essa compira un lavoro virtuale nonnullo. Applicando il PLV per
spostamenti reversibili a questa nuova situazione si ricava unequazione che consente di
determinare QA .
Se prima di questa modifica n = 0, dopo questa modifica sara n = 1 e tutti gli 1
spostamenti virtuali reversibili S sono tra loro proporzionali. Se prima di questa modifica
n 1, dopo questa modifica sara n 2 (per sistemi piani cio comporta anche una certa
liberta di scelta dei centri di rotazione), e si pone il problema di quale degli n spostamenti
virtuali reversibili S in cui QA compie lavoro convenga scegliere. Tra questi, sono pi
u
(a)0
convenienti i S in cui il L
complessivo ha meno termini. Per aiutarci a disegnare il
corrispondente diagramma degli spostamenti a volte si suole intodurre degli altri vincoli, detti
fittizi, che abbassino n al valore 1, in modo da consentire solo 1 S (tra loro proporzionali)
per cui QA compia lavoro, cio`e un unico spostamento virtuale indipendente.

35

2.4.5

Trave appoggiata ad un carrello e vincolata ad un doppio pendolo





y
n = 1 = l, (v) {(A, RA
j), B, RB (i/2 + j 3/2) + coppia di momento MBz }. Le ECS
applicate alla trave danno:

2
1
RB + F
=0

RB = F 2
I su x:
2
2

3
2
2
y
y
I su y:
RA + RB
F
f =0

RA = f + F
( 3 + 1)
2
2
2"
#

2
2
y
II su z, polo B: RA 3l+F

MBz = l 2f +
2l+f l+MBz = 0
F (1+3 3)
2
2
La condizione che il vincolo in A `e unilaterale, che `e la condizione di equilibrio, `e automaticamente soddisfatta. Evidentemente anche questa trave `e isostatica.

Figure 2.10:
y
Proviamo a ritrovare qualcuna delle reazioni vincolari, per es. RA
, con il PLV. Leviamo
y
il carrello in A e contemporaneamente applichiamo una forza attiva (A, RA
j) in modo da
non alterare lo stato di equilibrio; la traslazione infinitesima della trave perpendicolarmente
al doppio pendolo (fig. 2.10 destra) diventa reversibile, e il PLV da
y
L(a)0 = RA
+F


2
2
+f
+F
3
2
2

= 0

y
RA = f + F 22 ( 3 + 1)
2.4.6

Trave iperstatica

Evidentemente n = 0, quindi la posizione indicata in figura 2.11 sinistra `e sicuramente


di equilibrio qualsiasi siano le forze attive applicate. (v) {(A, RA ), (B, RB )}. Le ECS
applicate alla trave danno:

2
2
x
x
x
x
I su x:
RA + RB + F
=0

RA + RB = F
2
2
36

Figure 2.11:

2
y
l + 2f l + RB
II su z, polo A:
F
3l = 0
2

2
y
y
I su y:
RA
+ RB
F
+f =0

2
1
y
2f )

RB
= (F
3
2
1
y
RA
= (F 2 f )
3

y
y
x
x
, RA
, RB
, che ammette 1 soluzioni
, RB
Sono un sistema di 3 equazioni nelle 4 incognite RA
x
x
(pi
u precisamente, RA , RB non sono determinate singolarmente, ma lo `e solo la loro somma):
x
x
allequilibrio non
, RB
in altri termini questa trave `e iperstatica, cio`e le reazioni vincolari RA
sono univocamente determinate, e possono essere in modulo arbitrariamente grandi (ma
di segno opposto). Ci`o accade perche solo 3 delle 4 condizioni imposte dai vincoli sono
indipendenti7 . Quindi avere pi
u vincoli del necessario non `e un vantaggio, perche essi per
cos dire entrano in conflitto di competenza e possono agire luno contro laltro. Questa
`e una situazione che in sede di progettazione si preferisce evitare, perche non permette di
calcolare le reazioni vincolari e quindi di prevedere se i vincoli sono in grado di resistere alle
sollecitazioni esterne (le forze attive) che desideriamo applicare.
Se anziche schematizzare lasta e i vincoli come perfettamente rigidi ammettessimo pi
u
realisticamente che essi sono deformabili (anche di poco), come in effetti realmente accade,
e che `e possibile realizzare unasta di lunghezza L solo approssimativamente uguale alla
distanza dAB tra A, B (sia per limiti di precisione al momento della fabbricazione, sia dopo
per le loro diverse dilatazioni a causa delle variazioni di temperatura) si potrebbe scrivere
un sistema di equazioni che permetterebbe di determinare univocamente tutte le reazioni
vincolari. Limitandoci per semplicita al caso senza forze attive (F = f = 0), in modo che
x
x
RA
= RB
, trascurando la deformazione del vincolo e trattando lasta come ununica molla
x
di lunghezza a riposo L = 3l e costante elastica k molto grande troviamo RB
= k(dAB L) =
7

Non potrebbe essere altrimenti perche la matrice jacobiana non puo avere rango maggiore del numero
di coordinate normali, cio`e 3. Come coordinate normali dellasta adottiamo xA , yA , (v. Fig. 2.11 destra);
le coordinate di B sono collegate ad esse dalle relazioni xB = xA +L cos , yB = yA +L sin , ove L = 3l `e la
lunghezza dellasta. In termini delle coordinate normali le 4 equazioni xA = yA = yB = 0, xB = 3l imposte
dalle cerniere A, B si scrivono
1(X) := xA = 0,

2(X) := yA = 0,

3(X) := xA +3l(cos 1) = 0,

4(X) := yA +3l sin = 0.


(2.8)
Lunica soluzione delle prime tre `e (xA , yA , ) = (0, 0, 0), che risolve anche la quarta. Questo mostra esplicitamente la dipendenza dei 4 vincoli.

37

x
x
k(xB L), con cui possiamo calcolare singolarmente RA
, RB
. Questo tuttavia ha il prezzo di
dover conoscere k e la piccola deformazione dAB L (che si puo misurare solo con strumenti
di precisione). Con forze attive nonnulle ci vorrebbe poi una descrizione notevolmente pi
u
complicata del sistema in questione (lasta in generale si flettera). Percio, per evitare queste
complicazioni, in sede di progettazione si preferisce adottare sistemi isostatici.

2.4.7

Pendolo/appoggio inclinato. Esempio di vincolo mal disposto

Consideriamo la trave appoggiata in Fig. 2.12 sinistra:

Figure 2.12:
Evidentemente, n = l = 1 (S irreversibile,
la rotazione antioraria attorno ad A), (v)

{(A, RA ), B, RB (i sin + j cos ) }. Le ECS applicate alla trave danno:
II su z, polo A:

F l cos + RB 2l cos = 0

I su x:

x
RA
+ F sin RB sin = 0

I su y:

y
RA
+ RB cos F cos = 0

cos
RB = F
2 cos


cos sin
x
RA = F sin +
2 cos
F
y
RA
= cos .
2

Queste soluzioni sono valide per 6= /2. La condizione che impone la unilateralita del
vincolo in B, RB 0, `e automaticamente soddisfatta. Per la trave vincolata tramite una
cerniera ed un pendolo come in Fig. 2.12 destra (che possiamo vedere anche come un arco
a tre cerniere, v. pi
u avanti) n = l = 0 ed il sistema `e automaticamente in equilibrio; le
equazioni ed i risultati per le reazioni vincolari sono le stesse, viene solo meno la richiesta
RB 0.
y
Se 6= /2, nel limite 2 RB , RA
divergono, e per = /2 le ECS non ammettono
soluzioni: la trave non `e in equilibrio; questa `e la situazione rappresentata in Fig. 2.13.
Se invece = /2, il sistema ammette soluzioni anche per = /2, in questo caso pi
u
1
precisamente soluzioni, perche la IIECS risulta identicamente soddisfatta RB :
y
RA
=0

x
RA
RB = F ;

questa `e la situazione rappresentata in Fig. 2.14. Cio`e la trave cos vincolata e sollecitata
`e iperstatica, caso che in sede di progettazione anche si preferisce evitare. Concludendo, la
disposizione del pendolo o del carrello in B con = /2 `e un esempio di vincolo mal disposto.
38

Figure 2.13:

Figure 2.14:
Possiamo capire se i vincoli che adottiamo sono bene o mal disposti calcolando il rango della
matrice jacobiana nelle configurazioni adottate, per valutare se il grado di labilita l maggiore
`
di 1. Di nuovo, le coordinate di B si esprimono in termini delle coordinate normali dellasta
xA , yA , (v. Fig. 2.15 sinistra) con le relazioni xB = xA + L cos , yB = yA + L sin , ove
L = 2l. Nel caso del pendolo il vincolo su B `e ora kB Dk2 = d2 , ove d `e la lunghezza del
pendolo. In termini delle coordinate normali i vincoli in A, B si scrivono quindi
3(X) := (xA +L cos xD )2 + (yA +L sin )2 d2 = 0.
(2.9)
2
2
2
0
0
1 L +xDd
La soluzione `e univocamente determinata, (xA , yA , ) = (0, 0, ) ove := cos
,
2LxD
quindi n = 0. 0 = 0 equivale a xD = L+d. La matrice jacobiana ed il suo determinante
sono

1
1
1
1
0
0
xA
yA

2 2 2
,
1
0
J = x
= 0
yA

A
3
3
3
2(xA +L cos 0 xD ) 2(yA +L sin 0 ) 2LxD sin 0
x
y

1(X) := xA = 0,

2(X) := yA = 0,

(0,0,0 )

che implica det J = 2xD L sin 0 . Come anticipato, il rango `e 3, da cui l = mr = 0 (vincoli
39

Figure 2.15:
ben disposti), se e solo se 0 6= 0, cio`e xD < L+d. Per 0 = 0 (cio`e xD=L+d) esiste un S, la
piccola rotazione attorno ad A di fig. 2.13.
Nel caso del carrello n = l = 1 comunque.
La relazione tra lesistenza di spostamenti virtuali e lassenza di soluzioni, o la loro
non unicita, costatata nellesempio precedente e conseguenza di un fatto molto generale
valido per vincoli lisci: la matrice s m jacobiana dei vincoli J e la sua trasposta J T
compaiono rispettivamente nellequazione (vettoriale con s componenti) che determina il
vettore colonna degli spostamenti virtuali e in quella (vettoriale con m componenti) che
determina il vettore colonna delle reazioni vincolari incognite 1 , 2 , ...s (componenti delle
risultanti e dei momenti risultanti delle reazioni esercitate da tutti i vincoli) in funzione delle
componenti delle forze attive f1 , ..., fm :



X1
0
1
f1
0
.
.
.
.
T .

J
=
J
+
=
(2.10)
:
:
:
:
:
Xm
0
s
fm
0
2.4.8

Analisi dei centri di rotazione e buona disposizione dei vincoli

Per sistemi gia vincolati a muoversi di moto rigido piano, come quelli qui considerati, possiamo capire se gli ulteriori vincoli che adottiamo sono bene o mal disposti anche con lanalisi
dei centri di rotazione. Iniziamo dal sistema considerato nella sezione precedente. Un centro
di rotazione per lasta `e sempre C = A, perche trattasi di punto fisso. Nel caso 0 6= 0 (v.
Fig. 2.15 destra), siccome C = A non appartiene al prolungamento a del pendolo in B, per
il teorema di Chasles ne deve esistere un altro C 0 a, e quindi lasta non puo compiere
spostamenti virtuali ed `e ben bloccata. Quando 0 = 0, o equivalentemente = 2 , o h = 0 (v.
Fig. 2.14), allora C = A a `e lunico centro, e quindi esiste uno spostamento virtuale, nella
forma di una rotazione infinitesima dellasta attorno a C = A (questo viola i vincoli solo al
secondo ordine nellangolo di rotazione), cio`e lasta non `e bloccata bene.
Altri esempi di vincoli maldisposti sono riportati in Fig. 2.16: siccome i prolungamenti
dei 3 pendoli si incontrano in uno stesso punto C (proprio a sinistra, improprio a destra),
C `e lunico centro e quindi lasta puo compiere uno spostamento virtuale (una rotazione
infinitesima attorno a C nel caso a sinistra, un traslazione infinitesima perpendicolare ad
(a)z
essa nel caso a destra), cio`e non `e ben bloccata. Quindi L(a) = MC z nel primo caso,

40

L(a) = R(a) P nel secondo, e L(a) = 0 se e solo se le forze attive soddisfano rispettivamente
(a)z

MC

R(a) = 0 (caso a destra);

= 0 (caso a sinistra),

R(a) `e la componente C di R(a) . Queste condizioni discendono anche dalle ECS per,
(v)z
quando si osservi che con questa disposizione dei vincoli si ha risp. MC = 0, R(v) = 0.
Se invece i prolungamenti dei 3 pendoli non si incontrano in uno stesso punto (proprio
o improprio), come in Fig. 2.17, allora lasta non puo compiere spostamenti virtuali (`e
ben bloccata), ed automaticamente sono soddisfatti le ECS, o equivalentemente L(a) = 0: i
vincoli sono ben disposti.

