You are on page 1of 5

FRAINE, UNITA’ D’ITALIA E BRIGANTAGGIO

Qualcosa che richiama fortemente l’attenzione è certamente il fatto


che i cittadini frainesi nel plebiscito del 21 ottobre 1860 votarono contro
l’Unificazione dell’Italia. Eppure, nonostante una tanto evidente e
dichiarata avversione alla Unificazione, nel decennio dal 1860 al 1870,
non risultano cittadini frainesi tra le file dei cosiddetti Briganti. Al
contrario troviamo riscontro in fucilazioni ed uccisioni messe in atto
soprattutto nella provincia di Foggia di cittadini di Castiglione Messer
Marino (3) e di Casalanguida (3). Anche Montazzoli diede mano d’opera
al brigantaggio tanto è che qui nacque uno degli elementi di spicco del
brigantaggio abruzzese, un certo Giuseppe Ferrara tra gli ultimi caduti
nella spietata guerra dichiarata con la Legge Pica. Il Brigantaggio divenne,
particolarmente in questo decennio, ma anche ben oltre il decennio stesso,
una vera intensa “resistenza” alla invasione dei Piemontesi. Gli uomini
ribellatisi alla aggressione si diedero alla macchia e furono trattati come
dei comuni e volgari delinquenti; il fenomeno fu denominato, anzi per
meglio dire accomunato al Brigantaggio; si trattava in realà di una vera e
propria resistenza armata .
Il Sud stanco e umiliato dalle continue
invasioni e domini, partite da quelle barbariche
per finire a quelle dei Borboni, videro
nell’attacco dei Piemontesi al regno, comunque
stabile, di Francesco II (Franceschiello) una
ennesima sopraffazione che avrebbe
ulteriormente affamato le già martoriate
popolazioni. Gli Ufficiali Borboni
organizzarono una resistenza reclutando gente
tra poveri e disperati che rifugiandosi in gruppi
sui monti e nelle boscaglie combatterono
l’esercito piemontese ed i collaborazionisti
Francesco II confondendosi con il già esistente Brigantaggio.
L’introduzione della leva obbligatoria da
parte dei vincitori, fece confluire successivamente in queste bande tanti
renitenti alla leva e delinquenti comuni che cominciarono a taglieggiare i
ricchi possidenti locali. Tra questi i baroni Franceschelli un cui membro
della Famiglia, certo Gaetano, fu uno delle ultime vittime dalla famigerata
banda Pomponio di Liscia; fu ucciso proprio da Giuseppe Pomponio a sua
volta ferito da due fucilate esplosegli dal Franceschelli che era riuscito a
liberarsi ed a sottrargli nel sonno il fucile; il malvivente era in fuga con
l’ostaggio, assonnato e braccato dai militi di Ciaffredo Bergia. I colpi
ricevuti a bruciapelo furono fatali a Giuseppe che morì, dopo molti giorni
di agonia a Furci, dove caddero, sotto i colpi dei carabinieri, anche suo
fratello Michelangiolo e la brigantessa Filomena Soprano che si erano lì
recati a fargli visita, ignari del tradimento (per
intascarne la taglia) del fattore Argentieri che
aveva dato loro ospitalità.
Tanto più il disagio era forte tanto più il
fenomeno del brigantaggio risultava presente
quasi a sottolineare che le popolazioni
cercavano, in fondo semplicemente delle
condizioni di sopravvivenza accettabili, e la
I Tornesi, Monete Borboniche di dove non le trovavano, si finiva molto
metallo pregiato – Il termine facilmente tra le fila dei briganti. Negli
“Tornese” viene ancora usato nel innumerevoli dibattiti Francesco Saverio Nitti,
dialetto Frainese per indicare il
“denaro”... parlamentare lucano, riferendosi al fenomeno
ed alle popolazioni del suo sud ebbe a dire “o
Briganti o Emigranti”; l’intento era quello di far comprendere al neo
Parlamento che le condizioni del Sud erano davvero critiche e che in realtà
i cittadini non avevano scelta.
La prima emigrazione verso il Sud America
fu una vera manna dal cielo per la nuova Italia