Figure 2.16:

Figure 2.17:

2.4.9

Arco a tre cerniere

Un modo alternativo di riconoscere che se 0 6= 0, o equivalentemente h 6= 0, i vincoli della


struttura di Fig. 2.15 destra sono ben disposti, `e vedere la struttura come costituita dalle
due aste AD, BD (risp. solidi 1,2) e dalle tre cerniere A, B, D; percio essa viene detta arco
a tre cerniere. La trattazione precedente `e impossibile e questa schematizzazione diventa
necessaria se le forze attive sono applicate anche su BD (in questo caso non `e pi
u vero che
BD esercita su D una reazione parallela a BD). Effettuiamo prima il calcolo del grado di
liberta: ciascuna delle 2 aste AD, DB nel piano ha 3 coordinate normali, ciascuno dei 3

41

nodi A, D, B nel piano leva 2 gradi di liberta, quindi troviamo n = 2 3 3 2 = 08 . Per


verificare che i vincoli siano ben disposti utilizziamo di nuovo lanalisi dei centri. In base
a note proprieta C1 = A, C2 = B, C12 = D (v. Fig. 2.18 sinistra). Siccome questi
non sono allineati, il teorema dellallineamento assicura che debba esistere un nuovo centro
C20 a; per cui non esistono S, cioe lasta BD `e bene bloccata, anche il suo punto D, che
sara un nuovo centro C10 , quindi anche AD `e bene bloccata. Se invece h = 0 (v. Fig. 2.21
sinistra) allora C1 = A, C2 = B, C12 = D sono gia allineati e non esistono altri centri
assoluti, e quindi esiste uno spostamento virtuale costituito da una rotazione infinitesima di
AD attorno ad A e di una rotazione infinitesima di BD attorno ad B. Abbiamo ritrovato i
risultati delle sezioni precedenti.
Determiniamo le reazioni vincolari nel caso specifico raffigurato in Fig. 2.18 destra.
Sussiste evidentemente la relazione h/l = tan . Inoltre la struttura e il sistema delle sollecitazioni attive sono simmetrici per riflessione rispetto allasse ~y . Questo implichera che
anche le reazioni vincolari hanno la stessa simmetria.

Figure 2.18:
Siano , le reazioni che il nodo D esercita su AD e DB. I sistemi di forze agenti sui
tre componenti AD, D, DB sono rappresentati in Fig. 2.19. Lapplicazione delle ECS alle
travi AD, DB e al nodo D costituenti porta ad un sistema di 8 equazioni nelle incognite,
y
y
x
x
, RA
, RB
RA
, RB
, x , y , x , y , accoppiate:
IECSx per AD:
IECSy per AD:

x
RA
+ F sin + x = 0
y
RA
F cos + y = 0

IIECSz per AD, polo D:


IECSx per DB:
IECSy per DB:

x
RB
F sin + x = 0
y
RB
F cos + y = 0

IIECSz per DB, polo D:


IECSx per D:

y
x
RA
h RA
l+

y
x
RB
h + RA
l

x x = 0

Fl
=0
2 cos

(2.11)

Fl
=0
2 cos

A n = 0 giungiamo ovviamente anche se pensiamo il sistema costituito dalle 2 aste AD, DB ed il nodo
D (nel piano ha 2 coordinate normali). Infatti in questo caso aumentano di 2 le coordinate normali, ma
anche le condizioni in D: non solo imponiamo che le coordinate x, y di due estremi delle aste sono uguali tra
loro, ma anche che sono uguali alle coordinate del nodo D, e quindi n = 2 3 + 2 4 2 = 0.

42

Figure 2.19:
IECSy per D:

y y f = 0

Nellapplicare , al nodo abbiamo utilizzato il principio di azione e reazione. Si noti


che, se il carico f nel nodo D `e nullo, la IECS per D implica sempre = ; considerando
il nodo D come parte dellasta DB possiamo eliminare dalle equazioni, abbassando a 6 il
y
y
x
x
, RB
, x , y ).
, RA
, RB
numero delle equazioni (le ECS per le due aste) e delle incognite (RA
` pi
E
u semplice procedere direttamente al calcolo delle reazioni esterne con le seguenti
equazioni gia disaccoppiate dalle reazioni vincolari interne:
y
RA
si ottiene immediatamente dalla sola II ECS per tutto il sistema S = ADB con
polo B:

1
3
y
0 = RA
2l + f l + F l cos + F l cos
2
2

y
RA
= F cos +

f
.
2

y
y
Si trova RB
= RA
= F cos +f /2 o ripetendo il calcolo precedente scambiando A B,
o applicando la IECSy per tutta la trave S,
y
y
RA
+ RB
f 2F cos = 0,

o in questo particolare caso ancora pi


u semplicemente partendo direttamente da questultima
y
y
, conseguenza della summenzionata simmetria del
equazione e dalla relazione RB
= RA
sistema per riflessione rispetto allasse ~y .
x
RA
ora si ottiene dalla (2.11):
x
RA

 


1
1
f
2
=
F cos
+ cos .
sin
2
2

(2.12)

x
x
Si trova RB
= RA
applicando la IECSx per tutta la trave S,
x
x
RA
+ RB
+ F sin F sin = 0,

o in questo particolare caso ancora pi


u semplicemente invocando la summenzionata
simmetria del sistema per riflessione rispetto allasse ~y .
43

y
Possiamo ricavare qualche reazione vincolare, per esempio RA
, anche con il PLV (v. Fig.
2.20):

Figure 2.20:

y
L(a)0 = RA
4 f 2 F (1 + 3) cos = 0

2.4.10

y
RA
= F cos +

f
.
2

Caso limite: le due aste sono allineate (vincoli mal disposti)

x
x
in modulo diventano sempre pi
u grandi, e nel limite h 0
, RB
Per h sempre pi
u piccolo RA
(o,equivalentemente, 0) divergono. Per h = 0 = le ECS non ammettono soluzioni (o
ne ammettono 1 , se 2F +f = 0): ritroviamo che la situazione ad aste allineate (Fig. 2.21
sinistra) `e di vincolo mal disposto.
Cosa succede in realta in questa situazione? In effetti ne le aste, ne i vincoli sono perfettamente rigidi; supponendo per semplicita che i vincoli siano molto meno deformabili delle aste,
cosicche si possa schematizzare con buona approssimazione che vari un poco la lunghezza
L delle aste, ma non la distanza 2l tra A e B, e che il carico sia applicato solo al nodo D
(cio`e f = 0), in modo che le aste si allunghino ma non si flettano, si vede facilmente che
lallungamento L delle aste `e un infinitesimo del secondo ordine in h (o equivalentemente
in ):
!
r
2


h
h2
L = l2 + h2 l = l
1+ 2 1 =
+ O h4 .
(2.13)
l
2l

Quindi anche un L minimo portera un h apprezzabile, che allontanera il sistema dalla


spiacevole situazione di aste allineate (v. Fig. 2.21 destra); per es., L/L = 1/200 implica h/l = 1/10. Lo spostamento compiuto coincide, a meno di infinitesimi in h di ordine
superiore, con uno spostamento virtuale consentito dallarco ad aste allineate. Le reazioni
vincolari saranno grandi, ma di nuovo finite e determinabili al prezzo di non considerare
pi
u le aste come perfettamente rigide, ma per esempio come delle molle con legge di forza
f
del tipo RB = kL: sostituendovi la (2.13) e la relazione RB = 2 sin
= f 2hl + O(h), che

segue facilmente dalle relazioni precedenti, si determinano completamente tutte le incognite h, RB , .... Con F nonnullo la descrizione si complica, perche bisogna includere nella
descrizione la flessione delle aste. Per evitare queste complicazioni `e bene progettare larco
a tre cerniere in modo che h 6= 0.
44

Figure 2.21:
2.4.11

Travi di tipo Gerber. Calcolo delle reazioni vincolari interne

Figure 2.22:
Come visto nelle sezioni precedenti, unasta vincolata in un punto con una cerniera ed
in un altro con un pendolo perpendicolare (come in Fig. 2.7 o in Fig. 2.8) ha n = 0 ed `e
isostatica. Se ad un suo estremo E attacchiamo con una cerniera un estremo di unaltra
asta, e inoltre vincoliamo un altro punto C di questultima con un pendolo perpendicolare
(v. Fig. 2.22), otterremo per lo stesso motivo di nuovo un sistema con n = 0 ed isostatico.
Alla stessa conclusione giungeremo reiterando il procedimento (v. Fig. 2.23). Una struttura
di questo tipo si chiama trave Gerber.

Figure 2.23:

45

Figure 2.24:
Se sostituiamo uno o pi
u pendoli con altrettanti carrelli (v. Fig. 2.24) il sistema avra uno
o pi
u gradi di liberta, ma restera in equilibrio se e solo se le reazioni dei pendoli sostituiti
sono dirette verso lalto, cio`e sono esplicabili da carrelli; infatti per tale nuovo sistema le
ECS, e quindi anche la loro soluzione, non cambia. Ad analoghe conclusioni giungeremo
aggiungendo altre aste (v. Fig. 2.25).

Figure 2.25:
Per il sistema 2.24 S0 `e noto, ma lequilibrio `e possibile solo per f non troppo grande
rispetto a F . Qual `e esattamente la condizione di equilibrio sulle forze attive? Quali sono le
reazioni vincolari allequilibrio per i sistemi 2.22, 2.24 ?
Dapprima applichiamo le ECS a ciascuna asta ed al nodo. Siano , le reazioni che E
esercita su AE e EC. ECS per EO3 (con polo C):
x f sin = 0
y 2l + F l f cos 2l = 0
y F + RCy f cos = 0

x = f sin
y = F2 f cos
RCy = F2 + 2f cos

(2.14)

La prima condizione di equilibrio, RCy 0, `e automaticamente soddisfatta. ECS per E:


x x = 0
y y p = 0

x = x = f sin

y = y p =

46

F
+ f cos p
2

Figure 2.26:
ECS per AE (con polo A):
y
F 2l0 + RB
3l0 + y 4l0 = 0
x
x
RA + = 0
y
y
RA
+ RB
+ y F = 0

y
RB
= 43 [F + p f cos ]
x
RA
= x = f sin
y
y
RA
= F + RB
+ y = F6 +

(2.15)
f
3

cos

p
3

y
y
x
, RA
, RB
, RCy , x , y , x , y ,
Abbiamo risolto un sistema di 8 equazioni nelle 8 incognite RA
y
accoppiate. Da RB
0 segue la condizione che lequilibrio impone sulle forze esterne `e

F + p f cos .

(2.16)

Alternativamente, per il calcolo delle sole reazioni esterne, possiamo scrivere delle equazioni
gia disaccoppiate dalle reazioni vincolari interne:
RCy si riottiene dalla sola II ECS per EO3 con polo E: 0 = F l + RCy 2l f cos 4l. La
scelta del polo proprio in E consente di sbarazzarci dellincognita reazione vincolare
agente su EO3 .
y
RB
si riottiene ora dopo qualche calcolo dalla sola II ECS per tutto S con polo A:
y
0 = F 2l0 + RB
3l0 p4l0 F (4l0 + l) + RCy (4l0 + 2l) f cos (4l0 + 4l).

Lapplicazione delle ECS a tutto il sistema S ci consente di sbarazzarci delle incognite


reazioni vincolari , perche ora queste, essendo delle forze interne ad S, non comy
paiono nelle ECS. Pi
u semplice ancora `e determinare RB
con il PLV modificato: Per
un S con C vincolato a muoversi (al pi
u) orizzontalmente (v. Fig. 2.27) troviamo
y
L(a)0 = [RB
3 4p 2F 2F + 4f cos ] = 0,

y
da cui si ricava immediatamente il risultato (2.15)1 per RB
.
y
RA
si riottiene ora dopo qualche calcolo dalla sola I ECSy per tutta la trave S:
y
y
RA
F + RB
p F + RCy f cos = 0

47

Figure 2.27:
x
x
f sin = 0
si riottiene dalla sola I ECSx per tutta la trave S: RA
RA

Per un S con AE fisso mentre EO3 ruota attorno a E (v. Fig. 2.28) il PLV modificato
da
L(a)0 = [2RCy F 4f cos ] = 0,

x
x
che rida RCy . Infine, con il PLV modificato (v. Fig. 2.29) rideterminiamo RA
da RA

f sin = 0.

48

Figure 2.28:

Figure 2.29:

2.5

Sistemi articolati

Un sistema S di solidi vincolati in equilibrio si dice (esternamente/internamente) isostatico


se le reazioni vincolari (esterne/interne) sono univocamente determinate dalle forze attive,
(esternamente/internamente) iperstatico altrimenti (cio`e quando pi
u di un insieme di valori
per le reazioni vincolari che dia luogo allequilibrio). Nella sezione precedente ne abbiamo gia
incontrato vari esempi, eccone qualche altro. Unasta pesante orizzontale con due appoggi
lisci o un tavolo pesante con tre gambe sono esternamente isostatici.
La stessa asta con tre o pi
u appoggi o lo stesso tavolo con 4 o pi
u gambe sono esternamente iperstatici. Quando `e presente, liperstaticita deriva dal considerare i corpi di S e i
vincoli come perfettamente rigidi. Si puo eliminare considerandoli leggermente deformabili
ed utilizzando la legge di forza elastica che lega le forze alle deformazioni.
Un sistema di travi e cerniere (sferiche o cilindriche) vincolate tra di loro e con lesterno si
dice un sistema articolato. Un sistema articolato connesso si dice semplicemente connesso se
si puo disconetterlo sopprimendo una qualsiasi trave; molteplicemente connesso altrimenti.
49

Un sistema articolato molteplicemente connesso e non vincolato esternamente si dice


indeformabile se `e rigido (casi di fig. 2.31), deformabile altrimenti (casi di fig. 2.30). In particolare, strettamente indeformabile se esso diventa deformabile sopprimendo una qualsiasi
trave (casi a, b, c), ad aste/travi sovrabbondanti altrimenti (caso d).
Un sistema articolato si dice piano se tutte le sue travi sono vincolate a rimanere su
un piano . Cio si puo realizzare vincolandole tutte con cerniere cilindriche con assi .
Queste si schematizzeranno con dei punti materiali, che chiameremo nodi.
Il mattone fondamentale dei sistemi stettamente indeformabili piani `e la capriata elementare, cio`e il triangolo (fig. 2.31 a), di quelli tridimensionali `e il tetraedro.
Nel seguito ci limiteremo a considerare sistemi articolati piani
Tra i sistemi articolati piani strettamente indeformabili hanno particolare importanza
i tralicci triangolari semplici (o travature reticolari), fig. 2.31 c). Essi sono costituiti da
uninsieme di t triangoli ordinabili in una sequenza (il primo e lultimo triangolo sono individuati dallavere un nodo in cui concorrono solo due aste) tali che
1. due triangoli consecutivi hanno in comune unasta, hanno in comune anche i due relativi
nodi e giacciono da parti opposte rispetto allasta;
2. due triangoli non consecutivi hanno in comune al pi
u un nodo, e questo deve appartenere anche ai triangoli compresi tra i due.
1. non `e soddisfatto in fig. 2.32 a), mentre non sono sequenze di triangoli i sistemi in fig.
2.32 b),c).
Incidentalmente, detti t, a, n il numero dei triangoli, delle aste, dei nodi, `e facile mostrare
ricorsivamente a partire da t = 1 che
t = n 2,

a = 2n 3.
50

(2.17)

Figure 2.30: Sistema semplicemente (sinistra) e molteplicemente connesso (centro, destra)

Figure 2.31: Sistemi strettamente indeformabili: a, b, c; a travi sovrabbondanti: d


Sono utili le segg. proposizioni, che non dimostriamo.
Proposizione 6 Un sistema articolato strettamente indeformabile ed esternamente isostatico
`e anche internamente isostatico.
Proposizione 7 Se si sostituisce una o pi
u travi di un sistema articolato semplicemente
connesso esternamente isostatico con altrettanti sistemi articolati strettamente indeformabili
si ottiene un sistema articolato molteplicemente connesso esternamente isostatico.
I sistemi ad aste sovrabbondanti, oltre a uno spreco di materiale, non permettono di
valutare in fase di progettazione le caratteristiche di resistenza cui devono soddisfare le
singole aste. Perfino un sistema a 2 nodi e 2 travi senza sollecitazioni attive puo essere
soggetto a reazioni vincolari interne insostenibili, v. fig. 2.33 sinistra.
Il passaggio dalla fig. 2.33 di centro a quella di destra illustra la sostituzione menzionata
nella Prop. 7.
2.5.1

Osservazioni sulle travi cariche e scariche.

Consideriamo una trave piana vincolata nel piano solo tramite due nodi lisci A, B e carica,
cio`e soggetta ad un certo sistema (a) di forze attive piane, v. fig. 2.34 sinistra. Fissiamo un
(a)
sistema di riferimento come in figura ed applichiamo le ECS. Detti R(a) , M A la risultante e
il momento risultante di (a) rispetto al polo A, troviamo
(a) z

y
IIECS con polo A: |AB|RB
+ MA

(a)

MA z
|AB|

y
=
RB

y
y
IECSy : RA
+ RB
+ R(a)y = 0

y
y
= RB
R(a)y ,
RA

x
x
IECSx : RA
+ RB
+ R(a)x = 0

x
x
RA
= RB
R(a)x ,

=0

x
cio`e RA , RB sono completamente determinate a meno della componente RB
k (B A). Se
x
la trave `e inserita in un sistema articolato, rimane quindi da determinare RB
considerando
altre equazioni (p. es. la IECS nel nodo A, o B).
Se in particolare la trave `e scarica (cio`e non sottoposta a forze attive, v. fig. 2.35) risulta
y
y
RB
= 0 = RA
,

x
x
RA
= RB
.

51

Figure 2.32:

Figure 2.33:
Consideriamo ora una parte S 0 della trave compresa tra il nodo A ed una sezione normale
(immaginaria) (v. fig. 2.34 destra). Detto P un punto della sezione, indichiamo con RP , M P
la risultante e il momento risultante del sistema P delle forze esercitate su S 0 attraverso
dalla parte compresa tra e il nodo B. Decomponiamoli ora secondo la componente
k
k

perpendicolare e quella parallela a . Diremo R


P , RP , M P , M P risp. sforzo normale, sforzo
di taglio, momento torcente, momento flettente.
k
k

Applichiamo ora le ECS a S 0 . Anche se la trave `e scarica R


P , RP , M P , M P saranno in
generale nonnulle. Se tuttavia la trave `e unasta (cio`e rettilinea) ed `e scarica (v. fig. 2.35), la
IIECS con polo P per S 0 comporta M P = 0, perche sia RA k (AP ) sia RP hanno momento
k
nullo rispetto a P , mentre la IECS implica che RP = 0 e R
P = RA = RB .
Riassumendo, nel caso di unasta scarica la sollecitazione tra le due parti in cui viene
tagliata lasta da una sezione normale risulta equivalente solo ad uno sforzo normale,
x
x
NAB = RB
= RA

P {(P, NAB uAB )}

qualunque sia il punto P lungo lasta dove passi la sezione. In questo caso lasta si dice un
tirante se NAB = RPx > 0, cio`e se ciascuna parte tira laltra verso il nodo che le appartiene,
puntone se NAB = RPx < 0, cio`e se ciascuna parte spinge laltra verso il nodo che non le
appartiene .
Convenzione Indicheremo con Ph Pk la trave di estremi Ph , Pk , con hk la reazione di
Ph Pk sul nodo Ph . Per il III principio, la reazione del nodo Ph su Ph Pk sara hk . Se Ph Pk `e
scarica, e indichiamo con uhk il versore k e concorde con (Pk Ph ), allora hk = Nhk uhk , con

> 0 tirante
Nhk
. Nota che Nhk = Nkh . Nhk `e lo sforzo normale relativo allasta Ph Pk .
< 0 puntone
2.5.2

Calcolo delle reazioni vincolari interne

Sono utili due metodi, il metodo dei nodi e il metodo di Ritter.


Metodo dei nodi. Si basa (oltre che su quanto abbiamo appreso riguardo alle aste
cariche/scariche) sullapplicazione ripetuta delle (sole) IECS ai nodi, in una successione
saggiamente scelta in modo che in ogni nuovo nodo Pi concorrano:
52

Figure 2.34:

Figure 2.35:
al pi
u 2 aste scariche esercitanti sforzi incogniti;
oppure al pi
u unasta carica esercitante una reazione incognita.
Nellesempio in fig. 2.36 applichiamo le IECS nellordine per i nodi 3,2,4,1:
IECSx
IECSy
IECSx
IECSy
IECSx
IECSy
IECSx
IECSy

nodo
nodo
nodo
nodo
nodo
nodo
nodo
nodo

3
3
2
2
4
4
1
1

N23 = 0
N34 = F2
N24 = 0
N21 = F1
N14 = 0
R4y = F2
R1x = 0
R1y = F1

Figure 2.36:
Metodo di Ritter. Serve a calcolare un NAB di una particolare asta scarica AB.
Applicabile se una corrispondente sezione di Ritter , cio`e tale che disconnette S in due
parti S, S tagliando solo AB ed eventuali altre aste scariche Ph Pk che devono essere
53

1. o k tra loro, senza essere k a AB;


2. o concorrenti in uno stesso punto T
/ AB
(Queste due condizioni sono sintetizzabili nellunica seguente: tutte le aste scariche tagliate,
eccetto AB, devono concorrere in uno stesso punto, proprio o improprio.)

Figure 2.37:
Nel caso 1., introdotto nel piano un sistema di riferimento (O, ~x, ~y ) con ~x k le aste tagliate,
tranne AB, per calcolare NAB basta applicare la IECSy , ad una delle due parti, per es. S:
R0y
,
cos
ove R0 denota la risultante di tutte le forze agenti su S, escluse quelle delle aste tagliate, e
langolo tra AB e ~y . Nel caso 2., introdotto nello spazio un sistema di riferimento (O, ~x, ~y , ~z)
con ~z piano, per calcolare NAB basta applicare la IIECSz , ad una delle due parti, per es.
S, con polo T :
M0 z
MT0 z NAB h = 0

NAB = T ,
h
0
ove M T denota il momento risultante rispetto a T di tutte le forze agenti su S, escluse quelle
delle aste tagliate, e h il braccio di AB rispetto a T . Il segno si determina caso per caso
dalla figura.
Determiniamo per esempio nellesercizio precedente N12 , N14 con il metodo di Ritter, v.
fig. 2.36 destra
R0y + NAB cos = 0

IIECS per S 0 , polo=nodo 4: N12 l + F1 l = 0


IECSx per S 0 :

NAB =

N12 = F1
N14 = 0

Confrontiamo ora i vari metodi finora esposti in alcune applicazioni. Consideriamo la


seguente struttura:
` isostatica (esternamente ed internamente); infatti si ottiene da un arco a tre
n = l = 0. E
cerniere applicando le proprieta 6, 7. Ricaviamo prima le reazioni vincolari esterne con le
ECS.
y
y
IIECS con polo 2 per 2B: RB
2l F l = 0

RB
= F2
y
y
y
y
IECS per tutto S: RA + RB 2F = 0

RA = 32 F
y
x
x
IIECS con polo 2 per 12345A: RA
2l RA
l + fl = 0

RA
= 34 F 12 f
x
x
x
IECS x per tutto S: RA
+ RB
+ 2f = 0

RB
= 34 F 23 f
(2.18)
54

Figure 2.38:
y
x
(fig. 2.39 sopra), RA
(fig. 2.39 sotto)
Ricalcoliamo ora con il PLV (modificato) RA

55

Figure 2.39:

y
RA
2 F 2 F = 0

y
RA
= 32 F

x
PLV : RA
4 + f 2 F 2 F = 0

x
RA
= 34 F f 21

Metodo nodi al nodo 1: f + N12 u12 + N13 u13 = 0

N12 = f < 0
12 `e un puntone. Metodo di Ritter per calcolare N32 , N42 ; IECSx a S 0 :


f
N32
3
x
f + RA + = 0

N32 = 2
+ F
2 4
2
56

N13 = 0;

Quindi 23 `e un puntone. IIECS con polo 3:


f
3
F.
2 4
24 `e un puntone o un tirante a seconda del rapporto f /F . Ora 2B si calcola con il metodo
dei nodi al nodo 2
IECSx : N21 N232 + x2B = 0

x2B = 32 f 43 F
IECSy : F N42 N322 + y2B = 0

y2B = F2
x
l + N42 l = 0
RA

N42 =

Verifichiamo ora che 2B `e in equilibrio: 2B + F + RB = 0, OK.

Figure 2.40:
Infine, ricalcoliamo con il PLV (modificato) N23 (fig. 2.40 sopra), N24 (fig. 2.40 sotto).