impegnata nella guerra al Brigantaggio; le
prigioni, famosa e terribile quella di Finestrelle,
erano talmente piene, nonostante fosse stato
perpetrato un vero e proprio genocidio, nei
confronti dei combattenti fedeli ai Borboni, che
non si riusciva a contenere il fenomeno fino al
punto che il governo Italiano pensò di costruire
prigioni all’estero (in Patagonia per esempio)
ma incassando un secco no dal governo
L’anarchico Gaetano Bresci. Il Argentino. Di lì a poco iniziò comunque una
29 luglio del 1900, proveniente incredibile diaspora dapprima verso il Sud
da Paterson N.J. ucciderà a
Monza Re Umbero I con tre colpi
America che tolse in modo naturale e rapido
di pistola. Tra gli emigranti, manovalanza alla malavita organizzata. Tale
tantissimi oppositori dei reali di esodo vide la popolazione del nostro Comune e
Savoia.
del sud intero abbandonare progressivamente la
propria terra d’origine alla ricerca di una condizione di vita migliore
oltreoceano. La banda dei fratelli Giuseppe e Michelangiolo Pomponio
unitamente a Pasquale D’Alena detto il Romano con la sua giovanissima
amante diciottenne Filomena Soprano, e Bernardino Di Nardo
imperversavano nella piana del Trigno, nella valle del Treste, nel
circondario di Vasto e San Salvo fino a Petacciato e Montenero di
Bisaccia. Essa, spietata, solo Giuseppe Pomponio aveva a carico circa
venti omicidi, fu una delle ultime sacche di brigantaggio, definitivamente
sconfitta dal pluridecorato Vicebrigadiere Ciaffredo Bergia con
l’uccisione nel ottobre del 1870 di tutti i componenti della banda stessa.
Anche il temibile Giuseppe Ferrara di
Montazzoli operò in zona fino al 1869 anno in
cui fu ucciso a seguito di una lite con altri due
capi emergenti del brigantaggio d’Abruzzo,
Croce di Tola alias “Crocitto” ed Angelo Del
Guzzo; litigarono perché non concordavano
sulla decisione di tagliare un orecchio ad un
sequestrato. Ci rendiamo conto di quante
similitudini ci sono con recenti fenomeni di
sequestri avvenuti nelle regioni del Sud e in
Un Brigante Sardegna; non sono assolutamente un caso,
bensì, uno strascico culturale rilevante che
quindi rende ben leggibile agli occhi dei più giovani questo fenomeno che
è perdurato nel Sud per anni e che forse, senza enfatizzare troppo, può
essere considerato la madre o quantomeno un parente del fenomeno
delinquenziale mafioso e della sdrangheta.
Si narra che il Pomponio Giuseppe, colpito da diverse fucilate ma
rimasto in vita, nonostante le ferite, si burlò fino alla morte dei carabinieri
e non svelò mai il nascondiglio della sua refurtiva.
Nelle leggende Frainesi, si racconta che diverse grotte del nostro
territorio furono le abituali dimore di queste bande criminali e che in esse
vi fu nascosta la refurtiva consistente in sette stivali colmi di oro ed
argento.
Chissà se questi rifugi sono mai stati esplorati……a fondo!
Tornando a Fraine, ed al suo voto sfavorevole all’Unità dell’Italia
espresso nella consultazione plebiscitaria, possiamo azzardare qualche
ipotesi. Una è che la potente Famiglia (Tilli), come molte famiglie nobili
della zona, e come tantissimi cittadini del Sud dell’Italia, nutrisse più
simpatie per i Borboni che per il Regno d’Italia; si può ipotizzare che fosse
rimasto forte il legame con i feudatari dai quali essa rilevò i possedimenti
in Fraine. Questa tesi è avvalorata dal fatto che non risulta abbiano mai
subito razzie “importanti” durante il decennio di brigantaggio “politico”.
Inoltre non di poco conto è la presenza nella parrocchia di Fraine dal 1840
del parroco don Pietro Tilli della stessa Famiglia. La chiesa, difatti,
appoggiava apertamente i Borboni tanto è che molti briganti dell’Abruzzo
trovavano un rifugio sicuro proprio nel confinante Stato Pontificio dopo le