(F 2 F N23 2 f 2 N23 2) = 0
(N42 2 + f 2 N42 2 F 2 F ) = 0

f 3
N23 = 2( 2 4 F )
N24 = f2 34 F
57

Corso di Fisica Matematica per Ingegneria Aerospaziale


Prof. G. Fiore

Parte 4: Dinamica di un solido tramite le ECD


con complementi di geometria delle masse ed algebra tensoriale

ECD di un solido con un punto o un asse fisso

Consideriamo prima le Equazioni Cardinali della Dinamica (ECD) per il solido con punto
fisso O nella forma del teorema del moto del baricentro e del teorema del momento angolare:
R(v) + R(a) = R(e) = maG ,

(1)

(v)
(a)
(e)
O.
MO + MO = MO = K

(2)

(e)

R(e) , M O sono la risultante ed il momento risultante delle forze esterne agenti sul solido.
Abbiamo distinto tra queste le attive e le vincolari, e indicato con R(a) , R(v) le loro rispettive
(a)
(v)
risultanti, con M O , M O i rispettivi momenti rispetto a O. Per il principio di azione e
reazione, il solido esercitera sul vincolo un sistema di forze, dette cimenti dinamici, avente
(v)
(a)
(m)
risultante R(v) = R(a) + R(m) e momento risultante M O = M O + M O , ove R(m) :=
(m)
O sono la risultante ed il momento risultante delle forze dinerzia,
maG e M O := K
quelle cioe che il solido esercita sul vincolo a causa del suo moto.

1.1

Momento angolare ed energia cinetica come funzione di

Per applicare la (2) dobbiamo esprimere K O in termini dellatto di moto del solido. Consideriamo il solido come costituito da tante particelle di posizione Pj , rigidamente legate
le une alle altre (gli stessi risultati si otterrebbero anche trattandolo come un continuo, e
sostituendo le somme con gli integrali). Supponiamo dapprima che O sia fisso. Siccome ad
ogni istante t in un moto rigido v j = v O + (Pj O), e v O = 0 poiche O e fisso, troviamo
X
mj (Pj O) v j
K O :=
j

mj (Pj O) [ (Pj O)]

mj {(Pj O)2 [(Pj O) ](Pj O)}.

(3)

Calcoliamo ora lenergia cinetica del solido:


1X
1X
1 X
T :=
mj v 2j =
mj v j [ (Pj O)] =
mj (Pj O) v j
2 j
2 j
2
j
=

1.2

1
KO.
2

(4)

Il tensore dinerzia come esempio di tensore doppio euclideo

Per le definizioni astratte generali di tensore e spazio tensoriale si parte generalmente da


quella di prodotto tensoriale, come accenneremo nella sezione 1.3. Preferiamo partire piuttosto da una definizione meno astratta ma sostanzialmente equivalente per un particolare
tipo di tensori, i tensori doppi euclidei su En , identificandoli con gli endomorfismi di uno
spazio euclideo En . Il calcolo di K O ci da un esempio concreto e fisicamente significativo di
questo tipo di tensori.
2

Definizione 1 Si chiama endomorfismo di uno spazio vettoriale En , o anche tensore (affine)


su En di tipo (1,1), unapplicazione lineare di En in se. In formule:
Y : En Y () En ,

Y (a1 1 + a2 2 ) = a1 Y ( 1 ) + a2 Y ( 2 ).

(5)

Se En e euclideo questo tensore si dice anche pi


u semplicemente doppio (euclideo).
La formula (3) definisce evidentemente un endomorfismo dello spazio euclideo E3 , o
equivalentemente un tensore doppio euclideo su E3 , che prende il nome di tensore dinerzia
del solido rispetto al polo O. Ad ogni vettore (velocita angolare) esso associa il vettore
Y () = K O pari al corrispondente momento angolare del solido con punto fisso O.
Data la sua linearita, un endomorfismo Y `e completamente determinato dalle n immagini
Y (ei ) dei vettori di una base {ei } {e1 , ..., en } di En :
1

n
n
X
X
.
i

Y () =
ei = (e1 ...en )
Y (ei ) i .
(6)
=
:
n
i=1
i=1

Chiamiamo Y la matrice i cui elementi intervengono


P jcome coefficienti nella decomposizione
dei vettori Y (ei ) nella suddetta base: Y (ei ) = j Y i ej . Riassumendo, la matrice Y determina gli Y (ei ), e quindi Y stesso:
1

n X
n
X
.
j i
Y () =
ej Y i = (e1 ...en ) Y : .
(7)
n
i=1 j=1

Gli n2 elementi di matrice Y ji sono dette componenti di Y nella base {ei }. Al contrario
di Y , esse dipendono dalla scelta della base, come accade per la n-pla delle componenti di
un vettore. Vediamo come. Se operiamo un cambiamento di base {ej } {e0j }, con
e0j =

n
X

eh Ahj

(e01 ...e0n ) = (e1 ...en )A

(8)

h=1

le componenti di , Y devono cambiare secondo le leggi


0j =

n
X

1
01

.
1
: = A :.
0n
n

A1 jk k

k=1

0j
i

n
X
h,k=1

A1 jk

k
h

Ahi

n
X

(A1 Y A)ji

h,k=1

Y 0 = A1 Y A

(9)

(10)

(il prodotto di matrici si intende riga per colonna) affinche il risultato della decomposizione
nelle due basi sia lo stesso:
n
X
j=1

0j

e0j

n
X

n
X

eh = ,

0j
i

e0j

0i

i,j=1

h=1

n
X

Y kh ek h = Y ().

h,k=1

Viceversa, una n-pla, (risp. una matrice) che dipende dalla base secondo questa legge determina tramite questa formula un vettore (risp. un endomorfismo) di En . La (10) `e quindi
un criterio di tensorialita per la matrice Y . Un altro criterio di tensorialita si ricava dalla
n
P
(7) stessa: se per ogni En le wj :=
Y ji i sono le componenti di un vettore [e quindi
i=1

trasformano secondo la (9)], allora Y `e la matrice delle componenti di un endomorfismo (cioe


di un tensore doppio euclideo, se En `e euclideo).
Se En e euclideo ed entrambe le basi {ej }, {e0j } sono ortonormali il calcolo di A1 si
semplifica, poiche la matrice A e ortogonale, cioe A1 = AT (la trasposta di A)1 .
Si dota in modo naturale linsieme L(En ) degli endomorfismi di En di struttura di spazio
vettoriale definendo una combinazione lineare di endomorfismi attraverso la combinazione
lineare dei loro risultati, o equivalentemente delle loro componenti:
h
h
i
ii

a1 Y 1 + a2 Y 2 := a1 Y1 ij + a2 Y2 ij . (11)
a1 Y 1 + a2 Y 2 () := a1 Y 1() + a2 Y 2()
j

Nel caso del tensore dinerzia il significato fisico di una combinazione vettoriale `e il seguente.
La moltiplicazione di Y per lo scalare a corrisponde ad un cambiamento delle masse mj (o
della densita di massa (P )) di uno stesso fattore a, come si ottiene per es. considerando
due solidi omogenei di stessa geometria, ma materiali diversi; quanto alla somma, se il solido
S si ottiene per unione di due parti disgiunte S1 , S2 sara Y = Y 1 + Y 2 .
Una qualsiasi applicazione X : (u, ) En En X(u, ) R bilineare (cio`e lineare
` immediato verificare che
sia in u, sia in ) si dice anche un tensore (affine) di tipo (0,2). E
`e determinata dalla matrice X di elementi Xji := X(ej , ei ), tramite la formula X(u, ) =
n
P
Xji uj i . Se En e euclideo, dato un endomorfismo Y posso associare a (u, ) En En
i,j=1


il prodotto scalare u Y () R; lapplicazione2
n

 X
X : (u, ) En En u Y () =
Y ji uj i R

(12)

i,j=1

e bilineare, cioe `e un tensore di tipo (0,2), e la corrispondenza Y X e biunivoca. Quindi


posso vedere un tensore doppio euclideo anche come unapplicazione bilineare X : En
En R. Viceversa, considerando le leggi di trasformazione delle componenti ui , i di due
vettori u, , si dimostra il seguente altro criterio di tensorialita: se Y e una matrice tale che
P
n
i j
e uno scalare (cioe un numero reale indipendente dalla scelta della base) per
i,j=1 ui Y j
P
P
Applicando lidentit
a x = i (x ei )ei a x = e0j si trova e0j = i (e0j ei )ei , da cui per confronto con (8),
Aij = e0j ei . La matrice A1 interviene nella trasformazione inversa {e0j } {ej }, in cui i ruoli delle due
basi sono scambiati, e quindi A1ij = ej e0i = e0i ej = Aji = AT ij (nella seconda uguaglianza si e usata la
simmetria del prodotto scalare), cioe A1 = AT .
2
Le uj sono le componenti covarianti di u nella base {ej }. Se questa e ortonormale, uj = uj , Xji = Yij .
1

ogni coppia (u, ) allora Y ij sono le componenti di un tensore doppio. (Si noti che se Y e il
tensore dinerzia su E3 di un solido con O fisso, e scelgo u = /2 lo scalare che ottengo `e
proprio la sua energia cinetica T .). Come accenneremo pi
u avanti, un terzo modo equivalente
di vedere un tensore doppio euclideo anche come unapplicazione lineare Z : R En En .


Il prodotto scalare u Y () , visto come una funzione di , e un esempio di contrazione
di un tensore doppio
P euclideo ed un vettore u, il cui risultato e a sua volta un vettore v di
componenti vj = i ui Y ij , che si indica generalmente con v = u Y , tale che v = u Y ().
Viceversa, considerando le leggi di trasformazione delle vP
i , ui si dimostra il seguente altro
criterio di tensorialita: se Y e una matrice tale che vj = i ui Y ij sono le componenti di un
vettore v per ogni vettore u allora Y ij sono le componenti di un tensore doppio.

1.3

(non `
e in programma) Spazio vettoriale duale. Cenni di algebra tensoriale

Dato uno spazio vettoriale En si chiama covettore (o forma lineare) un applicazione lineare
F di En in R. In formule:
F : En F () R,

F (a1 1 + a2 2 ) = a1 F ( 1 ) + a2 F ( 2 ).

(13)

Per la linearita, F `e completamente determinato dalla n-pla di immagini Fi := F (ei ) R


dei vettori di una base {ei } di En :
=

n
X

ei

F () =

i=1

n
X

i Fi .

(14)

i=1

Si dota in modo naturale linsieme En dei covettori di struttura di spazio vettoriale definendo
una combinazione lineare di covettori attraverso la combinazione lineare dei loro risultati, o
equivalentemente delle loro componenti:





a1 F1 + a2 F2 i := a1 F1i + a2 F2i . (15)


a1 F1 + a2 F2 () := a1 F1() + a2 F2()
En si dice spazio vettoriale duale di En . Si verifica facilmente che il sistema di n covettori
{ej } {e1 , ..., en } definiti dalla condizione ej (ei ) = Iij (I e la matrice unitaria; lelemento di
matrice Iij si denota pi
u spesso col simbolo di Kronecker ij ) e una base di En , detta duale
della base {ei }. Quindi anche En ha dimensione n. A seguito del cambiamento di base (8)
la base duale cambia secondo la legge
01
1
e
e
n
X
.
0j
1 j k
1
: = A :. ,
e =
A ke

(16)
0n
n
k=1
e
e
delle stessa forma della (9). Per la linearita di F , le Fi invece trasformano di nuovo come
le ei in (8). Poiche (A1 )1 = A, {ei } e la base duale della duale si trasformano allo stesso
f
f
n e En (E
n En ) e queste basi.
modo; si possono quindi identificare gli spazi isomorfi E
Se En e euclideo, ogni x En determina un covettore Fx tramite la definizione Fx () =
x . Se la base {ei } di En e ortonormale, per i covettori della base duale vale evidentemente
luguaglianza ej = Fej . Se inoltre entrambe le basi {ej }, {e0j } sono ortonormali la (16) ha la
stessa forma della (8), poiche A1 = AT . Si possono quindi identificare gli spazi isomorfi En
e En , En En , e queste basi.
5

Definizione 2 Dati tre spazi vettoriali En , Em , Enm di dimensione risp. n, m, nm si chiama


prodotto tensoriale unapplicazione
f : (x, y) En Em x y Enm

(17)

bilineare (cio`e lineare sia in x, sia in y) e tale che se {ei } {e1 , ..., en }, {u } {u1 , ..., um }
sono basi di En , Em allora {ei u } `e una base di Enm [nel denotare f (x, y) con x y
abbiamo adottato una notazione pressocche universale]. Allora si dice che Enm e il prodotto
tensoriale di En per Em , En Em (si legge anche: En tensor Em ), e che gli elementi
T Enm = En Em sono tensori.
P
P
P P

i
a x y = ni=1 m
Da x = ni=1 xi ei , y = m
=1 u u segue per la bilinearit
=1 x y (ei u ).
Quindi f non e suriettiva; il codominio e costituito
tutte e sole le diadi (o elementi
Pn Pda
m
decomponibili) x y, cioe quegli elementi T = i=1 =1 T i (ei u ) di Enm En Em
aventi componenti della forma T i = xi y , con x En , y Em . Dalla bilinearita segue per
i cambiamenti di base {ej } {e0j }, {u } {u0 }, {ej u } {e0j u0 } limplicazione
e0j =

n
X

u0 =

Ahj eh ,

m
X

B u

e0j u0 =

Ahj B (ei u ), (18)

h=1 =1

=1

h=1

m
n X
X

e, dallinvarianza delle decomposizioni, che le T j cambiano come i prodotti xj y :


T

0j

n X
m
X

A1 ji B 1 T i

T 0 = A1 T B 1T

(19)

i=1 =1

Viceversa, una matrice n m T che dipende dalle basi secondo questa legge determina
a
tramite questa formula un tensore T En Em . La (19) e quindi un criterio di tensorialit
per la matrice T (come detto, esso e automaticamente soddisfatto per una T della forma
T i = xi y , ove xi , y sono componenti di vettori: T determina la diade x y).
Literazione del prodotto tensoriale e associativa. Dato un ulteriore spazio vettoriale Ep ,
il prodotto tensoriale Enm Ep si indica anche con En Em Ep , e cos via. Le leggi di trasformazione delle basi e delle componenti generalizzano le (18), (19). Viceversa, componenti che
soddisfano le leggi generalizzate determinano tensori, e quindi le leggi generalizzate sono
criteri di tensorialita. Criteri di tensorialita alternativi si formulano utilizzando contrazioni
di questi tensori con potenze tensoriali di En , Em , Ep etc.
Proposizione-Definizione 1 Dato uno spazio vettoriale En , si dicono tensori (affini) su
En r volte controvarianti ed s volte covarianti [pi
u brevemente, di tipo (r, s)] gli elementi
dello spazio tensoriale
En(r,s) := En ... En En ... En .
{z
} |
{z
}
|
r volte
s volte

(20)

(r,s)
Dalla definizione di En segue che un elemento di T En e unapplicazione

T : En ... En En ... En
|
{z
}
|
{z
}
s volte
r volte

(21)

lineare in tutti i suoi s argomenti. I tensori di rango (0,0) sono gli scalari. I tensori di tipo
(1,0) e (0,1) sono risp. i vettori di En ed i corrispondenti covettori (elementi di En ).
6

Verifichiamo laffermazione (21) per r = s = 1 scegliendo per En , En basi duali. Applih


cando al vettore
tensoriali (che sono covettori) nella decompoPn =ij eh ij secondi fattori

sizione T = i,j=1 T (ei e ) En En trovo per la linearita dei ej un altro vettore


n
X
i,j,h=1

ij

T ei e (eh ) =

n
X

ij

ei Ihj

n
X

T ij j ei := T ();

i,j=1

i,j,h=1

lapplicazione T e evidentemente lineare, cioe un endomorfismo. Per la dualita delle basi e


anche B 1T = A, e la (19) si riduce alla (10), come doveva. Riassumendo, L(En ) = En En :
gli endomorfismi sono tensori di tipo (1,1).
Unapplicazione bilineare X : En En R e invece un tensore di tipo (0,2), cioe un
elemento di En En , mentre unapplicazione bilineare Z : R En En e un tensore di tipo
(2,0), cioe un elemento di En En . X, Z si dicono (anti)simmetrici se tali sono le matrici
X, Z; si noti che l(anti)simmetria e preservata dalle leggi di trasformazione X 0 = AT XA,
Z 0 = A1 XA1T , quindi basta verificarla in una base perche sia garantita in ogni base. Se
En e euclideo, lisomorfismo En En permette di identificare non solo En , En (cioe vettori e
covettori), ma anche questi tre spazi, e quindi i tre tipi di tensori, che chiamiamo semplicemente tensori doppi euclidei. Se inoltre la base {ei } e ortonormale trovo Xij = Y ij = Z ij
per le componenti delle tre corrispondenti matrici X, Y, Z: le componenti 2 volte covarianti,
miste, 2 volte controvarianti del tensore doppio coincidono, cos come nella corrispondenza
x Fx le componenti xi , Fxi di x, Fx risp. nelle basi {ei }, {ei } coincidono. Considerazioni
analoghe valgono per i tensori euclidei tripli, quadrupli, etc.
Infine un tensore che dipende dalla posizione P ed eventualmente dal tempo t si chiama
campo tensoriale. Tra gli esempi di campi tensoriali doppi che si incontrano nei corsi di studio di ingegneria citiamo il tensore di deformazione, che descrive lo stato di deformazione di
un corpo esteso nel punto P allistante t, il tensore di Cauchy, che descrive il corrispondente
stato di tensione in P a t, o anche il tensore (antisimmetrico, sullo spazio E4 di Minkowski)
elettromagnetico, che ha per componenti quelle dei campi elettrico e magnetico. Einstein e
stato il primo a sottolineare limportanza che tutte le leggi fondamentali della fisica siano
scritte nella forma di equazioni in ciascuna delle quali tutti i termini sono tensori (o campi
tensoriali) dello stesso tipo; gli esempi pi
u semplici sono le equazioni scalari (es. lequazione
di stato dei gas perfetti P V = nRT ) e quelle vettoriali (es. la F = ma o le ECD). Questo
garantisce che la formulazione delle equazioni non dipenda dal sistema di riferimento (covarianza delle equazioni), anche se i termini vi dipendono.

1.4

Autovettori ed autovalori di un endomorfismo

Un vettore 6= 0 si dice autovettore con autovalore y di un endomorfismo Y : En 7 En se


Y () = y ;

(22)

La determinazione di autovalori ed autovettori consiste nel risolvere lequazione agli autovettori (22) nelle incognite y, . Questa si esprime in una qualsiasi base {ei } di En nella forma
1

0
.
.
(y1n Y ) : = : ,
(23)
n

0
7

ove 1n e la matrice identica. La sua risoluzione equivale a trovare soluzioni non banali
di questo sistema lineare omogeneo, che esistono se e solo se y soddisfa lequazione agli
autovalori
det(y1n Y ) = y n + a1 y n1 + .... + an1 y + an = 0.
(24)
La (24) e unequazione algebrica in y di grado n perche solo gli n elementi diagonali di y1nY
sono di grado 1 in y (gli altri sono di grado 0). I coefficienti ah sono di grado h nelle Yji ed
indipendenti dalla base: infatti, riferendoci alle (8-10), rispetto ad unaltra base {e0j } risulta
det(y1n Y 0 ) = det[A1 (y1n Y )A] = det A1 det(y1n Y ) det A = det(y1n Y ).
In particolare risulta a1 = y1 + ... + yn =: tr(Y ) (la traccia di Y ), an = (1)n det Y . In
generale le soluzioni y1 , ...yn di (24) sono complesse; quindi anche gli autovettori soluzioni di
(50) con y = yi saranno complessi. La molteplicita algebrica di un autovalore yi e il numero
di volte che esso si ripete nella sequenza y1 , ...yn . Gli autovettori con uno stesso autovalore
y formano un sottospazio Vy En , lautospazio relativo a y; si dice molteplicita geometrica
di y la dimensione di Vy .
Un tensore doppio euclideo Y si dice simmetrico se v Y () = Y (v) qualunque siano
v, En ; per la (7), occorre e basta che la matrice Y delle sue componenti in una base
ortonormale sia simmetrica, Y T = Y . Ricordiamo la
Proposizione 1 Dato un tensore doppio euclideo Y simmetrico:
1. Tutti i suoi autovalori yi sono reali.
2. Autovettori relativi ad autovalori diversi sono ortogonali.
3. Esiste una base {ei } ortonormale di En costituita da autovettori di Y ; la corrispondente

y1
.
...
matrice dinerzia e diagonale: Y =
yn
4. Molteplicita algebrica e geometrica di ogni autovalore coincidono.

1.5

Calcolo della matrice dinerzia di un solido con un punto fisso

Il momento dinerzia di un sistema materiale (in particolare un solido) rispetto a una retta
r e
Z
X
2
Ir := dV (P ) [(P )]2 ,
(25)
Ir :=
mj j
j

ove j , (P ) sono risp. le distanze da r di Pj e dellelemento di volume dV con centro P


rispettivamente se il sistema e discreto o continuo. Chiaramente Ir 0, ed Ir = 0 se e solo se
Pj r j. Fissando una terna ortonormale (O, e1 , e2 , e3 ) risulta Pj O = xj e1 + yj e2 + zj e3 e
KOx

=
=

n
X
j=1
n
X

mj [(x2j + yj2 + zj2 ) x (xj x + yj y + zj z )xj ]


mj [(yj2 + zj2 ) x (yj y + zj z )xj ]

j=1

= Ix x Jxy y Jxz z ,
8

ove abbiamo definito


P
Ix = j mj (yj2 + zj2 )
P
Jxy = j mj xj yj

Iy =

Jxz =

mj (x2j + zj2 )
j

mj xj zj

Iz =

Jyz =

mj (x2j + yj2 )
j

(26)

mj yj zj .

facile riconoscere che Ix , Iy , Iz sono i momenti di inerzia del solido rispetto agli assi ~x, ~y , ~z
E
(infatti, x2j + yj2 e il quadrato j2 delle distanza di Pj dallasse ~z, etc), mentre Jxy , Jxz , Jyz
sono detti prodotti dinerzia del solido rispetto agli stessi assi. Permutando gli assi si trovera
KOy = Jxy x +Iy y Jyz z

KOz = Jxz x Jyz y +Iz z .

Queste tre relazioni si possono scrivere pi


u sinteticamente nella forma
KOa

a
X

Y ab b ,

a = 1, 2, 3,

(27)

b=1

ove abbiamo introdotto la matrice dinerzia (evidentemente simmetrica)

Ix
Jxy Jxz
Iy
Jyz ;
Y (O) := Jxy
Jxz Jyz
Iz

(28)

i momenti e prodotti dinerzia, e quindi anche anche la matrice dinerzia, sono funzioni delle
masse e posizioni delle particelle, cio`e della distribuzione di materia, del solido. Quindi,
Proposizione 2 In una qualsiasi terna ortonormale (O, e1 , e2 , e3 ) risulta
K O = Y () =

3
X

3
1 X
T =
a Y ab b ,
2 a,b=1

ab

ea Y b ,

a,b=1

(29)

o, in termini di vettori-riga o vettori-colonna delle componenti e prodotti riga per colonna,


1
1
1
KO

1 1 2 3
2
2

2 .
,
T = ( ) Y
(30)
K O = (e1 e2 e3 ) KO = (e1 e2 e3 ) Y
2
3
3
3
KO

La (29) mostra che la matrice dinerzia Y e la matrice delle componenti del tensore dinerzia
Y nella terna ortonormale (O, e1 , e2 , e3 ). Essa gioca un ruolo analogo a quello della massa
nella determinazione della quantita di moto ed energia cinetica di un punto materiale. Riassumendo, il momento angolare K O e lenergia cinetica T si esprimono come funzioni della
velocita angolare e del tensore dinerzia.
Se `e fisso non solo O, ma un intero asse r passante per O, il moto del solido `e rotatorio
attorno ad At =Pr; risulta = con versore di r, a = a , da cui, sostituendo nella
(29)2 , T = 21 2 3a,b=1 Y ab a b . In un capitolo precedente avevamo mostrato che lenergia
cinetica di un solido che ruota attorno a r `e anche pari a T = Ir 2 /2, da cui per confronto
Ir =

3
X

Y ab (O)a b = Ix 1 2 +Iy 2 2 +Iz 3 2 2Jxy 1 2 2Jxz 1 3 2Jyz 2 3 ,

(31)

a,b=1

che prende il nome di legge di variazione di Ir per r stella di centro (proprio) O. Essa ci
dice che Ir , per le infinite rette r, `e sempre combinazione dei sei momenti e prodotti dinerzia
rispetto alla terna prescelta. Ad essa si puo arrivare anche con un calcolo diretto dalla (25).
9

1.6

La decomposizione della IIECD in una terna solidale

Il solido ha tre gradi di liberta, cioe bastano 3 coordinate angolari (es. gli angoli di Eulero
, , ) per individuare la disposizione del solido nello spazio; vogliamo mostrare che la
IIECD (2) ne determina il moto, cio`e la dipendenza dal tempo (t), (t), (t). Osserviamo
innanzitutto che anche le a (t) sono funzione solo degli angoli di Eulero e delle loro derivate
prime rispetto al tempo. Possiamo scrivere la IIECD in tanti riferimenti. Quale ci conviene
scegliere? Uno solidale al solido, cos che gli elementi della matrice di inerzia non dipendono
da t. Allora, ricordando le formule di Poisson e a = ea , essa diventa
(e)
MO

O
= K

3
X

Y ab (O) [ ea b + ea b ]

a,b=1
3
X

= KO +

Y ab (O)ea b ;

(32)

a,b=1

una volta espresse le a (t) in funzione degli angoli di Eulero e delle loro derivate, questa
equazione vettoriale da tre equazioni differenziali del secondo ordine nelle sole tre incognite
(t), (t), (t), che ammettono una ed una sola soluzione una volta assegnate le condizioni
iniziali, come affermato.