loro incursioni e le loro scorribande. E’ lecito quindi pensare che Fraine
diede, a similitudine di molte altre città, sindaci e governanti, un qualche
appoggio ai briganti anche se, probabilmente, non troppo apertamente?
Ciò permise alla Famiglia Tilli di essere risparmiata dalle loro
scorribande?
Purtroppo qui sarebbe necessaria una
ricerca più approfondita e l’aiuto della
Famiglia stessa per giungere a verità storiche
comunque mai scandalose e certamente
comprensibili. Io esso penso che il Sud abbia
subito un durissimo colpo con la
Unificazione dell’Italia e sappiamo bene che,
all’epoca, le tecnologie avanzate di Napoli,
unitamente ai macchinari di avanguardia
furono “trafugate” dai piemontesi e portate
Quadro raffigurante l’inaugurazione
della prima linea ferrovia Italiana, nelle città e fabbriche del nord. Sappiamo
(la Napoli- Portici) che Napoli era una capitale culturale, ed
industriale di rilievo e che il valore del
prezioso metallo delle monete borboniche era esattamente corrispondente
al reale valore delle monete stesse al contrario della carta straccia
successivamente introdotta dai reali savoiardi…Il fatto certo è che il sud
da quel momento non si è più ripreso…….dando inizio ad una diaspora dei
suoi abitatati durata oltre cento anni. Il sud fu derubato e non ha mai più
avuto dal Governo della Italia Unita la opportunità di competere con il
Nord nel settore industriale. Il Sud fu destinato erroneamente ad
intraprendere una economia agricola che non ha mai consentito uno
sviluppo sinergico ed un aumento di reddito pro-capite proporzionato,
concorrendo ad aumentare con il
tempo il divario già marcato.
Tornando a noi, forse davvero i
fratelli Pomponio avevano il rifugio
più sicuro proprio a Fraine
(ricordiamo tra l’altro che le cave di
Liscia, città natale dei due
malfattori, si trovavano appunto nel
nostro territorio)! Forse alcune
Pietrarsa fu il primo polo industriale Italiano e vi fu
costruita la prima locomotiva tutta Italiana coperture certe fecero cadere la
scelta del nascondiglio per la ingente refurtiva sulle nostre grotte. Si narra
appunto di sette stivali colmi di oro; ma in realtà di che oro si trattava?
Forse delle monete in oro ed in argento, quelle allora in circolazione nel
regno Borbonico?
E’ noto che i tesori e le monete trafugate a re Ferdinando II andarono a
rimpinguare le esigue casse della Sovrani Piemontesi e furono
immediatamente sostituite dalle banconote in carta!
Si riporta il Giuramento dei Briganti

“Noi giuriamo davanti a Dio e dinanzi al mondo intiero di


essere fedeli al nostro augustissimo e religiosissimo sovrano
Francesco II (che Dio guardi sempre); e promettiamo di concorrere
con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze al suo ritorno
in regno; di obbedire ciecamente a tutti i suoi ordini, a tutti i
comandi che verranno sia direttamente, sia per i suoi delegati dal
comitato centrale residente a Roma. Noi giuriamo di conservare il
segreto, affinché la giusta causa voluta da Dio, che è il regolatore
de’ sovrani, trionfi col ritorno di Francesco II, re per la grazia di
Dio , difensore della religione, e figlio affezionatissimo del nostro
Santo Padre Pio IX , che lo custodisce nelle sue braccia per non
lasciarlo cadere nelle mani degli increduli, dei perversi, e dei
pretesi liberali; i quali hanno per principio la distruzione della
religione, dopo aver scacciato il nostro amatissimo sovrano dal
trono dei suoi antenati. Noi promettiamo anche coll’aiuto di Dio di
rivendicare tutti i diritti della Santa Sede e di abbattere il
lucifero infernale Vittorio Emanuele ed i suoi complici. Noi lo
promettiamo e lo giuriamo”.

You might also like