1.7

Applicazione delle ECD ad un solido con un asse fisso A

Supponiamo ora che sia fisso non solo un punto del solido, ma un intero asse A; il solido ha
quindi 1 solo grado di liberta, corrispondente alle rotazioni attorno ad A. Come sistema di
riferimento solidale scegliamo per semplicita un sistema di riferimento con origine O su A e
0, 0) (abbiamo indicato con langolo
asse ~x A. Cos, da k A segue ( x , 0, 0) (,
tra due piani per A, uno fisso e uno solidale al corpo), e quindi dalla relazione precedente

K O = (Ix e1 Jxy e2 Jxz e3 ),

(33)

O = (Ix e1 Jxy e2 Jxz e3 ) + [Jxz e2 Jxy e3 ]2 .


K

(34)

Scriviamo le tre componenti della IIECD (2):


(v) x

+ MO

(v) y

+ MO

MO

MO

(v)
MO z

(a) x

= MO

(a) y

= MO

(a)
MO z

(e) x

= Ix

(e) y

= Jxy + Jxz 2
= Jxz Jxy 2 .

(e)
MO z

10

(35)

(v)

(a)

Questo sistema ha 4 incognite: (t) e le 3 componenti di M O , dato che M O `e una funzione


nota dellincognita (t) e della sua derivata.
1.7.1

Caso del vincolo liscio


(v)

Se il vincolo di asse fisso (cerniera cilindrica) e liscio, risulta MO x = 0, e quindi la prima


equazione, non contenendo pi
u le incognite reazioni vincolari, diventa
(a)
Ix = MO x ,

(36)

e puo essere senzaltro risolta. Essa ammette una ed una sola soluzione, una volta assegnate
le condizioni iniziali. Il moto di rotazione attorno allasse e determinato quindi dalla prima
equazione. Questa e unequazione simile alla m
x = F x : al posto della componente x della
forza ce la componente x del momento risultante delle forze agenti sul solido, al posto
dellaccelerazione lineare lungo x ce laccelerazione angolare attorno a ~x, al posto della
massa (inerziale) ce il momento dinerzia rispetto a ~x: tanto pi
u esso e grande, tanto pi
u il
solido oppone resistenza alla variazione della velocita angolare. Osserviamo che la condizione
(a)
di equilibrio per il solido e che MO x = 0.
Pendolo composto
Scriviamo lequazione nel caso particolare di un solido pesante ruotante attorno ad un asse
orizzontale liscio (che scegliamo come asse ~x). Lunica forza attiva e evidentemente la forza
peso, (G, mg). Indichiamo con langolo tra il piano passante per ~x e verticale (e quindi
fisso) ed il piano 0 passante per ~x e G (e quindi solidale al solido), v. Fig. 1-sinistra.
Detta d la distanza di G da ~x (la supporremo > 0), il braccio di (G, mg) rispetto a ~x risulta
evidentemente h = d sin .

Figure 1:
Quindi lequazione (36) diventa
= 2 sin ,

ove 2 := mg d/Ix .

(37)

Questa e la stessa equazione differenziale che regola il moto di un pendolo semplice, la


pulsazione di questultimo essendo definita da 2 = g/l! In altri termini, il solido si muove
11

come un pendolo semplice di lunghezza l = Ix /md! Per questo motivo suole chiamarsi
pendolo composto, ed l lunghezza equivalente del pendolo composto.
Se si vincola il solido pesante a ruotare non attorno a ~x ma attorno ad un asse r0 k
~x posto a distanza l nel piano G~x , 2 non cambia (reversibilita del pendolo composto)!
Per dimostrarlo basta usare il teorema di Steiner-Huygens. Cio suggerisce un metodo per
misurare g con grande precisione senza bisogno di misurare Ix , semplicemente da g = 2 l.
Si osservi innanzitutto che le frequenze si possono misurare con grande precisione pur
di disporre di un tempo sufficiente per contare tanti periodi. Si puo inoltre determinare
con grande precisione lasse r0 k ~x che da lo stesso periodo per approssimazioni successive,
spostandolo con metodi micrometrici.
Le restanti reazioni vincolari
Torniamo alla discussione generale. A che servono le IECD (2) e le altre due equazioni di
(35)? La IECD ci serve a determinare R(v) :
R(v) = R(a) + maG
Entrambi i termini a secondo membro sono ora noti, perche noto ormai il moto del solido
(e quindi anche di G). Come detto, maG `e la risultante delle forze dinerzia, il sistema di
forze che il corpo esercita sul vincolo per effetto del moto. Detti G la proiezione ortogonale
di G sullasse e G = kG G k, il moto di G e circolare su una circonferenza di centro
G e , a = G (e
2 e ), ove e =
G e raggio G ortogonale allasse. Quindi v G =
t
G
t
G
G
(GG )/G , et sono rispettivamente i versori normale esterno e tangente alla circonferenza.
La componente centrifuga m2 G eG = m2 (G G ) della risultante delle forze dinerzia `e
proporzionale al quadrato della velocita angolare, quindi molto grande se questultima `e
grande; inoltre, mentre nella terna solidale ha direzione costante, nella terna fissa questa
quindi anchessa molto alta. Il vincolo di asse
ruota con frequenza proporzionale a ,
fisso quindi viene sollecitato con una risultante intensa e rapidamente variabile, col rischio
che venga danneggiato. Si puo rendere la risultante maG delle forze dinerzia nulla senza
fermare la rotazione? S, evidentemente deve essere G = 0, cioe G A, cio`e si deve scegliere
come A un asse baricentrale. Si effettua cos il cosiddetto bilanciamento statico delle forze
dinerzia. Sostituendo invece la soluzione (t) nelle altre due equazioni di (35) troviamo ora
(v)
(v)
le incognite MO y , MO z :
(v) y

MO

(v)
MO z

(a) y

Jxy + Jxz 2 ,
(a)
= M z Jxz Jxy 2 ;

= MO

(38)

(39)

infatti, i secondi membri sono ora completamente noti. Jxy Jxz 2 e Jxz +Jxy 2 sono le
componenti y, z del momento delle forze dinerzia. Anche esse nella terna fissa sono oscillanti rapidamente e con ampiezza molto grande se `e grande. Il vincolo di asse fisso
quindi viene sollecitato con un momento intenso e rapidamente variabile, col rischio che
venga danneggiato. Si possono rendere nulle? S, condizione necessaria e sufficiente e che
sia Jxy = 0 = Jxz ; come ricorderemo sotto, cio equivale a dire che ~x `
e asse principale
dinerzia. Adottando la scelta A ~x dellasse di rotazione si effettua il cosiddetto bilanciamento dinamico delle forze dinerzia,cio`e le reazioni vincolari devono bilanciare solo le forze
12

attive, perche leffetto del moto scompare:


(v) y

MO

(a) y

(v) z

= MO

MO

(a)

= MO z .

(40)

Il bilanciamento sia statico sia dinamico (in cui il vincolo esercita la - e quindi per reazione
`e soggetto alla - minima sollecitazione possibile), si ottiene ora evidentemente se e solo se
il motivo per cui per esempio
A `e asse baricentrale e principale, cio`e centrale dinerzia! E
la centrifuga di una lavatrice (v. Fig. 1-destra) e costruita in modo da essere vincolata a
ruotare attorno al suo asse di simmetria, che e asse centrale di inerzia.
Nelle Figure 2 riportiamo tre semplicissimi esempi di solido con bilanciamento risp. solo
dinamico, solo statico, statico e dinamico.

Figure 2:

1.8

Ulteriori elementi di geometria delle masse

Se Jxy = 0 = Jxz allora da (29) segue immediatamente che Y (e1 ) = Ix e1 , cioe i vettori k ~x
sono autovettori di Y , con autovalore Ix ! In generale
Definizione 3 Una retta r passante per O si dice un asse principale dinerzia se un (qualunque)
vettore k r e autovettore del tensore dinerzia Y con autovalore Ir ,
Y () = Ir ;

(41)

Ir e il relativo momento principale dinerzia. Se O G anziche principale si dice centrale.


Quindi, gli assi e momenti principali (o centrali) dinerzia si possono trovare risolvendo
lequazione agli autovettori del tensore dinerzia. Per la proposizione 1 si possono presentare
solo i seguenti casi:
1. Esiste ununica terna principale dinerzia, cioe terna ortogonale O~x~y~z di assi principali
dinderzia (autovettori) con tre momenti principali (autovalori) distinti Ix , Iy , Iz .

13

Figure 3:
2. Un momento principale (autovalore) ha molteplicita 2 e laltro molteplicita 1, per cui
esistono 1 terne principali O~x~y~z; se per es. Ix = Iy 6= Iz , queste terne si ottengono
luna dallaltra tramite una rotazione di un angolo arbitrario attorno a ~z.
3. Tutte le 3 terne ortogonali O~x~y~z sono principali, Ix = Iy = Iz (i tre momenti principali
- o autovalori - coincidono, cioe Ix ha molteplicita 3), e Y = Ix 13 .
!
Ix

In ogni caso, in una terna O~x~y~z principale dinerzia Y e diagonale: Y =

Iy
Iz

Inoltre, per la (25) Ix , Iy , Iz 0; uno dei momenti principali e nullo, per esempio Iz = 0, se
e solo se tutte le particelle giacciono su esso, ed allora risulta anche Ix = Iy .
Sostituendo nella (29)2 , troviamo

1
(42)
T = (Ix x2 +Iy y2 +Iz z2 ).
2
che ci da nella forma pi
u semplice, o canonica, lenergia cinetica T del solido come funzione
delle a . Viceversa, fissata T > 0 la (42) [o, se usiamo una terna generica, la (29)2 ] e
unequazione che determina le velocita angolari che danno il valore T dellenergia cinetica.
Associando a il punto R di coordinate (x , y , z ) R3 (cioe lestremo di applicato a
O), la superficie EO dei punti soluzione di (42) e simmetrica rispetto ad O [perche contiene
R ed il suo simmetrico R0 (x , y , z )], ed e: un ellissoide,
p detto ellissoide dinerzia di
centro O, se Ix , Iy , Iz > 0; un cilindro di asse z e raggio a = 2T /Ix se Iz = 0, Ix = Iy > 0
(v. figure 3 in alto).3 I suoi piani di simmetria sono detti principali di inerzia; ciascun asse
3

Escludiamo il caso Ix = Iy = Iz = 0: solido che si riduce ad una particella posta in O.

14

principale e intersezione di due piani principali ortogonali ed e normale ad un terzo piano


principale. Questa proprieta caratterizza gli assi principali, e puo essere usata anche come
loro definizione alternativa. Riscrivendo lequazione canonica (42) dellellissoide EO nella
forma
s
r
r
2T
2T
2T
x2 y2 z2
, b :=
, c :=
,
(43)
+ 2 + 2 = 1,
a :=
2
a
b
c
Ix
Iy
Iz
risulta evidente che i tre assi di EO hanno lunghezze 2a, 2b, 2c (v. figura 3 sinistra). Nei
casi 1,2,3 su elencati EO e rispettivamente: 1. triassico (a, b, c distinti); 2. rotondo (cioe
invariante per rotazione) attorno a ~z, con a = b 6= c; 3. sferico (a = b = c). V. figure 3 in basso.
Fissando T , dalla formula T = Ir 2 /2 che da lenergia cinetica del solido ruotante attorno
ad una qualsiasi retta r passante per O (ricordiamo che k r) ricaviamo
Ir =

2T
.
2

(44)

e anche la distanza da O del punto R(x , y , z ), intersezione di r con EO (v. figura 3 in


alto); misurandola e sostituendola nella formula possiamo quindi determinare geometricamente Ir , e vedere come varia al variare di r. In questo modo EO da una rappresentazione
geometrica della legge (31) di variazione di Ir al ruotare di r attorno ad O. In particolare vediamo che: i) Ir e massimo, minimo rispettivamente quando r e lasse principale di
lunghezza minima, massima; ii) un asse e principale se e solo se e di stazionarieta per Ir ,
cioe se in corrispondenza di esso si annullano le derivate prime di Ir rispetto a due angoli
(per es. , ) che ne individuano la direzione. Aumentando T EO si dilata, ma tutti questi
risultati rimangono validi.
1.8.1

Propriet
a di simmetria

Se il solido ha un piano di simmetria , allora la retta n normale a in ogni punto O e


asse principale; se O = G, e centrale. Equivalentemente, e di simmetria anche per EO , EG
(v. figura 4 sinistra). Fissata infatti una terna ortogonale O~x~y~z con O~x~y , per ogni
particella Pj
/ , dette mj e (xj , yj , zj ) le sue massa e coordinate, la sua simmetrica Pj0 avra
massa m0j = mj e coordinate (x0j , yj0 , zj0 ) = (xj , yj , zj ), e il contributo mj xj (zj zj ) di ognuna
di queste coppie a Jxz sara nullo; il contributo di Pj sara anche nullo perche zj = 0; quindi
Jxz = 0. Analogamente, Jyz = 0. Quindi ~z, cioe la normale in O, e principale dinerzia, c.v.d.
Se il solido ha due piani di simmetria 1 , 2 , allora le rette n1 , n2 normali a 1 , 2 in un
punto O p := 1 2 sono entrambe asse principali, e quindi anche p. Se 1 2 , allora la
(o una) terna principale con origine in O sara O~n1~n2 p~. Se 1 , 2 non sono perpendicolari,
allora non lo sono neanche n1 , n2 ; ma EO e rotondo attorno a p, ossia tutte le rette p per
O sono principali, e una qualsiasi terna ortogonale avente p~ come un asse sara principale.
Le considerazioni precedenti si applicano in particolare a O = G, che appartiene ad ogni
piano di simmetria del solido.
1.8.2

Variazione della matrice dinerzia per traslazione di terna baricentrale

Per il teorema di Huygens-Steiner i momenti di inerzia Ir , Ir0 di un solido rispetto ad una


retta r ed alla retta r0 k r passante per il baricentro G (v. figura 4 centro) sono collegati da
Ir = Ir0 + m 2 ,
15

(45)

Figure 4:
dove m e la massa del solido e e la distanza di r0 , o equivalentemente di G, da r. Data una
qualsiasi terna ortogonale O~x~y~z, sia G~x0 ~y 0~z0 la terna con origine in G ed assi paralleli a quelli
della prima terna (v. figura 4 destra); equivalentemente O~x~y~z si ottiene da una traslazione
di G~x0 ~y 0~z0 . Applicando il teorema di Huygens-Steiner troviamo
Ix = Ix0 + m(yG2 +zG2 ),

Iy = Iy0 + m(x2G +zG2 ),

Iz = Iz0 + m(x2G +yG2 ),

(46)

ove (xG , yG , zG ) sono le coordinate di G in O~x~y~z. Analogamente, per i prodotti dinerzia


Jxy = Jx0 y0 + mxG yG ,

Jxz = Jx0 z0 + mxG zG ,

Jyz = Jy0 z0 + myG zG ,

(47)

e quindi, sinteticamente, le matrici dinerzia Y (O), Y (G) associate alle due terne soddisfano

2
yG +zG2 xG yG xG zG
(48)
Y (O) = Y (G) + YG (O),
YG (O) := m xG yG x2G +zG2 yG zG .
xG zG yG zG x2G +yG2
Lultimo termine a secondo membro di ciascuna delle (45-47) e il momento o prodotto
dinerzia rispetto agli stessi assi che avrebbe il solido se fosse concentrato tutto in G;
cos YG (O) e la matrice dinerzia rispetto a O~x~y~z che avrebbe il solido concentrato in G.
Possiamo dimostrare le (45-47) partendo dai teoremi di Koenig, o con il seguente calcolo diretto. Le coordinate della generica particella Pj rispetto alle due terne soddisfano le relazioni
xj = x0j +xG , yj = yj0 +yG , zj = zj0 +zG , che sostituite nelle definizioni di Jxy , Jx0 y0 danno
P
P
P
P
P
Jxy = mj (x0j +xG )(yj0 +yG ) =
mj x0j yj0 +( mj )xG yG +( mj x0j )yG +( mj yj0 )xG
j

+ mxG yG
+ 0
+ 0.
P
P
P
Gli ultimi due termini sono nulli per le relazioni j mj x0j = mx0G = 0, j mj yj0 = 0, j mj zj0 = 0,
dette regole dei momenti statici. Analogamente si dimostrano le altre relazioni.
Osserviamo ora che i tre prodotti xG yG , xG zG , yG zG sono nulli se e solo se due (almeno)
delle xG , yG , zG sono nulle, cioe se e solo se G appartiene ad un asse della terna O~x~y~z, o
equivalentemente O appartiene ad unasse della terna G~x0 ~y 0~z0 . Allora da (47) segue che
Jxy = Jx0 y0 ,

Jx0 y0

Jxz = Jx0 z0 ,

Jyz = Jy0 z0 .

(49)

cos dimostrata la
In particolare, i primi membri sono nulli se e solo se lo sono i secondi. E
Proposizione 3 Se la terna G~x0 ~y 0~z0 e centrale dinerzia, allora la terna O~x~y~z con assi
paralleli e principale dinerzia se e solo se O appartiene ad unasse centrale dinerzia.
16

Figure 5:
1.8.3

Matrice dinerzia per sistemi materiali piani

Il piano che contiene tutte le particelle del sistema e anche di simmetria per esso. Scelta
una terna ortogonale O~x~y~z con O~x~y , sara zj = 0 per ogni particella Pj , quindi dalle
definizioni (26) segue che Jxz = Jyz = 0, e ~z e principale dinerzia, con momento principale
pari a Iz = Ix+Iy qualunque siano gli assi ~x, ~y . Gli altri due assi ~x0 , ~y 0 di una terna principale
sono ~z, e gli autovettori associati hanno 3 = 0. Il problema agli autovettori rimanente e
quindi

1
yIx Jxy
0

0
2
Jxy yIy
0 = 0 ;
(50)
0
0
0
yIz
0
0
0
i momenti
principali

 Ix , Iy sono le soluzioni dellequazione agli autovalori in 2 dimensioni
yIx Jxy
det
= 0, ed il generico autovettore k ~x0 ha componenti soluzioni delleq. in
Jxy yIy
2 dimensioni (Ix0 Ix ) 1 +Jxy 2 = 0: detto 0 langolo tra ~x, ~x0 si trova facilmente

 


q
i
0
1h

I
I
Ix0
2
x
x
0
1
1
2
= Ix +Iy (Ix Iy )2 +4Jxy
,
= tan
= tan
.
(51)
Iy0
2
1
Jxy

Con le formule trigonometriche di duplicazione si mostra che (51)2 equivale a




2Jxy
0
1
2 = tan
;
Iy Ix

(52)

questa si trova pi
u rapidamente imponendo che ~x0 sia di stazionarieta per Ir , cioe dIr /d = 0:
sostituendo (1 , 2 , 3 ) = (cos, sin, 0) in (31), con le formule di duplicazione troviamo

dIr
2
2
Ir = Ix cos +Iy sin 2Jxy sin cos

= (Iy Ix ) sin20 2Jxy cos20 = 0,



d 0
17

da cui segue la (52). Sostituendo = 0 , = 0 + /2 nellespressione per Ir ritroviamo


(51)1 . In alternativa, se ce un altro piano di simmetria passante per O allora sfruttando le
proprieta 1.8.1 la determinazione di ~x0 , ~y 0 e immediata.
In particolare, usando le proprieta di simmetria e facile mostrare che la terna centrale
dinerzia G~x~y~z di un rettangolo omogeneo e di un disco sono quelli disegnati in figura 5;
quella del disco e determinata a meno di una rotazione attorno a ~z, ed Ix = Iy . Nella figura
riportiamo anche una terna principale O~x~y ~z con assi paralleli a quella centrale (Prop.
3). Indichiamo con m, la loro massa e densita superficiale. Calcoliamo i momenti centrali
tramite integrazione, con coordinate cartesiane B/2 x B/2, H/2 y H/2
H
ZB/2 ZH/2
H3
H2
y 3 2
2
=m ,
Ix = dx dyy = B = B
3 H
12
12
B/2 H/2

Iy = m

B2
,
12

Iz = m

B 2 +H 2
(53)
12

nel caso del rettangolo, e coordinate polari 0 r R, 0 2 nel caso del disco:
R
Z R
Z 2
r4
R4
R2
R2
3
d = 2 =
Iz = drr
=m ,
Ix = Iy = m .
4 0
2
2
4
0
0

1.9

(54)

Dinamica di un solido con un punto fisso O

Prendendo come terna solidale Oe01 e02 e03 una principale di inerzia diagonalizzo Y (O) in (32):

B
Y (O) =
(55)
C
Chiaramente e0i ruotano rispetto alla terna fissa, e valgono le formule di Poisson dtd e0i = e0i .
Indichiamo, come Eulero, con A, B, C i momenti principali corrispondenti e con p, q, r le
componenti di in {e0i }; sono quindi le componenti nel riferimento solidale della velocita
angolare rispetto al riferimento fisso. Risulta di conseguenza
= pe01 + qe02 + re03
K O = Ape01 + Bqe02 + Cre03
1
T = (Ap2 + Bq 2 + Cr2 )
2
O = Ape
K
01 + B qe
02 + C re
03 + K O
(e)0 x

Ap (B C)qr = MO

(e)0 y

B q (C A)rp = MO

(e)0

C r (A B)pq = MO

(v)0 x

= MO

(v)0 y

= MO

(v)0

= MO

(56)
(57)
(58)
(59)

(a)0 x

+ MO

(a)0 y

+ MO

(a)0

+ MO

(60)
;
(a)

sono tre equazioni del primo ordine nelle nove incognite p, q, r, , , , (M O puo dipendere
(v)
in generale da tutte e sei) e le 3 componenti di M O . Per pareggiare numero di equazioni e
di incognite bisogna aggiungere tre relazioni che diano conto delleffetto dellattrito e le tre
18

.
Le prime tre sono note (e
relazioni, puramente cinematiche, che collegano p, q, r a ,
,
(v)
semplicissime) solo nel caso di punto fisso liscio: M O = 0. Le seconde sono le
= f (p, q, r, , , ) := (p sin + q cos )/ sin
= g(p, q, r, , , ) := p cos q sin
= h(p, q, r, , , ) := r cot (p sin + q cos )
Esse si possono ricavare sostituendo e0j =

3
P

Ahj (t)eh , e 0j =

h=1

(61)

3
P
A hj (t)eh , ({eh } e la terna fissa)
h=1

con la matrice A espressa in termini di angoli di Eulero , , , nella formula (del teorema di
3
P
(e)
Poisson) := 12
e0j e 0j . Solo quando M O non dipende da , , (in particolare, quando
j=1

e nullo) allora le (60) sono disaccoppiate e possono essere risolte separatamente.


1.9.1

Moti di Poinsot
(e)

Quando M O = 0 il moto di rotazione e libero (moto di Poinsot) e le equazioni possono


essere integrate esattamente. Cio accade per esempio se il punto fisso e liscio e non ci sono
forze attive. Innanzitutto cerchiamo soluzioni delle equazioni di Eulero del tipo: p, q, r =
cost,
p(t) = p0 ,
q(t) = q0 ,
r(t) = r0 .
(62)
Le equazioni di Eulero diventano
(B C)q0 r0 = 0,

(C A)r0 p0 = 0,

(A B)p0 q0 = 0.

(63)

Ammesso che ne esistano, esse corriponderanno a rotazioni uniformi attorno ad asse invariabili (rotazioni permanenti). Infatti per le formule di Poisson si avra
= p0 e 01 + q0 e 02 + r0 e 03 = (p0 e01 + q0 e02 + r0 e03 ) = = 0
che implica che = cost, e quindi lasse di rotazione At k ha direzione costante, ma
dovendo passare per O sara invariante e la velocita angolare = cost. Mostriamo ora
effettivamente lesistenza di questo tipo di soluzioni distinguendo i tre casi possibili.
1. Se A, B, C sono tutti differenti le (63) ammettono soluzioni costanti con due delle tre
costanti p0 , q0 , r0 uguali a zero. Queste tre soluzioni corrispondono a moti di rotazione
uniforme attorno ai tre (soli) assi principali. Se A < B < C, si puo mostrare che le
rotazioni attorno al primo e al terzo asse sono stabili, quelle attorno al secondo sono
instabili.
2. Supponiamo ora che lellissoide dinerzia sia rotondo, e percio due dei momenti principali di inerzia sono uguali, ad es. A = B. Le (63) saranno soddisfatte se
p0 = q0 = 0,

r0 arbitrario;

oppure r0 = 0,

p0 , q0 arbitrari.

La prima dara la rotazione uniforme attorno allasse principale di inerzia di direzione


e03 , la seconda dara la rotazione uniforme attorno a un asse giacente nel piano e01 , e02 ,
che anche sara principale di inerzia, perche lellissoide dinerzia `e rotondo attorno a e03 .
Analoghi risultati si troveranno se B = C oppure A = C.
19

3. Se A = B = C (ellissoide EO sferico) le (63) sono automaticamente soddisfatte qualunque


(e)
siano p0 , q0 , r0 . Anzi da (60) e M O = 0 segue che tutte le soluzioni delle equazioni di
` possibile quindi il moto di rotazione uniforme attorno
Eulero sono di questo tipo. E
ad un asse arbitrario (che ricordiamo in questo caso `e sempre principale di inerzia).
Possiamo riassumere i tre casi dicendo che le rotazioni permanenti sono possibili solo
attorno ad assi principali dinerzia.
Restano da determinare le soluzioni differenti da queste nei casi 1,2. Si possono integrare
esprimendo due tra le p, q, r in funzione delle costanti del moto
1
T = (Ap2 + Bq 2 + Cr2 ),
2

K 2O = A2 p2 + B 2 q 2 + C 2 r2

(64)

e sostituendole nelle equazioni di Eulero. Rimarra ununica equazione del primo ordine in
forma normale, che si potra integrare per quadratura.
Se A, B, C sono tutti differenti la soluzione si esprime tramite funzioni ellittiche (ottenute
invertendo integrali ellittici di prima specie). Essa andra sostituita nelle (61), che andranno
anchesse integrate.
Se due momenti di inerzia sono uguali (giroscopio), la soluzione si esprime con funzioni
trigonometriche. Se per fissare le idee A = B, la terza eq. ha soluzione r(t) = r0 . Sostituendola nelle prime due, e derivando la prima rispetto a t otteniamo


C
(60)1
(60)2 2
p
p + 2 p = 0
A
p = (A C)qr
0 = r0 (C A) 1
A
avendo posto

=

C
1
A


r0 .

(65)

Le soluzioni sono del tipo p(t) = c sin(t+), che implica q = 1 p = c cos(t+): nel piano
(p, q) il punto (p(t), q(t)) percorre una circonferenza di raggio c di moto uniforme, quindi
rispetto alla terna solidale spazza con velocita uniforme un cono con asse e03 . Si potrebbe
sostituire queste relazioni in (61) e risolverle. Diamo invece una descrizione qualitativa della
soluzione. Da
cost = K O = A(pe01 + qe02 ) + Cre03 = A + (C A)r0 e03
segue
KO
+ e03 1 + 2 .
(66)
A
Il primo termine e costante nel riferimento fisso, e descrive quindi un moto di rotazione
uniforme attorno alla direzione di K O , il secondo e costante nel rif. solidale e descrive quindi
un moto di rotazione uniforme attorno alla direzione di e03 . Il moto e loro composizione (moto
di precessione regolare): il giroscopio ruota con velocita 2 attorno al suo asse giroscopico
e03 , il quale a sua volta descrive un cono attorno allasse K O con velocita 1 (infatti dalle
formule di Poisson e 03 = 1 e03 ) .
La relazione precedente implica che K O , , e03 sono complanari e che percio gli ultimi
due, visti dallo spazio fisso ruotano attorno alla direzione (fissa) di K O con la stessa velocita
angolare (di precessione) 1 .
=

20

Figure 6:
Si puo dare una descrizione qualitativa e visiva dei moti di Poinsot con la cosiddetta
costruzione di Poinsot. La conservazione dellenergia cinetica fa s che ad ogni istante
soddisfi lequazione (42) dellellissoide EO ; siccome EO e solidale al solido, descrivere il suo
moto equivale a descrivere il moto del solido stesso. Si verifica facilmente che K O = T (
`e il gradiente nello spazio delle ). Daltro canto in ogni punto soluzione dellequazione
(42) risulta T EO . Quindi EO `e tangente al piano (fisso) K O passante per ,
v. fig. 6-sinistra; la distanza di da O e vers(K O ) = 2T /KO , che `e una costante del
moto. Il punto di contatto Pc appartiene a At , poiche OPc k k At e O At ; quindi Pc ha
istantaneamente velocita zero, il che implica che EO rotola su senza strisciare. Quindi il
moto del solido `e quello determinato dal moto di puro rotolamento di EO su . La traiettoria
u in
di Pc su si riduce ad un punto se (0) `e parallelo ad un asse principale dinerzia; pi
generale `e una circonferenza - ed il moto del solido `e di precessione regolare - se EO `e
rotondo, mentre `e una curva trascendente (che in generale non si chiude), se A, B, C sono
tutti differenti, cio`e se EO `e triassico.
1.9.2

Effetto giroscopico

Se EO `e rotondo attorno a un asse r il solido si dice a struttura giroscopica attorno a r. Pi


u in
generale si chiama giroscopio un qualsiasi solido con ellissoide centrale dinerzia EG rotondo
attorno ad un asse r (asse giroscopico), v. Fig. 6-destra. Per la legge di trasformazione
del tensore dinerzia sotto traslazione di una terna baricentrale si trova che EO e anchesso
rotondo attorno a r (e quindi il solido ha struttura giroscopica) O r. Sceglieremo la terna
solidale in modo che ~z0 coincida con r.
Sia A = B (struttura giroscopica attorno a e03 ). Supponiamo che a t = 0 il giroscopio
ruoti attono al suo asse con velocita angolare r0 e03 , e applichiamogli a partire da questo
(e)
istante delle forze esterne con momento risultante M O tale che
MO0 3 = 0,

(67)

per esempio esercitando una forza direttamente sul suo asse. (Esempi: trottola con forza
peso, volano ruotante su un asse ruotante a sua volta attorno ad un punto, v. libro).
21

Quando r0 = 0, lasse si riorienta in modo da assecondare la forza, p. es. la trottola


cade. Per grandi r0 si osserva invece
1. Tenacia dellasse di rapida rotazione: Il giroscopio si oppone ad un riorientamento del
suo asse in misura tanto maggiore quanto maggiore e r0 . (Se lapplicazione delle
forze esterne e di breve durata, come per esempio a causa di vibrazioni del vincolo, il
riorientamento e impercettibile)
(e)

2. Tendenza al parallelismo con M O : lasse giroscopico si riorienta (molto lentamente)


tendendo al parallelismo con il momento della sollecitazione esterna, K O k e03 , senza
necessariamente raggiungerlo. Se per esempio applico una forza F allasse, il riorientamento avviene a F . La trottola pesante per esempio compie un moto di precessione.
Come si spiega? Per la (67), di nuovo (60)3 implica
r(t) = r0 .

(68)

Se p(0) = 0, q(0) = 0, risulta K O (0) = Cr0 e03 . Ragioniamo ora prima in modo euristico. Per
continuita sara
0
(e)
O Cr0 de3 .

MO = K
(69)
K O (t) Cr0 e03
dt
almeno per piccoli t; inoltre ci aspettiamo che al crescere di r0 si allunghino i tempi t per
cui (69) rimanga valida. Conseguentemente
d 0
(e)
e3 M O ,
dt
C

:=

1
.
r0

(70)

La derivata del versore dellasse e quindi inversamente proporzionale a Cr0 , che spiega la
(e)
tenacia del giroscopio, ed ha la direzione di M O , che spiega la tendenza al parallelismo.
Mostriamo ora che se le forze attive sono conservative con energia potenziale U (
q ) limitata
inferiormente (indico con q la terna degli angoli di Eulero, o un altro terna di coordinate
lagrangiane), cio`e U (
q ) Um , la (69) vale in un senso ben preciso per t arbitrariamente
grandi. La conservazione dellenergia totale da T + U = T0 + U0 , da cui segue, in virt
u della
(68) e di p(0) = 0, q(0) = 0,
U0 U = T T0 = A(p2 + q 2 ) 0,

U0 := U [q(0)].

Ma U0 U (
q ) := U0 Um per ogni q, percio per ogni t > 0
2

kK O Cr0 e03 k = kA(pe01 + qe02 )k = A2 (p2 +q 2 ) A

(71)

(se U `e limitata anche superiormente, cio`e U (q) UM , la disequazione vale anche con
:= UM Um , che `e indipendente da q(0)). Ne segue



K O Cr0 e03

A ,
(72)


Cr0
C

cio`e la differenza relativa tra K O e Cr0 e03 e maggiorata da CA  1 (se r0 e grande), e la


parte dominante di K O `e Cr0 e03 . Applichiamo ora questi risultati al
22

Giroscopio pesante (trottola)


Consideriamo un giroscopio pesante con un punto O del suo asse vincolato senza attrito a
rimanere fisso e cui sia stata impressa una forte rotazione iniziale attorno al suo asse (trottola
pesante). La forza peso F = mg, che si puo considerare applicata in G, non lo fa cadere
anche se lasse `e inclinato, ma fa ruotare questultimo attorno alla verticale. La (70) e le
formule di Poisson implicano
(a)

0
M O = (G O) F = zG
me03 g Cr0

0
e03 [zG
mg + Cr0 ] = 0

de03
= e03 Cr0
dt

0
zG
mg + Cr0 e03 .

Affinche la parte dominante del primo membro sia uguale al secondo membro deve essere
Cr02 ; risolvendo rispetto ad troviamo
2 + 1 + O(2 ),

(73)

ove abbiamo posto


1 := r0 e03

0
2 := zG
mg.

(74)

La 2 e costante nello spazio fisso, 1 nello spazio solidale. Quindi il moto della trottola
e approssimativamente di precessione regolare, cioe di composizione dei due, con asse di
precessione verticale ed asse giroscopico quello di figura. Inoltre si noti che 2 e inversamente
proporzionale a 1 . ecco perche, quando 1 diminuisce (a causa degli attriti), 2 aumenta,
finche cade.
Applicazioni
Bussola giroscopica. Stabilizzatore di volo su missili, aerei da combattimento, per indicare
variazioni di inclinazione (anche con la nebbia). Per proiettili (ecco perche li mettono in
rotazione), etc

Moti di un solido libero

Consideriamo le ECD per il solido, nella forma del teorema del moto del baricentro e del
teorema del momento angolare con polo il baricentro G:
R(e) = maG
(e)
G = Ape
MG = K
01 + B qe
02 + C re
03 + K G .

(75)
(76)

La dipendenza delle forze esterne agenti sul solido dalle posizioni e dalle velocita dei punti di
applicazione si puo esprimere in termini di 6 coordinate corrispondenti ai 6 gradi di liberta del
;
quindi R(e) = R(e) (G, G,
, , , ,
, , , ,
solido, e le loro derivate, per esempio G, G,
,

(e)
(e)

, ; t), M G = M G (G, G, , , , ,
, ; t). Una volta espresse, tramite le (61), le componenti di in termini di queste variabili le ECD diventano un sistema di 6 equazioni del
secondo ordine in 6 incognite, che ammettono una ed una sola soluzione una volta assegnate
le condizioni iniziali.
23

t), allora il problema del moto di G si disaccoppia dal moto di


Se R(e) = R(e) (G, G;
rotazione attorno a G, pi
u precisamente `e formalmente identico al problema del moto di un
punto materiale in presenza di una forza esterna, e puo essere determinato indipendentemente
dal moto di rotazione. In particolare il moto di G sara rettilineo uniforme se R(e) = 0, come
accade per un solido (in particolare un satellite, o una navicella spaziale) cos lontano da
altri corpi massicci (terra, astri, etc) da poter trascurare la loro forza gravitazionale. Se pi
u
in generale il campo gravitazionale esercitato da questi corpi massicci non e trascurabile,
ma si puo comunque considerare costante entro la regione occupata dal solido ad un certo
istante (a questo scopo basta che le dimensioni del solido siano  delle distanze di G dai
t) si puo calcolare concentrando la massa del
baricentri di questi corpi), allora R(e) (G, G;
solido in G ed applicando la legge di gravitazione universale; se in particolare il moto del
solido viene considerato solo entro una regione in prossimita della terra di dimensioni 
del raggio terrestre, allora R(e) = mg =cost ed il moto di G entro questa regione sara
uniformemente accelerato.
(e)
(e)
;
t)
,
Determinato G(t), per sostituzione M G diventa una funzione M G (, , , ,
0
(a)
, cioe lequazione del moto del
soltanto. Siccome K G = K 0 = K 0G , la (76) diventa M G = K
G
solido in un riferimento con origine in G ed assi ad orientamento fisso; ma in questultimo
G appare come un punto fisso, quindi lequazione diventa quella di un solido con un punto
fisso, e possiamo applicare i risultati trovati nella sezione 1.9.
Se, come prima, le forze esterne sono solo quelle gravitazionali esercitate da corpi grandi
e massicci, e quindi si possono considerare costanti entro la regione occupata dal solido ad
(a)
un certo istante, allora risulta M G = 0, e le soluzioni della IIECD saranno i moti alla
Poinsot. Tra queste ci sono in particolare le gia trovate rotazioni permanenti attorno agli
assi principali di inerzia passanti per G, cio`e attorno agli assi centrali dinerzia.
Quindi per esempio per un sasso lanciato in aria il moto del suo baricentro G e uniformemente accelerato (traiettoria parabolica), mentre per un satellite in orbita attorno alla terra
il moto di G e di tipo Kepleriano (orbita ellittica, etc). Il moto di rotazione del solido attorno
a G `e pi
u complicato, a meno che il solido non venga lanciato in modo che allistante iniziale
ruoti attorno ad un asse centrale dinerzia: allora continuera a ruotare uniformemente attorno a questo asse, che non cambiera di orientamento durante il moto. Nel caso che il solido
abbia due momenti centrali di inerzia uguali (solido giroscopico), i restanti moti alla Poinsot
saranno invece delle precessioni regolari. Questo spiega per es. il moto di precessione della
terra che porta lasse terrestre nord-sud a descrivere un cono in un cosiddetto anno platonico
(quasi 26.000 anni).

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